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-The Project Gutenberg EBook of L'eresia nel Medio Evo, by Felice Tocco
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most
-other parts of the world at no cost and with almost no restrictions
-whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of
-the Project Gutenberg License included with this eBook or online at
-www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll have
-to check the laws of the country where you are located before using this ebook.
-
-Title: L'eresia nel Medio Evo
-
-Author: Felice Tocco
-
-Release Date: May 22, 2020 [EBook #62192]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ERESIA NEL MEDIO EVO ***
-
-
-
-
-Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Online
-Distributed Proofreading Team at https://www.pgdp.net (This
-file was produced from images generously made available
-by The Internet Archive)
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-
- L'ERESIA
- NEL MEDIO EVO
-
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- STUDI
-
- DI
- FELICE TOCCO
-
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- IN FIRENZE
- G. C. SANSONI, EDITORE
- 1884
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- PROPRIETÀ LETTERARIA
-
- Firenze — Tip. G. Carnesecchi e figli.
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-ALLA
-
-CARA E VENERATA MEMORIA
-
-DI
-
-MIO PADRE
-
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-
-AVVERTENZA
-
-
-Messomi a studiare i rapporti tra la filosofia scolastica e la
-contemporanea eresia, se non ho trovato quello che a prima giunta
-supponevo, mi venne fatto in compenso di formarmi un'opinione ben netta
-sulla genesi e sul corso delle molteplici sètte eretiche. Il risultato
-di questi studii pubblico nel presente libro, che per conseguenza non
-è, nè vuol essere una storia degli eretici, e molto meno un trattato
-dommatico sull'eresia.
-
-L'ho intitolato _Studi sull'eresia del Medio Evo_, prendendo
-quest'ultima parola nel senso più ristretto del periodo, in cui
-domina la filosofia scolastica. L'età di transizione tra la coltura
-antica e la nuova, in cui fiorisce la Patristica, è affatto estranea
-al mio compito. Avrei dovuto occuparmi delle sètte contemporanee al
-moto francescano, che vanno sotto il nome di Flagellanti, Apostolici,
-Beghini e Guglielmiti, e molti materiali avevo raccolti intorno a
-codesto argomento. Ma la ristrettezza dello spazio m'impedisce di
-trattarlo anche superficialmente, e mi riserbo di farne uno studio a
-parte, se i saggi, che ora pubblico, saranno benevolmente accolti,
-del che dubito forte. La mancanza di spazio m'impedisce altresì
-di pubblicare nella loro integrità alcuni testi inediti, che si
-riferiscono all'abate Gioacchino, all'Evangelo eterno, ed al moto
-francescano. Ne ho solo riportati quei frammenti, che più s'affacevano
-al mio scopo. Ho forse abbondato nelle note, ma non me ne pento, chè
-nelle ricerche storiche la mancanza assoluta o la citazione manchevole
-delle fonti parmi un vero danno. Del resto se al lettore piace di
-saltare le note, e credermi in parola, io gli sarò grato di tanta
-fiducia.
-
- Firenze, marzo 1884.
-
-
-
-
-INTRODUZIONE
-
-
-Il Medio Evo, che a torto da amici ed avversarii fu detto l'era della
-concordia e della pace, ebbe a soffrire non meno dell'età nostra
-profondi e dolorosi travagli. Codesta unità delle menti e degli animi,
-produttrice secondo gli uni di opere grandiose, segno secondo gli altri
-di fiacchezza e torpore, fu sempre e dovunque vagheggiata, giammai
-conseguita. Nè ci verrà mai fatto di trovarla nei tre periodi, in cui
-vanno divisi i secoli che corrono da Carlo Magno a Carlo di Boemia.
-
-
-I
-
-Il primo periodo, che diremo di preparazione, è il più lungo di tutti,
-protendendosi dal secolo nono sino alla metà del decimosecondo. Vi
-primeggiano in filosofia le dispute faticose intorno agli Universali,
-nate da una frase dell'Isagoge Porfiriana, la quale racchiude in
-germe un problema sempre risoluto e sempre da risolvere. Quel che noi
-diciamo i generi e le specie, sono forse entità reali, anzi solo la
-vera realtà, o non piuttosto artifizii della mente per non smarrirsi
-nel laberinto della natura? Alla prima sentenza piegavano i Realisti,
-i Nominalisti alla seconda; ed il loro dissidio, frutto di una profonda
-antinomia della ragione, durava ostinato per secoli, e quando parea che
-fosse per comporsi, rinasceva sotto altra forma più vivace di prima.
-Secondo l'intuizione realistica gli individui sono effimere esistenze,
-le quali, a così dire, nell'istessa ora che nascono, scompaiono. Che
-siamo noi uomini, presi individualmente? _Pulvis et umbra._ Consacrati
-alla morte, un piccolo accidente distrugge in un punto quanti fra noi
-aveano redata maggior consistenza e vigore. La sola che sopravvive a
-tante ruine, e sfidando le ingiurie del tempo, per volger di secoli
-non cresce nè scema, è quel che v'ha di universale in noi, l'umanità.
-E lo stesso che diciamo degli uomini, possiamo ripetere degli esseri
-tutti. Chè anzi a quel modo che gl'individui umani sono frammenti
-dell'umanità, questa è una piccola parte di un essere più sterminato di
-lei, l'animale. E l'animale a sua volta è frazione del vivente, ed il
-vivente è anch'esso forma fugace di un Essere immenso che è tutte cose,
-ma nessuna in particolare. Questo solo è ciò che permane immutato,
-è l'ordito su cui s'intesse la variopinta trama della natura, è
-l'Oceano che serba costante il volume delle acque, benchè sull'immensa
-superficie s'avvicendino i flutti rumorosi. Questi arditi concetti sono
-adombrati nel _De divisione naturae_ di Giovanni Scoto Erigena.[1] Così
-nella prima metà del nono secolo quella Filosofia, che si dice serva
-del domma, prende le mosse da un libro, il quale parecchi secoli dopo
-(nel 1225) da Papa Onorio III verrà condannato alle fiamme.[2]
-
-Nè men libera ed ardita è la scuola opposta dei Nominalisti. Il
-concetto dal quale partivano Roscellino e i suoi seguaci, affatto
-discorde da quello dei Realisti, è il seguente: la sostanza prima è
-l'Individuo; gli universali sono astrazioni che la nostra mente forma
-togliendo ed isolando ciò che han di comune gl'individui, e lungi
-dall'essere la vera realtà, non hanno maggior consistenza del suono che
-li esprime.[3] Se il Realismo menava dritto al concetto di sostanza
-unica, di cui gl'individui son gli accidenti, il nominalismo in
-quella vece di conseguenza in conseguenza riescir doveva alla dottrina
-dell'originalità degli individui, o in altre parole all'atomismo.[4]
-Tali erano i due indirizzi della speculazione di quel tempo, i quali,
-mutati nomi e fattezze, si sono conservati sino ai nostri giorni. Ma
-e l'uno e l'altro sistema eran guardati con sospetto dagli ortodossi,
-cui non isfuggì che sotto l'apparenza dell'accordo si nascondesse un
-grave dissidio tra la Fede e la Filosofia. Ben fu tentata una via di
-mezzo tra i due opposti estremi, la quale sembrava s'accordasse meglio
-colla tradizione; ma il tentativo non ostante la pietà e l'ingegno di
-Anselmo di Aosta fallì; nè a torto gli scolastici posteriori ebbero a
-temere che l'idealismo dell'arcivescovo di Canterbury non fosse meno
-avventuroso degli altri sistemi, nè sapesse tenersi egualmente lontano
-dal misticismo degli uni e dal razionalismo degli altri.[5] E questi
-erano infatti gli scogli, nei quali rompeva la speculazione di quel
-tempo, in cui i filosofi, non usi ancora a infingersi, come fu stile
-dei secoli posteriori, traevano dai loro principii, saldi argomenti a
-trasformare i dommi e le dottrine tradizionali.
-
-Così i Realisti, al cui misticismo nessun mistero ripugnava, tra
-le nebbie della credenza popolare s'argomentavano di scoprire le
-proprie teorie. E restaurando il vecchio metodo dell'interpetrazione
-allegorica, già tanto usato ed abusato dai gnostici, nel domma della
-trinità videro simboleggiato un ciclo cosmogonico, e nella redenzione
-l'eterna durata dell'effetto garentita dal perenne intervento della
-causa.[6] Ed anche i nominalisti alla lor volta, benchè non spiccassero
-voli così alti e ben lontani si tenessero dal nebuloso speculare degli
-avversarî, non cessavano per tanto dallo studiare i dommi religiosi, nè
-meno uso facevano dell'interpetrazione allegorica. Le loro spiegazioni,
-non elaborate certo nel grande stile dei realisti, eran più piane e
-sarei per dire volgari, ma meglio confacenti secondo loro a far luce
-piena dove più s'addensava l'ombra del mistero.
-
-La setta nominalistica o concettualistica[7] che dir si voglia fu
-per tal guisa l'iniziatrice del razionalismo, ed il suo più illustre
-rappresentante, l'infelice Abelardo, ragionatore instancabile e
-strenuo propugnatore dei diritti del libero pensiero, cadde vittima
-della sua dialettica. _Odiosum me mundo reddidit Logica._[8] Per ben
-due volte ei fu tradotto davanti a Sinodi provinciali sotto l'accusa
-di eresia. La prima nel 1121 in quella stessa città di Soissons, dove
-pochi anni innanzi era stato condannato Roscellino per sospetto di
-triteismo;[9] la seconda nel 1140 a Sens, dove egli sperava battere
-colle armi delle sue implacabili argomentazioni l'accusatore suo S.
-Bernardo. Ma nè l'una volta nè l'altra gli arrise la fortuna; chè a
-Soissons fu condannato a bruciare colle sue proprie mani _l'Introductio
-ad Theologiam_, e come se ciò non bastasse fu chiuso in espiazione dei
-suoi falli nel convento di S. Medard. A Sens poi gli sarebbe capitato
-anche peggio, se l'accorto filosofo, presentito l'imperversar della
-bufera, non se ne fosse appellato al Pontefice. E ventura per lui che,
-mancategli le forze lungo il viaggio alla volta di Roma, riparasse
-nell'abbazia di Cluny, ove fu accolto affettuosamente da Pietro il
-venerabile, miracolo ed esempio di vera carità cristiana. Se fosse
-proceduto oltre, non avrebbe trovata eguale accoglienza nel Papa
-Innocenzo II, il quale non poteva al certo darla vinta al filosofo
-palatino contro quello stesso S. Bernardo, alla cui opera egli doveva
-in parte il trionfo riportato sul rivale Anacleto.[10] E d'altro lato
-come mai quel Pontefice, che l'anno innanzi avea imposto silenzio
-all'audace Arnaldo da Brescia, avrebbe ora dubitato di condannare il
-maestro e la guida dell'abborrito novatore? Non eran forse questi
-due uomini stretti siffattamente in un pensiero, che agli occhi
-del chiaravallese l'uno paresse il gigante Golia, e l'altro il fido
-scudiero? E per fermo lo stesso ardore di libertà scaldava i loro
-petti. Entrambi volevano la riforma della Chiesa, l'uno spogliandola
-dei mal tolti beni temporali, cagion prima di scandali e corruzioni;
-l'altro sciogliendola da quelle pastoie dommatiche che impedivano la
-libera espansione del sentimento religioso.
-
-Ed entrambi sono specchio fedele di quell'età turbinosa, in cui
-infranti nella lotta delle riforme e delle investiture i vincoli
-dell'antica disciplina, il prestigio della tradizione vien meno, e Papi
-combattono contro Papi, come nello scisma di Cadalò, di Guiberto, di
-Anacleto; vescovi contro Papi, Imperatori contro questi e quelli; nulla
-di saldo e durevole; ed oggi si proclama campione della Chiesa chi
-domani vien condannato da eretico e fellone. Si comprende di leggieri
-come in queste lotte incessanti crescesse e si dilatasse lo spirito
-critico, e quale potere esercitasse sulle giovani menti uno ingegno
-così acuto come quello di Abelardo, che mise lo scompiglio nella
-teologia autoritaria colle famose antinomie del _sic et non_. La sua
-parola affascinava, la sua dialettica stringeva, e quando si ritrasse
-nel romitaggio del Paracleto, i discepoli accorrevano a torme alle sue
-lezioni, contenti di vivere in miserabili capanne, non curanti dello
-scarso nutrimento, che il deserto luogo concedeva. Confortato da queste
-prove di affetto, nè fiaccato dalle persecuzioni patite, l'intrepido
-maestro continuava a battere in breccia _illum fidei fervorem, qui
-ea quae dicantur antequam intelligat, credit, et prius his assentii
-ac recipit quam quae ipsa sint videat, et an recipienda sint_.[11]
-Era naturale che questa critica assottigliasse fuor di misura i dommi
-tradizionali, e riuscisse alle interpetrazioni razionalistiche di un
-pallido deismo. Le tre persone, ad esempio, sono tre nomi con cui è
-descritta diligentemente la perfezione del sommo Bene;[12] la creazione
-non è libera, ma necessaria;[13] il peccato originale non è colpa, ma
-trasmissione ereditaria della pena che al primo fallo successe;[14]
-il Redentore è l'esempio dell'uomo perfetto che adempie al dover
-suo non per timore ma per amore;[15] il cristianesimo in una parola
-non è altro se non un ritorno alla legge naturale, la quale è certo
-che fu seguita dai filosofi, mentre la legge mosaica si appoggia su
-precetti più simbolici che morali (_magis figuralibus quam naturalibus
-nitatur mandatis_) ed abbonda più dell'esterna che dell'interiore
-giustizia.[16] S. Bernardo, ben consapevole della gravità di questi
-arditi commentarii esclama tristamente: _Omnia usurpat sibi humanum
-ingenium, fidei nil reservans. Tentat altiora se, fortiora scrutatur,
-irruit in divina, sancta temerat magis quam reserat, clausa et signata
-non aperit sed diripit_ (Ep. 188).
-
-Se non che era vano sperare che colla punizione del filosofo si potesse
-soffocare la libertà del pensiero, la quale in quella vece si levava
-più fiera e minacciosa dalle violenze patite. Colla morte di Abelardo
-non perì l'indirizzo razionalistico, e Bernardo Silvestre trova nel
-platonismo inteso a modo suo la soluzione dei problemi religiosi;[17]
-Guglielmo di Conches attacca la superstizione come la peggior nemica
-del progresso intellettuale;[18] persino Gilberto Porretano;[19] dal
-1142 vescovo di Poitiers, costruisce una dottrina della trinità così
-poco ortodossa, che vien costretto a ricredersene innanzi al concilio
-di Rheims del 1148.
-
-Contro il mal dissimulato razionalismo di questi filosofi seguita
-sempre a combattere S. Bernardo, e non meno fieramente di lui i
-Vittorini Ugo Riccardo e Gualtiero. Quest'ultimo principalmente non
-perdona nè a filosofi, nè a teologi, ma nello stesso biasimo coinvolge
-con Abelardo e col Porretano, i due dottori Pietro Lombardo detto il
-Maestro delle sentenze, ed il discepolo Pietro di Poitiers,[20] che
-raccolsero in trattati scolastici ed in forma dialettica esposero la
-somma del sapere teologico.[21] Se non che l'opposizione di codesti
-mistici è una ben debole diga contro l'irrompente fiumana. Realisti e
-nominalisti seguitano a battagliare, e tra gli opposti estremi nascono
-tanti sistemi intermedii, che a noverarli tutti si stanca Guglielmo
-di Salisbury. E sovra tutti mira ad innalzarsi quest'uomo singolare,
-questo discepolo di Abelardo, che pare appartenga ad altra epoca, ed
-assai prima del Petrarca professa come un culto per l'antichità[22]
-classica, ed in mezzo al cozzo di tanti dommatismi vorrebbe rinnovare
-l'antica Accademia. Così al primo periodo della scolastica non manca
-neanco la nota critica. E non più due indirizzi soli si contrastano il
-dominio delle menti, ma quattro, il realistico, il nominalistico, il
-mistico, lo scettico.
-
-
-II
-
-Prima che s'aprisse il secondo periodo della coltura medievale, la
-guerra tra l'Impero e la Chiesa s'era rinnovata con maggiore violenza,
-e tre antipapi l'un dopo l'altro contesero per venti anni la tiara ad
-Alessandro III (1158-1178). E durante queste lotte si rinvigorirono
-le sette ereticali dei Catari, Valdesi ed Arnaldisti, e accanto
-a loro si fecero strada gli avversarii di ogni credenza positiva,
-gl'Indifferenti, che riconoscevano a lor capo il grande filosofo
-arabo Averroè. Questi sosteneva che tutte le religioni hanno egual
-valore innanzi agli occhi della ragione. Son tutte vere perchè tutte
-hanno tal forza morale da infrenare il ribelle volere delle masse;
-tutte false, perchè la schietta verità filosofica v'è ottenebrata
-da imagini ed allegorie. Certo l'importanza e la perfezione relativa
-delle religioni è diversa secondo le varie condizioni dei tempi, ma
-ciò mostra che il criterio di valutazione delle religioni vuole essere
-storico, non speculativo.[23] Questo nuovo nemico era al certo molto
-più temibile dei precedenti, imperocchè tra i filosofi ed eruditi arabi
-si conservava la più ricca tradizione della coltura ellenica; nè solo
-la maggior parte delle opere aristoteliche conoscevano, ma benanco i
-più importanti interpetri, Alessandro di Afrodisia, Temistio, Porfirio,
-Ammonio. Onde Avicenna nei primordii del secolo undecimo ed Averroè
-nel duodecimo scrissero i più estesi commenti allo Stagirita. I quali
-commenti voltati ben per tempo in ebraico, e dall'ebraico in latino
-furono accolti con trasporto dai filosofi d'occidente, che in tanta
-venerazione tenevano Aristotele, per quanto scarsa conoscenza avessero
-delle sue opere. Se non che lo studio di Aristotele attraverso questi
-infidi espositori non era senza pericolo; perchè l'interpetrazione più
-che al testo di Aristotele si confaceva alle chiose neoplatoniche, onde
-il teismo aristotelico tramutavasi per tal via in un panteismo mistico,
-quale è svolto, ad esempio, nel _Fons vitae_ dell'Avicebronio.[25] Gli
-effetti di questi agenti dissolutori si vedono chiari in due filosofi
-che vissero tra la fine del secolo XII ed il principio del XIII,
-Amorico di Bena e Davide di Dinan, condannati entrambi come eretici in
-religione e panteisti in filosofia.[26]
-
-Ma la Chiesa oramai era uscita più vigorosa dalla lotta sostenuta con
-Federico. Alessandro III, che seppe trovare un efficace aiuto nella
-forza giovane e rigogliosa dei Comuni, avea disfatto il suo potente
-rivale così che neanche il matrimonio di Enrico VI con Costanza di
-Sicilia valse a restaurare le sorti dell'Impero. Chè anzi nuovi
-danni si maturavano alla causa imperiale, quando morto in fresca
-età l'ardimentoso Enrico, del fanciullo erede assumeva la tutela una
-donna debole e bigotta, la quale non seppe trovar migliore protezione
-all'infuori del Papato, al cui soglio veniva in quel torno levato
-uno dei maggiori uomini del tempo, Innocenzo III. Questi procede con
-insolito vigore contro gli avversarii della Chiesa. In danno degli
-infelici Albigesi bandisce nel 1209 una crociata, che dopo lunghi anni
-di guerre e calamità distrugge l'eresia, ma spegne con essa il fiore
-della coltura provenzale. Nello stesso anno un sino do provinciale,
-tenuto a Parigi, decreta che venga tolto alla pace del sepolcro, e
-gettato in terra non benedetta il corpo di Amorico, morto due anni
-innanzi; che sieno degradati e condannati a carcere perpetuo parecchi
-ecclesiastici, convinti di eresia; che vengano consegnati al vescovo
-di Parigi i quaderni del maestro Davide di Dinan; infine che sia
-proscritta da Parigi la lettura delle opere di Aristotile. _Nec libri
-Aristotelis de naturali philosophia, nec commenta legantur Parisiis
-pubblice vel secrete. Et hoc poena excommunicationis inhibemus._[27]
-
-Insofferente di opposizioni Innocenze taglia quei nodi che non può
-sciogliere, e della supremazia dell'autorità sua su tutte le podestà
-della terra ha tale coscienza, da costringere a ribellarglisi la sua
-stessa creatura, l'Imperatore Ottone IV. Nè per ostacoli che incontri,
-vacilla quell'animo gagliardo; ma dalle nuove opposizioni attinge
-maggior forza; onde raunato nel 1215 un solenne concilio nel Laterano,
-vi scomunica l'Imperatore al quale oppone il suo pupillo Federico;
-spoglia dei suoi legittimi possessi il Conte di Tolosa, investendone
-Simone di Monforte, ricondanna solennemente l'empio Amorico e tutti gli
-altri eterodossi in qualunque modo si chiamino,[28] non dubita infine
-di tenere per decaduti dal trono quei principi che non isvelgano col
-ferro e col fuoco l'annoso tronco delle eresie.[29] Ed istrumenti di
-tali implacabili persecuzioni doveano essere quegli ordini religiosi
-dei minoriti, che appunto in quel torno nascevano coll'obbligo di
-non restarsene isolati e neghittosi nel silenzio del cenobio, bensì
-di vivere in mezzo al popolo, accattare da lui giorno per giorno la
-sussistenza, dividerne le gioie ed i dolori, spiarne i più segreti
-pensieri, onde non isfuggisse al loro acuto sguardo il più lieve
-indizio di opinioni e tendenze ereticali. Nè tutto questo bastava. Le
-misure preventive e repressive, per quanto accorte e vigorose, non
-potevano eliminare i più profondi bisogni della ragione. Il _credo
-ut intelligam_ di S. Anselmo restava sempre come insegna delle menti
-superiori. Era dunque necessario che le menti più elevate della Chiesa
-si mettessero a scoprire la via di una conciliazione tra la ragione
-e l'autorità, e che si ristudiasse da capo il problema filosofico per
-metterlo d'accordo col religioso. E come il grande filosofo era tuttora
-indiscutibilmente Aristotele, bisognava esaminare se il commento e
-l'interpetrazione araba fosse proprio quella che meglio rispondesse al
-pensiero dell'autore. Questo è l'intendimento dei maggiori filosofi del
-SECONDO PERIODO della scolastica, Vincenzo di Beauvais,[30] Alessandro
-di Halès, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, i più grandi raccoglitori
-del sapere contemporaneo che condensavano nelle lor enciclopedie e
-nelle lor somme, libri chiusi, cui non occorreva aggiungere o toglier
-verbo.[31] Ma quale fu il risultato di tanti sforzi generosi? Valga
-per tutti S. Tommaso che nell'inferno dantesco dipinto nel camposanto
-pisano[32] è rappresentato come il vincitore dei tre nemici della
-chiesa, Ario capo degli eretici, l'Anticristo seminatore dello scisma,
-ed Averroè principe dei filosofi increduli.
-
-
-III
-
-La prima cura del Dottore Angelico, come del suo maestro Alberto Magno
-fu di comporre il dissidio tra nominalisti e realisti che travagliò il
-periodo precedente. Concedevano ai nominalisti l'universale non essere
-un'entità a sè,[33] e indipendente dall'intelletto che lo forma pel
-noto processo di astrazione o eliminazione;[34] ma nel contempo davan
-ragione ai realisti in quanto che la formazione dei concetti di generi
-e specie non è punto arbitraria, ma ben fondata sulla natura delle
-cose. In una parola l'Universale non è sostanza separata, ma legge di
-natura. Per ben intenderci adunque bisogna distinguere l'universale
-_ante rem_, _in re_, _post rem_.[35] L'_ante rem_ sono le idee di
-Dio creatore; quello _in re_ il divino pensiero, divenuto legge delle
-cose; il _post rem_ infine il concetto o volgare o scientifico, che
-noi uomini acquistiamo dopo un lungo lavorìo di astrazione. O per
-dirla con un noto esempio, l'universale _ante rem_ è il concetto
-che l'artista vagheggia nella sua mente; l'_in re_ è l'attuazione di
-quello nel marmo o nei colori; il _post rem_ la sua riproduzione nella
-mente dello spettatore e del critico. Posto termine in tal guisa agli
-interni dissidii, si sperava di raccogliere in un fascio tutte le forze
-contro l'eterno nemico, Averroè, il quale di qui innanzi diviene il
-rappresentante dell'incredulità pervicace. Ed a prostrare un avversario
-così formidabile, S. Tommaso non risparmia nessun'arte; nè contento
-di combatterlo nelle opere generali, scrive contro di lui trattati
-speciali, come ad esempio il celebre opuscolo: _De unitate intellectus
-contra Averroistas_.[36]
-
-La quistione dell'Intelletto nacque, come è noto, dalle oscurità
-della psicologia aristotelica. Nel terzo libro del _De Anima_ lo
-Stagirita avea distinto l'intelletto passivo dall'attivo, e l'uno avea
-fatto mortale, l'altro eterno e separato. Cosa intendesse Aristotele
-per questo doppio intelletto è difficile dire;[37] ma secondo il
-principio fondamentale della psicologia aristotelica che le potenze
-inferiori sono grado ed avviamento alle superiori, il _Nous_ passivo
-dovea significare un intelletto non ancora sviluppato o in potenza, e
-l'attivo un intelletto pervenuto al suo più alto grado di energia.[38]
-Se non che i caratteri, che separano i due intelletti, sono così
-spiccatamente opposti, che le loro differenze più che di grado si
-dovrebbero tenere invece per specifiche; onde quell'Essere che è
-fornito dell'Intelletto attivo non potrebbe identificarsi con l'Ente
-fornito di solo intelletto passivo.[39] In altre parole l'Intelletto
-attivo sarebbe estrinseco al passivo; e più che il supremo grado
-della mente umana sarebbe invece l'intelligenza divina, ovvero quella
-Νόησις νοήσεως che nel XII della metafisica si confonde col Motore
-immobile. Tanto vero che uno dei più sottili e fidi interpetri della
-dottrina aristotelica, Alessandro, che pure ha la tendenza di eliminare
-ogni elemento mistico dalla filosofia peripatetica, mentre considera
-l'intelletto passivo come il compendio e l'integrazione delle potenze
-inferiori dell'anima, pervenuto all'intelletto attivo cangia metro, e
-lo dice tutt'uno con Dio, e lo pone fuori dell'uomo. Qual meraviglia
-adunque che i filosofi arabi, dominati dalle intuizioni neoplatoniche,
-non pure accettino questa interpetrazione, ma la guastino e complichino
-fuor di misura? Era conforme all'indirizzo del loro filosofare
-l'accrescere il numero delle entità intermediarie tra l'Unità suprema
-e il mondo sensibile; onde a quel modo che Aristotele avea moltiplicato
-tante volte il motore estrinseco, per quante sfere celesti gli offriva
-l'astronomia del suo tempo, nella stessa guisa i filosofi arabi
-moltiplicano l'intelletto attivo, e per ciascuna sfera ne immaginano
-uno, che ha la doppia funzione di muovere la sfera ed illuminare
-le menti degli abitatori. Nè questo è tutto, ma ben altra stortura
-conviene aspettarci. Avicenna (980-1038) avea tenuto come sostanza
-separata il solo intelletto attivo, il quale aderisce o serve all'anima
-razionale siccome la luce all'occhio.[40] Averroè (1126-1198), come se
-ciò non bastasse, dichiara esterno anche l'intelletto passivo, che per
-tutti i suoi predecessori era stato tenuto come intrinseco all'anima
-umana, o per meglio dire, come la sua funzione più alta. Se è esterna,
-ei dice, la sorgente luminosa, esterni sono anche i raggi che da quella
-piovono su le cose. E come la sorgente s'agguaglia all'intelletto
-attivo, ed i raggi all'intelletto passivo; ragion vuole che l'uno
-e l'altro si tengano per esterni all'anima umana; e l'uno e l'altro
-siano un solo e medesimo intelletto per tutti gli uomini.[41] E se
-volete sapere che cosa sia questo intelletto unico, che illumina le
-nostre inferme fantasie, è subito detto. È il motore dell'ultima sfera
-celeste, che secondo l'antica astronomia è quella della luna; onde non
-a torto Astolfo sale fin lassù per pescarvi il senno di Orlando.[42] Le
-conseguenze di questa dottrina sono facili ad intendere. In quel tempo
-le prove, che si adducevano dell'immortalità dell'anima, eran tutte
-cavate da questo concetto, che l'anima, avendo attività o funzioni
-sue proprie, affatto separate dalle corporee, debba essere di una
-sostanza diversa da quella del corpo, ed agevolmente separabile. Il
-quale ragionamento sarebbe venuto meno quando fossero state accolte
-le dottrine averroistiche. Imperocchè se l'intelletto, da qualunque
-aspetto si consideri, è estrinseco all'anima, a lei non restano di
-proprio se non le funzioni del senso e dell'istinto, le quali, comecchè
-legate indissolubilmente coll'organismo, cessano quando questo si
-dissolva, e traggono nella loro rovina il soggetto stesso senziente.
-
-Era ben naturale che i dottori della Chiesa, i quali s'adoperavano a
-metter d'accordo la scienza colla fede, si volgessero a combattere
-questo punto dell'averroismo. Ed Alessandro e Alberto Magno e S.
-Tommaso si fecero a dimostrare esser le teoriche di Averroè non pure
-false in sè medesime, ma in aperta contraddizione colle dottrine
-aristoteliche. Nè si può negare che la interpetrazione più conforme
-allo spirito dell'aristotelismo è quella appunto, che abbraccia
-l'Aquinate, secondo la quale l'intelletto attivo ed il passivo
-sarebbero bene una stessa cosa, stantecchè l'uno è in potenza quello
-che l'altro è in atto; ma e l'uno e l'altro s'han da tenere come
-funzioni dell'anima: onde lungi dall'essere unico l'intelletto, o
-attivo o passivo che sia, si rompe in quella vece in tanti intelletti
-singoli, per quante anime dar si possano.[43] Se non fosse così,
-l'anima umana non sarebbe gran fatto diversa dalla parete su cui cadono
-i raggi luminosi; e come la parete, benchè illuminata dal sole, non
-vede, così l'anima nostra benchè rischiarata dall'Intelletto agente non
-intenderebbe nulla di nulla. E se non è lei che intende, così neanco è
-lei che vuole e opera, ma quell'Essere dal quale spiccia la fonte della
-intelligibilità.[44]
-
-È indubitato adunque che S. Tommaso vide molto più addentro dei
-commentatori neo-platonici ed arabi. Ma quel pericolo che crede di
-sfuggire da un lato, gli si presenta dall'altro. Imperocchè a quel modo
-che l'intelletto attivo s'identifica col passivo piuttosto secondo lo
-spirito che la lettera della psicologia aristotelica, così pure s'ha a
-dire lo stesso dell'intelletto passivo rispetto alla fantasia ed alla
-percezione sensibile. E come Aristotele dice che senza il fantasma non
-potrebbe svolgersi l'intelletto,[45] così è impossibile che l'anima
-abbia funzioni e vita propria, ove mai si sciolga da quel corpo che in
-lei ingenera sensazioni e fantasmi. Lo Stagirita senza dubbio tenne per
-mortale l'intelletto passivo, e ove mai l'attivo ed il passivo son la
-medesima cosa, con qual diritto affermeremo dell'uno ciò che dell'altro
-si nega? All'acume dell'Aquinate non isfugge questo pericolo, dal
-quale s'argomenta di scampare, ammettendo nell'anima una misteriosa
-tendenza verso il sensibile, la quale perdura sempre anche quando
-s'infrangono i lacci corporei.[46] Questa tendenza è come un corpo
-interno, del quale l'anima non si sveste mai; onde nè il sentimento nè
-i fantasmi le verranno mai meno, ed è per sempre assicurata la base
-su cui poggiano le più alte potenze intellettive e pratiche. Teorica
-codesta, strana quant'altra mai, e per giunta non nuova ed attinta a
-quella stessa fonte neoplatonica, dalla quale rampollava la teorica
-degli intelletti, separati, che S. Tommaso ripudia.[47] Se non che ella
-era un espediente inevitabile non solo per sottrarsi alle conseguenze
-estreme della teorica dell'unità degl'intelletti; ma per conciliare
-altresì l'immortalità dell'anima colla teorica dell'individuazione.
-
-Questo problema dell'individuazione fu il pomo di discordia tra le
-scuole realistiche del secolo XIII, come quello degli universali
-travagliò i secoli precedenti. Abbiamo già detto che i Realisti
-concordemente ammettevano oltre l'universale _ante rem_, che esiste
-solo nella mente di Dio, ed il _post rem_, che sta nella mente umana,
-anche un altro universale, che essi dicevano _in re_, vale a dire
-insito nelle cose stesse. Ora le cose tutte, secondo i concetti
-aristotelici, constano di materia e forma, in che dunque è riposto
-l'universale nell'uno o nell'altro di questi fattori? Aristotele
-stesso s'era posto in qualche modo questo problema, quando facevasi la
-dimanda opposta, cioè che cosa fosse l'individuo. Ed egli dopo lungo
-contrasto venne nella conclusione: l'individuo non esser nè la materia,
-nè la forma, ma l'unità di entrambi, il _sinolo_, come egli diceva,
-dei due universali.[48] Se non che ammessa pure questa soluzione
-aristotelica, il problema rinasce sempre sotto un'altra forma. Dei
-due fattori, il cui intreccio costituisce l'individuo, quale dei due
-è il determinante e quale l'indeterminato, o in altre parole dove sta
-il _principium individuationis_? Per un certo rispetto sembra che il
-principio individuante stia nella materia: perchè la forma, secondo le
-stesse parole di Aristotele, è un tipo unico, il quale si riproduce
-in tante differenti impressioni per quanto diverse sono le materie
-in cui s'impronta. E questa fu la dottrina seguita da Alberto Magno
-e dall'Aquinate;[49] ma non senza gravi e ben fondate opposizioni
-da parte delle altre scuole. Come mai, si diceva, sarà la materia il
-_principium individuationis_, ovvero la radice di tutte le distinzioni,
-e specificazioni quando essa medesima è qualche cosa d'indistinto? Che
-cosa è la materia destituita di forma? Non è forse l'indeterminato, la
-potenza pura direbbe Aristotele, la quale appunto per opera della forma
-acquista limiti e contorni? Il sostrato universale dunque è la materia,
-e la forma è il principio che da questo fondo comune cava fuori le
-specie e gl'individui.[50] Sembrano discussioni bizantine coteste, e
-lo stesso Jourdain così dotto nella filosofia scolastica rimprovera
-S. Tommaso di esservisi cacciato dentro. Ma siamo giusti. Non è forse
-un profondo bisogno di qualsiasi filosofia realistica la deduzione
-o costruzione, che dir si voglia, dell'individuo? Il problema era
-adunque inevitabile, e più che a porlo sarebbe occorsa molta industria
-per ischivarlo. Comunque sia, egli è fuor di dubbio che il problema
-dell'individuazione servì a crear sul finire del secolo XIII due nuove
-scuole, che si combattevano non meno aspramente delle antiche, e che
-dai loro fondatori tolsero il nome di Tomisti e Scotisti.[51]
-
-A rinfocolare le ire avrà contribuito senza dubbio l'antico livore
-tra Domenicani e Francescani; ma il problema intorno a cui disputavano
-non era meno grave di quello degli universali, e qualunque soluzione
-si accettasse veniva a rompere contro le barriere della teologia.
-In verità lo Scotismo, che, mettendo il principio d'individuazione
-nella forma,[52] ha l'aspetto di un Realismo più compatto, cade in
-quelle conseguenze panteistiche, che vedemmo non iscompagnarsi mai
-dalle intuizioni realistiche. Nè il Dottor sottile se ne dissimula
-il pericolo, ma aperto e risoluto gli va incontro dichiarando di
-tornare alla posizione dell'abborrito Avicembronio, e rappresentandosi
-il mondo tutto come un albero bellissimo, la cui radice e seme sia
-la materia prima, le foglie gli accidenti, le frondi e i rami il
-creato corruttibile, il fiore l'anima umana, ed il frutto la natura
-angelica.[53] Ma neanco è mondo di peccato il Tomismo, nel quale le
-dottrine filosofiche solo per via di espedienti artificiosi son messe
-d'accordo coi dommi tradizionali. Così ad esempio se Averroè seguendo
-Aristotele dimostra l'eternità del mondo, S. Tommaso non ardisce di
-provare il contrario, ma s'argomenta di mettere in salvo la fede collo
-stabilire che non tutto ciò che si crede debba essere dimostrabile e
-conoscibile.[54] Parimenti ei non sconfessa le conseguenze della sua
-teorica dell'individuazione, ed interpetrando a suo modo la tradizione,
-ammette che la natura angelica, comecchè destituita di materia non
-sia capace di differenze individuali, bensì delle sole generiche e
-specifiche.[55] Ma dell'anima umana non osa dire altrettanto, e per
-salvarne ad ogni costo l'individualità escogita quella teorica della
-tendenza al sensibile, di cui abbiam fatta parola. A tale dovea ridursi
-una mente eletta, come quella dell'Aquinate; segno evidente che il
-dissidio tra il contenuto filosofico ed il dommatico è ben superiore
-alla volontà degli uomini, e quel semirazionalismo, che vuol comporre
-in armonia le più opposte tendenze, riesce invece a dirimerle di
-vantaggio. Onde alcuni contemporanei si argomentarono di battere una
-via diversa dalla tomistica.
-
-
-IV
-
-E primo e più geniale fra tutti è S. Bonaventura (1221-1274), che
-venne a ragione chiamato _Doctor Seraphicus_. Animo profondamente
-mistico non crede che nelle materie comuni alla fede e alla filosofia
-il ragionamento possa aggiunger nulla di forza al convincimento
-religioso. E la ragione stessa ha un ufficio affatto secondario,
-comecchè serva solo di guida per elevare la mente per varii gradi alla
-contemplazione beatifica di Dio. Ma pervenuti a quest'alta cima, lo
-splendore dell'infinita luce ne abbaglia la vista; la forza del nostro
-argomentare si fiacca, e l'anima dimentica di sè stessa, si smarrisce
-nell'oggetto della sua contemplazione e dell'amor suo.[56]
-
-Fra gli oppositori del Tomismo si potrebbe annoverare anche l'altro
-francescano _Raimondo Lullo_ (1235-1315), strano miscuglio di
-capestrerie cabalistiche ed astrologiche e sconfinate pretensioni
-razionalistiche. Nel Lullo si rovescia affatto la relazione che pone
-Bonaventura tra la fede e l'intelletto. Per Bonaventura l'intelletto
-è il mezzo, e la fede o la visione beatifica da lei somministrata
-il fine; per Lullo invece la fede è il mezzo per elevarci a Dio, e
-l'intenderlo, il conoscerlo razionalmente il fine. La fede può bastare
-agli uomini volgari, ai contadini, agl'ignoranti, ai mercenarii; ma
-quelli forniti di più alto intelletto non se ne contentano, e fan bene
-perchè la ragione non è impotente a svelare i più alti misteri; e col
-nudo magistero della ragione il Lullo s'affida di distruggere non solo
-le false filosofie, ma benanco le false religioni e le eresie. Escogita
-anzi a questo fine una tal macchina ragionatrice, una specie di tavola
-pitagorica, coll'aiuto della quale senza scomodarsi molto, si può
-scoprire e dimostrare qualunque verità. Si sente in lui il filosofo del
-Rinascimento,[57] come in un altro francescano ed oppositore del pari
-si ravvisa già il precursore dei tempi moderni.
