diff options
| -rw-r--r-- | .gitattributes | 4 | ||||
| -rw-r--r-- | LICENSE.txt | 11 | ||||
| -rw-r--r-- | README.md | 2 | ||||
| -rw-r--r-- | old/62192-0.txt | 17189 | ||||
| -rw-r--r-- | old/62192-0.zip | bin | 414124 -> 0 bytes | |||
| -rw-r--r-- | old/62192-h.zip | bin | 474299 -> 0 bytes | |||
| -rw-r--r-- | old/62192-h/62192-h.htm | 23468 | ||||
| -rw-r--r-- | old/62192-h/images/cover.jpg | bin | 32112 -> 0 bytes |
8 files changed, 17 insertions, 40657 deletions
diff --git a/.gitattributes b/.gitattributes new file mode 100644 index 0000000..d7b82bc --- /dev/null +++ b/.gitattributes @@ -0,0 +1,4 @@ +*.txt text eol=lf +*.htm text eol=lf +*.html text eol=lf +*.md text eol=lf diff --git a/LICENSE.txt b/LICENSE.txt new file mode 100644 index 0000000..6312041 --- /dev/null +++ b/LICENSE.txt @@ -0,0 +1,11 @@ +This eBook, including all associated images, markup, improvements, +metadata, and any other content or labor, has been confirmed to be +in the PUBLIC DOMAIN IN THE UNITED STATES. + +Procedures for determining public domain status are described in +the "Copyright How-To" at https://www.gutenberg.org. + +No investigation has been made concerning possible copyrights in +jurisdictions other than the United States. Anyone seeking to utilize +this eBook outside of the United States should confirm copyright +status under the laws that apply to them. diff --git a/README.md b/README.md new file mode 100644 index 0000000..6f3392a --- /dev/null +++ b/README.md @@ -0,0 +1,2 @@ +Project Gutenberg (https://www.gutenberg.org) public repository for +eBook #62192 (https://www.gutenberg.org/ebooks/62192) diff --git a/old/62192-0.txt b/old/62192-0.txt deleted file mode 100644 index a8aa9f4..0000000 --- a/old/62192-0.txt +++ /dev/null @@ -1,17189 +0,0 @@ -The Project Gutenberg EBook of L'eresia nel Medio Evo, by Felice Tocco - -This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most -other parts of the world at no cost and with almost no restrictions -whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of -the Project Gutenberg License included with this eBook or online at -www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll have -to check the laws of the country where you are located before using this ebook. - -Title: L'eresia nel Medio Evo - -Author: Felice Tocco - -Release Date: May 22, 2020 [EBook #62192] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ERESIA NEL MEDIO EVO *** - - - - -Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Online -Distributed Proofreading Team at https://www.pgdp.net (This -file was produced from images generously made available -by The Internet Archive) - - - - - - - L'ERESIA - NEL MEDIO EVO - - - STUDI - - DI - FELICE TOCCO - - - - IN FIRENZE - G. C. SANSONI, EDITORE - 1884 - - - - - PROPRIETÀ LETTERARIA - - Firenze — Tip. G. Carnesecchi e figli. - - - - -ALLA - -CARA E VENERATA MEMORIA - -DI - -MIO PADRE - - - - -AVVERTENZA - - -Messomi a studiare i rapporti tra la filosofia scolastica e la -contemporanea eresia, se non ho trovato quello che a prima giunta -supponevo, mi venne fatto in compenso di formarmi un'opinione ben netta -sulla genesi e sul corso delle molteplici sètte eretiche. Il risultato -di questi studii pubblico nel presente libro, che per conseguenza non -è, nè vuol essere una storia degli eretici, e molto meno un trattato -dommatico sull'eresia. - -L'ho intitolato _Studi sull'eresia del Medio Evo_, prendendo -quest'ultima parola nel senso più ristretto del periodo, in cui -domina la filosofia scolastica. L'età di transizione tra la coltura -antica e la nuova, in cui fiorisce la Patristica, è affatto estranea -al mio compito. Avrei dovuto occuparmi delle sètte contemporanee al -moto francescano, che vanno sotto il nome di Flagellanti, Apostolici, -Beghini e Guglielmiti, e molti materiali avevo raccolti intorno a -codesto argomento. Ma la ristrettezza dello spazio m'impedisce di -trattarlo anche superficialmente, e mi riserbo di farne uno studio a -parte, se i saggi, che ora pubblico, saranno benevolmente accolti, -del che dubito forte. La mancanza di spazio m'impedisce altresì -di pubblicare nella loro integrità alcuni testi inediti, che si -riferiscono all'abate Gioacchino, all'Evangelo eterno, ed al moto -francescano. Ne ho solo riportati quei frammenti, che più s'affacevano -al mio scopo. Ho forse abbondato nelle note, ma non me ne pento, chè -nelle ricerche storiche la mancanza assoluta o la citazione manchevole -delle fonti parmi un vero danno. Del resto se al lettore piace di -saltare le note, e credermi in parola, io gli sarò grato di tanta -fiducia. - - Firenze, marzo 1884. - - - - -INTRODUZIONE - - -Il Medio Evo, che a torto da amici ed avversarii fu detto l'era della -concordia e della pace, ebbe a soffrire non meno dell'età nostra -profondi e dolorosi travagli. Codesta unità delle menti e degli animi, -produttrice secondo gli uni di opere grandiose, segno secondo gli altri -di fiacchezza e torpore, fu sempre e dovunque vagheggiata, giammai -conseguita. Nè ci verrà mai fatto di trovarla nei tre periodi, in cui -vanno divisi i secoli che corrono da Carlo Magno a Carlo di Boemia. - - -I - -Il primo periodo, che diremo di preparazione, è il più lungo di tutti, -protendendosi dal secolo nono sino alla metà del decimosecondo. Vi -primeggiano in filosofia le dispute faticose intorno agli Universali, -nate da una frase dell'Isagoge Porfiriana, la quale racchiude in -germe un problema sempre risoluto e sempre da risolvere. Quel che noi -diciamo i generi e le specie, sono forse entità reali, anzi solo la -vera realtà, o non piuttosto artifizii della mente per non smarrirsi -nel laberinto della natura? Alla prima sentenza piegavano i Realisti, -i Nominalisti alla seconda; ed il loro dissidio, frutto di una profonda -antinomia della ragione, durava ostinato per secoli, e quando parea che -fosse per comporsi, rinasceva sotto altra forma più vivace di prima. -Secondo l'intuizione realistica gli individui sono effimere esistenze, -le quali, a così dire, nell'istessa ora che nascono, scompaiono. Che -siamo noi uomini, presi individualmente? _Pulvis et umbra._ Consacrati -alla morte, un piccolo accidente distrugge in un punto quanti fra noi -aveano redata maggior consistenza e vigore. La sola che sopravvive a -tante ruine, e sfidando le ingiurie del tempo, per volger di secoli -non cresce nè scema, è quel che v'ha di universale in noi, l'umanità. -E lo stesso che diciamo degli uomini, possiamo ripetere degli esseri -tutti. Chè anzi a quel modo che gl'individui umani sono frammenti -dell'umanità, questa è una piccola parte di un essere più sterminato di -lei, l'animale. E l'animale a sua volta è frazione del vivente, ed il -vivente è anch'esso forma fugace di un Essere immenso che è tutte cose, -ma nessuna in particolare. Questo solo è ciò che permane immutato, -è l'ordito su cui s'intesse la variopinta trama della natura, è -l'Oceano che serba costante il volume delle acque, benchè sull'immensa -superficie s'avvicendino i flutti rumorosi. Questi arditi concetti sono -adombrati nel _De divisione naturae_ di Giovanni Scoto Erigena.[1] Così -nella prima metà del nono secolo quella Filosofia, che si dice serva -del domma, prende le mosse da un libro, il quale parecchi secoli dopo -(nel 1225) da Papa Onorio III verrà condannato alle fiamme.[2] - -Nè men libera ed ardita è la scuola opposta dei Nominalisti. Il -concetto dal quale partivano Roscellino e i suoi seguaci, affatto -discorde da quello dei Realisti, è il seguente: la sostanza prima è -l'Individuo; gli universali sono astrazioni che la nostra mente forma -togliendo ed isolando ciò che han di comune gl'individui, e lungi -dall'essere la vera realtà, non hanno maggior consistenza del suono che -li esprime.[3] Se il Realismo menava dritto al concetto di sostanza -unica, di cui gl'individui son gli accidenti, il nominalismo in -quella vece di conseguenza in conseguenza riescir doveva alla dottrina -dell'originalità degli individui, o in altre parole all'atomismo.[4] -Tali erano i due indirizzi della speculazione di quel tempo, i quali, -mutati nomi e fattezze, si sono conservati sino ai nostri giorni. Ma -e l'uno e l'altro sistema eran guardati con sospetto dagli ortodossi, -cui non isfuggì che sotto l'apparenza dell'accordo si nascondesse un -grave dissidio tra la Fede e la Filosofia. Ben fu tentata una via di -mezzo tra i due opposti estremi, la quale sembrava s'accordasse meglio -colla tradizione; ma il tentativo non ostante la pietà e l'ingegno di -Anselmo di Aosta fallì; nè a torto gli scolastici posteriori ebbero a -temere che l'idealismo dell'arcivescovo di Canterbury non fosse meno -avventuroso degli altri sistemi, nè sapesse tenersi egualmente lontano -dal misticismo degli uni e dal razionalismo degli altri.[5] E questi -erano infatti gli scogli, nei quali rompeva la speculazione di quel -tempo, in cui i filosofi, non usi ancora a infingersi, come fu stile -dei secoli posteriori, traevano dai loro principii, saldi argomenti a -trasformare i dommi e le dottrine tradizionali. - -Così i Realisti, al cui misticismo nessun mistero ripugnava, tra -le nebbie della credenza popolare s'argomentavano di scoprire le -proprie teorie. E restaurando il vecchio metodo dell'interpetrazione -allegorica, già tanto usato ed abusato dai gnostici, nel domma della -trinità videro simboleggiato un ciclo cosmogonico, e nella redenzione -l'eterna durata dell'effetto garentita dal perenne intervento della -causa.[6] Ed anche i nominalisti alla lor volta, benchè non spiccassero -voli così alti e ben lontani si tenessero dal nebuloso speculare degli -avversarî, non cessavano per tanto dallo studiare i dommi religiosi, nè -meno uso facevano dell'interpetrazione allegorica. Le loro spiegazioni, -non elaborate certo nel grande stile dei realisti, eran più piane e -sarei per dire volgari, ma meglio confacenti secondo loro a far luce -piena dove più s'addensava l'ombra del mistero. - -La setta nominalistica o concettualistica[7] che dir si voglia fu -per tal guisa l'iniziatrice del razionalismo, ed il suo più illustre -rappresentante, l'infelice Abelardo, ragionatore instancabile e -strenuo propugnatore dei diritti del libero pensiero, cadde vittima -della sua dialettica. _Odiosum me mundo reddidit Logica._[8] Per ben -due volte ei fu tradotto davanti a Sinodi provinciali sotto l'accusa -di eresia. La prima nel 1121 in quella stessa città di Soissons, dove -pochi anni innanzi era stato condannato Roscellino per sospetto di -triteismo;[9] la seconda nel 1140 a Sens, dove egli sperava battere -colle armi delle sue implacabili argomentazioni l'accusatore suo S. -Bernardo. Ma nè l'una volta nè l'altra gli arrise la fortuna; chè a -Soissons fu condannato a bruciare colle sue proprie mani _l'Introductio -ad Theologiam_, e come se ciò non bastasse fu chiuso in espiazione dei -suoi falli nel convento di S. Medard. A Sens poi gli sarebbe capitato -anche peggio, se l'accorto filosofo, presentito l'imperversar della -bufera, non se ne fosse appellato al Pontefice. E ventura per lui che, -mancategli le forze lungo il viaggio alla volta di Roma, riparasse -nell'abbazia di Cluny, ove fu accolto affettuosamente da Pietro il -venerabile, miracolo ed esempio di vera carità cristiana. Se fosse -proceduto oltre, non avrebbe trovata eguale accoglienza nel Papa -Innocenzo II, il quale non poteva al certo darla vinta al filosofo -palatino contro quello stesso S. Bernardo, alla cui opera egli doveva -in parte il trionfo riportato sul rivale Anacleto.[10] E d'altro lato -come mai quel Pontefice, che l'anno innanzi avea imposto silenzio -all'audace Arnaldo da Brescia, avrebbe ora dubitato di condannare il -maestro e la guida dell'abborrito novatore? Non eran forse questi -due uomini stretti siffattamente in un pensiero, che agli occhi -del chiaravallese l'uno paresse il gigante Golia, e l'altro il fido -scudiero? E per fermo lo stesso ardore di libertà scaldava i loro -petti. Entrambi volevano la riforma della Chiesa, l'uno spogliandola -dei mal tolti beni temporali, cagion prima di scandali e corruzioni; -l'altro sciogliendola da quelle pastoie dommatiche che impedivano la -libera espansione del sentimento religioso. - -Ed entrambi sono specchio fedele di quell'età turbinosa, in cui -infranti nella lotta delle riforme e delle investiture i vincoli -dell'antica disciplina, il prestigio della tradizione vien meno, e Papi -combattono contro Papi, come nello scisma di Cadalò, di Guiberto, di -Anacleto; vescovi contro Papi, Imperatori contro questi e quelli; nulla -di saldo e durevole; ed oggi si proclama campione della Chiesa chi -domani vien condannato da eretico e fellone. Si comprende di leggieri -come in queste lotte incessanti crescesse e si dilatasse lo spirito -critico, e quale potere esercitasse sulle giovani menti uno ingegno -così acuto come quello di Abelardo, che mise lo scompiglio nella -teologia autoritaria colle famose antinomie del _sic et non_. La sua -parola affascinava, la sua dialettica stringeva, e quando si ritrasse -nel romitaggio del Paracleto, i discepoli accorrevano a torme alle sue -lezioni, contenti di vivere in miserabili capanne, non curanti dello -scarso nutrimento, che il deserto luogo concedeva. Confortato da queste -prove di affetto, nè fiaccato dalle persecuzioni patite, l'intrepido -maestro continuava a battere in breccia _illum fidei fervorem, qui -ea quae dicantur antequam intelligat, credit, et prius his assentii -ac recipit quam quae ipsa sint videat, et an recipienda sint_.[11] -Era naturale che questa critica assottigliasse fuor di misura i dommi -tradizionali, e riuscisse alle interpetrazioni razionalistiche di un -pallido deismo. Le tre persone, ad esempio, sono tre nomi con cui è -descritta diligentemente la perfezione del sommo Bene;[12] la creazione -non è libera, ma necessaria;[13] il peccato originale non è colpa, ma -trasmissione ereditaria della pena che al primo fallo successe;[14] -il Redentore è l'esempio dell'uomo perfetto che adempie al dover -suo non per timore ma per amore;[15] il cristianesimo in una parola -non è altro se non un ritorno alla legge naturale, la quale è certo -che fu seguita dai filosofi, mentre la legge mosaica si appoggia su -precetti più simbolici che morali (_magis figuralibus quam naturalibus -nitatur mandatis_) ed abbonda più dell'esterna che dell'interiore -giustizia.[16] S. Bernardo, ben consapevole della gravità di questi -arditi commentarii esclama tristamente: _Omnia usurpat sibi humanum -ingenium, fidei nil reservans. Tentat altiora se, fortiora scrutatur, -irruit in divina, sancta temerat magis quam reserat, clausa et signata -non aperit sed diripit_ (Ep. 188). - -Se non che era vano sperare che colla punizione del filosofo si potesse -soffocare la libertà del pensiero, la quale in quella vece si levava -più fiera e minacciosa dalle violenze patite. Colla morte di Abelardo -non perì l'indirizzo razionalistico, e Bernardo Silvestre trova nel -platonismo inteso a modo suo la soluzione dei problemi religiosi;[17] -Guglielmo di Conches attacca la superstizione come la peggior nemica -del progresso intellettuale;[18] persino Gilberto Porretano;[19] dal -1142 vescovo di Poitiers, costruisce una dottrina della trinità così -poco ortodossa, che vien costretto a ricredersene innanzi al concilio -di Rheims del 1148. - -Contro il mal dissimulato razionalismo di questi filosofi seguita -sempre a combattere S. Bernardo, e non meno fieramente di lui i -Vittorini Ugo Riccardo e Gualtiero. Quest'ultimo principalmente non -perdona nè a filosofi, nè a teologi, ma nello stesso biasimo coinvolge -con Abelardo e col Porretano, i due dottori Pietro Lombardo detto il -Maestro delle sentenze, ed il discepolo Pietro di Poitiers,[20] che -raccolsero in trattati scolastici ed in forma dialettica esposero la -somma del sapere teologico.[21] Se non che l'opposizione di codesti -mistici è una ben debole diga contro l'irrompente fiumana. Realisti e -nominalisti seguitano a battagliare, e tra gli opposti estremi nascono -tanti sistemi intermedii, che a noverarli tutti si stanca Guglielmo -di Salisbury. E sovra tutti mira ad innalzarsi quest'uomo singolare, -questo discepolo di Abelardo, che pare appartenga ad altra epoca, ed -assai prima del Petrarca professa come un culto per l'antichità[22] -classica, ed in mezzo al cozzo di tanti dommatismi vorrebbe rinnovare -l'antica Accademia. Così al primo periodo della scolastica non manca -neanco la nota critica. E non più due indirizzi soli si contrastano il -dominio delle menti, ma quattro, il realistico, il nominalistico, il -mistico, lo scettico. - - -II - -Prima che s'aprisse il secondo periodo della coltura medievale, la -guerra tra l'Impero e la Chiesa s'era rinnovata con maggiore violenza, -e tre antipapi l'un dopo l'altro contesero per venti anni la tiara ad -Alessandro III (1158-1178). E durante queste lotte si rinvigorirono -le sette ereticali dei Catari, Valdesi ed Arnaldisti, e accanto -a loro si fecero strada gli avversarii di ogni credenza positiva, -gl'Indifferenti, che riconoscevano a lor capo il grande filosofo -arabo Averroè. Questi sosteneva che tutte le religioni hanno egual -valore innanzi agli occhi della ragione. Son tutte vere perchè tutte -hanno tal forza morale da infrenare il ribelle volere delle masse; -tutte false, perchè la schietta verità filosofica v'è ottenebrata -da imagini ed allegorie. Certo l'importanza e la perfezione relativa -delle religioni è diversa secondo le varie condizioni dei tempi, ma -ciò mostra che il criterio di valutazione delle religioni vuole essere -storico, non speculativo.[23] Questo nuovo nemico era al certo molto -più temibile dei precedenti, imperocchè tra i filosofi ed eruditi arabi -si conservava la più ricca tradizione della coltura ellenica; nè solo -la maggior parte delle opere aristoteliche conoscevano, ma benanco i -più importanti interpetri, Alessandro di Afrodisia, Temistio, Porfirio, -Ammonio. Onde Avicenna nei primordii del secolo undecimo ed Averroè -nel duodecimo scrissero i più estesi commenti allo Stagirita. I quali -commenti voltati ben per tempo in ebraico, e dall'ebraico in latino -furono accolti con trasporto dai filosofi d'occidente, che in tanta -venerazione tenevano Aristotele, per quanto scarsa conoscenza avessero -delle sue opere. Se non che lo studio di Aristotele attraverso questi -infidi espositori non era senza pericolo; perchè l'interpetrazione più -che al testo di Aristotele si confaceva alle chiose neoplatoniche, onde -il teismo aristotelico tramutavasi per tal via in un panteismo mistico, -quale è svolto, ad esempio, nel _Fons vitae_ dell'Avicebronio.[25] Gli -effetti di questi agenti dissolutori si vedono chiari in due filosofi -che vissero tra la fine del secolo XII ed il principio del XIII, -Amorico di Bena e Davide di Dinan, condannati entrambi come eretici in -religione e panteisti in filosofia.[26] - -Ma la Chiesa oramai era uscita più vigorosa dalla lotta sostenuta con -Federico. Alessandro III, che seppe trovare un efficace aiuto nella -forza giovane e rigogliosa dei Comuni, avea disfatto il suo potente -rivale così che neanche il matrimonio di Enrico VI con Costanza di -Sicilia valse a restaurare le sorti dell'Impero. Chè anzi nuovi -danni si maturavano alla causa imperiale, quando morto in fresca -età l'ardimentoso Enrico, del fanciullo erede assumeva la tutela una -donna debole e bigotta, la quale non seppe trovar migliore protezione -all'infuori del Papato, al cui soglio veniva in quel torno levato -uno dei maggiori uomini del tempo, Innocenzo III. Questi procede con -insolito vigore contro gli avversarii della Chiesa. In danno degli -infelici Albigesi bandisce nel 1209 una crociata, che dopo lunghi anni -di guerre e calamità distrugge l'eresia, ma spegne con essa il fiore -della coltura provenzale. Nello stesso anno un sino do provinciale, -tenuto a Parigi, decreta che venga tolto alla pace del sepolcro, e -gettato in terra non benedetta il corpo di Amorico, morto due anni -innanzi; che sieno degradati e condannati a carcere perpetuo parecchi -ecclesiastici, convinti di eresia; che vengano consegnati al vescovo -di Parigi i quaderni del maestro Davide di Dinan; infine che sia -proscritta da Parigi la lettura delle opere di Aristotile. _Nec libri -Aristotelis de naturali philosophia, nec commenta legantur Parisiis -pubblice vel secrete. Et hoc poena excommunicationis inhibemus._[27] - -Insofferente di opposizioni Innocenze taglia quei nodi che non può -sciogliere, e della supremazia dell'autorità sua su tutte le podestà -della terra ha tale coscienza, da costringere a ribellarglisi la sua -stessa creatura, l'Imperatore Ottone IV. Nè per ostacoli che incontri, -vacilla quell'animo gagliardo; ma dalle nuove opposizioni attinge -maggior forza; onde raunato nel 1215 un solenne concilio nel Laterano, -vi scomunica l'Imperatore al quale oppone il suo pupillo Federico; -spoglia dei suoi legittimi possessi il Conte di Tolosa, investendone -Simone di Monforte, ricondanna solennemente l'empio Amorico e tutti gli -altri eterodossi in qualunque modo si chiamino,[28] non dubita infine -di tenere per decaduti dal trono quei principi che non isvelgano col -ferro e col fuoco l'annoso tronco delle eresie.[29] Ed istrumenti di -tali implacabili persecuzioni doveano essere quegli ordini religiosi -dei minoriti, che appunto in quel torno nascevano coll'obbligo di -non restarsene isolati e neghittosi nel silenzio del cenobio, bensì -di vivere in mezzo al popolo, accattare da lui giorno per giorno la -sussistenza, dividerne le gioie ed i dolori, spiarne i più segreti -pensieri, onde non isfuggisse al loro acuto sguardo il più lieve -indizio di opinioni e tendenze ereticali. Nè tutto questo bastava. Le -misure preventive e repressive, per quanto accorte e vigorose, non -potevano eliminare i più profondi bisogni della ragione. Il _credo -ut intelligam_ di S. Anselmo restava sempre come insegna delle menti -superiori. Era dunque necessario che le menti più elevate della Chiesa -si mettessero a scoprire la via di una conciliazione tra la ragione -e l'autorità, e che si ristudiasse da capo il problema filosofico per -metterlo d'accordo col religioso. E come il grande filosofo era tuttora -indiscutibilmente Aristotele, bisognava esaminare se il commento e -l'interpetrazione araba fosse proprio quella che meglio rispondesse al -pensiero dell'autore. Questo è l'intendimento dei maggiori filosofi del -SECONDO PERIODO della scolastica, Vincenzo di Beauvais,[30] Alessandro -di Halès, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, i più grandi raccoglitori -del sapere contemporaneo che condensavano nelle lor enciclopedie e -nelle lor somme, libri chiusi, cui non occorreva aggiungere o toglier -verbo.[31] Ma quale fu il risultato di tanti sforzi generosi? Valga -per tutti S. Tommaso che nell'inferno dantesco dipinto nel camposanto -pisano[32] è rappresentato come il vincitore dei tre nemici della -chiesa, Ario capo degli eretici, l'Anticristo seminatore dello scisma, -ed Averroè principe dei filosofi increduli. - - -III - -La prima cura del Dottore Angelico, come del suo maestro Alberto Magno -fu di comporre il dissidio tra nominalisti e realisti che travagliò il -periodo precedente. Concedevano ai nominalisti l'universale non essere -un'entità a sè,[33] e indipendente dall'intelletto che lo forma pel -noto processo di astrazione o eliminazione;[34] ma nel contempo davan -ragione ai realisti in quanto che la formazione dei concetti di generi -e specie non è punto arbitraria, ma ben fondata sulla natura delle -cose. In una parola l'Universale non è sostanza separata, ma legge di -natura. Per ben intenderci adunque bisogna distinguere l'universale -_ante rem_, _in re_, _post rem_.[35] L'_ante rem_ sono le idee di -Dio creatore; quello _in re_ il divino pensiero, divenuto legge delle -cose; il _post rem_ infine il concetto o volgare o scientifico, che -noi uomini acquistiamo dopo un lungo lavorìo di astrazione. O per -dirla con un noto esempio, l'universale _ante rem_ è il concetto -che l'artista vagheggia nella sua mente; l'_in re_ è l'attuazione di -quello nel marmo o nei colori; il _post rem_ la sua riproduzione nella -mente dello spettatore e del critico. Posto termine in tal guisa agli -interni dissidii, si sperava di raccogliere in un fascio tutte le forze -contro l'eterno nemico, Averroè, il quale di qui innanzi diviene il -rappresentante dell'incredulità pervicace. Ed a prostrare un avversario -così formidabile, S. Tommaso non risparmia nessun'arte; nè contento -di combatterlo nelle opere generali, scrive contro di lui trattati -speciali, come ad esempio il celebre opuscolo: _De unitate intellectus -contra Averroistas_.[36] - -La quistione dell'Intelletto nacque, come è noto, dalle oscurità -della psicologia aristotelica. Nel terzo libro del _De Anima_ lo -Stagirita avea distinto l'intelletto passivo dall'attivo, e l'uno avea -fatto mortale, l'altro eterno e separato. Cosa intendesse Aristotele -per questo doppio intelletto è difficile dire;[37] ma secondo il -principio fondamentale della psicologia aristotelica che le potenze -inferiori sono grado ed avviamento alle superiori, il _Nous_ passivo -dovea significare un intelletto non ancora sviluppato o in potenza, e -l'attivo un intelletto pervenuto al suo più alto grado di energia.[38] -Se non che i caratteri, che separano i due intelletti, sono così -spiccatamente opposti, che le loro differenze più che di grado si -dovrebbero tenere invece per specifiche; onde quell'Essere che è -fornito dell'Intelletto attivo non potrebbe identificarsi con l'Ente -fornito di solo intelletto passivo.[39] In altre parole l'Intelletto -attivo sarebbe estrinseco al passivo; e più che il supremo grado -della mente umana sarebbe invece l'intelligenza divina, ovvero quella -Νόησις νοήσεως che nel XII della metafisica si confonde col Motore -immobile. Tanto vero che uno dei più sottili e fidi interpetri della -dottrina aristotelica, Alessandro, che pure ha la tendenza di eliminare -ogni elemento mistico dalla filosofia peripatetica, mentre considera -l'intelletto passivo come il compendio e l'integrazione delle potenze -inferiori dell'anima, pervenuto all'intelletto attivo cangia metro, e -lo dice tutt'uno con Dio, e lo pone fuori dell'uomo. Qual meraviglia -adunque che i filosofi arabi, dominati dalle intuizioni neoplatoniche, -non pure accettino questa interpetrazione, ma la guastino e complichino -fuor di misura? Era conforme all'indirizzo del loro filosofare -l'accrescere il numero delle entità intermediarie tra l'Unità suprema -e il mondo sensibile; onde a quel modo che Aristotele avea moltiplicato -tante volte il motore estrinseco, per quante sfere celesti gli offriva -l'astronomia del suo tempo, nella stessa guisa i filosofi arabi -moltiplicano l'intelletto attivo, e per ciascuna sfera ne immaginano -uno, che ha la doppia funzione di muovere la sfera ed illuminare -le menti degli abitatori. Nè questo è tutto, ma ben altra stortura -conviene aspettarci. Avicenna (980-1038) avea tenuto come sostanza -separata il solo intelletto attivo, il quale aderisce o serve all'anima -razionale siccome la luce all'occhio.[40] Averroè (1126-1198), come se -ciò non bastasse, dichiara esterno anche l'intelletto passivo, che per -tutti i suoi predecessori era stato tenuto come intrinseco all'anima -umana, o per meglio dire, come la sua funzione più alta. Se è esterna, -ei dice, la sorgente luminosa, esterni sono anche i raggi che da quella -piovono su le cose. E come la sorgente s'agguaglia all'intelletto -attivo, ed i raggi all'intelletto passivo; ragion vuole che l'uno -e l'altro si tengano per esterni all'anima umana; e l'uno e l'altro -siano un solo e medesimo intelletto per tutti gli uomini.[41] E se -volete sapere che cosa sia questo intelletto unico, che illumina le -nostre inferme fantasie, è subito detto. È il motore dell'ultima sfera -celeste, che secondo l'antica astronomia è quella della luna; onde non -a torto Astolfo sale fin lassù per pescarvi il senno di Orlando.[42] Le -conseguenze di questa dottrina sono facili ad intendere. In quel tempo -le prove, che si adducevano dell'immortalità dell'anima, eran tutte -cavate da questo concetto, che l'anima, avendo attività o funzioni -sue proprie, affatto separate dalle corporee, debba essere di una -sostanza diversa da quella del corpo, ed agevolmente separabile. Il -quale ragionamento sarebbe venuto meno quando fossero state accolte -le dottrine averroistiche. Imperocchè se l'intelletto, da qualunque -aspetto si consideri, è estrinseco all'anima, a lei non restano di -proprio se non le funzioni del senso e dell'istinto, le quali, comecchè -legate indissolubilmente coll'organismo, cessano quando questo si -dissolva, e traggono nella loro rovina il soggetto stesso senziente. - -Era ben naturale che i dottori della Chiesa, i quali s'adoperavano a -metter d'accordo la scienza colla fede, si volgessero a combattere -questo punto dell'averroismo. Ed Alessandro e Alberto Magno e S. -Tommaso si fecero a dimostrare esser le teoriche di Averroè non pure -false in sè medesime, ma in aperta contraddizione colle dottrine -aristoteliche. Nè si può negare che la interpetrazione più conforme -allo spirito dell'aristotelismo è quella appunto, che abbraccia -l'Aquinate, secondo la quale l'intelletto attivo ed il passivo -sarebbero bene una stessa cosa, stantecchè l'uno è in potenza quello -che l'altro è in atto; ma e l'uno e l'altro s'han da tenere come -funzioni dell'anima: onde lungi dall'essere unico l'intelletto, o -attivo o passivo che sia, si rompe in quella vece in tanti intelletti -singoli, per quante anime dar si possano.[43] Se non fosse così, -l'anima umana non sarebbe gran fatto diversa dalla parete su cui cadono -i raggi luminosi; e come la parete, benchè illuminata dal sole, non -vede, così l'anima nostra benchè rischiarata dall'Intelletto agente non -intenderebbe nulla di nulla. E se non è lei che intende, così neanco è -lei che vuole e opera, ma quell'Essere dal quale spiccia la fonte della -intelligibilità.[44] - -È indubitato adunque che S. Tommaso vide molto più addentro dei -commentatori neo-platonici ed arabi. Ma quel pericolo che crede di -sfuggire da un lato, gli si presenta dall'altro. Imperocchè a quel modo -che l'intelletto attivo s'identifica col passivo piuttosto secondo lo -spirito che la lettera della psicologia aristotelica, così pure s'ha a -dire lo stesso dell'intelletto passivo rispetto alla fantasia ed alla -percezione sensibile. E come Aristotele dice che senza il fantasma non -potrebbe svolgersi l'intelletto,[45] così è impossibile che l'anima -abbia funzioni e vita propria, ove mai si sciolga da quel corpo che in -lei ingenera sensazioni e fantasmi. Lo Stagirita senza dubbio tenne per -mortale l'intelletto passivo, e ove mai l'attivo ed il passivo son la -medesima cosa, con qual diritto affermeremo dell'uno ciò che dell'altro -si nega? All'acume dell'Aquinate non isfugge questo pericolo, dal -quale s'argomenta di scampare, ammettendo nell'anima una misteriosa -tendenza verso il sensibile, la quale perdura sempre anche quando -s'infrangono i lacci corporei.[46] Questa tendenza è come un corpo -interno, del quale l'anima non si sveste mai; onde nè il sentimento nè -i fantasmi le verranno mai meno, ed è per sempre assicurata la base -su cui poggiano le più alte potenze intellettive e pratiche. Teorica -codesta, strana quant'altra mai, e per giunta non nuova ed attinta a -quella stessa fonte neoplatonica, dalla quale rampollava la teorica -degli intelletti, separati, che S. Tommaso ripudia.[47] Se non che ella -era un espediente inevitabile non solo per sottrarsi alle conseguenze -estreme della teorica dell'unità degl'intelletti; ma per conciliare -altresì l'immortalità dell'anima colla teorica dell'individuazione. - -Questo problema dell'individuazione fu il pomo di discordia tra le -scuole realistiche del secolo XIII, come quello degli universali -travagliò i secoli precedenti. Abbiamo già detto che i Realisti -concordemente ammettevano oltre l'universale _ante rem_, che esiste -solo nella mente di Dio, ed il _post rem_, che sta nella mente umana, -anche un altro universale, che essi dicevano _in re_, vale a dire -insito nelle cose stesse. Ora le cose tutte, secondo i concetti -aristotelici, constano di materia e forma, in che dunque è riposto -l'universale nell'uno o nell'altro di questi fattori? Aristotele -stesso s'era posto in qualche modo questo problema, quando facevasi la -dimanda opposta, cioè che cosa fosse l'individuo. Ed egli dopo lungo -contrasto venne nella conclusione: l'individuo non esser nè la materia, -nè la forma, ma l'unità di entrambi, il _sinolo_, come egli diceva, -dei due universali.[48] Se non che ammessa pure questa soluzione -aristotelica, il problema rinasce sempre sotto un'altra forma. Dei -due fattori, il cui intreccio costituisce l'individuo, quale dei due -è il determinante e quale l'indeterminato, o in altre parole dove sta -il _principium individuationis_? Per un certo rispetto sembra che il -principio individuante stia nella materia: perchè la forma, secondo le -stesse parole di Aristotele, è un tipo unico, il quale si riproduce -in tante differenti impressioni per quanto diverse sono le materie -in cui s'impronta. E questa fu la dottrina seguita da Alberto Magno -e dall'Aquinate;[49] ma non senza gravi e ben fondate opposizioni -da parte delle altre scuole. Come mai, si diceva, sarà la materia il -_principium individuationis_, ovvero la radice di tutte le distinzioni, -e specificazioni quando essa medesima è qualche cosa d'indistinto? Che -cosa è la materia destituita di forma? Non è forse l'indeterminato, la -potenza pura direbbe Aristotele, la quale appunto per opera della forma -acquista limiti e contorni? Il sostrato universale dunque è la materia, -e la forma è il principio che da questo fondo comune cava fuori le -specie e gl'individui.[50] Sembrano discussioni bizantine coteste, e -lo stesso Jourdain così dotto nella filosofia scolastica rimprovera -S. Tommaso di esservisi cacciato dentro. Ma siamo giusti. Non è forse -un profondo bisogno di qualsiasi filosofia realistica la deduzione -o costruzione, che dir si voglia, dell'individuo? Il problema era -adunque inevitabile, e più che a porlo sarebbe occorsa molta industria -per ischivarlo. Comunque sia, egli è fuor di dubbio che il problema -dell'individuazione servì a crear sul finire del secolo XIII due nuove -scuole, che si combattevano non meno aspramente delle antiche, e che -dai loro fondatori tolsero il nome di Tomisti e Scotisti.[51] - -A rinfocolare le ire avrà contribuito senza dubbio l'antico livore -tra Domenicani e Francescani; ma il problema intorno a cui disputavano -non era meno grave di quello degli universali, e qualunque soluzione -si accettasse veniva a rompere contro le barriere della teologia. -In verità lo Scotismo, che, mettendo il principio d'individuazione -nella forma,[52] ha l'aspetto di un Realismo più compatto, cade in -quelle conseguenze panteistiche, che vedemmo non iscompagnarsi mai -dalle intuizioni realistiche. Nè il Dottor sottile se ne dissimula -il pericolo, ma aperto e risoluto gli va incontro dichiarando di -tornare alla posizione dell'abborrito Avicembronio, e rappresentandosi -il mondo tutto come un albero bellissimo, la cui radice e seme sia -la materia prima, le foglie gli accidenti, le frondi e i rami il -creato corruttibile, il fiore l'anima umana, ed il frutto la natura -angelica.[53] Ma neanco è mondo di peccato il Tomismo, nel quale le -dottrine filosofiche solo per via di espedienti artificiosi son messe -d'accordo coi dommi tradizionali. Così ad esempio se Averroè seguendo -Aristotele dimostra l'eternità del mondo, S. Tommaso non ardisce di -provare il contrario, ma s'argomenta di mettere in salvo la fede collo -stabilire che non tutto ciò che si crede debba essere dimostrabile e -conoscibile.[54] Parimenti ei non sconfessa le conseguenze della sua -teorica dell'individuazione, ed interpetrando a suo modo la tradizione, -ammette che la natura angelica, comecchè destituita di materia non -sia capace di differenze individuali, bensì delle sole generiche e -specifiche.[55] Ma dell'anima umana non osa dire altrettanto, e per -salvarne ad ogni costo l'individualità escogita quella teorica della -tendenza al sensibile, di cui abbiam fatta parola. A tale dovea ridursi -una mente eletta, come quella dell'Aquinate; segno evidente che il -dissidio tra il contenuto filosofico ed il dommatico è ben superiore -alla volontà degli uomini, e quel semirazionalismo, che vuol comporre -in armonia le più opposte tendenze, riesce invece a dirimerle di -vantaggio. Onde alcuni contemporanei si argomentarono di battere una -via diversa dalla tomistica. - - -IV - -E primo e più geniale fra tutti è S. Bonaventura (1221-1274), che -venne a ragione chiamato _Doctor Seraphicus_. Animo profondamente -mistico non crede che nelle materie comuni alla fede e alla filosofia -il ragionamento possa aggiunger nulla di forza al convincimento -religioso. E la ragione stessa ha un ufficio affatto secondario, -comecchè serva solo di guida per elevare la mente per varii gradi alla -contemplazione beatifica di Dio. Ma pervenuti a quest'alta cima, lo -splendore dell'infinita luce ne abbaglia la vista; la forza del nostro -argomentare si fiacca, e l'anima dimentica di sè stessa, si smarrisce -nell'oggetto della sua contemplazione e dell'amor suo.[56] - -Fra gli oppositori del Tomismo si potrebbe annoverare anche l'altro -francescano _Raimondo Lullo_ (1235-1315), strano miscuglio di -capestrerie cabalistiche ed astrologiche e sconfinate pretensioni -razionalistiche. Nel Lullo si rovescia affatto la relazione che pone -Bonaventura tra la fede e l'intelletto. Per Bonaventura l'intelletto -è il mezzo, e la fede o la visione beatifica da lei somministrata -il fine; per Lullo invece la fede è il mezzo per elevarci a Dio, e -l'intenderlo, il conoscerlo razionalmente il fine. La fede può bastare -agli uomini volgari, ai contadini, agl'ignoranti, ai mercenarii; ma -quelli forniti di più alto intelletto non se ne contentano, e fan bene -perchè la ragione non è impotente a svelare i più alti misteri; e col -nudo magistero della ragione il Lullo s'affida di distruggere non solo -le false filosofie, ma benanco le false religioni e le eresie. Escogita -anzi a questo fine una tal macchina ragionatrice, una specie di tavola -pitagorica, coll'aiuto della quale senza scomodarsi molto, si può -scoprire e dimostrare qualunque verità. Si sente in lui il filosofo del -Rinascimento,[57] come in un altro francescano ed oppositore del pari -si ravvisa già il precursore dei tempi moderni. - -Intendo parlare di _Rogero Bacone_ (1214-1294), di quel genio -solitario ed infelice, che scontò colle più crude sofferenze il -grave peccato di richiamare sulla buona via le menti smarrite dei -suoi contemporanei. Straniero all'età sua ei ben seppe scoprire dove -stessero i veri impedimenti, e come ei dice _maxima comprehendendae -veritatis offendicula_, che sono la falsa autorità, l'abito inveterato, -l'illusione del senso, il bisogno di nascondere colle lustre di un -falso sapere la propria ignoranza. Ed al falso metodo delle deduzioni -arbitrarie ei vuol sostituire quello di una ben regolata esperienza, ed -ai commenti sui libri naturali degli antichi uno studio diretto della -natura, integrato e compiuto dalle costruzioni matematiche. Povero -Bacone! La tua voce suona nel deserto, e correrà molto tempo prima che -un tuo omonimo riprenda e seguiti con migliori auspicî l'opera da te -intrapresa. Il secolo XIII era per fermo immaturo a tanta riforma, chè -per quante opposizioni gli si movessero, il tomismo pur sempre dominava -le menti, ed alle sue dottrine s'informavano non pure la teologia, ma -benanco le lettere di quel tempo.[58] - - -V - -Una splendida prova del dominio del pensiero filosofico di S. Tommaso -sulla letteratura è senza dubbio la _Divina Commedia_, nella quale con -immagini, spesso nuove, sempre felici, sono chiarite le più astruse -dottrine dell'Aquinate. Valga per tutti il XIII del Paradiso, in cui -Dante mette in bocca a S. Tommaso stesso la dottrina dell'universale -_ante rem_, o pensiero divino e dell'universale _in re_, raggiamento -della divina luce. - - Ciò che non muore, e ciò che può morire - Non è se non splendor di quell'idea - Che partorisce amando il nostro Sire. - Chè quella viva luce che sì mea - Dal suo lucente, che non si disuna - Da lui, nè dall'Amor che in lor s'intrea, - Per sua bontate il suo raggiare aduna, - Quasi specchiato, in nove sussistenze, - Eternamente rimanendosi una. - Quindi discende all'ultime potenze, - Giù d'atto in atto, tanto divenendo, - Che più non fa che brevi contingenze; - E queste contingenze essere intendo - Le cose generate, che produce - Con seme e senza seme il Ciel movendo. - La cera di costoro e chi la duce - Non sta d'un modo, e però sotto il segno - Ideale poi più e men traluce: - Onde egli avvien che un medesimo legno - Secondo spezie, meglio e peggio frutta. - E voi nascete con diverso ingegno. - Se fosse a punto la cera dedutta - E fosse il cielo in sua virtù soprema, - La luce del suggel parrebbe tutta. - Ma la natura la dà sempre scema - Similemente operando all'artista - Che ha l'abito dell'arte, e man che trema. - -Nelle ultime terzine è sfiorato il problema dell'individuazione, e la -cagione della varietà dei frutti di uno stesso albero vien posta parte -nella materia, o nella cera, in cui s'impronta il segno ideale, e parte -nella scarsa efficacia delle cause seconde. Imperocchè Dante, come -ogni buon aristotelico, attribuisce la creazione delle individualità -terrestri non direttamente al primo motore, ma a quella che Aristotele -chiama _natura_, analoga in un certo senso all'anima del mondo di -Platone. Seguitiamo: Se la materia è il principio individuante, non si -può dare una materia non specificata, come sostenevano gli Scotisti. -Questo cosiddetto sostrato universale è una astrazione filosofica; in -realtà: - - Forma e materia, congiunte e purette - Usciro ad atto che non avea fallo - Come d'arco tricorde tre saette. - (_Parad._, XXIX, 22). - -Ed a quel modo che la materia non può essere staccata dalla forma, -il corpo non può del tutto separarsi dall'anima, e l'integrità della -persona umana sta appunto nell'intrinsecazione dei due elementi. Onde -Salomone dice nel _Par._ XIV, 43: - - Come la carne gloriosa e santa - Fia rivestita, la nostra persona - Più grata fia, _per esser tutta quanta_. - -Ed è quindi ben naturale che gli spiriti eccelsi affrettino coi loro -voti il giorno della risurrezione, chè anche nelle loro anime pure v'è -quella tendenza irresistibile verso il corpo, che ammetteva l'Aquinate: - - Tanto mi parver subiti ed accorti - E l'uno e l'altro coro a dicer amme, - _Che ben mostrar disio dei corpi morti_. - (_Ivi_, 61). - -Il corpo adunque non può essere considerato come talmente estrinseco -all'anima, che ella se ne possa spogliare o vestire come d'un abito, -e debbono andar messe tra le fole le utopie platoniche e neoplatoniche -della preesistenza e trasmigrazione delle anime, se pur sotto il velame -di questi miti il grande filosofo non abbia voluto far trasparire una -verità più peregrina. - - Quel che Timeo dell'anima argomenta, - Non è simile a ciò che qui si vede, - Perocchè come dice par che senta. - Dice che l'alma alla sua stella riede, - _Credendo quella quindi esser decisa_, - _Quando natura per forma la diede_. - E forse sua sentenzia è d'altra guisa - Che la voce non suona, ed esser puote - Con intenzion da non esser derisa. - (_Parad._, IV, 49). - -Nè questo solo è l'errore dei platonici, e degli interpetri -platoneggianti di Aristotele, chè non contenti di avere così decisa -o staccata l'anima dal corpo, dividono ancora l'anima stessa in parti -tanto opposte fra loro, che, in luogo di frammenti di un tutto solo, -sembrano al contrario diverse totalità, o anime separate. I fatti più -ovvii della esperienza psichica stanno contro questo - - error che crede - Che un'anima sovr'altra in noi s'accenda; - E però quando s'ode cosa o vede, - Che tenga forte a sè l'anima volta, - Vassene il tempo e l'uom non se ne avvede. - (_Purg._, IV, 5). - -Per lo che alla teoria psicologica fondata sulla separazione assoluta -delle facoltà, bisogna sostituire quella più giusta di Aristotele e S. -Tommaso, che fa svolgere le facoltà superiori dalle inferiori; essendo -la radice di queste potenze - - un'alma sola - Che vive e sente e sè in sè rigira. - E perchè meno ammiri la parola, - Guarda il calor del sol che si fa vino - Giunto all'umor che dalla vite cola; - (_Purg._, XXV, 74). - -E se tutte le facoltà dell'anima si svolgono le une dalle altre, anche -l'intelletto passivo segue la stessa legge, nè v'ha teorica più assurda -dell'averroistica che - - fe' disgiunto - Dall'anima il possibile intelletto: - (_Purg._, ivi, 64). - -Come pure è assurda la dottrina delle idee innate e la reminiscenza -platonica; perchè - - Esce di mano a lui che la vagheggia - Prima che sia, a guisa di fanciulla - Che piangendo e ridendo pargoleggia, - L'anima semplicetta che sa nulla, - Se non che, mossa da lieto Fattore, - Volentier torna a lui che la trastulla. - (_Purg._, XVI, 85). - -Potremmo continuare per un bel pezzo a notare le più evidenti -coincidenze tra le teoriche tomistiche e le dantesche e non pure in -metafisica, ma in etica, in teologia, in esegesi biblica. In un sol -punto Dante discorda dal suo maestro, nelle quistioni politiche, dove -il dissidio è tanto più aperto per quanto più pieno fu l'accordo nelle -altre dottrine. - -L'antica e tragica lotta tra l'impero e il papato s'era già da un -bel pezzo rinnovata con maggior vigore da Gregorio IX in poi. Non -orpelli, non infingimenti da una parte e dall'altra, ma franca e -solenne dichiarazione delle loro dottrine e dei loro fini. Gregorio -afferma apertamente il diritto del papato alla signoria suprema su -tutti i principi e popoli della terra, perchè lo stato non ha un valore -intrinseco, ma quello solo che gli viene dall'autorità pontificia;[59] -e dal canto suo Federico II, anticipando i tempi moderni, difende -l'autonomia dello stato, l'indipendenza dalla podestà ecclesiastica -ed il dritto e dovere di ridurre il papato alla povertà gloriosa dei -primi secoli.[60] S. Tommaso prese parte alla disputa che ferveva -animosa tra i giuristi imperiali, e i canonisti; e traendo le ultime -conseguenze dai suoi presupposti filosofici sostiene apertamente -le ragioni dei papi. Come l'anima esercita un assoluto dominio sul -corpo, così il pontefice sui principi tutti della terra. Ei solo, -rappresentante di Dio, è la fonte dell'autorità; e di seconda mano -da lui la debbon ricevere tutte le altre potestà. Il pontefice sta -all'imperatore come la splendida luce del sole al pallido chiarore -della luna, e la spada che egli brandisce è di tanto più formidabile -di quella che mette in pugno all'Imperatore, di quanto lo spirito vince -la materia; e gl'interessi celesti sovrastano alle meschine gare della -terra.[61] A queste dottrine, che sotto la sembianza di pietà religiosa -nascondevano le più smodate passioni mondane, non sapeva acconciarsi -l'anima fiera del gran fiorentino, e nella _Divina Commedia_ e nel _De -Monarchia_ sdegnosamente vi si ribella. Strano contrasto tra i due -sommi! S. Tommaso, del gentil sangue dei conti di Aquino, pronipote -del Barbarossa e cugino del secondo Federico, rompendo colle tradizioni -degli avi suoi, si caccia nel fitto della mischia, paladino di quella -corte pontificia, che avea giurato e inesorabilmente compiuto lo -sterminio di casa sveva. Dante, che da giovane combattè nelle file dei -guelfi, ricredutosi per tempo dell'error suo, si converte alla fede -ghibellina, ed il dominio temporale e le cupidigie e le ambizioni della -corte romana sfolgora nelle tremende invettive del poema sacro. A quel -genio divinatore ben presto si discoperse l'assurdo ed il danno della -mistione dei due poteri, e con argomenti che calzano anche ai nostri -giorni, sostenne arditamente l'autonomia dello stato, o per dirla col -linguaggio del tempo, l'indipendenza dell'impero.[62] - -Ma non a torto ei protesta di far parte da sè, chè le sue dottrine -politiche, non del tutto conformi a quelle dei ghibellini,[63] -s'inspirano a quello spirito umanistico, che fra non molto farà -rinascere la tradizione ed il culto dell'antichità. Per Dante la storia -antica non era chiusa peranco, nè poteva chiudersi giammai; imperocchè -la Provvidenza affidò al popolo romano il primato su tutto il mondo, -nè altra gente per alte virtù e gesta gloriose se ne rese più degna, -nè accadrà mai che questa veneranda compagine dell'antico stato si -dissolva. Al popolo romano adunque appartiene di diritto l'imperio, ed -ei solo può commetterne a Cesare l'esercizio. Non il pontefice, non -i principi tedeschi sono di diritto gli elettori dell'imperatore, ma -solo il popolo di Roma.[64] Questa teoria bastava a combattere tutte -le prentensioni guelfe; imperocchè se l'imperatore non deve al papa la -elezione sua, non è obbligato a riconoscer da lui la sua autorità. Ma -essa non era nata soltanto da un intendimento polemico, nè si può dire -che sia un sogno da poeta. Fra non molto Ludovico il Bavaro, convocata -un'assemblea popolare nel Campidoglio (11 gennaio 1328) chiederà la -corona imperiale, che per solenne plebiscito gli sarà conferita. E più -tardi campione dei creduti diritti di Roma si leverà un uomo singolare, -il quale assunto il dimenticato nome di tribuno, affermerà l'autorità -sua e il non vano suo potere di contro al papa e all'imperatore. E -gli uomini più celebrati del suo tempo gli crederanno, ed il padre -dell'umanismo, gl'indirizzerà una delle sue più belle canzoni,[65] -e gli scriverà lettere di calda ammirazione, e per cagion di lui si -raffredderà coi Colonna, vecchi suoi amici e protettori. - -Ma benchè nel _De Monarchia_ aliti questo spirito classico e -democratico, pure il fondo del ragionamento è schietto medievale, ed -affatto tomistiche le premesse che Dante pone per trarne conseguenze -affatto opposte a quelle dell'Angelico. Anche egli, come tutti i -filosofi di quel tempo, non sa concepire l'ideale se non incarnato -in una meschina ed angusta realtà; onde stabilita la necessità -dell'unificazione delle genti, la quale soffochi il germe di guerre -intestine, vien di conseguenza che quest'unità si debba impersonare -in un corpo politico, l'impero, ed in un uomo, l'imperatore.[66] Ma -altri avrebbe potuto inferire il vero regno unico e cristiano esser -la Chiesa, e la suprema autorità delle genti il Papa. Per toglier le -conseguenze facea mestieri di negare le premesse, e dimostrare come -l'unità del genere umano sia solo ideale, ed a tradurla in realtà vi -si opponga non pure l'ordine delle cose, che vieta uno stato così -mostruosamente sterminato; ma benanco le profonde ed insuperabili -differenze che la natura e il corso della storia hanno poste tra le -nazioni. Per siffatta guisa si scalzava quel falso realismo, che dando -corpo alle ombre, popolava il mondo di realtà immaginarie. Ma opera -siffatta non poteva essere tentata se non da un riformatore della -filosofia, il quale in verità era già nato e negli ultimi anni della -vita di Dante avea acquistata non poca fama nell'insegnamento.[67] - - -VI - -Con Guglielmo Occam, (morto intorno al 1349) il vigoroso ristauratore -del nominalismo, s'apre l'ultimo periodo, o vogliam dire, la -dissoluzione della Scolastica. Il Realismo, travagliato dalle interne -scissure di tomisti e scotisti, battuto in breccia da opposti lati -per opera dei mistici e degli esperimentalisti, era già un edifizio -scrollato, quando l'ardimentoso minorita gli dette l'ultimo assalto. -Non bisogna, ei diceva, moltiplicare gli Enti senza necessità[68] nè -attribuire un'esistenza sostanziale ai concetti della nostra mente.[69] -La realtà può venir colta soltanto dalla diretta intuizione;[70] ciò -che supera i confini della percezione immediata, o non può da quella -essere mediatamente raccolto, non è argomento di scienza; onde mal -s'appongono i realisti di ragionare di Dio, e del modo come ei pensi, -e delle idee che in lui si accolgano; mentre il nostro circoscritto -intelletto non può penetrare i misteri dell'Essenza divina.[71] Nè -meno assurdo è dimandare il principio dell'individuazione, perchè -l'individuo è posto fin dall'origine tale qual'è, nè acquista per via -le note individuatrici.[72] Questo audace filosofo seppe al pari di -Dante sostenere le teoriche ghibelline, e quando gli se ne porse il -destro, si offerse campione del loro diritto a Re ed Imperatori «_Tu -me defendas gladio_, diceva a Ludovico il Bavaro, _ego te defendam -calamo_». Ormai la teorica dell'indipendenza dello stato avea fatti -grandi passi. E per quanto la chiesa perdurasse negli antichi concetti, -e Bonifacio VIII li esagerasse fuor di misura[73] altrettanto energica -fu la protesta che da tutte parti si sollevava. E Filippo il bello -respinse le pretensioni della Curia, ed una fiera polemica insorse, di -cui abbiamo anche oggi parecchi documenti, a cominciare dallo scritto -intitolato: _disputa tra un cavaliere ed un chierico intorno alla -potestà commessa ai prelati della chiesa ed ai principi della terra_. -Codesto è un dialogo molto vivace ed arguto, dove sono messi alle prese -un prete, che rincalza con sillogismi scolastici le boriose pretensioni -del papa, ed un cavaliere che con apparente bonomia li ribatte ad uno -ad uno. Il prete tenendosi stretto all'argomentare tradizionale esce ad -esempio in questa tirata _a majori ad minus_: Se non negate che Cristo, -padrone del cielo e della terra possa disporre dei beni temporali, -come potrete senza rossore negare questa stessa facoltà al suo vicario -in terra? Ma il buon cavaliere non si lascia prendere all'amo, e -tranquillamente risponde: _audivi a viris sanctis ac devotissimis -duo tempora in Christo distingui, alterum humilitatis et alterum -potestatis. Humilitatis usque ad suam passionem, potestatis post suam -resurrectionem ... Petrus autem constitutus est Christi vicarius pro -statu humilitatis, non pro statu gloriae et majestatis_. Questo dialogo -venne attribuito all'Occam, ma non pare che gli appartenga.[74] Certo -pel concetto che vi domina dell'autonomia dello stato non sarebbe -indegno del filosofo francescano, il quale in un trattato intorno -alla giurisdizione imperiale nelle cause di matrimonio mise in tanto -rilievo l'indipendenza del potere politico, che a lui si deve il primo -schizzo della teorica del tutto moderna del matrimonio civile[75] oltre -a questo piccolo scritto del 1342 Occam scrisse altre opere più vaste. -Giova ricordare le otto quistioni del 1339 e il dialogo del 1343, che -va diviso in tre parti, la prima distinta in sette libri riguardava la -chiesa e le eresie; la seconda riproduceva il trattato composto sin dal -1333 intorno ai dommi di Giovanni XXII; la terza infine dovea andare -suddivisa in nove trattati di cui sono pervenuti infino a noi ed anche -mutili, soltanto i primi due. In questi lunghi e faticosi lavori, non -senza le solite sottigliezze scolastiche, vengon combattuti ad uno -ad uno tutti gli argomenti papalini, e non pure i filosofici, ma i -tradizionali ricavati dai testi biblici, e gli storici fondati sulla -pretesa donazione di Costantino e la successiva traslazione dell'Impero -nei Franchi. Una gran parte di queste critiche non è certo nuova, ma -nuovo è senza dubbio lo spirito che informa la polemica. Il misticismo -medievale scompare affatto, chè l'Impero, se non è una creazione -del Papa, non è neanco una istituzione divina, ma schiettamente -storica. Essa nacque _ex ordinatione humana et non ex divina lege_ per -conservare la pace e la tranquillità delle genti. Quando questo scopo -fallisse, e l'elezione dell'Imperatore lungi dal portar concordia, -dovesse provocare nuove guerre, _non esset talis assumptio attentanda; -quia quod provisum est ad concordiam, non debet tendere ad noxam_.[76] - -Il concetto grandioso dell'Impero, vagheggiato da Dante, era ben -presto venuto meno, talchè Marsilio da Padova al di sopra della maestà -imperiale mise la sovranità del popolo.[77] - -E già da gran tempo le idee degli stessi Ghibellini s'erano -profondamente modificate. La lotta tra Bonifacio e Filippo il Bello -scoppiata per quelle stesse ragioni che tante volte avean messi alle -prese il papato e l'impero, mostrava ben chiaro che nelle lunghe lotte -combattute non era in gioco soltanto l'impero, ma gli stati tutti. Il -pronostico di Federico II si avverò ben presto, e la primogenita della -Chiesa vide torcere contro di sè le stesse armi, che avean ferita a -morte la casa sveva. Se non che ciascuno stato difendendosi in questi -contrasti colle sole sue forze, acquistava piena consapevolezza della -sua indipendenza non pure dalla chiesa, ma benanco dall'impero. A quel -fittizio organamento imperiale, che sotto le sembianze di un vasto -accentramento celava in realtà lo sparpagliarsi di mille signorie -feudali, sottentravano ora le monarchie autonome, o già formate, o -in via di rapida formazione. L'individualismo che in filosofia era -rappresentato dalla scuola dei nominalisti, in politica si ripercuoteva -nella costituzione degli stati autonomi. Ed all'acuto sguardo -dello scrittore del dialogo già citato non isfuggirono questi gravi -mutamenti. «Quando, ei dice, per effetto della divisione dell'impero -carolingio il regno franco si separò dal resto dell'Imperio, tutti -quei diritti che pria spettavano all'Imperatore venner trasferiti -integralmente al re francese. Il quale nei confini del suo regno può -promulgare nuove leggi ed emendare o affatto abolire le antiche».[78] -Così l'Imperatore non vien più riconosciuto come la suprema autorità, -intorno a cui gravitano i re ed i principi, come pianeti intorno al -sole. L'impero non è più lo stato per eccellenza, ma uno stato tra gli -stati, il quale per giunta ha minore forza delle potenti monarchie -che lo circondano. Questa era già da gran tempo la vera condizione -di fatto, ma prima d'ora non s'era mai apertamente dimostrato che la -condizione di fatto rispondesse all'intima ragione del diritto. E per -fare questa dimostrazione occorreva che le menti sgombrassero l'errore -del vecchio realismo di dar corpo e consistenza agli astratti concetti. - -Quanto cammino abbia fatto la mente umana nel volger di pochi anni -si può raccogliere dal confronto tra i due grandi poeti della nostra -letteratura, Dante e Petrarca. Dante non solo mostra una grande -riverenza per i filosofi scolastici, ma ne accoglie e commenta -poeticamente la dottrina; Petrarca non è stanco mai di colpire dei -suoi frizzi quegl'importuni dialettici, quei barbari dello stile, -che fra le dispute astruse smarrirono la tradizione del divino -Platone, e lo stesso Aristotele da dolce e soave che è, tramutarono -in rude scrittore. _Sic jam sola philosophantis infantia et perplessa -balbuties, innitens supercilio atque oscitans, ut Cicero vocat, -sapientia in honore est._ Nel Petrarca rivive lo scetticismo di -Cicerone, dell'autore latino che sopra tutti gli altri avea caro. E ben -volentieri al pari del suo duca e maestro contro le vane elucubrazioni -dei filosofi invoca l'autorità del buon senso e della tradizione. _Sint -plane Aristotelici, sint philosophi... neque enim clara haec nomina -illis invideo, quibus falsis etiam tument, non mihi invideant humile -verumque christiani nominis et catholici._[79] Il Petrarca non è più -dominato, come Dante, dalle idee medievali; ed a ragione vien da tutti -riconosciuto come il primo restauratore del classicismo. Si comprende -da ciò come in lui il concetto dell'Impero non possa avere quel non so -che di grandioso e mistico che gli presta la fantasia dell'Allighieri. -L'impero pel Petrarca non è più di un ricordo classico, e la grandezza -di Roma e la salute dell'Italia, più che l'unificazione di tutte le -genti, è il suo ideale.[80] Venne notato molto opportunamente che il -Petrarca più che Dante insiste sui confini naturali che separano il bel -paese dalle altre regioni; e con maggior compiacenza ricorda l'antica -opposizione tra barbari e latini: - - Che fan qui tante pellegrine spade? - Perchè il verde terreno - Del barbarico sangue si dipinga?[81] - -La salute d'Italia, corsa da sfrenate compagnie di ventura, e in -preda a incessanti guerre intestine; la salute di Roma erede del nome -antico, ed ora vilmente abbandonata da Papi, ed Imperatori, questo -è l'unico scopo a cui intende il poeta. Ed ove si possa conseguire, -anche contro l'Impero, e per opera di un generoso romano — come parve -per poco possibile al tempo di Cola — nessuno meglio di lui affretterà -coi suoi voti il compimento della nobile impresa.[82] Certamente -fallita l'impresa di Rienzo il Petrarca si volgerà ora ai Papi, ora -agl'Imperatori perchè abbiano pietà della patria infelice. Gli sarebbe -parso di mancare al suo dovere, se non avesse cercate tutte le vie -di salvezza; ma non si dissimula pertanto che sull'Impero si debba -contare ben poco, nè che altra speranza vi sia fuor della concordia -degl'Italiani. In una lettera al doge Dandolo esprime chiaramente -questi pensieri: _Italiano qual io mi sono ... lascia che parli delle -sventure d'Italia. Ecco già correre all'armi i due popoli più potenti, -le due più fiorenti città, e a dirlo in breve, i due più splendidi -astri d'Italia, che a mio giudizio acconciamente si parve aver la madre -natura quinci e quindi all'ingresso dell'italico mondo collocati, -perchè cotesto vostro al Settentrione ed al Levante e l'altro al -Mezzogiorno ed al Ponente rivolti, e voi padroni del mare di sopra, -gli altri di quel di sotto alle quattro parti del globo mostraste come -debilitato, vacillante e per poco non dissi disfatto al tutto l'Impero -Romano, fosse pure l'Italia signora e regina_.[83] Altre volte avea -sperato che Roberto di Napoli potesse ridurre in sua mano il governo -della penisola, perchè l'Italia prendesse un posto onorato tra le -grandi monarchie d'Europa.[84] - -Ma torniamo al nostro minorita, il quale non pure prese parte alle -quistioni politiche del tempo, ma benanco alle religiose. Il vecchio -dissidio tra i due ordini frateschi era ricominciato nel 1321 a cagione -di un'accusa di eresia che il domenicano Giovanni Belna muoveva contro -il francescano Berengario Tolon. Il Papa dette ragione al domenicano, -ma l'assemblea generale dei minoriti, tenuta sotto la presidenza di -Michele da Cesena, proclamò come domma di fede la povertà assoluta -di Cristo, e dichiarò eretici e scismatici quelli che non credevano -in questa dottrina, nè seguivano il divino esempio. Questo domma, -che menava diritto alla distruzione del cosiddetto potere temporale, -per quanto tornasse acerbo al pontefice, di tanto vantaggiava lo -imperatore. Onde allorchè Giovanni XXII lanciò la scomunica contro -i sottoscrittori della nuova dottrina, Ludovico li tolse sotto alla -sua protezione, e ne affidò ai suoi giureconsulti la difesa. L'Occam -era uno dei sottoscrittori, nè è a dire con quanto calore sostenesse -la causa del generale del suo ordine, che era per giunta uno degli -amici della sua giovanezza. E coll'Occam si associò il più dotto -giureconsulto di quel tempo Marsilio da Padova, il quale nel _Defensor -pacis_ avea stabilito non esser la Chiesa costituita dal solo Pontefice -e Cardinali, ma da tutti i fedeli; talchè se il maggior numero di -essi, raccolto in assemblea solenne pronunzia una sentenza, le si deve -inchinare il Papa per il primo.[85] Dottrine che non tarderanno molto a -trionfare nel Concilio di Costanza. Nè contento di questo il giurista -patavino nega che il vescovo di Roma abbia un'autorità maggiore degli -altri primati della Chiesa, dubita della venuta di S. Pietro, e, quel -che più monta, mette la scrittura al di sopra della tradizione. In -queste ardite sentenze si riconosce già il precursore di Vicleffo e -Giovanni Huss. Senza dubbio il Medio-Evo è tramontato, e dall'opposto -lido spunta di già la splendida aurora del Risorgimento. - -Riassumiamo. In tre periodi si divide il movimento intellettuale -del Medio Evo. Nel primo di essi mentre il Realismo promuove o si -associa con quelle sètte religiose, che giovandosi dell'allegoria, -trasformavano le credenze tradizionali, il Nominalismo dall'altra parte -vien penetrato da tutte le tendenze razionalistiche di quell'età. Nel -secondo si costruisce quel mirabile sistema, nel quale debbon comporsi -tutti i dissidî dell'età precedente, ed a norma del quale s'hanno a -stabilire immutabili rapporti tra la scienza e la fede, lo stato e -i sudditi, la chiesa e l'impero. Questo sistema non domina solo, e -non pure vien combattuto da molti filosofi contemporanei, ma anche -quelli, che ne accettano le dottrine fondamentali, ricusano poi le più -importanti conseguenze nel campo politico. Nel terzo periodo infine -la dissoluzione della scolastica trae seco la rovina di quel grande -edificio politico e religioso, che fu la gerarchia medievale. Ma in -tutto questo lungo corso di tempo non mancarono profonde agitazioni -religiose. Ed abbiamo citate già molte sette ereticali, i Catari, i -Valdesi, gli Arnaldisti nel primo periodo, i Gioachimiti nel secondo, -i seguaci di Michele da Cesena nel terzo. Quali rapporti hanno queste -eresie colle speculazioni filosofiche e coi moti politici del Medio -Evo? Nel corso del nostro lavoro esamineremo l'origine ed il carattere -di tutte queste eresie, e dopo siffatto studio forse ci verrà fatto di -rispondere al difficile quesito. - - - - -LIBRO PRIMO DALL'ERESIA ALLO SCISMA - - - - -CAPITOLO I - -I CATARI - - -I - -Dall'eresia dei Catari,[86] che fu senza dubbio la più vigorosa ed -infesta al cattolicismo, ha da prender le mosse chi voglia conoscere -l'origine ed il corso delle opposizioni religiose nel medio evo. Noi -adunque esporremo per sommi capi i dommi del Catarismo, e toccato in -seguito dell'origine e della diffusione di questa setta, diremo infine -delle altre che vi si annodano. - -Il sistema cataro si può riassumere in questi brevi tratti. Dacchè il -mondo ribocca di mali non può essere tutto opera di uno spirito buono e -provvidente.[87] Le cose buone, che non sono certo le sensibili, le ha -create Iddio; ma le cattive, le vane, le transitorie non le fece lui, -bensì uno spirito perverso che stampò nel loro disordine l'impronta -della malvagità sua.[88] Naturalmente non tutti i catari la pensavano -ad un modo. Alcuni, come Giovanni di Lugio, non pure ammettevano -quest'opposizione tra il cielo e la terra, ma la tenevano per eterna; -perchè, dicevano, se non cessano le opposte cause debbono durare anche -i due ordini di effetti; onde è falso che col tempo possa sparire il -mondo visibile, e che il Dio della luce sia mai per riportare piena -vittoria sul suo rivale.[89] Altri meno rigidi, come i Bogomil ed -i Catari di Concorrezo, riducevano di molto l'importanza del minor -creatore attribuendo al buon Dio la creazione di una parte del mondo -visibile, come a dire i quattro elementi,[90] e credendo fermamente nel -finale trionfo del bene sul male.[91] Ma tutti si accordavano nel dire -il mondo opera di un genio malefico, sia che l'avesse creato lui stesso -di pianta, o coll'ajuto del Dio buono.[92] - -E al pari del mondo anche l'uomo è fattura dello spirito del male. -Se non che l'uomo, secondo la psicologia neoplatonica accolta dai -catari, è formato di tre elementi, il corpo, l'anima e lo spirito;[93] -e se si può ammettere che il corpo ed il principio che lo vivifica -siano fattura del Dio delle tenebre, lo spirito per fermo, che è puro -intelletto e volontà, vanta origine più nobile, nè altri può averlo -creato se non il Dio della luce. Lo spirito dell'uomo dunque non è -diverso da quelle creature angeliche ed immortali, che il principio -buono crea ab aeterno nella pienezza dell'amor suo;[94] l'anima per -contrario è tutt'uno colla funzione stessa del corpo organico, e quando -l'organismo si dissolve, perisce anch'essa.[95] Ma come mai ha luogo -questo accozzo di elementi così disparati? Per qual misterioso consenso -gli opposti principii del bene e del male, che agiscono sempre a -ritroso, or cooperano nella creazione dell'uomo? - -Questo difficile problema vien risoluto in vario senso dalle sètte -catare. Ed alcuni come i Bogomil, credono che il diavolo, creato l'uomo -dal fango, non potendo trattenere l'anima nel plasmato organismo, -chiedesse al Dio della luce uno spirito fra quelli da lui creati, che -valesse a raffrenare gl'impeti della ribelle. Ed il compiacente Dio, -non si sa perchè, piegatosi alle preghiere del suo nemico, gli fu largo -del richiesto aiuto.[96] Altri più accorti, non a Dio, ma allo spirito -stesso ed alle sue colpe attribuiscono la ragione della caduta; ma non -riescono certamente per questa via a vincere le difficoltà. Imperocchè -difficilmente i Catari possono menar buono che un Dio perfetto immetta -nelle sue creature la funesta possibilità del peccare, tanto che la -maggior parte di loro nega risolutamente la libertà dell'arbitrio;[97] -onde se questo spirito peccò non fu certo per elezione, ma per -necessità di natura; e la ragion del male per tal guisa risalirebbe -sempre al Creatore stesso, che si voleva a tutti i costi scagionare. -A sfuggire questa evidente contraddizione si adoperano i Catari, per -mezzo di miti.[98] E molti tra essi, immaginano che il Dio delle -tenebre accompagnato dai suoi demoni desse la scalata al cielo, e -vinto l'arcangelo Michele, che gli contendeva il passo, di viva forza -ne togliesse la terza parte delle creature celesti, che cacciò nei -corpi degli uomini e dei bruti.[99] Altri, non meno fantastici dei -primi, avvisano che il diavolo non delle violenze si fosse valso, ma -dell'astuzia; e con promesse e lusinghe avesse indotto nel peccato gli -angeli del cielo.[100] Ma nè gli uni dichiarano come mai al Dio del -male si debba attribuire maggior potenza che a quello del bene; nè gli -altri spiegano come creature perfette possano così facilmente divenir -gioco delle astuzie di uno spirito malefico. - -Ma lasciamo queste contraddizioni, che nessun simbolismo religioso può -rimovere. In questo convengono tutte le sette catare, essere in noi uno -spirito celeste, il quale, compiuta l'espiazione del suo fallo, farà -ritorno alla patria antica. Se non che qui rinascono le discrepanze, e -alcuni ammettono l'unicità di questo spirito in tutti gli uomini, altri -la pluralità. I concorrezesi ad esempio, riproducendo il traducianismo -di Tertulliano, insegnano che alla concezione di un nuovo individuo -umano, la parte spirituale non si crea _ex novo_; ma staccasi quasi per -gemmazione dal tronco dei suoi parenti, dai quali colla colpa eredita -giustamente la condanna. Onde lo stesso spirito o angelo, che informò -il corpo di Adamo, seguita tuttora di generazione in generazione il suo -pellegrinaggio doloroso.[101] Le altre sette catare, come i seguaci -del vescovo Balasinanza, e i Bajolensi e i Lugiani, in luogo di uno -suppongono che più angeli fosser caduti.[102] Ma il loro numero dal -dì della colpa non cresce nè diminuisce più, onde al dissolversi di -un organismo passano in altro, e da questo in altro ancora, fino a -che non sia compiuto il giro dell'espiazione.[103] Così vien rinnovata -l'ipotesi della trasmigrazione o metempsicosi, la quale vanta maggiore -antichità del traducianismo.[104] - -Ma o traducianismo o trasmigrazione che sia, è necessaria certo a -queste sètte una ipotesi, che assicuri la continuità dello spirito e -spieghi e giustifichi i secolari dolori dell'umanità. La storia dei -quali è raccontata da tutte le sètte catare presso a poco nello stesso -modo. Da quell'ora funesta, esse dicono, che trionfarono le arti dello -spirito maligno, gli angeli sedotti non ebber più riposo. Scacciati -dal Cielo, dimenticarono e la patria e l'origine loro, nè altro Dio -riconobbero da quello infuori che li avea tratti a rovina. Ed a lui -s'inchinarono tremanti e vittime cruenti offersero per calmarne il -furore e la bieca avidità di sangue. Così nacque la legge mosaica; -così il demone corruttore usurpò per buona pezza il posto del buon -Dio, ed ebbe autorità di codice sacro il vecchio Testamento, da lui -ispirato, e nel quale ben disvelò la sua indole volubile, crudele -e menzognera.[105] E codesto inganno sarebbe durato ancora, se il -principio del bene, riscossosi alla fine, e risoluto di por fine al -regno del suo rivale, non avesse mandato il suo diletto figlio per -insegnare agli uomini la schietta verità. - -Ma chi è mai questo figliuolo prediletto? È forse tutt'uno nella sua -essenza col Padre, come insegna il domma del Concilio Niceno? No. -I Catari riconoscono due soli principii, il Dio del bene e quello -del male, e all'infuori di questi non ammettono altre divinità. Onde -Cristo si deve considerare come un angelo, o se vogliamo un arcangelo, -che scende in terra per ricondurre nella diritta via gli smarriti -fratelli.[106] Quest'opinione evidentemente riproduce l'arianesimo, -e per questo rispetto i catari furon chiamati ariani,[107] sebbene -fossero pochissimi i punti di contatto tra cotesti eretici, ed i -catari oltre alla dualità di natura tra Padre e Figliuolo insegnassero -altresì essere il corpo di Cristo affatto apparente non reale.[108] -L'Arcangelo, essi dicevano, mandato a salvare gli uomini non avendo -peccato come gli altri angeli scacciati dal Cielo, non deve e non può -assumere un vero corpo umano; chè nè di pena egli è meritevole, nè -d'altra parte sarebbe possibile la compenetrazione di uno spirito puro -coll'immonda fattura del Diavolo. Così i Catari insieme all'eresia -di Ario rinnovarono il docetismo gnostico.[109] L'eresia ariana e -la docetica sono agli antipodi, stantechè la prima ponendo maggior -peso all'elemento umano in Cristo, ne assottiglia talmente la parte -divina da ridurla all'influsso o ispirazione profetica; la seconda, -invece rilevando l'elemento divino attenua di tanto il lato umano che -lo tiene per vana apparenza (δόκησις). Eppure non ostante l'aperto -antagonismo e l'una e l'altra opinione vengono accolte di conserva -nel Catarismo.[110] Il quale se non crede alla realtà del corpo, -molto meno può prestar fede alla passione e morte di Gesù.[111] Ben -s'argomentarono gli adoratori del falso Dio di troncare sul labbro -del Cristo la parola rivelatrice; ma non accorgendosi gli stolti -dell'inganno orditogli, misero a morte quel che non potea morire, un -corpo etereo, nel cui velo ben presto riapparve il Maestro ai discepoli -per confermarli nella nova fede. - - -II - -Esposte le dottrine proprie dei Catari, non sarà inutile esaminare -come combattessero le dottrine altrui. Essi riconoscevano nella -Chiesa primitiva la vera Chiesa di Cristo, che custodiva con cura -gelosa gl'insegnamenti del suo Maestro, e ne seguiva scrupolosamente -gli esempi. Ma dall'infausta donazione di Costantino in poi ella si -corruppe, e tolsero a governarla i suoi più fieri nemici, che più -che a Dio servono al Diavolo, a cominciare da quel Silvestro, che -accettando il funesto dono, venne meno ai precetti del divino Maestro, -e ben può dirsi l'Anticristo.[112] Corrotto il costume, fu guasta la -dottrina, e venner proclamati come dommi gli errori più manifesti, -che metton capo nell'intendere alla lettera i simboli e le allegorie -dell'Evangelo. Così nacque il domma della transustanziazione, secondo -il quale il pane ed il vino mutano la propria natura in quella del -corpo e del sangue di Cristo, conservando pure gli accidenti della -prima sostanza.[113] Ma Gesù nel pronunziare le parole: _Hoc est corpus -meum_ adoperava certamente un linguaggio figurato,[114] che stoltamente -vien torto a significare un'assurda consacrazione di sostanze caduche -e create dal malefico Dio.[115] Nè intendeva il divino Maestro che -ogni giorno avesse a rinnovarsi il suo sacrifizio a pro' dei ministri -del culto, che dal mercato delle messe traggono i loro più lauti -profitti; nè molto meno insegnò mai che i suffragi dei sacerdoti -potessero applicarsi alle anime dei defunti per affrettarne l'entrata -in Cielo.[116] - -Ma se la dottrina delle preghiere pei defunti, e quelle del Purgatorio -strettamente connessavi non potevano essere accolte dai Catari, -pei quali l'espiazione sta nel migrare dell'anima da un organismo -nell'altro,[117] molto meno accetto dovea lor tornare il domma della -risurrezione della carne. Imperocchè in esso s'attribuisce allo -strumento, col quale si opera, la pena o il premio proprio solo -dell'operante, e si glorifica e mette quasi a paro del puro spirito -il corpo, che è fattura del Dio malvagio.[118] Parimenti sembra loro -strano che si attribuisca ad un elemento di questo basso mondo, come -l'acqua,[119] una virtù santificante; ma più assurdo ancora pare loro -il battesimo dei bambini, ai quali si somministra un sacramento quando -non ancora sono in istato di accoglierlo; onde il più importante -atto della vita religiosa, qual è quello di riconoscere in altri il -credente nella propria fede, diviene una cerimonia affatto vana ed -esteriore.[120] Nè meno irragionevole è il culto delle imagini, le -quali contrariamente allo spirito del Cristianesimo non si tengono -per simboli degli Enti spirituali che rappresentano, ma per oggetti -forniti di un potere magico e miracoloso.[121] Nello stesso modo -che s'intende per casa del Signore, non il cuore del credente, ma -l'edifizio fabbricato di pietre e mattoni, e superbamente decorato di -marmi e d'oro.[122] E per tal guisa si falsa il significato delle cose, -e non si dubita di fare onore alla croce, che fu ed è uno strumento -d'ignominia.[123] - - -III - -Chi ha seguita l'esposizione delle dottrine dommatiche dei Catari potrà -di leggieri indovinare il carattere severamente ascetico della loro -morale, e delle pratiche religiose. Se il mondo è opera dello spirito -del male, qualunque affetto o desiderio che maggiormente vi leghi lo -spirito penitente, lo allontana dal sospirato termine dell'espiazione. -Il vero cataro adunque, a simiglianza del divino Maestro, non possiede -nè case, nè campi, nè altre ricchezze; tutto l'aver suo mette in comune -cogli altri, e va campando miseramente la vita col lavoro delle sue -mani.[124] - -Ed al pari delle ricchezze ei condanna gli onori e la possanza, intorno -alla quale si affatica la vana ambizione degli uomini, non risparmiando -guerre sanguinose o arti fraudolenti per conquistarla. Ma la guerra -è opera violenta, che i seguaci del cattivo demone possono desiderare -ed imporre nel loro furore, non certo le miti creature del Dio buono, -i quali invece la condannano sempre, anche quando provocata dagli -altri, o fatta a propria difesa.[125] E non meno della guerra riprovano -l'uccisione del proprio simile così da negare financo ai poteri -pubblici il diritto di mettere a morte i cittadini che infrangono -la legge. Questi eretici in mezzo ad una società efferata e violenta -predicavan l'abolizione del patibolo.[126] I costumi dei Catari sono -miti; e solo contro il proprio corpo incrudeliscono, nè per rintuzzare -gli appetiti perdonano a digiuni e mortificazioni, di parchissimo -vitto si contentano, e severamente proibiscono il nutrimento animale, -perchè non è lecito uccidere gli animali, e distruggere l'organismo -ove può essere trasmigrata un'anima peccatrice.[127] E non meno -dei piaceri delle mense il cataro sa vincere gli allettamenti del -sesso, nè s'illude che alcuna differenza corra tra congiungimento -e congiungimento, nè stima il matrimonio meno illecito della venere -vaga.[128] Imperocchè e l'uno e l'altra menano alla stessa conseguenza -di ritardare pel corso di nuove generazioni il ritorno delle anime alla -lor patria celeste.[129] - -Tutte queste massime mettono capo nel principio che governa -l'ascetismo: lo scopo della vita essere la continua preparazione alla -morte. La quale per conseguenza non temuta e aborrita dal Cataro, -è invece ardentemente desiderata, come il termine del doloroso -pellegrinaggio. Talchè si comprende bene come non sia vietato ma -raccomandato il suicidio, quando si corra il pericolo di ricadere -nell'impurità antica. Così i malati, ricevuto l'estremo conforto -religioso, affrettano la morte coll'astenersi dal cibo, o mettersi, -come dicevano, in _endura_.[130] Parimenti si mette in _endura_ chi è -per cadere nelle mani degli inquisitori, o cadutovi venga condannato al -rogo.[131] - -Molto più difficile a spiegare è il divieto del giuramento, il quale -era così assoluto che un Cataro dichiarava agli inquisitori non -giurerebbe anco se col giuramento suo potesse convertire gli uomini -tutti al Catarismo.[132] Che fosse assolutamente proibita la menzogna -è naturale. Il diavolo è di sua natura falso e bugiardo, e chi lo -imita non può entrare nel regno del buon Dio. S'intende anche che il -rigorismo cataro possa per l'amore della verità condannare financo la -menzogna pietosa e la necessaria; ma perchè s'ha da avere in orrore -il giuramento, anche quando nell'interesse della giustizia e dello -Stato serva a stabilire la verità? Questo senza dubbio è uno dei tanti -tratti caratteristici di quel misticismo nebuloso, che per elevare -la Divinità, la circonda di silenzio e mistero impenetrabile. L'Ente -Supremo dagli gnostici è chiamato βοθὸς (profondità) e Σιγή (silenzio), -e dagli gnostici e neoplatonici insieme ἃῥῤητος (innominabile). Non -diversamente lo concepiscono i Catari, ai quali sembra per conseguenza -una profanazione che non solo si ardisca di nominarlo invano,[133] ma -lo si chiami a testimone nelle nostre meschine contese.[134] - - -IV - -Ma non s'ha a credere che tutti i Catari adempissero scrupolosamente -agli obblighi imposti dalla loro religione. Rinunziare alla proprietà, -abbandonare la famiglia, consacrarsi al celibato, digiunare almeno due -volte la settimana, astenersi rigorosamente dalla carne, dalle uova, -dal burro, non era certo da tutti; e se la nuova religione avesse -chiesti sì gravi sacrifizii, le sue fila si sarebbero ben presto -diradate. Furon fatte adunque due classi, i perfetti e i credenti.[135] -Questi ultimi non doveano seguire tutte le pratiche religiose, nè -lasciare le famiglie o spogliarsi dei beni, ma solo tenersi stretti -ai credenti nella stessa fede. E della fede neanco tutti gli articoli -erano loro disvelati, ma quelli solo che meno contrastavano alle -credenze antiche, o eran già preparati da vecchie eresie.[136] E -così venne fatto, come diremo, a suo luogo, che una setta ben più -affine al dualismo persiano che al monoteismo occidentale, mentite -le sembianze di un cristianesimo più razionale,[137] riuscisse non -rare volte a scalzare la religione dominante. Dai credenti dicemmo -doversi distinguere i _Perfetti_, ben meritevoli di questo nome per -la vita aspra e faticosa che menavano, e per l'olocausto che facevano -di tutti gli affetti ed allettamenti del mondo, al quale, come opera -del demonio, viveano affatto estranei. E per questa via sebbene -imprigionati nel corpo, si sentivano uniti col Dio buono, di cui aveano -accolto il santo spirito nel _Consolamentum_.[138] - -Il _Consolamentum_ era la funzione religiosa più importante dei Catari, -che valeva ai loro occhi più del battesimo cattolico. Vedemmo già -come essi condannassero il battesimo coll'acqua, uno degli elementi -creati dal demonio,[139] Siffatta cerimonia non fu istituita da Gesù, -ma dal Battista il quale si deve tenere per falso profeta,[140] onde -a ragione il Vangelo di S. Matteo (III, 11) e i Fatti degli apostoli -(I, 5) opposero al battesimo con l'acqua quello con lo spirito o -col fuoco.[141] E basta secondo il costume degli apostoli imporre le -mani sul capo dell'iniziato, perchè su lui discenda lo spirito del -Signore.[142] - -Per conferire il _Consolamentum_ bisognava esser puri da peccato -mortale, perchè d'accordo coi Patarini i Catari credevano che non possa -assolvere gli altri chi pria non abbia assolto sè dal peccato.[143] -Per ricevere il _Consolamentum_ bisognava esser ben preparati; nè solo -conoscere la vera dottrina religiosa, ma pronti a metterla in pratica. -Imperocchè chi riceveva il _Consolamentum_ poteva altresì trasmetterlo -agli altri. E come sarebbe stato capace di tanto, se non avesse rotto -qualunque vincolo colla materia impura? Il consolato entrava adunque -nella classe dei _Perfetti_, e da quel giorno incominciavano le sue -terribili prove. Ei non apparteneva più a sè, ma alla comunità. La -sua vita non avea altro scopo se non insegnare la verità, combattere -l'errore, disporre e preparare gli animi alla comunione col Santo -Spirito. E se in questo duro e faticoso apostolato gli accadeva -d'incontrare la morte, tanto meglio per lui, chè la sua anima era ben -certa di non ricadere più nella terrestre prigione. - -Avendo il _Consolamentum_ la virtù di sottrarre l'anima all'impero -del Demonio, e congiungerla collo spirito del buon Dio, ei pare che -pervenuti a quest'alta cima, non si debba più ridiscendere a valle. -I _Perfetti_ adunque sarebbero non solo di nome ma di fatto, e la -virtù religiosa ne avrebbe talmente compenetrata l'anima, che non -potrebbero più spogliarsene ricadendo nel peccato. Così par che la -pensassero alcuni Catari, ai quali Moneta[144] rimprovera di tenere -per impeccabili i ministri del Signore. Ma il Moneta stesso e tutte le -altre testimonianze affermano d'accordo che la maggior parte dei Catari -teneva l'opinione affatto opposta, vale a dire che anche ricevuto -il _Consolamentum_ si potesse ricascare nel peccato.[145] Per questa -ragione i più differivano a prendere il _Consolamentum_ fino al punto -di morte, sentendosi allora solo sicuri di non tornare vittima del -Demonio. Durante la vita si era sempre esposti alle sue seduzioni, -che se ei fu da tanto da corrompere i puri spiriti del Cielo, qual -meraviglia che riesca a riconquistare un'anima, pur sempre avvinta -al suo corpo? Se non che la ricaduta è oltremodo pericolosa, e ben -difficile è il rilevarsi, e più dure prove si chiedono per essere degni -di un secondo _Consolamentum_. - -Quelli che non ricevono il _Consolamentum_, non sono uniti collo -spirito del Signore, e se muoiono, la loro anima, tuttora in balìa -del demonio, deve incarnarsi in un altro corpo, e ricominciare di -nuovo il corso della sua espiazione. Si comprende con che ansia -il Cataro aspetti questo sacramento, e come i Perfetti non debbano -risparmiare fatiche e pericoli per somministrarlo a chi lo richiegga. -E non si risparmiavano davvero, che anche in mezzo alle più occhiute -persecuzioni, apparivano presso al letto del moribondo, quando meno lo -aspettavano; onde il popolo li avea in grande venerazione e li chiamava -buoni uomini, ragione per cui l'eresia dei Catari fu detta _des -Bonshommes_.[146] - -Oltre al _Consolamentum_ poche altre funzioni religiose ammettevano -i Catari.[147] Ad imitazione della Cena cristiana celebravano la -_benedizione_ del pane. Quando interveniva un Perfetto alla mensa dei -fedeli, diceva l'orazione domenicale, e poscia benedetto il pane lo -spezzava, distribuendone i pezzetti ai convitati, cui diceva «Che la -grazia del Signore sia sempre con voi».[148] Così anche praticavano -la confessione pubblica e solenne in luogo dell'auricolare, che -condannavano.[149] - -Della gerarchia cattolica la Chiesa Catara non conservava se non -due gradi, i vescovi ed i diaconi.[150] Ogni vescovo avea con sè due -ministri, uno maggiore, l'altro minore. Alla morte del vescovo gli -succedeva il ministro maggiore, il quale era ordinato e consacrato dal -minore.[151] Per togliere questo assurdo più tardi si decretò che il -vescovo stesso ordinasse colui che dovea succedergli.[152] - - -V - -L'origine del Catarismo è molto oscura, onde ogni scrittore si crede -in obbligo di combattere i suoi predecessori, ed escogitare una nuova -congettura. Lo Schmidt, che scrisse la migliore storia del Catarismo, -opina esser nata questa eresia spontaneamente presso i Bulgari sul -cominciare del secolo decimo. Ei ricorda che non appena convertiti -i Bulgari al Cristianesimo nell'862 da Cirillo e Metodio, l'opera -di questi missionarii fu ben presto intralciata da due dissidii che -dilacerarono in quel torno la Chiesa cristiana orientale. Il primo -dei quali fu dovuto all'antica rivalità tra Roma e Costantinopoli, -rinfocolata poi dall'essersi il re Bogoris rivolto al Pontefice -Romano per missionarii che compissero l'opera di Metodio. Il secondo -dissidio nacque tra gli Slavi convertiti da qualche secolo che usavano -la liturgia latina, e quelli recentemente conquistati alla fede da -Metodio, ai quali il Papa avea concesso l'uso della lingua nazionale. -Sino alla morte di Metodio la scissura fu soffocata, ma rinacque -subito dopo, ed i Greco-slavi ebbero a cedere ai prepotenti latini. -Si aggiunga che gli Slavi non potevano obbliare così presto l'antica -religione, tanto vero che nell'869 il Concilio di Costantinopoli fu -costretto d'interdire ai Traci e Macedoni, convertiti sin dal settimo -secolo, le rimembranze dell'antico culto. Non è improbabile che in tale -stato d'incertezza tra l'antica e la nuova fede, da questa prendessero -l'idea monoteistica, e tramutassero i loro antichi Dei nel diavolo, che -avea tanta parte nelle prediche dei missionarii del medio evo. C'est -au milieu de ces circonstances que parut parmi les Slaves, peut-être -dès le commencement du dixième siècle, l'hérésie du dualisme Cathare. -Est-ce une opinion trop hasardée, si nous admettrons que ce système -sortit de quelque couvent greco-slave de la Bulgarie, dont les moines, -irrités de l'invasion d'un culte qui répugnait a leur nationalité, et -se livrant en même temps à des speculations tour à tour subtiles ou -fantastiques, étaient arrivés à la conclusion que deux principes se -partagent le gouvernement du monde, et que pour être pur (καθαρὸς) -il faut affranchir l'esprit de toutes les entraves de la création -matérielle? (Schmidt, I, 7). - -Questa ipotesi non pare che spieghi pienamente l'origine del Catarismo. -Potrebbe benissimo renderci conto del culto reso in segreto agli -antichi dei, trasformati in demoni, come accadde dovunque la religione -cristiana fu innestata a tronco pagano; ma non ci spiegherebbe -come mai si attribuisse al demone tanto potere, da farlo creatore -dell'universo materiale. Nè molto meno è facile ad intendere come in -mezzo a popolazioni semibarbare, appena convertite al Cristianesimo, -nascesse il pensiero di paragonare la nuova religione non alla propria, -ma alla mosaica, e quest'ultima considerare come l'opera di un Dio -maligno.[153] Nei primi secoli del Cristianesimo, in quei centri -cosmopolitici che erano Alessandria ed Antiochia, ove il pensiero -filosofico greco venne tante volte a contatto col misticismo orientale, -si comprende benissimo come nascessero le audaci speculazioni dei -gnostici.[154] Ma non si capisce egualmente come siffatto movimento -intellettuale dovesse aver luogo tra popoli, che non poteano ancora -assimilarsi l'antica coltura. - -Quest'arditezza speculativa è già un sicuro indizio non essere il -Catarismo una creazione bulgara, ma ben piuttosto l'avanzo di antiche -eresie, nate sotto altro cielo, e in altre condizioni sociali, e -trapiantatesi in Bulgaria nel tempo più propizio alla loro diffusione. -Non dubito dunque di seguire l'antica tradizione, secondo la quale i -Catari sarebbero manichei imbastarditi;[155] nè temo che le difficoltà -opposte dallo Schmidt non sieno per rimuoversi facilmente. Ammettiamo -pure che al catarismo manchi cette forme mithologique si remarquable -qui est particulière au manicheisme ... o anche l'idée gnostique de la -matière (ύλη) en lutte avec la divinité (II, 256). Ma è forse strano -che una credenza, una leggenda, un sistema filosofico trapiantandosi -da un luogo ad un altro non perda molti caratteri, e ne acquisti altri -per adattarsi al nuovo ambiente in cui deve vivere? E che meraviglia -se non trovi nel Manicheismo il domma del _Consolamentum_ essenziale -alla religione catara? Non trovi la parola, nè la formola ed il rito -religioso; ma certo il concetto della purificazione dell'anima, che -accolse in sè il Santo Spirito, non manca. Noi non diciamo che il -Catarismo sia il Manicheismo nella sua forma primitiva; tutt'altro. -Il tempo avea già scoloriti molti tratti della dottrina religiosa di -Mani, ed il nome stesso del fondatore era già obbliato; che perciò? non -accadde lo stesso nel secondo secolo a Valentino, a Basilide e ad altri -fondatori di sètte gnostiche, i cui nomi erano sconosciuti a coloro -stessi che se ne appropriavano le dottrine?[156] - -Del resto lo Schmidt stesso non può fare a meno della tradizione -manichea. Quand on songe que les souvenirs du manicheisme s'étaient -conservés longtemps dans les couvents de l'orient notre opinion ne -doit pas paraître dénuée de toute probabilité (I, 8). Nelle quali -parole egli riconosce essere il Manicheismo la prima fonte onde -attinsero i Catari, il che non esclude che altri rivoli secondarii vi -si mescolassero per via. In tutti i grandi movimenti religiosi accade -quello che notammo del Catarismo, nel quale intorno al nucleo della -dottrina dualistica si aggrupparono le più vecchie eresie, che viveano -tuttora occulte e dimenticate nelle lontane solitudini dei pensatori. -E per tal guisa si formò un insieme di dommi non molto omogenei, ma il -cui contrasto sfuggiva all'acume dei recenti alleati. Noi già trovammo -più su accanto alle tradizioni ariane della distinzione sostanziale -tra Padre e Figlio le fantasticherie docetiche sul corpo apparente di -Gesù. Ed insieme alle mistiche descrizioni del regno celeste, e della -trasmigrazione delle anime le polemiche di Claudio di Torino contro -l'adorazione delle immagini, e quelle più radicali di Berengario -contro l'Eucaristia.[157] Ma non perchè queste continue aggiunte dieno -una nuova impronta al Catarismo, non per questo s'ha da sconoscere -la sua stretta parentela coll'antico manicheismo,[158] il quale non -ispento dalle persecuzioni rifioriva prima in Ispagna per opera di -Priscilliano,[159] e più tardi in Armenia coi Paoliciani;[160] di lì si -diffuse tra gli Slavi; e dalla Bulgaria pel tramite dei commerci passò -in Italia, e quindi in Francia. - - -VI - -Toccato dell'origine studiamo ora la DURATA, DIFFUSIONE, ed INTENSITÀ -del movimento cataro. - -Fino dai primi anni del secolo decimoprimo serpeggiava per -l'Aquitania la nuova eresia, come ne fa fede il cronista contemporaneo -Ademaro.[161] E questi e Rodolfo Glaber del pari fanno menzione di -dieci canonici di Orleans, scoperti come manichei nel 1022, e dati -alle fiamme per ordine di Re Roberto.[162] Ma dacchè secondo lo stesso -Glaber siffatto movimento vien propagato dall'Italia, è lecito supporre -che tra noi si manifestasse l'eresia molto prima del 1034, anno in -cui Girardo di Monteforte venne a furor di popolo bruciato vivo in -Milano.[163] Nè andremo lungi dal vero se la faremo risalire alla fine -del secolo decimo. D'altra parte il catarismo militante vien meno al -cominciare del secolo XIV, quando alle cruenti crociate contro gli -Albigesi successero le stragi dell'Inquisizione. Sicchè non tenendo -conto di qualche resto cataro, scoperto da Vincenzo Ferrer nel 1402 o -in Lombardia, o nelle inaccesse valli del Pellice e Clusone, la durata -dell'eresia catara nell'occidente oltrepassa i tre secoli. - -Non meno importante è la diffusione, della quale ora terremo parola -sommariamente, rimandando chi desideri più estesi particolari alla -monografia dello Schmidt. A cominciare dall'Italia settentrionale, -ricordiamo che la Lombardia riboccava di eretici così, che le sètte vi -si moltiplicavano, e la chiesa moderata di Concorrezo combattea la più -rigida del veronese Balasinanza, e quest'ultimo non andava d'accordo -con l'altro rigorista Giovanni di Lugio. A Ferrara spesseggiavano gli -eretici del pari, e per iscacciarneli il vescovo ebbe a ricorrere al -potere civile.[164] In Modena i catari l'impattavano coi cattolici, -tanto da vivere in pace gli uni accanto agli altri, ed il Muratori -ricorda che nel 1192 furono ricompensati con eguale misura catari -e cattolici per la distruzione che a causa di utilità pubblica fu -fatta di loro mulini.[165] Anche in Toscana il Catarismo ebbe non -pochi seguaci, ed il primo vescovo dei Catari moderati o concorrezesi -fu un Pietro Lombardo da Firenze. In questa città le donne stesse -s'adoperavano alla propagazione della setta e gli eretici cresceano a -tal segno che nel 1173 dettero pretesto a mutamenti nel governo.[166] -Dalla Toscana discese l'eresia ad Orvieto, ove, oppressa nel 1125, -fu rilevata nel 1150 dal Diotisalvi di Firenze e da Girardo da S. -Marzano. In seguito, scacciati questi missionarî, ne seguitarono -l'opera due donne, Milita di Monte Meato e Giuditta da Firenze.[167] -Da Orvieto si estese a Viterbo, nè la stessa Roma fu salva, anzi si -serba memoria di una esecuzione di Catari, fatta nel 1231 al tempo di -Gregorio IX.[168] Perfino nella remota Calabria par che attecchissero -i Catari a giudicarne almeno dall'ardore con cui l'abate Gioacchino li -combatteva.[169] - -Dall'Italia, come dicemmo, l'eresia passò in Aquitania, e Tolosa fin -dai primi tempi fu il centro della sua diffusione.[170] Di là s'avanzò -nel Perigord, nel vescovado di Limoges, nella marca di Poitiers, -risalendo su sino ad Orleans, ove trovammo a capo degli eretici alcuni -sacerdoti, grandemente stimati per la loro pietà. Ben presto oltrepassò -la Loira, talchè il vescovo di Chalons, Rogero (1043-1062), chiese -a Wazon vescovo di Liegi se in vista del pericolo imminente non si -dovesse procedere rigorosamente contro gli eretici. Abbiamo tuttora la -risposta del pio prelato: Dio non vuole la morte, ma la conversione dei -peccatori; e la sola pena consentita dal Vangelo contro gli eretici sta -nell'escluderli dalla comunione dei fedeli.[171] Questa lettera porta -la data del 1048, e la pena che in essa vien suggerita fu nel fatto -comminata l'anno appresso dal concilio di Reims.[172] Tanto rapidamente -s'era diffusa l'eresia nel nord della Francia, ove già sin dal 1025 -s'ebbe notizia di eretici, principalmente a Reims, a Liegi, Arras e -Cambray![173] - -Dalla Francia il passaggio in Germania è ben facile, e già nel 1052 -Enrico III fece impiccare in Gosslar (Hannover) alcuni eretici, che -si scopersero per manichei dal rifiuto di uccidere un pollo.[174] -Nel secolo susseguente, come sappiamo dalla lettera di Evervino a S. -Bernardo, l'eresia s'era così diffusa in Colonia, che vi si stabilì -un vescovado cataro. Arrestati nel 1146 il vescovo col suo diacono, -anzi che smentire le loro credenze, salirono animosamente sul rogo. -Pochi anni dopo nel 1160 furono scoperti altri catari a Bonn, con a -capo Arnoldo abile disputatore, conoscitore profondo della scrittura -ed entusiasta della sua fede. A capo a qualche anno salito sul rogo coi -suoi diaconi, fu udito gridare tra le fiamme: «Fratelli, siate costanti -nella fede, oggi sarete riuniti ai martiri del Cristo». E in questo -dire una fanciulla catara, che in grazia della sua bellezza era stata -sottratta al supplizio, copertosi il volto, si precipitò nel fuoco per -morire col suo maestro.[175] - -L'Inghilterra fu salva dall'eresia. Ben tentarono di penetrarvi verso -il 1160 alcuni catari, volgarmente detti pubblicani (paoliciani), -non ammontanti a più di trenta, tutti di nazione e lingua tedesca, e -guidati da un tal Girardo, il solo tra loro che sapesse di lettere. -Ma furono scoperti e segnati nella fronte da un marchio d'infamia, e -poscia battuti a verghe ed espulsi dalle città, e proibito a chiunque -di ospitarli. Perirono per la campagna di freddo e fame, vittime -anch'essi devote e coraggiose della loro fede;[176] ma altri dopo di -loro non ritentò l'ingrata prova. - -Pari alla durata ed estensione l'intensità. Senza un gran vigore di -fede il catarismo non avrebbe potuto opporre così tenace resistenza -alle persecuzioni, che massime dopo il 1200 infierirono senza misura. -Un rapido ricordo storico varrà meglio di qualsia dimostrazione. -Il secolo decimoterzo, che è quello dei grandi uomini della Chiesa, -Innocenzo III, Gregorio IX, Alberto Magno, S. Tommaso, è altresì il -secolo delle più fiere lotte, e più selvagge passioni. Montato sul -trono Innocenzo III mandò suoi legati nella Francia meridionale per -estirparvi l'eresia, e quando uno di essi, il Castelnau, fu ucciso a -tradimento indisse la crociata contro i popoli del mezzogiorno, che -s'erano allontanati dalla Chiesa.[177] Già prima di lui il legato -Enrico[178] vescovo cardinale d'Albano, indetta la crociata contro -gli eretici albigesi, con gran seguito di truppe aveva invase nel -1181 le terre del visconte di Béziers, ed ottenuta la resa del forte -castello di Lavaur. Ma questa prima crociata, benchè non poco cruenta, -fu nulla a petto della seconda, alla quale presero parte molti -signori del nord della Francia, che sotto il pretesto della religione -movevano alla conquista delle ricche contrade del mezzogiorno. Codesta -guerra fu combattuta con furore, e il nome di Simone di Monfort -restò tristamente[179] celebre in quelle infelici contrade, dove gli -eretici furon trattati peggio dei musulmani.[180] Quando Béziers, -dopo un'eroica resistenza, cadde sotto i colpi dei crociati, a quelli -che lo chiedevano sul modo di distinguere i rei dagli innocenti, il -legato Arnaldo rispose: uccideteli tutti, Dio riconoscerà quelli che -gli appartengono.[181] Alla presa di Carcassona 400 arsi vivi, e 50 -impiccati come eretici.[182] Espugnato il castello di Minerva, il -legato Arnaldo promise la salvezza della vita a chi si convertisse, -perchè sapeva che nessuno dei credenti avrebbe rinnegata la sua fede. -Conosco i miei uomini, egli diceva a chi scandolezzavasi di tanta -mitezza. Nè avea torto, chè più di 150 perirono sul rogo martiri -della loro fede.[183] Presa Lavaur, ne fu impiccato il comandante, -gittata nel pozzo la sorella, arsi quattrocento Catari.[184] E più -cruente furono le stragi, quando dopo il concilio lateranense del -1215 si rinnovò la guerra con tanta violenza che i superstiti ebbero -a invidiare la sorte dei caduti in battaglia. E l'infelice conte di -Tolosa Raimondo VII se volle ottenere la pace dopo trenta anni di -guerre rovinose, ebbe a giurare di combattere e punire gli eretici -senza pietà, e conferire un premio di due scudi di argento a chi ne -assicurasse qualcuno alla giustizia.[185] - -Ma questi roghi, queste condanne in massa senza giudizio, son pur -da meno delle persecuzioni posteriori. Si poteva attribuire siffatti -orrori alla necessità della guerra, all'eccitazione degli animi, al -diritto di rappresaglia; d'ora innanzi saranno imposti dalla fredda -ragione. Prima di questo tempo, come dimostrarono il Ficker e l'Havet, -la pena del rogo contro gli eretici non era stabilita per legge in -nessun paese.[186] In Germania si solevano, è vero, mettere a morte -gli eretici o a furor di popolo, come a Colonia nel 1163, o anche per -ordine dell'imperatore, come a Gosslar nel 1052; ma quest'ordine non -fu dato in omaggio ad una legge, bensì per misura politica. Anche in -Francia le molteplici esecuzioni, che ricordammo, ebbero lo stesso -carattere, e prima della legge di Luigi VIII del 1226, non ve ne ha -altra che condanni gli eretici al supplizio del fuoco. Con maggior -ragione si deve dire lo stesso della Francia meridionale e dell'Italia. -Chè anzi mentre nel settentrione dell'Europa la pratica discordava -dal diritto, e tacendo le leggi, vigeva la consuetudine di mettere a -morte gli eretici; nel mezzogiorno al contrario e diritto e pratica -s'univano in una grande mitezza e tolleranza. Dopo l'esempio di Girardo -di Monteforte non v'ha ricordo di altro bruciamento di eretici, e -l'autore delle memorie milanesi dice espressamente che nell'anno 1233 -ebbe luogo la prima esecuzione.[187] In Modena ricordammo come accanto -ai diritti degli altri cittadini eran riconosciuti quelli dei catari. -Nella Francia meridionale Giraldo vescovo di Albi non dubitò d'invitare -gli eretici ad una pubblica disputa a Lombers.[188] - -Questa tolleranza però cessò ben presto in tutti i paesi. Il cardinale -Pietro di San Crisogono, legato del papa nel Tolosano, condannò un -Morand, ricco signore seguace e protettore dell'eresia, alla confisca -dei beni ed alla distruzione delle case. E costui se volle salvarsi -dalla miseria, ebbe a sconfessare solennemente la sua fede, e subire -l'ignominioso castigo della fustigazione.[189] Parimenti in Italia -si serba memoria di un vescovo Guarnasia, legato dell'imperatore -Enrico VI, che confiscò per ordine imperiale i beni dei patarini di -Prato e ne distrusse le case.[190] Ottone IV, in un suo decreto del -1210 contro gli eretici di Ferrara,[191] e gli statuti di Verona: che -rimontano secondo il Ficker, al di là del 1218, prescrivono l'esilio -degli eretici e la distruzione delle loro case. Questa stessa pena -dell'esilio è prescritta nella legge di Federigo II del 1220.[192] - -Dopo poco altro tempo le cose volsero in peggio. Il papa chiedeva -dall'imperatore una più energica repressione dell'eresia, e Federigo, -che avea rinnovato contro la Chiesa l'antica guerra per l'indipendenza -dello Stato, per tema non lo si sospettasse di poca ortodossia, -acconsentì a mutare la sua prima legge.[193] Strana ironia della -storia! Quell'Imperatore che tenne più fermo contro le pretensioni -di Roma, e presso i contemporanei era tanto in voce di miscredente ed -epicureo, da non trovar grazia neanco presso il gran poeta ghibellino; -quell'imperatore che avea ai suoi servigi gente di diversa credenza, -saraceni non meno di cristiani, egli per lo appunto è il primo a -sancire la pena del rogo contro gli eretici,[194] e in servigio della -Chiesa vien meno alle più fondamentali norme del diritto vigente. E -nel luogo dei vescovi stati fin oggi i giudici naturali delle eresie -acconsente che entrino i frati predicatori, facendoli almeno per la -Germania legati imperiali;[195] nè dubita di sancire le più aperte -infrazioni della regolare procedura, ammettendo la testimonianza del -correo o del delatore,[196] e tollerando che si tacesse nei giudizii il -nome del testimone. Un altro passo ancora, e non ci meraviglieremo più -che colla morte del reo non si estingua l'azione penale, ma seguiti il -processo contro i defunti, perchè gli eredi ne scontino la pena.[197] - -Con queste misure violente l'eresia veniva stretta in un cerchio -di ferro, e ben pochi poteano sottrarsi alle occhiute vigilanze -degl'inquisitori, ed alle insidie delle spie prezzolate o interessate. -Ma non ostante questi rigori i Catari non furon domi, e se non -all'aperto, continuavano in segreto a professare il loro culto. E -taluno di essi seppe nascondersi così, che non solo non fu disturbato -finchè visse, ma dopo morto per poco non venne santificato dai -cattolici. Il Muratori pubblicò il processo di un Armanno Pungilupo da -Ferrara morto nel 1269, intorno al quale per anni parecchi continuò -aperto dissenso tra la Curia e i Frati inquisitori. La Curia, ligia -alla voce popolare, che dava il Pungilupo per uomo pio, e morto in -odore di santità, non solo permise che fosse seppellito nella Chiesa -maggiore in magnifico mausoleo; ma raccolte le informazioni sui -miracoli che dicevano fatti da lui, permise s'innalzasse presso alla -tomba un altare votivo. Ed i fedeli v'accorreano numerosi, e con -giuramento attestavano al Vescovo di avere per intercessione del beato -Armanno ricuperata o la vita, o il moto o la parola, e taluno persino -giurò d'essere stato liberato dai demoni, che lo possedevano.[198] -Ma gl'inquisitori diffidavano assai di tal taumaturgo, che pochi -anni innanzi, nel 1254, convinto d'eresia, dovè la sua salvezza -all'abjura.[199] E interrogati parecchi, già appartenenti alla setta -bagnolese, raccolsero che, non ostante la ritrattazione, il Pungilupo -continuò per tutta la vita nella fede catara;[200] nè fu solo -_credente_, ma ricevette il _consolamentum_,[201] e con ardore si mise -a diffondere le dottrine bagnolesi, e predicando contro il lusso e la -corruzione dei preti,[202] fece nuovi seguaci alla sua setta. Istruito -in tal modo il processo si venne alla sentenza, cagione di un violento -dissidio tra le due autorità ecclesiastiche. L'inquisitore ordinò -l'esumazione delle spoglie di Armanno, e, non obbedito, scomunicò -la Curia e interdisse la Chiesa; la Curia dal canto suo respinse la -sentenza, e si appellò al Papa Gregorio X. Ma nè a costui nè a parecchi -dei successori fu dato di comporre le cose, e la controversia si -prolungò per più di un trentennio. Alla fine nel 1301 l'inquisitore Fra -Guido Vicentino, consultati per ordine di Bonifacio VIII il Vescovo di -Bologna e un altro frate, domenicano anche lui, pronunziò la sentenza, -dal Papa già dichiarata inappellabile, che dice: s'infranga il mausoleo -e l'altare innalzato in onore di Armanno, e dissepolto e bruciato il -cadavere, ne si sperdano ai venti le ceneri. E le immagini e le offerte -votive si distruggano, e chiunque s'opponga a queste misure, o seguiti -a ricordare il nome e le opere dell'eresiarca, se privato incorra nella -scomunica, se chierico nella perdita dei suoi benefizii, se università -o terra nell'interdetto.[203] Questo solo fatto, accaduto nella seconda -metà del secolo XIII, vale più di un lungo discorso a provare quanto -rigoglio avesse tuttora l'eresia dopo tante persecuzioni, e come -riescisse difficile ai più zelanti di estirparla. - - -VII - -La diffusione, la durata, la tenace resistenza dell'eresia manichea -sembrano un vero paradosso storico. Perchè se da una parte non si può -negare che l'ascetismo cataro più rigoroso del cattolico s'opponeva -al rifiorire delle scienze, delle arti, dei commerci, e vincendo -avrebbe ritardato di molto altro tempo quel risorgimento classico, -di già cominciato nel medio evo, dall'altra non è men vero che un -misticismo così malsano, e di colore schiettamente orientale attecchì -quasi dappertutto in Europa, ma principalmente nei centri della nuova -coltura. E così accadde che nello stesso linguaggio in cui la nuova -musa cantava i cavalieri, l'armi, gli amori, un'altra voce più severa -predicava i digiuni e le astinenze, segnava d'infamia il matrimonio, -e stillava nelle menti un odio feroce contro il mondo, creatura d'un -malvagio iddio. Non giova addurre la legge dei contrapposti, che fa -passare la natura umana dall'estremo della frivolezza e della gaja -vita alla tetraggine di una inquieta ascesi. Nè si potrebbe invocare -l'esempio recente della Germania, che nel tripudio del patriottismo -trionfante vide rinnovarsi la filosofia pessimistica. Ragioni ben più -profonde e molteplici spiegano le insperate fortune del Catarismo. -E la prima è questa, che la nuova setta al pari delle antiche -pitagoriche e gnostiche si circondava di mistero, nè tutti i suoi -dommi svelava agli iniziati o credenti pria che fossero per lunghe -prove divenuti _perfetti_.[204] Talchè non in grazia delle dottrine -ignorate dai più essa facea il maggior numero dei seguaci, bensì per -l'opposizione alla Chiesa dominante ed alla gerarchia medievale. E come -il bisogno di libertà si sentiva più acutamente nelle contrade, ove -il laicato parlava già e scriveva una lingua diversa dal latino, ed -una nuova letteratura avea creata, ed espressi pensieri e sentimenti -nuovi, era ben naturale che ivi si formasse il centro ed il focolaio -dell'agitazione ereticale. - -L'opposizione che il Catarismo movea al Cattolicesimo abbracciava due -capi, le dottrine ed i costumi. In quanto alle dottrine già vedemmo -come i Catari sapessero far tesoro delle opposizioni precedenti, nè -fa meraviglia che agl'iniziati insegnassero per prime non le proprie -idee, ma quelle invece, che sebbene ostili al Cattolicismo, tornavano -più accettevoli pel ricordo delle antiche eresie. Vedemmo come il -catarismo fosse ariano, docetista, iconoclasta, berengariano. Per tal -guisa la nova religione, non che nemica, si diceva restauratrice del -Cristianesimo, come quella che volea riaddurlo alla forma schietta -dei primi tempi, alla cui semplicità mal s'addicevano i dommi -posteriori.[205] A codesta rinnovazione ben si comprende come giovasse -lo studio degli antichi documenti del Cristianesimo. Onde i Catari -facean pochissimo conto della tradizione ed ai molti libri dei padri e -dei dottori, che i Cattolici soleano addurre[206] opponevano un libro -solo, il Nuovo Testamento, e quello studiavano e mandavano a mente, -e traduceano nelle nove lingue ed interpetravano ora alla lettera -ora allegoricamente, come faceva il bisogno.[207] Per questi motivi -il Catarismo parea come una purificazione della coscienza religiosa, -ritemprata alle pure fonti dei tempi apostolici. Ed ecco un'altra -cagione dei suoi trionfi. Di contro ai sacerdoti cattolici, ingombri -da superstizioni e talvolta così ignoranti da non sapere neanche -leggere la Bibbia, i _Perfetti_ catari parevano animati da una fede -più razionale, e più studiosi dei sacri testi.[208] Era una apparenza e -l'una e l'altra, chè il Catarismo coi suoi presupposti dualistici mal -rispondeva ai bisogni della ragione; e tra i sacerdoti catari nessuno -potè levarsi all'altezza intellettuale di molti fra i cattolici. -Ma tant'è; nelle rinnovazioni religiose l'apparenza giova non meno -della sostanza, e le grandi masse con quella più che con questa si -guadagnavano alla nova fede. - -L'altra opposizione, che facevano i Catari, si riferiva ai costumi. I -cattolici stessi levavano alte grida contro la corruzione del clero, -e basterà per tutti ricordare Benedetto IX, fatto Papa a dodici -anni, il quale dal 1033 al 1045, empì Roma di scandali, ruberie ed -assassinii. Nè a strappare dall'indegno capo la tiara vi fu altro -mezzo se non comprarla a contanti, come fece il buon Gregorio VI, -il quale nonchè rimproverato dell'aperta simonia, venne accolto dai -più come restauratore della Chiesa.[209] Dalla sommità della scala -gerarchica sino agli ultimi gradini si faceva mercato degli ufficii -ecclesiastici.[210] Ed il clero era ognor più avido di ricchezze, -ed alle ricchezze aggiungeva il fasto ed il potere. Non erano rari i -vescovi principi e militari, che con una mano fecevano il segno della -pace e dell'amore e coll'altra stringevano la spada ancor fumante di -sangue.[211] Contro codesto clero le anime profondamente religiose -gridavano: povertà e castità. E quel grido fu abilmente raccolto dai -Catari, che sull'autorità dei sacri testi insegnavano il più rigido -ascetismo, ed il rigore dei precetti confermavano colle opere. Anche -i Catari furono più volte accusati d'immoralità ed ingordigia ma le -stesse testimonianze cattoliche come quella di S. Bernardo smentiscono -le accuse. Gli uomini, che morivano lieti sul rogo in olocausto alla -loro fede, conoscevano bene la virtù del sagrifizio; ed il popolo -ai cui mali essi provvedevano con sollecita ed instancabile cura, in -opposizione al clero egoista li soleva chiamare _bonshommes_. Altra -causa codesta del favore ognor più crescente del Catarismo. - -E questa cagione forse è la più forte di tutti perchè nella lotta -contro i vizii del clero l'opposizione ereticale si collegava -naturalmente colla cattolica. Più tardi parleremo degli oppositori -cattolici o _patarini_. Per ora ci basta questo ricordo storico. Pochi -anni innanzi che S. Arialdo levasse il grido di guerra contro l'alto -clero milanese, un Girardo eretico ricoverato nel castello di Monforte -confessò apertamente all'arcivescovo Ariberto, che egli ed i suoi -seguaci, ammontanti a più di tremila, non mangiavano carne, metteano -tutto in comune, facean voto di verginità, e se anche ammogliati -rispettavano la propria moglie come sorella.[212] Una gran parte di -questi eretici, non volendo rinunziare alla sua fede, fu data dal -popolo tumultuante alle fiamme, ma certo non tutti perirono sul rogo, -ed i superstiti senza dubbio si fusero coi _patarini_.[213] Così -all'ombra del movimento riformatore, capitanato da Gregorio VII, si -dilatava sicura ed inavvertita l'eresia. - -Le ragioni finora addotte delle fortune del Catarismo mettono capo in -quello spirito di opposizione alla Chiesa stabilita, per cui la nuova -eresia facendo causa comune con tutte le antiche prende l'aspetto -di una purificazione della coscienza religiosa. Ma oltre a questo -elemento critico e negativo dobbiamo distinguere nella nuova religione -un altro elemento, non meno importante, voglio dire l'ascetismo, -pel quale non solo va d'accordo col Cattolicesimo, ma lo supera, -offrendo così nuovo e più sostanzioso pascolo alle anime mistiche. -La Chiesa catara sottoscrive di gran cuore alla massima cattolica -che tre sono i nemici dell'uomo, il mondo, il demonio, la carne; -ma ne trae le estreme conseguenze. Fra i tre nemici, ella dice, che -sono uniti contro l'anima, corre di certo un rapporto di parentela, -e come l'anima, per malvagia che sia, è dappiù della materia, così -delle tre potenze avverse la maggiore è quella del demonio; le altre -si possono considerare come sue ausiliarie, o meglio sue geniture. -Ed eccoci in pieno dualismo.[214] Nè vogliamo tacere che questa -trasformazione favoriva per soprammercato certe tendenze, molto comuni -nel Medio Evo, ed anche oggi non estirpate del tutto, come a dire la -fede nell'esistenza ed efficacia di spiriti malefici, che non solo -assalgano gli eremiti del deserto, ma si caccino nelle popolose città, -mescolandosi in tutti i negozii, e talvolta nascondendosi negli angoli -delle case. È stato già notato come in queste superstizioni diaboliche -rivivesse l'antico culto pagano. Per lo che non a caso si estesero e -dilargarono col rifiorire degli studii classici, nè solo nel Medio Evo -ma più ancora nella Rinascenza si credè follemente alle streghe e agli -ossessi. - -Non farà dunque meraviglia che il Catarismo rispondendo a così -diverse tendenze faccia tanti seguaci. Alle anime, avide di libertà, -offre di sottrarsi al ferreo giogo della gerarchia; alle travagliate -dalla sventura svela il mistero dell'infelicità umana, e promette -la fine del doloroso pellegrinaggio. Le menti vigorose alletta -coll'interpetrazione allegorica dei dommi, che tornano più ostichi -alla ragione; le inferme seduce rafforzando le loro credenze nel -diavolo, e giustificando le più strane e paurose superstizioni. Non -per tanto i due elementi, che rilevammo nel Catarismo, non cessano di -essere eterogenei. Chè l'uno tende, come dicemmo, alla purificazione -del contenuto religioso, l'altro per lo contrario favorisce la -superstizione; l'uno coll'andare del tempo riescirà alla reintegrazione -della vita, l'altro ad una condanna di essa più cruda e recisa che non -avesse fatto il Cattolicismo. Questi elementi adunque, così discordi, -dovranno separarsi. Gli spiriti più geniali, e desiderosi di una vera -rinnovazione religiosa lasceranno cadere l'ascetismo dualistico, -importazione affatto orientale, e serberanno invece l'altra parte, -frutto dei più grandi pensatori dell'occidente come Claudio di Torino, -Agobardo di Lione, Berengario di Tours. Per tal guisa nascono i -Valdesi. - - - - -CAPITOLO II - -I VALDESI - - -I - -L'opinione dell'identità di Valdesi e Catari è stata, sostenuta -da nemici ed amici. Il Gretser tra i cattolici ad esempio crede -che tutte le eresie del Medio Evo si riducano ad una sola, e che i -nomi differenti ricordati da Raniero Sacconi e Pier delle Vigne non -accennino se non a varietà locali di una stessa eresia.[215] E così i -Valdesi si chiamano catari non dal greco καθαρὸς come parrebbe a chi -ricordasse il nome che si solevan dare gli antichi Novaziani, bensì dal -tedesco _Kätzer_. Quale sia poi l'origine di _Kätzer_ non è difficile -dire. Forse da _kätzern_ dividere, ma più probabilmente da _cato_. -_Cur autem majores nostri Germani haeretici nomen a cato indiderint -promptum erit intelligere ei, qui proprietates cati cum genio et indole -haereticorum conferre volet._ È inutile discutere queste stranezze, -non tollerabili neanche nel 1612 quando furono scritte; ma voglio -notare solo la contraddizione in cui cadeva il Gretser. Secondo lui i -Valdesi non rimontano prima del 1160 ed hanno per progenitore Pietro -Valdo.[216] Dunque le eresie anteriori, che nel nome di catarine furon -condannate nei concilii di Tolosa del 1056 e 1119, non possono essere -valdesi. - -Il bisogno polemico di fare apparire i Valdesi nella luce più fosca, e -di attribuire loro anche gli errori dualistici per meglio combatterli, -fuorviò il Gretser. E l'opposto disegno condusse allo stesso errore gli -scrittori protestanti, come il Basnage, l'Abbadie, il Monastier.[217] -I quali tutti sostenevano anch'essi l'identità di Valdesi e Catari, -ma credevano che le dottrine dualistiche, attribuite a questi ultimi, -fossero una invenzione dei loro persecutori. Eppure la verità non era -difficile ad appurare, perchè le testimonianze più antiche non lasciano -dubbio che i contemporanei sapessero già ben distinguere la setta -catara dalla valdese. Così il Sacconi dopo avere esaminato le dottrine -dei Catari, e le varie sètte in cui si dividono, serba un capitolo a -parte ai valdesi, di cui parla come di una eresia tutt'affatto diversa, -e che a nessuno verrebbe in mente di confondere colle precedenti.[218] -Parimenti Stefano di Borbone distingue chiaramente i poveri di Lione, -che ebbero e nome e dottrina da un tal Valdense, dai Patarini o -Bulgari, che ei fa risalire direttamente a Mani e chiama senz'altro -Manichei.[219] Più esplicito è Guglielmo di Puy Laurent che nella -sue cronaca dice: nelle provincie narbonese ed albigese erano alcuni -ariani, altri manichei, altri infine valdesi o lugdunesi, i quali -tutti sebbene dissenzienti tra loro cospiravano pur contro la Chiesa -cattolica. I Valdesi eran quelli che più acutamente disputavano contro -gli altri eretici.[220] Oltre a codesti autori bisogna citare Alano che -consacra ai Valdesi il secondo libro della sua opera ed il Moneta che -non ignora esserci Valdesi più vicini ai Cattolici dei Catari. - -Del resto ove pongansi a raffronto le dottrine dei Catari con quelle -dei Valdesi si colgono a colpo d'occhio le differenze. E perchè -la nostra dimostrazione sia più compiuta, scegliamo gli autori del -tempo in cui i Valdesi avean già subito parecchi influssi dei catari. -Togliamo ad esempio il Sacconi, che scrisse nel 1250. Secondo questo -inquisitore, che conosceva di persona gli eretici, i Poveri di Lione si -dividono in due rami, quelli d'oltremonti ed i lombardi. La dottrina -dei primi si assomma in questi quattro punti: 1º ogni giuramento -è vietato dall'Evangelo; 2º non lice alla potestà civile punire di -morte i malfattori;[221] 3º qualsiasi laico può consacrare il corpo di -nostro Signore; 4º la Chiesa Romana non è la Chiesa di Cristo. I poveri -lombardi s'accordano nei due primi punti coi fratelli d'oltremonti, ma -intorno agli altri due vanno anche più in là. Sostengono che chiunque -vive in peccato mortale non possa consacrare il corpo di Cristo, e -la Chiesa Romana raffigurano nella donna dell'Apocalisse, e ai suoi -precetti non vogliono obbedire, talchè non credono peccato mangiare -carne in quaresima e nelle vigilie. Questa esposizione ci mostra non -pure differenza ma opposizione tra le due dottrine. Non solo nella -dottrina valdese manca qualunque traccia del dualismo cataro, ma mentre -i Catari vietano assolutamente il mangiar carne, i poveri di Lione lo -permettono anche nella quaresima e nella vigilia; e laddove quelli a -simiglianza dei cattolici hanno sacerdoti, o Perfetti, ai quali solo -è lecito benedire la tavola spezzando il pane, e somministrare il -_consolamentum_; questi al contrario dicono non esservi bisogno di un -particolare intermediario tra l'Uomo e Dio, ed ogni figliolo potersi -rivolgere direttamente al suo padre celeste. - -Col Sacconi s'accorda Pietro di Vauxcernay, il quale mettendo in -raffronto i Valdesi cogli Albigesi dice che i primi sono meno perversi -dei secondi, perchè in molti punti convengono coi cattolici. A quattro -assommano i loro errori, portar sandali secondo il costume degli -apostoli, credere che ognuno di loro se anche non ordinato possa -consacrare il corpo di Cristo, vietare che si giuri, o che si uccida -per qualsiasi ragione anche giusta.[222] Davide di Augsburgo, che -nell'enumerare le principali dottrine dei valdesi si accorda colle -altre testimonianze, aggiunge questa circostanza, che i Poveri di Lione -si credevano così lontani dagli eretici, da domandare al papa Innocenzo -III il riconoscimento del loro sodalizio, come quello che menava una -vita conforme ai precetti dell'Evangelo.[223] - -È adunque fuor di dubbio che i Valdesi non si possono accomunare coi -Catari, e per la concordia delle più antiche testimonianze e per -l'evidente disformità delle dottrine. Ma queste differenze non ci -debbono far dimenticare i punti di contatto. - -I Valdesi non meno dei Catari adducendo il testo evangelico: che dal -frutto si conosca l'albero,[224] sostenevano concordemente la Chiesa -cattolica non potersi dire la vera chiesa di Dio.[225] Inoltre i -Valdesi al pari dei Catari condannavano qualunque possesso; ed i primi -si chiamarono perciò Poveri di Lione[226] che a somiglianza di Valdo -spogliaronsi dei loro beni, e reputavano indegni seguaci di Cristo -quei sacerdoti, che accettavano pingui prebende e regalie.[227] Per lo -stesso motivo doveano condannare il potere temporale dei Papi,[228] -e Valdesi e Catari solean dire che da quel giorno in cui Silvestro -accolse l'infausto dono di Costantino la santità primitiva venne meno -e la Chiesa di Cristo si tramutò nella donna dell'Apocalisse.[229] Nè -solo in queste massime pratiche sono d'accordo e Catari e Valdesi, -ma in molti punti dottrinali di grave momento. Dimostrammo già a -suo luogo che i Catari per nascondere il loro ascetismo orientale -sotto sembianze razionalistiche, solevano accogliere le più disparate -dottrine eterodosse. E ben per tempo i Valdesi li seguirono per questa -via. Vogliamo tra tutte ricordare questa, che ci viene attestata da -una delle fonti più antiche, dall'abate di Foncaldo. Dio, essi dicono, -ripetendo le parole dei Catari, non può albergare in una casa, fatta -colle mani dell'uomo; nè fa d'uopo andare in chiesa per adorarlo. Lo -s'adora con maggior frutto nelle stalle, nelle camere, chè dappertutto -il figliuolo può invocare l'aiuto del padre suo.[230] - -Ed oltre a questa coincidenza è notevole l'altra del peso che davano -all'autorità della Bibbia al di sopra di tutte le altre. I Catari -nelle loro polemiche non si valevano tanto di prove dottrinali, -tirate a fil di logica dai principii dualistici, ma più che altro -della testimonianza del nuovo Testamento, il cui testo conoscevano -profondamente. Parimenti i Valdesi possono dirsi, colla frase del -Comba, popolo _unius libri_. E del loro capo racconta Stefano di -Borbone, che non intendendo bene il latino, si fece tradurre la Bibbia -in volgare, ed avuto il prezioso testo, lo studiava assiduamente e ne -imprimeva a mente le massime.[231] - -Accanto dunque a notevoli differenze s'hanno pur da ammettere non poche -analogie tra i Catari ed i Valdesi. Ed io non dubito che tra le opposte -opinioni dei vecchi e dei nuovi espositori debba aprirsi la via una più -moderata, che si tenga egualmente lontana dalle esagerazioni dell'una -e dell'altra parte, ed ammettendo pure una diversa origine pei Catari -e pei Valdesi riconosca l'azione efficace che gli uni esercitarono -sugli altri. Sarebbe veramente strano che una agitazione così -profonda, come quella dei Catari, non avesse prodotta una moltiplicità -di sètte, come accadde più tardi al tempo della Riforma. Quando il -sentimento religioso è sovreccitato, e la forza della tradizione è -svigorita dall'urto delle nuove dottrine, è vano sperare l'unità di -opinioni e nell'un campo e nell'altro. Dal contrasto tra quelli, che -voglion distrugger tutto, e gli altri, che tutto intendon conservare, -senza dubbio nasceranno non uno, ma parecchi partiti mediani che si -avvicineranno qual più qual meno ad uno degli estremi. Così accadde -che dal fondo dell'eresia catara emergessero tante eresie di cui -avremo a parlare in seguito, e perfino gli Ebrei trassero partito da -quell'arruffìo, gli Ebrei, che sono pure i meno atti al proselitismo -religioso, e che in quel tempo, in cui si diffondeva una eresia più -avversa della stessa Chiesa Cattolica al Mosaismo, parea poco prudente -si rinzelassero. Ma videro i figli d'Israello propizia l'occasione, -e dalla dottrina ariana, accettata dai Catari, della diversità di -natura delle tre persone trassero la conseguenza che Cristo non -valendo dappiù degli altri profeti del Vecchio Testamento, non avrebbe -potuto distruggere la legge mosaica, la quale vige sempre in tutto -il suo rigore; epperò chi vuol salvarsi ha da osservare il sabato e -circoncidersi.[232] Se dunque l'agitazione religiosa era così intensa -che persino gli ebrei speravano di trovar seguaci tra i cristiani, ed -anch'essi al pari dei Catari si appellavano contro la Chiesa romana al -Nuovo Testamento ed ai Profeti,[233] qual meraviglia che pullulassero -altre sètte più o meno affini tra loro, ma tutte egualmente avverse -alla Chiesa ufficiale? - -Contro queste argomentazioni si potrebbe addurre il fatto rilevato -da tutti gli storici moderni, che i Valdesi nascono in Lione, dove -l'eresia catara, per quanto si sappia, non è mai penetrata; nè io -voglio dubitare del fatto, nè addurrò le solite ragioni contro le -prove negative. Ammetto benissimo che l'impulso del moto valdese sia -partito da Lione e per opera di un uomo, che certo non apparteneva -alla setta catara. Ma questo moto dove si propaga, dove diventa più -largo e minaccioso? Nei paesi dove fervea l'agitazione catara, e le -discussioni religiose commoveano gli animi e le menti. Ivi l'eresia -valdese si staccò definitivamente dalla Chiesa romana, e formò un corpo -di dottrine in parte tolte dal catarismo, in parte a lui ostili. Ivi -fece il maggior numero di seguaci, sottraendoli alla setta rivale, -ed è ben certo che senza questi aiuti efficaci le idee del novatore -lionese sarebbero state, come quelle di Claudio, seme senza frutto. -Qual'è dunque la vera patria dell'eresia valdese? Il luogo dove nasce -e donde ben presto fu scacciata o gli altri dove s'organizza, prende -consistenza e perdura? Anche prima dei valdesi gli eretici Pietro -di Bruys ed Enrico aveano fatto gran seguito nelle provincie di -Arles e di Tours, già devote da gran tempo al catarismo. In seguito -gli Enriciani stendendosi sino al Reno posero il loro quartiere -generale in Colonia, ove sappiamo già da Evervino che pur s'adunava -gran copia di Catari.[234] Lo stesso fatto accadde in Lombardia, ove -l'eresia catara si era divisa e suddivisa in tante sètte, che al dir -di Stefano di Borbone, parecchi vescovi rappresentanti ciascuno una -frazione, riunitisi per trovar modo d'intendersi, riuscirono invece -a scomunicarsi a vicenda.[235] In questo paese così travagliato -dai dissensi religiosi ebbero ben presto molti seguaci i Valdesi, e -fin da principio si divisero anche essi in sètte parecchie. Alcuni -col nome di Poveri di Lione serbarono anche l'antica dottrina della -povertà assoluta; gli altri, che si dissero Poveri Lombardi, pare che -transigessero su questo punto dei possessi; altri negando il bisogno -di speciale consacrazione, sostennero tutti gli uomini buoni potersi -dire ministri del Signore, gli uomini, ben inteso, non le donne; altri -scartarono come assurda questa ultima restrizione e così di seguito. -Qual prova più convincente di questa che mostra come i Catari ed i -Valdesi camminino di pari passo?[236] - -Dell'azione che l'antica eresia catara esercitò sulla nascente valdese -fanno sicura testimonianza alcune dottrine che non hanno nessun -nesso coi dommi fondamentali dei Poveri di Lione. Noi già ne abbiamo -ricordato uno, che in nessun caso nè per alcuna necessità sia lecito -torre la vita al suo simile fosse anche per difendere la propria vita, -o per la conservazione dello Stato o della Chiesa. Si comprende che -in opposizione alla Chiesa, inspiratrice delle crociate contro gli -eretici, questi dovessero mettere in rilievo l'orrore dell'omicidio. Ma -la condanna illimitata della pena di morte è un retaggio cataro, perchè -i nuovi manichei come gli antichi proibivano severamente l'uccisione di -ogni vivente, tanto d'un pollo come d'un uomo.[237] Un'altra dottrina -non propria di Valdesi è l'assoluto divieto di giurare, attestato -concordemente da Stefano di Borbone, Alano, Pietro di Vaux Cernay e -Rainero Sacconi.[238] Che questa proibizione così rigorosa, benchè -possa giustificarsi con citazioni bibliche (S. Giacomo, Epist. v, -12; Mat. Ev. v, 34) non risponda allo spirito che informa l'eresia -valdese, lo prova il fatto, che cadde nel protestantesimo. E se i -Valdesi v'insistono tanto da farne il cardine delle loro dottrine, è -dovuto senza dubbio alla tradizione catara. Chè i Catari, al pari dei -gnostici antichi, aveano tanto in orrore il giuramento da metterlo a -paro colla menzogna. Ed anche intorno alla menzogna i Valdesi ereditano -dai Catari la massima che il nasconder la verità sia un peccato mortale -non meno grave dell'omicidio; nè valgono circostanze o buone intenzioni -a scemarne la portata.[239] - -Un'altra traccia si riferisce al matrimonio. Dicemmo già come e perchè -i Catari condannino il matrimonio, nè pongano nessuna differenza -tra l'unione legittima e il concubinato. I Valdesi rifiutando la -metempsicosi non potevano avere gli scrupoli dei Catari, e non solo -tenevano per sacramento il matrimonio, ma tornando ai tempi patriarcali -avvisavano, secondo un'antica fonte, non essere peccato torre in moglie -la sorella o la cugina.[240] Il che spiega come nel Protestantesimo -si sia tolto l'obbligo del celibato pei sacerdoti. Ciò non pertanto è -così stretto il legame tra Catari e Valdesi, che questi ultimi, se pur -non condannano il matrimonio, lo tengono molto da meno del celibato. Nè -vietano che quandochessia la moglie si separi dal marito per attendere -ad una vita più austera; ma invece lodano questa che nel linguaggio -cattolico si chiamerebbe infrazione di un vincolo sacro.[241] Secondo -l'anonimo di Passau vanno più in là, e tengono addirittura per peccato -mortale il coniugio, quando almeno non vi sia speranza di prole.[242] -Si direbbe che mal tollerando il matrimonio, cercano tutte le vie per -frapporgli ostacoli. Similmente s'erano adoperati gli Enriciani, che -come vedremo sono i più prossimi precursori dei Valdesi; ed aveano -anch'essi proibite se non le prime almeno le seconde nozze.[243] Tutte -queste prescrizioni, che ripugnano allo spirito della Riforma, e che -ben presto cadranno, non si possono spiegare se non ad un patto, che -si ammetta un influsso cataro nella formazione della nuova eresia. -Parmi adunque fuori di controversia, che sebbene l'eresia valdese si -distingua profondamente dalla catara e indipendentemente da questa -sia nata, pure crebbe e si diffuse per l'aiuto datole dai Catari, e -per questo intreccio delle due eresie nell'una sono penetrate dottrine -proprie dell'altra, e fu possibile che gli storici posteriori non le -sapessero più distinguere. - -Resta ora da discutere l'altra quistione del tempo in cui nacque la -Chiesa valdese. - - -II - -Gli scrittori valdesi per fini apologetici negano di avere tolto il -loro nome da Pietro Valdez, mercatante lionese, che cominciò a spargere -le sue dottrine nel 1170, e credono che la loro Chiesa rimonti assai -più indietro nel tempo. Anche gli antichi Valdesi si davano il vanto -di essere gl'immediati successori degli apostoli.[244] Ma certo essi -intendevano che durante il lungo tempo che corse tra Costantino -e Pietro Valdez non mancarono santi uomini, mondi dalla generale -corruzione,[245] non certo che il loro patriarca fosse contemporaneo -di papa Silvestro.[246] Ed il prof. Comba opportunamente ricorda che -i primi scrittori valdesi come il Perrin ed il Gillio accettano la -comune ed antica tradizione dell'origine lionese.[247] Fu il primo -Léger che prese a favoleggiare di una origine più remota, e dietro a -lui seguirono altri scrittori fino al Muston, al Monastier, all'Hahn. -Le ragioni più forti le traevano codesti scrittori dall'antica -letteratura valdese, che facevano rimontare al 1100 o giù di lì. Ma il -Dieckhoff prima[248] e poi l'Herzog dimostrarono evidentemente, che le -opere, credute antiche erano invece posteriori ai taboriti. Più tardi -trovati i celebri manoscritti di Cambridge, che si credevano dispersi, -fu constatato che anche la Nobla Leyczon, creduta antichissima dal -Raynouard, è posteriore al 1400, perchè nel famoso verso: _Ben ha -mil et cent ancz_ si deve aggiungere un piccolo quattro, visibilmente -raschiato in un codice, ed altrove scritto a tutte lettere.[249] Così -fu tolto ogni valore alle fonti valdesi, e benchè l'Herzog seguitasse a -farne gran conto, pure è fuori di dubbio che senza le fonti cattoliche -sarebbe ben difficile sceverare negli scritti valdesi la parte antica -della dottrina dalle moderne aggiunte.[250] - -In questa sentenza convengono ormai tutti gli scrittori più autorevoli. -Solo il Muston non si dà per vinto, e con nuovi argomenti rincalza -l'antica sua tesi, che i Vaudois delle valli piemontesi e pel dialetto -che parlano e pei libri che scrissero si chiariscono molto più -antichi di Pietro Valdo, ed indigeni dei luoghi, ove da tanti secoli -abitano.[251] Ma la teoria del Muston, che il dialetto valdese sia -d'origine schiettamente italiana, e non provenzale contraddice ai -risultati più certi della filologia neolatina, come ha dimostrato -un'autorità ben competente, il prof. Förster di Bonn.[252] E la -quistione dell'antichità dei Valdesi si può dire ormai con certezza -risoluta nel senso delle fonti cattoliche. - -Ma se è vana la pretensione dei Valdesi di far rimontare la loro setta -sino ai tempi di papa Silvestro, non è punto falso per lo contrario, -che nei secoli passati si scoprano qua e là segni precursori delle -nuove eresie. La continuità della Chiesa valdese dai tempi apostolici -sino a noi è una favola; la lenta preparazione delle sue dottrine -nei secoli anteriori è un fatto storico. Così non a torto i Valdesi -adducono tra i loro predecessori Claudio, cappellano di Ludovico il -Pio, e vescovo di Torino dall'822 all'839.[253] Certo le sue opinioni -iconoclastiche non lo metton fuori dalla Chiesa cattolica, chè le -decisioni del concilio Niceno del 787, non che accolte negli Stati -occidentali, furono invece respinte nel concilio di Francoforte del -794; e lo stesso Carlo Magno e molti prelati non dissimulavano la loro -avversione al culto delle immagini. Ma è strano che Claudio proscriva -perfino l'adorazione della Croce, rappresentante agli occhi suoi, -come a quelli dei Catari, non un pio ricordo della passione di Gesù, -ma uno strumento d'ignominia.[254] Questo difetto di ogni senso pel -simbolismo religioso non è però il tratto che più raccosta il vescovo -di Torino ai moderni valdesi; perchè più della stessa condanna del -culto delle imagini, le ragioni che adduce per sostenerla arieggiano -al fare protestante. Lui move la tema che il volgo, confondendo il -simbolo col simboleggiato, insieme li adori ricascando nell'antico -paganesimo. A questo timore s'aggiunge il convincimento, che si debba -inchinare solo al Creatore non alla creatura per grande che sia, e -a Dio solo rivolgerci senza l'inutile scorta d'intermediarii; onde -insieme al culto delle imagini proscrive anche l'invocazione dei Santi -e le litanie. Non col metterci nel seguito dei Beati noi partecipiamo -alla loro beatitudine, ma coll'attingere alla stessa fonte di giustizia -e di carità assoluta, a cui attinsero quelli. Siffatta condanna di usi -e riti tradizionali vien giustificata dalla profonda differenza che -corre tra l'essenza della religione e le sue manifestazioni storiche; -che per quanto pura ed elevata è la prima, altrettanto imperfette e -facili a corrompere son le seconde. E l'essenza intima della religione -non è aperta a tutti, bensì a pochi ingegni privilegiati, come quello -di Agostino, cui il nostro Claudio, al pari dei Protestanti, mette al -di sopra degli altri padri della Chiesa. È per questo appunto che la -spiritualità della religione ideale si offusca nel corso della storia, -è necessario che di tempo in tempo nascano coraggiosi prelati, i quali -combattano senza tregua gli errori, e faccian rifiorire la purità -primitiva. In questi pensieri è racchiusa in germe non solo la riforma -della dottrina cattolica, ma benanco un'ulteriore trasformazione -razionalistica.[255] - -Al pari di Claudio vescovo di Torino, è iconoclasta Agobardo -arcivescovo di Lione,[256] autore di un libro _contra eorum -superstitionem, qui imaginibus et picturis sanctorum adorationis -obsequium deferendum putant_. Ma l'opera di Agobardo giovò più alla -causa del razionalismo che a quella della riforma, e la maggior parte -degli scritti di Agobardo sono indirizzati contro le superstizioni -popolari. Nel libro _de grandine et tonitruis_, combatte l'ignoranza -del volgo, il quale crede che con preghiere ed esorcismi si possa -torcere il corso della natura. Il che importerebbe non pure che Dio -possa mutare i suoi consigli, ma che nel governo del mondo abbiano -parte quelli, mediante i quali accadono questi mutamenti. Contro il -duello giudiziario scrive un prezioso trattato, _Liber adversus legem -Gundobaldi_, in cui mette a nudo l'assurdo di chieder la divinità di -opere, che spetta a noi compiere, come la ricerca della verità. Chi ci -assicura che la Divinità si presti al piacer nostro, e che la vittoria -non sia dell'innocente, ma del più abile? La virtù lungi dal trionfare, -anzi il più delle volte suole essere oppressa; talchè al cristiano -s'insegna di nulla sperare e nulla temere da questo mondo. Questi -trattati si rivolgono contro pregiudizii e superstizioni popolari; nè -certo in essi, ma in quelli schiettamente teologici troveremo qualche -accenno alle idee che più tardi saranno sostenute dai Valdesi. Così -nel libro contro Fredegiso sostiene non doversi la Bibbia intendere -sempre alla lettera, chè il contenuto è certo divino, ma la forma, -vale a dire imagini e parole, sono umane, e adatte alla condizione dei -tempi. Tutto ciò che è umano non può pretendere mai all'infallibilità, -e la principale virtù dell'uomo è l'umiltà, nella quale si riconosce -la propria fragilità. Dal che l'avversario Fredegiso nell'interesse -polemico dedusse che Gesù, praticando l'umiltà, si riconosceva capace -di peccare. Conseguenza giusta, a cui Agobardo s'argomenta di sfuggire -adducendo esser l'umanità di Cristo di una natura sua propria, e non -assimilabile a quella degli altri uomini. La qual risposta avrebbe -porto argomento a discutere del rapporto delle due nature in Cristo; -ma la polemica non ebbe seguito. Come anche non ebbe seguito l'altra -discussione sull'eternità della Redenzione. Agobardo volendo conciliare -insieme i due punti, che non si è salvi se non per opera di Cristo, -e che la salute abbia potuto aver luogo in tutti i tempi, ammetteva -la preesistenza del Salvatore all'Incarnazione. Il che veniva negato -da Fridegiso sull'autorità di Agostino.[257] Ma nè questa quistione -nè la precedente si connettono colle polemiche riformistiche; onde -non a torto il Monastier tien più conto di Claudio che di Agobardo, e -questo ultimo solo in un senso molto largo si potrebbe annoverare tra i -predecessori dei Valdesi. - -Nè si può contare a stretto rigore neanche Berengario (999-1088), -sebbene nella polemica che questo coraggioso prete sostenne contro -Lanfranco sono ben messi in rilievo due punti di molto interesse -nel Protestantesimo; il carattere simbolico dell'Eucaristia, e la -preferenza data alla Bibbia (purchè la s'interpetri nel suo spirito) -in confronto della tradizione religiosa. Ma più ci avviciniamo al -secolo XII, ed in maggior numero scopriamo precursori della dottrina -valdese. Verso l'anno 1110 un laico di Amsterdam, di nome Tanchelino, -insurse contro il clero corrotto. Par che cominciasse dal combattere -la dottrina agostiniana, che i doni di Dio arrivano sempre a chi -li riceve con fede, anche se il messo che li porta sia indegno come -Giuda.[258] Egli invece predicava non giovare il sacramento se non in -ragione della santità di chi l'amministra.[259] Dottrina, che s'era -già fatta strada tra i Patarini, e per averla prima di Tanchelino -predicata un tale di Cambray fu arso vivo, esecuzione iniqua contro -la quale protestò Gregorio VII, chiedendone stretto conto al clero -cameracense.[260] Ma pare che non s'arrestasse a questo punto -l'eresiarca di Amsterdam. Se i Sacramenti non valgono di per sè, ma -solo in quanto mettono in comunione le anime pie e devote, non sono -dappiù di un simbolo; nè hanno alcuna virtù sovrannaturale, e ogni -uomo pio può somministrarli.[261] Non c'è dunque ragione di prestare -un ossequio superstizioso ai sacerdoti e vescovi. Ogni fedele, di -anima pura, è sacerdote, massime se è sotto l'ispirazione diretta del -Santo Spirito. E tale è Tanchelino, che predicando la schietta verità, -non è solo al di sopra dei sacerdoti e vescovi, ma può aspirare a -ben più alti onori. Nè la madre stessa di Gesù, la Vergine Maria, gli -rifiuta la sua mano. Anzi queste mistiche nozze, a quel che dice un -cronista, furono celebrate con pompe e donativi. Tanto potere s'era -acquistato sulle turbe il nuovo Profeta, che vestito di gemme, e legati -i capelli da triplice nastro, procedeva alla testa di tremila persone -che lo veneravano più che santo, fino al punto da bere l'acqua del suo -bagno.[262] Non ostante questo favore popolare, Tanchelino fu ucciso da -un prete nel 1125 secondo alcuni, nel 1115 secondo altri.[263] - -Contemporaneamente a questo movimento nelle Fiandre ne scoppia un -altro nel mezzogiorno della Francia, e dalla provincia arelatense si -estende e si dilarga _more pestis validae_, dice l'abate di Cluny. Il -capo di questa eresia è Pietro di Bruys, il quale nega il battesimo -dei bambini, la necessità di consacrare fabbricati appositi al culto, -l'adorazione della croce, l'eucaristia, infine le messe, orazioni -ed elemosine in suffragio dei defunti.[264] Dottrine che abbiamo -già viste mescolate a tante altre nel Catarismo, e che fra non molto -saranno accolte nella loro integrità dai Valdesi. Il numero dei seguaci -s'ingrossava rapidamente, ed uno dei discepoli, il monaco Enrico, -ebbe tal seguito che gli eretici di quel tempo vanno più col nome di -Enriciani, che non Petrobrusiani.[265] - -Enrico cominciò in Tours le sue predicazioni contro il fasto e la -dissolutezza del clero. E l'argomento non era fuor di proposito, chè -non ostante i rigori dei Pontefici, i preti perduravano nelle antiche -consuetudini, e più d'un secolo dopo le riforme gregoriane il concilio -lateranense del 1177 fu costretto ad inserire un canone contro i -sacerdoti concubinarii.[266] Il terreno era dunque bene scelto, e la -vittoria certa. Adoperava le stesse armi dei Patarini e di Tanchelino, -e, nuovo Arialdo, sapeva accendere l'animo del popolo così, che -il vescovo Ildeberto ebbe a durar fatica se volle salvare dall'ira -della turba i sacerdoti e i lor figli.[267] Espulso dalla diocesi di -Tours, continuò la sua propaganda nel Poitou, e di là sino a Tolosa. -E l'eresia faceva così rapidi progressi, che Eugenio III[268] fu -costretto a mandare per suo legato nel Tolosano il cardinale Alberico, -che scelse a suo compagno S. Bernardo. Di questo ultimo abbiamo ancora -due lettere, in cui il pericoloso monaco è ritratto coi più neri -colori; lo si rimprovera d'incontinenza, ingordigia e venalità;[269] -gli si appone a colpa sinanco il peregrinare di città in città secondo -il costume apostolico.[270] Ma queste accuse mal nascondono le ansie -del santo abate, il quale ben conosce il valore dell'avversario suo, -nè si dissimula il successo da lui riportato. Vuote son le chiese, -ei dice, il popolo senza sacerdoti, i sacerdoti senza autorità, i -Cristiani senza Cristo.[271] Il che mal s'accorda col ritratto che ei -fa di Enrico, essendo ben difficile che un uomo sì corrotto operi tali -miracoli, ed un freddo ed astuto calcolatore valga a infondere altrui -il fuoco sacro. - -La verità non s'ha da cercare nelle studiate accuse dei polemisti, -ma nelle ingenue parole della vecchia cronaca, il cui autore pur -non credendoci, ci parla della fama di santità e di scienza che -accompagnava il novatore.[272] E per testimonianza degli stessi -cattolici gli eretici o manichei o petrobusiani o che altro fossero, -appunto per questo ottenevano presto il favor popolare, che di contro -alla mollezza della maggior parte del clero menavano una vita austera -e faticosa.[273] Pellegrinavano di paese in paese, sempre stranieri -dovunque, non possedendo in alcun luogo o un tetto o un campo per -sè, solleciti soltanto della salvezza delle loro anime, non altro -tesoro portando seco, fuor dell'invitta fede che li animava.[274] In -olocausto alla quale essi sacrificavano la lor vita, gittandosi lieti e -volenterosi nelle fiamme. Costanza eroica, degna dei primi martiri del -Cristianesimo, e non ultima causa del rapido dilatarsi delle dottrine -eterodosse![275] - -Gli è vero, che Evervino parla qui dei Catari, ma egli stesso ci narra -di altri eretici, i quali pur non accettando i principii dualistici, -evacuant sacerdotium Ecclesiae et dannant sacramenta praeter baptismum -solum et hunc in adultis.... in suffragiis sanctorum non confidunt .... -orationes vel oblationes pro defunctis annihilant. - -Il qual passo della lettera di Evervino ci mostra come in breve -tempo le dottrine di Enrico e di Pietro dalle rive della Garonna -sieno arrivate sino al Reno, ove questi antichi protestanti non pur -si distinguevano dai Catari, ma entravano bene spesso con essi in -polemiche ardenti.[276] Questo ebbe luogo negli ultimi anni di Eugenio -III, e prima ancora che fosse assunto al trono imperiale Federigo -Barbarossa. Dal che si comprenderà come tal movimento si dilatasse e -divenisse più minaccioso negli anni successivi, in cui i papi Adriano -IV ed Alessandro III ebbero a sostenere contro Federigo I una lotta -non meno aspra e difficile di quella che pressochè un secolo prima -s'impegnò tra Gregorio VII ed Enrico IV. Ed in quegli anni appunto in -cui il mondo cattolico era diviso tra Alessandro III e i tre antipapi, -che successivamente gli furono opposti, s'udì in Lione la voce di -Pietro Valdez,[277] che venduto tutto il suo, e distribuitone il prezzo -ai poveri, si mise alla testa di una setta che da lui prese il nome -di Valdesi, e dal luogo onde mosse, e dalla vita mendica che menava si -disse anche dei _Poveri di Lione_. - - -III - -Le fonti non sono d'accordo sull'occasione che provocò la risoluzione -del Valdez. L'anonimo di Passau l'attribuisce alla morte improvvisa -di un signore di Lione convenuto col Valdez ed altri amici ad -un'adunanza;[278] il cronista laudunense invece fa cenno di un -racconto della vita di S. Alessio, che avrebbe siffattamente tocco il -nostro Pietro da recarsi sull'istante presso un maestro di teologia -per chiedergli della vera via di salute. Ed il mercatante lionese, -arricchito sinoggi ai danni altrui, ottiene in risposta che la via -della salute sta nel disfarsi di tutto, e seguir Cristo, essendo molto -più facile che un cammello entri nella cruna di un ago, anzi che un -ricco in paradiso.[279] Forse il primo racconto sarebbe più verisimile, -e anche di Budda dicesi che lo spettacolo delle miserie umane gli abbia -acceso nell'animo il fervore religioso. Ma comunque sia, l'apparizione -del Valdez, non è un fatto isolato, nè difficile a spiegare. Già prima -di lui altri novatori avean predicate le stesse dottrine. E tutte le -anime religiose sentivan bene che a lungo andare la Chiesa cattolica -sarebbe stata logorata da quei mali, che un Pier Damiani ed un Bernardo -confessavano apertamente. Nè la Chiesa dei Catari, sebbene più austera -della sua rivale, potea farne le veci, che per le stranezze dei dommi -mal s'accomodava al genio occidentale. Non restava dunque se non -una riforma del Cattolicismo molto più profonda e radicale di quella -cominciata da Gregorio VII. E giacchè il clero non ostante le vittorie -patariniche continuava negli antichi errori, se salute era possibile, -del laicato solo si aveva a sperare. - -In queste condizioni sorge Pietro Valdez, ed il primo atto del suo -apostolato è di spogliarsi delle male accumulate ricchezze.[280] E -lasciata alla moglie, secondo la cronaca laudunense, tutta la sostanza -immobiliare, dotate convenientemente le figlie che chiude in un -convento, il resto dei suoi averi distribuisce tra i poveri. Lo stesso -cronista ci racconta che infierendo in quel tempo la carestia per la -Francia e la Germania, il Valdez soleva distribuire pane e carni a -chiunque gli capitasse. Così la fama della sua carità si spargeva di -città in città; tutti i bisognosi facevan capo a lui, e per soccorrerli -ei spendeva l'ultimo denaro. Ben si maravigliavano gli amici, e lo -tenevano per pazzo, ma egli seguendo la sua via, nel dar fondo a tutto -il suo, stimavasi affrancato da una grande servitù.[281] Per tal guisa -il mercatante di Lione cresciuto tra gli agi e le mollezze si compiacea -di tornar povero, ed accattava anche lui battendo alle porte dei -compagni antichi.[282] Quanta differenza dai prelati della Chiesa, che -non istanchi di accumulare ricchezze, misuravano la dignità del loro -ufficio dallo splendore delle vesti e dal lusso degli equipaggi! - -Il primo punto dunque dell'insegnamento di Valdez è la povertà -volontaria, principale mezzo di salute. I Patarini ed i Catari -sull'autorità degli stessi testi evangelici avean sostenute le -medesime dottrine, facendone un'arma potente contro la simonia del -clero.[283] Ma mentre i Catari obbligano anche i perfetti a vivere -del lavoro delle proprie mani, e vietano severamente l'accattonaggio, -il Valdez lo predica, e lo inculca col suo esempio come severa prova -di umiltà. Per questa ragione i seguaci dell'apostolo lionese accanto -alla denominazione di Poveri di Lione si gloriano di portare quella di -Umiliati.[284] Più tardi questa dottrina della povertà assoluta, e del -gran merito dell'accattare verrà ripresa e sostenuta calorosamente dai -Francescani. - -Questa dottrina della povertà se potea suonare come protesta contro -il fasto e le mollezze dell'alta prelatura, non era certamente -anticattolica, nè abbiamo motivo a negar fede all'anonimo laudunense -che racconta essere stato il Valdez grandemente lodato da papa -Alessandro III pel voto fatto di volontaria povertà.[285] Ma sovra un -altro punto lo stesso Papa non poteva transigere, nè egli nè il suo -successore vi si piegarono, voglio dire sulla predicazione. Il Valdez -conosciuta la vera via della salute, non fuggì in un lontano romitaggio -per consacrarsi alla preghiera ed alla penitenza secondo il costume -degli antichi cenobiti; ma bene invece sentì il profondo bisogno -d'insegnare agli altri quello che a lui venne fatto di scoprire. -Il Valdez avea l'istinto del riformatore religioso, e ben sapeva -trasfondere altrui l'intimo suo convincimento. Nè solo lui, ma tutti i -discepoli, a simiglianza degli apostoli, andavano pellegrinando per la -terra a spargere la nova parola; nè ha torto il Dieckhoff di chiamare -il sodalizio fondato dal Valdez col nome di liberi predicanti. E come -ad imitazione dei poveri di Lione sorsero i poveri d'Assisi o frati -minori, così ad imitazione dei predicatori valdesi nacquero i frati -predicatori. In queste faticose pellegrinazioni i Valdesi non solo -sulla povertà predicavano, ma su tutto l'indirizzo morale e religioso, -spiegando i libri sacri,[286] che Valdo avea a sue spese fatto volgere -in provenzale da due ecclesiastici, un Bernardo Idro che scrivea ed -uno Stefano di Ansa che dettava la traduzione.[287] Essi non furono -i primi a volgarizzare la Bibbia, avendoli preceduti i Catari che -dei testi tradotti faceano largo uso nelle loro polemiche contro la -Chiesa cattolica. Certo nessun'altra setta ebbe in tanta venerazione -i sacri testi, la cui autorità più tardi sarà messa al di sopra della -tradizione; e se lo studio della Bibbia non è il tratto più novo e più -caratteristico della nuova setta, certo non è meno importante degli -altri già descritti. Ed io sarei per credere che la povertà, la libera -predicazione ed il culto della Bibbia non si possono scindere l'uno -dall'altro da chi voglia riprodurre tutta intera la fisonomia della -nuova setta. - -Le autorità ecclesiastiche mal tolleravano che dei laici idioti od -illetterati non solo usurpassero l'ufficio della predicazione, ma -s'adoperassero a spiegare i libri santi, i quali vanno interpetrati -e commentati con molta cautela. Talchè lo stesso Alessandro, che -avea lodato il voto di povertà fatto dal Valdez, interrogato forse -il concilio raccolto nel Laterano nel 1179, vietò a lui ed ai suoi -compagni di predicare senza il permesso dell'autorità ecclesiastica -locale.[288] Già questa, ben conscia dei pericoli di una predicazione -laica, lungi dall'incoraggiarla, l'avea repressa, e Stefano di Borbone -ricorda che Giovanni, vescovo di Lione, chiamati a sè i Valdesi, proibì -loro di occuparsi della Bibbia e di commentarla e divulgarla per le -vie.[289] - -Non per questo smesse l'ardito novatore, e dicesi che alle ingiunzioni -del vescovo rispondesse come l'apostolo al principe dei sacerdoti, -doversi obbedire più a Dio che agli uomini.[290] Ma il principe dei -sacerdoti, Lucio III, scomunicò lui e i suoi seguaci,[291] e da quel -giorno cominciarono le ardue prove per la novella società. Espulsi da -Lione, andarono raminghi per diverse contrade, non cessando dal loro -apostolato, e pare che convinti della propria ortodossia contro il -decreto di Lucio, s'appellassero ad Innocenzo III, dal quale invocavano -eziandio l'approvazione del loro sodalizio.[292] - -Innocenzo al certo poneva differenza tra Catari e Valdesi, e questi -come meno eterodossi trattava con maggiore indulgenza. Prova ne sia -quel Durando de Osca, capo di una frazione detta degl'Inzabattati, il -quale appellatosi a lui dalla scomunica dell'arcivescovo terraconese, -non solo fu riammesso nel seno della Chiesa, ma dopo esplicita -dichiarazione di fedeltà alla Santa Sede ebbe licenza di conservare -il suo istituto.[293] Non trovarono però eguale accoglienza gli altri -leonisti, che non vollero abbandonare le dottrine della predicazione -laica, e della libera interpetrazione della Bibbia. Contro costoro -Innocenzo tenne duro, e in luogo di essi approvò un altro sodalizio, -che pur facendo voti di povertà come i Valdesi, ne respingeva le -pericolose dottrine. Questi nuovi zelanti, che col tempo dal loro capo -prenderanno il nome di francescani, dicevansi allora poveri minori, e -più tardi per non andar confusi cogli emuli di Lione si dissero frati -minori.[294] E nel concilio lateranense del 1215 i Valdesi furono -scomunicati non meno dei Catari e dei Passagini, e condannati al pari -di loro al ferro ed al fuoco. - -Le persecuzioni si fecero allora più feroci, e la società valdese -si disperse in opposte e remote contrade. Dove sia andato il Valdez -non si sa, e il luogo e il tempo della sua morte s'ignora. Certo -la sua memoria crebbe venerata tra i suoi seguaci, che lo ebbero -per santo così da rimproverare i Poveri Lombardi che non credessero -all'impeccabilità di lui, come di nessun altro uomo al mondo. - - -IV - -Dalla condanna del concilio lateranense, o forse anche più in su dal -giorno in cui Innocenzo respinse le proteste dei Valdesi, cominciò -per loro un nuovo periodo, che diremo delle lotte, per distinguerlo -dal periodo precedente o delle origini. La differenza tra questi due -periodi fu già rilevata dal Dieckhoff, che seppe ben classificare le -fonti secondo un criterio cronologico.[295] Nè so capire il perchè -gli scrittori di cose valdesi siensi allontanati dalla via così -luminosamente tracciata dal loro predecessore. Si può ben dire che il -Dieckhoff abbia errato in qualche punto secondario, come ad esempio -che faccia l'Alano più antico di quel che sia; ma non si può negare -che in Alano e nel Foncaldo la dottrina valdese poco s'allontani -dal cattolicismo, e che se ne stacchi molto di più nel Borbone, nel -Moneta, nel Sacconi, e rompa di tutto punto in Davide d'Ausburgo. -Questa disparità delle fonti è dovuta al tempo in cui apparvero, ed al -successivo sviluppo della dottrina valdese.[296] - -Dal principio, come dicemmo, i Valdesi si tenevano per buoni -cattolici,[297] nè sapeano intendere il perchè un laico non avesse da -leggere ed interpetrare la Bibbia, e gli fosse conteso di spandere -presso i popoli la parola del Signore.[298] Non erano forse laici -gli apostoli, che andavano di contrada in contrada predicando -la buona novella? E non leggiamo nell'antico Testamento che Mosè -lungi dal portare invidia ai profeti, desiderava invece che tutti -profetassero?[299] Del resto neanco nei nuovi tempi mancarono laici, -che predicassero con successo la parola del Signore, e dalla Chiesa -non che impediti venner levati sugli altari, come ad esempio il beato -Onorato e santo Equizio.[300] I Valdesi non capivano che in una Chiesa -costituita gerarchicamente non possano commettersi a chiunque uffici -così delicati come l'interpetrazione dei sacri testi e la predicazione. -Ed attribuivano perciò il divieto all'invidia o alla gelosia del clero, -che non volendo abbracciare la povertà voluta dal Cristo, mal tollerava -che altri e colla voce e coll'esempio la predicasse.[301] D'una -ingiunzione, dettata da motivi siffatti, era dunque lecito e doveroso -non tener conto, perchè secondo Pietro non agli uomini ma a Dio bisogna -obbedire.[302] - -La disobbedienza agli ordini emanati dal Papa e dal concilio fu -il primo atto di aperta opposizione dei Valdesi,[303] che provocò -polemiche astiose, e novelle scissure. I cattolici sull'autorità -del concilio lateranense sostenevano che l'ufficio di predicazione -spettasse ai soli sacerdoti, e non a tutti, bensì a quelli -prescelti dai vescovi.[304] I Valdesi protestavano contro queste -restrizioni, e stimavano lecito a chiunque sapesse la parola del -Signore il predicarla, senza distinzione nè di sesso nè di età nè di -condizione.[305] E che anche le donne possano esercitare l'apostolato -lo provavano coll'autorità della lettera a Tito, e coll'esempio di -una profetessa.[306] Coteste dottrine erano diametralmente opposte, -l'una ripeteva il diritto della predicazione dalla scelta del vescovo, -l'altra dall'ardore e dalla scienza dell'insegnante. E trapassando -dall'insegnamento a tutti gli altri uffici religiosi, l'una dottrina -non teneva conto se non dell'ordinazione, l'altra del merito.[307] Dal -che seguiva questa conseguenza notevole, tirata dagli Arnaldisti prima -dei Valdesi, che solo ai sacerdoti o ministri buoni bisogna obbedire, -vale a dire a quelli che nella loro vita e nei costumi loro si mostrano -degni seguaci degli apostoli.[308] Imperocchè se il merito solo e non -l'ordinazione è la fonte della dignità sacerdotale, quelli che nelle -opere loro si mostrano impari all'alto ministero, hanno perduto non -ostante l'ordinazione ogni autorità.[309] - -Dottrina siffatta è non solo contraria alla cattolica, che non -riconosce altro giudice del sacerdote all'infuori del superiore -gerarchico; ma benanco alla protestante, che attribuisce minor merito -alle opere che non alla fede.[310] Con tutto questo e gli Arnaldisti, -ed i Valdesi la professavano, come ci viene concordemente attestato da -fonti antichissime, quali Alano e l'Abate di Foncaldo, la cui autorità -nessuno può revocare in dubbio.[311] - -Questa dottrina del merito in opposizione all'ordine venne formolata in -occasione della predicazione; ma è ben certo che a non lungo andare si -applicò anche ad altre funzioni religiose, prima tra le quali fu senza -dubbio la confessione. Che dal sacerdote legittimamente ordinato si -ascoltasse la messa, o si ricevesse la cresima non portava pregiudizio -alla nuova associazione, la quale si credeva sempre sinceramente -cattolica, e nessuno dei sacramenti voleva negare. Ma non era -possibile che i membri del nuovo sodalizio si confessassero a sacerdoti -cattolici, che faceano ai Valdesi una guerra non meno aspra e spietata -che ai Catari. Bisognava dunque svigorire l'autorità della confessione -cattolica, e sostituire a quella un'altra forma che meglio convenisse -ai progressi della nova società. A tale uopo solean dire i Valdesi, -che i sacerdoti cattolici ribelli ai precetti del divino maestro, -non potranno assolvere le colpe altrui se prima non si lavano dalle -proprie.[312] Nè la confessione è indispensabile, perchè chi perdona -non è sacerdote, ma Dio stesso, e quando a Dio ci rivolgiamo col -cuor contrito, che uopo v'ha del sacerdote?[313] Certo il confessore -talvolta ci aiuta coi suoi consigli, e cogli ammonimenti suoi; ma -quest'ufficio può essere disimpegnato da qualunque laico,[314] e la -prima confessione cristiana non si faceva in segreto, ma in pubblico, -non presso un sacerdote solo, ma presso la comunità dei fedeli. - -Il principio di tutte queste argomentazioni è sempre il medesimo, -che al solo merito si debba attribuire valore, onde soltanto chi s'è -saputo rifare nell'intimo della sua coscienza, così da detestare le -colpe commesse, questo solo sarà perdonato da Dio. Quando manchi la -contrizione è assurdo assolvere, perchè non c'è nulla fuori della -coscienza che possa la coscienza purificare. Talchè non s'ha da credere -di poter comprare l'indulgenza a denaro sonante, o in qualsiasi altra -guisa, che non sia il profondo ed intimo dolore di aver peccato.[315] -E se le indulgenze non giovano ai vivi, tanto meno ai morti, i quali -non hanno più modo di rinnovarsi, essendo chiusa ormai loro la via -dell'operare.[316] E ormai sono quel che furono, dannati se vissero -male, beati se vissero bene.[317] Insieme colla dottrina delle -indulgenze si legano sempre quelle dei suffragi pei defunti, e del -Purgatorio; ed i Valdesi che negavano le prime doveano anche riescire -alla negazione dei secondi.[318] - -In questi punti par che fossero d'accordo tutti i Valdesi, il che non -esclude la possibilità della divergenza in altri. Nè solo possibile -tornava questa divergenza ma necessaria, perchè la dottrina valdese -era in continuo movimento, ed ogni giorno come vedemmo e vedremo -s'aggiungevano novi articoli secondo le vicende della lotta, che -sostenevano colla Chiesa ufficiale, ed i bisogni della polemica. -Oltrechè il sodalizio valdese parte pel bisogno dell'apostolato, -parte per isfuggire alle persecuzioni degl'inquisitori s'era sparso -pressochè in tutta l'Europa, e nelle diverse regioni venuto in contatto -con eresie diverse si era fuso con esse, prendendone dottrine, che -al principio gli erano estranee. Di tali divisioni ci dicevano già -qualche cosa le antiche fonti come Stefano di Borbone, il Moneta, ed -il Sacconi. Ma il Preger trovò recentemente un monumento più antico di -queste fonti, e che se non può essere tenuto come il solo autorevole, -come par che pretenda lo scopritore, è certo di grandissimo interesse, -essendo l'unico d'origine valdese che conti una rispettabile antichità. -Codesto documento è una lettera che i Poveri Lombardi mandano ai loro -fratelli d'oltremonte intorno ai dissensi nati tra le due società, e in -gran parte composti in una conferenza tenuta a Bergamo nel 1218.[319] -Questi Poveri Lombardi, come già sappiamo da altre fonti, erano per -qualche rispetto più avversi alla Curia Romana dei loro fratelli -oltremontani;[320] e par certo che sien nati dalle fusioni di Valdesi -con Arnaldisti, forse con prevalenza dell'ultimo elemento. Nè credo -ci sia ragione di farli risalire col Preger agli _Umiliati_,[321] dei -quali è tuttora incerta la provenienza, ma bisogna pur convenire che le -due frazioni valdesi par che abbiano coscienza della loro diversità di -origine.[322] E senza dubbio alcuno i Poveri Lombardi non attribuiscono -al Valdez quella santità ed impeccabilità che, come già dicemmo, era un -articolo di fede pei fratelli oltramontani.[323] Un'altra differenza -tra loro era il lavoro manuale. I Poveri di Lione sostenevano che gli -apostoli non avessero da pensare ad altro fuor che a diffondere la -parola del Signore, nè quindi poteano procacciarsi il necessario se non -accattandolo dai fedeli; i Poveri Lombardi al contrario a somiglianza -dei Catari e dei Patarini dicevano dovere anche gli apostoli vivere -del lavoro delle proprie mani.[324] Una terza differenza riguardava -l'organamento della nova società. Il sodalizio oltramontano non era -solidamente costituito. I Valdesi credevano sempre di formar parte -della vasta società cristiana, talchè non stimavano utile di creare -rettori ed amministratori della nuova società. Tutti quelli che viveano -secondo il costume di Valdez, erano del pari membri della nova società; -ma non si doveva stabilire nessuna differenza e gerarchia tra loro. E -se pure occorresse talvolta di ridurre nelle mani di qualche ministro -il governo della nova società, gli si dovrebbe commettere quell'ufficio -temporaneamente, perchè una società, che nasce in opposizione alla -gerarchia, non può certo tollerarla nel suo seno. I Poveri Lombardi -la pensavano diversamente. Ei rimontavano ad una società, che cominciò -fin dal tempo di Arnaldo da Brescia, e ben sapeva che per conservarsi -nell'urto delle opposte confessioni bisognava solidamente organizzarsi. -Credevano perciò indispensabile nominare dei rettori.[325] - -Altri punti di quistione par che fossero il battesimo coll'acqua, -quello dei bambini, e la indissolubilità del matrimonio. Intorno -ai primi due punti dicemmo già altrove, che i Catari al battesimo -dell'acqua voleano sostituito quello del fuoco o del calore, e che -condannavano recisamente la somministrazione del battesimo a chi -non fosse in grado di capirne l'importanza. Era ben possibile che -queste due dottrine fossero penetrate nella società valdese;[326] ma -certo è che nel convegno di Bergamo pensarono bene di non dipartirsi -dall'insegnamento cattolico.[327] - -In quanto al matrimonio già sappiamo che i Valdesi oltremontani -in seguito ad influssi catari preferivano la verginità allo stato -coniugale, e tolleravano che pei bisogni della nova società il marito -si dividesse dalla moglie anche quando ella non v'acconsentisse. I -Poveri Lombardi par che facessero maggior conto del matrimonio, e -solo in due casi ne permettevano lo scioglimento, o quando entrambi i -conjugi fossero d'accordo a separarsi, o per causa di adulterio.[328] - -Queste divergenze per quanto gravi non erano tali che con poche -concessioni da una parte e dall'altra non fossero per comporsi. -Intorno ad una però non era possibile l'accordo, e riguardava un -punto d'un grandissimo interesse e dommatico e pratico: l'Eucaristia. -I Valdesi d'oltremonte benchè ammettessero che a tutti i membri -della nova società fosse lecito di predicare e di confessare, pure -non erano ancora venuti all'estrema conseguenza di permettere loro -la celebrazione della messa. Certo è che essi ascoltavano la messa -dei sacerdoti cattolici, e credevano che il miracolo eucaristico si -compisse anche quando il ministro fosse indegno di operarlo. Questa -opinione era senza dubbio in contraddizione coll'altra più generale -che nessuna funzione religiosa potesse esercitarsi dal ministro -indegno. Ed a rimovere siffatta contraddizione s'adoperavano in diverse -guise. Alcuni dicevano che il miracolo della transustanziazione si -opera per virtù non del sacerdote, bensì delle parole mistiche da -lui pronunziate.[329] Altri sostenevano che se il sacerdote cattivo -non potesse celebrare la messa, per la medesima ragione non dovrebbe -somministrare il battesimo, mentre è risaputo che il battesimo ha -sempre valore fosse anche dato dalla levatrice.[330] Altri infine non -negavano la partecipazione del sacerdote, ma la dicevano sopraffatta ed -assorbita dall'opera dell'Uomo-Dio, il quale in fine è il vero autore -del miracolo.[331] - -I Poveri Lombardi, che discendevano in diretta linea dagli Arnaldisti, -ed alla purità del sacerdote attribuivano infinito valore, non -potevano accettare nessuna di queste versioni dei Poveri oltramontani. -Non la prima, perchè se il miracolo eucaristico s'operasse solo in -virtù delle parole mistiche, anche il Giudeo od il Pagano potrebbe -operarlo.[332] Non la seconda, perchè tra il battesimo e l'eucaristia -non può correre l'analogia voluta dagli oltramontani, altrimenti -anche il laico, anche la donna potrebbe rompere il pane benedetto, -laddove per gli oltramontani stessi al solo sacerdote è commesso -quest'ufficio.[333] La terza opinione potrebbe accettarsi, purchè -s'aggiunga che oltre all'opera dell'Uomo-Dio per compiere il miracolo -eucaristico occorre la preghiera del sacerdote, e che questa preghiera -non sarà accolta da Dio quando venga sciolta da labbra impure.[334] -Questa terza opinione, non è dunque la stessa della prima, come dice -il Preger, perchè la prima non può essere accettata in nessun modo, -e la terza con opportune aggiunte viene ammessa. La prima pare una -superstiziosa deificazione della parola, la terza rileva sì l'elemento -soprannaturale del sacramento, ma non esclude per questo l'elemento -umano. Modificando questa terza opinione s'ha la vera che non -attribuisce il miracolo eucaristico al solo intervento di Cristo, nè -alla sola virtù del sacrificante, ma all'uno ed all'altro insieme. Se -mancasse l'opera dell'Uomo-Dio, il sacerdote per degno che fosse, non -potrebbe operare tanto prodigio. Come pure se venisse meno l'orazione -del celebrante, o, che torna lo stesso, se questa orazione fosse -detta da chi non avesse il diritto di dirla, il sacrifizio non si -compirebbe neanco. Occorrono dunque i due fattori: il subbiettivo o -la bontà del sacerdote, e l'obbiettivo o l'opera del Cristo. Ma pare -che quest'aggiunta non sia stata accettata e che la conciliazione -fallisse in questo punto delicato. Perchè l'ultima formola degli -oltramontani era questa: il sacerdote ordinato dalla Chiesa, finchè -sia mantenuto in ufficio dalla grande famiglia dei Cristiani, opera -sempre il miracolo eucaristico, o buono o malvagio che sia, e dopo le -mistiche parole da lui pronunziate il pane ed il vino si tramutano nel -corpo e nel sangue del Signore.[335] I Valdesi non potevano giammai -accettare questa dottrina.[336] Forse potevano spingersi all'ultima -concessione di attribuire un valore alla comunione, perchè in luogo -della preghiera del ministro indegno sottentra quella più efficace del -comunicando.[337] Ma che l'opera del sacerdote sia pressochè nulla, -e che Dio voglia accogliere sempre la preghiera purchè detta dal -sacerdote anche quando impure labbra la mormorino, i Poveri Lombardi -non sapeano accettare.[338] - -Anche intorno alla confessione par che ci fosse dissenso tra i -Poveri Lombardi e gli oltramontani. Un tempo credettero i lombardi -all'efficacia della confessione auricolare, ma ora non più, e neanco i -fratelli d'oltremonte li potrebbero far cambiare d'opinione, perchè non -è lecito sottomettere di nuovo alla servitù della legge chi come Paolo -se ne sia affrancato.[339] - -Da queste divergenze, che nella lettera non sono dissimulate, possiamo -raccogliere quel che già si sapeva dal Sacconi, che i Poveri Lombardi -fossero più ostili alla Chiesa dei loro confratelli d'oltremonti. -Perchè questi ultimi credevano tuttora di formar parte insieme ai -cattolici di una sola e grande famiglia, quella dei battezzati o -credenti in Cristo; in qualche punto rilevante come l'Eucaristia, -attribuendo il miracolo ad opera sovrannaturale indipendente dalla -coefficienza del sacerdote, s'adattavano molto più alla dottrina -cattolica, che ai presupposti della loro setta; infine, colla scorta -di queste dottrine potevano seguitare ad ascoltar messa e ricevere la -comunione dai preti cattolici senza tradire la nuova fede. - -L'interpetrazione fin qui esposta dell'importante documento, pubblicato -dal Preger, non s'accorda con quella del dotto editore; ma io non -saprei ammettere senza sforzo che nel paragrafo sedicesimo della -lettera si tratti non d'un punto speciale, ma del fondamento stesso -della dottrina valdese. La quale secondo il Preger sarebbe affatto -identica a quella di Lutero, che cioè il diritto al sacerdozio si -debba ripetere dal battesimo, talchè tutti i battezzati sieno _ipso -jure_ sacerdoti. A me pare, o m'inganno, che il significato attribuito -alla _parola_ di Dio sia molto più profondo di quel che intendevano -gli oltramontani, stando almeno alla testimonianza del Borbone, -che egregiamente s'accorda in questo punto colla lettera dei Poveri -Lombardi. Non nego che dal contesto si potrebbe ricavare il senso -voluto dal Preger, ma interpetrata così la lettera dei Poveri Lombardi -contraddirebbe a tutte le altre fonti che la precedono e la seguono. -E sarebbe veramente strano che a tanti inquisitori, esercitati nelle -controversie del tempo, fosse sfuggito il vero principio della dottrina -valdese così da sostituirvene uno affatto opposto. Colla nostra -interpetrazione invece si mettono d'accordo tutte le fonti, e nel modo -più semplice si spiega che cosa intendessero i Valdesi oltramontani per -la comunità dei battezzati, e perchè in un punto speciale della loro -dottrina contraddicessero ai loro principii medesimi. - - -V - -Dall'esposizione precedente si raccoglie che la lettera dei Poveri -Lombardi compie ma non contraddice alle altre fonti più antiche, che -si riferiscono ai Valdesi. E resta pur sempre tra i principii della -nuova fede questo, che venne giustamente rilevato dal Dieckhoff, che -la dignità dell'ufficio si misura dal valore di chi l'adempie, e la -validità dell'opera dal merito dell'operante. Se la cosa sta così, -è ben certo che non tutti i fedeli possono esercitare l'ufficio -apostolico, perchè non tutti sono meritevoli del pari. Ma come -s'accordano codeste sentenze colle altre conservateci parimente dalle -fonti più antiche: che ogni Valdese possa predicare la parola del -Signore, e sciogliere il suo fratello dal peccato, e somministrare ove -occorra ogni sacramento? Le due proposizioni: magis operatur meritum -quam ordo; omnes bonos esse sacerdotes,[340] non vanno bene d'accordo, -perchè la prima mena alla conseguenza di distinguer tra fedeli e -fedeli, nello stesso modo che faceano i Catari rispetto ai _Perfetti_ -ed ai _Credenti_; la seconda di queste distinzioni non può far conto, -perchè son tutti pari quelli che venner moralmente rinnovati dalla fede -in Cristo. - -Il Dieckhoff per sanare la contraddizione avea proposto d'interpetrare -in un senso restrittivo la seconda sentenza, come se dicesse: non -tutti i fedeli ma solo i buoni, quelli che eccellono per merito -hanno il diritto di esercitare le funzioni sacerdotali. Ma di queste -attenuazioni il Preger non vuole sapere, e preferisce di tagliar netta -una delle due proposizioni per lasciare intatta l'altra. Il nuovo -principio, secondo lui, proclamato dai Valdesi sarebbe questo: che al -di sopra degl'individui sta la comunità dei battezzati. Essa nomina -agli offici, o alle dignità, sieno temporanee o a vita come stima -meglio; scioglie il matrimonio anche senza il consenso dei conjugi -quando l'interesse generale lo richieda; essa è la conservatrice della -_grazia_ che investe l'uomo appena ricevuto il battesimo. Chiunque -entra a far parte di questa comunità è di pieno diritto buono, perchè -rinnovato dalla fede, talchè la frase di Stefano di Borbone, non si -deve intendere nel senso pregnante del Dieckhoff, ma nell'assoluto che -tutti i Valdesi senza distinzione possano esercitare le sacre funzioni. -Sarà pur vero che tra i Valdesi ci siano di quelli che meritano il nome -di perfetti a distinzione dei credenti, e che solo i primi sostengono -i duri travagli della povertà e dell'apostolato; ma codesta perfezione -è un compito morale per l'individuo, non una condizione per esercitare -uffici che spettano egualmente a tutti i battezzati.[341] - -Che valore ha codesta interpetrazione del Preger? Notiamo in primo -luogo che egli ha dovuto modificare le sue opinioni nel più recente -lavoro intorno a Davide d'Asburgo, stante che questo scrittore parla -chiaramente di una distinzione tra perfetti e credenti riguardante -l'ufficio non la perfezione morale.[342] Nè questa distinzione, che -i Valdesi copiarono dai Catari, appartiene solo ai tempi di Davide, -perchè già Stefano di Borbone ne fa cenno.[343] Il trovarsi nello -stesso Stefano tanto la distinzione dei perfetti dai credenti, quanto -la frase: tutti i buoni possono fungere da sacerdoti ed amministrare, -se occorre, i sacramenti,[344] è una prova fortissima che codesta -frase si debba intendere in senso restrittivo. Nell'origine della -setta non era necessaria nessuna distinzione, perchè la nuova -società, molto scarsa di numero, non abbracciava se non gli uomini che -sentivano profondamente il bisogno di una rinnovazione religiosa, nè -erano meno ardenti del loro maestro, e al pari di lui pellegrinavano -faticosamente predicando ed insegnando. Oltrechè alla nuova società non -occorrevano speciali ministri, restringendosi le funzioni religiose -alla predicazione ed alla confessione, ed accettando tutte le altre -dai preti cattolici. Ma ben presto le condizioni mutarono. La società -valdese per ingrossarsi dovea accogliere anche coloro che, sebbene -inchini al nuovo insegnamento, non fosser disposti a spogliarsi dei -loro beni, nè avessero vocazione pel rude ministero dell'apostolato. -D'altra parte lo stacco dal Cattolicismo si facea sempre più netto, -ed alla nuova società facea d'uopo provvedere per tutte le funzioni -religiose, che indarno in tanta rottura veniano chieste ai preti -cattolici. In fine col crescere che facea la nova società avea bisogno -d'un organamento più saldo che non fosse quello dei primi tempi, -quando i Valdesi credendosi membri della vasta famiglia cristiana -mal tolleravano di costituirsi in corpo separato. Per tutte codeste -ragioni, ammesse in parte dal Preger,[345] ben presto si formò -la distinzione tra Perfetti e Credenti, ed ai sacerdoti cattolici -sottentrarono i ministri valdesi. - -Con questa innovazione s'apre quel periodo della storia dei -Valdesi, che per noi sarà l'ultimo, stante che il successivo della -trasformazione di Valdesi in Protestanti esce dai confini del nostro -lavoro. In questo periodo le persecuzioni si facevano sempre più fiere, -ed il Santo Uffizio non metteva alcuna differenza tra Catari o Valdesi: -o per poco o per molto tutti s'allontanavano del pari dalla Chiesa -e tutti eran meritevoli della stessa pena, il rogo. La comunanza del -martirio strinse allora più fortemente i legami tra le due sètte, e -la società valdese accogliendo gli elementi assimilabili delle altre -eresie, si ordinò in comunità separata ed opposta alla cattolica. E -continuando da una parte le persecuzioni e dall'altra le resistenze, -ognor più s'allargava il solco che dividea l'antica dalla nova Chiesa. - -Le fonti di cui ci varremo in questo periodo sono il Borbone, il -Moneta, il Trattato di Davide d'Ausburgo, l'anonimo di Passau e il -Libro dell'Inquisizione tolosana. Stefano di Borbone fin dalle prime -pagine c'informa della trasformazione avvenuta, ripetendo anche lui -colle fonti più antiche che i Valdesi hanno il giuramento e la menzogna -in conto di peccato mortale, ma soggiunge che queste massime rigide -vennero nella pratica temperate, ed a coloro, che non erano tra i -perfetti, venia concesso di mentire e di giurare, se minacciati di -morte.[346] - -Ma una trasformazione ancor più profonda riguarda l'ufficio -sacerdotale. D'accordo colle fonti più antiche Stefano ed il Moneta ci -riconfermano la massima, che la santità del ministro si ripete dalle -sue opere, non dall'ordine ricevuto.[347] E con maggiori particolarità -Stefano racconta di un maestro valdese che gli poneva queste -distinzioni: v'ha taluni che non sono ordinati nè dagli uomini nè da -Dio, come i laici malvagi; altri sono ordinati dagli uomini, ma non -da Dio; altri per contrario sono ordinati da Dio e non dagli uomini, -come i buoni laici, i quali possono legare, sciogliere, consacrare, -ordinare, purchè profferiscano le parole divine secondo il rito.[348] -Dapprima le funzioni religiose, che credevano di poter esercitare -i Catari si restringevano al predicare ed assolvere i peccati. Ora -traggono altre più gravi conseguenze dalle loro premesse, nè soltanto -i Poveri Lombardi, ma benanco i Valdesi d'oltremonti sostengono, che -se non può predicare chi toglie coll'esempio ogni efficacia alle sue -parole, se non può sciogliere altrui chi è già da per sè legato, a -maggior ragione non può spezzare il pane del Signore chi non sia degno -di nutrirsene.[349] Ed in luogo dei sacerdoti indegni è necessario -che sottentrino i buoni, i quali per laici che sieno, potranno non -pertanto celebrare la messa con maggior frutto. Taluni, aggiunge -Stefano, concedevano questa facoltà non solo agli uomini, ma benanco -alle donne, quando al pari di quelli sieno penetrate dallo spirito del -Signore.[350] - -Nè faceva intoppo che mancasse l'ordinazione regolare; stante che nei -primi tempi del Cristianesimo non occorrea, e bastava l'elezione della -comunità dei fedeli, perchè qualunque membro di essa fosse riconosciuto -per sacerdote. Per siffatta guisa un ministro, che fosse scelto a -questo modo, come accadde un tempo di Pietro Valdez, è sacerdote non -meno di chi sia stato consacrato dal vescovo.[351] Questo novo modo di -ordinazione, ovvero l'elezione per parte della comunità, permetteva che -nella nova società s'introducesse la gerarchia, nè andò molto tempo -che alla divisione in Perfetti e Credenti si aggiungesse anche la -distinzione di ufficii sacerdotali. I Valdesi del Piemonte ebbero ad -imitazione dei Catari il Barba, e due ministri a lui subordinati. Gli -altri Valdesi conservarono i tre gradi della gerarchia cattolica, il -vescovo il sacerdote ed il diacono.[352] Colla distinzione dei Perfetti -dai Credenti, e coll'introduzione di speciali funzioni sacerdotali -si collega la quistione del matrimonio, che noi toccammo altre volte, -ed ora ci conviene di riesaminare. Non è dubbio che nei primi tempi i -Valdesi non solo non condannavano il matrimonio, ma non lo tenevano per -un ostacolo all'apostolato.[353] Però in grazia degl'influssi catari -preferivano il celibato, ed il Valdez stesso, come narrammo, abbandonò -la moglie e la casa e mise le figliuole in convento. Sulle orme di -lui alcuni Valdesi, a quel che ne riferisce Stefano, sostenevano esser -lecito separarsi dalle mogli per consacrarsi a Dio, anche quando quelle -non vi consentano.[354] Nè certo la scabrosa missione del Perfetto -poteva essere adempiuta con zelo da chi fosse legato ad una famiglia, -di cui il più delle volte era l'unico sostegno e difesa. Non restava -che un passo per condannare del tutto il matrimonio, nè v'ha ragione -per dubitare che i Valdesi di Germania non l'abbiano fatto, perchè -già sappiamo da precedenti citazioni che essi erano i più disposti a -farlo.[355] - -Dicemmo più sopra che secondo i Valdesi ad ogni laico era dato di -celebrar la messa; ma codesta celebrazione per parte dei laici dovea -portare di conseguenza che il rito si semplificasse, ed alle complicate -funzioni cattoliche fosse sostituita la semplice frazione del pane ad -imitazione della cena di Cristo. Il Libro dell'Inquisizione tolosana -più volte fa cenno di siffatta cerimonia.[356] Codesta semplificazione -del rito dovea portare di conseguenza l'attenuazione della dottrina, e -Davide riferisce che i Valdesi della Germania toglievano al sacramento -quel colore soprannaturale, che pur sempre nel periodo precedente era -gelosamente conservato. Ormai i Valdesi intendevano il sacramento -eucaristico in un modo affatto simbolico; e ripetevano coi Catari -che il corpo di Gesù non si debba prendere nel senso letterale, bensì -allegorico, come quando dicesi: Cristo esser la pietra su cui si eleva -la Chiesa di Dio.[357] - -La Chiesa valdese adunque si è del tutto staccata dalla cattolica, -almeno in Germania. Nè fa meraviglia che ad uno ad uno condanni -tutte le dottrine ed istituti tradizionali. Intorno al battesimo dei -bambini vedemmo già come fossero dissensi tra i Valdesi. E pare che i -Poveri Lombardi solo per amore di conciliazione e deferenza verso gli -oltramontani si piegassero ad ammetterne l'efficacia. Più tardi le cose -mutarono, e gli oltramontani stessi a confessione di Davide stimarono -che il battesimo non possa giovare ai bambini, inetti al credere o -discredere.[358] - -I suffragi pei defunti, la dottrina del Purgatorio e quelle delle -indulgenze già sappiamo che furono ben per tempo revocate in dubbio -dai Valdesi.[359] Ma ora progredisce il loro razionalismo, e dacchè -dichiararono simbolica l'eucaristia, simbolici saranno non pure -i misteri della religione ma benanco i sacramenti del battesimo, -della penitenza, della cresima e dell'estrema unzione,[360] i quali -ultimi per giunta essendo da meno degli altri possono senza danno -venire aboliti.[361] Inoltre avendo tolto ogni valore all'ordinazione -canonica, trasformarono il concetto del sacerdote, cioè di un essere -sacro, mediatore tra l'uomo e Dio, nell'altro più umile di ministro, -che aiuti e sorregga il fedele nel suo cammino, ma non si sostituisca -a lui, nè interrompa la libera e diretta comunicazione tra lui e il -suo creatore.[362] Ma insieme alla mediazione del sacerdote, più -tardi soppressero quella dei Santi, che secondo la testimonianza -di Davide sarebbero così lontani dai mortali, tanto assorbiti nella -loro beatitudine da non potere accogliere le preghiere che a loro si -rivolgono.[363] - -Ed abolita l'adorazione dei santi cadono anche le feste, le -vigilie,[364] i digiuni,[365] le benedizioni, gli uffici[366] tutto -quel complesso di usi e cerimonie che formano il culto esteriore, -contro il quale fin dal principio s'eran ribellati i Valdesi, -condannando la consacrazione delle chiese,[367] l'adorazione delle -imagini e financo della Croce, come prima di loro insegnavano i -Catari.[368] - -Questo è il cammino percorso dall'eresia valdese. L'intendimento primo -del riformatore di Lione non fu di staccarsi dalla Chiesa, bensì -d'introdurvi nuova vita colla partecipazione operosa del laicato. -Ma fin dal principio la nuova società subì l'influsso delle eresie -contemporanee, principalmente dei Catari, così da accogliere massime e -dottrine, a loro affatto straniere, e che più tardi saranno abbandonate -dai Protestanti.[369] In seguito, respinti dalla Chiesa ufficiale, -furono costretti a sostenere un nuovo concetto del sacerdozio che -tolsero in prestito e dai Catari e dagli Arnaldisti. Ma questo -concetto ha una portata molto maggiore di quel che si crede, perchè -smagliato un anello, l'aurea catena va tutta in pezzi. E così nei -periodi successivi, l'uno dopo l'altro tutti i dommi tradizionali -vennero combattuti, ed i Valdesi formarono una società novella, non -più cattolica, benchè non ancora protestante, perchè le mancava e la -dottrina della predestinazione, e quel che più conta, l'altra della -giustificazione per la fede. - -Nel corso della nostra esposizione abbiamo più volte dovuto ricordare -gli Arnaldisti, che secondo noi si connettono strettamente coi -Patarini. E degli uni e degli altri discorreremo nel capitolo seguente. - - - - -CAPITOLO III - -PATARINI ED ARNALDISTI - - -Il Decreto di Lucio III oltre ai Catari, Passagini, Poveri di Lione -colpisce anche i Patarini e gli Arnaldisti. Chi erano i Patarini? La -stessa cosa dei Catari o Catarini, o una setta affatto differente? E -gli Arnaldisti sono eretici anch'essi, e qual dottrina professano? -Rimontano ad Arnaldo da Brescia, ovvero, come par che voglia il -Giesebrecht, ad un vescovo cataro di nome Arnaldo? Per rispondere a -queste dimande dobbiamo rifarci molto indietro, e seguire passo per -passo la storia di quel partito che voleva la riforma della Chiesa non -certo nel domma, come opinavano i Catari ed in parte anche i Valdesi, -bensì nel costume e nella disciplina. E non che peccare d'eresia, ne -accusava invece gli avversarii, perseveranti negli antichi abusi ed -insofferenti delle riforme. - - -I - -Nel secolo XI, in quell'età funesta, in cui il Papato era in balìa or -dei Crescenzi, or dei conti di Tusculo, il partito delle riforme prese -nome e colore imperiale. Nessun'altra potenza all'infuori dell'Impero -sarebbe riescita a liberare la Chiesa dalla soggezione de' nobili -romani, e per conseguire quest'alto scopo i migliori ecclesiastici -acconsentirono che l'elezione del Papa, sottratta al popolo romano, -fosse affidata all'Imperatore, ed accolsero con gioia i pontefici -nominati da lui Clemente II (1046-47), Damaso II (1048), Leone IX -(1049-54), Vittore II (1054-57).[370] - -Prima della nomina imperiale tre papi si contendevano l'alto ufficio, -Benedetto IX dei conti di Tuscolo, nominato ancor dodicenne nel 1033; -Silvestro III, levato su dalla fazione, che nel 1044 si ribellò contro -il dissoluto pontefice; e finalmente Gregorio VI, il buon arciprete -di S. Giovanni che per far cessare lo scisma avea comprata nel 1045 -la tiara pel reddito dell'obolo di S. Pietro. Tutti e tre i papi -furono deposti nel concilio di Sutri,[371] ed in luogo loro fu scelto -da Enrico III il vescovo di Bamberga Clemente II, il quale convocato -ben presto un solenne concilio nel gennaio del 1047 fulminò il primo -decreto contro la simonia del clero, riconfermato due anni dopo da -Leone IX.[372] Questo della compra e della vendita degli ufficii -ecclesiastici era il primo abuso al quale si dovea por riparo, chè -tutti gli ecclesiastici dal _supremo Gerarca all'ostiario_[373] -non erano mondi di colpa. Ma insieme con questa un'altra riforma -si reputava necessaria, quella del matrimonio dei preti. Perchè, -sebbene il celibato fosse sino dai tempi remoti della Chiesa tenuto -in grandissimo pregio, pure nel secolo decimoprimo eran tanti i preti -ammogliati ed in Italia e fuori, che Leone IX temendo di mettere sul -lastrico tante povere donne, permise che seguitassero a vivere coi loro -mariti, purchè cessasse tra loro ogni commercio carnale.[374] - -I mercatanti dei beneficii spirituali furon detti simoniaci da quel -Simone Mago degli _Atti degli Apostoli_, che si fece cristiano per -comprare a contanti il segreto dei miracoli apostolici, superiori -ai suoi sortilegi.[375] Nicolaiti poi eran detti i sacerdoti o -ammogliati o concubinari in ricordo di un'antica setta, menzionata -nell'Apocalisse.[376] Ma non si deve credere che sotto questi nomi -di Simoniaci o Nicolaiti rivivessero eretici, sostenenti con ragioni -dommatiche la legittimità del traffico dei beneficii, o del matrimonio -dei preti. Certamente non mancavano argomenti e storici e dottrinali -in favore di quello che era allora il costume più generale. Si poteva -ad esempio distinguere l'ufficio ecclesiastico dal beneficio temporale -annesso; e sostenere che quest'ultimo al pari di tutti i beni e -possessi fosse ben lecito cedersi od acquistarsi.[377] Si poteva -aggiungere che la mercede chiesta dai chierici pei loro ufficii si -dovesse tenere come una pia elemosina, perchè i ministri del Signore -era ben giusto che vivessero a spese della comunità.[378] In quanto poi -al matrimonio dei preti si poteva fare appello, come fecero i prelati -milanesi, all'antica comunità cristiana, e alla autorità degli Evangeli -e di S. Paolo.[379] Ma benchè non facessero difetto le ragioni, nè -temessero di dirle coloro che dai decreti pontificii venivan colpiti, -pure vere sètte eretiche allora non sursero per questi due capi. E -la ragione forse sta in questo, che il moto ereticale di quel tempo -era fieramente avverso tanto al matrimonio, quanto al possesso delle -ricchezze, talchè i Catari si unirono piuttosto coi seguaci del Papa, -che cogli avversarii suoi. E per tal guisa la simonia ed il concubinato -vennero da tutti tenuti pel frutto non di un convincimento teorico, -ma di una intemperanza pratica, che s'ha da punire e svellere dalle -radici. - -I decreti dei Papi, che richiamavano gli ecclesiastici a norme più -rigorose di vita, incontravano dappertutto tenaci resistenze, ma -più che altrove in Lombardia, dove il maggior numero dei sacerdoti -per antica consuetudine avean moglie e figliuoli, e la vendita dei -beneficii era uno dei maggiori proventi della nobiltà.[380] Oltrechè -l'arcivescovo milanese, capo ad un tempo della Chiesa e dello Stato, -s'era pressochè liberato dalla soggezione di Roma,[381] e sin da gran -tempo antico la Chiesa di Lombardia si distingueva da tutte le altre -in qualche particolarità liturgica.[382] Ma tutte queste ragioni, -che rendevano così difficile l'introduzione delle riforme, servivano -maggiormente ad eccitare lo zelo degli ecclesiastici che le voleano. -Perchè un partito riformatore non poteva al certo mancare in Lombardia -dove più aperto era il contrasto tra l'alto clero, ricco e sfarzoso, ed -il basso povero ed oppresso. Tra queste due parti della Chiesa dovea -esistere lo stesso antagonismo che separava la nobiltà maggiore o dei -capitani dalla minore o dei valvassori, e l'una e l'altra dal popolo -minuto. E coll'andare del tempo le due opposizioni formarono una sola, -e gli artigiani, i commercianti, i servi della gleba si strinsero -intorno al clero minore, e gli assicurarono la vittoria sull'alto -clero. Così nacque in Lombardia la setta dei Patarini, a capo della -quale si misero un sacerdote della classe dei valvassori, di nome -Arialdo, ed un nobile della classe dei capitani, Landolfo.[383] - -Chi erano codesti Patarini, e onde trassero il loro nome? E qual -rapporto corre tra i Patarini, e i Catari, che di lì a poco vengono -chiamati con evidente analogia di suono, Catarini? Che nei secoli -posteriori i due nomi si scambino, e che l'abate Gioacchino non chiami -in altro modo gli eretici dualistici se non _patharenos_, è fuor di -discussione. Ma al principio il nome di Patarini ebbe un'origine ed -un significato del tutto differente. Come ci dice Arnolfo, questa -denominazione nacque per caso, e forse fu un termine d'ingiuria, che i -fautori dell'alto clero appiccarono ai loro avversarî, come se dessero -loro del _cenciajuoli_ o _cenciosi_. Pataria infatti si diceva in -Milano il luogo ove s'adunavano i Patari, ovvero i rivenduglioli di -panni vecchi, e forse o perchè in quel luogo si tenessero le prediche e -le adunanze dei novatori, o perchè il grosso del partito fosse formato -da questi minuti trafficanti, o infine per le due ragioni insieme, -certo è, secondo la testimonianza di un contemporaneo che da Pataria fu -tratto il nome di Patarini.[384] - -Non è a dire però che tra i Patarini non si cacciassero i Catari. -Ricordo che gli eretici di Monforte furono per la prima volta noti nel -1045 in un viaggio che fece per la Lombardia l'arcivescovo Ariberto, -predecessore di quel Guido, contro cui si levavano i Patarini. Ricordo -che il numero dei Catari di Monforte era già salito a tremila e che -i seguaci della nuova dottrina del castello della Contessa si erano -sparsi per tutto il Milanese. Sarebbe veramente strano che gli eretici -non si fossero valsi della propizia occasione, che offrivano i tumulti -milanesi per spandere inavvertitamente la loro dottrina.[385] Tanto -più che nella parte pratica erano del tutto d'accordo coi novatori, e -se condannavano in tutti il matrimonio, tanto più lo doveano aborrire -nei ministri del Signore; se predicavano il disprezzo delle ricchezze e -della gloria mondana non potevano certo approvare il fasto ed il lusso -dell'alto clero milanese. Ed in quanto alla parte teorica sapevano -tacere a tempo quei dommi che non andavano ai versi del maggior numero. -Solo a pochi e più fidi svelavano tutta la loro dottrina; nei nuovi -affiliati bastava che gettassero i semi dai quali col tempo sarebbero -germogliate le nuove convinzioni.[386] - -Non è dubbio adunque che coi Patarini si sieno mescolati i Catari, -ma certo i capi del movimento patarinico nè si credevano, nè erano -per quel momento eretici; chè anzi tutti i loro atti, anche i più -audaci e meno rispettosi della dignità sacerdotale furono approvati -da Roma. Nè certo è da meravigliare perchè la Curia romana teneva a -fare osservare i suoi decreti sopra tutto in Milano, ove l'arcivescovo -già da gran tempo era divenuto l'emulo del Papa. Da gran tempo nella -Chiesa milanese alitava tale spirito d'indipendenza, che quando il -legato di Roma, Pietro Damiani, nell'assemblea raccolta in Duomo prese -la presidenza spettante per grado all'arcivescovo, lo stesso popolo -che giorni prima s'era ribellato all'alto clero, levossi quindi in -furore per rivendicarne l'oltraggiata dignità.[387] Urgeva adunque di -ridurre alla soggezione di Roma il riottoso primate, e col fiaccarne -la potenza, che da signore feudale s'era acquistata, si facea un gran -passo. - -Ed a questa s'aggiungeva un'altra ragione perchè Roma si stringesse -coi Patarini. L'arcivescovo Guido, creatura di Enrico III, e nominato -da lui all'alta dignità, benchè non fosse della classe più nobile, era -certamente legato alla causa imperiale molto più del suo predecessore -Ariberto.[388] Per lo contrario la Curia Romana ed il partito delle -riforme, che da principio avea commesse le sue sorti all'impero, -alla morte di Enrico III, quando le fazioni presero a travagliare la -corte della debole reggente gli si volse contro. Era ormai maturo -il tempo, perchè il Papato, che per opera di Enrico s'era liberato -dalla prepotenza dei conti romani, si liberasse alla sua volta anche -dalla tutela imperiale. Nè tardò molto ad affermarlo pubblicamente il -nuovo pontefice Niccolò II, il quale nel concilio del 1059 stabilì -che da indi innanzi il Papa non sarebbe scelto nè dal popolo, nè -dall'Imperatore, bensì dal collegio cardinalizio. Fiere opposizioni -dovea suscitare quest'audace misura, e le suscitò di fatto; e la guerra -apertamente dichiarata tra la Chiesa e l'Impero non poteva cessare -nè agevolmente nè presto. In queste congiunture non giovava di certo -alla Curia Romana che l'arcivescovato milanese conservasse e crescesse -il suo prestigio all'ombra del favore imperiale. E ben si comprende -come mettesse in opera tutti i mezzi per favorire i Patarini ai danni -dell'arcivescovo, e della sua potestà temporale. A noi non tocca -di rifare un racconto, già fatto maestrevolmente da altri;[389] ma -ricordando le misure prese dalla Corte Romana lungo il ventennio delle -lotte patariniche, mostreremo come la politica dei varii papi fosse -sempre la stessa, nè si smentisse neanche se per favorire la Pataria ne -fosse andata di mezzo la rigidità dell'ortodossia. - -Quando i Patarini, cresciuti di numero in grazie della pietà di -Arialdo e dell'eloquenza di Arnolfo, invasero a mano armata il Duomo -per iscacciarne di viva forza l'arcivescovo, celebrante i divini -ufficii, Stefano IX prese sotto la sua protezione i promotori di -questa violenza, che a lui si appellarono dalla scomunica del sinodo -provinciale. Ed i legati che il Papa mandò per comporre i dissidii -della classe milanese, furono i più validi sostegni della Pataria, -Ildebrando ed Anselmo di Lucca.[390] E l'altro legato Pier Damiani, -che il nuovo papa Niccolò II mandò in Lombardia, benchè forse meno -aspro dei suoi predecessori verso l'arcivescovo, lo condannò pure -ad una grave multa in punizione della simonia, e lo costrinse a -prestargli il giuramento, ed a sottoscrivere la dichiarazione, che -d'ora innanzi somministrerebbe gratuitamente gli ordini, nè più oltre -sopporterebbe il matrimonio o concubinato dei preti.[391] La resistenza -dell'arcivescovo era ormai fiaccata, talchè fu obbligato a prender -parte a quel concilio romano, che tra le nuove misure sulla nomina del -Pontefice,[392] e la condanna dei simoniaci cacciò come di soppiatto -un articolo contro le investiture laicali.[393] Ed in omaggio a questo -articolo il primate di Milano ebbe a ricevere novamente dal Papa -l'investitura già avuta da Enrico III.[394] - -In questo stesso concilio fu preso per la prima volta contro i -simoniaci ed i concubinarii un grave provvedimento, ripetuto dappoi -molte altre volte. Si prescrisse, non dovere i fedeli ascoltare -la messa di quel sacerdote che riconoscano per certa scienza -concubinario.[395] I cronisti del tempo fecero le più alte meraviglie -quando Gregorio VII ripropose questa misura, che capovolgea tutta la -gerarchia, e facea dei laici i giudici del clero.[396] Ma dessa era -un'arme di guerra, e guerra aperta si combatteva da gran tempo tra la -Curia Romana ed il clero milanese. E le ire vie più si rinfocolarono -quando alla morte di Niccolò i cardinali levarono sul soglio pontificio -quell'Anselmo vescovo di Lucca, già legato in Milano, e creduto -promotore delle agitazioni patariniche.[397] Nello scisma che allora -insorse tra il Papa dei Cardinali e quello dell'Imperatrice, il clero -milanese seguì in grande maggioranza le parti di quest'ultimo. E -provocò nuovi rigori dalla Curia Romana, che ormai non abborriva di -conseguire la vittoria col ferro e col fuoco. Talchè Alessandro II non -dubitò di consegnare una bandiera pontificia nelle mani di Erlembardo, -valoroso guerriero tornato testè dalla Palestina e succeduto al -fratello Arnolfo nella difesa della causa patarinica.[398] - -Quest'atto era la consacrazione della guerra civile; ma la Corte Romana -ormai era decisa a tutto, perfino a scomunicare l'arcivescovo, pochi -anni innanzi investito dallo stesso papa. Tale misura però dette il -crollo alla bilancia; ed i Patarini furono sopraffatti dai nemici, e -lo stesso Arialdo, costretto a fuggire, fu preso e messo a morte dalla -nipote dell'arcivescovo.[399] L'alto clero trionfava, ma non sì che -a capo di dieci mesi Erlembardo non potesse rifarsi dei suoi danni, -e muovere armata mano contro l'Isola Madre per riscuotere dall'empia -Jezabel, come ei la chiamava, il corpo del martire suo compagno.[400] -Le sorti in breve ora mutarono, e rientrato Erlembardo in Milano colla -venerata salma, riprese le persecuzioni contro l'alto clero, certo -più spietate di prima. Non furono risparmiate nè le case nè le vite, -e a tale si venne che i legati pontificii ebbero a dare ordini severi -contro gli stessi loro partigiani.[401] - -La lotta s'era fatta sempre più aspra; e non che smettere nuove ragioni -s'apprestarono a rinfocolarla. L'arcivescovo Guido, che da venti -anni reggeva la Chiesa di Milano, stanco dell'interminabile lotta, e -ben sapendo che i Patarini prendevano accordi intorno al successore -da dargli, pensò di cedere il suo ufficio ad un ecclesiastico, più -nobile di lui, a nome Goffredo.[402] L'imperatore, Enrico IV, uscito -da poco di tutela, accolse di buon animo la dimandata investitura, -nella speranza che col nuovo arcivescovo i dissidii sarebbero -cessati e l'autorità imperiale rinvigorita.[403] Ma per le opposte -ragioni il papa non volle saperne di questa nomina, che frustrava i -disegni da lungo tempo concepiti, e contraddiceva al canone contro le -investiture laicali votate nel concilio del 1059. Perlochè Goffredo -fu scomunicato[404] ed alla morte di Guido Erlembardo fece scegliere -coll'intervento del delegato un sacerdote di nome Azzone.[405] Per tal -guisa i partiti tornarono più accanitamente alle prese. L'alto clero -fu talmente irritato dalla nuova scelta, che ruppe in aperta violenza, -ed a furor di popolo fu trascinato il nuovo eletto alla chiesa di S. -Maria, ed ivi più morto che vivo gli fu fatto giurare che non salirebbe -mai sulla cattedra di S. Pietro.[406] Nè vi salì, ma non vi salì -neanche Goffredo, combattuto fieramente da Erlembardo. (1071). A costui -per verità non venne fatto d'impadronirsi del forte di Castiglione, ove -l'arcivescovo scomunicato s'era rinchiuso; ma riescì in quella vece a -sbarrare le porte di Milano, e a ridurre in sua mano il governo della -città. - -In quel tempo (1073) fu assunto al pontificato Ildebrando, l'amico ed -il protettore di Erlembardo, e questi si credeva ormai così sicuro del -suo potere, che ogni giorno più cresceva di audacia ed intemperanza. -Così per mostrare il suo odio e disprezzo contro i vescovi, che aveano -riconosciuto a lor capo uno scomunicato, calpestò pubblicamente l'olio -da uno di loro consacrato, sostituendovi altro d'ignota provenienza. E -ricusando i vescovi di somministrare il battesimo nelle ferie pasquali -di quell'anno e del seguente, ingiunse ad un semplice prete Luiprando, -che facesse le loro veci.[407] Contro queste violenze suonarono ben -alte le grida del clero,[408] ed in occasione di un incendio, che in -quel torno distrusse la bella chiesa, ove fu consacrato Attone, si -disse essere codesto un giusto giudizio dell'empietà commesse. L'ira -dei Milanesi allora non conobbe più freno; i nemici di Erlembardo -non posero tempo in mezzo ad irrompere armata mano contro di lui, -ed il valoroso capitano cadde colla spada in pugno, martire della -sua fede.[409] Non però la morte di Erlembardo restaurò le forze di -Goffredo; e lo stesso Enrico lo ebbe ad abbandonare, scegliendo in -sua vece un uomo più accetto, Tedaldo.[410] Ormai i dissidii milanesi -scomparivano nella lotta delle investiture[411] che per la sua -grandezza supera tutte le altre finora combattute. - - -II - -Il gran disegno di ridurre tutto il clero maggiore e minore in balìa -del Pontefice era attuato a mezzo fino a che un altro potere, il -laicale, avesse in sua mano i beneficii; onde Gregorio non dubita -di trarre le estreme conseguenze, e contrastare all'Imperatore -antichissimi diritti. Ora si chiariva il segreto pensiero del Papa. -La potestà pontificia dovea essere la fonte di tutte le autorità e -temporali e spirituali. Il clero non dovea inchinarsi ad altro capo -fuor del sommo Gerarca, e da lui solo avea a riconoscere non pure -l'ufficio suo spirituale, ma benanco il possesso dei beni ed il dominio -temporale. Nè faceva intoppo che per tal guisa si sarebbero capovolte -tutte le norme giuridiche e politiche del tempo; e che il feudatario -in omaggio al Papa avrebbe talvolta negata obbedienza al suo signore. -Ormai il supremo signore era il Pontefice, e le parti tra il Papato -e l'Impero affatto invertite. L'Imperatore avrebbe nominato il Papa, -non il Papa l'Imperatore, perchè se il sommo sacerdote ha la potestà -d'immettere nel loro ufficio alcuni principi dell'Impero, è naturale -che eserciti lo stesso diritto sul Principe dei Principi. E questo era -veramente l'ideale di Gregorio VII, la costituzione di una società -mondiale, il cui capo fosse il vescovo di Roma, suprema autorità -feudale, da cui come vassalli dipendessero tutti i principi, e primo -fra tutti l'Imperatore.[412] - -Ma ora si scopriva una strana contraddizione tra il principio e la -fine del movimento riformatore, il quale cominciato dal contrastare -il fasto, la dissolutezza e talvolta il potere principesco dell'alto -clero, finiva col mettere in mano del Papa la maggior copia di -ricchezze, onori e potestà mondana. Se al supremo Gerarca è lecito di -circondarsi degli splendori di una corte, perchè non debbono seguire -il suo esempio e vescovi ed abbati? La riforma disciplinare sarà dunque -messa in seconda linea, ed or che nè l'arcivescovo di Milano, nè altro -al mondo può fare ombra alla Curia Romana, non si contrasterà più la -potestà territoriale dei prelati. E purchè questi riconoscano nel Papa -la fonte dell'autorità loro, vivano a lor modo, e camminino pure sulle -orme degli Ariberti e dei Guidi. - -Per tal guisa i mali della Chiesa s'esacerbavano, e secondo la -testimonianza preziosa di S. Bernardo, le intemperanze del clero -metteano nuove radici e tanto più profonde, per quanto la Chiesa -grandeggiava di potenza e splendore.[413] Nettampoco la quistione -politica era risoluta, chè non ostante i trionfi di Canossa la vittoria -del Papato vacillava non poco, e dopo tanto battagliare Callisto II, -ebbe a sottoscrivere il compromesso del 1122, il quale se chiudeva -la grande lotta delle investiture, non ispengeva il germe di nuovi -contrasti. Il dissidio tra la Chiesa e l'Impero, insorto una volta -non sarà più per comporsi; nè solo colla Germania avrà da battersi il -Papato, ma colla Francia, coll'Inghilterra, col Senato di Roma, con -tutti quei governi in una parola, che mal tolleravano le usurpazioni e -frammettenze del potere ecclesiastico. E queste lotte in quell'età di -violenti e rudi costumi tornavano egualmente funeste allo Stato ed alla -Chiesa; e minacciavano l'esistenza stessa di ogni civile consorzio. - - -III - -In questo tempo appare nella storia la misteriosa figura di Arnaldo da -Brescia.[414] - -Il moto patarino ebbe per risultato di togliere in molti luoghi -ai vescovi la potestà territoriale che passò nei comuni, e così -nacquero quelle repubbliche medievali con consoli e consigli e -diritti e pretensioni baronali sui minori comuni. Questo accadde in -Milano, e sarà accaduto anche in Brescia, ove però il vescovo non fu -spogliato di tutta l'autorità, ma sembra prendesse parte coi Consoli -all'amministrazione della Repubblica.[415] Si comprende come dovesse -riescire faticoso questo governo misto, nel quale gli opposti elementi -si odiavano e sospettavano a vicenda; e come le scissure del governo -si ripercotessero nel popolo, diviso anche lui in partiti e fazioni. -Uno dei capi del partito antivescovile par che fosse il famoso -Arnaldo, il quale benchè prete e frate,[416] s'ispirava alle tradizioni -patariniche, tal che pareva in lui rivivesse lo spirito austero degli -Arialdo ed Erlembardo, santificati dalla Chiesa. - -Questo rigido sacerdote, che al dire dell'_Historia pontificalis_ -carnem suam indumentorum asperitate et inedia macerabat,[417] mal -tollerava che il clero s'inframmettesse nei negozii mondani,[418] e -contro il proprio vescovo, semprepiù avido di maggior potere, levava -alta la voce, infiammando il popolo a tal segno, che nel tornare quel -prelato da Roma, a fatica potè rientrare nella sua diocesi.[419] Non -diversamente s'era condotto un tempo Arialdo, e contro l'arcivescovo -milanese e il clero maggiore ben più gravi tumulti avea sollevato -nel popolo. Ma ora i tempi eran mutati, nè sulla cattedra di S. -Pietro sedevano gli Alessandro II e i Gregorio VII, nè gl'interessi -della Corte pontificia del secolo decimosecondo pareggiavan quelli -dell'undecimo. - -Di queste condizioni consapevole il prelato bresciano s'appellò a -Roma contro il mal capitato canonico, e se non ottenne dal Concilio -lateranense del 1139[420] la condanna esplicita delle dottrine -arnaldiane, ebbe dal Papa quello che più gli premea di conseguire, -l'allontanamento del pericoloso oratore. Arnaldo infatti fu deposto -con decreto pontificio dall'uffizio suo, e cacciato in bando -oltremonti.[421] È dubbio se gli fosse proibito anche il predicare. -Ottone di Frisinga lo dice apertamente;[422] ma S. Bernardo non sa -nulla di questo divieto; nè forse alla Curia romana premeva di chiudere -la bocca all'esule sacerdote, convinta che fuori della patria la -sua parola non sarebbe nè cercata nè temuta. Comunque sia, è fuor di -dubbio che Arnaldo riparò in Francia, ove secondo Ottone di Frisinga -era già stato da giovane per udirvi le lezioni d'Abelardo.[423] E vi -tornò appunto in quel tempo, in cui il Concilio di Sens dovea decidere -sulle sorti del filosofo palatino, accusato da San Bernardo. L'esule -bresciano s'adoperò gagliardamente pel suo maestro,[424] e quando -fu pronunziata la sentenza, e l'infelice condannato si ridusse nella -solitudine di Cluny, ei restò impavido sulla breccia, ed occupata la -cattedra deserta, seguitò ad esporre la Bibbia nello stile di Abelardo, -e forse più di lui insisteva sul contrasto tra i primi vescovi -della Chiesa, e quelli che allora disonoravano il loro ministero -coll'avarizia ed il desio di beni mondani, e alle mollezze del secolo -s'abbandonavano, e voleano edificare la Chiesa sul sangue.[425] - -Dell'efficacia di questo insegnamento non è a dubitare. Chi -l'impartiva, educato agli studii classici, possedeva il segreto -dell'eloquenza, che vince le menti,[426] e maggiore autorità dava -alle sue parole coll'esempio di una vita intemerata ed austera che -imponeva il rispetto anche ai nemici. Talchè S. Bernardo, ben conto dei -pericoli che sovrastavano all'opera sua, s'adoperava in tutte le guise -per ridurre al silenzio questo nuovo apostolo, pari al maestro per -ingegno e dottrina, ma d'animo più gagliardo. Già fin dalla chiusura -del concilio con lettere affannose avea sollecitata da Innocenzo II -la condanna del palatino e del bresciano insieme; pervenutogli poi il -decreto pontificio, che non pure condannava i novatori ma ne ordinava -l'arresto,[427] si mise in cerca di chi si prestasse ad eseguirlo. E -fallitogli il tentativo presso il re di Francia, dal quale ottenne -solo ed a stenti l'espulsione di Arnaldo,[428] si volse al vescovo -di Costanza nella cui diocesi s'era quegli rifugiato,[429] pregandolo -di far discacciare il ramingo, se pur non gli riescisse di chiuderlo -in prigione.[430] Ma non tutti la pensavano come l'impetuoso abate. -Nè soltanto l'ordine di arresto non fu eseguito;[431] ma perfino -un cardinale di S. Chiesa, e legato per giunta,[432] in luogo di -perseguitare il profugo sacerdote, lo accolse ospitalmente, e della -sua egida lo ricoperse. E indarno il Chiaravallese gli scrisse una -delle sue lettere più ardenti;[433] l'accorto porporato non si lasciò -prendere all'amo, chè ei ben sapea discernere gl'interessi della -Chiesa da quelli del fanatismo. Pare anzi che con lo stesso legato -Arnaldo abbia fatto ritorno in Italia, e che per opera di lui si sia -rappattumato col novo papa Eugenio III.[434] - -Sembra molto strano che l'esule bresciano, il proscritto da Innocenzo, -trovi grazia appo Eugenio, presso quello stesso Papa, che avrebbe -dovuto più che altri seguire i consigli di S. Bernardo, stato già -suo maestro;[435] e qualcuno potrebbe essere indotto a dubitare -della veracità dell'_Historia pontificalis_. Ma la testimonianza -del Sarisberiense, come ha dimostrato il Giesebrecht, è fuor di -discussione; ed io stimo che si possano sciogliere le dubbiezze, ove si -studii più addentro nei fatti.[436] - -Non appena assunto al pontificato Eugenio III ebbe dal suo venerato -maestro il libro _De Consideratione_, ove è svolta maestrevolmente -la quistione del giorno, quella stessa, che solea trattare Arnaldo -nelle sue predicazioni, e che oggi si direbbe del potere temporale. -S. Bernardo comincia dallo stabilire che la Chiesa non possiede per -diritto apostolico; chè gli apostoli non potevano dare quel che non -aveano.[437] E se non possiede per sè, mal può farsi distributrice di -terre, e giudice di possessi. Quale apostolo mai si attribuì questo -potere?[438] Nè tampoco la Chiesa è fatta per dominare, chè a lei non -lo scettro, ma il sarchio si conviene; e chiaramente traspare dagli -Evangelii il divieto della dominazione mondana.[439] Nè mai Pietro si -ornò di gemme o di seriche vesti, nè su bianco cavallo fu portato, nè -gli si stringevano attorno soldati e ministri.[440] Ed i possessi e -il dominio, e l'aureo manto e l'armi non spettano a chi fu commesso -l'umile ufficio di pascere il suo gregge;[441] bensì ai re e principi -della terra. Nè giova che l'una podestà invada i confini dell'altra, -e meni la sua falce nell'altrui messe.[442] Ma non perchè si spogli -di queste mal tolte attribuzioni, la dignità del sommo sacerdote -vien menomata. Chè per quanto egli si estolga su tutti gli altri -uomini, non può certo farsi maggiore del Signor suo, nè al discepolo -conviene usurpare titoli ed ufficii che al maestro non piacque di -assumere.[443] E d'altra parte ridotta al solo spirituale l'autorità -del Papa non cessa per tanto dal soprastare a quella di tutti i -principi della terra; non essendovi alcun re o imperatore, cui come -al Papa appartengano le due spade, la temporale e la spirituale.[444] -Con questa differenza che quella viene sguainata per suo cenno, ma non -dalla sua mano, questa anche dalla mano. La spada temporale deve essere -adoperata per la Chiesa, non dalla Chiesa.[445] - -Da queste citazioni è facile raccogliere la dottrina di S. Bernardo. -Non avendo lo Stato un contenuto morale suo proprio, la podestà terrena -fino a che non sia consacrata dal Capo della Chiesa, pare agli occhi -del Chiaravallese rude forza non ancora tramutata in diritto; concetto -comune a tutto il Medio Evo, e dai ghibellini non meno accettato -che dai guelfi. Ma ciò non importa che la Chiesa stessa debba godere -autorità territoriale. Superiore a tutti i principi della terra, ella -non può discendere al loro livello, nè esercitare un potere materiale -come il loro; fonte di ogni autorità, la impartisce agli altri, senza -serbare per sè nessuna parte che non sia del tutto spirituale. Il -concetto di S. Bernardo dovea menare diritto al vicariato. Il Micado -per dedicarsi esclusivamente agl'interessi spirituali tralascia la -cura delle terrene cose, la cui amministrazione affida al primo tra i -principi del paese. E questi, il Taicun, ha bensì il vero potere nelle -mani, ma l'esercita nel nome del Micado. - -Non dobbiamo qui dare un giudizio di questo sistema, il più ecclettico -che sia mai apparso. Ma certo è che ad Eugenio sorrise non poco, e ben -presto messolo in pratica nell'accordo che strinse colla Repubblica -romana, si fece restituire dal popolo romano il diritto di sovranità, -esercitata dai suoi predecessori, ma nel contempo s'impegnò di -trasferirne il potere nel Senato romano, come suo vicario.[446] Non è -improbabile che a questo componimento assentisse anche Arnaldo, e per -tal guisa spiegheremmo agevolmente come andasse assolto dalle antiche -censure, e gli fosse data licenza di starsene a Roma. - -Ma non andò molto che si scopersero i vizii di quell'artifizioso -congegno, che metteva alle prese due autorità, una di nome, l'altra -di fatto. Non conosciamo le scissure che ebbero luogo in quel tempo -tra il Papa ed il Senato di Roma; certo è che nella primavera del 1146 -Eugenio fuggì da Roma, e l'anno appresso dall'Italia. Fallito così -l'accomodamento ricominciò la lotta con maggior vigore. Ormai non era -più tempo di mezzi termini, ed Arnaldo riprese il linguaggio antico, -e nelle sue calde predicazioni sfolgorava per primo i cardinali, -nuovi scribi e farisei che si adunano nel tempio, come in mercato, a -trattar di negozii mondani e provvedere al loro fasto ed ingordigia. Nè -risparmiava il Papa, a cui negava il nome di uomo apostolico e pastor -delle anime; perchè gli apostoli non promoveano incendi e rapine come -lui; nè nel sangue fondavano il loro regno spirituale.[447] E da queste -premesse diritto conclude non doversi obbedienza nè al Papa nè ai -Cardinali, che non sono la vera Chiesa di Dio; nè aversi a tollerare -che il Papa rientri in quella città, cui vuole ridurre a servitù, lei -la fonte della libertà, la sede dell'impero e la regina del mondo.[448] - -Arnaldo era dunque l'oratore della Repubblica, il temuto tribuno che -nel breve giro di pochi mesi avea saputo guadagnarsi il favor popolare -così da movere le masse a suo talento. Ben comprese il Senato romano di -quanto giovamento potesse tornargli questo sacerdote, di vita austera -ed intemerata, che spietatamente metteva a nudo le magagne del clero, -e ad un profondo sentimento religioso aggiungeva il culto della Roma -antica, e la fede invitta nei suoi nuovi destini. E con giuramento -solenne Arnaldo ed il Senato romano si strinsero in un patto, quegli -di consacrare tutta l'opera sua in servigio della Repubblica, questi -di difenderlo a tutti i costi dalle insidie nemiche. L'uno e l'altro -seppero mantenere la lor fede.[449] E quando nel 1149 fu costretto il -Senato a rappaciarsi con Eugenio, non permise che rientrando il Papa -nella città eterna, ne fosse bandito lo scomunicato tribuno. Mirabile -fermezza, che permise ad Arnaldo di seguitare a vivere in Roma, ove -sarebbe rimasto tuttora se il successore di Eugenio e di Anastasio, -Adriano IV, fulminando l'interdetto, non avesse indotto il credulo -popolo a chiederne lui stesso l'allontanamento. - -Da quel giorno i destini di Arnaldo furon decisi. Indarno i Visconti -di Compagnatico lo sottrassero al cardinale Odone, in potere del -quale era caduto presso Bricole in Val d'Orcia.[450] Pochi uomini di -Federigo Barbarossa bastarono a ritoglierlo ai suoi salvatori; nè -il re tedesco, cui premeva di sgombrarsi la via all'incoronazione, -dubitò di consegnarlo al Papa. E questi non pago di farlo mandare a -morte,[451] ne fece bruciare il cadavere e disperdere nel Tevere le -ceneri, _ne a stolida plebe corpus ejus veneratione habetur_, come dice -il cronista.[452] Preziosa confessione, che mostra in qual concetto di -santità era tenuto il tribuno, e di quanto odio lo rimeritasse la Curia -Romana. - - -IV - -Qual'era la dottrina di Arnaldo, per quanto almeno possiamo -raccoglierla dalle scarse testimonianze? Noi dicemmo già quali erano -le lotte che scoppiarono in quel tempo tra l'autorità religiosa e -la civile, e di quanti mali fosse cagione questo dissidio.[453] A -questi mali così profondi ed annosi un rimedio solo s'aveva energico, -infallibile e tale che li avrebbe tagliati dalla radice, e la grande -mente del bresciano seppe scoprirlo. Perchè il mondo abbia pace, -ei diceva, fa d'uopo che la Chiesa torni alla purità e semplicità -dei tempi apostolici, e ben si persuada che il Vangelo non tollera -anzi vieta ai ministri del Signore il possesso di beni temporali, e -che i preti e frati renitenti a spogliarsi delle molte ricchezze si -danneranno irreparabilmente. Non al clero spetta la proprietà delle -terre che ora sfrutta, bensì al Principe o allo Stato, al quale deve -restituirsi questa gran massa di beni, perchè sia adoperata in servigio -non di una casta, ma della società tutta.[454] Fatidiche parole, che -sembrano scritte ai nostri giorni, ma di quei tempi doveano riuscire -ben dure ad intendersi. Ricordiamo che prima di Arnaldo un Papa d'alta -mente, Pasquale II (1099-1118), a por fine alla guerra con Enrico V, -avea pattuito che l'Imperatore rinunziasse alle investiture, e per -compenso i vescovi restituissero i lor feudi all'Impero.[455] Ma il -pensiero geniale del Papa, benchè meno radicale di quello di Arnaldo, -non fu meglio accolto da entrambi i partiti. La società non era ancor -matura per queste ardite innovazioni, e come nel 1109 Enrico V ai -vescovi tedeschi, tumultuanti nel S. Pietro, dichiarava non desiderare -la separazione propostagli dal Papa, così parecchi anni più tardi, nel -1154, il Barbarossa si fa esecutore della vendetta pontificia contro -quel sacerdote che sosteneva a viso aperto i diritti dello Stato. - -Ma se le idee di Arnaldo non erano conformi allo spirito dei tempi, -non per questo si doveano tenere per eretiche. Lo stesso Pasquale -II nel trattato stretto con Enrico V avea dichiarato contrario ai -canoni, che il clero coprisse un ufficio politico, e prestasse servizio -nell'esercito, e si fosse insieme servi dell'altare e della Corte.[456] -Nè suonavano diverse le dichiarazioni di S. Bernardo, il quale ben -comprendeva come tutte le idee di Gregorio VII non potessero attuarsi -di pari passo, essendo il primato politico della Chiesa il più forte -ostacolo alla riforma della disciplina. Non fa dunque meraviglia che -qualche ecclesiastico abbracciasse le opinioni di Arnaldo, senza -credere per questo di venir meno alla sua fede ed al suo ufficio. -Questo sappiamo dallo stesso breve di Eugenio III, il quale, com'è -stato più volte notato, chiama Arnaldo scismatico non eretico.[457] - -E certamente se le dottrine arnaldistiche avessero avuta attinenza -soltanto col potere politico o la posizione economica del clero, non -potrebbero esser dette ereticali. E dovremmo assentire al Giesebrecht -che scagiona Arnaldo di ogni accusa di eresia. Ma non possiamo negare -che con quelle dottrine politiche ed economiche strettamente si -legavano altre, che non sono rigidamente ortodosse. Arnaldo stesso, -come già riferimmo dalla _Historia pontificalis_, sosteneva il Collegio -dei cardinali non essere la Chiesa di Dio, il Papa non essere un uomo -apostolico, e a lui non doversi nè obbedienza nè riverenza.[458] Non -più aspro era il linguaggio degli eretici, le cui invettive, imagini, -e citazioni son fedelmente riprodotte dagli arnaldisti. Basta leggere -la lettera, che uno di essi il Wezel,[459] scrive a Federico I. I -preti d'oggi, ei dice, sono i falsi dottori di cui parla Pietro, che -per avarizia mercanteggiano le anime loro affidate, gozzovigliano nei -conviti, e gli occhi han pieni di adulterio. Ei son quelli per cui -la via della verità sarà bestemmiata, e di loro si può dire essere -fonti senz'acqua.[460] Nè possono ripetere con Pietro: _tutto abbiamo -lasciato e te abbiamo seguito, o signore_, nè molto meno: _io non ho nè -argento nè oro_. Nè di loro si può dire che sono il sale della terra, -o la luce del mondo come dice Matteo: ma piuttosto lor conviene il -versetto che segue: _se il sale diviene insipido, con che salerassi -egli? non val più nulla siffatto sale, se non ad essere gittato -via, e calpestato dagli uomini_.[461] Chi dice di credere in Cristo -deve camminar come lui, e chi non conosce Dio, e non osserva i suoi -comandamenti mentisce. E Cristo stesso disse: _se non farò le opere del -padre, non mi credere_. E se a Cristo che fu senza peccato non s'avea a -credere senza le opere, come mai si dee prestar fede a costoro, che mal -s'avvisano ed operano il male pubblicamente? Come potete parlare del -bene, quando siete cattivi? Non ha detto il signore stesso _la vostra -fede senza le opere è morta_?[462] E come mai costoro, ingordi di ogni -ricchezza, possono ascoltare il primo tra i precetti dell'Evangelo: -_beati i poveri di spirito_? - -Degli stessi testi si servivano i Catari e si varranno i Valdesi per -combattere la supremazia del Papa. Ma da queste premesse traevano -agevolmente la conclusione: che se i preti sono ormai così lontani dal -Vangelo non si può loro obbedire senza peccato. Il sacerdote, dicevan -gli eretici, è capo della Chiesa, ed a quel modo che ove sia infermo il -capo, tutte le membre illanguidiscono, così il sacerdote non può essere -indegno senza coinvolgere nella colpa sua tutta la Chiesa che governa. -Onde egli è come il lievito di cui al dir di S. Paolo, poca quantità -empie di sè la pasta tutta. Non si possono servire due padroni nello -stesso tempo, secondo Matteo; onde il prete malvagio non può servire -Dio, ei che serve il diavolo, nè può essere di quello il degno ministro -presso i fedeli.[463] Traevano le stesse conseguenze gli Arnaldisti. -A loro non si rimprovera nè il dualismo, nè la metempsicosi, nè -l'abolizione delle dignità ecclesiastiche o delle feste e delle -pratiche religiose. No, il solo punto nel quale essi differiscono dai -Cattolici è questo, che dicono non doversi accogliere i sacramenti dal -prete che si riconosce malvagio;[464] tutto al contrario della dottrina -cattolica secondo la quale il carattere sacro è indelebile, qualunque -sieno le opere del sacerdote, fino a che non abbia avuto luogo la -deposizione. E fino a questo punto non è lecito negare obbedienza al -sacerdote, e molto meno disdegnare la somministrazione del sacramento. -Il sacerdote in rapporto del sacramento non è se non uno strumento -passivo, nè perchè si compia il miracolo eucaristico importa che il -celebrante sia puro. Anche contro i meriti di chi lo consuma, il pane -si converte nel corpo di Cristo; e sia pure indegno il confessore, -l'assoluzione che ei pronunzia ha sempre la stessa efficacia di lavare -ogni macchia di peccato.[465] - -Possiamo dunque concludere che se rispetto agli altri sacramenti -Arnaldo e gli Arnaldisti erano ortodossi schietti, nè abbiamo alcuna -prova che errassero intorno all'eucaristia; per quel che riguarda -l'ordine sacro la pensavano invece tutt'altrimenti dai Cattolici. - -Prima degli Arnaldisti erano venuti alle stesse conclusioni i Patarini, -i quali nel combattere i preti concubinari o simoniaci, finivano collo -sconoscerne il carattere sacerdotale, prima che l'autorità competente -si fosse pronunziata. Ricordammo altre volte quel tale di Cambray che -predicava intorno al 1077 non doversi obbedienza ai preti simoniaci o -concubinari, nè potere essi celebrar messa, nè i fedeli ricevere da -loro i sacramenti. Il patarino francese fu giudicato come eretico, -e condannato al rogo, e sebbene Gregorio VII protestasse contro la -selvaggia esecuzione, e volesse punirne gli autori, pure non si può -negare che l'accusa di eresia non fosse niente affatto infondata.[466] -Senza dubbio la dottrina del predicatore di Cambray non era diversa da -quella che Gregorio VII sosteneva,[467] ed avea fatto accogliere nei -varii concilii che si succedettero dal 1059 in poi ma non per questo -diveniva più ortodossa,[468] e non andrà molto tempo che la Curia -stessa la ripudierà condannando negli Arnaldisti quei Patarini che un -tempo avea levati sugli altari. - -Se occorressero altre prove della scarsa ortodossia degli Arnaldisti, -potrei addurre questa che mi sembra di non poca importanza. Già dicemmo -a suo tempo che i Valdesi si dividevano in Poveri di Lione, e Poveri -Lombardi. La dottrina particolare di questi ultimi, come apparisce -dall'anonimo di Passau, afferma non potere il cattivo sacerdote -consacrare il corpo di Cristo, nè Dio discendere alle preghiere di -lui. Notammo già nel capitolo precedente, che su questo punto i Poveri -Lombardi si mostravano inconciliabili con quelli d'oltremonti. Il -che ci fa intravvedere che i Valdesi, venuti in Lombardia e trovati -ivi i seguaci di Arnaldo, che al dir dell'_Historia pontificalis_ si -chiamavano già eretici lombardi, si fusero con loro, e tra gli altri -punti di dottrina questo misero in evidenza, in cui e Valdesi ed -Arnaldisti concordavano, che al ministro creduto indegno non si debba -prestare nè onore nè obbedienza. Quali conseguenze si possano trarre da -questo concetto non è mestieri che dica. Solo noterò che coll'elevarsi -il fedele a giudice dei sacerdoti viene scossa dalle fondamenta la -gerarchia cattolica, e crollato questo edificio così sapientemente -architettato, è aperta la via ad ulteriori e più radicali riforme. - -Anche in questo punto il risultato del movimento patarinico dovea -cozzare col suo principio. Cominciato dal combattere quei prelati, che -minacciavano di levarsi in alto contro i diritti e le pretensioni del -sommo Gerarca, finisce coll'introdurre un principio che a lungo andare -sarà per distruggerne l'autorità. Io non voglio affermare che gli -Arnaldisti avessero consapevolezza della loro rottura col cattolicismo; -le loro divergenze erano limitate a pochissimi punti, ed anche in -questi potevano invocare in loro favore l'autorità dei concilii, talchè -più che eretici si potevan dire e furon detti scismatici. Ma ove pure -essi si credessero in buona fede migliori cattolici dei loro avversari, -ciò non prova che fossero in realtà. Anche i Poveri di Lione si -credevano così schiettamente cattolici, che chiesero a due pontefici il -riconoscimento del loro sodalizio. - - -V - -Ed ora possiamo riassumere tutto lo sviluppo di questo moto ereticale. -Il principio di questa profonda agitazione dello spirito religioso s'ha -da porre nel catarismo, che voleva sostituito al domma dell'unicità di -Dio, o del creatore quello del dualismo, ed alla Chiesa cattolica già -gerarchicamente costituita opponeva un'altra, che avesse anch'essa i -suoi sacerdoti e vescovi, e perfino anche un papa. Ma per combattere -la Chiesa di Roma il catarismo dovea accogliere e difendere tutte -quelle dottrine, che nate da ben altre tendenze avean pure lo stesso -risultato di scalzare l'edificio cattolico. Il catarismo è iconoclasta, -berengariano, docetista e simiglianti. Il che fa sì che nella vecchia -eresia si formino due nuclei eterogenei; il primo formato dalle -dottrine dommatiche dualistiche, cagione di austero ascetismo, e di -stravaganti superstizioni; il secondo composto in gran parte dalle -dottrine più o meno razionalistiche, che cercavano di ridurre ognor più -il mistero, limitavano al possibile la sfera d'azione dell'autorità, e -tendevano a sopprimere a poco a poco il bisogno degl'intermediarii tra -l'uomo e Dio. La differenza, anzi opposizione tra queste due parti fece -sì, che la seconda si staccasse dalla prima, e mentre quella si rendea -sempre più estranea al genio occidentale, questa seguia trionfante il -suo corso, e col tempo da valdese tramutossi in protestante. - -Ma i Catari ed i Valdesi per quanto discordi nei convincimenti -dommatici si accordano nell'indirizzo pratico delle dottrine, e contro -le ricchezze e gli ozi del clero vogliono far rifiorire i costumi -apostolici, e non apprezzano se non la povertà, il disinteresse, la -rinunzia ad ogni bene o piacere mondano. In questo indirizzo pratico -conviene una terza setta, la quale benchè più ortodossa dei Valdesi, -non è meno di loro sollecita delle riforme dei costumi. - -Questa terza setta è quella che al principio delle riforme si chiamò -dei Patarini, e più tardi venne detta degli Arnaldisti. Non è a -dire che in qualche punto dommatico non s'allontani anche lei dalla -Chiesa costituita, ma forse ella si credeva sinceramente cattolica e -si conservò tale fino a che non si fuse coi Valdesi. E quando questa -setta scomparve, un'altra ne sorse in luogo suo predicando con maggiore -energia le stesse massime. E questa è la setta dei Gioachimiti, che -riconoscono a lor capo l'abate calabrese, di spirito profetico dotato, -il quale alla dottrina della povertà e dell'abnegazione attribuisce un -valore e significato più generale, e crede che ella debba rigenerare -non pure i preti e i frati, ma la società tutta, che dovrebbe a mente -sua formare un vasto cenobio; talchè mutato con questa trasformazione -l'ordinamento della società e della Chiesa, sottentrerebbe una nova -età, un terzo periodo nella storia del mondo, il regno dello Spirito -Santo. Con l'abate Gioacchino la storia dell'eresia entra in una nuova -fase, che ha caratteri affatto opposti al precedente. Nel primo periodo -dell'eresia catara per successive attenuazioni si riesce allo scisma -arnaldistico, nel secondo dallo scisma gioachinita per successivi -rinforzamenti si arriva all'eresia degli apostolici. - - - - -LIBRO SECONDO - -DALLO SCISMA ALL'ERESIA - - - - -CAPITOLO I - -L'ABBATE GIOACCHINO - - -Sono molto discordi i giudizii intorno al - - Calavrese abate Gioacchino - Di spirito profetico dotato, - -nè fa maraviglia; perchè chi attenda alla sua incontrastata pietà, -all'ampia e solenne dichiarazione di sottomettersi al giudizio di Roma, -e ritrattare tutto quello che nei suoi scritti si trovasse di meno -ortodosso; chi ricordi l'ordine florense ed il cenobio da lui fondato, -se anche non presti fede ai miracoli che si raccontano di lui, certo lo -metterà tra i più ortodossi asceti del medio evo. E la Chiesa stessa -lo disse beato, e permise che si levasse un altare sul suo sepolcro -nell'abbazia di S. Giovanni in Fiore, nè solo i Benedettini, ma benanco -i Gesuiti ne inserirono la vita nelle agiografie. Ma d'altra parte non -si può negare che nel Concilio lateranense del 1215 furono solennemente -condannate alcune dottrine teologiche dell'abate calabrese, e più -tardi nel 1254 una Commissione di cardinali raccolse dalle sue opere -autentiche una messe abbondante di opinioni e sentenze poco ortodosse. -Oltrechè lo stesso nome di profeta appar sospetto alla rigida autorità -ecclesiastica, perchè di santi la Chiesa cattolica ne riconosce -moltissimi, ma di profeti neppur uno, chè secondo molti dottori la vena -profetica andò del tutto esaurita dopo la venuta del Messia, quando -null'altro aveano a predire i veggenti del futuro, fuor che novità -pericolose. Codesta disputa tra gli apologisti e i contraddittori -dell'abate calabrese dura da un pezzo, nè sarà per ismettere, -attendendo gli uni alla purità degl'intendimenti, e gli altri al -tenore delle dottrine. Ma comunque si componga, a noi corre l'obbligo -di aprire questo secondo libro col profeta calabrese. Perchè se anche -dell'ortodossia di lui non si fosse dubitato punto, e concordemente -fosse venerato sugli altari, non sarebbe men vero per questo che nel -suo nome si levarono, e dalle sue opere presero le mosse alcune sètte -manifestamente ereticali. - - -I - -Dell'abate Gioacchino è molto difficile ricomporre la biografia sulle -scarse notizie a noi pervenute. Del cenobio di Fiore, da lui fondato, -non resta ormai se non l'antica mole, e se dura l'incuria nostra, tra -poco cadrà ancor quella. I tesori e le memorie della ricca abbazia -andaron dispersi, ed i cronisti antichi bisogna adoperarli con molta -circospezione, se non si vuol cadere in gravi errori, come toccò al De -Lauro.[469] Nessuna cronaca ci dice nè la data della nascita nè quella -della morte. Ma quest'ultima può essere determinata con certezza da due -documenti riportati dall'Ughelli, dove appare ancor vivo nel settembre -del 1201 e già morto nel giugno 1202. La morte adunque accadde nel -frattempo, e propriamente il 30 marzo 1202; perchè sappiamo da Luca che -morì di sabato quindici giorni avanti la Pasqua.[470] Non è così facile -determinare l'anno della nascita. I calcoli del De Lauro, che lo crede -nato nel 1111 sono tutti fondati sopra una profezia che avrebbe fatta -Gioacchino sulla neonata principessa Costanza. Ma così la profezia, -come tutto il racconto intorno a questa principessa, che il De Lauro -attinse dal Fazelli, è un tessuto di favole. Un altro biografo, il -Greco, o perchè l'abbia trovato in documento antico, o perchè prenda -la media della vita umana, mette tra la nascita e la morte un settanta -anni. Secondo questo calcolo Gioacchino sarebbe nato intorno al 1132. - -Che alla mamma e al babbo apparissero prima della nascita del bambino -parecchie visioni lo raccontano i biografi, nè fa meraviglia, perchè -un profeta non poteva non essere preceduto da quelle apparizioni, che -negli antichi tempi preannunziavano la nascita degli eroi, e nei nostri -quella dei santi. Ma è strano che tra le cose rivelate dall'angelo ai -genitori ci fosse questa, che non s'avesse a battezzare il figliuolo -prima dei sette anni, e più strano che i genitori aspettassero non pure -i sette anni prescritti, ma dieci addirittura. Non saprei veramente -come spiegare questo curioso racconto. - -Giovane di prestante ingegno, bello della persona, largamente fornito -di beni di fortuna, avrebbe fatto gran cammino nel mondo, ed il padre -ben per tempo lo applicò alla regia curia, ove pare che avesse un -uffizio importante anche lui; ma lo splendore della corte non abbagliò -il giovane patrizio che si sentiva chiamato a ben altri destini, e -delle miserie della vita già si mostrava insofferente. Che pensieri -si agitassero nella sua mente è ben difficile dire, ma certo è che -ei sentendosi a disagio nella patria sua ottenne dal padre di fare un -viaggio per l'oriente ad attigere ispirazioni dagli stessi luoghi, ove -ebbe nascimento la nostra fede. Lui non moveva quell'inquieto ardore, -che menerà i Polo nelle lontane regioni della Mongolia, nè desio di -avventure; ma un sentimento indefinito che lì dove nacque il Cristo, -gli verrebbe scoperto il segreto del suo destino. Intraprese il viaggio -non a foggia di pellegrino, bensì circondato da servi ed amici, che -manteneva a proprie spese. Era ben raro anche a quei tempi che un -privato intraprendesse un così lungo viaggio con tanto seguito di gente -e, se s'ha a credere al cronista, il giovane signore ne invanì.[471] -Ma giunto a Costantinopoli, ove forse qualche morbo contagioso mieteva -a migliaia le vittime, il sentimento mistico prese il di sopra, e -spogliate le ricche vesti, e congedati i suoi compagni all'infuori -di uno, cinse il saio del pellegrino, e seguitò faticosamente la sua -via.[472] Ormai avea rinunziato ai piaceri della vita, ed ei stesso -narrava al suo compagno Luca d'una vedova siriaca, ancor giovane e -bella, che accolto in casa l'austero viaggiatore, cercò indarno di -soggiogarlo coi suoi vezzi.[473] Salito sul monte Tabor è fama che vi -restasse tutta la quaresima tra digiuni e preghiere. E se non si può -credere al biografo, che su quel monte concepisse il disegno di opere -scritte molto più tardi e sul cadere degli anni, certo è che vi attinse -il proposito di dedicarsi tutto alla religione di Cristo.[474] - -Tornato in patria, se pure non è vero che ei si nascondesse ai suoi -genitori[475] certo è che non volle rientrare nella casa paterna, ma -invece per fecondare quei germi che avea seco portati di Palestina -entrò nel monastero di Sambucina. Se non che non volle legarvisi con -voti;[476] chè ei non aveva in mira di chiudersi nel silenzio di un -chiostro, ma di spandere la parola del Signore di gente in gente. E a -capo d'un anno dal monastero sambucinese si portò nei dintorni di Rende -per predicare ai popoli, e trasfondere in loro il fervore religioso -che scaldava il suo petto.[477] È strano che Gioacchino nel principio -del suo apostolato fosse ancor laico, e par che non avesse nessuna -fretta a prendere gli ordini. Nè questo è un fatto isolato nella sua -vita; chè nella sua peregrinazione per la Palestina, sebbene avesse -fatto voto di castità, e vestita la bianca tunica del frate, pure tornò -laico quale era partito. E tornato in patria, benchè si chiudesse per -un anno nel monastero sambucinese, pure nè si fece frate, nè prese -gli ordini. E quando più tardi fu fatto abate di Corazzo non vide -l'ora di fuggire dal convento e tornare a predicare all'aere aperto. -Questi fatti hanno certamente un nesso fra loro, nè può darsi che il -ritardo di Gioacchino a prender gli ordini sia accidentale. Egli era di -quegli uomini, che sentivano indispensabile una riforma della Chiesa, -se pur non si volea perpetuare le lotte tra il Papato e l'Impero, che -riaccese nel 1154 continuarono a lacerare la cristianità, e produssero -durante il pontificato di Alessandro III un lungo e disastroso scisma. -Forse istintivamente sentiva che questa riforma non potesse partire -dal clero stesso, che troppo avido si dimostrava di dominio, ed in -vista di temporali vantaggi non rifuggiva dal muovere una guerra -ingiusta, come quella di Adriano contro Guglielmo I di Sicilia. Non -bisogna dimenticare che Gioacchino visse per qualche tempo nella -curia cosentina, e dei contrasti tra i Normanni ed i Papi, che or li -benedicevano come salvatori, or li scomunicavano come empi e ladroni, -dovea sapere qualche cosa. Nè sarebbe strano che ei fin da giovane -avesse un lontano presentimento delle idee che più tardi sarà per -svolgere. - -Comunque sia, è fuor di dubbio che Gioacchino ancor da laico si mise -alla predicazione, come al principio del secolo avea fatto Tanchelino, -e qualche anno dopo di lui farà Valdo. Ma la Chiesa non poteva -permettere che un laico assumesse un ufficio proprio del sacerdote, -nè dubito punto che a Gioacchino fosse proibita la predicazione dal -vescovo di Cosenza. Così si spiegherebbe il fatto, che egli volendo -prender gli ordini, per seguitare nel suo apostolato senza impedimenti, -non si rivolse al vescovo della sua diocesi, come era pur naturale, -ma recossi invece nella vicina Catanzaro,[478] ove fu ordinato da -Norberto, terzo vescovo di quella diocesi.[479] Il cronista racconta -che nel viaggio per Catanzaro arrivato al Crotalo (Corace) smontò -all'abbazia cistercense di Corazo. Ed ivi dall'abate Colombano -fu indotto a restare per prepararsi convenientemente all'ufficio -sacerdotale che volea imprendere, e dopo non molto si lasciò persuadere -a prendere i voti. La via della libera predicazione, per la quale -s'era messo, gli era stata chiusa; nè forse con suo rammarico. Alla sua -indole mite e poco battagliera s'addiceva una missione più calma della -predicazione, e la riforma che ei vagheggiava la potea promuovere più -collo studio e gli scritti che colla parola. E benchè finora non avesse -voluto nè legarsi con voti, nè prendere gli ordini, pure per la tempra -dell'animo suo più inchino alla vita contemplativa che all'attiva, era -un cenobita nato. - -Divenuto frate cistercense, seguitò con ardore gli studii biblici, dai -quali mal tollerava d'andar distolto. E quando alla morte dell'abate -Colombano i confratelli levarono lui all'alta dignità, forse perchè -più schivo di tutti, ricusò l'impaccioso onore. E per sottrarsi alle -pressure, abbandonato il suo convento, riparò prima in quel d'Acri, e -poscia nel Sambucinese, dove era stato anni prima. Ma questa fuga non -intiepidì l'ardore dei suoi elettori, che dall'umiltà sua traevano novo -argomento per desiderarlo a capo. E frappostisi alcuni dignitari della -Chiesa gli convenne accettare[480] il non ambito ufficio, nel quale e -per la relazione di famiglia, e per essere stato egli stesso un tempo -addetto alla curia forse potè giovare più che ogni altro. Certo è che -sotto il suo governo l'abbazia, come dice il cronista, ottenne nuovi -privilegi, come ne fa fede un documento del 1178 riportato dal Greco, -in cui Guglielmo II ordina al suo rappresentante nella Puglia che sia -fatta giustizia ai giusti reclami dell'abate Gioacchino di Corazo.[481] -Ma sebbene adempisse scrupolosamente ai doveri del suo ufficio, pure, -anzi appunto per questo, non cessava di sentirne il peso. Tra quei -conflitti di case religiose, che si disputavano e terre e beneficii, -tra le cure dell'amministrazione di un vasto patrimonio, gli parve -smarrito lo scopo della sua vita. E l'irrequietezza dei primi anni -rinacque, e quell'alto fastidio, che un tempo lo allontanò dalla corte -cosentina, lo mise ora in fuga dall'abazia coracense.[482] Ma non v'era -altro mezzo per essere sgravato dal faticoso incarco, quando i suoi -confratelli non volessero, se non impetrarlo per grazia dall'autorità -del Papa. E l'abate corazzese, ben risoluto questa volta di andare -fino in fondo, prese la via di Roma, ed a Lucio III, salito dal 1181 -sulla cattedra di Pietro, chiese di venire esonerato dall'ufficio, che -gli toglieva il modo di compiere il commento e l'interpetrazione della -Bibbia, da lui per tanto tempo vagheggiata. All'insolita dimanda fra -tanti che chiedevano privilegi e favori fece buon viso il Pontefice, nè -solo permise che deponesse la dignità abbaziale, ma gli dette licenza -di prendere stanza ove meglio gli paresse.[483] Così Gioacchino tornato -in Calabria, abbandonò per sempre l'abbazia di Corazzo, e ad imitazione -degli anacoreti dell'oriente si ridusse nel silenzio di Pietralata, ove -non giungea l'eco delle discordie fratesche, ed ei libero di cure a ben -più alti pensieri potea volgere la mente. - -Da Pietralata par che andasse pellegrinando per le abbazie cistercensi, -lavorando dovunque indefessamente, e partecipando altrui i frutti del -suo lavoro. Questo almeno possiamo raccogliere dalla testimonianza -preziosa di Luca, che lo conobbe per la prima volta nell'abbazia di -Casamari, ove egli si trattenne più di un anno a compiere ed emendare -il libro della _Concordia_, ed il commento all'_Apocalisse_, e por -mano nel contempo all'ultima delle sue opere, il _Decacordo_.[484] -Che una di queste opere fosse già cominciata quando Gioacchino si -presentò a Lucio III è attestato non solo da Luca,[485] ma dalla -lettera di Clemente III.[486] E non è improbabile che l'ammirazione -per il disegno ed il metodo della _Concordia_ non fosse ultimo motivo -dell'arrendevolezza del Papa. Ma è fuor di dubbio che queste opere -furono compiute ed emendate in seguito, appunto nel pellegrinaggio di -abbazia in abbazia. Ed è certo del pari che se queste opere ardite -potevano piacere ai pochi, ai più tornavano ostiche per le ragioni -che diremo a suo luogo. Quei frati che si vedevano così spietatamente -colpiti nelle opere del santo abate, non glie la perdonavano di sicuro, -e non è improbabile che abbiano supplicato il Papa perchè imponesse -silenzio all'importuno censore. E forse per giustificarsi delle accuse -mossegli, come sospetta il De Riso, o per presentargli l'opera della -_Concordia_, Gioacchino si recò a Verona presso il novo papa Urbano -III, il quale confermato il decreto del suo predecessore, incoraggiò il -santo abate a compiere l'opera sua.[487] Ma non per questo cessarono le -accuse, e la Corte Romana stessa par che non fosse del tutto sgombra -da sospetti. Clemente III, almeno nella lettera citata più sopra, -benchè riferendosi ai decreti dei suoi predecessori Lucio ed Urbano, -confermasse anche lui la licenza di seguitare lo studio intrapreso, -pure gli prescrisse che non appena compiuto si recasse al più presto a -Roma per sottoporlo all'esame del Pontefice.[488] E la lettera stessa -che Gioacchino premette alle sue opere, in cui scusatosi di non averle -potute presentare al Pontefice per strettezza di tempo, dichiara di -voler ritirare ogni parola che la Chiesa possa trovare poco ortodossa, -questa lettera, ripeto, è un chiaro segno delle accuse e dei sospetti -che circolavano tra i contemporanei. - -Non ultima delle ragioni che alimentavano la guerra contro Gioacchino, -era senza dubbio la franchezza e la severità con cui rampognava -gli uomini di chiesa, non risparmiando neanco i suoi correligionari -benedettini, che dappertutto trovava non dissimili dai corazzesi, -e meritevoli di una severa riforma.[489] Ad un carattere austero -e mistico come il suo mal s'affacevano e le simulazioni e gli -accorgimenti diplomatici, talchè disdegnando la vita molle dei suoi -correligionari, si ritirò nella sua cara solitudine di Pietralata. -Ed ivi seguitava nelle sue meditazioni, nè a nessuno faceva mistero -della nuova ed ardita interpetrazione della Bibbia, che uno studio -perseverante e diligente gli avea suggerito. Così il romitaggio di -Pietralata divenne in breve ora un centro dal quale s'irraggiava nova -luce,[490] come parecchi anni innanzi era stato il Paracleto per opera -di Abelardo. Il numero dei discepoli ognor più cresceva, a misura che -la fama del maestro s'ingrossava; e molti non sapeano staccarsi dal -fianco di chi scopriva nuovi orizzonti. Così a poco a poco il piccolo -romitorio di Pietralata non bastò più a contenere tante persone e fu -d'uopo edificare altrove un'abbazia. Gioacchino scelse per la nuova -costruzione il luogo più lontano dai centri popolosi, e nel cuore -della Sila, sovra un poggio che si leva per mille metri dal livello -del mare, piantò la rocca dell'ordine novello. Il pittoresco sito -è ben atto all'alta e tranquilla meditazione. Il suo silenzio non è -interrotto se non dal mormorio delle acque dell'Arvo e del Neto, che -venute da lontane sorgenti, si riuniscono ai piedi di quel monte per -formare il maggior fiume della Calabria. Di faccia ha il Monte Nero, -il più elevato della Sila, ed ai fianchi e alle spalle altri monti in -quel tempo più che in oggi vestiti da folta vegetazione. Su quella cima -par di essere separati dal mondo, chè dovunque volgi lo sguardo, ti -si rizzano barriere che sembrano insuperabili, e la valle che s'apre -dinanzi angusta e profonda, pare un burrone più invalicabile delle -stesse montagne. Questo luogo selvaggio chiamavasi Fiore,[491] nome -mal rispondente a quelle alpestri balze, ove fu costruita la chiesa -dell'abbazia e dedicata a S. Giovanni Battista. Il paese, che più tardi -vi si formò attorno, riunendo insieme i due nomi, fu detto e si chiama -tuttora S. Giovanni in Fiore. - -Quando fosse aperta la nuova abbazia, il Greco non sa dire, ma -il De Lauro invece adduce una data precisa, il 18 Luglio 1189, 6ª -indizione, regnante Guglielmo il Bono;[492] ma non cita la fonte di -questa notizia. Certo è che la bolla di Celestino III che approva la -fondazione dell'ordine nuovo, e ne conferma gli statuti non rimonta -al di là del 1196;[493] ed il decreto imperiale che assegna alla -nuova abbazia la rendita di cinquanta bizantini d'oro appartiene -all'anno innanzi, 1195.[494] È probabile che la fondazione definitiva -dell'abbazia non risalisse molto al di là del decreto imperiale, -perchè pare che l'abbazia sia nata a poco a poco e per le offerte di -parecchi, non per largizione di un solo fondatore, il cui nome sarebbe -stato ricordato nelle memorie del convento, come fu ricordato quello -del signore di Mamistra che fondò la casa filiale di Fiumefreddo. E se -la cosa è andata come noi sospettiamo, ben si comprende che gli agenti -del fisco si opponessero all'ingrandimento successivo dell'eremitaggio, -ingrandimento che portava di necessità s'abbattessero le foreste e -s'occupasse parte del demanio pubblico. E si comprende altresì come a -far cessare queste opposizioni Gioacchino si recasse dal Re stesso in -Palermo. Il Re, cui forse non piaceva la creazione di un nuovo ordine -cistercense, che avrebbe destato le invidie e le gelosie dell'antico, -offrì all'abate il monastero di S. Martino presso Bisignano. Ma -Gioacchino che mirava non al possesso d'un'abbazia, bensì alla riforma -dell'istituto, ricusò la generosa offerta, nè altro chiese fuorchè di -essere lasciato in pace, lui e i suoi compagni, tra i silenzi delle -alpestri montagne. - -Benchè non favorita dal Governo, la nuova istituzione cresceva e -si dilatava. Sfortunatamente non sappiamo in che differisse dalla -cistercense. Dalla bolla di Gregorio IX, che proibisce ai cistercensi -di accogliere tra loro chi fosse stato scacciato dai Florensi, -si ricava solo che la regola di questi ultimi era più stretta e -rigorosa. Non però si arrivava alla povertà abbracciata più tardi -dai francescani, perchè, come vedemmo, quando il nuovo istituto -cominciò a fiorire accettò le largizioni di Enrico VI, e più tardi -dell'imperatrice Costanza. - -Gli anni in cui nasceva il nuovo ordine furono agitati dalle contese -tra gli Svevi ed i Normanni, e il De Lauro per mettere in luce il -dono profetico di Gioacchino, racconta che egli al tempo in cui -avvennero i disastri dello Svevo prevedesse di già la sua vittoria -finale, e saputo di queste profezie Tancredi montasse in furore e -minacciasse di distruggere tutti i conventi florensi. Ma tutto questo -racconto è fallace perchè è fondato sulle lettere di Gioacchino, che -non hanno maggiore credibilità di quelle attribuite a Platone. Ed è -molto improbabile che il fondatore di un nuovo ordine, il quale dovea -combattere contro tanti ostacoli e rivalità rendesse più difficile -l'opera sua mescolandosi in negozi politici. È verisimile invece che -Enrico VI favorisse la nuova istituzione non in grazia dei sentimenti -politici del fondatore, ma ben piuttosto o per il suggerimento di -Costanza, donna molto pia, che gran stima facea del santo abate, ovvero -perchè l'ordine florense aveva acquistato molto sèguito; e ad una nuova -signoria giova promuovere le istituzioni giovani che par che nascano ad -un parto col nuovo dominio. - -Comunque sia, l'abbazia di Fiore ebbe molti donativi e crebbe così -rapidamente, che vivente Gioacchino cominciò a spiccare rami filiali -all'intorno. Ma l'austero abate, pur rallegrandosi di queste prospere -sorti, volgea non per tanto il pensiero al romitaggio, ove ebbe -nascimento il nuovo ordine. E sentendo appressarsi l'ultima ora, ivi -fece ritorno, e nella stessa camera, che ricordava le più feconde sue -meditazioni, volle chiudere il corso della sua travagliata carriera. - -Nella vita di Gioacchino si possono distinguere nettamente tre periodi. -Quello del giovane signore che senza prender gli ordini, o ascriversi -ad un sodalizio religioso, fa il pellegrinaggio di Terra Santa e -tornato in patria imprende l'apostolato della predicazione. Quello del -frate cistercense, che divenuto abate, non trova posa finchè non sia -libero dal penoso incarco per consacrarsi tutto alla meditazione ed -al commento delle scritture. Quello infine del riformatore che mette -in atto una parte delle sue idee fondando un nuovo ordine più severo -del cistercense, al quale apparteneva. In tutti questi periodi domina -il misticismo. Fin da giovane Gioacchino è più sollecito del cielo che -della terra, e fugge dalla corte, ove avrebbe potuto conseguire i primi -onori, per fare da povero pellegrino il viaggio di Terra Santa. Fin da -giovane, quando ancor non era legato da voti religiosi, si consacrò ad -una vita aspra ed austera, e già vecchio ricordava con compiacenza le -battaglie sostenute e vinte contro le seduzioni della bellezza. Fin -da giovane sentì il bisogno di una rinnovazione religiosa, bisogno -indistinto ed indefinito, eppure sì prepotente che ancor laico si -mise a predicare penitenza. Ma la vita dell'apostolo, che trae seco -le genti, colla parola calda, e il piglio risoluto di chi sa dominar -le anime, non è per lui, nato più al contemplare che al fare.[495] -La lotta lo scoraggia, sebbene non la sfugga, se imposta dal dovere. -E chi non ha l'energia e l'ardore del soldato, nè sa piegare al suo -volere l'altrui, non move le turbe. Non un riformatore, ma un mistico -veggente era Gioacchino, nè in lui riviveva lo spirito di Enrico o di -Arnaldo da Brescia. Se non vi si opponessero moltissime dissimiglianze, -si potrebbe paragonare ad Abelardo almeno in questo, che al pari del -filosofo palatino ei crede di potere agire cogli scritti, se non con le -opere, e al pari di lui mette uno studio indefesso nella Bibbia, e pur -con intendimento diverso adopera lo stesso metodo dell'interpetrazione -allegorica. Ma in opposizione ad Abelardo Gioacchino è una mente -mistica, alla quale piace più la penombra della visione, che la -chiarezza del ragionamento. Egli non è un filosofo, ma un profeta, e -tale lo stimarono i contemporanei, e Vincenzo di Beauvais nel parlare -di lui spiega come si possa avere il dono della preveggenza, nè Dante -ad un secolo di distanza, lo chiama altrimenti. - -Non intendiamo profeta nel senso comune della parola di tale -che preconosca i fatti avvenire in tutte le loro particolarità e -nell'ordine cronologico con cui si svolgeranno. Di queste volute -profezie non abbiamo alcun cenno nell'opera del suo discepolo Luca, -che per noi è la fonte più importante, come quei che, inchino a -scorgere nel suo maestro virtù soprannaturali, non avrebbe certo -taciuto delle profezie di Gioacchino, ove mai gli fossero state note. -Nè nelle opere autentiche si trovano le predizioni, ricordate dai -suoi biografi; nè se anche si trovassero ci darebbero il diritto di -attribuirle piuttosto all'ispirazione divina, che all'accorgimento -umano. Imperocchè le profezie che gli si attribuiscono sono queste tre, -che da Costanza sarebbe nato Federico II, il futuro e più pericoloso -nemico della Chiesa;[496] che fra tre giorni perverrebbe l'annunzio -dell'espugnazione di Gerusalemme per gl'infedeli; che infine il -figlio di Tancredi sarebbe stato ucciso, spegnendosi con lui la casa -normanna. E nessuna di queste previsioni si può dire che ecceda le -facoltà umane. Non era difficile trarre cattivi auspici dall'unione -della casa sveva colla normanna, ed uno sguardo acuto avrebbe potuto -intravvedere i futuri contrasti tra i Papi ed i discendenti di Enrico -IV, che divenuti ad un tempo imperatori e re di Sicilia difficilmente -avrebbero rinnovato il giuramento di vassallaggio al Papa, prestato -dai normanni.[497] Parimente le esperienze fatte dalla seconda Crociata -faceano concepire scarse speranze per la terza, perchè il tempo degli -entusiasmi era passato da un pezzo; nè s'era più rinnovata quella -fermezza e concordia di propositi della prima Crociata.[498] E per -quanto crescevano le discordie nel campo cristiano e più che altrove -nel regno stesso di Gerusalemme, altrettanto si rafforzava l'impero di -Saladino. Parimenti non era impossibile la previsione della vittoria -dello Svevo, il quale se patì una prima sconfitta, poteva e dovea -scendere di nuovo più forte d'uomini e d'armi; e la fine della dinastia -normanna, alla morte di Tancredi, del solo uomo che la seppe ritardare, -era per fermo imminente. - -Se Gioacchino avesse fatto veramente queste previsioni, dovremmo -scorgere in lui l'uomo che conosce da vicino la società in cui vive, -nè le splendide ma passeggiere vittorie lo abbagliano, e non vede la -meta vicina per desiderio che abbia di toccarla, nè per i vantaggi -del presente trascura di porre in calcolo i danni dell'avvenire. Non -sarebbe certamente impossibile, che in Gioacchino al misticismo della -fede andasse congiunta l'esperienza consumata della vita. Per le sue -particolari condizioni ei s'era trovato in contatto colle persone più -eminenti del suo tempo, nè sarebbe strano che conoscesse le discordie -degli uni, la vanità degli altri, e prevedesse un avvenire molto più -buio di quel che i suoi contemporanei si raffigurassero. Anzi in questa -previsione la fede mistica e l'esperienza della vita si sarebbero -incontrate, ed entrambe avrebbero contribuito a confermare il solitario -veggente nella persuasione che bisognasse mutar cammino per ridar la -pace e la giustizia alla travagliata cristianità. - -Comunque sia di queste previsioni di Gioacchino, nel modo come le -abbiamo esposte qui sopra, certo è che nei termini in cui ci son -raccontate dai biografi si tradiscono facilmente per tardive e malcaute -invenzioni, intrecciate di grossi errori e storici e cronologici. -Questi racconti appartengono alla stessa epoca, in cui sotto il nome -di Gioacchino andavan pubblicate e visioni e profezie, e gli uomini -si consolavano dell'acerbità dei loro mali coll'annunziarne facile -ed imminente la fine. In quel tempo nacque una copiosa letteratura -pseudoprofetica, che non ha nulla di comune colle opere genuine -dell'abate calabrese, ove non si preveggono i fatti avvenire nei -loro particolari, e più volte vien dichiarato che solo Iddio conosce -il giorno in cui sarà per cominciare il nuovo periodo della storia -umana.[499] - -Per questo rispetto Gioacchino è di gran lunga inferiore agli antichi -profeti. A lui manca quella potente fantasia, che col magistero -di grandiose allegorie e di visioni estatiche sa bene anticipare -il futuro.[500] Non gli fa difetto certo il profondo sentimento -dell'infelicità presente, nè la viva aspirazione ad un migliore -avvenire, ma il suo pennello non sa colorire questi lontani orizzonti. -Ei non possiede il dono dell'ispirazione profetica come non conosce il -segreto dell'eloquenza; ed in luogo di bandire profezie sue si contenta -d'interpetrare le altrui. Chi sulla fede di Dante pensasse di trovare -nelle opere di Gioacchino le smaglianti pitture di tempi nuovi, ben -presto si sgannerebbe. L'abate calabrese non è un profeta, ma uno -scolastico e pesante commentatore, il quale per scoprire un lembo -dell'avvenire fruga e rifruga nel passato, e non che sciorre il volo -pei campi indefiniti della speranza, s'indugia in faticosi calcoli di -date e generazioni. - -Ma l'effetto che Gioacchino produceva nei suoi contemporanei non -possiamo certo vagliarlo colle nostre misure. Il suo commento alla -Bibbia era secondo il gusto dei tempi, quelle interpetrazioni sforzate, -e che balzan fuori da sottili ragionamenti, avean grande presa -sugl'intelletti, ed i riscontri per quanto più strani e tormentosi -tanta maggior fede riscotevano. Nè faceva intoppo la sconfinata -libertà d'interpetrare allegoricamente quello, che inteso alla lettera -non avrebbe dato il senso voluto. Si era da gran tempo avvezzi a -questo giuoco, nè faceva certo meraviglia che Sara ad esempio ora -s'interpetrasse come il simbolo della vecchia legge, ed ora della -nuova, secondo che la si metteva in confronto di Elisabetta o di -Agar.[501] E tanto più questi contorti commentarii e questi calcoli -artificiosi doveano essere accolti con favore, in quanto che da essi si -cavavano risultati rispondenti ai più profondi bisogni del tempo. Il -secolo decimosecondo fu travagliato quanto altri mai da gravi lotte e -religiose e politiche. Mostrammo nei capitoli precedenti quanto vigore -avesse spiegato l'eresia, che pochi anni dopo la morte di Gioacchino -fu bandita una crociata per estirparla. Le lotte inoltre tra la Chiesa -e l'Impero dettero luogo ad uno scisma lungo e tormentoso, che durò -non meno di un ventennio, e se la pace fu alfine composta, tutti -prevedevano che non sarebbe durata, e che presto o tardi ricomincerebbe -la lotta con maggior furore. Queste discordie perenni, queste battaglie -sanguinose si tenevano allora non come una legge inesorabile della -storia, ma quale effetto passeggiero e transitorio della corruzione -umana, come il segno manifesto dell'appressarsi dell'ultima ora pel -vecchio mondo.[502] Non erano ancora spente le paure millenarie, se non -che le menti più ardite non osavano più preannunziare la fine delle -cose, tante volte indarno aspettata, bensì una profonda rinnovazione -sociale. E Gioacchino fu l'interpetre di questi pensieri che ei facea -scaturire dallo studio assiduo della Bibbia, e dalla profonda ed -instancabile osservazione dei mali presenti. E le sue parole destavano -un'eco tanto più larga, per quanto più alto era il posto onde veniano -profferite. E non è strano che fossero avidamente credute le previsioni -di un uomo eminente, che e per la pietà e la dottrina insieme fu -per forza creato abate, e in seguito divenne o fondatore, o almeno -rinnovatore di un ordine fratesco. - -Le circostanze certamente favorirono assai il progresso delle idee -gioachimitiche, e la creazione dell'ordine francescano, e le scissure -che ben presto lacerarono quel sodalizio, vi contribuirono non poco. -Ma anche prima di quel tempo le ardite divinazioni di Gioacchino -levarono grande rumore. Prova ne sia il fatto raccontato da Rodolfo -di Coggesale, che capitato a Roma nel 1195 l'abate di Perseigne -volle avere una conferenza con Gioacchino intorno alle famose sue -profezie.[503] E non meno curioso fu Riccardo re d'Inghilterra, che al -dire di Roggero Hoveden fece venire a bella posta in Messina l'abate -per conferire seco lui sull'interpetrazione dell'_Apocalisse_. - -Noi certo non lo teniamo per un profeta, nè nel significato razionale -che si suol dare a questa parola, e molto meno nel sovrannaturale; ma -riconosciamo volentieri in lui una mente elevata ed un animo onesto e -desideroso del bene. E se non possiamo dividere le sue idee sul corso -della storia, non gli possiamo negare un'acuta osservazione delle -calamità del suo tempo. E per quanto sieno fantastici i rimedii che ei -consigliava di apprestare, non pertanto i suoi disegni per più d'un -secolo affaticarono le menti, e certo avrebbero grandemente giovato -all'umanità, se il loro valore intrinseco fosse stato pari alla purità -degl'intendimenti di chi li pensava. - - -II - -Benchè molte opere vadano sotto il nome di Gioacchino, tre sole sono -riconosciute autentiche dai più, la _Concordia dell'antico e nuovo -Testamento_, il _Commento all'Apocalisse_ ed il _Salterio delle dieci -corde_. Il Preger recentemente ha dubitato anche di queste, ma le -sue prove non reggono, come ha bene dimostrato il Reuter, alle cui -ragioni in favore dell'autenticità mi sia lecito di aggiungerne qualche -altra, che non va trascurata.[504] Ed in primo luogo è da notare col -Reuter, che le tre opere sono già citate da Guglielmo Alverniate, -morto cinque anni avanti al 1254. Nè ci farebbe meraviglia che qualche -altra citazione più antica, frugando meglio negli scrittori medievali, -si trovasse. Certo è notevole che il gioachimita Salimbene non citi -l'opera principale di Gioacchino la _Concordia_, o almeno che il solo -passo riferibile a questa non solo sia sospetto d'interpolazione, ma -sbagliato di pianta, stantechè nella _Concordia_ il pontefice Leone I, -che arrestò gli Unni, è messo in confronto non con Giosaffatte, come -vuole il Salimbene, ma con Asa, le cui preghiere misero in fuga gli -Etiopi.[505] Tutto questo è vero. Ma che cosa s'ha da inferire? Che -forse il Salimbene non conosca la _Concordia_? No certo, perchè il non -citare o citar male non vuol dire non conoscere un'opera, ma non averla -sottocchio nel momento che si scrive. Nè tampoco si può conchiudere -che il Salimbene conosca la _Concordia_, ma l'abbia in sospetto quale -opera spuria, come opina il Preger. Nessuno oserebbe attribuire tanta -finezza di critica al Salimbene, e molto meno il Preger, che non -ignora il passo della _Cronaca_, ove è citata un'altra opera a parer -suo pur anche spuria, l'_Esposizione dell'Apocalisse_.[506] Perchè -dunque il Salimbene non avrebbe saputo scoprire questa, se avea già -scoperta la falsificazione ben più difficile della _Concordia_? La -verità è che il Salimbene non è critico, nè molto nè poco, e sarebbe -ben strano che le tre opere maggiori facessero intoppo a lui, che -teneva per autentici i commentari a Geremia ed Isaja, la cui falsità -era più facilmente riconoscibile. Chè anzi nel Salimbene scorgiamo -maggiore predilezione per i libri apocrifi, che cita molto soventi. In -un luogo della _Cronaca_ ei ci dice di non aver da gran tempo nè letta -nè vista l'_Esposizione dell'Apocalisse_. E noi gli crediamo, che ai -francescani andavano più ai versi quelle credute opere di Gioacchino, -ove le allusioni ai frati minori erano certe e trasparenti, e più -determinate le profezie. Codesta letteratura apocrifa acquistando ogni -giorno maggior credito metteva in seconda linea la genuina. Così ci -spieghiamo come il Salimbene citi male la _Concordia_. La citazione -probabilmente si riferisce non alla _Concordia_, posta in secondo luogo -nella parentesi, ma al _Liber figurarum_, che forse era un rifacimento -della _Concordia_.[507] - -Un altro passo della _Cronaca_ del Salimbene induce il Preger a -dubitare dell'autenticità della _Concordia_. Se il frate avesse -conosciuto o tenuta per autentica la _Concordia_, come avrebbe potuto -dire che Gioacchino non determina l'anno in cui ha da cominciare -il terzo periodo; mentre in quell'opera è chiaramente fissato il -1260?[508] Ma anche questo ragionamento non stringe. Il Reuter ha -già notato che nel passo di Salimbene non è detto che Gioacchino non -assegni il tempo, bensì che alcuni credano di sì, altri di no. Ed io -soggiungo che questa doppia interpetrazione era giustificatissima. -Perchè sebbene in più luoghi come vedremo, Gioacchino stabilisse il -1260 come anno in cui avrà fine il secondo periodo, pure in altri -luoghi mostra di dubitare di aver colto giusto, e se ne rimette ai -posteri, che saranno spettatori degli avvenimenti, o a Dio che li ha -predeterminati. Si poteva dunque ben dire: Gioacchino dai calcoli fatti -sulle generazioni, prestabilisce il 1260; ma l'esattezza del conto ei -non garentisce, e niente vieta che il terzo periodo entri o avanti o -dopo quest'anno misterioso. Si poteva e dopo il 1260 si doveva dire -così, se pur si volea salvare la reputazione profetica del grande -abate. Qual meraviglia che il Salimbene accolga questa spiegazione, -che rovescia sui cattivi interpetri la colpa, che molti attribuivano -a Gioacchino? Al che s'aggiunga che le parole, messe in bocca a -Gioacchino per iscusare l'incertezza della determinazione numerica, -sono tolte di peso da un luogo della _Concordia_, che facilmente -saltava agli occhi e poteva puranche tenersi a mente, perchè si trova -nel penultimo capitolo verso la fine dell'opera, in una commovente -esortazione ai fedeli.[509] Il passo adunque che il Preger adduceva -contro, è forse la prova più decisiva in favore dell'autenticità della -_Concordia_ che in questo luogo senza nominarla viene esattamente -citata. - -Dopo questa discussione potremo sbrigarci più sollecitamente delle -altre prove del Preger. In un luogo della _Concordia_, ei dice, viene -ricordato Federico per metterlo a riscontro con Assalonne.[510] Non -si può intendere, seguita il Preger, Federigo Barbarossa, perchè -questi dopo lunghe lotte si riconciliò colla Chiesa, e non morì come -Assalonne combattendo contro il padre suo. La citazione si riferisce -piuttosto a Federico II, che da tutti i Gioachimiti era tenuto per -l'Anticristo, o almeno per uno dei precursori dell'Anticristo. Così la -intendeva l'anonimo di Passau, che per questa ragione appunto tiene per -ispuria l'opera della _Concordia_. Ma tutto codesto ragionamento cade, -quando si voglia leggere col Reuter tutto il luogo che si riferisce -a Federigo. Gioacchino avendo già paragonato Salomone, il figlio -prediletto di Davide, a Cristo, dovea riscontrare nell'Anticristo -il figlio ribelle, Assalonne. Se non che l'analogia non tornava, -perchè Davide pianse la morte del suo figlio benchè ribelle, mentre -la Chiesa non potrebbe se non rallegrarsi della fine dell'Anticristo. -Assalonne quindi non può essere l'imagine dell'Anticristo vero, ma di -uno dei precursori, che potè benissimo tornare infesto alla Chiesa, ma -non spezzò con lei tutti i vincoli di filiale affetto, e con questo -intendimento poteva essere ben citato Federico I, che dopo avere -combattuta la Chiesa, tornò nel suo grembo. Certo qualche dissonanza -resta pur sempre, ed è vero che Federico non morì combattendo contro -suo padre al pari di Assalonne. Ma la congruenza tra il vecchio ed -il nuovo Testamento non deve estendersi secondo Gioacchino a tutti i -particolari.[511] Ed in ogni modo il disaccordo sarebbe maggiore se si -trattasse di Federico II, al quale la Chiesa non perdonò mai nè vivo -nè morto, e non che piangere sulla sua fine, giurò un odio pertinace -ai suoi discendenti, nè smise se non quando ebbe mozzo il capo sul -patibolo l'ultimo rampollo della stirpe odiata. - -Il Preger sforzato dalla sua logica demolitrice, deve revocare in -dubbio la lettera di Gioacchino, ove citate le tre opere in discorso, -vuole che sieno sottoposte al giudizio di Roma, e vi si cancelli tutto -ciò che possa parere meno ortodosso. Non è strano, aggiunge il Preger, -che scriva a tal modo un profeta, il quale è ben sicuro del fatto suo, -e detta sotto l'impulso di una alta ispirazione? Nè la Chiesa avrebbe -potuto concedere licenza a chicchessia di pubblicare scritti profetici, -la cui portata non era in grado di misurare.[512] Ma nè l'una nè -l'altra osservazione è esatta. Gioacchino se pur s'ha da chiamare così, -è profeta a modo suo; pieno di scrupoli e d'incertezze. E la lettera -ai confratelli è scritta nello stile delle opere delle quali abbiamo -già riportato parecchi passi, dove non traluce certo l'arditezza dei -profeti e la fiducia nelle proprie forze. Ed i papi che conoscevano per -prova la pietà del santo abate non potevano dubitare dell'opera sua; -ma ciò non pertanto ingiungevano che gli scritti avanti di pubblicarsi -fossero mandati a Roma. Infine dell'autenticità della lettera non si -può dubitare, se ne fu tenuto conto nel Concilio lateranense del 1215, -appena tredici anni dopo la morte di Gioacchino. - -Riconosciuta l'autenticità di questa lettera, segue che sono genuine -non pure la _Concordia_, ma benanco l'_Esposizione dell'Apocalisse_ -citata dal Salimbene, ed il _Salterio delle dieci corde_. In -quest'ultima opera sono esposte alcune opinioni sulla Trinità conformi -a quelle condannate nel Concilio lateranense. E l'Engelhardt da questa -conformità argomentava che il trattato contro Pietro Lombardo non -fosse in realtà se non il primo libro del _Decacordo_. Io riconosco -col Preger che questa opinione non regge, perchè l'opuscolo condannato -nel Concilio lateranense dovea essere indirizzato nominatamente contro -il libro delle sentenze, laddove nel primo libro del _Decacordo_ non -è citata alcuna opera. Ed in secondo luogo il _Decacordo_ è opera -espositiva, non polemica. Ma se per questo rispetto io sono d'accordo -col Preger, non posso acconsentirgli che l'indirizzo di quest'opera -sia affatto contrario a quello dell'opuscolo incriminato. Le dottrine -intorno alla Trinità, condannate dal Concilio, si trovan tutte nel -_Decacordo_, ed il dotto Papebrochio non è riescito di mostrare il -contrario. Nè vi manca l'allusione al Maestro delle sentenze, sebbene -non lo citi, nè lo combatta di proposito.[513] - -Il presupposto dunque del Preger di un'opposizione tra l'opuscolo -condannato nel Concilio e il primo libro del _Decacordo_ non regge, -e cade per tal guisa tutto il ragionamento costruitovi sopra. Nel -_Decacordo_ l'autore è e vuole restare cattolico, ed in moltissimi -punti le sue dottrine non sono differenti dalle più ortodosse. Ma è -questa forse una prova dell'ipotesi del Preger, che il _Decacordo_ sia -stato scritto da un pio Gioachimita nell'intendimento di scagionare il -maestro dalle accuse? Non certo, perchè il contraffattore non avrebbe -dovuto nè ripetere le accuse contro il maestro delle sentenze, nè -sostenere apertamente e senza attenuazioni la dottrina gioachimita -della Trinità, già condannata nel Concilio. Più innanzi esporremo -questa dottrina, e riporteremo altri passi del _Decacordo_. Per ora -ci basterà concludere che il _Decacordo_ è autentico al pari della -_Concordia_ e dell'_Esposizione[514] dell'Apocalisse_. Queste tre opere -sono legate tra loro, perchè non solo Gioacchino le cita tutte e tre -nella lettera al Papa, ma l'una cita l'altra. - -Dalla prefazione del _Decacordo_ sappiamo che il primo libro -di quest'ultima opera fu scritto quando si trovava nel convento -di Casamari, e poi che era stata già composta la _Concordia_ e -l'_Apocalisse_.[515] Codesta notizia ci vien confermata da Luca, che -ci dice benanco l'anno, a cui si riferisce Gioacchino, il 1182. Ed -un'altra conferma la ricaviamo dalla lettera del 1188 di Clemente III, -ove è detto che le opere di Gioacchino furono cominciate a scrivere per -incarico di Lucio III (1181-1185) e di Urbano III (1185-87). - -Da questa stessa lettera ricaviamo che nel giugno 1188 le opere non -erano finite ancora, sicchè la pubblicazione dev'essere posteriore a -quell'anno, ma quando accadesse non sappiamo. Certo la _Concordia_ ebbe -a precedere le altre opere, perchè nella lettera più volte citata di -Gioacchino del 1200 è detto che la prima opera fu mandata al Papa, le -altre non ancora. È probabile che nel 1195 la _Concordia_ fosse già -pubblicata, perchè in quell'anno le profezie dell'abbate Gioacchino -erano così note, che come dicemmo l'abbate di Perseigne mostrò il -desiderio di discorrerne con l'autore. L'_Apocalisse_ poi fu scritta -intorno al 1196 o poco dopo, perchè in un luogo l'autore dice aver -saputo l'anno innanzi ovvero il 1195 che i Patarini mandarono legati ai -Saraceni.[516] L'ultima delle opere, il _Decacordo_, benchè composta -dopo, fu certamente pubblicata insieme al _Commento dell'Apocalisse_, -perchè in un luogo di quest'opera è citato il secondo libro di -quella.[517] - -Da queste tre opere in fuori le altre sono manifestamente apocrife. E -a condannarle basta, come avverte il Renan, la lettera di Gioacchino -premessa così alla _Concordia_ come all'_Esposizione dell'Apocalisse_. -In questa lettera, ricordate la _Concordia_ in cinque libri, il -_Decacordo_ in tre, e l'_Esposizione_ in otto titoli, aggiunge di -avere scritto altri piccoli opuscoli contro gli Ebrei, e contro -gli avversarii della fede cattolica. In quest'ultima categoria può -benissimo entrare lo scritto polemico contro Pietro Lombardo, del -quale abbiamo parlato più sopra, ma restano escluse tutte le opere di -argomento dottrinale, e che non sieno indirizzate contro qualcuno. -Anche Luca, lo scolare ed il copista di Gioacchino, cita soltanto -queste tre opere. - -Sono evidentemente falsi i _Vaticinia Pontificum_, che ebbero tanta -celebrità nel Medio Evo,[518] ed i commenti alle profezie di Cirillo, -di Merlino e della Sibilla Eritrea.[519] Non vogliamo entrare -nell'esame particolareggiato di tutta questa letteratura profetica, -che ci menerebbe molto fuor di strada, ma questo solo notiamo, che ove -pure sieno state in voga prima di Gioacchino le cosiddette profezie di -Merlino e delle Sibille, ei non le cita mai nelle opere autentiche che -abbiamo ricordato più sopra. Senza dubbio persone molto rispettabili, -come Alano di Lilla, tennero in gran conto i vaticinii che andavano -sotto il nome del mago inglese.[520] Ma Gioacchino non mescola il sacro -col profano, nè riconosce altra autorità all'infuori della Bibbia e dei -Padri, e se anche avesse conosciute queste pseudoprofezie, si sarebbe -ben guardato dal trarne partito e commentarle. - -Non meno apocrifi sono i commenti ad Isaja e agli altri profeti -minori, nonchè quel trattatello che serve d'illustrazione alle minacce -profetiche, una specie d'indice geografico delle provincie del mondo -intero per ciascuna delle quali si notano le pene che loro sovrastano. -È noto che nel linguaggio profetico questo cumulo di colpe e minacce è -detto _onus_, onde _onera prophetarum_ sono chiamate le invettive dei -profeti, ed _onera provinciarum_ le colpe di ciascun paese.[521] Che -il trattato geografico non appartenga a Gioacchino è agevole provarlo -da questi pochi passi, che io aggiungo a quelli riportati dal Renan. -Nell'annotazione al ducato Spoletino è fatto cenno dei due ordini -francescano e domenicano, che al pari di luminose stelle sorgono a -predicare un'altra volta il Vangelo del regno coperti di ruvidi sacchi. -La Chiesa di Sardi viene paragonata a quella dei monaci cassinesi, -che la macchiano coi loro desiderii carnali, e col non distinguersi in -nulla dai secolari. Certo Gioacchino ha rimproverati soventi i frati -anche del suo ordine, ma è ben lontano di applicare loro il testo -dell'_Apocalisse_. In questa amara invettiva si scopre facilmente il -mendicante francescano che non può perdonarla al fastoso benedettino. -Nell'annotazione alla provincia narbonese si fa parola della crociata -che sarà bandita contro il focolare dell'eresia albigese.[522] Ma -non occorrerebbero nè questa nè altre prove per dimostrare che il -trattato appartiene al tempo dei commentatori di terza o quarta mano, -che per dir qualche cosa di novo hanno bisogno di scendere a minuti -particolari, e trovare un motto almeno per ciascuna provincia o città -che sia. - -Parimenti apocrifi sono i commenti ad Isaja ed ai profeti minori. -Ed a provarlo poche citazioni basteranno. Nelle opere autentiche di -Gioacchino come nel _Commentario dell'Apocalisse_, la donna ammantata -di oro che fornica coi Regi, è Roma in quanto rappresenta non la -Chiesa dei giusti, ma la moltitudine dei reprobi. Anzi per togliere -ogni equivoco questa moltitudine di reprobi non è chiusa nelle mura -della eterna città, ma si dilarga per tutto l'orbe del cristiano -impero. L'autore della lettera ai fedeli non avrebbe potuto tenere un -altro linguaggio, ed egli che si dichiarava servo devoto della Chiesa -non avrebbe potuto raffigurarla nella donna dell'_Apocalisse_. Ben -altrimenti si comporta lo scrittore del _Commento_, che contro Roma -adopera le stesse parole, dai Catari, Valdesi ed Arnaldisti.[523] -Sotto il nome di Gioacchino mal si nasconde un frate francescano, -che ingenuamente confessa essere nati i due ordini a flagellare la -Chiesa occidentale. Questo chiaro accenno ai due ordini che si ripete -moltissime volte, e il ricordare che fa soventi di Federico II, sono -segni certissimi della tarda età del _Commento_.[524] Io non saprei -certamente determinarla con esattezza; ma come ha notato il Renan pel -libro di Geremia, debbo anch'io notare per questo d'Isaia che l'autore -mette in guardia non solo contro i tedeschi, ma benanco contro i -francesi.[525] Il che vuol dire che il tempo degli entusiasmi angioini -era già passato. Ed in un luogo parmi che sia sfuggito al malcauto -autore l'anno della composizione del libro, ove parlando del terzo -stato dice che sarà compiuto tra novant'anni dopo il mille e trecento, -espressione ben strana per uno che non fosse contemporaneo di Bonifacio -VIII.[526] Secondo questa congettura il commento ad Isaja sarebbe -posteriore al Salimbene. Il che s'accorda col fatto già da noi rilevato -che Salimbene conosce gli _Onera_ non il _Commento_. Gli _Onera_ in -verità sarebbero più antichi, ma certo molto posteriori al 1201 come si -raccoglie da una frase sfuggita allo stesso autore.[527] - -Il commento a Geremia appartiene allo stesso tempo, perchè il Salimbene -racconta che i due frati francescani Bartolomeo Ghiscolo da Parma e -Gherardino da Borgo S. Donnino sulla fede nell'esposizione di Geremia -faceano tristi pronostici della crociata che S. Luigi apparecchiava -nel 1248.[528] Dunque la composizione di questo commentario risale al -di là di quest'anno. Ma forse non indietro al 1239, anno, come nota il -Renan, in cui la rottura tra il partito Guelfo e Federigo II si fece -più aperta. Certo son degne di quel tempo le fiere invettive che si -leggono in questo libro contro l'Imperatore, al quale adattandovi le -parole d'Isaja vien dato del _basilisco_, che esce dalla _radice del -serpente, della vipera e del serpente volante_. Nè gli risparmiano gli -epiteti più obbrobriosi, superbo, astuto, lascivo, avaro, tortuoso, -perfido, violento, iracondo.[529] Il nome in verità qui, a differenza -del commento ad Isaja, è taciuto; ma l'allusione a Federigo II -è trasparentissima. Questo commentario, che dice tante insolenze -dell'Impero si suppone indirizzato ad Enrico VI, ed il profeta non -dubita di annunziargli che il leone d'Isaja vuol significare il padre -(Federigo I), la radice serpentina lui stesso Enrico, e da lui escirà -il basilisco, che è per conseguenza il figlio di Enrico VI o Federigo -II. Più chiaramente in un altro luogo è descritto l'albero genealogico -di Federigo II risalendo ad Enrico IV, che il commentatore chiama -primo, perchè fu il primo degli Enrichi ad opporsi alla Chiesa. E -come se non bastassero tutte queste indicazioni, vi aggiunge l'altro -particolare, che i figli si ribelleranno contro il padre, accennando -alla fellonìa di Enrico, ed alla sua morte.[530] - -Quest'ultimo particolare ci darebbe una indicazione più precisa -dell'età in cui fu composto questo commento, il quale dev'essere -posteriore non solo al 1239 ma benanco al 1242 anno della morte di -Enrico. Ma sulla quistione del tempo torneremo di qui a poco. Ora -basti notare che il solo fatto dell'allusione a Federico II[531] -toglie ogni credito a questo commento, e ci fa maravigliare come anche -dall'Engelhardt sia stato attribuito all'abate Gioacchino. Ma oltre -all'allusione a Federico II, troviamo chiari e numerosi accenni ai -due ordini dei minori e dei predicatori. Nè questo soltanto, ma, il -commentatore sa bene che i nuovi ordini sono combattuti dai prelati, -sospettosi di questi novatori che vestono in strane fogge, e predicano -dottrine di un'assoluta povertà non mai sentite, ed a chi non li segue -predicono calamità.[532] Nè si nasconde che la causa dei prelati viene -sostenuta benanco dal pontefice, sicchè l'autore non dubita di levare -anche contro lui la sua voce. E le parole che egli pronunzia contro la -Chiesa Romana non sono meno vibrate di quelle che leggemmo nel commento -di Isaia, nè ripugnano meno alla pietà di Gioacchino.[533] Il che vuol -dire che avanti alla composizione del libro era scoppiata la scissura -nell'ordine francescano, e la parte più intransigente era già per -volgersi contro i vescovi, i cardinali ed il papa, che mal tolleravano -le nuove dottrine. Una prova manifesta l'abbiamo in un passo ove i -nuovi ordini sono chiamati predicatori dell'evangelio eterno, parola -che nelle opere autentiche di Gioacchino non s'incontra mai.[534] - -Tutte queste prove mettono fuori dubbio che l'opera non è di -Gioacchino, e che la data del 1197,[535] in cui si dà per iscritto -questo commentario, è una pia frode del commentatore. Se Gioacchino, -nota il Renan, avesse fatto questo commentario nel 1197, nella lettera -ai fedeli scritta nel 1200 l'avrebbe certamente rammentato. E noi da -alcuni passi abbiamo potuto raccogliere, che nè nel 1197, nè nel 1200 -fu potuto scrivere questo commento, bensì posteriormente alla morte del -ribelle figlio di Federico II, vale a dire al 1242. E forse neanche -a questo tempo dovremmo arrestarci, perchè anche qui, il linguaggio -violento che si usa contro Roma, l'accenno alle persecuzioni subite dal -nuovo ordine dei frati minori, il nome di Evangelio eterno ci menerebbe -ad una data molto posteriore. E nella stessa opinione ci confermerebbe -l'accenno alla Francia, che secondo questo commento sarebbe come la -canna che ferisce chi vi si appoggia.[536] Non saremmo dunque lontani -dall'attribuire a questo commento la stessa età dello scritto su Isaja. - -Nè vale il notare che questo commento ha dovuto essere scritto prima -del 1260, perchè in qualche passo appar verde la speranza che in -quell'anno fatale avranno fine le calamità del mondo. Nè tampoco -importa che il Salimbene abbia avuto contezza di questo libro sin -dal 1248. Imperocchè è certo che questa letteratura pseudo-profetica -non è nata tutta d'un getto in un anno determinato. E può darsi -benissimo che il commentario, che abbiamo noi oggi di Geremia sia -soltanto in parte quello conosciuto dal Salimbene;[537] e molte -aggiunte ed interpolazioni vi sieno state fatte, e molte altre se ne -farebbero ancora, se queste profezie avessero anche oggi il credito -che riscuotevano nel Medio Evo. Le pseudo-letterature hanno questo -carattere, che si considerano come un patrimonio comune, del quale -nessuno è proprietario in proprio, ed ognuno vi può apportare le -modificazioni che crede più opportune. Così si spiega come di due opere -distinte se ne faccia una sola, o di una due; come si aggiunga ora un -particolare ed ora un altro senza darsi la pena di verificare se stoni -con tutto il resto. Questo è accaduto alla letteratura profetica del -neopitagorismo, e del neoplatonismo, e senza notevoli differenze si è -ripetuto nel sodalizio francescano. - -Intorno alle opere manoscritte dell'abate Gioacchino posso -aggiungere alle notizie date dal Renan alcune altre attinte ai -codici laurenziani. In un codice della biblioteca Santa Croce oltre -all'esposizione di Geremia si trovano altri due scritti dell'abate -calabrese, uno intitolato _De ultimis tribulationibus_, e l'altro _De -articulis fidei_. Il primo è un'esposizione delle ultime guerre che -dovrà sostenere l'umanità, analoghe a quelle sostenute nel Vecchio -Testamento. Non oserei dire che sia autentico, ma non vi ho trovati i -caratteri delle opere evidentemente apocrife, come i commenti a Geremia -ed Isaia.[538] - -L'altro opuscolo è quello ritenuto perduto dal Renan, e di cui ei -pubblicò alcuni brani riportati dal resoconto d'Anagni. Non credo -giusta l'opinione del Renan che sia lo stesso di quello scritto contro -Pietro Lombardo, perchè questo opuscolo non è affatto polemico, e -le opinioni sulla Trinità sono espresse forse più temperatamente -che non nel _Decacordo_ e nell'_Apocalisse_. Benchè questo libro sia -citato dalla Commissione d'Anagni, io sospetto fortemente della sua -autenticità. Gioacchino non avea bisogno di circondar di mistero -le dottrine che aveva di già esposte in altre opere. Nè poi gli -sarebbe giovato di occultare le teorie teologiche, espresse in questo -libercolo, che in sostanza non differiscono dalle ricevute comunemente; -ma ben piuttosto le altre sui tre stati, che qui sono interamente -taciute.[539] - -In un altro codice laurenziano, ove già trovammo il _liber Sybillae_, -esiste la lettera di Gioacchino, che il Renan trovò nel manoscritto -3595 dell'antico fondo. È una esortazione ai fedeli di mutar via -e pentirsi delle proprie colpe perchè il giorno della tremenda -espiazione è vicino.[540] Non v'ha nessuna ragione perchè non si -debba dire autentica, come autentici anche secondo il Renan sono i due -componimenti poetici stampati alla fine del _Decacordo_.[541] - - -III - -Esponiamo ora brevemente le idee di Gioacchino prendendo le mosse -dalle opinioni teologiche, condannate nel solenne Concilio del 1215. -Queste opinioni si riferiscono al domma della trinità, intorno al quale -rinacquero sempre le dispute quando meglio parevano finite, comecchè -non fosse possibile tenersi egualmente lontano dagli opposti estremi, -e col dare maggior rilievo alla diversità delle persone, l'unità divina -correva pericolo; per contrario dando maggior peso all'unità divina, la -differenza delle persone diventava affatto secondaria ed evanescente. -Nella prima difficoltà ruppe Ario, nella seconda Sabellio.[542] -E quando pareva composto il grave dissidio, e trovato il punto di -equilibrio tra queste opposte tendenze, il fatto smentì le previsioni, -ed il problema rinacque intorno alla natura di Cristo. Anche qui quelli -che davano maggior importanza all'unità delle due nature divina ed -umana, correvano il rischio di assottigliare di tanto quest'ultima da -renderla qualche cosa di simbolico (docetismo); quelli al contrario -che mettevano in sodo la realtà della persona umana minavano -l'intrinsecazione delle due nature. Era ben difficile trovare un punto -fermo tra gli opposti indirizzi di Cirillo e Nestorio, ed i concilii -stessi talvolta ebbero a contraddirsi. Non farà dunque meraviglia se -la discordia rinacque nel decimosecondo secolo, e gli stessi pericoli -si manifestarono, e parve novamente difficile di cansare Scilla senza -incorrere in Cariddi. - -Nella mente di Pietro Lombardo, il grande autore del libro delle -sentenze, la cura dell'unità dell'essenza divina appare manifesta. -L'essenza divina è qualche cosa di differente dalle persone, perchè -l'essenza è unica e le persone sono tre. Quindi non si potrebbe -mettere in luogo delle persone l'essenza, e dire ad esempio che -l'essenza del Padre ha generato l'essenza del figlio, e l'essenza del -figlio quella del verbo. Contro questa esposizione si levò l'abate -Gioacchino, il quale pare che scrivesse un opuscolo polemico contro -il grande Lombardo, accusandolo di mettere tale stacco tra l'essenza -e le persone, che in luogo della trinità si dovrebbe ammettere una -quaternità in Dio, vale a dire un'essenza e tre persone. L'opuscolo -è andato perduto, ma le accuse sono ripetute nel primo libro del -_Decacordo_, ove è esposta molto chiaramente la dottrina opposta a -quella del Lombardo.[543] - -Le tre persone, ei dice, non vanno distinte tra loro come l'ulivo, -il mirto e la palma, che sono alberi di diversa natura e specie; nè -tampoco come tre ulivi, che sono bensì della stessa natura, ma di -proprietà differenti; nè quali tre rami impiantati nello stesso tronco, -cosicchè questa rappresenti la sostanza e quelli le persone, il che -tornerebbe lo stesso come ammettere una quaternità. Bisogna metter -da banda codeste imagini, e prendere la similitudine da quella luce, -che illumina tutti gli uomini che vengono al mondo, e dalla quale -procede quel calore che tutte cose avviva. Da questa luce, che si -chiama sole, promanano i raggi luminosi e calorifici, come dal Padre -promana il figlio, che discese per illuminare le menti, e lo spirito -per infiammarle. Tra il calore e lo splendore del sole non sai mettere -distinzione, e frattanto, tu non dubiti che sien due; oh! perchè vuoi -scindere la divina sostanza per credere alla trinità di Dio? Ma un -errore più grave di questo è l'altro, nova invenzione dei nostri tempi, -secondo il quale si dovrebbe ammettere le persone oltre la sostanza, -sicchè in questa si riponga l'unità ed in quella la trinità, come se -dicendo che il foco celeste e la luce ed il calore che ne promanano -sieno lo stesso sole, si voglia sotto il nome del sole indicare una -quarta cosa oltre alle tre.[544] - -Un'altra imagine che chiarisce il mistero della Trinità è quella del -Salterio dalle dieci corde. Questo strumento musicale è uno, perchè -sebbene al pari di ogni corpo possa dividersi, pure ove si divida, non -è più quel dato istrumento. Ma non ostante che sia uno, ha tre lati e -tre vertici, e ciascuno di questi lati o corni non deve essere preso -nel senso di linea, bensì di superficie. Il lato orientale è tutta la -superficie in quanto prospetta sull'oriente, il lato occidentale è la -stessa superficie in quanto prospetta sull'occidente, e dite parimenti -del lato meridionale. Così la stessa superficie ha tre prospettive -differenti, ed ecco come tre può essere uno, ed uno tre.[545] - -Non discuto queste similitudini, che lasciano il tempo che trovano, -nè riescono a far comprendere l'incomprensibile. Nè discuto -dell'ortodossia della dottrina. Il Concilio del 1215 la condannò e S. -Tommaso molto più tardi la combattè notando che se egli è vero che le -tre persone hanno pari valore, non è men vero che si debba adoperare -una parola per indicare ciò che esse han di comune, ed un'altra -pel differente; talchè se la parola persona è tolta a dinotare le -differenze, quella di essenza deve significare l'unità, e viceversa -quest'ultima parola deve esser lasciata da banda quando si tratti di -esprimere la differenza dei rapporti, non l'identità della natura. -Quindi a ragione il Concilio respinse al pari di Pietro Lombardo la -formola: l'essenza genera l'essenza. - -Parrebbe dunque che fosse quistione di parole, e così giudicano i più -delle quistioni teologiche; ma in verità trattasi di gravi divergenze -d'indirizzo. E nessuno ad esempio può sconoscere nella teorica -dell'abate Gioacchino una tendenza a dar risalto alle differenze -personali a discapito dell'unità d'essenza. Per lui l'_unitas_ ben -differisce dall'_unus_. L'_unus_ s'ha da attribuire all'individuo -solo, laddove l'_unitas_ si può e si deve dire di una collezione -d'individui che convengano in un pensiero, o abbiano un volere solo. -Un aggregato d'individui come il popolo, la tribù non si potrebbe dire -uno assolutamente, come se fosse una persona sola, ma all'_unus_ si -deve aggiungere il suo sostantivo, _unus populus_, _una plebs_. Così -parimenti le tre persone della Trinità, avendo un solo intelletto, un -volere ed un potere possono ben dirsi _unitas_, _unum_, ma non _unus_ -se non vi si aggiunga _unus deus_. Sottigliezze senza dubbio; ma in -fondo trasparisce chiaro l'intendimento di attribuire maggior valore -alla differenza delle persone, e ridurre la misteriosa unità di natura -ad una comunanza di pensiero o di volontà.[546] - -Certo egli crede di restare nei confini della dottrina ortodossa, nè -dubita di avere ben fondata l'unità di essenza. Chi potrebbe imaginare, -dice egli, maggiore fusione del fuoco che si aggiunga a fuoco? Eppure -v'ha più profonda ed intima unità, quella dello spirito che si unisce -collo spirito così da formare uno spirito solo. Ma con tuttochè egli -insista sull'unità dell'essenza, e nell'adoperarsi a rinsaldarla usi -talvolta espressioni, che S. Tommaso farebbe sue, ciò non pertanto il -suo pensiero si ferma con compiacenza sulla diversità delle persone, e -sull'incompatibilità dell'ufficio che a ciascuna di esse è attribuito. -Soltanto il Padre è il genitore, solo il Figlio è generato, solo lo -Spirito procede da entrambi. Parimenti soltanto il Padre invia e il -Figlio e lo Spirito; soltanto il Figlio s'incarna, solo lo Spirito -discende in forma di colomba.[547] E per questa diversità di funzioni -spetta a ciascuna persona un nome diverso; il Padre s'ha da chiamare -con nome di Timore, il Figlio con quello di Sapienza, lo Spirito con -quello di Carità. Il che ci spiega come il principio della sapienza -stia nel timore, ed il fine nella carità. Il Padre, creando dal -nulla le cose volle mostrare il poter suo, ed incutere terrore negli -uomini perchè non peccassero, e non che correggere blandamente i -peccatori, li ebbe a punire con terribile severità. Il Figlio invece -non colla potenza debellò i superbi, ma colla dottrina della sapienza -e dell'umiltà. Lo Spirito Santo infine c'inspira l'amor di Dio e -dei nostri simili, così che scacciato il timore noi ci rallegriamo -dell'essere liberi. E nello stesso modo che sono diverse le persone -divine, sono diversi del pari i doveri nostri verso di loro. Ed a -cagione del Padre-timore siamo tenuti ad obbedire; a cagione del -Figlio-sapienza dobbiamo leggere; a cagione dello Spirito-carità -dobbiamo cantare e pregare ed amarci come fratelli.[548] - -Ma se diversi sono gli ufficii delle tre persone e diverso anche il -modo come gli uomini si comportano verso di loro, egli è ben chiaro che -diverso è l'influsso che ciascuna di esse ha esercitato nella storia -del mondo. Secondo che gli uomini progrediscono, ed ai sentimenti -del terrore sottentra la brama del sapere, e poscia l'amore del -prossimo, muta il regno delle persone. Fu un tempo in cui gli uomini -non conobbero se non il rigor della legge, e dominava incontrastato -il Padre. A questo lungo periodo successe l'altro in cui fu scoperta -la verità, sulla quale era da secoli tirato un fitto velo, fu il regno -del Figlio, o dell'eterna sapienza. Ma con questo secondo periodo non -si chiude il corso della storia. L'uomo teme, sa, ma non ancora ama -quanto dovrebbe, e la fiamma del santo spirito non ancora scalda il suo -cuore; onde è necessario che al regno del Figlio sottentri quello dello -Spirito.[549] - -Io non credo che questa dottrina dei tre stati sia la conseguenza di un -ragionamento teologico, come parrebbe dalla nostra esposizione. Altre -ragioni senza dubbio l'hanno dettata, e prima fra tutte l'invitta fede -in un migliore avvenire della cristianità. Ma la dottrina della trinità -se non è la progenitrice di quella dei tre stati, le ha certo fornito -i migliori argomenti di una dimostrazione. A chi tanto insisteva sulla -successione dei due regni del Padre e del Figliuolo dovea parere strano -che fosse lasciato da parte lo Spirito. Per giustificare l'esclusione -sarebbe stato uopo di provare che la terza persona non avesse un -carattere così spiccato come quello del Padre e del Figlio, il che -sarebbe assurdo, perchè la teologia attribuisce alle tre persone pari -valore. Così pari efficacia debbono esercitare nella storia del mondo. - -Quest'ultima ragione ci suggerisce due importanti considerazioni. La -prima è che se l'azione delle persone è parimenti efficace, nello -studio dei due regni o stati, che finora ebbero luogo, si debbono -scoprire più profonde analogie di quel che si creda comunemente; e -la durata del regno ad esempio dev'essere la stessa, perchè pari è -l'intensità dell'azione delle due persone. La seconda considerazione -è questa: che guardando bene addentro nelle due storie per iscoprirvi -la meravigliosa consonanza, non solo conosceremo nella verità sua il -passato, ma divineremo l'avvenire.[550] Perchè in ogni modo l'azione -dello Spirito non dovrà essere da meno delle altre due persone, e -conosciuto il principio ed il corso di un processo storico si può -agevolmente predeterminare la fine. - -Questo è il pensiero fondamentale del più antico e più originale -dei libri di Gioacchino, la _Concordia_. In opposizione agli eretici -contemporanei, che ponevano uno studio a rilevare le contraddizioni -tra il Vecchio ed il Nuovo Testamento, questo opera di Dio, quello -del Diavolo, Gioacchino mette in luce un'armonia e concordanza anche -in quei punti, dove l'occhio comune non sa scoprirla. Ben vero ei non -nega le stonature non solo tra i due testamenti, ma ben anco tra le -varie parti del Testamento Nuovo.[551] Nè poteva certo dissimularsele -egli che in un secolo, in cui la critica non esisteva ancora, osava -pur distinguere tra libri e libri del sacro canone, nè dubitava di -attribuire minor valore agli evangeli non apostolici di Marco e Luca -in confronto degli apostolici di Matteo e Giovanni, ed approvava -gli ebrei, che fanno maggior conto delle storie di Giobbe ed Ester -in paragone di quelle di Tobia e Giuditta.[552] Ma non ostante le -critiche audaci ad una vera opposizione tra il Vecchio ed il Nuovo -Testamento non prestava fede, ed era convinto che, ben cacciando lo -viso a fondo, quello che pareva alla prima contrasto, andava risoluto -in un accordo. Bisognava solo non tenersi alla lettera, ma interpetrare -in un senso allegorico ciò che nel letterale porgeva argomenti a -dubbiezze.[553] Epperò dell'interpetrazione allegorica nessun Cataro, -nessun Valdese fece mai uso come Gioacchino, che spesso ripete il -detto dell'apostolo: «la lettera uccide, lo spirito vivifica, e ciò -che inteso intellettualmente edifica, preso alla lettera è insipido ed -ingannevole».[554] - -Ma che cosa intende il nostro autore per allegoria? Ascoltiamo lui -stesso. L'allegoria egli dice, è la simiglianza del minimo col massimo, -come ad esempio del giorno coll'anno, della persona coll'ordine, colla -città, col popolo e simiglianti. Così Abramo è un uomo e significa -l'ordine dei patriarchi. Parimenti Zaccaria.[555] Nè si creda che -con questa distinzione vada ristretto il valore ed il significato -dell'allegoria; perchè l'autore sa noverarne sei specie, l'ultima -delle quali suddivide in sette altre, così da toccare il sacro -numero dodici. Le sei specie sono: storica, morale, tropologica, -contemplativa, anagogica, tipica.[556] Parrebbe che la storica fosse -un'interpetrazione letterale e tutt'altro che allegorica. No, risponde -Gioacchino, l'interpetrazione storica è diversa dalla storia, e Abramo -ad esempio diviene il rappresentante degli uomini obbedienti a Dio, -come Isacco il rappresentante dei buoni figli. L'interpetrazione -morale in luogo dell'uomo, mette in rilievo la qualità dominante, come -a dire nell'ancella Agar vien raffigurata la concupiscenza carnale. -L'interpetrazione tropologica non ha di mira se non il modo come in -quel fatto o persona possa intendersi significata la parola di Dio; -così ad esempio Agar o l'ancella rappresenta la lettera, Sara la donna -libera, lo spirito. L'interpetrazione contemplativa riguarda i varii -gradi dell'attività umana; l'ancella ad esempio rappresenta la vita -attiva, la padrona per lo contrario la contemplativa. L'interpetrazione -anagogica ci solleva dalla terra al cielo, così Agar rappresenta la -vita presente, Sara la futura. - -L'interpetrazione tipica già dicemmo si divide in sette specie. La -prima si riferisce soltanto al Padre, nè esce dal Vecchio Testamento. -Per tal guisa se Agar rappresenta, poniamo, la plebe degli Ebrei, -Sara la tribù di Levi. La seconda specie si riferisce al Figlio, ed -agl'istituti che nel suo regno prevalsero; così Agar rappresenta la -Chiesa dei secolari, Sara quella degli ecclesiastici. La terza specie -si riferisce allo Spirito, come ad esempio nell'ordine monastico, che -fiorisce nel terzo stato, Agar rappresenta i conversi, Sara i professi. -La quarta specie si riferisce al Padre e Figlio insieme. Agar è la -Sinagoga, Sara la Chiesa dei latini. La quinta specie si riferisce -invece al Padre ed allo Spirito. Agar è di nuovo la Sinagoga; ma Sara -muta e rappresenta la Chiesa spirituale, che fiorì al principio presso -i Greci nella religione monastica (anacoreti). La sesta si riferisce -al Figlio ed allo Spirito, come a dire Agar rappresenta la Chiesa per -le sue colpe serva ed oppressa, Sara invece la Chiesa spirituale che -durerà sino alla consumazione dei secoli. La settima specie infine si -riferisce a tutte e tre le persone insieme. Agar rappresenta la Chiesa -passata e presente, vale a dire tanto la giudaica quanto la cristiana, -Sara invece la Chiesa futura.[557] - -Seguitando di questo passo ad enumerare i diversi scopi a cui può -essere indirizzata l'interpetrazione allegorica, potremo contare -non solo dodici ma infinite specie di allegorie. Questa viziosa -classificazione giova soltanto a mostrare quanta libertà si prenda -il nostro autore nell'interpetrazione dei sacri testi, e come senza -scrupolo passasse da un'interpetrazione ad un'altra quando la prima -non gli faccia più al caso. Con quest'agile manovra non è difficile -far convergere tutti i testi, ed eliminare tutte le contraddizioni. -S. Paolo ad es. parla per ben due volte di vescovi ammogliati, e gli -antipatarini solevano citare con compiacenza quel passo: chi non voglia -bruciare si ammogli. A Gioacchino propugnatore della castità riesce -agevole d'interpetrare a modo suo questo incomodo testo, intendendo -per moglie non la donna ma la Chiesa.[558] Così nessun ostacolo più ci -sbarra il cammino, perchè l'interpetrazione allegorica non ha nessun -confine. Non solo i personaggi biblici, ma le loro opere altresì hanno -un significato simbolico, come la passione e morte di Cristo vuol -dire il Vecchio Testamento e la risurrezione il Nuovo. Nè i corpi -celesti, nè gli elementi della natura vengono sottratti a questa strana -metamorfosi; chè il sole, la luna, i pianeti non solo sono creati a -risplendere nella volta del cielo, ma a significare ben anco la luce -invisibile. E codesta significazione muta secondo il bisogno. Talvolta -il sole vuol dire Cristo, la luna è la Chiesa, le stelle la moltitudine -dei fedeli; tal'altra il sole rappresenta la vita contemplativa, o -se vogliamo la Chiesa meditante, e la luna invece la vita attiva, -o la Chiesa predicante. Non è esclusa però una terza, una quarta -interpetrazione, come a dire il sole rappresenta la vita futura, la -luna la vita presente. Ed al pari del sole e della luna sono simbolici -anche gli altri corpi celesti. Saturno mettiamo a quel che dicono, di -natura freddo, e che più lentamente compie il suo giro intorno al sole, -rappresenta il padre Adamo, che tremò dal freddo in paradiso, e visse -più di tutti gli uomini, che da lui nacquero. Dopo questo esempio non -parrà strano che al pianeta _Venere_ di qualità temperata si agguagli -il giusto _Noè_; nè che si metta in confronto il sapiente _Mercurio_ -con quel vaso di scienza che fu _Moisè_. Nè certo è più strano il -simbolismo degli elementi, secondo il quale l'acqua, con cui si -battezzano i Cristiani, rappresenta la grazia che fu data agli uomini -nel secondo periodo, l'aria quella che s'impartisce ora nel principio -del terzo, ed il fuoco l'ultima e più meravigliosa che sarà impartita -nel dì della risurrezione.[559] Secondo le idee di Gioacchino i Catari -non avrebbero avuto torto di voler sostituire al battesimo coll'acqua -quello col fuoco, un fuoco che non bruci, un calore che si comunichi da -corpo a corpo imponendo le mani sul capo del convertito. - -Ma torniamo al metodo allegorico. In grazia di questo meraviglioso -processo, che sciogliendo tutte cose nel mistico vapore dei simboli, -raccosta le più lontane, accorda le più opposte, non sarà certo -malagevole di fondere in uno il vecchio ed il nuovo Testamento, non -ostante le loro antinomie. Purchè siate discreti, nè vogliate la -rassomiglianza in tutti i particolari,[560] la dimostrazione è presto -fatta, nè alcuno potrà dubitare che il vecchio Testamento non abbia -valore per sè; bensì come simbolo precursore del nuovo. Questa è la -cosiddetta _Concordia_ dei due Testamenti, o vogliam dire simiglianza -di _giusta_ proporzione tra il nuovo ed il vecchio Testamento, giusta -in quanto al numero non in quanto alla dignità, stantechè persona e -persona, ordine e ordine, guerra e guerra, si raffrontano tra loro, -come Abramo e Zaccaria, Sara ed Elisabetta, Isacco e Giovanni Battista, -Gesù in quanto uomo e Giacobbe, i dodici patriarchi ed in pari numero -gli apostoli.[561] Il parallelo numerico è adunque la base della -concordanza, epperò vanno numerate accuratamente le generazioni che -precedono e quelle che seguono la venuta di Cristo. E se una volta -non torna il calcolo, bisogna rifarlo la seconda e la terza colla -costanza e la fede di un cabalista; perchè non è da dubitare che da -quel congegno sottile di somme e sottrazioni balzerà fuori la cifra -dell'avvenire.[562] - -Basteranno pochissimi cenni per comprendere questa nuova aritmetica. -Matteo nel primo capitolo del suo vangelo numera le quaranta -generazioni, che precorsero secondo lui la nascita di Cristo a -cominciare da Abramo per terminare a Giuseppe. Non deve far caso che -l'Evangelista trascuri le tre generazioni di Ochozia, Gioas ed Amasia, -che tramezzano tra Gioram ed Uzzia; perchè chiudendosi con Gioram un -periodo della storia ebraica, e cominciandone un nuovo con Uzzia è -agevole inserire tra questi due estremi un periodo di transizione, -nel quale si contengano tre termini: l'antico non ancora finito, il -nuovo non ancora cominciato, ed un intermezzo tra il vecchio ed il -nuovo. Sistema molto ingegnoso per accomodare la storia ai nostri -gusti. Il perchè poi con Gioram si chiuda un periodo e con Uzzia ne -cominci un altro è subito detto. Matteo non risale oltre Abramo, ed -a ragione perchè con Abramo comincia l'impero di quella legge della -circoncisione, che durò fino a Cristo. Ma compiendo i calcoli di Matteo -e risalendo sino alla creazione dell'uomo tra il primo padre Adamo -e il primo patriarca, col quale comincia la legge, si contano venti -generazioni. Se dunque dopo le prime venti generazioni s'è chiuso un -periodo, l'analogia vuole che dopo le seconde venti se ne chiuda un -altro. Così con Gioram, che è la ventesima generazione dopo Abramo -si chiuderà un periodo, e trascurando le tre generazioni lasciate -da Matteo, con Uzzia si aprirà un nuovo. E che Uzzia sia il padre di -un'età nuova non è a dubitare, perchè ha molta analogia con Adamo e con -Cristo. Al pari di Adamo venne punito per la superbia, e scacciato da -un luogo santo; al pari di Cristo vinse i Filistei e gli Ammoniti, ed -il suo nome risuonò fino nel lontano Egitto, e volle essere egli stesso -sacerdote del Signore.[563] È ben strano in verità che Gioacchino metta -analogia tra Cristo, il vero sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec, -ed il re Uzzia che assunse l'ufficio sacerdotale indebitamente, e per -la sua prepotenza appunto venne punito colla lebbra. Ma la logica dei -paralleli consente queste licenze, e possiamo tenere per provato che -con Uzzia comincia un nuovo periodo. Ma quale periodo comincia con -Uzzia? Quello stesso che in un altro senso comincia con Cristo, cioè -il periodo dei sacerdoti. E perchè non faccia intoppo questo doppio -incominciamento, si sappia una volta per tutte che in ogni periodo -storico si deve distinguere il tempo in cui si spargono e fecondano -i semi, e quello in cui si raccolgono i frutti. Per tal guisa il -primo periodo della storia germoglia con Adamo e fruttifica con -Abramo, e parimenti il secondo germoglia con Uzzia e fruttifica con -Cristo. Queste anticipazioni sono un prezioso espediente, la cui mercè -Gioacchino può scoprire cristiani prima di Cristo, e spirituali avanti -il regno dello spirito, e talvolta vede effigiati tutti e tre i periodi -nei più antichi patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe.[564] - -Dopo queste spiegazioni facciamo di nuovo il calcolo. Alle quaranta -o meglio quarantatre generazioni, che precedono Cristo, aggiungendo -le venti che si contano tra il primo parente ed Abramo, avremo un -sessantatre generazioni, ventuna per ciascuno dei tre periodi in cui -si può dividere il tempo trascorso avanti Cristo; il periodo che -precede la circoncisione, quello della circoncisione, ed il terzo -dei profeti. Così prima di Cristo abbiamo già una tripartizione che -contiene in effigie le tre età del mondo.[565] E se vogliamo seguitare -oltre nella divisione, divideremo l'èra precristiana in sei periodi da -dieci generazioni l'una, perchè anche il dieci è un numero perfetto. -Il primo periodo da Adamo al diluvio (Noè); il secondo dal diluvio -alla distruzione di Sodoma e Gomorra (Abramo); il terzo sino ad Obed -che fu contemporaneo di Elia, e vide l'arca dell'alleanza in mano -degli stranieri; il quarto fino a Gioas quando Israele cominciò ad -essere sterminata da Azael re di Siria; il quinto sino alla cattività -di Babilonia, ed il sesto fino alla venuta di Cristo.[566] Ma queste -sessanta generazioni non bastano se pur s'hanno da contare le tre -trascurate da Matteo, ed avremo così lo spazio per un settimo periodo, -composto di tre generazioni sole. Sicchè tutto il periodo precristiano -si può suddividere in sette sezioni, come in sette età vedremo che si -divide la storia del mondo. E questo sacro numero sette ritorna più -volte nei divini libri, a cominciare dai sette giorni della creazione -nel Genesi sino ai sette candelabri, ed alle sette Chiese, ed ai sette -angeli ed ai sette suggelli dell'_Apocalisse_.[567] - -Determinate così le divisioni e suddivisioni dell'èra che precede -Cristo, sarà più facile lo studio delle altre che seguono. E -stabiliremo in primo luogo che le generazioni del secondo periodo -dovendo pareggiare le antiche debbono essere nè più nè meno di -sessantatre, ben inteso che queste sessantatre generazioni non si -debbono contare dalla venuta di Cristo, bensì dal re Uzzia; perchè -la prima parte del secondo periodo, ovvero l'età della fecondazione -incomincia,[568] come dicemmo, di là. Quindi in verità al periodo -cristiano in proprio non spettano se non quarantadue generazioni, che -noi, nati, come vedremo nella quarantunesima, possiamo bene paragonare -colle antiche per scoprirne il mirabile accordo. - -Questo paragone vien fatto per minuto confrontando principalmente la -serie dei papi ed imperatori con quella dei re di Giuda e d'Israele. -È naturale che in molti errori è dovuto incorrere l'autore in omaggio -alla desiderata simmetria; ed ei stesso se ne riconosce colpevole, ed -attribuisce alla corruzione delle cronache quello che in grandissima -parte è dovuto al suo modo di studiare ed elaborare la storia.[569] Nè -noi lo seguiremo in questi raffronti; ma daremo soltanto pochi esempi -per mostrare il metodo ed il risultato della ricerca. - -La duodecima generazione, che ebbe principio sotto Costantino -imperatore e Silverio papa, ha notevoli riscontri colla duodecima -generazione giudaica, a cominciare da Giacobbe. Imperocchè in questa il -popolo d'Israele ebbe un re unto dal Signore (Davide), ed in quella il -popolo dei gentili, disfatti i nemici della vera fede, sortì finalmente -un re cristiano (Costantino). Nell'antico fu eletta Gerusalemme e messa -al di sopra di tutti i tabernacoli da David; nel nuovo la Chiesa di -Roma ebbe il primato sopra le orientali. E cominciò per la donazione -di Costantino quel potere temporale la cui legittimità Gioacchino -riconosce, a patto però che il supremo sacerdote abbia la suprema -potestà, ma non l'uso, perchè non accada che chi milita con Dio non -si mescoli nei negozi temporali. Un altro benedettino, come dicemmo -altrove, avea manifestate prima di Gioacchino le stesse idee sulla -potestà terrena dei papi.[570] - -Nella generazione che succede alla duodecima non trova Gioacchino un -imperatore che pareggi per sapienza il corrispondente re Salomone; -ma se mancò l'imperatore, non mancarono dottori della Chiesa come -Ilario, Girolamo, Giovanni Crisostomo ed Agostino, che non temono il -confronto del sapientissimo monarca, e riconoscono la loro scienza -dall'ispirazione di Gesù Cristo, che è un altro Salomone ben più alto. -Il trovato è ingegnoso![571] Nè meno ingegnosi sono i riscontri che -scopre il nostro autore nella sedicesima e diciottesima generazione. -Come Asa re di Giuda (II, _Paral._, 14, 11) con la fervida preghiera -fatta a Dio mette in fuga i nemici, così Leone papa colla forza della -sua parola arresta il barbaro Attila, a cui nessun braccio armato avea -saputo sbarrare la via dell'eterna città. Ed a quel modo che Teodorico -re dei Goti mise a morte Boezio, ed altri cristiani, il re biblico che -vi corrisponde, Joram, uccise i suoi fratelli. E come al tempo di Joram -fiorì il profeta Eliseo, così nell'età corrispondente cristiana visse -S. Benedetto. E quest'altro raffronto è specioso: Gerico, dove Eliseo -si mise a capo dei profeti, fu data in possesso ai figli di Beniamino, -unica tribù, che si fuse colle altre due di Levi e di Giuda. Eliseo -dunque si può dire mediatore tra queste due tribù, come S. Benedetto -è l'anello di congiunzione tra i monaci greci e latini, tenendo da una -parte ferma la fede di Pietro, e dall'altra abbracciando la regola dei -basiliani. Il paragone è tirato su come Dio vuole, ma è importante pel -giudizio che porta il nostro abate su greci e latini.[572] - -E per la stessa ragione è da ricordare il confronto che fa tra il re -Josia e Leone IX. Il primo non credendo che l'invito a sottomettersi, -fattogli dal re egiziano, fosse ispirato da Dio, uscitogli incontro -nella pianura di Nieghiddo, morì nel combattimento (II _Paral._, -35, 22); il secondo volle del pari non ostante la sua pietà muovere -contro i Normanni e fu sconfitto. Benchè non lo dica apertamente, pure -le imprese guerresche dei papi non vanno a sangue a Gioacchino, nè -Gregorio VII è tenuto da lui in quella venerazione che gli tributavano -i guelfi italiani. Quando parla di lui non ricorda i gloriosi fatti, -ma soltanto l'esilio. A quel modo, ei dice, che Joachaz fu fatto re -dei Giudei a dispetto del re egiziano Neco, Gregorio VII fu acclamato -pontefice in odio dell'Imperatore. E come il re egiziano sbalzò di -seggio Joachaz, elevando invece di lui il fratello Joachin; così -l'Imperatore in luogo del Papa, che ebbe ad esulare in Salerno, mise -l'arcivescovo ravennate col nome di Clemente. Non una parola sola di -rimpianto pel gran Papa, che morendo sclamava: Dilexi justitiam, odivi -iniquitatem, propterea morior in exilio. A Gioacchino, così penetrato -dell'umiltà cristiana poco andavano a versi le imperatorie nature come -quella d'Ildebrando, nè dubitava di porlo a riscontro con quel Joachaz, -che secondo il IV _Re_ 32 fecit malum coram Domino.[573] - -A queste citazioni mi permetto di aggiungerne qualche altra importante -per i giudizii che Gioacchino porta su avvenimenti di cui è stato -testimone. Morto Joachin prese a regnare Jeconia, rimosso il quale -dal re di Babilonia gli fu sostituito lo zio Sedechia, iniquo e -pessimo uomo. Allora venne in estrema confusione il regno di Giuda, -nè più secondo l'ordine di generazione regnarono i re di Giuda, ma -ora il fratello, ora il nepote, ora lo zio, ora insieme e l'uno e -l'altro. Lo stesso intervenne alla Chiesa, ove si vide due vescovi -contemporaneamente fatti papi, e l'Imperatore combattere la libertà -della Chiesa. - -Tutto questo accadde durante la trentanovesima generazione al tempo -di Alessandro III e Federigo Barbarossa. Nè ai successori suoi -Lucio e massime Urbano III arrisero le sorti; ed anche oggi, seguita -Gioacchino, portiamo le tristi conseguenze del dissidio scoppiato -al tempo di Leone e di Enrico. E non senza gemito del cuore e dolore -dobbiamo ripetere le rampogne di Geremia, che ben si applicano a noi, -che ci diciamo cristiani e non siamo. Già da due anni era salito sulla -cattedra di S. Pietro Innocenzo III, quando Gioacchino proferiva queste -severe parole, e il famoso _quomodo sedet sola civitas_ applicava alla -Chiesa di Pietro, e contro gl'inerti sacerdoti volgea queste parole -dei Treni: _I profeti tuoi han veduto vanità e cose scempie_ (2, 14): -_Han mutato colore il buon oro fino, e le pietre del santuario sono -state sparse in capo d'ogni strada_ (4, 1).[574] Le fortune d'Innocenzo -non lo illudevano, nè alla pace, che parea dovesse finalmente arridere -alla cristianità, prestava fede: ma invece nuove guerre predicea, nuove -calamità, perchè essendo già cominciata col 1201 la quarantunesima -generazione, non molto andrà che il secondo periodo sarà per chiudersi. -E pria che spunti l'alba del nuovo giorno, gravi mali travaglieranno -ancora l'umanità, come previdero i profeti del vecchio Testamento ed i -veggenti del nuovo.[575] - -Ora possiamo conoscere il risultato di questi faticosi riscontri. Dal -paragone di generazione a generazione si cava la conclusione che siamo -sul finire del secondo periodo, e che il cominciamento della nuova -èra non si farà aspettare lungo tempo. Che cosa sia questa nuova èra -già lo sappiamo, il regno dello Spirito, che tien dietro a quello -del Figliolo. Questo terzo periodo della storia dell'umanità per -un certo rispetto è già cominciato; perchè a quel modo che l'èra di -Cristo fu preparata nell'ultimo scorcio della precedente, così accade -dell'èra nuova, che se non dà frutti ancora, certo è germogliata da -un pezzo. Quest'anticipazione noi già l'abbiamo accennata parlando di -San Benedetto, che al tempo della diciottesima generazione fondò un -nuovo ordine monastico, nel quale il cenobitismo greco fu innestato -alla tradizione latina, e dal quale senza dubbio comincia la nuova -età, in cui posto fine agli abusi del chiericato, ed eliminate le -due cause principali delle discordie umane, l'orgoglio e l'avidità, -sarà finalmente assicurata la pace del mondo. Nello stesso luogo -abbiamo ricordata ancora la parentela che corre tra il profeta Eliseo -dell'antico Testamento e S. Benedetto dei nuovi tempi. In grazia di -quest'analogia l'anticipazione del terzo periodo dovrebbe scoprirsi -nell'antico Testamento stesso al tempo del re Asa. Nè è strano questo -doppio incominciamento, perchè il terzo periodo essendo il regno -dello Spirito, che procede insieme dal Padre e dal Figliuolo, era ben -giusto che mettesse capo nel vecchio e nel nuovo Testamento.[576] -L'interessante è che tornino i calcoli numerici. E torneranno di -sicuro, che sarà nostra cura accorciare o prolungare il tempo quanto -basti. Così ad esempio come da Adamo a Cristo corrono sessantatrè -generazioni, sarebbe desiderabile che altrettante ne corressero da -Eliseo sino a S. Benedetto; ma se questo non è possibile, sceglieremo -un altro termine, quello ad esempio in cui la regola benedettina prese -nuovo vigore per opera dei cistercensi,[577] ed il calcolo torna, e -possiamo con sicurezza predire che l'ora tremenda sta per sonare. Ma -quando? possiamo noi sapere e l'anno e il giorno della catastrofe, -o dobbiamo rassegnarci a più o meno probabili approssimazioni? Noi -già notammo come Gioacchino proceda molto cauto, e soventi ricusa di -addurre determinazioni precise, come si pare dai parecchi passi in -cui esprime le sue dubbiezze, e a chi gli dimandi maggiore precisione -di ciò che ei dice, risponde che solo Iddio sa il futuro.[578] Ma in -questo punto, nella determinazione dell'anno in cui dovrà cominciare la -terza età del mondo è più esplicito di quel che ci aspetteremmo. - -Quando sarà per entrare la 42ª generazione Dio solo lo conosce,[579] -ma quando sia per finire si può argomentare da un gran numero di -prove, le une più indubitabili delle altre. In primo luogo si è già -detto che stante la concordia dei due testamenti il secondo periodo -deve durare in tutto 63 generazioni, e stante che 21 appartengono -al periodo di fecondazione, non restano da Cristo in poi se non 42 -generazioni. La generazione dev'essere presa non secondo la carne, -ma secondo lo spirito. E come il Signore non cominciò ad avere -figli spirituali se non a 30 anni, il che era già prefigurato nella -unzione di David, e nell'iniziazione di Ezechiele, così trent'anni -deve durare ogni generazione nel nuovo tempo. Saputo dunque il numero -delle generazioni, 42, e la durata di ciascuna di esse, 30, basterà -moltiplicare l'un numero per l'altro, e sarà determinato l'anno -fatale, ovvero il 1260.[580] Il qual numero ritorna nei giorni che -Elia stette nascosto,[581] in quelli che passò nel deserto la donna -dell'_Apocalisse_,[582] e nei mesi che Giuditta restò vedova[583] -e la coincidenza torna sicura. Nè fa intoppo che il terzo periodo -cominci non alla metà delle 42 generazioni, che restano dopo Cristo, -cioè alla 21ª, ma invece alla 16ª come dice in un altro luogo della -_Concordia_.[584] Questi ritardi od anticipazioni non iscoraggiano -l'intrepido calcolatore, al quale non torna malagevole aggiungere se -occorra fino a quindici generazioni. Non disse il Signore ad Ezechia: -Io aggiungerò quindici anni al tempo della tua vita? E non fece tornar -l'ombra indietro per i gradi per li quali era discesa nell'orologio -di Achaz, cioè per 10 gradi (IV _Re_, 20, 6-11)?[585] E se la serie -delle generazioni secondo la carne non torna neanche dopo questi -rimendi, possiamo invocarne un'altra che corra più spedita per gradi di -parentela spirituale. Sta bene che Cristo discenda dai re d'Israele, -ma questi alla lor volta non sono i successori dei Giudici?[586] -Noi dunque possiamo movere dal primo Giudice, Moisè, e pei suoi -successori Giosuè, Othonel ecc. arrivare dopo ventuna generazioni ad -Asa, a quel buon re che negli ultimi anni della sua vita vide Israele -in mano di Acab, l'iniquo persecutore di Elia ed Eliseo. Ormai i -calcoli tornano. Perchè da Asa sino a Cristo si contano ventitre -generazioni secondo Matteo; aggiuntevi le tre che questi trascura, si -ha ventisei; aggiunte ancora le sedici che s'interpongono tra Cristo -e S. Benedetto, si ha il famoso numero quarantadue. E sommate queste -generazioni colle ventuna che furono tra Mosè ed Asa, torna il numero -sessantatre, e così le generazioni tra Adamo e Cristo pareggiano in -numero quelle che s'interpongono tra Moisè e S. Benedetto. Non vogliamo -più oltre paragonare le due serie, nè ripetere gli artificii adoperati -dall'autore per dissimularne le discrepanze, che già ben sappiamo, -e quello che Gioacchino ha voluto dimostrare e la via tenuta nel -dimostrarlo. - - -IV - -Che il giorno tremendo sia prossimo, Gioacchino non pure lo dimostra -dalla concordia dei due Testamenti, ma dallo studio dei segni -precursori, descritti nell'_Apocalisse_: grandi calamità, guerre -disastrose, scismi ed eresie, e finalmente più terribile di tutti -l'Anticristo. Molti di questi segni secondo Gioacchino erano già -visibili, e se gli uomini non se ne addavano ancora, si doveva allo -scarso studio che facevano delle antiche rivelazioni in confronto -delle condizioni presenti. A codesto studio si mette il Profeta con -ardore. L'Apocalisse è giustamente prediletta da quanti affatica -l'ansioso problema dell'avvenire; ed a chi si compiaccia d'interpetrare -allegorie, nessun libro nè nel nuovo nè nel vecchio Testamento offre -materia più copiosa. Era dunque ben naturale che Gioacchino ne desse -una minuta esposizione, interpetrandolo e commentandolo dalla prima -all'ultima parola, e dappertutto scoprisse segni di verità arcane, -anche dove il senso letterale è pianissimo, e diventa oscuro solo -quando se ne sospetti altro più nascosto. - -Così sin dalla prima pagina alla dimanda: perchè l'Evangelista mandi -il suo scritto alle sole sette Chiese dell'Asia minore, mentre egli più -degli altri apostoli suole volgersi a tutti i fedeli,[587] l'espositore -risponde: perchè queste sette Chiese non si debbono prendere nel -senso proprio ma nel metaforico. La concordia tra il vecchio e nuovo -Testamento c'insegna che come dodici furono le tribù del popolo -eletto, così dodici sono le Chiese principali fondate sugli albori -del Cristianesimo. Queste dodici si dividono in due gruppi, uno di -cinque l'altro di sette; il primo comprende le Chiese di Gerusalemme, -Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Roma; l'altro gruppo abbraccia -le sette Chiese dell'Asia minore. Ed a ragione l'Apocalisse non nomina -se non queste ultime, perchè le prime cinque simboleggiano l'età, che -precorsero Cristo, le ultime invece quella, che da lui comincia.[588] -Potrebbe fare intoppo che il periodo precristiano si partisca in -cinque e non in sei o sette periodi come si disse più sopra. Ma a -questa difficoltà è subito rimediato. Le cinque Chiese corrispondono -a cinque tribù d'Israele, Ruben, Gad, Manasse, Effraim e Giuda. La -terza di queste tribù fu suddivisa in due parti, una restò al di qua -del Giordano e l'altra passò oltre. Così le cinque tribù diventano -sei, e ben rappresentano le sei età del periodo precristiano. Le prime -tre, dimoranti all'oriente del Giordano, rappresentano il sorgere del -genere umano, le generazioni che si succedono da Adamo sino a Mosè, -sino cioè allo stabilimento della legge; le altre tribù, che restano -al di qua del Giordano, rappresentano le generazioni succedute a Mosè -sino a Cristo, cioè il periodo _post legem_. Dei figli d'Israele -Ruben perdette ogni diritto di preferenza per aver contaminato il -talamo di suo padre (_Gen._, 49, 4), ed a Giuda invece s'inchineranno -i suoi fratelli, e dalla sua tribù non sarà rimosso lo scettro (Ivi, -8, 9); così le generazioni posteriori allo stabilimento della legge, -furono più accette a Dio delle precedenti, che spesso l'obbliarono; e -parimenti la Chiesa di Roma andò innanzi alle altre che la precorsero, -e meglio di loro serbò il tesoro della tradizione. Queste coincidenze -meravigliose ci tolgono ogni dubbio che le cinque Chiese rappresentano -le cinque o meglio le sei tribù, e per esse le sei età che precedono -Cristo. Le rimanenti sette Chiese o sette tribù debbono dunque -rappresentare le età che lo seguono, vale a dire il lungo periodo che -da Cristo arriva sino ai giorni di Gioacchino. Quest'ultimo periodo -poi si suddivide in sette, e non in sei o cinque, per due ragioni -evidentissime: la prima che a tal modo si compie il sacro numero -dodici, la seconda perchè prima di Cristo erano ben pochi i fedeli ed -appartenenti ad una sola nazione, dopo Cristo son molti e di tutte le -nazioni, e ad una turba così numerosa Giovanni ha da volgere la parola -per aprirle il segreto dell'avvenire.[589] - -Dopo questa interpetrazione non farà meraviglia che in quei pochi -luoghi dove Giovanni spiega da sè medesimo il senso delle sue -allegorie, il nostro autore non gli creda, e l'interpetre stesso e la -spiegazione addotta intenda come una nuova allegoria. Ormai si monta -di nube in nube, e la terra sempre più sfugge allo sguardo. Così -quando in fine del primo capitolo si legge che le sette stelle son -gli Angeli delle sette Chiese, e i candelieri d'oro le Chiese stesse -(_Ap._, I, 20), non dobbiamo intendere tutto questo alla lettera, a -quel modo che non bisogna intendere alla lettera la spiegazione, che -Giuseppe recò del sogno di Faraone. Perchè Giuseppe che spiega i sogni -e distribuisce le vettovaglie è il simbolo dell'ordine contemplativo, -che svela gli arcani e distribuisce le grazie spirituali. Ed i sette -anni grassi rappresentano le età del Vecchio Testamento, nelle quali -si fece incetta del grano delle sacre parole, e gli anni magri si -riferiscono all'età nostra povera di nuove rivelazioni, ma studiosa -interpetre delle antiche. Non dimandiamo come si dicano magri i tempi -del Cristianesimo in paragone, per giunta, non dell'avvenire, ma del -passato giudaico; sarebbe ingiusto richiedere esattezza e coerenza in -tanta mobilità d'interpetrazioni. Notiamo solo che per le sette stelle -ed i sette candelabri non si debbono intendere, come parrebbe, le -sette partizioni dell'èra cristiana, bensì i sette doni dello Spirito -Santo. Infatti, dice Gioacchino, le stelle poste alla destra di Gesù, -raffigurano qualche cosa di cui si riconosca l'eccellenza su Gesù -medesimo. E certamente lo Spirito si vantaggia sul Verbo di quanto -la pienezza e gioja dell'amore sovrasta sulle angustie della scienza; -talchè non lo _Spirito_ ma il _Verbo_ s'incarna ed assume le sembianze -del servo, e del servo porta le fatiche e le stanchezze; alla libertà -dello _Spirito_ invece perfino l'apparenza del servaggio ripugna. -Questo significato delle sette stelle ha tanto valore che si estende -alle Chiese, contraddicendo alla spiegazione precedente. Secondo questa -nuova interpetrazione cinque delle dodici Chiese s'hanno a riferire -non più al padre, bensì al figliuolo, del quale rappresentano le -cinque opere principali: la nascita, la passione, la risurrezione, -l'ascensione e l'invio del Paracleto; le altre sette naturalmente -anzichè il figliuolo rappresentano lo Spirito ovvero i suoi sette -doni.[590] - -In un altro luogo le sette stelle non rappresentano più i sette doni -dello Spirito, ma sette grandi uomini, rappresentanti sette periodi. -Adamo, la cui lunga vita lo accomuna con Saturno; Noè che per la sua -temperanza si assomiglia a Venere; Abramo padre dei fedeli parallelo -a Giove che dai Gentili fu detto padre degli uomini e degli Dei; -Moisè sapiente come Mercurio; David valoroso più di Marte; finalmente -Giovanni ed Elia raffigurati nell'umida luna e nell'infocato sole.[591] -Si ritorna così all'antica interpetrazione delle sette Chiese, colle -quali possono andare benissimo paragonati i sette uomini, perchè -l'angelo di Efeso ha di comune con David la prerogativa del governo, -l'angiolo di Smirne pareggia Giovanni nella sofferenza, e così di -seguito. - -Codesti grandi uomini sarebbero i patriarchi di sette ordini, -quello dei coniugati, dei laici continenti, degli apostoli, dei -martiri, dei dottori, delle vergini, dei conventuali, sebbene una -esatta corrispondenza tra gli uni e gli altri nè Gioacchino l'ha -mai dimostrata, nè forse sarebbe agevole a scoprire.[592] Comunque -sia, se per le sette stelle o candelabri o Chiese s'ha da intendere -codesti sette ordini, par che in esse vada effigiata la storia non -del solo periodo cristiano, ma di tutti i tempi; perchè l'ordine dei -conjugati e laici continenti rappresenterebbe l'èra precristiana; -quello degli apostoli, martiri e dottori la cristiana; e infine le -vergini ed i conventuali accennerebbero alla età nuova, già cominciata -con S. Benedetto. E con siffatta interpetrazione andrebbe in parte -d'accordo l'altra dei sette occhi dell'Agnello (_Apoc._, V, 6), -ciascuno dei quali rappresenterebbe il dono conferito dallo Spirito -a ciascun ordine, la fortezza dei prelati, l'intelletto dei dottori -e simiglianti.[593] Ma in quest'ultimo passo già comincia a mutare -l'interpetrazione, perchè i sette ordini non sono quelli di prima, -e si parla ora di prelati e di diaconi, e gli ordini par che tutti -appartengano all'èra cristiana. - -In questo senso certo vanno interpetrati i sette suggelli del famoso -libro scritto dentro e di fuori, perchè codesto libro non è se non -il Nuovo Testamento e le successive rotture dei suggelli vogliono -dire altrettante fasi nello svolgimento dei tempi cristiani. Così -alla rottura del primo suggello l'Evangelista vede un cavallo bianco, -montato da un cavaliere dall'arco, che ebbe una corona e fu dichiarato -vincitore (_Ap._, VI, 1). Questo cavallo bianco è la Chiesa primitiva, -ed il cavaliere è Cristo medesimo. In altre parole abbiamo la -rappresentazione allegorica del primo periodo della Chiesa, governata -dagli Apostoli, e candida della sua purità. Alla rottura del secondo -suggello esce fuori un cavallo sauro, montato da un cavaliere, cui -fu dato di togliere la pace della terra. Questo cavallo sauro sono -i sacerdoti pagani, che combattono spietatamente la nuova Chiesa. -Siamo già nel secondo periodo, quello dei martiri. Un cavallo negro -esce fuori alla rottura del terzo suggello, ed il cavaliere che lo -monta ha una bilancia in mano (_Apoc._, VI, 5). Questo cavallo morello -secondo Gioacchino è il clero ariano, ed il cavaliere, Ario stesso, che -tenendosi strettamente alla lettera sotto l'apparenza di una esatta e -ben pesata interpetrazione uccide lo spirito della nuova dottrina. Ecco -il terzo periodo dei contrasti dommatici, il terzo ordine, i dottori. -Rotto il quarto suggello, sopra un pallido cavallo si mostra un -cavaliere per nome la Morte. Questo cavallo che ha il colore dell'odio -e del livore, vuol significare l'empia genìa dei musulmani che -disertarono moltissime Chiese dei Greci, ed occupano anch'oggi grande -estensione della terra. Questa quarta calamità ha la sua rispondenza -nella cattività di Babilonia. All'apertura del quinto suggello -l'Evangelista non vede più cavalli, ma le anime degli uccisi per la -parola di Dio, che di sotto all'altare gridano con gran voce: Infino -a quando, o Signore, non vendichi il nostro sangue? Qui è chiaramente -annunziata secondo Gioacchino una quinta persecuzione, e come la prima -ebbe luogo nella Giudea, la seconda in Roma, la terza in Grecia, la -quarta in Arabia, così la quinta è scoppiata nella Mauritania e nella -Spagna, ove un gran numero dei cristiani superstiti alle precedenti -persecuzioni, vennero uccisi. A queste anime vien detto, che riposino -ancora un poco di tempo finchè sia compiuto il numero dei fratelli -che han da essere uccisi, perchè dopo questa quinta persecuzione, che -ha luogo oggi, succederà una sesta. Gioacchino dunque crede che l'età -sua sia l'estrema del quinto periodo.[594] All'apertura del sesto -suggello si udì un gran tremuoto, ed il sole si fe' nero come un sacco -e la luna rossa come sangue, e le stelle del cielo caddero in terra, -ed i re della terra e i grandi e i capitani e i ricchi e i possenti e -ogni servo e ogni libero si nascosero nelle spelonche e nelle rocce -(_Ap._, VI, 12 e segg.). Questo evidentemente è l'ultimo giorno, -che in un senso stretto s'ha da riferire al giudizio universale, -avente luogo al termine della storia umana; ma nel senso largo si -può intendere per la fine di ciascun periodo,[595] ed in quest'ultimo -significato l'intende Gioacchino. Alla quinta persecuzione, che accadde -ai giorni suoi, ei prevede abbia a seguirne una più dura ancora; nè -s'illude che i mali dell'età sua sieno per cessare; anzi nell'ultima -età del secondo periodo, ovvero nel sesto tempo (sesto suggello), -si aggraveranno, e se i miscredenti e una parte di fedeli morrà per -la propria fede, un'altra, forse la maggiore, sarà per perderla. E -l'ordine monastico medesimo, del quale erano così evidenti i segni -di corruzione, volgerà all'estrema ruina, il che è come a dire che il -sole si oscurerà.[596] Non occorre dire del clero secolare, al quale -si può applicare l'imagine della luna fatta color di sangue, perchè in -lui non è più niente di spirituale e celeste.[597] Finalmente rotto il -settimo suggello, si fece silenzio nel cielo lo spazio di una mezz'ora -(_Apoc._, VIII, 1). Il che vuol dire che alle guerre e calamità -succederà il riposo, al secondo periodo così tormentato principalmente -negli ultimi suoi giorni, terrà dietro l'età nuova, nella quale regnerà -il silenzio della vita contemplativa.[598] - -Da ora in avanti non si muta più l'interpetrazione. I sette angeli, a -cui furon date sette trombe, rappresentano le sette età del mondo, sei -nelle quali si esaurisce il secondo periodo, ed una in cui si riassume -il terzo. È inutile entrare nei particolari, ed il lettore può colla -scorta delle interpetrazioni precedenti indovinare le altre. La stella, -ad esempio, ardente come un torchio, che al suono della terza tromba -cade nelle acque, convertendo la terza parte di esse in assenzio, -è senza dubbio Ario, per onestà dei costumi uno dei sacerdoti più -specchiati, il quale caduto nell'eresia trae seco innumerevole turba di -vescovi e di preti. Un'altra stella cade al suono della quinta tromba, -in quella che l'angelo apre il pozzo dell'abisso, onde sale un fumo -così denso da ottenebrare l'aria, e vengono fuori locuste, cui fu dato -il potere degli scorpioni della terra. La nuova stella dev'essere un -altro eresiarca non dissimile da Ario, prete e letterato come lui. Di -costui Gioacchino non sa dire il nome, ma accenna vagamente ai filosofi -del suo tempo, che al pari di Abelardo vogliono tutto comprender colla -ragione.[599] Le locuste sono i Patarini, che al tempo di Gioacchino -s'erano moltiplicati a segno, che pochi anni dopo, Innocenzo ebbe a -bandire una crociata contro. Questi eretici sono il vero Anticristo, -come previde chiaramente Giovanni, che in una sua lettera (1 JOH., -2, 22) dice chiaramente: chi nega che Cristo sia venuto in carne è -lo stesso Anticristo. (Evidentemente qui lo scrittore della lettera -parla del docetismo a lui contemporaneo, che poi venne accolto nel -Catarismo). E se tutti questi eretici meritano il nome di Anticristo, -a maggior ragione l'avrà il loro re che secondo l'_Apocalisse_ si dirà -Abadon (_Ap._, X, 11) ed in greco Apollion, distruggitore (!) E stante -che gli eretici patarini erano cresciuti d'audacia e di numero al tempo -di Gioacchino, ei non dubita che anche quei, che si metterà alla loro -testa, sia già nato, sebbene non sia ancora scoccata l'ora della sua -rivelazione, perchè si manifesterà soltanto nell'età seguente, o sesta -ed ultima dell'evo cristiano.[600] Questa età, come già sappiamo, -è la prossima futura, e Gioacchino la crede già cominciata al suo -tempo, sebbene non fosse[601] chiusa ancora l'età precedente. In essa -seguiteranno gli eretici con maggior vigore, stantechè ai patarini -si uniranno i saraceni, come tentarono di fare nel 1195 secondo le -notizie che Gioacchino raccolse da un tale tornato da Alessandria -in Messina. Questi novi eretici nati dalla fusione dei precedenti -sono rappresentati dai cavalli dell'_Apocalisse_ a testa di leone, e -dalla cui bocca escono fuoco e fumo e zolfo, e sul cui dorso montano -cavalieri dagli usberghi di foco (_Ap._, IX, 17). Contro essi non varrà -più resistenza alcuna, come pur troppo, aggiunge Gioacchino, già si -cominciò a sapere per esperienza or non è molto, quando gli eserciti di -Federico primo furono disfatti dagli infedeli.[602] - -A questa età sesta succede, come già sappiamo, la settima, durante la -quale secondo l'espressione dell'_Apocalisse_ (X, 7) si compirà il -segreto di Dio, ovvero si chiuderà la storia dell'uomo, a quel modo -che il settimo giorno chiude la settimana. In questo nuovo periodo -all'intelligenza letterale succederà la spirituale, il che vien -rappresentato nell'iride che circonda il settimo angelo, e che nel -linguaggio simbolico di Gioacchino vuol dire o lo stesso Spirito Santo, -o l'intelletto ripieno dello spirito. E per ciò nell'_Apocalisse_ (X, -2) è detto che l'Angelo pone il suo piè destro sul mare ed il sinistro -sulla terra, perchè in questa è rappresentata la lettera del Vecchio -Testamento, ed in quello la lettera del Nuovo, che vengono entrambe -superate dall'interpetrazione allegorica, la quale sta all'intelligenza -letterale come il fuoco all'aria e all'acqua.[603] - -Anche nel _Commento_ all'_Apocalisse_ come nella _Concordia_ -Gioacchino pone nel 1260 il termine del secondo periodo, e il -cominciamento del terzo. Questa data vien suggerita da moltissimi -luoghi. Nell'_Apocalisse_ X, 2 si legge che i gentili calpesteranno -la santa città quarantadue mesi o meglio mille duecento sessanta -giorni, calcolato il mese a trenta giorni in media. E per 1260 giorni -è data facoltà nel paragrafo seguente ai profeti di profetare. Inoltre -la donna intorniata dal sole, di sotto a' cui piedi era la luna, e -sopra la cui testa una corona di dodici stelle, dopo aver partorito -il figliuol maschio, che ha da reggere le nazioni, fugge nel deserto -perchè sia quivi nudrita mille ducento sessanta giorni. (_Apoc._, XII, -6). Alla bestia dalle dieci corna e dalle sette teste fu data potestà -di durare quarantadue mesi, che secondo Gioacchino valgono 1260 giorni -(_Apoc._, XIII, 5). Queste coincidenze non sono a caso, si spiegano -tutte mirabilmente, se intende che i quarantadue mesi non sono se non -le quarantadue generazioni del secondo periodo, che calcolate a trenta -anni l'una, importano, come già sappiamo, il corso di 1260 anni.[604] - -Dopo tutto quello che abbiamo detto e del corso del tempo, e delle -calamità che sovrastano alla Chiesa, non sono difficili ad interpetrare -le altre allegorie dell'_Apocalisse_. La donna vestita di sole in -generale rappresenta la Chiesa, ma in particolar modo la vergine -madre, che è come la rappresentante dell'ordine degli eremiti. Le -dodici stelle sappiamo ormai che rappresentano le dodici virtù, cinque -minori e sette maggiori. Il sole è lo spirito divino che la riscalda, -la luna che ha sotto i piedi è la concupiscenza carnale o la gloria -del mondo. Ma a quel modo che la donna vestita di sole, oltre al -rappresentare l'ordine verginale, simboleggia ancora la Chiesa in -generale, che dura da Cristo fino ai nostri giorni; così il drago che -le s'oppone rappresenta in un simbolo solo tutti i suoi persecutori, -nei periodi successivi della storia. E così accade che ha sette teste -corrispondenti alle sette età che noi ben conosciamo, e dieci corna che -rappresentano dieci re. La stessa interpetrazione devesi dare della -bestia, che sale dal mare (_Ap._, XII, 1) anch'essa fornita di sette -teste e dieci corna. Essa riassume in uno i caratteri delle quattro -bestie di Daniele (VII, 3), essendo simigliante ad un pardo, coi piedi -d'orso e la bocca di leone e dal drago riceve il suo potere. (_Apoc._, -XIII, 2). Questa bestia dunque personifica in sè i diversi nemici della -Chiesa di Cristo, prima fra tutti la sinagoga degli Ebrei, poi quella -dei pagani, quindi la terza degli ariani, e poi l'ultima dei saraceni: -peccato che il testo di Daniele non gli permetta di aggiungere per -quinta la sinagoga dei patarini.[605] - -Ma ci sarà posto anche per questa, perchè fortunatamente -nell'_Apocalisse_ oltre alla prima si legge di una seconda bestia, -che sale non dal mare ma dalla terra, e in luogo di dieci ha due soli -corni simili all'agnello. E fa gran segni, e persuade gli uomini ad -adorare la prima bestia, che un tempo fu ferita mortalmente in una -delle sue teste, ma ora del tutto è risanata. L'allegoria è trasparente -secondo Gioacchino. Questa seconda bestia sono appunto i Patarini, -che si danno per i veri cristiani e non sono, e stringono, come già -dicemmo, alleanza coi saraceni, i quali un tempo quando al grido di -Urbano si riunì la prima crociata (qui sbaglia la data e in luogo -del 1079 mette il 1015) furono sconfitti; ma poi si rifecero delle -perdite patite, e disfarli oggi torna ben difficile, nè sarà possibile -neanche nell'avvenire se non forse colle armi della parola.[606] È -chiara la simiglianza di questa nuova bestia col piccolo corno di -Daniele (DAN., VII, 8), che ha occhi simiglianti a quelli d'uomo e -bocca che profferisce cose grandi. Le due Apocalissi di Daniele e -Giovanni si chiariscono a vicenda. Secondo Giovanni, la nuova bestia -seduce gli abitanti della terra, e fatta fare una imagine dell'antica -bestia, le infonde uno spirito che parli, e così piega tutti gli uomini -all'adorazione del mostro, e quelli che vi si rifiutano li uccide. E -tutti debbono portare sulla mano o sulla fronte il nome della bestia -o il numero del suo nome. Questa imagine della bestia, che parla per -bocca dei falsi profeti, è senza dubbio quel re undecimo di Daniele, -che (VII, 24) succederà agli altri dieci raffigurati nelle dieci -corna, e proferirà parole contro l'Altissimo, e penserà di mutare i -tempi e la legge. Codesto re sarà senza dubbio dei Saraceni, ed avrà -ai suoi fianchi qualche gran prelato patarino simile a Simon Mago, e -rappresentante l'Anticristo di cui parla Paolo. E l'uno e l'altro sono -rappresentati nell'_Apocalisse_ da un numero 666, perchè 600 vuol dire -le sei età del mondo, 60 la parte che appartiene alla sesta età, 6 il -sesto tempo di quest'età.[607] - -Concorde con siffatte interpetrazioni è l'altra della gran meretrice -(_Apoc._, XVII), con la quale han trescato li re della terra, e del -vino della cui fornicazione sono stati inebbriati gli abitanti della -terra. Che non s'abbia da intendere in un senso diverso dalla bestia -che viene dal mare, lo dicono e il sedere sull'acque della meretrice, -e l'avere ella parimenti sette teste e dieci corna. I padri cattolici -sogliono intendere Roma, in quanto rappresenta non la Chiesa, bensì -la moltitudine dei reprobi, la quale non si raccoglie in un luogo, ma -è sparsa per tutte le latitudini della terra. Ed i re coi quali ella -fornica s'intendono i prelati, cui è commesso il governo delle anime, -e che talvolta per compiacere agli uomini, trascurano il dover loro. -Le sette teste sono i regni che furono molesti alla Chiesa nel corso -del tempo; Erode, Nerone, Constanzo ariano, Maometto o Cosroe re dei -Persiani sono i primi quattro capi. Il quinto è chi cominciò a dar -travaglio alla Chiesa nelle lotte delle investiture (Enrico IV). Il -sesto è il re undecimo di cui parla Daniele. Il settimo capo della -bestia è quello dannato alla morte, spento il quale risplenderà la -pace.[608] Le dieci corna, ovvero i dieci re debbono intendersi forse -di altrettanti sovrani che van compresi tutti nel sesto re, poniamo ad -esempio i successori di quel famoso Saladino, re dei turchi, dal quale -non ha guari fu presa la città santa.[609] - - -V - -Tutte quante le interpetrazioni e della _Concordia_ e del _Commento -all'Apocalisse_ concordano nel disegno di dividere la storia -dell'umanità in sette età. Le prime sei ora rappresentano le epoche -ebraica e cristiana insieme, ora la sola cristiana; la settima sta da -sè e sarà forse la più breve e di poco lontana dalla fine del mondo. Ma -non perchè le due epoche precedenti alla settima si possano suddividere -ciascuna in tre parti, non per questo s'ha da dire che non abbiano un -carattere unico anch'esse. Noi già sappiamo come la pensi Gioacchino, -il quale crede che nella prima epoca abbia regnato il Padre, nella -seconda il Figlio, e nella terza sarà per regnare lo Spirito. La storia -dell'umanità dunque facendo astrazione dalle più minute suddivisioni -in tre grandi periodi si può partire. Il primo in cui si vive sotto il -rigore della legge, il secondo sotto il favore della grazia, il terzo -nella pienezza della grazia medesima. Nel primo ha luogo la servitù -servile, nel secondo la filiale, nel terzo la libertà. Nel primo si -vive in timore, nel secondo si riposa nella fede, nel terzo s'arde di -carità. Il primo periodo appartiene ai vecchi, il secondo ai giovani, -il terzo ai fanciulli. Il primo ai servi, il secondo ai liberi, -il terzo agli amici. Nel primo rilucevano le stelle, nel secondo -biancheggia l'aurora, nel terzo è giorno pieno. Nel primo domina -l'inverno, nel secondo la primavera, nel terzo l'estate. Il primo -produsse le ortiche, il secondo le rose, il terzo i gigli. Il primo -l'erbe, il secondo le spighe, il terzo il grano.[610] Questi paragoni -spargono alquanta luce sugl'intendimenti dell'autore, secondo il quale -i tre stati in cui si divide la storia dell'umanità dalla creazione al -giudizio finale, hanno un corso continuo; sicchè l'uno nasce dall'altro -come da fiore frutto. Nè solo continuo, ma progressivo, dal meno al più -perfetto, dal timore all'amore, dalla servitù alla libertà. - -Ed agli stati corrispondono gli ordini, che ora sono sette, ora cinque, -il più delle volte si riducono a tre, il coniugato, il clericale, il -monastico. L'ordine dei coniugati ebbe principio in Adamo e cominciò a -fruttificare in Abramo, ed ebbe la missione di crescere e moltiplicare. -L'ordine dei sacerdoti prese principio da Uzzia, che offrì sebbene non -impunemente l'incenso al signore, e fruttificò con Cristo, che è il -vero re e sacerdote. L'ordine dei monaci ebbe principio da S. Benedetto -e avrebbe cominciato a gettar frutti ai tempi di Gioacchino.[611] Di -questi tre ordini il primo vien paragonato agli animali terrestri che -non guardano al di là della terra su cui vivono; ai pesci il secondo, -perchè la vita dei santi sacerdoti passa nello studio della scrittura, -come quella dei pesci nell'acqua; finalmente agli uccelli il terzo -perchè i monaci nella mistica contemplazione si movono liberamente -come in aere più salubre. L'ordine dei conjugati in un altro luogo -porta l'imagine del padre, perchè non è stato istituito da Dio se -non a procrear figliuoli; l'ordine dei sacerdoti è fatto ad imagine -del Figlio, verbo del Padre, perchè fu posto appunto per parlare ed -insegnare al popolo la via del Signore; l'ordine dei monaci porta -infine l'imagine dello Spirito Santo, che è l'amor di Dio, perchè non -si può avere in dispregio il mondo e le sue cose se non si è infiammati -dell'amor divino, e portati da quello stesso spirito che menò Gesù nel -deserto.[612] - -Da questi passi ben si raccoglie che cosa voglia intendere Gioacchino. -Ei concentra tutta la storia dell'umanità in quella dell'ordine -sacerdotale. E nel primo periodo trova leviti che di poco si -distinguono dagli altri uomini, e attendono come loro a procrear figli, -e della propria famiglia e dei beni terreni sono solleciti. Nel secondo -periodo fu vietato menar moglie a quelli che si consacrano al divino -ministero, sebbene talvolta per eccezione si conceda. Ma i sacerdoti -vivendo tuttora in contatto colla società prendono parte alle passioni -e cupidigie mondane. E più si mescolano coi laici e più si corrompono -allontanandosi dall'esempio di Cristo. Chi voglia serbarsi puro bisogna -che rompa questo contatto e si raccolga come S. Benedetto nel silenzio -del cenobio. Così è già cominciato il terzo periodo, in cui i ministri -del Signore vengono sottoposti ad una più severa disciplina, nè altra -cura hanno all'infuori del cielo, e spente le passioni del secolo, -spendono la loro vita nella preghiera e nella contemplazione. - -Il primo concetto di Gioacchino è questo senza dubbio, una storia del -sacerdozio che cominciato dai leviti, proseguito nel clero secolare, -si compia nell'ordine benedettino, riformato secondo una regola più -rigorosa. Se non che codesta angusta filosofia della storia, fatta in -servigio di un ordine monastico, gli s'allarga tra le mani. E come nel -primo periodo l'ordine dei coniugati non rappresenta solo i leviti, -ma tutti quelli che vivevano sotto la legge della circoncisione, così -l'ordine dei sacerdoti deve abbracciare tutti quelli che vivono sotto -la legge del Cristo, e l'ordine dei monaci tutti coloro, cui scalda -lo stesso amore delle cose celesti e l'odio delle mondane. La storia -dell'ordine sacerdotale diventa per tal guisa la storia dell'umanità, -e le opposizioni tra preti e frati acquistano una importanza fuor di -misura, e diventano il segno di quella lotta che sarà sempre combattuta -fra il passato e l'avvenire. - -Per ciò che riguarda i due primi periodi dell'umanità il contrasto -secondo Gioacchino è evidente, come è evidente la profonda differenza -dei due Testamenti. Differiscono, già dicemmo, le nascite, le vite, -le guerre, le vittorie; perchè gli Ebrei nacquero dalla carne, i -Cristiani dall'acqua (battesimo) e dallo spirito. Quelli poteano -far divorzio dalle loro mogli, questi la debbono tenere presso di sè -secondo l'esempio di Cristo, che è sempre lo sposo della sua Chiesa; -quelli combatterono per i possessi terreni, questi non tanto per la -terra, quanto per la libertà della Chiesa. Ma se tanta è la differenza -tra il primo ed il secondo periodo, non deve correrne altrettanta tra -il secondo ed il terzo? Nel secondo periodo fu abolita la legge che -dominava il vecchio mondo, fu proscritta la circoncisione, furono -abolite le vittime di animali, ed al rigore e severità della legge -mosaica sottentrò la mitezza del cristianesimo. Pari innovazione dovrà -succedere rispetto al cristianesimo, ed a quel modo che il fuoco di -Elia consumò la catasta del sagrifizio e ne lambì l'acqua, così sarà -mutato l'evangelo, perchè quando sorge ciò che è perfetto, è necessario -che l'imperfetto tramonti.[613] - -Ma che mai sarà codesto stato nuovo? Quali leggi cadranno, e quali -piglieranno il posto delle prime? Come sarà composta la società? -ammettiamo per ipotesi che il clero secolare scomparisca, e le funzioni -attribuite ai vescovi e parroci sieno indi innanzi esercitate dagli -abati e dai conventuali, cesserà forse puranche la divisione tra laici -e sacerdoti, e la società diverrà forse un vasto cenobio? E se diventa -un cenobio come farà a perpetuarsi? La generazione più saggia, più -casta, e più devota sarà forse l'ultima per l'umanità, e dopo questo -idillio di pace sarà troncata la storia dell'uomo, ed avrà luogo il -giudizio finale e la resurrezione della carne? Il genio profetico -intorno a questa dimanda si sarebbe travagliato, ed una pittura fresca -e viva di questa nuova società ci avrebbe data a preferenza. Ma il -nostro autore non s'estende tant'oltre, e la rappresentazione del -terzo periodo dobbiamo comporla noi stessi raccogliendo qua e là sparsi -accenni; ma ben ci guarderemo dal dare ai pensieri dell'autore maggiore -determinatezza o rilievo che non abbiano. - -Il primo carattere di questa nuova epoca è questo, che non ci saranno -più misteri, i veli che coprivano l'esatta intelligenza dell'antica -e nuova lettera saranno squarciati, e sarà dato cogliere la verità -attraverso le molteplici allegorie.[614] Come cessò l'osservanza -dell'agnello pasquale allora che fu cominciata quella del corpo -di Cristo, così, nello schiarimento dello Spirito Santo cesserà -l'ammirazione della figura.[615] Ma se gli uomini vedranno la verità -faccia a faccia, non s'ha da credere pertanto che Gioacchino descriva -l'età futura come il secolo del razionalismo, nel quale la scienza -riporterà grandi vittorie sulla fede. Egli ha scarsa fiducia nella -scienza. Ingegno mistico e vaporoso, abborre la precisione e l'aridità -del ragionamento. La verità secondo lui resta nascosta ai prudenti e -sapienti, e si svela soltanto ai fanciulli, per confondere la vanità -della superstizione filosofica. L'argomentazione dialettica non vale -quindi se non a chiudere ciò che prima era aperto, o rendere oscuro -quello che prima era chiaro. E da essa nascono questioni e contrasti -di parole, ed invidie e contese e bestemmie e corruzioni. La fede, -come ha dimostrato l'abate di Chiaravalle, è al di sopra dei cavilli -della ragione. La scienza non edifica, ma distrugge talvolta, come -attestano quegli scribi, che gonfiati di vanità ed arroganza a forza di -ragionamenti caddero nell'eresia.[616] - -La conoscenza della verità per lui, come per tutti i mistici dei vecchi -e nuovi tempi, è la visione intuitiva, alla quale si arriva non per -via dell'intelletto, ma del sentimento, non col raziocinio, ma colla -preghiera. Epperò il fondatore dell'ordine cenobitico impose l'obbligo -di frequenti cori. Tra i suoni che salgono e si ripercotono per le -volte del tempio, e i profumi degl'incensi, e le misteriose penombre, -l'anima sente e vede ciò di che non può render conto nè a sè stessa nè -agli altri. E codesta mistica visione, che ora è privilegio di pochi, -forse allora sarà comune a tutti, perchè alle distrazioni della vita -attiva succederà il silenzio ed il raccoglimento della contemplativa, -a Lia sottentrerà Rachele. In questi pensieri ben si scopre il -mistico cenobita non dissimile, come bene avverte il Rousselot, dai -Vittorini.[617] - -Ma i mistici del secolo decimosecondo non sono meno arditi dei loro -avversarii razionalisti, ed in nome del sentimento reclamano la stessa -libertà d'interpetrazione, che gli altri chiedevano in nome della -ragione. E già sappiamo come Gioacchino spinga troppo oltre i diritti -dell'interpetre, e nessuna violenza risparmii alla lettera della -Bibbia per salvarne lo spirito. Rimosso l'ostacolo dell'intelligenza -letterale, l'interpetrazione allegorica non ha più freno che la moderi. -In quest'assoluta indipendenza della mente divinatrice sta la _libertà_ -che Gioacchino attribuisce ai nuovi tempi. Cristo sottrasse il mondo -ai rigori dell'antica lettera, lo spirito ci deve liberare dai rigori -della nuova. Questo cammino dalla servitù alla libertà si riscontra -anche nei tre ordini. Il primo passò sotto il giogo dei precetti -legali; il secondo fu sottoposto ai travagli della passione; il terzo -è destinato alla libertà della contemplazione secondo il testo: _Ubi -spiritus, ibi libertas_.[618] Questo è un altro carattere dei tempi -nuovi. - -Non è a dire che nel periodo cristiano sia mancata la libertà; c'è -stata di certo, ma una libertà relativa, chè alle catene dell'antica -legge vennero sostituiti più miti legami. Solo nei nuovi tempi sarà -data un'assoluta libertà, e il vincolo che stringerà gli uomini e -Dio non sarà il timore nè in larga nè in istretta misura, ma l'amore. -L'amore governerà gli uomini, ecco un altro segno del terzo periodo. -Gioacchino non nasconde nessuna delle calamità del tempo suo, e gli -odii che dividevano gli uomini, e le sanguinose guerre, che laceravano -in allora la Chiesa, ben prevede che non saranno per cessare; anzi -pria che il secondo periodo volga al suo termine raddoppieranno -d'intensità. Ma per quanto più gravi sono i mali, altrettanto più vivo -è il desiderio della loro fine, ed il vivo desiderio il più delle volte -fa tramutare la speranza in certezza. Anche ai nostri giorni in cui un -grande statista non dubitò di ripetere: _la force prime le droit_, e le -guerre se non più lunghe sono certo più sanguinose e rovinose di prima, -ai nostri giorni appunto si fa un gran parlare della lega della pace -e degli arbitrati internazionali. Qual meraviglia che in pieno secolo -decimosecondo, Gioacchino non vegga nelle calamità e nei tumulti del -tempo suo se non un avviamento ad un migliore assetto della società? -Egli forse credeva che nelle terribili lotte, che travagliavano -l'ultima parte del secondo periodo, i violenti si sarebbero distrutti -gli uni cogli altri. E dal nuovo diluvio non sarebbero scampati se non -gli animi miti e generosi, che più di sè amano gli altri, ed in ognuno -che soffra e preghi veggono un fratello, e con esso si confondono -nell'amore di chi a tutti è padre.[619] È un sogno forse che verrà -giorno in cui le passioni violente faranno luogo agli affetti più miti, -ma un sogno che riposa e ristora, e soventi l'umanità l'ha sognato, ed -è probabile che seguiti a sognarlo ancora altre volte. - -Questa nova età di pace e di amore Gioacchino la presente vicina, -perchè fra non molto l'uomo sarà del tutto purificato, e svellerà dal -suo cuore gli affetti egoistici; nè vi sarà più lotta pel mio e pel -tuo, e dei beni mondani tutti faranno quel conto che meritano, nè -sarà pregiata la ricchezza, come nei periodi precedenti, ma invece -la povertà.[620] Non era certo una cosa nova questa della povertà. -Il Vangelo, come è noto, fulmina contro i ricchi quelle terribili -parole: _È più facile che un cammello entri nella cruna d'un ago, che -un ricco nel regno dei cieli_. Ma altro è parlar di morte, altro il -morire; e durante tutto il periodo cristiano non solo i laici, ma i -preti, e non pure i preti ma i frati si sono mostrati non meno avidi -dei loro predecessori. E di tutte le guerre medievali, a cominciare -dalle grandiose tra Chiesa e Impero alle minutissime tra una casa di -frati e un'altra, non piccola parte delle loro ragioni la ripeteano -dal tornaconto offeso. E pure quanto più crescea l'avidità delle -ricchezze, altrettanto pel solito contrasto si facea più calda ed -insistente la predicazione della povertà. Nella riforma, che Gioacchino -fa dell'ordine suo, non entra l'obbligo della povertà; ma secondo -lui quello che non poteva farsi al tempo suo, facente parte ancora -del secondo periodo, sarebbe accaduto di certo nell'avvenire.[621] -Quest'obbligo della povertà sarà imposto ai soli conventuali o -agli uomini tutti? Nè Gioacchino, nè i seguaci suoi par che abbiano -inteso parlare se non dei monaci soli; ma certo non è escluso che la -società tutta diventi un vasto cenobio. Anzi sarebbe necessario che -divenisse, perchè il terzo periodo è tenuto per un'età di perfezione, -e la perfezione non può ottenersi se non in una vita cenobitica, in -cui fossero abolite le classi, gli onori e le supremazie sociali. -Tutti sarebbero pari allora non nelle ricchezze, che nessuno pensa -ad accumulare, bensì nella povertà, e cesserebbero per tal guisa -le invidie e le gelosie. Curioso modo di risolvere il problema del -pauperismo, se mai fosse surto al tempo di Gioacchino! - -Per compiere il ritratto del tempo futuro ci resta un sol tratto, la -castità. Certo a quel modo che nel lontano avvenire saranno spente le -cupidigie e le ambizioni, così anche gli appetiti sensuali, ed un'altra -fra le molte ragioni delle discordie tra gli uomini sarà eliminata. -Non v'ha dubbio che dovrà succedere codesto nel terzo periodo. -Gli uomini, da carnali che erano nei periodi anteriori non saranno -divenuti spirituali? E la castità non è uno dei doni più spiccati -dello Spirito santo? Chi è tutto penetrato dell'amore del cielo -può far posto ad amori terreni?[622] Anche qui si nota un progresso -notevole dall'Ebraismo a' nostri giorni. Secondo il Vecchio Testamento -aveano tutti diritto di tor moglie non solo, ma più mogli financo. Nel -Cristianesimo si proibisce la poligamia, il matrimonio si permette -ai laici, ma si vieta ai preti, facendo talvolta qualche eccezione; -ai monaci poi è negato risolutamente. La riforma infine ed il -miglioramento dei secoli avvenire starà nel rinforzare la disciplina, -rendere più rigorosa la castità. Ma anche qui si può chiedere se questo -divieto assoluto del matrimonio riguardi i preti e i frati soltanto, o -tutti gli uomini. E la risposta sarebbe più imbarazzante ancora; perchè -se nel terzo periodo gli uomini fossero divenuti così spirituali da non -pensare a perpetuarsi, la generazione posteriore a Gioacchino sarebbe -stata l'ultima della specie. Ma guardiamoci dal dare ai concetti di -Gioacchino maggiore determinatezza di quel che comportino. L'avvenire -si mostra a lui sotto un colore fortemente ascetico, nè altra immagine -gli soccorre a raffigurarlo fuori del cenobio. Ma più di questo non gli -chiedete, che per quanto lo dicano profeta, il futuro non è meno per -lui che per gli altri uomini ricoperto di nebbia densissima. - - -VI - -Qual'è l'origine della dottrina che più tardi fu detta gioachimita -o gioachita? Il Renan fu il primo a sostenere che se ne debbono -cercare le origini nella Chiesa greca. L'abate Gioacchino, ei dice, -per tutta la sua carriera fu nei rapporti più intimi colla Grecia. -La Calabria, dove egli visse, e dove la sua scuola si continuò per -una tradizione appena interrotta, era un paese per metà greco. I suoi -principali discepoli, i redattori della sua leggenda, i personaggi -profetici, coi quali lo si mette in rapporto, sono greci. Egli stesso -viaggia in Grecia più volte per adoperarsi in favore della riunione -delle due Chiese, e codesta riconciliazione è il pensiero dominante -di tutti coloro che seguono la sua dottrina. Giovanni da Parma passa -molti anni presso i Greci, e al termine della sua vita voleva andare -a morire tra loro. Tutta la scuola dell'Evangelo eterno da Gioacchino -a Telesforo di Cosenza alla fine del secolo XIV non ha se non una -sola voce per proclamare la Chiesa orientale superiore alla latina, -e meglio preparata alla futura innovazione. Coll'ajuto dei Greci -trionferà la riforma della Chiesa carnale dei latini, e questa riforma -non sarà altro se non un ritorno alla Chiesa dei Greci.[623] Cotesto -è in parte vero, nè si può dubitare che la Calabria fino al tempo di -Gioacchino fosse un paese quasi greco. Dacchè Narsete la rivendicò -all'Impero fino ai Normanni questa estrema provincia d'Italia rimase -sotto l'amministrazione di ministri greci. L'invasione longobarda -fu qui arrestata nel suo corso vittorioso, nè i Carolingi vi miser -piede, e gli stessi Saraceni, che tra il nono e il decimo secolo -fondaronvi qualche colonia, non bastarono a ridurre in loro potere -tutta la contrada. E in meno di un anno nell'ottocento ottantacinque -per opera del valoroso Niceforo tutte le Calabrie tornarono sotto il -governo imperiale. Nello stesso tempo l'imperatore Basilio il Macedone, -affrancati tremila schiavi, li mandò a ripopolare alcune terre di -Puglia e Calabria desolate nella guerra dei Musulmani,[624] e così -greco sangue si mescolò al calabrese, e la lingua greca, già da gran -tempo lingua ufficiale del paese, fu anche popolare, ed in greco si -scrissero non pure gli atti pubblici, ma benanco le magre cronache, -principalmente le agiografie. Nè questo è tutto; fin dal tempo di Leone -l'Isaurico, quando scoppiò il movimento iconoclasta, furono sottratti -al Papa e messi sotto la giurisdizione del Patriarca di Costantinopoli -i vescovati della Sicilia, della Calabria e della Puglia. E per rendere -più docili a questo mutamento i vescovi, s'innalzarono ad arcivescovati -le sedi di Reggio, S. Severina, ed Otranto. E l'arcivescovo di -Reggio, da cui dipendevano tredici suffraganei, fu detto primate della -Calabria, come nella novella di Leone il Filosofo dell'anno 887. Più -tardi, quando la Chiesa greca ruppe apertamente contro la latina, il -patriarca di Costantinopoli Luitprando con editto del 968 impose alle -chiese di Puglia e Calabria in luogo del rito latino il greco. Alcune -chiese resistettero, ma non poche obbedirono, e molte conservarono il -rito greco, anche quando dopo la conquista normanna ritornarono sotto -la giurisdizione di Roma.[625] Così le diocesi di Bova ed Oppido, -l'arcivescovato di S. Severina[626] e più di tutte la chiesa di -Rossano, ove nel 1092 fu ben scelto un vescovo latino, ma gli abitanti -non vollero accomodarsi al cangiamento del rito, e tanto s'adoperarono -presso Ruggiero, che l'accorto duca acconsentì alle loro dimande, ed -il rito greco visse indisturbato fino al 1460, in cui il vescovo Matteo -dei minori osservanti lo mutò nel latino.[627] - -A conservare il rito e la tradizione greca concorsero i basiliani, -venuti in Calabria al tempo delle persecuzioni iconoclastiche. Cotesti -frati si possono dire i precursori di Gioacchino, e parecchi di loro -vennero parimenti in riputazione di santi e di profeti. Nè sarà inutile -raccontare brevemente la vita di qualcuno tra loro per conoscere più da -presso l'ambiente nel quale visse l'abate calabrese. - -La regola di S. Basilio, più rigida della benedettina, prescriveva -una vita austera, nè poneva inciampo che qualche frate seguisse le -tracce degli antichi anacoreti. Per tal guisa i basiliani acquistarono -ben presto gran credito presso il popolo, e la loro autorità crebbe -grandemente nei tempi così trepidi e burrascosi delle incursioni -seracinesche, talchè di parecchi fra loro, che colla loro parola -ispirata incuoravano i fedeli nella guerra santa, è rimasta viva -la tradizione in Calabria. Tuttora si venera nel Monteleonese S. -Leoluca o Leone Luca da Corleone in Sicilia, un monaco basiliano che -all'appressarsi dei Saraceni fuggì in Calabria nel monastero di Mula -presso Cassano, ne diventò più tardi abate, e fondate case filiali a -Vena e Monteleone morì intorno al 900.[628] - -Più famoso ancora è un altro basiliano, siciliano pur lui, da Enna -o Castrogiovanni, e chiamato Elia il giovane. Fornito del carisma -profetico, previde a dodici anni che i Saraceni sarebbero entrati nel -castello di S. Maria, ove la sua famiglia s'era rifugiata, e perfino -i nomi di quelli che sarebber caduti nella mischia seppe dire; ma pur -troppo non previde che egli stesso sarebbe stato preso dagl'infedeli, -e per ben due volte di seguito. La prima par che fosse stato ricompro -e liberato da un cristiano; ma la seconda fu menato in Egitto, dove a -quel che narra il biografo ebbe a patire la sorte del casto Giuseppe. -Certo è che ben presto chiarita la sua innocenza, fu lasciato partire -per la Palestina, ove prese l'abito monacale dalle mani del patriarca -Elia, di cui tolse puranche il nome. Dopo tre anni di soggiorno nei -luoghi santi, fallitogli il disegno di recarsi in Persia, si fermò per -poco in Antiochia. E di là saputo che un'armata bizantina comandata da -Basilio Nasar moveva a combattere i Saraceni, fece ritorno in patria, -ove riprese le sue profezie e predisse ai Reggini la sconfitta che -avrebbero patito i Musulmani, già rotti una volta presso le coste -dell'Ellade. Restaurate le sorti delle armi nemiche fuggì di nuovo -in Oriente col compagno Daniele, che in Taormina gli s'era messo ai -fianchi. Riparò prima nel Peloponneso, e di là in Corfù, dove gli era -più agevole tornare alla sua diletta Calabria. E vi tornò, ed in un -luogo presso Capo dell'Armi, detto Saline, fondò un convento basiliano; -ma ben presto dovè riprendere la via dell'esilio per campare dal furore -dei Musulmani, che disfatto nell'888 il navilio imperiale a Milazzo, -minacciavano Reggio. Eccolo di nuovo a Patrasso nel Peloponneso, donde -posate le armi approdò di nuovo in Calabria, ed in luogo più sicuro, -sul vertice del monte S. Elia, tra Palmi e Seminara, fondò un altro -monastero basiliano. Di là, chiamato dall'imperatore Leone partì ancora -una volta per l'Oriente, ma arrivato a Tessalonica le forze gli vennero -meno, e morì nelle braccia del suo fido discepolo.[629] - -Questo eroico cenobita, che non trova mai posa, è come rappresentante -di una forte generazione di Calabresi e Siciliani, che fan da mediatori -tra l'Oriente e l'Occidente, e s'adoperano a comporre i dissidii dei -due centri cristiani per rivolgere concordi le forze contro gl'invasori -musulmani. Ed a questo fine lavora un altro Elia, da Reggio, detto -Speleota dall'amore che porta alla vita solitaria, anche lui fuggente -nel Peloponneso dall'ira dei Saraceni, anche lui dotato dello spirito -profetico, tal che predice la morte del patrizio Bizalone ribellatosi -all'Imperatore intorno al 920. Succeduto ad Elia juniore nella -direzione del convento presso Palmi, vi morì intorno al 960.[630] - -Discepolo di Elia Speleota è un Luca da Demona in Sicilia, che -lasciato il convento basiliano di S. Filippo d'Argira, ove era entrato -giovanetto, recossi in Calabria dal santo eremita, il quale divinate -le buone disposizioni del novizio, lo mise a parte della sua scienza. -Venuto anche in possesso dei doni profetici, previde nuove incursioni -dei Saraceni, dalle quali riparò in un luogo, posto a confine tra la -Calabria e la Lucania, detto Noja. E dopo essere stato ivi per ben -sette anni, venne ad un vecchio e diruto convento di S. Giuliano presso -il fiume Agri. Di là all'appressarsi di Ottone I, che muoveva contro -l'imperatore Niceforo nell'anno 968, fuggì coi suoi sulle montagne -delle Armi in Lucania, ed ivi fondò un nuovo monastero detto Armento. -Su questo ermo sito ei si teneva sicuro, e non a torto, chè neanco -riuscirono ad espugnarlo i Saraceni, contro i quali uscito animosamente -con i più validi dei suoi monaci li mise in fuga. Morì sul cadere del -secolo decimo nel 993.[631] - -Taccio di altri due santi basiliani, a cui la tradizione non -attribuisce la virtù profetica, S. Vitale da Castronovo morto nel -994 e S. Filareto morto verso il 1070. Ma ben dirò di S. Nilo, forse -il maggiore di cotesti profeti, nato verso il 903 in Rossano, città, -dice il cronista, a tutti nota, perchè la sola che finora sia sfuggita -all'ira dei Saraceni. L'amore della vita ascetica ben tardi si accese -nel suo petto, ma così fervido che fattosi frate nel convento di S. -Nazario, non che convivere cogli altri si ritrasse in luogo alpestre -e solitario, dove in compenso delle aspre mortificazioni gli parea di -vedere l'invisibile, e gli si facea presente l'avvenire. Testimone di -una incursione saracinesca del 951, indarno preveduta dall'amico suo -Fantino, ed appena scampato da un'altra posteriore per essersi riparato -in Rossano, ei predicea che ne sarebbero accadute altre più terribili, -e distoglie lo stratego Basilio dal costruire un oratorio, che ben -presto sarebbe disfatto dalle orde nemiche. Nè mal s'appose, chè i -Saraceni vennero di nuovo, e benchè S. Nilo avesse ricevuta dall'emiro -Abu-l-Kasem una lettera piena di rispetto, pure non si tenne sicuro, -e lasciata per sempre la Calabria, riparò nel principato di Capua, ove -ebbe lieta accoglienza dai frati di Montecassino dapprima, e poscia da -quelli di Valle Lucia. - -Non racconteremo più oltre la sua vita, nè diremo dei conventi -basiliani, che ei fondò a Gaeta e Grottaferrata. Ma toccheremo soltanto -di quello che a noi più preme, dei discorsi che tenne in Montecassino, -e le profezie che in quegli anni gli si attribuiscono. In quanto alle -dispute ben s'intende che doveano essere ben frequenti tra gli ospiti -benedettini, seguaci del rito latino, ed il frate basiliano che non -ismetteva l'abito e l'uso greco; ma egli avea la risposta pronta ad -ogni obbiezione. A chi forse menomava il valore della vita solitaria, -che molti basiliani amavano di menare, ei rispondeva che l'eremita -non era più uomo, ma uno di questi due, o angelo o demone. A tale, -che rimproverava i Greci di non digiunare il sabato a simiglianza -degli antichi Ebrei, ei diceva che il digiunare di sabato era comune -puranco ai Catari. Tutte le difficoltà che gli si faceano sui punti -più scabrosi della Bibbia risolveva, come più tardi Gioacchino, con -una interpetrazione allegorica, che salvava lo spirito sacrificando la -lettera. - -Più notevoli sono le sue profezie, o le minacce che coll'accento -risoluto del profeta non temeva di volgere contro i grandi, principi -o pontefici che fossero. Alla principessa di Capua, accusata di avere -instigato il proprio figliuolo all'uccisione di un cugino, che poteva -contrastargli il trono, disse ben alto: non bastare le orazioni e le -elemosine ingiuntele dal vescovo a lavarla dal suo peccato; bensì -dovere in espiazione della sua colpa consegnare l'uccisore alla -famiglia dell'ucciso, e le predisse che nessun rampollo della sua casa -reggerebbe più le sorti di Capua. All'abate di Montecassino, seduto a -tavola tra suonatori di cetra, predisse che non passerebbe molto tempo -che il principe capuano, venuto a lotta con lui, gli farebbe cavare -gli occhi. Le profezie non saranno state così determinate, come _ex -eventu_ le sa dire il biografo; ma io non dubito dell'ardimento del -santo, che in altra occasione seppe tenere non meno aspro linguaggio -collo stesso Papa e coll'Imperatore. Trattavasi di un conterraneo, -di Filogato da Rossano, che venuto in grazia dell'imperatrice di -Costantinopoli, diventò prima vescovo e poi papa in opposizione di -Gregorio V. Pare che S. Nilo avesse dissuaso l'amico suo dal provocare -uno scisma, che sarebbe tornato e alla Chiesa ed a lui stesso di -grandissimo danno; ma quando seppe l'antipapa caduto, e cacciato in -fondo di una prigione dopo essergli stato barbaramente mozzo il naso -e la lingua, e cavati gli occhi, non stette alle mosse e partì per -Roma. Dal Papa e dall'Imperatore impetrò il perdono del vinto, che -oramai non poteva recare più nessun danno, e pare che l'uno e l'altro -glielo promettessero. Ma qual ne sia stato il motivo, vennero meno -alle promesse, e l'infelice antipapa così malconcio e vestito dei -paludamenti pontificali fecero trascinare alla coda di un asino per -le vie di Roma. Tonò contro l'osceno spettacolo il nostro santo, e -predisse al Papa ed all'Imperatore che Dio non avrebbe perdonato loro, -come essi non perdonarono al vinto nemico. Questo ardito linguaggio non -è insolito in tempi burrascosi, e la fama del santo era così diffusa, -che non sarebbe stato prudente recargli offesa. Certo che ei seguitò -a fondare nuovi sodalizii, e grave d'anni morì verso il 998, mentre si -costruiva il convento di Grottaferrata, che in seguito sarà il centro -dell'ordine basiliano.[632] - -La vita di S. Nilo mostra quanta importanza abbiano avuta i monasteri -greci della Calabria nel secolo decimo. E seguitarono ad averla nei -secoli posteriori sotto i Normanni, i quali non pure restaurarono -i conventi rovinati dai Saraceni, ma altri non pochi ne crearono di -nuovi. Ed i privati emulavano in ardore i governanti, talchè secondo -il Barrio a mille ammontarono i conventi basiliani del continente, ed -a cinquecento quelli di Sicilia. Celebre fra tutti fu il monastero di -S. Salvatore presso Messina, fondato dal conte Ruggero ed ampliato dal -figliolo. A capo di questo insigne convento fu messo S. Bartolommeo -da Simmeri presso Catanzaro, già abate del monastero di Patire presso -Rossano. La vita di S. Bartolommeo non differisce gran fatto dalle -altre di santi basiliani. Dotato anche lui di spirito profetico, fondò -un nuovo convento, forse quello di Patire, ed avutane l'approvazione -da Pasquale II (1099-1118), ne divenne abate. Più tardi si recò -dall'imperatore Basilio per promovere la desiderata concordia tra -greci e latini, e rifiutata un'abbazia nella capitale bizantina tornò -in Calabria, e da Ruggero, come dicemmo, fu fatto archimandrita, -perchè il convento di S. Salvatore, al quale fu preposto, esercitava -giurisdizione su 44 conventi. Morì nel 1130.[633] - -Codesti santi basiliani sono i veri precursori di Gioacchino. Tutti -menano al pari di lui vita di stenti e di fatiche, e tormentano -spietatamente il loro corpo per dare più libero volo al loro spirito. -Tutti amano al pari di lui la solitudine, e si ritraggono negli -alpestri silenzii di un eremo, ove a poco a poco per opera loro sorgerà -un nuovo cenobio, di regola ognor più stretta e severa. Ma e nell'eremo -e nel cenobio tutti questi santi spendono la loro vita tra lo studio -dei libri sacri e le frequenti salmodie, e la mente educata in questi -severi esercizii levano alle mistiche contemplazioni, ove par che si -squarci il velame del futuro. Dal più al meno codesti padri basiliani -sono dotati del _carisma_ profetico, e nei giorni angosciosi delle -incursioni saracene, ai popoli minacciati negli averi, nella libertà -e nella fede, fan sentire la loro voce ispirata, che or promette la -vittoria per incoraggiare la resistenza, or predice nuove sventure per -indurre il pentimento dei proprî falli. - -Su questa via aperta dai basiliani fece gran cammino l'abate calabrese. -E se ai suoi tempi non si temevan più le incursioni saracene, gli -animi non erano meno agitati da paure, nè l'avvenire si mostrava -men fosco ai chiaroveggenti. Gl'infedeli erano stati disfatti; ma i -Cristiani seguitavano a battagliare tra loro, e con alterna fortuna -Svevi e Normanni si contrastavano il dominio della Sicilia. D'altro -canto la Chiesa e l'Impero eran di nuovo tornati alle offese, e contro -il Papa dei Guelfi si levava il Papa dei Ghibellini, e tra queste -scissure si faceva largo l'eresia, una d'intento, benchè diversa nei -nomi e dogmi. Così tra gli scismi, l'eresie, le guerre, le calamità -rinasceano le paure dei millenarii, che di un mondo così tormentato -prevedeano imminente la fine. E tornavano in onore gli scritti -profetici, da gran tempo dimenticati, talchè nel 1142 un Gaufrido di -Mounmouth tradusse dall'antico brettone in latino alcune profezie del -bardo o mago Merlino; ed altre ne tradusse per incarico di Roberto, -vescovo di Oxford, quel Giovanni di Cornovaglia che nel 1170 scrisse -un elogio di papa Alessandro III. Ed intorno a codeste profezie un -grave scrittore, Alano da Lilla, che è disputato se sia il dottore -universale, non disdegnò di comporre un lungo commentario. Non è da -meravigliare, scrive questo grave commentatore, che un bardo forse -pagano, o almeno non fervido cristiano, abbia sortite queste virtù -profetiche, perchè anche le Sibille ebbero tali virtù, ed una di esse -predisse l'avvenimento del Signore. Nè ci sarebbe da ridire se Merlino -fosse nato da una vergine e da un incubo, perchè anche Perizione ebbe -da Apollo il suo figliolo Platone, ed a quel che afferma Apulejo tra -la luna e la terra errano spiriti, che assumono talvolta la forma -d'incubi. Tanto era viva in quel tempo la fede nei profeti, tanto -bisogno si sentiva delle profezie![634] - -L'abate Gioacchino non è dunque una manifestazione isolata. E prima e -dopo di lui viveano altri veggenti come quel S. Cirillo, priore dei -Carmelitani, morto intorno al 1224, che secondo un'antica biografia -celebrando la messa, vide in una nube un angelo che reggea due tavole -d'argento scritte in caratteri greci, tavole che recate dal cosentino -Telesforo all'abate Gioacchino furono da lui dottamente interpetrate -e commentate.[635] Tutto questo racconto è un tessuto di errori -cronologici, ed evidentemente apocrifo è il commento alle profezie di -Cirillo, attribuito a Gioacchino. Ma siffatta tradizione mostra come la -letteratura profetica traesse sempre novo alimento dallo scambio d'idee -tra l'Oriente e l'Occidente, che durava tuttora per opera dei frati -calabresi. - -Per tutte queste ragioni ben si comprende come Gioacchino, che cammina -sulle orme dei basiliani, debba fare grandissimo conto della Chiesa -orientale in paragone della romana, nello stesso modo che mette S. -Giovanni, rappresentante secondo lui la Chiesa greca, al di sopra -di S. Pietro, fondatore della romana. E si comprende altresì come -apprezzi lo studio, che i Greci faceano dei libri sacri con maggiore -cura ed assiduità dei preti latini, e del loro metodo d'interpetrazione -allegorica si faccia continuatore. E lodi assai la preferenza data dai -Greci alla vita contemplativa in confronto dell'attiva ed al canto -corale a paragone della semplice lettura, e levi a cielo la vita -faticosa ed aspra, che menano i cenobiti greci di molto superiori ai -molli frati latini.[636] Ma se per questi rispetti tiene la Chiesa -greca superiore alla latina, per altri la stima assai da meno, come -ad esempio per la tolleranza del matrimonio dei preti.[637] E perciò -Gioacchino veste l'abito monacale in un convento di benedettini, non di -basiliani, e da Benedetto fa cominciare il terzo periodo dell'umanità, -non da Basilio. E benchè la dottrina dello Spirito santo insegnata -dalla Chiesa greca rispondesse meglio al suo proposito di attribuire -eguale efficacia alle tre persone, pure la rifiuta, nè soltanto ammette -la doppia processione, ma se ne serve, come vedemmo, per ispiegare -l'anomalia di certi riscontri storici. L'influsso della Chiesa greca in -Calabria se dunque può rendere ragione di alcune parti della dottrina -di Gioacchino, ne lascia inesplicate molte altre. Gioacchino dalle -scuole basiliane potè ben ricavare l'interpetrazione allegorica della -Bibbia, potè sulle orme dei santi basiliani divenire un profeta anche -lui; ma quella ingegnosa filosofia della storia, che sulle tracce del -passato gli fa scoprire le vie del futuro, ei non la trova nè nelle -scuole basiliane, nè nelle bizantine. Nè alcun contemporaneo od eremita -o filosofo o profeta era arrivato sino a questo punto. - -Io son d'avviso, che la dottrina di Gioacchino si connetta strettamente -col Catarismo. Che Gioacchino conosca i Catari è fuori di dubbio. -Dall'esposizione abbiamo già veduto come egli applichi a questi -eretici quel che dice l'_Apocalisse_ dei falsi profeti, che saranno -per precedere la fine del mondo. Ma se rifiuta la parte dommatica -della loro dottrina, se quel loro dualismo gli ripugna, e peggio -ancora quella critica dei dommi cristiani, che fanno sulla scorta -della ragione, e quella loro concezione docetica di Cristo e di -Maria, non pertanto va d'accordo con loro nelle applicazioni etiche. -Quell'ascetismo esagerato, che nega ogni valore alla terra, ed -ogni diritto al corpo; che ingiunge la più rigorosa astensione dal -nutrimento animale, e dichiara colpevole ogni piacere od affetto -terreno; quell'ascetismo che volentieri distoglierebbe gli uomini dalla -procreazione, e vedrebbe con gioja la fine del mondo, non è dubbio che -risponde ai più intimi convincimenti di Gioacchino. Nè hanno tutti i -torti, secondo lui, i Catari di mordere il clero cattolico, che mena -vita intemperante e fastosa, e semprepiù si allontana dall'ideale -ascetico,[638] ed anch'egli, come vedemmo, non risparmia preti e frati, -ed è d'avviso che ormai la corruzione dei cristiani è venuta a tale, da -essere imminente una innovazione radicale nelle pratiche e nei costumi. -I mali estremi sogliono essere il segno di una età che si chiude e di -un'altra che comincia; perchè in quel periodo faticoso di dissoluzione -e di preparazione, pare che sia perduta ogni legge, ed è perduta nel -fatto ma per far posto ad un'altra. E Gioacchino al pari dei Catari -desidera e presente vicina una radicale mutazione non nei dommi o nelle -dottrine, come pretendono essi, bensì nella disciplina e nelle pratiche -del cristianesimo. - -E questa previsione, a cui s'informano tutte le sue opere, ei l'attinge -da quello stesso metodo d'interpetrazione biblica, che solevano così -largamente adoperare gli eretici, la spiegazione allegorica. Certo -per un verso Gioacchino è l'antagonista dei Catari, e se quelli -scoprono ripugnanze e contraddizioni tra i due Testamenti, questi -invece ne dimostra in un libro speciale le armonie. Ma la stessa -opposizione mostra fra loro una certa parentela; e Gioacchino ben -concede che ove si prendano alla lettera i libri sacri, l'opposizione -è innegabile, e secondo lui la concordia nasce solo quando s'intenda -l'antico Testamento non per quello che fu, ma quale anticipazione -del Nuovo.[639] I Catari avrebbero potuto accogliere questa -interpetrazione, e lavorando di allegoria anch'essi trovare non pure -nel Nuovo Testamento, come erano usi, ma anche nel Vecchio i germi -delle loro dottrine. E nel risultato finale agevolmente si sarebbero -trovati d'accordo con Gioacchino, perchè anch'essi si credevano -uomini spirituali di contro a quelli, che tanto tenevano alla lettera -dei due Testamenti; ed anch'essi al battesimo dell'acqua volevano -sostituito quello del fuoco, ed il loro _Consolamentum_ stava appunto -nell'accogliere entro l'anima, pressochè sciolta dai vincoli del corpo, -la pienezza del Santo Spirito. - -Tutti questi riscontri mettono fuor di dubbio la profonda -rassomiglianza tra le dottrine catare e le gioachimite, ed anche -qui troviamo confermata l'ipotesi fatta al principio dei nostri -studii, secondo la quale dal Catarismo per successive restrizioni o -attenuazioni sono provenute tutte le altre eresie medievali. Certo -Gioacchino, che si credeva e dichiarava apertamente cattolico, avrebbe -energicamente protestato contro chi l'avesse messo a pari cogli -eretici; ma di quanto s'allontanino dalle tradizionali le dottrine -gioachimite lo mostreranno nel fatto le sètte, che saranno per -abbracciarle. E che queste nuove eresie si riannodino per occulti fili -alla catara lo prova luminosamente un riscontro storico, che forse -parrà strano ma non è meno evidente. La dottrina dell'abate Gioacchino -ha molti punti di rassomiglianza col Montanismo. I Montanisti si -davano per profeti, nè parlavano se non per ispirazione dello Spirito -Santo. L'uomo, dice Montano, si riferisce al Santo Spirito come la lira -all'arco che ne cava i suoni.[640] Certo v'ebbero profeti e nell'antico -e nel nuovo Testamento, perchè sempre lo Spirito Santo ispirò alcune -anime elette; ma da ora in poi l'azione dello Spirito è continua ed il -profetismo non è più il fiore, bensì la radice della vita religiosa, -nè soltanto i fondatori della nuova dottrina, ma tutti quelli che vi -credono s'hanno a dire uomini spirituali o pneumatici, a differenza -degli altri, che sono soltanto psichici.[641] Codesta nuova profezia -non distrugge la dottrina cristiana, ma la compie e l'integra, perchè -il Paracleto secondo Tertulliano non è institutore, ma restitutore. -Nella natura, sèguita il grande Apologista, è dapprima il seme, poi -la radice, il fusto, i rami, le foglie, le gemme, il fiore, infine il -frutto che per gradi si matura. Così la giustizia umana cominciò dal -temere Dio, quindi per la legge e i profeti venne alla fanciullezza, -di poi per l'evangelio vigoreggiò da giovane, ora per mezzo del -Paracleto arriva alla maturità. Codesta maturità o perfezione sta nel -rinvigorire la disciplina della Chiesa, nel tenere in grande onore la -verginità, sicchè non pure si vietino le seconde nozze, ma benanco -le prime si permettano solo come un male necessario; nel rintuzzare -gli appetiti della carne per mezzo di più severi e frequenti digiuni; -nel rinunziare al mondo e con gioja andare incontro al martirio. -Senza dubbio codesto è un ascetismo rigoroso che mena diritto alla -distruzione del mondo. Nè lo negano i Montanisti, i quali sono pure -chiliasti o millenarii, e credono che noi siamo alla vigilia di quel -gran giorno dell'_Apocalisse_, in cui e terra e cielo andranno a -rifascio, e spenta la vita terrestre dell'uomo, ne comincerà un'altra -celeste ed immortale. Codeste idee riappariscono, di certo modificate -e rielaborate nella _Concordia_ e nel _Commento_ all'_Apocalisse_. -Cosicchè dopo più di mille anni ritornarono le credenze nella fine -del mondo, e rivissero i profeti che l'annunziavano, e riebbe credito -l'ascetismo inteso a diminuire i danni dell'estrema ruina. - -Il Montanismo fiorì nella seconda metà del secondo secolo, quando -ferveano le lotte tra la Gnosi e l'Ortodossia. E benchè tutti i -Montanisti, e principalmente Tertulliano, fossero tra i più fieri -oppositori dei gnostici, pure qualche cosa attinsero dai loro -avversarii. Ammettiamo pure che la dottrina dell'ispirazione profetica -e l'ascetismo intransigente non siano se non esagerazione di dottrine -e precetti schiettamente cristiani; ma difficilmente si può revocare -in dubbio che a cotesta esagerazione abbia contribuito la gnosi. E per -effetto di questo influsso l'ispirazione profetica fu messa al di sopra -della tradizione e dell'autorità, ed una istituzione come quella del -matrimonio, approvata e santificata dalla Chiesa, si disse che solo per -legge, ma non in realtà differiva dal concubinato. - -La stessa relazione che corre tra le sètte del secondo secolo -noi poniamo in quelle del decimosecondo, ed ammettiamo che benchè -Gioacchino fosse costante ed implacabile oppositore dei Catari, non -per questo seppe sottrarsi al loro influsso. Ed anche lui al pari dei -Catari pensava che l'avvenire appartenesse al più rigido ascetismo; e -che fosse d'uopo d'una profonda rinnovazione e sociale e religiosa. -Ed anche lui al pari dei Catari non temeva di affermare che codesta -rinnovazione in confronto della Chiesa dominante fosse come la carne -in paragone dello spirito. Si può dunque ben dire che rinnovatosi dopo -dieci secoli lo Gnosticismo, si dovea puranco rinnovare il Montanismo. -La storia certo non si ripete monotonamente, e grandi differenze -vi scopre chi vi guardi ben addentro; ma nei periodi più lontani e -disparati dominano pure le stesse leggi, che derivano da ciò che v'ha -di permanente nello spirito umano. - - - - -CAPITOLO II - -AMORICO DI BENA ED IL MOVIMENTO FRANCESCANO - - -I - -La fama di Gioacchino par che non tardasse a diffondersi fuori -d'Italia, e già dicemmo che il re d'Inghilterra e l'abate di Perseigne -nel loro viaggio in Italia vollero conoscere di persona quest'uomo -misterioso, che tanto facea parlar di sè. Nè parrà strano che l'eco -delle sue idee si ripercuotesse in Francia, ove i discepoli di Amorico -di Bena le accolsero per innestarle alle loro dottrine filosofiche. -Il Rousselot crede che l'innesto si debba ad Amorico stesso.[642] -Nè certo la cronologia porrebbe inciampo a codesta opinione, perchè -sebbene le opere dell'abate Gioacchino siano state pubblicate intorno -al 1200, e non molto più tardi quelle di Amorico, che venner condannate -dall'Università parigina nel 1204,[643] pure dopo questo tempo Amorico -andò a Roma per appellarsi dalla sentenza dell'Università, e nulla -vieta che a Roma sapesse qualche cosa delle dottrine di Gioacchino, -come nove anni prima era occorso all'abate di Perseigne. Nè sarebbe -temerità il supporre che a tergere la sua dottrina da ogni macchia, -ne mostrasse l'accordo con quella di un santo uomo, fondatore di un -ordine religioso, e tenuto dalla S. Sede in grande venerazione. Questa -prova in verità non avrebbe fruttato, perchè il Papa ribadì la condanna -dell'Università, ed Amorico, tornato a Parigi, fu costretto nel 1207 a -ricredersi pubblicamente, e ne morì, come dicevasi, dal dolore;[644] ma -ciò non toglie che la prova, pur non giovando alla causa del filosofo, -avrebbe contribuito non poco al successo della dottrina. - -Non ostante questi nuovi argomenti da me addotti, io non saprei -accettare l'opinione del Rousselot, perchè le più antiche fonti -attribuiscono la teoria dei tre stati non ad Amorico stesso, nè a -Davide di Dinan, bensì ai loro discepoli.[645] Quando dunque sia nato -siffatto innesto del razionalismo filosofico col misticismo religioso, -mal si saprebbe dire; ma quando sia nato, o a chiunque appartenga, è -certo meritevole di studio. - -La filosofia di Amorico di Bena rinnova il realismo di Scoto Erigena -con colorito più spiccatamente panteistico. Amorico, al pari di Scoto, -move dalla dottrina delle idee mediane tra il mondo e Dio, rispetto -a quelle creatrici, rispetto a questo create. E come le idee eterne -e la mente divina, che le pensa, sono in fondo la stessa cosa, così -parimenti si confonderanno in uno le idee creatrici e gli effetti che -da loro promanano. E così tutte le cose si unificheranno in Dio, e -tutte avranno la stessa natura, come della stessa natura sono Abramo -ed Isacco. Onde si può ben dire che tutte le cose tornano ad una, e -tutte sono Dio, imperocchè Dio è l'essenza di tutte le creature. Ed a -quel modo che la luce non si vede in sè stessa, ma nell'aere, così Dio -nè dagli uomini nè dagli angeli può essere veduto in sè stesso, bensì -nelle sue creature.[646] - -La stessa dottrina venne insegnata dal discepolo di Amorico, Davide di -Dinan. Se non che pare che il discepolo si giovasse a preferenza di -concetti aristotelici, laddove il maestro più volentieri adoperava i -platonici. S. Tommaso ci dice che Davide soleva dividere le cose (il -mondo) in tre parti, corpi, anime e sostanze eterne separate. L'entità -indivisibile, onde sono formati i corpi la diceva ile o materia prima; -l'entità indivisibile, o sostrato delle anime la chiamava nous o mente; -l'entità indivisibile delle sostanze eterne, Dio. E come tutte e tre -queste entità sono prime ed indivisibili, vale a dire hanno gli stessi -attributi, è pur gioco forza che in fondo sieno la stessa entità. -Dal che consegue che tutte le cose nell'essenza loro si riducono ad -uno.[647] - -Da questa dottrina metafisica potevano ricavarsi conseguenze -arditissime. Due sole ci vengono ricordate da Martino Polono. La -prima, riguarda la distinzione dei sessi, la quale al pari di tutte le -differenze, che separano cose da cose, sarebbe affatto provvisoria. Un -tempo siffatta tenzone dei due sessi non esisteva, cominciò soltanto -dal peccato di Adamo, e dopo la resurrezione si tornerà all'unità -primitiva.[648] Con queste sentenze, il cui senso appena si coglie, -e che certo ricordano i miti dell'androgino del _Convito_, forse -si connette l'entusiasmo per l'amore, per quella forza arcana e -misteriosa, che riduce gli esseri diversi all'unità della loro natura. -Certo questa seconda conseguenza traevano gli Almariciani dal loro -panteismo, che allorquando la forza d'amore investe gli uomini, vince -le loro volontà, e rende le loro azioni inimputabili.[649] - -A queste teorie filosofiche Amorico avea già saputo dare un colore -ed espressione religiosa. Ei soleva dire, secondo la testimonianza -di Guglielmo Armorico riprodotta da Vincenzo di Beauvais, che il -primo domma da essere insegnato e creduto è questo: ogni cristiano -essere membro di Cristo, e non potere salvarsi alcuno, che non creda -in questo domma più fermamente della incarnazione o passione di -Gesù.[650] Così pure ammetteva bene che il corpo di Cristo fosse nel -sacro pane, perchè parimenti è in ogni pane, ed in ogni cosa.[651] In -altre parole ei sapeva col magistero dell'allegoria torcere i dommi -tradizionali a quei significati, che la sua filosofia richiedeva. -Questa libertà d'interpetrazione, questa tendenza alla spiegazione -allegorica, è appunto il tratto che raccosta l'abate calabrese al -filosofo di Chartres. E certo se non Amorico, almeno i suoi discepoli -non dubitano di accogliere la teoria dei tre stati. Ed anche essi -pensano che al tempo della legge mosaica, quando così aperto era il -contrasto tra Dio e l'uomo, non si conosceva la verità, ovvero il -monismo nella loro filosofia insegnato. Nel secondo periodo, in cui -Gesù è considerato come l'Uomo-Dio, la verità comincia a rivelarsi, ma -in forma di simboli, e l'unificazione di Dio coll'uomo è rappresentata -come se avesse avuto luogo una volta sola, e per virtù soprannaturale. -Nel terzo periodo poi la verità è svelata pienamente, in Gesù si vede -raffigurata tutta l'umanità, e ciò che si dice dell'uomo deve dirsi -della natura intera, che è tutt'uno con Dio.[652] Nel primo periodo -domina il Padre, senza l'intervento del Figliolo o dello Spirito.[653] -Nel secondo domina il Figliolo, che assunse carne in Maria non certo -nel senso che l'intende la tradizione, bensì a quel modo che si -può dire anche del Padre essersi incarnato in Abramo, il primo dei -patriarchi, o il rappresentante di Jeova. Nel terzo infine domina lo -Spirito Santo il quale s'incarna, anche lui non più in un uomo solo, -ma in tutti i membri della nuova religione.[654] E come alla venuta -del figliolo cessò il regno del Padre, e fu abolita la circoncisione, -e ci affrancammo dalla schiavitù della legge mosaica; così alla -venuta dello Spirito cesserà il regno del Figliolo, ed i dommi ed -i precetti della nuova legge cadranno al pari dell'antica.[655] Non -che cesseranno i sacramenti, ma s'intenderanno nel loro vero spirito. -Abbiamo già citata la trasformazione razionalistica dell'Eucaristia. -Parimenti è trasformato il domma della risurrezione dei morti, la -quale intesa alla lettera non si può ammettere, ma bensì nel senso -allegorico di un ridestarsi dello spirito della verità dal lungo sonno -che l'opprimeva.[656] Parimenti l'Inferno non è altro se non il peccato -mortale stesso, che è come un dente guasto nella bocca, e il Paradiso -lo porta con sè chiunque arrivi alla cognizione filosofica di Dio.[657] -Seguendo questo spirito razionalistico non fa certo maraviglia che -abbiano condannato anch'essi quegli usi e quelle cerimonie del culto -esteriore, che vedemmo proscritti dai Catari e dai Valdesi. Così pare -che abbiano condannato il battesimo dei bambini,[658] il culto delle -imagini, l'adorazione dei santi, la venerazione delle reliquie,[659] -e la confessione e la comunione l'intendevano come una interna -rinnovazione della coscienza religiosa, prodotta dalla grazia dello -Spirito Santo, senza il soccorso di opere o cerimonie esteriori.[660] - -Ben si vede come gli Almariciani andassero molto più in là dell'abate -calabrese, o di qualunque setta religiosa. Ciò non pertanto al pari di -Gioacchino la pretendeano a profeti, e sapeano predire anche loro che -tra cinque anni sarebbero toccate al mondo quattro piaghe. La prima -è la fame, di cui sarebbe morto il popolo, la seconda è la guerra che -avrebbe fatta strage dei principi, la terza un terremoto che avrebbe -fatto inghiottire i Burgensi dalla terra squarciatasi sotto i loro -piedi, la quarta, il fuoco che avrebbe divorato i prelati, che sono -le membra dell'Anticristo, e Roma, la nova Babilonia, che ne è il lor -capo. Allora saranno unificati tutti i regni in un solo, ed il capo di -questa nova società, informata dall'amore dello spirito, sarà Filippo -Augusto, il re di Francia.[661] - -Ma non ostante codeste rassomiglianze la dottrina degli Almariciani -e quella dell'abate Gioacchino sono agli antipodi, e l'innesto del -razionalismo filosofico col misticismo, del quale facemmo parola, dovea -riescire piuttosto ad una meccanica mescolanza che ad un concrescimento -organico. Imperocchè tra il monismo neoplatonico e la dottrina di -Gioacchino, che rasentava il triteismo, non poteva aver luogo nessuna -conciliazione. E se i due novatori si servivano dell'allegoria per -accomodare alle loro idee i sacri testi, certo le idee loro erano -affatto disformi; perchè nel mentre Amorico metteva la scienza al -di sopra della fede, e confidava che la religione in avvenire fosse -assorbita nella filosofia, Gioacchino al contrario faceva pochissimo -conto della scienza, e credeva che, non solo nel presente, ma più -ancora nell'avvenire, la religione avrebbe scacciata dal sacro tempio -la filosofia. Pari all'opposizione tra le dottrine è la disformità -dell'indirizzo pratico. Perchè la mèta dell'umanità secondo Amorico è -vivere la vita della natura, di cui l'uomo non è che una piccola parte; -la mèta secondo Gioacchino è tutt'altra, staccarsi più di quel che non -si faccia ora, dalla natura e raccogliersi nelle austere solitudini -dello spirito. L'ideale di Amorico è la riaffermazione del mondo, -l'ideale di Gioacchino invece ne è la piena ed imminente distruzione. -Non è la prima volta nè sarà l'ultima che una dottrina filosofica tolga -in prestito una forma religiosa, che non le appartiene. Talvolta è -codesto l'unico mezzo per assicurare l'avvenire della dottrina. - - -II - -I veri interpetri del pensiero di Gioacchino non furono i fratelli del -libero spirito, bensì i frati minori, che nel silenzio delle loro celle -ne studiarono e commentarono i libri e formarono una scuola, detta -gioachimita o gioachita, e crearono una completa letteratura profetica, -e pseudonoma. Sarebbe interessante lo studio di questa letteratura, in -parte già pubblicata nel secolo decimosesto, ed in parte sepolta nella -polvere delle nostre biblioteche. Ma pel nostro compito la notizia, che -ne demmo nel parlare delle opere di Gioacchino è più che bastevole. -Ci restringeremo a studiare le idee direttive dei Gioachimiti, ed -il modo come germogliarono tra le lotte del sodalizio francescano. -Giace tuttora inedito nelle nostre biblioteche un antico racconto -dei dissidii francescani, che va sotto il nome di _Cronaca delle -Tribolazioni_.[662] Si conserva una redazione in latino, ed un'altra -in italiano, ma entrambe evidentemente sono composte di frammenti di -cronache più antiche, legate insieme col manifesto disegno di mostrare -non pure la successione cronologica, ma l'intima connessione delle -lotte, che ebbe a durare una parte dei francescani.[663] In codesto -centone, come nei _Fioretti di S. Francesco_, composti nello stesso -modo e collo stesso intendimento se non col medesimo disegno, gli -errori storici e cronologici spesseggiano. Nè certo l'anonima _Cronaca -delle Tribolazioni_ può stare a petto di quella fonte preziosa, che è -il Salimbene, gioachimita anche lui, ma temperato, e narratore ingenuo -dei fatti accaduti sotto i suoi occhi. Ma non ostante questi gravi -difetti nè la Cronaca nè i _Fioretti_ perdono la loro importanza, e -debbono essere posti da banda, come crede l'Affò.[664] Tutte e due -valgono, e la _Cronaca_ a parer mio più dei _Fioretti_, essendo il -primo saggio di una ricostruzione della storia dell'ordine da S. -Francesco ad Ubertino da Casale. Certo codesta ricostruzione, fatta con -intendimento polemico in servigio d'un partito, non ha nè può avere -grande esattezza e schiettezza storica, ma come manifestazione delle -idee e dei sentimenti di quel partito, è certo un documento prezioso. E -tale la reputava il Wadding, che se ne giovò più di quel che dovesse. -Il cronista conta sei tribolazioni, alle quali bisogna aggiungere per -settima quella che ei stesso soffre e di cui crede più prudente tacere. -Secondo codesta partizione della storia francescana si possono bene -agguagliare le tribolazioni francescane alle sette piaghe d'Egitto, -alle calamità predette nell'_Apocalisse_. E da siffatto riscontro il -pio cronista può ben trarre la speranza che la settima tribolazione sia -l'ultima, nè si faccia aspettare il giorno del trionfo; ma perchè il -numero torni deve mettere la prima tribolazione negli ultimi anni di S. -Francesco, il che difficilmente si può ammettere da chi studii le più -antiche fonti, come ci faremo a dimostrare. - -Il Santo d'Assisi nel fondare un nuovo ordine religioso, ebbe in -mente idee più larghe e più feconde dell'Abate di Fiore. Ei ben vide -che il miglior mezzo a combattere gli eretici era quello d'imitarli -nei costumi, e sulle loro orme far getto della propria fortuna, -vestire ruvidi panni, e andar raminghi di città in città, predicando -dappertutto la buona novella. Anche Francesco al pari di Valdez -apparteneva ad un'agiata famiglia, e menava parimenti una vita frivola -e spensierata; ma anche lui, tocco dalle parole del Vangelo, si tolse -in un punto agli agi ed ai piaceri, e abbandonati amici e parenti, -cacciossi animoso nell'ingrata via dell'apostolato.[665] E dappertutto -predicava la sola via della salute essere la povertà, perchè chi non sa -spogliarsi delle ricchezze, nè vende il suo per distribuirlo ai poveri, -non è penetrato da quell'amore del prossimo, che Cristo mette a capo -della sua legge.[666] La povertà volontaria era per Francesco come pel -Valdez la fonte delle virtù, un ideale di sagrifizio e di generosità, -che scaldava il cuore e commovea la fantasia.[667] Nè gli parea di -averlo mai conseguito codesto ideale, al quale sempre si volgeva con -novello ardore. Nulla hai a possedere, neanco il mantello che porti -indosso; una rozza tonaca basta, e se logora, tanto meglio; sarà prova -di umiltà rattopparla con tela da sacco, come l'ultimo mendico della -via.[668] - -L'umiltà è un altro tratto che compie l'ideale della vita mendica. S. -Francesco non è nè un cinico, nè uno stoico, odia le ricchezze, ma non -disprezza i ricchi, nè li tiene da meno di sè. Abborrisce le mollezze -e gli agi, indura il suo corpo alle fatiche, ma non sente l'orgoglio -di chi sapendo di bastare a sè medesimo, sfida superbamente i colpi -della fortuna. Questa fiera coscienza di sè medesimo e del proprio -valore sarebbe troppo ripugnante alle massime cristiane, che rintuzzano -l'orgoglio inspirando una salutare diffidenza delle proprie forze. E -conforme a questa massima raccomanda ai suoi fratelli l'umiltà, insiste -perchè secondo il precetto evangelico cedano alla violenza, nè ammette -che l'uno si faccia o si tenga superiore dell'altro. Non ci debbono -essere priori nel nuovo sodalizio, ma ministri, servi della comunità, -scelti democraticamente col suffragio di tutti, e revocabili.[669] -Anche i Valdesi in opposizione al fasto del clero secolare avean -levata la bandiera dell'umiltà, nè solo poveri, ma umiliati si solevan -chiamare. E in prova d'umiltà curvavan la fronte, e stendeano la mano -elemosinando. S. Francesco non esclude il precetto dei benedettini, -adottato dai Catari, che debbasi procacciare il vitto col lavoro delle -proprie mani;[670] ma ove non basti, anche lui raccomanda ed esalta -l'accattare di casa in casa.[671] - -Questo spirito di sagrifizio e di umiltà dovea eliminare le lotte tra -gli uomini, che non avrebbero potuto avere luogo nè per rivendicare -i diritti, nè per respingere le offese. Ed il regno di Dio sarebbe -finalmente stabilito, e la legge dell'amore avrebbe avuta la sua piena -attuazione. S. Francesco non poteva comprendere la grande efficacia -morale della lotta pel diritto, egli avea sortita una natura così larga -ed espansiva da comprendere nell'amor suo non pure gli uomini, ma gli -esseri tutti, che ei chiama fratelli a cominciare dal sole cui volge -un canto,[672] agli agnelli, che riscatta dal macello, ai lupi che -ammansisce col fascino della parola. Pochi uomini si conoscono nella -storia così riboccanti d'affetto, come il Santo d'Assisi, che a mal -grado le sue ripugnanze stende la mano ai lebbrosi, diventa l'amico ed -il compagno dei poveri e degli abbietti, e si stima felice se possa col -danno suo soccorrere alle altrui miserie.[673] Il sacrificio era per -lui più che un obbligo morale, un bisogno del cuore e tale desiderava -che diventasse pei suoi fidi, sicchè non si desse contrasto nel loro -animo, e il loro dovere si confondesse coll'amor loro, e dell'interna -serenità fosse specchio il volto sempre ilare e composto.[674] - -Ma se il francescano a differenza del valdese non dovea atteggiare -il suo volto a mestizia, non per questo la sua vita era men dura -e faticosa. Ei non si dovea chiudere, come l'antico anacoreta nel -silenzio del cenobio e assorbirsi nella contemplazione. I tempi non -consentivano più questi ozii speculativi, e facea d'uopo operare -energicamente, incessantemente per riguadagnare l'affetto dei popoli. -E se gli eretici sull'esempio degli apostoli non perdonavano a fatiche -e disagi per diffondere la loro fede, certo non si poteva far da meno -di loro. Per queste ragioni, benchè l'istituto della predicazione -non fosse proprio dei francescani, ma dell'altro sodalizio istituito -nello stesso torno da S. Domenico, pure non era estraneo neanche a -loro.[675] Chè anzi i francescani si possono ben dire i frati vaganti. -La necessità di accattare la vita li facea andare di porta in porta, -di borgata in borgata; oltrechè la loro stessa regola non consentiva -riposo, chè alla santa milizia facea d'uopo mutar guarnigione soventi, -per non poltrire nell'immobilità, come era uso dei cenobiti. A -questo fine Francesco raccomanda ai suoi compagni di andare due a due -pellegrini pel mondo a piedi nudi.[676] Non si vincono le battaglie -senza indurare il soldato alle marce faticose, ed il milite di Cristo, -come il legionario di Cesare, non ha da conoscere stanchezza. - -Queste erano le ardite innovazioni che Francesco portava alla vita -cenobitica, e quanto ei ben s'apponesse lo mostrarono i fatti; chè -nessuno istituto religioso si è mai diffuso con tanta rapidità, come -il francescano. Parevan tornati i tempi degli antichi apostoli, e -come allora si fondava una chiesa dopo l'altra, così ora a convento -s'aggiungeva convento, e ben presto il novo sodalizio si sparse per -tutto l'orbe. Ma senza dubbio la regola di S. Francesco era tale, -che nessun uomo poteva adattarvisi senza restarne schiacciato dal -grave peso. Innocenzo III, che pure avea approvato l'istituto di -Durando di Osca, non sapeva dare la sua sanzione alla regola di S. -Francesco, informata ad un ideale di povertà ed umiltà mal rispondente -agli splendori ed alle smodate pretensioni della Corte romana.[677] -Certo non potea respingere queste nuove forze, che gli venivano -inaspettatamente in ajuto per combattere l'eresia, nè si può dubitare -che benedicesse il mendico d'Assisi, senza vietargli di seguitare -nell'opera sua; ma non smise mai i suoi dubbî sulla regola, che a lui -pareva non facesse il debito conto dei reali bisogni e tendenze della -natura umana, nè volle concedere una bolla d'approvazione.[678] Non -smise per questo S. Francesco, ma il disegno presentato ad Innocenzo -colorì nei suoi particolari, e le sue idee giustificò con ragionamenti -e citazioni bibliche. E questa nova regola molti anni dopo presentò -al successore d'Innocenzo Onorio III, e ne ottenne finalmente la -desiderata sanzione con bolla del 1223.[679] Se non che l'approvazione -del papa non rimoveva le difficoltà, e il santo non se le dissimulava. -Pare anzi temesse non poco che morto lui sarebbero nate dispute -e commenti sulla regola, per trarne un senso ben lontano dai suoi -intendimenti. Talchè credette bene restringerla in brevi e succosi -capitoli[680] e con solenne testamento raccomandò ai suoi fratelli, -che codesta regola dovessero mandare a mente, codesta osservare alla -lettera, vietando recisamente qualunque commento, che sotto pretesto -d'interpetrarla, l'avrebbe distrutta.[681] Queste inquietezze di S. -Francesco, attestate da documenti autentici, rendono molto probabile -il sospetto che tra i compagni stessi del Patriarca non mancasse chi -la pensava al modo d'Innocenzo, e credendo la regola molto rigida fosse -ben disposto a tollerarne qualche attenuazione. - -Ma questi discorsi erano forse segno di un'aperta opposizione alle -idee del Patriarca? Parrebbe certo se s'avesse a prestar fede alla -_Cronaca delle Tribolazioni_, che ci narra di violente dispute tra S. -Francesco e frate Elia, il quale mal tollerando la pubblicazione della -regola succinta, alla testa di molti frati si sarebbe presentato a S. -Francesco, come un tempo gli Ebrei a Mosè. E d'altro canto il nuovo -legislatore, scendendo anche lui dal monte come l'antico, avrebbe -rinfacciati i protervi suoi compagni, ben ribadendo che alla regola, -datagli direttamente da Dio, tutti fosser tenuti di prestare cieca ed -intera obbedienza.[682] E d'accordo con questo racconto la cronaca -narra ancora, che S. Francesco, stanco forse di combattere contro -l'ostinatezza dei frati, si ritirò sdegnoso dal governo dell'ordine, -lasciando pure che fosse assunto dal suo oppositore Elia.[683] Se -non che codesta narrazione, ripetuta dal Wadding, è falsa di pianta, -come ben dimostra l'Affò.[684] Perchè le fonti più antiche, come -la Vita di Tommaso da Celano, non solo non dicono nulla di codesta -opposizione tra Francesco ed Elia; ma ci parlano per lo contrario del -loro vicendevole affetto, talchè il Patriarca solo per non dispiacere -all'amico suo, acconsentì ad aversi riguardi nell'ultima e mortale -malattia.[685] E ponendo mente alla grande venerazione in cui i -frati tenevano il fondatore del loro ordine, non par verisimile che -scegliessero a farne le veci chi sarebbe stato a capo degli oppositori. -È molto più probabile invece che Francesco, premuto dai molti mali che -avean logorata la sua fibra, nè più gli consentivano le aspre fatiche -dell'apostolato, avesse chiesto e forse scelto lui stesso come suo -vicario prima fra Pietro, e alla morte di costui Elia, uomini di sua -fiducia.[686] Che invece d'Elia avesse indicato a suo successore fra -Bernardo raccontano concordemente e la _Cronaca delle Tribolazioni_ e -i _Fioretti di S. Francesco_.[687] Ma codesto racconto, foggiato sul -biblico del patriarca Giacobbe, non è più vero dei precedenti, perchè -della pietà di Elia, e delle cure che prestò al suo venerato maestro -abbiamo un documento autentico, la lettera che egli stesso scrisse ai -ministri e frati della provincia annunziando la morte di lui.[688] -È certo altresì, che mancato Francesco non Bernardo, ma Elia resse -l'ordine francescano seguitando nel suo ufficio di vicario. Possiamo -dunque conchiudere che finchè visse S. Francesco, e nei primi anni dopo -la morte di lui, non scoppiarono le discordie nel nuovo sodalizio. Gli -animi e le menti occupava un sol pensiero, rendere onore alla memoria -del fondatore, la cui vita fu un lungo e non interrotto sagrifizio, -e la cui parola infocata sonava sempre pace e carità. E forse per -attendere indisturbato a codeste onoranze, ed alla costruzione -del tempio, che per ordine di Gregorio IX si doveva innalzare al -santo mendico, il Vicario di S. Francesco non volle succedergli nel -generalato, e in luogo suo venne scelto Giovanni Parenti.[689] - - -III - -Ma i dissidii, soffocati dall'autorevole parola del fondatore, morto -lui non tardarono a scoppiare. E ben presto si formarono due partiti -nel nuovo sodalizio, l'intransigente che volea rispettata la regola -alla lettera, il moderato che sosteneva s'avesse a interpetrare meno -rigidamente. Era inevitabile che i due partiti sorgessero non per colpa -o volontà degli uomini, ma per necessità delle cose. Imperocchè da una -parte la regola, data per inspirazione divina e confermata dal Papa, -si dovea osservare scrupolosamente, nè era lecito apportarvi glossa -o commenti, senza violare il testamento del santo fondatore; talchè -temperare la regola sarebbe stato lo stesso che snaturare l'ordine -togliendogli quel carattere, che lo distingueva da tutti gli altri, e -a cui doveva le sue prodigiose fortune. Ma d'altra parte codesta regola -era così rigida e severa, che ben pochi vi si potevano adattare; e più -l'ordine s'ingrossava, e più cresceva il numero dei tepidi osservatori; -oltrechè la povertà rigorosa, l'umiltà a tutta prova formavano di certo -un alto ideale religioso, ma nella lotta contro il clero secolare e gli -altri ordini frateschi, valeva ben poco ad assicurare la vittoria. Se i -frati predicatori fondavano dappertutto nuove case, e collo splendore -delle costruzioni abbagliavano le masse, i francescani non doveano -essere da meno di loro. Se quelli per sostituire il clero secolare -e nei pergami e nelle cattedre coltivavano ardentemente gli studii, -non era lecito ai francescani di trascurarli. Se i predicatori non -solo accettavano, ma sollecitavano dalla Curia onori e dignità, ai -francescani, per non scapitare in prestigio, non conveniva di ritrarsi -indietro. Questi bisogni ben comprese frate Elia, il quale innamorato -dell'arte avea fatto costruire in onore del santo mendico uno dei più -splendidi monumenti della rinata architettura;[690] cultore dei buoni -studii ne volea promosso l'amore nel nuovo sodalizio;[691] scaltro -conoscitore degli uomini non schivava i potenti ma ben presto avea -saputo entrare nelle grazie del Papa e dell'Imperatore.[692] Intorno -a quest'uomo più pratico che mistico si strinsero quanti volevano -interpetrata la regola in modo da non impedire il moto d'espansione -del nuovo sodalizio. Ed il partito s'ingrossò siffattamente che levò -di seggio il generale Parenti per sostituirvi lui, già stato vicario -di S. Francesco, e tenuto da tutti in gran concetto _per la preclara -scientia, e singulare prudentia_, come dice la stessa _Cronaca delle -Tribolazioni_. - -Che il novo generale sentisse altamente del suo ufficio, nè in dignità -si credesse da meno di altri, lo dice il Salimbene, che narra questo -aneddoto, del quale egli stesso fu testimone, che venuto il potestà di -Parma per far visita al generale francescano, questi non si mosse dal -suo posto, nè rispose come dovea al saluto dell'ospite cortese.[693] -Il Salimbene, appartenente al partito opposto a frate Elia, non è -certo una fonte da accogliere a chiusi occhi, come vuole l'Affò. -Nè mi meraviglierei che e nel fatto che narra e nel giudizio che fa -dell'alterigia di frate Elia il cronista fosse poco esatto, ma questo è -fuor di dubbio, che il nuovo generale voleva che l'autorità sua fosse -tenuta in grande rispetto; nè tollerava che altri ridicesse sui suoi -disegni, o ricalcitrasse ai suoi ordini. Un documento riportato dal -Wadding lo prova. È una lettera del generale al Papa per chiedergli -mano forte contro i frati ribelli alla disciplina, e principalmente -contro alcuni compagni di S. Francesco, che forti dell'autorità e del -prestigio del loro nome, non dubitavano di levare alto la voce contro -le novità di frate Elia, e la mite interpetrazione della regola.[694] -Senza il presidio del Papa sarebbe stato pericoloso colpire uomini -tanto autorevoli; ma ottenuta la chiesta licenza, il generale agì -vigorosamente, ed i più riottosi rinchiuse in prigione, altri mandò -in provincie lontane; i ministri a lui men ligi rimosse sostituendoli -con creature sue,[695] altri acconsentì che restassero a patto di -dichiararsegli ligii.[696] Fatti ancor più gravi vengono narrati. -La _Cronaca delle Tribolazioni_ racconta di un fra Cesario da Spira -colpito a morte, mentre fuggiva dalla prigione ove era stato rinchiuso, -non che di S. Antonio imprigionato anche lui e battuto a verghe.[697] -Ma di codesti fatti il Salimbene non sa nulla, ed è ben probabile, come -crede l'Affò, che sieno stati inventati posteriormente. - -Certo è, che il generale governava con mano di ferro la travagliata -società, e correva diritto alla sua mèta senza lasciarsi sviare da -rimostranze. E per togliere ogni ragione al partito intransigente, -chiese ed ottenne dal Papa una interpetrazione della regola, che -rispettasse la lettera sacrificandone lo spirito. Gioverà riassumere -le modificazioni ordinate da Gregorio IX. Il primo temperamento si -riferisce al divieto di possedere ed acquistare. I frati possono nei -casi di bisogno comprare quello che occorra, purchè non trattino -direttamente col venditore, bensì con un rappresentante o nuncio. -Codesto nuncio può ancora essere scelto da loro, ma resta pur sempre -rappresentante non di quelli che l'hanno nominato e presentato, bensì -delle persone a cui lo presentano. In un solo caso l'artificio è -lasciato da parte, quando cioè il nuncio sconosca i bisogni dei frati o -ne manometta i diritti, chè in tale congiuntura i frati hanno facoltà -di agire contro l'infido amministratore, riconoscendolo per tal guisa -come loro rappresentante. Anche oggi le associazioni religiose, che -perdettero la personalità giuridica, adottano l'espediente di farsi -rappresentare da un privato, che in nome suo acquisti, venda, accetti -le donazioni e somiglianti. Se non che oggi contro il rappresentante -infido le associazioni non hanno azione alcuna, perchè lo Stato non -può riconoscere quel patto, che non aveano facoltà di stringere; ma -nel secolo decimoterzo le cose andavano diversamente, ed i francescani -poteano godere tutti i vantaggi della rappresentanza senza temerne i -danni. I legali della Curia la sapean lunga![698] - -Un altro temperamento era questo. La regola proibiva severamente la -rivendicazione dei proprii diritti. Se altri ti porta via il mantello, -cediglielo volentieri. Se poteri pubblici o privati vi scacciano dalle -vostre case, non procurate di restarvi. E se s'impadroniscono delle -suppellettili vostre, non gli resistete; perchè nulla appartiene nè -a voi nè alla comunità; nè sta a voi di decidere chi sia il padrone -vero. Queste disposizioni, che tirate a fil di logica dal precetto -della povertà assoluta, mettevano il nuovo sodalizio in balìa del -primo venuto, furono ingegnosamente attenuate da Gregorio. In luogo dei -frati, ei dice che non possono possedere, sottentra la Santa Sede, alla -quale spetta la proprietà delle case e masserizie fratesche. Questa poi -ne cede l'uso ai sodalizii a patto che non la sperperino, e la facciano -rispettare. Altra finzione giuridica che fece fortuna e venne dipoi più -nettamente formulata da Innocenzo IV.[699] - -Codesta novità, ed il rigido governo di Elia esacerbava il partito -intransigente[700] che ogni giorno più s'ingrossava degli scontenti -di qualunque specie. Fra costoro primeggiavano, al dir di Salimbene, -i frati di messa, i quali mal tolleravano che crescesse il numero dei -colleghi laici, e peggio ancora che fussero messi a pari di loro, che -si tenevano di molto superiori. Ma il generale tenne duro, e nel giro -di pochi anni accolse tanti laici che superavano in qualche casa i -chierici, e conferì loro pari diritti ed onori, e taluni levò anche -al grado di ministri.[701] Così si mostrava osservante della regola, -innanzi alla quale tutti i membri del sodalizio eran pari,[702] e nello -stesso tempo ingrossava il suo partito. - -Ma non ostante queste provvide misure l'opposizione non era fiaccata, -e semprepiù violente si faceano le accuse contro il generale. Lo -s'attaccava ormai non pure nel governo dell'ordine, ma nel carattere -e nel costume rappresentandolo come superbo, disdegnoso di vivere e -mangiare in comune coi frati, amante delle buone vivande e della vita -molle e voluttuosa. Gli si rimproverava di non visitare personalmente -le case dell'ordine, e se mai non a piedi, ma su ben pasciuti cavalli; -di non convocare il capitolo generale per tema che i ministri -oltramontani lo sbalzassero di seggio; nel mentre era novamente -sentito il bisogno di una costituzione generale che ponesse freno -agli abusi.[703] È ben difficile separare in queste accuse il vero -da ciò che v'aggiunge lo spirito di parte; e non è chiaro il perchè -v'abbia prestata fede Gregorio IX, un tempo amico e protettore di frate -Elia. Che il Papa trovasse giuste le accuse del partito intransigente -non è credibile, perchè egli stesso dette licenza ad Elia di punire -i riottosi, e pubblicò una bolla per interpetrare la regola in un -senso assai temperato. Io credo probabile che il Papa la rompesse col -generale francescano per motivi politici. Già dicemmo che costui era -egualmente accetto ed a Gregorio e a Federigo, e Salimbene ci dice -che spesso faceva da mediatore tra l'uno e l'altro. Forse in questi -negoziati ei si mostrò più favorevole alla causa imperiale. Uomo -pratico e moderato avrà fatte le sue osservazioni sull'intemperanze -della Curia, nè v'era bisogno d'altro per cadere in disgrazia del -Papa.[704] - -Per codeste ragioni Gregorio la dette vinta al partito intransigente, -nè solo depose il mal capitato generale, ma fattolo espellere -dall'ordine, lo scomunicò solennemente. E certo gli sarebbe incolto -peggio se Federigo non l'avesse tolto sotto la sua protezione. -All'accorto imperatore, accusato di eresia, tornava di gran giovamento -avere dalla sua il compagno di S. Francesco, che pochi anni innanzi -era tenuto in grande rispetto dallo stesso Papa.[705] E dell'opera -dell'ex francescano Federigo ebbe grandemente a lodarsi, talchè gli -affidò una delicata missione presso l'imperatore di Costantinopoli, -come si rileva da una lettera imperiale al re di Cipro.[706] Così per -tutto il resto della sua vita frate Elia si tenne stretto al partito -imperiale, nè è ben certo che si sia ricreduto sul letto di morte.[707] -L'appoggio prestato dall'Imperatore al capo dei moderati francescani è -senza dubbio una delle ragioni che mossero gl'intransigenti a giurargli -quell'odio implacabile, che traspare dalla Cronaca del Salimbene. I -rigoristi non avevano certo a lodarsi del Papa,[708] e coll'Imperatore -che voleva restituire la Chiesa alla povertà gloriosa dei primi -secoli,[709] avrebbero dovuto andar d'accordo, come fecero più tardi -con Ludovico il Bavaro. Ma l'opposizione ascetica non era ancor matura -per fondersi colla ghibellina. Gl'intransigenti francescani sebbene -aspreggiati dal Papa, si davano per i campioni più risoluti della -Chiesa, nè Federico fece un passo per amicarseli, chè anzi accolse -nel suo consiglio il capo del partito opposto. Non occorreva altro -perchè agli occhi di quegli esaltati apparisse come l'Anticristo, -preannunziato dall'_Apocalisse_.[710] - - -IV - -Dopo la caduta di frate Elia il partito intransigente riprese vigore, -e i due generali che l'un dopo l'altro gli successero, frate Alberto -pisano, e frate Aimone inglese, forse vi appartenevano.[711] L'ultimo -scrisse un Commento ad Isaia senza dubbio sul gusto di quello -attribuito a Gioacchino, stante che gl'intransigenti abbracciavano -con fervore le idee dell'abate calabrese, e per distinguersi dai -loro avversarii volentieri si davano il nome di Gioachiti.[712] Quale -affinità corresse tra le dottrine del Florense e le francescane non è -difficile scoprire. Gioacchino avea predetto che al secondo periodo, -ovvero al regno del clero secolare sarebbe succeduto il terzo periodo, -vale a dire il regno dei monaci. I minoriti ora soggiungevano che -i veri monaci non erano nè i benedettini, sfolgorati da Gioacchino -stesso,[713] nè i florensi, che non avean saputo intendere il segreto -pensiero del loro fondatore, e si mostravano non meno avidi e litigiosi -dei loro predecessori; bensì i nuovi ordini mendicanti, e specialmente -il francescano, il quale solo avea saputo tradurre in atto l'ideale -della carità vagheggiato da Gioacchino. Oltrechè colla creazione -dei nuovi istituti, non si trattava di aggiungere ordine ad ordine, -ma d'innovare profondamente la vita religiosa; chè per conformarsi -scrupolosamente alla regola bisognava che gli uomini, cangiato il -corso delle loro idee, e soffocate le tendenze loro più abituali, si -tramutassero in angeli. - -Con S. Francesco adunque più che con S. Benedetto si poteva dire, -secondo i minoriti, cominciata la nova età, l'ultimo e più splendido -periodo della storia umana, e Gioacchino stesso avrebbe a mente loro -mirabilmente predetto questi avvenimenti, chè dovunque egli parla di -due ordini si deve ben intendere dei domenicani e francescani. E se -l'allusione non era ben chiara nelle opere autentiche, altri scritti -balzavan fuori nel nome dell'abate calabrese, dove le profezie pareano -più determinate, e più trasparenti le allusioni ai fatti recenti.[714] -Nè questa sostituzione era difficile, perchè dopo la solenne condanna -delle opinioni teologiche dell'abate Gioacchino, le sue opere cadute in -sospetto si tenevan come nascoste,[715] ed il Salimbene ci narra di un -frate florense, che da Lucca le trasportò in segretezza in un convento -francescano di Pisa per sottrarle al saccheggio delle soldatesche di -Federico.[716] Siffatto mistero, che ravvolgeva le opere autentiche, -era senza dubbio la condizione più favorevole per la nascita delle -spurie. E l'ordine francescano, dove le menti erano più esaltate, -si mostrava più inchino di tutti gli altri a codesta letteratura -pseudonima. Così nel breve giro di pochi anni nacquero i commenti ai -profeti ed agli evangeli, che abbiamo già ricordato; nè solo i libri -sacri si commentarono ma benanco i profani, come le supposte profezie -della Sibilla e del Mago Merlino. - -Codesta letteratura pseudonima ebbe, come dicemmo, grande credito -e diffusione; ma non sì che gli stessi gioachiti non sapessero ben -distinguere le opere autentiche dalle apocrife. Chè anzi quando si -fecero a raccogliere in un corpo solo le scritture del profeta non -vi ammisero se non la _Concordia_, il _Commento all'Apocalisse_ -e il _Decacordo_.[717] Ed a queste opere, che sono come un'opera -sola, divisa in tre parti, dettero il nome di _Vangelo eterno_, che -tolsero dall'_Apocalisse_, sebbene Gioacchino non ne avesse fatto -uso.[718] Così tornarono alla luce gli scritti di Gioacchino, e senza -interpolazioni a quel che pare; ma quando occorreva di spiegare meglio -il pensiero dell'autore, o dare maggiore esattezza alle sue profezie, -gli editori vi aggiunsero delle note. Ed al tutto poi premisero larga -introduzione (_Introductorius_), in cui, pur riassumendo la dottrina -dell'abate calabrese, le dettero maggior rilievo e colore.[719] - -Questa pubblicazione levò grande rumore non tanto forse per le dottrine -che vi si esponevano con insolita libertà, quanto per le circostanze -che l'accompagnarono e seguirono. Ferveva allora la guerra tra il -clero secolare ed i nuovi ordini religiosi. Il primo, geloso dei -suoi privilegi, mal permetteva che i frati imprendessero a predicare -senza invito o licenza delle autorità ecclesiastiche, ed ai parroci -facessero formidabile concorrenza nelle messe, nella confessione, -nelle sepolture.[720] E come se tutte queste ragioni di dissidio -non bastassero se n'era aggiunta una nuova e più formidabile, quella -dell'insegnamento. I Domenicani da prima, e sul loro esempio anche i -Francescani, ambivano alcune cattedre nell'Università parigina, che -era come il centro della vita intellettuale d'Europa, e dove da gran -tempo dominava indisturbato il clero secolare. I nuovi ordini certo -valevano ad imprimere più vigoroso slancio agli studii, chè gli uomini -più eminenti del secolo quali Alberto Magno, S. Tommaso, Francesco di -Hales, S. Bonaventura appartenevano ai loro sodalizii. Ma l'autorità -universitaria era ben a ragione sospettosa di codesti novi insegnanti, -i quali formavano come un'accademia a parte, emula dell'antica, ed -insofferente di disciplina.[721] E la guerra durò lunga ed ostinata, e -non ostante le quaranta bolle di Alessandro IV in favore degli ordini, -non si fece la pace se non quando ambo i litiganti furono stanchi di -lottare. - -In codeste congiunture fu pubblicato l'_Evangelo eterno_, il quale -porgeva un'arme così poderosa, che si sospettò, manifestamente a torto, -non fosse stata fabbricata dagli stessi avversarii degli ordini.[722] -Certo è che il clero secolare se ne valse abilmente, ed una copia del -terribile libro fu mandata al Papa, e Guglielmo di S. Amore, nella -sua invettiva contro i mendicanti,[723] ne rilevò con mano maestra le -pericolose dottrine. Ma ora che ci venne fatto di ricordare l'opuscolo -del Rettore dell'Università parigina, non sarà inopportuno fermarvisi -alquanto per toccare di alcune somiglianze, forse non abbastanza -avvertite, tra il fare dei Gioachimiti e quello di Guglielmo. Tanto -gli uni che l'altro sostengono essere il loro tempo molto prossimo -ad una grande catastrofe, ed i segni precursori li rintracciano -concordemente colla scorta dell'_Apocalisse_ e dei Profeti. E deplorano -entrambi le calamità del loro secolo, e ne prevedono ancor maggiori -nel prossimo avvenire.[724] Ma non ostante siffatte simiglianze, -anzi forse a cagione di esse, il pensiero di Guglielmo è proprio -l'opposto del gioachimismo. Per i seguaci dell'abate calabrese i -falsi profeti, sorretti da perversi e potenti re, saranno i sacerdoti -sullo stampo d'Ario, o altro dottore simigliante dalla facile parola, -e dall'argomentar sottile; per Guglielmo invece sono i mendicanti -stessi, che usurpano gli ufficii altrui, e sotto il manto di falsa -pietà desiderano maggiori poteri, guadagnando per mezzo delle donne il -favor popolare e per via dei cortigiani quello dei principi.[725] Pei -Gioachimiti l'avvenire della Cristianità sta nella sostituzione degli -ordini mendicanti al clero secolare, per Guglielmo nel rifiorire del -sacerdozio, poi che saranno rimossi gli elementi perturbatori, che -ne minano la potenza.[726] Da questo raffronto non credo temerario -inferire che il libro _De Periculis_ s'è ispirato all'_Evangelo -eterno_, ne è per così dire la palinodia. - -E codesto rapporto tra i Gioachimiti e Guglielmo di S. Amour non si -smentisce neanco negli altri scritti successivi, nè nel rifacimento -del _De Periculis_ che va sotto il titolo _Collectiones catholicae et -canonicae scripturae ad defensionem ecclesiasticae hierarchiae_,[727] -nè nel libro _De Antichristo_, che dal Le Clerc venne rivendicato -al nostro Guglielmo. Intorno a quest'ultima opera va notato che il -discorso sull'Anticristo era comune a quanti credevano alla prossima -rinnovazione del mondo. Chi fosse quest'essere misterioso, che dovea -apportare tanti danni alla Chiesa, quali segni l'avrebbero preceduto, -in qual tempo sarebbe nato, eran tutte dimande che correvano per le -bocche dei Gioachiti. L'abate calabrese avea ben pensato d'intender -per l'Anticristo non un essere unico, bensì il complesso di tutti gli -oppositori e vecchi e novi della Chiesa; ma codesta interpetrazione, -così elastica, non bastava più ai suoi successori, che amavano maggiore -precisione e determinatezza. E già sappiamo che la maggior parte dei -gioachiti intendeva Federigo II. Guglielmo riprende l'interpetrazione -di Gioacchino, e lasciando nell'ombra la figura dell'Anticristo non -ha cura di determinare se non i suoi predecessori, che già indoviniamo -quali debbono essere, quei falsi profeti, quegl'ipocriti, quei monaci -girovaghi, di cui si doleva la Regola di S. Benedetto.[728] - -Ma torniamo al libro _De novissimis periculis_, che fu come il grido -d'allarme dato dal clero regolare contro i frati mendicanti. Non -occorre dire che fu condannato nel 1256 da Alessandro IV, strenuo -protettore dei nuovi ordini.[729] Il Rettore dell'Università parigina, -difendendo la gerarchia cattolica, e l'autorità dei vescovi contro le -usurpazioni fratesche avea stabilito che quest'ordinamento era stato -istituito direttamente da Gesù Cristo, e neanche il Papa avrebbe potuto -mutarla. Talchè quando il Papa concedeva ai domenicani di predicare -nel suo nome, era da supporre vi sottintendesse il beneplacito del -vescovo, senza di che il governo della diocesi non sarebbe stato -affidato ad un solo capo, ed il disordine e la ruina della Chiesa ne -sarebbe conseguita.[730] Codesta argomentazione feriva l'illimitata -supremazia del Pontefice, nè v'è da far le meraviglie che Alessandro -l'abbia condannata. Nel sostenere la causa dei domenicani il Pontefice -sosteneva la sua, perchè i frati e da predicatori e da inquisitori si -presentavano come legati del Papa, e per quanto prestigio e credito -togliessero all'autorità episcopale, altrettanto ne crescevano alla -pontificia.[731] - -La condanna del _De Periculis_ portava con sè quella dell'_Evangelo -eterno_; chè se quel libro colpiva di fianco la gerarchia, questo la -feriva nel cuore. Nè Alessandro senza taccia di parzialità avrebbe -potuto passar sotto silenzio un libro denunziato dall'Università, -e mandato dal vescovo di Parigi al predecessore Innocenzo IV. Ma -d'altra parte il Papa ben sapeva che l'opera incriminata apparteneva -a quel partito gioachimita, che contava tanti illustri seguaci tra -i francescani, a cominciare da frate Giovanni da Parma, eletto a -voti unanimi generale dell'ordine sin dal 1247. Oltrechè una censura -pubblica del libro si sarebbe certo ripercossa su quei frati, dei -quali egli era stato sempre il più strenuo difensore da cardinale, e -seguitava ad esserlo da papa. Per queste ragioni decise di sottoporre -lo scritto incriminato ad una Commissione di prelati consapevoli della -gravità del verdetto, che stavano per pronunziare. I commissarii si -riunirono tosto ad Anagni, e con tutta diligenza si misero all'opera, -come si pare dal resoconto delle loro sedute, che tuttora si conserva -in due manoscritti della Biblioteca Nazionale di Parigi.[732] Ben -s'accorsero i giudici che l'_Evangelo eterno_ constava di due parti, -l'una moderna, l'introduzione e le note, l'altra antica, le tre opere -dell'abate Gioacchino;[733] ma e l'una e l'altra condannarono del -pari come contrarie all'ortodossia, ed Alessandro s'accomodò al loro -giudizio. - -Fu giusta la sentenza dei giudici, e doveva Gioacchino esser coinvolto -nella condanna dei suoi interpetri? Che l'Introduttorio e le note -fossero giudicate poco ortodosse non è da far le meraviglie, perchè -i Gioachimiti non ponevano nessuna cura ad attenuare il contrasto tra -il Vangelo del Figlio e quello dello Spirito, ovvero sia l'_Evangelo -eterno_. E questa differenza abbiamo già notata tra Gioacchino e i suoi -seguaci, che mentre ei cerca di attenuare il contrasto tra la legge -presente e la futura, e questa considera come l'integrazione di quella, -i suoi discepoli al contrario tengono a rilevarne le discrepanze.[734] -E nell'Introduttorio vien dato al nuovo Vangelo un nome differente -chiamandolo, ad imitazione dell'_Apocalisse_, _eterno_ come se -volessero contrapporlo ad un vangelo _mutevole e caduco_;[735] laddove -Gioacchino dichiara espressamente non esservi due evangeli, ma un solo, -nè usa mai il nome di _Vangelo eterno_ parlando del nuovo periodo, -bensì l'altro d'intelletto spirituale. - -L'Introduttorio non dubita di affermare che il Nuovo Testamento avrà -vigore solo fino al 1260, e che da quel tempo in poi al vangelo -di Cristo succederà un nuovo vangelo, come ai sacerdoti di Cristo -sottentreranno altri sacerdoti; perchè nessuno altro potrà insegnare la -dottrina dello Spirito se non quelli che a simiglianza degli apostoli -vanno a piè nudi.[736] Gioacchino non avrebbe mai tenuto un linguaggio -così irriverente. E certo non sono estratti dalle sue opere genuine -quei passi arditi, che feriscono la Chiesa romana, come questo, che a -lei appartiene la sola interpetrazione letterale del Nuovo Testamento, -non la più profonda e spirituale, e che i Greci fecero bene a separarsi -da essa, e che la Chiesa greca cammina sulle orme dello Spirito -molto più che la latina.[737] Abbiamo già ricordate le preferenze -di Gioacchino per la Chiesa greca; ma certo non l'avrebbe esaltata -di tanto egli che soleva rimproverarle alcune istituzioni come il -matrimonio dei preti. Nè avrebbe in ogni modo approvato lo stacco delle -due Chiese, ei che tante volte lo avea rimpianto nei suoi scritti. - -Non meno esplicite dell'Introduttorio son le note, che senza alcun -riguardo coloriscono quelle parti, che Gioacchino lascia nell'ombra. -Come ad esempio nei luoghi della _Concordia_ ove l'abate calabrese -aveva toccato dell'abbominio, che avrà luogo nello scorcio del secondo -periodo, le note ci dicono che cosa s'intenda per codesto abbominio, -che sarebbe il pseudo Papa, ovvero il Papa simoniaco che regnerà sul -finire del sesto tempo.[738] - -Ma se l'Introduttorio e le note usavano frasi più incisive, e davano -al pensiero di Gioacchino maggiore precisione, non s'ha da inferire -che la dottrina, in esse insegnata, fosse diversa da quella del pio -abate. La copia di passi, raccolti dai giudici di Anagni, mette fuor -di dubbio, che nei punti essenziali commento e testo andavan pienamente -d'accordo. La maggior parte delle immagini adoperate nell'Introduttorio -per colorire il rapporto tra i tre periodi sono tolte di peso da -Gioacchino, sopratutto da un capitolo della _Concordia_, da noi già -citato altrove, ed accortamente rilevato dai giudici di Anagni.[739] -E se Gioacchino non adopera la parola di _Vangelo eterno_, certo è che -se avesse dovuto dare un nome all'interpetrazione allegorica dei sacri -testi, non ne avrebbe scelto un altro. Nè solo i giudici di Anagni, ma -i Gioachimiti stessi citavano un luogo del _Decacordo_, a dimostrare -che con quella denominazione non si dipartivano dall'insegnamento -di Gioacchino.[740] Un altro punto rilevavano a ragione i giudici -di Anagni, l'esaltazione del monachismo a scapito[741] del clero -secolare. Ed in verità se pure i commentatori leggevano negli scritti -di Gioacchino accenni a lui, a S. Domenico e S. Francesco, che egli -non avea fatti, nè poteva fare,[742] certo è che dei nuovi ordini -mendicanti non dicevano nè più nè meno di quel che avea scritto -lui intorno ai monaci spirituali. Il monachismo per Gioacchino è un -istituto, che col tempo assorbirà tutti gli altri della Chiesa, quando -al Vangelo inteso secondo la lettera sottentrerà il vero spirito -evangelico. Allora succederà una profonda innovazione, ed a quel modo -che la legge mosaica venne abolita all'apparire della nuova legge, così -il Vangelo letterale dovrà cedere alla nuova interpetrazione. La parola -_evacuatio_ applicata al vangelo non appartiene ai Gioachimiti, ma a -Gioacchino stesso, il quale, benchè non osasse confessarlo a sè stesso, -era pur portato dalla sua teoria dei tre stati alla conseguenza, che il -secondo debba scomparire per far luogo al terzo.[743] E questa teoria -avea profonde radici nelle sue convinzioni teologiche, formulate non -pure nell'opuscolo polemico che nel 1255 non esisteva più, ma nel -_Decacordo_, e nel _De Articulis fidei_, come appar chiaro dai passi, -che i giudici di Anagni seppero raccogliere.[744] - -La condanna dunque del Gioachimismo era giusta, e per nulla -esagerato il grido d'allarme levato dal clero parigino. La dottrina -dell'_Evangelo eterno_ menava dritto alla distruzione della gerarchia, -stantechè nel terzo periodo ha da prevalere quella legge d'amore, che -agguaglia tutti i membri della società umana, sciogliendoli dai vincoli -della subordinazione. Non è dunque meraviglia che Alessandro IV l'abbia -solennemente riprovata, ingiungendo al vescovo di Parigi di sequestrare -e bruciare tutti i libri dove fosse esposta.[745] - -Ma chi è l'autore dell'_Evangelo eterno_? L'Eccard, che scrisse -nella seconda metà del secolo decimoquarto, l'attribuisce secondo -la comune tradizione a Giovanni da Parma.[746] Il Salimbene -invece nomina esplicitamente un altro gioachimita, Gherardo di S. -Donnino.[747] E l'autorità del Salimbene, cronista contemporaneo, -e gioachimita anche lui, è tale, che tutti gli scrittori moderni vi -s'acquetarono. Il buon frate, ammiratore ed amico del suo generale, -avea certo tutto l'interesse di nascondere la verità, ma che la sua -testimonianza almeno in parte sia veridica, è provato dal resoconto -del processo di Anagni, dove esplicitamente è detto che l'autore -delle note è frate Gherardo. Se non che è da dubitare che l'autore -delle note abbia anche scritto l'Introduttorio, perchè gl'inquisitori -d'Anagni nel citare i passi dell'Introduttorio si sarebbero serviti -della stessa dicitura, che costantemente adoperano per le note, nè -avrebbero dato come anonimo l'Introduttorio, mentre tutte le volte -che vien fatto di citare una nota, ripetono costantemente il nome -dell'autore.[748] L'ipotesi più semplice per spiegare le reticenze è -questa, che l'autore dell'Introduttorio sia diverso da quello delle -note, e che agl'inquisitori rincresca di nominarlo. E se codesto -autore fosse Giovanni da Parma, che godeva una grande reputazione di -santità, ed a quel tempo era tuttora generale dell'ordine, i riguardi -degl'Inquisitori sarebbero facilmente spiegabili.[749] Se la cosa -stesse così, dovremmo ammettere che la compilazione dell'_Evangelo -eterno_ non appartenga ad un solo, bensì a due e forse anche a tre -membri del partito gioachimita. L'un d'essi, il più autorevole, scrisse -l'Introduzione generale, l'altro o gli altri le glosse introduttive ed -esplicative.[750] - -Questa ipotesi spiegherebbe perchè dopo la condanna dell'_Evangelo -eterno_ venissero sottoposti a processo non solo fra Gherardo, ma fra -Giovanni e fra Tommaso e tutti e tre condannati del pari. Nè fanno -intoppo le ragioni che il Wadding e l'Affò hanno recato per scagionare -fra Giovanni.[751] Perchè al di sopra di tutte le apologie sta il fatto -che fra Giovanni apparteneva al partito gioachimita, anzi ne era come -il capo e l'ispiratore.[752] E noi vedemmo che tra l'Introduttorio e -le opere autentiche di Gioacchino non corre disparità sostanziale, se -non che in quello sono più nettamente e con maggior vigore formolate -le stesse dottrine, insegnate in queste. Se dunque ripugna che abbia -scritto l'Introduttorio un uomo di grande pietà, da Innocenzo IV -mandato per gravi missioni in Grecia, e da questo e da Niccolò III[753] -preposto ad alti ufficii, ripugnerà altresì che egli abbia appartenuto -al partito gioachimita, e creduto nel prossimo avvenire di una nuova -fase nella vita religiosa dell'umanità.[754] - -Ma chiunque sia stato l'autore dell'_Evangelo eterno_, certo è che la -condanna del libro fu un terribile colpo per la frazione gioachimita -dei francescani, e le stesso generale dell'ordine, appartenente -a quella parte, fu costretto a dimettersi, come un tempo toccò al -capo della parte moderata.[755] Gli successe un uomo di gran cuore -e di grande mente, S. Bonaventura, il quale sapeva tenersi lontano -dagli eccessi dei due partiti, e difensore caloroso della povertà, -sapea pur tener conto dei temperamenti necessarii alla pratica della -vita. I cronisti francescani raccontano che fra Giovanni stesso avea -indicato a suo successore fra Bonaventura. Ma questo racconto, dovuto -all'industre pietà dei narratori, che amavano di attenuare i contrasti, -e mostrare l'ordine molto più unito di quel che in realtà fosse, è -in contraddizione con altre fonti gioachimite che presentano sotto -altra luce S. Bonaventura.[756] Però questo è fuor di dubbio, che il -nuovo generale si comportò con molta umanità verso il partito dei -gioachimiti; nè frate Ugone, nè il Ghiscolo, nè altri molti furono -molestati, benchè è da credere che non abbiano rinunziato all'antica -fede. I soli perseguitati furono gli autori del libro condannato tra -i quali lo stesso generale, testè rimosso.[757] Non valse la dignità -dell'ufficio disimpegnato con apostolico zelo per lo spazio di dieci -anni, non valse la santità della vita, e la grande reputazione a -salvare fra Giovanni, il quale insieme ai suoi compagni, fra Gherardo -e fra Leonardo, sarebbe stato condannato alla prigionia perpetua, se -non fosse accorso in suo ajuto il cardinale Ottoboni, che fu poi papa -Adriano V.[758] In grazia di questo potente intercessore fu concesso -a Giovanni di scegliersi il luogo del suo ritiro, mentre Leonardo e -Gherardo morirono in prigione.[759] - - -V - -Queste misure di rigore portarono lo scoraggiamento nei Gioachimiti, e -parecchi senza dubbio sentirono intiepidire la loro fede, come accadde -al Salimbene, che morto Federico II, prima di avere apportato alla -Chiesa gli estremi danni, cominciò a dubitare delle dottrine a lui sì -care, e le sconfessò del tutto allorchè si chiuse il fatale anno 1260, -senza la sperata innovazione.[760] Ma se i più vacillavano, non mancava -certamente chi tenesse fermo negli antichi convincimenti, e le dottrine -di Gioacchino rinfrescasse adattandole alle nuove condizioni. Tale fu -Pier Giovanni Olivi, col quale la _Cronaca_ a noi già nota comincia la -quinta tribolazione. - -Nacque il nostro frate nel 1247 a Serignano nella diocesi di Béziers; -a dodici anni entrò nella religione dei minoriti, il che non gl'impedì -di fare i suoi studii nell'Università parigina, ove prese il grado -di baccelliere.[761] Scrisse molti libri, tra i quali uno in lode di -Maria, ove pare avesse talmente esaltata la vergine, che il generale -dell'ordine, succeduto a S. Bonaventura, fra Girolamo d'Ascoli, -lo condannò a bruciare il libro colle sue mani.[762] Questa prima -persecuzione ebbe luogo nel 1278; e ben presto le tenne dietro un'altra -più grave. In un Capitolo generale tenuto a Strasburgo nel 1282 fu -accusato d'eresia, e l'anno dopo il generale Bonagrazia si recò a bella -posta in Francia per fare esaminare gli scritti di lui, che da una -Commissione di quattro dottori e tre baccellieri, furono condannati -come pericolosi. Nel frattempo il generale morì, ed essendosi l'autore -sottomesso,[763] le persecuzioni cessarono per ricominciare nel 1285, -quando il nuovo generale, Arlotto da Prato, lo chiamò a Parigi per -difendersi dalle accuse, che gli movevano Riccardo di Middleton e -Giovanni di Muro. Pietro v'andò e si difese abilmente, e confuse così -i suoi accusatori, che il generale non ebbe animo di condannarlo.[764] -Cinque anni dopo ricominciarono le persecuzioni non in verità contro di -lui, bensì contro i suoi discepoli, che per ordine dell'antico generale -Girolamo Ascolano, divenuto ora papa Niccolò IV, vennero inquisiti e -condannati. Il maestro fu risparmiato per quella volta;[765] ma nel -1292 ebbe novamente a scolparsi innanzi ad un Capitolo tenuto a Parigi, -e fu salvo in grazia di alcune accorte dichiarazioni.[766] Morì il 6 -marzo 1297, e dal letto di morte par che abbia ribadita la dottrina -esposta nei suoi scritti.[767] - -Di questi scritti io non conosco se non alcuni opuscoli intorno alla -povertà, ed i commenti all'Evangelo di Matteo e di Luca manoscritti -nella Laurenziana. Frammenti delle quistioni quodlibetali ci sono -conservati nella sentenza pronunziata dai sette dottori nel 1282. Del -_Commento all'Apocalisse_ abbiamo molti estratti nel rapporto della -Commissione dei teologi incaricata da Giovanni XXII dell'esame di -questo scritto.[768] - -Qual'era la dottrina insegnata in codesta opera? La quistione -dell'interpetrazione da dare alla Regola di S. Francesco, quando -meglio si credeva sopita rinasceva con maggior furore. Si era cercato -di sfuggirle dando la proprietà dei beni al Papa, e l'uso di essi ai -frati. Ma codesta finzione legale salvava solo in apparenza la regola, -che sotto il pretesto di farne omaggio al Papa, i minoriti avrebbero -potuto accettare lasciti e doni non meno degli altri ordini religiosi, -e per tal guisa quelli, che si dicevano mendichi o poveri di Cristo, -poteano vivere più lautamente dei benedettini. Rinacque dunque la -quistione, e gl'intransigenti con a capo Pier Giovanni Olivi dicevano, -che per conformarsi alla regola di S. Francesco non bastasse rinunziare -alla proprietà dei beni, ma anche il loro uso dovesse andare ristretto -nei più angusti confini. Per essere veramente poveri bisognava che -l'uso fosse povero del pari. Certo era difficile definire in che cosa -consistesse l'uso povero, e codesta difficoltà dava buon gioco agli -avversari di cogliere in fallo la dottrina degl'intransigenti;[769] ma -chi voleva intendere, sapeva bene a che tenersi. E si capiva benissimo -che i difensori dell'uso povero voleano proscrivere tutto ciò che non -fosse strettamente indispensabile pel sostentamento della vita.[770] -Così ad esempio è necessaria la casa, ove i frati possano convivere, -ma un comodo ed elegante fabbricato non è lecito possederlo nè in -proprietà nè tampoco in usufrutto. È permesso servirsi del pane, che -s'accatta di porta in porta, ma è severamente proibito di tenere ben -provvisti i granai e le cantine del convento.[771] Il seppellire i -morti nella propria chiesa è certo un'opera meritoria, ma i frati, a -cui è vietato di accettar denaro, non possono riscuotere i diritti, che -il clero secolare ricava dalle sepolture. E se a cagione di siffatti -guadagni il clero contende ai frati questo pio ufficio, come tanti -altri parimenti lucrosi, dev'essere proibito severamente di mover -liti, che sono così contrarie allo spirito della Regola.[772] La quale -impone severamente codesto uso povero, e quelli, che le abbiano giurata -obbedienza, debbono osservarlo, se anche diventino vescovi o cardinali. -Codesto era un punto molto delicato. La regola avea consigliato di -schivare gli onori ecclesiastici, ma in pratica anche i zelanti, come -il Salimbene, non che avversare, favorivano le promozioni dei frati, -per fermo assai vantaggiose all'ordine. Volevano solo che anche nel -nuovo stato si sentissero tuttora membri dell'antico sodalizio, ed alla -regola strettamente si conformassero,[773] perchè dal loro giuramento -neanche il Pontefice li poteva sciogliere. Dottrina ardita codesta, -che limitava il potere del sommo gerarca, ed apriva il varco a teorie -più radicali. Per ora il pericolo era lontano, perchè il pontefice -Onorio III nella bolla _Qui exiit_ l'avea data vinta agl'intransigenti -prescrivendo l'uso povero, e condannando qualunque interpetrazione o -attenuazione che si volesse ulteriormente dare della Regola.[774] Ma -l'esperienza avea provato che non sempre i pontefici se l'intendevano -col partito del rigore, e si poteva ben prevedere, quello che di -fatto avvenne, che la pace non sarebbe durata lungo tempo.[775] Perchè -gl'intransigenti non aveano scordate le idee gioachimite, e contro il -clero secolare e la Chiesa di Roma seguitavano a nutrire la diffidenza -e l'odio, punto dissimulati nell'_Evangelo eterno_. - -Che Pier Giovanni Olivi fosse tenero delle idee gioachimite,[776] e -le modificasse per adattarle ai tempi nuovi, è fuor di dubbio. Una -prova inconfutabile ce la porge il _Commento all'Apocalisse_ scritto -nello stile non di Gioacchino, ma dei suoi più fervidi commentatori, -e dove son fatte all'interpetrazione gioachimita quelle mende e -ritocchi, necessarie ormai per le mutate condizioni dei tempi. Così il -re dell'_Apocalisse_ non sarà più Federigo II, già morto da un pezzo, -bensì qualcuno del seme maledetto, che sarà per conquistare non pure -l'impero romano, ma la Francia eziandio.[777] Il terzo periodo che -per Gioacchino cominciava da S. Benedetto, e per i gioachimiti dal -1200 (anno in cui Gioacchino pubblicò i suoi libri) per l'Olivi invece -comincia dal tempo in cui la regola di S. Francesco fu impugnata e -condannata dalla Chiesa carnale.[778] Per i gioachimiti l'angelo che -porta l'_Evangelo eterno_ è Gioacchino stesso, per l'Ulivi invece -è S. Francesco, il quale ad imitazione di Cristo risorgerà al tempo -delle tribolazioni, come ad imitazione del Crocifisso portò le sacre -stimate.[779] Per Gioacchino tutta la storia dell'umanità va divisa -in sette periodi, per l'Ulivi invece soltanto quel tratto di storia -che corre dalla predicazione di Cristo alla consumazione dei secoli, -sicchè a ciascuno di questi periodi poneva cominciamento e fine diversi -da quel che solessero e Gioacchino, e i Gioachimiti insieme.[780] Ma -queste differenze non toccano l'accordo fondamentale delle dottrine. -Anche per l'Ulivi si debbono distinguere tre fasi nel corso religioso -dell'umanità; la prima, che appartiene al Padre, ove regna il timore e -la legge; la seconda, che appartiene al Figlio ove domina la sapienza, -e si predica l'evangelo; la terza che appartiene allo Spirito, ove si -svela tutta la verità, e la legge evangelica viene intesa ed osservata -in tutta la purità sua.[781] E come l'Evangelo pose fine alla legge -mosaica, così l'Evangelo nuovo farà cadere l'antico,[782] ed al clero -secolare che mal si conforma ai precetti di Cristo sottentrerà il -monacato che spoglio di effetti terreni menerà una vita di sacrifizi e -di povertà, in una parola la Chiesa carnale, simboleggiata nell'impura -donna dell'_Apocalisse_, farà luogo alla Chiesa spirituale.[783] Ma -prima del trionfo la Chiesa spirituale sarà combattuta aspramente -dalla carnale, come il Cristianesimo fu perseguitato a morte dalla -Sinagoga.[784] E se S. Francesco non fu condannato al pari di Cristo, -e la guerra contro al sodalizio francescano scoppiò non nel suo -cominciamento, ma alquanto più tardi, ciò si deve a varie ragioni, -tra le quali la principale che l'analogia non esclude le differenze, e -benchè la Chiesa carnale dovesse comportarsi come la Sinagoga, non era -necessario che agisse con pari prontezza.[785] Codeste lotte però non -debbono scoraggiare i fedeli seguaci dell'uso povero, perchè l'avvenire -è loro, nè molto andrà che sarà pronunziato il tremendo giudizio sulla -nuova Babilonia.[786] - -Queste idee doveano incontrare fiera opposizione non pure nel partito -moderato, ma benanco in quella parte degl'intransigenti, che pur -professando la teoria dell'uso povero, non volevano romperla colla -corte di Roma. E forse fino dalle prime persecuzioni contro Giovanni -Olivi si formarono i tre partiti, a cui accenna la testimonianza di -un beghino, i Conventuali che si attenevano all'interpetrazione più -larga della Regola, i Fraticelli che abbracciavano la più rigida ma -non accoglievano per questo le idee gioachimite, infine gli Spirituali -che aspettavano il trionfo dell'uso povero dalla totale rinnovazione -della Chiesa e del mondo.[787] Il nome di fraticelli sarà stato ancor -prematuro al tempo di Giovanni Olivi, ma non è men vero che il partito, -che più tardi prese questo nome, era già formato ed ottenne dal -pontefice Celestino V che si staccasse dal resto dell'ordine e formasse -una corporazione a sè sotto il nome di Celestini o _pauperes heremitae -domini Coelestini_. Codesto sodalizio che aveva a capo fra Liberato, -ed a poeta fra Jacopone, fu costretto ad esulare in Grecia, quando al -Papa che fece per viltate il gran rifiuto successe Bonifacio VIII.[788] -E neanche lì potè vivere in pace, ed i suoi membri perseguitati per -sollecitazione del Papa dal patriarca di Costantinopoli ebbero a far -ritorno in Italia. E fra Jacopone stette molti anni in prigione, e fra -Liberato morì di stenti e di crepacuore.[789] Simili travagli ebbero a -sostenere alcuni frati della Marca, che condannati ad una carcere dura, -non ne uscirono se non per ripartire verso il lontano oriente, ove -parecchi subirono eroicamente il martirio.[790] - -Ma più gravi furono le persecuzioni contro gli Spirituali. Essi eran -cresciuti così di numero che quando fu assunto al cardinalato il -generale Matteo d'Acquasparta, al quale Dante rimprovera la fiacca -interpetrazione della regola, riuscirono a far nominare all'alto -ufficio uno dei loro, Raimondo Gaufrido, amico ed ammiratore -dell'Olivi.[791] E per fino fuori dell'ordine francescano par che -trionfasse la loro propaganda, quando dopo due anni e tre mesi di -vacanza i cardinali levarono al soglio pontificio l'eremita Pietro de -Morrone (1294). Ma queste fortune durarono ben poco. Che dopo pochi -mesi il buon Celestino depose la tiara, e il suo successore rimosse -dall'ufficio fra Gaufrido sostituendogli quel Giovanni di Muro, che era -stato tra i più fieri persecutori dell'Olivi. Allora ricominciarono le -dolorose prove per gli Spirituali. Il loro capo non venne risparmiato -neanco morto, chè il nuovo generale avendone fatte condannare le opere -da un Capitolo generale, ordinò che si bruciassero insieme al cadavere -dell'autore, tolto alla pace del sepolcro sei mesi dopo che v'era stato -calato con solenni esequie.[792] Fu proibito ai frati di leggere e -serbare libri maledetti, ed un fra Ponzio, che non volle consegnarli al -suo superiore morì in prigione tra stenti e sofferenze incredibili, e -molti altri frati furono perquisiti ed incarcerati.[793] - -Ma codeste misure di rigore non scoraggiavano i seguaci dell'Olivi, -ed uno fra essi, Ubertino da Casale, ebbe il coraggio di prenderne le -difese, e scrivere contro i potenti accusatori una calda apologia. -Ubertino nacque nel 1259, e quattordicenne entrò nell'ordine dei -Minori. Lesse per nove anni nello studio parigino, e tornato in Italia -continuò nell'insegnamento per altri quattro; poscia abbandonata la -cattedra si mise alla predicazione, fino a che gli fu imposto silenzio -dai suoi superiori, che lo mandarono nell'eremo della Vernia, ove -scrisse un libro, tuttora esistente, _arbor vitae crucifixae_.[794] -La ragion per cui fu imposto silenzio al focoso predicatore non è -difficile scoprire. Egli apparteneva al partito intransigente, e -forse pubblicò la sua prima apologia di Giovanni Olivi alla morte di -Bonifazio VIII, quando si sperava che col nuovo papa cessassero le -fiere persecuzioni contro gli spirituali. Mi pare molto improbabile -che ei l'avesse scritta prima, come sospetta il Wadding, perchè da -una parte non sarebbe andato impunito, e dall'altra la _Cronaca delle -Tribolazioni_ dice espressamente che fra Ubertino fu accusato al papa -Benedetto XI (1303-1304), e seppe così abilmente difendersi da andare -assolto.[795] Ma quando che fosse scritta, l'apologia era intesa a -provare: 1º che Pier Giovanni nè nella Postilla all'_Apocalisse_ nè in -altro libro non parlò mai irreverentemente della Chiesa, alla quale -invece si mostrò sempre devoto; 2º che l'uso povero è siffattamente -ortodosso da potersi dire la lampada della nostra fede;[796] 3º che -le persecuzioni, patite dai rigidi osservatori della Regola, sono -mostruose, ed il Papa deve interporre la sua autorità per farle -cessare. - -Così si rinnovarono le contese tra i conventuali e gli zelanti, ed -entrambi concordemente se ne appellavano al Papa. Benedetto XI morì -prima di poter dare alcun provvedimento, ma il successore Clemente V -credette opportuno di riprendere la cosa in esame. E chiamò in Avignone -molti francescani, tra i quali il generale dell'ordine che sosteneva -le ragioni dei conventuali, e l'ex generale fra Gauffrido, insieme ad -Ubertino da Casale, fra Siccardo ed altri molti, che rappresentavano la -parte degli spirituali. E comandò che fin che la controversia non fosse -composta dal collegio dei vescovi e cardinali da lui stesso nominato, -dovessero cessare tutte le misure di rigore per ragione di opinione. -E principalmente quegli tra gli Spirituali, che egli aveva chiamati -alla Corte, sottrasse alla giurisdizione dei loro superiori,[797] e -volle che si riprendesse l'esame delle dottrine di Pier Giovanni, e si -definissero i punti controversi della regola più chiaramente che non -fosse riescito a Niccolò III. - -Le discussioni durarono lungamente, i due partiti si rimandarono le -opposte accuse di licenziosi od ipocriti colla consueta acredine. -Gli uni rimproveravano agli altri di voler scalzare l'ordine colla -fiacca interpetrazione della regola, e l'abbandono di quello spirito -di assoluto sagrifizio e di fervida carità, che l'informa; gli altri -replicavano che la rovina dell'ordine viene da coloro che mettono la -propria opinione al di sopra del dovere d'obbedienza, ed intendono la -regola in modo così rigido da non potersi umanamente osservare.[798] -Il più abile tra tutti par che fosse Ubertino, perchè riuscì non solo -a convincere delle verità dell'uso povero, ma benanco a scagionare Pier -Giovanni dalle accuse che gli si movevano. Ed in virtù di queste difese -il Papa nel Concilio di Vienna condannò alcune dottrine teologiche -di Pier Giovanni, ma tacque il nome dell'autore, e pronunziò la sua -decisione, come se si trattasse di punti controversi, intorno ai quali -prima della decisione si potesse opinare in un modo o nell'altro senza -incorrere in eresia.[799] Le altre dottrine di Pier Giovanni, e certo -le più importanti, come quella dei tre stati e dell'uso povero non -solo furono risparmiate, ma una di esse fu solennemente adottata nella -nuova interpetrazione che Clemente dette della regola francescana.[800] -Gl'intransigenti trionfarono di nuovo, ma anche questa volta per -poco. Il partito dei conventuali, non ostante la vittoria dei loro -avversarii, riuscì nel 1313 a creare generale dell'ordine uno dei suoi, -frate Alessandro di Alessandria, stato già appo Clemente uno dei più -vigorosi difensori dell'ordine contro Ubertino di Casale e gli altri -seguaci dell'Olivi.[801] Il che prova quanto fosse numeroso ed audace -codesto partito, il quale anche dopo le raccomandazioni di Clemente non -cessava di perseguitare gli spirituali.[802] - -Per tal guisa seguitarono i dissidii, principalmente nella provincia -toscana, ove gl'intransigenti, seguendo l'esempio dei Celestini, -decisero di staccarsi dall'ordine, e formare un corpo a sè.[803] -Parimenti nelle provincie di Narbona e di Béziers, ove la memoria -di fra Pier Giovanni era più viva, i frati zelanti non vollero più -far vita comune coi loro avversarii, e vestita una tunica più corta -e tutta logora e rattoppata, si ridussero in meschini ricoveri, ove -metteano in pratica le regole dell'uso povero. Codesti frati, che si -dissero per umiltà fraticelli, non poterono certo trarre dalla loro -tutti gli spirituali, e molto meno il capo, Ubertino da Casale, il -quale ben sapeva, che entrando nella nuova comunità avrebbe perduto -in un punto tutto il favore, che s'era acquistato presso il Papa. Nè -furono più fortunati appo Clemente, il quale pur approvando l'uso -povero, non volea a nessun patto che servisse di pretesto ad una -scissione dell'ordine. E scrisse lettere severe ai vescovi di Genova, -Lucca e Bologna per richiamare i dissidenti all'obbedienza, e fulminò -la scomunica contro i ricalcitranti.[804] Perlochè come al tempo di -Celestino, si formarono ora di nuovo i tre partiti nell'ordine dei -francescani, i conventuali, i dissidenti o fraticelli, gli spirituali. -Ma gli ultimi due insieme uniti non eguagliavano nè per numero nè -per forza il primo, il quale ben seppe trarre profitto dall'errore -commesso dai dissidenti toscani e narbonesi per agire più severamente -contro gli avversarii. E le circostanze stesse furono loro propizie, -che a non lungo andare morì Clemente V (20 aprile 1214), e dopo una -vacanza di due anni e quattro mesi fu assunto al trono pontificio -un uomo punto mistico e poco scrupoloso, Giovanni XXII (scelto il -7 agosto, e coronato il 5 settembre 1316). Allora il partito dei -conventuali ebbe la mano libera; il nuovo generale Michele da Capua -potè agire energicamente contro i dissidenti, e lo stesso Ubertino da -Casale ebbe a chiedere in grazia al nuovo Papa il trapasso dall'ordine -francescano a quello dei benedettini. Strano destino del capo degli -spirituali, il quale dopo aver predicata la necessità dell'uso povero, -entra nell'ordine, che a detta di Gioacchino più si allontanava da -quell'uso.[805] - - -VI - -Con Giovanni XXII comincia un'altra fase del movimento francescano. Ad -istanza del generale Michele da Cesena il nuovo Papa non solo scrisse -lettere più incalzanti a principi e vescovi contro i dissidenti,[806] -ma nell'aprile del 1317 in loro danno pubblicò la costituzione -_Quorundam_ per stabilire che la qualità della tunica e le sue -dimensioni debbono essere determinate dai superiori locali, ed al loro -giudizio venga lasciato se pei bisogni del convento si debbano tener -provvisti e granai e cantine.[807] La povertà, aggiunge il Papa, è -una grande cosa, ma al di sopra di lei sta la conservazione di sè, -e al di sopra di entrambe l'obbedienza ai legittimi superiori.[808] -Così la quistione dai meschini piati frateschi era sollevata alla -sua vera altezza. Da una parte s'affermava come primo dovere quello -dell'obbedienza assoluta, senza di che è impossibile la rigida -gerarchia, dall'altro si teneva duro a metter l'osservanza scrupolosa -della regola innanzi a qualunque altro dovere. Imperocchè, la regola -è come l'Evangelo di Cristo, e chiunque porti offesa a lei, viola la -fede; nè c'è persona, per quanto alto sia il suo ufficio, che stia -al di sopra della Regola; talchè quando o il Papa o altro chiunque -comandi qualche cosa che sia contro questa, gli si deve per la -salvezza dell'anima negare obbedienza. Tali dottrine sostenevano -gl'intransigenti francescani, e quattro di essi nel 1318 in Marsiglia -anzi che sconfessarle, preferirono di lasciare la vita sul rogo[809] -e molti altri fuggirono appo gl'infedeli.[810] Certo non eran nuove, -e l'inquisitore a ragione ne riconobbe la prima fonte nell'Olivi, -le cui opere vennero in quel tempo ancora una volta esaminate e -condannate.[811] Ma se l'Olivi aveva detto che S. Francesco era come un -nuovo Cristo, che sofferse al pari di lui, e forse come lui risorgerà, -ora s'aggiunge che la Regola bandita da S. Francesco, per diretta -inspirazione di Dio è da tenersi non meno del Vangelo, ed al pari di -quello non può essere nè abolita, nè forse anco modificata.[812] E la -vita povera, che essa prescrive, è la vera vita evangelica, perchè nè -Cristo, nè gli Apostoli possedevano nulla in proprio, ed a simiglianza -dei frati spirituali andavan ramingando e stentando la vita.[813] - -La quistione, come si vede, si faceva grossa. Non si trattava più -di sapere quanti centimetri dovesse esser lunga la tunica, o di -qual rozzo panno contesta; nè si chiedeva più se fosse lecito tener -granai e cantine, o stringere contratti per mezzo dei procuratori. -Gl'intransigenti sotto questi meschini pretesti miravano ben più -alto, a dichiarare cioè che la vita prescritta dalla regola non -differisce dall'evangelica, e che ad essa si fosse conformato Gesù, e -gli Apostoli, e ad essa quindi dovrebbero conformarsi non soltanto i -frati Minori, ma i cristiani tutti che debbono porre l'Evangelo a norma -della loro vita; il che è come dire che non solo il clero, ma tutta la -Cristianità dovesse tramutarsi in un vasto cenobio francescano. Contro -siffatte massime protestavano già da un pezzo i frati domenicani, emuli -dei francescani, e professanti anche loro il vòto di povertà, ma così -temperato che ben poco differivano per codesto capo degli altri ordini; -ed uno di essi, l'inquisitore fra Giovanni di Belna,[814] citò al suo -tribunale un beghino narbonese per avere affermato secondo un'antica -cronaca «che Cristo e gli apostoli, via di perfezione seguitando, niuna -cosa ebbono per ragione di proprietade e di signoria nè in ispeziale, -nè eziandio in comune. Il quale inquisitore, seguita la cronaca, -vogliendo giudicare il detto bighino, chiamò a consiglio tutti i priori -e guardiani e lettori de' religiosi e molti altri savi. Intra' quali -fu presente frate Beringario Talloni, lettore nel convento de' frati -minori da Nerbona. Et intra l'altre cose che il predetto inquisitore -fece leggere, (si fu) il predetto articolo della povertade di Cristo -e degli appostoli suoi, per lo quale voleva condannare questo cotale -bighino. Ma il predetto frate Beringario lettore, sopra il detto -articolo richiesto, rispuose che questo dire non era eretico, ma era -dottrina sana, cattolica e fedele massimamente, conciò sia cosa che -questo fosse diffinito per la chiesa cattolica nella dicretale che -comincia: _Exijt q. seminat_. La quale cosa fatta, nè più nè meno, come -se il detto lettore avesse affermata eresia, il predetto inquisitore -comandò a questo medesimo lettore che il detto suo immantinente, in -presenza di tutti, rivocasse. Il quale lettore non volse rivocare -per niuno modo, ma imperò ch'era costretto a rivocare quella cosa -che era sana e cattolica, e come sana e cattolica diffinita per la -chiesa. E temendo per questo d'essere agravato per molti modi contra -la giustizia, alla sedia appostolica solennemente appellò, e colla -sua appellazione venne a Vignone dove il predetto papa Giovanni allora -colla sua corte risedeva».[815] - -La quistione, sottoposta al Papa, era ben grave. Deciderla contro i -francescani non si poteva senza contraddire alla bolla _Qui exiit_, -ben a proposito invocata da fra Berengario;[816] deciderla contro i -domenicani sarebbe stato lo stesso che darla vinta agl'intransigenti, -contro i quali Giovanni avea già cominciato a pronunziarsi. In tanta -incertezza il Papa sottopose la vertenza ai più dotti teologi, e tra -gli altri ad Ubertino da Casale, il quale per mostrarsi nello stesso -tempo grato al suo protettore, che gli avea concesso il passaggio -ai benedettini e fedele al suo partito emise un parere, che dovea -contentar tutti, e tutti scontentò.[817] Le mezze misure ormai -a nulla approdavano. Al punto cui erano giunte le cose bisognava -prender partito o per l'uno o per gli altri,[818] e Giovanni lo prese -animosamente, e dopo un lungo concistoro,[819] si decise a revocare la -bolla di Niccolò III, dichiarando: la vera interpetrazione della Regola -non essere peranco trovata; e dopo le nuove quistioni insorte occorrere -nuovi studii per risolverle, ed esser quindi necessario, di togliere -il divieto delle glosse e commenti, per lasciar campo alla libera -discussione,[820] dalla quale sarebbe emersa la verità. - -Questa misura radicale provocò le proteste di tutti i francescani. -Non solo gli spirituali ed i fraticelli, ma benanco i conventuali -se ne risentirono, e lo stesso generale fra Michele da Cesena, che -sinora avea agito con tanta energia contro i dissidenti, ed insieme -all'inquisitore narbonese avea dichiarate eretiche le dottrine dei -beghini e spirituali, ora credendo minacciate le fondamenta stesse -dell'ordine, si mise a capo dell'opposizione contro il Papa. E -convocato un Capitolo generale in Perugia il 4 giugno 1322, fece -dichiarare solennemente «che la renunziazione della proprietà di -tutte le cose sì in speciale come eziandio in comune fatta per Dio, -è meritoria e santa, la quale renunziazione Cristo, via di perfezione -mostrando, per parola la 'nsegnò, e per esemplo la confermò; e la quale -i primi fondatori della Chiesa militante, cioè li apostoli, sì come -da essa fonte, cioè Cristo, aveano attinto, in coloro che volgliono -perfettamente vivere, per rivi di dottrina e di loro vita, dirivarono. -La quale determinazione della Chiesa nel VI libro per essa Chiesa -cattolica è inframessa e per altra decretale nel Concilio di Vienna -promulgata e divulgata...... Et ultimamente per lo santissimo padre -e signiore, messer Giovanni, per divina provvidenzia, papa vigesimo -secundo, in alcuna sua dichiarazione fatta sopra la regola e sopra -lo stato de' frati minori, che comincia: _Quorundam exiit_, è questa -medesima dichiarazione molto commendata, come santamente composta, -soda, lucida e con molta maturità esaminata».[821] - -Tale protesta fu come un guanto di sfida al Papa, e Giovanni -lo raccolse. E per tutta risposta pubblicò la celebre bolla _ad -Conditorem_, nella quale sostenne esser lecito di revocare i decreti e -le costituzioni dei predecessori, quando l'esperienza, maestra della -vita, dimostra che falliscono al fine per cui furono promulgate. E -criticò con vigore l'espediente imaginato dai suoi predecessori di -attribuire alla Chiesa la proprietà di quello, che i frati minori -usano per le necessità della vita. Imperocchè, ei dice, v'ha cose -che struggendosi coll'uso non consentono ne sia proprietaria una -persona diversa da chi le adopera. E nel fatto i mendicanti più che -usufruttuari ne sono i veri padroni, e le vendono e le barattano, -quando loro torni, per mezzo dei loro procuratori, talchè la Chiesa -ha solo di nome siffatta proprietà, della quale altri raccoglie i -frutti, ella invece i danni e l'onta d'interminabili liti. Per queste -ragioni Giovanni dichiarò di rinunziare alla proprietà dei beni -spettanti ai frati minori all'infuori degli stabili, o degli arredi -delle chiese,[822] sicchè i minoriti contro loro volere tornavano -proprietarii a simiglianza degli emuli loro, i frati predicatori. -Era una misura audace codesta, ed i francescani per mezzo del loro -procuratore Buonagrazia da Bergamo[823] seppero ben rilevare come -rompesse contro la tradizione pontificia da Gregorio IX a Clemente -V; ma Giovanni tenne duro, e messo in prigione l'audace autore della -protesta, ritirò la prima bolla per pubblicarne un'altra più diffusa -sotto la stessa data e colla stessa iniziale della precedente.[824] -Nè di ciò pago, più tardi con decretale del 12 novembre 1323 condannò -come eretica la dottrina sostenuta dal Capitolo generale di Perugia -intorno alla povertà di Cristo e degli apostoli.[825] E facendosi -contro codesta bolla sempre più vive le opposizioni, alle quali fece -eco Ludovico il Bavaro nella protesta di Sachsenhäusen,[826] non dubitò -Giovanni di difenderla nella decretale del novembre 1324, combattendo -punto per punto gli argomenti degli avversarii.[827] - -Ma non ostante che la lotta fosse già così ardente, pure i minoriti non -seguirono l'esempio dell'Imperatore, e per tre anni di seguito agirono -copertamente senza romperla del tutto col Papa; talchè il loro generale -quando fu chiamato alla corte pontificia,[828] si fece scusare per la -malattia, che lo tratteneva a Tivoli,[829] e non appena ristabilito si -recò in Avignone. Se non che ben presto le cose volsero al peggio. Il -Papa nell'udienza solenne del 9 aprile 1328 amaramente rimproverava il -generale francescano della sua resistenza ai decreti pontifici,[830] e -dal suo canto il generale non pure tenne fermo nelle sue idee, ma per -sottrarsi all'ira pontificia fuggì la notte del 25 maggio accompagnato -dai frati Occam e Bonagrazia, e tutti insieme ripararono in una nave -imperiale, che li trasportò a Pisa.[831] Gli avvenimenti incalzavano -rapidamente. In un'adunanza tenuta nella Piazza di S. Pietro in Roma -il 18 aprile dello stesso anno Ludovico, mettendo in pratica le idee -rivoluzionarie dei suoi consiglieri Marsilio da Padova e Giovanni di -Gianduno, avea deposto come eretico il papa Giovanni, e nel 12 maggio -successivo gli avea sostituito a voce di popolo il minorita Pietro -da Corbara, che prese il nome di Niccolò V.[832] Non occorre dire -che all'Imperatore s'unirono i francescani fuggiti d'Avignone, ed una -testimonianza della loro opera ce la porge la nuova edizione fatta a -Pisa della sentenza, già pubblicata a Roma contro papa Giovanni.[833] -Dopo questi fatti scoppiò aperta la guerra tra la Curia e gli uomini -più eminenti dell'ordine francescano. Il Papa depose Michele di -Cesena dal suo ufficio, e scomunicò con lui i compagni Bonagrazia ed -Occam,[834] e dal canto suo il generale francescano pubblicò in Pisa -prima una lettera giustificativa della sua condotta[835] e poi due -proteste contro i decreti del Papa, dei quali si appellava al giudizio -di tutta la Chiesa.[836] Alle ragioni addotte in codesti scritti il -Papa credette di rispondere nella bolla _Quia vir reprobus_,[837] e di -rimando il generale minorita pubblicò un'altra protesta, che ribadiva -le accuse contro Giovanni, combattendone le difese.[838] Al generale -si associarono altri minoriti, nè solo i suoi compagni di fuga Occam -e Bonagrazia, ma benanco il provinciale tedesco Enrico di Thalheim -e Francesco d'Ascoli. Ed insieme pubblicarono uno scritto contro la -nomina del nuovo generale frate Oddone fatta nel Capitolo di Parigi il -10 giugno 1329,[839] e quando da molte parti si faceano vive premure al -Cesenate perchè si riconciliasse col Pontefice, ei lo incoraggiavano -a tener fermo salvando il suo diritto e l'autorità sua.[840] Il più -celebre tra loro era certo il provinciale inglese Guglielmo Occam, -non meno forte d'ingegno che d'animo, il quale ben protestava, che -se pure i più piegassero, se pure lo coprissero di vituperii, ei -seguiterebbe sempre a difendere la verità, finchè gli bastino la mano e -la penna.[841] - -E tenne per fermo la promessa, e nel corso di venti anni non ismise -mai di scrivere per la causa, che i più l'un dopo l'altro disertavano. -Intorno al 1330[842] compose in novanta giorni un'opera voluminosa, in -cui seguendo passo per passo la bolla _Quia vir reprobus_, riassume -da prima le ragioni ivi addotte, e poi con più largo discorso espone -le risposte degli avversarii.[843] Più tardi, poichè Giovanni XXII in -concistoro ebbe dichiarato che della visione beatifica non potessero -godere i trapassati se non dopo ripreso il loro corpo, scrisse -animosamente contro la nuova dottrina del Papa.[844] Ed alla morte -di lui, quando fu certo che il successore Benedetto XII seguiva la -stessa via del predecessore, ritornò anch'egli sull'antica polemica, -pubblicando il compendio degli errori di Giovanni XXII.[845] In -questi faticosi lavori, col vuoto argomentare scolastico, infarcito -di sottili distinzioni e di citazioni infinite, vengono provate le -tesi francescane sulla povertà assoluta e sulla vita apostolica, e -contro alle teorie di Giovanni XXII è rifermata la distinzione tra la -proprietà e l'uso anco nelle cose consuntibili. Ma in fondo a codeste -quistioni, che paiono e sono oziose, si nascondeva un'altra ben più -grave sui limiti della potestà papale. E l'Occam, d'accordo colle -proteste del suo generale, credeva che il Papa non potesse revocare le -decisioni dei suoi predecessori in fatto di costumi o di domma,[846] -tanto più se codeste dottrine sono o chiaramente insegnate nei libri -sacri, o approvate dalla Chiesa universale. E se ardisce di farlo -è manifestamente eretico, e per conseguenza perde ipso facto ogni -autorità e dignità.[847] Nè alcun cattolico è tenuto ad obbedirgli, -anzi tutti debbono fuggirlo se non vogliono intingersi della sua pece. -Nè vale il dire che non essendovi al di sopra del Papa altra autorità, -non si può nè convincerlo d'eresia, e molto meno appellarsi di lui -ad un tribunale superiore;[848] perchè, dice Occam, al di sopra del -Papa sta la Chiesa ed il Concilio che la rappresenta. Così stante -l'appello il Papa deve astenersi da qualunque decisione e rimettersene -al Concilio, che ha da essere immantinenti convocato. Se ardisce di -levarsi a giudice, egli che è parte; se nega di riunire il Concilio e -ne usurpa l'autorità, è eretico manifesto,[849] e tale lo dovrebbero -dichiarare i custodi della fede, i vescovi, e deporlo dall'alto -ufficio, che ei mal sa reggere. E quando i vescovi si rifiutino, -l'Imperatore stesso, se cattolico, varrà a condannarlo.[850] - -Quest'ultima sentenza si legge nell'opera pubblicata intorno al 1338, -ove si discutono otto gravi quistioni intorno all'Impero ed ai suoi -rapporti colla Chiesa.[851] L'Occam, al pari degli altri minoriti, -non abbracciava le idee radicali dei consiglieri laici di Ludovico, -come Gianduno e Marsilio da Padova; nè credeva che si dovesse rompere -così contro la tradizione da rimettere nel popolo di Roma la fonte -dell'autorità imperiale, e s'oppose al giurista imperiale Leopoldo di -Bamberga, che in parte rinnovava le idee del _Defensor pacis_.[852] -Ciò non pertanto opinava che le due autorità, la spirituale e la -temporale, non pure non si potessero riunire in una persona, ma -fossero così indipendenti, che l'una non dovesse tenersi per la fonte -dell'altra.[853] Egli in verità era d'avviso che il re dei Romani -non potesse assumere il nome d'Imperatore senza la coronazione e -l'unzione sacerdotale, ed in questo punto certo non andava ai versi di -Ludovico;[854] ma a differenza dei papisti sosteneva che la coronazione -e l'unzione non conferiscono poteri temporali, bensì doni spirituali -soltanto.[855] Talchè allorquando l'autorità ecclesiastica, che per -consuetudine soleva ungere o coronare il re eletto, si rifiuti, può -bene farne le veci un altro arcivescovo,[856] il quale non cessa -pertanto di essere suddito del sovrano che incorona.[857] - -Da queste citazioni ben si raccoglie come l'Occam non fosse da meno -di nessuno nel sostenere la causa dell'Imperatore, il quale, non -perchè sia cristiano, ha perduto nulla dei diritti, che spettavano ai -suoi predecessori pagani. E se questi decidevano intorno alle cause -matrimoniali, perchè il loro successore non potrà fare altrettanto? Lo -può, e lo deve quando sopratutto l'interesse di Stato lo consiglia, -come nel caso del figlio di Ludovico e della principessa Margherita, -il cui matrimonio con Giovanni Enrico di Boemia non essendo stato -consumato, si può tenere per apparente più che per reale.[858] -Questi concetti sono chiaramente ripetuti nella terza parte di quella -voluminosa opera intitolata _il Dialogo_, ove l'Occam fa discutere da -un maestro ed un discepolo le quistioni più ardenti del suo tempo.[859] -Anche qui la teoria, che attribuisce al Papa una padronanza assoluta -non pure nelle cose spirituali, ma nelle temporali, vien condannata -come falsa, perniciosa ed eretica, perchè contraddice all'essenza -stessa del Cristianesimo che sta nella libertà; laddove se il Papa -avesse un così sconfinato potere sui fedeli, la legge di Cristo -sarebbe più dura e più tirannica della legge mosaica.[860] Parimenti -eretica e contraria alle sacre carte è l'altra teorica, derivata dalla -precedente, che riadduce al Sommo Pontefice l'autorità imperiale.[861] -Non che l'Occam creda l'Impero sia una istituzione sacra, emanante -direttamente da Dio; imperocchè già notammo nell'Introduzione, che -ei lo tiene per una creazione umana, voluta per fermo da Dio, ma nata -da certi bisogni degli uomini, e vôlta ad alcuni fini, e ben peritura -quando quei bisogni cessino o quei fini falliscano.[862] Però fin che -vige l'Impero, tutti debbono inchinarsegli, e l'Imperatore, il cui -dominio s'estende per quanto gira il mondo, non pure sugli averi e -sulla libertà dei suoi sudditi ha piena potestà (in quanto almeno alla -legge di natura non contraddica, ed al bene pubblico conferisca);[863] -ma benanco sulle cose e persone spirituali esercita diritti. E talvolta -può bene nominare i papi, non in quanto imperatore per fermo, ma come -rappresentante del laicato, ed in particolare del popolo romano, al -quale dev'essere restituito l'antico diritto di elezione, quando gli -elettori ecclesiastici o per eresia o per quale altra ragione se ne -siano mostrati indegni.[864] E se può nominare il Papa, ha diritto -altresì di giudicarlo, e punirlo se occorra, imperocchè se Cristo e -gli Apostoli si sottomisero alla giurisdizione imperiale, ragion vuole -che anche il Papa vi si pieghi, quando pur la comunità cristiana debba -avere, come ogni Stato ben costituito, un solo e supremo giudice.[865] -Nè manca il caso, in cui lo deve anche deporre, se il Papa, poniamo, -sia caduto in eresia, ed i cardinali ed i vescovi, non che richiamarlo -sulla buona strada, si uniscano a lui.[866] - -Ma come può darsi codesto caso? Che cosa è mai l'eresia? Ed a quali -caratteri si scopre? E chi dovrà riconoscerla? Non forse il canonista, -che ben sa quali dottrine sieno state condannate dalla Chiesa e quali -no? E quale più autorevole canonista del Pontefice, che non pure può -interpetrare i vecchi canoni, ma crearne di nuovi? E come mai chi è -chiamato a definir l'eresia può cadervi dentro? E poniamo che vi cada, -chi può giudicarlo? E se egli è eretico, saranno altresì quelli che gli -prestano obbedienza? Codeste quistioni furono già discusse dall'Occam -nelle opere precedenti, ma ora nella prima parte del Dialogo vi ritorna -su, dibattendole con maggior larghezza ed ordine.[867] Non può cader -dubbio sulle sue opinioni, sebbene dichiari di non manifestarle, per -tema che altro le abbracci sull'autorità di lui, o le rifiuti in _odium -auctoris_.[868] L'eresia secondo l'Occam, è un domma falso contrario -alla fede ortodossa, attestata non pure dalle sacre carte, ma benanco -dalla tradizione della Chiesa,[869] ed eretico è quel cristiano, che -pertinacemente erri o dubiti di codesta fede.[870] Decidere quale -dottrina sia eretica e se altri sia caduto in eresia spetta ai teologi, -non ai canonisti, come si pretendeva dagli aderenti di Giovanni XXII; -perchè i canonisti ben conoscono le regole di procedura da osservare -nei giudizii di eresia, e il modo di accusare, e le pene da infliggere; -ma se non sono teologi, ignorano le più riposte ragioni della fede, -nè sanno riconoscere quello che vi contraddica, nè possono dare da -per loro l'esatta interpretazione dei canoni.[871] Anche il Papa -stesso, quando sia sfornito di studii teologici, non solo non sa -dare autorevole sentenza intorno agli eretici, ma egli medesimo può -cascare in eresia, come lo provano gli esempi e le ragioni.[872] Ed in -tal caso non manca chi possa e debba giudicare il Papa, perchè al di -sopra di lui sta la Chiesa universale. E se fia impossibile che tutti -i cattolici si raccolgano in assemblea, farà le loro veci il Concilio -generale, il quale non ha d'uopo dell'invito del Papa per adunarsi, -quando gl'interessi della fede lo richieggano.[873] E codesto Concilio, -accertata l'eresia del Papa, deve espellerlo dalla sede, spogliarlo -d'ogni dignità ecclesiastica e consegnarlo, se occorre, al braccio -secolare come farebbe di qualunque altro eretico. E dove il Concilio -non si possa riunire, nè altra autorità ecclesiastica ne faccia le -veci, spetterà, come dicemmo più sopra, ai laici ed alle potestà -secolari di salvare la fede.[874] - -Intorno a codesta preminenza del Concilio, l'Occam va pienamente -d'accordo con Marsilio da Padova; ma dissente da lui intorno al -primato del vescovo romano. L'animoso minorita non è certo tenero -della supremazia papale, e spende un libro intero del Dialogo per -discutere se convenga all'università dei fedeli il governo di un solo. -E benchè non neghi i vantaggi della monarchia, pure dichiara in certi -casi preferibile l'aristocrazia; nè teme che la pluralità dei capi -possa recar danno alla forza e compattezza della Chiesa.[875] Ma ciò -non pertanto non gli basta l'animo di accettare le teorie storiche -di Marsilio, secondo le quali nè S. Pietro avrebbe avuto da Cristo -il primato sugli altri apostoli, nè avanti a Costantino il vescovo -di Roma avrebbe esercitato alcun potere sugli altri vescovi. E gli -argomenti addotti nel _Defensor pacis_ in sostegno di codeste teorie -ei li combatte ad uno ad uno,[876] ed apertamente dichiara che la -dottrina del primato romano è una costante tradizione della Chiesa, a -cui s'ha da prestare piena fede.[877] Nè s'ha da credere che codesta -prova non sia secondo le convinzioni dell'Occam, perchè invece va -d'accordo col suo principio fondamentale, che la tradizione cattolica, -continua e costante, è l'unico e saldo criterio di verità. Può fallire -il Papa; dice l'Occam, e non meno di lui il Collegio dei cardinali; può -fallire lo stesso Concilio, e forse anche in qualche momento d'oblìo la -Cristianità tutta; ma la dottrina canonica non verrà meno per questo, e -dopo gl'intervalli d'oscuramento brillerà di più viva luce.[878] Così -pare assicurata la supremazia di Roma, ma i principii da cui parte -l'Occam menano a ben altre conseguenze; perchè se non solo il Papa, -ma il Concilio e la Cristianità tutta può fallire, non resta nulla -di saldo all'infuori dei sacri libri. È manifesto per tal guisa come -per diversa via l'Occam riuscisse allo stesso risultato di Marsilio, -vale a dire alla negazione della gerarchia medievale. E così il moto -francescano, cominciato da un dissidio interno dell'ordine minorita, -si dilarga oltre misura, e si tramuta in opposizione implacabile contro -l'assolutismo teocratico e nell'ordine religioso e nel politico. - -Dal movimento francescano furono provocate alcune sètte più o meno -ereticali, come i flagellanti, gli apostolici, i beghini. I flagellanti -apparvero nell'anno fatale 1260, in cui secondo i gioachimiti doveva -aver luogo la fine del vecchio mondo. Gli apostolici, surti al tempo -delle prime dissensioni francescane, si dettero per i soli e veri -seguaci delle dottrine spirituali. I beghini, nati più tardi, non -erano se non terziarii francescani, i quali mettevano la Regola al pari -dell'Evangelo, e negavano obbedienza a qualunque autorità ecclesiastica -non la interpetrasse a lor modo. Queste sètte solennemente condannate -come eretiche, ci porgono la più chiara prova del fine che sortì -l'agitazione gioachimita. E possiamo ben dire che il secondo periodo -del movimento religioso medievale ha un corso opposto al primo, -comincia dallo scisma e termina nell'eresia. - - - - -CONCLUSIONE - - -Pervenuti alla fine dei nostri studii possiamo riprendere la quistione -dei rapporti, che corrono tra le eresie ed il movimento filosofico -e politico del medio evo. Codesto movimento era indirizzato a tre -scopi, che sono la libertà del pensiero, l'autonomia dello Stato, la -riabilitazione della vita. In quanto al primo punto non si può negare -che le discussioni e le polemiche religiose valevano a scuotere le -menti dal loro torpore dommatico, e già notammo parziali contatti tra -i filosofi e gli eretici. Il capo degli Arnaldisti, ad esempio, era -discepolo fido di Abelardo, e coi gioachimiti si unirono apertamente -gli scolari di Amorico di Bena e di Davide di Dinant. Ma in verità -codesti contatti sono o accidentali, o sforzati. Quanta opposizione -corresse tra il pensiero di Gioacchino e quello di Amorico lo -dimostrammo più sopra, e più sopra notammo che gli Arnaldisti fuori -di un punto solo erano del tutto ligi ai dommi tradizionali, nè v'ha -ricordo che l'intendessero nel modo razionalistico di Abelardo. Ora -aggiungiamo che qualunque delle eresie fosse prevalsa, non esclusa la -valdese, non sarebbe stata meno infesta alla libertà del pensiero, e -vedemmo con quanto disprezzo e sospetto parli Gioacchino della scienza. -Nè va taciuto che alcune delle eresie, principalmente la catara, -erano fatte per favorire le credenze superstiziose, che maggiormente -ripugnano alla sana ragione, come a dire la fede nel diavolo e nelle -stregonerie. Lo stesso possiamo dire per quel che riguarda l'autonomia -dello Stato. Certo tutti codesti eretici, benchè discordi tra loro, -s'uniscono nel combattere la mondanità della Chiesa, e contro il potere -temporale dei Papi e la voluta donazione di Costantino levano unanimi -la voce; ma un'azione diretta dell'eresia sul partito ghibellino -non c'è stata, almeno fino a Ludovico il Bavaro. E ricordo che se -da una parte gl'imperatori, non escluso Federico II, furono aperti -persecutori dell'eresia, dall'altra i gioachimiti tennero Federico -per l'Anticristo. Finalmente intorno al terzo punto, la riabilitazione -della vita, gli eretici di qualunque setta vi si opponevano con maggior -vigore degli ortodossi; imperocchè notammo che nelle più opposte -scuole dominava il medesimo ascetismo. Le due correnti adunque, la -razionalistica e l'eretica, si tennero bene distinte, come ha già -notato il Reuter; ma nella fine del secondo periodo parve che si -ricongiungessero, perchè l'Occam, capo della scuola nominalistica, -fu altresì strenuo difensore della causa di Ludovico il Bavaro, e uno -dei più autorevoli tra i dissidenti francescani, che insorsero contro -l'assolutismo della Curia romana. Se non che l'Occam non apparteneva -a nessuna delle sètte eretiche da noi studiate, neanco a quella dei -gioachimiti, le cui opinioni sul terzo stato egli non insegnò mai. -E se pure eretica s'ha da dire la sua dottrina, certo è un'eresia -che ha uno stampo suo proprio, un carattere più sano e meno mistico -delle precedenti. Per tal guisa il pensiero dell'Occam sopravvive, ed -anche oggi se ne trova una traccia nei vecchi cattolici, laddove le -eresie medievali, l'una dopo l'altra, scomparvero tutte, alcune per -non risorgere più, altre per rifiorire rielaborate e trasformate nella -Protesta. - - - - -TESTI INEDITI - -PUBBLICATI FRAMMENTARIAMENTE NELLE NOTE - - - JOACHIM — _De ultimis tribulationibus_, cod. laur. XI, plut. IX, - dex. Santa Croce (pag. 315, nota 1). - - JOACHIM — _De articulis fidei_, cod. suddetto (pag. 316, nota 1). - - JOACHIM — _Epistola_, cod. laur. XLI, plut. LXXXIX inf. (p. 318, n. - 1). - - ANONIMO — _Cronaca delle Tribolazioni_ (pag. 420, nota 1; p. 431, - nota 1 e 2; pag. 433, n. 3; pag. 437, n. 2; pag. 440, n. 2; pag. - 479, n. 1; pag. 481, n. 1; pag. 483, n. 2; pag. 485, n. 2; pag. - 486, n. 1; pag. 487, n. 1; pag. 488, n. 1; pag. 491, n. 2; pag. - 492, n. 1; pag. 493, n. 1 e 2; pag. 494, n. 3; pag. 501, n. 1; pag. - 502, n. 2; pag. 504, n. 1 e 2; pag. 506, nota 1; pag. 511, n. 2 e - 3). - - _Processo verbale della Commissione d'Anagni_ — Codice della - Sorbona 1726 (pag. 468, nota 1 e 2; pag. 469, n. 2; pag. 471, n. 1; - pag. 475, n. 1). - - _Opuscoli di P. Giovanni Olivi_ — Codice Laurenziano III, plut. - XXXI (pag. 489, n. 1). - - _Cronaca di Niccolò Minorita_ — Codice Magliabechiano, Classe - XXXIV, num. 76 (pag. 530, n. 1; pag. 531, n. 1). - - - Ai passi già riferiti del codice della Sorbona 1726 mi sia lecito - aggiungere quest'altro molto importante per la bibliografia - gioachimitica (carte 143 _tergo_): - - - Item in tractatu (qui c'è una lacuna nel codice) Evangelia exponens - illud de Symeone presentato Christo in templum die Purificationis - ait: Itaque senex iste justus et timoratus ratione presules - designat, in quibus donante Deo manet usque in finem promissio - ista Domini dicentis Petro: Ego rogavi ut non deficiet fides - tua. Semper enim Petri successio affectat videre completum quod - praedicat, et cum dabitur ei videre quod optat, ut videlicet infra - videat consumatum donum Spiritus Sancti in populo christiano, - sicut futurum credimus in adventu Heliae, qui venturus est omnia - consumare, videns sanctum illum ordinem, quem Ecclesia spiritualis - peperit quasi de abditis praesepii locis venientem ad lucem, - accipiet eum in ulnas fidei et dilectionis suae et pronunciabit in - eo illum esse vivificantem spiritum, in quo est salus mundi, qui et - loquetur in eo ad praedicandum evangelium regni in universo mundo. - Illud scilicet evangelium de quo dicit Joannes in Apoc. XIII: vidi - angelum volantem per medium coeli, et datum est illi evangelium - aeternum. Sed quare vel a Domino dicitur evangelium regni, vel a - Joanne evangelium aeternum nisi quia id quod mandatum est nobis - a Christo vel apostolis secundum fidem sacramentorum, quantum ad - ipsa sacramenta transitorium est et temporale, quod autem per ea - significatur, aeternum. - - Sfortunatamente il codice ha una lacuna dove si citava il - titolo dell'opera, da cui i giudici di Anagni tolsero il - passo surriferito. Ma noi possiamo congetturare che essa sia - l'Esposizione dei quattro Evangeli, ricordata dal Salimbene - (pag. 124): Anno Domini MCCXLVIII cum essem cum fratre Hugone in - Provincia Provinciae apud castrum Arearum, ubi Saccati sumpserunt - initium, et ubi habitabat frater Hugo, accepi ab eo quod habebat de - expositione abbatis Joachim super quatuor Evangelistas. - - Non ostante che questa opera sia citata dai giudici di Anagni non - posso tenerla per autentica, perchè Gioacchino nelle opere genuine - non parla mai dell'_Evangelo eterno_ in modo così esplicito, - come nel passo surriferito. E la falsità mi pare più manifesta, - quando confronto questo passo coll'analogo della _Concordia_, - ove è commentato lo stesso testo di S. Luca (_Conc._, V, 43, fol. - 80, col. 3-4): Symeon suscipiens natum Christum dixit «Lumen ad - revelationem gentium» et quod subjunxit «ad gloriam plebis tuae - Israel» ad illos Israelitas referendum est, qui credituri sunt per - verbum in fine postquam introiret plenitudo gentium. - - - - -INDICE - - - AVVERTENZA Pag. VII - - INTRODUZIONE — _Il movimento intellettuale contemporaneo - dell'eresia_. - - I. Primo periodo della scolastica. Nominalismo. Realismo. - Concettualismo 1-18 - II. Condizioni politiche e religiose che preparano il - secondo periodo della scolastica 18-25 - III. Secondo periodo della scolastica. Tomismo e - Scotismo 26-42 - IV. Oppositori del Tomismo 43-46 - V. Influsso del Tomismo sulla letteratura. Dante 46-57 - VI. Terzo periodo della scolastica. Parallelo fra Dante e - Petrarca 57-71 - - LIBRO I - DALL'ERESIA ALLO SCISMA - - CAPITOLO PRIMO — _I Catari_. - - I. I dommi del Catarismo 73-83 - II. Polemiche catare 84-87 - III. Dottrine morali dei Catari 87-93 - IV. Culto esterno e gerarchia 93-99 - V. Origine del Catarismo 100-107 - VI. Durata, diffusione, intensità del movimento - cataro 108-125 - VII. Valore del Catarismo 126-134 - - CAPITOLO SECONDO — _I Valdesi_. - - I. Rapporto tra Catari e Valdesi 134-150 - II. Precursori dei Valdesi 150-164 - III. Pietro Valdez e l'opera sua 165-174 - IV. Dottrine primitive dei Valdesi 174-192 - V. Dottrine posteriori e rottura definitiva col - Cattolicismo 192-206 - - CAPITOLO TERZO — _Patarini ed Arnaldisti_. - - I. Storia dei Patarini sino alla morte di Erlembardo 207-228 - II. La lotta delle investiture 228-231 - III. Arnaldo da Brescia. Sua vita 231-246 - IV. Dottrine di Arnaldo e degli Arnaldisti 246-256 - V. Riassunto del primo periodo 257-259 - - LIBRO II - DALLO SCISMA ALL'ERESIA - - CAPITOLO PRIMO — _L'abbate Gioacchino_. - - Preambolo 261-262 - I. Vita e carattere dell'abbate Gioacchino 262-291 - II. Le opere autentiche e le spurie 291-318 - III. Esposizione del _Decacordo_ e della _Concordia_ 319-352 - IV. Il Commento all'_Apocalisse_ 353-373 - V. La dottrina dell'abbate Gioacchino 373-387 - VI. Origine del Gioachimismo 387-409 - - CAPITOLO SECONDO — _Amorico di Bena ed il movimento - francescano_. - - I. Amorico e gli Almariciani 409-419 - II. L'ordine francescano durante la vita del suo - fondatore 419-435 - III. I primi dissidii francescani. Il generale frate - Elia ed i suoi oppositori 435-448 - IV. Giovanni da Parma e l'_Evangelo eterno_ 449-483 - V. Pier Giovanni Olivi ed Ubertino da Casale 484-514 - VI. La lotta dei francescani contro Giovanni XXII. - Michele da Cesena e Guglielmo Occam 514-555 - - CONCLUSIONE — _Valore dell'eresia medievale_ 557-559 - - -Diversi errori sono sfuggiti nella stampa, i quali saranno facilmente -avvertiti dal sagace lettore. A me preme notare questi soli, che -guastano il senso: - - ----+-----+----------------------------+----------------------------- - Pag.| Lin.| ERRORI | CORREZIONI - ----+-----+----------------------------+----------------------------- - | | | - 201 | 1 | Ma la celebrazione della | Dicemmo più sopra che - | | messa per parte dei laici | secondo i Valdesi ad ogni - | | | laico era dato di celebrar - | | | la messa; ma codesta - | | | celebrazione - | | | - 372 | 7-9 | Roma, non in quanto | Roma, in quanto rappresenta - | | rappresenta la Chiesa, ma | non la Chiesa, bensì - | | bensì la moltitudine dei | la moltitudine dei reprobi, - | | reprobi non si raccoglie | la quale non si raccoglie - | | | - 481 |14-15| non solo come gioachimita | non solo quale capo del - | | bensì quale capo del | partito intransigente, - | | partito intransigente | bensì come gioachimita - - - - -NOTE: - - -[1] Giovanni Scoto Erigena nacque in Irlanda (Scotia major) sul -cominciare del secolo nono. Carlo il Calvo non molto dopo il suo -innalzamento al trono (843) lo chiamò a dirigere la scuola palatina, e -più tardi gli commise di tradurre dal greco le opere del pseudo Dionigi -l'Areopagita. Indarno il papa Niccolò I si dolse che questa traduzione -fosse pubblicata prima di venire sottoposta alla censura. Scoto morì -in Francia intorno all'anno 877. Secondo l'Hauréau la fine tragica in -Inghilterra attribuitagli dagli storici è una favola nata dallo scambio -di due omonimi. - -[2] Le immagini adoperate da Scoto sono tutte improntate all'emanatismo -neoplatonico. _De divis. nat._, IV, 5: pag. 311 Est autem generalissima -quaedam et communis omnium natura, ab uno omnium principio creata; ex -qua veluti amplissimo fonte per poros occultos corporales creaturae -velut quidam rivuli derivantur, et in diversas formas singularum rerum -eructant. Nè crediate che questa _communis natura_ sia una cosa diversa -dal _principium_. Basterebbero tra mille questi due passi a mostrarne -l'identità, III, 23: pag. 249 Creatur enim a se ipsa in primordialibus -causis, ac per hoc se ipsam creat, hoc est in suis theophaniis incipit -apparere, ex occultissimis naturae suae sinibus volens emergere III, -17: pag. 238 Proinde non duo a se ipsis distantia debemus intelligere -Dominum et creaturam, sed unum et id ipsum. Nam et creatura in Deo est -subsistens, et Deus in creatura mirabili et ineffabili modo creatur.... -omnia creans in omnibus creatum, et omnium factor factum in omnibus. -Scoto Erigena è il primo rappresentante di quell'indirizzo filosofico, -che attribuisce una realtà a sè ai concetti universali. Ac per hoc -intelligitur quod ars illa, quae dividit genera in species, et species -in genera resolvit, non ab humanis machinationibus sit facta, sed in -natura rerum ab auctore omnium artium, quae vero artes sunt, condita. -_De divis. nat._, IV, 4, pag. 310. Cito l'ediz. del 1838 pubblicata in -Münster. - -[3] ANSELM. _De fide Trinit._, cap. 2. Illi utique nostri temporis -dialectici imo dialectice haeretici, qui non nisi flatum vocis putant -esse universales substantias. Non metto in dubbio che l'espressione -_flatus vocis_ sia stata usata da Roscellino, il quale nella -disputa contro i Realisti ebbe i suoi buoni motivi di opporre ad -un'affermazione assoluta un'assoluta negazione. Dal che non segue -però che si debba intendere alla lettera questa espressione polemica, -come se Roscellino tenga gli universali per puri nomi, ai quali non -corrisponda neanche un concetto. - -[4] ABELARDO nel trattato _De Divis. et definit._ (_Ouv. inéd. -d'Abélard_, pars V. Cousin, 1836, p. 471). Fuit autem, memini, magistri -nostri Roscellini tam insana sententia, ut nullam rem partibus constare -vellet sed sicut solis vocibus species, ita et partes adscribebat. -In altre parole la scomposizione del tutto nelle sue parti (quando la -totalità è organica), è un processo puramente intellettivo. In realtà -non si può staccare una parte dall'altra senza distruggere la parte -stessa, come ad esempio un membro divelto dall'organismo non è più cosa -vivente, ma materia inerte. Ma se si considera la cosa più da vicino, -il vero nominalista non può ammettere questa forza misteriosa, che -conferisce alle parti un nuovo valore, e le trasforma in membra vive -di una totalità ideale. Il vero indivisibile per il nominalista non è -dunque il tutto, ma ciò che non ha parti di sorta. Questo è lo schietto -individuo, ente semplice, che resta sempre eguale a sè medesimo, benchè -la mente nostra guardandolo da varî aspetti, possa artificiosamente -dividerlo in altrettante porzioni. - -[5] S. Tommaso nella _Summa Theolog._ I, _Quaest._ II, art. 1, ricorda -evidentemente il celebre argomento di S. Anselmo: Sed intellecto quid -significet hoc nomen _Deus_, statim habetur quod Deus est. Significatur -enim hoc nomine id quo majus significari non potest: majus autem est -quod est in re et in intellectu, quam quod est in intellectu tantum: -unde cum intellecto hoc nomine _Deus_, statim sit in intellectu, -sequitur etiam quod sit in re. E lo combatte in questo modo: forte ille -qui audit hoc nomen _Deus_ non intelliget significari aliquid, quo -majus cogitari non possit, cum quidam crediderint Deum esse corpus. -Dato etiam quod quilibet intelligat hoc nomine _Deus_ significari -hoc quod dicitur, scilicet illud quo majus cogitari non potest, non -tamen propter hoc sequitur quod intelligat id quod significatur per -nomen, esse in rerum natura sed in apprehensione intellectus tantum. -All'Aquinate non isfuggirono certo i pericoli dell'identificazione -del reale coll'ideale, e di quel semirazionalismo che ne era la -conseguenza, ed il meglio che potesse vi si oppose. Valga ad esempio -il confronto delle due interpretazioni del domma della Trinità. S. -Anselmo nel _Monol._ cap. 47, scrive: At si ipsa substantia Patris -est intelligentia, et scientia, et sapientia et veritas, consequenter -colligitur quia sicut Filius est intelligentia et scientia et sapientia -et veritas paternae substantiae, ita est intelligentia intelligentiae, -scientia scientiae. Cap. 49: Quam enim absurde negetur summus spiritus -se amare sicut sui memor est, et se intelliget!.... otiosa namque et -penitus inutilis est memoria et intelligentia cujuslibet rei, nisi -prout ratio exigit, res ipsa ametur vel reprobetur. La qual dottrina -mena a questo risultato, che non solo l'essenza, ma anche le funzioni -delle tre persone sono identiche; onde se è salva l'unità di natura, -corre pericolo la trina distinzione, o per parlare il linguaggio di S. -Tommaso: Sed secundum Anselmum sicut Pater est intelligens et Filius -est intelligens, et Spiritus Sanctus est intelligens; ita Pater est -dicens, Filius est dicens, et Spiritus Sanctus est dicens, et similiter -quilibet eorum dicitur. Ergo nomen Verbi _essentialiter_ dicitur in -divinis et non _personaliter_. Il che non è vero, perchè sicut Verbum -non est commune Patri et Filio et Spiritui Sancto ita non est verum -quod Pater et Filius et Spiritus Sanctus sint _unus dicens_ (_S. -T._, I, quaest. XXXIV, art. 1). Questa risposta mostra il metodo di -S. Tommaso, che è tutto fondato sull'autorità. Se nei libri canonici -è scritto il Verbo non esser comune al Padre ed allo Spirito, la -relazione, che viene rappresentata dal Verbo, non può attribuirsi alle -altre persone. E qualunque sieno i bisogni della Ragione debbono tacere -innanzi alla sacra testimonianza, la quale sola ci può dar contezza dei -misteri divini. Per rationem igitur naturalem cognosci possunt de Deo -ea quae pertinent ad unitatem essentiae, non autem ea quae pertinent ad -distinctionem personarum (Ivi, qu. XXXII, art. 1). - -[6] SCOTO ERIG., _De divis. nat._, II, 22, pag. 124. Patri dat -(Theologia) omnia facere, Verbo dat omnes.... primordiales rerum -causas aeternaliter fieri: Spiritui dat ipsas primordiales causas in -Verbo factas in effectus suos foecundatas distribuere. V, 25, pag. -479. Ac si aperte diceret: Si Dei sapientia in effectus causarum, quae -in ea aeternaliter vivunt, non descenderet, causarum ratio periret; -pereuntibus enim causarum effectibus nulla causa remaneret, sicuti -pereuntibus causis nulli remanerent effectus. - -[7] Molti scrittori distinguono il nominalismo di Roscellino dal -concettualismo di Abelardo riferendosi al noto passo di Giovanni -Saresberiense (_Metalogicus_, II, 17, pag. 814, Amstelaedami 1664) -alius sermones intuetur et ad illos detorquet quicquid alicubi -meminit scriptum; in hac autem opinione deprehensus est Peripateticus -Palatinus, Abaelardus noster. La testimonianza di Giovanni (nato a -Salisbury intorno al 1110 o 20, morto vescovo di Chartres nel 1180) -è molto importante, comecchè ei fusse discepolo di Abelardo tra il -1136 e il 1148, e degli scrittori di quell'età l'unico che studiasse -di giudicare spassionatamente le opposte scuole, senza abbracciarne -alcuna. È da supporre adunque che una differenza interceda tra il -nominalismo di Roscellino e il concettualismo di Abelardo. Il primo -per opporsi bruscamente ai realisti disse gli universali pure voci, -senza ricercare nè se a questi nomi corrispondano concetti determinati, -nè se questi concetti sieno formati dalla nostra mente in un modo -arbitrario ovvero necessariamente. Abelardo definì meglio la dottrina -nominalistica riempiendo questi vuoti. Gli universali _ut sic_ non sono -entità reali, bensì concetti che il nostro intelletto non può a meno di -formare sulla scorta dei reali rapporti di somiglianza ed affinità tra -i varî esseri della natura. - -[8] Vedi la commovente confessione ad Eloisa che comincia: Heloisa -quondam mihi in seculo cara, nunc in Christo carissima. (_Opp._, ed. -Cousin, I, 680). - -[9] Roscellino, non ammettendo altre realtà dagli individui in fuori, -dovea profondamente modificare il senso tradizionale del domma della -Trinità. E gli erano aperte due vie. O far ritorno al monoteismo -ebraico, tenendo la distinzione delle persone per un fatto subbiettivo -nato dalla necessità in cui si trova l'intelletto nostro di guardare da -tre aspetti diversi ciò che pure è uno in sè; ovvero fare delle persone -tre individui distinti, la cui unità, puramente nominale, stia nella -conformità perfetta dei pensieri e voleri. Quest'ultimo partito sceglie -Roscellino, come ne attesta Sant'Anselmo _De fide Trin._ c. 3. Tres -personae sunt tres res sicut tres angeli aut tres animae, ita animae, -ut voluntas et potentia omnino sint idem. L'eresia dunque di Roscellino -è il Triteismo di Giovanni Filopono non certo il Monarchianismo di -Sabellio. - -[10] S. Bernardo nella lettera a Innocenzo II (Ep. 330) chiama Abelardo -Pier Dragone per metterlo a paro con Pierleone, l'antipapa Anacleto. -Evasimus rugitum Petri Leonis, sedem Simonis Petri occupantem; sed -Petrum Draconem incurrimus, fidem Simonis Petri impugnantem. Gioco di -parole, che delicatamente ricordava al Papa i servigi prestati al tempo -dello scisma. V. lett. 189. Leonem evasimus sed incidimus in draconem, -qui non minus forsan nocet in insidiis quam ille rugiens de excelso. - -[11] _Introd. ad Theolog._, _Opp._, ed. Cousin, Parigi 1859, II, -pag. 78. Nec quia Deus id dixerat creditur, sed quia hoc sic esse -convincitur, recipitur.... At nunquam, si fidei nostrae primordia -statim meritum non habent, ideo ipsa prorsus inutilis est judicanda, -quam postmodum charitas subsecuta obtinet, quod illi defuerat.... Nec -quod levitate geritur, stabilitate firmabitur. Unde et in Ecclesiastico -scriptum est: Qui cito credit levis est corde et minorabitur. - -[12] Op. cit., pag. 12 Videtur autem nobis suprapositis trium -personarum nominibus summi boni perfectio diligentur esse descripta.... -Patris quippe nomini divinae magistratis potentia designatur, -qua videlicet quidquid velit efficere possit.... Filii vero Verbi -appellatone sapientia Dei significatur quia scilicet cuncta discernere -valeat, ut in nullo penitus decipi queat. At vero Spiritus Sancti -vocabulo ipsa ejus charitas seu benignitas exprimitur, qua videlicet -optime cuncta vult fieri seu disponi. Lo Spirito Santo non vuol -dire un rapporto di Dio a sè medesimo, ma ad altro. _Introd._ pag. -101: Procedere quod est Deum se per caritatem ad alternum extendere. -Quodammodo enim per amorem unusquisque ad alterum procedit, cum proprie -nemo ad seipsum caritatem habere dicatur. Notisi anche questo passo che -pare scritto dall'Erigena. _Theol. Christ._, I, 5, pag. 379: Bene autem -Spiritum Sanctum animam mundi, quasi vitam universitatis Plato posuit. -Quest'ultima opinione, così acerbamente censurata da S. Bernardo -(Lettera citata: Dum multum sudat quommodo Platonem faciat christianum, -se probat ethnicum) fu tolta a principale argomento d'accusa nel -Concilio di Sens, e poi sconfessata da Abelardo nel trattato _De -divisione et definitione_ (_Ouvrages inédites d'Abélard_ par V. Cousin, -Paris 1836, p. 475). Sed haec quidem fides platonica ex eo erronea -esse convincitur quod illam quam mundi animam vocat, non coeternam Deo -sed a Deo, more creaturarum, originem habere concedit. Spiritus enim -Sanctus ita in perfectione divinae Trinitatis consistit, ut tara Patri -quam Filio consubstantialis et coaequalis et coaeternus esse a nulla -fidelium dubitetur. Dal che il Cousin ha benissimo dedotto che questo -trattato è posteriore alla _Teologia_, e scritto dopo il Concilio di -Sens. Il libro dunque della _Dialettica_ citato nella _Teologia_ non -può essere questo _de divisione_ pubblicato dal Cousin. - -[13] _Theolog. christ._, V, pag. 566: Necessario itaque Deus mundum -esse voluit, nec otiosus extitit, quia eum priusquam fecit facere non -potuit. - -[14] _Comm. in Epist. ad Rom._, II, pag. 238: Magis hoc ad poenam -peccati,... quam ad culpam animi et contemptum Dei referendum videtur. -Imperocchè (_Eth._, c. 13, pag. 615) non est peccatum nisi contra -conscientiam. In questo punto (sia detto per incidenza) Abelardo -rasenta il Kant (_Eth._, cap. 7): Opera omnia in se indifferentia sunt -nec nisi pro intentione agentis vel bona vel mala dicenda sunt. - -[15] _Comm. in Epist. ad Rom._, II, pag. 207: Est illa summa in nobis -per passionem Christi dilectio, quae non solum a servitute peccati -liberat, sed veram nobis filiorum Dei libertatem acquirit; ut amore -ejus potius quam timore cuncta impleamus. - -[16] _Theol. Christ._, I, 2. - -[17] Sui fratelli Thierry e Bernardo, bretoni, nati a Moclan presso -Quimperlé, vedi HAURÉAU, _Histoire de la Phil. scolastique_, Première -partie, Paris 1872, pag. 392. L'Hauréau ha dimostrato che il vero -autore del rinnovato realismo è Thierry, e che Bernardo nell'opera -sua, recentemente pubblicata dal Barach (_Bernardi Silvestris De mundi -universitate libri duo seu Megocosmus et Microcosmus_, Innsbruck 1876) -non fa se non una parafrasi poetica delle dottrine insegnategli dal -fratello. Lo scritto di Thierry intitolato _De sex dierum operibus_ ci -è pervenuto mutilato, non più che il primo libro e parte del secondo, -tuttora inediti. Dai frammenti pubblicati dall'Hauréau riproduco -questo che espone in forma concisa il più schietto panteismo (pag. -402): Unitas ipsa divinitas est. At divinitas singulis rebus forma -essendi est, nam sicut aliquod ex luce lucidum est, vel ex calore -calidum, ita singulae res ex divinitate esse suum sortiuntur. Unde Deus -totus et essentialiter ubique esse vere perhibetur, unde vere dicitur -omne quod est ideo est quia unum est. Bernardo nel _Megocosmo_ non è -meno esplicito (Barach. pag. 30). Rerum porro universitas mundus nec -invalida senectute decrepitus, nec supremo est obitu dissolvendus, cum -de opifice causaque operis, utrisque sempiternis, de materia formaque -materiae, utrisque perpetuis, ratio cesserit permanendi. Usia namque -primarie aeviterna, et perseveratio fecunda pluralitatis simplicitas. -Una est, sola est, ex se vel in se tota natura Dei. E qui torna la -vecchia imagine neoplatonica già usata da Thierry. Ex ea igitur luce -inaccessibili splender radiatus emicuit.... Bernardo nato forse un -dieci anni più tardi di Guglielmo di Champeaux (intorno al 1080) gli -sopravvisse circa quaranta. Guglielmo morì nel 1121, Bernardo il 1161, -diciannove anni più tardi di Abelardo, del quale una tradizione lo fa -scolare (CHARLES DE REMUSAT, _Abélard_, I, 272). - -[18] Guglielmo nato a Conches in Normandia, insegnò per lungo tempo -a Parigi, ove morì nel 1154. Oltre al commento del Timeo e del -_De Consolatione_ di Boezio scrisse la _Philosophia mundi_, che fu -pubblicata sotto il nome di Beda nelle opere di questo padre, e sotto -il nome di Onorato d'Autun nel tom. XX della _Maxima Bibliotheca -patrum_. Se Guglielmo fosse stato conseguente a sè medesimo, avrebbe -dovuto, come bene avverte l'Hauréau, fare una confessione panteistica -non diversa da quella di Thierry e Bernardo. In verità se lo Spirito -Santo è l'anima del mondo, altrettanto deve dirsi di Dio Padre, con -cui lo Spirito è tutt'uno in essenza. Ma Guglielmo non che ridursi -a questo stremo, difende invece con grave inconseguenza il dualismo -ortodosso. E vedi stranezza di casi! Mentre i fratelli Carnotensi -non patirono nessun danno delle loro audaci e franche rivelazioni, il -filosofo di Conches per lo contrario, molto più timido e circospetto -di loro, fu fatto segno agli assalti dei zelanti. A capo dei quali si -mise Guglielmo di S. Thierry, cui si aggiunse Gualtiero da S. Victor, -ed entrambi chiamarono in aiuto S. Bernardo, per ischiacciare il capo -del nuovo basilisco, che era pur mo' nato dal triste seme dell'antico. -Però non fu convocato un concilio, bensì s'impose all'accusato la -pronta ritrattazione, che ei fece nel dialogo intitolato _Dragmaticon -Philosophiae_ (HAURÉAU, I, pag. 432). - -[19] Gilberto, nato a Poitiers, era nel 1135 cancelliere della chiesa -di Chartres. Nel 1140 scolastico di S. Ilario in Poitiers, e l'anno -appresso vescovo di quella diocesi. Il suo libro _Dei sei principii_ -che tratta diffusamente delle sei ultime categorie toccate di volo -da Aristotile, ebbe tal successo, che fino al secolo XVI fu sempre -unito al pari dell'Isagoge porfiriana al trattato aristotelico. Nel -commento al _De Trinitate_ del pseudo Boezio è svolta la dottrina -realistica, che il contemporaneo Giovanni di Salisbury espone nel -seguente modo (_Metal._, II, 17, pag. 817): Est autem forma nativa -originalis exemplum, et quae non in mente Dei consistit, sed in -rebus creatis inhaeret. Haec greco eloquio dicitur εῖδος habens se ad -idaeam ut exemplum ad exemplar; sensibilis quidem in re sensibili, -sed mente concipitur insensibilis; singularis quoque in singulis, -sed in omnibus universalis. Queste forme sono la vera realtà, e non -sono esse nelle cose, ma piuttosto le cose in loro. Egli è ben certo -che nel nostro mondo la forma non si può staccare dalla materia se -non mentalmente; onde i due fattori sono talmente intrinsecati, da -poter chiamare sensibile o singola la forma, in quanto si manifesta -e determina nelle cose individuali. Ma badiamo bene, l'individuo -non è nulla di originario, bensì il risultato della complicazione -di fattori universali. La saggezza, la forza d'animo, la figura di -Sileno ecc., formano quel tutto che si chiama Socrate, ma ciascuno -di questi fattori considerato da per sè è un universale che può -trovarsi anche in Platone ed Aristotile. Questo tutto così composto -si può dire _substans_, in quanto è il soggetto degli accidenti; il -che non importa che sia la vera sostanza, perchè anzi in tanto esiste -in quanto ha per sè una parte di quell'ουσία che è l'universale. -L'applicazione teologica è la seguente, che io tolgo dall'Hauréau -pag. 472: Dieu est ainsi que Socrate un individue du genre de la -substance; et comme la raison d'être de Socrate est l'humanité qui -vit en lui, de même doit-on distinguer ce qui est Dieu, ce Dieu, de -la forme essentielle qui est la Divinité. Même raisonnement sur les -personnes divines. Elles se distinguent de l'essence et cependant elles -participent non seulement de la même essence, mais encore de la même -subsistance. Ce parquoi les personnes diffèrent entre elles est en -elles un principe di distinction formelle. In altre parole Dio come -tutti gl'individui risulta da fattori od elementi universali. Uno di -questi elementi è il predominante, e costituisce l'essenza di Dio, -o la deità, analogo a quello che in Socrate chiamiamo l'umanità. Ma -come in Socrate distinguiamo anche la saggezza, la forza di volontà e -simili, così in Dio distinguiamo le persone. Il principio adunque di -questa distinzione s'ha da trovare in altri fattori universali, non in -quello che diremmo centrale, e costituisce l'unità di essenza. Quamvis -enim in eo, quo sunt, i. e. essentia, quae de illis praedicatur sit -eorum indifferentia, est tamen ipsorum per quaedam, quae de uno dici -non possunt, ideoqui quae de diversis dici necesse est, differentia. -Questa dottrina non parve meno sospetta delle precedenti. Nel 1146 due -arcidiaconi di Gilberto Calon e Arnauld lo denunziarono come eretico al -Papa Eugenio III. Il quale nel suo viaggio in Francia nel 1148 tenne -un concilio, ove intervenne da promotore il terribile S. Bernardo. -Quattro proposizioni sospette, tolte dai libri di Gilberto, furono -sconfessate, ma non per questo si approvarono le quattro opposte di -S. Bernardo. Bensì furono sottoposte ad esame pochi giorni dopo nel -concilio trasferitosi a Reims, e dopo molte concessioni reciproche si -venne a tali formole, che sebbene suonassero censure per Gilberto, pure -non si sapeva con certezza qual parte avesse vinto se l'accusatore, o -l'accusato. Gilberto morì nel 1154. - -[20] Ugo (1096-1141) ebbe a scolare Riccardo († 1173). Ed entrambi si -chiamano vittorini dall'abbazia di S. Victor in Parigi di cui facean -parte. Gualtiero abbate della stessa abbazia secondo Buleo (_Hist. -univ. paris._, I, pag. 404) scrisse: contra manifestas et damnatas -etiam in Conciliis haereses, quas sophistae Abaelardus, Lambardus, -Petrus Pictavinus et Gilbertus Porretanus, quatuor labyrinti Franciae, -uno spirito aristotelico afflati, libris sententiam suorum acuunt, -limant, roborant. Visse intorno al 1180. Vedi FABRIC., a. q. n. - -[21] Pietro Lombardo da Lumello morto vescovo di Parigi nel 1164. Nel -1152 pubblicò il _Liber sententiarum_, che fece poi da testo nelle -scuole teologiche. Prima di lui Ugo da S. Vittore avea pubblicata -la _Summa sententiarum sive eruditionis theologicae_. (_Opp._, ed. -Rotomagi, 1648, III, 417-472). E dopo di lui Pietro di Poitiers, -suo discepolo (morto arcivescovo nel 1205) scrisse _quinque libros -sententiarum_. (FABRICIO, ed. fior., V, 258). - -[22] Giovanni da Salisbury nato tra il 1110 e il 1120, morto vescovo -di Chartres nel 1180. I due noti libri il _Policraticus_ ed il -_Metalogicus_ furon pubblicati nel 1159 secondo lo Schaarschmidt -(Iohannes Sarisberiens. pag. 143 e 211). Lo stesso autore giustamente -osserva (pag. 84): Grade darauf beruht ein grosser Theil des -Interesses, welches man an ihm nehmen muss, dass er sich von der -unerquicklichen Modewissenschaft der gelehrten Schulen seiner Zeit, -der disputirenden Dialektik, zu den Alten als einer reineren Quelle der -Geistebildung gewandt hat, und ein Vorläufer des Humanismus die Früchte -dieser seiner classischen Studien in eigene Leistungen darzulegen -und auszupragen bestrebt ist. (pag. 313).... von der Unzulänglichkeit -unseres Erkennens in Bezug auf die hochsten Fragen durchdrungen, immer -auf das praktische Gebiet der Ethik hinuber eilte. Che Giovanni penda -per la Filosofia accademica V. _Polic._, VII, 1 e 2; 11, 22; _Metal._, -11, 14; IV, 20. - -[23] Le opinioni filosofiche di Averroè s'accordavano tanto poco col -dommatismo religioso, che la sua alta posizione sociale di Kadì di -Cordova, e la fama che s'era acquistata colle sue faticose opere non -lo salvarono dalle persecuzioni dei fanatici.[24] Il re Almançour, -tolte al vecchio filosofo tutte le dignità da lui stesso e dal suo -predecessore conferitegli, lo relegò in Lucera presso Cordova; e -benchè per intercessione altrui gli permettesse di far ritorno in -Marocco, gl'ingiunse pertanto di passarvi il resto dei suoi giorni -nell'isolamento, e come in reclusione. Da quel tempo Averroè non si -mosse più dalla capitale, dove, affranto dal destino morì nel 1198, -in età di settantadue anni. (Era nato a Cordova nel 1126). Il MUNK -(_Mélanges de philosophie juive et arabe_, pag. 455-56) espone in -questi termini le opinioni del filosofo arabo: Malgré ses opinions -si peu d'accord avec ses croyances religieuses, Ibn-Roschd tenait a -passer pour bon musulman. Selon lui les vérités philosophiques sont -le but plus élevé, que l'homme puisse atteindre, mais il n'y a que peu -d'hommes qui puissent y parvenir par la spéculation et les révélations -prophétiques, qui étaient nécessaires pour répandre parmi les hommes -les vérités éternelles, également proclamées par la religion et la -philosophie. Nous devons tous dans notre jeunesse nous laisser guider -par la religion et suivre strictement ses préceptes; et si plus tard, -nous arrivons à comprendre les hautes vérités de la religion par la -voie de la spéculation, nous ne devons pas dédaigner les doctrines -et les préceptes dans lesquels nous avons été élevés. Intorno -agl'indifferenti riscontra REUTER, _Geschichte der relig. Aufklärung im -Mittelalter_, II, 133 e segg. - -[24] Sul fanatismo dei Musulmani occidentali molto superiore a quello -degli occidentali vedi DOZY, _Hist. de l'Islamisme_, Paris 1879, pag. -340 e segg. - -[25] Sull'importanza che ebbe nel secolo XIII il _Fons vitae_ -dell'Avicebronio il Munk, op. cit. pag. 151, dice: Il paraît avoir -exercé une influence notable dans les écoles chrétiennes et avoir donné -naissance à des doctrines hétérodoxes que les théologiens jugeaient -assez redoutables pour s'armer contre elles de tous les arguments que -leur fournissaient les dogmes religieux et une dialectique subtile. -Les fréquentes citations du livre _Fons vitae_ que nous rencontrons -notamment dans les ouvrages d'Albert le grand et de S. Thomas d'Aquin, -témoignent de la grande vogue qu'avait alors ce livre et de la profonde -sensation que faisaient les doctrines qui y étaient développées. Lo -stesso Munk fece l'importante scoperta che il creduto filosofo arabo -(moro dice Bruno), del quale nessuno sapeva dire quando e dove fosse -nato, è un poeta e filosofo ebraico ben noto, Salomon-Ibn-Gebirol, -nome che passando per le bocche dei latini si corruppe in Avicebronio, -nello stesso modo che Ibn-Roschd divenne Averroé, Ibn-Sina Avicenna. Il -y a peu de noms aussi populaires parmi le Juifs que celui de Salomon -ben-Gebirol; un grand nombre de ses hymnes se sont conservés jusqu'à -nos jours dans la liturgie sinagogale de tous les pays. Mais tout ce -que nous savons de certain sur sa vie, c'est qu'il était né à Malaga -et qu'il reçut son éducation a Saragosse, où il composa en 1045 un -petit traité de morale (pag. 155). La dottrina dell'Avicebronio, -venne compendiata da uno scrittore ebreo di nome Ibn Faléquera, il -quale tradusse dall'arabo i luoghi più importanti dei 5 libri del -_Fons vitae_, che gli parvero contenere tutto il sistema. E dalla -traduzione di questo compendio, e dall'analisi del manoscritto latino -del _Fons vitae_, trovato dal Munk nella biblioteca parigina s'attinge -ora una notizia dell'Avicebronio molto più compiuta ed esatta che non -dalle citazioni dei dottori scolastici. On reconnait dans ce systême -l'influence de la doctrine des Alessandrins, et la philosophie de -Ibn-Gebirol, serait à peu près identique avec celle de Plotin et de -Proclus si, dominé par le dogme religieux, il n'avait pas cherché à -éviter les conséquences de ces doctrines panthéistes en se réfugiant -dans l'hypothèse de la volonté (pag. 231). - -[26] Perversissimum dogma impii Amorici cujus mentem sic pater mendacii -excaecavit, ut ejus doctrina non tam haeretica censenda sit, quam -insana. (MANSI, XXII, 986). - -[27] MARTÈNE, _Thesaurus_, IV, 166. - -[28] Universos haereticos, quibuscumque nominibus censeantur, facies -quidem habentes diversas, sed caudas ad invicem collegatas. (MANSI, l. -c.). - -[29] Moneantur saeculares potestates .... pro defensione fidei -praestent publice juramentum, quod de terris suae jurisdictioni -subjectis universos haereticos ab ecclesia denotatos bona fide -pro viribus exterminare studebunt .... Si vero dominus temporalis -requisitus et monitus ab ecclesia terram suam purgare neglexerit ab -hac haeretica foeditate .... excommunicationis vinculo innodetur. Et si -satisfacere contempserit infra annum, significetur hoc summo pontifici: -ut ex tunc ipse vassallos ab ejus fidelitate denunciet absolutos, et -terram exponat catholicis occupandam, qui eam exterminatis haereticis -sine ulla contradictione possideant, et in fidei puritate conservent. -Il canone del concilio lateranense contro l'eresia fu inserito nella -legge contro gli eretici, che pubblicò Federico II nel 22 novembre 1220 -giorno della sua incoronazione. Quattro anni più tardi due altri editti -più severi (PIETRO DELLE VIGNE, _Lett._, I, ep. 25-27. MANSI, XXIII, -586). - -[30] Sul valore di Vincenzo di Beauvais scrisse acute osservazioni il -BARTOLI nei _Precursori del Rinascimento_, pag. 29, e nella _Storia -della letteratura italiana_, I, pag. 245. - -[31] Riscontrate il bellissimo capitolo del FIORENTINO sulla -scolastica, nella nota opera _Pietro Pompazzi_, pag. 124 e segg., e -dello stesso autore _Manuale di storia di Filosofia_, parte II, pag. 94 -e segg. Inoltre RENAN, _Averroès et l'Averroisme_, pag. 225, 3ª ediz. - -[32] Vedi RENAN, op. cit., pag. 301 e segg. Che l'Anticristo sia -messo come il rappresentante dello scisma si pare dall'affresco del -S. Petronio di Bologna, ove accanto a Maometto ed Averroè è messo -il capo dei nicolaiti, i quali non si confondevano nel medio evo -coi maomettani, come dice il Renan, bensì rappresentavano i preti -concubinarii, aspramente combattuti insieme ai simoniaci dalla chiesa -romana. L'affresco del Gaddi nel cappellone degli Spagnuoli in Santa -Maria Novella in luogo di Nicola ha Sabellio, che insieme ad Ario ed -Averroè vengono rappresentati come confusi e vinti dal loro grande -avversario. V. HETTNER, _Italienische Studien_, Braunschweig 1879, pag. -115. - -[33] S. TOMMASO, _Summa contra Gentes_, 1, 26: Quod est commune multis, -non est aliquid praeter multa nisi sola ratione. Ivi 1, 65: Universalia -non sunt res subsistentes, sed habent esse solum in singularibus ut -probatur in VII met. - -[34] S. TOMMASO, _De univ._ opusc. 50 ed. Parma 1864, tom. XVII, pag. -128 b. Et tangitur in hoc duplex esse universale: unum quod est in -rebus, aliud secundum quod est in anima. Et quantum ad istud esse quod -est rationis, habet rationem praedicabilis; quantum vero ad aliud -esse, est quaedam natura, et non est universale actu, sed potentia; -quia potentiam habet ut talis natura fiat universalis per actionem -intellectus, .... depurantis ipsam (naturam) a conditionibus quae sunt -hic et nunc. - -[35] Cito il noto passo di ALBERTO MAGNO, _De natura et orig. animae_, -Tract. I, cap. II (_Opp._, Lugduni 1651, tom. V, pag. 186 b.): et tunc -resultant tria formarum genera; unum quidem ante rem existens, quod -est causa formativa rerum, praehabens simpliciter et immaterialiter et -immobiliter omnes diversitates formarum factorum materialiter; aliud -autem est ipsum genus formarum, quae fluctuant in materia et materiae -sunt perfectiones; tertium antem est genus formarum, quod abstrahente -intellectu separatur a rebus, secundum modum speciei et generis et -generalissimi in quolibet genere rerum. Et horum trium generum primum -quidem est ante rem, ut diximus. Secundum autem est in re .... tertium -autem est post rem. - -[36] Anche ALBERTO MAGNO scrisse: De unitate intellectus contra -Averrhoem. OPP., V, 218-37. - -[37] Vedi ZELLER, _Philosophie der Griechen_, II, 2^3 pag. 566-78. - -[38] Nel principio del cap. 5 del lib. III _De anima_, 430 a 10-14 -Aristotele dice: che poichè in tutta la natura occorrono differenze di -materia e forma potenza ed atto, si daranno anche nell'anima. - -[39] _De an._ III, 5, pag. 430 a 23-25. - -[40] AVICENNA, _De an._ cap. X, (Venezia 1546): Haec igitur manatio, -vel hoc a quo fit manatio, cum qua conjungitur anima, est substantia -intellectiva non corporea, neque in corpore; sed est existens per -se: quae inhaeret vel accidit vel assistit animae rationali, sicut -inhaeret lumen visui. Verum lumen confert vel tribuit cum semplicitate -essentiae suae visui virtutem super apprehensionem solum, et non formam -apprehensam; et haec substantia confert vel tribuit cum simplicitate -essentiae suae virtuti rationali virtutem super apprehensionem et facit -in ea advenire formas apprehensibiles etiam, sicut declaravimus. - -[41] _Aristotelis De anima cum Averrois commentariis_, Venetiis 1562 -fol. 149 v: Ex hoc dicto nos possumus opinari intellectum materialem -esse unicum in cunctis individuis. _Destr. destruct_ 1, dub. 8: prae -caeteris assimilatur lumini, et sicut lumen dividitur ad divisionem -corporum illuminatorum, deinde fit unum in ablatione corporum, sic -est res in animabus cum corporibus. Per tal guisa Averroè crede -di conciliare le due interpetrazioni di Alessandro d'Afrodisia -e di Temistio. Questi ha ragione di sostenere esser l'intelletto -attivo ed il passivo un solo e medesimo intelletto; ma ha torto -d'intrinsecarlo coll'anima individuale, nè per questo verso si può -dissentire dall'Afrodisio, a mente del quale il vero e compiuto -intelletto è esterno all'anima umana. Prendendo dunque dal Temistio -l'identificazione dei due intelletti, e dall'Afrodisio l'esteriorità -Averroè riesciva ad una dottrina psicologica di questa forma: Ciò -che v'ha d'individuale e di diverso negli uomini è la forma del corpo -organico, cioè l'anima come principio vitale. A quest'anima appartiene -il sentire, l'immaginare, ed anche una certa virtù valutativa. Ma -questo complesso di funzioni non forma ancora l'intelletto neanche in -potenza. Occorre l'opera di una causa esterna, dell'intelletto agente, -perchè da quella oscurità si sprigioni una scintilla, o in altre parole -perchè l'anima sia capace di nuove funzioni. Quindi anche l'intelletto -passivo è creazione dell'Intelletto agente. Formatasi questa nuova -potenza o l'intelletto passivo, si tradurrà in atto sotto l'influsso -permanente del νοῦς ποιητικὸς, e per tal guisa diverrà intelletto -acquisito. - -[42] _Epit. meteor._ tr. 4: Intellectus autem agens ordinatur ex ultimo -horum in ordine, et ponamus ipsum esse motorem orbis Lunae. - -[43] _Summa theol._, I, qu. 79, art. 3: Si noster intellectus agens -non esset aliquid animae, sed esset quaedam substantia separata, -unus esset intellectus agens omnium hominum, et hoc intelligunt qui -ponunt unitatem intellectus agentis. Si autem intellectus agens sit -aliquid animae, et quaedam virtus ipsius, necesse est dicere quod -sint plures intellectus agentes, secundum pluralitatem animarum, quae -multiplicantur secundum multiplicationem hominum. - -[44] S. Tommaso nell'opuscolo citato _De Unitate intellectus_, ediz. -Parma, _Opp._, XVI, 217 a, dice: Se fosse vera la dottrina averroistica -sicut igitur paries non videt, sed videtur ejus color, ita videretur -quod homo non intelligeret, sed quod ejus phantasmata intelligerentur -ab intellectu possibili. Come si vede S. Tommaso combatte Averroè colle -stesse immagini da lui adoperate a colorire le proprie dottrine; nè a -torto conchiude: Impossibile est ergo quod hic homo intelligit secundum -positionem Averrois. E per conseguenza negato l'intelletto, gli si -negherà anche la volontà pag. 218 b et ita hic homo non erit dominus -sui actus .... quod est divellere principia moralis philosophiae. - -[45] Anche S. Tommaso, sebbene con restrizione, ammette questo -(_S. t._, qu. 84, art. VII): Impossibile est intellectum, secundum -praesentis vitae statum, quo possibili corpori conjungitur, aliquid -intelligere in actu nisi convertendo se ad phantasmata. - -[46] S. Tommaso da buon aristotelico non può ammettere l'assoluto -dualismo tra anima e corpo, chè in tal caso la loro unione sarebbe -affatto accidentale. In 111 Sent., dist. V, qu. 3, art. 2: si corpus -animae accidentaliter adveniret, unde hoc nomen _homo_, de cujus -intellectu est anima et corpus, non significaret unum per se, sed per -accidens, et ita non esset in genere substantiae. Altra conseguenza -assurda dell'assoluto dualismo (_S. t._, I, qu. 76, art. 6): Dicendum -quod si anima uniretur corpori solum ut motor, nihil prohiberet, -imo magis necessarium esset, esse aliquas dispositiones medias inter -animam et corpus. Contro questa separazione protesta pure l'esperienza -psichica. Ivi, qu. 75, art. 4: Ostensum est quod sentire non est -operatio animae tantum. Cum igitur sentire sit quaedam operatio hominis -licet non propria, manifestum est quod homo non est animo tantum, sed -aliquid compositum ex anima et corpore. Ivi, qu. 90, art. 4: Anima -autem cum sit pars humanae naturae non habet naturalem perfectionem -nisi secundum quod est corpori unita. Unde non fuisset conveniens -animam sine corpore creari. _C. Gentes_, II, 83: Animae igitur prius -convenit esse unitam corpori quam separatam. - -[47] In Plotino si trova un accenno a questa dottrina. L'anima come -ultimo termine della triade partecipa per un verso della perfezione -del _nous_ che la generò, e per l'altro dell'imperfezione del mondo -sensibile da lei generato. _Enn._, V, 1, 7. E prima di Plotino i -gnostici aveano nello stesso modo determinata la posizione dell'ultimo -eone, della _sophia_ o _achamoth_ la quale bandita dai confini del -beato regno del _plēroma_ vive in trepidazione, e dalle lagrime sue -nasce il mondo sensibile. IRENEO, 1, 4, 2 ci dà la spiegazione del -mito. - -[48] Che l'indecisione ed il problema rimonti ad Aristotele stesso non -v'ha dubbio. Nella _Metafisica_ Aristotele pone nettamente il quesito: -se la sostanza è il sostrato a cui tutto si può attribuire, mentre -esso non s'attribuisce ad alcuno, che cosa s'ha a dire sostanza? la -materia, la forma o il sinolo di entrambe? (Z 3. 1029 a 2). A prima -giunta sembra la materia, perchè essa sarebbe il soggetto di tutti i -predicati qualitativi e quantitativi come rosso, bianco, alto, lungo -e simili (_a_ 18-26). Ma per un altro verso la materia non è mai -separabile dalla forma. La pura materia, destituita di ogni forma, -è una astrazione, in realtà dacchè il mondo è eterno, sono eterni ad -esempio i quattro elementi nei quali la materia è intrinsecata ad una -forma determinata (_a_ 27). Ma neanche la forma è la vera sostanza, -perchè ella è l'essenza espressa nella definizione della cosa (Z. 4. -1030 a 6). E se l'essenza fosse da per sè, come le idee platoniche, -non potrebbe mai predicarsi a soggetti di sorta (Z. 6. 1031 b 16). Il -che è manifesto assurdo, chè tutti distinguono i predicati essenziali -dagli accidentali. La vera sostanza non è dunque nè la materia nè la -forma che sono entrambi fattori universali; ma l'intreccio dell'uno -e dell'altro (Z. 10. 1036 a 27). Se non che questa soluzione non è -senza difficoltà. Aristotele stesso avea detto in un altro capitolo: -_lasciamo pure da parte la sostanza composta dei due fattori, -materia e forma, chè dessa è posteriore ai componenti_. (Z. 3. 1029 -a 30). E poi o questa dualità di fattori è puramente ideale, o come -diremmo oggi subbiettiva, ed in tal caso non è risoluto ma negato -assolutamente il problema. L'individuo è originario, ed è quello -che è. La scomposizione in materia e forma non sarebbe reale, ma una -necessità del nostro pensiero che guarda la cosa da due aspetti. Nella -realtà delle cose non si darebbe nè una materia che si specifichi, nè -una forma che s'individui per via; bensì esisterebbero individui che -generano individui simili a sè (Z. 8. 1033 b 33). Questo mostruoso -individualismo, che ammetterebbe come originarii ed indeducibili non -gli elementi più semplici, gli atomi, ma le individualità più ricche, -è certo lontano dal pensiero di Aristotele, il quale non rinunzia -a spiegare la genesi dell'individuo. Ed in tal caso torna sempre il -problema. Ammettiamo pure che l'individuo o la sostanza vera consti di -due fattori; ma dei due qual'è il determinante e quale l'indeterminato? - -[49] S. Tommaso scrisse un opuscolo sul principio dell'individuazione, -nel quale discute le ragioni della sua teorica, e confuta le obbiezioni -che gli si posson muovere. Parte dal presupposto aristotelico esser -l'individuo nelle cose sensibili ipsum ultimum in genere substantiae, -quod de nullo alio praedicatur, immo ipso est prima substantia (_Opp._, -ed. cit., XVI 329 a). E stantechè la forma ha caratteri affatto -opposti, e di sua natura communicabilis est et in multis accipi -potest.... cum una sit ratio speciei in omnibus individuis, così è -chiaro che il principio d'individuazione si debba porre nella materia. -_S. t._, I, qu. 3, art. 2: formae quae sunt receptibiles in materia -individuantur per materiam quae non potest esse in alio, cum primum -sit subiectum substans. Ma S. Tommaso non si nasconde le difficoltà di -questa posizione, che del resto erano state prima di lui chiaramente -esposte da Aristotele medesimo. _De Princ. ind._ 329 b: Sed huic -objici potest quod materia de sui natura communis est, sicut et forma, -cum possit una sub pluribus esse. E s'argomenta di schivare queste -difficoltà per una scappatoia come nell'opuscolo seguente _De ente et -essentia_ (cap. II, pag. 331 a): materia non quomodo libet accepta est -principium individuationis, sed sola materia signata. Ma che cosa s'ha -da intendere per questo _signum_? Una certa disposizione posta nella -materia a ricevere questa o quella forma, come interpetra il cardinale -Gaetano, ovvero un dato _quantum_, come vuole Egidio pel quale _materia -signata_ non vuol dire altro se non _materia quanta_, o meglio -una determinata quantità di materia? Quest'ultima interpetrazione -certamente è più conforme al testo tomistico. _S. t._, I, qu. 76, -art. 6: dimensiones quantitativae sunt accidentia consequentia -corporeitatem, quae toti materiae convenit. _De ente et essentia_, loc. -cit. consideratur signatio ejus esse sub certis dimensionibus, quae -faciunt esse et hic et nunc. Però si corre il rischio di ridurre le -differenze tra gl'individui alla sola quantità, dottrina che applicata -all'uomo sarebbe gravida di conseguenze che S. Tommaso non saprebbe -accettare. Ma indipendentemente da questo, il _signum_ non è già -l'impronta di una certa forma? Se dunque il principium individuationis -non sta nella materia pura, ma nella segnata, e se per ottenere -questa designazione, o vogliam dire specificazione della materia è -pur necessaria la forma, egli è chiaro esser questa e non quella il -principio d'individuazione. - -[50] SCOTO, _quaest. in met._ VII, qu. 13, scol. 2 (_Opp._, IV, 700, -ed. Lione 1639): Eadem materia quae est sub forma unius individui -potest esse sub forma alterius consequenter. Ergo non est illud, quo -distinguuntur duo individua et quo hoc est hoc. - -[51] Intorno a Scoto tutto è ancora oscuro, il luogo di nascita non si -sa bene se sia in Iscozia, in Irlanda o nel Northumberland, e l'anno -stesso in cui nacque è incerto se sia il 1274, proprio quello in -cui morì S. Tommaso, ovvero il 1266. Giovanissimo entrò nell'ordine -dei Francescani, e a soli 23 anni insegnava con gran successo. Ma -ben presto la sua prodigiosa attività fu tronca dalla morte che lo -colse nel 1308, in Colonia, dove il Generale dell'ordine lo avea -chiamato a dar splendore a quell'antica scuola. L'Erdmann (_Grundriss -der Geschichte der Philos._, 3ª ed. I, 409 e segg.) pone il nostro -filosofo nel periodo della dissoluzione della scolastica. Ed in -verità quell'acume di dialettica, che fece meritare a Scoto il nome -di dottor sottile lo rende più atto a criticare le dottrine altrui, -che a costruirne nuove; a forza di distinzioni e suddistinzioni -notomizza e distrugge l'altrui pensiero; ma a questa forza d'analisi -non corrisponde quella potenza sintetica, che risplende nei periodi -creativi della filosofia. Per questa ragione lo Scoto attende più al -modo come si dimostra la dottrina, che alla dottrina stessa; onde da -lui prende origine quel fare scettico che trae in rovina il dommatismo -scolastico. Queste ragioni dell'Erdmann non son certo di poco valore; -ma non valgono a scuotere l'antica tradizione degli storici della -filosofia di mettere assieme i due grandi emuli, S. Tommaso e Scoto. -Non è punto vero che Scoto non abbracci una dottrina a preferenza -di un'altra. Tutt'altro. Egli invece sostiene un realismo, forse -più logico di quello di S. Tommaso, a costruire il quale ha bisogno -di attribuire realtà e consistenza ai concetti astratti più di quel -che facessero gli scolastici posteriori. Voglio dare un esempio. -Scoto combattè la dottrina tomistica degli attributi divini, i quali -solo a noi parrebber molteplici, mentre in realtà si riducono ad uno -nella semplicità dell'essenza divina, e non nasconde le conseguenze -pericolose di un siffatto docetismo, che minaccia la distinzione reale -delle persone. Aggiunge che non perchè gli attributi divini debbano -intendersi come infiniti, non per questo perdono la loro natura. E se -la saggezza, la bontà, la giustizia debbono elevarsi pel processo di -eminenza al massimo grado, non ne segue che la distanza, che separa -questi concetti, si raccorci. Questa critica è certamente fine, e se -fosse stata rivolta contro tutta la posizione della scolastica, che -cerca la luce dove più si addensano le tenebre, potremmo benissimo -mettere Scoto accanto all'Occam. Ma la cosa non sta così. Scoto vive -nello stesso ambiente di S. Tommaso, e combatte la dottrina di lui non -per mostrare l'impossibilità di quell'ibrido accozzo di dommatismo, -e razionalismo, ma per sostituire alla tomistica una dottrina non -certo più chiara, ma senza dubbio più vuota. Divinae perfectiones -distinguuntur ex parte rei, non realiter quidem sed formaliter. -Possiamo al più dire col Fiorentino che Scoto segna una transizione tra -il periodo della scolastica e quello della dissoluzione (_Manuale_, II, -110). - -[52] Duns Scoto, al pari dell'Erigena e dell'Avicembronio, attribuisce -alla materia il valore di sostrato universale. Il quale sostrato, -benchè destituito di ogni forma, non è una mera possibilità, -un'astrazione, come dice S. Tommaso; ma una realtà bella e buona. Si -materia non esset aliqua res actu, ejus entitas non distingueretur ab -entitate et actualitate formae, et sic nullam realem compositionem -faceret cum ea .... materia habet actualitatem aliam ab actualitate -formae. _De rerum principio_, Qu. 7, art. 1, 3 (_Opp._, ed. cit., III, -38). E questo sostrato generalissimo, che ripetiamo non è un'astrazione -ma realtà vera, è il fondo comune onde emergono e le sostanze sensibili -e le spirituali, e s'ha da chiamare _materia primo prima_ (Qu. 8, art. -3) cioè tale che non accoglie ancora nessuna forma nè accidentale nè -sostanziale, cujus actualitas est immediate prope nihil. (Ivi pag. 51). -Da questa materia _primo prima_ s'ha da distinguere la _secundo prima_ -(quae est subjectum generationis et corruptionis) e la _tertio prima_ -(cujuscunque artis et materia cujuslibet naturalis particularis). Se la -materia è il sostrato universale, il principio d'individuazione s'ha da -trovare nel principio opposto, nella forma. - -[53] Sono spesso citati i due passi seguenti. _De rerum principio_, -qu. 8, art. 4, 24 (_Opp._, III, pag. 52): Ego autem ad positionem -Avicembronis redeo; et primam partem, scilicet quod in omnibus -creatis per se subsistentibus, tam corporalibus, quam spiritualibus, -sit una materia teneo. Loc. cit., pag. 53: Mundus est arbor quaedam -pulcherrima, cujus radix et seminarium est materia prima, folia -fluentia sunt accidentia, frondes et rami sunt creata corruptibilia, -flos anima rationalis, fructus naturae consimilis et perfectionis -natura angelica. - -[54] Averroè nega la creazione nel tempo, se non si vuole ammettere -fuisse mutationem in ipso Deo; et principium concessum ab omnibus est, -quod nulla res se ipsam mutare potest. (_Destr. destr._, disp. 1, dub. -1). S. Tommaso non va certo tanto in là, ma confessa (_Summa st._, 1, -qu. 46, art. 2) mundum incipisse sola fide tenetur ... novitas mundi -non demonstrationem recipere ex parte ipsius mundi, unumquodque autem -secundum rationem suae speciei abstrahit ab hic et nunc .... similiter -etiam neque ex parte causae agentis, quae agit per voluntatem. Noi -riconosciamo col Talamo (_L'Aristotelismo della Scolastica_, pag. 158, -3ª ed.) che S. Tommaso non per ossequio ad Aristotele, ma in forza -d'argomenti razionali sostiene la sua dottrina. E pensiamo anche noi, -che dell'autorità del filosofo l'Angelico se ne sarebbe sbarazzato -presto, come fece nella stessa quistione quando prese a combattere gli -argomenti dell'ottavo della fisica. Il contrasto in cui si dibatteva -era più profondo, e stolti erano quei _murmurantes_ che chiudevano gli -occhi per non vedere. - -[55] _S. th._, I, qu. 50, art. 4. _De Ente et essentia_ c. 5. Sed -quum essentia simplicium non sit recepta in materia, non potest ibi -esse talis multiplicatio. Ed ideo non oporteat quod inveniantur plura -individua unius speciei in illis substantiis, sed quot sunt individui, -tot sunt species. - -[56] Il misticismo di S. Bonaventura si ricollega con quello dei -Vittorini. _Itiner. mentis ad Deum_, cap. 1. Cum beatitudo nihil -aliud sit quam summi boni fruitio, et summum bonum sit supra nos, -nullus potest effici beatus nisi supra seipsum ascendat ... Sed supra -nos levari non possumus, nisi per virtutem superiorem nos elevantem. -Quantumcumque enim gradus inferiores disponantur nihil fit nisi divinum -auxilium comitetur. La via di questa visione beatifica monta per -sei gradi, corrispondenti a sei facoltà dell'animo, senso, ragione, -intelletto, intelligenza, sinderesi, apex mentis. Nel primo grado -si conoscono le cose esterne in peso, numero, e misura. Nel secondo -queste cose esterne o macrocosmo vengono ripercosse nel microcosmo, e -conosciute per mezzo delle specie sensibili. Nel terzo lo spirito si -concentra in sè. Nel quarto già comincia ad escir di sè. Nemo cepit -nisi qui accipit, quia magis est in experientia effectuali quam in -consideratione rationali. Nel quinto si abbraccia l'unità divina. Nel -sesto le tre persone. - -[57] _Philos. princ._, c. 3; _Ars Magna_, part. 9, c. 64. Credere -non est finis intellectus sed intelligere; verumtamen fides est unum -instrumentum ad elevandum suum intelligere cum credere; et ideo -sicut instrumentum consistit inter causam et effectum, sic fides -consistit inter intellectum et Deum. Sotto Gregorio XI l'inquisitore -Eymerich estrasse dalle opere del Lullo cento passi incriminabili -tra i quali scelgo questi: 97. Quod fides est necessaria hominibus -insciis rusticis ministrantibus et non habentibus intellectum -elevatum .... homo subtilis facilius trahitur per rationem quam per -fidem. 98. Ille qui cognoscit per fidem ea quae sunt fidei, potest -decipi; sed ille qui cognoscit per rationem non potest falli. Voglio -anche addurre l'articolo seguente 99: interficientes haereticos sunt -injuriosi et vitiosi etc. (_Directorium inquisitionis_, Roma 1635, p. -277). In seguito alla denunzia dell'inquisitore, udito il parere di -Pietro vescovo d'Ostia ed altri venti maestri di teologia, Gregorio -XI ingiunge all'arcivescovo di Terragona: quod omnibus et singulis -eisdem personis vestrarum civitatum et dioecesum doctrinam seu potius -dogmatizationem, et usum hujusmodi librorum interdicere studeatis. La -bolla riportata nel _Directorium_ pag. 331 è del 25 gennaio 1376. Non -ostante questa condanna seguitarono i Lullisti, e nel rinascimento, -benchè fussero di nuovo condannate da Paolo IV, ebbero grande -importanza le teoriche del Lullo, talchè il Bruno scrisse un'_Ars -lulliana_. - -[58] È commovente la storia di questo francescano, che in luogo -di scrivere somme teologiche o commenti alle sentenze, fa ricerche -ed esperimenti fisici. Ed in grazia di tali studii tenuto per mago -vien più volte molestato, e in fine messo in prigione ove languisce -per nove anni. E poco dopo che ne esce muore pressochè ottantenne. -I papi gli furono ora amici, ora avversi. Clemente IV (1265-68) lo -apprezzò moltissimo, e lo eccitò a scrivere l'_Opus majus_; Niccolò -IV invece (1288-1292) fu inesorabile. Quanto valore dia Rogero -all'esperienza si può vedere nella parte 6ª del suo _Opus majus_, -cap. 1º. Duo enim sunt modi cognitionis, scilicet per argumentum -et experientiam. Argumentum facit concludere quaestionem sed non -certificat neque removet dubitationem, ut quiescat animus in intuitu -veritatis, nisi eam inveniat via experientiae. Il Bacone del secolo -XIII è il vero precursore del Verulamio. E forse in qualche punto gli è -superiore; perchè mentre questi non fa nessun conto della matematica, -quello comprende benissimo di quanto giovamento possa tornare alla -scienza sperimentale. Vedi _Opus majus_, pars IV, dist. 1. Et harum -scientiarium porta et clavis est mathematica. - -[59] Vedi la lettera di Gregorio IX a Federico II (Rieti 23 ottobre) -in BRÉHOLLES, IV, 918 e segg., e principalmente la lettera d'Innocenzo -IV del 1246. J: C. in apostolica sede non solum pontificalem sed et -regalem constituit monarchiam beato Petro ejusque successoribus terreni -simul ac coelestis imperii commissis habenis. - -[60] Vedi la lettera di Federico 20 settembre 1236 e il celebre -manifesto del febbraio 1246 in risposta alla scomunica d'Innocenzo IV. - -[61] _De regimine princip._, I. 14: In lege Christi reges debent -sacerdotibus esse subjecti. Di questo opuscolo tutto il primo libro -e i quattro primi capitoli del secondo appartengono all'Aquinate; il -resto, secondo il De Rubeis, al discepolo Tolomeo di Lucca. (_S. Thom. -Opp._, ed. Parma, XVI, 501). Sulle dottrine politiche di S. Tommaso -vedi BAUMAN, _Die Staatslehre des h. Thomas_, Leipz. 