-
-Intendo parlare di _Rogero Bacone_ (1214-1294), di quel genio
-solitario ed infelice, che scontò colle più crude sofferenze il
-grave peccato di richiamare sulla buona via le menti smarrite dei
-suoi contemporanei. Straniero all'età sua ei ben seppe scoprire dove
-stessero i veri impedimenti, e come ei dice _maxima comprehendendae
-veritatis offendicula_, che sono la falsa autorità, l'abito inveterato,
-l'illusione del senso, il bisogno di nascondere colle lustre di un
-falso sapere la propria ignoranza. Ed al falso metodo delle deduzioni
-arbitrarie ei vuol sostituire quello di una ben regolata esperienza, ed
-ai commenti sui libri naturali degli antichi uno studio diretto della
-natura, integrato e compiuto dalle costruzioni matematiche. Povero
-Bacone! La tua voce suona nel deserto, e correrà molto tempo prima che
-un tuo omonimo riprenda e seguiti con migliori auspicî l'opera da te
-intrapresa. Il secolo XIII era per fermo immaturo a tanta riforma, chè
-per quante opposizioni gli si movessero, il tomismo pur sempre dominava
-le menti, ed alle sue dottrine s'informavano non pure la teologia, ma
-benanco le lettere di quel tempo.[58]
-
-
-V
-
-Una splendida prova del dominio del pensiero filosofico di S. Tommaso
-sulla letteratura è senza dubbio la _Divina Commedia_, nella quale con
-immagini, spesso nuove, sempre felici, sono chiarite le più astruse
-dottrine dell'Aquinate. Valga per tutti il XIII del Paradiso, in cui
-Dante mette in bocca a S. Tommaso stesso la dottrina dell'universale
-_ante rem_, o pensiero divino e dell'universale _in re_, raggiamento
-della divina luce.
-
- Ciò che non muore, e ciò che può morire
- Non è se non splendor di quell'idea
- Che partorisce amando il nostro Sire.
- Chè quella viva luce che sì mea
- Dal suo lucente, che non si disuna
- Da lui, nè dall'Amor che in lor s'intrea,
- Per sua bontate il suo raggiare aduna,
- Quasi specchiato, in nove sussistenze,
- Eternamente rimanendosi una.
- Quindi discende all'ultime potenze,
- Giù d'atto in atto, tanto divenendo,
- Che più non fa che brevi contingenze;
- E queste contingenze essere intendo
- Le cose generate, che produce
- Con seme e senza seme il Ciel movendo.
- La cera di costoro e chi la duce
- Non sta d'un modo, e però sotto il segno
- Ideale poi più e men traluce:
- Onde egli avvien che un medesimo legno
- Secondo spezie, meglio e peggio frutta.
- E voi nascete con diverso ingegno.
- Se fosse a punto la cera dedutta
- E fosse il cielo in sua virtù soprema,
- La luce del suggel parrebbe tutta.
- Ma la natura la dà sempre scema
- Similemente operando all'artista
- Che ha l'abito dell'arte, e man che trema.
-
-Nelle ultime terzine è sfiorato il problema dell'individuazione, e la
-cagione della varietà dei frutti di uno stesso albero vien posta parte
-nella materia, o nella cera, in cui s'impronta il segno ideale, e parte
-nella scarsa efficacia delle cause seconde. Imperocchè Dante, come
-ogni buon aristotelico, attribuisce la creazione delle individualità
-terrestri non direttamente al primo motore, ma a quella che Aristotele
-chiama _natura_, analoga in un certo senso all'anima del mondo di
-Platone. Seguitiamo: Se la materia è il principio individuante, non si
-può dare una materia non specificata, come sostenevano gli Scotisti.
-Questo cosiddetto sostrato universale è una astrazione filosofica; in
-realtà:
-
- Forma e materia, congiunte e purette
- Usciro ad atto che non avea fallo
- Come d'arco tricorde tre saette.
- (_Parad._, XXIX, 22).
-
-Ed a quel modo che la materia non può essere staccata dalla forma,
-il corpo non può del tutto separarsi dall'anima, e l'integrità della
-persona umana sta appunto nell'intrinsecazione dei due elementi. Onde
-Salomone dice nel _Par._ XIV, 43:
-
- Come la carne gloriosa e santa
- Fia rivestita, la nostra persona
- Più grata fia, _per esser tutta quanta_.
-
-Ed è quindi ben naturale che gli spiriti eccelsi affrettino coi loro
-voti il giorno della risurrezione, chè anche nelle loro anime pure v'è
-quella tendenza irresistibile verso il corpo, che ammetteva l'Aquinate:
-
- Tanto mi parver subiti ed accorti
- E l'uno e l'altro coro a dicer amme,
- _Che ben mostrar disio dei corpi morti_.
- (_Ivi_, 61).
-
-Il corpo adunque non può essere considerato come talmente estrinseco
-all'anima, che ella se ne possa spogliare o vestire come d'un abito,
-e debbono andar messe tra le fole le utopie platoniche e neoplatoniche
-della preesistenza e trasmigrazione delle anime, se pur sotto il velame
-di questi miti il grande filosofo non abbia voluto far trasparire una
-verità più peregrina.
-
- Quel che Timeo dell'anima argomenta,
- Non è simile a ciò che qui si vede,
- Perocchè come dice par che senta.
- Dice che l'alma alla sua stella riede,
- _Credendo quella quindi esser decisa_,
- _Quando natura per forma la diede_.
- E forse sua sentenzia è d'altra guisa
- Che la voce non suona, ed esser puote
- Con intenzion da non esser derisa.
- (_Parad._, IV, 49).
-
-Nè questo solo è l'errore dei platonici, e degli interpetri
-platoneggianti di Aristotele, chè non contenti di avere così decisa
-o staccata l'anima dal corpo, dividono ancora l'anima stessa in parti
-tanto opposte fra loro, che, in luogo di frammenti di un tutto solo,
-sembrano al contrario diverse totalità, o anime separate. I fatti più
-ovvii della esperienza psichica stanno contro questo
-
- error che crede
- Che un'anima sovr'altra in noi s'accenda;
- E però quando s'ode cosa o vede,
- Che tenga forte a sè l'anima volta,
- Vassene il tempo e l'uom non se ne avvede.
- (_Purg._, IV, 5).
-
-Per lo che alla teoria psicologica fondata sulla separazione assoluta
-delle facoltà, bisogna sostituire quella più giusta di Aristotele e S.
-Tommaso, che fa svolgere le facoltà superiori dalle inferiori; essendo
-la radice di queste potenze
-
- un'alma sola
- Che vive e sente e sè in sè rigira.
- E perchè meno ammiri la parola,
- Guarda il calor del sol che si fa vino
- Giunto all'umor che dalla vite cola;
- (_Purg._, XXV, 74).
-
-E se tutte le facoltà dell'anima si svolgono le une dalle altre, anche
-l'intelletto passivo segue la stessa legge, nè v'ha teorica più assurda
-dell'averroistica che
-
- fe' disgiunto
- Dall'anima il possibile intelletto:
- (_Purg._, ivi, 64).
-
-Come pure è assurda la dottrina delle idee innate e la reminiscenza
-platonica; perchè
-
- Esce di mano a lui che la vagheggia
- Prima che sia, a guisa di fanciulla
- Che piangendo e ridendo pargoleggia,
- L'anima semplicetta che sa nulla,
- Se non che, mossa da lieto Fattore,
- Volentier torna a lui che la trastulla.
- (_Purg._, XVI, 85).
-
-Potremmo continuare per un bel pezzo a notare le più evidenti
-coincidenze tra le teoriche tomistiche e le dantesche e non pure in
-metafisica, ma in etica, in teologia, in esegesi biblica. In un sol
-punto Dante discorda dal suo maestro, nelle quistioni politiche, dove
-il dissidio è tanto più aperto per quanto più pieno fu l'accordo nelle
-altre dottrine.
-
-L'antica e tragica lotta tra l'impero e il papato s'era già da un
-bel pezzo rinnovata con maggior vigore da Gregorio IX in poi. Non
-orpelli, non infingimenti da una parte e dall'altra, ma franca e
-solenne dichiarazione delle loro dottrine e dei loro fini. Gregorio
-afferma apertamente il diritto del papato alla signoria suprema su
-tutti i principi e popoli della terra, perchè lo stato non ha un valore
-intrinseco, ma quello solo che gli viene dall'autorità pontificia;[59]
-e dal canto suo Federico II, anticipando i tempi moderni, difende
-l'autonomia dello stato, l'indipendenza dalla podestà ecclesiastica
-ed il dritto e dovere di ridurre il papato alla povertà gloriosa dei
-primi secoli.[60] S. Tommaso prese parte alla disputa che ferveva
-animosa tra i giuristi imperiali, e i canonisti; e traendo le ultime
-conseguenze dai suoi presupposti filosofici sostiene apertamente
-le ragioni dei papi. Come l'anima esercita un assoluto dominio sul
-corpo, così il pontefice sui principi tutti della terra. Ei solo,
-rappresentante di Dio, è la fonte dell'autorità; e di seconda mano
-da lui la debbon ricevere tutte le altre potestà. Il pontefice sta
-all'imperatore come la splendida luce del sole al pallido chiarore
-della luna, e la spada che egli brandisce è di tanto più formidabile
-di quella che mette in pugno all'Imperatore, di quanto lo spirito vince
-la materia; e gl'interessi celesti sovrastano alle meschine gare della
-terra.[61] A queste dottrine, che sotto la sembianza di pietà religiosa
-nascondevano le più smodate passioni mondane, non sapeva acconciarsi
-l'anima fiera del gran fiorentino, e nella _Divina Commedia_ e nel _De
-Monarchia_ sdegnosamente vi si ribella. Strano contrasto tra i due
-sommi! S. Tommaso, del gentil sangue dei conti di Aquino, pronipote
-del Barbarossa e cugino del secondo Federico, rompendo colle tradizioni
-degli avi suoi, si caccia nel fitto della mischia, paladino di quella
-corte pontificia, che avea giurato e inesorabilmente compiuto lo
-sterminio di casa sveva. Dante, che da giovane combattè nelle file dei
-guelfi, ricredutosi per tempo dell'error suo, si converte alla fede
-ghibellina, ed il dominio temporale e le cupidigie e le ambizioni della
-corte romana sfolgora nelle tremende invettive del poema sacro. A quel
-genio divinatore ben presto si discoperse l'assurdo ed il danno della
-mistione dei due poteri, e con argomenti che calzano anche ai nostri
-giorni, sostenne arditamente l'autonomia dello stato, o per dirla col
-linguaggio del tempo, l'indipendenza dell'impero.[62]
-
-Ma non a torto ei protesta di far parte da sè, chè le sue dottrine
-politiche, non del tutto conformi a quelle dei ghibellini,[63]
-s'inspirano a quello spirito umanistico, che fra non molto farà
-rinascere la tradizione ed il culto dell'antichità. Per Dante la storia
-antica non era chiusa peranco, nè poteva chiudersi giammai; imperocchè
-la Provvidenza affidò al popolo romano il primato su tutto il mondo,
-nè altra gente per alte virtù e gesta gloriose se ne rese più degna,
-nè accadrà mai che questa veneranda compagine dell'antico stato si
-dissolva. Al popolo romano adunque appartiene di diritto l'imperio, ed
-ei solo può commetterne a Cesare l'esercizio. Non il pontefice, non
-i principi tedeschi sono di diritto gli elettori dell'imperatore, ma
-solo il popolo di Roma.[64] Questa teoria bastava a combattere tutte
-le prentensioni guelfe; imperocchè se l'imperatore non deve al papa la
-elezione sua, non è obbligato a riconoscer da lui la sua autorità. Ma
-essa non era nata soltanto da un intendimento polemico, nè si può dire
-che sia un sogno da poeta. Fra non molto Ludovico il Bavaro, convocata
-un'assemblea popolare nel Campidoglio (11 gennaio 1328) chiederà la
-corona imperiale, che per solenne plebiscito gli sarà conferita. E più
-tardi campione dei creduti diritti di Roma si leverà un uomo singolare,
-il quale assunto il dimenticato nome di tribuno, affermerà l'autorità
-sua e il non vano suo potere di contro al papa e all'imperatore. E
-gli uomini più celebrati del suo tempo gli crederanno, ed il padre
-dell'umanismo, gl'indirizzerà una delle sue più belle canzoni,[65]
-e gli scriverà lettere di calda ammirazione, e per cagion di lui si
-raffredderà coi Colonna, vecchi suoi amici e protettori.
-
-Ma benchè nel _De Monarchia_ aliti questo spirito classico e
-democratico, pure il fondo del ragionamento è schietto medievale, ed
-affatto tomistiche le premesse che Dante pone per trarne conseguenze
-affatto opposte a quelle dell'Angelico. Anche egli, come tutti i
-filosofi di quel tempo, non sa concepire l'ideale se non incarnato
-in una meschina ed angusta realtà; onde stabilita la necessità
-dell'unificazione delle genti, la quale soffochi il germe di guerre
-intestine, vien di conseguenza che quest'unità si debba impersonare
-in un corpo politico, l'impero, ed in un uomo, l'imperatore.[66] Ma
-altri avrebbe potuto inferire il vero regno unico e cristiano esser
-la Chiesa, e la suprema autorità delle genti il Papa. Per toglier le
-conseguenze facea mestieri di negare le premesse, e dimostrare come
-l'unità del genere umano sia solo ideale, ed a tradurla in realtà vi
-si opponga non pure l'ordine delle cose, che vieta uno stato così
-mostruosamente sterminato; ma benanco le profonde ed insuperabili
-differenze che la natura e il corso della storia hanno poste tra le
-nazioni. Per siffatta guisa si scalzava quel falso realismo, che dando
-corpo alle ombre, popolava il mondo di realtà immaginarie. Ma opera
-siffatta non poteva essere tentata se non da un riformatore della
-filosofia, il quale in verità era già nato e negli ultimi anni della
-vita di Dante avea acquistata non poca fama nell'insegnamento.[67]
-
-
-VI
-
-Con Guglielmo Occam, (morto intorno al 1349) il vigoroso ristauratore
-del nominalismo, s'apre l'ultimo periodo, o vogliam dire, la
-dissoluzione della Scolastica. Il Realismo, travagliato dalle interne
-scissure di tomisti e scotisti, battuto in breccia da opposti lati
-per opera dei mistici e degli esperimentalisti, era già un edifizio
-scrollato, quando l'ardimentoso minorita gli dette l'ultimo assalto.
-Non bisogna, ei diceva, moltiplicare gli Enti senza necessità[68] nè
-attribuire un'esistenza sostanziale ai concetti della nostra mente.[69]
-La realtà può venir colta soltanto dalla diretta intuizione;[70] ciò
-che supera i confini della percezione immediata, o non può da quella
-essere mediatamente raccolto, non è argomento di scienza; onde mal
-s'appongono i realisti di ragionare di Dio, e del modo come ei pensi,
-e delle idee che in lui si accolgano; mentre il nostro circoscritto
-intelletto non può penetrare i misteri dell'Essenza divina.[71] Nè
-meno assurdo è dimandare il principio dell'individuazione, perchè
-l'individuo è posto fin dall'origine tale qual'è, nè acquista per via
-le note individuatrici.[72] Questo audace filosofo seppe al pari di
-Dante sostenere le teoriche ghibelline, e quando gli se ne porse il
-destro, si offerse campione del loro diritto a Re ed Imperatori «_Tu
-me defendas gladio_, diceva a Ludovico il Bavaro, _ego te defendam
-calamo_». Ormai la teorica dell'indipendenza dello stato avea fatti
-grandi passi. E per quanto la chiesa perdurasse negli antichi concetti,
-e Bonifacio VIII li esagerasse fuor di misura[73] altrettanto energica
-fu la protesta che da tutte parti si sollevava. E Filippo il bello
-respinse le pretensioni della Curia, ed una fiera polemica insorse, di
-cui abbiamo anche oggi parecchi documenti, a cominciare dallo scritto
-intitolato: _disputa tra un cavaliere ed un chierico intorno alla
-potestà commessa ai prelati della chiesa ed ai principi della terra_.
-Codesto è un dialogo molto vivace ed arguto, dove sono messi alle prese
-un prete, che rincalza con sillogismi scolastici le boriose pretensioni
-del papa, ed un cavaliere che con apparente bonomia li ribatte ad uno
-ad uno. Il prete tenendosi stretto all'argomentare tradizionale esce ad
-esempio in questa tirata _a majori ad minus_: Se non negate che Cristo,
-padrone del cielo e della terra possa disporre dei beni temporali,
-come potrete senza rossore negare questa stessa facoltà al suo vicario
-in terra? Ma il buon cavaliere non si lascia prendere all'amo, e
-tranquillamente risponde: _audivi a viris sanctis ac devotissimis
-duo tempora in Christo distingui, alterum humilitatis et alterum
-potestatis. Humilitatis usque ad suam passionem, potestatis post suam
-resurrectionem ... Petrus autem constitutus est Christi vicarius pro
-statu humilitatis, non pro statu gloriae et majestatis_. Questo dialogo
-venne attribuito all'Occam, ma non pare che gli appartenga.[74] Certo
-pel concetto che vi domina dell'autonomia dello stato non sarebbe
-indegno del filosofo francescano, il quale in un trattato intorno
-alla giurisdizione imperiale nelle cause di matrimonio mise in tanto
-rilievo l'indipendenza del potere politico, che a lui si deve il primo
-schizzo della teorica del tutto moderna del matrimonio civile[75] oltre
-a questo piccolo scritto del 1342 Occam scrisse altre opere più vaste.
-Giova ricordare le otto quistioni del 1339 e il dialogo del 1343, che
-va diviso in tre parti, la prima distinta in sette libri riguardava la
-chiesa e le eresie; la seconda riproduceva il trattato composto sin dal
-1333 intorno ai dommi di Giovanni XXII; la terza infine dovea andare
-suddivisa in nove trattati di cui sono pervenuti infino a noi ed anche
-mutili, soltanto i primi due. In questi lunghi e faticosi lavori, non
-senza le solite sottigliezze scolastiche, vengon combattuti ad uno
-ad uno tutti gli argomenti papalini, e non pure i filosofici, ma i
-tradizionali ricavati dai testi biblici, e gli storici fondati sulla
-pretesa donazione di Costantino e la successiva traslazione dell'Impero
-nei Franchi. Una gran parte di queste critiche non è certo nuova, ma
-nuovo è senza dubbio lo spirito che informa la polemica. Il misticismo
-medievale scompare affatto, chè l'Impero, se non è una creazione
-del Papa, non è neanco una istituzione divina, ma schiettamente
-storica. Essa nacque _ex ordinatione humana et non ex divina lege_ per
-conservare la pace e la tranquillità delle genti. Quando questo scopo
-fallisse, e l'elezione dell'Imperatore lungi dal portar concordia,
-dovesse provocare nuove guerre, _non esset talis assumptio attentanda;
-quia quod provisum est ad concordiam, non debet tendere ad noxam_.[76]
-
-Il concetto grandioso dell'Impero, vagheggiato da Dante, era ben
-presto venuto meno, talchè Marsilio da Padova al di sopra della maestà
-imperiale mise la sovranità del popolo.[77]
-
-E già da gran tempo le idee degli stessi Ghibellini s'erano
-profondamente modificate. La lotta tra Bonifacio e Filippo il Bello
-scoppiata per quelle stesse ragioni che tante volte avean messi alle
-prese il papato e l'impero, mostrava ben chiaro che nelle lunghe lotte
-combattute non era in gioco soltanto l'impero, ma gli stati tutti. Il
-pronostico di Federico II si avverò ben presto, e la primogenita della
-Chiesa vide torcere contro di sè le stesse armi, che avean ferita a
-morte la casa sveva. Se non che ciascuno stato difendendosi in questi
-contrasti colle sole sue forze, acquistava piena consapevolezza della
-sua indipendenza non pure dalla chiesa, ma benanco dall'impero. A quel
-fittizio organamento imperiale, che sotto le sembianze di un vasto
-accentramento celava in realtà lo sparpagliarsi di mille signorie
-feudali, sottentravano ora le monarchie autonome, o già formate, o
-in via di rapida formazione. L'individualismo che in filosofia era
-rappresentato dalla scuola dei nominalisti, in politica si ripercuoteva
-nella costituzione degli stati autonomi. Ed all'acuto sguardo
-dello scrittore del dialogo già citato non isfuggirono questi gravi
-mutamenti. «Quando, ei dice, per effetto della divisione dell'impero
-carolingio il regno franco si separò dal resto dell'Imperio, tutti
-quei diritti che pria spettavano all'Imperatore venner trasferiti
-integralmente al re francese. Il quale nei confini del suo regno può
-promulgare nuove leggi ed emendare o affatto abolire le antiche».[78]
-Così l'Imperatore non vien più riconosciuto come la suprema autorità,
-intorno a cui gravitano i re ed i principi, come pianeti intorno al
-sole. L'impero non è più lo stato per eccellenza, ma uno stato tra gli
-stati, il quale per giunta ha minore forza delle potenti monarchie
-che lo circondano. Questa era già da gran tempo la vera condizione
-di fatto, ma prima d'ora non s'era mai apertamente dimostrato che la
-condizione di fatto rispondesse all'intima ragione del diritto. E per
-fare questa dimostrazione occorreva che le menti sgombrassero l'errore
-del vecchio realismo di dar corpo e consistenza agli astratti concetti.
-
-Quanto cammino abbia fatto la mente umana nel volger di pochi anni
-si può raccogliere dal confronto tra i due grandi poeti della nostra
-letteratura, Dante e Petrarca. Dante non solo mostra una grande
-riverenza per i filosofi scolastici, ma ne accoglie e commenta
-poeticamente la dottrina; Petrarca non è stanco mai di colpire dei
-suoi frizzi quegl'importuni dialettici, quei barbari dello stile,
-che fra le dispute astruse smarrirono la tradizione del divino
-Platone, e lo stesso Aristotele da dolce e soave che è, tramutarono
-in rude scrittore. _Sic jam sola philosophantis infantia et perplessa
-balbuties, innitens supercilio atque oscitans, ut Cicero vocat,
-sapientia in honore est._ Nel Petrarca rivive lo scetticismo di
-Cicerone, dell'autore latino che sopra tutti gli altri avea caro. E ben
-volentieri al pari del suo duca e maestro contro le vane elucubrazioni
-dei filosofi invoca l'autorità del buon senso e della tradizione. _Sint
-plane Aristotelici, sint philosophi... neque enim clara haec nomina
-illis invideo, quibus falsis etiam tument, non mihi invideant humile
-verumque christiani nominis et catholici._[79] Il Petrarca non è più
-dominato, come Dante, dalle idee medievali; ed a ragione vien da tutti
-riconosciuto come il primo restauratore del classicismo. Si comprende
-da ciò come in lui il concetto dell'Impero non possa avere quel non so
-che di grandioso e mistico che gli presta la fantasia dell'Allighieri.
-L'impero pel Petrarca non è più di un ricordo classico, e la grandezza
-di Roma e la salute dell'Italia, più che l'unificazione di tutte le
-genti, è il suo ideale.[80] Venne notato molto opportunamente che il
-Petrarca più che Dante insiste sui confini naturali che separano il bel
-paese dalle altre regioni; e con maggior compiacenza ricorda l'antica
-opposizione tra barbari e latini:
-
- Che fan qui tante pellegrine spade?
- Perchè il verde terreno
- Del barbarico sangue si dipinga?[81]
-
-La salute d'Italia, corsa da sfrenate compagnie di ventura, e in
-preda a incessanti guerre intestine; la salute di Roma erede del nome
-antico, ed ora vilmente abbandonata da Papi, ed Imperatori, questo
-è l'unico scopo a cui intende il poeta. Ed ove si possa conseguire,
-anche contro l'Impero, e per opera di un generoso romano — come parve
-per poco possibile al tempo di Cola — nessuno meglio di lui affretterà
-coi suoi voti il compimento della nobile impresa.[82] Certamente
-fallita l'impresa di Rienzo il Petrarca si volgerà ora ai Papi, ora
-agl'Imperatori perchè abbiano pietà della patria infelice. Gli sarebbe
-parso di mancare al suo dovere, se non avesse cercate tutte le vie
-di salvezza; ma non si dissimula pertanto che sull'Impero si debba
-contare ben poco, nè che altra speranza vi sia fuor della concordia
-degl'Italiani. In una lettera al doge Dandolo esprime chiaramente
-questi pensieri: _Italiano qual io mi sono ... lascia che parli delle
-sventure d'Italia. Ecco già correre all'armi i due popoli più potenti,
-le due più fiorenti città, e a dirlo in breve, i due più splendidi
-astri d'Italia, che a mio giudizio acconciamente si parve aver la madre
-natura quinci e quindi all'ingresso dell'italico mondo collocati,
-perchè cotesto vostro al Settentrione ed al Levante e l'altro al
-Mezzogiorno ed al Ponente rivolti, e voi padroni del mare di sopra,
-gli altri di quel di sotto alle quattro parti del globo mostraste come
-debilitato, vacillante e per poco non dissi disfatto al tutto l'Impero
-Romano, fosse pure l'Italia signora e regina_.[83] Altre volte avea
-sperato che Roberto di Napoli potesse ridurre in sua mano il governo
-della penisola, perchè l'Italia prendesse un posto onorato tra le
-grandi monarchie d'Europa.[84]
-
-Ma torniamo al nostro minorita, il quale non pure prese parte alle
-quistioni politiche del tempo, ma benanco alle religiose. Il vecchio
-dissidio tra i due ordini frateschi era ricominciato nel 1321 a cagione
-di un'accusa di eresia che il domenicano Giovanni Belna muoveva contro
-il francescano Berengario Tolon. Il Papa dette ragione al domenicano,
-ma l'assemblea generale dei minoriti, tenuta sotto la presidenza di
-Michele da Cesena, proclamò come domma di fede la povertà assoluta
-di Cristo, e dichiarò eretici e scismatici quelli che non credevano
-in questa dottrina, nè seguivano il divino esempio. Questo domma,
-che menava diritto alla distruzione del cosiddetto potere temporale,
-per quanto tornasse acerbo al pontefice, di tanto vantaggiava lo
-imperatore. Onde allorchè Giovanni XXII lanciò la scomunica contro
-i sottoscrittori della nuova dottrina, Ludovico li tolse sotto alla
-sua protezione, e ne affidò ai suoi giureconsulti la difesa. L'Occam
-era uno dei sottoscrittori, nè è a dire con quanto calore sostenesse
-la causa del generale del suo ordine, che era per giunta uno degli
-amici della sua giovanezza. E coll'Occam si associò il più dotto
-giureconsulto di quel tempo Marsilio da Padova, il quale nel _Defensor
-pacis_ avea stabilito non esser la Chiesa costituita dal solo Pontefice
-e Cardinali, ma da tutti i fedeli; talchè se il maggior numero di
-essi, raccolto in assemblea solenne pronunzia una sentenza, le si deve
-inchinare il Papa per il primo.[85] Dottrine che non tarderanno molto a
-trionfare nel Concilio di Costanza. Nè contento di questo il giurista
-patavino nega che il vescovo di Roma abbia un'autorità maggiore degli
-altri primati della Chiesa, dubita della venuta di S. Pietro, e, quel
-che più monta, mette la scrittura al di sopra della tradizione. In
-queste ardite sentenze si riconosce già il precursore di Vicleffo e
-Giovanni Huss. Senza dubbio il Medio-Evo è tramontato, e dall'opposto
-lido spunta di già la splendida aurora del Risorgimento.
-
-Riassumiamo. In tre periodi si divide il movimento intellettuale
-del Medio Evo. Nel primo di essi mentre il Realismo promuove o si
-associa con quelle sètte religiose, che giovandosi dell'allegoria,
-trasformavano le credenze tradizionali, il Nominalismo dall'altra parte
-vien penetrato da tutte le tendenze razionalistiche di quell'età. Nel
-secondo si costruisce quel mirabile sistema, nel quale debbon comporsi
-tutti i dissidî dell'età precedente, ed a norma del quale s'hanno a
-stabilire immutabili rapporti tra la scienza e la fede, lo stato e
-i sudditi, la chiesa e l'impero. Questo sistema non domina solo, e
-non pure vien combattuto da molti filosofi contemporanei, ma anche
-quelli, che ne accettano le dottrine fondamentali, ricusano poi le più
-importanti conseguenze nel campo politico. Nel terzo periodo infine
-la dissoluzione della scolastica trae seco la rovina di quel grande
-edificio politico e religioso, che fu la gerarchia medievale. Ma in
-tutto questo lungo corso di tempo non mancarono profonde agitazioni
-religiose. Ed abbiamo citate già molte sette ereticali, i Catari, i
-Valdesi, gli Arnaldisti nel primo periodo, i Gioachimiti nel secondo,
-i seguaci di Michele da Cesena nel terzo. Quali rapporti hanno queste
-eresie colle speculazioni filosofiche e coi moti politici del Medio
-Evo? Nel corso del nostro lavoro esamineremo l'origine ed il carattere
-di tutte queste eresie, e dopo siffatto studio forse ci verrà fatto di
-rispondere al difficile quesito.
-
-
-
-
-LIBRO PRIMO DALL'ERESIA ALLO SCISMA
-
-
-
-
-CAPITOLO I
-
-I CATARI
-
-
-I
-
-Dall'eresia dei Catari,[86] che fu senza dubbio la più vigorosa ed
-infesta al cattolicismo, ha da prender le mosse chi voglia conoscere
-l'origine ed il corso delle opposizioni religiose nel medio evo. Noi
-adunque esporremo per sommi capi i dommi del Catarismo, e toccato in
-seguito dell'origine e della diffusione di questa setta, diremo infine
-delle altre che vi si annodano.
-
-Il sistema cataro si può riassumere in questi brevi tratti. Dacchè il
-mondo ribocca di mali non può essere tutto opera di uno spirito buono e
-provvidente.[87] Le cose buone, che non sono certo le sensibili, le ha
-create Iddio; ma le cattive, le vane, le transitorie non le fece lui,
-bensì uno spirito perverso che stampò nel loro disordine l'impronta
-della malvagità sua.[88] Naturalmente non tutti i catari la pensavano
-ad un modo. Alcuni, come Giovanni di Lugio, non pure ammettevano
-quest'opposizione tra il cielo e la terra, ma la tenevano per eterna;
-perchè, dicevano, se non cessano le opposte cause debbono durare anche
-i due ordini di effetti; onde è falso che col tempo possa sparire il
-mondo visibile, e che il Dio della luce sia mai per riportare piena
-vittoria sul suo rivale.[89] Altri meno rigidi, come i Bogomil ed
-i Catari di Concorrezo, riducevano di molto l'importanza del minor
-creatore attribuendo al buon Dio la creazione di una parte del mondo
-visibile, come a dire i quattro elementi,[90] e credendo fermamente nel
-finale trionfo del bene sul male.[91] Ma tutti si accordavano nel dire
-il mondo opera di un genio malefico, sia che l'avesse creato lui stesso
-di pianta, o coll'ajuto del Dio buono.[92]
-
-E al pari del mondo anche l'uomo è fattura dello spirito del male.
-Se non che l'uomo, secondo la psicologia neoplatonica accolta dai
-catari, è formato di tre elementi, il corpo, l'anima e lo spirito;[93]
-e se si può ammettere che il corpo ed il principio che lo vivifica
-siano fattura del Dio delle tenebre, lo spirito per fermo, che è puro
-intelletto e volontà, vanta origine più nobile, nè altri può averlo
-creato se non il Dio della luce. Lo spirito dell'uomo dunque non è
-diverso da quelle creature angeliche ed immortali, che il principio
-buono crea ab aeterno nella pienezza dell'amor suo;[94] l'anima per
-contrario è tutt'uno colla funzione stessa del corpo organico, e quando
-l'organismo si dissolve, perisce anch'essa.[95] Ma come mai ha luogo
-questo accozzo di elementi così disparati? Per qual misterioso consenso
-gli opposti principii del bene e del male, che agiscono sempre a
-ritroso, or cooperano nella creazione dell'uomo?
-
-Questo difficile problema vien risoluto in vario senso dalle sètte
-catare. Ed alcuni come i Bogomil, credono che il diavolo, creato l'uomo
-dal fango, non potendo trattenere l'anima nel plasmato organismo,
-chiedesse al Dio della luce uno spirito fra quelli da lui creati, che
-valesse a raffrenare gl'impeti della ribelle. Ed il compiacente Dio,
-non si sa perchè, piegatosi alle preghiere del suo nemico, gli fu largo
-del richiesto aiuto.[96] Altri più accorti, non a Dio, ma allo spirito
-stesso ed alle sue colpe attribuiscono la ragione della caduta; ma non
-riescono certamente per questa via a vincere le difficoltà. Imperocchè
-difficilmente i Catari possono menar buono che un Dio perfetto immetta
-nelle sue creature la funesta possibilità del peccare, tanto che la
-maggior parte di loro nega risolutamente la libertà dell'arbitrio;[97]
-onde se questo spirito peccò non fu certo per elezione, ma per
-necessità di natura; e la ragion del male per tal guisa risalirebbe
-sempre al Creatore stesso, che si voleva a tutti i costi scagionare.
-A sfuggire questa evidente contraddizione si adoperano i Catari, per
-mezzo di miti.[98] E molti tra essi, immaginano che il Dio delle
-tenebre accompagnato dai suoi demoni desse la scalata al cielo, e
-vinto l'arcangelo Michele, che gli contendeva il passo, di viva forza
-ne togliesse la terza parte delle creature celesti, che cacciò nei
-corpi degli uomini e dei bruti.[99] Altri, non meno fantastici dei
-primi, avvisano che il diavolo non delle violenze si fosse valso, ma
-dell'astuzia; e con promesse e lusinghe avesse indotto nel peccato gli
-angeli del cielo.[100] Ma nè gli uni dichiarano come mai al Dio del
-male si debba attribuire maggior potenza che a quello del bene; nè gli
-altri spiegano come creature perfette possano così facilmente divenir
-gioco delle astuzie di uno spirito malefico.
-
-Ma lasciamo queste contraddizioni, che nessun simbolismo religioso può
-rimovere. In questo convengono tutte le sette catare, essere in noi uno
-spirito celeste, il quale, compiuta l'espiazione del suo fallo, farà
-ritorno alla patria antica. Se non che qui rinascono le discrepanze, e
-alcuni ammettono l'unicità di questo spirito in tutti gli uomini, altri
-la pluralità. I concorrezesi ad esempio, riproducendo il traducianismo
-di Tertulliano, insegnano che alla concezione di un nuovo individuo
-umano, la parte spirituale non si crea _ex novo_; ma staccasi quasi per
-gemmazione dal tronco dei suoi parenti, dai quali colla colpa eredita
-giustamente la condanna. Onde lo stesso spirito o angelo, che informò
-il corpo di Adamo, seguita tuttora di generazione in generazione il suo
-pellegrinaggio doloroso.[101] Le altre sette catare, come i seguaci
-del vescovo Balasinanza, e i Bajolensi e i Lugiani, in luogo di uno
-suppongono che più angeli fosser caduti.[102] Ma il loro numero dal
-dì della colpa non cresce nè diminuisce più, onde al dissolversi di
-un organismo passano in altro, e da questo in altro ancora, fino a
-che non sia compiuto il giro dell'espiazione.[103] Così vien rinnovata
-l'ipotesi della trasmigrazione o metempsicosi, la quale vanta maggiore
-antichità del traducianismo.[104]
-
-Ma o traducianismo o trasmigrazione che sia, è necessaria certo a
-queste sètte una ipotesi, che assicuri la continuità dello spirito e
-spieghi e giustifichi i secolari dolori dell'umanità. La storia dei
-quali è raccontata da tutte le sètte catare presso a poco nello stesso
-modo. Da quell'ora funesta, esse dicono, che trionfarono le arti dello
-spirito maligno, gli angeli sedotti non ebber più riposo. Scacciati
-dal Cielo, dimenticarono e la patria e l'origine loro, nè altro Dio
-riconobbero da quello infuori che li avea tratti a rovina. Ed a lui
-s'inchinarono tremanti e vittime cruenti offersero per calmarne il
-furore e la bieca avidità di sangue. Così nacque la legge mosaica;
-così il demone corruttore usurpò per buona pezza il posto del buon
-Dio, ed ebbe autorità di codice sacro il vecchio Testamento, da lui
-ispirato, e nel quale ben disvelò la sua indole volubile, crudele
-e menzognera.[105] E codesto inganno sarebbe durato ancora, se il
-principio del bene, riscossosi alla fine, e risoluto di por fine al
-regno del suo rivale, non avesse mandato il suo diletto figlio per
-insegnare agli uomini la schietta verità.
-
-Ma chi è mai questo figliuolo prediletto? È forse tutt'uno nella sua
-essenza col Padre, come insegna il domma del Concilio Niceno? No.
-I Catari riconoscono due soli principii, il Dio del bene e quello
-del male, e all'infuori di questi non ammettono altre divinità. Onde
-Cristo si deve considerare come un angelo, o se vogliamo un arcangelo,
-che scende in terra per ricondurre nella diritta via gli smarriti
-fratelli.[106] Quest'opinione evidentemente riproduce l'arianesimo,
-e per questo rispetto i catari furon chiamati ariani,[107] sebbene
-fossero pochissimi i punti di contatto tra cotesti eretici, ed i
-catari oltre alla dualità di natura tra Padre e Figliuolo insegnassero
-altresì essere il corpo di Cristo affatto apparente non reale.[108]
-L'Arcangelo, essi dicevano, mandato a salvare gli uomini non avendo
-peccato come gli altri angeli scacciati dal Cielo, non deve e non può
-assumere un vero corpo umano; chè nè di pena egli è meritevole, nè
-d'altra parte sarebbe possibile la compenetrazione di uno spirito puro
-coll'immonda fattura del Diavolo. Così i Catari insieme all'eresia
-di Ario rinnovarono il docetismo gnostico.[109] L'eresia ariana e
-la docetica sono agli antipodi, stantechè la prima ponendo maggior
-peso all'elemento umano in Cristo, ne assottiglia talmente la parte
-divina da ridurla all'influsso o ispirazione profetica; la seconda,
-invece rilevando l'elemento divino attenua di tanto il lato umano che
-lo tiene per vana apparenza (δόκησις). Eppure non ostante l'aperto
-antagonismo e l'una e l'altra opinione vengono accolte di conserva
-nel Catarismo.[110] Il quale se non crede alla realtà del corpo,
-molto meno può prestar fede alla passione e morte di Gesù.[111] Ben
-s'argomentarono gli adoratori del falso Dio di troncare sul labbro
-del Cristo la parola rivelatrice; ma non accorgendosi gli stolti
-dell'inganno orditogli, misero a morte quel che non potea morire, un
-corpo etereo, nel cui velo ben presto riapparve il Maestro ai discepoli
-per confermarli nella nova fede.