1873, specialmente -a p. 15, 75-81, 179. Lo Scaduto nel bel libro _Stato e Chiesa_, -Firenze 1882, pag. 34, mette una differenza tra la somma teologica e -l'opuscolo. Nè si può negare che nel _De Regimine_ è più nettamente -formolata la superiorità della Chiesa sullo Stato: ma anche nella -_Summa_ al disopra della legge umana è messa la divina, e tanto nel -_De Regimine_ quanto nella _Summa_ la Chiesa può sciogliere i sudditi -dall'obbedienza verso un Principe, che s'allontani dalla fede. - -[62] Vedi principalmente la terza parte del _De Monarchia_, ove -discute: an autorithas monarchae dependeat a Deo immediate vel ab -alio Dei ministro seu vicario. WEGELE, _Dante Alighieri's Leben und -Werke_, 3ª ediz., pag. 312: er muss zugleich auch als einer der ersten -ahnungsvoller Verkündiger des modernen Staats begriffen und anerkannt -werden. - -[63] In questo senso accetterei la nota del Prof. Del Lungo sul -ghibellinismo di Dante (_Dino Compagni e la sua Cronaca_, Firenze -1879, II, 605). Nessuno dubita che Dante avesse a disdegno i guelfi -e i ghibellini dei suoi tempi, partiti più municipali che politici, -e nutriti da discordie e rivalità di famiglia più che da contrasti di -idee. E ben a proposito il Del Lungo ricorda la nota terzina del VI del -_Paradiso_ - - L'uno al pubblico segno i gigli gialli - Oppone, e l'altro _appropria quello a parte_ - Sì che forte a veder è chi più falli. - -Ma col debito rispetto ad un così esperto conoscitore di quei tempi, -io non posso capacitarmi che Dante si fosse fatto ghibellno per -forza e non per intimo convincimento. Se ghibellino nel suo più alto -significato è colui che abbracciava in fatto di sovranità opinioni -del tutto opposte a quelle sostenute sempre dai Papi a cominciare da -Gregorio VII sino a Bonifacio VIII e Giovanni XXII, nessuno può dirsi -ghibellino meglio di Dante, il primo che seppe ridurre a teoria la -politica imperiale. Un altro forse prima di lui Engelberto, abbate -di Admont, scrisse un libro _de ortu, progressu et fine romani -imperii_; ma nè Dante conosceva quest'opera, nè dessa può reggere al -paragone della dantesca. Sarebbe adunque strano che il primo teorico -dell'Imperialismo fosse non un ghibellino, ma un guelfo. Ammetto bene -che i guelfi non volessero distruggere la potestà imperiale, ma neanche -i ghibellini la potestà papale. La quistione non era di distruggere -l'una o l'altra delle istituzioni, a cui tutti credevano; bensì o -di sottomettere l'una all'altra, ovvero di rendere l'una dall'altra -indipendente. Questo voluto guelfismo di Dante ha indotto il prof. -Del Lungo nella credenza che il Veltro debba essere un Papa non un -Imperatore (op. cit., p. 555), opinione vittoriosamente oppugnata dal -Fornaciari (_Studii su Dante_, pag. 25). - -[64] Vedi la seconda parte del _De Monarchia_: An Romanus populus de -jure monarchae officium sibi asciverit. Il Witte ha ben rilevata la -continuità della tradizione classica. - -[65] Le ragioni addotte dal D'Ancona (_Studii di critica e storia -letteraria_, pag. 72-83) mi pare mettano fuori di controversia che lo -_spirto gentil_ non possa essere Stefanuccio Colonna. E fra tutte le -ipotesi la più probabile resta sempre quella che riferisce la canzone a -Cola, interpetrando le parole: _un che non ti vide ancor da presso_ nel -senso: _non ti vide tribuno_. - -[66] Questa in fondo è la dimostrazione della prima parte del -_De Monarchia_: An de bene esse mundi monarchia necessaria sit. -L'imperatore è la miglior guarentìa della pace, della libertà e della -giustizia, perchè egli è spoglio di passioni, è un essere sovrumano. -Anche il Wegele pag. 348 riconosce la fallacia di questo ragionamento, -sebbene non ne rilevi il carattere medievale. - -[67] È nota la disputa tra il Witte ed il Böhmer da una parte ed -il Giuliani ed il Wegele dall'altra. A me pare molto più probabile -la congettura del Wegele che il libro sia stato scritto dopo la -consacrazione di Enrico VII, al quale vanno riferite le parole del -libro II, cap. I: reges et principes in hoc uno concordantes ut -adversentur Domino suo, et uncto (non unico) suo Romano principi. -Ma benchè questo libro sia posteriore agli scritti francesi, che -ricorderemo più sotto, pure ha una tinta medievale più spiccata. Il -Brice (_The holy Roman Empire_, 6ª ed., pag. 264) avea già notato: With -Henry the Seventh ends the history of the Empire in Italy and Dante's -book is an epitaph instead of a prophecy; con non minore acume il -Wegele (op. cit., pag. 334): unter diesen rückwärtsstrebenden Geistern -nimmt Dante den ersten Platz ein, und er hat diese seine Stimmung -so entschieden und sinnreich ausgesprochen, sie zu einem Sistem -ausgebildet und poetisch verewigt, das sie stets ein grosses Interesse -hervorgerufen hat, obwohl sie nichts war, als das kraftvolle tragische -Verneinen des unabänderlichen Fortschrittes der Weltgeschichte. - -[68] In 2 Sent., qu. 17: Non est ponenda pluralitas sine necessitate. - -[69] _Summa totius logicae_, I, cap. XV: Nullum universale esse aliqua -substantia extra animam existentem evidenter probari potest. - -[70] In _Sent._, prolog., qu. 1: Notitia intuitiva rei est talis -notitia virtute cujus potest sciri utrum res sit vel non sit. - -[71] In 1 Sent., dist. 3, qu. 2: Nec divina essentia nec divina -quidditas nec aliquid intrinsecum Deus, nec quid quod est realiter -Deus potest hic cognosci a nobis .... nihil potest probari naturaliter -cognosci in se nisi cognoscatur intuitive. - -[72] In 1 Sent., dist. 11, qu. 8. Non est quaerenda causa -individuationis nisi forte extrinseca. - -[73] Il Kopp, il Theiner ed il Ficker aveano già pubblicata la -bolla inviata da Bonifacio VIII all'elettore Duca di Sassonia -perchè favorisse le pratiche avviate presso Alberto d'Austria per la -retrocessione alla Curia romana dei diritti imperiali sulla Toscana. -Gl'importanti documenti pubblicati dal signor Levi (_Bonifazio VIII -e le sue relazioni col Comune di Firenze_, Roma 1882) mettono fuor -di dubbio questo intendimento, e l'occulto fine del processo contro -Lapo Saltarelli e della missione affidata a Carlo di Valois. Bonifazio -VIII con certo minore accorgimento e prestigio tentava ciò che sarebbe -parsa follia agl'Innocenzo III ed ai Gregorio IX! Questi fatti rendono -molto improbabile l'ipotesi, che la repubblica fiorentina mandasse da -ambasciatore al Papa l'Allighieri, se a quel tempo avesse egli già -pubblicato un libro così ostile alle pretensioni papali come il _De -Monarchia_. Nè parmi probabile che Dante lo scrivesse nel breve ed -agitato tempo che corse tra l'ottobre del 1301, data dell'ambasceria, -ed il gennaio 1302 data della prima condanna. Si potrebbe ammettere -come mi suggerisce un dotto e caro amico, che il _De Monarchia_ fosse -stato scritto prima dell'ambasceria e pubblicato dopo. Ma quando? Prima -della condanna? È possibile che Dante volesse rendere peggiori le sue -sorti, quando pendevano ancora indecise? Sulla pubblicazione del Levi -vedi una bella recensione di Augusto Franchetti nella _Nuova Antologia_ -del 1º gennaio 1883. - -[74] GOLDAST, _Monarchia_, I, 13. Il RIEZLER, _Die literarischen -Widersacher der Päpste zur Zeit Ludwig des Baiers_, pag. 145 e segg., -l'attribuisce al Dubois; perchè la sveltezza di questo dialogo mal -s'accorda colla gravità faticosa dei dialoghi autentici dell'Occam. -Oltrechè le edizioni più antiche danno il dialogo per anonimo, e solo -dall'edizione parigina del 1498 si cominciò ad attribuirlo all'Occam. -Una fedele esposizione del dialogo si può leggere nel libro dello -Scaduto: _Stato e Chiesa_, Firenze 1882, pag. 81 e segg. - -[75] _Tractatus de Jurisdictione Imperatoris in causis matrimonialibus_ -(GOLDAST, tom. II, p. 21). Cum enim secundum scripturas sacras atque -rationem naturalem inter infideles [non _fideles_ come è stampato -dal Goldast] verum licitum et legitimum reperiatur conjugium et -(prout etiam Romanorum Pontificum decretales testantur) infideles -constitutionibus ecclesiasticis non arceantur, evidenti concluditur -argumento, quod causa matrimonialis .... ad Imperatores legitimos -.... pertinebat, p. 23. In specie autem de Sacramento matrimonii (quod -etiam decretales Romanorum Pontificium dicunt apud fideles et infideles -existere) dicitur, quod ad Imperatorem, in quantum solummodo Imperator, -eo quod pluries Imperator extitit infidelis, causa matrimonialis -.... spectat. Queste citazioni bastano a provare come l'Occam senta -vivo il bisogno che il matrimonio diventi una istituzione dello stato -indipendente dalle confessioni religiose. Intorno allo scritto sullo -stesso argomento per Marsilio da Padova, la cui autenticità è da molti -revocata in dubbio, vedi RIEZLER, op. cit., pag. 234. - -[76] GOLDAST, II, p. 877. Anche Bonifazio nella lettera all'elettore -di Sassonia dice alludendo all'impero: quod fuerat ad medelam provisum, -tetendit ad noxam. - -[77] RIEZLER, op. cit., pag. 203 e segg. SCADUTO, op. cit., pag. 118. -Riscontrate anche l'opera recente del LABANCA, _Marsilio da Padova_, -Padova 1882, pag. 135. Acconsento al Labanca che il mettere nel popolo -la fonte della sovranità e non pure della temporale dell'Impero, ma -della spirituale della Chiesa sia un concetto moderno; ma ciò non -toglie che l'opera di Marsilio e pel fine che si propone, e pel metodo -che tiene sa del medievale in confronto del _Principe_ e dei _Discorsi_ -del Machiavelli, come ha ben detto il Villari, _Niccolò Machiavelli_, -II, pag. 237. - -[78] GOLDAST, I, p. 17: regnum Franciae dignissima conditione -Imperii portio est, pari divisione insignita, quicquid privilegii et -dignitatis retinet Imperii nomen in parte una, hoc regnum Franciae -in parte altera. Questo pensiero è comune agli scritti francesi del -1303 così nel trattato _De potestate regia et papali_ di Giovanni da -Parigi (RIEZLER, pag. 153; SCADUTO, pag. 93), come nella _Quaestio de -potestate papae_ (RIEZLER, pag. 142; SCADUTO, pag. 96). Anche OCCAM, -_Dialogus_, in GOLDAST, II, 876, secundum diversitatem qualitatem et -necessitatem temporum expedit regimina et dominia mortalium variari. - -[79] _De sui ipsius et multorum ignorantia liber_, ed. Basilea, pag. -1037, 1043. - -[80] Anche lo Zumbini, che rivendica contro il D'Ancona l'imperialismo -del Petrarca, scrive egregiamente: «In mezzo a quelle lotte della -Chiesa e dell'Impero, a quelle guerre crudeli, a quegli scandali -d'ogni maniera, il più offeso di tutti e insieme il solo incolpevole -era il popolo romano. Roma per il Petrarca era una grande vittima -e intemerata, e lei bisognava soccorrere anzi tutto». _Studi sul -Petrarca_, p. 254. - -[81] FIORENTINO, _Saggio sul Petrarca negli Scritti varii di -letteratura, filosofia e critica_. BARTOLI, _I primi due secoli -della letteratura italiana_, pag. 485 segg. In una serie di lettere -che il Petrarca diresse a parecchi in occasione della guerra tra -Genova e Venezia è messa in rilievo quest'opposizione tra barbari -ed italiani. Lib. XI, ep. 8 indirizzata il 18 marzo 1351 al Doge -Dandolo (FRACASSETTI, pag. 131): Ergone ab Italis ad Italos evertendos -barbarorum regum poscuntur auxilia. Unde infelix opem speret Italia, -si parum est quod certatim a filiis mater colenda discerpitur, nisi -ad publicum parricidium alienigenae concitentur? pag. 132: Postquam -alpes et maria, quibus nos moenibus natura vallaverat, et interjectas -obseratasque divino munere claustrorum valvas, livoris avaritiae -superbiaeque clavibus aperiendos duximus Cimbris, Hunnis etc. Lib. -XIV, ep. 5 al Doge e Consiglio di Genova dopo la vittoria riportata dai -Genovesi sui Veneziani (FRACASSETTI, pag. 295): Et de exterius quidem -hostibus (cioè degli stranieri che pugnavano insieme ai Veneziani) -non doleo. Quid enim laboribus italicis sua tela permiscent, venale -genus ac faedifragum, quos in longinquam infelicemque militiam nummus -impellit etc. Lib. XIV, ep. 6, indirizzata parimente ai Genovesi, -quando nell'anno appresso alla vittoria sui Veneziani si volsero contro -il re d'Aragona: Quod optabam video; ab ortu ad occasum victricia signa -convertite. Hic precor incumbite, viri fortes, hoc agite hoc pium, hoc -justum, hoc sanctum, hoc _minime italicum_ bellum est. Lib. XVII, ep. -3, dopo la disfatta dei Genovesi (FRACASSETTI, pag. 432): ab initio -et semper _a bello italico dehortatus_ eram: deinde autem de externo -hoste quaesitae victoriae plauseram. Lib. XVIII, ep. 16, allo stesso -Dandolo dopo le vittorie veneziane del 1354 (FRACASSETTI, p. 506): -Quousque enim miseri in jugulos patria et in publicam necem barbarica -circumspiciemus auxilia? Quousque qui nos strangulent pretio conducemus -.... nihil insanius quam quod tanta diligentia tantoque dispendio -Italici homines Italiae conducimus vastatores, pag. 510: nec tibi -persuadeas, pereunte Italia, Venetiam salvam fore. - -[82] D'ANCONA, _Il concetto dell'Unità politica nei poeti italiani_ -negli _Studi di Critica e Storia letteraria_; Bologna 1880, p. 30-31. -BARTOLI, _Appunti sulla politica del Petrarca_ nella _Rivista Europea_, -16 gennaio 1878. - -[83] Epist., Lib. XI, 8. A ragione il Bartoli scrive (op. cit. pag. -489): _Come il Petrarca si riconnette da un lato coll'Allighieri, -dall'altro sembra stendere la mano presaga al Machiavelli, il quale coi -versi di lui chiuderà il suo ritratto del Principe_. - -[84] Il D'ANCONA (opera citata, pag. 34) ricorda la famosa lettera [_De -rebus familiaribus_, III, 7] indirizzata a Dionisio di S. Sepolcro nel -1339: Certe ut nostrarum rerum praesens status est, in hac animorum -tam implacata discordia, nulla prorsus apud nos dubitatio relinquitur -monarchiam esse optimam relegendis reparandisque viribus Italis, quas -longus bellorum civilium sparsit furor. Haec ut ego novi, fateorque -regiam manum nostris morbis necessariam, sic te illud credere non -dubito nullum me regem malle, quam hunc nostrum, cujus sub ditione -vivimus. Si deve certo ammettere collo Zumbini (_Saggio_, pag. 84) -che la speranza posta in Roberto non durasse lungo tempo, perchè ben -presto il re napoletano si chiarì indegno dei suoi alti destini. Epperò -il Petrarca si volge altrove, nè indirizza al suo regale amico alcuna -esortatoria, nè sulla tomba di lui rimpiange le fallite speranze. Tutto -questo è vero ed acutamente notato, ma ciò non toglie che in questa -lettera il Petrarca parli sul serio, perchè Roberto, se gli fosse -bastato l'animo, era certo l'unico monarca, a cui si porgevano le più -favorevoli occasioni per fondare un grande stato. - -[85] RIEZLER, op. cit., pag. 215 e segg. LABANCA, op. cit., pag. 148 -e segg. FRIEDBERG, _De finium inter Ecclesiam et civitem regundorum -judicio_, pag. 71 e segg. - -[86] I Catari si dicevano così dal greco _catharos_ puro, perchè essi -soli si reputavano mondi dal commercio col cattivo spirito. HAHN, -_Geschichte der Ketzer im Mittelalter_, Stuttgart 1845, I, pag. 50; -SCHMIDT, _Histoire des Cathares_, Paris 1849, II, 276. - -[87] _Disputatio inter Catholicum et Patarinum_ in MARTÈNE ET DURAND, -_Thesaurus_, V, 1706: Deum creasse omnia concedo. Intellige bona, sed -mala et vana et transitoria et visibilia ipse non fecit, sed minor -creator Lucifer. Vedi EBRARDUS in GRETSER, XII, 11, 136. ERMENGARDUS, -ivi, pag. 223. - -[88] RAINERO SACCONI, _Summa de Catharis et Leonistis_ in DUPLESSIS, -_Collectio judiciorum_, pag. 48 a: Communes opiniones omnium Catharorum -sunt istae videlicet quod Diabolus fecit hoc mundum; pag. 52 a, _De -opinionibus Balasinanza_: Item quod utrunque principium sive uterque -Deus creavit suos angelos, et quod iste mundus est formatus et creatus -a malo Deo. - -[89] _Summa_, pag. 52 b: Johannes de Lugio dicit quod omnes creaturae -sunt ab aeterno bonae cum Deo bono, et malae cum Deo malo; pag. 53 -b: Deus vult et potest omnia bona sed impeditur haec Dei voluntas et -potentia ab hoste suo. - -[90] _Summa_, pag. 54 b, _Sequitur de propriis opinionibus Catharorum -de Concorrezio_: Deus ex nihilo creavit angelos et quatuor elementa ... -diabolus de licentia Dei formavit omnia visibilia. Lo stesso Rainero -ci fornisce preziose notizie sulle varie sette catare, in ispecialità -italiane. I più rigidi erano chiamati, senza dubbio dal luogo di -origine del Catarismo, _Albanenses_. I quali alla lor volta divisi sunt -in duas partes: Hujus partis (quella che si teneva stretta all'antica -tradizione) caput est Balasinansa Veronensis eorum episcopus; alterius -vero partis (la più esagerata) est Johannes de Lugio Bergamensis -(pag. 51 b-52 a). Da queste due parti che costituivano i dualisti -rigorosi, si debbono distinguere i dualisti temperati, dei quali -alcuni si chiamavano da Concorrezo [non dalla modenese Correggio, nè -dalla dalmata Gorizia, come crede lo Schmidt (op. cit., II, 285), ma -da Concorrezo in Lombardia, circondario di Monza]; altri dicevansi -Bagnolensi o Bajolensi [da Bagnolo nel Milanese]. _Summa_, pag. 51 -b: illi autem de Concorrezo diffusi sunt fere per totam Lombardiam; -Baiolensi Mantuae, Brixiae, Bergami et in comitatu mediolanensi. Alla -frazione più temperata appartengono gli Slavi _Bogomil_, o amici di Dio -come spiega Gieseler in Schmidt loc. cit. - -[91] Anche Giovanni di Lugio credeva quod omnes (?) animae liberabuntur -in fine a poena et culpa (_Summa_, pag. 54 b). - -[92] BONACURSUS in D'ACHERY, _Spicilegium_, I, 208: Sententia tamen -omnium est illa elementa diabolum divisisse. - -[93] MONETA, _Adversus Catharos_, Roma 1743, pag. 105: illi enim -Cathari, qui duo ponunt principia dicunt populum Dei constare -ex tribus, scilicet corpore, animo et spiritu praesidente -utrique. Questa antica opinione che si riadduce alle distinzioni -platonico-aristoteliche delle parti dell'anima era stata accettata -dai Padri, come Giustino Taziano ecc. Vedremo che la Gnosi sapea -distinguere nell'uomo due anime, la buona e la cattiva. Lo stesso -affermano i Manichei. (GIESELER _Kirchengeschichte_, I, 306). - -[94] MONETA, 105 B: Sciendum est, quod per spiritum intelligunt isti -Heretici Angelos, de quibus legitur «Qui facit angelos suos spiritus -(Paul. ad Hebr. I, 7)». - -[95] ALANUS, _Adversus haereticos et waldenses_, pag. 53: Hi autem -volunt dicere, ideo resurrectionem non futuram, quia anima perit cum -corpore... Moyses dicit animam esse in sanguino, et sic videtur quod -pereunte sanguine, pereat anima. In questo luogo par che Alano non -faccia distinzione tra i Catari e quelli che negano la immortalità -dell'anima. Al contrario Moneta, pag. 416: In hoc autem non arguo -Catharos (vale a dire animas hominum cum corporibus interire). -L'equivoco nasce dal doppio senso della parola anima, ora intesa come -spirito, ora come principio vitale. - -[96] V. SCHMIDT, II, 59, che cita Euthymius Zigadenus, _Narratio de -Bogomilis_, ed. Gieseler, Gottinga 1842, pag. 8. - -[97] MONETA, pag. 63: de libero arbitrio quod isti negant esse in -populo Dei. E le ragioni di questa negazione vi sono molto sottilmente -esposte. Hujus rei caussa una est quia si populus Dei haberet liberum -arbitrium ad utrumque, scilicet ad bonum et ad malum, ab eodem fonte et -eadem natura esset bonum et malum, sic ergo non esset necesse ponere -duos Deos... Secunda causa quia Deus non habet liberum arbitrium; non -habet flexibilitatem ad bonum et ad malum. Unde ergo haberet populus -Dei liberum arbitrium? L'HAHN, op. cit., I, 69, giustamente osserva che -la negazione del libero arbitrio è intimamente collegata colle dottrine -dei dualisti rigorosi, perchè secondo loro, finchè l'anima è in potere -del cattivo spirito non può far bene, e quando al contrario in virtù -del _consolamentum_ se ne libera non può far male. - -[98] V. SCHMIDT, _Histoire des Cathares_, II, 24. - -[99] _Summa_ in DUPLESSIS, pag. 52 a: _De opinionibus Balasinanza_ -Diabolus cum suis angelis ascendit in coelum, et facto ibi proelio -cum Michaele Archangelo, extraxit tertiam partem creaturarum Dei et -infundit eas quotidie in humanis corporibus et brutis. - -[100] MONETA, pag. 4: Credunt etiam quod Diabolus, invidens Altissimo, -caute ascendit in coelum Dei sancti, et ibi colloquio suo fraudolento -praedictas animas decepit, et ad terram istam et caliginosum aerem -duxit. Rainero dice di Giovanni di Lugio (_Summa_ pag. 53 b): Igitur -cuncta animantia participabant calliditate, sed plus omnibus serpens, -et ideo per eum est facta deceptio. Ma questo inganno pare che non sia -volontario nè per chi l'ordisce nè per chi lo soffre, perchè nihil est -quod habet liberum arbitrium, etiam Deus summus. - -[101] _Summa_, pag. 54 b: Diabolus formavit corpus primi hominis et -in illum effudit unum angelum, qui in modico jam peccaverat. Item quod -omnes animae sunt ex traduce ab illo angelo. Questo domma dell'unicità -dell'elemento spirituale in tutti gli uomini ha una lontana parentela -coll'intelletto unico e separato degli Averroisti. - -[102] _Summa_, pag. 55 b: Bajolensi conveniunt cum praedictis Catharis -de Concorrezo fere in omnibus opinionibus excepto hoc scilicet, quod -dicunt quod animae sunt creatae a Deo ante mundi constitutionem, et -quod tunc etiam peccaverunt. - -[103] _Summa_, pag. 52 a: Et etiam de uno corpore eas transmittit in -alium, donec omnes reducentur in coelum. - -[104] Anche l'antico manicheismo insegnava questa dottrina. Socrate, -_Hist. eccl._ cap. XVII: Manes... animorum ex uno corpore in aliud -manifesto tradit, Empedoclis, Pithagorae et Aegiptiorum secutus -opiniones. - -[105] Quest'opposizione tra il vecchio e nuovo Testamento è un retaggio -gnostico e manicheo. MONETA, pag. 143: Cathari Deum veteris testamenti -... reprobare nituntur... Objectionem haereticorum ex quatuor -radicibus procedunt. Prima ex contrarietate, quae videtur inter vetus -testamentum et novum. Secunda ex mutabilitate ipsius Dei, quae ex ipsis -scriptum apparet. Tertia ex crudelitate ipsius, quae in scripturis -ostenditur. Quarta ex mendacio (il testo ha erroneamente: _mandato_), -de quo Deus ipse in scripturis arguendus videtur. — Concordi le altre -testimonianze. EBRARDUS in GRETSER, tom. XII, pars 2, pag. 127: Ipsi -vero contra conditorem suum latrant, tanquam canes, Dominum ignorantes -et hinc inde de Veteri Testamento quae non intelligunt testimonia -congregantes, simplicium corda decipiunt. ERMENGARDUS in GRETSER, -loc. cit., pag. 224: Dicunt haeretici Legem Moysi ab omnipotenti Deo -non esse datam, sed a principe malignarum spirituum. Anche intorno a -questo punto v'ha differenza tra le sette catare. _Summa_, pag. 52 a: -Balazinanza tenet quod diabolus fuit auctor totius veteris Testamenti, -exceptis his libris Job, Psalterio ecc.; pag. 54 b: Cathari de -Concorrezo reprobant totum vetus Testamentum, putantes quod Diabolus -fuit auctor ejus. - -[106] MONETA, pag. 234: In hoc autem tertio capitulo de Christo -errant Cathari, qui puram creaturam eum confitentur; pag. 239: Ad idem -inducunt illud Apoc. VII, 2, ubi Johannes ait «vidi alterum angelum» si -ergo fuit angelus, et non Deus. - -[107] Nel decreto del concilio Lateranense, e in quello di Federigo II -si parla di _Patarenos_, _Leonistas_, _Arrianistas_. - -[108] Moneta, pag. 247: Qui eam (carnem) credunt a Diabolo fabricatam. -Dicunt enim quod non habuit vere corpus humanum sed phantasticum. -_Liber inquisit. tholosanae_, ed. LIMBORCH, pag. 92: cum verum corpus -humanum et veram carnem hominis ex nostra natura ipsum (Christum) -denegas assumpsisse. Il Sacconi nella _Summa_ attribuisce queste -opinioni docetiche a Balasinanza, p. 52 a: quod Dei filius non -assumpsit humanam naturam in veritate sed ejus similem .... nec vero -comedit et bibit nec vere passus est et mortuus et sepultus, nec ejus -resurrectio fuit vera, sed fuerunt haec omnia putative. Giovanni di -Lugio non pare abbia avute opinioni meno docetiche degli altri catari, -perchè al passo della _Summa_ citato dall'Hahn, I, 65: quod Cristus -natus est secundum carnem .... et vere passus est, crucifixus mortuus -et sepultus, segue quest'altro: putat quod omnia ista fuerunt in alio -mundo superiori et non in isto. I Concorrezesi soltanto dicunt quod -Christus non assumpsit animam humanam; sed fere omnes credunt eum -assumpsisse carnem humanam de B. Virgine (pag. 55 a). Secondo questa -testimonianza i Concorrezesi più che docetisti sarebbero monofisiti. - -[109] Anche Manes secondo Socrate, loc. cit.: Christum natum esse non -vult; illum spectrum fuisse dicit. - -[110] Questo docetismo lo estendono anche alla vergine Maria. MONETA, -pag. 243: Machinantur autem insuper illum Angelum, qui in muliebri -forma appellatus est Maria, assumpsisse intra se alium Angelum, qui -dictus est Jesus, et sic deceptorie mater putaretur et diceretur -ipsius. _Liber inquisitionis_ loc. cit.: Mariam matrem Dei et Domini -Jesu Christi non esse nec fuisse mulierem carnalem asseris et mentiris, -sed tuum ac tuorum ecclesiam... mentiendo confingis hanc esse Mariam -virginem in tenebris dogmatizas. Il Sacconi attribuisce questo errore -ad un Nazario Concorrezese: quod B. Virgo fuit Angelus (pag. 55 a), -ed al vescovo Balasinanza (pag. 52, B), virginem, quam dicunt esse -Angelum. - -[111] MONETA, pag. 256: Forte dices quod non est passus, nec mortuus, -nec aliquam angustiam sustinuit, licet ita videtur. - -[112] BONACURSUS in D'ACHERY _Spicilegium_, pag. 207: Beatum Sylvestrum -dicunt Antichristum fuisse ... a tempore illo dicunt Ecclesiam esse -perditam. MONETA, 263 et de Sylvestro volunt intelligere illud 2 -_Thessalon_. II 3: Homo peccati, filius perditionis. - -[113] ALANUS, pag. 134: Dicunt quod in altari est panis post -consacrationem, quia ibi prius fuit panis, ed adhuc est forma panis. -ECKBERTUS, sermo XI in GALLANDI, XIV, 478: vos omnino renuitis credere -quod ab aliquo sacerdote sive bono sive malo possit ulla consecratione -fieri corpus Domini. - -[114] MONETA, pag. 290. Alii autem intelligunt illa verba Domini: Hoc -est corpus meum: id est significat sicut illud in 1 Cor. 4 «Petra erat -autem Christus» idest significat Christum. Ebrardus contra Waldenses -cap. 8, in GRETSER, XII, 2, pag. 146 sed objiciunt increduli dicentes; -verba sancta dicunt esse _panem_; quia cibus animae sunt verba -evangelica. A sostenere la loro interpetrazione simbolica i Catari -adoperavano per sino argomenti filologici, come quello strano citato da -Ermengardo cap. 11, in Gretser loc. cit. pag. 231, _hoc_ non refertur -ad panem .... sed ad corpus suum. - -[115] Cujus opinionis causa prima est, quia istum materiale panem, et -vinum mala esse dicunt; asserunt enim quidam eorum a Diabolo creata -esse. (MONETA, pag. 295). Cfr. _Summa_, pag. 49, verum tamen albanenses -dicunt, quod ille panis non benedicitur, cura ipse panis sit creatura -diaboli, et in hoc differunt a coeteris omnibus qui dicunt quod ille -panis vere benedicitur. Nemo tamen ex iis credit quod ex illo pane -conficiatur corpus Christi. - -[116] Vedi nel DUPLESSIS il brano della cronaca di Rodolfo Cogeshalense -che si riferisce all'eresia dei Poplicani o Paoliciani. Ermengardus -cap. 17 in GRETSER, XII, 2, pag. 239: nec defunctos vivorum beneficiis -et orationibus relevari. Eckbertus, _sermo_ IX, in GALLANDI, XIV, 466: -animae defunctorum vel in aeterna beatitudine collocentur, vel aeternis -suppliciis tradantur, atque hac ratione nec malis prodesse nec bonis -necessarium esse ut pro eis orationes fiant, aut missae celebrentur. - -[117] MONETA 371: Omnes autem haeretici tam Cathari, quam pauperes -Lugdunenses, hoc (Purgatorium) negant. _Summa_ pag. 50 a: Deus nemini -infert poenam purgatoriam, quam penitus esse negant. - -[118] MONETA, pag. 347: Cathari horum corporum resurrectionem negant, -et hoc ideo quia ea a Diabolo creata vel facta credunt esse.... artifex -tantum remunerabitur non corpus. Vedi Ebrardo cap. 16. - -[119] _Liber inquisitionis tholosanae_, pag. 37: Et sigillatim omnia -sacramenta ecclesiae scilicet eucharistiae et altaris ac baptism aquae -corporalis damnant. Ivi pag. 85: baptismus .... fit in aqua corrupta - -[120] MONETA, pag. 284: Parvuli non sunt docendi.... ergo non sunt -baptizandi ... prius ergo est quod homo poeniteat de peccato suo, -deinde baptizetur. ECKBERTUS, sermo VIII, 1, in GALLANDI, XIV, 464: -Nam baptizandum quidem esse hominem dicitis cum ad annos discretionis -pervenerit. - -[121] MONETA, pag. 460: Impugnant Ecclesiam etiam in picturis et -imaginibus dicentes quod nos sumus Idolatrae, qui imagines adoramus. - -[122] EBRARDO, cap. 4, in GRETSER, XII, 2, pag. 131. Objiciunt enim -Dominus non in manufactis habitat. ERMENGARDO, cap. 9, in GRETSER, -loc. cit., pag. 230. Omnes haeretici Ecclesiam manufactam et altaria -.... et omnia ornamenta ecclesiastica ad nihilum deputant et ad salutem -animorum nihil proficere dicunt. - -[123] MONETA, pag. 461: Et dicit quod ignominiam Christi adoramus, -et ejus ignominiam nostrae fronti imponimus. _Liber inquisitionis -tholosanae_, pag. 348: Item quod crux Christi non debebat adorari, quia -nullus adoraret furcas in quibus pater suus fuisset suspensus. - -[124] Nella lettera di Evervino a S. Bernardo (op. S. Bern., -ed. Mabillon, pag. 1487): Dicunt qui se tantum Ecclesiam esse et -apostolicae vitae veri sectatores permanent, ea quae mundi sunt -non quaerentes, nec domum, nec agros, nec aliquid possidentes sicut -Christus non possedit. È importante notare che i Catari proibivano -anche l'andare accattando al modo dei frati mendicanti. MONETA, pag. -451: Et de elemosynis quaerere victum et vestitum blasphemant ... -Objiciunt etiam illud Matth. VI, 25 «Ne soliciti sitis animae vestrae -quid manducetis ecc.» si enim quaerimus quotidie, inde soliciti sumus; -pag. 453: Objiciunt etiam et dicunt quod contra verba Apostoli venimus, -quia non laboramus manibus nostris. - -[125] MONETA, pag. 513. Isti etiam haeretici omne bellum detestantur -tanquam illicitum, dicentes quod non sit licitum se defendere, pag. -515. Objiciunt etiam illud Matt. V, 38 «Audistis quia dictum est oculum -pro oculo et dentem pro dente. Ego autem dico vobis non resistere -malo», pag. 506. Objiciunt Matt. XXII, 7 «Perdidit homicidas illos», -pag. 507: et illud Matt. V, 44 «Benefacite his qui oderunt vos». - -[126] Il SACCONI, nella _Summa_, pag. 48 b: Item quod potestates -seculares peccant, mortaliter puniendo malefactores vel haereticos. Che -il _mortaliter_ si debba unire a _puniendo_ non a _peccant_ è provato -da Ebrardo, il quale riferisce a pag. 157 che gli eretici solevano -obbiettare: dictum est non occides. Vedi anche a pag. 159 cum sitis -homicidae, homicidas occidere prohibetis. Ermengardo nel cap. XIX parla -solo di _occisione hominis_ non dell'impunità del malfattore. - -[127] Nè il Moneta, pag. 138 e segg. nè l'Alano pag. 169-70 scoprono -il vero motivo del divieto di mangiar carne, comune a tutti i credenti -nella metempsicosi. ECKBERTO, sermo IV, ha in GALLANDI XIV, 458: Ratio -vestra, quia de coitu nascitur omnis caro. Secondo questo autore, pag. -459 pare che ai Catari fosse concesso mangiar pesci. _Summa_, pag. 48 -b: Credunt quod comedere carnes, et ova, vel caseum, etiam in urgenti -necessitate sit peccatum mortale. Ivi pag. 50 a: non enim gravius -puniretur Catharus si biberet toxicum volens occidere se ipsum, quam si -pro morte vitanda comederet pullum de consilio medicinae vel in aliquo -casu necessitatis. BONAC. in D'ACHERY, pag. 209: Quis manducaverit -carnem .... damnationem sibi manducat. Sui testi biblici che solevano -addurre, vedi BONAC. in MANSI, _Miscell. Baluz._ II, 583. - -[128] MONETA, 315: Haeretici conjunctionem istam illegitimam dicunt, -idest contra Dei legem ... quia credunt corpus maris et foeminae -a diabolo fuisse factum. Matrimonium carnale fuit semper mortale -peccatum. _Summa_, 48 a: Item communis opinio omnium catharorum est -quod matrimonium carnale semper fuit mortale peccatum, et quod non -punietur quis gravius in futuro propter adulterium vel incestum quam -propter legittimum conjugium. Fra i Catari alcuni limitavano il divieto -alle seconde nozze. ECKBERTUS, sermo VI, 12, in GALLANDI, XIV, 457: -quidam vestrum, videlicet sequaces Hartuvini, mussitant quod illud -conjugium solum justum est, in quo virgines conjunguntur, et quod unam -prolem tantum gignere debent. - -[129] Lo Schmidt osserva (II, 88) che solo i Bogomil, e i Concorrezesi -avrebbero diritto di ammettere l'assoluto divieto del matrimonio, -perchè secondo loro colla nascita di nuovi organismi si creano nuove -anime, e nuove vittime del demonio. Ma non così dovrebbero pensare -i dualisti assoluti, che ammettono o uno spirito solo o un numero -determinato di anime trasmigranti. Queste finchè si purificano debbono -pure passare per altri organismi, e non si capisce perchè si vieti a -coloro che non sono ancora perfetti di porre al mondo nuovi organismi, -e assicurarsi così la dimora durante l'espiazione che ancor resta -da fare. L'osservazione parmi più ingegnosa che vera, perchè tutti -i Catari debbono condannare come impuro il commercio del corpo, -creatura del diavolo. E l'astensione dai piaceri corporei è il mezzo -più acconcio perchè i meno perfetti si correggano. ECKBERTO, sermo -V, 6 (GALLANDI, XIV, 455) dice: Innotuit mihi per quosdam viros, qui -exierunt de societate vestra .... dicitis enim quod fructus ille de quo -praecepit Deus primo homini in Paradiso, ne gustaret ex eo, nihil aliud -fuit nisi mulier .... Ex hoc probatis, omne genus humanum .... natum -esse ex fornicatione et neminem salvari posse nisi purgatus fuerit per -orationes et sanctificationes eorum, qui inter vos perfecti vocantur. -Anche l'HAHN (op. cit., I, 86), giustamente connette col principio -fondamentale della mortificazione della carne il divieto della -congiunzione carnale. - -[130] _Liber inquisitionis tholosanae_, pag. 179: Item tu (Petre -Raymonde de Hugonibus) ipse vitam corporalem volontarie tibi -subtrahis .... quia posuisti te in illa abstinentia quam haeretici -vocat _enduram_, in qua endura jam per sex dies sine cibo et potu -stetisti; pag. 204: Montolina .... in ultimo fine suo posuit se -in endura haereticorum, in qua endura sine infermitate alia multis -diebus perdurans fuit hereticata (ebbe il consolamentum); pag. 33: -Guilielma uxor quondam Martini de Proaudo .... mortemque corporalem -sibi accelerans, sanguinem minuendo, balneum frequentando, potumque -letisferum .... avide assumendo ad mortem festinavit. In altro luogo -è detto che Guglielma pregò la sua infermiera quod omnino perforaret -eam cum dicta alzena (sutoris) in latere in illa parte in qua erat -cor (pag. 71). I Catari di Monteforte nel 1030 dichiararono secondo -Landolfo seniore (MURAT. _Script._ IV, 90) proximus noster, antequam -animum damus, quoquomodo interficit nos. In quanto al suicidio -ricordiamo che S. Ambrogio e S. Crisostomo lodarono e la Chiesa -santificò la fanciulla Pelagia, che per salvare il suo onore si -precipitò dal tetto di sua casa. LECKY, _History of European morals_, -II, 49. - -[131] _Liber._ pag. 76: dicta Guilielma instanter petiit .... quod mors -sibi acceleraretur timens capi per inquisitores. - -[132] LAMI, _Antichità toscane_, II, 556. MONETA, 469: Cathari vero -ponunt quod semper fuit malum (il giuramento) sicut adulterium et -homicidium. _Summa_, 486: Item quod non licet jurare in aliquo casu, et -ideo hoc esse peccatimi mortale. - -[133] EBRARDUS in GRETSER, XII, 2, 241, adduce i testi biblici dei -quali si servivano: objicis illud «nobite jurare omnino». Item objicis -«sit sermo vester est, est: non, non». - -[134] Questa spiegazione parmi, o che io m'inganno, migliore di -quest'altra adottata dallo Schmidt (II, 83): on ne rougit pas, en -consentant à jurer de paraître capable de mensonge jusqu'à ce qu'on ait -confirmé la vérité par un serment. L'orgoglio di volere essere creduto -sulla semplice parola sarebbe un motivo molto impari al rigore del -divieto, e poco conforme all'umiltà dei Catari. - -[135] In una lettera scritta dalla chiesa di Liegi a Lucio II, nel -1144, e riportata da Martene _Amplis. collect._ I, 776: Haeresis haec -diversis distincta est gradibus, habet enim _auditores_ qui ad errorem -initiantur; habet _credentes_, qui iam decepti sunt (SCHMIDT, II, 98). -Petrus Vallisarnensis Historia Albigensium cap. 2: Sciendum autem quod -quidam inter haereticos dicebantur Perfecti, sive Boni Homines, alii -Credentes. - -[136] SCHMIDT, loc. cit., riproduce questo passo dagli atti -dell'inquisizione di Carcassona. Non omnibus credentibus suis dicunt -omnia ... nisi solum bene suis familiaribus et bene firmis. - -[137] I Catari tenevano a chiamarsi i veri seguaci di Cristo, e -vivamente protestavano contro l'accusa di eresia. Lo Schmidt riporta -dagli atti dell'Inquisizione di Carcassona (manoscritti della -Biblioteca Nazionale di Parigi) questo passo: Malae gentes nos vocant -haereticos, et nos sumus haeretici, imo sumus boni christiani. _Liber -inquisitionis tholosanae_ pag. 37: et nos omnes de ecclesia romana -versa vice asserunt haereticos et errantes. - -[138] Manus impositio vocatur ab eis consolamentum et spirituale -baptisma sive baptisma Spiritus Sancti (_Summa_, pag. 48 b). -L'inquisitore schernisce la funzione catara con un bisticcio -linguistico secondo il gusto del tempo nel _Liber inquisitionis_ pag. -33: consolamentum immo verius desolamentum. - -[139] MONETA, 278. Dicunt etiam quod a Diabolo fuit ille baptismus, et -ad nihil utilis nisi ad impediendum Christi baptismum. - -[140] _Summa_, pag. 52 a: caeteri Patres antiqui atque beatus Johannes -Baptista fuerunt inimici Dei. Questa sarebbe stata l'opinione di -Balasinanza, di Giovanni di Lugio (pag. 54 a), e dei più tra i -Concorrezesi (pag. 55 a). PETRUS VALLISARNENSIS, cap. 2: Johannem -Baptistam unum esse de majoribus Daemonibus asserebant. EBRARDUS, cap. -13: Diffidentes etiam de Domini praecursore vitam ejus repudiant et -baptismum. - -[141] MONETA, 282. Ex quo patet quod Baptismus Ecclesiae alius est quam -Baptismus Johannis et quam doctrina et impositio manuum. - -[142] MONETA, 280. In primis autem illud inducunt quod habetur -Actorum VIII 14, 17. Ecce quod dicitur hic quod receperunt Spiritum -Sanctum per impositionem manuum et non per baptismum aquae materialis, -ergo in baptismo non datur peccatorum remissio. L'imposizione delle -mani è certo il miglior simbolo del battesimo col fuoco, perchè il -porre le mani sopra una parte del corpo ne aumenta il calore; ma -ciò non pertanto parecchi catari alla stessa imposizione delle mani -attribuivano poco valore. _Summa_, pag 48: Albanenses enim dicunt quod -ibi manus nihil operatur, eum ipso ex Diabolo sit creata secundum eos, -ut inferius dicetur, sed sola oratione dominica quam ipsi tunc dicunt -qui manus imponunt. - -[143] _Summa_ 48 b: Non sit aliqua remissio peccatorum si illi, qui -manus imponunt sint tunc in aliquo peccato mortali. Racconta ECKBERTO, -sermo XI, 8, in GALLANDI, XIV, 480, fuit mihi concertatio de his rebus -quadam vice in domo mea Buonae cum quodam viro qui suspectus erat nobis -quod esset de secta Catharorum, et contigit ut incideremus ad loquendum -de sacerdotibus malis, et dicebat ita de eis: Quomodo fieri potest ut -qui tam irrationabiliter vivunt distribuant in Ecclesia corpus Domini? - -[144] MONETA, pag. 274. Nullus Spiritum Sanctum habens potest peccare. - -[145] MONETA, pag. 275. Notandum quod _aliqui_ Cathari dicunt modo quod -amitti potest, sed amissus recuperari non potest: sua fide recedendo, -vel eum impugnando amittitur. Parmi che non ci sia tra i due passi -contraddizione, come crede lo Schmidt; perchè il testo 274 si riferisce -ad alcuni Catari, e ad altri il 275. - -[146] Nel Concilio lombariense del 1165 venner condannati quidam qui -se faciebant appellari boni homines. _Liber sententiarum inquisitionis -tholosanae_, pag. 6: et ipsos haereticos quos _bonos homines_ appellas -et dicis, tu asseris posse dare ad salutem spiritum sanctum illis quos -recipiunt. Anche in Germania pare che prevalesse questa denominazione. -Vedi l'anonimo di Passau in Gretser, XII, 2, 31: Sed perfecti qui -consolati vocantur in Lombardia et in Theutonia _boni homines_ -vocantur. - -[147] _Summa_, 48 b. Cathari quoque ad instar simiarum, quae hominis -acta imitari conantur, quatuor habent sacramenta, falsa tamen et inania -illicita et sacrilega quae sunt: manus impositio, panis benedictio, -poenitentia, et ordo. - -[148] SACCONI in _Summa_, 48 b: Panis benedictio est quaedam fractio -panis quam ipsi quotidie faciunt tam prandio quam in coena. - -[149] _Summa_, pag. 49 b. Fit etiam ista confessio publica coram -omnibus, qui ibi sunt congregati, ubi multoties sunt centum et plures -viri et mulieres et credentes eorum Cathari. MONETA, pag. 305. Peccant -autem circa confessionem arbitrantes quod non est necessarium eam fieri -sacerdoti et quod sufficiat si fiat Deo soli. Pag. 306, objiciunt illud -Ezech. quacumque hora ingemuerit peccator etc. - -[150] _Summa_, pag. 50 b, ordines Catharorum sunt quatuor. Ille qui est -in primo et maxime ordine vocatur Episcopus. Ille qui in secundo filius -major. Qui in tertio filius minor. Qui in quarto vocatur Diaconus. - -[151] Mortuo episcopo, filius minor ordinabat filium majorem in -Episcopum. _Summa_, 51 a. - -[152] Illa vero, quae supra dicitur de Episcopo mutata est ab omnibus -Catharis morantibus extra mare, dicentibus quod per talem ordinationem -videtur quod filius instituat patrem, quod satis apparet incongrum; -unde fit modo aliter in hac forma, scilicet quod Episcopus ante mortem -suam ordinat filium majorem in Episcopum. _Summa_, loc. cit. - -[153] Notiamo che lo Schmidt ammette tra le dottrine primitive del -Catarismo la condamnation de l'ancien Testament comme oeuvre du démon -(II, 273). - -[154] Der Gnosticismus mit der alexandrinischen Religionsphilosophie -und dem Neuplatonismus unter einen und denselben Gesichtspunkt gehört. -Alle diese Erscheinungen haben etwas gemeinsames und verwandtes, sie -sind ebenso religiöser als speculativer Natur. BAUR, _Vorlesungen über -die christliche Dogmengeschichte_, I, 177. - -[155] Lo Schmidt ben conosce l'antichità di questa tradizione (II, -253) Au onzième siècle ils sont ainsi appelés par le moine Adémar de -Chabanois, par l'évêque Roger de Chalons etc. - -[156] Non sarà inutile dare in questa nota un breve cenno dei gnostici, -i più antichi precursori dei Catari. Tutti gli storici della Chiesa -s'accordano nel dividere lo gnosticismo in due grandi categorie, -l'alessandrino e l'orientale. Il primo s'inspira all'emanatismo -delle ultime speculazioni greche, e non arriva in pratica fino alle -estreme conseguenze ascetiche, come il divieto del matrimonio. Il -secondo invece s'informa alle tradizioni orientali, e invece del -monismo emanatistico pone uno spiccato dualismo. Alla prima categoria -appartengono Basilide e Valentino, alla seconda Saturnino e Bardesane. -Secondo Basilide, che insegnava in Alessandria intorno al 125 d. C., -dall'Entità suprema (_theòs arrētos_ l'Innominabile) emanano sette -potestà (_dinàmeis_) che sono _noûs_, _lògos_, _phronēsis_, _sophia_, -_dinamis_, _dìceosynē_, _eirēne_; ragione, verbo, saviezza, scienza, -potestà, giustizia, pace, le quali formano il primo regno degli -spiriti, _ouranòs_. Da questo primo cielo nasce un secondo, dal secondo -un terzo e così di seguito fino a 365 cieli, coll'avvertenza che il -seguente è sempre meno perfetto di quel che precede. L'ultimo cielo ha -sette angeli, ciascuno dei quali è creatore del mondo terrestre; ma più -di tutti il primo angelo (_ò ărchon_) che è il Dio adorato dagli Ebrei. -Perchè lo spirito umano torni al regno celeste, la prima delle potestà, -il nous, si unisce nel battesimo coll'uomo Gesù. Per Valentino [che nel -140 d. C. da Alessandria andò a Roma, e di là a Cipro ove morì nel 160] -dall'Ente primo o _bitòs_ profondità emanano le potestà, o eoni, come -ei li vuol chiamati; ma non è l'ultimo eone, che crea il mondo, bensì -un essere affatto impuro, ed escluso dal corpo degli Spiriti. Dalla -Sofia infatti, ultimo eone, nasce una saggezza bastarda _Achamoth_, -la quale errando fuori del Pleroma, o regno degli Eoni, dà vita alla -materia, e nello stesso tempo produce il Demiurgo, che cotesta materia -deve ordinare. Così nel mondo formato dal demiurgo combattono tre -elementi, il pneumatico, lo psichico, e il materiale: e il corso del -processo cosmico tende a separare lo spirito e l'anima dalla materia, -restituendo il primo al regno degli spiriti, ed il secondo a quel -luogo mediano, dove abita Achamoth. A compiere siffatto ritorno, da -tutti gli eoni emana una nuova entità, il salvatore, a quel modo che -per ristabilire la pace nel regno eonico, turbata dal parto di Sofia, -erano emanati due altri eoni, cioè Cristo e lo Spirito Santo. Saturnino -in Antiochia, contemporaneo di Basilide, ammetteva le emanazioni -degradanti sino agli spiriti dei setti pianeti. Ma contro a questi -buoni spiriti si leva il cattivo Spirito o Satana, il quale agli uomini -ispirati dal buon Dio, o uomini della luce, oppone una generazione -di uomini malvagi e tenebrosi. Per sottrarsi al contatto col cattivo -Spirito i Saturniani si astenevano dal matrimonio e dal mangiar -carne. MATTER, _Histoire du Gnosticisme_, I, 324-31; NEANDER, _General -History of the Christian Religion_, I, 14-26; GIESELER, _Lehrbuch der -Kirchengeschichte_, 4ª ed., I, pag. 179-192. - -[157] Questo intreccio delle diverse eresie spiega i varii nomi dati -a questi eretici. Dell'identificazione di _Catarini_ con _Patarini_ -diremo più tardi. Il nome di _Cathari_ ben presto per effetto -dell'aspirata si tramutò in _Cazari_ o _Gazari_. Come si fosse oscurato -in breve tempo il significato primitivo della parola lo provano le -curiose etimologie di Alano. Hi dicuntur Cathari; idest diffluentes -per vitia, a Catha, quae est fluxus; vel Cathari, quasi casti, quia -se castos et justos faciunt; vel Cathari dicuntur a cato, quia, ut -dicitur, osculantur posteriora cathi in cujus specie, ut dicunt, -apparet eis Lucifer. (Lib. I, c. 63). In Germania trovò favore questa -ultima etimologia stante l'affinità di suono tra _Katze_ (gatto) e -_Ketzer_ (GIESELER, II, 2, pag. 540). I Catari furon detti _Pubblicani_ -[Concilio lateranense del 1179 in MANSI, XXII, 232: alii Catharos, alii -Patrinos, alii Publicanos] corruzione di paoliciani. Forse un'ulteriore -corruzione è il nome _Piphles_, che secondo ECBERTO (GALLANDI, XIV, -pag. 447) sarebbe stato comune nelle Fiandre. Nella costituzione di -Federico II (HUILLARD-BRÉHOLLES, _Hist. dipl._, IV, 298) sono detti -anche Speronisti, da un vescovo cataro Sperone del secolo XII (SCHMIDT, -II, 282). Si dissero _Bulgari_, dal luogo d'origine di questa setta, -ed _Albigesi_ dalla diocesi di Albi ove mise più profonde radici. Il -nome bulgaro o corrottamente _bougre_ significò più tardi al pari del -tedesco _Ketzer_ l'eretico in generale. In Francia si dissero TEXTORES -o TISSERANDS _ab usu texendi_ dice Ecberto; perchè questo era il -mestiere, cui si davan più volentieri i Catari, obbligati dalle loro -leggi a campar la vita col lavoro, non d'accatto. Si dissero anche -_Bonshommes_, perchè sappiamo già che boni homines si chiamavano i -loro Perfetti. Finalmente si dissero talvolta _Manichei_ ed _Ariani_ -per le simiglianze di dottrine tra cotesti eretici e i loro lontani -progenitori. (GIESELER, loc. cit.). - -[158] La Gnosi di Saturnino, che s'adattava mirabilmente al dualismo -orientale, da Antiochia si era rapidamente diffusa sino alla Persia, -e preparava quel sincretismo di Cristianesimo e Parsismo, che fu più -tardi predicato da Mani. Questo ardito novatore partiva dal presupposto -dei due regni, l'uno di Dio o della luce, l'altro di Satana, delle -tenebre o della materia. La quale opposizione si ripercuote in ogni -uomo, dove accanto all'anima buona o luminosa s'asside la malvagia, che -combatte e spesso vince la rivale. La malvagia per lungo tempo conservò -incontrastato dominio, grazie al prevalere delle false religioni come -il Paganesimo ed il Giudaismo, e tuttora le anime luminose sarebbero -schiave, se a liberarle non fosse disceso dal Sole in terra uno -spirito puro, Cristo, che per amor loro vestì un corpo apparente. Ma la -dottrina cristiana non fu bene intesa dagli Apostoli, e peggio ancora -dai successori. Onde occorreva un apostolo novello, che svelasse tutta -la verità. Il qual paraclito ben s'intende essere Mani. Il Manicheismo -rispondeva talmente ai bisogni del tempo, che non ostante il supplizio -del suo fondatore per ordine del Re persiano Baharam (272-275 d. C.), -crebbe in breve ora, e si distese nelle provincie del vicino Impero -Orientale, e di là in Occidente, sfidando le ire degl'Imperatori -(GIESELER, I, 303-11). - -[159] Priscilliano fondò la sua setta in Ispagna nel 379 d. C. L'anno -dopo, 380, fu condannato nel Sinodo di Cesaraugusta, e per ordine -dell'usurpatore Massimo giustiziato nel 385. I Priscillianisti, -secondo la testimonianza di S. Agostino, _De haeres._, c. 70, maxime -Gnosticorum et Manichaeorum dogmata permixta sectantur. Non ostante le -persecuzioni si conservarono sino al VI secolo (GIESELER, I, 2, pag. -99-100). - -[160] I Paoliciani rimontano al 660 d. C., in cui un tal Costantino -da Mananalide presso Samosata, appartenente alla setta gnostica -di Marcione, ispirato dalla lettura di S. Paolo, si annunzia come -restauratore della chiesa paolinica. A lui morto intorno al 684 -succedono Simeone († 690), Paolo († 715), Gennasio († 745), Giuseppe -(† 775), Baanes fino all'801, per opera dei quali il Paolicianismo -si diffuse per tutta l'Asia Minore. Sergio che nell'801 si oppose a -Baanes, accusato d'immoralità, si può tenere come il secondo fondatore -della setta. Alla morte di Sergio accaduta nell'835 si decise di -non nominare più un capo spirituale. Ma scoppiate le persecuzioni -dell'imperatrice Teodora, i Paoliciani fuggirono sotto il comando di -Corbeade, il quale ben presto fattosi lor capo, divenne così potente -che unito ai Saraceni dette battaglia agl'Imperiali. Nè meno ardito -fu il successore Crisocere, che nell'867 fino ad Efeso estese le -sue scorrerie. Vinti poi dall'imperatore Basilio, che di persona -li combattè nell'872, i Paoliciani si sottomisero al vincitore, -ma non rinunziarono alla loro fede. Ed un secolo più tardi nel 970 -l'imperatore Giovanni Zimisce li mandò in Tracia presso Filippopoli, -ove, a patto che custodissero i confini dell'Impero, concesse loro -piena libertà di coscienza. A cotesti paoliciani il Muratori riadduce -i Catari, e non a torto, perchè la setta paoliciana è la più vicina -alla catara sia pel tempo sia per gl'insegnamenti. Certo non si possono -negare nel paolicianismo gl'influssi manichei, e per questo rispetto il -manicheismo è la remota sorgente di tutte queste eresie dualistiche; ma -oltre alle opinioni dualistiche il GIESELER, II, 1, pag. 15 e segg., -400 e segg., rileva nel paolicianismo la condanna di ogni esteriorità -nel culto. Anche il NEANDER, op. cit. V, 362: They maintained that by -the multiplication of external rites and cerimonies in the dominant -church the true life of religion had declined. Dicevano lo stesso i -Catari. - -[161] ADEMARO, _Cronaca_: Pauco post tempore per Aquitaniam exorti sunt -Manichaei seducentes plebem. DUPLESSIS, 1, 5, riferisce l'avvenimento -all'anno 1010; PERTZ, _Mon._, _Germ. Script._, IV, 138, all'anno 1018; -BOUQUET, _Recueil_, X, 159, all'anno 1022. - -[162] Decem ex canonicis Sanctae Crucis Aurelianensis, qui videbantur -aliis religiosores, probati sunt esse Manichaei. Quos rex Rotbertus -.... cremari iussit [D'ARG., 1, 5; _M. G. script._, IV, 143; BOUQUET, -X, 159]. ROD. GLABER, _Hist._ lib. III, cap. 8 (BOUQUET, X, 35) -darebbe il 1023; Tertio de vicesimo infra iam dictum millenium apud -Aurelianensem urbem reperta est cruda ... haeresis. Ma la cronaca -d'Auxerre (BOUQUET, X, 271), anticipa d'un anno: MXXII Aurelianis -cremantur Clerici ... ac si denuo Manichaei haeretici. E questa data -viene accettata dal Bouquet e dal Pertz, perchè è accertato in un -documento pubblico [BOUQUET, X, 35, not. a]. Glaber ci conserva il -nome di due capi degli eretici; quorum unus Lisoius in monasterio -sanctae crucis clericorum clarissimus habetur, alter idem Heribertus -... capitale scholae tenebant dominium. Anche Ademaro (PERTZ, IV, -143; BOUQUET, X, 159) conosce uno di essi. Qui autem flammis iudicati -sunt supradicti decem cum Lisoio, quem Rex valde dilexerat. Ma tanto -Glaber come Ademaro riferiscono imperfettamente il fatto, perchè da -un documento pubblicato dal D'Achery (_Spic._, II, 167; BOUQUET, X, -536) intitolato _Gesta synodi Aurelianensis anno MXXII adversus novos -Manichaeos_ sappiamo che Eriberto nonchè capo era invece un prete -recentemente convertito per opera dei due prelati Stefanus et Lisojus, -apud omnes sapientia clari sanctitate seu religione magnifici. Questo -Eriberto stava presso un Arefasto dei conti normanni, e tornato nella -costui casa da Orleans, dove s'era recato per istruirsi, pare che -volesse convertire il suo ospite alla nuova religione. Ma questi non -che piegarsi alla nuova dottrina la denunziò al conte Riccardo con -preghiera di parteciparla al re. Era una cosa ben grave che in Orleans -fosse apparsa l'eresia, e che vi partecipassero alte persone del -clero, e tenute da tutti in grande stima, come Stefano confessore della -regina, ed un canonico cantore di nome Teodato morto tre anni innanzi -nell'eresia (ADEMARO in BOUQUET, X, 159). Il re Roberto pensò quindi -di riunire intorno a sè un sinodo di prelati, che interrogassero gli -eretici. Stefano e Lisojo non smentirono le loro opinioni. Cumque ab -hora diei prima usque ab horam nonam multifariam elaborarent omnes, -ut illos a suo errore revocarent, et ipsi ferro duriores minime -resipiscerent .... de gremio Sanctae Ecclesiae eiecti sunt. Qui cum -ejicerentur Regina Stephani olim sui confessoris cum baculo, quem -manu gestabat, oculum eruit ... deinde praeter unum clericum et unam -monacham cremati sunt. La stessa narrazione d'accordo con Ademaro e -Glaber ricorda le virtù dei capi dell'eresia. E se anche non ce lo -dicessero le fonti, il fatto solo di non aver mentito nè abiurato -sotto la minaccia del rogo prova una gran forza di convincimento e di -carattere. Il che mal s'accorda colla leggenda che gli eretici usassero -raccogliersi di notte in una casa ad invocare con canti il diavolo, -che non tardava di comparire. Et tunc omnibus extinctis luminibus, -quamprimum quisque poterat mulierem arripiebat: sine peccati respectu -et utrum mater, aut soror, aut monacha haberetur. Ex quo spurcissimo -concubitu infans generatus, octava die ... in igne cremabatur. Cinis -veneratione colligebatur atque custodiebatur. Simili favole non -inventarono un tempo i Pagani in danno dei Cristiani? - -[163] GLABER, loc. cit. Fertur a muliere quadam ex Italia procedente -haec insanissima haeresis in Gallis exorta. Ademaro la fa venire dal -Perigord (_ipsi decepti a quodam rustico Petragoricensi_), il che -non esclude che nel Perigord fosse importata dall'Italia. Anche per -l'eresia di Cambrai del 1025 dicono gli atti del Sinodo di Arras _ab -Italiae finibus advenisse_ (MANSI, Conc., XIX, 425. BOUQUET, X, 540). - -[164] Vedi in MURATORI (_Antiq. Ital._, Diss. 60) il decreto di Ottone -IV: omnes hereticos Ferrarie commorantes, Patharenos sive Gazaros -imperiali banno subiacere, nisi ad unitatem Ecclesie secundum mandatum -Ferrariensis episcopi convertantur. - -[165] MURATORI, l. c., pag. 446: Et pro molendinis Patarinorum, -et Petri de Cagnense dentur eis pro cambio molendina quae fuerent -Bachedeferro ad congruum et convenientem fictum. Il documento è -dell'anno 1192. Non essendo nominato il proprietario cataro il Muratori -crede che il molino fosse una proprietà collettiva degli eretici, che -ivi teneano le loro adunanze. Lo Schmidt sospetta che il passo dello -stesso documento: Molendina Patarinorum penitus destruantur, accenni a -misura presa contro gli eretici, invece trattasi di un'espropriazione -per utilità pubblica, come si direbbe oggi. - -[166] LAMI, (_antichità toscane_, II, 491) che riporta da una cronaca -questo passo: MCLXXIII, XVIII. Kal. Maij: Indictione VI: propter -Paterinos amissum est officium in civitate Fiorentina. Ma da questo -passo male induce il Lami che l'eresia non si propagasse prima del 1170 -contro la testimonianza del Villani e di Simone della Tosa. E come -nel breve giro di tre anni l'eresia poteva acquistare tanta forza, -quanta gliene attribuisce il cronista? Lo stesso Lami pag. 496 dice: -«che favoreggiavano e sostenevano Filippo Paternon (vescovo cataro) -alcuni possenti cittadini .... Barone di Barone, Pulce di Pulce, -Gherardo Cipriani, Chiaro di Manetto, Conte di Lingraccio, Uguccione di -Cavalcante, e le famiglie Saraceni e Malpreso». - -[167] Vedi sui Patarini di Orvieto lo studio del Fumi. _Arch. Stor._, -1875, 4ª dispensa. - -[168] Vita di Gregorio IX, MURAT., _Script._, III, 578. FICKER, _Die -gesetzliche Einführung der Todestrafe für Ketzer_, pag. 207. - -[169] Ioachim in Apoc., f. 131, 167. - -[170] Ademaro all'anno 1022 (PERTZ, IV, 143): Nihilominus apud Tolosam -inventi sunt Manichei, et ipsi destructi et per diversas occidentis -partes nuntii antichristi exorti, per latibula sese occultare, curabant -et quoscumque poterant viros et mulieres subvertebant. - -[171] ANSELMI, _Gesta episc. Leod._ (_M. G. Scrip._, VI, 228). Ut ipsi, -eisque comunicantes catholica communione priventur. Ivi, 227. Qui non -vult mortem peccatorum .... sed per pacientiam et longanimitatem suam -novit peccatores ad poenitentiam reducere. - -[172] MANSI, _Concilia_, XIX, 742. Et quia novi haeretici in gallicanis -partibus emerserant eos excommunicavit, illis additis qui ab eis -aliquod munus vel servitium acciperent. - -[173] MANSI, (_Concilia_, XIX, 424) riferisce gli atti del concilio -di Arras tenuto nel 1025 da Gerardo vescovo di Cambray ed Arras. -Riproduco questo passo col. 425: At illi referunt se esse auditores -Gandulfi cuiusdam ab Italiae partibus viri, et ab eo evangelicis -mandatis et apostolicis informatos, nullamque praeter hanc scripturam -se recipere, sed hanc verbo et opere tenere. Rodolfo Coggeshale nella -sua cronaca (BOUQUET, XVIII, 92), racconta di una bella fanciulla di -Cambray, che scopertasi per catara o publicana ad un chierico, che le -chiedeva amore, fu da costui denunciata ai superiori ecclesiastici. -La fanciulla alle dimande dei giudici non seppe rispondere, ma -ingenuamente se ne rimise alla sua maestra, il cui nome candidamente -svelò. Furono condannate entrambe. La maestra riescì a fuggire in un -modo miracoloso, secondo il cronista, ma la fanciulla igne consumpta -est non sine admiratione multorum, cum nulla suspiria, nullos fletus, -nullum planctum emitteret, sed omne conflagrantis incendii tormentum -constanter alacriter perferret, instar martyrum Christi, qui olim pro -christiana religione a paganis trucidabantur. - -[174] ANSELMI, _Gesta episc. Leod._ (_M. G. Script._, IV, 228) non -aliam condempnationis eorum causam cognoscere potuimus quam quia -cuilibet episcoporum iubenti, ut pullum occiderent, inoboedientes -extiterant. - -[175] CAESAR HEISTERBACH, V, 19. Arnoldus discipulorum capitibus manum -imponens, ait: Constantes estote in fide vestra .... virgo quondam -speciosa, et quorundam compassione ab igne subtracta .... ex manibus -illorum (tenentium) elapsa, facie veste tecta, super extincti (Arnoldi) -corpus ruit. Anche il Cantù in un passo, che riferiremo in seguito, -ricorda senza citare la fonte, una fanciulla lombarda, che si getta nel -rogo per morirvi insieme coi suoi parenti. - -[176] GUILLELMUS NEUBRIGENSIS, _De rebus anglicis_, II, 13, in -D'ARGENTRÉ, _Collectio iudiciorum_, I, 61. Duce quodam Gerardo .... -solus aliquantulum litteratus; caeteri vero sine litteris et idiotae -.... Princeps praecepit haereticae infamiae characterem frontibus eorum -inuri, et spectante populo, virgis coercitos urbe espelli. - -[177] Epist. Inn. III, Lib. IX, 26. Illis autem qui orthodoxae fidei -zelo succensi ad vindicandum sanguinem iustum .... viriliter se -accinxerint .... suorum remissionem peccaminum a Deo eiusque vicario -secure promittatis indultam (PETRI VALLIUM SARNAY, _Hist._ in BOUQUET, -XIX, 13). - -[178] GAUFRIDUS in BOUQUET, XII, 448. - -[179] _Croisade contre les Albigeois_, trad. Fauriel, v. 8693. Si -pour avoir attisé le mal et éteint le bien, égorgé les femmes et -massacré des enfants, un homme peut en ce monde conquerir le règne de -Jesus-Christ, le comte doit porter couronne et resplendir dans le ciel. - -[180] _Croisade_ v. 1055 et le monde entier leur court sus et leur -porte haine plus qu'a sarrasins. - -[181] CAESAR HEIST., VI, 21, pag. 383 (ed. Col. 1591). Cedite eos, -novit enim Dominus qui sunt eius. Il numero dei morti ce lo dà Pietro -di Vaux Cernay, _Hist._, cap. XV (BOUQUET, XIX, 20): Statim intrantes -a minimo ad maximum omnes fere necant, tradentes incendio civitatem -.... fuerunt usque ad septem millia de ipsis Biterrensibus interfecti. -_Croisade_, v. 193. On ne pouvoit leur faire pis, on les égorgea tous, -on égorgea jusqu'à ceux qui s'étaient réfugiés dans la cathédrale. - -[182] Quadringenti combusti sunt, caeteri (quinquaginta) patibulis -appensi. (CAESAR HEIST., loc. cit.). - -[183] P. DE V. CERNAY (BOUQUET, XIX, 32). Ne timeatis, quia credo quod -paucissimi convertentur .... erant autem perfecti haeretici centum -quadraginta vel amplius. Praeparato igitur igni copioso, omnes in -ipso projiciuntur. _Croisade_, v. 1082. Et ils brûlèrent maint felon -d'hérétique fils de pute chienne, et mainte folle mécréante qui brait -dans le feu. - -[184] _Croisade_, v. 1551 e segg. Car jamais dans la chrétienté si -haut baron ne fut, je crois, pendu avec tant d'autres chevaliers à -ses côtés. Car des chevaliers seulement, il en fut là compté plus de -quatre-vingts, à ce que me dit un clerc. Quant à ceux de la ville on -en ressembla dans un prè, jusqu'à quatre cents, qui furent brûlés et -grillés sans y comprendre Dame Giraude que les (croisés) jettèrent dans -un puits et couvrirent de pierres, dont ce fut dommage et pitié. - -[185] GUILLELMI DE PODIO LAURENTII in BOUQUET, XIX, 220. Et promisit -quod iustitiam debitam faciet sine mora de haereticis manifestis .... -Inquiret etiam diligenter .... solvat usque ad biennium duas marcas -argenti, et exinde in perpetuum unam, ei qui haereticum ceperit. - -[186] FICKER, _Die gesetzliche Einführung der Todesstrafe für -die Ketzerei_ (_Mittheilungen des K. Instituts für österr. -Geschichtforschung._, 1880, II. Heft, pag. 180 e seg.). HAVET, -L'_Hérésie et le Bras séculier dans le moyen âge_ (Bibliot. de l'école -des chartes, 1880, pag. 489 e seg.). - -[187] FICKER, loc. cit., che cita _Mon. Germ. Script._, XVIII, pag. 402. - -[188] MANSI, _Concilia_, XXII, 157, electis ac statutis iudicibus ab -utraque parte. - -[189] ROGERO DE HOVEDEN, _Annales_, Francf. 1601, 575 in SCHMIDT, pag. -79. - -[190] In Christi nomine ego H. episcopus de Guarnasia, legatus domine -Imperatoris Henrici et semper augusti, venientes Pratum pro facto -domini imperatoris, bona patarenorum et patarenarum ibi morantium -fecimus pubblicari et domos eorum fecimus subverti et destrui. Questo -documento fu pubblicato dal Lami (_Antichità_, II, 523). - -[191] Decreto di Ottone IV (in MURAT., _antiq. Ital. med._ V, 89) -Ferrara 1210, omnes haereticos, Ferrarie commorantes Patharenos sive -Cataros .... imperiali bauno subjacere .... omnia eorum mobilia et -immobilia publicentur et domus .... destruantur et ulterius non liceat -alicui eas reaedificare. - -[192] Decreto di Federico II in HOUILLARD-BRÉHOLLES, II, 2-6: omnes -haereticos .... perpetua damnamus infamia, diffidamus atque bannimus -censentes ut bona talium confiscentur nec ad eos ulterius revertantur -ita quod filii ad successionem eorum pervenire non possint. - -[193] V. la lettera di Federigo II a Gregorio IX del 28 febbraio 1231 -in BRÉHOLLES, III, 268-269. Quia igitur ex apostolicae provisionis -instantia qua tenemini ad extirpandam haereticam pravitatem potentiam -nostram ad ejusdem haeresis exterminium precibus et monitis excitatis, -ecce ad vocem virtutis vestrae zelo fidei quo tenemur ad fovendam -ecclesiasticam unitatem gratanter assurgimus .... et omnibus innotescat -nos ardenti voto zelare pacem Ecclesiae et adversus hostes fidei et ad -gloriam et honorem matris Ecclesiae ultore gladio potenter accingi. - -[194] Cfr. la costituzione del 1231 in BRÉHOLLES, IV, 7 presentis -nostre legis edicto damnatos mortem pati Patarenos decernimus, quam -affectant, ut vivi in conspectu populi comburantur flammarum commissi -judicio. Questa costituzione che era stata già pubblicata per la -Lombardia nel 1224 (BRÉHOLLES, II, 421-23) fu ripubblicata per la -Germania nel 1232 (BRÉHOLLES, IV, 298), nel 1238 (Bréholles, V, 201) e -nel 1239 (BRÉHOLLES, V, 279). - -[195] Constituzione del 1232 in BRÉHOLLES, IV, 302, fratres ordinis -praedicatorum de Wirceburg pro fidei negotio in partibus Theotoniae -contra hereticos deputatos .... sub nostra et imperii speciali -defensione receptos, et quod apud omnes sub ope ac recommendatione -fidelium imperii esse volumus inoffensos. - -[196] Constituzione citata, p. 301, per viros ab eodem errore conversos -ad fidem nec non per alios qui eos de haeresi convicerunt, quod in hoc -casu licite concedimus faciendum, evidens testimonium habeatur. - -[197] _Liber inquisitionis tholosanae_, pag. 80, crimen heresis propter -sua immanitate et enormitate non solum in vivis sed etiam in mortuis -per jura promptissima debeat vindicari; pag. 81: predictas domos (dove -morirono alcune catare) cum suis appendiciis .... funditus demendas; -pag. 162: et maxime in casu in quo delinquentis heredes ob culpam -sui actoris ad successionem admitti non debent, non obstante quod -ipsis viventibus interveniente ipsorum morte per sentenciam non extit -declaratum. V. la costituzione di Federico, in BRÉHOLLES, IV, 302, -haeredes et posteros usque ad secundam progeniem beneficiis cunctis -temporalibus, pubblicis officiis et honoribus imperiali auctoritate -privantes. - -[198] MURATORI, _Antiq. Ital._ (ed. Arretii 1778, XII, 463-558): Die -XII, exeunte Decembri nova mulier filia quondam Mainardini de Maderio -et uxor Johannini de Achille.... iurato in praesentia venerabilis -patris Domini Alberti, Dei gratia, Episcopi Ferrarensis.... et dixit -quod passa est circa novem annos in oculo dextro. Et hodie personaliter -contulit se ad maiorem Ecclesiam, ubi requiescit corpus viri Dei -Armanni.... oblationes obtulit. Qua oblata tumor evanuit et visura -recepit pag. 465. Marinellus Calegarius.... coepit ire libere et sine -baculo, pag. 468. Perpudam de Adria paraliticam toto corpore et lingua, -ita quod non poterat loqui nec ire, et nunc liberata est pag. 478. -Aloysia de Layde de Brestello.... suo sacramento dixit quod ipsa fuit -detenta et oppressa ex duobus spiritibus malignis.... quum ipsa hodie -venisset ad tumulum beati Armanni.... liberata est, pag. 485. - -[199] Anno millesimo ducentesimo quinquagesimo quarto.... Armannus -venit ad praesentiam Fratris Aldovrandini Prioris Fratrum Praedicatorum -etc. in quorum manibus abiuravit omnem haeresim (pag. 532). - -[200] Il Muratori dice male, pag. 496: is vivebat vitam Pauperum de -Lugduno; perchè una testimone ci sa dire perfino a quale tra le sètte -catare appartenesse: fuit credens Haereticorum sectae de Bagnolo (pag. -504). - -[201] Albertinus qui fuit Haereticus.... iuratus dicit quod ipse -Pungilupus fuit catharus consolatus, recepit manus impositionem in -Verona a Domino Alberto Episcopo sectae de Bagnolo (pag. 513). - -[202] Detrahendo ministris Ecclesiae, appellando eos Daemones et Lupos -rapaces (pag. 526). - -[203] Et corpus eius profanum et ossa extumulari, et extra Ecclesiam -projici et ignibus concremari arcani lapideam.... et altare.... dirui, -destrui et penitus dissipari.... omnes etiam sculpturas et imagines.... -destrui et abradi (pag. 550 e segg.) - -[204] _Summa_, 54 b. Est etiam valde notandum quod praedictus Johannes -et ejus complices non audent revelare dictos errores credentibus suis, -ne ipsi credentes discedant ab iis. Anche i valdesi seguono queste -precauzioni, come riferisce Davide nel suo Trattato su codesti eretici -(p. 34 ed. Preger): Non enim facile cuiquam aperiunt secreta erroris -sui, nisi postquam securi sunt quod credat eis in omnibus, timentes -quod recedat ab eis. - -[205] I Catari di Arras dichiararono nel concilio del 1025 (MANSI, -XIX, col. 425). Lex et disciplina nostra quam a Magistro accepimus, -nec evangelicis decretis, nec apostolicis sanctionibus contraire -videbitur .... Haec namque hujusmodi est mundum relinquere, carnem a -concupiscentiis froenare, de laboribus manuum suarum victum parare, -nulli laesionem quaerere, charitatem cunctis quos zelus hujus propositi -teneat exhibere. - -[206] BONACC. in D'ARG., 44 b: Doctores autem damnant omnes. - -[207] ECKBERTUS in GALLANDI, XIV, 447: Muniti sunt verbis sacrae -scripturae quae aliquo modo sectis eorum concordare videntur, et ex -eis sciunt defendere errores suos, et oblatrare catholicae veritati. -Per questo studio che gli eretici ponevano nella Bibbia il concilio di -Tolosa del 1229 severamente proibì: ne libros veteris Testamenti aut -novi Laici permittantur habere nisi forte Psalterium, vel Breviarum -pro divinis officiis .... sed ne praemissos libros habeant in vulgari -translatos (D'ARGENTRÉ, _Collectio_, I, 76 b). - -[208] Lo stesso Eckberto osserva mestamente nel luogo citato: Et est -non parva verecundia nostri, qui litteras sciunt, ut sint muti et -elingues in conspectu illorum. - -[209] S. Pietro Damiani gl'indirizza una lettera (I, 1), nella quale -s'impromette dal nuovo papa la fine degli scandali: Reprimatur avaritia -ad episcopales infulas anhelantium, evertantur cathedrae columbas -vendentium numulariorum .... Primo Pisaurensis Ecclesia bonae spei -clarum dabit iudicium. Nisi enim praedicta Ecclesia de manu illius -adulteri, incestuosi, perjuri, atque raptoris auferatur, omnis -populorum spes, quae de reparatione mundi erecta fuerit, funditus -enervatur. Cfr. Epist. I, 2, allo stesso: Avaritiae quippe et elationis -igne succensi, ambiunt quidem ad sacerdotium promoveri, sed non student -digni sacerdotes fieri. - -[210] DAMIANI, _Opere_ (Parigi 1664) III, 54: Quis enim nesciat... per -occidentalia regna virus simoniacae haereseos lethaliter ebullisse, ita -ut quod passim flebant, licenter admissum. - -[211] DAMIANI, Epist. I, 12: Arma potius, arma corripimus, vibrantia -telis tela conserimus et non verbo sed ferro contra nostrae ordinis -regulam dimicamus. - -[212] LANDULPHI SENIORIS, _Mediol. Hist._, I, 88: Qui Girardus cum -ante ejus vultum venisset, promptissimum gerens ad passionem animum -laetum si vitam suppliciis gravissimis finiret, vultu alacri ad omnia -respondere paratus astitit.... Nemo nostrum uxore carnaliter utitur, -sed quasi matrem aut sororem diligens tenet. Carnibus nunquam vescimur -.... omnem nostram possessionem cum omnibus hominibus communem habemus -.... Pontificem habemus non illum Romanum. - -[213] Come dice il cronista Landolfo, III, 18. Venientes namque quidam -suburbani diversis, ac variis dogmatibus irretiti, et Arialdus ipse, et -ipse quem animo prae omnibus diligebat, et aliquantis cum Laicis, qui -Girardi de Monteforte sententias fere consentiebant. - -[214] ALANUS, pag. 7. Item Christus ait in Evangelio: venit enim -princeps mundi hujus et in me non habet quicquam. Ibi Luciferum vocat -principium mundi potius quam Christus .... Si peccatum in carne est, -et caro sine peccato esse non potest, caro malum est et ita a Deo non -est. MONETA, pag. 80: Unum (testimonium) est illuc Ecclesiastae, I, -2, _Vanitas vanitatum et omnia vanitas_ et loquitum de creaturis istis -visibilibus et transitoriis. Quomodo autem potest esse quod in operibus -boni Dei aliqua vanitas sit? - -[215] GRETSER, XII, II, 10, cum et Gazari et Patareni Waldenses -fuerint, uno ex stipite Waldo prognati. - -[216] Ivi, pag. 7. Consentiunt ferme auctores sectam Waldensium -extitisse in Gallia progenitore Petro Waldo circa annum Domini MCLX. - -[217] V. SCHMIDT, II, 268 e segg. - -[218] Ecco il principio del capitolo in D'ARGENTRÉ, I, 55: Supra -dictum est sufficienter de haeresi Catharorum, nunc dicendum est de -haeresi leonistarum, sive pauperum de Lugduno, qui sunt divisi in duas -partes. È chiaro da quell'opposizione supra.... nunc, che l'eresia di -Lione non si può confondere con nessuna delle frazioni catare di cui -parla di sopra. Ed è giusto quel che dice il Cantù (_Gli eretici_, I, -79) che Raniero distingue affatto i Catari dai Valdesi. Ma in nessun -luogo il buon frate parla di Valdesi, progenitori degli Albigesi. Nè -sarebbe potuto cadere in questo errore egli, che a pag. 51 annovera -le chiese albigesi tra le catare di Francia, Tholosana, Carcassensis, -Albigensis, e a pag. 55 nota che tutte e tre queste chiese si attengono -alla dottrina di Balasinanza. Del resto il Cantù sembra non abbia un -chiaro concetto del rapporto tra Catari e Valdesi, che mentre a pag. -79 li distingue sulla testimonianza del Sacconi, a pag. 77 li confonde -in uno. _I suoi seguaci [di Pietro Valdo] si dissero poveri di Lione o -Catari, cioè puri._ - -[219] STEFANO in DUPLESSIS, I, 78: Waldenses autem dicti sunt a primo -huius haeresis auctore, qui nominatus fuit Waldensis. Dicuntur etiam -Pauperes de Lugduno, quia ibi inceperunt in professione paupertatis, -pag. 89. De Manicheis Patharenis vel Burgaris .... originem habuerunt a -quodam Persa, dicto Manes, qui vere Maniacus etc. - -[220] Illi quidem Waldenses contra alios acutissime disputabant. -(DUPLESSIS D'ARGENTRÉ, I, 94). - -[221] SACCONI in D'ARGENTRÉ, I, 55: et illud dicunt de justitia -saeculari, quod non licet Regibus et Principibus et Potestatibus -punire malefactores. Sospetto che innanzi a _punire_ si debba mettere -_mortaliter_, come nel luogo del Sacconi già riportato a p. 89 n. 1, -che riguarda i Catari. Si potrebbe intendere il passo del Sacconi -nel senso che non si debbano punire come malfattori quelli che si -allontanano dalla Chiesa, ed in favore di questa interpetrazione si -potrebbe addurre questo passo dell'anonimo di Passau: Quod nullus est -cogendus ad fidem (GRETSER, XII, II, 8: ecc.) e questo altro dalle -annotazioni marginali alla somma del Sacconi riportate dal D'Argentré, -I, 50: quod non licet corporalem iustitiam facere, vale a dire che per -le opinioni religiose non si debbano applicare pene corporali, bensì -spirituali quali l'ammonizione o la scomunica. Ma parmi più probabile -la correzione da me proposta. - -[222] _Historia Albingensium_, cap. 2, longe minus perversi .... in -multis cum nobiscum conveniebant .... in quatuor consistebat error -eorum: in portandis sandalis .... nulla ratione iurandum vel occidendum -.... quemlibet eorum abque ordinibus posse conficere corpus Christi. - -[223] _Tractatus de inquisitione haereticorum_, ed. PREGER, p. 25: -Postulantes autem a Domino papa Innocentio III hanc vivendi formam -auctoritate sua sibi ut sequacibus confirmari, adhuc recognoscentes -primatum apud ipsum residere apostolicae potestatis. - -[224] MONETA, pag. 390, arbor ex fructibus cognoscitur ut habetur -(Matth. 7, v. 7), fructus autem Romanae ecclesiae malus est, ergo -romana Ecclesia mala est. Questa citazione non solo è comune ai Catari -e Valdesi, ma anche ai Cattolici che volevano separato il temporale -dallo spirituale. Valgan per tutti le terzine di Dante: - - Soleva Roma, che il buon mondo feo - Due Soli aver, che l'una e l'altra strada - Facean vedere, e del mondo e di Deo. - L'un l'altro ha spento: ed è giunta la spada - Col pastorale; e l'uno e l'altro insieme - Per viva forza mal convien che vada; - Perocchè, giunti, l'un l'altro non teme, - Se non mi credi, pon mente alla spiga, - Ch'ogni erba si conosce per lo seme. - (_Purg._, XVI, 106-114). - -[225] Ecclesia dei non occidebat (MONETA, 394). Et homicidas deputant -et perditos qui praedicant pugnandum contra Saracenos vel Albigenses. -(STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 88 b). - -[226] STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 87 a: Pauperes de Lugduno, -quia ibi inceperunt in professionem paupertatis. - -[227] L'Anonimo di Passau in D'ARGENTRÉ, I, 93: Quod Clerici et -Claustrales non debeant praebendas habere .... quod Episcopi et abbates -non debeant iura regalia habere. STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, -I, 89. Quod nostri clerici et sacerdotes qui habent divitias et -possessiones sunt filii Diaboli et perditionis. DAVIDE ed. Preger, -pag. 34: Papa et episcopi nostri et clerici qui divicias seculi -habent et sanctitatem apostolorum non imitantur, non sint ecclesiae -gubernatores, nec talibus dignetur Christus dilectam sponsam suam -ecclesiam committere, qui eam potius prostituant malis exemplis et -malis operibus, quam virginem castam Christo exhibeant, custodiendo eam -in illa puritate quam accepit ab ipso. - -[228] BONACURSUS in D'ACHERY, _Spicileg._, I, 209, riferisce che i -Catari beatum Sylvestrum dicunt antichristum fuisse .... a tempore -illius dicunt Ecclesiam esse perditam. Secondo il Sacconi, _Summa_, -pag. 55 b, i poveri di Lione dicono: quod Ecclesia romana non est -Ecclesia Christi; i poveri lombardi aggiungono: Ecclesia Christi -permansit in episcopis et aliis praelatis usque ad b. Silvestrum et -in eo defuit quousque ipsi eam restaurarunt, tamen dicunt quod semper -fuerint aliqui, qui Deum timebunt, et salvabuntur. - -[229] MONETA, pag. 397. Ad detestationem etiam Romanae ecclesiae -induxit haereticus illud (_Apoc._, 17, v. 3), ubi Johannes dicit se -vidisse mulierem sedentem super bestiam coccineam .... Et in fine -eiusdem «et mulier quam vidisti est civitas magna, quae habet regnum -super reges terrae» non est dubium quod Romana Ecclesia tunc dominium -habebat super reges terrae. STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 89, -dicunt Ecclesiam Romanam Babylon meretricem de qua dicitur XVII _Apoc._ -Questa interpretazione allegorica della Apocalissi fu accolta non pure -dai Valdesi, ma benanco dai cattolici Ghibellini. - - Di voi, Pastor, s'accorse il Vangelista - Quando Colei, che siede sovra l'acque, - Puttaneggiar coi Regi a lui fu vista: - Quella che con le sette teste nacque, - E dalle diece corna ebbe argomento, - Fin che virtute al suo marito piacque. - (DANTE, _Inf._, XIX, 106-111). - -[230] ABBAS FONTIS CALIDI, cap. 7º, in GRETSER, XII, II, pag. 213: -Haeretici vero nec domum Dei nec domum orationis vocant, nec in ea -cum electis orare curant, sed malunt in domibus suis quam in domo -Dei orare. Quare ergo impii haeretici jactant se servare evangelium -et sequi apostolos, cum non in templo orent sed in thalamo, nec ibi -doceant sed in foro et quidam clam in domu; pag. 221: Et inquiunt: si -excelsus non habitat in manu factis, non habitat in ecclesiis factis -manu hominum. Si autem ibi non habitat cur iremus illuc ad orandum? Non -dicevano diversamente i Catari nel Concilio di Arras del 1028 (MANSI, -XIX, col. 437) nihilque sanctum ex ea lapidea materia trahere in se -contenditis, et ideo nihil differre quin in domiciliis et privatis -mansionibus vestris orationes factae tantum valeant, quantum et in -templo Sancto Dei. Riportammo già a pag. 87, n. 2, le testimonianze di -Ebrardo ed Ermengardo. - -[231] STEF. DI BORB. in D'ARGENT., I, 87 a: quae cum saepe legeret et -corde tenus firmaret .... evangelium et ea quae corde retinuerat .... -Vedi sopra pag. 9, n. 3. - -[232] BONACURSUS in D'ARGENTRÉ, I, 64.... quod mosaica lex sit ad -literam observanda et quod Sabbatum et Circuncisio et aliae legales -observantiae adhuc habere statum debeant. Dicunt etiam quod Christus -filius Dei non sit aequalis Patri, quod Pater et Filius et Spiritus -Sanctus istae tres personae non sint unus Deus. Questi eretici che il -Bonacorso chiama Pasagii [secondo Ducange santissimi πασάγιος, secondo -Füslin, Jas e Schmidt, II, 294 vagabondi .... viaggiatori] vengono -detti _Circumcisi_ nella legge di Federico II. - -[233] Totam Ecclesiam iudicant et condemnant .... novi Testamenti ac -Prophetarum testimonio (loc. cit.). - -[234] Lettera a S. Bernardo, nelle _Opere_ di quest'ultimo, ediz. -Mabillon, I, 1488. - -[235] STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 86 a. - -[236] Ivi, 86 b. Stefano racconta che un eretico capitato a Joinville -di ritorno dalla Lombardia, dove era rimasto 18 anni, gli disse non -esservi colà meno di 17 confessioni eterodosse. Lo stesso autore, -oltre a quelli che conosciamo (Arnaldistae, Speronistae, Leonistae, -Cathari, Pathareni, Manichaei sive Burgari, a suis inventoribus sic -dicti), enumera: 1. Pauperes de Lugduno, qui dicuntur Waldenses.... -damnant omnes terrena possidentes. 2. Pauperes de Lombardia, qui -possessiones recipiebant. 3. Tortolani qui semel in anno et in coena -solum posse confici a Magistro eorum solo perfecto, qui tortellum -faciunt, de quo ab eo comunicantur. 4. Alii dicunt omnes bonos viros -sacerdotes non mulieres. 5. Alii non distinguunt in sexu. 6. Alii qui -communiati dicebantur, quia communia omnia dicunt esse debere. 7. Alii -rebaptizati, qui rebaptizandos ab Ecclesia esse dicunt. - -[237] I Catari, come dice il Sacconi, _Summa_, 48 b, sostenevano quod -peccaret gravius, quicumque ex iis occideret sponte avem aliquam, -a minima avicula usque ad maximam, et quadrupedia a mastella usque -ad elephantem. E per conseguenza l'omicidio non può avere nessuna -giustificazione (vedi più sopra, p. 89, n. 1). Senza ammettere le -premesse i Valdesi accettano le conseguenze. Dalle annotazioni che -hanno per titolo: Isti sunt errores Valdensium sive Insabbatorum -(D'ARG., I, 57) tolgo questo passo del paragrafo 26: omnem iustitiam -mortis esse illicitam et iudicium similiter. STEF. DI BORBONE -in D'ARG., I, 88: peccant omnes iudicium vel iustitiam sanguinis -exequentes. DAVIDE D'AUSBURGO in PREGER, pag. 37. Non debere quemquam -occidere. PIETRO DI VAUXCERNAY in D'ARG., I, 93: nulla ratione -occidendum. - -[238] _Summa_ (D'ARGENTRÉ, I, 56): In hoc concordant Pauperes de -Lugduno cum Pauperibus Lombardis.... quod non est salus aliquo modo -iurando. STEFANO DI BORBONE (D'ARGENTRÉ, I, 87) dicunt enim omne -mendacium esse mortale peccatum, et iuramentum similiter. ALANUS, lib. -2, cap. 18 e 19. Nullo modo est iurandum. PETRUS VALLIUM CERNAJ, cap. -2, nulla ratione iurandum. - -[239] STEFANO DI BORB., pag. 876: Dicunt enim omne mendacium esse -mortale peccatum et juramentum similiter. - -[240] L'anonimo annotatore del SACCONI, in D'ARG., I, 56 a, riferisce: -Non est peccatum, si homo acciperet sororem suam vel consanguineam in -uxorem. - -[241] STEFANO DI BORBONE (D'ARG., I, 89). Quod uxor potest a viro -recedere, eo invito et converso et sequi eorum societatem et viam -continentiae. DAVIDE, pag. 30 ed. Preger. Coniuges si quas ante -habuerunt relinquunt. - -[242] D'ARG., I, 94. Sacramentum coniugii damnant, dicentes mortaliter -peccare coniuges, si absque spe prolis conveniant. - -[243] Omnem coniugium vocant fornicationem, praeter quod contrahitur -inter utrosque virgines masculum et foeminam (S. BERN., _Opp._, ed. -Mabillon, I, 1489). Che del resto anche i Catari propriamente detti -talvolta interpretassero il divieto del matrimonio come proibizione -soltanto o delle seconde nozze, o della convivenza, lo dice -espressamente Ecberto, in un passo già riportato, e che mi piace di -ripetere: Veniam et ad illud quod mussitant quidam vestrum, videlicet -seguaces Hartuvini, quod illum coniugium solum iustum est, in quo -virgines coniunguntur, et quod unam tantum prolem gignere debent, et -postea statim ab invicem discedere, nec unquam deinceps ad coniugalem -thorum convenire. In questo passo sorprendiamo sarei per dire nel fatto -la trasformazione dei Catari in Valdesi. - -[244] Nel trattato di Davide, ed. Preger, pag. 26. Dicunt se -apostolorum successores et habere apostolicam auctoritatem et claves -ligandi et solvendi. Vedi anche BONACCURSUS in MARTÈNE, V, 1775. - -[245] _Summa_, pag. 55 b, semper fuerunt aliqui qui timebant Deum et -Salvatorem. - -[246] Solo le fonti molto tardive come il pseudo Pilichidorf e Claudio -di Seyssel parlano di un Leone socio di Silvestro. - -[247] COMBA, _Storia della Riforma in Italia_, Firenze 1881, pag. 234 e -segg. - -[248] Prima del Dieckhoff il Maitland avea avuto qualche sentore delle -frodi del Perrin, il primo manipolatore degli scritti valdesi. COMBA, -op. cit., pag. 270. - -[249] MELIA, _The origin, persecutions and doctrines of the Waldenses_. -London, 1870, pag. 53-55. COMBA, op. cit., pag. 271, 550. - -[250] Sarà benissimo che il Dieckhoff sia caduto in esagerazioni come -dice il prof. Comba, op. cit., pag. 270, nota 6; ma se anche dovessero -tenersi per meno giovani, le opere valdesi, hanno senza dubbio -un'antichità assai minore delle fonti cattoliche. - -[251] MUSTON, _Aperçu de l'antiquité des Vaudois des Alpes_, Pignerol -1881. L'antica opera del Muston, _Israel des Alpes_, fu ristampata nel -1880. - -[252] _Rivista Cristiana_, Firenze, Marzo 1882, pag. 97 e segg. - -[253] MONASTIER, _Histoire de l'Église vaudoise_, pag. 21. - -[254] HAHN, _Geschichte der Ketzer im Mittelalter_, I, pag. 52. - -[255] V. REUTER, _Geschichte der religiösen Aufklärung im Mittelalter_, -I, 20 e segg. Er scheint ein biblischer Reformator und ein kritischer -Aufklärer zugleich gewesen zu sein. Il Reuter crede anzi che abbia -giovato più nell'ultimo senso che nel primo (pag. 24), il che l'Herzog -non ammette (_Kirchengeschichte_, II, 118). - -[256] Nato sotto Carlo Magno e morto l'841. Percorse rapidamente la sua -carriera ecclesiastica. Divenuto arcivescovo di Lione dovè mescolarsi -nella lotta tra l'imperatore Ludovico e i suoi figliuoli in favore -dei quali scrisse il libro intitolato: _Liber apologeticus, pro filiis -Ludovici Pii Imperatoris adversus patrem_. (HAHN, op. cit., II, 33). - -[257] REUTER, op. cit., I, 32-41. - -[258] Sono due le fonti principali intorno a Tanchelino: 1. _Epistola -Trajectensis Ecclesiae ad Fridericum Archiepiscopum Coloniensem_; -2. _Vita S. Norberti_ di un anonimo. Nella prima è detto: Contra has -sententias (cioè dona Dei pervenire ad eos, qui cum fide accipiunt, -etiam talis est per quem accipiunt qualis Juda fuit) ille declamans, -dehortabatur populum a perceptione sacramenti, prohibens etiam decimas -ministris Ecclesiae exhiberi (D'ARGENTRÉ, II, 11). - -[259] Ex meritis et sanctitate ministrorum virtutem sacramentis -accedere (loc. cit.). - -[260] Su questo fatto torneremo a suo luogo. La lettera di Gregorio VII -è _ad Jusfredum episcopum parisiacensem_ dell'anno 1077 (lib. IV, ep. -20). - -[261] Ex vita S. Norberti in D'ARG., I, 10: Sacramentum Dei inimicus -.... obsequium episcoporum et sacerdotum nihil esse diceret, -et sacrosancti corporis et sanguinis Domini nostri Jesu Christi -perceptionem ad salutem perpetuam denegaret. Concorda con queste -notizie un'antica cronaca. Sacri ordinis ministros et episcopalem ac -sacerdotalem gradum nihil esse dicebat corporis et sanguinis Christi -perceptionem sumentibus ad salutem prodesse negabat.... sed nec post -ejus mortem error ipsius tam facile extirpari possit. Continuazione -alla cronaca di Sigeberto, PERTZ, _M. G. Script._, VI, 449. D'ARG., I, -15. - -[262] Epist. in D'ARG., I, 12 .... Ut etiam se Deum diceret .... quin -plenitudinem Spiritus Sancti habuisset .... balnei sui aquam potandam -dividerei .... manumque imaginis manu contingens, S. Mariam sibi -desponsavit. - -[263] Il Mayer negli _Annali di Fiandra_ sulla fede di un antico -manoscritto sta pel 1125 (D'ARG., I, 13). Un'altra cronaca in PERTZ, -_M. G. Script._, VI, 459, adduce il 1115. - -[264] Anno 1110 Petrus de Bruis impiae sectae in arelatensi Provincia -dux fuit .... Primum capitulum negat parvulos .... Christi baptismate -salvari posse .... non aliena fides sed propria salvat .... secundum -templorum fabricam fieri non debet, quoniam aeque in taberna .... -invocatus Deus audit. Tertium cruces sacras confringi praecipit. -Quartum capitulum ..... veritatem corporis et sanguinis Domini negat -.... Quintum capitulum: sacrificia orationes, eleymosinas et reliqua -bona pro defunctis (D'ARGENTRÉ, I, 14). - -[265] Par che corresse differenza tra la dottrina di Pietro e quella -di Enrico, a quel che scrive l'abate Cluniacense: sed post regum Petri -de Bruis, haeres nequitiae ejus Heinricus .... doctrinam diabolicam non -quidem emendavit sed immutavit. - -[266] Canone XI del concilio lateranense 1179 sotto Alessandro III: -Clerici, qui in sacris ordinibus constituti muljerculas suas indomibus -suis incontinenti nota tenuerint, aut abjiciant eas et continenter -vivant, aut ab officio et beneficio ecclesiastico fiant alieni. (MANSI, -XXII, 224). - -[267] Da un vecchio codice pubblicato dal Mabillon, _Analect._ III, -512. Verumtamen mirum in modum facundus erat .... Qua haeresi plebes -in clerum versa est in furorem, adeo quod famulis eorum minarentur -cruciatus .... Denique idem Hildebertus modis omnibus procuravit -qualiter furorem plebis ratione pariter et humilitate mitigaret, quam -Henricus contra clerum seditiose concitaverat. - -[268] A Diocesi Cenomannorum expulsus fuerat ad Pictavos adiit, tum -Petragoras, Burdigalam et Tholosam. Cum autem numerus haereticorum in -dies ibi cresceret, Eugenius papa III Albericum S. R. E. cardinalem -delegavit in Tolosanam illam provinciam adversus haereticos, sive -Henrici sectarios, sive Manicheos et Arrianos. Socium autem laboris -Bernardum (D'ARGENTRÉ, I, 16). - -[269] S. BERNARDO, Lettera 241 _ad Hildefunsum Comitem Sancti Aegidii_: -Homo apostata est, qui relicto religionis habitu ad spurcitias -carnis et saeculi, tamquam canis ad suum vomitum est reversus .... -vangelizabat ut manducaret .... cura meretricibus inventus est -praedicator insignis. - -[270] Prae confusione habitare inter cognatos et notos non sustinens -.... factus gyrovagus et profugus. - -[271] Basilicae sine plebibus, plebes sine sacerdotibus, sacerdotes -sine debita reverentia sunt. - -[272] Idem namque mirae sanctitatis et scientiae rumore non merito. -(D'ARGENTRÉ, I, 16). - -[273] Lo stesso S. BERNARDO, _Serm._ 65, pag. 1492. Tam quod ad vitam -moresque spectat, neminem circumvenit, neminem supergreditur, neminem -concutit. Pallent infusa per ora jejuniis, panem non comedit otiosus, -operatur manibus unde vitam sustentat. - -[274] Vedi un discorso degli eretici nella lettera di Evervino preposto -di Steinfeld presso Colonia a S. Bernardo (S. BER., _Opp._, pag. 1489). -Nos pauperes Christi, instabiles, de civitate in civitatem fugientes -.... nos hoc sustinemus, quia de mundo non sumus: vos autem mundi -amatores, cum mundo pacem habetis, quia de mundo estis. - -[275] Possiamo addurre la preziosa testimonianza dello stesso Evervino, -il quale dopo aver detto che gli eretici tormentum ignis non solum cum -patientia sed etiam cum laetitia introierunt, et sustinuerunt dimanda -ingenuamente: unde istis diaboli membris tanta fortitudo, quanta vix -etiam invenitur in valde religiosis in fide Christi. Alla qual dimanda -S. Bernardo risponde non doversi far poco conto della potenza che -esercita il demonio non solo sui corpi, ma anche sui cuori delle sue -creature; quanta sit potestas diaboli non modo in corpora hominum, -sed etiam in corda, quae semel permissus possederit. E bisogna ben -guardarsi dal paragonare la costanza dei martiri colla pertinacia -di costoro; quia mortis contemptum in illis pietas, in istis cordis -duritia operatur. Distinzione molto comoda, ripetuta ai nostri giorni -dal Cantù (_Gli eretici in Italia_, pag. 88). «Ma la colpa onde più -concordemente sono rinfacciati i Paterini è l'ostinazione. Fra strazi -i e tormenti, al cospetto di morte obbrobriosa, non che convertirsi -più s'induravano, protestavansi innocenti spiravano cantando lodi -al Signore. In Lombardia serbarono memoria d'una fanciulla di cui -la bellezza e l'età mettevano in tutti compassione e desiderio di -salvarla. Perciò vollero assistesse, mentre padre, madre, fratelli -venivano consunti dalle fiamme, sperando si sarebbe pel terrore -convertita; ma no: poi che ebbe durato alquanto lo spettacolo si -svincola dalle braccia dei suoi manigoldi, e corre a precipitarsi nelle -fiamme e confondere l'ultimo suo coll'anelito dei parenti». Questo pel -Cantù non è eroismo, è colpa di ostinazione! - -[276] Pag. 1489. Sunt item alii haeretici quidam in terra nostra ab -istis discordantes per quorum mutuam discordiam et contentionem utrique -nobis sunt detecti. - -[277] Il vero nome del novatore lionese è Waldez secondo il -_Rescriptum heresiarcharum Lombardiae ad pauperes de Lugduno quae -sunt in Alamania_, pubblicato dal PREGER, _Beiträge zur Geschichte der -Valdesier im Mittelalter_, 1875, pag. 18. - -[278] ANONIMO DI PASSAU in D'ARGENTRÉ, I, 92. Dum cives maiores pariter -essent in Lugduno, contigit quodam ex eis mori subito coram eis. Unde -quidam inter eos tantum fuit territus quod statim magnum thesaurum -pauperibus erogavit. - -[279] _Chron. laud._, in BOUQUET, XIII, 680. Fuit enim locus -narrationis eius (ioculatoris) qualiter beautus Alexis in domo patris -sui beato quievit. Facto mane .... quaesivit a magistro quae via -aliis omnibus certior esset atque perfectior. Cui magister dominicam -sententiam proposuit: si vis esse perfectus, vade et vende omnia quae -habes. - -[280] _Chron. laud._, qui per iniquitatem foenoris multas sibi pecunias -coacervaverat. - -[281] O civis et amici mei! non enim insanio, sicut vos putatis, sed -ultus sum de hostibus meis qui me fecerunt sibi servum, ut semper plus -essem sollicitus de nummo quam de Deo. (_Chron. laud._, loc. cit.). - -[282] A quodam cive quondam socio petiit dari sibi ad manducandum pro -Deo (loc. cit.). - -[283] Il DIECKHOFF, _Die Waldenser im Mittelalter_, Gottinga 1851, -crede che la vera novità della setta valdese per cui si distingue da -tutte le altre affini è la libera predicazione, che ciascuno benchè -laico e senza licenza dell'autorità ecclesiastica può intraprendere. -Lucio III nel suo decreto contro gli eretici rimprovera la predicazione -dei Valdesi, prohibiti vel non missi. Alano apre la discussione -contro i Valdesi sulla tesi: nullus debeat praedicare nisi sit a -majore Praelato missus. Il che vuol dire che questo ei considera -come l'errore fondamentale dei Valdesi. Contro il Dieckhoff l'Herzog, -_Die romanischen Waldenser_, Halle, 1853, p. 117, osserva che non è -verosimile, nè alcuna fonte ci dice essere stato questo del predicare -il primo impulso dell'intrapresa del Valdez. Ed io aggiungo che prima -di mettersi nella predicazione bisognava che Valdez fosse già in -possesso della verità da predicare o della vera via di salute. Ma se -non possiamo accettare l'interpetrazione del Dieckhoff, neanche quella -dell'Herzog ci par felice; perchè sebbene sin dal principio della sua -carriera apostolica il Waldez avesse avidamente cercato d'istruirsi -nella Bibbia, come racconta Stefano di Borbone, pure non si può dire -che questo ritorno alle fonti bibliche sia il principio del movimento -valdese (pag. 118). È molto più verisimile, e le fonti concordemente -ce lo attestano, che il movimento del Waldez ebbe al principio un -carattere più pratico e meno dottrinale. La vita fastosa rimprovera -il Waldez a preti e laici, non l'obblio della Bibbia. Il nome che i -Valdesi stessi si davano indica chiaramente quello che essi ponevano al -di sopra di tutto, come l'unico mezzo della salute. E codesto nome non -è: fratelli, vuoi predicatori, vuoi biblici; ma invece poveri di Lione, -umiliati. Il primo documento che parla di loro, il decreto del 1183 di -Lucio III, ce li presenta come eos qui se Humiliatos vel Pauperes de -Lugduno falso nomine mentiuntur. - -[284] _Chron. Usperg._, pag. 243: olim duae sectae in Italia exortae, -quorum alii Humiliatos, alii Pauperes de Lugduno se nominabant. Il -Tron, _Pierre Valdo Pignerol_, 1879, appoggiandosi a Reinero e a -Stefano di Borbone che dice: Vocant se pauperes spirito, crede che -la povertà si debba intendere in un senso molto largo. L'amour de -l'argent, ce ver qui range le pauvre aussi bien que le riche, tel est -donc le mal que les amis de la pauvreté spirituelle et volontaire -eussent voulu extirper de leur coeur (pag. 51). Ma le fonti, a cui -attinge il Tron, sono molto tardive. Le più antiche e schiette, parlano -della povertà nel vero senso della parola. E la cronaca laudunense -racconta che la moglie di Valdo, saputo come il marito accattasse la -vita da un amico, non mediocriter contristata sed velut amens effecto -ad Archiepiscopum urbis cucurrit.... Tum ex praecepto Praesulis -Burgensis hospitem suum secum ad praesentiam Praesulis duxit. At mulier -arripiens virum suum per pannos, ait: Numquid non melius est, o homo, -ut ego in te peccata mea eleemosynis redimam, quam extranei. Et extunc -non licuit ei ex praecepto archiepiscopi in ipsa urbe cum aliis cibum -sumere quam cum uxore (loc. cit.). A questa testimonianza aggiungiamo -l'altra di Alano, pag. 225: Dicunt etiam praedicti haeretici quod nullo -modo propriis manibus laborare debent, sed ab illis quibus praedicant -recipere necessaria. - -[285] Valdesium amplexatus est Papa approbans votum quod fecerat -voluntariae paupertatis (loc. cit.). - -[286] STEF. DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, loc. cit. Evangelia et ea quae -corde retinuerat per vicos et plateas praedicando multos homines et -mulieres ad idem faciendum ad se convocando firmans eis Evangelia. - -[287] Incoepit illa secta per hunc modum secundum quod ego accepi a -pluribus qui priores eorum viderunt, et a Sacerdote illo.... qui dictus -fuit Bernardus Ydros, qui cum esset iuvenis scripsit dicto Valdensi -priores libros pro pecunia in Romano, quos ipsi habuerunt, transferente -et dictanti ei Stephano de Ansa. (STEF., loc. cit.). - -[288] _Cronaca laudunense_, loc. cit. anno Domini 1178 [leggi 1179]. -Concilium lateranense a Papa Alexandro huius nominis tertio celebratur -.... Valdesium amplexatus est Papa, approbans votum quod fecerat -voluntariae paupertatis, inhibens eidem ne vel ipse aut socii sui -praedicationis officium praesumerent nisi rogantibus sacerdotibus. Che -i Valdesi si fossero presentati ad Alessandro III ci viene attestato da -Gualtiero Mapes, _De Nugis curialium_, pubblicato dal Wright, London -1850. Non avendo potuto avere questa stampa, riferisco dall'Usser: -_Gravissimae quaestionis de Christianarum Ecclesiarum successione -et statu Historica explicatio_ (Hanoviae 1658, pag. 168). Vidimus in -concilio Romano, sub Alexandro Papa III celebrato, Valdesios, homines -idiotas illiteratos .... qui librum Domino Papae presentaverunt lingua -conscriptum gallica, in quo textus et Glossa Psalterii plurimorumque -legis utriusque librorum continebatur. Hi multa petebant instantia, -praedicationis authoritatem sibi confirmari. L'accordo colla cronaca -laudunense mostra erronea la correzione, voluta da qualcuno, di -Alessandro III con Innocenzo III. - -[289] STEF. DI BORB., loc. cit. Cum autem ex temeritate sua et -ignorantia multus errores scandala circumquaque diffunderunt, vocati -ab episcopo Lugdunensi, qui Ioannes vocabatur, prohibuit eis ne -intromitterent se de scripturis exponendis vel praedicandis. Non -possiamo ammettere che questo divieto sia posteriore a quello di -Alessandro III, perchè Stefano ce lo presenta non come esecuzione -degli ordini di Roma, ma quale misura presa spontaneamente dal vescovo. -Inoltre dal racconto di Stefano la proibizione del concilio del 1179 -parrebbe posteriore a quella del vescovo locale. Post expulsi ab -illa terra, ad concilium quod fecit Romae ante Lateranense vocati et -pertinaces, fuerunt schismatici postea iudicati. - -[290] Magister eorum usurpans Petri officium, sicut ipse respondit -principibus sacerdotum, ait: obedire oportet magis Deo quam hominibus -(STEF. DI B., loc. cit.). - -[291] Omnes qui vel prohibiti, vel non missi, praeter authoritatem -ab apostolica sede vel episcopo loci susceptam, publice vel private -praedicare praesumpserint .... pari vinculo perpetui anathematis -innodamus (MANSI, XXII, 477). - -[292] Per l'appello ad Innocenzo ci sono due testimonianze, l'una -di Davide d'Asburgo (Ivoneto), l'altra della cronaca urspergense. Il -primo scrive: apud Lugdunum fuerunt quidam simplices layci, qui quodam -spiritu inflammati et supra ceteros de se presumentes iactabant, -se omnino vivere secundum evangelii doctrinam, et illam ad literam -perfecte servare, postulantes a domino Papa Innocentio hanc vivendi -formam sibi et suis seguacibus confirmari, adhunc recognoscentes -primatum apud ipsum residere apostolicae potestatis. (Vedi PREGER, -pag. 25). — La cronaca urspergense all'anno 1212: Vidimus tunc temporis -aliquos de numero eorum, qui dicebantur Pauperes de Lugduno apud sedem -apostolicam cum magistero suo quodam ut puto Bernhardo, et hi petebant -sectam suam a sede apostolica confirmare. Essendo dunque attestati -da molte fonti tanto l'appello ad Alessandro III, quanto l'altro ad -Innocenzo III, bisognerà ammettere col D'Argentré che si tratti di due -appelli differenti, non di uno scambio di nomi. - -[293] INNOCENZO III, _Epistolae_, Lib. XI, ep. 196. Vedi GIESELER, -_Lehrbuch_, II, 2, 632. - -[294] _Chr. Ursp._, l. c. Dominus Papa in loco eorum exsurgentes -quosdam alios, qui se appellabant Pauperes minores confirmavit qui -praedicta superstitiosa et probrosa respuebant .... maluerunt appellari -Minores Fratres quam Minores Pauperes. - -[295] DIEKHOFF, _Die Waldenser im Mittelalter_, Göttingen, 1851, pag. -155-58. - -[296] STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 87, ben conosce questi -periodi successivi. Hii ergo, Valdenses videlicet et sui, primo -ex praesuntione et officii apostolici usurpatione ceciderunt in -inobedientiam, demum in contumaciam, demum in excommunicationis -sententiam .... Postea in Provinciae terra et Lombardiae cum aliis -haereticis se admiscentes, et errorem eorum bibentes et serentes, -haeretici sunt judicati infestissimi et periculosissimi. - -[297] L'abate di Foncaldo, verso il 1209, aveva tuttora speranza di -richiamare i Valdesiani nel grembo della Chiesa: _Adversus Valdenses_, -in GRETSER, XII, 2, pag. 207: cui pauca de multis collegimus -ad ostendendum quanta sit episcoporum ac sacerdotum dignitas ac -auctoritas, quo cognito qui hactenus eis ribelles fuerunt, humiliter -eisdem obtemperent. - -[298] FONCALDO, in GRETSER, pag. 203: Ab omni, qui scit verbum dei in -populis seminare, praedicandum esse. Quoniam Jacobus dicit «scienti -bonum facere et non facienti peccatum est illi». Quare autem si scimus -evangelizare et cepimus graviter peccamus? - -[299] FONCALDO, in GRETSER, pag. 204: Moyses non invidit -prophetantibus, imo desideravit, ut omnis populus prophetaret. -Clericorum autem ordo obsistit nobis, et invidet prophetantibus id est -exponentibus mysteria Dei. - -[300] FONCALDO, pag. 205. Ad hoc dicunt quod multi laici verbum Dei -in populo fideli disseminaverunt sicut fecit B. Honoratus et sanctus -Equitius .... Denique et primi apostoli idiotae et sine literis -fuerunt. Et isti omnes, licet Laici, verbum Dei praedicaverunt. - -[301] DAVIDE D'AUSBURGO, ediz. Preger, pag. 26. Illi (Valdenses) autem -contempserunt in hoc claves ecclesie, dicentes clericos hoc facere -per invidiam quia viderent eos meliores se esse et melius docere et -maiorem ex hoc populi favorem habere, cum pro bono et perfecto opere -nullus debeat vel possit excomunicari .... Et illam excomunicationem -reputabant sibi esse aeternam benedictionem, gloriantes se apostolorum -successores esse, quod sicut illi pro doctrina evangelii a scribis et -phariseis extra synagogam eiecti maledictioni eorum et persecutioni -subiacebunt, ita et ipsi a clericis similia paterentur. - -[302] ALANUS, _adversus haereticos_, pag. 1881. Isti Valdenses asserunt -neminem debere obedire alicui nisi Deo freti auctoritate quae est in -actis apostolorum. FONCALDO, pag. 209, sed inquiunt: obedimus Deo non -hominibus, sequens Petrum qui dixit: obedire oportet Deo magis quam -hominibus. - -[303] FONCALDO, p. 198. In primis igitur arguuntur de inobedientia, -quia scilicet non obediunt ecclesiae Romanae. - -[304] ALANO, pag. 184. Laico autem praedicare periculosum quia non -intelligitur quod dicit nec scripturas intelligit. FONCALDO, pag. -199: Ex quibus aperte datur intelligi quod nullus praesumere debet -docere aliquam viam perfectionis nisi sit in civitate id est in sancta -ecclesia, et Christi sit discipulus. Pag. 207: Ex his omnibus videtur -nec Clerico nec Laico cujus habitatio ignoratur (imo etiamsi sciatur -ubi habitet) esse licitum vineam id est plebem et gregem alienum -excolere sine licentia Episcopi vel Presbyteri ad cujus curam spectat. - -[305] Pag. 202: Praedicant omnes passim, et sine delectu conditionis, -aetatis vel sexus. - -[306] FONCALDO, pag. 113. Foeminas quas suo consortio admittunt, decere -permittunt, cum hoc sit apostolicae doctrinae contrarium. — Pag. 114: -sed dicunt inimici veritatis mulieres debere docere eo quod apostolus -dicat ad Titum: .... non criminatrices non multo vino servientes, -bene docentes. — Item hunc errorem confirmare scituntur exemplo Armae -propheticae, Luc. 2. - -[307] ALANO, pag. 191: Magis operatur meritum ad consacrandum .... quam -ordo vel officium. Per l'opposto il cattolico deve sostenere secondo -il Foncaldo pag. 200: Spiritus sanctus plerumque potius dignitatem -sacerdotis pensat quam meritum. - -[308] ALANO, pag. 186. Forte dicunt quidam haeretici quod bonis -Praelatis obediendum, et his qui apostolorum vicarii sunt vita et -officio. Tutto al contrario la dottrina cattolica è questa (pag. 183): -Obediendum esse dominis suis, non solum modestis sed etiam discolis. -Lo stesso ripete Foncaldo (pag. 200): Sacerdotibus etiam peccatoribus -peccatores nequitias suas confiteri debent. - -[309] Per mostrare l'accordo delle fonti in questo punto e la -continuità della dottrina dall'origine sino all'ultimo periodo della -Chiesa valdese, cito STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 89. Item -dicunt nullam esse sanctitatem nisi in bono nomine vel muliere; -ed il MONETA, pag. 408: Audacia Valdensium, qui ab ecclesia romana -propter quorundam vitia exire praesumpserunt .... si enim Scribis et -Pharisaeis, qui nequissimi fuerunt de lege Moysi obtemperandum fuit -propter officium et ordinem sacerdotis usque ad consummationem legis, -quanto magis sacerdotibus et praelatis obediendum est de lege Christi -licet mali sint. Riferiremo altrove un luogo di Davide, ediz. Preger, -pag. 27. - -[310] DIECKHOFF, op. cit., p. 178. Der waldensische Satz stützt ja die -Kräftigkeit und Wahrheit der geistlichen Amts und seiner Thätigkeiten -nicht auf den obiectiven Christus in der Gemeinde. Pag. 181: Das -evangelische Protestantismus steht auf Seiten des Alanus. - -[311] Il PREGER, _Beiträge zur Geschichte der Waldesier im -Mittelalter_, dubita a torto delle fonti cattoliche, perchè l'accordo -di queste fonti, che emanano da inquisitori ben diversi e per tempo e -per nazionalità è una prova inconfutabile della loro veridicità. - -[312] Illis solis potestas ligandi et solvendi data sit, qui doctrinam -simul et vitam apostoli servant. (ALANO, pag. 187). Cfr. DAVIDE, ediz. -Pregar, pag. 27: Dicunt etiam quod sacerdos peccator non possit aliquem -solvere et ligare, cum ipse sit ligatus peccato, et quod quilibet bonus -et sciens laicus possit alium absolvere et paenitenciam imponere. - -[313] ALANO, pag 196. Si vero ante confessionem, per contricionem -cordis, Deus per se ipsum sine ministerio sacerdotis ei debitum omnino -relaxat .... quid dimittit Sacerdos? - -[314] ALANO, pag. 193. Non est necesse hominem peccata sui confiteri -sacedotibus si praesto sit laicus, cui possit peccata confiteri. - -[315] STEFANO DI BORBONE, in D'ARGENTRÉ, I, 88: Derident indulgentias -Papae et absolutiones et Claves ecclesiae. - -[316] FONCALDO, pag. 114-15. Audent jam insani haeretici eis -quos seducunt dicere: defunctis nihil prodesse fidelibus vivorum -eleemosynas, jejunia, orationes, nec etiam missarum solemnia, seu -orationes pro eis factas. - -[317] FONCALDO, pag. 217: Sed ad hoc objiciunt inimici veritatis post -mortem hanc praedictas nulli prodesse. .... Ex his verbis liquet quod -post mortem tenebris poenarum involvitur qui in hac luce viam Dei -perambulare contempserit. - -[318] FONCALDO, pag. 217: Negant enim ignem purgationis. - -[319] Questo documento, pubblicato dal Preger nei _Beiträge_ già -citati, fu riprodotto presso di noi dal COMBA, _Storia della Riforma in -Italia_, pag. 541 e segg. - -[320] SACCONI, _Summa_, pag. 55. Pauperes Lombardi concordant cum -primis in juramento et justitia saeculari. De corpore vero Domini -sentiunt pejus quam primi, dicentes quod concessum est cuilibet homini, -sine peccato mortali existenti, consecrare illud. Item dicunt quod -Ecclesia Romana est Ecclesia malignantium, et bestia et meretrix quae -leguntur in Apocalypsi. - -[321] Anche il Tiraboschi, alla cui opera _Vetera Humiliatorum -monumenta_ (Med. 1766) il Preger ricorre, dice candidamente (I, 76): ea -fere omnia quae ad prima humiliatorum tempera pertinent incerta sunt. -La corporazione degli Umiliati era un ordine religioso, il quale è -fama che abbia ricevuto qualche regola da S. Bernardo, nè certo s'è mai -allontanato dalla Chiesa. E se ne togli l'obbligo del lavorare, che del -resto anche i Catari s'imponevano, non parmi che ci sia niente altro di -comune tra gli Umiliati ed i Poveri Lombardi. - -[322] Da questa frase adoperata dai Poveri Lombardi (§ 3): Controversia -quae inter nos et electos Valdesii socios jam diu versatur, si deve -riconoscere col Preger che i Poveri Lombardi non si sentivano compagni -o socii del Valdez. - -[323] § 15: Facta enim adhuc quadam super Valdesio et Viveto mortuis -questione respondimus: Valdesium et Vivetum si pro omnibus culpis -et offensionibus suis satisfecerint ante obitum posse salvari: quam -dicti ultramontani penitus respuentes ecc. Pare però che la disputa si -potesse comporre nella formola accettabile da ambe le parti: dicimus -Valdesium in dei paradyso esse. - -[324] § 6: Valdesium dixisse quod cum de omnibus aliis esset pax et -concordia inter eum et fratres italycos, nisi separarentur laborancium -congregationes. A ragione il Preger si serve di questo testo per -mostrare la grande autorità esercitata dal Valdez. - -[325] § 4: Valdesium dixisse videlicet se nolle aliquem in societate -ultramontanorum aut ytalicorum fratrem fore prepositum in vita sua nec -post mortem. Anche in questo punto si trovò modo d'intendersi: commune -nostrum .... eligat prepositos aeternaliter vel rectores ad tempus -secundum quod utilius communi videbitur vel amplius ad pacem pertinere. - -[326] Il Sacconi dice che i Poveri Lombardi sostenevano quod infantes -salvabuntur sine baptismo (_Summa_, pag. 55 b.). - -[327] Dalla formola adottata nella lettera (§ 8) parrebbe tutto -l'opposto di quel che pretende il Sacconi, perchè gli ultramontani par -che avessero bisogno di essere richiamati alla vera fede: hoc oramus -eos credere et fateri. La professione di fede suona così: nemo aquae -materialis baptismum respuens potest salvari. - -[328] § 9: Credimus legitimos conjugatos nisi ob fornicationis causam -aut utriusque consensu neminem debere separare. Cfr. STEFANO DI BORBONE -in D'ARG., I, 89. Item in matrimonio carnali dicunt quod uxor potest -a viro recedere eo invito, et e converso et sequi eorum societatem vel -viam continentiae. - -[329] § 16: Una est (sententia), ut quidam ex Valdesii sociis -proferunt, quod panis et vini substancia per solam verborum Dei -prolacionem vertitur in Christi corpus et sanguinem addentes: non -homini sed verbis Dei virtutem attribuimus. - -[330] § 17: Altera quorundam Valdesii sociorum sententia de panis -fraccioni haec est; nemo potest baptizare, qui Christi corpus non valet -conficere. - -[331] § 18: Dixerunt enim per neminem sive bonum sive malum, nisi per -eum qui est deus et homo, _i. e._ Christum, panis et vini visibilem in -corpus Christi et sanguinem transubstanciari substantiam, et hucusque -de hac tertia sacramenti hujus responsione nos et illi concordes -fuimus. De hoc autem quod addiderunt: _oracionem adulteri sive -malitiosi in hoc a domino exaudiri et recipi_, ab eis quia a veritatis -tramite deviat dissentimus. - -[332] § 16: Quisquis sive Judeus sive gentilis verba Dei super panem -et vinum proferens .... Christi corpus et sanguinem conficiet. Questa -opinione di alcuni oltramontani era così indeterminata, che poteva -servire a dimostrare le tesi più opposte, nè solo che il sacramento -amministrato dai cattolici fosse valido, ma valido altresì quello di -qualunque altro sappia dire le sacre parole. In questo ultimo senso -intende la dottrina degli oltramontani STEFANO DI BORBONE in D'ARG., I, -89: Illi autem (Valdenses) qui in aliquo videntur minus male sentire in -hoc errant, quia dicunt corpus Christi posse confici a quocumque bono -vel consecrari qui dicit verba ad hoc statuta, licet, non sit ab homine -ordinatus. - -[333] § 17: Interrogati etiam a nobis de pane fraccione confessi sunt -hoc sacramentum non per mulierem, non per laycum, sed per solum confici -sacerdotem. - -[334] § 20: Item quod dominus iniquorum ministracionem non recipiat, et -eorum oracionem non exaudiat. - -[335] § 22: Ecco la formola degli oltramontani: a sacerdote ab ecclesia -Romana ordinato, donec congregatio baptizatorum sustinet eum in -officio, sit justus vel iniustus, si acceperit panem et vinum et eum -benedixerit in commemoracionem corporis et sanguinis Dei, credimus quod -post benedicionem ab eo dictam corpus et sanguis fiat Dei. - -[336] Loc. cit. Hanc Valdesianorum confessionem, quam contra divina -testimonia faciunt, omnino respuimus. - -[337] § 18: Tamen si quis ad recipiendum hoc sacramentum dignus -accesserit credimus quod licet non per ministri indigni et reprobi -oracionem a domino impetrat quod exoptat, i. e. corpus domini ad sui -salutem juxta suum recipit desiderium (loc. cit.). - -[338] Loc. cit. Si Deus oracionem exaudierit, credimus panis et vini -substanciam post benedictionem esse Christi corpus et sanguinem, -alioquin minime quod ad se et per se .... ad se i. e. quantum ad -ministrantem reprobum etiam si ipse ratione presumpserit, per se i. e. -per ejus orationem si alicui alio tradere voluerit. - -[339] § 25: Cum essem parvulus loquebar ut parvulus. Quando autem -factus sum vir, evacuavi quae erunt parvuli .... Nec etiam licet -Valdesiani in hoc nos vellent cogere, volumus confiteri. Oportet enim -obedire Deo magis quam hominibus. Nec enim Paulus volentibus eum in -legis servitutem redigere, ut ipse testatur, ad horum subjectione -cessit. Questo luogo mi pare una chiara prova che gli ultramontani ai -quali s'indirizza la lettera dei Lombardi erano forse una frazione dei -Valdesi, rimasta ancora in moltissimi punti ligia alla Curia Romana. -Con nessun'altra ipotesi si potrebbe spiegare questa sollecitudine per -la confessione auricolare, che tra i sacramenti fu il primo ad essere -abbandonato, come ne fan fede le fonti più antiche, Alano e l'Abate di -Foncaldo. - -[340] Di queste due sentenze, la prima ci viene conservata da Alano, la -seconda da Stefano di Borbone. - -[341] _Beiträge zur Geschichte der Waldesier_, p. 22-23. - -[342] _Der Tractat des David von Ausburg_, München 1878, p. 15-16. - -[343] In D'ARGENTRÉ, I, 87. Et inveni per multas confessiones eorum in -jure tam perfectorum quam credentium.... Tamen aliqui eorum dicunt, ut -ab eis audivi, timore mortis esse eis, qui non sunt perfecti, licitum -mentire et jurare. - -[344] STEPHANUS, in D'ARGENTRÉ, I, 89. Quilibet bonus homo sit -Dei filius, sicut Christus eodem modo.... cum homo poenitens bonus -efficitur, tunc est ibi verus baptismus. - -[345] PREGER, op. cit., pag. 16: Natürlich konnte man nun nicht Alles, -was aufänglich für den Predigerverein galt, auch zur Vorschrift für die -Gemeinden machen. - -[346] Vedi più sopra, p. 195, n. 1, da riscontrarsi con DAVIDE, § -18, ediz. Preger, pag. 35: Olim desiniverant jurare omnino, sed quia -facilius per hoc deprehendebantur, caute dispensaverunt modo jurare pro -se vel alio a morte defendendo. - -[347] STEF. DI BORB., pag. 89: Nullam esse sanctitatem nisi in bono -homine vel muliere. - -[348] STEF., pag. 88: Sunt quidam qui non sunt ordinati a Deo vel ab -hominibus ut mali laici: alii ab hominibus ut mali sacerdotes nostri et -non a Deo: alii a Deo etsi non ab hominibus, ut boni laici, qui servant -mandata Dei, qui possunt ligare et solvere, et consecrare et ordinare, -si proferant verba Dei ad hoc statuta. - -[349] STEF., loc. cit. Item dicunt malos, qui sunt in peccato, -non posse ligare et solvere vel indulgentias dare, vel peccatorum -relaxationes, vel consecrare, vel aliquid tale facere, quod Deus -habeat ratum. — Riscontrate l'anonimo di Passau (Pseudo Rainero) -in D'ARG., I, 93. Item dicunt quod transsubstantiatio non fiat -in manu indigne conficientis sed in ore digni sumentis et confici -posse in mensa communi. DAVIDE, ediz. Preger, pag. 27: Hoc (cioè la -transustanziazione) autem quidam dicunt tantum per bonos fieri, alii -autem qui verba consecrationis sciunt. - -[350] STEF., p. 88: Vidi haereticam quae combusta fuit, quae super -arcam ad modum altaris parati consecrare se credebat et attentabat. - -[351] MONETA, pag. 403: Quidam dixerunt quod Valdesius ordinem -habuit ab universitate fratrum suorum. Eorum autem, qui hoc dixerunt, -principalis auctor fuit quidam haeresiarcha pauperum lombardorum Doctor -perversus Thomas. Hoc autem probare taliter visus est: Quilibet de illa -congregatione potuit dare Valdesio jus suum scilicet regere seipsum, et -sic tota congregatio illa potuit conferre et contulit Valdesio regimen -omnium, et sic creaverunt illum omnium Ponteficem et Praelatum. - -[352] MONETA, pag. 402: Ipsi ad minus triplicem confitentur (ordinem) -scilicet Episcopatum, Presbyteratum, et Diaconatum. - -[353] L'abbate di Foncaldo tra le altre obbiezioni contro alla libera -predicazione dei Valdesi move questa (pag. 208): Qui uxores habent aut -pondere terrenae solicitudinis opprimuntur ad disseminandum verbum Dei -idonei non sunt. - -[354] Riportammo altrove il passo: Uxor potest a viro recedere eo -invito (D'ARG., I, 89). - -[355] DAVIDE, ediz. Preger, pag. 27: Matrimonium dicunt esse -fornicationem juratam, nisi continenter vivant. Qualescumque alias -luxurie immundicias magis dicunt esse licitas quam copulam conjugalem. -Continenciam laudant, sed urente libidine concedunt ei satisfieri -quocumque modo turpi. Questo ultimo tratto è certo in contraddizione -col precedente, ed è poco credibile. Ma non per questo s'ha da revocare -in dubbio tutta la testimonianza, come fa il Preger, op. cit., pag. -18. Anche l'anonimo di Passau in D'ARG., I, 94, dice in un passo già -riportato: Sacramentum conjugii damnant, dicentes mortaliter peccare se -conjuges si absque spe prolis conveniant. - -[356] Abbiamo riportato sopra, pag. 198, n. 2, il passo dell'anonimo -di Passau et confici posse in mensa communi. DAVIDE in PREGER, pag. -27: Hoc etiam in conventiculis suis celebrant recitantes verba illa -evangelii in mensa sua et sibi mutuo partecipantes sicut in caena -Christi. _Liber inquis. tholos._, pag. 216: Item oravit cum Valdensibus -pluries ante prandium et post inclinatus super bancam secundum modum -et ritum ipsorum. Cfr. pag. 222-23; 229. Dobbiamo dunque ammettere -col Preger, che continuasse la celebrazione dell'Eucaristia; ma che -il rito fosse semplificato, e la funzione cattolica messa da banda lo -dice esplicitamente l'anonimo di Passau in D'ARG., I, 93: Item dicunt -quod missa nihil sit, quia Apostoli eam non habebant et fiat propter -quaestum. L'anonimo del codice Claromontano ci da una descrizione -della cerimonia della consecrazione, che in questa forma forse era -celebrata una volta sola l'anno, nella Pasqua; D'ARG., I, 56: Dicti -Pauperes de Lugduno solum semel consecrant in anno, in coena Domini, et -tunc quasi iuxta noctem: ille qui praeest inter eos, si est Sacerdos, -convocat omnes de familia sua utriusque sexus, et facit ibi ante eos -preparari bancum seu unum scannum, et poni desuper unum mundum gausape, -cui postea supponunt unum bonum scyphum de vino bono et puro, et unam -fugaziam azymam .... Postea vero surgunt et tunc ille qui consecrat, -signat panem et scyphum, et fracto pane dat omnibus astantibus -particulam suam et postea dat omnibus bibere cum Scypho, et stant -semper in pedibus et sic finitur eorum sacrificium et credunt firmiter -et confitentur quod istud est corpus et sanguis Domini nostri Jesu -Christi. - -[357] DAVIDE, pag. 27: Corpus Christi et sanguinem non credunt vere -esse, sed panem tantum benedictum, qui in figura quadam dicitur corpus -Christi, sicut dicitur: Petra autem erat Christus, et simile. Hoc -autem quidam discunt tantum per bonos fieri, alii autem per omnes verba -consecrationis sciunt. - -[358] DAVIDE, in PREGER, pag. 17: Quidam autem dicunt baptismum non -valere parvulis, eo quod nondum actualiter possint credere. - -[359] DAVIDE, loc. cit. Dicunt non esse purgatorium sed omnes morientes -statim transire in celum vel infernum; ideo suffragia pro defunctis -ab ecclesia facta asserunt non prodesse. Unde dicunt quod oblaciones -factae pro defunctis prosunt clericis, qui concedunt, non animabus quae -hujusmodi non utuntur. - -[360] STEFANO DI BORBONE, pag. 89: cum dicunt se credere Incarnationem, -Passionem, Resurrectionem Christi, dicunt quod illam credunt veram -Conceptionem Christi, Nativitatem, Passionem, Resurrectionem et -Ascensionem cum bonus homo concipitur, nascitur, resurgit per -poenitentiam vel ascendit in coelum; cum martyrium patitur, illa est -vera passio Christi. Similiter, cum dicunt se credere Baptismum, -Poenitentiam, et sic de aliis sacramentis dicunt ipsa esse vera -sacramenta solum et tunc compleri, cum homo poenitens bonus efficitur, -tunc est ibi verus Baptismus, Confirmatio, Eucharistia vera, quia tunc -efficitur Corpus Christi, tunc ordinatur, tunc fit in eo conjugium et -unctio. Et per istam spiritualitatem fidem nostram plurimi eorum in -articulis et sacramentis annihilant. - -[361] DAV., loc. cit. unctionem extremam respuunt et oleum consecratum -et crisma nil valere plus quam aliud. - -[362] L'anonimo di Passau, in D'ARG., I, 93, tra gli errori dei Valdesi -di Germania conta questi: XI, quod non sit obediendum praelatis sed -tantum Deo. XII, quod nemo fit major altero in Ecclesia. XIII. Quod -nemo debet flectere genua Sacerdoti. L'anonimo del codice claromontano -in D'ARG., I, 57 dice parimente: Tricesimo, quod Sacerdos non est nisi -pronunciator. STEF. DI BORBONE, pag. 89: Sufficit ad salutem soli Deo -non homini confiteri. - -[363] DAV., pag. 28: Dicunt etiam quod sancti in coelo non audiunt -oraciones fidelium; nec venerationes quibus eos honoramus, attendunt, -arguentes, quod cum corpora sanctorum hic mortua jaceant et spiritus -tam remoti sint a nobis in celo, nullo modo oraciones nostras valeant -auditu percipere neque visu. Dicunt quoque sanctos non orare pro nobis, -et ideo non oporteat nos implorare suffragia eorum qui absorpti gaudio -coelesti nobis non possint intendere. Cfr. l'an. di Passau in D'ARG., -I, 94. Item nullum sanctum credunt nisi Apostolos, nullum sanctum -credunt nisi solum Deum. - -[364] STEF. DI BORB., pag. 89: Irrisibiles dicunt qui faciunt festa -Sanctorum et quod non peccant qui in eis laborant. L'ANONIMO DI PASSAU -in D'ARG., I, 94: Canonisationes, Translationes et Vigilia sanctorum -contemnunt. DAV., pag. 28: unde derident solempnitates quas in -sanctorum venerationem celebramus et alia quibus eos honoramus. - -[365] DAVIDE, loc. cit. In quadragesima et in aliis diebus jejuniorum -ecclesiae non jejunant sed carnes comedunt ubi audent, dicentes -quod Deus non delectatur in afflictionibus amicorum suorum. STEF. DI -BORB., pag. 89: Non peccare dicunt illos, qui jejunia statuta solvunt -quacumque die, et qui ibi carnes comedunt. - -[366] STEF. DI BORB., loc. cit, irrident eos qui luminaria offerunt -sanctis .... irrident cantus Ecclesiae et officium divinum. DAV., pag. -27: Festa, feriarum jejunia, ordines, benedictiones, officia ecclesiae -et similia respuunt omnino. - -[367] Intorno alla consacrazione delle chiese già ricordammo il -Foncaldo, che tra gli errori dei Valdesi nota questo (pag. 218): Malunt -orare in stabulis vel cubiculis seu thalamis quam in Ecclesia, DAV., -§ 11, [non pubblicato dal Martène] pag. 31: Sicut Symea .... imitantur -.... id quod apostoli pro pauperibus collectas in ecclesia procurabant -et in domibus fidelium, quando nondum ecclesiae constructae fuerunt, -quando docebant vel sacra misteria celebrabant, vel ad predicandum per -diversas provincias discipulos destinabant, qui fundarent ecclesias -vel firmarent. L'anonimo del codice Claromontano in D'ARG. I, 57 locis -sacris nullam exhibent reverentiam. - -[368] STEF. DI BORB., pag. 89: solum Deum adorandum dicunt omni genere -adorationis et dicunt peccare eos qui Crucem, vel illud quod nos -dicimus et credimus corpus Christi, adorant, vel sanctos alios a Deo, -vel eorum imagines. L'ANONIMO DI PASSAU in D'ARG., pag. 94: Reliquias -sanctorum contemnunt item sanctam crucem reputant ut simplex lignum, -ed item lignum S. Crucis horrent propter supplicum Christi, nec unquam -signant se. - -[369] Davide conosce molto bene questo processo: § 5, pag. 26: Haec -fuit prima haeresis eorum, contemptus ecclesiasticae potestatis. Ex -hoc traditi Sathanae precipitati sunt ab ipso in errores innumeros, et -antiquorum haereticorum errores suis adinvencionibus miscuerunt. - -[370] Quanta speranza ponesse nell'Imperatore il partito delle riforme -lo attesta tra tante la lettera di Pier Damiani ad Enrico III, in -occasione della sentenza imperiale contro l'arcivescovo di Ravenna -(_P. Damiani Epist._, VII, 2; _Opp._ Parigi 1664, pag. 109, A). Nam in -expulsione Uniquerii vox omnium in laudem sui Creatoris attollitur, -Ecclesia de manu violenti praedonis eripitur, et salus esse totius -mundi vestra Incolumitas judicatur. Laetentur ergo coeli, et exultet -terra quia in Rege suo vere Christus regnare cognoscitur. - -[371] GIESEBRECHT, _Geschichte der deutschen Kaiserzeit_, II, 404. - -[372] MANSI, XIX, 627: Concilii Romani anno 1047 habiti Canon.... -Nullum aut ecclesiarum consecrationem, aut clericatus ordinationem, -aut Archipresbyteratum, aut commendationes altarium, aut traditiones -ecclesiarum, aut abbatias, aut praeposituras vendere. Quisquis -contradixerit aut vendiderit anathema sit. Del Concilio romano -dell'anno 1049, il Mansi, pag. 722, toglie le notizie da una lettera -di S. Pier Damiani ad Enrico arcivescovo ravennate. In questa lettera -è notevole la frase: Ponamus itaque ut simoniaci in nullo a caeteris -haereticis differant, che è forse un'amplificazione retorica. - -[373] Come dice Enrico III (in GLABER, V, 2) Vos autem (qui vice -Christi in Ecclesia constituti estis) avaritia et cupiditate -corrupti, qui dum conferre deberetis in hujusmodi transgressionis -dando et accipiendo canonem maledicti estis.... Omnes quippe gradus -Ecclesiastici a maximo Pontifice usque ad ostiarium opprimuntur per -suae damnationis pretium. - -[374] MANSI, XIX, 696: Omnino confitemur non licere episcopo -presbytero, diacono, subdiacono propriam uxorem causa religionis -abjicere a cura sua, scilicet ut ei victum et vestitum largiatur: sed -non ut cum illa ex more carnaliter jaceat. - -[375] Simone Mago è tenuto dai padri della Chiesa del terzo e quarto -secolo come uno dei quattro capi dello gnosticismo. Le lettere -clementine già lo danno per il principale. Ma questo solo par probabile -che egli, appartenendo alla setta samaritana, cercasse di combinare -insieme la nuova religione col samaritanismo. Il che non importa che la -dottrina gnostica si debba a lui, come non si deve nè al suo discepolo -Menandro, nè a Dositeo; ben piuttosto a Cerinto, che è l'ultimo dei -quattro nominati dai Padri: SCHMID, _Kirchengeschichte Erlangen_, 1880, -Vol. I, pag. 64. - -[376] _Apoc._, II, 6. Cfr. IRENEO, I, 29. CLEM. STROM., I, 3. - -[377] Il decreto di Clemente II (MANSI, loc. cit.), già parla de -haeresia simoniaca. La stessa espressione si trova in Arnolfo, -_Gesta_, lib. III, cap. XI (PERTZ, _Mm. SS._, VIII 19). Il biografo -di Arialdo, Andrea, cap. XI, 7 (PURICELLI, pag. 86), riferisce alcune -ragioni che l'arcivescovo, insieme alla maggior parte del clero e dei -nobili, nonchè di molti del popolo minore solevano portare contro la -proibizione della vendita: Haec namque doctrina si ad profectum venerit -nobis nostrisque filiis profecto nullo modo vivere expedit. Quae -enim est nostra vita nisi ecclesiarum beneficia quae a nobis assidue -venduntur et emuntur? Certo queste ragioni erano deboli assai; ma -provano in ogni modo che si faceva una discussione e taluni sostenevano -la legittimità del traffico. - -[378] LANDULFI, _Hist. Mediol._, II, 36 (PERTZ, VIII, 73): Itaque his -et aliis misericordiarum multarum elemosynis, si quid offensionis -laicis inhaerebat, et sacerdotibus illos moribus bonis imbuentibus -solvebatur. - -[379] LAND., _Hist. med._, II, 35 (PERTZ, VIII, 70): Si autem in -virginitate uxorem aliquis non habens permanere non posse fateretur, -humanam ac fragilem naturam sciens restringi non posse nisi Dei -misericordia adjutus, continuo in testimonio bonorum virorum secundum -legem humanam licentia a pontifice accepta, uxor tamen virgo illi -desponsabatur; unde apostolus: _Qui se non continet, nubat_. Et -unusquisque excepta causa fornicationis suam uxorem habebat; qua -accepta non minus venerabatur et amabatur quam si sine uxore idem -degeret.... Usus enim ecclesiae totius tam latinae quam graecae per -tempora multa sic se habebat. III, 7 (PERTZ, 78): Sed nostri sacerdotes -Deo gratias usque hodie nec sunt nec nominati sunt adulteri, sed -curiose observant apostolicum praeceptum, ut sint unius mulieris -viri. Queste parole sono messe in bocca all'arcivescovo. Altre non -meno energiche sono attribuite all'arcidiacono Guiberto ed al diacono -Ambrogio III, 23, 24 (PERTZ, 89-91), nè meno incalzanti sono le -risposte che fa il sacerdote Andrea ai discorsi tenuti da Arialdo a -Landolfo III, 26 (PERTZ, 92-93). - -[380] BONITH., in JAFFÉ, II, 648: Sed venditores ecclesiarum, -mediolanenses capitanei et valvassores, cum viderent se pecuniis -nudari, contristabantur. - -[381] BONITH., lib. VI (JAFFÉ, II, 638): Ecclesia Mediolanensis, quae -fere per 200 annos superbiae fastu a Romanae ecclesiae se subtraxerat -dicione. ARNULFI, _Gesta_, III, 15 (PERTZ, VIII, 21): O insensati -mediolanenses, qui vos fascinavit? Heri clamastis unius sellae -primatum, hodie confunditis totius ecclesiae statum .... Dicetur enim -in posterum; subjectum Romae Mediolanum. Queste amare parole sfuggono -al cronista nel raccontare che il popolo milanese dopo essersi levato -in tumulto contro il legato di Roma gli si sottomise. - -[382] BONITH. in JAFFÉ II, 638: Gregorius .... mediolanensem ecclesiam -.... secundum antiquum morem [vale a dire secondo il costume orientale -di S. Ambrogio] cantare constituit. Arnolfo, III, 17 (PERTZ, pag. 12): -Interea Arialdus .... letanias illas quas Ambrosiani post ascensionem -celebrant .... praedicabat execrandas. - -[383] ARNOLFO, III, 10 (PERTZ, pag. 19): Qui (Arialdus) cum modicae -foret auctoritatis, humiliter utpote natus, praevidit applicare sibi -Landulfum quasi generosiorem et ad hoc idoneum .... Landulfus vero -cum esset expeditioris linguae ac vocis, nimiusque favoris amator, -repente dux verbi efficitur, usurpato sibi contra morem ecclesiae -praedicationis offitio. Hic cum nullis esset ecclesiasticis gradibus -alteratus etc. LANDOLFO, _Hist. med._, III, 5 (PERTZ, pag. 76), -conferma intorno ad Arnolfo le notizie dell'altro cronista: Landulphus -de magna prosapia oriundus .... Unus de notariis (grado ecclesiastico -inferiore al sottodiacono). Di Arialdo dice soltanto: alium forensem -clericum, levitam (diacono) tantum, Arialdus nomine, ortus in loco -Cuzago prope Canturium artis liberae magister. BONIZONE (JAFFÉ, pag. -639): Landulfus ex majore prosapia natus .... Arialdus ex equestri -progenie trahens originem. ANDREA, cap. I (PURICELLI, pag. 14), Bezo -quidam, cum Beza.... nobiles utrique natione sed nobiliores probitate; -cap. IX, pag. 81: Qui progenie altior erat Landulphus. Tutte queste -notizie concorderebbero se s'intendesse l'_humiliter_ del cronista -milanese in senso relativo non assoluto. - -[384] ARNOLFO, III, 13 (PERTZ, 20): Hos tales cetera vulgaritas -hyronice Patarinos appellat. IV, 11 (PERTZ, 28): non quidem industria -sed casu prolatum. BONIZONE, lib. VI (JAFFÉ, pag. 639): eisque -paupertatem improperantes, paterinos id est pannosos, vocabant. Anche -oggi secondo il Cherubini _pattaria_ in dialetto milanese vuol dire, -ciarpe, cenceria, sferre vecchie. E dall'essere denominati patari o -patarini i novatori si disse pataria la loro setta, ed in seguito la -dottrina da loro insegnata. LAND., _Hist._ III, 12 (PERTZ, 81): Cum -cujus inauditae Pataliae placitum cogitasti commovere. III, 9 (PERTZ, -79): Tu solus per execrabilem pataliam flammam .... super nos accendis. -Arnolfo nel luogo citato del libro quarto aggiunge ingenuamente: dum in -quodam etymologiarum tomo nuper plura revolverem, ita scriptum reperio: -Pathos graece latine dicitur perturbatio. Unde justa meae parvitatis -ingeniolum statim conjicio, quod Patarini possunt perturbatores -rite nuncupari, quod plane rerum probat effectus. Si perdona questa -partigiana etimologia al cronista, che ebbe molto a soffrire dalle -agitazioni patariniche; ma non si può perdonare al nostro Cantù -quest'altra etimologia, tolta di peso dalle costituzioni di Federico -II: _patarini furon detti da pati perchè ostentavano penitenza, o dal -pater che era loro preghiera_ (_Gli eretici in Italia_, pag. 77). Cfr. -BREHOLLES, _Hist. dipl._, IV, I, pag. 298: Patarenos se nominant velut -expositi passioni. - -[385] Il cronista contemporaneo Landolfo conosce bene questo nesso -dei novatori cogli eretici. Lib. III, 19 (PERTZ, 87). Venientes namque -quidam suburbani diversis, ac variis dogmatibus irretiti, et Arialdus -ipse, et ipse quem animo prae omnibus diligebat, et aliquantis cum -Laicis, qui Girardi de Monteforte sententias fere consentiebant, quos -ipse paulo ut filios complexus deosculabatur ecc. Nel cap. 26 dello -stesso libro viene riferito un discorso del sacerdote decumano Andrea, -ove è notevole questo passo (PERTZ, pag. 93): Forsitan adhuc illa -sententia implicitus es, qua olim illi de Monteforte te imbuerant, qui -omnem christianitatem mulierem non tangere et genus humanum sine semine -virili apum more nasci dicentes, falsis sententiis affirmabant? - -[386] Andrea nella vita di Arialdo, cap. IV, 4 (PURICELLI, pag. 78), -attribuisce al santo novatore questo discorso: Ecce Christus clamat: -Discite a me quia mitis sum, et humilis corde. Et iterum de se dicit: -Filius hominis non habet, ubi caput reclinet. Et item Beati pauperes -spiritu, quoniam ipsorum est Regnum Coelorum. E contra vero ut -inspicitis, vestri Sacerdotes, qui effici possunt ditiores in terrenis -rebus, excelsiores in aedificandis turribus et domibus, superbiores in -honoribus, in mollibus delicatisque vestibus pulchriores, ipsi putantur -beatiores. En ipsi, ut cernitis, sicut laici palam uxores ducunt: -stuprum, quemadmodum scelesti laici, sequuntur atque ad nefandum hoc -opus patrandum tanto sunt validiores, quanto a terreno labore minus -oppressi; videlicet viventes de Dono Dei. Possiamo confrontare questo -discorso con le accuse che i Catari faceano alla Chiesa cattolica. (V. -MONETA, pag. 60, e 303). Ecclesia Christi imminentibus tribulationibus -saepe esuriebat .... Romana Ecclesia in divitiis multis est et in -deliciis induta purpura et bysso, et epulatur quotidie splendide -et secure, et stabilis in hoc mundo non laborat manibus suis, sed -ipsa lasciva et otiosa devorat aliorum labores .... Ecclesia Christi -contemnebatur et blasphemabatur a mundo, e converso Ecclesia Romana -a mundo honoratur. Altrettali simiglianze scopriremo nel discorso di -Arialdo riferito da Arnolfo, III, 11 (PERTZ, 19): Pro luce palpatis -tenebras, caeci omnes effecti, quoniam coeci sunt duces vestri sed -numquid potest coecus coecum decere. Nonne ambo in foveam cadunt? - -[387] ARNOLFO, III, 14 (PERTZ, 21): Tamen in presenti coetu, quia -Romanus erat, archiepiscopo praesidere contendit. Unde subito factus -est popularis in urbe tumultus, ut nisi cessisset illius humilitas, -quod suum erat, fecisset impetum, non quidem gratia Widonis, sed -Ambrosiani causa honoris. Pietro Damiani, _Opp._, 42, rimprovera -Arnolfo di non aver mantenuta la promessa fatta in quel tumulto, che si -sarebbe chiuso in un convento se avesse avuta salva la vita. - -[388] PAÉCH, _Die Pataria in Mailand_, pag. 15; ARNOLFO III, 2 (PERTZ, -pag. 17): Heinricus.... neglecto nobili ac sapienti primi ordinis -clero, idiotum et a rure venientem elegit antistitem, cui nomen fuerat -Wido. - -[389] Vedi tra le altre l'importante memoria dello Schupfer: _La -società milanese all'epoca del risorgimento del comune_ (_Archivio -Giuridico_, vol. III-IV, principalmente vol. IV, pag. 308 e segg.). - -[390] Il PAECII (op. cit., pag. 24) dimostra questo viaggio molto -probabile, perchè Anselmo ed Ildebrando che nel 18 ottobre erano a Roma -(MANSI, XIX, 866), e nel 27 dicembre sono in Pöhlde (_Mon. Germ._, -VII, 246), avranno ben toccato Milano nel loro viaggio. Io aggiungo -che la notizia di Landolfo (III, 13) è confermata da Bonizone (pag. -640): et confestim misit a latere suo episcopos et cum eis Deo amabilem -Hildebrandum archidiaconum per tacere di Arnolfo (III, 14), che la dà -pure ma molto confusamente. - -[391] Pietro Damiani si comportò con molta prudenza, chè a tagliar -corto coi simoniaci le chiese sarebbero rimaste senza sacerdoti. Ma -gl'intransigenti non gli perdonavano questa temperanza. (Vedi BONIZONE, -pag. 643). Quod aliquibus visum est culpabile, sapientibus valde -laudabile. Quod enim laudabilius ea tempestate poterat inveniri, quam -ut talis ecclesia sacerdotio non deperiret? Vedi la lettera di Pietro -Damiani ad Ildebrando riportata in MANSI, 887. - -[392] MANSI, _Concilia_, XIX, pag. 907: Si quis apostolicae sedi -sine concordia et canonica electione ac benedictione cardinalium -episcoporum, ac deinde sequentium ordinum religiosorum clericorum -intronizatur, non papa vel apostolicus habeatur. - -[393] Ut per laicos nullo modo quilibet clericus aut presbyter obtineat -ecclesiam, nec gratis nec pretio. - -[394] PAECH (op. cit., pag. 30), con Giulini e Giesebrecht intende -in questo senso le parole di Arnolfo: accepto ab eo (papa) anulo -apostolicae gratiae ac totius potestatis ecclesiasticae (III, 15; -PERTZ, pag. 21). - -[395] Ut nullus missam ad audiat presbyteri quem scit concubinam -indubitanter habere, aut subintroductam mulierem. - -[396] _Lamberti Annales_ (PERTZ, _Mon. Script._, V, 218). Adversus hoc -decretum (quello di Gregorio VII contro i preti ammogliati) infremuit -tota fractio clericorum; hominem plane haereticum et vesani dogmatis -esse clamitans qui oblitus sermonis Domini, quo ait: non omnes capiunt -hoc verbum, et apostolus: qui se non continet nubat: melius est nubere -quam uri, violenta exactione homines vivere cogeret ritu angelorum. -_Sigiberti Chronica_ (PERTZ, _Mon. Script._, VI, 862). Gregorius papa -celebrata synodo symoniacos anathematizavit, et uxoratos sacerdotes -a divino officio removit, et laicis missam eorum audire interdicit, -novo exemplo ut et multis visum est inconsiderato praejudicio contra -sanctorum patrum sententiam, qui scripserunt quod sacramenta quae in -ecclesia fiunt, baptisma scilicit, crisma, corpus et sanguis Christi, -Spiritu Sancto latenter operante eorumdem sacramentorum effectum, seu -per bonos seu per malos intra ecclesia Dei dispensentur. - -[397] LANDOLFO, III, 5 (PERTZ, 77) crede che Anselmo sia stato -l'istigatore di Arialdo ed Arnolfo. Il racconto del cronista, per -inesatto che sia, come dimostra il Paech, pag. 19, è una chiara prova -delle voci che correvano sul conto del vescovo di Lucca. - -[398] ARNOLFO, III, 17 (PERTZ, 22) vorrebbe non credere ad Erlembardo, -tanto gli sembra incredibile quel che ei racconta. Praeterea gloriatur -Arlembardus idem ab ipsa Roma bellicum sancti Petri se accepisse -vexillum contra omnes sibi adversantes. Quod appensum lanceae -homicidiorum videtur iudicium; cum profecto sit nefas tale aliquid -suspicari de Petro, aut aliud habuisse vexillum praeter quod datum est -in Evangelio: _Qui vult post me venire ecc_. Che il vessillo fosse -dato nella prima gita di Erlembardo a Roma è detto da Andrea, cap. -XIV (PURIC., pag. 92), come osserva il Paech contro Giesebrecht, pag. -36. Una conseguenza grave dell'elevazione di Erlembardo a milite della -Chiesa era questa rilevata da Arnolfo, III, 11 (PERTZ, 21): Arlembardus -.... cum esset laycus, quasi fraternae gratia pietatis opus sibi -praesumpsit indebitum .... et quae sunt peccata dijudicans .... Dum -ergo laicus judicat, clericus tantum vapulat. - -[399] ARNOLFO, III, 20 (Arlembardus) excommunicationis litteras dedit -archiepiscopo, quod pluribus grande visum est civitatis obprobium -... ad ultimum factis in medio ecclesiae partibus, clamoroso impeto -vicissim in sese consurgunt .... Remansit pene solus Antistes. Quem -pars aggrediens inimica, fustibus crudeliter caesum et quasi semivivum -reliquit. In crastinum visa tanta crudelitate cives horrescunt mente -confusi. Communiter igitur statuunt, aut tantum punire facinus aut -vivere nolle amplius. Unde factum ut fugiens Arialdus .... incidit -manus quaerentium animam ejus .... quem .... penitus interficiunt. -ARNOLFO (III, 30) non parla della nipote di Guido. Bensì Landolfo -(III, 30): juxta locum Legnani a manibus fidelium domnae Olivae, domni -Guidonis neptae, tentus et captus est .... in insula quadam juxta Lacum -Majorem .... vernulae Olivae furialiter in eum prosilientes, linguam -ejus de sub mentonem trahentes, in insula semimortum reliquerunt. -Questo racconto è confermato da Andrea (cap. 29, pag. 108) il quale non -appena si diffuse in Milano la notizia della morte di Arialdo recatosi -presso il Lago Maggiore, ne seppe alcuni particolari da un prete -Martino, altri ne raccolse in seguito; pag. 111: Quapropter nasus .... -cum labio superno est abscissus .... deinde ambo oculi sunt effossi. -Postea vero dextram detruncant manum. Dehine radicitus membrumque -amputant genitale .... postea vero de sub gutture linguam extrahunt. - -[400] LANDOLFO, III, 30 (PERTZ, 96) racconta che la salma di Arialdo -fu seppellita in Arce Trevali in apotheca Sancti Ambrosii; ma poscia -pel gran fetore ipsam apothecam aqua usque umbelicum coarctantes -foetorem repleverunt. In seguito alle minacce di Erlembardo, corpus -jamdiu truncatum mulieris (causa) fere emarcidum minimeque propter -aquam in qua jacuerat foetens .... orribile nimis ac visu teterrimum, -illis traditum est. Andrea al contrario (cap. 30, pag. 112) racconta -che l'empia Jezabel, o la nipote di Guido valde fecit saxa ingentia -circa ipsum innecti et in profundum laci demergi, e che in seguito un -fedele di nome Algisio vide in riva al lago il corpo del santo sano e -meravigliosamente candido praeter octo membra quae ei erant cum ferro -amputata. Pare che sia più probabile il racconto di Andrea almeno nella -prima parte, perchè entrambi i cronisti s'accordano nel dire che il -cadavere fu seppellito in acqua, e Landolfo colla virtù dell'acqua -spiega perchè non putisse. S'accordano poi entrambi i cronisti anche -in questo, che i Patarini ripresero le spoglie del martire sulle rive -del Ticino. BONIZONE, pag. 649, dice soltanto: Herlembardus tam dierum -castra propinquorum archiepiscopi obsedit, donec corpus venerabilis -Arialdi ei reddiderunt. Quod Mediolani delatum in ecclesia Sancti Celsi -summo cum honore humatum est. - -[401] ARNOLFO, III, 21 (PERTZ, 23). Ad quod sedandum litigium -contigit tunc temporis Maginardum episcopum Silvae candidae et Minutum -cardinalem presbyterum Romanos legatos venisse Mediolanum... deinde -inter clerum judicantes et populum eleganti scripto constituunt quid -fieri debeat in posterum. Si comprende perchè Arnolfo lodi questo -scritto, che prescriveva: neminem predictorum graduum clericum ex -suxpicioni damnari .... nullum clericorum pro cujusquam peccati culpa -in judicio laicorum amodo esse .... illud beneficium quod cuiquam -clericorum aufertur, nullus laicus in suum usum accipiat .... incendia, -depraedationes, sanguinum effusiones, multasque injustas violentias -omnimodo prohibemus ne faciant. MANSI, XIX, 347-48. - -[402] ARNOLFO, III, 21 (PERTZ, 23): Arlembardus .... caute subintulit -juramento causam futuri eligendi pastoris post discessum praesentis -.... Archiepiscopus cum tot nequiret imminentes tollerare pressuras, -aevo jam maturus et diuturno languore membris omnibus dissulutus -arbitratus est fore conveniens ut quod ille faciendum praeviderat, ipse -quoque destruendo praeveniret. - -[403] BONIZ., pag. 652: animumque regis utpote adolescentis facillime -venatus est. Nam et Pataream promittebat se destructurum et Erlembardum -vivum capturum. - -[404] Nelle lettere di Gregorio VII più volte è fatta menzione di -Goffredo. Così nella lettera undecima del primo libro indirizzata -alle contesse Beatrice e Matilde il 24 giugno 1073 (JAFFÉ, II, -21): Longobardorum episcopi .... Gotefredum symoniacum, et ob hoc -excommunicatum atque damnatum sub specie benedictionis maledixerint et -sub umbra ordinationis execratum hereticum constituerint. Cfr. I, 15, -1 luglio 1073 ad Longobardos. Ivi, pag. 26: Gotefredus vivente Guidone -dicto Archiepiscopo mediolanensi eandem ecclesiam .... quasi vilem -ancillam praesumpsit emere. Certo tra i due prelati erano corsi patti, -tanto che secondo Arnolfo (I, 22) Guido riprese il suo ufficio e fece -lega con Erlembardo col pretesto che Gotefredo non avea mantenute le -sue promesse. - -[405] Sull'elezione di Attone vedi LANDOLFO, III, 25. Bonizone, (pag. -653) lo chiama Ottonem, ejusdem ecclesiae clericum, nobilem quidem -genere sed nobiliorem moribus. - -[406] BONIZ., loc. cit. Il Papa dichiarò nullo il giuramento. - -[407] ARNOLFO, IV, 6 (PERTZ, 27): Crisma sacrum, quod unus illorum -dominicae coenae misterio metropolitanae direxit ecclesiae, sicut mos -est deficiente pontifice, profusum humi coram omni populo calcibus -proculcavit, suum producens in medium, a quo confectum vel unde venerit -incognitum. IV, 9 (PERTZ, 28): Liutprandus quidem presbyter nuncupatus -.... jussu ac virtute illius ordinariorum usurpavit officium, venientes -inconsulte baptizans. - -[408] Il PAECH cita una lettera del vescovo di Verdun a Gregorio VII -(MARTÈNE, _Thes._, I, 214), ove è riferita la voce che gli atti di -Erlembardo non fossero senza l'approvazione del Pontefice: Vestro illo -praecepto vel motu vel assensu, in partibus Italiae veneranda misteria -.... non effusa, sed et projecta et pedibus conculcata. - -[409] BONIZ., pag. 663: Eodem quoque tempore Mediolanensis civitas toto -incendio concrematur .... omnes sive amici sive inimici quasi una voce -clamabant, hoc esse peccatum Paterinorum. Post pascha vero, de repente -congregato exercitu et multitudine conjuratorum Herlembardum nihil -male suspicantem invadunt eumque bellare temptantem in media platea -interficiunt. - -[410] Intorno a Tedaldo vedi le lettere di Gregorio VII, III, 8-9, -(JAFFÉ, 214-218). Nel Concilio del 1078 fu sospeso dall'ufficio e -vescovile e sacerdotale insieme a Guiberto di Ravenna (JAFFÉ, p. 305). -Scomunicato di nuovo nel Concilio del 1079 (JAFFÉ, pag. 355) ed in -quello del 1080. Ciò non pertanto resse la Chiesa di Milano per nove -anni, tre mesi e ventun giorno, e morì il 25 maggio 1086. Vedi il -catalogo dei vescovi milanesi, in PERTZ, _Script._, VIII, 104. - -[411] GIESEBRECHT, _Geschichte_, III, I, pag. 186, cfr. 132-33. - -[412] Vedi il cosidetto _Dictatus Papae_ (MANSI, _Concilia_, XX, -168-69), ove in brevi sentenze Gregorio VII compendia i diritti e le -dignità del Pontefice: Quod legatus ejus omnibus episcopis praesit -in concilio etiam inferioris gradus et adversus eos sententiam -depositionis possit dare. — Quod solus possit uti imperialibus -insigniis. — Quod solius papae pedes omnes principes deosculentur. — -Quod illius solius nomen in ecclesis recitetur. — Quod unicum est nomen -in mundo. — Quod illi liceat imperatores deponere. - -[413] Per questa ragione nei concilii posteriori si crede necessario di -ribadire le antiche condanne e così ad esempio nel Concilio di Reims, -nel 1119, Callisto II conferma le sentenze dei suoi predecessori contro -i simoniaci (can. I); contro le investure laicali (can. II); contro -i concubinarii (can. V): Presbyteris et diaconibus, concubinarum et -uxorum contumaciam prorsus interdicimus (MANSI, XX, 236). Il Concilio -lateranense del 1123 fa altrettanto (can. I): ordinari quemquam -per pecuniam vel promoveri .... prohibemus. Can. III: Presbytheris, -diaconibus vel subdianiconibus concubinarum et uxorum contubernia -penitus interdicimus (MANSI, XX, 282). Innocenzo II, nel Concilio -di Clairmont del 1130 sancisce (can. I): Si quis simoniace ordinatus -fuerit .... honore male adquisito careat, et nota infamiae percellatur. -Can. IV: qui a subdiaconatu et supra uxores duxerint aut concubinas -habuerint officio atque beneficio ecclesiastico careant (MANSI, XXI, -438). Nel Concilio lateranense del 1139, infine fu necessario decretare -di nuovo: Si quis simoniace ordinatus fuerit, ab officio omnino cadat -quod illecite usurpavit. VI: Qui .... uxores duxerint aut concubinas -habuerint, officio atque beneficio ecclesiastico careant. II: nullus -missas eorum audiant quos uxores vel concubinas habere cognoverint. -(MANSI, XXI, 527). - -[414] GIESEBRECHT, _Arnold von Brescia_ (_Sitzungsberichte der k. Ak. -der Wiss. zu München_, 1873, 1, pag. 139 e segg.). Il Giesebrecht -ben rileva l'importanza che ha per la vita d'Arnaldo l'_Historia -Pontificalis_, pubblicata dall'Arndt nei _Monum. Germ. Hist._ del -PERTZ, XX, 515 e segg. L'illustre storico attribuisce questa cronaca a -Giovanni di Salisbury. Della monografia del Giesebrecht fu pubblicata -per cura dell'Odorici, anche lui biografo di Arnaldo, una traduzione -italiana (Brescia, tip. Appollonio, 1876). Un'altra fonte importante -fu scoperta dall'infaticabile prof. Monaci nella Vaticana. È un poema -del secolo XII che tratta dei _Gesta per imperatorem Fridericum Barbam -Rubeam in partibus Lombardiae et Italie_. Il valore di questa nuova -fonte fu riconosciuto dal Giesebrecht (_Sopra il poema recentemente -scoperto intorno all'imperatore Federico I. Lettera al prof. E. -Monaci._ Roma, 1879). Di questo poema il Monaci pubblicò un frammento. -(_Il Barbarossa e Arnaldo da Brescia secondo un antico poema inedito -esistente nella Vaticana._ Roma, 1878). Vedi anche _Arnaldo da Brescia -e la rivoluzione romana del secolo XII_, studio di GIOVANNI DE CASTRO, -Livorno, 1875, con una compiuta bibliografia sull'argomento. BONGHI, -_Arnaldo da Brescia_, nell'_Antologia_ del 15 agosto 1882. - -[415] DE CASTRO, op. cit., pag. 253 e segg. - -[416] _Hist. pontif._, cap. 21, in PERTZ, XX, 537. Erat hic dignitate -sacerdos, habitu canonicus regularis, et qui carnem suam indumentorum -asperitate et inedia macerabat. Il BONGHI, pag. 603, interpetra che si -sia fatto monaco agostiniano, diventando più tardi abate dell'ordine. - -[417] Poema, v. 153. Vir nimis austerus dureque per omnia vite. Anche -San Bernardo conferma questo tratto; ma, come sempre accade in lui, -l'elogio finisce in iraconda ingiuria. Homo est neque manducans neque -bibens, solo diabolo esuriens et sitiens sanguinem animarum; utinam tam -sanctae esset doctrinae quam districtae est vitae. (Ep. 195). - -[418] Poema, v. 172. Namque Sacerdotes reprobos Simonisque sequaces -.... Omnes censebat. _Hist. pontif._, loc. cit. Et contemptus mundi -vehemens praedicator. - -[419] Dum episcopus Romam profectus aliquantulum moraretur, sic interim -civium flexit animos, ut episcopum vix voluerint admittere. (_Hist. -pont._, loc. cit.). - -[420] È falso che il Concilio lateranense abbia condannato Arnaldo come -eretico. Nè nel canone XXIII, nè nel XXIV è nominato Arnaldo, nè S. -Bernardo sa nulla di questa condanna conciliare, la quale gli avrebbe -porti nuovi e più vigorosi argomenti alle sue accuse. Vedi DE CASTRO, -_Arnaldo da Brescia_, Livorno, 1875, pag. 261, 262. - -[421] _Hist. pont._, loc. cit. Ob quam causam a domno Innocentio papa -depositus et extrusus ab Italia, descendit in Franciam, et adhesit -Petro Abelardo partesque ejus cum domno Jacinto, qui nunc cardinalis -est, adversus abatem Clarevallensem studiosius fovit. - -[422] OTT., II, 31: Ne perniciosum dogma ad plures serperet, imponendum -viro silentium decernit. I dubbi intorno a questa testimonianza sono -del Giesebrecht. - -[423] OTT., II, 20. Petrum Abailardum olim praeceptorem habuerat. Di -questa notizia non dubitano nè il Giesebrecht (pag. 13) nè il De Castro -(pag. 151). - -[424] Vedi il passo dell'_Historia pontificalis_ riferito più sopra -confermato da S. Bernardo, ep. 156. Execratus quippe a Petro Apostolo, -adhaeserat Petro Abaelardo, cuius omnes errores, ab Ecclesia jam -deprehensos atque damnatos, cum illo defendere acriter et pertinaciter -conabatur. Ep. 189: Squama squamae conjungitur, nec spiraculum incedit -per eos. - -[425] Postquam Petrus Cluniacum profectus est, Parisiis manens in monte -S. Genovefe, divinas litteras scolaribus exponebat apud S. Hilarium -.... Episcopis non parcebat ob avaritiam et turpe questum, et plerumque -propter maculam vitae et quia Ecclesiam Dei in sanguinibus edificare -nituntur. (_Hist. pont._, loc. cit.). - -[426] Poema, v. 155. Facundus et audax confidensque sui, vir multe -litterature. S. BERNARDO, Ep. 196, cujus conversatio mel et doctrina -venenum. - -[427] Ecco il testo del rescritto: Per presentia scripta fraternitati -vestrae mandamus, quatenus P. Abailardum et Arnaldum de Brixia, -perversi dogmatis fabricatores et catholicae fidei impugnatores, in -religionis locos ubi melius vobis visum, faciatis includere. - -[428] Abbatem .... arguebat tamquam vane glorie sectatorem et -qui omnibus invideret, qui alicuius nominis erat in litteris aut -religione, si non essent de scola sua. Obtinuit ergo abbas, ut eum -christianissimus rex ejiceret de regno Francorum. (_Hist. pont._, loc. -cit.). - -[429] Al Vescovo di Costanza è indirizzata la lettera 195 che citammo -più sopra. Nec mirum si non horam praevidere aut nocturnum furis -imgressum observare quivistis. Mirum autem, si deprehensum non -agnoscitis, non tenetis, non prohibetis esportare spolia vestra. -Della dimora in Zurigo non ci dice nulla l'_Historia pontificalis_, -ed in questo punto sembra meglio informato Ottone (II, 21): ibique in -oppido Alemanniae Turego officium doctoris assumens, perniciosum dogma -aliquot diebus seminavit. La qual testimonianza concorda colla lettera -surriferita al vescovo di Costanza nella cui diocesi era compresa -Zurigo. (GIESEBRECHT, op. cit., p. 135). - -[430] S. BERN., l. c. Melius auferre malum ex vobis. Quamquam amicus -sponsi ligare potius, quam fugare curabit, ne jam discurreret. - -[431] S. BERNARDO, lettera 195. Hoc enim et dominus Papa fieri -scribendo mandavit... sed non fuit qui faceret bonum. - -[432] Il Giesebrecht (p. 135) dalle parole Francia repulit, Germania -abominatur argomenta a ragione che tanto Arnaldo quanto il legato si -trovassero entrambi in Germania. Questo legato non è dunque Guido di -Castello, che fu poi Celestino II (sett. 1143, feb. 1144), ma un altro -Guido, legato per Boemia e Moravia nell'agosto 1142. - -[433] A questo cardinal legato è indirizzata la lettera 196 di San -Bernardo. Si accessit favor vester, erit funiculus triplex, qui -difficile rumpitur... Securus annuntiabit et facile persuadebit quae -volet domesticus et contubernalis legati apostolicae sedis... Favere -huic domino papae contradicere est, etiam et Domino Deo. - -[434] Exinde post mortem domni Innocentii reversus est in Italiam, et -promissa satisfatione et obediencia Romane ecclesie a domno Eugenio -receptus est apud Viterbum. (_Hist. pont._, loc. cit.). L'_Historia_ -non ci dice le ragioni di questa conciliazione; ma è lecito parmi -argomentarle per congetture come ho fatto nel testo. - -[435] S. Bernardo, udita la nuova dell'elezione di Eugenio III, suo -discepolo, scrisse ai cardinali la famosa lettera 237, ove non nasconde -i suoi timori. Parcat vobis Deus, quid fecistis? Nisi Dominus supponat -manum suam, heu necesse est obruatur et opprimatur onere et nimio. Ma -dacchè la cosa è fatta, et sicut multi dicunt, [par che ne dubiti] a -Deo factum est, ei per primo s'inchina al nuovo eletto. E nella lettera -238 che gli dirige lo chiama dominum meum, nè ardisce dargli il nome di -figlio, quia filius in patrem, pater mutatus est in filium. Ma neanche -a lui tace le sue trepidazioni. Ego etsi nomen patris deposui sed non -timorem sed non anxietatem... Altiorem quippe locum sortitus es sed non -tutiorem. E per confortarlo dei suoi consigli nella scabrosa via gli -manda l'aureo opuscolo _De Consideratione_, ove candidamente gli dice: -Non enim si bene te novi, quia pater pauperum factus, ideo non pauper -spiritu es. Monebo te proinde non ut magister sed ut mater. - -[436] Anche il Bonghi, p. 617: «Ma come si può spiegare? Arnaldo non -poteva ritornare in Italia senza licenza del Papa, e questa licenza -non era possibile conseguirla senza promettere di rinsavire. Ed -Arnaldo promise. Era già da cinque anni lontano dalla patria sua, se -ne struggeva. E forse in terra straniera non sentiva la sua parola -efficace; non avea amici, conforti, speranze. L'animo che non piegò -avanti alla morte, non resse ad un esilio, per necessità ozioso. O -forse la spiegazione è un'altra». Quest'altra spiegazione ho cercato di -dare quassù forse con troppo lungo discorso. - -[437] _De Consid._, II, 6, p. 419. Nam quid aliud dimisit sanctus -Apostolus.... cum ipse dicat: Argentum et aurum non est mihi?.... Esto, -ut alia quacum ratione haec tibi vindices, sed non apostolico jure. Nec -enim tibi ille dare, quod non habuit, potuit. Quod habuit hoc dedit, -sollicitudinem super Ecclesia. - -[438] _De Consid._, I, 6. Non monstrabunt ubi aliquando quispiam -apostolorum judex sederit hominum, aut divisor terminorum, aut -distributor terrarum. - -[439] _De Cons._, II, 6. Factum superiorem dissimulare nequimus -sed enim ad quid, omnimodo est attendendum. Non enim ad dominandum -opinor.... Disce sarculo tibi opud esse non sceptro, ut opus facias -prophetae. E più appresso: Numquid dominationem? Audi ipsum.... Reges -gentium dominantur eorum (Luc. 22, 55)... planum est, Apostolis -interdicitur dominatus.... si utrumque simul habere voles perdes -utrumque. - -[440] IV, 3. Petrus hic est, qui nescitur processisse aliquando vel -gemmis ornatus, vel sericis; non tectus auro, non vectus equo albo, nec -stipatus milite, nec circumstrepentibus septus militibus. - -[441] Ivi. Etsi purpuratus etsi deauratus incedens, non est tamen quod -horreas operam curamve pastoralem, Pastoris heres. - -[442] _De Cons._, I, 6. Habent haec infima et terrena, judices suos, -reges et principes terrae. Quid fines alienos invaditis? Quid falcem -vestram in alienam messem extenditis? - -[443] _De Consid._, I, 6. Itane imminutor est dignitatis servus si non -vult esse major domino suo? ... Quis me constituit judicem? ait ille -dominus et magister (Luc., 12, 14), et erit iniuria servo discipuloque -nisi judicet universos? .... Ergo in criminibus, non in possessionibus -potestas vestra. - -[444] Epist. 256 ad Eugenio III dopo l'insuccesso della Crociata. -Exserendas est uterque gladius... Petri uterque est. _De Consid._, IV, -3. Uterque ergo Ecclesiae et spiritalis scilicet gladius et materialis. -Sul quale passo si fonda il Giesebrecht per dimostrare che S. Bernardo -è più gregoriano di quel che si creda. Parmi che l'egregio storico -non abbia tenuto nel debito conto le restrizioni delle quali parleremo -nella nota seguente. - -[445] Epist. 256. Uterque Petri est, alter nutu, alter sua manu -evaginandus. Questa stessa restrizione è ripetuta colle stesse parole -nel _De Consideratione_, IV, 3. Sed is quidem pro Ecclesia, ille vero -ab Ecclesia exserendus: ille Sacerdotis, is militis manu, sed sane ad -nutum sacerdotis et jussum imperatoris. - -[446] GREGOROVIUS, _Storia di Roma_, lib. 8. - -[447] Jam palam cardinalibus detrahebant, dicens conventum eorum ex -causa superbie et avaricie, ypocrisis et multimode turpitudinis non -esse ecclesiam Dei, sed domum negociationis et speluncam latronum, -qui scribarum et phariseorum vices exercent in populo christiano. -Ipsum papam non esse, quod profitetur, apostolicum virum et animarum -pastorem, sed virum sanguineum, qui incendiis et homicidiis praestat -auctoritatem, tortorem ecclesiarum, innocentie concussorem, qui nihil -aliud facit in mundo quam carnem pascere et suos replere loculos et -exaurire alienos. (_Hist. pont._, l. c.). Poema, v. 179: - - Pontifices rebus magnos intricare caducis - Et pro terrenis celestia spernere, causas - Nocte, die, precio sumpto trutinare forenses. - -v. 186: - - Heu mala romana presertim sede vigere. - -[448] Dicebat quod sic apostolicus est et non apostolicam doctrinam -imitatur aut vitam, et ideo ei obedentiam aut reverentiam non deberi. -Preterea non esse homines admittendos, qui sedem imperii, fontem -libertatis romanae, mundi dominam, volebant subjicere servituti. -(_Hist. pont._, l. c.). Il poema, v. 175, aggiunge: - - Nec debere illis populum delicta fateri - Sed magis alterutrum nec eorum sumere sacra. - -Che non si debba nè confessarsi con sacerdoti malvagi, nè ascoltarne le -messe era una massima dei Patarini adottata nei Concilii. - -[449] _Hist. pont._, p. 537. Sed pacem tum multa prepediebant, tum -maxime quod ejicere nolebant Ernaldum Brixiensem qui honori urbis et -reipublicae Romanorum se dicebatur obligasse prestito juramento. Et -ei populus Romanus vicissim auxilium centra omnes homines et nominatim -contra domnum papam. - -[450] Vedi su questi particolari il GIESEBRECHT, trad. it., p. 33, nota -2. - -[451] Secondo il poema Arnaldo imprigionato e condotto al supplizio -non volle ricredersi della dottrina sua, che ei riteneva giusta e -degna di sacrificarle la vita. Tanta fermezza riscosse l'ammirazione -dei presenti, ed anche di Federigo, che ebbe una tarda compassione -per la sua vittima. Codesti versi mi permetto di riferirli tutti, chè -contengono particolari interessanti sugli ultimi momenti di Arnaldo, v. -219 e segg.: - - Hic igitur regi delatus nunc Friderico, - Judice prefecto romano, vincitur illum. - Namque jubet rector causam discernere notam, - Dampnaturque suo doctor pro dogmate doctus. - Set cum supplicium sibi cerneret ipse parari - Et laqueo collum fato properante ligari, - Quesitus pravum si dogma relinquere vellet - Atque suas culpas sapientum more fateri, - Intrepidus fidensque sui, mirabile dictu - Respondit proprium sibi dogma salubre videri - Nec dubitare necem propter sua dicta subire, - In quibus absurdum nil esset nilque nocivum. - Orandique moram petiit pro tempore parvum, - Nam Christo culpas dicit se velle fateri. - Tunc genibus flexis, oculis manibusque levatis - Ad celum, gemuit suspirans pectore ab imo - Et sine voce deum celestem mente rogavit, - Ipsi commendans animam; paulumque moratus - Tradit ad interitum corpus tolerare paratus - Constanter, penam lacrimas fudere videntes, - Lictores eciam moti pietate parumper; - Tandem suspensus laqueo retinente pependit. - Set doluisse datur super hoc rex sero misertus. - -[452] OTTONE, loc. cit. - -[453] Un capitolo del Concilio di Guastalla tenuto nel 1106 sotto -Pasquale II incomincia così (MANSI, XX, 1209): Per multos jam annos -regni Theutonici latitudo ab apostolicae sedis unitate divisa est. In -quo nimirum schismate tantum periculum factum est, ut, quod cum dolore -dicimus, vix pauci sacerdotes ant clerici catholici in tanta terrarum -latitudine reperiantur. - -[454] OTT. FRISING., II, 20, in PERTZ, _M. G. Script._, XX, 403: -Dicebat enim nec Clericos proprietatem, nec Episcopos regalia, nec -monachos possessiones habentes, aliqua ratione salvari possent. Cuncta -haec Principis esse, ab ejusque beneficentia in usum tantum Laicorum -cadere oportere. - -[455] V. GIESEBRECHT, op. cit., III, 2, p. 809-10. Sia dovuto il -pensiero di Pasquale II ad una geniale anticipazione di nuovi tempi, -oppure, come pretende il Giesebrecht, alle necessità del momento che -non gli permettevano di levarsi in altro modo d'impaccio, certo è che -era bene immaturo un così ardito disegno. - -[456] _Paschalis Papae II Epist._ (MANSI, XXII, 1007). Ad Henricum -V Imperat. Divinae legis institutionibus sancitum est et sacris -canonibus interdictum, ne sacerdotes curis saecularibus occupantur.... -in vestri autem regni partibus, episcopi vel abbates adeo curis -saecularibus occupantur, ut comitatum assidue frequentare et militiam -exercere cogantur: quae nimirum aut vix aut nullo modo sine rapinis, -sacrilegiis, incendiis, aut homicidiis exhibetur. Interdicimus etiam et -sub anathematis districtione prohibemus, ne qui episcoporum seu abbatum -praesentium vel futurorum eadem regalia invadant. - -[457] Nel rescritto d'Innocenzo II (MANSI, XXI, 565), Arnaldo ed -Abelardo sono chiamati _perversi dogmatis fabricatores, et catholicae -fidei impugnatores_. Il breve di Eugenio (BARONIO, _Annales_, ad an. -1148) ha: _Arnoldum tanquam schismaticum modis omnibus devitetis_. -Ma nella lettera a Guibaldo lo stesso Eugenio usa la frase, _Arnoldo -haeretico_ (MARTÈNE, _Ampl._, coll. II, 553; JAFFÉ, I, 537). - -[458] Anche nel breve di Eugenio III è rilevato in preferenza questo -punto: et cardinalibus atque archipresbyteris suis obedientiam et -reverentiam promittere et exhibere debitam contradicant, vedi pure -GERHOHUS REICHERSPERGENSIS, _De investigatione Antichristi_: Praesules -eorum non episcopi, quemadmodum quidam nostro tempore, Arnaldus -nomine, dogmatizare ausus est plebes a talium episcoporum obedientia -dehortatus. La testimonianza di Geroo è molto importante, perchè -nessun odio di parte gli fa velo alla mente. Anche egli al pari di -Arnaldo deplorava la mistione dei due poteri. Cfr. ad esempio questo -passo tolto dall'opuscolo _De corrupto Statu Ecclesiae_ in GALLANDI, -_Bibl._, XIV, 557. Audiant haec episcopi, qui ultro et contra justitiam -plerumque bella movent .... Officiumque militis et sacerdotis in una -persona confundunt comitis et pontificis dignitatem simul administrant -.... esurimus et sitimus hanc justitiam, ut judicio et negotia -spiritalia per spiritales, saecularia per saeculares ita peragantur, ne -termini a patribus constituti negligantur. Inoltre della fine tragica -di Arnaldo, e dell'odio della Curia Romana portava un severo giudizio; -nè par che credesse alle voci ad arte diffuse in quel tempo, secondo le -quali il Prefetto di Roma avrebbe ordinata l'esecuzione ad insaputa del -Papa: Quem ego vellem pro tali doctrina sua, quamvis prava, vel exilio -vel carcere aut alia poena præter mortem punitum esse, vel saltem -taliter occisum, ut Romana ecclesia seu Curia ejus necis quaestione -careret. Un uomo così schietto merita tutta la nostra fiducia, e se -egli attribuisce ad Arnaldo una dottrina poco ortodossa, non abbiamo -alcun dritto di revocare in dubbio la sua autorità. - -[459] MARTÈNE, _Amp._, coll. II, 554; JAFFÉ, I, 539, 43. - -[460] II. PET. 2, 1; 3, 14 e 17. - -[461] Riscontrate il seguente passo del MONETA, pag. 433: Quod autem -non possint ministrare sacramenta volunt probare haeretici qui Cathari -dicuntur, et etiam Pauperes Lombardi his modis, per illud Matth. V, -v. 13 vos estis sal terrae .... postquam Praelatus evanuit non potest -condire alium .... et ita sacramentorum etiam ministratio facta ab ipso -inefficax est. Istud credunt omnes Cathari et Pauperes Lombardi. - -[462] Anche i Catari e più tardi i Valdesi si varranno di questa -citazione. MONETA, pag. 391. Objcit haereticus malo Praelato illud -Jacobi (2, v. 18 ecc.). - -[463] Basteranno poche citazioni del Moneta tra le moltissime che -potrei addurre: (pag. 431). Sic objiciunt Cathari et Pauperes Lombardi: -Praelatus Ecclesiae caput est. Quomodo erga membra sana erunt, si -caput est languidum? Inducunt illud Matth. VI, 22, nomine oculi volunt -intelligere Praelatum. Si praelatus est tenebrosus tota Ecclesia -tenebrosa (pag. 432). Inducunt iilud I, Cor. V, 6, nescitis quia modium -frumentum totam massam corrumpit? Ex quo videtur, quod in Ecclesia non -posse esse praelatus malus, nec etiam subdolus. - -[464] Bonaccurso (D'ACHERY, I, 214 B), questo solo rimprovera agli -arnaldisti: Quod pro malitia clericorum sacramenta Ecclesiae dicunt -esse vitanda, e loro oppone recisamente: tu qui es qui alienum servum -judices? citammo più sopra i versi del poema che si riferiscono alla -confessione ed alla messa. - -[465] Le decretali sono molto chiare su questo punto (Decreti, pars -II, caus. XV, qu. VIII, cap. V). Non potest aliquis quantumcumque -pollutus fuerit, divina polluere sacramenta quae purgatoria cunctarum -contagionum existunt; nec potest solis radius per cloacas et latrinas -transiens aliquid exinde contaminationis attrahere. Qualiscumque enim -sacerdos sit, quae sancta sunt coinquinari non possunt .... cerea -fax accensa sibi quidem detrimentum praestat, aliis vero lumen in -tenebribus administrat, et unde aliis commodum exhibet, inde sibi -dispendium praebet .... - -[466] _Epist. Gregorii VII_, 20 (MANSI, XX, 226). _Ad Josfredum -episcopum parsiacensem._ Item relatum nobis est Cameracenses hominem -quemdam flammis tradidisse, eo quod simoniacos et presbyteros -fornicatores missam non debere celebrare, et quod illorum officium -minime suscipiendum foret, dicere ausus fuerit. Quod quia nobis -valde terribile, et si verum est, omnis rigore canonicae severitatis -vindicandum esse videtur, fraternitatem tuam solicite hujus rei -veritatem inquirere admonemus: et si eos ad tantam crudelitatem impias -manus suas extendisse cognoveris, ab introitu et omni communione -ecclesiae auctores pariter et complices hujus sceleris separare non -differas. - -[467] Gregorio VII (MANSI, XX, 433). Si qui vero (presbyteri, vel -subdiaconi) in peccato suo perseverare maluerunt, nullus vestrum -eorum audire praesumat officium, quia benedictio eorum vertitur in -maledictionem et oratio in peccatum. - -[468] Abbiamo riferito nella n. 1, p. 253 il testo delle decretali -che stabilisce la dottrina cattolica del sacerdote come strumento -passivo. A questi testi così espliciti si opponeva il canone: nullus -audiat missam, da noi riportato altrove, e ripetuto moltissime volte -in diversi concilii a cominciare dal romano di Niccolò II. Al tempo di -Lucio III (1181-1185), quando la lotta delle investiture era finita da -più di un secolo parvero evidenti queste contraddizioni, e l'accorto -papa cerca di schermirsene facendo distinzioni sottili, le quali -servono a ripristinare la dottrina antica. Riscontrate le decretali -gregoriane, lib. III, tit. 2, cap. 7: Lucius tertius .... Vestra -duxit devotio inquirendum et infra. Alicubi dicitur, nullus audiat -missam sacerdotis, quem scit indubitanter concubinam habere. Alibi -vero legitur non potest aliquis quantumcumque pollutus fuerit, divina -polluere sacramenta. .... Ceterum aliud est crimen notorium, aliud -occultum, notorium diffinitur, de quo presbyter canonici condamnatur; -occultum quod ab ecclesia toleratur. Caeterum aliud est quando -crimen notorium non diffitetur presbytero, vel de ipso est canonice -condamnatus; aliud est pene occultum, quod ab ecclesia toleratur. Item -aliud est a talium officiis abstinere, ut peccandi licentia caeteris -auferatur, et hujusmodi ad poenitentiae fructum trahantur; atque aliud -si totum tamquam in fornicatione jacentium misteria respuantur. Sine -dubitatione itaque teneatis quod a clericis et presbyteris quamquam -fornicariis, quamdiu tolerantur, nec habent operis evidentiam, licite -divina misteria audiantur et alia recipiantur sacramenta ecclesiastica. - -[469] Il De Lauro, abbate cassinese scrisse un'apologia dell'abbate -Gioacchino, facendo tesoro di un'antica biografia pubblicata prima -di lui dal Greco. Ma come si vedrà in seguito è tale la mancanza -di critica e l'inesattezza dell'apologista cassinese, che possiamo -pochissimo giovarci dell'opera sua. Non so comprendere perchè il -Rousselot (_Joachim de Flore_, Paris 1867) si serva della vita -del Barrio, attinta alle stesse fonti di quella del Greco, ma con -minore accorgimento. La vita del Greco, ristampata dai Bollandisti -fu ricavata da una cronaca antica, come dice lo stesso autore (_Acta -Sanctorum_, Maggio, VII, 123). Omnia quae descripsimus [novissimo -excepto, quod de ore fratris Andreae accepimus] de libello manuscripto -in monasterio S. Joannis de Flore [existente] a tempore monachatus mei -in eodem monasterio, quod fuit sub anno Domini millesimo quingentesimo -octogesimo sexto, transcripsimus et adnotavimus, nec de eorum -substantia aliquid addidisse, diminuisse, aut immutasse, tantum aliis -verbis retulisse, sub eodem Domini juramento confitemur. Qui quidem -libellus tum vetustate tum etiam usu cum quadam quasi difficultate -legebatur. - -[470] Il primo di questi documenti riportati dall'Ughelli (_Italia -Sacra_, Venetiis 1721, IX, 453), si riferisce alla fondazione di una -casa florense. Anno Domino Incarnationis 1201 mense Septembris 5 ind. -.... Nos Simon de Mamistra Dominus Fluminis Frigidi .... proposuimus -aedificare domum Religionis infra fines terrae nostrae Fluminis -Frigidi .... vocavimus vos Domine Joachim venerabilis Abbas Floris -rogantes vos omni devotione, quatenus tam administrationem ipsus -monasterii, quam ipsum monasterium acciperetis in manus vestras et -successorum vestrorum. Questa donazione fu confermata da Riccardo -vescovo di Tropea, il quale vi aggiunse la chiesa di S. Domenica e -di S. Pietro e altri beni e diritti come risulta dalla lettera papale -di conferma. Ma nel frattempo l'abate Gioacchino era morto, perchè la -lettera del vescovo tropeano del giugno 1202 riportata nella bolla di -conferma d'Innocenzo III è indirizzata all'abate Matteo, successore di -Gioacchino, e ricorda quest'ultimo come già morto [venerabili quondam -abbati Joachim]. La determinazione del giorno della morte è data dal -Papebrochio nelle note al Greco. - -[471] GRECO, 96 B. Succedente vero Paschatis festo, paratis sibi -vestimentis novis sui ipsius spiritum amoris vigere percepit, eoque -impulsus coepit de temporalibus cogitare, atque illorum voluptatibus -solicitari. Riportato quasi a parola dal De Lauro, che solo vi aggiunge -di suo, essere accaduto questo invanimento cum Bizantium pervenisset, -mentre invece il Greco mette in Bizanzio il ravvedimento. - -[472] GRECO, loc. cit. Ceterum ad Thraciae Bosphorum Byzantium -ingressus, ibidem, tangente manu Domini urbem illam, plurimum hominum -multitudinem interire conspexit qui se cernens absolutum periculo, -prorsus se mundo renuntiaturum vallavit. Anche Valdo allo spettacolo -della morte sente sorgere in lui una nuova vocazione. Il De Lauro che -copia quasi a parola dal Greco, tace questa circostanza. - -[473] Gioacchino stesso raccontava questo aneddoto all'amico suo Luca -(BOLL., loc. cit., pag. 93 F). Retulit mihi aliquando cum in Syria -juvenculus, habitu jam Religionis assumpto, solus fuisset apud quandam -viduam hospitatus; illa in eum oculis impudicis intuens, lasciviis -ipsum ad crimen invitare tentavit, sed servus Dei resistit sapienter -et fortiter. V. DE LAURO, cap. 8º, p. 12, che al suo solito amplifica -il racconto, e lo trasporta dalla Siria all'Asia Minore, interpetrando -male la frase del Greco, p. 98 A: in ea Asiae parte quae Euphrate ac -mediterraneo mare concluditur. - -[474] GRECO, 97 F. Nam tria opera exorsus fuit, quae omnia felici -consummatione complevit. GREGORIO, cap. VI, riportando a questo -tempo la visione della quale parla Gioacchino nell'_Esposizione -dell'Apocalisse_, cap. I, testo 13 [contro questa anticipazione vedi -le giuste osservazioni del Papebrochio] dice: nam difficultates omnes, -simulque quaestionum involucra perspicaciter vidit, memoriter tenuit et -spiritualiter intellexit (!!!) - -[475] GRECO, p. 98 C. Qui vallem Chratis ingressus, justa Bisentium -gradiens, urbem Consentiae, ne forte agnosceretur, abhorruit. Io non -so capire come mai Gioacchino, tornato in patria con alti intendimenti -religiosi, si nascondesse per non essere conosciuto da quegli stessi -conterranei tra i quali non avrebbe dovuto tardare di spargere la -parola del Signore. Parmi, o io m'inganno, che questo racconto sia -fatto tutto nell'intendimento retorico dell'incontro di padre e -figlio, che si scambiano discorsi pieni di reminiscenze classiche, e di -citazioni bibliche. GRECO, loc. cit. e DE LAURO, pag. 15. - -[476] GRECO, 98 E: Licet enim in ipso monasterio adhuc Regulae jugo -colla non subdidisset. Questo fatto vale a spargere un po' di luce -sulla cronologia di Gioacchino. L'abbazia di Sambucina, filiale di -quella di Casimari, fu fondata, secondo il Papebrochio, nel 1157, come -apparisce da una antica cronologia manoscritta, (v. nota 9, al cap. -2 del GRECO, pag. 99 C.). La data del 1160, riportata dal Manrique -si riferisce probabilmente agli atti posteriori di dotazione. Il De -Lauro la crede invece fondata molto prima, ma non per altra ragione -se non per non essere costretto a fare Gioacchino più giovane di quel -che vuole lui. Infatti se Gioacchino è nato nel 1111, ammesso anche -che fosse entrato nell'abbazia di Sambucina nello stesso anno della -fondazione, avrebbe contati 49 anni. Ma noi abbiamo mostrato più sopra -che la cronologia del De Lauro tutta fondata sopra il fatto della -famosa profezia non regge alla critica. Ed ammettendo col Papebrochio -che Gioacchino nacque intorno al 1131 avrebbe contati dai 26 ai 27 anni -quando entrò nel convento di Sambucina tra il 1157 e il 1158. - -[477] Joachim Dei famulus, aestuans spiritus fervore concepto a -memorato coenobio Cistercensium Sambucinae secedens, contra elatae -vallis Chratis terram, ubi Bucchita est nomen, juxta Rendarum oppidum -transvolavit (GRECO, 99 D). - -[478] Il cronista (99 E) racconta il fatto nel modo che torni più ad -onore di Gioacchino; ast in agro dominico uberiores fructus in dies -se producere comperiens, scrupolositate quadam turbatus fuit, metuit -siquidem absque praevia Episcopi ordinatione praedicationis munus -exercere. Più appresso soggiunge: Propterea Cathazarii civitatem ad -tale munus habendum, devotione maxima non imparatus adire constituit. - -[479] Questa notizia la tolgo dall'opuscolo del De Riso _Sull'abbate -Gioacchino_, pag. 143, nota 11, che cita un catalogo antichissimo -manoscritto dei vescovi catanzaresi. Se la data del 1168 è vera, -bisogna inferire che per dieci anni Gioacchino continuasse a menar la -vita da laico dopo l'uscita dal monastero di Sambucina (dato che ivi -sia entrato nel 1158). E gli ordini gli avrebbe presi a 37 anni. Il -De Riso che accetta la data del Lauro dovrebbe ammettere che li abbia -presi a 57 anni e non a 50. - -[480] GRECO, 99 F. Insciis fratribus ex monasterio recessit, et -in cenobium Sanctae Trinitatis ad oppidum Acrae aufugit et inde in -Sambucinam repedavit .... sciens tandem nolle acquiescere esse quasi -peccatum ariolandi, in communi exaltatione abbas in Curatium rediit. - -[481] Il documento comincia così: Redemptoris nostri anno millesimo -centesimo septuagesimo octavo et tertio decimo regnante Domino -Guiglielmo gloriosissimo rege Siciliae tertio decimo mensis februarii, -duodecimae Indictionis nos Gualterius de Moac Regii fortunati Stolii -ammiratus .... dum essemus in Baroli pro regiis agendis, Joachim -venerabilis abbas Sanctae Mariae de Curatii detulit sacras litteras a -Sacra Regia Majestate, quarum continentia talis est: segue la lettera -datata, Panormi duodecimo die mensis Decembris indictione duodecima. -Il De Lauro, pag. 83 crede che la prima data sia sbagliata, e che la -seconda si riferisca all'anno 1149, primo di Guglielmo il Malo, in -cui ricorreva la duodecima indizione (anche il Greco diceva che questa -lettera fosse di Guglielmo il Malo). Il Papebrochio, pag. 92 D, invece -ritenendo giusta la data del 1170, riferisce la lettera a Guglielmo II, -il quale infatti salito al trono nel maggio 1166 contava tredici anni -di regno nel 1178. - -[482] Che sia fuggito dal monastero si raccoglie da un luogo degli -_Statuta Capituli generalis_ (MARTÈNE, IV, 1272). Le ragioni della -fuga le adduce egli stesso nella prefazione al _Salterio_, fol. 227, -col 1-2. Sed cum mihi qui (ut jam videbatur) cogitatione et aviditate -illius superne civitatis habitator effectus, fruebar secundum -interiorem hominem non modica visione pacis, accidere illud quod -sibi multi etsi frustra accidisse queruntur, ut rursum ecclesie cura -rei familiaris cogeret implicari negotiis monasterii, quae secundum -cujusdam coloris sui speciem vere secularia sunt, aut pene secularia -judicanda, compulsus sum iterum cum cordis gemitu non sine formidine -exclamare: Heu mihi quam incolatus meus prolongatus est ecc. - -[483] GRECO, 102 A. Ceterum comperiens Pontifex (Lucius III), quanta -Joachim spiritus illustratione fulgeret, superindictae scribendi -facultati adjunxit pro talenti multiplicatione, ut de cetero, deposito -temporalium monasterii onere enodandis sacrae paginae arcanis se -dederet .... 102 B. At Romani Pontificis auctoritas, expetita seniori -consilio suspendens, Joachim et ab onere Curatii absolvit et alibi -consedendi potestatem adjunxit. - -[484] BOLL., pag. 93 C. Ego Luca archiepiscopus cusentinus, anno -secundo Pontificatus Domini Pape Lucii (cioè nel 1182) jam monachus, -primo in Casa Marii, vidi virum nomine Joachim tunc abbatem Curatii -.... Mansit autem in Casa Marii sedulo quasi anno uno et dimidio, -dictans et emendans simul librum Apocalipsis et Concordiae. Che anche -il _Decacordo_ fosse cominciato a Casamari lo dice Gioacchino stesso -nella prefazione a quel libro, fol. 227, col. 2. - -[485] Loc. cit. Tunc coram eodem Domino Papa et Consistorio ejus, -cepit revelare intelligentiae Scripturarum, et utriusque testamenti -Concordiam. - -[486] Cum ergo, jubente et exhortante te beatae memoriae Lucio Papa -praedecessore nostro expositionem Apocalipsis et opus Concordiae -inchoasse et postmodum de Papae Urbani auctoritate composnisse -judicaris. Lettera di Clemente III, in GRECO, pag. 102 A. Contro queste -due testimonianze cadono tutti gli argomenti del De Lauro, pag. 59-60, -che vuole sia stato papa Urbano e non Lucio che abbia dato a Gioacchino -la licenza di scrivere il commento sulla Bibbia, ed il permesso di -allontanarsi dall'abbazia. - -[487] La gita ad Urbano III è raccontata da Vincenzo Beauvais, -_Specul. hist._, lib. 29, cap. 40. Per hos dies venit ex Calabriae -partibus ad Urbanum papam Veronae commemorantum quidam ab. Joachim -de quo ferebant quia eum primum non plurimum didicisset, divinitus -accessit intelligentiae donum, adeo ut facunda disserteque enodaret -difficultates quasdam Scripturarum. Al tempo del Beauvais s'era già -cominciato a formar la leggenda; ma le fonti più autorevoli come Luca -non sanno nulla di questa voluta ottusità primitiva, la quale serve -mirabilmente a rilevare il merito e l'ispirazione divina del Profeta. - -[488] Et veniens ad nos quam citius se opportunitas dederit, -discussioni apostolicae sedes et judicio te praesentes (lettera di -Clemente, loco cit.). - -[489] Vedi ad esempio _Expositio in Apoc._, fol. 80, col. 3. Plura sub -quinto cursu ecclesiastici temporis sub beati Benedicti nomine fundata -esse monasteria, que et usque ad presens tempus perdurant, in quibus -aliquanto regule capitula ita absorta sunt ac si non sanctus Benedictus -ediderit, ut est precipue de opere manuum, et de abstinentia ciborum ac -potus, quod ideo accidisse cognoscitur quia dum divites esse voluerunt -sub regule paupertatis facti sunt delicati et facti sunt invalidi et -infirmi, facti sunt quibus lacte opus sit, non solido cibo. Ne mirum. -Quis enim unquam inter divitias et delitias potuit tenere inopem vitam -et castitatis propositum ubi multi sunt cibi. Taceo quod infra urbes et -vicos pluraque monasteria sita ecc. - -[490] GRECO, pag. 102 C, dice che Pietralata si chiamò anche Pietra -dell'olio: et hoc non immerito, unctionem etenim Domini in se non parum -proficisse cognovit. - -[491] Si potrebbe sospettare che questo luogo fosse chiamato Fiore -dopo la fondazione dell'abbazia a simboleggiare che da quel tempo le -stanze di feroci animali furon mutate in ameni giardini. Ma il Greco -dice al contrario che si chiamasse già Fiore, 105 B: Placuit ergo, Deo -disponente in Albanetho (parola inventata forse dal Greco stesso dai -duo fiumi Arvo o Albo, e Neto) ubi proprie de Flore est nomen, vestigia -premere. Lo stesso dice De Lauro, pag. 67. Potrebbe sospettarsi che -il luogo si chiamasse Fiore, dal nome di qualche famiglia, che vi -possedeva; ma non saprei dir altro. - -[492] DE LAURO, pag. 68. A Petra Olei prorsus recesserunt anno -Domenicae nativitatis 1189 die 18 mensis Julii 6ª indictione, in -utraque Sicilia bono Guillelmo regnante, pace ubique vigente. - -[493] DE LAURO, pag. 100. Celestinus Episcopus servus servorum Dei. -Dilectis filiis Joachino abati et conventui de Flore salutem et -apostolicam benedictionem .... Datum Romae octavo Kalendas Septembris -Pontificatus nostri anno sexto. [Celestino fu consacrato il 14 aprile -1191]. - -[494] Il decreto imperiale riportato dal Greco, pag. 108 E. Henricus -Sextus, divina favente gratia Romanorum imperator semper augustus -et rex Siciliae .... innotescat quod nos attendentes honestatem -et religionem abbatis Sancti Joannis de Flore, dilecti nostri, -constituimus perpetuo pro redemptione animae nostrae monasterio ejus -quinquaginta aureos Byzantinos de redditibus salinae de Netho .... -Datum apud S. Maurum anno Dominicae incarnationis millesimo centesimo -nonagesimo quinto. - -[495] Gioacchino stesso al di sopra dell'eloquenza mette la -contemplazione. Così nell'_Apocalisse_, fol. 48, col. 4: Proprietas -predicandi verbi est incarnati; proprietas spiritus sancti silentium -magis expectat quam sermonem, et nequaquam vociferando ingerat, sed -silendo inspiret. E nella _Concordia_, III, a, 8, fol. 31, col. 4: -Commmutandus est status Ecclesiae de Lia in Rachel, de verbi eloquentia -ad spiritualem intellectum, de frondium pulchritudine ad soavitatem -pomorum. Hoc est enim illud: nisi ego abiero, paraclitus non veniet ad -vos (JOH., XVI, 7). Nota verbum et signa mysterium. Omnis eloquentia -pertinet ad verbum, omnis intelligentia spiritualis ad spiritum .... -Fol. 32, col. I: precessit regum tempore eloquentissimus Esaias qui -dicit: Ecce ego mitte me. Secutus est Hieremias qui dicit: nescio -loqui quia puer sum. Precessit Paulus facundissimus predicando in -Asia, secutus est Joannes cujus sermo despicabilis est, sed tamen -spiritualis gratie ubertate fecundus. Quin mo quod utilius fiat dominus -ipse demonstrat sum dicit: (JOH., XVI, 1) «Ego veritatem dico vobis, -expedit vobis ut ego vadam; si ego non abieroparaclitus non veniet ad -vos, si autem abiero mittam eum ad vos». Tale est enim ac si diceretur: -nisi cultum eloquentie subtraho, in quo carnalis pascitur intellectus, -propter eos quibus lacte opus erat aliquando et non solido cibo, -spiritualem intellectum accipere non potestis. Eo nempe circa spiritum -mens declarari nequit quo magis animus pascitur suavitate verborum, et -eo plus fructus spiritus quante sit dulcedinis sentitur, quo quicquid -foris resonat carnalibus hominibus et infirmis seponitur. - -[496] Questa sola profezia delle tre ricordate dal Greco è conosciuta -dal Salimbene, pag. 4. Ideo verificatum videtur in Friderico verbum -abbatis Joachim, quod dixit Imperatori patri ejus quaerenti de filio -suo cum adhuc esset puer, qualis esset futurus, respondit: perversus -puer tuus, nequam filius et heres tuus o princeps. Nam dominus turbabit -terram, sanctos altissimi conteret. Omnia ista in Friderico impleta -fuerunt, ut vidimus oculis nostris qui nunc sumus in MCCLXXXIII. - -[497] Che la pace tra la Chiesa e l'Impero non abbia a durare -Gioacchino lo dice chiaramente più volte. Vedi ad esempio nella -_Concordia_, III b, 6, fol. 41, col. 4: Quantum tamen secundum -coaptationem concordie exstimare queo, si pax conceditur ab his malis -usque ad annum millesimum duecentesimum incarnationis dominice; exinde -ne subito ista fiant, suspecta mihi sunt omnimodis et tempora et -momenta. Parimenti IV, 22, fol. 54, col. 2: hoc totum imputandum est -inertie sacerdotum qui consolantur eam dicentes: pax pax cum non sit -pax, de quibus dicitur: (_Threni_, II, 14) Prophete tui viderunt tibi -falsa et stulta, nec aperiebant ignominiam tuam ut te ad penitentiam -provocarent. - -[498] Sulla Crociata del 1190 Gioacchino non ricorda previsioni da lui -fatte, ma scrive invece melanconiche riflessioni, che mostrano come ei -poco fidi nel valore delle armi cristiane. Cito l'_Apocalisse_, fol. -134, col. 4, riserbandomi di citare altrove un luogo parallelo della -_Concordia_: Dictum est autem: quod siccande essent aque Eufratis ut -preparetur via Regibus ab ortu solis, quod sine gemitu dicendum non -est, initiatus quedam terribilis jam precessit, super eo scilicet -quod nuper accidit super inclito illo exercitu Frederici magni et -potentissimi imperatoris et aliis exercitibus populi christiani qui -transeuntes mare in infinita multitudine, vix in paucis reliquiis pene -sine effectu remearunt ad propria. - -[499] _Apocalisse_, fol. 207, col. 4: Que omnia quidem ventura esse -credendum est; sed quibus modis et quo ordine veniant magis tunc -docebit rerum experientia. Fol. 210, col. 4: Quo consumato prelio erit -magna pax qualis non fuit a principio seculi, cujus terminus erit in -arbitrio Dei. - -[500] Sui profeti dell'antico Testamento e principalmente su Ezechiele -vedi le belle pagine del Castelli: _La profezia nella Bibbia_, Firenze, -Sansoni, 1882, pag. 378 e segg. - -[501] _Concordia_, II, 1, fol. 18, 3: Invenimus Helisabette concordare -cum Sarra quia utraque sancta mulier sterilis fuit, utraque visitata -divinitus concepit, et peperit in senectute sua. Utraque autem antiquam -illam hebraeorum designavit ecclesiam .... Cum vero libere Sarrae -jungitur Agar ancilla, tunc profecto Sarra mutat significationem. -Illa enim vetus, haec novum significat testamentum .... Cum vero Agar, -amota eidem Sarra, jungitur Rebecca, tunc Sarra significat synagogam -quae defuncta est, quare defuit in fede; Rebecca vero ecclesiam quae -intravit et obtinuit tabernaculum ejus. III, 1, 16, fol. 32, col. 4: -Igitur Helias qui aliquando et alicubi designat Spiritum Sanctum, in -hoc loco (MALACH., IV, 5) et in aliis significat Christum. - -[502] Vedi ad esempio la _Concordia_, IV, 24, fol. 53, col. 4: Sicut de -nostra temporis hujus angustia quam a diebus, ut jam diximus, Leonis -pape et Henrici theotonicorum regis olerantes portamus, illud quod -nobis proprium est silentio non expedit preteriri, imo nec sine cordis -gemitu et dolore proferre Hieremie increpationem, que peccata judeorum -enumerans in nos, qui christiani dicimus et non simus, redundat. - -[503] _Histoire lettéraire_, XVI, pag. 438; 540-41. Mi piace -riprodurre il passo del cronista inglese, pubblicato prima dal -MARTÈNE, _Amplissima collectio_, V, 839, e poi dal BOUQUET, XVIII, 76. -Hac tempestate extitit quidam abbas non longe ab urbe Roma, ordinis -cisterciensis, sed cisterciensibus minime subjectus, qui quamdam -Expositionem in septem visiones Apocalypsis edidit, accepta, ut ajunt, -divinitus sapientia cum fere esset prius illiteratus. In hac autem -expositione evidenter ostendit vetus Testamentum Novo concordare .... -Quintam vero persecutionem quam sub quinta visione ..... dicit agi -temporibus nostris a Saladino ..... Dicit etiam quod anno Dominicae -incarnationis MCXCIX incipit sexta visio et sexti sigilli apertio, -sub qua visione probat auctoritate Apocalypsis, quod complebitur -omnis antichristi persecutio et ejusdem mors et perditio, sed ante -ejus persecutionem dicit evangelium Christi ubique praedicandum. Post -antichristi vero imperium quot annorum vel dierum fieret expletio -sigilli sexti, id est, mortuorum resurrectio et septimi sigilli -inchoatio, id est, sanctorum aeterna glorificatio, soli Deo cognitum -esse fatetur. - -[504] Le tre opere sono state pubblicate in Venezia nel 1517 la prima, -e nel 1527 le altre due. Il Preger ne ha combattuta l'autenticità nella -memoria letta all'Accademia di Monaco, _Das Evangelium aeternum und -Joachim von Floris_, München 1874. Il Reuter confuta la dimostrazione -del Preger nella sua grande opera _Geschichte der religiösen Aufklärung -im Mittelalter_, II, 356-60. - -[505] PREGER, op. cit., pag. 22 che cita SALIMBENE, _Chronicon_, pag. -85. Hic est Leo I qui secundum abbatem Joachim concordiam habet cum -Josaphath Rege Judae (vide in libro figurarum Joachym et in libro -Concordiae). - -[506] SALIMBENE, pag. 325: quia Expositionem abbatis Joachym super -Apocalypsim habebam, quam super omnes alias reputabam. - -[507] Il _Liber figurarum_ è citato altre due volte (vedi pag. 124 e -224). Che il Salimbene faccia più conto dei libri apocrifi si raccoglie -da questo passo, ove parlando delle opere di Gioacchino, mette in prima -linea l'esposizione di Geremia, pag. 102. Hi duo sollicitabant me ut -scriptis abbatis Joachim crederem et in eis studerem. Habebant enim -expositionem Joachim super Jeremiam et multos alios libros. - -[508] PREGER, op. cit., pag. 27, che riferisce questo passo della -_Cronaca_ pag. 103. Igitur abbas Joachim non limitavit omnino aliquem -certum terminum, licet videatur quibusdam quod sic. Sed posuit plures -terminos dicens: «Potens est Deus adhuc clariora demonstrare mysteria -sua et illi videbunt, qui supererunt». - -[509] Fol. 135, col 2. De exhibendo vero misterio hujus numeri nemo -mihi molestus fit, nemo me ultra statura limitem transire compellat, -_potens est enim Deus clariora adhuc facere mysteria sua_; fol. 134, -col. 2, si queris dierum numerum non est meum dicere neque scire; quod -nobis datum est hoc solvimus. - -[510] PREGER, pag. 27, che cita il luogo della _Concordia_, fol. 95, -dove dopo aver paragonato Assalonne il figlio ribelle, all'Anticristo, -aggiunge: nisi forte quia Antichristi multi erunt aliquis dicat in -Absalon non significari illum maximum persecutorem, quem Dominus -Jesus interficiet spiritu oris sui, sed aliquem alium secundum quod -jam romanam sedem legimus aliquos usurpasse, et nuper sub Federico -imperatore accidisse comperimus. - -[511] _Conc._, IV, 1, fol. 42, col. 3: .... Sicut ergo sunt arbores -silve plurime, que in stipitibus sunt similes, sed tamen in ramis -foliisque dissimiles, sic et duo testamenta in rebus quidem generalibus -similia sunt, sed in specialibus dissimilia. - -[512] PREGER, pag. 29-30. La lettera di Gioacchino è premessa -nell'edizione a stampa così alla _Concordia_ come al _Commento -dell'Apocalisse_. - -[513] Fol. 229, col. 2. Neque ut tres ramos uni radici infixos, ut -substantiam radicem et tres ramos ipostasis arbitraris _juxta aliquorum -perfidiam_, quod est inducere quaternitatem. Ivi, col. 3: Item quod -his nequius est, nescio que tria preter substantiam _nova adinventio_ -assignare presumpsit. - -[514] Sulle antiche testimonianze, che provano l'autenticità delle tre -opere, vedi il RENAN, _Joachim de Flore et l'Évangile éternel_ nella -_Revue des deux mondes_; tome LXIV, pag. 98. - -[515] Fol. 227, col. 2. Cum essem apud cenobium Case maris.... accidit -in me velut haesitatio quaedam de fide Trinitatis ecc. Questa fu -l'occasione, che gli fece scrivere il _Decacordo_ dopo la _Concordia_ -(quod opus incepimus primo) e l'_Esposizione dell'Apocalissi_, quae -(ignorante me omnimodis exitum rei) nescio qua Dei providentia ex eadem -nascendo processit. - -[516] _Apoc._, fol. 134, col. 2. Mirum quod praeterito anno veniens -qui dam vir satis (ut apparebat) providus et timens Deum a partibus -Alexandriae, in quibus detentus fuerat in vinculis, dixit se audisse -a quodam magno Sarraceno mississe Patharenos Legatos suos ad illos -postulantes ab eis communionem et pacem .... Hoc audivi ipse ab eodem -viro in civitate Messana, anno millesimo centesimo nonagesimo quinto -incarnationis dominis tertie decime indictionis. - -[517] _Apoc._, fol. 26, col. 3. De quibus in secundo libri psalterii -sufficienter diximus. - -[518] Ho sott'occhi parecchie edizioni di questi vaticinii col commento -di Paolo Scaligero. Pauli Principis de la Scala et Hungariae Marchionis -Veronae etc. Domini Creutzburgi Prussiae, primi tomi miscellaneorum -de rerum caussis atque successibus, atque secretiori methodo ibidem -expressa effigies ac exemplar nimirum vaticiniorum et imaginum Joachimi -abbatis Florensis Calabriae et Anselmi episcopi marsicani super -statu summorum Pontificum romanae ecclesiae, contra falsam iniquam -vanam confictam et seditiosam cuiusdam Pseudomagi, quae nuper nomine -Theophrasti Paracelsi in lucem prodiit, pseudomagicam expositionem, -vera certa et indubitata explanatio, Coloniae Agrippinae ex officina -typografica Theodori Graminaei anno MDLXX. Dei trenta vaticini i primi -quindici sono attribuiti a Gioacchino. Il primo vaticinio si riferisce -a Papa Niccolò III (1277-80), qui non veretur decalvare sponsam -ut comam ursae nutriat; il quindicesimo si riferisce a Urbano VI -(1378-89), fera crudelis universa consumens. - -[519] Il Salimbene, pag. 176, conosce questi commenti: scripsit etiam -sibi (cioè all'imperatore Enrico VI). Espositionem Sybillae et Merlini -anno Domini MCXCVI. La Sibilla, di cui qui si fa parola è l'Eritrea, -che vien citata insieme alla Tiburtina in questo altro luogo (pag. -62). Verba sunt ista cujusdam Sybillae sed non inveni ea nec in -Erithrea nec in Tyburtina. Scripturas aliarum non vidi. Di queste -opere io non conosco alcuna stampa. Un libercolo, stampato a Venezia, -promette nell'intestazione di pubblicare il commento di Gioacchino -alle profezie di Cirillo, ma poi in luogo di un opuscolo attribuito a -Gioacchino ne stampa un altro di Telesforo Cosentino, abbreviato da -un frate Rusticiano. Non sarà inutile riprodurre l'intestazione del -libro, ed il principio dell'opuscolo sulle ultime tribulazioni. Haec -subjecta continentur in hoc libello Expositio magni prophetae Joachim -in librum beati Cirilli de magnis tribulationibus et statu sancte -matris Ecclesie ab hiis nostris temporibus usque ad finem seculi, una -cum compilatione ex diversis Prophetis novi ac veteris testamenti. — -Item explanatio figurata et pulchra in Apocalypsim de residuo statu -Ecclesie et de tribus veh venturis debitis semper adjectis textibus -sacre scripture ac prophetarum. — Item tractatus de antichristo -magistri Joannis Parisiensis ordinis predicatorum. — Item tractatus de -septem statibus Ecclesie devoti doctoris fratris Ubertini de Casali -ordinis minorum. Venetiis per Bernardinum Benalium (p. 5.). Incipit -liber de magnis tribulationibus in primo futuris, compilatus a docto -et devoto presbytero et heremita Theolosphoro de Cusentia provincia -Calabriae, collectus vero ex vaticiniis novorum prophetarum seu beati -Cirilli, abbatis Joacchim, Dandoli et Merlini ac veterum Sibillarum. -Deinde abbreviatus per venerabilem fratrem Rusticianum .... addidi -sane paucissima locis opportunis predicta a sancto Vincentio nostro et -Brigida. In un codice della biblioteca laurenziana (pluteo LXXXIX, cod. -XLI, a pag. 103) va sotto il nome di Gioacchino il _Liber Sybillae_, -già pubblicato tra le opere di Beda ediz. Basilea, II, 251. - -[520] Il commento di Alano di Lilla pubblicato a Francoforte il 1608 -(l'_Hist. lit._, XIV, 420, dice: 1603). Ecco il titolo: Prophetia -Anglicana et Romana — hoc est — Merlini Ambrosii Britanni ex — -incubo olim ante annos — mille ducentos in Anglia nati vaticinia, -a Galfredo Monumetensi latine conscripta — una cum — septem libris -explanationum in eandem Prophetiam, excellentissimi sui temporis -oratoris — Polyhistoris et Theologi, Alani de Insulis, — Germani, -Doct. universalis et Academ. Paris ante — annos 300, Rectoris amplis. -Addita sunt vaticinia — et praedictiones Joacchimi abbatis Calabri -qui vixit circa annum 1200. Una cum annotationibus et explicatione -Joannis — Adrasder. — Opus nunc prinum pubblici juris — factum et -lectoribus ad historiarum multarumque — rerum cognitionem non parum -— lucis allaturum — Francofurti, Typis Joannis Spiessii, sumptibus -Joannis — Jacobi Possii mdcviii. Secondo l'_Hist. littér._, XVI, 419, -questo commento fu scritto tra il 1174 e il 1179. Nella prefazione -l'autore per giustificare lo studio che fa delle profezie di un pagano -ricorda Giobbe e le Sibille (p. 4): Nec mirum de beato Job, cui similis -in terra non erat, cum Sibyllam non Erythraeam sed Cumanam tanta et -tam vera de Christi incarnatione, passione et morte .... prophetasse -noverimus. - -[521] Il commento ad Isaia fu pubblicato in Venezia nel 1517. Su questa -edizione, che il Renan non potè vedere, è utile fermarsi alquanto. -In essa sono riunite tre opere: 1º il Commentario d'Isaia, o meglio -dei primi undici capitoli (fol. 1-9 _recto_); 2º Il _De oneribus -prophetarum_ trovato dal Renan nel 3595 dell'antico fondo, e nell'836 -Saint Germain e 865 Saint-Victor, (fol. 9 _verso_ — fol. 10; fol. 25 -e segg.); 3º Il _De oneribus provinciarum_ trovato nel n. 836 Saint -Germain (fol. 11-27). La prima opera è divisa in dieci capitoli che -si succedono con numerazione regolare. Non così la seconda, i cui -capitoli prendono il numero non dall'ordine con cui si succedono, -ma dal capitolo del Profeta che commentano. Per esempio dopo il -capitolo 23 che commenta il XXIII d'Isaia, _Onus Tyri_, si salta al -30, che commenta il XXX, 6 d'Isaia, _Onus jumentorum Austri_. Dal -30 si retrocede al 19, commentario al XIX, 1 d'Isaia, _Onus Egypti_. -Inoltre la prima opera si riferisce solo ad Isaia; mentre la seguente -si riferisce in gran parte ad Isaia, ma principia colla citazione del -XX, 17-27, di Geremia, seguita col commento del XIII dell'istesso -profeta, e finisce coi commenti ai profeti minori. Perciò sarebbe -bene intitolarlo _Onera prophetarum_, secondo la nota a fol. 9_b_, -che avverte il lettore: hic ponentur undecim onera secundum Esaiam, -quibus adduntur tres alia secundum prophetas minores. La terza opera, o -l'indice geografico, non ha che fare colle altre, come si vede anche ad -occhio, perchè è stampata a caratteri più piccoli, ed il raccoglitore -stesso per ben due volte adduce il motivo di questa inserzione. Di -queste tre opere il Salimbene par che conosca soltanto la seconda, -perchè a pag. 176 dice che Gioacchino scripsit lecturam Isaie super -oneribus, ed a pag 191: aliquando legi sibi Expositionem abbatis -Joachim de oneribus Isaie. - -[522] Fol. 11 _b_: duo ordines ac si stellae lucidae orientur ad -predicandum regni evangelium iterato saccis cilicinis amicti. Fol. -13_a_ ecclesiam sardensem designare monachos cassinenses utique suam -carnalibus desideriis inquinantes. Fol. 17 _b_. Timeo ne ad eorum (cioè -dei tolosani) infamiam dissolvendam vexillum crucis evidens elevetur. - -[523] Il commento ad Isaia interpetra il 18 _Apoc._ in questo modo, -(fol. 4 _recto_): mulier auro inaurata indifferenter cura terrae -principibus effeminatis moribus fornicatur: Romana ni fallor ecclesia -ista est quae in Babylonem vitae confusione transfusa moechatur, .... -cardinales et presules ac si in coelo lucifer dignitate superbi ecc. -In ben diverso modo interpetra lo stesso testo Gioacchino nella sua -_Esposizione_ (fol. 194, col. 2): Hanc magnam dixerunt patres catholici -esse Romam, non quoad ecclesiam justorum que peregrinata est apud -eam, sed quoad multitudinem reproborum qui blasphemant et impugnant -operibus iniquis eandem apud se peregrinantem ecclesiam .... Non ergo -in uno regno aut in una provincia querendus est locus hujus famosissime -meretricis, sed sicut per totam aream christiani imperii diffusum est -triticum ebetorum et per omnem latitudinem ejus disperse sunt palee -reproborum. - -[524] L'accenno ai due ordini è ripetuto molte volte; fol. 5, 7, 11, -28 ecc. Federico II è nominato nel fol. 4 _a_: verumtamen in Silvestri -vaticinio de Federico secundo et ejus posteris ecc. - -[525] Fol. 6 _verso_: cavendum erit a germanis et francis. - -[526] Fol. 30 _verso_: si vero anni ipsi ad statum ecclesiae -tertium referuntur profecto in nonaginta annis futuris ab anno MCCI -prostrabitur prorsus mundi superbia. - -[527] Fol. 34 _recto_: Tempus Sedechiae regis tangit concorditer -presentem generationem inceptam anno 1201 a Christo sub pontifice -romano post obitum Celestini. Si potrebbe sospettare che in luogo di -1201 s'abbia a leggere 1301, e che il papa Celestino qui ricordato non -sia il predecessore d'Innocenzo III, ma Pietro Morrone addirittura. Ma -pur lasciando il passo com'è, par chiaro che il libro sia stato scritto -dopo il 1201. - -[528] Et cum rex Franciae tempore illo cum aliis crucesignati -praepararet se ad transfretandum isti subsannabant et deridebant -dicentes quod male caderet ei si iret, sicut postea demonstravit -eventus. Et ostendebant mihi in expositione Joachim super Jeremiam et -multos alios libros. SALIMBENE, pag. 102. - -[529] Fol. 46, col 3: Leviathan quoad superbiam, serpens quoad -astutiam, cetus quoad avaritiam, tortuosus quoad doli nequitiam -lubricus quoad lasciviam, voracius quoad perfidiam, virulentus quoad -sevitiam, mare quoad iracundiam. - -[530] Vedi la genealogia di Federico, fol. 45, col. 4; fol. 46, col. -1. In quest'ultimo luogo è accennato alla ribellione ed alla morte -del figlio di Federico II; vel quia ejus filii latera sua rumpent per -discordiam, et tandem in defectum senectutis illius unus centra alterum -insurgendo unus pereat, alter praetium ecclesiae Christi paret. - -[531] Tutta questa letteratura pseudoprofetica che va sotto il nome -del mago Merlino, della Sibilla Eritrea, e dell'abate Gioacchino, pur -non essendo benevola al Papa, non fa grazia neanche all'Imperatore. E -tutti hanno in odio Federico II, come ne fa fede lo stesso commento -a Geremia, fol. 58, col. 4. Sed si secundum Erithream 60 pedes vel -annos habere describitur heres tuus, quod etiam Esaias sentire videtur -(XXIII, 1) in spiritu sub figura Tyri, quae respicit Siciliam equo -vultu, mirum quomodo Merlinus eum bis 5 decadum; qui legis intelligas -et non centenarium sicut sonniat imperitus. Praeterea in 60 annis -terminari debet afflictio juxta prophetam tam in imperio quam in -regno. Nescio quo spiritu ducitur Eritrea, ubi post Aquilam primam -tam dico heredem successorem in imperio et regno suo aquilam secundam -introducat, quod Merlinus subticet. Fol. 62 (correggi 64), col. 1: -Eritrea: post haec veniat Aquila habens caput et pedes 60 colore pardi -ad livorem, vulpis quoad fraudem, leonis quoad terrorem. Quia forte sub -occasione patarenorum coercendorum dolose incedet contra ecclesiam. -Un'altra versione di questa profezia che andava sotto il nome della -sibilla Eritrea fu trovata dal Bréholles in un manoscritto della -Cronaca ghibellina _De rebus in Italia gestis_, pag. XXXVI. (_Chronicon -placentinum_ ecc. edidit J. L. A. Huillard-Bréholles, Parisiis, 1856). -Et veniet Aquila habens caput unum et pedes LX, cui acrescent duo -capita, cujus color sicut Pardi et pedes sicut Leonis et dicet _pax_ ut -pacifice capiat. Mamillis Sponse Agni lactabitur usque dum accrescat -ei caput majus in Eneade terciumque minus, eruntque sibillancia a -Germanis usque Tyrum. Et dabitur ei galina una ex Mauris alteraque -orientalis et duo pulli ex quibus vorabit unum ecc. I sexaginta pedes, -che il Bréholles non sa spiegare, noi già sappiamo dai passi del -pseudo-Gioacchino surriferiti che vogliono dire 60 anni, perchè la fine -dell'Impero si calcolava per il 1260, e la profezia si suppone fatta -nel 1200. - -[532] Fol. 44, col. 2. Satis congruum est ut cardinales et etiam summus -pontifex immendaces praedicatores veritatis percutiant affligendo -et (ponant in nervum) silentium eis imponendo ne eis annuncient mala -futura in clero a Romano Imperio. Ivi, col. 4: _Masculus_ (Hier. XX, -15) est ordo seraphicus in ecclesia oriundus, _pater_ summus pontifex, -ubi doctores cardinalesque prelati de illorum ortu et profectu valde -dolebunt, tanquam eorum solicitudine subvertentur adulterantes verbum -Dei. Fol. 47, col. 1: Sed quia summus pontifex superbiae nititur, ab -exauditione repellitur. - -[533] Fol. 9, col. 4. Igitur Romana ecclesia ac si altera tribus Juda -recessit a Christo .... Quod etiam negasse Petrum et redisse ad pompas -Diaboli et mundi illecebras hujus, seu principes saeculares, cum -quibus est polluta per munera, contaminata per suffragia, fornicata per -fastigia dignitatum .... Fol. 49, col. 1: Hi (pastores) sunt Lazarus -quatriduanus, qui jam mortui sunt in tribus, in avaritia, in perfidia, -in superbia, quarto loco scatent et fetent in luxuria. Fol. 52, col. -2. Aut enim prava vita, et doctrina ecclesiae latinae, quae est Romae, -intelligenda est ipsa pollutio .... dominam babylonem ecclesiam, quae -magistra est omnium meretricum. - -[534] Fol. 43, col. 2. Sed nunc predicatores Evangelii aeterni frangent -doctrinam doctorum fidelium sacraeque scripturae in conspectu ecclesiae -generalis. Fol. 51, col. 3: per omnem orbem et fere omnibus regnis -terrae praedicabitur Evangelium eternum. - -[535] Fol. 53, col. 1: Agitur enim nunc 1197 annus ut extendetur ista -vexatio in 64 annos deteriores prioribus. Vedi fol. 45, col. 3-4, ove -invece appare scritto il 1200: 42 menses 42 generationes sunt in quibus -affligendus est populus christianus et terminatur in anno Christi 1260 -.... in 60 annis terminabitur afflictio ecclesiae. - -[536] Fol. 7, col. 4. Videat Romanum capitulum si non fiet eis -arundineus baculus potentia gallicana, cui si quis innititur perforat -manus ejus. Cfr. fol. 59, col. 2. Necessario Francia .... videbitur -ecclesie adhaerere, quod quanto divine voluntati et dispositioni -displiceat ex consilio perpenditur Hieremiae .... Habet enim hoc -diffidentiae humana debilitas ut magis confidet in nomine quam in Deo, -et iccirco, unde sperat auxilium, justo judicio corruat. - -[537] Il Salimbene infatti a pag. 176 cita questo finale del commento -a Geremia. Ecce Cesar, virgam furoris Domini. Sufficenter est Jeremias -explicitus, qui in replicandis afflictionibus saeculi ubique cernetur -implicitus, utinam et tu non usque expers sis divinae formidinis, cum -ad radicem imperialis arboris ponenda sit evangelica jam securis. Il -finale stampato è ben diverso, e più determinato l'accenno alla ruina -dell'impero. In ipso quoque finitur imperium, quia etsi successores -Christi fuerunt, tamen imperiali vocabulo ex romano fastigio -privabuntur. Cum decies et 1300 anni Antichristus nascetur demone -plenus post partum Virginis alme. - -[538] Riproduco il principio di quest'opuscolo che si trova nel -cod. XI, plut. IX, dext. Santa Croce, carte 54 tergo: De ultimis -tribulationibus disputantes in opusculis nostris posuimus diversorum -opiniones et nostram; sed quia sicut aliquando brevitas, ita nonnunquam -multiplicitas verborum parit obscuritatem, praesertim ubi non est -impetus aliquid absolute dicendi sed exponendi in serie quod occurrit -in libris, opere precium credidimus quid inde nostra opinio teneat in -summa in hac brevi oratiuncula semper quidem et multis modis compilare. -Studio est Sathanae concitare scandalum ecclesiae Dei, et durat tempus -principatus ejus non annis, non mensibus, non diebus, nec cessat -quantum in se est a persecutionibus electorum .... Tria magna et quasi -necessaria bella noscitur gessisse sub veteri Testamento, et totidem -gerere demonstratur in novo. - -[539] L'opuscolo leggesi a p. 59 _recto_ dello stesso cod. XI, plut. -IX. Il prologo ed il primo capitolo erano già riferiti dal resoconto -d'Anagni in questo brano che io pubblico secondo il codice della -Sorbona 1726: «Item habetur apertius in libello ipsius Joachim de -articulis fidei descripto ad querumdam filium suum Johannem, quod -opus suspectum est ex ipso prologo, ubi sic incipit dicens»: Rogasti -me (Joachim), attentius, fili Johannes, ut tibi compilatos traderem -articulos fidei, et notarem illa quae occurrerent scripturarum loca, -in quibus solent simplices frequenter errare: ecce subiecta pagina -invenies quod petisti. Tene apud te, et lege sub silentio, observans ne -perveniat ad manus eorum qui rapiunt verba de convallibus, et currunt -cum clamore ut vocentur ab hominibus rabi, habentes quidem speciem -pietatis, virtutem autem eius penitus abnegantes. «Ecce qualiter in -hoc prologo vult iste Joachim articulos fidei legi in abscondito, -more haereticorum, qui in conventiculos dogmatizant. Item inhibet ne -tractatus suus veniat ad manus magistrorum, quos etiam tam impudenter -quam superbe vituperat». (Fin qui fu già pubblicato dal Renan, op. -cit. pag. 99, n. 1) «Sed de hoc non curetur, quin potius diligenter -attendatur. Primum capitulum huius compilationis, quod intitulatur -de fide trinitatis ubi sic ait Joachim»: Ante omnia intellige Deum -tuum esse tres personas plenas integras atque perfectas, ita ut -credas singulum esse plenum atque perfectum Deum, et simul tres -unum Deum totum simplicem, totum aeternum (_totum virum, totum_, -cod. laur.) invisibilem et impalpabilem. Spiritus enim est Deus -non corpus, et idcirco mirari non debes si tres sunt unum, et unus -(_unum_, cod. laur.) tres; unum tamen dicimus non singularem, non -utique sicut dicimus unum sidus, unum jaspidem, unum smaragdum; sed -unum ab unitate, utpote cum dicimus unum gregem, unum populum, unam -turbam. Unde bene dicunt gramatici: populus currunt, et turba ruunt, -ut id, quod unum taliter dicitur, pluralis esse numeri intelligatur, -loquens (_loquimur_) ad intellectum non ad simplicem vel perfectam -similitudinem, ut videlicet per visibilia invisibilia intelligamus. Si -de duabus tribubus Israel dicit Scriptura: dixit Judas Symoni fratri -suo: veni pugna mecum in sorte mea, ut et ego pugnem in sorte tua, -miratur homo si tota trinitas dicitur unus Deus? si una massa auri -distinguatur (_distingueretur_) in tres statuas maxime si, ut solent -fieri in arte fusoria totae tres partes (manca _partes_ nel cod. laur.) -essent coniunctae, sic diceretur singula statua esse unum aurum, at -tamen simul tres non dicerentur nisi unum aurum. Et miratur homo si -singula divinitatis persona dicitur esse unus Deus, et simul tres -unus Deus? Si incalenti clibano proicierentur stipulae et ligna, licet -deesse viderentur flamma et carbones repente tamen in uno loco, idest -in ardore (male cod. _in uno illo hoc ardore_) tota tria ipsa pariter -apparerent. Si flammae adhaerenti sulphuri adhiberetur competens -fomentum, licet deesse viderentur carbones, repente tamen in uno illo -tota tria illa habentur pariter. Sed etsi carbo solus adesset, mox -adhibitis stipulis, tota tria illa pariter integra apparerent. Il -secondo capitolo s'intitola _De incarnatione verbi Dei_ e comincia -così (cod. laur. p. 60): Fuerunt quidam haeretici qui dicerent Christum -unius esse naturae: fuerunt qui dicerent matrem virginem non deum sed -tantum hominem genuisse. Tu autem horum omnium devitans perfidiam crede -Christum unam personam ex duabus et in duabus consistentem naturis, -secundum quod oliva inserta oleastro cum ipso oleastro una est arbor, -atque hoc totum, quod Christus dicitur, genuisse. Quod si dicis, verbum -dei, quod aliunde venit in virgine, gignere non potuit virgo, ergo nec -corruptibile semen viri gignere potest mulier, et quoniam ipsum semen -aliunde venit ad ipsam. Neque enim gignere de ipsa potest mulier nisi -aliunde concipiat. Hoc autem solum interest quod caeterae mulieres -concipiunt ex hominibus, haec autem sola virgo concepit et peperit -semen divinum, verbum scilicet quod caro factum est et habitavit -in nobis. Gli altri capitoli sono: 3. De sacramento baptismi et -penitentia. — 4. De sacramento crismatis. — 5. De sacramento corporis -et sanguinis Christi. — 6. De libero arbitrio et gratia. — 7. De -predestinatione et prescientia Dei. — 8. Quomodo possit Deus timeri -pariter et amari. — 9. De fide et operibus. — 10. De misericordia et -juditio. — 11. De timore et amore. — 12. De laetitia et tristitia. — -13. De vita conjugali et coelibatu, sive de abstinentia et gustatione -ciborum. — 14. De opere manum et sancto otio. — 15. Item de eodem. -— 16. De quiete claustri et frequenti mysterio. — 17. De utilitate -praedicationis et virtute silentii. — 18. De resurrectione mortuorum. -Manca nel codice l'ultimo capitolo che secondo il resoconto d'Anagni -s'intitolava _Confessio fidei_. - -[540] Plut. LXXXIX, cod. XLI, c. 108 _verso_: Universis Christi -fidelibus, ad quos litterae istae pervenerint, frater Joachim dictus -abbas: vigilate et orate ne intretis in tentationem. Loquens dominus -Ezechieli prophetae, quem tempore transmigrationis Babiloniae -speculatorem constituerat domui Israel, post multa quae ei scribenda -commiserit, comminatus est dicens: si me dicente impio: morte morieris, -non annunciaveris ei, ipse quidem in impietate sua morietur. Sanguinem -autem eius de manu tua requiram etc. - -[541] Fol. 279, col. 3: Incipit hymnus eiusdem abbatis Joachim de -patria celesti. Fol. 280, col. 1: Incipit Visio eiusdem preclara ac -plurimum admiranda de gloria paradisi. - -[542] Gioacchino nel _Psalterium decem cordarum_, fol. 229, col. -4, rileva questa difficoltà: O humana temeritas quam ceca semper! O -inimica semper humane pietati presumptio! Si sic extimasti simplicem -divinam substantiam, uti seorsum a personis cogitaveris illam, -Sabellium sub Arrio palliasti; si seorsum a substantia tres personas, -Arrium sub Sabelli palliatione excusas. - -[543] Vedi anche l'_Expositio in Apocalipsim_, fol. 34, col. 2. - -[544] _Psalt._, fol. 229, col. 3. Inter calorem et splendorem -scissionem facere nequis, et tamen eos non dubitas esse duos; et -divinam vis substantiam scindere, ut trinum deum credere possis? -Item quod his nequius est, nescio que tria preter substantiam nova -adinventio assignare presumpsit, ut in altero unitas in altero trinitas -demonstretur quasi cum substantiam illam igneam, que in celo est, et -radium qui ex ea nascitur, et calorem unum solem esse dicimus, quartum -aliquod solis nomine assignamus. Cfr. fol. 229, col. 2. - -[545] _Psalt._, fol. 230, col. 4: Inter cetera ergo opera domini, -que misterium exhibent trinitatis, magnum tenet locum decacordum -Psalterium. Est enim, ut diximus, vas unum musicum, quod etsi dividi -per partes potest, quia corpus est, non tamen ut esse possit decacordum -Psalterium, quamdiu ergo Psalterium est, indivisum est. Si dividitur in -partes non esse desinit id quod erat. Igitur vas ipsum unum est, sed -tamen in tribus cornibus miro modo consistens. Adeo enim tria cornua -ipsa unitas possidet indivisa, ut et tria videantur esse unum et unum -tria. - -[546] _Psalt._, fol. 231, col. 2: Aliud sonat unus, aliud sonat -unitas. Unus non absolute dici nequit, nisi de una persona. Unitas -vero proprie dici non potest nisi de duobus ad minus. Neque enim cum -iubemur consistere in unitate, ad singularem personam referri posse -credendum est, licet ad populum, ad conventum, ad plebem. Cum enim -dicitur absolute: unus est hic aut illic, non est in loco ille nisi -unus, persona incunctanter intelligo; cum vero dicitur: unitas est in -loco illo, profecto nihil aliud intelligimus, quam multorum cor unum et -animam unam; hoc est unam voluntatem et unum consensum. - -[547] _Psalt._, fol. 240, col. 1: Solus tamen Pater genitor est, solus -Filius genitus, solus Spiritus sanctus ab utroque procedens. Solus -autem Pater sic mittit Filium et Spiritum sanctum, ut a nullo mittatur, -et idcirco eterna Patris divinitas communis est Filio et Spiritui -sancto. Incarnatio vero Filii propria Filii est. Assumptio columbe vel -ignis propria Spiritus sancti, etsi una sit operatio trium. - -[548] _Psalt._, fol. 240, col. 2: Sicut autem timoris nomine Patrem, -sapientie Filium, ita charitatis nomine intelligimus Spiritum sanctum. -Fol. 241, col. 3: In actionis obtinentia timor domini, in lectionis -studio sapientia, in oratione et confessione operatur dilectio. Tenemur -obedire per timorem, qui est Pater; tenemur legere per sapientiam, -qui est Christus; tenemur psallere et orare per charitatem, qui est -Spiritus sanctus. - -[549] Che una connessione corra tra la dottrina della trinità e quella -dei tre stati lo dice l'_Expositio in Apocalipsim_, fol. 142, col. -2. Pro eo enim quod Deus trinitas est, in tribus magnis certaminibus -oportebat dissolvi regnum mundi hujus a compage sua, ut statueretur -perpetue regnum Dei. Cfr. _Concordia_, II, I, 6, fol. 8, col. 4. -Alioquin si una persona esset deus, nec tria distincta opera essent -querenda, nec in uno tamen concordia assignari valeret. - -[550] _Apoc._, fol. 3, col. 2: Est enim clavis veterum notitia -futurorum. _Conc._, II, 5, fol. 8, col. 1: Intelligentia illa quae -Concordia dicitur similis est vie continue, que a deserto porrigitur -ad civitatem, interpositis locis humilioribus, in quibus se viator -ambigat iter rectum adire, et nihilominus interpositis jugis montium, -a quibus possit posteriora et anteriora respicere, et residui itineris -rectitudinem ex retroactae viae contemplatione metui. Omnis enim, qui -coram facie graditur, ubi itineris vestigium non apparet, ex aspectu -retroacti agendi rectitudinem pensat. - -[551] _Conc._, II, I, 1, fol. 6, col. 3. Multum ergo distat inter -utrumque celum, multum inter utrumque testamentum differentia est. -Differunt sane utriusque nativitates, differunt vite, differunt bella, -differunt et victorie. Illi enim ex carne, isti ut jam dixi ex aqua et -spiritu nati sunt .... illi faciebant uxoribus libellum repudii .... -isti in typo Christi et ecclesie singuli singulas teneri jubentur .... -illi pro terrenis possessionibus pugnaverunt, isti non tam pro terra -aut qualibet terrena substantia, sed pro sancte libertate ecclesie et -salute spirituum suorum preliare noscuntur. - -[552] _Apoc._, fol. 3, col. 1. Pro quattuor autem historiis quattuor -evangelia data sunt .... Duo vero medii Marcus et Lucas non apostoli -sunt, sed apostolorum discipuli et audita potius quam visa describunt. -Sicut ergo apud nos si humano liberaretur judicio, majoris auctoritatis -esse quis diceret que apostoli visa, quam quod apostolorum discipuli -non tam visa quam audita scripserunt, ita historiarum quattuor, -prime et ultime, Job scilicet et Hester majorem judeorum presbiteri -auctoritatem dederunt, quam duobus mediis, Tobie vero et Judith. - -[553] _Conc._, II, I, 1, fol. 7, col. 2. Oportet inquam nos in hoc -opere altare testamenti prioris pro dono omnipotentis Dei ordinate -componere, fundentes et statuentes desuper aquam testamenti novi, -ut aliud inter aliud, ac si rota infra rotam inesse per concordiam -videatur. Invisibilem autem spiritum ignem suum spiritualem veluti de -tertio celo dirigere, ut, veniente quod perfectum est, evacuet quod ex -parte. - -[554] _Conc._, III a, 18, fol. 29, col. 4. Attendamus ergo -spiritualiter quae spiritualiter dicta sunt, et quemadmodum aedificent -spiritualiter resoluta quae, carnaliter intellecta, insipida sunt. - -[555] _Conc._, Prol., fol. 8, col. 1. Allegoria est similitudo -cujuscusque rei parve ad maximam ac si dies ad annum, ebdomada ad -etatem, persona ad ordinem vel ad urbem ad gentem ad populum et -mille talia. Verbi gratia Habraam unus est homo et significat ordinem -patriarcharum, in quo multi sunt homines. Zacharias unus est homo et -hoc ipsum significat. Sarra una est femina et significat Synagogam .... -Datus est filius Sarrae, filius non carnis sed permissionis temporis -senectutis suae. Hoc est quando venit plenitudo temporum ut mitteret -Deus filium suum; ergo Elisabethe illud idem significat. - -[556] _Conc._, lib. V, cap. I, fol. 60, col. 3, 4; _Apoc._, fol. 14, -col. 3. Tutte queste interpetrazioni si riducono a quattro principali, -fol. 61, col. 3. Quia ex hiis omnibus quatuor sunt intelligentie -principales, que ceteras omnes continet infra se 1.º Historica seu -et 2.º moralis 3.º contemplativa [sub cujus nomine continentur duo -tropologica et anagogica, quarum prima inferior est contemplativa, -secunda superior] et 4.º typica, que dividitur in septem speciebus. - -[557] _Concordia_, V, 2, fol. 61, col. 1; cfr. II, I, 29, fol. 28, col. -2. - -[558] _Apoc._, fol. 63, col. 4. - -[559] Queste strane allegorie si leggono nel _Commento all'Apocalisse_, -fol. 53, col. 4; fol. 54, col. 3, 4. - -[560] _Conc._, IV, I, fol. 42, col. 2, 3. Sciendum quoque quod -concordia non secundum totum exigenda est, sed secundum quod clarius et -evidentius est; non secundum cursum historie, sed secundum quid .... -Ita novum testamentum simile est veteris testamenti .... Sicut ergo -sunt arbores sylvae plurimae quae in stipitibus sunt similes sed tamen -in ramis foliisque dissimiles, sic et duo testamenta in rebus quidem -generalibus similia sunt sed in specialibus dissimilia. - -[561] _Conc._, II, I, 2, fol. 7, col. 2. Concordiam proprie esse -dicimus similitudinem aeque proportionis novi ac veteris testamenti, -eque dico quoad numerum non quoad dignitatem, cum videlicet persona -et persona, ordo et ordo, bellum et bellum ex parilitate quodam -mutuis se vultibus intuentur, utpote Habraam et Zacharias, Sarra et -Elisabeth, Isaac et Joannes Baptista, et homo Jesus et Jacob, duodecim -Patriarche et numeri ejusdem apostoli, et quodlibet simili, quod totum -ubicumque occurrerit non pro sensu allegorico sed pro concordia duorum -testamentorum facere certum est, unum vero spiritualem intellectum ex -utroque procedere. - -[562] _Conc._, II, I, 10, fol. 10, col. 3. Non igitur secundum -intellectum numerum annorum extimanda sunt tempora ista, sed secundum -numerum generationem. Etenim ab Adam usque ad Christum fuerunt -generationes quadraginta et tres, et ab Osia usque ad finem secundi -status sexaginta tres; ab Osia namque initiatum est testamentum novum -quod confirmatum est in Christo, ne prius videretur deficere vetus quam -novum seminatum et radicatum germinaret ex humo et produceret fructum. - -[563] Oltre alle suddette analogie Gioacchino sa scoprirne un'altra -che per la sua singolarità merita di esser riferita. _Conc._, IV, 2, -fol. 43, col. 2. Sed et illud ad concordiam pertinere non est dubium, -quod sicut Eva prima mater corrupta per serpentem genuit geminos in -peccato, quorum junior a primogenito interfectus est; ita, ut traditur, -tempore predicti Osie mater populi romani, que vocata est Rhea vel -Ilia, geminos concepit de stupro, et nihilominus primogenitus juniorem -occidit. - -[564] _Conc._, II, I, 5, fol. 8, col. 2. Habet autem iter istud, quo -pergere cupimus, duce deo, aliquid securius utpote quam non aliquo casu -agitar aut agi capit, sed in dei sapientia et doctrina habens stationes -suas certis limitibus designatas. Qui videlicet limites diversis modis -considerandi sunt, largo seu et districto secundum majora tempora et -secundum mediocra et minora; quod totum de numero generationum et -temporum proprietate colligitur. Aliud namque tempus fuit, in quo -homines vivebant secundum carnem, hoc est usque ad Christum, cujus -initiatio facta est in Adam. Aliud in quo vivitur inter utrumque, hoc -est inter carnem et spiritum, usque scilicet ad presens tempus, cujus -initiatio facta est ab Heliseo propheta, sive ab Osia rege Juda. Aliud -in quo vivitur secundum spiritum usque videlicet ad finem mundi, cujus -initiatio a diebus beati Benedicti. Fructificatio itaque vel proprietas -primi temporis, sive ut dicimus melius, primi Status ab Habraam usque -ad Zachariam patrem Joannis Baptiste, initiatio ab Adam. Fructificatio -secundi status a Zacharia usque ad generationem quadragesimam secundam; -initiatio ab Osia sive a diebus Asa sub quo vocatus est Heliseus -ab Helya propheta. Fructificatio tertii status ab ea generatione, -quae fuit vigesimasecunda a Sancto Benedicto, usque ad consumationem -seculorum; initiatio a Sancto Benedicto. - -[565] _Conc._, II a, 18, fol. 13, col. 1. Ab Adam usque ad Jacob -fuerunt generationes 21: a Jacob usque ad Asa et alio modo usque ad -Osiam generationes 21; licet enim judices qui prefuerunt populo Israel -non pertineant ad ordinem generationum; tamen pro generationibus -accipiendi sunt, quia quedam propagatio spiritualis fuit in eis sicut -ut in regibus Jude et Israel. Exinde ab Asa usque ad Achim, sive ab -Osia usque ad Christum generationes 21. - -[566] _Conc._, II, I, 19, fol. 13, col. 1. Quia denarius numerus -perfectus est integer in seipso, in eo velut in fonte aliorum -statuendus esset finis inquisitionis nostre .... Si quidem ab Adam -usque ad diluvium generationes decem, a diluvio usque ad subversionem -Sodomorum generationes decem. Exinde usque ad Obed, qui fuit -contemporaneus Hely, generat. X. Exinde usque ad Joas, in cujus diebus -cepit sterminari Israel ab Azael rege Siriae, gen. X. Exinde usque ad -trasmigr. Babilonis gen. X. - -[567] _Conc._, II, I, 23, fol. 14, col. 3. Et que sint illa septem -signacula (memorata in libro Apocalipsi) septem signa quorum sex -peracta sunt in labore filiorum Israel, septimum in otium. - -[568] _Conc._, II, I, 9, fol. 10, col. 2. Primus status tenendus est ab -Adam usque ad Christum, secundus ab Osia rege usque ad presens, tertius -a beato Benedicto usque ad consumationem seculi. - -[569] _Conc._, IV, 24, fol. 53, col. 4. Illud autem lectorem moneo et -maxime in legendis historiis et notandis annorum numeris studiosum, -ut si forte in distinctione pontificum et imperatorum aliquid per -generationes singulas invenerit corrigendum, quod ex corruptione -multimodo chronicarum accidesse posse non nego, liberum sit ei pie -tamen et veraciter emendare, ne forte sicut ego in diversis diversa -repperi, ita accidere potuerit ud ad summam veritatis venire nequierit -.... - -[570] _Conc._, IV, 3, fol. 44-45. Il raffronto si chiude con queste -parole: Quod intelligens Constantinus imperator beato papa Silvestro -imperialem, quam ipse tenere videbatur, tamquam deditam Christo regi -sponte obtulit dignitatem. Verumtamen quia regnum Christi non est -ex hoc mundo, sic visum fuit romanis pontificibus debitam semper -a Christo accipere potestatem, ut tamen usum temporalis regni vel -potius bonorum corporalis regiminis illis cogerentur permittere, -qui mundi gloriam querunt, ne hi, qui juxta Apostolum militant deo, -implicarentur temporalibus negociis. Gioacchino conosce ed apprezza -grandemente l'opuscolo di S. Bernardo indirizzato a papa Eugenio. -(_Conc._, V, 64, fol. 94, col. 4). Bernardus noster abbas Claravallis, -qui in libro suo de Consideratione misso ad Eugenium papam, nihil de -negligentiis aut gravamine subjectorum derelictum est in tantum, ut -adeo liber ipse alter leviticus esse putaretur. Et quamvis sanctus vis -mordacius argueret in romano pontifico occupationem, non tamen absolute -occupationem, sed illam quae est secundum seculum, per quam ea, que est -secundum Deum occupatio, periit. - -[571] IV, 5, fol. 46, col. 1. Non enim in hac generatone aliquis -imperator similis Salomoni in sapientia reperitur. Et tamen per -spiritualem intellectum completum est in hac eadem generatione secundum -aliquod mysterium Salomonis, quia Christus Jesus, quem significat -Salomon altius pre solito per quosdam preordinatos servulos abundanter -influxit .... Hylarius, Hieronimus, Joannes Chrisostomus, Augustinus. - -[572] _Conc._, IV, 6, fol. 46, col. 4; IV, 8, fol. 47, col. 4; fol. 48, -col. 1. - -[573] Il cap. IV, 17, fol. 52, col. 2-3, che riguarda Leone si chiude -con queste secche parole per Gregorio VII: Denique et in sequenti -generatione, que respicit Joachaz (Joachin), quia sine consensu -imperiali electus est Gregorius VII in romanum pontificem, obsessus ab -imperatore idem papa, sublatusque idem a duce normandorum ductus est -usque ad Salernum. In cujus locum idem imperator substituit Gilbertum, -ravennatem episcopum, vocavitque eum Clementem. Completa est autem -in hoc facto similitudo ei que accidit regi Joachaz, quem rex Egypti -amovit a Hierusalem, ne regnaret in eo, et substituit ei Joachim -fratrem ejus pro eo. - -[574] _Conc._, IV, 22-25, fol. 53, col. 2; fol. 54, col. 3. Riporto -solo la fine di questo lungo passo. Etenim ordo ille, qui pro claritate -sapientie dici poterat aurum, modo obscuratum est et rursum velut -in nigrum plumbum. Et hii, qui quasi lapides preciosi contineri -consueverunt in claustro cordis, modo percurrentes vias latas, dispersi -sunt in capite omnium platearum, disponentes exteriora negocia, -dirimentes eas et lites judiciorum non bonorum .... Nunc autem ipsius -ecclesie exigentibus culpis, hii qui successerunt in ipso ordine -sacerdotali, nihil pene habentes de imitatione celestis hominis, -terreni sunt omnino et terrena sectantur. - -[575] IV, 30, fol. 55, col. 4. In ecclesia vero incipit generatio -quadragesima prima anno domini 1201 .... Sed tamen expectandum est cura -ingenti timore. - -[576] _Conc._, I, 8, fol. 9, col. 3: Habet et monachorum ordo imaginem -Spiritus Sancti qui est amor Dei; quia non posset ordo ipse despicere -mundum, et ea quae sunt mundi nisi provocatus amore Dei et tractus ab -eodem Spiritu, qui expulit dominum in desertum, veruntamen spiritualis -dictus est quia non secundum carnem ambulat sed secundum spiritum. -Igitur primus ordo initiatus est ab Adam, secundus ab Osia rege Juda, -tertius secundum aliquid ab Heliseo propheta, secundum aliquid a beato -Benedicto. Quare sic? Quia Spiritus Sanctus a patre filioque procedit. - -[577] _Conc._, II a, 14, fol. 11, col. 4: Si autem incipis ab Asa -sub quo vocatus est Heliseus, ab ipso usque ad trigesimam septimam -generationem ab incarnatione Domini, sub qua et convaluit pre solito -ordo monasticus sub regula sancti Benedicti in partibus Galliarum -generationes sexaginta tres, usque vero ad initium tertii status -septuaginta. - -[578] _Conc._, II, I, 14, fol. 11, col. 3: Et rursus a sancto Benedicto -usque ad consumationem seculi eadem existimatio manet sub eo tamen -dierum numero, quem novit ipse solus, qui fecit omnia secundum -consilium voluntatis sue. Ivi, III, 6, 7, fol. 42, col. 3: Ego autem -mediam horam (Apoc., 8, 13) in loco isto pro dimidio anno accipiendum -esse puto. Quid tamen de hoc verius sit judicio domini relinquendum. -V. 64, fol. 95, col. 1: Sed utrum natus sit puer, qui designatus sit in -Salomone aut in primo nasciturus, deus melius novit. Quia initia semper -obscura et intellectu difficilia. V. 118, fol. 134, col. 2: Si queris -dierum numerum non est meum dicere neque scire; quod nobis datum est -hoc solvimus. - -[579] IV, 31, fol. 56, col. 2: In ecclesia incipiet generatio 42 -anno vel hora quam Deus melius novit. Non è meraviglia che si possa -conoscere la fine di una generazione e non il principio, perchè -Gioacchino più volte ripete che la durata della generazione può -essere maggiore o minore del numero medio. Così _Conc._ II, I, fol. 12 -Generationis in veteri Testamento variae fuerunt et inequales. - -[580] _Conc._, II, I, 16, fol. 12, col. 3: Igitur in Testamento -novo non secundum carnem accipienda est generatio sed secundum -spiritum. Et quoniam triginta annorum erat dominus quando cepit -habere filios spirituales, quod et perfiguratum fuerat in unctione -David et inchoatione prophete Ezechielis prophete, recte spatium -generationis in novo Testamento triginta annorum numero terminatur -nimirum quod perfectio ipsius numeri ad fidem pertinet trinitatis. -Inde est quod nemo absque magna necessitate debet in novo Testamento -suscipere sacerdotii dignitatem ut fiat pater spiritualis nisi sit -triginta amorum .... Igitur generationes ecclesie sub spatio XXX -annorum singule sub singulis tricenariis accipiende sunt, ita ut sic -Mattheus comprehendit tempus primi status sub spatio generationum 42, -ita tempus secundi super eodem generationum numero terminari non sit -dubium, maxime cum ostendatur significatum in numero dierum, quo mansit -absconditus Helias (III _Reg._ 19) a facie Acab, et quo mulier amicta -sole, que designatur ecclesia, mansit abscondita in solitudine a facie -serpentis, (_Apoc._, XII, 6) accepto haud dubium die pro anno et mille -ducentis sexaginta diebus pro totidem annis. - -[581] V, 15, fol. 67, col. 4: Sic quondam Helias certis temporibus -diebus vel annis mansit absconditus a facie Jezabelis, hoc est tribus -annis et mensibus sex, ita in eodem spatio dierum et annorum dicta est -memorata stetisse in solitudine, hoc est 1260 (_Apoc._, XII, 6). Hoc -tempus et tempora et dimidium temporis, quia vero numerus iste dierum -vel annorum noctibus sit ad agnoscenda tempora dies et annos, et in -secundo hujus operis libro sufficienter demonstratum est. Cfr. V, 75, -fol. 104, col. 2. - -[582] _Conc._, V, 89, fol. 118, col. 2. Quod ergo mulier ista -ascenderat in eminentiorem partem domus, et ut fugeret consortia -publica, ibi se contegerat cum puellis suis, quid nisi vitam -contemplativam et anacoreticam significare creditur maxime cum scriptum -sit in libro Apocalypsi de muliere amicta Sole, et mulier fugit in -solitudinem ut pascat ibi diebus 1260. Cfr. _Apoc._, fol. 160, col. 2. - -[583] _Conc._, l. c., fol. 117, col. 4. Vidua Judith ecclesiam -orientalem sicut puto designat .... mansit autem Judith in viduitate -sua annis tribus et mensibus sex. Magnum istud plane et apertum -mysterium. Hic est enim ille magnus numerus qui universa hec continet -facta. Sunt etenim menses 42 sive dies 1260, nihilque aliud designant -quam annos 1260, in quibus novi testamenti sacramenta consistunt. - -[584] II, I, 14, fol. 11, col. 8. Ordo monachorum secundum aliquid -ab Heliseo propheta, qui vocatus est ad gratiam prophetie in extremo -tempore Asa regis Juda, et secundum aliquid a beato Benedicto, qui -quantum datur intelligi ex his que legimus in libro dialogorum vocatus -est a domino ad ordinem monachatus circa extremitatem 16 generationis -ab incarnatione Domini. - -[585] _Conc._, II a, 25, fol. 15, col. 2. Reversus est autem Sol decem -lineis in diebus Ezechiae, qui fuit decimus tertius a Salomone, ut bis -decem generationes numerari debuissent. - -[586] _Conc._, II a, 12, fol. 10, col. 4. Quod in sequentibus -diligentius prosequendum est liquet quod a Jacob patriarcha velut -duobus viis descenditur usque ad David seu per judices et rectores -populi, altera per patres ut ipse unus David veluti quidam prepotens -annis duos in se rivos suscipiat ex uno quidem fonte progressos, sed -diversis usque ad se aquarum ductibus venientes. - -[587] _Apoc._, fol. 27, col. 4. Querendum est nobis .... cur -beatus Johannes, apocalipsis librum eisdem septem ecclesiis quasi -spiritualiter delegaverit, qui non modo ex parte ut prophetae ceteri -sed generalius prae multis aliis fidelibus loquitur universis. - -[588] Ivi, fol. 29, col. 3. Igitur quod ad quinque tribus generaliter -spectat, ab exordio temporum usque ad Christum consummatum est. -Et non in eisdem quinque tribubus omnes illorum temporum electorum -progenies intelligendae sunt, que fide et operibus bonis eterne regnum -beatitudinis hereditare meruerunt. - -[589] _In Apocal._, fol. 29, col. 1. Et recte quoque Ruben et Gad -et dimidia tribus Manasse ad plagam orientalem laborum suorum premia -perceperunt, quia prime ille generationes seculi, que ab Adam usque -ad Noe, a Noe usque ad Habraam, ab Habraam usque ad Moysen, quasi due -tribus et dimidia sine lege vixerunt, et mundi origini adjacentes -fuerunt velut ad plagam orientalem, hoc est in etatibus primis, -in quibus sine lege vivebant. Ivi, col. 2: Igitur a Moyse usque ad -Christum reliqua Manasse tribus dimidia, Effraim quoque et Juda velut -ex hac fluminis parte hereditatem acceperunt, quia sicut duas etates et -dimidiam ante legem, sic duas et dimidiam sub lege Deus onnipotens esse -voluit. Septem vero distinctiones temporum ab initio secundi status -usque ad initium tertii in hac vero etate sexta, secundum quod liber -iste docet, instituit, ut et numeri duodenarii servaretur integritas, -et perfectio quinarii ac septenarii si qua alia non de essent. In -questo luogo cita la _Concordia_: de quibus in opere _Concordie_ -fecimus mentionem. - -[590] _In Apoc._, fol. 48, col. 2. Veruna quod filius Dei, qui -proprie dicitur sapientia, formam servi assumpsit, in qua sustineret -lassitudinem et laborem, Spiritus vero Sanctus, qui vocatur Dei -charitas, non assumpsit; quia et nos in addiscenda sapientia -angustamur, affligimur et laboramus, in amando vero quem amare libet, -nullas afflictionis sustinemus angustias .... Et quia quinque sunt, -ut jam diximus corporis sensus, in quibus se mortalis homo ad studium -actionis exercet, septem vero dona spiritus, quibus homo interior -efficitur spiritalis, merito quinque principales ecclesie unigenita -Dei Filio attribuenda sunt, septem vero Spiritui Sancto .... quinque -opera Christi .... primum opus Christi nativitas fuit, secundum passio, -tertium resurrectio, quartum ascensio, sane quintum opus ipsa est -ostensio linguarum et missio spiritus sancti .... - -[591] Fol. 54, col. 2. .... quid enim velit septem planetarum -distinctio cogitare compellimur, presertim cum septenarius numerus -tante perfectionis sic, ut vix aut nunquam possit carere non dico -qualicumque sed perfecto mysterio. Querimus ergo fide, ratione -juvante, et invenimus in electorum agminibus septem quosdam viros -proprietate quodam in misteriis ab illorum multitudini segregatos. -Adam, Noe, Abraam, Moyses, David, Joannes Baptista, Helias .... deus -omnipotens misit in mundum hos septem viros magnos et nominatos per -diversa intervalla temporum, ut quasi quosdam novos cursus peragerent -preceptorum Dei. - -[592] Fol. 57, col. 1. Sunt itaque istorum radii septem proprietates -eorum, in quibus similitudines septem ordinum denotatae sunt. - -[593] Fol. III, col. 4. Congruit namque proprietate quadam fortitudo -praelatis, scientia dyaconibus, intellectus doctoribus, sapientia -contemplatoribus, consilium conventualibus, pietas eis qui miseratur -pauperibus, timor conjugio alligatis. - -[594] Vedi l'interpetrazione dei suggelli _In Apoc._, fol. 114 e -segg. Nel fol. 117, col. 3, si legge questo passo importante per la -cronologia di Gioacchino: Constet autem quod post quintum sigillum, in -cujus extremitate nos sumus, restat adhuc martyrum pugna. - -[595] Fol. 118, col. 1. Volo enim illum scire, duobus modis accipi diem -ultimum et diem judicii. Accipitur enim largo modo pro quodam incerto -tempore .... et accipitur stricto modo de conclusione ipsius temporis, -quando consummatis cunctis mysteriis, ibunt impii in supplicium -eternum, justi autem in vitam eternam. Cfr. fol. 139, col. 4. - -[596] Fol. 118, col. 4. Cura ordo ille preclarus, qui letus et -ylaris esse debuit, splendore lucidus et candore (fol. 119, col. 1), -accidentibus contra votum contrariis, pro merito pravitatis sue tristis -efficitur et obscurus. Dum enim multum laborat et parum proficit, dum -nimis occupatur in exterioribus pro stipendiis carnis, a studio vite -spiritualis incipit esse alienus .... Obscuratur aurum, cura splendor -vite contemplative in ordine monasticho inanescit, mutatur et color -optimus, cum hii qui positi sunt ad speculanda celestia, inhiare -incipiunt lucra terrena. - -[597] Fol. 119, col. 2. Sed et vita clericorum, que primo radios lucis -sue effundere solebat in populo, proh dolor! in sanguinem versam esse -videmus. Nihil enim in ea spirituale, nihil celicum; sed omne pene -lubricum, totum carnale, totum caro et sanguis et evisceratio spiritus. -Ubi lites, ubi scandala, ubi rixe, ubi invidie, ubi emulationes? -Nonne in ecclesia clericorum? Nonne inter eos qui lucem exemplorum -suorum dare subjectis plebibus debuerunt?... Denique et stellas celi -absque numero cadere (VI, 13) videmus in terra, sive ruina pravitatis -heretice, sive (ut in pluribus) lapsu carnis. - -[598] Fol. 123, col. 1. Silentium sacri sabbati silentium est vite -contemplative. Silent enim sancti consumatis mysteriis ut audiant quid -loquatur in se dominus deus. - -[599] Fol. 130, col. 3. Quis fuit miser iste .... deus scit, clericum -tamen fuisse et imbutum scientia litterarum ex huius textu lectionis -apparet. - -[600] Fol. 133, col. 1. Siquidem ut omnes illis Christi domini -dicebantur, ita et in secta ista multi jam precesserunt, qui essent -pro auctoritate perfidie dicendi Antichristi; maxime cum dicat -Joannes utens presenti vel preterito pro futuro: sicut audistis -quia Antichristus venit, nunc Antichristi multi facti sunt. Et quia -protinus subinfert (JOANN., 1): Unde scimus quia novissima hora est, -sequi non longe post ipsum magnum Antichristum demonstrat, quem ego -_considerans universas facies scripturarum et introitus et exitus -concordiarum, presentem puto esse in mundo, etsi necdum venerit hora -revelationis ipsius_. Oportet enim secundum Hieronimum desolari romanum -imperium, quod resistit ei, antequam reveletur .... revelabitur autem -manifeste sub sexto Angelo tuba canente, etsi antea velut occulte -operari incipiat. Tempus siquidem sexti Angeli omnino credimus -esse breve. A chi si riferisca Gioacchino è ben difficile dire. Non -sarebbe impossibile che accennasse a Federigo II, a quel tempo pupillo -d'Innocenzo III. Molti guelfi dubitavano che il Papato non avesse -a pentirsi dell'aiuto prestato ad un discendente di casa sveva, e -Gioacchino poteva essere bene uno di costoro. Ma è molto più probabile -che accennasse vagamente ad un re dei Saraceni, ad un nuovo Saladino, -che avrebbe recati maggiori danni del suo predecessore non meno alla -Chiesa che all'Impero. - -[601] Fol. 133, col. 3. Tempus sexti angeli tuba canentis, de quo -in presente capitulo sermo est, ita secundum id, quod proprium est, -futurum esse sentimus, ut tamen secundum aliquid sumpsisse exordium -videatur .... Igitur in quantum capere queo, tempus quidem sexti -Angeli initiatum est, sed tamen tempus quinti necdum usque ad presens -consumationem accepit. - -[602] Citammo altrove il passo che si riferisce alle notizie avute in -Messina. Ora citeremo quest'altro, dal quale si narra più chiaramente -che l'Anticristo per Gioacchino non può essere un imperatore cristiano, -ma un pagano, fol. 134, col. 4. Dictum est autem quod siccandae essent -aquae Euphratis, ut preparetur via Regibus ab ortu solis, quod sine -gemitu dicendum non est, initiatio quaedam terribilis precepit super -eo quod nuper accidit sub inclyto illo exercitu Frederici magni et -potentissimi Imperatoris et aliis exercitibus populi christiani, qui -transeuntes mare in infinita multitudine, vix in paucis reliquiis pene -sine effectu remearunt ad propriam. - -[603] Fol. 140-141. Et sciendum quod aqua magis assimilatur rei viventi -quam terra, unde aquam vivam dicere consuevimus, magis autem ignis quam -aqua, quia dignius est Testamentum novum Testamento veteri, multo magis -proximum eterne vite. - -[604] Riunisco in questa nota i passi dell'_Esposizione_, che si -riferiscono al terribile anno 1260. Fol. 145, col. 4: calcanda -(Ecclesia) perhibetur ab eis mensibus quadraginta duobus, quod est -dicere secundum Lucana donec impleuntur tempora nationum. Fol. 157, -col. 3: Et mulier fugiit in solitudinem, ubi pasceret illam Deus diebus -1260. Numerus iste quid significet liber quem propter ipsum et secundum -ipsum edidimus (evidentemente accenna alla _Concordia_) manifeste -declarat. La _Concordia_ è citata esplicitamente a fol. 165, col. 3-4, -nell'interpetrazione della frase di Daniele: in tempus et tempora et -dimidium temporis, che Gioacchino intende per 3 anni e mezzo ovvero -42 mesi. Fol. 164, col. 3: DANIEL scripserat: (VII, 24) .... Decem -cornua, que vidisti in bestia, ipsius regni deum reges erunt. Et alius -consurget post eos, et ipse potentior erit prioribus, et tres reges -humiliabit, et sermones contra excelsum loqueretur, et sancto altissimi -conteret, et putabit quod possit mutare tempora et leges, et tradentur -in manu ejus in tempus et tempora et dimidiam temporis .... Nec aliud -quod dicit Joannes: datum est ei facere menses quadraginta duos. - -[605] Vedi l'interpetrazione della donna ammantata di sole nel fol. -154, col. 3; quella del drago, fol. 156, col. 2; infine quella della -bestia dalle sette teste, fol. 162, col. 2-4. - -[606] Fol. 164, col. 4. Sarracenorum vero ex tot annis semel inchoata -perfidia perseverat in malo, et ubique christianum nomen impugnare pro -viribus non desistit .... forte futurum est ut christiani prevaleant -predicando magis quam preliando. - -[607] Fol. 168, col. I. Sicut prima bestia, que egressa est de mari, -omnino concordat cum sexta visione Danielis, in qua agitur de quatuor -bestiis egressis de mari magno, ita hec secunda, que ascendit de -terra cum septima visione ipsius, in qua agitur de Hyrco caprarum -.... Sicut bestia illa, que ascendit de mari, habitura est quemdam -magnum regem de secta sua, qui similis sit Neronis, et quasi imperator -totius orbis, ita bestia, que ascendit de terra, habitura sit quemdam -magnum prelatum, qui sit similis Simonis Magi, et quasi universalis -Pontifex in toto orbe terrarum, et ipse sit ille Antichristus, de quo -dicit Paulus quod extollitur et adversatur supra omne quod dicitur -deus, aut quod excolitur. Fol. 169, col. 1-2. Igitur et in sexcentis -comprehenditur totum quod pertinet ad sex etates mundi, in sexaginta -specificatur illa pars que pertinet ad sextam etatem et in sex sextum -tempus hujus sexte etatis. - -[608] Fol. 195, col. 3. Civitas, ut jam dixi, riproborum que dicta -est Babylon non tantum romana civitas existimanda est, aut ipsa (quod -absit) secundum totum, sed universa multitudo impiorum et natorum -secundum carnem. Fol. 196, col. 3: Primum caput fuit regnum Herodis et -successorum ejus; secundum, imperium romanorum usque at Diocletianum; -tertium, quartum, quintum et sextum quatuor in opere memorata regna -arrianorum; septimum caput, regnum Sarracenorum .... Et reges septem -sunt ut non isti septem reges singuli per singula capita, sed alio modo -surgere intelliguntur per singula septem temporum .... Horum primus -fuit Herodes .... secundus Nero .... tertius Constantius arrianus .... -quartus Mahomet vel potius Cosroe rex persarum .... quintus is qui -primus in partibus occiduis cepit fatigare ecclesiam pro investitura -ecclesiarum .... sextus autem rex, de quo dicitur, et unus est et ille -est rex undecimus in Daniele in cujus tempore aperienda est ad liquidum -revelatio ista et percutienda nova Babylon .... Post cujus percussionem -occidetur septimum caput bestie, et dabitur tranquillitas ecclesie -Christi. - -[609] Fol. 197, col 1. Et decem cornua que vidisti in bestia decem -reges sunt .... hoc autem quomodo intelligi possit non video nisi ut -sub nomine sexti regis alius surgere intelligatur post alium, quatenus -post illum, de quo dicit Joannes. Unus est, quem propter temporis -instantiam puto fuisse Saladinum, famosissimum illum regem turchorum, -a quo nuper capta est illa civitas, in qua passus est Christus. Surgat -alius in successionem ipsius .... - -[610] Nella _Concordia_, V, 84, fol. 112, col. 2, si troverà il -passo che tradussi nel testo. Ivi si legge: primus senum, secundus -juvenum, tertius puerorum. Il che sarebbe come a dire che l'umanità -segua un cammino a ritroso dei singoli uomini, cominciando dalla -vecchiezza e terminando nella puerizia. Altrimenti dice nel _Commento -all'Apocalisse_, fol. 139, col. 2: in primo erudiuntur parvuli, in -secundo instituuntur adolescentes, in tertio inebriabuntur amici. - -[611] _Conc._, II, 1, fol. 8, col. 3 (cfr. _Apoc._, fol. 5, col. 3-4), -fol. 8, col. 3. Conjugatorum ordo initiatus ab Adam, fructificare cepit -ab Habraam. Clericorum ordo initiatus est ab Osia, qui cuna esset de -tribu Juda obtulit incensum domino, etsi non impune. Fructificavit -autem a Christo, qui verus est rex et sacerdos. Monachorum ordo -secundum quandam propriam formam, cui spiritus sanctus, qui est auctor -beatorum, perfectam exhibuit auctoritatem, incepit a beato Benedicto, -viro utique claro, miraculis ope et sanctitate, cujus fructificatio in -temporibus finis (istis?). - -[612] _Conc._, II, I, 8, fol. 9, col. 3. Habet ergo conjugatorum ordo -imaginem patris, quia sicut pater ideo pater est qui habet filium, ita -ordo conjugatorum non nisi ad procreandos filios istitutum est a Deo -.... habet et clericorum ordo imaginem filii, quia verbum patris, quia -ad hoc constitutus est ipse, ut loquatur et doceat populum viam domini, -et ostendat ei continue legitima Dei sui ... habet et monacorum ordo -imaginem spiritus sancti, qui est amor Dei, quia non posset ordo ipse -despicere mundum nisi provocatus amore dei et tractus ab eodem spiritu, -qui expulit dominum in deserto. - -[613] _Conc._, II a, 1, fol. 7, col. 1. Construendum est nobis cum -Helia (I, _Reg._, 18, 31-38) altare de terra ipsa, terra collocanda -inferius, ut aqua desuper locari queat, expectantibus nobis ignem -de celo, qui consumat terram et aquam, expectantibus spiritualem -intellectum, qui terrenam illam superficiem litere, que de terra est -et de terra loquitur, evacuando consumat, et nihilominus evangelicam -doctrinam designatam hic in aqua lambendo commutet, secundum et aqua -illa crassa, quam posuit in altari Neemias sacerdos (2 _Machab._, I, -20), conversa est in igne, aut sicut in cena Galilee aqua commutata -est in vino. _Conc._, V, 68, col. 1. In primo (periodo) solius patris -gloria revelata est populo illi antiquo, indocto, terreno et animali -nescienti intelligere quod esset verbum domini aut spiritus oris ejus; -in secundo gloria filii; et ex presenti gloria spiritus sancti. In -tertio reverenda est perfecta gloria ipsius spiritus, ut evacuetur -quod ex presente est. Plus ergo glorificati sunt homines secundi -status, quia plus noverunt; plus glorificabuntur homines tertii, quibus -revelata facie loquetur idem spiritus omnem veritatem .... - -[614] _In Apoc._, fol. 86, col. 3. Fuit enim claritas secundi status, -secundum quod dicit idem apostolus: _videmus nunc per speculum in -enigmate_; claritas vero tertii erit jam prope secundum totum, secundum -plenitudinem veritatis, quod est videre facie ad faciem, parvissima -valde obsistente interpositione velaminis. - -[615] _Conc._, V, 74, fol. 102, col. 4. Sicut enim evacuata est -observatio agni paschalis in observatione corporis Christi, ita in -clarificatione Spiritus Sancti cessabit observatio figure, ut non -sequantur ultra homines figuras, sicut ipsam semplicissimam veritatem, -que significatur in igne, dicente domino: spiritus est deus, et eos, -qui adorant eum in spiritu et veritate, oportet adorare. - -[616] _Conc._, I, 9, fol. 5, col. 4. Claudit et nemo aperit abscondens -a prudentibus et sapientibus verba vitae et revelans ea parvulis ut -omnem philosophicae superstitionis vanitatem excludat. _In Apoc._, fol. -70, col. 3. Tales sunt illi scribi infra sanctam ecclesiam constituti, -qui inflati vanitate seculi et scentia mundi et magisterium sibi pravi -dogmatis arroganter usurpant, quorum superbe mentes nidi avium sunt, et -Arrius, Eunomius, Macedonius et fautores eorum. Cfr. _Apoc._, fol. 87, -col. 3. - -[617] ROUSSELOT, _Joachim de Flore_, pag. 43. - -[618] _Conc._, II b, 5, fol. 20, col. 3. Pater siquidem imposuit -laborem legi quia timor est; filius imposuit laborem discipline, quia -sapientia est; Spiritus Sanctus exhibet libertatem quia amor est. Ubi -enim timor, ibi servitus; ubi magisterium ibi disciplina; ubi amor ibi -libertas. - -[619] _In Apoc._, fol. 179, col. 1. Igitur odium cordi radicatum -peccatum est ad mortem et peccatum nihilominus contra spiritum sanctum. -Nam spiritus sanctus amor est, quod est peccatum amori contrarium nisi -odium? - -[620] _In Apoc._, fol. 180, col. 4. Primam perditionis causam peccatum -esse superbie .... peccans utique in ipsum Christum, qui parvus et -humilis factus est .... Qui, sciens paupertatem regis sui, erubescit -egere, nonne Christum offendit positum in presepio? Qui erubescit -ascendere mite animal Christi, et spumantis equi sibi arrogantiam -querit, nonne regem suum offendit, quem ludisse super asinum -reminiscitur. - -[621] _In Apoc._, fol. 183, col. 2. Qui ergo vere monachus est nihil -reputat esse suum nisi citharam. _Conc._, IV, 39, col. 59, fol. 3. -Necesse quippe ut succedat similitudo apostolice vite, in qua non -acquirebatur possessio terrene hereditatis, sed vendebatur potius sicut -scriptum est. - -[622] _Conc._, III, I, 20, fol. 37, col. 3. Danielem vero prophetam -significare spiritum sanctum, sicut et Joseph et Josue et Samuel, ipsa -prerogativa castitatis insinuat, quae ubique pene cum occurrit spiritui -sancto solet ascribi, eo quod fit ipse amor Dei et effusor spiritualis -voluptatis, quam nemo novit nisi qui accipit. - -[623] RENAN, op. cit., pag. 153. - -[624] AMARI, _Storia dei Musulmani in Sicilia_, I, 441. - -[625] RODOTÀ, _Storia del rito Greco in Italia_, I, 153, 174 e segg. - -[626] Che nell'arcivescovato di S. Severina si fosse conservato il rito -greco lo prova una lettera d'Innocenzo III, dalla quale si raccoglie -che un Pietro Guiscardo, protettore dei Florensi, minacciava i canonici -di strappare loro le mogli, se non acconsentivano di affidare ai -Florensi in danno dei cistercensi di Corazzo la chiesa di Calabro -Maria. (UGHELLI, IX, 479). - -[627] UGHELLI, _Italia Sacra_, IX, 302, 307. - -[628] BOLLANDISTI, maggio, II, 48; AMARI, op. cit., I, 519. - -[629] Morì intorno al 903. BOLLAND., agosto, III, 489 e segg. - -[630] BOLL., settembre, III, 343 e segg. - -[631] BOLL., ottobre, VI, 332 e segg. - -[632] BOLL., settembre, VII, 283 e segg. - -[633] BOLL., settembre, VIII, 810 e segg. - -[634] Sul commento di Alano vedi più sopra, pag. 303, n. 1. - -[635] BOLL., marzo, I, 498. Fuit S. Cyrillus Presbyter Montis Carmeli -.... Ipse dum pro reverenda celebritate B. Hilarionis abbatis missarum -solemnia inchoasset .... nebula condensa sibi adstit. Ipso igitur -stupescente, angelus .... in ipsa nebula visus .... offerens virgam -liliatam et duas tabellas argenteas, litteris Graecis descriptas, -dixitque: cum sacramenta compleveris, has scripturas transcribes in -membrana, et constans tabellas formabis in calicem et thuribulum -ad libanda et adolenda in ara sacrificii matutini .... Dum igitur -sanctus iste eas tabellas transcripsisset et conflasset hujusmodi -transcriptum per Telesphorum monachum abbati Joachim, viro sancto et -illuminato, transmisit instantias supplicando ut ratione suae magnae -obscuritatis super eo commentariolum quoddam conficeret, quo abscondita -perducerentur in lucem .... Quod abbas Joachim ad instantiam S. Cyrilli -facere minime desistebat, rescribens ei epistolam, in qua inter cetera -nominat ipsum S. Cyrillum stellam manentem in ordine sanctitatis. -Questi due oracoli insieme alla lettera di S. Cirillo ed alla risposta -di Gioacchino furono pubblicati da Lezana nel 1663. Edidit postea -Abbas Joachim commentarium sive interpetrationem hujus oraculi, paullo -fusiorem, quam Lezana non audet transcribere, quia reperit aliqua -contineri, quae aliquibus pusillis saltem scandali occasionem afferre -possent. - -[636] _In Apoc._, fol. 143, col. 4. Graecorum populo datus est Beatus -Johannis, a quo et incepit perfectorum religio monachorum. Fol. 144, -3. Igitur reliquia Graecorum, agnita veritate, que est in spiritu, -convertentur ad unitatem Ecclesiae. Et reliquie Judaeorum pari modo -convertentur ad dominum. Fol. 145, col. 2. Intelligamus monachorum -ordinem, quem designat Johannis, a Graecis pervenisse ad Latinos .... -revertetur ad eum populum, de quo venit ad nos, permansurus in eodem -populo usque ad finem. _Conc._, II, 1, 27, fol. 17, col. 3. Verumtamen -ut in populo illo claruerunt Helias et Heliseus .... ita inventi -sunt in populo grecorum magis heremite et abbates, habentes plures -discipulos in monastica perfectione. - -[637] _Conc._, V, 47, fol. 82, col. 1. Siquidem clericorum ordo -secundum grecos, non secundum spiritum cepit ambulare sed secundum -litteram. Monacorum vero qui ab eis quidem incepit, sed tamen processu -temporis transiit ad latinos, audiens consilium apostoli de castitate, -magis elegit ambulare secundum spiritum quam secundum literam (1, -_Cor._, 7). Non enim simpliciter voluit audire de sacerdote unius -uxoris viro, sed magis illud: qui sine uxore est sollicitus est que -domini sunt quomodo placeat Deo; qui autem cum uxore est, sollicitus -est quomodo placeat uxori. - -[638] _In Ap._, fol. 131, col. 1. Pathareni haeretici mundos se -coram populo, justitia preditos esse simulant, tamen ex occulto circa -finem verbi producunt aculeos erroris sui, quibus tamen non servos -Dei promittentur ferire, sed illos homines, qui mundanas delitias -concupiscunt .... pro subsidiis tamporalibus (credentes) adheserunt -eis (perfectis) sicut ex relatu eorum, qui tum fuerunt inter eos -et penituerunt, didicimus .... denique convenientes in unum faciunt -collectas bonorum suorum, et si quos vident inopes anhelare ad divitias -mundi, primo ostendut eis affectum misericordiae et miserationis: -deinde culpant Christianos divites et maxime Sacerdotes et clerum -qui deberent (ajunt) servare apostolicum vitam et sublevare miserias -pauperis et egeni, ut nemo esset egens in religione Christiana, sicut -non erat in Ecclesia primitiva. Deinde dicunt eos excidisse a fide, -factos autem persecutores justorum, sicut sacerdotes Judaeorum, qui -persequebantur apostolos. Ad ultimum fatentur se scire homines qui -servent ad integrum apostolicam fidem, ita ut fit aliquis inops inter -eos, et qui pauper venit ad illos, protinus efficetur dives. Haec et -his similia QUASI RATIONABILITER CONCINNANTES munda animalia se esse -fingunt quousque percutiant homines ex improviso dicentes: Et tu quoque -si vis esse de credentibus in fidem etc. - -[639] Tra i molti luoghi in cui Gioacchino critica il Vecchio -Testamento scelgo questo della _Concordia_, II, 15, fol. 6, col. 1. -Qui sciebat duritiam cordis eorum, qui terreni erant, adhuc pro tempore -promisit eis multa, quae non decet sanctos, promisit non celestia sed -terrena, temporalia non eterna. Ergo ne pro terrena patria fundendus -est sanguis, et ut longo vivamus tempore serviendum est Deo .... Si -pro justitia sua Habraam patriarcha multiplicatus est in semine carnis, -quare in singulis regionibus multiplicati sunt filii Adam in gentibus -incredulis et non obedientibus Deo? Si pro munere credulitatis ejus -datum est ei, ut reges egrederentur de lumbis ejus, numquid non merito -paganorum filii preferre potuere numina idolorum suorum, qui colentes -et servientes eis etiam in toto mundo imperasse noscuntur? .... Sed -quasi per tot annos data est terra ipsa gentibus non servantibus -legem Dei, neque obtemperantibus Moisi servo Dei? Col. 2: Quomodo -aliam vitam permisere prophete, quam ea quam vere permiserat Moyses -observantibus legem? .... Si ista, quae deorsum est Hierusalem civitas -revera justorum est et mater credentium, quomodo in ea regnasse impii, -et justi et innocentes viri interfecti leguntur? .... Restat ergo ut -fateantur veram esse sententiam illam Apostoli (II, _Cor._, 3, 6), qua -dictum est: _litera occidit, Spiritus autem vivificat_. - -[640] BONWETSCH, _Die Geschichte des Montanismus_, pag. 57. - -[641] BONWETSCH, pag. 56. - -[642] ROUSSELOT, _Joachim de Flore_, Paris, 1867, pag. 53. - -[643] BULAEUS, _Historia universitatis parisiensis_, III, 26. - -[644] GUILLELMUS ARMORICUS, in D'ARG., I, 127. Redit ergo Parisius, -et compellitur ab Universitate confiteri ore, quod in contrarium -praedictae opinioni suae sentiret ... Taedio ergo et indignatione -affectus, ut dicitur, aegrotavit, et lecto incumbens decessit in brevi. - -[645] La fonte più antica, dalla quale a parola copiò il Rigordo, -voglio dire la Cronaca di Guglielmo Armorico, cappellano di Filippo -Augusto, esposta la dottrina di Amorico senza far cenno delle tre età, -seguita (D'ARG., I, 127): Post mortem ejus surrexerunt quidam, venenosa -ejus doctrina infecti, qui eo subtilius, plus quam oportet, sapere -cupientes, ad exsufflandum Christum, et ad evacuanda novi Testamenti -sacramenta, novos et inauditos errores et inventiones diabolicas -confinxerunt. Parimenti CESARE HEISTERBACH nella sua _Illustrium -miraculorum Historia_, V, 22, attribuisce la dottrina, che ei chiama -maximam blasphemiam in Spiritum Sanctum, non ad Amorico, e neanco a -Davide, bensì ad un mastro Guglielmo, ad un sottodiacono Bernardo, ad -un altro Guglielmo orefice ecc. - -[646] MARTINO POLONO, in D'ARG., I, 128. Qui Almaricus asserit ideas, -quae sunt in mente divina, creare et creari .... Et sicut alterius -naturae non est Abraam, alterius Isaac, sed unius ac ejusdem, sic -dixit: omnia esse unum et omnia esse Deum .... Item dixit quod sicut -lux non videtur in se, sed in aëre, sic Deus nec ab Angelo, neque ab -nomine videbitur in se, sed tantum in creaturis. - -[647] S. TOMMASO in 2 Sent. dist. 17, qu. I, art. I, accenna soltanto -il ragionamento di Davide senza svolgerlo: et haec tria esse unum, et -idem, ex quo iterum consequitur esse omnia per essentiam unum. - -[648] Item asseruit quod si homo non peccasset, in duplicem sexus -partitus non fuisset, nec gravasset; sed eo quo modo sancti angeli -multiplicati sunt, multiplicati fuissent et homines, et quod post -resurrectionem utriusque sexus, adunabitur sicut fuit prius in -creatione. (M. POLONUS in D'ARG., I, 128). - -[649] Dixerat etiam quod in charitate constitutis nullum peccatum -imputabant. MARTINUS, l. c., cfr. GUILLELMUS ARMORICUS in D'ARG., pag. -127. Charitatis virtutem sic ampliabant, ut id quod alias peccatum esse -si in virtute fieret charitatis, dicerent jam non esse peccatum. Unde -et stupra et adulteria in charitatis nomine committebant. - -[650] VINCENZO BELLOV., _Spec. hist._, lib. XXX, cap. VII. Prima -haeresis ejus fuit, quod quilibet tenetur credere se esse membrum -Christi, et hoc esse unum de fidei articulis, sine quo homo non potest -salvari. - -[651] GUILLELMUS ARMORICUS, in D'ARG., I, 130. Dicebant non aliter -esse corpus Christi in pane altaris, quam in alio pane, et qualibet re, -sicque Deum locutum fuisse in Ovidio, sicut in Augustino. Quest'ultimo -pensiero è molto importante. I veggenti della verità non si possono -distinguere in pagani, e gentili, ebrei o cristiani, chè a tutti -parimenti si è rivelata la somma sapienza. In quanto all'Eucaristia la -formola, di cui si solevano servire gli Almariciani, ci è conservata -negli _Atti_ del Concilio di Parigi del 1210 pubblicati dal MARTÈNE, -_Thesaurus_, VI, 163, D'ARGENTRÉ, I, 129: Id quod ibi fuerat prius -formis visibilibus, prolatione verborum subesse ostenditur. Le parole -mistiche, sulle quali insistevano i Valdesi, non sarebbero se non una -constatazione del fatto che il pane, come tutte le cose, possono dirsi -il corpo di Dio. - -[652] Dagli _Atti_ citati, pag. 129. Item, filius incarnatus, id -est visibili formae subjectus, nec aliter illum hominem esse Deum, -quia unum ex eis cognoscere voluerunt. Item Spiritus Sanctus in eis -incarnatus, ut dixerunt, eis omnia revelabat. - -[653] Dagli _Atti_, pag. 128: Pater a principio operatus est sine Filio -et Spiritu Sancto usque ad ejusdem Filii incarnationem. - -[654] Dagli _Atti_, loc. cit. Pater in Abraham incarnatus, filius in -Maria, Spiritus quotidie in nobis incarnatus. - -[655] Dagli _Atti_, pag. 129: Item Filius usque nunc operatus est, -sed Spiritus Sanctus ex hoc nunc usque ad mundi consummationem inchoat -operari. GUILLELMUS ARMORICUS in D'ARG., 127: Potestas Patris duravit -quamdiu viguit lex Mosaica .... postquam Christus venit aboleverunt -omnia Testamenti veteris sacramenta, et viguit nova lex usque ad -illud (istud?) tempus. In hoc ergo tempore dicebant Testamenti Novi -sacramenta finem habere, et tempus Sancti Spiritus incoepisse. CAES. -HEIST., V, 22: Sicut ceciderunt formae legales in primo Christi -adventu, ita nunc cadent omnes formae quibus Filius operatus est, et -cessabunt sacramenta, quia persona Spiritus Sancti dare manifestabit se -in quibus incarnabitur. VINC. BELLOV., XXX, 7: Viguit lex Christi usque -ad tempus Almorici, et ex tunc habuerunt finem, ac fuerunt evacuata -Baptismus, Poenitentia et omnia alia novae legis sacramenta. - -[656] GUILLELMUS ARMORICUS, pag. 130: Negabunt resurrectionem corporum. -La trasformazione razionalistica c'è conservata dagli _Atti_. Riscontra -il passo citato più su, p. 415, n. 1, il quale finisce: et haec -revelatio (dello spirito) nil aliud erat quam mortuorum resurrectio. - -[657] GUILLELMUS, l. c. Nihil esse Paradisum neque Infernum, sed qui -haberet, cognitionem Dei, quam ipsi habebant, paradisum haberet in -se; qui vero mortale peccatum, haberet infernum in se, sicut dentem -putridum in ore. - -[658] Dagli _Atti_, pag. 129: Mentiti sunt bonorum Baptismatis non -egere parvulos. - -[659] Altaria sanctis statui, et sacras imagines thurificari idolatriam -esse dicebant. Eos, qui ossa martyrum deosculabantur, subsannabunt. -(CAES. HEIST., pag. 130). - -[660] Confessionem, Baptismum, Eucharistiam et alia, sine quibus salus -haberi non potest, locum de caetero non habere; sed unumquemque tantum -per gratiam Spiritus Sancti interius, sine actu aliquo, inspiratam -salvari posse. (GUILLELMUS ARMORICUS, pag. 127). - -[661] CAES. HEIST., pag. 130: In quarta descendet ignis super Praelatos -Ecclesiae, qui sunt membra Antichristi. Dicebat enim qui Papa esset -Antichristus et Roma Babylon. Et ipse sedet in Monte Oliveti, id est, -in pinguedine potestatis. - -[662] Debbo la notizia di questa cronaca al bibliotecario della -Nazionale di Napoli, sig. Alvisi, il quale ha studiate e confrontate le -diverse redazioni, e raccolti molti materiali sulle fonti. S'è cercato -finora invano un editore, che voglia pubblicare questo antico documento -nell'originale latino. - -[663] L'AFFÒ, _Vita di frate Elia_, Parma, 1819, pag. 10, crede che la -cronaca rimonti ai principii del secolo XIV, ma non sia stata scritta -dal B. Angelo da Cingoli detto Clareno, come sospettava il Wadding. -La redazione italiana è anch'essa antica, e l'esemplare che vide -l'Affò non conteneva se non cinque Tribolazioni. In fine del volume in -carattere nero si leggeva: «Finisce la clonicha dellordine delli frati -minori ad gli anni MCCCXXIII». - -[664] «Certamente, dice l'Affò a p. 11, questo libro è antico, e vi -sono inseriti dei squarci tolti e copiati interamente da altri ancora -più vecchi, perchè nella seconda tribolazione facendosi memoria di -fra Bernardo ecc., soggiunge l'autore: _E molti altri degli quali -io ne vidi alquanti e udii dalloro quello che io narro_; ma appunto -per essere un accozzamento di cose tolte da molti vi sono mescolate -moltissime falsità .... Accozzamenti di più racconti tolti qua e là -sono pure il Libro intitolato: _Speculum Vitae B. Francisci et sociorum -ejus_ e i _Fioretti di S. Francesco_, onde benchè antichi d'assai non -sono troppo sicuri». Al passo citato dall'Affò aggiungo quest'altro, -che accenna pure all'autore della Cronaca pag. 93_r_. _E noi che fummo -con lui_ (S. Francesco) _quando che scrisse la regola, e quasi tutte -le altre sue scripture, li rendiamo testimonianza che scripse più cose -nella regola e nelli altri suoi decreti, delle quali cose alcuni frati -li furono contrarii in vita sua_. - -[665] TOMMASO DA CELANO, _Vita di S. Francesco_, cap. III, (_Acta -SS._, octobris, II, 689). Cum .... Sanctus Dei assistens ibidem verba -evangelica intellexisset, celebratis missarum solemnis, a sacerdote -sibi exponi Evangelium suppliciter postulavit; pag. 690, solvit -protinus calceamenta de pedibus, baculum deponit e manibus, et tunica -una contentus, pro corrigia funiculum immutavit. - -[666] Vedi la seconda regola in WADDING, _Annales Minorum_, II, 64: -Si qui voluerint hanc vitam illis verbum Sancti Evangelii, quod -vadunt et vendunt omnia sua, et ea studeant pauperibus erogare. -Et caveant fratres et eorum ministri, ne solliciti sint de rebus -suis temporalibus, ut libere faciant de rebus suis quidquid Dominus -inspiraverit eis. - -[667] S. BONAV., _Vita di S. Francesco_, cap. IV (BOLL., l. c. pag. -751) Faciebat namque sancta paupertas .... ipsos ad omnem obedientiam -prontos, robustos, ad labores et ad itinera expeditos. Et quia nihil -terrenum habebant, nihil amabant, nihilque timebant amittere, securi -erant ubique, nullo pavore suspensi, nulla cura distracti, tanquam -qui absque mentis turbatione vivebant, et sine sollicitudine diem -crastinum, et serotinum hospitium expectabant. - -[668] Vedi il cap. II della prima regola in WADDING, II, 67. Alii -vero, qui promiserunt obedientiam, habeant unicam tunicam cum caputio, -et aliam sine caputio, si necesse fuerit, et cingulum et bracas. Et -omnes fratres vilibus vestis induantur, et possint eas repeciare de -sacis et aliis peciis. Cfr. cap. 14, pag. 73. Quando fratres vadunt per -mundum nihil portent per viam nec sacculum, nec peram, nec panem, nec -pecuniam, nec virgam. - -[669] Cap. VIII della prima regola, in WADDING, I, 71. Omnes fratres -studeant sequi humilitatem et paupertatem Domini nostri Jesu Christi. -Così parimenti: Non resistat malo, sed si quis eos in maxillam -percusserit, praebeant ei alteram, et qui auferret eis vestimentum -non prohibeant. Cap. V, pag. 69. Similiter omnes fratres non habeant -potestatem vel dominationem maxime inter se. Cap. VI, pag. 70. Et -nullus vocetur Prior, sed generaliter omnes vocentur fratres minores, -et alter alterius lavet pedes. - -[670] Cap. V. Fratres illi quibus gratiam dedit Dominus laborandi -laborent fideliter et devote .... De mercede vero laboris pro se et -suis fratribus corporis necessaria recipiant praeter denarios vel -pecuniam. - -[671] Cap. VI, pag. 66. Fratres nihil sibi approprient nec domum nec -locum nec aliquam rem sed tanquam peregrini et advenae in hoc saeculo -in paupertate et humilitate Domino famulantes, vadant pro eleemosyna -confidenter. - -[672] Sul cantico del sole vedi il BARTOLI, _Storia della letteratura -italiana_, II, 189 ed i _Fioretti_, cap. XV, XXI, XXII. S. BONAV., in -_Acta SS._, l. c., pag. 704. Affluebat spiritu caritatis, pietatis -viscera gestans, non solum erga homines necessitatem patientes, -verum erga muta brutaque animalia, reptilia, volatilia et caeteras -insensibiles creaturas; pag. 705: Quare sic fratres meos agnos ligatos -et suspensos excrucias? ... tolle pro pretio mantellum, quem porto, et -agnos mihi concede. - -[673] HASE (_Franz von Assisi_, pag. 44) cita questo detto di S. -Francesco attribuitogli da S. Bonav. (_Vita_ nei BOLL., pag. 764): Pro -furto mihi reputo a magno Eleemosynario imputandum, si hoc quod fero -non dedero magis egenti. - -[674] _Regula_, cap. VII, pag. 70. Et caveant sibi quod non ostendant -se tristes extrinsecus, nubilosos et hipocritas; sed ostendant se -gaudentes in Domino, hilares et convenienter gratiosos. - -[675] La predicazione però dovea essere sottoposta alla licenza dei -vescovi. Vedi regola seconda, cap. IX, in WADDING, II, 67. - -[676] _Tres Socii_ (BOLL., l. c., p. 691). Tunc beatus Franciscus omnes -(discipulos) ad se convocavit .... et ait ad eos: ite cautissimi bini -et bini per diversas partes orbis, annunciantes pacem hominibus et -poenitentiam in remissionem peccatorum. Vedi il cap. XV dell'antica -regola: nullo modo apud se nec apud alium et aliquo modo bestiam -aliquam habeant, nec eis liceat equitare nisi infirmitate, vel magna -necessitate cogantur. - -[677] Che nella Corte pontificia Francesco trovasse molte resistenze -lo attestano le fonti più antiche. Tomaso da Celano racconta (pag. -693), che il vescovo di Sabina volea persuadere il Patriarca ut ad -vitam monasticam suam eremiticam diverteret. Il Papa stesso era restio -a favorire l'istituzione di nuovi ordini, come ne fa fede il canone 13 -del Concilio lateranense. Secondo Matteo Paris, ad ann. 1227, avrebbe -accolto così male il santo mendico da dirgli (ed. londinese 1640, pag. -340): Vade frater et quaere porcos quibus potius debes quam hominibus -comparari, et involve te cum eis in volutabro, et regulam illis a -te commentam tradens officium tuae praedicationis impende. Codesto -discorso è inverisimile, perchè Francesco era stato raccomandato dalle -più alte autorità ecclesiastiche; ma è ben certo, come lo attestano i -tre socii, che fece osservazioni sull'applicabilità della regola, nè -si piegò ad approvarla se non dopo una visione, che ebbe in sogno. V. -pag. 736. Dominus Papa .... dixit ei et sociis: Filioli nostri, vita -vestra videtur nobis nimis dura et aspera, licet enim credimus vos esse -tanti fervoris, quod de vobis non oporteat dubitare, tamen considerare -debemus pro illis, qui secuturi sunt vos. Pag. 737: Inn. III .... -viderat in visione quod Ecclesia Sancti Joannis Lateranensis minabatur -ruinam, et quidam vir religiosus, mendicus et despectus eam sustentabat -proprio dorso submisso. Un'altra visione racconta la _Cronaca delle -Tribolazioni_, pag. 352. - -[678] DANTE, _Parad._, XI, 92, dice che Francesco ebbe da Innocenzo -_Primo sigillo a sua religione_, e prima di Dante Onorio III nella -stessa bolla d'approvazione ricordava la regola a bonae memoriae -Innocentio Papa approbatam. Ma si deve intendere di una approvazione -verbale, come dice S. Bonaventura in BOLL., p. 739: licet praefatus -dominus Innocentius tertius ordinem et regulam approbasset ipsorum, -non tamen hoc suis litteris confirmavit. Pag. 749: Distulit tamen -perficere quod Christi postulabat pauperculus pro eo quod aliquibus de -Cardinalibus novum aliquid et supra vires humanas arduum videretur. - -[679] I Bollandisti bene osservano che la regola sottoposta ad -Innocenzo non poteva essere quella, che il Wadding pubblicava nel primo -volume degli _Annali_. Perchè codesta regola è molto diffusa, laddove -la prima, secondo la più antica fonte, il _Celano_, p. 692, era scritta -simpliciter et paucis verbis. Inoltre nella regola pubblicata dal -Wadding manca l'articolo che nessun frate francescano possa lasciare il -suo ordine per entrare in altro, articolo che si sa approvato da Onorio -III. (Lettera di Onorio data XIV Kal. Jan., anno VIII, in WADDING, II, -71). Pare che anche Onorio volesse fare qualche correzione alla regola. -Secondo la _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 103_r_, ed il Wadding che -la copia (II, 69) avrebbe voluto mutare il capitolo X, ma S. Francesco -dichiarò non esser lui, ma Gesù Cristo che ha dettata la regola, che -dev'essere lasciata come sta. - -[680] La seconda regola differisce nei primi otto capitoli tanto -poco dalla prima che vi sono ripetute non solo gli stessi precetti, -ma perfino le stesse parole. La sola differenza sta nella maggior -concisione. - -[681] Il WADDING riporta il testamento di S. Francesco, dal quale tolgo -questi passi (II, 145). Et non dicant fratres: haec est alia Regula, -quia haec est recordatio admonitio et exortatio et meum textamentum, -quod ego frater Franciscus parvulus vester facio vobis fratribus meis -benedictis propter hoc ut Regulam, quam Domino promisimus, melius -catholice observemus. Et generalis minister et omnes alii ministri -et custodes per obedientiam teneantur in istis verbis non addere vel -minuere .... Et omnibus fratribus meis clericis et laicis praecipio -firmiter per obedientiam, ut non mittant glossas in Regula, nec in -istis verbis dicendo: ita volunt intelligi; sed sicut dedit mihi -Dominus pure et simpliciter dicere et scribere Regulam et ista verba, -ita simpliciter et pure et sine glossa intelligatis, et cum sancta -operatione usque in finem observetis. - -[682] Il WADDING, II, 62 e segg., racconta le cose secondo la _Cronaca -delle Tribolazioni_, dalla quale tolgo i seguenti passi: pag. 15 -_verso_: «E mentre questo nostro Francesco vacava e stava congiunto -con Dio, frate Elia con li suoi seguaci e con alcuni ministri si -riscaldorono e infiammorono e con tumulto gridorono. Ma perchè non -ardivano a ponersi al contrario pubblicamente, nascostamente li -tolsono e furorono la Regola a frate Leone, uomo di Dio, al quale S. -Francesco l'avea data a serbo. Pag. 98_r_: In questo mezzo mentre che -esso era tutto assorto con infiammati e celesti desiderii solo in Dio, -e domandando a Gesù Cristo la reparazione della regola, stimola il -diavolo e incita li ministri di diverse provincie, e commossi dallo -spirito dell'aquilone vennono insieme con frate Elia a rammaricarsi e -a porre querele con protestazione .....» Pag. 99_v_: «Qualmente alla -loro infermità basta d'avanzo e di soperchio d'observare le cose le -quali di già hanno promesso, che la loro infermità ha bisogno». Questa -narrazione viene compiuta dallo _Speculum vitae_. - -[683] _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 89_r_: «(I ministri) -multiplicarono gente e non magnificarono letizia, accompagnando in -questo multiplicare l'ordine di gente molti uomini perversi, insieme -con li buoni e innocenti frati. Li quali huomini perversi, confidandosi -della loro prudentia, s'affrettavano e desideravano di reggere e non -d'esser retti, e di fare arrogantemente una regola secondo il loro -proprio senno e secondo la loro propria voluntà a sè e ad altri .... -e tanto crebbono questi mali avanti alla morte di S. Francesco che -esso poverello Francesco, il quale era abitacolo dello Spirito Santo, -non vi potette porre alcuno rimedio di curatione nè con parole, nè con -esempii, nè con segni, nè con miracoli. Ma mandando avanti l'orazione, -elesse per più sicura parte di vacare a Dio e rinunziare in tutto e per -tutto al offitio del generalato, e non aver più cura nè governo alcuno -delli frati». Nel capitolo seguente, è riferito un dialogo, nel quale -S. Francesco dopo la rinunzia al generalato avrebbe detto (pag. 92_r_): -«Solamente che li frati andassino e fussino andati secondo la volontà -di Dio e mia, io non vorria che li frati avessino altro ministro che me -per insino alla mia morte». - -[684] L'AFFÒ, _Vita di frate Elia_, pag. 21, dopo avere riassunto il -racconto della _Cronaca_ e dello _Speculum_ dice: «Simili semplicità -anche dal Waddingo assai più circostanziate si replicano, senza -considerare se al confronto della ragione sussister possano. Ma -rimontando all'origine di tali narrazioni, e non vedendole noi entro -le opere dei coevi scrittori, prendiamo a discorrere dei sussequenti e -cominciamo a veder simil fatto descritto dal mentovato frate Martino da -Casale, il quale per farcelo credere afferma che avanti a tutti ce ne -lasciasse memoria fra Leone, uno dei primi compagni di S. Francesco in -certi rotoli depositati già nel convento di S. Chiara. Confessa però -di non averli potuti vedere, e per togliere a ciascuno la curiosità -di cercarli aggiunse: cum multo dolore audivi illos rotulos fuisse -distructos. A questa maniera è lecito a chiunque fingersi monumenti, ed -ingannar sulla fede i leggitori. Ma buon per noi che quanto fra Leone -e i suoi due compagni scrissero intorno la Vita di S. Francesco non -è perito, e la loro leggenda vedesi pubblicata dai Bollandisti senza -incontrarvi la menoma parola del finto racconto». - -[685] BOLL., loc. cit., pag. 710. Cumque de die in diem infirmitas -illa succresceret, et ex incuria videretur quotidie augmentari, frater -Helias tandem, quem loco matris elegerat sibi, et aliorum fratrum -fecerat patrem, compulit eum ut medicinam non abhorreret. - -[686] Vedi la _Cronaca_ dei XV e quella dei XXIV generali in AFFÒ, pag. -23. Post mortem vero fratris Petri B. Franciscus posuit ad regendum -ordinem fratrem Heliam de Assisyo virum utique famosa providentia -illustratum. Riscontra il passo del Celano nella nota precedente. - -[687] _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 119_v_. «Venendo a morte -Francesco fece chiamare a sè frate Bernardo da Quintavalle, il quale -fu el primo frate dell'ordine dopo S. Francesco, e li pose la sua -mano dricta sopra il capo e davanti a tutti li frati lo benedisse con -cordiale e singulare affectione, e fece scrivere sotto dettato ad un -frate: il primo frate il quale il Signore mi dette fu frate Bernardo -.... Onde io voglio e comando quanto so e posso che ciascheduno il -quale sarà generale di questa religione ami quello, e l'honori come me -medesimo». I _Fioretti di S. Francesco_, cap. VI, rincarano la dose. «E -ponendosi frate Elia dalla mano diritta, Santo Francesco, il quale avea -perduto il vedere per le troppe lagrime, puose la mano ritta sopra il -capo di frate Elia e disse: questo non è il capo del mio primogenito -Bernardo, allora frate Bernardo andò a lui dalla mano sinistra, e S. -Francesco allora acconciò le braccia a modo di croce, e poi puose la -mano dritta sopra il capo di frate Bernardo e la manca sopra il capo -del detto Elia e disse a frate Bernardo .... Sia il principale dei -tuoi fratelli, ed al tuo comandamento tutti i frati obbediscano». Il -racconto dei _Fioretti_ è proprio il rovescio di quello più antico del -Celano, che ricorda pure l'incrociamento delle braccia, ma dice cumque -a sinistris ipsius resideret frates Elias, circumsedentibus reliquis -filiis cancellatis manibus dextram posuit super caput ejus, et dixit: -Te fili mi in omnibus et super omnia benedico. Si vede chiaro come -il racconto originale sia stato guasto per fine polemico. Ed è molto -istruttivo il confronto tra questo discorso del Patriarca, e l'altro -messogli in bocca dai _Fioretti_, cap. IV. _Male fate, frate Elia -superbo_ ecc. Tutto il racconto di questo capitolo è manifestamente -favoloso. - -[688] La riporta l'AFFÒ, op. cit., pag. 29 .... pupilli sumus absque -patre et orbati lumine oculorum nostrorum ecc. - -[689] Gli storici francescani non sono d'accordo su questo punto. -La _Cronaca delle Tribolazioni_ e il Wadding con essa (II, 164) -raccontano che alla morte di S. Francesco il vicario Elia fu fatto -generale, e che poi per dissidii insorti fu deposto e sostituito da -fra Giovanni Parente. Ben presto però Elia rifattosi dalla sconfitta, -avrebbe ripreso il generalato, dal quale dopo molto altro tempo venne -deposto da Gregorio IX. Questo racconto benchè confermato dal Salimbene -che dice di Elia a pag. 402: bis factus generalis minister, è poco -credibile come ha dimostrato l'Affò, op. cit., pag. 32, perchè fonti -antichissime, come Bernardo di Bessa segretario di S. Bonaventura, -dicono chiaramente: Fuerunt igitur post transitum sancti Patris hii -ejus successores videlicet frater Johannes cognominatus Parentius -.... isti successit frater Helyas. Con Bernardo s'accorda la Cronaca -dei XV e l'altra dei XXV Generali. L'espressione del Salimbene si può -intendere nel senso spiegato dall'Affò, che il vicario sino alla nomina -del nuovo generale fu da tutti riconosciuto per capo dell'ordine. - -[690] L'AFFÒ, op. cit., pag. 36, scrive: «Frate Elia seppe tosto -indurre un divoto personaggio chiamato Simone Puzzarelli a fargli dono -del luogo detto Colle d'Inferno presso Assisi, ove gittar i fondamenti -dell'ideato edifizio. Il diligentissimo P. maestro Antonio Maria -Azzoguidi ci ha pubblicato il documento di tal donazione, steso il -30 di Marzo del 1228, per cui il donatore privossi del detto luogo, -e frate Elia a nome del Pontefice lo accettò ad habendum, tenendum, -possidendum, faciendum omnes utilitates et usus fratrum in ea videlicet -locum, Oratorium vel Ecclesiam pro beatissimo corpore Sancti Francisci, -vel quicquid ei de ipsa re placuerit in perpetuum». Codesta costruzione -era contraria alla regola, la quale prescriveva che le case dei frati -si costruissero in legno a guisa piuttosto di provvisorio ricovero che -di stabile dimora. - -[691] La _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 143_r_, c'informa che -molti frati «lassata l'orazione mettevano avanti la curiosa e sterile -sapienza d'Aristotile alla divina sapienza, e che avidamente e con gran -sete desideravano d'udire maestri loici e filosofi, e che procurorono -ardentemente di avere e moltiplicare le scuole di queste scienze. E -che queste e altre simili cose li maggiori come li minori comunemente -predicavano excepto alquanti pochi admaestrati dallo spirito di Gesù -Cristo. Onde quelli frati spirituali si determinorono che era loro -necessario di ricorrere al sommo Pontefice e a la Chiesa romana». -Da questo passo s'inferisce che fin dal tempo di Elia il partito -intransigente cominciava a prendere il nome di SPIRITUALE, conforme -alle idee di Gioacchino. Non tutti i Gioachiti però avevano in dispetto -gli studii, ed il Salimbene (pag. 405) non che biasimare, loda frate -Elia, quia ordinem fratrum minorum ad studium theologiae promovit. -Che oltre alla teologia frate Elia coltivasse altri studii lo dice -il Salimbene, pag. 411: Undecimus defectus fratris Helyae fuit, quia -infamatus fuit quod intromitteret se de alchimia. - -[692] SALIMBENE, pag. 402: Habebat gratiam Imperatoris et Papae. In -quanto al Papa basterà riferire questo brano della _Cronaca delle -Tribolazioni_, pag. 128_v_. «La buona memoria del Pontefice Gregorio -molto si confidava di frate Elia per la grande e costumata onestà, la -quale vedeva in lui e per la singulare prudentia e scientia, per la -quale si credeva che passassi sopra tutti li religiosi di quel tempo». - -[693] Pag. 401: Et dominus Ghirardus de Corrigia, qui dicebatur -de Dentibus eo quod magnos dentes habebat, tunc temporis Potestas -parmensium erat, et venit personaliter cum quibusdam militibus ad locum -fratrum minorum ad visitandum fratrem Helyam generalem ministrum, qui -sedebat in domo, in qua hospites sive forenses comedunt, super lectum -de culcidra, et habebat ignem copiosum coram se et cappellam armenicam -in capite suo, nec Potestati intranti et se salutanti assurrexit, -nec de loco suo motus est, ut vidi oculis meis, quae fuit rusticitas -maxima reputata. Queste citazioni del Salimbene le tolgo dal libro -_De praelato_, il quale secondo il Novati non è un'opera a parte, come -parrebbe dall'edizione parmense, bensì una delle maggiori digressioni -che si leggono nella Cronaca. Vedi NOVATI, _La Cronaca di Salimbene_ -nel _Giornale storico della letteratura italiana_, I, 390. - -[694] La lettera è riportata dal WADDING, III, 20, colla data 1239: -Sunt inter nos aliqui, qui propter discipulatum et societatem sancti -Patris nostri Francisci habentur apud domesticos et exteros in magna -aestimatione, sed hi suo se regentes sensu, laxantes obedientiae -frenum, velut oves absque pastore et homines absque ductore, hic inde -discurrunt, loquentes quae placent ecc. - -[695] SALIMBENE, pag. 405. Item supradictus Helyas ministros -provinciales ita tenebat sub baculo quod tremebant eum, sicut juncus -tremit cum ab acqua concutitur .... Deponebat eos ab officio .... -insuper caputium longum dabat quibusdam et mittebat eos ab oriente in -occidentem. - -[696] Vedi l'aneddoto raccontato dal Salimbene, di un frate Alberto -parmense, ministro di Bologna, stato prima deposto dal suo ufficio, ma -poi che si sottomise restitutus fuit in gradum pristinum, insuper et -multa ab Helya obtinuit pro provincia sua. - -[697] _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 132 (WADDING, III, 20): -«Comanda questo judice che frate Cesare, uomo innocente e in tutte le -sue cose savio e sancto, sia incarcerato con li ferri al piede ecc. -prese una stanga e lo percosse tanto crudelmente e fortemente che -.... si morì e fu il primo ammazzato ed ucciso per le mani delli suoi -fratelli, come el primo martire Stefano orando per li persecutori .... -In quella medesima ora che l'anima sua uscì dal corpo Papa Gregorio -vidde portare dagli angeli un'anima in cielo», pag. 133_v_, (l'angelo -disse al Papa) «della quale anima tu nel giorno della tua morte hai -a rendere ragione a Dio, perocchè per occasione della tua autorità -dopo la prigionia e li ferri e molte afflictioni, le quali tutte lui -pazientemente ha sostenute, dalli suoi frati e per la fede e pura -observantia della sua regola è stato morto da loro», pag. 137_v_. (S. -Antonio venendo in Assisi per avere il cadavere di S. Francesco) «fu -preso dai birri di frate Elia e spogliato e disciplinato insino al -sangue». - -[698] Riporto dalla bolla di Gregorio IX (WADDING, II, 224) questo -passo: Duximus respondendum quod si rem necessariam velint fratres -emere vel solutionem facere pro jam empto possint vel Nuncium ejus a -quo re emitur, vel aliquem alium volentibus sibi eleemosynam facere -nisi iidem per se, vel proprios nuncios maluerint praesentare, -qui taliter praesentatus a fratribus non est eorum nuncius, licet -praesentetur ab ipsis, sed illius potius cujus mandato solutionem -fecit, seu recipientis eandem.... Ad quem etiam fratres pro hujusmodi -necessitatibus poterunt habere recursum, maxime si negligens fuerit, -vel necessitates ignoraverit eorundem. - -[699] Frate Elia accettò in nome del Papa la donazione citata più -sopra (p. 437, n. 1). Vedi inoltre la Bolla di Gregorio, pag. 246: -Dicimus itaque quod nec in communi nec in speciali debent proprietatem -habere, sed utensilium et librorum et eorum mobilium quae licet habere, -eorum usum habeant.... nec vendi debeant mobilia vel extra ordinem -commutari aut alienari quoque modo, nisi Ecclesiae Romanae Cardinalis, -qui fuerit ordinis Gubernator .... auctoritatem super hoc praebuerit. -Confrontate la Bolla d'Innocenzo IV del 1245, riportata dal WADDING, -III, 129. Et licet in eadem Regula sit prohibitum, ne fratres recipiant -per se, vel per alios denarios vel pecuniam ullo modo, possunt tamen, -si rem sibi necessariam aut utilem velint emere, vel solutionem -facere pro re empta, vel nuncium ejus a quo res venditur, vel aliquem -alium volentibus sibi eleemosynam facere, nisi eidem per se vel per -proprios nuncios solvere maluerint. Pag. 130: Et taliter nominati vel -praesentati a fratribus non sunt eorum nuncii, seu depositarii; sed -illorum, a quibus eis pecunia vel denarii committuntur .... Cum tam -immobilium quam mobilium hujusmodi jus proprietas et dominium .... -nullo modo ad ecclesiam ipsam spectent, cui domus et loca praedicta -cuna Ecclesiis caeterisque suis pertinentes (quae omnia in jus et -proprietatem beati Petri suscipimus) omnino tam in spiritualibus quam -in temporalibus immediate subesse noscuntur. - -[700] SALIMBENE, pag. 410: Octavus defectus fratris Helyae fuit quia -violenter voluit tenere dominium ordinis, quod ut melius tenere posset -plures sagacitates habebat. Primam quia frequenter mutabat ministros, -ne nimius radicati fortius insurgerent contra ipsum; secundam quia -illos fratres faciebat ministros, quos reputabat amicos; tertiam quia -non faciebat capitula generalia nisi particularia idest cismontanorum, -non enim vocabat ultramontanos ministros, timens ne deponeretur ab eis. - -[701] SALIMBENE, pag. 403. Porro secundus defectus fratris Helyae -fuit quia multos inutiles recepit ad ordinem. Habitavi in conventu -senensi duobus annis, et vidi ibi XXV fratres laycos .... propter hoc -recipiebat multitudinem laycorum, qua posset melius talibus dominari -.... Tertius defectus fratris Helyae, quia homines indignos promovit -ad officia ordinis, faciebat enim laycos guardianos, custodes et -ministros, quod absurdum erat valde, cum in ordine esset copia bonorum -clericorum. - -[702] Anche il Salimbene deve suo malgrado riconoscerlo, pag. 403. Si -quis autem objiciat verbum Regulae quod dicit: _Ipsi vero ministri si -presbyteri sunt_, dicimus quod hoc pro tempore dictum fuit, quando in -ordine non erat copia sacerdotum. - -[703] Il Salimbene ai rimproveri riportati più su (p. 443, n. 1) -aggiunge questi altri: p. 404. Quartus defectus fratris Helyae -fuit quod toto tempore, quo fuit minister non fuerunt generales -constitutiones. Longum esset valde si vellem ruditates et abusiones, -quas vidi, referre. Pag. 405: Quintus defectus, quia nunquam -personaliter volebat ordinem visitare. Pag. 409: Septimus defectus, -quia nimis volebat splendide et delitiose et pompatice vivere. -Pag. 410: Et habebat palafredos pingues et quadratos .... Item raro -comedebat in conventu .... item specialem coquum habebat in conventu -Assisii, fratrem Bartholemaeum paduanum, quem vidi et cognovi, qui -cibos delicatissimos faciebat. [Il Salimbene se ne intendeva non poco]. - -[704] Questa congettura mi venne suggerita dalla lettera di Federigo -II, che si riferisce a frate Elia (HUILLARD, _Hist. dipl._, V, 346). -Revera papa iste quemdam religiosum et timoratum fratrem Helyam, -ministrum ordinis fratrum minorum, ab ipso beato Francisco padre -ordinis migrationis sue tempore constitutum, pro eo quod amore -justitie, cui est corde et opere dedicatus, pacem imperii promovens, -nomen nostrum, honorem et bonum pacis evidentibus iudiciis proponebat, -IN ODIUM NOSTRUM A MINISTERIO GENERALI REVOCAVIT, reverentia Christi -postposita, et juris sancti Francisci ordinatione contempta, divisionem -in fratribus faciens et in ordinationem et sectionem. - -[705] Quanto rincrescesse al Papa l'accordo dell'Imperatore coll'ex -generale francescano lo prova la lettera di Gregorio IX del 1240, -(_Hist. dipl._, V, 777): Verum idem (Fridericus) non sub pastoris -virga humiliatus est verbere, quia potius super omne quod dicitur -Deus aut colitur elevatus, Helia et Henrico quibusdam non prophetis -sed prophanis apostatis, testibus suae perversitatis assumptis, in -lucis angelum in monte superbie transformatus, Christi claves et Petri -privilegium vilipendens, irriverenter divinis interesse presumit. - -[706] La lettera è del 1243, (_Hist. dipl._, VI, 147): Tanta est bonae -fidei et devotionis probatae constantia, tantaque laudabilium efficacia -meritorum, quam in provido viro fratre Helia, dilecto familiari et -fideli nostro, semper et utiliter invenisse meminimus, quod ipsum jam -a fructibus agnoscentes personam suam domesticam nostris servitiis -libenter admittimus, et suae circumspectiones consiliis fiducialiter -inhaeremus. Cum igitur eundem fratrem nuper ad partes transmarinas -transfretare paratum pro quibusdam arduis excellentiae nostrae -servitiis, in quorum executione personam ejus utilem et necessariam -fore censuimus, a transitu ipso, praeter suae voluntatis propositum, -providerimus retrahendum, et ipsum licet invitum quodammodo in curia -vestra propterea mandavimus aliquandiu moratarum ecc. - -[707] SALIMBENE, p. 412. Tertiusdecimus defectus fratris Helyae -fuit, quia namquam voluit ordini suo reconciliari; sed semper usque -ad ultimum diem vitae suae permansit in pertinacia sua .... Si -fuit absolutus, et si bene ordinavit de anima sua, modo cognoscit. -Viderit ipse .... (Qui la stampa non solo è mutila, ma errata). La -testimonianza del Salimbene, così precisa nei particolari, è certo -superiore a quelle, su cui si appoggia il Wadding per provare che Elia -si fosse ricreduto. - -[708] Neanche Salimbene par che sia molto tenero di Gregorio, del -quale dice a pag. 8: Iste (Gregorius IX) etiam longo tempore fuit in -discordia et pugnavit cum imperatore Friderico secundo, qui multa mala -fecit Ecclesiae Dei, quae eum nutrivit et coronavit; ita quod pene -navis Petri sub praedicto Papa cecidit in profundum. Hoc est quod -abbas Joachim de romanis Pontificibus dixit, videlicet, quod aliqui -CONABUNTUR IN PRINCIPES, aliqui ducent pacificos suos dies. - -[709] Rispetto al clero secolare non è diverso il linguaggio di -Federico da quello dei francescani intransigenti. Vedi la lettera -al Re d'Inghilterra in BRÉHOLLES, III, 37-38, pag. 50: In paupertate -quidem et simplicitate fundata erat Ecclesia primitiva, cum sanctos, -quos catalogus sanctorum commemorat, fecunda parturiret: sed olim -fundamentum nemo potest ponere praeter illud quod positum est a Domino -et stabilitum. Porro quia in divitiis navigant, in divitiis volutantur, -in divitiis aedificant, timendum ne paries inclinetur Ecclesiae, ne -maceria depulsa ruina subsequatur. - -[710] SALIMBENE, pag. 3. Imperator vero Fridericus fuit homo pestifer -et maledictus, schismaticus, haereticus et epicureus, corrumpens -universam terram. Lo stesso frate racconta ingenuamente che -raccapricciò all'annunzio della morte di Federico. Pag. 57: Horrui -cum audirem, et vix potui credere. Eram enim Joachita, et credebam -et expectabam et sperabam quod adhuc Fridericus majora mala esset -facturus, quam illa qua fecerat, quamvis multa fecessit. Ma non tutti -la pensavano così, e Salimbene stesso racconta (pag. 37), di un frate -Gherardo da Modena, amicus et intimus beati Francisci, curialis homo, -liberalis et largus, religiosus et honestus et valde morigeratus, -temperatus in verbis et omnibus operibus suis .... erat multam -imperialis et nihilominus in pace et in aequitate ambulavit coram Deo -.... ed alla sua morte multa miracula Deus per eum operari dignatus -est. Un altro frate Bartolomeo Ghiscolo di Parma, (pag. 101) curialis -et spiritualis homo, sed magnus probator et magnus Joachita, et -partem imperialem diligens .... in vita sua fecit monstra et in morte -mirabilius operatus est. - -[711] Di frate Alberto pisano, che sostituì Elia, non ci dice altro -il Salimbene se non che fu eletto nel 1239, e un anno dopo nel 1240 -morì (pag. 17, 50-51). Il frate Aimone, che gli successe, scrisse -un'esposizione delle profezie d'Isaja, dalla quale Salimbene p. 224 -riferisce questa frase: Manifestum est quod respublica debet subesse -Romano Pontifici. Frate Aimone morì nel 1244 (SAL., p. 60). - -[712] SALIMB., pag. 97. Magni clerici et spirituales viri et maxime -Joachitae. - -[713] _In Apoc._, fol. 77, col. 4. - -[714] Il testo dell'_Apocalisse_, cap. XI: «et dabo duobus testibus -meis, et prophetabunt diebus mille dugentis sexaginta sacris amicti» -va interpetrato secondo Gioacchino così che l'un testimonio significhi -l'ordine dei chierici, l'altro dei monaci. Ille ergo significat -ordinem clericorum, iste ordinem monachorum, quadraginta duo menses, -quibus predicant induti saccis, significant totidem generationes (_In -Apoc._, fol. 148, col. 4). Nei libri apocrifi invece codesti ordini -sono proprio i mendicanti nati ad occidentalem ecclesiam in tota mundi -latitudine flagellandam (_Super Esaiam_, fol. 37 _recto_). - -[715] Il Concilio di Arles dice dei libri di Gioacchino: a majoribus -nostris usque ad haec tempora remanserunt intacti, utpote latitantes -apud quosdam religiosos in angulis et antris, doctoribus indiscussi. - -[716] Pag. 101: Et interfui etiam ego ipse isti doctrinae ut audirem -fratrem Hugonem, [che soleva per lo più dimorare in Nizza]. Nana -prius eram edoctus, et hanc doctrinam audieram, cum habitarem Pisis, -a quodam abate de ordine Floris, qui erat vetulus et sanctus homo -et omnes libros suos, a Joachim editos, in conventu pisano sub -custodia collocaverat, timens ne Imperator Fridericus monasterium suum -destrueret, qui erat inter Lucam et civitatem pisanam .... Credebat -enim quod in Friderico tunc temporis omnia essent complenda mysterio eo -quod cum Ecclesia discordiam habebat non modicam. - -[717] Il Rousselot (_Joachim_, pag. 139), anche dopo la dissertazione -del Renan, seguita a sostenere: que le livre intitulé l'Evangile -eternel n'a jamais existé que sous forme d'un cahier redigé par -ceux, qui accusaient les Dominicains et les Franciscains. Il che è -contraddetto da una fonte molto importante, della quale non so perchè -il Rousselot non vuol fare nessun conto, voglio dire dal processo -verbale della Commissione cardinalizia di Anagni, ove è detto (Cod. -bibl. nat. de Paris, n. 1726, carte 139. Cfr. D'ARGENTRÉ, I, 163; -RENAN, _Revue des deux mondes_, tom. LXIV, pag. 109): Quod liber -Concordiarum vel Concordiae veritatis appelletur primus liber Evangelii -aeterni probatur XVII capitulo, et quod liber iste Concordiae sit -Joachim habetur per totum illud capitulum. Quod liber iste, qui dicitur -Apocalypsis nova, appelletur secundus liber ejusdem Evangelii probatur -XX capitulo. Similiter quod liber, qui dicitur Psalterium decem -chordarum, sit tertius liber ejusdem Evangelii. E più appresso in un -luogo, tronco nel D'Argentré, e pubblicato intero dal Renan, pag. 113: -Item XXVIII cap. ponuntur haec verba: _in primo libro ipsius Evangelii -aeterni videlicet in secundo secundae Concordiae_. Et tria praedicta -probantur similiter expresse XXXI cap., ubi distinguitur simplex -lictera (ibi: _attendent vero_ etc.), et similiter ante finem ultimi -capituli, ubi dicitur: _illud attendendum_ ecc. Da questi passi appar -chiaro: 1º Che l'Evangelio eterno non era altro se non la collezione -delle tre opere dell'abate Gioacchino. 