-
-
-II
-
-Esposte le dottrine proprie dei Catari, non sarà inutile esaminare
-come combattessero le dottrine altrui. Essi riconoscevano nella
-Chiesa primitiva la vera Chiesa di Cristo, che custodiva con cura
-gelosa gl'insegnamenti del suo Maestro, e ne seguiva scrupolosamente
-gli esempi. Ma dall'infausta donazione di Costantino in poi ella si
-corruppe, e tolsero a governarla i suoi più fieri nemici, che più
-che a Dio servono al Diavolo, a cominciare da quel Silvestro, che
-accettando il funesto dono, venne meno ai precetti del divino Maestro,
-e ben può dirsi l'Anticristo.[112] Corrotto il costume, fu guasta la
-dottrina, e venner proclamati come dommi gli errori più manifesti,
-che metton capo nell'intendere alla lettera i simboli e le allegorie
-dell'Evangelo. Così nacque il domma della transustanziazione, secondo
-il quale il pane ed il vino mutano la propria natura in quella del
-corpo e del sangue di Cristo, conservando pure gli accidenti della
-prima sostanza.[113] Ma Gesù nel pronunziare le parole: _Hoc est corpus
-meum_ adoperava certamente un linguaggio figurato,[114] che stoltamente
-vien torto a significare un'assurda consacrazione di sostanze caduche
-e create dal malefico Dio.[115] Nè intendeva il divino Maestro che
-ogni giorno avesse a rinnovarsi il suo sacrifizio a pro' dei ministri
-del culto, che dal mercato delle messe traggono i loro più lauti
-profitti; nè molto meno insegnò mai che i suffragi dei sacerdoti
-potessero applicarsi alle anime dei defunti per affrettarne l'entrata
-in Cielo.[116]
-
-Ma se la dottrina delle preghiere pei defunti, e quelle del Purgatorio
-strettamente connessavi non potevano essere accolte dai Catari,
-pei quali l'espiazione sta nel migrare dell'anima da un organismo
-nell'altro,[117] molto meno accetto dovea lor tornare il domma della
-risurrezione della carne. Imperocchè in esso s'attribuisce allo
-strumento, col quale si opera, la pena o il premio proprio solo
-dell'operante, e si glorifica e mette quasi a paro del puro spirito
-il corpo, che è fattura del Dio malvagio.[118] Parimenti sembra loro
-strano che si attribuisca ad un elemento di questo basso mondo, come
-l'acqua,[119] una virtù santificante; ma più assurdo ancora pare loro
-il battesimo dei bambini, ai quali si somministra un sacramento quando
-non ancora sono in istato di accoglierlo; onde il più importante
-atto della vita religiosa, qual è quello di riconoscere in altri il
-credente nella propria fede, diviene una cerimonia affatto vana ed
-esteriore.[120] Nè meno irragionevole è il culto delle imagini, le
-quali contrariamente allo spirito del Cristianesimo non si tengono
-per simboli degli Enti spirituali che rappresentano, ma per oggetti
-forniti di un potere magico e miracoloso.[121] Nello stesso modo
-che s'intende per casa del Signore, non il cuore del credente, ma
-l'edifizio fabbricato di pietre e mattoni, e superbamente decorato di
-marmi e d'oro.[122] E per tal guisa si falsa il significato delle cose,
-e non si dubita di fare onore alla croce, che fu ed è uno strumento
-d'ignominia.[123]
-
-
-III
-
-Chi ha seguita l'esposizione delle dottrine dommatiche dei Catari potrà
-di leggieri indovinare il carattere severamente ascetico della loro
-morale, e delle pratiche religiose. Se il mondo è opera dello spirito
-del male, qualunque affetto o desiderio che maggiormente vi leghi lo
-spirito penitente, lo allontana dal sospirato termine dell'espiazione.
-Il vero cataro adunque, a simiglianza del divino Maestro, non possiede
-nè case, nè campi, nè altre ricchezze; tutto l'aver suo mette in comune
-cogli altri, e va campando miseramente la vita col lavoro delle sue
-mani.[124]
-
-Ed al pari delle ricchezze ei condanna gli onori e la possanza, intorno
-alla quale si affatica la vana ambizione degli uomini, non risparmiando
-guerre sanguinose o arti fraudolenti per conquistarla. Ma la guerra
-è opera violenta, che i seguaci del cattivo demone possono desiderare
-ed imporre nel loro furore, non certo le miti creature del Dio buono,
-i quali invece la condannano sempre, anche quando provocata dagli
-altri, o fatta a propria difesa.[125] E non meno della guerra riprovano
-l'uccisione del proprio simile così da negare financo ai poteri
-pubblici il diritto di mettere a morte i cittadini che infrangono
-la legge. Questi eretici in mezzo ad una società efferata e violenta
-predicavan l'abolizione del patibolo.[126] I costumi dei Catari sono
-miti; e solo contro il proprio corpo incrudeliscono, nè per rintuzzare
-gli appetiti perdonano a digiuni e mortificazioni, di parchissimo
-vitto si contentano, e severamente proibiscono il nutrimento animale,
-perchè non è lecito uccidere gli animali, e distruggere l'organismo
-ove può essere trasmigrata un'anima peccatrice.[127] E non meno
-dei piaceri delle mense il cataro sa vincere gli allettamenti del
-sesso, nè s'illude che alcuna differenza corra tra congiungimento
-e congiungimento, nè stima il matrimonio meno illecito della venere
-vaga.[128] Imperocchè e l'uno e l'altra menano alla stessa conseguenza
-di ritardare pel corso di nuove generazioni il ritorno delle anime alla
-lor patria celeste.[129]
-
-Tutte queste massime mettono capo nel principio che governa
-l'ascetismo: lo scopo della vita essere la continua preparazione alla
-morte. La quale per conseguenza non temuta e aborrita dal Cataro,
-è invece ardentemente desiderata, come il termine del doloroso
-pellegrinaggio. Talchè si comprende bene come non sia vietato ma
-raccomandato il suicidio, quando si corra il pericolo di ricadere
-nell'impurità antica. Così i malati, ricevuto l'estremo conforto
-religioso, affrettano la morte coll'astenersi dal cibo, o mettersi,
-come dicevano, in _endura_.[130] Parimenti si mette in _endura_ chi è
-per cadere nelle mani degli inquisitori, o cadutovi venga condannato al
-rogo.[131]
-
-Molto più difficile a spiegare è il divieto del giuramento, il quale
-era così assoluto che un Cataro dichiarava agli inquisitori non
-giurerebbe anco se col giuramento suo potesse convertire gli uomini
-tutti al Catarismo.[132] Che fosse assolutamente proibita la menzogna
-è naturale. Il diavolo è di sua natura falso e bugiardo, e chi lo
-imita non può entrare nel regno del buon Dio. S'intende anche che il
-rigorismo cataro possa per l'amore della verità condannare financo la
-menzogna pietosa e la necessaria; ma perchè s'ha da avere in orrore
-il giuramento, anche quando nell'interesse della giustizia e dello
-Stato serva a stabilire la verità? Questo senza dubbio è uno dei tanti
-tratti caratteristici di quel misticismo nebuloso, che per elevare
-la Divinità, la circonda di silenzio e mistero impenetrabile. L'Ente
-Supremo dagli gnostici è chiamato βοθὸς (profondità) e Σιγή (silenzio),
-e dagli gnostici e neoplatonici insieme ἃῥῤητος (innominabile). Non
-diversamente lo concepiscono i Catari, ai quali sembra per conseguenza
-una profanazione che non solo si ardisca di nominarlo invano,[133] ma
-lo si chiami a testimone nelle nostre meschine contese.[134]
-
-
-IV
-
-Ma non s'ha a credere che tutti i Catari adempissero scrupolosamente
-agli obblighi imposti dalla loro religione. Rinunziare alla proprietà,
-abbandonare la famiglia, consacrarsi al celibato, digiunare almeno due
-volte la settimana, astenersi rigorosamente dalla carne, dalle uova,
-dal burro, non era certo da tutti; e se la nuova religione avesse
-chiesti sì gravi sacrifizii, le sue fila si sarebbero ben presto
-diradate. Furon fatte adunque due classi, i perfetti e i credenti.[135]
-Questi ultimi non doveano seguire tutte le pratiche religiose, nè
-lasciare le famiglie o spogliarsi dei beni, ma solo tenersi stretti
-ai credenti nella stessa fede. E della fede neanco tutti gli articoli
-erano loro disvelati, ma quelli solo che meno contrastavano alle
-credenze antiche, o eran già preparati da vecchie eresie.[136] E
-così venne fatto, come diremo, a suo luogo, che una setta ben più
-affine al dualismo persiano che al monoteismo occidentale, mentite
-le sembianze di un cristianesimo più razionale,[137] riuscisse non
-rare volte a scalzare la religione dominante. Dai credenti dicemmo
-doversi distinguere i _Perfetti_, ben meritevoli di questo nome per
-la vita aspra e faticosa che menavano, e per l'olocausto che facevano
-di tutti gli affetti ed allettamenti del mondo, al quale, come opera
-del demonio, viveano affatto estranei. E per questa via sebbene
-imprigionati nel corpo, si sentivano uniti col Dio buono, di cui aveano
-accolto il santo spirito nel _Consolamentum_.[138]
-
-Il _Consolamentum_ era la funzione religiosa più importante dei Catari,
-che valeva ai loro occhi più del battesimo cattolico. Vedemmo già
-come essi condannassero il battesimo coll'acqua, uno degli elementi
-creati dal demonio,[139] Siffatta cerimonia non fu istituita da Gesù,
-ma dal Battista il quale si deve tenere per falso profeta,[140] onde
-a ragione il Vangelo di S. Matteo (III, 11) e i Fatti degli apostoli
-(I, 5) opposero al battesimo con l'acqua quello con lo spirito o
-col fuoco.[141] E basta secondo il costume degli apostoli imporre le
-mani sul capo dell'iniziato, perchè su lui discenda lo spirito del
-Signore.[142]
-
-Per conferire il _Consolamentum_ bisognava esser puri da peccato
-mortale, perchè d'accordo coi Patarini i Catari credevano che non possa
-assolvere gli altri chi pria non abbia assolto sè dal peccato.[143]
-Per ricevere il _Consolamentum_ bisognava esser ben preparati; nè solo
-conoscere la vera dottrina religiosa, ma pronti a metterla in pratica.
-Imperocchè chi riceveva il _Consolamentum_ poteva altresì trasmetterlo
-agli altri. E come sarebbe stato capace di tanto, se non avesse rotto
-qualunque vincolo colla materia impura? Il consolato entrava adunque
-nella classe dei _Perfetti_, e da quel giorno incominciavano le sue
-terribili prove. Ei non apparteneva più a sè, ma alla comunità. La
-sua vita non avea altro scopo se non insegnare la verità, combattere
-l'errore, disporre e preparare gli animi alla comunione col Santo
-Spirito. E se in questo duro e faticoso apostolato gli accadeva
-d'incontrare la morte, tanto meglio per lui, chè la sua anima era ben
-certa di non ricadere più nella terrestre prigione.
-
-Avendo il _Consolamentum_ la virtù di sottrarre l'anima all'impero
-del Demonio, e congiungerla collo spirito del buon Dio, ei pare che
-pervenuti a quest'alta cima, non si debba più ridiscendere a valle.
-I _Perfetti_ adunque sarebbero non solo di nome ma di fatto, e la
-virtù religiosa ne avrebbe talmente compenetrata l'anima, che non
-potrebbero più spogliarsene ricadendo nel peccato. Così par che la
-pensassero alcuni Catari, ai quali Moneta[144] rimprovera di tenere
-per impeccabili i ministri del Signore. Ma il Moneta stesso e tutte le
-altre testimonianze affermano d'accordo che la maggior parte dei Catari
-teneva l'opinione affatto opposta, vale a dire che anche ricevuto
-il _Consolamentum_ si potesse ricascare nel peccato.[145] Per questa
-ragione i più differivano a prendere il _Consolamentum_ fino al punto
-di morte, sentendosi allora solo sicuri di non tornare vittima del
-Demonio. Durante la vita si era sempre esposti alle sue seduzioni,
-che se ei fu da tanto da corrompere i puri spiriti del Cielo, qual
-meraviglia che riesca a riconquistare un'anima, pur sempre avvinta
-al suo corpo? Se non che la ricaduta è oltremodo pericolosa, e ben
-difficile è il rilevarsi, e più dure prove si chiedono per essere degni
-di un secondo _Consolamentum_.
-
-Quelli che non ricevono il _Consolamentum_, non sono uniti collo
-spirito del Signore, e se muoiono, la loro anima, tuttora in balìa
-del demonio, deve incarnarsi in un altro corpo, e ricominciare di
-nuovo il corso della sua espiazione. Si comprende con che ansia
-il Cataro aspetti questo sacramento, e come i Perfetti non debbano
-risparmiare fatiche e pericoli per somministrarlo a chi lo richiegga.
-E non si risparmiavano davvero, che anche in mezzo alle più occhiute
-persecuzioni, apparivano presso al letto del moribondo, quando meno lo
-aspettavano; onde il popolo li avea in grande venerazione e li chiamava
-buoni uomini, ragione per cui l'eresia dei Catari fu detta _des
-Bonshommes_.[146]
-
-Oltre al _Consolamentum_ poche altre funzioni religiose ammettevano
-i Catari.[147] Ad imitazione della Cena cristiana celebravano la
-_benedizione_ del pane. Quando interveniva un Perfetto alla mensa dei
-fedeli, diceva l'orazione domenicale, e poscia benedetto il pane lo
-spezzava, distribuendone i pezzetti ai convitati, cui diceva «Che la
-grazia del Signore sia sempre con voi».[148] Così anche praticavano
-la confessione pubblica e solenne in luogo dell'auricolare, che
-condannavano.[149]
-
-Della gerarchia cattolica la Chiesa Catara non conservava se non
-due gradi, i vescovi ed i diaconi.[150] Ogni vescovo avea con sè due
-ministri, uno maggiore, l'altro minore. Alla morte del vescovo gli
-succedeva il ministro maggiore, il quale era ordinato e consacrato dal
-minore.[151] Per togliere questo assurdo più tardi si decretò che il
-vescovo stesso ordinasse colui che dovea succedergli.[152]
-
-
-V
-
-L'origine del Catarismo è molto oscura, onde ogni scrittore si crede
-in obbligo di combattere i suoi predecessori, ed escogitare una nuova
-congettura. Lo Schmidt, che scrisse la migliore storia del Catarismo,
-opina esser nata questa eresia spontaneamente presso i Bulgari sul
-cominciare del secolo decimo. Ei ricorda che non appena convertiti
-i Bulgari al Cristianesimo nell'862 da Cirillo e Metodio, l'opera
-di questi missionarii fu ben presto intralciata da due dissidii che
-dilacerarono in quel torno la Chiesa cristiana orientale. Il primo
-dei quali fu dovuto all'antica rivalità tra Roma e Costantinopoli,
-rinfocolata poi dall'essersi il re Bogoris rivolto al Pontefice
-Romano per missionarii che compissero l'opera di Metodio. Il secondo
-dissidio nacque tra gli Slavi convertiti da qualche secolo che usavano
-la liturgia latina, e quelli recentemente conquistati alla fede da
-Metodio, ai quali il Papa avea concesso l'uso della lingua nazionale.
-Sino alla morte di Metodio la scissura fu soffocata, ma rinacque
-subito dopo, ed i Greco-slavi ebbero a cedere ai prepotenti latini.
-Si aggiunga che gli Slavi non potevano obbliare così presto l'antica
-religione, tanto vero che nell'869 il Concilio di Costantinopoli fu
-costretto d'interdire ai Traci e Macedoni, convertiti sin dal settimo
-secolo, le rimembranze dell'antico culto. Non è improbabile che in tale
-stato d'incertezza tra l'antica e la nuova fede, da questa prendessero
-l'idea monoteistica, e tramutassero i loro antichi Dei nel diavolo, che
-avea tanta parte nelle prediche dei missionarii del medio evo. C'est
-au milieu de ces circonstances que parut parmi les Slaves, peut-être
-dès le commencement du dixième siècle, l'hérésie du dualisme Cathare.
-Est-ce une opinion trop hasardée, si nous admettrons que ce système
-sortit de quelque couvent greco-slave de la Bulgarie, dont les moines,
-irrités de l'invasion d'un culte qui répugnait a leur nationalité, et
-se livrant en même temps à des speculations tour à tour subtiles ou
-fantastiques, étaient arrivés à la conclusion que deux principes se
-partagent le gouvernement du monde, et que pour être pur (καθαρὸς)
-il faut affranchir l'esprit de toutes les entraves de la création
-matérielle? (Schmidt, I, 7).
-
-Questa ipotesi non pare che spieghi pienamente l'origine del Catarismo.
-Potrebbe benissimo renderci conto del culto reso in segreto agli
-antichi dei, trasformati in demoni, come accadde dovunque la religione
-cristiana fu innestata a tronco pagano; ma non ci spiegherebbe
-come mai si attribuisse al demone tanto potere, da farlo creatore
-dell'universo materiale. Nè molto meno è facile ad intendere come in
-mezzo a popolazioni semibarbare, appena convertite al Cristianesimo,
-nascesse il pensiero di paragonare la nuova religione non alla propria,
-ma alla mosaica, e quest'ultima considerare come l'opera di un Dio
-maligno.[153] Nei primi secoli del Cristianesimo, in quei centri
-cosmopolitici che erano Alessandria ed Antiochia, ove il pensiero
-filosofico greco venne tante volte a contatto col misticismo orientale,
-si comprende benissimo come nascessero le audaci speculazioni dei
-gnostici.[154] Ma non si capisce egualmente come siffatto movimento
-intellettuale dovesse aver luogo tra popoli, che non poteano ancora
-assimilarsi l'antica coltura.
-
-Quest'arditezza speculativa è già un sicuro indizio non essere il
-Catarismo una creazione bulgara, ma ben piuttosto l'avanzo di antiche
-eresie, nate sotto altro cielo, e in altre condizioni sociali, e
-trapiantatesi in Bulgaria nel tempo più propizio alla loro diffusione.
-Non dubito dunque di seguire l'antica tradizione, secondo la quale i
-Catari sarebbero manichei imbastarditi;[155] nè temo che le difficoltà
-opposte dallo Schmidt non sieno per rimuoversi facilmente. Ammettiamo
-pure che al catarismo manchi cette forme mithologique si remarquable
-qui est particulière au manicheisme ... o anche l'idée gnostique de la
-matière (ύλη) en lutte avec la divinité (II, 256). Ma è forse strano
-che una credenza, una leggenda, un sistema filosofico trapiantandosi
-da un luogo ad un altro non perda molti caratteri, e ne acquisti altri
-per adattarsi al nuovo ambiente in cui deve vivere? E che meraviglia
-se non trovi nel Manicheismo il domma del _Consolamentum_ essenziale
-alla religione catara? Non trovi la parola, nè la formola ed il rito
-religioso; ma certo il concetto della purificazione dell'anima, che
-accolse in sè il Santo Spirito, non manca. Noi non diciamo che il
-Catarismo sia il Manicheismo nella sua forma primitiva; tutt'altro.
-Il tempo avea già scoloriti molti tratti della dottrina religiosa di
-Mani, ed il nome stesso del fondatore era già obbliato; che perciò? non
-accadde lo stesso nel secondo secolo a Valentino, a Basilide e ad altri
-fondatori di sètte gnostiche, i cui nomi erano sconosciuti a coloro
-stessi che se ne appropriavano le dottrine?[156]
-
-Del resto lo Schmidt stesso non può fare a meno della tradizione
-manichea. Quand on songe que les souvenirs du manicheisme s'étaient
-conservés longtemps dans les couvents de l'orient notre opinion ne
-doit pas paraître dénuée de toute probabilité (I, 8). Nelle quali
-parole egli riconosce essere il Manicheismo la prima fonte onde
-attinsero i Catari, il che non esclude che altri rivoli secondarii vi
-si mescolassero per via. In tutti i grandi movimenti religiosi accade
-quello che notammo del Catarismo, nel quale intorno al nucleo della
-dottrina dualistica si aggrupparono le più vecchie eresie, che viveano
-tuttora occulte e dimenticate nelle lontane solitudini dei pensatori.
-E per tal guisa si formò un insieme di dommi non molto omogenei, ma il
-cui contrasto sfuggiva all'acume dei recenti alleati. Noi già trovammo
-più su accanto alle tradizioni ariane della distinzione sostanziale
-tra Padre e Figlio le fantasticherie docetiche sul corpo apparente di
-Gesù. Ed insieme alle mistiche descrizioni del regno celeste, e della
-trasmigrazione delle anime le polemiche di Claudio di Torino contro
-l'adorazione delle immagini, e quelle più radicali di Berengario
-contro l'Eucaristia.[157] Ma non perchè queste continue aggiunte dieno
-una nuova impronta al Catarismo, non per questo s'ha da sconoscere
-la sua stretta parentela coll'antico manicheismo,[158] il quale non
-ispento dalle persecuzioni rifioriva prima in Ispagna per opera di
-Priscilliano,[159] e più tardi in Armenia coi Paoliciani;[160] di lì si
-diffuse tra gli Slavi; e dalla Bulgaria pel tramite dei commerci passò
-in Italia, e quindi in Francia.
-
-
-VI
-
-Toccato dell'origine studiamo ora la DURATA, DIFFUSIONE, ed INTENSITÀ
-del movimento cataro.
-
-Fino dai primi anni del secolo decimoprimo serpeggiava per
-l'Aquitania la nuova eresia, come ne fa fede il cronista contemporaneo
-Ademaro.[161] E questi e Rodolfo Glaber del pari fanno menzione di
-dieci canonici di Orleans, scoperti come manichei nel 1022, e dati
-alle fiamme per ordine di Re Roberto.[162] Ma dacchè secondo lo stesso
-Glaber siffatto movimento vien propagato dall'Italia, è lecito supporre
-che tra noi si manifestasse l'eresia molto prima del 1034, anno in
-cui Girardo di Monteforte venne a furor di popolo bruciato vivo in
-Milano.[163] Nè andremo lungi dal vero se la faremo risalire alla fine
-del secolo decimo. D'altra parte il catarismo militante vien meno al
-cominciare del secolo XIV, quando alle cruenti crociate contro gli
-Albigesi successero le stragi dell'Inquisizione. Sicchè non tenendo
-conto di qualche resto cataro, scoperto da Vincenzo Ferrer nel 1402 o
-in Lombardia, o nelle inaccesse valli del Pellice e Clusone, la durata
-dell'eresia catara nell'occidente oltrepassa i tre secoli.
-
-Non meno importante è la diffusione, della quale ora terremo parola
-sommariamente, rimandando chi desideri più estesi particolari alla
-monografia dello Schmidt. A cominciare dall'Italia settentrionale,
-ricordiamo che la Lombardia riboccava di eretici così, che le sètte vi
-si moltiplicavano, e la chiesa moderata di Concorrezo combattea la più
-rigida del veronese Balasinanza, e quest'ultimo non andava d'accordo
-con l'altro rigorista Giovanni di Lugio. A Ferrara spesseggiavano gli
-eretici del pari, e per iscacciarneli il vescovo ebbe a ricorrere al
-potere civile.[164] In Modena i catari l'impattavano coi cattolici,
-tanto da vivere in pace gli uni accanto agli altri, ed il Muratori
-ricorda che nel 1192 furono ricompensati con eguale misura catari
-e cattolici per la distruzione che a causa di utilità pubblica fu
-fatta di loro mulini.[165] Anche in Toscana il Catarismo ebbe non
-pochi seguaci, ed il primo vescovo dei Catari moderati o concorrezesi
-fu un Pietro Lombardo da Firenze. In questa città le donne stesse
-s'adoperavano alla propagazione della setta e gli eretici cresceano a
-tal segno che nel 1173 dettero pretesto a mutamenti nel governo.[166]
-Dalla Toscana discese l'eresia ad Orvieto, ove, oppressa nel 1125,
-fu rilevata nel 1150 dal Diotisalvi di Firenze e da Girardo da S.
-Marzano. In seguito, scacciati questi missionarî, ne seguitarono
-l'opera due donne, Milita di Monte Meato e Giuditta da Firenze.[167]
-Da Orvieto si estese a Viterbo, nè la stessa Roma fu salva, anzi si
-serba memoria di una esecuzione di Catari, fatta nel 1231 al tempo di
-Gregorio IX.[168] Perfino nella remota Calabria par che attecchissero
-i Catari a giudicarne almeno dall'ardore con cui l'abate Gioacchino li
-combatteva.[169]
-
-Dall'Italia, come dicemmo, l'eresia passò in Aquitania, e Tolosa fin
-dai primi tempi fu il centro della sua diffusione.[170] Di là s'avanzò
-nel Perigord, nel vescovado di Limoges, nella marca di Poitiers,
-risalendo su sino ad Orleans, ove trovammo a capo degli eretici alcuni
-sacerdoti, grandemente stimati per la loro pietà. Ben presto oltrepassò
-la Loira, talchè il vescovo di Chalons, Rogero (1043-1062), chiese
-a Wazon vescovo di Liegi se in vista del pericolo imminente non si
-dovesse procedere rigorosamente contro gli eretici. Abbiamo tuttora la
-risposta del pio prelato: Dio non vuole la morte, ma la conversione dei
-peccatori; e la sola pena consentita dal Vangelo contro gli eretici sta
-nell'escluderli dalla comunione dei fedeli.[171] Questa lettera porta
-la data del 1048, e la pena che in essa vien suggerita fu nel fatto
-comminata l'anno appresso dal concilio di Reims.[172] Tanto rapidamente
-s'era diffusa l'eresia nel nord della Francia, ove già sin dal 1025
-s'ebbe notizia di eretici, principalmente a Reims, a Liegi, Arras e
-Cambray![173]
-
-Dalla Francia il passaggio in Germania è ben facile, e già nel 1052
-Enrico III fece impiccare in Gosslar (Hannover) alcuni eretici, che
-si scopersero per manichei dal rifiuto di uccidere un pollo.[174]
-Nel secolo susseguente, come sappiamo dalla lettera di Evervino a S.
-Bernardo, l'eresia s'era così diffusa in Colonia, che vi si stabilì
-un vescovado cataro. Arrestati nel 1146 il vescovo col suo diacono,
-anzi che smentire le loro credenze, salirono animosamente sul rogo.
-Pochi anni dopo nel 1160 furono scoperti altri catari a Bonn, con a
-capo Arnoldo abile disputatore, conoscitore profondo della scrittura
-ed entusiasta della sua fede. A capo a qualche anno salito sul rogo coi
-suoi diaconi, fu udito gridare tra le fiamme: «Fratelli, siate costanti
-nella fede, oggi sarete riuniti ai martiri del Cristo». E in questo
-dire una fanciulla catara, che in grazia della sua bellezza era stata
-sottratta al supplizio, copertosi il volto, si precipitò nel fuoco per
-morire col suo maestro.[175]
-
-L'Inghilterra fu salva dall'eresia. Ben tentarono di penetrarvi verso
-il 1160 alcuni catari, volgarmente detti pubblicani (paoliciani),
-non ammontanti a più di trenta, tutti di nazione e lingua tedesca, e
-guidati da un tal Girardo, il solo tra loro che sapesse di lettere.
-Ma furono scoperti e segnati nella fronte da un marchio d'infamia, e
-poscia battuti a verghe ed espulsi dalle città, e proibito a chiunque
-di ospitarli. Perirono per la campagna di freddo e fame, vittime
-anch'essi devote e coraggiose della loro fede;[176] ma altri dopo di
-loro non ritentò l'ingrata prova.
-
-Pari alla durata ed estensione l'intensità. Senza un gran vigore di
-fede il catarismo non avrebbe potuto opporre così tenace resistenza
-alle persecuzioni, che massime dopo il 1200 infierirono senza misura.
-Un rapido ricordo storico varrà meglio di qualsia dimostrazione.
-Il secolo decimoterzo, che è quello dei grandi uomini della Chiesa,
-Innocenzo III, Gregorio IX, Alberto Magno, S. Tommaso, è altresì il
-secolo delle più fiere lotte, e più selvagge passioni. Montato sul
-trono Innocenzo III mandò suoi legati nella Francia meridionale per
-estirparvi l'eresia, e quando uno di essi, il Castelnau, fu ucciso a
-tradimento indisse la crociata contro i popoli del mezzogiorno, che
-s'erano allontanati dalla Chiesa.[177] Già prima di lui il legato
-Enrico[178] vescovo cardinale d'Albano, indetta la crociata contro
-gli eretici albigesi, con gran seguito di truppe aveva invase nel
-1181 le terre del visconte di Béziers, ed ottenuta la resa del forte
-castello di Lavaur. Ma questa prima crociata, benchè non poco cruenta,
-fu nulla a petto della seconda, alla quale presero parte molti
-signori del nord della Francia, che sotto il pretesto della religione
-movevano alla conquista delle ricche contrade del mezzogiorno. Codesta
-guerra fu combattuta con furore, e il nome di Simone di Monfort
-restò tristamente[179] celebre in quelle infelici contrade, dove gli
-eretici furon trattati peggio dei musulmani.[180] Quando Béziers,
-dopo un'eroica resistenza, cadde sotto i colpi dei crociati, a quelli
-che lo chiedevano sul modo di distinguere i rei dagli innocenti, il
-legato Arnaldo rispose: uccideteli tutti, Dio riconoscerà quelli che
-gli appartengono.[181] Alla presa di Carcassona 400 arsi vivi, e 50
-impiccati come eretici.[182] Espugnato il castello di Minerva, il
-legato Arnaldo promise la salvezza della vita a chi si convertisse,
-perchè sapeva che nessuno dei credenti avrebbe rinnegata la sua fede.
-Conosco i miei uomini, egli diceva a chi scandolezzavasi di tanta
-mitezza. Nè avea torto, chè più di 150 perirono sul rogo martiri
-della loro fede.[183] Presa Lavaur, ne fu impiccato il comandante,
-gittata nel pozzo la sorella, arsi quattrocento Catari.[184] E più
-cruente furono le stragi, quando dopo il concilio lateranense del
-1215 si rinnovò la guerra con tanta violenza che i superstiti ebbero
-a invidiare la sorte dei caduti in battaglia. E l'infelice conte di
-Tolosa Raimondo VII se volle ottenere la pace dopo trenta anni di
-guerre rovinose, ebbe a giurare di combattere e punire gli eretici
-senza pietà, e conferire un premio di due scudi di argento a chi ne
-assicurasse qualcuno alla giustizia.[185]
-
-Ma questi roghi, queste condanne in massa senza giudizio, son pur
-da meno delle persecuzioni posteriori. Si poteva attribuire siffatti
-orrori alla necessità della guerra, all'eccitazione degli animi, al
-diritto di rappresaglia; d'ora innanzi saranno imposti dalla fredda
-ragione. Prima di questo tempo, come dimostrarono il Ficker e l'Havet,
-la pena del rogo contro gli eretici non era stabilita per legge in
-nessun paese.[186] In Germania si solevano, è vero, mettere a morte
-gli eretici o a furor di popolo, come a Colonia nel 1163, o anche per
-ordine dell'imperatore, come a Gosslar nel 1052; ma quest'ordine non
-fu dato in omaggio ad una legge, bensì per misura politica. Anche in
-Francia le molteplici esecuzioni, che ricordammo, ebbero lo stesso
-carattere, e prima della legge di Luigi VIII del 1226, non ve ne ha
-altra che condanni gli eretici al supplizio del fuoco. Con maggior
-ragione si deve dire lo stesso della Francia meridionale e dell'Italia.
-Chè anzi mentre nel settentrione dell'Europa la pratica discordava
-dal diritto, e tacendo le leggi, vigeva la consuetudine di mettere a
-morte gli eretici; nel mezzogiorno al contrario e diritto e pratica
-s'univano in una grande mitezza e tolleranza. Dopo l'esempio di Girardo
-di Monteforte non v'ha ricordo di altro bruciamento di eretici, e
-l'autore delle memorie milanesi dice espressamente che nell'anno 1233
-ebbe luogo la prima esecuzione.[187] In Modena ricordammo come accanto
-ai diritti degli altri cittadini eran riconosciuti quelli dei catari.
-Nella Francia meridionale Giraldo vescovo di Albi non dubitò d'invitare
-gli eretici ad una pubblica disputa a Lombers.[188]
-
-Questa tolleranza però cessò ben presto in tutti i paesi. Il cardinale
-Pietro di San Crisogono, legato del papa nel Tolosano, condannò un
-Morand, ricco signore seguace e protettore dell'eresia, alla confisca
-dei beni ed alla distruzione delle case. E costui se volle salvarsi
-dalla miseria, ebbe a sconfessare solennemente la sua fede, e subire
-l'ignominioso castigo della fustigazione.[189] Parimenti in Italia
-si serba memoria di un vescovo Guarnasia, legato dell'imperatore
-Enrico VI, che confiscò per ordine imperiale i beni dei patarini di
-Prato e ne distrusse le case.[190] Ottone IV, in un suo decreto del
-1210 contro gli eretici di Ferrara,[191] e gli statuti di Verona: che
-rimontano secondo il Ficker, al di là del 1218, prescrivono l'esilio
-degli eretici e la distruzione delle loro case. Questa stessa pena
-dell'esilio è prescritta nella legge di Federigo II del 1220.[192]
-
-Dopo poco altro tempo le cose volsero in peggio. Il papa chiedeva
-dall'imperatore una più energica repressione dell'eresia, e Federigo,
-che avea rinnovato contro la Chiesa l'antica guerra per l'indipendenza
-dello Stato, per tema non lo si sospettasse di poca ortodossia,
-acconsentì a mutare la sua prima legge.[193] Strana ironia della
-storia! Quell'Imperatore che tenne più fermo contro le pretensioni
-di Roma, e presso i contemporanei era tanto in voce di miscredente ed
-epicureo, da non trovar grazia neanco presso il gran poeta ghibellino;
-quell'imperatore che avea ai suoi servigi gente di diversa credenza,
-saraceni non meno di cristiani, egli per lo appunto è il primo a
-sancire la pena del rogo contro gli eretici,[194] e in servigio della
-Chiesa vien meno alle più fondamentali norme del diritto vigente. E
-nel luogo dei vescovi stati fin oggi i giudici naturali delle eresie
-acconsente che entrino i frati predicatori, facendoli almeno per la
-Germania legati imperiali;[195] nè dubita di sancire le più aperte
-infrazioni della regolare procedura, ammettendo la testimonianza del
-correo o del delatore,[196] e tollerando che si tacesse nei giudizii il
-nome del testimone. Un altro passo ancora, e non ci meraviglieremo più
-che colla morte del reo non si estingua l'azione penale, ma seguiti il
-processo contro i defunti, perchè gli eredi ne scontino la pena.[197]
-
-Con queste misure violente l'eresia veniva stretta in un cerchio
-di ferro, e ben pochi poteano sottrarsi alle occhiute vigilanze
-degl'inquisitori, ed alle insidie delle spie prezzolate o interessate.
-Ma non ostante questi rigori i Catari non furon domi, e se non
-all'aperto, continuavano in segreto a professare il loro culto. E
-taluno di essi seppe nascondersi così, che non solo non fu disturbato
-finchè visse, ma dopo morto per poco non venne santificato dai
-cattolici. Il Muratori pubblicò il processo di un Armanno Pungilupo da
-Ferrara morto nel 1269, intorno al quale per anni parecchi continuò
-aperto dissenso tra la Curia e i Frati inquisitori. La Curia, ligia
-alla voce popolare, che dava il Pungilupo per uomo pio, e morto in
-odore di santità, non solo permise che fosse seppellito nella Chiesa
-maggiore in magnifico mausoleo; ma raccolte le informazioni sui
-miracoli che dicevano fatti da lui, permise s'innalzasse presso alla
-tomba un altare votivo. Ed i fedeli v'accorreano numerosi, e con
-giuramento attestavano al Vescovo di avere per intercessione del beato
-Armanno ricuperata o la vita, o il moto o la parola, e taluno persino
-giurò d'essere stato liberato dai demoni, che lo possedevano.[198]
-Ma gl'inquisitori diffidavano assai di tal taumaturgo, che pochi
-anni innanzi, nel 1254, convinto d'eresia, dovè la sua salvezza
-all'abjura.[199] E interrogati parecchi, già appartenenti alla setta
-bagnolese, raccolsero che, non ostante la ritrattazione, il Pungilupo
-continuò per tutta la vita nella fede catara;[200] nè fu solo
-_credente_, ma ricevette il _consolamentum_,[201] e con ardore si mise
-a diffondere le dottrine bagnolesi, e predicando contro il lusso e la
-corruzione dei preti,[202] fece nuovi seguaci alla sua setta. Istruito
-in tal modo il processo si venne alla sentenza, cagione di un violento
-dissidio tra le due autorità ecclesiastiche. L'inquisitore ordinò
-l'esumazione delle spoglie di Armanno, e, non obbedito, scomunicò
-la Curia e interdisse la Chiesa; la Curia dal canto suo respinse la
-sentenza, e si appellò al Papa Gregorio X. Ma nè a costui nè a parecchi
-dei successori fu dato di comporre le cose, e la controversia si
-prolungò per più di un trentennio. Alla fine nel 1301 l'inquisitore Fra
-Guido Vicentino, consultati per ordine di Bonifacio VIII il Vescovo di
-Bologna e un altro frate, domenicano anche lui, pronunziò la sentenza,
-dal Papa già dichiarata inappellabile, che dice: s'infranga il mausoleo
-e l'altare innalzato in onore di Armanno, e dissepolto e bruciato il
-cadavere, ne si sperdano ai venti le ceneri. E le immagini e le offerte
-votive si distruggano, e chiunque s'opponga a queste misure, o seguiti
-a ricordare il nome e le opere dell'eresiarca, se privato incorra nella
-scomunica, se chierico nella perdita dei suoi benefizii, se università
-o terra nell'interdetto.[203] Questo solo fatto, accaduto nella seconda
-metà del secolo XIII, vale più di un lungo discorso a provare quanto
-rigoglio avesse tuttora l'eresia dopo tante persecuzioni, e come
-riescisse difficile ai più zelanti di estirparla.
-
-
-VII
-
-La diffusione, la durata, la tenace resistenza dell'eresia manichea
-sembrano un vero paradosso storico. Perchè se da una parte non si può
-negare che l'ascetismo cataro più rigoroso del cattolico s'opponeva
-al rifiorire delle scienze, delle arti, dei commerci, e vincendo
-avrebbe ritardato di molto altro tempo quel risorgimento classico,
-di già cominciato nel medio evo, dall'altra non è men vero che un
-misticismo così malsano, e di colore schiettamente orientale attecchì
-quasi dappertutto in Europa, ma principalmente nei centri della nuova
-coltura. E così accadde che nello stesso linguaggio in cui la nuova
-musa cantava i cavalieri, l'armi, gli amori, un'altra voce più severa
-predicava i digiuni e le astinenze, segnava d'infamia il matrimonio,
-e stillava nelle menti un odio feroce contro il mondo, creatura d'un
-malvagio iddio. Non giova addurre la legge dei contrapposti, che fa
-passare la natura umana dall'estremo della frivolezza e della gaja
-vita alla tetraggine di una inquieta ascesi. Nè si potrebbe invocare
-l'esempio recente della Germania, che nel tripudio del patriottismo
-trionfante vide rinnovarsi la filosofia pessimistica. Ragioni ben più
-profonde e molteplici spiegano le insperate fortune del Catarismo.
-E la prima è questa, che la nuova setta al pari delle antiche
-pitagoriche e gnostiche si circondava di mistero, nè tutti i suoi
-dommi svelava agli iniziati o credenti pria che fossero per lunghe
-prove divenuti _perfetti_.[204] Talchè non in grazia delle dottrine
-ignorate dai più essa facea il maggior numero dei seguaci, bensì per
-l'opposizione alla Chiesa dominante ed alla gerarchia medievale. E come
-il bisogno di libertà si sentiva più acutamente nelle contrade, ove
-il laicato parlava già e scriveva una lingua diversa dal latino, ed
-una nuova letteratura avea creata, ed espressi pensieri e sentimenti
-nuovi, era ben naturale che ivi si formasse il centro ed il focolaio
-dell'agitazione ereticale.
-
-L'opposizione che il Catarismo movea al Cattolicesimo abbracciava due
-capi, le dottrine ed i costumi. In quanto alle dottrine già vedemmo
-come i Catari sapessero far tesoro delle opposizioni precedenti, nè
-fa meraviglia che agl'iniziati insegnassero per prime non le proprie
-idee, ma quelle invece, che sebbene ostili al Cattolicismo, tornavano
-più accettevoli pel ricordo delle antiche eresie. Vedemmo come il
-catarismo fosse ariano, docetista, iconoclasta, berengariano. Per tal
-guisa la nova religione, non che nemica, si diceva restauratrice del
-Cristianesimo, come quella che volea riaddurlo alla forma schietta
-dei primi tempi, alla cui semplicità mal s'addicevano i dommi
-posteriori.[205] A codesta rinnovazione ben si comprende come giovasse
-lo studio degli antichi documenti del Cristianesimo. Onde i Catari
-facean pochissimo conto della tradizione ed ai molti libri dei padri e
-dei dottori, che i Cattolici soleano addurre[206] opponevano un libro
-solo, il Nuovo Testamento, e quello studiavano e mandavano a mente,
-e traduceano nelle nove lingue ed interpetravano ora alla lettera
-ora allegoricamente, come faceva il bisogno.[207] Per questi motivi
-il Catarismo parea come una purificazione della coscienza religiosa,
-ritemprata alle pure fonti dei tempi apostolici. Ed ecco un'altra
-cagione dei suoi trionfi. Di contro ai sacerdoti cattolici, ingombri
-da superstizioni e talvolta così ignoranti da non sapere neanche
-leggere la Bibbia, i _Perfetti_ catari parevano animati da una fede
-più razionale, e più studiosi dei sacri testi.[208] Era una apparenza e
-l'una e l'altra, chè il Catarismo coi suoi presupposti dualistici mal
-rispondeva ai bisogni della ragione; e tra i sacerdoti catari nessuno
-potè levarsi all'altezza intellettuale di molti fra i cattolici.
-Ma tant'è; nelle rinnovazioni religiose l'apparenza giova non meno
-della sostanza, e le grandi masse con quella più che con questa si
-guadagnavano alla nova fede.
-
-L'altra opposizione, che facevano i Catari, si riferiva ai costumi. I
-cattolici stessi levavano alte grida contro la corruzione del clero,
-e basterà per tutti ricordare Benedetto IX, fatto Papa a dodici
-anni, il quale dal 1033 al 1045, empì Roma di scandali, ruberie ed
-assassinii. Nè a strappare dall'indegno capo la tiara vi fu altro
-mezzo se non comprarla a contanti, come fece il buon Gregorio VI,
-il quale nonchè rimproverato dell'aperta simonia, venne accolto dai
-più come restauratore della Chiesa.[209] Dalla sommità della scala
-gerarchica sino agli ultimi gradini si faceva mercato degli ufficii
-ecclesiastici.[210] Ed il clero era ognor più avido di ricchezze,
-ed alle ricchezze aggiungeva il fasto ed il potere. Non erano rari i
-vescovi principi e militari, che con una mano fecevano il segno della
-pace e dell'amore e coll'altra stringevano la spada ancor fumante di
-sangue.[211] Contro codesto clero le anime profondamente religiose
-gridavano: povertà e castità. E quel grido fu abilmente raccolto dai
-Catari, che sull'autorità dei sacri testi insegnavano il più rigido
-ascetismo, ed il rigore dei precetti confermavano colle opere. Anche
-i Catari furono più volte accusati d'immoralità ed ingordigia ma le
-stesse testimonianze cattoliche come quella di S. Bernardo smentiscono
-le accuse. Gli uomini, che morivano lieti sul rogo in olocausto alla
-loro fede, conoscevano bene la virtù del sagrifizio; ed il popolo
-ai cui mali essi provvedevano con sollecita ed instancabile cura, in
-opposizione al clero egoista li soleva chiamare _bonshommes_. Altra
-causa codesta del favore ognor più crescente del Catarismo.
-
-E questa cagione forse è la più forte di tutti perchè nella lotta
-contro i vizii del clero l'opposizione ereticale si collegava
-naturalmente colla cattolica. Più tardi parleremo degli oppositori
-cattolici o _patarini_. Per ora ci basta questo ricordo storico. Pochi
-anni innanzi che S. Arialdo levasse il grido di guerra contro l'alto
-clero milanese, un Girardo eretico ricoverato nel castello di Monforte
-confessò apertamente all'arcivescovo Ariberto, che egli ed i suoi
-seguaci, ammontanti a più di tremila, non mangiavano carne, metteano
-tutto in comune, facean voto di verginità, e se anche ammogliati
-rispettavano la propria moglie come sorella.[212] Una gran parte di
-questi eretici, non volendo rinunziare alla sua fede, fu data dal
-popolo tumultuante alle fiamme, ma certo non tutti perirono sul rogo,
-ed i superstiti senza dubbio si fusero coi _patarini_.[213] Così
-all'ombra del movimento riformatore, capitanato da Gregorio VII, si
-dilatava sicura ed inavvertita l'eresia.
-
-Le ragioni finora addotte delle fortune del Catarismo mettono capo in
-quello spirito di opposizione alla Chiesa stabilita, per cui la nuova
-eresia facendo causa comune con tutte le antiche prende l'aspetto
-di una purificazione della coscienza religiosa. Ma oltre a questo
-elemento critico e negativo dobbiamo distinguere nella nuova religione
-un altro elemento, non meno importante, voglio dire l'ascetismo,
-pel quale non solo va d'accordo col Cattolicesimo, ma lo supera,
-offrendo così nuovo e più sostanzioso pascolo alle anime mistiche.
-La Chiesa catara sottoscrive di gran cuore alla massima cattolica
-che tre sono i nemici dell'uomo, il mondo, il demonio, la carne;
-ma ne trae le estreme conseguenze. Fra i tre nemici, ella dice, che
-sono uniti contro l'anima, corre di certo un rapporto di parentela,
-e come l'anima, per malvagia che sia, è dappiù della materia, così
-delle tre potenze avverse la maggiore è quella del demonio; le altre
-si possono considerare come sue ausiliarie, o meglio sue geniture.
-Ed eccoci in pieno dualismo.[214] Nè vogliamo tacere che questa
-trasformazione favoriva per soprammercato certe tendenze, molto comuni
-nel Medio Evo, ed anche oggi non estirpate del tutto, come a dire la
-fede nell'esistenza ed efficacia di spiriti malefici, che non solo
-assalgano gli eremiti del deserto, ma si caccino nelle popolose città,
-mescolandosi in tutti i negozii, e talvolta nascondendosi negli angoli
-delle case. È stato già notato come in queste superstizioni diaboliche
-rivivesse l'antico culto pagano. Per lo che non a caso si estesero e
-dilargarono col rifiorire degli studii classici, nè solo nel Medio Evo
-ma più ancora nella Rinascenza si credè follemente alle streghe e agli
-ossessi.
-
-Non farà dunque meraviglia che il Catarismo rispondendo a così
-diverse tendenze faccia tanti seguaci. Alle anime, avide di libertà,
-offre di sottrarsi al ferreo giogo della gerarchia; alle travagliate
-dalla sventura svela il mistero dell'infelicità umana, e promette
-la fine del doloroso pellegrinaggio. Le menti vigorose alletta
-coll'interpetrazione allegorica dei dommi, che tornano più ostichi
-alla ragione; le inferme seduce rafforzando le loro credenze nel
-diavolo, e giustificando le più strane e paurose superstizioni. Non
-per tanto i due elementi, che rilevammo nel Catarismo, non cessano di
-essere eterogenei. Chè l'uno tende, come dicemmo, alla purificazione
-del contenuto religioso, l'altro per lo contrario favorisce la
-superstizione; l'uno coll'andare del tempo riescirà alla reintegrazione
-della vita, l'altro ad una condanna di essa più cruda e recisa che non
-avesse fatto il Cattolicismo. Questi elementi adunque, così discordi,
-dovranno separarsi. Gli spiriti più geniali, e desiderosi di una vera
-rinnovazione religiosa lasceranno cadere l'ascetismo dualistico,
-importazione affatto orientale, e serberanno invece l'altra parte,
-frutto dei più grandi pensatori dell'occidente come Claudio di Torino,
-Agobardo di Lione, Berengario di Tours. Per tal guisa nascono i
-Valdesi.
-
-
-
-
-CAPITOLO II
-
-I VALDESI
-
-
-I
-
-L'opinione dell'identità di Valdesi e Catari è stata, sostenuta
-da nemici ed amici. Il Gretser tra i cattolici ad esempio crede
-che tutte le eresie del Medio Evo si riducano ad una sola, e che i
-nomi differenti ricordati da Raniero Sacconi e Pier delle Vigne non
-accennino se non a varietà locali di una stessa eresia.[215] E così i
-Valdesi si chiamano catari non dal greco καθαρὸς come parrebbe a chi
-ricordasse il nome che si solevan dare gli antichi Novaziani, bensì dal
-tedesco _Kätzer_. Quale sia poi l'origine di _Kätzer_ non è difficile
-dire. Forse da _kätzern_ dividere, ma più probabilmente da _cato_.
-_Cur autem majores nostri Germani haeretici nomen a cato indiderint
-promptum erit intelligere ei, qui proprietates cati cum genio et indole
-haereticorum conferre volet._ È inutile discutere queste stranezze,
-non tollerabili neanche nel 1612 quando furono scritte; ma voglio
-notare solo la contraddizione in cui cadeva il Gretser. Secondo lui i
-Valdesi non rimontano prima del 1160 ed hanno per progenitore Pietro
-Valdo.[216] Dunque le eresie anteriori, che nel nome di catarine furon
-condannate nei concilii di Tolosa del 1056 e 1119, non possono essere
-valdesi.
-
-Il bisogno polemico di fare apparire i Valdesi nella luce più fosca, e
-di attribuire loro anche gli errori dualistici per meglio combatterli,
-fuorviò il Gretser. E l'opposto disegno condusse allo stesso errore gli
-scrittori protestanti, come il Basnage, l'Abbadie, il Monastier.[217]
-I quali tutti sostenevano anch'essi l'identità di Valdesi e Catari,
-ma credevano che le dottrine dualistiche, attribuite a questi ultimi,
-fossero una invenzione dei loro persecutori. Eppure la verità non era
-difficile ad appurare, perchè le testimonianze più antiche non lasciano
-dubbio che i contemporanei sapessero già ben distinguere la setta
-catara dalla valdese. Così il Sacconi dopo avere esaminato le dottrine
-dei Catari, e le varie sètte in cui si dividono, serba un capitolo a
-parte ai valdesi, di cui parla come di una eresia tutt'affatto diversa,
-e che a nessuno verrebbe in mente di confondere colle precedenti.[218]
-Parimenti Stefano di Borbone distingue chiaramente i poveri di Lione,
-che ebbero e nome e dottrina da un tal Valdense, dai Patarini o
-Bulgari, che ei fa risalire direttamente a Mani e chiama senz'altro
-Manichei.[219] Più esplicito è Guglielmo di Puy Laurent che nella
-sue cronaca dice: nelle provincie narbonese ed albigese erano alcuni
-ariani, altri manichei, altri infine valdesi o lugdunesi, i quali
-tutti sebbene dissenzienti tra loro cospiravano pur contro la Chiesa
-cattolica. I Valdesi eran quelli che più acutamente disputavano contro
-gli altri eretici.[220] Oltre a codesti autori bisogna citare Alano che
-consacra ai Valdesi il secondo libro della sua opera ed il Moneta che
-non ignora esserci Valdesi più vicini ai Cattolici dei Catari.
-
-Del resto ove pongansi a raffronto le dottrine dei Catari con quelle
-dei Valdesi si colgono a colpo d'occhio le differenze. E perchè
-la nostra dimostrazione sia più compiuta, scegliamo gli autori del
-tempo in cui i Valdesi avean già subito parecchi influssi dei catari.
-Togliamo ad esempio il Sacconi, che scrisse nel 1250. Secondo questo
-inquisitore, che conosceva di persona gli eretici, i Poveri di Lione si
-dividono in due rami, quelli d'oltremonti ed i lombardi. La dottrina
-dei primi si assomma in questi quattro punti: 1º ogni giuramento
-è vietato dall'Evangelo; 2º non lice alla potestà civile punire di
-morte i malfattori;[221] 3º qualsiasi laico può consacrare il corpo di
-nostro Signore; 4º la Chiesa Romana non è la Chiesa di Cristo. I poveri
-lombardi s'accordano nei due primi punti coi fratelli d'oltremonti, ma
-intorno agli altri due vanno anche più in là. Sostengono che chiunque
-vive in peccato mortale non possa consacrare il corpo di Cristo, e
-la Chiesa Romana raffigurano nella donna dell'Apocalisse, e ai suoi
-precetti non vogliono obbedire, talchè non credono peccato mangiare
-carne in quaresima e nelle vigilie. Questa esposizione ci mostra non
-pure differenza ma opposizione tra le due dottrine. Non solo nella
-dottrina valdese manca qualunque traccia del dualismo cataro, ma mentre
-i Catari vietano assolutamente il mangiar carne, i poveri di Lione lo
-permettono anche nella quaresima e nella vigilia; e laddove quelli a
-simiglianza dei cattolici hanno sacerdoti, o Perfetti, ai quali solo
-è lecito benedire la tavola spezzando il pane, e somministrare il
-_consolamentum_; questi al contrario dicono non esservi bisogno di un
-particolare intermediario tra l'Uomo e Dio, ed ogni figliolo potersi
-rivolgere direttamente al suo padre celeste.
-
-Col Sacconi s'accorda Pietro di Vauxcernay, il quale mettendo in
-raffronto i Valdesi cogli Albigesi dice che i primi sono meno perversi
-dei secondi, perchè in molti punti convengono coi cattolici. A quattro
-assommano i loro errori, portar sandali secondo il costume degli
-apostoli, credere che ognuno di loro se anche non ordinato possa
-consacrare il corpo di Cristo, vietare che si giuri, o che si uccida
-per qualsiasi ragione anche giusta.[222] Davide di Augsburgo, che
-nell'enumerare le principali dottrine dei valdesi si accorda colle
-altre testimonianze, aggiunge questa circostanza, che i Poveri di Lione
-si credevano così lontani dagli eretici, da domandare al papa Innocenzo
-III il riconoscimento del loro sodalizio, come quello che menava una
-vita conforme ai precetti dell'Evangelo.[223]
-
-È adunque fuor di dubbio che i Valdesi non si possono accomunare coi
-Catari, e per la concordia delle più antiche testimonianze e per
-l'evidente disformità delle dottrine. Ma queste differenze non ci
-debbono far dimenticare i punti di contatto.
-
-I Valdesi non meno dei Catari adducendo il testo evangelico: che dal
-frutto si conosca l'albero,[224] sostenevano concordemente la Chiesa
-cattolica non potersi dire la vera chiesa di Dio.[225] Inoltre i
-Valdesi al pari dei Catari condannavano qualunque possesso; ed i primi
-si chiamarono perciò Poveri di Lione[226] che a somiglianza di Valdo
-spogliaronsi dei loro beni, e reputavano indegni seguaci di Cristo
-quei sacerdoti, che accettavano pingui prebende e regalie.[227] Per lo
-stesso motivo doveano condannare il potere temporale dei Papi,[228]
-e Valdesi e Catari solean dire che da quel giorno in cui Silvestro
-accolse l'infausto dono di Costantino la santità primitiva venne meno
-e la Chiesa di Cristo si tramutò nella donna dell'Apocalisse.[229] Nè
-solo in queste massime pratiche sono d'accordo e Catari e Valdesi,
-ma in molti punti dottrinali di grave momento. Dimostrammo già a
-suo luogo che i Catari per nascondere il loro ascetismo orientale
-sotto sembianze razionalistiche, solevano accogliere le più disparate
-dottrine eterodosse. E ben per tempo i Valdesi li seguirono per questa
-via. Vogliamo tra tutte ricordare questa, che ci viene attestata da
-una delle fonti più antiche, dall'abate di Foncaldo. Dio, essi dicono,
-ripetendo le parole dei Catari, non può albergare in una casa, fatta
-colle mani dell'uomo; nè fa d'uopo andare in chiesa per adorarlo. Lo
-s'adora con maggior frutto nelle stalle, nelle camere, chè dappertutto
-il figliuolo può invocare l'aiuto del padre suo.[230]
-
-Ed oltre a questa coincidenza è notevole l'altra del peso che davano
-all'autorità della Bibbia al di sopra di tutte le altre. I Catari
-nelle loro polemiche non si valevano tanto di prove dottrinali,
-tirate a fil di logica dai principii dualistici, ma più che altro
-della testimonianza del nuovo Testamento, il cui testo conoscevano
-profondamente. Parimenti i Valdesi possono dirsi, colla frase del
-Comba, popolo _unius libri_. E del loro capo racconta Stefano di
-Borbone, che non intendendo bene il latino, si fece tradurre la Bibbia
-in volgare, ed avuto il prezioso testo, lo studiava assiduamente e ne
-imprimeva a mente le massime.[231]
-
-Accanto dunque a notevoli differenze s'hanno pur da ammettere non poche
-analogie tra i Catari ed i Valdesi. Ed io non dubito che tra le opposte
-opinioni dei vecchi e dei nuovi espositori debba aprirsi la via una più
-moderata, che si tenga egualmente lontana dalle esagerazioni dell'una
-e dell'altra parte, ed ammettendo pure una diversa origine pei Catari
-e pei Valdesi riconosca l'azione efficace che gli uni esercitarono
-sugli altri. Sarebbe veramente strano che una agitazione così
-profonda, come quella dei Catari, non avesse prodotta una moltiplicità
-di sètte, come accadde più tardi al tempo della Riforma. Quando il
-sentimento religioso è sovreccitato, e la forza della tradizione è
-svigorita dall'urto delle nuove dottrine, è vano sperare l'unità di
-opinioni e nell'un campo e nell'altro. Dal contrasto tra quelli, che
-voglion distrugger tutto, e gli altri, che tutto intendon conservare,
-senza dubbio nasceranno non uno, ma parecchi partiti mediani che si
-avvicineranno qual più qual meno ad uno degli estremi. Così accadde
-che dal fondo dell'eresia catara emergessero tante eresie di cui
-avremo a parlare in seguito, e perfino gli Ebrei trassero partito da
-quell'arruffìo, gli Ebrei, che sono pure i meno atti al proselitismo
-religioso, e che in quel tempo, in cui si diffondeva una eresia più
-avversa della stessa Chiesa Cattolica al Mosaismo, parea poco prudente
-si rinzelassero. Ma videro i figli d'Israello propizia l'occasione,
-e dalla dottrina ariana, accettata dai Catari, della diversità di
-natura delle tre persone trassero la conseguenza che Cristo non
-valendo dappiù degli altri profeti del Vecchio Testamento, non avrebbe
-potuto distruggere la legge mosaica, la quale vige sempre in tutto
-il suo rigore; epperò chi vuol salvarsi ha da osservare il sabato e
-circoncidersi.[232] Se dunque l'agitazione religiosa era così intensa
-che persino gli ebrei speravano di trovar seguaci tra i cristiani, ed
-anch'essi al pari dei Catari si appellavano contro la Chiesa romana al
-Nuovo Testamento ed ai Profeti,[233] qual meraviglia che pullulassero
-altre sètte più o meno affini tra loro, ma tutte egualmente avverse
-alla Chiesa ufficiale?
-
-Contro queste argomentazioni si potrebbe addurre il fatto rilevato
-da tutti gli storici moderni, che i Valdesi nascono in Lione, dove
-l'eresia catara, per quanto si sappia, non è mai penetrata; nè io
-voglio dubitare del fatto, nè addurrò le solite ragioni contro le
-prove negative. Ammetto benissimo che l'impulso del moto valdese sia
-partito da Lione e per opera di un uomo, che certo non apparteneva
-alla setta catara. Ma questo moto dove si propaga, dove diventa più
-largo e minaccioso? Nei paesi dove fervea l'agitazione catara, e le
-discussioni religiose commoveano gli animi e le menti. Ivi l'eresia
-valdese si staccò definitivamente dalla Chiesa romana, e formò un corpo
-di dottrine in parte tolte dal catarismo, in parte a lui ostili. Ivi
-fece il maggior numero di seguaci, sottraendoli alla setta rivale,
-ed è ben certo che senza questi aiuti efficaci le idee del novatore
-lionese sarebbero state, come quelle di Claudio, seme senza frutto.
-Qual'è dunque la vera patria dell'eresia valdese? Il luogo dove nasce
-e donde ben presto fu scacciata o gli altri dove s'organizza, prende
-consistenza e perdura? Anche prima dei valdesi gli eretici Pietro
-di Bruys ed Enrico aveano fatto gran seguito nelle provincie di
-Arles e di Tours, già devote da gran tempo al catarismo. In seguito
-gli Enriciani stendendosi sino al Reno posero il loro quartiere
-generale in Colonia, ove sappiamo già da Evervino che pur s'adunava
-gran copia di Catari.[234] Lo stesso fatto accadde in Lombardia, ove
-l'eresia catara si era divisa e suddivisa in tante sètte, che al dir
-di Stefano di Borbone, parecchi vescovi rappresentanti ciascuno una
-frazione, riunitisi per trovar modo d'intendersi, riuscirono invece
-a scomunicarsi a vicenda.[235] In questo paese così travagliato
-dai dissensi religiosi ebbero ben presto molti seguaci i Valdesi, e
-fin da principio si divisero anche essi in sètte parecchie. Alcuni
-col nome di Poveri di Lione serbarono anche l'antica dottrina della
-povertà assoluta; gli altri, che si dissero Poveri Lombardi, pare che
-transigessero su questo punto dei possessi; altri negando il bisogno
-di speciale consacrazione, sostennero tutti gli uomini buoni potersi
-dire ministri del Signore, gli uomini, ben inteso, non le donne; altri
-scartarono come assurda questa ultima restrizione e così di seguito.
-Qual prova più convincente di questa che mostra come i Catari ed i
-Valdesi camminino di pari passo?[236]
-
-Dell'azione che l'antica eresia catara esercitò sulla nascente valdese
-fanno sicura testimonianza alcune dottrine che non hanno nessun
-nesso coi dommi fondamentali dei Poveri di Lione. Noi già ne abbiamo
-ricordato uno, che in nessun caso nè per alcuna necessità sia lecito
-torre la vita al suo simile fosse anche per difendere la propria vita,
-o per la conservazione dello Stato o della Chiesa. Si comprende che
-in opposizione alla Chiesa, inspiratrice delle crociate contro gli
-eretici, questi dovessero mettere in rilievo l'orrore dell'omicidio. Ma
-la condanna illimitata della pena di morte è un retaggio cataro, perchè
-i nuovi manichei come gli antichi proibivano severamente l'uccisione di
-ogni vivente, tanto d'un pollo come d'un uomo.[237] Un'altra dottrina
-non propria di Valdesi è l'assoluto divieto di giurare, attestato
-concordemente da Stefano di Borbone, Alano, Pietro di Vaux Cernay e
-Rainero Sacconi.[238] Che questa proibizione così rigorosa, benchè
-possa giustificarsi con citazioni bibliche (S. Giacomo, Epist. v,
-12; Mat. Ev. v, 34) non risponda allo spirito che informa l'eresia
-valdese, lo prova il fatto, che cadde nel protestantesimo. E se i
-Valdesi v'insistono tanto da farne il cardine delle loro dottrine, è
-dovuto senza dubbio alla tradizione catara. Chè i Catari, al pari dei
-gnostici antichi, aveano tanto in orrore il giuramento da metterlo a
-paro colla menzogna. Ed anche intorno alla menzogna i Valdesi ereditano
-dai Catari la massima che il nasconder la verità sia un peccato mortale
-non meno grave dell'omicidio; nè valgono circostanze o buone intenzioni
-a scemarne la portata.[239]
-
-Un'altra traccia si riferisce al matrimonio. Dicemmo già come e perchè
-i Catari condannino il matrimonio, nè pongano nessuna differenza
-tra l'unione legittima e il concubinato. I Valdesi rifiutando la
-metempsicosi non potevano avere gli scrupoli dei Catari, e non solo
-tenevano per sacramento il matrimonio, ma tornando ai tempi patriarcali
-avvisavano, secondo un'antica fonte, non essere peccato torre in moglie
-la sorella o la cugina.[240] Il che spiega come nel Protestantesimo
-si sia tolto l'obbligo del celibato pei sacerdoti. Ciò non pertanto è
-così stretto il legame tra Catari e Valdesi, che questi ultimi, se pur
-non condannano il matrimonio, lo tengono molto da meno del celibato. Nè
-vietano che quandochessia la moglie si separi dal marito per attendere
-ad una vita più austera; ma invece lodano questa che nel linguaggio
-cattolico si chiamerebbe infrazione di un vincolo sacro.[241] Secondo
-l'anonimo di Passau vanno più in là, e tengono addirittura per peccato
-mortale il coniugio, quando almeno non vi sia speranza di prole.[242]
-Si direbbe che mal tollerando il matrimonio, cercano tutte le vie per
-frapporgli ostacoli. Similmente s'erano adoperati gli Enriciani, che
-come vedremo sono i più prossimi precursori dei Valdesi; ed aveano
-anch'essi proibite se non le prime almeno le seconde nozze.[243] Tutte
-queste prescrizioni, che ripugnano allo spirito della Riforma, e che
-ben presto cadranno, non si possono spiegare se non ad un patto, che
-si ammetta un influsso cataro nella formazione della nuova eresia.
-Parmi adunque fuori di controversia, che sebbene l'eresia valdese si
-distingua profondamente dalla catara e indipendentemente da questa
-sia nata, pure crebbe e si diffuse per l'aiuto datole dai Catari, e
-per questo intreccio delle due eresie nell'una sono penetrate dottrine
-proprie dell'altra, e fu possibile che gli storici posteriori non le
-sapessero più distinguere.
-
-Resta ora da discutere l'altra quistione del tempo in cui nacque la
-Chiesa valdese.
-
-
-II
-
-Gli scrittori valdesi per fini apologetici negano di avere tolto il
-loro nome da Pietro Valdez, mercatante lionese, che cominciò a spargere
-le sue dottrine nel 1170, e credono che la loro Chiesa rimonti assai
-più indietro nel tempo. Anche gli antichi Valdesi si davano il vanto
-di essere gl'immediati successori degli apostoli.[244] Ma certo essi
-intendevano che durante il lungo tempo che corse tra Costantino
-e Pietro Valdez non mancarono santi uomini, mondi dalla generale
-corruzione,[245] non certo che il loro patriarca fosse contemporaneo
-di papa Silvestro.[246] Ed il prof. Comba opportunamente ricorda che
-i primi scrittori valdesi come il Perrin ed il Gillio accettano la
-comune ed antica tradizione dell'origine lionese.[247] Fu il primo
-Léger che prese a favoleggiare di una origine più remota, e dietro a
-lui seguirono altri scrittori fino al Muston, al Monastier, all'Hahn.
-Le ragioni più forti le traevano codesti scrittori dall'antica
-letteratura valdese, che facevano rimontare al 1100 o giù di lì. Ma il
-Dieckhoff prima[248] e poi l'Herzog dimostrarono evidentemente, che le
-opere, credute antiche erano invece posteriori ai taboriti. Più tardi
-trovati i celebri manoscritti di Cambridge, che si credevano dispersi,
-fu constatato che anche la Nobla Leyczon, creduta antichissima dal
-Raynouard, è posteriore al 1400, perchè nel famoso verso: _Ben ha
-mil et cent ancz_ si deve aggiungere un piccolo quattro, visibilmente
-raschiato in un codice, ed altrove scritto a tutte lettere.[249] Così
-fu tolto ogni valore alle fonti valdesi, e benchè l'Herzog seguitasse a
-farne gran conto, pure è fuori di dubbio che senza le fonti cattoliche
-sarebbe ben difficile sceverare negli scritti valdesi la parte antica
-della dottrina dalle moderne aggiunte.[250]
-
-In questa sentenza convengono ormai tutti gli scrittori più autorevoli.
-Solo il Muston non si dà per vinto, e con nuovi argomenti rincalza
-l'antica sua tesi, che i Vaudois delle valli piemontesi e pel dialetto
-che parlano e pei libri che scrissero si chiariscono molto più
-antichi di Pietro Valdo, ed indigeni dei luoghi, ove da tanti secoli
-abitano.[251] Ma la teoria del Muston, che il dialetto valdese sia
-d'origine schiettamente italiana, e non provenzale contraddice ai
-risultati più certi della filologia neolatina, come ha dimostrato
-un'autorità ben competente, il prof. Förster di Bonn.[252] E la
-quistione dell'antichità dei Valdesi si può dire ormai con certezza
-risoluta nel senso delle fonti cattoliche.
-
-Ma se è vana la pretensione dei Valdesi di far rimontare la loro setta
-sino ai tempi di papa Silvestro, non è punto falso per lo contrario,
-che nei secoli passati si scoprano qua e là segni precursori delle
-nuove eresie. La continuità della Chiesa valdese dai tempi apostolici
-sino a noi è una favola; la lenta preparazione delle sue dottrine
-nei secoli anteriori è un fatto storico. Così non a torto i Valdesi
-adducono tra i loro predecessori Claudio, cappellano di Ludovico il
-Pio, e vescovo di Torino dall'822 all'839.[253] Certo le sue opinioni
-iconoclastiche non lo metton fuori dalla Chiesa cattolica, chè le
-decisioni del concilio Niceno del 787, non che accolte negli Stati
-occidentali, furono invece respinte nel concilio di Francoforte del
-794; e lo stesso Carlo Magno e molti prelati non dissimulavano la loro
-avversione al culto delle immagini. Ma è strano che Claudio proscriva
-perfino l'adorazione della Croce, rappresentante agli occhi suoi,
-come a quelli dei Catari, non un pio ricordo della passione di Gesù,
-ma uno strumento d'ignominia.[254] Questo difetto di ogni senso pel
-simbolismo religioso non è però il tratto che più raccosta il vescovo
-di Torino ai moderni valdesi; perchè più della stessa condanna del
-culto delle imagini, le ragioni che adduce per sostenerla arieggiano
-al fare protestante. Lui move la tema che il volgo, confondendo il
-simbolo col simboleggiato, insieme li adori ricascando nell'antico
-paganesimo. A questo timore s'aggiunge il convincimento, che si debba
-inchinare solo al Creatore non alla creatura per grande che sia, e
-a Dio solo rivolgerci senza l'inutile scorta d'intermediarii; onde
-insieme al culto delle imagini proscrive anche l'invocazione dei Santi
-e le litanie. Non col metterci nel seguito dei Beati noi partecipiamo
-alla loro beatitudine, ma coll'attingere alla stessa fonte di giustizia
-e di carità assoluta, a cui attinsero quelli. Siffatta condanna di usi
-e riti tradizionali vien giustificata dalla profonda differenza che
-corre tra l'essenza della religione e le sue manifestazioni storiche;
-che per quanto pura ed elevata è la prima, altrettanto imperfette e
-facili a corrompere son le seconde. E l'essenza intima della religione
-non è aperta a tutti, bensì a pochi ingegni privilegiati, come quello
-di Agostino, cui il nostro Claudio, al pari dei Protestanti, mette al
-di sopra degli altri padri della Chiesa. È per questo appunto che la
-spiritualità della religione ideale si offusca nel corso della storia,
-è necessario che di tempo in tempo nascano coraggiosi prelati, i quali
-combattano senza tregua gli errori, e faccian rifiorire la purità
-primitiva. In questi pensieri è racchiusa in germe non solo la riforma
-della dottrina cattolica, ma benanco un'ulteriore trasformazione
-razionalistica.[255]
-
-Al pari di Claudio vescovo di Torino, è iconoclasta Agobardo
-arcivescovo di Lione,[256] autore di un libro _contra eorum
-superstitionem, qui imaginibus et picturis sanctorum adorationis
-obsequium deferendum putant_. Ma l'opera di Agobardo giovò più alla
-causa del razionalismo che a quella della riforma, e la maggior parte
-degli scritti di Agobardo sono indirizzati contro le superstizioni
-popolari. Nel libro _de grandine et tonitruis_, combatte l'ignoranza
-del volgo, il quale crede che con preghiere ed esorcismi si possa
-torcere il corso della natura. Il che importerebbe non pure che Dio
-possa mutare i suoi consigli, ma che nel governo del mondo abbiano
-parte quelli, mediante i quali accadono questi mutamenti. Contro il
-duello giudiziario scrive un prezioso trattato, _Liber adversus legem
-Gundobaldi_, in cui mette a nudo l'assurdo di chieder la divinità di
-opere, che spetta a noi compiere, come la ricerca della verità. Chi ci
-assicura che la Divinità si presti al piacer nostro, e che la vittoria
-non sia dell'innocente, ma del più abile? La virtù lungi dal trionfare,
-anzi il più delle volte suole essere oppressa; talchè al cristiano
-s'insegna di nulla sperare e nulla temere da questo mondo. Questi
-trattati si rivolgono contro pregiudizii e superstizioni popolari; nè
-certo in essi, ma in quelli schiettamente teologici troveremo qualche
-accenno alle idee che più tardi saranno sostenute dai Valdesi. Così
-nel libro contro Fredegiso sostiene non doversi la Bibbia intendere
-sempre alla lettera, chè il contenuto è certo divino, ma la forma,
-vale a dire imagini e parole, sono umane, e adatte alla condizione dei
-tempi. Tutto ciò che è umano non può pretendere mai all'infallibilità,
-e la principale virtù dell'uomo è l'umiltà, nella quale si riconosce
-la propria fragilità. Dal che l'avversario Fredegiso nell'interesse
-polemico dedusse che Gesù, praticando l'umiltà, si riconosceva capace
-di peccare. Conseguenza giusta, a cui Agobardo s'argomenta di sfuggire
-adducendo esser l'umanità di Cristo di una natura sua propria, e non
-assimilabile a quella degli altri uomini. La qual risposta avrebbe
-porto argomento a discutere del rapporto delle due nature in Cristo;
-ma la polemica non ebbe seguito. Come anche non ebbe seguito l'altra
-discussione sull'eternità della Redenzione. Agobardo volendo conciliare
-insieme i due punti, che non si è salvi se non per opera di Cristo,
-e che la salute abbia potuto aver luogo in tutti i tempi, ammetteva
-la preesistenza del Salvatore all'Incarnazione. Il che veniva negato
-da Fridegiso sull'autorità di Agostino.[257] Ma nè questa quistione
-nè la precedente si connettono colle polemiche riformistiche; onde
-non a torto il Monastier tien più conto di Claudio che di Agobardo, e
-questo ultimo solo in un senso molto largo si potrebbe annoverare tra i
-predecessori dei Valdesi.
-
-Nè si può contare a stretto rigore neanche Berengario (999-1088),
-sebbene nella polemica che questo coraggioso prete sostenne contro
-Lanfranco sono ben messi in rilievo due punti di molto interesse
-nel Protestantesimo; il carattere simbolico dell'Eucaristia, e la
-preferenza data alla Bibbia (purchè la s'interpetri nel suo spirito)
-in confronto della tradizione religiosa. Ma più ci avviciniamo al
-secolo XII, ed in maggior numero scopriamo precursori della dottrina
-valdese. Verso l'anno 1110 un laico di Amsterdam, di nome Tanchelino,
-insurse contro il clero corrotto. Par che cominciasse dal combattere
-la dottrina agostiniana, che i doni di Dio arrivano sempre a chi
-li riceve con fede, anche se il messo che li porta sia indegno come
-Giuda.[258] Egli invece predicava non giovare il sacramento se non in
-ragione della santità di chi l'amministra.[259] Dottrina, che s'era
-già fatta strada tra i Patarini, e per averla prima di Tanchelino
-predicata un tale di Cambray fu arso vivo, esecuzione iniqua contro
-la quale protestò Gregorio VII, chiedendone stretto conto al clero
-cameracense.[260] Ma pare che non s'arrestasse a questo punto
-l'eresiarca di Amsterdam. Se i Sacramenti non valgono di per sè, ma
-solo in quanto mettono in comunione le anime pie e devote, non sono
-dappiù di un simbolo; nè hanno alcuna virtù sovrannaturale, e ogni
-uomo pio può somministrarli.[261] Non c'è dunque ragione di prestare
-un ossequio superstizioso ai sacerdoti e vescovi. Ogni fedele, di
-anima pura, è sacerdote, massime se è sotto l'ispirazione diretta del
-Santo Spirito. E tale è Tanchelino, che predicando la schietta verità,
-non è solo al di sopra dei sacerdoti e vescovi, ma può aspirare a
-ben più alti onori. Nè la madre stessa di Gesù, la Vergine Maria, gli
-rifiuta la sua mano. Anzi queste mistiche nozze, a quel che dice un
-cronista, furono celebrate con pompe e donativi. Tanto potere s'era
-acquistato sulle turbe il nuovo Profeta, che vestito di gemme, e legati
-i capelli da triplice nastro, procedeva alla testa di tremila persone
-che lo veneravano più che santo, fino al punto da bere l'acqua del suo
-bagno.[262] Non ostante questo favore popolare, Tanchelino fu ucciso da
-un prete nel 1125 secondo alcuni, nel 1115 secondo altri.[263]
-
-Contemporaneamente a questo movimento nelle Fiandre ne scoppia un
-altro nel mezzogiorno della Francia, e dalla provincia arelatense si
-estende e si dilarga _more pestis validae_, dice l'abate di Cluny. Il
-capo di questa eresia è Pietro di Bruys, il quale nega il battesimo
-dei bambini, la necessità di consacrare fabbricati appositi al culto,
-l'adorazione della croce, l'eucaristia, infine le messe, orazioni
-ed elemosine in suffragio dei defunti.[264] Dottrine che abbiamo
-già viste mescolate a tante altre nel Catarismo, e che fra non molto
-saranno accolte nella loro integrità dai Valdesi. Il numero dei seguaci
-s'ingrossava rapidamente, ed uno dei discepoli, il monaco Enrico,
-ebbe tal seguito che gli eretici di quel tempo vanno più col nome di
-Enriciani, che non Petrobrusiani.[265]
-
-Enrico cominciò in Tours le sue predicazioni contro il fasto e la
-dissolutezza del clero. E l'argomento non era fuor di proposito, chè
-non ostante i rigori dei Pontefici, i preti perduravano nelle antiche
-consuetudini, e più d'un secolo dopo le riforme gregoriane il concilio
-lateranense del 1177 fu costretto ad inserire un canone contro i
-sacerdoti concubinarii.[266] Il terreno era dunque bene scelto, e la
-vittoria certa. Adoperava le stesse armi dei Patarini e di Tanchelino,
-e, nuovo Arialdo, sapeva accendere l'animo del popolo così, che
-il vescovo Ildeberto ebbe a durar fatica se volle salvare dall'ira
-della turba i sacerdoti e i lor figli.[267] Espulso dalla diocesi di
-Tours, continuò la sua propaganda nel Poitou, e di là sino a Tolosa.
-E l'eresia faceva così rapidi progressi, che Eugenio III[268] fu
-costretto a mandare per suo legato nel Tolosano il cardinale Alberico,
-che scelse a suo compagno S. Bernardo. Di questo ultimo abbiamo ancora
-due lettere, in cui il pericoloso monaco è ritratto coi più neri
-colori; lo si rimprovera d'incontinenza, ingordigia e venalità;[269]
-gli si appone a colpa sinanco il peregrinare di città in città secondo
-il costume apostolico.[270] Ma queste accuse mal nascondono le ansie
-del santo abate, il quale ben conosce il valore dell'avversario suo,
-nè si dissimula il successo da lui riportato. Vuote son le chiese,
-ei dice, il popolo senza sacerdoti, i sacerdoti senza autorità, i
-Cristiani senza Cristo.[271] Il che mal s'accorda col ritratto che ei
-fa di Enrico, essendo ben difficile che un uomo sì corrotto operi tali
-miracoli, ed un freddo ed astuto calcolatore valga a infondere altrui
-il fuoco sacro.
-
-La verità non s'ha da cercare nelle studiate accuse dei polemisti,
-ma nelle ingenue parole della vecchia cronaca, il cui autore pur
-non credendoci, ci parla della fama di santità e di scienza che
-accompagnava il novatore.[272] E per testimonianza degli stessi
-cattolici gli eretici o manichei o petrobusiani o che altro fossero,
-appunto per questo ottenevano presto il favor popolare, che di contro
-alla mollezza della maggior parte del clero menavano una vita austera
-e faticosa.[273] Pellegrinavano di paese in paese, sempre stranieri
-dovunque, non possedendo in alcun luogo o un tetto o un campo per
-sè, solleciti soltanto della salvezza delle loro anime, non altro
-tesoro portando seco, fuor dell'invitta fede che li animava.[274] In
-olocausto alla quale essi sacrificavano la lor vita, gittandosi lieti e
-volenterosi nelle fiamme. Costanza eroica, degna dei primi martiri del
-Cristianesimo, e non ultima causa del rapido dilatarsi delle dottrine
-eterodosse![275]
-
-Gli è vero, che Evervino parla qui dei Catari, ma egli stesso ci narra
-di altri eretici, i quali pur non accettando i principii dualistici,
-evacuant sacerdotium Ecclesiae et dannant sacramenta praeter baptismum
-solum et hunc in adultis.... in suffragiis sanctorum non confidunt ....