2º Che gli scritti apocrifi -erano così cresciuti da oscurare i genuini dell'abate calabrese, sicchè -i raccoglitori si videro costretti a dimostrare l'autenticità delle -tre opere, che essi ben sapevano distinguere dalle altre falsamente -attribuite a Gioacchino. - -[718] Si veda con che circospezione Gioacchino commenta il testo -dell'_Apocalisse_: «Et vidi alterum Angelum volantem per secundum celum -habentem Evangelium aeternum». Par che schivi di parlarne come al fol. -173, col. 4; conferenda sunt verba, que de eo scripta sunt et de duobus -aliis, qui sequuti sunt eum, ut alia per alia inquisita aut omnino -pateant intellectui nostro, aut quod reliquum fuerit igne comburatur. - -[719] Secondo il Rousselot (op. cit., pag. 140), l'_Introductorius_ -dell'_Evangelo eterno_ sarebbe la stessa cosa dell'_Introductorius_ -premesso da Gioacchino all'_Esposizione dell'Apocalisse_. Basta -confrontare i passi estratti dalla Commissione d'Anagni, e già -pubblicati dal D'Argentré con gli analoghi dell'opera di Gioacchino -per rilevarne le differenze. Vedi Codice, carte 139, (D'ARG., I, 163; -RENAN, pag. 126, n. 1): Item XXIV cap. comparat vetus Testamento primo -coelo, Evangelium Christi secundo coelo, Evangelium aeternum tertio -caelo, et expressius XXV capitulo, ubi comparat vetus Testamentum -claritati stellarum, novum Testamentum claritati lunae, Evangelium -aeternum, sive spiritus sancti, claritati solis. Item XXVII capitulo -comparat vetus Testamentum atrio, novum sancto, aeternum sancto -sanctorum. Item XXX comparat vetus Testamentum cortici, novum testae, -Evangelium aeternum nucleo. Cfr. _Introd. in Apoc._, fol. 5, col. 2: -Secundus status fuit sub Evangelio et manet usque nunc in libertate -quidem respectu praeteriti, sed non in libertate respectu futuri .... -tertius ergo status erit circa finem saeculi, jam non sub velamine -literae sed in plena spiritus libertate. Come si vede qui non c'è -parola di _Evangelo eterno_, e più che l'opposizione è messa in -evidenza la continuità dei varii periodi (col. 3) de lege naturale -ad legem Moysi, de lege Moysi ad Evangelium, de Evangelio Christi ad -spiritalem intellectum, de spiritali intellectu ad veram et aeternam -contemplationem Dei. - -[720] Fin dal tempo di Gregorio IX, erano nati dissidii tra il clero -secolare ed i nuovi ordini, come si raccoglie dalla bolla di questo -papa del 1232 _Nimis iniqua_. Non desunt plerique tam Ecclesiarum -Praelati quam alii, qui coeca cupiditate seducti, propriae aviditati -subtrahi reputantes quidquid praedictis fidelium pietas elargitur, -quietem ipsorum multipliciter inquietant. - -[721] I Domenicani eran entrati come di soppiatto nell'Università -ottenendo una cattedra nel 1228, quando il corpo universitario -per protestare contro l'infrazione di alcuni suoi privilegi s'era -ritirato prima a Reims e poi ad Angers. Dopo pochi anni nel 1250 -ebbero luogo altre proteste, ed il corpo universitario si ritirò di -nuovo, tribus magistris Regularibus, videlicet duobus Praedicatoribus -et uno frate minore exceptis, qui pro suae voluntatis arbitrio suum -renuerunt prestare consensum. Allora l'Università stabilì ut de coetero -nullus in quacunque facultate magister ad Collegium magistrorum vel -consortium Universitatis admittatur, nisi prius in plena congregatione -magistrorum, vel saltem coram quinque magistris suae facultatis, ad hoc -specialiter deputatis, juraverit statuta nostra licita et honesta et -nobis expedientia se firmiter observaturum. Il decreto surriferito si -può leggere nel DU BOULAY, _Historia Universitatis Parisiensis_, III, -250 e segg. - -[722] Questo sospetto si trova in un cronista domenicano in verità -molto tardivo, il Corner, che attribuisce l'Evangelo eterno allo stesso -Guglielmo di S. Amore. (AFFÒ, _Vita del B. Giovanni da Parma_, Parma, -1777, pag. 75). - -[723] Il trattato è intitolato _De periculis novissimorum temporum_. -Non avendo trovate le opere di Guglielmo io cito dall'edizione che -ne fece il Brown (_Appendix ad fasciculum rerum expotendarum et -fugiendarum ab Orthwino editum a.D.MDXXXV_, Londini MDCXC). Il Brown -ignora l'autore del libro, e lo suppone a torto composto nel 1389, -mentre invece fu pubblicato nel 1256 (_Hist. litt._, XIX, 202). - -[724] _De periculis_, cap. 8, pag. 27: Ergo nos sumus in ultima aetate -hujus mundi, e cita parecchie autorità, tra le quali anche l'apocrifo -commento di Gioacchino a Geremia. Pag. 28: Haec omnia initia dolorum -sunt scilicet, quae erunt tempora Antichristi. - -[725] _De periculis_, cap. 3, pag. 23: homines qui apti erunt et idonei -ad praedicta pericula .... charitatem anelantes non verbis sed factis. -Dum enim ambiunt officia praelatorum videlicet praedicandi, corrigendi, -confessiones audiendi .... charitatem factis abnegant. Cap. IV, pag. -23-24: et illi seductores, posteaquam per suam simulatam sapientiam et -sanctitatem principes et populos christianos ita seduxerunt, quod plene -acquiescunt consiliis eorum. Cap. V, pag. 24: Domus mulierum et virorum -seductibilium ingrediuntur .... seducunt mulierculas, prius eas, et per -eas viros eorum, sicut Diabolus seduxit Evam, et per eam Adam. - -[726] Cap. XII, pag. 30-31. Praecipere illis qui sunt de secta illa -ut deserant eam .... inhibere illis, qui non sunt de secta illa, ne -de illa fiant .... Si haec facta fuissent, sufficienter repulsa essent -pericula praedicta. - -[727] Questo scritto fu composto da Guglielmo quando sali sul trono -Clemente IV, che gli concesse di far ritorno a Parigi, donde era -stato esiliato per opera di Alessandro IV. Al benevolo papa Guglielmo -indirizzò il nuovo suo lavoro. Ed il Papa gli rispose in una lettera -pubblicata dal Martène (_Thes._, II, 417) ammonendolo amorevolmente che -il nuovo scritto non differiva dall'antico. (_Hist. litt._, XIX, 207). - -[728] Il titolo del libro pubblicato dal Martène (_Amplissima -collectio_, IX, 1273) è il seguente: _Nicolai Oresme episcopi de -Antichristo et ejus ministris ac de ejusdem adventus signis propinquis -simul et remotis_. Il Leclerc (_Hist. litt._, XXI, 470 e segg.) ha -dimostrato luminosamente che l'Oresme, vescovo di Lisieux nel 1382, -non può essere l'autore di un libro, che appare composto non più tardi -del 1273. Ed è assai probabile l'ipotesi, adottata anche dal Renan, -che il nome di Oresme sia l'anagramma di S. Amore. Tutta la seconda -parte del libro è indirizzata ai precursori dell'Anticristo, che sono -i pseudo-profeti, i falsi predicatori, che sotto il manto della pietà -preparano la rovina della Chiesa. - -[729] La Bolla è riportata dal DE BOULAY, III, 311. Nos libellum -.... tanquam iniquum, scelestum et execrabilem, et instructiones ac -documenta in eo tradita utpote prava, falsa et nefaria de fratrum -nostrorum consilio authoritate apostolica reprobamus, et in perpetuum -condemnamus, districte praecipientes ut quicumque libellum ipsum -habuerit, cum infra 8 dies, ex quo hujusmodi nostram reprobationem et -condemnationem sciverit, prorsus et in toto et in qualibet sui parte -comburere et abolere procuret. - -[730] _De periculis_, cap. 2º, pag. 21. Unde videtur quod authoritate -sedis apostolicae, aut diocesanorum, praedicare possunt. Respondetur -quod de potestate Domini Papae aut Episcoporum disputare non volumus. -Verumtamen cum secundum jura tam divina quam umana in una ecclesia -non possit esse nisi Rector unus, alioquin Ecclesia non esset sponsa -sed scortum .... Si vero dominus Papa concedit aliquibus personis -potestatem praedicandi ubique, intelligendum est ubi ad hoc fuerint -invitati. - -[731] La prima osservazione che fecero i cardinali, cui fu commesso -l'esame del libro di Guglielmo, è che in esso fosser contenute -quaedam perversa et reproba contra potestatem et authoritatem Romani -Pontificis, come dice Alessandro IV nella bolla citata. - -[732] I manoscritti sono segnati al num. 1726, ed al num. 1706, -fondo Sorbona. Alcuni documenti contenuti in questi manoscritti sono -riprodotti anche in un altro manoscritto num. 391 della biblioteca -Mazarino. RENAN, L'_Evangile Eternel_ (_Revue des deux mondes_, tom. -LXIV, pag. 109). I documenti sono quattro: 1º Il primo documento, che -si trova solo nel manoscritto num. 1726, contiene estratti dai libri -di Gioacchino, non pure dei tre autentici, ma anche dagli apocrifi, -come il commentario a Geremia, il _De oneribus provinciarum_, ed il -commentario ad Ezechiele. 2º Il secondo documento, che si trova in -tutti e tre i manoscritti, contiene gli estratti, che la Commissione -di Anagni fece dell'_Introduttorio_ all'_Evangelo eterno_. Fu -pubblicato dal D'Argentré, I, 163, secondo il n. 1706, che è il più -imperfetto. Il principio di questo documento ripubblicato nella sua -integrità dal Renan, pag. 109, nota 1 è il seguente: Haec notavimus et -extraximus de Introductorio in Evangelium aeternum-, misso ad dominum -Papam ab episcopo Parisiensi, et tradito nobis tribus cardinalibus -ad inspiciendum ab eodem domino Papa, videlicet Odone tusculanensi, -Stefano Prenestino episcopis, et Hugone sanctae Sabinae presbytero -cardinali. 3º Il terzo documento (manoscritto 1726 Sorbona e 391 -Mazarino) è un altro processo verbale della Commissione d'Anagni, -nel quale si contengono gli estratti delle opere autentiche di -Gioacchino, certo secondo la nova edizione fatta per l'_Evangelo -eterno_, perchè oltre al testo si citano le note di fra Gherardo. Il -Renan ha pubblicato il principio di questo documento e le note. Io -aggiungerò qualche altro passo secondo il manoscritto del 1726, copiato -dal sig. Bencini e gentilmente collazionato dal mio amico E. Alvisi. -4º Il quarto documento, già pubblicato dal D'Argentré, si trova solo -nel num. 706. È un'altra enumerazione degli errori dell'_Evangelo -eterno_, identica a quella che si legge nel _Directorium inquisitionis_ -dell'Eymerich. - -[733] L'_Introductorius_ talvolta apparisce come un opuscolo -separato, ed il Renan osserva che alcuni scrittori contemporanei -come Matteo Paris, e Guglielmo di S. Amore chiamano Evangelo eterno -l'Introduttorio (op. cit., pag. 115). Nella nota precedente abbiamo -riportato il principio del resoconto d'Anagni, dal quale apparisce che -l'opuscolo, mandato al Papa dal vescovo di Parigi, è appunto codesto -_Introductorius_. Ma che in seguito di esso fossero pubblicate o le -opere autentiche di Gioacchino, o almeno estratti da esso lo prova -l'altro documento, il terzo della nota precedente, del quale sarà -utile riportare il principio (RENAN, pag. 110). Anno Domini MCCLV, -VIII idus Julii Anagniae coram nobis Odone episcopo tusculano, et -fratre Hugone presbytero cardinali, auditoribus et inspectoribus -datis a Papa, una cum reverendo patre Stephano Praenestino episcopo -se excusante per proprium capellanum suum, et nobis quantum ad hoc -vices suas committente, comparuit Magister Florentius episcopus -Acconensis, proponens quaedam verba de libris Joachim extracta -suspecta sibi, ut dicebat, nec publice dogmatizanda aut praedicanda, -sive in scriptis redigenda, ut fieret inde doctrina sive liber (par -che accenni alla nuova pubblicazione fattane) prout sibi videbatur. -Et ad haec audienda et respicienda una nobiscum duos alios scilicet -fratrem Bonevaletum, episcopum Pavendensem, et fratrem Petrum lectorem -fratrum Praedicatorum Anagniae, quorum unus tenebat originalia Joachim -de Florensi monasterio, et inspiciebat coram nobis utrum haec essent -in praedictis libris, quae praedictus Acconensis legebat, et legi -faciebat per tabellionem nostrum et inspiciebat sic. Questi libri, -che Florenzo leggeva, erano probabilmente o la nuova edizione degli -scritti di Gioacchino, o almeno gli estratti, che se ne fecero per uso -dell'_Evangelo eterno_. Ed i giudici di Anagni, che scrupolosamente -riscontrarono la nuova edizione coll'antica, non trovarono differenza. -Il che prova che i Gioachimiti non alterarono i libri dell'abate, come -sospetta il Renan (pag. 121); ma vi aggiunsero note quando pareva loro -di dover compiere il pensiero del profeta. - -[734] L'Introduttorio insisteva sulle differenze nel 30º capitolo, ove -(D'ARG., 161-62) dicit quod ALIA est scriptura divina, quae data est -fidelibus eo tempore, quo Deus pater dictus est operari, et ALIA quae -data est Christianis eo tempore, quo Deus filius dictus est operari, -et ALIA quae danda erit eo tempore, quo Spiritus Sanctus proprietate -mysterii Trinitatis operabitur. L'opposizione è tale tra il secondo -periodo ed il terzo, che il nome di Vangelo par quasi venga negato al -Novo Testamento, e serbato solo ai libri gioachitici. Almeno così si -potrebbe interpetrare questo passo omesso dal D'Argentré e pubblicato -dal Renan, pag. 126, nota 5: Item XXVIII, dicit sacram scripturam -divisam in tres partes scilicet in vetus Testamentum, in Novum et in -Evangelium. (Vero è che si potrebbe sospettare non fosse stata omessa -dal copista la parola aeternum). Quod capitulum totum est notabile -et totum legatur. Si confronti il passo tolto dal quarto documento. -(Cod. Sorbona, num. 1706). EYMERICH, _Directorium_, pag. 271. Secundus -error quod Evangelium Christi non est Evangelium regni, et ideo non est -aedificatum. - -[735] Il Concilio di Arles nel condannare l'_Evangelo eterno_ a ragione -notava che questo nome fosse dato ac si Christi Evangelium non aeternum -nec a Spiritu Sancto nominari debuissent. - -[736] Queste proposizioni si trovano non nel resoconto d'Anagni, ma -in quell'altro fascicolo d'estratti esistente solo nel num. 1706, -già riportato dall'Eymerich (ed incompiutamente dal D'Argentré) -_Directorium inquisitionis_ (Roma, 1585), pag. 271. Quartus error: Quod -Novum Testamentum non durabit virtute sua nisi per sex annos proximos -futuros, videlicet usque ad annum Christi MCCLX. Sextus error, quod -Evangelium Christi aliud Evangelium subdet, et ita pro Sacerdotio -Christi aliud Evangelium (D'Argentré ha sacerdotium) succedat. Septimus -error: Quod nullus simplex homo est idoneus ad instruendum hominem -alium de spiritualibus et aeternis, nisi illis qui incedunt pedibus -nudis. - -[737] EYMERICH, loc. cit. Duodecimus error: Quod spiritualis -intelligentia Novi Testamenti non est commissa Papae romano, sed -tantum litteralis. Tertius decimus error: quod recessus ecclesiae -Graecorum a Romana ecclesia fuit bonus. .... Quintus decimus error, -quod populus Graecus magis ambulat secundum spiritum quam populus -latinus .... Decimus nonus error, quod Christus et apostoli ejus -non fuerunt perfecti in vita contemplativa. Vicesimus error, quod -activa vita usque ad tempus abbatis Joachim fructuosa fuit, sed nunc -fructuosa non est: contemplativa vero ita ab ipso Joachim fructificare -coepit, et amodo in perfectis successoribus ejus perfectius manebit. -Tra questi passi e quelli della nota precedente secondo il D'Argentré -si legge questa nota: Haec de prima parte (cioè i primi sette errori -riportati dall'Eymerich). De secunda parte ejusdem libri, quae -appellatur concordantia Novi et Veteris Testamenti, sive Concordantia -veritatis, isti errores possunt extrahi. Codesti errori e quelli della -nota precedente sono tolti dal quarto documento inserito soltanto -nel cod. num. 1706, e già riportato dall'Eymerich. Secondo questo -documento l'_Evangelo eterno_ si divide in due parti; la prima formata -dall'_Introductorius_ o come è detto qui _Praeparatorium in Evangelium -aeternum_, la seconda dalla _Concordia dei due Testamenti_ divisa in -cinque libri. L'ordinamento dell'_Evangelo eterno_ riferito in questo -documento non differisce, secondo il Renan, da quello del resoconto -d'Anagni. Ed in verità il sostituire la parola _Praeparatorium_ -ad _Introductorium_, ed il mettere come prima parte quello che nel -resoconto era considerato come introduzione sono lievissime differenze. -Messa come prima parte l'_Introduttorio_ era ben naturale che la -_Concordia_ ne fosse la seconda, e l'_Apocalisse_ e il _Decacordo_ -sarebbero state la terza e la quarta, se il raccoglitore non le -avesse trascurate, forse perchè gli pareva che non contenessero nulla -di novo, che non fosse stato detto nella _Concordia_. Ma se queste -differenze sono lievi, altre mi pajono più gravi di quel che crede -il Renan. Nel resoconto di Anagni non sono notati nè il sesto errore, -che al sacerdozio di Cristo debba succedere un altro sacerdozio; nè il -settimo che nessuno all'infuori degli scalzi sia atto ad insegnare le -verità dello Spirito. Non è dunque esatto quel che afferma il Renan -che gli errori dell'_Introduttorio_, notati nel quarto documento, -sieno identici a quelli rilevati dalla Commissione d'Anagni. E meno -esatta ancora è l'altra proposizione del Renan, che gli errori estratti -dalla seconda parte sono effettivamente tolti dalla _Concordia_. Tutto -al contrario, in nessun'opera autentica di Gioacchino si leggono -proposizioni come la duodecima e le altre qui sopra riferite. Nè -i cardinali tra tanti luoghi, che estrassero dalla _Concordia_, ne -riportarono neanche una, che suonasse così aspra ed irriverente per -la Chiesa Romana. Da queste considerazioni s'ha da trarre questa -conclusione affatto opposta a quella del Renan, che cioè la redazione -dell'_Evangelo eterno_, dalla quale furono estratti gli errori -riportati dall'Eymerich, dev'essere ben diversa da quella che avean -sotto gli occhi i cardinali; nè è improbabile che sia posteriore. - -[738] Cod., carte 142; RENAN, pag. 111, nota 1. Quod exponens frater -Girardus scripsit «haec abominatio erit pseudo-papa, ut habetur alibi», -istud alibi reperitur longe infra quinto libro _Concordiae_ de Zacaria -propheta, ubi incipit: _in Evangelio_, et dicitur: cum videritis -abbominationem desolationis, quae dicta est a Daniel. (Cfr. lib. V, -cap. 104, fol. 124, col. 3). Rursus et ibi frater Gerardus: «haec -abbominatio quidam Papa erit simoniaca labe respersus, qui circa finem -sexti temporis obtinebit in sede, sicut scribit in quodam libello ille, -qui fuit minister hujus operis, Gerardus». Il Renan espunge a ragione -Gerardus, ed io aggiungo che forse si dovrà sostituire Joachim, il -quale è chiamato pure minister hujus operis nel passo che riporteremo -più appresso a pag. 469, n. 1. - -[739] Vedi cod. carte 150. Item circa hoc idem diligenter notandum -qualiter praefert tertium statum secundo, et quamvis hoc inveniatur -in locis plurimis, sufficit tamen illa recapitulatio, quam facit in Vº -libro _Concordiae_ in fine secundae distinctionis quod incipit sic: _Ad -explanationem mysterii supra scripti_ (Cfr. ediz. ven. V, 82, fol. 112, -col. 2). - -[740] Una nota di fra Gherardo (cod., carte 148 _tergo_; RENAN, loc. -cit.), rimanda infatti al _Decacordo_: Super hoc glossa fratris Girardi -declaratio est ejus, quod dicitur aevangelium aeternum in secundo -libro Psalterii decem chordarum scilicet XIX capitulo quod incipit: _in -primo sane tempore_ (Cfr. ediz. veneta, fol. 259, col. 4). Fin qui la -nota pubblicata dal Renan. La Commissione segue riportando le parole -di Gioacchino, che sono veramente notevoli. Sed jam nunc agendum est -de tempore quinto, in cujus initio sumus nos, in quo oportet adhuc -Spiritum Sanctum missum a filio operari opera sua multo altius, quam -hactenus operatus est, ut omnes discant honorificare Spiritum Sanctum -sicut Patrem et Filium. In quo? Haud dubium quod in Evangelio ejus. -Non enim sicut decet honorificat illum, qui non subjectus et devotus -recipit evangelium ejus. Et quod est evangelium ejus? illud quod -dicitur Joannes in Apocalipsi: Vidi Angelum Dei volantem per medium -coelum et datum est illi Evangelium aeternum. In quo (ediz. ven., -_quod_) est Evangelium ejus? illud quod procedit de Evangelio Christi, -lictera autem occidit, spiritus autem vivificat. Gioacchino parla -qui per incidenza dell'_Evangelo eterno_, nè certo egli ha la superba -pretensione di dare questo nome ai suoi libri, ma certo è che anche lui -intende per _Vangelo eterno_ l'interpetrazione spirituale od allegorica -del vangelo di Cristo. - -[741] Cod., carte 144 _tergo_: In praenotatis videtur quod iste novas -et falsas opiniones confingat, et hoc maxime vanae gloriae causa, idest -ut exaltet ejus ordinem incredibiliter et intempestive super alios -ordines immo super totam ecclesiam. - -[742] Così ad esempio a carte 150 _tergo_ del codice (RENAN, pag. 112): -Dicit frater Girardus in notula: iste doctor sive Angelus (che apre -il sesto suggello) apparuit circa MCC annum incarnationis dominicae, -hoc est ille liber, de quo loquitur hic, in quo tonitrua loquuta sunt -voces suas, quae sunt mysteria septem signaculorum. È evidente qui -l'allusione a Gioacchino, che pubblicò i suoi libri nel 1200. Più -chiara è l'altra nota (cod., carte 150; RENAN, p. 111). Notula fratris -Gerardi: In hoc loco vir indutus lineis, qui fuit minister hujus -operis, loquitur de se et de duobus (S. Domenico e S. Francesco), qui -secuti sunt eum statim post mcc annis Incarnationis dominicae, quos -Daniel dixit se vidisse super ripam fluminis, quorum unus dicitur in -Apocalipsi: Angelus habens falcem acutam, et alius dicitur Angelus qui -habuit signum Dei vivi, per quem Deus renovavit apostolicam vitam. - -[743] I Giudici d'Anagni a ragione citano a carte 142 la _Concordia_ -(V, 66, fol. 95, col. 4), ove si legge: Senectus David hujus secundi -stati et ordinis ecclesiastici militantis in litera Evangelii -senectutem designat .... Quia vero in servando ordine suo incipiet -Pontifex [_romanus_, aggiunge l'ediz. veneta] frigescere, extollentur -adhuc aliqui de clero qui videbuntur esse strenui ad certamen, ut stent -in regno Ecclesiae pro patre suo. Sed non obtinebunt, quia non erit -adhuc necesse regnare ordinem belli in die pacis, sed magis oporteret -religiosos transire in illum ordinem, qui designatus est in Salomon. -Queste parole sono molto chiare, e sembrano scritte da fra Gherardo. -Egli è vero che in fine del capitolo Gioacchino aggiunge: non igitur, -quod absit, deficiet Ecclesia Petri, quae est tronus Christi, sicut -natis mulierum in fine veteris Testamenti, sed commutata etiam in -majorem gloriam, mauebit stabilis in aeternum. Ma queste pie proteste -non distruggono le precedenti proposizioni, e la Chiesa resterà eterna, -a patto che si trasformi. Non sarà un mutamento violento, ma un pallido -tramonto, come direbbero oggi. In un altro luogo della _Concordia_, -II. I, 28, fol. 18, col. 1, rilevato dai giudici a carte 144 _tergo_ -è detto: Duo perfecti ordines claruerunt .... ecclesiasticorum unus, -alius monachorum, et ipsi duo unus sunt clerus, qui tamen uno modo -CONSUMATIONEM ACCIPIET in tribulatione antichristi, alio (alius?) -modo mansurus usque ad consummationem seculi. È evidente l'artifizio -di porre che i due ordini in fondo facciano un solo, perchè si possa -dire che non ostante sia per cessare l'ordine clericale, dura tuttavia -nel suo successore e continuatore. In qualche altro luogo è detto più -esplicitamente che l'ordine clericale rappresentato da Pietro cederà -al monastico rappresentato da Giovanni, così nel _Decacordo_, fol. 267, -col. 3, (cod., carte 145 _tergo_): Ubi autem transierit quod significat -Petrus sequens Dominum in cruce sua, succedet manifeste quod designat -Johannes .... La parola EVACUATIO è adoperata in molti luoghi. Nella -_Concordia_, II, 1, fol. 7, col. 2 (codice, carte 148, _tergo_) .... -expectantibus nobis ignem de coelo, qui consumat terram et aquam, -expectantibus idest spiritualem intellectum, qui terrenam illam -superficiem licterae .... EVACUANDO CONSUMAT .... Super hoc, aggiungono -i giudici d'Anagni, Girardus in glossa: In hoc mysterio vocat terram -scripturam prioris Testamenti, aquam scripturam Novi Testamenti, -ignem vero scripturam _Aevangeli aeterni_. Parimenti nel V, 74 della -_Concordia_ [ediz. ven. fol. 102, col. 4, codice, carte 151, _tergo_]. -Sicut enim EVACUATA est mactatio (ediz. ven., _observatio_) Agni -paschalis in mactatione (e. v. _observatione_) corporis Christi, ita in -clarificatione Spiritus Sancti cessabit observatio omnis figurae. - -[744] Cod., carte 152. Quinto notandum diligenter illud, quod dicit -in primo libri Psalterii .... ubi invehitur primo contra Sabellium -et Arrium, sed statim post contra magistrum Lombardum. E riprodotto -il luogo già da noi citato, fol. 229, col. 3, seguitano: Et paulo -infra eadem distinctione seu capitulo videtur adhuc astruere haeresim -dannatam in Concilio lateranensi .... Più appresso: Item habetur -apertius in libello ipsius Joachim De Articulis fidei descripto ad -quemdam filium suum Johannem, quod opus suspectum est ex ipso prologo. - -[745] Vedi le bolle in DU BOULAY, III, 292 .... Alexander ecc. -Venerabili fratri Episcopo Parisiensi. Libellum quemdam, qui -in _Evangelium aeternum_, seu quosdam libros Abbatis Joachim -Introductorius dicebatur, et quem felicis recordationis Innocentio -Papae predecessori nostro misisti, postquam illum per venerabiles -fratres .... diligenter examinari fecimus, de fratrum nostrorum -concilio duximus abolendum. In un'altra bolla spedita poco dopo -raccomanda allo stesso arcivescovo (DU BOULAY, pag. 293), quod sic -prudenter, sic provide in apostolici super hoc mandati executione -procedas, quod dicti frates (minores) nullum ex hoc opprobrium, -nullamque infamiam incurrere valeant. - -[746] _Direct._, pag. 271, cujus auctor fuit ut fertur communiter -quidam frater Joannes de Parma, italicus monachus. - -[747] Il Salimbene dopo aver parlato del libro del S. Amour, seguita, -a pag. 233: Alter vero libellus continebat multas falsitates contra -doctrinam abbatis Joachym, quas abbas non scripserat, videlicet quod -Evangelium Christi et doctrina Novi Testamenti neminem ad perfectum -duxerit, et evacuanda erat MCCLX anno. Et nota quod iste, qui fecit -istum libellum, dictus est frater Ghirardinus de burgo Sancti Donnini, -qui in Sicilia nutritus fuit in saeculo, et ibi docuit in grammatica -.... Et Parisius fecit istum libellum, et ignorantibus fratribus -divulgavit, sed valde bene fuit punitus: pag. 255 Porro post multos -annos, cum habitarem in conventu Imolae, venit ad cellam meam frater -Arnulphus guardianus meus cum quodam libello, qui scriptus erat in -chartis de papiro, et dixit mihi: quidam notarius est in terra ista, -qui est amicus fratrum, et istum libellum, quem scripsit Romae quando -fuit ibi cum senatore urbis domino Brancaleone de Bononia, accomodavit -mihi ad legendum, et habet eum valde carum, quia frater Gherardinus de -burgo Sancti Donnini scripsit et composuit eum, quapropter legatis in -eo vos, qui studuistis in libris Ioachym, ut dicatis mihi si continet -aliquid boni. Cumque legissem et vidissem dixi fratri Arnulpho: iste -liber non habet stilum antiquorum doctorum, et habet verba frivola et -risu digna propterea diffamatus est liber et reprobatus .... - -[748] Anche il Renan ha notato, pag. 116: les documents d'Anagni -ne disent pas avec la clarté désirable que Gerard soit l'auteur de -l'Introductorius à l'Evangile éternel. Io aggiungo che non lo dicono nè -chiaramente, nè oscuramente. - -[749] Il Renan ha chiamato l'attenzione su questo passo -dell'Introduttorio: (cod. car. 139; RENAN, pag. 116; cfr. D'ARG., 164). -Item VIII capitulo dicit (cioè lo scrittore dell'Introduttorio) quod -sicut in principio primi status apparuerunt tres magni viri, scilicet -Abraham, Isaac et Jacob, quorum et tertius, scilicet Jacob, habuit XII, -et sicut in principio secundi status tres, scilicet Zacharias, Ioannes -Baptista et homo Jesus Christus, qui similiter secum habuit XII, sic et -in principio tertii status tres similes illorum, scilicet vir indutus -lineis, et angelus quidem habens falcem acutam, et alius angelus -habens signum Dei vivi. (D'altra mano è scritto in parentesi _scilicet -Sanctus Franciscus_. L'angelo della falce acuta è S. Domenico, il -persecutore implacabile degli eretici). Ipse primo habuit XII, (male -il D'Arg. _et habebit similiter angelus_), inter quos et ipse fuit -unus (cioè lo scrittore dell'Introduttorio), sicut Jacob habuit XII in -primo statu, et Christus XII in secundo. Item quod per virum indutum -lineis intelligat Joachim scriptor (sin qui il D'Argentré, il resto -fu pubblicato dal Renan, pag. 116, n. 1) hujus operis probatur XXI -cap. circa medium per haec (_haec_ omesso dal Renan) verba de quinque -intelligentiis et septem tipicis (Renan: _ubi sic ait_) sic ait «vir -indutus lineis in aperitione mysteriorum Isaiae (Renan: _Jeremiae_) -prophetae, ecce, ait, praeter historicum morale tropologicum etc.». -Item XXIII circa principium ita dicitur: «ad quam scripturam tenetur -populus tertii status mundi, quemadmodum populus primi status ad vetus -Testamentum et populus secundus ad novum, quantumcumque hoc displiceat -hominibus generationis istius». In questo passo il Renan stesso nota: -1º che l'autore dell'Introduttorio è detto indeterminatamente scriptor -hujus operis. 2º Che la frase _inter quos ipse fuit unus_ conviendrait -mieux à Jean de Parme qu'à Gerard. Queste due osservazioni basterebbero -a provare che l'autore dell'Introduttorio non può essere Gherardo; ma -v'ha una terza osservazione da fare. In un luogo del codice, pubblicato -pure dal Renan (pag. 110, n. 2) si legge: Item in XII c. versus finem -ponit haec verba: «usque ad illum angelum, qui habuit signum Dei vivi, -qui apparuit circa MCC incarnationis dominicae, quem angelum frater -Gerardus vocat et confitetur sanctum Franciscum». Secondo il contesto -di questo estratto quei che ponit haec verba, non è lo stesso di chi -vocat et confitetur. Codeste prove non sono sì lievi da poter dire -col Renan: rien n'autorise à croire que Jean de Parme ait participé -directement à la rédaction du livre poursuivi de tant d'anathèmes. Io -direi piuttosto il contrario, che molti indizii ci menano a conchiudere -essere l'autore dell'Introduttorio ben diverso da quello delle note, e -molto probabilmente Giovanni da Parma. - -[750] Dico note introduttive, perchè parmi che si debbano distinguere -nell'_Evangelo eterno_ tre introduttorii. 1º Uno generale a tutte le -tre opere di Gioacchino; 2º uno speciale al _commento dell'Apocalisse_ -il quale andava sotto il nome di Enchiridion seu Introductorius. 3º -Finalmente un terzo introduttorio, appartenente a Gioacchino stesso, -e pubblicato nell'edizione a capo dell'_Expositio in Apocalipsim_. Che -si debba distinguere l'Enchiridion dall'Introductorius appar manifesto -dal codice, perchè tutte le volte che si cita l'Enchiridion vengon -riferiti capitoli, che non si trovano nell'Introductorius pubblicato a -Venezia, e per i opposto tutte le volte che si cita l'Introductorius -la conformità tra il resoconto d'Anagni e l'edizione stampata è -così perfetta come per le altre opere autentiche di Gioacchino. -Cito alcuni esempi; a carte 141 si legge: Hoc expressius dicitur in -Enchiridion sive Introductorio novae Apocalypsis quod sic incipit: -nunc de VII signaculo et septem temporibus. Non c'è nessun capitolo -dell'Introduttorio stampato, che cominci con queste parole. Poche -righe più sotto seguitano gl'inquisitori: Similiter in Introductorio -_Apocalypsis_ cap. III quod intitulatur de tribus statibus mundi et -incipit «primus trium statuum» citazione che risponde a capello al cap. -V dell'ediz. veneta, fol. 5, col. 2. A carte 147 _recto_ e carte 151 -_recto_, si citano dal capitolo dell'Enchiridion de septimo signaculo -passi che non si trovano nella stampa. Nel mentre a carte 147 _tergo_ -è citato il cap. V dell'Introduttorio rispondente al cap. VII, fol. -9, col. 4 dell'ediz. veneta. A carte 144 _recto_ si cita il cap. XVII -dell'Introduttorio corrispondente al fol. 20, col. 1 della stessa -edizione. - -[751] L'AFFÒ, _Vita del beato Giovanni_, Parma 1776, per iscagionare -non solo il generale, ma tutto l'ordine francescano, escogita l'ipotesi -strana che l'_Evangelo Eterno_ appartenga o agli Almariciani, (pag. 67) -o ad un ignoto Giovanni da Parma (pag. 77) ben diverso dal generale. Nè -vuol neanche (pag. 95 in nota) che se ne faccia autore fra Gherardino. -_E questo sia detto in prova di questa gran verità, che l'ordine dei -minori non ebbe alcun individuo tanto sfrontato, che fosse capace di -metter fuori libro sì pernicioso._ Eppure l'Affò conosceva benissimo la -Cronaca del Salimbene! - -[752] Salimbene, pag. 97: Porro frater Hugo solitus erat dicere, quod -quatuor habebat amicos, quos specialiter diligebat, quorum primus -erat frater Johannis de Parma generalis minister (et hoc congruum -fuit quia ambo erant magni clerici et spirituales viri et maxime -Joachitae); cujus etiam amore mihi fuit familiaris et quia videbar -credere scripturis abbatis Joachim de ordine Floris. P. 132-33: Et -notandum quod quamvis frater Johannes de Parma habuerit multos mordaces -occasione doctrinae abbatis Joachim, habuit tamen multos qui eum -dilexerunt, inter quos fuit magister Petrus Hispanus (Papa Johannes -XXI). - -[753] L'Affò, pag. 87 cita il Salimbene che a pag. 133 narra: Papa -etiam Innocentius IV diligebat fratrem Johannem sicut animam suam, et -quando ibat ad eum, recipiebat eum ad osculum oris, et cogitavit eum -facere cardinalem, sed morte praeventus, non potuit. Come mai, seguita -l'erudito francescano, il Papa che conosceva l'_Evangelo Eterno_ potea -pensare di elevare ai supremi onori l'autore del pessimo libro? Ma è da -notare che Innocenzo IV non potè esaminare codesto libro, mandatogli -dall'arcivescovo di Parigi nello stesso anno che morì. L'Affò -avrebbe potuto citare un altro luogo del Salimbene, del quale già -riproducemmo il principio nella nota precedente, e che seguita così: -Petrus Hispanus, qui factus cardinalis et postea ipse idem factus Papa -Johannes XXI, cum esset magnus sophista, loicus et disputator atque -theologus misit pro fratre Johanne de Parma, qui similia in se habebat, -voluit ergo Papa quod semper esset cum eo in curia et cogitabat eum -facere cardinalem, sed morte praeventus non potuit facere. Ma anche -questo passo non concluderebbe nulla, perchè al tempo di papa Giovanni -XXI (1276-77) le agitazioni francescane erano cessate, ed un profondo -obblio copriva l'_Evangelo Eterno_, condannato già 21 anni prima. -Anche per Niccolò III l'Affò avrebbe ben fatto a riprodurre tutto il -passo del Salimbene, dal quale si ha da cavare una conclusione affatto -opposta alla sua. Eccolo (pag. 131): Hic (Johannes de Parma) propter -doctrinam abbatis Joachym, quia nimis adhesit dictis suis, exosus -fuit quibusdam ministris et papae Alexandro quarto et papae Nicolao -tertio, qui ambo cum essent cardinales, fuerunt ordinis gubernatores, -protectores et correctores, et prius diligebant eum intime sicut -semetipsos propter ejus scientiam et sanctam vitam. Unde post longum -tempus dominus Johannes Cajetanus, qui erat papa Nicolaus tertius, -accepit eum per manum, et familiariter ducebat eum per palatium dicendo -sibi: cum tu sis homo magni consilii, non melius esset tibi et ordini -tuo quod tu esses hic nobiscum cardinalis in curia, quam sequi verba -stultorum, qui de corde suo prophetant? Respondit frater Johannes et -dixit Papae: de dignitatibus vestris non curo, quia de hoc commendatur -quilibet sanctus, ad cujus laudem cantatur: nec terrenae dignitatis -gloriam quaesivit, sed ad coelestia regna pervenit. De consilio autem -dando dico vobis quod bene sanum darem consilium si essent qui me -vellent audire; _sed in curia romana his diebus parum aliud tractatur -nisi de guerris et de tropheis et non de animarum salute_. Audiens -haec Papa ingemuit et dixit: sic sumus talibus consueti, quod omnia -quae dicimus et facimus utilia fore credamus. Cui frater Johannes -respondit: Et beatus Gregorius, sicut in dialogo legitur, de talibus -suspirasset. Post hoc dimissus frater Johannes reversus est ad heremum. -Da questo racconto risulta certo non l'innocenza di Giovanni, ma la -sua persistenza nelle opinioni gioachimitiche, non ostante che il Papa -cercasse di distiogliernelo. Si può dubitare che Giovanni abbia tenuto -un linguaggio così acre col Pontefice, ma certo quelle frasi erano in -bocca di tutti i Gioachimiti. - -[754] SALIMBENE, pag. 131. Dixit mihi frater Bartholomaeus Calarosus -de Mantua; .... dico vobis, frater Salimbene, quod frater Johannes -de Parma turbavit semetipsum et ordinem suum, quia tantae scientiae -et sanctitatis et excellentissimae vitae erat, quod curiam romanam -corrigere poterat, si credidissent sibi; sed postquam secutus est -prophetias hominum fantasticorum, vituperavit seipsum, et amicos suos -non modicum laesit. Et respondi et dixi: ita etiam et mihi videtur, et -tristor non modicum, quia intime diligebam eum; sed Joachitae dicunt: -prophetias nolite spernere .... Pag. 132: cum disset mihi frater -Johannes de Castroveri .... quod frater Johannes de Parma, quondam -generalis minister adhuc erat in credulitate sua, et ego dixissem sibi -quod si essem cum eo sperabam quod possem eum revocare ab illa, dixit -mihi: vade ergo ad eum etc. L'Affò non nega che fra Giovanni fosse -Gioachita, ma per salvare l'ortodossia di lui, mutila le dottrine -di Gioacchino, riducendole al solo capo dell'Anticristo, nella cui -imminente venuta molti padri della Chiesa fermamente credettero (pag. -130). Invece noi abbiamo già dimostrato che le dottrine dell'_Evangelo -Eterno_ non che essere foggiate dagli Almariciani, si trovano -sostanzialmente nelle opere autentiche dell'abate florense. - -[755] Secondo il Salimbene (pag. 137) le dimissioni furono spontanee, -e più d'un giorno insisterono i capitolari perchè le ritirasse, ma -persistendo il generale nel suo proposito, lo pregarono che indicasse -lui il successore. Et statim assignavit fratrem Bonaventuram de -Bagnoreto et dixit quod in ordine meliorem eo non cognoscebat: et -statim omnes consenserunt in eum et fuit electus. Non è probabile -che fra Giovanni indicasse a suo successore chi dopo eletto gli aprì -un processo. E l'Affò stesso cita un contemporaneo fra Peregrino -di Bologna, il quale (pag. 105) dice al contrario: idem Papa sibi -in secreto praecepit, quod renunciaret officio et quod nullo modo -assentiret, si ministri eum vellent in officio retinere. Et ego, -inquit, in capitulo fui mediator inter ipsum et ministros, et hoc -habui ex ore ejus. E se l'Affò non crede al racconto di fra Pellegrino, -perchè appartenente al partito di frate Elia, altri potrebbe dubitare -del Salimbene, appartenente al partito Gioachimita. Tanto più che il -racconto di Salimbene è improbabile, e non scevro di pie invenzioni -come questa che nel romitorio di Grecia, ove si ritirò fra Giovanni, -duae aves de sylva sylvestres, ad modum anseris grandis, et sub -disco suo, ubi studebat continue, fecerunt nidum ova et pullos, et -permittebant se tangi ab eo. - -[756] Per esempio la _Cronaca delle tribolazioni_ a carte 181_v_: «Ma -secondo che testifica esso frate Giovanni in questa parte molto fallì -Bonaventura, perocchè parlando e conferendo insieme con frate Giovanni -dentro in cella della predetta quistione, si concordava e mostrava -di sentire e di tenere una medesima cosa con frate Giovanni, ma nel -cospetto delli frati, ed in comune si mostrava di tenere il contrario. -E per questo frate Giovanni molto temeva frate Bonaventura». Così pure -a carte 199 _recto_ e _tergo_: «è fatto stupendo a ciascheduna mente -come presummettono di trattare iniquamente e irriverentemente tanto -e sì fatto uomo con loro infamia con scandalo e vituperio di tutto -l'ordine e confusione di tutta la religione .... venne frate Giovanni, -e fu costretto di giurare come sospetto d'eresia, e fu inquisito il -savio dalli stolti e l'antico dalli giovani ecc. E allora s'oscurò -e impallidì la sapientia e sanctità di frate Bonaventura, e la sua -mansuetudine dal maligno spirito, che il commoveva, fu voltata in -furore». Questi passi mostrano chiaramente l'irritazione del partito -intransigente contro fra Bonaventura. Contro il quale solevano addurre -una pretesa profezia di fra Jacopo della Massa, come riferisce la -stessa cronaca a pag. 186 _recto_: « .... Questo frate Jacopo da Massa -nel principio del generalato di frate Giovanni da Parma stette tre -giorni rapto fuori di sè .... A costui fu data la intelligenza delle -scripture e lo spirito della prophetia, allora lui mi disse e manifestò -una cosa molto stupenda, cioè che .... vidde un arbore molto bello -e alto, la cui radice era d'oro ed il pedale d'argento, le foglie -d'argento inorato, li frutti dell'arbore erano huomini ed erano frati -minori, e vedde frate Giovanni da Parma, il quale stava nella cima del -ramo di mezzo di quest'arbore. E venne S. Francesco ad amministrare lo -spirito della vita alli suoi frati, secondo che li era stato comandato, -ed incominciandosi da frate Giovanni da Parma li dette il calice dello -spirito della vita .... e avendolo bevuto diventò lucente come sole, -quelli pochi che divotamente tutti lo bevevono, tutti diventavano -lucidi come il sole, ma quelli, li quali lo versavano, diventavano -tenebrosi e neri e orribili a vedere e simili alli demonii .... furono -date a frate Bonaventura, unghie di ferro taglienti come rasori (pag. -190): Gesù Cristo chiamò S. Francesco e li dette una pietra focaja -molto tagliente .... e S. Francesco venne e tagliò le unghie di frate -Bonaventura, e frate Giovanni si restò nel loco suo lucente come -il sole». Questa visione, riferita anche nei _Fioretti_, ed accolta -dal Mariano e dal Wadding, è certamente una invenzione del partito -intransigente, e l'Affò ben fece a dubitarne (pag. 109 e segg.), benchè -le ragioni addotte da lui tengano poco. - -[757] Certo fra Giovanni fu accusato non solo quale capo del partito -intransigente, bensì come gioachimita e l'Affò ha ben torto di -sostenere che principalmente sul primo motivo gli fu aperto il -processo. Se non ci fosse stata la condanna dell'_Evangelo Eterno_, -e la necessità di salvare la riputazione dell'ordine, non si avrebbe -avuto il coraggio di sottoporre ad accusa un uomo come fra Giovanni. -Anche la _Cronaca delle Tribolazioni_ adduce varii capi di accusa, ma -confessa che il più grave fu quello delle opinioni gioachimite. Non -credo inutile riferire da questa cronaca inedita le accuse, riportate -pure dal Wadding e dall'Affò. Carte 148 _tergo_: «Una delle ragioni -dell'odio che molti ebbero contro Giovanni è il linguaggio severo che -teneva contro tutti, perchè i frati insegnano loro, (ai novizii) di -riservarsi le loro cose per libri, o veramente di darsi alli frati per -edificare Chiese o luoghi o per altri loro bisogni, e non annunziano -loro fedelmente come dice la regola, cioè che le distribuischino alli -poveri del secolo». Carte 170 _t_: «e li frati non sono contenti di -avere due tuniche di panno vile e di rappezzarle di sacco e d'altri -pezzi con la benedizione di Dio, ma procurano d'avere vestimenti -preziosi e delicati e duplicati e tutti quelli li quali amano li -vestimenti vili, e che predicano l'observantia regolare, li giudicano -come uomini indiscreti, e che si vogliono mostrare santi e li chiamano -hypocriti». Carte 171_r_: appena dicono l'ore loro. Carte 174_r_: -«diventano (li frati) mercanti, vendendo le cose spirituali per le -temporali, e le cose che acquistano le convertono nelli proprii usi». -Carte 175_r_: «non possono ascoltare pazientemente la verità delle -loro transgressioni; ma reputano che sia loro lecito d'inpugnare e -perseguitare tutti quelli parlano o sentono il contrario delle loro -opere». Carte 175 _t_: «tornando una volta da Roma un lettore della -nostra provincia riferiva alli frati in comune e ad alcun altro -lectore, come frate Giovanni predicando in Roma alli frati avea dicto -nel suo sermone ai frati contro ad ogni stato, e specialmente contro -alli frati tanto duramente che giammai li frati della Marca non -l'averrebbono perdonata a nessun altro frate». Carte 176 _t_: «diceva -qualmente il testamento e la Regola sono substantialmente una medesima -cosa». Carte 779 _t_: «Frate Giovanni biasimava molto quelli, li quali -addimandavano sopra la regola altre declarationi oltre al testamento, -e admonitioni di San Francesco, come coloro che revocavano in dubbio la -certezza della vera intelligenzia della Regola, e contro la obedientia -e comandamento del padre loro la storcevano al beneplacito della loro -tepida volontà; epperò portavano molestamente le sue parole e il -suo parere e sentimento; e apostata e presa la cagione di un'altra -questione perseguitarono e punirono acerbamente lui e li principali -compagni come infecti di eretica pravità .... Perocchè frate Giovanni -da Parma lui con li conpagni tenevano che l'abate Gioacchino aveano -tenuto e sentito sanctamente e cattolicamente della sancta trinità, -e dell'unità e divina essenza .... e la decretale d'Innocenzio Papa -non damnava lui, nè la sua dottrina per rispetto della sua posizione -e affermazione che lui fa di quella questione, ma riprova quello -libello che Joacchino compose contro mastro Pietro Lombardo .... però -quello libello fu dannato in quanto che era diffamatorio di maestro -Pietro Lombardo .... perocchè maestro Pietro non sentì nè tenne il -contrario di quello che tennono li sancti. Per questa seconda ragione -e cagione mossi li frati apparentemente provocorono frate Bonaventura -ad esaminare frate Giovanni e li compagni della fede e promossone -il figliuolo contro il padre, e il promosso contro il promotore e il -dilecto già discepolo contro all'amante maestro e pastore. La tertia -ragione della persecuzione fu lo scrivere di due sermoni fatti dai due -compagni di frate Giovanni. Dei quali il primo per empio e per modo -dire senza sale lodava la doctrina dell'abate Gioacchino insieme con la -persona, il secondo induceva nel suo sermone tutti li principali passi -della scriptura di Joachino, e che fanno e che sono a commendatione di -S. Francesco e della Regola e a declarazione della vita evangelica e -della sua istituzione e depravazione .... e principalmente toccava li -prelati e li più principali principalmente. Il quale libro leggiendo -frate Bonaventura si dice che sospirò e lagrimò perchè queste cose si -potevano intendere particolarmente per lui». - -[758] Salimbene non fa nessun cenno nè del processo nè della condanna, -sebbene nel passo riportato più sopra dica chiaramente che Giovanni -cadde in disgrazia dei Papi Alessandro IV e Niccolò III. Ma la _Cronaca -delle Tribolazioni_, seguita dal Mariano e dal Wadding, racconta quello -che riferiamo nel testo, nè l'Affò ne dubita. - -[759] _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 186: «E chiamati prima li due -principali compagni di frate Giovanni, ciascuno delli quali era molto -suffitiente e molto docto nella divina scriptura, cioè frate Leonardo -e frate Giraldo li costrinsero a giurare di rispondere puramente -la verità. Carte 196 _t_: frate Giraldo era di tenace memoria e di -deserta e di pulita lingua e di acuto intelletto e dalla bocca sua -usciva un fiume d'auctorità: Carte 198_r_: come eretico condannarono -alla perpetua carcere lui e il suo compagno, il quale frate Giraldo -entrando nella carcere disse: in loco pascue ibi me collocavit, ove -stetti diciocto anni con tanto gaudio e letizia come se continuamente -avessi avute tutte le delicatezze del mondo .... vivendo come eretico e -scomunicato, e alla fine fu privato dell'ecclesiastica sepoltura sotto -la medesima penitenza vivette e morì frate Leonardo. Dopo molto tempo -Pietro dei Nubili perchè non volessi dare alii frati un trattato, il -quale avea compilato frate Giovanni, morì in carcere». Questa ultima -notizia è molto importante, perchè mostra che anche fra Giovanni avea -composto un trattato (l'Introduttorio?) sullo stile degli scritti -di Leonardo e fra Gherardo e al pari di quelli severamente proibito. -D'accordo colla _Cronaca_ il SALIMBENE, pag. 102: frater Ghirardinus -Parisius missus fuit, ut studeret pro provincia Siciliae, pro qua -receptus fuerat. Et studuit ibi IIII annos et excogitavit fatuitatem, -componendo libellum, et divulgavit stultitiam suam. De quo libello -iterum dicam, cum ad Papam Alexandrum quartum pervenero, qui ipsum -reprobavit. Et qui occasione istius libelli improperatum fuit ordini et -Parisius et alibi, ideo praedictus Ghirardinus, qui libellum fecerat, -privatus fuit lectoris officio et praedicationibus et confessionibus -audiendis et omni actu legitimo ordinis. Et quia noluit resipicere -et culpam suam humiliter recognoscere, sed perseveravit obstinatus -procaciter in pertinacia et contumacia sua, posuerunt eum fratres -minores in compedibus et in carcere, et sustentaverunt eum pane -tribulationis et aqua angustiae. Iste miser nec sic voluit resilire a -proposito obstinationis suae, permisit itaque se mori in carcere, et -privatus fuit ecclesiastica sepoltura. Sepultus in angulo horti. - -[760] SALIMBENE, pag. 131 .... Et tu similiter Joachita fuisti, cui -dixi: verum dicitis sed postquam mortuus est Fridericus, qui Imperator -jam fuit et annus millesimus ducentesimus sexagesimus est elapsus, -dimisi totaliter istam doctrinam, et dispono non credere nisi quae -videro. - -[761] WADDING, _Annales minorum_, V, 52, che segna la _Cronaca delle -Tribolazioni_, da lui citata nel nome di Chronica antiqua. Nelle note -seguenti mi varrò direttamente di questa fonte, pubblicandone per -quanto lo spazio mi consente, i brani più importanti. - -[762] _Cronaca_, carte 204 _tergo_: «Della quinta tribolazione -dell'ordine delli frati minori della quale nelle parti ultramontane -frate Pier Giovanni fu il principale che ne partecipò, come si dirà -nel subsequente capitolo — Essendo assunto al cardinalato frate -Bonaventura contro alla sua volontà per la fama della sua scienza -ed eloquentia e sanctità, li succedette nell'offizio del generalato -frate Girolamo d'Ascoli, il quale poi fu Papa Niccolao quarto, che -fu uomo assai mansueto e modesto e tardo ad ira e a fare ingiuria, -posto che fossi tepido e rimesso a promuovere li buoni. Pag. 205: A -costui .... accusato il sancto uomo di Dio frate Pier Giovanni d'Ulivo -della provincia di Provenza e della custodia di Herbona, e nativo -d'un castello chiamato Serignano, che esso frate Pier Giovanni per -audacia e temeraria presunzione haveva composto alcune quistioni piene -di temerarie novitati. La qual cosa udendo frate Girolamo generale -lo fece chiamare a sè, e li disse che li portasse quelle quistioni -che lui haveva fatte della nostra donna, il quale frate Pier Giovanni -subitamente ebbe porto, e come il generale l'hebbe letto, li comandò -che li mettessi in sul fuoco e l'ardesse. La qual cosa fatta frate -Pier Giovanni senza mutare volto con l'animo tranquillo, come se avessi -ricevuto un grande honore, rallegrandosi si lavò le mani e celebrò la -messa. La qual cosa notando alcuni di quelli, che di già per lo merito -delle sue virtù l'amarono, appostata l'ora opportuna l'addimandorono -dicendo: frate Pier Giovanni come potesti tu dire la messa così -subitamente dopo tanta ingiuria e riprensione, che ti fu facta dal -generale non ti confessando tu avanti. Ai quali quello rispose e disse: -Io ho ricevuta quella riprensione e ingiuria per grande benefizio et -honore, e però non me ne sono dolsuto nè rammaricato. Anzi me ne sono -rallegrato, che se voi pensate che per quello ardere e distruggere di -quelle quistioni l'uomo se ne debba dolere, questo è niente, perchè a -me è agevole cosa di ritrovare e riparare quelle medesime». - -[763] _Cronaca_, carte 214 «(fra Pier Giovanni) tolse un compagno, -e non chiamato nè licenziato se ne andò a frate Bonagratia generale -ministro .... E volendosi el generale spacciare di lui, e punirlo -aspramente con penitentia confusibile per la inobbedentia, la quale -avea commessa, fece radunare il capitolo spacciatamente, e frate -Giovanni propose per tema del suo parlare: spiritu oris interficient -ineptum. E poi seguitò il suo sermone con tanta efficacia e tanto -fervore di spirito, che tutti si stupirono nella virtù delle sue -parole. E tutti confusi nel cuore e nella mente, e non avendo ardire -di rispondere alle sue parole, tacettono. Ma agghiadato nel cuore -il generale non lo riprese della sua venuta, e non li dette alcuna -penitentia, e dissimulò il dispiacere il quale lui avea conceputo -contro a quello. Ma dipoi a pochi giorni, il generale infracidandosi -e consumandosi d'amaritudine si cadde in infermità e morì, e insieme -con lui morirono due principali adversari di fra Pier Giovanni». La -Cronaca non conosce nè l'accusa del capitolo nè la sentenza della -Commissione, nè la ritrattazione. Ma la condanna c'è nota dalla -risposta dello stesso Olivi ai suoi giudici pubblicata dal Duplessis -(D'ARGENTRÉ, _Collectio judiciorum_ I, 226). Il principio di questo -documento è il seguente: Reverendis in Christo fratribus fratri Arloto -de Prato, fratri Richardo de Mediavilla, fratri Drocho, fratri Joanni -Valensii, fratri Symoni sacrae theologiae doctoribus; fratri Aegidio -de Baysi, fratri Joanni de Murro, Bachalariis domus Parisiensis, -homuncius peccator vilissimus dictus frater Petrus Joannes Olivi, eam -reverentiae plenitudinem, quam decet Magistros et Patres tantos ac -tales etc. Quello di cui si duole principalmente l'Olivi è che sieno -state condannate le sue opinioni quaedam vero haeretica, quaedam in -fide dubia, quaedam nostro ordini periculosa, quaedam nescia, quaedam -praesumptuosa; nel mentre l'autore non fu ammesso a discolparsi, e -neanco venne interrogato. Miror satis quomodo tum rigidus processus -contra me actus, et quomodo tam solemnis tamque inusitata sententia, -tamque diffamatoria per viros tam solemne est data, me super his omnino -irrequisito. La formola di ritrattazione è riportata dal Wadding, -V, 122. Ego frater Petrus Joannes consentio in verba magistrorum -nostrorum, quae continentur in litteris sigillorum septem, qui Patres -ad praeceptum venerabilis Patris fratris Bonagratiae, tunc generalis -ministri, requisiti per obedientiam responderunt. Quel _tunc_ mostra -che la sottomissione ebbe luogo dopo la morte del generale, avvenuta -nel 1283. - -[764] _Cronaca_, carte 222-23: «Esso fu chiamato dal generale a Parigi, -che dovessi rispondere alle cose proposte contro a lui davanti alli -maestri e alli altri frati quivi congregati. Alle quali cose lui -rispose tanto saviamente e pienamente e abbondantemente, che tutti li -circostanti se ne meravigliarono e stupirono e confessorono che vera e -cattolica era la sua posizione, e assertione delli predicti articoli, -e nessuno di quelli, che l'accusarono, fu ardito di dire una parola -contro a quello». - -[765] _Cronaca_, carte 213: «Per la qual cosa si voltarono a -perseguitare li germogli e figlioli delli suoi razzi, e tutti li -giovani, che si sforzavano di conformarsi alli suoi costumi e alla -sua dottrina, con maligne inquisitione e perplesse e intrincate -examinationi, come se fossero morti nell'eretica pravità, li -incidevano col coltello dell'iniqua lingua diffamandoli, gittandoli e -nascondendoli nelle fosse e sepolture, nelle fosse delle loro carceri e -prigioni, e temendo li razzi delle loro chiarissime ragioni, infiammate -del calore di charità del sole padre loro, cioè frate Pier Giovanni, e -non potendo sostenere la sua presenzia, non avevono ardire di fare di -lui inquisitione». - -[766] Anche quest'altra dichiarazione fu pubblicata dal WADDING, V, -p. 299: Ego frater Petrus Joannes dico et profiteor, fratres minores -non teneri ad aliquem usum pauperem neque ad aliam vivendi modum ultra -contentum in declaratione Regulae facta a domino Nicholao III etc. - -[767] Il WADDING, V, 378, ci conserva le ultime parole dell'Ulivi. - -[768] Il Daunou nell'articolo sull'Olivi (_Hist. litt._, XXI, 44) -parla d'un codice di Santa Croce, che conterrebbe l'_Esposizione -dell'Apocalisse_. Ma il Bandini non cita se non due soli codici -riferentisi all'Olivi, il primo (pluteo X dextr. cod. IV) contiene -l'esposizione di Matteo fino a carte 197, e da carte 110 l'esposizione -dell'evangelo di Luca. È notevole che in fondo al codice si legge una -nota di mano di fra Tedaldo, la quale ricorda le postille di fra Pietro -su Isaja, Ezechiele, le Sentenze, Geremia; ma non fa cenno alcuno del -_Commento all'Apocalisse_. Il secondo codice (plut. XXXI, sin. cod. -III) contiene parecchi opuscoli sulla povertà, e tra gli altri alcuni -di Pier Giovanni. Eccone l'indice: - -Utrum sit melius aliquid facere ex voto, quam illud idem sine voto -(carte 131). Utrum vovere alteri homini obedientiam; Utrum appellare -ab inferiori (imperfecta et incompleta) (c. 132). Quod trium votorum, -castitatis, paupertatis et obedientiae sit perfectius (132). Utrum -Papa possit in omni voto dispensare (134). Utrum romano pontifici sit -in fide et moribus ab omnibus obedire (139). Item sine argumento, an -promittere alteri obedientiam in omnibus universaliter sit evangelicae -perfectionis (140). Expositio regulae sancti Francisci (141). Quaeritur -an status altissimae paupertatis sit simpliciter melior omni statu -divitiarum (142). Ad oppositum quaestionis arguitur. Quaestio est -pulchra. (162). Videtur quod status habens aliquid in commune sit -melior (164). Quaestio an usus pauper includatur in consilio seu votu -paupertatis (170). Utrum professoribus paupertatis evangelicae usus -pecuniae sit totaliter interdictus (172). Quaeritur utrum praedicti -pauperes teneantur vilissimis vestibus indui (174). Utrum Episcopi -et Praelati, qui ad perfectionem evangelicam sunt ex voto adstricti -teneantur ad pauperem usum (176). Utrum liceat professoribus evangelici -aliquid repetere per se vel per alium (177). Utrum liceat professoribus -evangelicis debita contrahere quacunque ex causa (178). Utrum ei liceat -annualia convivia, seu pietantias recipere, seu procurare (178). Utrum -virginitas, vel castitas, abstrahens ab omni concubitu, sit simpliciter -melior matrimonio (178). Utrum votum vitandi suspectum consortium, -vel colloquium includatur in voto evangelico (181). Utrum Religiosus -vovens ea, quae non obsunt observantiae regulare, teneatur votum illud -adimplere (182). Utrum sit conveniens ad professionem religionis, vel -solemnis voti castitatis multos recipi (182). Utrum vovens ingredi -Religionem si ducat uxorem, peccat semper mortaliter petendo debitum -(182). De antiqui hostis versutia contra statum evangelicae paupertatis -seraphici viri Francisci multiformi (183). Utrum perfectio evangelicae -paupertatis possit ad talem modum vivendi reduci, quod sufficienter -vivat de possessionibus et contradicitur a Papa vel Patribus (189). -Responsio Petri Joannis in Capitulo generali quando fuit requisitus -quid de usu paupere sentiret (204). De obitu dicti fratris Petri -Joannis et quid receptis sacramentis dixit quando et ubi recepit -scientiam suam, et quid senserit de usu paupere (206). Articuli -abstracti descriptis tuis ab aemulis et impugnatoribus (206). Item -tractatus ejus de usu paupere in fine quinti capitulo (206). Quaestio -pulchra seu tractatus ejusdem de vita activa et contemplativa (206). - -[769] Nella professione di fede al letto di morte diceva l'Olivi -(WADDING, V, 378): dico abdicationem omnis juris, seu jurisdictionis -temporalis et pauperem rerum usum de substantia vitae nostrae -evangelicae; pauperem vero usum hunc ita explico: ut omnibus -consideratis censeatur potius pauper quam dives, seu declinet potius ad -paupertatem quam opulentiam. Si vede in questa formola, che pare tanto -logica, l'imbarazzo di definire il limite, al di là del quale l'uso -cessa di essere povero. - -[770] I giudici del 1282 condannano la sentenza dell'Olivi (D'ARG., I, -pag. 231): quod usus pauper rerum, prout in se includit necessitatem, -quae dicit indigentiam manifeste existentem, vel de proximo imminentem -et talem quod debitus status corporis, vel personae Deo servientis, -nisi sibi succurratur, stare non potest, includitur in voto evangelicae -paupertatis. Cfr. _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 224 _tergo_: -«provava e affermava che la renunziazione d'ogni giurisdizione e l'uso -povero era della sostanza della vita apostolica, e della professione -della regola di S. Francesco, e chiamava l'uso povero tale uso, il -quale, pensate tutte le circostanzie, vistamente si può chiamare -più povero che ricco, non quello il quale induce estrema necessità -delle cose da vivere, per il quale lo stato della nostra religione -diventa pericoloso, nè quello il quale esclude le cose necessarie alla -vita, e l'uso delle cose, cioè massaritie, ad usare per esecutione -delli uffizii dello stato loro; perocchè li frati non debbono avere -l'uso di tutte le cose, nè a nessuna superfluità ricchezze o pompe o -abbundantia, che diminuisce la povertà, o veramente a tesaurizare, -o per animo di vendere o dare ad altri o alienare, nè sotto spetie -di provvedersi per il tempo futuro nè per altra cagione. Anzi debba -apparire ed essere in loro quanto al dominio la espropriazione per ogni -modo e nell'uso la necessità». - -[771] _Cronaca_, carte 226 «epperò diceva esso frate Giovanni che li -notabili eccessi delli luoghi e delli hedifitii quanto alla preziosità -della materia e alla curiosità della forma, pulitezza e bellezza e -quanto alla qualità e sumptuosità e spese e quanto alle molte maniere -delli acolti e procuratori che inducono e che richiedono per li -edifizii, diceva che era impurità pericolosa». Vedi in WADDING, V, pag. -379. Dico quarto, notabiles excessus in aedificiis quoad materiam et -curiositatem, pro quibus construendis multiplices et importuni fiunt -quaestus, periculosos esse .... Idemque censendum est de iis, qui -procurant suis monasteriis annuos redditus et determinatas vel statutas -sub singulis annis provisiones, praevenientes nimia sollicitudine omnes -necessitates. - -[772] _Cronaca_, carte 227 «e similmente litigare e piatire per -jurisdictione delle sepolture o delli funerali o per qualunque cosa -temporale diceva esser notabile impurità .... et che fare questo per -persone seculari instigandole e conducendole a questo, pagando le -spese, e consigliandosi per questo modo, il quale noi vediamo che si -fa da molti, non solamente è impurità, ma è una frauda nascosta della -Regola». WADDING, loc. cit.: litigare vel causas movere coram judicibus -circa funeralia aut legata pia nobis relicta impuritas est maxima -contra Regulam; neque obstat quod per seculares seu fratrum amicos -fiant. - -[773] _Cronaca_, carte 228 _tergo_ «Predicava ancora e diceva che li -apostoli e li episcopi, li quali hanno professato la vita apostolica, -come li apostoli quanto che per vigore del voto evangelico e della -professione evangelica sono tenuti di osservare l'uso povero». Cfr. -Wadding, loc. cit. Dico octavo quod viri apostolici, seu nostri -fratres, qui evangelicam vitam se gloriantur profiteri, debent etiam -in superioribus gradibus dignitatum, seu Episcopatuum constituti, -quantum eorum status permittit, quod Domino voverunt, observare. Cfr. -D'ARG., I, 232, ove l'Olivi rispondendo ai suoi giudici concede quod -non tenentur ad usum pauperem in illis, in quibus usus pauper impediret -eorum officium debitum. - -[774] _Sexti Decret. De verb. signif._, cap. 3. Insuper nec utensilia -nec alia praeter eorum usum ad necessitatem et officiorum sui status -executionem, non enim omnium rerum usura habere debent, ut dictum est, -ad ullam superfluitatem divitias, seu copiam quae deroget paupertati -etc. - -[775] L'ampia professione di fede cattolica riportata dal Wadding loc. -cit., non impediva all'Olivi di sostenere che ei si sentiva obbligato -di non credere nisi solo Romano Pontifici aut Concilio generali, nisi -quantum ratio vel auctoritas Sacrae Scripturae vel fidei Catholicae per -seipsam me cogit ut credam. Cfr. la _Cronaca_ carte 230 .... «credere -al Romano Pontefice o veramente al Concilio generale se non quanto la -ragione e l'autorità della sacra scriptura o della cattolica fede per -sè medesima diffinisce». - -[776] Che l'Olivi appartenesse al partito creatore della letteratura -pseudo profetica lo mostra la _Cronaca delle Tribolazioni_, a c. 208: -«perocchè l'abate Gioacchino profetò di lui e mostrò che quello era -stato profetato dalli antichi e dalli altri, e tutta la prima parte -della profezia di Cirillo heremita, la quale esso abate Gioacchino -magnifica grandemente, principalmente tocca Pier Giovanni, il loco -della sua natività, l'ordine nel quale doveva entrare, e tutte le -persecuzioni le quali lui doveva avere lui e i suoi seguaci». A c. -209: «la Sibilla Eritrea li prophetò mille anni avanti al advenimento -di Christo intanto che la simplicità e la innocentia di S. Piero del -Murrone, e la renunziazione del Papato, ed il loco della seductione -(1294) e le persone seducenti, e profeti, e scrisse chiaramente, e così -ancora piacque acio che fussino profetati li singolari fatti di Pier -Giovanni.» - -[777] Dagli estratti dell'_Apocalisse_ in BALUZE, ediz. Mansi, II, -267 a: Quidam ex pluribus, quae Joachim de Friderico secundo et ejus -semine scribit, et ex quibusdam, quae beatus Franciscus secrete fratri -Leoni et quibusdam aliis sociis suis revelasse fertur, opinantur quod -Fredericus praefatus cum suo semine sit respectu hujus temporis quasi -caput occisum, et quod tempore mistici Antichristi ita reviviscat in -aliquo de semine ejus, ut non solum Romanum imperium, sed etiam Francis -ab ipso devictis obtineat regnum Francorum, quinque caeteris Regibus -Christianorum sibi cohaerentibus. - -[778] BALUZE, pag. 261 (cfr. _Direct. inquis._, pag. 268). Igitur -commemorato est adhuc notandum a quo tempore debeat sumi initium -hujus sextae apertionis. Videtur enim quibusdam quod ab initio -ordinis et regula sancti patris praefati; alii vero quod a solemni -revelatione tertii status generalis, continentis sextum et septimum -statum Ecclesiae, facta abbati Joachim et forte quibusdam aliis sibi -contemporaneis; alii vero quod ab exterminio Babylonis et Ecclesiae -carnalis per decem cornua bestiae, id est per decem Reges fiendo; -alii vero quod a suscitatione spiritus seu quorundam ad spiritum -Christi et Francisci, tempore quo ejus regula est a pluribus nequiter -et sophistice impugnanda et condemnanda ab Ecclesia carnalium et -superborum, sicut Christus condemnatus fuit a Synagoga reprobe -iudaeorum. Hoc enim oportet praeire temporale exterminium Ecclesiae, -sicut illud praeivit exterminium Synagogae. - -[779] BALUZE, pag. 263 a (_Direct._, V). Hic ergo angelus est -Franciscus, evangelicae vitae et regulae sexto et septimo tempore -propagandae et magnificandae renovator, et summus post Christum et ejus -matrem observator .... Audivi etiam a viro spirituali valde fide digno, -et fratri Leoni confessori et socio beati Francisci valde familiari -quoddam huic scripturae consonum, quod nec assero, neque scio, nec -censeo esse asserendum, scilicet quod tam per verba fratris Leonis quam -per propriam revelationem sibi factam perceperat quod beatus Franciscus -in illa pressura tentationis Babylonicae, in qua ejus status et regula -quasi instar Christi crucifigetur, resurget gloriosus; ut sicut in vita -et in crucis stigmatibus est Christo singulariter assimilatus, sic et -in resurrectione Christo assimiletur necessaria tunc suis discipulis -confirmandis et informandis. - -[780] BALUZE, pag. 258 (_Direct._, I). Primus status proprie coepit -a Spiritus Sancti missione, licet alio modo coeperit a Christi -praedicatione. Secundus vero proprie caepit a persecutione Ecclesiae -facta sub Nerone Imperatore, quamvis alio modo coeperit a Stephani -lapidatione vel Christi passione. Tertius vero coepit a tempore -Constantini Imperatoris ad fidem Christi conversi, seu a tempore -Silvestri Papae, seu Concilii Nicaeni contra Arrianorum haeresim -celebrati. Quartus vero proprie coepit a tempore magni Antonii -anachoretae, seu a tempore Pauli primi eremitae, vel secundum Joachim -a tempore Justiniani Augusti, de quo infra in decimo notabili amplius -tangetur. Quintus vero proprie coepit a tempore Karoli Magni. Sextus -vero aliqualiter coepit a tempore beati viri patri nostri Francisci. -Plenius tamen debet incipere a damnatione Babylonis meretricis magnae, -quando praefatus angelus Christi signo signabit per suos futuram -militiam Christi. Septimus autem uno modo inchoat ab interfectione -illius Antichristi, qui dicet se Deum et Messiam Judaeorum, alio modo -inchoat ab initio extremi judicii omnium reproborum et electorum. - -[781] BALUZE, pag. 260 b. Sicut enim in primo statu saeculi ante -Christum studium fuit patribus enarrare magna opera Domini inchoata ab -origine mundi, in secundo vero statu a Christo usque ad tertium statum -cura fuit filiis quaerere sapientiam mysticarum rerum et mysteria -occulta a generationibus saeculorum, sic in tertio nil restat nisi -ut psallamus et jubilemus Deo, laudantes ejus opera magna, et ejus -multiformem sapientiam et bonitatem in suis operibus et scripturarum -sermonibus clare manifestatam. Sicut enim in primo tempore exhibuit se -Deus pater ut terribilem et metuendum, nude tunc claruit ejus timor, -sic in secundo exhibuit se Deus filius ut magistrum et revelatorem; et -ut verbum expressissimum sapientiae sui patris. Ergo in tertio tempore -spiritus sanctus exhibebit se ut flammam et fornacem divini amoris etc. - -[782] BALUZE, pag. 258 b. Septimum est quare sextus status describitur -ut notabiliter praeeminens quinque primis, et sicut finis priorum, -et tanquam initium novi saeculi, evacuans quoddam vetus saeculum, -sicut status Christi evacuavit vetus testamentum et vetustatem humani -generis. Cfr. pag. 260 a: Sicut etiam in sexta aetate rejecto carnali -judaismo et vetustate prioris saeculi venit novus homo Christus cum -nova lege vita et cruce, sic in sexto statu, rejecta carnali Ecclesia -et vetustate prioris saeculi, renovabitur Christi lex et vita et crux. -Propter quod in ejus primo initio Franciscus apparuit Christi plagis -characterizatus et Christo totus concrucifixus et configuratus. - -[783] Pag. 261 a: Secunda ratio est, quia uterque illorum substitutus -est alteri. Nam sicut gloria, quae fuerat Synagogae parata et -Pontificibus suis, si in Christum credidissent, translata fuit ad -primitivam Ecclesiam et ad pastores ejus, sic etiam gloria parata -finali Ecclesiae quinti status transferetur, propter ejus adulteria, -ad electos sexti status. Unde et in hoc libro vocatur Babylon meretrix -circa initium sexti status damnanda. Pag. 263 a: Tunc enim totus status -Ecclesiae in praelatis et plebibus et religiosis funditus subvertetur, -praeter id quod in paucis electis remanebit occulte. - -[784] BALUZE, pag. 263 b: Ex praedictis autem patent aliquae rationes -quare ante exterminium novae Babilonis sit evangelica vita veritas a -reprobis solemniter impugnanda et condemnanda, e contra a spiritalibus -suscitandis ferventius defendenda et observanda. Pag. 264. Nunc fere -omnes clerici et regulares possidentes aliquid in communi videntur -minus bene sentire de evangelica abrenuntiatione. - -[785] BALUZE, pag. 262 a: Si quaeras quare Franciscus cum primis -sui ordinis sociis non fuit personaliter in initio tertio et quarto -.... dicendum quod ad hoc potest octuplex ratio dari. Prima est -generalis, non enim oportet nec congruit quod posteriora prioribus suis -correspondentibus in omnibus conformentur etc. - -[786] BALUZE, pag. 263 a. Est enim tunc nova Babylon sic judicanda -sicut fuit carnalis Hierusalem, quia Christum Dominum crucifixit. Che -cosa s'intenda per la nova Babilonia nessun può ignorare. L'Olivi dice -ben chiaro: Potestas enim Papae et multitudo plebium sibi obediens et -favor ipsius est quasi magnus fluvius Eufrates impediens transitum. - -[787] _Liber sententiarum inquis. tholos._, pag. 326: Dixit tamen quod -audivit ab aliquibus fratribus minoribus de illis vocatis spiritualibus -de Narbona et ita fore credidit quod ordo fratrum minorum debebat -dividi in tres partes, scilicet in communitate ordinis, quae vult -habere granaria et cellaria, et in fratissellis et fratribus, qui -sunt in Sicilia sub fratre Henrico de Ceva, et fratribus vocatis -spiritualibus vel pauperibus et etiam beguinis. Et dicebant quod prime -due partes, quia non observant regulam beati Francisci debebant cadere -et cassari, set tercia pars quia observabat regulam evangelicam debebat -remanere usque ad finem mundi, licet pateretur multas persecutiones, -sicut dicunt fuisse revelatum beato Francisco, et probabant quod dicta -tertia pars usque ad finem mundi debebat durare vel in multis vel in -paucis, quia Evangelium Christi durabit usque ad finem mundi, et regula -beati Francisci est regula evangelica. La separazione dei fraticelli -sotto Enrico di Ceva accadde nel 1318 (WADDING, VI, 312), ma è ben -certo che la formazione di questi partiti risale per lo meno al tempo -in cui gl'intransigenti per la prima volta tentarono di separarsi -dall'ordine per costituirne un altro, che prese il nome dal papa -Celestino V. Infatti a codesto movimento di separazione Pier Giovanni -e i suoi aderenti non presero parte, perchè essi volevano che tutto -l'ordine, anzi tutta la cristianità si convertisse alla loro fede; -talchè anche allora dai Celestini, come più tardi dai Fraticelli, si -distinsero gli Spirituali. Non occorre spiegare perchè prendessero -codesto nome i seguaci dell'Olivi, che credevano fermamente nel regno -avvenire dello Spirito Santo. - -[788] _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 249: «In questo mezzo essendo -frate Pietro detto Murrone fatto Papa, piacque al generale e a tutti li -principali frati .... principalmente a frate Currado d'Offida, a frate -Pietro da Montecchio, a frate Jacopo da Todi, a frate Tommaso da Trevi, -a frate Currado da Spoleto, e a tutti quegli altri, li quali amarono -la regola, che frate Pietro da Macerata ed il compagno (fra Liberato) -fossino mandati al sommo Pontefice. Perocchè quelli erano stati suoi -familiari avanti al papato». Carte 251: «absolvette frate Liberato e il -compagnio da ciascheduna obbedentia delli frati, e lo comandò .... che -non si chiamassino frati minori, ma frati di Papa Celestino o poveri -heremiti». Carte 252_r_: «rinunziando Papa Celestino l'offizio del -papato parve a quelli frati di dare luogo all'ira ed al furore; detti -frati per maggior pace e salute se ne andarono a luoghi (lontani?)». - -[789] _Cronaca_, carte 262: «Ingannato il Papa (Bonifazio) colle loro -bugie consentì alla loro perversa petizione e fecie fare littere -nelle quali fece esecutori della loro punizione tre prelati cioè -messer Pietro patriarca di Costantinopoli e l'archiepiscopo di Atene, -e l'archiepiscopo di Patrasso. Il patriarca stava allora a Vinegia». -Carte 267_r_: «Subitamente che frate Consalvo sentì che frate Liberato -con li suoi compagni erano tornati, e che stavano in certi eremitori -nelle parti della Puglia, esso generale li armò delle littere della -sedia apostolica e se ne andò al Re di Sicilia .... e fu chiamato fra -Tommaso d'Aversa inquisitore». Carte 267_v_: «(fuggì fra Liberato) e -molti mesi giacque non cognosciuto da alcuna persona nel loco delli -Armeni di Viterbo, e doppo due anni si morì nel loco di S. Angelo della -Vena». - -[790] _Cronaca_, c. 237: «Questa quinta tribolazione ebbe un altro -principio nella provincia della Marca Anconitana pigliandola al tempo -del Concilio generale facto a Lione da Papa Gregorio X». Carte 237_v_: -«alcuni frati dicevano che rivorrebbero le possessioni e le rendite -per observare la obedientia e il comandamento del sommo Pontefice, -e li decreti del Concilio, costoro rispondevano che farebbono il -contrario». Carte 238_v_: «Tre frati cioè frate Iramondo, frate Tommaso -da Tolentino e frate Pietro da Macerata confermavano la loro opinione -con ragioni e auctorità e ardentemente la difendevano dicendo, che -nè la Chiesa nè il Papa non farebbono mai questa cosa, come cosa la -quale non solamente era inconveniente e che conduceva all'apostasia -e che non cadeva sotto potestà del sommo Pontefice e però non li era -possibile» Carte 239: «Uno frate savio, che avea nome frate Beniamino, -par che componesse la quistione, la quale cessò dopo tre anni della -loro penitentia. Ma rimasono l'una parte e l'altra nella coscienza -discordante di studii diversi e di desiderî contrari, perocchè quelli -della maggior parte reputavano lo stato e il vigore ed il mantenimento -in edificare luoghi nel mezzo delle città e delli castelli per -attrarre a loro li populi, e in procurare le sepolture, in ricevere -testamenti e legati, e in multiplicare libri scuole e scuolari e in -inpetrare privilegi e simili cose. Ma quelli altri sentivano tutto -il contrario delle predecte cose». Carte 242: «furono messi di nuovo -in carcere come eretici e privati della confessione e delli altri -sacramenti e alla fine della sepoltura ecclesiastica». Carte 244 _v_: -«Morendosi il generale ministro Matteo Acquispartano, successe a lui -frate Raimondo di Gauffredo della provincia di Provenza (WADDING, V, -210), uomo mansueto, pietoso .... che radunato il Capitolo della Marca -chiese conto della sentenza pronunziata contro alcuni frati, e saputo -li scarcerò e li mandò al re Ayecon d'Herminia (Armenia)». Carte 246 -_r_: «I frati erano frate Agniolo, frate Tommaso da Tolentino (morto -martire), frate Marco da Monte Lupone, frate Pietro di Macerata e un -altro frate Pietro». Questi fatti successero nel 1289-90. Vedi WADDING, -V, pag. 211, 236. - -[791] DANTE, _Parad._, XII, 124. - - Ma non fia da Casal, né d'Acquasparta, - Là onde vengon tali alla scrittura, - Ch'uno la fugge e l'altro la coarta. - -Di Ubertino da Casale, lo scolare di Pier Giovanni Olivi, diremo più -giù. Dante condanna i due opposti partiti i conventuali, rappresentati -dal generale Matteo d'Acquasparta, e gli spirituali rappresentati da -Ubertino. A Matteo successe Gaufrido nominato il 1289 (WADDING, V, 210) -e rimosso da Bonifacio VIII nel 1295 (op. cit., 338). - -[792] _Cronaca_, carte 218: «Nientedimeno ebbe victoria la protervia e -la voluntà delli persequitori, e condannorono la sua dottrina insieme -con la persona, disotterrorono e scavorono li suoi ossi, e furiosamente -e con gran contumelia destrussono il suo sepolcro e li segni della sua -santità e li segni delle divotioni a lui offerti, e con tutte le forze -spensono le operazioni dello spirito nelli fedeli». - -[793] _Cronaca_, carte 233: «Di poi quel sancto uomo di singolare -perfectione, cioè frate Pontio di Buontungato, potente in opere e -in parole .... perchè non volse dare ad ardere alcuni tractati, li -quali aveva fatti il sancto uomo frate Pier Giovanni, lo tractorono -tanto crudelmente e spietatamente, che la impietà della crudeltà, -la quale li fu facta, turba et empie d'amaritudine li animi delli -auditori. Lo rinchiusono in una carcere strettissima oscurissima e -putridissima, ligato colli ferri alli piedi, ficcando un ceppo nel -muro ed appiccandoci una catena ligata alli ferri, che haveva in piè, -e tanto lo ristringono et opprimono che non poteva andare un poco pure -alla necessità della natura se non dove sedeva, e non poteva se non -sedere, e aggravato dal peso del ferro e della strettezza della carcere -sopra la terra nuda, la quale era lotosa e fetente per l'orina e per -lo sterco, il quale li stava socto, e così sedeva nel brutto fango, e -li gettavano stretto pane e breve acqua voltando la faccia quelli, li -quali erano più crudeli che le bestie e più velenosi che li serpenti, -non mostrando mai a quello huomo, il quale cognoscevano bene che era -veramente sancto, alcuno obsequio nè alcuna humanitade, nè per opere -nè per parole insino alla morte sua, e alla fine essendo infermato -giaceva inchinato sotto il peso del ferro, e nel puzzo dello sterco e -dell'orina, lieto nell'animo e acceso del fuoco di carità e referendo -a Dio infinite grazie, rendette lo spirito a Jesu Christo, lassando -a tutti esempi e forma di fortitudine insuperabile e di patientia -imperturbabile». Il Wadding, che riproduce (V, 380) molto laconicamente -questo racconto, mette la morte di fra Ponzio nel 1297, poco dopo la -morte dell'Olivi. Oltre a frate Ponzio furono incarcerati altri frati -(come dice la _Cronaca_, a c. 233, e ripete il Wadding): frate Giovanni -da Valle, frate Giovanni da Quiliano, frate Francesco di Lionetto, -frate Raimondo di Auriolo, frate Giovanni del Primo e molti altri. - -[794] Queste notizie il Wadding raccolse dall'opera stessa di Ubertino, -_Annales_, V, 417-18. - -[795] _Cronaca_, c. 297: «Questo frate Ubertino habitando sul Monte -della Vernia della provincia di Toscana tutto devoto a S. Francesco, -fedele testimonio della prima ed ultima perfezione regolare, sincero -e fervente predicatore dell'evangelica verità infiammò e destò per -esempio della vita e per virtù della sua parola molti nella religione -e specialmente nella provincia della Marca e della Valle e di Toscana -alla pura e fedele observantia della promessa perfectione, e per la -vera charità, lassando lui stare la sua quiete, la quale lui haveva -in Gesù Christo, attendendo solamente a Dio e alle cose celestiali, e -assentendo al consiglio delle sancte persone per potere favorire li -frati e le persone spirituali, li quali pativono dalli frati molte -tribolazioni nella provincia di Toscana e della Valle di Spoleto, e -si mise scientemente a molti pericoli, e si dette a molte fatiche. -Imperocchè fu infamato a Papa Benedetto undecimo ed acusato di molte -cose dalli suoi adversari, e fu citato dal Papa e chiamato a Roma -a loro instantia, ma per lo ajuto di Gesù Cristo fu liberato per -mirabile modo da tutte le calunnie. Ma pochi giorni doppo mandando -li Peruggini solenni ambasciatori al predetto Papa, imposono a questi -ambasciatori che addimandissino al S. P. due cose principali, la prima -di restituirli il lume della loro direzione cioè frate Ubertino, il -quale aveva inluminata e singularmente tirata a Dio tutta la loro -città, la seconda cosa fu che offerendo al Papa come a padre e signore -liberamente tutta loro città e tutte le loro persone, e che li dovesse -piacere di venire a stare senza dimora insieme con li suoi fratelli -cardinali, allora il sommo pontefice sorridendo rispose: voi avete -messo frate Ubertino avanti a noi». - -[796] Delle apologie, che Ubertino fece di Pier Giovanni, oltre -al sunto che ne riporta il Wadding, V, 380, 390 abbiamo alcuni -frammenti negli _Articuli Probationum contra fratrem Ubertinum de -Casali inductarum a frate Bonagratia_ pubblicati dal Baluze, ediz. -Mansi, II, 276. Riproduco questi passi. Pag. 276: Malignissime et -impiissime dicunt quod frater P. Johannis in scriptis et in postilla, -quam scripsit super _Apocalipsim_, vocat romanam ecclesiam meretricem -magnam, et alia multa in ecclesie vituperium dogmatizet. Hoc enim est -mendacissimum. Pag. 277: abdicatio proprietatis et dominii et omnis -juris et jurisdictionis temporalis, tam in speciali quam in communi, et -usus pauper omnium rerum nobilium est lampas nostrae fidei. - -[797] Il Wadding, VI, pag. 168, pubblica la lettera di Clemente V -dilecto filio generali ministro, caeterisque fratribus tum praelatis -quam subditis ordinis minorum, nella quale dice di aver chiamato ad -inquirendum de propositis veritatem oltre al ministro generale, altri -ben noti, videlicet dilectos filios fratres Raymundum Gaufridi .... -olim generalem ministrum, Raymundum de Giniaco, dudum provinciae -Aragoniae provincialem ministrum, Guillelmum de Cornelione custodem -Arelatensem, Guidonem de Levis, Ubertinum de Casali, Bartholomeum -Siccardi, Guillelmum de Agantico, Petrum Rajmondi, Petrum Malodii. -E codesti frati ab omni obedientia et jurisdictione vestra, filii -minister, et praelati ac successorum vestrorum prorsus eximimus durante -negotio supradicto. - -[798] Nella bolla _Exivi de paradiso_ (CLEMENTINARUM, lib. V, tit. -XI) Clemente espone così la questione insorta tra i frati, e che egli -risolve in favore del partito degli spirituali: Quibusdam ex ipsis -credentibus et dicentibus, quod sicut quoad dominium rerum habent ex -voto abdicationem arctissimam, ita ipsis quoad usum arctitudo maxima -et exilitas est indicta; aliis in contrarium asserentibus, quod ex -professione sua ad nullum usum pauperem, qui non exprimatur in regula -obligantur, licet teneantur ad usum moderatum temperantiae, sicut et -magis ex condecenti quam caeteri Christiani. - -[799] CLEM., lib. I, tit. I .... ipsum Dei verbi non solum affigi -cruci et in ea mori voluit, sed etiam emisso jam spirito perforari -lancea sustinuit latus suum .... Porro doctrinam omnem seu positionem -asserentem aut vertentem in dubium, quod substantia animae rationalis -seu intellectivae vere ac per se humani non sit forma, velut erroneam -ac veritati catholicae inimicam fidei praedicto sacro approbante -concilio reprobamus .... opinionem secundam, quae dicit tam parvulis -quam adultis conferri in baptismo informantem gratiam et virtutes -tamquam probabiliorem .... sacro approbante Concilio duximus eligenda. -Che queste tre proposizioni si riferiscano a Pier Giovanni non è -dubbio. Per il colpo di lancia lo confessa il Wadding stesso (VI, 386); -per gli altri due basterà citare lo scritto stesso dell'Olivi riportato -dal Duplessis (_Collectio_, I, pag. 232): Quod anima intellectualis -non informat corpus sed tantum per sensitivam, pag. 231. Quod virtutes -non dentur parvulis in baptismo: De hoc, sicut jam dixi, nihil est in -scriptis meis, nihil etiam unquam asserui. Sed quod ex necessitate ad -eorum salvationem hoc fieri non oporteat, aut communiter hoc non fiat, -dixi ante tempora Fr. Hieronymi esse opinionem profundo et solemni -scrutinio discutiendam, et non temerarie tanquam haereticam a quolibet -reprobandam. - -[800] Così si esprime Clemente nella bolla _Exivi_: declarando dicimus -quod fratres minores ex professione suae regulae specialiter obligantur -ad arctos usus seu pauperes, qui in ipsorum regula continentur -.... Dicere autem quod hereticum sit tenere usum pauperem includi -vel non includi sub voto evangelicae paupertatis praesumptuosum et -temerarium judicamus. Di questa dichiarazione scrive la _Cronaca delle -Tribolazioni_, carte 307-8 «fu facta la quarta declaratione papale, -la quale è in fra le altre come un'aquila volante tanto s'appressa -all'intenzione di S. Francesco, la substantia della quale la trassono -li Episcopi e li maestri di quelle cose, che frate Ubertino proponeva -per se e per li compagni». Quanta parte abbia avuta in codesta -decisione frate Ubertino, lo dice con viva compiacenza la _Cronaca_, -carte 298: «Ma perchè frate Ubertino dovea sostenere le insidie li -empiti e li assalti della sesta battaglia, però Dio li dette l'uscio -aperto delle sacre scripture, ed il chiaro e sottile ingegno della -intelligentia, e lo riempiè dell'acqua della sapientia del salvatore -Christo Jesu, intanto sparivano e mancavano dalla faccia sua le ragioni -delli adversarii, come le tenebre dalla faccia dello inradiante sole. -E questo fu manifesto a tutti avanti e dopo il Concilio, perchè uno -solo delli electi delli trentamila vinse fortemente la schiera delli -adversari e roppe le reti delli loro sophismi, come se fussino teli di -ragnia». - -[801] WADDING, VI, pag. 313. - -[802] _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 300: «Per la quale cosa il -Papa non volse che havessi alcuno vigore cosa, che si proponesse in -juditio per parte del generale o veramente dell'ordine contro frate -Ubertino e li suoi compagni. E per questo arrabbiandosi molto più -li frati adversarii delli umili poveri di Gesu Christo, predicavano -e dicevano che era sacrifizio mattutino e vespertino offenderli e -perseguitarli come destructori e diffamatori dell'ordine, e questo -perchè essi humili figlioli della obbedientia e zelatori della -verità li aveano detta la verità, la quale conveniva loro dire per -l'ordine. E intanto si erono questi persequitori inanimiti contro alli -persequitati, che uno di loro non si vergognò di confessare arditamente -e pubblicamente avere avvelenato frate Raymondo di Gaufredo, frate -Guido dei Mirapesci, e frate Bartolomeo Sicardo, e un altro frate; -onde questa fama riempie quasi tutta la corte. Il Papa ancora più -volte massime nel Concilio di Vienna si lamentò della irreverentia e -l'inobedientia delli frati». - -[803] _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 305: «Conciosia cosa che -Papa Clemente quinto avessi assignato nel Concilio di Vienna episcopi -doctori in jure canonico e molti maestri in teologia per udire ed -esaminare quelle cose, le quali erano proposte per la riformatione -di tutta la religione da frate Ubertino e da tutti li altri fratelli -secondo che havevano havuto comandamento da esso Papa Clemente, tanta -crudeltà e tanto odio mostravano loro e alli loro aderenti li frati -in Provenza e in Toscana e nella provincia della Valle di Spoleto, che -ciascheduna persona si poteva accorgere che in poco o nulla reverentia -havevono l'obbedientia del Papa, e mostravano un odio tanto implacabile -contro a questi zelatori della Regola, che per le diverse persecutioni -furono costretti li frati zelatori della Regola di dividersi dalla -comunità delli frati e di separarsi da loro. Ridussonsi adunque -doppo quella segregatione e separazione dalli persecutori al convento -di Narbona e di Bises. Perocchè quelli uomini di quelle cittadi li -havevono in grande reverentia e devotione sì per la santità, la quale -cognoscevono in loro, sì per li miracoli che tutto il giorno vedevono -al sepolcro del santo uomo Pier Giovanni». Carte 310: «Per la qual cosa -conoscendo questi poverelli, che lo stare con quelli che li avevono -in odio ne seguitava loro pericolo corporale, trovorono una chiesa -derelicta e solitaria appresso a Malusana, dove era dell'acqua e alcuna -spelonca, ed ivi si raccolsono quelli frati zelatori di licentia del -Patron di quello loco, vivendo in vera e pura observantia della regola. -E la vernata seguente si stettono nel loco di S. Lazzaro di Vignone per -insino che fu data la diffinitiva sententia del Papa». - -[804] Le lettere di Clemente V sono riportate dal Wadding, VI, 214. -Quia tamen relatione intelleximus fide digna quod nonnulli fratres -occasione dissensionis predictae, ad illicita laxatis habenis, quaedam -loca dicti ordines in eadem provincia constituta contra ipsius statuta -ordinis temeritate propria occuparunt .... non mandamus quatenus vos -vel unus aut duo vestrum per vos seu alium vel alios eisdem fratribus -ex parte nostra in virtute sanctae obedientiae districte praecipere -studeatis. La _Cronaca delle Tribolazioni_ ben rileva le conseguenze -funeste del dissidio toscano e narbonese .... carte 308-309: «Elessonsi -questi frati il generale e li altri prelati secondo la regola. La -qual cosa e tornò in scandolo a loro e a tutti li lor compagni, Papa -Clemente e li cardinali e tutti quelli ancora che per la reformatione -li davano favore ne furono turbati ed agevolmente potessono credere di -loro tutti li mali che di loro erano proposti in juditio dalli loro -avversarii. E avvenga che essi frati partiti mandassero appresso la -morte di Papa Clemente littere, che di tutto erano apparecchiati ad -obbedire a tutte le cose che comandassi sua Santità, e di stare sotto -alla sua correptione, nientedimeno quelle lettere non pervenneno alla -presentia del sancto padre». - -[805] Il Wadding riporta (VI, 271) la lettera indirizzata da Giovanni -XXII dilecto filio fratri Ubertino de Ilia de Casali, vercellensis -dioecesis monacho monasterii sancti Petri de Gemblaco ordinis sancti -Benedicti dioecesis leodiensis .... Sane nobis exponere curavisti, quod -propter debilitates varias et infirmitates proprii corporis, quibus -frequenter molestaris et propter alias causas nobis explicitas, de -ordine fratrum minorum, quem ab olim fuisti professus .... ad ordinem -sancti Benedicti desideras transferre. Nos .... tuis in hac parte -desideriis annuentes, te ex nunc ab omni subjectione, jurisdictione, -obligatione, jugo et obedientia Regulae dicti ordinis fratrum minorum -et omnium Praelatorum ipsius, auctoritate Apostolica prorsus absolvimus -ecc. Datum Avenion. Kal. octobris anno II (1317). - -[806] Contro i dissidenti toscani, che s'erano rifugiati in Sicilia -sotto la protezione di Federico II d'Aragona, scrisse la lettera del -marzo 1317 carissimo in Cristo filio regi Trinacriae, riportata dal -Wadding (VI, 266). Riferisco questo passo: Non modicum excellentiae -tuae derogatur honori, si hujusmodi viros devios, professionis propriae -ac sacrorum canonum transgressores, ac etiam seminatores errorum in -dicta insula permittas ulterius commorari. Simili lettere del maggio -1317 furono indirizzate dilecto filio officiali narbonesi, dilecto -filio officiali Biterrensi (WADDING, p. 268). - -[807] _Extravag._, tit. XIV _De verborum significatione_. Nelle due -disposizioni accennate Giovanni non avea fatto se non riprodurre, come -lui stesso dichiara, le prescrizioni di Clemente V. Ma nella Clementina -_Exivi_ § 11 era chiaramente detto: non est verisimile voluisse -ipsum (Franciscum) eos habere granaria vel cellaria, ubi quotidianis -mendicationibus deberent sperare posse transigere vitam suam; e -solo per via di eccezione si permettevano le provviste: tunc tantum -cuna esset multum credibile ex jam expertis, quod non possent vitae -necessaria aliter invenire. L'_Estravagante_ riproduce la concessione, -ma tace la massima. - -[808] _Extravag._, loc. cit. Magna quidem paupertas, sed major -integritas, horumque obedientia maximum, si custodiatur illaesa. Nam -prima rebus, secunda carni, tertia vero menti dominatur et animo. - -[809] L'inquisitore che li condannò fu frate Michele dell'ordine -dei Minori, al quale Giovanni XXII nella bolla riportata dal Baluze -(ediz. Mansi, II, pag. 247) e dal Wadding (VI, 259) avea ingiunto -di procedere contro coloro che ricalcitravano alla costituzione -_Quorundam_. La sentenza di condanna pubblicata dallo stesso Baluze -(ediz. Mansi, II, 248), fu pronunziata in cimiterio beatae Mariae -de Aquis Curiatis Massiliae anno Domini MCCCXVIII, indictione prima, -VII maji, pontificatus sanctissimi Patris Johannis XXI anno secundo. -Tra i considerandi riporto questi: Asseruerunt quoc sanctissimus -Pater Johannes XXII non habuit nec habet potestatem faciendi -quosdam declarationes, commissiones et praecepta contenta in quadam -constitutione sive decretali .... quae incipi _Quorundam_, et quod ipsi -Domino Papae non tenebantur obedire. Et insuper coram nobis constituti -protestati sunt verbo et in scripti quod stabant et stare intendunt -usque in diem judicii in protestationibus .... videlicet quod illud -quod est contra regulae fratrum minorum observantiam et intelligentiam -est per consequens contra evangelium et fidem, alias non esset penitus -quod regula evangelica, et quod nullus mortalis potest eos cogere ad -deponendun ipsos habitos curtos et strictos. - -[810] Vedi le aggiunte al rapporto sulla Postilla dell'Olivi -(BALUZE-MANSI, II, 271): nonnulli alii ejusdem ordinis, qui praedictos -errore abjuraverunt, fuerunt ad poenam carceris condemnati, ex quibus -aliqui postmodum infra annum .... transierunt ad gentes infedeles, -reliquentes in scriptis ea quae sequuntur, videlicet quod ipsi non -dimittebant ordinem, sed parietes; non habitum sed pannum; non fidem, -sed corticem; non Ecclesiam, sed Synagogam coecam; non pastorem, sed -divoratorem. - -[811] _Inquisitoris sententia_ (BALUZE, II, 249). Et quia constat -nobis quod praefati errores imo haereses manifeste processerunt seu -originem habuerunt a venenato fonte doctrinae immo verius seductrinae, -quam frater Petrus Johannis Olivi .... temere scriptitavit, et -doctrinam ejus et libros .... fuisse per praefatum ordinem de consilio -etiam plurium magistrorum in sacra pagina condemnatos ac etiam igni -adjudicatos, et attendentes nihilominus quod praefatus sanctissimus -Pater Johannes Papa certis ex dominis cardinalibus et quibusdam in -sacra pagina magistris examinationem praedictorum librorum commisit -.... praecipimus .... quod pendente dicto negotio coram praefato Domino -Papa et ejus facto collegio nullus praesumat praenominato Petro Johanni -tanquam sancto aut catholico viro et approbato reverentiam exhibere. -La Commissione, a cui accenna qui la sentenza, è la stessa che scrisse -il rapporto a Giovanni XXII, pubblicato dal Baluze (II, 258 e segg.), e -dal quale ci siam serviti nell'esposizione delle dottrine dell'Olivi. - -[812] L'inquisitore oppone naturalmente (pag. 247): quod nulla -regula religiosorum aequanda est evangelio, cum evangelium Christi -Sancta Universalis atque Romana Ecclesia propter eminentissimam ejus -auctoritatem nec mutet nec corrigat nec confirmet .... regulae vero -praedictae et quorumcumque religiosorum omnis tenor et vigor sic a -Romanae sedis potestate manat, ut nulla sit ejus auctoritas, quae ab -indulgentia seu confirmatione sedis apostolicae non decurrat. - -[813] _Inquisitoris sententia_, pag. 248: ea quae in constitutione sive -decretali de habitu et quaestu et similia mandabuntur (nella decretale -_Quorundam_) erant contra consilium Christi evangelium et eorum votum -de altissima et evangelica paupertate, quam Christus servavit, et -Apostolis ac professoribus evangelicis imposuit ac servandum: Anche -l'Olivi (BALUZE, II, 261) aveva scritto: consta regulam minorum per -beatum Franciscum editam esse vere e proprie illam evangelicam, quam -Christus in se ipso servavit e apostolis imposuit, et in evangeliis -suis conscribi fecit. - -[814] Il Baluze attribuisce a Giovanni di Belna l'opuscolo intorno -ai beghini e spirituali che comincia: Quaestiones aut dubia quae -circa illa, quae sunt fidei, oriuntur, ad sedem apostolicam pertinet -interpretari, declarare (II, 274). - -[815] _Cronica della Quistione insorta nella corte di Papa Giovanni -XXII circa la povertà di Cristo_ pubblicata dallo ZAMBRINI in -appendice alla _Storia di fra Michele Minorita_ (_Scelta di curiosità -letterarie_, dispensa 50). Codesta cronaca è una traduzione del -_Chronicon de Gestis contra fraticellos auctore Joanne Minorita_ -pubblicata dal Mansi in appendice al terzo volume del Baluze, pag. 206 -e segg. Il Müller nella sua opera _Der Kampf Ludwigs des Baiern mit -der römischen Curie_ (Tübingen 1879-80, I, 354 e segg.), ed in una -memoria speciale inserita nella _Zeitschrift für Kirchengeschichte -herausgegeben von Brieger_ (VI. I pag. 63 e segg.) ha dimostrato non -solo l'identità della cronaca italiana colla latina, ma confrontando -un manoscritto parigino (Bibl. Naz., cod. lat. 5154) ha messo fuori -discussione che l'opera, attribuita a Giovanni dal Mansi, è identica -a quella di Niccolò Minorita, dalla quale il Raynald, il Wadding ed il -Böhmer cavarono alcuni estratti. Il vero nome è certo Niccolò, perchè -si trova non solo nella traduzione italiana, ma nel codice parigino e -nel vaticano. Ed io aggiungo che essendo scritto il nome dell'autore -colla sola iniziale, come nella traduzione italiana, era ben facile lo -scambio tra un J ed un N. - -[816] Niccolò III teneva per evangelica la regola della povertà -(_Sext. Decr._, tit. XII, cap. III): Hi sunt illius sanctae regulae -professores, quae evangelico fundatur eloquio, vitae Christi roboratur -exemplo, fundatoris militantis ecclesiae, apostolorum ejus sermonibus -actibusque firmatur. - -[817] La risposta di frate Ubertino è pubblicata dal Baluze (ediz. -Mansi, II, 279). Vedi anche _Cronica della Quistione_, pag. 77-80. - -[818] MARCOUR, _Antheil der Minoriten im Kampfe zwischen Ludwig IV von -Baiern und Papst Johann XXII_, Emmerich, 1874, pag. 7. - -[819] La traduzione italiana, pag. 64-76, tra le parole _tradi fecit_ -e _volens igitur_ (BALUZE, MANSI, 207 _b_) inserisce un lungo racconto -del concistoro tenuto da Giovanni XXII nel 6 marzo 1322. Il racconto, -conforme in sostanza a quello che più brevemente si legge nella stampa -del Baluze pag. 270 _b_, par dettato, secondo il Müller (_Zeitschrift_, -pag. 66), da un testimone oculare. - -[820] Vedi la Bolla _Quia nonnumquam_ (_Extravag._, tit. XIV, cap. -II). Nos autem attendentes quod argumentis frequenter et collationibus -latens veritas aperitur .... praesertim cum de novo suborta sint dubia -.... prohibitiones et poenas praedictas .... auctoritate apostolica -duximus .... suspendas. È data VII Kal. april, anno VII (1322). - -[821] NICCOLÒ MINORITA ediz. Zambrini, pag. 84. Nell'originale -latino sono riportate per disteso le due circolari di fra Michele -(BALUZE-MANSI, III, pag. 208-211). Il Preger nella memoria _Ueber die -Anfange des kirchenpolitischen Kampfes unter Ludwig dem Baier_ (München -1882) ha con ragione notato che Michele da Cesena, Occam e gli altri -non si debbono considerare come rappresentanti degli spirituali, bensì -dei conventuali. Tanto vero che Bonagrazia da Bergamo nella protesta, -che fece quale procuratore dell'ordine contro Giovanni XXII, tenne a -distinguere la causa loro da quella degli spirituali, che ei chiama -_pseudo prophetas_ (BALUZE-MANSI, 220, col. a). Io aggiungo che Michele -da Cesena sottoscrisse la dichiarazione, che ritiene eretici questi -tre punti... 1º quod illud, quod est contra observantiam praefatae -regulae beati Francisci et ejus intelligentiam, est per consequens -contra evangelium et fidem et e converso, alias ipsa non esset penitus -pro regula evangelica 2º.... quod dominus Papa non habuit nec habet -potestatem nec auctoritatem faciendi constitutionem _Quorundam_.... 3º -Quod nec Papae nec praelatis dicti ordinis obediendum est in his, quae -in praefata constitutione continentur. (BALUZE-MANSI, II, 270-71). - -[822] _Extrav._, tit. XIV, cap. III. Ad conditorem .... ipsum (cioè il -compromesso) non profuisse sed potius tam ipsis fratribus quam aliis -obfuisse subsequens magistra rerum experientia noscitur declarasse. -Quis enim simplicem usuarium dicere poterit, cui rem usuariam licet -permutare, vendere ac donare? .... nequaquam potest in rebus usu -consumptibilibus reperiri, in quibus nec jus utendi nec usus facti -separati a rei proprietate seu dominio possunt constitui vel haberi -.... De fratrum nostrorum Consilio hoc edicto in perpetuo volitare -sancimus, quod in bonis, quae in posterum conferentur .... fratribus -seu ordini supradictis (exceptis ecclesiis, oratoriis, officius, -et habitationibus, ac vasis, libris et vestimentis divinis officiis -dedicatis ....) nullum jus seu dominium aliquod .... Romanae Ecclesiae -acquiratur. - -[823] La protesta francescana è riportata da Niccolò (BALUZE-MANSI, -III, 213-221). Il frate Bonagrazia che la distese è quello stesso, -come nota il Riezler (op. cit., pag. 69), che scrisse contro Ubertino -da Casale un opuscolo riportato dal Baluze (ediz. MANSI, II, 270). Il -MARCOUR (op. cit., pag. 39) dubita di questa identificazione, forse -indotto dalla data che il Raynald assegna a questo scritto, vale a dire -il 1325. Sarebbe stato infatti molto strano che dell'inchiesta contro -Ubertino fosse incaricato dalla Curia chi un anno prima era stato -messo in carcere per avere protestato contro il Papa. Ma io dubiterei -piuttosto della data, non dell'identificazione, che va d'accordo colle -notizie del Wadding, secondo le quali il Bonagrazia era così nemico -degli spirituali, che al dire della _Cronaca delle Tribolazioni_ e -del Wadding (VI, 317) dopo la dichiarazione di Clemente V in favore -dell'uso povero fu bandito dalla Curia. E morto Clemente tornò a -perseguitarli, e per opera sua morì in prigione un fra Bernardo delli -Consi, compagno dei quattro bruciati in Marsiglia (WADDING, VI, 321). -Questo altro fatto avrebbe potuto addurre il Preger per mostrare come -i più fieri nemici degli spirituali ora facessero causa comune con loro -contro il papa Giovanni XXII. - -[824] Le due bolle sono riportate da Niccolò Minorita, la prima da pag. -211 _b_ a 213 _a_, la seconda da pag. 221 a 224 _a_. Nelle decretali è -riportata naturalmente la seconda, che fu la definitiva. - -[825] _Extrav._, tit. XIV, cap. IV: _Cum inter nonnullos_ .... -assertionem hujusmodi pertinacem, cum scripturae sacrae, quae in -plurisque locis ipsos nonnulla habuisse asserit .... erroneam fore -censendam et hereticam de fratrum nostrorum consilio hoc perpetuo -declaramus edicto. - -[826] La protesta di Ludovico si trova nel Baluze (_Vitae pap. Aven._, -II, 478-512) e nella Cronaca di Niccolò Minorita (BALUZE-MANSI, 224 -_b_-232 _b_). Il Müller (_Der Kampf_, I, 357-58) le assegna la data -del 22 maggio 1324. Nella protesta di Norimberga del 18 dicembre 1323 -Ludovico accusava il Papa di aver menomata l'autorità dei vescovi per -favorire i minoriti, contro i quali da tutte parti si levavano giuste -lagnanze (MÜLLER, op. cit., I, 70); nella protesta di Sachsenhäusen -invece l'accusava di perseguitare i minoriti col distruggere la -legge della povertà, fondamento del loro ordine. Tra le due proteste -però non corre, secondo il Preger (_Ueber die Anfange_, pag. 43), la -contradizione che vi scopre il Marcour (op. cit., pag. 32); perchè -nella prima protesta si difende la causa dei vescovi contro i minoriti -conventuali, e nella seconda la causa dei frati spirituali, che in -Spira s'erano messi dalla parte del vescovo, e non meno di lui si -opponevano alle pretensioni ed agli abusi dei conventuali. Il più -attivo fra codesti spirituali era frate Francesco di Lutra, a cui -secondo il Preger si deve la parte della protesta di Sachsenhäusen, che -riguarda le quistioni minoritiche. Non si potrebbe pensare ad Ubertino -di Casale, come sospetta il Riezler (_Die litt. Widersacher_, pag. 73), -perchè, come ha notato il Müller, Ubertino non lasciò Avignone prima -del 1325. Nè tampoco al provinciale tedesco Enrico di Thalheim, come -credono il Marcour (_Der Antheil_, pag. 35) e lo stesso Müller (_Der -Kampf_, I, 24), perchè nella bolla del 10 gennaio 1831 il Papa non lo -rimprovera di veruna partecipazione alla protesta di Sachsenhäusen. - -[827] _Extrav._, tit. XIV, cap. V. Il Müller, op. cit., pag. 96, -giustamente riproduce il giudizio del Wadding, al quale il Papa -apparisce in questa bolla scholasticorum potius more disputans quam -pontificia auctoritate decernens. - -[828] Nella lettera papale, riportata da Niccolò Minorita (BALUZE, pag. -237; ZAMBRINI, pag. 95) non pure Michele da Cesena è chiamato diletto -figlio, ma in una forma mitissima si accenna alle quistioni del giorno: -Cum propter aliqua negotia tuum Ordinem contingentia, tua fit nobis -praesentia opportuna ecc. - -[829] Lo stesso fra Michele nella sua protesta del 13 aprile 1328 -(BALUZE, 328) racconta che il Papa l'ebbe per iscusato, et quod -non fuerat suae intentionis nec volebat quod supra posse laborem in -veniendo ad eum. - -[830] NICCOLÒ MINORITA, in BALUZE, pag. 237; ZAMBRINI, pag. 99: «Disse -il detto Papa Giovanni a esso general ministro, riprendendolo intra -molte altre cose, che egli era stolto, temerario, capitoso, tiranno e -favoreggiatore d'eretici, e che egli era serpente nutricato nel seno -da essa Chiesa. E spezialmente lo riprese d'alcuna lettera del capitolo -generale fatta a Perugia, che pendendo la quistione nella Corte di Roma -egli avea presunto di determinarla nel capitolo generale». - -[831] NICCOLÒ MINORITA, in BALUZE, pag. 243; ZAMBRINI, pag. 105. «Da -poi che il predetto frate Michele, general ministro, udì che Papa -Giovanni pronunziava per eretica la lettera del capitolo generale -.... resistendogli nella faccia affermò lo detto papa Giovanni -essere eretico .... et a modo dei santi padri, i quali si partirono -dall'ubbidienza dei sommi pontefici, et eziandio perchè egli correva -pericolo di morte .... a dì XXIV di Maggio del detto anno MCCCXXVIII si -partì dalla ubbidienza e dalla corte del predetto papa Giovanni». - -[832] NICCOLÒ MINORITA (in BALUZE, pag. 243 _a_-_b_) dopo aver -raccontato dell'elezione del frate di Corbara, cerca di giustificare -con citazioni canoniche la misura audace di Ludovico, intorno alla -quale a nonnullis fuit haesitatum hactenus, et adhuc haesitatum. Tutto -il passo da _deinde praefatus_ sino _ad brachium seculare_ è saltato -nella traduzione italiana. - -[833] La sentenza fu pubblicata due volte, la prima a Roma il 18 -aprile, e la seconda il 12 dicembre 1328 a Pisa. La prima edizione si -trova nel BALUZE _Vitae_ II, 512, ed in Niccolò Minorita (BALUZE-MANSI, -III, 240). Il Müller nella citata opera _Der Kampf_, I, 187, a ragione -rileva che nella prima edizione solo di sfuggita si accenna al domma -della povertà, che formava uno dei punti capitali della protesta di -Sachsenhäusen, e ne inferisce che in Roma ai minoriti era sottentrato -un altro consigliere, molto più radicale e che delle quistioni -fratesche non facea gran conto, Marsilio da Padova. Nella seconda -edizione invece (BALUZE-MANSI, 310_a_-314_a_), che sebbene riporti -l'antica data del 18 aprile, è del tutto una redazione nuova, tornano -ad occupare il primo posto le quistioni minoritiche. Il che mostra -che l'ispiratore in luogo di Marsilio fu ora Michele da Cesena, come -ha dimostrato il Müller, op. cit., p. 214 e 372. Il passo di Niccolò -(BALUZE, pag. 243 _a_), che si riferisce alla doppia redazione, non è -riconoscibile nella traduzione italiana (ZAMBRINI, pag. 104-105). - -[834] La sentenza del papa inserita in Niccolò Minorita (BALUZE, -pag. 243; ZAMBRINI, pag. 106) porta la data: Avinionis VIII Idus -Junii Pontificatus nostri anno XII (6 Giugno 1328). Riproduco questo -passo: Ipse Michael .... associatis sibi quibusdam suae iniquitatis -complicibus, inter quos erant duo nequam viri, videlicet Bonagratia -de ordine praedicto .... et quidam Anglicus vocatus Guillelmus Ockam -ordinis praedicti, contra quem ratione multarum opinionum erronearum, -et haereticalium, quas ipse scripserat et dogmatizaverat, pendebat -in eadem Curia inquisitio auctoritate nostra diu jam incepta .... ad -portum supradictum deveniens .... galeam supradictam conscendit. - -[835] La lettera indirizzata universis ministris, Custodibus, -Guardianis et eorum vicariis porta la data: nona die Julii a. d. -MCCCXXVIII. (NICCOLÒ, in BALUZE, pag. 244-46; ZAMBRINI, pag. 107). - -[836] Delle due proteste, la prima più diffusa (in majori forma) -si suppone già fatta in Avignone nel mese di aprile in presenza di -frate Guidone, notajo pubblico di detto ordine, e rinnovata poi in -Pisa in domo fratrum minorum anno praedicto a nativitate Domini 1328, -Indictione XI, 14 Kalendas octobris, praesentibus testibus vocatis .... -et infrascriptis notariis pubblicis. La riporta Niccolò in BALUZE, pag. -246-303. ZAMBRINI, pag. 110. Questa protesta è una confutazione delle -tre decretali _ad Conditorem_ (pag. 246-75), _Cum inter_ (pag. 275-86), -_Et quia quorundam_ (pag. 287 e segg.) .... tres constitutiones -haereticales .... vitae et doctrinae evangelicae et apostolicae et -S. R. Ecclesiae et SS. PP. eam sequentium, statutis multipliciter -adversantes, quae tanquam fumus teter et horridus e puteo abissali, et -ab eo, qui pater est mendacii et schismatis, prorumpentes, veritatis -et doctrinae solem evangelicae obnubilant et obscurant. La seconda -protesta (appellatio in forma minori, BALUZE, pag. 303-310) ha la -stessa data della precedente; anno supradicto decimo (leggi vigesimo) -octavo mensis septembris. (ZAMBRINI, pag. 112). Il Müller (op. cit., -I, 211) crede che codesta protesta sia stata redatta tardi, per esser -letta nell'assemblea tenuta dall'Imperatore nel 13 dicembre (VILLANI, -10, 111). In questa seconda protesta sono notevoli i seguenti passi, -che mancano nella prima (pag. 310): licet frater Bonagratia .... et -subsequenter serenissimus Dominus Ludovicus Romanorum rex appellaverit -legitime .... tamen dictus Joannes noluit corrigi, nec permisit quod -Concilium generale congregaretur super praedictis .... Ex quibus -patet dictum dominum Joannem fuisse et esse pertinacem et notorium et -manifestum haereticum. Et quod secundum jura, ex quo Papa in haeresim -lapsus est, ipso jure et facto est omni dignitate ecclesiastica, -potestate, authoritate et jurisdictione privatus .... nec obviat illa -regula per parem non potest solvere vel ligare, quia Papa haereticus -minor est quocumque Catholico. - -[837] La data di codesta costituzione è del 16 novembre 1329 -(BALUZE-MANSI, pag. 323-341). La traduzione italiana della -_Cronaca_ nel capitolo, di cui lo Zambrini (pag. 116) pubblica solo -l'intestazione, dopo aver riportato il principio della costituzione -sino alle parole _in rebus usu consumtilibus_ aggiunge: «Et così -seguita di parte in parte replicando le aleghationi di frate Michele -generale isforzandosi d'impugnarle per confermare le sue agiungniendo -tanti errori sopra errori, che una confusione pestifera pazza e -bestiale (_sic_). Perchè sarebbe troppo lungo e tedioso volgarizzare -tucte sue costituzioni et heresie, e le opposite appelationi et -alleghationi facte pro e contra, si pone in questa astrazioncella -(_sic_) della chronica il principio e il fine delle cose più notabili, -volgarizzandone alcune, che si possono dimostrare con più brevità -e convenevole chiarezza ai non litterati divoti ricercatori, i -quali avuta la introductione d'essa verità con meno fatica potranno -investigare la plenitudine sua dalli licterati intendenti et -ammaestrati nella sacra scriptura». (Codice Magliabechiano XXXIV, 76, -carte 63 _recto e verso_). - -[838] La cronaca del Minorita (in BALUZE, pag. 341-355) riporta -un'_appellatio fratris Michelis a Generalis a Constitutione -praescripta_. Il Müller però (_Aktenstücke_, pag. 78) ha dimostrato, -che la protesta di fra Michele non poteva esser questa, ove si parla -non solo di Giovanni, ma dei successori suoi (pag. 351) e più sotto -dei tre successori (pag. 352 _b_). Inoltre questa protesta, che in -verità non ha la forma delle solite appellationes, non è se non il -_Defensorium_, male attribuito all'Occam, e già pubblicato dal Brown -(_Fasciculus rerum expetendarum_, II, 434-65), e prima di lui nel -_Firmamentum trinum ordinum_, Parigi 1512, e nel _Singulare opus -ordinis Seraphici Francisci_, Venezia 1513. Il codice parigino, a -differenza della stampa del Baluze, ha la vera protesta (pubblicata -in parte dal Müller, pag. 83). La traduzione italiana (cod. -Magliabechiano, carte 63 _verso_) ha soltanto il principio e la fine -della protesta conformi al testo pubblicato dal Müller. Eccoli: In -nomine patris et filii et spiritus sancti amen. Anno a nativitate -domini MCCCXXX indictione XIII in Monaco in domo fratrum minorum -venerabilis et religiosus vir frater Michael. E finisce così: Acta et -facta fuerunt predicta in Monaco, in domo fratrum minorum in refectorio -ejusdem domus anno predicto a nativitate domini MCCCXXX indictione -XIII, VII Kal. aprilis presentibus (la lacuna è nel codice). Explicit. -Amen. Oltre alla protesta Niccolò Minorita riporta una lettera del -Cesenate spedita a tutti i ministri, custodi e guardiani, che ha la -data del 4 gennaio 1331 (BALUZE, pag. 356-361). È riportata anche -dal Goldast, II, 1338 (leggi 1328). La traduzione italiana la dà per -intero volgarizzata da carte 64 a carte 86. Con questa lettera finisce -la stampa della cronaca fatta dal Mansi e la traduzione italiana. Gli -altri capitoli, la cui intestazione è riportata dallo Zambrini, non -appartengono più alla cronaca, bensì formano altri opuscoli riuniti, -come suole accadere, nello stesso codice. A differenza del testo del -Mansi e della traduzione italiana il codice parigino seguita più oltre -sino all'anno 1338. - -[839] NICCOLÒ, in BALUZE, pag. 315-323. Una delle ragioni, su cui si -appoggiavano è questa (pag. 319 _b_): Sed constat quod dictus Dominus -Bertrandus se vicarium asserens ordinis antedicti pro libito voluntatis -contra formam Juris et Concilii instituit et creavit ministros -provinciales et custodes .... Et quod illi, qui fuerunt in dicta -congregatione imo verius conspiratione facta Parisiis, fuerunt pro -majori parte per dictum D. Bertrandum Provinciales et custodes creati. - -[840] Vedi la lettera di fra Michele pubblicata dal Goldast, II, 1236, -che comincia: Literas plurium magistrorum in sacra pagina aliorumque -notabilium fratrum ordinis Beati Francisci tum Parisius quam de -partibus aliis me noveritis recepisse, per quas me inducere videbuntur -ut ad unitatem sanctae ecclesiae ac dicti ordinis, a qua me dicebant -aversum, accedere festinarem .... e finisce: Ex parte fratris Michaelis -generalis ministri dicti ordinis licet inviti de voluntate et assensu -fratrum Henrici de Thalheim. Francisci de Esculo, Guilhelmi de Okam in -sacra pagina magistrorum, et fratris Bonagratiae, et aliorum fratrum -eis adhaerentium .... Questa lettera è riportata anche nel codice -parigino della Cronaca di Niccolò (MÜLLER, pag. 75). - -[841] In una lettera scritta la pentecoste del 1324 e pubblicata -da un codice parigino dal Müller (_Aktenstücke_, pag. 111) dice -l'Occam: Nam contra errores pseudopape prefati posui faciem meam -ut petram durissimam, ita quod nec mendacia nec false infamie nec -persecutio qualiscumque, que personam meam corporaliter non attingit, -nec multitudo quantacumque credencium sibi aut favencium vel eciam -deffendencium me ab impugnatione et reprobatione errorum ipsius, -quamdiu manum cartam calamum et atramentum habuero, numquam in -perpetuum poterunt cohibere. - -[842] NICCOLÒ MINORITA, in ZAMBRINI, pag. 116: «Questa (_Quia vir -reprobus_) è la quarta decretale eretica di papa Giovanni XXII, eretico -manifesto, contra la quale appellò frate Michele, generale dell'ordine -de' frati minori, e compuose e fe' pubblicare contro a essa la sua -distesa appelazione da Monaco, e il maestro Guilglielmo Ocam fe' contro -l'opera de' novanta dì, e la quarta parte del suo dialogo e il maestro -Francesco Rosso fe' contro il libro, che comincia: _Del padre empio -si rammaricano i figliuoli_; i quali, con molti altri, solennemente -impugniorono sì essa sua decretale, come l'altre sue eresie». - -[843] _Opus nonaginta dierum_, in GOLDAST, II, 993-1236. La bolla -_Quia vir reprobus_ secondo l'Occam pag. 996, in tres partes -principales dividitur. Primo siquidem respondetur ad objectiones contra -constitutionem _Ad conditorem_; secundo respondetur ad objectiones -contra constitutionem _Cum inter_; tertio ad objectiones contra -constitutionem _Quia quorundam_. Analogamente a questa divisione o -l'Occam stesso o l'editore, come vuole il Riezler, ha diviso l'_Opus_ -in tre parti. La prima da pag. 966 a 1139; la seconda da pag. 1136 -a 1220; la terza da pag. 1221 a 123 _b_. Benchè l'Occam adduca gli -argomenti delle due parti, naturalmente svolge con maggior copia e -forza le ragioni degli oppositori. E pare che egli sia stato il primo -ad esporle con larghezza, perchè dice nella chiusa: impugnantium -rationes scripturae mandavi, et quantum in me est omnibus pubblicavi, -quod ipsos audio toto desiderio cordis affectare. Forse lo scritto di -Occam precede quello di Michele da Cesena del 24 (o 4) Gennajo 1331 -riportato da Niccolò in Baluze pag. 356-58, e pubblicato anche dal -Goldast, II, 1238 (V. MÜLLER, _Aktenstücke_, pag. 75). - -[844] Questo libro, come già dicemmo altrove, forma la seconda parte -del _Dialogo_ (GOLDAST, II, 740-70). È intitolato: _De dogmatibus -Papae Johannis XXII_, e si divide in due trattati. Il primo, in -dodici capitoli, si riferisce alla predica tenuta da Giovanni XXII -nel concistoro, e ne combatte ad una ad una le ragioni (pag. 740-61). -Il secondo, in dieci capitoli (pag. 761-70), non si riferisce a -Giovanni, ma ai suoi difensori. V. pag. 761: Non tamen principalem -errorem improbare studebo, quia in aliis operibus inquisitus ejus -poterit improbatio reperiri, sed ad quasdam rationes sophisticas, quas -ad muniendum praedictum errorem adducunt, satagam respondere. I due -trattati non mostrano nessuna connessione tra di loro, ma il secondo -pare che vagamente ricordi il primo nelle parole surriferite. Il primo -pare che sia stato scritto nel 1333, perchè l'autore stesso dice che -il 3 gennaio di quell'anno gli venne fatto di leggere la narrazione di -ciò che era stato detto da Giovanni nel pubblico concistoro, tenuto, -come dice Niccolò Minorita in un passo pubblicato dal Müller (_Akten_, -pag. 89), la vigilia della Pentecoste dell'anno precedente (5 gennaio -1332). È molto improbabile che, lette le ragioni di Giovanni, tardasse -a rispondervi. Il secondo trattato è posteriore, ma non può essere -scritto al di là del 1334, perchè, come osserva il Riezler, si parla -di Giovanni XXII come ancora vivo, nè si fa cenno della bolla del 3 -dicembre 1334, in cui pria di morire il Papa ritirò la sua dottrina -della visione beatifica, che egli in verità dava solo come una -opinione, secondo che confessa lo stesso Occam nel cap. VIII del primo -trattato. - -[845] _Compendium errorum Johannis Papae XXII_ (GOLDAST, II, 957-76). -Qui sono combattute di nuovo le quattro costituzioni di Giovanni, che -l'Occam colla consueta arguzia medievale chiama _destitutiones_. Nella -prima _Ad conditorem_ (pag. 958-60) vengono trovati tredici errori; -sette nella seconda _Cum inter_ (pag. 261-62); diciotto nella terza -_Quia quorumdam_ (pag. 962-964); trentadue nella quarta _Quia vir -reprobus_. Oltre a queste si combattono altre sette eresie di Giovanni -XXII. Nella chiusa protesta contro una costituzione di Benedetto XII. -Quae quidem destitutio praefatam haeresim retro seculis inauditam -continens talis est: Districtius inhibemus ne postquam super negotio -fidei quaestio seu dubitatio aliqua, super qua sunt opiniones adversae -vel diversae, deducta fuerit ad Apostolicae Sedis examen, quisquam -extunc alterutram partem declinare, eligere vel approbare praesumat, -sed super ea sedis ejusdem judicium seu declaratio expectetur .... Unde -licet ille nomine non re Benedictus XII praedecessori suo, in doctrina -haeretica nunquam partecipasse .... tamen propter istam solam haeresim, -cujus est auctor .... est inter haereticos computandus. Il Riezler -(op. cit., pag. 77) crede che quest'opuscolo sia stato composto tra il -1335 ed il 1338. Nel 23 agosto 1338 Fra Michele da Cesena pubblicò la -protesta contro Benedetto XII, alla quale s'associarono Buonagrazia, -Occam ed Enrico di Thalheim, come racconta Niccolò Minorita nel -frammento pubblicato dal Müller (_Akten_, pag. 100-102). - -[846] L'_Opus nonaginta dierum_, cap. 122, pag. 1224, riproduce la -protesta di Fra Michele contro quella parte della decretale _Quia -quorundam_, ove si sostiene che il Papa può revocare i decreti dei suoi -predecessori, e nel capitolo susseguente espone largamente le ragioni, -che stanno in favore della protesta, nonostante le denegazioni fatte -dal Papa nella bolla _Quia vir reprobus_. Parimenti nel _Compendium -errorum_, cap. 4, pag. 962. Primus error quod illa, quae per clavem -scientiae sunt a summis pontificibus in fide et moribus diffinita, -possunt a suis successoribus in dubium revocari .... et per consequens -fides esset in potestate hominum. - -[847] _Compendium_, cap. 124, pag. 1232. Omnis error, qui contradicit -aperte scripturae divinae vel determinationi ab universali ecclesia -approbatae, est haeresis damnata explicite .... pag. 1233, sed iste -impugnatus (Johannis XXII) cogit christianam veritatem catholicam -abjurare, cum cogat multos veritatem declaratam per Niccolaum tertium -de paupertate Christi abjurare, ergo debet inter haereticos computari. - -[848] Queste erano le obiezioni tra gli altri del nuovo generale -francescano Giraldo Odone, come dice l'Occam nell'_Opus_, pag. 1235. -Il cap. 8 del _Compendium_ torna su codeste opposizioni (pag. 973). -Et prima quidem objectio est, quod non potest papa haereticari, nec -contra fidem errare. Sed huic cavillationi leviter potest obviari. (E -vi risponde adducendo alcuni esempi di papi che fallirono). Secunda -objectio cavillosa est quod Papa non habet superiorem in his. (Anche -qui adduce alcuni esempi di Papi accusati e giudicati). Tertia objectio -cavillosa est, quod a Papa non potest appellari. — Sed Papa habet -superiorem, quia concilium generale. Cum etiam Papa haereticus effectus -minor sit quocumque catholico. [Vedi più sopra, p. 529, nota 1]. - -[849] _Opus nonaginta_, pag. 1233. Ipse autem non permittit generale -concilium congregari, et ita se subjicere correctioni et emendationi -illorum, quorum interest, recusat. Ergo haereticus est censendus. - -[850] _Octo quaestiones_, I, cap. 17 (GOLDAST, pag. 332). Si autem -episcopi vel noluerint vel nequiverint papam haereticum judicare, -alii catholici, maxime Imperator, si catholicus fuerit, ipsum judicare -valebit. - -[851] MAGISTRI GUILHELMI DE OCKAM, _Super Potestate summi Pontificis -Octo quaestionum decisiones_ (GOLDAST, II, 313-391). Bisogna convenire -col Riezler (op. cit., pag. 249) che questo titolo è affatto sbagliato, -perchè nè Occam decide nulla (pag. 391: Quid autem sentiam de -praedictis non expressi); nè discute solo della potestà pontificia, ma -benanco dell'imperiale. Se non che se l'opinione personale di Occam -non è espressa apertamente, egli però ben ne aveva una, come dice -lui stesso (non ut aliqua CERTA VERITAS in dubium revocetur, l. c.), -e parmi che il dotto storico esageri affermando che mal si potrebbe -indovinare qual sia. Non i singoli passi, ma l'orditura stessa del -libro ci dice qui, come nell'_Opus nonaginta dierum_, che cosa pensi -l'autore. Basterà addurre per esempio la prima quistione, perchè -allo stesso modo sono discusse tutte le altre. La quistione è: utrum -potestas spiritualis suprema et laicalis suprema, ex natura rei, in -tantum ex opposito distinguuntur, quod non possint formaliter simul -cadere in eundem hominem. Nel primo capitolo viene svolta l'opinione -che respinge la fusione dei due poteri. Nel secondo quella che -l'ammette. Nel terzo e quarto un'opinione intermedia, la quale ammette -la separazione, non però per necessità di natura, bensì quale istituto -di fatto e voluto da Dio. Nel quinto capitolo l'autore adduce le -ragioni, che si oppongono all'opinione antipapista, ma molto brevemente -e quasi chiedendo scusa del fatto suo. (Quia autem in hoc opuscolo -censui solum modo recitando et allegando procedere, narrandum est, -ecc.) Molto più diffusamente nei successivi dodici capitoli espone le -obbiezioni contro la teoria papista, e poscia ad una ad una combatte le -ragioni, che si sogliono addurre in suo favore. In un solo capitolo, -nell'ottavo (pag. 323), cita alcune repliche contro le obbiezioni -precedenti, ma per respingerle. Può esservi dubbio, che egli sta per la -separazione dei due poteri? - -[852] Leopoldo di Bamberga avea distinto tra il regno tedesco e -l'impero romano. Il re tedesco non appena eletto ha diritto di -governare le provincie, che stavano sotto lo scettro di Carlo Magno, -come immediato suo successore, nè gli occorre alcuna conferma del -Papa. Non può però nè prendere la corona imperiale, nè esercitare -alcun potere sulle provincie, che non appartenevano a Carlo Magno, -se pria il popolo romano, secondo l'antica consuetudine, non l'abbia -acclamato imperatore. In quest'ultimo punto (MÜLLER, _Der Kampf_, II, -86) Leopoldo è d'accordo con Marsilio. E l'Occam lo combatte (pag. -383): Electio regis et imperatoris, quae nunc per principes electores -succedit, subrogata est in locum successionis vel electionis, quae -quondam fiebat per populum romanum, seu per exercitum, qui populus -romanus seu exercitus tunc repraesentabat totum populum romano imperio -subjectum secundum istum Doctorem (evidentemente Leopoldo). Da questo -accenno a Leopoldo il Riezler trae la prova che le _Octo quaestiones_ -sono state scritte non pria del 1339, perchè a quel tempo rimonta lo -scritto del bambergese. Io aggiungo che l'Occam (pag. 382) cita anche -la decisione, data dai principi elettori riuniti a Rense il 16 luglio -1338. - -[853] V. più sopra, p. 538, nota 2. Qui aggiungo che nella seconda -quistione: utrum suprema potestas laicalis proprietatem sibi proprie -habeat immediate a Deo, l'Occam non nasconde le sue ripugnanze contro -l'opinione: imperium est a Papa, e spende ben nove capitoli dal 6 al 14 -per ribattere le ragioni, che se ne solevano addurre in sostegno. - -[854] Ludovico nel decreto _licet juris_ stabiliva che anche il titolo -d'imperatore vien conferito dall'elezione, mentre i principi elettori -credevano che non si potesse prendere se non dopo l'incoronazione, -come s'era sempre praticato sin qui. E l'imperatore ebbe a piegarsi al -loro avviso nel decreto _fidem catholicam_, che fu certo redatto dal -minorita Bonagrazia, uno dei compagni di fuga dell'Occam (MÜLLER, _Der -Kampf_, pag. 76-81). - -[855] Pag. 369. Quinto quaeritur: utrum rex haereditarie succedens -accipiat aliquam potestatem super temporalia ex eo quod a persona -ecclesiastica inungitur consecratur et coronatur, vel solum ex hoc -aliquam consequatur gratiam doni spiritualis. Che l'Occam rifiutasse -la prima alternativa parrà chiaro a chi confronti il capitolo quinto -col successivo (pag. 370-71), e che abbracciasse la seconda si vede da -questo, che alle brevi obbiezioni fatte nel capitolo ottavo si risponde -con forza nell'ultimo capitolo, che chiude la discussione. - -[856] Pag. 374. Septima quaestio: utrum si talis rex ab aliquo -altero archiepiscopo, quam ab eo, qui antiquitus coronare consuevit, -vel sibi ipsi coronam imponeret, per hoc perderet titulum vel -potestatem regalem? La risposta negativa, che l'Occam preferisce, -è svolta largamente nel capitolo secondo, laddove l'affermativa è -accennata di volo nel capitolo primo. Questo partito di ammettere che -l'incoronazione possa farsi anche da altra autorità ecclesiastica, che -non fosse il Papa, era, secondo il Müller (_Der Kampf_, pag. 78-80), un -tentativo di conciliazione tra l'avviso dell'imperatore e quello dei -principi elettori. Lo stesso Müller ha trovato riscontri importanti -tra le _Octo quaestiones_ ed una scrittura pubblicata dal Ficker, -e precedentemente nota pei memorabili di Enrico di Hervord, e prima -ancora per la cronaca di Ermanno Corner. - -[857] Pag. 374. Sexto quaeritur: utrum rex hereditarie succedens sit -coronatori in aliquo subjectus. Anche qui la risposta negativa è più -validamente dimostrata della positiva. E s'adduce questo argomento ad -hominem contro le pretensioni papali: Non enim Papa, qui nullum jus -habet, nisi eligatur canonice, electoribus est subjectus .... Imperator -.... non habet jus imperiale nisi a populo, et tamen populo non erit -subjectus .... ergo multo minus coronatori suo est subjectus. - -[858] _Tractatus de Jurisdictione in causis matrimonialibus_ (GOLDAST, -I, 21-24). Vedi più sopra pag. 61, nota 1, ove ho riportato alcuni -passi che accennano al concetto del matrimonio civile. Debbo però -aggiungere a quella nota che il Riezler nell'_Historische Zeitschrift_ -(40, 328), arrendendosi alle osservazioni del Scheffer-Boichorst, non -crede più che lo scritto di Marsilio da Padova sullo stesso argomento -(GOLDAST, II, 1386-1391) sia apocrifo. Sulle differenze tra i due -trattati vedi il MÜLLER, _Der Kampf_, II, 160. - -[859] Il Dialogo, come dicemmo più sopra (pag. 62), va diviso in tre -parti. La prima (GOLDAST, II, 398-739) suddivisa in sette libri, è -intitolata _De haereticis_ e vi torneremo di qui a poco. La seconda -(740-770) è l'opera già esaminata _De dogmatibus Papae Johannis_. -La terza (771-976) è intitolata _De gestis circa fidem altercantium -catholicam_, e si divide, come dice l'autore stesso (pag. 771), in -nove trattati. Primus quidem disputando de potestate papae et cleri. -Secundum de potestate et juribus Romani Imperii. .... Tertius de gestis -Johannis XXII .... Quartus de gestis Domini Ludovici de Bavaria. -Quintus de gestis Benedicti XII. Sextus de gestis fratris Michelis -de Cesena. Septimus de gestis et doctrine fratris Giraldi Odonis. -Octavus de gestis fratris Guillelmi de Ockam. Nonus de gestis aliorum -christianorum, ecc. Il Riezler (op. cit., pag. 263) ha già notato -che dalla lettera del Badio al Tritemio, riportata dal Goldast (pag. -392-93), si raccoglie che il primo editore Trechsel ebbe tra mani tutti -i trattati; ma gli ultimi sette, ove si contenevano difese ed accuse -amariores, quam ut vulgo legerentur, lasciò da parte. E così non sono -pervenuti a noi se non due trattati. Il primo trattato si suddivide in -quattro libri, dei quali il 1º tratta de potestate Papae (pag. 770-82); -il 2º discute la quistione: an expediat toti communitati fidelium uni -capiti, principi ac praelato fideli sub Christo subjici et subesse -(pag. 788-819); il 3º torna sull'argomento toccato anche nella prima -parte del Dialogo: qualis fides scripturis aliis, quam canonicis, -debeat adhiberi (pag. 819-845); il 4º riesamina il quesito anch'esso -svolto nella prima parte del Dialogo: an Christus de facto constituerit -beatum Petrum principem et praelatum aliorum apostolorum et universorum -fidelium (pag. 846-889). Il secondo trattato si suddivide in tre -libri, dei quali il 1º inquirit an toti generi humano expediat unum -Imperatorem universo orbi praeesse (pag. 889-902); il 2º quae jura -habeat Imperator romanus super temporalia investigat (pag. 902-925); il -3º perscrutat, an Imperator romanus super spiritualia habeat potestatem -aliquam (pag. 926-957). - -[860] _Dialogus_, III, I, 5 (GOLDAST, pag. 776). Lex enim christiana -ex institutione Christi est lex libertatis respectu veteris legis .... -Et ita constat, quod lex christiana esset majoris servitutis, quoad -temporalia, quam lex vetus, si Papa in temporalibus haberet hujusmodi -plenitudinem potestatis; quia illi, qui erunt sub lege mosaica, nulli -mortali erant in temporabilibus modo subjecti. Cap. 6, pag. 177, istud -est principalius vel de principalibus fondamentis et motivis quare -quidam dicunt quod Papa non habet talem plenitudinem potestatis. Anche -il Riezler ammette che codesta è l'opinione dell'Occam. Io aggiungo -che l'argomento della libertà è addotto colle stesse parole nelle _Octo -quaestiones_, I, 6, pag. 320. - -[861] Anche nella terza parte del Dialogo (trattato 2º, libro 1º) come -nelle otto quistioni è discussa largamente la teoria: verum imperium -romanum est a Papa. E dal capitolo 18 sino al 24 sono bene addotte -dieci ragioni in suo sostegno, ma per scalzarle immediatamente. Nè -pago di queste confutazioni indirette ne adduce altre ben stringenti -e dirette nel capitolo 25 (pag. 896). Quod repugnat divinae scripturae -est haereticum; sed non posse esse verum imperium nisi a Papa, repugnat -divinae scripturae (Cfr. cap. 28, pag. 901). - -[862] Nello stesso libro, citato nella nota precedente, l'Occam discute -separatamente le due quistioni sull'utilità e sull'origine di una -monarchia universale. Intorno all'origine si contano tre opinioni -(pag. 885): una est opinio quod imperium fuit a Deo constitutum et -non ab hominibus. Alia est quod fuit primo institutum et tamen per -homines scilicet per Romanos. Tertia opinio est quod verum imperium -fuit a Papa. Quest'ultima opinione dicemmo già nella nota precedente -come sia combattuta più vigorosamente delle altre due. L'opinione -dell'origine divina è fiaccamente difesa nel capitolo XXVI, pag. -898, ed alla spiccia combattuta con quest'osservazione, che chiude -il capitolo: Unico verbo respondetur, quia cum dicitur quod potestas -imperialis et universaliter omnis potestas licita et legitima est a -Deo, non tamen a solo Deo, sed quaedam est a Deo per homines, et talis -est potestas imperialis (la stampa del Goldast è guasta: non solo -ci sono ripetizioni dovute evidentemente ad errori di stampa, ma in -luogo d'_institutum ab hominibus_ deve leggersi _institutum a Deo_). -Non resta se non l'opinione dell'origine mista mediatamente da Dio ed -immediatamente dagli uomini (pag. 899): A populo est imperium. Item -ab illis fuit Imperium romanum, qui caeteras nationes Romam imperio -subdiderunt. Quest'opinione, che raccosta l'Occam a Marsilio, è difesa -nel capitolo XXVII, e resta padrona del campo, essendo risolute tutte -le obbiezioni che le si muovono. In quanto poi all'utilità di una -monarchia universale ci sono pure diversi pareri: 1º Una opinio (pag. -871), quod per unum principem secularem, qui non incongrue imperatoris -nomine censetur, mundus quoad temporalia, optime regeretur. Nec -sufficienter paci et quieti totius societatis humanae potest per aliud -regimen provideri. 2º Alia opinio (pag. 874) est contraria quod non -expedit mundo, ut universalitas mortalium uni imperatori seu principi -sit subjecta. 3º (pag. 875) Alia opinio .... quod expediret unum -principem non secularem sed ecclesiasticum universitati mortalium -presidere. 4º (pag. 875) Alia opinio: Mundus optime regeretur, si -plures simul mundi dominium obtinerent. 5º (pag. 876) Alia opinio est -quod secundum diversitatem, qualitatem et necessitatem temporum expedit -regimina et dominia mortalium variari. (Vedi più sopra, pag. 63, nota -1). La prima opinione non è certo quella dell'autore, perchè alle -ragioni, che da Dante in poi si addussero in favore della monarchia -universale, risponde vigorosamente in cinque capitoli, dal sesto al -decimo. Confuta parimenti le altre tre opinioni; ma l'unica che resta -inconfutata è la quinta, che dobbiamo quindi tenere per la preferita -dall'autore. - -[863] Dialogo, 3ª parte, trattato 2, lib. 2, ove, stabilita la -distinzione delle due potestà temporale e spirituale, esamina (pag. -904) la quistione: an Imperator verus Romanorum per universum mundum -super temporalia habeat hanc potestatem, ita ut cunctae regionis mundi -ei in temporalibus oboediant. E l'Occam sta per l'affermativa, perchè -alle ragioni addotte nel capitolo 5º (pag. 904-906) per sostenerla non -replica più, laddove combatte nei capitoli 6º, 7º e 8º quanti argomenti -s'adducono in favore dell'opinione contraria. In quanto al diritto di -punire, alcuni sostengono: per judicem ecclesiasticum sunt criminosi -et pro criminibus secularibus puniendi (cap. X, pag. 910-11). (Anche -qui parmi errata la stampa, che a pag. 910 in finem dovrebbe leggersi: -una est, quod _non_ pro omni crimine seculari potest Imperator punire -omnes sibi subjectos). Altri per lo contrario: ad Imperatorem et -judicem secularem solummodo spectat pro criminibus secularibus plectere -criminosos (cap. II, pag. 911). Tra queste due opinioni tramezza una -terza, preferita evidentemente dall'Occam, secondo la quale solo in -alcuni casi è lecito l'intervento del giudice ecclesiastico, quando -ad esempio non est judex secularis: vel quando judex secularis est -negligens facere justitiam (pag. 913). In quanto poi ai beni, tra -l'opinione: imperator omnium rerum hujus mundi non est dominus (cap. -XXI, pag. 919), e la contraria: est dominus (cap. XXII, pag. 919-20) -c'è posto per questa terza, preferita dall'Occam: imperator non est sic -dominus omnium rerum temporalium, ut ad libitum suum liceat sibi vel -valeat de omnibus hujusmodi rebus, quod voluerit ordinare, est tamen -Dominus quodammodo omnium pro eo quod omnibus rebus .... potest uti et -eas applicare ad utilitatem communem (Cap. 23, pag. 920). - -[864] _Dialogus_, P. 3ª, tr. 2, lib. 3, cap. 3 (pag. 927) licet -imperator specialiter ratione imperatoria dignitatis non habeat jus -eligendi summum Pontificem, vel alios praelatos inferiores, in quantum -Christianus catholicus et fidelis jus eligendi Summum Pontificem -potest sibi competere. Che codesta sia l'opinione dell'autore lo dice -il discepolo (pag. 929): Allegationes pro ista opinione secunda tam -evidentes mihi videntur, ut non curem ad ipsas responsiones audire. Il -popolo romano è per diritto di natura il vero elettore del Pontefice, -perchè (pag. 932) electio semper debet concedi paucis .... quia igitur -romani respectu aliorum catholicorum sunt pauci, et summus pontifex -est quodammodo episcopus eorum .... ideo rationabiliter alii catholici -non habent jus eligendi summum pontificem, nisi quando electio non -spectaret ad Romanos. I Romani poterono cedere ad altri il loro -diritto, come a dire ai cardinali, e ben fecero (pag. 937), quia saepe -aliqua multitudo habet jus eligendi, et tamen non expedit quod omnes -eligant; ma lo riacquistano subito nel caso che il papa e gli elettori -omnes infecti fuerint haeretica pravitate. - -[865] Dialogo, loc. cit., cap. 17, pag. 947. Quod imperator possit et -debeat papam pro omni crimine judicare quampluribus viis ostenditur, -quorum una (quae etiam est in prima parte facta istius dialogi) sumitur -ex unitate summi judicis, quam omnis communitas bene ordinata habere -debet. E nello stesso capitolo e nei seguenti sono combattute le cinque -opinioni, che ammettono la pluralità dei giudici supremi. Finalmente -nel cap. XXIII, col quale si chiude il trattato, dice (pag. 956): Papa -non est magis exemptus a jurisdictione coactiva imperatoris et aliorum -secularium judicum, quam fuerunt Christus et Apostoli. - -[866] Vedi più sopra, p. 538, nota 1. - -[867] La prima parte del Dialogo (pag. 398-739) si divide in sette -libri, come dice l'autore stesso nel Prologo. Primam ergo partem de -haereticis acceleres inchoare: materiam in septem divide libros, quorum -primus investiget ad quos (theologos videlicet vel canonistas) pertinet -principaliter diffinire, quae assertiones catholicae, quae haereticae; -qui etiam haeretici et catholici debeant reputari. Secundus inquirat, -quae assertiones haereticae, quae catholicae sunt censendae. Tertius -principaliter consideret, quis errans inter haereticos est computandus. -Quartus quomodo de pertinacitate et pravitate haeretica debeat quis -convinci. Quintus, qui possunt pravitate haeretica maculari. Sextus -agat de punitione haereticorum, et maxime Papae, si efficiatur -haereticus. Septimus tractet de credentibus, fautoribus, defensoribus -et receptoribus haereticorum. - -[868] Che la opinione del maestro traspaia dal Dialogo, sebbene non -la manifesti, lo dice chiaramente il discepolo nel Prologo: _tuam -conclusionem minime praetermittas_, quae tamen tua sit nullatenus -manifestes. - -[869] _Dialog._, Parte 1ª, lib. II, cap. V, pag. 415-16. Quinque sunt -genera veritatum, quibus non licet Christianis aliter dissentire. -Primum est earum, quae in scriptura sacra dicuntur .... Secundus est -quae ab Apostolis ad nos per succedentem relationem vel scripturas -fidelium pervenerunt. Tertium est earum, quas in fide dignis cronicis -et historicis relationibus fidelium invenimus. Quartum est earum, quae -ex veritatibus primi generis et secundi tantummodo, vel quae ex eis vel -alterius eorum una cum veritatibus tertii generis possunt concludi. -Quintum est earum, quas Deus praeter veritates revelatas Apostolis -aliis revelavit vel etiam inspiravit. Si vede che l'Occam è molto largo -e non accetta l'opinione esposta a pag. 410: quod illae solae veritates -sunt catholicae, quae implicite vel esplicite in canone Bibliae -asseruntur. Ma ciò non pertanto ei combatte aspramente l'opinione di -alcuni canonisti del suo tempo, i quali sostenevano (pag. 418) quod -Papa potest facere novum articulum fidei; opinione della quale nonnulli -theologi scandalizantur (pag. 421). - -[870] Lib. III, cap. III, pag. 437. Hereticus est vere baptizatus, -vel pro baptizato se gerens, pertinaciter dubitans vel errans contra -catholicam fidem. Eretico non è nè l'ebreo, nè il pagano, perchè non -sono battezzati, ma è bene eretico il cataro, il quale, sebbene non -sia, pure si dice e si crede cristiano. Che la pertinacia poi sia un -carattere essenziale nella definizione dell'eretico non pure lo prova -con argomenti di autorità e di ragioni (cap. VI-VIII), ma combatte -ampiamente le obbiezioni (cap. V, IX, X, XI). Tutto il libro quarto è -vôlto a definire la pertinacia ed enumerarne le specie, che ammontano -a 17. La decimasesta è la seguente (pag. 466): Potest Papa specialiter -convinci de pertinacia et haeretica pravitate si errorem, quem contra -fidem diffinit, solemniter a Christianis asserit tanquam catholicum -esse censendum. - -[871] Tutto il libro primo della prima parte del Dialogo discute -codesta quistione. E non è dubbia l'opinione dell'Occam, che viene -riassunta nell'ultimo capitolo del libro (pag. 409-10) per rationes -autem universales ad ipsos (theologos) pertinet judicare, ubi deficeret -canonistarum prudentia ecc. - -[872] Nel capitolo 2º del 5º libro, pag. 469-70 adduce alcuni esempii -di papi eretici, a cominciare da S. Pietro, al quale S. Paolo resistè -in faccia quia reprehensibilis erat. E cita le parole di S. Tommaso -che nella Somma, II, 2 qu. 33, art. 4: Paulus qui erat subditus Petro, -propter imminens periculum scandali circa fidem Petrum pubblice arguit. -Nel capitolo susseguente prova con 15 ragioni quod Papa canonice -electus potest manens Papa errare a fide et haereticari. Nel capitolo -IV muove alcune obbiezioni che vengono risolute nel quinto. - -[873] Lib. VI, cap. 57, pag. 561. Praedicta inquisitio primo et -principaliter spectaret ad universalem ecclesiam, si essent ita -pauci, quod omnes convenirent in unum, vel possent leviter convenire. -Secundo pertineret ad Concilium generale, quod vicem tenet universalis -ecclesiae. Ivi, cap. 84, pag. 602. La convocazione del Concilio nel -caso di un Papa eretico spectat principalius ad praelatos et in Divina -lege peritos, secundo spectat ad reges et principes et alias publicas -potestates; tertio autem spectat ad omnes catholicos. - -[874] Lib. VI, cap. 86, pag. 605. Concilium generale debet Papam -haereticum expellere de sede .... ab omni ecclesiastico ordine -degradare .... et potest ipsum curiae tradere seculari. Intorno -ai laici non accetta che all'autorità secolare spetti la condanna -dell'eretico, come dicono alcuni (Cap. 91, pag. 608-10), e tiene invece -questo altro modum ponendi, qui minus veritati repugnare videtur (Cap. -93, pag. 611-12): si clerici crederent eidem, ac circa correctionem -at cohibitionem ipsius essent damnabiliter negligentes, principes -saeculares, in quorum dominio moratur, et etiam populus, qui sciret -ipsum haereticum, coercere debent. - -[875] Dicemmo più sopra che il secondo libro del primo trattato -della terza parte discute la quistione: an expediat toti communitati -fidelium uni capiti principi et prelato fideli sub Christo subjici et -subesse. Resta senza risposta il capitolo 25 (pag. 812-814), nel quale -è provato che absque unitate Summi Pontificis potest unitas ecclesiae -perdurare, vacante enim apostolica sede manet unitas ecclesiae. Così -pure rimane senza risposta il capitolo 28, nel quale sono enumerati -i casi, in quibus liceret plures tales constituere Patriarchas seu -primates. E finalmente nell'ultimo capitolo del libro sono ribattute -ad una ad una le ragioni addotte nel capitolo primo in sostegno -del governo monarchico della Chiesa. Noto tra le altre questa, che -è il segreto motivo dell'avversione dell'Occam al monarcato (pag. -818): si Papa efficeretur haereticus, praesertim habens potestam -temporalem .... formidandum esset ne fere omnes Christianos inficeret -haeretica pravitate. Quale fosse l'opinione dell'Occam lo dice il -discepolo nel principio del libro seguente: Quamvis regulariter -minime expediret totam universitatem fidelium uni capiti fideli sub -Christo subesse, tamen videtur quod nullus catholicus debeat dubitare -quin pro necessitate temporis, vel propter excellentiam beati Petri -vel ex alia causa speciali nobis fortassis ignota, aut de potentia -absoluta Christus potuit constituere beatum Petrum caput, principem -et praelatum aliorum apostolorum. Questo passo prova due cose: 1º che -la discussione del libro precedente la dà vinta contro il monarcato; -2º che la quistione teoretica sull'utilità di questo o quel governo è -indipendente nella mente dell'Occam dalla questione storica intorno a -S. Pietro. - -[876] La quistione sul primato di Pietro è trattata, come dicemmo, -nella 3ª parte, 2º trattato, libro 4º. Che l'Occam vi risponda in -modo affermativo lo dimostra tutta l'orditura del libro, come ha -ben rilevato il Riezler. Ma al Riezler è sfuggito che in questo -libro l'Occam risponde a Marsilio, del quale riproduce a parola -l'argomentazione. Il capitolo primo dell'Occam (pag. 846-48) non è -altro se non il capitolo sedicesimo della seconda parte del _Defensor -pacis_ dalle parole: _nam tribuens Christus Apostolis_ sino a _vos -autem omnes fratres estis_ (GOLDAST, II, 241-44). Un solo brano è -saltato dall'Occam, quello che comincia: _dic igitur mihi_ e finisce -_probavimus supra_ (pag. 243), il quale salto rende inintelligibile -la citazione di S. Agostino, che l'Occam riproduce. Alle ragioni -di Marsilio l'Occam risponde in tutto il libro, ma principalmente -nel penultimo capitolo, contro il quale non s'adducono ulteriori -obbiezioni. - -[877] Cap. 22, pag. 865. Tenendum est quod eadem assertio universali -ecclesiae debet adscribi, universalis autem ecclesia nullo tempore -etiam parvo errore potest contra fidem. Il Riezler (op. cit., pag. -259-267) crede che questo libro della terza parte contraddica al libro -quarto della prima parte, ove par che l'Occam abbracci un'opinione -affatto opposta. Ma io non credo che nel capitolo della prima parte -(p. 483), ove si adducono le ragioni contro il primato di S. Pietro, -l'Occam esprima la sua opinione, perchè nel capitolo susseguente -viene sostenuta l'opinione contraria, ed il discepolo dichiara che -non occorre andare più avanti (pag. 486): cum auctoritas debeat ad -eam tenendam sufficere. Canit enim ecclesia universalis de beato -Petro: _Tu es pastor ovium princeps Apostolorum_. Codesta, come si -vede, è la stessa ragione addotta nella terza parte, e in essa si -acquetano i disputanti e si passa alle altre proposizioni sostenute -dagli antipapisti, come a dire: 1º che la Scrittura non parla mai -della venuta di S. Pietro a Roma, nè S. Luca dice mai che abbia -retta la Chiesa di Roma (_Defensor pacis_, pag. 245; _Dialogus_, pag. -486); 2º Che giusta l'ordinamento di Gesù Cristo, nessun sacerdote -ha potere sull'altro, e la distinzione tra vescovi, arcivescovi, -sacerdoti è solummodo ex ordinatione humana et non ex ordinatione -Christi (_Defensor_, pag. 238-41; _Dialogus_, pag. 486-87); 3º Che -solo da Costantino in poi la Chiesa di Roma ebbe un primato sulle -altre (_Defensor_, pag. 293; _Dialogus_, pag. 487). Contro codeste -asserzioni viene opposto nel cap. XIX quod Romana Ecclesia ante tempora -Constantini super omnes alias habuit principatum.... auctoritate -Conciliorum generalium. Nel capitolo XX si adducono i testi per -provare quod Romana Ecclesia ab ipso Christo ante ascensionem recepii -principatum. Ma nel capitolo XXI, che chiude la digressione, si espone -l'opinione intermedia: quod Romana Ecclesia non habuit immediate a -Christo super alias ecclesias principatum .... sed primo immediate -habuit principatum a B. Petro transferente sedem suam in Romanam -Ecclesiam. Codesta terza opinione, contro la quale non s'oppone più -nulla, dovrebbe essere anche secondo il Riezler quella abbracciata -dall'Occam. Per tal guisa non v'ha contraddizione tra la 1ª e la 3ª -parte del Dialogo. - -[878] Che il Concilio possa errare lo dimostra con cinque ragioni nel -capitolo 25 dello stesso libro quinto (pag. 494-95), e con esempi nel -capitolo 26. Adduce nel successivo capitolo gli argomenti in favore -dell'opinione contraria, ma nel 29 vi risponde diffusamente. E nel -successivo capitolo 30 passa all'altro argomento, se cioè possa errare -tutta la Cristianità. Che possa errare tutto il Clero lo dimostra -nel capitolo XXIX e lo riafferma nel XXXI ribattendo le ragioni in -contrario. Ma il Clero, anche preso nel suo complesso, non è la Chiesa, -perchè (pag. 500) ad congregationem autem fidelium ita pertinent laici -fideles, sicut clerici. Igitur de multitudine clericorum non debet -intelligi, quod errare non possit. Anche la Chiesa tutta può fallire in -qualche congiuntura, come alla venuta dell'anticristo, ma anche a quel -tempo aliqui erunt sancti viri electi qui in errorem minime inducentur -(pag. 594). E bastano queste eccezioni perchè la vera fede non perisca. - - - - - -Nota del Trascrittore - -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo -senza annotazione minimi errori tipografici. - -Le correzioni indicate a pag. 565 sono state riportate nel testo. - - - - - -End of the Project Gutenberg EBook of L'eresia nel Medio Evo, by Felice Tocco - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ERESIA NEL MEDIO EVO *** - -***** This file should be named 62192-0.txt or 62192-0.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/2/1/9/62192/ - -Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Online -Distributed Proofreading Team at https://www.pgdp.net (This -file was produced from images generously made available -by The Internet Archive) - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. Special rules, set forth in the General Terms of Use part -of this license, apply to copying and distributing Project -Gutenberg-tm electronic works to protect the PROJECT GUTENBERG-tm -concept and trademark. Project Gutenberg is a registered trademark, -and may not be used if you charge for the eBooks, unless you receive -specific permission. If you do not charge anything for copies of this -eBook, complying with the rules is very easy. You may use this eBook -for nearly any purpose such as creation of derivative works, reports, -performances and research. They may be modified and printed and given -away--you may do practically ANYTHING in the United States with eBooks -not protected by U.S. copyright law. Redistribution is subject to the -trademark license, especially commercial redistribution. - -START: FULL LICENSE - -THE FULL PROJECT GUTENBERG LICENSE -PLEASE READ THIS BEFORE YOU DISTRIBUTE OR USE THIS WORK - -To protect the Project Gutenberg-tm mission of promoting the free -distribution of electronic works, by using or distributing this work -(or any other work associated in any way with the phrase "Project -Gutenberg"), you agree to comply with all the terms of the Full -Project Gutenberg-tm License available with this file or online at -www.gutenberg.org/license. - -Section 1. General Terms of Use and Redistributing Project -Gutenberg-tm electronic works - -1.A. By reading or using any part of this Project Gutenberg-tm -electronic work, you indicate that you have read, understand, agree to -and accept all the terms of this license and intellectual property -(trademark/copyright) agreement. If you do not agree to abide by all -the terms of this agreement, you must cease using and return or -destroy all copies of Project Gutenberg-tm electronic works in your -possession. If you paid a fee for obtaining a copy of or access to a -Project Gutenberg-tm electronic work and you do not agree to be bound -by the terms of this agreement, you may obtain a refund from the -person or entity to whom you paid the fee as set forth in paragraph -1.E.8. - -1.B. "Project Gutenberg" is a registered trademark. It may only be -used on or associated in any way with an electronic work by people who -agree to be bound by the terms of this agreement. There are a few -things that you can do with most Project Gutenberg-tm electronic works -even without complying with the full terms of this agreement. See -paragraph 1.C below. There are a lot of things you can do with Project -Gutenberg-tm electronic works if you follow the terms of this -agreement and help preserve free future access to Project Gutenberg-tm -electronic works. See paragraph 1.E below. - -1.C. The Project Gutenberg Literary Archive Foundation ("the -Foundation" or PGLAF), owns a compilation copyright in the collection -of Project Gutenberg-tm electronic works. Nearly all the individual -works in the collection are in the public domain in the United -States. If an individual work is unprotected by copyright law in the -United States and you are located in the United States, we do not -claim a right to prevent you from copying, distributing, performing, -displaying or creating derivative works based on the work as long as -all references to Project Gutenberg are removed. Of course, we hope -that you will support the Project Gutenberg-tm mission of promoting -free access to electronic works by freely sharing Project Gutenberg-tm -works in compliance with the terms of this agreement for keeping the -Project Gutenberg-tm name associated with the work. You can easily -comply with the terms of this agreement by keeping this work in the -same format with its attached full Project Gutenberg-tm License when -you share it without charge with others. - -1.D. The copyright laws of the place where you are located also govern -what you can do with this work. Copyright laws in most countries are -in a constant state of change. If you are outside the United States, -check the laws of your country in addition to the terms of this -agreement before downloading, copying, displaying, performing, -distributing or creating derivative works based on this work or any -other Project Gutenberg-tm work. The Foundation makes no -representations concerning the copyright status of any work in any -country outside the United States. - -1.E. Unless you have removed all references to Project Gutenberg: - -1.E.1. The following sentence, with active links to, or other -immediate access to, the full Project Gutenberg-tm License must appear -prominently whenever any copy of a Project Gutenberg-tm work (any work -on which the phrase "Project Gutenberg" appears, or with which the -phrase "Project Gutenberg" is associated) is accessed, displayed, -performed, viewed, copied or distributed: - - This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and - most other parts of the world at no cost and with almost no - restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it - under the terms of the Project Gutenberg License included with this - eBook or online at www.gutenberg.org. If you are not located in the - United States, you'll have to check the laws of the country where you - are located before using this ebook. - -1.E.2. If an individual Project Gutenberg-tm electronic work is -derived from texts not protected by U.S. copyright law (does not -contain a notice indicating that it is posted with permission of the -copyright holder), the work can be copied and distributed to anyone in -the United States without paying any fees or charges. If you are -redistributing or providing access to a work with the phrase "Project -Gutenberg" associated with or appearing on the work, you must comply -either with the requirements of paragraphs 1.E.1 through 1.E.7 or -obtain permission for the use of the work and the Project Gutenberg-tm -trademark as set forth in paragraphs 1.E.8 or 1.E.9. - -1.E.3. If an individual Project Gutenberg-tm electronic work is posted -with the permission of the copyright holder, your use and distribution -must comply with both paragraphs 1.E.1 through 1.E.7 and any -additional terms imposed by the copyright holder. Additional terms -will be linked to the Project Gutenberg-tm License for all works -posted with the permission of the copyright holder found at the -beginning of this work. - -1.E.4. Do not unlink or detach or remove the full Project Gutenberg-tm -License terms from this work, or any files containing a part of this -work or any other work associated with Project Gutenberg-tm. - -1.E.5. Do not copy, display, perform, distribute or redistribute this -electronic work, or any part of this electronic work, without -prominently displaying the sentence set forth in paragraph 1.E.1 with -active links or immediate access to the full terms of the Project -Gutenberg-tm License. - -1.E.6. You may convert to and distribute this work in any binary, -compressed, marked up, nonproprietary or proprietary form, including -any word processing or hypertext form. However, if you provide access -to or distribute copies of a Project Gutenberg-tm work in a format -other than "Plain Vanilla ASCII" or other format used in the official -version posted on the official Project Gutenberg-tm web site -(www.gutenberg.org), you must, at no additional cost, fee or expense -to the user, provide a copy, a means of exporting a copy, or a means -of obtaining a copy upon request, of the work in its original "Plain -Vanilla ASCII" or other form. Any alternate format must include the -full Project Gutenberg-tm License as specified in paragraph 1.E.1. - -1.E.7. Do not charge a fee for access to, viewing, displaying, -performing, copying or distributing any Project Gutenberg-tm works -unless you comply with paragraph 1.E.8 or 1.E.9. - -1.E.8. You may charge a reasonable fee for copies of or providing -access to or distributing Project Gutenberg-tm electronic works -provided that - -* You pay a royalty fee of 20% of the gross profits you derive from - the use of Project Gutenberg-tm works calculated using the method - you already use to calculate your applicable taxes. The fee is owed - to the owner of the Project Gutenberg-tm trademark, but he has - agreed to donate royalties under this paragraph to the Project - Gutenberg Literary Archive Foundation. Royalty payments must be paid - within 60 days following each date on which you prepare (or are - legally required to prepare) your periodic tax returns. Royalty - payments should be clearly marked as such and sent to the Project - Gutenberg Literary Archive Foundation at the address specified in - Section 4, "Information about donations to the Project Gutenberg - Literary Archive Foundation." - -* You provide a full refund of any money paid by a user who notifies - you in writing (or by e-mail) within 30 days of receipt that s/he - does not agree to the terms of the full Project Gutenberg-tm - License. You must require such a user to return or destroy all - copies of the works possessed in a physical medium and discontinue - all use of and all access to other copies of Project Gutenberg-tm - works. - -* You provide, in accordance with paragraph 1.F.3, a full refund of - any money paid for a work or a replacement copy, if a defect in the - electronic work is discovered and reported to you within 90 days of - receipt of the work. - -* You comply with all other terms of this agreement for free - distribution of Project Gutenberg-tm works. - -1.E.9. If you wish to charge a fee or distribute a Project -Gutenberg-tm electronic work or group of works on different terms than -are set forth in this agreement, you must obtain permission in writing -from both the Project Gutenberg Literary Archive Foundation and The -Project Gutenberg Trademark LLC, the owner of the Project Gutenberg-tm -trademark. Contact the Foundation as set forth in Section 3 below. - -1.F. - -1.F.1. Project Gutenberg volunteers and employees expend considerable -effort to identify, do copyright research on, transcribe and proofread -works not protected by U.S. copyright law in creating the Project -Gutenberg-tm collection. Despite these efforts, Project Gutenberg-tm -electronic works, and the medium on which they may be stored, may -contain "Defects," such as, but not limited to, incomplete, inaccurate -or corrupt data, transcription errors, a copyright or other -intellectual property infringement, a defective or damaged disk or -other medium, a computer virus, or computer codes that damage or -cannot be read by your equipment. - -1.F.2. LIMITED WARRANTY, DISCLAIMER OF DAMAGES - Except for the "Right -of Replacement or Refund" described in paragraph 1.F.3, the Project -Gutenberg Literary Archive Foundation, the owner of the Project -Gutenberg-tm trademark, and any other party distributing a Project -Gutenberg-tm electronic work under this agreement, disclaim all -liability to you for damages, costs and expenses, including legal -fees. YOU AGREE THAT YOU HAVE NO REMEDIES FOR NEGLIGENCE, STRICT -LIABILITY, BREACH OF WARRANTY OR BREACH OF CONTRACT EXCEPT THOSE -PROVIDED IN PARAGRAPH 1.F.3. YOU AGREE THAT THE FOUNDATION, THE -TRADEMARK OWNER, AND ANY DISTRIBUTOR UNDER THIS AGREEMENT WILL NOT BE -LIABLE TO YOU FOR ACTUAL, DIRECT, INDIRECT, CONSEQUENTIAL, PUNITIVE OR -INCIDENTAL DAMAGES EVEN IF YOU GIVE NOTICE OF THE POSSIBILITY OF SUCH -DAMAGE. - -1.F.3. LIMITED RIGHT OF REPLACEMENT OR REFUND - If you discover a -defect in this electronic work within 90 days of receiving it, you can -receive a refund of the money (if any) you paid for it by sending a -written explanation to the person you received the work from. If you -received the work on a physical medium, you must return the medium -with your written explanation. The person or entity that provided you -with the defective work may elect to provide a replacement copy in -lieu of a refund. If you received the work electronically, the person -or entity providing it to you may choose to give you a second -opportunity to receive the work electronically in lieu of a refund. If -the second copy is also defective, you may demand a refund in writing -without further opportunities to fix the problem. - -1.F.4. Except for the limited right of replacement or refund set forth -in paragraph 1.F.3, this work is provided to you 'AS-IS', WITH NO -OTHER WARRANTIES OF ANY KIND, EXPRESS OR IMPLIED, INCLUDING BUT NOT -LIMITED TO WARRANTIES OF MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR ANY PURPOSE. - -1.F.5. Some states do not allow disclaimers of certain implied -warranties or the exclusion or limitation of certain types of -damages. If any disclaimer or limitation set forth in this agreement -violates the law of the state applicable to this agreement, the -agreement shall be interpreted to make the maximum disclaimer or -limitation permitted by the applicable state law. The invalidity or -unenforceability of any provision of this agreement shall not void the -remaining provisions. - -1.F.6. INDEMNITY - You agree to indemnify and hold the Foundation, the -trademark owner, any agent or employee of the Foundation, anyone -providing copies of Project Gutenberg-tm electronic works in -accordance with this agreement, and any volunteers associated with the -production, promotion and distribution of Project Gutenberg-tm -electronic works, harmless from all liability, costs and expenses, -including legal fees, that arise directly or indirectly from any of -the following which you do or cause to occur: (a) distribution of this -or any Project Gutenberg-tm work, (b) alteration, modification, or -additions or deletions to any Project Gutenberg-tm work, and (c) any -Defect you cause. - -Section 2. Information about the Mission of Project Gutenberg-tm - -Project Gutenberg-tm is synonymous with the free distribution of -electronic works in formats readable by the widest variety of -computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It -exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations -from people in all walks of life. - -Volunteers and financial support to provide volunteers with the -assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg-tm's -goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will -remain freely available for generations to come. In 2001, the Project -Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure -and permanent future for Project Gutenberg-tm and future -generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see -Sections 3 and 4 and the Foundation information page at -www.gutenberg.org - - - -Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation - -The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit -501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the -state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal -Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification -number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by -U.S. federal laws and your state's laws. - -The Foundation's principal office is in Fairbanks, Alaska, with the -mailing address: PO Box 750175, Fairbanks, AK 99775, but its -volunteers and employees are scattered throughout numerous -locations. Its business office is located at 809 North 1500 West, Salt -Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up to -date contact information can be found at the Foundation's web site and -official page at www.gutenberg.org/contact - -For additional contact information: - - Dr. Gregory B. Newby - Chief Executive and Director - gbnewby@pglaf.org - -Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg -Literary Archive Foundation - -Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide -spread public support and donations to carry out its mission of -increasing the number of public domain and licensed works that can be -freely distributed in machine readable form accessible by the widest -array of equipment including outdated equipment. Many small donations -($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt -status with the IRS. - -The Foundation is committed to complying with the laws regulating -charities and charitable donations in all 50 states of the United -States. Compliance requirements are not uniform and it takes a -considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up -with these requirements. We do not solicit donations in locations -where we have not received written confirmation of compliance. To SEND -DONATIONS or determine the status of compliance for any particular -state visit www.gutenberg.org/donate - -While we cannot and do not solicit contributions from states where we -have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition -against accepting unsolicited donations from donors in such states who -approach us with offers to donate. - -International donations are gratefully accepted, but we cannot make -any statements concerning tax treatment of donations received from -outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff. - -Please check the Project Gutenberg Web pages for current donation -methods and addresses. Donations are accepted in a number of other -ways including checks, online payments and credit card donations. To -donate, please visit: www.gutenberg.org/donate - -Section 5. General Information About Project Gutenberg-tm electronic works. - -Professor Michael S. Hart was the originator of the Project -Gutenberg-tm concept of a library of electronic works that could be -freely shared with anyone. For forty years, he produced and -distributed Project Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of -volunteer support. - -Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed -editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in -the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not -necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper -edition. - -Most people start at our Web site which has the main PG search -facility: www.gutenberg.org - -This Web site includes information about Project Gutenberg-tm, -including how to make donations to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to -subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks. - diff --git a/old/62192-0.zip b/old/62192-0.zip Binary files differdeleted file mode 100644 index 6d02ab8..0000000 --- a/old/62192-0.zip +++ /dev/null diff --git a/old/62192-h.zip b/old/62192-h.zip Binary files differdeleted file mode 100644 index 1cc3864..0000000 --- a/old/62192-h.zip +++ /dev/null diff --git a/old/62192-h/62192-h.htm b/old/62192-h/62192-h.htm deleted file mode 100644 index d724d8b..0000000 --- a/old/62192-h/62192-h.htm +++ /dev/null @@ -1,23468 +0,0 @@ -<!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD XHTML 1.1//EN" -"http://www.w3.org/TR/xhtml11/DTD/xhtml11.dtd"> - -<html xmlns="http://www.w3.org/1999/xhtml" xml:lang="it"> -<head> - <meta http-equiv="content-type" content="text/html; charset=utf-8" /> - <title> - L'eresia nel Medio Evo, di Felice Tocco - </title> - <link rel="coverpage" href="images/cover.jpg" /> - <style type="text/css"> -body {margin-left: 10%; margin-right: 10%;} - -p {margin-top: .5em; margin-bottom: 0em; line-height: 1.2; text-align: justify;} -.blockquote {margin: 2em 5% 1em 5%; font-size: 95%;} -.blktext {margin: 2em 5%; font-size: 95%; padding-left: 1.5em; text-indent: -1.5em;} -p.indl {text-align: left; margin-left: 5%;} -.center {text-align: center; text-indent: 0;} - -div.booktitle {page-break-before: always; padding: 3em;} -div.titlepage {text-align: center; margin: 0 5%; padding: 2em 0; page-break-before: always; page-break-after: always;} -div.titlepage p {text-align: inherit;} -div.verso {text-align: center; padding-top: 2em; font-size: 95%; margin: 0 10%;} -div.verso p {text-align: inherit;} -div.dedica {page-break-before: always; text-align: center; font-size: 120%; padding-top: 3em; padding-bottom: 3em;} -div.dedica p {text-align: inherit;} -div.somm {page-break-before: always; padding-top: 3em;} -div.chapter {page-break-before: always; padding-top: 3em;} -div.chapter h2 {page-break-before: avoid;} - -h1,h2,h3,h4 {text-align: center; font-style: normal; -font-weight: normal; line-height: 1.5;} -h1 {font-size: 150%;} -h2 {font-size: 140%; margin-top: 1em; margin-bottom: 2em; page-break-before: avoid;} -h3 {font-size: 120%; margin-top: 2em;} -h4 {font-size: 110%;} - -span.smaller {display: block; font-size: 70%; margin: .5em 5%; line-height: 1.2em;} - -hr {width: 70%; margin-top: 1em; margin-bottom: 1em; margin-left: 15%; margin-right: 15%; clear: both;} -hr.mid {width: 50%; margin-left: 25%; margin-right: 25%;} -hr.tiny {width: 10%; margin-left: 45%; margin-right: 45%;} -hr.silver {width: 90%; margin-left: 5%; margin-right: 5%; border-top: none; border-right: none; border-bottom: thin solid silver; border-left: none;} -@media handheld { -hr.silver {display: none;} -} - -a.tag {vertical-align: .3em; font-size: .8em; font-style: normal; font-weight: normal; text-decoration: none; padding-left: .1em; line-height: 0em; white-space: nowrap;} -div.footnotes {page-break-before: always; font-size: 90%; padding-top: 3em;} -.footnotes h2 {margin-bottom: 2em; font-size: 115%;} -div.footnote {margin-left: 2.5em; margin-right: 2em;} -div.footnote>:first-child {margin-top: 1em;} -div.footnote .label {display: inline-block; width: 0em; text-indent: -2.5em; text-align: right;} - -.pagenum {position: absolute; right: 2%; font-style: normal; font-weight: normal; text-decoration: none; font-size: 65%; text-align: right; color: #999999; background-color: #ffffff; clear: left;} - -.pad4 {margin-top: 4em;} -.pad2 {margin-top: 2em;} -.pad1 {margin-top: 1em;} - -.x-small {font-size: 70%;} -.small {font-size: 85%;} -.x-large {font-size: 130%;} -.main-t {font-size: 200%;} -.g {letter-spacing: .2em;} -.smcap {font-variant: small-caps;} -.lowercase {text-transform: lowercase;} - -sup {vertical-align: .3em;} - -table {margin: auto; border-collapse: collapse;} -.indice {width: 80%; line-height: 1em; margin-top: 2em; font-size: 95%;} -.indice td {vertical-align: top; padding-left: 1.5em; text-indent: -1em;} -.indice td.cap {text-align: left; vertical-align: top; white-space: nowrap;} -.indice td.pag {text-align: right; vertical-align: bottom; white-space: nowrap;} -.indice td.line {text-align: center; vertical-align: top; white-space: nowrap;} - -.tnote {background-color: #f7f1e3; color: #000; padding: 1em 1em 2em 1em; - margin: 3em 10%; font-family: sans-serif; font-size: 90%; page-break-before: always;} -.tntitle {text-align: center; text-indent: 0; padding: 1em; font-size: 120%; margin-bottom: 1em;} -.tnote p {padding: 0 1em;} -.covernote {visibility: hidden; display: none;} -@media handheld { - .covernote {visibility: visible; display: block;} -} - -.poem {text-align: left; font-size: 95%; margin: 1em 10%;} -.stanza {margin: 1em auto;} -.poem p.i01 {margin: 0; padding-left: 3em; text-indent: -3em;} -.poem p.i02 {margin: 0; padding-left: 3em; text-indent: -2em;} -.poem p.i08 {margin: 0; padding-left: 3em; text-indent: 4em;} -.poem p.i10 {margin: 0; padding-left: 3em; text-indent: 6em;} -.poem p.i12 {margin: 0; padding-left: 3em; text-indent: 8em;} - - </style> - </head> -<body> - - -<pre> - -The Project Gutenberg EBook of L'eresia nel Medio Evo, by Felice Tocco - -This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most -other parts of the world at no cost and with almost no restrictions -whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of -the Project Gutenberg License included with this eBook or online at -www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll have -to check the laws of the country where you are located before using this ebook. - -Title: L'eresia nel Medio Evo - -Author: Felice Tocco - -Release Date: May 22, 2020 [EBook #62192] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ERESIA NEL MEDIO EVO *** - - - - -Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Online -Distributed Proofreading Team at https://www.pgdp.net (This -file was produced from images generously made available -by The Internet Archive) - - - - - - -</pre> - - -<div class="booktitle"> -<h1> -L'ERESIA NEL MEDIO EVO -</h1> -</div> - -<hr class="silver" /> - -<div class="titlepage"> -<p class="main-t"> -L'ERESIA<br /> -NEL MEDIO EVO -</p> - -<p class="pad2"> -STUDI -</p> - -<p class="pad1 x-small"> -DI -</p> - -<p class="pad1 x-large g"> -FELICE TOCCO -</p> - -<p class="pad4"> -IN FIRENZE<br /> -<span class="small">G. C. SANSONI, EDITORE</span><br /> -—<br /> -1884 -</p> -</div> - -<div class="verso"> -<hr class="mid" /> -<p> -PROPRIETÀ LETTERARIA -</p> - -<p> -Firenze — Tip. G. Carnesecchi e figli. -</p> -<hr class="mid" /> -</div> - -<div class="somm"> -<hr /> -<p class="center x-large"><a href="#indice" id="indfront">INDICE</a></p> -<hr /> -</div> - -<div class="dedica"> -<p> -ALLA -</p> - -<p> -CARA E VENERATA MEMORIA -</p> - -<p> -DI -</p> - -<p> -MIO PADRE -</p> -</div> - -<hr class="silver" /> - -<div class="chapter"> -<h2 id="avvertenza">AVVERTENZA</h2> -</div> - -<p> -Messomi a studiare i rapporti tra la filosofia -scolastica e la contemporanea eresia, se -non ho trovato quello che a prima giunta -supponevo, mi venne fatto in compenso di -formarmi un'opinione ben netta sulla genesi -e sul corso delle molteplici sètte eretiche. Il -risultato di questi studii pubblico nel presente -libro, che per conseguenza non è, nè vuol essere -una storia degli eretici, e molto meno un -trattato dommatico sull'eresia. -</p> - -<p> -L'ho intitolato <i>Studi sull'eresia del Medio -Evo</i>, prendendo quest'ultima parola nel senso -più ristretto del periodo, in cui domina la filosofia -scolastica. L'età di transizione tra la -coltura antica e la nuova, in cui fiorisce la -Patristica, è affatto estranea al mio compito. -Avrei dovuto occuparmi delle sètte contemporanee -<span class="pagenum" id="Page_viii">[viii]</span> -al moto francescano, che vanno sotto -il nome di Flagellanti, Apostolici, Beghini e -Guglielmiti, e molti materiali avevo raccolti intorno -a codesto argomento. Ma la ristrettezza -dello spazio m'impedisce di trattarlo anche -superficialmente, e mi riserbo di farne uno -studio a parte, se i saggi, che ora pubblico, -saranno benevolmente accolti, del che dubito -forte. La mancanza di spazio m'impedisce altresì -di pubblicare nella loro integrità alcuni -testi inediti, che si riferiscono all'abate Gioacchino, -all'Evangelo eterno, ed al moto francescano. -Ne ho solo riportati quei frammenti, -che più s'affacevano al mio scopo. Ho forse -abbondato nelle note, ma non me ne pento, -chè nelle ricerche storiche la mancanza assoluta -o la citazione manchevole delle fonti -parmi un vero danno. Del resto se al lettore -piace di saltare le note, e credermi in parola, -io gli sarò grato di tanta fiducia. -</p> - -<p class="indl"> -Firenze, marzo 1884. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span> -</p> - -<h2 id="introduzione">INTRODUZIONE</h2> -</div> - -<p> -Il Medio Evo, che a torto da amici ed avversarii -fu detto l'era della concordia e della pace, -ebbe a soffrire non meno dell'età nostra profondi -e dolorosi travagli. Codesta unità delle menti e degli -animi, produttrice secondo gli uni di opere grandiose, -segno secondo gli altri di fiacchezza e torpore, -fu sempre e dovunque vagheggiata, giammai -conseguita. Nè ci verrà mai fatto di trovarla nei -tre periodi, in cui vanno divisi i secoli che corrono -da Carlo Magno a Carlo di Boemia. -</p> - -<h3 id="intro-1">I</h3> - -<p> -Il primo periodo, che diremo di preparazione, è -il più lungo di tutti, protendendosi dal secolo nono -sino alla metà del decimosecondo. Vi primeggiano -in filosofia le dispute faticose intorno agli Universali, -nate da una frase dell'Isagoge Porfiriana, -la quale racchiude in germe un problema sempre -risoluto e sempre da risolvere. Quel che noi diciamo -<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span> -i generi e le specie, sono forse entità reali, -anzi solo la vera realtà, o non piuttosto artifizii -della mente per non smarrirsi nel laberinto della natura? -Alla prima sentenza piegavano i Realisti, i -Nominalisti alla seconda; ed il loro dissidio, frutto di -una profonda antinomia della ragione, durava ostinato -per secoli, e quando parea che fosse per comporsi, -rinasceva sotto altra forma più vivace di -prima. Secondo l'intuizione realistica gli individui -sono effimere esistenze, le quali, a così dire, nell'istessa -ora che nascono, scompaiono. Che siamo -noi uomini, presi individualmente? <i>Pulvis et umbra.</i> -Consacrati alla morte, un piccolo accidente distrugge -in un punto quanti fra noi aveano redata maggior -consistenza e vigore. La sola che sopravvive a tante -ruine, e sfidando le ingiurie del tempo, per volger -di secoli non cresce nè scema, è quel che v'ha di -universale in noi, l'umanità. E lo stesso che diciamo -degli uomini, possiamo ripetere degli esseri -tutti. Chè anzi a quel modo che gl'individui umani -sono frammenti dell'umanità, questa è una piccola -parte di un essere più sterminato di lei, l'animale. -E l'animale a sua volta è frazione del vivente, ed -il vivente è anch'esso forma fugace di un Essere -immenso che è tutte cose, ma nessuna in particolare. -Questo solo è ciò che permane immutato, è -l'ordito su cui s'intesse la variopinta trama della -natura, è l'Oceano che serba costante il volume -delle acque, benchè sull'immensa superficie s'avvicendino -i flutti rumorosi. Questi arditi concetti -<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span> -sono adombrati nel <i>De divisione naturae</i> di Giovanni -Scoto Erigena.<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a> Così nella prima metà del nono secolo -quella Filosofia, che si dice serva del domma, -prende le mosse da un libro, il quale parecchi secoli -dopo (nel 1225) da Papa Onorio III verrà -condannato alle fiamme.<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span> -</p> - -<p> -Nè men libera ed ardita è la scuola opposta dei -Nominalisti. Il concetto dal quale partivano Roscellino -e i suoi seguaci, affatto discorde da quello -dei Realisti, è il seguente: la sostanza prima è -l'Individuo; gli universali sono astrazioni che la -nostra mente forma togliendo ed isolando ciò che -han di comune gl'individui, e lungi dall'essere la -vera realtà, non hanno maggior consistenza del -suono che li esprime.<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a> Se il Realismo menava dritto -al concetto di sostanza unica, di cui gl'individui son -gli accidenti, il nominalismo in quella vece di conseguenza -in conseguenza riescir doveva alla dottrina -dell'originalità degli individui, o in altre -parole all'atomismo.<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a> Tali erano i due indirizzi -<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span> -della speculazione di quel tempo, i quali, mutati -nomi e fattezze, si sono conservati sino ai nostri -giorni. Ma e l'uno e l'altro sistema eran guardati -con sospetto dagli ortodossi, cui non isfuggì che -sotto l'apparenza dell'accordo si nascondesse un -grave dissidio tra la Fede e la Filosofia. Ben fu -tentata una via di mezzo tra i due opposti estremi, -la quale sembrava s'accordasse meglio colla tradizione; -ma il tentativo non ostante la pietà e l'ingegno -di Anselmo di Aosta fallì; nè a torto gli -scolastici posteriori ebbero a temere che l'idealismo -dell'arcivescovo di Canterbury non fosse meno -avventuroso degli altri sistemi, nè sapesse tenersi -egualmente lontano dal misticismo degli uni e dal -razionalismo degli altri.<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a> E questi erano infatti gli -<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span> -scogli, nei quali rompeva la speculazione di quel -tempo, in cui i filosofi, non usi ancora a infingersi, -come fu stile dei secoli posteriori, traevano dai -<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span> -loro principii, saldi argomenti a trasformare i dommi -e le dottrine tradizionali. -</p> - -<p> -Così i Realisti, al cui misticismo nessun mistero -ripugnava, tra le nebbie della credenza popolare -s'argomentavano di scoprire le proprie teorie. -E restaurando il vecchio metodo dell'interpetrazione -allegorica, già tanto usato ed abusato dai -gnostici, nel domma della trinità videro simboleggiato -un ciclo cosmogonico, e nella redenzione -l'eterna durata dell'effetto garentita dal perenne intervento -della causa.<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a> Ed anche i nominalisti alla -lor volta, benchè non spiccassero voli così alti e -ben lontani si tenessero dal nebuloso speculare degli -avversarî, non cessavano per tanto dallo studiare -i dommi religiosi, nè meno uso facevano dell'interpetrazione -allegorica. Le loro spiegazioni, non -elaborate certo nel grande stile dei realisti, eran -più piane e sarei per dire volgari, ma meglio confacenti -secondo loro a far luce piena dove più s'addensava -l'ombra del mistero. -</p> - -<p> -La setta nominalistica o concettualistica<a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a> che -dir si voglia fu per tal guisa l'iniziatrice del razionalismo, -<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span> -ed il suo più illustre rappresentante, -l'infelice Abelardo, ragionatore instancabile e strenuo -propugnatore dei diritti del libero pensiero, -cadde vittima della sua dialettica. <i>Odiosum me mundo -reddidit Logica.</i><a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a> Per ben due volte ei fu tradotto -davanti a Sinodi provinciali sotto l'accusa di eresia. -La prima nel 1121 in quella stessa città di -Soissons, dove pochi anni innanzi era stato condannato -Roscellino per sospetto di triteismo;<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a> la -<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span> -seconda nel 1140 a Sens, dove egli sperava battere -colle armi delle sue implacabili argomentazioni -l'accusatore suo S. Bernardo. Ma nè l'una volta -nè l'altra gli arrise la fortuna; chè a Soissons fu -condannato a bruciare colle sue proprie mani <i>l'Introductio -ad Theologiam</i>, e come se ciò non bastasse -fu chiuso in espiazione dei suoi falli nel convento -di S. Medard. A Sens poi gli sarebbe capitato anche -peggio, se l'accorto filosofo, presentito l'imperversar -della bufera, non se ne fosse appellato -al Pontefice. E ventura per lui che, mancategli le -forze lungo il viaggio alla volta di Roma, riparasse -nell'abbazia di Cluny, ove fu accolto affettuosamente -da Pietro il venerabile, miracolo ed -esempio di vera carità cristiana. Se fosse proceduto -oltre, non avrebbe trovata eguale accoglienza -nel Papa Innocenzo II, il quale non poteva al -certo darla vinta al filosofo palatino contro quello -stesso S. Bernardo, alla cui opera egli doveva in -parte il trionfo riportato sul rivale Anacleto.<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a> E -<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span> -d'altro lato come mai quel Pontefice, che l'anno -innanzi avea imposto silenzio all'audace Arnaldo -da Brescia, avrebbe ora dubitato di condannare -il maestro e la guida dell'abborrito novatore? Non -eran forse questi due uomini stretti siffattamente -in un pensiero, che agli occhi del chiaravallese -l'uno paresse il gigante Golia, e l'altro il fido scudiero? -E per fermo lo stesso ardore di libertà -scaldava i loro petti. Entrambi volevano la riforma -della Chiesa, l'uno spogliandola dei mal tolti beni -temporali, cagion prima di scandali e corruzioni; -l'altro sciogliendola da quelle pastoie dommatiche -che impedivano la libera espansione del sentimento -religioso. -</p> - -<p> -Ed entrambi sono specchio fedele di quell'età -turbinosa, in cui infranti nella lotta delle riforme -e delle investiture i vincoli dell'antica disciplina, -il prestigio della tradizione vien meno, e Papi combattono -contro Papi, come nello scisma di Cadalò, -di Guiberto, di Anacleto; vescovi contro Papi, Imperatori -contro questi e quelli; nulla di saldo e -durevole; ed oggi si proclama campione della Chiesa -chi domani vien condannato da eretico e fellone. -Si comprende di leggieri come in queste lotte incessanti -crescesse e si dilatasse lo spirito critico, -e quale potere esercitasse sulle giovani menti uno -<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span> -ingegno così acuto come quello di Abelardo, che -mise lo scompiglio nella teologia autoritaria colle -famose antinomie del <i>sic et non</i>. La sua parola affascinava, -la sua dialettica stringeva, e quando si -ritrasse nel romitaggio del Paracleto, i discepoli -accorrevano a torme alle sue lezioni, contenti di -vivere in miserabili capanne, non curanti dello scarso -nutrimento, che il deserto luogo concedeva. Confortato -da queste prove di affetto, nè fiaccato dalle -persecuzioni patite, l'intrepido maestro continuava -a battere in breccia <i>illum fidei fervorem, qui ea -quae dicantur antequam intelligat, credit, et prius his -assentii ac recipit quam quae ipsa sint videat, et an -recipienda sint</i>.<a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a> Era naturale che questa critica assottigliasse -fuor di misura i dommi tradizionali, e -riuscisse alle interpetrazioni razionalistiche di un -pallido deismo. Le tre persone, ad esempio, sono -tre nomi con cui è descritta diligentemente la perfezione -del sommo Bene;<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a> la creazione non è libera, -<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span> -ma necessaria;<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a> il peccato originale non è -colpa, ma trasmissione ereditaria della pena che al -primo fallo successe;<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a> il Redentore è l'esempio dell'uomo -<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span> -perfetto che adempie al dover suo non per -timore ma per amore;<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a> il cristianesimo in una parola -non è altro se non un ritorno alla legge -naturale, la quale è certo che fu seguita dai filosofi, -mentre la legge mosaica si appoggia su precetti -più simbolici che morali (<i>magis figuralibus quam -naturalibus nitatur mandatis</i>) ed abbonda più dell'esterna -che dell'interiore giustizia.<a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a> S. Bernardo, -ben consapevole della gravità di questi arditi commentarii -esclama tristamente: <i>Omnia usurpat sibi -humanum ingenium, fidei nil reservans. Tentat altiora -se, fortiora scrutatur, irruit in divina, sancta temerat -magis quam reserat, clausa et signata non aperit sed -diripit</i> (Ep. 188). -</p> - -<p> -Se non che era vano sperare che colla punizione -del filosofo si potesse soffocare la libertà del pensiero, -la quale in quella vece si levava più fiera e -minacciosa dalle violenze patite. Colla morte di -Abelardo non perì l'indirizzo razionalistico, e Bernardo -Silvestre trova nel platonismo inteso a modo -suo la soluzione dei problemi religiosi;<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a> Guglielmo -<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span> -di Conches attacca la superstizione come la peggior -nemica del progresso intellettuale;<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a> persino -<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span> -Gilberto Porretano;<a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a> dal 1142 vescovo di Poitiers, -costruisce una dottrina della trinità così poco -ortodossa, che vien costretto a ricredersene innanzi -al concilio di Rheims del 1148. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span> -</p> - -<p> -Contro il mal dissimulato razionalismo di questi -filosofi seguita sempre a combattere S. Bernardo, -e non meno fieramente di lui i Vittorini Ugo Riccardo -e Gualtiero. Quest'ultimo principalmente non -perdona nè a filosofi, nè a teologi, ma nello stesso -biasimo coinvolge con Abelardo e col Porretano, i -due dottori Pietro Lombardo detto il Maestro delle -<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span> -sentenze, ed il discepolo Pietro di Poitiers,<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a> che -raccolsero in trattati scolastici ed in forma dialettica -esposero la somma del sapere teologico.<a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a> Se -non che l'opposizione di codesti mistici è una ben -debole diga contro l'irrompente fiumana. Realisti e -nominalisti seguitano a battagliare, e tra gli opposti -estremi nascono tanti sistemi intermedii, che a -noverarli tutti si stanca Guglielmo di Salisbury. -E sovra tutti mira ad innalzarsi quest'uomo singolare, -questo discepolo di Abelardo, che pare appartenga -ad altra epoca, ed assai prima del Petrarca -<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span> -professa come un culto per l'antichità<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a> classica, ed -in mezzo al cozzo di tanti dommatismi vorrebbe rinnovare -l'antica Accademia. Così al primo periodo -della scolastica non manca neanco la nota critica. -E non più due indirizzi soli si contrastano il dominio -delle menti, ma quattro, il realistico, il nominalistico, -il mistico, lo scettico. -</p> - -<h3 id="intro-2">II</h3> - -<p> -Prima che s'aprisse il secondo periodo della -coltura medievale, la guerra tra l'Impero e la Chiesa -s'era rinnovata con maggiore violenza, e tre antipapi -l'un dopo l'altro contesero per venti anni -la tiara ad Alessandro III (1158-1178). E durante -queste lotte si rinvigorirono le sette ereticali dei -Catari, Valdesi ed Arnaldisti, e accanto a loro si -<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span> -fecero strada gli avversarii di ogni credenza positiva, -gl'Indifferenti, che riconoscevano a lor capo -il grande filosofo arabo Averroè. Questi sosteneva -che tutte le religioni hanno egual valore innanzi -agli occhi della ragione. Son tutte vere perchè -tutte hanno tal forza morale da infrenare il ribelle -volere delle masse; tutte false, perchè la schietta -verità filosofica v'è ottenebrata da imagini ed allegorie. -Certo l'importanza e la perfezione relativa -delle religioni è diversa secondo le varie condizioni -dei tempi, ma ciò mostra che il criterio di valutazione -delle religioni vuole essere storico, non speculativo.<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a> -Questo nuovo nemico era al certo molto -più temibile dei precedenti, imperocchè tra i filosofi -<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span> -ed eruditi arabi si conservava la più ricca tradizione -della coltura ellenica; nè solo la maggior -parte delle opere aristoteliche conoscevano, ma -benanco i più importanti interpetri, Alessandro -di Afrodisia, Temistio, Porfirio, Ammonio. Onde -Avicenna nei primordii del secolo undecimo ed -Averroè nel duodecimo scrissero i più estesi commenti -allo Stagirita. I quali commenti voltati ben -per tempo in ebraico, e dall'ebraico in latino -furono accolti con trasporto dai filosofi d'occidente, -che in tanta venerazione tenevano Aristotele, -per quanto scarsa conoscenza avessero delle -sue opere. Se non che lo studio di Aristotele attraverso -questi infidi espositori non era senza pericolo; -perchè l'interpetrazione più che al testo di -Aristotele si confaceva alle chiose neoplatoniche, -onde il teismo aristotelico tramutavasi per tal via -in un panteismo mistico, quale è svolto, ad esempio, -nel <i>Fons vitae</i> dell'Avicebronio.<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a> Gli effetti di -<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span> -questi agenti dissolutori si vedono chiari in due -filosofi che vissero tra la fine del secolo XII ed il -principio del XIII, Amorico di Bena e Davide di -<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span> -Dinan, condannati entrambi come eretici in religione -e panteisti in filosofia.<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a> -</p> - -<p> -Ma la Chiesa oramai era uscita più vigorosa -dalla lotta sostenuta con Federico. Alessandro III, -che seppe trovare un efficace aiuto nella forza giovane -e rigogliosa dei Comuni, avea disfatto il suo -potente rivale così che neanche il matrimonio di -Enrico VI con Costanza di Sicilia valse a restaurare -le sorti dell'Impero. Chè anzi nuovi danni si -maturavano alla causa imperiale, quando morto in -fresca età l'ardimentoso Enrico, del fanciullo erede -assumeva la tutela una donna debole e bigotta, la -quale non seppe trovar migliore protezione all'infuori -del Papato, al cui soglio veniva in quel torno -levato uno dei maggiori uomini del tempo, Innocenzo -III. Questi procede con insolito vigore contro -gli avversarii della Chiesa. In danno degli infelici -Albigesi bandisce nel 1209 una crociata, che -dopo lunghi anni di guerre e calamità distrugge -l'eresia, ma spegne con essa il fiore della coltura -provenzale. Nello stesso anno un sino do provinciale, -tenuto a Parigi, decreta che venga tolto alla -pace del sepolcro, e gettato in terra non benedetta -il corpo di Amorico, morto due anni innanzi; che -sieno degradati e condannati a carcere perpetuo -parecchi ecclesiastici, convinti di eresia; che vengano -consegnati al vescovo di Parigi i quaderni -<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span> -del maestro Davide di Dinan; infine che sia proscritta -da Parigi la lettura delle opere di Aristotile. -<i>Nec libri Aristotelis de naturali philosophia, nec -commenta legantur Parisiis pubblice vel secrete. Et -hoc poena excommunicationis inhibemus.</i><a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a> -</p> - -<p> -Insofferente di opposizioni Innocenze taglia quei -nodi che non può sciogliere, e della supremazia -dell'autorità sua su tutte le podestà della terra ha -tale coscienza, da costringere a ribellarglisi la sua -stessa creatura, l'Imperatore Ottone IV. Nè per -ostacoli che incontri, vacilla quell'animo gagliardo; -ma dalle nuove opposizioni attinge maggior forza; -onde raunato nel 1215 un solenne concilio nel Laterano, -vi scomunica l'Imperatore al quale oppone -il suo pupillo Federico; spoglia dei suoi legittimi -possessi il Conte di Tolosa, investendone Simone -di Monforte, ricondanna solennemente l'empio Amorico -e tutti gli altri eterodossi in qualunque modo -si chiamino,<a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a> non dubita infine di tenere per decaduti -dal trono quei principi che non isvelgano -col ferro e col fuoco l'annoso tronco delle eresie.<a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a> -<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span> -Ed istrumenti di tali implacabili persecuzioni doveano -essere quegli ordini religiosi dei minoriti, -che appunto in quel torno nascevano coll'obbligo -di non restarsene isolati e neghittosi nel silenzio -del cenobio, bensì di vivere in mezzo al popolo, -accattare da lui giorno per giorno la sussistenza, -dividerne le gioie ed i dolori, spiarne i più segreti -pensieri, onde non isfuggisse al loro acuto sguardo -il più lieve indizio di opinioni e tendenze ereticali. -Nè tutto questo bastava. Le misure preventive e -repressive, per quanto accorte e vigorose, non potevano -eliminare i più profondi bisogni della ragione. -Il <i>credo ut intelligam</i> di S. Anselmo restava -sempre come insegna delle menti superiori. Era -dunque necessario che le menti più elevate della -Chiesa si mettessero a scoprire la via di una conciliazione -tra la ragione e l'autorità, e che si ristudiasse -da capo il problema filosofico per metterlo -d'accordo col religioso. E come il grande filosofo -era tuttora indiscutibilmente Aristotele, bisognava -esaminare se il commento e l'interpetrazione -araba fosse proprio quella che meglio rispondesse -<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span> -al pensiero dell'autore. Questo è l'intendimento dei -maggiori filosofi del <span class="smcap lowercase">SECONDO PERIODO</span> della scolastica, -Vincenzo di Beauvais,<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a> Alessandro di Halès, Alberto -Magno, Tommaso d'Aquino, i più grandi raccoglitori -del sapere contemporaneo che condensavano nelle lor -enciclopedie e nelle lor somme, libri chiusi, cui non -occorreva aggiungere o toglier verbo.<a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a> Ma quale fu -il risultato di tanti sforzi generosi? Valga per tutti -S. Tommaso che nell'inferno dantesco dipinto nel -camposanto pisano<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a> è rappresentato come il vincitore -dei tre nemici della chiesa, Ario capo degli -eretici, l'Anticristo seminatore dello scisma, ed Averroè -principe dei filosofi increduli. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span> -</p> - -<h3 id="intro-3">III</h3> - -<p> -La prima cura del Dottore Angelico, come del -suo maestro Alberto Magno fu di comporre il dissidio -tra nominalisti e realisti che travagliò il periodo -precedente. Concedevano ai nominalisti l'universale -non essere un'entità a sè,<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a> e indipendente -dall'intelletto che lo forma pel noto processo di -astrazione o eliminazione;<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a> ma nel contempo davan -ragione ai realisti in quanto che la formazione -dei concetti di generi e specie non è punto -arbitraria, ma ben fondata sulla natura delle cose. -In una parola l'Universale non è sostanza separata, -ma legge di natura. Per ben intenderci adunque -bisogna distinguere l'universale <i>ante rem</i>, <i>in -re</i>, <i>post rem</i>.<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a> L'<i>ante rem</i> sono le idee di Dio creatore; -<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span> -quello <i>in re</i> il divino pensiero, divenuto legge -delle cose; il <i>post rem</i> infine il concetto o volgare -o scientifico, che noi uomini acquistiamo dopo un -lungo lavorìo di astrazione. O per dirla con un -noto esempio, l'universale <i>ante rem</i> è il concetto -che l'artista vagheggia nella sua mente; l'<i>in re</i> è -l'attuazione di quello nel marmo o nei colori; il -<i>post rem</i> la sua riproduzione nella mente dello spettatore -e del critico. Posto termine in tal guisa agli -interni dissidii, si sperava di raccogliere in un fascio -tutte le forze contro l'eterno nemico, Averroè, -il quale di qui innanzi diviene il rappresentante -dell'incredulità pervicace. Ed a prostrare un -avversario così formidabile, S. Tommaso non risparmia -nessun'arte; nè contento di combatterlo -nelle opere generali, scrive contro di lui trattati -speciali, come ad esempio il celebre opuscolo: <i>De -unitate intellectus contra Averroistas</i>.<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a> -</p> - -<p> -La quistione dell'Intelletto nacque, come è noto, -dalle oscurità della psicologia aristotelica. Nel terzo -libro del <i>De Anima</i> lo Stagirita avea distinto l'intelletto -<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span> -passivo dall'attivo, e l'uno avea fatto mortale, -l'altro eterno e separato. Cosa intendesse -Aristotele per questo doppio intelletto è difficile -dire;<a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a> ma secondo il principio fondamentale della psicologia -aristotelica che le potenze inferiori sono -grado ed avviamento alle superiori, il <i>Nous</i> passivo -dovea significare un intelletto non ancora sviluppato -o in potenza, e l'attivo un intelletto pervenuto -al suo più alto grado di energia.<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a> Se non -che i caratteri, che separano i due intelletti, sono -così spiccatamente opposti, che le loro differenze -più che di grado si dovrebbero tenere invece per -specifiche; onde quell'Essere che è fornito dell'Intelletto -attivo non potrebbe identificarsi con l'Ente -fornito di solo intelletto passivo.<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a> In altre parole -l'Intelletto attivo sarebbe estrinseco al passivo; e -più che il supremo grado della mente umana sarebbe -invece l'intelligenza divina, ovvero quella -Νόησις νοήσεως che nel XII della metafisica si confonde -col Motore immobile. Tanto vero che uno -dei più sottili e fidi interpetri della dottrina aristotelica, -Alessandro, che pure ha la tendenza di -eliminare ogni elemento mistico dalla filosofia peripatetica, -mentre considera l'intelletto passivo come -il compendio e l'integrazione delle potenze inferiori -<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span> -dell'anima, pervenuto all'intelletto attivo cangia -metro, e lo dice tutt'uno con Dio, e lo pone -fuori dell'uomo. Qual meraviglia adunque che i -filosofi arabi, dominati dalle intuizioni neoplatoniche, -non pure accettino questa interpetrazione, ma -la guastino e complichino fuor di misura? Era conforme -all'indirizzo del loro filosofare l'accrescere -il numero delle entità intermediarie tra l'Unità suprema -e il mondo sensibile; onde a quel modo che -Aristotele avea moltiplicato tante volte il motore -estrinseco, per quante sfere celesti gli offriva l'astronomia -del suo tempo, nella stessa guisa i filosofi -arabi moltiplicano l'intelletto attivo, e per ciascuna -sfera ne immaginano uno, che ha la doppia funzione -di muovere la sfera ed illuminare le menti -degli abitatori. Nè questo è tutto, ma ben altra -stortura conviene aspettarci. Avicenna (980-1038) -avea tenuto come sostanza separata il solo intelletto -attivo, il quale aderisce o serve all'anima razionale -siccome la luce all'occhio.<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a> Averroè (1126-1198), -come se ciò non bastasse, dichiara esterno -anche l'intelletto passivo, che per tutti i suoi predecessori -<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span> -era stato tenuto come intrinseco all'anima -umana, o per meglio dire, come la sua funzione -più alta. Se è esterna, ei dice, la sorgente luminosa, -esterni sono anche i raggi che da quella piovono -su le cose. E come la sorgente s'agguaglia all'intelletto -attivo, ed i raggi all'intelletto passivo; -ragion vuole che l'uno e l'altro si tengano per esterni -all'anima umana; e l'uno e l'altro siano un solo e -medesimo intelletto per tutti gli uomini.<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a> E se volete -sapere che cosa sia questo intelletto unico, che illumina -le nostre inferme fantasie, è subito detto. È il -motore dell'ultima sfera celeste, che secondo l'antica -astronomia è quella della luna; onde non a torto -<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span> -Astolfo sale fin lassù per pescarvi il senno di Orlando.<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a> -Le conseguenze di questa dottrina sono facili ad intendere. -In quel tempo le prove, che si adducevano -dell'immortalità dell'anima, eran tutte cavate da -questo concetto, che l'anima, avendo attività o funzioni -sue proprie, affatto separate dalle corporee, -debba essere di una sostanza diversa da quella del -corpo, ed agevolmente separabile. Il quale ragionamento -sarebbe venuto meno quando fossero state -accolte le dottrine averroistiche. Imperocchè se l'intelletto, -da qualunque aspetto si consideri, è estrinseco -all'anima, a lei non restano di proprio se non -le funzioni del senso e dell'istinto, le quali, comecchè -legate indissolubilmente coll'organismo, cessano -quando questo si dissolva, e traggono nella -loro rovina il soggetto stesso senziente. -</p> - -<p> -Era ben naturale che i dottori della Chiesa, i -quali s'adoperavano a metter d'accordo la scienza -colla fede, si volgessero a combattere questo punto -dell'averroismo. Ed Alessandro e Alberto Magno -e S. Tommaso si fecero a dimostrare esser le teoriche -di Averroè non pure false in sè medesime, -ma in aperta contraddizione colle dottrine aristoteliche. -Nè si può negare che la interpetrazione -<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span> -più conforme allo spirito dell'aristotelismo è quella -appunto, che abbraccia l'Aquinate, secondo la quale -l'intelletto attivo ed il passivo sarebbero bene una -stessa cosa, stantecchè l'uno è in potenza quello -che l'altro è in atto; ma e l'uno e l'altro s'han -da tenere come funzioni dell'anima: onde lungi -dall'essere unico l'intelletto, o attivo o passivo che -sia, si rompe in quella vece in tanti intelletti singoli, -per quante anime dar si possano.<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a> Se non -fosse così, l'anima umana non sarebbe gran fatto -diversa dalla parete su cui cadono i raggi luminosi; -e come la parete, benchè illuminata dal sole, -non vede, così l'anima nostra benchè rischiarata -dall'Intelletto agente non intenderebbe nulla di -nulla. E se non è lei che intende, così neanco è -lei che vuole e opera, ma quell'Essere dal quale -spiccia la fonte della intelligibilità.<a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span> -</p> - -<p> -È indubitato adunque che S. Tommaso vide -molto più addentro dei commentatori neo-platonici -ed arabi. Ma quel pericolo che crede di sfuggire -da un lato, gli si presenta dall'altro. Imperocchè -a quel modo che l'intelletto attivo s'identifica col -passivo piuttosto secondo lo spirito che la lettera -della psicologia aristotelica, così pure s'ha a dire -lo stesso dell'intelletto passivo rispetto alla fantasia -ed alla percezione sensibile. E come Aristotele -dice che senza il fantasma non potrebbe svolgersi -l'intelletto,<a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a> così è impossibile che l'anima abbia -funzioni e vita propria, ove mai si sciolga da quel -corpo che in lei ingenera sensazioni e fantasmi. Lo -Stagirita senza dubbio tenne per mortale l'intelletto -passivo, e ove mai l'attivo ed il passivo son -la medesima cosa, con qual diritto affermeremo dell'uno -ciò che dell'altro si nega? All'acume dell'Aquinate -non isfugge questo pericolo, dal quale -s'argomenta di scampare, ammettendo nell'anima -una misteriosa tendenza verso il sensibile, la quale -perdura sempre anche quando s'infrangono i lacci -corporei.<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a> Questa tendenza è come un corpo interno, -<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span> -del quale l'anima non si sveste mai; onde nè il -sentimento nè i fantasmi le verranno mai meno, ed -è per sempre assicurata la base su cui poggiano le -più alte potenze intellettive e pratiche. Teorica codesta, -strana quant'altra mai, e per giunta non -nuova ed attinta a quella stessa fonte neoplatonica, -dalla quale rampollava la teorica degli intelletti, -separati, che S. Tommaso ripudia.<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a> Se non che ella -era un espediente inevitabile non solo per sottrarsi -<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span> -alle conseguenze estreme della teorica dell'unità -degl'intelletti; ma per conciliare altresì l'immortalità -dell'anima colla teorica dell'individuazione. -</p> - -<p> -Questo problema dell'individuazione fu il pomo -di discordia tra le scuole realistiche del secolo XIII, -come quello degli universali travagliò i secoli precedenti. -Abbiamo già detto che i Realisti concordemente -ammettevano oltre l'universale <i>ante rem</i>, -che esiste solo nella mente di Dio, ed il <i>post rem</i>, -che sta nella mente umana, anche un altro universale, -che essi dicevano <i>in re</i>, vale a dire insito -nelle cose stesse. Ora le cose tutte, secondo i concetti -aristotelici, constano di materia e forma, in -che dunque è riposto l'universale nell'uno o nell'altro -di questi fattori? Aristotele stesso s'era posto -in qualche modo questo problema, quando facevasi -la dimanda opposta, cioè che cosa fosse l'individuo. -Ed egli dopo lungo contrasto venne nella conclusione: -l'individuo non esser nè la materia, nè -la forma, ma l'unità di entrambi, il <i>sinolo</i>, come -egli diceva, dei due universali.<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a> Se non che ammessa -<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span> -pure questa soluzione aristotelica, il problema -rinasce sempre sotto un'altra forma. Dei due fattori, -il cui intreccio costituisce l'individuo, quale -dei due è il determinante e quale l'indeterminato, -o in altre parole dove sta il <i>principium individuationis</i>? -Per un certo rispetto sembra che il principio -individuante stia nella materia: perchè la forma, -secondo le stesse parole di Aristotele, è un tipo -unico, il quale si riproduce in tante differenti impressioni -<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span> -per quanto diverse sono le materie in cui -s'impronta. E questa fu la dottrina seguita da Alberto -Magno e dall'Aquinate;<a class="tag" id="tag49" href="#note49">[49]</a> ma non senza gravi -<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span> -e ben fondate opposizioni da parte delle altre scuole. -Come mai, si diceva, sarà la materia il <i>principium -individuationis</i>, ovvero la radice di tutte le distinzioni, -e specificazioni quando essa medesima è qualche -cosa d'indistinto? Che cosa è la materia destituita -di forma? Non è forse l'indeterminato, la -potenza pura direbbe Aristotele, la quale appunto -per opera della forma acquista limiti e contorni? -Il sostrato universale dunque è la materia, e la -forma è il principio che da questo fondo comune -cava fuori le specie e gl'individui.<a class="tag" id="tag50" href="#note50">[50]</a> Sembrano discussioni -bizantine coteste, e lo stesso Jourdain -così dotto nella filosofia scolastica rimprovera S. -Tommaso di esservisi cacciato dentro. Ma siamo -giusti. Non è forse un profondo bisogno di qualsiasi -filosofia realistica la deduzione o costruzione, -che dir si voglia, dell'individuo? Il problema era -adunque inevitabile, e più che a porlo sarebbe occorsa -molta industria per ischivarlo. Comunque sia, -egli è fuor di dubbio che il problema dell'individuazione -servì a crear sul finire del secolo XIII due -nuove scuole, che si combattevano non meno aspramente -<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span> -delle antiche, e che dai loro fondatori tolsero -il nome di Tomisti e Scotisti.<a class="tag" id="tag51" href="#note51">[51]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span> -</p> - -<p> -A rinfocolare le ire avrà contribuito senza dubbio -l'antico livore tra Domenicani e Francescani; -ma il problema intorno a cui disputavano non era -meno grave di quello degli universali, e qualunque -soluzione si accettasse veniva a rompere contro -le barriere della teologia. In verità lo Scotismo, -che, mettendo il principio d'individuazione -nella forma,<a class="tag" id="tag52" href="#note52">[52]</a> ha l'aspetto di un Realismo più compatto, -<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span> -cade in quelle conseguenze panteistiche, che -vedemmo non iscompagnarsi mai dalle intuizioni -realistiche. Nè il Dottor sottile se ne dissimula il -pericolo, ma aperto e risoluto gli va incontro dichiarando -di tornare alla posizione dell'abborrito -Avicembronio, e rappresentandosi il mondo tutto -come un albero bellissimo, la cui radice e seme sia -la materia prima, le foglie gli accidenti, le frondi e -i rami il creato corruttibile, il fiore l'anima umana, -ed il frutto la natura angelica.<a class="tag" id="tag53" href="#note53">[53]</a> Ma neanco è mondo -di peccato il Tomismo, nel quale le dottrine filosofiche -solo per via di espedienti artificiosi son -messe d'accordo coi dommi tradizionali. Così ad -esempio se Averroè seguendo Aristotele dimostra -l'eternità del mondo, S. Tommaso non ardisce di -provare il contrario, ma s'argomenta di mettere -in salvo la fede collo stabilire che non tutto ciò -che si crede debba essere dimostrabile e conoscibile.<a class="tag" id="tag54" href="#note54">[54]</a> -Parimenti ei non sconfessa le conseguenze -<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span> -della sua teorica dell'individuazione, ed interpetrando -a suo modo la tradizione, ammette che la -natura angelica, comecchè destituita di materia non -sia capace di differenze individuali, bensì delle sole -generiche e specifiche.<a class="tag" id="tag55" href="#note55">[55]</a> Ma dell'anima umana non -osa dire altrettanto, e per salvarne ad ogni costo -l'individualità escogita quella teorica della tendenza -al sensibile, di cui abbiam fatta parola. A -tale dovea ridursi una mente eletta, come quella -dell'Aquinate; segno evidente che il dissidio tra -il contenuto filosofico ed il dommatico è ben superiore -alla volontà degli uomini, e quel semirazionalismo, -che vuol comporre in armonia le più -opposte tendenze, riesce invece a dirimerle di vantaggio. -Onde alcuni contemporanei si argomentarono -di battere una via diversa dalla tomistica. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span> -</p> - -<h3 id="intro-4">IV</h3> - -<p> -E primo e più geniale fra tutti è S. Bonaventura -(1221-1274), che venne a ragione chiamato -<i>Doctor Seraphicus</i>. Animo profondamente mistico -non crede che nelle materie comuni alla fede e -alla filosofia il ragionamento possa aggiunger nulla -di forza al convincimento religioso. E la ragione -stessa ha un ufficio affatto secondario, comecchè -serva solo di guida per elevare la mente per varii -gradi alla contemplazione beatifica di Dio. Ma pervenuti -a quest'alta cima, lo splendore dell'infinita -luce ne abbaglia la vista; la forza del nostro argomentare -si fiacca, e l'anima dimentica di sè stessa, -si smarrisce nell'oggetto della sua contemplazione -e dell'amor suo.<a class="tag" id="tag56" href="#note56">[56]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span> -</p> - -<p> -Fra gli oppositori del Tomismo si potrebbe annoverare -anche l'altro francescano <i>Raimondo Lullo</i> -(1235-1315), strano miscuglio di capestrerie cabalistiche -ed astrologiche e sconfinate pretensioni razionalistiche. -Nel Lullo si rovescia affatto la relazione -che pone Bonaventura tra la fede e l'intelletto. -Per Bonaventura l'intelletto è il mezzo, e la fede o -la visione beatifica da lei somministrata il fine; per -Lullo invece la fede è il mezzo per elevarci a Dio, e -l'intenderlo, il conoscerlo razionalmente il fine. La -fede può bastare agli uomini volgari, ai contadini, -agl'ignoranti, ai mercenarii; ma quelli forniti di più -alto intelletto non se ne contentano, e fan bene perchè -la ragione non è impotente a svelare i più alti -misteri; e col nudo magistero della ragione il Lullo -s'affida di distruggere non solo le false filosofie, ma -benanco le false religioni e le eresie. Escogita anzi a -questo fine una tal macchina ragionatrice, una specie -di tavola pitagorica, coll'aiuto della quale senza scomodarsi -molto, si può scoprire e dimostrare qualunque -verità. Si sente in lui il filosofo del Rinascimento,<a class="tag" id="tag57" href="#note57">[57]</a> -come in un altro francescano ed oppositore -<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span> -del pari si ravvisa già il precursore dei tempi -moderni. -</p> - -<p> -Intendo parlare di <i>Rogero Bacone</i> (1214-1294), -di quel genio solitario ed infelice, che scontò colle -più crude sofferenze il grave peccato di richiamare -sulla buona via le menti smarrite dei suoi -contemporanei. Straniero all'età sua ei ben seppe -scoprire dove stessero i veri impedimenti, e come -ei dice <i>maxima comprehendendae veritatis offendicula</i>, -che sono la falsa autorità, l'abito inveterato, l'illusione -del senso, il bisogno di nascondere colle -lustre di un falso sapere la propria ignoranza. Ed -al falso metodo delle deduzioni arbitrarie ei vuol -sostituire quello di una ben regolata esperienza, ed -ai commenti sui libri naturali degli antichi uno -studio diretto della natura, integrato e compiuto -dalle costruzioni matematiche. Povero Bacone! La -tua voce suona nel deserto, e correrà molto tempo -<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span> -prima che un tuo omonimo riprenda e seguiti con -migliori auspicî l'opera da te intrapresa. Il secolo -XIII era per fermo immaturo a tanta riforma, -chè per quante opposizioni gli si movessero, il tomismo -pur sempre dominava le menti, ed alle sue -dottrine s'informavano non pure la teologia, ma -benanco le lettere di quel tempo.<a class="tag" id="tag58" href="#note58">[58]</a> -</p> - -<h3 id="intro-5">V</h3> - -<p> -Una splendida prova del dominio del pensiero -filosofico di S. Tommaso sulla letteratura è senza -dubbio la <i>Divina Commedia</i>, nella quale con immagini, -spesso nuove, sempre felici, sono chiarite -le più astruse dottrine dell'Aquinate. Valga per tutti -<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span> -il <span class="smcap lowercase">XIII</span> del Paradiso, in cui Dante mette in bocca -a S. Tommaso stesso la dottrina dell'universale -<i>ante rem</i>, o pensiero divino e dell'universale <i>in re</i>, -raggiamento della divina luce. -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Ciò che non muore, e ciò che può morire</p> -<p class="i02"> Non è se non splendor di quell'idea</p> -<p class="i02"> Che partorisce amando il nostro Sire.</p> -<p class="i01">Chè quella viva luce che sì mea</p> -<p class="i02"> Dal suo lucente, che non si disuna</p> -<p class="i02"> Da lui, nè dall'Amor che in lor s'intrea,</p> -<p class="i01">Per sua bontate il suo raggiare aduna,</p> -<p class="i02"> Quasi specchiato, in nove sussistenze,</p> -<p class="i02"> Eternamente rimanendosi una.</p> -<p class="i01">Quindi discende all'ultime potenze,</p> -<p class="i02"> Giù d'atto in atto, tanto divenendo,</p> -<p class="i02"> Che più non fa che brevi contingenze;</p> -<p class="i01">E queste contingenze essere intendo</p> -<p class="i02"> Le cose generate, che produce</p> -<p class="i02"> Con seme e senza seme il Ciel movendo.</p> -<p class="i01">La cera di costoro e chi la duce</p> -<p class="i02"> Non sta d'un modo, e però sotto il segno</p> -<p class="i02"> Ideale poi più e men traluce:</p> -<p class="i01">Onde egli avvien che un medesimo legno</p> -<p class="i02"> Secondo spezie, meglio e peggio frutta.</p> -<p class="i02"> E voi nascete con diverso ingegno.</p> -<p class="i01">Se fosse a punto la cera dedutta</p> -<p class="i02"> E fosse il cielo in sua virtù soprema,</p> -<p class="i02"> La luce del suggel parrebbe tutta.</p> -<p class="i01">Ma la natura la dà sempre scema</p> -<p class="i02"> Similemente operando all'artista</p> -<p class="i02"> Che ha l'abito dell'arte, e man che trema.</p> -</div></div> - -<p> -Nelle ultime terzine è sfiorato il problema dell'individuazione, -e la cagione della varietà dei frutti -<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span> -di uno stesso albero vien posta parte nella materia, -o nella cera, in cui s'impronta il segno ideale, -e parte nella scarsa efficacia delle cause seconde. -Imperocchè Dante, come ogni buon aristotelico, attribuisce -la creazione delle individualità terrestri -non direttamente al primo motore, ma a quella che -Aristotele chiama <i>natura</i>, analoga in un certo senso -all'anima del mondo di Platone. Seguitiamo: Se la -materia è il principio individuante, non si può dare -una materia non specificata, come sostenevano gli -Scotisti. Questo cosiddetto sostrato universale è una -astrazione filosofica; in realtà: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Forma e materia, congiunte e purette</p> -<p class="i02"> Usciro ad atto che non avea fallo</p> -<p class="i02"> Come d'arco tricorde tre saette.</p> -<p class="i10"> (<i>Parad.</i>, <span class="smcap lowercase">XXIX</span>, 22).</p> -</div></div> - -<p> -Ed a quel modo che la materia non può essere -staccata dalla forma, il corpo non può del tutto -separarsi dall'anima, e l'integrità della persona -umana sta appunto nell'intrinsecazione dei due elementi. -Onde Salomone dice nel <i>Par.</i> <span class="smcap lowercase">XIV</span>, 43: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Come la carne gloriosa e santa</p> -<p class="i02"> Fia rivestita, la nostra persona</p> -<p class="i02"> Più grata fia, <i>per esser tutta quanta</i>.</p> -</div></div> - -<p> -Ed è quindi ben naturale che gli spiriti eccelsi affrettino -coi loro voti il giorno della risurrezione, -chè anche nelle loro anime pure v'è quella tendenza -irresistibile verso il corpo, che ammetteva l'Aquinate: -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span> -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Tanto mi parver subiti ed accorti</p> -<p class="i02"> E l'uno e l'altro coro a dicer amme,</p> -<p class="i02"> <i>Che ben mostrar disio dei corpi morti</i>.</p> -<p class="i12"> (<i>Ivi</i>, 61).</p> -</div></div> - -<p> -Il corpo adunque non può essere considerato come -talmente estrinseco all'anima, che ella se ne possa -spogliare o vestire come d'un abito, e debbono andar -messe tra le fole le utopie platoniche e neoplatoniche -della preesistenza e trasmigrazione delle -anime, se pur sotto il velame di questi miti il -grande filosofo non abbia voluto far trasparire una -verità più peregrina. -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Quel che Timeo dell'anima argomenta,</p> -<p class="i02"> Non è simile a ciò che qui si vede,</p> -<p class="i02"> Perocchè come dice par che senta.</p> -<p class="i01">Dice che l'alma alla sua stella riede,</p> -<p class="i02"> <i>Credendo quella quindi esser decisa</i>,</p> -<p class="i02"> <i>Quando natura per forma la diede</i>.</p> -<p class="i01">E forse sua sentenzia è d'altra guisa</p> -<p class="i02"> Che la voce non suona, ed esser puote</p> -<p class="i02"> Con intenzion da non esser derisa.</p> -<p class="i12"> (<i>Parad.</i>, <span class="smcap lowercase">IV</span>, 49).</p> -</div></div> - -<p> -Nè questo solo è l'errore dei platonici, e degli interpetri -platoneggianti di Aristotele, chè non contenti -di avere così decisa o staccata l'anima dal -corpo, dividono ancora l'anima stessa in parti tanto -opposte fra loro, che, in luogo di frammenti di -un tutto solo, sembrano al contrario diverse totalità, -o anime separate. I fatti più ovvii della esperienza -psichica stanno contro questo -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span> -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i10"> error che crede</p> -<p class="i02"> Che un'anima sovr'altra in noi s'accenda;</p> -<p class="i01">E però quando s'ode cosa o vede,</p> -<p class="i02"> Che tenga forte a sè l'anima volta,</p> -<p class="i02"> Vassene il tempo e l'uom non se ne avvede.</p> -<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, <span class="smcap lowercase">IV</span>, 5).</p> -</div></div> - -<p> -Per lo che alla teoria psicologica fondata sulla separazione -assoluta delle facoltà, bisogna sostituire -quella più giusta di Aristotele e S. Tommaso, che -fa svolgere le facoltà superiori dalle inferiori; essendo -la radice di queste potenze -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i10"> un'alma sola</p> -<p class="i02"> Che vive e sente e sè in sè rigira.</p> -<p class="i01">E perchè meno ammiri la parola,</p> -<p class="i02"> Guarda il calor del sol che si fa vino</p> -<p class="i02"> Giunto all'umor che dalla vite cola;</p> -<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, <span class="smcap lowercase">XXV</span>, 74).</p> -</div></div> - -<p> -E se tutte le facoltà dell'anima si svolgono le une dalle -altre, anche l'intelletto passivo segue la stessa legge, -nè v'ha teorica più assurda dell'averroistica che -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i10"> fe' disgiunto</p> -<p class="i02"> Dall'anima il possibile intelletto:</p> -<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, ivi, 64).</p> -</div></div> - -<p> -Come pure è assurda la dottrina delle idee innate e -la reminiscenza platonica; perchè -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Esce di mano a lui che la vagheggia</p> -<p class="i02"> Prima che sia, a guisa di fanciulla</p> -<p class="i02"> Che piangendo e ridendo pargoleggia,</p> -<p class="i01">L'anima semplicetta che sa nulla,</p> -<p class="i02"> Se non che, mossa da lieto Fattore,</p> -<p class="i02"> Volentier torna a lui che la trastulla.</p> -<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, <span class="smcap lowercase">XVI</span>, 85).</p> -</div></div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span> -</p> - -<p> -Potremmo continuare per un bel pezzo a notare le -più evidenti coincidenze tra le teoriche tomistiche -e le dantesche e non pure in metafisica, ma in -etica, in teologia, in esegesi biblica. In un sol -punto Dante discorda dal suo maestro, nelle quistioni -politiche, dove il dissidio è tanto più aperto -per quanto più pieno fu l'accordo nelle altre dottrine. -</p> - -<p> -L'antica e tragica lotta tra l'impero e il papato -s'era già da un bel pezzo rinnovata con maggior -vigore da Gregorio IX in poi. Non orpelli, -non infingimenti da una parte e dall'altra, ma franca -e solenne dichiarazione delle loro dottrine e dei loro -fini. Gregorio afferma apertamente il diritto del -papato alla signoria suprema su tutti i principi e -popoli della terra, perchè lo stato non ha un valore -intrinseco, ma quello solo che gli viene dall'autorità -pontificia;<a class="tag" id="tag59" href="#note59">[59]</a> e dal canto suo Federico II, anticipando -i tempi moderni, difende l'autonomia dello -stato, l'indipendenza dalla podestà ecclesiastica ed il -dritto e dovere di ridurre il papato alla povertà gloriosa -dei primi secoli.<a class="tag" id="tag60" href="#note60">[60]</a> S. Tommaso prese parte alla -disputa che ferveva animosa tra i giuristi imperiali, -<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span> -e i canonisti; e traendo le ultime conseguenze dai -suoi presupposti filosofici sostiene apertamente le -ragioni dei papi. Come l'anima esercita un assoluto -dominio sul corpo, così il pontefice sui principi -tutti della terra. Ei solo, rappresentante di -Dio, è la fonte dell'autorità; e di seconda mano -da lui la debbon ricevere tutte le altre potestà. -Il pontefice sta all'imperatore come la splendida -luce del sole al pallido chiarore della luna, e la -spada che egli brandisce è di tanto più formidabile -di quella che mette in pugno all'Imperatore, -di quanto lo spirito vince la materia; e gl'interessi -celesti sovrastano alle meschine gare della terra.<a class="tag" id="tag61" href="#note61">[61]</a> -A queste dottrine, che sotto la sembianza di pietà -religiosa nascondevano le più smodate passioni mondane, -non sapeva acconciarsi l'anima fiera del gran -fiorentino, e nella <i>Divina Commedia</i> e nel <i>De Monarchia</i> -sdegnosamente vi si ribella. Strano contrasto -<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span> -tra i due sommi! S. Tommaso, del gentil sangue -dei conti di Aquino, pronipote del Barbarossa e -cugino del secondo Federico, rompendo colle tradizioni -degli avi suoi, si caccia nel fitto della mischia, -paladino di quella corte pontificia, che avea -giurato e inesorabilmente compiuto lo sterminio di -casa sveva. Dante, che da giovane combattè nelle -file dei guelfi, ricredutosi per tempo dell'error suo, -si converte alla fede ghibellina, ed il dominio temporale -e le cupidigie e le ambizioni della corte romana -sfolgora nelle tremende invettive del poema -sacro. A quel genio divinatore ben presto si discoperse -l'assurdo ed il danno della mistione dei due -poteri, e con argomenti che calzano anche ai nostri -giorni, sostenne arditamente l'autonomia dello stato, -o per dirla col linguaggio del tempo, l'indipendenza -dell'impero.<a class="tag" id="tag62" href="#note62">[62]</a> -</p> - -<p> -Ma non a torto ei protesta di far parte da sè, -chè le sue dottrine politiche, non del tutto conformi -a quelle dei ghibellini,<a class="tag" id="tag63" href="#note63">[63]</a> s'inspirano a quello -spirito umanistico, che fra non molto farà rinascere -<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span> -la tradizione ed il culto dell'antichità. Per Dante -la storia antica non era chiusa peranco, nè poteva -chiudersi giammai; imperocchè la Provvidenza affidò -al popolo romano il primato su tutto il mondo, -nè altra gente per alte virtù e gesta gloriose se -ne rese più degna, nè accadrà mai che questa veneranda -compagine dell'antico stato si dissolva. Al -popolo romano adunque appartiene di diritto l'imperio, -<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span> -ed ei solo può commetterne a Cesare l'esercizio. -Non il pontefice, non i principi tedeschi sono -di diritto gli elettori dell'imperatore, ma solo il -popolo di Roma.<a class="tag" id="tag64" href="#note64">[64]</a> Questa teoria bastava a combattere -tutte le prentensioni guelfe; imperocchè se l'imperatore -non deve al papa la elezione sua, non è -obbligato a riconoscer da lui la sua autorità. Ma -essa non era nata soltanto da un intendimento polemico, -nè si può dire che sia un sogno da poeta. -Fra non molto Ludovico il Bavaro, convocata un'assemblea -popolare nel Campidoglio (11 gennaio 1328) -chiederà la corona imperiale, che per solenne plebiscito -gli sarà conferita. E più tardi campione dei -creduti diritti di Roma si leverà un uomo singolare, -il quale assunto il dimenticato nome di tribuno, -affermerà l'autorità sua e il non vano suo -potere di contro al papa e all'imperatore. E gli -uomini più celebrati del suo tempo gli crederanno, -ed il padre dell'umanismo, gl'indirizzerà una delle -sue più belle canzoni,<a class="tag" id="tag65" href="#note65">[65]</a> e gli scriverà lettere di calda -ammirazione, e per cagion di lui si raffredderà coi -Colonna, vecchi suoi amici e protettori. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span> -</p> - -<p> -Ma benchè nel <i>De Monarchia</i> aliti questo spirito -classico e democratico, pure il fondo del ragionamento -è schietto medievale, ed affatto tomistiche -le premesse che Dante pone per trarne conseguenze -affatto opposte a quelle dell'Angelico. Anche egli, -come tutti i filosofi di quel tempo, non sa concepire -l'ideale se non incarnato in una meschina ed -angusta realtà; onde stabilita la necessità dell'unificazione -delle genti, la quale soffochi il germe di -guerre intestine, vien di conseguenza che quest'unità -si debba impersonare in un corpo politico, l'impero, -ed in un uomo, l'imperatore.<a class="tag" id="tag66" href="#note66">[66]</a> Ma altri avrebbe -potuto inferire il vero regno unico e cristiano esser -la Chiesa, e la suprema autorità delle genti il -Papa. Per toglier le conseguenze facea mestieri di -negare le premesse, e dimostrare come l'unità del -genere umano sia solo ideale, ed a tradurla in realtà -vi si opponga non pure l'ordine delle cose, che vieta -uno stato così mostruosamente sterminato; ma benanco -le profonde ed insuperabili differenze che la -natura e il corso della storia hanno poste tra le -nazioni. Per siffatta guisa si scalzava quel falso -realismo, che dando corpo alle ombre, popolava il -mondo di realtà immaginarie. Ma opera siffatta -<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span> -non poteva essere tentata se non da un riformatore -della filosofia, il quale in verità era già nato -e negli ultimi anni della vita di Dante avea acquistata -non poca fama nell'insegnamento.<a class="tag" id="tag67" href="#note67">[67]</a> -</p> - -<h3 id="intro-6">VI</h3> - -<p> -Con Guglielmo Occam, (morto intorno al 1349) -il vigoroso ristauratore del nominalismo, s'apre -l'ultimo periodo, o vogliam dire, la dissoluzione -della Scolastica. Il Realismo, travagliato dalle interne -scissure di tomisti e scotisti, battuto in breccia -da opposti lati per opera dei mistici e degli -esperimentalisti, era già un edifizio scrollato, quando -l'ardimentoso minorita gli dette l'ultimo assalto. -<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span> -Non bisogna, ei diceva, moltiplicare gli Enti senza -necessità<a class="tag" id="tag68" href="#note68">[68]</a> nè attribuire un'esistenza sostanziale ai -concetti della nostra mente.<a class="tag" id="tag69" href="#note69">[69]</a> La realtà può venir -colta soltanto dalla diretta intuizione;<a class="tag" id="tag70" href="#note70">[70]</a> ciò che -supera i confini della percezione immediata, o non -può da quella essere mediatamente raccolto, non è -argomento di scienza; onde mal s'appongono i realisti -di ragionare di Dio, e del modo come ei pensi, -e delle idee che in lui si accolgano; mentre il nostro -circoscritto intelletto non può penetrare i misteri -dell'Essenza divina.<a class="tag" id="tag71" href="#note71">[71]</a> Nè meno assurdo è dimandare -il principio dell'individuazione, perchè -l'individuo è posto fin dall'origine tale qual'è, nè -acquista per via le note individuatrici.<a class="tag" id="tag72" href="#note72">[72]</a> Questo audace -filosofo seppe al pari di Dante sostenere le teoriche -ghibelline, e quando gli se ne porse il destro, si -offerse campione del loro diritto a Re ed Imperatori -«<i>Tu me defendas gladio</i>, diceva a Ludovico -il Bavaro, <i>ego te defendam calamo</i>». Ormai la teorica -<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span> -dell'indipendenza dello stato avea fatti grandi -passi. E per quanto la chiesa perdurasse negli antichi -concetti, e Bonifacio VIII li esagerasse fuor -di misura<a class="tag" id="tag73" href="#note73">[73]</a> altrettanto energica fu la protesta che -da tutte parti si sollevava. E Filippo il bello respinse -le pretensioni della Curia, ed una fiera polemica -insorse, di cui abbiamo anche oggi parecchi -documenti, a cominciare dallo scritto intitolato: <i>disputa -tra un cavaliere ed un chierico intorno alla -potestà commessa ai prelati della chiesa ed ai principi -della terra</i>. Codesto è un dialogo molto vivace -<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span> -ed arguto, dove sono messi alle prese un prete, -che rincalza con sillogismi scolastici le boriose pretensioni -del papa, ed un cavaliere che con apparente -bonomia li ribatte ad uno ad uno. Il prete -tenendosi stretto all'argomentare tradizionale esce -ad esempio in questa tirata <i>a majori ad minus</i>: -Se non negate che Cristo, padrone del cielo e -della terra possa disporre dei beni temporali, come -potrete senza rossore negare questa stessa facoltà -al suo vicario in terra? Ma il buon cavaliere non -si lascia prendere all'amo, e tranquillamente risponde: -<i>audivi a viris sanctis ac devotissimis duo -tempora in Christo distingui, alterum humilitatis et -alterum potestatis. Humilitatis usque ad suam passionem, -potestatis post suam resurrectionem ... Petrus -autem constitutus est Christi vicarius pro statu humilitatis, -non pro statu gloriae et majestatis</i>. Questo -dialogo venne attribuito all'Occam, ma non pare -che gli appartenga.<a class="tag" id="tag74" href="#note74">[74]</a> Certo pel concetto che vi domina -dell'autonomia dello stato non sarebbe indegno -del filosofo francescano, il quale in un trattato intorno -alla giurisdizione imperiale nelle cause di -matrimonio mise in tanto rilievo l'indipendenza -<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span> -del potere politico, che a lui si deve il primo schizzo -della teorica del tutto moderna del matrimonio civile<a class="tag" id="tag75" href="#note75">[75]</a> -oltre a questo piccolo scritto del 1342 Occam -scrisse altre opere più vaste. Giova ricordare -le otto quistioni del 1339 e il dialogo del 1343, che va -diviso in tre parti, la prima distinta in sette libri -riguardava la chiesa e le eresie; la seconda riproduceva -il trattato composto sin dal 1333 intorno -ai dommi di Giovanni XXII; la terza infine dovea -andare suddivisa in nove trattati di cui sono pervenuti -infino a noi ed anche mutili, soltanto i primi -due. In questi lunghi e faticosi lavori, non senza -le solite sottigliezze scolastiche, vengon combattuti -ad uno ad uno tutti gli argomenti papalini, e non -pure i filosofici, ma i tradizionali ricavati dai testi -biblici, e gli storici fondati sulla pretesa donazione -<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span> -di Costantino e la successiva traslazione dell'Impero -nei Franchi. Una gran parte di queste critiche -non è certo nuova, ma nuovo è senza dubbio -lo spirito che informa la polemica. Il misticismo -medievale scompare affatto, chè l'Impero, se non -è una creazione del Papa, non è neanco una istituzione -divina, ma schiettamente storica. Essa nacque -<i>ex ordinatione humana et non ex divina lege</i> per -conservare la pace e la tranquillità delle genti. -Quando questo scopo fallisse, e l'elezione dell'Imperatore -lungi dal portar concordia, dovesse provocare -nuove guerre, <i>non esset talis assumptio attentanda; -quia quod provisum est ad concordiam, non -debet tendere ad noxam</i>.<a class="tag" id="tag76" href="#note76">[76]</a> -</p> - -<p> -Il concetto grandioso dell'Impero, vagheggiato -da Dante, era ben presto venuto meno, talchè -Marsilio da Padova al di sopra della maestà imperiale -mise la sovranità del popolo.<a class="tag" id="tag77" href="#note77">[77]</a> -</p> - -<p> -E già da gran tempo le idee degli stessi Ghibellini -s'erano profondamente modificate. La lotta tra Bonifacio -<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span> -e Filippo il Bello scoppiata per quelle stesse -ragioni che tante volte avean messi alle prese il papato -e l'impero, mostrava ben chiaro che nelle -lunghe lotte combattute non era in gioco soltanto -l'impero, ma gli stati tutti. Il pronostico di Federico -II si avverò ben presto, e la primogenita della -Chiesa vide torcere contro di sè le stesse armi, che -avean ferita a morte la casa sveva. Se non che ciascuno -stato difendendosi in questi contrasti colle sole -sue forze, acquistava piena consapevolezza della sua -indipendenza non pure dalla chiesa, ma benanco dall'impero. -A quel fittizio organamento imperiale, che -sotto le sembianze di un vasto accentramento celava -in realtà lo sparpagliarsi di mille signorie feudali, -sottentravano ora le monarchie autonome, o già -formate, o in via di rapida formazione. L'individualismo -che in filosofia era rappresentato dalla scuola -dei nominalisti, in politica si ripercuoteva nella costituzione -degli stati autonomi. Ed all'acuto sguardo -dello scrittore del dialogo già citato non isfuggirono -questi gravi mutamenti. «Quando, ei dice, per -effetto della divisione dell'impero carolingio il regno -franco si separò dal resto dell'Imperio, tutti -quei diritti che pria spettavano all'Imperatore venner -trasferiti integralmente al re francese. Il quale -nei confini del suo regno può promulgare nuove -leggi ed emendare o affatto abolire le antiche».<a class="tag" id="tag78" href="#note78">[78]</a> -<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span> -Così l'Imperatore non vien più riconosciuto come -la suprema autorità, intorno a cui gravitano i re -ed i principi, come pianeti intorno al sole. L'impero -non è più lo stato per eccellenza, ma uno -stato tra gli stati, il quale per giunta ha minore -forza delle potenti monarchie che lo circondano. -Questa era già da gran tempo la vera condizione -di fatto, ma prima d'ora non s'era mai apertamente -dimostrato che la condizione di fatto rispondesse -all'intima ragione del diritto. E per fare questa -dimostrazione occorreva che le menti sgombrassero -l'errore del vecchio realismo di dar corpo e consistenza -agli astratti concetti. -</p> - -<p> -Quanto cammino abbia fatto la mente umana -nel volger di pochi anni si può raccogliere dal confronto -tra i due grandi poeti della nostra letteratura, -Dante e Petrarca. Dante non solo mostra una -grande riverenza per i filosofi scolastici, ma ne accoglie -e commenta poeticamente la dottrina; Petrarca -non è stanco mai di colpire dei suoi frizzi quegl'importuni -dialettici, quei barbari dello stile, che -fra le dispute astruse smarrirono la tradizione del -divino Platone, e lo stesso Aristotele da dolce e -<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span> -soave che è, tramutarono in rude scrittore. <i>Sic jam -sola philosophantis infantia et perplessa balbuties, innitens -supercilio atque oscitans, ut Cicero vocat, sapientia -in honore est.</i> Nel Petrarca rivive lo scetticismo -di Cicerone, dell'autore latino che sopra -tutti gli altri avea caro. E ben volentieri al pari -del suo duca e maestro contro le vane elucubrazioni -dei filosofi invoca l'autorità del buon senso -e della tradizione. <i>Sint plane Aristotelici, sint philosophi... -neque enim clara haec nomina illis invideo, -quibus falsis etiam tument, non mihi invideant humile -verumque christiani nominis et catholici.</i><a class="tag" id="tag79" href="#note79">[79]</a> Il Petrarca -non è più dominato, come Dante, dalle idee medievali; -ed a ragione vien da tutti riconosciuto come -il primo restauratore del classicismo. Si comprende -da ciò come in lui il concetto dell'Impero non possa -avere quel non so che di grandioso e mistico che -gli presta la fantasia dell'Allighieri. L'impero pel -Petrarca non è più di un ricordo classico, e la -grandezza di Roma e la salute dell'Italia, più che -l'unificazione di tutte le genti, è il suo ideale.<a class="tag" id="tag80" href="#note80">[80]</a> -Venne notato molto opportunamente che il Petrarca -<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span> -più che Dante insiste sui confini naturali che separano -il bel paese dalle altre regioni; e con maggior -compiacenza ricorda l'antica opposizione tra -barbari e latini: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Che fan qui tante pellegrine spade?</p> -<p class="i01">Perchè il verde terreno</p> -<p class="i01">Del barbarico sangue si dipinga?<a class="tag" id="tag81" href="#note81">[81]</a></p> -</div></div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span> -</p> - -<p> -La salute d'Italia, corsa da sfrenate compagnie -di ventura, e in preda a incessanti guerre intestine; -la salute di Roma erede del nome antico, ed ora -vilmente abbandonata da Papi, ed Imperatori, questo -è l'unico scopo a cui intende il poeta. Ed ove -si possa conseguire, anche contro l'Impero, e per -opera di un generoso romano — come parve per -poco possibile al tempo di Cola — nessuno meglio -di lui affretterà coi suoi voti il compimento -della nobile impresa.<a class="tag" id="tag82" href="#note82">[82]</a> Certamente fallita l'impresa -di Rienzo il Petrarca si volgerà ora ai Papi, ora -agl'Imperatori perchè abbiano pietà della patria -infelice. Gli sarebbe parso di mancare al suo dovere, -se non avesse cercate tutte le vie di salvezza; -ma non si dissimula pertanto che sull'Impero si -debba contare ben poco, nè che altra speranza vi -sia fuor della concordia degl'Italiani. In una lettera -al doge Dandolo esprime chiaramente questi -pensieri: <i>Italiano qual io mi sono ... lascia che parli -delle sventure d'Italia. Ecco già correre all'armi i due -popoli più potenti, le due più fiorenti città, e a dirlo -in breve, i due più splendidi astri d'Italia, che a mio -giudizio acconciamente si parve aver la madre natura -<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span> -quinci e quindi all'ingresso dell'italico mondo collocati, -perchè cotesto vostro al Settentrione ed al Levante -e l'altro al Mezzogiorno ed al Ponente rivolti, -e voi padroni del mare di sopra, gli altri di quel -di sotto alle quattro parti del globo mostraste come -debilitato, vacillante e per poco non dissi disfatto al -tutto l'Impero Romano, fosse pure l'Italia signora e -regina</i>.<a class="tag" id="tag83" href="#note83">[83]</a> Altre volte avea sperato che Roberto di -Napoli potesse ridurre in sua mano il governo della -penisola, perchè l'Italia prendesse un posto onorato -tra le grandi monarchie d'Europa.<a class="tag" id="tag84" href="#note84">[84]</a> -</p> - -<p> -Ma torniamo al nostro minorita, il quale non -pure prese parte alle quistioni politiche del tempo, -<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span> -ma benanco alle religiose. Il vecchio dissidio tra -i due ordini frateschi era ricominciato nel 1321 a -cagione di un'accusa di eresia che il domenicano -Giovanni Belna muoveva contro il francescano Berengario -Tolon. Il Papa dette ragione al domenicano, -ma l'assemblea generale dei minoriti, tenuta -sotto la presidenza di Michele da Cesena, proclamò -come domma di fede la povertà assoluta di Cristo, e -dichiarò eretici e scismatici quelli che non credevano -in questa dottrina, nè seguivano il divino esempio. -Questo domma, che menava diritto alla distruzione -del cosiddetto potere temporale, per quanto -tornasse acerbo al pontefice, di tanto vantaggiava lo -imperatore. Onde allorchè Giovanni XXII lanciò la -scomunica contro i sottoscrittori della nuova dottrina, -Ludovico li tolse sotto alla sua protezione, -e ne affidò ai suoi giureconsulti la difesa. L'Occam -era uno dei sottoscrittori, nè è a dire con -quanto calore sostenesse la causa del generale del -suo ordine, che era per giunta uno degli amici -della sua giovanezza. E coll'Occam si associò il più -dotto giureconsulto di quel tempo Marsilio da Padova, -il quale nel <i>Defensor pacis</i> avea stabilito non esser -la Chiesa costituita dal solo Pontefice e Cardinali, -ma da tutti i fedeli; talchè se il maggior numero -di essi, raccolto in assemblea solenne pronunzia una -sentenza, le si deve inchinare il Papa per il primo.<a class="tag" id="tag85" href="#note85">[85]</a> -<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span> -Dottrine che non tarderanno molto a trionfare nel -Concilio di Costanza. Nè contento di questo il giurista -patavino nega che il vescovo di Roma abbia -un'autorità maggiore degli altri primati della Chiesa, -dubita della venuta di S. Pietro, e, quel che più -monta, mette la scrittura al di sopra della tradizione. -In queste ardite sentenze si riconosce già il -precursore di Vicleffo e Giovanni Huss. Senza dubbio -il Medio-Evo è tramontato, e dall'opposto lido -spunta di già la splendida aurora del Risorgimento. -</p> - -<p> -Riassumiamo. In tre periodi si divide il movimento -intellettuale del Medio Evo. Nel primo di -essi mentre il Realismo promuove o si associa con -quelle sètte religiose, che giovandosi dell'allegoria, -trasformavano le credenze tradizionali, il Nominalismo -dall'altra parte vien penetrato da tutte le -tendenze razionalistiche di quell'età. Nel secondo si -costruisce quel mirabile sistema, nel quale debbon -comporsi tutti i dissidî dell'età precedente, ed a -norma del quale s'hanno a stabilire immutabili rapporti -tra la scienza e la fede, lo stato e i sudditi, -la chiesa e l'impero. Questo sistema non domina -solo, e non pure vien combattuto da molti -filosofi contemporanei, ma anche quelli, che ne accettano -le dottrine fondamentali, ricusano poi le più -importanti conseguenze nel campo politico. Nel -terzo periodo infine la dissoluzione della scolastica -trae seco la rovina di quel grande edificio politico -e religioso, che fu la gerarchia medievale. Ma in -tutto questo lungo corso di tempo non mancarono -<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span> -profonde agitazioni religiose. Ed abbiamo citate già -molte sette ereticali, i Catari, i Valdesi, gli Arnaldisti -nel primo periodo, i Gioachimiti nel secondo, -i seguaci di Michele da Cesena nel terzo. Quali -rapporti hanno queste eresie colle speculazioni filosofiche -e coi moti politici del Medio Evo? Nel corso -del nostro lavoro esamineremo l'origine ed il carattere -di tutte queste eresie, e dopo siffatto studio -forse ci verrà fatto di rispondere al difficile quesito. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span> -</p> - -<h2 id="libro1">LIBRO PRIMO -<span class="smaller">DALL'ERESIA ALLO SCISMA</span></h2> - -<h3 id="cap1-1">CAPITOLO I -<span class="smaller">I CATARI</span></h3> -</div> - -<h4 id="cap1-1-I">I</h4> - -<p> -Dall'eresia dei Catari,<a class="tag" id="tag86" href="#note86">[86]</a> che fu senza dubbio la -più vigorosa ed infesta al cattolicismo, ha da -prender le mosse chi voglia conoscere l'origine ed -il corso delle opposizioni religiose nel medio evo. -Noi adunque esporremo per sommi capi i dommi -del Catarismo, e toccato in seguito dell'origine e -della diffusione di questa setta, diremo infine delle -altre che vi si annodano. -</p> - -<p> -Il sistema cataro si può riassumere in questi -brevi tratti. Dacchè il mondo ribocca di mali non -può essere tutto opera di uno spirito buono e -<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span> -provvidente.<a class="tag" id="tag87" href="#note87">[87]</a> Le cose buone, che non sono certo le sensibili, -le ha create Iddio; ma le cattive, le vane, -le transitorie non le fece lui, bensì uno spirito -perverso che stampò nel loro disordine l'impronta -della malvagità sua.<a class="tag" id="tag88" href="#note88">[88]</a> Naturalmente non tutti i catari -la pensavano ad un modo. Alcuni, come Giovanni -di Lugio, non pure ammettevano quest'opposizione -tra il cielo e la terra, ma la tenevano per -eterna; perchè, dicevano, se non cessano le opposte -cause debbono durare anche i due ordini di effetti; -onde è falso che col tempo possa sparire il mondo -visibile, e che il Dio della luce sia mai per riportare -piena vittoria sul suo rivale.<a class="tag" id="tag89" href="#note89">[89]</a> Altri meno rigidi, -come i Bogomil ed i Catari di Concorrezo, -riducevano di molto l'importanza del minor creatore -attribuendo al buon Dio la creazione di una -parte del mondo visibile, come a dire i quattro -<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span> -elementi,<a class="tag" id="tag90" href="#note90">[90]</a> e credendo fermamente nel finale trionfo -del bene sul male.<a class="tag" id="tag91" href="#note91">[91]</a> Ma tutti si accordavano nel dire -il mondo opera di un genio malefico, sia che l'avesse -creato lui stesso di pianta, o coll'ajuto del Dio buono.<a class="tag" id="tag92" href="#note92">[92]</a> -</p> - -<p> -E al pari del mondo anche l'uomo è fattura -dello spirito del male. Se non che l'uomo, secondo -la psicologia neoplatonica accolta dai catari, è formato -di tre elementi, il corpo, l'anima e lo spirito;<a class="tag" id="tag93" href="#note93">[93]</a> -e se si può ammettere che il corpo ed il -<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span> -principio che lo vivifica siano fattura del Dio delle -tenebre, lo spirito per fermo, che è puro intelletto -e volontà, vanta origine più nobile, nè altri può -averlo creato se non il Dio della luce. Lo spirito -dell'uomo dunque non è diverso da quelle creature -angeliche ed immortali, che il principio buono -crea ab aeterno nella pienezza dell'amor suo;<a class="tag" id="tag94" href="#note94">[94]</a> -l'anima per contrario è tutt'uno colla funzione -stessa del corpo organico, e quando l'organismo si -dissolve, perisce anch'essa.<a class="tag" id="tag95" href="#note95">[95]</a> Ma come mai ha luogo -questo accozzo di elementi così disparati? Per qual -misterioso consenso gli opposti principii del bene -e del male, che agiscono sempre a ritroso, or cooperano -nella creazione dell'uomo? -</p> - -<p> -Questo difficile problema vien risoluto in vario -senso dalle sètte catare. Ed alcuni come i Bogomil, -<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span> -credono che il diavolo, creato l'uomo dal fango, -non potendo trattenere l'anima nel plasmato organismo, -chiedesse al Dio della luce uno spirito fra -quelli da lui creati, che valesse a raffrenare gl'impeti -della ribelle. Ed il compiacente Dio, non si sa -perchè, piegatosi alle preghiere del suo nemico, gli -fu largo del richiesto aiuto.<a class="tag" id="tag96" href="#note96">[96]</a> Altri più accorti, non -a Dio, ma allo spirito stesso ed alle sue colpe -attribuiscono la ragione della caduta; ma non riescono -certamente per questa via a vincere le difficoltà. -Imperocchè difficilmente i Catari possono menar -buono che un Dio perfetto immetta nelle sue -creature la funesta possibilità del peccare, tanto -che la maggior parte di loro nega risolutamente -la libertà dell'arbitrio;<a class="tag" id="tag97" href="#note97">[97]</a> onde se questo spirito peccò -non fu certo per elezione, ma per necessità di natura; -e la ragion del male per tal guisa risalirebbe -<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span> -sempre al Creatore stesso, che si voleva a tutti i -costi scagionare. A sfuggire questa evidente contraddizione -si adoperano i Catari, per mezzo di miti.<a class="tag" id="tag98" href="#note98">[98]</a> -E molti tra essi, immaginano che il Dio delle tenebre -accompagnato dai suoi demoni desse la scalata -al cielo, e vinto l'arcangelo Michele, che gli contendeva -il passo, di viva forza ne togliesse la terza -parte delle creature celesti, che cacciò nei corpi degli -uomini e dei bruti.<a class="tag" id="tag99" href="#note99">[99]</a> Altri, non meno fantastici -dei primi, avvisano che il diavolo non delle violenze -si fosse valso, ma dell'astuzia; e con promesse e -lusinghe avesse indotto nel peccato gli angeli del -cielo.<a class="tag" id="tag100" href="#note100">[100]</a> Ma nè gli uni dichiarano come mai al Dio -del male si debba attribuire maggior potenza che -a quello del bene; nè gli altri spiegano come creature -perfette possano così facilmente divenir gioco -delle astuzie di uno spirito malefico. -</p> - -<p> -Ma lasciamo queste contraddizioni, che nessun -simbolismo religioso può rimovere. In questo convengono -<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span> -tutte le sette catare, essere in noi uno -spirito celeste, il quale, compiuta l'espiazione del -suo fallo, farà ritorno alla patria antica. Se non -che qui rinascono le discrepanze, e alcuni ammettono -l'unicità di questo spirito in tutti gli uomini, -altri la pluralità. I concorrezesi ad esempio, riproducendo -il traducianismo di Tertulliano, insegnano -che alla concezione di un nuovo individuo umano, -la parte spirituale non si crea <i>ex novo</i>; ma staccasi -quasi per gemmazione dal tronco dei suoi parenti, -dai quali colla colpa eredita giustamente la -condanna. Onde lo stesso spirito o angelo, che informò -il corpo di Adamo, seguita tuttora di generazione -in generazione il suo pellegrinaggio doloroso.<a class="tag" id="tag101" href="#note101">[101]</a> -Le altre sette catare, come i seguaci del -vescovo Balasinanza, e i Bajolensi e i Lugiani, in -luogo di uno suppongono che più angeli fosser caduti.<a class="tag" id="tag102" href="#note102">[102]</a> -Ma il loro numero dal dì della colpa non -cresce nè diminuisce più, onde al dissolversi di un -organismo passano in altro, e da questo in altro -ancora, fino a che non sia compiuto il giro -<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span> -dell'espiazione.<a class="tag" id="tag103" href="#note103">[103]</a> Così vien rinnovata l'ipotesi della trasmigrazione -o metempsicosi, la quale vanta maggiore -antichità del traducianismo.<a class="tag" id="tag104" href="#note104">[104]</a> -</p> - -<p> -Ma o traducianismo o trasmigrazione che sia, -è necessaria certo a queste sètte una ipotesi, che -assicuri la continuità dello spirito e spieghi e giustifichi -i secolari dolori dell'umanità. La storia dei -quali è raccontata da tutte le sètte catare presso -a poco nello stesso modo. Da quell'ora funesta, esse -dicono, che trionfarono le arti dello spirito maligno, -gli angeli sedotti non ebber più riposo. Scacciati -dal Cielo, dimenticarono e la patria e l'origine -loro, nè altro Dio riconobbero da quello infuori -che li avea tratti a rovina. Ed a lui s'inchinarono -tremanti e vittime cruenti offersero per calmarne -il furore e la bieca avidità di sangue. Così nacque -la legge mosaica; così il demone corruttore usurpò -per buona pezza il posto del buon Dio, ed ebbe -autorità di codice sacro il vecchio Testamento, da -lui ispirato, e nel quale ben disvelò la sua indole -volubile, crudele e menzognera.<a class="tag" id="tag105" href="#note105">[105]</a> E codesto inganno -<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span> -sarebbe durato ancora, se il principio del bene, -riscossosi alla fine, e risoluto di por fine al regno -del suo rivale, non avesse mandato il suo diletto -figlio per insegnare agli uomini la schietta verità. -</p> - -<p> -Ma chi è mai questo figliuolo prediletto? È forse -tutt'uno nella sua essenza col Padre, come insegna -il domma del Concilio Niceno? No. I Catari riconoscono -due soli principii, il Dio del bene e quello -del male, e all'infuori di questi non ammettono -altre divinità. Onde Cristo si deve considerare come -un angelo, o se vogliamo un arcangelo, che scende -in terra per ricondurre nella diritta via gli smarriti -fratelli.<a class="tag" id="tag106" href="#note106">[106]</a> Quest'opinione evidentemente riproduce -l'arianesimo, e per questo rispetto i catari furon -<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span> -chiamati ariani,<a class="tag" id="tag107" href="#note107">[107]</a> sebbene fossero pochissimi i -punti di contatto tra cotesti eretici, ed i catari oltre -alla dualità di natura tra Padre e Figliuolo insegnassero -altresì essere il corpo di Cristo affatto apparente -non reale.<a class="tag" id="tag108" href="#note108">[108]</a> L'Arcangelo, essi dicevano, mandato -a salvare gli uomini non avendo peccato come -gli altri angeli scacciati dal Cielo, non deve e non -può assumere un vero corpo umano; chè nè di pena -egli è meritevole, nè d'altra parte sarebbe possibile -la compenetrazione di uno spirito puro coll'immonda -fattura del Diavolo. Così i Catari insieme all'eresia -di Ario rinnovarono il docetismo gnostico.<a class="tag" id="tag109" href="#note109">[109]</a> L'eresia -<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span> -ariana e la docetica sono agli antipodi, stantechè la -prima ponendo maggior peso all'elemento umano in -Cristo, ne assottiglia talmente la parte divina da -ridurla all'influsso o ispirazione profetica; la seconda, -invece rilevando l'elemento divino attenua di -tanto il lato umano che lo tiene per vana apparenza -(δόκησις). Eppure non ostante l'aperto antagonismo -e l'una e l'altra opinione vengono accolte di conserva -nel Catarismo.<a class="tag" id="tag110" href="#note110">[110]</a> Il quale se non crede alla -realtà del corpo, molto meno può prestar fede alla -passione e morte di Gesù.<a class="tag" id="tag111" href="#note111">[111]</a> Ben s'argomentarono -gli adoratori del falso Dio di troncare sul labbro del -Cristo la parola rivelatrice; ma non accorgendosi -gli stolti dell'inganno orditogli, misero a morte -quel che non potea morire, un corpo etereo, nel cui -velo ben presto riapparve il Maestro ai discepoli -per confermarli nella nova fede. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span> -</p> - -<h4 id="cap1-1-II">II</h4> - -<p> -Esposte le dottrine proprie dei Catari, non sarà -inutile esaminare come combattessero le dottrine -altrui. Essi riconoscevano nella Chiesa primitiva la -vera Chiesa di Cristo, che custodiva con cura gelosa -gl'insegnamenti del suo Maestro, e ne seguiva -scrupolosamente gli esempi. Ma dall'infausta donazione -di Costantino in poi ella si corruppe, e tolsero -a governarla i suoi più fieri nemici, che più -che a Dio servono al Diavolo, a cominciare da quel -Silvestro, che accettando il funesto dono, venne -meno ai precetti del divino Maestro, e ben può -dirsi l'Anticristo.<a class="tag" id="tag112" href="#note112">[112]</a> Corrotto il costume, fu guasta -la dottrina, e venner proclamati come dommi gli -errori più manifesti, che metton capo nell'intendere -alla lettera i simboli e le allegorie dell'Evangelo. -Così nacque il domma della transustanziazione, secondo -il quale il pane ed il vino mutano la propria -natura in quella del corpo e del sangue di -Cristo, conservando pure gli accidenti della prima -sostanza.<a class="tag" id="tag113" href="#note113">[113]</a> Ma Gesù nel pronunziare le parole: <i>Hoc -<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span> -est corpus meum</i> adoperava certamente un linguaggio -figurato,<a class="tag" id="tag114" href="#note114">[114]</a> che stoltamente vien torto a significare -un'assurda consacrazione di sostanze caduche -e create dal malefico Dio.<a class="tag" id="tag115" href="#note115">[115]</a> Nè intendeva il divino -Maestro che ogni giorno avesse a rinnovarsi il suo -sacrifizio a pro' dei ministri del culto, che dal mercato -delle messe traggono i loro più lauti profitti; -nè molto meno insegnò mai che i suffragi dei sacerdoti -potessero applicarsi alle anime dei defunti -per affrettarne l'entrata in Cielo.<a class="tag" id="tag116" href="#note116">[116]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span> -</p> - -<p> -Ma se la dottrina delle preghiere pei defunti, e -quelle del Purgatorio strettamente connessavi non -potevano essere accolte dai Catari, pei quali l'espiazione -sta nel migrare dell'anima da un organismo -nell'altro,<a class="tag" id="tag117" href="#note117">[117]</a> molto meno accetto dovea lor tornare -il domma della risurrezione della carne. Imperocchè -in esso s'attribuisce allo strumento, col quale -si opera, la pena o il premio proprio solo dell'operante, -e si glorifica e mette quasi a paro del puro -spirito il corpo, che è fattura del Dio malvagio.<a class="tag" id="tag118" href="#note118">[118]</a> -Parimenti sembra loro strano che si attribuisca ad -un elemento di questo basso mondo, come l'acqua,<a class="tag" id="tag119" href="#note119">[119]</a> -una virtù santificante; ma più assurdo ancora pare -loro il battesimo dei bambini, ai quali si somministra -un sacramento quando non ancora sono in istato di -accoglierlo; onde il più importante atto della vita -religiosa, qual è quello di riconoscere in altri il credente -nella propria fede, diviene una cerimonia affatto -vana ed esteriore.<a class="tag" id="tag120" href="#note120">[120]</a> Nè meno irragionevole è il -<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span> -culto delle imagini, le quali contrariamente allo spirito -del Cristianesimo non si tengono per simboli -degli Enti spirituali che rappresentano, ma per oggetti -forniti di un potere magico e miracoloso.<a class="tag" id="tag121" href="#note121">[121]</a> Nello -stesso modo che s'intende per casa del Signore, -non il cuore del credente, ma l'edifizio fabbricato -di pietre e mattoni, e superbamente decorato di -marmi e d'oro.<a class="tag" id="tag122" href="#note122">[122]</a> E per tal guisa si falsa il significato -delle cose, e non si dubita di fare onore alla -croce, che fu ed è uno strumento d'ignominia.<a class="tag" id="tag123" href="#note123">[123]</a> -</p> - -<h4 id="cap1-1-III">III</h4> - -<p> -Chi ha seguita l'esposizione delle dottrine dommatiche -dei Catari potrà di leggieri indovinare il -carattere severamente ascetico della loro morale, e -delle pratiche religiose. Se il mondo è opera dello -<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span> -spirito del male, qualunque affetto o desiderio che -maggiormente vi leghi lo spirito penitente, lo allontana -dal sospirato termine dell'espiazione. Il vero -cataro adunque, a simiglianza del divino Maestro, -non possiede nè case, nè campi, nè altre ricchezze; -tutto l'aver suo mette in comune cogli altri, e va -campando miseramente la vita col lavoro delle -sue mani.<a class="tag" id="tag124" href="#note124">[124]</a> -</p> - -<p> -Ed al pari delle ricchezze ei condanna gli onori -e la possanza, intorno alla quale si affatica la vana -ambizione degli uomini, non risparmiando guerre -sanguinose o arti fraudolenti per conquistarla. Ma la -guerra è opera violenta, che i seguaci del cattivo -demone possono desiderare ed imporre nel loro furore, -non certo le miti creature del Dio buono, i -quali invece la condannano sempre, anche quando -provocata dagli altri, o fatta a propria difesa.<a class="tag" id="tag125" href="#note125">[125]</a> -E non meno della guerra riprovano l'uccisione del -<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span> -proprio simile così da negare financo ai poteri pubblici -il diritto di mettere a morte i cittadini che -infrangono la legge. Questi eretici in mezzo ad una -società efferata e violenta predicavan l'abolizione -del patibolo.<a class="tag" id="tag126" href="#note126">[126]</a> I costumi dei Catari sono miti; e solo -contro il proprio corpo incrudeliscono, nè per rintuzzare -gli appetiti perdonano a digiuni e mortificazioni, -di parchissimo vitto si contentano, e severamente -proibiscono il nutrimento animale, perchè -non è lecito uccidere gli animali, e distruggere -l'organismo ove può essere trasmigrata un'anima -peccatrice.<a class="tag" id="tag127" href="#note127">[127]</a> E non meno dei piaceri delle mense il -<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span> -cataro sa vincere gli allettamenti del sesso, nè s'illude -che alcuna differenza corra tra congiungimento -e congiungimento, nè stima il matrimonio meno illecito -della venere vaga.<a class="tag" id="tag128" href="#note128">[128]</a> Imperocchè e l'uno e l'altra -menano alla stessa conseguenza di ritardare pel corso -di nuove generazioni il ritorno delle anime alla lor -patria celeste.<a class="tag" id="tag129" href="#note129">[129]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span> -</p> - -<p> -Tutte queste massime mettono capo nel principio -che governa l'ascetismo: lo scopo della vita -essere la continua preparazione alla morte. La quale -per conseguenza non temuta e aborrita dal Cataro, -è invece ardentemente desiderata, come il termine -del doloroso pellegrinaggio. Talchè si comprende -bene come non sia vietato ma raccomandato il suicidio, -quando si corra il pericolo di ricadere nell'impurità -antica. Così i malati, ricevuto l'estremo -conforto religioso, affrettano la morte coll'astenersi -dal cibo, o mettersi, come dicevano, in <i>endura</i>.<a class="tag" id="tag130" href="#note130">[130]</a> -Parimenti si mette in <i>endura</i> chi è per cadere -<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span> -nelle mani degli inquisitori, o cadutovi venga -condannato al rogo.<a class="tag" id="tag131" href="#note131">[131]</a> -</p> - -<p> -Molto più difficile a spiegare è il divieto del -giuramento, il quale era così assoluto che un Cataro -dichiarava agli inquisitori non giurerebbe anco -se col giuramento suo potesse convertire gli uomini -tutti al Catarismo.<a class="tag" id="tag132" href="#note132">[132]</a> Che fosse assolutamente proibita -la menzogna è naturale. Il diavolo è di sua -natura falso e bugiardo, e chi lo imita non può -entrare nel regno del buon Dio. S'intende anche -che il rigorismo cataro possa per l'amore della verità -condannare financo la menzogna pietosa e la -necessaria; ma perchè s'ha da avere in orrore il -giuramento, anche quando nell'interesse della giustizia -e dello Stato serva a stabilire la verità? Questo -senza dubbio è uno dei tanti tratti caratteristici -di quel misticismo nebuloso, che per elevare -la Divinità, la circonda di silenzio e mistero impenetrabile. -L'Ente Supremo dagli gnostici è chiamato -βοθὸς (profondità) e Σιγή (silenzio), e dagli gnostici -e neoplatonici insieme ἃῥῤητος (innominabile). -Non diversamente lo concepiscono i Catari, ai quali -<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span> -sembra per conseguenza una profanazione che non -solo si ardisca di nominarlo invano,<a class="tag" id="tag133" href="#note133">[133]</a> ma lo si chiami -a testimone nelle nostre meschine contese.<a class="tag" id="tag134" href="#note134">[134]</a> -</p> - -<h4 id="cap1-1-IV">IV</h4> - -<p> -Ma non s'ha a credere che tutti i Catari adempissero -scrupolosamente agli obblighi imposti dalla -loro religione. Rinunziare alla proprietà, abbandonare -la famiglia, consacrarsi al celibato, digiunare -almeno due volte la settimana, astenersi rigorosamente -dalla carne, dalle uova, dal burro, non era -certo da tutti; e se la nuova religione avesse chiesti -sì gravi sacrifizii, le sue fila si sarebbero ben -presto diradate. Furon fatte adunque due classi, i -perfetti e i credenti.<a class="tag" id="tag135" href="#note135">[135]</a> Questi ultimi non doveano -seguire tutte le pratiche religiose, nè lasciare le -<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span> -famiglie o spogliarsi dei beni, ma solo tenersi stretti -ai credenti nella stessa fede. E della fede neanco -tutti gli articoli erano loro disvelati, ma quelli solo -che meno contrastavano alle credenze antiche, o -eran già preparati da vecchie eresie.<a class="tag" id="tag136" href="#note136">[136]</a> E così venne -fatto, come diremo, a suo luogo, che una setta ben -più affine al dualismo persiano che al monoteismo -occidentale, mentite le sembianze di un cristianesimo -più razionale,<a class="tag" id="tag137" href="#note137">[137]</a> riuscisse non rare volte a scalzare -la religione dominante. Dai credenti dicemmo -doversi distinguere i <i>Perfetti</i>, ben meritevoli di questo -nome per la vita aspra e faticosa che menavano, -e per l'olocausto che facevano di tutti gli -affetti ed allettamenti del mondo, al quale, come -opera del demonio, viveano affatto estranei. E per -questa via sebbene imprigionati nel corpo, si sentivano -uniti col Dio buono, di cui aveano accolto -il santo spirito nel <i>Consolamentum</i>.<a class="tag" id="tag138" href="#note138">[138]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span> -</p> - -<p> -Il <i>Consolamentum</i> era la funzione religiosa più -importante dei Catari, che valeva ai loro occhi più -del battesimo cattolico. Vedemmo già come essi -condannassero il battesimo coll'acqua, uno degli -elementi creati dal demonio,<a class="tag" id="tag139" href="#note139">[139]</a> Siffatta cerimonia non -fu istituita da Gesù, ma dal Battista il quale si deve -tenere per falso profeta,<a class="tag" id="tag140" href="#note140">[140]</a> onde a ragione il Vangelo -di S. Matteo (III, 11) e i Fatti degli apostoli (I, 5) -opposero al battesimo con l'acqua quello con lo spirito -o col fuoco.<a class="tag" id="tag141" href="#note141">[141]</a> E basta secondo il costume degli -apostoli imporre le mani sul capo dell'iniziato, perchè -su lui discenda lo spirito del Signore.<a class="tag" id="tag142" href="#note142">[142]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span> -</p> - -<p> -Per conferire il <i>Consolamentum</i> bisognava esser -puri da peccato mortale, perchè d'accordo coi Patarini -i Catari credevano che non possa assolvere gli -altri chi pria non abbia assolto sè dal peccato.<a class="tag" id="tag143" href="#note143">[143]</a> Per -ricevere il <i>Consolamentum</i> bisognava esser ben preparati; -nè solo conoscere la vera dottrina religiosa, -ma pronti a metterla in pratica. Imperocchè chi -riceveva il <i>Consolamentum</i> poteva altresì trasmetterlo -agli altri. E come sarebbe stato capace di -tanto, se non avesse rotto qualunque vincolo colla -materia impura? Il consolato entrava adunque nella -classe dei <i>Perfetti</i>, e da quel giorno incominciavano -le sue terribili prove. Ei non apparteneva più a sè, -ma alla comunità. La sua vita non avea altro scopo -se non insegnare la verità, combattere l'errore, disporre -e preparare gli animi alla comunione col Santo -Spirito. E se in questo duro e faticoso apostolato -gli accadeva d'incontrare la morte, tanto meglio per -lui, chè la sua anima era ben certa di non ricadere -più nella terrestre prigione. -</p> - -<p> -Avendo il <i>Consolamentum</i> la virtù di sottrarre -l'anima all'impero del Demonio, e congiungerla -collo spirito del buon Dio, ei pare che pervenuti -<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span> -a quest'alta cima, non si debba più ridiscendere a -valle. I <i>Perfetti</i> adunque sarebbero non solo di nome -ma di fatto, e la virtù religiosa ne avrebbe talmente -compenetrata l'anima, che non potrebbero -più spogliarsene ricadendo nel peccato. Così par che -la pensassero alcuni Catari, ai quali Moneta<a class="tag" id="tag144" href="#note144">[144]</a> rimprovera -di tenere per impeccabili i ministri del -Signore. Ma il Moneta stesso e tutte le altre testimonianze -affermano d'accordo che la maggior parte -dei Catari teneva l'opinione affatto opposta, vale a -dire che anche ricevuto il <i>Consolamentum</i> si potesse -ricascare nel peccato.<a class="tag" id="tag145" href="#note145">[145]</a> Per questa ragione i più differivano -a prendere il <i>Consolamentum</i> fino al punto di -morte, sentendosi allora solo sicuri di non tornare -vittima del Demonio. Durante la vita si era sempre -esposti alle sue seduzioni, che se ei fu da tanto da -corrompere i puri spiriti del Cielo, qual meraviglia -che riesca a riconquistare un'anima, pur sempre -avvinta al suo corpo? Se non che la ricaduta è -oltremodo pericolosa, e ben difficile è il rilevarsi, -e più dure prove si chiedono per essere degni di -un secondo <i>Consolamentum</i>. -</p> - -<p> -Quelli che non ricevono il <i>Consolamentum</i>, non -sono uniti collo spirito del Signore, e se muoiono, -<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span> -la loro anima, tuttora in balìa del demonio, deve -incarnarsi in un altro corpo, e ricominciare di nuovo -il corso della sua espiazione. Si comprende con che -ansia il Cataro aspetti questo sacramento, e come -i Perfetti non debbano risparmiare fatiche e pericoli -per somministrarlo a chi lo richiegga. E non -si risparmiavano davvero, che anche in mezzo alle -più occhiute persecuzioni, apparivano presso al letto -del moribondo, quando meno lo aspettavano; onde -il popolo li avea in grande venerazione e li chiamava -buoni uomini, ragione per cui l'eresia dei -Catari fu detta <i>des Bonshommes</i>.<a class="tag" id="tag146" href="#note146">[146]</a> -</p> - -<p> -Oltre al <i>Consolamentum</i> poche altre funzioni religiose -ammettevano i Catari.<a class="tag" id="tag147" href="#note147">[147]</a> Ad imitazione della -Cena cristiana celebravano la <i>benedizione</i> del pane. -Quando interveniva un Perfetto alla mensa dei fedeli, -diceva l'orazione domenicale, e poscia benedetto -il pane lo spezzava, distribuendone i pezzetti -ai convitati, cui diceva «Che la grazia del Signore -<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span> -sia sempre con voi».<a class="tag" id="tag148" href="#note148">[148]</a> Così anche praticavano la -confessione pubblica e solenne in luogo dell'auricolare, -che condannavano.<a class="tag" id="tag149" href="#note149">[149]</a> -</p> - -<p> -Della gerarchia cattolica la Chiesa Catara non -conservava se non due gradi, i vescovi ed i diaconi.<a class="tag" id="tag150" href="#note150">[150]</a> -Ogni vescovo avea con sè due ministri, uno -maggiore, l'altro minore. Alla morte del vescovo -gli succedeva il ministro maggiore, il quale era -ordinato e consacrato dal minore.<a class="tag" id="tag151" href="#note151">[151]</a> Per togliere questo -assurdo più tardi si decretò che il vescovo stesso -ordinasse colui che dovea succedergli.<a class="tag" id="tag152" href="#note152">[152]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span> -</p> - -<h4 id="cap1-1-V">V</h4> - -<p> -L'origine del Catarismo è molto oscura, onde -ogni scrittore si crede in obbligo di combattere i -suoi predecessori, ed escogitare una nuova congettura. -Lo Schmidt, che scrisse la migliore storia del -Catarismo, opina esser nata questa eresia spontaneamente -presso i Bulgari sul cominciare del secolo -decimo. Ei ricorda che non appena convertiti i Bulgari -al Cristianesimo nell'862 da Cirillo e Metodio, -l'opera di questi missionarii fu ben presto intralciata -da due dissidii che dilacerarono in quel torno -la Chiesa cristiana orientale. Il primo dei quali fu -dovuto all'antica rivalità tra Roma e Costantinopoli, -rinfocolata poi dall'essersi il re Bogoris rivolto -al Pontefice Romano per missionarii che compissero -l'opera di Metodio. Il secondo dissidio -nacque tra gli Slavi convertiti da qualche secolo -che usavano la liturgia latina, e quelli recentemente -conquistati alla fede da Metodio, ai quali il Papa -avea concesso l'uso della lingua nazionale. Sino alla -morte di Metodio la scissura fu soffocata, ma rinacque -subito dopo, ed i Greco-slavi ebbero a cedere -ai prepotenti latini. Si aggiunga che gli Slavi non -potevano obbliare così presto l'antica religione, -tanto vero che nell'869 il Concilio di Costantinopoli -fu costretto d'interdire ai Traci e Macedoni, -convertiti sin dal settimo secolo, le rimembranze -<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span> -dell'antico culto. Non è improbabile che in tale stato -d'incertezza tra l'antica e la nuova fede, da questa -prendessero l'idea monoteistica, e tramutassero i -loro antichi Dei nel diavolo, che avea tanta parte -nelle prediche dei missionarii del medio evo. C'est -au milieu de ces circonstances que parut parmi les -Slaves, peut-être dès le commencement du dixième -siècle, l'hérésie du dualisme Cathare. Est-ce une -opinion trop hasardée, si nous admettrons que ce -système sortit de quelque couvent greco-slave de la -Bulgarie, dont les moines, irrités de l'invasion d'un -culte qui répugnait a leur nationalité, et se livrant -en même temps à des speculations tour à tour subtiles -ou fantastiques, étaient arrivés à la conclusion -que deux principes se partagent le gouvernement du -monde, et que pour être pur (καθαρὸς) il faut affranchir -l'esprit de toutes les entraves de la création -matérielle? (Schmidt, I, 7). -</p> - -<p> -Questa ipotesi non pare che spieghi pienamente -l'origine del Catarismo. Potrebbe benissimo renderci -conto del culto reso in segreto agli antichi -dei, trasformati in demoni, come accadde dovunque -la religione cristiana fu innestata a tronco -pagano; ma non ci spiegherebbe come mai si attribuisse -al demone tanto potere, da farlo creatore -dell'universo materiale. Nè molto meno è facile ad -intendere come in mezzo a popolazioni semibarbare, -appena convertite al Cristianesimo, nascesse il pensiero -di paragonare la nuova religione non alla -propria, ma alla mosaica, e quest'ultima considerare -<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span> -come l'opera di un Dio maligno.<a class="tag" id="tag153" href="#note153">[153]</a> Nei primi -secoli del Cristianesimo, in quei centri cosmopolitici -che erano Alessandria ed Antiochia, ove il pensiero -filosofico greco venne tante volte a contatto -col misticismo orientale, si comprende benissimo -come nascessero le audaci speculazioni dei gnostici.<a class="tag" id="tag154" href="#note154">[154]</a> -Ma non si capisce egualmente come siffatto movimento -intellettuale dovesse aver luogo tra popoli, -che non poteano ancora assimilarsi l'antica coltura. -</p> - -<p> -Quest'arditezza speculativa è già un sicuro indizio -non essere il Catarismo una creazione bulgara, -ma ben piuttosto l'avanzo di antiche eresie, nate -sotto altro cielo, e in altre condizioni sociali, e trapiantatesi -in Bulgaria nel tempo più propizio alla -loro diffusione. Non dubito dunque di seguire l'antica -tradizione, secondo la quale i Catari sarebbero -manichei imbastarditi;<a class="tag" id="tag155" href="#note155">[155]</a> nè temo che le difficoltà opposte -dallo Schmidt non sieno per rimuoversi facilmente. -Ammettiamo pure che al catarismo manchi -cette forme mithologique si remarquable qui est -<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span> -particulière au manicheisme ... o anche l'idée gnostique -de la matière (ύλη) en lutte avec la divinité -(II, 256). Ma è forse strano che una credenza, una -leggenda, un sistema filosofico trapiantandosi da -un luogo ad un altro non perda molti caratteri, -e ne acquisti altri per adattarsi al nuovo ambiente -in cui deve vivere? E che meraviglia se non trovi -nel Manicheismo il domma del <i>Consolamentum</i> essenziale -alla religione catara? Non trovi la parola, nè -la formola ed il rito religioso; ma certo il concetto -della purificazione dell'anima, che accolse in sè il -Santo Spirito, non manca. Noi non diciamo che il -Catarismo sia il Manicheismo nella sua forma primitiva; -tutt'altro. Il tempo avea già scoloriti molti -tratti della dottrina religiosa di Mani, ed il nome -stesso del fondatore era già obbliato; che perciò? -non accadde lo stesso nel secondo secolo a -Valentino, a Basilide e ad altri fondatori di sètte -gnostiche, i cui nomi erano sconosciuti a coloro -stessi che se ne appropriavano le dottrine?