-orationes vel oblationes pro defunctis annihilant.
-
-Il qual passo della lettera di Evervino ci mostra come in breve
-tempo le dottrine di Enrico e di Pietro dalle rive della Garonna
-sieno arrivate sino al Reno, ove questi antichi protestanti non pur
-si distinguevano dai Catari, ma entravano bene spesso con essi in
-polemiche ardenti.[276] Questo ebbe luogo negli ultimi anni di Eugenio
-III, e prima ancora che fosse assunto al trono imperiale Federigo
-Barbarossa. Dal che si comprenderà come tal movimento si dilatasse e
-divenisse più minaccioso negli anni successivi, in cui i papi Adriano
-IV ed Alessandro III ebbero a sostenere contro Federigo I una lotta
-non meno aspra e difficile di quella che pressochè un secolo prima
-s'impegnò tra Gregorio VII ed Enrico IV. Ed in quegli anni appunto in
-cui il mondo cattolico era diviso tra Alessandro III e i tre antipapi,
-che successivamente gli furono opposti, s'udì in Lione la voce di
-Pietro Valdez,[277] che venduto tutto il suo, e distribuitone il prezzo
-ai poveri, si mise alla testa di una setta che da lui prese il nome
-di Valdesi, e dal luogo onde mosse, e dalla vita mendica che menava si
-disse anche dei _Poveri di Lione_.
-
-
-III
-
-Le fonti non sono d'accordo sull'occasione che provocò la risoluzione
-del Valdez. L'anonimo di Passau l'attribuisce alla morte improvvisa
-di un signore di Lione convenuto col Valdez ed altri amici ad
-un'adunanza;[278] il cronista laudunense invece fa cenno di un
-racconto della vita di S. Alessio, che avrebbe siffattamente tocco il
-nostro Pietro da recarsi sull'istante presso un maestro di teologia
-per chiedergli della vera via di salute. Ed il mercatante lionese,
-arricchito sinoggi ai danni altrui, ottiene in risposta che la via
-della salute sta nel disfarsi di tutto, e seguir Cristo, essendo molto
-più facile che un cammello entri nella cruna di un ago, anzi che un
-ricco in paradiso.[279] Forse il primo racconto sarebbe più verisimile,
-e anche di Budda dicesi che lo spettacolo delle miserie umane gli abbia
-acceso nell'animo il fervore religioso. Ma comunque sia, l'apparizione
-del Valdez, non è un fatto isolato, nè difficile a spiegare. Già prima
-di lui altri novatori avean predicate le stesse dottrine. E tutte le
-anime religiose sentivan bene che a lungo andare la Chiesa cattolica
-sarebbe stata logorata da quei mali, che un Pier Damiani ed un Bernardo
-confessavano apertamente. Nè la Chiesa dei Catari, sebbene più austera
-della sua rivale, potea farne le veci, che per le stranezze dei dommi
-mal s'accomodava al genio occidentale. Non restava dunque se non
-una riforma del Cattolicismo molto più profonda e radicale di quella
-cominciata da Gregorio VII. E giacchè il clero non ostante le vittorie
-patariniche continuava negli antichi errori, se salute era possibile,
-del laicato solo si aveva a sperare.
-
-In queste condizioni sorge Pietro Valdez, ed il primo atto del suo
-apostolato è di spogliarsi delle male accumulate ricchezze.[280] E
-lasciata alla moglie, secondo la cronaca laudunense, tutta la sostanza
-immobiliare, dotate convenientemente le figlie che chiude in un
-convento, il resto dei suoi averi distribuisce tra i poveri. Lo stesso
-cronista ci racconta che infierendo in quel tempo la carestia per la
-Francia e la Germania, il Valdez soleva distribuire pane e carni a
-chiunque gli capitasse. Così la fama della sua carità si spargeva di
-città in città; tutti i bisognosi facevan capo a lui, e per soccorrerli
-ei spendeva l'ultimo denaro. Ben si maravigliavano gli amici, e lo
-tenevano per pazzo, ma egli seguendo la sua via, nel dar fondo a tutto
-il suo, stimavasi affrancato da una grande servitù.[281] Per tal guisa
-il mercatante di Lione cresciuto tra gli agi e le mollezze si compiacea
-di tornar povero, ed accattava anche lui battendo alle porte dei
-compagni antichi.[282] Quanta differenza dai prelati della Chiesa, che
-non istanchi di accumulare ricchezze, misuravano la dignità del loro
-ufficio dallo splendore delle vesti e dal lusso degli equipaggi!
-
-Il primo punto dunque dell'insegnamento di Valdez è la povertà
-volontaria, principale mezzo di salute. I Patarini ed i Catari
-sull'autorità degli stessi testi evangelici avean sostenute le
-medesime dottrine, facendone un'arma potente contro la simonia del
-clero.[283] Ma mentre i Catari obbligano anche i perfetti a vivere
-del lavoro delle proprie mani, e vietano severamente l'accattonaggio,
-il Valdez lo predica, e lo inculca col suo esempio come severa prova
-di umiltà. Per questa ragione i seguaci dell'apostolo lionese accanto
-alla denominazione di Poveri di Lione si gloriano di portare quella di
-Umiliati.[284] Più tardi questa dottrina della povertà assoluta, e del
-gran merito dell'accattare verrà ripresa e sostenuta calorosamente dai
-Francescani.
-
-Questa dottrina della povertà se potea suonare come protesta contro
-il fasto e le mollezze dell'alta prelatura, non era certamente
-anticattolica, nè abbiamo motivo a negar fede all'anonimo laudunense
-che racconta essere stato il Valdez grandemente lodato da papa
-Alessandro III pel voto fatto di volontaria povertà.[285] Ma sovra un
-altro punto lo stesso Papa non poteva transigere, nè egli nè il suo
-successore vi si piegarono, voglio dire sulla predicazione. Il Valdez
-conosciuta la vera via della salute, non fuggì in un lontano romitaggio
-per consacrarsi alla preghiera ed alla penitenza secondo il costume
-degli antichi cenobiti; ma bene invece sentì il profondo bisogno
-d'insegnare agli altri quello che a lui venne fatto di scoprire.
-Il Valdez avea l'istinto del riformatore religioso, e ben sapeva
-trasfondere altrui l'intimo suo convincimento. Nè solo lui, ma tutti i
-discepoli, a simiglianza degli apostoli, andavano pellegrinando per la
-terra a spargere la nova parola; nè ha torto il Dieckhoff di chiamare
-il sodalizio fondato dal Valdez col nome di liberi predicanti. E come
-ad imitazione dei poveri di Lione sorsero i poveri d'Assisi o frati
-minori, così ad imitazione dei predicatori valdesi nacquero i frati
-predicatori. In queste faticose pellegrinazioni i Valdesi non solo
-sulla povertà predicavano, ma su tutto l'indirizzo morale e religioso,
-spiegando i libri sacri,[286] che Valdo avea a sue spese fatto volgere
-in provenzale da due ecclesiastici, un Bernardo Idro che scrivea ed
-uno Stefano di Ansa che dettava la traduzione.[287] Essi non furono
-i primi a volgarizzare la Bibbia, avendoli preceduti i Catari che
-dei testi tradotti faceano largo uso nelle loro polemiche contro la
-Chiesa cattolica. Certo nessun'altra setta ebbe in tanta venerazione
-i sacri testi, la cui autorità più tardi sarà messa al di sopra della
-tradizione; e se lo studio della Bibbia non è il tratto più novo e più
-caratteristico della nuova setta, certo non è meno importante degli
-altri già descritti. Ed io sarei per credere che la povertà, la libera
-predicazione ed il culto della Bibbia non si possono scindere l'uno
-dall'altro da chi voglia riprodurre tutta intera la fisonomia della
-nuova setta.
-
-Le autorità ecclesiastiche mal tolleravano che dei laici idioti od
-illetterati non solo usurpassero l'ufficio della predicazione, ma
-s'adoperassero a spiegare i libri santi, i quali vanno interpetrati
-e commentati con molta cautela. Talchè lo stesso Alessandro, che
-avea lodato il voto di povertà fatto dal Valdez, interrogato forse
-il concilio raccolto nel Laterano nel 1179, vietò a lui ed ai suoi
-compagni di predicare senza il permesso dell'autorità ecclesiastica
-locale.[288] Già questa, ben conscia dei pericoli di una predicazione
-laica, lungi dall'incoraggiarla, l'avea repressa, e Stefano di Borbone
-ricorda che Giovanni, vescovo di Lione, chiamati a sè i Valdesi, proibì
-loro di occuparsi della Bibbia e di commentarla e divulgarla per le
-vie.[289]
-
-Non per questo smesse l'ardito novatore, e dicesi che alle ingiunzioni
-del vescovo rispondesse come l'apostolo al principe dei sacerdoti,
-doversi obbedire più a Dio che agli uomini.[290] Ma il principe dei
-sacerdoti, Lucio III, scomunicò lui e i suoi seguaci,[291] e da quel
-giorno cominciarono le ardue prove per la novella società. Espulsi da
-Lione, andarono raminghi per diverse contrade, non cessando dal loro
-apostolato, e pare che convinti della propria ortodossia contro il
-decreto di Lucio, s'appellassero ad Innocenzo III, dal quale invocavano
-eziandio l'approvazione del loro sodalizio.[292]
-
-Innocenzo al certo poneva differenza tra Catari e Valdesi, e questi
-come meno eterodossi trattava con maggiore indulgenza. Prova ne sia
-quel Durando de Osca, capo di una frazione detta degl'Inzabattati, il
-quale appellatosi a lui dalla scomunica dell'arcivescovo terraconese,
-non solo fu riammesso nel seno della Chiesa, ma dopo esplicita
-dichiarazione di fedeltà alla Santa Sede ebbe licenza di conservare
-il suo istituto.[293] Non trovarono però eguale accoglienza gli altri
-leonisti, che non vollero abbandonare le dottrine della predicazione
-laica, e della libera interpetrazione della Bibbia. Contro costoro
-Innocenzo tenne duro, e in luogo di essi approvò un altro sodalizio,
-che pur facendo voti di povertà come i Valdesi, ne respingeva le
-pericolose dottrine. Questi nuovi zelanti, che col tempo dal loro capo
-prenderanno il nome di francescani, dicevansi allora poveri minori, e
-più tardi per non andar confusi cogli emuli di Lione si dissero frati
-minori.[294] E nel concilio lateranense del 1215 i Valdesi furono
-scomunicati non meno dei Catari e dei Passagini, e condannati al pari
-di loro al ferro ed al fuoco.
-
-Le persecuzioni si fecero allora più feroci, e la società valdese
-si disperse in opposte e remote contrade. Dove sia andato il Valdez
-non si sa, e il luogo e il tempo della sua morte s'ignora. Certo
-la sua memoria crebbe venerata tra i suoi seguaci, che lo ebbero
-per santo così da rimproverare i Poveri Lombardi che non credessero
-all'impeccabilità di lui, come di nessun altro uomo al mondo.
-
-
-IV
-
-Dalla condanna del concilio lateranense, o forse anche più in su dal
-giorno in cui Innocenzo respinse le proteste dei Valdesi, cominciò
-per loro un nuovo periodo, che diremo delle lotte, per distinguerlo
-dal periodo precedente o delle origini. La differenza tra questi due
-periodi fu già rilevata dal Dieckhoff, che seppe ben classificare le
-fonti secondo un criterio cronologico.[295] Nè so capire il perchè
-gli scrittori di cose valdesi siensi allontanati dalla via così
-luminosamente tracciata dal loro predecessore. Si può ben dire che il
-Dieckhoff abbia errato in qualche punto secondario, come ad esempio
-che faccia l'Alano più antico di quel che sia; ma non si può negare
-che in Alano e nel Foncaldo la dottrina valdese poco s'allontani
-dal cattolicismo, e che se ne stacchi molto di più nel Borbone, nel
-Moneta, nel Sacconi, e rompa di tutto punto in Davide d'Ausburgo.
-Questa disparità delle fonti è dovuta al tempo in cui apparvero, ed al
-successivo sviluppo della dottrina valdese.[296]
-
-Dal principio, come dicemmo, i Valdesi si tenevano per buoni
-cattolici,[297] nè sapeano intendere il perchè un laico non avesse da
-leggere ed interpetrare la Bibbia, e gli fosse conteso di spandere
-presso i popoli la parola del Signore.[298] Non erano forse laici
-gli apostoli, che andavano di contrada in contrada predicando
-la buona novella? E non leggiamo nell'antico Testamento che Mosè
-lungi dal portare invidia ai profeti, desiderava invece che tutti
-profetassero?[299] Del resto neanco nei nuovi tempi mancarono laici,
-che predicassero con successo la parola del Signore, e dalla Chiesa
-non che impediti venner levati sugli altari, come ad esempio il beato
-Onorato e santo Equizio.[300] I Valdesi non capivano che in una Chiesa
-costituita gerarchicamente non possano commettersi a chiunque uffici
-così delicati come l'interpetrazione dei sacri testi e la predicazione.
-Ed attribuivano perciò il divieto all'invidia o alla gelosia del clero,
-che non volendo abbracciare la povertà voluta dal Cristo, mal tollerava
-che altri e colla voce e coll'esempio la predicasse.[301] D'una
-ingiunzione, dettata da motivi siffatti, era dunque lecito e doveroso
-non tener conto, perchè secondo Pietro non agli uomini ma a Dio bisogna
-obbedire.[302]
-
-La disobbedienza agli ordini emanati dal Papa e dal concilio fu
-il primo atto di aperta opposizione dei Valdesi,[303] che provocò
-polemiche astiose, e novelle scissure. I cattolici sull'autorità
-del concilio lateranense sostenevano che l'ufficio di predicazione
-spettasse ai soli sacerdoti, e non a tutti, bensì a quelli
-prescelti dai vescovi.[304] I Valdesi protestavano contro queste
-restrizioni, e stimavano lecito a chiunque sapesse la parola del
-Signore il predicarla, senza distinzione nè di sesso nè di età nè di
-condizione.[305] E che anche le donne possano esercitare l'apostolato
-lo provavano coll'autorità della lettera a Tito, e coll'esempio di
-una profetessa.[306] Coteste dottrine erano diametralmente opposte,
-l'una ripeteva il diritto della predicazione dalla scelta del vescovo,
-l'altra dall'ardore e dalla scienza dell'insegnante. E trapassando
-dall'insegnamento a tutti gli altri uffici religiosi, l'una dottrina
-non teneva conto se non dell'ordinazione, l'altra del merito.[307] Dal
-che seguiva questa conseguenza notevole, tirata dagli Arnaldisti prima
-dei Valdesi, che solo ai sacerdoti o ministri buoni bisogna obbedire,
-vale a dire a quelli che nella loro vita e nei costumi loro si mostrano
-degni seguaci degli apostoli.[308] Imperocchè se il merito solo e non
-l'ordinazione è la fonte della dignità sacerdotale, quelli che nelle
-opere loro si mostrano impari all'alto ministero, hanno perduto non
-ostante l'ordinazione ogni autorità.[309]
-
-Dottrina siffatta è non solo contraria alla cattolica, che non
-riconosce altro giudice del sacerdote all'infuori del superiore
-gerarchico; ma benanco alla protestante, che attribuisce minor merito
-alle opere che non alla fede.[310] Con tutto questo e gli Arnaldisti,
-ed i Valdesi la professavano, come ci viene concordemente attestato da
-fonti antichissime, quali Alano e l'Abate di Foncaldo, la cui autorità
-nessuno può revocare in dubbio.[311]
-
-Questa dottrina del merito in opposizione all'ordine venne formolata in
-occasione della predicazione; ma è ben certo che a non lungo andare si
-applicò anche ad altre funzioni religiose, prima tra le quali fu senza
-dubbio la confessione. Che dal sacerdote legittimamente ordinato si
-ascoltasse la messa, o si ricevesse la cresima non portava pregiudizio
-alla nuova associazione, la quale si credeva sempre sinceramente
-cattolica, e nessuno dei sacramenti voleva negare. Ma non era
-possibile che i membri del nuovo sodalizio si confessassero a sacerdoti
-cattolici, che faceano ai Valdesi una guerra non meno aspra e spietata
-che ai Catari. Bisognava dunque svigorire l'autorità della confessione
-cattolica, e sostituire a quella un'altra forma che meglio convenisse
-ai progressi della nova società. A tale uopo solean dire i Valdesi,
-che i sacerdoti cattolici ribelli ai precetti del divino maestro,
-non potranno assolvere le colpe altrui se prima non si lavano dalle
-proprie.[312] Nè la confessione è indispensabile, perchè chi perdona
-non è sacerdote, ma Dio stesso, e quando a Dio ci rivolgiamo col
-cuor contrito, che uopo v'ha del sacerdote?[313] Certo il confessore
-talvolta ci aiuta coi suoi consigli, e cogli ammonimenti suoi; ma
-quest'ufficio può essere disimpegnato da qualunque laico,[314] e la
-prima confessione cristiana non si faceva in segreto, ma in pubblico,
-non presso un sacerdote solo, ma presso la comunità dei fedeli.
-
-Il principio di tutte queste argomentazioni è sempre il medesimo,
-che al solo merito si debba attribuire valore, onde soltanto chi s'è
-saputo rifare nell'intimo della sua coscienza, così da detestare le
-colpe commesse, questo solo sarà perdonato da Dio. Quando manchi la
-contrizione è assurdo assolvere, perchè non c'è nulla fuori della
-coscienza che possa la coscienza purificare. Talchè non s'ha da credere
-di poter comprare l'indulgenza a denaro sonante, o in qualsiasi altra
-guisa, che non sia il profondo ed intimo dolore di aver peccato.[315]
-E se le indulgenze non giovano ai vivi, tanto meno ai morti, i quali
-non hanno più modo di rinnovarsi, essendo chiusa ormai loro la via
-dell'operare.[316] E ormai sono quel che furono, dannati se vissero
-male, beati se vissero bene.[317] Insieme colla dottrina delle
-indulgenze si legano sempre quelle dei suffragi pei defunti, e del
-Purgatorio; ed i Valdesi che negavano le prime doveano anche riescire
-alla negazione dei secondi.[318]
-
-In questi punti par che fossero d'accordo tutti i Valdesi, il che non
-esclude la possibilità della divergenza in altri. Nè solo possibile
-tornava questa divergenza ma necessaria, perchè la dottrina valdese
-era in continuo movimento, ed ogni giorno come vedemmo e vedremo
-s'aggiungevano novi articoli secondo le vicende della lotta, che
-sostenevano colla Chiesa ufficiale, ed i bisogni della polemica.
-Oltrechè il sodalizio valdese parte pel bisogno dell'apostolato,
-parte per isfuggire alle persecuzioni degl'inquisitori s'era sparso
-pressochè in tutta l'Europa, e nelle diverse regioni venuto in contatto
-con eresie diverse si era fuso con esse, prendendone dottrine, che
-al principio gli erano estranee. Di tali divisioni ci dicevano già
-qualche cosa le antiche fonti come Stefano di Borbone, il Moneta, ed
-il Sacconi. Ma il Preger trovò recentemente un monumento più antico di
-queste fonti, e che se non può essere tenuto come il solo autorevole,
-come par che pretenda lo scopritore, è certo di grandissimo interesse,
-essendo l'unico d'origine valdese che conti una rispettabile antichità.
-Codesto documento è una lettera che i Poveri Lombardi mandano ai loro
-fratelli d'oltremonte intorno ai dissensi nati tra le due società, e in
-gran parte composti in una conferenza tenuta a Bergamo nel 1218.[319]
-Questi Poveri Lombardi, come già sappiamo da altre fonti, erano per
-qualche rispetto più avversi alla Curia Romana dei loro fratelli
-oltremontani;[320] e par certo che sien nati dalle fusioni di Valdesi
-con Arnaldisti, forse con prevalenza dell'ultimo elemento. Nè credo
-ci sia ragione di farli risalire col Preger agli _Umiliati_,[321] dei
-quali è tuttora incerta la provenienza, ma bisogna pur convenire che le
-due frazioni valdesi par che abbiano coscienza della loro diversità di
-origine.[322] E senza dubbio alcuno i Poveri Lombardi non attribuiscono
-al Valdez quella santità ed impeccabilità che, come già dicemmo, era un
-articolo di fede pei fratelli oltramontani.[323] Un'altra differenza
-tra loro era il lavoro manuale. I Poveri di Lione sostenevano che gli
-apostoli non avessero da pensare ad altro fuor che a diffondere la
-parola del Signore, nè quindi poteano procacciarsi il necessario se non
-accattandolo dai fedeli; i Poveri Lombardi al contrario a somiglianza
-dei Catari e dei Patarini dicevano dovere anche gli apostoli vivere
-del lavoro delle proprie mani.[324] Una terza differenza riguardava
-l'organamento della nova società. Il sodalizio oltramontano non era
-solidamente costituito. I Valdesi credevano sempre di formar parte
-della vasta società cristiana, talchè non stimavano utile di creare
-rettori ed amministratori della nuova società. Tutti quelli che viveano
-secondo il costume di Valdez, erano del pari membri della nova società;
-ma non si doveva stabilire nessuna differenza e gerarchia tra loro. E
-se pure occorresse talvolta di ridurre nelle mani di qualche ministro
-il governo della nova società, gli si dovrebbe commettere quell'ufficio
-temporaneamente, perchè una società, che nasce in opposizione alla
-gerarchia, non può certo tollerarla nel suo seno. I Poveri Lombardi
-la pensavano diversamente. Ei rimontavano ad una società, che cominciò
-fin dal tempo di Arnaldo da Brescia, e ben sapeva che per conservarsi
-nell'urto delle opposte confessioni bisognava solidamente organizzarsi.
-Credevano perciò indispensabile nominare dei rettori.[325]
-
-Altri punti di quistione par che fossero il battesimo coll'acqua,
-quello dei bambini, e la indissolubilità del matrimonio. Intorno
-ai primi due punti dicemmo già altrove, che i Catari al battesimo
-dell'acqua voleano sostituito quello del fuoco o del calore, e che
-condannavano recisamente la somministrazione del battesimo a chi
-non fosse in grado di capirne l'importanza. Era ben possibile che
-queste due dottrine fossero penetrate nella società valdese;[326] ma
-certo è che nel convegno di Bergamo pensarono bene di non dipartirsi
-dall'insegnamento cattolico.[327]
-
-In quanto al matrimonio già sappiamo che i Valdesi oltremontani
-in seguito ad influssi catari preferivano la verginità allo stato
-coniugale, e tolleravano che pei bisogni della nova società il marito
-si dividesse dalla moglie anche quando ella non v'acconsentisse. I
-Poveri Lombardi par che facessero maggior conto del matrimonio, e
-solo in due casi ne permettevano lo scioglimento, o quando entrambi i
-conjugi fossero d'accordo a separarsi, o per causa di adulterio.[328]
-
-Queste divergenze per quanto gravi non erano tali che con poche
-concessioni da una parte e dall'altra non fossero per comporsi.
-Intorno ad una però non era possibile l'accordo, e riguardava un
-punto d'un grandissimo interesse e dommatico e pratico: l'Eucaristia.
-I Valdesi d'oltremonte benchè ammettessero che a tutti i membri
-della nova società fosse lecito di predicare e di confessare, pure
-non erano ancora venuti all'estrema conseguenza di permettere loro
-la celebrazione della messa. Certo è che essi ascoltavano la messa
-dei sacerdoti cattolici, e credevano che il miracolo eucaristico si
-compisse anche quando il ministro fosse indegno di operarlo. Questa
-opinione era senza dubbio in contraddizione coll'altra più generale
-che nessuna funzione religiosa potesse esercitarsi dal ministro
-indegno. Ed a rimovere siffatta contraddizione s'adoperavano in diverse
-guise. Alcuni dicevano che il miracolo della transustanziazione si
-opera per virtù non del sacerdote, bensì delle parole mistiche da
-lui pronunziate.[329] Altri sostenevano che se il sacerdote cattivo
-non potesse celebrare la messa, per la medesima ragione non dovrebbe
-somministrare il battesimo, mentre è risaputo che il battesimo ha
-sempre valore fosse anche dato dalla levatrice.[330] Altri infine non
-negavano la partecipazione del sacerdote, ma la dicevano sopraffatta ed
-assorbita dall'opera dell'Uomo-Dio, il quale in fine è il vero autore
-del miracolo.[331]
-
-I Poveri Lombardi, che discendevano in diretta linea dagli Arnaldisti,
-ed alla purità del sacerdote attribuivano infinito valore, non
-potevano accettare nessuna di queste versioni dei Poveri oltramontani.
-Non la prima, perchè se il miracolo eucaristico s'operasse solo in
-virtù delle parole mistiche, anche il Giudeo od il Pagano potrebbe
-operarlo.[332] Non la seconda, perchè tra il battesimo e l'eucaristia
-non può correre l'analogia voluta dagli oltramontani, altrimenti
-anche il laico, anche la donna potrebbe rompere il pane benedetto,
-laddove per gli oltramontani stessi al solo sacerdote è commesso
-quest'ufficio.[333] La terza opinione potrebbe accettarsi, purchè
-s'aggiunga che oltre all'opera dell'Uomo-Dio per compiere il miracolo
-eucaristico occorre la preghiera del sacerdote, e che questa preghiera
-non sarà accolta da Dio quando venga sciolta da labbra impure.[334]
-Questa terza opinione, non è dunque la stessa della prima, come dice
-il Preger, perchè la prima non può essere accettata in nessun modo,
-e la terza con opportune aggiunte viene ammessa. La prima pare una
-superstiziosa deificazione della parola, la terza rileva sì l'elemento
-soprannaturale del sacramento, ma non esclude per questo l'elemento
-umano. Modificando questa terza opinione s'ha la vera che non
-attribuisce il miracolo eucaristico al solo intervento di Cristo, nè
-alla sola virtù del sacrificante, ma all'uno ed all'altro insieme. Se
-mancasse l'opera dell'Uomo-Dio, il sacerdote per degno che fosse, non
-potrebbe operare tanto prodigio. Come pure se venisse meno l'orazione
-del celebrante, o, che torna lo stesso, se questa orazione fosse
-detta da chi non avesse il diritto di dirla, il sacrifizio non si
-compirebbe neanco. Occorrono dunque i due fattori: il subbiettivo o
-la bontà del sacerdote, e l'obbiettivo o l'opera del Cristo. Ma pare
-che quest'aggiunta non sia stata accettata e che la conciliazione
-fallisse in questo punto delicato. Perchè l'ultima formola degli
-oltramontani era questa: il sacerdote ordinato dalla Chiesa, finchè
-sia mantenuto in ufficio dalla grande famiglia dei Cristiani, opera
-sempre il miracolo eucaristico, o buono o malvagio che sia, e dopo le
-mistiche parole da lui pronunziate il pane ed il vino si tramutano nel
-corpo e nel sangue del Signore.[335] I Valdesi non potevano giammai
-accettare questa dottrina.[336] Forse potevano spingersi all'ultima
-concessione di attribuire un valore alla comunione, perchè in luogo
-della preghiera del ministro indegno sottentra quella più efficace del
-comunicando.[337] Ma che l'opera del sacerdote sia pressochè nulla,
-e che Dio voglia accogliere sempre la preghiera purchè detta dal
-sacerdote anche quando impure labbra la mormorino, i Poveri Lombardi
-non sapeano accettare.[338]
-
-Anche intorno alla confessione par che ci fosse dissenso tra i
-Poveri Lombardi e gli oltramontani. Un tempo credettero i lombardi
-all'efficacia della confessione auricolare, ma ora non più, e neanco i
-fratelli d'oltremonte li potrebbero far cambiare d'opinione, perchè non
-è lecito sottomettere di nuovo alla servitù della legge chi come Paolo
-se ne sia affrancato.[339]
-
-Da queste divergenze, che nella lettera non sono dissimulate, possiamo
-raccogliere quel che già si sapeva dal Sacconi, che i Poveri Lombardi
-fossero più ostili alla Chiesa dei loro confratelli d'oltremonti.
-Perchè questi ultimi credevano tuttora di formar parte insieme ai
-cattolici di una sola e grande famiglia, quella dei battezzati o
-credenti in Cristo; in qualche punto rilevante come l'Eucaristia,
-attribuendo il miracolo ad opera sovrannaturale indipendente dalla
-coefficienza del sacerdote, s'adattavano molto più alla dottrina
-cattolica, che ai presupposti della loro setta; infine, colla scorta
-di queste dottrine potevano seguitare ad ascoltar messa e ricevere la
-comunione dai preti cattolici senza tradire la nuova fede.
-
-L'interpetrazione fin qui esposta dell'importante documento, pubblicato
-dal Preger, non s'accorda con quella del dotto editore; ma io non
-saprei ammettere senza sforzo che nel paragrafo sedicesimo della
-lettera si tratti non d'un punto speciale, ma del fondamento stesso
-della dottrina valdese. La quale secondo il Preger sarebbe affatto
-identica a quella di Lutero, che cioè il diritto al sacerdozio si
-debba ripetere dal battesimo, talchè tutti i battezzati sieno _ipso
-jure_ sacerdoti. A me pare, o m'inganno, che il significato attribuito
-alla _parola_ di Dio sia molto più profondo di quel che intendevano
-gli oltramontani, stando almeno alla testimonianza del Borbone,
-che egregiamente s'accorda in questo punto colla lettera dei Poveri
-Lombardi. Non nego che dal contesto si potrebbe ricavare il senso
-voluto dal Preger, ma interpetrata così la lettera dei Poveri Lombardi
-contraddirebbe a tutte le altre fonti che la precedono e la seguono.
-E sarebbe veramente strano che a tanti inquisitori, esercitati nelle
-controversie del tempo, fosse sfuggito il vero principio della dottrina
-valdese così da sostituirvene uno affatto opposto. Colla nostra
-interpetrazione invece si mettono d'accordo tutte le fonti, e nel modo
-più semplice si spiega che cosa intendessero i Valdesi oltramontani per
-la comunità dei battezzati, e perchè in un punto speciale della loro
-dottrina contraddicessero ai loro principii medesimi.
-
-
-V
-
-Dall'esposizione precedente si raccoglie che la lettera dei Poveri
-Lombardi compie ma non contraddice alle altre fonti più antiche, che
-si riferiscono ai Valdesi. E resta pur sempre tra i principii della
-nuova fede questo, che venne giustamente rilevato dal Dieckhoff, che
-la dignità dell'ufficio si misura dal valore di chi l'adempie, e la
-validità dell'opera dal merito dell'operante. Se la cosa sta così,
-è ben certo che non tutti i fedeli possono esercitare l'ufficio
-apostolico, perchè non tutti sono meritevoli del pari. Ma come
-s'accordano codeste sentenze colle altre conservateci parimente dalle
-fonti più antiche: che ogni Valdese possa predicare la parola del
-Signore, e sciogliere il suo fratello dal peccato, e somministrare ove
-occorra ogni sacramento? Le due proposizioni: magis operatur meritum
-quam ordo; omnes bonos esse sacerdotes,[340] non vanno bene d'accordo,
-perchè la prima mena alla conseguenza di distinguer tra fedeli e
-fedeli, nello stesso modo che faceano i Catari rispetto ai _Perfetti_
-ed ai _Credenti_; la seconda di queste distinzioni non può far conto,
-perchè son tutti pari quelli che venner moralmente rinnovati dalla fede
-in Cristo.
-
-Il Dieckhoff per sanare la contraddizione avea proposto d'interpetrare
-in un senso restrittivo la seconda sentenza, come se dicesse: non
-tutti i fedeli ma solo i buoni, quelli che eccellono per merito
-hanno il diritto di esercitare le funzioni sacerdotali. Ma di queste
-attenuazioni il Preger non vuole sapere, e preferisce di tagliar netta
-una delle due proposizioni per lasciare intatta l'altra. Il nuovo
-principio, secondo lui, proclamato dai Valdesi sarebbe questo: che al
-di sopra degl'individui sta la comunità dei battezzati. Essa nomina
-agli offici, o alle dignità, sieno temporanee o a vita come stima
-meglio; scioglie il matrimonio anche senza il consenso dei conjugi
-quando l'interesse generale lo richieda; essa è la conservatrice della
-_grazia_ che investe l'uomo appena ricevuto il battesimo. Chiunque
-entra a far parte di questa comunità è di pieno diritto buono, perchè
-rinnovato dalla fede, talchè la frase di Stefano di Borbone, non si
-deve intendere nel senso pregnante del Dieckhoff, ma nell'assoluto che
-tutti i Valdesi senza distinzione possano esercitare le sacre funzioni.
-Sarà pur vero che tra i Valdesi ci siano di quelli che meritano il nome
-di perfetti a distinzione dei credenti, e che solo i primi sostengono
-i duri travagli della povertà e dell'apostolato; ma codesta perfezione
-è un compito morale per l'individuo, non una condizione per esercitare
-uffici che spettano egualmente a tutti i battezzati.[341]
-
-Che valore ha codesta interpetrazione del Preger? Notiamo in primo
-luogo che egli ha dovuto modificare le sue opinioni nel più recente
-lavoro intorno a Davide d'Asburgo, stante che questo scrittore parla
-chiaramente di una distinzione tra perfetti e credenti riguardante
-l'ufficio non la perfezione morale.[342] Nè questa distinzione, che
-i Valdesi copiarono dai Catari, appartiene solo ai tempi di Davide,
-perchè già Stefano di Borbone ne fa cenno.[343] Il trovarsi nello
-stesso Stefano tanto la distinzione dei perfetti dai credenti, quanto
-la frase: tutti i buoni possono fungere da sacerdoti ed amministrare,
-se occorre, i sacramenti,[344] è una prova fortissima che codesta
-frase si debba intendere in senso restrittivo. Nell'origine della
-setta non era necessaria nessuna distinzione, perchè la nuova
-società, molto scarsa di numero, non abbracciava se non gli uomini che
-sentivano profondamente il bisogno di una rinnovazione religiosa, nè
-erano meno ardenti del loro maestro, e al pari di lui pellegrinavano
-faticosamente predicando ed insegnando. Oltrechè alla nuova società non
-occorrevano speciali ministri, restringendosi le funzioni religiose
-alla predicazione ed alla confessione, ed accettando tutte le altre
-dai preti cattolici. Ma ben presto le condizioni mutarono. La società
-valdese per ingrossarsi dovea accogliere anche coloro che, sebbene
-inchini al nuovo insegnamento, non fosser disposti a spogliarsi dei
-loro beni, nè avessero vocazione pel rude ministero dell'apostolato.
-D'altra parte lo stacco dal Cattolicismo si facea sempre più netto,
-ed alla nuova società facea d'uopo provvedere per tutte le funzioni
-religiose, che indarno in tanta rottura veniano chieste ai preti
-cattolici. In fine col crescere che facea la nova società avea bisogno
-d'un organamento più saldo che non fosse quello dei primi tempi,
-quando i Valdesi credendosi membri della vasta famiglia cristiana
-mal tolleravano di costituirsi in corpo separato. Per tutte codeste
-ragioni, ammesse in parte dal Preger,[345] ben presto si formò
-la distinzione tra Perfetti e Credenti, ed ai sacerdoti cattolici
-sottentrarono i ministri valdesi.
-
-Con questa innovazione s'apre quel periodo della storia dei
-Valdesi, che per noi sarà l'ultimo, stante che il successivo della
-trasformazione di Valdesi in Protestanti esce dai confini del nostro
-lavoro. In questo periodo le persecuzioni si facevano sempre più fiere,
-ed il Santo Uffizio non metteva alcuna differenza tra Catari o Valdesi:
-o per poco o per molto tutti s'allontanavano del pari dalla Chiesa
-e tutti eran meritevoli della stessa pena, il rogo. La comunanza del
-martirio strinse allora più fortemente i legami tra le due sètte, e
-la società valdese accogliendo gli elementi assimilabili delle altre
-eresie, si ordinò in comunità separata ed opposta alla cattolica. E
-continuando da una parte le persecuzioni e dall'altra le resistenze,
-ognor più s'allargava il solco che dividea l'antica dalla nova Chiesa.