<a class="tag" id="tag156" href="#note156">[156]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span> -</p> - -<p> -Del resto lo Schmidt stesso non può fare a meno -della tradizione manichea. Quand on songe que les -<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span> -souvenirs du manicheisme s'étaient conservés longtemps -dans les couvents de l'orient notre opinion ne -doit pas paraître dénuée de toute probabilité (I, 8). -Nelle quali parole egli riconosce essere il Manicheismo -la prima fonte onde attinsero i Catari, il -che non esclude che altri rivoli secondarii vi si -mescolassero per via. In tutti i grandi movimenti -religiosi accade quello che notammo del Catarismo, -nel quale intorno al nucleo della dottrina dualistica -si aggrupparono le più vecchie eresie, che viveano -tuttora occulte e dimenticate nelle lontane solitudini -dei pensatori. E per tal guisa si formò un insieme -di dommi non molto omogenei, ma il cui -contrasto sfuggiva all'acume dei recenti alleati. Noi -già trovammo più su accanto alle tradizioni ariane -della distinzione sostanziale tra Padre e Figlio le -fantasticherie docetiche sul corpo apparente di Gesù. -Ed insieme alle mistiche descrizioni del regno celeste, -e della trasmigrazione delle anime le polemiche -di Claudio di Torino contro l'adorazione delle -immagini, e quelle più radicali di Berengario contro -l'Eucaristia.<a class="tag" id="tag157" href="#note157">[157]</a> Ma non perchè queste continue -<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span> -aggiunte dieno una nuova impronta al Catarismo, -non per questo s'ha da sconoscere la sua stretta -parentela coll'antico manicheismo,<a class="tag" id="tag158" href="#note158">[158]</a> il quale non -ispento dalle persecuzioni rifioriva prima in Ispagna -<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span> -per opera di Priscilliano,<a class="tag" id="tag159" href="#note159">[159]</a> e più tardi in Armenia -coi Paoliciani;<a class="tag" id="tag160" href="#note160">[160]</a> di lì si diffuse tra gli Slavi; -e dalla Bulgaria pel tramite dei commerci passò in -Italia, e quindi in Francia. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span> -</p> - -<h4 id="cap1-1-VI">VI</h4> - -<p> -Toccato dell'origine studiamo ora la <span class="smcap lowercase">DURATA</span>, -<span class="smcap lowercase">DIFFUSIONE</span>, ed <span class="smcap lowercase">INTENSITÀ</span> del movimento cataro. -</p> - -<p> -Fino dai primi anni del secolo decimoprimo serpeggiava -per l'Aquitania la nuova eresia, come ne -fa fede il cronista contemporaneo Ademaro.<a class="tag" id="tag161" href="#note161">[161]</a> E questi -e Rodolfo Glaber del pari fanno menzione di dieci -canonici di Orleans, scoperti come manichei nel 1022, -e dati alle fiamme per ordine di Re Roberto.<a class="tag" id="tag162" href="#note162">[162]</a> Ma -<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span> -dacchè secondo lo stesso Glaber siffatto movimento -vien propagato dall'Italia, è lecito supporre che tra -<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span> -noi si manifestasse l'eresia molto prima del 1034, -anno in cui Girardo di Monteforte venne a furor di -popolo bruciato vivo in Milano.<a class="tag" id="tag163" href="#note163">[163]</a> Nè andremo lungi -dal vero se la faremo risalire alla fine del secolo -decimo. D'altra parte il catarismo militante vien -meno al cominciare del secolo XIV, quando alle -cruenti crociate contro gli Albigesi successero le -stragi dell'Inquisizione. Sicchè non tenendo conto di -qualche resto cataro, scoperto da Vincenzo Ferrer -nel 1402 o in Lombardia, o nelle inaccesse valli -del Pellice e Clusone, la durata dell'eresia catara -nell'occidente oltrepassa i tre secoli. -</p> - -<p> -Non meno importante è la diffusione, della quale -ora terremo parola sommariamente, rimandando chi -desideri più estesi particolari alla monografia dello -Schmidt. A cominciare dall'Italia settentrionale, ricordiamo -<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span> -che la Lombardia riboccava di eretici così, -che le sètte vi si moltiplicavano, e la chiesa moderata -di Concorrezo combattea la più rigida del -veronese Balasinanza, e quest'ultimo non andava -d'accordo con l'altro rigorista Giovanni di Lugio. -A Ferrara spesseggiavano gli eretici del pari, e per -iscacciarneli il vescovo ebbe a ricorrere al potere -civile.<a class="tag" id="tag164" href="#note164">[164]</a> In Modena i catari l'impattavano coi cattolici, -tanto da vivere in pace gli uni accanto agli -altri, ed il Muratori ricorda che nel 1192 furono -ricompensati con eguale misura catari e cattolici -per la distruzione che a causa di utilità pubblica -fu fatta di loro mulini.<a class="tag" id="tag165" href="#note165">[165]</a> Anche in Toscana il Catarismo -ebbe non pochi seguaci, ed il primo vescovo -dei Catari moderati o concorrezesi fu un Pietro -Lombardo da Firenze. In questa città le donne -stesse s'adoperavano alla propagazione della setta -e gli eretici cresceano a tal segno che nel 1173 -<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span> -dettero pretesto a mutamenti nel governo.<a class="tag" id="tag166" href="#note166">[166]</a> Dalla -Toscana discese l'eresia ad Orvieto, ove, oppressa -nel 1125, fu rilevata nel 1150 dal Diotisalvi di Firenze -e da Girardo da S. Marzano. In seguito, -scacciati questi missionarî, ne seguitarono l'opera -due donne, Milita di Monte Meato e Giuditta da -Firenze.<a class="tag" id="tag167" href="#note167">[167]</a> Da Orvieto si estese a Viterbo, nè la -stessa Roma fu salva, anzi si serba memoria di una -esecuzione di Catari, fatta nel 1231 al tempo di -Gregorio IX.<a class="tag" id="tag168" href="#note168">[168]</a> Perfino nella remota Calabria par che -attecchissero i Catari a giudicarne almeno dall'ardore -con cui l'abate Gioacchino li combatteva.<a class="tag" id="tag169" href="#note169">[169]</a> -</p> - -<p> -Dall'Italia, come dicemmo, l'eresia passò in -Aquitania, e Tolosa fin dai primi tempi fu il centro -della sua diffusione.<a class="tag" id="tag170" href="#note170">[170]</a> Di là s'avanzò nel Perigord, -<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span> -nel vescovado di Limoges, nella marca di Poitiers, -risalendo su sino ad Orleans, ove trovammo a capo -degli eretici alcuni sacerdoti, grandemente stimati -per la loro pietà. Ben presto oltrepassò la Loira, -talchè il vescovo di Chalons, Rogero (1043-1062), -chiese a Wazon vescovo di Liegi se in vista del -pericolo imminente non si dovesse procedere rigorosamente -contro gli eretici. Abbiamo tuttora la -risposta del pio prelato: Dio non vuole la morte, -ma la conversione dei peccatori; e la sola pena -consentita dal Vangelo contro gli eretici sta nell'escluderli -dalla comunione dei fedeli.<a class="tag" id="tag171" href="#note171">[171]</a> Questa lettera -porta la data del 1048, e la pena che in essa -vien suggerita fu nel fatto comminata l'anno appresso -dal concilio di Reims.<a class="tag" id="tag172" href="#note172">[172]</a> Tanto rapidamente -s'era diffusa l'eresia nel nord della Francia, ove -già sin dal 1025 s'ebbe notizia di eretici, principalmente -a Reims, a Liegi, Arras e Cambray!<a class="tag" id="tag173" href="#note173">[173]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span> -</p> - -<p> -Dalla Francia il passaggio in Germania è ben -facile, e già nel 1052 Enrico III fece impiccare in -Gosslar (Hannover) alcuni eretici, che si scopersero -per manichei dal rifiuto di uccidere un pollo.<a class="tag" id="tag174" href="#note174">[174]</a> Nel -secolo susseguente, come sappiamo dalla lettera di -Evervino a S. Bernardo, l'eresia s'era così diffusa -in Colonia, che vi si stabilì un vescovado cataro. -Arrestati nel 1146 il vescovo col suo diacono, anzi -che smentire le loro credenze, salirono animosamente -sul rogo. Pochi anni dopo nel 1160 furono -scoperti altri catari a Bonn, con a capo Arnoldo -abile disputatore, conoscitore profondo della scrittura -ed entusiasta della sua fede. A capo a qualche -anno salito sul rogo coi suoi diaconi, fu udito -gridare tra le fiamme: «Fratelli, siate costanti -nella fede, oggi sarete riuniti ai martiri del Cristo». -<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span> -E in questo dire una fanciulla catara, che in grazia -della sua bellezza era stata sottratta al supplizio, -copertosi il volto, si precipitò nel fuoco per morire -col suo maestro.<a class="tag" id="tag175" href="#note175">[175]</a> -</p> - -<p> -L'Inghilterra fu salva dall'eresia. Ben tentarono -di penetrarvi verso il 1160 alcuni catari, volgarmente -detti pubblicani (paoliciani), non ammontanti -a più di trenta, tutti di nazione e lingua tedesca, -e guidati da un tal Girardo, il solo tra loro -che sapesse di lettere. Ma furono scoperti e segnati -nella fronte da un marchio d'infamia, e poscia battuti -a verghe ed espulsi dalle città, e proibito a -chiunque di ospitarli. Perirono per la campagna di -freddo e fame, vittime anch'essi devote e coraggiose -della loro fede;<a class="tag" id="tag176" href="#note176">[176]</a> ma altri dopo di loro non ritentò -l'ingrata prova. -</p> - -<p> -Pari alla durata ed estensione l'intensità. Senza -un gran vigore di fede il catarismo non avrebbe -potuto opporre così tenace resistenza alle persecuzioni, -che massime dopo il 1200 infierirono senza -<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span> -misura. Un rapido ricordo storico varrà meglio di -qualsia dimostrazione. Il secolo decimoterzo, che è -quello dei grandi uomini della Chiesa, Innocenzo III, -Gregorio IX, Alberto Magno, S. Tommaso, è altresì -il secolo delle più fiere lotte, e più selvagge passioni. -Montato sul trono Innocenzo III mandò -suoi legati nella Francia meridionale per estirparvi -l'eresia, e quando uno di essi, il Castelnau, fu ucciso -a tradimento indisse la crociata contro i popoli -del mezzogiorno, che s'erano allontanati dalla -Chiesa.<a class="tag" id="tag177" href="#note177">[177]</a> Già prima di lui il legato Enrico<a class="tag" id="tag178" href="#note178">[178]</a> vescovo -cardinale d'Albano, indetta la crociata contro gli -eretici albigesi, con gran seguito di truppe aveva -invase nel 1181 le terre del visconte di Béziers, -ed ottenuta la resa del forte castello di Lavaur. Ma -questa prima crociata, benchè non poco cruenta, fu -nulla a petto della seconda, alla quale presero parte -molti signori del nord della Francia, che sotto il -pretesto della religione movevano alla conquista -delle ricche contrade del mezzogiorno. Codesta -guerra fu combattuta con furore, e il nome di Simone -di Monfort restò tristamente<a class="tag" id="tag179" href="#note179">[179]</a> celebre in quelle -infelici contrade, dove gli eretici furon trattati peggio -<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span> -dei musulmani.<a class="tag" id="tag180" href="#note180">[180]</a> Quando Béziers, dopo un'eroica -resistenza, cadde sotto i colpi dei crociati, a quelli -che lo chiedevano sul modo di distinguere i rei -dagli innocenti, il legato Arnaldo rispose: uccideteli -tutti, Dio riconoscerà quelli che gli appartengono.<a class="tag" id="tag181" href="#note181">[181]</a> -Alla presa di Carcassona 400 arsi vivi, -e 50 impiccati come eretici.<a class="tag" id="tag182" href="#note182">[182]</a> Espugnato il castello -di Minerva, il legato Arnaldo promise la salvezza -della vita a chi si convertisse, perchè sapeva che -nessuno dei credenti avrebbe rinnegata la sua fede. -Conosco i miei uomini, egli diceva a chi scandolezzavasi -di tanta mitezza. Nè avea torto, chè più -di 150 perirono sul rogo martiri della loro fede.<a class="tag" id="tag183" href="#note183">[183]</a> -<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span> -Presa Lavaur, ne fu impiccato il comandante, gittata -nel pozzo la sorella, arsi quattrocento Catari.<a class="tag" id="tag184" href="#note184">[184]</a> -E più cruente furono le stragi, quando dopo il -concilio lateranense del 1215 si rinnovò la guerra -con tanta violenza che i superstiti ebbero a invidiare -la sorte dei caduti in battaglia. E l'infelice -conte di Tolosa Raimondo VII se volle ottenere -la pace dopo trenta anni di guerre rovinose, ebbe -a giurare di combattere e punire gli eretici senza -pietà, e conferire un premio di due scudi di argento -a chi ne assicurasse qualcuno alla giustizia.<a class="tag" id="tag185" href="#note185">[185]</a> -</p> - -<p> -Ma questi roghi, queste condanne in massa senza -giudizio, son pur da meno delle persecuzioni posteriori. -Si poteva attribuire siffatti orrori alla necessità -della guerra, all'eccitazione degli animi, al -diritto di rappresaglia; d'ora innanzi saranno imposti -dalla fredda ragione. Prima di questo tempo, -come dimostrarono il Ficker e l'Havet, la pena del -<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span> -rogo contro gli eretici non era stabilita per legge -in nessun paese.<a class="tag" id="tag186" href="#note186">[186]</a> In Germania si solevano, è vero, -mettere a morte gli eretici o a furor di popolo, -come a Colonia nel 1163, o anche per ordine dell'imperatore, -come a Gosslar nel 1052; ma quest'ordine -non fu dato in omaggio ad una legge, bensì -per misura politica. Anche in Francia le molteplici -esecuzioni, che ricordammo, ebbero lo stesso carattere, -e prima della legge di Luigi VIII del 1226, -non ve ne ha altra che condanni gli eretici al -supplizio del fuoco. Con maggior ragione si deve -dire lo stesso della Francia meridionale e dell'Italia. -Chè anzi mentre nel settentrione dell'Europa la -pratica discordava dal diritto, e tacendo le leggi, -vigeva la consuetudine di mettere a morte gli eretici; -nel mezzogiorno al contrario e diritto e pratica -s'univano in una grande mitezza e tolleranza. Dopo -l'esempio di Girardo di Monteforte non v'ha ricordo -di altro bruciamento di eretici, e l'autore -delle memorie milanesi dice espressamente che nell'anno -1233 ebbe luogo la prima esecuzione.<a class="tag" id="tag187" href="#note187">[187]</a> In Modena -ricordammo come accanto ai diritti degli altri -cittadini eran riconosciuti quelli dei catari. Nella -Francia meridionale Giraldo vescovo di Albi non -<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span> -dubitò d'invitare gli eretici ad una pubblica disputa -a Lombers.<a class="tag" id="tag188" href="#note188">[188]</a> -</p> - -<p> -Questa tolleranza però cessò ben presto in tutti -i paesi. Il cardinale Pietro di San Crisogono, legato -del papa nel Tolosano, condannò un Morand, ricco -signore seguace e protettore dell'eresia, alla confisca -dei beni ed alla distruzione delle case. E costui -se volle salvarsi dalla miseria, ebbe a sconfessare -solennemente la sua fede, e subire l'ignominioso -castigo della fustigazione.<a class="tag" id="tag189" href="#note189">[189]</a> Parimenti in Italia si -serba memoria di un vescovo Guarnasia, legato dell'imperatore -Enrico VI, che confiscò per ordine imperiale -i beni dei patarini di Prato e ne distrusse le -case.<a class="tag" id="tag190" href="#note190">[190]</a> Ottone IV, in un suo decreto del 1210 contro -gli eretici di Ferrara,<a class="tag" id="tag191" href="#note191">[191]</a> e gli statuti di Verona: che -rimontano secondo il Ficker, al di là del 1218, prescrivono -l'esilio degli eretici e la distruzione delle -<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span> -loro case. Questa stessa pena dell'esilio è prescritta -nella legge di Federigo II del 1220.<a class="tag" id="tag192" href="#note192">[192]</a> -</p> - -<p> -Dopo poco altro tempo le cose volsero in peggio. -Il papa chiedeva dall'imperatore una più energica -repressione dell'eresia, e Federigo, che avea rinnovato -contro la Chiesa l'antica guerra per l'indipendenza -dello Stato, per tema non lo si sospettasse -di poca ortodossia, acconsentì a mutare la -sua prima legge.<a class="tag" id="tag193" href="#note193">[193]</a> Strana ironia della storia! Quell'Imperatore -che tenne più fermo contro le pretensioni -di Roma, e presso i contemporanei era -tanto in voce di miscredente ed epicureo, da non -trovar grazia neanco presso il gran poeta ghibellino; -quell'imperatore che avea ai suoi servigi gente -di diversa credenza, saraceni non meno di cristiani, -egli per lo appunto è il primo a sancire la pena -del rogo contro gli eretici,<a class="tag" id="tag194" href="#note194">[194]</a> e in servigio della Chiesa -<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span> -vien meno alle più fondamentali norme del diritto -vigente. E nel luogo dei vescovi stati fin oggi i -giudici naturali delle eresie acconsente che entrino -i frati predicatori, facendoli almeno per la Germania -legati imperiali;<a class="tag" id="tag195" href="#note195">[195]</a> nè dubita di sancire le più -aperte infrazioni della regolare procedura, ammettendo -la testimonianza del correo o del delatore,<a class="tag" id="tag196" href="#note196">[196]</a> e -tollerando che si tacesse nei giudizii il nome del -testimone. Un altro passo ancora, e non ci meraviglieremo -più che colla morte del reo non si estingua -l'azione penale, ma seguiti il processo contro i -defunti, perchè gli eredi ne scontino la pena.<a class="tag" id="tag197" href="#note197">[197]</a> -</p> - -<p> -Con queste misure violente l'eresia veniva stretta -in un cerchio di ferro, e ben pochi poteano sottrarsi -alle occhiute vigilanze degl'inquisitori, ed alle -<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span> -insidie delle spie prezzolate o interessate. Ma non -ostante questi rigori i Catari non furon domi, e se -non all'aperto, continuavano in segreto a professare -il loro culto. E taluno di essi seppe nascondersi -così, che non solo non fu disturbato finchè -visse, ma dopo morto per poco non venne santificato -dai cattolici. Il Muratori pubblicò il processo di -un Armanno Pungilupo da Ferrara morto nel 1269, -intorno al quale per anni parecchi continuò aperto -dissenso tra la Curia e i Frati inquisitori. La Curia, -ligia alla voce popolare, che dava il Pungilupo per -uomo pio, e morto in odore di santità, non solo -permise che fosse seppellito nella Chiesa maggiore -in magnifico mausoleo; ma raccolte le informazioni -sui miracoli che dicevano fatti da lui, permise s'innalzasse -presso alla tomba un altare votivo. Ed i -fedeli v'accorreano numerosi, e con giuramento attestavano -al Vescovo di avere per intercessione del -beato Armanno ricuperata o la vita, o il moto o -la parola, e taluno persino giurò d'essere stato liberato -dai demoni, che lo possedevano.<a class="tag" id="tag198" href="#note198">[198]</a> Ma gl'inquisitori -<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span> -diffidavano assai di tal taumaturgo, che -pochi anni innanzi, nel 1254, convinto d'eresia, -dovè la sua salvezza all'abjura.<a class="tag" id="tag199" href="#note199">[199]</a> E interrogati parecchi, -già appartenenti alla setta bagnolese, raccolsero -che, non ostante la ritrattazione, il Pungilupo -continuò per tutta la vita nella fede catara;<a class="tag" id="tag200" href="#note200">[200]</a> -nè fu solo <i>credente</i>, ma ricevette il <i>consolamentum</i>,<a class="tag" id="tag201" href="#note201">[201]</a> -e con ardore si mise a diffondere le dottrine bagnolesi, -e predicando contro il lusso e la corruzione -dei preti,<a class="tag" id="tag202" href="#note202">[202]</a> fece nuovi seguaci alla sua setta. Istruito -in tal modo il processo si venne alla sentenza, cagione -di un violento dissidio tra le due autorità ecclesiastiche. -<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span> -L'inquisitore ordinò l'esumazione delle -spoglie di Armanno, e, non obbedito, scomunicò -la Curia e interdisse la Chiesa; la Curia dal canto -suo respinse la sentenza, e si appellò al Papa Gregorio -X. Ma nè a costui nè a parecchi dei successori -fu dato di comporre le cose, e la controversia si -prolungò per più di un trentennio. Alla fine nel 1301 -l'inquisitore Fra Guido Vicentino, consultati per ordine -di Bonifacio VIII il Vescovo di Bologna e un -altro frate, domenicano anche lui, pronunziò la sentenza, -dal Papa già dichiarata inappellabile, che -dice: s'infranga il mausoleo e l'altare innalzato in -onore di Armanno, e dissepolto e bruciato il cadavere, -ne si sperdano ai venti le ceneri. E le immagini -e le offerte votive si distruggano, e chiunque -s'opponga a queste misure, o seguiti a ricordare -il nome e le opere dell'eresiarca, se privato incorra -nella scomunica, se chierico nella perdita dei suoi -benefizii, se università o terra nell'interdetto.<a class="tag" id="tag203" href="#note203">[203]</a> Questo -solo fatto, accaduto nella seconda metà del secolo -XIII, vale più di un lungo discorso a provare -quanto rigoglio avesse tuttora l'eresia dopo tante -persecuzioni, e come riescisse difficile ai più zelanti -di estirparla. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span> -</p> - -<h4 id="cap1-1-VII">VII</h4> - -<p> -La diffusione, la durata, la tenace resistenza -dell'eresia manichea sembrano un vero paradosso -storico. Perchè se da una parte non si può negare -che l'ascetismo cataro più rigoroso del cattolico -s'opponeva al rifiorire delle scienze, delle arti, dei -commerci, e vincendo avrebbe ritardato di molto -altro tempo quel risorgimento classico, di già cominciato -nel medio evo, dall'altra non è men vero -che un misticismo così malsano, e di colore schiettamente -orientale attecchì quasi dappertutto in -Europa, ma principalmente nei centri della nuova -coltura. E così accadde che nello stesso linguaggio -in cui la nuova musa cantava i cavalieri, l'armi, -gli amori, un'altra voce più severa predicava i digiuni -e le astinenze, segnava d'infamia il matrimonio, -e stillava nelle menti un odio feroce contro -il mondo, creatura d'un malvagio iddio. Non giova -addurre la legge dei contrapposti, che fa passare -la natura umana dall'estremo della frivolezza e della -gaja vita alla tetraggine di una inquieta ascesi. Nè -si potrebbe invocare l'esempio recente della Germania, -che nel tripudio del patriottismo trionfante -vide rinnovarsi la filosofia pessimistica. Ragioni ben -più profonde e molteplici spiegano le insperate -fortune del Catarismo. E la prima è questa, che la -nuova setta al pari delle antiche pitagoriche e gnostiche -si circondava di mistero, nè tutti i suoi dommi -<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span> -svelava agli iniziati o credenti pria che fossero -per lunghe prove divenuti <i>perfetti</i>.<a class="tag" id="tag204" href="#note204">[204]</a> Talchè non in -grazia delle dottrine ignorate dai più essa facea -il maggior numero dei seguaci, bensì per l'opposizione -alla Chiesa dominante ed alla gerarchia medievale. -E come il bisogno di libertà si sentiva più -acutamente nelle contrade, ove il laicato parlava -già e scriveva una lingua diversa dal latino, ed una -nuova letteratura avea creata, ed espressi pensieri -e sentimenti nuovi, era ben naturale che ivi si formasse -il centro ed il focolaio dell'agitazione ereticale. -</p> - -<p> -L'opposizione che il Catarismo movea al Cattolicesimo -abbracciava due capi, le dottrine ed i -costumi. In quanto alle dottrine già vedemmo come -i Catari sapessero far tesoro delle opposizioni precedenti, -nè fa meraviglia che agl'iniziati insegnassero -per prime non le proprie idee, ma quelle invece, -che sebbene ostili al Cattolicismo, tornavano -più accettevoli pel ricordo delle antiche eresie. Vedemmo -come il catarismo fosse ariano, docetista, -iconoclasta, berengariano. Per tal guisa la nova religione, -non che nemica, si diceva restauratrice del -Cristianesimo, come quella che volea riaddurlo alla -forma schietta dei primi tempi, alla cui semplicità -<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span> -mal s'addicevano i dommi posteriori.<a class="tag" id="tag205" href="#note205">[205]</a> A codesta -rinnovazione ben si comprende come giovasse -lo studio degli antichi documenti del Cristianesimo. -Onde i Catari facean pochissimo conto della tradizione -ed ai molti libri dei padri e dei dottori, che -i Cattolici soleano addurre<a class="tag" id="tag206" href="#note206">[206]</a> opponevano un libro -solo, il Nuovo Testamento, e quello studiavano e -mandavano a mente, e traduceano nelle nove lingue -ed interpetravano ora alla lettera ora allegoricamente, -come faceva il bisogno.<a class="tag" id="tag207" href="#note207">[207]</a> Per questi motivi -il Catarismo parea come una purificazione della -coscienza religiosa, ritemprata alle pure fonti dei -tempi apostolici. Ed ecco un'altra cagione dei suoi -trionfi. Di contro ai sacerdoti cattolici, ingombri -da superstizioni e talvolta così ignoranti da non -sapere neanche leggere la Bibbia, i <i>Perfetti</i> catari -parevano animati da una fede più razionale, e più -<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span> -studiosi dei sacri testi.<a class="tag" id="tag208" href="#note208">[208]</a> Era una apparenza e l'una -e l'altra, chè il Catarismo coi suoi presupposti dualistici -mal rispondeva ai bisogni della ragione; e tra -i sacerdoti catari nessuno potè levarsi all'altezza -intellettuale di molti fra i cattolici. Ma tant'è; nelle -rinnovazioni religiose l'apparenza giova non meno -della sostanza, e le grandi masse con quella più che -con questa si guadagnavano alla nova fede. -</p> - -<p> -L'altra opposizione, che facevano i Catari, si riferiva -ai costumi. I cattolici stessi levavano alte -grida contro la corruzione del clero, e basterà per -tutti ricordare Benedetto IX, fatto Papa a dodici -anni, il quale dal 1033 al 1045, empì Roma di -scandali, ruberie ed assassinii. Nè a strappare dall'indegno -capo la tiara vi fu altro mezzo se non -comprarla a contanti, come fece il buon Gregorio -VI, il quale nonchè rimproverato dell'aperta -simonia, venne accolto dai più come restauratore -della Chiesa.<a class="tag" id="tag209" href="#note209">[209]</a> Dalla sommità della scala gerarchica -<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span> -sino agli ultimi gradini si faceva mercato degli -ufficii ecclesiastici.<a class="tag" id="tag210" href="#note210">[210]</a> Ed il clero era ognor più avido -di ricchezze, ed alle ricchezze aggiungeva il fasto -ed il potere. Non erano rari i vescovi principi e -militari, che con una mano fecevano il segno della -pace e dell'amore e coll'altra stringevano la spada -ancor fumante di sangue.<a class="tag" id="tag211" href="#note211">[211]</a> Contro codesto clero -le anime profondamente religiose gridavano: povertà -e castità. E quel grido fu abilmente raccolto -dai Catari, che sull'autorità dei sacri testi insegnavano -il più rigido ascetismo, ed il rigore dei -precetti confermavano colle opere. Anche i Catari -furono più volte accusati d'immoralità ed ingordigia -ma le stesse testimonianze cattoliche come quella di -S. Bernardo smentiscono le accuse. Gli uomini, che -morivano lieti sul rogo in olocausto alla loro fede, conoscevano -bene la virtù del sagrifizio; ed il popolo -ai cui mali essi provvedevano con sollecita ed instancabile -cura, in opposizione al clero egoista li soleva -chiamare <i>bonshommes</i>. Altra causa codesta del favore -ognor più crescente del Catarismo. -</p> - -<p> -E questa cagione forse è la più forte di tutti -perchè nella lotta contro i vizii del clero l'opposizione -ereticale si collegava naturalmente colla cattolica. -<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span> -Più tardi parleremo degli oppositori cattolici -o <i>patarini</i>. Per ora ci basta questo ricordo storico. -Pochi anni innanzi che S. Arialdo levasse il grido di -guerra contro l'alto clero milanese, un Girardo eretico -ricoverato nel castello di Monforte confessò -apertamente all'arcivescovo Ariberto, che egli ed i -suoi seguaci, ammontanti a più di tremila, non mangiavano -carne, metteano tutto in comune, facean -voto di verginità, e se anche ammogliati rispettavano -la propria moglie come sorella.<a class="tag" id="tag212" href="#note212">[212]</a> Una gran -parte di questi eretici, non volendo rinunziare alla -sua fede, fu data dal popolo tumultuante alle fiamme, -ma certo non tutti perirono sul rogo, ed i superstiti -senza dubbio si fusero coi <i>patarini</i>.<a class="tag" id="tag213" href="#note213">[213]</a> Così all'ombra -del movimento riformatore, capitanato da -Gregorio VII, si dilatava sicura ed inavvertita -l'eresia. -</p> - -<p> -Le ragioni finora addotte delle fortune del Catarismo -mettono capo in quello spirito di opposizione -alla Chiesa stabilita, per cui la nuova eresia -<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span> -facendo causa comune con tutte le antiche prende -l'aspetto di una purificazione della coscienza religiosa. -Ma oltre a questo elemento critico e negativo -dobbiamo distinguere nella nuova religione -un altro elemento, non meno importante, voglio -dire l'ascetismo, pel quale non solo va d'accordo -col Cattolicesimo, ma lo supera, offrendo così nuovo -e più sostanzioso pascolo alle anime mistiche. La -Chiesa catara sottoscrive di gran cuore alla massima -cattolica che tre sono i nemici dell'uomo, il -mondo, il demonio, la carne; ma ne trae le estreme -conseguenze. Fra i tre nemici, ella dice, che sono -uniti contro l'anima, corre di certo un rapporto di -parentela, e come l'anima, per malvagia che sia, -è dappiù della materia, così delle tre potenze avverse -la maggiore è quella del demonio; le altre si -possono considerare come sue ausiliarie, o meglio -sue geniture. Ed eccoci in pieno dualismo.<a class="tag" id="tag214" href="#note214">[214]</a> Nè vogliamo -tacere che questa trasformazione favoriva -per soprammercato certe tendenze, molto comuni nel -Medio Evo, ed anche oggi non estirpate del tutto, -come a dire la fede nell'esistenza ed efficacia di spiriti -<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span> -malefici, che non solo assalgano gli eremiti del deserto, -ma si caccino nelle popolose città, mescolandosi -in tutti i negozii, e talvolta nascondendosi negli -angoli delle case. È stato già notato come in queste -superstizioni diaboliche rivivesse l'antico culto pagano. -Per lo che non a caso si estesero e dilargarono -col rifiorire degli studii classici, nè solo nel Medio -Evo ma più ancora nella Rinascenza si credè follemente -alle streghe e agli ossessi. -</p> - -<p> -Non farà dunque meraviglia che il Catarismo -rispondendo a così diverse tendenze faccia tanti seguaci. -Alle anime, avide di libertà, offre di sottrarsi -al ferreo giogo della gerarchia; alle travagliate -dalla sventura svela il mistero dell'infelicità -umana, e promette la fine del doloroso pellegrinaggio. -Le menti vigorose alletta coll'interpetrazione -allegorica dei dommi, che tornano più ostichi -alla ragione; le inferme seduce rafforzando le loro -credenze nel diavolo, e giustificando le più strane -e paurose superstizioni. Non per tanto i due elementi, -che rilevammo nel Catarismo, non cessano -di essere eterogenei. Chè l'uno tende, come dicemmo, -alla purificazione del contenuto religioso, l'altro -per lo contrario favorisce la superstizione; l'uno -coll'andare del tempo riescirà alla reintegrazione -della vita, l'altro ad una condanna di essa più cruda -e recisa che non avesse fatto il Cattolicismo. Questi -elementi adunque, così discordi, dovranno separarsi. -Gli spiriti più geniali, e desiderosi di una vera rinnovazione -religiosa lasceranno cadere l'ascetismo -<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span> -dualistico, importazione affatto orientale, e serberanno -invece l'altra parte, frutto dei più grandi -pensatori dell'occidente come Claudio di Torino, -Agobardo di Lione, Berengario di Tours. Per tal -guisa nascono i Valdesi. -</p> - -<div class="chapter"> -<h3 id="cap2-1">CAPITOLO II -<span class="smaller">I VALDESI</span></h3> -</div> - -<h4 id="cap2-1-I">I</h4> - -<p> -L'opinione dell'identità di Valdesi e Catari è stata, -sostenuta da nemici ed amici. Il Gretser tra i cattolici -ad esempio crede che tutte le eresie del Medio -Evo si riducano ad una sola, e che i nomi differenti -ricordati da Raniero Sacconi e Pier delle -Vigne non accennino se non a varietà locali di -una stessa eresia.<a class="tag" id="tag215" href="#note215">[215]</a> E così i Valdesi si chiamano -catari non dal greco καθαρὸς come parrebbe a chi -ricordasse il nome che si solevan dare gli antichi -Novaziani, bensì dal tedesco <i>Kätzer</i>. Quale sia poi -l'origine di <i>Kätzer</i> non è difficile dire. Forse da -<i>kätzern</i> dividere, ma più probabilmente da <i>cato</i>. <i>Cur -autem majores nostri Germani haeretici nomen a cato -indiderint promptum erit intelligere ei, qui -<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span> -proprietates cati cum genio et indole haereticorum conferre -volet.</i> È inutile discutere queste stranezze, non tollerabili -neanche nel 1612 quando furono scritte; -ma voglio notare solo la contraddizione in cui cadeva -il Gretser. Secondo lui i Valdesi non rimontano -prima del 1160 ed hanno per progenitore Pietro -Valdo.<a class="tag" id="tag216" href="#note216">[216]</a> Dunque le eresie anteriori, che nel nome di -catarine furon condannate nei concilii di Tolosa -del 1056 e 1119, non possono essere valdesi. -</p> - -<p> -Il bisogno polemico di fare apparire i Valdesi -nella luce più fosca, e di attribuire loro anche gli -errori dualistici per meglio combatterli, fuorviò il -Gretser. E l'opposto disegno condusse allo stesso -errore gli scrittori protestanti, come il Basnage, -l'Abbadie, il Monastier.<a class="tag" id="tag217" href="#note217">[217]</a> I quali tutti sostenevano -anch'essi l'identità di Valdesi e Catari, ma credevano -che le dottrine dualistiche, attribuite a questi -ultimi, fossero una invenzione dei loro persecutori. -Eppure la verità non era difficile ad appurare, -perchè le testimonianze più antiche non -lasciano dubbio che i contemporanei sapessero già -ben distinguere la setta catara dalla valdese. Così -il Sacconi dopo avere esaminato le dottrine dei Catari, -e le varie sètte in cui si dividono, serba un -capitolo a parte ai valdesi, di cui parla come di -una eresia tutt'affatto diversa, e che a nessuno verrebbe -<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span> -in mente di confondere colle precedenti.<a class="tag" id="tag218" href="#note218">[218]</a> Parimenti -Stefano di Borbone distingue chiaramente -i poveri di Lione, che ebbero e nome e dottrina -da un tal Valdense, dai Patarini o Bulgari, che ei -fa risalire direttamente a Mani e chiama senz'altro -Manichei.<a class="tag" id="tag219" href="#note219">[219]</a> Più esplicito è Guglielmo di Puy Laurent -che nella sue cronaca dice: nelle provincie narbonese -ed albigese erano alcuni ariani, altri manichei, -altri infine valdesi o lugdunesi, i quali tutti -sebbene dissenzienti tra loro cospiravano pur contro -la Chiesa cattolica. I Valdesi eran quelli che -più acutamente disputavano contro gli altri -<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span> -eretici.<a class="tag" id="tag220" href="#note220">[220]</a> Oltre a codesti autori bisogna citare Alano -che consacra ai Valdesi il secondo libro della sua -opera ed il Moneta che non ignora esserci Valdesi -più vicini ai Cattolici dei Catari. -</p> - -<p> -Del resto ove pongansi a raffronto le dottrine -dei Catari con quelle dei Valdesi si colgono a colpo -d'occhio le differenze. E perchè la nostra dimostrazione -sia più compiuta, scegliamo gli autori del -tempo in cui i Valdesi avean già subito parecchi -influssi dei catari. Togliamo ad esempio il Sacconi, -che scrisse nel 1250. Secondo questo inquisitore, -che conosceva di persona gli eretici, i Poveri di -Lione si dividono in due rami, quelli d'oltremonti -ed i lombardi. La dottrina dei primi si assomma -in questi quattro punti: 1º ogni giuramento è vietato -dall'Evangelo; 2º non lice alla potestà civile -punire di morte i malfattori;<a class="tag" id="tag221" href="#note221">[221]</a> 3º qualsiasi laico può -consacrare il corpo di nostro Signore; 4º la Chiesa -Romana non è la Chiesa di Cristo. I poveri lombardi -s'accordano nei due primi punti coi fratelli -d'oltremonti, ma intorno agli altri due vanno anche -<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span> -più in là. Sostengono che chiunque vive in peccato -mortale non possa consacrare il corpo di Cristo, e -la Chiesa Romana raffigurano nella donna dell'Apocalisse, -e ai suoi precetti non vogliono obbedire, -talchè non credono peccato mangiare carne in quaresima -e nelle vigilie. Questa esposizione ci mostra -non pure differenza ma opposizione tra le due dottrine. -Non solo nella dottrina valdese manca qualunque -traccia del dualismo cataro, ma mentre i -Catari vietano assolutamente il mangiar carne, i -poveri di Lione lo permettono anche nella quaresima -e nella vigilia; e laddove quelli a simiglianza -dei cattolici hanno sacerdoti, o Perfetti, ai quali -solo è lecito benedire la tavola spezzando il pane, -e somministrare il <i>consolamentum</i>; questi al contrario -dicono non esservi bisogno di un particolare intermediario -tra l'Uomo e Dio, ed ogni figliolo potersi -rivolgere direttamente al suo padre celeste. -</p> - -<p> -Col Sacconi s'accorda Pietro di Vauxcernay, il -quale mettendo in raffronto i Valdesi cogli Albigesi -dice che i primi sono meno perversi dei secondi, -perchè in molti punti convengono coi cattolici. -A quattro assommano i loro errori, portar -sandali secondo il costume degli apostoli, credere -<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span> -che ognuno di loro se anche non ordinato possa -consacrare il corpo di Cristo, vietare che si giuri, -o che si uccida per qualsiasi ragione anche giusta.<a class="tag" id="tag222" href="#note222">[222]</a> -Davide di Augsburgo, che nell'enumerare le principali -dottrine dei valdesi si accorda colle altre testimonianze, -aggiunge questa circostanza, che i Poveri -di Lione si credevano così lontani dagli eretici, -da domandare al papa Innocenzo III il riconoscimento -del loro sodalizio, come quello che menava -una vita conforme ai precetti dell'Evangelo.<a class="tag" id="tag223" href="#note223">[223]</a> -</p> - -<p> -È adunque fuor di dubbio che i Valdesi non si -possono accomunare coi Catari, e per la concordia -delle più antiche testimonianze e per l'evidente disformità -delle dottrine. Ma queste differenze non -ci debbono far dimenticare i punti di contatto. -</p> - -<p> -I Valdesi non meno dei Catari adducendo il testo -evangelico: che dal frutto si conosca l'albero,<a class="tag" id="tag224" href="#note224">[224]</a> sostenevano -<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span> -concordemente la Chiesa cattolica non -potersi dire la vera chiesa di Dio.<a class="tag" id="tag225" href="#note225">[225]</a> Inoltre i Valdesi -al pari dei Catari condannavano qualunque possesso; -ed i primi si chiamarono perciò Poveri di -Lione<a class="tag" id="tag226" href="#note226">[226]</a> che a somiglianza di Valdo spogliaronsi dei -loro beni, e reputavano indegni seguaci di Cristo -quei sacerdoti, che accettavano pingui prebende -e regalie.<a class="tag" id="tag227" href="#note227">[227]</a> Per lo stesso motivo doveano condannare -il potere temporale dei Papi,<a class="tag" id="tag228" href="#note228">[228]</a> e Valdesi e -<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span> -Catari solean dire che da quel giorno in cui Silvestro -accolse l'infausto dono di Costantino la santità -primitiva venne meno e la Chiesa di Cristo si -tramutò nella donna dell'Apocalisse.<a class="tag" id="tag229" href="#note229">[229]</a> Nè solo in -queste massime pratiche sono d'accordo e Catari -e Valdesi, ma in molti punti dottrinali di grave -momento. Dimostrammo già a suo luogo che i -Catari per nascondere il loro ascetismo orientale -sotto sembianze razionalistiche, solevano accogliere -le più disparate dottrine eterodosse. E ben per -tempo i Valdesi li seguirono per questa via. Vogliamo -tra tutte ricordare questa, che ci viene attestata -da una delle fonti più antiche, dall'abate -<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span> -di Foncaldo. Dio, essi dicono, ripetendo le parole -dei Catari, non può albergare in una casa, fatta -colle mani dell'uomo; nè fa d'uopo andare in chiesa -per adorarlo. Lo s'adora con maggior frutto nelle -stalle, nelle camere, chè dappertutto il figliuolo può -invocare l'aiuto del padre suo.<a class="tag" id="tag230" href="#note230">[230]</a> -</p> - -<p> -Ed oltre a questa coincidenza è notevole l'altra -del peso che davano all'autorità della Bibbia al di -sopra di tutte le altre. I Catari nelle loro polemiche -non si valevano tanto di prove dottrinali, tirate -a fil di logica dai principii dualistici, ma più -che altro della testimonianza del nuovo Testamento, -il cui testo conoscevano profondamente. Parimenti -i Valdesi possono dirsi, colla frase del Comba, popolo -<i>unius libri</i>. E del loro capo racconta Stefano -di Borbone, che non intendendo bene il latino, si -fece tradurre la Bibbia in volgare, ed avuto il prezioso -<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span> -testo, lo studiava assiduamente e ne imprimeva -a mente le massime.<a class="tag" id="tag231" href="#note231">[231]</a> -</p> - -<p> -Accanto dunque a notevoli differenze s'hanno -pur da ammettere non poche analogie tra i Catari -ed i Valdesi. Ed io non dubito che tra le opposte opinioni -dei vecchi e dei nuovi espositori debba aprirsi -la via una più moderata, che si tenga egualmente -lontana dalle esagerazioni dell'una e dell'altra parte, -ed ammettendo pure una diversa origine pei Catari -e pei Valdesi riconosca l'azione efficace che gli -uni esercitarono sugli altri. Sarebbe veramente -strano che una agitazione così profonda, come -quella dei Catari, non avesse prodotta una moltiplicità -di sètte, come accadde più tardi al tempo -della Riforma. Quando il sentimento religioso è sovreccitato, -e la forza della tradizione è svigorita -dall'urto delle nuove dottrine, è vano sperare l'unità -di opinioni e nell'un campo e nell'altro. Dal contrasto -tra quelli, che voglion distrugger tutto, e -gli altri, che tutto intendon conservare, senza dubbio -nasceranno non uno, ma parecchi partiti mediani -che si avvicineranno qual più qual meno ad -uno degli estremi. Così accadde che dal fondo dell'eresia -catara emergessero tante eresie di cui avremo -a parlare in seguito, e perfino gli Ebrei trassero -partito da quell'arruffìo, gli Ebrei, che sono -pure i meno atti al proselitismo religioso, e che -<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span> -in quel tempo, in cui si diffondeva una eresia più -avversa della stessa Chiesa Cattolica al Mosaismo, -parea poco prudente si rinzelassero. Ma videro i -figli d'Israello propizia l'occasione, e dalla dottrina -ariana, accettata dai Catari, della diversità di natura -delle tre persone trassero la conseguenza che -Cristo non valendo dappiù degli altri profeti del -Vecchio Testamento, non avrebbe potuto distruggere -la legge mosaica, la quale vige sempre in -tutto il suo rigore; epperò chi vuol salvarsi ha da -osservare il sabato e circoncidersi.<a class="tag" id="tag232" href="#note232">[232]</a> Se dunque l'agitazione -religiosa era così intensa che persino gli -ebrei speravano di trovar seguaci tra i cristiani, -ed anch'essi al pari dei Catari si appellavano contro -la Chiesa romana al Nuovo Testamento ed ai Profeti,<a class="tag" id="tag233" href="#note233">[233]</a> -qual meraviglia che pullulassero altre sètte -più o meno affini tra loro, ma tutte egualmente avverse -alla Chiesa ufficiale? -</p> - -<p> -Contro queste argomentazioni si potrebbe addurre -il fatto rilevato da tutti gli storici moderni, -che i Valdesi nascono in Lione, dove l'eresia catara, -<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span> -per quanto si sappia, non è mai penetrata; nè io -voglio dubitare del fatto, nè addurrò le solite ragioni -contro le prove negative. Ammetto benissimo -che l'impulso del moto valdese sia partito da Lione -e per opera di un uomo, che certo non apparteneva -alla setta catara. Ma questo moto dove si -propaga, dove diventa più largo e minaccioso? Nei -paesi dove fervea l'agitazione catara, e le discussioni -religiose commoveano gli animi e le menti. -Ivi l'eresia valdese si staccò definitivamente dalla -Chiesa romana, e formò un corpo di dottrine in -parte tolte dal catarismo, in parte a lui ostili. Ivi -fece il maggior numero di seguaci, sottraendoli -alla setta rivale, ed è ben certo che senza questi -aiuti efficaci le idee del novatore lionese sarebbero -state, come quelle di Claudio, seme senza frutto. -Qual'è dunque la vera patria dell'eresia valdese? Il -luogo dove nasce e donde ben presto fu scacciata -o gli altri dove s'organizza, prende consistenza e -perdura? Anche prima dei valdesi gli eretici Pietro -di Bruys ed Enrico aveano fatto gran seguito nelle -provincie di Arles e di Tours, già devote da gran -tempo al catarismo. In seguito gli Enriciani stendendosi -sino al Reno posero il loro quartiere generale -in Colonia, ove sappiamo già da Evervino -che pur s'adunava gran copia di Catari.<a class="tag" id="tag234" href="#note234">[234]</a> Lo stesso -fatto accadde in Lombardia, ove l'eresia catara si -<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span> -era divisa e suddivisa in tante sètte, che al dir di -Stefano di Borbone, parecchi vescovi rappresentanti -ciascuno una frazione, riunitisi per trovar modo -d'intendersi, riuscirono invece a scomunicarsi a vicenda.<a class="tag" id="tag235" href="#note235">[235]</a> -In questo paese così travagliato dai dissensi -religiosi ebbero ben presto molti seguaci i Valdesi, -e fin da principio si divisero anche essi in sètte -parecchie. Alcuni col nome di Poveri di Lione serbarono -anche l'antica dottrina della povertà assoluta; -gli altri, che si dissero Poveri Lombardi, pare -che transigessero su questo punto dei possessi; altri -negando il bisogno di speciale consacrazione, sostennero -tutti gli uomini buoni potersi dire ministri -del Signore, gli uomini, ben inteso, non le -donne; altri scartarono come assurda questa ultima -restrizione e così di seguito. Qual prova più convincente -di questa che mostra come i Catari ed i -Valdesi camminino di pari passo?<a class="tag" id="tag236" href="#note236">[236]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span> -</p> - -<p> -Dell'azione che l'antica eresia catara esercitò -sulla nascente valdese fanno sicura testimonianza -alcune dottrine che non hanno nessun nesso coi -dommi fondamentali dei Poveri di Lione. Noi già -ne abbiamo ricordato uno, che in nessun caso nè -per alcuna necessità sia lecito torre la vita al suo -simile fosse anche per difendere la propria vita, o -per la conservazione dello Stato o della Chiesa. Si -comprende che in opposizione alla Chiesa, inspiratrice -delle crociate contro gli eretici, questi dovessero -mettere in rilievo l'orrore dell'omicidio. Ma -la condanna illimitata della pena di morte è un -retaggio cataro, perchè i nuovi manichei come gli -antichi proibivano severamente l'uccisione di ogni -vivente, tanto d'un pollo come d'un uomo.<a class="tag" id="tag237" href="#note237">[237]</a> Un'altra -dottrina non propria di Valdesi è l'assoluto divieto -di giurare, attestato concordemente da Stefano di -Borbone, Alano, Pietro di Vaux Cernay e Rainero -<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span> -Sacconi.<a class="tag" id="tag238" href="#note238">[238]</a> Che questa proibizione così rigorosa, benchè -possa giustificarsi con citazioni bibliche (S. Giacomo, -Epist. v, 12; Mat. Ev. v, 34) non risponda -allo spirito che informa l'eresia valdese, lo prova il -fatto, che cadde nel protestantesimo. E se i Valdesi -v'insistono tanto da farne il cardine delle loro dottrine, -è dovuto senza dubbio alla tradizione catara. -Chè i Catari, al pari dei gnostici antichi, aveano -tanto in orrore il giuramento da metterlo a paro -colla menzogna. Ed anche intorno alla menzogna -i Valdesi ereditano dai Catari la massima che il -nasconder la verità sia un peccato mortale non meno -grave dell'omicidio; nè valgono circostanze o buone -intenzioni a scemarne la portata.<a class="tag" id="tag239" href="#note239">[239]</a> -</p> - -<p> -Un'altra traccia si riferisce al matrimonio. Dicemmo -già come e perchè i Catari condannino il -matrimonio, nè pongano nessuna differenza tra -l'unione legittima e il concubinato. I Valdesi rifiutando -la metempsicosi non potevano avere gli -scrupoli dei Catari, e non solo tenevano per sacramento -il matrimonio, ma tornando ai tempi patriarcali -avvisavano, secondo un'antica fonte, non -essere peccato torre in moglie la sorella o la -<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span> -cugina.<a class="tag" id="tag240" href="#note240">[240]</a> Il che spiega come nel Protestantesimo si -sia tolto l'obbligo del celibato pei sacerdoti. Ciò -non pertanto è così stretto il legame tra Catari e -Valdesi, che questi ultimi, se pur non condannano -il matrimonio, lo tengono molto da meno del celibato. -Nè vietano che quandochessia la moglie si -separi dal marito per attendere ad una vita più -austera; ma invece lodano questa che nel linguaggio -cattolico si chiamerebbe infrazione di un vincolo -sacro.<a class="tag" id="tag241" href="#note241">[241]</a> Secondo l'anonimo di Passau vanno più in -là, e tengono addirittura per peccato mortale il -coniugio, quando almeno non vi sia speranza di -prole.<a class="tag" id="tag242" href="#note242">[242]</a> Si direbbe che mal tollerando il matrimonio, -cercano tutte le vie per frapporgli ostacoli. -Similmente s'erano adoperati gli Enriciani, che -come vedremo sono i più prossimi precursori dei -Valdesi; ed aveano anch'essi proibite se non le -prime almeno le seconde nozze.<a class="tag" id="tag243" href="#note243">[243]</a> Tutte queste prescrizioni, -<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span> -che ripugnano allo spirito della Riforma, -e che ben presto cadranno, non si possono spiegare -se non ad un patto, che si ammetta un influsso cataro -nella formazione della nuova eresia. Parmi -adunque fuori di controversia, che sebbene l'eresia -valdese si distingua profondamente dalla catara e -indipendentemente da questa sia nata, pure crebbe -e si diffuse per l'aiuto datole dai Catari, e per -questo intreccio delle due eresie nell'una sono penetrate -dottrine proprie dell'altra, e fu possibile -che gli storici posteriori non le sapessero più distinguere. -</p> - -<p> -Resta ora da discutere l'altra quistione del tempo -in cui nacque la Chiesa valdese. -</p> - -<h4 id="cap2-1-II">II</h4> - -<p> -Gli scrittori valdesi per fini apologetici negano -di avere tolto il loro nome da Pietro Valdez, mercatante -lionese, che cominciò a spargere le sue -dottrine nel 1170, e credono che la loro Chiesa -rimonti assai più indietro nel tempo. Anche gli antichi -Valdesi si davano il vanto di essere gl'immediati -<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span> -successori degli apostoli.<a class="tag" id="tag244" href="#note244">[244]</a> Ma certo essi intendevano -che durante il lungo tempo che corse -tra Costantino e Pietro Valdez non mancarono -santi uomini, mondi dalla generale corruzione,<a class="tag" id="tag245" href="#note245">[245]</a> non -certo che il loro patriarca fosse contemporaneo di -papa Silvestro.<a class="tag" id="tag246" href="#note246">[246]</a> Ed il prof. Comba opportunamente -ricorda che i primi scrittori valdesi come il Perrin -ed il Gillio accettano la comune ed antica tradizione -dell'origine lionese.<a class="tag" id="tag247" href="#note247">[247]</a> Fu il primo Léger che -prese a favoleggiare di una origine più remota, -e dietro a lui seguirono altri scrittori fino al Muston, -al Monastier, all'Hahn. Le ragioni più forti -le traevano codesti scrittori dall'antica letteratura -valdese, che facevano rimontare al 1100 o giù di lì. -Ma il Dieckhoff prima<a class="tag" id="tag248" href="#note248">[248]</a> e poi l'Herzog dimostrarono -evidentemente, che le opere, credute antiche -erano invece posteriori ai taboriti. Più tardi trovati -i celebri manoscritti di Cambridge, che si credevano -dispersi, fu constatato che anche la Nobla Leyczon, -creduta antichissima dal Raynouard, è posteriore -<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span> -al 1400, perchè nel famoso verso: <i>Ben ha mil et -cent ancz</i> si deve aggiungere un piccolo quattro, -visibilmente raschiato in un codice, ed altrove -scritto a tutte lettere.<a class="tag" id="tag249" href="#note249">[249]</a> Così fu tolto ogni valore -alle fonti valdesi, e benchè l'Herzog seguitasse a -farne gran conto, pure è fuori di dubbio che senza -le fonti cattoliche sarebbe ben difficile sceverare -negli scritti valdesi la parte antica della dottrina -dalle moderne aggiunte.<a class="tag" id="tag250" href="#note250">[250]</a> -</p> - -<p> -In questa sentenza convengono ormai tutti gli -scrittori più autorevoli. Solo il Muston non si dà -per vinto, e con nuovi argomenti rincalza l'antica -sua tesi, che i Vaudois delle valli piemontesi e pel -dialetto che parlano e pei libri che scrissero si chiariscono -molto più antichi di Pietro Valdo, ed indigeni -dei luoghi, ove da tanti secoli abitano.<a class="tag" id="tag251" href="#note251">[251]</a> Ma -la teoria del Muston, che il dialetto valdese sia -d'origine schiettamente italiana, e non provenzale -contraddice ai risultati più certi della filologia neolatina, -come ha dimostrato un'autorità ben competente, -il prof. Förster di Bonn.<a class="tag" id="tag252" href="#note252">[252]</a> E la quistione -<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span> -dell'antichità dei Valdesi si può dire ormai con -certezza risoluta nel senso delle fonti cattoliche. -</p> - -<p> -Ma se è vana la pretensione dei Valdesi di far -rimontare la loro setta sino ai tempi di papa Silvestro, -non è punto falso per lo contrario, che nei -secoli passati si scoprano qua e là segni precursori -delle nuove eresie. La continuità della Chiesa valdese -dai tempi apostolici sino a noi è una favola; -la lenta preparazione delle sue dottrine nei secoli -anteriori è un fatto storico. Così non a torto i Valdesi -adducono tra i loro predecessori Claudio, cappellano -di Ludovico il Pio, e vescovo di Torino -dall'822 all'839.<a class="tag" id="tag253" href="#note253">[253]</a> Certo le sue opinioni iconoclastiche -non lo metton fuori dalla Chiesa cattolica, -chè le decisioni del concilio Niceno del 787, non -che accolte negli Stati occidentali, furono invece -respinte nel concilio di Francoforte del 794; e lo -stesso Carlo Magno e molti prelati non dissimulavano -la loro avversione al culto delle immagini. Ma -è strano che Claudio proscriva perfino l'adorazione -della Croce, rappresentante agli occhi suoi, come a -quelli dei Catari, non un pio ricordo della passione -di Gesù, ma uno strumento d'ignominia.<a class="tag" id="tag254" href="#note254">[254]</a> Questo difetto -di ogni senso pel simbolismo religioso non è -però il tratto che più raccosta il vescovo di Torino -ai moderni valdesi; perchè più della stessa condanna -del culto delle imagini, le ragioni che adduce per -sostenerla arieggiano al fare protestante. Lui move -<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span> -la tema che il volgo, confondendo il simbolo col -simboleggiato, insieme li adori ricascando nell'antico -paganesimo. A questo timore s'aggiunge il -convincimento, che si debba inchinare solo al Creatore -non alla creatura per grande che sia, e a Dio -solo rivolgerci senza l'inutile scorta d'intermediarii; -onde insieme al culto delle imagini proscrive anche -l'invocazione dei Santi e le litanie. Non col metterci -nel seguito dei Beati noi partecipiamo alla -loro beatitudine, ma coll'attingere alla stessa fonte -di giustizia e di carità assoluta, a cui attinsero -quelli. Siffatta condanna di usi e riti tradizionali -vien giustificata dalla profonda differenza che corre -tra l'essenza della religione e le sue manifestazioni -storiche; che per quanto pura ed elevata è la prima, -altrettanto imperfette e facili a corrompere son le -seconde. E l'essenza intima della religione non è -aperta a tutti, bensì a pochi ingegni privilegiati, -come quello di Agostino, cui il nostro Claudio, al -pari dei Protestanti, mette al di sopra degli altri -padri della Chiesa. È per questo appunto che la -spiritualità della religione ideale si offusca nel corso -della storia, è necessario che di tempo in tempo -nascano coraggiosi prelati, i quali combattano senza -tregua gli errori, e faccian rifiorire la purità primitiva. -In questi pensieri è racchiusa in germe non -solo la riforma della dottrina cattolica, ma benanco -un'ulteriore trasformazione razionalistica.<a class="tag" id="tag255" href="#note255">[255]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span> -</p> - -<p> -Al pari di Claudio vescovo di Torino, è iconoclasta -Agobardo arcivescovo di Lione,<a class="tag" id="tag256" href="#note256">[256]</a> autore di un -libro <i>contra eorum superstitionem, qui imaginibus et -picturis sanctorum adorationis obsequium deferendum -putant</i>. Ma l'opera di Agobardo giovò più alla causa -del razionalismo che a quella della riforma, e la -maggior parte degli scritti di Agobardo sono indirizzati -contro le superstizioni popolari. Nel libro -<i>de grandine et tonitruis</i>, combatte l'ignoranza del -volgo, il quale crede che con preghiere ed esorcismi -si possa torcere il corso della natura. Il che -importerebbe non pure che Dio possa mutare i suoi -consigli, ma che nel governo del mondo abbiano -parte quelli, mediante i quali accadono questi mutamenti. -Contro il duello giudiziario scrive un prezioso -trattato, <i>Liber adversus legem Gundobaldi</i>, in -cui mette a nudo l'assurdo di chieder la divinità -di opere, che spetta a noi compiere, come la ricerca -della verità. Chi ci assicura che la Divinità si presti -al piacer nostro, e che la vittoria non sia dell'innocente, -ma del più abile? La virtù lungi dal trionfare, -anzi il più delle volte suole essere oppressa; -<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span> -talchè al cristiano s'insegna di nulla sperare e nulla -temere da questo mondo. Questi trattati si rivolgono -contro pregiudizii e superstizioni popolari; -nè certo in essi, ma in quelli schiettamente teologici -troveremo qualche accenno alle idee che più -tardi saranno sostenute dai Valdesi. Così nel libro -contro Fredegiso sostiene non doversi la Bibbia -intendere sempre alla lettera, chè il contenuto è -certo divino, ma la forma, vale a dire imagini e -parole, sono umane, e adatte alla condizione dei -tempi. Tutto ciò che è umano non può pretendere -mai all'infallibilità, e la principale virtù dell'uomo -è l'umiltà, nella quale si riconosce la propria fragilità. -Dal che l'avversario Fredegiso nell'interesse -polemico dedusse che Gesù, praticando l'umiltà, si -riconosceva capace di peccare. Conseguenza giusta, -a cui Agobardo s'argomenta di sfuggire adducendo -esser l'umanità di Cristo di una natura sua propria, -e non assimilabile a quella degli altri uomini. La -qual risposta avrebbe porto argomento a discutere -del rapporto delle due nature in Cristo; ma la polemica -non ebbe seguito. Come anche non ebbe seguito -l'altra discussione sull'eternità della Redenzione. -Agobardo volendo conciliare insieme i due -punti, che non si è salvi se non per opera di Cristo, -e che la salute abbia potuto aver luogo in tutti i -tempi, ammetteva la preesistenza del Salvatore all'Incarnazione. -Il che veniva negato da Fridegiso -sull'autorità di Agostino.<a class="tag" id="tag257" href="#note257">[257]</a> Ma nè questa quistione -<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span> -nè la precedente si connettono colle polemiche riformistiche; -onde non a torto il Monastier tien più -conto di Claudio che di Agobardo, e questo ultimo -solo in un senso molto largo si potrebbe annoverare -tra i predecessori dei Valdesi. -</p> - -<p> -Nè si può contare a stretto rigore neanche Berengario -(999-1088), sebbene nella polemica che -questo coraggioso prete sostenne contro Lanfranco -sono ben messi in rilievo due punti di molto interesse -nel Protestantesimo; il carattere simbolico -dell'Eucaristia, e la preferenza data alla Bibbia -(purchè la s'interpetri nel suo spirito) in confronto -della tradizione religiosa. Ma più ci avviciniamo al -secolo <span class="smcap lowercase">XII</span>, ed in maggior numero scopriamo precursori -della dottrina valdese. Verso l'anno 1110 un -laico di Amsterdam, di nome Tanchelino, insurse -contro il clero corrotto. Par che cominciasse dal -combattere la dottrina agostiniana, che i doni di -Dio arrivano sempre a chi li riceve con fede, anche -se il messo che li porta sia indegno come Giuda.<a class="tag" id="tag258" href="#note258">[258]</a> -Egli invece predicava non giovare il sacramento se -non in ragione della santità di chi l'amministra.<a class="tag" id="tag259" href="#note259">[259]</a> -<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span> -Dottrina, che s'era già fatta strada tra i Patarini, -e per averla prima di Tanchelino predicata un tale -di Cambray fu arso vivo, esecuzione iniqua contro -la quale protestò Gregorio VII, chiedendone stretto -conto al clero cameracense.<a class="tag" id="tag260" href="#note260">[260]</a> Ma pare che non s'arrestasse -a questo punto l'eresiarca di Amsterdam. -Se i Sacramenti non valgono di per sè, ma solo -in quanto mettono in comunione le anime pie e -devote, non sono dappiù di un simbolo; nè hanno -alcuna virtù sovrannaturale, e ogni uomo pio può -somministrarli.<a class="tag" id="tag261" href="#note261">[261]</a> Non c'è dunque ragione di prestare -un ossequio superstizioso ai sacerdoti e vescovi. -Ogni fedele, di anima pura, è sacerdote, massime -se è sotto l'ispirazione diretta del Santo Spirito. -E tale è Tanchelino, che predicando la schietta -verità, non è solo al di sopra dei sacerdoti e vescovi, -ma può aspirare a ben più alti onori. Nè la -madre stessa di Gesù, la Vergine Maria, gli rifiuta -la sua mano. Anzi queste mistiche nozze, a quel -<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span> -che dice un cronista, furono celebrate con pompe -e donativi. Tanto potere s'era acquistato sulle turbe -il nuovo Profeta, che vestito di gemme, e legati i -capelli da triplice nastro, procedeva alla testa di -tremila persone che lo veneravano più che santo, -fino al punto da bere l'acqua del suo bagno.<a class="tag" id="tag262" href="#note262">[262]</a> Non -ostante questo favore popolare, Tanchelino fu ucciso -da un prete nel 1125 secondo alcuni, nel 1115 -secondo altri.<a class="tag" id="tag263" href="#note263">[263]</a> -</p> - -<p> -Contemporaneamente a questo movimento nelle -Fiandre ne scoppia un altro nel mezzogiorno della -Francia, e dalla provincia arelatense si estende e -si dilarga <i>more pestis validae</i>, dice l'abate di Cluny. -Il capo di questa eresia è Pietro di Bruys, il quale -nega il battesimo dei bambini, la necessità di consacrare -fabbricati appositi al culto, l'adorazione -della croce, l'eucaristia, infine le messe, orazioni -ed elemosine in suffragio dei defunti.<a class="tag" id="tag264" href="#note264">[264]</a> Dottrine che -<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span> -abbiamo già viste mescolate a tante altre nel Catarismo, -e che fra non molto saranno accolte nella -loro integrità dai Valdesi. Il numero dei seguaci -s'ingrossava rapidamente, ed uno dei discepoli, il -monaco Enrico, ebbe tal seguito che gli eretici di -quel tempo vanno più col nome di Enriciani, che -non Petrobrusiani.<a class="tag" id="tag265" href="#note265">[265]</a> -</p> - -<p> -Enrico cominciò in Tours le sue predicazioni -contro il fasto e la dissolutezza del clero. E l'argomento -non era fuor di proposito, chè non ostante -i rigori dei Pontefici, i preti perduravano nelle antiche -consuetudini, e più d'un secolo dopo le riforme -gregoriane il concilio lateranense del 1177 fu costretto -ad inserire un canone contro i sacerdoti -concubinarii.<a class="tag" id="tag266" href="#note266">[266]</a> Il terreno era dunque bene scelto, e -la vittoria certa. Adoperava le stesse armi dei Patarini -e di Tanchelino, e, nuovo Arialdo, sapeva -accendere l'animo del popolo così, che il vescovo -Ildeberto ebbe a durar fatica se volle salvare dall'ira -della turba i sacerdoti e i lor figli.<a class="tag" id="tag267" href="#note267">[267]</a> Espulso -<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span> -dalla diocesi di Tours, continuò la sua propaganda -nel Poitou, e di là sino a Tolosa. E l'eresia faceva -così rapidi progressi, che Eugenio III<a class="tag" id="tag268" href="#note268">[268]</a> fu costretto -a mandare per suo legato nel Tolosano il cardinale -Alberico, che scelse a suo compagno S. Bernardo. -Di questo ultimo abbiamo ancora due lettere, in -cui il pericoloso monaco è ritratto coi più neri colori; -lo si rimprovera d'incontinenza, ingordigia e -venalità;<a class="tag" id="tag269" href="#note269">[269]</a> gli si appone a colpa sinanco il peregrinare -di città in città secondo il costume apostolico.<a class="tag" id="tag270" href="#note270">[270]</a> -Ma queste accuse mal nascondono le ansie del santo -abate, il quale ben conosce il valore dell'avversario -suo, nè si dissimula il successo da lui riportato. -Vuote son le chiese, ei dice, il popolo senza -sacerdoti, i sacerdoti senza autorità, i Cristiani senza -<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span> -Cristo.<a class="tag" id="tag271" href="#note271">[271]</a> Il che mal s'accorda col ritratto che ei fa -di Enrico, essendo ben difficile che un uomo sì -corrotto operi tali miracoli, ed un freddo ed astuto -calcolatore valga a infondere altrui il fuoco sacro. -</p> - -<p> -La verità non s'ha da cercare nelle studiate -accuse dei polemisti, ma nelle ingenue parole della -vecchia cronaca, il cui autore pur non credendoci, -ci parla della fama di santità e di scienza che accompagnava -il novatore.<a class="tag" id="tag272" href="#note272">[272]</a> E per testimonianza degli -stessi cattolici gli eretici o manichei o petrobusiani -o che altro fossero, appunto per questo ottenevano -presto il favor popolare, che di contro alla mollezza -della maggior parte del clero menavano una vita -austera e faticosa.<a class="tag" id="tag273" href="#note273">[273]</a> Pellegrinavano di paese in paese, -sempre stranieri dovunque, non possedendo in alcun -luogo o un tetto o un campo per sè, solleciti soltanto -della salvezza delle loro anime, non altro tesoro -portando seco, fuor dell'invitta fede che li -animava.<a class="tag" id="tag274" href="#note274">[274]</a> In olocausto alla quale essi sacrificavano -<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span> -la lor vita, gittandosi lieti e volenterosi nelle fiamme. -Costanza eroica, degna dei primi martiri del Cristianesimo, -e non ultima causa del rapido dilatarsi -delle dottrine eterodosse!<a class="tag" id="tag275" href="#note275">[275]</a> -</p> - -<p> -Gli è vero, che Evervino parla qui dei Catari, -ma egli stesso ci narra di altri eretici, i quali pur -non accettando i principii dualistici, evacuant sacerdotium -Ecclesiae et dannant sacramenta praeter -baptismum solum et hunc in adultis.... in suffragiis -sanctorum non confidunt .... orationes vel oblationes -pro defunctis annihilant. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span> -</p> - -<p> -Il qual passo della lettera di Evervino ci mostra -come in breve tempo le dottrine di Enrico e di -Pietro dalle rive della Garonna sieno arrivate sino -al Reno, ove questi antichi protestanti non pur si -distinguevano dai Catari, ma entravano bene spesso -con essi in polemiche ardenti.<a class="tag" id="tag276" href="#note276">[276]</a> Questo ebbe luogo -negli ultimi anni di Eugenio III, e prima ancora -che fosse assunto al trono imperiale Federigo Barbarossa. -Dal che si comprenderà come tal movimento -si dilatasse e divenisse più minaccioso negli -anni successivi, in cui i papi Adriano IV ed Alessandro -III ebbero a sostenere contro Federigo I -una lotta non meno aspra e difficile di quella che -pressochè un secolo prima s'impegnò tra Gregorio -VII ed Enrico IV. Ed in quegli anni appunto in -cui il mondo cattolico era diviso tra Alessandro III -e i tre antipapi, che successivamente gli furono -opposti, s'udì in Lione la voce di Pietro Valdez,<a class="tag" id="tag277" href="#note277">[277]</a> -che venduto tutto il suo, e distribuitone il prezzo -ai poveri, si mise alla testa di una setta che da -lui prese il nome di Valdesi, e dal luogo onde -mosse, e dalla vita mendica che menava si disse -anche dei <i>Poveri di Lione</i>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span> -</p> - -<h4 id="cap2-1-III">III</h4> - -<p> -Le fonti non sono d'accordo sull'occasione che -provocò la risoluzione del Valdez. L'anonimo di -Passau l'attribuisce alla morte improvvisa di un -signore di Lione convenuto col Valdez ed altri amici -ad un'adunanza;<a class="tag" id="tag278" href="#note278">[278]</a> il cronista laudunense invece fa -cenno di un racconto della vita di S. Alessio, che -avrebbe siffattamente tocco il nostro Pietro da recarsi -sull'istante presso un maestro di teologia per -chiedergli della vera via di salute. Ed il mercatante -lionese, arricchito sinoggi ai danni altrui, -ottiene in risposta che la via della salute sta nel -disfarsi di tutto, e seguir Cristo, essendo molto più -facile che un cammello entri nella cruna di un ago, -anzi che un ricco in paradiso.<a class="tag" id="tag279" href="#note279">[279]</a> Forse il primo racconto -sarebbe più verisimile, e anche di Budda dicesi -che lo spettacolo delle miserie umane gli abbia -acceso nell'animo il fervore religioso. Ma comunque -sia, l'apparizione del Valdez, non è un fatto isolato, -<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span> -nè difficile a spiegare. Già prima di lui altri novatori -avean predicate le stesse dottrine. E tutte le -anime religiose sentivan bene che a lungo andare -la Chiesa cattolica sarebbe stata logorata da quei -mali, che un Pier Damiani ed un Bernardo confessavano -apertamente. Nè la Chiesa dei Catari, sebbene -più austera della sua rivale, potea farne le -veci, che per le stranezze dei dommi mal s'accomodava -al genio occidentale. Non restava dunque se -non una riforma del Cattolicismo molto più profonda -e radicale di quella cominciata da Gregorio VII. -E giacchè il clero non ostante le vittorie patariniche -continuava negli antichi errori, se salute era -possibile, del laicato solo si aveva a sperare. -</p> - -<p> -In queste condizioni sorge Pietro Valdez, ed il -primo atto del suo apostolato è di spogliarsi delle -male accumulate ricchezze.<a class="tag" id="tag280" href="#note280">[280]</a> E lasciata alla moglie, -secondo la cronaca laudunense, tutta la sostanza -immobiliare, dotate convenientemente le figlie che -chiude in un convento, il resto dei suoi averi distribuisce -tra i poveri. Lo stesso cronista ci racconta -che infierendo in quel tempo la carestia per la -Francia e la Germania, il Valdez soleva distribuire -pane e carni a chiunque gli capitasse. Così la fama -della sua carità si spargeva di città in città; tutti -i bisognosi facevan capo a lui, e per soccorrerli ei -spendeva l'ultimo denaro. Ben si maravigliavano -gli amici, e lo tenevano per pazzo, ma egli seguendo -<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span> -la sua via, nel dar fondo a tutto il suo, stimavasi -affrancato da una grande servitù.<a class="tag" id="tag281" href="#note281">[281]</a> Per tal guisa il -mercatante di Lione cresciuto tra gli agi e le mollezze -si compiacea di tornar povero, ed accattava -anche lui battendo alle porte dei compagni antichi.<a class="tag" id="tag282" href="#note282">[282]</a> -Quanta differenza dai prelati della Chiesa, che non -istanchi di accumulare ricchezze, misuravano la dignità -del loro ufficio dallo splendore delle vesti e -dal lusso degli equipaggi! -</p> - -<p> -Il primo punto dunque dell'insegnamento di -Valdez è la povertà volontaria, principale mezzo di -salute. I Patarini ed i Catari sull'autorità degli -stessi testi evangelici avean sostenute le medesime -dottrine, facendone un'arma potente contro la simonia -del clero.<a class="tag" id="tag283" href="#note283">[283]</a> Ma mentre i Catari obbligano -<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span> -anche i perfetti a vivere del lavoro delle proprie -mani, e vietano severamente l'accattonaggio, il -Valdez lo predica, e lo inculca col suo esempio -come severa prova di umiltà. Per questa ragione -i seguaci dell'apostolo lionese accanto alla denominazione -di Poveri di Lione si gloriano di portare -quella di Umiliati.<a class="tag" id="tag284" href="#note284">[284]</a> Più tardi questa dottrina della -<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span> -povertà assoluta, e del gran merito dell'accattare -verrà ripresa e sostenuta calorosamente dai Francescani. -</p> - -<p> -Questa dottrina della povertà se potea suonare -come protesta contro il fasto e le mollezze dell'alta -prelatura, non era certamente anticattolica, -nè abbiamo motivo a negar fede all'anonimo laudunense -che racconta essere stato il Valdez grandemente -lodato da papa Alessandro III pel voto -fatto di volontaria povertà.<a class="tag" id="tag285" href="#note285">[285]</a> Ma sovra un altro -punto lo stesso Papa non poteva transigere, nè -egli nè il suo successore vi si piegarono, voglio -dire sulla predicazione. Il Valdez conosciuta la vera -via della salute, non fuggì in un lontano romitaggio -per consacrarsi alla preghiera ed alla penitenza -secondo il costume degli antichi cenobiti; ma bene -invece sentì il profondo bisogno d'insegnare agli -altri quello che a lui venne fatto di scoprire. Il Valdez -avea l'istinto del riformatore religioso, e ben -sapeva trasfondere altrui l'intimo suo convincimento. -<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span> -Nè solo lui, ma tutti i discepoli, a simiglianza -degli apostoli, andavano pellegrinando per la terra a -spargere la nova parola; nè ha torto il Dieckhoff -di chiamare il sodalizio fondato dal Valdez col -nome di liberi predicanti. E come ad imitazione -dei poveri di Lione sorsero i poveri d'Assisi o frati -minori, così ad imitazione dei predicatori valdesi -nacquero i frati predicatori. In queste faticose pellegrinazioni -i Valdesi non solo sulla povertà predicavano, -ma su tutto l'indirizzo morale e religioso, -spiegando i libri sacri,<a class="tag" id="tag286" href="#note286">[286]</a> che Valdo avea a sue spese -fatto volgere in provenzale da due ecclesiastici, un -Bernardo Idro che scrivea ed uno Stefano di Ansa -che dettava la traduzione.<a class="tag" id="tag287" href="#note287">[287]</a> Essi non furono i primi -a volgarizzare la Bibbia, avendoli preceduti i Catari -che dei testi tradotti faceano largo uso nelle -loro polemiche contro la Chiesa cattolica. Certo -nessun'altra setta ebbe in tanta venerazione i sacri -testi, la cui autorità più tardi sarà messa al di -sopra della tradizione; e se lo studio della Bibbia -non è il tratto più novo e più caratteristico della -<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span> -nuova setta, certo non è meno importante degli -altri già descritti. Ed io sarei per credere che la -povertà, la libera predicazione ed il culto della -Bibbia non si possono scindere l'uno dall'altro da -chi voglia riprodurre tutta intera la fisonomia della -nuova setta. -</p> - -<p> -Le autorità ecclesiastiche mal tolleravano che -dei laici idioti od illetterati non solo usurpassero -l'ufficio della predicazione, ma s'adoperassero a -spiegare i libri santi, i quali vanno interpetrati e -commentati con molta cautela. Talchè lo stesso -Alessandro, che avea lodato il voto di povertà fatto -dal Valdez, interrogato forse il concilio raccolto -nel Laterano nel 1179, vietò a lui ed ai suoi compagni -di predicare senza il permesso dell'autorità -ecclesiastica locale.<a class="tag" id="tag288" href="#note288">[288]</a> Già questa, ben conscia dei pericoli -<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span> -di una predicazione laica, lungi dall'incoraggiarla, -l'avea repressa, e Stefano di Borbone ricorda -che Giovanni, vescovo di Lione, chiamati a sè i -Valdesi, proibì loro di occuparsi della Bibbia e di -commentarla e divulgarla per le vie.<a class="tag" id="tag289" href="#note289">[289]</a> -</p> - -<p> -Non per questo smesse l'ardito novatore, e dicesi -che alle ingiunzioni del vescovo rispondesse -come l'apostolo al principe dei sacerdoti, doversi obbedire -più a Dio che agli uomini.<a class="tag" id="tag290" href="#note290">[290]</a> Ma il principe -dei sacerdoti, Lucio III, scomunicò lui e i suoi -seguaci,<a class="tag" id="tag291" href="#note291">[291]</a> e da quel giorno cominciarono le ardue -prove per la novella società. Espulsi da Lione, andarono -raminghi per diverse contrade, non cessando -dal loro apostolato, e pare che convinti della propria -ortodossia contro il decreto di Lucio, s'appellassero -<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span> -ad Innocenzo III, dal quale invocavano eziandio -l'approvazione del loro sodalizio.<a class="tag" id="tag292" href="#note292">[292]</a> -</p> - -<p> -Innocenzo al certo poneva differenza tra Catari -e Valdesi, e questi come meno eterodossi trattava -con maggiore indulgenza. Prova ne sia quel Durando -de Osca, capo di una frazione detta degl'Inzabattati, -il quale appellatosi a lui dalla scomunica -dell'arcivescovo terraconese, non solo fu riammesso -nel seno della Chiesa, ma dopo esplicita dichiarazione -di fedeltà alla Santa Sede ebbe licenza di -conservare il suo istituto.<a class="tag" id="tag293" href="#note293">[293]</a> Non trovarono però -eguale accoglienza gli altri leonisti, che non vollero -abbandonare le dottrine della predicazione laica, e -della libera interpetrazione della Bibbia. Contro -costoro Innocenzo tenne duro, e in luogo di essi -<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span> -approvò un altro sodalizio, che pur facendo voti -di povertà come i Valdesi, ne respingeva le pericolose -dottrine. Questi nuovi zelanti, che col tempo -dal loro capo prenderanno il nome di francescani, -dicevansi allora poveri minori, e più tardi per non -andar confusi cogli emuli di Lione si dissero frati -minori.<a class="tag" id="tag294" href="#note294">[294]</a> E nel concilio lateranense del 1215 i Valdesi -furono scomunicati non meno dei Catari e dei Passagini, -e condannati al pari di loro al ferro ed al -fuoco. -</p> - -<p> -Le persecuzioni si fecero allora più feroci, e la -società valdese si disperse in opposte e remote contrade. -Dove sia andato il Valdez non si sa, e il -luogo e il tempo della sua morte s'ignora. Certo -la sua memoria crebbe venerata tra i suoi seguaci, -che lo ebbero per santo così da rimproverare i -Poveri Lombardi che non credessero all'impeccabilità -di lui, come di nessun altro uomo al mondo. -</p> - -<h4 id="cap2-1-IV">IV</h4> - -<p> -Dalla condanna del concilio lateranense, o forse -anche più in su dal giorno in cui Innocenzo respinse -le proteste dei Valdesi, cominciò per loro -un nuovo periodo, che diremo delle lotte, per distinguerlo -dal periodo precedente o delle origini. -<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span> -La differenza tra questi due periodi fu già rilevata -dal Dieckhoff, che seppe ben classificare le fonti -secondo un criterio cronologico.<a class="tag" id="tag295" href="#note295">[295]</a> Nè so capire il -perchè gli scrittori di cose valdesi siensi allontanati -dalla via così luminosamente tracciata dal -loro predecessore. Si può ben dire che il Dieckhoff -abbia errato in qualche punto secondario, come ad -esempio che faccia l'Alano più antico di quel che -sia; ma non si può negare che in Alano e nel Foncaldo -la dottrina valdese poco s'allontani dal cattolicismo, -e che se ne stacchi molto di più nel -Borbone, nel Moneta, nel Sacconi, e rompa di tutto -punto in Davide d'Ausburgo. Questa disparità delle -fonti è dovuta al tempo in cui apparvero, ed al -successivo sviluppo della dottrina valdese.<a class="tag" id="tag296" href="#note296">[296]</a> -</p> - -<p> -Dal principio, come dicemmo, i Valdesi si tenevano -per buoni cattolici,<a class="tag" id="tag297" href="#note297">[297]</a> nè sapeano intendere il -perchè un laico non avesse da leggere ed interpetrare -<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span> -la Bibbia, e gli fosse conteso di spandere -presso i popoli la parola del Signore.<a class="tag" id="tag298" href="#note298">[298]</a> Non erano -forse laici gli apostoli, che andavano di contrada in -contrada predicando la buona novella? E non leggiamo -nell'antico Testamento che Mosè lungi dal -portare invidia ai profeti, desiderava invece che tutti -profetassero?<a class="tag" id="tag299" href="#note299">[299]</a> Del resto neanco nei nuovi tempi -mancarono laici, che predicassero con successo la -parola del Signore, e dalla Chiesa non che impediti -venner levati sugli altari, come ad esempio il beato -Onorato e santo Equizio.<a class="tag" id="tag300" href="#note300">[300]</a> I Valdesi non capivano -che in una Chiesa costituita gerarchicamente non -possano commettersi a chiunque uffici così delicati -come l'interpetrazione dei sacri testi e la predicazione. -Ed attribuivano perciò il divieto all'invidia -o alla gelosia del clero, che non volendo abbracciare -la povertà voluta dal Cristo, mal tollerava che altri -e colla voce e coll'esempio la predicasse.<a class="tag" id="tag301" href="#note301">[301]</a> D'una -<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span> -ingiunzione, dettata da motivi siffatti, era dunque -lecito e doveroso non tener conto, perchè secondo -Pietro non agli uomini ma a Dio bisogna obbedire.<a class="tag" id="tag302" href="#note302">[302]</a> -</p> - -<p> -La disobbedienza agli ordini emanati dal Papa -e dal concilio fu il primo atto di aperta opposizione -dei Valdesi,<a class="tag" id="tag303" href="#note303">[303]</a> che provocò polemiche astiose, e novelle -scissure. I cattolici sull'autorità del concilio -lateranense sostenevano che l'ufficio di predicazione -spettasse ai soli sacerdoti, e non a tutti, bensì a -quelli prescelti dai vescovi.<a class="tag" id="tag304" href="#note304">[304]</a> I Valdesi protestavano -contro queste restrizioni, e stimavano lecito a chiunque -sapesse la parola del Signore il predicarla, -<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span> -senza distinzione nè di sesso nè di età nè di condizione.<a class="tag" id="tag305" href="#note305">[305]</a> -E che anche le donne possano esercitare -l'apostolato lo provavano coll'autorità della lettera -a Tito, e coll'esempio di una profetessa.<a class="tag" id="tag306" href="#note306">[306]</a> Coteste -dottrine erano diametralmente opposte, l'una ripeteva -il diritto della predicazione dalla scelta del -vescovo, l'altra dall'ardore e dalla scienza dell'insegnante. -E trapassando dall'insegnamento a tutti -gli altri uffici religiosi, l'una dottrina non teneva -conto se non dell'ordinazione, l'altra del merito.<a class="tag" id="tag307" href="#note307">[307]</a> -Dal che seguiva questa conseguenza notevole, -tirata dagli Arnaldisti prima dei Valdesi, che solo -ai sacerdoti o ministri buoni bisogna obbedire, vale -a dire a quelli che nella loro vita e nei costumi -loro si mostrano degni seguaci degli apostoli.<a class="tag" id="tag308" href="#note308">[308]</a> Imperocchè -<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span> -se il merito solo e non l'ordinazione è la -fonte della dignità sacerdotale, quelli che nelle opere -loro si mostrano impari all'alto ministero, hanno -perduto non ostante l'ordinazione ogni autorità.<a class="tag" id="tag309" href="#note309">[309]</a> -</p> - -<p> -Dottrina siffatta è non solo contraria alla cattolica, -che non riconosce altro giudice del sacerdote -all'infuori del superiore gerarchico; ma benanco -alla protestante, che attribuisce minor merito alle -opere che non alla fede.<a class="tag" id="tag310" href="#note310">[310]</a> Con tutto questo e gli -Arnaldisti, ed i Valdesi la professavano, come ci -viene concordemente attestato da fonti antichissime, -quali Alano e l'Abate di Foncaldo, la cui autorità -nessuno può revocare in dubbio.<a class="tag" id="tag311" href="#note311">[311]</a> -</p> - -<p> -Questa dottrina del merito in opposizione all'ordine -venne formolata in occasione della predicazione; -<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span> -ma è ben certo che a non lungo andare -si applicò anche ad altre funzioni religiose, prima -tra le quali fu senza dubbio la confessione. Che -dal sacerdote legittimamente ordinato si ascoltasse -la messa, o si ricevesse la cresima non portava -pregiudizio alla nuova associazione, la quale si credeva -sempre sinceramente cattolica, e nessuno dei -sacramenti voleva negare. Ma non era possibile che -i membri del nuovo sodalizio si confessassero a sacerdoti -cattolici, che faceano ai Valdesi una guerra -non meno aspra e spietata che ai Catari. Bisognava -dunque svigorire l'autorità della confessione cattolica, -e sostituire a quella un'altra forma che meglio -convenisse ai progressi della nova società. A -tale uopo solean dire i Valdesi, che i sacerdoti cattolici -ribelli ai precetti del divino maestro, non -potranno assolvere le colpe altrui se prima non si -lavano dalle proprie.<a class="tag" id="tag312" href="#note312">[312]</a> Nè la confessione è indispensabile, -perchè chi perdona non è sacerdote, ma Dio -stesso, e quando a Dio ci rivolgiamo col cuor contrito, -che uopo v'ha del sacerdote?<a class="tag" id="tag313" href="#note313">[313]</a> Certo il confessore -talvolta ci aiuta coi suoi consigli, e cogli -<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span> -ammonimenti suoi; ma quest'ufficio può essere disimpegnato -da qualunque laico,<a class="tag" id="tag314" href="#note314">[314]</a> e la prima confessione -cristiana non si faceva in segreto, ma in -pubblico, non presso un sacerdote solo, ma presso -la comunità dei fedeli. -</p> - -<p> -Il principio di tutte queste argomentazioni è -sempre il medesimo, che al solo merito si debba -attribuire valore, onde soltanto chi s'è saputo rifare -nell'intimo della sua coscienza, così da detestare -le colpe commesse, questo solo sarà perdonato -da Dio. Quando manchi la contrizione è assurdo -assolvere, perchè non c'è nulla fuori della coscienza -che possa la coscienza purificare. Talchè non s'ha -da credere di poter comprare l'indulgenza a denaro -sonante, o in qualsiasi altra guisa, che non sia il -profondo ed intimo dolore di aver peccato.<a class="tag" id="tag315" href="#note315">[315]</a> E se -le indulgenze non giovano ai vivi, tanto meno ai -morti, i quali non hanno più modo di rinnovarsi, -essendo chiusa ormai loro la via dell'operare.<a class="tag" id="tag316" href="#note316">[316]</a> E -ormai sono quel che furono, dannati se vissero male, -beati se vissero bene.<a class="tag" id="tag317" href="#note317">[317]</a> Insieme colla dottrina delle -<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span> -indulgenze si legano sempre quelle dei suffragi pei -defunti, e del Purgatorio; ed i Valdesi che negavano -le prime doveano anche riescire alla negazione -dei secondi.<a class="tag" id="tag318" href="#note318">[318]</a> -</p> - -<p> -In questi punti par che fossero d'accordo tutti -i Valdesi, il che non esclude la possibilità della -divergenza in altri. Nè solo possibile tornava questa -divergenza ma necessaria, perchè la dottrina valdese -era in continuo movimento, ed ogni giorno come -vedemmo e vedremo s'aggiungevano novi articoli -secondo le vicende della lotta, che sostenevano colla -Chiesa ufficiale, ed i bisogni della polemica. Oltrechè -il sodalizio valdese parte pel bisogno dell'apostolato, -parte per isfuggire alle persecuzioni degl'inquisitori -s'era sparso pressochè in tutta l'Europa, -e nelle diverse regioni venuto in contatto con eresie -diverse si era fuso con esse, prendendone dottrine, -che al principio gli erano estranee. Di tali divisioni -ci dicevano già qualche cosa le antiche fonti come -Stefano di Borbone, il Moneta, ed il Sacconi. Ma -il Preger trovò recentemente un monumento più -antico di queste fonti, e che se non può essere -tenuto come il solo autorevole, come par che pretenda -lo scopritore, è certo di grandissimo interesse, -essendo l'unico d'origine valdese che conti una -rispettabile antichità. Codesto documento è una lettera -<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span> -che i Poveri Lombardi mandano ai loro fratelli -d'oltremonte intorno ai dissensi nati tra le due società, -e in gran parte composti in una conferenza -tenuta a Bergamo nel 1218.<a class="tag" id="tag319" href="#note319">[319]</a> Questi Poveri Lombardi, -come già sappiamo da altre fonti, erano per qualche -rispetto più avversi alla Curia Romana dei loro -fratelli oltremontani;<a class="tag" id="tag320" href="#note320">[320]</a> e par certo che sien nati -dalle fusioni di Valdesi con Arnaldisti, forse con -prevalenza dell'ultimo elemento. Nè credo ci sia -ragione di farli risalire col Preger agli <i>Umiliati</i>,<a class="tag" id="tag321" href="#note321">[321]</a> -dei quali è tuttora incerta la provenienza, ma -bisogna pur convenire che le due frazioni valdesi -par che abbiano coscienza della loro diversità di -origine.<a class="tag" id="tag322" href="#note322">[322]</a> E senza dubbio alcuno i Poveri Lombardi -<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span> -non attribuiscono al Valdez quella santità ed impeccabilità -che, come già dicemmo, era un articolo di -fede pei fratelli oltramontani.<a class="tag" id="tag323" href="#note323">[323]</a> Un'altra differenza -tra loro era il lavoro manuale. I Poveri di Lione -sostenevano che gli apostoli non avessero da pensare -ad altro fuor che a diffondere la parola del Signore, -nè quindi poteano procacciarsi il necessario se non -accattandolo dai fedeli; i Poveri Lombardi al contrario -a somiglianza dei Catari e dei Patarini dicevano -dovere anche gli apostoli vivere del lavoro -delle proprie mani.<a class="tag" id="tag324" href="#note324">[324]</a> Una terza differenza riguardava -l'organamento della nova società. Il sodalizio -oltramontano non era solidamente costituito. -I Valdesi credevano sempre di formar parte della -vasta società cristiana, talchè non stimavano utile -di creare rettori ed amministratori della nuova società. -Tutti quelli che viveano secondo il costume -di Valdez, erano del pari membri della nova società; -ma non si doveva stabilire nessuna differenza -e gerarchia tra loro. E se pure occorresse talvolta -<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span> -di ridurre nelle mani di qualche ministro il governo -della nova società, gli si dovrebbe commettere -quell'ufficio temporaneamente, perchè una società, -che nasce in opposizione alla gerarchia, non -può certo tollerarla nel suo seno. I Poveri Lombardi -la pensavano diversamente. Ei rimontavano -ad una società, che cominciò fin dal tempo di Arnaldo -da Brescia, e ben sapeva che per conservarsi -nell'urto delle opposte confessioni bisognava -solidamente organizzarsi. Credevano perciò indispensabile -nominare dei rettori.<a class="tag" id="tag325" href="#note325">[325]</a> -</p> - -<p> -Altri punti di quistione par che fossero il battesimo -coll'acqua, quello dei bambini, e la indissolubilità -del matrimonio. Intorno ai primi due punti -dicemmo già altrove, che i Catari al battesimo dell'acqua -voleano sostituito quello del fuoco o del calore, -e che condannavano recisamente la somministrazione -del battesimo a chi non fosse in grado di -capirne l'importanza. Era ben possibile che queste -due dottrine fossero penetrate nella società valdese;<a class="tag" id="tag326" href="#note326">[326]</a> -ma certo è che nel convegno di Bergamo pensarono -bene di non dipartirsi dall'insegnamento cattolico.<a class="tag" id="tag327" href="#note327">[327]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span> -</p> - -<p> -In quanto al matrimonio già sappiamo che i -Valdesi oltremontani in seguito ad influssi catari -preferivano la verginità allo stato coniugale, e tolleravano -che pei bisogni della nova società il marito -si dividesse dalla moglie anche quando ella -non v'acconsentisse. I Poveri Lombardi par che -facessero maggior conto del matrimonio, e solo in -due casi ne permettevano lo scioglimento, o quando -entrambi i conjugi fossero d'accordo a separarsi, -o per causa di adulterio.<a class="tag" id="tag328" href="#note328">[328]</a> -</p> - -<p> -Queste divergenze per quanto gravi non erano -tali che con poche concessioni da una parte e dall'altra -non fossero per comporsi. Intorno ad una -però non era possibile l'accordo, e riguardava un -punto d'un grandissimo interesse e dommatico e -pratico: l'Eucaristia. I Valdesi d'oltremonte benchè -ammettessero che a tutti i membri della nova società -fosse lecito di predicare e di confessare, pure -non erano ancora venuti all'estrema conseguenza di -permettere loro la celebrazione della messa. Certo -è che essi ascoltavano la messa dei sacerdoti cattolici, -e credevano che il miracolo eucaristico si -compisse anche quando il ministro fosse indegno di -<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span> -operarlo. Questa opinione era senza dubbio in contraddizione -coll'altra più generale che nessuna -funzione religiosa potesse esercitarsi dal ministro -indegno. Ed a rimovere siffatta contraddizione -s'adoperavano in diverse guise. Alcuni dicevano che -il miracolo della transustanziazione si opera per -virtù non del sacerdote, bensì delle parole mistiche -da lui pronunziate.<a class="tag" id="tag329" href="#note329">[329]</a> Altri sostenevano che se il sacerdote -cattivo non potesse celebrare la messa, per -la medesima ragione non dovrebbe somministrare -il battesimo, mentre è risaputo che il battesimo ha -sempre valore fosse anche dato dalla levatrice.<a class="tag" id="tag330" href="#note330">[330]</a> Altri -infine non negavano la partecipazione del sacerdote, -ma la dicevano sopraffatta ed assorbita dall'opera -dell'Uomo-Dio, il quale in fine è il vero autore del -miracolo.<a class="tag" id="tag331" href="#note331">[331]</a> -</p> - -<p> -I Poveri Lombardi, che discendevano in diretta -linea dagli Arnaldisti, ed alla purità del sacerdote -<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span> -attribuivano infinito valore, non potevano accettare -nessuna di queste versioni dei Poveri oltramontani. -Non la prima, perchè se il miracolo eucaristico -s'operasse solo in virtù delle parole mistiche, anche -il Giudeo od il Pagano potrebbe operarlo.<a class="tag" id="tag332" href="#note332">[332]</a> Non la -seconda, perchè tra il battesimo e l'eucaristia non -può correre l'analogia voluta dagli oltramontani, -altrimenti anche il laico, anche la donna potrebbe -rompere il pane benedetto, laddove per gli oltramontani -stessi al solo sacerdote è commesso quest'ufficio.<a class="tag" id="tag333" href="#note333">[333]</a> -La terza opinione potrebbe accettarsi, -purchè s'aggiunga che oltre all'opera dell'Uomo-Dio -per compiere il miracolo eucaristico occorre la -preghiera del sacerdote, e che questa preghiera non -sarà accolta da Dio quando venga sciolta da labbra -impure.<a class="tag" id="tag334" href="#note334">[334]</a> Questa terza opinione, non è dunque la -stessa della prima, come dice il Preger, perchè la -<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span> -prima non può essere accettata in nessun modo, e -la terza con opportune aggiunte viene ammessa. La -prima pare una superstiziosa deificazione della parola, -la terza rileva sì l'elemento soprannaturale -del sacramento, ma non esclude per questo l'elemento -umano. Modificando questa terza opinione -s'ha la vera che non attribuisce il miracolo eucaristico -al solo intervento di Cristo, nè alla sola virtù -del sacrificante, ma all'uno ed all'altro insieme. Se -mancasse l'opera dell'Uomo-Dio, il sacerdote per -degno che fosse, non potrebbe operare tanto prodigio. -Come pure se venisse meno l'orazione del -celebrante, o, che torna lo stesso, se questa orazione -fosse detta da chi non avesse il diritto di dirla, il -sacrifizio non si compirebbe neanco. Occorrono dunque -i due fattori: il subbiettivo o la bontà del sacerdote, -e l'obbiettivo o l'opera del Cristo. Ma -pare che quest'aggiunta non sia stata accettata e -che la conciliazione fallisse in questo punto delicato. -Perchè l'ultima formola degli oltramontani -era questa: il sacerdote ordinato dalla Chiesa, finchè -sia mantenuto in ufficio dalla grande famiglia dei -Cristiani, opera sempre il miracolo eucaristico, o -buono o malvagio che sia, e dopo le mistiche parole -da lui pronunziate il pane ed il vino si tramutano -nel corpo e nel sangue del Signore.<a class="tag" id="tag335" href="#note335">[335]</a> I -<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span> -Valdesi non potevano giammai accettare questa -dottrina.<a class="tag" id="tag336" href="#note336">[336]</a> Forse potevano spingersi all'ultima concessione -di attribuire un valore alla comunione, perchè -in luogo della preghiera del ministro indegno -sottentra quella più efficace del comunicando.<a class="tag" id="tag337" href="#note337">[337]</a> Ma -che l'opera del sacerdote sia pressochè nulla, e che -Dio voglia accogliere sempre la preghiera purchè -detta dal sacerdote anche quando impure labbra -la mormorino, i Poveri Lombardi non sapeano -accettare.<a class="tag" id="tag338" href="#note338">[338]</a> -</p> - -<p> -Anche intorno alla confessione par che ci fosse -dissenso tra i Poveri Lombardi e gli oltramontani. -Un tempo credettero i lombardi all'efficacia della -confessione auricolare, ma ora non più, e neanco -i fratelli d'oltremonte li potrebbero far cambiare -d'opinione, perchè non è lecito sottomettere di -nuovo alla servitù della legge chi come Paolo se -ne sia affrancato.<a class="tag" id="tag339" href="#note339">[339]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span> -</p> - -<p> -Da queste divergenze, che nella lettera non sono -dissimulate, possiamo raccogliere quel che già si -sapeva dal Sacconi, che i Poveri Lombardi fossero -più ostili alla Chiesa dei loro confratelli d'oltremonti. -Perchè questi ultimi credevano tuttora di -formar parte insieme ai cattolici di una sola e -grande famiglia, quella dei battezzati o credenti in -Cristo; in qualche punto rilevante come l'Eucaristia, -attribuendo il miracolo ad opera sovrannaturale -indipendente dalla coefficienza del sacerdote, -s'adattavano molto più alla dottrina cattolica, che -ai presupposti della loro setta; infine, colla scorta -di queste dottrine potevano seguitare ad ascoltar -messa e ricevere la comunione dai preti cattolici -senza tradire la nuova fede. -</p> - -<p> -L'interpetrazione fin qui esposta dell'importante -documento, pubblicato dal Preger, non s'accorda con -quella del dotto editore; ma io non saprei ammettere -senza sforzo che nel paragrafo sedicesimo della -lettera si tratti non d'un punto speciale, ma del -fondamento stesso della dottrina valdese. La quale -<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span> -secondo il Preger sarebbe affatto identica a quella -di Lutero, che cioè il diritto al sacerdozio si debba -ripetere dal battesimo, talchè tutti i battezzati sieno -<i>ipso jure</i> sacerdoti. A me pare, o m'inganno, che il -significato attribuito alla <i>parola</i> di Dio sia molto più -profondo di quel che intendevano gli oltramontani, -stando almeno alla testimonianza del Borbone, che -egregiamente s'accorda in questo punto colla lettera -dei Poveri Lombardi. Non nego che dal contesto -si potrebbe ricavare il senso voluto dal Preger, -ma interpetrata così la lettera dei Poveri Lombardi -contraddirebbe a tutte le altre fonti che la precedono -e la seguono. E sarebbe veramente strano -che a tanti inquisitori, esercitati nelle controversie -del tempo, fosse sfuggito il vero principio della -dottrina valdese così da sostituirvene uno affatto -opposto. Colla nostra interpetrazione invece si mettono -d'accordo tutte le fonti, e nel modo più semplice -si spiega che cosa intendessero i Valdesi oltramontani -per la comunità dei battezzati, e perchè -in un punto speciale della loro dottrina contraddicessero -ai loro principii medesimi. -</p> - -<h4 id="cap2-1-V">V</h4> - -<p> -Dall'esposizione precedente si raccoglie che la -lettera dei Poveri Lombardi compie ma non contraddice -alle altre fonti più antiche, che si riferiscono -ai Valdesi. E resta pur sempre tra i principii -della nuova fede questo, che venne giustamente -<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span> -rilevato dal Dieckhoff, che la dignità dell'ufficio si -misura dal valore di chi l'adempie, e la validità -dell'opera dal merito dell'operante. Se la cosa sta -così, è ben certo che non tutti i fedeli possono -esercitare l'ufficio apostolico, perchè non tutti sono -meritevoli del pari. Ma come s'accordano codeste -sentenze colle altre conservateci parimente -dalle fonti più antiche: che ogni Valdese possa -predicare la parola del Signore, e sciogliere il suo -fratello dal peccato, e somministrare ove occorra -ogni sacramento? Le due proposizioni: magis operatur -meritum quam ordo; omnes bonos esse sacerdotes,<a class="tag" id="tag340" href="#note340">[340]</a> -non vanno bene d'accordo, perchè la prima -mena alla conseguenza di distinguer tra fedeli e -fedeli, nello stesso modo che faceano i Catari rispetto -ai <i>Perfetti</i> ed ai <i>Credenti</i>; la seconda di -queste distinzioni non può far conto, perchè son -tutti pari quelli che venner moralmente rinnovati -dalla fede in Cristo. -</p> - -<p> -Il Dieckhoff per sanare la contraddizione avea -proposto d'interpetrare in un senso restrittivo la -seconda sentenza, come se dicesse: non tutti i fedeli -ma solo i buoni, quelli che eccellono per merito -hanno il diritto di esercitare le funzioni sacerdotali. -Ma di queste attenuazioni il Preger non -vuole sapere, e preferisce di tagliar netta una delle -due proposizioni per lasciare intatta l'altra. Il nuovo -principio, secondo lui, proclamato dai Valdesi sarebbe -<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span> -questo: che al di sopra degl'individui sta la -comunità dei battezzati. Essa nomina agli offici, -o alle dignità, sieno temporanee o a vita come stima -meglio; scioglie il matrimonio anche senza il consenso -dei conjugi quando l'interesse generale lo -richieda; essa è la conservatrice della <i>grazia</i> che -investe l'uomo appena ricevuto il battesimo. Chiunque -entra a far parte di questa comunità è di pieno -diritto buono, perchè rinnovato dalla fede, talchè la -frase di Stefano di Borbone, non si deve intendere -nel senso pregnante del Dieckhoff, ma nell'assoluto -che tutti i Valdesi senza distinzione possano -esercitare le sacre funzioni. Sarà pur vero che -tra i Valdesi ci siano di quelli che meritano il nome -di perfetti a distinzione dei credenti, e che solo i -primi sostengono i duri travagli della povertà e -dell'apostolato; ma codesta perfezione è un compito -morale per l'individuo, non una condizione per -esercitare uffici che spettano egualmente a tutti i -battezzati.<a class="tag" id="tag341" href="#note341">[341]</a> -</p> - -<p> -Che valore ha codesta interpetrazione del Preger? -Notiamo in primo luogo che egli ha dovuto modificare -le sue opinioni nel più recente lavoro intorno -a Davide d'Asburgo, stante che questo scrittore -parla chiaramente di una distinzione tra perfetti e -credenti riguardante l'ufficio non la perfezione morale.<a class="tag" id="tag342" href="#note342">[342]</a> -Nè questa distinzione, che i Valdesi copiarono -dai Catari, appartiene solo ai tempi di Davide, perchè -<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span> -già Stefano di Borbone ne fa cenno.<a class="tag" id="tag343" href="#note343">[343]</a> Il trovarsi nello -stesso Stefano tanto la distinzione dei perfetti dai -credenti, quanto la frase: tutti i buoni possono fungere -da sacerdoti ed amministrare, se occorre, i -sacramenti,<a class="tag" id="tag344" href="#note344">[344]</a> è una prova fortissima che codesta frase -si debba intendere in senso restrittivo. Nell'origine -della setta non era necessaria nessuna distinzione, -perchè la nuova società, molto scarsa di numero, -non abbracciava se non gli uomini che sentivano -profondamente il bisogno di una rinnovazione religiosa, -nè erano meno ardenti del loro maestro, e -al pari di lui pellegrinavano faticosamente predicando -ed insegnando. Oltrechè alla nuova società -non occorrevano speciali ministri, restringendosi le -funzioni religiose alla predicazione ed alla confessione, -ed accettando tutte le altre dai preti cattolici. -Ma ben presto le condizioni mutarono. La società -valdese per ingrossarsi dovea accogliere anche -coloro che, sebbene inchini al nuovo insegnamento, -non fosser disposti a spogliarsi dei loro beni, nè -avessero vocazione pel rude ministero dell'apostolato. -D'altra parte lo stacco dal Cattolicismo si facea -sempre più netto, ed alla nuova società facea d'uopo -provvedere per tutte le funzioni religiose, che indarno -<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span> -in tanta rottura veniano chieste ai preti cattolici. -In fine col crescere che facea la nova società -avea bisogno d'un organamento più saldo che -non fosse quello dei primi tempi, quando i Valdesi -credendosi membri della vasta famiglia cristiana mal -tolleravano di costituirsi in corpo separato. Per tutte -codeste ragioni, ammesse in parte dal Preger,<a class="tag" id="tag345" href="#note345">[345]</a> ben -presto si formò la distinzione tra Perfetti e Credenti, -ed ai sacerdoti cattolici sottentrarono i ministri -valdesi. -</p> - -<p> -Con questa innovazione s'apre quel periodo della -storia dei Valdesi, che per noi sarà l'ultimo, stante -che il successivo della trasformazione di Valdesi -in Protestanti esce dai confini del nostro lavoro. -In questo periodo le persecuzioni si facevano sempre -più fiere, ed il Santo Uffizio non metteva alcuna -differenza tra Catari o Valdesi: o per poco o per -molto tutti s'allontanavano del pari dalla Chiesa e -tutti eran meritevoli della stessa pena, il rogo. La -comunanza del martirio strinse allora più fortemente -i legami tra le due sètte, e la società valdese -accogliendo gli elementi assimilabili delle altre -eresie, si ordinò in comunità separata ed opposta -alla cattolica. E continuando da una parte le persecuzioni -e dall'altra le resistenze, ognor più s'allargava -il solco che dividea l'antica dalla nova Chiesa. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span> -</p> - -<p> -Le fonti di cui ci varremo in questo periodo -sono il Borbone, il Moneta, il Trattato di Davide -d'Ausburgo, l'anonimo di Passau e il Libro dell'Inquisizione -tolosana. Stefano di Borbone fin dalle -prime pagine c'informa della trasformazione avvenuta, -ripetendo anche lui colle fonti più antiche -che i Valdesi hanno il giuramento e la menzogna -in conto di peccato mortale, ma soggiunge che -queste massime rigide vennero nella pratica temperate, -ed a coloro, che non erano tra i perfetti, -venia concesso di mentire e di giurare, se minacciati -di morte.<a class="tag" id="tag346" href="#note346">[346]</a> -</p> - -<p> -Ma una trasformazione ancor più profonda riguarda -l'ufficio sacerdotale. D'accordo colle fonti -più antiche Stefano ed il Moneta ci riconfermano -la massima, che la santità del ministro si ripete -dalle sue opere, non dall'ordine ricevuto.<a class="tag" id="tag347" href="#note347">[347]</a> E con -maggiori particolarità Stefano racconta di un maestro -valdese che gli poneva queste distinzioni: v'ha -taluni che non sono ordinati nè dagli uomini nè da -Dio, come i laici malvagi; altri sono ordinati dagli -uomini, ma non da Dio; altri per contrario sono -ordinati da Dio e non dagli uomini, come i buoni -laici, i quali possono legare, sciogliere, consacrare, -ordinare, purchè profferiscano le parole divine secondo -<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span> -il rito.<a class="tag" id="tag348" href="#note348">[348]</a> Dapprima le funzioni religiose, che -credevano di poter esercitare i Catari si restringevano -al predicare ed assolvere i peccati. Ora traggono -altre più gravi conseguenze dalle loro premesse, -nè soltanto i Poveri Lombardi, ma benanco -i Valdesi d'oltremonti sostengono, che se non può -predicare chi toglie coll'esempio ogni efficacia alle -sue parole, se non può sciogliere altrui chi è già -da per sè legato, a maggior ragione non può spezzare -il pane del Signore chi non sia degno di -nutrirsene.<a class="tag" id="tag349" href="#note349">[349]</a> Ed in luogo dei sacerdoti indegni è -necessario che sottentrino i buoni, i quali per laici -che sieno, potranno non pertanto celebrare la messa -con maggior frutto. Taluni, aggiunge Stefano, concedevano -questa facoltà non solo agli uomini, ma benanco -alle donne, quando al pari di quelli sieno penetrate -dallo spirito del Signore.<a class="tag" id="tag350" href="#note350">[350]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span> -</p> - -<p> -Nè faceva intoppo che mancasse l'ordinazione -regolare; stante che nei primi tempi del Cristianesimo -non occorrea, e bastava l'elezione della comunità -dei fedeli, perchè qualunque membro di essa fosse -riconosciuto per sacerdote. Per siffatta guisa un ministro, -che fosse scelto a questo modo, come accadde -un tempo di Pietro Valdez, è sacerdote non meno di -chi sia stato consacrato dal vescovo.<a class="tag" id="tag351" href="#note351">[351]</a> Questo novo -modo di ordinazione, ovvero l'elezione per parte -della comunità, permetteva che nella nova società -s'introducesse la gerarchia, nè andò molto tempo -che alla divisione in Perfetti e Credenti si aggiungesse -anche la distinzione di ufficii sacerdotali. I Valdesi -del Piemonte ebbero ad imitazione dei Catari -il Barba, e due ministri a lui subordinati. Gli altri -Valdesi conservarono i tre gradi della gerarchia -cattolica, il vescovo il sacerdote ed il diacono.<a class="tag" id="tag352" href="#note352">[352]</a> Colla -distinzione dei Perfetti dai Credenti, e coll'introduzione -di speciali funzioni sacerdotali si collega -la quistione del matrimonio, che noi toccammo altre -volte, ed ora ci conviene di riesaminare. Non è -<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span> -dubbio che nei primi tempi i Valdesi non solo non -condannavano il matrimonio, ma non lo tenevano -per un ostacolo all'apostolato.<a class="tag" id="tag353" href="#note353">[353]</a> Però in grazia degl'influssi -catari preferivano il celibato, ed il Valdez -stesso, come narrammo, abbandonò la moglie e la -casa e mise le figliuole in convento. Sulle orme di -lui alcuni Valdesi, a quel che ne riferisce Stefano, -sostenevano esser lecito separarsi dalle mogli per -consacrarsi a Dio, anche quando quelle non vi consentano.<a class="tag" id="tag354" href="#note354">[354]</a> -Nè certo la scabrosa missione del Perfetto -poteva essere adempiuta con zelo da chi fosse legato -ad una famiglia, di cui il più delle volte era -l'unico sostegno e difesa. Non restava che un passo -per condannare del tutto il matrimonio, nè v'ha -ragione per dubitare che i Valdesi di Germania non -l'abbiano fatto, perchè già sappiamo da precedenti -citazioni che essi erano i più disposti a farlo.<a class="tag" id="tag355" href="#note355">[355]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span> -</p> - -<p> -Dicemmo più sopra che secondo i Valdesi ad ogni laico -era dato di celebrar la messa; ma codesta celebrazione per parte dei -laici dovea portare di conseguenza che il rito si -semplificasse, ed alle complicate funzioni cattoliche -fosse sostituita la semplice frazione del pane ad -imitazione della cena di Cristo. Il Libro dell'Inquisizione -tolosana più volte fa cenno di siffatta cerimonia.<a class="tag" id="tag356" href="#note356">[356]</a> -Codesta semplificazione del rito dovea -portare di conseguenza l'attenuazione della dottrina, -e Davide riferisce che i Valdesi della Germania -<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span> -toglievano al sacramento quel colore soprannaturale, -che pur sempre nel periodo precedente era gelosamente -conservato. Ormai i Valdesi intendevano il -sacramento eucaristico in un modo affatto simbolico; -e ripetevano coi Catari che il corpo di Gesù -non si debba prendere nel senso letterale, bensì allegorico, -come quando dicesi: Cristo esser la pietra -su cui si eleva la Chiesa di Dio.<a class="tag" id="tag357" href="#note357">[357]</a> -</p> - -<p> -La Chiesa valdese adunque si è del tutto staccata -dalla cattolica, almeno in Germania. Nè fa -meraviglia che ad uno ad uno condanni tutte le -dottrine ed istituti tradizionali. Intorno al battesimo -dei bambini vedemmo già come fossero dissensi -tra i Valdesi. E pare che i Poveri Lombardi solo -per amore di conciliazione e deferenza verso gli -oltramontani si piegassero ad ammetterne l'efficacia. -Più tardi le cose mutarono, e gli oltramontani -stessi a confessione di Davide stimarono che il battesimo -non possa giovare ai bambini, inetti al credere -o discredere.<a class="tag" id="tag358" href="#note358">[358]</a> -</p> - -<p> -I suffragi pei defunti, la dottrina del Purgatorio -e quelle delle indulgenze già sappiamo che furono -<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span> -ben per tempo revocate in dubbio dai Valdesi.<a class="tag" id="tag359" href="#note359">[359]</a> Ma -ora progredisce il loro razionalismo, e dacchè dichiararono -simbolica l'eucaristia, simbolici saranno -non pure i misteri della religione ma benanco i -sacramenti del battesimo, della penitenza, della cresima -e dell'estrema unzione,<a class="tag" id="tag360" href="#note360">[360]</a> i quali ultimi per giunta -essendo da meno degli altri possono senza danno -venire aboliti.<a class="tag" id="tag361" href="#note361">[361]</a> Inoltre avendo tolto ogni valore -all'ordinazione canonica, trasformarono il concetto -del sacerdote, cioè di un essere sacro, mediatore -tra l'uomo e Dio, nell'altro più umile di ministro, -che aiuti e sorregga il fedele nel suo cammino, ma -non si sostituisca a lui, nè interrompa la libera e -<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span> -diretta comunicazione tra lui e il suo creatore.<a class="tag" id="tag362" href="#note362">[362]</a> Ma -insieme alla mediazione del sacerdote, più tardi -soppressero quella dei Santi, che secondo la testimonianza -di Davide sarebbero così lontani dai mortali, -tanto assorbiti nella loro beatitudine da non potere -accogliere le preghiere che a loro si rivolgono.<a class="tag" id="tag363" href="#note363">[363]</a> -</p> - -<p> -Ed abolita l'adorazione dei santi cadono anche -le feste, le vigilie,<a class="tag" id="tag364" href="#note364">[364]</a> i digiuni,<a class="tag" id="tag365" href="#note365">[365]</a> le benedizioni, gli -<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span> -uffici<a class="tag" id="tag366" href="#note366">[366]</a> tutto quel complesso di usi e cerimonie che -formano il culto esteriore, contro il quale fin dal -principio s'eran ribellati i Valdesi, condannando la -consacrazione delle chiese,<a class="tag" id="tag367" href="#note367">[367]</a> l'adorazione delle imagini -e financo della Croce, come prima di loro insegnavano -i Catari.<a class="tag" id="tag368" href="#note368">[368]</a> -</p> - -<p> -Questo è il cammino percorso dall'eresia valdese. -L'intendimento primo del riformatore di Lione non -fu di staccarsi dalla Chiesa, bensì d'introdurvi nuova -vita colla partecipazione operosa del laicato. Ma -fin dal principio la nuova società subì l'influsso -delle eresie contemporanee, principalmente dei Catari, -<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span> -così da accogliere massime e dottrine, a loro -affatto straniere, e che più tardi saranno abbandonate -dai Protestanti.<a class="tag" id="tag369" href="#note369">[369]</a> In seguito, respinti dalla -Chiesa ufficiale, furono costretti a sostenere un -nuovo concetto del sacerdozio che tolsero in prestito -e dai Catari e dagli Arnaldisti. Ma questo -concetto ha una portata molto maggiore di quel -che si crede, perchè smagliato un anello, l'aurea -catena va tutta in pezzi. E così nei periodi successivi, -l'uno dopo l'altro tutti i dommi tradizionali -vennero combattuti, ed i Valdesi formarono una società -novella, non più cattolica, benchè non ancora -protestante, perchè le mancava e la dottrina della -predestinazione, e quel che più conta, l'altra della -giustificazione per la fede. -</p> - -<p> -Nel corso della nostra esposizione abbiamo più -volte dovuto ricordare gli Arnaldisti, che secondo -noi si connettono strettamente coi Patarini. E degli -uni e degli altri discorreremo nel capitolo seguente. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span> -</p> - -<h3 id="cap3-1">CAPITOLO III -<span class="smaller">PATARINI ED ARNALDISTI</span></h3> -</div> - -<p> -Il Decreto di Lucio III oltre ai Catari, Passagini, -Poveri di Lione colpisce anche i Patarini e -gli Arnaldisti. Chi erano i Patarini? La stessa cosa -dei Catari o Catarini, o una setta affatto differente? -E gli Arnaldisti sono eretici anch'essi, e qual dottrina -professano? Rimontano ad Arnaldo da Brescia, -ovvero, come par che voglia il Giesebrecht, ad un -vescovo cataro di nome Arnaldo? Per rispondere a -queste dimande dobbiamo rifarci molto indietro, e -seguire passo per passo la storia di quel partito -che voleva la riforma della Chiesa non certo nel -domma, come opinavano i Catari ed in parte anche -i Valdesi, bensì nel costume e nella disciplina. E -non che peccare d'eresia, ne accusava invece gli -avversarii, perseveranti negli antichi abusi ed insofferenti -delle riforme. -</p> - -<h4 id="cap3-1-I">I</h4> - -<p> -Nel secolo XI, in quell'età funesta, in cui il -Papato era in balìa or dei Crescenzi, or dei conti -di Tusculo, il partito delle riforme prese nome e -colore imperiale. Nessun'altra potenza all'infuori -<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span> -dell'Impero sarebbe riescita a liberare la Chiesa -dalla soggezione de' nobili romani, e per conseguire -quest'alto scopo i migliori ecclesiastici acconsentirono -che l'elezione del Papa, sottratta al popolo -romano, fosse affidata all'Imperatore, ed accolsero -con gioia i pontefici nominati da lui Clemente II -(1046-47), Damaso II (1048), Leone IX (1049-54), -Vittore II (1054-57).<a class="tag" id="tag370" href="#note370">[370]</a> -</p> - -<p> -Prima della nomina imperiale tre papi si contendevano -l'alto ufficio, Benedetto IX dei conti di -Tuscolo, nominato ancor dodicenne nel 1033; Silvestro -III, levato su dalla fazione, che nel 1044 -si ribellò contro il dissoluto pontefice; e finalmente -Gregorio VI, il buon arciprete di S. Giovanni che -per far cessare lo scisma avea comprata nel 1045 -la tiara pel reddito dell'obolo di S. Pietro. Tutti -e tre i papi furono deposti nel concilio di Sutri,<a class="tag" id="tag371" href="#note371">[371]</a> -ed in luogo loro fu scelto da Enrico III il vescovo -di Bamberga Clemente II, il quale convocato -ben presto un solenne concilio nel gennaio -del 1047 fulminò il primo decreto contro la simonia -<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span> -del clero, riconfermato due anni dopo da Leone IX.<a class="tag" id="tag372" href="#note372">[372]</a> -Questo della compra e della vendita degli ufficii -ecclesiastici era il primo abuso al quale si dovea -por riparo, chè tutti gli ecclesiastici dal <i>supremo -Gerarca all'ostiario</i><a class="tag" id="tag373" href="#note373">[373]</a> non erano mondi di colpa. Ma -insieme con questa un'altra riforma si reputava -necessaria, quella del matrimonio dei preti. Perchè, -sebbene il celibato fosse sino dai tempi remoti della -Chiesa tenuto in grandissimo pregio, pure nel secolo -decimoprimo eran tanti i preti ammogliati ed -in Italia e fuori, che Leone IX temendo di mettere -sul lastrico tante povere donne, permise che -seguitassero a vivere coi loro mariti, purchè cessasse -tra loro ogni commercio carnale.<a class="tag" id="tag374" href="#note374">[374]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span> -</p> - -<p> -I mercatanti dei beneficii spirituali furon detti -simoniaci da quel Simone Mago degli <i>Atti degli -Apostoli</i>, che si fece cristiano per comprare a contanti -il segreto dei miracoli apostolici, superiori ai -suoi sortilegi.<a class="tag" id="tag375" href="#note375">[375]</a> Nicolaiti poi eran detti i sacerdoti o -ammogliati o concubinari in ricordo di un'antica setta, -menzionata nell'Apocalisse.<a class="tag" id="tag376" href="#note376">[376]</a> Ma non si deve credere -che sotto questi nomi di Simoniaci o Nicolaiti rivivessero -eretici, sostenenti con ragioni dommatiche -la legittimità del traffico dei beneficii, o del matrimonio -dei preti. Certamente non mancavano argomenti -e storici e dottrinali in favore di quello -che era allora il costume più generale. Si poteva -ad esempio distinguere l'ufficio ecclesiastico dal -beneficio temporale annesso; e sostenere che quest'ultimo -al pari di tutti i beni e possessi fosse ben -lecito cedersi od acquistarsi.<a class="tag" id="tag377" href="#note377">[377]</a> Si poteva aggiungere -<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span> -che la mercede chiesta dai chierici pei loro ufficii -si dovesse tenere come una pia elemosina, perchè i -ministri del Signore era ben giusto che vivessero a -spese della comunità.<a class="tag" id="tag378" href="#note378">[378]</a> In quanto poi al matrimonio -dei preti si poteva fare appello, come fecero i -prelati milanesi, all'antica comunità cristiana, e -alla autorità degli Evangeli e di S. Paolo.<a class="tag" id="tag379" href="#note379">[379]</a> Ma -benchè non facessero difetto le ragioni, nè temessero -<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span> -di dirle coloro che dai decreti pontificii venivan -colpiti, pure vere sètte eretiche allora non -sursero per questi due capi. E la ragione forse sta -in questo, che il moto ereticale di quel tempo era -fieramente avverso tanto al matrimonio, quanto al -possesso delle ricchezze, talchè i Catari si unirono -piuttosto coi seguaci del Papa, che cogli avversarii -suoi. E per tal guisa la simonia ed il concubinato -vennero da tutti tenuti pel frutto non di un convincimento -teorico, ma di una intemperanza pratica, -che s'ha da punire e svellere dalle radici. -</p> - -<p> -I decreti dei Papi, che richiamavano gli ecclesiastici -a norme più rigorose di vita, incontravano -dappertutto tenaci resistenze, ma più che altrove -in Lombardia, dove il maggior numero dei sacerdoti -per antica consuetudine avean moglie e figliuoli, -e la vendita dei beneficii era uno dei maggiori proventi -della nobiltà.<a class="tag" id="tag380" href="#note380">[380]</a> Oltrechè l'arcivescovo milanese, -capo ad un tempo della Chiesa e dello Stato, s'era -pressochè liberato dalla soggezione di Roma,<a class="tag" id="tag381" href="#note381">[381]</a> e sin -<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span> -da gran tempo antico la Chiesa di Lombardia si -distingueva da tutte le altre in qualche particolarità -liturgica.<a class="tag" id="tag382" href="#note382">[382]</a> Ma tutte queste ragioni, che rendevano -così difficile l'introduzione delle riforme, -servivano maggiormente ad eccitare lo zelo degli -ecclesiastici che le voleano. Perchè un partito riformatore -non poteva al certo mancare in Lombardia -dove più aperto era il contrasto tra l'alto clero, ricco -e sfarzoso, ed il basso povero ed oppresso. Tra -queste due parti della Chiesa dovea esistere lo stesso -antagonismo che separava la nobiltà maggiore o dei -capitani dalla minore o dei valvassori, e l'una e l'altra -dal popolo minuto. E coll'andare del tempo le due -opposizioni formarono una sola, e gli artigiani, i -commercianti, i servi della gleba si strinsero intorno -al clero minore, e gli assicurarono la vittoria sull'alto -clero. Così nacque in Lombardia la setta dei -Patarini, a capo della quale si misero un sacerdote -della classe dei valvassori, di nome Arialdo, ed un -nobile della classe dei capitani, Landolfo.<a class="tag" id="tag383" href="#note383">[383]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span> -</p> - -<p> -Chi erano codesti Patarini, e onde trassero il loro -nome? E qual rapporto corre tra i Patarini, e i Catari, -che di lì a poco vengono chiamati con evidente -analogia di suono, Catarini? Che nei secoli posteriori -i due nomi si scambino, e che l'abate Gioacchino -non chiami in altro modo gli eretici dualistici -se non <i>patharenos</i>, è fuor di discussione. Ma -al principio il nome di Patarini ebbe un'origine -ed un significato del tutto differente. Come ci dice -Arnolfo, questa denominazione nacque per caso, e -forse fu un termine d'ingiuria, che i fautori dell'alto -clero appiccarono ai loro avversarî, come se dessero -loro del <i>cenciajuoli</i> o <i>cenciosi</i>. Pataria infatti -si diceva in Milano il luogo ove s'adunavano i Patari, -ovvero i rivenduglioli di panni vecchi, e forse -o perchè in quel luogo si tenessero le prediche e -le adunanze dei novatori, o perchè il grosso del -partito fosse formato da questi minuti trafficanti, -o infine per le due ragioni insieme, certo è, secondo -<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span> -la testimonianza di un contemporaneo che da Pataria -fu tratto il nome di Patarini.<a class="tag" id="tag384" href="#note384">[384]</a> -</p> - -<p> -Non è a dire però che tra i Patarini non si cacciassero -i Catari. Ricordo che gli eretici di Monforte -furono per la prima volta noti nel 1045 in -un viaggio che fece per la Lombardia l'arcivescovo -Ariberto, predecessore di quel Guido, contro cui si -levavano i Patarini. Ricordo che il numero dei -Catari di Monforte era già salito a tremila e che -i seguaci della nuova dottrina del castello della -Contessa si erano sparsi per tutto il Milanese. Sarebbe -<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span> -veramente strano che gli eretici non si fossero -valsi della propizia occasione, che offrivano i -tumulti milanesi per spandere inavvertitamente la -loro dottrina.<a class="tag" id="tag385" href="#note385">[385]</a> Tanto più che nella parte pratica -erano del tutto d'accordo coi novatori, e se condannavano -in tutti il matrimonio, tanto più lo doveano -aborrire nei ministri del Signore; se predicavano -il disprezzo delle ricchezze e della gloria -mondana non potevano certo approvare il fasto ed -il lusso dell'alto clero milanese. Ed in quanto alla -parte teorica sapevano tacere a tempo quei dommi -che non andavano ai versi del maggior numero. -Solo a pochi e più fidi svelavano tutta la loro dottrina; -nei nuovi affiliati bastava che gettassero i -semi dai quali col tempo sarebbero germogliate le -nuove convinzioni.<a class="tag" id="tag386" href="#note386">[386]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span> -</p> - -<p> -Non è dubbio adunque che coi Patarini si sieno -mescolati i Catari, ma certo i capi del movimento -patarinico nè si credevano, nè erano per quel momento -eretici; chè anzi tutti i loro atti, anche i più -audaci e meno rispettosi della dignità sacerdotale -furono approvati da Roma. Nè certo è da meravigliare -perchè la Curia romana teneva a fare -osservare i suoi decreti sopra tutto in Milano, ove -l'arcivescovo già da gran tempo era divenuto l'emulo -del Papa. Da gran tempo nella Chiesa milanese -alitava tale spirito d'indipendenza, che quando -il legato di Roma, Pietro Damiani, nell'assemblea -raccolta in Duomo prese la presidenza spettante -per grado all'arcivescovo, lo stesso popolo che -giorni prima s'era ribellato all'alto clero, levossi -<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span> -quindi in furore per rivendicarne l'oltraggiata dignità.<a class="tag" id="tag387" href="#note387">[387]</a> -Urgeva adunque di ridurre alla soggezione -di Roma il riottoso primate, e col fiaccarne la -potenza, che da signore feudale s'era acquistata, -si facea un gran passo. -</p> - -<p> -Ed a questa s'aggiungeva un'altra ragione -perchè Roma si stringesse coi Patarini. L'arcivescovo -Guido, creatura di Enrico III, e nominato -da lui all'alta dignità, benchè non fosse della classe -più nobile, era certamente legato alla causa imperiale -molto più del suo predecessore Ariberto.<a class="tag" id="tag388" href="#note388">[388]</a> Per -lo contrario la Curia Romana ed il partito delle -riforme, che da principio avea commesse le sue -sorti all'impero, alla morte di Enrico III, quando -le fazioni presero a travagliare la corte della debole -reggente gli si volse contro. Era ormai maturo il -tempo, perchè il Papato, che per opera di Enrico -s'era liberato dalla prepotenza dei conti romani, si -liberasse alla sua volta anche dalla tutela imperiale. -Nè tardò molto ad affermarlo pubblicamente il -<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span> -nuovo pontefice Niccolò II, il quale nel concilio -del 1059 stabilì che da indi innanzi il Papa non -sarebbe scelto nè dal popolo, nè dall'Imperatore, -bensì dal collegio cardinalizio. Fiere opposizioni -dovea suscitare quest'audace misura, e le suscitò -di fatto; e la guerra apertamente dichiarata tra -la Chiesa e l'Impero non poteva cessare nè agevolmente -nè presto. In queste congiunture non giovava -di certo alla Curia Romana che l'arcivescovato -milanese conservasse e crescesse il suo prestigio -all'ombra del favore imperiale. E ben si comprende -come mettesse in opera tutti i mezzi per favorire -i Patarini ai danni dell'arcivescovo, e della sua -potestà temporale. A noi non tocca di rifare un -racconto, già fatto maestrevolmente da altri;<a class="tag" id="tag389" href="#note389">[389]</a> ma -ricordando le misure prese dalla Corte Romana lungo -il ventennio delle lotte patariniche, mostreremo -come la politica dei varii papi fosse sempre la stessa, -nè si smentisse neanche se per favorire la Pataria ne -fosse andata di mezzo la rigidità dell'ortodossia. -</p> - -<p> -Quando i Patarini, cresciuti di numero in grazie -della pietà di Arialdo e dell'eloquenza di Arnolfo, -invasero a mano armata il Duomo per iscacciarne -di viva forza l'arcivescovo, celebrante i divini ufficii, -Stefano IX prese sotto la sua protezione i promotori -di questa violenza, che a lui si appellarono -<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span> -dalla scomunica del sinodo provinciale. Ed i legati -che il Papa mandò per comporre i dissidii della classe -milanese, furono i più validi sostegni della Pataria, -Ildebrando ed Anselmo di Lucca.<a class="tag" id="tag390" href="#note390">[390]</a> E l'altro legato -Pier Damiani, che il nuovo papa Niccolò II mandò -in Lombardia, benchè forse meno aspro dei suoi -predecessori verso l'arcivescovo, lo condannò pure -ad una grave multa in punizione della simonia, e -lo costrinse a prestargli il giuramento, ed a sottoscrivere -la dichiarazione, che d'ora innanzi somministrerebbe -gratuitamente gli ordini, nè più oltre -sopporterebbe il matrimonio o concubinato dei -preti.<a class="tag" id="tag391" href="#note391">[391]</a> La resistenza dell'arcivescovo era ormai fiaccata, -talchè fu obbligato a prender parte a quel concilio -romano, che tra le nuove misure sulla nomina -<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span> -del Pontefice,<a class="tag" id="tag392" href="#note392">[392]</a> e la condanna dei simoniaci cacciò -come di soppiatto un articolo contro le investiture -laicali.<a class="tag" id="tag393" href="#note393">[393]</a> Ed in omaggio a questo articolo il primate -di Milano ebbe a ricevere novamente dal Papa -l'investitura già avuta da Enrico III.<a class="tag" id="tag394" href="#note394">[394]</a> -</p> - -<p> -In questo stesso concilio fu preso per la prima -volta contro i simoniaci ed i concubinarii un grave -provvedimento, ripetuto dappoi molte altre volte. -Si prescrisse, non dovere i fedeli ascoltare la messa -di quel sacerdote che riconoscano per certa scienza -concubinario.<a class="tag" id="tag395" href="#note395">[395]</a> I cronisti del tempo fecero le più -alte meraviglie quando Gregorio VII ripropose -questa misura, che capovolgea tutta la gerarchia, -e facea dei laici i giudici del clero.<a class="tag" id="tag396" href="#note396">[396]</a> Ma dessa -<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span> -era un'arme di guerra, e guerra aperta si combatteva -da gran tempo tra la Curia Romana ed il -clero milanese. E le ire vie più si rinfocolarono -quando alla morte di Niccolò i cardinali levarono -sul soglio pontificio quell'Anselmo vescovo di Lucca, -già legato in Milano, e creduto promotore delle -agitazioni patariniche.<a class="tag" id="tag397" href="#note397">[397]</a> Nello scisma che allora insorse -tra il Papa dei Cardinali e quello dell'Imperatrice, -il clero milanese seguì in grande maggioranza -le parti di quest'ultimo. E provocò nuovi -rigori dalla Curia Romana, che ormai non abborriva -di conseguire la vittoria col ferro e col fuoco. Talchè -Alessandro II non dubitò di consegnare una bandiera -pontificia nelle mani di Erlembardo, valoroso -guerriero tornato testè dalla Palestina e succeduto -al fratello Arnolfo nella difesa della causa patarinica.<a class="tag" id="tag398" href="#note398">[398]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span> -</p> - -<p> -Quest'atto era la consacrazione della guerra -civile; ma la Corte Romana ormai era decisa a -tutto, perfino a scomunicare l'arcivescovo, pochi -anni innanzi investito dallo stesso papa. Tale misura -però dette il crollo alla bilancia; ed i Patarini -furono sopraffatti dai nemici, e lo stesso Arialdo, -costretto a fuggire, fu preso e messo a morte dalla -nipote dell'arcivescovo.<a class="tag" id="tag399" href="#note399">[399]</a> L'alto clero trionfava, ma -<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span> -non sì che a capo di dieci mesi Erlembardo non -potesse rifarsi dei suoi danni, e muovere armata mano -contro l'Isola Madre per riscuotere dall'empia Jezabel, -come ei la chiamava, il corpo del martire -suo compagno.<a class="tag" id="tag400" href="#note400">[400]</a> Le sorti in breve ora mutarono, e -rientrato Erlembardo in Milano colla venerata salma, -riprese le persecuzioni contro l'alto clero, certo più -spietate di prima. Non furono risparmiate nè le -case nè le vite, e a tale si venne che i legati pontificii -<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span> -ebbero a dare ordini severi contro gli stessi -loro partigiani.<a class="tag" id="tag401" href="#note401">[401]</a> -</p> - -<p> -La lotta s'era fatta sempre più aspra; e non che -smettere nuove ragioni s'apprestarono a rinfocolarla. -L'arcivescovo Guido, che da venti anni reggeva -la Chiesa di Milano, stanco dell'interminabile lotta, -e ben sapendo che i Patarini prendevano accordi -intorno al successore da dargli, pensò di cedere il -suo ufficio ad un ecclesiastico, più nobile di lui, a -nome Goffredo.<a class="tag" id="tag402" href="#note402">[402]</a> L'imperatore, Enrico IV, uscito da -poco di tutela, accolse di buon animo la dimandata -investitura, nella speranza che col nuovo arcivescovo -i dissidii sarebbero cessati e l'autorità imperiale -rinvigorita.<a class="tag" id="tag403" href="#note403">[403]</a> Ma per le opposte ragioni il papa non -<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span> -volle saperne di questa nomina, che frustrava i disegni -da lungo tempo concepiti, e contraddiceva -al canone contro le investiture laicali votate nel concilio -del 1059. Perlochè Goffredo fu scomunicato<a class="tag" id="tag404" href="#note404">[404]</a> ed -alla morte di Guido Erlembardo fece scegliere coll'intervento -del delegato un sacerdote di nome Azzone.<a class="tag" id="tag405" href="#note405">[405]</a> -Per tal guisa i partiti tornarono più accanitamente -alle prese. L'alto clero fu talmente irritato -dalla nuova scelta, che ruppe in aperta violenza, -ed a furor di popolo fu trascinato il nuovo eletto -alla chiesa di S. Maria, ed ivi più morto che vivo -gli fu fatto giurare che non salirebbe mai sulla -cattedra di S. Pietro.<a class="tag" id="tag406" href="#note406">[406]</a> Nè vi salì, ma non vi salì -neanche Goffredo, combattuto fieramente da Erlembardo. -(1071). A costui per verità non venne fatto -d'impadronirsi del forte di Castiglione, ove l'arcivescovo -scomunicato s'era rinchiuso; ma riescì in -<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span> -quella vece a sbarrare le porte di Milano, e a ridurre -in sua mano il governo della città. -</p> - -<p> -In quel tempo (1073) fu assunto al pontificato -Ildebrando, l'amico ed il protettore di Erlembardo, -e questi si credeva ormai così sicuro del suo potere, -che ogni giorno più cresceva di audacia ed intemperanza. -Così per mostrare il suo odio e disprezzo -contro i vescovi, che aveano riconosciuto a lor capo -uno scomunicato, calpestò pubblicamente l'olio da -uno di loro consacrato, sostituendovi altro d'ignota -provenienza. E ricusando i vescovi di somministrare -il battesimo nelle ferie pasquali di quell'anno e -del seguente, ingiunse ad un semplice prete Luiprando, -che facesse le loro veci.<a class="tag" id="tag407" href="#note407">[407]</a> Contro queste -violenze suonarono ben alte le grida del clero,<a class="tag" id="tag408" href="#note408">[408]</a> -ed in occasione di un incendio, che in quel torno -distrusse la bella chiesa, ove fu consacrato Attone, -si disse essere codesto un giusto giudizio dell'empietà -commesse. L'ira dei Milanesi allora non conobbe -<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span> -più freno; i nemici di Erlembardo non posero -tempo in mezzo ad irrompere armata mano -contro di lui, ed il valoroso capitano cadde colla -spada in pugno, martire della sua fede.<a class="tag" id="tag409" href="#note409">[409]</a> Non però -la morte di Erlembardo restaurò le forze di Goffredo; -e lo stesso Enrico lo ebbe ad abbandonare, -scegliendo in sua vece un uomo più accetto, Tedaldo.<a class="tag" id="tag410" href="#note410">[410]</a> -Ormai i dissidii milanesi scomparivano nella -lotta delle investiture<a class="tag" id="tag411" href="#note411">[411]</a> che per la sua grandezza -supera tutte le altre finora combattute. -</p> - -<h4 id="cap3-1-II">II</h4> - -<p> -Il gran disegno di ridurre tutto il clero maggiore -e minore in balìa del Pontefice era attuato -a mezzo fino a che un altro potere, il laicale, avesse -in sua mano i beneficii; onde Gregorio non dubita -di trarre le estreme conseguenze, e contrastare all'Imperatore -<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span> -antichissimi diritti. Ora si chiariva il segreto -pensiero del Papa. La potestà pontificia dovea -essere la fonte di tutte le autorità e temporali e -spirituali. Il clero non dovea inchinarsi ad altro -capo fuor del sommo Gerarca, e da lui solo avea -a riconoscere non pure l'ufficio suo spirituale, ma -benanco il possesso dei beni ed il dominio temporale. -Nè faceva intoppo che per tal guisa si sarebbero -capovolte tutte le norme giuridiche e politiche -del tempo; e che il feudatario in omaggio -al Papa avrebbe talvolta negata obbedienza al suo -signore. Ormai il supremo signore era il Pontefice, -e le parti tra il Papato e l'Impero affatto invertite. -L'Imperatore avrebbe nominato il Papa, non il -Papa l'Imperatore, perchè se il sommo sacerdote -ha la potestà d'immettere nel loro ufficio alcuni -principi dell'Impero, è naturale che eserciti lo stesso -diritto sul Principe dei Principi. E questo era veramente -l'ideale di Gregorio VII, la costituzione -di una società mondiale, il cui capo fosse il vescovo -di Roma, suprema autorità feudale, da cui come -vassalli dipendessero tutti i principi, e primo fra -tutti l'Imperatore.<a class="tag" id="tag412" href="#note412">[412]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span> -</p> - -<p> -Ma ora si scopriva una strana contraddizione -tra il principio e la fine del movimento riformatore, -il quale cominciato dal contrastare il fasto, la dissolutezza -e talvolta il potere principesco dell'alto -clero, finiva col mettere in mano del Papa la -maggior copia di ricchezze, onori e potestà mondana. -Se al supremo Gerarca è lecito di circondarsi -degli splendori di una corte, perchè non debbono -seguire il suo esempio e vescovi ed abbati? La -riforma disciplinare sarà dunque messa in seconda -linea, ed or che nè l'arcivescovo di Milano, nè altro -al mondo può fare ombra alla Curia Romana, non -si contrasterà più la potestà territoriale dei prelati. -E purchè questi riconoscano nel Papa la fonte dell'autorità -loro, vivano a lor modo, e camminino pure -sulle orme degli Ariberti e dei Guidi. -</p> - -<p> -Per tal guisa i mali della Chiesa s'esacerbavano, -e secondo la testimonianza preziosa di S. Bernardo, -le intemperanze del clero metteano nuove radici e -tanto più profonde, per quanto la Chiesa grandeggiava -di potenza e splendore.<a class="tag" id="tag413" href="#note413">[413]</a> Nettampoco la quistione -<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span> -politica era risoluta, chè non ostante i trionfi -di Canossa la vittoria del Papato vacillava non poco, -e dopo tanto battagliare Callisto II, ebbe a sottoscrivere -il compromesso del 1122, il quale se chiudeva -la grande lotta delle investiture, non ispengeva -il germe di nuovi contrasti. Il dissidio tra la Chiesa -e l'Impero, insorto una volta non sarà più per comporsi; -nè solo colla Germania avrà da battersi il -Papato, ma colla Francia, coll'Inghilterra, col Senato -di Roma, con tutti quei governi in una parola, -che mal tolleravano le usurpazioni e frammettenze -del potere ecclesiastico. E queste lotte in quell'età -di violenti e rudi costumi tornavano egualmente -funeste allo Stato ed alla Chiesa; e minacciavano -l'esistenza stessa di ogni civile consorzio. -</p> - -<h4 id="cap3-1-III">III</h4> - -<p> -In questo tempo appare nella storia la misteriosa -figura di Arnaldo da Brescia.<a class="tag" id="tag414" href="#note414">[414]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span> -</p> - -<p> -Il moto patarino ebbe per risultato di togliere -in molti luoghi ai vescovi la potestà territoriale -che passò nei comuni, e così nacquero quelle repubbliche -medievali con consoli e consigli e diritti -e pretensioni baronali sui minori comuni. Questo -accadde in Milano, e sarà accaduto anche in Brescia, -ove però il vescovo non fu spogliato di tutta -l'autorità, ma sembra prendesse parte coi Consoli -all'amministrazione della Repubblica.<a class="tag" id="tag415" href="#note415">[415]</a> Si comprende -come dovesse riescire faticoso questo governo misto, -nel quale gli opposti elementi si odiavano e sospettavano -a vicenda; e come le scissure del governo -si ripercotessero nel popolo, diviso anche lui in partiti -e fazioni. Uno dei capi del partito antivescovile -<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span> -par che fosse il famoso Arnaldo, il quale benchè -prete e frate,<a class="tag" id="tag416" href="#note416">[416]</a> s'ispirava alle tradizioni patariniche, -tal che pareva in lui rivivesse lo spirito austero -degli Arialdo ed Erlembardo, santificati dalla Chiesa. -</p> - -<p> -Questo rigido sacerdote, che al dire dell'<i>Historia -pontificalis</i> carnem suam indumentorum asperitate et -inedia macerabat,<a class="tag" id="tag417" href="#note417">[417]</a> mal tollerava che il clero s'inframmettesse -nei negozii mondani,<a class="tag" id="tag418" href="#note418">[418]</a> e contro il proprio -vescovo, semprepiù avido di maggior potere, levava -alta la voce, infiammando il popolo a tal segno, che -nel tornare quel prelato da Roma, a fatica potè -rientrare nella sua diocesi.<a class="tag" id="tag419" href="#note419">[419]</a> Non diversamente s'era -condotto un tempo Arialdo, e contro l'arcivescovo -milanese e il clero maggiore ben più gravi tumulti -avea sollevato nel popolo. Ma ora i tempi eran -mutati, nè sulla cattedra di S. Pietro sedevano gli -<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span> -Alessandro II e i Gregorio VII, nè gl'interessi della -Corte pontificia del secolo decimosecondo pareggiavan -quelli dell'undecimo. -</p> - -<p> -Di queste condizioni consapevole il prelato bresciano -s'appellò a Roma contro il mal capitato canonico, -e se non ottenne dal Concilio lateranense -del 1139<a class="tag" id="tag420" href="#note420">[420]</a> la condanna esplicita delle dottrine arnaldiane, -ebbe dal Papa quello che più gli premea di -conseguire, l'allontanamento del pericoloso oratore. -Arnaldo infatti fu deposto con decreto pontificio -dall'uffizio suo, e cacciato in bando oltremonti.<a class="tag" id="tag421" href="#note421">[421]</a> È -dubbio se gli fosse proibito anche il predicare. -Ottone di Frisinga lo dice apertamente;<a class="tag" id="tag422" href="#note422">[422]</a> ma S. Bernardo -non sa nulla di questo divieto; nè forse -alla Curia romana premeva di chiudere la bocca -all'esule sacerdote, convinta che fuori della patria -la sua parola non sarebbe nè cercata nè temuta. -Comunque sia, è fuor di dubbio che Arnaldo riparò -in Francia, ove secondo Ottone di Frisinga era già -<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span> -stato da giovane per udirvi le lezioni d'Abelardo.<a class="tag" id="tag423" href="#note423">[423]</a> -E vi tornò appunto in quel tempo, in cui il Concilio -di Sens dovea decidere sulle sorti del filosofo -palatino, accusato da San Bernardo. L'esule bresciano -s'adoperò gagliardamente pel suo maestro,<a class="tag" id="tag424" href="#note424">[424]</a> -e quando fu pronunziata la sentenza, e l'infelice -condannato si ridusse nella solitudine di Cluny, ei -restò impavido sulla breccia, ed occupata la cattedra -deserta, seguitò ad esporre la Bibbia nello stile -di Abelardo, e forse più di lui insisteva sul contrasto -tra i primi vescovi della Chiesa, e quelli che -allora disonoravano il loro ministero coll'avarizia -ed il desio di beni mondani, e alle mollezze del -secolo s'abbandonavano, e voleano edificare la Chiesa -sul sangue.<a class="tag" id="tag425" href="#note425">[425]</a> -</p> - -<p> -Dell'efficacia di questo insegnamento non è a -dubitare. Chi l'impartiva, educato agli studii classici, -possedeva il segreto dell'eloquenza, che vince -<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span> -le menti,<a class="tag" id="tag426" href="#note426">[426]</a> e maggiore autorità dava alle sue parole -coll'esempio di una vita intemerata ed austera -che imponeva il rispetto anche ai nemici. Talchè -S. Bernardo, ben conto dei pericoli che sovrastavano -all'opera sua, s'adoperava in tutte le guise -per ridurre al silenzio questo nuovo apostolo, pari -al maestro per ingegno e dottrina, ma d'animo più -gagliardo. Già fin dalla chiusura del concilio con -lettere affannose avea sollecitata da Innocenzo II -la condanna del palatino e del bresciano insieme; -pervenutogli poi il decreto pontificio, che non pure -condannava i novatori ma ne ordinava l'arresto,<a class="tag" id="tag427" href="#note427">[427]</a> -si mise in cerca di chi si prestasse ad eseguirlo. -E fallitogli il tentativo presso il re di Francia, dal -quale ottenne solo ed a stenti l'espulsione di Arnaldo,<a class="tag" id="tag428" href="#note428">[428]</a> -si volse al vescovo di Costanza nella cui -diocesi s'era quegli rifugiato,<a class="tag" id="tag429" href="#note429">[429]</a> pregandolo di far -<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span> -discacciare il ramingo, se pur non gli riescisse di -chiuderlo in prigione.<a class="tag" id="tag430" href="#note430">[430]</a> Ma non tutti la pensavano -come l'impetuoso abate. Nè soltanto l'ordine di -arresto non fu eseguito;<a class="tag" id="tag431" href="#note431">[431]</a> ma perfino un cardinale -di S. Chiesa, e legato per giunta,<a class="tag" id="tag432" href="#note432">[432]</a> in luogo di perseguitare -il profugo sacerdote, lo accolse ospitalmente, -e della sua egida lo ricoperse. E indarno -il Chiaravallese gli scrisse una delle sue lettere più -ardenti;<a class="tag" id="tag433" href="#note433">[433]</a> l'accorto porporato non si lasciò prendere -all'amo, chè ei ben sapea discernere gl'interessi -della Chiesa da quelli del fanatismo. Pare anzi che -con lo stesso legato Arnaldo abbia fatto ritorno in -<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span> -Italia, e che per opera di lui si sia rappattumato -col novo papa Eugenio III.<a class="tag" id="tag434" href="#note434">[434]</a> -</p> - -<p> -Sembra molto strano che l'esule bresciano, il -proscritto da Innocenzo, trovi grazia appo Eugenio, -presso quello stesso Papa, che avrebbe dovuto più -che altri seguire i consigli di S. Bernardo, stato -già suo maestro;<a class="tag" id="tag435" href="#note435">[435]</a> e qualcuno potrebbe essere indotto -a dubitare della veracità dell'<i>Historia pontificalis</i>. -Ma la testimonianza del Sarisberiense, come -ha dimostrato il Giesebrecht, è fuor di discussione; -ed io stimo che si possano sciogliere le dubbiezze, -ove si studii più addentro nei fatti.<a class="tag" id="tag436" href="#note436">[436]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span> -</p> - -<p> -Non appena assunto al pontificato Eugenio III -ebbe dal suo venerato maestro il libro <i>De Consideratione</i>, -ove è svolta maestrevolmente la quistione -del giorno, quella stessa, che solea trattare Arnaldo -nelle sue predicazioni, e che oggi si direbbe del -potere temporale. S. Bernardo comincia dallo stabilire -che la Chiesa non possiede per diritto apostolico; -chè gli apostoli non potevano dare quel che -non aveano.<a class="tag" id="tag437" href="#note437">[437]</a> E se non possiede per sè, mal può -farsi distributrice di terre, e giudice di possessi. -Quale apostolo mai si attribuì questo potere?<a class="tag" id="tag438" href="#note438">[438]</a> Nè -tampoco la Chiesa è fatta per dominare, chè a lei -non lo scettro, ma il sarchio si conviene; e chiaramente -traspare dagli Evangelii il divieto della -dominazione mondana.<a class="tag" id="tag439" href="#note439">[439]</a> Nè mai Pietro si ornò di -<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span> -gemme o di seriche vesti, nè su bianco cavallo fu -portato, nè gli si stringevano attorno soldati e ministri.<a class="tag" id="tag440" href="#note440">[440]</a> -Ed i possessi e il dominio, e l'aureo manto -e l'armi non spettano a chi fu commesso l'umile -ufficio di pascere il suo gregge;<a class="tag" id="tag441" href="#note441">[441]</a> bensì ai re e -principi della terra. Nè giova che l'una podestà -invada i confini dell'altra, e meni la sua falce nell'altrui -messe.<a class="tag" id="tag442" href="#note442">[442]</a> Ma non perchè si spogli di queste -mal tolte attribuzioni, la dignità del sommo sacerdote -vien menomata. Chè per quanto egli si estolga -su tutti gli altri uomini, non può certo farsi maggiore -del Signor suo, nè al discepolo conviene usurpare -titoli ed ufficii che al maestro non piacque -di assumere.<a class="tag" id="tag443" href="#note443">[443]</a> E d'altra parte ridotta al solo spirituale -l'autorità del Papa non cessa per tanto dal soprastare -a quella di tutti i principi della terra; non -<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span> -essendovi alcun re o imperatore, cui come al Papa -appartengano le due spade, la temporale e la spirituale.<a class="tag" id="tag444" href="#note444">[444]</a> -Con questa differenza che quella viene sguainata -per suo cenno, ma non dalla sua mano, questa -anche dalla mano. La spada temporale deve essere -adoperata per la Chiesa, non dalla Chiesa.<a class="tag" id="tag445" href="#note445">[445]</a> -</p> - -<p> -Da queste citazioni è facile raccogliere la dottrina -di S. Bernardo. Non avendo lo Stato un contenuto -morale suo proprio, la podestà terrena fino -a che non sia consacrata dal Capo della Chiesa, pare -agli occhi del Chiaravallese rude forza non ancora -tramutata in diritto; concetto comune a tutto il -Medio Evo, e dai ghibellini non meno accettato -che dai guelfi. Ma ciò non importa che la Chiesa -stessa debba godere autorità territoriale. Superiore -a tutti i principi della terra, ella non può discendere -al loro livello, nè esercitare un potere materiale -come il loro; fonte di ogni autorità, la impartisce -agli altri, senza serbare per sè nessuna -parte che non sia del tutto spirituale. Il concetto -<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span> -di S. Bernardo dovea menare diritto al vicariato. -Il Micado per dedicarsi esclusivamente agl'interessi -spirituali tralascia la cura delle terrene cose, la -cui amministrazione affida al primo tra i principi -del paese. E questi, il Taicun, ha bensì il vero potere -nelle mani, ma l'esercita nel nome del Micado. -</p> - -<p> -Non dobbiamo qui dare un giudizio di questo -sistema, il più ecclettico che sia mai apparso. Ma -certo è che ad Eugenio sorrise non poco, e ben presto -messolo in pratica nell'accordo che strinse colla -Repubblica romana, si fece restituire dal popolo -romano il diritto di sovranità, esercitata dai suoi -predecessori, ma nel contempo s'impegnò di trasferirne -il potere nel Senato romano, come suo -vicario.<a class="tag" id="tag446" href="#note446">[446]</a> Non è improbabile che a questo componimento -assentisse anche Arnaldo, e per tal guisa -spiegheremmo agevolmente come andasse assolto -dalle antiche censure, e gli fosse data licenza di -starsene a Roma. -</p> - -<p> -Ma non andò molto che si scopersero i vizii -di quell'artifizioso congegno, che metteva alle prese -due autorità, una di nome, l'altra di fatto. Non -conosciamo le scissure che ebbero luogo in quel -tempo tra il Papa ed il Senato di Roma; certo -è che nella primavera del 1146 Eugenio fuggì da -Roma, e l'anno appresso dall'Italia. Fallito così -l'accomodamento ricominciò la lotta con maggior -vigore. Ormai non era più tempo di mezzi termini, -<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span> -ed Arnaldo riprese il linguaggio antico, e nelle sue -calde predicazioni sfolgorava per primo i cardinali, -nuovi scribi e farisei che si adunano nel tempio, -come in mercato, a trattar di negozii mondani e -provvedere al loro fasto ed ingordigia. Nè risparmiava -il Papa, a cui negava il nome di uomo apostolico -e pastor delle anime; perchè gli apostoli -non promoveano incendi e rapine come lui; nè nel -sangue fondavano il loro regno spirituale.<a class="tag" id="tag447" href="#note447">[447]</a> E da -queste premesse diritto conclude non doversi obbedienza -nè al Papa nè ai Cardinali, che non sono -la vera Chiesa di Dio; nè aversi a tollerare che il -Papa rientri in quella città, cui vuole ridurre a -servitù, lei la fonte della libertà, la sede dell'impero -e la regina del mondo.<a class="tag" id="tag448" href="#note448">[448]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span> -</p> - -<p> -Arnaldo era dunque l'oratore della Repubblica, -il temuto tribuno che nel breve giro di pochi mesi -avea saputo guadagnarsi il favor popolare così da -movere le masse a suo talento. Ben comprese il Senato -romano di quanto giovamento potesse tornargli -questo sacerdote, di vita austera ed intemerata, che -spietatamente metteva a nudo le magagne del clero, -e ad un profondo sentimento religioso aggiungeva -il culto della Roma antica, e la fede invitta nei -suoi nuovi destini. E con giuramento solenne Arnaldo -ed il Senato romano si strinsero in un patto, -quegli di consacrare tutta l'opera sua in servigio -della Repubblica, questi di difenderlo a tutti i costi -dalle insidie nemiche. L'uno e l'altro seppero mantenere -la lor fede.<a class="tag" id="tag449" href="#note449">[449]</a> E quando nel 1149 fu costretto -il Senato a rappaciarsi con Eugenio, non permise -che rientrando il Papa nella città eterna, ne fosse -bandito lo scomunicato tribuno. Mirabile fermezza, -che permise ad Arnaldo di seguitare a vivere in -Roma, ove sarebbe rimasto tuttora se il successore -di Eugenio e di Anastasio, Adriano IV, fulminando -<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span> -l'interdetto, non avesse indotto il credulo popolo -a chiederne lui stesso l'allontanamento. -</p> - -<p> -Da quel giorno i destini di Arnaldo furon decisi. -Indarno i Visconti di Compagnatico lo sottrassero -al cardinale Odone, in potere del quale era -caduto presso Bricole in Val d'Orcia.<a class="tag" id="tag450" href="#note450">[450]</a> Pochi uomini -di Federigo Barbarossa bastarono a ritoglierlo ai -suoi salvatori; nè il re tedesco, cui premeva di sgombrarsi -la via all'incoronazione, dubitò di consegnarlo -al Papa. E questi non pago di farlo mandare a -morte,<a class="tag" id="tag451" href="#note451">[451]</a> ne fece bruciare il cadavere e disperdere nel -<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span> -Tevere le ceneri, <i>ne a stolida plebe corpus ejus veneratione -habetur</i>, come dice il cronista.<a class="tag" id="tag452" href="#note452">[452]</a> Preziosa -confessione, che mostra in qual concetto di santità -era tenuto il tribuno, e di quanto odio lo rimeritasse -la Curia Romana. -</p> - -<h4 id="cap3-1-IV">IV</h4> - -<p> -Qual'era la dottrina di Arnaldo, per quanto almeno -possiamo raccoglierla dalle scarse testimonianze? -Noi dicemmo già quali erano le lotte che -scoppiarono in quel tempo tra l'autorità religiosa -e la civile, e di quanti mali fosse cagione questo -dissidio.<a class="tag" id="tag453" href="#note453">[453]</a> A questi mali così profondi ed annosi un -rimedio solo s'aveva energico, infallibile e tale che -li avrebbe tagliati dalla radice, e la grande mente -del bresciano seppe scoprirlo. Perchè il mondo abbia -pace, ei diceva, fa d'uopo che la Chiesa torni -alla purità e semplicità dei tempi apostolici, e ben -si persuada che il Vangelo non tollera anzi vieta -<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span> -ai ministri del Signore il possesso di beni temporali, -e che i preti e frati renitenti a spogliarsi delle -molte ricchezze si danneranno irreparabilmente. Non -al clero spetta la proprietà delle terre che ora -sfrutta, bensì al Principe o allo Stato, al quale -deve restituirsi questa gran massa di beni, perchè -sia adoperata in servigio non di una casta, ma della -società tutta.<a class="tag" id="tag454" href="#note454">[454]</a> Fatidiche parole, che sembrano scritte -ai nostri giorni, ma di quei tempi doveano riuscire -ben dure ad intendersi. Ricordiamo che prima di -Arnaldo un Papa d'alta mente, Pasquale II (1099-1118), -a por fine alla guerra con Enrico V, avea -pattuito che l'Imperatore rinunziasse alle investiture, -e per compenso i vescovi restituissero i lor -feudi all'Impero.<a class="tag" id="tag455" href="#note455">[455]</a> Ma il pensiero geniale del Papa, -benchè meno radicale di quello di Arnaldo, non fu -meglio accolto da entrambi i partiti. La società -non era ancor matura per queste ardite innovazioni, -e come nel 1109 Enrico V ai vescovi tedeschi, tumultuanti -nel S. Pietro, dichiarava non desiderare -la separazione propostagli dal Papa, così parecchi -anni più tardi, nel 1154, il Barbarossa si fa esecutore -<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span> -della vendetta pontificia contro quel sacerdote -che sosteneva a viso aperto i diritti dello Stato. -</p> - -<p> -Ma se le idee di Arnaldo non erano conformi -allo spirito dei tempi, non per questo si doveano -tenere per eretiche. Lo stesso Pasquale II nel trattato -stretto con Enrico V avea dichiarato contrario -ai canoni, che il clero coprisse un ufficio politico, -e prestasse servizio nell'esercito, e si fosse insieme -servi dell'altare e della Corte.<a class="tag" id="tag456" href="#note456">[456]</a> Nè suonavano diverse -le dichiarazioni di S. Bernardo, il quale ben -comprendeva come tutte le idee di Gregorio VII -non potessero attuarsi di pari passo, essendo il primato -politico della Chiesa il più forte ostacolo alla -riforma della disciplina. Non fa dunque meraviglia -che qualche ecclesiastico abbracciasse le opinioni -di Arnaldo, senza credere per questo di venir meno -alla sua fede ed al suo ufficio. Questo sappiamo -dallo stesso breve di Eugenio III, il quale, com'è -stato più volte notato, chiama Arnaldo scismatico -non eretico.<a class="tag" id="tag457" href="#note457">[457]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span> -</p> - -<p> -E certamente se le dottrine arnaldistiche avessero -avuta attinenza soltanto col potere politico o -la posizione economica del clero, non potrebbero -esser dette ereticali. E dovremmo assentire al Giesebrecht -che scagiona Arnaldo di ogni accusa di -eresia. Ma non possiamo negare che con quelle -dottrine politiche ed economiche strettamente si -legavano altre, che non sono rigidamente ortodosse. -Arnaldo stesso, come già riferimmo dalla <i>Historia -pontificalis</i>, sosteneva il Collegio dei cardinali non -essere la Chiesa di Dio, il Papa non essere un uomo -apostolico, e a lui non doversi nè obbedienza nè -riverenza.<a class="tag" id="tag458" href="#note458">[458]</a> Non più aspro era il linguaggio degli -<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span> -eretici, le cui invettive, imagini, e citazioni son -fedelmente riprodotte dagli arnaldisti. Basta leggere -la lettera, che uno di essi il Wezel,<a class="tag" id="tag459" href="#note459">[459]</a> scrive a -Federico I. I preti d'oggi, ei dice, sono i falsi dottori -di cui parla Pietro, che per avarizia mercanteggiano -le anime loro affidate, gozzovigliano nei -conviti, e gli occhi han pieni di adulterio. Ei son -quelli per cui la via della verità sarà bestemmiata, -e di loro si può dire essere fonti senz'acqua.<a class="tag" id="tag460" href="#note460">[460]</a> Nè -possono ripetere con Pietro: <i>tutto abbiamo lasciato e -te abbiamo seguito, o signore</i>, nè molto meno: <i>io non -ho nè argento nè oro</i>. Nè di loro si può dire che -sono il sale della terra, o la luce del mondo come -dice Matteo: ma piuttosto lor conviene il versetto -che segue: <i>se il sale diviene insipido, con che salerassi -egli? non val più nulla siffatto sale, se non ad -essere gittato via, e calpestato dagli uomini</i>.<a class="tag" id="tag461" href="#note461">[461]</a> Chi dice -<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span> -di credere in Cristo deve camminar come lui, e chi -non conosce Dio, e non osserva i suoi comandamenti -mentisce. E Cristo stesso disse: <i>se non farò -le opere del padre, non mi credere</i>. E se a Cristo -che fu senza peccato non s'avea a credere senza -le opere, come mai si dee prestar fede a costoro, -che mal s'avvisano ed operano il male pubblicamente? -Come potete parlare del bene, quando siete -cattivi? Non ha detto il signore stesso <i>la vostra -fede senza le opere è morta</i>?<a class="tag" id="tag462" href="#note462">[462]</a> E come mai costoro, -ingordi di ogni ricchezza, possono ascoltare il primo -tra i precetti dell'Evangelo: <i>beati i poveri di spirito</i>? -</p> - -<p> -Degli stessi testi si servivano i Catari e si varranno -i Valdesi per combattere la supremazia del -Papa. Ma da queste premesse traevano agevolmente -la conclusione: che se i preti sono ormai così lontani -dal Vangelo non si può loro obbedire senza -peccato. Il sacerdote, dicevan gli eretici, è capo -della Chiesa, ed a quel modo che ove sia infermo -il capo, tutte le membre illanguidiscono, così il -sacerdote non può essere indegno senza coinvolgere -nella colpa sua tutta la Chiesa che governa. Onde -egli è come il lievito di cui al dir di S. Paolo, poca -<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span> -quantità empie di sè la pasta tutta. Non si possono -servire due padroni nello stesso tempo, secondo -Matteo; onde il prete malvagio non può servire Dio, -ei che serve il diavolo, nè può essere di quello il -degno ministro presso i fedeli.<a class="tag" id="tag463" href="#note463">[463]</a> Traevano le stesse -conseguenze gli Arnaldisti. A loro non si rimprovera -nè il dualismo, nè la metempsicosi, nè l'abolizione -delle dignità ecclesiastiche o delle feste e -delle pratiche religiose. No, il solo punto nel quale -essi differiscono dai Cattolici è questo, che dicono -non doversi accogliere i sacramenti dal prete che -si riconosce malvagio;<a class="tag" id="tag464" href="#note464">[464]</a> tutto al contrario della dottrina -cattolica secondo la quale il carattere sacro -è indelebile, qualunque sieno le opere del sacerdote, -fino a che non abbia avuto luogo la deposizione. -E fino a questo punto non è lecito negare -obbedienza al sacerdote, e molto meno disdegnare -la somministrazione del sacramento. Il sacerdote in -<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span> -rapporto del sacramento non è se non uno strumento -passivo, nè perchè si compia il miracolo eucaristico -importa che il celebrante sia puro. Anche -contro i meriti di chi lo consuma, il pane si converte -nel corpo di Cristo; e sia pure indegno il -confessore, l'assoluzione che ei pronunzia ha sempre -la stessa efficacia di lavare ogni macchia di -peccato.<a class="tag" id="tag465" href="#note465">[465]</a> -</p> - -<p> -Possiamo dunque concludere che se rispetto agli -altri sacramenti Arnaldo e gli Arnaldisti erano ortodossi -schietti, nè abbiamo alcuna prova che errassero -intorno all'eucaristia; per quel che riguarda -l'ordine sacro la pensavano invece tutt'altrimenti -dai Cattolici. -</p> - -<p> -Prima degli Arnaldisti erano venuti alle stesse -conclusioni i Patarini, i quali nel combattere i preti -concubinari o simoniaci, finivano collo sconoscerne -il carattere sacerdotale, prima che l'autorità competente -si fosse pronunziata. Ricordammo altre volte -quel tale di Cambray che predicava intorno al 1077 -non doversi obbedienza ai preti simoniaci o concubinari, -nè potere essi celebrar messa, nè i fedeli -<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span> -ricevere da loro i sacramenti. Il patarino francese -fu giudicato come eretico, e condannato al rogo, e -sebbene Gregorio VII protestasse contro la selvaggia -esecuzione, e volesse punirne gli autori, pure -non si può negare che l'accusa di eresia non fosse -niente affatto infondata.<a class="tag" id="tag466" href="#note466">[466]</a> Senza dubbio la dottrina -del predicatore di Cambray non era diversa da -quella che Gregorio VII sosteneva,<a class="tag" id="tag467" href="#note467">[467]</a> ed avea fatto -accogliere nei varii concilii che si succedettero -dal 1059 in poi ma non per questo diveniva più -ortodossa,<a class="tag" id="tag468" href="#note468">[468]</a> e non andrà molto tempo che la Curia -<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span> -stessa la ripudierà condannando negli Arnaldisti quei -Patarini che un tempo avea levati sugli altari. -</p> - -<p> -Se occorressero altre prove della scarsa ortodossia -degli Arnaldisti, potrei addurre questa che -mi sembra di non poca importanza. Già dicemmo -a suo tempo che i Valdesi si dividevano in Poveri -di Lione, e Poveri Lombardi. La dottrina particolare -di questi ultimi, come apparisce dall'anonimo -di Passau, afferma non potere il cattivo sacerdote -consacrare il corpo di Cristo, nè Dio discendere -alle preghiere di lui. Notammo già nel capitolo -precedente, che su questo punto i Poveri Lombardi -si mostravano inconciliabili con quelli d'oltremonti. -Il che ci fa intravvedere che i Valdesi, venuti in -Lombardia e trovati ivi i seguaci di Arnaldo, che -al dir dell'<i>Historia pontificalis</i> si chiamavano già -eretici lombardi, si fusero con loro, e tra gli altri -<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span> -punti di dottrina questo misero in evidenza, in cui -e Valdesi ed Arnaldisti concordavano, che al ministro -creduto indegno non si debba prestare nè -onore nè obbedienza. Quali conseguenze si possano -trarre da questo concetto non è mestieri che dica. -Solo noterò che coll'elevarsi il fedele a giudice dei -sacerdoti viene scossa dalle fondamenta la gerarchia -cattolica, e crollato questo edificio così sapientemente -architettato, è aperta la via ad ulteriori e -più radicali riforme. -</p> - -<p> -Anche in questo punto il risultato del movimento -patarinico dovea cozzare col suo principio. -Cominciato dal combattere quei prelati, che minacciavano -di levarsi in alto contro i diritti e le pretensioni -del sommo Gerarca, finisce coll'introdurre -un principio che a lungo andare sarà per distruggerne -l'autorità. Io non voglio affermare che gli -Arnaldisti avessero consapevolezza della loro rottura -col cattolicismo; le loro divergenze erano limitate -a pochissimi punti, ed anche in questi potevano -invocare in loro favore l'autorità dei concilii, talchè -più che eretici si potevan dire e furon detti -scismatici. Ma ove pure essi si credessero in buona -fede migliori cattolici dei loro avversari, ciò non -prova che fossero in realtà. Anche i Poveri di -Lione si credevano così schiettamente cattolici, che -chiesero a due pontefici il riconoscimento del loro -sodalizio. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span> -</p> - -<h4 id="cap3-1-V">V</h4> - -<p> -Ed ora possiamo riassumere tutto lo sviluppo -di questo moto ereticale. Il principio di questa profonda -agitazione dello spirito religioso s'ha da -porre nel catarismo, che voleva sostituito al domma -dell'unicità di Dio, o del creatore quello del dualismo, -ed alla Chiesa cattolica già gerarchicamente -costituita opponeva un'altra, che avesse anch'essa -i suoi sacerdoti e vescovi, e perfino anche un papa. -Ma per combattere la Chiesa di Roma il catarismo -dovea accogliere e difendere tutte quelle dottrine, -che nate da ben altre tendenze avean pure lo stesso -risultato di scalzare l'edificio cattolico. Il catarismo -è iconoclasta, berengariano, docetista e simiglianti. -Il che fa sì che nella vecchia eresia si formino -due nuclei eterogenei; il primo formato dalle -dottrine dommatiche dualistiche, cagione di austero -ascetismo, e di stravaganti superstizioni; il secondo -composto in gran parte dalle dottrine più -o meno razionalistiche, che cercavano di ridurre -ognor più il mistero, limitavano al possibile la -sfera d'azione dell'autorità, e tendevano a sopprimere -a poco a poco il bisogno degl'intermediarii -tra l'uomo e Dio. La differenza, anzi opposizione -tra queste due parti fece sì, che la seconda si staccasse -dalla prima, e mentre quella si rendea sempre -più estranea al genio occidentale, questa seguia -<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span> -trionfante il suo corso, e col tempo da valdese -tramutossi in protestante. -</p> - -<p> -Ma i Catari ed i Valdesi per quanto discordi -nei convincimenti dommatici si accordano nell'indirizzo -pratico delle dottrine, e contro le ricchezze -e gli ozi del clero vogliono far rifiorire i costumi -apostolici, e non apprezzano se non la povertà, il -disinteresse, la rinunzia ad ogni bene o piacere -mondano. In questo indirizzo pratico conviene una -terza setta, la quale benchè più ortodossa dei Valdesi, -non è meno di loro sollecita delle riforme -dei costumi. -</p> - -<p> -Questa terza setta è quella che al principio -delle riforme si chiamò dei Patarini, e più tardi -venne detta degli Arnaldisti. Non è a dire che in -qualche punto dommatico non s'allontani anche -lei dalla Chiesa costituita, ma forse ella si credeva -sinceramente cattolica e si conservò tale fino -a che non si fuse coi Valdesi. E quando questa -setta scomparve, un'altra ne sorse in luogo suo -predicando con maggiore energia le stesse massime. -E questa è la setta dei Gioachimiti, che riconoscono -a lor capo l'abate calabrese, di spirito profetico -dotato, il quale alla dottrina della povertà -e dell'abnegazione attribuisce un valore e significato -più generale, e crede che ella debba rigenerare -non pure i preti e i frati, ma la società tutta, -che dovrebbe a mente sua formare un vasto cenobio; -talchè mutato con questa trasformazione l'ordinamento -della società e della Chiesa, sottentrerebbe -<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span> -una nova età, un terzo periodo nella storia del -mondo, il regno dello Spirito Santo. Con l'abate -Gioacchino la storia dell'eresia entra in una nuova -fase, che ha caratteri affatto opposti al precedente. -Nel primo periodo dell'eresia catara per successive -attenuazioni si riesce allo scisma arnaldistico, nel -secondo dallo scisma gioachinita per successivi rinforzamenti -si arriva all'eresia degli apostolici. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span> -</p> - -<h2 id="libro2">LIBRO SECONDO -<span class="smaller">DALLO SCISMA ALL'ERESIA</span></h2> - -<h3 id="cap1-2">CAPITOLO I -<span class="smaller">L'ABBATE GIOACCHINO</span></h3> -</div> - -<p> -Sono molto discordi i giudizii intorno al -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Calavrese abate Gioacchino</p> -<p class="i01">Di spirito profetico dotato,</p> -</div></div> - -<p> -nè fa maraviglia; perchè chi attenda alla sua incontrastata -pietà, all'ampia e solenne dichiarazione -di sottomettersi al giudizio di Roma, e ritrattare -tutto quello che nei suoi scritti si trovasse di meno -ortodosso; chi ricordi l'ordine florense ed il cenobio -da lui fondato, se anche non presti fede ai miracoli -che si raccontano di lui, certo lo metterà tra -i più ortodossi asceti del medio evo. E la Chiesa -stessa lo disse beato, e permise che si levasse un -altare sul suo sepolcro nell'abbazia di S. Giovanni -in Fiore, nè solo i Benedettini, ma benanco -i Gesuiti ne inserirono la vita nelle agiografie. Ma -d'altra parte non si può negare che nel Concilio -<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span> -lateranense del 1215 furono solennemente condannate -alcune dottrine teologiche dell'abate calabrese, -e più tardi nel 1254 una Commissione di cardinali -raccolse dalle sue opere autentiche una messe -abbondante di opinioni e sentenze poco ortodosse. -Oltrechè lo stesso nome di profeta appar sospetto -alla rigida autorità ecclesiastica, perchè di santi la -Chiesa cattolica ne riconosce moltissimi, ma di profeti -neppur uno, chè secondo molti dottori la vena -profetica andò del tutto esaurita dopo la venuta del -Messia, quando null'altro aveano a predire i veggenti -del futuro, fuor che novità pericolose. Codesta -disputa tra gli apologisti e i contraddittori -dell'abate calabrese dura da un pezzo, nè sarà per -ismettere, attendendo gli uni alla purità degl'intendimenti, -e gli altri al tenore delle dottrine. Ma -comunque si componga, a noi corre l'obbligo di -aprire questo secondo libro col profeta calabrese. -Perchè se anche dell'ortodossia di lui non si fosse -dubitato punto, e concordemente fosse venerato -sugli altari, non sarebbe men vero per questo che -nel suo nome si levarono, e dalle sue opere presero -le mosse alcune sètte manifestamente ereticali. -</p> - -<h4 id="cap1-2-I">I</h4> - -<p> -Dell'abate Gioacchino è molto difficile ricomporre -la biografia sulle scarse notizie a noi pervenute. -Del cenobio di Fiore, da lui fondato, non resta -ormai se non l'antica mole, e se dura l'incuria -<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span> -nostra, tra poco cadrà ancor quella. I tesori e le -memorie della ricca abbazia andaron dispersi, ed i -cronisti antichi bisogna adoperarli con molta circospezione, -se non si vuol cadere in gravi errori, -come toccò al De Lauro.<a class="tag" id="tag469" href="#note469">[469]</a> Nessuna cronaca ci dice -nè la data della nascita nè quella della morte. Ma -quest'ultima può essere determinata con certezza -da due documenti riportati dall'Ughelli, dove appare -ancor vivo nel settembre del 1201 e già morto -nel giugno 1202. La morte adunque accadde nel -frattempo, e propriamente il 30 marzo 1202; perchè -sappiamo da Luca che morì di sabato quindici -giorni avanti la Pasqua.<a class="tag" id="tag470" href="#note470">[470]</a> Non è così facile determinare -<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span> -l'anno della nascita. I calcoli del De Lauro, -che lo crede nato nel 1111 sono tutti fondati sopra -una profezia che avrebbe fatta Gioacchino sulla -neonata principessa Costanza. Ma così la profezia, -come tutto il racconto intorno a questa principessa, -che il De Lauro attinse dal Fazelli, è un tessuto di -favole. Un altro biografo, il Greco, o perchè l'abbia -trovato in documento antico, o perchè prenda la -media della vita umana, mette tra la nascita e la -morte un settanta anni. Secondo questo calcolo -Gioacchino sarebbe nato intorno al 1132. -</p> - -<p> -Che alla mamma e al babbo apparissero prima -della nascita del bambino parecchie visioni lo raccontano -i biografi, nè fa meraviglia, perchè un profeta -non poteva non essere preceduto da quelle -apparizioni, che negli antichi tempi preannunziavano -<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span> -la nascita degli eroi, e nei nostri quella dei -santi. Ma è strano che tra le cose rivelate dall'angelo -ai genitori ci fosse questa, che non s'avesse -a battezzare il figliuolo prima dei sette anni, e più -strano che i genitori aspettassero non pure i sette -anni prescritti, ma dieci addirittura. Non saprei -veramente come spiegare questo curioso racconto. -</p> - -<p> -Giovane di prestante ingegno, bello della persona, -largamente fornito di beni di fortuna, avrebbe -fatto gran cammino nel mondo, ed il padre ben -per tempo lo applicò alla regia curia, ove pare -che avesse un uffizio importante anche lui; ma lo -splendore della corte non abbagliò il giovane patrizio -che si sentiva chiamato a ben altri destini, -e delle miserie della vita già si mostrava insofferente. -Che pensieri si agitassero nella sua mente -è ben difficile dire, ma certo è che ei sentendosi -a disagio nella patria sua ottenne dal padre di fare -un viaggio per l'oriente ad attigere ispirazioni -dagli stessi luoghi, ove ebbe nascimento la nostra -fede. Lui non moveva quell'inquieto ardore, che -menerà i Polo nelle lontane regioni della Mongolia, -nè desio di avventure; ma un sentimento indefinito -che lì dove nacque il Cristo, gli verrebbe scoperto -il segreto del suo destino. Intraprese il viaggio non -a foggia di pellegrino, bensì circondato da servi -ed amici, che manteneva a proprie spese. Era ben -raro anche a quei tempi che un privato intraprendesse -un così lungo viaggio con tanto seguito di -gente e, se s'ha a credere al cronista, il giovane -<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span> -signore ne invanì.<a class="tag" id="tag471" href="#note471">[471]</a> Ma giunto a Costantinopoli, ove -forse qualche morbo contagioso mieteva a migliaia -le vittime, il sentimento mistico prese il di sopra, -e spogliate le ricche vesti, e congedati i suoi compagni -all'infuori di uno, cinse il saio del pellegrino, -e seguitò faticosamente la sua via.<a class="tag" id="tag472" href="#note472">[472]</a> Ormai avea rinunziato -ai piaceri della vita, ed ei stesso narrava -al suo compagno Luca d'una vedova siriaca, ancor -giovane e bella, che accolto in casa l'austero viaggiatore, -cercò indarno di soggiogarlo coi suoi vezzi.<a class="tag" id="tag473" href="#note473">[473]</a> -Salito sul monte Tabor è fama che vi restasse tutta -la quaresima tra digiuni e preghiere. E se non si -<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span> -può credere al biografo, che su quel monte concepisse -il disegno di opere scritte molto più tardi e -sul cadere degli anni, certo è che vi attinse il proposito -di dedicarsi tutto alla religione di Cristo.<a class="tag" id="tag474" href="#note474">[474]</a> -</p> - -<p> -Tornato in patria, se pure non è vero che ei -si nascondesse ai suoi genitori<a class="tag" id="tag475" href="#note475">[475]</a> certo è che non -volle rientrare nella casa paterna, ma invece per -fecondare quei germi che avea seco portati di Palestina -entrò nel monastero di Sambucina. Se non -che non volle legarvisi con voti;<a class="tag" id="tag476" href="#note476">[476]</a> chè ei non aveva -<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span> -in mira di chiudersi nel silenzio di un chiostro, ma -di spandere la parola del Signore di gente in gente. -E a capo d'un anno dal monastero sambucinese si -portò nei dintorni di Rende per predicare ai popoli, -e trasfondere in loro il fervore religioso che scaldava -il suo petto.<a class="tag" id="tag477" href="#note477">[477]</a> È strano che Gioacchino nel -principio del suo apostolato fosse ancor laico, e -par che non avesse nessuna fretta a prendere gli -ordini. Nè questo è un fatto isolato nella sua vita; -chè nella sua peregrinazione per la Palestina, sebbene -avesse fatto voto di castità, e vestita la bianca -tunica del frate, pure tornò laico quale era partito. -E tornato in patria, benchè si chiudesse per un -anno nel monastero sambucinese, pure nè si fece -frate, nè prese gli ordini. E quando più tardi fu -fatto abate di Corazzo non vide l'ora di fuggire -dal convento e tornare a predicare all'aere aperto. -Questi fatti hanno certamente un nesso fra loro, -nè può darsi che il ritardo di Gioacchino a prender -<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span> -gli ordini sia accidentale. Egli era di quegli -uomini, che sentivano indispensabile una riforma -della Chiesa, se pur non si volea perpetuare le lotte -tra il Papato e l'Impero, che riaccese nel 1154 -continuarono a lacerare la cristianità, e produssero -durante il pontificato di Alessandro III un lungo -e disastroso scisma. Forse istintivamente sentiva -che questa riforma non potesse partire dal clero -stesso, che troppo avido si dimostrava di dominio, -ed in vista di temporali vantaggi non rifuggiva -dal muovere una guerra ingiusta, come quella di -Adriano contro Guglielmo I di Sicilia. Non bisogna -dimenticare che Gioacchino visse per qualche tempo -nella curia cosentina, e dei contrasti tra i Normanni -ed i Papi, che or li benedicevano come salvatori, -or li scomunicavano come empi e ladroni, -dovea sapere qualche cosa. Nè sarebbe strano che -ei fin da giovane avesse un lontano presentimento -delle idee che più tardi sarà per svolgere. -</p> - -<p> -Comunque sia, è fuor di dubbio che Gioacchino -ancor da laico si mise alla predicazione, come al -principio del secolo avea fatto Tanchelino, e qualche -anno dopo di lui farà Valdo. Ma la Chiesa non poteva -permettere che un laico assumesse un ufficio -proprio del sacerdote, nè dubito punto che a Gioacchino -fosse proibita la predicazione dal vescovo di -Cosenza. Così si spiegherebbe il fatto, che egli -volendo prender gli ordini, per seguitare nel suo -apostolato senza impedimenti, non si rivolse al vescovo -della sua diocesi, come era pur naturale, ma -<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span> -recossi invece nella vicina Catanzaro,<a class="tag" id="tag478" href="#note478">[478]</a> ove fu ordinato -da Norberto, terzo vescovo di quella diocesi.<a class="tag" id="tag479" href="#note479">[479]</a> Il cronista -racconta che nel viaggio per Catanzaro arrivato -al Crotalo (Corace) smontò all'abbazia cistercense -di Corazo. Ed ivi dall'abate Colombano fu -indotto a restare per prepararsi convenientemente -all'ufficio sacerdotale che volea imprendere, e dopo -non molto si lasciò persuadere a prendere i voti. -La via della libera predicazione, per la quale s'era -messo, gli era stata chiusa; nè forse con suo rammarico. -Alla sua indole mite e poco battagliera -s'addiceva una missione più calma della predicazione, -e la riforma che ei vagheggiava la potea -promuovere più collo studio e gli scritti che colla -parola. E benchè finora non avesse voluto nè legarsi -con voti, nè prendere gli ordini, pure per la tempra -dell'animo suo più inchino alla vita contemplativa -che all'attiva, era un cenobita nato. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span> -</p> - -<p> -Divenuto frate cistercense, seguitò con ardore -gli studii biblici, dai quali mal tollerava d'andar -distolto. E quando alla morte dell'abate Colombano -i confratelli levarono lui all'alta dignità, forse perchè -più schivo di tutti, ricusò l'impaccioso onore. -E per sottrarsi alle pressure, abbandonato il suo -convento, riparò prima in quel d'Acri, e poscia nel -Sambucinese, dove era stato anni prima. Ma questa -fuga non intiepidì l'ardore dei suoi elettori, che dall'umiltà -sua traevano novo argomento per desiderarlo -a capo. E frappostisi alcuni dignitari della -Chiesa gli convenne accettare<a class="tag" id="tag480" href="#note480">[480]</a> il non ambito ufficio, -nel quale e per la relazione di famiglia, e per -essere stato egli stesso un tempo addetto alla curia -forse potè giovare più che ogni altro. Certo è che -sotto il suo governo l'abbazia, come dice il cronista, -ottenne nuovi privilegi, come ne fa fede un documento -del 1178 riportato dal Greco, in cui Guglielmo -II ordina al suo rappresentante nella Puglia -che sia fatta giustizia ai giusti reclami dell'abate -Gioacchino di Corazo.<a class="tag" id="tag481" href="#note481">[481]</a> Ma sebbene adempisse scrupolosamente -<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span> -ai doveri del suo ufficio, pure, anzi -appunto per questo, non cessava di sentirne il peso. -Tra quei conflitti di case religiose, che si disputavano -e terre e beneficii, tra le cure dell'amministrazione -di un vasto patrimonio, gli parve smarrito -lo scopo della sua vita. E l'irrequietezza dei -primi anni rinacque, e quell'alto fastidio, che un -tempo lo allontanò dalla corte cosentina, lo mise -ora in fuga dall'abazia coracense.<a class="tag" id="tag482" href="#note482">[482]</a> Ma non v'era -altro mezzo per essere sgravato dal faticoso incarco, -quando i suoi confratelli non volessero, se non impetrarlo -per grazia dall'autorità del Papa. E l'abate -<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span> -corazzese, ben risoluto questa volta di andare fino -in fondo, prese la via di Roma, ed a Lucio III, -salito dal 1181 sulla cattedra di Pietro, chiese di -venire esonerato dall'ufficio, che gli toglieva il modo -di compiere il commento e l'interpetrazione della -Bibbia, da lui per tanto tempo vagheggiata. All'insolita -dimanda fra tanti che chiedevano privilegi -e favori fece buon viso il Pontefice, nè solo permise -che deponesse la dignità abbaziale, ma gli -dette licenza di prendere stanza ove meglio gli paresse.<a class="tag" id="tag483" href="#note483">[483]</a> -Così Gioacchino tornato in Calabria, abbandonò -per sempre l'abbazia di Corazzo, e ad imitazione -degli anacoreti dell'oriente si ridusse nel silenzio -di Pietralata, ove non giungea l'eco delle -discordie fratesche, ed ei libero di cure a ben più -alti pensieri potea volgere la mente. -</p> - -<p> -Da Pietralata par che andasse pellegrinando per -le abbazie cistercensi, lavorando dovunque indefessamente, -e partecipando altrui i frutti del suo lavoro. -Questo almeno possiamo raccogliere dalla testimonianza -preziosa di Luca, che lo conobbe per -la prima volta nell'abbazia di Casamari, ove egli -si trattenne più di un anno a compiere ed emendare -il libro della <i>Concordia</i>, ed il commento -<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span> -all'<i>Apocalisse</i>, e por mano nel contempo all'ultima -delle sue opere, il <i>Decacordo</i>.<a class="tag" id="tag484" href="#note484">[484]</a> Che una di queste -opere fosse già cominciata quando Gioacchino si -presentò a Lucio III è attestato non solo da Luca,<a class="tag" id="tag485" href="#note485">[485]</a> -ma dalla lettera di Clemente III.<a class="tag" id="tag486" href="#note486">[486]</a> E non è improbabile -che l'ammirazione per il disegno ed il metodo -della <i>Concordia</i> non fosse ultimo motivo dell'arrendevolezza -del Papa. Ma è fuor di dubbio che -queste opere furono compiute ed emendate in seguito, -appunto nel pellegrinaggio di abbazia in abbazia. -Ed è certo del pari che se queste opere ardite -potevano piacere ai pochi, ai più tornavano ostiche -per le ragioni che diremo a suo luogo. Quei frati -che si vedevano così spietatamente colpiti nelle opere -del santo abate, non glie la perdonavano di sicuro, -<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span> -e non è improbabile che abbiano supplicato il Papa -perchè imponesse silenzio all'importuno censore. E -forse per giustificarsi delle accuse mossegli, come -sospetta il De Riso, o per presentargli l'opera -della <i>Concordia</i>, Gioacchino si recò a Verona presso -il novo papa Urbano III, il quale confermato il -decreto del suo predecessore, incoraggiò il santo -abate a compiere l'opera sua.<a class="tag" id="tag487" href="#note487">[487]</a> Ma non per questo -cessarono le accuse, e la Corte Romana stessa par -che non fosse del tutto sgombra da sospetti. Clemente -III, almeno nella lettera citata più sopra, -benchè riferendosi ai decreti dei suoi predecessori -Lucio ed Urbano, confermasse anche lui la licenza -di seguitare lo studio intrapreso, pure gli prescrisse -che non appena compiuto si recasse al più presto -a Roma per sottoporlo all'esame del Pontefice.<a class="tag" id="tag488" href="#note488">[488]</a> E -la lettera stessa che Gioacchino premette alle sue -opere, in cui scusatosi di non averle potute presentare -al Pontefice per strettezza di tempo, dichiara -<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span> -di voler ritirare ogni parola che la Chiesa -possa trovare poco ortodossa, questa lettera, ripeto, -è un chiaro segno delle accuse e dei sospetti che -circolavano tra i contemporanei. -</p> - -<p> -Non ultima delle ragioni che alimentavano la -guerra contro Gioacchino, era senza dubbio la franchezza -e la severità con cui rampognava gli uomini -di chiesa, non risparmiando neanco i suoi correligionari -benedettini, che dappertutto trovava non -dissimili dai corazzesi, e meritevoli di una severa -riforma.<a class="tag" id="tag489" href="#note489">[489]</a> Ad un carattere austero e mistico come -il suo mal s'affacevano e le simulazioni e gli accorgimenti -diplomatici, talchè disdegnando la vita -molle dei suoi correligionari, si ritirò nella sua cara -solitudine di Pietralata. Ed ivi seguitava nelle sue -meditazioni, nè a nessuno faceva mistero della nuova -ed ardita interpetrazione della Bibbia, che uno studio -perseverante e diligente gli avea suggerito. Così -il romitaggio di Pietralata divenne in breve ora -<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span> -un centro dal quale s'irraggiava nova luce,<a class="tag" id="tag490" href="#note490">[490]</a> come -parecchi anni innanzi era stato il Paracleto per -opera di Abelardo. Il numero dei discepoli ognor -più cresceva, a misura che la fama del maestro -s'ingrossava; e molti non sapeano staccarsi dal fianco -di chi scopriva nuovi orizzonti. Così a poco a poco -il piccolo romitorio di Pietralata non bastò più a -contenere tante persone e fu d'uopo edificare altrove -un'abbazia. Gioacchino scelse per la nuova costruzione -il luogo più lontano dai centri popolosi, -e nel cuore della Sila, sovra un poggio che si leva -per mille metri dal livello del mare, piantò la rocca -dell'ordine novello. Il pittoresco sito è ben atto all'alta -e tranquilla meditazione. Il suo silenzio non -è interrotto se non dal mormorio delle acque dell'Arvo -e del Neto, che venute da lontane sorgenti, -si riuniscono ai piedi di quel monte per formare -il maggior fiume della Calabria. Di faccia ha il -Monte Nero, il più elevato della Sila, ed ai fianchi -e alle spalle altri monti in quel tempo più che in -oggi vestiti da folta vegetazione. Su quella cima -par di essere separati dal mondo, chè dovunque -volgi lo sguardo, ti si rizzano barriere che sembrano -insuperabili, e la valle che s'apre dinanzi -angusta e profonda, pare un burrone più invalicabile -delle stesse montagne. Questo luogo selvaggio -<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span> -chiamavasi Fiore,<a class="tag" id="tag491" href="#note491">[491]</a> nome mal rispondente a quelle -alpestri balze, ove fu costruita la chiesa dell'abbazia -e dedicata a S. Giovanni Battista. Il paese, -che più tardi vi si formò attorno, riunendo insieme -i due nomi, fu detto e si chiama tuttora S. Giovanni -in Fiore. -</p> - -<p> -Quando fosse aperta la nuova abbazia, il Greco -non sa dire, ma il De Lauro invece adduce una data -precisa, il 18 Luglio 1189, 6ª indizione, regnante -Guglielmo il Bono;<a class="tag" id="tag492" href="#note492">[492]</a> ma non cita la fonte di questa -notizia. Certo è che la bolla di Celestino III che -approva la fondazione dell'ordine nuovo, e ne conferma -gli statuti non rimonta al di là del 1196;<a class="tag" id="tag493" href="#note493">[493]</a> ed -il decreto imperiale che assegna alla nuova abbazia -la rendita di cinquanta bizantini d'oro appartiene -<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span> -all'anno innanzi, 1195.<a class="tag" id="tag494" href="#note494">[494]</a> È probabile che la fondazione -definitiva dell'abbazia non risalisse molto al -di là del decreto imperiale, perchè pare che l'abbazia -sia nata a poco a poco e per le offerte di parecchi, -non per largizione di un solo fondatore, il cui nome -sarebbe stato ricordato nelle memorie del convento, -come fu ricordato quello del signore di Mamistra -che fondò la casa filiale di Fiumefreddo. E se la -cosa è andata come noi sospettiamo, ben si comprende -che gli agenti del fisco si opponessero all'ingrandimento -successivo dell'eremitaggio, ingrandimento -che portava di necessità s'abbattessero le -foreste e s'occupasse parte del demanio pubblico. -E si comprende altresì come a far cessare queste -opposizioni Gioacchino si recasse dal Re stesso in -Palermo. Il Re, cui forse non piaceva la creazione -di un nuovo ordine cistercense, che avrebbe destato -le invidie e le gelosie dell'antico, offrì all'abate il monastero -di S. Martino presso Bisignano. Ma Gioacchino -che mirava non al possesso d'un'abbazia, -bensì alla riforma dell'istituto, ricusò la generosa -offerta, nè altro chiese fuorchè di essere lasciato in -<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span> -pace, lui e i suoi compagni, tra i silenzi delle alpestri -montagne. -</p> - -<p> -Benchè non favorita dal Governo, la nuova istituzione -cresceva e si dilatava. Sfortunatamente non -sappiamo in che differisse dalla cistercense. Dalla -bolla di Gregorio IX, che proibisce ai cistercensi -di accogliere tra loro chi fosse stato scacciato dai -Florensi, si ricava solo che la regola di questi -ultimi era più stretta e rigorosa. Non però si arrivava -alla povertà abbracciata più tardi dai francescani, -perchè, come vedemmo, quando il nuovo -istituto cominciò a fiorire accettò le largizioni di -Enrico VI, e più tardi dell'imperatrice Costanza. -</p> - -<p> -Gli anni in cui nasceva il nuovo ordine furono -agitati dalle contese tra gli Svevi ed i Normanni, -e il De Lauro per mettere in luce il dono profetico -di Gioacchino, racconta che egli al tempo in cui -avvennero i disastri dello Svevo prevedesse di già -la sua vittoria finale, e saputo di queste profezie -Tancredi montasse in furore e minacciasse di distruggere -tutti i conventi florensi. Ma tutto questo -racconto è fallace perchè è fondato sulle lettere -di Gioacchino, che non hanno maggiore credibilità -di quelle attribuite a Platone. Ed è molto improbabile -che il fondatore di un nuovo ordine, -il quale dovea combattere contro tanti ostacoli e -rivalità rendesse più difficile l'opera sua mescolandosi -in negozi politici. È verisimile invece che Enrico -VI favorisse la nuova istituzione non in grazia -dei sentimenti politici del fondatore, ma ben piuttosto -<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span> -o per il suggerimento di Costanza, donna -molto pia, che gran stima facea del santo abate, -ovvero perchè l'ordine florense aveva acquistato -molto sèguito; e ad una nuova signoria giova promuovere -le istituzioni giovani che par che nascano -ad un parto col nuovo dominio. -</p> - -<p> -Comunque sia, l'abbazia di Fiore ebbe molti -donativi e crebbe così rapidamente, che vivente -Gioacchino cominciò a spiccare rami filiali all'intorno. -Ma l'austero abate, pur rallegrandosi di -queste prospere sorti, volgea non per tanto il pensiero -al romitaggio, ove ebbe nascimento il nuovo -ordine. E sentendo appressarsi l'ultima ora, ivi fece -ritorno, e nella stessa camera, che ricordava le più -feconde sue meditazioni, volle chiudere il corso della -sua travagliata carriera. -</p> - -<p> -Nella vita di Gioacchino si possono distinguere -nettamente tre periodi. Quello del giovane signore -che senza prender gli ordini, o ascriversi ad un sodalizio -religioso, fa il pellegrinaggio di Terra Santa -e tornato in patria imprende l'apostolato della predicazione. -Quello del frate cistercense, che divenuto -abate, non trova posa finchè non sia libero dal penoso -incarco per consacrarsi tutto alla meditazione -ed al commento delle scritture. Quello infine del -riformatore che mette in atto una parte delle sue -idee fondando un nuovo ordine più severo del cistercense, -al quale apparteneva. In tutti questi periodi -domina il misticismo. Fin da giovane Gioacchino -è più sollecito del cielo che della terra, e -<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span> -fugge dalla corte, ove avrebbe potuto conseguire i -primi onori, per fare da povero pellegrino il viaggio -di Terra Santa. Fin da giovane, quando ancor non -era legato da voti religiosi, si consacrò ad una vita -aspra ed austera, e già vecchio ricordava con compiacenza -le battaglie sostenute e vinte contro le -seduzioni della bellezza. Fin da giovane sentì il -bisogno di una rinnovazione religiosa, bisogno indistinto -ed indefinito, eppure sì prepotente che ancor -laico si mise a predicare penitenza. Ma la vita dell'apostolo, -che trae seco le genti, colla parola calda, -e il piglio risoluto di chi sa dominar le anime, non -è per lui, nato più al contemplare che al fare.<a class="tag" id="tag495" href="#note495">[495]</a> La -lotta lo scoraggia, sebbene non la sfugga, se imposta -dal dovere. E chi non ha l'energia e l'ardore -<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span> -del soldato, nè sa piegare al suo volere l'altrui, non -move le turbe. Non un riformatore, ma un mistico -veggente era Gioacchino, nè in lui riviveva lo spirito -di Enrico o di Arnaldo da Brescia. Se non vi si -opponessero moltissime dissimiglianze, si potrebbe -paragonare ad Abelardo almeno in questo, che al -pari del filosofo palatino ei crede di potere agire -cogli scritti, se non con le opere, e al pari di lui -mette uno studio indefesso nella Bibbia, e pur con -intendimento diverso adopera lo stesso metodo dell'interpetrazione -allegorica. Ma in opposizione ad -Abelardo Gioacchino è una mente mistica, alla quale -piace più la penombra della visione, che la chiarezza -del ragionamento. Egli non è un filosofo, ma -un profeta, e tale lo stimarono i contemporanei, e -Vincenzo di Beauvais nel parlare di lui spiega come -si possa avere il dono della preveggenza, nè Dante -ad un secolo di distanza, lo chiama altrimenti. -</p> - -<p> -Non intendiamo profeta nel senso comune della -parola di tale che preconosca i fatti avvenire in -tutte le loro particolarità e nell'ordine cronologico -con cui si svolgeranno. Di queste volute profezie -non abbiamo alcun cenno nell'opera del suo discepolo -Luca, che per noi è la fonte più importante, -<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span> -come quei che, inchino a scorgere nel suo maestro -virtù soprannaturali, non avrebbe certo taciuto delle -profezie di Gioacchino, ove mai gli fossero state -note. Nè nelle opere autentiche si trovano le predizioni, -ricordate dai suoi biografi; nè se anche si -trovassero ci darebbero il diritto di attribuirle piuttosto -all'ispirazione divina, che all'accorgimento -umano. Imperocchè le profezie che gli si attribuiscono -sono queste tre, che da Costanza sarebbe -nato Federico II, il futuro e più pericoloso nemico -della Chiesa;<a class="tag" id="tag496" href="#note496">[496]</a> che fra tre giorni perverrebbe l'annunzio -dell'espugnazione di Gerusalemme per gl'infedeli; -che infine il figlio di Tancredi sarebbe stato -ucciso, spegnendosi con lui la casa normanna. E -nessuna di queste previsioni si può dire che ecceda -le facoltà umane. Non era difficile trarre cattivi -auspici dall'unione della casa sveva colla normanna, -ed uno sguardo acuto avrebbe potuto intravvedere -i futuri contrasti tra i Papi ed i discendenti di -Enrico IV, che divenuti ad un tempo imperatori e -re di Sicilia difficilmente avrebbero rinnovato il -giuramento di vassallaggio al Papa, prestato dai -<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span> -normanni.<a class="tag" id="tag497" href="#note497">[497]</a> Parimente le esperienze fatte dalla seconda -Crociata faceano concepire scarse speranze -per la terza, perchè il tempo degli entusiasmi era -passato da un pezzo; nè s'era più rinnovata quella -fermezza e concordia di propositi della prima Crociata.<a class="tag" id="tag498" href="#note498">[498]</a> -E per quanto crescevano le discordie nel -campo cristiano e più che altrove nel regno stesso -di Gerusalemme, altrettanto si rafforzava l'impero -di Saladino. Parimenti non era impossibile la previsione -della vittoria dello Svevo, il quale se patì -una prima sconfitta, poteva e dovea scendere di -nuovo più forte d'uomini e d'armi; e la fine della -<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span> -dinastia normanna, alla morte di Tancredi, del solo -uomo che la seppe ritardare, era per fermo imminente. -</p> - -<p> -Se Gioacchino avesse fatto veramente queste -previsioni, dovremmo scorgere in lui l'uomo che -conosce da vicino la società in cui vive, nè le splendide -ma passeggiere vittorie lo abbagliano, e non -vede la meta vicina per desiderio che abbia di toccarla, -nè per i vantaggi del presente trascura di -porre in calcolo i danni dell'avvenire. Non sarebbe -certamente impossibile, che in Gioacchino al misticismo -della fede andasse congiunta l'esperienza consumata -della vita. Per le sue particolari condizioni -ei s'era trovato in contatto colle persone più eminenti -del suo tempo, nè sarebbe strano che conoscesse -le discordie degli uni, la vanità degli altri, -e prevedesse un avvenire molto più buio di quel -che i suoi contemporanei si raffigurassero. Anzi in -questa previsione la fede mistica e l'esperienza della -vita si sarebbero incontrate, ed entrambe avrebbero -contribuito a confermare il solitario veggente nella -persuasione che bisognasse mutar cammino per ridar -la pace e la giustizia alla travagliata cristianità. -</p> - -<p> -Comunque sia di queste previsioni di Gioacchino, -nel modo come le abbiamo esposte qui sopra, certo -è che nei termini in cui ci son raccontate dai biografi -si tradiscono facilmente per tardive e malcaute -invenzioni, intrecciate di grossi errori e storici -e cronologici. Questi racconti appartengono alla -stessa epoca, in cui sotto il nome di Gioacchino -<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span> -andavan pubblicate e visioni e profezie, e gli uomini -si consolavano dell'acerbità dei loro mali coll'annunziarne -facile ed imminente la fine. In quel -tempo nacque una copiosa letteratura pseudoprofetica, -che non ha nulla di comune colle opere -genuine dell'abate calabrese, ove non si preveggono -i fatti avvenire nei loro particolari, e più volte -vien dichiarato che solo Iddio conosce il giorno in -cui sarà per cominciare il nuovo periodo della storia -umana.<a class="tag" id="tag499" href="#note499">[499]</a> -</p> - -<p> -Per questo rispetto Gioacchino è di gran lunga -inferiore agli antichi profeti. A lui manca quella -potente fantasia, che col magistero di grandiose -allegorie e di visioni estatiche sa bene anticipare -il futuro.<a class="tag" id="tag500" href="#note500">[500]</a> Non gli fa difetto certo il profondo sentimento -dell'infelicità presente, nè la viva aspirazione -ad un migliore avvenire, ma il suo pennello non -sa colorire questi lontani orizzonti. Ei non possiede -il dono dell'ispirazione profetica come non conosce -il segreto dell'eloquenza; ed in luogo di bandire -profezie sue si contenta d'interpetrare le altrui. -Chi sulla fede di Dante pensasse di trovare nelle -opere di Gioacchino le smaglianti pitture di tempi -<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span> -nuovi, ben presto si sgannerebbe. L'abate calabrese -non è un profeta, ma uno scolastico e pesante commentatore, -il quale per scoprire un lembo dell'avvenire -fruga e rifruga nel passato, e non che -sciorre il volo pei campi indefiniti della speranza, -s'indugia in faticosi calcoli di date e generazioni. -</p> - -<p> -Ma l'effetto che Gioacchino produceva nei suoi -contemporanei non possiamo certo vagliarlo colle -nostre misure. Il suo commento alla Bibbia era secondo -il gusto dei tempi, quelle interpetrazioni -sforzate, e che balzan fuori da sottili ragionamenti, -avean grande presa sugl'intelletti, ed i riscontri per -quanto più strani e tormentosi tanta maggior fede -riscotevano. Nè faceva intoppo la sconfinata libertà -d'interpetrare allegoricamente quello, che inteso alla -lettera non avrebbe dato il senso voluto. Si era da -gran tempo avvezzi a questo giuoco, nè faceva -certo meraviglia che Sara ad esempio ora s'interpetrasse -come il simbolo della vecchia legge, ed ora -della nuova, secondo che la si metteva in confronto -di Elisabetta o di Agar.<a class="tag" id="tag501" href="#note501">[501]</a> E tanto più questi contorti -commentarii e questi calcoli artificiosi doveano -essere accolti con favore, in quanto che da essi si -cavavano risultati rispondenti ai più profondi bisogni -<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span> -del tempo. Il secolo decimosecondo fu travagliato -quanto altri mai da gravi lotte e religiose e -politiche. Mostrammo nei capitoli precedenti quanto -vigore avesse spiegato l'eresia, che pochi anni dopo -la morte di Gioacchino fu bandita una crociata per -estirparla. Le lotte inoltre tra la Chiesa e l'Impero -dettero luogo ad uno scisma lungo e tormentoso, -che durò non meno di un ventennio, e se la pace fu -alfine composta, tutti prevedevano che non sarebbe -durata, e che presto o tardi ricomincerebbe la lotta -con maggior furore. Queste discordie perenni, queste -battaglie sanguinose si tenevano allora non come -una legge inesorabile della storia, ma quale effetto -passeggiero e transitorio della corruzione umana, -come il segno manifesto dell'appressarsi dell'ultima -ora pel vecchio mondo.<a class="tag" id="tag502" href="#note502">[502]</a> Non erano ancora spente -le paure millenarie, se non che le menti più ardite -non osavano più preannunziare la fine delle cose, -tante volte indarno aspettata, bensì una profonda -rinnovazione sociale. E Gioacchino fu l'interpetre -<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span> -di questi pensieri che ei facea scaturire dallo studio -assiduo della Bibbia, e dalla profonda ed instancabile -osservazione dei mali presenti. E le sue parole -destavano un'eco tanto più larga, per quanto più -alto era il posto onde veniano profferite. E non è -strano che fossero avidamente credute le previsioni -di un uomo eminente, che e per la pietà e la dottrina -insieme fu per forza creato abate, e in seguito -divenne o fondatore, o almeno rinnovatore di -un ordine fratesco. -</p> - -<p> -Le circostanze certamente favorirono assai il -progresso delle idee gioachimitiche, e la creazione -dell'ordine francescano, e le scissure che ben presto -lacerarono quel sodalizio, vi contribuirono non poco. -Ma anche prima di quel tempo le ardite divinazioni -di Gioacchino levarono grande rumore. Prova -ne sia il fatto raccontato da Rodolfo di Coggesale, -che capitato a Roma nel 1195 l'abate di Perseigne -volle avere una conferenza con Gioacchino intorno -alle famose sue profezie.<a class="tag" id="tag503" href="#note503">[503]</a> E non meno curioso fu -<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span> -Riccardo re d'Inghilterra, che al dire di Roggero -Hoveden fece venire a bella posta in Messina l'abate -per conferire seco lui sull'interpetrazione dell'<i>Apocalisse</i>. -</p> - -<p> -Noi certo non lo teniamo per un profeta, nè -nel significato razionale che si suol dare a questa -parola, e molto meno nel sovrannaturale; ma riconosciamo -volentieri in lui una mente elevata ed -un animo onesto e desideroso del bene. E se non -possiamo dividere le sue idee sul corso della storia, -non gli possiamo negare un'acuta osservazione delle -calamità del suo tempo. E per quanto sieno fantastici -i rimedii che ei consigliava di apprestare, -non pertanto i suoi disegni per più d'un secolo -affaticarono le menti, e certo avrebbero grandemente -giovato all'umanità, se il loro valore intrinseco -fosse stato pari alla purità degl'intendimenti -di chi li pensava. -</p> - -<h4 id="cap1-2-II">II</h4> - -<p> -Benchè molte opere vadano sotto il nome di -Gioacchino, tre sole sono riconosciute autentiche dai -più, la <i>Concordia dell'antico e nuovo Testamento</i>, il -<i>Commento all'Apocalisse</i> ed il <i>Salterio delle dieci corde</i>. -Il Preger recentemente ha dubitato anche di queste, -<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span> -ma le sue prove non reggono, come ha bene -dimostrato il Reuter, alle cui ragioni in favore dell'autenticità -mi sia lecito di aggiungerne qualche -altra, che non va trascurata.<a class="tag" id="tag504" href="#note504">[504]</a> Ed in primo luogo -è da notare col Reuter, che le tre opere sono già -citate da Guglielmo Alverniate, morto cinque anni -avanti al 1254. Nè ci farebbe meraviglia che qualche -altra citazione più antica, frugando meglio negli -scrittori medievali, si trovasse. Certo è notevole -che il gioachimita Salimbene non citi l'opera principale -di Gioacchino la <i>Concordia</i>, o almeno che il -solo passo riferibile a questa non solo sia sospetto -d'interpolazione, ma sbagliato di pianta, stantechè -nella <i>Concordia</i> il pontefice Leone I, che arrestò gli -Unni, è messo in confronto non con Giosaffatte, -come vuole il Salimbene, ma con Asa, le cui preghiere -misero in fuga gli Etiopi.<a class="tag" id="tag505" href="#note505">[505]</a> Tutto questo è -vero. Ma che cosa s'ha da inferire? Che forse il -Salimbene non conosca la <i>Concordia</i>? No certo, -perchè il non citare o citar male non vuol dire non -conoscere un'opera, ma non averla sottocchio nel -<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span> -momento che si scrive. Nè tampoco si può conchiudere -che il Salimbene conosca la <i>Concordia</i>, ma -l'abbia in sospetto quale opera spuria, come opina -il Preger. Nessuno oserebbe attribuire tanta finezza -di critica al Salimbene, e molto meno il Preger, -che non ignora il passo della <i>Cronaca</i>, ove è citata -un'altra opera a parer suo pur anche spuria, l'<i>Esposizione -dell'Apocalisse</i>.<a class="tag" id="tag506" href="#note506">[506]</a> Perchè dunque il Salimbene -non avrebbe saputo scoprire questa, se avea già -scoperta la falsificazione ben più difficile della <i>Concordia</i>? -La verità è che il Salimbene non è critico, -nè molto nè poco, e sarebbe ben strano che le tre -opere maggiori facessero intoppo a lui, che teneva -per autentici i commentari a Geremia ed Isaja, la -cui falsità era più facilmente riconoscibile. Chè -anzi nel Salimbene scorgiamo maggiore predilezione -per i libri apocrifi, che cita molto soventi. In -un luogo della <i>Cronaca</i> ei ci dice di non aver da -gran tempo nè letta nè vista l'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i>. -E noi gli crediamo, che ai francescani andavano -più ai versi quelle credute opere di Gioacchino, -ove le allusioni ai frati minori erano certe e -trasparenti, e più determinate le profezie. Codesta -letteratura apocrifa acquistando ogni giorno maggior -credito metteva in seconda linea la genuina. -Così ci spieghiamo come il Salimbene citi male la -<i>Concordia</i>. La citazione probabilmente si riferisce -non alla <i>Concordia</i>, posta in secondo luogo nella -<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span> -parentesi, ma al <i>Liber figurarum</i>, che forse era un -rifacimento della <i>Concordia</i>.<a class="tag" id="tag507" href="#note507">[507]</a> -</p> - -<p> -Un altro passo della <i>Cronaca</i> del Salimbene induce -il Preger a dubitare dell'autenticità della <i>Concordia</i>. -Se il frate avesse conosciuto o tenuta per -autentica la <i>Concordia</i>, come avrebbe potuto dire -che Gioacchino non determina l'anno in cui ha da -cominciare il terzo periodo; mentre in quell'opera -è chiaramente fissato il 1260?<a class="tag" id="tag508" href="#note508">[508]</a> Ma anche questo -ragionamento non stringe. Il Reuter ha già notato -che nel passo di Salimbene non è detto che Gioacchino -non assegni il tempo, bensì che alcuni credano -di sì, altri di no. Ed io soggiungo che questa -doppia interpetrazione era giustificatissima. Perchè -sebbene in più luoghi come vedremo, Gioacchino -stabilisse il 1260 come anno in cui avrà fine il secondo -periodo, pure in altri luoghi mostra di dubitare -di aver colto giusto, e se ne rimette ai posteri, -che saranno spettatori degli avvenimenti, o -a Dio che li ha predeterminati. Si poteva dunque -<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span> -ben dire: Gioacchino dai calcoli fatti sulle generazioni, -prestabilisce il 1260; ma l'esattezza del conto -ei non garentisce, e niente vieta che il terzo periodo -entri o avanti o dopo quest'anno misterioso. -Si poteva e dopo il 1260 si doveva dire così, se -pur si volea salvare la reputazione profetica del -grande abate. Qual meraviglia che il Salimbene -accolga questa spiegazione, che rovescia sui cattivi -interpetri la colpa, che molti attribuivano a -Gioacchino? Al che s'aggiunga che le parole, messe -in bocca a Gioacchino per iscusare l'incertezza della -determinazione numerica, sono tolte di peso da un -luogo della <i>Concordia</i>, che facilmente saltava agli -occhi e poteva puranche tenersi a mente, perchè -si trova nel penultimo capitolo verso la fine dell'opera, -in una commovente esortazione ai fedeli.<a class="tag" id="tag509" href="#note509">[509]</a> -Il passo adunque che il Preger adduceva contro, -è forse la prova più decisiva in favore dell'autenticità -della <i>Concordia</i> che in questo luogo senza nominarla -viene esattamente citata. -</p> - -<p> -Dopo questa discussione potremo sbrigarci più -sollecitamente delle altre prove del Preger. In un -luogo della <i>Concordia</i>, ei dice, viene ricordato Federico -per metterlo a riscontro con Assalonne.<a class="tag" id="tag510" href="#note510">[510]</a> Non -<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span> -si può intendere, seguita il Preger, Federigo Barbarossa, -perchè questi dopo lunghe lotte si riconciliò -colla Chiesa, e non morì come Assalonne combattendo -contro il padre suo. La citazione si riferisce -piuttosto a Federico II, che da tutti i Gioachimiti -era tenuto per l'Anticristo, o almeno per -uno dei precursori dell'Anticristo. Così la intendeva -l'anonimo di Passau, che per questa ragione appunto -tiene per ispuria l'opera della <i>Concordia</i>. -Ma tutto codesto ragionamento cade, quando si voglia -leggere col Reuter tutto il luogo che si riferisce -a Federigo. Gioacchino avendo già paragonato -Salomone, il figlio prediletto di Davide, a Cristo, -dovea riscontrare nell'Anticristo il figlio ribelle, -Assalonne. Se non che l'analogia non tornava, perchè -Davide pianse la morte del suo figlio benchè -ribelle, mentre la Chiesa non potrebbe se non rallegrarsi -della fine dell'Anticristo. Assalonne quindi -non può essere l'imagine dell'Anticristo vero, ma di -uno dei precursori, che potè benissimo tornare infesto -alla Chiesa, ma non spezzò con lei tutti i vincoli -di filiale affetto, e con questo intendimento poteva -essere ben citato Federico I, che dopo avere -combattuta la Chiesa, tornò nel suo grembo. Certo -qualche dissonanza resta pur sempre, ed è vero che -<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span> -Federico non morì combattendo contro suo padre -al pari di Assalonne. Ma la congruenza tra il vecchio -ed il nuovo Testamento non deve estendersi -secondo Gioacchino a tutti i particolari.<a class="tag" id="tag511" href="#note511">[511]</a> Ed in ogni -modo il disaccordo sarebbe maggiore se si trattasse -di Federico II, al quale la Chiesa non perdonò mai -nè vivo nè morto, e non che piangere sulla sua -fine, giurò un odio pertinace ai suoi discendenti, -nè smise se non quando ebbe mozzo il capo sul -patibolo l'ultimo rampollo della stirpe odiata. -</p> - -<p> -Il Preger sforzato dalla sua logica demolitrice, -deve revocare in dubbio la lettera di Gioacchino, -ove citate le tre opere in discorso, vuole che sieno -sottoposte al giudizio di Roma, e vi si cancelli -tutto ciò che possa parere meno ortodosso. Non è -strano, aggiunge il Preger, che scriva a tal modo -un profeta, il quale è ben sicuro del fatto suo, e -detta sotto l'impulso di una alta ispirazione? Nè -la Chiesa avrebbe potuto concedere licenza a chicchessia -di pubblicare scritti profetici, la cui portata -non era in grado di misurare.<a class="tag" id="tag512" href="#note512">[512]</a> Ma nè l'una nè -l'altra osservazione è esatta. Gioacchino se pur s'ha -da chiamare così, è profeta a modo suo; pieno di -scrupoli e d'incertezze. E la lettera ai confratelli -<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span> -è scritta nello stile delle opere delle quali abbiamo -già riportato parecchi passi, dove non traluce certo -l'arditezza dei profeti e la fiducia nelle proprie -forze. Ed i papi che conoscevano per prova la pietà -del santo abate non potevano dubitare dell'opera -sua; ma ciò non pertanto ingiungevano che gli -scritti avanti di pubblicarsi fossero mandati a Roma. -Infine dell'autenticità della lettera non si può dubitare, -se ne fu tenuto conto nel Concilio lateranense -del 1215, appena tredici anni dopo la morte -di Gioacchino. -</p> - -<p> -Riconosciuta l'autenticità di questa lettera, segue -che sono genuine non pure la <i>Concordia</i>, ma -benanco l'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i> citata dal Salimbene, -ed il <i>Salterio delle dieci corde</i>. In quest'ultima -opera sono esposte alcune opinioni sulla -Trinità conformi a quelle condannate nel Concilio -lateranense. E l'Engelhardt da questa conformità -argomentava che il trattato contro Pietro Lombardo -non fosse in realtà se non il primo libro -del <i>Decacordo</i>. Io riconosco col Preger che questa -opinione non regge, perchè l'opuscolo condannato -nel Concilio lateranense dovea essere indirizzato nominatamente -contro il libro delle sentenze, laddove -nel primo libro del <i>Decacordo</i> non è citata alcuna -opera. Ed in secondo luogo il <i>Decacordo</i> è opera -espositiva, non polemica. Ma se per questo rispetto -io sono d'accordo col Preger, non posso acconsentirgli -che l'indirizzo di quest'opera sia affatto contrario -a quello dell'opuscolo incriminato. Le dottrine -<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span> -intorno alla Trinità, condannate dal Concilio, -si trovan tutte nel <i>Decacordo</i>, ed il dotto Papebrochio -non è riescito di mostrare il contrario. Nè -vi manca l'allusione al Maestro delle sentenze, sebbene -non lo citi, nè lo combatta di proposito.<a class="tag" id="tag513" href="#note513">[513]</a> -</p> - -<p> -Il presupposto dunque del Preger di un'opposizione -tra l'opuscolo condannato nel Concilio e il -primo libro del <i>Decacordo</i> non regge, e cade per -tal guisa tutto il ragionamento costruitovi sopra. -Nel <i>Decacordo</i> l'autore è e vuole restare cattolico, -ed in moltissimi punti le sue dottrine non sono -differenti dalle più ortodosse. Ma è questa forse -una prova dell'ipotesi del Preger, che il <i>Decacordo</i> -sia stato scritto da un pio Gioachimita nell'intendimento -di scagionare il maestro dalle accuse? Non -certo, perchè il contraffattore non avrebbe dovuto -nè ripetere le accuse contro il maestro delle sentenze, -nè sostenere apertamente e senza attenuazioni -la dottrina gioachimita della Trinità, già condannata -nel Concilio. Più innanzi esporremo questa -dottrina, e riporteremo altri passi del <i>Decacordo</i>. -Per ora ci basterà concludere che il <i>Decacordo</i> è -autentico al pari della <i>Concordia</i> e dell'<i>Esposizione<a class="tag" id="tag514" href="#note514">[514]</a> -<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span> -dell'Apocalisse</i>. Queste tre opere sono legate tra -loro, perchè non solo Gioacchino le cita tutte e -tre nella lettera al Papa, ma l'una cita l'altra. -</p> - -<p> -Dalla prefazione del <i>Decacordo</i> sappiamo che -il primo libro di quest'ultima opera fu scritto quando -si trovava nel convento di Casamari, e poi che era -stata già composta la <i>Concordia</i> e l'<i>Apocalisse</i>.<a class="tag" id="tag515" href="#note515">[515]</a> Codesta -notizia ci vien confermata da Luca, che ci -dice benanco l'anno, a cui si riferisce Gioacchino, -il 1182. Ed un'altra conferma la ricaviamo dalla -lettera del 1188 di Clemente III, ove è detto che -le opere di Gioacchino furono cominciate a scrivere -per incarico di Lucio III (1181-1185) e di -Urbano III (1185-87). -</p> - -<p> -Da questa stessa lettera ricaviamo che nel giugno -1188 le opere non erano finite ancora, sicchè -la pubblicazione dev'essere posteriore a quell'anno, -ma quando accadesse non sappiamo. Certo la <i>Concordia</i> -ebbe a precedere le altre opere, perchè nella -lettera più volte citata di Gioacchino del 1200 è -detto che la prima opera fu mandata al Papa, le -altre non ancora. È probabile che nel 1195 la <i>Concordia</i> -fosse già pubblicata, perchè in quell'anno le -profezie dell'abbate Gioacchino erano così note, che -<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span> -come dicemmo l'abbate di Perseigne mostrò il desiderio -di discorrerne con l'autore. L'<i>Apocalisse</i> poi -fu scritta intorno al 1196 o poco dopo, perchè in un -luogo l'autore dice aver saputo l'anno innanzi ovvero -il 1195 che i Patarini mandarono legati ai -Saraceni.<a class="tag" id="tag516" href="#note516">[516]</a> L'ultima delle opere, il <i>Decacordo</i>, benchè -composta dopo, fu certamente pubblicata insieme -al <i>Commento dell'Apocalisse</i>, perchè in un luogo di -quest'opera è citato il secondo libro di quella.<a class="tag" id="tag517" href="#note517">[517]</a> -</p> - -<p> -Da queste tre opere in fuori le altre sono manifestamente -apocrife. E a condannarle basta, come -avverte il Renan, la lettera di Gioacchino premessa -così alla <i>Concordia</i> come all'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i>. -In questa lettera, ricordate la <i>Concordia</i> in cinque -libri, il <i>Decacordo</i> in tre, e l'<i>Esposizione</i> in otto -titoli, aggiunge di avere scritto altri piccoli opuscoli -contro gli Ebrei, e contro gli avversarii della -fede cattolica. In quest'ultima categoria può benissimo -entrare lo scritto polemico contro Pietro Lombardo, -del quale abbiamo parlato più sopra, ma -restano escluse tutte le opere di argomento dottrinale, -<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span> -e che non sieno indirizzate contro qualcuno. -Anche Luca, lo scolare ed il copista di Gioacchino, -cita soltanto queste tre opere. -</p> - -<p> -Sono evidentemente falsi i <i>Vaticinia Pontificum</i>, -che ebbero tanta celebrità nel Medio Evo,<a class="tag" id="tag518" href="#note518">[518]</a> ed i -commenti alle profezie di Cirillo, di Merlino e della -Sibilla Eritrea.<a class="tag" id="tag519" href="#note519">[519]</a> Non vogliamo entrare nell'esame -<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span> -particolareggiato di tutta questa letteratura profetica, -che ci menerebbe molto fuor di strada, ma -questo solo notiamo, che ove pure sieno state in -voga prima di Gioacchino le cosiddette profezie di -Merlino e delle Sibille, ei non le cita mai nelle -opere autentiche che abbiamo ricordato più sopra. -Senza dubbio persone molto rispettabili, come Alano -di Lilla, tennero in gran conto i vaticinii che andavano -sotto il nome del mago inglese.<a class="tag" id="tag520" href="#note520">[520]</a> Ma Gioacchino -<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span> -non mescola il sacro col profano, nè riconosce -altra autorità all'infuori della Bibbia e dei -Padri, e se anche avesse conosciute queste pseudoprofezie, -si sarebbe ben guardato dal trarne partito -e commentarle. -</p> - -<p> -Non meno apocrifi sono i commenti ad Isaja e -agli altri profeti minori, nonchè quel trattatello che -serve d'illustrazione alle minacce profetiche, una -specie d'indice geografico delle provincie del mondo -intero per ciascuna delle quali si notano le pene -che loro sovrastano. È noto che nel linguaggio profetico -questo cumulo di colpe e minacce è detto -<i>onus</i>, onde <i>onera prophetarum</i> sono chiamate le invettive -dei profeti, ed <i>onera provinciarum</i> le colpe -di ciascun paese.<a class="tag" id="tag521" href="#note521">[521]</a> Che il trattato geografico non -<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span> -appartenga a Gioacchino è agevole provarlo da -questi pochi passi, che io aggiungo a quelli riportati -dal Renan. Nell'annotazione al ducato Spoletino -è fatto cenno dei due ordini francescano e domenicano, -che al pari di luminose stelle sorgono a predicare -un'altra volta il Vangelo del regno coperti -di ruvidi sacchi. La Chiesa di Sardi viene paragonata -a quella dei monaci cassinesi, che la macchiano -coi loro desiderii carnali, e col non distinguersi in -nulla dai secolari. Certo Gioacchino ha rimproverati -soventi i frati anche del suo ordine, ma è ben -<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span> -lontano di applicare loro il testo dell'<i>Apocalisse</i>. In -questa amara invettiva si scopre facilmente il mendicante -francescano che non può perdonarla al fastoso -benedettino. Nell'annotazione alla provincia -narbonese si fa parola della crociata che sarà bandita -contro il focolare dell'eresia albigese.<a class="tag" id="tag522" href="#note522">[522]</a> Ma non -occorrerebbero nè questa nè altre prove per dimostrare -che il trattato appartiene al tempo dei commentatori -di terza o quarta mano, che per dir qualche -cosa di novo hanno bisogno di scendere a minuti -particolari, e trovare un motto almeno per -ciascuna provincia o città che sia. -</p> - -<p> -Parimenti apocrifi sono i commenti ad Isaja ed -ai profeti minori. Ed a provarlo poche citazioni -basteranno. Nelle opere autentiche di Gioacchino -come nel <i>Commentario dell'Apocalisse</i>, la donna ammantata -di oro che fornica coi Regi, è Roma in -quanto rappresenta non la Chiesa dei giusti, ma la -moltitudine dei reprobi. Anzi per togliere ogni -equivoco questa moltitudine di reprobi non è chiusa -nelle mura della eterna città, ma si dilarga per -tutto l'orbe del cristiano impero. L'autore della -lettera ai fedeli non avrebbe potuto tenere un altro -linguaggio, ed egli che si dichiarava servo devoto -<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span> -della Chiesa non avrebbe potuto raffigurarla -nella donna dell'<i>Apocalisse</i>. Ben altrimenti si comporta -lo scrittore del <i>Commento</i>, che contro Roma -adopera le stesse parole, dai Catari, Valdesi ed Arnaldisti.<a class="tag" id="tag523" href="#note523">[523]</a> -Sotto il nome di Gioacchino mal si nasconde -un frate francescano, che ingenuamente confessa -essere nati i due ordini a flagellare la Chiesa -occidentale. Questo chiaro accenno ai due ordini -che si ripete moltissime volte, e il ricordare che -fa soventi di Federico II, sono segni certissimi della -tarda età del <i>Commento</i>.<a class="tag" id="tag524" href="#note524">[524]</a> Io non saprei certamente -determinarla con esattezza; ma come ha notato il -Renan pel libro di Geremia, debbo anch'io notare -per questo d'Isaia che l'autore mette in guardia non -solo contro i tedeschi, ma benanco contro i -<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span> -francesi.<a class="tag" id="tag525" href="#note525">[525]</a> Il che vuol dire che il tempo degli entusiasmi -angioini era già passato. Ed in un luogo parmi che -sia sfuggito al malcauto autore l'anno della composizione -del libro, ove parlando del terzo stato -dice che sarà compiuto tra novant'anni dopo il mille -e trecento, espressione ben strana per uno che non -fosse contemporaneo di Bonifacio VIII.<a class="tag" id="tag526" href="#note526">[526]</a> Secondo -questa congettura il commento ad Isaja sarebbe -posteriore al Salimbene. Il che s'accorda col fatto -già da noi rilevato che Salimbene conosce gli <i>Onera</i> -non il <i>Commento</i>. Gli <i>Onera</i> in verità sarebbero -più antichi, ma certo molto posteriori al 1201 -come si raccoglie da una frase sfuggita allo stesso -autore.<a class="tag" id="tag527" href="#note527">[527]</a> -</p> - -<p> -Il commento a Geremia appartiene allo stesso -tempo, perchè il Salimbene racconta che i due frati -francescani Bartolomeo Ghiscolo da Parma e Gherardino -da Borgo S. Donnino sulla fede nell'esposizione -di Geremia faceano tristi pronostici della -crociata che S. Luigi apparecchiava nel 1248.<a class="tag" id="tag528" href="#note528">[528]</a> Dunque -<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span> -la composizione di questo commentario risale -al di là di quest'anno. Ma forse non indietro al -1239, anno, come nota il Renan, in cui la rottura -tra il partito Guelfo e Federigo II si fece più -aperta. Certo son degne di quel tempo le fiere invettive -che si leggono in questo libro contro l'Imperatore, -al quale adattandovi le parole d'Isaja -vien dato del <i>basilisco</i>, che esce dalla <i>radice del serpente, -della vipera e del serpente volante</i>. Nè gli risparmiano -gli epiteti più obbrobriosi, superbo, -astuto, lascivo, avaro, tortuoso, perfido, violento, iracondo.<a class="tag" id="tag529" href="#note529">[529]</a> -Il nome in verità qui, a differenza del commento -ad Isaja, è taciuto; ma l'allusione a Federigo -II è trasparentissima. Questo commentario, che -dice tante insolenze dell'Impero si suppone indirizzato -ad Enrico VI, ed il profeta non dubita di annunziargli -che il leone d'Isaja vuol significare il -padre (Federigo I), la radice serpentina lui stesso -Enrico, e da lui escirà il basilisco, che è per conseguenza -il figlio di Enrico VI o Federigo II. Più -chiaramente in un altro luogo è descritto l'albero -genealogico di Federigo II risalendo ad Enrico IV, -che il commentatore chiama primo, perchè fu il -primo degli Enrichi ad opporsi alla Chiesa. E come -<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span> -se non bastassero tutte queste indicazioni, vi aggiunge -l'altro particolare, che i figli si ribelleranno -contro il padre, accennando alla fellonìa di Enrico, -ed alla sua morte.<a class="tag" id="tag530" href="#note530">[530]</a> -</p> - -<p> -Quest'ultimo particolare ci darebbe una indicazione -più precisa dell'età in cui fu composto questo -commento, il quale dev'essere posteriore non -solo al 1239 ma benanco al 1242 anno della morte -di Enrico. Ma sulla quistione del tempo torneremo -di qui a poco. Ora basti notare che il solo fatto -dell'allusione a Federico II<a class="tag" id="tag531" href="#note531">[531]</a> toglie ogni credito a -<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span> -questo commento, e ci fa maravigliare come anche -dall'Engelhardt sia stato attribuito all'abate Gioacchino. -Ma oltre all'allusione a Federico II, troviamo -chiari e numerosi accenni ai due ordini dei minori e -dei predicatori. Nè questo soltanto, ma, il commentatore -sa bene che i nuovi ordini sono combattuti -dai prelati, sospettosi di questi novatori che vestono -in strane fogge, e predicano dottrine di un'assoluta -povertà non mai sentite, ed a chi non li -segue predicono calamità.<a class="tag" id="tag532" href="#note532">[532]</a> Nè si nasconde che la -causa dei prelati viene sostenuta benanco dal pontefice, -sicchè l'autore non dubita di levare anche -<span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span> -contro lui la sua voce. E le parole che egli pronunzia -contro la Chiesa Romana non sono meno -vibrate di quelle che leggemmo nel commento di -Isaia, nè ripugnano meno alla pietà di Gioacchino.<a class="tag" id="tag533" href="#note533">[533]</a> -Il che vuol dire che avanti alla composizione del -libro era scoppiata la scissura nell'ordine francescano, -e la parte più intransigente era già per volgersi -contro i vescovi, i cardinali ed il papa, che -mal tolleravano le nuove dottrine. Una prova manifesta -l'abbiamo in un passo ove i nuovi ordini -sono chiamati predicatori dell'evangelio eterno, parola -che nelle opere autentiche di Gioacchino non -s'incontra mai.<a class="tag" id="tag534" href="#note534">[534]</a> -</p> - -<p> -Tutte queste prove mettono fuori dubbio che -l'opera non è di Gioacchino, e che la data del 1197,<a class="tag" id="tag535" href="#note535">[535]</a> -<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span> -in cui si dà per iscritto questo commentario, è una -pia frode del commentatore. Se Gioacchino, nota -il Renan, avesse fatto questo commentario nel 1197, -nella lettera ai fedeli scritta nel 1200 l'avrebbe -certamente rammentato. E noi da alcuni passi abbiamo -potuto raccogliere, che nè nel 1197, nè nel -1200 fu potuto scrivere questo commento, bensì -posteriormente alla morte del ribelle figlio di Federico -II, vale a dire al 1242. E forse neanche a -questo tempo dovremmo arrestarci, perchè anche -qui, il linguaggio violento che si usa contro Roma, -l'accenno alle persecuzioni subite dal nuovo ordine -dei frati minori, il nome di Evangelio eterno ci -menerebbe ad una data molto posteriore. E nella -stessa opinione ci confermerebbe l'accenno alla Francia, -che secondo questo commento sarebbe come la -canna che ferisce chi vi si appoggia.<a class="tag" id="tag536" href="#note536">[536]</a> Non saremmo -dunque lontani dall'attribuire a questo commento -la stessa età dello scritto su Isaja. -</p> - -<p> -Nè vale il notare che questo commento ha dovuto -essere scritto prima del 1260, perchè in qualche -passo appar verde la speranza che in quell'anno -fatale avranno fine le calamità del mondo. Nè tampoco -importa che il Salimbene abbia avuto contezza -<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span> -di questo libro sin dal 1248. Imperocchè è -certo che questa letteratura pseudo-profetica non -è nata tutta d'un getto in un anno determinato. -E può darsi benissimo che il commentario, che -abbiamo noi oggi di Geremia sia soltanto in parte -quello conosciuto dal Salimbene;<a class="tag" id="tag537" href="#note537">[537]</a> e molte aggiunte -ed interpolazioni vi sieno state fatte, e molte altre -se ne farebbero ancora, se queste profezie avessero -anche oggi il credito che riscuotevano nel -Medio Evo. Le pseudo-letterature hanno questo -carattere, che si considerano come un patrimonio -comune, del quale nessuno è proprietario in proprio, -ed ognuno vi può apportare le modificazioni -che crede più opportune. Così si spiega come di -due opere distinte se ne faccia una sola, o di una -due; come si aggiunga ora un particolare ed ora -un altro senza darsi la pena di verificare se stoni -con tutto il resto. Questo è accaduto alla letteratura -profetica del neopitagorismo, e del neoplatonismo, -e senza notevoli differenze si è ripetuto nel -sodalizio francescano. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span> -</p> - -<p> -Intorno alle opere manoscritte dell'abate Gioacchino -posso aggiungere alle notizie date dal Renan -alcune altre attinte ai codici laurenziani. In un codice -della biblioteca Santa Croce oltre all'esposizione -di Geremia si trovano altri due scritti dell'abate -calabrese, uno intitolato <i>De ultimis tribulationibus</i>, -e l'altro <i>De articulis fidei</i>. Il primo è -un'esposizione delle ultime guerre che dovrà sostenere -l'umanità, analoghe a quelle sostenute nel -Vecchio Testamento. Non oserei dire che sia autentico, -ma non vi ho trovati i caratteri delle opere -evidentemente apocrife, come i commenti a Geremia -ed Isaia.<a class="tag" id="tag538" href="#note538">[538]</a> -</p> - -<p> -L'altro opuscolo è quello ritenuto perduto dal -Renan, e di cui ei pubblicò alcuni brani riportati -dal resoconto d'Anagni. Non credo giusta l'opinione -del Renan che sia lo stesso di quello scritto -contro Pietro Lombardo, perchè questo opuscolo -non è affatto polemico, e le opinioni sulla Trinità -<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span> -sono espresse forse più temperatamente che non -nel <i>Decacordo</i> e nell'<i>Apocalisse</i>. Benchè questo libro -sia citato dalla Commissione d'Anagni, io sospetto -fortemente della sua autenticità. Gioacchino non -avea bisogno di circondar di mistero le dottrine -che aveva di già esposte in altre opere. Nè poi -gli sarebbe giovato di occultare le teorie teologiche, -espresse in questo libercolo, che in sostanza -non differiscono dalle ricevute comunemente; ma -ben piuttosto le altre sui tre stati, che qui sono -interamente taciute.<a class="tag" id="tag539" href="#note539">[539]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span> -</p> - -<p> -In un altro codice laurenziano, ove già trovammo -il <i>liber Sybillae</i>, esiste la lettera di Gioacchino, -che il Renan trovò nel manoscritto 3595 -<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span> -dell'antico fondo. È una esortazione ai fedeli di -mutar via e pentirsi delle proprie colpe perchè il -giorno della tremenda espiazione è vicino.<a class="tag" id="tag540" href="#note540">[540]</a> Non -v'ha nessuna ragione perchè non si debba dire -autentica, come autentici anche secondo il Renan -sono i due componimenti poetici stampati alla fine -del <i>Decacordo</i>.<a class="tag" id="tag541" href="#note541">[541]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span> -</p> - -<h4 id="cap1-2-III">III</h4> - -<p> -Esponiamo ora brevemente le idee di Gioacchino -prendendo le mosse dalle opinioni teologiche, condannate -nel solenne Concilio del 1215. Queste opinioni -si riferiscono al domma della trinità, intorno -al quale rinacquero sempre le dispute quando meglio -parevano finite, comecchè non fosse possibile -tenersi egualmente lontano dagli opposti estremi, -e col dare maggior rilievo alla diversità delle persone, -l'unità divina correva pericolo; per contrario -dando maggior peso all'unità divina, la differenza -delle persone diventava affatto secondaria ed evanescente. -Nella prima difficoltà ruppe Ario, nella seconda -Sabellio.<a class="tag" id="tag542" href="#note542">[542]</a> E quando pareva composto il grave -dissidio, e trovato il punto di equilibrio tra queste -opposte tendenze, il fatto smentì le previsioni, ed -il problema rinacque intorno alla natura di Cristo. -Anche qui quelli che davano maggior importanza -all'unità delle due nature divina ed umana, correvano -il rischio di assottigliare di tanto quest'ultima -da renderla qualche cosa di simbolico (docetismo); -<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span> -quelli al contrario che mettevano in sodo la realtà -della persona umana minavano l'intrinsecazione delle -due nature. Era ben difficile trovare un punto fermo -tra gli opposti indirizzi di Cirillo e Nestorio, ed i -concilii stessi talvolta ebbero a contraddirsi. Non -farà dunque meraviglia se la discordia rinacque nel -decimosecondo secolo, e gli stessi pericoli si manifestarono, -e parve novamente difficile di cansare -Scilla senza incorrere in Cariddi. -</p> - -<p> -Nella mente di Pietro Lombardo, il grande autore -del libro delle sentenze, la cura dell'unità dell'essenza -divina appare manifesta. L'essenza divina -è qualche cosa di differente dalle persone, perchè -l'essenza è unica e le persone sono tre. Quindi non -si potrebbe mettere in luogo delle persone l'essenza, -e dire ad esempio che l'essenza del Padre ha generato -l'essenza del figlio, e l'essenza del figlio -quella del verbo. Contro questa esposizione si levò -l'abate Gioacchino, il quale pare che scrivesse un -opuscolo polemico contro il grande Lombardo, accusandolo -di mettere tale stacco tra l'essenza e le -persone, che in luogo della trinità si dovrebbe ammettere -una quaternità in Dio, vale a dire un'essenza -e tre persone. L'opuscolo è andato perduto, -ma le accuse sono ripetute nel primo libro del -<i>Decacordo</i>, ove è esposta molto chiaramente la dottrina -opposta a quella del Lombardo.<a class="tag" id="tag543" href="#note543">[543]</a> -</p> - -<p> -Le tre persone, ei dice, non vanno distinte tra -loro come l'ulivo, il mirto e la palma, che sono -<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span> -alberi di diversa natura e specie; nè tampoco come -tre ulivi, che sono bensì della stessa natura, ma -di proprietà differenti; nè quali tre rami impiantati -nello stesso tronco, cosicchè questa rappresenti -la sostanza e quelli le persone, il che tornerebbe -lo stesso come ammettere una quaternità. -Bisogna metter da banda codeste imagini, e prendere -la similitudine da quella luce, che illumina -tutti gli uomini che vengono al mondo, e dalla -quale procede quel calore che tutte cose avviva. Da -questa luce, che si chiama sole, promanano i raggi -luminosi e calorifici, come dal Padre promana il -figlio, che discese per illuminare le menti, e lo spirito -per infiammarle. Tra il calore e lo splendore -del sole non sai mettere distinzione, e frattanto, tu -non dubiti che sien due; oh! perchè vuoi scindere -la divina sostanza per credere alla trinità di Dio? -Ma un errore più grave di questo è l'altro, nova -invenzione dei nostri tempi, secondo il quale si dovrebbe -ammettere le persone oltre la sostanza, sicchè -in questa si riponga l'unità ed in quella la -trinità, come se dicendo che il foco celeste e la luce -ed il calore che ne promanano sieno lo stesso sole, -si voglia sotto il nome del sole indicare una quarta -cosa oltre alle tre.<a class="tag" id="tag544" href="#note544">[544]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span> -</p> - -<p> -Un'altra imagine che chiarisce il mistero della -Trinità è quella del Salterio dalle dieci corde. Questo -strumento musicale è uno, perchè sebbene al pari di -ogni corpo possa dividersi, pure ove si divida, non -è più quel dato istrumento. Ma non ostante che sia -uno, ha tre lati e tre vertici, e ciascuno di questi -lati o corni non deve essere preso nel senso di linea, -bensì di superficie. Il lato orientale è tutta la superficie -in quanto prospetta sull'oriente, il lato occidentale -è la stessa superficie in quanto prospetta -sull'occidente, e dite parimenti del lato meridionale. -Così la stessa superficie ha tre prospettive differenti, -ed ecco come tre può essere uno, ed uno tre.<a class="tag" id="tag545" href="#note545">[545]</a> -</p> - -<p> -Non discuto queste similitudini, che lasciano il -tempo che trovano, nè riescono a far comprendere -l'incomprensibile. Nè discuto dell'ortodossia della -dottrina. Il Concilio del 1215 la condannò e S. Tommaso -molto più tardi la combattè notando che se -egli è vero che le tre persone hanno pari valore, -<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span> -non è men vero che si debba adoperare una parola -per indicare ciò che esse han di comune, ed un'altra -pel differente; talchè se la parola persona è tolta -a dinotare le differenze, quella di essenza deve significare -l'unità, e viceversa quest'ultima parola deve -esser lasciata da banda quando si tratti di esprimere -la differenza dei rapporti, non l'identità della -natura. Quindi a ragione il Concilio respinse al -pari di Pietro Lombardo la formola: l'essenza genera -l'essenza. -</p> - -<p> -Parrebbe dunque che fosse quistione di parole, -e così giudicano i più delle quistioni teologiche; -ma in verità trattasi di gravi divergenze d'indirizzo. -E nessuno ad esempio può sconoscere nella -teorica dell'abate Gioacchino una tendenza a dar -risalto alle differenze personali a discapito dell'unità -d'essenza. Per lui l'<i>unitas</i> ben differisce dall'<i>unus</i>. -L'<i>unus</i> s'ha da attribuire all'individuo solo, laddove -l'<i>unitas</i> si può e si deve dire di una collezione d'individui -che convengano in un pensiero, o abbiano -un volere solo. Un aggregato d'individui come il -popolo, la tribù non si potrebbe dire uno assolutamente, -come se fosse una persona sola, ma all'<i>unus</i> -si deve aggiungere il suo sostantivo, <i>unus -populus</i>, <i>una plebs</i>. Così parimenti le tre persone -della Trinità, avendo un solo intelletto, un volere -ed un potere possono ben dirsi <i>unitas</i>, <i>unum</i>, ma -non <i>unus</i> se non vi si aggiunga <i>unus deus</i>. Sottigliezze -senza dubbio; ma in fondo trasparisce chiaro -l'intendimento di attribuire maggior valore alla differenza -<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span> -delle persone, e ridurre la misteriosa unità di -natura ad una comunanza di pensiero o di volontà.<a class="tag" id="tag546" href="#note546">[546]</a> -</p> - -<p> -Certo egli crede di restare nei confini della dottrina -ortodossa, nè dubita di avere ben fondata -l'unità di essenza. Chi potrebbe imaginare, dice -egli, maggiore fusione del fuoco che si aggiunga -a fuoco? Eppure v'ha più profonda ed intima unità, -quella dello spirito che si unisce collo spirito così -da formare uno spirito solo. Ma con tuttochè egli -insista sull'unità dell'essenza, e nell'adoperarsi a -rinsaldarla usi talvolta espressioni, che S. Tommaso -farebbe sue, ciò non pertanto il suo pensiero si -ferma con compiacenza sulla diversità delle persone, -e sull'incompatibilità dell'ufficio che a ciascuna di -esse è attribuito. Soltanto il Padre è il genitore, solo -il Figlio è generato, solo lo Spirito procede da entrambi. -Parimenti soltanto il Padre invia e il Figlio -e lo Spirito; soltanto il Figlio s'incarna, solo lo Spirito -discende in forma di colomba.<a class="tag" id="tag547" href="#note547">[547]</a> E per questa diversità -<span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span> -di funzioni spetta a ciascuna persona un -nome diverso; il Padre s'ha da chiamare con nome -di Timore, il Figlio con quello di Sapienza, lo Spirito -con quello di Carità. Il che ci spiega come il -principio della sapienza stia nel timore, ed il fine -nella carità. Il Padre, creando dal nulla le cose volle -mostrare il poter suo, ed incutere terrore negli -uomini perchè non peccassero, e non che correggere -blandamente i peccatori, li ebbe a punire con terribile -severità. Il Figlio invece non colla potenza -debellò i superbi, ma colla dottrina della sapienza -e dell'umiltà. Lo Spirito Santo infine c'inspira -l'amor di Dio e dei nostri simili, così che scacciato -il timore noi ci rallegriamo dell'essere liberi. E nello -stesso modo che sono diverse le persone divine, sono -diversi del pari i doveri nostri verso di loro. Ed a -cagione del Padre-timore siamo tenuti ad obbedire; -a cagione del Figlio-sapienza dobbiamo leggere; -a cagione dello Spirito-carità dobbiamo cantare e -pregare ed amarci come fratelli.<a class="tag" id="tag548" href="#note548">[548]</a> -</p> - -<p> -Ma se diversi sono gli ufficii delle tre persone -e diverso anche il modo come gli uomini si comportano -<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span> -verso di loro, egli è ben chiaro che diverso -è l'influsso che ciascuna di esse ha esercitato -nella storia del mondo. Secondo che gli uomini progrediscono, -ed ai sentimenti del terrore sottentra -la brama del sapere, e poscia l'amore del prossimo, -muta il regno delle persone. Fu un tempo in cui gli -uomini non conobbero se non il rigor della legge, -e dominava incontrastato il Padre. A questo lungo -periodo successe l'altro in cui fu scoperta la verità, -sulla quale era da secoli tirato un fitto velo, fu il -regno del Figlio, o dell'eterna sapienza. Ma con -questo secondo periodo non si chiude il corso della -storia. L'uomo teme, sa, ma non ancora ama quanto -dovrebbe, e la fiamma del santo spirito non ancora -scalda il suo cuore; onde è necessario che al -regno del Figlio sottentri quello dello Spirito.<a class="tag" id="tag549" href="#note549">[549]</a> -</p> - -<p> -Io non credo che questa dottrina dei tre stati -sia la conseguenza di un ragionamento teologico, -come parrebbe dalla nostra esposizione. Altre ragioni -senza dubbio l'hanno dettata, e prima fra tutte -l'invitta fede in un migliore avvenire della cristianità. -Ma la dottrina della trinità se non è la progenitrice -di quella dei tre stati, le ha certo fornito i -<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span> -migliori argomenti di una dimostrazione. A chi -tanto insisteva sulla successione dei due regni del -Padre e del Figliuolo dovea parere strano che fosse -lasciato da parte lo Spirito. Per giustificare l'esclusione -sarebbe stato uopo di provare che la terza -persona non avesse un carattere così spiccato come -quello del Padre e del Figlio, il che sarebbe assurdo, -perchè la teologia attribuisce alle tre persone -pari valore. Così pari efficacia debbono esercitare -nella storia del mondo. -</p> - -<p> -Quest'ultima ragione ci suggerisce due importanti -considerazioni. La prima è che se l'azione -delle persone è parimenti efficace, nello studio dei -due regni o stati, che finora ebbero luogo, si debbono -scoprire più profonde analogie di quel che -si creda comunemente; e la durata del regno ad -esempio dev'essere la stessa, perchè pari è l'intensità -dell'azione delle due persone. La seconda considerazione -è questa: che guardando bene addentro -nelle due storie per iscoprirvi la meravigliosa consonanza, -non solo conosceremo nella verità sua il -passato, ma divineremo l'avvenire.<a class="tag" id="tag550" href="#note550">[550]</a> Perchè in ogni -<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span> -modo l'azione dello Spirito non dovrà essere da -meno delle altre due persone, e conosciuto il principio -ed il corso di un processo storico si può agevolmente -predeterminare la fine. -</p> - -<p> -Questo è il pensiero fondamentale del più antico -e più originale dei libri di Gioacchino, la <i>Concordia</i>. -In opposizione agli eretici contemporanei, che ponevano -uno studio a rilevare le contraddizioni tra il -Vecchio ed il Nuovo Testamento, questo opera di -Dio, quello del Diavolo, Gioacchino mette in luce -un'armonia e concordanza anche in quei punti, dove -l'occhio comune non sa scoprirla. Ben vero ei non -nega le stonature non solo tra i due testamenti, ma -ben anco tra le varie parti del Testamento Nuovo.<a class="tag" id="tag551" href="#note551">[551]</a> -Nè poteva certo dissimularsele egli che in un secolo, -in cui la critica non esisteva ancora, osava -pur distinguere tra libri e libri del sacro canone, -nè dubitava di attribuire minor valore agli evangeli -non apostolici di Marco e Luca in confronto degli -apostolici di Matteo e Giovanni, ed approvava gli -ebrei, che fanno maggior conto delle storie di Giobbe -ed Ester in paragone di quelle di Tobia e -<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span> -Giuditta.<a class="tag" id="tag552" href="#note552">[552]</a> Ma non ostante le critiche audaci ad una -vera opposizione tra il Vecchio ed il Nuovo Testamento -non prestava fede, ed era convinto che, -ben cacciando lo viso a fondo, quello che pareva -alla prima contrasto, andava risoluto in un accordo. -Bisognava solo non tenersi alla lettera, ma interpetrare -in un senso allegorico ciò che nel letterale -porgeva argomenti a dubbiezze.<a class="tag" id="tag553" href="#note553">[553]</a> Epperò dell'interpetrazione -allegorica nessun Cataro, nessun Valdese -fece mai uso come Gioacchino, che spesso ripete -il detto dell'apostolo: «la lettera uccide, lo spirito -vivifica, e ciò che inteso intellettualmente edifica, -preso alla lettera è insipido ed ingannevole».<a class="tag" id="tag554" href="#note554">[554]</a> -</p> - -<p> -Ma che cosa intende il nostro autore per allegoria? -Ascoltiamo lui stesso. L'allegoria egli dice, -<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span> -è la simiglianza del minimo col massimo, come ad -esempio del giorno coll'anno, della persona coll'ordine, -colla città, col popolo e simiglianti. Così Abramo -è un uomo e significa l'ordine dei patriarchi. Parimenti -Zaccaria.<a class="tag" id="tag555" href="#note555">[555]</a> Nè si creda che con questa distinzione -vada ristretto il valore ed il significato dell'allegoria; -perchè l'autore sa noverarne sei specie, -l'ultima delle quali suddivide in sette altre, così -da toccare il sacro numero dodici. Le sei specie -sono: storica, morale, tropologica, contemplativa, -anagogica, tipica.<a class="tag" id="tag556" href="#note556">[556]</a> Parrebbe che la storica fosse -un'interpetrazione letterale e tutt'altro che allegorica. -No, risponde Gioacchino, l'interpetrazione -storica è diversa dalla storia, e Abramo ad esempio -diviene il rappresentante degli uomini obbedienti a -Dio, come Isacco il rappresentante dei buoni figli. -<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span> -L'interpetrazione morale in luogo dell'uomo, mette -in rilievo la qualità dominante, come a dire nell'ancella -Agar vien raffigurata la concupiscenza carnale. -L'interpetrazione tropologica non ha di mira -se non il modo come in quel fatto o persona possa -intendersi significata la parola di Dio; così ad esempio -Agar o l'ancella rappresenta la lettera, Sara -la donna libera, lo spirito. L'interpetrazione contemplativa -riguarda i varii gradi dell'attività umana; -l'ancella ad esempio rappresenta la vita attiva, la -padrona per lo contrario la contemplativa. L'interpetrazione -anagogica ci solleva dalla terra al cielo, -così Agar rappresenta la vita presente, Sara la -futura. -</p> - -<p> -L'interpetrazione tipica già dicemmo si divide -in sette specie. La prima si riferisce soltanto al -Padre, nè esce dal Vecchio Testamento. Per tal -guisa se Agar rappresenta, poniamo, la plebe degli -Ebrei, Sara la tribù di Levi. La seconda specie si -riferisce al Figlio, ed agl'istituti che nel suo regno -prevalsero; così Agar rappresenta la Chiesa dei -secolari, Sara quella degli ecclesiastici. La terza -specie si riferisce allo Spirito, come ad esempio nell'ordine -monastico, che fiorisce nel terzo stato, Agar -rappresenta i conversi, Sara i professi. La quarta -specie si riferisce al Padre e Figlio insieme. Agar -è la Sinagoga, Sara la Chiesa dei latini. La quinta -specie si riferisce invece al Padre ed allo Spirito. -Agar è di nuovo la Sinagoga; ma Sara muta e rappresenta -la Chiesa spirituale, che fiorì al principio -<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span> -presso i Greci nella religione monastica (anacoreti). -La sesta si riferisce al Figlio ed allo Spirito, come -a dire Agar rappresenta la Chiesa per le sue colpe -serva ed oppressa, Sara invece la Chiesa spirituale -che durerà sino alla consumazione dei secoli. La -settima specie infine si riferisce a tutte e tre le -persone insieme. Agar rappresenta la Chiesa passata -e presente, vale a dire tanto la giudaica quanto -la cristiana, Sara invece la Chiesa futura.<a class="tag" id="tag557" href="#note557">[557]</a> -</p> - -<p> -Seguitando di questo passo ad enumerare i -diversi scopi a cui può essere indirizzata l'interpetrazione -allegorica, potremo contare non solo -dodici ma infinite specie di allegorie. Questa viziosa -classificazione giova soltanto a mostrare quanta libertà -si prenda il nostro autore nell'interpetrazione -dei sacri testi, e come senza scrupolo passasse da -un'interpetrazione ad un'altra quando la prima -non gli faccia più al caso. Con quest'agile manovra -non è difficile far convergere tutti i testi, ed eliminare -tutte le contraddizioni. S. Paolo ad es. parla -per ben due volte di vescovi ammogliati, e gli antipatarini -solevano citare con compiacenza quel passo: -chi non voglia bruciare si ammogli. A Gioacchino -propugnatore della castità riesce agevole d'interpetrare -a modo suo questo incomodo testo, intendendo -per moglie non la donna ma la Chiesa.<a class="tag" id="tag558" href="#note558">[558]</a> Così nessun -ostacolo più ci sbarra il cammino, perchè l'interpetrazione -<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span> -allegorica non ha nessun confine. Non solo -i personaggi biblici, ma le loro opere altresì hanno -un significato simbolico, come la passione e morte -di Cristo vuol dire il Vecchio Testamento e la risurrezione -il Nuovo. Nè i corpi celesti, nè gli elementi -della natura vengono sottratti a questa strana metamorfosi; -chè il sole, la luna, i pianeti non solo -sono creati a risplendere nella volta del cielo, ma a -significare ben anco la luce invisibile. E codesta significazione -muta secondo il bisogno. Talvolta il -sole vuol dire Cristo, la luna è la Chiesa, le stelle la -moltitudine dei fedeli; tal'altra il sole rappresenta -la vita contemplativa, o se vogliamo la Chiesa meditante, -e la luna invece la vita attiva, o la Chiesa -predicante. Non è esclusa però una terza, una quarta -interpetrazione, come a dire il sole rappresenta la -vita futura, la luna la vita presente. Ed al pari del -sole e della luna sono simbolici anche gli altri corpi -celesti. Saturno mettiamo a quel che dicono, di natura -freddo, e che più lentamente compie il suo giro -intorno al sole, rappresenta il padre Adamo, che -tremò dal freddo in paradiso, e visse più di tutti -gli uomini, che da lui nacquero. Dopo questo esempio -non parrà strano che al pianeta <i>Venere</i> di qualità -temperata si agguagli il giusto <i>Noè</i>; nè che si metta -in confronto il sapiente <i>Mercurio</i> con quel vaso di -scienza che fu <i>Moisè</i>. Nè certo è più strano il simbolismo -degli elementi, secondo il quale l'acqua, -con cui si battezzano i Cristiani, rappresenta la grazia -che fu data agli uomini nel secondo periodo, l'aria -<span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span> -quella che s'impartisce ora nel principio del terzo, -ed il fuoco l'ultima e più meravigliosa che sarà -impartita nel dì della risurrezione.<a class="tag" id="tag559" href="#note559">[559]</a> Secondo le idee -di Gioacchino i Catari non avrebbero avuto torto -di voler sostituire al battesimo coll'acqua quello -col fuoco, un fuoco che non bruci, un calore che -si comunichi da corpo a corpo imponendo le mani -sul capo del convertito. -</p> - -<p> -Ma torniamo al metodo allegorico. In grazia -di questo meraviglioso processo, che sciogliendo -tutte cose nel mistico vapore dei simboli, raccosta -le più lontane, accorda le più opposte, non sarà certo -malagevole di fondere in uno il vecchio ed il nuovo -Testamento, non ostante le loro antinomie. Purchè -siate discreti, nè vogliate la rassomiglianza in tutti -i particolari,<a class="tag" id="tag560" href="#note560">[560]</a> la dimostrazione è presto fatta, nè -alcuno potrà dubitare che il vecchio Testamento -non abbia valore per sè; bensì come simbolo precursore -del nuovo. Questa è la cosiddetta <i>Concordia</i> -dei due Testamenti, o vogliam dire simiglianza -di <i>giusta</i> proporzione tra il nuovo ed il vecchio Testamento, -<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span> -giusta in quanto al numero non in quanto -alla dignità, stantechè persona e persona, ordine e -ordine, guerra e guerra, si raffrontano tra loro, come -Abramo e Zaccaria, Sara ed Elisabetta, Isacco e -Giovanni Battista, Gesù in quanto uomo e Giacobbe, -i dodici patriarchi ed in pari numero gli apostoli.<a class="tag" id="tag561" href="#note561">[561]</a> -Il parallelo numerico è adunque la base della concordanza, -epperò vanno numerate accuratamente le -generazioni che precedono e quelle che seguono la -venuta di Cristo. E se una volta non torna il calcolo, -bisogna rifarlo la seconda e la terza colla costanza -e la fede di un cabalista; perchè non è da -dubitare che da quel congegno sottile di somme -e sottrazioni balzerà fuori la cifra dell'avvenire.<a class="tag" id="tag562" href="#note562">[562]</a> -</p> - -<p> -Basteranno pochissimi cenni per comprendere -questa nuova aritmetica. Matteo nel primo capitolo -<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span> -del suo vangelo numera le quaranta generazioni, -che precorsero secondo lui la nascita di Cristo a -cominciare da Abramo per terminare a Giuseppe. -Non deve far caso che l'Evangelista trascuri le tre -generazioni di Ochozia, Gioas ed Amasia, che tramezzano -tra Gioram ed Uzzia; perchè chiudendosi -con Gioram un periodo della storia ebraica, e cominciandone -un nuovo con Uzzia è agevole inserire -tra questi due estremi un periodo di transizione, -nel quale si contengano tre termini: l'antico non -ancora finito, il nuovo non ancora cominciato, ed -un intermezzo tra il vecchio ed il nuovo. Sistema -molto ingegnoso per accomodare la storia ai nostri -gusti. Il perchè poi con Gioram si chiuda un periodo -e con Uzzia ne cominci un altro è subito -detto. Matteo non risale oltre Abramo, ed a ragione -perchè con Abramo comincia l'impero di quella -legge della circoncisione, che durò fino a Cristo. Ma -compiendo i calcoli di Matteo e risalendo sino alla -creazione dell'uomo tra il primo padre Adamo e il -primo patriarca, col quale comincia la legge, si contano -venti generazioni. Se dunque dopo le prime -venti generazioni s'è chiuso un periodo, l'analogia -vuole che dopo le seconde venti se ne chiuda un -altro. Così con Gioram, che è la ventesima generazione -dopo Abramo si chiuderà un periodo, e trascurando -le tre generazioni lasciate da Matteo, con -Uzzia si aprirà un nuovo. E che Uzzia sia il padre -di un'età nuova non è a dubitare, perchè ha molta -analogia con Adamo e con Cristo. Al pari di Adamo -<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span> -venne punito per la superbia, e scacciato da un -luogo santo; al pari di Cristo vinse i Filistei e gli -Ammoniti, ed il suo nome risuonò fino nel lontano -Egitto, e volle essere egli stesso sacerdote del Signore.<a class="tag" id="tag563" href="#note563">[563]</a> -È ben strano in verità che Gioacchino metta -analogia tra Cristo, il vero sacerdote secondo l'ordine -di Melchisedec, ed il re Uzzia che assunse -l'ufficio sacerdotale indebitamente, e per la sua prepotenza -appunto venne punito colla lebbra. Ma la -logica dei paralleli consente queste licenze, e possiamo -tenere per provato che con Uzzia comincia -un nuovo periodo. Ma quale periodo comincia con -Uzzia? Quello stesso che in un altro senso comincia -con Cristo, cioè il periodo dei sacerdoti. E perchè -non faccia intoppo questo doppio incominciamento, -si sappia una volta per tutte che in ogni periodo -storico si deve distinguere il tempo in cui si spargono -e fecondano i semi, e quello in cui si raccolgono -i frutti. Per tal guisa il primo periodo della -storia germoglia con Adamo e fruttifica con Abramo, -e parimenti il secondo germoglia con Uzzia e fruttifica -con Cristo. Queste anticipazioni sono un prezioso -espediente, la cui mercè Gioacchino può scoprire -<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span> -cristiani prima di Cristo, e spirituali avanti il -regno dello spirito, e talvolta vede effigiati tutti e -tre i periodi nei più antichi patriarchi, Abramo, -Isacco e Giacobbe.<a class="tag" id="tag564" href="#note564">[564]</a> -</p> - -<p> -Dopo queste spiegazioni facciamo di nuovo il -calcolo. Alle quaranta o meglio quarantatre generazioni, -che precedono Cristo, aggiungendo le venti -che si contano tra il primo parente ed Abramo, -avremo un sessantatre generazioni, ventuna per ciascuno -dei tre periodi in cui si può dividere il tempo -trascorso avanti Cristo; il periodo che precede la -circoncisione, quello della circoncisione, ed il terzo -dei profeti. Così prima di Cristo abbiamo già una -<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span> -tripartizione che contiene in effigie le tre età del -mondo.<a class="tag" id="tag565" href="#note565">[565]</a> E se vogliamo seguitare oltre nella divisione, -divideremo l'èra precristiana in sei periodi -da dieci generazioni l'una, perchè anche il dieci è -un numero perfetto. Il primo periodo da Adamo -al diluvio (Noè); il secondo dal diluvio alla distruzione -di Sodoma e Gomorra (Abramo); il terzo sino -ad Obed che fu contemporaneo di Elia, e vide l'arca -dell'alleanza in mano degli stranieri; il quarto fino -a Gioas quando Israele cominciò ad essere sterminata -da Azael re di Siria; il quinto sino alla cattività -di Babilonia, ed il sesto fino alla venuta di -Cristo.<a class="tag" id="tag566" href="#note566">[566]</a> Ma queste sessanta generazioni non bastano -se pur s'hanno da contare le tre trascurate da Matteo, -ed avremo così lo spazio per un settimo periodo, -composto di tre generazioni sole. Sicchè tutto il periodo -precristiano si può suddividere in sette sezioni, -come in sette età vedremo che si divide la -<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span> -storia del mondo. E questo sacro numero sette -ritorna più volte nei divini libri, a cominciare dai -sette giorni della creazione nel Genesi sino ai sette -candelabri, ed alle sette Chiese, ed ai sette angeli -ed ai sette suggelli dell'<i>Apocalisse</i>.<a class="tag" id="tag567" href="#note567">[567]</a> -</p> - -<p> -Determinate così le divisioni e suddivisioni dell'èra -che precede Cristo, sarà più facile lo studio -delle altre che seguono. E stabiliremo in primo -luogo che le generazioni del secondo periodo dovendo -pareggiare le antiche debbono essere nè più -nè meno di sessantatre, ben inteso che queste sessantatre -generazioni non si debbono contare dalla -venuta di Cristo, bensì dal re Uzzia; perchè la prima -parte del secondo periodo, ovvero l'età della fecondazione -incomincia,<a class="tag" id="tag568" href="#note568">[568]</a> come dicemmo, di là. Quindi -in verità al periodo cristiano in proprio non spettano -se non quarantadue generazioni, che noi, nati, come -vedremo nella quarantunesima, possiamo bene paragonare -colle antiche per scoprirne il mirabile -accordo. -</p> - -<p> -Questo paragone vien fatto per minuto confrontando -principalmente la serie dei papi ed imperatori -con quella dei re di Giuda e d'Israele. È naturale che -in molti errori è dovuto incorrere l'autore in omaggio -<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span> -alla desiderata simmetria; ed ei stesso se ne -riconosce colpevole, ed attribuisce alla corruzione -delle cronache quello che in grandissima parte è -dovuto al suo modo di studiare ed elaborare la storia.<a class="tag" id="tag569" href="#note569">[569]</a> -Nè noi lo seguiremo in questi raffronti; ma -daremo soltanto pochi esempi per mostrare il metodo -ed il risultato della ricerca. -</p> - -<p> -La duodecima generazione, che ebbe principio -sotto Costantino imperatore e Silverio papa, ha notevoli -riscontri colla duodecima generazione giudaica, -a cominciare da Giacobbe. Imperocchè in -questa il popolo d'Israele ebbe un re unto dal -Signore (Davide), ed in quella il popolo dei gentili, -disfatti i nemici della vera fede, sortì finalmente un -re cristiano (Costantino). Nell'antico fu eletta Gerusalemme -e messa al di sopra di tutti i tabernacoli -da David; nel nuovo la Chiesa di Roma ebbe il -primato sopra le orientali. E cominciò per la donazione -di Costantino quel potere temporale la cui -legittimità Gioacchino riconosce, a patto però che -il supremo sacerdote abbia la suprema potestà, ma -non l'uso, perchè non accada che chi milita con -Dio non si mescoli nei negozi temporali. Un altro -<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span> -benedettino, come dicemmo altrove, avea manifestate -prima di Gioacchino le stesse idee sulla potestà -terrena dei papi.<a class="tag" id="tag570" href="#note570">[570]</a> -</p> - -<p> -Nella generazione che succede alla duodecima -non trova Gioacchino un imperatore che pareggi per -sapienza il corrispondente re Salomone; ma se mancò -l'imperatore, non mancarono dottori della Chiesa -come Ilario, Girolamo, Giovanni Crisostomo ed Agostino, -che non temono il confronto del sapientissimo -monarca, e riconoscono la loro scienza dall'ispirazione -di Gesù Cristo, che è un altro Salomone ben -più alto. Il trovato è ingegnoso!<a class="tag" id="tag571" href="#note571">[571]</a> Nè meno ingegnosi -sono i riscontri che scopre il nostro autore -<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span> -nella sedicesima e diciottesima generazione. Come -Asa re di Giuda (II, <i>Paral.</i>, 14, 11) con la fervida -preghiera fatta a Dio mette in fuga i nemici, così -Leone papa colla forza della sua parola arresta il -barbaro Attila, a cui nessun braccio armato avea saputo -sbarrare la via dell'eterna città. Ed a quel -modo che Teodorico re dei Goti mise a morte Boezio, -ed altri cristiani, il re biblico che vi corrisponde, -Joram, uccise i suoi fratelli. E come al tempo di -Joram fiorì il profeta Eliseo, così nell'età corrispondente -cristiana visse S. Benedetto. E quest'altro -raffronto è specioso: Gerico, dove Eliseo si mise a -capo dei profeti, fu data in possesso ai figli di Beniamino, -unica tribù, che si fuse colle altre due di -Levi e di Giuda. Eliseo dunque si può dire mediatore -tra queste due tribù, come S. Benedetto è -l'anello di congiunzione tra i monaci greci e latini, -tenendo da una parte ferma la fede di Pietro, e dall'altra -abbracciando la regola dei basiliani. Il paragone -è tirato su come Dio vuole, ma è importante -pel giudizio che porta il nostro abate su greci e -latini.<a class="tag" id="tag572" href="#note572">[572]</a> -</p> - -<p> -E per la stessa ragione è da ricordare il confronto -che fa tra il re Josia e Leone IX. Il primo -non credendo che l'invito a sottomettersi, fattogli -<span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span> -dal re egiziano, fosse ispirato da Dio, uscitogli incontro -nella pianura di Nieghiddo, morì nel combattimento -(II <i>Paral.</i>, 35, 22); il secondo volle del -pari non ostante la sua pietà muovere contro i Normanni -e fu sconfitto. Benchè non lo dica apertamente, -pure le imprese guerresche dei papi non -vanno a sangue a Gioacchino, nè Gregorio VII è -tenuto da lui in quella venerazione che gli tributavano -i guelfi italiani. Quando parla di lui non -ricorda i gloriosi fatti, ma soltanto l'esilio. A quel -modo, ei dice, che Joachaz fu fatto re dei Giudei -a dispetto del re egiziano Neco, Gregorio VII fu -acclamato pontefice in odio dell'Imperatore. E come -il re egiziano sbalzò di seggio Joachaz, elevando -invece di lui il fratello Joachin; così l'Imperatore -in luogo del Papa, che ebbe ad esulare in Salerno, -mise l'arcivescovo ravennate col nome di Clemente. -Non una parola sola di rimpianto pel gran Papa, -che morendo sclamava: Dilexi justitiam, odivi iniquitatem, -propterea morior in exilio. A Gioacchino, -così penetrato dell'umiltà cristiana poco andavano -a versi le imperatorie nature come quella d'Ildebrando, -nè dubitava di porlo a riscontro con quel -Joachaz, che secondo il IV <i>Re</i> 32 fecit malum coram -Domino.<a class="tag" id="tag573" href="#note573">[573]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span> -</p> - -<p> -A queste citazioni mi permetto di aggiungerne -qualche altra importante per i giudizii che Gioacchino -porta su avvenimenti di cui è stato testimone. -Morto Joachin prese a regnare Jeconia, rimosso -il quale dal re di Babilonia gli fu sostituito lo zio -Sedechia, iniquo e pessimo uomo. Allora venne in -estrema confusione il regno di Giuda, nè più secondo -l'ordine di generazione regnarono i re di -Giuda, ma ora il fratello, ora il nepote, ora lo zio, -ora insieme e l'uno e l'altro. Lo stesso intervenne -alla Chiesa, ove si vide due vescovi contemporaneamente -fatti papi, e l'Imperatore combattere la -libertà della Chiesa. -</p> - -<p> -Tutto questo accadde durante la trentanovesima -generazione al tempo di Alessandro III e Federigo -Barbarossa. Nè ai successori suoi Lucio e massime -Urbano III arrisero le sorti; ed anche oggi, seguita -Gioacchino, portiamo le tristi conseguenze del dissidio -scoppiato al tempo di Leone e di Enrico. E non -senza gemito del cuore e dolore dobbiamo ripetere -le rampogne di Geremia, che ben si applicano a -noi, che ci diciamo cristiani e non siamo. Già da -due anni era salito sulla cattedra di S. Pietro Innocenzo -III, quando Gioacchino proferiva queste severe -parole, e il famoso <i>quomodo sedet sola civitas</i> -<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span> -applicava alla Chiesa di Pietro, e contro gl'inerti -sacerdoti volgea queste parole dei Treni: <i>I profeti -tuoi han veduto vanità e cose scempie</i> (2, 14): <i>Han -mutato colore il buon oro fino, e le pietre del santuario -sono state sparse in capo d'ogni strada</i> (4, 1).<a class="tag" id="tag574" href="#note574">[574]</a> -Le fortune d'Innocenzo non lo illudevano, nè alla -pace, che parea dovesse finalmente arridere alla -cristianità, prestava fede: ma invece nuove guerre -predicea, nuove calamità, perchè essendo già cominciata -col 1201 la quarantunesima generazione, non -molto andrà che il secondo periodo sarà per chiudersi. -E pria che spunti l'alba del nuovo giorno, -gravi mali travaglieranno ancora l'umanità, come -previdero i profeti del vecchio Testamento ed i -veggenti del nuovo.<a class="tag" id="tag575" href="#note575">[575]</a> -</p> - -<p> -Ora possiamo conoscere il risultato di questi -faticosi riscontri. Dal paragone di generazione a -generazione si cava la conclusione che siamo sul -finire del secondo periodo, e che il cominciamento -<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span> -della nuova èra non si farà aspettare lungo -tempo. Che cosa sia questa nuova èra già lo sappiamo, -il regno dello Spirito, che tien dietro a -quello del Figliolo. Questo terzo periodo della storia -dell'umanità per un certo rispetto è già cominciato; -perchè a quel modo che l'èra di Cristo fu preparata -nell'ultimo scorcio della precedente, così accade -dell'èra nuova, che se non dà frutti ancora, -certo è germogliata da un pezzo. Quest'anticipazione -noi già l'abbiamo accennata parlando di San -Benedetto, che al tempo della diciottesima generazione -fondò un nuovo ordine monastico, nel quale -il cenobitismo greco fu innestato alla tradizione -latina, e dal quale senza dubbio comincia la nuova -età, in cui posto fine agli abusi del chiericato, ed -eliminate le due cause principali delle discordie -umane, l'orgoglio e l'avidità, sarà finalmente assicurata -la pace del mondo. Nello stesso luogo abbiamo -ricordata ancora la parentela che corre tra il -profeta Eliseo dell'antico Testamento e S. Benedetto -dei nuovi tempi. In grazia di quest'analogia l'anticipazione -del terzo periodo dovrebbe scoprirsi nell'antico -Testamento stesso al tempo del re Asa. Nè -è strano questo doppio incominciamento, perchè il -terzo periodo essendo il regno dello Spirito, che -procede insieme dal Padre e dal Figliuolo, era ben -giusto che mettesse capo nel vecchio e nel nuovo -Testamento.<a class="tag" id="tag576" href="#note576">[576]</a> L'interessante è che tornino i calcoli -<span class="pagenum" id="Page_348">[348]</span> -numerici. E torneranno di sicuro, che sarà nostra -cura accorciare o prolungare il tempo quanto basti. -Così ad esempio come da Adamo a Cristo corrono -sessantatrè generazioni, sarebbe desiderabile che -altrettante ne corressero da Eliseo sino a S. Benedetto; -ma se questo non è possibile, sceglieremo un -altro termine, quello ad esempio in cui la regola benedettina -prese nuovo vigore per opera dei cistercensi,<a class="tag" id="tag577" href="#note577">[577]</a> -ed il calcolo torna, e possiamo con sicurezza -predire che l'ora tremenda sta per sonare. -Ma quando? possiamo noi sapere e l'anno e il giorno -della catastrofe, o dobbiamo rassegnarci a più o -meno probabili approssimazioni? Noi già notammo -come Gioacchino proceda molto cauto, e soventi -ricusa di addurre determinazioni precise, come si -pare dai parecchi passi in cui esprime le sue dubbiezze, -e a chi gli dimandi maggiore precisione di -ciò che ei dice, risponde che solo Iddio sa il -<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span> -futuro.<a class="tag" id="tag578" href="#note578">[578]</a> Ma in questo punto, nella determinazione -dell'anno in cui dovrà cominciare la terza età del -mondo è più esplicito di quel che ci aspetteremmo. -</p> - -<p> -Quando sarà per entrare la 42ª generazione Dio -solo lo conosce,<a class="tag" id="tag579" href="#note579">[579]</a> ma quando sia per finire si può -argomentare da un gran numero di prove, le une -più indubitabili delle altre. In primo luogo si è già -detto che stante la concordia dei due testamenti -il secondo periodo deve durare in tutto 63 generazioni, -e stante che 21 appartengono al periodo di -fecondazione, non restano da Cristo in poi se non -42 generazioni. La generazione dev'essere presa non -secondo la carne, ma secondo lo spirito. E come il -Signore non cominciò ad avere figli spirituali se non -a 30 anni, il che era già prefigurato nella unzione -<span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span> -di David, e nell'iniziazione di Ezechiele, così trent'anni -deve durare ogni generazione nel nuovo -tempo. Saputo dunque il numero delle generazioni, -42, e la durata di ciascuna di esse, 30, basterà -moltiplicare l'un numero per l'altro, e sarà determinato -l'anno fatale, ovvero il 1260.<a class="tag" id="tag580" href="#note580">[580]</a> Il qual numero -ritorna nei giorni che Elia stette nascosto,<a class="tag" id="tag581" href="#note581">[581]</a> -in quelli che passò nel deserto la donna -<span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span> -dell'<i>Apocalisse</i>,<a class="tag" id="tag582" href="#note582">[582]</a> e nei mesi che Giuditta restò vedova<a class="tag" id="tag583" href="#note583">[583]</a> e la -coincidenza torna sicura. Nè fa intoppo che il terzo -periodo cominci non alla metà delle 42 generazioni, -che restano dopo Cristo, cioè alla 21ª, ma invece -alla 16ª come dice in un altro luogo della <i>Concordia</i>.<a class="tag" id="tag584" href="#note584">[584]</a> -Questi ritardi od anticipazioni non iscoraggiano l'intrepido -calcolatore, al quale non torna malagevole -aggiungere se occorra fino a quindici generazioni. -Non disse il Signore ad Ezechia: Io aggiungerò -quindici anni al tempo della tua vita? E non fece -tornar l'ombra indietro per i gradi per li quali era -discesa nell'orologio di Achaz, cioè per 10 gradi -(IV <i>Re</i>, 20, 6-11)?<a class="tag" id="tag585" href="#note585">[585]</a> E se la serie delle generazioni -<span class="pagenum" id="Page_352">[352]</span> -secondo la carne non torna neanche dopo questi rimendi, -possiamo invocarne un'altra che corra più -spedita per gradi di parentela spirituale. Sta bene -che Cristo discenda dai re d'Israele, ma questi alla -lor volta non sono i successori dei Giudici?<a class="tag" id="tag586" href="#note586">[586]</a> Noi -dunque possiamo movere dal primo Giudice, Moisè, -e pei suoi successori Giosuè, Othonel ecc. arrivare -dopo ventuna generazioni ad Asa, a quel buon re -che negli ultimi anni della sua vita vide Israele in -mano di Acab, l'iniquo persecutore di Elia ed Eliseo. -Ormai i calcoli tornano. Perchè da Asa sino a -Cristo si contano ventitre generazioni secondo Matteo; -aggiuntevi le tre che questi trascura, si ha -ventisei; aggiunte ancora le sedici che s'interpongono -tra Cristo e S. Benedetto, si ha il famoso -numero quarantadue. E sommate queste generazioni -colle ventuna che furono tra Mosè ed Asa, -torna il numero sessantatre, e così le generazioni -tra Adamo e Cristo pareggiano in numero quelle -che s'interpongono tra Moisè e S. Benedetto. Non -vogliamo più oltre paragonare le due serie, nè ripetere -gli artificii adoperati dall'autore per dissimularne -le discrepanze, che già ben sappiamo, e -quello che Gioacchino ha voluto dimostrare e la -via tenuta nel dimostrarlo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_353">[353]</span> -</p> - -<h4 id="cap1-2-IV">IV</h4> - -<p> -Che il giorno tremendo sia prossimo, Gioacchino -non pure lo dimostra dalla concordia dei due Testamenti, -ma dallo studio dei segni precursori, -descritti nell'<i>Apocalisse</i>: grandi calamità, guerre -disastrose, scismi ed eresie, e finalmente più terribile -di tutti l'Anticristo. Molti di questi segni -secondo Gioacchino erano già visibili, e se gli -uomini non se ne addavano ancora, si doveva allo -scarso studio che facevano delle antiche rivelazioni -in confronto delle condizioni presenti. A codesto -studio si mette il Profeta con ardore. L'Apocalisse -è giustamente prediletta da quanti affatica -l'ansioso problema dell'avvenire; ed a chi si compiaccia -d'interpetrare allegorie, nessun libro nè nel -nuovo nè nel vecchio Testamento offre materia più -copiosa. Era dunque ben naturale che Gioacchino -ne desse una minuta esposizione, interpetrandolo -e commentandolo dalla prima all'ultima parola, e -dappertutto scoprisse segni di verità arcane, anche -dove il senso letterale è pianissimo, e diventa oscuro -solo quando se ne sospetti altro più nascosto. -</p> - -<p> -Così sin dalla prima pagina alla dimanda: perchè -l'Evangelista mandi il suo scritto alle sole -sette Chiese dell'Asia minore, mentre egli più degli -altri apostoli suole volgersi a tutti i fedeli,<a class="tag" id="tag587" href="#note587">[587]</a> l'espositore -<span class="pagenum" id="Page_354">[354]</span> -risponde: perchè queste sette Chiese non -si debbono prendere nel senso proprio ma nel metaforico. -La concordia tra il vecchio e nuovo Testamento -c'insegna che come dodici furono le tribù -del popolo eletto, così dodici sono le Chiese principali -fondate sugli albori del Cristianesimo. Queste -dodici si dividono in due gruppi, uno di cinque -l'altro di sette; il primo comprende le Chiese di -Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, Costantinopoli -e Roma; l'altro gruppo abbraccia le sette -Chiese dell'Asia minore. Ed a ragione l'Apocalisse -non nomina se non queste ultime, perchè le prime -cinque simboleggiano l'età, che precorsero Cristo, le -ultime invece quella, che da lui comincia.<a class="tag" id="tag588" href="#note588">[588]</a> Potrebbe -fare intoppo che il periodo precristiano si partisca -in cinque e non in sei o sette periodi come si disse -più sopra. Ma a questa difficoltà è subito rimediato. -Le cinque Chiese corrispondono a cinque tribù -d'Israele, Ruben, Gad, Manasse, Effraim e Giuda. -La terza di queste tribù fu suddivisa in due parti, -una restò al di qua del Giordano e l'altra passò -oltre. Così le cinque tribù diventano sei, e ben -rappresentano le sei età del periodo precristiano. -<span class="pagenum" id="Page_355">[355]</span> -Le prime tre, dimoranti all'oriente del Giordano, -rappresentano il sorgere del genere umano, le generazioni -che si succedono da Adamo sino a Mosè, -sino cioè allo stabilimento della legge; le altre -tribù, che restano al di qua del Giordano, rappresentano -le generazioni succedute a Mosè sino a -Cristo, cioè il periodo <i>post legem</i>. Dei figli d'Israele -Ruben perdette ogni diritto di preferenza per aver -contaminato il talamo di suo padre (<i>Gen.</i>, 49, 4), -ed a Giuda invece s'inchineranno i suoi fratelli, e -dalla sua tribù non sarà rimosso lo scettro (Ivi, 8, 9); -così le generazioni posteriori allo stabilimento della -legge, furono più accette a Dio delle precedenti, -che spesso l'obbliarono; e parimenti la Chiesa di -Roma andò innanzi alle altre che la precorsero, e -meglio di loro serbò il tesoro della tradizione. -Queste coincidenze meravigliose ci tolgono ogni -dubbio che le cinque Chiese rappresentano le cinque -o meglio le sei tribù, e per esse le sei età -che precedono Cristo. Le rimanenti sette Chiese -o sette tribù debbono dunque rappresentare le età -che lo seguono, vale a dire il lungo periodo che -da Cristo arriva sino ai giorni di Gioacchino. -Quest'ultimo periodo poi si suddivide in sette, e -non in sei o cinque, per due ragioni evidentissime: -la prima che a tal modo si compie il sacro -numero dodici, la seconda perchè prima di Cristo -erano ben pochi i fedeli ed appartenenti ad una -sola nazione, dopo Cristo son molti e di tutte le -nazioni, e ad una turba così numerosa Giovanni -<span class="pagenum" id="Page_356">[356]</span> -ha da volgere la parola per aprirle il segreto dell'avvenire.<a class="tag" id="tag589" href="#note589">[589]</a> -</p> - -<p> -Dopo questa interpetrazione non farà meraviglia -che in quei pochi luoghi dove Giovanni spiega -da sè medesimo il senso delle sue allegorie, il nostro -autore non gli creda, e l'interpetre stesso e -la spiegazione addotta intenda come una nuova allegoria. -Ormai si monta di nube in nube, e la terra -sempre più sfugge allo sguardo. Così quando in fine -del primo capitolo si legge che le sette stelle son gli -Angeli delle sette Chiese, e i candelieri d'oro le -Chiese stesse (<i>Ap.</i>, I, 20), non dobbiamo intendere -tutto questo alla lettera, a quel modo che non bisogna -intendere alla lettera la spiegazione, che Giuseppe -recò del sogno di Faraone. Perchè Giuseppe -che spiega i sogni e distribuisce le vettovaglie è il -simbolo dell'ordine contemplativo, che svela gli -<span class="pagenum" id="Page_357">[357]</span> -arcani e distribuisce le grazie spirituali. Ed i sette -anni grassi rappresentano le età del Vecchio Testamento, -nelle quali si fece incetta del grano delle -sacre parole, e gli anni magri si riferiscono all'età -nostra povera di nuove rivelazioni, ma studiosa interpetre -delle antiche. Non dimandiamo come si -dicano magri i tempi del Cristianesimo in paragone, -per giunta, non dell'avvenire, ma del passato -giudaico; sarebbe ingiusto richiedere esattezza e -coerenza in tanta mobilità d'interpetrazioni. Notiamo -solo che per le sette stelle ed i sette candelabri -non si debbono intendere, come parrebbe, -le sette partizioni dell'èra cristiana, bensì i sette -doni dello Spirito Santo. Infatti, dice Gioacchino, -le stelle poste alla destra di Gesù, raffigurano qualche -cosa di cui si riconosca l'eccellenza su Gesù -medesimo. E certamente lo Spirito si vantaggia sul -Verbo di quanto la pienezza e gioja dell'amore sovrasta -sulle angustie della scienza; talchè non lo -<i>Spirito</i> ma il <i>Verbo</i> s'incarna ed assume le sembianze -del servo, e del servo porta le fatiche e -le stanchezze; alla libertà dello <i>Spirito</i> invece perfino -l'apparenza del servaggio ripugna. Questo significato -delle sette stelle ha tanto valore che si -estende alle Chiese, contraddicendo alla spiegazione -precedente. Secondo questa nuova interpetrazione -cinque delle dodici Chiese s'hanno a riferire non -più al padre, bensì al figliuolo, del quale rappresentano -le cinque opere principali: la nascita, la -passione, la risurrezione, l'ascensione e l'invio -<span class="pagenum" id="Page_358">[358]</span> -del Paracleto; le altre sette naturalmente anzichè -il figliuolo rappresentano lo Spirito ovvero i suoi -sette doni.<a class="tag" id="tag590" href="#note590">[590]</a> -</p> - -<p> -In un altro luogo le sette stelle non rappresentano -più i sette doni dello Spirito, ma sette -grandi uomini, rappresentanti sette periodi. Adamo, -la cui lunga vita lo accomuna con Saturno; Noè che -per la sua temperanza si assomiglia a Venere; -Abramo padre dei fedeli parallelo a Giove che dai -Gentili fu detto padre degli uomini e degli Dei; -Moisè sapiente come Mercurio; David valoroso più -di Marte; finalmente Giovanni ed Elia raffigurati -nell'umida luna e nell'infocato sole.<a class="tag" id="tag591" href="#note591">[591]</a> Si ritorna così -all'antica interpetrazione delle sette Chiese, colle -quali possono andare benissimo paragonati i sette -uomini, perchè l'angelo di Efeso ha di comune con -<span class="pagenum" id="Page_359">[359]</span> -David la prerogativa del governo, l'angiolo di -Smirne pareggia Giovanni nella sofferenza, e così -di seguito. -</p> - -<p> -Codesti grandi uomini sarebbero i patriarchi di -sette ordini, quello dei coniugati, dei laici continenti, -degli apostoli, dei martiri, dei dottori, delle vergini, -dei conventuali, sebbene una esatta corrispondenza -tra gli uni e gli altri nè Gioacchino l'ha -mai dimostrata, nè forse sarebbe agevole a scoprire.<a class="tag" id="tag592" href="#note592">[592]</a> -Comunque sia, se per le sette stelle o candelabri -o Chiese s'ha da intendere codesti sette -ordini, par che in esse vada effigiata la storia non -del solo periodo cristiano, ma di tutti i tempi; -perchè l'ordine dei conjugati e laici continenti rappresenterebbe -l'èra precristiana; quello degli apostoli, -martiri e dottori la cristiana; e infine le -vergini ed i conventuali accennerebbero alla età -nuova, già cominciata con S. Benedetto. E con -siffatta interpetrazione andrebbe in parte d'accordo -l'altra dei sette occhi dell'Agnello (<i>Apoc.</i>, V, 6), -ciascuno dei quali rappresenterebbe il dono conferito -dallo Spirito a ciascun ordine, la fortezza dei -<span class="pagenum" id="Page_360">[360]</span> -prelati, l'intelletto dei dottori e simiglianti.