-
-Le fonti di cui ci varremo in questo periodo sono il Borbone, il
-Moneta, il Trattato di Davide d'Ausburgo, l'anonimo di Passau e il
-Libro dell'Inquisizione tolosana. Stefano di Borbone fin dalle prime
-pagine c'informa della trasformazione avvenuta, ripetendo anche lui
-colle fonti più antiche che i Valdesi hanno il giuramento e la menzogna
-in conto di peccato mortale, ma soggiunge che queste massime rigide
-vennero nella pratica temperate, ed a coloro, che non erano tra i
-perfetti, venia concesso di mentire e di giurare, se minacciati di
-morte.[346]
-
-Ma una trasformazione ancor più profonda riguarda l'ufficio
-sacerdotale. D'accordo colle fonti più antiche Stefano ed il Moneta ci
-riconfermano la massima, che la santità del ministro si ripete dalle
-sue opere, non dall'ordine ricevuto.[347] E con maggiori particolarità
-Stefano racconta di un maestro valdese che gli poneva queste
-distinzioni: v'ha taluni che non sono ordinati nè dagli uomini nè da
-Dio, come i laici malvagi; altri sono ordinati dagli uomini, ma non
-da Dio; altri per contrario sono ordinati da Dio e non dagli uomini,
-come i buoni laici, i quali possono legare, sciogliere, consacrare,
-ordinare, purchè profferiscano le parole divine secondo il rito.[348]
-Dapprima le funzioni religiose, che credevano di poter esercitare
-i Catari si restringevano al predicare ed assolvere i peccati. Ora
-traggono altre più gravi conseguenze dalle loro premesse, nè soltanto
-i Poveri Lombardi, ma benanco i Valdesi d'oltremonti sostengono, che
-se non può predicare chi toglie coll'esempio ogni efficacia alle sue
-parole, se non può sciogliere altrui chi è già da per sè legato, a
-maggior ragione non può spezzare il pane del Signore chi non sia degno
-di nutrirsene.[349] Ed in luogo dei sacerdoti indegni è necessario
-che sottentrino i buoni, i quali per laici che sieno, potranno non
-pertanto celebrare la messa con maggior frutto. Taluni, aggiunge
-Stefano, concedevano questa facoltà non solo agli uomini, ma benanco
-alle donne, quando al pari di quelli sieno penetrate dallo spirito del
-Signore.[350]
-
-Nè faceva intoppo che mancasse l'ordinazione regolare; stante che nei
-primi tempi del Cristianesimo non occorrea, e bastava l'elezione della
-comunità dei fedeli, perchè qualunque membro di essa fosse riconosciuto
-per sacerdote. Per siffatta guisa un ministro, che fosse scelto a
-questo modo, come accadde un tempo di Pietro Valdez, è sacerdote non
-meno di chi sia stato consacrato dal vescovo.[351] Questo novo modo di
-ordinazione, ovvero l'elezione per parte della comunità, permetteva che
-nella nova società s'introducesse la gerarchia, nè andò molto tempo
-che alla divisione in Perfetti e Credenti si aggiungesse anche la
-distinzione di ufficii sacerdotali. I Valdesi del Piemonte ebbero ad
-imitazione dei Catari il Barba, e due ministri a lui subordinati. Gli
-altri Valdesi conservarono i tre gradi della gerarchia cattolica, il
-vescovo il sacerdote ed il diacono.[352] Colla distinzione dei Perfetti
-dai Credenti, e coll'introduzione di speciali funzioni sacerdotali
-si collega la quistione del matrimonio, che noi toccammo altre volte,
-ed ora ci conviene di riesaminare. Non è dubbio che nei primi tempi i
-Valdesi non solo non condannavano il matrimonio, ma non lo tenevano per
-un ostacolo all'apostolato.[353] Però in grazia degl'influssi catari
-preferivano il celibato, ed il Valdez stesso, come narrammo, abbandonò
-la moglie e la casa e mise le figliuole in convento. Sulle orme di
-lui alcuni Valdesi, a quel che ne riferisce Stefano, sostenevano esser
-lecito separarsi dalle mogli per consacrarsi a Dio, anche quando quelle
-non vi consentano.[354] Nè certo la scabrosa missione del Perfetto
-poteva essere adempiuta con zelo da chi fosse legato ad una famiglia,
-di cui il più delle volte era l'unico sostegno e difesa. Non restava
-che un passo per condannare del tutto il matrimonio, nè v'ha ragione
-per dubitare che i Valdesi di Germania non l'abbiano fatto, perchè
-già sappiamo da precedenti citazioni che essi erano i più disposti a
-farlo.[355]
-
-Dicemmo più sopra che secondo i Valdesi ad ogni laico era dato di
-celebrar la messa; ma codesta celebrazione per parte dei laici dovea
-portare di conseguenza che il rito si semplificasse, ed alle complicate
-funzioni cattoliche fosse sostituita la semplice frazione del pane ad
-imitazione della cena di Cristo. Il Libro dell'Inquisizione tolosana
-più volte fa cenno di siffatta cerimonia.[356] Codesta semplificazione
-del rito dovea portare di conseguenza l'attenuazione della dottrina, e
-Davide riferisce che i Valdesi della Germania toglievano al sacramento
-quel colore soprannaturale, che pur sempre nel periodo precedente era
-gelosamente conservato. Ormai i Valdesi intendevano il sacramento
-eucaristico in un modo affatto simbolico; e ripetevano coi Catari
-che il corpo di Gesù non si debba prendere nel senso letterale, bensì
-allegorico, come quando dicesi: Cristo esser la pietra su cui si eleva
-la Chiesa di Dio.[357]
-
-La Chiesa valdese adunque si è del tutto staccata dalla cattolica,
-almeno in Germania. Nè fa meraviglia che ad uno ad uno condanni
-tutte le dottrine ed istituti tradizionali. Intorno al battesimo dei
-bambini vedemmo già come fossero dissensi tra i Valdesi. E pare che i
-Poveri Lombardi solo per amore di conciliazione e deferenza verso gli
-oltramontani si piegassero ad ammetterne l'efficacia. Più tardi le cose
-mutarono, e gli oltramontani stessi a confessione di Davide stimarono
-che il battesimo non possa giovare ai bambini, inetti al credere o
-discredere.[358]
-
-I suffragi pei defunti, la dottrina del Purgatorio e quelle delle
-indulgenze già sappiamo che furono ben per tempo revocate in dubbio
-dai Valdesi.[359] Ma ora progredisce il loro razionalismo, e dacchè
-dichiararono simbolica l'eucaristia, simbolici saranno non pure
-i misteri della religione ma benanco i sacramenti del battesimo,
-della penitenza, della cresima e dell'estrema unzione,[360] i quali
-ultimi per giunta essendo da meno degli altri possono senza danno
-venire aboliti.[361] Inoltre avendo tolto ogni valore all'ordinazione
-canonica, trasformarono il concetto del sacerdote, cioè di un essere
-sacro, mediatore tra l'uomo e Dio, nell'altro più umile di ministro,
-che aiuti e sorregga il fedele nel suo cammino, ma non si sostituisca
-a lui, nè interrompa la libera e diretta comunicazione tra lui e il
-suo creatore.[362] Ma insieme alla mediazione del sacerdote, più
-tardi soppressero quella dei Santi, che secondo la testimonianza
-di Davide sarebbero così lontani dai mortali, tanto assorbiti nella
-loro beatitudine da non potere accogliere le preghiere che a loro si
-rivolgono.[363]
-
-Ed abolita l'adorazione dei santi cadono anche le feste, le
-vigilie,[364] i digiuni,[365] le benedizioni, gli uffici[366] tutto
-quel complesso di usi e cerimonie che formano il culto esteriore,
-contro il quale fin dal principio s'eran ribellati i Valdesi,
-condannando la consacrazione delle chiese,[367] l'adorazione delle
-imagini e financo della Croce, come prima di loro insegnavano i
-Catari.[368]
-
-Questo è il cammino percorso dall'eresia valdese. L'intendimento primo
-del riformatore di Lione non fu di staccarsi dalla Chiesa, bensì
-d'introdurvi nuova vita colla partecipazione operosa del laicato.
-Ma fin dal principio la nuova società subì l'influsso delle eresie
-contemporanee, principalmente dei Catari, così da accogliere massime e
-dottrine, a loro affatto straniere, e che più tardi saranno abbandonate
-dai Protestanti.[369] In seguito, respinti dalla Chiesa ufficiale,
-furono costretti a sostenere un nuovo concetto del sacerdozio che
-tolsero in prestito e dai Catari e dagli Arnaldisti. Ma questo
-concetto ha una portata molto maggiore di quel che si crede, perchè
-smagliato un anello, l'aurea catena va tutta in pezzi. E così nei
-periodi successivi, l'uno dopo l'altro tutti i dommi tradizionali
-vennero combattuti, ed i Valdesi formarono una società novella, non
-più cattolica, benchè non ancora protestante, perchè le mancava e la
-dottrina della predestinazione, e quel che più conta, l'altra della
-giustificazione per la fede.
-
-Nel corso della nostra esposizione abbiamo più volte dovuto ricordare
-gli Arnaldisti, che secondo noi si connettono strettamente coi
-Patarini. E degli uni e degli altri discorreremo nel capitolo seguente.
-
-
-
-
-CAPITOLO III
-
-PATARINI ED ARNALDISTI
-
-
-Il Decreto di Lucio III oltre ai Catari, Passagini, Poveri di Lione
-colpisce anche i Patarini e gli Arnaldisti. Chi erano i Patarini? La
-stessa cosa dei Catari o Catarini, o una setta affatto differente? E
-gli Arnaldisti sono eretici anch'essi, e qual dottrina professano?
-Rimontano ad Arnaldo da Brescia, ovvero, come par che voglia il
-Giesebrecht, ad un vescovo cataro di nome Arnaldo? Per rispondere a
-queste dimande dobbiamo rifarci molto indietro, e seguire passo per
-passo la storia di quel partito che voleva la riforma della Chiesa non
-certo nel domma, come opinavano i Catari ed in parte anche i Valdesi,
-bensì nel costume e nella disciplina. E non che peccare d'eresia, ne
-accusava invece gli avversarii, perseveranti negli antichi abusi ed
-insofferenti delle riforme.
-
-
-I
-
-Nel secolo XI, in quell'età funesta, in cui il Papato era in balìa or
-dei Crescenzi, or dei conti di Tusculo, il partito delle riforme prese
-nome e colore imperiale. Nessun'altra potenza all'infuori dell'Impero
-sarebbe riescita a liberare la Chiesa dalla soggezione de' nobili
-romani, e per conseguire quest'alto scopo i migliori ecclesiastici
-acconsentirono che l'elezione del Papa, sottratta al popolo romano,
-fosse affidata all'Imperatore, ed accolsero con gioia i pontefici
-nominati da lui Clemente II (1046-47), Damaso II (1048), Leone IX
-(1049-54), Vittore II (1054-57).[370]
-
-Prima della nomina imperiale tre papi si contendevano l'alto ufficio,
-Benedetto IX dei conti di Tuscolo, nominato ancor dodicenne nel 1033;
-Silvestro III, levato su dalla fazione, che nel 1044 si ribellò contro
-il dissoluto pontefice; e finalmente Gregorio VI, il buon arciprete
-di S. Giovanni che per far cessare lo scisma avea comprata nel 1045
-la tiara pel reddito dell'obolo di S. Pietro. Tutti e tre i papi
-furono deposti nel concilio di Sutri,[371] ed in luogo loro fu scelto
-da Enrico III il vescovo di Bamberga Clemente II, il quale convocato
-ben presto un solenne concilio nel gennaio del 1047 fulminò il primo
-decreto contro la simonia del clero, riconfermato due anni dopo da
-Leone IX.[372] Questo della compra e della vendita degli ufficii
-ecclesiastici era il primo abuso al quale si dovea por riparo, chè
-tutti gli ecclesiastici dal _supremo Gerarca all'ostiario_[373]
-non erano mondi di colpa. Ma insieme con questa un'altra riforma
-si reputava necessaria, quella del matrimonio dei preti. Perchè,
-sebbene il celibato fosse sino dai tempi remoti della Chiesa tenuto
-in grandissimo pregio, pure nel secolo decimoprimo eran tanti i preti
-ammogliati ed in Italia e fuori, che Leone IX temendo di mettere sul
-lastrico tante povere donne, permise che seguitassero a vivere coi loro
-mariti, purchè cessasse tra loro ogni commercio carnale.[374]
-
-I mercatanti dei beneficii spirituali furon detti simoniaci da quel
-Simone Mago degli _Atti degli Apostoli_, che si fece cristiano per
-comprare a contanti il segreto dei miracoli apostolici, superiori
-ai suoi sortilegi.[375] Nicolaiti poi eran detti i sacerdoti o
-ammogliati o concubinari in ricordo di un'antica setta, menzionata
-nell'Apocalisse.[376] Ma non si deve credere che sotto questi nomi
-di Simoniaci o Nicolaiti rivivessero eretici, sostenenti con ragioni
-dommatiche la legittimità del traffico dei beneficii, o del matrimonio
-dei preti. Certamente non mancavano argomenti e storici e dottrinali
-in favore di quello che era allora il costume più generale. Si poteva
-ad esempio distinguere l'ufficio ecclesiastico dal beneficio temporale
-annesso; e sostenere che quest'ultimo al pari di tutti i beni e
-possessi fosse ben lecito cedersi od acquistarsi.[377] Si poteva
-aggiungere che la mercede chiesta dai chierici pei loro ufficii si
-dovesse tenere come una pia elemosina, perchè i ministri del Signore
-era ben giusto che vivessero a spese della comunità.[378] In quanto poi
-al matrimonio dei preti si poteva fare appello, come fecero i prelati
-milanesi, all'antica comunità cristiana, e alla autorità degli Evangeli
-e di S. Paolo.[379] Ma benchè non facessero difetto le ragioni, nè
-temessero di dirle coloro che dai decreti pontificii venivan colpiti,
-pure vere sètte eretiche allora non sursero per questi due capi. E
-la ragione forse sta in questo, che il moto ereticale di quel tempo
-era fieramente avverso tanto al matrimonio, quanto al possesso delle
-ricchezze, talchè i Catari si unirono piuttosto coi seguaci del Papa,
-che cogli avversarii suoi. E per tal guisa la simonia ed il concubinato
-vennero da tutti tenuti pel frutto non di un convincimento teorico,
-ma di una intemperanza pratica, che s'ha da punire e svellere dalle
-radici.
-
-I decreti dei Papi, che richiamavano gli ecclesiastici a norme più
-rigorose di vita, incontravano dappertutto tenaci resistenze, ma
-più che altrove in Lombardia, dove il maggior numero dei sacerdoti
-per antica consuetudine avean moglie e figliuoli, e la vendita dei
-beneficii era uno dei maggiori proventi della nobiltà.[380] Oltrechè
-l'arcivescovo milanese, capo ad un tempo della Chiesa e dello Stato,
-s'era pressochè liberato dalla soggezione di Roma,[381] e sin da gran
-tempo antico la Chiesa di Lombardia si distingueva da tutte le altre
-in qualche particolarità liturgica.[382] Ma tutte queste ragioni,
-che rendevano così difficile l'introduzione delle riforme, servivano
-maggiormente ad eccitare lo zelo degli ecclesiastici che le voleano.
-Perchè un partito riformatore non poteva al certo mancare in Lombardia
-dove più aperto era il contrasto tra l'alto clero, ricco e sfarzoso, ed
-il basso povero ed oppresso. Tra queste due parti della Chiesa dovea
-esistere lo stesso antagonismo che separava la nobiltà maggiore o dei
-capitani dalla minore o dei valvassori, e l'una e l'altra dal popolo
-minuto. E coll'andare del tempo le due opposizioni formarono una sola,
-e gli artigiani, i commercianti, i servi della gleba si strinsero
-intorno al clero minore, e gli assicurarono la vittoria sull'alto
-clero. Così nacque in Lombardia la setta dei Patarini, a capo della
-quale si misero un sacerdote della classe dei valvassori, di nome
-Arialdo, ed un nobile della classe dei capitani, Landolfo.[383]
-
-Chi erano codesti Patarini, e onde trassero il loro nome? E qual
-rapporto corre tra i Patarini, e i Catari, che di lì a poco vengono
-chiamati con evidente analogia di suono, Catarini? Che nei secoli
-posteriori i due nomi si scambino, e che l'abate Gioacchino non chiami
-in altro modo gli eretici dualistici se non _patharenos_, è fuor di
-discussione. Ma al principio il nome di Patarini ebbe un'origine ed
-un significato del tutto differente. Come ci dice Arnolfo, questa
-denominazione nacque per caso, e forse fu un termine d'ingiuria, che i
-fautori dell'alto clero appiccarono ai loro avversarî, come se dessero
-loro del _cenciajuoli_ o _cenciosi_. Pataria infatti si diceva in
-Milano il luogo ove s'adunavano i Patari, ovvero i rivenduglioli di
-panni vecchi, e forse o perchè in quel luogo si tenessero le prediche e
-le adunanze dei novatori, o perchè il grosso del partito fosse formato
-da questi minuti trafficanti, o infine per le due ragioni insieme,
-certo è, secondo la testimonianza di un contemporaneo che da Pataria fu
-tratto il nome di Patarini.[384]
-
-Non è a dire però che tra i Patarini non si cacciassero i Catari.
-Ricordo che gli eretici di Monforte furono per la prima volta noti nel
-1045 in un viaggio che fece per la Lombardia l'arcivescovo Ariberto,
-predecessore di quel Guido, contro cui si levavano i Patarini. Ricordo
-che il numero dei Catari di Monforte era già salito a tremila e che
-i seguaci della nuova dottrina del castello della Contessa si erano
-sparsi per tutto il Milanese. Sarebbe veramente strano che gli eretici
-non si fossero valsi della propizia occasione, che offrivano i tumulti
-milanesi per spandere inavvertitamente la loro dottrina.[385] Tanto
-più che nella parte pratica erano del tutto d'accordo coi novatori, e
-se condannavano in tutti il matrimonio, tanto più lo doveano aborrire
-nei ministri del Signore; se predicavano il disprezzo delle ricchezze e
-della gloria mondana non potevano certo approvare il fasto ed il lusso
-dell'alto clero milanese. Ed in quanto alla parte teorica sapevano
-tacere a tempo quei dommi che non andavano ai versi del maggior numero.
-Solo a pochi e più fidi svelavano tutta la loro dottrina; nei nuovi
-affiliati bastava che gettassero i semi dai quali col tempo sarebbero
-germogliate le nuove convinzioni.[386]
-
-Non è dubbio adunque che coi Patarini si sieno mescolati i Catari,
-ma certo i capi del movimento patarinico nè si credevano, nè erano
-per quel momento eretici; chè anzi tutti i loro atti, anche i più
-audaci e meno rispettosi della dignità sacerdotale furono approvati
-da Roma. Nè certo è da meravigliare perchè la Curia romana teneva a
-fare osservare i suoi decreti sopra tutto in Milano, ove l'arcivescovo
-già da gran tempo era divenuto l'emulo del Papa. Da gran tempo nella
-Chiesa milanese alitava tale spirito d'indipendenza, che quando il
-legato di Roma, Pietro Damiani, nell'assemblea raccolta in Duomo prese
-la presidenza spettante per grado all'arcivescovo, lo stesso popolo
-che giorni prima s'era ribellato all'alto clero, levossi quindi in
-furore per rivendicarne l'oltraggiata dignità.[387] Urgeva adunque di
-ridurre alla soggezione di Roma il riottoso primate, e col fiaccarne
-la potenza, che da signore feudale s'era acquistata, si facea un gran
-passo.
-
-Ed a questa s'aggiungeva un'altra ragione perchè Roma si stringesse
-coi Patarini. L'arcivescovo Guido, creatura di Enrico III, e nominato
-da lui all'alta dignità, benchè non fosse della classe più nobile, era
-certamente legato alla causa imperiale molto più del suo predecessore
-Ariberto.[388] Per lo contrario la Curia Romana ed il partito delle
-riforme, che da principio avea commesse le sue sorti all'impero,
-alla morte di Enrico III, quando le fazioni presero a travagliare la
-corte della debole reggente gli si volse contro. Era ormai maturo
-il tempo, perchè il Papato, che per opera di Enrico s'era liberato
-dalla prepotenza dei conti romani, si liberasse alla sua volta anche
-dalla tutela imperiale. Nè tardò molto ad affermarlo pubblicamente il
-nuovo pontefice Niccolò II, il quale nel concilio del 1059 stabilì
-che da indi innanzi il Papa non sarebbe scelto nè dal popolo, nè
-dall'Imperatore, bensì dal collegio cardinalizio. Fiere opposizioni
-dovea suscitare quest'audace misura, e le suscitò di fatto; e la guerra
-apertamente dichiarata tra la Chiesa e l'Impero non poteva cessare
-nè agevolmente nè presto. In queste congiunture non giovava di certo
-alla Curia Romana che l'arcivescovato milanese conservasse e crescesse
-il suo prestigio all'ombra del favore imperiale. E ben si comprende
-come mettesse in opera tutti i mezzi per favorire i Patarini ai danni
-dell'arcivescovo, e della sua potestà temporale. A noi non tocca
-di rifare un racconto, già fatto maestrevolmente da altri;[389] ma
-ricordando le misure prese dalla Corte Romana lungo il ventennio delle
-lotte patariniche, mostreremo come la politica dei varii papi fosse
-sempre la stessa, nè si smentisse neanche se per favorire la Pataria ne
-fosse andata di mezzo la rigidità dell'ortodossia.
-
-Quando i Patarini, cresciuti di numero in grazie della pietà di
-Arialdo e dell'eloquenza di Arnolfo, invasero a mano armata il Duomo
-per iscacciarne di viva forza l'arcivescovo, celebrante i divini
-ufficii, Stefano IX prese sotto la sua protezione i promotori di
-questa violenza, che a lui si appellarono dalla scomunica del sinodo
-provinciale. Ed i legati che il Papa mandò per comporre i dissidii
-della classe milanese, furono i più validi sostegni della Pataria,
-Ildebrando ed Anselmo di Lucca.[390] E l'altro legato Pier Damiani,
-che il nuovo papa Niccolò II mandò in Lombardia, benchè forse meno
-aspro dei suoi predecessori verso l'arcivescovo, lo condannò pure
-ad una grave multa in punizione della simonia, e lo costrinse a
-prestargli il giuramento, ed a sottoscrivere la dichiarazione, che
-d'ora innanzi somministrerebbe gratuitamente gli ordini, nè più oltre
-sopporterebbe il matrimonio o concubinato dei preti.[391] La resistenza
-dell'arcivescovo era ormai fiaccata, talchè fu obbligato a prender
-parte a quel concilio romano, che tra le nuove misure sulla nomina del
-Pontefice,[392] e la condanna dei simoniaci cacciò come di soppiatto
-un articolo contro le investiture laicali.[393] Ed in omaggio a questo
-articolo il primate di Milano ebbe a ricevere novamente dal Papa
-l'investitura già avuta da Enrico III.[394]
-
-In questo stesso concilio fu preso per la prima volta contro i
-simoniaci ed i concubinarii un grave provvedimento, ripetuto dappoi
-molte altre volte. Si prescrisse, non dovere i fedeli ascoltare
-la messa di quel sacerdote che riconoscano per certa scienza
-concubinario.[395] I cronisti del tempo fecero le più alte meraviglie
-quando Gregorio VII ripropose questa misura, che capovolgea tutta la
-gerarchia, e facea dei laici i giudici del clero.[396] Ma dessa era
-un'arme di guerra, e guerra aperta si combatteva da gran tempo tra la
-Curia Romana ed il clero milanese. E le ire vie più si rinfocolarono
-quando alla morte di Niccolò i cardinali levarono sul soglio pontificio
-quell'Anselmo vescovo di Lucca, già legato in Milano, e creduto
-promotore delle agitazioni patariniche.[397] Nello scisma che allora
-insorse tra il Papa dei Cardinali e quello dell'Imperatrice, il clero
-milanese seguì in grande maggioranza le parti di quest'ultimo. E
-provocò nuovi rigori dalla Curia Romana, che ormai non abborriva di
-conseguire la vittoria col ferro e col fuoco. Talchè Alessandro II non
-dubitò di consegnare una bandiera pontificia nelle mani di Erlembardo,
-valoroso guerriero tornato testè dalla Palestina e succeduto al
-fratello Arnolfo nella difesa della causa patarinica.[398]
-
-Quest'atto era la consacrazione della guerra civile; ma la Corte Romana
-ormai era decisa a tutto, perfino a scomunicare l'arcivescovo, pochi
-anni innanzi investito dallo stesso papa. Tale misura però dette il
-crollo alla bilancia; ed i Patarini furono sopraffatti dai nemici, e
-lo stesso Arialdo, costretto a fuggire, fu preso e messo a morte dalla
-nipote dell'arcivescovo.[399] L'alto clero trionfava, ma non sì che
-a capo di dieci mesi Erlembardo non potesse rifarsi dei suoi danni,
-e muovere armata mano contro l'Isola Madre per riscuotere dall'empia
-Jezabel, come ei la chiamava, il corpo del martire suo compagno.[400]
-Le sorti in breve ora mutarono, e rientrato Erlembardo in Milano colla
-venerata salma, riprese le persecuzioni contro l'alto clero, certo
-più spietate di prima. Non furono risparmiate nè le case nè le vite,
-e a tale si venne che i legati pontificii ebbero a dare ordini severi
-contro gli stessi loro partigiani.[401]
-
-La lotta s'era fatta sempre più aspra; e non che smettere nuove ragioni
-s'apprestarono a rinfocolarla. L'arcivescovo Guido, che da venti
-anni reggeva la Chiesa di Milano, stanco dell'interminabile lotta, e
-ben sapendo che i Patarini prendevano accordi intorno al successore
-da dargli, pensò di cedere il suo ufficio ad un ecclesiastico, più
-nobile di lui, a nome Goffredo.[402] L'imperatore, Enrico IV, uscito
-da poco di tutela, accolse di buon animo la dimandata investitura,
-nella speranza che col nuovo arcivescovo i dissidii sarebbero
-cessati e l'autorità imperiale rinvigorita.[403] Ma per le opposte
-ragioni il papa non volle saperne di questa nomina, che frustrava i
-disegni da lungo tempo concepiti, e contraddiceva al canone contro le
-investiture laicali votate nel concilio del 1059. Perlochè Goffredo
-fu scomunicato[404] ed alla morte di Guido Erlembardo fece scegliere
-coll'intervento del delegato un sacerdote di nome Azzone.[405] Per tal
-guisa i partiti tornarono più accanitamente alle prese. L'alto clero
-fu talmente irritato dalla nuova scelta, che ruppe in aperta violenza,
-ed a furor di popolo fu trascinato il nuovo eletto alla chiesa di S.
-Maria, ed ivi più morto che vivo gli fu fatto giurare che non salirebbe
-mai sulla cattedra di S. Pietro.[406] Nè vi salì, ma non vi salì
-neanche Goffredo, combattuto fieramente da Erlembardo. (1071). A costui
-per verità non venne fatto d'impadronirsi del forte di Castiglione, ove
-l'arcivescovo scomunicato s'era rinchiuso; ma riescì in quella vece a
-sbarrare le porte di Milano, e a ridurre in sua mano il governo della
-città.
-
-In quel tempo (1073) fu assunto al pontificato Ildebrando, l'amico ed
-il protettore di Erlembardo, e questi si credeva ormai così sicuro del
-suo potere, che ogni giorno più cresceva di audacia ed intemperanza.
-Così per mostrare il suo odio e disprezzo contro i vescovi, che aveano
-riconosciuto a lor capo uno scomunicato, calpestò pubblicamente l'olio
-da uno di loro consacrato, sostituendovi altro d'ignota provenienza. E
-ricusando i vescovi di somministrare il battesimo nelle ferie pasquali
-di quell'anno e del seguente, ingiunse ad un semplice prete Luiprando,
-che facesse le loro veci.[407] Contro queste violenze suonarono ben
-alte le grida del clero,[408] ed in occasione di un incendio, che in
-quel torno distrusse la bella chiesa, ove fu consacrato Attone, si
-disse essere codesto un giusto giudizio dell'empietà commesse. L'ira
-dei Milanesi allora non conobbe più freno; i nemici di Erlembardo
-non posero tempo in mezzo ad irrompere armata mano contro di lui,
-ed il valoroso capitano cadde colla spada in pugno, martire della
-sua fede.[409] Non però la morte di Erlembardo restaurò le forze di
-Goffredo; e lo stesso Enrico lo ebbe ad abbandonare, scegliendo in
-sua vece un uomo più accetto, Tedaldo.[410] Ormai i dissidii milanesi
-scomparivano nella lotta delle investiture[411] che per la sua
-grandezza supera tutte le altre finora combattute.
-
-
-II
-
-Il gran disegno di ridurre tutto il clero maggiore e minore in balìa
-del Pontefice era attuato a mezzo fino a che un altro potere, il
-laicale, avesse in sua mano i beneficii; onde Gregorio non dubita
-di trarre le estreme conseguenze, e contrastare all'Imperatore
-antichissimi diritti. Ora si chiariva il segreto pensiero del Papa.
-La potestà pontificia dovea essere la fonte di tutte le autorità e
-temporali e spirituali. Il clero non dovea inchinarsi ad altro capo
-fuor del sommo Gerarca, e da lui solo avea a riconoscere non pure
-l'ufficio suo spirituale, ma benanco il possesso dei beni ed il dominio
-temporale. Nè faceva intoppo che per tal guisa si sarebbero capovolte
-tutte le norme giuridiche e politiche del tempo; e che il feudatario
-in omaggio al Papa avrebbe talvolta negata obbedienza al suo signore.
-Ormai il supremo signore era il Pontefice, e le parti tra il Papato
-e l'Impero affatto invertite. L'Imperatore avrebbe nominato il Papa,
-non il Papa l'Imperatore, perchè se il sommo sacerdote ha la potestà
-d'immettere nel loro ufficio alcuni principi dell'Impero, è naturale
-che eserciti lo stesso diritto sul Principe dei Principi. E questo era
-veramente l'ideale di Gregorio VII, la costituzione di una società
-mondiale, il cui capo fosse il vescovo di Roma, suprema autorità
-feudale, da cui come vassalli dipendessero tutti i principi, e primo
-fra tutti l'Imperatore.[412]
-
-Ma ora si scopriva una strana contraddizione tra il principio e la
-fine del movimento riformatore, il quale cominciato dal contrastare
-il fasto, la dissolutezza e talvolta il potere principesco dell'alto
-clero, finiva col mettere in mano del Papa la maggior copia di
-ricchezze, onori e potestà mondana. Se al supremo Gerarca è lecito di
-circondarsi degli splendori di una corte, perchè non debbono seguire
-il suo esempio e vescovi ed abbati? La riforma disciplinare sarà dunque
-messa in seconda linea, ed or che nè l'arcivescovo di Milano, nè altro
-al mondo può fare ombra alla Curia Romana, non si contrasterà più la
-potestà territoriale dei prelati. E purchè questi riconoscano nel Papa
-la fonte dell'autorità loro, vivano a lor modo, e camminino pure sulle
-orme degli Ariberti e dei Guidi.
-
-Per tal guisa i mali della Chiesa s'esacerbavano, e secondo la
-testimonianza preziosa di S. Bernardo, le intemperanze del clero
-metteano nuove radici e tanto più profonde, per quanto la Chiesa
-grandeggiava di potenza e splendore.[413] Nettampoco la quistione
-politica era risoluta, chè non ostante i trionfi di Canossa la vittoria
-del Papato vacillava non poco, e dopo tanto battagliare Callisto II,
-ebbe a sottoscrivere il compromesso del 1122, il quale se chiudeva
-la grande lotta delle investiture, non ispengeva il germe di nuovi
-contrasti. Il dissidio tra la Chiesa e l'Impero, insorto una volta
-non sarà più per comporsi; nè solo colla Germania avrà da battersi il
-Papato, ma colla Francia, coll'Inghilterra, col Senato di Roma, con
-tutti quei governi in una parola, che mal tolleravano le usurpazioni e
-frammettenze del potere ecclesiastico. E queste lotte in quell'età di
-violenti e rudi costumi tornavano egualmente funeste allo Stato ed alla
-Chiesa; e minacciavano l'esistenza stessa di ogni civile consorzio.
-
-
-III
-
-In questo tempo appare nella storia la misteriosa figura di Arnaldo da
-Brescia.[414]
-
-Il moto patarino ebbe per risultato di togliere in molti luoghi
-ai vescovi la potestà territoriale che passò nei comuni, e così
-nacquero quelle repubbliche medievali con consoli e consigli e
-diritti e pretensioni baronali sui minori comuni. Questo accadde in
-Milano, e sarà accaduto anche in Brescia, ove però il vescovo non fu
-spogliato di tutta l'autorità, ma sembra prendesse parte coi Consoli
-all'amministrazione della Repubblica.[415] Si comprende come dovesse
-riescire faticoso questo governo misto, nel quale gli opposti elementi
-si odiavano e sospettavano a vicenda; e come le scissure del governo
-si ripercotessero nel popolo, diviso anche lui in partiti e fazioni.
-Uno dei capi del partito antivescovile par che fosse il famoso
-Arnaldo, il quale benchè prete e frate,[416] s'ispirava alle tradizioni
-patariniche, tal che pareva in lui rivivesse lo spirito austero degli
-Arialdo ed Erlembardo, santificati dalla Chiesa.
-
-Questo rigido sacerdote, che al dire dell'_Historia pontificalis_
-carnem suam indumentorum asperitate et inedia macerabat,[417] mal
-tollerava che il clero s'inframmettesse nei negozii mondani,[418] e
-contro il proprio vescovo, semprepiù avido di maggior potere, levava
-alta la voce, infiammando il popolo a tal segno, che nel tornare quel
-prelato da Roma, a fatica potè rientrare nella sua diocesi.[419] Non
-diversamente s'era condotto un tempo Arialdo, e contro l'arcivescovo
-milanese e il clero maggiore ben più gravi tumulti avea sollevato
-nel popolo. Ma ora i tempi eran mutati, nè sulla cattedra di S.
-Pietro sedevano gli Alessandro II e i Gregorio VII, nè gl'interessi
-della Corte pontificia del secolo decimosecondo pareggiavan quelli
-dell'undecimo.
-
-Di queste condizioni consapevole il prelato bresciano s'appellò a
-Roma contro il mal capitato canonico, e se non ottenne dal Concilio
-lateranense del 1139[420] la condanna esplicita delle dottrine
-arnaldiane, ebbe dal Papa quello che più gli premea di conseguire,
-l'allontanamento del pericoloso oratore. Arnaldo infatti fu deposto
-con decreto pontificio dall'uffizio suo, e cacciato in bando
-oltremonti.[421] È dubbio se gli fosse proibito anche il predicare.
-Ottone di Frisinga lo dice apertamente;[422] ma S. Bernardo non sa
-nulla di questo divieto; nè forse alla Curia romana premeva di chiudere
-la bocca all'esule sacerdote, convinta che fuori della patria la
-sua parola non sarebbe nè cercata nè temuta. Comunque sia, è fuor di
-dubbio che Arnaldo riparò in Francia, ove secondo Ottone di Frisinga
-era già stato da giovane per udirvi le lezioni d'Abelardo.[423] E vi
-tornò appunto in quel tempo, in cui il Concilio di Sens dovea decidere
-sulle sorti del filosofo palatino, accusato da San Bernardo. L'esule
-bresciano s'adoperò gagliardamente pel suo maestro,[424] e quando
-fu pronunziata la sentenza, e l'infelice condannato si ridusse nella
-solitudine di Cluny, ei restò impavido sulla breccia, ed occupata la
-cattedra deserta, seguitò ad esporre la Bibbia nello stile di Abelardo,
-e forse più di lui insisteva sul contrasto tra i primi vescovi
-della Chiesa, e quelli che allora disonoravano il loro ministero
-coll'avarizia ed il desio di beni mondani, e alle mollezze del secolo
-s'abbandonavano, e voleano edificare la Chiesa sul sangue.[425]
-
-Dell'efficacia di questo insegnamento non è a dubitare. Chi
-l'impartiva, educato agli studii classici, possedeva il segreto
-dell'eloquenza, che vince le menti,[426] e maggiore autorità dava
-alle sue parole coll'esempio di una vita intemerata ed austera che
-imponeva il rispetto anche ai nemici. Talchè S. Bernardo, ben conto dei
-pericoli che sovrastavano all'opera sua, s'adoperava in tutte le guise
-per ridurre al silenzio questo nuovo apostolo, pari al maestro per
-ingegno e dottrina, ma d'animo più gagliardo. Già fin dalla chiusura
-del concilio con lettere affannose avea sollecitata da Innocenzo II
-la condanna del palatino e del bresciano insieme; pervenutogli poi il
-decreto pontificio, che non pure condannava i novatori ma ne ordinava
-l'arresto,[427] si mise in cerca di chi si prestasse ad eseguirlo. E
-fallitogli il tentativo presso il re di Francia, dal quale ottenne
-solo ed a stenti l'espulsione di Arnaldo,[428] si volse al vescovo
-di Costanza nella cui diocesi s'era quegli rifugiato,[429] pregandolo
-di far discacciare il ramingo, se pur non gli riescisse di chiuderlo
-in prigione.[430] Ma non tutti la pensavano come l'impetuoso abate.
-Nè soltanto l'ordine di arresto non fu eseguito;[431] ma perfino
-un cardinale di S. Chiesa, e legato per giunta,[432] in luogo di
-perseguitare il profugo sacerdote, lo accolse ospitalmente, e della
-sua egida lo ricoperse. E indarno il Chiaravallese gli scrisse una
-delle sue lettere più ardenti;[433] l'accorto porporato non si lasciò
-prendere all'amo, chè ei ben sapea discernere gl'interessi della
-Chiesa da quelli del fanatismo. Pare anzi che con lo stesso legato
-Arnaldo abbia fatto ritorno in Italia, e che per opera di lui si sia
-rappattumato col novo papa Eugenio III.[434]
-
-Sembra molto strano che l'esule bresciano, il proscritto da Innocenzo,
-trovi grazia appo Eugenio, presso quello stesso Papa, che avrebbe
-dovuto più che altri seguire i consigli di S. Bernardo, stato già
-suo maestro;[435] e qualcuno potrebbe essere indotto a dubitare
-della veracità dell'_Historia pontificalis_. Ma la testimonianza
-del Sarisberiense, come ha dimostrato il Giesebrecht, è fuor di
-discussione; ed io stimo che si possano sciogliere le dubbiezze, ove si
-studii più addentro nei fatti.[436]
-
-Non appena assunto al pontificato Eugenio III ebbe dal suo venerato
-maestro il libro _De Consideratione_, ove è svolta maestrevolmente
-la quistione del giorno, quella stessa, che solea trattare Arnaldo
-nelle sue predicazioni, e che oggi si direbbe del potere temporale.
-S. Bernardo comincia dallo stabilire che la Chiesa non possiede per
-diritto apostolico; chè gli apostoli non potevano dare quel che non
-aveano.[437] E se non possiede per sè, mal può farsi distributrice di
-terre, e giudice di possessi. Quale apostolo mai si attribuì questo
-potere?[438] Nè tampoco la Chiesa è fatta per dominare, chè a lei non
-lo scettro, ma il sarchio si conviene; e chiaramente traspare dagli
-Evangelii il divieto della dominazione mondana.[439] Nè mai Pietro si
-ornò di gemme o di seriche vesti, nè su bianco cavallo fu portato, nè
-gli si stringevano attorno soldati e ministri.[440] Ed i possessi e
-il dominio, e l'aureo manto e l'armi non spettano a chi fu commesso
-l'umile ufficio di pascere il suo gregge;[441] bensì ai re e principi
-della terra. Nè giova che l'una podestà invada i confini dell'altra,
-e meni la sua falce nell'altrui messe.[442] Ma non perchè si spogli
-di queste mal tolte attribuzioni, la dignità del sommo sacerdote
-vien menomata. Chè per quanto egli si estolga su tutti gli altri
-uomini, non può certo farsi maggiore del Signor suo, nè al discepolo
-conviene usurpare titoli ed ufficii che al maestro non piacque di
-assumere.[443] E d'altra parte ridotta al solo spirituale l'autorità
-del Papa non cessa per tanto dal soprastare a quella di tutti i
-principi della terra; non essendovi alcun re o imperatore, cui come
-al Papa appartengano le due spade, la temporale e la spirituale.[444]
-Con questa differenza che quella viene sguainata per suo cenno, ma non
-dalla sua mano, questa anche dalla mano. La spada temporale deve essere
-adoperata per la Chiesa, non dalla Chiesa.[445]
-
-Da queste citazioni è facile raccogliere la dottrina di S. Bernardo.
-Non avendo lo Stato un contenuto morale suo proprio, la podestà terrena
-fino a che non sia consacrata dal Capo della Chiesa, pare agli occhi
-del Chiaravallese rude forza non ancora tramutata in diritto; concetto
-comune a tutto il Medio Evo, e dai ghibellini non meno accettato
-che dai guelfi. Ma ciò non importa che la Chiesa stessa debba godere
-autorità territoriale. Superiore a tutti i principi della terra, ella
-non può discendere al loro livello, nè esercitare un potere materiale
-come il loro; fonte di ogni autorità, la impartisce agli altri, senza
-serbare per sè nessuna parte che non sia del tutto spirituale. Il
-concetto di S. Bernardo dovea menare diritto al vicariato. Il Micado
-per dedicarsi esclusivamente agl'interessi spirituali tralascia la
-cura delle terrene cose, la cui amministrazione affida al primo tra i
-principi del paese. E questi, il Taicun, ha bensì il vero potere nelle
-mani, ma l'esercita nel nome del Micado.
-
-Non dobbiamo qui dare un giudizio di questo sistema, il più ecclettico
-che sia mai apparso. Ma certo è che ad Eugenio sorrise non poco, e ben
-presto messolo in pratica nell'accordo che strinse colla Repubblica
-romana, si fece restituire dal popolo romano il diritto di sovranità,
-esercitata dai suoi predecessori, ma nel contempo s'impegnò di
-trasferirne il potere nel Senato romano, come suo vicario.[446] Non è
-improbabile che a questo componimento assentisse anche Arnaldo, e per
-tal guisa spiegheremmo agevolmente come andasse assolto dalle antiche
-censure, e gli fosse data licenza di starsene a Roma.