<a class="tag" id="tag593" href="#note593">[593]</a> Ma -in quest'ultimo passo già comincia a mutare l'interpetrazione, -perchè i sette ordini non sono quelli -di prima, e si parla ora di prelati e di diaconi, -e gli ordini par che tutti appartengano all'èra -cristiana. -</p> - -<p> -In questo senso certo vanno interpetrati i sette -suggelli del famoso libro scritto dentro e di fuori, -perchè codesto libro non è se non il Nuovo Testamento -e le successive rotture dei suggelli vogliono -dire altrettante fasi nello svolgimento dei tempi -cristiani. Così alla rottura del primo suggello l'Evangelista -vede un cavallo bianco, montato da un cavaliere -dall'arco, che ebbe una corona e fu dichiarato -vincitore (<i>Ap.</i>, VI, 1). Questo cavallo bianco è la -Chiesa primitiva, ed il cavaliere è Cristo medesimo. -In altre parole abbiamo la rappresentazione allegorica -del primo periodo della Chiesa, governata -dagli Apostoli, e candida della sua purità. Alla rottura -del secondo suggello esce fuori un cavallo -sauro, montato da un cavaliere, cui fu dato di togliere -la pace della terra. Questo cavallo sauro -sono i sacerdoti pagani, che combattono spietatamente -la nuova Chiesa. Siamo già nel secondo -periodo, quello dei martiri. Un cavallo negro esce -fuori alla rottura del terzo suggello, ed il cavaliere -<span class="pagenum" id="Page_361">[361]</span> -che lo monta ha una bilancia in mano (<i>Apoc.</i>, -VI, 5). Questo cavallo morello secondo Gioacchino -è il clero ariano, ed il cavaliere, Ario stesso, che -tenendosi strettamente alla lettera sotto l'apparenza -di una esatta e ben pesata interpetrazione -uccide lo spirito della nuova dottrina. Ecco il terzo -periodo dei contrasti dommatici, il terzo ordine, -i dottori. Rotto il quarto suggello, sopra un pallido -cavallo si mostra un cavaliere per nome la -Morte. Questo cavallo che ha il colore dell'odio e -del livore, vuol significare l'empia genìa dei musulmani -che disertarono moltissime Chiese dei Greci, -ed occupano anch'oggi grande estensione della -terra. Questa quarta calamità ha la sua rispondenza -nella cattività di Babilonia. All'apertura del quinto -suggello l'Evangelista non vede più cavalli, ma le -anime degli uccisi per la parola di Dio, che di -sotto all'altare gridano con gran voce: Infino a -quando, o Signore, non vendichi il nostro sangue? -Qui è chiaramente annunziata secondo Gioacchino -una quinta persecuzione, e come la prima ebbe -luogo nella Giudea, la seconda in Roma, la terza -in Grecia, la quarta in Arabia, così la quinta è -scoppiata nella Mauritania e nella Spagna, ove un -gran numero dei cristiani superstiti alle precedenti -persecuzioni, vennero uccisi. A queste anime vien -detto, che riposino ancora un poco di tempo finchè -sia compiuto il numero dei fratelli che han da -essere uccisi, perchè dopo questa quinta persecuzione, -che ha luogo oggi, succederà una sesta. -<span class="pagenum" id="Page_362">[362]</span> -Gioacchino dunque crede che l'età sua sia l'estrema -del quinto periodo.<a class="tag" id="tag594" href="#note594">[594]</a> All'apertura del sesto suggello -si udì un gran tremuoto, ed il sole si fe' nero come -un sacco e la luna rossa come sangue, e le stelle -del cielo caddero in terra, ed i re della terra e i -grandi e i capitani e i ricchi e i possenti e ogni -servo e ogni libero si nascosero nelle spelonche e -nelle rocce (<i>Ap.</i>, VI, 12 e segg.). Questo evidentemente -è l'ultimo giorno, che in un senso stretto -s'ha da riferire al giudizio universale, avente luogo -al termine della storia umana; ma nel senso largo -si può intendere per la fine di ciascun periodo,<a class="tag" id="tag595" href="#note595">[595]</a> -ed in quest'ultimo significato l'intende Gioacchino. -Alla quinta persecuzione, che accadde ai giorni suoi, -ei prevede abbia a seguirne una più dura ancora; -nè s'illude che i mali dell'età sua sieno per cessare; -anzi nell'ultima età del secondo periodo, -ovvero nel sesto tempo (sesto suggello), si aggraveranno, -e se i miscredenti e una parte di fedeli -morrà per la propria fede, un'altra, forse la maggiore, -sarà per perderla. E l'ordine monastico medesimo, -<span class="pagenum" id="Page_363">[363]</span> -del quale erano così evidenti i segni di -corruzione, volgerà all'estrema ruina, il che è come -a dire che il sole si oscurerà.<a class="tag" id="tag596" href="#note596">[596]</a> Non occorre dire del -clero secolare, al quale si può applicare l'imagine -della luna fatta color di sangue, perchè in lui non -è più niente di spirituale e celeste.<a class="tag" id="tag597" href="#note597">[597]</a> Finalmente -rotto il settimo suggello, si fece silenzio nel cielo -lo spazio di una mezz'ora (<i>Apoc.</i>, VIII, 1). Il che -vuol dire che alle guerre e calamità succederà il -riposo, al secondo periodo così tormentato principalmente -negli ultimi suoi giorni, terrà dietro l'età -nuova, nella quale regnerà il silenzio della vita -contemplativa.<a class="tag" id="tag598" href="#note598">[598]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_364">[364]</span> -</p> - -<p> -Da ora in avanti non si muta più l'interpetrazione. -I sette angeli, a cui furon date sette trombe, -rappresentano le sette età del mondo, sei nelle quali -si esaurisce il secondo periodo, ed una in cui si -riassume il terzo. È inutile entrare nei particolari, -ed il lettore può colla scorta delle interpetrazioni -precedenti indovinare le altre. La stella, ad esempio, -ardente come un torchio, che al suono della terza -tromba cade nelle acque, convertendo la terza parte -di esse in assenzio, è senza dubbio Ario, per onestà -dei costumi uno dei sacerdoti più specchiati, -il quale caduto nell'eresia trae seco innumerevole -turba di vescovi e di preti. Un'altra stella cade -al suono della quinta tromba, in quella che l'angelo -apre il pozzo dell'abisso, onde sale un fumo -così denso da ottenebrare l'aria, e vengono fuori -locuste, cui fu dato il potere degli scorpioni della -terra. La nuova stella dev'essere un altro eresiarca -non dissimile da Ario, prete e letterato come lui. -Di costui Gioacchino non sa dire il nome, ma accenna -vagamente ai filosofi del suo tempo, che al -pari di Abelardo vogliono tutto comprender colla -ragione.<a class="tag" id="tag599" href="#note599">[599]</a> Le locuste sono i Patarini, che al tempo -di Gioacchino s'erano moltiplicati a segno, che pochi -anni dopo, Innocenzo ebbe a bandire una crociata -contro. Questi eretici sono il vero Anticristo, come -previde chiaramente Giovanni, che in una sua -<span class="pagenum" id="Page_365">[365]</span> -lettera (1 <span class="smcap">Joh.</span>, 2, 22) dice chiaramente: chi nega che -Cristo sia venuto in carne è lo stesso Anticristo. -(Evidentemente qui lo scrittore della lettera parla -del docetismo a lui contemporaneo, che poi venne -accolto nel Catarismo). E se tutti questi eretici meritano -il nome di Anticristo, a maggior ragione -l'avrà il loro re che secondo l'<i>Apocalisse</i> si dirà -Abadon (<i>Ap.</i>, X, 11) ed in greco Apollion, distruggitore (!) -E stante che gli eretici patarini erano cresciuti -d'audacia e di numero al tempo di Gioacchino, -ei non dubita che anche quei, che si metterà -alla loro testa, sia già nato, sebbene non sia ancora -scoccata l'ora della sua rivelazione, perchè si manifesterà -soltanto nell'età seguente, o sesta ed ultima -dell'evo cristiano.<a class="tag" id="tag600" href="#note600">[600]</a> Questa età, come già sappiamo, -è la prossima futura, e Gioacchino la crede già cominciata -<span class="pagenum" id="Page_366">[366]</span> -al suo tempo, sebbene non fosse<a class="tag" id="tag601" href="#note601">[601]</a> chiusa -ancora l'età precedente. In essa seguiteranno gli -eretici con maggior vigore, stantechè ai patarini -si uniranno i saraceni, come tentarono di fare nel -1195 secondo le notizie che Gioacchino raccolse da -un tale tornato da Alessandria in Messina. Questi -novi eretici nati dalla fusione dei precedenti sono -rappresentati dai cavalli dell'<i>Apocalisse</i> a testa di -leone, e dalla cui bocca escono fuoco e fumo e -zolfo, e sul cui dorso montano cavalieri dagli usberghi -di foco (<i>Ap.</i>, IX, 17). Contro essi non varrà più -resistenza alcuna, come pur troppo, aggiunge Gioacchino, -già si cominciò a sapere per esperienza or -non è molto, quando gli eserciti di Federico primo -furono disfatti dagli infedeli.<a class="tag" id="tag602" href="#note602">[602]</a> -</p> - -<p> -A questa età sesta succede, come già sappiamo, -la settima, durante la quale secondo l'espressione -<span class="pagenum" id="Page_367">[367]</span> -dell'<i>Apocalisse</i> (X, 7) si compirà il segreto di Dio, -ovvero si chiuderà la storia dell'uomo, a quel modo -che il settimo giorno chiude la settimana. In questo -nuovo periodo all'intelligenza letterale succederà la -spirituale, il che vien rappresentato nell'iride che -circonda il settimo angelo, e che nel linguaggio simbolico -di Gioacchino vuol dire o lo stesso Spirito -Santo, o l'intelletto ripieno dello spirito. E per -ciò nell'<i>Apocalisse</i> (X, 2) è detto che l'Angelo pone -il suo piè destro sul mare ed il sinistro sulla terra, -perchè in questa è rappresentata la lettera del Vecchio -Testamento, ed in quello la lettera del Nuovo, -che vengono entrambe superate dall'interpetrazione -allegorica, la quale sta all'intelligenza letterale -come il fuoco all'aria e all'acqua.<a class="tag" id="tag603" href="#note603">[603]</a> -</p> - -<p> -Anche nel <i>Commento</i> all'<i>Apocalisse</i> come nella -<i>Concordia</i> Gioacchino pone nel 1260 il termine del -secondo periodo, e il cominciamento del terzo. Questa -data vien suggerita da moltissimi luoghi. Nell'<i>Apocalisse</i> -X, 2 si legge che i gentili calpesteranno -la santa città quarantadue mesi o meglio -<span class="pagenum" id="Page_368">[368]</span> -mille duecento sessanta giorni, calcolato il mese a -trenta giorni in media. E per 1260 giorni è data -facoltà nel paragrafo seguente ai profeti di profetare. -Inoltre la donna intorniata dal sole, di sotto -a' cui piedi era la luna, e sopra la cui testa una -corona di dodici stelle, dopo aver partorito il figliuol -maschio, che ha da reggere le nazioni, fugge -nel deserto perchè sia quivi nudrita mille ducento -sessanta giorni. (<i>Apoc.</i>, XII, 6). Alla bestia dalle -dieci corna e dalle sette teste fu data potestà di -durare quarantadue mesi, che secondo Gioacchino -valgono 1260 giorni (<i>Apoc.</i>, XIII, 5). Queste coincidenze -non sono a caso, si spiegano tutte mirabilmente, -se intende che i quarantadue mesi non -sono se non le quarantadue generazioni del secondo -periodo, che calcolate a trenta anni l'una, importano, -come già sappiamo, il corso di 1260 anni.<a class="tag" id="tag604" href="#note604">[604]</a> -</p> - -<p> -Dopo tutto quello che abbiamo detto e del corso -del tempo, e delle calamità che sovrastano alla -Chiesa, non sono difficili ad interpetrare le altre -allegorie dell'<i>Apocalisse</i>. La donna vestita di sole -in generale rappresenta la Chiesa, ma in particolar -<span class="pagenum" id="Page_369">[369]</span> -modo la vergine madre, che è come la rappresentante -dell'ordine degli eremiti. Le dodici stelle sappiamo -ormai che rappresentano le dodici virtù, cinque -minori e sette maggiori. Il sole è lo spirito -divino che la riscalda, la luna che ha sotto i piedi -è la concupiscenza carnale o la gloria del mondo. -Ma a quel modo che la donna vestita di sole, oltre -al rappresentare l'ordine verginale, simboleggia ancora -la Chiesa in generale, che dura da Cristo fino -ai nostri giorni; così il drago che le s'oppone rappresenta -in un simbolo solo tutti i suoi persecutori, -nei periodi successivi della storia. E così accade che -ha sette teste corrispondenti alle sette età che noi -ben conosciamo, e dieci corna che rappresentano -dieci re. La stessa interpetrazione devesi dare della -bestia, che sale dal mare (<i>Ap.</i>, XII, 1) anch'essa -fornita di sette teste e dieci corna. Essa riassume -in uno i caratteri delle quattro bestie di Daniele -(VII, 3), essendo simigliante ad un pardo, coi piedi -d'orso e la bocca di leone e dal drago riceve il suo -potere. (<i>Apoc.</i>, XIII, 2). Questa bestia dunque personifica -in sè i diversi nemici della Chiesa di Cristo, -<span class="pagenum" id="Page_370">[370]</span> -prima fra tutti la sinagoga degli Ebrei, poi quella -dei pagani, quindi la terza degli ariani, e poi l'ultima -dei saraceni: peccato che il testo di Daniele -non gli permetta di aggiungere per quinta la sinagoga -dei patarini.<a class="tag" id="tag605" href="#note605">[605]</a> -</p> - -<p> -Ma ci sarà posto anche per questa, perchè fortunatamente -nell'<i>Apocalisse</i> oltre alla prima si legge -di una seconda bestia, che sale non dal mare ma -dalla terra, e in luogo di dieci ha due soli corni -simili all'agnello. E fa gran segni, e persuade gli -uomini ad adorare la prima bestia, che un tempo -fu ferita mortalmente in una delle sue teste, ma -ora del tutto è risanata. L'allegoria è trasparente -secondo Gioacchino. Questa seconda bestia sono -appunto i Patarini, che si danno per i veri cristiani -e non sono, e stringono, come già dicemmo, -alleanza coi saraceni, i quali un tempo quando al -grido di Urbano si riunì la prima crociata (qui -sbaglia la data e in luogo del 1079 mette il 1015) -furono sconfitti; ma poi si rifecero delle perdite patite, -e disfarli oggi torna ben difficile, nè sarà possibile -neanche nell'avvenire se non forse colle armi -della parola.<a class="tag" id="tag606" href="#note606">[606]</a> È chiara la simiglianza di questa -nuova bestia col piccolo corno di Daniele (<span class="smcap">Dan.</span>, -<span class="pagenum" id="Page_371">[371]</span> -VII, 8), che ha occhi simiglianti a quelli d'uomo -e bocca che profferisce cose grandi. Le due Apocalissi -di Daniele e Giovanni si chiariscono a vicenda. -Secondo Giovanni, la nuova bestia seduce gli abitanti -della terra, e fatta fare una imagine dell'antica -bestia, le infonde uno spirito che parli, e così -piega tutti gli uomini all'adorazione del mostro, e -quelli che vi si rifiutano li uccide. E tutti debbono -portare sulla mano o sulla fronte il nome della -bestia o il numero del suo nome. Questa imagine -della bestia, che parla per bocca dei falsi profeti, -è senza dubbio quel re undecimo di Daniele, che -(VII, 24) succederà agli altri dieci raffigurati nelle -dieci corna, e proferirà parole contro l'Altissimo, -e penserà di mutare i tempi e la legge. Codesto -re sarà senza dubbio dei Saraceni, ed avrà ai suoi -fianchi qualche gran prelato patarino simile a Simon -Mago, e rappresentante l'Anticristo di cui parla -Paolo. E l'uno e l'altro sono rappresentati nell'<i>Apocalisse</i> -da un numero 666, perchè 600 vuol -dire le sei età del mondo, 60 la parte che appartiene -alla sesta età, 6 il sesto tempo di quest'età.<a class="tag" id="tag607" href="#note607">[607]</a> -</p> - -<p> -Concorde con siffatte interpetrazioni è l'altra -della gran meretrice (<i>Apoc.</i>, XVII), con la quale -<span class="pagenum" id="Page_372">[372]</span> -han trescato li re della terra, e del vino della cui -fornicazione sono stati inebbriati gli abitanti della -terra. Che non s'abbia da intendere in un senso -diverso dalla bestia che viene dal mare, lo dicono e -il sedere sull'acque della meretrice, e l'avere ella -parimenti sette teste e dieci corna. I padri cattolici -sogliono intendere Roma, in quanto rappresenta non -la Chiesa, bensì la moltitudine dei reprobi, la quale -non si raccoglie in un luogo, ma è sparsa per -tutte le latitudini della terra. Ed i re coi quali -ella fornica s'intendono i prelati, cui è commesso -il governo delle anime, e che talvolta per compiacere -agli uomini, trascurano il dover loro. Le sette -teste sono i regni che furono molesti alla Chiesa -nel corso del tempo; Erode, Nerone, Constanzo -ariano, Maometto o Cosroe re dei Persiani sono i -primi quattro capi. Il quinto è chi cominciò a dar -travaglio alla Chiesa nelle lotte delle investiture -(Enrico IV). Il sesto è il re undecimo di cui parla -Daniele. Il settimo capo della bestia è quello dannato -alla morte, spento il quale risplenderà la pace.<a class="tag" id="tag608" href="#note608">[608]</a> -<span class="pagenum" id="Page_373">[373]</span> -Le dieci corna, ovvero i dieci re debbono intendersi -forse di altrettanti sovrani che van compresi -tutti nel sesto re, poniamo ad esempio i successori -di quel famoso Saladino, re dei turchi, dal quale -non ha guari fu presa la città santa.<a class="tag" id="tag609" href="#note609">[609]</a> -</p> - -<h4 id="cap1-2-V">V</h4> - -<p> -Tutte quante le interpetrazioni e della <i>Concordia</i> -e del <i>Commento all'Apocalisse</i> concordano nel disegno -di dividere la storia dell'umanità in sette età. -Le prime sei ora rappresentano le epoche ebraica -e cristiana insieme, ora la sola cristiana; la settima -<span class="pagenum" id="Page_374">[374]</span> -sta da sè e sarà forse la più breve e di poco lontana -dalla fine del mondo. Ma non perchè le due -epoche precedenti alla settima si possano suddividere -ciascuna in tre parti, non per questo s'ha da -dire che non abbiano un carattere unico anch'esse. -Noi già sappiamo come la pensi Gioacchino, il quale -crede che nella prima epoca abbia regnato il Padre, -nella seconda il Figlio, e nella terza sarà per regnare -lo Spirito. La storia dell'umanità dunque facendo -astrazione dalle più minute suddivisioni in -tre grandi periodi si può partire. Il primo in cui si -vive sotto il rigore della legge, il secondo sotto il -favore della grazia, il terzo nella pienezza della -grazia medesima. Nel primo ha luogo la servitù -servile, nel secondo la filiale, nel terzo la libertà. -Nel primo si vive in timore, nel secondo si riposa -nella fede, nel terzo s'arde di carità. Il primo periodo -appartiene ai vecchi, il secondo ai giovani, il -terzo ai fanciulli. Il primo ai servi, il secondo ai -liberi, il terzo agli amici. Nel primo rilucevano le -stelle, nel secondo biancheggia l'aurora, nel terzo è -giorno pieno. Nel primo domina l'inverno, nel secondo -la primavera, nel terzo l'estate. Il primo produsse -le ortiche, il secondo le rose, il terzo i gigli. -Il primo l'erbe, il secondo le spighe, il terzo il -grano.<a class="tag" id="tag610" href="#note610">[610]</a> Questi paragoni spargono alquanta luce -<span class="pagenum" id="Page_375">[375]</span> -sugl'intendimenti dell'autore, secondo il quale i -tre stati in cui si divide la storia dell'umanità dalla -creazione al giudizio finale, hanno un corso continuo; -sicchè l'uno nasce dall'altro come da fiore -frutto. Nè solo continuo, ma progressivo, dal meno -al più perfetto, dal timore all'amore, dalla servitù -alla libertà. -</p> - -<p> -Ed agli stati corrispondono gli ordini, che ora -sono sette, ora cinque, il più delle volte si riducono -a tre, il coniugato, il clericale, il monastico. -L'ordine dei coniugati ebbe principio in Adamo e -cominciò a fruttificare in Abramo, ed ebbe la missione -di crescere e moltiplicare. L'ordine dei sacerdoti -prese principio da Uzzia, che offrì sebbene -non impunemente l'incenso al signore, e fruttificò -con Cristo, che è il vero re e sacerdote. L'ordine -dei monaci ebbe principio da S. Benedetto e avrebbe -cominciato a gettar frutti ai tempi di Gioacchino.<a class="tag" id="tag611" href="#note611">[611]</a> -Di questi tre ordini il primo vien paragonato agli -<span class="pagenum" id="Page_376">[376]</span> -animali terrestri che non guardano al di là della -terra su cui vivono; ai pesci il secondo, perchè la -vita dei santi sacerdoti passa nello studio della scrittura, -come quella dei pesci nell'acqua; finalmente -agli uccelli il terzo perchè i monaci nella mistica -contemplazione si movono liberamente come in aere -più salubre. L'ordine dei conjugati in un altro luogo -porta l'imagine del padre, perchè non è stato istituito -da Dio se non a procrear figliuoli; l'ordine -dei sacerdoti è fatto ad imagine del Figlio, verbo -del Padre, perchè fu posto appunto per parlare ed -insegnare al popolo la via del Signore; l'ordine dei -monaci porta infine l'imagine dello Spirito Santo, -che è l'amor di Dio, perchè non si può avere in -dispregio il mondo e le sue cose se non si è infiammati -dell'amor divino, e portati da quello stesso -spirito che menò Gesù nel deserto.<a class="tag" id="tag612" href="#note612">[612]</a> -</p> - -<p> -Da questi passi ben si raccoglie che cosa voglia -intendere Gioacchino. Ei concentra tutta la storia -dell'umanità in quella dell'ordine sacerdotale. E nel -primo periodo trova leviti che di poco si distinguono -dagli altri uomini, e attendono come loro a -<span class="pagenum" id="Page_377">[377]</span> -procrear figli, e della propria famiglia e dei beni -terreni sono solleciti. Nel secondo periodo fu vietato -menar moglie a quelli che si consacrano al -divino ministero, sebbene talvolta per eccezione si -conceda. Ma i sacerdoti vivendo tuttora in contatto -colla società prendono parte alle passioni e cupidigie -mondane. E più si mescolano coi laici e più si -corrompono allontanandosi dall'esempio di Cristo. -Chi voglia serbarsi puro bisogna che rompa questo -contatto e si raccolga come S. Benedetto nel -silenzio del cenobio. Così è già cominciato il terzo -periodo, in cui i ministri del Signore vengono sottoposti -ad una più severa disciplina, nè altra cura -hanno all'infuori del cielo, e spente le passioni -del secolo, spendono la loro vita nella preghiera -e nella contemplazione. -</p> - -<p> -Il primo concetto di Gioacchino è questo senza -dubbio, una storia del sacerdozio che cominciato dai -leviti, proseguito nel clero secolare, si compia nell'ordine -benedettino, riformato secondo una regola -più rigorosa. Se non che codesta angusta filosofia -della storia, fatta in servigio di un ordine monastico, -gli s'allarga tra le mani. E come nel primo -periodo l'ordine dei coniugati non rappresenta solo -i leviti, ma tutti quelli che vivevano sotto la legge -della circoncisione, così l'ordine dei sacerdoti deve -abbracciare tutti quelli che vivono sotto la legge -del Cristo, e l'ordine dei monaci tutti coloro, cui -scalda lo stesso amore delle cose celesti e l'odio delle -mondane. La storia dell'ordine sacerdotale diventa -<span class="pagenum" id="Page_378">[378]</span> -per tal guisa la storia dell'umanità, e le opposizioni -tra preti e frati acquistano una importanza fuor di -misura, e diventano il segno di quella lotta che -sarà sempre combattuta fra il passato e l'avvenire. -</p> - -<p> -Per ciò che riguarda i due primi periodi dell'umanità -il contrasto secondo Gioacchino è evidente, -come è evidente la profonda differenza dei -due Testamenti. Differiscono, già dicemmo, le nascite, -le vite, le guerre, le vittorie; perchè gli Ebrei -nacquero dalla carne, i Cristiani dall'acqua (battesimo) -e dallo spirito. Quelli poteano far divorzio dalle -loro mogli, questi la debbono tenere presso di sè -secondo l'esempio di Cristo, che è sempre lo sposo -della sua Chiesa; quelli combatterono per i possessi -terreni, questi non tanto per la terra, quanto per -la libertà della Chiesa. Ma se tanta è la differenza -tra il primo ed il secondo periodo, non deve correrne -altrettanta tra il secondo ed il terzo? Nel -secondo periodo fu abolita la legge che dominava -il vecchio mondo, fu proscritta la circoncisione, -furono abolite le vittime di animali, ed al rigore e -severità della legge mosaica sottentrò la mitezza -del cristianesimo. Pari innovazione dovrà succedere -rispetto al cristianesimo, ed a quel modo che il -fuoco di Elia consumò la catasta del sagrifizio e -ne lambì l'acqua, così sarà mutato l'evangelo, perchè -quando sorge ciò che è perfetto, è necessario -che l'imperfetto tramonti.<a class="tag" id="tag613" href="#note613">[613]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_379">[379]</span> -</p> - -<p> -Ma che mai sarà codesto stato nuovo? Quali -leggi cadranno, e quali piglieranno il posto delle -prime? Come sarà composta la società? ammettiamo -per ipotesi che il clero secolare scomparisca, e le -funzioni attribuite ai vescovi e parroci sieno indi -innanzi esercitate dagli abati e dai conventuali, -cesserà forse puranche la divisione tra laici e sacerdoti, -e la società diverrà forse un vasto cenobio? -E se diventa un cenobio come farà a perpetuarsi? -La generazione più saggia, più casta, e più devota -sarà forse l'ultima per l'umanità, e dopo questo -idillio di pace sarà troncata la storia dell'uomo, -ed avrà luogo il giudizio finale e la resurrezione -della carne? Il genio profetico intorno a questa dimanda -si sarebbe travagliato, ed una pittura fresca -e viva di questa nuova società ci avrebbe data -a preferenza. Ma il nostro autore non s'estende -<span class="pagenum" id="Page_380">[380]</span> -tant'oltre, e la rappresentazione del terzo periodo -dobbiamo comporla noi stessi raccogliendo qua e -là sparsi accenni; ma ben ci guarderemo dal dare -ai pensieri dell'autore maggiore determinatezza o -rilievo che non abbiano. -</p> - -<p> -Il primo carattere di questa nuova epoca è -questo, che non ci saranno più misteri, i veli che -coprivano l'esatta intelligenza dell'antica e nuova -lettera saranno squarciati, e sarà dato cogliere la -verità attraverso le molteplici allegorie.<a class="tag" id="tag614" href="#note614">[614]</a> Come cessò -l'osservanza dell'agnello pasquale allora che fu cominciata -quella del corpo di Cristo, così, nello -schiarimento dello Spirito Santo cesserà l'ammirazione -della figura.<a class="tag" id="tag615" href="#note615">[615]</a> Ma se gli uomini vedranno -la verità faccia a faccia, non s'ha da credere pertanto -che Gioacchino descriva l'età futura come il -secolo del razionalismo, nel quale la scienza riporterà -grandi vittorie sulla fede. Egli ha scarsa fiducia -nella scienza. Ingegno mistico e vaporoso, abborre -la precisione e l'aridità del ragionamento. La verità -secondo lui resta nascosta ai prudenti e sapienti, -<span class="pagenum" id="Page_381">[381]</span> -e si svela soltanto ai fanciulli, per confondere la -vanità della superstizione filosofica. L'argomentazione -dialettica non vale quindi se non a chiudere -ciò che prima era aperto, o rendere oscuro quello -che prima era chiaro. E da essa nascono questioni -e contrasti di parole, ed invidie e contese e bestemmie -e corruzioni. La fede, come ha dimostrato -l'abate di Chiaravalle, è al di sopra dei cavilli della -ragione. La scienza non edifica, ma distrugge talvolta, -come attestano quegli scribi, che gonfiati di -vanità ed arroganza a forza di ragionamenti caddero -nell'eresia.<a class="tag" id="tag616" href="#note616">[616]</a> -</p> - -<p> -La conoscenza della verità per lui, come per -tutti i mistici dei vecchi e nuovi tempi, è la visione -intuitiva, alla quale si arriva non per via dell'intelletto, -ma del sentimento, non col raziocinio, ma -colla preghiera. Epperò il fondatore dell'ordine cenobitico -impose l'obbligo di frequenti cori. Tra i -suoni che salgono e si ripercotono per le volte del -tempio, e i profumi degl'incensi, e le misteriose -penombre, l'anima sente e vede ciò di che non può -render conto nè a sè stessa nè agli altri. E codesta -mistica visione, che ora è privilegio di pochi, -<span class="pagenum" id="Page_382">[382]</span> -forse allora sarà comune a tutti, perchè alle distrazioni -della vita attiva succederà il silenzio ed il -raccoglimento della contemplativa, a Lia sottentrerà -Rachele. In questi pensieri ben si scopre il mistico -cenobita non dissimile, come bene avverte il Rousselot, -dai Vittorini.<a class="tag" id="tag617" href="#note617">[617]</a> -</p> - -<p> -Ma i mistici del secolo decimosecondo non sono -meno arditi dei loro avversarii razionalisti, ed in -nome del sentimento reclamano la stessa libertà -d'interpetrazione, che gli altri chiedevano in nome -della ragione. E già sappiamo come Gioacchino -spinga troppo oltre i diritti dell'interpetre, e nessuna -violenza risparmii alla lettera della Bibbia -per salvarne lo spirito. Rimosso l'ostacolo dell'intelligenza -letterale, l'interpetrazione allegorica non -ha più freno che la moderi. In quest'assoluta indipendenza -della mente divinatrice sta la <i>libertà</i> che -Gioacchino attribuisce ai nuovi tempi. Cristo sottrasse -il mondo ai rigori dell'antica lettera, lo -spirito ci deve liberare dai rigori della nuova. -Questo cammino dalla servitù alla libertà si riscontra -anche nei tre ordini. Il primo passò sotto il giogo -dei precetti legali; il secondo fu sottoposto ai -travagli della passione; il terzo è destinato alla -libertà della contemplazione secondo il testo: <i>Ubi -spiritus, ibi libertas</i>.<a class="tag" id="tag618" href="#note618">[618]</a> Questo è un altro carattere -dei tempi nuovi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_383">[383]</span> -</p> - -<p> -Non è a dire che nel periodo cristiano sia mancata -la libertà; c'è stata di certo, ma una libertà relativa, -chè alle catene dell'antica legge vennero sostituiti -più miti legami. Solo nei nuovi tempi sarà data -un'assoluta libertà, e il vincolo che stringerà gli -uomini e Dio non sarà il timore nè in larga nè in -istretta misura, ma l'amore. L'amore governerà gli -uomini, ecco un altro segno del terzo periodo. Gioacchino -non nasconde nessuna delle calamità del tempo -suo, e gli odii che dividevano gli uomini, e le sanguinose -guerre, che laceravano in allora la Chiesa, ben -prevede che non saranno per cessare; anzi pria che -il secondo periodo volga al suo termine raddoppieranno -d'intensità. Ma per quanto più gravi sono i -mali, altrettanto più vivo è il desiderio della loro -fine, ed il vivo desiderio il più delle volte fa tramutare -la speranza in certezza. Anche ai nostri giorni -in cui un grande statista non dubitò di ripetere: <i>la -force prime le droit</i>, e le guerre se non più lunghe -sono certo più sanguinose e rovinose di prima, ai -nostri giorni appunto si fa un gran parlare della -lega della pace e degli arbitrati internazionali. Qual -meraviglia che in pieno secolo decimosecondo, Gioacchino -non vegga nelle calamità e nei tumulti del -tempo suo se non un avviamento ad un migliore -assetto della società? Egli forse credeva che nelle -terribili lotte, che travagliavano l'ultima parte del -<span class="pagenum" id="Page_384">[384]</span> -secondo periodo, i violenti si sarebbero distrutti gli -uni cogli altri. E dal nuovo diluvio non sarebbero -scampati se non gli animi miti e generosi, che più -di sè amano gli altri, ed in ognuno che soffra e -preghi veggono un fratello, e con esso si confondono -nell'amore di chi a tutti è padre.<a class="tag" id="tag619" href="#note619">[619]</a> È un sogno -forse che verrà giorno in cui le passioni violente -faranno luogo agli affetti più miti, ma un sogno -che riposa e ristora, e soventi l'umanità l'ha sognato, -ed è probabile che seguiti a sognarlo ancora -altre volte. -</p> - -<p> -Questa nova età di pace e di amore Gioacchino -la presente vicina, perchè fra non molto l'uomo -sarà del tutto purificato, e svellerà dal suo cuore -gli affetti egoistici; nè vi sarà più lotta pel mio e -pel tuo, e dei beni mondani tutti faranno quel conto -che meritano, nè sarà pregiata la ricchezza, come -nei periodi precedenti, ma invece la povertà.<a class="tag" id="tag620" href="#note620">[620]</a> Non -era certo una cosa nova questa della povertà. Il -Vangelo, come è noto, fulmina contro i ricchi quelle -terribili parole: <i>È più facile che un cammello entri -<span class="pagenum" id="Page_385">[385]</span> -nella cruna d'un ago, che un ricco nel regno dei cieli</i>. -Ma altro è parlar di morte, altro il morire; e durante -tutto il periodo cristiano non solo i laici, ma -i preti, e non pure i preti ma i frati si sono mostrati -non meno avidi dei loro predecessori. E di -tutte le guerre medievali, a cominciare dalle grandiose -tra Chiesa e Impero alle minutissime tra una -casa di frati e un'altra, non piccola parte delle -loro ragioni la ripeteano dal tornaconto offeso. E -pure quanto più crescea l'avidità delle ricchezze, -altrettanto pel solito contrasto si facea più calda -ed insistente la predicazione della povertà. Nella -riforma, che Gioacchino fa dell'ordine suo, non entra -l'obbligo della povertà; ma secondo lui quello che -non poteva farsi al tempo suo, facente parte ancora -del secondo periodo, sarebbe accaduto di certo -nell'avvenire.<a class="tag" id="tag621" href="#note621">[621]</a> Quest'obbligo della povertà sarà imposto -ai soli conventuali o agli uomini tutti? Nè -Gioacchino, nè i seguaci suoi par che abbiano inteso -parlare se non dei monaci soli; ma certo non -è escluso che la società tutta diventi un vasto cenobio. -Anzi sarebbe necessario che divenisse, perchè -il terzo periodo è tenuto per un'età di perfezione, -e la perfezione non può ottenersi se non in -una vita cenobitica, in cui fossero abolite le classi, -<span class="pagenum" id="Page_386">[386]</span> -gli onori e le supremazie sociali. Tutti sarebbero -pari allora non nelle ricchezze, che nessuno pensa -ad accumulare, bensì nella povertà, e cesserebbero -per tal guisa le invidie e le gelosie. Curioso modo -di risolvere il problema del pauperismo, se mai fosse -surto al tempo di Gioacchino! -</p> - -<p> -Per compiere il ritratto del tempo futuro ci -resta un sol tratto, la castità. Certo a quel modo -che nel lontano avvenire saranno spente le cupidigie -e le ambizioni, così anche gli appetiti sensuali, -ed un'altra fra le molte ragioni delle discordie -tra gli uomini sarà eliminata. Non v'ha dubbio che -dovrà succedere codesto nel terzo periodo. Gli -uomini, da carnali che erano nei periodi anteriori -non saranno divenuti spirituali? E la castità non -è uno dei doni più spiccati dello Spirito santo? -Chi è tutto penetrato dell'amore del cielo può far -posto ad amori terreni?<a class="tag" id="tag622" href="#note622">[622]</a> Anche qui si nota un progresso -notevole dall'Ebraismo a' nostri giorni. Secondo -il Vecchio Testamento aveano tutti diritto -di tor moglie non solo, ma più mogli financo. Nel -Cristianesimo si proibisce la poligamia, il matrimonio -si permette ai laici, ma si vieta ai preti, -facendo talvolta qualche eccezione; ai monaci poi è -negato risolutamente. La riforma infine ed il miglioramento -<span class="pagenum" id="Page_387">[387]</span> -dei secoli avvenire starà nel rinforzare -la disciplina, rendere più rigorosa la castità. Ma -anche qui si può chiedere se questo divieto assoluto -del matrimonio riguardi i preti e i frati soltanto, -o tutti gli uomini. E la risposta sarebbe più -imbarazzante ancora; perchè se nel terzo periodo -gli uomini fossero divenuti così spirituali da non -pensare a perpetuarsi, la generazione posteriore a -Gioacchino sarebbe stata l'ultima della specie. Ma -guardiamoci dal dare ai concetti di Gioacchino -maggiore determinatezza di quel che comportino. -L'avvenire si mostra a lui sotto un colore fortemente -ascetico, nè altra immagine gli soccorre a -raffigurarlo fuori del cenobio. Ma più di questo non -gli chiedete, che per quanto lo dicano profeta, il futuro -non è meno per lui che per gli altri uomini -ricoperto di nebbia densissima. -</p> - -<h4 id="cap1-2-VI">VI</h4> - -<p> -Qual'è l'origine della dottrina che più tardi fu -detta gioachimita o gioachita? Il Renan fu il primo -a sostenere che se ne debbono cercare le origini -nella Chiesa greca. L'abate Gioacchino, ei dice, -per tutta la sua carriera fu nei rapporti più intimi -colla Grecia. La Calabria, dove egli visse, e dove -la sua scuola si continuò per una tradizione appena -interrotta, era un paese per metà greco. I suoi -principali discepoli, i redattori della sua leggenda, -i personaggi profetici, coi quali lo si mette in rapporto, -<span class="pagenum" id="Page_388">[388]</span> -sono greci. Egli stesso viaggia in Grecia più -volte per adoperarsi in favore della riunione delle -due Chiese, e codesta riconciliazione è il pensiero dominante -di tutti coloro che seguono la sua dottrina. -Giovanni da Parma passa molti anni presso i -Greci, e al termine della sua vita voleva andare a -morire tra loro. Tutta la scuola dell'Evangelo eterno -da Gioacchino a Telesforo di Cosenza alla fine del -secolo <span class="smcap lowercase">XIV</span> non ha se non una sola voce per proclamare -la Chiesa orientale superiore alla latina, e -meglio preparata alla futura innovazione. Coll'ajuto -dei Greci trionferà la riforma della Chiesa carnale -dei latini, e questa riforma non sarà altro se non -un ritorno alla Chiesa dei Greci.<a class="tag" id="tag623" href="#note623">[623]</a> Cotesto è in parte -vero, nè si può dubitare che la Calabria fino al tempo -di Gioacchino fosse un paese quasi greco. Dacchè -Narsete la rivendicò all'Impero fino ai Normanni -questa estrema provincia d'Italia rimase sotto l'amministrazione -di ministri greci. L'invasione longobarda -fu qui arrestata nel suo corso vittorioso, -nè i Carolingi vi miser piede, e gli stessi Saraceni, -che tra il nono e il decimo secolo fondaronvi -qualche colonia, non bastarono a ridurre in loro -potere tutta la contrada. E in meno di un anno -nell'ottocento ottantacinque per opera del valoroso -Niceforo tutte le Calabrie tornarono sotto il governo -imperiale. Nello stesso tempo l'imperatore Basilio -il Macedone, affrancati tremila schiavi, li mandò a -<span class="pagenum" id="Page_389">[389]</span> -ripopolare alcune terre di Puglia e Calabria desolate -nella guerra dei Musulmani,<a class="tag" id="tag624" href="#note624">[624]</a> e così greco -sangue si mescolò al calabrese, e la lingua greca, -già da gran tempo lingua ufficiale del paese, fu anche -popolare, ed in greco si scrissero non pure gli -atti pubblici, ma benanco le magre cronache, principalmente -le agiografie. Nè questo è tutto; fin dal -tempo di Leone l'Isaurico, quando scoppiò il movimento -iconoclasta, furono sottratti al Papa e -messi sotto la giurisdizione del Patriarca di Costantinopoli -i vescovati della Sicilia, della Calabria -e della Puglia. E per rendere più docili a questo -mutamento i vescovi, s'innalzarono ad arcivescovati -le sedi di Reggio, S. Severina, ed Otranto. -E l'arcivescovo di Reggio, da cui dipendevano tredici -suffraganei, fu detto primate della Calabria, come -nella novella di Leone il Filosofo dell'anno 887. Più -tardi, quando la Chiesa greca ruppe apertamente -contro la latina, il patriarca di Costantinopoli Luitprando -con editto del 968 impose alle chiese di -Puglia e Calabria in luogo del rito latino il greco. -Alcune chiese resistettero, ma non poche obbedirono, -e molte conservarono il rito greco, anche -quando dopo la conquista normanna ritornarono -sotto la giurisdizione di Roma.<a class="tag" id="tag625" href="#note625">[625]</a> Così le diocesi di -Bova ed Oppido, l'arcivescovato di S. Severina<a class="tag" id="tag626" href="#note626">[626]</a> e -<span class="pagenum" id="Page_390">[390]</span> -più di tutte la chiesa di Rossano, ove nel 1092 fu -ben scelto un vescovo latino, ma gli abitanti non -vollero accomodarsi al cangiamento del rito, e tanto -s'adoperarono presso Ruggiero, che l'accorto duca -acconsentì alle loro dimande, ed il rito greco visse -indisturbato fino al 1460, in cui il vescovo Matteo -dei minori osservanti lo mutò nel latino.<a class="tag" id="tag627" href="#note627">[627]</a> -</p> - -<p> -A conservare il rito e la tradizione greca concorsero -i basiliani, venuti in Calabria al tempo delle -persecuzioni iconoclastiche. Cotesti frati si possono -dire i precursori di Gioacchino, e parecchi di loro -vennero parimenti in riputazione di santi e di -profeti. Nè sarà inutile raccontare brevemente la -vita di qualcuno tra loro per conoscere più da -presso l'ambiente nel quale visse l'abate calabrese. -</p> - -<p> -La regola di S. Basilio, più rigida della benedettina, -prescriveva una vita austera, nè poneva -inciampo che qualche frate seguisse le tracce degli -antichi anacoreti. Per tal guisa i basiliani acquistarono -ben presto gran credito presso il popolo, e -la loro autorità crebbe grandemente nei tempi così -trepidi e burrascosi delle incursioni seracinesche, -talchè di parecchi fra loro, che colla loro parola -ispirata incuoravano i fedeli nella guerra santa, è -rimasta viva la tradizione in Calabria. Tuttora si -<span class="pagenum" id="Page_391">[391]</span> -venera nel Monteleonese S. Leoluca o Leone Luca -da Corleone in Sicilia, un monaco basiliano che -all'appressarsi dei Saraceni fuggì in Calabria nel -monastero di Mula presso Cassano, ne diventò più -tardi abate, e fondate case filiali a Vena e Monteleone -morì intorno al 900.<a class="tag" id="tag628" href="#note628">[628]</a> -</p> - -<p> -Più famoso ancora è un altro basiliano, siciliano -pur lui, da Enna o Castrogiovanni, e chiamato -Elia il giovane. Fornito del carisma profetico, previde -a dodici anni che i Saraceni sarebbero entrati -nel castello di S. Maria, ove la sua famiglia s'era -rifugiata, e perfino i nomi di quelli che sarebber -caduti nella mischia seppe dire; ma pur troppo -non previde che egli stesso sarebbe stato preso -dagl'infedeli, e per ben due volte di seguito. La -prima par che fosse stato ricompro e liberato da -un cristiano; ma la seconda fu menato in Egitto, -dove a quel che narra il biografo ebbe a patire la -sorte del casto Giuseppe. Certo è che ben presto -chiarita la sua innocenza, fu lasciato partire per la -Palestina, ove prese l'abito monacale dalle mani -del patriarca Elia, di cui tolse puranche il nome. Dopo -tre anni di soggiorno nei luoghi santi, fallitogli il -disegno di recarsi in Persia, si fermò per poco in -Antiochia. E di là saputo che un'armata bizantina -comandata da Basilio Nasar moveva a combattere -i Saraceni, fece ritorno in patria, ove riprese -le sue profezie e predisse ai Reggini la sconfitta -<span class="pagenum" id="Page_392">[392]</span> -che avrebbero patito i Musulmani, già rotti una -volta presso le coste dell'Ellade. Restaurate le sorti -delle armi nemiche fuggì di nuovo in Oriente col -compagno Daniele, che in Taormina gli s'era messo -ai fianchi. Riparò prima nel Peloponneso, e di là -in Corfù, dove gli era più agevole tornare alla sua -diletta Calabria. E vi tornò, ed in un luogo presso -Capo dell'Armi, detto Saline, fondò un convento basiliano; -ma ben presto dovè riprendere la via dell'esilio -per campare dal furore dei Musulmani, che -disfatto nell'888 il navilio imperiale a Milazzo, minacciavano -Reggio. Eccolo di nuovo a Patrasso nel -Peloponneso, donde posate le armi approdò di nuovo -in Calabria, ed in luogo più sicuro, sul vertice del -monte S. Elia, tra Palmi e Seminara, fondò un altro -monastero basiliano. Di là, chiamato dall'imperatore -Leone partì ancora una volta per l'Oriente, -ma arrivato a Tessalonica le forze gli vennero meno, -e morì nelle braccia del suo fido discepolo.<a class="tag" id="tag629" href="#note629">[629]</a> -</p> - -<p> -Questo eroico cenobita, che non trova mai posa, -è come rappresentante di una forte generazione di Calabresi -e Siciliani, che fan da mediatori tra l'Oriente -e l'Occidente, e s'adoperano a comporre i dissidii -dei due centri cristiani per rivolgere concordi le -forze contro gl'invasori musulmani. Ed a questo -fine lavora un altro Elia, da Reggio, detto Speleota -dall'amore che porta alla vita solitaria, anche lui -fuggente nel Peloponneso dall'ira dei Saraceni, -<span class="pagenum" id="Page_393">[393]</span> -anche lui dotato dello spirito profetico, tal che -predice la morte del patrizio Bizalone ribellatosi -all'Imperatore intorno al 920. Succeduto ad Elia -juniore nella direzione del convento presso Palmi, -vi morì intorno al 960.<a class="tag" id="tag630" href="#note630">[630]</a> -</p> - -<p> -Discepolo di Elia Speleota è un Luca da Demona -in Sicilia, che lasciato il convento basiliano -di S. Filippo d'Argira, ove era entrato giovanetto, -recossi in Calabria dal santo eremita, il quale divinate -le buone disposizioni del novizio, lo mise a -parte della sua scienza. Venuto anche in possesso -dei doni profetici, previde nuove incursioni dei Saraceni, -dalle quali riparò in un luogo, posto a confine -tra la Calabria e la Lucania, detto Noja. E dopo -essere stato ivi per ben sette anni, venne ad un -vecchio e diruto convento di S. Giuliano presso -il fiume Agri. Di là all'appressarsi di Ottone I, -che muoveva contro l'imperatore Niceforo nell'anno -968, fuggì coi suoi sulle montagne delle Armi -in Lucania, ed ivi fondò un nuovo monastero detto -Armento. Su questo ermo sito ei si teneva sicuro, -e non a torto, chè neanco riuscirono ad espugnarlo -i Saraceni, contro i quali uscito animosamente con -i più validi dei suoi monaci li mise in fuga. Morì -sul cadere del secolo decimo nel 993.<a class="tag" id="tag631" href="#note631">[631]</a> -</p> - -<p> -Taccio di altri due santi basiliani, a cui la -tradizione non attribuisce la virtù profetica, S. Vitale -da Castronovo morto nel 994 e S. Filareto -<span class="pagenum" id="Page_394">[394]</span> -morto verso il 1070. Ma ben dirò di S. Nilo, forse -il maggiore di cotesti profeti, nato verso il 903 in -Rossano, città, dice il cronista, a tutti nota, perchè -la sola che finora sia sfuggita all'ira dei Saraceni. -L'amore della vita ascetica ben tardi si accese nel -suo petto, ma così fervido che fattosi frate nel convento -di S. Nazario, non che convivere cogli altri -si ritrasse in luogo alpestre e solitario, dove in -compenso delle aspre mortificazioni gli parea di -vedere l'invisibile, e gli si facea presente l'avvenire. -Testimone di una incursione saracinesca del -951, indarno preveduta dall'amico suo Fantino, ed -appena scampato da un'altra posteriore per essersi -riparato in Rossano, ei predicea che ne sarebbero -accadute altre più terribili, e distoglie lo stratego -Basilio dal costruire un oratorio, che ben presto -sarebbe disfatto dalle orde nemiche. Nè mal s'appose, -chè i Saraceni vennero di nuovo, e benchè -S. Nilo avesse ricevuta dall'emiro Abu-l-Kasem -una lettera piena di rispetto, pure non si tenne -sicuro, e lasciata per sempre la Calabria, riparò nel -principato di Capua, ove ebbe lieta accoglienza dai -frati di Montecassino dapprima, e poscia da quelli -di Valle Lucia. -</p> - -<p> -Non racconteremo più oltre la sua vita, nè diremo -dei conventi basiliani, che ei fondò a Gaeta -e Grottaferrata. Ma toccheremo soltanto di quello -che a noi più preme, dei discorsi che tenne in Montecassino, -e le profezie che in quegli anni gli si -attribuiscono. In quanto alle dispute ben s'intende -<span class="pagenum" id="Page_395">[395]</span> -che doveano essere ben frequenti tra gli ospiti benedettini, -seguaci del rito latino, ed il frate basiliano -che non ismetteva l'abito e l'uso greco; ma -egli avea la risposta pronta ad ogni obbiezione. A -chi forse menomava il valore della vita solitaria, -che molti basiliani amavano di menare, ei rispondeva -che l'eremita non era più uomo, ma uno di questi -due, o angelo o demone. A tale, che rimproverava -i Greci di non digiunare il sabato a simiglianza -degli antichi Ebrei, ei diceva che il digiunare di -sabato era comune puranco ai Catari. Tutte le -difficoltà che gli si faceano sui punti più scabrosi -della Bibbia risolveva, come più tardi Gioacchino, -con una interpetrazione allegorica, che salvava lo -spirito sacrificando la lettera. -</p> - -<p> -Più notevoli sono le sue profezie, o le minacce che -coll'accento risoluto del profeta non temeva di volgere -contro i grandi, principi o pontefici che fossero. -Alla principessa di Capua, accusata di avere -instigato il proprio figliuolo all'uccisione di un cugino, -che poteva contrastargli il trono, disse ben alto: -non bastare le orazioni e le elemosine ingiuntele -dal vescovo a lavarla dal suo peccato; bensì dovere -in espiazione della sua colpa consegnare l'uccisore -alla famiglia dell'ucciso, e le predisse che nessun -rampollo della sua casa reggerebbe più le sorti di -Capua. All'abate di Montecassino, seduto a tavola -tra suonatori di cetra, predisse che non passerebbe -molto tempo che il principe capuano, venuto a lotta -con lui, gli farebbe cavare gli occhi. Le profezie non -<span class="pagenum" id="Page_396">[396]</span> -saranno state così determinate, come <i>ex eventu</i> le -sa dire il biografo; ma io non dubito dell'ardimento -del santo, che in altra occasione seppe tenere -non meno aspro linguaggio collo stesso Papa -e coll'Imperatore. Trattavasi di un conterraneo, di -Filogato da Rossano, che venuto in grazia dell'imperatrice -di Costantinopoli, diventò prima vescovo -e poi papa in opposizione di Gregorio V. Pare che -S. Nilo avesse dissuaso l'amico suo dal provocare -uno scisma, che sarebbe tornato e alla Chiesa ed -a lui stesso di grandissimo danno; ma quando seppe -l'antipapa caduto, e cacciato in fondo di una prigione -dopo essergli stato barbaramente mozzo il -naso e la lingua, e cavati gli occhi, non stette alle -mosse e partì per Roma. Dal Papa e dall'Imperatore -impetrò il perdono del vinto, che oramai non -poteva recare più nessun danno, e pare che l'uno -e l'altro glielo promettessero. Ma qual ne sia stato -il motivo, vennero meno alle promesse, e l'infelice -antipapa così malconcio e vestito dei paludamenti -pontificali fecero trascinare alla coda di un asino -per le vie di Roma. Tonò contro l'osceno spettacolo -il nostro santo, e predisse al Papa ed all'Imperatore -che Dio non avrebbe perdonato loro, come -essi non perdonarono al vinto nemico. Questo ardito -linguaggio non è insolito in tempi burrascosi, -e la fama del santo era così diffusa, che non sarebbe -stato prudente recargli offesa. Certo che ei -seguitò a fondare nuovi sodalizii, e grave d'anni -morì verso il 998, mentre si costruiva il convento -<span class="pagenum" id="Page_397">[397]</span> -di Grottaferrata, che in seguito sarà il centro dell'ordine -basiliano.<a class="tag" id="tag632" href="#note632">[632]</a> -</p> - -<p> -La vita di S. Nilo mostra quanta importanza -abbiano avuta i monasteri greci della Calabria nel -secolo decimo. E seguitarono ad averla nei secoli -posteriori sotto i Normanni, i quali non pure restaurarono -i conventi rovinati dai Saraceni, ma -altri non pochi ne crearono di nuovi. Ed i privati -emulavano in ardore i governanti, talchè secondo -il Barrio a mille ammontarono i conventi basiliani -del continente, ed a cinquecento quelli di Sicilia. -Celebre fra tutti fu il monastero di S. Salvatore -presso Messina, fondato dal conte Ruggero ed ampliato -dal figliolo. A capo di questo insigne convento -fu messo S. Bartolommeo da Simmeri presso -Catanzaro, già abate del monastero di Patire presso -Rossano. La vita di S. Bartolommeo non differisce -gran fatto dalle altre di santi basiliani. Dotato -anche lui di spirito profetico, fondò un nuovo convento, -forse quello di Patire, ed avutane l'approvazione -da Pasquale II (1099-1118), ne divenne abate. -Più tardi si recò dall'imperatore Basilio per promovere -la desiderata concordia tra greci e latini, -e rifiutata un'abbazia nella capitale bizantina tornò -in Calabria, e da Ruggero, come dicemmo, fu fatto -archimandrita, perchè il convento di S. Salvatore, -al quale fu preposto, esercitava giurisdizione su 44 -conventi. Morì nel 1130.<a class="tag" id="tag633" href="#note633">[633]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_398">[398]</span> -</p> - -<p> -Codesti santi basiliani sono i veri precursori di -Gioacchino. Tutti menano al pari di lui vita di -stenti e di fatiche, e tormentano spietatamente il -loro corpo per dare più libero volo al loro spirito. -Tutti amano al pari di lui la solitudine, e si ritraggono -negli alpestri silenzii di un eremo, ove -a poco a poco per opera loro sorgerà un nuovo -cenobio, di regola ognor più stretta e severa. Ma -e nell'eremo e nel cenobio tutti questi santi spendono -la loro vita tra lo studio dei libri sacri e le -frequenti salmodie, e la mente educata in questi -severi esercizii levano alle mistiche contemplazioni, -ove par che si squarci il velame del futuro. Dal -più al meno codesti padri basiliani sono dotati del -<i>carisma</i> profetico, e nei giorni angosciosi delle incursioni -saracene, ai popoli minacciati negli averi, -nella libertà e nella fede, fan sentire la loro voce -ispirata, che or promette la vittoria per incoraggiare -la resistenza, or predice nuove sventure per -indurre il pentimento dei proprî falli. -</p> - -<p> -Su questa via aperta dai basiliani fece gran -cammino l'abate calabrese. E se ai suoi tempi non -si temevan più le incursioni saracene, gli animi -non erano meno agitati da paure, nè l'avvenire si -mostrava men fosco ai chiaroveggenti. Gl'infedeli -erano stati disfatti; ma i Cristiani seguitavano a -battagliare tra loro, e con alterna fortuna Svevi e -Normanni si contrastavano il dominio della Sicilia. -D'altro canto la Chiesa e l'Impero eran di nuovo -tornati alle offese, e contro il Papa dei Guelfi si levava -<span class="pagenum" id="Page_399">[399]</span> -il Papa dei Ghibellini, e tra queste scissure si -faceva largo l'eresia, una d'intento, benchè diversa -nei nomi e dogmi. Così tra gli scismi, l'eresie, le -guerre, le calamità rinasceano le paure dei millenarii, -che di un mondo così tormentato prevedeano imminente -la fine. E tornavano in onore gli scritti profetici, -da gran tempo dimenticati, talchè nel 1142 un -Gaufrido di Mounmouth tradusse dall'antico brettone -in latino alcune profezie del bardo o mago Merlino; -ed altre ne tradusse per incarico di Roberto, -vescovo di Oxford, quel Giovanni di Cornovaglia che -nel 1170 scrisse un elogio di papa Alessandro III. -Ed intorno a codeste profezie un grave scrittore, -Alano da Lilla, che è disputato se sia il dottore -universale, non disdegnò di comporre un lungo -commentario. Non è da meravigliare, scrive questo -grave commentatore, che un bardo forse pagano, -o almeno non fervido cristiano, abbia sortite queste -virtù profetiche, perchè anche le Sibille ebbero tali -virtù, ed una di esse predisse l'avvenimento del -Signore. Nè ci sarebbe da ridire se Merlino fosse -nato da una vergine e da un incubo, perchè anche -Perizione ebbe da Apollo il suo figliolo Platone, -ed a quel che afferma Apulejo tra la luna e la -terra errano spiriti, che assumono talvolta la forma -d'incubi. Tanto era viva in quel tempo la fede nei -profeti, tanto bisogno si sentiva delle profezie!<a class="tag" id="tag634" href="#note634">[634]</a> -</p> - -<p> -L'abate Gioacchino non è dunque una manifestazione -isolata. E prima e dopo di lui viveano -<span class="pagenum" id="Page_400">[400]</span> -altri veggenti come quel S. Cirillo, priore dei Carmelitani, -morto intorno al 1224, che secondo -un'antica biografia celebrando la messa, vide in -una nube un angelo che reggea due tavole d'argento -scritte in caratteri greci, tavole che recate -dal cosentino Telesforo all'abate Gioacchino furono -da lui dottamente interpetrate e commentate.<a class="tag" id="tag635" href="#note635">[635]</a> Tutto -questo racconto è un tessuto di errori cronologici, -ed evidentemente apocrifo è il commento alle profezie -di Cirillo, attribuito a Gioacchino. Ma siffatta -tradizione mostra come la letteratura profetica -traesse sempre novo alimento dallo scambio d'idee -tra l'Oriente e l'Occidente, che durava tuttora per -opera dei frati calabresi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_401">[401]</span> -</p> - -<p> -Per tutte queste ragioni ben si comprende come -Gioacchino, che cammina sulle orme dei basiliani, -debba fare grandissimo conto della Chiesa orientale -in paragone della romana, nello stesso modo -che mette S. Giovanni, rappresentante secondo lui -la Chiesa greca, al di sopra di S. Pietro, fondatore -della romana. E si comprende altresì come apprezzi -lo studio, che i Greci faceano dei libri sacri con maggiore -cura ed assiduità dei preti latini, e del loro -metodo d'interpetrazione allegorica si faccia continuatore. -E lodi assai la preferenza data dai Greci -alla vita contemplativa in confronto dell'attiva ed -al canto corale a paragone della semplice lettura, e -levi a cielo la vita faticosa ed aspra, che menano -i cenobiti greci di molto superiori ai molli frati -latini.<a class="tag" id="tag636" href="#note636">[636]</a> Ma se per questi rispetti tiene la Chiesa -greca superiore alla latina, per altri la stima assai -da meno, come ad esempio per la tolleranza del -matrimonio dei preti.<a class="tag" id="tag637" href="#note637">[637]</a> E perciò Gioacchino veste -<span class="pagenum" id="Page_402">[402]</span> -l'abito monacale in un convento di benedettini, -non di basiliani, e da Benedetto fa cominciare il -terzo periodo dell'umanità, non da Basilio. E benchè -la dottrina dello Spirito santo insegnata dalla -Chiesa greca rispondesse meglio al suo proposito di -attribuire eguale efficacia alle tre persone, pure la -rifiuta, nè soltanto ammette la doppia processione, -ma se ne serve, come vedemmo, per ispiegare l'anomalia -di certi riscontri storici. L'influsso della Chiesa -greca in Calabria se dunque può rendere ragione -di alcune parti della dottrina di Gioacchino, ne -lascia inesplicate molte altre. Gioacchino dalle scuole -basiliane potè ben ricavare l'interpetrazione allegorica -della Bibbia, potè sulle orme dei santi basiliani -divenire un profeta anche lui; ma quella ingegnosa -filosofia della storia, che sulle tracce del -passato gli fa scoprire le vie del futuro, ei non la -trova nè nelle scuole basiliane, nè nelle bizantine. -Nè alcun contemporaneo od eremita o filosofo o -profeta era arrivato sino a questo punto. -</p> - -<p> -Io son d'avviso, che la dottrina di Gioacchino -si connetta strettamente col Catarismo. Che Gioacchino -conosca i Catari è fuori di dubbio. Dall'esposizione -abbiamo già veduto come egli applichi a -<span class="pagenum" id="Page_403">[403]</span> -questi eretici quel che dice l'<i>Apocalisse</i> dei falsi -profeti, che saranno per precedere la fine del mondo. -Ma se rifiuta la parte dommatica della loro dottrina, -se quel loro dualismo gli ripugna, e peggio ancora -quella critica dei dommi cristiani, che fanno sulla -scorta della ragione, e quella loro concezione docetica -di Cristo e di Maria, non pertanto va d'accordo -con loro nelle applicazioni etiche. Quell'ascetismo -esagerato, che nega ogni valore alla terra, ed -ogni diritto al corpo; che ingiunge la più rigorosa -astensione dal nutrimento animale, e dichiara colpevole -ogni piacere od affetto terreno; quell'ascetismo -che volentieri distoglierebbe gli uomini dalla -procreazione, e vedrebbe con gioja la fine del mondo, -non è dubbio che risponde ai più intimi convincimenti -di Gioacchino. Nè hanno tutti i torti, secondo -lui, i Catari di mordere il clero cattolico, che -mena vita intemperante e fastosa, e semprepiù si -allontana dall'ideale ascetico,<a class="tag" id="tag638" href="#note638">[638]</a> ed anch'egli, come -vedemmo, non risparmia preti e frati, ed è d'avviso -che ormai la corruzione dei cristiani è venuta a -<span class="pagenum" id="Page_404">[404]</span> -tale, da essere imminente una innovazione radicale -nelle pratiche e nei costumi. I mali estremi sogliono -essere il segno di una età che si chiude e di un'altra -che comincia; perchè in quel periodo faticoso di -dissoluzione e di preparazione, pare che sia perduta -ogni legge, ed è perduta nel fatto ma per far -posto ad un'altra. E Gioacchino al pari dei Catari -desidera e presente vicina una radicale mutazione -non nei dommi o nelle dottrine, come pretendono -essi, bensì nella disciplina e nelle pratiche del -cristianesimo. -</p> - -<p> -E questa previsione, a cui s'informano tutte le -sue opere, ei l'attinge da quello stesso metodo -d'interpetrazione biblica, che solevano così largamente -adoperare gli eretici, la spiegazione allegorica. -Certo per un verso Gioacchino è l'antagonista -dei Catari, e se quelli scoprono ripugnanze -e contraddizioni tra i due Testamenti, questi invece -ne dimostra in un libro speciale le armonie. Ma -la stessa opposizione mostra fra loro una certa parentela; -e Gioacchino ben concede che ove si prendano -alla lettera i libri sacri, l'opposizione è innegabile, -<span class="pagenum" id="Page_405">[405]</span> -e secondo lui la concordia nasce solo quando -s'intenda l'antico Testamento non per quello che -fu, ma quale anticipazione del Nuovo.<a class="tag" id="tag639" href="#note639">[639]</a> I Catari -avrebbero potuto accogliere questa interpetrazione, -e lavorando di allegoria anch'essi trovare non pure -nel Nuovo Testamento, come erano usi, ma anche -nel Vecchio i germi delle loro dottrine. E nel risultato -finale agevolmente si sarebbero trovati d'accordo -con Gioacchino, perchè anch'essi si credevano -uomini spirituali di contro a quelli, che tanto tenevano -alla lettera dei due Testamenti; ed anch'essi -al battesimo dell'acqua volevano sostituito quello -del fuoco, ed il loro <i>Consolamentum</i> stava appunto -<span class="pagenum" id="Page_406">[406]</span> -nell'accogliere entro l'anima, pressochè sciolta dai -vincoli del corpo, la pienezza del Santo Spirito. -</p> - -<p> -Tutti questi riscontri mettono fuor di dubbio -la profonda rassomiglianza tra le dottrine catare -e le gioachimite, ed anche qui troviamo confermata -l'ipotesi fatta al principio dei nostri studii, secondo -la quale dal Catarismo per successive restrizioni o -attenuazioni sono provenute tutte le altre eresie -medievali. Certo Gioacchino, che si credeva e dichiarava -apertamente cattolico, avrebbe energicamente -protestato contro chi l'avesse messo a pari -cogli eretici; ma di quanto s'allontanino dalle tradizionali -le dottrine gioachimite lo mostreranno nel -fatto le sètte, che saranno per abbracciarle. E che -queste nuove eresie si riannodino per occulti fili alla -catara lo prova luminosamente un riscontro storico, -che forse parrà strano ma non è meno evidente. -La dottrina dell'abate Gioacchino ha molti punti -di rassomiglianza col Montanismo. I Montanisti si -davano per profeti, nè parlavano se non per ispirazione -dello Spirito Santo. L'uomo, dice Montano, -si riferisce al Santo Spirito come la lira all'arco -che ne cava i suoni.<a class="tag" id="tag640" href="#note640">[640]</a> Certo v'ebbero profeti e nell'antico -e nel nuovo Testamento, perchè sempre -lo Spirito Santo ispirò alcune anime elette; ma da -ora in poi l'azione dello Spirito è continua ed il -profetismo non è più il fiore, bensì la radice della -vita religiosa, nè soltanto i fondatori della nuova -dottrina, ma tutti quelli che vi credono s'hanno -<span class="pagenum" id="Page_407">[407]</span> -a dire uomini spirituali o pneumatici, a differenza -degli altri, che sono soltanto psichici.<a class="tag" id="tag641" href="#note641">[641]</a> Codesta -nuova profezia non distrugge la dottrina cristiana, -ma la compie e l'integra, perchè il Paracleto secondo -Tertulliano non è institutore, ma restitutore. Nella -natura, sèguita il grande Apologista, è dapprima -il seme, poi la radice, il fusto, i rami, le foglie, -le gemme, il fiore, infine il frutto che per gradi -si matura. Così la giustizia umana cominciò dal -temere Dio, quindi per la legge e i profeti venne -alla fanciullezza, di poi per l'evangelio vigoreggiò -da giovane, ora per mezzo del Paracleto arriva -alla maturità. Codesta maturità o perfezione sta nel -rinvigorire la disciplina della Chiesa, nel tenere in -grande onore la verginità, sicchè non pure si vietino -le seconde nozze, ma benanco le prime si permettano -solo come un male necessario; nel rintuzzare -gli appetiti della carne per mezzo di più severi -e frequenti digiuni; nel rinunziare al mondo e con -gioja andare incontro al martirio. Senza dubbio -codesto è un ascetismo rigoroso che mena diritto -alla distruzione del mondo. Nè lo negano i Montanisti, -i quali sono pure chiliasti o millenarii, e credono -che noi siamo alla vigilia di quel gran giorno -dell'<i>Apocalisse</i>, in cui e terra e cielo andranno a -rifascio, e spenta la vita terrestre dell'uomo, ne -comincerà un'altra celeste ed immortale. Codeste -idee riappariscono, di certo modificate e rielaborate -nella <i>Concordia</i> e nel <i>Commento</i> all'<i>Apocalisse</i>. -<span class="pagenum" id="Page_408">[408]</span> -Cosicchè dopo più di mille anni ritornarono le -credenze nella fine del mondo, e rivissero i profeti -che l'annunziavano, e riebbe credito l'ascetismo -inteso a diminuire i danni dell'estrema ruina. -</p> - -<p> -Il Montanismo fiorì nella seconda metà del secondo -secolo, quando ferveano le lotte tra la Gnosi -e l'Ortodossia. E benchè tutti i Montanisti, e principalmente -Tertulliano, fossero tra i più fieri oppositori -dei gnostici, pure qualche cosa attinsero dai -loro avversarii. Ammettiamo pure che la dottrina -dell'ispirazione profetica e l'ascetismo intransigente -non siano se non esagerazione di dottrine e precetti -schiettamente cristiani; ma difficilmente si può revocare -in dubbio che a cotesta esagerazione abbia -contribuito la gnosi. E per effetto di questo influsso -l'ispirazione profetica fu messa al di sopra della -tradizione e dell'autorità, ed una istituzione come -quella del matrimonio, approvata e santificata dalla -Chiesa, si disse che solo per legge, ma non in realtà -differiva dal concubinato. -</p> - -<p> -La stessa relazione che corre tra le sètte del -secondo secolo noi poniamo in quelle del decimosecondo, -ed ammettiamo che benchè Gioacchino -fosse costante ed implacabile oppositore dei Catari, -non per questo seppe sottrarsi al loro influsso. -Ed anche lui al pari dei Catari pensava che -l'avvenire appartenesse al più rigido ascetismo; e -che fosse d'uopo d'una profonda rinnovazione e -sociale e religiosa. Ed anche lui al pari dei Catari -non temeva di affermare che codesta rinnovazione -<span class="pagenum" id="Page_409">[409]</span> -in confronto della Chiesa dominante fosse come la -carne in paragone dello spirito. Si può dunque ben -dire che rinnovatosi dopo dieci secoli lo Gnosticismo, -si dovea puranco rinnovare il Montanismo. La storia -certo non si ripete monotonamente, e grandi differenze -vi scopre chi vi guardi ben addentro; ma nei -periodi più lontani e disparati dominano pure le -stesse leggi, che derivano da ciò che v'ha di permanente -nello spirito umano. -</p> - -<div class="chapter"> -<h3 id="cap2-2">CAPITOLO II -<span class="smaller">AMORICO DI BENA ED IL MOVIMENTO FRANCESCANO</span></h3> -</div> - -<h4 id="cap2-2-I">I</h4> - -<p> -La fama di Gioacchino par che non tardasse a -diffondersi fuori d'Italia, e già dicemmo che il re -d'Inghilterra e l'abate di Perseigne nel loro viaggio -in Italia vollero conoscere di persona quest'uomo -misterioso, che tanto facea parlar di sè. Nè parrà -strano che l'eco delle sue idee si ripercuotesse in -Francia, ove i discepoli di Amorico di Bena le accolsero -per innestarle alle loro dottrine filosofiche. -Il Rousselot crede che l'innesto si debba ad Amorico -stesso.<a class="tag" id="tag642" href="#note642">[642]</a> Nè certo la cronologia porrebbe inciampo -<span class="pagenum" id="Page_410">[410]</span> -a codesta opinione, perchè sebbene le opere -dell'abate Gioacchino siano state pubblicate intorno -al 1200, e non molto più tardi quelle di Amorico, -che venner condannate dall'Università parigina -nel 1204,<a class="tag" id="tag643" href="#note643">[643]</a> pure dopo questo tempo Amorico andò -a Roma per appellarsi dalla sentenza dell'Università, -e nulla vieta che a Roma sapesse qualche -cosa delle dottrine di Gioacchino, come nove anni -prima era occorso all'abate di Perseigne. Nè sarebbe -temerità il supporre che a tergere la sua dottrina -da ogni macchia, ne mostrasse l'accordo con -quella di un santo uomo, fondatore di un ordine -religioso, e tenuto dalla S. Sede in grande venerazione. -Questa prova in verità non avrebbe fruttato, -perchè il Papa ribadì la condanna dell'Università, -ed Amorico, tornato a Parigi, fu costretto -nel 1207 a ricredersi pubblicamente, e ne morì, -come dicevasi, dal dolore;<a class="tag" id="tag644" href="#note644">[644]</a> ma ciò non toglie che -la prova, pur non giovando alla causa del filosofo, -avrebbe contribuito non poco al successo della -dottrina. -</p> - -<p> -Non ostante questi nuovi argomenti da me addotti, -io non saprei accettare l'opinione del Rousselot, -perchè le più antiche fonti attribuiscono la teoria -dei tre stati non ad Amorico stesso, nè a Davide -<span class="pagenum" id="Page_411">[411]</span> -di Dinan, bensì ai loro discepoli.<a class="tag" id="tag645" href="#note645">[645]</a> Quando dunque -sia nato siffatto innesto del razionalismo filosofico -col misticismo religioso, mal si saprebbe dire; ma -quando sia nato, o a chiunque appartenga, è certo -meritevole di studio. -</p> - -<p> -La filosofia di Amorico di Bena rinnova il realismo -di Scoto Erigena con colorito più spiccatamente -panteistico. Amorico, al pari di Scoto, move -dalla dottrina delle idee mediane tra il mondo e -Dio, rispetto a quelle creatrici, rispetto a questo -create. E come le idee eterne e la mente divina, -che le pensa, sono in fondo la stessa cosa, così parimenti -si confonderanno in uno le idee creatrici e -gli effetti che da loro promanano. E così tutte le -cose si unificheranno in Dio, e tutte avranno la -stessa natura, come della stessa natura sono Abramo -ed Isacco. Onde si può ben dire che tutte le cose -tornano ad una, e tutte sono Dio, imperocchè Dio -è l'essenza di tutte le creature. Ed a quel modo -<span class="pagenum" id="Page_412">[412]</span> -che la luce non si vede in sè stessa, ma nell'aere, -così Dio nè dagli uomini nè dagli angeli può essere -veduto in sè stesso, bensì nelle sue creature.<a class="tag" id="tag646" href="#note646">[646]</a> -</p> - -<p> -La stessa dottrina venne insegnata dal discepolo -di Amorico, Davide di Dinan. Se non che pare -che il discepolo si giovasse a preferenza di concetti -aristotelici, laddove il maestro più volentieri adoperava -i platonici. S. Tommaso ci dice che Davide -soleva dividere le cose (il mondo) in tre parti, -corpi, anime e sostanze eterne separate. L'entità -indivisibile, onde sono formati i corpi la diceva ile -o materia prima; l'entità indivisibile, o sostrato -delle anime la chiamava nous o mente; l'entità indivisibile -delle sostanze eterne, Dio. E come tutte -e tre queste entità sono prime ed indivisibili, vale a -dire hanno gli stessi attributi, è pur gioco forza -che in fondo sieno la stessa entità. Dal che consegue -che tutte le cose nell'essenza loro si riducono -ad uno.<a class="tag" id="tag647" href="#note647">[647]</a> -</p> - -<p> -Da questa dottrina metafisica potevano ricavarsi -conseguenze arditissime. Due sole ci vengono -ricordate da Martino Polono. La prima, riguarda -<span class="pagenum" id="Page_413">[413]</span> -la distinzione dei sessi, la quale al pari di tutte le -differenze, che separano cose da cose, sarebbe affatto -provvisoria. Un tempo siffatta tenzone dei due -sessi non esisteva, cominciò soltanto dal peccato di -Adamo, e dopo la resurrezione si tornerà all'unità -primitiva.<a class="tag" id="tag648" href="#note648">[648]</a> Con queste sentenze, il cui senso appena -si coglie, e che certo ricordano i miti dell'androgino -del <i>Convito</i>, forse si connette l'entusiasmo -per l'amore, per quella forza arcana e misteriosa, -che riduce gli esseri diversi all'unità della loro -natura. Certo questa seconda conseguenza traevano -gli Almariciani dal loro panteismo, che allorquando -la forza d'amore investe gli uomini, vince le loro -volontà, e rende le loro azioni inimputabili.<a class="tag" id="tag649" href="#note649">[649]</a> -</p> - -<p> -A queste teorie filosofiche Amorico avea già -saputo dare un colore ed espressione religiosa. Ei -soleva dire, secondo la testimonianza di Guglielmo -Armorico riprodotta da Vincenzo di Beauvais, che -il primo domma da essere insegnato e creduto è -questo: ogni cristiano essere membro di Cristo, e non -potere salvarsi alcuno, che non creda in questo -domma più fermamente della incarnazione o passione -<span class="pagenum" id="Page_414">[414]</span> -di Gesù.<a class="tag" id="tag650" href="#note650">[650]</a> Così pure ammetteva bene che il corpo -di Cristo fosse nel sacro pane, perchè parimenti è -in ogni pane, ed in ogni cosa.<a class="tag" id="tag651" href="#note651">[651]</a> In altre parole ei -sapeva col magistero dell'allegoria torcere i dommi -tradizionali a quei significati, che la sua filosofia -richiedeva. Questa libertà d'interpetrazione, questa -tendenza alla spiegazione allegorica, è appunto il -tratto che raccosta l'abate calabrese al filosofo di -Chartres. E certo se non Amorico, almeno i suoi -discepoli non dubitano di accogliere la teoria dei -tre stati. Ed anche essi pensano che al tempo della -legge mosaica, quando così aperto era il contrasto -tra Dio e l'uomo, non si conosceva la verità, ovvero -il monismo nella loro filosofia insegnato. Nel secondo -periodo, in cui Gesù è considerato come l'Uomo-Dio, -la verità comincia a rivelarsi, ma in forma di simboli, -<span class="pagenum" id="Page_415">[415]</span> -e l'unificazione di Dio coll'uomo è rappresentata -come se avesse avuto luogo una volta sola, e per -virtù soprannaturale. Nel terzo periodo poi la verità -è svelata pienamente, in Gesù si vede raffigurata -tutta l'umanità, e ciò che si dice dell'uomo -deve dirsi della natura intera, che è tutt'uno con -Dio.<a class="tag" id="tag652" href="#note652">[652]</a> Nel primo periodo domina il Padre, senza -l'intervento del Figliolo o dello Spirito.<a class="tag" id="tag653" href="#note653">[653]</a> Nel secondo -domina il Figliolo, che assunse carne in Maria -non certo nel senso che l'intende la tradizione, bensì -a quel modo che si può dire anche del Padre essersi -incarnato in Abramo, il primo dei patriarchi, o il -rappresentante di Jeova. Nel terzo infine domina -lo Spirito Santo il quale s'incarna, anche lui non -più in un uomo solo, ma in tutti i membri della -nuova religione.<a class="tag" id="tag654" href="#note654">[654]</a> E come alla venuta del figliolo -cessò il regno del Padre, e fu abolita la circoncisione, -e ci affrancammo dalla schiavitù della legge -mosaica; così alla venuta dello Spirito cesserà il -regno del Figliolo, ed i dommi ed i precetti della -nuova legge cadranno al pari dell'antica.<a class="tag" id="tag655" href="#note655">[655]</a> Non -<span class="pagenum" id="Page_416">[416]</span> -che cesseranno i sacramenti, ma s'intenderanno -nel loro vero spirito. Abbiamo già citata la trasformazione -razionalistica dell'Eucaristia. Parimenti -è trasformato il domma della risurrezione dei morti, -la quale intesa alla lettera non si può ammettere, -ma bensì nel senso allegorico di un ridestarsi dello -spirito della verità dal lungo sonno che l'opprimeva.<a class="tag" id="tag656" href="#note656">[656]</a> -Parimenti l'Inferno non è altro se non il peccato -mortale stesso, che è come un dente guasto nella -bocca, e il Paradiso lo porta con sè chiunque arrivi -alla cognizione filosofica di Dio.<a class="tag" id="tag657" href="#note657">[657]</a> Seguendo -questo spirito razionalistico non fa certo maraviglia -che abbiano condannato anch'essi quegli usi -e quelle cerimonie del culto esteriore, che vedemmo -<span class="pagenum" id="Page_417">[417]</span> -proscritti dai Catari e dai Valdesi. Così pare che -abbiano condannato il battesimo dei bambini,<a class="tag" id="tag658" href="#note658">[658]</a> il -culto delle imagini, l'adorazione dei santi, la venerazione -delle reliquie,<a class="tag" id="tag659" href="#note659">[659]</a> e la confessione e la comunione -l'intendevano come una interna rinnovazione -della coscienza religiosa, prodotta dalla grazia dello -Spirito Santo, senza il soccorso di opere o cerimonie -esteriori.<a class="tag" id="tag660" href="#note660">[660]</a> -</p> - -<p> -Ben si vede come gli Almariciani andassero -molto più in là dell'abate calabrese, o di qualunque -setta religiosa. Ciò non pertanto al pari di Gioacchino -la pretendeano a profeti, e sapeano predire -anche loro che tra cinque anni sarebbero toccate -al mondo quattro piaghe. La prima è la fame, di -cui sarebbe morto il popolo, la seconda è la guerra -che avrebbe fatta strage dei principi, la terza un -terremoto che avrebbe fatto inghiottire i Burgensi -dalla terra squarciatasi sotto i loro piedi, la quarta, -il fuoco che avrebbe divorato i prelati, che sono le -membra dell'Anticristo, e Roma, la nova Babilonia, -che ne è il lor capo. Allora saranno unificati tutti -i regni in un solo, ed il capo di questa nova società, -<span class="pagenum" id="Page_418">[418]</span> -informata dall'amore dello spirito, sarà Filippo -Augusto, il re di Francia.<a class="tag" id="tag661" href="#note661">[661]</a> -</p> - -<p> -Ma non ostante codeste rassomiglianze la dottrina -degli Almariciani e quella dell'abate Gioacchino -sono agli antipodi, e l'innesto del razionalismo filosofico -col misticismo, del quale facemmo parola, -dovea riescire piuttosto ad una meccanica mescolanza -che ad un concrescimento organico. Imperocchè -tra il monismo neoplatonico e la dottrina di Gioacchino, -che rasentava il triteismo, non poteva aver -luogo nessuna conciliazione. E se i due novatori -si servivano dell'allegoria per accomodare alle loro -idee i sacri testi, certo le idee loro erano affatto -disformi; perchè nel mentre Amorico metteva la -scienza al di sopra della fede, e confidava che la -religione in avvenire fosse assorbita nella filosofia, -Gioacchino al contrario faceva pochissimo conto -della scienza, e credeva che, non solo nel presente, -ma più ancora nell'avvenire, la religione -avrebbe scacciata dal sacro tempio la filosofia. Pari -all'opposizione tra le dottrine è la disformità dell'indirizzo -pratico. Perchè la mèta dell'umanità secondo -Amorico è vivere la vita della natura, di -cui l'uomo non è che una piccola parte; la mèta -secondo Gioacchino è tutt'altra, staccarsi più di -quel che non si faccia ora, dalla natura e raccogliersi -<span class="pagenum" id="Page_419">[419]</span> -nelle austere solitudini dello spirito. L'ideale -di Amorico è la riaffermazione del mondo, l'ideale -di Gioacchino invece ne è la piena ed imminente -distruzione. Non è la prima volta nè sarà l'ultima -che una dottrina filosofica tolga in prestito una -forma religiosa, che non le appartiene. Talvolta -è codesto l'unico mezzo per assicurare l'avvenire -della dottrina. -</p> - -<h4 id="cap2-2-II">II</h4> - -<p> -I veri interpetri del pensiero di Gioacchino non -furono i fratelli del libero spirito, bensì i frati minori, -che nel silenzio delle loro celle ne studiarono -e commentarono i libri e formarono una scuola, -detta gioachimita o gioachita, e crearono una completa -letteratura profetica, e pseudonoma. Sarebbe -interessante lo studio di questa letteratura, -in parte già pubblicata nel secolo decimosesto, ed -in parte sepolta nella polvere delle nostre biblioteche. -Ma pel nostro compito la notizia, che ne -demmo nel parlare delle opere di Gioacchino è più -che bastevole. Ci restringeremo a studiare le idee -direttive dei Gioachimiti, ed il modo come germogliarono -tra le lotte del sodalizio francescano. Giace -tuttora inedito nelle nostre biblioteche un antico -racconto dei dissidii francescani, che va sotto il nome -di <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>.<a class="tag" id="tag662" href="#note662">[662]</a> Si conserva una redazione -<span class="pagenum" id="Page_420">[420]</span> -in latino, ed un'altra in italiano, ma entrambe -evidentemente sono composte di frammenti -di cronache più antiche, legate insieme col manifesto -disegno di mostrare non pure la successione -cronologica, ma l'intima connessione delle lotte, -che ebbe a durare una parte dei francescani.<a class="tag" id="tag663" href="#note663">[663]</a> In codesto -centone, come nei <i>Fioretti di S. Francesco</i>, -composti nello stesso modo e collo stesso intendimento -se non col medesimo disegno, gli errori storici -e cronologici spesseggiano. Nè certo l'anonima -<i>Cronaca delle Tribolazioni</i> può stare a petto di quella -fonte preziosa, che è il Salimbene, gioachimita anche -lui, ma temperato, e narratore ingenuo dei fatti -accaduti sotto i suoi occhi. Ma non ostante questi -gravi difetti nè la Cronaca nè i <i>Fioretti</i> perdono -la loro importanza, e debbono essere posti da banda, -come crede l'Affò.<a class="tag" id="tag664" href="#note664">[664]</a> Tutte e due valgono, e la -<span class="pagenum" id="Page_421">[421]</span> -<i>Cronaca</i> a parer mio più dei <i>Fioretti</i>, essendo il primo -saggio di una ricostruzione della storia dell'ordine -da S. Francesco ad Ubertino da Casale. Certo codesta -ricostruzione, fatta con intendimento polemico -in servigio d'un partito, non ha nè può avere -grande esattezza e schiettezza storica, ma come -manifestazione delle idee e dei sentimenti di quel -partito, è certo un documento prezioso. E tale la -reputava il Wadding, che se ne giovò più di quel che -dovesse. Il cronista conta sei tribolazioni, alle quali -bisogna aggiungere per settima quella che ei stesso -soffre e di cui crede più prudente tacere. Secondo -codesta partizione della storia francescana si possono -bene agguagliare le tribolazioni francescane -alle sette piaghe d'Egitto, alle calamità predette -nell'<i>Apocalisse</i>. E da siffatto riscontro il pio cronista -può ben trarre la speranza che la settima tribolazione -sia l'ultima, nè si faccia aspettare il giorno -del trionfo; ma perchè il numero torni deve mettere -la prima tribolazione negli ultimi anni di -S. Francesco, il che difficilmente si può ammettere -<span class="pagenum" id="Page_422">[422]</span> -da chi studii le più antiche fonti, come ci faremo -a dimostrare. -</p> - -<p> -Il Santo d'Assisi nel fondare un nuovo ordine -religioso, ebbe in mente idee più larghe e più feconde -dell'Abate di Fiore. Ei ben vide che il miglior -mezzo a combattere gli eretici era quello -d'imitarli nei costumi, e sulle loro orme far getto -della propria fortuna, vestire ruvidi panni, e andar -raminghi di città in città, predicando dappertutto -la buona novella. Anche Francesco al pari di Valdez -apparteneva ad un'agiata famiglia, e menava parimenti -una vita frivola e spensierata; ma anche lui, -tocco dalle parole del Vangelo, si tolse in un punto -agli agi ed ai piaceri, e abbandonati amici e parenti, -cacciossi animoso nell'ingrata via dell'apostolato.<a class="tag" id="tag665" href="#note665">[665]</a> -E dappertutto predicava la sola via della salute -essere la povertà, perchè chi non sa spogliarsi -delle ricchezze, nè vende il suo per distribuirlo ai -poveri, non è penetrato da quell'amore del prossimo, -che Cristo mette a capo della sua legge.<a class="tag" id="tag666" href="#note666">[666]</a> La povertà -<span class="pagenum" id="Page_423">[423]</span> -volontaria era per Francesco come pel Valdez la -fonte delle virtù, un ideale di sagrifizio e di generosità, -che scaldava il cuore e commovea la fantasia.<a class="tag" id="tag667" href="#note667">[667]</a> -Nè gli parea di averlo mai conseguito codesto -ideale, al quale sempre si volgeva con novello -ardore. Nulla hai a possedere, neanco il mantello -che porti indosso; una rozza tonaca basta, e se -logora, tanto meglio; sarà prova di umiltà rattopparla -con tela da sacco, come l'ultimo mendico -della via.<a class="tag" id="tag668" href="#note668">[668]</a> -</p> - -<p> -L'umiltà è un altro tratto che compie l'ideale -della vita mendica. S. Francesco non è nè un cinico, -nè uno stoico, odia le ricchezze, ma non disprezza -i ricchi, nè li tiene da meno di sè. Abborrisce le -mollezze e gli agi, indura il suo corpo alle fatiche, -ma non sente l'orgoglio di chi sapendo di bastare -a sè medesimo, sfida superbamente i colpi della -fortuna. Questa fiera coscienza di sè medesimo e -<span class="pagenum" id="Page_424">[424]</span> -del proprio valore sarebbe troppo ripugnante alle -massime cristiane, che rintuzzano l'orgoglio inspirando -una salutare diffidenza delle proprie forze. E -conforme a questa massima raccomanda ai suoi fratelli -l'umiltà, insiste perchè secondo il precetto evangelico -cedano alla violenza, nè ammette che l'uno -si faccia o si tenga superiore dell'altro. Non ci -debbono essere priori nel nuovo sodalizio, ma ministri, -servi della comunità, scelti democraticamente -col suffragio di tutti, e revocabili.<a class="tag" id="tag669" href="#note669">[669]</a> Anche i Valdesi -in opposizione al fasto del clero secolare avean levata -la bandiera dell'umiltà, nè solo poveri, ma -umiliati si solevan chiamare. E in prova d'umiltà -curvavan la fronte, e stendeano la mano elemosinando. -S. Francesco non esclude il precetto dei benedettini, -adottato dai Catari, che debbasi procacciare -il vitto col lavoro delle proprie mani;<a class="tag" id="tag670" href="#note670">[670]</a> -ma ove non basti, anche lui raccomanda ed esalta -l'accattare di casa in casa.<a class="tag" id="tag671" href="#note671">[671]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_425">[425]</span> -</p> - -<p> -Questo spirito di sagrifizio e di umiltà dovea -eliminare le lotte tra gli uomini, che non avrebbero -potuto avere luogo nè per rivendicare i diritti, -nè per respingere le offese. Ed il regno di Dio sarebbe -finalmente stabilito, e la legge dell'amore -avrebbe avuta la sua piena attuazione. S. Francesco -non poteva comprendere la grande efficacia morale -della lotta pel diritto, egli avea sortita una natura -così larga ed espansiva da comprendere nell'amor -suo non pure gli uomini, ma gli esseri tutti, -che ei chiama fratelli a cominciare dal sole cui -volge un canto,<a class="tag" id="tag672" href="#note672">[672]</a> agli agnelli, che riscatta dal macello, -ai lupi che ammansisce col fascino della parola. -Pochi uomini si conoscono nella storia così -riboccanti d'affetto, come il Santo d'Assisi, che a -mal grado le sue ripugnanze stende la mano ai lebbrosi, -diventa l'amico ed il compagno dei poveri -e degli abbietti, e si stima felice se possa col -danno suo soccorrere alle altrui miserie.<a class="tag" id="tag673" href="#note673">[673]</a> Il sacrificio -<span class="pagenum" id="Page_426">[426]</span> -era per lui più che un obbligo morale, un -bisogno del cuore e tale desiderava che diventasse -pei suoi fidi, sicchè non si desse contrasto nel loro -animo, e il loro dovere si confondesse coll'amor -loro, e dell'interna serenità fosse specchio il volto -sempre ilare e composto.<a class="tag" id="tag674" href="#note674">[674]</a> -</p> - -<p> -Ma se il francescano a differenza del valdese non -dovea atteggiare il suo volto a mestizia, non per -questo la sua vita era men dura e faticosa. Ei non -si dovea chiudere, come l'antico anacoreta nel silenzio -del cenobio e assorbirsi nella contemplazione. -I tempi non consentivano più questi ozii speculativi, -e facea d'uopo operare energicamente, incessantemente -per riguadagnare l'affetto dei popoli. -E se gli eretici sull'esempio degli apostoli non -perdonavano a fatiche e disagi per diffondere la -loro fede, certo non si poteva far da meno di loro. -Per queste ragioni, benchè l'istituto della predicazione -non fosse proprio dei francescani, ma dell'altro -sodalizio istituito nello stesso torno da -S. Domenico, pure non era estraneo neanche a loro.<a class="tag" id="tag675" href="#note675">[675]</a> -Chè anzi i francescani si possono ben dire i frati -vaganti. La necessità di accattare la vita li facea -andare di porta in porta, di borgata in borgata; -oltrechè la loro stessa regola non consentiva riposo, -<span class="pagenum" id="Page_427">[427]</span> -chè alla santa milizia facea d'uopo mutar guarnigione -soventi, per non poltrire nell'immobilità, come -era uso dei cenobiti. A questo fine Francesco raccomanda -ai suoi compagni di andare due a due -pellegrini pel mondo a piedi nudi.<a class="tag" id="tag676" href="#note676">[676]</a> Non si vincono -le battaglie senza indurare il soldato alle marce -faticose, ed il milite di Cristo, come il legionario -di Cesare, non ha da conoscere stanchezza. -</p> - -<p> -Queste erano le ardite innovazioni che Francesco -portava alla vita cenobitica, e quanto ei ben s'apponesse -lo mostrarono i fatti; chè nessuno istituto -religioso si è mai diffuso con tanta rapidità, come -il francescano. Parevan tornati i tempi degli antichi -apostoli, e come allora si fondava una chiesa -dopo l'altra, così ora a convento s'aggiungeva -convento, e ben presto il novo sodalizio si sparse -per tutto l'orbe. Ma senza dubbio la regola di -S. Francesco era tale, che nessun uomo poteva -adattarvisi senza restarne schiacciato dal grave peso. -Innocenzo III, che pure avea approvato l'istituto -di Durando di Osca, non sapeva dare la sua sanzione -alla regola di S. Francesco, informata ad un -ideale di povertà ed umiltà mal rispondente agli -splendori ed alle smodate pretensioni della Corte -<span class="pagenum" id="Page_428">[428]</span> -romana.<a class="tag" id="tag677" href="#note677">[677]</a> Certo non potea respingere queste nuove -forze, che gli venivano inaspettatamente in ajuto -per combattere l'eresia, nè si può dubitare che -benedicesse il mendico d'Assisi, senza vietargli di -seguitare nell'opera sua; ma non smise mai i suoi -dubbî sulla regola, che a lui pareva non facesse il -debito conto dei reali bisogni e tendenze della -natura umana, nè volle concedere una bolla d'approvazione.<a class="tag" id="tag678" href="#note678">[678]</a> -Non smise per questo S. Francesco, -<span class="pagenum" id="Page_429">[429]</span> -ma il disegno presentato ad Innocenzo colorì nei -suoi particolari, e le sue idee giustificò con ragionamenti -e citazioni bibliche. E questa nova regola -molti anni dopo presentò al successore d'Innocenzo -Onorio III, e ne ottenne finalmente la desiderata -sanzione con bolla del 1223.<a class="tag" id="tag679" href="#note679">[679]</a> Se non che l'approvazione -del papa non rimoveva le difficoltà, e il -santo non se le dissimulava. Pare anzi temesse non -poco che morto lui sarebbero nate dispute e commenti -sulla regola, per trarne un senso ben lontano -dai suoi intendimenti. Talchè credette bene -restringerla in brevi e succosi capitoli<a class="tag" id="tag680" href="#note680">[680]</a> e con solenne -<span class="pagenum" id="Page_430">[430]</span> -testamento raccomandò ai suoi fratelli, che codesta -regola dovessero mandare a mente, codesta osservare -alla lettera, vietando recisamente qualunque -commento, che sotto pretesto d'interpetrarla, l'avrebbe -distrutta.<a class="tag" id="tag681" href="#note681">[681]</a> Queste inquietezze di S. Francesco, -attestate da documenti autentici, rendono molto -probabile il sospetto che tra i compagni stessi del -Patriarca non mancasse chi la pensava al modo -d'Innocenzo, e credendo la regola molto rigida -fosse ben disposto a tollerarne qualche attenuazione. -</p> - -<p> -Ma questi discorsi erano forse segno di un'aperta -opposizione alle idee del Patriarca? Parrebbe certo -se s'avesse a prestar fede alla <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, -che ci narra di violente dispute tra -S. Francesco e frate Elia, il quale mal tollerando la -pubblicazione della regola succinta, alla testa di -molti frati si sarebbe presentato a S. Francesco, -come un tempo gli Ebrei a Mosè. E d'altro canto -<span class="pagenum" id="Page_431">[431]</span> -il nuovo legislatore, scendendo anche lui dal monte -come l'antico, avrebbe rinfacciati i protervi suoi -compagni, ben ribadendo che alla regola, datagli -direttamente da Dio, tutti fosser tenuti di prestare -cieca ed intera obbedienza.<a class="tag" id="tag682" href="#note682">[682]</a> E d'accordo con questo -racconto la cronaca narra ancora, che S. Francesco, -stanco forse di combattere contro l'ostinatezza -dei frati, si ritirò sdegnoso dal governo dell'ordine, -lasciando pure che fosse assunto dal suo -oppositore Elia.<a class="tag" id="tag683" href="#note683">[683]</a> Se non che codesta narrazione, -<span class="pagenum" id="Page_432">[432]</span> -ripetuta dal Wadding, è falsa di pianta, come ben -dimostra l'Affò.<a class="tag" id="tag684" href="#note684">[684]</a> Perchè le fonti più antiche, come -la Vita di Tommaso da Celano, non solo non dicono -nulla di codesta opposizione tra Francesco ed Elia; -ma ci parlano per lo contrario del loro vicendevole -affetto, talchè il Patriarca solo per non dispiacere -all'amico suo, acconsentì ad aversi riguardi nell'ultima -<span class="pagenum" id="Page_433">[433]</span> -e mortale malattia.<a class="tag" id="tag685" href="#note685">[685]</a> E ponendo mente alla -grande venerazione in cui i frati tenevano il fondatore -del loro ordine, non par verisimile che scegliessero -a farne le veci chi sarebbe stato a capo -degli oppositori. È molto più probabile invece che -Francesco, premuto dai molti mali che avean logorata -la sua fibra, nè più gli consentivano le aspre -fatiche dell'apostolato, avesse chiesto e forse scelto -lui stesso come suo vicario prima fra Pietro, e alla -morte di costui Elia, uomini di sua fiducia.<a class="tag" id="tag686" href="#note686">[686]</a> Che -invece d'Elia avesse indicato a suo successore fra -Bernardo raccontano concordemente e la <i>Cronaca -delle Tribolazioni</i> e i <i>Fioretti di S. Francesco</i>.<a class="tag" id="tag687" href="#note687">[687]</a> Ma -<span class="pagenum" id="Page_434">[434]</span> -codesto racconto, foggiato sul biblico del patriarca -Giacobbe, non è più vero dei precedenti, perchè -della pietà di Elia, e delle cure che prestò al suo -venerato maestro abbiamo un documento autentico, -la lettera che egli stesso scrisse ai ministri e frati -della provincia annunziando la morte di lui.<a class="tag" id="tag688" href="#note688">[688]</a> È certo -altresì, che mancato Francesco non Bernardo, ma -Elia resse l'ordine francescano seguitando nel suo -ufficio di vicario. Possiamo dunque conchiudere -che finchè visse S. Francesco, e nei primi anni -dopo la morte di lui, non scoppiarono le discordie -nel nuovo sodalizio. Gli animi e le menti occupava -un sol pensiero, rendere onore alla memoria del -fondatore, la cui vita fu un lungo e non interrotto -<span class="pagenum" id="Page_435">[435]</span> -sagrifizio, e la cui parola infocata sonava sempre -pace e carità. E forse per attendere indisturbato a -codeste onoranze, ed alla costruzione del tempio, -che per ordine di Gregorio IX si doveva innalzare -al santo mendico, il Vicario di S. Francesco non -volle succedergli nel generalato, e in luogo suo -venne scelto Giovanni Parenti.<a class="tag" id="tag689" href="#note689">[689]</a> -</p> - -<h4 id="cap2-2-III">III</h4> - -<p> -Ma i dissidii, soffocati dall'autorevole parola -del fondatore, morto lui non tardarono a scoppiare. -E ben presto si formarono due partiti nel nuovo -sodalizio, l'intransigente che volea rispettata la regola -alla lettera, il moderato che sosteneva s'avesse -a interpetrare meno rigidamente. Era inevitabile -<span class="pagenum" id="Page_436">[436]</span> -che i due partiti sorgessero non per colpa o volontà -degli uomini, ma per necessità delle cose. Imperocchè -da una parte la regola, data per inspirazione -divina e confermata dal Papa, si dovea osservare -scrupolosamente, nè era lecito apportarvi -glossa o commenti, senza violare il testamento del -santo fondatore; talchè temperare la regola sarebbe -stato lo stesso che snaturare l'ordine togliendogli -quel carattere, che lo distingueva da tutti gli altri, -e a cui doveva le sue prodigiose fortune. Ma d'altra -parte codesta regola era così rigida e severa, che -ben pochi vi si potevano adattare; e più l'ordine -s'ingrossava, e più cresceva il numero dei tepidi -osservatori; oltrechè la povertà rigorosa, l'umiltà a -tutta prova formavano di certo un alto ideale religioso, -ma nella lotta contro il clero secolare e -gli altri ordini frateschi, valeva ben poco ad assicurare -la vittoria. Se i frati predicatori fondavano -dappertutto nuove case, e collo splendore delle costruzioni -abbagliavano le masse, i francescani non -doveano essere da meno di loro. Se quelli per sostituire -il clero secolare e nei pergami e nelle cattedre -coltivavano ardentemente gli studii, non era -lecito ai francescani di trascurarli. Se i predicatori -non solo accettavano, ma sollecitavano dalla Curia -onori e dignità, ai francescani, per non scapitare in -prestigio, non conveniva di ritrarsi indietro. Questi -bisogni ben comprese frate Elia, il quale innamorato -dell'arte avea fatto costruire in onore del santo -mendico uno dei più splendidi monumenti della rinata -<span class="pagenum" id="Page_437">[437]</span> -architettura;<a class="tag" id="tag690" href="#note690">[690]</a> cultore dei buoni studii ne volea -promosso l'amore nel nuovo sodalizio;<a class="tag" id="tag691" href="#note691">[691]</a> scaltro conoscitore -degli uomini non schivava i potenti ma -ben presto avea saputo entrare nelle grazie del -Papa e dell'Imperatore.<a class="tag" id="tag692" href="#note692">[692]</a> Intorno a quest'uomo più -<span class="pagenum" id="Page_438">[438]</span> -pratico che mistico si strinsero quanti volevano interpetrata -la regola in modo da non impedire il -moto d'espansione del nuovo sodalizio. Ed il partito -s'ingrossò siffattamente che levò di seggio il -generale Parenti per sostituirvi lui, già stato vicario -di S. Francesco, e tenuto da tutti in gran concetto -<i>per la preclara scientia, e singulare prudentia</i>, come dice -la stessa <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>. -</p> - -<p> -Che il novo generale sentisse altamente del suo ufficio, -nè in dignità si credesse da meno di altri, -lo dice il Salimbene, che narra questo aneddoto, -del quale egli stesso fu testimone, che venuto il -potestà di Parma per far visita al generale francescano, -questi non si mosse dal suo posto, nè -rispose come dovea al saluto dell'ospite cortese.<a class="tag" id="tag693" href="#note693">[693]</a> -<span class="pagenum" id="Page_439">[439]</span> -Il Salimbene, appartenente al partito opposto a frate -Elia, non è certo una fonte da accogliere a chiusi -occhi, come vuole l'Affò. Nè mi meraviglierei che -e nel fatto che narra e nel giudizio che fa dell'alterigia -di frate Elia il cronista fosse poco esatto, -ma questo è fuor di dubbio, che il nuovo generale -voleva che l'autorità sua fosse tenuta in grande -rispetto; nè tollerava che altri ridicesse sui suoi -disegni, o ricalcitrasse ai suoi ordini. Un documento -riportato dal Wadding lo prova. È una lettera del -generale al Papa per chiedergli mano forte contro -i frati ribelli alla disciplina, e principalmente contro -alcuni compagni di S. Francesco, che forti dell'autorità -e del prestigio del loro nome, non dubitavano -di levare alto la voce contro le novità di -frate Elia, e la mite interpetrazione della regola.<a class="tag" id="tag694" href="#note694">[694]</a> -Senza il presidio del Papa sarebbe stato pericoloso -colpire uomini tanto autorevoli; ma ottenuta la -chiesta licenza, il generale agì vigorosamente, ed -i più riottosi rinchiuse in prigione, altri mandò -in provincie lontane; i ministri a lui men ligi rimosse -sostituendoli con creature sue,<a class="tag" id="tag695" href="#note695">[695]</a> altri acconsentì -<span class="pagenum" id="Page_440">[440]</span> -che restassero a patto di dichiararsegli ligii.<a class="tag" id="tag696" href="#note696">[696]</a> -Fatti ancor più gravi vengono narrati. La <i>Cronaca -delle Tribolazioni</i> racconta di un fra Cesario da -Spira colpito a morte, mentre fuggiva dalla prigione -ove era stato rinchiuso, non che di S. Antonio -imprigionato anche lui e battuto a verghe.<a class="tag" id="tag697" href="#note697">[697]</a> -Ma di codesti fatti il Salimbene non sa nulla, ed -è ben probabile, come crede l'Affò, che sieno stati -inventati posteriormente. -</p> - -<p> -Certo è, che il generale governava con mano -di ferro la travagliata società, e correva diritto -alla sua mèta senza lasciarsi sviare da rimostranze. -E per togliere ogni ragione al partito intransigente, -<span class="pagenum" id="Page_441">[441]</span> -chiese ed ottenne dal Papa una interpetrazione -della regola, che rispettasse la lettera sacrificandone -lo spirito. Gioverà riassumere le modificazioni -ordinate da Gregorio IX. Il primo temperamento -si riferisce al divieto di possedere ed acquistare. -I frati possono nei casi di bisogno comprare quello -che occorra, purchè non trattino direttamente col -venditore, bensì con un rappresentante o nuncio. -Codesto nuncio può ancora essere scelto da loro, -ma resta pur sempre rappresentante non di quelli -che l'hanno nominato e presentato, bensì delle persone -a cui lo presentano. In un solo caso l'artificio -è lasciato da parte, quando cioè il nuncio sconosca -i bisogni dei frati o ne manometta i diritti, chè in -tale congiuntura i frati hanno facoltà di agire contro -l'infido amministratore, riconoscendolo per tal guisa -come loro rappresentante. Anche oggi le associazioni -religiose, che perdettero la personalità giuridica, -adottano l'espediente di farsi rappresentare -da un privato, che in nome suo acquisti, venda, -accetti le donazioni e somiglianti. Se non che oggi -contro il rappresentante infido le associazioni non -hanno azione alcuna, perchè lo Stato non può riconoscere -quel patto, che non aveano facoltà di stringere; -ma nel secolo decimoterzo le cose andavano diversamente, -ed i francescani poteano godere tutti i -vantaggi della rappresentanza senza temerne i danni. -I legali della Curia la sapean lunga!<a class="tag" id="tag698" href="#note698">[698]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_442">[442]</span> -</p> - -<p> -Un altro temperamento era questo. La regola -proibiva severamente la rivendicazione dei proprii -diritti. Se altri ti porta via il mantello, cediglielo -volentieri. Se poteri pubblici o privati vi scacciano -dalle vostre case, non procurate di restarvi. E se -s'impadroniscono delle suppellettili vostre, non gli -resistete; perchè nulla appartiene nè a voi nè alla -comunità; nè sta a voi di decidere chi sia il padrone -vero. Queste disposizioni, che tirate a fil di -logica dal precetto della povertà assoluta, mettevano -il nuovo sodalizio in balìa del primo venuto, furono -ingegnosamente attenuate da Gregorio. In luogo -dei frati, ei dice che non possono possedere, sottentra -la Santa Sede, alla quale spetta la proprietà -delle case e masserizie fratesche. Questa poi ne -cede l'uso ai sodalizii a patto che non la sperperino, -e la facciano rispettare. Altra finzione giuridica -che fece fortuna e venne dipoi più nettamente -formulata da Innocenzo IV.<a class="tag" id="tag699" href="#note699">[699]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_443">[443]</span> -</p> - -<p> -Codesta novità, ed il rigido governo di Elia -esacerbava il partito intransigente<a class="tag" id="tag700" href="#note700">[700]</a> che ogni giorno -più s'ingrossava degli scontenti di qualunque specie. -Fra costoro primeggiavano, al dir di Salimbene, i frati -di messa, i quali mal tolleravano che crescesse il numero -dei colleghi laici, e peggio ancora che fussero -messi a pari di loro, che si tenevano di molto -superiori. Ma il generale tenne duro, e nel giro di -pochi anni accolse tanti laici che superavano in -qualche casa i chierici, e conferì loro pari diritti -<span class="pagenum" id="Page_444">[444]</span> -ed onori, e taluni levò anche al grado di ministri.<a class="tag" id="tag701" href="#note701">[701]</a> -Così si mostrava osservante della regola, innanzi -alla quale tutti i membri del sodalizio eran pari,<a class="tag" id="tag702" href="#note702">[702]</a> e -nello stesso tempo ingrossava il suo partito. -</p> - -<p> -Ma non ostante queste provvide misure l'opposizione -non era fiaccata, e semprepiù violente si -faceano le accuse contro il generale. Lo s'attaccava -ormai non pure nel governo dell'ordine, ma nel -carattere e nel costume rappresentandolo come superbo, -disdegnoso di vivere e mangiare in comune -coi frati, amante delle buone vivande e della vita -molle e voluttuosa. Gli si rimproverava di non visitare -personalmente le case dell'ordine, e se mai -non a piedi, ma su ben pasciuti cavalli; di non -convocare il capitolo generale per tema che i ministri -oltramontani lo sbalzassero di seggio; nel -mentre era novamente sentito il bisogno di una -costituzione generale che ponesse freno agli abusi.<a class="tag" id="tag703" href="#note703">[703]</a> -<span class="pagenum" id="Page_445">[445]</span> -È ben difficile separare in queste accuse il vero da -ciò che v'aggiunge lo spirito di parte; e non è chiaro -il perchè v'abbia prestata fede Gregorio IX, un -tempo amico e protettore di frate Elia. Che il Papa -trovasse giuste le accuse del partito intransigente -non è credibile, perchè egli stesso dette licenza ad -Elia di punire i riottosi, e pubblicò una bolla per -interpetrare la regola in un senso assai temperato. -Io credo probabile che il Papa la rompesse col generale -francescano per motivi politici. Già dicemmo -che costui era egualmente accetto ed a Gregorio -e a Federigo, e Salimbene ci dice che spesso faceva -da mediatore tra l'uno e l'altro. Forse in questi -negoziati ei si mostrò più favorevole alla causa -imperiale. Uomo pratico e moderato avrà fatte le -sue osservazioni sull'intemperanze della Curia, nè -v'era bisogno d'altro per cadere in disgrazia del -Papa.<a class="tag" id="tag704" href="#note704">[704]</a> -</p> - -<p> -Per codeste ragioni Gregorio la dette vinta al -partito intransigente, nè solo depose il mal capitato -<span class="pagenum" id="Page_446">[446]</span> -generale, ma fattolo espellere dall'ordine, lo -scomunicò solennemente. E certo gli sarebbe incolto -peggio se Federigo non l'avesse tolto sotto -la sua protezione. All'accorto imperatore, accusato -di eresia, tornava di gran giovamento avere dalla -sua il compagno di S. Francesco, che pochi anni -innanzi era tenuto in grande rispetto dallo stesso -Papa.<a class="tag" id="tag705" href="#note705">[705]</a> E dell'opera dell'ex francescano Federigo -ebbe grandemente a lodarsi, talchè gli affidò una -delicata missione presso l'imperatore di Costantinopoli, -come si rileva da una lettera imperiale al -re di Cipro.<a class="tag" id="tag706" href="#note706">[706]</a> Così per tutto il resto della sua vita -<span class="pagenum" id="Page_447">[447]</span> -frate Elia si tenne stretto al partito imperiale, nè -è ben certo che si sia ricreduto sul letto di morte.<a class="tag" id="tag707" href="#note707">[707]</a> -L'appoggio prestato dall'Imperatore al capo dei -moderati francescani è senza dubbio una delle ragioni -che mossero gl'intransigenti a giurargli quell'odio -implacabile, che traspare dalla Cronaca del -Salimbene. I rigoristi non avevano certo a lodarsi -del Papa,<a class="tag" id="tag708" href="#note708">[708]</a> e coll'Imperatore che voleva restituire -la Chiesa alla povertà gloriosa dei primi secoli,<a class="tag" id="tag709" href="#note709">[709]</a> -<span class="pagenum" id="Page_448">[448]</span> -avrebbero dovuto andar d'accordo, come fecero più -tardi con Ludovico il Bavaro. Ma l'opposizione -ascetica non era ancor matura per fondersi colla ghibellina. -Gl'intransigenti francescani sebbene aspreggiati -dal Papa, si davano per i campioni più risoluti -della Chiesa, nè Federico fece un passo per -amicarseli, chè anzi accolse nel suo consiglio il -capo del partito opposto. Non occorreva altro perchè -agli occhi di quegli esaltati apparisse come -l'Anticristo, preannunziato dall'<i>Apocalisse</i>.<a class="tag" id="tag710" href="#note710">[710]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_449">[449]</span> -</p> - -<h4 id="cap2-2-IV">IV</h4> - -<p> -Dopo la caduta di frate Elia il partito intransigente -riprese vigore, e i due generali che l'un -dopo l'altro gli successero, frate Alberto pisano, e -frate Aimone inglese, forse vi appartenevano.<a class="tag" id="tag711" href="#note711">[711]</a> L'ultimo -scrisse un Commento ad Isaia senza dubbio -sul gusto di quello attribuito a Gioacchino, stante -che gl'intransigenti abbracciavano con fervore le -idee dell'abate calabrese, e per distinguersi dai loro -avversarii volentieri si davano il nome di Gioachiti.<a class="tag" id="tag712" href="#note712">[712]</a> -Quale affinità corresse tra le dottrine del Florense -e le francescane non è difficile scoprire. Gioacchino -avea predetto che al secondo periodo, ovvero al regno -del clero secolare sarebbe succeduto il terzo periodo, -vale a dire il regno dei monaci. I minoriti ora soggiungevano -che i veri monaci non erano nè i benedettini, -sfolgorati da Gioacchino stesso,<a class="tag" id="tag713" href="#note713">[713]</a> nè i florensi, -che non avean saputo intendere il segreto -pensiero del loro fondatore, e si mostravano non -meno avidi e litigiosi dei loro predecessori; bensì -<span class="pagenum" id="Page_450">[450]</span> -i nuovi ordini mendicanti, e specialmente il francescano, -il quale solo avea saputo tradurre in atto -l'ideale della carità vagheggiato da Gioacchino. -Oltrechè colla creazione dei nuovi istituti, non si -trattava di aggiungere ordine ad ordine, ma d'innovare -profondamente la vita religiosa; chè per conformarsi -scrupolosamente alla regola bisognava che -gli uomini, cangiato il corso delle loro idee, e soffocate -le tendenze loro più abituali, si tramutassero -in angeli. -</p> - -<p> -Con S. Francesco adunque più che con S. Benedetto -si poteva dire, secondo i minoriti, cominciata -la nova età, l'ultimo e più splendido periodo della -storia umana, e Gioacchino stesso avrebbe a mente -loro mirabilmente predetto questi avvenimenti, chè -dovunque egli parla di due ordini si deve ben intendere -dei domenicani e francescani. E se l'allusione -non era ben chiara nelle opere autentiche, -altri scritti balzavan fuori nel nome dell'abate calabrese, -dove le profezie pareano più determinate, e -più trasparenti le allusioni ai fatti recenti.<a class="tag" id="tag714" href="#note714">[714]</a> Nè questa -sostituzione era difficile, perchè dopo la solenne -<span class="pagenum" id="Page_451">[451]</span> -condanna delle opinioni teologiche dell'abate Gioacchino, -le sue opere cadute in sospetto si tenevan -come nascoste,<a class="tag" id="tag715" href="#note715">[715]</a> ed il Salimbene ci narra di un frate -florense, che da Lucca le trasportò in segretezza -in un convento francescano di Pisa per sottrarle al -saccheggio delle soldatesche di Federico.<a class="tag" id="tag716" href="#note716">[716]</a> Siffatto -mistero, che ravvolgeva le opere autentiche, era -senza dubbio la condizione più favorevole per la -nascita delle spurie. E l'ordine francescano, dove -le menti erano più esaltate, si mostrava più inchino -di tutti gli altri a codesta letteratura pseudonima. -Così nel breve giro di pochi anni nacquero i commenti -ai profeti ed agli evangeli, che abbiamo già -ricordato; nè solo i libri sacri si commentarono -ma benanco i profani, come le supposte profezie -della Sibilla e del Mago Merlino. -</p> - -<p> -Codesta letteratura pseudonima ebbe, come dicemmo, -grande credito e diffusione; ma non sì che -<span class="pagenum" id="Page_452">[452]</span> -gli stessi gioachiti non sapessero ben distinguere -le opere autentiche dalle apocrife. Chè anzi quando -si fecero a raccogliere in un corpo solo le scritture -del profeta non vi ammisero se non la <i>Concordia</i>, -il <i>Commento all'Apocalisse</i> e il <i>Decacordo</i>.<a class="tag" id="tag717" href="#note717">[717]</a> Ed a -queste opere, che sono come un'opera sola, divisa -in tre parti, dettero il nome di <i>Vangelo eterno</i>, -che tolsero dall'<i>Apocalisse</i>, sebbene Gioacchino non -<span class="pagenum" id="Page_453">[453]</span> -ne avesse fatto uso.<a class="tag" id="tag718" href="#note718">[718]</a> Così tornarono alla luce gli -scritti di Gioacchino, e senza interpolazioni a quel -che pare; ma quando occorreva di spiegare meglio -il pensiero dell'autore, o dare maggiore esattezza -alle sue profezie, gli editori vi aggiunsero delle note. -Ed al tutto poi premisero larga introduzione (<i>Introductorius</i>), -in cui, pur riassumendo la dottrina -dell'abate calabrese, le dettero maggior rilievo e -colore.<a class="tag" id="tag719" href="#note719">[719]</a> -</p> - -<p> -Questa pubblicazione levò grande rumore non -tanto forse per le dottrine che vi si esponevano -con insolita libertà, quanto per le circostanze che -l'accompagnarono e seguirono. Ferveva allora la -guerra tra il clero secolare ed i nuovi ordini religiosi. -<span class="pagenum" id="Page_454">[454]</span> -Il primo, geloso dei suoi privilegi, mal permetteva -che i frati imprendessero a predicare senza -invito o licenza delle autorità ecclesiastiche, ed ai -parroci facessero formidabile concorrenza nelle messe, -nella confessione, nelle sepolture.<a class="tag" id="tag720" href="#note720">[720]</a> E come se tutte -queste ragioni di dissidio non bastassero se n'era -aggiunta una nuova e più formidabile, quella dell'insegnamento. -I Domenicani da prima, e sul loro -esempio anche i Francescani, ambivano alcune cattedre -nell'Università parigina, che era come il centro -della vita intellettuale d'Europa, e dove da gran -tempo dominava indisturbato il clero secolare. I -nuovi ordini certo valevano ad imprimere più vigoroso -slancio agli studii, chè gli uomini più eminenti -del secolo quali Alberto Magno, S. Tommaso, -Francesco di Hales, S. Bonaventura appartenevano -<span class="pagenum" id="Page_455">[455]</span> -ai loro sodalizii. Ma l'autorità universitaria era ben -a ragione sospettosa di codesti novi insegnanti, i -quali formavano come un'accademia a parte, emula -dell'antica, ed insofferente di disciplina.<a class="tag" id="tag721" href="#note721">[721]</a> E la guerra -durò lunga ed ostinata, e non ostante le quaranta -bolle di Alessandro IV in favore degli ordini, non -si fece la pace se non quando ambo i litiganti furono -stanchi di lottare. -</p> - -<p> -In codeste congiunture fu pubblicato l'<i>Evangelo -eterno</i>, il quale porgeva un'arme così poderosa, -che si sospettò, manifestamente a torto, non fosse -stata fabbricata dagli stessi avversarii degli ordini.<a class="tag" id="tag722" href="#note722">[722]</a> -Certo è che il clero secolare se ne valse abilmente, -ed una copia del terribile libro fu mandata al Papa, -e Guglielmo di S. Amore, nella sua invettiva contro -<span class="pagenum" id="Page_456">[456]</span> -i mendicanti,<a class="tag" id="tag723" href="#note723">[723]</a> ne rilevò con mano maestra le pericolose -dottrine. Ma ora che ci venne fatto di ricordare -l'opuscolo del Rettore dell'Università parigina, -non sarà inopportuno fermarvisi alquanto per toccare -di alcune somiglianze, forse non abbastanza -avvertite, tra il fare dei Gioachimiti e quello di Guglielmo. -Tanto gli uni che l'altro sostengono essere -il loro tempo molto prossimo ad una grande catastrofe, -ed i segni precursori li rintracciano concordemente -colla scorta dell'<i>Apocalisse</i> e dei Profeti. -E deplorano entrambi le calamità del loro -secolo, e ne prevedono ancor maggiori nel prossimo -avvenire.<a class="tag" id="tag724" href="#note724">[724]</a> Ma non ostante siffatte simiglianze, -anzi forse a cagione di esse, il pensiero di Guglielmo -è proprio l'opposto del gioachimismo. Per i seguaci -dell'abate calabrese i falsi profeti, sorretti da perversi -e potenti re, saranno i sacerdoti sullo stampo d'Ario, -o altro dottore simigliante dalla facile parola, e -dall'argomentar sottile; per Guglielmo invece sono -i mendicanti stessi, che usurpano gli ufficii altrui, -e sotto il manto di falsa pietà desiderano maggiori -<span class="pagenum" id="Page_457">[457]</span> -poteri, guadagnando per mezzo delle donne il favor -popolare e per via dei cortigiani quello dei principi.<a class="tag" id="tag725" href="#note725">[725]</a> -Pei Gioachimiti l'avvenire della Cristianità -sta nella sostituzione degli ordini mendicanti al -clero secolare, per Guglielmo nel rifiorire del sacerdozio, -poi che saranno rimossi gli elementi perturbatori, -che ne minano la potenza.<a class="tag" id="tag726" href="#note726">[726]</a> Da questo -raffronto non credo temerario inferire che il libro -<i>De Periculis</i> s'è ispirato all'<i>Evangelo eterno</i>, ne è per -così dire la palinodia. -</p> - -<p> -E codesto rapporto tra i Gioachimiti e Guglielmo -di S. Amour non si smentisce neanco negli altri -scritti successivi, nè nel rifacimento del <i>De Periculis</i> -che va sotto il titolo <i>Collectiones catholicae et -canonicae scripturae ad defensionem ecclesiasticae hierarchiae</i>,<a class="tag" id="tag727" href="#note727">[727]</a> -nè nel libro <i>De Antichristo</i>, che dal Le -<span class="pagenum" id="Page_458">[458]</span> -Clerc venne rivendicato al nostro Guglielmo. Intorno -a quest'ultima opera va notato che il discorso sull'Anticristo -era comune a quanti credevano alla -prossima rinnovazione del mondo. Chi fosse quest'essere -misterioso, che dovea apportare tanti danni -alla Chiesa, quali segni l'avrebbero preceduto, in -qual tempo sarebbe nato, eran tutte dimande che -correvano per le bocche dei Gioachiti. L'abate calabrese -avea ben pensato d'intender per l'Anticristo -non un essere unico, bensì il complesso di tutti -gli oppositori e vecchi e novi della Chiesa; ma codesta -interpetrazione, così elastica, non bastava più -ai suoi successori, che amavano maggiore precisione -e determinatezza. E già sappiamo che la -maggior parte dei gioachiti intendeva Federigo II. -Guglielmo riprende l'interpetrazione di Gioacchino, -e lasciando nell'ombra la figura dell'Anticristo non -ha cura di determinare se non i suoi predecessori, -che già indoviniamo quali debbono essere, quei -falsi profeti, quegl'ipocriti, quei monaci girovaghi, -di cui si doleva la Regola di S. Benedetto.<a class="tag" id="tag728" href="#note728">[728]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_459">[459]</span> -</p> - -<p> -Ma torniamo al libro <i>De novissimis periculis</i>, -che fu come il grido d'allarme dato dal clero regolare -contro i frati mendicanti. Non occorre dire -che fu condannato nel 1256 da Alessandro IV, -strenuo protettore dei nuovi ordini.<a class="tag" id="tag729" href="#note729">[729]</a> Il Rettore dell'Università -parigina, difendendo la gerarchia cattolica, -e l'autorità dei vescovi contro le usurpazioni -fratesche avea stabilito che quest'ordinamento era -stato istituito direttamente da Gesù Cristo, e neanche -il Papa avrebbe potuto mutarla. Talchè quando -il Papa concedeva ai domenicani di predicare nel -suo nome, era da supporre vi sottintendesse il beneplacito -del vescovo, senza di che il governo della -diocesi non sarebbe stato affidato ad un solo capo, -ed il disordine e la ruina della Chiesa ne sarebbe -conseguita.<a class="tag" id="tag730" href="#note730">[730]</a> Codesta argomentazione feriva l'illimitata -<span class="pagenum" id="Page_460">[460]</span> -supremazia del Pontefice, nè v'è da far le meraviglie -che Alessandro l'abbia condannata. Nel -sostenere la causa dei domenicani il Pontefice sosteneva -la sua, perchè i frati e da predicatori e -da inquisitori si presentavano come legati del Papa, -e per quanto prestigio e credito togliessero all'autorità -episcopale, altrettanto ne crescevano alla -pontificia.<a class="tag" id="tag731" href="#note731">[731]</a> -</p> - -<p> -La condanna del <i>De Periculis</i> portava con sè -quella dell'<i>Evangelo eterno</i>; chè se quel libro colpiva -di fianco la gerarchia, questo la feriva nel -cuore. Nè Alessandro senza taccia di parzialità -avrebbe potuto passar sotto silenzio un libro denunziato -dall'Università, e mandato dal vescovo di -Parigi al predecessore Innocenzo IV. Ma d'altra -parte il Papa ben sapeva che l'opera incriminata -apparteneva a quel partito gioachimita, che contava -tanti illustri seguaci tra i francescani, a cominciare -da frate Giovanni da Parma, eletto a voti unanimi -generale dell'ordine sin dal 1247. Oltrechè una -censura pubblica del libro si sarebbe certo ripercossa -su quei frati, dei quali egli era stato sempre -il più strenuo difensore da cardinale, e seguitava -<span class="pagenum" id="Page_461">[461]</span> -ad esserlo da papa. Per queste ragioni decise di sottoporre -lo scritto incriminato ad una Commissione -di prelati consapevoli della gravità del verdetto, -che stavano per pronunziare. I commissarii si riunirono -tosto ad Anagni, e con tutta diligenza si -misero all'opera, come si pare dal resoconto delle -loro sedute, che tuttora si conserva in due manoscritti -della Biblioteca Nazionale di Parigi.<a class="tag" id="tag732" href="#note732">[732]</a> Ben -s'accorsero i giudici che l'<i>Evangelo eterno</i> constava -di due parti, l'una moderna, l'introduzione e le note, -<span class="pagenum" id="Page_462">[462]</span> -l'altra antica, le tre opere dell'abate Gioacchino;<a class="tag" id="tag733" href="#note733">[733]</a> -ma e l'una e l'altra condannarono del pari come -contrarie all'ortodossia, ed Alessandro s'accomodò -al loro giudizio. -</p> - -<p> -Fu giusta la sentenza dei giudici, e doveva -Gioacchino esser coinvolto nella condanna dei suoi -interpetri? Che l'Introduttorio e le note fossero -giudicate poco ortodosse non è da far le meraviglie, -perchè i Gioachimiti non ponevano nessuna -cura ad attenuare il contrasto tra il Vangelo del -Figlio e quello dello Spirito, ovvero sia l'<i>Evangelo -eterno</i>. E questa differenza abbiamo già notata -tra Gioacchino e i suoi seguaci, che mentre ei cerca -di attenuare il contrasto tra la legge presente e la -futura, e questa considera come l'integrazione di -<span class="pagenum" id="Page_463">[463]</span> -quella, i suoi discepoli al contrario tengono a rilevarne -le discrepanze.<a class="tag" id="tag734" href="#note734">[734]</a> E nell'Introduttorio vien dato -al nuovo Vangelo un nome differente chiamandolo, -ad imitazione dell'<i>Apocalisse</i>, <i>eterno</i> come se volessero -<span class="pagenum" id="Page_464">[464]</span> -contrapporlo ad un vangelo <i>mutevole e caduco</i>;<a class="tag" id="tag735" href="#note735">[735]</a> -laddove Gioacchino dichiara espressamente non esservi -due evangeli, ma un solo, nè usa mai il nome -di <i>Vangelo eterno</i> parlando del nuovo periodo, bensì -l'altro d'intelletto spirituale. -</p> - -<p> -L'Introduttorio non dubita di affermare che il -Nuovo Testamento avrà vigore solo fino al 1260, -e che da quel tempo in poi al vangelo di Cristo -succederà un nuovo vangelo, come ai sacerdoti di -Cristo sottentreranno altri sacerdoti; perchè nessuno -altro potrà insegnare la dottrina dello Spirito se -non quelli che a simiglianza degli apostoli vanno -a piè nudi.<a class="tag" id="tag736" href="#note736">[736]</a> Gioacchino non avrebbe mai tenuto un -linguaggio così irriverente. E certo non sono estratti -<span class="pagenum" id="Page_465">[465]</span> -dalle sue opere genuine quei passi arditi, che feriscono -la Chiesa romana, come questo, che a lei -appartiene la sola interpetrazione letterale del Nuovo -Testamento, non la più profonda e spirituale, e -che i Greci fecero bene a separarsi da essa, e che -la Chiesa greca cammina sulle orme dello Spirito -molto più che la latina.<a class="tag" id="tag737" href="#note737">[737]</a> Abbiamo già ricordate le preferenze -<span class="pagenum" id="Page_466">[466]</span> -di Gioacchino per la Chiesa greca; ma certo -non l'avrebbe esaltata di tanto egli che soleva rimproverarle -alcune istituzioni come il matrimonio dei -preti. Nè avrebbe in ogni modo approvato lo stacco -delle due Chiese, ei che tante volte lo avea rimpianto -nei suoi scritti. -</p> - -<p> -Non meno esplicite dell'Introduttorio son le -note, che senza alcun riguardo coloriscono quelle -parti, che Gioacchino lascia nell'ombra. Come ad -esempio nei luoghi della <i>Concordia</i> ove l'abate calabrese -aveva toccato dell'abbominio, che avrà luogo -nello scorcio del secondo periodo, le note ci dicono -che cosa s'intenda per codesto abbominio, che sarebbe -<span class="pagenum" id="Page_467">[467]</span> -il pseudo Papa, ovvero il Papa simoniaco che -regnerà sul finire del sesto tempo.<a class="tag" id="tag738" href="#note738">[738]</a> -</p> - -<p> -Ma se l'Introduttorio e le note usavano frasi -più incisive, e davano al pensiero di Gioacchino -maggiore precisione, non s'ha da inferire che la -dottrina, in esse insegnata, fosse diversa da quella -del pio abate. La copia di passi, raccolti dai giudici -di Anagni, mette fuor di dubbio, che nei punti -essenziali commento e testo andavan pienamente -d'accordo. La maggior parte delle immagini adoperate -nell'Introduttorio per colorire il rapporto -tra i tre periodi sono tolte di peso da Gioacchino, -sopratutto da un capitolo della <i>Concordia</i>, da noi -già citato altrove, ed accortamente rilevato dai -giudici di Anagni.<a class="tag" id="tag739" href="#note739">[739]</a> E se Gioacchino non adopera -la parola di <i>Vangelo eterno</i>, certo è che se avesse -<span class="pagenum" id="Page_468">[468]</span> -dovuto dare un nome all'interpetrazione allegorica -dei sacri testi, non ne avrebbe scelto un altro. Nè -solo i giudici di Anagni, ma i Gioachimiti stessi -citavano un luogo del <i>Decacordo</i>, a dimostrare che -con quella denominazione non si dipartivano dall'insegnamento -di Gioacchino.<a class="tag" id="tag740" href="#note740">[740]</a> Un altro punto rilevavano -a ragione i giudici di Anagni, l'esaltazione -del monachismo a scapito<a class="tag" id="tag741" href="#note741">[741]</a> del clero secolare. -Ed in verità se pure i commentatori leggevano negli -scritti di Gioacchino accenni a lui, a S. Domenico -<span class="pagenum" id="Page_469">[469]</span> -e S. Francesco, che egli non avea fatti, nè poteva -fare,<a class="tag" id="tag742" href="#note742">[742]</a> certo è che dei nuovi ordini mendicanti -non dicevano nè più nè meno di quel che avea -scritto lui intorno ai monaci spirituali. Il monachismo -per Gioacchino è un istituto, che col tempo -assorbirà tutti gli altri della Chiesa, quando al Vangelo -inteso secondo la lettera sottentrerà il vero -spirito evangelico. Allora succederà una profonda -innovazione, ed a quel modo che la legge mosaica -venne abolita all'apparire della nuova legge, così -il Vangelo letterale dovrà cedere alla nuova interpetrazione. -La parola <i>evacuatio</i> applicata al vangelo -non appartiene ai Gioachimiti, ma a Gioacchino -stesso, il quale, benchè non osasse confessarlo a sè -stesso, era pur portato dalla sua teoria dei tre stati -alla conseguenza, che il secondo debba scomparire -per far luogo al terzo.<a class="tag" id="tag743" href="#note743">[743]</a> E questa teoria avea profonde -<span class="pagenum" id="Page_470">[470]</span> -radici nelle sue convinzioni teologiche, formulate -non pure nell'opuscolo polemico che nel 1255 -<span class="pagenum" id="Page_471">[471]</span> -non esisteva più, ma nel <i>Decacordo</i>, e nel <i>De Articulis -fidei</i>, come appar chiaro dai passi, che i giudici -di Anagni seppero raccogliere.<a class="tag" id="tag744" href="#note744">[744]</a> -</p> - -<p> -La condanna dunque del Gioachimismo era giusta, -e per nulla esagerato il grido d'allarme levato dal -clero parigino. La dottrina dell'<i>Evangelo eterno</i> menava -dritto alla distruzione della gerarchia, stantechè -nel terzo periodo ha da prevalere quella -legge d'amore, che agguaglia tutti i membri della -società umana, sciogliendoli dai vincoli della subordinazione. -Non è dunque meraviglia che Alessandro -IV l'abbia solennemente riprovata, ingiungendo -al vescovo di Parigi di sequestrare e bruciare tutti -i libri dove fosse esposta.<a class="tag" id="tag745" href="#note745">[745]</a> -</p> - -<p> -Ma chi è l'autore dell'<i>Evangelo eterno</i>? L'Eccard, -che scrisse nella seconda metà del secolo decimoquarto, -<span class="pagenum" id="Page_472">[472]</span> -l'attribuisce secondo la comune tradizione -a Giovanni da Parma.<a class="tag" id="tag746" href="#note746">[746]</a> Il Salimbene invece nomina -esplicitamente un altro gioachimita, Gherardo di -S. Donnino.<a class="tag" id="tag747" href="#note747">[747]</a> E l'autorità del Salimbene, cronista -contemporaneo, e gioachimita anche lui, è tale, che -tutti gli scrittori moderni vi s'acquetarono. Il buon -frate, ammiratore ed amico del suo generale, avea -<span class="pagenum" id="Page_473">[473]</span> -certo tutto l'interesse di nascondere la verità, ma -che la sua testimonianza almeno in parte sia veridica, -è provato dal resoconto del processo di -Anagni, dove esplicitamente è detto che l'autore -delle note è frate Gherardo. Se non che è da dubitare -che l'autore delle note abbia anche scritto -l'Introduttorio, perchè gl'inquisitori d'Anagni nel -citare i passi dell'Introduttorio si sarebbero serviti -della stessa dicitura, che costantemente adoperano -per le note, nè avrebbero dato come anonimo l'Introduttorio, -mentre tutte le volte che vien fatto di -citare una nota, ripetono costantemente il nome -dell'autore.<a class="tag" id="tag748" href="#note748">[748]</a> L'ipotesi più semplice per spiegare le -reticenze è questa, che l'autore dell'Introduttorio sia -diverso da quello delle note, e che agl'inquisitori rincresca -di nominarlo. E se codesto autore fosse Giovanni -da Parma, che godeva una grande reputazione -di santità, ed a quel tempo era tuttora generale dell'ordine, -i riguardi degl'Inquisitori sarebbero facilmente -spiegabili.<a class="tag" id="tag749" href="#note749">[749]</a> Se la cosa stesse così, dovremmo -<span class="pagenum" id="Page_474">[474]</span> -ammettere che la compilazione dell'<i>Evangelo eterno</i> -non appartenga ad un solo, bensì a due e forse anche -a tre membri del partito gioachimita. L'un d'essi, -<span class="pagenum" id="Page_475">[475]</span> -il più autorevole, scrisse l'Introduzione generale, -l'altro o gli altri le glosse introduttive ed esplicative.<a class="tag" id="tag750" href="#note750">[750]</a> -</p> - -<p> -Questa ipotesi spiegherebbe perchè dopo la condanna -dell'<i>Evangelo eterno</i> venissero sottoposti a -processo non solo fra Gherardo, ma fra Giovanni -e fra Tommaso e tutti e tre condannati del pari. -Nè fanno intoppo le ragioni che il Wadding e -l'Affò hanno recato per scagionare fra Giovanni.<a class="tag" id="tag751" href="#note751">[751]</a> -<span class="pagenum" id="Page_476">[476]</span> -Perchè al di sopra di tutte le apologie sta il fatto -che fra Giovanni apparteneva al partito gioachimita, -anzi ne era come il capo e l'ispiratore.<a class="tag" id="tag752" href="#note752">[752]</a> E -noi vedemmo che tra l'Introduttorio e le opere -autentiche di Gioacchino non corre disparità sostanziale, -se non che in quello sono più nettamente e -con maggior vigore formolate le stesse dottrine, -insegnate in queste. Se dunque ripugna che abbia -scritto l'Introduttorio un uomo di grande pietà, da -Innocenzo IV mandato per gravi missioni in Grecia, -e da questo e da Niccolò III<a class="tag" id="tag753" href="#note753">[753]</a> preposto ad alti ufficii, -<span class="pagenum" id="Page_477">[477]</span> -ripugnerà altresì che egli abbia appartenuto -al partito gioachimita, e creduto nel prossimo avvenire -<span class="pagenum" id="Page_478">[478]</span> -di una nuova fase nella vita religiosa dell'umanità.<a class="tag" id="tag754" href="#note754">[754]</a> -</p> - -<p> -Ma chiunque sia stato l'autore dell'<i>Evangelo -eterno</i>, certo è che la condanna del libro fu un -terribile colpo per la frazione gioachimita dei francescani, -e le stesso generale dell'ordine, appartenente -a quella parte, fu costretto a dimettersi, come -<span class="pagenum" id="Page_479">[479]</span> -un tempo toccò al capo della parte moderata.<a class="tag" id="tag755" href="#note755">[755]</a> Gli -successe un uomo di gran cuore e di grande mente, -S. Bonaventura, il quale sapeva tenersi lontano dagli -eccessi dei due partiti, e difensore caloroso della -povertà, sapea pur tener conto dei temperamenti -necessarii alla pratica della vita. I cronisti francescani -raccontano che fra Giovanni stesso avea indicato -a suo successore fra Bonaventura. Ma questo -racconto, dovuto all'industre pietà dei narratori, -che amavano di attenuare i contrasti, e mostrare -l'ordine molto più unito di quel che in realtà fosse, -è in contraddizione con altre fonti gioachimite che -presentano sotto altra luce S. Bonaventura.<a class="tag" id="tag756" href="#note756">[756]</a> Però -<span class="pagenum" id="Page_480">[480]</span> -questo è fuor di dubbio, che il nuovo generale si -comportò con molta umanità verso il partito dei -gioachimiti; nè frate Ugone, nè il Ghiscolo, nè -altri molti furono molestati, benchè è da credere -che non abbiano rinunziato all'antica fede. I soli -perseguitati furono gli autori del libro condannato -<span class="pagenum" id="Page_481">[481]</span> -tra i quali lo stesso generale, testè rimosso.<a class="tag" id="tag757" href="#note757">[757]</a> -Non valse la dignità dell'ufficio disimpegnato con -apostolico zelo per lo spazio di dieci anni, non -<span class="pagenum" id="Page_482">[482]</span> -valse la santità della vita, e la grande reputazione -a salvare fra Giovanni, il quale insieme ai suoi -compagni, fra Gherardo e fra Leonardo, sarebbe -<span class="pagenum" id="Page_483">[483]</span> -stato condannato alla prigionia perpetua, se non -fosse accorso in suo ajuto il cardinale Ottoboni, -che fu poi papa Adriano V.<a class="tag" id="tag758" href="#note758">[758]</a> In grazia di questo -potente intercessore fu concesso a Giovanni di scegliersi -il luogo del suo ritiro, mentre Leonardo e -Gherardo morirono in prigione.<a class="tag" id="tag759" href="#note759">[759]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_484">[484]</span> -</p> - -<h4 id="cap2-2-V">V</h4> - -<p> -Queste misure di rigore portarono lo scoraggiamento -nei Gioachimiti, e parecchi senza dubbio -sentirono intiepidire la loro fede, come accadde al -Salimbene, che morto Federico II, prima di avere -apportato alla Chiesa gli estremi danni, cominciò -a dubitare delle dottrine a lui sì care, e le sconfessò -del tutto allorchè si chiuse il fatale anno -1260, senza la sperata innovazione.<a class="tag" id="tag760" href="#note760">[760]</a> Ma se i più -vacillavano, non mancava certamente chi tenesse -<span class="pagenum" id="Page_485">[485]</span> -fermo negli antichi convincimenti, e le dottrine di -Gioacchino rinfrescasse adattandole alle nuove condizioni. -Tale fu Pier Giovanni Olivi, col quale la <i>Cronaca</i> -a noi già nota comincia la quinta tribolazione. -</p> - -<p> -Nacque il nostro frate nel 1247 a Serignano -nella diocesi di Béziers; a dodici anni entrò nella -religione dei minoriti, il che non gl'impedì di fare -i suoi studii nell'Università parigina, ove prese il -grado di baccelliere.<a class="tag" id="tag761" href="#note761">[761]</a> Scrisse molti libri, tra i quali -uno in lode di Maria, ove pare avesse talmente -esaltata la vergine, che il generale dell'ordine, succeduto -a S. Bonaventura, fra Girolamo d'Ascoli, lo -condannò a bruciare il libro colle sue mani.<a class="tag" id="tag762" href="#note762">[762]</a> Questa -<span class="pagenum" id="Page_486">[486]</span> -prima persecuzione ebbe luogo nel 1278; e ben -presto le tenne dietro un'altra più grave. In un -Capitolo generale tenuto a Strasburgo nel 1282 fu -accusato d'eresia, e l'anno dopo il generale Bonagrazia -si recò a bella posta in Francia per fare -esaminare gli scritti di lui, che da una Commissione -di quattro dottori e tre baccellieri, furono condannati -come pericolosi. Nel frattempo il generale morì, -ed essendosi l'autore sottomesso,<a class="tag" id="tag763" href="#note763">[763]</a> le persecuzioni -<span class="pagenum" id="Page_487">[487]</span> -cessarono per ricominciare nel 1285, quando il nuovo -generale, Arlotto da Prato, lo chiamò a Parigi per -difendersi dalle accuse, che gli movevano Riccardo -di Middleton e Giovanni di Muro. Pietro v'andò e -si difese abilmente, e confuse così i suoi accusatori, -che il generale non ebbe animo di condannarlo.<a class="tag" id="tag764" href="#note764">[764]</a> -Cinque anni dopo ricominciarono le persecuzioni -<span class="pagenum" id="Page_488">[488]</span> -non in verità contro di lui, bensì contro i -suoi discepoli, che per ordine dell'antico generale -Girolamo Ascolano, divenuto ora papa Niccolò IV, -vennero inquisiti e condannati. Il maestro fu risparmiato -per quella volta;<a class="tag" id="tag765" href="#note765">[765]</a> ma nel 1292 ebbe novamente -a scolparsi innanzi ad un Capitolo tenuto -a Parigi, e fu salvo in grazia di alcune accorte dichiarazioni.<a class="tag" id="tag766" href="#note766">[766]</a> -Morì il 6 marzo 1297, e dal letto di -morte par che abbia ribadita la dottrina esposta -nei suoi scritti.<a class="tag" id="tag767" href="#note767">[767]</a> -</p> - -<p> -Di questi scritti io non conosco se non alcuni -opuscoli intorno alla povertà, ed i commenti all'Evangelo -di Matteo e di Luca manoscritti nella -<span class="pagenum" id="Page_489">[489]</span> -Laurenziana. Frammenti delle quistioni quodlibetali -ci sono conservati nella sentenza pronunziata dai -sette dottori nel 1282. Del <i>Commento all'Apocalisse</i> -abbiamo molti estratti nel rapporto della Commissione -dei teologi incaricata da Giovanni XXII dell'esame -di questo scritto.<a class="tag" id="tag768" href="#note768">[768]</a> -</p> - -<p> -Qual'era la dottrina insegnata in codesta opera? -La quistione dell'interpetrazione da dare alla Regola -<span class="pagenum" id="Page_490">[490]</span> -di S. Francesco, quando meglio si credeva -sopita rinasceva con maggior furore. Si era cercato -di sfuggirle dando la proprietà dei beni al Papa, -e l'uso di essi ai frati. Ma codesta finzione legale -salvava solo in apparenza la regola, che sotto il -pretesto di farne omaggio al Papa, i minoriti avrebbero -potuto accettare lasciti e doni non meno degli -altri ordini religiosi, e per tal guisa quelli, che si -dicevano mendichi o poveri di Cristo, poteano vivere -più lautamente dei benedettini. Rinacque dunque -la quistione, e gl'intransigenti con a capo Pier -Giovanni Olivi dicevano, che per conformarsi alla -<span class="pagenum" id="Page_491">[491]</span> -regola di S. Francesco non bastasse rinunziare alla -proprietà dei beni, ma anche il loro uso dovesse -andare ristretto nei più angusti confini. Per essere -veramente poveri bisognava che l'uso fosse povero -del pari. Certo era difficile definire in che cosa -consistesse l'uso povero, e codesta difficoltà dava -buon gioco agli avversari di cogliere in fallo la -dottrina degl'intransigenti;<a class="tag" id="tag769" href="#note769">[769]</a> ma chi voleva intendere, -sapeva bene a che tenersi. E si capiva benissimo -che i difensori dell'uso povero voleano proscrivere -tutto ciò che non fosse strettamente indispensabile -pel sostentamento della vita.<a class="tag" id="tag770" href="#note770">[770]</a> Così ad -<span class="pagenum" id="Page_492">[492]</span> -esempio è necessaria la casa, ove i frati possano -convivere, ma un comodo ed elegante fabbricato non -è lecito possederlo nè in proprietà nè tampoco in -usufrutto. È permesso servirsi del pane, che s'accatta -di porta in porta, ma è severamente proibito -di tenere ben provvisti i granai e le cantine del -convento.<a class="tag" id="tag771" href="#note771">[771]</a> Il seppellire i morti nella propria chiesa -è certo un'opera meritoria, ma i frati, a cui è vietato -di accettar denaro, non possono riscuotere -i diritti, che il clero secolare ricava dalle sepolture. -E se a cagione di siffatti guadagni il clero contende -ai frati questo pio ufficio, come tanti altri -parimenti lucrosi, dev'essere proibito severamente -di mover liti, che sono così contrarie allo spirito -<span class="pagenum" id="Page_493">[493]</span> -della Regola.<a class="tag" id="tag772" href="#note772">[772]</a> La quale impone severamente codesto -uso povero, e quelli, che le abbiano giurata obbedienza, -debbono osservarlo, se anche diventino vescovi -o cardinali. Codesto era un punto molto delicato. -La regola avea consigliato di schivare gli onori -ecclesiastici, ma in pratica anche i zelanti, come il -Salimbene, non che avversare, favorivano le promozioni -dei frati, per fermo assai vantaggiose all'ordine. -Volevano solo che anche nel nuovo stato -si sentissero tuttora membri dell'antico sodalizio, -ed alla regola strettamente si conformassero,<a class="tag" id="tag773" href="#note773">[773]</a> perchè -dal loro giuramento neanche il Pontefice li poteva -sciogliere. Dottrina ardita codesta, che limitava -<span class="pagenum" id="Page_494">[494]</span> -il potere del sommo gerarca, ed apriva il -varco a teorie più radicali. Per ora il pericolo era -lontano, perchè il pontefice Onorio III nella bolla -<i>Qui exiit</i> l'avea data vinta agl'intransigenti prescrivendo -l'uso povero, e condannando qualunque interpetrazione -o attenuazione che si volesse ulteriormente -dare della Regola.<a class="tag" id="tag774" href="#note774">[774]</a> Ma l'esperienza avea -provato che non sempre i pontefici se l'intendevano -col partito del rigore, e si poteva ben prevedere, -quello che di fatto avvenne, che la pace non sarebbe -durata lungo tempo.<a class="tag" id="tag775" href="#note775">[775]</a> Perchè gl'intransigenti -non aveano scordate le idee gioachimite, e contro -il clero secolare e la Chiesa di Roma seguitavano -a nutrire la diffidenza e l'odio, punto dissimulati -nell'<i>Evangelo eterno</i>. -</p> - -<p> -Che Pier Giovanni Olivi fosse tenero delle idee -gioachimite,<a class="tag" id="tag776" href="#note776">[776]</a> e le modificasse per adattarle ai tempi -<span class="pagenum" id="Page_495">[495]</span> -nuovi, è fuor di dubbio. Una prova inconfutabile -ce la porge il <i>Commento all'Apocalisse</i> scritto nello -stile non di Gioacchino, ma dei suoi più fervidi -commentatori, e dove son fatte all'interpetrazione -gioachimita quelle mende e ritocchi, necessarie ormai -per le mutate condizioni dei tempi. Così il re -dell'<i>Apocalisse</i> non sarà più Federigo II, già morto -da un pezzo, bensì qualcuno del seme maledetto, -che sarà per conquistare non pure l'impero romano, -ma la Francia eziandio.<a class="tag" id="tag777" href="#note777">[777]</a> Il terzo periodo -che per Gioacchino cominciava da S. Benedetto, e -per i gioachimiti dal 1200 (anno in cui Gioacchino -pubblicò i suoi libri) per l'Olivi invece comincia -<span class="pagenum" id="Page_496">[496]</span> -dal tempo in cui la regola di S. Francesco fu impugnata -e condannata dalla Chiesa carnale.<a class="tag" id="tag778" href="#note778">[778]</a> Per i -gioachimiti l'angelo che porta l'<i>Evangelo eterno</i> è -Gioacchino stesso, per l'Ulivi invece è S. Francesco, -il quale ad imitazione di Cristo risorgerà al tempo -delle tribolazioni, come ad imitazione del Crocifisso -portò le sacre stimate.<a class="tag" id="tag779" href="#note779">[779]</a> Per Gioacchino tutta la -<span class="pagenum" id="Page_497">[497]</span> -storia dell'umanità va divisa in sette periodi, per -l'Ulivi invece soltanto quel tratto di storia che -corre dalla predicazione di Cristo alla consumazione -dei secoli, sicchè a ciascuno di questi periodi -poneva cominciamento e fine diversi da quel -che solessero e Gioacchino, e i Gioachimiti insieme.<a class="tag" id="tag780" href="#note780">[780]</a> -Ma queste differenze non toccano l'accordo -fondamentale delle dottrine. Anche per l'Ulivi si -debbono distinguere tre fasi nel corso religioso -dell'umanità; la prima, che appartiene al Padre, -ove regna il timore e la legge; la seconda, che -appartiene al Figlio ove domina la sapienza, e si -predica l'evangelo; la terza che appartiene allo -Spirito, ove si svela tutta la verità, e la legge evangelica -viene intesa ed osservata in tutta la purità -<span class="pagenum" id="Page_498">[498]</span> -sua.<a class="tag" id="tag781" href="#note781">[781]</a> E come l'Evangelo pose fine alla legge mosaica, -così l'Evangelo nuovo farà cadere l'antico,<a class="tag" id="tag782" href="#note782">[782]</a> -ed al clero secolare che mal si conforma ai precetti -di Cristo sottentrerà il monacato che spoglio di -effetti terreni menerà una vita di sacrifizi e di povertà, -in una parola la Chiesa carnale, simboleggiata -nell'impura donna dell'<i>Apocalisse</i>, farà luogo -alla Chiesa spirituale.<a class="tag" id="tag783" href="#note783">[783]</a> Ma prima del trionfo la -<span class="pagenum" id="Page_499">[499]</span> -Chiesa spirituale sarà combattuta aspramente dalla -carnale, come il Cristianesimo fu perseguitato a -morte dalla Sinagoga.<a class="tag" id="tag784" href="#note784">[784]</a> E se S. Francesco non fu -condannato al pari di Cristo, e la guerra contro -al sodalizio francescano scoppiò non nel suo cominciamento, -ma alquanto più tardi, ciò si deve a varie -ragioni, tra le quali la principale che l'analogia -non esclude le differenze, e benchè la Chiesa carnale -dovesse comportarsi come la Sinagoga, non -era necessario che agisse con pari prontezza.<a class="tag" id="tag785" href="#note785">[785]</a> Codeste -lotte però non debbono scoraggiare i fedeli -seguaci dell'uso povero, perchè l'avvenire è loro, -nè molto andrà che sarà pronunziato il tremendo -giudizio sulla nuova Babilonia.<a class="tag" id="tag786" href="#note786">[786]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_500">[500]</span> -</p> - -<p> -Queste idee doveano incontrare fiera opposizione -non pure nel partito moderato, ma benanco in quella -parte degl'intransigenti, che pur professando la teoria -dell'uso povero, non volevano romperla colla -corte di Roma. E forse fino dalle prime persecuzioni -contro Giovanni Olivi si formarono i tre partiti, -a cui accenna la testimonianza di un beghino, -i Conventuali che si attenevano all'interpetrazione -più larga della Regola, i Fraticelli che abbracciavano -la più rigida ma non accoglievano per questo -le idee gioachimite, infine gli Spirituali che aspettavano -il trionfo dell'uso povero dalla totale rinnovazione -della Chiesa e del mondo.<a class="tag" id="tag787" href="#note787">[787]</a> Il nome di -<span class="pagenum" id="Page_501">[501]</span> -fraticelli sarà stato ancor prematuro al tempo di Giovanni -Olivi, ma non è men vero che il partito, che -più tardi prese questo nome, era già formato ed -ottenne dal pontefice Celestino V che si staccasse -dal resto dell'ordine e formasse una corporazione -a sè sotto il nome di Celestini o <i>pauperes heremitae -domini Coelestini</i>. Codesto sodalizio che aveva a capo -fra Liberato, ed a poeta fra Jacopone, fu costretto -ad esulare in Grecia, quando al Papa che fece per -viltate il gran rifiuto successe Bonifacio VIII.<a class="tag" id="tag788" href="#note788">[788]</a> -E neanche lì potè vivere in pace, ed i suoi membri -perseguitati per sollecitazione del Papa dal patriarca -di Costantinopoli ebbero a far ritorno in Italia. -<span class="pagenum" id="Page_502">[502]</span> -E fra Jacopone stette molti anni in prigione, e fra -Liberato morì di stenti e di crepacuore.<a class="tag" id="tag789" href="#note789">[789]</a> Simili travagli -ebbero a sostenere alcuni frati della Marca, -che condannati ad una carcere dura, non ne uscirono -se non per ripartire verso il lontano oriente, -ove parecchi subirono eroicamente il martirio.<a class="tag" id="tag790" href="#note790">[790]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_503">[503]</span> -</p> - -<p> -Ma più gravi furono le persecuzioni contro gli -Spirituali. Essi eran cresciuti così di numero che -quando fu assunto al cardinalato il generale Matteo -d'Acquasparta, al quale Dante rimprovera la fiacca -interpetrazione della regola, riuscirono a far nominare -all'alto ufficio uno dei loro, Raimondo Gaufrido, -amico ed ammiratore dell'Olivi.<a class="tag" id="tag791" href="#note791">[791]</a> E per fino -fuori dell'ordine francescano par che trionfasse la -loro propaganda, quando dopo due anni e tre mesi -di vacanza i cardinali levarono al soglio pontificio -<span class="pagenum" id="Page_504">[504]</span> -l'eremita Pietro de Morrone (1294). Ma queste -fortune durarono ben poco. Che dopo pochi mesi -il buon Celestino depose la tiara, e il suo successore -rimosse dall'ufficio fra Gaufrido sostituendogli -quel Giovanni di Muro, che era stato tra i più -fieri persecutori dell'Olivi. Allora ricominciarono -le dolorose prove per gli Spirituali. Il loro capo -non venne risparmiato neanco morto, chè il nuovo -generale avendone fatte condannare le opere da -un Capitolo generale, ordinò che si bruciassero insieme -al cadavere dell'autore, tolto alla pace del -sepolcro sei mesi dopo che v'era stato calato con -solenni esequie.<a class="tag" id="tag792" href="#note792">[792]</a> Fu proibito ai frati di leggere e -serbare libri maledetti, ed un fra Ponzio, che non -volle consegnarli al suo superiore morì in prigione -tra stenti e sofferenze incredibili, e molti altri frati -furono perquisiti ed incarcerati.<a class="tag" id="tag793" href="#note793">[793]</a> -</p> - -<p> -Ma codeste misure di rigore non scoraggiavano -i seguaci dell'Olivi, ed uno fra essi, Ubertino da -<span class="pagenum" id="Page_505">[505]</span> -Casale, ebbe il coraggio di prenderne le difese, e -scrivere contro i potenti accusatori una calda apologia. -Ubertino nacque nel 1259, e quattordicenne -entrò nell'ordine dei Minori. Lesse per nove anni -nello studio parigino, e tornato in Italia continuò -nell'insegnamento per altri quattro; poscia abbandonata -la cattedra si mise alla predicazione, fino a -che gli fu imposto silenzio dai suoi superiori, che lo -mandarono nell'eremo della Vernia, ove scrisse un -libro, tuttora esistente, <i>arbor vitae crucifixae</i>.<a class="tag" id="tag794" href="#note794">[794]</a> La -ragion per cui fu imposto silenzio al focoso predicatore -<span class="pagenum" id="Page_506">[506]</span> -non è difficile scoprire. Egli apparteneva -al partito intransigente, e forse pubblicò la sua -prima apologia di Giovanni Olivi alla morte di -Bonifazio VIII, quando si sperava che col nuovo -papa cessassero le fiere persecuzioni contro gli spirituali. -Mi pare molto improbabile che ei l'avesse -scritta prima, come sospetta il Wadding, perchè -da una parte non sarebbe andato impunito, e dall'altra -la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> dice espressamente -che fra Ubertino fu accusato al papa Benedetto -XI (1303-1304), e seppe così abilmente -difendersi da andare assolto.<a class="tag" id="tag795" href="#note795">[795]</a> Ma quando che fosse -scritta, l'apologia era intesa a provare: 1º che Pier -Giovanni nè nella Postilla all'<i>Apocalisse</i> nè in altro -libro non parlò mai irreverentemente della Chiesa, -alla quale invece si mostrò sempre devoto; 2º che -l'uso povero è siffattamente ortodosso da potersi -<span class="pagenum" id="Page_507">[507]</span> -dire la lampada della nostra fede;<a class="tag" id="tag796" href="#note796">[796]</a> 3º che le persecuzioni, -patite dai rigidi osservatori della Regola, -sono mostruose, ed il Papa deve interporre la sua -autorità per farle cessare. -</p> - -<p> -Così si rinnovarono le contese tra i conventuali -e gli zelanti, ed entrambi concordemente se ne appellavano -al Papa. Benedetto XI morì prima di poter -dare alcun provvedimento, ma il successore Clemente -V credette opportuno di riprendere la cosa -in esame. E chiamò in Avignone molti francescani, -tra i quali il generale dell'ordine che sosteneva -le ragioni dei conventuali, e l'ex generale fra Gauffrido, -<span class="pagenum" id="Page_508">[508]</span> -insieme ad Ubertino da Casale, fra Siccardo ed -altri molti, che rappresentavano la parte degli spirituali. -E comandò che fin che la controversia non -fosse composta dal collegio dei vescovi e cardinali -da lui stesso nominato, dovessero cessare tutte le -misure di rigore per ragione di opinione. E principalmente -quegli tra gli Spirituali, che egli aveva chiamati -alla Corte, sottrasse alla giurisdizione dei loro -superiori,<a class="tag" id="tag797" href="#note797">[797]</a> e volle che si riprendesse l'esame delle -dottrine di Pier Giovanni, e si definissero i punti -controversi della regola più chiaramente che non -fosse riescito a Niccolò III. -</p> - -<p> -Le discussioni durarono lungamente, i due partiti -si rimandarono le opposte accuse di licenziosi -od ipocriti colla consueta acredine. Gli uni rimproveravano -agli altri di voler scalzare l'ordine -colla fiacca interpetrazione della regola, e l'abbandono -di quello spirito di assoluto sagrifizio e di -fervida carità, che l'informa; gli altri replicavano -che la rovina dell'ordine viene da coloro che mettono -<span class="pagenum" id="Page_509">[509]</span> -la propria opinione al di sopra del dovere -d'obbedienza, ed intendono la regola in modo così -rigido da non potersi umanamente osservare.<a class="tag" id="tag798" href="#note798">[798]</a> Il più -abile tra tutti par che fosse Ubertino, perchè riuscì -non solo a convincere delle verità dell'uso povero, -ma benanco a scagionare Pier Giovanni dalle accuse -che gli si movevano. Ed in virtù di queste difese il -Papa nel Concilio di Vienna condannò alcune dottrine -teologiche di Pier Giovanni, ma tacque il nome dell'autore, -e pronunziò la sua decisione, come se si -trattasse di punti controversi, intorno ai quali prima -della decisione si potesse opinare in un modo o nell'altro -senza incorrere in eresia.<a class="tag" id="tag799" href="#note799">[799]</a> Le altre dottrine di -<span class="pagenum" id="Page_510">[510]</span> -Pier Giovanni, e certo le più importanti, come quella -dei tre stati e dell'uso povero non solo furono risparmiate, -ma una di esse fu solennemente adottata -nella nuova interpetrazione che Clemente dette -della regola francescana.<a class="tag" id="tag800" href="#note800">[800]</a> Gl'intransigenti trionfarono -di nuovo, ma anche questa volta per poco. -Il partito dei conventuali, non ostante la vittoria -<span class="pagenum" id="Page_511">[511]</span> -dei loro avversarii, riuscì nel 1313 a creare generale -dell'ordine uno dei suoi, frate Alessandro -di Alessandria, stato già appo Clemente uno dei -più vigorosi difensori dell'ordine contro Ubertino -di Casale e gli altri seguaci dell'Olivi.<a class="tag" id="tag801" href="#note801">[801]</a> Il che prova -quanto fosse numeroso ed audace codesto partito, -il quale anche dopo le raccomandazioni di Clemente -non cessava di perseguitare gli spirituali.<a class="tag" id="tag802" href="#note802">[802]</a> -</p> - -<p> -Per tal guisa seguitarono i dissidii, principalmente -nella provincia toscana, ove gl'intransigenti, -seguendo l'esempio dei Celestini, decisero di staccarsi -dall'ordine, e formare un corpo a sè.<a class="tag" id="tag803" href="#note803">[803]</a> Parimenti -<span class="pagenum" id="Page_512">[512]</span> -nelle provincie di Narbona e di Béziers, ove -la memoria di fra Pier Giovanni era più viva, i frati -zelanti non vollero più far vita comune coi loro avversarii, -e vestita una tunica più corta e tutta logora -e rattoppata, si ridussero in meschini ricoveri, -ove metteano in pratica le regole dell'uso povero. -Codesti frati, che si dissero per umiltà fraticelli, -non poterono certo trarre dalla loro tutti gli spirituali, -e molto meno il capo, Ubertino da Casale, -il quale ben sapeva, che entrando nella nuova comunità -avrebbe perduto in un punto tutto il favore, -che s'era acquistato presso il Papa. Nè furono -più fortunati appo Clemente, il quale pur approvando -l'uso povero, non volea a nessun patto che -<span class="pagenum" id="Page_513">[513]</span> -servisse di pretesto ad una scissione dell'ordine. E -scrisse lettere severe ai vescovi di Genova, Lucca e -Bologna per richiamare i dissidenti all'obbedienza, -e fulminò la scomunica contro i ricalcitranti.<a class="tag" id="tag804" href="#note804">[804]</a> Perlochè -come al tempo di Celestino, si formarono ora -di nuovo i tre partiti nell'ordine dei francescani, i -conventuali, i dissidenti o fraticelli, gli spirituali. Ma -gli ultimi due insieme uniti non eguagliavano nè -per numero nè per forza il primo, il quale ben seppe -trarre profitto dall'errore commesso dai dissidenti -toscani e narbonesi per agire più severamente contro -gli avversarii. E le circostanze stesse furono loro -propizie, che a non lungo andare morì Clemente V -(20 aprile 1214), e dopo una vacanza di due anni -<span class="pagenum" id="Page_514">[514]</span> -e quattro mesi fu assunto al trono pontificio un -uomo punto mistico e poco scrupoloso, Giovanni XXII -(scelto il 7 agosto, e coronato il 5 settembre 1316). -Allora il partito dei conventuali ebbe la mano libera; -il nuovo generale Michele da Capua potè agire energicamente -contro i dissidenti, e lo stesso Ubertino -da Casale ebbe a chiedere in grazia al nuovo Papa -il trapasso dall'ordine francescano a quello dei -benedettini. Strano destino del capo degli spirituali, -il quale dopo aver predicata la necessità dell'uso -povero, entra nell'ordine, che a detta di Gioacchino -più si allontanava da quell'uso.<a class="tag" id="tag805" href="#note805">[805]</a> -</p> - -<h4 id="cap2-2-VI">VI</h4> - -<p> -Con Giovanni XXII comincia un'altra fase del -movimento francescano. Ad istanza del generale -Michele da Cesena il nuovo Papa non solo scrisse -lettere più incalzanti a principi e vescovi contro i -<span class="pagenum" id="Page_515">[515]</span> -dissidenti,<a class="tag" id="tag806" href="#note806">[806]</a> ma nell'aprile del 1317 in loro danno -pubblicò la costituzione <i>Quorundam</i> per stabilire -che la qualità della tunica e le sue dimensioni debbono -essere determinate dai superiori locali, ed al -loro giudizio venga lasciato se pei bisogni del convento -si debbano tener provvisti e granai e cantine.<a class="tag" id="tag807" href="#note807">[807]</a> -La povertà, aggiunge il Papa, è una grande cosa, -ma al di sopra di lei sta la conservazione di sè, -e al di sopra di entrambe l'obbedienza ai legittimi -superiori.<a class="tag" id="tag808" href="#note808">[808]</a> Così la quistione dai meschini piati frateschi -era sollevata alla sua vera altezza. Da una -parte s'affermava come primo dovere quello dell'obbedienza -assoluta, senza di che è impossibile la -<span class="pagenum" id="Page_516">[516]</span> -rigida gerarchia, dall'altro si teneva duro a metter -l'osservanza scrupolosa della regola innanzi a qualunque -altro dovere. Imperocchè, la regola è come -l'Evangelo di Cristo, e chiunque porti offesa a lei, -viola la fede; nè c'è persona, per quanto alto sia -il suo ufficio, che stia al di sopra della Regola; -talchè quando o il Papa o altro chiunque comandi -qualche cosa che sia contro questa, gli si deve per -la salvezza dell'anima negare obbedienza. Tali dottrine -sostenevano gl'intransigenti francescani, e -quattro di essi nel 1318 in Marsiglia anzi che sconfessarle, -preferirono di lasciare la vita sul rogo<a class="tag" id="tag809" href="#note809">[809]</a> -e molti altri fuggirono appo gl'infedeli.<a class="tag" id="tag810" href="#note810">[810]</a> Certo non -<span class="pagenum" id="Page_517">[517]</span> -eran nuove, e l'inquisitore a ragione ne riconobbe la -prima fonte nell'Olivi, le cui opere vennero in quel -tempo ancora una volta esaminate e condannate.<a class="tag" id="tag811" href="#note811">[811]</a> -Ma se l'Olivi aveva detto che S. Francesco era -come un nuovo Cristo, che sofferse al pari di lui, -e forse come lui risorgerà, ora s'aggiunge che la -Regola bandita da S. Francesco, per diretta inspirazione -di Dio è da tenersi non meno del Vangelo, -ed al pari di quello non può essere nè abolita, nè -forse anco modificata.<a class="tag" id="tag812" href="#note812">[812]</a> E la vita povera, che essa -<span class="pagenum" id="Page_518">[518]</span> -prescrive, è la vera vita evangelica, perchè nè Cristo, -nè gli Apostoli possedevano nulla in proprio, ed a -simiglianza dei frati spirituali andavan ramingando -e stentando la vita.<a class="tag" id="tag813" href="#note813">[813]</a> -</p> - -<p> -La quistione, come si vede, si faceva grossa. -Non si trattava più di sapere quanti centimetri -dovesse esser lunga la tunica, o di qual rozzo panno -contesta; nè si chiedeva più se fosse lecito tener -granai e cantine, o stringere contratti per mezzo -dei procuratori. Gl'intransigenti sotto questi meschini -pretesti miravano ben più alto, a dichiarare -cioè che la vita prescritta dalla regola non differisce -dall'evangelica, e che ad essa si fosse conformato -Gesù, e gli Apostoli, e ad essa quindi dovrebbero -conformarsi non soltanto i frati Minori, ma -i cristiani tutti che debbono porre l'Evangelo a -norma della loro vita; il che è come dire che non -solo il clero, ma tutta la Cristianità dovesse tramutarsi -in un vasto cenobio francescano. Contro siffatte -<span class="pagenum" id="Page_519">[519]</span> -massime protestavano già da un pezzo i frati domenicani, -emuli dei francescani, e professanti anche -loro il vòto di povertà, ma così temperato che ben -poco differivano per codesto capo degli altri ordini; -ed uno di essi, l'inquisitore fra Giovanni di Belna,<a class="tag" id="tag814" href="#note814">[814]</a> -citò al suo tribunale un beghino narbonese per -avere affermato secondo un'antica cronaca «che -Cristo e gli apostoli, via di perfezione seguitando, -niuna cosa ebbono per ragione di proprietade e di -signoria nè in ispeziale, nè eziandio in comune. Il -quale inquisitore, seguita la cronaca, vogliendo giudicare -il detto bighino, chiamò a consiglio tutti -i priori e guardiani e lettori de' religiosi e molti -altri savi. Intra' quali fu presente frate Beringario -Talloni, lettore nel convento de' frati minori da -Nerbona. Et intra l'altre cose che il predetto inquisitore -fece leggere, (si fu) il predetto articolo -della povertade di Cristo e degli appostoli suoi, per -lo quale voleva condannare questo cotale bighino. -Ma il predetto frate Beringario lettore, sopra il -detto articolo richiesto, rispuose che questo dire -non era eretico, ma era dottrina sana, cattolica e -fedele massimamente, conciò sia cosa che questo -fosse diffinito per la chiesa cattolica nella dicretale -che comincia: <i>Exijt q. seminat</i>. La quale cosa fatta, -nè più nè meno, come se il detto lettore avesse -<span class="pagenum" id="Page_520">[520]</span> -affermata eresia, il predetto inquisitore comandò a -questo medesimo lettore che il detto suo immantinente, -in presenza di tutti, rivocasse. Il quale -lettore non volse rivocare per niuno modo, ma imperò -ch'era costretto a rivocare quella cosa che -era sana e cattolica, e come sana e cattolica diffinita -per la chiesa. E temendo per questo d'essere -agravato per molti modi contra la giustizia, alla -sedia appostolica solennemente appellò, e colla sua -appellazione venne a Vignone dove il predetto papa -Giovanni allora colla sua corte risedeva».<a class="tag" id="tag815" href="#note815">[815]</a> -</p> - -<p> -La quistione, sottoposta al Papa, era ben grave. -Deciderla contro i francescani non si poteva senza -contraddire alla bolla <i>Qui exiit</i>, ben a proposito -<span class="pagenum" id="Page_521">[521]</span> -invocata da fra Berengario;<a class="tag" id="tag816" href="#note816">[816]</a> deciderla contro i domenicani -sarebbe stato lo stesso che darla vinta -agl'intransigenti, contro i quali Giovanni avea già -cominciato a pronunziarsi. In tanta incertezza il -Papa sottopose la vertenza ai più dotti teologi, e -tra gli altri ad Ubertino da Casale, il quale per -mostrarsi nello stesso tempo grato al suo protettore, -che gli avea concesso il passaggio ai benedettini -e fedele al suo partito emise un parere, che -dovea contentar tutti, e tutti scontentò.<a class="tag" id="tag817" href="#note817">[817]</a> Le mezze -misure ormai a nulla approdavano. Al punto cui -erano giunte le cose bisognava prender partito o -per l'uno o per gli altri,<a class="tag" id="tag818" href="#note818">[818]</a> e Giovanni lo prese animosamente, -e dopo un lungo concistoro,<a class="tag" id="tag819" href="#note819">[819]</a> si decise -a revocare la bolla di Niccolò III, dichiarando: la -vera interpetrazione della Regola non essere peranco -trovata; e dopo le nuove quistioni insorte -<span class="pagenum" id="Page_522">[522]</span> -occorrere nuovi studii per risolverle, ed esser quindi -necessario, di togliere il divieto delle glosse e commenti, -per lasciar campo alla libera discussione,<a class="tag" id="tag820" href="#note820">[820]</a> -dalla quale sarebbe emersa la verità. -</p> - -<p> -Questa misura radicale provocò le proteste di -tutti i francescani. Non solo gli spirituali ed i fraticelli, -ma benanco i conventuali se ne risentirono, -e lo stesso generale fra Michele da Cesena, che -sinora avea agito con tanta energia contro i dissidenti, -ed insieme all'inquisitore narbonese avea -dichiarate eretiche le dottrine dei beghini e spirituali, -ora credendo minacciate le fondamenta stesse -dell'ordine, si mise a capo dell'opposizione contro -il Papa. E convocato un Capitolo generale in Perugia -il 4 giugno 1322, fece dichiarare solennemente -«che la renunziazione della proprietà di -tutte le cose sì in speciale come eziandio in comune -fatta per Dio, è meritoria e santa, la quale -renunziazione Cristo, via di perfezione mostrando, -per parola la 'nsegnò, e per esemplo la confermò; -e la quale i primi fondatori della Chiesa militante, -cioè li apostoli, sì come da essa fonte, cioè Cristo, -aveano attinto, in coloro che volgliono perfettamente -vivere, per rivi di dottrina e di loro vita, -dirivarono. La quale determinazione della Chiesa -<span class="pagenum" id="Page_523">[523]</span> -nel VI libro per essa Chiesa cattolica è inframessa -e per altra decretale nel Concilio di Vienna promulgata -e divulgata...... Et ultimamente per lo -santissimo padre e signiore, messer Giovanni, per -divina provvidenzia, papa vigesimo secundo, in alcuna -sua dichiarazione fatta sopra la regola e sopra -lo stato de' frati minori, che comincia: <i>Quorundam -exiit</i>, è questa medesima dichiarazione molto commendata, -come santamente composta, soda, lucida -e con molta maturità esaminata».<a class="tag" id="tag821" href="#note821">[821]</a> -</p> - -<p> -Tale protesta fu come un guanto di sfida al -Papa, e Giovanni lo raccolse. E per tutta risposta -pubblicò la celebre bolla <i>ad Conditorem</i>, nella quale -sostenne esser lecito di revocare i decreti e le costituzioni -dei predecessori, quando l'esperienza, maestra -<span class="pagenum" id="Page_524">[524]</span> -della vita, dimostra che falliscono al fine per -cui furono promulgate. E criticò con vigore l'espediente -imaginato dai suoi predecessori di attribuire -alla Chiesa la proprietà di quello, che i frati minori -usano per le necessità della vita. Imperocchè, ei -dice, v'ha cose che struggendosi coll'uso non consentono -ne sia proprietaria una persona diversa da -chi le adopera. E nel fatto i mendicanti più che -usufruttuari ne sono i veri padroni, e le vendono -e le barattano, quando loro torni, per mezzo dei loro -procuratori, talchè la Chiesa ha solo di nome siffatta -proprietà, della quale altri raccoglie i frutti, ella -invece i danni e l'onta d'interminabili liti. Per -queste ragioni Giovanni dichiarò di rinunziare alla -proprietà dei beni spettanti ai frati minori all'infuori -degli stabili, o degli arredi delle chiese,<a class="tag" id="tag822" href="#note822">[822]</a> sicchè -i minoriti contro loro volere tornavano proprietarii -a simiglianza degli emuli loro, i frati predicatori. -Era una misura audace codesta, ed i francescani -<span class="pagenum" id="Page_525">[525]</span> -per mezzo del loro procuratore Buonagrazia -da Bergamo<a class="tag" id="tag823" href="#note823">[823]</a> seppero ben rilevare come rompesse -contro la tradizione pontificia da Gregorio IX a Clemente -V; ma Giovanni tenne duro, e messo in prigione -l'audace autore della protesta, ritirò la prima -bolla per pubblicarne un'altra più diffusa sotto la -stessa data e colla stessa iniziale della precedente.<a class="tag" id="tag824" href="#note824">[824]</a> -Nè di ciò pago, più tardi con decretale del 12 novembre -1323 condannò come eretica la dottrina sostenuta -dal Capitolo generale di Perugia intorno alla -povertà di Cristo e degli apostoli.<a class="tag" id="tag825" href="#note825">[825]</a> E facendosi contro -<span class="pagenum" id="Page_526">[526]</span> -codesta bolla sempre più vive le opposizioni, -alle quali fece eco Ludovico il Bavaro nella protesta -di Sachsenhäusen,<a class="tag" id="tag826" href="#note826">[826]</a> non dubitò Giovanni di difenderla -nella decretale del novembre 1324, combattendo -punto per punto gli argomenti degli avversarii.<a class="tag" id="tag827" href="#note827">[827]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_527">[527]</span> -</p> - -<p> -Ma non ostante che la lotta fosse già così -ardente, pure i minoriti non seguirono l'esempio -dell'Imperatore, e per tre anni di seguito agirono -copertamente senza romperla del tutto col Papa; -talchè il loro generale quando fu chiamato alla -corte pontificia,<a class="tag" id="tag828" href="#note828">[828]</a> si fece scusare per la malattia, che -lo tratteneva a Tivoli,<a class="tag" id="tag829" href="#note829">[829]</a> e non appena ristabilito si -recò in Avignone. Se non che ben presto le cose -volsero al peggio. Il Papa nell'udienza solenne del -9 aprile 1328 amaramente rimproverava il generale -francescano della sua resistenza ai decreti pontifici,<a class="tag" id="tag830" href="#note830">[830]</a> -e dal suo canto il generale non pure tenne fermo -nelle sue idee, ma per sottrarsi all'ira pontificia -fuggì la notte del 25 maggio accompagnato dai -frati Occam e Bonagrazia, e tutti insieme ripararono -<span class="pagenum" id="Page_528">[528]</span> -in una nave imperiale, che li trasportò a Pisa.<a class="tag" id="tag831" href="#note831">[831]</a> -Gli avvenimenti incalzavano rapidamente. In un'adunanza -tenuta nella Piazza di S. Pietro in Roma il 18 -aprile dello stesso anno Ludovico, mettendo in pratica -le idee rivoluzionarie dei suoi consiglieri Marsilio -da Padova e Giovanni di Gianduno, avea deposto -come eretico il papa Giovanni, e nel 12 maggio -successivo gli avea sostituito a voce di popolo -il minorita Pietro da Corbara, che prese il nome -di Niccolò V.<a class="tag" id="tag832" href="#note832">[832]</a> Non occorre dire che all'Imperatore -s'unirono i francescani fuggiti d'Avignone, ed una -testimonianza della loro opera ce la porge la nuova -edizione fatta a Pisa della sentenza, già pubblicata -a Roma contro papa Giovanni.<a class="tag" id="tag833" href="#note833">[833]</a> Dopo questi fatti -<span class="pagenum" id="Page_529">[529]</span> -scoppiò aperta la guerra tra la Curia e gli uomini -più eminenti dell'ordine francescano. Il Papa depose -Michele di Cesena dal suo ufficio, e scomunicò -con lui i compagni Bonagrazia ed Occam,<a class="tag" id="tag834" href="#note834">[834]</a> e dal -canto suo il generale francescano pubblicò in Pisa -prima una lettera giustificativa della sua condotta<a class="tag" id="tag835" href="#note835">[835]</a> -e poi due proteste contro i decreti del Papa, dei quali -si appellava al giudizio di tutta la Chiesa.<a class="tag" id="tag836" href="#note836">[836]</a> Alle ragioni -<span class="pagenum" id="Page_530">[530]</span> -addotte in codesti scritti il Papa credette di -rispondere nella bolla <i>Quia vir reprobus</i>,<a class="tag" id="tag837" href="#note837">[837]</a> e di rimando -<span class="pagenum" id="Page_531">[531]</span> -il generale minorita pubblicò un'altra protesta, -che ribadiva le accuse contro Giovanni, combattendone -le difese.<a class="tag" id="tag838" href="#note838">[838]</a> Al generale si associarono -<span class="pagenum" id="Page_532">[532]</span> -altri minoriti, nè solo i suoi compagni di fuga -Occam e Bonagrazia, ma benanco il provinciale tedesco -Enrico di Thalheim e Francesco d'Ascoli. -Ed insieme pubblicarono uno scritto contro la nomina -del nuovo generale frate Oddone fatta nel Capitolo -di Parigi il 10 giugno 1329,<a class="tag" id="tag839" href="#note839">[839]</a> e quando da -molte parti si faceano vive premure al Cesenate -perchè si riconciliasse col Pontefice, ei lo incoraggiavano -a tener fermo salvando il suo diritto e -l'autorità sua.<a class="tag" id="tag840" href="#note840">[840]</a> Il più celebre tra loro era certo il -provinciale inglese Guglielmo Occam, non meno -forte d'ingegno che d'animo, il quale ben protestava, -che se pure i più piegassero, se pure lo -<span class="pagenum" id="Page_533">[533]</span> -coprissero di vituperii, ei seguiterebbe sempre a difendere -la verità, finchè gli bastino la mano e la -penna.<a class="tag" id="tag841" href="#note841">[841]</a> -</p> - -<p> -E tenne per fermo la promessa, e nel corso di -venti anni non ismise mai di scrivere per la causa, -che i più l'un dopo l'altro disertavano. Intorno -al 1330<a class="tag" id="tag842" href="#note842">[842]</a> compose in novanta giorni un'opera voluminosa, -in cui seguendo passo per passo la bolla <i>Quia -vir reprobus</i>, riassume da prima le ragioni ivi addotte, -e poi con più largo discorso espone le risposte -<span class="pagenum" id="Page_534">[534]</span> -degli avversarii.<a class="tag" id="tag843" href="#note843">[843]</a> Più tardi, poichè Giovanni XXII -in concistoro ebbe dichiarato che della visione -beatifica non potessero godere i trapassati se non -dopo ripreso il loro corpo, scrisse animosamente -contro la nuova dottrina del Papa.<a class="tag" id="tag844" href="#note844">[844]</a> Ed alla morte -<span class="pagenum" id="Page_535">[535]</span> -di lui, quando fu certo che il successore Benedetto -XII seguiva la stessa via del predecessore, -ritornò anch'egli sull'antica polemica, pubblicando -il compendio degli errori di Giovanni XXII.<a class="tag" id="tag845" href="#note845">[845]</a> In -questi faticosi lavori, col vuoto argomentare scolastico, -infarcito di sottili distinzioni e di citazioni -infinite, vengono provate le tesi francescane sulla -povertà assoluta e sulla vita apostolica, e contro -alle teorie di Giovanni XXII è rifermata la distinzione -tra la proprietà e l'uso anco nelle cose consuntibili. -<span class="pagenum" id="Page_536">[536]</span> -Ma in fondo a codeste quistioni, che paiono -e sono oziose, si nascondeva un'altra ben più grave -sui limiti della potestà papale. E l'Occam, d'accordo -colle proteste del suo generale, credeva che -il Papa non potesse revocare le decisioni dei suoi -predecessori in fatto di costumi o di domma,<a class="tag" id="tag846" href="#note846">[846]</a> tanto -più se codeste dottrine sono o chiaramente insegnate -nei libri sacri, o approvate dalla Chiesa universale. -E se ardisce di farlo è manifestamente eretico, -e per conseguenza perde ipso facto ogni autorità -e dignità.<a class="tag" id="tag847" href="#note847">[847]</a> Nè alcun cattolico è tenuto ad obbedirgli, -<span class="pagenum" id="Page_537">[537]</span> -anzi tutti debbono fuggirlo se non vogliono -intingersi della sua pece. Nè vale il dire che non -essendovi al di sopra del Papa altra autorità, non -si può nè convincerlo d'eresia, e molto meno appellarsi -di lui ad un tribunale superiore;<a class="tag" id="tag848" href="#note848">[848]</a> perchè, -dice Occam, al di sopra del Papa sta la Chiesa ed il -Concilio che la rappresenta. Così stante l'appello -il Papa deve astenersi da qualunque decisione e -rimettersene al Concilio, che ha da essere immantinenti -convocato. Se ardisce di levarsi a giudice, -egli che è parte; se nega di riunire il Concilio e -ne usurpa l'autorità, è eretico manifesto,<a class="tag" id="tag849" href="#note849">[849]</a> e tale -lo dovrebbero dichiarare i custodi della fede, i -vescovi, e deporlo dall'alto ufficio, che ei mal sa -<span class="pagenum" id="Page_538">[538]</span> -reggere. E quando i vescovi si rifiutino, l'Imperatore -stesso, se cattolico, varrà a condannarlo.<a class="tag" id="tag850" href="#note850">[850]</a> -</p> - -<p> -Quest'ultima sentenza si legge nell'opera pubblicata -intorno al 1338, ove si discutono otto gravi -quistioni intorno all'Impero ed ai suoi rapporti colla -Chiesa.<a class="tag" id="tag851" href="#note851">[851]</a> L'Occam, al pari degli altri minoriti, non -abbracciava le idee radicali dei consiglieri laici di -Ludovico, come Gianduno e Marsilio da Padova; -nè credeva che si dovesse rompere così contro la -tradizione da rimettere nel popolo di Roma la -fonte dell'autorità imperiale, e s'oppose al giurista -imperiale Leopoldo di Bamberga, che in parte rinnovava -<span class="pagenum" id="Page_539">[539]</span> -le idee del <i>Defensor pacis</i>.<a class="tag" id="tag852" href="#note852">[852]</a> Ciò non pertanto -opinava che le due autorità, la spirituale e la temporale, -non pure non si potessero riunire in una -persona, ma fossero così indipendenti, che l'una -non dovesse tenersi per la fonte dell'altra.<a class="tag" id="tag853" href="#note853">[853]</a> Egli -<span class="pagenum" id="Page_540">[540]</span> -in verità era d'avviso che il re dei Romani non -potesse assumere il nome d'Imperatore senza la -coronazione e l'unzione sacerdotale, ed in questo -punto certo non andava ai versi di Ludovico;<a class="tag" id="tag854" href="#note854">[854]</a> ma -a differenza dei papisti sosteneva che la coronazione -e l'unzione non conferiscono poteri temporali, bensì -doni spirituali soltanto.<a class="tag" id="tag855" href="#note855">[855]</a> Talchè allorquando l'autorità -ecclesiastica, che per consuetudine soleva -ungere o coronare il re eletto, si rifiuti, può bene -farne le veci un altro arcivescovo,<a class="tag" id="tag856" href="#note856">[856]</a> il quale non -<span class="pagenum" id="Page_541">[541]</span> -cessa pertanto di essere suddito del sovrano che -incorona.<a class="tag" id="tag857" href="#note857">[857]</a> -</p> - -<p> -Da queste citazioni ben si raccoglie come l'Occam -non fosse da meno di nessuno nel sostenere -la causa dell'Imperatore, il quale, non perchè sia -cristiano, ha perduto nulla dei diritti, che spettavano -ai suoi predecessori pagani. E se questi decidevano -intorno alle cause matrimoniali, perchè il -loro successore non potrà fare altrettanto? Lo può, -e lo deve quando sopratutto l'interesse di Stato lo -consiglia, come nel caso del figlio di Ludovico e -della principessa Margherita, il cui matrimonio con -Giovanni Enrico di Boemia non essendo stato consumato, -si può tenere per apparente più che per -reale.<a class="tag" id="tag858" href="#note858">[858]</a> Questi concetti sono chiaramente ripetuti -<span class="pagenum" id="Page_542">[542]</span> -nella terza parte di quella voluminosa opera intitolata -<i>il Dialogo</i>, ove l'Occam fa discutere da un maestro -ed un discepolo le quistioni più ardenti del suo -tempo.<a class="tag" id="tag859" href="#note859">[859]</a> Anche qui la teoria, che attribuisce al Papa -una padronanza assoluta non pure nelle cose spirituali, -ma nelle temporali, vien condannata come -falsa, perniciosa ed eretica, perchè contraddice all'essenza -stessa del Cristianesimo che sta nella libertà; -laddove se il Papa avesse un così sconfinato -potere sui fedeli, la legge di Cristo sarebbe più dura -<span class="pagenum" id="Page_543">[543]</span> -e più tirannica della legge mosaica.<a class="tag" id="tag860" href="#note860">[860]</a> Parimenti eretica -e contraria alle sacre carte è l'altra teorica, derivata -dalla precedente, che riadduce al Sommo Pontefice -l'autorità imperiale.<a class="tag" id="tag861" href="#note861">[861]</a> Non che l'Occam creda -l'Impero sia una istituzione sacra, emanante direttamente -<span class="pagenum" id="Page_544">[544]</span> -da Dio; imperocchè già notammo nell'Introduzione, -che ei lo tiene per una creazione umana, -voluta per fermo da Dio, ma nata da certi bisogni -degli uomini, e vôlta ad alcuni fini, e ben peritura -quando quei bisogni cessino o quei fini falliscano.<a class="tag" id="tag862" href="#note862">[862]</a> -<span class="pagenum" id="Page_545">[545]</span> -Però fin che vige l'Impero, tutti debbono inchinarsegli, -e l'Imperatore, il cui dominio s'estende per -quanto gira il mondo, non pure sugli averi e sulla -libertà dei suoi sudditi ha piena potestà (in quanto -almeno alla legge di natura non contraddica, ed al -bene pubblico conferisca);<a class="tag" id="tag863" href="#note863">[863]</a> ma benanco sulle cose -e persone spirituali esercita diritti. E talvolta può -bene nominare i papi, non in quanto imperatore per -fermo, ma come rappresentante del laicato, ed in -particolare del popolo romano, al quale dev'essere -restituito l'antico diritto di elezione, quando gli -elettori ecclesiastici o per eresia o per quale altra -<span class="pagenum" id="Page_546">[546]</span> -ragione se ne siano mostrati indegni.<a class="tag" id="tag864" href="#note864">[864]</a> E se può -nominare il Papa, ha diritto altresì di giudicarlo, -e punirlo se occorra, imperocchè se Cristo e gli -Apostoli si sottomisero alla giurisdizione imperiale, -ragion vuole che anche il Papa vi si pieghi, quando -<span class="pagenum" id="Page_547">[547]</span> -pur la comunità cristiana debba avere, come ogni -Stato ben costituito, un solo e supremo giudice.<a class="tag" id="tag865" href="#note865">[865]</a> -Nè manca il caso, in cui lo deve anche deporre, se -il Papa, poniamo, sia caduto in eresia, ed i cardinali -ed i vescovi, non che richiamarlo sulla buona -strada, si uniscano a lui.<a class="tag" id="tag866" href="#note866">[866]</a> -</p> - -<p> -Ma come può darsi codesto caso? Che cosa è -mai l'eresia? Ed a quali caratteri si scopre? E chi -dovrà riconoscerla? Non forse il canonista, che ben -sa quali dottrine sieno state condannate dalla Chiesa -e quali no? E quale più autorevole canonista del -Pontefice, che non pure può interpetrare i vecchi -canoni, ma crearne di nuovi? E come mai chi è -chiamato a definir l'eresia può cadervi dentro? E -poniamo che vi cada, chi può giudicarlo? E se egli -è eretico, saranno altresì quelli che gli prestano obbedienza? -Codeste quistioni furono già discusse dall'Occam -nelle opere precedenti, ma ora nella prima -parte del Dialogo vi ritorna su, dibattendole con -maggior larghezza ed ordine.<a class="tag" id="tag867" href="#note867">[867]</a> Non può cader dubbio -<span class="pagenum" id="Page_548">[548]</span> -sulle sue opinioni, sebbene dichiari di non manifestarle, -per tema che altro le abbracci sull'autorità -di lui, o le rifiuti in <i>odium auctoris</i>.<a class="tag" id="tag868" href="#note868">[868]</a> L'eresia -secondo l'Occam, è un domma falso contrario alla -fede ortodossa, attestata non pure dalle sacre carte, -ma benanco dalla tradizione della Chiesa,<a class="tag" id="tag869" href="#note869">[869]</a> ed eretico -è quel cristiano, che pertinacemente erri o dubiti -<span class="pagenum" id="Page_549">[549]</span> -di codesta fede.<a class="tag" id="tag870" href="#note870">[870]</a> Decidere quale dottrina sia eretica -e se altri sia caduto in eresia spetta ai teologi, non -ai canonisti, come si pretendeva dagli aderenti di -Giovanni XXII; perchè i canonisti ben conoscono -le regole di procedura da osservare nei giudizii di -eresia, e il modo di accusare, e le pene da infliggere; -ma se non sono teologi, ignorano le più riposte -ragioni della fede, nè sanno riconoscere quello -che vi contraddica, nè possono dare da per loro -l'esatta interpretazione dei canoni.<a class="tag" id="tag871" href="#note871">[871]</a> Anche il Papa -stesso, quando sia sfornito di studii teologici, non -solo non sa dare autorevole sentenza intorno agli -eretici, ma egli medesimo può cascare in eresia, -<span class="pagenum" id="Page_550">[550]</span> -come lo provano gli esempi e le ragioni.<a class="tag" id="tag872" href="#note872">[872]</a> Ed in -tal caso non manca chi possa e debba giudicare il -Papa, perchè al di sopra di lui sta la Chiesa universale. -E se fia impossibile che tutti i cattolici si -raccolgano in assemblea, farà le loro veci il Concilio -generale, il quale non ha d'uopo dell'invito -del Papa per adunarsi, quando gl'interessi della -fede lo richieggano.<a class="tag" id="tag873" href="#note873">[873]</a> E codesto Concilio, accertata -l'eresia del Papa, deve espellerlo dalla sede, spogliarlo -d'ogni dignità ecclesiastica e consegnarlo, -se occorre, al braccio secolare come farebbe di -qualunque altro eretico. E dove il Concilio non si -possa riunire, nè altra autorità ecclesiastica ne faccia -le veci, spetterà, come dicemmo più sopra, ai -laici ed alle potestà secolari di salvare la fede.<a class="tag" id="tag874" href="#note874">[874]</a> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_551">[551]</span> -</p> - -<p> -Intorno a codesta preminenza del Concilio, l'Occam -va pienamente d'accordo con Marsilio da Padova; -ma dissente da lui intorno al primato del -vescovo romano. L'animoso minorita non è certo -tenero della supremazia papale, e spende un libro -intero del Dialogo per discutere se convenga all'università -dei fedeli il governo di un solo. E -benchè non neghi i vantaggi della monarchia, pure -dichiara in certi casi preferibile l'aristocrazia; nè -teme che la pluralità dei capi possa recar danno -alla forza e compattezza della Chiesa.<a class="tag" id="tag875" href="#note875">[875]</a> Ma ciò non -<span class="pagenum" id="Page_552">[552]</span> -pertanto non gli basta l'animo di accettare le teorie -storiche di Marsilio, secondo le quali nè S. Pietro -avrebbe avuto da Cristo il primato sugli altri apostoli, -nè avanti a Costantino il vescovo di Roma -avrebbe esercitato alcun potere sugli altri vescovi. -E gli argomenti addotti nel <i>Defensor pacis</i> in sostegno -di codeste teorie ei li combatte ad uno ad -uno,<a class="tag" id="tag876" href="#note876">[876]</a> ed apertamente dichiara che la dottrina del -primato romano è una costante tradizione della -<span class="pagenum" id="Page_553">[553]</span> -Chiesa, a cui s'ha da prestare piena fede.<a class="tag" id="tag877" href="#note877">[877]</a> Nè s'ha -da credere che codesta prova non sia secondo le -convinzioni dell'Occam, perchè invece va d'accordo -col suo principio fondamentale, che la tradizione -cattolica, continua e costante, è l'unico e saldo -criterio di verità. Può fallire il Papa; dice l'Occam, -e non meno di lui il Collegio dei cardinali; può -fallire lo stesso Concilio, e forse anche in qualche -momento d'oblìo la Cristianità tutta; ma la dottrina -canonica non verrà meno per questo, e dopo -<span class="pagenum" id="Page_554">[554]</span> -gl'intervalli d'oscuramento brillerà di più viva luce.<a class="tag" id="tag878" href="#note878">[878]</a> -Così pare assicurata la supremazia di Roma, ma i -principii da cui parte l'Occam menano a ben altre -conseguenze; perchè se non solo il Papa, ma il -Concilio e la Cristianità tutta può fallire, non resta -nulla di saldo all'infuori dei sacri libri. È manifesto -per tal guisa come per diversa via l'Occam -riuscisse allo stesso risultato di Marsilio, vale a -dire alla negazione della gerarchia medievale. E -così il moto francescano, cominciato da un dissidio -<span class="pagenum" id="Page_555">[555]</span> -interno dell'ordine minorita, si dilarga oltre -misura, e si tramuta in opposizione implacabile -contro l'assolutismo teocratico e nell'ordine religioso -e nel politico. -</p> - -<p> -Dal movimento francescano furono provocate -alcune sètte più o meno ereticali, come i flagellanti, -gli apostolici, i beghini. I flagellanti apparvero -nell'anno fatale 1260, in cui secondo i gioachimiti -doveva aver luogo la fine del vecchio mondo. -Gli apostolici, surti al tempo delle prime dissensioni -francescane, si dettero per i soli e veri seguaci -delle dottrine spirituali. I beghini, nati più -tardi, non erano se non terziarii francescani, i quali -mettevano la Regola al pari dell'Evangelo, e negavano -obbedienza a qualunque autorità ecclesiastica -non la interpetrasse a lor modo. Queste sètte -solennemente condannate come eretiche, ci porgono -la più chiara prova del fine che sortì l'agitazione -gioachimita. E possiamo ben dire che il secondo -periodo del movimento religioso medievale ha un -corso opposto al primo, comincia dallo scisma e -termina nell'eresia. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_557">[557]</span> -</p> - -<h2 id="conclusione">CONCLUSIONE</h2> -</div> - -<p> -Pervenuti alla fine dei nostri studii possiamo -riprendere la quistione dei rapporti, che corrono tra -le eresie ed il movimento filosofico e politico del -medio evo. Codesto movimento era indirizzato a tre -scopi, che sono la libertà del pensiero, l'autonomia -dello Stato, la riabilitazione della vita. In quanto al -primo punto non si può negare che le discussioni e -le polemiche religiose valevano a scuotere le menti -dal loro torpore dommatico, e già notammo parziali -contatti tra i filosofi e gli eretici. Il capo degli -Arnaldisti, ad esempio, era discepolo fido di Abelardo, -e coi gioachimiti si unirono apertamente gli -scolari di Amorico di Bena e di Davide di Dinant. -Ma in verità codesti contatti sono o accidentali, o -sforzati. Quanta opposizione corresse tra il pensiero -di Gioacchino e quello di Amorico lo dimostrammo -più sopra, e più sopra notammo che gli -Arnaldisti fuori di un punto solo erano del tutto -ligi ai dommi tradizionali, nè v'ha ricordo che -l'intendessero nel modo razionalistico di Abelardo. -<span class="pagenum" id="Page_558">[558]</span> -Ora aggiungiamo che qualunque delle eresie fosse -prevalsa, non esclusa la valdese, non sarebbe stata -meno infesta alla libertà del pensiero, e vedemmo -con quanto disprezzo e sospetto parli Gioacchino -della scienza. Nè va taciuto che alcune delle eresie, -principalmente la catara, erano fatte per favorire -le credenze superstiziose, che maggiormente ripugnano -alla sana ragione, come a dire la fede nel -diavolo e nelle stregonerie. Lo stesso possiamo dire -per quel che riguarda l'autonomia dello Stato. Certo -tutti codesti eretici, benchè discordi tra loro, s'uniscono -nel combattere la mondanità della Chiesa, e -contro il potere temporale dei Papi e la voluta -donazione di Costantino levano unanimi la voce; -ma un'azione diretta dell'eresia sul partito ghibellino -non c'è stata, almeno fino a Ludovico il Bavaro. -E ricordo che se da una parte gl'imperatori, -non escluso Federico II, furono aperti persecutori -dell'eresia, dall'altra i gioachimiti tennero Federico -per l'Anticristo. Finalmente intorno al terzo -punto, la riabilitazione della vita, gli eretici di -qualunque setta vi si opponevano con maggior vigore -degli ortodossi; imperocchè notammo che nelle -più opposte scuole dominava il medesimo ascetismo. -Le due correnti adunque, la razionalistica e l'eretica, -si tennero bene distinte, come ha già notato -il Reuter; ma nella fine del secondo periodo parve -che si ricongiungessero, perchè l'Occam, capo della -scuola nominalistica, fu altresì strenuo difensore -della causa di Ludovico il Bavaro, e uno dei più -<span class="pagenum" id="Page_559">[559]</span> -autorevoli tra i dissidenti francescani, che insorsero -contro l'assolutismo della Curia romana. Se -non che l'Occam non apparteneva a nessuna delle -sètte eretiche da noi studiate, neanco a quella dei -gioachimiti, le cui opinioni sul terzo stato egli non -insegnò mai. E se pure eretica s'ha da dire la sua -dottrina, certo è un'eresia che ha uno stampo suo -proprio, un carattere più sano e meno mistico delle -precedenti. Per tal guisa il pensiero dell'Occam -sopravvive, ed anche oggi se ne trova una traccia -nei vecchi cattolici, laddove le eresie medievali, -l'una dopo l'altra, scomparvero tutte, alcune per -non risorgere più, altre per rifiorire rielaborate e -trasformate nella Protesta. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_561">[561]</span> -</p> - -<h2 id="inediti">TESTI INEDITI -<span class="smaller">PUBBLICATI FRAMMENTARIAMENTE NELLE NOTE</span></h2> -</div> - -<div class="blktext"> -<p> -<span class="smcap">Joachim</span> — <i>De ultimis tribulationibus</i>, cod. laur. XI, plut. <span class="smcap lowercase">IX</span>, -dex. Santa Croce (pag. 315, nota 1). -</p> - -<p> -<span class="smcap">Joachim</span> — <i>De articulis fidei</i>, cod. suddetto (pag. 316, nota 1). -</p> - -<p> -<span class="smcap">Joachim</span> — <i>Epistola</i>, cod. laur. XLI, plut. <span class="smcap lowercase">LXXXIX</span> inf. (p. 318, n. 1). -</p> - -<p> -<span class="smcap">Anonimo</span> — <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> (pag. 420, nota 1; p. 431, -nota 1 e 2; pag. 433, n. 3; pag. 437, n. 2; pag. 440, n. 2; -pag. 479, n. 1; pag. 481, n. 1; pag. 483, n. 2; pag. 485, n. 2; -pag. 486, n. 1; pag. 487, n. 1; pag. 488, n. 1; pag. 491, n. 2; -pag. 492, n. 1; pag. 493, n. 1 e 2; pag. 494, n. 3; pag. 501, -n. 1; pag. 502, n. 2; pag. 504, n. 1 e 2; pag. 506, nota 1; -pag. 511, n. 2 e 3). -</p> - -<p> -<i>Processo verbale della Commissione d'Anagni</i> — Codice della -Sorbona 1726 (pag. 468, nota 1 e 2; pag. 469, n. 2; pag. 471, -n. 1; pag. 475, n. 1). -</p> - -<p> -<i>Opuscoli di P. Giovanni Olivi</i> — Codice Laurenziano III, plut. -<span class="smcap lowercase">XXXI</span> (pag. 489, n. 1). -</p> - -<p> -<i>Cronaca di Niccolò Minorita</i> — Codice Magliabechiano, Classe -XXXIV, num. 76 (pag. 530, n. 1; pag. 531, n. 1). -</p> - -<hr class="tiny" /> -</div> - -<div class="blockquote"> -<p> -Ai passi già riferiti del codice della Sorbona 1726 mi sia lecito -aggiungere quest'altro molto importante per la bibliografia -gioachimitica (carte 143 <i>tergo</i>): -</p> - -<p> -Item in tractatu (qui c'è una lacuna nel codice) Evangelia -exponens illud de Symeone presentato Christo in templum die -Purificationis ait: Itaque senex iste justus et timoratus ratione -presules designat, in quibus donante Deo manet usque in finem -<span class="pagenum" id="Page_562">[562]</span> -promissio ista Domini dicentis Petro: Ego rogavi ut non deficiet -fides tua. Semper enim Petri successio affectat videre completum -quod praedicat, et cum dabitur ei videre quod optat, ut videlicet -infra videat consumatum donum Spiritus Sancti in populo christiano, -sicut futurum credimus in adventu Heliae, qui venturus est -omnia consumare, videns sanctum illum ordinem, quem Ecclesia -spiritualis peperit quasi de abditis praesepii locis venientem ad -lucem, accipiet eum in ulnas fidei et dilectionis suae et pronunciabit -in eo illum esse vivificantem spiritum, in quo est salus -mundi, qui et loquetur in eo ad praedicandum evangelium regni -in universo mundo. Illud scilicet evangelium de quo dicit Joannes -in Apoc. <span class="smcap lowercase">XIII</span>: vidi angelum volantem per medium coeli, et datum -est illi evangelium aeternum. Sed quare vel a Domino dicitur -evangelium regni, vel a Joanne evangelium aeternum nisi quia id -quod mandatum est nobis a Christo vel apostolis secundum fidem -sacramentorum, quantum ad ipsa sacramenta transitorium est et -temporale, quod autem per ea significatur, aeternum. -</p> - -<p> -Sfortunatamente il codice ha una lacuna dove si citava il titolo -dell'opera, da cui i giudici di Anagni tolsero il passo surriferito. -Ma noi possiamo congetturare che essa sia l'Esposizione -dei quattro Evangeli, ricordata dal Salimbene (pag. 124): Anno -Domini <span class="smcap lowercase">MCCXLVIII</span> cum essem cum fratre Hugone in Provincia Provinciae -apud castrum Arearum, ubi Saccati sumpserunt initium, et -ubi habitabat frater Hugo, accepi ab eo quod habebat de expositione -abbatis Joachim super quatuor Evangelistas. -</p> - -<p> -Non ostante che questa opera sia citata dai giudici di Anagni -non posso tenerla per autentica, perchè Gioacchino nelle opere -genuine non parla mai dell'<i>Evangelo eterno</i> in modo così esplicito, -come nel passo surriferito. E la falsità mi pare più manifesta, -quando confronto questo passo coll'analogo della <i>Concordia</i>, ove -è commentato lo stesso testo di S. Luca (<i>Conc.</i>, V, 43, fol. 80, -col. 3-4): Symeon suscipiens natum Christum dixit «Lumen ad -revelationem gentium» et quod subjunxit «ad gloriam plebis tuae -Israel» ad illos Israelitas referendum est, qui credituri sunt per -verbum in fine postquam introiret plenitudo gentium. -</p> -</div> - -<div class="somm"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_563">[563]</span> -</p> - -<h2><a id="indice" href="#indfront"> -INDICE</a></h2> - -<table class="indice" summary=""> - <tr> - <td colspan="2"><span class="smcap">Avvertenza</span></td> <td class="pag"><a href="#avvertenza">Pag. <span class="smcap lowercase">VII</span></a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="2"><span class="smcap">Introduzione</span> — <i>Il movimento intellettuale contemporaneo dell'eresia</i>.</td> <td class="pag"><a href="#introduzione">1</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">I.</td> <td>Primo periodo della scolastica. Nominalismo. Realismo. Concettualismo</td> <td class="pag"><a href="#intro-1">1-18</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">II.</td> <td>Condizioni politiche e religiose che preparano il secondo periodo della scolastica</td> <td class="pag"><a href="#intro-2">18-25</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">III.</td> <td>Secondo periodo della scolastica. Tomismo e Scotismo</td> <td class="pag"><a href="#intro-3">26-42</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">IV.</td> <td>Oppositori del Tomismo</td> <td class="pag"><a href="#intro-4">43-46</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">V.</td> <td>Influsso del Tomismo sulla letteratura. Dante</td> <td class="pag"><a href="#intro-5">46-57</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">VI.</td> <td>Terzo periodo della scolastica. Parallelo fra Dante e Petrarca</td> <td class="pag"><a href="#intro-6">57-71</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3" class="center">LIBRO I<br /><span class="small">DALL'ERESIA ALLO SCISMA</span></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo primo</span> — <i>I Catari</i>.</td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">I.</td> <td>I dommi del Catarismo</td> <td class="pag"><a href="#libro1">73-83</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">II.</td> <td>Polemiche catare</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-II">84-87</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">III.</td> <td>Dottrine morali dei Catari</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-III">87-93</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">IV.</td> <td>Culto esterno e gerarchia</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-IV">93-99</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">V.</td> <td>Origine del Catarismo</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-V">100-107</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">VI.</td> <td>Durata, diffusione, intensità del movimento cataro</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-VI">108-125</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">VII.</td> <td>Valore del Catarismo</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-VII">126-134</a></td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_564">[564]</span></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo secondo</span> — <i>I Valdesi</i>.</td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">I.</td> <td>Rapporto tra Catari e Valdesi</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1">134-150</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">II.</td> <td>Precursori dei Valdesi</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1-II">150-164</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">III.</td> <td>Pietro Valdez e l'opera sua</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1-III">165-174</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">IV.</td> <td>Dottrine primitive dei Valdesi</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1-IV">174-192</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">V.</td> <td>Dottrine posteriori e rottura definitiva col Cattolicismo</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1-V">192-206</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo terzo</span> — <i>Patarini ed Arnaldisti</i>.</td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">I.</td> <td>Storia dei Patarini sino alla morte di Erlembardo</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1">207-228</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">II.</td> <td>La lotta delle investiture</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1-II">228-231</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">III.</td> <td>Arnaldo da Brescia. Sua vita</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1-III">231-246</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">IV.</td> <td>Dottrine di Arnaldo e degli Arnaldisti</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1-IV">246-256</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">V.</td> <td>Riassunto del primo periodo</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1-V">257-259</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3" class="center">LIBRO II<br /><span class="small">DALLO SCISMA ALL'ERESIA</span></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo primo</span> — <i>L'abbate Gioacchino</i>.</td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="2">Preambolo</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2">261-262</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">I.</td> <td>Vita e carattere dell'abbate Gioacchino</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-I">262-291</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">II.</td> <td>Le opere autentiche e le spurie</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-II">291-318</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">III.</td> <td>Esposizione del <i>Decacordo</i> e della <i>Concordia</i></td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-III">319-352</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">IV.</td> <td>Il Commento all'<i>Apocalisse</i></td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-IV">353-373</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">V.</td> <td>La dottrina dell'abbate Gioacchino</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-V">373-387</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">VI.</td> <td>Origine del Gioachimismo</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-VI">387-409</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo secondo</span> — <i>Amorico di Bena ed il movimento francescano</i>.</td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">I.</td> <td>Amorico e gli Almariciani</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2">409-419</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">II.</td> <td>L'ordine francescano durante la vita del suo fondatore</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-II">419-435</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">III.</td> <td>I primi dissidii francescani. Il generale frate Elia ed i suoi oppositori</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-III">435-448</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">IV.</td> <td>Giovanni da Parma e l'<i>Evangelo eterno</i></td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-IV">449-483</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">V.</td> <td>Pier Giovanni Olivi ed Ubertino da Casale</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-V">484-514</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">VI.</td> <td>La lotta dei francescani contro Giovanni XXII. Michele da Cesena e Guglielmo Occam</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-VI">514-555</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="2"><span class="smcap">Conclusione</span> — <i>Valore dell'eresia medievale</i></td> <td class="pag"><a href="#conclusione">557-559</a></td> - </tr> -</table> -<hr /> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_565">[565]</span> -</p> - -<p> -Diversi errori sono sfuggiti nella stampa, i quali -saranno facilmente avvertiti dal sagace lettore. A me -preme notare questi soli, che guastano il senso: -</p> - -<table class="indice" summary=""> - <tr> - <td class="line">Pag.</td> <td class="line">Lin.</td> <td class="line"><span class="smcap lowercase">ERRORI</span></td> <td class="line"><span class="smcap lowercase">CORREZIONI</span></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="line">201</td> <td class="line">1</td> <td>Ma la celebrazione della messa per parte dei laici</td> <td>Dicemmo più sopra che secondo i Valdesi ad ogni laico era dato di celebrar la messa; ma codesta celebrazione</td> - </tr> - <tr> - <td></td> <td></td> - </tr> - <tr> - <td class="line">372</td> <td class="line">7-9</td> <td>Roma, non in quanto rappresenta la Chiesa, ma bensì la moltitudine dei reprobi non si raccoglie</td> <td>Roma, in quanto rappresenta non la Chiesa, bensì la moltitudine dei reprobi, la quale non si raccoglie</td> - </tr> - <tr> - <td></td> <td></td> - </tr> - <tr> - <td class="line">481</td> <td class="line">14-15</td> <td>non solo come gioachimita bensì quale capo del partito intransigente</td> <td>non solo quale capo del partito intransigente, bensì come gioachimita</td> - </tr> -</table> - -</div> - -<hr class="silver" /> - -<div class="footnotes"> - -<h2> -NOTE: -</h2> - -<div class="footnote" id="note1"> -<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>. </span>Giovanni Scoto Erigena nacque in Irlanda (Scotia major) -sul cominciare del secolo nono. Carlo il Calvo non molto dopo il -suo innalzamento al trono (843) lo chiamò a dirigere la scuola palatina, -e più tardi gli commise di tradurre dal greco le opere del -pseudo Dionigi l'Areopagita. Indarno il papa Niccolò I si dolse -che questa traduzione fosse pubblicata prima di venire sottoposta -alla censura. Scoto morì in Francia intorno all'anno 877. Secondo -l'Hauréau la fine tragica in Inghilterra attribuitagli dagli storici -è una favola nata dallo scambio di due omonimi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note2"> -<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>. </span>Le immagini adoperate da Scoto sono tutte improntate all'emanatismo -neoplatonico. <i>De divis. nat.</i>, IV, 5: pag. 311 Est autem -generalissima quaedam et communis omnium natura, ab uno omnium -principio creata; ex qua veluti amplissimo fonte per poros occultos -corporales creaturae velut quidam rivuli derivantur, et in -diversas formas singularum rerum eructant. Nè crediate che questa -<i>communis natura</i> sia una cosa diversa dal <i>principium</i>. Basterebbero -tra mille questi due passi a mostrarne l'identità, III, 23: -pag. 249 Creatur enim a se ipsa in primordialibus causis, ac per hoc -se ipsam creat, hoc est in suis theophaniis incipit apparere, ex occultissimis -naturae suae sinibus volens emergere III, 17: pag. 238 Proinde -non duo a se ipsis distantia debemus intelligere Dominum et -creaturam, sed unum et id ipsum. Nam et creatura in Deo est subsistens, -et Deus in creatura mirabili et ineffabili modo creatur.... -omnia creans in omnibus creatum, et omnium factor factum in omnibus. -Scoto Erigena è il primo rappresentante di quell'indirizzo filosofico, -che attribuisce una realtà a sè ai concetti universali. Ac per -hoc intelligitur quod ars illa, quae dividit genera in species, et -species in genera resolvit, non ab humanis machinationibus sit -facta, sed in natura rerum ab auctore omnium artium, quae vero -artes sunt, condita. <i>De divis. nat.</i>, IV, 4, pag. 310. Cito l'ediz. -del 1838 pubblicata in Münster.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note3"> -<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>. </span><span class="smcap">Anselm.</span> <i>De fide Trinit.</i>, cap. 2. Illi utique nostri temporis -dialectici imo dialectice haeretici, qui non nisi flatum vocis putant -esse universales substantias. Non metto in dubbio che l'espressione -<i>flatus vocis</i> sia stata usata da Roscellino, il quale nella -disputa contro i Realisti ebbe i suoi buoni motivi di opporre ad -un'affermazione assoluta un'assoluta negazione. Dal che non segue -però che si debba intendere alla lettera questa espressione -polemica, come se Roscellino tenga gli universali per puri nomi, -ai quali non corrisponda neanche un concetto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note4"> -<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>. </span><span class="smcap">Abelardo</span> nel trattato <i>De Divis. et definit.</i> (<i>Ouv. inéd. d'Abélard</i>, -pars V. Cousin, 1836, p. 471). Fuit autem, memini, magistri -nostri Roscellini tam insana sententia, ut nullam rem partibus -constare vellet sed sicut solis vocibus species, ita et partes adscribebat. -In altre parole la scomposizione del tutto nelle sue parti -(quando la totalità è organica), è un processo puramente intellettivo. -In realtà non si può staccare una parte dall'altra senza distruggere -la parte stessa, come ad esempio un membro divelto -dall'organismo non è più cosa vivente, ma materia inerte. Ma se -si considera la cosa più da vicino, il vero nominalista non può -ammettere questa forza misteriosa, che conferisce alle parti un -nuovo valore, e le trasforma in membra vive di una totalità ideale. -Il vero indivisibile per il nominalista non è dunque il tutto, ma -ciò che non ha parti di sorta. Questo è lo schietto individuo, ente -semplice, che resta sempre eguale a sè medesimo, benchè la mente -nostra guardandolo da varî aspetti, possa artificiosamente dividerlo -in altrettante porzioni.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note5"> -<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>. </span>S. Tommaso nella <i>Summa Theolog.</i> I, <i>Quaest.</i> <span class="smcap lowercase">II</span>, art. 1, ricorda -evidentemente il celebre argomento di S. Anselmo: Sed -intellecto quid significet hoc nomen <i>Deus</i>, statim habetur quod -Deus est. Significatur enim hoc nomine id quo majus significari non -potest: majus autem est quod est in re et in intellectu, quam quod -est in intellectu tantum: unde cum intellecto hoc nomine <i>Deus</i>, -statim sit in intellectu, sequitur etiam quod sit in re. E lo combatte -in questo modo: forte ille qui audit hoc nomen <i>Deus</i> non intelliget -significari aliquid, quo majus cogitari non possit, cum quidam crediderint -Deum esse corpus. Dato etiam quod quilibet intelligat hoc nomine -<i>Deus</i> significari hoc quod dicitur, scilicet illud quo majus cogitari -non potest, non tamen propter hoc sequitur quod intelligat id -quod significatur per nomen, esse in rerum natura sed in apprehensione -intellectus tantum. All'Aquinate non isfuggirono certo i pericoli -dell'identificazione del reale coll'ideale, e di quel semirazionalismo -che ne era la conseguenza, ed il meglio che potesse vi si oppose. -Valga ad esempio il confronto delle due interpretazioni del domma -della Trinità. S. Anselmo nel <i>Monol.</i> cap. 47, scrive: At si ipsa substantia -Patris est intelligentia, et scientia, et sapientia et veritas, -consequenter colligitur quia sicut Filius est intelligentia et scientia -et sapientia et veritas paternae substantiae, ita est intelligentia intelligentiae, -scientia scientiae. Cap. 49: Quam enim absurde negetur -summus spiritus se amare sicut sui memor est, et se intelliget!.... -otiosa namque et penitus inutilis est memoria et intelligentia -cujuslibet rei, nisi prout ratio exigit, res ipsa ametur vel reprobetur. -La qual dottrina mena a questo risultato, che non solo l'essenza, -ma anche le funzioni delle tre persone sono identiche; onde -se è salva l'unità di natura, corre pericolo la trina distinzione, o per -parlare il linguaggio di S. Tommaso: Sed secundum Anselmum -sicut Pater est intelligens et Filius est intelligens, et Spiritus Sanctus -est intelligens; ita Pater est dicens, Filius est dicens, et Spiritus -Sanctus est dicens, et similiter quilibet eorum dicitur. Ergo -nomen Verbi <i>essentialiter</i> dicitur in divinis et non <i>personaliter</i>. -Il che non è vero, perchè sicut Verbum non est commune Patri -et Filio et Spiritui Sancto ita non est verum quod Pater et Filius -et Spiritus Sanctus sint <i>unus dicens</i> (<i>S. T.</i>, I, quaest. <span class="smcap lowercase">XXXIV</span>, art. 1). -Questa risposta mostra il metodo di S. Tommaso, che è tutto fondato -sull'autorità. Se nei libri canonici è scritto il Verbo non esser -comune al Padre ed allo Spirito, la relazione, che viene rappresentata -dal Verbo, non può attribuirsi alle altre persone. E -qualunque sieno i bisogni della Ragione debbono tacere innanzi -alla sacra testimonianza, la quale sola ci può dar contezza dei misteri -divini. Per rationem igitur naturalem cognosci possunt de Deo -ea quae pertinent ad unitatem essentiae, non autem ea quae pertinent -ad distinctionem personarum (Ivi, qu. <span class="smcap lowercase">XXXII</span>, art. 1).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note6"> -<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>. </span><span class="smcap">Scoto Erig.</span>, <i>De divis. nat.</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>, 22, pag. 124. Patri dat (Theologia) -omnia facere, Verbo dat omnes.... primordiales rerum causas -aeternaliter fieri: Spiritui dat ipsas primordiales causas in Verbo -factas in effectus suos foecundatas distribuere. <span class="smcap lowercase">V</span>, 25, pag. 479. Ac -si aperte diceret: Si Dei sapientia in effectus causarum, quae in -ea aeternaliter vivunt, non descenderet, causarum ratio periret; -pereuntibus enim causarum effectibus nulla causa remaneret, sicuti -pereuntibus causis nulli remanerent effectus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note7"> -<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>. </span>Molti scrittori distinguono il nominalismo di Roscellino dal -concettualismo di Abelardo riferendosi al noto passo di Giovanni -Saresberiense (<i>Metalogicus</i>, II, 17, pag. 814, Amstelaedami 1664) -alius sermones intuetur et ad illos detorquet quicquid alicubi meminit -scriptum; in hac autem opinione deprehensus est Peripateticus Palatinus, -Abaelardus noster. La testimonianza di Giovanni (nato a -Salisbury intorno al 1110 o 20, morto vescovo di Chartres nel 1180) -è molto importante, comecchè ei fusse discepolo di Abelardo tra -il 1136 e il 1148, e degli scrittori di quell'età l'unico che studiasse -di giudicare spassionatamente le opposte scuole, senza abbracciarne -alcuna. È da supporre adunque che una differenza interceda tra il -nominalismo di Roscellino e il concettualismo di Abelardo. Il -primo per opporsi bruscamente ai realisti disse gli universali -pure voci, senza ricercare nè se a questi nomi corrispondano -concetti determinati, nè se questi concetti sieno formati dalla nostra -mente in un modo arbitrario ovvero necessariamente. Abelardo -definì meglio la dottrina nominalistica riempiendo questi -vuoti. Gli universali <i>ut sic</i> non sono entità reali, bensì concetti -che il nostro intelletto non può a meno di formare sulla scorta -dei reali rapporti di somiglianza ed affinità tra i varî esseri della -natura.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note8"> -<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>. </span>Vedi la commovente confessione ad Eloisa che comincia: -Heloisa quondam mihi in seculo cara, nunc in Christo carissima. -(<i>Opp.</i>, ed. Cousin, I, 680).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note9"> -<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>. </span>Roscellino, non ammettendo altre realtà dagli individui in -fuori, dovea profondamente modificare il senso tradizionale del -domma della Trinità. E gli erano aperte due vie. O far ritorno al -monoteismo ebraico, tenendo la distinzione delle persone per un -fatto subbiettivo nato dalla necessità in cui si trova l'intelletto -nostro di guardare da tre aspetti diversi ciò che pure è uno in -sè; ovvero fare delle persone tre individui distinti, la cui unità, puramente -nominale, stia nella conformità perfetta dei pensieri e voleri. -Quest'ultimo partito sceglie Roscellino, come ne attesta Sant'Anselmo -<i>De fide Trin.</i> c. 3. Tres personae sunt tres res sicut -tres angeli aut tres animae, ita animae, ut voluntas et potentia -omnino sint idem. L'eresia dunque di Roscellino è il Triteismo di -Giovanni Filopono non certo il Monarchianismo di Sabellio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note10"> -<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>. </span>S. Bernardo nella lettera a Innocenzo II (Ep. 330) chiama -Abelardo Pier Dragone per metterlo a paro con Pierleone, l'antipapa -Anacleto. Evasimus rugitum Petri Leonis, sedem Simonis -Petri occupantem; sed Petrum Draconem incurrimus, fidem Simonis Petri impugnantem. Gioco di parole, che delicatamente ricordava -al Papa i servigi prestati al tempo dello scisma. V. lett. 189. -Leonem evasimus sed incidimus in draconem, qui non minus forsan -nocet in insidiis quam ille rugiens de excelso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note11"> -<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>. </span><i>Introd. ad Theolog.</i>, <i>Opp.</i>, ed. Cousin, Parigi 1859, II, -pag. 78. Nec quia Deus id dixerat creditur, sed quia hoc sic esse -convincitur, recipitur.... At nunquam, si fidei nostrae primordia -statim meritum non habent, ideo ipsa prorsus inutilis est judicanda, -quam postmodum charitas subsecuta obtinet, quod illi defuerat.... -Nec quod levitate geritur, stabilitate firmabitur. Unde et in -Ecclesiastico scriptum est: Qui cito credit levis est corde et minorabitur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note12"> -<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>. </span>Op. cit., pag. 12 Videtur autem nobis suprapositis trium -personarum nominibus summi boni perfectio diligentur esse descripta.... -Patris quippe nomini divinae magistratis potentia designatur, -qua videlicet quidquid velit efficere possit.... Filii vero -Verbi appellatone sapientia Dei significatur quia scilicet cuncta discernere valeat, ut in nullo penitus decipi queat. At vero Spiritus -Sancti vocabulo ipsa ejus charitas seu benignitas exprimitur, qua -videlicet optime cuncta vult fieri seu disponi. Lo Spirito Santo -non vuol dire un rapporto di Dio a sè medesimo, ma ad altro. -<i>Introd.</i> pag. 101: Procedere quod est Deum se per caritatem ad -alternum extendere. Quodammodo enim per amorem unusquisque -ad alterum procedit, cum proprie nemo ad seipsum caritatem -habere dicatur. Notisi anche questo passo che pare scritto dall'Erigena. -<i>Theol. Christ.</i>, I, 5, pag. 379: Bene autem Spiritum -Sanctum animam mundi, quasi vitam universitatis Plato posuit. -Quest'ultima opinione, così acerbamente censurata da S. Bernardo -(Lettera citata: Dum multum sudat quommodo Platonem faciat -christianum, se probat ethnicum) fu tolta a principale argomento -d'accusa nel Concilio di Sens, e poi sconfessata da Abelardo nel trattato -<i>De divisione et definitione</i> (<i>Ouvrages inédites d'Abélard</i> -par V. Cousin, Paris 1836, p. 475). Sed haec quidem fides platonica -ex eo erronea esse convincitur quod illam quam mundi animam -vocat, non coeternam Deo sed a Deo, more creaturarum, -originem habere concedit. Spiritus enim Sanctus ita in perfectione -divinae Trinitatis consistit, ut tara Patri quam Filio consubstantialis -et coaequalis et coaeternus esse a nulla fidelium dubitetur. -Dal che il Cousin ha benissimo dedotto che questo trattato è posteriore -alla <i>Teologia</i>, e scritto dopo il Concilio di Sens. Il libro -dunque della <i>Dialettica</i> citato nella <i>Teologia</i> non può essere questo -<i>de divisione</i> pubblicato dal Cousin.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note13"> -<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>. </span><i>Theolog. christ.</i>, <span class="smcap lowercase">V</span>, pag. 566: Necessario itaque Deus mundum -esse voluit, nec otiosus extitit, quia eum priusquam fecit facere -non potuit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note14"> -<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>. </span><i>Comm. in Epist. ad Rom.</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>, pag. 238: Magis hoc ad poenam -peccati,... quam ad culpam animi et contemptum Dei referendum -videtur. Imperocchè (<i>Eth.</i>, c. 13, pag. 615) non est peccatum -nisi contra conscientiam. In questo punto (sia detto per incidenza) -Abelardo rasenta il Kant (<i>Eth.</i>, cap. 7): Opera omnia in se indifferentia -sunt nec nisi pro intentione agentis vel bona vel mala dicenda -sunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note15"> -<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>. </span><i>Comm. in Epist. ad Rom.</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>, pag. 207: Est illa summa in nobis -per passionem Christi dilectio, quae non solum a servitute peccati -liberat, sed veram nobis filiorum Dei libertatem acquirit; ut amore -ejus potius quam timore cuncta impleamus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note16"> -<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>. </span><i>Theol. Christ.</i>, <span class="smcap lowercase">I</span>, 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note17"> -<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>. </span>Sui fratelli Thierry e Bernardo, bretoni, nati a Moclan -presso Quimperlé, vedi <span class="smcap">Hauréau</span>, <i>Histoire de la Phil. scolastique</i>, -Première partie, Paris 1872, pag. 392. L'Hauréau ha dimostrato che -il vero autore del rinnovato realismo è Thierry, e che Bernardo -nell'opera sua, recentemente pubblicata dal Barach (<i>Bernardi Silvestris -De mundi universitate libri duo seu Megocosmus et Microcosmus</i>, -Innsbruck 1876) non fa se non una parafrasi poetica delle -dottrine insegnategli dal fratello. Lo scritto di Thierry intitolato <i>De -sex dierum operibus</i> ci è pervenuto mutilato, non più che il primo -libro e parte del secondo, tuttora inediti. Dai frammenti pubblicati -dall'Hauréau riproduco questo che espone in forma concisa il più -schietto panteismo (pag. 402): Unitas ipsa divinitas est. At divinitas -singulis rebus forma essendi est, nam sicut aliquod ex luce lucidum -est, vel ex calore calidum, ita singulae res ex divinitate esse suum -sortiuntur. Unde Deus totus et essentialiter ubique esse vere perhibetur, -unde vere dicitur omne quod est ideo est quia unum est. Bernardo -nel <i>Megocosmo</i> non è meno esplicito (Barach. pag. 30). Rerum porro -universitas mundus nec invalida senectute decrepitus, nec supremo -est obitu dissolvendus, cum de opifice causaque operis, utrisque -sempiternis, de materia formaque materiae, utrisque perpetuis, ratio -cesserit permanendi. Usia namque primarie aeviterna, et perseveratio -fecunda pluralitatis simplicitas. Una est, sola est, ex se vel -in se tota natura Dei. E qui torna la vecchia imagine neoplatonica -già usata da Thierry. Ex ea igitur luce inaccessibili splender radiatus -emicuit.... Bernardo nato forse un dieci anni più tardi -di Guglielmo di Champeaux (intorno al 1080) gli sopravvisse circa -quaranta. Guglielmo morì nel 1121, Bernardo il 1161, diciannove -anni più tardi di Abelardo, del quale una tradizione lo fa scolare -(<span class="smcap">Charles de Remusat</span>, <i>Abélard</i>, I, 272).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note18"> -<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>. </span>Guglielmo nato a Conches in Normandia, insegnò per lungo -tempo a Parigi, ove morì nel 1154. Oltre al commento del Timeo -e del <i>De Consolatione</i> di Boezio scrisse la <i>Philosophia mundi</i>, -che fu pubblicata sotto il nome di Beda nelle opere di questo padre, -e sotto il nome di Onorato d'Autun nel tom. XX della <i>Maxima -Bibliotheca patrum</i>. Se Guglielmo fosse stato conseguente a sè medesimo, -avrebbe dovuto, come bene avverte l'Hauréau, fare una -confessione panteistica non diversa da quella di Thierry e Bernardo. -In verità se lo Spirito Santo è l'anima del mondo, altrettanto -deve dirsi di Dio Padre, con cui lo Spirito è tutt'uno in essenza. -Ma Guglielmo non che ridursi a questo stremo, difende invece con -grave inconseguenza il dualismo ortodosso. E vedi stranezza di -casi! Mentre i fratelli Carnotensi non patirono nessun danno delle -loro audaci e franche rivelazioni, il filosofo di Conches per lo contrario, -molto più timido e circospetto di loro, fu fatto segno agli -assalti dei zelanti. A capo dei quali si mise Guglielmo di S. Thierry, -cui si aggiunse Gualtiero da S. Victor, ed entrambi chiamarono in -aiuto S. Bernardo, per ischiacciare il capo del nuovo basilisco, che -era pur mo' nato dal triste seme dell'antico. Però non fu convocato -un concilio, bensì s'impose all'accusato la pronta ritrattazione, -che ei fece nel dialogo intitolato <i>Dragmaticon Philosophiae</i> -(<span class="smcap">Hauréau</span>, I, pag. 432).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note19"> -<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>. </span>Gilberto, nato a Poitiers, era nel 1135 cancelliere della chiesa -di Chartres. Nel 1140 scolastico di S. Ilario in Poitiers, e l'anno -appresso vescovo di quella diocesi. Il suo libro <i>Dei sei principii</i> -che tratta diffusamente delle sei ultime categorie toccate di volo -da Aristotile, ebbe tal successo, che fino al secolo <span class="smcap lowercase">XVI</span> fu sempre -unito al pari dell'Isagoge porfiriana al trattato aristotelico. Nel -commento al <i>De Trinitate</i> del pseudo Boezio è svolta la dottrina -realistica, che il contemporaneo Giovanni di Salisbury espone nel -seguente modo (<i>Metal.</i>, II, 17, pag. 817): Est autem forma nativa originalis -exemplum, et quae non in mente Dei consistit, sed in rebus -creatis inhaeret. Haec greco eloquio dicitur εῖδος habens se -ad idaeam ut exemplum ad exemplar; sensibilis quidem in re sensibili, -sed mente concipitur insensibilis; singularis quoque in singulis, -sed in omnibus universalis. Queste forme sono la vera realtà, -e non sono esse nelle cose, ma piuttosto le cose in loro. Egli è -ben certo che nel nostro mondo la forma non si può staccare dalla -materia se non mentalmente; onde i due fattori sono talmente intrinsecati, -da poter chiamare sensibile o singola la forma, in quanto -si manifesta e determina nelle cose individuali. Ma badiamo bene, -l'individuo non è nulla di originario, bensì il risultato della complicazione -di fattori universali. La saggezza, la forza d'animo, la -figura di Sileno ecc., formano quel tutto che si chiama Socrate, ma -ciascuno di questi fattori considerato da per sè è un universale che -può trovarsi anche in Platone ed Aristotile. Questo tutto così composto -si può dire <i>substans</i>, in quanto è il soggetto degli accidenti; -il che non importa che sia la vera sostanza, perchè anzi in tanto -esiste in quanto ha per sè una parte di quell'ουσία che è l'universale. -L'applicazione teologica è la seguente, che io tolgo dall'Hauréau -pag. 472: Dieu est ainsi que Socrate un individue du -genre de la substance; et comme la raison d'être de Socrate est -l'humanité qui vit en lui, de même doit-on distinguer ce qui est -Dieu, ce Dieu, de la forme essentielle qui est la Divinité. Même -raisonnement sur les personnes divines. Elles se distinguent de -l'essence et cependant elles participent non seulement de la même -essence, mais encore de la même subsistance. Ce parquoi les personnes -diffèrent entre elles est en elles un principe di distinction -formelle. In altre parole Dio come tutti gl'individui risulta da fattori -od elementi universali. Uno di questi elementi è il predominante, -e costituisce l'essenza di Dio, o la deità, analogo a quello -che in Socrate chiamiamo l'umanità. Ma come in Socrate distinguiamo -anche la saggezza, la forza di volontà e simili, così in Dio -distinguiamo le persone. Il principio adunque di questa distinzione -s'ha da trovare in altri fattori universali, non in quello che diremmo -centrale, e costituisce l'unità di essenza. Quamvis enim in eo, quo -sunt, i. e. essentia, quae de illis praedicatur sit eorum indifferentia, -est tamen ipsorum per quaedam, quae de uno dici non possunt, -ideoqui quae de diversis dici necesse est, differentia. Questa -dottrina non parve meno sospetta delle precedenti. Nel 1146 due -arcidiaconi di Gilberto Calon e Arnauld lo denunziarono come eretico -al Papa Eugenio III. Il quale nel suo viaggio in Francia nel 1148 -tenne un concilio, ove intervenne da promotore il terribile S. Bernardo. -Quattro proposizioni sospette, tolte dai libri di Gilberto, furono -sconfessate, ma non per questo si approvarono le quattro opposte -di S. Bernardo. Bensì furono sottoposte ad esame pochi -giorni dopo nel concilio trasferitosi a Reims, e dopo molte concessioni -reciproche si venne a tali formole, che sebbene suonassero -censure per Gilberto, pure non si sapeva con certezza qual parte -avesse vinto se l'accusatore, o l'accusato. Gilberto morì nel 1154.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note20"> -<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>. </span>Ugo (1096-1141) ebbe a scolare Riccardo († 1173). Ed entrambi -si chiamano vittorini dall'abbazia di S. Victor in Parigi di -cui facean parte. Gualtiero abbate della stessa abbazia secondo -Buleo (<i>Hist. univ. paris.</i>, I, pag. 404) scrisse: contra manifestas et -damnatas etiam in Conciliis haereses, quas sophistae Abaelardus, -Lambardus, Petrus Pictavinus et Gilbertus Porretanus, quatuor labyrinti -Franciae, uno spirito aristotelico afflati, libris sententiam -suorum acuunt, limant, roborant. Visse intorno al 1180. Vedi <span class="smcap">Fabric.</span>, -a. q. n.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note21"> -<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>. </span>Pietro Lombardo da Lumello morto vescovo di Parigi nel -1164. Nel 1152 pubblicò il <i>Liber sententiarum</i>, che fece poi da -testo nelle scuole teologiche. Prima di lui Ugo da S. Vittore avea -pubblicata la <i>Summa sententiarum sive eruditionis theologicae</i>. -(<i>Opp.</i>, ed. Rotomagi, 1648, III, 417-472). E dopo di lui Pietro di Poitiers, -suo discepolo (morto arcivescovo nel 1205) scrisse <i>quinque -libros sententiarum</i>. (<span class="smcap">Fabricio</span>, ed. fior., V, 258).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note22"> -<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>. </span>Giovanni da Salisbury nato tra il 1110 e il 1120, morto vescovo -di Chartres nel 1180. I due noti libri il <i>Policraticus</i> ed il -<i>Metalogicus</i> furon pubblicati nel 1159 secondo lo Schaarschmidt -(Iohannes Sarisberiens. pag. 143 e 211). Lo stesso autore giustamente -osserva (pag. 84): Grade darauf beruht ein grosser Theil -des Interesses, welches man an ihm nehmen muss, dass er sich -von der unerquicklichen Modewissenschaft der gelehrten Schulen -seiner Zeit, der disputirenden Dialektik, zu den Alten als einer -reineren Quelle der Geistebildung gewandt hat, und ein Vorläufer -des Humanismus die Früchte dieser seiner classischen Studien -in eigene Leistungen darzulegen und auszupragen bestrebt ist. -(pag. 313).... von der Unzulänglichkeit unseres Erkennens in Bezug -auf die hochsten Fragen durchdrungen, immer auf das praktische -Gebiet der Ethik hinuber eilte. Che Giovanni penda per la Filosofia -accademica V. <i>Polic.</i>, VII, 1 e 2; 11, 22; <i>Metal.</i>, 11, 14; IV, 20.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note23"> -<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>. </span>Le opinioni filosofiche di Averroè s'accordavano tanto poco -col dommatismo religioso, che la sua alta posizione sociale di Kadì -di Cordova, e la fama che s'era acquistata colle sue faticose opere -non lo salvarono dalle persecuzioni dei fanatici.<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a> Il re Almançour, -tolte al vecchio filosofo tutte le dignità da lui stesso e dal suo -predecessore conferitegli, lo relegò in Lucera presso Cordova; -e benchè per intercessione altrui gli permettesse di far ritorno in -Marocco, gl'ingiunse pertanto di passarvi il resto dei suoi giorni -nell'isolamento, e come in reclusione. Da quel tempo Averroè non -si mosse più dalla capitale, dove, affranto dal destino morì nel -1198, in età di settantadue anni. (Era nato a Cordova nel 1126). -Il <span class="smcap">Munk</span> (<i>Mélanges de philosophie juive et arabe</i>, pag. 455-56) -espone in questi termini le opinioni del filosofo arabo: Malgré ses -opinions si peu d'accord avec ses croyances religieuses, Ibn-Roschd -tenait a passer pour bon musulman. Selon lui les vérités -philosophiques sont le but plus élevé, que l'homme puisse -atteindre, mais il n'y a que peu d'hommes qui puissent y parvenir -par la spéculation et les révélations prophétiques, qui étaient nécessaires -pour répandre parmi les hommes les vérités éternelles, -également proclamées par la religion et la philosophie. Nous devons -tous dans notre jeunesse nous laisser guider par la religion et suivre -strictement ses préceptes; et si plus tard, nous arrivons à comprendre -les hautes vérités de la religion par la voie de la spéculation, -nous ne devons pas dédaigner les doctrines et les préceptes -dans lesquels nous avons été élevés. Intorno agl'indifferenti riscontra -<span class="smcap">Reuter</span>, <i>Geschichte der relig. Aufklärung im Mittelalter</i>, -II, 133 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note24"> -<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>. </span>Sul fanatismo dei Musulmani occidentali molto superiore a quello -degli occidentali vedi <span class="smcap">Dozy</span>, <i>Hist. de l'Islamisme</i>, Paris 1879, pag. 340 -e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note25"> -<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>. </span>Sull'importanza che ebbe nel secolo XIII il <i>Fons vitae</i> dell'Avicebronio -il Munk, op. cit. pag. 151, dice: Il paraît avoir exercé -une influence notable dans les écoles chrétiennes et avoir donné -naissance à des doctrines hétérodoxes que les théologiens jugeaient -assez redoutables pour s'armer contre elles de tous les arguments -que leur fournissaient les dogmes religieux et une dialectique -subtile. Les fréquentes citations du livre <i>Fons vitae</i> que nous -rencontrons notamment dans les ouvrages d'Albert le grand et de -S. Thomas d'Aquin, témoignent de la grande vogue qu'avait alors -ce livre et de la profonde sensation que faisaient les doctrines qui -y étaient développées. Lo stesso Munk fece l'importante scoperta -che il creduto filosofo arabo (moro dice Bruno), del quale nessuno -sapeva dire quando e dove fosse nato, è un poeta e filosofo ebraico -ben noto, Salomon-Ibn-Gebirol, nome che passando per le bocche -dei latini si corruppe in Avicebronio, nello stesso modo che Ibn-Roschd -divenne Averroé, Ibn-Sina Avicenna. Il y a peu de noms -aussi populaires parmi le Juifs que celui de Salomon ben-Gebirol; -un grand nombre de ses hymnes se sont conservés jusqu'à nos -jours dans la liturgie sinagogale de tous les pays. Mais tout ce -que nous savons de certain sur sa vie, c'est qu'il était né à Malaga -et qu'il reçut son éducation a Saragosse, où il composa en 1045 -un petit traité de morale (pag. 155). La dottrina dell'Avicebronio, -venne compendiata da uno scrittore ebreo di nome Ibn Faléquera, -il quale tradusse dall'arabo i luoghi più importanti dei 5 libri -del <i>Fons vitae</i>, che gli parvero contenere tutto il sistema. E dalla -traduzione di questo compendio, e dall'analisi del manoscritto latino -del <i>Fons vitae</i>, trovato dal Munk nella biblioteca parigina -s'attinge ora una notizia dell'Avicebronio molto più compiuta ed -esatta che non dalle citazioni dei dottori scolastici. On reconnait -dans ce systême l'influence de la doctrine des Alessandrins, et -la philosophie de Ibn-Gebirol, serait à peu près identique avec -celle de Plotin et de Proclus si, dominé par le dogme religieux, -il n'avait pas cherché à éviter les conséquences de ces doctrines -panthéistes en se réfugiant dans l'hypothèse de la volonté -(pag. 231).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note26"> -<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>. </span>Perversissimum dogma impii Amorici cujus mentem sic pater -mendacii excaecavit, ut ejus doctrina non tam haeretica censenda -sit, quam insana. (<span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 986).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note27"> -<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>. </span><span class="smcap">Martène</span>, <i>Thesaurus</i>, IV, 166.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note28"> -<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>. </span>Universos haereticos, quibuscumque nominibus censeantur, -facies quidem habentes diversas, sed caudas ad invicem collegatas. -(<span class="smcap">Mansi</span>, l. c.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note29"> -<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>. </span>Moneantur saeculares potestates .... pro defensione fidei -praestent publice juramentum, quod de terris suae jurisdictioni -subjectis universos haereticos ab ecclesia denotatos bona fide pro -viribus exterminare studebunt .... Si vero dominus temporalis requisitus -et monitus ab ecclesia terram suam purgare neglexerit ab -hac haeretica foeditate .... excommunicationis vinculo innodetur. Et si satisfacere contempserit infra annum, significetur hoc -summo pontifici: ut ex tunc ipse vassallos ab ejus fidelitate denunciet -absolutos, et terram exponat catholicis occupandam, qui eam -exterminatis haereticis sine ulla contradictione possideant, et in -fidei puritate conservent. Il canone del concilio lateranense contro -l'eresia fu inserito nella legge contro gli eretici, che pubblicò -Federico II nel 22 novembre 1220 giorno della sua incoronazione. -Quattro anni più tardi due altri editti più severi (<span class="smcap">Pietro delle -Vigne</span>, <i>Lett.</i>, I, ep. 25-27. <span class="smcap">Mansi</span>, XXIII, 586).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note30"> -<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>. </span>Sul valore di Vincenzo di Beauvais scrisse acute osservazioni -il <span class="smcap">Bartoli</span> nei <i>Precursori del Rinascimento</i>, pag. 29, e nella -<i>Storia della letteratura italiana</i>, I, pag. 245.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note31"> -<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>. </span>Riscontrate il bellissimo capitolo del <span class="smcap">Fiorentino</span> sulla scolastica, -nella nota opera <i>Pietro Pompazzi</i>, pag. 124 e segg., e -dello stesso autore <i>Manuale di storia di Filosofia</i>, parte II, -pag. 94 e segg. Inoltre <span class="smcap">Renan</span>, <i>Averroès et l'Averroisme</i>, pag. 225, -3ª ediz.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note32"> -<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>. </span>Vedi <span class="smcap">Renan</span>, op. cit., pag. 301 e segg. Che l'Anticristo sia -messo come il rappresentante dello scisma si pare dall'affresco -del S. Petronio di Bologna, ove accanto a Maometto ed Averroè -è messo il capo dei nicolaiti, i quali non si confondevano nel -medio evo coi maomettani, come dice il Renan, bensì rappresentavano -i preti concubinarii, aspramente combattuti insieme ai -simoniaci dalla chiesa romana. L'affresco del Gaddi nel cappellone -degli Spagnuoli in Santa Maria Novella in luogo di Nicola -ha Sabellio, che insieme ad Ario ed Averroè vengono rappresentati -come confusi e vinti dal loro grande avversario. <span class="smcap">V. Hettner</span>, -<i>Italienische Studien</i>, Braunschweig 1879, pag. 115.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note33"> -<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>. </span><span class="smcap">S. Tommaso</span>, <i>Summa contra Gentes</i>, 1, 26: Quod est commune -multis, non est aliquid praeter multa nisi sola ratione. Ivi 1, 65: -Universalia non sunt res subsistentes, sed habent esse solum in singularibus -ut probatur in VII met.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note34"> -<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>. </span><span class="smcap">S. Tommaso</span>, <i>De univ.</i> opusc. 50 ed. Parma 1864, tom. XVII, -pag. 128 b. Et tangitur in hoc duplex esse universale: unum quod -est in rebus, aliud secundum quod est in anima. Et quantum ad -istud esse quod est rationis, habet rationem praedicabilis; quantum -vero ad aliud esse, est quaedam natura, et non est universale actu, -sed potentia; quia potentiam habet ut talis natura fiat universalis -per actionem intellectus, .... depurantis ipsam (naturam) a conditionibus -quae sunt hic et nunc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note35"> -<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>. </span>Cito il noto passo di <span class="smcap">Alberto Magno</span>, <i>De natura et orig. -animae</i>, Tract. I, cap. <span class="smcap lowercase">II</span> (<i>Opp.</i>, Lugduni 1651, tom. V, pag. 186 b.): -et tunc resultant tria formarum genera; unum quidem ante rem -existens, quod est causa formativa rerum, praehabens simpliciter -et immaterialiter et immobiliter omnes diversitates formarum factorum -materialiter; aliud autem est ipsum genus formarum, quae -fluctuant in materia et materiae sunt perfectiones; tertium antem -est genus formarum, quod abstrahente intellectu separatur a rebus, -secundum modum speciei et generis et generalissimi in quolibet -genere rerum. Et horum trium generum primum quidem est ante -rem, ut diximus. Secundum autem est in re .... tertium autem -est post rem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note36"> -<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>. </span>Anche <span class="smcap">Alberto Magno</span> scrisse: De unitate intellectus contra -Averrhoem. <span class="smcap">Opp.</span>, V, 218-37.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note37"> -<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>. </span>Vedi <span class="smcap">Zeller</span>, <i>Philosophie der Griechen</i>, II, 2<sup>3</sup> pag. 566-78.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note38"> -<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>. </span>Nel principio del cap. 5 del lib. III <i>De anima</i>, 430 a 10-14 -Aristotele dice: che poichè in tutta la natura occorrono differenze -di materia e forma potenza ed atto, si daranno anche nell'anima.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note39"> -<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>. </span><i>De an.</i> III, 5, pag. 430 a 23-25.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note40"> -<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>. </span><span class="smcap">Avicenna</span>, <i>De an.</i> cap. <span class="smcap lowercase">X</span>, (Venezia 1546): Haec igitur manatio, -vel hoc a quo fit manatio, cum qua conjungitur anima, est substantia -intellectiva non corporea, neque in corpore; sed est existens -per se: quae inhaeret vel accidit vel assistit animae rationali, -sicut inhaeret lumen visui. Verum lumen confert vel tribuit cum -semplicitate essentiae suae visui virtutem super apprehensionem -solum, et non formam apprehensam; et haec substantia confert vel -tribuit cum simplicitate essentiae suae virtuti rationali virtutem -super apprehensionem et facit in ea advenire formas apprehensibiles -etiam, sicut declaravimus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note41"> -<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>. </span><i>Aristotelis De anima cum Averrois commentariis</i>, Venetiis -1562 fol. 149 v: Ex hoc dicto nos possumus opinari intellectum -materialem esse unicum in cunctis individuis. <i>Destr. destruct</i> 1, -dub. 8: prae caeteris assimilatur lumini, et sicut lumen dividitur -ad divisionem corporum illuminatorum, deinde fit unum in ablatione -corporum, sic est res in animabus cum corporibus. Per tal guisa -Averroè crede di conciliare le due interpetrazioni di Alessandro -d'Afrodisia e di Temistio. Questi ha ragione di sostenere esser -l'intelletto attivo ed il passivo un solo e medesimo intelletto; ma -ha torto d'intrinsecarlo coll'anima individuale, nè per questo verso -si può dissentire dall'Afrodisio, a mente del quale il vero e compiuto -intelletto è esterno all'anima umana. Prendendo dunque dal -Temistio l'identificazione dei due intelletti, e dall'Afrodisio l'esteriorità -Averroè riesciva ad una dottrina psicologica di questa -forma: Ciò che v'ha d'individuale e di diverso negli uomini è la -forma del corpo organico, cioè l'anima come principio vitale. A -quest'anima appartiene il sentire, l'immaginare, ed anche una -certa virtù valutativa. Ma questo complesso di funzioni non forma -ancora l'intelletto neanche in potenza. Occorre l'opera di una causa -esterna, dell'intelletto agente, perchè da quella oscurità si sprigioni -una scintilla, o in altre parole perchè l'anima sia capace di nuove -funzioni. Quindi anche l'intelletto passivo è creazione dell'Intelletto -agente. Formatasi questa nuova potenza o l'intelletto passivo, si -tradurrà in atto sotto l'influsso permanente del νοῦς ποιητικὸς, -e per tal guisa diverrà intelletto acquisito.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note42"> -<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>. </span><i>Epit. meteor.</i> tr. 4: Intellectus autem agens ordinatur ex -ultimo horum in ordine, et ponamus ipsum esse motorem orbis -Lunae.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note43"> -<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>. </span><i>Summa theol.</i>, I, qu. 79, art. 3: Si noster intellectus agens -non esset aliquid animae, sed esset quaedam substantia separata, -unus esset intellectus agens omnium hominum, et hoc intelligunt -qui ponunt unitatem intellectus agentis. Si autem intellectus agens -sit aliquid animae, et quaedam virtus ipsius, necesse est dicere -quod sint plures intellectus agentes, secundum pluralitatem animarum, -quae multiplicantur secundum multiplicationem hominum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note44"> -<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>. </span>S. Tommaso nell'opuscolo citato <i>De Unitate intellectus</i>, -ediz. Parma, <i>Opp.</i>, XVI, 217 a, dice: Se fosse vera la dottrina averroistica -sicut igitur paries non videt, sed videtur ejus color, ita -videretur quod homo non intelligeret, sed quod ejus phantasmata -intelligerentur ab intellectu possibili. Come si vede S. Tommaso -combatte Averroè colle stesse immagini da lui adoperate a colorire -le proprie dottrine; nè a torto conchiude: Impossibile est -ergo quod hic homo intelligit secundum positionem Averrois. E -per conseguenza negato l'intelletto, gli si negherà anche la volontà -pag. 218 b et ita hic homo non erit dominus sui actus .... -quod est divellere principia moralis philosophiae.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note45"> -<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>. </span>Anche S. Tommaso, sebbene con restrizione, ammette questo -(<i>S. t.</i>, qu. 84, art. <span class="smcap lowercase">VII</span>): Impossibile est intellectum, secundum -praesentis vitae statum, quo possibili corpori conjungitur, aliquid -intelligere in actu nisi convertendo se ad phantasmata.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note46"> -<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>. </span>S. Tommaso da buon aristotelico non può ammettere l'assoluto -dualismo tra anima e corpo, chè in tal caso la loro unione -sarebbe affatto accidentale. In 111 Sent., dist. V, qu. 3, art. 2: -si corpus animae accidentaliter adveniret, unde hoc nomen <i>homo</i>, -de cujus intellectu est anima et corpus, non significaret unum per -se, sed per accidens, et ita non esset in genere substantiae. Altra -conseguenza assurda dell'assoluto dualismo (<i>S. t.</i>, I, qu. 76, art. 6): -Dicendum quod si anima uniretur corpori solum ut motor, nihil -prohiberet, imo magis necessarium esset, esse aliquas dispositiones -medias inter animam et corpus. Contro questa separazione protesta -pure l'esperienza psichica. Ivi, qu. 75, art. 4: Ostensum est -quod sentire non est operatio animae tantum. Cum igitur sentire -sit quaedam operatio hominis licet non propria, manifestum est -quod homo non est animo tantum, sed aliquid compositum ex anima -et corpore. Ivi, qu. 90, art. 4: Anima autem cum sit pars humanae -naturae non habet naturalem perfectionem nisi secundum -quod est corpori unita. Unde non fuisset conveniens animam sine -corpore creari. <i>C. Gentes</i>, II, 83: Animae igitur prius convenit esse -unitam corpori quam separatam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note47"> -<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>. </span>In Plotino si trova un accenno a questa dottrina. L'anima -come ultimo termine della triade partecipa per un verso della perfezione -del <i>nous</i> che la generò, e per l'altro dell'imperfezione del -mondo sensibile da lei generato. <i>Enn.</i>, V, 1, 7. E prima di Plotino -i gnostici aveano nello stesso modo determinata la posizione dell'ultimo -eone, della <i>sophia</i> o <i>achamoth</i> la quale bandita dai confini -del beato regno del <i>plēroma</i> vive in trepidazione, e dalle -lagrime sue nasce il mondo sensibile. <span class="smcap">Ireneo</span>, 1, 4, 2 ci dà la spiegazione -del mito.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note48"> -<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>. </span>Che l'indecisione ed il problema rimonti ad Aristotele stesso -non v'ha dubbio. Nella <i>Metafisica</i> Aristotele pone nettamente -il quesito: se la sostanza è il sostrato a cui tutto si può attribuire, -mentre esso non s'attribuisce ad alcuno, che cosa s'ha a dire sostanza? -la materia, la forma o il sinolo di entrambe? (Z 3. 1029 a 2). -A prima giunta sembra la materia, perchè essa sarebbe il soggetto -di tutti i predicati qualitativi e quantitativi come rosso, bianco, -alto, lungo e simili (<i>a</i> 18-26). Ma per un altro verso la materia non -è mai separabile dalla forma. La pura materia, destituita di ogni -forma, è una astrazione, in realtà dacchè il mondo è eterno, sono -eterni ad esempio i quattro elementi nei quali la materia è intrinsecata -ad una forma determinata (<i>a</i> 27). Ma neanche la forma è la -vera sostanza, perchè ella è l'essenza espressa nella definizione -della cosa (Z. 4. 1030 a 6). E se l'essenza fosse da per sè, come le -idee platoniche, non potrebbe mai predicarsi a soggetti di sorta -(Z. 6. 1031 b 16). Il che è manifesto assurdo, chè tutti distinguono -i predicati essenziali dagli accidentali. La vera sostanza non è dunque -nè la materia nè la forma che sono entrambi fattori universali; -ma l'intreccio dell'uno e dell'altro (Z. 10. 1036 a 27). Se non che -questa soluzione non è senza difficoltà. Aristotele stesso avea detto -in un altro capitolo: <i>lasciamo pure da parte la sostanza composta -dei due fattori, materia e forma, chè dessa è posteriore ai componenti</i>. -(Z. 3. 1029 a 30). E poi o questa dualità di fattori è puramente -ideale, o come diremmo oggi subbiettiva, ed in tal caso -non è risoluto ma negato assolutamente il problema. L'individuo -è originario, ed è quello che è. La scomposizione in materia e -forma non sarebbe reale, ma una necessità del nostro pensiero -che guarda la cosa da due aspetti. Nella realtà delle cose non si -darebbe nè una materia che si specifichi, nè una forma che s'individui -per via; bensì esisterebbero individui che generano individui -simili a sè (Z. 8. 1033 b 33). Questo mostruoso individualismo, -che ammetterebbe come originarii ed indeducibili non gli elementi -più semplici, gli atomi, ma le individualità più ricche, è certo lontano -dal pensiero di Aristotele, il quale non rinunzia a spiegare la genesi -dell'individuo. Ed in tal caso torna sempre il problema. Ammettiamo -pure che l'individuo o la sostanza vera consti di due fattori; -ma dei due qual'è il determinante e quale l'indeterminato?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note49"> -<p><span class="label"><a href="#tag49">49</a>. </span>S. Tommaso scrisse un opuscolo sul principio dell'individuazione, -nel quale discute le ragioni della sua teorica, e confuta le -obbiezioni che gli si posson muovere. Parte dal presupposto aristotelico -esser l'individuo nelle cose sensibili ipsum ultimum in genere -substantiae, quod de nullo alio praedicatur, immo ipso est prima -substantia (<i>Opp.</i>, ed. cit., XVI 329 a). E stantechè la forma ha caratteri -affatto opposti, e di sua natura communicabilis est et in -multis accipi potest.... cum una sit ratio speciei in omnibus individuis, -così è chiaro che il principio d'individuazione si debba porre -nella materia. <i>S. t.</i>, I, qu. 3, art. 2: formae quae sunt receptibiles -in materia individuantur per materiam quae non potest esse in -alio, cum primum sit subiectum substans. Ma S. Tommaso non si -nasconde le difficoltà di questa posizione, che del resto erano state -prima di lui chiaramente esposte da Aristotele medesimo. <i>De Princ. -ind.</i> 329 b: Sed huic objici potest quod materia de sui natura communis -est, sicut et forma, cum possit una sub pluribus esse. E s'argomenta -di schivare queste difficoltà per una scappatoia come nell'opuscolo -seguente <i>De ente et essentia</i> (cap. <span class="smcap lowercase">II</span>, pag. 331 a): materia -non quomodo libet accepta est principium individuationis, sed -sola materia signata. Ma che cosa s'ha da intendere per questo -<i>signum</i>? Una certa disposizione posta nella materia a ricevere -questa o quella forma, come interpetra il cardinale Gaetano, ovvero -un dato <i>quantum</i>, come vuole Egidio pel quale <i>materia signata</i> -non vuol dire altro se non <i>materia quanta</i>, o meglio una -determinata quantità di materia? Quest'ultima interpetrazione certamente -è più conforme al testo tomistico. <i>S. t.</i>, I, qu. 76, art. 6: -dimensiones quantitativae sunt accidentia consequentia corporeitatem, -quae toti materiae convenit. <i>De ente et essentia</i>, loc. cit. -consideratur signatio ejus esse sub certis dimensionibus, quae faciunt -esse et hic et nunc. Però si corre il rischio di ridurre le -differenze tra gl'individui alla sola quantità, dottrina che applicata -all'uomo sarebbe gravida di conseguenze che S. Tommaso non -saprebbe accettare. Ma indipendentemente da questo, il <i>signum</i> -non è già l'impronta di una certa forma? Se dunque il principium individuationis non sta nella materia pura, ma nella segnata, -e se per ottenere questa designazione, o vogliam dire specificazione -della materia è pur necessaria la forma, egli è chiaro esser -questa e non quella il principio d'individuazione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note50"> -<p><span class="label"><a href="#tag50">50</a>. </span><span class="smcap">Scoto</span>, <i>quaest. in met.</i> VII, qu. 13, scol. 2 (<i>Opp.</i>, IV, 700, -ed. Lione 1639): Eadem materia quae est sub forma unius individui -potest esse sub forma alterius consequenter. Ergo non est illud, -quo distinguuntur duo individua et quo hoc est hoc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note51"> -<p><span class="label"><a href="#tag51">51</a>. </span>Intorno a Scoto tutto è ancora oscuro, il luogo di nascita -non si sa bene se sia in Iscozia, in Irlanda o nel Northumberland, -e l'anno stesso in cui nacque è incerto se sia il 1274, proprio quello -in cui morì S. Tommaso, ovvero il 1266. Giovanissimo entrò nell'ordine -dei Francescani, e a soli 23 anni insegnava con gran successo. -Ma ben presto la sua prodigiosa attività fu tronca dalla -morte che lo colse nel 1308, in Colonia, dove il Generale dell'ordine -lo avea chiamato a dar splendore a quell'antica scuola. L'Erdmann -(<i>Grundriss der Geschichte der Philos.</i>, 3ª ed. I, 409 e segg.) -pone il nostro filosofo nel periodo della dissoluzione della scolastica. -Ed in verità quell'acume di dialettica, che fece meritare a -Scoto il nome di dottor sottile lo rende più atto a criticare le dottrine -altrui, che a costruirne nuove; a forza di distinzioni e suddistinzioni -notomizza e distrugge l'altrui pensiero; ma a questa forza -d'analisi non corrisponde quella potenza sintetica, che risplende -nei periodi creativi della filosofia. Per questa ragione lo Scoto attende -più al modo come si dimostra la dottrina, che alla dottrina -stessa; onde da lui prende origine quel fare scettico che trae in -rovina il dommatismo scolastico. Queste ragioni dell'Erdmann non -son certo di poco valore; ma non valgono a scuotere l'antica tradizione -degli storici della filosofia di mettere assieme i due grandi -emuli, S. Tommaso e Scoto. Non è punto vero che Scoto non abbracci -una dottrina a preferenza di un'altra. Tutt'altro. Egli invece -sostiene un realismo, forse più logico di quello di S. Tommaso, a -costruire il quale ha bisogno di attribuire realtà e consistenza ai -concetti astratti più di quel che facessero gli scolastici posteriori. -Voglio dare un esempio. Scoto combattè la dottrina tomistica degli -attributi divini, i quali solo a noi parrebber molteplici, mentre in -realtà si riducono ad uno nella semplicità dell'essenza divina, e -non nasconde le conseguenze pericolose di un siffatto docetismo, -che minaccia la distinzione reale delle persone. Aggiunge che non -perchè gli attributi divini debbano intendersi come infiniti, non per -questo perdono la loro natura. E se la saggezza, la bontà, la giustizia -debbono elevarsi pel processo di eminenza al massimo grado, -non ne segue che la distanza, che separa questi concetti, si raccorci. -Questa critica è certamente fine, e se fosse stata rivolta -contro tutta la posizione della scolastica, che cerca la luce dove -più si addensano le tenebre, potremmo benissimo mettere Scoto -accanto all'Occam. Ma la cosa non sta così. Scoto vive nello stesso -ambiente di S. Tommaso, e combatte la dottrina di lui non per -mostrare l'impossibilità di quell'ibrido accozzo di dommatismo, e -razionalismo, ma per sostituire alla tomistica una dottrina non certo -più chiara, ma senza dubbio più vuota. Divinae perfectiones distinguuntur -ex parte rei, non realiter quidem sed formaliter. Possiamo al -più dire col Fiorentino che Scoto segna una transizione tra il periodo -della scolastica e quello della dissoluzione (<i>Manuale</i>, II, 110).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note52"> -<p><span class="label"><a href="#tag52">52</a>. </span>Duns Scoto, al pari dell'Erigena e dell'Avicembronio, attribuisce -alla materia il valore di sostrato universale. Il quale sostrato, -benchè destituito di ogni forma, non è una mera possibilità, un'astrazione, -come dice S. Tommaso; ma una realtà bella e buona. Si materia -non esset aliqua res actu, ejus entitas non distingueretur ab entitate -et actualitate formae, et sic nullam realem compositionem faceret -cum ea .... materia habet actualitatem aliam ab actualitate -formae. <i>De rerum principio</i>, Qu. 7, art. 1, 3 (<i>Opp.</i>, ed. cit., III, 38). -E questo sostrato generalissimo, che ripetiamo non è un'astrazione -ma realtà vera, è il fondo comune onde emergono e le sostanze sensibili -e le spirituali, e s'ha da chiamare <i>materia primo prima</i> -(Qu. 8, art. 3) cioè tale che non accoglie ancora nessuna forma nè -accidentale nè sostanziale, cujus actualitas est immediate prope nihil. -(Ivi pag. 51). Da questa materia <i>primo prima</i> s'ha da distinguere -la <i>secundo prima</i> (quae est subjectum generationis et corruptionis) -e la <i>tertio prima</i> (cujuscunque artis et materia cujuslibet naturalis -particularis). Se la materia è il sostrato universale, il principio d'individuazione -s'ha da trovare nel principio opposto, nella forma.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note53"> -<p><span class="label"><a href="#tag53">53</a>. </span>Sono spesso citati i due passi seguenti. <i>De rerum principio</i>, -qu. 8, art. 4, 24 (<i>Opp.</i>, III, pag. 52): Ego autem ad positionem -Avicembronis redeo; et primam partem, scilicet quod in omnibus -creatis per se subsistentibus, tam corporalibus, quam spiritualibus, -sit una materia teneo. Loc. cit., pag. 53: Mundus est arbor quaedam -pulcherrima, cujus radix et seminarium est materia prima, folia -fluentia sunt accidentia, frondes et rami sunt creata corruptibilia, -flos anima rationalis, fructus naturae consimilis et perfectionis natura -angelica.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note54"> -<p><span class="label"><a href="#tag54">54</a>. </span>Averroè nega la creazione nel tempo, se non si vuole ammettere -fuisse mutationem in ipso Deo; et principium concessum -ab omnibus est, quod nulla res se ipsam mutare potest. (<i>Destr. destr.</i>, -disp. 1, dub. 1). S. Tommaso non va certo tanto in là, ma confessa -(<i>Summa st.</i>, 1, qu. 46, art. 2) mundum incipisse sola fide tenetur ... -novitas mundi non demonstrationem recipere ex parte ipsius mundi, -unumquodque autem secundum rationem suae speciei abstrahit ab -hic et nunc .... similiter etiam neque ex parte causae agentis, quae -agit per voluntatem. Noi riconosciamo col Talamo (<i>L'Aristotelismo -della Scolastica</i>, pag. 158, 3ª ed.) che S. Tommaso non per ossequio -ad Aristotele, ma in forza d'argomenti razionali sostiene la sua -dottrina. E pensiamo anche noi, che dell'autorità del filosofo l'Angelico -se ne sarebbe sbarazzato presto, come fece nella stessa quistione -quando prese a combattere gli argomenti dell'ottavo della -fisica. Il contrasto in cui si dibatteva era più profondo, e stolti -erano quei <i>murmurantes</i> che chiudevano gli occhi per non vedere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note55"> -<p><span class="label"><a href="#tag55">55</a>. </span><i>S. th.</i>, I, qu. 50, art. 4. <i>De Ente et essentia</i> c. 5. Sed quum -essentia simplicium non sit recepta in materia, non potest ibi esse -talis multiplicatio. Ed ideo non oporteat quod inveniantur plura -individua unius speciei in illis substantiis, sed quot sunt individui, -tot sunt species.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note56"> -<p><span class="label"><a href="#tag56">56</a>. </span>Il misticismo di S. Bonaventura si ricollega con quello dei -Vittorini. <i>Itiner. mentis ad Deum</i>, cap. 1. Cum beatitudo nihil -aliud sit quam summi boni fruitio, et summum bonum sit supra -nos, nullus potest effici beatus nisi supra seipsum ascendat ... Sed -supra nos levari non possumus, nisi per virtutem superiorem nos -elevantem. Quantumcumque enim gradus inferiores disponantur -nihil fit nisi divinum auxilium comitetur. La via di questa visione -beatifica monta per sei gradi, corrispondenti a sei facoltà dell'animo, -senso, ragione, intelletto, intelligenza, sinderesi, apex mentis. -Nel primo grado si conoscono le cose esterne in peso, numero, -e misura. Nel secondo queste cose esterne o macrocosmo vengono -ripercosse nel microcosmo, e conosciute per mezzo delle specie sensibili. -Nel terzo lo spirito si concentra in sè. Nel quarto già comincia -ad escir di sè. Nemo cepit nisi qui accipit, quia magis est in -experientia effectuali quam in consideratione rationali. Nel quinto si -abbraccia l'unità divina. Nel sesto le tre persone.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note57"> -<p><span class="label"><a href="#tag57">57</a>. </span><i>Philos. princ.</i>, c. 3; <i>Ars Magna</i>, part. 9, c. 64. Credere non -est finis intellectus sed intelligere; verumtamen fides est unum instrumentum -ad elevandum suum intelligere cum credere; et ideo -sicut instrumentum consistit inter causam et effectum, sic fides -consistit inter intellectum et Deum. Sotto Gregorio XI l'inquisitore -Eymerich estrasse dalle opere del Lullo cento passi incriminabili -tra i quali scelgo questi: 97. Quod fides est necessaria hominibus -insciis rusticis ministrantibus et non habentibus intellectum elevatum -.... homo subtilis facilius trahitur per rationem quam per -fidem. 98. Ille qui cognoscit per fidem ea quae sunt fidei, potest -decipi; sed ille qui cognoscit per rationem non potest falli. Voglio -anche addurre l'articolo seguente 99: interficientes haereticos sunt -injuriosi et vitiosi etc. (<i>Directorium inquisitionis</i>, Roma 1635, -p. 277). In seguito alla denunzia dell'inquisitore, udito il parere di -Pietro vescovo d'Ostia ed altri venti maestri di teologia, Gregorio -XI ingiunge all'arcivescovo di Terragona: quod omnibus et -singulis eisdem personis vestrarum civitatum et dioecesum doctrinam -seu potius dogmatizationem, et usum hujusmodi librorum interdicere -studeatis. La bolla riportata nel <i>Directorium</i> pag. 331 è -del 25 gennaio 1376. Non ostante questa condanna seguitarono i -Lullisti, e nel rinascimento, benchè fussero di nuovo condannate da -Paolo IV, ebbero grande importanza le teoriche del Lullo, talchè -il Bruno scrisse un'<i>Ars lulliana</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note58"> -<p><span class="label"><a href="#tag58">58</a>. </span>È commovente la storia di questo francescano, che in luogo -di scrivere somme teologiche o commenti alle sentenze, fa ricerche -ed esperimenti fisici. Ed in grazia di tali studii tenuto per mago -vien più volte molestato, e in fine messo in prigione ove languisce -per nove anni. E poco dopo che ne esce muore pressochè ottantenne. -I papi gli furono ora amici, ora avversi. Clemente IV (1265-68) -lo apprezzò moltissimo, e lo eccitò a scrivere l'<i>Opus majus</i>; Niccolò -IV invece (1288-1292) fu inesorabile. Quanto valore dia Rogero -all'esperienza si può vedere nella parte 6ª del suo <i>Opus majus</i>, -cap. 1º. Duo enim sunt modi cognitionis, scilicet per argumentum -et experientiam. Argumentum facit concludere quaestionem sed non -certificat neque removet dubitationem, ut quiescat animus in intuitu -veritatis, nisi eam inveniat via experientiae. Il Bacone del secolo -XIII è il vero precursore del Verulamio. E forse in qualche -punto gli è superiore; perchè mentre questi non fa nessun conto -della matematica, quello comprende benissimo di quanto giovamento -possa tornare alla scienza sperimentale. Vedi <i>Opus majus</i>, -pars IV, dist. 1. Et harum scientiarium porta et clavis est mathematica.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note59"> -<p><span class="label"><a href="#tag59">59</a>. </span>Vedi la lettera di Gregorio IX a Federico II (Rieti 23 ottobre) -in <span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 918 e segg., e principalmente la lettera -d'Innocenzo IV del 1246. J: C. in apostolica sede non solum pontificalem -sed et regalem constituit monarchiam beato Petro ejusque -successoribus terreni simul ac coelestis imperii commissis habenis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note60"> -<p><span class="label"><a href="#tag60">60</a>. </span>Vedi la lettera di Federico 20 settembre 1236 e il celebre -manifesto del febbraio 1246 in risposta alla scomunica d'Innocenzo -IV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note61"> -<p><span class="label"><a href="#tag61">61</a>. </span><i>De regimine princip.</i>, I. 14: In lege Christi reges debent -sacerdotibus esse subjecti. Di questo opuscolo tutto il primo libro -e i quattro primi capitoli del secondo appartengono all'Aquinate; -il resto, secondo il De Rubeis, al discepolo Tolomeo di Lucca. -(<i>S. Thom. Opp.</i>, ed. Parma, XVI, 501). Sulle dottrine politiche di -S. Tommaso vedi <span class="smcap">Bauman</span>, <i>Die Staatslehre des h. Thomas</i>, Leipz. -1873, specialmente a p. 15, 75-81, 179. Lo Scaduto nel bel libro <i>Stato -e Chiesa</i>, Firenze 1882, pag. 34, mette una differenza tra la somma -teologica e l'opuscolo. Nè si può negare che nel <i>De Regimine</i> è -più nettamente formolata la superiorità della Chiesa sullo Stato: -ma anche nella <i>Summa</i> al disopra della legge umana è messa la -divina, e tanto nel <i>De Regimine</i> quanto nella <i>Summa</i> la Chiesa può -sciogliere i sudditi dall'obbedienza verso un Principe, che s'allontani -dalla fede.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note62"> -<p><span class="label"><a href="#tag62">62</a>. </span>Vedi principalmente la terza parte del <i>De Monarchia</i>, ove -discute: an autorithas monarchae dependeat a Deo immediate vel -ab alio Dei ministro seu vicario. <span class="smcap">Wegele</span>, <i>Dante Alighieri's Leben -und Werke</i>, 3ª ediz., pag. 312: er muss zugleich auch als einer der -ersten ahnungsvoller Verkündiger des modernen Staats begriffen -und anerkannt werden.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note63"> -<p><span class="label"><a href="#tag63">63</a>. </span>In questo senso accetterei la nota del Prof. Del Lungo sul -ghibellinismo di Dante (<i>Dino Compagni e la sua Cronaca</i>, Firenze -1879, II, 605). Nessuno dubita che Dante avesse a disdegno -i guelfi e i ghibellini dei suoi tempi, partiti più municipali che -politici, e nutriti da discordie e rivalità di famiglia più che da -contrasti di idee. E ben a proposito il Del Lungo ricorda la nota -terzina del <span class="smcap lowercase">VI</span> del <i>Paradiso</i> -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">L'uno al pubblico segno i gigli gialli</p> -<p class="i01">Oppone, e l'altro <i>appropria quello a parte</i></p> -<p class="i01">Sì che forte a veder è chi più falli.</p> -</div></div> - -<p> -Ma col debito rispetto ad un così esperto conoscitore di quei tempi, -io non posso capacitarmi che Dante si fosse fatto ghibellno -per forza e non per intimo convincimento. Se ghibellino nel suo -più alto significato è colui che abbracciava in fatto di sovranità -opinioni del tutto opposte a quelle sostenute sempre dai Papi a -cominciare da Gregorio VII sino a Bonifacio VIII e Giovanni XXII, -nessuno può dirsi ghibellino meglio di Dante, il primo che seppe -ridurre a teoria la politica imperiale. Un altro forse prima di -lui Engelberto, abbate di Admont, scrisse un libro <i>de ortu, progressu -et fine romani imperii</i>; ma nè Dante conosceva quest'opera, -nè dessa può reggere al paragone della dantesca. Sarebbe -adunque strano che il primo teorico dell'Imperialismo fosse non un -ghibellino, ma un guelfo. Ammetto bene che i guelfi non volessero -distruggere la potestà imperiale, ma neanche i ghibellini la -potestà papale. La quistione non era di distruggere l'una o l'altra -delle istituzioni, a cui tutti credevano; bensì o di sottomettere l'una -all'altra, ovvero di rendere l'una dall'altra indipendente. Questo -voluto guelfismo di Dante ha indotto il prof. Del Lungo nella -credenza che il Veltro debba essere un Papa non un Imperatore -(op. cit., p. 555), opinione vittoriosamente oppugnata dal Fornaciari -(<i>Studii su Dante</i>, pag. 25).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note64"> -<p><span class="label"><a href="#tag64">64</a>. </span>Vedi la seconda parte del <i>De Monarchia</i>: An Romanus populus -de jure monarchae officium sibi asciverit. Il Witte ha ben -rilevata la continuità della tradizione classica.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note65"> -<p><span class="label"><a href="#tag65">65</a>. </span>Le ragioni addotte dal D'Ancona (<i>Studii di critica e storia -letteraria</i>, pag. 72-83) mi pare mettano fuori di controversia che -lo <i>spirto gentil</i> non possa essere Stefanuccio Colonna. E fra tutte -le ipotesi la più probabile resta sempre quella che riferisce la -canzone a Cola, interpetrando le parole: <i>un che non ti vide ancor -da presso</i> nel senso: <i>non ti vide tribuno</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note66"> -<p><span class="label"><a href="#tag66">66</a>. </span>Questa in fondo è la dimostrazione della prima parte del -<i>De Monarchia</i>: An de bene esse mundi monarchia necessaria sit. -L'imperatore è la miglior guarentìa della pace, della libertà e -della giustizia, perchè egli è spoglio di passioni, è un essere sovrumano. -Anche il Wegele pag. 348 riconosce la fallacia di questo -ragionamento, sebbene non ne rilevi il carattere medievale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note67"> -<p><span class="label"><a href="#tag67">67</a>. </span>È nota la disputa tra il Witte ed il Böhmer da una parte -ed il Giuliani ed il Wegele dall'altra. A me pare molto più probabile -la congettura del Wegele che il libro sia stato scritto dopo -la consacrazione di Enrico VII, al quale vanno riferite le parole -del libro II, cap. I: reges et principes in hoc uno concordantes ut -adversentur Domino suo, et uncto (non unico) suo Romano principi. -Ma benchè questo libro sia posteriore agli scritti francesi, -che ricorderemo più sotto, pure ha una tinta medievale più spiccata. -Il Brice (<i>The holy Roman Empire</i>, 6ª ed., pag. 264) avea -già notato: With Henry the Seventh ends the history of the Empire -in Italy and Dante's book is an epitaph instead of a prophecy; -con non minore acume il Wegele (op. cit., pag. 334): unter -diesen rückwärtsstrebenden Geistern nimmt Dante den ersten -Platz ein, und er hat diese seine Stimmung so entschieden und -sinnreich ausgesprochen, sie zu einem Sistem ausgebildet und poetisch -verewigt, das sie stets ein grosses Interesse hervorgerufen -hat, obwohl sie nichts war, als das kraftvolle tragische Verneinen -des unabänderlichen Fortschrittes der Weltgeschichte.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note68"> -<p><span class="label"><a href="#tag68">68</a>. </span>In 2 Sent., qu. 17: Non est ponenda pluralitas sine necessitate.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note69"> -<p><span class="label"><a href="#tag69">69</a>. </span><i>Summa totius logicae</i>, I, cap. <span class="smcap lowercase">XV</span>: Nullum universale esse -aliqua substantia extra animam existentem evidenter probari potest.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note70"> -<p><span class="label"><a href="#tag70">70</a>. </span>In <i>Sent.</i>, prolog., qu. 1: Notitia intuitiva rei est talis notitia -virtute cujus potest sciri utrum res sit vel non sit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note71"> -<p><span class="label"><a href="#tag71">71</a>. </span>In 1 Sent., dist. 3, qu. 2: Nec divina essentia nec divina -quidditas nec aliquid intrinsecum Deus, nec quid quod est realiter -Deus potest hic cognosci a nobis .... nihil potest probari naturaliter -cognosci in se nisi cognoscatur intuitive.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note72"> -<p><span class="label"><a href="#tag72">72</a>. </span>In 1 Sent., dist. 11, qu. 8. Non est quaerenda causa individuationis -nisi forte extrinseca.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note73"> -<p><span class="label"><a href="#tag73">73</a>. </span>Il Kopp, il Theiner ed il Ficker aveano già pubblicata la -bolla inviata da Bonifacio VIII all'elettore Duca di Sassonia perchè -favorisse le pratiche avviate presso Alberto d'Austria per la retrocessione -alla Curia romana dei diritti imperiali sulla Toscana. -Gl'importanti documenti pubblicati dal signor Levi (<i>Bonifazio VIII -e le sue relazioni col Comune di Firenze</i>, Roma 1882) mettono -fuor di dubbio questo intendimento, e l'occulto fine del processo -contro Lapo Saltarelli e della missione affidata a Carlo di Valois. -Bonifazio VIII con certo minore accorgimento e prestigio -tentava ciò che sarebbe parsa follia agl'Innocenzo III ed ai Gregorio -IX! Questi fatti rendono molto improbabile l'ipotesi, che la -repubblica fiorentina mandasse da ambasciatore al Papa l'Allighieri, -se a quel tempo avesse egli già pubblicato un libro così -ostile alle pretensioni papali come il <i>De Monarchia</i>. Nè parmi -probabile che Dante lo scrivesse nel breve ed agitato tempo che -corse tra l'ottobre del 1301, data dell'ambasceria, ed il gennaio -1302 data della prima condanna. Si potrebbe ammettere come mi -suggerisce un dotto e caro amico, che il <i>De Monarchia</i> fosse stato -scritto prima dell'ambasceria e pubblicato dopo. Ma quando? -Prima della condanna? È possibile che Dante volesse rendere peggiori -le sue sorti, quando pendevano ancora indecise? Sulla pubblicazione -del Levi vedi una bella recensione di Augusto Franchetti -nella <i>Nuova Antologia</i> del 1º gennaio 1883.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note74"> -<p><span class="label"><a href="#tag74">74</a>. </span><span class="smcap">Goldast</span>, <i>Monarchia</i>, I, 13. Il <span class="smcap">Riezler</span>, <i>Die literarischen -Widersacher der Päpste zur Zeit Ludwig des Baiers</i>, pag. 145 -e segg., l'attribuisce al Dubois; perchè la sveltezza di questo dialogo -mal s'accorda colla gravità faticosa dei dialoghi autentici dell'Occam. -Oltrechè le edizioni più antiche danno il dialogo per anonimo, -e solo dall'edizione parigina del 1498 si cominciò ad attribuirlo -all'Occam. Una fedele esposizione del dialogo si può leggere nel libro -dello Scaduto: <i>Stato e Chiesa</i>, Firenze 1882, pag. 81 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note75"> -<p><span class="label"><a href="#tag75">75</a>. </span><i>Tractatus de Jurisdictione Imperatoris in causis matrimonialibus</i> -(<span class="smcap">Goldast</span>, tom. II, p. 21). Cum enim secundum scripturas -sacras atque rationem naturalem inter infideles [non <i>fideles</i> -come è stampato dal Goldast] verum licitum et legitimum reperiatur -conjugium et (prout etiam Romanorum Pontificum decretales -testantur) infideles constitutionibus ecclesiasticis non arceantur, -evidenti concluditur argumento, quod causa matrimonialis .... -ad Imperatores legitimos .... pertinebat, p. 23. In specie autem de -Sacramento matrimonii (quod etiam decretales Romanorum Pontificium -dicunt apud fideles et infideles existere) dicitur, quod ad -Imperatorem, in quantum solummodo Imperator, eo quod pluries -Imperator extitit infidelis, causa matrimonialis .... spectat. Queste -citazioni bastano a provare come l'Occam senta vivo il bisogno che -il matrimonio diventi una istituzione dello stato indipendente dalle -confessioni religiose. Intorno allo scritto sullo stesso argomento per -Marsilio da Padova, la cui autenticità è da molti revocata in dubbio, -vedi <span class="smcap">Riezler</span>, op. cit., pag. 234.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note76"> -<p><span class="label"><a href="#tag76">76</a>. </span><span class="smcap">Goldast</span>, II, p. 877. Anche Bonifazio nella lettera all'elettore -di Sassonia dice alludendo all'impero: quod fuerat ad medelam -provisum, tetendit ad noxam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note77"> -<p><span class="label"><a href="#tag77">77</a>. </span><span class="smcap">Riezler</span>, op. cit., pag. 203 e segg. <span class="smcap">Scaduto</span>, op. cit., pag. 118. -Riscontrate anche l'opera recente del <span class="smcap">Labanca</span>, <i>Marsilio da Padova</i>, -Padova 1882, pag. 135. Acconsento al Labanca che il mettere -nel popolo la fonte della sovranità e non pure della temporale -dell'Impero, ma della spirituale della Chiesa sia un concetto moderno; -ma ciò non toglie che l'opera di Marsilio e pel fine che si -propone, e pel metodo che tiene sa del medievale in confronto del -<i>Principe</i> e dei <i>Discorsi</i> del Machiavelli, come ha ben detto il -Villari, <i>Niccolò Machiavelli</i>, II, pag. 237.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note78"> -<p><span class="label"><a href="#tag78">78</a>. </span><span class="smcap">Goldast</span>, I, p. 17: regnum Franciae dignissima conditione -Imperii portio est, pari divisione insignita, quicquid privilegii et -dignitatis retinet Imperii nomen in parte una, hoc regnum Franciae -in parte altera. Questo pensiero è comune agli scritti francesi -del 1303 così nel trattato <i>De potestate regia et papali</i> di Giovanni -da Parigi (<span class="smcap">Riezler</span>, pag. 153; <span class="smcap">Scaduto</span>, pag. 93), come nella -<i>Quaestio de potestate papae</i> (<span class="smcap">Riezler</span>, pag. 142; <span class="smcap">Scaduto</span>, pag. 96). -Anche <span class="smcap">Occam</span>, <i>Dialogus</i>, in <span class="smcap">Goldast</span>, II, 876, secundum diversitatem -qualitatem et necessitatem temporum expedit regimina et dominia -mortalium variari.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note79"> -<p><span class="label"><a href="#tag79">79</a>. </span><i>De sui ipsius et multorum ignorantia liber</i>, ed. Basilea, -pag. 1037, 1043.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note80"> -<p><span class="label"><a href="#tag80">80</a>. </span>Anche lo Zumbini, che rivendica contro il D'Ancona l'imperialismo -del Petrarca, scrive egregiamente: «In mezzo a quelle -lotte della Chiesa e dell'Impero, a quelle guerre crudeli, a quegli -scandali d'ogni maniera, il più offeso di tutti e insieme il solo incolpevole -era il popolo romano. Roma per il Petrarca era una -grande vittima e intemerata, e lei bisognava soccorrere anzi tutto». -<i>Studi sul Petrarca</i>, p. 254.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note81"> -<p><span class="label"><a href="#tag81">81</a>. </span><span class="smcap">Fiorentino</span>, <i>Saggio sul Petrarca negli Scritti varii di letteratura, -filosofia e critica</i>. <span class="smcap">Bartoli</span>, <i>I primi due secoli della -letteratura italiana</i>, pag. 485 segg. In una serie di lettere che il Petrarca -diresse a parecchi in occasione della guerra tra Genova e Venezia -è messa in rilievo quest'opposizione tra barbari ed italiani. Lib. XI, -ep. 8 indirizzata il 18 marzo 1351 al Doge Dandolo (<span class="smcap">Fracassetti</span>, -pag. 131): Ergone ab Italis ad Italos evertendos barbarorum regum -poscuntur auxilia. Unde infelix opem speret Italia, si parum est -quod certatim a filiis mater colenda discerpitur, nisi ad publicum -parricidium alienigenae concitentur? pag. 132: Postquam alpes et -maria, quibus nos moenibus natura vallaverat, et interjectas obseratasque -divino munere claustrorum valvas, livoris avaritiae superbiaeque -clavibus aperiendos duximus Cimbris, Hunnis etc. Lib. XIV, -ep. 5 al Doge e Consiglio di Genova dopo la vittoria riportata dai -Genovesi sui Veneziani (<span class="smcap">Fracassetti</span>, pag. 295): Et de exterius quidem -hostibus (cioè degli stranieri che pugnavano insieme ai Veneziani) -non doleo. Quid enim laboribus italicis sua tela permiscent, -venale genus ac faedifragum, quos in longinquam infelicemque militiam -nummus impellit etc. Lib. XIV, ep. 6, indirizzata parimente -ai Genovesi, quando nell'anno appresso alla vittoria sui Veneziani si -volsero contro il re d'Aragona: Quod optabam video; ab ortu ad occasum -victricia signa convertite. Hic precor incumbite, viri fortes, -hoc agite hoc pium, hoc justum, hoc sanctum, hoc <i>minime italicum</i> -bellum est. Lib. XVII, ep. 3, dopo la disfatta dei Genovesi (<span class="smcap">Fracassetti</span>, -pag. 432): ab initio et semper <i>a bello italico dehortatus</i> -eram: deinde autem de externo hoste quaesitae victoriae plauseram. -Lib. XVIII, ep. 16, allo stesso Dandolo dopo le vittorie veneziane -del 1354 (<span class="smcap">Fracassetti</span>, p. 506): Quousque enim miseri in -jugulos patria et in publicam necem barbarica circumspiciemus -auxilia? Quousque qui nos strangulent pretio conducemus .... nihil -insanius quam quod tanta diligentia tantoque dispendio Italici homines -Italiae conducimus vastatores, pag. 510: nec tibi persuadeas, pereunte -Italia, Venetiam salvam fore.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note82"> -<p><span class="label"><a href="#tag82">82</a>. </span><span class="smcap">D'Ancona</span>, <i>Il concetto dell'Unità politica nei poeti italiani</i> -negli <i>Studi di Critica e Storia letteraria</i>; Bologna 1880, p. 30-31. -<span class="smcap">Bartoli</span>, <i>Appunti sulla politica del Petrarca</i> nella <i>Rivista Europea</i>, -16 gennaio 1878.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note83"> -<p><span class="label"><a href="#tag83">83</a>. </span>Epist., Lib. XI, 8. A ragione il Bartoli scrive (op. cit. pag. 489): -<i>Come il Petrarca si riconnette da un lato coll'Allighieri, dall'altro -sembra stendere la mano presaga al Machiavelli, il quale -coi versi di lui chiuderà il suo ritratto del Principe</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note84"> -<p><span class="label"><a href="#tag84">84</a>. </span>Il <span class="smcap">D'Ancona</span> (opera citata, pag. 34) ricorda la famosa lettera -[<i>De rebus familiaribus</i>, III, 7] indirizzata a Dionisio di S. Sepolcro -nel 1339: Certe ut nostrarum rerum praesens status est, in hac -animorum tam implacata discordia, nulla prorsus apud nos dubitatio -relinquitur monarchiam esse optimam relegendis reparandisque -viribus Italis, quas longus bellorum civilium sparsit furor. -Haec ut ego novi, fateorque regiam manum nostris morbis necessariam, -sic te illud credere non dubito nullum me regem malle, -quam hunc nostrum, cujus sub ditione vivimus. Si deve certo ammettere -collo Zumbini (<i>Saggio</i>, pag. 84) che la speranza posta in Roberto -non durasse lungo tempo, perchè ben presto il re napoletano -si chiarì indegno dei suoi alti destini. Epperò il Petrarca si volge -altrove, nè indirizza al suo regale amico alcuna esortatoria, nè -sulla tomba di lui rimpiange le fallite speranze. Tutto questo è -vero ed acutamente notato, ma ciò non toglie che in questa lettera -il Petrarca parli sul serio, perchè Roberto, se gli fosse bastato -l'animo, era certo l'unico monarca, a cui si porgevano le più favorevoli -occasioni per fondare un grande stato.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note85"> -<p><span class="label"><a href="#tag85">85</a>. </span><span class="smcap">Riezler</span>, op. cit., pag. 215 e segg. <span class="smcap">Labanca</span>, op. cit., pag. 148 -e segg. <span class="smcap">Friedberg</span>, <i>De finium inter Ecclesiam et civitem regundorum -judicio</i>, pag. 71 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note86"> -<p><span class="label"><a href="#tag86">86</a>. </span>I Catari si dicevano così dal greco <i>catharos</i> puro, perchè -essi soli si reputavano mondi dal commercio col cattivo spirito. -<span class="smcap">Hahn</span>, <i>Geschichte der Ketzer im Mittelalter</i>, Stuttgart 1845, I, -pag. 50; <span class="smcap">Schmidt</span>, <i>Histoire des Cathares</i>, Paris 1849, II, 276.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note87"> -<p><span class="label"><a href="#tag87">87</a>. </span><i>Disputatio inter Catholicum et Patarinum</i> in <span class="smcap">Martène et -Durand</span>, <i>Thesaurus</i>, V, 1706: Deum creasse omnia concedo. Intellige -bona, sed mala et vana et transitoria et visibilia ipse non fecit, -sed minor creator Lucifer. Vedi <span class="smcap">Ebrardus</span> in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 11, 136. -<span class="smcap">Ermengardus</span>, ivi, pag. 223.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note88"> -<p><span class="label"><a href="#tag88">88</a>. </span><span class="smcap">Rainero Sacconi</span>, <i>Summa de Catharis et Leonistis</i> in <span class="smcap">Duplessis</span>, -<i>Collectio judiciorum</i>, pag. 48 a: Communes opiniones -omnium Catharorum sunt istae videlicet quod Diabolus fecit hoc -mundum; pag. 52 a, <i>De opinionibus Balasinanza</i>: Item quod -utrunque principium sive uterque Deus creavit suos angelos, et -quod iste mundus est formatus et creatus a malo Deo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note89"> -<p><span class="label"><a href="#tag89">89</a>. </span><i>Summa</i>, pag. 52 b: Johannes de Lugio dicit quod omnes -creaturae sunt ab aeterno bonae cum Deo bono, et malae cum Deo -malo; pag. 53 b: Deus vult et potest omnia bona sed impeditur haec -Dei voluntas et potentia ab hoste suo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note90"> -<p><span class="label"><a href="#tag90">90</a>. </span><i>Summa</i>, pag. 54 b, <i>Sequitur de propriis opinionibus Catharorum -de Concorrezio</i>: Deus ex nihilo creavit angelos et quatuor -elementa ... diabolus de licentia Dei formavit omnia visibilia. Lo -stesso Rainero ci fornisce preziose notizie sulle varie sette catare, -in ispecialità italiane. I più rigidi erano chiamati, senza dubbio dal -luogo di origine del Catarismo, <i>Albanenses</i>. I quali alla lor volta -divisi sunt in duas partes: Hujus partis (quella che si teneva stretta -all'antica tradizione) caput est Balasinansa Veronensis eorum episcopus; -alterius vero partis (la più esagerata) est Johannes de Lugio -Bergamensis (pag. 51 b-52 a). Da queste due parti che costituivano -i dualisti rigorosi, si debbono distinguere i dualisti temperati, -dei quali alcuni si chiamavano da Concorrezo [non dalla -modenese Correggio, nè dalla dalmata Gorizia, come crede lo -Schmidt (op. cit., II, 285), ma da Concorrezo in Lombardia, circondario -di Monza]; altri dicevansi Bagnolensi o Bajolensi [da Bagnolo -nel Milanese]. <i>Summa</i>, pag. 51 b: illi autem de Concorrezo -diffusi sunt fere per totam Lombardiam; Baiolensi Mantuae, Brixiae, -Bergami et in comitatu mediolanensi. Alla frazione più temperata -appartengono gli Slavi <i>Bogomil</i>, o amici di Dio come spiega Gieseler -in Schmidt loc. cit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note91"> -<p><span class="label"><a href="#tag91">91</a>. </span>Anche Giovanni di Lugio credeva quod omnes (?) animae liberabuntur -in fine a poena et culpa (<i>Summa</i>, pag. 54 b).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note92"> -<p><span class="label"><a href="#tag92">92</a>. </span><span class="smcap">Bonacursus</span> in <span class="smcap">D'Achery</span>, <i>Spicilegium</i>, I, 208: Sententia tamen -omnium est illa elementa diabolum divisisse.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note93"> -<p><span class="label"><a href="#tag93">93</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, <i>Adversus Catharos</i>, Roma 1743, pag. 105: illi enim -Cathari, qui duo ponunt principia dicunt populum Dei constare ex -tribus, scilicet corpore, animo et spiritu praesidente utrique. Questa -antica opinione che si riadduce alle distinzioni platonico-aristoteliche -delle parti dell'anima era stata accettata dai Padri, come Giustino -Taziano ecc. Vedremo che la Gnosi sapea distinguere nell'uomo -due anime, la buona e la cattiva. Lo stesso affermano i -Manichei. (<span class="smcap">Gieseler</span> <i>Kirchengeschichte</i>, I, 306).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note94"> -<p><span class="label"><a href="#tag94">94</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, 105 B: Sciendum est, quod per spiritum intelligunt -isti Heretici Angelos, de quibus legitur «Qui facit angelos suos -spiritus (Paul. ad Hebr. I, 7)».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note95"> -<p><span class="label"><a href="#tag95">95</a>. </span><span class="smcap">Alanus</span>, <i>Adversus haereticos et waldenses</i>, pag. 53: Hi autem -volunt dicere, ideo resurrectionem non futuram, quia anima perit -cum corpore... Moyses dicit animam esse in sanguino, et sic videtur -quod pereunte sanguine, pereat anima. In questo luogo par -che Alano non faccia distinzione tra i Catari e quelli che negano -la immortalità dell'anima. Al contrario Moneta, pag. 416: In hoc -autem non arguo Catharos (vale a dire animas hominum cum corporibus -interire). L'equivoco nasce dal doppio senso della parola -anima, ora intesa come spirito, ora come principio vitale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note96"> -<p><span class="label"><a href="#tag96">96</a>. </span><span class="smcap">V. Schmidt</span>, II, 59, che cita Euthymius Zigadenus, <i>Narratio -de Bogomilis</i>, ed. Gieseler, Gottinga 1842, pag. 8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note97"> -<p><span class="label"><a href="#tag97">97</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 63: de libero arbitrio quod isti negant esse in -populo Dei. E le ragioni di questa negazione vi sono molto sottilmente -esposte. Hujus rei caussa una est quia si populus Dei haberet -liberum arbitrium ad utrumque, scilicet ad bonum et ad malum, -ab eodem fonte et eadem natura esset bonum et malum, sic -ergo non esset necesse ponere duos Deos... Secunda causa quia -Deus non habet liberum arbitrium; non habet flexibilitatem ad bonum -et ad malum. Unde ergo haberet populus Dei liberum arbitrium? -L'<span class="smcap">Hahn</span>, op. cit., I, 69, giustamente osserva che la negazione -del libero arbitrio è intimamente collegata colle dottrine dei -dualisti rigorosi, perchè secondo loro, finchè l'anima è in potere -del cattivo spirito non può far bene, e quando al contrario in virtù -del <i>consolamentum</i> se ne libera non può far male.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note98"> -<p><span class="label"><a href="#tag98">98</a>. </span><span class="smcap">V. Schmidt</span>, <i>Histoire des Cathares</i>, II, 24.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note99"> -<p><span class="label"><a href="#tag99">99</a>. </span><i>Summa</i> in <span class="smcap">Duplessis</span>, pag. 52 a: <i>De opinionibus Balasinanza</i> -Diabolus cum suis angelis ascendit in coelum, et facto ibi -proelio cum Michaele Archangelo, extraxit tertiam partem creaturarum -Dei et infundit eas quotidie in humanis corporibus et brutis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note100"> -<p><span class="label"><a href="#tag100">100</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 4: Credunt etiam quod Diabolus, invidens Altissimo, -caute ascendit in coelum Dei sancti, et ibi colloquio suo -fraudolento praedictas animas decepit, et ad terram istam et caliginosum -aerem duxit. Rainero dice di Giovanni di Lugio (<i>Summa</i> -pag. 53 b): Igitur cuncta animantia participabant calliditate, sed plus -omnibus serpens, et ideo per eum est facta deceptio. Ma questo -inganno pare che non sia volontario nè per chi l'ordisce nè per -chi lo soffre, perchè nihil est quod habet liberum arbitrium, etiam -Deus summus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note101"> -<p><span class="label"><a href="#tag101">101</a>. </span><i>Summa</i>, pag. 54 b: Diabolus formavit corpus primi hominis -et in illum effudit unum angelum, qui in modico jam peccaverat. -Item quod omnes animae sunt ex traduce ab illo angelo. Questo -domma dell'unicità dell'elemento spirituale in tutti gli uomini ha -una lontana parentela coll'intelletto unico e separato degli Averroisti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note102"> -<p><span class="label"><a href="#tag102">102</a>. </span><i>Summa</i>, pag. 55 b: Bajolensi conveniunt cum praedictis Catharis -de Concorrezo fere in omnibus opinionibus excepto hoc scilicet, -quod dicunt quod animae sunt creatae a Deo ante mundi constitutionem, -et quod tunc etiam peccaverunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note103"> -<p><span class="label"><a href="#tag103">103</a>. </span><i>Summa</i>, pag. 52 a: Et etiam de uno corpore eas transmittit -in alium, donec omnes reducentur in coelum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note104"> -<p><span class="label"><a href="#tag104">104</a>. </span>Anche l'antico manicheismo insegnava questa dottrina. Socrate, -<i>Hist. eccl.</i> cap. XVII: Manes... animorum ex uno corpore -in aliud manifesto tradit, Empedoclis, Pithagorae et Aegiptiorum -secutus opiniones.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note105"> -<p><span class="label"><a href="#tag105">105</a>. </span>Quest'opposizione tra il vecchio e nuovo Testamento è un -retaggio gnostico e manicheo. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 143: Cathari Deum -veteris testamenti ... reprobare nituntur... Objectionem haereticorum -ex quatuor radicibus procedunt. Prima ex contrarietate, quae -videtur inter vetus testamentum et novum. Secunda ex mutabilitate -ipsius Dei, quae ex ipsis scriptum apparet. Tertia ex crudelitate -ipsius, quae in scripturis ostenditur. Quarta ex mendacio (il -testo ha erroneamente: <i>mandato</i>), de quo Deus ipse in scripturis -arguendus videtur. — Concordi le altre testimonianze. <span class="smcap">Ebrardus</span> -in <span class="smcap">Gretser</span>, tom. XII, pars 2, pag. 127: Ipsi vero contra conditorem -suum latrant, tanquam canes, Dominum ignorantes et hinc -inde de Veteri Testamento quae non intelligunt testimonia congregantes, -simplicium corda decipiunt. <span class="smcap">Ermengardus</span> in <span class="smcap">Gretser</span>, loc. -cit., pag. 224: Dicunt haeretici Legem Moysi ab omnipotenti Deo -non esse datam, sed a principe malignarum spirituum. Anche intorno -a questo punto v'ha differenza tra le sette catare. <i>Summa</i>, -pag. 52 a: Balazinanza tenet quod diabolus fuit auctor totius veteris -Testamenti, exceptis his libris Job, Psalterio ecc.; pag. 54 b: Cathari -de Concorrezo reprobant totum vetus Testamentum, putantes -quod Diabolus fuit auctor ejus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note106"> -<p><span class="label"><a href="#tag106">106</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 234: In hoc autem tertio capitulo de Christo -errant Cathari, qui puram creaturam eum confitentur; pag. 239: -Ad idem inducunt illud Apoc. VII, 2, ubi Johannes ait «vidi alterum -angelum» si ergo fuit angelus, et non Deus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note107"> -<p><span class="label"><a href="#tag107">107</a>. </span>Nel decreto del concilio Lateranense, e in quello di Federigo II -si parla di <i>Patarenos</i>, <i>Leonistas</i>, <i>Arrianistas</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note108"> -<p><span class="label"><a href="#tag108">108</a>. </span>Moneta, pag. 247: Qui eam (carnem) credunt a Diabolo fabricatam. -Dicunt enim quod non habuit vere corpus humanum sed -phantasticum. <i>Liber inquisit. tholosanae</i>, ed. <span class="smcap">Limborch</span>, pag. 92: -cum verum corpus humanum et veram carnem hominis ex nostra -natura ipsum (Christum) denegas assumpsisse. Il Sacconi nella -<i>Summa</i> attribuisce queste opinioni docetiche a Balasinanza, p. 52 a: -quod Dei filius non assumpsit humanam naturam in veritate sed -ejus similem .... nec vero comedit et bibit nec vere passus est -et mortuus et sepultus, nec ejus resurrectio fuit vera, sed fuerunt -haec omnia putative. Giovanni di Lugio non pare abbia avute opinioni -meno docetiche degli altri catari, perchè al passo della -<i>Summa</i> citato dall'Hahn, I, 65: quod Cristus natus est secundum -carnem .... et vere passus est, crucifixus mortuus et sepultus, -segue quest'altro: putat quod omnia ista fuerunt in alio mundo superiori -et non in isto. I Concorrezesi soltanto dicunt quod Christus -non assumpsit animam humanam; sed fere omnes credunt eum -assumpsisse carnem humanam de B. Virgine (pag. 55 a). Secondo -questa testimonianza i Concorrezesi più che docetisti sarebbero -monofisiti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note109"> -<p><span class="label"><a href="#tag109">109</a>. </span>Anche Manes secondo Socrate, loc. cit.: Christum natum esse -non vult; illum spectrum fuisse dicit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note110"> -<p><span class="label"><a href="#tag110">110</a>. </span>Questo docetismo lo estendono anche alla vergine Maria. -<span class="smcap">Moneta</span>, pag. 243: Machinantur autem insuper illum Angelum, qui -in muliebri forma appellatus est Maria, assumpsisse intra se alium -Angelum, qui dictus est Jesus, et sic deceptorie mater putaretur et -diceretur ipsius. <i>Liber inquisitionis</i> loc. cit.: Mariam matrem Dei et -Domini Jesu Christi non esse nec fuisse mulierem carnalem asseris -et mentiris, sed tuum ac tuorum ecclesiam... mentiendo confingis -hanc esse Mariam virginem in tenebris dogmatizas. Il Sacconi attribuisce -questo errore ad un Nazario Concorrezese: quod B. Virgo -fuit Angelus (pag. 55 a), ed al vescovo Balasinanza (pag. 52, B), virginem, -quam dicunt esse Angelum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note111"> -<p><span class="label"><a href="#tag111">111</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 256: Forte dices quod non est passus, nec mortuus, -nec aliquam angustiam sustinuit, licet ita videtur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note112"> -<p><span class="label"><a href="#tag112">112</a>. </span><span class="smcap">Bonacursus</span> in <span class="smcap">D'Achery</span> <i>Spicilegium</i>, pag. 207: Beatum -Sylvestrum dicunt Antichristum fuisse ... a tempore illo dicunt Ecclesiam -esse perditam. <span class="smcap">Moneta</span>, 263 et de Sylvestro volunt intelligere -illud 2 <i>Thessalon</i>. II 3: Homo peccati, filius perditionis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note113"> -<p><span class="label"><a href="#tag113">113</a>. </span><span class="smcap">Alanus</span>, pag. 134: Dicunt quod in altari est panis post consacrationem, -quia ibi prius fuit panis, ed adhuc est forma panis. -<span class="smcap">Eckbertus</span>, sermo XI in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 478: vos omnino renuitis -credere quod ab aliquo sacerdote sive bono sive malo possit ulla -consecratione fieri corpus Domini.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note114"> -<p><span class="label"><a href="#tag114">114</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 290. Alii autem intelligunt illa verba Domini: -Hoc est corpus meum: id est significat sicut illud in 1 Cor. 4 -«Petra erat autem Christus» idest significat Christum. Ebrardus -contra Waldenses cap. 8, in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, pag. 146 sed objiciunt -increduli dicentes; verba sancta dicunt esse <i>panem</i>; quia cibus -animae sunt verba evangelica. A sostenere la loro interpetrazione -simbolica i Catari adoperavano per sino argomenti filologici, come -quello strano citato da Ermengardo cap. 11, in Gretser loc. cit. -pag. 231, <i>hoc</i> non refertur ad panem .... sed ad corpus suum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note115"> -<p><span class="label"><a href="#tag115">115</a>. </span>Cujus opinionis causa prima est, quia istum materiale panem, -et vinum mala esse dicunt; asserunt enim quidam eorum a Diabolo -creata esse. (<span class="smcap">Moneta</span>, pag. 295). Cfr. <i>Summa</i>, pag. 49, verum tamen -albanenses dicunt, quod ille panis non benedicitur, cura ipse panis -sit creatura diaboli, et in hoc differunt a coeteris omnibus qui dicunt -quod ille panis vere benedicitur. Nemo tamen ex iis credit -quod ex illo pane conficiatur corpus Christi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note116"> -<p><span class="label"><a href="#tag116">116</a>. </span>Vedi nel <span class="smcap">Duplessis</span> il brano della cronaca di Rodolfo Cogeshalense -che si riferisce all'eresia dei Poplicani o Paoliciani. -Ermengardus cap. 17 in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, pag. 239: nec defunctos -vivorum beneficiis et orationibus relevari. Eckbertus, <i>sermo</i> IX, in -<span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 466: animae defunctorum vel in aeterna beatitudine -collocentur, vel aeternis suppliciis tradantur, atque hac ratione -nec malis prodesse nec bonis necessarium esse ut pro eis orationes -fiant, aut missae celebrentur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note117"> -<p><span class="label"><a href="#tag117">117</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span> 371: Omnes autem haeretici tam Cathari, quam pauperes -Lugdunenses, hoc (Purgatorium) negant. <i>Summa</i> pag. 50 a: -Deus nemini infert poenam purgatoriam, quam penitus esse negant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note118"> -<p><span class="label"><a href="#tag118">118</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 347: Cathari horum corporum resurrectionem -negant, et hoc ideo quia ea a Diabolo creata vel facta credunt -esse.... artifex tantum remunerabitur non corpus. Vedi Ebrardo -cap. 16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note119"> -<p><span class="label"><a href="#tag119">119</a>. </span><i>Liber inquisitionis tholosanae</i>, pag. 37: Et sigillatim omnia -sacramenta ecclesiae scilicet eucharistiae et altaris ac baptism -aquae corporalis damnant. Ivi pag. 85: baptismus .... fit in aqua -corrupta</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note120"> -<p><span class="label"><a href="#tag120">120</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 284: Parvuli non sunt docendi.... ergo non -sunt baptizandi ... prius ergo est quod homo poeniteat de peccato -suo, deinde baptizetur. <span class="smcap">Eckbertus</span>, sermo VIII, 1, in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, -464: Nam baptizandum quidem esse hominem dicitis cum ad annos -discretionis pervenerit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note121"> -<p><span class="label"><a href="#tag121">121</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 460: Impugnant Ecclesiam etiam in picturis et -imaginibus dicentes quod nos sumus Idolatrae, qui imagines adoramus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note122"> -<p><span class="label"><a href="#tag122">122</a>. </span><span class="smcap">Ebrardo</span>, cap. 4, in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, pag. 131. Objiciunt enim -Dominus non in manufactis habitat. <span class="smcap">Ermengardo</span>, cap. 9, in <span class="smcap">Gretser</span>, -loc. cit., pag. 230. Omnes haeretici Ecclesiam manufactam et -altaria .... et omnia ornamenta ecclesiastica ad nihilum deputant -et ad salutem animorum nihil proficere dicunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note123"> -<p><span class="label"><a href="#tag123">123</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 461: Et dicit quod ignominiam Christi adoramus, -et ejus ignominiam nostrae fronti imponimus. <i>Liber inquisitionis -tholosanae</i>, pag. 348: Item quod crux Christi non debebat adorari, -quia nullus adoraret furcas in quibus pater suus fuisset suspensus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note124"> -<p><span class="label"><a href="#tag124">124</a>. </span>Nella lettera di Evervino a S. Bernardo (op. S. Bern., ed. -Mabillon, pag. 1487): Dicunt qui se tantum Ecclesiam esse et apostolicae -vitae veri sectatores permanent, ea quae mundi sunt non -quaerentes, nec domum, nec agros, nec aliquid possidentes sicut -Christus non possedit. È importante notare che i Catari proibivano -anche l'andare accattando al modo dei frati mendicanti. <span class="smcap">Moneta</span>, -pag. 451: Et de elemosynis quaerere victum et vestitum blasphemant -... Objiciunt etiam illud Matth. VI, 25 «Ne soliciti sitis animae -vestrae quid manducetis ecc.» si enim quaerimus quotidie, inde -soliciti sumus; pag. 453: Objiciunt etiam et dicunt quod contra -verba Apostoli venimus, quia non laboramus manibus nostris.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note125"> -<p><span class="label"><a href="#tag125">125</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 513. Isti etiam haeretici omne bellum detestantur -tanquam illicitum, dicentes quod non sit licitum se defendere, -pag. 515. Objiciunt etiam illud Matt. V, 38 «Audistis quia dictum -est oculum pro oculo et dentem pro dente. Ego autem dico vobis -non resistere malo», pag. 506. Objiciunt Matt. XXII, 7 «Perdidit -homicidas illos», pag. 507: et illud Matt. V, 44 «Benefacite his qui -oderunt vos».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note126"> -<p><span class="label"><a href="#tag126">126</a>. </span>Il <span class="smcap">Sacconi</span>, nella <i>Summa</i>, pag. 48 b: Item quod potestates seculares -peccant, mortaliter puniendo malefactores vel haereticos. Che -il <i>mortaliter</i> si debba unire a <i>puniendo</i> non a <i>peccant</i> è provato -da Ebrardo, il quale riferisce a pag. 157 che gli eretici solevano -obbiettare: dictum est non occides. Vedi anche a pag. 159 cum sitis -homicidae, homicidas occidere prohibetis. Ermengardo nel cap. XIX -parla solo di <i>occisione hominis</i> non dell'impunità del malfattore.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note127"> -<p><span class="label"><a href="#tag127">127</a>. </span>Nè il Moneta, pag. 138 e segg. nè l'Alano pag. 169-70 scoprono -il vero motivo del divieto di mangiar carne, comune a tutti -i credenti nella metempsicosi. <span class="smcap">Eckberto</span>, sermo IV, ha in <span class="smcap">Gallandi</span> -XIV, 458: Ratio vestra, quia de coitu nascitur omnis caro. Secondo -questo autore, pag. 459 pare che ai Catari fosse concesso mangiar -pesci. <i>Summa</i>, pag. 48 b: Credunt quod comedere carnes, et ova, -vel caseum, etiam in urgenti necessitate sit peccatum mortale. Ivi -pag. 50 a: non enim gravius puniretur Catharus si biberet toxicum -volens occidere se ipsum, quam si pro morte vitanda comederet pullum -de consilio medicinae vel in aliquo casu necessitatis. <span class="smcap">Bonac.</span> -in <span class="smcap">D'Achery</span>, pag. 209: Quis manducaverit carnem .... damnationem -sibi manducat. Sui testi biblici che solevano addurre, vedi -<span class="smcap">Bonac.</span> in <span class="smcap">Mansi</span>, <i>Miscell. Baluz.</i> II, 583.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note128"> -<p><span class="label"><a href="#tag128">128</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, 315: Haeretici conjunctionem istam illegitimam dicunt, -idest contra Dei legem ... quia credunt corpus maris et foeminae -a diabolo fuisse factum. Matrimonium carnale fuit semper -mortale peccatum. <i>Summa</i>, 48 a: Item communis opinio omnium -catharorum est quod matrimonium carnale semper fuit mortale -peccatum, et quod non punietur quis gravius in futuro propter -adulterium vel incestum quam propter legittimum conjugium. Fra -i Catari alcuni limitavano il divieto alle seconde nozze. <span class="smcap">Eckbertus</span>, -sermo VI, 12, in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 457: quidam vestrum, videlicet -sequaces Hartuvini, mussitant quod illud conjugium solum justum -est, in quo virgines conjunguntur, et quod unam prolem tantum -gignere debent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note129"> -<p><span class="label"><a href="#tag129">129</a>. </span>Lo Schmidt osserva (II, 88) che solo i Bogomil, e i Concorrezesi -avrebbero diritto di ammettere l'assoluto divieto del matrimonio, -perchè secondo loro colla nascita di nuovi organismi si -creano nuove anime, e nuove vittime del demonio. Ma non così -dovrebbero pensare i dualisti assoluti, che ammettono o uno spirito -solo o un numero determinato di anime trasmigranti. Queste -finchè si purificano debbono pure passare per altri organismi, e -non si capisce perchè si vieti a coloro che non sono ancora perfetti -di porre al mondo nuovi organismi, e assicurarsi così la dimora -durante l'espiazione che ancor resta da fare. L'osservazione -parmi più ingegnosa che vera, perchè tutti i Catari debbono condannare -come impuro il commercio del corpo, creatura del diavolo. -E l'astensione dai piaceri corporei è il mezzo più acconcio -perchè i meno perfetti si correggano. <span class="smcap">Eckberto</span>, sermo V, 6 (<span class="smcap">Gallandi</span>, -XIV, 455) dice: Innotuit mihi per quosdam viros, qui exierunt -de societate vestra .... dicitis enim quod fructus ille de quo -praecepit Deus primo homini in Paradiso, ne gustaret ex eo, nihil -aliud fuit nisi mulier .... Ex hoc probatis, omne genus humanum -.... natum esse ex fornicatione et neminem salvari posse nisi purgatus -fuerit per orationes et sanctificationes eorum, qui inter vos -perfecti vocantur. Anche l'<span class="smcap">Hahn</span> (op. cit., I, 86), giustamente connette -col principio fondamentale della mortificazione della carne -il divieto della congiunzione carnale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note130"> -<p><span class="label"><a href="#tag130">130</a>. </span><i>Liber inquisitionis tholosanae</i>, pag. 179: Item tu (Petre -Raymonde de Hugonibus) ipse vitam corporalem volontarie tibi -subtrahis .... quia posuisti te in illa abstinentia quam haeretici -vocat <i>enduram</i>, in qua endura jam per sex dies sine cibo et potu -stetisti; pag. 204: Montolina .... in ultimo fine suo posuit se in -endura haereticorum, in qua endura sine infermitate alia multis -diebus perdurans fuit hereticata (ebbe il consolamentum); pag. 33: -Guilielma uxor quondam Martini de Proaudo .... mortemque corporalem -sibi accelerans, sanguinem minuendo, balneum frequentando, -potumque letisferum .... avide assumendo ad mortem festinavit. -In altro luogo è detto che Guglielma pregò la sua infermiera quod -omnino perforaret eam cum dicta alzena (sutoris) in latere in illa -parte in qua erat cor (pag. 71). I Catari di Monteforte nel 1030 dichiararono -secondo Landolfo seniore (<span class="smcap">Murat.</span> <i>Script.</i> IV, 90) proximus -noster, antequam animum damus, quoquomodo interficit nos. -In quanto al suicidio ricordiamo che S. Ambrogio e S. Crisostomo -lodarono e la Chiesa santificò la fanciulla Pelagia, che per salvare -il suo onore si precipitò dal tetto di sua casa. <span class="smcap">Lecky</span>, <i>History of -European morals</i>, II, 49.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note131"> -<p><span class="label"><a href="#tag131">131</a>. </span><i>Liber.</i> pag. 76: dicta Guilielma instanter petiit .... quod -mors sibi acceleraretur timens capi per inquisitores.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note132"> -<p><span class="label"><a href="#tag132">132</a>. </span><span class="smcap">Lami</span>, <i>Antichità toscane</i>, II, 556. <span class="smcap">Moneta</span>, 469: Cathari vero -ponunt quod semper fuit malum (il giuramento) sicut adulterium -et homicidium. <i>Summa</i>, 486: Item quod non licet jurare in aliquo -casu, et ideo hoc esse peccatimi mortale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note133"> -<p><span class="label"><a href="#tag133">133</a>. </span><span class="smcap">Ebrardus</span> in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, 241, adduce i testi biblici dei -quali si servivano: objicis illud «nobite jurare omnino». Item objicis -«sit sermo vester est, est: non, non».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note134"> -<p><span class="label"><a href="#tag134">134</a>. </span>Questa spiegazione parmi, o che io m'inganno, migliore di -quest'altra adottata dallo Schmidt (II, 83): on ne rougit pas, en -consentant à jurer de paraître capable de mensonge jusqu'à ce -qu'on ait confirmé la vérité par un serment. L'orgoglio di volere -essere creduto sulla semplice parola sarebbe un motivo molto impari -al rigore del divieto, e poco conforme all'umiltà dei Catari.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note135"> -<p><span class="label"><a href="#tag135">135</a>. </span>In una lettera scritta dalla chiesa di Liegi a Lucio II, nel -1144, e riportata da Martene <i>Amplis. collect.</i> I, 776: Haeresis haec -diversis distincta est gradibus, habet enim <i>auditores</i> qui ad errorem -initiantur; habet <i>credentes</i>, qui iam decepti sunt (<span class="smcap">Schmidt</span>, -II, 98). Petrus Vallisarnensis Historia Albigensium cap. 2: Sciendum -autem quod quidam inter haereticos dicebantur Perfecti, sive -Boni Homines, alii Credentes.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note136"> -<p><span class="label"><a href="#tag136">136</a>. </span><span class="smcap">Schmidt</span>, loc. cit., riproduce questo passo dagli atti dell'inquisizione -di Carcassona. Non omnibus credentibus suis dicunt omnia -... nisi solum bene suis familiaribus et bene firmis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note137"> -<p><span class="label"><a href="#tag137">137</a>. </span>I Catari tenevano a chiamarsi i veri seguaci di Cristo, e vivamente -protestavano contro l'accusa di eresia. Lo Schmidt riporta -dagli atti dell'Inquisizione di Carcassona (manoscritti della Biblioteca -Nazionale di Parigi) questo passo: Malae gentes nos vocant -haereticos, et nos sumus haeretici, imo sumus boni christiani. <i>Liber -inquisitionis tholosanae</i> pag. 37: et nos omnes de ecclesia romana -versa vice asserunt haereticos et errantes.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note138"> -<p><span class="label"><a href="#tag138">138</a>. </span>Manus impositio vocatur ab eis consolamentum et spirituale -baptisma sive baptisma Spiritus Sancti (<i>Summa</i>, pag. 48 b). L'inquisitore -schernisce la funzione catara con un bisticcio linguistico -secondo il gusto del tempo nel <i>Liber inquisitionis</i> pag. 33: consolamentum -immo verius desolamentum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note139"> -<p><span class="label"><a href="#tag139">139</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, 278. Dicunt etiam quod a Diabolo fuit ille baptismus, -et ad nihil utilis nisi ad impediendum Christi baptismum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note140"> -<p><span class="label"><a href="#tag140">140</a>. </span><i>Summa</i>, pag. 52 a: caeteri Patres antiqui atque beatus Johannes -Baptista fuerunt inimici Dei. Questa sarebbe stata l'opinione di -Balasinanza, di Giovanni di Lugio (pag. 54 a), e dei più tra i Concorrezesi -(pag. 55 a). <span class="smcap">Petrus Vallisarnensis</span>, cap. 2: Johannem -Baptistam unum esse de majoribus Daemonibus asserebant. <span class="smcap">Ebrardus</span>, -cap. 13: Diffidentes etiam de Domini praecursore vitam ejus -repudiant et baptismum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note141"> -<p><span class="label"><a href="#tag141">141</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, 282. Ex quo patet quod Baptismus Ecclesiae alius est -quam Baptismus Johannis et quam doctrina et impositio manuum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note142"> -<p><span class="label"><a href="#tag142">142</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, 280. In primis autem illud inducunt quod habetur -Actorum VIII 14, 17. Ecce quod dicitur hic quod receperunt Spiritum -Sanctum per impositionem manuum et non per baptismum -aquae materialis, ergo in baptismo non datur peccatorum remissio. -L'imposizione delle mani è certo il miglior simbolo del battesimo -col fuoco, perchè il porre le mani sopra una parte del corpo ne -aumenta il calore; ma ciò non pertanto parecchi catari alla stessa -imposizione delle mani attribuivano poco valore. <i>Summa</i>, pag 48: -Albanenses enim dicunt quod ibi manus nihil operatur, eum ipso -ex Diabolo sit creata secundum eos, ut inferius dicetur, sed sola -oratione dominica quam ipsi tunc dicunt qui manus imponunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note143"> -<p><span class="label"><a href="#tag143">143</a>. </span><i>Summa</i> 48 b: Non sit aliqua remissio peccatorum si illi, qui -manus imponunt sint tunc in aliquo peccato mortali. Racconta -<span class="smcap">Eckberto</span>, sermo XI, 8, in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 480, fuit mihi concertatio -de his rebus quadam vice in domo mea Buonae cum quodam -viro qui suspectus erat nobis quod esset de secta Catharorum, et -contigit ut incideremus ad loquendum de sacerdotibus malis, et -dicebat ita de eis: Quomodo fieri potest ut qui tam irrationabiliter -vivunt distribuant in Ecclesia corpus Domini?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note144"> -<p><span class="label"><a href="#tag144">144</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 274. Nullus Spiritum Sanctum habens potest -peccare.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note145"> -<p><span class="label"><a href="#tag145">145</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 275. Notandum quod <i>aliqui</i> Cathari dicunt modo -quod amitti potest, sed amissus recuperari non potest: sua fide recedendo, -vel eum impugnando amittitur. Parmi che non ci sia tra i -due passi contraddizione, come crede lo Schmidt; perchè il testo -274 si riferisce ad alcuni Catari, e ad altri il 275.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note146"> -<p><span class="label"><a href="#tag146">146</a>. </span>Nel Concilio lombariense del 1165 venner condannati quidam -qui se faciebant appellari boni homines. <i>Liber sententiarum -inquisitionis tholosanae</i>, pag. 6: et ipsos haereticos quos <i>bonos -homines</i> appellas et dicis, tu asseris posse dare ad salutem spiritum -sanctum illis quos recipiunt. Anche in Germania pare che -prevalesse questa denominazione. Vedi l'anonimo di Passau in -Gretser, XII, 2, 31: Sed perfecti qui consolati vocantur in Lombardia -et in Theutonia <i>boni homines</i> vocantur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note147"> -<p><span class="label"><a href="#tag147">147</a>. </span><i>Summa</i>, 48 b. Cathari quoque ad instar simiarum, quae hominis -acta imitari conantur, quatuor habent sacramenta, falsa tamen -et inania illicita et sacrilega quae sunt: manus impositio, -panis benedictio, poenitentia, et ordo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note148"> -<p><span class="label"><a href="#tag148">148</a>. </span><span class="smcap">Sacconi</span> in <i>Summa</i>, 48 b: Panis benedictio est quaedam -fractio panis quam ipsi quotidie faciunt tam prandio quam in coena.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note149"> -<p><span class="label"><a href="#tag149">149</a>. </span><i>Summa</i>, pag. 49 b. Fit etiam ista confessio publica coram -omnibus, qui ibi sunt congregati, ubi multoties sunt centum et plures -viri et mulieres et credentes eorum Cathari. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 305. -Peccant autem circa confessionem arbitrantes quod non est necessarium -eam fieri sacerdoti et quod sufficiat si fiat Deo soli. Pag. 306, -objiciunt illud Ezech. quacumque hora ingemuerit peccator etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note150"> -<p><span class="label"><a href="#tag150">150</a>. </span><i>Summa</i>, pag. 50 b, ordines Catharorum sunt quatuor. Ille qui -est in primo et maxime ordine vocatur Episcopus. Ille qui in secundo -filius major. Qui in tertio filius minor. Qui in quarto vocatur -Diaconus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note151"> -<p><span class="label"><a href="#tag151">151</a>. </span>Mortuo episcopo, filius minor ordinabat filium majorem in -Episcopum. <i>Summa</i>, 51 a.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note152"> -<p><span class="label"><a href="#tag152">152</a>. </span>Illa vero, quae supra dicitur de Episcopo mutata est ab omnibus -Catharis morantibus extra mare, dicentibus quod per talem -ordinationem videtur quod filius instituat patrem, quod satis apparet -incongrum; unde fit modo aliter in hac forma, scilicet quod -Episcopus ante mortem suam ordinat filium majorem in Episcopum. -<i>Summa</i>, loc. cit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note153"> -<p><span class="label"><a href="#tag153">153</a>. </span>Notiamo che lo Schmidt ammette tra le dottrine primitive -del Catarismo la condamnation de l'ancien Testament comme -oeuvre du démon (II, 273).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note154"> -<p><span class="label"><a href="#tag154">154</a>. </span>Der Gnosticismus mit der alexandrinischen Religionsphilosophie -und dem Neuplatonismus unter einen und denselben Gesichtspunkt -gehört. Alle diese Erscheinungen haben etwas gemeinsames -und verwandtes, sie sind ebenso religiöser als speculativer -Natur. <span class="smcap">Baur</span>, <i>Vorlesungen über die christliche Dogmengeschichte</i>, -I, 177.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note155"> -<p><span class="label"><a href="#tag155">155</a>. </span>Lo Schmidt ben conosce l'antichità di questa tradizione (II, 253) -Au onzième siècle ils sont ainsi appelés par le moine Adémar de -Chabanois, par l'évêque Roger de Chalons etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note156"> -<p><span class="label"><a href="#tag156">156</a>. </span>Non sarà inutile dare in questa nota un breve cenno dei -gnostici, i più antichi precursori dei Catari. Tutti gli storici della -Chiesa s'accordano nel dividere lo gnosticismo in due grandi categorie, -l'alessandrino e l'orientale. Il primo s'inspira all'emanatismo -delle ultime speculazioni greche, e non arriva in pratica fino -alle estreme conseguenze ascetiche, come il divieto del matrimonio. -Il secondo invece s'informa alle tradizioni orientali, e invece del monismo -emanatistico pone uno spiccato dualismo. Alla prima categoria -appartengono Basilide e Valentino, alla seconda Saturnino e -Bardesane. Secondo Basilide, che insegnava in Alessandria intorno -al 125 d. C., dall'Entità suprema (<i>theòs arrētos</i> l'Innominabile) emanano -sette potestà (<i>dinàmeis</i>) che sono <i>noûs</i>, <i>lògos</i>, <i>phronēsis</i>, <i>sophia</i>, -<i>dinamis</i>, <i>dìceosynē</i>, <i>eirēne</i>; ragione, verbo, saviezza, scienza, -potestà, giustizia, pace, le quali formano il primo regno degli spiriti, -<i>ouranòs</i>. Da questo primo cielo nasce un secondo, dal secondo un -terzo e così di seguito fino a 365 cieli, coll'avvertenza che il seguente -è sempre meno perfetto di quel che precede. L'ultimo cielo -ha sette angeli, ciascuno dei quali è creatore del mondo terrestre; -ma più di tutti il primo angelo (<i>ò ărchon</i>) che è il Dio adorato dagli -Ebrei. Perchè lo spirito umano torni al regno celeste, la prima delle -potestà, il nous, si unisce nel battesimo coll'uomo Gesù. Per Valentino -[che nel 140 d. C. da Alessandria andò a Roma, e di là a Cipro -ove morì nel 160] dall'Ente primo o <i>bitòs</i> profondità emanano le -potestà, o eoni, come ei li vuol chiamati; ma non è l'ultimo eone, -che crea il mondo, bensì un essere affatto impuro, ed escluso dal -corpo degli Spiriti. Dalla Sofia infatti, ultimo eone, nasce una saggezza -bastarda <i>Achamoth</i>, la quale errando fuori del Pleroma, o -regno degli Eoni, dà vita alla materia, e nello stesso tempo produce -il Demiurgo, che cotesta materia deve ordinare. Così nel mondo -formato dal demiurgo combattono tre elementi, il pneumatico, lo -psichico, e il materiale: e il corso del processo cosmico tende a separare -lo spirito e l'anima dalla materia, restituendo il primo al -regno degli spiriti, ed il secondo a quel luogo mediano, dove abita -Achamoth. A compiere siffatto ritorno, da tutti gli eoni emana una -nuova entità, il salvatore, a quel modo che per ristabilire la pace -nel regno eonico, turbata dal parto di Sofia, erano emanati due -altri eoni, cioè Cristo e lo Spirito Santo. Saturnino in Antiochia, -contemporaneo di Basilide, ammetteva le emanazioni degradanti -sino agli spiriti dei setti pianeti. Ma contro a questi buoni spiriti -si leva il cattivo Spirito o Satana, il quale agli uomini ispirati dal -buon Dio, o uomini della luce, oppone una generazione di uomini -malvagi e tenebrosi. Per sottrarsi al contatto col cattivo Spirito i -Saturniani si astenevano dal matrimonio e dal mangiar carne. -<span class="smcap">Matter</span>, <i>Histoire du Gnosticisme</i>, I, 324-31; <span class="smcap">Neander</span>, <i>General -History of the Christian Religion</i>, I, 14-26; <span class="smcap">Gieseler</span>, <i>Lehrbuch -der Kirchengeschichte</i>, 4ª ed., I, pag. 179-192.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note157"> -<p><span class="label"><a href="#tag157">157</a>. </span>Questo intreccio delle diverse eresie spiega i varii nomi dati -a questi eretici. Dell'identificazione di <i>Catarini</i> con <i>Patarini</i> -diremo più tardi. Il nome di <i>Cathari</i> ben presto per effetto dell'aspirata -si tramutò in <i>Cazari</i> o <i>Gazari</i>. Come si fosse oscurato -in breve tempo il significato primitivo della parola lo provano le -curiose etimologie di Alano. Hi dicuntur Cathari; idest diffluentes -per vitia, a Catha, quae est fluxus; vel Cathari, quasi casti, quia -se castos et justos faciunt; vel Cathari dicuntur a cato, quia, ut -dicitur, osculantur posteriora cathi in cujus specie, ut dicunt, apparet -eis Lucifer. (Lib. I, c. 63). In Germania trovò favore questa -ultima etimologia stante l'affinità di suono tra <i>Katze</i> (gatto) e <i>Ketzer</i> -(<span class="smcap">Gieseler</span>, II, 2, pag. 540). I Catari furon detti <i>Pubblicani</i> [Concilio -lateranense del 1179 in <span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 232: alii Catharos, alii Patrinos, -alii Publicanos] corruzione di paoliciani. Forse un'ulteriore corruzione -è il nome <i>Piphles</i>, che secondo <span class="smcap">Ecberto</span> (<span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, -pag. 447) sarebbe stato comune nelle Fiandre. Nella costituzione -di Federico II (<span class="smcap">Huillard-Bréholles</span>, <i>Hist. dipl.</i>, IV, 298) sono -detti anche Speronisti, da un vescovo cataro Sperone del secolo <span class="smcap lowercase">XII</span> -(<span class="smcap">Schmidt</span>, II, 282). Si dissero <i>Bulgari</i>, dal luogo d'origine di questa -setta, ed <i>Albigesi</i> dalla diocesi di Albi ove mise più profonde radici. -Il nome bulgaro o corrottamente <i>bougre</i> significò più tardi al pari -del tedesco <i>Ketzer</i> l'eretico in generale. In Francia si dissero -<span class="smcap">Textores</span> o <span class="smcap">Tisserands</span> <i>ab usu texendi</i> dice Ecberto; perchè questo -era il mestiere, cui si davan più volentieri i Catari, obbligati dalle -loro leggi a campar la vita col lavoro, non d'accatto. Si dissero -anche <i>Bonshommes</i>, perchè sappiamo già che boni homines si chiamavano -i loro Perfetti. Finalmente si dissero talvolta <i>Manichei</i> -ed <i>Ariani</i> per le simiglianze di dottrine tra cotesti eretici e i loro -lontani progenitori. (<span class="smcap">Gieseler</span>, loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note158"> -<p><span class="label"><a href="#tag158">158</a>. </span>La Gnosi di Saturnino, che s'adattava mirabilmente al dualismo -orientale, da Antiochia si era rapidamente diffusa sino alla -Persia, e preparava quel sincretismo di Cristianesimo e Parsismo, -che fu più tardi predicato da Mani. Questo ardito novatore partiva -dal presupposto dei due regni, l'uno di Dio o della luce, l'altro -di Satana, delle tenebre o della materia. La quale opposizione si -ripercuote in ogni uomo, dove accanto all'anima buona o luminosa -s'asside la malvagia, che combatte e spesso vince la rivale. La -malvagia per lungo tempo conservò incontrastato dominio, grazie al -prevalere delle false religioni come il Paganesimo ed il Giudaismo, -e tuttora le anime luminose sarebbero schiave, se a liberarle non -fosse disceso dal Sole in terra uno spirito puro, Cristo, che per -amor loro vestì un corpo apparente. Ma la dottrina cristiana non -fu bene intesa dagli Apostoli, e peggio ancora dai successori. Onde -occorreva un apostolo novello, che svelasse tutta la verità. Il qual -paraclito ben s'intende essere Mani. Il Manicheismo rispondeva talmente -ai bisogni del tempo, che non ostante il supplizio del suo -fondatore per ordine del Re persiano Baharam (272-275 d. C.), -crebbe in breve ora, e si distese nelle provincie del vicino Impero -Orientale, e di là in Occidente, sfidando le ire degl'Imperatori -(<span class="smcap">Gieseler</span>, I, 303-11).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note159"> -<p><span class="label"><a href="#tag159">159</a>. </span>Priscilliano fondò la sua setta in Ispagna nel 379 d. C. L'anno -dopo, 380, fu condannato nel Sinodo di Cesaraugusta, e per ordine -dell'usurpatore Massimo giustiziato nel 385. I Priscillianisti, secondo -la testimonianza di S. Agostino, <i>De haeres.</i>, c. 70, maxime Gnosticorum -et Manichaeorum dogmata permixta sectantur. Non ostante -le persecuzioni si conservarono sino al VI secolo (<span class="smcap">Gieseler</span>, I, 2, -pag. 99-100).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note160"> -<p><span class="label"><a href="#tag160">160</a>. </span>I Paoliciani rimontano al 660 d. C., in cui un tal Costantino -da Mananalide presso Samosata, appartenente alla setta gnostica -di Marcione, ispirato dalla lettura di S. Paolo, si annunzia come -restauratore della chiesa paolinica. A lui morto intorno al 684 succedono -Simeone († 690), Paolo († 715), Gennasio († 745), Giuseppe -(† 775), Baanes fino all'801, per opera dei quali il Paolicianismo si -diffuse per tutta l'Asia Minore. Sergio che nell'801 si oppose a -Baanes, accusato d'immoralità, si può tenere come il secondo fondatore -della setta. Alla morte di Sergio accaduta nell'835 si decise -di non nominare più un capo spirituale. Ma scoppiate le persecuzioni -dell'imperatrice Teodora, i Paoliciani fuggirono sotto il comando -di Corbeade, il quale ben presto fattosi lor capo, divenne -così potente che unito ai Saraceni dette battaglia agl'Imperiali. Nè -meno ardito fu il successore Crisocere, che nell'867 fino ad Efeso -estese le sue scorrerie. Vinti poi dall'imperatore Basilio, che di -persona li combattè nell'872, i Paoliciani si sottomisero al vincitore, -ma non rinunziarono alla loro fede. Ed un secolo più tardi -nel 970 l'imperatore Giovanni Zimisce li mandò in Tracia presso -Filippopoli, ove, a patto che custodissero i confini dell'Impero, concesse -loro piena libertà di coscienza. A cotesti paoliciani il Muratori -riadduce i Catari, e non a torto, perchè la setta paoliciana è la più -vicina alla catara sia pel tempo sia per gl'insegnamenti. Certo non -si possono negare nel paolicianismo gl'influssi manichei, e per -questo rispetto il manicheismo è la remota sorgente di tutte -queste eresie dualistiche; ma oltre alle opinioni dualistiche il <span class="smcap">Gieseler</span>, -II, 1, pag. 15 e segg., 400 e segg., rileva nel paolicianismo -la condanna di ogni esteriorità nel culto. Anche il <span class="smcap">Neander</span>, op. cit. -V, 362: They maintained that by the multiplication of external -rites and cerimonies in the dominant church the true life of religion -had declined. Dicevano lo stesso i Catari.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note161"> -<p><span class="label"><a href="#tag161">161</a>. </span><span class="smcap">Ademaro</span>, <i>Cronaca</i>: Pauco post tempore per Aquitaniam -exorti sunt Manichaei seducentes plebem. <span class="smcap">Duplessis</span>, 1, 5, riferisce -l'avvenimento all'anno 1010; <span class="smcap">Pertz</span>, <i>Mon.</i>, <i>Germ. Script.</i>, IV, 138, -all'anno 1018; <span class="smcap">Bouquet</span>, <i>Recueil</i>, X, 159, all'anno 1022.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note162"> -<p><span class="label"><a href="#tag162">162</a>. </span>Decem ex canonicis Sanctae Crucis Aurelianensis, qui videbantur -aliis religiosores, probati sunt esse Manichaei. Quos rex Rotbertus -.... cremari iussit [<span class="smcap">D'Arg.</span>, 1, 5; <i>M. G. script.</i>, IV, 143; <span class="smcap">Bouquet</span>, -X, 159]. <span class="smcap">Rod. Glaber</span>, <i>Hist.</i> lib. III, cap. 8 (<span class="smcap">Bouquet</span>, X, 35) -darebbe il 1023; Tertio de vicesimo infra iam dictum millenium apud -Aurelianensem urbem reperta est cruda ... haeresis. Ma la cronaca -d'Auxerre (<span class="smcap">Bouquet</span>, X, 271), anticipa d'un anno: MXXII Aurelianis -cremantur Clerici ... ac si denuo Manichaei haeretici. E questa -data viene accettata dal Bouquet e dal Pertz, perchè è accertato -in un documento pubblico [<span class="smcap">Bouquet</span>, X, 35, not. a]. Glaber -ci conserva il nome di due capi degli eretici; quorum unus Lisoius -in monasterio sanctae crucis clericorum clarissimus habetur, alter -idem Heribertus ... capitale scholae tenebant dominium. Anche Ademaro -(<span class="smcap">Pertz</span>, IV, 143; <span class="smcap">Bouquet</span>, X, 159) conosce uno di essi. Qui -autem flammis iudicati sunt supradicti decem cum Lisoio, quem -Rex valde dilexerat. Ma tanto Glaber come Ademaro riferiscono -imperfettamente il fatto, perchè da un documento pubblicato dal -D'Achery (<i>Spic.</i>, II, 167; <span class="smcap">Bouquet</span>, X, 536) intitolato <i>Gesta synodi -Aurelianensis anno MXXII adversus novos Manichaeos</i> sappiamo -che Eriberto nonchè capo era invece un prete recentemente convertito -per opera dei due prelati Stefanus et Lisojus, apud omnes -sapientia clari sanctitate seu religione magnifici. Questo Eriberto -stava presso un Arefasto dei conti normanni, e tornato nella costui -casa da Orleans, dove s'era recato per istruirsi, pare che volesse -convertire il suo ospite alla nuova religione. Ma questi non che piegarsi -alla nuova dottrina la denunziò al conte Riccardo con preghiera -di parteciparla al re. Era una cosa ben grave che in Orleans -fosse apparsa l'eresia, e che vi partecipassero alte persone del clero, -e tenute da tutti in grande stima, come Stefano confessore della regina, -ed un canonico cantore di nome Teodato morto tre anni innanzi -nell'eresia (<span class="smcap">Ademaro</span> in <span class="smcap">Bouquet</span>, X, 159). Il re Roberto pensò -quindi di riunire intorno a sè un sinodo di prelati, che interrogassero -gli eretici. Stefano e Lisojo non smentirono le loro opinioni. -Cumque ab hora diei prima usque ab horam nonam multifariam elaborarent -omnes, ut illos a suo errore revocarent, et ipsi ferro duriores -minime resipiscerent .... de gremio Sanctae Ecclesiae eiecti -sunt. Qui cum ejicerentur Regina Stephani olim sui confessoris cum -baculo, quem manu gestabat, oculum eruit ... deinde praeter unum -clericum et unam monacham cremati sunt. La stessa narrazione -d'accordo con Ademaro e Glaber ricorda le virtù dei capi dell'eresia. -E se anche non ce lo dicessero le fonti, il fatto solo di non aver -mentito nè abiurato sotto la minaccia del rogo prova una gran -forza di convincimento e di carattere. Il che mal s'accorda colla -leggenda che gli eretici usassero raccogliersi di notte in una casa -ad invocare con canti il diavolo, che non tardava di comparire. -Et tunc omnibus extinctis luminibus, quamprimum quisque poterat -mulierem arripiebat: sine peccati respectu et utrum mater, aut -soror, aut monacha haberetur. Ex quo spurcissimo concubitu infans -generatus, octava die ... in igne cremabatur. Cinis veneratione -colligebatur atque custodiebatur. Simili favole non inventarono -un tempo i Pagani in danno dei Cristiani?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note163"> -<p><span class="label"><a href="#tag163">163</a>. </span><span class="smcap">Glaber</span>, loc. cit. Fertur a muliere quadam ex Italia procedente -haec insanissima haeresis in Gallis exorta. Ademaro la fa -venire dal Perigord (<i>ipsi decepti a quodam rustico Petragoricensi</i>), -il che non esclude che nel Perigord fosse importata dall'Italia. -Anche per l'eresia di Cambrai del 1025 dicono gli atti del -Sinodo di Arras <i>ab Italiae finibus advenisse</i> (<span class="smcap">Mansi</span>, Conc., XIX, -425. <span class="smcap">Bouquet</span>, X, 540).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note164"> -<p><span class="label"><a href="#tag164">164</a>. </span>Vedi in <span class="smcap">Muratori</span> (<i>Antiq. Ital.</i>, Diss. 60) il decreto di Ottone -IV: omnes hereticos Ferrarie commorantes, Patharenos sive -Gazaros imperiali banno subiacere, nisi ad unitatem Ecclesie secundum -mandatum Ferrariensis episcopi convertantur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note165"> -<p><span class="label"><a href="#tag165">165</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>, l. c., pag. 446: Et pro molendinis Patarinorum, -et Petri de Cagnense dentur eis pro cambio molendina quae fuerent -Bachedeferro ad congruum et convenientem fictum. Il documento -è dell'anno 1192. Non essendo nominato il proprietario cataro -il Muratori crede che il molino fosse una proprietà collettiva -degli eretici, che ivi teneano le loro adunanze. Lo Schmidt sospetta -che il passo dello stesso documento: Molendina Patarinorum penitus -destruantur, accenni a misura presa contro gli eretici, invece -trattasi di un'espropriazione per utilità pubblica, come si direbbe -oggi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note166"> -<p><span class="label"><a href="#tag166">166</a>. </span><span class="smcap">Lami</span>, (<i>antichità toscane</i>, II, 491) che riporta da una cronaca -questo passo: MCLXXIII, XVIII. Kal. Maij: Indictione <span class="smcap lowercase">VI</span>: propter -Paterinos amissum est officium in civitate Fiorentina. Ma da questo -passo male induce il Lami che l'eresia non si propagasse prima -del 1170 contro la testimonianza del Villani e di Simone della Tosa. -E come nel breve giro di tre anni l'eresia poteva acquistare tanta -forza, quanta gliene attribuisce il cronista? Lo stesso Lami pag. 496 -dice: «che favoreggiavano e sostenevano Filippo Paternon (vescovo -cataro) alcuni possenti cittadini .... Barone di Barone, Pulce -di Pulce, Gherardo Cipriani, Chiaro di Manetto, Conte di Lingraccio, -Uguccione di Cavalcante, e le famiglie Saraceni e Malpreso».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note167"> -<p><span class="label"><a href="#tag167">167</a>. </span>Vedi sui Patarini di Orvieto lo studio del Fumi. <i>Arch. Stor.</i>, -1875, 4ª dispensa.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note168"> -<p><span class="label"><a href="#tag168">168</a>. </span>Vita di Gregorio IX, <span class="smcap">Murat.</span>, <i>Script.</i>, III, 578. <span class="smcap">Ficker</span>, <i>Die -gesetzliche Einführung der Todestrafe für Ketzer</i>, pag. 207.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note169"> -<p><span class="label"><a href="#tag169">169</a>. </span>Ioachim in Apoc., f. 131, 167.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note170"> -<p><span class="label"><a href="#tag170">170</a>. </span>Ademaro all'anno 1022 (<span class="smcap">Pertz</span>, IV, 143): Nihilominus apud -Tolosam inventi sunt Manichei, et ipsi destructi et per diversas -occidentis partes nuntii antichristi exorti, per latibula sese occultare, -curabant et quoscumque poterant viros et mulieres subvertebant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note171"> -<p><span class="label"><a href="#tag171">171</a>. </span><span class="smcap">Anselmi</span>, <i>Gesta episc. Leod.</i> (<i>M. G. Scrip.</i>, VI, 228). Ut ipsi, -eisque comunicantes catholica communione priventur. Ivi, 227. Qui -non vult mortem peccatorum .... sed per pacientiam et longanimitatem -suam novit peccatores ad poenitentiam reducere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note172"> -<p><span class="label"><a href="#tag172">172</a>. </span><span class="smcap">Mansi</span>, <i>Concilia</i>, XIX, 742. Et quia novi haeretici in gallicanis -partibus emerserant eos excommunicavit, illis additis qui ab -eis aliquod munus vel servitium acciperent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note173"> -<p><span class="label"><a href="#tag173">173</a>. </span><span class="smcap">Mansi</span>, (<i>Concilia</i>, XIX, 424) riferisce gli atti del concilio di -Arras tenuto nel 1025 da Gerardo vescovo di Cambray ed Arras. -Riproduco questo passo col. 425: At illi referunt se esse auditores -Gandulfi cuiusdam ab Italiae partibus viri, et ab eo evangelicis mandatis -et apostolicis informatos, nullamque praeter hanc scripturam -se recipere, sed hanc verbo et opere tenere. Rodolfo Coggeshale -nella sua cronaca (<span class="smcap">Bouquet</span>, XVIII, 92), racconta di una bella -fanciulla di Cambray, che scopertasi per catara o publicana ad -un chierico, che le chiedeva amore, fu da costui denunciata ai superiori -ecclesiastici. La fanciulla alle dimande dei giudici non -seppe rispondere, ma ingenuamente se ne rimise alla sua maestra, -il cui nome candidamente svelò. Furono condannate entrambe. La -maestra riescì a fuggire in un modo miracoloso, secondo il cronista, -ma la fanciulla igne consumpta est non sine admiratione -multorum, cum nulla suspiria, nullos fletus, nullum planctum emitteret, -sed omne conflagrantis incendii tormentum constanter alacriter -perferret, instar martyrum Christi, qui olim pro christiana -religione a paganis trucidabantur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note174"> -<p><span class="label"><a href="#tag174">174</a>. </span><span class="smcap">Anselmi</span>, <i>Gesta episc. Leod.</i> (<i>M. G. Script.</i>, IV, 228) non -aliam condempnationis eorum causam cognoscere potuimus quam -quia cuilibet episcoporum iubenti, ut pullum occiderent, inoboedientes -extiterant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note175"> -<p><span class="label"><a href="#tag175">175</a>. </span><span class="smcap">Caesar Heisterbach</span>, V, 19. Arnoldus discipulorum capitibus -manum imponens, ait: Constantes estote in fide vestra .... virgo -quondam speciosa, et quorundam compassione ab igne subtracta -.... ex manibus illorum (tenentium) elapsa, facie veste tecta, super -extincti (Arnoldi) corpus ruit. Anche il Cantù in un passo, che riferiremo -in seguito, ricorda senza citare la fonte, una fanciulla lombarda, -che si getta nel rogo per morirvi insieme coi suoi parenti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note176"> -<p><span class="label"><a href="#tag176">176</a>. </span><span class="smcap">Guillelmus Neubrigensis</span>, <i>De rebus anglicis</i>, II, 13, in -<span class="smcap">D'Argentré</span>, <i>Collectio iudiciorum</i>, I, 61. Duce quodam Gerardo -.... solus aliquantulum litteratus; caeteri vero sine litteris et idiotae -.... Princeps praecepit haereticae infamiae characterem frontibus -eorum inuri, et spectante populo, virgis coercitos urbe espelli.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note177"> -<p><span class="label"><a href="#tag177">177</a>. </span>Epist. Inn. III, Lib. IX, 26. Illis autem qui orthodoxae fidei -zelo succensi ad vindicandum sanguinem iustum .... viriliter se -accinxerint .... suorum remissionem peccaminum a Deo eiusque -vicario secure promittatis indultam (<span class="smcap">Petri Vallium Sarnay</span>, <i>Hist.</i> -in <span class="smcap">Bouquet</span>, XIX, 13).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note178"> -<p><span class="label"><a href="#tag178">178</a>. </span><span class="smcap">Gaufridus</span> in <span class="smcap">Bouquet</span>, XII, 448.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note179"> -<p><span class="label"><a href="#tag179">179</a>. </span><i>Croisade contre les Albigeois</i>, trad. Fauriel, v. 8693. Si pour -avoir attisé le mal et éteint le bien, égorgé les femmes et massacré -des enfants, un homme peut en ce monde conquerir le règne -de Jesus-Christ, le comte doit porter couronne et resplendir dans -le ciel.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note180"> -<p><span class="label"><a href="#tag180">180</a>. </span><i>Croisade</i> v. 1055 et le monde entier leur court sus et leur -porte haine plus qu'a sarrasins.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note181"> -<p><span class="label"><a href="#tag181">181</a>. </span><span class="smcap">Caesar Heist.</span>, VI, 21, pag. 383 (ed. Col. 1591). Cedite eos, -novit enim Dominus qui sunt eius. Il numero dei morti ce lo dà -Pietro di Vaux Cernay, <i>Hist.</i>, cap. <span class="smcap lowercase">XV</span> (<span class="smcap">Bouquet</span>, XIX, 20): Statim -intrantes a minimo ad maximum omnes fere necant, tradentes -incendio civitatem .... fuerunt usque ad septem millia de ipsis -Biterrensibus interfecti. <i>Croisade</i>, v. 193. On ne pouvoit leur faire -pis, on les égorgea tous, on égorgea jusqu'à ceux qui s'étaient -réfugiés dans la cathédrale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note182"> -<p><span class="label"><a href="#tag182">182</a>. </span>Quadringenti combusti sunt, caeteri (quinquaginta) patibulis -appensi. (<span class="smcap">Caesar Heist.</span>, loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note183"> -<p><span class="label"><a href="#tag183">183</a>. </span><span class="smcap">P. de V. Cernay</span> (<span class="smcap">Bouquet</span>, XIX, 32). Ne timeatis, quia credo -quod paucissimi convertentur .... erant autem perfecti haeretici -centum quadraginta vel amplius. Praeparato igitur igni copioso, -omnes in ipso projiciuntur. <i>Croisade</i>, v. 1082. Et ils brûlèrent -maint felon d'hérétique fils de pute chienne, et mainte folle mécréante -qui brait dans le feu.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note184"> -<p><span class="label"><a href="#tag184">184</a>. </span><i>Croisade</i>, v. 1551 e segg. Car jamais dans la chrétienté si -haut baron ne fut, je crois, pendu avec tant d'autres chevaliers à -ses côtés. Car des chevaliers seulement, il en fut là compté plus -de quatre-vingts, à ce que me dit un clerc. Quant à ceux de la -ville on en ressembla dans un prè, jusqu'à quatre cents, qui furent -brûlés et grillés sans y comprendre Dame Giraude que les (croisés) -jettèrent dans un puits et couvrirent de pierres, dont ce fut dommage -et pitié.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note185"> -<p><span class="label"><a href="#tag185">185</a>. </span><span class="smcap">Guillelmi de Podio Laurentii</span> in <span class="smcap">Bouquet</span>, XIX, 220. Et -promisit quod iustitiam debitam faciet sine mora de haereticis manifestis -.... Inquiret etiam diligenter .... solvat usque ad biennium -duas marcas argenti, et exinde in perpetuum unam, ei qui -haereticum ceperit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note186"> -<p><span class="label"><a href="#tag186">186</a>. </span><span class="smcap">Ficker</span>, <i>Die gesetzliche Einführung der Todesstrafe für die -Ketzerei</i> (<i>Mittheilungen des K. Instituts für österr. Geschichtforschung.</i>, -1880, II. Heft, pag. 180 e seg.). <span class="smcap">Havet</span>, L'<i>Hérésie et le -Bras séculier dans le moyen âge</i> (Bibliot. de l'école des chartes, -1880, pag. 489 e seg.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note187"> -<p><span class="label"><a href="#tag187">187</a>. </span><span class="smcap">Ficker</span>, loc. cit., che cita <i>Mon. Germ. Script.</i>, XVIII, pag. 402.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note188"> -<p><span class="label"><a href="#tag188">188</a>. </span><span class="smcap">Mansi</span>, <i>Concilia</i>, XXII, 157, electis ac statutis iudicibus ab -utraque parte.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note189"> -<p><span class="label"><a href="#tag189">189</a>. </span><span class="smcap">Rogero de Hoveden</span>, <i>Annales</i>, Francf. 1601, 575 in <span class="smcap">Schmidt</span>, -pag. 79.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note190"> -<p><span class="label"><a href="#tag190">190</a>. </span>In Christi nomine ego H. episcopus de Guarnasia, legatus -domine Imperatoris Henrici et semper augusti, venientes Pratum -pro facto domini imperatoris, bona patarenorum et patarenarum -ibi morantium fecimus pubblicari et domos eorum fecimus subverti -et destrui. Questo documento fu pubblicato dal Lami (<i>Antichità</i>, -II, 523).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note191"> -<p><span class="label"><a href="#tag191">191</a>. </span>Decreto di Ottone IV (in <span class="smcap">Murat.</span>, <i>antiq. Ital. med.</i> V, 89) Ferrara -1210, omnes haereticos, Ferrarie commorantes Patharenos -sive Cataros .... imperiali bauno subjacere .... omnia eorum -mobilia et immobilia publicentur et domus .... destruantur et -ulterius non liceat alicui eas reaedificare.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note192"> -<p><span class="label"><a href="#tag192">192</a>. </span>Decreto di Federico II in <span class="smcap">Houillard-Bréholles</span>, II, 2-6: -omnes haereticos .... perpetua damnamus infamia, diffidamus atque -bannimus censentes ut bona talium confiscentur nec ad eos ulterius -revertantur ita quod filii ad successionem eorum pervenire -non possint.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note193"> -<p><span class="label"><a href="#tag193">193</a>. </span>V. la lettera di Federigo II a Gregorio IX del 28 febbraio 1231 -in <span class="smcap">Bréholles</span>, III, 268-269. Quia igitur ex apostolicae provisionis -instantia qua tenemini ad extirpandam haereticam pravitatem potentiam -nostram ad ejusdem haeresis exterminium precibus et monitis -excitatis, ecce ad vocem virtutis vestrae zelo fidei quo tenemur -ad fovendam ecclesiasticam unitatem gratanter assurgimus -.... et omnibus innotescat nos ardenti voto zelare pacem Ecclesiae -et adversus hostes fidei et ad gloriam et honorem matris Ecclesiae -ultore gladio potenter accingi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note194"> -<p><span class="label"><a href="#tag194">194</a>. </span>Cfr. la costituzione del 1231 in <span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 7 presentis -nostre legis edicto damnatos mortem pati Patarenos decernimus, -quam affectant, ut vivi in conspectu populi comburantur flammarum -commissi judicio. Questa costituzione che era stata già pubblicata -per la Lombardia nel 1224 (<span class="smcap">Bréholles</span>, II, 421-23) fu ripubblicata -per la Germania nel 1232 (<span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 298), nel 1238 -(Bréholles, V, 201) e nel 1239 (<span class="smcap">Bréholles</span>, V, 279).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note195"> -<p><span class="label"><a href="#tag195">195</a>. </span>Constituzione del 1232 in <span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 302, fratres ordinis -praedicatorum de Wirceburg pro fidei negotio in partibus Theotoniae -contra hereticos deputatos .... sub nostra et imperii speciali -defensione receptos, et quod apud omnes sub ope ac recommendatione -fidelium imperii esse volumus inoffensos.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note196"> -<p><span class="label"><a href="#tag196">196</a>. </span>Constituzione citata, p. 301, per viros ab eodem errore conversos -ad fidem nec non per alios qui eos de haeresi convicerunt, -quod in hoc casu licite concedimus faciendum, evidens testimonium -habeatur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note197"> -<p><span class="label"><a href="#tag197">197</a>. </span><i>Liber inquisitionis tholosanae</i>, pag. 80, crimen heresis -propter sua immanitate et enormitate non solum in vivis sed -etiam in mortuis per jura promptissima debeat vindicari; pag. 81: -predictas domos (dove morirono alcune catare) cum suis appendiciis -.... funditus demendas; pag. 162: et maxime in casu in quo delinquentis heredes ob culpam sui actoris ad successionem admitti -non debent, non obstante quod ipsis viventibus interveniente ipsorum -morte per sentenciam non extit declaratum. V. la costituzione -di Federico, in <span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 302, haeredes et posteros usque ad -secundam progeniem beneficiis cunctis temporalibus, pubblicis officiis -et honoribus imperiali auctoritate privantes.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note198"> -<p><span class="label"><a href="#tag198">198</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>, <i>Antiq. Ital.</i> (ed. Arretii 1778, XII, 463-558): -Die <span class="smcap lowercase">XII</span>, exeunte Decembri nova mulier filia quondam Mainardini -de Maderio et uxor Johannini de Achille.... iurato in praesentia -venerabilis patris Domini Alberti, Dei gratia, Episcopi Ferrarensis.... -et dixit quod passa est circa novem annos in oculo dextro. -Et hodie personaliter contulit se ad maiorem Ecclesiam, ubi requiescit -corpus viri Dei Armanni.... oblationes obtulit. Qua oblata -tumor evanuit et visura recepit pag. 465. Marinellus Calegarius.... -coepit ire libere et sine baculo, pag. 468. Perpudam de Adria paraliticam -toto corpore et lingua, ita quod non poterat loqui nec -ire, et nunc liberata est pag. 478. Aloysia de Layde de Brestello.... -suo sacramento dixit quod ipsa fuit detenta et oppressa -ex duobus spiritibus malignis.... quum ipsa hodie venisset ad tumulum -beati Armanni.... liberata est, pag. 485.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note199"> -<p><span class="label"><a href="#tag199">199</a>. </span>Anno millesimo ducentesimo quinquagesimo quarto.... Armannus -venit ad praesentiam Fratris Aldovrandini Prioris Fratrum -Praedicatorum etc. in quorum manibus abiuravit omnem haeresim -(pag. 532).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note200"> -<p><span class="label"><a href="#tag200">200</a>. </span>Il Muratori dice male, pag. 496: is vivebat vitam Pauperum -de Lugduno; perchè una testimone ci sa dire perfino a quale tra -le sètte catare appartenesse: fuit credens Haereticorum sectae de -Bagnolo (pag. 504).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note201"> -<p><span class="label"><a href="#tag201">201</a>. </span>Albertinus qui fuit Haereticus.... iuratus dicit quod ipse -Pungilupus fuit catharus consolatus, recepit manus impositionem -in Verona a Domino Alberto Episcopo sectae de Bagnolo (pag. 513).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note202"> -<p><span class="label"><a href="#tag202">202</a>. </span>Detrahendo ministris Ecclesiae, appellando eos Daemones et -Lupos rapaces (pag. 526).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note203"> -<p><span class="label"><a href="#tag203">203</a>. </span>Et corpus eius profanum et ossa extumulari, et extra Ecclesiam -projici et ignibus concremari arcani lapideam.... et altare.... -dirui, destrui et penitus dissipari.... omnes etiam sculpturas -et imagines.... destrui et abradi (pag. 550 e segg.)</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note204"> -<p><span class="label"><a href="#tag204">204</a>. </span><i>Summa</i>, 54 b. Est etiam valde notandum quod praedictus -Johannes et ejus complices non audent revelare dictos errores -credentibus suis, ne ipsi credentes discedant ab iis. Anche i valdesi -seguono queste precauzioni, come riferisce Davide nel suo -Trattato su codesti eretici (p. 34 ed. Preger): Non enim facile -cuiquam aperiunt secreta erroris sui, nisi postquam securi sunt quod -credat eis in omnibus, timentes quod recedat ab eis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note205"> -<p><span class="label"><a href="#tag205">205</a>. </span>I Catari di Arras dichiararono nel concilio del 1025 (<span class="smcap">Mansi</span>, -XIX, col. 425). Lex et disciplina nostra quam a Magistro accepimus, -nec evangelicis decretis, nec apostolicis sanctionibus contraire -videbitur .... Haec namque hujusmodi est mundum relinquere, -carnem a concupiscentiis froenare, de laboribus manuum -suarum victum parare, nulli laesionem quaerere, charitatem cunctis -quos zelus hujus propositi teneat exhibere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note206"> -<p><span class="label"><a href="#tag206">206</a>. </span><span class="smcap">Bonacc.</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, 44 b: Doctores autem damnant omnes.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note207"> -<p><span class="label"><a href="#tag207">207</a>. </span><span class="smcap">Eckbertus</span> in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 447: Muniti sunt verbis sacrae -scripturae quae aliquo modo sectis eorum concordare videntur, et -ex eis sciunt defendere errores suos, et oblatrare catholicae veritati. -Per questo studio che gli eretici ponevano nella Bibbia il concilio -di Tolosa del 1229 severamente proibì: ne libros veteris Testamenti -aut novi Laici permittantur habere nisi forte Psalterium, -vel Breviarum pro divinis officiis .... sed ne praemissos libros -habeant in vulgari translatos (<span class="smcap">D'Argentré</span>, <i>Collectio</i>, I, 76 b).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note208"> -<p><span class="label"><a href="#tag208">208</a>. </span>Lo stesso Eckberto osserva mestamente nel luogo citato: -Et est non parva verecundia nostri, qui litteras sciunt, ut sint muti -et elingues in conspectu illorum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note209"> -<p><span class="label"><a href="#tag209">209</a>. </span>S. Pietro Damiani gl'indirizza una lettera (I, 1), nella quale -s'impromette dal nuovo papa la fine degli scandali: Reprimatur -avaritia ad episcopales infulas anhelantium, evertantur cathedrae -columbas vendentium numulariorum .... Primo Pisaurensis Ecclesia -bonae spei clarum dabit iudicium. Nisi enim praedicta Ecclesia -de manu illius adulteri, incestuosi, perjuri, atque raptoris -auferatur, omnis populorum spes, quae de reparatione mundi erecta -fuerit, funditus enervatur. Cfr. Epist. I, 2, allo stesso: Avaritiae -quippe et elationis igne succensi, ambiunt quidem ad sacerdotium -promoveri, sed non student digni sacerdotes fieri.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note210"> -<p><span class="label"><a href="#tag210">210</a>. </span><span class="smcap">Damiani</span>, <i>Opere</i> (Parigi 1664) III, 54: Quis enim nesciat... -per occidentalia regna virus simoniacae haereseos lethaliter ebullisse, -ita ut quod passim flebant, licenter admissum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note211"> -<p><span class="label"><a href="#tag211">211</a>. </span><span class="smcap">Damiani</span>, Epist. I, 12: Arma potius, arma corripimus, vibrantia -telis tela conserimus et non verbo sed ferro contra nostrae -ordinis regulam dimicamus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note212"> -<p><span class="label"><a href="#tag212">212</a>. </span><span class="smcap">Landulphi Senioris</span>, <i>Mediol. Hist.</i>, I, 88: Qui Girardus cum -ante ejus vultum venisset, promptissimum gerens ad passionem animum -laetum si vitam suppliciis gravissimis finiret, vultu alacri ad -omnia respondere paratus astitit.... Nemo nostrum uxore carnaliter -utitur, sed quasi matrem aut sororem diligens tenet. Carnibus nunquam -vescimur .... omnem nostram possessionem cum omnibus -hominibus communem habemus .... Pontificem habemus non illum -Romanum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note213"> -<p><span class="label"><a href="#tag213">213</a>. </span>Come dice il cronista Landolfo, III, 18. Venientes namque -quidam suburbani diversis, ac variis dogmatibus irretiti, et Arialdus -ipse, et ipse quem animo prae omnibus diligebat, et aliquantis -cum Laicis, qui Girardi de Monteforte sententias fere consentiebant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note214"> -<p><span class="label"><a href="#tag214">214</a>. </span><span class="smcap">Alanus</span>, pag. 7. Item Christus ait in Evangelio: venit enim -princeps mundi hujus et in me non habet quicquam. Ibi Luciferum -vocat principium mundi potius quam Christus .... Si peccatum in -carne est, et caro sine peccato esse non potest, caro malum est et ita -a Deo non est. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 80: Unum (testimonium) est illuc -Ecclesiastae, I, 2, <i>Vanitas vanitatum et omnia vanitas</i> et loquitum -de creaturis istis visibilibus et transitoriis. Quomodo autem potest -esse quod in operibus boni Dei aliqua vanitas sit?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note215"> -<p><span class="label"><a href="#tag215">215</a>. </span><span class="smcap">Gretser</span>, XII, II, 10, cum et Gazari et Patareni Waldenses -fuerint, uno ex stipite Waldo prognati.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note216"> -<p><span class="label"><a href="#tag216">216</a>. </span>Ivi, pag. 7. Consentiunt ferme auctores sectam Waldensium -extitisse in Gallia progenitore Petro Waldo circa annum Domini -MCLX.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note217"> -<p><span class="label"><a href="#tag217">217</a>. </span><span class="smcap">V. Schmidt</span>, II, 268 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note218"> -<p><span class="label"><a href="#tag218">218</a>. </span>Ecco il principio del capitolo in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 55: Supra dictum -est sufficienter de haeresi Catharorum, nunc dicendum est de -haeresi leonistarum, sive pauperum de Lugduno, qui sunt divisi in -duas partes. È chiaro da quell'opposizione supra.... nunc, che -l'eresia di Lione non si può confondere con nessuna delle frazioni -catare di cui parla di sopra. Ed è giusto quel che dice il Cantù -(<i>Gli eretici</i>, I, 79) che Raniero distingue affatto i Catari dai Valdesi. -Ma in nessun luogo il buon frate parla di Valdesi, progenitori -degli Albigesi. Nè sarebbe potuto cadere in questo errore egli, -che a pag. 51 annovera le chiese albigesi tra le catare di Francia, -Tholosana, Carcassensis, Albigensis, e a pag. 55 nota che tutte -e tre queste chiese si attengono alla dottrina di Balasinanza. Del -resto il Cantù sembra non abbia un chiaro concetto del rapporto -tra Catari e Valdesi, che mentre a pag. 79 li distingue sulla testimonianza -del Sacconi, a pag. 77 li confonde in uno. <i>I suoi seguaci -[di Pietro Valdo] si dissero poveri di Lione o Catari, cioè puri.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note219"> -<p><span class="label"><a href="#tag219">219</a>. </span><span class="smcap">Stefano</span> in <span class="smcap">Duplessis</span>, I, 78: Waldenses autem dicti sunt -a primo huius haeresis auctore, qui nominatus fuit Waldensis. -Dicuntur etiam Pauperes de Lugduno, quia ibi inceperunt in professione -paupertatis, pag. 89. De Manicheis Patharenis vel Burgaris -.... originem habuerunt a quodam Persa, dicto Manes, qui -vere Maniacus etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note220"> -<p><span class="label"><a href="#tag220">220</a>. </span>Illi quidem Waldenses contra alios acutissime disputabant. -(<span class="smcap">Duplessis D'Argentré</span>, I, 94).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note221"> -<p><span class="label"><a href="#tag221">221</a>. </span><span class="smcap">Sacconi</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 55: et illud dicunt de justitia -saeculari, quod non licet Regibus et Principibus et Potestatibus -punire malefactores. Sospetto che innanzi a <i>punire</i> si debba mettere -<i>mortaliter</i>, come nel luogo del Sacconi già riportato a p. 89 -n. 1, che riguarda i Catari. Si potrebbe intendere il passo del -Sacconi nel senso che non si debbano punire come malfattori -quelli che si allontanano dalla Chiesa, ed in favore di questa interpetrazione -si potrebbe addurre questo passo dell'anonimo di -Passau: Quod nullus est cogendus ad fidem (<span class="smcap">Gretser</span>, XII, II, -8: ecc.) e questo altro dalle annotazioni marginali alla somma del -Sacconi riportate dal D'Argentré, I, 50: quod non licet corporalem -iustitiam facere, vale a dire che per le opinioni religiose non si -debbano applicare pene corporali, bensì spirituali quali l'ammonizione -o la scomunica. Ma parmi più probabile la correzione da -me proposta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note222"> -<p><span class="label"><a href="#tag222">222</a>. </span><i>Historia Albingensium</i>, cap. 2, longe minus perversi .... -in multis cum nobiscum conveniebant .... in quatuor consistebat -error eorum: in portandis sandalis .... nulla ratione iurandum -vel occidendum .... quemlibet eorum abque ordinibus posse conficere -corpus Christi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note223"> -<p><span class="label"><a href="#tag223">223</a>. </span><i>Tractatus de inquisitione haereticorum</i>, ed. <span class="smcap">Preger</span>, p. 25: -Postulantes autem a Domino papa Innocentio III hanc vivendi formam -auctoritate sua sibi ut sequacibus confirmari, adhuc recognoscentes -primatum apud ipsum residere apostolicae potestatis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note224"> -<p><span class="label"><a href="#tag224">224</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 390, arbor ex fructibus cognoscitur ut habetur -(Matth. 7, v. 7), fructus autem Romanae ecclesiae malus est, ergo -romana Ecclesia mala est. Questa citazione non solo è comune ai -Catari e Valdesi, ma anche ai Cattolici che volevano separato il -temporale dallo spirituale. Valgan per tutti le terzine di Dante: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Soleva Roma, che il buon mondo feo</p> -<p class="i02"> Due Soli aver, che l'una e l'altra strada</p> -<p class="i02"> Facean vedere, e del mondo e di Deo.</p> -<p class="i01">L'un l'altro ha spento: ed è giunta la spada</p> -<p class="i02"> Col pastorale; e l'uno e l'altro insieme</p> -<p class="i02"> Per viva forza mal convien che vada;</p> -<p class="i01">Perocchè, giunti, l'un l'altro non teme,</p> -<p class="i02"> Se non mi credi, pon mente alla spiga,</p> -<p class="i02"> Ch'ogni erba si conosce per lo seme.</p> -<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, <span class="smcap lowercase">XVI</span>, 106-114).</p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note225"> -<p><span class="label"><a href="#tag225">225</a>. </span>Ecclesia dei non occidebat (<span class="smcap">Moneta</span>, 394). Et homicidas deputant -et perditos qui praedicant pugnandum contra Saracenos vel -Albigenses. (<span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 88 b).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note226"> -<p><span class="label"><a href="#tag226">226</a>. </span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 87 a: Pauperes de -Lugduno, quia ibi inceperunt in professionem paupertatis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note227"> -<p><span class="label"><a href="#tag227">227</a>. </span>L'Anonimo di Passau in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 93: Quod Clerici et -Claustrales non debeant praebendas habere .... quod Episcopi et -abbates non debeant iura regalia habere. <span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in -<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 89. Quod nostri clerici et sacerdotes qui habent -divitias et possessiones sunt filii Diaboli et perditionis. <span class="smcap">Davide</span> ed. -Preger, pag. 34: Papa et episcopi nostri et clerici qui divicias seculi -habent et sanctitatem apostolorum non imitantur, non sint -ecclesiae gubernatores, nec talibus dignetur Christus dilectam -sponsam suam ecclesiam committere, qui eam potius prostituant -malis exemplis et malis operibus, quam virginem castam Christo -exhibeant, custodiendo eam in illa puritate quam accepit ab ipso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note228"> -<p><span class="label"><a href="#tag228">228</a>. </span><span class="smcap">Bonacursus</span> in <span class="smcap">D'Achery</span>, <i>Spicileg.</i>, I, 209, riferisce che i -Catari beatum Sylvestrum dicunt antichristum fuisse .... a tempore -illius dicunt Ecclesiam esse perditam. Secondo il Sacconi, -<i>Summa</i>, pag. 55 b, i poveri di Lione dicono: quod Ecclesia romana -non est Ecclesia Christi; i poveri lombardi aggiungono: Ecclesia -Christi permansit in episcopis et aliis praelatis usque ad b. Silvestrum -et in eo defuit quousque ipsi eam restaurarunt, tamen dicunt -quod semper fuerint aliqui, qui Deum timebunt, et salvabuntur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note229"> -<p><span class="label"><a href="#tag229">229</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 397. Ad detestationem etiam Romanae ecclesiae -induxit haereticus illud (<i>Apoc.</i>, 17, v. 3), ubi Johannes dicit -se vidisse mulierem sedentem super bestiam coccineam .... Et in -fine eiusdem «et mulier quam vidisti est civitas magna, quae habet -regnum super reges terrae» non est dubium quod Romana Ecclesia -tunc dominium habebat super reges terrae. <span class="smcap">Stefano di Borbone</span> -in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 89, dicunt Ecclesiam Romanam Babylon meretricem -de qua dicitur <span class="smcap lowercase">XVII</span> <i>Apoc.</i> Questa interpretazione allegorica -della Apocalissi fu accolta non pure dai Valdesi, ma benanco dai -cattolici Ghibellini. -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Di voi, Pastor, s'accorse il Vangelista</p> -<p class="i02"> Quando Colei, che siede sovra l'acque,</p> -<p class="i02"> Puttaneggiar coi Regi a lui fu vista:</p> -<p class="i01">Quella che con le sette teste nacque,</p> -<p class="i02"> E dalle diece corna ebbe argomento,</p> -<p class="i02"> Fin che virtute al suo marito piacque.</p> -<p class="i08"> (<span class="smcap">Dante</span>, <i>Inf.</i>, <span class="smcap lowercase">XIX</span>, 106-111).</p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note230"> -<p><span class="label"><a href="#tag230">230</a>. </span><span class="smcap">Abbas Fontis Calidi</span>, cap. 7º, in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, II, pag. 213: -Haeretici vero nec domum Dei nec domum orationis vocant, nec in -ea cum electis orare curant, sed malunt in domibus suis quam in -domo Dei orare. Quare ergo impii haeretici jactant se servare -evangelium et sequi apostolos, cum non in templo orent sed in -thalamo, nec ibi doceant sed in foro et quidam clam in domu; -pag. 221: Et inquiunt: si excelsus non habitat in manu factis, non -habitat in ecclesiis factis manu hominum. Si autem ibi non habitat -cur iremus illuc ad orandum? Non dicevano diversamente i Catari -nel Concilio di Arras del 1028 (<span class="smcap">Mansi</span>, XIX, col. 437) nihilque -sanctum ex ea lapidea materia trahere in se contenditis, et ideo -nihil differre quin in domiciliis et privatis mansionibus vestris orationes -factae tantum valeant, quantum et in templo Sancto Dei. -Riportammo già a pag. 87, n. 2, le testimonianze di Ebrardo ed -Ermengardo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note231"> -<p><span class="label"><a href="#tag231">231</a>. </span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span> in <span class="smcap">D'Argent.</span>, I, 87 a: quae cum saepe legeret -et corde tenus firmaret .... evangelium et ea quae corde retinuerat -.... Vedi sopra pag. 9, n. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note232"> -<p><span class="label"><a href="#tag232">232</a>. </span><span class="smcap">Bonacursus</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 64.... quod mosaica lex -sit ad literam observanda et quod Sabbatum et Circuncisio et aliae -legales observantiae adhuc habere statum debeant. Dicunt etiam -quod Christus filius Dei non sit aequalis Patri, quod Pater et Filius -et Spiritus Sanctus istae tres personae non sint unus Deus. Questi -eretici che il Bonacorso chiama Pasagii [secondo Ducange santissimi -πασάγιος, secondo Füslin, Jas e Schmidt, II, 294 vagabondi -.... viaggiatori] vengono detti <i>Circumcisi</i> nella legge di -Federico II.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note233"> -<p><span class="label"><a href="#tag233">233</a>. </span>Totam Ecclesiam iudicant et condemnant .... novi Testamenti -ac Prophetarum testimonio (loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note234"> -<p><span class="label"><a href="#tag234">234</a>. </span>Lettera a S. Bernardo, nelle <i>Opere</i> di quest'ultimo, ediz. Mabillon, -I, 1488.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note235"> -<p><span class="label"><a href="#tag235">235</a>. </span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 86 a.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note236"> -<p><span class="label"><a href="#tag236">236</a>. </span>Ivi, 86 b. Stefano racconta che un eretico capitato a Joinville -di ritorno dalla Lombardia, dove era rimasto 18 anni, gli disse -non esservi colà meno di 17 confessioni eterodosse. Lo stesso autore, -oltre a quelli che conosciamo (Arnaldistae, Speronistae, Leonistae, -Cathari, Pathareni, Manichaei sive Burgari, a suis inventoribus -sic dicti), enumera: 1. Pauperes de Lugduno, qui dicuntur Waldenses.... -damnant omnes terrena possidentes. 2. Pauperes de -Lombardia, qui possessiones recipiebant. 3. Tortolani qui semel in -anno et in coena solum posse confici a Magistro eorum solo perfecto, -qui tortellum faciunt, de quo ab eo comunicantur. 4. Alii -dicunt omnes bonos viros sacerdotes non mulieres. 5. Alii non distinguunt -in sexu. 6. Alii qui communiati dicebantur, quia communia -omnia dicunt esse debere. 7. Alii rebaptizati, qui rebaptizandos -ab Ecclesia esse dicunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note237"> -<p><span class="label"><a href="#tag237">237</a>. </span>I Catari, come dice il Sacconi, <i>Summa</i>, 48 b, sostenevano -quod peccaret gravius, quicumque ex iis occideret sponte avem -aliquam, a minima avicula usque ad maximam, et quadrupedia a -mastella usque ad elephantem. E per conseguenza l'omicidio non -può avere nessuna giustificazione (vedi più sopra, p. 89, n. 1). Senza -ammettere le premesse i Valdesi accettano le conseguenze. Dalle -annotazioni che hanno per titolo: Isti sunt errores Valdensium -sive Insabbatorum (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 57) tolgo questo passo del paragrafo -26: omnem iustitiam mortis esse illicitam et iudicium similiter. -<span class="smcap">Stef. di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 88: peccant omnes iudicium -vel iustitiam sanguinis exequentes. <span class="smcap">Davide d'Ausburgo</span> in <span class="smcap">Preger</span>, -pag. 37. Non debere quemquam occidere. <span class="smcap">Pietro di Vauxcernay</span> -in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 93: nulla ratione occidendum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note238"> -<p><span class="label"><a href="#tag238">238</a>. </span><i>Summa</i> (<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 56): In hoc concordant Pauperes -de Lugduno cum Pauperibus Lombardis.... quod non est salus -aliquo modo iurando. <span class="smcap">Stefano di Borbone</span> (<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 87) -dicunt enim omne mendacium esse mortale peccatum, et iuramentum -similiter. <span class="smcap">Alanus</span>, lib. 2, cap. 18 e 19. Nullo modo est iurandum. -<span class="smcap">Petrus Vallium Cernaj</span>, cap. 2, nulla ratione iurandum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note239"> -<p><span class="label"><a href="#tag239">239</a>. </span><span class="smcap">Stefano di Borb.</span>, pag. 876: Dicunt enim omne mendacium -esse mortale peccatum et juramentum similiter.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note240"> -<p><span class="label"><a href="#tag240">240</a>. </span>L'anonimo annotatore del <span class="smcap">Sacconi</span>, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 56 a, riferisce: -Non est peccatum, si homo acciperet sororem suam vel -consanguineam in uxorem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note241"> -<p><span class="label"><a href="#tag241">241</a>. </span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span> (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 89). Quod uxor potest a -viro recedere, eo invito et converso et sequi eorum societatem et -viam continentiae. <span class="smcap">Davide</span>, pag. 30 ed. Preger. Coniuges si quas -ante habuerunt relinquunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note242"> -<p><span class="label"><a href="#tag242">242</a>. </span><span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 94. Sacramentum coniugii damnant, dicentes mortaliter -peccare coniuges, si absque spe prolis conveniant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note243"> -<p><span class="label"><a href="#tag243">243</a>. </span>Omnem coniugium vocant fornicationem, praeter quod contrahitur -inter utrosque virgines masculum et foeminam (<span class="smcap">S. Bern.</span>, -<i>Opp.</i>, ed. Mabillon, I, 1489). Che del resto anche i Catari propriamente -detti talvolta interpretassero il divieto del matrimonio -come proibizione soltanto o delle seconde nozze, o della convivenza, -lo dice espressamente Ecberto, in un passo già riportato, e che -mi piace di ripetere: Veniam et ad illud quod mussitant quidam -vestrum, videlicet seguaces Hartuvini, quod illum coniugium solum -iustum est, in quo virgines coniunguntur, et quod unam tantum -prolem gignere debent, et postea statim ab invicem discedere, nec -unquam deinceps ad coniugalem thorum convenire. In questo passo -sorprendiamo sarei per dire nel fatto la trasformazione dei Catari -in Valdesi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note244"> -<p><span class="label"><a href="#tag244">244</a>. </span>Nel trattato di Davide, ed. Preger, pag. 26. Dicunt se apostolorum -successores et habere apostolicam auctoritatem et claves -ligandi et solvendi. Vedi anche <span class="smcap">Bonaccursus</span> in <span class="smcap">Martène</span>, V, 1775.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note245"> -<p><span class="label"><a href="#tag245">245</a>. </span><i>Summa</i>, pag. 55 b, semper fuerunt aliqui qui timebant Deum -et Salvatorem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note246"> -<p><span class="label"><a href="#tag246">246</a>. </span>Solo le fonti molto tardive come il pseudo Pilichidorf e Claudio -di Seyssel parlano di un Leone socio di Silvestro.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note247"> -<p><span class="label"><a href="#tag247">247</a>. </span><span class="smcap">Comba</span>, <i>Storia della Riforma in Italia</i>, Firenze 1881, -pag. 234 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note248"> -<p><span class="label"><a href="#tag248">248</a>. </span>Prima del Dieckhoff il Maitland avea avuto qualche sentore -delle frodi del Perrin, il primo manipolatore degli scritti valdesi. -<span class="smcap">Comba</span>, op. cit., pag. 270.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note249"> -<p><span class="label"><a href="#tag249">249</a>. </span><span class="smcap">Melia</span>, <i>The origin, persecutions and doctrines of the Waldenses</i>. -London, 1870, pag. 53-55. <span class="smcap">Comba</span>, op. cit., pag. 271, 550.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note250"> -<p><span class="label"><a href="#tag250">250</a>. </span>Sarà benissimo che il Dieckhoff sia caduto in esagerazioni -come dice il prof. Comba, op. cit., pag. 270, nota 6; ma se anche -dovessero tenersi per meno giovani, le opere valdesi, hanno senza -dubbio un'antichità assai minore delle fonti cattoliche.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note251"> -<p><span class="label"><a href="#tag251">251</a>. </span><span class="smcap">Muston</span>, <i>Aperçu de l'antiquité des Vaudois des Alpes</i>, Pignerol -1881. L'antica opera del Muston, <i>Israel des Alpes</i>, fu ristampata -nel 1880.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note252"> -<p><span class="label"><a href="#tag252">252</a>. </span><i>Rivista Cristiana</i>, Firenze, Marzo 1882, pag. 97 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note253"> -<p><span class="label"><a href="#tag253">253</a>. </span><span class="smcap">Monastier</span>, <i>Histoire de l'Église vaudoise</i>, pag. 21.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note254"> -<p><span class="label"><a href="#tag254">254</a>. </span><span class="smcap">Hahn</span>, <i>Geschichte der Ketzer im Mittelalter</i>, I, pag. 52.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note255"> -<p><span class="label"><a href="#tag255">255</a>. </span><span class="smcap">V. Reuter</span>, <i>Geschichte der religiösen Aufklärung im Mittelalter</i>, -I, 20 e segg. Er scheint ein biblischer Reformator und -ein kritischer Aufklärer zugleich gewesen zu sein. Il Reuter crede -anzi che abbia giovato più nell'ultimo senso che nel primo (pag. 24), -il che l'Herzog non ammette (<i>Kirchengeschichte</i>, II, 118).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note256"> -<p><span class="label"><a href="#tag256">256</a>. </span>Nato sotto Carlo Magno e morto l'841. Percorse rapidamente -la sua carriera ecclesiastica. Divenuto arcivescovo di Lione dovè -mescolarsi nella lotta tra l'imperatore Ludovico e i suoi figliuoli -in favore dei quali scrisse il libro intitolato: <i>Liber apologeticus, -pro filiis Ludovici Pii Imperatoris adversus patrem</i>. (<span class="smcap">Hahn</span>, -op. cit., II, 33).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note257"> -<p><span class="label"><a href="#tag257">257</a>. </span><span class="smcap">Reuter</span>, op. cit., I, 32-41.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note258"> -<p><span class="label"><a href="#tag258">258</a>. </span>Sono due le fonti principali intorno a Tanchelino: 1. <i>Epistola -Trajectensis Ecclesiae ad Fridericum Archiepiscopum Coloniensem</i>; -2. <i>Vita S. Norberti</i> di un anonimo. Nella prima è -detto: Contra has sententias (cioè dona Dei pervenire ad eos, qui -cum fide accipiunt, etiam talis est per quem accipiunt qualis Juda -fuit) ille declamans, dehortabatur populum a perceptione sacramenti, -prohibens etiam decimas ministris Ecclesiae exhiberi (<span class="smcap">D'Argentré</span>, -II, 11).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note259"> -<p><span class="label"><a href="#tag259">259</a>. </span>Ex meritis et sanctitate ministrorum virtutem sacramentis -accedere (loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note260"> -<p><span class="label"><a href="#tag260">260</a>. </span>Su questo fatto torneremo a suo luogo. La lettera di Gregorio -VII è <i>ad Jusfredum episcopum parisiacensem</i> dell'anno 1077 -(lib. <span class="smcap lowercase">IV</span>, ep. 20).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note261"> -<p><span class="label"><a href="#tag261">261</a>. </span>Ex vita S. Norberti in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 10: Sacramentum Dei inimicus -.... obsequium episcoporum et sacerdotum nihil esse diceret, -et sacrosancti corporis et sanguinis Domini nostri Jesu Christi -perceptionem ad salutem perpetuam denegaret. Concorda con queste -notizie un'antica cronaca. Sacri ordinis ministros et episcopalem -ac sacerdotalem gradum nihil esse dicebat corporis et sanguinis -Christi perceptionem sumentibus ad salutem prodesse negabat.... -sed nec post ejus mortem error ipsius tam facile extirpari possit. -Continuazione alla cronaca di Sigeberto, <span class="smcap">Pertz</span>, <i>M. G. Script.</i>, VI, -449. <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 15.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note262"> -<p><span class="label"><a href="#tag262">262</a>. </span>Epist. in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 12 .... Ut etiam se Deum diceret .... -quin plenitudinem Spiritus Sancti habuisset .... balnei sui aquam -potandam dividerei .... manumque imaginis manu contingens, -S. Mariam sibi desponsavit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note263"> -<p><span class="label"><a href="#tag263">263</a>. </span>Il Mayer negli <i>Annali di Fiandra</i> sulla fede di un antico manoscritto -sta pel 1125 (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 13). Un'altra cronaca in <span class="smcap">Pertz</span>, -<i>M. G. Script.</i>, VI, 459, adduce il 1115.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note264"> -<p><span class="label"><a href="#tag264">264</a>. </span>Anno 1110 Petrus de Bruis impiae sectae in arelatensi Provincia -dux fuit .... Primum capitulum negat parvulos .... Christi -baptismate salvari posse .... non aliena fides sed propria salvat -.... secundum templorum fabricam fieri non debet, quoniam aeque -in taberna .... invocatus Deus audit. Tertium cruces sacras confringi -praecipit. Quartum capitulum ..... veritatem corporis et sanguinis -Domini negat .... Quintum capitulum: sacrificia orationes, -eleymosinas et reliqua bona pro defunctis (<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 14).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note265"> -<p><span class="label"><a href="#tag265">265</a>. </span>Par che corresse differenza tra la dottrina di Pietro e quella -di Enrico, a quel che scrive l'abate Cluniacense: sed post regum -Petri de Bruis, haeres nequitiae ejus Heinricus .... doctrinam -diabolicam non quidem emendavit sed immutavit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note266"> -<p><span class="label"><a href="#tag266">266</a>. </span>Canone XI del concilio lateranense 1179 sotto Alessandro III: -Clerici, qui in sacris ordinibus constituti muljerculas suas indomibus -suis incontinenti nota tenuerint, aut abjiciant eas et continenter -vivant, aut ab officio et beneficio ecclesiastico fiant alieni. -(<span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 224).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note267"> -<p><span class="label"><a href="#tag267">267</a>. </span>Da un vecchio codice pubblicato dal Mabillon, <i>Analect.</i> III, -512. Verumtamen mirum in modum facundus erat .... Qua haeresi -plebes in clerum versa est in furorem, adeo quod famulis eorum -minarentur cruciatus .... Denique idem Hildebertus modis -omnibus procuravit qualiter furorem plebis ratione pariter et humilitate -mitigaret, quam Henricus contra clerum seditiose concitaverat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note268"> -<p><span class="label"><a href="#tag268">268</a>. </span>A Diocesi Cenomannorum expulsus fuerat ad Pictavos adiit, -tum Petragoras, Burdigalam et Tholosam. Cum autem numerus -haereticorum in dies ibi cresceret, Eugenius papa III Albericum -S. R. E. cardinalem delegavit in Tolosanam illam provinciam adversus -haereticos, sive Henrici sectarios, sive Manicheos et Arrianos. -Socium autem laboris Bernardum (<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 16).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note269"> -<p><span class="label"><a href="#tag269">269</a>. </span><span class="smcap">S. Bernardo</span>, Lettera 241 <i>ad Hildefunsum Comitem Sancti -Aegidii</i>: Homo apostata est, qui relicto religionis habitu ad spurcitias -carnis et saeculi, tamquam canis ad suum vomitum est reversus -.... vangelizabat ut manducaret .... cura meretricibus inventus -est praedicator insignis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note270"> -<p><span class="label"><a href="#tag270">270</a>. </span>Prae confusione habitare inter cognatos et notos non sustinens -.... factus gyrovagus et profugus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note271"> -<p><span class="label"><a href="#tag271">271</a>. </span>Basilicae sine plebibus, plebes sine sacerdotibus, sacerdotes -sine debita reverentia sunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note272"> -<p><span class="label"><a href="#tag272">272</a>. </span>Idem namque mirae sanctitatis et scientiae rumore non merito. -(<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 16).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note273"> -<p><span class="label"><a href="#tag273">273</a>. </span>Lo stesso <span class="smcap">S. Bernardo</span>, <i>Serm.</i> 65, pag. 1492. Tam quod -ad vitam moresque spectat, neminem circumvenit, neminem supergreditur, -neminem concutit. Pallent infusa per ora jejuniis, panem -non comedit otiosus, operatur manibus unde vitam sustentat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note274"> -<p><span class="label"><a href="#tag274">274</a>. </span>Vedi un discorso degli eretici nella lettera di Evervino preposto -di Steinfeld presso Colonia a S. Bernardo (<span class="smcap">S. Ber.</span>, <i>Opp.</i>, -pag. 1489). Nos pauperes Christi, instabiles, de civitate in civitatem -fugientes .... nos hoc sustinemus, quia de mundo non sumus: vos -autem mundi amatores, cum mundo pacem habetis, quia de mundo -estis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note275"> -<p><span class="label"><a href="#tag275">275</a>. </span>Possiamo addurre la preziosa testimonianza dello stesso Evervino, -il quale dopo aver detto che gli eretici tormentum ignis non solum -cum patientia sed etiam cum laetitia introierunt, et sustinuerunt -dimanda ingenuamente: unde istis diaboli membris tanta fortitudo, -quanta vix etiam invenitur in valde religiosis in fide Christi. Alla -qual dimanda S. Bernardo risponde non doversi far poco conto -della potenza che esercita il demonio non solo sui corpi, ma anche -sui cuori delle sue creature; quanta sit potestas diaboli non modo -in corpora hominum, sed etiam in corda, quae semel permissus -possederit. E bisogna ben guardarsi dal paragonare la costanza -dei martiri colla pertinacia di costoro; quia mortis contemptum in -illis pietas, in istis cordis duritia operatur. Distinzione molto comoda, -ripetuta ai nostri giorni dal Cantù (<i>Gli eretici in Italia</i>, -pag. 88). «Ma la colpa onde più concordemente sono rinfacciati -i Paterini è l'ostinazione. Fra strazi i e tormenti, al cospetto di morte -obbrobriosa, non che convertirsi più s'induravano, protestavansi -innocenti spiravano cantando lodi al Signore. In Lombardia serbarono -memoria d'una fanciulla di cui la bellezza e l'età mettevano -in tutti compassione e desiderio di salvarla. Perciò vollero assistesse, -mentre padre, madre, fratelli venivano consunti dalle fiamme, -sperando si sarebbe pel terrore convertita; ma no: poi che ebbe -durato alquanto lo spettacolo si svincola dalle braccia dei suoi -manigoldi, e corre a precipitarsi nelle fiamme e confondere l'ultimo -suo coll'anelito dei parenti». Questo pel Cantù non è eroismo, -è colpa di ostinazione!</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note276"> -<p><span class="label"><a href="#tag276">276</a>. </span>Pag. 1489. Sunt item alii haeretici quidam in terra nostra ab -istis discordantes per quorum mutuam discordiam et contentionem -utrique nobis sunt detecti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note277"> -<p><span class="label"><a href="#tag277">277</a>. </span>Il vero nome del novatore lionese è Waldez secondo il <i>Rescriptum -heresiarcharum Lombardiae ad pauperes de Lugduno -quae sunt in Alamania</i>, pubblicato dal <span class="smcap">Preger</span>, <i>Beiträge zur -Geschichte der Valdesier im Mittelalter</i>, 1875, pag. 18.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note278"> -<p><span class="label"><a href="#tag278">278</a>. </span><span class="smcap">Anonimo di Passau</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 92. Dum cives maiores -pariter essent in Lugduno, contigit quodam ex eis mori subito -coram eis. Unde quidam inter eos tantum fuit territus quod -statim magnum thesaurum pauperibus erogavit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note279"> -<p><span class="label"><a href="#tag279">279</a>. </span><i>Chron. laud.</i>, in <span class="smcap">Bouquet</span>, XIII, 680. Fuit enim locus narrationis -eius (ioculatoris) qualiter beautus Alexis in domo patris -sui beato quievit. Facto mane .... quaesivit a magistro quae via -aliis omnibus certior esset atque perfectior. Cui magister dominicam -sententiam proposuit: si vis esse perfectus, vade et vende -omnia quae habes.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note280"> -<p><span class="label"><a href="#tag280">280</a>. </span><i>Chron. laud.</i>, qui per iniquitatem foenoris multas sibi pecunias -coacervaverat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note281"> -<p><span class="label"><a href="#tag281">281</a>. </span>O civis et amici mei! non enim insanio, sicut vos putatis, -sed ultus sum de hostibus meis qui me fecerunt sibi servum, ut -semper plus essem sollicitus de nummo quam de Deo. (<i>Chron. -laud.</i>, loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note282"> -<p><span class="label"><a href="#tag282">282</a>. </span>A quodam cive quondam socio petiit dari sibi ad manducandum -pro Deo (loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note283"> -<p><span class="label"><a href="#tag283">283</a>. </span>Il <span class="smcap">Dieckhoff</span>, <i>Die Waldenser im Mittelalter</i>, Gottinga 1851, -crede che la vera novità della setta valdese per cui si distingue -da tutte le altre affini è la libera predicazione, che ciascuno benchè -laico e senza licenza dell'autorità ecclesiastica può intraprendere. -Lucio III nel suo decreto contro gli eretici rimprovera la predicazione -dei Valdesi, prohibiti vel non missi. Alano apre la discussione -contro i Valdesi sulla tesi: nullus debeat praedicare nisi sit a -majore Praelato missus. Il che vuol dire che questo ei considera -come l'errore fondamentale dei Valdesi. Contro il Dieckhoff l'Herzog, -<i>Die romanischen Waldenser</i>, Halle, 1853, p. 117, osserva che non è -verosimile, nè alcuna fonte ci dice essere stato questo del predicare -il primo impulso dell'intrapresa del Valdez. Ed io aggiungo -che prima di mettersi nella predicazione bisognava che Valdez -fosse già in possesso della verità da predicare o della vera via di -salute. Ma se non possiamo accettare l'interpetrazione del Dieckhoff, -neanche quella dell'Herzog ci par felice; perchè sebbene sin dal -principio della sua carriera apostolica il Waldez avesse avidamente -cercato d'istruirsi nella Bibbia, come racconta Stefano di Borbone, -pure non si può dire che questo ritorno alle fonti bibliche sia il -principio del movimento valdese (pag. 118). È molto più verisimile, -e le fonti concordemente ce lo attestano, che il movimento del -Waldez ebbe al principio un carattere più pratico e meno dottrinale. -La vita fastosa rimprovera il Waldez a preti e laici, non -l'obblio della Bibbia. Il nome che i Valdesi stessi si davano indica -chiaramente quello che essi ponevano al di sopra di tutto, come -l'unico mezzo della salute. E codesto nome non è: fratelli, vuoi -predicatori, vuoi biblici; ma invece poveri di Lione, umiliati. Il -primo documento che parla di loro, il decreto del 1183 di Lucio III, -ce li presenta come eos qui se Humiliatos vel Pauperes de Lugduno -falso nomine mentiuntur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note284"> -<p><span class="label"><a href="#tag284">284</a>. </span><i>Chron. Usperg.</i>, pag. 243: olim duae sectae in Italia exortae, -quorum alii Humiliatos, alii Pauperes de Lugduno se nominabant. -Il Tron, <i>Pierre Valdo Pignerol</i>, 1879, appoggiandosi a Reinero -e a Stefano di Borbone che dice: Vocant se pauperes spirito, -crede che la povertà si debba intendere in un senso molto largo. -L'amour de l'argent, ce ver qui range le pauvre aussi bien que -le riche, tel est donc le mal que les amis de la pauvreté spirituelle -et volontaire eussent voulu extirper de leur coeur (pag. 51). Ma le -fonti, a cui attinge il Tron, sono molto tardive. Le più antiche e -schiette, parlano della povertà nel vero senso della parola. E la -cronaca laudunense racconta che la moglie di Valdo, saputo come -il marito accattasse la vita da un amico, non mediocriter contristata -sed velut amens effecto ad Archiepiscopum urbis cucurrit.... -Tum ex praecepto Praesulis Burgensis hospitem suum secum ad -praesentiam Praesulis duxit. At mulier arripiens virum suum per -pannos, ait: Numquid non melius est, o homo, ut ego in te peccata -mea eleemosynis redimam, quam extranei. Et extunc non -licuit ei ex praecepto archiepiscopi in ipsa urbe cum aliis cibum -sumere quam cum uxore (loc. cit.). A questa testimonianza aggiungiamo -l'altra di Alano, pag. 225: Dicunt etiam praedicti haeretici -quod nullo modo propriis manibus laborare debent, sed ab -illis quibus praedicant recipere necessaria.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note285"> -<p><span class="label"><a href="#tag285">285</a>. </span>Valdesium amplexatus est Papa approbans votum quod fecerat -voluntariae paupertatis (loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note286"> -<p><span class="label"><a href="#tag286">286</a>. </span><span class="smcap">Stef. di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, loc. cit. Evangelia et ea -quae corde retinuerat per vicos et plateas praedicando multos -homines et mulieres ad idem faciendum ad se convocando firmans -eis Evangelia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note287"> -<p><span class="label"><a href="#tag287">287</a>. </span>Incoepit illa secta per hunc modum secundum quod ego accepi -a pluribus qui priores eorum viderunt, et a Sacerdote illo.... -qui dictus fuit Bernardus Ydros, qui cum esset iuvenis scripsit -dicto Valdensi priores libros pro pecunia in Romano, quos ipsi -habuerunt, transferente et dictanti ei Stephano de Ansa. (<span class="smcap">Stef.</span>, -loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note288"> -<p><span class="label"><a href="#tag288">288</a>. </span><i>Cronaca laudunense</i>, loc. cit. anno Domini 1178 [leggi 1179]. -Concilium lateranense a Papa Alexandro huius nominis tertio celebratur -.... Valdesium amplexatus est Papa, approbans votum -quod fecerat voluntariae paupertatis, inhibens eidem ne vel ipse -aut socii sui praedicationis officium praesumerent nisi rogantibus -sacerdotibus. Che i Valdesi si fossero presentati ad Alessandro III -ci viene attestato da Gualtiero Mapes, <i>De Nugis curialium</i>, pubblicato -dal Wright, London 1850. Non avendo potuto avere questa -stampa, riferisco dall'Usser: <i>Gravissimae quaestionis de Christianarum -Ecclesiarum successione et statu Historica explicatio</i> (Hanoviae -1658, pag. 168). Vidimus in concilio Romano, sub Alexandro -Papa III celebrato, Valdesios, homines idiotas illiteratos .... qui -librum Domino Papae presentaverunt lingua conscriptum gallica, -in quo textus et Glossa Psalterii plurimorumque legis utriusque -librorum continebatur. Hi multa petebant instantia, praedicationis -authoritatem sibi confirmari. L'accordo colla cronaca laudunense -mostra erronea la correzione, voluta da qualcuno, di Alessandro III -con Innocenzo III.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note289"> -<p><span class="label"><a href="#tag289">289</a>. </span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, loc. cit. Cum autem ex temeritate sua et ignorantia -multus errores scandala circumquaque diffunderunt, vocati ab episcopo -Lugdunensi, qui Ioannes vocabatur, prohibuit eis ne intromitterent -se de scripturis exponendis vel praedicandis. Non possiamo -ammettere che questo divieto sia posteriore a quello di Alessandro -III, perchè Stefano ce lo presenta non come esecuzione degli -ordini di Roma, ma quale misura presa spontaneamente dal vescovo. -Inoltre dal racconto di Stefano la proibizione del concilio del 1179 -parrebbe posteriore a quella del vescovo locale. Post expulsi ab -illa terra, ad concilium quod fecit Romae ante Lateranense vocati -et pertinaces, fuerunt schismatici postea iudicati.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note290"> -<p><span class="label"><a href="#tag290">290</a>. </span>Magister eorum usurpans Petri officium, sicut ipse respondit -principibus sacerdotum, ait: obedire oportet magis Deo quam hominibus -(<span class="smcap">Stef. di B.</span>, loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note291"> -<p><span class="label"><a href="#tag291">291</a>. </span>Omnes qui vel prohibiti, vel non missi, praeter authoritatem -ab apostolica sede vel episcopo loci susceptam, publice vel private -praedicare praesumpserint .... pari vinculo perpetui anathematis -innodamus (<span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 477).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note292"> -<p><span class="label"><a href="#tag292">292</a>. </span>Per l'appello ad Innocenzo ci sono due testimonianze, l'una -di Davide d'Asburgo (Ivoneto), l'altra della cronaca urspergense. Il -primo scrive: apud Lugdunum fuerunt quidam simplices layci, qui -quodam spiritu inflammati et supra ceteros de se presumentes iactabant, -se omnino vivere secundum evangelii doctrinam, et illam ad -literam perfecte servare, postulantes a domino Papa Innocentio -hanc vivendi formam sibi et suis seguacibus confirmari, adhunc -recognoscentes primatum apud ipsum residere apostolicae potestatis. -(Vedi <span class="smcap">Preger</span>, pag. 25). — La cronaca urspergense all'anno -1212: Vidimus tunc temporis aliquos de numero eorum, -qui dicebantur Pauperes de Lugduno apud sedem apostolicam cum -magistero suo quodam ut puto Bernhardo, et hi petebant sectam -suam a sede apostolica confirmare. Essendo dunque attestati da -molte fonti tanto l'appello ad Alessandro III, quanto l'altro ad -Innocenzo III, bisognerà ammettere col D'Argentré che si tratti -di due appelli differenti, non di uno scambio di nomi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note293"> -<p><span class="label"><a href="#tag293">293</a>. </span><span class="smcap">Innocenzo</span> III, <i>Epistolae</i>, Lib. XI, ep. 196. Vedi <span class="smcap">Gieseler</span>, -<i>Lehrbuch</i>, II, 2, 632.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note294"> -<p><span class="label"><a href="#tag294">294</a>. </span><i>Chr. Ursp.</i>, l. c. Dominus Papa in loco eorum exsurgentes -quosdam alios, qui se appellabant Pauperes minores confirmavit -qui praedicta superstitiosa et probrosa respuebant .... maluerunt -appellari Minores Fratres quam Minores Pauperes.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note295"> -<p><span class="label"><a href="#tag295">295</a>. </span><span class="smcap">Diekhoff</span>, <i>Die Waldenser im Mittelalter</i>, Göttingen, 1851, -pag. 155-58.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note296"> -<p><span class="label"><a href="#tag296">296</a>. </span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 87, ben conosce questi -periodi successivi. Hii ergo, Valdenses videlicet et sui, primo ex -praesuntione et officii apostolici usurpatione ceciderunt in inobedientiam, -demum in contumaciam, demum in excommunicationis sententiam -.... Postea in Provinciae terra et Lombardiae cum aliis -haereticis se admiscentes, et errorem eorum bibentes et serentes, -haeretici sunt judicati infestissimi et periculosissimi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note297"> -<p><span class="label"><a href="#tag297">297</a>. </span>L'abate di Foncaldo, verso il 1209, aveva tuttora speranza -di richiamare i Valdesiani nel grembo della Chiesa: <i>Adversus -Valdenses</i>, in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, pag. 207: cui pauca de multis collegimus -ad ostendendum quanta sit episcoporum ac sacerdotum -dignitas ac auctoritas, quo cognito qui hactenus eis ribelles fuerunt, -humiliter eisdem obtemperent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note298"> -<p><span class="label"><a href="#tag298">298</a>. </span><span class="smcap">Foncaldo</span>, in <span class="smcap">Gretser</span>, pag. 203: Ab omni, qui scit verbum -dei in populis seminare, praedicandum esse. Quoniam Jacobus dicit -«scienti bonum facere et non facienti peccatum est illi». Quare -autem si scimus evangelizare et cepimus graviter peccamus?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note299"> -<p><span class="label"><a href="#tag299">299</a>. </span><span class="smcap">Foncaldo</span>, in <span class="smcap">Gretser</span>, pag. 204: Moyses non invidit prophetantibus, -imo desideravit, ut omnis populus prophetaret. Clericorum -autem ordo obsistit nobis, et invidet prophetantibus id est -exponentibus mysteria Dei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note300"> -<p><span class="label"><a href="#tag300">300</a>. </span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 205. Ad hoc dicunt quod multi laici verbum -Dei in populo fideli disseminaverunt sicut fecit B. Honoratus et -sanctus Equitius .... Denique et primi apostoli idiotae et sine literis -fuerunt. Et isti omnes, licet Laici, verbum Dei praedicaverunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note301"> -<p><span class="label"><a href="#tag301">301</a>. </span><span class="smcap">Davide d'Ausburgo</span>, ediz. Preger, pag. 26. Illi (Valdenses) -autem contempserunt in hoc claves ecclesie, dicentes clericos hoc -facere per invidiam quia viderent eos meliores se esse et melius -docere et maiorem ex hoc populi favorem habere, cum pro bono -et perfecto opere nullus debeat vel possit excomunicari .... Et illam -excomunicationem reputabant sibi esse aeternam benedictionem, -gloriantes se apostolorum successores esse, quod sicut illi pro doctrina -evangelii a scribis et phariseis extra synagogam eiecti -maledictioni eorum et persecutioni subiacebunt, ita et ipsi a clericis -similia paterentur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note302"> -<p><span class="label"><a href="#tag302">302</a>. </span><span class="smcap">Alanus</span>, <i>adversus haereticos</i>, pag. 1881. Isti Valdenses -asserunt neminem debere obedire alicui nisi Deo freti auctoritate -quae est in actis apostolorum. <span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 209, sed inquiunt: -obedimus Deo non hominibus, sequens Petrum qui dixit: obedire -oportet Deo magis quam hominibus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note303"> -<p><span class="label"><a href="#tag303">303</a>. </span><span class="smcap">Foncaldo</span>, p. 198. In primis igitur arguuntur de inobedientia, -quia scilicet non obediunt ecclesiae Romanae.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note304"> -<p><span class="label"><a href="#tag304">304</a>. </span><span class="smcap">Alano</span>, pag. 184. Laico autem praedicare periculosum quia -non intelligitur quod dicit nec scripturas intelligit. <span class="smcap">Foncaldo</span>, -pag. 199: Ex quibus aperte datur intelligi quod nullus praesumere -debet docere aliquam viam perfectionis nisi sit in civitate id est -in sancta ecclesia, et Christi sit discipulus. Pag. 207: Ex his omnibus -videtur nec Clerico nec Laico cujus habitatio ignoratur (imo -etiamsi sciatur ubi habitet) esse licitum vineam id est plebem et -gregem alienum excolere sine licentia Episcopi vel Presbyteri ad -cujus curam spectat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note305"> -<p><span class="label"><a href="#tag305">305</a>. </span>Pag. 202: Praedicant omnes passim, et sine delectu conditionis, -aetatis vel sexus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note306"> -<p><span class="label"><a href="#tag306">306</a>. </span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 113. Foeminas quas suo consortio admittunt, -decere permittunt, cum hoc sit apostolicae doctrinae contrarium. — Pag. -114: sed dicunt inimici veritatis mulieres debere docere -eo quod apostolus dicat ad Titum: .... non criminatrices non multo -vino servientes, bene docentes. — Item hunc errorem confirmare -scituntur exemplo Armae propheticae, Luc. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note307"> -<p><span class="label"><a href="#tag307">307</a>. </span><span class="smcap">Alano</span>, pag. 191: Magis operatur meritum ad consacrandum -.... quam ordo vel officium. Per l'opposto il cattolico deve sostenere -secondo il Foncaldo pag. 200: Spiritus sanctus plerumque -potius dignitatem sacerdotis pensat quam meritum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note308"> -<p><span class="label"><a href="#tag308">308</a>. </span><span class="smcap">Alano</span>, pag. 186. Forte dicunt quidam haeretici quod bonis -Praelatis obediendum, et his qui apostolorum vicarii sunt vita et -officio. Tutto al contrario la dottrina cattolica è questa (pag. 183): -Obediendum esse dominis suis, non solum modestis sed etiam discolis. -Lo stesso ripete Foncaldo (pag. 200): Sacerdotibus etiam -peccatoribus peccatores nequitias suas confiteri debent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note309"> -<p><span class="label"><a href="#tag309">309</a>. </span>Per mostrare l'accordo delle fonti in questo punto e la continuità -della dottrina dall'origine sino all'ultimo periodo della -Chiesa valdese, cito <span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 89. -Item dicunt nullam esse sanctitatem nisi in bono nomine vel muliere; -ed il <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 408: Audacia Valdensium, qui ab ecclesia -romana propter quorundam vitia exire praesumpserunt .... si -enim Scribis et Pharisaeis, qui nequissimi fuerunt de lege Moysi -obtemperandum fuit propter officium et ordinem sacerdotis usque -ad consummationem legis, quanto magis sacerdotibus et praelatis -obediendum est de lege Christi licet mali sint. Riferiremo altrove -un luogo di Davide, ediz. Preger, pag. 27.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note310"> -<p><span class="label"><a href="#tag310">310</a>. </span><span class="smcap">Dieckhoff</span>, op. cit., p. 178. Der waldensische Satz stützt ja die -Kräftigkeit und Wahrheit der geistlichen Amts und seiner Thätigkeiten -nicht auf den obiectiven Christus in der Gemeinde. Pag. 181: -Das evangelische Protestantismus steht auf Seiten des Alanus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note311"> -<p><span class="label"><a href="#tag311">311</a>. </span>Il <span class="smcap">Preger</span>, <i>Beiträge zur Geschichte der Waldesier im Mittelalter</i>, -dubita a torto delle fonti cattoliche, perchè l'accordo di -queste fonti, che emanano da inquisitori ben diversi e per tempo -e per nazionalità è una prova inconfutabile della loro veridicità.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note312"> -<p><span class="label"><a href="#tag312">312</a>. </span>Illis solis potestas ligandi et solvendi data sit, qui doctrinam -simul et vitam apostoli servant. (<span class="smcap">Alano</span>, pag. 187). Cfr. <span class="smcap">Davide</span>, -ediz. Pregar, pag. 27: Dicunt etiam quod sacerdos peccator non -possit aliquem solvere et ligare, cum ipse sit ligatus peccato, et -quod quilibet bonus et sciens laicus possit alium absolvere et -paenitenciam imponere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note313"> -<p><span class="label"><a href="#tag313">313</a>. </span><span class="smcap">Alano</span>, pag 196. Si vero ante confessionem, per contricionem -cordis, Deus per se ipsum sine ministerio sacerdotis ei debitum -omnino relaxat .... quid dimittit Sacerdos?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note314"> -<p><span class="label"><a href="#tag314">314</a>. </span><span class="smcap">Alano</span>, pag. 193. Non est necesse hominem peccata sui confiteri -sacedotibus si praesto sit laicus, cui possit peccata confiteri.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note315"> -<p><span class="label"><a href="#tag315">315</a>. </span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span>, in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 88: Derident indulgentias -Papae et absolutiones et Claves ecclesiae.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note316"> -<p><span class="label"><a href="#tag316">316</a>. </span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 114-15. Audent jam insani haeretici eis quos -seducunt dicere: defunctis nihil prodesse fidelibus vivorum eleemosynas, -jejunia, orationes, nec etiam missarum solemnia, seu orationes -pro eis factas.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note317"> -<p><span class="label"><a href="#tag317">317</a>. </span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 217: Sed ad hoc objiciunt inimici veritatis -post mortem hanc praedictas nulli prodesse. .... Ex his verbis -liquet quod post mortem tenebris poenarum involvitur qui in hac -luce viam Dei perambulare contempserit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note318"> -<p><span class="label"><a href="#tag318">318</a>. </span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 217: Negant enim ignem purgationis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note319"> -<p><span class="label"><a href="#tag319">319</a>. </span>Questo documento, pubblicato dal Preger nei <i>Beiträge</i> già -citati, fu riprodotto presso di noi dal <span class="smcap">Comba</span>, <i>Storia della Riforma -in Italia</i>, pag. 541 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note320"> -<p><span class="label"><a href="#tag320">320</a>. </span><span class="smcap">Sacconi</span>, <i>Summa</i>, pag. 55. Pauperes Lombardi concordant -cum primis in juramento et justitia saeculari. De corpore vero -Domini sentiunt pejus quam primi, dicentes quod concessum est -cuilibet homini, sine peccato mortali existenti, consecrare illud. -Item dicunt quod Ecclesia Romana est Ecclesia malignantium, et -bestia et meretrix quae leguntur in Apocalypsi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note321"> -<p><span class="label"><a href="#tag321">321</a>. </span>Anche il Tiraboschi, alla cui opera <i>Vetera Humiliatorum -monumenta</i> (Med. 1766) il Preger ricorre, dice candidamente (I, -76): ea fere omnia quae ad prima humiliatorum tempera pertinent -incerta sunt. La corporazione degli Umiliati era un ordine -religioso, il quale è fama che abbia ricevuto qualche regola da -S. Bernardo, nè certo s'è mai allontanato dalla Chiesa. E se ne -togli l'obbligo del lavorare, che del resto anche i Catari s'imponevano, -non parmi che ci sia niente altro di comune tra gli -Umiliati ed i Poveri Lombardi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note322"> -<p><span class="label"><a href="#tag322">322</a>. </span>Da questa frase adoperata dai Poveri Lombardi (§ 3): Controversia -quae inter nos et electos Valdesii socios jam diu versatur, si deve riconoscere col Preger che i Poveri Lombardi non -si sentivano compagni o socii del Valdez.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note323"> -<p><span class="label"><a href="#tag323">323</a>. </span>§ 15: Facta enim adhuc quadam super Valdesio et Viveto -mortuis questione respondimus: Valdesium et Vivetum si pro -omnibus culpis et offensionibus suis satisfecerint ante obitum posse -salvari: quam dicti ultramontani penitus respuentes ecc. Pare però -che la disputa si potesse comporre nella formola accettabile da -ambe le parti: dicimus Valdesium in dei paradyso esse.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note324"> -<p><span class="label"><a href="#tag324">324</a>. </span>§ 6: Valdesium dixisse quod cum de omnibus aliis esset pax -et concordia inter eum et fratres italycos, nisi separarentur laborancium -congregationes. A ragione il Preger si serve di questo -testo per mostrare la grande autorità esercitata dal Valdez.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note325"> -<p><span class="label"><a href="#tag325">325</a>. </span>§ 4: Valdesium dixisse videlicet se nolle aliquem in societate -ultramontanorum aut ytalicorum fratrem fore prepositum in -vita sua nec post mortem. Anche in questo punto si trovò modo -d'intendersi: commune nostrum .... eligat prepositos aeternaliter -vel rectores ad tempus secundum quod utilius communi videbitur -vel amplius ad pacem pertinere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note326"> -<p><span class="label"><a href="#tag326">326</a>. </span>Il Sacconi dice che i Poveri Lombardi sostenevano quod infantes -salvabuntur sine baptismo (<i>Summa</i>, pag. 55 b.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note327"> -<p><span class="label"><a href="#tag327">327</a>. </span>Dalla formola adottata nella lettera (§ 8) parrebbe tutto l'opposto -di quel che pretende il Sacconi, perchè gli ultramontani par -che avessero bisogno di essere richiamati alla vera fede: hoc oramus -eos credere et fateri. La professione di fede suona così: nemo -aquae materialis baptismum respuens potest salvari.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note328"> -<p><span class="label"><a href="#tag328">328</a>. </span>§ 9: Credimus legitimos conjugatos nisi ob fornicationis -causam aut utriusque consensu neminem debere separare. Cfr. -<span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 89. Item in matrimonio carnali -dicunt quod uxor potest a viro recedere eo invito, et e converso -et sequi eorum societatem vel viam continentiae.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note329"> -<p><span class="label"><a href="#tag329">329</a>. </span>§ 16: Una est (sententia), ut quidam ex Valdesii sociis proferunt, -quod panis et vini substancia per solam verborum Dei prolacionem -vertitur in Christi corpus et sanguinem addentes: non -homini sed verbis Dei virtutem attribuimus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note330"> -<p><span class="label"><a href="#tag330">330</a>. </span>§ 17: Altera quorundam Valdesii sociorum sententia de panis -fraccioni haec est; nemo potest baptizare, qui Christi corpus non -valet conficere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note331"> -<p><span class="label"><a href="#tag331">331</a>. </span>§ 18: Dixerunt enim per neminem sive bonum sive malum, -nisi per eum qui est deus et homo, <i>i. e.</i> Christum, panis et vini -visibilem in corpus Christi et sanguinem transubstanciari substantiam, -et hucusque de hac tertia sacramenti hujus responsione nos -et illi concordes fuimus. De hoc autem quod addiderunt: <i>oracionem -adulteri sive malitiosi in hoc a domino exaudiri et recipi</i>, -ab eis quia a veritatis tramite deviat dissentimus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note332"> -<p><span class="label"><a href="#tag332">332</a>. </span>§ 16: Quisquis sive Judeus sive gentilis verba Dei super panem -et vinum proferens .... Christi corpus et sanguinem conficiet. -Questa opinione di alcuni oltramontani era così indeterminata, -che poteva servire a dimostrare le tesi più opposte, nè solo che -il sacramento amministrato dai cattolici fosse valido, ma valido -altresì quello di qualunque altro sappia dire le sacre parole. In -questo ultimo senso intende la dottrina degli oltramontani <span class="smcap">Stefano -di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 89: Illi autem (Valdenses) qui in aliquo -videntur minus male sentire in hoc errant, quia dicunt corpus -Christi posse confici a quocumque bono vel consecrari qui dicit -verba ad hoc statuta, licet, non sit ab homine ordinatus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note333"> -<p><span class="label"><a href="#tag333">333</a>. </span>§ 17: Interrogati etiam a nobis de pane fraccione confessi -sunt hoc sacramentum non per mulierem, non per laycum, sed per -solum confici sacerdotem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note334"> -<p><span class="label"><a href="#tag334">334</a>. </span>§ 20: Item quod dominus iniquorum ministracionem non recipiat, -et eorum oracionem non exaudiat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note335"> -<p><span class="label"><a href="#tag335">335</a>. </span>§ 22: Ecco la formola degli oltramontani: a sacerdote ab -ecclesia Romana ordinato, donec congregatio baptizatorum sustinet -eum in officio, sit justus vel iniustus, si acceperit panem et -vinum et eum benedixerit in commemoracionem corporis et sanguinis -Dei, credimus quod post benedicionem ab eo dictam corpus -et sanguis fiat Dei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note336"> -<p><span class="label"><a href="#tag336">336</a>. </span>Loc. cit. Hanc Valdesianorum confessionem, quam contra -divina testimonia faciunt, omnino respuimus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note337"> -<p><span class="label"><a href="#tag337">337</a>. </span>§ 18: Tamen si quis ad recipiendum hoc sacramentum dignus -accesserit credimus quod licet non per ministri indigni et reprobi -oracionem a domino impetrat quod exoptat, i. e. corpus domini ad -sui salutem juxta suum recipit desiderium (loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note338"> -<p><span class="label"><a href="#tag338">338</a>. </span>Loc. cit. Si Deus oracionem exaudierit, credimus panis et -vini substanciam post benedictionem esse Christi corpus et sanguinem, -alioquin minime quod ad se et per se .... ad se i. e. quantum -ad ministrantem reprobum etiam si ipse ratione presumpserit, -per se i. e. per ejus orationem si alicui alio tradere voluerit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note339"> -<p><span class="label"><a href="#tag339">339</a>. </span>§ 25: Cum essem parvulus loquebar ut parvulus. Quando -autem factus sum vir, evacuavi quae erunt parvuli .... Nec etiam -licet Valdesiani in hoc nos vellent cogere, volumus confiteri. Oportet -enim obedire Deo magis quam hominibus. Nec enim Paulus -volentibus eum in legis servitutem redigere, ut ipse testatur, ad -horum subjectione cessit. Questo luogo mi pare una chiara prova -che gli ultramontani ai quali s'indirizza la lettera dei Lombardi -erano forse una frazione dei Valdesi, rimasta ancora in moltissimi -punti ligia alla Curia Romana. Con nessun'altra ipotesi si potrebbe -spiegare questa sollecitudine per la confessione auricolare, che tra -i sacramenti fu il primo ad essere abbandonato, come ne fan fede -le fonti più antiche, Alano e l'Abate di Foncaldo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note340"> -<p><span class="label"><a href="#tag340">340</a>. </span>Di queste due sentenze, la prima ci viene conservata da -Alano, la seconda da Stefano di Borbone.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note341"> -<p><span class="label"><a href="#tag341">341</a>. </span><i>Beiträge zur Geschichte der Waldesier</i>, p. 22-23.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note342"> -<p><span class="label"><a href="#tag342">342</a>. </span><i>Der Tractat des David von Ausburg</i>, München 1878, p. 15-16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note343"> -<p><span class="label"><a href="#tag343">343</a>. </span>In <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 87. Et inveni per multas confessiones eorum -in jure tam perfectorum quam credentium.... Tamen aliqui -eorum dicunt, ut ab eis audivi, timore mortis esse eis, qui non -sunt perfecti, licitum mentire et jurare.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note344"> -<p><span class="label"><a href="#tag344">344</a>. </span><span class="smcap">Stephanus</span>, in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 89. Quilibet bonus homo sit -Dei filius, sicut Christus eodem modo.... cum homo poenitens -bonus efficitur, tunc est ibi verus baptismus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note345"> -<p><span class="label"><a href="#tag345">345</a>. </span><span class="smcap">Preger</span>, op. cit., pag. 16: Natürlich konnte man nun nicht -Alles, was aufänglich für den Predigerverein galt, auch zur Vorschrift -für die Gemeinden machen.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note346"> -<p><span class="label"><a href="#tag346">346</a>. </span>Vedi più sopra, p. 195, n. 1, da riscontrarsi con <span class="smcap">Davide</span>, § 18, -ediz. Preger, pag. 35: Olim desiniverant jurare omnino, sed quia -facilius per hoc deprehendebantur, caute dispensaverunt modo -jurare pro se vel alio a morte defendendo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note347"> -<p><span class="label"><a href="#tag347">347</a>. </span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, pag. 89: Nullam esse sanctitatem nisi in bono -homine vel muliere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note348"> -<p><span class="label"><a href="#tag348">348</a>. </span><span class="smcap">Stef.</span>, pag. 88: Sunt quidam qui non sunt ordinati a Deo -vel ab hominibus ut mali laici: alii ab hominibus ut mali sacerdotes -nostri et non a Deo: alii a Deo etsi non ab hominibus, ut -boni laici, qui servant mandata Dei, qui possunt ligare et solvere, -et consecrare et ordinare, si proferant verba Dei ad hoc statuta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note349"> -<p><span class="label"><a href="#tag349">349</a>. </span><span class="smcap">Stef.</span>, loc. cit. Item dicunt malos, qui sunt in peccato, non -posse ligare et solvere vel indulgentias dare, vel peccatorum relaxationes, -vel consecrare, vel aliquid tale facere, quod Deus habeat -ratum. — Riscontrate l'anonimo di Passau (Pseudo Rainero) in -<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 93. Item dicunt quod transsubstantiatio non fiat in manu -indigne conficientis sed in ore digni sumentis et confici posse in -mensa communi. <span class="smcap">Davide</span>, ediz. Preger, pag. 27: Hoc (cioè la transustanziazione) -autem quidam dicunt tantum per bonos fieri, alii -autem qui verba consecrationis sciunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note350"> -<p><span class="label"><a href="#tag350">350</a>. </span><span class="smcap">Stef.</span>, p. 88: Vidi haereticam quae combusta fuit, quae super -arcam ad modum altaris parati consecrare se credebat et attentabat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note351"> -<p><span class="label"><a href="#tag351">351</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 403: Quidam dixerunt quod Valdesius ordinem -habuit ab universitate fratrum suorum. Eorum autem, qui hoc -dixerunt, principalis auctor fuit quidam haeresiarcha pauperum -lombardorum Doctor perversus Thomas. Hoc autem probare taliter -visus est: Quilibet de illa congregatione potuit dare Valdesio jus -suum scilicet regere seipsum, et sic tota congregatio illa potuit -conferre et contulit Valdesio regimen omnium, et sic creaverunt -illum omnium Ponteficem et Praelatum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note352"> -<p><span class="label"><a href="#tag352">352</a>. </span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 402: Ipsi ad minus triplicem confitentur (ordinem) -scilicet Episcopatum, Presbyteratum, et Diaconatum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note353"> -<p><span class="label"><a href="#tag353">353</a>. </span>L'abbate di Foncaldo tra le altre obbiezioni contro alla libera -predicazione dei Valdesi move questa (pag. 208): Qui uxores -habent aut pondere terrenae solicitudinis opprimuntur ad disseminandum -verbum Dei idonei non sunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note354"> -<p><span class="label"><a href="#tag354">354</a>. </span>Riportammo altrove il passo: Uxor potest a viro recedere eo -invito (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 89).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note355"> -<p><span class="label"><a href="#tag355">355</a>. </span><span class="smcap">Davide</span>, ediz. Preger, pag. 27: Matrimonium dicunt esse -fornicationem juratam, nisi continenter vivant. Qualescumque alias -luxurie immundicias magis dicunt esse licitas quam copulam conjugalem. -Continenciam laudant, sed urente libidine concedunt ei satisfieri -quocumque modo turpi. Questo ultimo tratto è certo in contraddizione -col precedente, ed è poco credibile. Ma non per questo -s'ha da revocare in dubbio tutta la testimonianza, come fa il Preger, -op. cit., pag. 18. Anche l'anonimo di Passau in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 94, dice -in un passo già riportato: Sacramentum conjugii damnant, dicentes -mortaliter peccare se conjuges si absque spe prolis conveniant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note356"> -<p><span class="label"><a href="#tag356">356</a>. </span>Abbiamo riportato sopra, pag. 198, n. 2, il passo dell'anonimo -di Passau et confici posse in mensa communi. <span class="smcap">Davide</span> in <span class="smcap">Preger</span>, -pag. 27: Hoc etiam in conventiculis suis celebrant recitantes verba -illa evangelii in mensa sua et sibi mutuo partecipantes sicut in -caena Christi. <i>Liber inquis. tholos.</i>, pag. 216: Item oravit cum -Valdensibus pluries ante prandium et post inclinatus super bancam -secundum modum et ritum ipsorum. Cfr. pag. 222-23; 229. Dobbiamo -dunque ammettere col Preger, che continuasse la celebrazione -dell'Eucaristia; ma che il rito fosse semplificato, e la funzione -cattolica messa da banda lo dice esplicitamente l'anonimo -di Passau in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 93: Item dicunt quod missa nihil sit, quia -Apostoli eam non habebant et fiat propter quaestum. L'anonimo -del codice Claromontano ci da una descrizione della cerimonia -della consecrazione, che in questa forma forse era celebrata una -volta sola l'anno, nella Pasqua; <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 56: Dicti Pauperes de -Lugduno solum semel consecrant in anno, in coena Domini, et -tunc quasi iuxta noctem: ille qui praeest inter eos, si est Sacerdos, -convocat omnes de familia sua utriusque sexus, et facit ibi ante -eos preparari bancum seu unum scannum, et poni desuper unum -mundum gausape, cui postea supponunt unum bonum scyphum -de vino bono et puro, et unam fugaziam azymam .... Postea -vero surgunt et tunc ille qui consecrat, signat panem et scyphum, -et fracto pane dat omnibus astantibus particulam suam et postea -dat omnibus bibere cum Scypho, et stant semper in pedibus et sic -finitur eorum sacrificium et credunt firmiter et confitentur quod -istud est corpus et sanguis Domini nostri Jesu Christi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note357"> -<p><span class="label"><a href="#tag357">357</a>. </span><span class="smcap">Davide</span>, pag. 27: Corpus Christi et sanguinem non credunt -vere esse, sed panem tantum benedictum, qui in figura quadam -dicitur corpus Christi, sicut dicitur: Petra autem erat Christus, et -simile. Hoc autem quidam discunt tantum per bonos fieri, alii autem -per omnes verba consecrationis sciunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note358"> -<p><span class="label"><a href="#tag358">358</a>. </span><span class="smcap">Davide</span>, in <span class="smcap">Preger</span>, pag. 17: Quidam autem dicunt baptismum -non valere parvulis, eo quod nondum actualiter possint credere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note359"> -<p><span class="label"><a href="#tag359">359</a>. </span><span class="smcap">Davide</span>, loc. cit. Dicunt non esse purgatorium sed omnes -morientes statim transire in celum vel infernum; ideo suffragia -pro defunctis ab ecclesia facta asserunt non prodesse. Unde dicunt -quod oblaciones factae pro defunctis prosunt clericis, qui concedunt, -non animabus quae hujusmodi non utuntur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note360"> -<p><span class="label"><a href="#tag360">360</a>. </span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span>, pag. 89: cum dicunt se credere Incarnationem, -Passionem, Resurrectionem Christi, dicunt quod -illam credunt veram Conceptionem Christi, Nativitatem, Passionem, -Resurrectionem et Ascensionem cum bonus homo concipitur, nascitur, -resurgit per poenitentiam vel ascendit in coelum; cum martyrium -patitur, illa est vera passio Christi. Similiter, cum dicunt -se credere Baptismum, Poenitentiam, et sic de aliis sacramentis -dicunt ipsa esse vera sacramenta solum et tunc compleri, cum -homo poenitens bonus efficitur, tunc est ibi verus Baptismus, Confirmatio, -Eucharistia vera, quia tunc efficitur Corpus Christi, tunc -ordinatur, tunc fit in eo conjugium et unctio. Et per istam spiritualitatem -fidem nostram plurimi eorum in articulis et sacramentis -annihilant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note361"> -<p><span class="label"><a href="#tag361">361</a>. </span><span class="smcap">Dav.</span>, loc. cit. unctionem extremam respuunt et oleum consecratum -et crisma nil valere plus quam aliud.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note362"> -<p><span class="label"><a href="#tag362">362</a>. </span>L'anonimo di Passau, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 93, tra gli errori dei -Valdesi di Germania conta questi: XI, quod non sit obediendum -praelatis sed tantum Deo. XII, quod nemo fit major altero in Ecclesia. -XIII. Quod nemo debet flectere genua Sacerdoti. L'anonimo -del codice claromontano in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 57 dice parimente: Tricesimo, -quod Sacerdos non est nisi pronunciator. <span class="smcap">Stef. di Borbone</span>, -pag. 89: Sufficit ad salutem soli Deo non homini confiteri.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note363"> -<p><span class="label"><a href="#tag363">363</a>. </span><span class="smcap">Dav.</span>, pag. 28: Dicunt etiam quod sancti in coelo non audiunt -oraciones fidelium; nec venerationes quibus eos honoramus, -attendunt, arguentes, quod cum corpora sanctorum hic mortua -jaceant et spiritus tam remoti sint a nobis in celo, nullo modo -oraciones nostras valeant auditu percipere neque visu. Dicunt quoque -sanctos non orare pro nobis, et ideo non oporteat nos implorare -suffragia eorum qui absorpti gaudio coelesti nobis non possint -intendere. Cfr. l'an. di Passau in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 94. Item nullum sanctum -credunt nisi Apostolos, nullum sanctum credunt nisi solum -Deum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note364"> -<p><span class="label"><a href="#tag364">364</a>. </span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, pag. 89: Irrisibiles dicunt qui faciunt festa -Sanctorum et quod non peccant qui in eis laborant. L'<span class="smcap">Anonimo di -Passau</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 94: Canonisationes, Translationes et Vigilia -sanctorum contemnunt. <span class="smcap">Dav.</span>, pag. 28: unde derident solempnitates -quas in sanctorum venerationem celebramus et alia quibus eos -honoramus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note365"> -<p><span class="label"><a href="#tag365">365</a>. </span><span class="smcap">Davide</span>, loc. cit. In quadragesima et in aliis diebus jejuniorum -ecclesiae non jejunant sed carnes comedunt ubi audent, dicentes -quod Deus non delectatur in afflictionibus amicorum suorum. -<span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, pag. 89: Non peccare dicunt illos, qui jejunia -statuta solvunt quacumque die, et qui ibi carnes comedunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note366"> -<p><span class="label"><a href="#tag366">366</a>. </span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, loc. cit, irrident eos qui luminaria offerunt -sanctis .... irrident cantus Ecclesiae et officium divinum. <span class="smcap">Dav.</span>, -pag. 27: Festa, feriarum jejunia, ordines, benedictiones, officia ecclesiae -et similia respuunt omnino.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note367"> -<p><span class="label"><a href="#tag367">367</a>. </span>Intorno alla consacrazione delle chiese già ricordammo il -Foncaldo, che tra gli errori dei Valdesi nota questo (pag. 218): -Malunt orare in stabulis vel cubiculis seu thalamis quam in Ecclesia, -<span class="smcap">Dav.</span>, § 11, [non pubblicato dal Martène] pag. 31: Sicut Symea -.... imitantur .... id quod apostoli pro pauperibus collectas -in ecclesia procurabant et in domibus fidelium, quando nondum -ecclesiae constructae fuerunt, quando docebant vel sacra misteria -celebrabant, vel ad predicandum per diversas provincias discipulos -destinabant, qui fundarent ecclesias vel firmarent. L'anonimo -del codice Claromontano in <span class="smcap">D'Arg.</span> I, 57 locis sacris nullam exhibent -reverentiam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note368"> -<p><span class="label"><a href="#tag368">368</a>. </span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, pag. 89: solum Deum adorandum dicunt -omni genere adorationis et dicunt peccare eos qui Crucem, vel -illud quod nos dicimus et credimus corpus Christi, adorant, vel -sanctos alios a Deo, vel eorum imagines. L'<span class="smcap">Anonimo di Passau</span> -in <span class="smcap">D'Arg.</span>, pag. 94: Reliquias sanctorum contemnunt item sanctam -crucem reputant ut simplex lignum, ed item lignum S. Crucis -horrent propter supplicum Christi, nec unquam signant se.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note369"> -<p><span class="label"><a href="#tag369">369</a>. </span>Davide conosce molto bene questo processo: § 5, pag. 26: -Haec fuit prima haeresis eorum, contemptus ecclesiasticae potestatis. -Ex hoc traditi Sathanae precipitati sunt ab ipso in errores -innumeros, et antiquorum haereticorum errores suis adinvencionibus -miscuerunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note370"> -<p><span class="label"><a href="#tag370">370</a>. </span>Quanta speranza ponesse nell'Imperatore il partito delle riforme -lo attesta tra tante la lettera di Pier Damiani ad Enrico III, -in occasione della sentenza imperiale contro l'arcivescovo di Ravenna -(<i>P. Damiani Epist.</i>, VII, 2; <i>Opp.</i> Parigi 1664, pag. 109, A). -Nam in expulsione Uniquerii vox omnium in laudem sui Creatoris -attollitur, Ecclesia de manu violenti praedonis eripitur, et salus -esse totius mundi vestra Incolumitas judicatur. Laetentur ergo -coeli, et exultet terra quia in Rege suo vere Christus regnare cognoscitur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note371"> -<p><span class="label"><a href="#tag371">371</a>. </span><span class="smcap">Giesebrecht</span>, <i>Geschichte der deutschen Kaiserzeit</i>, II, 404.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note372"> -<p><span class="label"><a href="#tag372">372</a>. </span><span class="smcap">Mansi</span>, XIX, 627: Concilii Romani anno 1047 habiti Canon.... -Nullum aut ecclesiarum consecrationem, aut clericatus ordinationem, -aut Archipresbyteratum, aut commendationes altarium, aut -traditiones ecclesiarum, aut abbatias, aut praeposituras vendere. -Quisquis contradixerit aut vendiderit anathema sit. Del Concilio -romano dell'anno 1049, il Mansi, pag. 722, toglie le notizie da una -lettera di S. Pier Damiani ad Enrico arcivescovo ravennate. In -questa lettera è notevole la frase: Ponamus itaque ut simoniaci -in nullo a caeteris haereticis differant, che è forse un'amplificazione -retorica.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note373"> -<p><span class="label"><a href="#tag373">373</a>. </span>Come dice Enrico III (in <span class="smcap">Glaber</span>, V, 2) Vos autem (qui vice -Christi in Ecclesia constituti estis) avaritia et cupiditate corrupti, qui -dum conferre deberetis in hujusmodi transgressionis dando et accipiendo -canonem maledicti estis.... Omnes quippe gradus Ecclesiastici -a maximo Pontifice usque ad ostiarium opprimuntur per suae -damnationis pretium.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note374"> -<p><span class="label"><a href="#tag374">374</a>. </span><span class="smcap">Mansi</span>, XIX, 696: Omnino confitemur non licere episcopo presbytero, -diacono, subdiacono propriam uxorem causa religionis -abjicere a cura sua, scilicet ut ei victum et vestitum largiatur: -sed non ut cum illa ex more carnaliter jaceat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note375"> -<p><span class="label"><a href="#tag375">375</a>. </span>Simone Mago è tenuto dai padri della Chiesa del terzo e -quarto secolo come uno dei quattro capi dello gnosticismo. Le lettere -clementine già lo danno per il principale. Ma questo solo par -probabile che egli, appartenendo alla setta samaritana, cercasse -di combinare insieme la nuova religione col samaritanismo. Il che -non importa che la dottrina gnostica si debba a lui, come non si -deve nè al suo discepolo Menandro, nè a Dositeo; ben piuttosto a -Cerinto, che è l'ultimo dei quattro nominati dai Padri: <span class="smcap">Schmid</span>, -<i>Kirchengeschichte Erlangen</i>, 1880, Vol. I, pag. 64.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note376"> -<p><span class="label"><a href="#tag376">376</a>. </span><i>Apoc.</i>, II, 6. Cfr. <span class="smcap">Ireneo</span>, I, 29. <span class="smcap">Clem. Strom.</span>, I, 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note377"> -<p><span class="label"><a href="#tag377">377</a>. </span>Il decreto di Clemente II (<span class="smcap">Mansi</span>, loc. cit.), già parla de haeresia -simoniaca. La stessa espressione si trova in Arnolfo, <i>Gesta</i>, lib. III, -cap. <span class="smcap lowercase">XI</span> (<span class="smcap">Pertz</span>, <i>Mm. SS.</i>, VIII 19). Il biografo di Arialdo, Andrea, -cap. <span class="smcap lowercase">XI</span>, 7 (<span class="smcap">Puricelli</span>, pag. 86), riferisce alcune ragioni che l'arcivescovo, -insieme alla maggior parte del clero e dei nobili, nonchè -di molti del popolo minore solevano portare contro la proibizione -della vendita: Haec namque doctrina si ad profectum venerit nobis -nostrisque filiis profecto nullo modo vivere expedit. Quae enim -est nostra vita nisi ecclesiarum beneficia quae a nobis assidue -venduntur et emuntur? Certo queste ragioni erano deboli assai; -ma provano in ogni modo che si faceva una discussione e taluni -sostenevano la legittimità del traffico.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note378"> -<p><span class="label"><a href="#tag378">378</a>. </span><span class="smcap">Landulfi</span>, <i>Hist. Mediol.</i>, II, 36 (<span class="smcap">Pertz</span>, VIII, 73): Itaque his -et aliis misericordiarum multarum elemosynis, si quid offensionis -laicis inhaerebat, et sacerdotibus illos moribus bonis imbuentibus -solvebatur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note379"> -<p><span class="label"><a href="#tag379">379</a>. </span><span class="smcap">Land.</span>, <i>Hist. med.</i>, II, 35 (<span class="smcap">Pertz</span>, VIII, 70): Si autem in virginitate -uxorem aliquis non habens permanere non posse fateretur, -humanam ac fragilem naturam sciens restringi non posse nisi -Dei misericordia adjutus, continuo in testimonio bonorum virorum -secundum legem humanam licentia a pontifice accepta, uxor tamen -virgo illi desponsabatur; unde apostolus: <i>Qui se non continet, -nubat</i>. Et unusquisque excepta causa fornicationis suam uxorem -habebat; qua accepta non minus venerabatur et amabatur quam -si sine uxore idem degeret.... Usus enim ecclesiae totius tam -latinae quam graecae per tempora multa sic se habebat. III, 7 (<span class="smcap">Pertz</span>, -78): Sed nostri sacerdotes Deo gratias usque hodie nec sunt nec -nominati sunt adulteri, sed curiose observant apostolicum praeceptum, -ut sint unius mulieris viri. Queste parole sono messe in bocca -all'arcivescovo. Altre non meno energiche sono attribuite all'arcidiacono -Guiberto ed al diacono Ambrogio III, 23, 24 (<span class="smcap">Pertz</span>, 89-91), -nè meno incalzanti sono le risposte che fa il sacerdote Andrea ai -discorsi tenuti da Arialdo a Landolfo III, 26 (<span class="smcap">Pertz</span>, 92-93).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note380"> -<p><span class="label"><a href="#tag380">380</a>. </span><span class="smcap">Bonith.</span>, in <span class="smcap">Jaffé</span>, II, 648: Sed venditores ecclesiarum, mediolanenses -capitanei et valvassores, cum viderent se pecuniis nudari, -contristabantur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note381"> -<p><span class="label"><a href="#tag381">381</a>. </span><span class="smcap">Bonith.</span>, lib. VI (<span class="smcap">Jaffé</span>, II, 638): Ecclesia Mediolanensis, -quae fere per 200 annos superbiae fastu a Romanae ecclesiae se -subtraxerat dicione. <span class="smcap">Arnulfi</span>, <i>Gesta</i>, III, 15 (<span class="smcap">Pertz</span>, VIII, 21): O -insensati mediolanenses, qui vos fascinavit? Heri clamastis unius -sellae primatum, hodie confunditis totius ecclesiae statum .... Dicetur -enim in posterum; subjectum Romae Mediolanum. Queste -amare parole sfuggono al cronista nel raccontare che il popolo -milanese dopo essersi levato in tumulto contro il legato di Roma -gli si sottomise.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note382"> -<p><span class="label"><a href="#tag382">382</a>. </span><span class="smcap">Bonith.</span> in <span class="smcap">Jaffé</span> II, 638: Gregorius .... mediolanensem -ecclesiam .... secundum antiquum morem [vale a dire secondo il -costume orientale di S. Ambrogio] cantare constituit. Arnolfo, III, -17 (<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 12): Interea Arialdus .... letanias illas quas Ambrosiani -post ascensionem celebrant .... praedicabat execrandas.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note383"> -<p><span class="label"><a href="#tag383">383</a>. </span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 10 (<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 19): Qui (Arialdus) cum modicae -foret auctoritatis, humiliter utpote natus, praevidit applicare -sibi Landulfum quasi generosiorem et ad hoc idoneum .... Landulfus -vero cum esset expeditioris linguae ac vocis, nimiusque -favoris amator, repente dux verbi efficitur, usurpato sibi contra -morem ecclesiae praedicationis offitio. Hic cum nullis esset ecclesiasticis -gradibus alteratus etc. <span class="smcap">Landolfo</span>, <i>Hist. med.</i>, III, 5 (<span class="smcap">Pertz</span>, -pag. 76), conferma intorno ad Arnolfo le notizie dell'altro cronista: -Landulphus de magna prosapia oriundus .... Unus de notariis -(grado ecclesiastico inferiore al sottodiacono). Di Arialdo dice soltanto: -alium forensem clericum, levitam (diacono) tantum, Arialdus -nomine, ortus in loco Cuzago prope Canturium artis liberae magister. -<span class="smcap">Bonizone</span> (<span class="smcap">Jaffé</span>, pag. 639): Landulfus ex majore prosapia -natus .... Arialdus ex equestri progenie trahens originem. -<span class="smcap">Andrea</span>, cap. I (<span class="smcap">Puricelli</span>, pag. 14), Bezo quidam, cum Beza.... -nobiles utrique natione sed nobiliores probitate; cap. <span class="smcap lowercase">IX</span>, pag. 81: -Qui progenie altior erat Landulphus. Tutte queste notizie concorderebbero -se s'intendesse l'<i>humiliter</i> del cronista milanese in senso -relativo non assoluto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note384"> -<p><span class="label"><a href="#tag384">384</a>. </span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 13 (<span class="smcap">Pertz</span>, 20): Hos tales cetera vulgaritas -hyronice Patarinos appellat. IV, 11 (<span class="smcap">Pertz</span>, 28): non quidem industria -sed casu prolatum. <span class="smcap">Bonizone</span>, lib. VI (<span class="smcap">Jaffé</span>, pag. 639): -eisque paupertatem improperantes, paterinos id est pannosos, -vocabant. Anche oggi secondo il Cherubini <i>pattaria</i> in dialetto -milanese vuol dire, ciarpe, cenceria, sferre vecchie. E dall'essere -denominati patari o patarini i novatori si disse pataria la loro -setta, ed in seguito la dottrina da loro insegnata. <span class="smcap">Land.</span>, <i>Hist.</i> III, -12 (<span class="smcap">Pertz</span>, 81): Cum cujus inauditae Pataliae placitum cogitasti -commovere. III, 9 (<span class="smcap">Pertz</span>, 79): Tu solus per execrabilem pataliam -flammam .... super nos accendis. Arnolfo nel luogo citato del -libro quarto aggiunge ingenuamente: dum in quodam etymologiarum -tomo nuper plura revolverem, ita scriptum reperio: Pathos -graece latine dicitur perturbatio. Unde justa meae parvitatis ingeniolum -statim conjicio, quod Patarini possunt perturbatores rite -nuncupari, quod plane rerum probat effectus. Si perdona questa -partigiana etimologia al cronista, che ebbe molto a soffrire dalle -agitazioni patariniche; ma non si può perdonare al nostro Cantù -quest'altra etimologia, tolta di peso dalle costituzioni di Federico II: -<i>patarini furon detti da pati perchè ostentavano penitenza, o -dal pater che era loro preghiera</i> (<i>Gli eretici in Italia</i>, pag. 77). -Cfr. <span class="smcap">Breholles</span>, <i>Hist. dipl.</i>, IV, I, pag. 298: Patarenos se nominant -velut expositi passioni.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note385"> -<p><span class="label"><a href="#tag385">385</a>. </span>Il cronista contemporaneo Landolfo conosce bene questo -nesso dei novatori cogli eretici. Lib. III, 19 (<span class="smcap">Pertz</span>, 87). Venientes -namque quidam suburbani diversis, ac variis dogmatibus irretiti, -et Arialdus ipse, et ipse quem animo prae omnibus diligebat, et -aliquantis cum Laicis, qui Girardi de Monteforte sententias fere -consentiebant, quos ipse paulo ut filios complexus deosculabatur ecc. -Nel cap. 26 dello stesso libro viene riferito un discorso del sacerdote -decumano Andrea, ove è notevole questo passo (<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 93): -Forsitan adhuc illa sententia implicitus es, qua olim illi de Monteforte -te imbuerant, qui omnem christianitatem mulierem non -tangere et genus humanum sine semine virili apum more nasci -dicentes, falsis sententiis affirmabant?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note386"> -<p><span class="label"><a href="#tag386">386</a>. </span>Andrea nella vita di Arialdo, cap. <span class="smcap lowercase">IV</span>, 4 (<span class="smcap">Puricelli</span>, pag. 78), -attribuisce al santo novatore questo discorso: Ecce Christus clamat: -Discite a me quia mitis sum, et humilis corde. Et iterum de se -dicit: Filius hominis non habet, ubi caput reclinet. Et item Beati -pauperes spiritu, quoniam ipsorum est Regnum Coelorum. E contra -vero ut inspicitis, vestri Sacerdotes, qui effici possunt ditiores in -terrenis rebus, excelsiores in aedificandis turribus et domibus, superbiores -in honoribus, in mollibus delicatisque vestibus pulchriores, -ipsi putantur beatiores. En ipsi, ut cernitis, sicut laici palam -uxores ducunt: stuprum, quemadmodum scelesti laici, sequuntur -atque ad nefandum hoc opus patrandum tanto sunt validiores, quanto -a terreno labore minus oppressi; videlicet viventes de Dono Dei. -Possiamo confrontare questo discorso con le accuse che i Catari -faceano alla Chiesa cattolica. (V. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 60, e 303). Ecclesia -Christi imminentibus tribulationibus saepe esuriebat .... Romana -Ecclesia in divitiis multis est et in deliciis induta purpura et bysso, -et epulatur quotidie splendide et secure, et stabilis in hoc mundo -non laborat manibus suis, sed ipsa lasciva et otiosa devorat aliorum -labores .... Ecclesia Christi contemnebatur et blasphemabatur a -mundo, e converso Ecclesia Romana a mundo honoratur. Altrettali -simiglianze scopriremo nel discorso di Arialdo riferito da -Arnolfo, III, 11 (<span class="smcap">Pertz</span>, 19): Pro luce palpatis tenebras, caeci omnes -effecti, quoniam coeci sunt duces vestri sed numquid potest coecus -coecum decere. Nonne ambo in foveam cadunt?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note387"> -<p><span class="label"><a href="#tag387">387</a>. </span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 14 (<span class="smcap">Pertz</span>, 21): Tamen in presenti coetu, quia -Romanus erat, archiepiscopo praesidere contendit. Unde subito -factus est popularis in urbe tumultus, ut nisi cessisset illius humilitas, -quod suum erat, fecisset impetum, non quidem gratia Widonis, -sed Ambrosiani causa honoris. Pietro Damiani, <i>Opp.</i>, 42, -rimprovera Arnolfo di non aver mantenuta la promessa fatta in -quel tumulto, che si sarebbe chiuso in un convento se avesse -avuta salva la vita.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note388"> -<p><span class="label"><a href="#tag388">388</a>. </span><span class="smcap">Paéch</span>, <i>Die Pataria in Mailand</i>, pag. 15; <span class="smcap">Arnolfo</span> III, 2 -(<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 17): Heinricus.... neglecto nobili ac sapienti primi -ordinis clero, idiotum et a rure venientem elegit antistitem, cui -nomen fuerat Wido.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note389"> -<p><span class="label"><a href="#tag389">389</a>. </span>Vedi tra le altre l'importante memoria dello Schupfer: <i>La -società milanese all'epoca del risorgimento del comune</i> (<i>Archivio -Giuridico</i>, vol. III-IV, principalmente vol. IV, pag. 308 e segg.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note390"> -<p><span class="label"><a href="#tag390">390</a>. </span>Il <span class="smcap">Paecii</span> (op. cit., pag. 24) dimostra questo viaggio molto -probabile, perchè Anselmo ed Ildebrando che nel 18 ottobre erano -a Roma (<span class="smcap">Mansi</span>, XIX, 866), e nel 27 dicembre sono in Pöhlde -(<i>Mon. Germ.</i>, VII, 246), avranno ben toccato Milano nel loro -viaggio. Io aggiungo che la notizia di Landolfo (III, 13) è confermata -da Bonizone (pag. 640): et confestim misit a latere suo episcopos -et cum eis Deo amabilem Hildebrandum archidiaconum -per tacere di Arnolfo (III, 14), che la dà pure ma molto confusamente.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note391"> -<p><span class="label"><a href="#tag391">391</a>. </span>Pietro Damiani si comportò con molta prudenza, chè a tagliar -corto coi simoniaci le chiese sarebbero rimaste senza sacerdoti. -Ma gl'intransigenti non gli perdonavano questa temperanza. -(Vedi <span class="smcap">Bonizone</span>, pag. 643). Quod aliquibus visum est culpabile, sapientibus -valde laudabile. Quod enim laudabilius ea tempestate -poterat inveniri, quam ut talis ecclesia sacerdotio non deperiret? -Vedi la lettera di Pietro Damiani ad Ildebrando riportata in -<span class="smcap">Mansi</span>, 887.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note392"> -<p><span class="label"><a href="#tag392">392</a>. </span><span class="smcap">Mansi</span>, <i>Concilia</i>, XIX, pag. 907: Si quis apostolicae sedi -sine concordia et canonica electione ac benedictione cardinalium -episcoporum, ac deinde sequentium ordinum religiosorum clericorum -intronizatur, non papa vel apostolicus habeatur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note393"> -<p><span class="label"><a href="#tag393">393</a>. </span>Ut per laicos nullo modo quilibet clericus aut presbyter obtineat -ecclesiam, nec gratis nec pretio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note394"> -<p><span class="label"><a href="#tag394">394</a>. </span><span class="smcap">Paech</span> (op. cit., pag. 30), con Giulini e Giesebrecht intende -in questo senso le parole di Arnolfo: accepto ab eo (papa) -anulo apostolicae gratiae ac totius potestatis ecclesiasticae (III, 15; -<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 21).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note395"> -<p><span class="label"><a href="#tag395">395</a>. </span>Ut nullus missam ad audiat presbyteri quem scit concubinam -indubitanter habere, aut subintroductam mulierem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note396"> -<p><span class="label"><a href="#tag396">396</a>. </span><i>Lamberti Annales</i> (<span class="smcap">Pertz</span>, <i>Mon. Script.</i>, V, 218). Adversus -hoc decretum (quello di Gregorio VII contro i preti ammogliati) -infremuit tota fractio clericorum; hominem plane haereticum et -vesani dogmatis esse clamitans qui oblitus sermonis Domini, quo -ait: non omnes capiunt hoc verbum, et apostolus: qui se non continet -nubat: melius est nubere quam uri, violenta exactione homines -vivere cogeret ritu angelorum. <i>Sigiberti Chronica</i> (<span class="smcap">Pertz</span>, -<i>Mon. Script.</i>, VI, 862). Gregorius papa celebrata synodo symoniacos -anathematizavit, et uxoratos sacerdotes a divino officio removit, -et laicis missam eorum audire interdicit, novo exemplo ut et multis -visum est inconsiderato praejudicio contra sanctorum patrum sententiam, -qui scripserunt quod sacramenta quae in ecclesia fiunt, -baptisma scilicit, crisma, corpus et sanguis Christi, Spiritu Sancto -latenter operante eorumdem sacramentorum effectum, seu per bonos -seu per malos intra ecclesia Dei dispensentur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note397"> -<p><span class="label"><a href="#tag397">397</a>. </span><span class="smcap">Landolfo</span>, III, 5 (<span class="smcap">Pertz</span>, 77) crede che Anselmo sia stato -l'istigatore di Arialdo ed Arnolfo. Il racconto del cronista, per -inesatto che sia, come dimostra il Paech, pag. 19, è una chiara -prova delle voci che correvano sul conto del vescovo di Lucca.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note398"> -<p><span class="label"><a href="#tag398">398</a>. </span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 17 (<span class="smcap">Pertz</span>, 22) vorrebbe non credere ad Erlembardo, -tanto gli sembra incredibile quel che ei racconta. Praeterea -gloriatur Arlembardus idem ab ipsa Roma bellicum sancti -Petri se accepisse vexillum contra omnes sibi adversantes. Quod -appensum lanceae homicidiorum videtur iudicium; cum profecto -sit nefas tale aliquid suspicari de Petro, aut aliud habuisse vexillum praeter quod datum est in Evangelio: <i>Qui vult post me venire -ecc</i>. Che il vessillo fosse dato nella prima gita di Erlembardo -a Roma è detto da Andrea, cap. <span class="smcap lowercase">XIV</span> (<span class="smcap">Puric.</span>, pag. 92), come osserva -il Paech contro Giesebrecht, pag. 36. Una conseguenza grave dell'elevazione -di Erlembardo a milite della Chiesa era questa rilevata -da Arnolfo, III, 11 (<span class="smcap">Pertz</span>, 21): Arlembardus .... cum esset -laycus, quasi fraternae gratia pietatis opus sibi praesumpsit indebitum -.... et quae sunt peccata dijudicans .... Dum ergo laicus -judicat, clericus tantum vapulat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note399"> -<p><span class="label"><a href="#tag399">399</a>. </span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 20 (Arlembardus) excommunicationis litteras -dedit archiepiscopo, quod pluribus grande visum est civitatis obprobium -... ad ultimum factis in medio ecclesiae partibus, clamoroso -impeto vicissim in sese consurgunt .... Remansit pene solus Antistes. -Quem pars aggrediens inimica, fustibus crudeliter caesum et -quasi semivivum reliquit. In crastinum visa tanta crudelitate cives -horrescunt mente confusi. Communiter igitur statuunt, aut tantum -punire facinus aut vivere nolle amplius. Unde factum ut fugiens -Arialdus .... incidit manus quaerentium animam ejus .... quem -.... penitus interficiunt. <span class="smcap">Arnolfo</span> (III, 30) non parla della nipote -di Guido. Bensì Landolfo (III, 30): juxta locum Legnani a manibus -fidelium domnae Olivae, domni Guidonis neptae, tentus et -captus est .... in insula quadam juxta Lacum Majorem .... vernulae -Olivae furialiter in eum prosilientes, linguam ejus de sub -mentonem trahentes, in insula semimortum reliquerunt. Questo racconto -è confermato da Andrea (cap. 29, pag. 108) il quale non -appena si diffuse in Milano la notizia della morte di Arialdo recatosi -presso il Lago Maggiore, ne seppe alcuni particolari da un -prete Martino, altri ne raccolse in seguito; pag. 111: Quapropter -nasus .... cum labio superno est abscissus .... deinde ambo oculi -sunt effossi. Postea vero dextram detruncant manum. Dehine radicitus -membrumque amputant genitale .... postea vero de sub -gutture linguam extrahunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note400"> -<p><span class="label"><a href="#tag400">400</a>. </span><span class="smcap">Landolfo</span>, III, 30 (<span class="smcap">Pertz</span>, 96) racconta che la salma di -Arialdo fu seppellita in Arce Trevali in apotheca Sancti Ambrosii; -ma poscia pel gran fetore ipsam apothecam aqua usque umbelicum -coarctantes foetorem repleverunt. In seguito alle minacce di Erlembardo, -corpus jamdiu truncatum mulieris (causa) fere emarcidum -minimeque propter aquam in qua jacuerat foetens .... orribile -nimis ac visu teterrimum, illis traditum est. Andrea al contrario -(cap. 30, pag. 112) racconta che l'empia Jezabel, o la nipote -di Guido valde fecit saxa ingentia circa ipsum innecti et in profundum -laci demergi, e che in seguito un fedele di nome Algisio -vide in riva al lago il corpo del santo sano e meravigliosamente -candido praeter octo membra quae ei erant cum ferro amputata. -Pare che sia più probabile il racconto di Andrea almeno nella -prima parte, perchè entrambi i cronisti s'accordano nel dire che -il cadavere fu seppellito in acqua, e Landolfo colla virtù dell'acqua -spiega perchè non putisse. S'accordano poi entrambi i cronisti anche -in questo, che i Patarini ripresero le spoglie del martire sulle rive -del Ticino. <span class="smcap">Bonizone</span>, pag. 649, dice soltanto: Herlembardus tam -dierum castra propinquorum archiepiscopi obsedit, donec corpus -venerabilis Arialdi ei reddiderunt. Quod Mediolani delatum in ecclesia -Sancti Celsi summo cum honore humatum est.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note401"> -<p><span class="label"><a href="#tag401">401</a>. </span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 21 (<span class="smcap">Pertz</span>, 23). Ad quod sedandum litigium -contigit tunc temporis Maginardum episcopum Silvae candidae et -Minutum cardinalem presbyterum Romanos legatos venisse Mediolanum... -deinde inter clerum judicantes et populum eleganti scripto -constituunt quid fieri debeat in posterum. Si comprende perchè -Arnolfo lodi questo scritto, che prescriveva: neminem predictorum -graduum clericum ex suxpicioni damnari .... nullum clericorum -pro cujusquam peccati culpa in judicio laicorum amodo esse .... -illud beneficium quod cuiquam clericorum aufertur, nullus laicus -in suum usum accipiat .... incendia, depraedationes, sanguinum -effusiones, multasque injustas violentias omnimodo prohibemus ne -faciant. <span class="smcap">Mansi</span>, XIX, 347-48.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note402"> -<p><span class="label"><a href="#tag402">402</a>. </span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 21 (<span class="smcap">Pertz</span>, 23): Arlembardus .... caute subintulit -juramento causam futuri eligendi pastoris post discessum praesentis -.... Archiepiscopus cum tot nequiret imminentes tollerare -pressuras, aevo jam maturus et diuturno languore membris omnibus -dissulutus arbitratus est fore conveniens ut quod ille faciendum -praeviderat, ipse quoque destruendo praeveniret.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note403"> -<p><span class="label"><a href="#tag403">403</a>. </span><span class="smcap">Boniz.</span>, pag. 652: animumque regis utpote adolescentis facillime -venatus est. Nam et Pataream promittebat se destructurum -et Erlembardum vivum capturum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note404"> -<p><span class="label"><a href="#tag404">404</a>. </span>Nelle lettere di Gregorio VII più volte è fatta menzione di -Goffredo. Così nella lettera undecima del primo libro indirizzata -alle contesse Beatrice e Matilde il 24 giugno 1073 (<span class="smcap">Jaffé</span>, II, 21): -Longobardorum episcopi .... Gotefredum symoniacum, et ob hoc -excommunicatum atque damnatum sub specie benedictionis maledixerint -et sub umbra ordinationis execratum hereticum constituerint. -Cfr. I, 15, 1 luglio 1073 ad Longobardos. Ivi, pag. 26: Gotefredus -vivente Guidone dicto Archiepiscopo mediolanensi eandem -ecclesiam .... quasi vilem ancillam praesumpsit emere. Certo tra -i due prelati erano corsi patti, tanto che secondo Arnolfo (I, 22) -Guido riprese il suo ufficio e fece lega con Erlembardo col pretesto -che Gotefredo non avea mantenute le sue promesse.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note405"> -<p><span class="label"><a href="#tag405">405</a>. </span>Sull'elezione di Attone vedi <span class="smcap">Landolfo</span>, III, 25. Bonizone, -(pag. 653) lo chiama Ottonem, ejusdem ecclesiae clericum, nobilem -quidem genere sed nobiliorem moribus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note406"> -<p><span class="label"><a href="#tag406">406</a>. </span><span class="smcap">Boniz.</span>, loc. cit. Il Papa dichiarò nullo il giuramento.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note407"> -<p><span class="label"><a href="#tag407">407</a>. </span><span class="smcap">Arnolfo</span>, IV, 6 (<span class="smcap">Pertz</span>, 27): Crisma sacrum, quod unus illorum -dominicae coenae misterio metropolitanae direxit ecclesiae, -sicut mos est deficiente pontifice, profusum humi coram omni -populo calcibus proculcavit, suum producens in medium, a quo -confectum vel unde venerit incognitum. IV, 9 (<span class="smcap">Pertz</span>, 28): Liutprandus -quidem presbyter nuncupatus .... jussu ac virtute illius ordinariorum -usurpavit officium, venientes inconsulte baptizans.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note408"> -<p><span class="label"><a href="#tag408">408</a>. </span>Il <span class="smcap">Paech</span> cita una lettera del vescovo di Verdun a Gregorio -VII (<span class="smcap">Martène</span>, <i>Thes.</i>, I, 214), ove è riferita la voce che gli -atti di Erlembardo non fossero senza l'approvazione del Pontefice: -Vestro illo praecepto vel motu vel assensu, in partibus Italiae -veneranda misteria .... non effusa, sed et projecta et pedibus -conculcata.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note409"> -<p><span class="label"><a href="#tag409">409</a>. </span><span class="smcap">Boniz.</span>, pag. 663: Eodem quoque tempore Mediolanensis civitas -toto incendio concrematur .... omnes sive amici sive inimici -quasi una voce clamabant, hoc esse peccatum Paterinorum. Post -pascha vero, de repente congregato exercitu et multitudine conjuratorum -Herlembardum nihil male suspicantem invadunt eumque -bellare temptantem in media platea interficiunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note410"> -<p><span class="label"><a href="#tag410">410</a>. </span>Intorno a Tedaldo vedi le lettere di Gregorio VII, III, 8-9, -(<span class="smcap">Jaffé</span>, 214-218). Nel Concilio del 1078 fu sospeso dall'ufficio e vescovile -e sacerdotale insieme a Guiberto di Ravenna (<span class="smcap">Jaffé</span>, p. 305). -Scomunicato di nuovo nel Concilio del 1079 (<span class="smcap">Jaffé</span>, pag. 355) ed -in quello del 1080. Ciò non pertanto resse la Chiesa di Milano per -nove anni, tre mesi e ventun giorno, e morì il 25 maggio 1086. -Vedi il catalogo dei vescovi milanesi, in <span class="smcap">Pertz</span>, <i>Script.</i>, VIII, 104.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note411"> -<p><span class="label"><a href="#tag411">411</a>. </span><span class="smcap">Giesebrecht</span>, <i>Geschichte</i>, III, <span class="smcap lowercase">I</span>, pag. 186, cfr. 132-33.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note412"> -<p><span class="label"><a href="#tag412">412</a>. </span>Vedi il cosidetto <i>Dictatus Papae</i> (<span class="smcap">Mansi</span>, <i>Concilia</i>, XX, 168-69), -ove in brevi sentenze Gregorio VII compendia i diritti e le dignità -del Pontefice: Quod legatus ejus omnibus episcopis praesit in concilio -etiam inferioris gradus et adversus eos sententiam depositionis -possit dare. — Quod solus possit uti imperialibus insigniis. — Quod -solius papae pedes omnes principes deosculentur. — Quod -illius solius nomen in ecclesis recitetur. — Quod unicum est nomen -in mundo. — Quod illi liceat imperatores deponere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note413"> -<p><span class="label"><a href="#tag413">413</a>. </span>Per questa ragione nei concilii posteriori si crede necessario -di ribadire le antiche condanne e così ad esempio nel Concilio di -Reims, nel 1119, Callisto II conferma le sentenze dei suoi predecessori -contro i simoniaci (can. I); contro le investure laicali (can. II); -contro i concubinarii (can. V): Presbyteris et diaconibus, concubinarum -et uxorum contumaciam prorsus interdicimus (<span class="smcap">Mansi</span>, XX, -236). Il Concilio lateranense del 1123 fa altrettanto (can. I): ordinari -quemquam per pecuniam vel promoveri .... prohibemus. -Can. III: Presbytheris, diaconibus vel subdianiconibus concubinarum -et uxorum contubernia penitus interdicimus (<span class="smcap">Mansi</span>, XX, 282). -Innocenzo II, nel Concilio di Clairmont del 1130 sancisce (can. I): -Si quis simoniace ordinatus fuerit .... honore male adquisito careat, -et nota infamiae percellatur. Can. IV: qui a subdiaconatu -et supra uxores duxerint aut concubinas habuerint officio atque -beneficio ecclesiastico careant (<span class="smcap">Mansi</span>, XXI, 438). Nel Concilio lateranense -del 1139, infine fu necessario decretare di nuovo: Si -quis simoniace ordinatus fuerit, ab officio omnino cadat quod illecite -usurpavit. VI: Qui .... uxores duxerint aut concubinas habuerint, -officio atque beneficio ecclesiastico careant. II: nullus missas eorum -audiant quos uxores vel concubinas habere cognoverint. (<span class="smcap">Mansi</span>, -XXI, 527).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note414"> -<p><span class="label"><a href="#tag414">414</a>. </span><span class="smcap">Giesebrecht</span>, <i>Arnold von Brescia</i> (<i>Sitzungsberichte der -k. Ak. der Wiss. zu München</i>, 1873, 1, pag. 139 e segg.). Il Giesebrecht ben rileva l'importanza che ha per la vita d'Arnaldo l'<i>Historia -Pontificalis</i>, pubblicata dall'Arndt nei <i>Monum. Germ. Hist.</i> -del <span class="smcap">Pertz</span>, XX, 515 e segg. L'illustre storico attribuisce questa -cronaca a Giovanni di Salisbury. Della monografia del Giesebrecht -fu pubblicata per cura dell'Odorici, anche lui biografo di Arnaldo, -una traduzione italiana (Brescia, tip. Appollonio, 1876). Un'altra -fonte importante fu scoperta dall'infaticabile prof. Monaci nella -Vaticana. È un poema del secolo <span class="smcap lowercase">XII</span> che tratta dei <i>Gesta per -imperatorem Fridericum Barbam Rubeam in partibus Lombardiae -et Italie</i>. Il valore di questa nuova fonte fu riconosciuto dal -Giesebrecht (<i>Sopra il poema recentemente scoperto intorno all'imperatore -Federico I. Lettera al prof. E. Monaci.</i> Roma, 1879). -Di questo poema il Monaci pubblicò un frammento. (<i>Il Barbarossa -e Arnaldo da Brescia secondo un antico poema inedito -esistente nella Vaticana.</i> Roma, 1878). Vedi anche <i>Arnaldo da -Brescia e la rivoluzione romana del secolo XII</i>, studio di <span class="smcap">Giovanni -De Castro</span>, Livorno, 1875, con una compiuta bibliografia -sull'argomento. <span class="smcap">Bonghi</span>, <i>Arnaldo da Brescia</i>, nell'<i>Antologia</i> del -15 agosto 1882.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note415"> -<p><span class="label"><a href="#tag415">415</a>. </span><span class="smcap">De Castro</span>, op. cit., pag. 253 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note416"> -<p><span class="label"><a href="#tag416">416</a>. </span><i>Hist. pontif.</i>, cap. 21, in <span class="smcap">Pertz</span>, XX, 537. Erat hic dignitate -sacerdos, habitu canonicus regularis, et qui carnem suam indumentorum -asperitate et inedia macerabat. Il <span class="smcap">Bonghi</span>, pag. 603, interpetra -che si sia fatto monaco agostiniano, diventando più tardi -abate dell'ordine.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note417"> -<p><span class="label"><a href="#tag417">417</a>. </span>Poema, v. 153. Vir nimis austerus dureque per omnia vite. -Anche San Bernardo conferma questo tratto; ma, come sempre -accade in lui, l'elogio finisce in iraconda ingiuria. Homo est neque -manducans neque bibens, solo diabolo esuriens et sitiens sanguinem -animarum; utinam tam sanctae esset doctrinae quam districtae -est vitae. (Ep. 195).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note418"> -<p><span class="label"><a href="#tag418">418</a>. </span>Poema, v. 172. Namque Sacerdotes reprobos Simonisque -sequaces .... Omnes censebat. <i>Hist. pontif.</i>, loc. cit. Et contemptus -mundi vehemens praedicator.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note419"> -<p><span class="label"><a href="#tag419">419</a>. </span>Dum episcopus Romam profectus aliquantulum moraretur, -sic interim civium flexit animos, ut episcopum vix voluerint admittere. -(<i>Hist. pont.</i>, loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note420"> -<p><span class="label"><a href="#tag420">420</a>. </span>È falso che il Concilio lateranense abbia condannato Arnaldo -come eretico. Nè nel canone <span class="smcap lowercase">XXIII</span>, nè nel <span class="smcap lowercase">XXIV</span> è nominato Arnaldo, -nè S. Bernardo sa nulla di questa condanna conciliare, la -quale gli avrebbe porti nuovi e più vigorosi argomenti alle sue -accuse. Vedi <span class="smcap">De Castro</span>, <i>Arnaldo da Brescia</i>, Livorno, 1875, -pag. 261, 262.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note421"> -<p><span class="label"><a href="#tag421">421</a>. </span><i>Hist. pont.</i>, loc. cit. Ob quam causam a domno Innocentio -papa depositus et extrusus ab Italia, descendit in Franciam, et -adhesit Petro Abelardo partesque ejus cum domno Jacinto, qui -nunc cardinalis est, adversus abatem Clarevallensem studiosius fovit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note422"> -<p><span class="label"><a href="#tag422">422</a>. </span><span class="smcap">Ott.</span>, II, 31: Ne perniciosum dogma ad plures serperet, imponendum -viro silentium decernit. I dubbi intorno a questa testimonianza -sono del Giesebrecht.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note423"> -<p><span class="label"><a href="#tag423">423</a>. </span><span class="smcap">Ott.</span>, II, 20. Petrum Abailardum olim praeceptorem habuerat. -Di questa notizia non dubitano nè il Giesebrecht (pag. 13) nè il -De Castro (pag. 151).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note424"> -<p><span class="label"><a href="#tag424">424</a>. </span>Vedi il passo dell'<i>Historia pontificalis</i> riferito più sopra -confermato da S. Bernardo, ep. 156. Execratus quippe a Petro -Apostolo, adhaeserat Petro Abaelardo, cuius omnes errores, ab -Ecclesia jam deprehensos atque damnatos, cum illo defendere -acriter et pertinaciter conabatur. Ep. 189: Squama squamae conjungitur, -nec spiraculum incedit per eos.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note425"> -<p><span class="label"><a href="#tag425">425</a>. </span>Postquam Petrus Cluniacum profectus est, Parisiis manens -in monte S. Genovefe, divinas litteras scolaribus exponebat apud -S. Hilarium .... Episcopis non parcebat ob avaritiam et turpe -questum, et plerumque propter maculam vitae et quia Ecclesiam -Dei in sanguinibus edificare nituntur. (<i>Hist. pont.</i>, loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note426"> -<p><span class="label"><a href="#tag426">426</a>. </span>Poema, v. 155. Facundus et audax confidensque sui, vir -multe litterature. <span class="smcap">S. Bernardo</span>, Ep. 196, cujus conversatio mel et -doctrina venenum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note427"> -<p><span class="label"><a href="#tag427">427</a>. </span>Ecco il testo del rescritto: Per presentia scripta fraternitati -vestrae mandamus, quatenus P. Abailardum et Arnaldum de Brixia, -perversi dogmatis fabricatores et catholicae fidei impugnatores, in -religionis locos ubi melius vobis visum, faciatis includere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note428"> -<p><span class="label"><a href="#tag428">428</a>. </span>Abbatem .... arguebat tamquam vane glorie sectatorem et -qui omnibus invideret, qui alicuius nominis erat in litteris aut -religione, si non essent de scola sua. Obtinuit ergo abbas, ut eum -christianissimus rex ejiceret de regno Francorum. (<i>Hist. pont.</i>, -loc. cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note429"> -<p><span class="label"><a href="#tag429">429</a>. </span>Al Vescovo di Costanza è indirizzata la lettera 195 che citammo -più sopra. Nec mirum si non horam praevidere aut nocturnum -furis imgressum observare quivistis. Mirum autem, si deprehensum -non agnoscitis, non tenetis, non prohibetis esportare spolia -vestra. Della dimora in Zurigo non ci dice nulla l'<i>Historia pontificalis</i>, -ed in questo punto sembra meglio informato Ottone -(II, 21): ibique in oppido Alemanniae Turego officium doctoris -assumens, perniciosum dogma aliquot diebus seminavit. La qual -testimonianza concorda colla lettera surriferita al vescovo di Costanza -nella cui diocesi era compresa Zurigo. (<span class="smcap">Giesebrecht</span>, op. -cit., p. 135).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note430"> -<p><span class="label"><a href="#tag430">430</a>. </span><span class="smcap">S. Bern.</span>, l. c. Melius auferre malum ex vobis. Quamquam -amicus sponsi ligare potius, quam fugare curabit, ne jam discurreret.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note431"> -<p><span class="label"><a href="#tag431">431</a>. </span><span class="smcap">S. Bernardo</span>, lettera 195. Hoc enim et dominus Papa fieri -scribendo mandavit... sed non fuit qui faceret bonum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note432"> -<p><span class="label"><a href="#tag432">432</a>. </span>Il Giesebrecht (p. 135) dalle parole Francia repulit, Germania -abominatur argomenta a ragione che tanto Arnaldo quanto il legato -si trovassero entrambi in Germania. Questo legato non è -dunque Guido di Castello, che fu poi Celestino II (sett. 1143, -feb. 1144), ma un altro Guido, legato per Boemia e Moravia nell'agosto -1142.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note433"> -<p><span class="label"><a href="#tag433">433</a>. </span>A questo cardinal legato è indirizzata la lettera 196 di San -Bernardo. Si accessit favor vester, erit funiculus triplex, qui difficile -rumpitur... Securus annuntiabit et facile persuadebit quae -volet domesticus et contubernalis legati apostolicae sedis... Favere -huic domino papae contradicere est, etiam et Domino Deo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note434"> -<p><span class="label"><a href="#tag434">434</a>. </span>Exinde post mortem domni Innocentii reversus est in Italiam, -et promissa satisfatione et obediencia Romane ecclesie a -domno Eugenio receptus est apud Viterbum. (<i>Hist. pont.</i>, loc. cit.). -L'<i>Historia</i> non ci dice le ragioni di questa conciliazione; ma è -lecito parmi argomentarle per congetture come ho fatto nel testo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note435"> -<p><span class="label"><a href="#tag435">435</a>. </span>S. Bernardo, udita la nuova dell'elezione di Eugenio III, suo -discepolo, scrisse ai cardinali la famosa lettera 237, ove non nasconde -i suoi timori. Parcat vobis Deus, quid fecistis? Nisi Dominus -supponat manum suam, heu necesse est obruatur et opprimatur -onere et nimio. Ma dacchè la cosa è fatta, et sicut multi -dicunt, [par che ne dubiti] a Deo factum est, ei per primo s'inchina -al nuovo eletto. E nella lettera 238 che gli dirige lo chiama -dominum meum, nè ardisce dargli il nome di figlio, quia filius in -patrem, pater mutatus est in filium. Ma neanche a lui tace le sue -trepidazioni. Ego etsi nomen patris deposui sed non timorem sed -non anxietatem... Altiorem quippe locum sortitus es sed non tutiorem. -E per confortarlo dei suoi consigli nella scabrosa via gli -manda l'aureo opuscolo <i>De Consideratione</i>, ove candidamente -gli dice: Non enim si bene te novi, quia pater pauperum factus, -ideo non pauper spiritu es. Monebo te proinde non ut magister -sed ut mater.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note436"> -<p><span class="label"><a href="#tag436">436</a>. </span>Anche il Bonghi, p. 617: «Ma come si può spiegare? Arnaldo -non poteva ritornare in Italia senza licenza del Papa, e questa -licenza non era possibile conseguirla senza promettere di rinsavire. -Ed Arnaldo promise. Era già da cinque anni lontano dalla -patria sua, se ne struggeva. E forse in terra straniera non sentiva -la sua parola efficace; non avea amici, conforti, speranze. L'animo -che non piegò avanti alla morte, non resse ad un esilio, per necessità -ozioso. O forse la spiegazione è un'altra». Quest'altra spiegazione -ho cercato di dare quassù forse con troppo lungo discorso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note437"> -<p><span class="label"><a href="#tag437">437</a>. </span><i>De Consid.</i>, II, 6, p. 419. Nam quid aliud dimisit sanctus -Apostolus.... cum ipse dicat: Argentum et aurum non est mihi?.... -Esto, ut alia quacum ratione haec tibi vindices, sed non apostolico -jure. Nec enim tibi ille dare, quod non habuit, potuit. Quod habuit -hoc dedit, sollicitudinem super Ecclesia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note438"> -<p><span class="label"><a href="#tag438">438</a>. </span><i>De Consid.</i>, I, 6. Non monstrabunt ubi aliquando quispiam -apostolorum judex sederit hominum, aut divisor terminorum, aut -distributor terrarum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note439"> -<p><span class="label"><a href="#tag439">439</a>. </span><i>De Cons.</i>, II, 6. Factum superiorem dissimulare nequimus -sed enim ad quid, omnimodo est attendendum. Non enim ad dominandum -opinor.... Disce sarculo tibi opud esse non sceptro, ut -opus facias prophetae. E più appresso: Numquid dominationem? -Audi ipsum.... Reges gentium dominantur eorum (Luc. 22, 55)... -planum est, Apostolis interdicitur dominatus.... si utrumque simul -habere voles perdes utrumque.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note440"> -<p><span class="label"><a href="#tag440">440</a>. </span>IV, 3. Petrus hic est, qui nescitur processisse aliquando vel -gemmis ornatus, vel sericis; non tectus auro, non vectus equo albo, -nec stipatus milite, nec circumstrepentibus septus militibus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note441"> -<p><span class="label"><a href="#tag441">441</a>. </span>Ivi. Etsi purpuratus etsi deauratus incedens, non est tamen -quod horreas operam curamve pastoralem, Pastoris heres.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note442"> -<p><span class="label"><a href="#tag442">442</a>. </span><i>De Cons.</i>, I, 6. Habent haec infima et terrena, judices suos, -reges et principes terrae. Quid fines alienos invaditis? Quid falcem -vestram in alienam messem extenditis?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note443"> -<p><span class="label"><a href="#tag443">443</a>. </span><i>De Consid.</i>, I, 6. Itane imminutor est dignitatis servus si -non vult esse major domino suo? ... Quis me constituit judicem? -ait ille dominus et magister (Luc., 12, 14), et erit iniuria servo -discipuloque nisi judicet universos? .... Ergo in criminibus, non -in possessionibus potestas vestra.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note444"> -<p><span class="label"><a href="#tag444">444</a>. </span>Epist. 256 ad Eugenio III dopo l'insuccesso della Crociata. -Exserendas est uterque gladius... Petri uterque est. <i>De Consid.</i>, IV, -3. Uterque ergo Ecclesiae et spiritalis scilicet gladius et materialis. -Sul quale passo si fonda il Giesebrecht per dimostrare che -S. Bernardo è più gregoriano di quel che si creda. Parmi che -l'egregio storico non abbia tenuto nel debito conto le restrizioni -delle quali parleremo nella nota seguente.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note445"> -<p><span class="label"><a href="#tag445">445</a>. </span>Epist. 256. Uterque Petri est, alter nutu, alter sua manu -evaginandus. Questa stessa restrizione è ripetuta colle stesse parole -nel <i>De Consideratione</i>, IV, 3. Sed is quidem pro Ecclesia, -ille vero ab Ecclesia exserendus: ille Sacerdotis, is militis manu, -sed sane ad nutum sacerdotis et jussum imperatoris.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note446"> -<p><span class="label"><a href="#tag446">446</a>. </span><span class="smcap">Gregorovius</span>, <i>Storia di Roma</i>, lib. 8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note447"> -<p><span class="label"><a href="#tag447">447</a>. </span>Jam palam cardinalibus detrahebant, dicens conventum eorum -ex causa superbie et avaricie, ypocrisis et multimode turpitudinis -non esse ecclesiam Dei, sed domum negociationis et speluncam -latronum, qui scribarum et phariseorum vices exercent in -populo christiano. Ipsum papam non esse, quod profitetur, apostolicum -virum et animarum pastorem, sed virum sanguineum, qui -incendiis et homicidiis praestat auctoritatem, tortorem ecclesiarum, -innocentie concussorem, qui nihil aliud facit in mundo quam carnem -pascere et suos replere loculos et exaurire alienos. (<i>Hist. -pont.</i>, l. c.). Poema, v. 179: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Pontifices rebus magnos intricare caducis</p> -<p class="i01">Et pro terrenis celestia spernere, causas</p> -<p class="i01">Nocte, die, precio sumpto trutinare forenses.</p> -</div></div> - -<p> -v. 186: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Heu mala romana presertim sede vigere.</p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note448"> -<p><span class="label"><a href="#tag448">448</a>. </span>Dicebat quod sic apostolicus est et non apostolicam doctrinam -imitatur aut vitam, et ideo ei obedentiam aut reverentiam -non deberi. Preterea non esse homines admittendos, qui sedem -imperii, fontem libertatis romanae, mundi dominam, volebant subjicere -servituti. (<i>Hist. pont.</i>, l. c.). Il poema, v. 175, aggiunge: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Nec debere illis populum delicta fateri</p> -<p class="i01">Sed magis alterutrum nec eorum sumere sacra.</p> -</div></div> - -<p> -Che non si debba nè confessarsi con sacerdoti malvagi, nè ascoltarne -le messe era una massima dei Patarini adottata nei Concilii.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note449"> -<p><span class="label"><a href="#tag449">449</a>. </span><i>Hist. pont.</i>, p. 537. Sed pacem tum multa prepediebant, tum -maxime quod ejicere nolebant Ernaldum Brixiensem qui honori -urbis et reipublicae Romanorum se dicebatur obligasse prestito -juramento. Et ei populus Romanus vicissim auxilium centra omnes -homines et nominatim contra domnum papam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note450"> -<p><span class="label"><a href="#tag450">450</a>. </span>Vedi su questi particolari il <span class="smcap">Giesebrecht</span>, trad. it., p. 33, -nota 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note451"> -<p><span class="label"><a href="#tag451">451</a>. </span>Secondo il poema Arnaldo imprigionato e condotto al supplizio -non volle ricredersi della dottrina sua, che ei riteneva giusta -e degna di sacrificarle la vita. Tanta fermezza riscosse l'ammirazione -dei presenti, ed anche di Federigo, che ebbe una tarda -compassione per la sua vittima. Codesti versi mi permetto di riferirli -tutti, chè contengono particolari interessanti sugli ultimi momenti -di Arnaldo, v. 219 e segg.: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Hic igitur regi delatus nunc Friderico,</p> -<p class="i01">Judice prefecto romano, vincitur illum.</p> -<p class="i01">Namque jubet rector causam discernere notam,</p> -<p class="i01">Dampnaturque suo doctor pro dogmate doctus.</p> -<p class="i01">Set cum supplicium sibi cerneret ipse parari</p> -<p class="i01">Et laqueo collum fato properante ligari,</p> -<p class="i01">Quesitus pravum si dogma relinquere vellet</p> -<p class="i01">Atque suas culpas sapientum more fateri,</p> -<p class="i01">Intrepidus fidensque sui, mirabile dictu</p> -<p class="i01">Respondit proprium sibi dogma salubre videri</p> -<p class="i01">Nec dubitare necem propter sua dicta subire,</p> -<p class="i01">In quibus absurdum nil esset nilque nocivum.</p> -<p class="i01">Orandique moram petiit pro tempore parvum,</p> -<p class="i01">Nam Christo culpas dicit se velle fateri.</p> -<p class="i01">Tunc genibus flexis, oculis manibusque levatis</p> -<p class="i01">Ad celum, gemuit suspirans pectore ab imo</p> -<p class="i01">Et sine voce deum celestem mente rogavit,</p> -<p class="i01">Ipsi commendans animam; paulumque moratus</p> -<p class="i01">Tradit ad interitum corpus tolerare paratus</p> -<p class="i01">Constanter, penam lacrimas fudere videntes,</p> -<p class="i01">Lictores eciam moti pietate parumper;</p> -<p class="i01">Tandem suspensus laqueo retinente pependit.</p> -<p class="i01">Set doluisse datur super hoc rex sero misertus.</p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note452"> -<p><span class="label"><a href="#tag452">452</a>. </span><span class="smcap">Ottone</span>, loc. cit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note453"> -<p><span class="label"><a href="#tag453">453</a>. </span>Un capitolo del Concilio di Guastalla tenuto nel 1106 sotto -Pasquale II incomincia così (<span class="smcap">Mansi</span>, XX, 1209): Per multos jam -annos regni Theutonici latitudo ab apostolicae sedis unitate divisa -est. In quo nimirum schismate tantum periculum factum est, ut, -quod cum dolore dicimus, vix pauci sacerdotes ant clerici catholici -in tanta terrarum latitudine reperiantur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note454"> -<p><span class="label"><a href="#tag454">454</a>. </span><span class="smcap">Ott. Frising.</span>, II, 20, in <span class="smcap">Pertz</span>, <i>M. G. Script.</i>, XX, 403: Dicebat -enim nec Clericos proprietatem, nec Episcopos regalia, nec monachos -possessiones habentes, aliqua ratione salvari possent. Cuncta -haec Principis esse, ab ejusque beneficentia in usum tantum Laicorum -cadere oportere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note455"> -<p><span class="label"><a href="#tag455">455</a>. </span>V. <span class="smcap">Giesebrecht</span>, op. cit., III, 2, p. 809-10. Sia dovuto il pensiero -di Pasquale II ad una geniale anticipazione di nuovi tempi, -oppure, come pretende il Giesebrecht, alle necessità del momento -che non gli permettevano di levarsi in altro modo d'impaccio, -certo è che era bene immaturo un così ardito disegno.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note456"> -<p><span class="label"><a href="#tag456">456</a>. </span><i>Paschalis Papae II Epist.</i> (<span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 1007). Ad Henricum -V Imperat. Divinae legis institutionibus sancitum est et sacris -canonibus interdictum, ne sacerdotes curis saecularibus occupantur.... -in vestri autem regni partibus, episcopi vel abbates adeo -curis saecularibus occupantur, ut comitatum assidue frequentare -et militiam exercere cogantur: quae nimirum aut vix aut nullo -modo sine rapinis, sacrilegiis, incendiis, aut homicidiis exhibetur. -Interdicimus etiam et sub anathematis districtione prohibemus, ne -qui episcoporum seu abbatum praesentium vel futurorum eadem -regalia invadant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note457"> -<p><span class="label"><a href="#tag457">457</a>. </span>Nel rescritto d'Innocenzo II (<span class="smcap">Mansi</span>, XXI, 565), Arnaldo ed -Abelardo sono chiamati <i>perversi dogmatis fabricatores, et catholicae -fidei impugnatores</i>. Il breve di Eugenio (<span class="smcap">Baronio</span>, <i>Annales</i>, -ad an. 1148) ha: <i>Arnoldum tanquam schismaticum modis omnibus -devitetis</i>. Ma nella lettera a Guibaldo lo stesso Eugenio usa -la frase, <i>Arnoldo haeretico</i> (<span class="smcap">Martène</span>, <i>Ampl.</i>, coll. II, 553; -<span class="smcap">Jaffé</span>, I, 537).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note458"> -<p><span class="label"><a href="#tag458">458</a>. </span>Anche nel breve di Eugenio III è rilevato in preferenza questo -punto: et cardinalibus atque archipresbyteris suis obedientiam -et reverentiam promittere et exhibere debitam contradicant, vedi -pure <span class="smcap">Gerhohus Reicherspergensis</span>, <i>De investigatione Antichristi</i>: -Praesules eorum non episcopi, quemadmodum quidam nostro tempore, -Arnaldus nomine, dogmatizare ausus est plebes a talium episcoporum -obedientia dehortatus. La testimonianza di Geroo è molto -importante, perchè nessun odio di parte gli fa velo alla mente. -Anche egli al pari di Arnaldo deplorava la mistione dei due poteri. -Cfr. ad esempio questo passo tolto dall'opuscolo <i>De corrupto -Statu Ecclesiae</i> in <span class="smcap">Gallandi</span>, <i>Bibl.</i>, XIV, 557. Audiant haec -episcopi, qui ultro et contra justitiam plerumque bella movent .... -Officiumque militis et sacerdotis in una persona confundunt comitis -et pontificis dignitatem simul administrant .... esurimus et sitimus -hanc justitiam, ut judicio et negotia spiritalia per spiritales, saecularia -per saeculares ita peragantur, ne termini a patribus constituti negligantur. Inoltre della fine tragica di Arnaldo, e dell'odio -della Curia Romana portava un severo giudizio; nè par -che credesse alle voci ad arte diffuse in quel tempo, secondo le -quali il Prefetto di Roma avrebbe ordinata l'esecuzione ad insaputa -del Papa: Quem ego vellem pro tali doctrina sua, quamvis -prava, vel exilio vel carcere aut alia poena præter mortem punitum -esse, vel saltem taliter occisum, ut Romana ecclesia seu Curia -ejus necis quaestione careret. Un uomo così schietto merita tutta -la nostra fiducia, e se egli attribuisce ad Arnaldo una dottrina -poco ortodossa, non abbiamo alcun dritto di revocare in dubbio -la sua autorità.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note459"> -<p><span class="label"><a href="#tag459">459</a>. </span><span class="smcap">Martène</span>, <i>Amp.</i>, coll. II, 554; <span class="smcap">Jaffé</span>, I, 539, 43.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note460"> -<p><span class="label"><a href="#tag460">460</a>. </span>II. <span class="smcap">Pet.</span> 2, 1; 3, 14 e 17.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note461"> -<p><span class="label"><a href="#tag461">461</a>. </span>Riscontrate il seguente passo del <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 433: Quod -autem non possint ministrare sacramenta volunt probare haeretici -qui Cathari dicuntur, et etiam Pauperes Lombardi his modis, per -illud Matth. V, v. 13 vos estis sal terrae .... postquam Praelatus -evanuit non potest condire alium .... et ita sacramentorum etiam -ministratio facta ab ipso inefficax est. Istud credunt omnes Cathari -et Pauperes Lombardi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note462"> -<p><span class="label"><a href="#tag462">462</a>. </span>Anche i Catari e più tardi i Valdesi si varranno di questa -citazione. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 391. Objcit haereticus malo Praelato illud -Jacobi (2, v. 18 ecc.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note463"> -<p><span class="label"><a href="#tag463">463</a>. </span>Basteranno poche citazioni del Moneta tra le moltissime che -potrei addurre: (pag. 431). Sic objiciunt Cathari et Pauperes Lombardi: -Praelatus Ecclesiae caput est. Quomodo erga membra sana -erunt, si caput est languidum? Inducunt illud Matth. VI, 22, nomine -oculi volunt intelligere Praelatum. Si praelatus est tenebrosus -tota Ecclesia tenebrosa (pag. 432). Inducunt iilud I, Cor. V, 6, -nescitis quia modium frumentum totam massam corrumpit? Ex -quo videtur, quod in Ecclesia non posse esse praelatus malus, nec -etiam subdolus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note464"> -<p><span class="label"><a href="#tag464">464</a>. </span>Bonaccurso (<span class="smcap">D'Achery</span>, I, 214 B), questo solo rimprovera agli -arnaldisti: Quod pro malitia clericorum sacramenta Ecclesiae dicunt -esse vitanda, e loro oppone recisamente: tu qui es qui alienum -servum judices? citammo più sopra i versi del poema che si -riferiscono alla confessione ed alla messa.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note465"> -<p><span class="label"><a href="#tag465">465</a>. </span>Le decretali sono molto chiare su questo punto (Decreti, -pars II, caus. XV, qu. VIII, cap. <span class="smcap lowercase">V</span>). Non potest aliquis quantumcumque -pollutus fuerit, divina polluere sacramenta quae purgatoria cunctarum -contagionum existunt; nec potest solis radius per cloacas -et latrinas transiens aliquid exinde contaminationis attrahere. Qualiscumque -enim sacerdos sit, quae sancta sunt coinquinari non -possunt .... cerea fax accensa sibi quidem detrimentum praestat, -aliis vero lumen in tenebribus administrat, et unde aliis commodum -exhibet, inde sibi dispendium praebet ....</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note466"> -<p><span class="label"><a href="#tag466">466</a>. </span><i>Epist. Gregorii VII</i>, 20 (<span class="smcap">Mansi</span>, XX, 226). <i>Ad Josfredum -episcopum parsiacensem.</i> Item relatum nobis est Cameracenses -hominem quemdam flammis tradidisse, eo quod simoniacos et -presbyteros fornicatores missam non debere celebrare, et quod illorum -officium minime suscipiendum foret, dicere ausus fuerit. Quod -quia nobis valde terribile, et si verum est, omnis rigore canonicae -severitatis vindicandum esse videtur, fraternitatem tuam solicite -hujus rei veritatem inquirere admonemus: et si eos ad tantam -crudelitatem impias manus suas extendisse cognoveris, ab introitu -et omni communione ecclesiae auctores pariter et complices hujus -sceleris separare non differas.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note467"> -<p><span class="label"><a href="#tag467">467</a>. </span>Gregorio VII (<span class="smcap">Mansi</span>, XX, 433). Si qui vero (presbyteri, vel -subdiaconi) in peccato suo perseverare maluerunt, nullus vestrum -eorum audire praesumat officium, quia benedictio eorum vertitur -in maledictionem et oratio in peccatum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note468"> -<p><span class="label"><a href="#tag468">468</a>. </span>Abbiamo riferito nella n. 1, p. 253 il testo delle decretali che -stabilisce la dottrina cattolica del sacerdote come strumento passivo. -A questi testi così espliciti si opponeva il canone: nullus -audiat missam, da noi riportato altrove, e ripetuto moltissime volte -in diversi concilii a cominciare dal romano di Niccolò II. Al tempo -di Lucio III (1181-1185), quando la lotta delle investiture era finita -da più di un secolo parvero evidenti queste contraddizioni, e l'accorto -papa cerca di schermirsene facendo distinzioni sottili, le quali -servono a ripristinare la dottrina antica. Riscontrate le decretali -gregoriane, lib. III, tit. 2, cap. 7: Lucius tertius .... Vestra duxit devotio -inquirendum et infra. Alicubi dicitur, nullus audiat missam -sacerdotis, quem scit indubitanter concubinam habere. Alibi vero -legitur non potest aliquis quantumcumque pollutus fuerit, divina -polluere sacramenta. .... Ceterum aliud est crimen notorium, -aliud occultum, notorium diffinitur, de quo presbyter canonici condamnatur; -occultum quod ab ecclesia toleratur. Caeterum aliud est -quando crimen notorium non diffitetur presbytero, vel de ipso est -canonice condamnatus; aliud est pene occultum, quod ab ecclesia -toleratur. Item aliud est a talium officiis abstinere, ut peccandi licentia -caeteris auferatur, et hujusmodi ad poenitentiae fructum -trahantur; atque aliud si totum tamquam in fornicatione jacentium -misteria respuantur. Sine dubitatione itaque teneatis quod a clericis -et presbyteris quamquam fornicariis, quamdiu tolerantur, nec -habent operis evidentiam, licite divina misteria audiantur et alia -recipiantur sacramenta ecclesiastica.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note469"> -<p><span class="label"><a href="#tag469">469</a>. </span>Il De Lauro, abbate cassinese scrisse un'apologia dell'abbate -Gioacchino, facendo tesoro di un'antica biografia pubblicata prima -di lui dal Greco. Ma come si vedrà in seguito è tale la mancanza -di critica e l'inesattezza dell'apologista cassinese, che possiamo -pochissimo giovarci dell'opera sua. Non so comprendere perchè -il Rousselot (<i>Joachim de Flore</i>, Paris 1867) si serva della vita -del Barrio, attinta alle stesse fonti di quella del Greco, ma con -minore accorgimento. La vita del Greco, ristampata dai Bollandisti -fu ricavata da una cronaca antica, come dice lo stesso autore (<i>Acta -Sanctorum</i>, Maggio, VII, 123). Omnia quae descripsimus [novissimo -excepto, quod de ore fratris Andreae accepimus] de libello manuscripto -in monasterio S. Joannis de Flore [existente] a tempore -monachatus mei in eodem monasterio, quod fuit sub anno Domini -millesimo quingentesimo octogesimo sexto, transcripsimus et adnotavimus, -nec de eorum substantia aliquid addidisse, diminuisse, aut -immutasse, tantum aliis verbis retulisse, sub eodem Domini juramento -confitemur. Qui quidem libellus tum vetustate tum etiam -usu cum quadam quasi difficultate legebatur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note470"> -<p><span class="label"><a href="#tag470">470</a>. </span>Il primo di questi documenti riportati dall'Ughelli (<i>Italia -Sacra</i>, Venetiis 1721, IX, 453), si riferisce alla fondazione di una -casa florense. Anno Domino Incarnationis 1201 mense Septembris -5 ind. .... Nos Simon de Mamistra Dominus Fluminis Frigidi .... -proposuimus aedificare domum Religionis infra fines terrae nostrae -Fluminis Frigidi .... vocavimus vos Domine Joachim venerabilis -Abbas Floris rogantes vos omni devotione, quatenus tam -administrationem ipsus monasterii, quam ipsum monasterium acciperetis -in manus vestras et successorum vestrorum. Questa donazione -fu confermata da Riccardo vescovo di Tropea, il quale -vi aggiunse la chiesa di S. Domenica e di S. Pietro e altri beni -e diritti come risulta dalla lettera papale di conferma. Ma nel -frattempo l'abate Gioacchino era morto, perchè la lettera del vescovo -tropeano del giugno 1202 riportata nella bolla di conferma -d'Innocenzo III è indirizzata all'abate Matteo, successore di Gioacchino, -e ricorda quest'ultimo come già morto [venerabili quondam -abbati Joachim]. La determinazione del giorno della morte è data -dal Papebrochio nelle note al Greco.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note471"> -<p><span class="label"><a href="#tag471">471</a>. </span><span class="smcap">Greco</span>, 96 B. Succedente vero Paschatis festo, paratis sibi -vestimentis novis sui ipsius spiritum amoris vigere percepit, eoque -impulsus coepit de temporalibus cogitare, atque illorum voluptatibus -solicitari. Riportato quasi a parola dal De Lauro, che solo -vi aggiunge di suo, essere accaduto questo invanimento cum Bizantium -pervenisset, mentre invece il Greco mette in Bizanzio il -ravvedimento.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note472"> -<p><span class="label"><a href="#tag472">472</a>. </span><span class="smcap">Greco</span>, loc. cit. Ceterum ad Thraciae Bosphorum Byzantium -ingressus, ibidem, tangente manu Domini urbem illam, plurimum -hominum multitudinem interire conspexit qui se cernens absolutum -periculo, prorsus se mundo renuntiaturum vallavit. Anche Valdo -allo spettacolo della morte sente sorgere in lui una nuova vocazione. -Il De Lauro che copia quasi a parola dal Greco, tace questa -circostanza.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note473"> -<p><span class="label"><a href="#tag473">473</a>. </span>Gioacchino stesso raccontava questo aneddoto all'amico suo -Luca (<span class="smcap">Boll.</span>, loc. cit., pag. 93 F). Retulit mihi aliquando cum in -Syria juvenculus, habitu jam Religionis assumpto, solus fuisset -apud quandam viduam hospitatus; illa in eum oculis impudicis intuens, -lasciviis ipsum ad crimen invitare tentavit, sed servus Dei -resistit sapienter et fortiter. V. <span class="smcap">De Lauro</span>, cap. 8º, p. 12, che al -suo solito amplifica il racconto, e lo trasporta dalla Siria all'Asia -Minore, interpetrando male la frase del Greco, p. 98 A: in ea -Asiae parte quae Euphrate ac mediterraneo mare concluditur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note474"> -<p><span class="label"><a href="#tag474">474</a>. </span><span class="smcap">Greco</span>, 97 F. Nam tria opera exorsus fuit, quae omnia felici -consummatione complevit. <span class="smcap">Gregorio</span>, cap. <span class="smcap lowercase">VI</span>, riportando a questo -tempo la visione della quale parla Gioacchino nell'<i>Esposizione -dell'Apocalisse</i>, cap. <span class="smcap lowercase">I</span>, testo 13 [contro questa anticipazione vedi -le giuste osservazioni del Papebrochio] dice: nam difficultates -omnes, simulque quaestionum involucra perspicaciter vidit, memoriter -tenuit et spiritualiter intellexit (!!!)</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note475"> -<p><span class="label"><a href="#tag475">475</a>. </span><span class="smcap">Greco</span>, p. 98 C. Qui vallem Chratis ingressus, justa Bisentium -gradiens, urbem Consentiae, ne forte agnosceretur, abhorruit. Io -non so capire come mai Gioacchino, tornato in patria con alti -intendimenti religiosi, si nascondesse per non essere conosciuto -da quegli stessi conterranei tra i quali non avrebbe dovuto tardare -di spargere la parola del Signore. Parmi, o io m'inganno, -che questo racconto sia fatto tutto nell'intendimento retorico dell'incontro -di padre e figlio, che si scambiano discorsi pieni di reminiscenze -classiche, e di citazioni bibliche. <span class="smcap">Greco</span>, loc. cit. e <span class="smcap">De -Lauro</span>, pag. 15.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note476"> -<p><span class="label"><a href="#tag476">476</a>. </span><span class="smcap">Greco</span>, 98 E: Licet enim in ipso monasterio adhuc Regulae -jugo colla non subdidisset. Questo fatto vale a spargere un po' -di luce sulla cronologia di Gioacchino. L'abbazia di Sambucina, -filiale di quella di Casimari, fu fondata, secondo il Papebrochio, -nel 1157, come apparisce da una antica cronologia manoscritta, -(v. nota 9, al cap. 2 del <span class="smcap">Greco</span>, pag. 99 C.). La data del 1160, riportata -dal Manrique si riferisce probabilmente agli atti posteriori -di dotazione. Il De Lauro la crede invece fondata molto prima, ma -non per altra ragione se non per non essere costretto a fare Gioacchino -più giovane di quel che vuole lui. Infatti se Gioacchino è -nato nel 1111, ammesso anche che fosse entrato nell'abbazia di -Sambucina nello stesso anno della fondazione, avrebbe contati 49 -anni. Ma noi abbiamo mostrato più sopra che la cronologia del -De Lauro tutta fondata sopra il fatto della famosa profezia non -regge alla critica. Ed ammettendo col Papebrochio che Gioacchino -nacque intorno al 1131 avrebbe contati dai 26 ai 27 anni quando -entrò nel convento di Sambucina tra il 1157 e il 1158.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note477"> -<p><span class="label"><a href="#tag477">477</a>. </span>Joachim Dei famulus, aestuans spiritus fervore concepto a -memorato coenobio Cistercensium Sambucinae secedens, contra -elatae vallis Chratis terram, ubi Bucchita est nomen, juxta Rendarum -oppidum transvolavit (<span class="smcap">Greco</span>, 99 D).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note478"> -<p><span class="label"><a href="#tag478">478</a>. </span>Il cronista (99 E) racconta il fatto nel modo che torni più -ad onore di Gioacchino; ast in agro dominico uberiores fructus -in dies se producere comperiens, scrupolositate quadam turbatus -fuit, metuit siquidem absque praevia Episcopi ordinatione praedicationis -munus exercere. Più appresso soggiunge: Propterea Cathazarii -civitatem ad tale munus habendum, devotione maxima non -imparatus adire constituit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note479"> -<p><span class="label"><a href="#tag479">479</a>. </span>Questa notizia la tolgo dall'opuscolo del De Riso <i>Sull'abbate -Gioacchino</i>, pag. 143, nota 11, che cita un catalogo antichissimo -manoscritto dei vescovi catanzaresi. Se la data del 1168 è vera, -bisogna inferire che per dieci anni Gioacchino continuasse a menar -la vita da laico dopo l'uscita dal monastero di Sambucina -(dato che ivi sia entrato nel 1158). E gli ordini gli avrebbe presi -a 37 anni. Il De Riso che accetta la data del Lauro dovrebbe ammettere -che li abbia presi a 57 anni e non a 50.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note480"> -<p><span class="label"><a href="#tag480">480</a>. </span><span class="smcap">Greco</span>, 99 F. Insciis fratribus ex monasterio recessit, et in -cenobium Sanctae Trinitatis ad oppidum Acrae aufugit et inde in -Sambucinam repedavit .... sciens tandem nolle acquiescere esse -quasi peccatum ariolandi, in communi exaltatione abbas in Curatium -rediit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note481"> -<p><span class="label"><a href="#tag481">481</a>. </span>Il documento comincia così: Redemptoris nostri anno millesimo -centesimo septuagesimo octavo et tertio decimo regnante -Domino Guiglielmo gloriosissimo rege Siciliae tertio decimo mensis -februarii, duodecimae Indictionis nos Gualterius de Moac Regii fortunati -Stolii ammiratus .... dum essemus in Baroli pro regiis -agendis, Joachim venerabilis abbas Sanctae Mariae de Curatii -detulit sacras litteras a Sacra Regia Majestate, quarum continentia -talis est: segue la lettera datata, Panormi duodecimo die mensis -Decembris indictione duodecima. Il De Lauro, pag. 83 crede che -la prima data sia sbagliata, e che la seconda si riferisca all'anno -1149, primo di Guglielmo il Malo, in cui ricorreva la duodecima -indizione (anche il Greco diceva che questa lettera fosse di Guglielmo -il Malo). Il Papebrochio, pag. 92 D, invece ritenendo giusta -la data del 1170, riferisce la lettera a Guglielmo II, il quale infatti -salito al trono nel maggio 1166 contava tredici anni di regno -nel 1178.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note482"> -<p><span class="label"><a href="#tag482">482</a>. </span>Che sia fuggito dal monastero si raccoglie da un luogo degli -<i>Statuta Capituli generalis</i> (<span class="smcap">Martène</span>, IV, 1272). Le ragioni della -fuga le adduce egli stesso nella prefazione al <i>Salterio</i>, fol. 227, -col 1-2. Sed cum mihi qui (ut jam videbatur) cogitatione et aviditate -illius superne civitatis habitator effectus, fruebar secundum -interiorem hominem non modica visione pacis, accidere illud quod -sibi multi etsi frustra accidisse queruntur, ut rursum ecclesie cura -rei familiaris cogeret implicari negotiis monasterii, quae secundum -cujusdam coloris sui speciem vere secularia sunt, aut pene secularia -judicanda, compulsus sum iterum cum cordis gemitu non sine -formidine exclamare: Heu mihi quam incolatus meus prolongatus -est ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note483"> -<p><span class="label"><a href="#tag483">483</a>. </span><span class="smcap">Greco</span>, 102 A. Ceterum comperiens Pontifex (Lucius III), -quanta Joachim spiritus illustratione fulgeret, superindictae scribendi -facultati adjunxit pro talenti multiplicatione, ut de cetero, -deposito temporalium monasterii onere enodandis sacrae paginae -arcanis se dederet .... 102 B. At Romani Pontificis auctoritas, -expetita seniori consilio suspendens, Joachim et ab onere Curatii -absolvit et alibi consedendi potestatem adjunxit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note484"> -<p><span class="label"><a href="#tag484">484</a>. </span><span class="smcap">Boll.</span>, pag. 93 C. Ego Luca archiepiscopus cusentinus, anno -secundo Pontificatus Domini Pape Lucii (cioè nel 1182) jam monachus, -primo in Casa Marii, vidi virum nomine Joachim tunc -abbatem Curatii .... Mansit autem in Casa Marii sedulo quasi -anno uno et dimidio, dictans et emendans simul librum Apocalipsis -et Concordiae. Che anche il <i>Decacordo</i> fosse cominciato a -Casamari lo dice Gioacchino stesso nella prefazione a quel libro, -fol. 227, col. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note485"> -<p><span class="label"><a href="#tag485">485</a>. </span>Loc. cit. Tunc coram eodem Domino Papa et Consistorio -ejus, cepit revelare intelligentiae Scripturarum, et utriusque testamenti -Concordiam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note486"> -<p><span class="label"><a href="#tag486">486</a>. </span>Cum ergo, jubente et exhortante te beatae memoriae Lucio -Papa praedecessore nostro expositionem Apocalipsis et opus Concordiae -inchoasse et postmodum de Papae Urbani auctoritate composnisse -judicaris. Lettera di Clemente III, in <span class="smcap">Greco</span>, pag. 102 A. -Contro queste due testimonianze cadono tutti gli argomenti del -De Lauro, pag. 59-60, che vuole sia stato papa Urbano e non Lucio -che abbia dato a Gioacchino la licenza di scrivere il commento -sulla Bibbia, ed il permesso di allontanarsi dall'abbazia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note487"> -<p><span class="label"><a href="#tag487">487</a>. </span>La gita ad Urbano III è raccontata da Vincenzo Beauvais, -<i>Specul. hist.</i>, lib. 29, cap. 40. Per hos dies venit ex Calabriae -partibus ad Urbanum papam Veronae commemorantum quidam -ab. Joachim de quo ferebant quia eum primum non plurimum -didicisset, divinitus accessit intelligentiae donum, adeo ut facunda -disserteque enodaret difficultates quasdam Scripturarum. Al tempo -del Beauvais s'era già cominciato a formar la leggenda; ma le fonti -più autorevoli come Luca non sanno nulla di questa voluta ottusità -primitiva, la quale serve mirabilmente a rilevare il merito e -l'ispirazione divina del Profeta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note488"> -<p><span class="label"><a href="#tag488">488</a>. </span>Et veniens ad nos quam citius se opportunitas dederit, discussioni -apostolicae sedes et judicio te praesentes (lettera di Clemente, -loco cit.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note489"> -<p><span class="label"><a href="#tag489">489</a>. </span>Vedi ad esempio <i>Expositio in Apoc.</i>, fol. 80, col. 3. Plura -sub quinto cursu ecclesiastici temporis sub beati Benedicti nomine -fundata esse monasteria, que et usque ad presens tempus perdurant, -in quibus aliquanto regule capitula ita absorta sunt ac si non -sanctus Benedictus ediderit, ut est precipue de opere manuum, et -de abstinentia ciborum ac potus, quod ideo accidisse cognoscitur -quia dum divites esse voluerunt sub regule paupertatis facti sunt -delicati et facti sunt invalidi et infirmi, facti sunt quibus lacte opus -sit, non solido cibo. Ne mirum. Quis enim unquam inter divitias -et delitias potuit tenere inopem vitam et castitatis propositum ubi -multi sunt cibi. Taceo quod infra urbes et vicos pluraque monasteria -sita ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note490"> -<p><span class="label"><a href="#tag490">490</a>. </span><span class="smcap">Greco</span>, pag. 102 C, dice che Pietralata si chiamò anche -Pietra dell'olio: et hoc non immerito, unctionem etenim Domini in -se non parum proficisse cognovit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note491"> -<p><span class="label"><a href="#tag491">491</a>. </span>Si potrebbe sospettare che questo luogo fosse chiamato Fiore -dopo la fondazione dell'abbazia a simboleggiare che da quel tempo -le stanze di feroci animali furon mutate in ameni giardini. Ma il -Greco dice al contrario che si chiamasse già Fiore, 105 B: Placuit -ergo, Deo disponente in Albanetho (parola inventata forse dal -Greco stesso dai duo fiumi Arvo o Albo, e Neto) ubi proprie de -Flore est nomen, vestigia premere. Lo stesso dice De Lauro, pag. 67. -Potrebbe sospettarsi che il luogo si chiamasse Fiore, dal nome di -qualche famiglia, che vi possedeva; ma non saprei dir altro.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note492"> -<p><span class="label"><a href="#tag492">492</a>. </span><span class="smcap">De Lauro</span>, pag. 68. A Petra Olei prorsus recesserunt anno -Domenicae nativitatis 1189 die 18 mensis Julii 6ª indictione, in -utraque Sicilia bono Guillelmo regnante, pace ubique vigente.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note493"> -<p><span class="label"><a href="#tag493">493</a>. </span><span class="smcap">De Lauro</span>, pag. 100. Celestinus Episcopus servus servorum -Dei. Dilectis filiis Joachino abati et conventui de Flore salutem -et apostolicam benedictionem .... Datum Romae octavo Kalendas -Septembris Pontificatus nostri anno sexto. [Celestino fu consacrato -il 14 aprile 1191].</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note494"> -<p><span class="label"><a href="#tag494">494</a>. </span>Il decreto imperiale riportato dal Greco, pag. 108 E. Henricus -Sextus, divina favente gratia Romanorum imperator semper -augustus et rex Siciliae .... innotescat quod nos attendentes -honestatem et religionem abbatis Sancti Joannis de Flore, dilecti -nostri, constituimus perpetuo pro redemptione animae nostrae monasterio -ejus quinquaginta aureos Byzantinos de redditibus salinae -de Netho .... Datum apud S. Maurum anno Dominicae incarnationis -millesimo centesimo nonagesimo quinto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note495"> -<p><span class="label"><a href="#tag495">495</a>. </span>Gioacchino stesso al di sopra dell'eloquenza mette la contemplazione. -Così nell'<i>Apocalisse</i>, fol. 48, col. 4: Proprietas predicandi -verbi est incarnati; proprietas spiritus sancti silentium magis -expectat quam sermonem, et nequaquam vociferando ingerat, sed -silendo inspiret. E nella <i>Concordia</i>, III, a, 8, fol. 31, col. 4: Commmutandus -est status Ecclesiae de Lia in Rachel, de verbi eloquentia -ad spiritualem intellectum, de frondium pulchritudine ad soavitatem -pomorum. Hoc est enim illud: nisi ego abiero, paraclitus non veniet -ad vos (<span class="smcap">Joh.</span>, <span class="smcap lowercase">XVI</span>, 7). Nota verbum et signa mysterium. Omnis -eloquentia pertinet ad verbum, omnis intelligentia spiritualis ad -spiritum .... Fol. 32, col. I: precessit regum tempore eloquentissimus -Esaias qui dicit: Ecce ego mitte me. Secutus est Hieremias -qui dicit: nescio loqui quia puer sum. Precessit Paulus facundissimus -predicando in Asia, secutus est Joannes cujus sermo despicabilis -est, sed tamen spiritualis gratie ubertate fecundus. Quin -mo quod utilius fiat dominus ipse demonstrat sum dicit: (<span class="smcap">Joh.</span>, -<span class="smcap lowercase">XVI</span>, 1) «Ego veritatem dico vobis, expedit vobis ut ego vadam; -si ego non abieroparaclitus non veniet ad vos, si autem abiero -mittam eum ad vos». Tale est enim ac si diceretur: nisi cultum -eloquentie subtraho, in quo carnalis pascitur intellectus, propter -eos quibus lacte opus erat aliquando et non solido cibo, spiritualem -intellectum accipere non potestis. Eo nempe circa spiritum mens -declarari nequit quo magis animus pascitur suavitate verborum, et -eo plus fructus spiritus quante sit dulcedinis sentitur, quo quicquid -foris resonat carnalibus hominibus et infirmis seponitur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note496"> -<p><span class="label"><a href="#tag496">496</a>. </span>Questa sola profezia delle tre ricordate dal Greco è conosciuta -dal Salimbene, pag. 4. Ideo verificatum videtur in Friderico -verbum abbatis Joachim, quod dixit Imperatori patri ejus quaerenti -de filio suo cum adhuc esset puer, qualis esset futurus, respondit: -perversus puer tuus, nequam filius et heres tuus o princeps. Nam -dominus turbabit terram, sanctos altissimi conteret. Omnia ista in -Friderico impleta fuerunt, ut vidimus oculis nostris qui nunc sumus -in <span class="smcap lowercase">MCCLXXXIII</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note497"> -<p><span class="label"><a href="#tag497">497</a>. </span>Che la pace tra la Chiesa e l'Impero non abbia a durare -Gioacchino lo dice chiaramente più volte. Vedi ad esempio nella -<i>Concordia</i>, III b, 6, fol. 41, col. 4: Quantum tamen secundum -coaptationem concordie exstimare queo, si pax conceditur ab his -malis usque ad annum millesimum duecentesimum incarnationis -dominice; exinde ne subito ista fiant, suspecta mihi sunt omnimodis -et tempora et momenta. Parimenti IV, 22, fol. 54, col. 2: hoc totum -imputandum est inertie sacerdotum qui consolantur eam dicentes: -pax pax cum non sit pax, de quibus dicitur: (<i>Threni</i>, II, 14) -Prophete tui viderunt tibi falsa et stulta, nec aperiebant ignominiam -tuam ut te ad penitentiam provocarent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note498"> -<p><span class="label"><a href="#tag498">498</a>. </span>Sulla Crociata del 1190 Gioacchino non ricorda previsioni da -lui fatte, ma scrive invece melanconiche riflessioni, che mostrano -come ei poco fidi nel valore delle armi cristiane. Cito l'<i>Apocalisse</i>, -fol. 134, col. 4, riserbandomi di citare altrove un luogo parallelo -della <i>Concordia</i>: Dictum est autem: quod siccande essent aque -Eufratis ut preparetur via Regibus ab ortu solis, quod sine gemitu -dicendum non est, initiatus quedam terribilis jam precessit, super -eo scilicet quod nuper accidit super inclito illo exercitu Frederici -magni et potentissimi imperatoris et aliis exercitibus populi christiani -qui transeuntes mare in infinita multitudine, vix in paucis -reliquiis pene sine effectu remearunt ad propria.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note499"> -<p><span class="label"><a href="#tag499">499</a>. </span><i>Apocalisse</i>, fol. 207, col. 4: Que omnia quidem ventura esse -credendum est; sed quibus modis et quo ordine veniant magis tunc -docebit rerum experientia. Fol. 210, col. 4: Quo consumato prelio -erit magna pax qualis non fuit a principio seculi, cujus terminus -erit in arbitrio Dei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note500"> -<p><span class="label"><a href="#tag500">500</a>. </span>Sui profeti dell'antico Testamento e principalmente su Ezechiele -vedi le belle pagine del Castelli: <i>La profezia nella Bibbia</i>, -Firenze, Sansoni, 1882, pag. 378 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note501"> -<p><span class="label"><a href="#tag501">501</a>. </span><i>Concordia</i>, II, 1, fol. 18, 3: Invenimus Helisabette concordare -cum Sarra quia utraque sancta mulier sterilis fuit, utraque -visitata divinitus concepit, et peperit in senectute sua. Utraque -autem antiquam illam hebraeorum designavit ecclesiam .... Cum -vero libere Sarrae jungitur Agar ancilla, tunc profecto Sarra mutat -significationem. Illa enim vetus, haec novum significat testamentum -.... Cum vero Agar, amota eidem Sarra, jungitur Rebecca, -tunc Sarra significat synagogam quae defuncta est, quare defuit -in fede; Rebecca vero ecclesiam quae intravit et obtinuit tabernaculum -ejus. III, 1, 16, fol. 32, col. 4: Igitur Helias qui aliquando -et alicubi designat Spiritum Sanctum, in hoc loco (<span class="smcap">Malach.</span>, IV, 5) -et in aliis significat Christum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note502"> -<p><span class="label"><a href="#tag502">502</a>. </span>Vedi ad esempio la <i>Concordia</i>, IV, 24, fol. 53, col. 4: Sicut -de nostra temporis hujus angustia quam a diebus, ut jam diximus, -Leonis pape et Henrici theotonicorum regis olerantes portamus, -illud quod nobis proprium est silentio non expedit preteriri, imo -nec sine cordis gemitu et dolore proferre Hieremie increpationem, -que peccata judeorum enumerans in nos, qui christiani dicimus et -non simus, redundat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note503"> -<p><span class="label"><a href="#tag503">503</a>. </span><i>Histoire lettéraire</i>, XVI, pag. 438; 540-41. Mi piace riprodurre -il passo del cronista inglese, pubblicato prima dal <span class="smcap">Martène</span>, -<i>Amplissima collectio</i>, V, 839, e poi dal <span class="smcap">Bouquet</span>, XVIII, 76. Hac -tempestate extitit quidam abbas non longe ab urbe Roma, ordinis -cisterciensis, sed cisterciensibus minime subjectus, qui quamdam -Expositionem in septem visiones Apocalypsis edidit, accepta, ut -ajunt, divinitus sapientia cum fere esset prius illiteratus. In hac -autem expositione evidenter ostendit vetus Testamentum Novo concordare -.... Quintam vero persecutionem quam sub quinta visione -..... dicit agi temporibus nostris a Saladino ..... Dicit etiam -quod anno Dominicae incarnationis MCXCIX incipit sexta visio et -sexti sigilli apertio, sub qua visione probat auctoritate Apocalypsis, -quod complebitur omnis antichristi persecutio et ejusdem mors et -perditio, sed ante ejus persecutionem dicit evangelium Christi ubique -praedicandum. Post antichristi vero imperium quot annorum -vel dierum fieret expletio sigilli sexti, id est, mortuorum resurrectio -et septimi sigilli inchoatio, id est, sanctorum aeterna glorificatio, -soli Deo cognitum esse fatetur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note504"> -<p><span class="label"><a href="#tag504">504</a>. </span>Le tre opere sono state pubblicate in Venezia nel 1517 la -prima, e nel 1527 le altre due. Il Preger ne ha combattuta l'autenticità -nella memoria letta all'Accademia di Monaco, <i>Das Evangelium -aeternum und Joachim von Floris</i>, München 1874. Il Reuter -confuta la dimostrazione del Preger nella sua grande opera <i>Geschichte -der religiösen Aufklärung im Mittelalter</i>, II, 356-60.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note505"> -<p><span class="label"><a href="#tag505">505</a>. </span><span class="smcap">Preger</span>, op. cit., pag. 22 che cita <span class="smcap">Salimbene</span>, <i>Chronicon</i>, -pag. 85. Hic est Leo I qui secundum abbatem Joachim concordiam -habet cum Josaphath Rege Judae (vide in libro figurarum Joachym -et in libro Concordiae).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note506"> -<p><span class="label"><a href="#tag506">506</a>. </span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 325: quia Expositionem abbatis Joachym super -Apocalypsim habebam, quam super omnes alias reputabam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note507"> -<p><span class="label"><a href="#tag507">507</a>. </span>Il <i>Liber figurarum</i> è citato altre due volte (vedi pag. 124 -e 224). Che il Salimbene faccia più conto dei libri apocrifi si raccoglie -da questo passo, ove parlando delle opere di Gioacchino, -mette in prima linea l'esposizione di Geremia, pag. 102. Hi duo -sollicitabant me ut scriptis abbatis Joachim crederem et in eis -studerem. Habebant enim expositionem Joachim super Jeremiam -et multos alios libros.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note508"> -<p><span class="label"><a href="#tag508">508</a>. </span><span class="smcap">Preger</span>, op. cit., pag. 27, che riferisce questo passo della -<i>Cronaca</i> pag. 103. Igitur abbas Joachim non limitavit omnino aliquem -certum terminum, licet videatur quibusdam quod sic. Sed -posuit plures terminos dicens: «Potens est Deus adhuc clariora -demonstrare mysteria sua et illi videbunt, qui supererunt».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note509"> -<p><span class="label"><a href="#tag509">509</a>. </span>Fol. 135, col 2. De exhibendo vero misterio hujus numeri -nemo mihi molestus fit, nemo me ultra statura limitem transire -compellat, <i>potens est enim Deus clariora adhuc facere mysteria -sua</i>; fol. 134, col. 2, si queris dierum numerum non est meum -dicere neque scire; quod nobis datum est hoc solvimus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note510"> -<p><span class="label"><a href="#tag510">510</a>. </span><span class="smcap">Preger</span>, pag. 27, che cita il luogo della <i>Concordia</i>, fol. 95, -dove dopo aver paragonato Assalonne il figlio ribelle, all'Anticristo, aggiunge: nisi forte quia Antichristi multi erunt aliquis dicat -in Absalon non significari illum maximum persecutorem, quem -Dominus Jesus interficiet spiritu oris sui, sed aliquem alium secundum -quod jam romanam sedem legimus aliquos usurpasse, et -nuper sub Federico imperatore accidisse comperimus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note511"> -<p><span class="label"><a href="#tag511">511</a>. </span><i>Conc.</i>, IV, 1, fol. 42, col. 3: .... Sicut ergo sunt arbores silve -plurime, que in stipitibus sunt similes, sed tamen in ramis foliisque -dissimiles, sic et duo testamenta in rebus quidem generalibus similia -sunt, sed in specialibus dissimilia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note512"> -<p><span class="label"><a href="#tag512">512</a>. </span><span class="smcap">Preger</span>, pag. 29-30. La lettera di Gioacchino è premessa nell'edizione -a stampa così alla <i>Concordia</i> come al <i>Commento dell'Apocalisse</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note513"> -<p><span class="label"><a href="#tag513">513</a>. </span>Fol. 229, col. 2. Neque ut tres ramos uni radici infixos, ut -substantiam radicem et tres ramos ipostasis arbitraris <i>juxta aliquorum -perfidiam</i>, quod est inducere quaternitatem. Ivi, col. 3: -Item quod his nequius est, nescio que tria preter substantiam -<i>nova adinventio</i> assignare presumpsit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note514"> -<p><span class="label"><a href="#tag514">514</a>. </span>Sulle antiche testimonianze, che provano l'autenticità delle -tre opere, vedi il <span class="smcap">Renan</span>, <i>Joachim de Flore et l'Évangile éternel</i> -nella <i>Revue des deux mondes</i>; tome LXIV, pag. 98.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note515"> -<p><span class="label"><a href="#tag515">515</a>. </span>Fol. 227, col. 2. Cum essem apud cenobium Case maris.... -accidit in me velut haesitatio quaedam de fide Trinitatis ecc. Questa -fu l'occasione, che gli fece scrivere il <i>Decacordo</i> dopo la <i>Concordia</i> -(quod opus incepimus primo) e l'<i>Esposizione dell'Apocalissi</i>, -quae (ignorante me omnimodis exitum rei) nescio qua Dei -providentia ex eadem nascendo processit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note516"> -<p><span class="label"><a href="#tag516">516</a>. </span><i>Apoc.</i>, fol. 134, col. 2. Mirum quod praeterito anno veniens qui -dam vir satis (ut apparebat) providus et timens Deum a partibus -Alexandriae, in quibus detentus fuerat in vinculis, dixit se audisse -a quodam magno Sarraceno mississe Patharenos Legatos suos -ad illos postulantes ab eis communionem et pacem .... Hoc audivi -ipse ab eodem viro in civitate Messana, anno millesimo centesimo -nonagesimo quinto incarnationis dominis tertie decime indictionis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note517"> -<p><span class="label"><a href="#tag517">517</a>. </span><i>Apoc.</i>, fol. 26, col. 3. De quibus in secundo libri psalterii sufficienter -diximus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note518"> -<p><span class="label"><a href="#tag518">518</a>. </span>Ho sott'occhi parecchie edizioni di questi vaticinii col commento -di Paolo Scaligero. Pauli Principis de la Scala et Hungariae -Marchionis Veronae etc. Domini Creutzburgi Prussiae, primi tomi -miscellaneorum de rerum caussis atque successibus, atque secretiori -methodo ibidem expressa effigies ac exemplar nimirum vaticiniorum -et imaginum Joachimi abbatis Florensis Calabriae et Anselmi -episcopi marsicani super statu summorum Pontificum romanae -ecclesiae, contra falsam iniquam vanam confictam et seditiosam -cuiusdam Pseudomagi, quae nuper nomine Theophrasti Paracelsi -in lucem prodiit, pseudomagicam expositionem, vera certa et indubitata -explanatio, Coloniae Agrippinae ex officina typografica -Theodori Graminaei anno <span class="smcap lowercase">MDLXX</span>. Dei trenta vaticini i primi quindici -sono attribuiti a Gioacchino. Il primo vaticinio si riferisce a -Papa Niccolò III (1277-80), qui non veretur decalvare sponsam ut -comam ursae nutriat; il quindicesimo si riferisce a Urbano VI (1378-89), -fera crudelis universa consumens.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note519"> -<p><span class="label"><a href="#tag519">519</a>. </span>Il Salimbene, pag. 176, conosce questi commenti: scripsit -etiam sibi (cioè all'imperatore Enrico VI). Espositionem Sybillae -et Merlini anno Domini <span class="smcap lowercase">MCXCVI</span>. La Sibilla, di cui qui si fa parola -è l'Eritrea, che vien citata insieme alla Tiburtina in questo altro -luogo (pag. 62). Verba sunt ista cujusdam Sybillae sed non inveni -ea nec in Erithrea nec in Tyburtina. Scripturas aliarum non vidi. -Di queste opere io non conosco alcuna stampa. Un libercolo, stampato -a Venezia, promette nell'intestazione di pubblicare il commento -di Gioacchino alle profezie di Cirillo, ma poi in luogo di -un opuscolo attribuito a Gioacchino ne stampa un altro di Telesforo -Cosentino, abbreviato da un frate Rusticiano. Non sarà inutile -riprodurre l'intestazione del libro, ed il principio dell'opuscolo -sulle ultime tribulazioni. Haec subjecta continentur in hoc libello -Expositio magni prophetae Joachim in librum beati Cirilli de magnis -tribulationibus et statu sancte matris Ecclesie ab hiis nostris -temporibus usque ad finem seculi, una cum compilatione ex diversis -Prophetis novi ac veteris testamenti. — Item explanatio -figurata et pulchra in Apocalypsim de residuo statu Ecclesie et -de tribus veh venturis debitis semper adjectis textibus sacre scripture -ac prophetarum. — Item tractatus de antichristo magistri Joannis -Parisiensis ordinis predicatorum. — Item tractatus de septem -statibus Ecclesie devoti doctoris fratris Ubertini de Casali ordinis -minorum. Venetiis per Bernardinum Benalium (p. 5.). Incipit liber -de magnis tribulationibus in primo futuris, compilatus a docto -et devoto presbytero et heremita Theolosphoro de Cusentia provincia -Calabriae, collectus vero ex vaticiniis novorum prophetarum -seu beati Cirilli, abbatis Joacchim, Dandoli et Merlini ac veterum -Sibillarum. Deinde abbreviatus per venerabilem fratrem Rusticianum -.... addidi sane paucissima locis opportunis predicta a sancto -Vincentio nostro et Brigida. In un codice della biblioteca laurenziana -(pluteo LXXXIX, cod. XLI, a pag. 103) va sotto il nome di -Gioacchino il <i>Liber Sybillae</i>, già pubblicato tra le opere di Beda -ediz. Basilea, II, 251.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note520"> -<p><span class="label"><a href="#tag520">520</a>. </span>Il commento di Alano di Lilla pubblicato a Francoforte il 1608 -(l'<i>Hist. lit.</i>, XIV, 420, dice: 1603). Ecco il titolo: Prophetia Anglicana -et Romana — hoc est — Merlini Ambrosii Britanni ex — incubo -olim ante annos — mille ducentos in Anglia nati vaticinia, -a Galfredo Monumetensi latine conscripta — una cum — septem -libris explanationum in eandem Prophetiam, excellentissimi sui -temporis oratoris — Polyhistoris et Theologi, Alani de Insulis, — Germani, Doct. universalis et Academ. Paris ante — annos 300, -Rectoris amplis. Addita sunt vaticinia — et praedictiones Joacchimi -abbatis Calabri qui vixit circa annum 1200. Una cum annotationibus -et explicatione Joannis — Adrasder. — Opus nunc prinum -pubblici juris — factum et lectoribus ad historiarum multarumque — rerum -cognitionem non parum — lucis allaturum — Francofurti, -Typis Joannis Spiessii, sumptibus Joannis — Jacobi -Possii mdcviii. Secondo l'<i>Hist. littér.</i>, XVI, 419, questo commento -fu scritto tra il 1174 e il 1179. Nella prefazione l'autore per giustificare -lo studio che fa delle profezie di un pagano ricorda Giobbe -e le Sibille (p. 4): Nec mirum de beato Job, cui similis in terra non -erat, cum Sibyllam non Erythraeam sed Cumanam tanta et tam -vera de Christi incarnatione, passione et morte .... prophetasse -noverimus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note521"> -<p><span class="label"><a href="#tag521">521</a>. </span>Il commento ad Isaia fu pubblicato in Venezia nel 1517. Su -questa edizione, che il Renan non potè vedere, è utile fermarsi -alquanto. In essa sono riunite tre opere: 1º il Commentario d'Isaia, -o meglio dei primi undici capitoli (fol. 1-9 <i>recto</i>); 2º Il <i>De oneribus -prophetarum</i> trovato dal Renan nel 3595 dell'antico fondo, e nell'836 -Saint Germain e 865 Saint-Victor, (fol. 9 <i>verso</i> — fol. 10; fol. 25 -e segg.); 3º Il <i>De oneribus provinciarum</i> trovato nel n. 836 Saint -Germain (fol. 11-27). La prima opera è divisa in dieci capitoli -che si succedono con numerazione regolare. Non così la seconda, -i cui capitoli prendono il numero non dall'ordine con cui si succedono, -ma dal capitolo del Profeta che commentano. Per esempio -dopo il capitolo 23 che commenta il <span class="smcap lowercase">XXIII</span> d'Isaia, <i>Onus Tyri</i>, -si salta al 30, che commenta il <span class="smcap lowercase">XXX</span>, 6 d'Isaia, <i>Onus jumentorum -Austri</i>. Dal 30 si retrocede al 19, commentario al <span class="smcap lowercase">XIX</span>, 1 d'Isaia, -<i>Onus Egypti</i>. Inoltre la prima opera si riferisce solo ad Isaia; -mentre la seguente si riferisce in gran parte ad Isaia, ma principia -colla citazione del <span class="smcap lowercase">XX</span>, 17-27, di Geremia, seguita col commento -del <span class="smcap lowercase">XIII</span> dell'istesso profeta, e finisce coi commenti ai profeti minori. -Perciò sarebbe bene intitolarlo <i>Onera prophetarum</i>, secondo -la nota a fol. 9<i>b</i>, che avverte il lettore: hic ponentur undecim -onera secundum Esaiam, quibus adduntur tres alia secundum prophetas -minores. La terza opera, o l'indice geografico, non ha che -fare colle altre, come si vede anche ad occhio, perchè è stampata -a caratteri più piccoli, ed il raccoglitore stesso per ben due -volte adduce il motivo di questa inserzione. Di queste tre opere il -Salimbene par che conosca soltanto la seconda, perchè a pag. 176 -dice che Gioacchino scripsit lecturam Isaie super oneribus, ed a -pag 191: aliquando legi sibi Expositionem abbatis Joachim de oneribus -Isaie.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note522"> -<p><span class="label"><a href="#tag522">522</a>. </span>Fol. 11 <i>b</i>: duo ordines ac si stellae lucidae orientur ad predicandum -regni evangelium iterato saccis cilicinis amicti. Fol. 13<i>a</i> -ecclesiam sardensem designare monachos cassinenses utique suam -carnalibus desideriis inquinantes. Fol. 17 <i>b</i>. Timeo ne ad eorum -(cioè dei tolosani) infamiam dissolvendam vexillum crucis evidens -elevetur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note523"> -<p><span class="label"><a href="#tag523">523</a>. </span>Il commento ad Isaia interpetra il 18 <i>Apoc.</i> in questo modo, -(fol. 4 <i>recto</i>): mulier auro inaurata indifferenter cura terrae principibus -effeminatis moribus fornicatur: Romana ni fallor ecclesia -ista est quae in Babylonem vitae confusione transfusa moechatur, -.... cardinales et presules ac si in coelo lucifer dignitate superbi -ecc. In ben diverso modo interpetra lo stesso testo Gioacchino -nella sua <i>Esposizione</i> (fol. 194, col. 2): Hanc magnam dixerunt -patres catholici esse Romam, non quoad ecclesiam justorum -que peregrinata est apud eam, sed quoad multitudinem reproborum -qui blasphemant et impugnant operibus iniquis eandem apud -se peregrinantem ecclesiam .... Non ergo in uno regno aut in -una provincia querendus est locus hujus famosissime meretricis, -sed sicut per totam aream christiani imperii diffusum est triticum -ebetorum et per omnem latitudinem ejus disperse sunt palee reproborum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note524"> -<p><span class="label"><a href="#tag524">524</a>. </span>L'accenno ai due ordini è ripetuto molte volte; fol. 5, 7, 11, -28 ecc. Federico II è nominato nel fol. 4 <i>a</i>: verumtamen in Silvestri -vaticinio de Federico secundo et ejus posteris ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note525"> -<p><span class="label"><a href="#tag525">525</a>. </span>Fol. 6 <i>verso</i>: cavendum erit a germanis et francis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note526"> -<p><span class="label"><a href="#tag526">526</a>. </span>Fol. 30 <i>verso</i>: si vero anni ipsi ad statum ecclesiae tertium -referuntur profecto in nonaginta annis futuris ab anno <span class="smcap lowercase">MCCI</span> -prostrabitur prorsus mundi superbia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note527"> -<p><span class="label"><a href="#tag527">527</a>. </span>Fol. 34 <i>recto</i>: Tempus Sedechiae regis tangit concorditer -presentem generationem inceptam anno 1201 a Christo sub pontifice -romano post obitum Celestini. Si potrebbe sospettare che in -luogo di 1201 s'abbia a leggere 1301, e che il papa Celestino -qui ricordato non sia il predecessore d'Innocenzo III, ma Pietro -Morrone addirittura. Ma pur lasciando il passo com'è, par chiaro -che il libro sia stato scritto dopo il 1201.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note528"> -<p><span class="label"><a href="#tag528">528</a>. </span>Et cum rex Franciae tempore illo cum aliis crucesignati -praepararet se ad transfretandum isti subsannabant et deridebant -dicentes quod male caderet ei si iret, sicut postea demonstravit -eventus. Et ostendebant mihi in expositione Joachim super Jeremiam -et multos alios libros. <span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 102.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note529"> -<p><span class="label"><a href="#tag529">529</a>. </span>Fol. 46, col 3: Leviathan quoad superbiam, serpens quoad -astutiam, cetus quoad avaritiam, tortuosus quoad doli nequitiam -lubricus quoad lasciviam, voracius quoad perfidiam, virulentus quoad -sevitiam, mare quoad iracundiam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note530"> -<p><span class="label"><a href="#tag530">530</a>. </span>Vedi la genealogia di Federico, fol. 45, col. 4; fol. 46, -col. 1. In quest'ultimo luogo è accennato alla ribellione ed alla -morte del figlio di Federico II; vel quia ejus filii latera sua rumpent -per discordiam, et tandem in defectum senectutis illius unus -centra alterum insurgendo unus pereat, alter praetium ecclesiae -Christi paret.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note531"> -<p><span class="label"><a href="#tag531">531</a>. </span>Tutta questa letteratura pseudoprofetica che va sotto il nome -del mago Merlino, della Sibilla Eritrea, e dell'abate Gioacchino, -pur non essendo benevola al Papa, non fa grazia neanche all'Imperatore. -E tutti hanno in odio Federico II, come ne fa fede lo -stesso commento a Geremia, fol. 58, col. 4. Sed si secundum Erithream -60 pedes vel annos habere describitur heres tuus, quod -etiam Esaias sentire videtur (<span class="smcap lowercase">XXIII</span>, 1) in spiritu sub figura Tyri, -quae respicit Siciliam equo vultu, mirum quomodo Merlinus eum -bis 5 decadum; qui legis intelligas et non centenarium sicut sonniat -imperitus. Praeterea in 60 annis terminari debet afflictio juxta -prophetam tam in imperio quam in regno. Nescio quo spiritu -ducitur Eritrea, ubi post Aquilam primam tam dico heredem -successorem in imperio et regno suo aquilam secundam introducat, -quod Merlinus subticet. Fol. 62 (correggi 64), col. 1: Eritrea: post -haec veniat Aquila habens caput et pedes 60 colore pardi ad livorem, -vulpis quoad fraudem, leonis quoad terrorem. Quia forte sub occasione -patarenorum coercendorum dolose incedet contra ecclesiam. -Un'altra versione di questa profezia che andava sotto il nome della -sibilla Eritrea fu trovata dal Bréholles in un manoscritto della Cronaca -ghibellina <i>De rebus in Italia gestis</i>, pag. <span class="smcap lowercase">XXXVI</span>. (<i>Chronicon -placentinum</i> ecc. edidit J. L. A. Huillard-Bréholles, Parisiis, 1856). -Et veniet Aquila habens caput unum et pedes <span class="smcap lowercase">LX</span>, cui acrescent -duo capita, cujus color sicut Pardi et pedes sicut Leonis et dicet -<i>pax</i> ut pacifice capiat. Mamillis Sponse Agni lactabitur usque dum -accrescat ei caput majus in Eneade terciumque minus, eruntque -sibillancia a Germanis usque Tyrum. Et dabitur ei galina una ex -Mauris alteraque orientalis et duo pulli ex quibus vorabit unum ecc. -I sexaginta pedes, che il Bréholles non sa spiegare, noi già sappiamo -dai passi del pseudo-Gioacchino surriferiti che vogliono dire -60 anni, perchè la fine dell'Impero si calcolava per il 1260, e la -profezia si suppone fatta nel 1200.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note532"> -<p><span class="label"><a href="#tag532">532</a>. </span>Fol. 44, col. 2. Satis congruum est ut cardinales et etiam -summus pontifex immendaces praedicatores veritatis percutiant -affligendo et (ponant in nervum) silentium eis imponendo ne eis -annuncient mala futura in clero a Romano Imperio. Ivi, col. 4: <i>Masculus</i> -(Hier. <span class="smcap lowercase">XX</span>, 15) est ordo seraphicus in ecclesia oriundus, <i>pater</i> -summus pontifex, ubi doctores cardinalesque prelati de illorum -ortu et profectu valde dolebunt, tanquam eorum solicitudine subvertentur -adulterantes verbum Dei. Fol. 47, col. 1: Sed quia summus -pontifex superbiae nititur, ab exauditione repellitur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note533"> -<p><span class="label"><a href="#tag533">533</a>. </span>Fol. 9, col. 4. Igitur Romana ecclesia ac si altera tribus Juda -recessit a Christo .... Quod etiam negasse Petrum et redisse ad -pompas Diaboli et mundi illecebras hujus, seu principes saeculares, -cum quibus est polluta per munera, contaminata per suffragia, fornicata -per fastigia dignitatum .... Fol. 49, col. 1: Hi (pastores) sunt -Lazarus quatriduanus, qui jam mortui sunt in tribus, in avaritia, -in perfidia, in superbia, quarto loco scatent et fetent in luxuria. -Fol. 52, col. 2. Aut enim prava vita, et doctrina ecclesiae latinae, -quae est Romae, intelligenda est ipsa pollutio .... dominam babylonem -ecclesiam, quae magistra est omnium meretricum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note534"> -<p><span class="label"><a href="#tag534">534</a>. </span>Fol. 43, col. 2. Sed nunc predicatores Evangelii aeterni frangent -doctrinam doctorum fidelium sacraeque scripturae in conspectu -ecclesiae generalis. Fol. 51, col. 3: per omnem orbem et -fere omnibus regnis terrae praedicabitur Evangelium eternum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note535"> -<p><span class="label"><a href="#tag535">535</a>. </span>Fol. 53, col. 1: Agitur enim nunc 1197 annus ut extendetur -ista vexatio in 64 annos deteriores prioribus. Vedi fol. 45, col. 3-4, -ove invece appare scritto il 1200: 42 menses 42 generationes sunt -in quibus affligendus est populus christianus et terminatur in anno -Christi 1260 .... in 60 annis terminabitur afflictio ecclesiae.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note536"> -<p><span class="label"><a href="#tag536">536</a>. </span>Fol. 7, col. 4. Videat Romanum capitulum si non fiet eis -arundineus baculus potentia gallicana, cui si quis innititur perforat -manus ejus. Cfr. fol. 59, col. 2. Necessario Francia .... videbitur -ecclesie adhaerere, quod quanto divine voluntati et dispositioni -displiceat ex consilio perpenditur Hieremiae .... Habet enim hoc -diffidentiae humana debilitas ut magis confidet in nomine quam -in Deo, et iccirco, unde sperat auxilium, justo judicio corruat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note537"> -<p><span class="label"><a href="#tag537">537</a>. </span>Il Salimbene infatti a pag. 176 cita questo finale del commento -a Geremia. Ecce Cesar, virgam furoris Domini. Sufficenter -est Jeremias explicitus, qui in replicandis afflictionibus saeculi ubique -cernetur implicitus, utinam et tu non usque expers sis divinae -formidinis, cum ad radicem imperialis arboris ponenda sit evangelica -jam securis. Il finale stampato è ben diverso, e più determinato -l'accenno alla ruina dell'impero. In ipso quoque finitur -imperium, quia etsi successores Christi fuerunt, tamen imperiali -vocabulo ex romano fastigio privabuntur. Cum decies et 1300 anni -Antichristus nascetur demone plenus post partum Virginis alme.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note538"> -<p><span class="label"><a href="#tag538">538</a>. </span>Riproduco il principio di quest'opuscolo che si trova nel -cod. XI, plut. IX, dext. Santa Croce, carte 54 tergo: De ultimis tribulationibus -disputantes in opusculis nostris posuimus diversorum opiniones -et nostram; sed quia sicut aliquando brevitas, ita nonnunquam -multiplicitas verborum parit obscuritatem, praesertim ubi non -est impetus aliquid absolute dicendi sed exponendi in serie quod -occurrit in libris, opere precium credidimus quid inde nostra opinio -teneat in summa in hac brevi oratiuncula semper quidem et multis -modis compilare. Studio est Sathanae concitare scandalum ecclesiae -Dei, et durat tempus principatus ejus non annis, non mensibus, -non diebus, nec cessat quantum in se est a persecutionibus electorum -.... Tria magna et quasi necessaria bella noscitur gessisse -sub veteri Testamento, et totidem gerere demonstratur in novo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note539"> -<p><span class="label"><a href="#tag539">539</a>. </span>L'opuscolo leggesi a p. 59 <i>recto</i> dello stesso cod. XI, plut. IX. -Il prologo ed il primo capitolo erano già riferiti dal resoconto -d'Anagni in questo brano che io pubblico secondo il codice della -Sorbona 1726: «Item habetur apertius in libello ipsius Joachim -de articulis fidei descripto ad querumdam filium suum Johannem, -quod opus suspectum est ex ipso prologo, ubi sic incipit -dicens»: Rogasti me (Joachim), attentius, fili Johannes, ut tibi -compilatos traderem articulos fidei, et notarem illa quae occurrerent -scripturarum loca, in quibus solent simplices frequenter -errare: ecce subiecta pagina invenies quod petisti. Tene apud te, -et lege sub silentio, observans ne perveniat ad manus eorum qui -rapiunt verba de convallibus, et currunt cum clamore ut vocentur -ab hominibus rabi, habentes quidem speciem pietatis, virtutem -autem eius penitus abnegantes. «Ecce qualiter in hoc prologo -vult iste Joachim articulos fidei legi in abscondito, more haereticorum, -qui in conventiculos dogmatizant. Item inhibet ne tractatus -suus veniat ad manus magistrorum, quos etiam tam -impudenter quam superbe vituperat». (Fin qui fu già pubblicato -dal Renan, op. cit. pag. 99, n. 1) «Sed de hoc non curetur, -quin potius diligenter attendatur. Primum capitulum huius compilationis, -quod intitulatur de fide trinitatis ubi sic ait Joachim»: -Ante omnia intellige Deum tuum esse tres personas plenas integras -atque perfectas, ita ut credas singulum esse plenum atque -perfectum Deum, et simul tres unum Deum totum simplicem, -totum aeternum (<i>totum virum, totum</i>, cod. laur.) invisibilem -et impalpabilem. Spiritus enim est Deus non corpus, et idcirco -mirari non debes si tres sunt unum, et unus (<i>unum</i>, cod. laur.) -tres; unum tamen dicimus non singularem, non utique sicut dicimus -unum sidus, unum jaspidem, unum smaragdum; sed unum -ab unitate, utpote cum dicimus unum gregem, unum populum, -unam turbam. Unde bene dicunt gramatici: populus currunt, et -turba ruunt, ut id, quod unum taliter dicitur, pluralis esse numeri -intelligatur, loquens (<i>loquimur</i>) ad intellectum non ad simplicem -vel perfectam similitudinem, ut videlicet per visibilia invisibilia -intelligamus. Si de duabus tribubus Israel dicit Scriptura: -dixit Judas Symoni fratri suo: veni pugna mecum in sorte mea, -ut et ego pugnem in sorte tua, miratur homo si tota trinitas dicitur -unus Deus? si una massa auri distinguatur (<i>distingueretur</i>) -in tres statuas maxime si, ut solent fieri in arte fusoria totae tres -partes (manca <i>partes</i> nel cod. laur.) essent coniunctae, sic diceretur -singula statua esse unum aurum, at tamen simul tres non -dicerentur nisi unum aurum. Et miratur homo si singula divinitatis -persona dicitur esse unus Deus, et simul tres unus Deus? Si -incalenti clibano proicierentur stipulae et ligna, licet deesse viderentur -flamma et carbones repente tamen in uno loco, idest in -ardore (male cod. <i>in uno illo hoc ardore</i>) tota tria ipsa pariter -apparerent. Si flammae adhaerenti sulphuri adhiberetur competens -fomentum, licet deesse viderentur carbones, repente tamen -in uno illo tota tria illa habentur pariter. Sed etsi carbo solus adesset, -mox adhibitis stipulis, tota tria illa pariter integra apparerent. -Il secondo capitolo s'intitola <i>De incarnatione verbi Dei</i> e comincia -così (cod. laur. p. 60): Fuerunt quidam haeretici qui dicerent -Christum unius esse naturae: fuerunt qui dicerent matrem virginem -non deum sed tantum hominem genuisse. Tu autem horum omnium -devitans perfidiam crede Christum unam personam ex duabus et in -duabus consistentem naturis, secundum quod oliva inserta oleastro -cum ipso oleastro una est arbor, atque hoc totum, quod Christus -dicitur, genuisse. Quod si dicis, verbum dei, quod aliunde venit in -virgine, gignere non potuit virgo, ergo nec corruptibile semen viri -gignere potest mulier, et quoniam ipsum semen aliunde venit ad -ipsam. Neque enim gignere de ipsa potest mulier nisi aliunde concipiat. -Hoc autem solum interest quod caeterae mulieres concipiunt -ex hominibus, haec autem sola virgo concepit et peperit semen -divinum, verbum scilicet quod caro factum est et habitavit in nobis. -Gli altri capitoli sono: 3. De sacramento baptismi et penitentia. — 4. -De sacramento crismatis. — 5. De sacramento corporis -et sanguinis Christi. — 6. De libero arbitrio et gratia. — 7. De predestinatione -et prescientia Dei. — 8. Quomodo possit Deus timeri -pariter et amari. — 9. De fide et operibus. — 10. De misericordia -et juditio. — 11. De timore et amore. — 12. De laetitia et tristitia. — 13. -De vita conjugali et coelibatu, sive de abstinentia et gustatione -ciborum. — 14. De opere manum et sancto otio. — 15. Item de -eodem. — 16. De quiete claustri et frequenti mysterio. — 17. De utilitate -praedicationis et virtute silentii. — 18. De resurrectione mortuorum. -Manca nel codice l'ultimo capitolo che secondo il resoconto -d'Anagni s'intitolava <i>Confessio fidei</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note540"> -<p><span class="label"><a href="#tag540">540</a>. </span>Plut. LXXXIX, cod. XLI, c. 108 <i>verso</i>: Universis Christi -fidelibus, ad quos litterae istae pervenerint, frater Joachim dictus -abbas: vigilate et orate ne intretis in tentationem. Loquens dominus -Ezechieli prophetae, quem tempore transmigrationis Babiloniae -speculatorem constituerat domui Israel, post multa quae ei scribenda -commiserit, comminatus est dicens: si me dicente impio: -morte morieris, non annunciaveris ei, ipse quidem in impietate sua -morietur. Sanguinem autem eius de manu tua requiram etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note541"> -<p><span class="label"><a href="#tag541">541</a>. </span>Fol. 279, col. 3: Incipit hymnus eiusdem abbatis Joachim de -patria celesti. Fol. 280, col. 1: Incipit Visio eiusdem preclara ac -plurimum admiranda de gloria paradisi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note542"> -<p><span class="label"><a href="#tag542">542</a>. </span>Gioacchino nel <i>Psalterium decem cordarum</i>, fol. 229, col. 4, -rileva questa difficoltà: O humana temeritas quam ceca semper! -O inimica semper humane pietati presumptio! Si sic extimasti -simplicem divinam substantiam, uti seorsum a personis cogitaveris -illam, Sabellium sub Arrio palliasti; si seorsum a substantia tres -personas, Arrium sub Sabelli palliatione excusas.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note543"> -<p><span class="label"><a href="#tag543">543</a>. </span>Vedi anche l'<i>Expositio in Apocalipsim</i>, fol. 34, col. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note544"> -<p><span class="label"><a href="#tag544">544</a>. </span><i>Psalt.</i>, fol. 229, col. 3. Inter calorem et splendorem scissionem -facere nequis, et tamen eos non dubitas esse duos; et divinam -vis substantiam scindere, ut trinum deum credere possis? Item -quod his nequius est, nescio que tria preter substantiam nova adinventio -assignare presumpsit, ut in altero unitas in altero trinitas -demonstretur quasi cum substantiam illam igneam, que in celo est, -et radium qui ex ea nascitur, et calorem unum solem esse dicimus, -quartum aliquod solis nomine assignamus. Cfr. fol. 229, col. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note545"> -<p><span class="label"><a href="#tag545">545</a>. </span><i>Psalt.</i>, fol. 230, col. 4: Inter cetera ergo opera domini, que -misterium exhibent trinitatis, magnum tenet locum decacordum -Psalterium. Est enim, ut diximus, vas unum musicum, quod etsi -dividi per partes potest, quia corpus est, non tamen ut esse possit -decacordum Psalterium, quamdiu ergo Psalterium est, indivisum -est. Si dividitur in partes non esse desinit id quod erat. Igitur vas -ipsum unum est, sed tamen in tribus cornibus miro modo consistens. -Adeo enim tria cornua ipsa unitas possidet indivisa, ut -et tria videantur esse unum et unum tria.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note546"> -<p><span class="label"><a href="#tag546">546</a>. </span><i>Psalt.</i>, fol. 231, col. 2: Aliud sonat unus, aliud sonat unitas. -Unus non absolute dici nequit, nisi de una persona. Unitas vero -proprie dici non potest nisi de duobus ad minus. Neque enim cum -iubemur consistere in unitate, ad singularem personam referri posse -credendum est, licet ad populum, ad conventum, ad plebem. Cum -enim dicitur absolute: unus est hic aut illic, non est in loco ille -nisi unus, persona incunctanter intelligo; cum vero dicitur: unitas -est in loco illo, profecto nihil aliud intelligimus, quam multorum -cor unum et animam unam; hoc est unam voluntatem et unum -consensum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note547"> -<p><span class="label"><a href="#tag547">547</a>. </span><i>Psalt.</i>, fol. 240, col. 1: Solus tamen Pater genitor est, solus -Filius genitus, solus Spiritus sanctus ab utroque procedens. Solus -autem Pater sic mittit Filium et Spiritum sanctum, ut a nullo mittatur, et idcirco eterna Patris divinitas communis est Filio et Spiritui -sancto. Incarnatio vero Filii propria Filii est. Assumptio columbe -vel ignis propria Spiritus sancti, etsi una sit operatio trium.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note548"> -<p><span class="label"><a href="#tag548">548</a>. </span><i>Psalt.</i>, fol. 240, col. 2: Sicut autem timoris nomine Patrem, -sapientie Filium, ita charitatis nomine intelligimus Spiritum sanctum. -Fol. 241, col. 3: In actionis obtinentia timor domini, in lectionis -studio sapientia, in oratione et confessione operatur dilectio. Tenemur -obedire per timorem, qui est Pater; tenemur legere per sapientiam, -qui est Christus; tenemur psallere et orare per charitatem, -qui est Spiritus sanctus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note549"> -<p><span class="label"><a href="#tag549">549</a>. </span>Che una connessione corra tra la dottrina della trinità e -quella dei tre stati lo dice l'<i>Expositio in Apocalipsim</i>, fol. 142, -col. 2. Pro eo enim quod Deus trinitas est, in tribus magnis certaminibus -oportebat dissolvi regnum mundi hujus a compage sua, -ut statueretur perpetue regnum Dei. Cfr. <i>Concordia</i>, II, I, 6, fol. 8, -col. 4. Alioquin si una persona esset deus, nec tria distincta opera -essent querenda, nec in uno tamen concordia assignari valeret.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note550"> -<p><span class="label"><a href="#tag550">550</a>. </span><i>Apoc.</i>, fol. 3, col. 2: Est enim clavis veterum notitia futurorum. -<i>Conc.</i>, II, 5, fol. 8, col. 1: Intelligentia illa quae Concordia -dicitur similis est vie continue, que a deserto porrigitur ad civitatem, -interpositis locis humilioribus, in quibus se viator ambigat -iter rectum adire, et nihilominus interpositis jugis montium, a -quibus possit posteriora et anteriora respicere, et residui itineris -rectitudinem ex retroactae viae contemplatione metui. Omnis enim, -qui coram facie graditur, ubi itineris vestigium non apparet, ex -aspectu retroacti agendi rectitudinem pensat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note551"> -<p><span class="label"><a href="#tag551">551</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 1, fol. 6, col. 3. Multum ergo distat inter utrumque -celum, multum inter utrumque testamentum differentia est. Differunt -sane utriusque nativitates, differunt vite, differunt bella, differunt -et victorie. Illi enim ex carne, isti ut jam dixi ex aqua et spiritu -nati sunt .... illi faciebant uxoribus libellum repudii .... isti in -typo Christi et ecclesie singuli singulas teneri jubentur .... illi pro -terrenis possessionibus pugnaverunt, isti non tam pro terra aut qualibet -terrena substantia, sed pro sancte libertate ecclesie et salute -spirituum suorum preliare noscuntur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note552"> -<p><span class="label"><a href="#tag552">552</a>. </span><i>Apoc.</i>, fol. 3, col. 1. Pro quattuor autem historiis quattuor -evangelia data sunt .... Duo vero medii Marcus et Lucas non -apostoli sunt, sed apostolorum discipuli et audita potius quam -visa describunt. Sicut ergo apud nos si humano liberaretur judicio, -majoris auctoritatis esse quis diceret que apostoli visa, quam quod -apostolorum discipuli non tam visa quam audita scripserunt, ita -historiarum quattuor, prime et ultime, Job scilicet et Hester majorem -judeorum presbiteri auctoritatem dederunt, quam duobus mediis, -Tobie vero et Judith.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note553"> -<p><span class="label"><a href="#tag553">553</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 1, fol. 7, col. 2. Oportet inquam nos in hoc opere -altare testamenti prioris pro dono omnipotentis Dei ordinate componere, -fundentes et statuentes desuper aquam testamenti novi, ut -aliud inter aliud, ac si rota infra rotam inesse per concordiam -videatur. Invisibilem autem spiritum ignem suum spiritualem veluti -de tertio celo dirigere, ut, veniente quod perfectum est, evacuet -quod ex parte.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note554"> -<p><span class="label"><a href="#tag554">554</a>. </span><i>Conc.</i>, III a, 18, fol. 29, col. 4. Attendamus ergo spiritualiter -quae spiritualiter dicta sunt, et quemadmodum aedificent spiritualiter -resoluta quae, carnaliter intellecta, insipida sunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note555"> -<p><span class="label"><a href="#tag555">555</a>. </span><i>Conc.</i>, Prol., fol. 8, col. 1. Allegoria est similitudo cujuscusque -rei parve ad maximam ac si dies ad annum, ebdomada ad etatem, -persona ad ordinem vel ad urbem ad gentem ad populum et -mille talia. Verbi gratia Habraam unus est homo et significat ordinem -patriarcharum, in quo multi sunt homines. Zacharias unus -est homo et hoc ipsum significat. Sarra una est femina et significat -Synagogam .... Datus est filius Sarrae, filius non carnis sed -permissionis temporis senectutis suae. Hoc est quando venit plenitudo -temporum ut mitteret Deus filium suum; ergo Elisabethe -illud idem significat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note556"> -<p><span class="label"><a href="#tag556">556</a>. </span><i>Conc.</i>, lib. V, cap. I, fol. 60, col. 3, 4; <i>Apoc.</i>, fol. 14, col. 3. -Tutte queste interpetrazioni si riducono a quattro principali, fol. 61, -col. 3. Quia ex hiis omnibus quatuor sunt intelligentie principales, -que ceteras omnes continet infra se 1.º Historica seu et 2.º moralis -3.º contemplativa [sub cujus nomine continentur duo tropologica -et anagogica, quarum prima inferior est contemplativa, secunda -superior] et 4.º typica, que dividitur in septem speciebus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note557"> -<p><span class="label"><a href="#tag557">557</a>. </span><i>Concordia</i>, V, 2, fol. 61, col. 1; cfr. II, I, 29, fol. 28, col. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note558"> -<p><span class="label"><a href="#tag558">558</a>. </span><i>Apoc.</i>, fol. 63, col. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note559"> -<p><span class="label"><a href="#tag559">559</a>. </span>Queste strane allegorie si leggono nel <i>Commento all'Apocalisse</i>, -fol. 53, col. 4; fol. 54, col. 3, 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note560"> -<p><span class="label"><a href="#tag560">560</a>. </span><i>Conc.</i>, IV, I, fol. 42, col. 2, 3. Sciendum quoque quod concordia -non secundum totum exigenda est, sed secundum quod -clarius et evidentius est; non secundum cursum historie, sed secundum -quid .... Ita novum testamentum simile est veteris testamenti -.... Sicut ergo sunt arbores sylvae plurimae quae in stipitibus -sunt similes sed tamen in ramis foliisque dissimiles, sic et -duo testamenta in rebus quidem generalibus similia sunt sed in -specialibus dissimilia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note561"> -<p><span class="label"><a href="#tag561">561</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 2, fol. 7, col. 2. Concordiam proprie esse dicimus -similitudinem aeque proportionis novi ac veteris testamenti, -eque dico quoad numerum non quoad dignitatem, cum videlicet -persona et persona, ordo et ordo, bellum et bellum ex parilitate -quodam mutuis se vultibus intuentur, utpote Habraam et Zacharias, -Sarra et Elisabeth, Isaac et Joannes Baptista, et homo Jesus et -Jacob, duodecim Patriarche et numeri ejusdem apostoli, et quodlibet -simili, quod totum ubicumque occurrerit non pro sensu allegorico -sed pro concordia duorum testamentorum facere certum est, -unum vero spiritualem intellectum ex utroque procedere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note562"> -<p><span class="label"><a href="#tag562">562</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 10, fol. 10, col. 3. Non igitur secundum intellectum -numerum annorum extimanda sunt tempora ista, sed secundum -numerum generationem. Etenim ab Adam usque ad Christum -fuerunt generationes quadraginta et tres, et ab Osia usque -ad finem secundi status sexaginta tres; ab Osia namque initiatum -est testamentum novum quod confirmatum est in Christo, ne prius -videretur deficere vetus quam novum seminatum et radicatum germinaret -ex humo et produceret fructum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note563"> -<p><span class="label"><a href="#tag563">563</a>. </span>Oltre alle suddette analogie Gioacchino sa scoprirne un'altra -che per la sua singolarità merita di esser riferita. <i>Conc.</i>, IV, 2, -fol. 43, col. 2. Sed et illud ad concordiam pertinere non est dubium, -quod sicut Eva prima mater corrupta per serpentem genuit -geminos in peccato, quorum junior a primogenito interfectus est; -ita, ut traditur, tempore predicti Osie mater populi romani, que vocata -est Rhea vel Ilia, geminos concepit de stupro, et nihilominus -primogenitus juniorem occidit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note564"> -<p><span class="label"><a href="#tag564">564</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 5, fol. 8, col. 2. Habet autem iter istud, quo -pergere cupimus, duce deo, aliquid securius utpote quam non aliquo -casu agitar aut agi capit, sed in dei sapientia et doctrina habens -stationes suas certis limitibus designatas. Qui videlicet limites diversis -modis considerandi sunt, largo seu et districto secundum -majora tempora et secundum mediocra et minora; quod totum de -numero generationum et temporum proprietate colligitur. Aliud -namque tempus fuit, in quo homines vivebant secundum carnem, -hoc est usque ad Christum, cujus initiatio facta est in Adam. -Aliud in quo vivitur inter utrumque, hoc est inter carnem et spiritum, -usque scilicet ad presens tempus, cujus initiatio facta est ab -Heliseo propheta, sive ab Osia rege Juda. Aliud in quo vivitur secundum -spiritum usque videlicet ad finem mundi, cujus initiatio a -diebus beati Benedicti. Fructificatio itaque vel proprietas primi -temporis, sive ut dicimus melius, primi Status ab Habraam usque -ad Zachariam patrem Joannis Baptiste, initiatio ab Adam. Fructificatio -secundi status a Zacharia usque ad generationem quadragesimam -secundam; initiatio ab Osia sive a diebus Asa sub quo -vocatus est Heliseus ab Helya propheta. Fructificatio tertii status -ab ea generatione, quae fuit vigesimasecunda a Sancto Benedicto, -usque ad consumationem seculorum; initiatio a Sancto Benedicto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note565"> -<p><span class="label"><a href="#tag565">565</a>. </span><i>Conc.</i>, II a, 18, fol. 13, col. 1. Ab Adam usque ad Jacob -fuerunt generationes 21: a Jacob usque ad Asa et alio modo usque -ad Osiam generationes 21; licet enim judices qui prefuerunt populo -Israel non pertineant ad ordinem generationum; tamen pro -generationibus accipiendi sunt, quia quedam propagatio spiritualis -fuit in eis sicut ut in regibus Jude et Israel. Exinde ab Asa usque -ad Achim, sive ab Osia usque ad Christum generationes 21.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note566"> -<p><span class="label"><a href="#tag566">566</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 19, fol. 13, col. 1. Quia denarius numerus perfectus -est integer in seipso, in eo velut in fonte aliorum statuendus -esset finis inquisitionis nostre .... Si quidem ab Adam usque ad -diluvium generationes decem, a diluvio usque ad subversionem Sodomorum -generationes decem. Exinde usque ad Obed, qui fuit -contemporaneus Hely, generat. X. Exinde usque ad Joas, in cujus -diebus cepit sterminari Israel ab Azael rege Siriae, gen. X. Exinde -usque ad trasmigr. Babilonis gen. X.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note567"> -<p><span class="label"><a href="#tag567">567</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 23, fol. 14, col. 3. Et que sint illa septem signacula -(memorata in libro Apocalipsi) septem signa quorum sex peracta -sunt in labore filiorum Israel, septimum in otium.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note568"> -<p><span class="label"><a href="#tag568">568</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 9, fol. 10, col. 2. Primus status tenendus est ab -Adam usque ad Christum, secundus ab Osia rege usque ad presens, -tertius a beato Benedicto usque ad consumationem seculi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note569"> -<p><span class="label"><a href="#tag569">569</a>. </span><i>Conc.</i>, IV, 24, fol. 53, col. 4. Illud autem lectorem moneo et -maxime in legendis historiis et notandis annorum numeris studiosum, -ut si forte in distinctione pontificum et imperatorum aliquid per -generationes singulas invenerit corrigendum, quod ex corruptione -multimodo chronicarum accidesse posse non nego, liberum sit ei pie -tamen et veraciter emendare, ne forte sicut ego in diversis diversa -repperi, ita accidere potuerit ud ad summam veritatis venire nequierit -....</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note570"> -<p><span class="label"><a href="#tag570">570</a>. </span><i>Conc.</i>, IV, 3, fol. 44-45. Il raffronto si chiude con queste -parole: Quod intelligens Constantinus imperator beato papa Silvestro -imperialem, quam ipse tenere videbatur, tamquam deditam -Christo regi sponte obtulit dignitatem. Verumtamen quia regnum -Christi non est ex hoc mundo, sic visum fuit romanis pontificibus -debitam semper a Christo accipere potestatem, ut tamen usum -temporalis regni vel potius bonorum corporalis regiminis illis cogerentur -permittere, qui mundi gloriam querunt, ne hi, qui juxta -Apostolum militant deo, implicarentur temporalibus negociis. Gioacchino -conosce ed apprezza grandemente l'opuscolo di S. Bernardo -indirizzato a papa Eugenio. (<i>Conc.</i>, V, 64, fol. 94, col. 4). Bernardus -noster abbas Claravallis, qui in libro suo de Consideratione -misso ad Eugenium papam, nihil de negligentiis aut gravamine subjectorum -derelictum est in tantum, ut adeo liber ipse alter leviticus -esse putaretur. Et quamvis sanctus vis mordacius argueret in -romano pontifico occupationem, non tamen absolute occupationem, -sed illam quae est secundum seculum, per quam ea, que est secundum -Deum occupatio, periit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note571"> -<p><span class="label"><a href="#tag571">571</a>. </span>IV, 5, fol. 46, col. 1. Non enim in hac generatone aliquis -imperator similis Salomoni in sapientia reperitur. Et tamen per -spiritualem intellectum completum est in hac eadem generatione -secundum aliquod mysterium Salomonis, quia Christus Jesus, quem -significat Salomon altius pre solito per quosdam preordinatos servulos -abundanter influxit .... Hylarius, Hieronimus, Joannes Chrisostomus, -Augustinus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note572"> -<p><span class="label"><a href="#tag572">572</a>. </span><i>Conc.</i>, IV, 6, fol. 46, col. 4; IV, 8, fol. 47, col. 4; fol. 48, -col. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note573"> -<p><span class="label"><a href="#tag573">573</a>. </span>Il cap. IV, 17, fol. 52, col. 2-3, che riguarda Leone si chiude -con queste secche parole per Gregorio VII: Denique et in sequenti -generatione, que respicit Joachaz (Joachin), quia sine consensu imperiali -electus est Gregorius VII in romanum pontificem, obsessus ab -imperatore idem papa, sublatusque idem a duce normandorum ductus est usque ad Salernum. In cujus locum idem imperator substituit -Gilbertum, ravennatem episcopum, vocavitque eum Clementem. -Completa est autem in hoc facto similitudo ei que accidit regi -Joachaz, quem rex Egypti amovit a Hierusalem, ne regnaret in eo, -et substituit ei Joachim fratrem ejus pro eo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note574"> -<p><span class="label"><a href="#tag574">574</a>. </span><i>Conc.</i>, IV, 22-25, fol. 53, col. 2; fol. 54, col. 3. Riporto solo la -fine di questo lungo passo. Etenim ordo ille, qui pro claritate sapientie -dici poterat aurum, modo obscuratum est et rursum velut -in nigrum plumbum. Et hii, qui quasi lapides preciosi contineri -consueverunt in claustro cordis, modo percurrentes vias latas, dispersi -sunt in capite omnium platearum, disponentes exteriora -negocia, dirimentes eas et lites judiciorum non bonorum .... Nunc -autem ipsius ecclesie exigentibus culpis, hii qui successerunt in ipso -ordine sacerdotali, nihil pene habentes de imitatione celestis hominis, -terreni sunt omnino et terrena sectantur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note575"> -<p><span class="label"><a href="#tag575">575</a>. </span>IV, 30, fol. 55, col. 4. In ecclesia vero incipit generatio quadragesima -prima anno domini 1201 .... Sed tamen expectandum -est cura ingenti timore.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note576"> -<p><span class="label"><a href="#tag576">576</a>. </span><i>Conc.