-
-Ma non andò molto che si scopersero i vizii di quell'artifizioso
-congegno, che metteva alle prese due autorità, una di nome, l'altra
-di fatto. Non conosciamo le scissure che ebbero luogo in quel tempo
-tra il Papa ed il Senato di Roma; certo è che nella primavera del 1146
-Eugenio fuggì da Roma, e l'anno appresso dall'Italia. Fallito così
-l'accomodamento ricominciò la lotta con maggior vigore. Ormai non era
-più tempo di mezzi termini, ed Arnaldo riprese il linguaggio antico,
-e nelle sue calde predicazioni sfolgorava per primo i cardinali,
-nuovi scribi e farisei che si adunano nel tempio, come in mercato, a
-trattar di negozii mondani e provvedere al loro fasto ed ingordigia. Nè
-risparmiava il Papa, a cui negava il nome di uomo apostolico e pastor
-delle anime; perchè gli apostoli non promoveano incendi e rapine come
-lui; nè nel sangue fondavano il loro regno spirituale.[447] E da queste
-premesse diritto conclude non doversi obbedienza nè al Papa nè ai
-Cardinali, che non sono la vera Chiesa di Dio; nè aversi a tollerare
-che il Papa rientri in quella città, cui vuole ridurre a servitù, lei
-la fonte della libertà, la sede dell'impero e la regina del mondo.[448]
-
-Arnaldo era dunque l'oratore della Repubblica, il temuto tribuno che
-nel breve giro di pochi mesi avea saputo guadagnarsi il favor popolare
-così da movere le masse a suo talento. Ben comprese il Senato romano di
-quanto giovamento potesse tornargli questo sacerdote, di vita austera
-ed intemerata, che spietatamente metteva a nudo le magagne del clero,
-e ad un profondo sentimento religioso aggiungeva il culto della Roma
-antica, e la fede invitta nei suoi nuovi destini. E con giuramento
-solenne Arnaldo ed il Senato romano si strinsero in un patto, quegli
-di consacrare tutta l'opera sua in servigio della Repubblica, questi
-di difenderlo a tutti i costi dalle insidie nemiche. L'uno e l'altro
-seppero mantenere la lor fede.[449] E quando nel 1149 fu costretto il
-Senato a rappaciarsi con Eugenio, non permise che rientrando il Papa
-nella città eterna, ne fosse bandito lo scomunicato tribuno. Mirabile
-fermezza, che permise ad Arnaldo di seguitare a vivere in Roma, ove
-sarebbe rimasto tuttora se il successore di Eugenio e di Anastasio,
-Adriano IV, fulminando l'interdetto, non avesse indotto il credulo
-popolo a chiederne lui stesso l'allontanamento.
-
-Da quel giorno i destini di Arnaldo furon decisi. Indarno i Visconti
-di Compagnatico lo sottrassero al cardinale Odone, in potere del
-quale era caduto presso Bricole in Val d'Orcia.[450] Pochi uomini di
-Federigo Barbarossa bastarono a ritoglierlo ai suoi salvatori; nè
-il re tedesco, cui premeva di sgombrarsi la via all'incoronazione,
-dubitò di consegnarlo al Papa. E questi non pago di farlo mandare a
-morte,[451] ne fece bruciare il cadavere e disperdere nel Tevere le
-ceneri, _ne a stolida plebe corpus ejus veneratione habetur_, come dice
-il cronista.[452] Preziosa confessione, che mostra in qual concetto di
-santità era tenuto il tribuno, e di quanto odio lo rimeritasse la Curia
-Romana.
-
-
-IV
-
-Qual'era la dottrina di Arnaldo, per quanto almeno possiamo
-raccoglierla dalle scarse testimonianze? Noi dicemmo già quali erano
-le lotte che scoppiarono in quel tempo tra l'autorità religiosa e
-la civile, e di quanti mali fosse cagione questo dissidio.[453] A
-questi mali così profondi ed annosi un rimedio solo s'aveva energico,
-infallibile e tale che li avrebbe tagliati dalla radice, e la grande
-mente del bresciano seppe scoprirlo. Perchè il mondo abbia pace,
-ei diceva, fa d'uopo che la Chiesa torni alla purità e semplicità
-dei tempi apostolici, e ben si persuada che il Vangelo non tollera
-anzi vieta ai ministri del Signore il possesso di beni temporali, e
-che i preti e frati renitenti a spogliarsi delle molte ricchezze si
-danneranno irreparabilmente. Non al clero spetta la proprietà delle
-terre che ora sfrutta, bensì al Principe o allo Stato, al quale deve
-restituirsi questa gran massa di beni, perchè sia adoperata in servigio
-non di una casta, ma della società tutta.[454] Fatidiche parole, che
-sembrano scritte ai nostri giorni, ma di quei tempi doveano riuscire
-ben dure ad intendersi. Ricordiamo che prima di Arnaldo un Papa d'alta
-mente, Pasquale II (1099-1118), a por fine alla guerra con Enrico V,
-avea pattuito che l'Imperatore rinunziasse alle investiture, e per
-compenso i vescovi restituissero i lor feudi all'Impero.[455] Ma il
-pensiero geniale del Papa, benchè meno radicale di quello di Arnaldo,
-non fu meglio accolto da entrambi i partiti. La società non era ancor
-matura per queste ardite innovazioni, e come nel 1109 Enrico V ai
-vescovi tedeschi, tumultuanti nel S. Pietro, dichiarava non desiderare
-la separazione propostagli dal Papa, così parecchi anni più tardi, nel
-1154, il Barbarossa si fa esecutore della vendetta pontificia contro
-quel sacerdote che sosteneva a viso aperto i diritti dello Stato.
-
-Ma se le idee di Arnaldo non erano conformi allo spirito dei tempi,
-non per questo si doveano tenere per eretiche. Lo stesso Pasquale
-II nel trattato stretto con Enrico V avea dichiarato contrario ai
-canoni, che il clero coprisse un ufficio politico, e prestasse servizio
-nell'esercito, e si fosse insieme servi dell'altare e della Corte.[456]
-Nè suonavano diverse le dichiarazioni di S. Bernardo, il quale ben
-comprendeva come tutte le idee di Gregorio VII non potessero attuarsi
-di pari passo, essendo il primato politico della Chiesa il più forte
-ostacolo alla riforma della disciplina. Non fa dunque meraviglia che
-qualche ecclesiastico abbracciasse le opinioni di Arnaldo, senza
-credere per questo di venir meno alla sua fede ed al suo ufficio.
-Questo sappiamo dallo stesso breve di Eugenio III, il quale, com'è
-stato più volte notato, chiama Arnaldo scismatico non eretico.[457]
-
-E certamente se le dottrine arnaldistiche avessero avuta attinenza
-soltanto col potere politico o la posizione economica del clero, non
-potrebbero esser dette ereticali. E dovremmo assentire al Giesebrecht
-che scagiona Arnaldo di ogni accusa di eresia. Ma non possiamo negare
-che con quelle dottrine politiche ed economiche strettamente si
-legavano altre, che non sono rigidamente ortodosse. Arnaldo stesso,
-come già riferimmo dalla _Historia pontificalis_, sosteneva il Collegio
-dei cardinali non essere la Chiesa di Dio, il Papa non essere un uomo
-apostolico, e a lui non doversi nè obbedienza nè riverenza.[458] Non
-più aspro era il linguaggio degli eretici, le cui invettive, imagini,
-e citazioni son fedelmente riprodotte dagli arnaldisti. Basta leggere
-la lettera, che uno di essi il Wezel,[459] scrive a Federico I. I
-preti d'oggi, ei dice, sono i falsi dottori di cui parla Pietro, che
-per avarizia mercanteggiano le anime loro affidate, gozzovigliano nei
-conviti, e gli occhi han pieni di adulterio. Ei son quelli per cui
-la via della verità sarà bestemmiata, e di loro si può dire essere
-fonti senz'acqua.[460] Nè possono ripetere con Pietro: _tutto abbiamo
-lasciato e te abbiamo seguito, o signore_, nè molto meno: _io non ho nè
-argento nè oro_. Nè di loro si può dire che sono il sale della terra,
-o la luce del mondo come dice Matteo: ma piuttosto lor conviene il
-versetto che segue: _se il sale diviene insipido, con che salerassi
-egli? non val più nulla siffatto sale, se non ad essere gittato
-via, e calpestato dagli uomini_.[461] Chi dice di credere in Cristo
-deve camminar come lui, e chi non conosce Dio, e non osserva i suoi
-comandamenti mentisce. E Cristo stesso disse: _se non farò le opere del
-padre, non mi credere_. E se a Cristo che fu senza peccato non s'avea a
-credere senza le opere, come mai si dee prestar fede a costoro, che mal
-s'avvisano ed operano il male pubblicamente? Come potete parlare del
-bene, quando siete cattivi? Non ha detto il signore stesso _la vostra
-fede senza le opere è morta_?[462] E come mai costoro, ingordi di ogni
-ricchezza, possono ascoltare il primo tra i precetti dell'Evangelo:
-_beati i poveri di spirito_?
-
-Degli stessi testi si servivano i Catari e si varranno i Valdesi per
-combattere la supremazia del Papa. Ma da queste premesse traevano
-agevolmente la conclusione: che se i preti sono ormai così lontani dal
-Vangelo non si può loro obbedire senza peccato. Il sacerdote, dicevan
-gli eretici, è capo della Chiesa, ed a quel modo che ove sia infermo il
-capo, tutte le membre illanguidiscono, così il sacerdote non può essere
-indegno senza coinvolgere nella colpa sua tutta la Chiesa che governa.
-Onde egli è come il lievito di cui al dir di S. Paolo, poca quantità
-empie di sè la pasta tutta. Non si possono servire due padroni nello
-stesso tempo, secondo Matteo; onde il prete malvagio non può servire
-Dio, ei che serve il diavolo, nè può essere di quello il degno ministro
-presso i fedeli.[463] Traevano le stesse conseguenze gli Arnaldisti.
-A loro non si rimprovera nè il dualismo, nè la metempsicosi, nè
-l'abolizione delle dignità ecclesiastiche o delle feste e delle
-pratiche religiose. No, il solo punto nel quale essi differiscono dai
-Cattolici è questo, che dicono non doversi accogliere i sacramenti dal
-prete che si riconosce malvagio;[464] tutto al contrario della dottrina
-cattolica secondo la quale il carattere sacro è indelebile, qualunque
-sieno le opere del sacerdote, fino a che non abbia avuto luogo la
-deposizione. E fino a questo punto non è lecito negare obbedienza al
-sacerdote, e molto meno disdegnare la somministrazione del sacramento.
-Il sacerdote in rapporto del sacramento non è se non uno strumento
-passivo, nè perchè si compia il miracolo eucaristico importa che il
-celebrante sia puro. Anche contro i meriti di chi lo consuma, il pane
-si converte nel corpo di Cristo; e sia pure indegno il confessore,
-l'assoluzione che ei pronunzia ha sempre la stessa efficacia di lavare
-ogni macchia di peccato.[465]
-
-Possiamo dunque concludere che se rispetto agli altri sacramenti
-Arnaldo e gli Arnaldisti erano ortodossi schietti, nè abbiamo alcuna
-prova che errassero intorno all'eucaristia; per quel che riguarda
-l'ordine sacro la pensavano invece tutt'altrimenti dai Cattolici.
-
-Prima degli Arnaldisti erano venuti alle stesse conclusioni i Patarini,
-i quali nel combattere i preti concubinari o simoniaci, finivano collo
-sconoscerne il carattere sacerdotale, prima che l'autorità competente
-si fosse pronunziata. Ricordammo altre volte quel tale di Cambray che
-predicava intorno al 1077 non doversi obbedienza ai preti simoniaci o
-concubinari, nè potere essi celebrar messa, nè i fedeli ricevere da
-loro i sacramenti. Il patarino francese fu giudicato come eretico,
-e condannato al rogo, e sebbene Gregorio VII protestasse contro la
-selvaggia esecuzione, e volesse punirne gli autori, pure non si può
-negare che l'accusa di eresia non fosse niente affatto infondata.[466]
-Senza dubbio la dottrina del predicatore di Cambray non era diversa da
-quella che Gregorio VII sosteneva,[467] ed avea fatto accogliere nei
-varii concilii che si succedettero dal 1059 in poi ma non per questo
-diveniva più ortodossa,[468] e non andrà molto tempo che la Curia
-stessa la ripudierà condannando negli Arnaldisti quei Patarini che un
-tempo avea levati sugli altari.
-
-Se occorressero altre prove della scarsa ortodossia degli Arnaldisti,
-potrei addurre questa che mi sembra di non poca importanza. Già dicemmo
-a suo tempo che i Valdesi si dividevano in Poveri di Lione, e Poveri
-Lombardi. La dottrina particolare di questi ultimi, come apparisce
-dall'anonimo di Passau, afferma non potere il cattivo sacerdote
-consacrare il corpo di Cristo, nè Dio discendere alle preghiere di
-lui. Notammo già nel capitolo precedente, che su questo punto i Poveri
-Lombardi si mostravano inconciliabili con quelli d'oltremonti. Il
-che ci fa intravvedere che i Valdesi, venuti in Lombardia e trovati
-ivi i seguaci di Arnaldo, che al dir dell'_Historia pontificalis_ si
-chiamavano già eretici lombardi, si fusero con loro, e tra gli altri
-punti di dottrina questo misero in evidenza, in cui e Valdesi ed
-Arnaldisti concordavano, che al ministro creduto indegno non si debba
-prestare nè onore nè obbedienza. Quali conseguenze si possano trarre da
-questo concetto non è mestieri che dica. Solo noterò che coll'elevarsi
-il fedele a giudice dei sacerdoti viene scossa dalle fondamenta la
-gerarchia cattolica, e crollato questo edificio così sapientemente
-architettato, è aperta la via ad ulteriori e più radicali riforme.
-
-Anche in questo punto il risultato del movimento patarinico dovea
-cozzare col suo principio. Cominciato dal combattere quei prelati, che
-minacciavano di levarsi in alto contro i diritti e le pretensioni del
-sommo Gerarca, finisce coll'introdurre un principio che a lungo andare
-sarà per distruggerne l'autorità. Io non voglio affermare che gli
-Arnaldisti avessero consapevolezza della loro rottura col cattolicismo;
-le loro divergenze erano limitate a pochissimi punti, ed anche in
-questi potevano invocare in loro favore l'autorità dei concilii, talchè
-più che eretici si potevan dire e furon detti scismatici. Ma ove pure
-essi si credessero in buona fede migliori cattolici dei loro avversari,
-ciò non prova che fossero in realtà. Anche i Poveri di Lione si
-credevano così schiettamente cattolici, che chiesero a due pontefici il
-riconoscimento del loro sodalizio.
-
-
-V
-
-Ed ora possiamo riassumere tutto lo sviluppo di questo moto ereticale.
-Il principio di questa profonda agitazione dello spirito religioso s'ha
-da porre nel catarismo, che voleva sostituito al domma dell'unicità di
-Dio, o del creatore quello del dualismo, ed alla Chiesa cattolica già
-gerarchicamente costituita opponeva un'altra, che avesse anch'essa i
-suoi sacerdoti e vescovi, e perfino anche un papa. Ma per combattere
-la Chiesa di Roma il catarismo dovea accogliere e difendere tutte
-quelle dottrine, che nate da ben altre tendenze avean pure lo stesso
-risultato di scalzare l'edificio cattolico. Il catarismo è iconoclasta,
-berengariano, docetista e simiglianti. Il che fa sì che nella vecchia
-eresia si formino due nuclei eterogenei; il primo formato dalle
-dottrine dommatiche dualistiche, cagione di austero ascetismo, e di
-stravaganti superstizioni; il secondo composto in gran parte dalle
-dottrine più o meno razionalistiche, che cercavano di ridurre ognor più
-il mistero, limitavano al possibile la sfera d'azione dell'autorità, e
-tendevano a sopprimere a poco a poco il bisogno degl'intermediarii tra
-l'uomo e Dio. La differenza, anzi opposizione tra queste due parti fece
-sì, che la seconda si staccasse dalla prima, e mentre quella si rendea
-sempre più estranea al genio occidentale, questa seguia trionfante il
-suo corso, e col tempo da valdese tramutossi in protestante.
-
-Ma i Catari ed i Valdesi per quanto discordi nei convincimenti
-dommatici si accordano nell'indirizzo pratico delle dottrine, e contro
-le ricchezze e gli ozi del clero vogliono far rifiorire i costumi
-apostolici, e non apprezzano se non la povertà, il disinteresse, la
-rinunzia ad ogni bene o piacere mondano. In questo indirizzo pratico
-conviene una terza setta, la quale benchè più ortodossa dei Valdesi,
-non è meno di loro sollecita delle riforme dei costumi.
-
-Questa terza setta è quella che al principio delle riforme si chiamò
-dei Patarini, e più tardi venne detta degli Arnaldisti. Non è a
-dire che in qualche punto dommatico non s'allontani anche lei dalla
-Chiesa costituita, ma forse ella si credeva sinceramente cattolica e
-si conservò tale fino a che non si fuse coi Valdesi. E quando questa
-setta scomparve, un'altra ne sorse in luogo suo predicando con maggiore
-energia le stesse massime. E questa è la setta dei Gioachimiti, che
-riconoscono a lor capo l'abate calabrese, di spirito profetico dotato,
-il quale alla dottrina della povertà e dell'abnegazione attribuisce un
-valore e significato più generale, e crede che ella debba rigenerare
-non pure i preti e i frati, ma la società tutta, che dovrebbe a mente
-sua formare un vasto cenobio; talchè mutato con questa trasformazione
-l'ordinamento della società e della Chiesa, sottentrerebbe una nova
-età, un terzo periodo nella storia del mondo, il regno dello Spirito
-Santo. Con l'abate Gioacchino la storia dell'eresia entra in una nuova
-fase, che ha caratteri affatto opposti al precedente. Nel primo periodo
-dell'eresia catara per successive attenuazioni si riesce allo scisma
-arnaldistico, nel secondo dallo scisma gioachinita per successivi
-rinforzamenti si arriva all'eresia degli apostolici.
-
-
-
-
-LIBRO SECONDO
-
-DALLO SCISMA ALL'ERESIA
-
-
-
-
-CAPITOLO I
-
-L'ABBATE GIOACCHINO
-
-
-Sono molto discordi i giudizii intorno al
-
- Calavrese abate Gioacchino
- Di spirito profetico dotato,
-
-nè fa maraviglia; perchè chi attenda alla sua incontrastata pietà,
-all'ampia e solenne dichiarazione di sottomettersi al giudizio di Roma,
-e ritrattare tutto quello che nei suoi scritti si trovasse di meno
-ortodosso; chi ricordi l'ordine florense ed il cenobio da lui fondato,
-se anche non presti fede ai miracoli che si raccontano di lui, certo lo
-metterà tra i più ortodossi asceti del medio evo. E la Chiesa stessa
-lo disse beato, e permise che si levasse un altare sul suo sepolcro
-nell'abbazia di S. Giovanni in Fiore, nè solo i Benedettini, ma benanco
-i Gesuiti ne inserirono la vita nelle agiografie. Ma d'altra parte non
-si può negare che nel Concilio lateranense del 1215 furono solennemente
-condannate alcune dottrine teologiche dell'abate calabrese, e più
-tardi nel 1254 una Commissione di cardinali raccolse dalle sue opere
-autentiche una messe abbondante di opinioni e sentenze poco ortodosse.
-Oltrechè lo stesso nome di profeta appar sospetto alla rigida autorità
-ecclesiastica, perchè di santi la Chiesa cattolica ne riconosce
-moltissimi, ma di profeti neppur uno, chè secondo molti dottori la vena
-profetica andò del tutto esaurita dopo la venuta del Messia, quando
-null'altro aveano a predire i veggenti del futuro, fuor che novità
-pericolose. Codesta disputa tra gli apologisti e i contraddittori
-dell'abate calabrese dura da un pezzo, nè sarà per ismettere,
-attendendo gli uni alla purità degl'intendimenti, e gli altri al
-tenore delle dottrine. Ma comunque si componga, a noi corre l'obbligo
-di aprire questo secondo libro col profeta calabrese. Perchè se anche
-dell'ortodossia di lui non si fosse dubitato punto, e concordemente
-fosse venerato sugli altari, non sarebbe men vero per questo che nel
-suo nome si levarono, e dalle sue opere presero le mosse alcune sètte
-manifestamente ereticali.
-
-
-I
-
-Dell'abate Gioacchino è molto difficile ricomporre la biografia sulle
-scarse notizie a noi pervenute. Del cenobio di Fiore, da lui fondato,
-non resta ormai se non l'antica mole, e se dura l'incuria nostra, tra
-poco cadrà ancor quella. I tesori e le memorie della ricca abbazia
-andaron dispersi, ed i cronisti antichi bisogna adoperarli con molta
-circospezione, se non si vuol cadere in gravi errori, come toccò al De
-Lauro.[469] Nessuna cronaca ci dice nè la data della nascita nè quella
-della morte. Ma quest'ultima può essere determinata con certezza da due
-documenti riportati dall'Ughelli, dove appare ancor vivo nel settembre
-del 1201 e già morto nel giugno 1202. La morte adunque accadde nel
-frattempo, e propriamente il 30 marzo 1202; perchè sappiamo da Luca che
-morì di sabato quindici giorni avanti la Pasqua.[470] Non è così facile
-determinare l'anno della nascita. I calcoli del De Lauro, che lo crede
-nato nel 1111 sono tutti fondati sopra una profezia che avrebbe fatta
-Gioacchino sulla neonata principessa Costanza. Ma così la profezia,
-come tutto il racconto intorno a questa principessa, che il De Lauro
-attinse dal Fazelli, è un tessuto di favole. Un altro biografo, il
-Greco, o perchè l'abbia trovato in documento antico, o perchè prenda
-la media della vita umana, mette tra la nascita e la morte un settanta
-anni. Secondo questo calcolo Gioacchino sarebbe nato intorno al 1132.
-
-Che alla mamma e al babbo apparissero prima della nascita del bambino
-parecchie visioni lo raccontano i biografi, nè fa meraviglia, perchè
-un profeta non poteva non essere preceduto da quelle apparizioni, che
-negli antichi tempi preannunziavano la nascita degli eroi, e nei nostri
-quella dei santi. Ma è strano che tra le cose rivelate dall'angelo ai
-genitori ci fosse questa, che non s'avesse a battezzare il figliuolo
-prima dei sette anni, e più strano che i genitori aspettassero non pure
-i sette anni prescritti, ma dieci addirittura. Non saprei veramente
-come spiegare questo curioso racconto.
-
-Giovane di prestante ingegno, bello della persona, largamente fornito
-di beni di fortuna, avrebbe fatto gran cammino nel mondo, ed il padre
-ben per tempo lo applicò alla regia curia, ove pare che avesse un
-uffizio importante anche lui; ma lo splendore della corte non abbagliò
-il giovane patrizio che si sentiva chiamato a ben altri destini, e
-delle miserie della vita già si mostrava insofferente. Che pensieri
-si agitassero nella sua mente è ben difficile dire, ma certo è che
-ei sentendosi a disagio nella patria sua ottenne dal padre di fare un
-viaggio per l'oriente ad attigere ispirazioni dagli stessi luoghi, ove
-ebbe nascimento la nostra fede. Lui non moveva quell'inquieto ardore,
-che menerà i Polo nelle lontane regioni della Mongolia, nè desio di
-avventure; ma un sentimento indefinito che lì dove nacque il Cristo,
-gli verrebbe scoperto il segreto del suo destino. Intraprese il viaggio
-non a foggia di pellegrino, bensì circondato da servi ed amici, che
-manteneva a proprie spese. Era ben raro anche a quei tempi che un
-privato intraprendesse un così lungo viaggio con tanto seguito di gente
-e, se s'ha a credere al cronista, il giovane signore ne invanì.[471]
-Ma giunto a Costantinopoli, ove forse qualche morbo contagioso mieteva
-a migliaia le vittime, il sentimento mistico prese il di sopra, e
-spogliate le ricche vesti, e congedati i suoi compagni all'infuori
-di uno, cinse il saio del pellegrino, e seguitò faticosamente la sua
-via.[472] Ormai avea rinunziato ai piaceri della vita, ed ei stesso
-narrava al suo compagno Luca d'una vedova siriaca, ancor giovane e
-bella, che accolto in casa l'austero viaggiatore, cercò indarno di
-soggiogarlo coi suoi vezzi.[473] Salito sul monte Tabor è fama che vi
-restasse tutta la quaresima tra digiuni e preghiere. E se non si può
-credere al biografo, che su quel monte concepisse il disegno di opere
-scritte molto più tardi e sul cadere degli anni, certo è che vi attinse
-il proposito di dedicarsi tutto alla religione di Cristo.[474]
-
-Tornato in patria, se pure non è vero che ei si nascondesse ai suoi
-genitori[475] certo è che non volle rientrare nella casa paterna, ma
-invece per fecondare quei germi che avea seco portati di Palestina
-entrò nel monastero di Sambucina. Se non che non volle legarvisi con
-voti;[476] chè ei non aveva in mira di chiudersi nel silenzio di un
-chiostro, ma di spandere la parola del Signore di gente in gente. E a
-capo d'un anno dal monastero sambucinese si portò nei dintorni di Rende
-per predicare ai popoli, e trasfondere in loro il fervore religioso
-che scaldava il suo petto.[477] È strano che Gioacchino nel principio
-del suo apostolato fosse ancor laico, e par che non avesse nessuna
-fretta a prendere gli ordini. Nè questo è un fatto isolato nella sua
-vita; chè nella sua peregrinazione per la Palestina, sebbene avesse
-fatto voto di castità, e vestita la bianca tunica del frate, pure tornò
-laico quale era partito. E tornato in patria, benchè si chiudesse per
-un anno nel monastero sambucinese, pure nè si fece frate, nè prese
-gli ordini. E quando più tardi fu fatto abate di Corazzo non vide
-l'ora di fuggire dal convento e tornare a predicare all'aere aperto.
-Questi fatti hanno certamente un nesso fra loro, nè può darsi che il
-ritardo di Gioacchino a prender gli ordini sia accidentale. Egli era di
-quegli uomini, che sentivano indispensabile una riforma della Chiesa,
-se pur non si volea perpetuare le lotte tra il Papato e l'Impero, che
-riaccese nel 1154 continuarono a lacerare la cristianità, e produssero
-durante il pontificato di Alessandro III un lungo e disastroso scisma.
-Forse istintivamente sentiva che questa riforma non potesse partire
-dal clero stesso, che troppo avido si dimostrava di dominio, ed in
-vista di temporali vantaggi non rifuggiva dal muovere una guerra
-ingiusta, come quella di Adriano contro Guglielmo I di Sicilia. Non
-bisogna dimenticare che Gioacchino visse per qualche tempo nella
-curia cosentina, e dei contrasti tra i Normanni ed i Papi, che or li
-benedicevano come salvatori, or li scomunicavano come empi e ladroni,
-dovea sapere qualche cosa. Nè sarebbe strano che ei fin da giovane
-avesse un lontano presentimento delle idee che più tardi sarà per
-svolgere.
-
-Comunque sia, è fuor di dubbio che Gioacchino ancor da laico si mise
-alla predicazione, come al principio del secolo avea fatto Tanchelino,
-e qualche anno dopo di lui farà Valdo. Ma la Chiesa non poteva
-permettere che un laico assumesse un ufficio proprio del sacerdote,
-nè dubito punto che a Gioacchino fosse proibita la predicazione dal
-vescovo di Cosenza. Così si spiegherebbe il fatto, che egli volendo
-prender gli ordini, per seguitare nel suo apostolato senza impedimenti,
-non si rivolse al vescovo della sua diocesi, come era pur naturale,
-ma recossi invece nella vicina Catanzaro,[478] ove fu ordinato da
-Norberto, terzo vescovo di quella diocesi.[479] Il cronista racconta
-che nel viaggio per Catanzaro arrivato al Crotalo (Corace) smontò
-all'abbazia cistercense di Corazo. Ed ivi dall'abate Colombano
-fu indotto a restare per prepararsi convenientemente all'ufficio
-sacerdotale che volea imprendere, e dopo non molto si lasciò persuadere
-a prendere i voti. La via della libera predicazione, per la quale
-s'era messo, gli era stata chiusa; nè forse con suo rammarico. Alla sua
-indole mite e poco battagliera s'addiceva una missione più calma della
-predicazione, e la riforma che ei vagheggiava la potea promuovere più
-collo studio e gli scritti che colla parola. E benchè finora non avesse
-voluto nè legarsi con voti, nè prendere gli ordini, pure per la tempra
-dell'animo suo più inchino alla vita contemplativa che all'attiva, era
-un cenobita nato.
-
-Divenuto frate cistercense, seguitò con ardore gli studii biblici, dai
-quali mal tollerava d'andar distolto. E quando alla morte dell'abate
-Colombano i confratelli levarono lui all'alta dignità, forse perchè
-più schivo di tutti, ricusò l'impaccioso onore. E per sottrarsi alle
-pressure, abbandonato il suo convento, riparò prima in quel d'Acri, e
-poscia nel Sambucinese, dove era stato anni prima. Ma questa fuga non
-intiepidì l'ardore dei suoi elettori, che dall'umiltà sua traevano novo
-argomento per desiderarlo a capo. E frappostisi alcuni dignitari della
-Chiesa gli convenne accettare[480] il non ambito ufficio, nel quale e
-per la relazione di famiglia, e per essere stato egli stesso un tempo
-addetto alla curia forse potè giovare più che ogni altro. Certo è che
-sotto il suo governo l'abbazia, come dice il cronista, ottenne nuovi
-privilegi, come ne fa fede un documento del 1178 riportato dal Greco,
-in cui Guglielmo II ordina al suo rappresentante nella Puglia che sia
-fatta giustizia ai giusti reclami dell'abate Gioacchino di Corazo.[481]
-Ma sebbene adempisse scrupolosamente ai doveri del suo ufficio, pure,
-anzi appunto per questo, non cessava di sentirne il peso. Tra quei
-conflitti di case religiose, che si disputavano e terre e beneficii,
-tra le cure dell'amministrazione di un vasto patrimonio, gli parve
-smarrito lo scopo della sua vita. E l'irrequietezza dei primi anni
-rinacque, e quell'alto fastidio, che un tempo lo allontanò dalla corte
-cosentina, lo mise ora in fuga dall'abazia coracense.[482] Ma non v'era
-altro mezzo per essere sgravato dal faticoso incarco, quando i suoi
-confratelli non volessero, se non impetrarlo per grazia dall'autorità
-del Papa. E l'abate corazzese, ben risoluto questa volta di andare
-fino in fondo, prese la via di Roma, ed a Lucio III, salito dal 1181
-sulla cattedra di Pietro, chiese di venire esonerato dall'ufficio, che
-gli toglieva il modo di compiere il commento e l'interpetrazione della
-Bibbia, da lui per tanto tempo vagheggiata. All'insolita dimanda fra
-tanti che chiedevano privilegi e favori fece buon viso il Pontefice, nè
-solo permise che deponesse la dignità abbaziale, ma gli dette licenza
-di prendere stanza ove meglio gli paresse.[483] Così Gioacchino tornato
-in Calabria, abbandonò per sempre l'abbazia di Corazzo, e ad imitazione
-degli anacoreti dell'oriente si ridusse nel silenzio di Pietralata, ove
-non giungea l'eco delle discordie fratesche, ed ei libero di cure a ben
-più alti pensieri potea volgere la mente.
-
-Da Pietralata par che andasse pellegrinando per le abbazie cistercensi,
-lavorando dovunque indefessamente, e partecipando altrui i frutti del
-suo lavoro. Questo almeno possiamo raccogliere dalla testimonianza
-preziosa di Luca, che lo conobbe per la prima volta nell'abbazia di
-Casamari, ove egli si trattenne più di un anno a compiere ed emendare
-il libro della _Concordia_, ed il commento all'_Apocalisse_, e por
-mano nel contempo all'ultima delle sue opere, il _Decacordo_.[484]
-Che una di queste opere fosse già cominciata quando Gioacchino si
-presentò a Lucio III è attestato non solo da Luca,[485] ma dalla
-lettera di Clemente III.[486] E non è improbabile che l'ammirazione
-per il disegno ed il metodo della _Concordia_ non fosse ultimo motivo
-dell'arrendevolezza del Papa. Ma è fuor di dubbio che queste opere
-furono compiute ed emendate in seguito, appunto nel pellegrinaggio di
-abbazia in abbazia. Ed è certo del pari che se queste opere ardite
-potevano piacere ai pochi, ai più tornavano ostiche per le ragioni
-che diremo a suo luogo. Quei frati che si vedevano così spietatamente
-colpiti nelle opere del santo abate, non glie la perdonavano di sicuro,
-e non è improbabile che abbiano supplicato il Papa perchè imponesse
-silenzio all'importuno censore. E forse per giustificarsi delle accuse
-mossegli, come sospetta il De Riso, o per presentargli l'opera della
-_Concordia_, Gioacchino si recò a Verona presso il novo papa Urbano
-III, il quale confermato il decreto del suo predecessore, incoraggiò il
-santo abate a compiere l'opera sua.[487] Ma non per questo cessarono le
-accuse, e la Corte Romana stessa par che non fosse del tutto sgombra
-da sospetti. Clemente III, almeno nella lettera citata più sopra,
-benchè riferendosi ai decreti dei suoi predecessori Lucio ed Urbano,
-confermasse anche lui la licenza di seguitare lo studio intrapreso,
-pure gli prescrisse che non appena compiuto si recasse al più presto a
-Roma per sottoporlo all'esame del Pontefice.[488] E la lettera stessa
-che Gioacchino premette alle sue opere, in cui scusatosi di non averle
-potute presentare al Pontefice per strettezza di tempo, dichiara di
-voler ritirare ogni parola che la Chiesa possa trovare poco ortodossa,
-questa lettera, ripeto, è un chiaro segno delle accuse e dei sospetti
-che circolavano tra i contemporanei.
-
-Non ultima delle ragioni che alimentavano la guerra contro Gioacchino,
-era senza dubbio la franchezza e la severità con cui rampognava
-gli uomini di chiesa, non risparmiando neanco i suoi correligionari
-benedettini, che dappertutto trovava non dissimili dai corazzesi,
-e meritevoli di una severa riforma.[489] Ad un carattere austero
-e mistico come il suo mal s'affacevano e le simulazioni e gli
-accorgimenti diplomatici, talchè disdegnando la vita molle dei suoi
-correligionari, si ritirò nella sua cara solitudine di Pietralata.
-Ed ivi seguitava nelle sue meditazioni, nè a nessuno faceva mistero
-della nuova ed ardita interpetrazione della Bibbia, che uno studio
-perseverante e diligente gli avea suggerito. Così il romitaggio di
-Pietralata divenne in breve ora un centro dal quale s'irraggiava nova
-luce,[490] come parecchi anni innanzi era stato il Paracleto per opera
-di Abelardo. Il numero dei discepoli ognor più cresceva, a misura che
-la fama del maestro s'ingrossava; e molti non sapeano staccarsi dal
-fianco di chi scopriva nuovi orizzonti. Così a poco a poco il piccolo
-romitorio di Pietralata non bastò più a contenere tante persone e fu
-d'uopo edificare altrove un'abbazia. Gioacchino scelse per la nuova
-costruzione il luogo più lontano dai centri popolosi, e nel cuore
-della Sila, sovra un poggio che si leva per mille metri dal livello
-del mare, piantò la rocca dell'ordine novello. Il pittoresco sito
-è ben atto all'alta e tranquilla meditazione. Il suo silenzio non è
-interrotto se non dal mormorio delle acque dell'Arvo e del Neto, che
-venute da lontane sorgenti, si riuniscono ai piedi di quel monte per
-formare il maggior fiume della Calabria. Di faccia ha il Monte Nero,
-il più elevato della Sila, ed ai fianchi e alle spalle altri monti in
-quel tempo più che in oggi vestiti da folta vegetazione. Su quella cima
-par di essere separati dal mondo, chè dovunque volgi lo sguardo, ti
-si rizzano barriere che sembrano insuperabili, e la valle che s'apre
-dinanzi angusta e profonda, pare un burrone più invalicabile delle
-stesse montagne. Questo luogo selvaggio chiamavasi Fiore,[491] nome
-mal rispondente a quelle alpestri balze, ove fu costruita la chiesa
-dell'abbazia e dedicata a S. Giovanni Battista. Il paese, che più tardi
-vi si formò attorno, riunendo insieme i due nomi, fu detto e si chiama
-tuttora S. Giovanni in Fiore.
-
-Quando fosse aperta la nuova abbazia, il Greco non sa dire, ma
-il De Lauro invece adduce una data precisa, il 18 Luglio 1189, 6ª
-indizione, regnante Guglielmo il Bono;[492] ma non cita la fonte di
-questa notizia. Certo è che la bolla di Celestino III che approva la
-fondazione dell'ordine nuovo, e ne conferma gli statuti non rimonta
-al di là del 1196;[493] ed il decreto imperiale che assegna alla
-nuova abbazia la rendita di cinquanta bizantini d'oro appartiene
-all'anno innanzi, 1195.[494] È probabile che la fondazione definitiva
-dell'abbazia non risalisse molto al di là del decreto imperiale,
-perchè pare che l'abbazia sia nata a poco a poco e per le offerte di
-parecchi, non per largizione di un solo fondatore, il cui nome sarebbe
-stato ricordato nelle memorie del convento, come fu ricordato quello
-del signore di Mamistra che fondò la casa filiale di Fiumefreddo. E se
-la cosa è andata come noi sospettiamo, ben si comprende che gli agenti
-del fisco si opponessero all'ingrandimento successivo dell'eremitaggio,
-ingrandimento che portava di necessità s'abbattessero le foreste e
-s'occupasse parte del demanio pubblico. E si comprende altresì come a
-far cessare queste opposizioni Gioacchino si recasse dal Re stesso in
-Palermo. Il Re, cui forse non piaceva la creazione di un nuovo ordine
-cistercense, che avrebbe destato le invidie e le gelosie dell'antico,
-offrì all'abate il monastero di S. Martino presso Bisignano. Ma
-Gioacchino che mirava non al possesso d'un'abbazia, bensì alla riforma
-dell'istituto, ricusò la generosa offerta, nè altro chiese fuorchè di
-essere lasciato in pace, lui e i suoi compagni, tra i silenzi delle
-alpestri montagne.
-
-Benchè non favorita dal Governo, la nuova istituzione cresceva e
-si dilatava. Sfortunatamente non sappiamo in che differisse dalla
-cistercense. Dalla bolla di Gregorio IX, che proibisce ai cistercensi
-di accogliere tra loro chi fosse stato scacciato dai Florensi,
-si ricava solo che la regola di questi ultimi era più stretta e
-rigorosa. Non però si arrivava alla povertà abbracciata più tardi
-dai francescani, perchè, come vedemmo, quando il nuovo istituto
-cominciò a fiorire accettò le largizioni di Enrico VI, e più tardi
-dell'imperatrice Costanza.
-
-Gli anni in cui nasceva il nuovo ordine furono agitati dalle contese
-tra gli Svevi ed i Normanni, e il De Lauro per mettere in luce il
-dono profetico di Gioacchino, racconta che egli al tempo in cui
-avvennero i disastri dello Svevo prevedesse di già la sua vittoria
-finale, e saputo di queste profezie Tancredi montasse in furore e
-minacciasse di distruggere tutti i conventi florensi. Ma tutto questo
-racconto è fallace perchè è fondato sulle lettere di Gioacchino, che
-non hanno maggiore credibilità di quelle attribuite a Platone. Ed è
-molto improbabile che il fondatore di un nuovo ordine, il quale dovea
-combattere contro tanti ostacoli e rivalità rendesse più difficile
-l'opera sua mescolandosi in negozi politici. È verisimile invece che
-Enrico VI favorisse la nuova istituzione non in grazia dei sentimenti
-politici del fondatore, ma ben piuttosto o per il suggerimento di
-Costanza, donna molto pia, che gran stima facea del santo abate, ovvero
-perchè l'ordine florense aveva acquistato molto sèguito; e ad una nuova
-signoria giova promuovere le istituzioni giovani che par che nascano ad
-un parto col nuovo dominio.
-
-Comunque sia, l'abbazia di Fiore ebbe molti donativi e crebbe così
-rapidamente, che vivente Gioacchino cominciò a spiccare rami filiali
-all'intorno. Ma l'austero abate, pur rallegrandosi di queste prospere
-sorti, volgea non per tanto il pensiero al romitaggio, ove ebbe
-nascimento il nuovo ordine. E sentendo appressarsi l'ultima ora, ivi
-fece ritorno, e nella stessa camera, che ricordava le più feconde sue
-meditazioni, volle chiudere il corso della sua travagliata carriera.
-
-Nella vita di Gioacchino si possono distinguere nettamente tre periodi.