</i>, I, 8, fol. 9, col. 3: Habet et monachorum ordo imaginem -Spiritus Sancti qui est amor Dei; quia non posset ordo ipse despicere mundum, et ea quae sunt mundi nisi provocatus amore Dei -et tractus ab eodem Spiritu, qui expulit dominum in desertum, -veruntamen spiritualis dictus est quia non secundum carnem ambulat -sed secundum spiritum. Igitur primus ordo initiatus est ab -Adam, secundus ab Osia rege Juda, tertius secundum aliquid -ab Heliseo propheta, secundum aliquid a beato Benedicto. Quare -sic? Quia Spiritus Sanctus a patre filioque procedit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note577"> -<p><span class="label"><a href="#tag577">577</a>. </span><i>Conc.</i>, II a, 14, fol. 11, col. 4: Si autem incipis ab Asa sub -quo vocatus est Heliseus, ab ipso usque ad trigesimam septimam -generationem ab incarnatione Domini, sub qua et convaluit pre -solito ordo monasticus sub regula sancti Benedicti in partibus -Galliarum generationes sexaginta tres, usque vero ad initium tertii -status septuaginta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note578"> -<p><span class="label"><a href="#tag578">578</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 14, fol. 11, col. 3: Et rursus a sancto Benedicto -usque ad consumationem seculi eadem existimatio manet -sub eo tamen dierum numero, quem novit ipse solus, qui fecit omnia -secundum consilium voluntatis sue. Ivi, III, 6, 7, fol. 42, col. 3: -Ego autem mediam horam (Apoc., 8, 13) in loco isto pro dimidio -anno accipiendum esse puto. Quid tamen de hoc verius sit judicio -domini relinquendum. V. 64, fol. 95, col. 1: Sed utrum natus sit -puer, qui designatus sit in Salomone aut in primo nasciturus, deus -melius novit. Quia initia semper obscura et intellectu difficilia. -V. 118, fol. 134, col. 2: Si queris dierum numerum non est meum -dicere neque scire; quod nobis datum est hoc solvimus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note579"> -<p><span class="label"><a href="#tag579">579</a>. </span>IV, 31, fol. 56, col. 2: In ecclesia incipiet generatio 42 anno -vel hora quam Deus melius novit. Non è meraviglia che si possa -conoscere la fine di una generazione e non il principio, perchè -Gioacchino più volte ripete che la durata della generazione può -essere maggiore o minore del numero medio. Così <i>Conc.</i> II, I, fol. 12 -Generationis in veteri Testamento variae fuerunt et inequales.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note580"> -<p><span class="label"><a href="#tag580">580</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 16, fol. 12, col. 3: Igitur in Testamento novo non -secundum carnem accipienda est generatio sed secundum spiritum. -Et quoniam triginta annorum erat dominus quando cepit habere -filios spirituales, quod et perfiguratum fuerat in unctione David -et inchoatione prophete Ezechielis prophete, recte spatium generationis -in novo Testamento triginta annorum numero terminatur -nimirum quod perfectio ipsius numeri ad fidem pertinet trinitatis. -Inde est quod nemo absque magna necessitate debet in novo -Testamento suscipere sacerdotii dignitatem ut fiat pater spiritualis -nisi sit triginta amorum .... Igitur generationes ecclesie sub spatio -<span class="smcap lowercase">XXX</span> annorum singule sub singulis tricenariis accipiende sunt, -ita ut sic Mattheus comprehendit tempus primi status sub spatio -generationum 42, ita tempus secundi super eodem generationum -numero terminari non sit dubium, maxime cum ostendatur significatum -in numero dierum, quo mansit absconditus Helias (III <i>Reg.</i> -19) a facie Acab, et quo mulier amicta sole, que designatur ecclesia, -mansit abscondita in solitudine a facie serpentis, (<i>Apoc.</i>, -XII, 6) accepto haud dubium die pro anno et mille ducentis sexaginta -diebus pro totidem annis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note581"> -<p><span class="label"><a href="#tag581">581</a>. </span>V, 15, fol. 67, col. 4: Sic quondam Helias certis temporibus -diebus vel annis mansit absconditus a facie Jezabelis, hoc est tribus -annis et mensibus sex, ita in eodem spatio dierum et annorum -dicta est memorata stetisse in solitudine, hoc est 1260 (<i>Apoc.</i>, XII, 6). -Hoc tempus et tempora et dimidium temporis, quia vero numerus -iste dierum vel annorum noctibus sit ad agnoscenda tempora dies -et annos, et in secundo hujus operis libro sufficienter demonstratum -est. Cfr. V, 75, fol. 104, col. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note582"> -<p><span class="label"><a href="#tag582">582</a>. </span><i>Conc.</i>, V, 89, fol. 118, col. 2. Quod ergo mulier ista ascenderat -in eminentiorem partem domus, et ut fugeret consortia -publica, ibi se contegerat cum puellis suis, quid nisi vitam contemplativam -et anacoreticam significare creditur maxime cum scriptum -sit in libro Apocalypsi de muliere amicta Sole, et mulier fugit -in solitudinem ut pascat ibi diebus 1260. Cfr. <i>Apoc.</i>, fol. 160, col. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note583"> -<p><span class="label"><a href="#tag583">583</a>. </span><i>Conc.</i>, l. c., fol. 117, col. 4. Vidua Judith ecclesiam orientalem -sicut puto designat .... mansit autem Judith in viduitate -sua annis tribus et mensibus sex. Magnum istud plane et apertum -mysterium. Hic est enim ille magnus numerus qui universa hec -continet facta. Sunt etenim menses 42 sive dies 1260, nihilque -aliud designant quam annos 1260, in quibus novi testamenti sacramenta -consistunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note584"> -<p><span class="label"><a href="#tag584">584</a>. </span>II, I, 14, fol. 11, col. 8. Ordo monachorum secundum aliquid -ab Heliseo propheta, qui vocatus est ad gratiam prophetie in extremo -tempore Asa regis Juda, et secundum aliquid a beato Benedicto, -qui quantum datur intelligi ex his que legimus in libro -dialogorum vocatus est a domino ad ordinem monachatus circa -extremitatem 16 generationis ab incarnatione Domini.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note585"> -<p><span class="label"><a href="#tag585">585</a>. </span><i>Conc.</i>, II a, 25, fol. 15, col. 2. Reversus est autem Sol decem -lineis in diebus Ezechiae, qui fuit decimus tertius a Salomone, ut -bis decem generationes numerari debuissent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note586"> -<p><span class="label"><a href="#tag586">586</a>. </span><i>Conc.</i>, II a, 12, fol. 10, col. 4. Quod in sequentibus diligentius -prosequendum est liquet quod a Jacob patriarcha velut duobus -viis descenditur usque ad David seu per judices et rectores populi, -altera per patres ut ipse unus David veluti quidam prepotens annis -duos in se rivos suscipiat ex uno quidem fonte progressos, sed diversis -usque ad se aquarum ductibus venientes.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note587"> -<p><span class="label"><a href="#tag587">587</a>. </span><i>Apoc.</i>, fol. 27, col. 4. Querendum est nobis .... cur beatus -Johannes, apocalipsis librum eisdem septem ecclesiis quasi -spiritualiter delegaverit, qui non modo ex parte ut prophetae ceteri -sed generalius prae multis aliis fidelibus loquitur universis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note588"> -<p><span class="label"><a href="#tag588">588</a>. </span>Ivi, fol. 29, col. 3. Igitur quod ad quinque tribus generaliter -spectat, ab exordio temporum usque ad Christum consummatum -est. Et non in eisdem quinque tribubus omnes illorum temporum -electorum progenies intelligendae sunt, que fide et operibus -bonis eterne regnum beatitudinis hereditare meruerunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note589"> -<p><span class="label"><a href="#tag589">589</a>. </span><i>In Apocal.</i>, fol. 29, col. 1. Et recte quoque Ruben et Gad et -dimidia tribus Manasse ad plagam orientalem laborum suorum -premia perceperunt, quia prime ille generationes seculi, que ab -Adam usque ad Noe, a Noe usque ad Habraam, ab Habraam -usque ad Moysen, quasi due tribus et dimidia sine lege vixerunt, -et mundi origini adjacentes fuerunt velut ad plagam orientalem, -hoc est in etatibus primis, in quibus sine lege vivebant. Ivi, col. 2: -Igitur a Moyse usque ad Christum reliqua Manasse tribus dimidia, -Effraim quoque et Juda velut ex hac fluminis parte hereditatem -acceperunt, quia sicut duas etates et dimidiam ante legem, sic -duas et dimidiam sub lege Deus onnipotens esse voluit. Septem -vero distinctiones temporum ab initio secundi status usque ad initium -tertii in hac vero etate sexta, secundum quod liber iste docet, -instituit, ut et numeri duodenarii servaretur integritas, et perfectio -quinarii ac septenarii si qua alia non de essent. In questo luogo cita -la <i>Concordia</i>: de quibus in opere <i>Concordie</i> fecimus mentionem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note590"> -<p><span class="label"><a href="#tag590">590</a>. </span><i>In Apoc.</i>, fol. 48, col. 2. Veruna quod filius Dei, qui proprie -dicitur sapientia, formam servi assumpsit, in qua sustineret lassitudinem -et laborem, Spiritus vero Sanctus, qui vocatur Dei charitas, -non assumpsit; quia et nos in addiscenda sapientia angustamur, -affligimur et laboramus, in amando vero quem amare libet, nullas -afflictionis sustinemus angustias .... Et quia quinque sunt, ut jam -diximus corporis sensus, in quibus se mortalis homo ad studium -actionis exercet, septem vero dona spiritus, quibus homo interior -efficitur spiritalis, merito quinque principales ecclesie unigenita Dei -Filio attribuenda sunt, septem vero Spiritui Sancto .... quinque -opera Christi .... primum opus Christi nativitas fuit, secundum -passio, tertium resurrectio, quartum ascensio, sane quintum opus -ipsa est ostensio linguarum et missio spiritus sancti ....</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note591"> -<p><span class="label"><a href="#tag591">591</a>. </span>Fol. 54, col. 2. .... quid enim velit septem planetarum distinctio -cogitare compellimur, presertim cum septenarius numerus -tante perfectionis sic, ut vix aut nunquam possit carere non dico -qualicumque sed perfecto mysterio. Querimus ergo fide, ratione -juvante, et invenimus in electorum agminibus septem quosdam viros -proprietate quodam in misteriis ab illorum multitudini segregatos. -Adam, Noe, Abraam, Moyses, David, Joannes Baptista, -Helias .... deus omnipotens misit in mundum hos septem viros -magnos et nominatos per diversa intervalla temporum, ut quasi -quosdam novos cursus peragerent preceptorum Dei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note592"> -<p><span class="label"><a href="#tag592">592</a>. </span>Fol. 57, col. 1. Sunt itaque istorum radii septem proprietates -eorum, in quibus similitudines septem ordinum denotatae -sunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note593"> -<p><span class="label"><a href="#tag593">593</a>. </span>Fol. III, col. 4. Congruit namque proprietate quadam fortitudo -praelatis, scientia dyaconibus, intellectus doctoribus, sapientia -contemplatoribus, consilium conventualibus, pietas eis qui miseratur -pauperibus, timor conjugio alligatis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note594"> -<p><span class="label"><a href="#tag594">594</a>. </span>Vedi l'interpetrazione dei suggelli <i>In Apoc.</i>, fol. 114 e segg. -Nel fol. 117, col. 3, si legge questo passo importante per la cronologia -di Gioacchino: Constet autem quod post quintum sigillum, -in cujus extremitate nos sumus, restat adhuc martyrum pugna.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note595"> -<p><span class="label"><a href="#tag595">595</a>. </span>Fol. 118, col. 1. Volo enim illum scire, duobus modis accipi -diem ultimum et diem judicii. Accipitur enim largo modo pro -quodam incerto tempore .... et accipitur stricto modo de conclusione -ipsius temporis, quando consummatis cunctis mysteriis, ibunt -impii in supplicium eternum, justi autem in vitam eternam. Cfr. -fol. 139, col. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note596"> -<p><span class="label"><a href="#tag596">596</a>. </span>Fol. 118, col. 4. Cura ordo ille preclarus, qui letus et ylaris -esse debuit, splendore lucidus et candore (fol. 119, col. 1), accidentibus -contra votum contrariis, pro merito pravitatis sue tristis efficitur -et obscurus. Dum enim multum laborat et parum proficit, dum -nimis occupatur in exterioribus pro stipendiis carnis, a studio vite -spiritualis incipit esse alienus .... Obscuratur aurum, cura splendor -vite contemplative in ordine monasticho inanescit, mutatur et color -optimus, cum hii qui positi sunt ad speculanda celestia, inhiare -incipiunt lucra terrena.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note597"> -<p><span class="label"><a href="#tag597">597</a>. </span>Fol. 119, col. 2. Sed et vita clericorum, que primo radios -lucis sue effundere solebat in populo, proh dolor! in sanguinem -versam esse videmus. Nihil enim in ea spirituale, nihil celicum; sed -omne pene lubricum, totum carnale, totum caro et sanguis et evisceratio -spiritus. Ubi lites, ubi scandala, ubi rixe, ubi invidie, ubi -emulationes? Nonne in ecclesia clericorum? Nonne inter eos qui -lucem exemplorum suorum dare subjectis plebibus debuerunt?... -Denique et stellas celi absque numero cadere (VI, 13) videmus in -terra, sive ruina pravitatis heretice, sive (ut in pluribus) lapsu -carnis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note598"> -<p><span class="label"><a href="#tag598">598</a>. </span>Fol. 123, col. 1. Silentium sacri sabbati silentium est vite -contemplative. Silent enim sancti consumatis mysteriis ut audiant -quid loquatur in se dominus deus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note599"> -<p><span class="label"><a href="#tag599">599</a>. </span>Fol. 130, col. 3. Quis fuit miser iste .... deus scit, clericum -tamen fuisse et imbutum scientia litterarum ex huius textu lectionis -apparet.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note600"> -<p><span class="label"><a href="#tag600">600</a>. </span>Fol. 133, col. 1. Siquidem ut omnes illis Christi domini dicebantur, -ita et in secta ista multi jam precesserunt, qui essent pro -auctoritate perfidie dicendi Antichristi; maxime cum dicat Joannes -utens presenti vel preterito pro futuro: sicut audistis quia Antichristus -venit, nunc Antichristi multi facti sunt. Et quia protinus -subinfert (<span class="smcap">Joann.</span>, 1): Unde scimus quia novissima hora est, -sequi non longe post ipsum magnum Antichristum demonstrat, -quem ego <i>considerans universas facies scripturarum et introitus -et exitus concordiarum, presentem puto esse in mundo, -etsi necdum venerit hora revelationis ipsius</i>. Oportet enim secundum -Hieronimum desolari romanum imperium, quod resistit ei, -antequam reveletur .... revelabitur autem manifeste sub sexto -Angelo tuba canente, etsi antea velut occulte operari incipiat. Tempus -siquidem sexti Angeli omnino credimus esse breve. A chi si -riferisca Gioacchino è ben difficile dire. Non sarebbe impossibile -che accennasse a Federigo II, a quel tempo pupillo d'Innocenzo III. -Molti guelfi dubitavano che il Papato non avesse a pentirsi dell'aiuto -prestato ad un discendente di casa sveva, e Gioacchino -poteva essere bene uno di costoro. Ma è molto più probabile che -accennasse vagamente ad un re dei Saraceni, ad un nuovo Saladino, -che avrebbe recati maggiori danni del suo predecessore non meno -alla Chiesa che all'Impero.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note601"> -<p><span class="label"><a href="#tag601">601</a>. </span>Fol. 133, col. 3. Tempus sexti angeli tuba canentis, de quo -in presente capitulo sermo est, ita secundum id, quod proprium -est, futurum esse sentimus, ut tamen secundum aliquid sumpsisse -exordium videatur .... Igitur in quantum capere queo, tempus -quidem sexti Angeli initiatum est, sed tamen tempus quinti necdum -usque ad presens consumationem accepit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note602"> -<p><span class="label"><a href="#tag602">602</a>. </span>Citammo altrove il passo che si riferisce alle notizie avute -in Messina. Ora citeremo quest'altro, dal quale si narra più chiaramente -che l'Anticristo per Gioacchino non può essere un imperatore -cristiano, ma un pagano, fol. 134, col. 4. Dictum est autem -quod siccandae essent aquae Euphratis, ut preparetur via Regibus -ab ortu solis, quod sine gemitu dicendum non est, initiatio quaedam -terribilis precepit super eo quod nuper accidit sub inclyto -illo exercitu Frederici magni et potentissimi Imperatoris et aliis -exercitibus populi christiani, qui transeuntes mare in infinita multitudine, -vix in paucis reliquiis pene sine effectu remearunt ad -propriam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note603"> -<p><span class="label"><a href="#tag603">603</a>. </span>Fol. 140-141. Et sciendum quod aqua magis assimilatur rei -viventi quam terra, unde aquam vivam dicere consuevimus, magis -autem ignis quam aqua, quia dignius est Testamentum novum Testamento -veteri, multo magis proximum eterne vite.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note604"> -<p><span class="label"><a href="#tag604">604</a>. </span>Riunisco in questa nota i passi dell'<i>Esposizione</i>, che si riferiscono -al terribile anno 1260. Fol. 145, col. 4: calcanda (Ecclesia) -perhibetur ab eis mensibus quadraginta duobus, quod est dicere -secundum Lucana donec impleuntur tempora nationum. Fol. 157, -col. 3: Et mulier fugiit in solitudinem, ubi pasceret illam Deus -diebus 1260. Numerus iste quid significet liber quem propter ipsum -et secundum ipsum edidimus (evidentemente accenna alla <i>Concordia</i>) -manifeste declarat. La <i>Concordia</i> è citata esplicitamente a -fol. 165, col. 3-4, nell'interpetrazione della frase di Daniele: in -tempus et tempora et dimidium temporis, che Gioacchino intende -per 3 anni e mezzo ovvero 42 mesi. Fol. 164, col. 3: <span class="smcap">Daniel</span> scripserat: -(VII, 24) .... Decem cornua, que vidisti in bestia, ipsius -regni deum reges erunt. Et alius consurget post eos, et ipse potentior -erit prioribus, et tres reges humiliabit, et sermones contra -excelsum loqueretur, et sancto altissimi conteret, et putabit quod -possit mutare tempora et leges, et tradentur in manu ejus in -tempus et tempora et dimidiam temporis .... Nec aliud quod dicit -Joannes: datum est ei facere menses quadraginta duos.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note605"> -<p><span class="label"><a href="#tag605">605</a>. </span>Vedi l'interpetrazione della donna ammantata di sole nel -fol. 154, col. 3; quella del drago, fol. 156, col. 2; infine quella -della bestia dalle sette teste, fol. 162, col. 2-4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note606"> -<p><span class="label"><a href="#tag606">606</a>. </span>Fol. 164, col. 4. Sarracenorum vero ex tot annis semel inchoata -perfidia perseverat in malo, et ubique christianum nomen -impugnare pro viribus non desistit .... forte futurum est ut christiani -prevaleant predicando magis quam preliando.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note607"> -<p><span class="label"><a href="#tag607">607</a>. </span>Fol. 168, col. I. Sicut prima bestia, que egressa est de mari, -omnino concordat cum sexta visione Danielis, in qua agitur de quatuor -bestiis egressis de mari magno, ita hec secunda, que ascendit -de terra cum septima visione ipsius, in qua agitur de Hyrco caprarum -.... Sicut bestia illa, que ascendit de mari, habitura est quemdam -magnum regem de secta sua, qui similis sit Neronis, et quasi -imperator totius orbis, ita bestia, que ascendit de terra, habitura -sit quemdam magnum prelatum, qui sit similis Simonis Magi, et -quasi universalis Pontifex in toto orbe terrarum, et ipse sit ille -Antichristus, de quo dicit Paulus quod extollitur et adversatur supra -omne quod dicitur deus, aut quod excolitur. Fol. 169, col. 1-2. -Igitur et in sexcentis comprehenditur totum quod pertinet ad sex -etates mundi, in sexaginta specificatur illa pars que pertinet ad -sextam etatem et in sex sextum tempus hujus sexte etatis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note608"> -<p><span class="label"><a href="#tag608">608</a>. </span>Fol. 195, col. 3. Civitas, ut jam dixi, riproborum que dicta est -Babylon non tantum romana civitas existimanda est, aut ipsa (quod -absit) secundum totum, sed universa multitudo impiorum et natorum -secundum carnem. Fol. 196, col. 3: Primum caput fuit regnum -Herodis et successorum ejus; secundum, imperium romanorum -usque at Diocletianum; tertium, quartum, quintum et sextum quatuor -in opere memorata regna arrianorum; septimum caput, regnum -Sarracenorum .... Et reges septem sunt ut non isti septem reges -singuli per singula capita, sed alio modo surgere intelliguntur per -singula septem temporum .... Horum primus fuit Herodes .... secundus -Nero .... tertius Constantius arrianus .... quartus Mahomet -vel potius Cosroe rex persarum .... quintus is qui primus in partibus -occiduis cepit fatigare ecclesiam pro investitura ecclesiarum -.... sextus autem rex, de quo dicitur, et unus est et ille est rex -undecimus in Daniele in cujus tempore aperienda est ad liquidum -revelatio ista et percutienda nova Babylon .... Post cujus percussionem -occidetur septimum caput bestie, et dabitur tranquillitas -ecclesie Christi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note609"> -<p><span class="label"><a href="#tag609">609</a>. </span>Fol. 197, col 1. Et decem cornua que vidisti in bestia decem -reges sunt .... hoc autem quomodo intelligi possit non video nisi -ut sub nomine sexti regis alius surgere intelligatur post alium, quatenus -post illum, de quo dicit Joannes. Unus est, quem propter -temporis instantiam puto fuisse Saladinum, famosissimum illum -regem turchorum, a quo nuper capta est illa civitas, in qua passus -est Christus. Surgat alius in successionem ipsius ....</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note610"> -<p><span class="label"><a href="#tag610">610</a>. </span>Nella <i>Concordia</i>, V, 84, fol. 112, col. 2, si troverà il passo -che tradussi nel testo. Ivi si legge: primus senum, secundus juvenum, -tertius puerorum. Il che sarebbe come a dire che l'umanità -segua un cammino a ritroso dei singoli uomini, cominciando -dalla vecchiezza e terminando nella puerizia. Altrimenti dice nel -<i>Commento all'Apocalisse</i>, fol. 139, col. 2: in primo erudiuntur -parvuli, in secundo instituuntur adolescentes, in tertio inebriabuntur -amici.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note611"> -<p><span class="label"><a href="#tag611">611</a>. </span><i>Conc.</i>, II, 1, fol. 8, col. 3 (cfr. <i>Apoc.</i>, fol. 5, col. 3-4), fol. 8, col. 3. -Conjugatorum ordo initiatus ab Adam, fructificare cepit ab Habraam. -Clericorum ordo initiatus est ab Osia, qui cuna esset de -tribu Juda obtulit incensum domino, etsi non impune. Fructificavit -autem a Christo, qui verus est rex et sacerdos. Monachorum ordo -secundum quandam propriam formam, cui spiritus sanctus, qui est -auctor beatorum, perfectam exhibuit auctoritatem, incepit a beato -Benedicto, viro utique claro, miraculis ope et sanctitate, cujus -fructificatio in temporibus finis (istis?).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note612"> -<p><span class="label"><a href="#tag612">612</a>. </span><i>Conc.</i>, II, I, 8, fol. 9, col. 3. Habet ergo conjugatorum ordo -imaginem patris, quia sicut pater ideo pater est qui habet filium, ita -ordo conjugatorum non nisi ad procreandos filios istitutum est a -Deo .... habet et clericorum ordo imaginem filii, quia verbum -patris, quia ad hoc constitutus est ipse, ut loquatur et doceat populum -viam domini, et ostendat ei continue legitima Dei sui ... habet -et monacorum ordo imaginem spiritus sancti, qui est amor Dei, -quia non posset ordo ipse despicere mundum nisi provocatus amore -dei et tractus ab eodem spiritu, qui expulit dominum in deserto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note613"> -<p><span class="label"><a href="#tag613">613</a>. </span><i>Conc.</i>, II a, 1, fol. 7, col. 1. Construendum est nobis cum -Helia (I, <i>Reg.</i>, 18, 31-38) altare de terra ipsa, terra collocanda inferius, -ut aqua desuper locari queat, expectantibus nobis ignem -de celo, qui consumat terram et aquam, expectantibus spiritualem -intellectum, qui terrenam illam superficiem litere, que de terra est -et de terra loquitur, evacuando consumat, et nihilominus evangelicam -doctrinam designatam hic in aqua lambendo commutet, secundum -et aqua illa crassa, quam posuit in altari Neemias sacerdos -(2 <i>Machab.</i>, I, 20), conversa est in igne, aut sicut in cena Galilee -aqua commutata est in vino. <i>Conc.</i>, V, 68, col. 1. In primo -(periodo) solius patris gloria revelata est populo illi antiquo, indocto, -terreno et animali nescienti intelligere quod esset verbum -domini aut spiritus oris ejus; in secundo gloria filii; et ex presenti -gloria spiritus sancti. In tertio reverenda est perfecta gloria ipsius -spiritus, ut evacuetur quod ex presente est. Plus ergo glorificati -sunt homines secundi status, quia plus noverunt; plus glorificabuntur -homines tertii, quibus revelata facie loquetur idem spiritus -omnem veritatem ....</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note614"> -<p><span class="label"><a href="#tag614">614</a>. </span><i>In Apoc.</i>, fol. 86, col. 3. Fuit enim claritas secundi status, -secundum quod dicit idem apostolus: <i>videmus nunc per speculum -in enigmate</i>; claritas vero tertii erit jam prope secundum totum, -secundum plenitudinem veritatis, quod est videre facie ad faciem, -parvissima valde obsistente interpositione velaminis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note615"> -<p><span class="label"><a href="#tag615">615</a>. </span><i>Conc.</i>, V, 74, fol. 102, col. 4. Sicut enim evacuata est observatio -agni paschalis in observatione corporis Christi, ita in clarificatione -Spiritus Sancti cessabit observatio figure, ut non sequantur -ultra homines figuras, sicut ipsam semplicissimam veritatem, -que significatur in igne, dicente domino: spiritus est deus, et eos, -qui adorant eum in spiritu et veritate, oportet adorare.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note616"> -<p><span class="label"><a href="#tag616">616</a>. </span><i>Conc.</i>, I, 9, fol. 5, col. 4. Claudit et nemo aperit abscondens -a prudentibus et sapientibus verba vitae et revelans ea parvulis ut -omnem philosophicae superstitionis vanitatem excludat. <i>In Apoc.</i>, -fol. 70, col. 3. Tales sunt illi scribi infra sanctam ecclesiam constituti, -qui inflati vanitate seculi et scentia mundi et magisterium -sibi pravi dogmatis arroganter usurpant, quorum superbe mentes -nidi avium sunt, et Arrius, Eunomius, Macedonius et fautores eorum. -Cfr. <i>Apoc.</i>, fol. 87, col. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note617"> -<p><span class="label"><a href="#tag617">617</a>. </span><span class="smcap">Rousselot</span>, <i>Joachim de Flore</i>, pag. 43.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note618"> -<p><span class="label"><a href="#tag618">618</a>. </span><i>Conc.</i>, II b, 5, fol. 20, col. 3. Pater siquidem imposuit laborem -legi quia timor est; filius imposuit laborem discipline, quia -sapientia est; Spiritus Sanctus exhibet libertatem quia amor est. -Ubi enim timor, ibi servitus; ubi magisterium ibi disciplina; ubi -amor ibi libertas.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note619"> -<p><span class="label"><a href="#tag619">619</a>. </span><i>In Apoc.</i>, fol. 179, col. 1. Igitur odium cordi radicatum peccatum -est ad mortem et peccatum nihilominus contra spiritum -sanctum. Nam spiritus sanctus amor est, quod est peccatum amori -contrarium nisi odium?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note620"> -<p><span class="label"><a href="#tag620">620</a>. </span><i>In Apoc.</i>, fol. 180, col. 4. Primam perditionis causam peccatum -esse superbie .... peccans utique in ipsum Christum, qui parvus -et humilis factus est .... Qui, sciens paupertatem regis sui, erubescit -egere, nonne Christum offendit positum in presepio? Qui -erubescit ascendere mite animal Christi, et spumantis equi sibi -arrogantiam querit, nonne regem suum offendit, quem ludisse super -asinum reminiscitur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note621"> -<p><span class="label"><a href="#tag621">621</a>. </span><i>In Apoc.</i>, fol. 183, col. 2. Qui ergo vere monachus est nihil -reputat esse suum nisi citharam. <i>Conc.</i>, IV, 39, col. 59, fol. 3. Necesse -quippe ut succedat similitudo apostolice vite, in qua non acquirebatur -possessio terrene hereditatis, sed vendebatur potius sicut -scriptum est.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note622"> -<p><span class="label"><a href="#tag622">622</a>. </span><i>Conc.</i>, III, I, 20, fol. 37, col. 3. Danielem vero prophetam -significare spiritum sanctum, sicut et Joseph et Josue et Samuel, -ipsa prerogativa castitatis insinuat, quae ubique pene cum occurrit -spiritui sancto solet ascribi, eo quod fit ipse amor Dei et effusor -spiritualis voluptatis, quam nemo novit nisi qui accipit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note623"> -<p><span class="label"><a href="#tag623">623</a>. </span><span class="smcap">Renan</span>, op. cit., pag. 153.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note624"> -<p><span class="label"><a href="#tag624">624</a>. </span><span class="smcap">Amari</span>, <i>Storia dei Musulmani in Sicilia</i>, I, 441.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note625"> -<p><span class="label"><a href="#tag625">625</a>. </span><span class="smcap">Rodotà</span>, <i>Storia del rito Greco in Italia</i>, I, 153, 174 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note626"> -<p><span class="label"><a href="#tag626">626</a>. </span>Che nell'arcivescovato di S. Severina si fosse conservato il -rito greco lo prova una lettera d'Innocenzo III, dalla quale si raccoglie che un Pietro Guiscardo, protettore dei Florensi, minacciava -i canonici di strappare loro le mogli, se non acconsentivano di -affidare ai Florensi in danno dei cistercensi di Corazzo la chiesa -di Calabro Maria. (<span class="smcap">Ughelli</span>, IX, 479).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note627"> -<p><span class="label"><a href="#tag627">627</a>. </span><span class="smcap">Ughelli</span>, <i>Italia Sacra</i>, IX, 302, 307.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note628"> -<p><span class="label"><a href="#tag628">628</a>. </span><span class="smcap">Bollandisti</span>, maggio, II, 48; <span class="smcap">Amari</span>, op. cit., I, 519.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note629"> -<p><span class="label"><a href="#tag629">629</a>. </span>Morì intorno al 903. <span class="smcap">Bolland.</span>, agosto, III, 489 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note630"> -<p><span class="label"><a href="#tag630">630</a>. </span><span class="smcap">Boll.</span>, settembre, III, 343 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note631"> -<p><span class="label"><a href="#tag631">631</a>. </span><span class="smcap">Boll.</span>, ottobre, VI, 332 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note632"> -<p><span class="label"><a href="#tag632">632</a>. </span><span class="smcap">Boll.</span>, settembre, VII, 283 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note633"> -<p><span class="label"><a href="#tag633">633</a>. </span><span class="smcap">Boll.</span>, settembre, VIII, 810 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note634"> -<p><span class="label"><a href="#tag634">634</a>. </span>Sul commento di Alano vedi più sopra, pag. 303, n. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note635"> -<p><span class="label"><a href="#tag635">635</a>. </span><span class="smcap">Boll.</span>, marzo, I, 498. Fuit S. Cyrillus Presbyter Montis Carmeli .... -Ipse dum pro reverenda celebritate B. Hilarionis abbatis -missarum solemnia inchoasset .... nebula condensa sibi adstit. -Ipso igitur stupescente, angelus .... in ipsa nebula visus .... offerens -virgam liliatam et duas tabellas argenteas, litteris Graecis -descriptas, dixitque: cum sacramenta compleveris, has scripturas -transcribes in membrana, et constans tabellas formabis in calicem -et thuribulum ad libanda et adolenda in ara sacrificii matutini -.... Dum igitur sanctus iste eas tabellas transcripsisset et conflasset -hujusmodi transcriptum per Telesphorum monachum abbati -Joachim, viro sancto et illuminato, transmisit instantias supplicando -ut ratione suae magnae obscuritatis super eo commentariolum -quoddam conficeret, quo abscondita perducerentur in lucem .... -Quod abbas Joachim ad instantiam S. Cyrilli facere minime desistebat, -rescribens ei epistolam, in qua inter cetera nominat ipsum -S. Cyrillum stellam manentem in ordine sanctitatis. Questi due oracoli -insieme alla lettera di S. Cirillo ed alla risposta di Gioacchino -furono pubblicati da Lezana nel 1663. Edidit postea Abbas Joachim -commentarium sive interpetrationem hujus oraculi, paullo fusiorem, -quam Lezana non audet transcribere, quia reperit aliqua contineri, -quae aliquibus pusillis saltem scandali occasionem afferre possent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note636"> -<p><span class="label"><a href="#tag636">636</a>. </span><i>In Apoc.</i>, fol. 143, col. 4. Graecorum populo datus est Beatus -Johannis, a quo et incepit perfectorum religio monachorum. Fol. -144, 3. Igitur reliquia Graecorum, agnita veritate, que est in spiritu, -convertentur ad unitatem Ecclesiae. Et reliquie Judaeorum pari -modo convertentur ad dominum. Fol. 145, col. 2. Intelligamus monachorum -ordinem, quem designat Johannis, a Graecis pervenisse -ad Latinos .... revertetur ad eum populum, de quo venit ad nos, -permansurus in eodem populo usque ad finem. <i>Conc.</i>, II, 1, 27, -fol. 17, col. 3. Verumtamen ut in populo illo claruerunt Helias et -Heliseus .... ita inventi sunt in populo grecorum magis heremite -et abbates, habentes plures discipulos in monastica perfectione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note637"> -<p><span class="label"><a href="#tag637">637</a>. </span><i>Conc.</i>, V, 47, fol. 82, col. 1. Siquidem clericorum ordo secundum -grecos, non secundum spiritum cepit ambulare sed secundum litteram. -Monacorum vero qui ab eis quidem incepit, sed tamen -processu temporis transiit ad latinos, audiens consilium apostoli -de castitate, magis elegit ambulare secundum spiritum quam secundum -literam (1, <i>Cor.</i>, 7). Non enim simpliciter voluit audire -de sacerdote unius uxoris viro, sed magis illud: qui sine uxore est -sollicitus est que domini sunt quomodo placeat Deo; qui autem -cum uxore est, sollicitus est quomodo placeat uxori.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note638"> -<p><span class="label"><a href="#tag638">638</a>. </span><i>In Ap.</i>, fol. 131, col. 1. Pathareni haeretici mundos se coram -populo, justitia preditos esse simulant, tamen ex occulto circa finem -verbi producunt aculeos erroris sui, quibus tamen non servos Dei -promittentur ferire, sed illos homines, qui mundanas delitias concupiscunt -.... pro subsidiis tamporalibus (credentes) adheserunt eis -(perfectis) sicut ex relatu eorum, qui tum fuerunt inter eos et penituerunt, -didicimus .... denique convenientes in unum faciunt -collectas bonorum suorum, et si quos vident inopes anhelare ad -divitias mundi, primo ostendut eis affectum misericordiae et miserationis: -deinde culpant Christianos divites et maxime Sacerdotes -et clerum qui deberent (ajunt) servare apostolicum vitam et sublevare miserias pauperis et egeni, ut nemo esset egens in religione -Christiana, sicut non erat in Ecclesia primitiva. Deinde dicunt eos -excidisse a fide, factos autem persecutores justorum, sicut sacerdotes -Judaeorum, qui persequebantur apostolos. Ad ultimum fatentur -se scire homines qui servent ad integrum apostolicam fidem, -ita ut fit aliquis inops inter eos, et qui pauper venit ad illos, protinus -efficetur dives. Haec et his similia <span class="smcap lowercase">QUASI RATIONABILITER -CONCINNANTES</span> munda animalia se esse fingunt quousque percutiant -homines ex improviso dicentes: Et tu quoque si vis esse de credentibus -in fidem etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note639"> -<p><span class="label"><a href="#tag639">639</a>. </span>Tra i molti luoghi in cui Gioacchino critica il Vecchio Testamento -scelgo questo della <i>Concordia</i>, II, 15, fol. 6, col. 1. Qui -sciebat duritiam cordis eorum, qui terreni erant, adhuc pro tempore -promisit eis multa, quae non decet sanctos, promisit non celestia -sed terrena, temporalia non eterna. Ergo ne pro terrena patria -fundendus est sanguis, et ut longo vivamus tempore serviendum -est Deo .... Si pro justitia sua Habraam patriarcha multiplicatus -est in semine carnis, quare in singulis regionibus multiplicati sunt -filii Adam in gentibus incredulis et non obedientibus Deo? Si pro -munere credulitatis ejus datum est ei, ut reges egrederentur de -lumbis ejus, numquid non merito paganorum filii preferre potuere -numina idolorum suorum, qui colentes et servientes eis etiam in -toto mundo imperasse noscuntur? .... Sed quasi per tot annos data -est terra ipsa gentibus non servantibus legem Dei, neque obtemperantibus -Moisi servo Dei? Col. 2: Quomodo aliam vitam permisere -prophete, quam ea quam vere permiserat Moyses observantibus -legem? .... Si ista, quae deorsum est Hierusalem civitas revera -justorum est et mater credentium, quomodo in ea regnasse impii, -et justi et innocentes viri interfecti leguntur? .... Restat ergo ut -fateantur veram esse sententiam illam Apostoli (II, <i>Cor.</i>, 3, 6), qua -dictum est: <i>litera occidit, Spiritus autem vivificat</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note640"> -<p><span class="label"><a href="#tag640">640</a>. </span><span class="smcap">Bonwetsch</span>, <i>Die Geschichte des Montanismus</i>, pag. 57.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note641"> -<p><span class="label"><a href="#tag641">641</a>. </span><span class="smcap">Bonwetsch</span>, pag. 56.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note642"> -<p><span class="label"><a href="#tag642">642</a>. </span><span class="smcap">Rousselot</span>, <i>Joachim de Flore</i>, Paris, 1867, pag. 53.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note643"> -<p><span class="label"><a href="#tag643">643</a>. </span><span class="smcap">Bulaeus</span>, <i>Historia universitatis parisiensis</i>, III, 26.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note644"> -<p><span class="label"><a href="#tag644">644</a>. </span><span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span>, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 127. Redit ergo Parisius, -et compellitur ab Universitate confiteri ore, quod in contrarium -praedictae opinioni suae sentiret ... Taedio ergo et indignatione -affectus, ut dicitur, aegrotavit, et lecto incumbens decessit -in brevi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note645"> -<p><span class="label"><a href="#tag645">645</a>. </span>La fonte più antica, dalla quale a parola copiò il Rigordo, -voglio dire la Cronaca di Guglielmo Armorico, cappellano di Filippo -Augusto, esposta la dottrina di Amorico senza far cenno -delle tre età, seguita (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 127): Post mortem ejus surrexerunt -quidam, venenosa ejus doctrina infecti, qui eo subtilius, plus quam -oportet, sapere cupientes, ad exsufflandum Christum, et ad evacuanda -novi Testamenti sacramenta, novos et inauditos errores et -inventiones diabolicas confinxerunt. Parimenti <span class="smcap">Cesare Heisterbach</span> -nella sua <i>Illustrium miraculorum Historia</i>, V, 22, attribuisce la -dottrina, che ei chiama maximam blasphemiam in Spiritum Sanctum, -non ad Amorico, e neanco a Davide, bensì ad un mastro Guglielmo, -ad un sottodiacono Bernardo, ad un altro Guglielmo -orefice ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note646"> -<p><span class="label"><a href="#tag646">646</a>. </span><span class="smcap">Martino Polono</span>, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 128. Qui Almaricus asserit -ideas, quae sunt in mente divina, creare et creari .... Et sicut alterius -naturae non est Abraam, alterius Isaac, sed unius ac ejusdem, -sic dixit: omnia esse unum et omnia esse Deum .... Item -dixit quod sicut lux non videtur in se, sed in aëre, sic Deus nec ab -Angelo, neque ab nomine videbitur in se, sed tantum in creaturis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note647"> -<p><span class="label"><a href="#tag647">647</a>. </span><span class="smcap">S. Tommaso</span> in 2 Sent. dist. 17, qu. I, art. I, accenna soltanto -il ragionamento di Davide senza svolgerlo: et haec tria esse unum, -et idem, ex quo iterum consequitur esse omnia per essentiam unum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note648"> -<p><span class="label"><a href="#tag648">648</a>. </span>Item asseruit quod si homo non peccasset, in duplicem sexus -partitus non fuisset, nec gravasset; sed eo quo modo sancti -angeli multiplicati sunt, multiplicati fuissent et homines, et quod -post resurrectionem utriusque sexus, adunabitur sicut fuit prius in -creatione. (<span class="smcap">M. Polonus</span> in <span class="smcap">D'Arg</span>., I, 128).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note649"> -<p><span class="label"><a href="#tag649">649</a>. </span>Dixerat etiam quod in charitate constitutis nullum peccatum -imputabant. <span class="smcap">Martinus</span>, l. c., cfr. <span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, -pag. 127. Charitatis virtutem sic ampliabant, ut id quod alias peccatum -esse si in virtute fieret charitatis, dicerent jam non esse peccatum. -Unde et stupra et adulteria in charitatis nomine committebant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note650"> -<p><span class="label"><a href="#tag650">650</a>. </span><span class="smcap">Vincenzo Bellov.</span>, <i>Spec. hist.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XXX</span>, cap. <span class="smcap lowercase">VII</span>. Prima haeresis -ejus fuit, quod quilibet tenetur credere se esse membrum -Christi, et hoc esse unum de fidei articulis, sine quo homo non -potest salvari.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note651"> -<p><span class="label"><a href="#tag651">651</a>. </span><span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span>, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 130. Dicebant non aliter -esse corpus Christi in pane altaris, quam in alio pane, et qualibet -re, sicque Deum locutum fuisse in Ovidio, sicut in Augustino. -Quest'ultimo pensiero è molto importante. I veggenti della verità -non si possono distinguere in pagani, e gentili, ebrei o cristiani, -chè a tutti parimenti si è rivelata la somma sapienza. In quanto all'Eucaristia -la formola, di cui si solevano servire gli Almariciani, -ci è conservata negli <i>Atti</i> del Concilio di Parigi del 1210 pubblicati -dal <span class="smcap">Martène</span>, <i>Thesaurus</i>, VI, 163, <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 129: Id quod -ibi fuerat prius formis visibilibus, prolatione verborum subesse ostenditur. -Le parole mistiche, sulle quali insistevano i Valdesi, non -sarebbero se non una constatazione del fatto che il pane, come tutte -le cose, possono dirsi il corpo di Dio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note652"> -<p><span class="label"><a href="#tag652">652</a>. </span>Dagli <i>Atti</i> citati, pag. 129. Item, filius incarnatus, id est -visibili formae subjectus, nec aliter illum hominem esse Deum, quia -unum ex eis cognoscere voluerunt. Item Spiritus Sanctus in eis -incarnatus, ut dixerunt, eis omnia revelabat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note653"> -<p><span class="label"><a href="#tag653">653</a>. </span>Dagli <i>Atti</i>, pag. 128: Pater a principio operatus est sine -Filio et Spiritu Sancto usque ad ejusdem Filii incarnationem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note654"> -<p><span class="label"><a href="#tag654">654</a>. </span>Dagli <i>Atti</i>, loc. cit. Pater in Abraham incarnatus, filius in -Maria, Spiritus quotidie in nobis incarnatus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note655"> -<p><span class="label"><a href="#tag655">655</a>. </span>Dagli <i>Atti</i>, pag. 129: Item Filius usque nunc operatus est, -sed Spiritus Sanctus ex hoc nunc usque ad mundi consummationem -inchoat operari. <span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, 127: Potestas Patris duravit quamdiu viguit lex Mosaica .... postquam -Christus venit aboleverunt omnia Testamenti veteris sacramenta, et -viguit nova lex usque ad illud (istud?) tempus. In hoc ergo tempore -dicebant Testamenti Novi sacramenta finem habere, et tempus -Sancti Spiritus incoepisse. <span class="smcap">Caes. Heist.</span>, V, 22: Sicut ceciderunt -formae legales in primo Christi adventu, ita nunc cadent omnes -formae quibus Filius operatus est, et cessabunt sacramenta, quia -persona Spiritus Sancti dare manifestabit se in quibus incarnabitur. -<span class="smcap">Vinc. Bellov.</span>, <span class="smcap lowercase">XXX</span>, 7: Viguit lex Christi usque ad tempus Almorici, -et ex tunc habuerunt finem, ac fuerunt evacuata Baptismus, -Poenitentia et omnia alia novae legis sacramenta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note656"> -<p><span class="label"><a href="#tag656">656</a>. </span><span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span>, pag. 130: Negabunt resurrectionem -corporum. La trasformazione razionalistica c'è conservata dagli <i>Atti</i>. -Riscontra il passo citato più su, p. 415, n. 1, il quale finisce: et haec -revelatio (dello spirito) nil aliud erat quam mortuorum resurrectio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note657"> -<p><span class="label"><a href="#tag657">657</a>. </span><span class="smcap">Guillelmus</span>, l. c. Nihil esse Paradisum neque Infernum, sed -qui haberet, cognitionem Dei, quam ipsi habebant, paradisum haberet -in se; qui vero mortale peccatum, haberet infernum in se, -sicut dentem putridum in ore.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note658"> -<p><span class="label"><a href="#tag658">658</a>. </span>Dagli <i>Atti</i>, pag. 129: Mentiti sunt bonorum Baptismatis non -egere parvulos.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note659"> -<p><span class="label"><a href="#tag659">659</a>. </span>Altaria sanctis statui, et sacras imagines thurificari idolatriam -esse dicebant. Eos, qui ossa martyrum deosculabantur, subsannabunt. -(<span class="smcap">Caes. Heist.</span>, pag. 130).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note660"> -<p><span class="label"><a href="#tag660">660</a>. </span>Confessionem, Baptismum, Eucharistiam et alia, sine quibus -salus haberi non potest, locum de caetero non habere; sed unumquemque -tantum per gratiam Spiritus Sancti interius, sine actu -aliquo, inspiratam salvari posse. (<span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span>, pag. 127).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note661"> -<p><span class="label"><a href="#tag661">661</a>. </span><span class="smcap">Caes. Heist.</span>, pag. 130: In quarta descendet ignis super Praelatos -Ecclesiae, qui sunt membra Antichristi. Dicebat enim qui -Papa esset Antichristus et Roma Babylon. Et ipse sedet in Monte -Oliveti, id est, in pinguedine potestatis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note662"> -<p><span class="label"><a href="#tag662">662</a>. </span>Debbo la notizia di questa cronaca al bibliotecario della Nazionale -di Napoli, sig. Alvisi, il quale ha studiate e confrontate -le diverse redazioni, e raccolti molti materiali sulle fonti. S'è cercato -finora invano un editore, che voglia pubblicare questo antico -documento nell'originale latino.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note663"> -<p><span class="label"><a href="#tag663">663</a>. </span>L'<span class="smcap">Affò</span>, <i>Vita di frate Elia</i>, Parma, 1819, pag. 10, crede che -la cronaca rimonti ai principii del secolo <span class="smcap lowercase">XIV</span>, ma non sia stata -scritta dal B. Angelo da Cingoli detto Clareno, come sospettava -il Wadding. La redazione italiana è anch'essa antica, e l'esemplare -che vide l'Affò non conteneva se non cinque Tribolazioni. In fine -del volume in carattere nero si leggeva: «Finisce la clonicha dellordine -delli frati minori ad gli anni <span class="smcap lowercase">MCCCXXIII</span>».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note664"> -<p><span class="label"><a href="#tag664">664</a>. </span>«Certamente, dice l'Affò a p. 11, questo libro è antico, e vi -sono inseriti dei squarci tolti e copiati interamente da altri ancora -più vecchi, perchè nella seconda tribolazione facendosi memoria -di fra Bernardo ecc., soggiunge l'autore: <i>E molti altri degli -quali io ne vidi alquanti e udii dalloro quello che io narro</i>; ma -appunto per essere un accozzamento di cose tolte da molti vi sono -mescolate moltissime falsità .... Accozzamenti di più racconti tolti -qua e là sono pure il Libro intitolato: <i>Speculum Vitae B. Francisci -et sociorum ejus</i> e i <i>Fioretti di S. Francesco</i>, onde benchè -antichi d'assai non sono troppo sicuri». Al passo citato dall'Affò -aggiungo quest'altro, che accenna pure all'autore della Cronaca -pag. 93<i>r</i>. <i>E noi che fummo con lui</i> (S. Francesco) <i>quando che -scrisse la regola, e quasi tutte le altre sue scripture, li rendiamo -testimonianza che scripse più cose nella regola e nelli altri -suoi decreti, delle quali cose alcuni frati li furono contrarii -in vita sua</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note665"> -<p><span class="label"><a href="#tag665">665</a>. </span><span class="smcap">Tommaso da Celano</span>, <i>Vita di S. Francesco</i>, cap. III, (<i>Acta SS.</i>, -octobris, II, 689). Cum .... Sanctus Dei assistens ibidem verba -evangelica intellexisset, celebratis missarum solemnis, a sacerdote -sibi exponi Evangelium suppliciter postulavit; pag. 690, solvit protinus -calceamenta de pedibus, baculum deponit e manibus, et tunica -una contentus, pro corrigia funiculum immutavit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note666"> -<p><span class="label"><a href="#tag666">666</a>. </span>Vedi la seconda regola in <span class="smcap">Wadding</span>, <i>Annales Minorum</i>, -II, 64: Si qui voluerint hanc vitam illis verbum Sancti Evangelii, -quod vadunt et vendunt omnia sua, et ea studeant pauperibus erogare. -Et caveant fratres et eorum ministri, ne solliciti sint de -rebus suis temporalibus, ut libere faciant de rebus suis quidquid -Dominus inspiraverit eis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note667"> -<p><span class="label"><a href="#tag667">667</a>. </span><span class="smcap">S. Bonav.</span>, <i>Vita di S. Francesco</i>, cap. IV (<span class="smcap">Boll.</span>, l. c. pag. 751) -Faciebat namque sancta paupertas .... ipsos ad omnem obedientiam -prontos, robustos, ad labores et ad itinera expeditos. Et quia -nihil terrenum habebant, nihil amabant, nihilque timebant amittere, -securi erant ubique, nullo pavore suspensi, nulla cura distracti, -tanquam qui absque mentis turbatione vivebant, et sine -sollicitudine diem crastinum, et serotinum hospitium expectabant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note668"> -<p><span class="label"><a href="#tag668">668</a>. </span>Vedi il cap. <span class="smcap lowercase">II</span> della prima regola in <span class="smcap">Wadding</span>, II, 67. Alii -vero, qui promiserunt obedientiam, habeant unicam tunicam cum -caputio, et aliam sine caputio, si necesse fuerit, et cingulum et -bracas. Et omnes fratres vilibus vestis induantur, et possint eas -repeciare de sacis et aliis peciis. Cfr. cap. 14, pag. 73. Quando -fratres vadunt per mundum nihil portent per viam nec sacculum, -nec peram, nec panem, nec pecuniam, nec virgam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note669"> -<p><span class="label"><a href="#tag669">669</a>. </span>Cap. <span class="smcap lowercase">VIII</span> della prima regola, in <span class="smcap">Wadding</span>, I, 71. Omnes -fratres studeant sequi humilitatem et paupertatem Domini nostri -Jesu Christi. Così parimenti: Non resistat malo, sed si quis eos in -maxillam percusserit, praebeant ei alteram, et qui auferret eis -vestimentum non prohibeant. Cap. <span class="smcap lowercase">V</span>, pag. 69. Similiter omnes fratres -non habeant potestatem vel dominationem maxime inter se. Cap. <span class="smcap lowercase">VI</span>, -pag. 70. Et nullus vocetur Prior, sed generaliter omnes vocentur -fratres minores, et alter alterius lavet pedes.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note670"> -<p><span class="label"><a href="#tag670">670</a>. </span>Cap. <span class="smcap lowercase">V</span>. Fratres illi quibus gratiam dedit Dominus laborandi -laborent fideliter et devote .... De mercede vero laboris pro se -et suis fratribus corporis necessaria recipiant praeter denarios vel -pecuniam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note671"> -<p><span class="label"><a href="#tag671">671</a>. </span>Cap. <span class="smcap lowercase">VI</span>, pag. 66. Fratres nihil sibi approprient nec domum -nec locum nec aliquam rem sed tanquam peregrini et advenae in -hoc saeculo in paupertate et humilitate Domino famulantes, vadant -pro eleemosyna confidenter.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note672"> -<p><span class="label"><a href="#tag672">672</a>. </span>Sul cantico del sole vedi il <span class="smcap">Bartoli</span>, <i>Storia della letteratura -italiana</i>, II, 189 ed i <i>Fioretti</i>, cap. <span class="smcap lowercase">XV</span>, <span class="smcap lowercase">XXI</span>, <span class="smcap lowercase">XXII</span>. <span class="smcap">S. Bonav.</span>, -in <i>Acta SS.</i>, l. c., pag. 704. Affluebat spiritu caritatis, pietatis -viscera gestans, non solum erga homines necessitatem patientes, -verum erga muta brutaque animalia, reptilia, volatilia et caeteras -insensibiles creaturas; pag. 705: Quare sic fratres meos agnos ligatos -et suspensos excrucias? ... tolle pro pretio mantellum, quem -porto, et agnos mihi concede.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note673"> -<p><span class="label"><a href="#tag673">673</a>. </span><span class="smcap">Hase</span> (<i>Franz von Assisi</i>, pag. 44) cita questo detto di -S. Francesco attribuitogli da S. Bonav. (<i>Vita</i> nei <span class="smcap">Boll.</span>, pag. 764): -Pro furto mihi reputo a magno Eleemosynario imputandum, si hoc -quod fero non dedero magis egenti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note674"> -<p><span class="label"><a href="#tag674">674</a>. </span><i>Regula</i>, cap. <span class="smcap lowercase">VII</span>, pag. 70. Et caveant sibi quod non ostendant -se tristes extrinsecus, nubilosos et hipocritas; sed ostendant -se gaudentes in Domino, hilares et convenienter gratiosos.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note675"> -<p><span class="label"><a href="#tag675">675</a>. </span>La predicazione però dovea essere sottoposta alla licenza dei -vescovi. Vedi regola seconda, cap. <span class="smcap lowercase">IX</span>, in <span class="smcap">Wadding</span>, II, 67.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note676"> -<p><span class="label"><a href="#tag676">676</a>. </span><i>Tres Socii</i> (<span class="smcap">Boll.</span>, l. c., p. 691). Tunc beatus Franciscus omnes -(discipulos) ad se convocavit .... et ait ad eos: ite cautissimi bini -et bini per diversas partes orbis, annunciantes pacem hominibus et -poenitentiam in remissionem peccatorum. Vedi il cap. <span class="smcap lowercase">XV</span> dell'antica -regola: nullo modo apud se nec apud alium et aliquo modo -bestiam aliquam habeant, nec eis liceat equitare nisi infirmitate, -vel magna necessitate cogantur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note677"> -<p><span class="label"><a href="#tag677">677</a>. </span>Che nella Corte pontificia Francesco trovasse molte resistenze -lo attestano le fonti più antiche. Tomaso da Celano racconta -(pag. 693), che il vescovo di Sabina volea persuadere il Patriarca -ut ad vitam monasticam suam eremiticam diverteret. Il Papa -stesso era restio a favorire l'istituzione di nuovi ordini, come ne -fa fede il canone 13 del Concilio lateranense. Secondo Matteo Paris, -ad ann. 1227, avrebbe accolto così male il santo mendico da dirgli -(ed. londinese 1640, pag. 340): Vade frater et quaere porcos quibus -potius debes quam hominibus comparari, et involve te cum eis in -volutabro, et regulam illis a te commentam tradens officium tuae -praedicationis impende. Codesto discorso è inverisimile, perchè -Francesco era stato raccomandato dalle più alte autorità ecclesiastiche; -ma è ben certo, come lo attestano i tre socii, che fece osservazioni -sull'applicabilità della regola, nè si piegò ad approvarla se -non dopo una visione, che ebbe in sogno. V. pag. 736. Dominus -Papa .... dixit ei et sociis: Filioli nostri, vita vestra videtur nobis -nimis dura et aspera, licet enim credimus vos esse tanti fervoris, -quod de vobis non oporteat dubitare, tamen considerare debemus -pro illis, qui secuturi sunt vos. Pag. 737: Inn. III .... viderat in -visione quod Ecclesia Sancti Joannis Lateranensis minabatur ruinam, -et quidam vir religiosus, mendicus et despectus eam sustentabat -proprio dorso submisso. Un'altra visione racconta la <i>Cronaca -delle Tribolazioni</i>, pag. 352.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note678"> -<p><span class="label"><a href="#tag678">678</a>. </span><span class="smcap">Dante</span>, <i>Parad.</i>, <span class="smcap lowercase">XI</span>, 92, dice che Francesco ebbe da Innocenzo -<i>Primo sigillo a sua religione</i>, e prima di Dante Onorio III nella -stessa bolla d'approvazione ricordava la regola a bonae memoriae -Innocentio Papa approbatam. Ma si deve intendere di una approvazione verbale, come dice S. Bonaventura in <span class="smcap">Boll.</span>, p. 739: licet praefatus -dominus Innocentius tertius ordinem et regulam approbasset -ipsorum, non tamen hoc suis litteris confirmavit. Pag. 749: Distulit -tamen perficere quod Christi postulabat pauperculus pro eo -quod aliquibus de Cardinalibus novum aliquid et supra vires humanas -arduum videretur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note679"> -<p><span class="label"><a href="#tag679">679</a>. </span>I Bollandisti bene osservano che la regola sottoposta ad -Innocenzo non poteva essere quella, che il Wadding pubblicava -nel primo volume degli <i>Annali</i>. Perchè codesta regola è molto -diffusa, laddove la prima, secondo la più antica fonte, il <i>Celano</i>, -p. 692, era scritta simpliciter et paucis verbis. Inoltre nella regola -pubblicata dal Wadding manca l'articolo che nessun frate francescano -possa lasciare il suo ordine per entrare in altro, articolo -che si sa approvato da Onorio III. (Lettera di Onorio data <span class="smcap lowercase">XIV</span> Kal. -Jan., anno <span class="smcap lowercase">VIII</span>, in <span class="smcap">Wadding</span>, II, 71). Pare che anche Onorio volesse -fare qualche correzione alla regola. Secondo la <i>Cronaca -delle Tribolazioni</i>, pag. 103<i>r</i>, ed il Wadding che la copia (II, 69) -avrebbe voluto mutare il capitolo <span class="smcap lowercase">X</span>, ma S. Francesco dichiarò -non esser lui, ma Gesù Cristo che ha dettata la regola, che dev'essere -lasciata come sta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note680"> -<p><span class="label"><a href="#tag680">680</a>. </span>La seconda regola differisce nei primi otto capitoli tanto poco -dalla prima che vi sono ripetute non solo gli stessi precetti, ma perfino -le stesse parole. La sola differenza sta nella maggior concisione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note681"> -<p><span class="label"><a href="#tag681">681</a>. </span>Il <span class="smcap">Wadding</span> riporta il testamento di S. Francesco, dal -quale tolgo questi passi (II, 145). Et non dicant fratres: haec est -alia Regula, quia haec est recordatio admonitio et exortatio et -meum textamentum, quod ego frater Franciscus parvulus vester -facio vobis fratribus meis benedictis propter hoc ut Regulam, quam -Domino promisimus, melius catholice observemus. Et generalis -minister et omnes alii ministri et custodes per obedientiam teneantur -in istis verbis non addere vel minuere .... Et omnibus -fratribus meis clericis et laicis praecipio firmiter per obedientiam, -ut non mittant glossas in Regula, nec in istis verbis dicendo: ita -volunt intelligi; sed sicut dedit mihi Dominus pure et simpliciter -dicere et scribere Regulam et ista verba, ita simpliciter et pure et -sine glossa intelligatis, et cum sancta operatione usque in finem -observetis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note682"> -<p><span class="label"><a href="#tag682">682</a>. </span>Il <span class="smcap">Wadding</span>, II, 62 e segg., racconta le cose secondo la -<i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, dalla quale tolgo i seguenti passi: -pag. 15 <i>verso</i>: «E mentre questo nostro Francesco vacava e stava -congiunto con Dio, frate Elia con li suoi seguaci e con alcuni ministri -si riscaldorono e infiammorono e con tumulto gridorono. -Ma perchè non ardivano a ponersi al contrario pubblicamente, -nascostamente li tolsono e furorono la Regola a frate Leone, uomo -di Dio, al quale S. Francesco l'avea data a serbo. Pag. 98<i>r</i>: In -questo mezzo mentre che esso era tutto assorto con infiammati e -celesti desiderii solo in Dio, e domandando a Gesù Cristo la reparazione -della regola, stimola il diavolo e incita li ministri di diverse -provincie, e commossi dallo spirito dell'aquilone vennono insieme -con frate Elia a rammaricarsi e a porre querele con protestazione -.....» Pag. 99<i>v</i>: «Qualmente alla loro infermità basta -d'avanzo e di soperchio d'observare le cose le quali di già hanno -promesso, che la loro infermità ha bisogno». Questa narrazione -viene compiuta dallo <i>Speculum vitae</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note683"> -<p><span class="label"><a href="#tag683">683</a>. </span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, pag. 89<i>r</i>: «(I ministri) multiplicarono -gente e non magnificarono letizia, accompagnando in -questo multiplicare l'ordine di gente molti uomini perversi, insieme -con li buoni e innocenti frati. Li quali huomini perversi, confidandosi -della loro prudentia, s'affrettavano e desideravano di reggere -e non d'esser retti, e di fare arrogantemente una regola secondo -il loro proprio senno e secondo la loro propria voluntà a sè e ad -altri .... e tanto crebbono questi mali avanti alla morte di S. Francesco -che esso poverello Francesco, il quale era abitacolo dello -Spirito Santo, non vi potette porre alcuno rimedio di curatione nè -con parole, nè con esempii, nè con segni, nè con miracoli. Ma mandando -avanti l'orazione, elesse per più sicura parte di vacare -a Dio e rinunziare in tutto e per tutto al offitio del generalato, e -non aver più cura nè governo alcuno delli frati». Nel capitolo seguente, -è riferito un dialogo, nel quale S. Francesco dopo la rinunzia -al generalato avrebbe detto (pag. 92<i>r</i>): «Solamente che li -frati andassino e fussino andati secondo la volontà di Dio e mia, -io non vorria che li frati avessino altro ministro che me per insino -alla mia morte».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note684"> -<p><span class="label"><a href="#tag684">684</a>. </span>L'<span class="smcap">Affò</span>, <i>Vita di frate Elia</i>, pag. 21, dopo avere riassunto il -racconto della <i>Cronaca</i> e dello <i>Speculum</i> dice: «Simili semplicità -anche dal Waddingo assai più circostanziate si replicano, senza -considerare se al confronto della ragione sussister possano. Ma -rimontando all'origine di tali narrazioni, e non vedendole noi entro -le opere dei coevi scrittori, prendiamo a discorrere dei sussequenti -e cominciamo a veder simil fatto descritto dal mentovato frate -Martino da Casale, il quale per farcelo credere afferma che avanti -a tutti ce ne lasciasse memoria fra Leone, uno dei primi compagni -di S. Francesco in certi rotoli depositati già nel convento di -S. Chiara. Confessa però di non averli potuti vedere, e per togliere -a ciascuno la curiosità di cercarli aggiunse: cum multo dolore -audivi illos rotulos fuisse distructos. A questa maniera è lecito -a chiunque fingersi monumenti, ed ingannar sulla fede i leggitori. -Ma buon per noi che quanto fra Leone e i suoi due compagni -scrissero intorno la Vita di S. Francesco non è perito, e la loro -leggenda vedesi pubblicata dai Bollandisti senza incontrarvi la -menoma parola del finto racconto».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note685"> -<p><span class="label"><a href="#tag685">685</a>. </span><span class="smcap">Boll.</span>, loc. cit., pag. 710. Cumque de die in diem infirmitas -illa succresceret, et ex incuria videretur quotidie augmentari, frater -Helias tandem, quem loco matris elegerat sibi, et aliorum fratrum -fecerat patrem, compulit eum ut medicinam non abhorreret.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note686"> -<p><span class="label"><a href="#tag686">686</a>. </span>Vedi la <i>Cronaca</i> dei XV e quella dei XXIV generali in <span class="smcap">Affò</span>, -pag. 23. Post mortem vero fratris Petri B. Franciscus posuit ad -regendum ordinem fratrem Heliam de Assisyo virum utique famosa -providentia illustratum. Riscontra il passo del Celano nella -nota precedente.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note687"> -<p><span class="label"><a href="#tag687">687</a>. </span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, pag. 119<i>v</i>. «Venendo a morte -Francesco fece chiamare a sè frate Bernardo da Quintavalle, il -quale fu el primo frate dell'ordine dopo S. Francesco, e li pose la -sua mano dricta sopra il capo e davanti a tutti li frati lo benedisse -con cordiale e singulare affectione, e fece scrivere sotto dettato ad -un frate: il primo frate il quale il Signore mi dette fu frate Bernardo -.... Onde io voglio e comando quanto so e posso che ciascheduno -il quale sarà generale di questa religione ami quello, e -l'honori come me medesimo». I <i>Fioretti di S. Francesco</i>, cap. <span class="smcap lowercase">VI</span>, -rincarano la dose. «E ponendosi frate Elia dalla mano diritta, -Santo Francesco, il quale avea perduto il vedere per le troppe lagrime, -puose la mano ritta sopra il capo di frate Elia e disse: -questo non è il capo del mio primogenito Bernardo, allora frate -Bernardo andò a lui dalla mano sinistra, e S. Francesco allora -acconciò le braccia a modo di croce, e poi puose la mano dritta -sopra il capo di frate Bernardo e la manca sopra il capo del detto -Elia e disse a frate Bernardo .... Sia il principale dei tuoi fratelli, -ed al tuo comandamento tutti i frati obbediscano». Il racconto dei -<i>Fioretti</i> è proprio il rovescio di quello più antico del Celano, che -ricorda pure l'incrociamento delle braccia, ma dice cumque a sinistris -ipsius resideret frates Elias, circumsedentibus reliquis filiis -cancellatis manibus dextram posuit super caput ejus, et dixit: Te -fili mi in omnibus et super omnia benedico. Si vede chiaro come -il racconto originale sia stato guasto per fine polemico. Ed è molto -istruttivo il confronto tra questo discorso del Patriarca, e l'altro -messogli in bocca dai <i>Fioretti</i>, cap. <span class="smcap lowercase">IV</span>. <i>Male fate, frate Elia -superbo</i> ecc. Tutto il racconto di questo capitolo è manifestamente -favoloso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note688"> -<p><span class="label"><a href="#tag688">688</a>. </span>La riporta l'<span class="smcap">Affò</span>, op. cit., pag. 29 .... pupilli sumus absque -patre et orbati lumine oculorum nostrorum ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note689"> -<p><span class="label"><a href="#tag689">689</a>. </span>Gli storici francescani non sono d'accordo su questo punto. -La <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> e il Wadding con essa (II, 164) -raccontano che alla morte di S. Francesco il vicario Elia fu fatto -generale, e che poi per dissidii insorti fu deposto e sostituito da -fra Giovanni Parente. Ben presto però Elia rifattosi dalla sconfitta, -avrebbe ripreso il generalato, dal quale dopo molto altro tempo -venne deposto da Gregorio IX. Questo racconto benchè confermato -dal Salimbene che dice di Elia a pag. 402: bis factus generalis minister, -è poco credibile come ha dimostrato l'Affò, op. cit., pag. 32, -perchè fonti antichissime, come Bernardo di Bessa segretario di -S. Bonaventura, dicono chiaramente: Fuerunt igitur post transitum -sancti Patris hii ejus successores videlicet frater Johannes cognominatus -Parentius .... isti successit frater Helyas. Con Bernardo -s'accorda la Cronaca dei XV e l'altra dei XXV Generali. L'espressione -del Salimbene si può intendere nel senso spiegato dall'Affò, -che il vicario sino alla nomina del nuovo generale fu da tutti riconosciuto -per capo dell'ordine.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note690"> -<p><span class="label"><a href="#tag690">690</a>. </span>L'<span class="smcap">Affò</span>, op. cit., pag. 36, scrive: «Frate Elia seppe tosto -indurre un divoto personaggio chiamato Simone Puzzarelli a fargli -dono del luogo detto Colle d'Inferno presso Assisi, ove gittar i -fondamenti dell'ideato edifizio. Il diligentissimo P. maestro Antonio -Maria Azzoguidi ci ha pubblicato il documento di tal donazione, -steso il 30 di Marzo del 1228, per cui il donatore privossi del detto -luogo, e frate Elia a nome del Pontefice lo accettò ad habendum, -tenendum, possidendum, faciendum omnes utilitates et usus fratrum -in ea videlicet locum, Oratorium vel Ecclesiam pro beatissimo -corpore Sancti Francisci, vel quicquid ei de ipsa re placuerit in -perpetuum». Codesta costruzione era contraria alla regola, la quale -prescriveva che le case dei frati si costruissero in legno a guisa -piuttosto di provvisorio ricovero che di stabile dimora.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note691"> -<p><span class="label"><a href="#tag691">691</a>. </span>La <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, pag. 143<i>r</i>, c'informa che -molti frati «lassata l'orazione mettevano avanti la curiosa e sterile -sapienza d'Aristotile alla divina sapienza, e che avidamente e -con gran sete desideravano d'udire maestri loici e filosofi, e che -procurorono ardentemente di avere e moltiplicare le scuole di -queste scienze. E che queste e altre simili cose li maggiori come -li minori comunemente predicavano excepto alquanti pochi admaestrati -dallo spirito di Gesù Cristo. Onde quelli frati spirituali si -determinorono che era loro necessario di ricorrere al sommo Pontefice -e a la Chiesa romana». Da questo passo s'inferisce che -fin dal tempo di Elia il partito intransigente cominciava a prendere -il nome di <span class="smcap">Spirituale</span>, conforme alle idee di Gioacchino. Non -tutti i Gioachiti però avevano in dispetto gli studii, ed il Salimbene -(pag. 405) non che biasimare, loda frate Elia, quia ordinem fratrum -minorum ad studium theologiae promovit. Che oltre alla teologia -frate Elia coltivasse altri studii lo dice il Salimbene, pag. 411: -Undecimus defectus fratris Helyae fuit, quia infamatus fuit quod -intromitteret se de alchimia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note692"> -<p><span class="label"><a href="#tag692">692</a>. </span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 402: Habebat gratiam Imperatoris et Papae. -In quanto al Papa basterà riferire questo brano della <i>Cronaca -delle Tribolazioni</i>, pag. 128<i>v</i>. «La buona memoria del Pontefice -Gregorio molto si confidava di frate Elia per la grande e costumata -onestà, la quale vedeva in lui e per la singulare prudentia -e scientia, per la quale si credeva che passassi sopra tutti li religiosi -di quel tempo».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note693"> -<p><span class="label"><a href="#tag693">693</a>. </span>Pag. 401: Et dominus Ghirardus de Corrigia, qui dicebatur -de Dentibus eo quod magnos dentes habebat, tunc temporis Potestas -parmensium erat, et venit personaliter cum quibusdam militibus ad -locum fratrum minorum ad visitandum fratrem Helyam generalem -ministrum, qui sedebat in domo, in qua hospites sive forenses comedunt, -super lectum de culcidra, et habebat ignem copiosum coram -se et cappellam armenicam in capite suo, nec Potestati intranti et -se salutanti assurrexit, nec de loco suo motus est, ut vidi oculis -meis, quae fuit rusticitas maxima reputata. Queste citazioni del -Salimbene le tolgo dal libro <i>De praelato</i>, il quale secondo il Novati -non è un'opera a parte, come parrebbe dall'edizione parmense, -bensì una delle maggiori digressioni che si leggono nella -Cronaca. Vedi <span class="smcap">Novati</span>, <i>La Cronaca di Salimbene</i> nel <i>Giornale -storico della letteratura italiana</i>, I, 390.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note694"> -<p><span class="label"><a href="#tag694">694</a>. </span>La lettera è riportata dal <span class="smcap">Wadding</span>, III, 20, colla data 1239: -Sunt inter nos aliqui, qui propter discipulatum et societatem sancti -Patris nostri Francisci habentur apud domesticos et exteros in -magna aestimatione, sed hi suo se regentes sensu, laxantes obedientiae -frenum, velut oves absque pastore et homines absque ductore, -hic inde discurrunt, loquentes quae placent ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note695"> -<p><span class="label"><a href="#tag695">695</a>. </span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 405. Item supradictus Helyas ministros provinciales -ita tenebat sub baculo quod tremebant eum, sicut juncus -tremit cum ab acqua concutitur .... Deponebat eos ab officio .... -insuper caputium longum dabat quibusdam et mittebat eos ab -oriente in occidentem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note696"> -<p><span class="label"><a href="#tag696">696</a>. </span>Vedi l'aneddoto raccontato dal Salimbene, di un frate Alberto -parmense, ministro di Bologna, stato prima deposto dal suo ufficio, -ma poi che si sottomise restitutus fuit in gradum pristinum, insuper -et multa ab Helya obtinuit pro provincia sua.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note697"> -<p><span class="label"><a href="#tag697">697</a>. </span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, pag. 132 (<span class="smcap">Wadding</span>, III, 20): -«Comanda questo judice che frate Cesare, uomo innocente e in tutte -le sue cose savio e sancto, sia incarcerato con li ferri al piede ecc. -prese una stanga e lo percosse tanto crudelmente e fortemente -che .... si morì e fu il primo ammazzato ed ucciso per le mani delli -suoi fratelli, come el primo martire Stefano orando per li persecutori -.... In quella medesima ora che l'anima sua uscì dal corpo -Papa Gregorio vidde portare dagli angeli un'anima in cielo», -pag. 133<i>v</i>, (l'angelo disse al Papa) «della quale anima tu nel -giorno della tua morte hai a rendere ragione a Dio, perocchè per -occasione della tua autorità dopo la prigionia e li ferri e molte -afflictioni, le quali tutte lui pazientemente ha sostenute, dalli suoi -frati e per la fede e pura observantia della sua regola è stato -morto da loro», pag. 137<i>v</i>. (S. Antonio venendo in Assisi per avere -il cadavere di S. Francesco) «fu preso dai birri di frate Elia e -spogliato e disciplinato insino al sangue».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note698"> -<p><span class="label"><a href="#tag698">698</a>. </span>Riporto dalla bolla di Gregorio IX (<span class="smcap">Wadding</span>, II, 224) questo -passo: Duximus respondendum quod si rem necessariam velint -fratres emere vel solutionem facere pro jam empto possint vel -Nuncium ejus a quo re emitur, vel aliquem alium volentibus sibi -eleemosynam facere nisi iidem per se, vel proprios nuncios maluerint -praesentare, qui taliter praesentatus a fratribus non est -eorum nuncius, licet praesentetur ab ipsis, sed illius potius cujus -mandato solutionem fecit, seu recipientis eandem.... Ad quem -etiam fratres pro hujusmodi necessitatibus poterunt habere recursum, -maxime si negligens fuerit, vel necessitates ignoraverit -eorundem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note699"> -<p><span class="label"><a href="#tag699">699</a>. </span>Frate Elia accettò in nome del Papa la donazione citata più -sopra (p. 437, n. 1). Vedi inoltre la Bolla di Gregorio, pag. 246: -Dicimus itaque quod nec in communi nec in speciali debent proprietatem -habere, sed utensilium et librorum et eorum mobilium -quae licet habere, eorum usum habeant.... nec vendi debeant mobilia -vel extra ordinem commutari aut alienari quoque modo, nisi -Ecclesiae Romanae Cardinalis, qui fuerit ordinis Gubernator .... -auctoritatem super hoc praebuerit. Confrontate la Bolla d'Innocenzo -IV del 1245, riportata dal <span class="smcap">Wadding</span>, III, 129. Et licet in eadem -Regula sit prohibitum, ne fratres recipiant per se, vel per alios denarios -vel pecuniam ullo modo, possunt tamen, si rem sibi necessariam -aut utilem velint emere, vel solutionem facere pro re -empta, vel nuncium ejus a quo res venditur, vel aliquem alium -volentibus sibi eleemosynam facere, nisi eidem per se vel per -proprios nuncios solvere maluerint. Pag. 130: Et taliter nominati -vel praesentati a fratribus non sunt eorum nuncii, seu depositarii; -sed illorum, a quibus eis pecunia vel denarii committuntur .... -Cum tam immobilium quam mobilium hujusmodi jus proprietas et -dominium .... nullo modo ad ecclesiam ipsam spectent, cui domus -et loca praedicta cuna Ecclesiis caeterisque suis pertinentes (quae -omnia in jus et proprietatem beati Petri suscipimus) omnino tam -in spiritualibus quam in temporalibus immediate subesse noscuntur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note700"> -<p><span class="label"><a href="#tag700">700</a>. </span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 410: Octavus defectus fratris Helyae fuit -quia violenter voluit tenere dominium ordinis, quod ut melius tenere -posset plures sagacitates habebat. Primam quia frequenter mutabat -ministros, ne nimius radicati fortius insurgerent contra -ipsum; secundam quia illos fratres faciebat ministros, quos reputabat -amicos; tertiam quia non faciebat capitula generalia nisi particularia -idest cismontanorum, non enim vocabat ultramontanos -ministros, timens ne deponeretur ab eis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note701"> -<p><span class="label"><a href="#tag701">701</a>. </span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 403. Porro secundus defectus fratris Helyae -fuit quia multos inutiles recepit ad ordinem. Habitavi in conventu -senensi duobus annis, et vidi ibi <span class="smcap lowercase">XXV</span> fratres laycos .... propter -hoc recipiebat multitudinem laycorum, qua posset melius talibus -dominari .... Tertius defectus fratris Helyae, quia homines indignos -promovit ad officia ordinis, faciebat enim laycos guardianos, -custodes et ministros, quod absurdum erat valde, cum in ordine -esset copia bonorum clericorum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note702"> -<p><span class="label"><a href="#tag702">702</a>. </span>Anche il Salimbene deve suo malgrado riconoscerlo, pag. 403. -Si quis autem objiciat verbum Regulae quod dicit: <i>Ipsi vero ministri -si presbyteri sunt</i>, dicimus quod hoc pro tempore dictum -fuit, quando in ordine non erat copia sacerdotum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note703"> -<p><span class="label"><a href="#tag703">703</a>. </span>Il Salimbene ai rimproveri riportati più su (p. 443, n. 1) aggiunge -questi altri: p. 404. Quartus defectus fratris Helyae fuit quod -toto tempore, quo fuit minister non fuerunt generales constitutiones. -Longum esset valde si vellem ruditates et abusiones, quas vidi, -referre. Pag. 405: Quintus defectus, quia nunquam personaliter volebat -ordinem visitare. Pag. 409: Septimus defectus, quia nimis volebat -splendide et delitiose et pompatice vivere. Pag. 410: Et habebat -palafredos pingues et quadratos .... Item raro comedebat in conventu -.... item specialem coquum habebat in conventu Assisii, -fratrem Bartholemaeum paduanum, quem vidi et cognovi, qui cibos -delicatissimos faciebat. [Il Salimbene se ne intendeva non poco].</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note704"> -<p><span class="label"><a href="#tag704">704</a>. </span>Questa congettura mi venne suggerita dalla lettera di Federigo -II, che si riferisce a frate Elia (<span class="smcap">Huillard</span>, <i>Hist. dipl.</i>, V, 346). -Revera papa iste quemdam religiosum et timoratum fratrem Helyam, -ministrum ordinis fratrum minorum, ab ipso beato Francisco -padre ordinis migrationis sue tempore constitutum, pro eo quod -amore justitie, cui est corde et opere dedicatus, pacem imperii promovens, -nomen nostrum, honorem et bonum pacis evidentibus iudiciis -proponebat, <span class="smcap lowercase">IN ODIUM NOSTRUM A MINISTERIO GENERALI REVOCAVIT</span>, -reverentia Christi postposita, et juris sancti Francisci ordinatione -contempta, divisionem in fratribus faciens et in ordinationem -et sectionem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note705"> -<p><span class="label"><a href="#tag705">705</a>. </span>Quanto rincrescesse al Papa l'accordo dell'Imperatore coll'ex -generale francescano lo prova la lettera di Gregorio IX del -1240, (<i>Hist. dipl.</i>, V, 777): Verum idem (Fridericus) non sub pastoris -virga humiliatus est verbere, quia potius super omne quod -dicitur Deus aut colitur elevatus, Helia et Henrico quibusdam non -prophetis sed prophanis apostatis, testibus suae perversitatis assumptis, -in lucis angelum in monte superbie transformatus, Christi -claves et Petri privilegium vilipendens, irriverenter divinis interesse -presumit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note706"> -<p><span class="label"><a href="#tag706">706</a>. </span>La lettera è del 1243, (<i>Hist. dipl.</i>, VI, 147): Tanta est bonae -fidei et devotionis probatae constantia, tantaque laudabilium efficacia -meritorum, quam in provido viro fratre Helia, dilecto familiari -et fideli nostro, semper et utiliter invenisse meminimus, quod -ipsum jam a fructibus agnoscentes personam suam domesticam -nostris servitiis libenter admittimus, et suae circumspectiones consiliis -fiducialiter inhaeremus. Cum igitur eundem fratrem nuper ad -partes transmarinas transfretare paratum pro quibusdam arduis -excellentiae nostrae servitiis, in quorum executione personam ejus -utilem et necessariam fore censuimus, a transitu ipso, praeter suae -voluntatis propositum, providerimus retrahendum, et ipsum licet -invitum quodammodo in curia vestra propterea mandavimus aliquandiu -moratarum ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note707"> -<p><span class="label"><a href="#tag707">707</a>. </span><span class="smcap">Salimbene</span>, p. 412. Tertiusdecimus defectus fratris Helyae -fuit, quia namquam voluit ordini suo reconciliari; sed semper -usque ad ultimum diem vitae suae permansit in pertinacia sua .... -Si fuit absolutus, et si bene ordinavit de anima sua, modo cognoscit. -Viderit ipse .... (Qui la stampa non solo è mutila, ma -errata). La testimonianza del Salimbene, così precisa nei particolari, -è certo superiore a quelle, su cui si appoggia il Wadding per -provare che Elia si fosse ricreduto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note708"> -<p><span class="label"><a href="#tag708">708</a>. </span>Neanche Salimbene par che sia molto tenero di Gregorio, -del quale dice a pag. 8: Iste (Gregorius IX) etiam longo tempore -fuit in discordia et pugnavit cum imperatore Friderico secundo, -qui multa mala fecit Ecclesiae Dei, quae eum nutrivit et coronavit; -ita quod pene navis Petri sub praedicto Papa cecidit in profundum. -Hoc est quod abbas Joachim de romanis Pontificibus dixit, -videlicet, quod aliqui <span class="smcap lowercase">CONABUNTUR IN PRINCIPES</span>, aliqui ducent pacificos -suos dies.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note709"> -<p><span class="label"><a href="#tag709">709</a>. </span>Rispetto al clero secolare non è diverso il linguaggio di -Federico da quello dei francescani intransigenti. Vedi la lettera al -Re d'Inghilterra in <span class="smcap">Bréholles</span>, III, 37-38, pag. 50: In paupertate -quidem et simplicitate fundata erat Ecclesia primitiva, cum sanctos, -quos catalogus sanctorum commemorat, fecunda parturiret: sed -olim fundamentum nemo potest ponere praeter illud quod positum -est a Domino et stabilitum. Porro quia in divitiis navigant, in divitiis -volutantur, in divitiis aedificant, timendum ne paries inclinetur -Ecclesiae, ne maceria depulsa ruina subsequatur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note710"> -<p><span class="label"><a href="#tag710">710</a>. </span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 3. Imperator vero Fridericus fuit homo -pestifer et maledictus, schismaticus, haereticus et epicureus, corrumpens -universam terram. Lo stesso frate racconta ingenuamente -che raccapricciò all'annunzio della morte di Federico. -Pag. 57: Horrui cum audirem, et vix potui credere. Eram enim -Joachita, et credebam et expectabam et sperabam quod adhuc -Fridericus majora mala esset facturus, quam illa qua fecerat, -quamvis multa fecessit. Ma non tutti la pensavano così, e Salimbene -stesso racconta (pag. 37), di un frate Gherardo da Modena, amicus -et intimus beati Francisci, curialis homo, liberalis et largus, religiosus -et honestus et valde morigeratus, temperatus in verbis et -omnibus operibus suis .... erat multam imperialis et nihilominus -in pace et in aequitate ambulavit coram Deo .... ed alla sua -morte multa miracula Deus per eum operari dignatus est. Un altro -frate Bartolomeo Ghiscolo di Parma, (pag. 101) curialis et spiritualis -homo, sed magnus probator et magnus Joachita, et partem -imperialem diligens .... in vita sua fecit monstra et in morte mirabilius -operatus est.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note711"> -<p><span class="label"><a href="#tag711">711</a>. </span>Di frate Alberto pisano, che sostituì Elia, non ci dice altro -il Salimbene se non che fu eletto nel 1239, e un anno dopo nel 1240 -morì (pag. 17, 50-51). Il frate Aimone, che gli successe, scrisse -un'esposizione delle profezie d'Isaja, dalla quale Salimbene p. 224 -riferisce questa frase: Manifestum est quod respublica debet subesse -Romano Pontifici. Frate Aimone morì nel 1244 (<span class="smcap">Sal.</span>, p. 60).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note712"> -<p><span class="label"><a href="#tag712">712</a>. </span><span class="smcap">Salimb.</span>, pag. 97. Magni clerici et spirituales viri et maxime -Joachitae.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note713"> -<p><span class="label"><a href="#tag713">713</a>. </span><i>In Apoc.</i>, fol. 77, col. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note714"> -<p><span class="label"><a href="#tag714">714</a>. </span>Il testo dell'<i>Apocalisse</i>, cap. XI: «et dabo duobus testibus -meis, et prophetabunt diebus mille dugentis sexaginta sacris amicti» -va interpetrato secondo Gioacchino così che l'un testimonio significhi -l'ordine dei chierici, l'altro dei monaci. Ille ergo significat -ordinem clericorum, iste ordinem monachorum, quadraginta duo -menses, quibus predicant induti saccis, significant totidem generationes -(<i>In Apoc.</i>, fol. 148, col. 4). Nei libri apocrifi invece codesti ordini -sono proprio i mendicanti nati ad occidentalem ecclesiam in -tota mundi latitudine flagellandam (<i>Super Esaiam</i>, fol. 37 <i>recto</i>).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note715"> -<p><span class="label"><a href="#tag715">715</a>. </span>Il Concilio di Arles dice dei libri di Gioacchino: a majoribus -nostris usque ad haec tempora remanserunt intacti, utpote latitantes -apud quosdam religiosos in angulis et antris, doctoribus -indiscussi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note716"> -<p><span class="label"><a href="#tag716">716</a>. </span>Pag. 101: Et interfui etiam ego ipse isti doctrinae ut audirem -fratrem Hugonem, [che soleva per lo più dimorare in Nizza]. -Nana prius eram edoctus, et hanc doctrinam audieram, cum habitarem -Pisis, a quodam abate de ordine Floris, qui erat vetulus et -sanctus homo et omnes libros suos, a Joachim editos, in conventu -pisano sub custodia collocaverat, timens ne Imperator Fridericus -monasterium suum destrueret, qui erat inter Lucam et civitatem -pisanam .... Credebat enim quod in Friderico tunc temporis omnia -essent complenda mysterio eo quod cum Ecclesia discordiam habebat -non modicam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note717"> -<p><span class="label"><a href="#tag717">717</a>. </span>Il Rousselot (<i>Joachim</i>, pag. 139), anche dopo la dissertazione -del Renan, seguita a sostenere: que le livre intitulé l'Evangile -eternel n'a jamais existé que sous forme d'un cahier redigé par -ceux, qui accusaient les Dominicains et les Franciscains. Il che è -contraddetto da una fonte molto importante, della quale non so -perchè il Rousselot non vuol fare nessun conto, voglio dire dal -processo verbale della Commissione cardinalizia di Anagni, ove è -detto (Cod. bibl. nat. de Paris, n. 1726, carte 139. Cfr. <span class="smcap">D'Argentré</span>, -I, 163; <span class="smcap">Renan</span>, <i>Revue des deux mondes</i>, tom. LXIV, pag. 109): -Quod liber Concordiarum vel Concordiae veritatis appelletur primus -liber Evangelii aeterni probatur <span class="smcap lowercase">XVII</span> capitulo, et quod liber iste -Concordiae sit Joachim habetur per totum illud capitulum. Quod -liber iste, qui dicitur Apocalypsis nova, appelletur secundus liber -ejusdem Evangelii probatur <span class="smcap lowercase">XX</span> capitulo. Similiter quod liber, qui -dicitur Psalterium decem chordarum, sit tertius liber ejusdem Evangelii. -E più appresso in un luogo, tronco nel D'Argentré, e pubblicato -intero dal Renan, pag. 113: Item <span class="smcap lowercase">XXVIII</span> cap. ponuntur haec -verba: <i>in primo libro ipsius Evangelii aeterni videlicet in secundo -secundae Concordiae</i>. Et tria praedicta probantur similiter -expresse <span class="smcap lowercase">XXXI</span> cap., ubi distinguitur simplex lictera (ibi: <i>attendent -vero</i> etc.), et similiter ante finem ultimi capituli, ubi dicitur: <i>illud -attendendum</i> ecc. Da questi passi appar chiaro: 1º Che l'Evangelio -eterno non era altro se non la collezione delle tre opere dell'abate -Gioacchino. 2º Che gli scritti apocrifi erano così cresciuti da oscurare -i genuini dell'abate calabrese, sicchè i raccoglitori si videro -costretti a dimostrare l'autenticità delle tre opere, che essi ben sapevano -distinguere dalle altre falsamente attribuite a Gioacchino.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note718"> -<p><span class="label"><a href="#tag718">718</a>. </span>Si veda con che circospezione Gioacchino commenta il testo -dell'<i>Apocalisse</i>: «Et vidi alterum Angelum volantem per secundum -celum habentem Evangelium aeternum». Par che schivi di parlarne -come al fol. 173, col. 4; conferenda sunt verba, que de eo scripta -sunt et de duobus aliis, qui sequuti sunt eum, ut alia per alia -inquisita aut omnino pateant intellectui nostro, aut quod reliquum -fuerit igne comburatur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note719"> -<p><span class="label"><a href="#tag719">719</a>. </span>Secondo il Rousselot (op. cit., pag. 140), l'<i>Introductorius</i> -dell'<i>Evangelo eterno</i> sarebbe la stessa cosa dell'<i>Introductorius</i> -premesso da Gioacchino all'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i>. Basta -confrontare i passi estratti dalla Commissione d'Anagni, e già pubblicati -dal D'Argentré con gli analoghi dell'opera di Gioacchino -per rilevarne le differenze. Vedi Codice, carte 139, (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 163; -<span class="smcap">Renan</span>, pag. 126, n. 1): Item <span class="smcap lowercase">XXIV</span> cap. comparat vetus Testamento -primo coelo, Evangelium Christi secundo coelo, Evangelium -aeternum tertio caelo, et expressius <span class="smcap lowercase">XXV</span> capitulo, ubi comparat -vetus Testamentum claritati stellarum, novum Testamentum -claritati lunae, Evangelium aeternum, sive spiritus sancti, claritati -solis. Item <span class="smcap lowercase">XXVII</span> capitulo comparat vetus Testamentum atrio, novum -sancto, aeternum sancto sanctorum. Item <span class="smcap lowercase">XXX</span> comparat vetus -Testamentum cortici, novum testae, Evangelium aeternum nucleo. -Cfr. <i>Introd. in Apoc.</i>, fol. 5, col. 2: Secundus status fuit sub Evangelio -et manet usque nunc in libertate quidem respectu praeteriti, -sed non in libertate respectu futuri .... tertius ergo status erit -circa finem saeculi, jam non sub velamine literae sed in plena -spiritus libertate. Come si vede qui non c'è parola di <i>Evangelo -eterno</i>, e più che l'opposizione è messa in evidenza la continuità -dei varii periodi (col. 3) de lege naturale ad legem Moysi, de lege -Moysi ad Evangelium, de Evangelio Christi ad spiritalem intellectum, -de spiritali intellectu ad veram et aeternam contemplationem -Dei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note720"> -<p><span class="label"><a href="#tag720">720</a>. </span>Fin dal tempo di Gregorio IX, erano nati dissidii tra il clero -secolare ed i nuovi ordini, come si raccoglie dalla bolla di questo -papa del 1232 <i>Nimis iniqua</i>. Non desunt plerique tam Ecclesiarum -Praelati quam alii, qui coeca cupiditate seducti, propriae aviditati -subtrahi reputantes quidquid praedictis fidelium pietas elargitur, -quietem ipsorum multipliciter inquietant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note721"> -<p><span class="label"><a href="#tag721">721</a>. </span>I Domenicani eran entrati come di soppiatto nell'Università -ottenendo una cattedra nel 1228, quando il corpo universitario per -protestare contro l'infrazione di alcuni suoi privilegi s'era ritirato -prima a Reims e poi ad Angers. Dopo pochi anni nel 1250 ebbero -luogo altre proteste, ed il corpo universitario si ritirò di nuovo, -tribus magistris Regularibus, videlicet duobus Praedicatoribus -et uno frate minore exceptis, qui pro suae voluntatis arbitrio -suum renuerunt prestare consensum. Allora l'Università stabilì ut -de coetero nullus in quacunque facultate magister ad Collegium -magistrorum vel consortium Universitatis admittatur, nisi prius -in plena congregatione magistrorum, vel saltem coram quinque -magistris suae facultatis, ad hoc specialiter deputatis, juraverit -statuta nostra licita et honesta et nobis expedientia se firmiter -observaturum. Il decreto surriferito si può leggere nel <span class="smcap">Du Boulay</span>, -<i>Historia Universitatis Parisiensis</i>, III, 250 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note722"> -<p><span class="label"><a href="#tag722">722</a>. </span>Questo sospetto si trova in un cronista domenicano in verità -molto tardivo, il Corner, che attribuisce l'Evangelo eterno allo -stesso Guglielmo di S. Amore. (<span class="smcap">Affò</span>, <i>Vita del B. Giovanni da -Parma</i>, Parma, 1777, pag. 75).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note723"> -<p><span class="label"><a href="#tag723">723</a>. </span>Il trattato è intitolato <i>De periculis novissimorum temporum</i>. -Non avendo trovate le opere di Guglielmo io cito dall'edizione -che ne fece il Brown (<i>Appendix ad fasciculum rerum expotendarum -et fugiendarum ab Orthwino editum a.D.MDXXXV</i>, -Londini <span class="smcap lowercase">MDCXC</span>). Il Brown ignora l'autore del libro, e lo suppone -a torto composto nel 1389, mentre invece fu pubblicato nel 1256 -(<i>Hist. litt.</i>, XIX, 202).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note724"> -<p><span class="label"><a href="#tag724">724</a>. </span><i>De periculis</i>, cap. 8, pag. 27: Ergo nos sumus in ultima -aetate hujus mundi, e cita parecchie autorità, tra le quali anche -l'apocrifo commento di Gioacchino a Geremia. Pag. 28: Haec -omnia initia dolorum sunt scilicet, quae erunt tempora Antichristi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note725"> -<p><span class="label"><a href="#tag725">725</a>. </span><i>De periculis</i>, cap. 3, pag. 23: homines qui apti erunt et -idonei ad praedicta pericula .... charitatem anelantes non verbis -sed factis. Dum enim ambiunt officia praelatorum videlicet praedicandi, -corrigendi, confessiones audiendi .... charitatem factis -abnegant. Cap. <span class="smcap lowercase">IV</span>, pag. 23-24: et illi seductores, posteaquam per -suam simulatam sapientiam et sanctitatem principes et populos -christianos ita seduxerunt, quod plene acquiescunt consiliis eorum. -Cap. <span class="smcap lowercase">V</span>, pag. 24: Domus mulierum et virorum seductibilium ingrediuntur -.... seducunt mulierculas, prius eas, et per eas viros eorum, -sicut Diabolus seduxit Evam, et per eam Adam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note726"> -<p><span class="label"><a href="#tag726">726</a>. </span>Cap. XII, pag. 30-31. Praecipere illis qui sunt de secta illa -ut deserant eam .... inhibere illis, qui non sunt de secta illa, ne -de illa fiant .... Si haec facta fuissent, sufficienter repulsa essent -pericula praedicta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note727"> -<p><span class="label"><a href="#tag727">727</a>. </span>Questo scritto fu composto da Guglielmo quando sali sul -trono Clemente IV, che gli concesse di far ritorno a Parigi, donde -era stato esiliato per opera di Alessandro IV. Al benevolo papa -Guglielmo indirizzò il nuovo suo lavoro. Ed il Papa gli rispose in -una lettera pubblicata dal Martène (<i>Thes.</i>, II, 417) ammonendolo -amorevolmente che il nuovo scritto non differiva dall'antico. (<i>Hist. -litt.</i>, XIX, 207).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note728"> -<p><span class="label"><a href="#tag728">728</a>. </span>Il titolo del libro pubblicato dal Martène (<i>Amplissima collectio</i>, -IX, 1273) è il seguente: <i>Nicolai Oresme episcopi de Antichristo -et ejus ministris ac de ejusdem adventus signis propinquis -simul et remotis</i>. Il Leclerc (<i>Hist. litt.</i>, XXI, 470 e segg.) -ha dimostrato luminosamente che l'Oresme, vescovo di Lisieux -nel 1382, non può essere l'autore di un libro, che appare composto -non più tardi del 1273. Ed è assai probabile l'ipotesi, adottata -anche dal Renan, che il nome di Oresme sia l'anagramma di -S. Amore. Tutta la seconda parte del libro è indirizzata ai precursori -dell'Anticristo, che sono i pseudo-profeti, i falsi predicatori, -che sotto il manto della pietà preparano la rovina della -Chiesa.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note729"> -<p><span class="label"><a href="#tag729">729</a>. </span>La Bolla è riportata dal <span class="smcap">De Boulay</span>, III, 311. Nos libellum -.... tanquam iniquum, scelestum et execrabilem, et instructiones -ac documenta in eo tradita utpote prava, falsa et nefaria de fratrum -nostrorum consilio authoritate apostolica reprobamus, et in -perpetuum condemnamus, districte praecipientes ut quicumque libellum -ipsum habuerit, cum infra 8 dies, ex quo hujusmodi nostram -reprobationem et condemnationem sciverit, prorsus et in toto et -in qualibet sui parte comburere et abolere procuret.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note730"> -<p><span class="label"><a href="#tag730">730</a>. </span><i>De periculis</i>, cap. 2º, pag. 21. Unde videtur quod authoritate -sedis apostolicae, aut diocesanorum, praedicare possunt. Respondetur -quod de potestate Domini Papae aut Episcoporum disputare -non volumus. Verumtamen cum secundum jura tam divina -quam umana in una ecclesia non possit esse nisi Rector unus, -alioquin Ecclesia non esset sponsa sed scortum .... Si vero dominus -Papa concedit aliquibus personis potestatem praedicandi ubique, -intelligendum est ubi ad hoc fuerint invitati.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note731"> -<p><span class="label"><a href="#tag731">731</a>. </span>La prima osservazione che fecero i cardinali, cui fu commesso -l'esame del libro di Guglielmo, è che in esso fosser contenute -quaedam perversa et reproba contra potestatem et authoritatem -Romani Pontificis, come dice Alessandro IV nella bolla citata.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note732"> -<p><span class="label"><a href="#tag732">732</a>. </span>I manoscritti sono segnati al num. 1726, ed al num. 1706, -fondo Sorbona. Alcuni documenti contenuti in questi manoscritti -sono riprodotti anche in un altro manoscritto num. 391 della biblioteca -Mazarino. <span class="smcap">Renan</span>, L'<i>Evangile Eternel</i> (<i>Revue des deux mondes</i>, -tom. LXIV, pag. 109). I documenti sono quattro: 1º Il primo -documento, che si trova solo nel manoscritto num. 1726, contiene -estratti dai libri di Gioacchino, non pure dei tre autentici, ma anche -dagli apocrifi, come il commentario a Geremia, il <i>De oneribus provinciarum</i>, -ed il commentario ad Ezechiele. 2º Il secondo documento, -che si trova in tutti e tre i manoscritti, contiene gli estratti, -che la Commissione di Anagni fece dell'<i>Introduttorio</i> all'<i>Evangelo -eterno</i>. Fu pubblicato dal D'Argentré, I, 163, secondo il n. 1706, -che è il più imperfetto. Il principio di questo documento ripubblicato -nella sua integrità dal Renan, pag. 109, nota 1 è il seguente: -Haec notavimus et extraximus de Introductorio in Evangelium -aeternum-, misso ad dominum Papam ab episcopo Parisiensi, et -tradito nobis tribus cardinalibus ad inspiciendum ab eodem domino -Papa, videlicet Odone tusculanensi, Stefano Prenestino episcopis, et -Hugone sanctae Sabinae presbytero cardinali. 3º Il terzo documento -(manoscritto 1726 Sorbona e 391 Mazarino) è un altro processo -verbale della Commissione d'Anagni, nel quale si contengono gli -estratti delle opere autentiche di Gioacchino, certo secondo la nova -edizione fatta per l'<i>Evangelo eterno</i>, perchè oltre al testo si citano -le note di fra Gherardo. Il Renan ha pubblicato il principio di -questo documento e le note. Io aggiungerò qualche altro passo -secondo il manoscritto del 1726, copiato dal sig. Bencini e gentilmente -collazionato dal mio amico E. Alvisi. 4º Il quarto documento, -già pubblicato dal D'Argentré, si trova solo nel num. 706. -È un'altra enumerazione degli errori dell'<i>Evangelo eterno</i>, identica -a quella che si legge nel <i>Directorium inquisitionis</i> dell'Eymerich.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note733"> -<p><span class="label"><a href="#tag733">733</a>. </span>L'<i>Introductorius</i> talvolta apparisce come un opuscolo separato, -ed il Renan osserva che alcuni scrittori contemporanei come -Matteo Paris, e Guglielmo di S. Amore chiamano Evangelo eterno -l'Introduttorio (op. cit., pag. 115). Nella nota precedente abbiamo -riportato il principio del resoconto d'Anagni, dal quale apparisce -che l'opuscolo, mandato al Papa dal vescovo di Parigi, è appunto -codesto <i>Introductorius</i>. Ma che in seguito di esso fossero pubblicate -o le opere autentiche di Gioacchino, o almeno estratti da esso -lo prova l'altro documento, il terzo della nota precedente, del -quale sarà utile riportare il principio (<span class="smcap">Renan</span>, pag. 110). Anno Domini -<span class="smcap lowercase">MCCLV</span>, <span class="smcap lowercase">VIII</span> idus Julii Anagniae coram nobis Odone episcopo -tusculano, et fratre Hugone presbytero cardinali, auditoribus et -inspectoribus datis a Papa, una cum reverendo patre Stephano -Praenestino episcopo se excusante per proprium capellanum suum, -et nobis quantum ad hoc vices suas committente, comparuit Magister -Florentius episcopus Acconensis, proponens quaedam verba -de libris Joachim extracta suspecta sibi, ut dicebat, nec publice -dogmatizanda aut praedicanda, sive in scriptis redigenda, ut fieret -inde doctrina sive liber (par che accenni alla nuova pubblicazione -fattane) prout sibi videbatur. Et ad haec audienda et respicienda -una nobiscum duos alios scilicet fratrem Bonevaletum, episcopum -Pavendensem, et fratrem Petrum lectorem fratrum Praedicatorum -Anagniae, quorum unus tenebat originalia Joachim de Florensi -monasterio, et inspiciebat coram nobis utrum haec essent in praedictis -libris, quae praedictus Acconensis legebat, et legi faciebat -per tabellionem nostrum et inspiciebat sic. Questi libri, che Florenzo -leggeva, erano probabilmente o la nuova edizione degli scritti -di Gioacchino, o almeno gli estratti, che se ne fecero per uso -dell'<i>Evangelo eterno</i>. Ed i giudici di Anagni, che scrupolosamente -riscontrarono la nuova edizione coll'antica, non trovarono differenza. -Il che prova che i Gioachimiti non alterarono i libri dell'abate, -come sospetta il Renan (pag. 121); ma vi aggiunsero note -quando pareva loro di dover compiere il pensiero del profeta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note734"> -<p><span class="label"><a href="#tag734">734</a>. </span>L'Introduttorio insisteva sulle differenze nel 30º capitolo, -ove (<span class="smcap">D'Arg.</span>, 161-62) dicit quod <span class="smcap lowercase">ALIA</span> est scriptura divina, quae -data est fidelibus eo tempore, quo Deus pater dictus est operari, -et <span class="smcap lowercase">ALIA</span> quae data est Christianis eo tempore, quo Deus filius dictus -est operari, et <span class="smcap lowercase">ALIA</span> quae danda erit eo tempore, quo Spiritus Sanctus -proprietate mysterii Trinitatis operabitur. L'opposizione è -tale tra il secondo periodo ed il terzo, che il nome di Vangelo par -quasi venga negato al Novo Testamento, e serbato solo ai libri gioachitici. -Almeno così si potrebbe interpetrare questo passo omesso -dal D'Argentré e pubblicato dal Renan, pag. 126, nota 5: Item -<span class="smcap lowercase">XXVIII</span>, dicit sacram scripturam divisam in tres partes scilicet in -vetus Testamentum, in Novum et in Evangelium. (Vero è che si -potrebbe sospettare non fosse stata omessa dal copista la parola -aeternum). Quod capitulum totum est notabile et totum legatur. -Si confronti il passo tolto dal quarto documento. (Cod. Sorbona, -num. 1706). <span class="smcap">Eymerich</span>, <i>Directorium</i>, pag. 271. Secundus error -quod Evangelium Christi non est Evangelium regni, et ideo non -est aedificatum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note735"> -<p><span class="label"><a href="#tag735">735</a>. </span>Il Concilio di Arles nel condannare l'<i>Evangelo eterno</i> a -ragione notava che questo nome fosse dato ac si Christi Evangelium -non aeternum nec a Spiritu Sancto nominari debuissent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note736"> -<p><span class="label"><a href="#tag736">736</a>. </span>Queste proposizioni si trovano non nel resoconto d'Anagni, -ma in quell'altro fascicolo d'estratti esistente solo nel num. 1706, -già riportato dall'Eymerich (ed incompiutamente dal D'Argentré) -<i>Directorium inquisitionis</i> (Roma, 1585), pag. 271. Quartus error: -Quod Novum Testamentum non durabit virtute sua nisi per sex -annos proximos futuros, videlicet usque ad annum Christi <span class="smcap lowercase">MCCLX</span>. -Sextus error, quod Evangelium Christi aliud Evangelium subdet, -et ita pro Sacerdotio Christi aliud Evangelium (D'Argentré ha -sacerdotium) succedat. Septimus error: Quod nullus simplex homo -est idoneus ad instruendum hominem alium de spiritualibus et -aeternis, nisi illis qui incedunt pedibus nudis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note737"> -<p><span class="label"><a href="#tag737">737</a>. </span><span class="smcap">Eymerich</span>, loc. cit. Duodecimus error: Quod spiritualis intelligentia -Novi Testamenti non est commissa Papae romano, sed -tantum litteralis. Tertius decimus error: quod recessus ecclesiae -Graecorum a Romana ecclesia fuit bonus. .... Quintus decimus -error, quod populus Graecus magis ambulat secundum spiritum -quam populus latinus .... Decimus nonus error, quod Christus et -apostoli ejus non fuerunt perfecti in vita contemplativa. Vicesimus -error, quod activa vita usque ad tempus abbatis Joachim fructuosa -fuit, sed nunc fructuosa non est: contemplativa vero ita ab ipso -Joachim fructificare coepit, et amodo in perfectis successoribus ejus -perfectius manebit. Tra questi passi e quelli della nota precedente -secondo il D'Argentré si legge questa nota: Haec de prima parte -(cioè i primi sette errori riportati dall'Eymerich). De secunda parte -ejusdem libri, quae appellatur concordantia Novi et Veteris Testamenti, -sive Concordantia veritatis, isti errores possunt extrahi. -Codesti errori e quelli della nota precedente sono tolti dal quarto -documento inserito soltanto nel cod. num. 1706, e già riportato -dall'Eymerich. Secondo questo documento l'<i>Evangelo eterno</i> si -divide in due parti; la prima formata dall'<i>Introductorius</i> o come -è detto qui <i>Praeparatorium in Evangelium aeternum</i>, la seconda -dalla <i>Concordia dei due Testamenti</i> divisa in cinque libri. L'ordinamento -dell'<i>Evangelo eterno</i> riferito in questo documento non -differisce, secondo il Renan, da quello del resoconto d'Anagni. Ed -in verità il sostituire la parola <i>Praeparatorium</i> ad <i>Introductorium</i>, -ed il mettere come prima parte quello che nel resoconto era -considerato come introduzione sono lievissime differenze. Messa -come prima parte l'<i>Introduttorio</i> era ben naturale che la <i>Concordia</i> -ne fosse la seconda, e l'<i>Apocalisse</i> e il <i>Decacordo</i> sarebbero -state la terza e la quarta, se il raccoglitore non le avesse trascurate, -forse perchè gli pareva che non contenessero nulla di novo, che non -fosse stato detto nella <i>Concordia</i>. Ma se queste differenze sono -lievi, altre mi pajono più gravi di quel che crede il Renan. Nel resoconto -di Anagni non sono notati nè il sesto errore, che al sacerdozio -di Cristo debba succedere un altro sacerdozio; nè il settimo -che nessuno all'infuori degli scalzi sia atto ad insegnare le verità -dello Spirito. Non è dunque esatto quel che afferma il Renan che -gli errori dell'<i>Introduttorio</i>, notati nel quarto documento, sieno -identici a quelli rilevati dalla Commissione d'Anagni. E meno -esatta ancora è l'altra proposizione del Renan, che gli errori estratti -dalla seconda parte sono effettivamente tolti dalla <i>Concordia</i>. Tutto -al contrario, in nessun'opera autentica di Gioacchino si leggono -proposizioni come la duodecima e le altre qui sopra riferite. Nè i -cardinali tra tanti luoghi, che estrassero dalla <i>Concordia</i>, ne riportarono -neanche una, che suonasse così aspra ed irriverente per -la Chiesa Romana. Da queste considerazioni s'ha da trarre questa -conclusione affatto opposta a quella del Renan, che cioè la redazione -dell'<i>Evangelo eterno</i>, dalla quale furono estratti gli errori riportati -dall'Eymerich, dev'essere ben diversa da quella che avean -sotto gli occhi i cardinali; nè è improbabile che sia posteriore.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note738"> -<p><span class="label"><a href="#tag738">738</a>. </span>Cod., carte 142; <span class="smcap">Renan</span>, pag. 111, nota 1. Quod exponens -frater Girardus scripsit «haec abominatio erit pseudo-papa, ut habetur -alibi», istud alibi reperitur longe infra quinto libro <i>Concordiae</i> -de Zacaria propheta, ubi incipit: <i>in Evangelio</i>, et dicitur: cum -videritis abbominationem desolationis, quae dicta est a Daniel. -(Cfr. lib. <span class="smcap lowercase">V</span>, cap. 104, fol. 124, col. 3). Rursus et ibi frater Gerardus: -«haec abbominatio quidam Papa erit simoniaca labe respersus, qui -circa finem sexti temporis obtinebit in sede, sicut scribit in quodam -libello ille, qui fuit minister hujus operis, Gerardus». Il Renan -espunge a ragione Gerardus, ed io aggiungo che forse si dovrà -sostituire Joachim, il quale è chiamato pure minister hujus operis -nel passo che riporteremo più appresso a pag. 469, n. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note739"> -<p><span class="label"><a href="#tag739">739</a>. </span>Vedi cod. carte 150. Item circa hoc idem diligenter notandum -qualiter praefert tertium statum secundo, et quamvis hoc -inveniatur in locis plurimis, sufficit tamen illa recapitulatio, quam -facit in <span class="smcap lowercase">V</span>º libro <i>Concordiae</i> in fine secundae distinctionis quod -incipit sic: <i>Ad explanationem mysterii supra scripti</i> (Cfr. ediz. -ven. V, 82, fol. 112, col. 2).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note740"> -<p><span class="label"><a href="#tag740">740</a>. </span>Una nota di fra Gherardo (cod., carte 148 <i>tergo</i>; <span class="smcap">Renan</span>, -loc. cit.), rimanda infatti al <i>Decacordo</i>: Super hoc glossa fratris -Girardi declaratio est ejus, quod dicitur aevangelium aeternum in -secundo libro Psalterii decem chordarum scilicet <span class="smcap lowercase">XIX</span> capitulo quod -incipit: <i>in primo sane tempore</i> (Cfr. ediz. veneta, fol. 259, col. 4). -Fin qui la nota pubblicata dal Renan. La Commissione segue riportando -le parole di Gioacchino, che sono veramente notevoli. -Sed jam nunc agendum est de tempore quinto, in cujus initio sumus -nos, in quo oportet adhuc Spiritum Sanctum missum a filio operari -opera sua multo altius, quam hactenus operatus est, ut omnes -discant honorificare Spiritum Sanctum sicut Patrem et Filium. -In quo? Haud dubium quod in Evangelio ejus. Non enim sicut -decet honorificat illum, qui non subjectus et devotus recipit evangelium -ejus. Et quod est evangelium ejus? illud quod dicitur Joannes -in Apocalipsi: Vidi Angelum Dei volantem per medium coelum et -datum est illi Evangelium aeternum. In quo (ediz. ven., <i>quod</i>) est -Evangelium ejus? illud quod procedit de Evangelio Christi, lictera -autem occidit, spiritus autem vivificat. Gioacchino parla qui per -incidenza dell'<i>Evangelo eterno</i>, nè certo egli ha la superba pretensione -di dare questo nome ai suoi libri, ma certo è che anche -lui intende per <i>Vangelo eterno</i> l'interpetrazione spirituale od allegorica -del vangelo di Cristo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note741"> -<p><span class="label"><a href="#tag741">741</a>. </span>Cod., carte 144 <i>tergo</i>: In praenotatis videtur quod iste novas -et falsas opiniones confingat, et hoc maxime vanae gloriae causa, -idest ut exaltet ejus ordinem incredibiliter et intempestive super -alios ordines immo super totam ecclesiam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note742"> -<p><span class="label"><a href="#tag742">742</a>. </span>Così ad esempio a carte 150 <i>tergo</i> del codice (<span class="smcap">Renan</span>, pag. 112): -Dicit frater Girardus in notula: iste doctor sive Angelus (che apre -il sesto suggello) apparuit circa <span class="smcap lowercase">MCC</span> annum incarnationis dominicae, -hoc est ille liber, de quo loquitur hic, in quo tonitrua loquuta -sunt voces suas, quae sunt mysteria septem signaculorum. -È evidente qui l'allusione a Gioacchino, che pubblicò i suoi libri -nel 1200. Più chiara è l'altra nota (cod., carte 150; <span class="smcap">Renan</span>, p. 111). -Notula fratris Gerardi: In hoc loco vir indutus lineis, qui fuit -minister hujus operis, loquitur de se et de duobus (S. Domenico -e S. Francesco), qui secuti sunt eum statim post mcc annis Incarnationis -dominicae, quos Daniel dixit se vidisse super ripam fluminis, -quorum unus dicitur in Apocalipsi: Angelus habens falcem -acutam, et alius dicitur Angelus qui habuit signum Dei vivi, per -quem Deus renovavit apostolicam vitam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note743"> -<p><span class="label"><a href="#tag743">743</a>. </span>I Giudici d'Anagni a ragione citano a carte 142 la <i>Concordia</i> -(V, 66, fol. 95, col. 4), ove si legge: Senectus David hujus secundi -stati et ordinis ecclesiastici militantis in litera Evangelii senectutem -designat .... Quia vero in servando ordine suo incipiet Pontifex -[<i>romanus</i>, aggiunge l'ediz. veneta] frigescere, extollentur adhuc -aliqui de clero qui videbuntur esse strenui ad certamen, ut stent -in regno Ecclesiae pro patre suo. Sed non obtinebunt, quia non -erit adhuc necesse regnare ordinem belli in die pacis, sed magis -oporteret religiosos transire in illum ordinem, qui designatus est -in Salomon. Queste parole sono molto chiare, e sembrano scritte -da fra Gherardo. Egli è vero che in fine del capitolo Gioacchino -aggiunge: non igitur, quod absit, deficiet Ecclesia Petri, quae est -tronus Christi, sicut natis mulierum in fine veteris Testamenti, sed -commutata etiam in majorem gloriam, mauebit stabilis in aeternum. -Ma queste pie proteste non distruggono le precedenti proposizioni, -e la Chiesa resterà eterna, a patto che si trasformi. Non sarà un -mutamento violento, ma un pallido tramonto, come direbbero oggi. -In un altro luogo della <i>Concordia</i>, II. I, 28, fol. 18, col. 1, rilevato -dai giudici a carte 144 <i>tergo</i> è detto: Duo perfecti ordines claruerunt .... -ecclesiasticorum unus, alius monachorum, et ipsi duo -unus sunt clerus, qui tamen uno modo <span class="smcap lowercase">CONSUMATIONEM ACCIPIET</span> in -tribulatione antichristi, alio (alius?) modo mansurus usque ad consummationem -seculi. È evidente l'artifizio di porre che i due ordini -in fondo facciano un solo, perchè si possa dire che non ostante sia -per cessare l'ordine clericale, dura tuttavia nel suo successore e -continuatore. In qualche altro luogo è detto più esplicitamente -che l'ordine clericale rappresentato da Pietro cederà al monastico -rappresentato da Giovanni, così nel <i>Decacordo</i>, fol. 267, col. 3, -(cod., carte 145 <i>tergo</i>): Ubi autem transierit quod significat Petrus -sequens Dominum in cruce sua, succedet manifeste quod designat -Johannes .... La parola <span class="smcap lowercase">EVACUATIO</span> è adoperata in molti luoghi. -Nella <i>Concordia</i>, II, 1, fol. 7, col. 2 (codice, carte 148, <i>tergo</i>) .... -expectantibus nobis ignem de coelo, qui consumat terram et aquam, -expectantibus idest spiritualem intellectum, qui terrenam illam superficiem -licterae .... <span class="smcap lowercase">EVACUANDO CONSUMAT</span> .... Super hoc, aggiungono -i giudici d'Anagni, Girardus in glossa: In hoc mysterio vocat -terram scripturam prioris Testamenti, aquam scripturam Novi Testamenti, -ignem vero scripturam <i>Aevangeli aeterni</i>. Parimenti nel -V, 74 della <i>Concordia</i> [ediz. ven. fol. 102, col. 4, codice, carte 151, -<i>tergo</i>]. Sicut enim <span class="smcap lowercase">EVACUATA</span> est mactatio (ediz. ven., <i>observatio</i>) -Agni paschalis in mactatione (e. v. <i>observatione</i>) corporis Christi, ita -in clarificatione Spiritus Sancti cessabit observatio omnis figurae.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note744"> -<p><span class="label"><a href="#tag744">744</a>. </span>Cod., carte 152. Quinto notandum diligenter illud, quod dicit -in primo libri Psalterii .... ubi invehitur primo contra Sabellium -et Arrium, sed statim post contra magistrum Lombardum. E riprodotto -il luogo già da noi citato, fol. 229, col. 3, seguitano: Et -paulo infra eadem distinctione seu capitulo videtur adhuc astruere -haeresim dannatam in Concilio lateranensi .... Più appresso: Item -habetur apertius in libello ipsius Joachim De Articulis fidei descripto -ad quemdam filium suum Johannem, quod opus suspectum -est ex ipso prologo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note745"> -<p><span class="label"><a href="#tag745">745</a>. </span>Vedi le bolle in <span class="smcap">Du Boulay</span>, III, 292 .... Alexander ecc. -Venerabili fratri Episcopo Parisiensi. Libellum quemdam, qui in -<i>Evangelium aeternum</i>, seu quosdam libros Abbatis Joachim Introductorius -dicebatur, et quem felicis recordationis Innocentio -Papae predecessori nostro misisti, postquam illum per venerabiles -fratres .... diligenter examinari fecimus, de fratrum nostrorum -concilio duximus abolendum. In un'altra bolla spedita poco dopo -raccomanda allo stesso arcivescovo (<span class="smcap">Du Boulay</span>, pag. 293), quod -sic prudenter, sic provide in apostolici super hoc mandati executione -procedas, quod dicti frates (minores) nullum ex hoc opprobrium, -nullamque infamiam incurrere valeant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note746"> -<p><span class="label"><a href="#tag746">746</a>. </span><i>Direct.</i>, pag. 271, cujus auctor fuit ut fertur communiter -quidam frater Joannes de Parma, italicus monachus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note747"> -<p><span class="label"><a href="#tag747">747</a>. </span>Il Salimbene dopo aver parlato del libro del S. Amour, seguita, -a pag. 233: Alter vero libellus continebat multas falsitates contra -doctrinam abbatis Joachym, quas abbas non scripserat, videlicet -quod Evangelium Christi et doctrina Novi Testamenti neminem ad -perfectum duxerit, et evacuanda erat <span class="smcap lowercase">MCCLX</span> anno. Et nota quod -iste, qui fecit istum libellum, dictus est frater Ghirardinus de burgo -Sancti Donnini, qui in Sicilia nutritus fuit in saeculo, et ibi docuit -in grammatica .... Et Parisius fecit istum libellum, et ignorantibus -fratribus divulgavit, sed valde bene fuit punitus: pag. 255 Porro -post multos annos, cum habitarem in conventu Imolae, venit ad -cellam meam frater Arnulphus guardianus meus cum quodam libello, -qui scriptus erat in chartis de papiro, et dixit mihi: quidam notarius -est in terra ista, qui est amicus fratrum, et istum libellum, -quem scripsit Romae quando fuit ibi cum senatore urbis domino -Brancaleone de Bononia, accomodavit mihi ad legendum, et habet -eum valde carum, quia frater Gherardinus de burgo Sancti Donnini -scripsit et composuit eum, quapropter legatis in eo vos, qui -studuistis in libris Ioachym, ut dicatis mihi si continet aliquid boni. -Cumque legissem et vidissem dixi fratri Arnulpho: iste liber non -habet stilum antiquorum doctorum, et habet verba frivola et risu -digna propterea diffamatus est liber et reprobatus ....</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note748"> -<p><span class="label"><a href="#tag748">748</a>. </span>Anche il Renan ha notato, pag. 116: les documents d'Anagni -ne disent pas avec la clarté désirable que Gerard soit l'auteur de -l'Introductorius à l'Evangile éternel. Io aggiungo che non lo dicono -nè chiaramente, nè oscuramente.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note749"> -<p><span class="label"><a href="#tag749">749</a>. </span>Il Renan ha chiamato l'attenzione su questo passo dell'Introduttorio: -(cod. car. 139; <span class="smcap">Renan</span>, pag. 116; cfr. <span class="smcap">D'Arg.</span>, 164). -Item <span class="smcap lowercase">VIII</span> capitulo dicit (cioè lo scrittore dell'Introduttorio) quod -sicut in principio primi status apparuerunt tres magni viri, scilicet -Abraham, Isaac et Jacob, quorum et tertius, scilicet Jacob, habuit <span class="smcap lowercase">XII</span>, -et sicut in principio secundi status tres, scilicet Zacharias, Ioannes -Baptista et homo Jesus Christus, qui similiter secum habuit <span class="smcap lowercase">XII</span>, -sic et in principio tertii status tres similes illorum, scilicet vir indutus -lineis, et angelus quidem habens falcem acutam, et alius angelus -habens signum Dei vivi. (D'altra mano è scritto in parentesi -<i>scilicet Sanctus Franciscus</i>. L'angelo della falce acuta è S. Domenico, -il persecutore implacabile degli eretici). Ipse primo habuit -<span class="smcap lowercase">XII</span>, (male il D'Arg. <i>et habebit similiter angelus</i>), inter -quos et ipse fuit unus (cioè lo scrittore dell'Introduttorio), sicut -Jacob habuit <span class="smcap lowercase">XII</span> in primo statu, et Christus <span class="smcap lowercase">XII</span> in secundo. Item -quod per virum indutum lineis intelligat Joachim scriptor (sin qui -il D'Argentré, il resto fu pubblicato dal Renan, pag. 116, n. 1) -hujus operis probatur <span class="smcap lowercase">XXI</span> cap. circa medium per haec (<i>haec</i> omesso -dal Renan) verba de quinque intelligentiis et septem tipicis (Renan: -<i>ubi sic ait</i>) sic ait «vir indutus lineis in aperitione mysteriorum -Isaiae (Renan: <i>Jeremiae</i>) prophetae, ecce, ait, praeter historicum -morale tropologicum etc.». Item <span class="smcap lowercase">XXIII</span> circa principium -ita dicitur: «ad quam scripturam tenetur populus tertii status -mundi, quemadmodum populus primi status ad vetus Testamentum -et populus secundus ad novum, quantumcumque hoc displiceat -hominibus generationis istius». In questo passo il Renan stesso nota: -1º che l'autore dell'Introduttorio è detto indeterminatamente scriptor -hujus operis. 2º Che la frase <i>inter quos ipse fuit unus</i> conviendrait -mieux à Jean de Parme qu'à Gerard. Queste due osservazioni -basterebbero a provare che l'autore dell'Introduttorio non -può essere Gherardo; ma v'ha una terza osservazione da fare. In un -luogo del codice, pubblicato pure dal Renan (pag. 110, n. 2) si -legge: Item in <span class="smcap lowercase">XII</span> c. versus finem ponit haec verba: «usque ad illum -angelum, qui habuit signum Dei vivi, qui apparuit circa MCC -incarnationis dominicae, quem angelum frater Gerardus vocat et -confitetur sanctum Franciscum». Secondo il contesto di questo -estratto quei che ponit haec verba, non è lo stesso di chi vocat -et confitetur. Codeste prove non sono sì lievi da poter dire col -Renan: rien n'autorise à croire que Jean de Parme ait participé -directement à la rédaction du livre poursuivi de tant d'anathèmes. -Io direi piuttosto il contrario, che molti indizii ci menano a conchiudere -essere l'autore dell'Introduttorio ben diverso da quello -delle note, e molto probabilmente Giovanni da Parma.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note750"> -<p><span class="label"><a href="#tag750">750</a>. </span>Dico note introduttive, perchè parmi che si debbano distinguere -nell'<i>Evangelo eterno</i> tre introduttorii. 1º Uno generale a -tutte le tre opere di Gioacchino; 2º uno speciale al <i>commento -dell'Apocalisse</i> il quale andava sotto il nome di Enchiridion seu -Introductorius. 3º Finalmente un terzo introduttorio, appartenente -a Gioacchino stesso, e pubblicato nell'edizione a capo dell'<i>Expositio -in Apocalipsim</i>. Che si debba distinguere l'Enchiridion dall'Introductorius -appar manifesto dal codice, perchè tutte le volte -che si cita l'Enchiridion vengon riferiti capitoli, che non si trovano -nell'Introductorius pubblicato a Venezia, e per i opposto tutte le -volte che si cita l'Introductorius la conformità tra il resoconto -d'Anagni e l'edizione stampata è così perfetta come per le altre -opere autentiche di Gioacchino. Cito alcuni esempi; a carte 141 si -legge: Hoc expressius dicitur in Enchiridion sive Introductorio -novae Apocalypsis quod sic incipit: nunc de <span class="smcap lowercase">VII</span> signaculo et septem -temporibus. Non c'è nessun capitolo dell'Introduttorio stampato, -che cominci con queste parole. Poche righe più sotto seguitano -gl'inquisitori: Similiter in Introductorio <i>Apocalypsis</i> cap. <span class="smcap lowercase">III</span> quod -intitulatur de tribus statibus mundi et incipit «primus trium statuum» -citazione che risponde a capello al cap. <span class="smcap lowercase">V</span> dell'ediz. veneta, -fol. 5, col. 2. A carte 147 <i>recto</i> e carte 151 <i>recto</i>, si citano dal -capitolo dell'Enchiridion de septimo signaculo passi che non si -trovano nella stampa. Nel mentre a carte 147 <i>tergo</i> è citato il cap. <span class="smcap lowercase">V</span> -dell'Introduttorio rispondente al cap. <span class="smcap lowercase">VII</span>, fol. 9, col. 4 dell'ediz. -veneta. A carte 144 <i>recto</i> si cita il cap. <span class="smcap lowercase">XVII</span> dell'Introduttorio -corrispondente al fol. 20, col. 1 della stessa edizione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note751"> -<p><span class="label"><a href="#tag751">751</a>. </span>L'<span class="smcap">Affò</span>, <i>Vita del beato Giovanni</i>, Parma 1776, per iscagionare -non solo il generale, ma tutto l'ordine francescano, escogita -l'ipotesi strana che l'<i>Evangelo Eterno</i> appartenga o agli Almariciani, -(pag. 67) o ad un ignoto Giovanni da Parma (pag. 77) -ben diverso dal generale. Nè vuol neanche (pag. 95 in nota) che -se ne faccia autore fra Gherardino. <i>E questo sia detto in prova di -questa gran verità, che l'ordine dei minori non ebbe alcun individuo -tanto sfrontato, che fosse capace di metter fuori libro -sì pernicioso.</i> Eppure l'Affò conosceva benissimo la Cronaca del -Salimbene!</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note752"> -<p><span class="label"><a href="#tag752">752</a>. </span>Salimbene, pag. 97: Porro frater Hugo solitus erat dicere, -quod quatuor habebat amicos, quos specialiter diligebat, quorum -primus erat frater Johannis de Parma generalis minister (et hoc -congruum fuit quia ambo erant magni clerici et spirituales viri et -maxime Joachitae); cujus etiam amore mihi fuit familiaris et quia videbar -credere scripturis abbatis Joachim de ordine Floris. P. 132-33: -Et notandum quod quamvis frater Johannes de Parma habuerit -multos mordaces occasione doctrinae abbatis Joachim, habuit tamen -multos qui eum dilexerunt, inter quos fuit magister Petrus Hispanus -(Papa Johannes XXI).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note753"> -<p><span class="label"><a href="#tag753">753</a>. </span>L'Affò, pag. 87 cita il Salimbene che a pag. 133 narra: -Papa etiam Innocentius IV diligebat fratrem Johannem sicut animam -suam, et quando ibat ad eum, recipiebat eum ad osculum -oris, et cogitavit eum facere cardinalem, sed morte praeventus, -non potuit. Come mai, seguita l'erudito francescano, il Papa che -conosceva l'<i>Evangelo Eterno</i> potea pensare di elevare ai supremi -onori l'autore del pessimo libro? Ma è da notare che Innocenzo IV -non potè esaminare codesto libro, mandatogli dall'arcivescovo di -Parigi nello stesso anno che morì. L'Affò avrebbe potuto citare un -altro luogo del Salimbene, del quale già riproducemmo il principio -nella nota precedente, e che seguita così: Petrus Hispanus, -qui factus cardinalis et postea ipse idem factus Papa Johannes XXI, -cum esset magnus sophista, loicus et disputator atque theologus -misit pro fratre Johanne de Parma, qui similia in se habebat, voluit -ergo Papa quod semper esset cum eo in curia et cogitabat -eum facere cardinalem, sed morte praeventus non potuit facere. -Ma anche questo passo non concluderebbe nulla, perchè al tempo -di papa Giovanni XXI (1276-77) le agitazioni francescane erano -cessate, ed un profondo obblio copriva l'<i>Evangelo Eterno</i>, condannato -già 21 anni prima. Anche per Niccolò III l'Affò avrebbe -ben fatto a riprodurre tutto il passo del Salimbene, dal quale si ha -da cavare una conclusione affatto opposta alla sua. Eccolo (pag. 131): -Hic (Johannes de Parma) propter doctrinam abbatis Joachym, -quia nimis adhesit dictis suis, exosus fuit quibusdam ministris et -papae Alexandro quarto et papae Nicolao tertio, qui ambo cum -essent cardinales, fuerunt ordinis gubernatores, protectores et correctores, -et prius diligebant eum intime sicut semetipsos propter -ejus scientiam et sanctam vitam. Unde post longum tempus dominus -Johannes Cajetanus, qui erat papa Nicolaus tertius, accepit -eum per manum, et familiariter ducebat eum per palatium dicendo -sibi: cum tu sis homo magni consilii, non melius esset tibi et ordini -tuo quod tu esses hic nobiscum cardinalis in curia, quam sequi -verba stultorum, qui de corde suo prophetant? Respondit frater -Johannes et dixit Papae: de dignitatibus vestris non curo, quia -de hoc commendatur quilibet sanctus, ad cujus laudem cantatur: -nec terrenae dignitatis gloriam quaesivit, sed ad coelestia regna -pervenit. De consilio autem dando dico vobis quod bene sanum -darem consilium si essent qui me vellent audire; <i>sed in curia romana -his diebus parum aliud tractatur nisi de guerris et de -tropheis et non de animarum salute</i>. Audiens haec Papa ingemuit -et dixit: sic sumus talibus consueti, quod omnia quae dicimus -et facimus utilia fore credamus. Cui frater Johannes respondit: -Et beatus Gregorius, sicut in dialogo legitur, de talibus suspirasset. -Post hoc dimissus frater Johannes reversus est ad heremum. Da -questo racconto risulta certo non l'innocenza di Giovanni, ma la -sua persistenza nelle opinioni gioachimitiche, non ostante che il -Papa cercasse di distiogliernelo. Si può dubitare che Giovanni -abbia tenuto un linguaggio così acre col Pontefice, ma certo quelle -frasi erano in bocca di tutti i Gioachimiti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note754"> -<p><span class="label"><a href="#tag754">754</a>. </span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 131. Dixit mihi frater Bartholomaeus Calarosus -de Mantua; .... dico vobis, frater Salimbene, quod frater -Johannes de Parma turbavit semetipsum et ordinem suum, quia -tantae scientiae et sanctitatis et excellentissimae vitae erat, quod -curiam romanam corrigere poterat, si credidissent sibi; sed postquam -secutus est prophetias hominum fantasticorum, vituperavit -seipsum, et amicos suos non modicum laesit. Et respondi et dixi: -ita etiam et mihi videtur, et tristor non modicum, quia intime diligebam -eum; sed Joachitae dicunt: prophetias nolite spernere .... -Pag. 132: cum disset mihi frater Johannes de Castroveri .... -quod frater Johannes de Parma, quondam generalis minister adhuc -erat in credulitate sua, et ego dixissem sibi quod si essem cum -eo sperabam quod possem eum revocare ab illa, dixit mihi: vade -ergo ad eum etc. L'Affò non nega che fra Giovanni fosse Gioachita, -ma per salvare l'ortodossia di lui, mutila le dottrine di -Gioacchino, riducendole al solo capo dell'Anticristo, nella cui imminente -venuta molti padri della Chiesa fermamente credettero -(pag. 130). Invece noi abbiamo già dimostrato che le dottrine dell'<i>Evangelo -Eterno</i> non che essere foggiate dagli Almariciani, si -trovano sostanzialmente nelle opere autentiche dell'abate florense.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note755"> -<p><span class="label"><a href="#tag755">755</a>. </span>Secondo il Salimbene (pag. 137) le dimissioni furono spontanee, -e più d'un giorno insisterono i capitolari perchè le ritirasse, ma -persistendo il generale nel suo proposito, lo pregarono che indicasse -lui il successore. Et statim assignavit fratrem Bonaventuram -de Bagnoreto et dixit quod in ordine meliorem eo non cognoscebat: -et statim omnes consenserunt in eum et fuit electus. Non è probabile -che fra Giovanni indicasse a suo successore chi dopo eletto -gli aprì un processo. E l'Affò stesso cita un contemporaneo fra -Peregrino di Bologna, il quale (pag. 105) dice al contrario: idem -Papa sibi in secreto praecepit, quod renunciaret officio et quod -nullo modo assentiret, si ministri eum vellent in officio retinere. -Et ego, inquit, in capitulo fui mediator inter ipsum et ministros, -et hoc habui ex ore ejus. E se l'Affò non crede al racconto di fra -Pellegrino, perchè appartenente al partito di frate Elia, altri potrebbe -dubitare del Salimbene, appartenente al partito Gioachimita. -Tanto più che il racconto di Salimbene è improbabile, e non -scevro di pie invenzioni come questa che nel romitorio di Grecia, -ove si ritirò fra Giovanni, duae aves de sylva sylvestres, ad modum -anseris grandis, et sub disco suo, ubi studebat continue, fecerunt -nidum ova et pullos, et permittebant se tangi ab eo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note756"> -<p><span class="label"><a href="#tag756">756</a>. </span>Per esempio la <i>Cronaca delle tribolazioni</i> a carte 181<i>v</i>: -«Ma secondo che testifica esso frate Giovanni in questa parte molto -fallì Bonaventura, perocchè parlando e conferendo insieme con -frate Giovanni dentro in cella della predetta quistione, si concordava -e mostrava di sentire e di tenere una medesima cosa con -frate Giovanni, ma nel cospetto delli frati, ed in comune si mostrava -di tenere il contrario. E per questo frate Giovanni molto -temeva frate Bonaventura». Così pure a carte 199 <i>recto</i> e <i>tergo</i>: -«è fatto stupendo a ciascheduna mente come presummettono di -trattare iniquamente e irriverentemente tanto e sì fatto uomo con -loro infamia con scandalo e vituperio di tutto l'ordine e confusione -di tutta la religione .... venne frate Giovanni, e fu costretto -di giurare come sospetto d'eresia, e fu inquisito il savio dalli -stolti e l'antico dalli giovani ecc. E allora s'oscurò e impallidì -la sapientia e sanctità di frate Bonaventura, e la sua mansuetudine -dal maligno spirito, che il commoveva, fu voltata in furore». -Questi passi mostrano chiaramente l'irritazione del partito intransigente -contro fra Bonaventura. Contro il quale solevano addurre -una pretesa profezia di fra Jacopo della Massa, come riferisce la -stessa cronaca a pag. 186 <i>recto</i>: « .... Questo frate Jacopo da -Massa nel principio del generalato di frate Giovanni da Parma -stette tre giorni rapto fuori di sè .... A costui fu data la intelligenza -delle scripture e lo spirito della prophetia, allora lui mi -disse e manifestò una cosa molto stupenda, cioè che .... vidde -un arbore molto bello e alto, la cui radice era d'oro ed il pedale -d'argento, le foglie d'argento inorato, li frutti dell'arbore erano -huomini ed erano frati minori, e vedde frate Giovanni da Parma, -il quale stava nella cima del ramo di mezzo di quest'arbore. E -venne S. Francesco ad amministrare lo spirito della vita alli suoi -frati, secondo che li era stato comandato, ed incominciandosi da -frate Giovanni da Parma li dette il calice dello spirito della -vita .... e avendolo bevuto diventò lucente come sole, quelli pochi -che divotamente tutti lo bevevono, tutti diventavano lucidi come -il sole, ma quelli, li quali lo versavano, diventavano tenebrosi e -neri e orribili a vedere e simili alli demonii .... furono date a -frate Bonaventura, unghie di ferro taglienti come rasori (pag. 190): -Gesù Cristo chiamò S. Francesco e li dette una pietra focaja molto -tagliente .... e S. Francesco venne e tagliò le unghie di frate -Bonaventura, e frate Giovanni si restò nel loco suo lucente come -il sole». Questa visione, riferita anche nei <i>Fioretti</i>, ed accolta -dal Mariano e dal Wadding, è certamente una invenzione del partito -intransigente, e l'Affò ben fece a dubitarne (pag. 109 e segg.), -benchè le ragioni addotte da lui tengano poco.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note757"> -<p><span class="label"><a href="#tag757">757</a>. </span>Certo fra Giovanni fu accusato non solo quale capo del -partito intransigente, bensì come gioachimita e l'Affò ha ben torto -di sostenere che principalmente sul primo motivo gli fu aperto il -processo. Se non ci fosse stata la condanna dell'<i>Evangelo Eterno</i>, -e la necessità di salvare la riputazione dell'ordine, non si avrebbe -avuto il coraggio di sottoporre ad accusa un uomo come fra Giovanni. -Anche la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> adduce varii capi di -accusa, ma confessa che il più grave fu quello delle opinioni gioachimite. -Non credo inutile riferire da questa cronaca inedita le -accuse, riportate pure dal Wadding e dall'Affò. Carte 148 <i>tergo</i>: -«Una delle ragioni dell'odio che molti ebbero contro Giovanni è -il linguaggio severo che teneva contro tutti, perchè i frati insegnano -loro, (ai novizii) di riservarsi le loro cose per libri, o veramente -di darsi alli frati per edificare Chiese o luoghi o per altri -loro bisogni, e non annunziano loro fedelmente come dice la regola, -cioè che le distribuischino alli poveri del secolo». Carte 170 <i>t</i>: «e li -frati non sono contenti di avere due tuniche di panno vile e di -rappezzarle di sacco e d'altri pezzi con la benedizione di Dio, ma -procurano d'avere vestimenti preziosi e delicati e duplicati e tutti -quelli li quali amano li vestimenti vili, e che predicano l'observantia -regolare, li giudicano come uomini indiscreti, e che si vogliono mostrare -santi e li chiamano hypocriti». Carte 171<i>r</i>: appena dicono -l'ore loro. Carte 174<i>r</i>: «diventano (li frati) mercanti, vendendo le -cose spirituali per le temporali, e le cose che acquistano le convertono -nelli proprii usi». Carte 175<i>r</i>: «non possono ascoltare pazientemente -la verità delle loro transgressioni; ma reputano che sia -loro lecito d'inpugnare e perseguitare tutti quelli parlano o sentono -il contrario delle loro opere». Carte 175 <i>t</i>: «tornando una volta -da Roma un lettore della nostra provincia riferiva alli frati in comune -e ad alcun altro lectore, come frate Giovanni predicando in -Roma alli frati avea dicto nel suo sermone ai frati contro ad ogni -stato, e specialmente contro alli frati tanto duramente che giammai -li frati della Marca non l'averrebbono perdonata a nessun -altro frate». Carte 176 <i>t</i>: «diceva qualmente il testamento e la Regola -sono substantialmente una medesima cosa». Carte 779 <i>t</i>: «Frate Giovanni -biasimava molto quelli, li quali addimandavano sopra la regola -altre declarationi oltre al testamento, e admonitioni di San -Francesco, come coloro che revocavano in dubbio la certezza -della vera intelligenzia della Regola, e contro la obedientia e comandamento -del padre loro la storcevano al beneplacito della loro -tepida volontà; epperò portavano molestamente le sue parole e il -suo parere e sentimento; e apostata e presa la cagione di un'altra -questione perseguitarono e punirono acerbamente lui e li principali -compagni come infecti di eretica pravità .... Perocchè frate -Giovanni da Parma lui con li conpagni tenevano che l'abate Gioacchino -aveano tenuto e sentito sanctamente e cattolicamente della -sancta trinità, e dell'unità e divina essenza .... e la decretale d'Innocenzio -Papa non damnava lui, nè la sua dottrina per rispetto -della sua posizione e affermazione che lui fa di quella questione, -ma riprova quello libello che Joacchino compose contro mastro -Pietro Lombardo .... però quello libello fu dannato in quanto che -era diffamatorio di maestro Pietro Lombardo .... perocchè maestro -Pietro non sentì nè tenne il contrario di quello che tennono li -sancti. Per questa seconda ragione e cagione mossi li frati apparentemente -provocorono frate Bonaventura ad esaminare frate -Giovanni e li compagni della fede e promossone il figliuolo contro -il padre, e il promosso contro il promotore e il dilecto già discepolo -contro all'amante maestro e pastore. La tertia ragione della -persecuzione fu lo scrivere di due sermoni fatti dai due compagni -di frate Giovanni. Dei quali il primo per empio e per modo dire -senza sale lodava la doctrina dell'abate Gioacchino insieme con -la persona, il secondo induceva nel suo sermone tutti li principali -passi della scriptura di Joachino, e che fanno e che sono a commendatione -di S. Francesco e della Regola e a declarazione della -vita evangelica e della sua istituzione e depravazione .... e principalmente -toccava li prelati e li più principali principalmente. Il -quale libro leggiendo frate Bonaventura si dice che sospirò e -lagrimò perchè queste cose si potevano intendere particolarmente -per lui».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note758"> -<p><span class="label"><a href="#tag758">758</a>. </span>Salimbene non fa nessun cenno nè del processo nè della -condanna, sebbene nel passo riportato più sopra dica chiaramente -che Giovanni cadde in disgrazia dei Papi Alessandro IV e Niccolò -III. Ma la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, seguita dal Mariano -e dal Wadding, racconta quello che riferiamo nel testo, nè l'Affò -ne dubita.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note759"> -<p><span class="label"><a href="#tag759">759</a>. </span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 186: «E chiamati prima -li due principali compagni di frate Giovanni, ciascuno delli quali -era molto suffitiente e molto docto nella divina scriptura, cioè frate -Leonardo e frate Giraldo li costrinsero a giurare di rispondere -puramente la verità. Carte 196 <i>t</i>: frate Giraldo era di tenace memoria -e di deserta e di pulita lingua e di acuto intelletto e dalla -bocca sua usciva un fiume d'auctorità: Carte 198<i>r</i>: come eretico -condannarono alla perpetua carcere lui e il suo compagno, il quale -frate Giraldo entrando nella carcere disse: in loco pascue ibi me -collocavit, ove stetti diciocto anni con tanto gaudio e letizia come -se continuamente avessi avute tutte le delicatezze del mondo .... -vivendo come eretico e scomunicato, e alla fine fu privato dell'ecclesiastica -sepoltura sotto la medesima penitenza vivette e morì -frate Leonardo. Dopo molto tempo Pietro dei Nubili perchè non -volessi dare alii frati un trattato, il quale avea compilato frate -Giovanni, morì in carcere». Questa ultima notizia è molto importante, -perchè mostra che anche fra Giovanni avea composto un -trattato (l'Introduttorio?) sullo stile degli scritti di Leonardo e fra -Gherardo e al pari di quelli severamente proibito. D'accordo colla -<i>Cronaca</i> il <span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 102: frater Ghirardinus Parisius missus -fuit, ut studeret pro provincia Siciliae, pro qua receptus fuerat. -Et studuit ibi <span class="smcap lowercase">IIII</span> annos et excogitavit fatuitatem, componendo libellum, -et divulgavit stultitiam suam. De quo libello iterum dicam, -cum ad Papam Alexandrum quartum pervenero, qui ipsum reprobavit. -Et qui occasione istius libelli improperatum fuit ordini et -Parisius et alibi, ideo praedictus Ghirardinus, qui libellum fecerat, -privatus fuit lectoris officio et praedicationibus et confessionibus -audiendis et omni actu legitimo ordinis. Et quia noluit resipicere -et culpam suam humiliter recognoscere, sed perseveravit obstinatus -procaciter in pertinacia et contumacia sua, posuerunt eum fratres -minores in compedibus et in carcere, et sustentaverunt eum pane tribulationis -et aqua angustiae. Iste miser nec sic voluit resilire a proposito -obstinationis suae, permisit itaque se mori in carcere, et -privatus fuit ecclesiastica sepoltura. Sepultus in angulo horti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note760"> -<p><span class="label"><a href="#tag760">760</a>. </span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 131 .... Et tu similiter Joachita fuisti, cui -dixi: verum dicitis sed postquam mortuus est Fridericus, qui Imperator -jam fuit et annus millesimus ducentesimus sexagesimus est -elapsus, dimisi totaliter istam doctrinam, et dispono non credere -nisi quae videro.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note761"> -<p><span class="label"><a href="#tag761">761</a>. </span><span class="smcap">Wadding</span>, <i>Annales minorum</i>, V, 52, che segna la <i>Cronaca -delle Tribolazioni</i>, da lui citata nel nome di Chronica antiqua. -Nelle note seguenti mi varrò direttamente di questa fonte, pubblicandone -per quanto lo spazio mi consente, i brani più importanti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note762"> -<p><span class="label"><a href="#tag762">762</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 204 <i>tergo</i>: «Della quinta tribolazione dell'ordine -delli frati minori della quale nelle parti ultramontane frate -Pier Giovanni fu il principale che ne partecipò, come si dirà nel -subsequente capitolo — Essendo assunto al cardinalato frate Bonaventura -contro alla sua volontà per la fama della sua scienza ed -eloquentia e sanctità, li succedette nell'offizio del generalato frate -Girolamo d'Ascoli, il quale poi fu Papa Niccolao quarto, che fu -uomo assai mansueto e modesto e tardo ad ira e a fare ingiuria, -posto che fossi tepido e rimesso a promuovere li buoni. Pag. 205: -A costui .... accusato il sancto uomo di Dio frate Pier Giovanni -d'Ulivo della provincia di Provenza e della custodia di Herbona, -e nativo d'un castello chiamato Serignano, che esso frate -Pier Giovanni per audacia e temeraria presunzione haveva composto -alcune quistioni piene di temerarie novitati. La qual cosa -udendo frate Girolamo generale lo fece chiamare a sè, e li disse -che li portasse quelle quistioni che lui haveva fatte della nostra -donna, il quale frate Pier Giovanni subitamente ebbe porto, e come -il generale l'hebbe letto, li comandò che li mettessi in sul fuoco e -l'ardesse. La qual cosa fatta frate Pier Giovanni senza mutare -volto con l'animo tranquillo, come se avessi ricevuto un grande -honore, rallegrandosi si lavò le mani e celebrò la messa. La qual -cosa notando alcuni di quelli, che di già per lo merito delle sue -virtù l'amarono, appostata l'ora opportuna l'addimandorono dicendo: -frate Pier Giovanni come potesti tu dire la messa così subitamente -dopo tanta ingiuria e riprensione, che ti fu facta dal generale -non ti confessando tu avanti. Ai quali quello rispose e disse: -Io ho ricevuta quella riprensione e ingiuria per grande benefizio -et honore, e però non me ne sono dolsuto nè rammaricato. Anzi me -ne sono rallegrato, che se voi pensate che per quello ardere e distruggere -di quelle quistioni l'uomo se ne debba dolere, questo è -niente, perchè a me è agevole cosa di ritrovare e riparare quelle -medesime».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note763"> -<p><span class="label"><a href="#tag763">763</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 214 «(fra Pier Giovanni) tolse un compagno, -e non chiamato nè licenziato se ne andò a frate Bonagratia generale -ministro .... E volendosi el generale spacciare di lui, e punirlo -aspramente con penitentia confusibile per la inobbedentia, la -quale avea commessa, fece radunare il capitolo spacciatamente, e -frate Giovanni propose per tema del suo parlare: spiritu oris interficient -ineptum. E poi seguitò il suo sermone con tanta efficacia -e tanto fervore di spirito, che tutti si stupirono nella virtù delle -sue parole. E tutti confusi nel cuore e nella mente, e non avendo -ardire di rispondere alle sue parole, tacettono. Ma agghiadato nel -cuore il generale non lo riprese della sua venuta, e non li dette -alcuna penitentia, e dissimulò il dispiacere il quale lui avea conceputo -contro a quello. Ma dipoi a pochi giorni, il generale infracidandosi -e consumandosi d'amaritudine si cadde in infermità -e morì, e insieme con lui morirono due principali adversari di -fra Pier Giovanni». La Cronaca non conosce nè l'accusa del capitolo -nè la sentenza della Commissione, nè la ritrattazione. Ma -la condanna c'è nota dalla risposta dello stesso Olivi ai suoi -giudici pubblicata dal Duplessis (<span class="smcap">D'Argentré</span>, <i>Collectio judiciorum</i> -I, 226). Il principio di questo documento è il seguente: Reverendis -in Christo fratribus fratri Arloto de Prato, fratri Richardo -de Mediavilla, fratri Drocho, fratri Joanni Valensii, fratri Symoni -sacrae theologiae doctoribus; fratri Aegidio de Baysi, fratri Joanni -de Murro, Bachalariis domus Parisiensis, homuncius peccator vilissimus -dictus frater Petrus Joannes Olivi, eam reverentiae plenitudinem, -quam decet Magistros et Patres tantos ac tales etc. Quello di -cui si duole principalmente l'Olivi è che sieno state condannate -le sue opinioni quaedam vero haeretica, quaedam in fide dubia, -quaedam nostro ordini periculosa, quaedam nescia, quaedam praesumptuosa; -nel mentre l'autore non fu ammesso a discolparsi, e -neanco venne interrogato. Miror satis quomodo tum rigidus processus -contra me actus, et quomodo tam solemnis tamque inusitata -sententia, tamque diffamatoria per viros tam solemne est data, -me super his omnino irrequisito. La formola di ritrattazione è riportata -dal Wadding, V, 122. Ego frater Petrus Joannes consentio -in verba magistrorum nostrorum, quae continentur in litteris sigillorum -septem, qui Patres ad praeceptum venerabilis Patris fratris -Bonagratiae, tunc generalis ministri, requisiti per obedientiam responderunt. -Quel <i>tunc</i> mostra che la sottomissione ebbe luogo dopo -la morte del generale, avvenuta nel 1283.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note764"> -<p><span class="label"><a href="#tag764">764</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 222-23: «Esso fu chiamato dal generale a Parigi, -che dovessi rispondere alle cose proposte contro a lui davanti -alli maestri e alli altri frati quivi congregati. Alle quali cose lui -rispose tanto saviamente e pienamente e abbondantemente, che -tutti li circostanti se ne meravigliarono e stupirono e confessorono -che vera e cattolica era la sua posizione, e assertione delli predicti -articoli, e nessuno di quelli, che l'accusarono, fu ardito di dire -una parola contro a quello».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note765"> -<p><span class="label"><a href="#tag765">765</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 213: «Per la qual cosa si voltarono a perseguitare -li germogli e figlioli delli suoi razzi, e tutti li giovani, che -si sforzavano di conformarsi alli suoi costumi e alla sua dottrina, -con maligne inquisitione e perplesse e intrincate examinationi, come -se fossero morti nell'eretica pravità, li incidevano col coltello -dell'iniqua lingua diffamandoli, gittandoli e nascondendoli nelle -fosse e sepolture, nelle fosse delle loro carceri e prigioni, e temendo -li razzi delle loro chiarissime ragioni, infiammate del calore di -charità del sole padre loro, cioè frate Pier Giovanni, e non potendo -sostenere la sua presenzia, non avevono ardire di fare di lui inquisitione».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note766"> -<p><span class="label"><a href="#tag766">766</a>. </span>Anche quest'altra dichiarazione fu pubblicata dal <span class="smcap">Wadding</span>, -V, p. 299: Ego frater Petrus Joannes dico et profiteor, fratres minores -non teneri ad aliquem usum pauperem neque ad aliam vivendi -modum ultra contentum in declaratione Regulae facta a -domino Nicholao III etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note767"> -<p><span class="label"><a href="#tag767">767</a>. </span>Il <span class="smcap">Wadding</span>, V, 378, ci conserva le ultime parole dell'Ulivi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note768"> -<p><span class="label"><a href="#tag768">768</a>. </span>Il Daunou nell'articolo sull'Olivi (<i>Hist. litt.</i>, XXI, 44) parla -d'un codice di Santa Croce, che conterrebbe l'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i>. -Ma il Bandini non cita se non due soli codici riferentisi -all'Olivi, il primo (pluteo X dextr. cod. IV) contiene l'esposizione -di Matteo fino a carte 197, e da carte 110 l'esposizione dell'evangelo -di Luca. È notevole che in fondo al codice si legge una nota -di mano di fra Tedaldo, la quale ricorda le postille di fra Pietro -su Isaja, Ezechiele, le Sentenze, Geremia; ma non fa cenno alcuno -del <i>Commento all'Apocalisse</i>. Il secondo codice (plut. XXXI, sin. -cod. III) contiene parecchi opuscoli sulla povertà, e tra gli altri -alcuni di Pier Giovanni. Eccone l'indice: -</p> - -<p> -Utrum sit melius aliquid facere ex voto, quam illud idem sine -voto (carte 131). Utrum vovere alteri homini obedientiam; Utrum -appellare ab inferiori (imperfecta et incompleta) (c. 132). Quod trium -votorum, castitatis, paupertatis et obedientiae sit perfectius (132). -Utrum Papa possit in omni voto dispensare (134). Utrum romano -pontifici sit in fide et moribus ab omnibus obedire (139). Item -sine argumento, an promittere alteri obedientiam in omnibus universaliter -sit evangelicae perfectionis (140). Expositio regulae sancti -Francisci (141). Quaeritur an status altissimae paupertatis sit simpliciter -melior omni statu divitiarum (142). Ad oppositum quaestionis -arguitur. Quaestio est pulchra. (162). Videtur quod status -habens aliquid in commune sit melior (164). Quaestio an usus -pauper includatur in consilio seu votu paupertatis (170). Utrum -professoribus paupertatis evangelicae usus pecuniae sit totaliter -interdictus (172). Quaeritur utrum praedicti pauperes teneantur -vilissimis vestibus indui (174). Utrum Episcopi et Praelati, qui ad -perfectionem evangelicam sunt ex voto adstricti teneantur ad pauperem -usum (176). Utrum liceat professoribus evangelici aliquid -repetere per se vel per alium (177). Utrum liceat professoribus -evangelicis debita contrahere quacunque ex causa (178). Utrum ei -liceat annualia convivia, seu pietantias recipere, seu procurare (178). -Utrum virginitas, vel castitas, abstrahens ab omni concubitu, sit -simpliciter melior matrimonio (178). Utrum votum vitandi suspectum -consortium, vel colloquium includatur in voto evangelico (181). -Utrum Religiosus vovens ea, quae non obsunt observantiae regulare, -teneatur votum illud adimplere (182). Utrum sit conveniens -ad professionem religionis, vel solemnis voti castitatis multos recipi -(182). Utrum vovens ingredi Religionem si ducat uxorem, peccat -semper mortaliter petendo debitum (182). De antiqui hostis -versutia contra statum evangelicae paupertatis seraphici viri Francisci -multiformi (183). Utrum perfectio evangelicae paupertatis -possit ad talem modum vivendi reduci, quod sufficienter vivat de -possessionibus et contradicitur a Papa vel Patribus (189). Responsio -Petri Joannis in Capitulo generali quando fuit requisitus quid -de usu paupere sentiret (204). De obitu dicti fratris Petri Joannis -et quid receptis sacramentis dixit quando et ubi recepit scientiam -suam, et quid senserit de usu paupere (206). Articuli abstracti descriptis -tuis ab aemulis et impugnatoribus (206). Item tractatus -ejus de usu paupere in fine quinti capitulo (206). Quaestio pulchra -seu tractatus ejusdem de vita activa et contemplativa (206).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note769"> -<p><span class="label"><a href="#tag769">769</a>. </span>Nella professione di fede al letto di morte diceva l'Olivi -(<span class="smcap">Wadding</span>, V, 378): dico abdicationem omnis juris, seu jurisdictionis -temporalis et pauperem rerum usum de substantia vitae nostrae -evangelicae; pauperem vero usum hunc ita explico: ut omnibus -consideratis censeatur potius pauper quam dives, seu declinet potius -ad paupertatem quam opulentiam. Si vede in questa formola, -che pare tanto logica, l'imbarazzo di definire il limite, al di là del -quale l'uso cessa di essere povero.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note770"> -<p><span class="label"><a href="#tag770">770</a>. </span>I giudici del 1282 condannano la sentenza dell'Olivi (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, -pag. 231): quod usus pauper rerum, prout in se includit necessitatem, -quae dicit indigentiam manifeste existentem, vel de proximo -imminentem et talem quod debitus status corporis, vel personae -Deo servientis, nisi sibi succurratur, stare non potest, includitur in -voto evangelicae paupertatis. Cfr. <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, -carte 224 <i>tergo</i>: «provava e affermava che la renunziazione d'ogni -giurisdizione e l'uso povero era della sostanza della vita apostolica, -e della professione della regola di S. Francesco, e chiamava -l'uso povero tale uso, il quale, pensate tutte le circostanzie, -vistamente si può chiamare più povero che ricco, non quello il -quale induce estrema necessità delle cose da vivere, per il quale -lo stato della nostra religione diventa pericoloso, nè quello il quale -esclude le cose necessarie alla vita, e l'uso delle cose, cioè massaritie, -ad usare per esecutione delli uffizii dello stato loro; perocchè -li frati non debbono avere l'uso di tutte le cose, nè a nessuna -superfluità ricchezze o pompe o abbundantia, che diminuisce la povertà, -o veramente a tesaurizare, o per animo di vendere o dare -ad altri o alienare, nè sotto spetie di provvedersi per il tempo -futuro nè per altra cagione. Anzi debba apparire ed essere in loro -quanto al dominio la espropriazione per ogni modo e nell'uso la -necessità».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note771"> -<p><span class="label"><a href="#tag771">771</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 226 «epperò diceva esso frate Giovanni che -li notabili eccessi delli luoghi e delli hedifitii quanto alla preziosità -della materia e alla curiosità della forma, pulitezza e bellezza e -quanto alla qualità e sumptuosità e spese e quanto alle molte maniere -delli acolti e procuratori che inducono e che richiedono -per li edifizii, diceva che era impurità pericolosa». Vedi in <span class="smcap">Wadding</span>, -V, pag. 379. Dico quarto, notabiles excessus in aedificiis quoad -materiam et curiositatem, pro quibus construendis multiplices et -importuni fiunt quaestus, periculosos esse .... Idemque censendum -est de iis, qui procurant suis monasteriis annuos redditus et determinatas -vel statutas sub singulis annis provisiones, praevenientes -nimia sollicitudine omnes necessitates.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note772"> -<p><span class="label"><a href="#tag772">772</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 227 «e similmente litigare e piatire per jurisdictione -delle sepolture o delli funerali o per qualunque cosa -temporale diceva esser notabile impurità .... et che fare questo -per persone seculari instigandole e conducendole a questo, pagando -le spese, e consigliandosi per questo modo, il quale noi vediamo -che si fa da molti, non solamente è impurità, ma è una -frauda nascosta della Regola». <span class="smcap">Wadding</span>, loc. cit.: litigare vel causas -movere coram judicibus circa funeralia aut legata pia nobis relicta -impuritas est maxima contra Regulam; neque obstat quod per seculares -seu fratrum amicos fiant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note773"> -<p><span class="label"><a href="#tag773">773</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 228 <i>tergo</i> «Predicava ancora e diceva che li -apostoli e li episcopi, li quali hanno professato la vita apostolica, -come li apostoli quanto che per vigore del voto evangelico e della -professione evangelica sono tenuti di osservare l'uso povero». Cfr. -Wadding, loc. cit. Dico octavo quod viri apostolici, seu nostri fratres, -qui evangelicam vitam se gloriantur profiteri, debent etiam -in superioribus gradibus dignitatum, seu Episcopatuum constituti, -quantum eorum status permittit, quod Domino voverunt, observare. -Cfr. <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 232, ove l'Olivi rispondendo ai suoi giudici concede -quod non tenentur ad usum pauperem in illis, in quibus usus -pauper impediret eorum officium debitum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note774"> -<p><span class="label"><a href="#tag774">774</a>. </span><i>Sexti Decret. De verb. signif.</i>, cap. 3. Insuper nec utensilia -nec alia praeter eorum usum ad necessitatem et officiorum sui -status executionem, non enim omnium rerum usura habere debent, -ut dictum est, ad ullam superfluitatem divitias, seu copiam quae -deroget paupertati etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note775"> -<p><span class="label"><a href="#tag775">775</a>. </span>L'ampia professione di fede cattolica riportata dal Wadding -loc. cit., non impediva all'Olivi di sostenere che ei si sentiva obbligato -di non credere nisi solo Romano Pontifici aut Concilio -generali, nisi quantum ratio vel auctoritas Sacrae Scripturae vel -fidei Catholicae per seipsam me cogit ut credam. Cfr. la <i>Cronaca</i> -carte 230 .... «credere al Romano Pontefice o veramente al Concilio -generale se non quanto la ragione e l'autorità della sacra -scriptura o della cattolica fede per sè medesima diffinisce».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note776"> -<p><span class="label"><a href="#tag776">776</a>. </span>Che l'Olivi appartenesse al partito creatore della letteratura -pseudo profetica lo mostra la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, a c. 208: -«perocchè l'abate Gioacchino profetò di lui e mostrò che quello era -stato profetato dalli antichi e dalli altri, e tutta la prima parte -della profezia di Cirillo heremita, la quale esso abate Gioacchino -magnifica grandemente, principalmente tocca Pier Giovanni, il loco -della sua natività, l'ordine nel quale doveva entrare, e tutte le -persecuzioni le quali lui doveva avere lui e i suoi seguaci». A c. 209: -«la Sibilla Eritrea li prophetò mille anni avanti al advenimento di -Christo intanto che la simplicità e la innocentia di S. Piero del -Murrone, e la renunziazione del Papato, ed il loco della seductione -(1294) e le persone seducenti, e profeti, e scrisse chiaramente, e così -ancora piacque acio che fussino profetati li singolari fatti di Pier -Giovanni.»</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note777"> -<p><span class="label"><a href="#tag777">777</a>. </span>Dagli estratti dell'<i>Apocalisse</i> in <span class="smcap">Baluze</span>, ediz. Mansi, II, 267 a: -Quidam ex pluribus, quae Joachim de Friderico secundo et ejus -semine scribit, et ex quibusdam, quae beatus Franciscus secrete -fratri Leoni et quibusdam aliis sociis suis revelasse fertur, opinantur -quod Fredericus praefatus cum suo semine sit respectu -hujus temporis quasi caput occisum, et quod tempore mistici Antichristi -ita reviviscat in aliquo de semine ejus, ut non solum Romanum -imperium, sed etiam Francis ab ipso devictis obtineat regnum -Francorum, quinque caeteris Regibus Christianorum sibi -cohaerentibus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note778"> -<p><span class="label"><a href="#tag778">778</a>. </span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 261 (cfr. <i>Direct. inquis.</i>, pag. 268). Igitur commemorato -est adhuc notandum a quo tempore debeat sumi initium -hujus sextae apertionis. Videtur enim quibusdam quod ab initio -ordinis et regula sancti patris praefati; alii vero quod a solemni -revelatione tertii status generalis, continentis sextum et septimum -statum Ecclesiae, facta abbati Joachim et forte quibusdam aliis sibi -contemporaneis; alii vero quod ab exterminio Babylonis et Ecclesiae -carnalis per decem cornua bestiae, id est per decem Reges -fiendo; alii vero quod a suscitatione spiritus seu quorundam ad -spiritum Christi et Francisci, tempore quo ejus regula est a pluribus -nequiter et sophistice impugnanda et condemnanda ab Ecclesia -carnalium et superborum, sicut Christus condemnatus fuit -a Synagoga reprobe iudaeorum. Hoc enim oportet praeire temporale -exterminium Ecclesiae, sicut illud praeivit exterminium Synagogae.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note779"> -<p><span class="label"><a href="#tag779">779</a>. </span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 263 a (<i>Direct.</i>, V). Hic ergo angelus est Franciscus, -evangelicae vitae et regulae sexto et septimo tempore propagandae -et magnificandae renovator, et summus post Christum et -ejus matrem observator .... Audivi etiam a viro spirituali valde -fide digno, et fratri Leoni confessori et socio beati Francisci valde -familiari quoddam huic scripturae consonum, quod nec assero, -neque scio, nec censeo esse asserendum, scilicet quod tam per -verba fratris Leonis quam per propriam revelationem sibi factam -perceperat quod beatus Franciscus in illa pressura tentationis Babylonicae, -in qua ejus status et regula quasi instar Christi crucifigetur, -resurget gloriosus; ut sicut in vita et in crucis stigmatibus -est Christo singulariter assimilatus, sic et in resurrectione -Christo assimiletur necessaria tunc suis discipulis confirmandis et -informandis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note780"> -<p><span class="label"><a href="#tag780">780</a>. </span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 258 (<i>Direct.</i>, I). Primus status proprie coepit -a Spiritus Sancti missione, licet alio modo coeperit a Christi praedicatione. -Secundus vero proprie caepit a persecutione Ecclesiae -facta sub Nerone Imperatore, quamvis alio modo coeperit a Stephani -lapidatione vel Christi passione. Tertius vero coepit a tempore -Constantini Imperatoris ad fidem Christi conversi, seu a -tempore Silvestri Papae, seu Concilii Nicaeni contra Arrianorum -haeresim celebrati. Quartus vero proprie coepit a tempore magni -Antonii anachoretae, seu a tempore Pauli primi eremitae, vel secundum -Joachim a tempore Justiniani Augusti, de quo infra in -decimo notabili amplius tangetur. Quintus vero proprie coepit a -tempore Karoli Magni. Sextus vero aliqualiter coepit a tempore beati -viri patri nostri Francisci. Plenius tamen debet incipere a damnatione -Babylonis meretricis magnae, quando praefatus angelus Christi -signo signabit per suos futuram militiam Christi. Septimus -autem uno modo inchoat ab interfectione illius Antichristi, qui -dicet se Deum et Messiam Judaeorum, alio modo inchoat ab initio -extremi judicii omnium reproborum et electorum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note781"> -<p><span class="label"><a href="#tag781">781</a>. </span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 260 b. Sicut enim in primo statu saeculi ante -Christum studium fuit patribus enarrare magna opera Domini inchoata -ab origine mundi, in secundo vero statu a Christo usque -ad tertium statum cura fuit filiis quaerere sapientiam mysticarum -rerum et mysteria occulta a generationibus saeculorum, sic in tertio -nil restat nisi ut psallamus et jubilemus Deo, laudantes ejus opera -magna, et ejus multiformem sapientiam et bonitatem in suis operibus -et scripturarum sermonibus clare manifestatam. Sicut enim -in primo tempore exhibuit se Deus pater ut terribilem et metuendum, -nude tunc claruit ejus timor, sic in secundo exhibuit -se Deus filius ut magistrum et revelatorem; et ut verbum expressissimum -sapientiae sui patris. Ergo in tertio tempore spiritus -sanctus exhibebit se ut flammam et fornacem divini amoris etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note782"> -<p><span class="label"><a href="#tag782">782</a>. </span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 258 b. Septimum est quare sextus status describitur -ut notabiliter praeeminens quinque primis, et sicut finis priorum, -et tanquam initium novi saeculi, evacuans quoddam vetus -saeculum, sicut status Christi evacuavit vetus testamentum et vetustatem -humani generis. Cfr. pag. 260 a: Sicut etiam in sexta aetate -rejecto carnali judaismo et vetustate prioris saeculi venit novus -homo Christus cum nova lege vita et cruce, sic in sexto statu, -rejecta carnali Ecclesia et vetustate prioris saeculi, renovabitur -Christi lex et vita et crux. Propter quod in ejus primo initio Franciscus -apparuit Christi plagis characterizatus et Christo totus concrucifixus -et configuratus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note783"> -<p><span class="label"><a href="#tag783">783</a>. </span>Pag. 261 a: Secunda ratio est, quia uterque illorum substitutus -est alteri. Nam sicut gloria, quae fuerat Synagogae parata et Pontificibus -suis, si in Christum credidissent, translata fuit ad primitivam -Ecclesiam et ad pastores ejus, sic etiam gloria parata finali -Ecclesiae quinti status transferetur, propter ejus adulteria, ad electos -sexti status. Unde et in hoc libro vocatur Babylon meretrix circa -initium sexti status damnanda. Pag. 263 a: Tunc enim totus status -Ecclesiae in praelatis et plebibus et religiosis funditus subvertetur, -praeter id quod in paucis electis remanebit occulte.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note784"> -<p><span class="label"><a href="#tag784">784</a>. </span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 263 b: Ex praedictis autem patent aliquae rationes -quare ante exterminium novae Babilonis sit evangelica vita -veritas a reprobis solemniter impugnanda et condemnanda, e contra -a spiritalibus suscitandis ferventius defendenda et observanda. -Pag. 264. Nunc fere omnes clerici et regulares possidentes aliquid -in communi videntur minus bene sentire de evangelica abrenuntiatione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note785"> -<p><span class="label"><a href="#tag785">785</a>. </span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 262 a: Si quaeras quare Franciscus cum primis -sui ordinis sociis non fuit personaliter in initio tertio et quarto -.... dicendum quod ad hoc potest octuplex ratio dari. Prima est -generalis, non enim oportet nec congruit quod posteriora prioribus -suis correspondentibus in omnibus conformentur etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note786"> -<p><span class="label"><a href="#tag786">786</a>. </span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 263 a. Est enim tunc nova Babylon sic judicanda -sicut fuit carnalis Hierusalem, quia Christum Dominum crucifixit. -Che cosa s'intenda per la nova Babilonia nessun può ignorare. -L'Olivi dice ben chiaro: Potestas enim Papae et multitudo -plebium sibi obediens et favor ipsius est quasi magnus fluvius -Eufrates impediens transitum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note787"> -<p><span class="label"><a href="#tag787">787</a>. </span><i>Liber sententiarum inquis. tholos.</i>, pag. 326: Dixit tamen -quod audivit ab aliquibus fratribus minoribus de illis vocatis spiritualibus -de Narbona et ita fore credidit quod ordo fratrum minorum -debebat dividi in tres partes, scilicet in communitate ordinis, -quae vult habere granaria et cellaria, et in fratissellis et fratribus, -qui sunt in Sicilia sub fratre Henrico de Ceva, et fratribus vocatis -spiritualibus vel pauperibus et etiam beguinis. Et dicebant quod -prime due partes, quia non observant regulam beati Francisci debebant -cadere et cassari, set tercia pars quia observabat regulam -evangelicam debebat remanere usque ad finem mundi, licet pateretur -multas persecutiones, sicut dicunt fuisse revelatum beato Francisco, -et probabant quod dicta tertia pars usque ad finem mundi -debebat durare vel in multis vel in paucis, quia Evangelium Christi -durabit usque ad finem mundi, et regula beati Francisci est regula -evangelica. La separazione dei fraticelli sotto Enrico di Ceva accadde -nel 1318 (<span class="smcap">Wadding</span>, VI, 312), ma è ben certo che la formazione -di questi partiti risale per lo meno al tempo in cui gl'intransigenti -per la prima volta tentarono di separarsi dall'ordine per -costituirne un altro, che prese il nome dal papa Celestino V. Infatti -a codesto movimento di separazione Pier Giovanni e i suoi aderenti -non presero parte, perchè essi volevano che tutto l'ordine, -anzi tutta la cristianità si convertisse alla loro fede; talchè anche -allora dai Celestini, come più tardi dai Fraticelli, si distinsero gli -Spirituali. Non occorre spiegare perchè prendessero codesto nome -i seguaci dell'Olivi, che credevano fermamente nel regno avvenire -dello Spirito Santo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note788"> -<p><span class="label"><a href="#tag788">788</a>. </span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 249: «In questo mezzo essendo -frate Pietro detto Murrone fatto Papa, piacque al generale -e a tutti li principali frati .... principalmente a frate Currado -d'Offida, a frate Pietro da Montecchio, a frate Jacopo da Todi, -a frate Tommaso da Trevi, a frate Currado da Spoleto, e a tutti -quegli altri, li quali amarono la regola, che frate Pietro da Macerata -ed il compagno (fra Liberato) fossino mandati al sommo Pontefice. -Perocchè quelli erano stati suoi familiari avanti al papato». -Carte 251: «absolvette frate Liberato e il compagnio da ciascheduna -obbedentia delli frati, e lo comandò .... che non si chiamassino frati -minori, ma frati di Papa Celestino o poveri heremiti». Carte 252<i>r</i>: -«rinunziando Papa Celestino l'offizio del papato parve a quelli frati -di dare luogo all'ira ed al furore; detti frati per maggior pace e -salute se ne andarono a luoghi (lontani?)».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note789"> -<p><span class="label"><a href="#tag789">789</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 262: «Ingannato il Papa (Bonifazio) colle loro -bugie consentì alla loro perversa petizione e fecie fare littere nelle -quali fece esecutori della loro punizione tre prelati cioè messer Pietro -patriarca di Costantinopoli e l'archiepiscopo di Atene, e l'archiepiscopo -di Patrasso. Il patriarca stava allora a Vinegia». Carte 267<i>r</i>: -«Subitamente che frate Consalvo sentì che frate Liberato con li suoi -compagni erano tornati, e che stavano in certi eremitori nelle parti -della Puglia, esso generale li armò delle littere della sedia apostolica -e se ne andò al Re di Sicilia .... e fu chiamato fra Tommaso -d'Aversa inquisitore». Carte 267<i>v</i>: «(fuggì fra Liberato) e molti -mesi giacque non cognosciuto da alcuna persona nel loco delli -Armeni di Viterbo, e doppo due anni si morì nel loco di S. Angelo -della Vena».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note790"> -<p><span class="label"><a href="#tag790">790</a>. </span><i>Cronaca</i>, c. 237: «Questa quinta tribolazione ebbe un altro -principio nella provincia della Marca Anconitana pigliandola al -tempo del Concilio generale facto a Lione da Papa Gregorio X». -Carte 237<i>v</i>: «alcuni frati dicevano che rivorrebbero le possessioni -e le rendite per observare la obedientia e il comandamento del -sommo Pontefice, e li decreti del Concilio, costoro rispondevano -che farebbono il contrario». Carte 238<i>v</i>: «Tre frati cioè frate Iramondo, -frate Tommaso da Tolentino e frate Pietro da Macerata -confermavano la loro opinione con ragioni e auctorità e ardentemente -la difendevano dicendo, che nè la Chiesa nè il Papa non -farebbono mai questa cosa, come cosa la quale non solamente -era inconveniente e che conduceva all'apostasia e che non cadeva -sotto potestà del sommo Pontefice e però non li era possibile» -Carte 239: «Uno frate savio, che avea nome frate Beniamino, par -che componesse la quistione, la quale cessò dopo tre anni della loro -penitentia. Ma rimasono l'una parte e l'altra nella coscienza discordante -di studii diversi e di desiderî contrari, perocchè quelli -della maggior parte reputavano lo stato e il vigore ed il mantenimento -in edificare luoghi nel mezzo delle città e delli castelli -per attrarre a loro li populi, e in procurare le sepolture, in ricevere -testamenti e legati, e in multiplicare libri scuole e scuolari -e in inpetrare privilegi e simili cose. Ma quelli altri sentivano -tutto il contrario delle predecte cose». Carte 242: «furono messi di -nuovo in carcere come eretici e privati della confessione e delli altri -sacramenti e alla fine della sepoltura ecclesiastica». Carte 244 <i>v</i>: «Morendosi -il generale ministro Matteo Acquispartano, successe a lui -frate Raimondo di Gauffredo della provincia di Provenza (<span class="smcap">Wadding</span>, -V, 210), uomo mansueto, pietoso .... che radunato il Capitolo -della Marca chiese conto della sentenza pronunziata contro -alcuni frati, e saputo li scarcerò e li mandò al re Ayecon d'Herminia -(Armenia)». Carte 246 <i>r</i>: «I frati erano frate Agniolo, frate -Tommaso da Tolentino (morto martire), frate Marco da Monte -Lupone, frate Pietro di Macerata e un altro frate Pietro». Questi -fatti successero nel 1289-90. Vedi <span class="smcap">Wadding</span>, V, pag. 211, 236.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note791"> -<p><span class="label"><a href="#tag791">791</a>. </span><span class="smcap">Dante</span>, <i>Parad.</i>, <span class="smcap lowercase">XII</span>, 124. -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Ma non fia da Casal, né d'Acquasparta,</p> -<p class="i01">Là onde vengon tali alla scrittura,</p> -<p class="i01">Ch'uno la fugge e l'altro la coarta.</p> -</div></div> - -<p> -Di Ubertino da Casale, lo scolare di Pier Giovanni Olivi, diremo -più giù. Dante condanna i due opposti partiti i conventuali, rappresentati -dal generale Matteo d'Acquasparta, e gli spirituali rappresentati -da Ubertino. A Matteo successe Gaufrido nominato il -1289 (<span class="smcap">Wadding</span>, V, 210) e rimosso da Bonifacio VIII nel 1295 -(op. cit., 338).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note792"> -<p><span class="label"><a href="#tag792">792</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 218: «Nientedimeno ebbe victoria la protervia -e la voluntà delli persequitori, e condannorono la sua dottrina -insieme con la persona, disotterrorono e scavorono li suoi ossi, e -furiosamente e con gran contumelia destrussono il suo sepolcro e -li segni della sua santità e li segni delle divotioni a lui offerti, e -con tutte le forze spensono le operazioni dello spirito nelli fedeli».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note793"> -<p><span class="label"><a href="#tag793">793</a>. </span><i>Cronaca</i>, carte 233: «Di poi quel sancto uomo di singolare -perfectione, cioè frate Pontio di Buontungato, potente in opere e -in parole .... perchè non volse dare ad ardere alcuni tractati, li -quali aveva fatti il sancto uomo frate Pier Giovanni, lo tractorono -tanto crudelmente e spietatamente, che la impietà della crudeltà, la -quale li fu facta, turba et empie d'amaritudine li animi delli auditori. -Lo rinchiusono in una carcere strettissima oscurissima e -putridissima, ligato colli ferri alli piedi, ficcando un ceppo nel muro -ed appiccandoci una catena ligata alli ferri, che haveva in piè, e -tanto lo ristringono et opprimono che non poteva andare un poco -pure alla necessità della natura se non dove sedeva, e non poteva -se non sedere, e aggravato dal peso del ferro e della strettezza -della carcere sopra la terra nuda, la quale era lotosa e fetente per -l'orina e per lo sterco, il quale li stava socto, e così sedeva nel -brutto fango, e li gettavano stretto pane e breve acqua voltando -la faccia quelli, li quali erano più crudeli che le bestie e più velenosi -che li serpenti, non mostrando mai a quello huomo, il quale -cognoscevano bene che era veramente sancto, alcuno obsequio nè -alcuna humanitade, nè per opere nè per parole insino alla morte -sua, e alla fine essendo infermato giaceva inchinato sotto il peso -del ferro, e nel puzzo dello sterco e dell'orina, lieto nell'animo e -acceso del fuoco di carità e referendo a Dio infinite grazie, rendette -lo spirito a Jesu Christo, lassando a tutti esempi e forma di -fortitudine insuperabile e di patientia imperturbabile». Il Wadding, -che riproduce (V, 380) molto laconicamente questo racconto, mette -la morte di fra Ponzio nel 1297, poco dopo la morte dell'Olivi. -Oltre a frate Ponzio furono incarcerati altri frati (come dice la -<i>Cronaca</i>, a c. 233, e ripete il Wadding): frate Giovanni da Valle, -frate Giovanni da Quiliano, frate Francesco di Lionetto, frate Raimondo -di Auriolo, frate Giovanni del Primo e molti altri.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note794"> -<p><span class="label"><a href="#tag794">794</a>. </span>Queste notizie il Wadding raccolse dall'opera stessa di Ubertino, -<i>Annales</i>, V, 417-18.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note795"> -<p><span class="label"><a href="#tag795">795</a>. </span><i>Cronaca</i>, c. 297: «Questo frate Ubertino habitando sul Monte -della Vernia della provincia di Toscana tutto devoto a S. Francesco, -fedele testimonio della prima ed ultima perfezione regolare, -sincero e fervente predicatore dell'evangelica verità infiammò e -destò per esempio della vita e per virtù della sua parola molti -nella religione e specialmente nella provincia della Marca e della -Valle e di Toscana alla pura e fedele observantia della promessa -perfectione, e per la vera charità, lassando lui stare la sua quiete, -la quale lui haveva in Gesù Christo, attendendo solamente a Dio -e alle cose celestiali, e assentendo al consiglio delle sancte persone -per potere favorire li frati e le persone spirituali, li quali pativono -dalli frati molte tribolazioni nella provincia di Toscana e della -Valle di Spoleto, e si mise scientemente a molti pericoli, e si dette -a molte fatiche. Imperocchè fu infamato a Papa Benedetto undecimo -ed acusato di molte cose dalli suoi adversari, e fu citato dal -Papa e chiamato a Roma a loro instantia, ma per lo ajuto di Gesù -Cristo fu liberato per mirabile modo da tutte le calunnie. Ma pochi -giorni doppo mandando li Peruggini solenni ambasciatori al -predetto Papa, imposono a questi ambasciatori che addimandissino -al S. P. due cose principali, la prima di restituirli il lume della -loro direzione cioè frate Ubertino, il quale aveva inluminata e singularmente -tirata a Dio tutta la loro città, la seconda cosa fu che -offerendo al Papa come a padre e signore liberamente tutta loro -città e tutte le loro persone, e che li dovesse piacere di venire a -stare senza dimora insieme con li suoi fratelli cardinali, allora il -sommo pontefice sorridendo rispose: voi avete messo frate Ubertino -avanti a noi».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note796"> -<p><span class="label"><a href="#tag796">796</a>. </span>Delle apologie, che Ubertino fece di Pier Giovanni, oltre al -sunto che ne riporta il Wadding, V, 380, 390 abbiamo alcuni frammenti -negli <i>Articuli Probationum contra fratrem Ubertinum -de Casali inductarum a frate Bonagratia</i> pubblicati dal Baluze, -ediz. Mansi, II, 276. Riproduco questi passi. Pag. 276: Malignissime -et impiissime dicunt quod frater P. Johannis in scriptis et in postilla, -quam scripsit super <i>Apocalipsim</i>, vocat romanam ecclesiam -meretricem magnam, et alia multa in ecclesie vituperium dogmatizet. -Hoc enim est mendacissimum. Pag. 277: abdicatio proprietatis -et dominii et omnis juris et jurisdictionis temporalis, tam in speciali -quam in communi, et usus pauper omnium rerum nobilium est -lampas nostrae fidei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note797"> -<p><span class="label"><a href="#tag797">797</a>. </span>Il Wadding, VI, pag. 168, pubblica la lettera di Clemente V -dilecto filio generali ministro, caeterisque fratribus tum praelatis -quam subditis ordinis minorum, nella quale dice di aver chiamato -ad inquirendum de propositis veritatem oltre al ministro generale, -altri ben noti, videlicet dilectos filios fratres Raymundum Gaufridi -.... olim generalem ministrum, Raymundum de Giniaco, dudum -provinciae Aragoniae provincialem ministrum, Guillelmum de -Cornelione custodem Arelatensem, Guidonem de Levis, Ubertinum -de Casali, Bartholomeum Siccardi, Guillelmum de Agantico, Petrum -Rajmondi, Petrum Malodii. E codesti frati ab omni obedientia et -jurisdictione vestra, filii minister, et praelati ac successorum vestrorum -prorsus eximimus durante negotio supradicto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note798"> -<p><span class="label"><a href="#tag798">798</a>. </span>Nella bolla <i>Exivi de paradiso</i> (<span class="smcap">Clementinarum</span>, lib. V, tit. <span class="smcap lowercase">XI</span>) -Clemente espone così la questione insorta tra i frati, e che egli -risolve in favore del partito degli spirituali: Quibusdam ex ipsis credentibus -et dicentibus, quod sicut quoad dominium rerum habent -ex voto abdicationem arctissimam, ita ipsis quoad usum arctitudo -maxima et exilitas est indicta; aliis in contrarium asserentibus, -quod ex professione sua ad nullum usum pauperem, qui non exprimatur -in regula obligantur, licet teneantur ad usum moderatum -temperantiae, sicut et magis ex condecenti quam caeteri Christiani.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note799"> -<p><span class="label"><a href="#tag799">799</a>. </span><span class="smcap">Clem.</span>, lib. I, tit. <span class="smcap lowercase">I</span> .... ipsum Dei verbi non solum affigi -cruci et in ea mori voluit, sed etiam emisso jam spirito perforari -lancea sustinuit latus suum .... Porro doctrinam omnem seu positionem -asserentem aut vertentem in dubium, quod substantia animae -rationalis seu intellectivae vere ac per se humani non sit -forma, velut erroneam ac veritati catholicae inimicam fidei praedicto -sacro approbante concilio reprobamus .... opinionem secundam, -quae dicit tam parvulis quam adultis conferri in baptismo informantem -gratiam et virtutes tamquam probabiliorem .... sacro -approbante Concilio duximus eligenda. Che queste tre proposizioni -si riferiscano a Pier Giovanni non è dubbio. Per il colpo di lancia -lo confessa il Wadding stesso (VI, 386); per gli altri due basterà -citare lo scritto stesso dell'Olivi riportato dal Duplessis (<i>Collectio</i>, I, -pag. 232): Quod anima intellectualis non informat corpus sed tantum -per sensitivam, pag. 231. Quod virtutes non dentur parvulis -in baptismo: De hoc, sicut jam dixi, nihil est in scriptis meis, nihil -etiam unquam asserui. Sed quod ex necessitate ad eorum salvationem -hoc fieri non oporteat, aut communiter hoc non fiat, dixi -ante tempora Fr. Hieronymi esse opinionem profundo et solemni -scrutinio discutiendam, et non temerarie tanquam haereticam a -quolibet reprobandam.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note800"> -<p><span class="label"><a href="#tag800">800</a>. </span>Così si esprime Clemente nella bolla <i>Exivi</i>: declarando dicimus -quod fratres minores ex professione suae regulae specialiter -obligantur ad arctos usus seu pauperes, qui in ipsorum regula -continentur .... Dicere autem quod hereticum sit tenere usum -pauperem includi vel non includi sub voto evangelicae paupertatis -praesumptuosum et temerarium judicamus. Di questa dichiarazione -scrive la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 307-8 «fu facta la -quarta declaratione papale, la quale è in fra le altre come un'aquila -volante tanto s'appressa all'intenzione di S. Francesco, la substantia -della quale la trassono li Episcopi e li maestri di quelle cose, che -frate Ubertino proponeva per se e per li compagni». Quanta parte -abbia avuta in codesta decisione frate Ubertino, lo dice con viva -compiacenza la <i>Cronaca</i>, carte 298: «Ma perchè frate Ubertino -dovea sostenere le insidie li empiti e li assalti della sesta battaglia, -però Dio li dette l'uscio aperto delle sacre scripture, ed il chiaro e -sottile ingegno della intelligentia, e lo riempiè dell'acqua della sapientia -del salvatore Christo Jesu, intanto sparivano e mancavano -dalla faccia sua le ragioni delli adversarii, come le tenebre dalla -faccia dello inradiante sole. E questo fu manifesto a tutti avanti -e dopo il Concilio, perchè uno solo delli electi delli trentamila -vinse fortemente la schiera delli adversari e roppe le reti delli loro -sophismi, come se fussino teli di ragnia».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note801"> -<p><span class="label"><a href="#tag801">801</a>. </span><span class="smcap">Wadding</span>, VI, pag. 313.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note802"> -<p><span class="label"><a href="#tag802">802</a>. </span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 300: «Per la quale cosa il -Papa non volse che havessi alcuno vigore cosa, che si proponesse -in juditio per parte del generale o veramente dell'ordine contro -frate Ubertino e li suoi compagni. E per questo arrabbiandosi -molto più li frati adversarii delli umili poveri di Gesu Christo, predicavano -e dicevano che era sacrifizio mattutino e vespertino offenderli -e perseguitarli come destructori e diffamatori dell'ordine, -e questo perchè essi humili figlioli della obbedientia e zelatori -della verità li aveano detta la verità, la quale conveniva loro dire -per l'ordine. E intanto si erono questi persequitori inanimiti contro -alli persequitati, che uno di loro non si vergognò di confessare -arditamente e pubblicamente avere avvelenato frate Raymondo di -Gaufredo, frate Guido dei Mirapesci, e frate Bartolomeo Sicardo, -e un altro frate; onde questa fama riempie quasi tutta la corte. Il -Papa ancora più volte massime nel Concilio di Vienna si lamentò -della irreverentia e l'inobedientia delli frati».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note803"> -<p><span class="label"><a href="#tag803">803</a>. </span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 305: «Conciosia cosa che -Papa Clemente quinto avessi assignato nel Concilio di Vienna episcopi -doctori in jure canonico e molti maestri in teologia per udire -ed esaminare quelle cose, le quali erano proposte per la riformatione -di tutta la religione da frate Ubertino e da tutti li altri fratelli -secondo che havevano havuto comandamento da esso Papa -Clemente, tanta crudeltà e tanto odio mostravano loro e alli loro -aderenti li frati in Provenza e in Toscana e nella provincia della -Valle di Spoleto, che ciascheduna persona si poteva accorgere -che in poco o nulla reverentia havevono l'obbedientia del Papa, e -mostravano un odio tanto implacabile contro a questi zelatori -della Regola, che per le diverse persecutioni furono costretti li -frati zelatori della Regola di dividersi dalla comunità delli frati e -di separarsi da loro. Ridussonsi adunque doppo quella segregatione -e separazione dalli persecutori al convento di Narbona e di Bises. -Perocchè quelli uomini di quelle cittadi li havevono in grande reverentia -e devotione sì per la santità, la quale cognoscevono in -loro, sì per li miracoli che tutto il giorno vedevono al sepolcro del -santo uomo Pier Giovanni». Carte 310: «Per la qual cosa conoscendo -questi poverelli, che lo stare con quelli che li avevono in -odio ne seguitava loro pericolo corporale, trovorono una chiesa -derelicta e solitaria appresso a Malusana, dove era dell'acqua e alcuna -spelonca, ed ivi si raccolsono quelli frati zelatori di licentia del -Patron di quello loco, vivendo in vera e pura observantia della -regola. E la vernata seguente si stettono nel loco di S. Lazzaro di -Vignone per insino che fu data la diffinitiva sententia del Papa».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note804"> -<p><span class="label"><a href="#tag804">804</a>. </span>Le lettere di Clemente V sono riportate dal Wadding, VI, -214. Quia tamen relatione intelleximus fide digna quod nonnulli -fratres occasione dissensionis predictae, ad illicita laxatis habenis, -quaedam loca dicti ordines in eadem provincia constituta contra -ipsius statuta ordinis temeritate propria occuparunt .... non mandamus -quatenus vos vel unus aut duo vestrum per vos seu alium -vel alios eisdem fratribus ex parte nostra in virtute sanctae obedientiae -districte praecipere studeatis. La <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> -ben rileva le conseguenze funeste del dissidio toscano e -narbonese .... carte 308-309: «Elessonsi questi frati il generale e li -altri prelati secondo la regola. La qual cosa e tornò in scandolo -a loro e a tutti li lor compagni, Papa Clemente e li cardinali -e tutti quelli ancora che per la reformatione li davano favore -ne furono turbati ed agevolmente potessono credere di loro tutti -li mali che di loro erano proposti in juditio dalli loro avversarii. -E avvenga che essi frati partiti mandassero appresso la morte di -Papa Clemente littere, che di tutto erano apparecchiati ad obbedire -a tutte le cose che comandassi sua Santità, e di stare sotto -alla sua correptione, nientedimeno quelle lettere non pervenneno -alla presentia del sancto padre».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note805"> -<p><span class="label"><a href="#tag805">805</a>. </span>Il Wadding riporta (<span class="smcap lowercase">VI</span>, 271) la lettera indirizzata da Giovanni -XXII dilecto filio fratri Ubertino de Ilia de Casali, vercellensis -dioecesis monacho monasterii sancti Petri de Gemblaco -ordinis sancti Benedicti dioecesis leodiensis .... Sane nobis exponere -curavisti, quod propter debilitates varias et infirmitates proprii -corporis, quibus frequenter molestaris et propter alias causas nobis -explicitas, de ordine fratrum minorum, quem ab olim fuisti professus -.... ad ordinem sancti Benedicti desideras transferre. Nos .... -tuis in hac parte desideriis annuentes, te ex nunc ab omni subjectione, -jurisdictione, obligatione, jugo et obedientia Regulae dicti -ordinis fratrum minorum et omnium Praelatorum ipsius, auctoritate -Apostolica prorsus absolvimus ecc. Datum Avenion. Kal. octobris -anno II (1317).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note806"> -<p><span class="label"><a href="#tag806">806</a>. </span>Contro i dissidenti toscani, che s'erano rifugiati in Sicilia sotto -la protezione di Federico II d'Aragona, scrisse la lettera del -marzo 1317 carissimo in Cristo filio regi Trinacriae, riportata -dal Wadding (VI, 266). Riferisco questo passo: Non modicum -excellentiae tuae derogatur honori, si hujusmodi viros devios, -professionis propriae ac sacrorum canonum transgressores, ac etiam -seminatores errorum in dicta insula permittas ulterius commorari. -Simili lettere del maggio 1317 furono indirizzate dilecto filio officiali -narbonesi, dilecto filio officiali Biterrensi (<span class="smcap">Wadding</span>, p. 268).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note807"> -<p><span class="label"><a href="#tag807">807</a>. </span><i>Extravag.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span> <i>De verborum significatione</i>. Nelle due -disposizioni accennate Giovanni non avea fatto se non riprodurre, -come lui stesso dichiara, le prescrizioni di Clemente V. Ma nella -Clementina <i>Exivi</i> § 11 era chiaramente detto: non est verisimile -voluisse ipsum (Franciscum) eos habere granaria vel cellaria, ubi -quotidianis mendicationibus deberent sperare posse transigere vitam -suam; e solo per via di eccezione si permettevano le provviste: -tunc tantum cuna esset multum credibile ex jam expertis, quod non -possent vitae necessaria aliter invenire. L'<i>Estravagante</i> riproduce -la concessione, ma tace la massima.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note808"> -<p><span class="label"><a href="#tag808">808</a>. </span><i>Extravag.</i>, loc. cit. Magna quidem paupertas, sed major integritas, -horumque obedientia maximum, si custodiatur illaesa. Nam -prima rebus, secunda carni, tertia vero menti dominatur et animo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note809"> -<p><span class="label"><a href="#tag809">809</a>. </span>L'inquisitore che li condannò fu frate Michele dell'ordine -dei Minori, al quale Giovanni XXII nella bolla riportata dal Baluze -(ediz. Mansi, II, pag. 247) e dal Wadding (VI, 259) avea ingiunto -di procedere contro coloro che ricalcitravano alla costituzione -<i>Quorundam</i>. La sentenza di condanna pubblicata dallo stesso -Baluze (ediz. Mansi, II, 248), fu pronunziata in cimiterio beatae -Mariae de Aquis Curiatis Massiliae anno Domini <span class="smcap lowercase">MCCCXVIII</span>, indictione -prima, <span class="smcap lowercase">VII</span> maji, pontificatus sanctissimi Patris Johannis XXI -anno secundo. Tra i considerandi riporto questi: Asseruerunt quoc -sanctissimus Pater Johannes XXII non habuit nec habet potestatem -faciendi quosdam declarationes, commissiones et praecepta -contenta in quadam constitutione sive decretali .... quae incipi -<i>Quorundam</i>, et quod ipsi Domino Papae non tenebantur obedire. -Et insuper coram nobis constituti protestati sunt verbo et in scripti -quod stabant et stare intendunt usque in diem judicii in protestationibus -.... videlicet quod illud quod est contra regulae fratrum -minorum observantiam et intelligentiam est per consequens contra -evangelium et fidem, alias non esset penitus quod regula evangelica, -et quod nullus mortalis potest eos cogere ad deponendun -ipsos habitos curtos et strictos.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note810"> -<p><span class="label"><a href="#tag810">810</a>. </span>Vedi le aggiunte al rapporto sulla Postilla dell'Olivi (<span class="smcap">Baluze-Mansi</span>, -II, 271): nonnulli alii ejusdem ordinis, qui praedictos errore -abjuraverunt, fuerunt ad poenam carceris condemnati, ex quibus -aliqui postmodum infra annum .... transierunt ad gentes infedeles, -reliquentes in scriptis ea quae sequuntur, videlicet quod ipsi non -dimittebant ordinem, sed parietes; non habitum sed pannum; non -fidem, sed corticem; non Ecclesiam, sed Synagogam coecam; non -pastorem, sed divoratorem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note811"> -<p><span class="label"><a href="#tag811">811</a>. </span><i>Inquisitoris sententia</i> (<span class="smcap">Baluze</span>, II, 249). Et quia constat -nobis quod praefati errores imo haereses manifeste processerunt -seu originem habuerunt a venenato fonte doctrinae immo verius -seductrinae, quam frater Petrus Johannis Olivi .... temere scriptitavit, -et doctrinam ejus et libros .... fuisse per praefatum ordinem -de consilio etiam plurium magistrorum in sacra pagina -condemnatos ac etiam igni adjudicatos, et attendentes nihilominus -quod praefatus sanctissimus Pater Johannes Papa certis ex dominis -cardinalibus et quibusdam in sacra pagina magistris examinationem -praedictorum librorum commisit .... praecipimus .... quod pendente -dicto negotio coram praefato Domino Papa et ejus facto -collegio nullus praesumat praenominato Petro Johanni tanquam -sancto aut catholico viro et approbato reverentiam exhibere. La -Commissione, a cui accenna qui la sentenza, è la stessa che scrisse -il rapporto a Giovanni XXII, pubblicato dal Baluze (II, 258 e segg.), -e dal quale ci siam serviti nell'esposizione delle dottrine dell'Olivi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note812"> -<p><span class="label"><a href="#tag812">812</a>. </span>L'inquisitore oppone naturalmente (pag. 247): quod nulla regula -religiosorum aequanda est evangelio, cum evangelium Christi -Sancta Universalis atque Romana Ecclesia propter eminentissimam -ejus auctoritatem nec mutet nec corrigat nec confirmet .... -regulae vero praedictae et quorumcumque religiosorum omnis tenor -et vigor sic a Romanae sedis potestate manat, ut nulla sit ejus -auctoritas, quae ab indulgentia seu confirmatione sedis apostolicae -non decurrat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note813"> -<p><span class="label"><a href="#tag813">813</a>. </span><i>Inquisitoris sententia</i>, pag. 248: ea quae in constitutione -sive decretali de habitu et quaestu et similia mandabuntur (nella -decretale <i>Quorundam</i>) erant contra consilium Christi evangelium -et eorum votum de altissima et evangelica paupertate, quam Christus -servavit, et Apostolis ac professoribus evangelicis imposuit ac -servandum: Anche l'Olivi (<span class="smcap">Baluze</span>, II, 261) aveva scritto: consta -regulam minorum per beatum Franciscum editam esse vere e -proprie illam evangelicam, quam Christus in se ipso servavit e -apostolis imposuit, et in evangeliis suis conscribi fecit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note814"> -<p><span class="label"><a href="#tag814">814</a>. </span>Il Baluze attribuisce a Giovanni di Belna l'opuscolo intorno -ai beghini e spirituali che comincia: Quaestiones aut dubia quae -circa illa, quae sunt fidei, oriuntur, ad sedem apostolicam pertinet -interpretari, declarare (II, 274).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note815"> -<p><span class="label"><a href="#tag815">815</a>. </span><i>Cronica della Quistione insorta nella corte di Papa Giovanni -XXII circa la povertà di Cristo</i> pubblicata dallo <span class="smcap">Zambrini</span> -in appendice alla <i>Storia di fra Michele Minorita</i> (<i>Scelta di curiosità -letterarie</i>, dispensa 50). Codesta cronaca è una traduzione -del <i>Chronicon de Gestis contra fraticellos auctore Joanne Minorita</i> -pubblicata dal Mansi in appendice al terzo volume del Baluze, -pag. 206 e segg. Il Müller nella sua opera <i>Der Kampf -Ludwigs des Baiern mit der römischen Curie</i> (Tübingen 1879-80, -I, 354 e segg.), ed in una memoria speciale inserita nella <i>Zeitschrift -für Kirchengeschichte herausgegeben von Brieger</i> (VI. I -pag. 63 e segg.) ha dimostrato non solo l'identità della cronaca -italiana colla latina, ma confrontando un manoscritto parigino -(Bibl. Naz., cod. lat. 5154) ha messo fuori discussione che l'opera, -attribuita a Giovanni dal Mansi, è identica a quella di Niccolò -Minorita, dalla quale il Raynald, il Wadding ed il Böhmer cavarono -alcuni estratti. Il vero nome è certo Niccolò, perchè si trova -non solo nella traduzione italiana, ma nel codice parigino e nel -vaticano. Ed io aggiungo che essendo scritto il nome dell'autore -colla sola iniziale, come nella traduzione italiana, era ben facile -lo scambio tra un J ed un N.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note816"> -<p><span class="label"><a href="#tag816">816</a>. </span>Niccolò III teneva per evangelica la regola della povertà -(<i>Sext. Decr.</i>, tit. XII, cap. <span class="smcap lowercase">III</span>): Hi sunt illius sanctae regulae professores, -quae evangelico fundatur eloquio, vitae Christi roboratur -exemplo, fundatoris militantis ecclesiae, apostolorum ejus sermonibus -actibusque firmatur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note817"> -<p><span class="label"><a href="#tag817">817</a>. </span>La risposta di frate Ubertino è pubblicata dal Baluze (ediz. -Mansi, II, 279). Vedi anche <i>Cronica della Quistione</i>, pag. 77-80.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note818"> -<p><span class="label"><a href="#tag818">818</a>. </span><span class="smcap">Marcour</span>, <i>Antheil der Minoriten im Kampfe zwischen -Ludwig IV von Baiern und Papst Johann XXII</i>, Emmerich, -1874, pag. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note819"> -<p><span class="label"><a href="#tag819">819</a>. </span>La traduzione italiana, pag. 64-76, tra le parole <i>tradi fecit</i> -e <i>volens igitur</i> (<span class="smcap">Baluze</span>, <span class="smcap">Mansi</span>, 207 <i>b</i>) inserisce un lungo racconto -del concistoro tenuto da Giovanni XXII nel 6 marzo 1322. -Il racconto, conforme in sostanza a quello che più brevemente si -legge nella stampa del Baluze pag. 270 <i>b</i>, par dettato, secondo il -Müller (<i>Zeitschrift</i>, pag. 66), da un testimone oculare.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note820"> -<p><span class="label"><a href="#tag820">820</a>. </span>Vedi la Bolla <i>Quia nonnumquam</i> (<i>Extravag.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, cap. <span class="smcap lowercase">II</span>). -Nos autem attendentes quod argumentis frequenter et collationibus -latens veritas aperitur .... praesertim cum de novo suborta sint -dubia .... prohibitiones et poenas praedictas .... auctoritate apostolica -duximus .... suspendas. È data <span class="smcap lowercase">VII</span> Kal. april, anno <span class="smcap lowercase">VII</span> (1322).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note821"> -<p><span class="label"><a href="#tag821">821</a>. </span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span> ediz. Zambrini, pag. 84. Nell'originale -latino sono riportate per disteso le due circolari di fra Michele -(<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, III, pag. 208-211). Il Preger nella memoria <i>Ueber -die Anfange des kirchenpolitischen Kampfes unter Ludwig dem -Baier</i> (München 1882) ha con ragione notato che Michele da Cesena, -Occam e gli altri non si debbono considerare come rappresentanti -degli spirituali, bensì dei conventuali. Tanto vero che Bonagrazia -da Bergamo nella protesta, che fece quale procuratore -dell'ordine contro Giovanni XXII, tenne a distinguere la causa loro -da quella degli spirituali, che ei chiama <i>pseudo prophetas</i> (<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, -220, col. a). Io aggiungo che Michele da Cesena sottoscrisse -la dichiarazione, che ritiene eretici questi tre punti... 1º quod illud, -quod est contra observantiam praefatae regulae beati Francisci et -ejus intelligentiam, est per consequens contra evangelium et fidem et -e converso, alias ipsa non esset penitus pro regula evangelica 2º.... -quod dominus Papa non habuit nec habet potestatem nec auctoritatem -faciendi constitutionem <i>Quorundam</i>.... 3º Quod nec -Papae nec praelatis dicti ordinis obediendum est in his, quae in -praefata constitutione continentur. (<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, II, 270-71).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note822"> -<p><span class="label"><a href="#tag822">822</a>. </span><i>Extrav.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, cap. <span class="smcap lowercase">III</span>. Ad conditorem .... ipsum (cioè il -compromesso) non profuisse sed potius tam ipsis fratribus quam -aliis obfuisse subsequens magistra rerum experientia noscitur declarasse. -Quis enim simplicem usuarium dicere poterit, cui rem -usuariam licet permutare, vendere ac donare? .... nequaquam potest -in rebus usu consumptibilibus reperiri, in quibus nec jus -utendi nec usus facti separati a rei proprietate seu dominio possunt -constitui vel haberi .... De fratrum nostrorum Consilio hoc edicto -in perpetuo volitare sancimus, quod in bonis, quae in posterum -conferentur .... fratribus seu ordini supradictis (exceptis ecclesiis, -oratoriis, officius, et habitationibus, ac vasis, libris et vestimentis -divinis officiis dedicatis ....) nullum jus seu dominium aliquod .... -Romanae Ecclesiae acquiratur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note823"> -<p><span class="label"><a href="#tag823">823</a>. </span>La protesta francescana è riportata da Niccolò (<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, -III, 213-221). Il frate Bonagrazia che la distese è quello stesso, -come nota il Riezler (op. cit., pag. 69), che scrisse contro Ubertino -da Casale un opuscolo riportato dal Baluze (ediz. <span class="smcap">Mansi</span>, II, 270). -Il <span class="smcap">Marcour</span> (op. cit., pag. 39) dubita di questa identificazione, forse -indotto dalla data che il Raynald assegna a questo scritto, vale a -dire il 1325. Sarebbe stato infatti molto strano che dell'inchiesta -contro Ubertino fosse incaricato dalla Curia chi un anno prima era -stato messo in carcere per avere protestato contro il Papa. Ma io -dubiterei piuttosto della data, non dell'identificazione, che va d'accordo -colle notizie del Wadding, secondo le quali il Bonagrazia era -così nemico degli spirituali, che al dire della <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> -e del Wadding (VI, 317) dopo la dichiarazione di Clemente V -in favore dell'uso povero fu bandito dalla Curia. E morto Clemente -tornò a perseguitarli, e per opera sua morì in prigione un fra Bernardo -delli Consi, compagno dei quattro bruciati in Marsiglia -(<span class="smcap">Wadding</span>, VI, 321). Questo altro fatto avrebbe potuto addurre il -Preger per mostrare come i più fieri nemici degli spirituali ora -facessero causa comune con loro contro il papa Giovanni XXII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note824"> -<p><span class="label"><a href="#tag824">824</a>. </span>Le due bolle sono riportate da Niccolò Minorita, la prima -da pag. 211 <i>b</i> a 213 <i>a</i>, la seconda da pag. 221 a 224 <i>a</i>. Nelle decretali -è riportata naturalmente la seconda, che fu la definitiva.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note825"> -<p><span class="label"><a href="#tag825">825</a>. </span><i>Extrav.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, cap. <span class="smcap lowercase">IV</span>: <i>Cum inter nonnullos</i> .... assertionem -hujusmodi pertinacem, cum scripturae sacrae, quae in plurisque locis ipsos nonnulla habuisse asserit .... erroneam fore -censendam et hereticam de fratrum nostrorum consilio hoc perpetuo -declaramus edicto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note826"> -<p><span class="label"><a href="#tag826">826</a>. </span>La protesta di Ludovico si trova nel Baluze (<i>Vitae pap. -Aven.</i>, II, 478-512) e nella Cronaca di Niccolò Minorita (<span class="smcap">Baluze-Mansi</span>, -224 <i>b</i>-232 <i>b</i>). Il Müller (<i>Der Kampf</i>, I, 357-58) le assegna -la data del 22 maggio 1324. Nella protesta di Norimberga del -18 dicembre 1323 Ludovico accusava il Papa di aver menomata -l'autorità dei vescovi per favorire i minoriti, contro i quali da tutte -parti si levavano giuste lagnanze (<span class="smcap">Müller</span>, op. cit., I, 70); nella -protesta di Sachsenhäusen invece l'accusava di perseguitare i minoriti -col distruggere la legge della povertà, fondamento del loro ordine. -Tra le due proteste però non corre, secondo il Preger (<i>Ueber -die Anfange</i>, pag. 43), la contradizione che vi scopre il Marcour -(op. cit., pag. 32); perchè nella prima protesta si difende la causa -dei vescovi contro i minoriti conventuali, e nella seconda la causa -dei frati spirituali, che in Spira s'erano messi dalla parte del vescovo, -e non meno di lui si opponevano alle pretensioni ed agli -abusi dei conventuali. Il più attivo fra codesti spirituali era frate -Francesco di Lutra, a cui secondo il Preger si deve la parte della -protesta di Sachsenhäusen, che riguarda le quistioni minoritiche. -Non si potrebbe pensare ad Ubertino di Casale, come sospetta il -Riezler (<i>Die litt. Widersacher</i>, pag. 73), perchè, come ha notato -il Müller, Ubertino non lasciò Avignone prima del 1325. Nè tampoco -al provinciale tedesco Enrico di Thalheim, come credono il -Marcour (<i>Der Antheil</i>, pag. 35) e lo stesso Müller (<i>Der Kampf</i>, I, -24), perchè nella bolla del 10 gennaio 1831 il Papa non lo rimprovera -di veruna partecipazione alla protesta di Sachsenhäusen.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note827"> -<p><span class="label"><a href="#tag827">827</a>. </span><i>Extrav.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, cap. <span class="smcap lowercase">V</span>. Il Müller, op. cit., pag. 96, giustamente -riproduce il giudizio del Wadding, al quale il Papa apparisce -in questa bolla scholasticorum potius more disputans quam pontificia -auctoritate decernens.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note828"> -<p><span class="label"><a href="#tag828">828</a>. </span>Nella lettera papale, riportata da Niccolò Minorita (<span class="smcap">Baluze</span>, -pag. 237; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 95) non pure Michele da Cesena è chiamato -diletto figlio, ma in una forma mitissima si accenna alle -quistioni del giorno: Cum propter aliqua negotia tuum Ordinem -contingentia, tua fit nobis praesentia opportuna ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note829"> -<p><span class="label"><a href="#tag829">829</a>. </span>Lo stesso fra Michele nella sua protesta del 13 aprile 1328 -(<span class="smcap">Baluze</span>, 328) racconta che il Papa l'ebbe per iscusato, et quod non -fuerat suae intentionis nec volebat quod supra posse laborem in -veniendo ad eum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note830"> -<p><span class="label"><a href="#tag830">830</a>. </span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span>, in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 237; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 99: -«Disse il detto Papa Giovanni a esso general ministro, riprendendolo -intra molte altre cose, che egli era stolto, temerario, capitoso, -tiranno e favoreggiatore d'eretici, e che egli era serpente nutricato -nel seno da essa Chiesa. E spezialmente lo riprese d'alcuna -lettera del capitolo generale fatta a Perugia, che pendendo la -quistione nella Corte di Roma egli avea presunto di determinarla -nel capitolo generale».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note831"> -<p><span class="label"><a href="#tag831">831</a>. </span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span>, in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 243; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 105. -«Da poi che il predetto frate Michele, general ministro, udì che -Papa Giovanni pronunziava per eretica la lettera del capitolo generale -.... resistendogli nella faccia affermò lo detto papa Giovanni -essere eretico .... et a modo dei santi padri, i quali si partirono -dall'ubbidienza dei sommi pontefici, et eziandio perchè egli correva -pericolo di morte .... a dì <span class="smcap lowercase">XXIV</span> di Maggio del detto anno -<span class="smcap lowercase">MCCCXXVIII</span> si partì dalla ubbidienza e dalla corte del predetto papa -Giovanni».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note832"> -<p><span class="label"><a href="#tag832">832</a>. </span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span> (in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 243 <i>a</i>-<i>b</i>) dopo aver raccontato -dell'elezione del frate di Corbara, cerca di giustificare con -citazioni canoniche la misura audace di Ludovico, intorno alla quale -a nonnullis fuit haesitatum hactenus, et adhuc haesitatum. Tutto il -passo da <i>deinde praefatus</i> sino <i>ad brachium seculare</i> è saltato -nella traduzione italiana.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note833"> -<p><span class="label"><a href="#tag833">833</a>. </span>La sentenza fu pubblicata due volte, la prima a Roma il -18 aprile, e la seconda il 12 dicembre 1328 a Pisa. La prima edizione -si trova nel <span class="smcap">Baluze</span> <i>Vitae</i> II, 512, ed in Niccolò Minorita -(<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, III, 240). Il Müller nella citata opera <i>Der Kampf</i>, -I, 187, a ragione rileva che nella prima edizione solo di sfuggita -si accenna al domma della povertà, che formava uno dei punti -capitali della protesta di Sachsenhäusen, e ne inferisce che in -Roma ai minoriti era sottentrato un altro consigliere, molto più -radicale e che delle quistioni fratesche non facea gran conto, Marsilio -da Padova. Nella seconda edizione invece (<span class="smcap">Baluze-Mansi</span>, 310<i>a</i>-314<i>a</i>), che sebbene riporti l'antica data del 18 aprile, è del tutto una -redazione nuova, tornano ad occupare il primo posto le quistioni -minoritiche. Il che mostra che l'ispiratore in luogo di Marsilio fu -ora Michele da Cesena, come ha dimostrato il Müller, op. cit., p. 214 -e 372. Il passo di Niccolò (<span class="smcap">Baluze</span>, pag. 243 <i>a</i>), che si riferisce alla -doppia redazione, non è riconoscibile nella traduzione italiana (<span class="smcap">Zambrini</span>, -pag. 104-105).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note834"> -<p><span class="label"><a href="#tag834">834</a>. </span>La sentenza del papa inserita in Niccolò Minorita (<span class="smcap">Baluze</span>, -pag. 243; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 106) porta la data: Avinionis <span class="smcap lowercase">VIII</span> Idus -Junii Pontificatus nostri anno <span class="smcap lowercase">XII</span> (6 Giugno 1328). Riproduco -questo passo: Ipse Michael .... associatis sibi quibusdam suae -iniquitatis complicibus, inter quos erant duo nequam viri, videlicet -Bonagratia de ordine praedicto .... et quidam Anglicus vocatus -Guillelmus Ockam ordinis praedicti, contra quem ratione multarum -opinionum erronearum, et haereticalium, quas ipse scripserat -et dogmatizaverat, pendebat in eadem Curia inquisitio auctoritate -nostra diu jam incepta .... ad portum supradictum deveniens .... -galeam supradictam conscendit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note835"> -<p><span class="label"><a href="#tag835">835</a>. </span>La lettera indirizzata universis ministris, Custodibus, Guardianis -et eorum vicariis porta la data: nona die Julii a. d. <span class="smcap lowercase">MCCCXXVIII</span>. -(<span class="smcap">Niccolò</span>, in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 244-46; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 107).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note836"> -<p><span class="label"><a href="#tag836">836</a>. </span>Delle due proteste, la prima più diffusa (in majori forma) si -suppone già fatta in Avignone nel mese di aprile in presenza di -frate Guidone, notajo pubblico di detto ordine, e rinnovata poi in -Pisa in domo fratrum minorum anno praedicto a nativitate Domini -1328, Indictione <span class="smcap lowercase">XI</span>, 14 Kalendas octobris, praesentibus testibus -vocatis .... et infrascriptis notariis pubblicis. La riporta Niccolò -in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 246-303. <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 110. Questa protesta è una -confutazione delle tre decretali <i>ad Conditorem</i> (pag. 246-75), <i>Cum -inter</i> (pag. 275-86), <i>Et quia quorundam</i> (pag. 287 e segg.) .... -tres constitutiones haereticales .... vitae et doctrinae evangelicae -et apostolicae et S. R. Ecclesiae et SS. PP. eam sequentium, statutis -multipliciter adversantes, quae tanquam fumus teter et horridus e -puteo abissali, et ab eo, qui pater est mendacii et schismatis, prorumpentes, -veritatis et doctrinae solem evangelicae obnubilant et -obscurant. La seconda protesta (appellatio in forma minori, <span class="smcap">Baluze</span>, -pag. 303-310) ha la stessa data della precedente; anno supradicto -decimo (leggi vigesimo) octavo mensis septembris. (<span class="smcap">Zambrini</span>, -pag. 112). Il Müller (op. cit., I, 211) crede che codesta protesta sia stata -redatta tardi, per esser letta nell'assemblea tenuta dall'Imperatore -nel 13 dicembre (<span class="smcap">Villani</span>, 10, 111). In questa seconda protesta -sono notevoli i seguenti passi, che mancano nella prima (pag. 310): -licet frater Bonagratia .... et subsequenter serenissimus Dominus -Ludovicus Romanorum rex appellaverit legitime .... tamen dictus -Joannes noluit corrigi, nec permisit quod Concilium generale congregaretur -super praedictis .... Ex quibus patet dictum dominum -Joannem fuisse et esse pertinacem et notorium et manifestum haereticum. -Et quod secundum jura, ex quo Papa in haeresim lapsus -est, ipso jure et facto est omni dignitate ecclesiastica, potestate, authoritate -et jurisdictione privatus .... nec obviat illa regula per -parem non potest solvere vel ligare, quia Papa haereticus minor -est quocumque Catholico.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note837"> -<p><span class="label"><a href="#tag837">837</a>. </span>La data di codesta costituzione è del 16 novembre 1329 -(<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, pag. 323-341). La traduzione italiana della <i>Cronaca</i> -nel capitolo, di cui lo Zambrini (pag. 116) pubblica solo l'intestazione, -dopo aver riportato il principio della costituzione sino alle -parole <i>in rebus usu consumtilibus</i> aggiunge: «Et così seguita -di parte in parte replicando le aleghationi di frate Michele generale -isforzandosi d'impugnarle per confermare le sue agiungniendo -tanti errori sopra errori, che una confusione pestifera pazza e -bestiale (<i>sic</i>). Perchè sarebbe troppo lungo e tedioso volgarizzare -tucte sue costituzioni et heresie, e le opposite appelationi et alleghationi -facte pro e contra, si pone in questa astrazioncella (<i>sic</i>) -della chronica il principio e il fine delle cose più notabili, volgarizzandone -alcune, che si possono dimostrare con più brevità e -convenevole chiarezza ai non litterati divoti ricercatori, i quali -avuta la introductione d'essa verità con meno fatica potranno investigare -la plenitudine sua dalli licterati intendenti et ammaestrati -nella sacra scriptura». (Codice Magliabechiano XXXIV, 76, carte 63 -<i>recto e verso</i>).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note838"> -<p><span class="label"><a href="#tag838">838</a>. </span>La cronaca del Minorita (in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 341-355) riporta -un'<i>appellatio fratris Michelis a Generalis a Constitutione praescripta</i>. -Il Müller però (<i>Aktenstücke</i>, pag. 78) ha dimostrato, che -la protesta di fra Michele non poteva esser questa, ove si parla -non solo di Giovanni, ma dei successori suoi (pag. 351) e più sotto -dei tre successori (pag. 352 <i>b</i>). Inoltre questa protesta, che in verità -non ha la forma delle solite appellationes, non è se non il <i>Defensorium</i>, -male attribuito all'Occam, e già pubblicato dal Brown -(<i>Fasciculus rerum expetendarum</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>, 434-65), e prima di lui nel -<i>Firmamentum trinum ordinum</i>, Parigi 1512, e nel <i>Singulare -opus ordinis Seraphici Francisci</i>, Venezia 1513. Il codice parigino, -a differenza della stampa del Baluze, ha la vera protesta (pubblicata -in parte dal Müller, pag. 83). La traduzione italiana (cod. Magliabechiano, -carte 63 <i>verso</i>) ha soltanto il principio e la fine della -protesta conformi al testo pubblicato dal Müller. Eccoli: In nomine -patris et filii et spiritus sancti amen. Anno a nativitate domini -<span class="smcap lowercase">MCCCXXX</span> indictione <span class="smcap lowercase">XIII</span> in Monaco in domo fratrum minorum venerabilis -et religiosus vir frater Michael. E finisce così: Acta et facta -fuerunt predicta in Monaco, in domo fratrum minorum in refectorio -ejusdem domus anno predicto a nativitate domini <span class="smcap lowercase">MCCCXXX</span> -indictione <span class="smcap lowercase">XIII</span>, <span class="smcap lowercase">VII</span> Kal. aprilis presentibus (la lacuna è nel codice). -Explicit. Amen. Oltre alla protesta Niccolò Minorita riporta una -lettera del Cesenate spedita a tutti i ministri, custodi e guardiani, -che ha la data del 4 gennaio 1331 (<span class="smcap">Baluze</span>, pag. 356-361). È riportata -anche dal Goldast, II, 1338 (leggi 1328). La traduzione italiana -la dà per intero volgarizzata da carte 64 a carte 86. Con -questa lettera finisce la stampa della cronaca fatta dal Mansi e la -traduzione italiana. Gli altri capitoli, la cui intestazione è riportata -dallo Zambrini, non appartengono più alla cronaca, bensì formano -altri opuscoli riuniti, come suole accadere, nello stesso codice. -A differenza del testo del Mansi e della traduzione italiana il -codice parigino seguita più oltre sino all'anno 1338.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note839"> -<p><span class="label"><a href="#tag839">839</a>. </span><span class="smcap">Niccolò</span>, in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 315-323. Una delle ragioni, su cui -si appoggiavano è questa (pag. 319 <i>b</i>): Sed constat quod dictus -Dominus Bertrandus se vicarium asserens ordinis antedicti pro -libito voluntatis contra formam Juris et Concilii instituit et creavit -ministros provinciales et custodes .... Et quod illi, qui fuerunt in -dicta congregatione imo verius conspiratione facta Parisiis, fuerunt -pro majori parte per dictum D. Bertrandum Provinciales et custodes -creati.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note840"> -<p><span class="label"><a href="#tag840">840</a>. </span>Vedi la lettera di fra Michele pubblicata dal Goldast, II, 1236, -che comincia: Literas plurium magistrorum in sacra pagina aliorumque -notabilium fratrum ordinis Beati Francisci tum Parisius -quam de partibus aliis me noveritis recepisse, per quas me inducere -videbuntur ut ad unitatem sanctae ecclesiae ac dicti ordinis, -a qua me dicebant aversum, accedere festinarem .... e finisce: Ex -parte fratris Michaelis generalis ministri dicti ordinis licet inviti -de voluntate et assensu fratrum Henrici de Thalheim. Francisci de -Esculo, Guilhelmi de Okam in sacra pagina magistrorum, et fratris -Bonagratiae, et aliorum fratrum eis adhaerentium .... Questa -lettera è riportata anche nel codice parigino della Cronaca di -Niccolò (<span class="smcap">Müller</span>, pag. 75).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note841"> -<p><span class="label"><a href="#tag841">841</a>. </span>In una lettera scritta la pentecoste del 1324 e pubblicata da -un codice parigino dal Müller (<i>Aktenstücke</i>, pag. 111) dice l'Occam: -Nam contra errores pseudopape prefati posui faciem meam -ut petram durissimam, ita quod nec mendacia nec false infamie -nec persecutio qualiscumque, que personam meam corporaliter -non attingit, nec multitudo quantacumque credencium sibi aut favencium -vel eciam deffendencium me ab impugnatione et reprobatione -errorum ipsius, quamdiu manum cartam calamum et atramentum -habuero, numquam in perpetuum poterunt cohibere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note842"> -<p><span class="label"><a href="#tag842">842</a>. </span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span>, in <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 116: «Questa (<i>Quia vir -reprobus</i>) è la quarta decretale eretica di papa Giovanni XXII, eretico -manifesto, contra la quale appellò frate Michele, generale dell'ordine -de' frati minori, e compuose e fe' pubblicare contro a essa -la sua distesa appelazione da Monaco, e il maestro Guilglielmo -Ocam fe' contro l'opera de' novanta dì, e la quarta parte del suo -dialogo e il maestro Francesco Rosso fe' contro il libro, che comincia: -<i>Del padre empio si rammaricano i figliuoli</i>; i quali, con -molti altri, solennemente impugniorono sì essa sua decretale, come -l'altre sue eresie».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note843"> -<p><span class="label"><a href="#tag843">843</a>. </span><i>Opus nonaginta dierum</i>, in <span class="smcap">Goldast</span>, II, 993-1236. La bolla -<i>Quia vir reprobus</i> secondo l'Occam pag. 996, in tres partes principales -dividitur. Primo siquidem respondetur ad objectiones contra -constitutionem <i>Ad conditorem</i>; secundo respondetur ad objectiones -contra constitutionem <i>Cum inter</i>; tertio ad objectiones contra -constitutionem <i>Quia quorundam</i>. Analogamente a questa divisione -o l'Occam stesso o l'editore, come vuole il Riezler, ha diviso -l'<i>Opus</i> in tre parti. La prima da pag. 966 a 1139; la seconda da -pag. 1136 a 1220; la terza da pag. 1221 a 123 <i>b</i>. Benchè l'Occam -adduca gli argomenti delle due parti, naturalmente svolge con -maggior copia e forza le ragioni degli oppositori. E pare che egli -sia stato il primo ad esporle con larghezza, perchè dice nella -chiusa: impugnantium rationes scripturae mandavi, et quantum in -me est omnibus pubblicavi, quod ipsos audio toto desiderio cordis -affectare. Forse lo scritto di Occam precede quello di Michele da -Cesena del 24 (o 4) Gennajo 1331 riportato da Niccolò in Baluze -pag. 356-58, e pubblicato anche dal Goldast, II, 1238 (V. <span class="smcap">Müller</span>, -<i>Aktenstücke</i>, pag. 75).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note844"> -<p><span class="label"><a href="#tag844">844</a>. </span>Questo libro, come già dicemmo altrove, forma la seconda -parte del <i>Dialogo</i> (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 740-70). È intitolato: <i>De dogmatibus -Papae Johannis XXII</i>, e si divide in due trattati. Il primo, -in dodici capitoli, si riferisce alla predica tenuta da Giovanni XXII -nel concistoro, e ne combatte ad una ad una le ragioni (pag. 740-61). -Il secondo, in dieci capitoli (pag. 761-70), non si riferisce a Giovanni, -ma ai suoi difensori. V. pag. 761: Non tamen principalem -errorem improbare studebo, quia in aliis operibus inquisitus ejus -poterit improbatio reperiri, sed ad quasdam rationes sophisticas, -quas ad muniendum praedictum errorem adducunt, satagam respondere. -I due trattati non mostrano nessuna connessione tra di -loro, ma il secondo pare che vagamente ricordi il primo nelle -parole surriferite. Il primo pare che sia stato scritto nel 1333, -perchè l'autore stesso dice che il 3 gennaio di quell'anno gli -venne fatto di leggere la narrazione di ciò che era stato detto da -Giovanni nel pubblico concistoro, tenuto, come dice Niccolò Minorita -in un passo pubblicato dal Müller (<i>Akten</i>, pag. 89), la vigilia -della Pentecoste dell'anno precedente (5 gennaio 1332). È -molto improbabile che, lette le ragioni di Giovanni, tardasse a rispondervi. -Il secondo trattato è posteriore, ma non può essere -scritto al di là del 1334, perchè, come osserva il Riezler, si parla -di Giovanni XXII come ancora vivo, nè si fa cenno della bolla del -3 dicembre 1334, in cui pria di morire il Papa ritirò la sua dottrina -della visione beatifica, che egli in verità dava solo come -una opinione, secondo che confessa lo stesso Occam nel cap. <span class="smcap lowercase">VIII</span> -del primo trattato.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note845"> -<p><span class="label"><a href="#tag845">845</a>. </span><i>Compendium errorum Johannis Papae XXII</i> (<span class="smcap">Goldast</span>, -II, 957-76). Qui sono combattute di nuovo le quattro costituzioni -di Giovanni, che l'Occam colla consueta arguzia medievale chiama -<i>destitutiones</i>. Nella prima <i>Ad conditorem</i> (pag. 958-60) vengono -trovati tredici errori; sette nella seconda <i>Cum inter</i> (pag. 261-62); -diciotto nella terza <i>Quia quorumdam</i> (pag. 962-964); trentadue -nella quarta <i>Quia vir reprobus</i>. Oltre a queste si combattono -altre sette eresie di Giovanni XXII. Nella chiusa protesta contro -una costituzione di Benedetto XII. Quae quidem destitutio praefatam -haeresim retro seculis inauditam continens talis est: Districtius -inhibemus ne postquam super negotio fidei quaestio seu dubitatio -aliqua, super qua sunt opiniones adversae vel diversae, deducta -fuerit ad Apostolicae Sedis examen, quisquam extunc alterutram -partem declinare, eligere vel approbare praesumat, sed super ea -sedis ejusdem judicium seu declaratio expectetur .... Unde licet -ille nomine non re Benedictus XII praedecessori suo, in doctrina -haeretica nunquam partecipasse .... tamen propter istam solam -haeresim, cujus est auctor .... est inter haereticos computandus. -Il Riezler (op. cit., pag. 77) crede che quest'opuscolo sia stato -composto tra il 1335 ed il 1338. Nel 23 agosto 1338 Fra Michele -da Cesena pubblicò la protesta contro Benedetto XII, alla quale -s'associarono Buonagrazia, Occam ed Enrico di Thalheim, come -racconta Niccolò Minorita nel frammento pubblicato dal Müller -(<i>Akten</i>, pag. 100-102).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note846"> -<p><span class="label"><a href="#tag846">846</a>. </span>L'<i>Opus nonaginta dierum</i>, cap. 122, pag. 1224, riproduce la -protesta di Fra Michele contro quella parte della decretale <i>Quia -quorundam</i>, ove si sostiene che il Papa può revocare i decreti -dei suoi predecessori, e nel capitolo susseguente espone largamente -le ragioni, che stanno in favore della protesta, nonostante -le denegazioni fatte dal Papa nella bolla <i>Quia vir reprobus</i>. Parimenti -nel <i>Compendium errorum</i>, cap. 4, pag. 962. Primus error -quod illa, quae per clavem scientiae sunt a summis pontificibus -in fide et moribus diffinita, possunt a suis successoribus in dubium -revocari .... et per consequens fides esset in potestate hominum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note847"> -<p><span class="label"><a href="#tag847">847</a>. </span><i>Compendium</i>, cap. 124, pag. 1232. Omnis error, qui contradicit -aperte scripturae divinae vel determinationi ab universali -ecclesia approbatae, est haeresis damnata explicite .... pag. 1233, -sed iste impugnatus (Johannis XXII) cogit christianam veritatem -catholicam abjurare, cum cogat multos veritatem declaratam per -Niccolaum tertium de paupertate Christi abjurare, ergo debet inter -haereticos computari.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note848"> -<p><span class="label"><a href="#tag848">848</a>. </span>Queste erano le obiezioni tra gli altri del nuovo generale -francescano Giraldo Odone, come dice l'Occam nell'<i>Opus</i>, pag. 1235. -Il cap. 8 del <i>Compendium</i> torna su codeste opposizioni (pag. 973). -Et prima quidem objectio est, quod non potest papa haereticari, -nec contra fidem errare. Sed huic cavillationi leviter potest obviari. -(E vi risponde adducendo alcuni esempi di papi che fallirono). -Secunda objectio cavillosa est quod Papa non habet superiorem -in his. (Anche qui adduce alcuni esempi di Papi accusati e giudicati). -Tertia objectio cavillosa est, quod a Papa non potest appellari. — Sed -Papa habet superiorem, quia concilium generale. -Cum etiam Papa haereticus effectus minor sit quocumque catholico. -[Vedi più sopra, p. 529, nota 1].</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note849"> -<p><span class="label"><a href="#tag849">849</a>. </span><i>Opus nonaginta</i>, pag. 1233. Ipse autem non permittit generale -concilium congregari, et ita se subjicere correctioni et emendationi -illorum, quorum interest, recusat. Ergo haereticus est censendus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note850"> -<p><span class="label"><a href="#tag850">850</a>. </span><i>Octo quaestiones</i>, I, cap. 17 (<span class="smcap">Goldast</span>, pag. 332). Si autem -episcopi vel noluerint vel nequiverint papam haereticum judicare, -alii catholici, maxime Imperator, si catholicus fuerit, ipsum judicare -valebit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note851"> -<p><span class="label"><a href="#tag851">851</a>. </span><span class="smcap">Magistri Guilhelmi de Ockam</span>, <i>Super Potestate summi -Pontificis Octo quaestionum decisiones</i> (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 313-391). -Bisogna convenire col Riezler (op. cit., pag. 249) che questo titolo -è affatto sbagliato, perchè nè Occam decide nulla (pag. 391: Quid -autem sentiam de praedictis non expressi); nè discute solo della -potestà pontificia, ma benanco dell'imperiale. Se non che se l'opinione -personale di Occam non è espressa apertamente, egli però -ben ne aveva una, come dice lui stesso (non ut aliqua <span class="smcap lowercase">CERTA VERITAS</span> -in dubium revocetur, l. c.), e parmi che il dotto storico esageri -affermando che mal si potrebbe indovinare qual sia. Non i singoli -passi, ma l'orditura stessa del libro ci dice qui, come nell'<i>Opus -nonaginta dierum</i>, che cosa pensi l'autore. Basterà addurre per -esempio la prima quistione, perchè allo stesso modo sono discusse -tutte le altre. La quistione è: utrum potestas spiritualis suprema -et laicalis suprema, ex natura rei, in tantum ex opposito distinguuntur, -quod non possint formaliter simul cadere in eundem hominem. -Nel primo capitolo viene svolta l'opinione che respinge la -fusione dei due poteri. Nel secondo quella che l'ammette. Nel terzo -e quarto un'opinione intermedia, la quale ammette la separazione, -non però per necessità di natura, bensì quale istituto di fatto e voluto -da Dio. Nel quinto capitolo l'autore adduce le ragioni, che si -oppongono all'opinione antipapista, ma molto brevemente e quasi -chiedendo scusa del fatto suo. (Quia autem in hoc opuscolo censui -solum modo recitando et allegando procedere, narrandum est, ecc.) -Molto più diffusamente nei successivi dodici capitoli espone le -obbiezioni contro la teoria papista, e poscia ad una ad una combatte -le ragioni, che si sogliono addurre in suo favore. In un -solo capitolo, nell'ottavo (pag. 323), cita alcune repliche contro le -obbiezioni precedenti, ma per respingerle. Può esservi dubbio, che -egli sta per la separazione dei due poteri?</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note852"> -<p><span class="label"><a href="#tag852">852</a>. </span>Leopoldo di Bamberga avea distinto tra il regno tedesco e -l'impero romano. Il re tedesco non appena eletto ha diritto di governare -le provincie, che stavano sotto lo scettro di Carlo Magno, -come immediato suo successore, nè gli occorre alcuna conferma -del Papa. Non può però nè prendere la corona imperiale, nè esercitare -alcun potere sulle provincie, che non appartenevano a Carlo -Magno, se pria il popolo romano, secondo l'antica consuetudine, -non l'abbia acclamato imperatore. In quest'ultimo punto (<span class="smcap">Müller</span>, -<i>Der Kampf</i>, II, 86) Leopoldo è d'accordo con Marsilio. E l'Occam -lo combatte (pag. 383): Electio regis et imperatoris, quae nunc per -principes electores succedit, subrogata est in locum successionis -vel electionis, quae quondam fiebat per populum romanum, seu -per exercitum, qui populus romanus seu exercitus tunc repraesentabat -totum populum romano imperio subjectum secundum istum -Doctorem (evidentemente Leopoldo). Da questo accenno a Leopoldo -il Riezler trae la prova che le <i>Octo quaestiones</i> sono state -scritte non pria del 1339, perchè a quel tempo rimonta lo scritto del -bambergese. Io aggiungo che l'Occam (pag. 382) cita anche la decisione, -data dai principi elettori riuniti a Rense il 16 luglio 1338.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note853"> -<p><span class="label"><a href="#tag853">853</a>. </span>V. più sopra, p. 538, nota 2. Qui aggiungo che nella seconda -quistione: utrum suprema potestas laicalis proprietatem sibi proprie -habeat immediate a Deo, l'Occam non nasconde le sue ripugnanze -contro l'opinione: imperium est a Papa, e spende ben nove -capitoli dal 6 al 14 per ribattere le ragioni, che se ne solevano -addurre in sostegno.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note854"> -<p><span class="label"><a href="#tag854">854</a>. </span>Ludovico nel decreto <i>licet juris</i> stabiliva che anche il titolo -d'imperatore vien conferito dall'elezione, mentre i principi elettori -credevano che non si potesse prendere se non dopo l'incoronazione, -come s'era sempre praticato sin qui. E l'imperatore ebbe a -piegarsi al loro avviso nel decreto <i>fidem catholicam</i>, che fu certo -redatto dal minorita Bonagrazia, uno dei compagni di fuga dell'Occam -(<span class="smcap">Müller</span>, <i>Der Kampf</i>, pag. 76-81).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note855"> -<p><span class="label"><a href="#tag855">855</a>. </span>Pag. 369. Quinto quaeritur: utrum rex haereditarie succedens -accipiat aliquam potestatem super temporalia ex eo quod a persona -ecclesiastica inungitur consecratur et coronatur, vel solum -ex hoc aliquam consequatur gratiam doni spiritualis. Che l'Occam -rifiutasse la prima alternativa parrà chiaro a chi confronti il capitolo -quinto col successivo (pag. 370-71), e che abbracciasse la -seconda si vede da questo, che alle brevi obbiezioni fatte nel capitolo -ottavo si risponde con forza nell'ultimo capitolo, che chiude -la discussione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note856"> -<p><span class="label"><a href="#tag856">856</a>. </span>Pag. 374. Septima quaestio: utrum si talis rex ab aliquo altero -archiepiscopo, quam ab eo, qui antiquitus coronare consuevit, vel -sibi ipsi coronam imponeret, per hoc perderet titulum vel potestatem -regalem? La risposta negativa, che l'Occam preferisce, è svolta -largamente nel capitolo secondo, laddove l'affermativa è accennata -di volo nel capitolo primo. Questo partito di ammettere che l'incoronazione -possa farsi anche da altra autorità ecclesiastica, che -non fosse il Papa, era, secondo il Müller (<i>Der Kampf</i>, pag. 78-80), -un tentativo di conciliazione tra l'avviso dell'imperatore e quello -dei principi elettori. Lo stesso Müller ha trovato riscontri importanti -tra le <i>Octo quaestiones</i> ed una scrittura pubblicata dal -Ficker, e precedentemente nota pei memorabili di Enrico di Hervord, -e prima ancora per la cronaca di Ermanno Corner.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note857"> -<p><span class="label"><a href="#tag857">857</a>. </span>Pag. 374. Sexto quaeritur: utrum rex hereditarie succedens -sit coronatori in aliquo subjectus. Anche qui la risposta negativa -è più validamente dimostrata della positiva. E s'adduce questo -argomento ad hominem contro le pretensioni papali: Non enim -Papa, qui nullum jus habet, nisi eligatur canonice, electoribus est -subjectus .... Imperator .... non habet jus imperiale nisi a populo, -et tamen populo non erit subjectus .... ergo multo minus coronatori -suo est subjectus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note858"> -<p><span class="label"><a href="#tag858">858</a>. </span><i>Tractatus de Jurisdictione in causis matrimonialibus</i> -(<span class="smcap">Goldast</span>, I, 21-24). Vedi più sopra pag. 61, nota 1, ove ho riportato -alcuni passi che accennano al concetto del matrimonio civile. -Debbo però aggiungere a quella nota che il Riezler nell'<i>Historische -Zeitschrift</i> (40, 328), arrendendosi alle osservazioni del -Scheffer-Boichorst, non crede più che lo scritto di Marsilio da -Padova sullo stesso argomento (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 1386-1391) sia apocrifo. -Sulle differenze tra i due trattati vedi il <span class="smcap">Müller</span>, <i>Der Kampf</i>, -II, 160.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note859"> -<p><span class="label"><a href="#tag859">859</a>. </span>Il Dialogo, come dicemmo più sopra (pag. 62), va diviso in -tre parti. La prima (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 398-739) suddivisa in sette libri, -è intitolata <i>De haereticis</i> e vi torneremo di qui a poco. La seconda -(740-770) è l'opera già esaminata <i>De dogmatibus Papae -Johannis</i>. La terza (771-976) è intitolata <i>De gestis circa fidem -altercantium catholicam</i>, e si divide, come dice l'autore stesso -(pag. 771), in nove trattati. Primus quidem disputando de potestate -papae et cleri. Secundum de potestate et juribus Romani Imperii. -.... Tertius de gestis Johannis XXII .... Quartus de gestis Domini -Ludovici de Bavaria. Quintus de gestis Benedicti XII. Sextus de -gestis fratris Michelis de Cesena. Septimus de gestis et doctrine -fratris Giraldi Odonis. Octavus de gestis fratris Guillelmi de Ockam. -Nonus de gestis aliorum christianorum, ecc. Il Riezler (op. cit., -pag. 263) ha già notato che dalla lettera del Badio al Tritemio, -riportata dal Goldast (pag. 392-93), si raccoglie che il primo editore -Trechsel ebbe tra mani tutti i trattati; ma gli ultimi sette, ove si -contenevano difese ed accuse amariores, quam ut vulgo legerentur, -lasciò da parte. E così non sono pervenuti a noi se non due trattati. -Il primo trattato si suddivide in quattro libri, dei quali il 1º -tratta de potestate Papae (pag. 770-82); il 2º discute la quistione: -an expediat toti communitati fidelium uni capiti, principi ac praelato -fideli sub Christo subjici et subesse (pag. 788-819); il 3º torna -sull'argomento toccato anche nella prima parte del Dialogo: qualis -fides scripturis aliis, quam canonicis, debeat adhiberi (pag. 819-845); -il 4º riesamina il quesito anch'esso svolto nella prima parte del -Dialogo: an Christus de facto constituerit beatum Petrum principem -et praelatum aliorum apostolorum et universorum fidelium -(pag. 846-889). Il secondo trattato si suddivide in tre libri, dei -quali il 1º inquirit an toti generi humano expediat unum Imperatorem -universo orbi praeesse (pag. 889-902); il 2º quae jura habeat -Imperator romanus super temporalia investigat (pag. 902-925); il -3º perscrutat, an Imperator romanus super spiritualia habeat potestatem -aliquam (pag. 926-957).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note860"> -<p><span class="label"><a href="#tag860">860</a>. </span><i>Dialogus</i>, III, I, 5 (<span class="smcap">Goldast</span>, pag. 776). Lex enim christiana -ex institutione Christi est lex libertatis respectu veteris legis .... -Et ita constat, quod lex christiana esset majoris servitutis, quoad -temporalia, quam lex vetus, si Papa in temporalibus haberet hujusmodi -plenitudinem potestatis; quia illi, qui erunt sub lege mosaica, -nulli mortali erant in temporabilibus modo subjecti. Cap. 6, pag. 177, -istud est principalius vel de principalibus fondamentis et motivis -quare quidam dicunt quod Papa non habet talem plenitudinem -potestatis. Anche il Riezler ammette che codesta è l'opinione dell'Occam. -Io aggiungo che l'argomento della libertà è addotto colle -stesse parole nelle <i>Octo quaestiones</i>, I, 6, pag. 320.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note861"> -<p><span class="label"><a href="#tag861">861</a>. </span>Anche nella terza parte del Dialogo (trattato 2º, libro 1º) -come nelle otto quistioni è discussa largamente la teoria: verum -imperium romanum est a Papa. E dal capitolo 18 sino al 24 sono -bene addotte dieci ragioni in suo sostegno, ma per scalzarle immediatamente. -Nè pago di queste confutazioni indirette ne adduce -altre ben stringenti e dirette nel capitolo 25 (pag. 896). Quod repugnat -divinae scripturae est haereticum; sed non posse esse -verum imperium nisi a Papa, repugnat divinae scripturae (Cfr. -cap. 28, pag. 901).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note862"> -<p><span class="label"><a href="#tag862">862</a>. </span>Nello stesso libro, citato nella nota precedente, l'Occam -discute separatamente le due quistioni sull'utilità e sull'origine di -una monarchia universale. Intorno all'origine si contano tre opinioni -(pag. 885): una est opinio quod imperium fuit a Deo constitutum -et non ab hominibus. Alia est quod fuit primo institutum -et tamen per homines scilicet per Romanos. Tertia opinio est -quod verum imperium fuit a Papa. Quest'ultima opinione dicemmo -già nella nota precedente come sia combattuta più vigorosamente -delle altre due. L'opinione dell'origine divina è fiaccamente difesa -nel capitolo <span class="smcap lowercase">XXVI</span>, pag. 898, ed alla spiccia combattuta con quest'osservazione, -che chiude il capitolo: Unico verbo respondetur, quia -cum dicitur quod potestas imperialis et universaliter omnis potestas -licita et legitima est a Deo, non tamen a solo Deo, sed quaedam -est a Deo per homines, et talis est potestas imperialis (la -stampa del Goldast è guasta: non solo ci sono ripetizioni dovute -evidentemente ad errori di stampa, ma in luogo d'<i>institutum ab -hominibus</i> deve leggersi <i>institutum a Deo</i>). Non resta se non l'opinione -dell'origine mista mediatamente da Dio ed immediatamente -dagli uomini (pag. 899): A populo est imperium. Item ab illis fuit -Imperium romanum, qui caeteras nationes Romam imperio subdiderunt. -Quest'opinione, che raccosta l'Occam a Marsilio, è difesa -nel capitolo <span class="smcap lowercase">XXVII</span>, e resta padrona del campo, essendo risolute -tutte le obbiezioni che le si muovono. In quanto poi all'utilità di -una monarchia universale ci sono pure diversi pareri: 1º Una opinio -(pag. 871), quod per unum principem secularem, qui non incongrue -imperatoris nomine censetur, mundus quoad temporalia, optime -regeretur. Nec sufficienter paci et quieti totius societatis humanae -potest per aliud regimen provideri. 2º Alia opinio (pag. 874) est -contraria quod non expedit mundo, ut universalitas mortalium uni -imperatori seu principi sit subjecta. 3º (pag. 875) Alia opinio .... -quod expediret unum principem non secularem sed ecclesiasticum -universitati mortalium presidere. 4º (pag. 875) Alia opinio: Mundus -optime regeretur, si plures simul mundi dominium obtinerent. -5º (pag. 876) Alia opinio est quod secundum diversitatem, qualitatem -et necessitatem temporum expedit regimina et dominia -mortalium variari. (Vedi più sopra, pag. 63, nota 1). La prima opinione -non è certo quella dell'autore, perchè alle ragioni, che da -Dante in poi si addussero in favore della monarchia universale, -risponde vigorosamente in cinque capitoli, dal sesto al decimo. Confuta -parimenti le altre tre opinioni; ma l'unica che resta inconfutata -è la quinta, che dobbiamo quindi tenere per la preferita dall'autore.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note863"> -<p><span class="label"><a href="#tag863">863</a>. </span>Dialogo, 3ª parte, trattato 2, lib. 2, ove, stabilita la distinzione -delle due potestà temporale e spirituale, esamina (pag. 904) -la quistione: an Imperator verus Romanorum per universum -mundum super temporalia habeat hanc potestatem, ita ut cunctae -regionis mundi ei in temporalibus oboediant. E l'Occam sta per -l'affermativa, perchè alle ragioni addotte nel capitolo 5º (pag. 904-906) -per sostenerla non replica più, laddove combatte nei capitoli -6º, 7º e 8º quanti argomenti s'adducono in favore dell'opinione contraria. -In quanto al diritto di punire, alcuni sostengono: per judicem -ecclesiasticum sunt criminosi et pro criminibus secularibus puniendi -(cap. <span class="smcap lowercase">X</span>, pag. 910-11). (Anche qui parmi errata la stampa, che a -pag. 910 in finem dovrebbe leggersi: una est, quod <i>non</i> pro omni -crimine seculari potest Imperator punire omnes sibi subjectos). -Altri per lo contrario: ad Imperatorem et judicem secularem solummodo -spectat pro criminibus secularibus plectere criminosos -(cap. <span class="smcap lowercase">II</span>, pag. 911). Tra queste due opinioni tramezza una terza, -preferita evidentemente dall'Occam, secondo la quale solo in alcuni -casi è lecito l'intervento del giudice ecclesiastico, quando ad esempio -non est judex secularis: vel quando judex secularis est negligens -facere justitiam (pag. 913). In quanto poi ai beni, tra l'opinione: -imperator omnium rerum hujus mundi non est dominus (cap. <span class="smcap lowercase">XXI</span>, -pag. 919), e la contraria: est dominus (cap. <span class="smcap lowercase">XXII</span>, pag. 919-20) c'è -posto per questa terza, preferita dall'Occam: imperator non est -sic dominus omnium rerum temporalium, ut ad libitum suum liceat -sibi vel valeat de omnibus hujusmodi rebus, quod voluerit ordinare, -est tamen Dominus quodammodo omnium pro eo quod -omnibus rebus .... potest uti et eas applicare ad utilitatem communem -(Cap. 23, pag. 920).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note864"> -<p><span class="label"><a href="#tag864">864</a>. </span><i>Dialogus</i>, P. 3ª, tr. 2, lib. 3, cap. 3 (pag. 927) licet imperator -specialiter ratione imperatoria dignitatis non habeat jus eligendi -summum Pontificem, vel alios praelatos inferiores, in quantum -Christianus catholicus et fidelis jus eligendi Summum Pontificem -potest sibi competere. Che codesta sia l'opinione dell'autore -lo dice il discepolo (pag. 929): Allegationes pro ista opinione secunda -tam evidentes mihi videntur, ut non curem ad ipsas responsiones -audire. Il popolo romano è per diritto di natura il vero -elettore del Pontefice, perchè (pag. 932) electio semper debet concedi -paucis .... quia igitur romani respectu aliorum catholicorum sunt -pauci, et summus pontifex est quodammodo episcopus eorum .... -ideo rationabiliter alii catholici non habent jus eligendi summum -pontificem, nisi quando electio non spectaret ad Romanos. I Romani -poterono cedere ad altri il loro diritto, come a dire ai cardinali, e -ben fecero (pag. 937), quia saepe aliqua multitudo habet jus eligendi, -et tamen non expedit quod omnes eligant; ma lo riacquistano -subito nel caso che il papa e gli elettori omnes infecti fuerint -haeretica pravitate.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note865"> -<p><span class="label"><a href="#tag865">865</a>. </span>Dialogo, loc. cit., cap. 17, pag. 947. Quod imperator possit -et debeat papam pro omni crimine judicare quampluribus viis -ostenditur, quorum una (quae etiam est in prima parte facta istius -dialogi) sumitur ex unitate summi judicis, quam omnis communitas -bene ordinata habere debet. E nello stesso capitolo e nei seguenti -sono combattute le cinque opinioni, che ammettono la pluralità dei -giudici supremi. Finalmente nel cap. <span class="smcap lowercase">XXIII</span>, col quale si chiude il -trattato, dice (pag. 956): Papa non est magis exemptus a jurisdictione -coactiva imperatoris et aliorum secularium judicum, quam -fuerunt Christus et Apostoli.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note866"> -<p><span class="label"><a href="#tag866">866</a>. </span>Vedi più sopra, p. 538, nota 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note867"> -<p><span class="label"><a href="#tag867">867</a>. </span>La prima parte del Dialogo (pag. 398-739) si divide in sette -libri, come dice l'autore stesso nel Prologo. Primam ergo partem -de haereticis acceleres inchoare: materiam in septem divide libros, -quorum primus investiget ad quos (theologos videlicet vel canonistas) -pertinet principaliter diffinire, quae assertiones catholicae, -quae haereticae; qui etiam haeretici et catholici debeant reputari. -Secundus inquirat, quae assertiones haereticae, quae catholicae -sunt censendae. Tertius principaliter consideret, quis errans inter -haereticos est computandus. Quartus quomodo de pertinacitate et -pravitate haeretica debeat quis convinci. Quintus, qui possunt -pravitate haeretica maculari. Sextus agat de punitione haereticorum, -et maxime Papae, si efficiatur haereticus. Septimus tractet -de credentibus, fautoribus, defensoribus et receptoribus haereticorum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note868"> -<p><span class="label"><a href="#tag868">868</a>. </span>Che la opinione del maestro traspaia dal Dialogo, sebbene -non la manifesti, lo dice chiaramente il discepolo nel Prologo: -<i>tuam conclusionem minime praetermittas</i>, quae tamen tua sit -nullatenus manifestes.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note869"> -<p><span class="label"><a href="#tag869">869</a>. </span><i>Dialog.</i>, Parte 1ª, lib. <span class="smcap lowercase">II</span>, cap. <span class="smcap lowercase">V</span>, pag. 415-16. Quinque sunt -genera veritatum, quibus non licet Christianis aliter dissentire. -Primum est earum, quae in scriptura sacra dicuntur .... Secundus -est quae ab Apostolis ad nos per succedentem relationem vel -scripturas fidelium pervenerunt. Tertium est earum, quas in fide dignis -cronicis et historicis relationibus fidelium invenimus. Quartum -est earum, quae ex veritatibus primi generis et secundi tantummodo, -vel quae ex eis vel alterius eorum una cum veritatibus tertii generis -possunt concludi. Quintum est earum, quas Deus praeter veritates -revelatas Apostolis aliis revelavit vel etiam inspiravit. Si -vede che l'Occam è molto largo e non accetta l'opinione esposta -a pag. 410: quod illae solae veritates sunt catholicae, quae implicite -vel esplicite in canone Bibliae asseruntur. Ma ciò non pertanto -ei combatte aspramente l'opinione di alcuni canonisti del suo -tempo, i quali sostenevano (pag. 418) quod Papa potest facere -novum articulum fidei; opinione della quale nonnulli theologi scandalizantur -(pag. 421).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note870"> -<p><span class="label"><a href="#tag870">870</a>. </span>Lib. <span class="smcap lowercase">III</span>, cap. <span class="smcap lowercase">III</span>, pag. 437. Hereticus est vere baptizatus, vel -pro baptizato se gerens, pertinaciter dubitans vel errans contra -catholicam fidem. Eretico non è nè l'ebreo, nè il pagano, perchè -non sono battezzati, ma è bene eretico il cataro, il quale, sebbene -non sia, pure si dice e si crede cristiano. Che la pertinacia poi -sia un carattere essenziale nella definizione dell'eretico non pure -lo prova con argomenti di autorità e di ragioni (cap. <span class="smcap lowercase">VI-VIII</span>), ma -combatte ampiamente le obbiezioni (cap. <span class="smcap lowercase">V</span>, <span class="smcap lowercase">IX</span>, <span class="smcap lowercase">X</span>, <span class="smcap lowercase">XI</span>). Tutto il -libro quarto è vôlto a definire la pertinacia ed enumerarne le -specie, che ammontano a 17. La decimasesta è la seguente (pag. 466): -Potest Papa specialiter convinci de pertinacia et haeretica pravitate -si errorem, quem contra fidem diffinit, solemniter a Christianis -asserit tanquam catholicum esse censendum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note871"> -<p><span class="label"><a href="#tag871">871</a>. </span>Tutto il libro primo della prima parte del Dialogo discute -codesta quistione. E non è dubbia l'opinione dell'Occam, che viene -riassunta nell'ultimo capitolo del libro (pag. 409-10) per rationes -autem universales ad ipsos (theologos) pertinet judicare, ubi deficeret -canonistarum prudentia ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note872"> -<p><span class="label"><a href="#tag872">872</a>. </span>Nel capitolo 2º del 5º libro, pag. 469-70 adduce alcuni esempii -di papi eretici, a cominciare da S. Pietro, al quale S. Paolo resistè -in faccia quia reprehensibilis erat. E cita le parole di S. Tommaso -che nella Somma, II, 2 qu. 33, art. 4: Paulus qui erat subditus Petro, -propter imminens periculum scandali circa fidem Petrum pubblice -arguit. Nel capitolo susseguente prova con 15 ragioni quod -Papa canonice electus potest manens Papa errare a fide et haereticari. -Nel capitolo <span class="smcap lowercase">IV</span> muove alcune obbiezioni che vengono risolute -nel quinto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note873"> -<p><span class="label"><a href="#tag873">873</a>. </span>Lib. <span class="smcap lowercase">VI</span>, cap. 57, pag. 561. Praedicta inquisitio primo et principaliter -spectaret ad universalem ecclesiam, si essent ita pauci, -quod omnes convenirent in unum, vel possent leviter convenire. -Secundo pertineret ad Concilium generale, quod vicem tenet universalis -ecclesiae. Ivi, cap. 84, pag. 602. La convocazione del Concilio -nel caso di un Papa eretico spectat principalius ad praelatos -et in Divina lege peritos, secundo spectat ad reges et principes et -alias publicas potestates; tertio autem spectat ad omnes catholicos.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note874"> -<p><span class="label"><a href="#tag874">874</a>. </span>Lib. <span class="smcap lowercase">VI</span>, cap. 86, pag. 605. Concilium generale debet Papam -haereticum expellere de sede .... ab omni ecclesiastico ordine -degradare .... et potest ipsum curiae tradere seculari. Intorno ai -laici non accetta che all'autorità secolare spetti la condanna dell'eretico, -come dicono alcuni (Cap. 91, pag. 608-10), e tiene invece -questo altro modum ponendi, qui minus veritati repugnare videtur -(Cap. 93, pag. 611-12): si clerici crederent eidem, ac circa -correctionem at cohibitionem ipsius essent damnabiliter negligentes, -principes saeculares, in quorum dominio moratur, et etiam populus, -qui sciret ipsum haereticum, coercere debent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note875"> -<p><span class="label"><a href="#tag875">875</a>. </span>Dicemmo più sopra che il secondo libro del primo trattato -della terza parte discute la quistione: an expediat toti communitati -fidelium uni capiti principi et prelato fideli sub Christo subjici et -subesse. Resta senza risposta il capitolo 25 (pag. 812-814), nel -quale è provato che absque unitate Summi Pontificis potest unitas -ecclesiae perdurare, vacante enim apostolica sede manet unitas -ecclesiae. Così pure rimane senza risposta il capitolo 28, nel -quale sono enumerati i casi, in quibus liceret plures tales constituere -Patriarchas seu primates. E finalmente nell'ultimo capitolo -del libro sono ribattute ad una ad una le ragioni addotte nel capitolo -primo in sostegno del governo monarchico della Chiesa. -Noto tra le altre questa, che è il segreto motivo dell'avversione -dell'Occam al monarcato (pag. 818): si Papa efficeretur haereticus, -praesertim habens potestam temporalem .... formidandum -esset ne fere omnes Christianos inficeret haeretica pravitate. Quale -fosse l'opinione dell'Occam lo dice il discepolo nel principio del -libro seguente: Quamvis regulariter minime expediret totam universitatem -fidelium uni capiti fideli sub Christo subesse, tamen -videtur quod nullus catholicus debeat dubitare quin pro necessitate -temporis, vel propter excellentiam beati Petri vel ex alia causa -speciali nobis fortassis ignota, aut de potentia absoluta Christus -potuit constituere beatum Petrum caput, principem et praelatum -aliorum apostolorum. Questo passo prova due cose: 1º che la -discussione del libro precedente la dà vinta contro il monarcato; -2º che la quistione teoretica sull'utilità di questo o quel governo -è indipendente nella mente dell'Occam dalla questione storica -intorno a S. Pietro.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note876"> -<p><span class="label"><a href="#tag876">876</a>. </span>La quistione sul primato di Pietro è trattata, come dicemmo, -nella 3ª parte, 2º trattato, libro 4º. Che l'Occam vi risponda in -modo affermativo lo dimostra tutta l'orditura del libro, come ha -ben rilevato il Riezler. Ma al Riezler è sfuggito che in questo -libro l'Occam risponde a Marsilio, del quale riproduce a parola -l'argomentazione. Il capitolo primo dell'Occam (pag. 846-48) non -è altro se non il capitolo sedicesimo della seconda parte del <i>Defensor -pacis</i> dalle parole: <i>nam tribuens Christus Apostolis</i> sino -a <i>vos autem omnes fratres estis</i> (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 241-44). Un solo -brano è saltato dall'Occam, quello che comincia: <i>dic igitur mihi</i> -e finisce <i>probavimus supra</i> (pag. 243), il quale salto rende inintelligibile -la citazione di S. Agostino, che l'Occam riproduce. Alle -ragioni di Marsilio l'Occam risponde in tutto il libro, ma principalmente -nel penultimo capitolo, contro il quale non s'adducono -ulteriori obbiezioni.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note877"> -<p><span class="label"><a href="#tag877">877</a>. </span>Cap. 22, pag. 865. Tenendum est quod eadem assertio universali -ecclesiae debet adscribi, universalis autem ecclesia nullo -tempore etiam parvo errore potest contra fidem. Il Riezler (op. -cit., pag. 259-267) crede che questo libro della terza parte contraddica -al libro quarto della prima parte, ove par che l'Occam -abbracci un'opinione affatto opposta. Ma io non credo che nel -capitolo della prima parte (p. 483), ove si adducono le ragioni contro -il primato di S. Pietro, l'Occam esprima la sua opinione, perchè nel -capitolo susseguente viene sostenuta l'opinione contraria, ed il -discepolo dichiara che non occorre andare più avanti (pag. 486): -cum auctoritas debeat ad eam tenendam sufficere. Canit enim ecclesia -universalis de beato Petro: <i>Tu es pastor ovium princeps Apostolorum</i>. -Codesta, come si vede, è la stessa ragione addotta nella -terza parte, e in essa si acquetano i disputanti e si passa alle -altre proposizioni sostenute dagli antipapisti, come a dire: 1º che -la Scrittura non parla mai della venuta di S. Pietro a Roma, nè -S. Luca dice mai che abbia retta la Chiesa di Roma (<i>Defensor -pacis</i>, pag. 245; <i>Dialogus</i>, pag. 486); 2º Che giusta l'ordinamento -di Gesù Cristo, nessun sacerdote ha potere sull'altro, e la distinzione -tra vescovi, arcivescovi, sacerdoti è solummodo ex ordinatione -humana et non ex ordinatione Christi (<i>Defensor</i>, pag. 238-41; -<i>Dialogus</i>, pag. 486-87); 3º Che solo da Costantino in poi la -Chiesa di Roma ebbe un primato sulle altre (<i>Defensor</i>, pag. 293; -<i>Dialogus</i>, pag. 487). Contro codeste asserzioni viene opposto nel -cap. <span class="smcap lowercase">XIX</span> quod Romana Ecclesia ante tempora Constantini super -omnes alias habuit principatum.... auctoritate Conciliorum generalium. Nel capitolo <span class="smcap lowercase">XX</span> si adducono i testi per provare quod Romana -Ecclesia ab ipso Christo ante ascensionem recepii principatum. -Ma nel capitolo <span class="smcap lowercase">XXI</span>, che chiude la digressione, si espone -l'opinione intermedia: quod Romana Ecclesia non habuit immediate -a Christo super alias ecclesias principatum .... sed primo -immediate habuit principatum a B. Petro transferente sedem -suam in Romanam Ecclesiam. Codesta terza opinione, contro la -quale non s'oppone più nulla, dovrebbe essere anche secondo il -Riezler quella abbracciata dall'Occam. Per tal guisa non v'ha -contraddizione tra la 1ª e la 3ª parte del Dialogo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note878"> -<p><span class="label"><a href="#tag878">878</a>. </span>Che il Concilio possa errare lo dimostra con cinque ragioni -nel capitolo 25 dello stesso libro quinto (pag. 494-95), e con esempi -nel capitolo 26. Adduce nel successivo capitolo gli argomenti in -favore dell'opinione contraria, ma nel 29 vi risponde diffusamente. -E nel successivo capitolo 30 passa all'altro argomento, se cioè -possa errare tutta la Cristianità. Che possa errare tutto il Clero -lo dimostra nel capitolo <span class="smcap lowercase">XXIX</span> e lo riafferma nel <span class="smcap lowercase">XXXI</span> ribattendo -le ragioni in contrario. Ma il Clero, anche preso nel suo complesso, -non è la Chiesa, perchè (pag. 500) ad congregationem autem -fidelium ita pertinent laici fideles, sicut clerici. Igitur de multitudine -clericorum non debet intelligi, quod errare non possit. Anche -la Chiesa tutta può fallire in qualche congiuntura, come alla venuta -dell'anticristo, ma anche a quel tempo aliqui erunt sancti -viri electi qui in errorem minime inducentur (pag. 594). E bastano -queste eccezioni perchè la vera fede non perisca.</p> -</div> -</div> - -<div class="tnote"> -<p class="tntitle"> -Nota del Trascrittore -</p> - -<p> -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione -minimi errori tipografici. -</p> - -<p> -Le correzioni indicate a pag. <a href="#Page_565">565</a> sono state riportate nel testo. -</p> - -<p class="covernote"> -Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio. -</p> -</div> - - - - - - - - -<pre> - - - - - -End of the Project Gutenberg EBook of L'eresia nel Medio Evo, by Felice Tocco - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ERESIA NEL MEDIO EVO *** - -***** This file should be named 62192-h.htm or 62192-h.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/2/1/9/62192/ - -Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Online -Distributed Proofreading Team at https://www.pgdp.net (This -file was produced from images generously made available -by The Internet Archive) - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. Special rules, set forth in the General Terms of Use part -of this license, apply to copying and distributing Project -Gutenberg-tm electronic works to protect the PROJECT GUTENBERG-tm -concept and trademark. Project Gutenberg is a registered trademark, -and may not be used if you charge for the eBooks, unless you receive -specific permission. If you do not charge anything for copies of this -eBook, complying with the rules is very easy. You may use this eBook -for nearly any purpose such as creation of derivative works, reports, -performances and research. They may be modified and printed and given -away--you may do practically ANYTHING in the United States with eBooks -not protected by U.S. copyright law. Redistribution is subject to the -trademark license, especially commercial redistribution. - -START: FULL LICENSE - -THE FULL PROJECT GUTENBERG LICENSE -PLEASE READ THIS BEFORE YOU DISTRIBUTE OR USE THIS WORK - -To protect the Project Gutenberg-tm mission of promoting the free -distribution of electronic works, by using or distributing this work -(or any other work associated in any way with the phrase "Project -Gutenberg"), you agree to comply with all the terms of the Full -Project Gutenberg-tm License available with this file or online at -www.gutenberg.org/license. - -Section 1. General Terms of Use and Redistributing Project -Gutenberg-tm electronic works - -1.A. By reading or using any part of this Project Gutenberg-tm -electronic work, you indicate that you have read, understand, agree to -and accept all the terms of this license and intellectual property -(trademark/copyright) agreement. If you do not agree to abide by all -the terms of this agreement, you must cease using and return or -destroy all copies of Project Gutenberg-tm electronic works in your -possession. If you paid a fee for obtaining a copy of or access to a -Project Gutenberg-tm electronic work and you do not agree to be bound -by the terms of this agreement, you may obtain a refund from the -person or entity to whom you paid the fee as set forth in paragraph -1.E.8. - -1.B. "Project Gutenberg" is a registered trademark. It may only be -used on or associated in any way with an electronic work by people who -agree to be bound by the terms of this agreement. There are a few -things that you can do with most Project Gutenberg-tm electronic works -even without complying with the full terms of this agreement. See -paragraph 1.C below. There are a lot of things you can do with Project -Gutenberg-tm electronic works if you follow the terms of this -agreement and help preserve free future access to Project Gutenberg-tm -electronic works. See paragraph 1.E below. - -1.C. The Project Gutenberg Literary Archive Foundation ("the -Foundation" or PGLAF), owns a compilation copyright in the collection -of Project Gutenberg-tm electronic works. Nearly all the individual -works in the collection are in the public domain in the United -States. If an individual work is unprotected by copyright law in the -United States and you are located in the United States, we do not -claim a right to prevent you from copying, distributing, performing, -displaying or creating derivative works based on the work as long as -all references to Project Gutenberg are removed. Of course, we hope -that you will support the Project Gutenberg-tm mission of promoting -free access to electronic works by freely sharing Project Gutenberg-tm -works in compliance with the terms of this agreement for keeping the -Project Gutenberg-tm name associated with the work. You can easily -comply with the terms of this agreement by keeping this work in the -same format with its attached full Project Gutenberg-tm License when -you share it without charge with others. - -1.D. The copyright laws of the place where you are located also govern -what you can do with this work. Copyright laws in most countries are -in a constant state of change. If you are outside the United States, -check the laws of your country in addition to the terms of this -agreement before downloading, copying, displaying, performing, -distributing or creating derivative works based on this work or any -other Project Gutenberg-tm work. The Foundation makes no -representations concerning the copyright status of any work in any -country outside the United States. - -1.E. Unless you have removed all references to Project Gutenberg: - -1.E.1. The following sentence, with active links to, or other -immediate access to, the full Project Gutenberg-tm License must appear -prominently whenever any copy of a Project Gutenberg-tm work (any work -on which the phrase "Project Gutenberg" appears, or with which the -phrase "Project Gutenberg" is associated) is accessed, displayed, -performed, viewed, copied or distributed: - - This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and - most other parts of the world at no cost and with almost no - restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it - under the terms of the Project Gutenberg License included with this - eBook or online at www.gutenberg.org. If you are not located in the - United States, you'll have to check the laws of the country where you - are located before using this ebook. - -1.E.2. If an individual Project Gutenberg-tm electronic work is -derived from texts not protected by U.S. copyright law (does not -contain a notice indicating that it is posted with permission of the -copyright holder), the work can be copied and distributed to anyone in -the United States without paying any fees or charges. If you are -redistributing or providing access to a work with the phrase "Project -Gutenberg" associated with or appearing on the work, you must comply -either with the requirements of paragraphs 1.E.1 through 1.E.7 or -obtain permission for the use of the work and the Project Gutenberg-tm -trademark as set forth in paragraphs 1.E.8 or 1.E.9. - -1.E.3. If an individual Project Gutenberg-tm electronic work is posted -with the permission of the copyright holder, your use and distribution -must comply with both paragraphs 1.E.1 through 1.E.7 and any -additional terms imposed by the copyright holder. Additional terms -will be linked to the Project Gutenberg-tm License for all works -posted with the permission of the copyright holder found at the -beginning of this work. - -1.E.4. Do not unlink or detach or remove the full Project Gutenberg-tm -License terms from this work, or any files containing a part of this -work or any other work associated with Project Gutenberg-tm. - -1.E.5. Do not copy, display, perform, distribute or redistribute this -electronic work, or any part of this electronic work, without -prominently displaying the sentence set forth in paragraph 1.E.1 with -active links or immediate access to the full terms of the Project -Gutenberg-tm License. - -1.E.6. You may convert to and distribute this work in any binary, -compressed, marked up, nonproprietary or proprietary form, including -any word processing or hypertext form. However, if you provide access -to or distribute copies of a Project Gutenberg-tm work in a format -other than "Plain Vanilla ASCII" or other format used in the official -version posted on the official Project Gutenberg-tm web site -(www.gutenberg.org), you must, at no additional cost, fee or expense -to the user, provide a copy, a means of exporting a copy, or a means -of obtaining a copy upon request, of the work in its original "Plain -Vanilla ASCII" or other form. Any alternate format must include the -full Project Gutenberg-tm License as specified in paragraph 1.E.1. - -1.E.7. Do not charge a fee for access to, viewing, displaying, -performing, copying or distributing any Project Gutenberg-tm works -unless you comply with paragraph 1.E.8 or 1.E.9. - -1.E.8. You may charge a reasonable fee for copies of or providing -access to or distributing Project Gutenberg-tm electronic works -provided that - -* You pay a royalty fee of 20% of the gross profits you derive from - the use of Project Gutenberg-tm works calculated using the method - you already use to calculate your applicable taxes. The fee is owed - to the owner of the Project Gutenberg-tm trademark, but he has - agreed to donate royalties under this paragraph to the Project - Gutenberg Literary Archive Foundation. Royalty payments must be paid - within 60 days following each date on which you prepare (or are - legally required to prepare) your periodic tax returns. Royalty - payments should be clearly marked as such and sent to the Project - Gutenberg Literary Archive Foundation at the address specified in - Section 4, "Information about donations to the Project Gutenberg - Literary Archive Foundation." - -* You provide a full refund of any money paid by a user who notifies - you in writing (or by e-mail) within 30 days of receipt that s/he - does not agree to the terms of the full Project Gutenberg-tm - License. You must require such a user to return or destroy all - copies of the works possessed in a physical medium and discontinue - all use of and all access to other copies of Project Gutenberg-tm - works. - -* You provide, in accordance with paragraph 1.F.3, a full refund of - any money paid for a work or a replacement copy, if a defect in the - electronic work is discovered and reported to you within 90 days of - receipt of the work. - -* You comply with all other terms of this agreement for free - distribution of Project Gutenberg-tm works. - -1.E.9. If you wish to charge a fee or distribute a Project -Gutenberg-tm electronic work or group of works on different terms than -are set forth in this agreement, you must obtain permission in writing -from both the Project Gutenberg Literary Archive Foundation and The -Project Gutenberg Trademark LLC, the owner of the Project Gutenberg-tm -trademark. Contact the Foundation as set forth in Section 3 below. - -1.F. - -1.F.1. Project Gutenberg volunteers and employees expend considerable -effort to identify, do copyright research on, transcribe and proofread -works not protected by U.S. copyright law in creating the Project -Gutenberg-tm collection. Despite these efforts, Project Gutenberg-tm -electronic works, and the medium on which they may be stored, may -contain "Defects," such as, but not limited to, incomplete, inaccurate -or corrupt data, transcription errors, a copyright or other -intellectual property infringement, a defective or damaged disk or -other medium, a computer virus, or computer codes that damage or -cannot be read by your equipment. - -1.F.2. LIMITED WARRANTY, DISCLAIMER OF DAMAGES - Except for the "Right -of Replacement or Refund" described in paragraph 1.F.3, the Project -Gutenberg Literary Archive Foundation, the owner of the Project -Gutenberg-tm trademark, and any other party distributing a Project -Gutenberg-tm electronic work under this agreement, disclaim all -liability to you for damages, costs and expenses, including legal -fees. YOU AGREE THAT YOU HAVE NO REMEDIES FOR NEGLIGENCE, STRICT -LIABILITY, BREACH OF WARRANTY OR BREACH OF CONTRACT EXCEPT THOSE -PROVIDED IN PARAGRAPH 1.F.3. YOU AGREE THAT THE FOUNDATION, THE -TRADEMARK OWNER, AND ANY DISTRIBUTOR UNDER THIS AGREEMENT WILL NOT BE -LIABLE TO YOU FOR ACTUAL, DIRECT, INDIRECT, CONSEQUENTIAL, PUNITIVE OR -INCIDENTAL DAMAGES EVEN IF YOU GIVE NOTICE OF THE POSSIBILITY OF SUCH -DAMAGE. - -1.F.3. LIMITED RIGHT OF REPLACEMENT OR REFUND - If you discover a -defect in this electronic work within 90 days of receiving it, you can -receive a refund of the money (if any) you paid for it by sending a -written explanation to the person you received the work from. If you -received the work on a physical medium, you must return the medium -with your written explanation. The person or entity that provided you -with the defective work may elect to provide a replacement copy in -lieu of a refund. If you received the work electronically, the person -or entity providing it to you may choose to give you a second -opportunity to receive the work electronically in lieu of a refund. If -the second copy is also defective, you may demand a refund in writing -without further opportunities to fix the problem. - -1.F.4. Except for the limited right of replacement or refund set forth -in paragraph 1.F.3, this work is provided to you 'AS-IS', WITH NO -OTHER WARRANTIES OF ANY KIND, EXPRESS OR IMPLIED, INCLUDING BUT NOT -LIMITED TO WARRANTIES OF MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR ANY PURPOSE. - -1.F.5. Some states do not allow disclaimers of certain implied -warranties or the exclusion or limitation of certain types of -damages. If any disclaimer or limitation set forth in this agreement -violates the law of the state applicable to this agreement, the -agreement shall be interpreted to make the maximum disclaimer or -limitation permitted by the applicable state law. The invalidity or -unenforceability of any provision of this agreement shall not void the -remaining provisions. - -1.F.6. INDEMNITY - You agree to indemnify and hold the Foundation, the -trademark owner, any agent or employee of the Foundation, anyone -providing copies of Project Gutenberg-tm electronic works in -accordance with this agreement, and any volunteers associated with the -production, promotion and distribution of Project Gutenberg-tm -electronic works, harmless from all liability, costs and expenses, -including legal fees, that arise directly or indirectly from any of -the following which you do or cause to occur: (a) distribution of this -or any Project Gutenberg-tm work, (b) alteration, modification, or -additions or deletions to any Project Gutenberg-tm work, and (c) any -Defect you cause. - -Section 2. Information about the Mission of Project Gutenberg-tm - -Project Gutenberg-tm is synonymous with the free distribution of -electronic works in formats readable by the widest variety of -computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It -exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations -from people in all walks of life. - -Volunteers and financial support to provide volunteers with the -assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg-tm's -goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will -remain freely available for generations to come. In 2001, the Project -Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure -and permanent future for Project Gutenberg-tm and future -generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see -Sections 3 and 4 and the Foundation information page at -www.gutenberg.org - - - -Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation - -The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit -501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the -state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal -Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification -number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by -U.S. federal laws and your state's laws. - -The Foundation's principal office is in Fairbanks, Alaska, with the -mailing address: PO Box 750175, Fairbanks, AK 99775, but its -volunteers and employees are scattered throughout numerous -locations. Its business office is located at 809 North 1500 West, Salt -Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up to -date contact information can be found at the Foundation's web site and -official page at www.gutenberg.org/contact - -For additional contact information: - - Dr. Gregory B. Newby - Chief Executive and Director - gbnewby@pglaf.org - -Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg -Literary Archive Foundation - -Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide -spread public support and donations to carry out its mission of -increasing the number of public domain and licensed works that can be -freely distributed in machine readable form accessible by the widest -array of equipment including outdated equipment. Many small donations -($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt -status with the IRS. - -The Foundation is committed to complying with the laws regulating -charities and charitable donations in all 50 states of the United -States. Compliance requirements are not uniform and it takes a -considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up -with these requirements. We do not solicit donations in locations -where we have not received written confirmation of compliance. To SEND -DONATIONS or determine the status of compliance for any particular -state visit www.gutenberg.org/donate - -While we cannot and do not solicit contributions from states where we -have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition -against accepting unsolicited donations from donors in such states who -approach us with offers to donate. - -International donations are gratefully accepted, but we cannot make -any statements concerning tax treatment of donations received from -outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff. - -Please check the Project Gutenberg Web pages for current donation -methods and addresses. Donations are accepted in a number of other -ways including checks, online payments and credit card donations. To -donate, please visit: www.gutenberg.org/donate - -Section 5. General Information About Project Gutenberg-tm electronic works. - -Professor Michael S. Hart was the originator of the Project -Gutenberg-tm concept of a library of electronic works that could be -freely shared with anyone. For forty years, he produced and -distributed Project Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of -volunteer support. - -Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed -editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in -the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not -necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper -edition. - -Most people start at our Web site which has the main PG search -facility: www.gutenberg.org - -This Web site includes information about Project Gutenberg-tm, -including how to make donations to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to -subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks. - - - -</pre> - -</body> -</html> diff --git a/old/62192-h/images/cover.jpg b/old/62192-h/images/cover.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index 84d1242..0000000 --- a/old/62192-h/images/cover.jpg +++ /dev/null |