-Quello del giovane signore che senza prender gli ordini, o ascriversi
-ad un sodalizio religioso, fa il pellegrinaggio di Terra Santa e
-tornato in patria imprende l'apostolato della predicazione. Quello del
-frate cistercense, che divenuto abate, non trova posa finchè non sia
-libero dal penoso incarco per consacrarsi tutto alla meditazione ed
-al commento delle scritture. Quello infine del riformatore che mette
-in atto una parte delle sue idee fondando un nuovo ordine più severo
-del cistercense, al quale apparteneva. In tutti questi periodi domina
-il misticismo. Fin da giovane Gioacchino è più sollecito del cielo che
-della terra, e fugge dalla corte, ove avrebbe potuto conseguire i primi
-onori, per fare da povero pellegrino il viaggio di Terra Santa. Fin da
-giovane, quando ancor non era legato da voti religiosi, si consacrò ad
-una vita aspra ed austera, e già vecchio ricordava con compiacenza le
-battaglie sostenute e vinte contro le seduzioni della bellezza. Fin
-da giovane sentì il bisogno di una rinnovazione religiosa, bisogno
-indistinto ed indefinito, eppure sì prepotente che ancor laico si
-mise a predicare penitenza. Ma la vita dell'apostolo, che trae seco
-le genti, colla parola calda, e il piglio risoluto di chi sa dominar
-le anime, non è per lui, nato più al contemplare che al fare.[495]
-La lotta lo scoraggia, sebbene non la sfugga, se imposta dal dovere.
-E chi non ha l'energia e l'ardore del soldato, nè sa piegare al suo
-volere l'altrui, non move le turbe. Non un riformatore, ma un mistico
-veggente era Gioacchino, nè in lui riviveva lo spirito di Enrico o di
-Arnaldo da Brescia. Se non vi si opponessero moltissime dissimiglianze,
-si potrebbe paragonare ad Abelardo almeno in questo, che al pari del
-filosofo palatino ei crede di potere agire cogli scritti, se non con le
-opere, e al pari di lui mette uno studio indefesso nella Bibbia, e pur
-con intendimento diverso adopera lo stesso metodo dell'interpetrazione
-allegorica. Ma in opposizione ad Abelardo Gioacchino è una mente
-mistica, alla quale piace più la penombra della visione, che la
-chiarezza del ragionamento. Egli non è un filosofo, ma un profeta, e
-tale lo stimarono i contemporanei, e Vincenzo di Beauvais nel parlare
-di lui spiega come si possa avere il dono della preveggenza, nè Dante
-ad un secolo di distanza, lo chiama altrimenti.
-
-Non intendiamo profeta nel senso comune della parola di tale
-che preconosca i fatti avvenire in tutte le loro particolarità e
-nell'ordine cronologico con cui si svolgeranno. Di queste volute
-profezie non abbiamo alcun cenno nell'opera del suo discepolo Luca,
-che per noi è la fonte più importante, come quei che, inchino a
-scorgere nel suo maestro virtù soprannaturali, non avrebbe certo
-taciuto delle profezie di Gioacchino, ove mai gli fossero state note.
-Nè nelle opere autentiche si trovano le predizioni, ricordate dai
-suoi biografi; nè se anche si trovassero ci darebbero il diritto di
-attribuirle piuttosto all'ispirazione divina, che all'accorgimento
-umano. Imperocchè le profezie che gli si attribuiscono sono queste tre,
-che da Costanza sarebbe nato Federico II, il futuro e più pericoloso
-nemico della Chiesa;[496] che fra tre giorni perverrebbe l'annunzio
-dell'espugnazione di Gerusalemme per gl'infedeli; che infine il
-figlio di Tancredi sarebbe stato ucciso, spegnendosi con lui la casa
-normanna. E nessuna di queste previsioni si può dire che ecceda le
-facoltà umane. Non era difficile trarre cattivi auspici dall'unione
-della casa sveva colla normanna, ed uno sguardo acuto avrebbe potuto
-intravvedere i futuri contrasti tra i Papi ed i discendenti di Enrico
-IV, che divenuti ad un tempo imperatori e re di Sicilia difficilmente
-avrebbero rinnovato il giuramento di vassallaggio al Papa, prestato
-dai normanni.[497] Parimente le esperienze fatte dalla seconda Crociata
-faceano concepire scarse speranze per la terza, perchè il tempo degli
-entusiasmi era passato da un pezzo; nè s'era più rinnovata quella
-fermezza e concordia di propositi della prima Crociata.[498] E per
-quanto crescevano le discordie nel campo cristiano e più che altrove
-nel regno stesso di Gerusalemme, altrettanto si rafforzava l'impero di
-Saladino. Parimenti non era impossibile la previsione della vittoria
-dello Svevo, il quale se patì una prima sconfitta, poteva e dovea
-scendere di nuovo più forte d'uomini e d'armi; e la fine della dinastia
-normanna, alla morte di Tancredi, del solo uomo che la seppe ritardare,
-era per fermo imminente.
-
-Se Gioacchino avesse fatto veramente queste previsioni, dovremmo
-scorgere in lui l'uomo che conosce da vicino la società in cui vive,
-nè le splendide ma passeggiere vittorie lo abbagliano, e non vede la
-meta vicina per desiderio che abbia di toccarla, nè per i vantaggi
-del presente trascura di porre in calcolo i danni dell'avvenire. Non
-sarebbe certamente impossibile, che in Gioacchino al misticismo della
-fede andasse congiunta l'esperienza consumata della vita. Per le sue
-particolari condizioni ei s'era trovato in contatto colle persone più
-eminenti del suo tempo, nè sarebbe strano che conoscesse le discordie
-degli uni, la vanità degli altri, e prevedesse un avvenire molto più
-buio di quel che i suoi contemporanei si raffigurassero. Anzi in questa
-previsione la fede mistica e l'esperienza della vita si sarebbero
-incontrate, ed entrambe avrebbero contribuito a confermare il solitario
-veggente nella persuasione che bisognasse mutar cammino per ridar la
-pace e la giustizia alla travagliata cristianità.
-
-Comunque sia di queste previsioni di Gioacchino, nel modo come le
-abbiamo esposte qui sopra, certo è che nei termini in cui ci son
-raccontate dai biografi si tradiscono facilmente per tardive e malcaute
-invenzioni, intrecciate di grossi errori e storici e cronologici.
-Questi racconti appartengono alla stessa epoca, in cui sotto il nome
-di Gioacchino andavan pubblicate e visioni e profezie, e gli uomini
-si consolavano dell'acerbità dei loro mali coll'annunziarne facile
-ed imminente la fine. In quel tempo nacque una copiosa letteratura
-pseudoprofetica, che non ha nulla di comune colle opere genuine
-dell'abate calabrese, ove non si preveggono i fatti avvenire nei
-loro particolari, e più volte vien dichiarato che solo Iddio conosce
-il giorno in cui sarà per cominciare il nuovo periodo della storia
-umana.[499]
-
-Per questo rispetto Gioacchino è di gran lunga inferiore agli antichi
-profeti. A lui manca quella potente fantasia, che col magistero
-di grandiose allegorie e di visioni estatiche sa bene anticipare
-il futuro.[500] Non gli fa difetto certo il profondo sentimento
-dell'infelicità presente, nè la viva aspirazione ad un migliore
-avvenire, ma il suo pennello non sa colorire questi lontani orizzonti.
-Ei non possiede il dono dell'ispirazione profetica come non conosce il
-segreto dell'eloquenza; ed in luogo di bandire profezie sue si contenta
-d'interpetrare le altrui. Chi sulla fede di Dante pensasse di trovare
-nelle opere di Gioacchino le smaglianti pitture di tempi nuovi, ben
-presto si sgannerebbe. L'abate calabrese non è un profeta, ma uno
-scolastico e pesante commentatore, il quale per scoprire un lembo
-dell'avvenire fruga e rifruga nel passato, e non che sciorre il volo
-pei campi indefiniti della speranza, s'indugia in faticosi calcoli di
-date e generazioni.
-
-Ma l'effetto che Gioacchino produceva nei suoi contemporanei non
-possiamo certo vagliarlo colle nostre misure. Il suo commento alla
-Bibbia era secondo il gusto dei tempi, quelle interpetrazioni sforzate,
-e che balzan fuori da sottili ragionamenti, avean grande presa
-sugl'intelletti, ed i riscontri per quanto più strani e tormentosi
-tanta maggior fede riscotevano. Nè faceva intoppo la sconfinata
-libertà d'interpetrare allegoricamente quello, che inteso alla lettera
-non avrebbe dato il senso voluto. Si era da gran tempo avvezzi a
-questo giuoco, nè faceva certo meraviglia che Sara ad esempio ora
-s'interpetrasse come il simbolo della vecchia legge, ed ora della
-nuova, secondo che la si metteva in confronto di Elisabetta o di
-Agar.[501] E tanto più questi contorti commentarii e questi calcoli
-artificiosi doveano essere accolti con favore, in quanto che da essi si
-cavavano risultati rispondenti ai più profondi bisogni del tempo. Il
-secolo decimosecondo fu travagliato quanto altri mai da gravi lotte e
-religiose e politiche. Mostrammo nei capitoli precedenti quanto vigore
-avesse spiegato l'eresia, che pochi anni dopo la morte di Gioacchino
-fu bandita una crociata per estirparla. Le lotte inoltre tra la Chiesa
-e l'Impero dettero luogo ad uno scisma lungo e tormentoso, che durò
-non meno di un ventennio, e se la pace fu alfine composta, tutti
-prevedevano che non sarebbe durata, e che presto o tardi ricomincerebbe
-la lotta con maggior furore. Queste discordie perenni, queste battaglie
-sanguinose si tenevano allora non come una legge inesorabile della
-storia, ma quale effetto passeggiero e transitorio della corruzione
-umana, come il segno manifesto dell'appressarsi dell'ultima ora pel
-vecchio mondo.[502] Non erano ancora spente le paure millenarie, se non
-che le menti più ardite non osavano più preannunziare la fine delle
-cose, tante volte indarno aspettata, bensì una profonda rinnovazione
-sociale. E Gioacchino fu l'interpetre di questi pensieri che ei facea
-scaturire dallo studio assiduo della Bibbia, e dalla profonda ed
-instancabile osservazione dei mali presenti. E le sue parole destavano
-un'eco tanto più larga, per quanto più alto era il posto onde veniano
-profferite. E non è strano che fossero avidamente credute le previsioni
-di un uomo eminente, che e per la pietà e la dottrina insieme fu
-per forza creato abate, e in seguito divenne o fondatore, o almeno
-rinnovatore di un ordine fratesco.
-
-Le circostanze certamente favorirono assai il progresso delle idee
-gioachimitiche, e la creazione dell'ordine francescano, e le scissure
-che ben presto lacerarono quel sodalizio, vi contribuirono non poco.
-Ma anche prima di quel tempo le ardite divinazioni di Gioacchino
-levarono grande rumore. Prova ne sia il fatto raccontato da Rodolfo
-di Coggesale, che capitato a Roma nel 1195 l'abate di Perseigne
-volle avere una conferenza con Gioacchino intorno alle famose sue
-profezie.[503] E non meno curioso fu Riccardo re d'Inghilterra, che al
-dire di Roggero Hoveden fece venire a bella posta in Messina l'abate
-per conferire seco lui sull'interpetrazione dell'_Apocalisse_.
-
-Noi certo non lo teniamo per un profeta, nè nel significato razionale
-che si suol dare a questa parola, e molto meno nel sovrannaturale; ma
-riconosciamo volentieri in lui una mente elevata ed un animo onesto e
-desideroso del bene. E se non possiamo dividere le sue idee sul corso
-della storia, non gli possiamo negare un'acuta osservazione delle
-calamità del suo tempo. E per quanto sieno fantastici i rimedii che ei
-consigliava di apprestare, non pertanto i suoi disegni per più d'un
-secolo affaticarono le menti, e certo avrebbero grandemente giovato
-all'umanità, se il loro valore intrinseco fosse stato pari alla purità
-degl'intendimenti di chi li pensava.
-
-
-II
-
-Benchè molte opere vadano sotto il nome di Gioacchino, tre sole sono
-riconosciute autentiche dai più, la _Concordia dell'antico e nuovo
-Testamento_, il _Commento all'Apocalisse_ ed il _Salterio delle dieci
-corde_. Il Preger recentemente ha dubitato anche di queste, ma le
-sue prove non reggono, come ha bene dimostrato il Reuter, alle cui
-ragioni in favore dell'autenticità mi sia lecito di aggiungerne qualche
-altra, che non va trascurata.[504] Ed in primo luogo è da notare col
-Reuter, che le tre opere sono già citate da Guglielmo Alverniate,
-morto cinque anni avanti al 1254. Nè ci farebbe meraviglia che qualche
-altra citazione più antica, frugando meglio negli scrittori medievali,
-si trovasse. Certo è notevole che il gioachimita Salimbene non citi
-l'opera principale di Gioacchino la _Concordia_, o almeno che il solo
-passo riferibile a questa non solo sia sospetto d'interpolazione, ma
-sbagliato di pianta, stantechè nella _Concordia_ il pontefice Leone I,
-che arrestò gli Unni, è messo in confronto non con Giosaffatte, come
-vuole il Salimbene, ma con Asa, le cui preghiere misero in fuga gli
-Etiopi.[505] Tutto questo è vero. Ma che cosa s'ha da inferire? Che
-forse il Salimbene non conosca la _Concordia_? No certo, perchè il non
-citare o citar male non vuol dire non conoscere un'opera, ma non averla
-sottocchio nel momento che si scrive. Nè tampoco si può conchiudere
-che il Salimbene conosca la _Concordia_, ma l'abbia in sospetto quale
-opera spuria, come opina il Preger. Nessuno oserebbe attribuire tanta
-finezza di critica al Salimbene, e molto meno il Preger, che non
-ignora il passo della _Cronaca_, ove è citata un'altra opera a parer
-suo pur anche spuria, l'_Esposizione dell'Apocalisse_.[506] Perchè
-dunque il Salimbene non avrebbe saputo scoprire questa, se avea già
-scoperta la falsificazione ben più difficile della _Concordia_? La
-verità è che il Salimbene non è critico, nè molto nè poco, e sarebbe
-ben strano che le tre opere maggiori facessero intoppo a lui, che
-teneva per autentici i commentari a Geremia ed Isaja, la cui falsità
-era più facilmente riconoscibile. Chè anzi nel Salimbene scorgiamo
-maggiore predilezione per i libri apocrifi, che cita molto soventi. In
-un luogo della _Cronaca_ ei ci dice di non aver da gran tempo nè letta
-nè vista l'_Esposizione dell'Apocalisse_. E noi gli crediamo, che ai
-francescani andavano più ai versi quelle credute opere di Gioacchino,
-ove le allusioni ai frati minori erano certe e trasparenti, e più
-determinate le profezie. Codesta letteratura apocrifa acquistando ogni
-giorno maggior credito metteva in seconda linea la genuina. Così ci
-spieghiamo come il Salimbene citi male la _Concordia_. La citazione
-probabilmente si riferisce non alla _Concordia_, posta in secondo luogo
-nella parentesi, ma al _Liber figurarum_, che forse era un rifacimento
-della _Concordia_.[507]
-
-Un altro passo della _Cronaca_ del Salimbene induce il Preger a
-dubitare dell'autenticità della _Concordia_. Se il frate avesse
-conosciuto o tenuta per autentica la _Concordia_, come avrebbe potuto
-dire che Gioacchino non determina l'anno in cui ha da cominciare
-il terzo periodo; mentre in quell'opera è chiaramente fissato il
-1260?[508] Ma anche questo ragionamento non stringe. Il Reuter ha
-già notato che nel passo di Salimbene non è detto che Gioacchino non
-assegni il tempo, bensì che alcuni credano di sì, altri di no. Ed io
-soggiungo che questa doppia interpetrazione era giustificatissima.
-Perchè sebbene in più luoghi come vedremo, Gioacchino stabilisse il
-1260 come anno in cui avrà fine il secondo periodo, pure in altri
-luoghi mostra di dubitare di aver colto giusto, e se ne rimette ai
-posteri, che saranno spettatori degli avvenimenti, o a Dio che li ha
-predeterminati. Si poteva dunque ben dire: Gioacchino dai calcoli fatti
-sulle generazioni, prestabilisce il 1260; ma l'esattezza del conto ei
-non garentisce, e niente vieta che il terzo periodo entri o avanti o
-dopo quest'anno misterioso. Si poteva e dopo il 1260 si doveva dire
-così, se pur si volea salvare la reputazione profetica del grande
-abate. Qual meraviglia che il Salimbene accolga questa spiegazione,
-che rovescia sui cattivi interpetri la colpa, che molti attribuivano
-a Gioacchino? Al che s'aggiunga che le parole, messe in bocca a
-Gioacchino per iscusare l'incertezza della determinazione numerica,
-sono tolte di peso da un luogo della _Concordia_, che facilmente
-saltava agli occhi e poteva puranche tenersi a mente, perchè si trova
-nel penultimo capitolo verso la fine dell'opera, in una commovente
-esortazione ai fedeli.[509] Il passo adunque che il Preger adduceva
-contro, è forse la prova più decisiva in favore dell'autenticità della
-_Concordia_ che in questo luogo senza nominarla viene esattamente
-citata.
-
-Dopo questa discussione potremo sbrigarci più sollecitamente delle
-altre prove del Preger. In un luogo della _Concordia_, ei dice, viene
-ricordato Federico per metterlo a riscontro con Assalonne.[510] Non
-si può intendere, seguita il Preger, Federigo Barbarossa, perchè
-questi dopo lunghe lotte si riconciliò colla Chiesa, e non morì come
-Assalonne combattendo contro il padre suo. La citazione si riferisce
-piuttosto a Federico II, che da tutti i Gioachimiti era tenuto per
-l'Anticristo, o almeno per uno dei precursori dell'Anticristo. Così la
-intendeva l'anonimo di Passau, che per questa ragione appunto tiene per
-ispuria l'opera della _Concordia_. Ma tutto codesto ragionamento cade,
-quando si voglia leggere col Reuter tutto il luogo che si riferisce
-a Federigo. Gioacchino avendo già paragonato Salomone, il figlio
-prediletto di Davide, a Cristo, dovea riscontrare nell'Anticristo
-il figlio ribelle, Assalonne. Se non che l'analogia non tornava,
-perchè Davide pianse la morte del suo figlio benchè ribelle, mentre
-la Chiesa non potrebbe se non rallegrarsi della fine dell'Anticristo.
-Assalonne quindi non può essere l'imagine dell'Anticristo vero, ma di
-uno dei precursori, che potè benissimo tornare infesto alla Chiesa, ma
-non spezzò con lei tutti i vincoli di filiale affetto, e con questo
-intendimento poteva essere ben citato Federico I, che dopo avere
-combattuta la Chiesa, tornò nel suo grembo. Certo qualche dissonanza
-resta pur sempre, ed è vero che Federico non morì combattendo contro
-suo padre al pari di Assalonne. Ma la congruenza tra il vecchio ed
-il nuovo Testamento non deve estendersi secondo Gioacchino a tutti i
-particolari.[511] Ed in ogni modo il disaccordo sarebbe maggiore se si
-trattasse di Federico II, al quale la Chiesa non perdonò mai nè vivo
-nè morto, e non che piangere sulla sua fine, giurò un odio pertinace
-ai suoi discendenti, nè smise se non quando ebbe mozzo il capo sul
-patibolo l'ultimo rampollo della stirpe odiata.
-
-Il Preger sforzato dalla sua logica demolitrice, deve revocare in
-dubbio la lettera di Gioacchino, ove citate le tre opere in discorso,
-vuole che sieno sottoposte al giudizio di Roma, e vi si cancelli tutto
-ciò che possa parere meno ortodosso. Non è strano, aggiunge il Preger,
-che scriva a tal modo un profeta, il quale è ben sicuro del fatto suo,
-e detta sotto l'impulso di una alta ispirazione? Nè la Chiesa avrebbe
-potuto concedere licenza a chicchessia di pubblicare scritti profetici,
-la cui portata non era in grado di misurare.[512] Ma nè l'una nè
-l'altra osservazione è esatta. Gioacchino se pur s'ha da chiamare così,
-è profeta a modo suo; pieno di scrupoli e d'incertezze. E la lettera
-ai confratelli è scritta nello stile delle opere delle quali abbiamo
-già riportato parecchi passi, dove non traluce certo l'arditezza dei
-profeti e la fiducia nelle proprie forze. Ed i papi che conoscevano per
-prova la pietà del santo abate non potevano dubitare dell'opera sua;
-ma ciò non pertanto ingiungevano che gli scritti avanti di pubblicarsi
-fossero mandati a Roma. Infine dell'autenticità della lettera non si
-può dubitare, se ne fu tenuto conto nel Concilio lateranense del 1215,
-appena tredici anni dopo la morte di Gioacchino.
-
-Riconosciuta l'autenticità di questa lettera, segue che sono genuine
-non pure la _Concordia_, ma benanco l'_Esposizione dell'Apocalisse_
-citata dal Salimbene, ed il _Salterio delle dieci corde_. In
-quest'ultima opera sono esposte alcune opinioni sulla Trinità conformi
-a quelle condannate nel Concilio lateranense. E l'Engelhardt da questa
-conformità argomentava che il trattato contro Pietro Lombardo non
-fosse in realtà se non il primo libro del _Decacordo_. Io riconosco
-col Preger che questa opinione non regge, perchè l'opuscolo condannato
-nel Concilio lateranense dovea essere indirizzato nominatamente contro
-il libro delle sentenze, laddove nel primo libro del _Decacordo_ non
-è citata alcuna opera. Ed in secondo luogo il _Decacordo_ è opera
-espositiva, non polemica. Ma se per questo rispetto io sono d'accordo
-col Preger, non posso acconsentirgli che l'indirizzo di quest'opera
-sia affatto contrario a quello dell'opuscolo incriminato. Le dottrine
-intorno alla Trinità, condannate dal Concilio, si trovan tutte nel
-_Decacordo_, ed il dotto Papebrochio non è riescito di mostrare il
-contrario. Nè vi manca l'allusione al Maestro delle sentenze, sebbene
-non lo citi, nè lo combatta di proposito.[513]
-
-Il presupposto dunque del Preger di un'opposizione tra l'opuscolo
-condannato nel Concilio e il primo libro del _Decacordo_ non regge,
-e cade per tal guisa tutto il ragionamento costruitovi sopra. Nel
-_Decacordo_ l'autore è e vuole restare cattolico, ed in moltissimi
-punti le sue dottrine non sono differenti dalle più ortodosse. Ma è
-questa forse una prova dell'ipotesi del Preger, che il _Decacordo_ sia
-stato scritto da un pio Gioachimita nell'intendimento di scagionare il
-maestro dalle accuse? Non certo, perchè il contraffattore non avrebbe
-dovuto nè ripetere le accuse contro il maestro delle sentenze, nè
-sostenere apertamente e senza attenuazioni la dottrina gioachimita
-della Trinità, già condannata nel Concilio. Più innanzi esporremo
-questa dottrina, e riporteremo altri passi del _Decacordo_. Per ora
-ci basterà concludere che il _Decacordo_ è autentico al pari della
-_Concordia_ e dell'_Esposizione[514] dell'Apocalisse_. Queste tre opere
-sono legate tra loro, perchè non solo Gioacchino le cita tutte e tre
-nella lettera al Papa, ma l'una cita l'altra.
-
-Dalla prefazione del _Decacordo_ sappiamo che il primo libro
-di quest'ultima opera fu scritto quando si trovava nel convento
-di Casamari, e poi che era stata già composta la _Concordia_ e
-l'_Apocalisse_.[515] Codesta notizia ci vien confermata da Luca, che
-ci dice benanco l'anno, a cui si riferisce Gioacchino, il 1182. Ed
-un'altra conferma la ricaviamo dalla lettera del 1188 di Clemente III,
-ove è detto che le opere di Gioacchino furono cominciate a scrivere per
-incarico di Lucio III (1181-1185) e di Urbano III (1185-87).
-
-Da questa stessa lettera ricaviamo che nel giugno 1188 le opere non
-erano finite ancora, sicchè la pubblicazione dev'essere posteriore a
-quell'anno, ma quando accadesse non sappiamo. Certo la _Concordia_ ebbe
-a precedere le altre opere, perchè nella lettera più volte citata di
-Gioacchino del 1200 è detto che la prima opera fu mandata al Papa, le
-altre non ancora. È probabile che nel 1195 la _Concordia_ fosse già
-pubblicata, perchè in quell'anno le profezie dell'abbate Gioacchino
-erano così note, che come dicemmo l'abbate di Perseigne mostrò il
-desiderio di discorrerne con l'autore. L'_Apocalisse_ poi fu scritta
-intorno al 1196 o poco dopo, perchè in un luogo l'autore dice aver
-saputo l'anno innanzi ovvero il 1195 che i Patarini mandarono legati ai
-Saraceni.[516] L'ultima delle opere, il _Decacordo_, benchè composta
-dopo, fu certamente pubblicata insieme al _Commento dell'Apocalisse_,
-perchè in un luogo di quest'opera è citato il secondo libro di
-quella.[517]
-
-Da queste tre opere in fuori le altre sono manifestamente apocrife. E
-a condannarle basta, come avverte il Renan, la lettera di Gioacchino
-premessa così alla _Concordia_ come all'_Esposizione dell'Apocalisse_.
-In questa lettera, ricordate la _Concordia_ in cinque libri, il
-_Decacordo_ in tre, e l'_Esposizione_ in otto titoli, aggiunge di
-avere scritto altri piccoli opuscoli contro gli Ebrei, e contro
-gli avversarii della fede cattolica. In quest'ultima categoria può
-benissimo entrare lo scritto polemico contro Pietro Lombardo, del
-quale abbiamo parlato più sopra, ma restano escluse tutte le opere di
-argomento dottrinale, e che non sieno indirizzate contro qualcuno.
-Anche Luca, lo scolare ed il copista di Gioacchino, cita soltanto
-queste tre opere.
-
-Sono evidentemente falsi i _Vaticinia Pontificum_, che ebbero tanta
-celebrità nel Medio Evo,[518] ed i commenti alle profezie di Cirillo,
-di Merlino e della Sibilla Eritrea.[519] Non vogliamo entrare
-nell'esame particolareggiato di tutta questa letteratura profetica,
-che ci menerebbe molto fuor di strada, ma questo solo notiamo, che ove
-pure sieno state in voga prima di Gioacchino le cosiddette profezie di
-Merlino e delle Sibille, ei non le cita mai nelle opere autentiche che
-abbiamo ricordato più sopra. Senza dubbio persone molto rispettabili,
-come Alano di Lilla, tennero in gran conto i vaticinii che andavano
-sotto il nome del mago inglese.[520] Ma Gioacchino non mescola il sacro
-col profano, nè riconosce altra autorità all'infuori della Bibbia e dei
-Padri, e se anche avesse conosciute queste pseudoprofezie, si sarebbe
-ben guardato dal trarne partito e commentarle.
-
-Non meno apocrifi sono i commenti ad Isaja e agli altri profeti
-minori, nonchè quel trattatello che serve d'illustrazione alle minacce
-profetiche, una specie d'indice geografico delle provincie del mondo
-intero per ciascuna delle quali si notano le pene che loro sovrastano.
-È noto che nel linguaggio profetico questo cumulo di colpe e minacce è
-detto _onus_, onde _onera prophetarum_ sono chiamate le invettive dei
-profeti, ed _onera provinciarum_ le colpe di ciascun paese.[521] Che
-il trattato geografico non appartenga a Gioacchino è agevole provarlo
-da questi pochi passi, che io aggiungo a quelli riportati dal Renan.
-Nell'annotazione al ducato Spoletino è fatto cenno dei due ordini
-francescano e domenicano, che al pari di luminose stelle sorgono a
-predicare un'altra volta il Vangelo del regno coperti di ruvidi sacchi.
-La Chiesa di Sardi viene paragonata a quella dei monaci cassinesi,
-che la macchiano coi loro desiderii carnali, e col non distinguersi in
-nulla dai secolari. Certo Gioacchino ha rimproverati soventi i frati
-anche del suo ordine, ma è ben lontano di applicare loro il testo
-dell'_Apocalisse_. In questa amara invettiva si scopre facilmente il
-mendicante francescano che non può perdonarla al fastoso benedettino.
-Nell'annotazione alla provincia narbonese si fa parola della crociata
-che sarà bandita contro il focolare dell'eresia albigese.[522] Ma
-non occorrerebbero nè questa nè altre prove per dimostrare che il
-trattato appartiene al tempo dei commentatori di terza o quarta mano,
-che per dir qualche cosa di novo hanno bisogno di scendere a minuti
-particolari, e trovare un motto almeno per ciascuna provincia o città
-che sia.
-
-Parimenti apocrifi sono i commenti ad Isaja ed ai profeti minori.
-Ed a provarlo poche citazioni basteranno. Nelle opere autentiche di
-Gioacchino come nel _Commentario dell'Apocalisse_, la donna ammantata
-di oro che fornica coi Regi, è Roma in quanto rappresenta non la
-Chiesa dei giusti, ma la moltitudine dei reprobi. Anzi per togliere
-ogni equivoco questa moltitudine di reprobi non è chiusa nelle mura
-della eterna città, ma si dilarga per tutto l'orbe del cristiano
-impero. L'autore della lettera ai fedeli non avrebbe potuto tenere un
-altro linguaggio, ed egli che si dichiarava servo devoto della Chiesa
-non avrebbe potuto raffigurarla nella donna dell'_Apocalisse_. Ben
-altrimenti si comporta lo scrittore del _Commento_, che contro Roma
-adopera le stesse parole, dai Catari, Valdesi ed Arnaldisti.[523]
-Sotto il nome di Gioacchino mal si nasconde un frate francescano,
-che ingenuamente confessa essere nati i due ordini a flagellare la
-Chiesa occidentale. Questo chiaro accenno ai due ordini che si ripete
-moltissime volte, e il ricordare che fa soventi di Federico II, sono
-segni certissimi della tarda età del _Commento_.[524] Io non saprei
-certamente determinarla con esattezza; ma come ha notato il Renan pel
-libro di Geremia, debbo anch'io notare per questo d'Isaia che l'autore
-mette in guardia non solo contro i tedeschi, ma benanco contro i
-francesi.[525] Il che vuol dire che il tempo degli entusiasmi angioini
-era già passato. Ed in un luogo parmi che sia sfuggito al malcauto
-autore l'anno della composizione del libro, ove parlando del terzo
-stato dice che sarà compiuto tra novant'anni dopo il mille e trecento,
-espressione ben strana per uno che non fosse contemporaneo di Bonifacio
-VIII.[526] Secondo questa congettura il commento ad Isaja sarebbe
-posteriore al Salimbene. Il che s'accorda col fatto già da noi rilevato
-che Salimbene conosce gli _Onera_ non il _Commento_. Gli _Onera_ in
-verità sarebbero più antichi, ma certo molto posteriori al 1201 come si
-raccoglie da una frase sfuggita allo stesso autore.[527]
-
-Il commento a Geremia appartiene allo stesso tempo, perchè il Salimbene
-racconta che i due frati francescani Bartolomeo Ghiscolo da Parma e
-Gherardino da Borgo S. Donnino sulla fede nell'esposizione di Geremia
-faceano tristi pronostici della crociata che S. Luigi apparecchiava
-nel 1248.[528] Dunque la composizione di questo commentario risale al
-di là di quest'anno. Ma forse non indietro al 1239, anno, come nota il
-Renan, in cui la rottura tra il partito Guelfo e Federigo II si fece
-più aperta. Certo son degne di quel tempo le fiere invettive che si
-leggono in questo libro contro l'Imperatore, al quale adattandovi le
-parole d'Isaja vien dato del _basilisco_, che esce dalla _radice del
-serpente, della vipera e del serpente volante_. Nè gli risparmiano gli
-epiteti più obbrobriosi, superbo, astuto, lascivo, avaro, tortuoso,
-perfido, violento, iracondo.[529] Il nome in verità qui, a differenza
-del commento ad Isaja, è taciuto; ma l'allusione a Federigo II
-è trasparentissima. Questo commentario, che dice tante insolenze
-dell'Impero si suppone indirizzato ad Enrico VI, ed il profeta non
-dubita di annunziargli che il leone d'Isaja vuol significare il padre
-(Federigo I), la radice serpentina lui stesso Enrico, e da lui escirà
-il basilisco, che è per conseguenza il figlio di Enrico VI o Federigo
-II. Più chiaramente in un altro luogo è descritto l'albero genealogico
-di Federigo II risalendo ad Enrico IV, che il commentatore chiama
-primo, perchè fu il primo degli Enrichi ad opporsi alla Chiesa. E
-come se non bastassero tutte queste indicazioni, vi aggiunge l'altro
-particolare, che i figli si ribelleranno contro il padre, accennando
-alla fellonìa di Enrico, ed alla sua morte.[530]
-
-Quest'ultimo particolare ci darebbe una indicazione più precisa
-dell'età in cui fu composto questo commento, il quale dev'essere
-posteriore non solo al 1239 ma benanco al 1242 anno della morte di
-Enrico. Ma sulla quistione del tempo torneremo di qui a poco. Ora
-basti notare che il solo fatto dell'allusione a Federico II[531]
-toglie ogni credito a questo commento, e ci fa maravigliare come anche
-dall'Engelhardt sia stato attribuito all'abate Gioacchino. Ma oltre
-all'allusione a Federico II, troviamo chiari e numerosi accenni ai
-due ordini dei minori e dei predicatori. Nè questo soltanto, ma, il
-commentatore sa bene che i nuovi ordini sono combattuti dai prelati,
-sospettosi di questi novatori che vestono in strane fogge, e predicano
-dottrine di un'assoluta povertà non mai sentite, ed a chi non li segue
-predicono calamità.[532] Nè si nasconde che la causa dei prelati viene
-sostenuta benanco dal pontefice, sicchè l'autore non dubita di levare
-anche contro lui la sua voce. E le parole che egli pronunzia contro la
-Chiesa Romana non sono meno vibrate di quelle che leggemmo nel commento
-di Isaia, nè ripugnano meno alla pietà di Gioacchino.[533] Il che vuol
-dire che avanti alla composizione del libro era scoppiata la scissura
-nell'ordine francescano, e la parte più intransigente era già per
-volgersi contro i vescovi, i cardinali ed il papa, che mal tolleravano
-le nuove dottrine. Una prova manifesta l'abbiamo in un passo ove i
-nuovi ordini sono chiamati predicatori dell'evangelio eterno, parola
-che nelle opere autentiche di Gioacchino non s'incontra mai.[534]
-
-Tutte queste prove mettono fuori dubbio che l'opera non è di
-Gioacchino, e che la data del 1197,[535] in cui si dà per iscritto
-questo commentario, è una pia frode del commentatore. Se Gioacchino,
-nota il Renan, avesse fatto questo commentario nel 1197, nella lettera
-ai fedeli scritta nel 1200 l'avrebbe certamente rammentato. E noi da
-alcuni passi abbiamo potuto raccogliere, che nè nel 1197, nè nel 1200
-fu potuto scrivere questo commento, bensì posteriormente alla morte del
-ribelle figlio di Federico II, vale a dire al 1242. E forse neanche
-a questo tempo dovremmo arrestarci, perchè anche qui, il linguaggio
-violento che si usa contro Roma, l'accenno alle persecuzioni subite dal
-nuovo ordine dei frati minori, il nome di Evangelio eterno ci menerebbe
-ad una data molto posteriore. E nella stessa opinione ci confermerebbe
-l'accenno alla Francia, che secondo questo commento sarebbe come la
-canna che ferisce chi vi si appoggia.[536] Non saremmo dunque lontani
-dall'attribuire a questo commento la stessa età dello scritto su Isaja.
-
-Nè vale il notare che questo commento ha dovuto essere scritto prima
-del 1260, perchè in qualche passo appar verde la speranza che in
-quell'anno fatale avranno fine le calamità del mondo. Nè tampoco
-importa che il Salimbene abbia avuto contezza di questo libro sin
-dal 1248. Imperocchè è certo che questa letteratura pseudo-profetica
-non è nata tutta d'un getto in un anno determinato. E può darsi
-benissimo che il commentario, che abbiamo noi oggi di Geremia sia
-soltanto in parte quello conosciuto dal Salimbene;[537] e molte
-aggiunte ed interpolazioni vi sieno state fatte, e molte altre se ne
-farebbero ancora, se queste profezie avessero anche oggi il credito
-che riscuotevano nel Medio Evo. Le pseudo-letterature hanno questo
-carattere, che si considerano come un patrimonio comune, del quale
-nessuno è proprietario in proprio, ed ognuno vi può apportare le
-modificazioni che crede più opportune. Così si spiega come di due opere
-distinte se ne faccia una sola, o di una due; come si aggiunga ora un
-particolare ed ora un altro senza darsi la pena di verificare se stoni
-con tutto il resto. Questo è accaduto alla letteratura profetica del
-neopitagorismo, e del neoplatonismo, e senza notevoli differenze si è
-ripetuto nel sodalizio francescano.
-
-Intorno alle opere manoscritte dell'abate Gioacchino posso
-aggiungere alle notizie date dal Renan alcune altre attinte ai
-codici laurenziani. In un codice della biblioteca Santa Croce oltre
-all'esposizione di Geremia si trovano altri due scritti dell'abate
-calabrese, uno intitolato _De ultimis tribulationibus_, e l'altro _De
-articulis fidei_. Il primo è un'esposizione delle ultime guerre che
-dovrà sostenere l'umanità, analoghe a quelle sostenute nel Vecchio
-Testamento. Non oserei dire che sia autentico, ma non vi ho trovati i
-caratteri delle opere evidentemente apocrife, come i commenti a Geremia
-ed Isaia.[538]
-
-L'altro opuscolo è quello ritenuto perduto dal Renan, e di cui ei
-pubblicò alcuni brani riportati dal resoconto d'Anagni. Non credo
-giusta l'opinione del Renan che sia lo stesso di quello scritto contro
-Pietro Lombardo, perchè questo opuscolo non è affatto polemico, e
-le opinioni sulla Trinità sono espresse forse più temperatamente
-che non nel _Decacordo_ e nell'_Apocalisse_. Benchè questo libro sia
-citato dalla Commissione d'Anagni, io sospetto fortemente della sua
-autenticità. Gioacchino non avea bisogno di circondar di mistero
-le dottrine che aveva di già esposte in altre opere. Nè poi gli
-sarebbe giovato di occultare le teorie teologiche, espresse in questo
-libercolo, che in sostanza non differiscono dalle ricevute comunemente;
-ma ben piuttosto le altre sui tre stati, che qui sono interamente
-taciute.[539]
-
-In un altro codice laurenziano, ove già trovammo il _liber Sybillae_,
-esiste la lettera di Gioacchino, che il Renan trovò nel manoscritto
-3595 dell'antico fondo. È una esortazione ai fedeli di mutar via
-e pentirsi delle proprie colpe perchè il giorno della tremenda
-espiazione è vicino.[540] Non v'ha nessuna ragione perchè non si
-debba dire autentica, come autentici anche secondo il Renan sono i due
-componimenti poetici stampati alla fine del _Decacordo_.[541]
-
-
-III
-
-Esponiamo ora brevemente le idee di Gioacchino prendendo le mosse
-dalle opinioni teologiche, condannate nel solenne Concilio del 1215.
-Queste opinioni si riferiscono al domma della trinità, intorno al quale
-rinacquero sempre le dispute quando meglio parevano finite, comecchè
-non fosse possibile tenersi egualmente lontano dagli opposti estremi,
-e col dare maggior rilievo alla diversità delle persone, l'unità divina
-correva pericolo; per contrario dando maggior peso all'unità divina, la
-differenza delle persone diventava affatto secondaria ed evanescente.
-Nella prima difficoltà ruppe Ario, nella seconda Sabellio.[542]
-E quando pareva composto il grave dissidio, e trovato il punto di
-equilibrio tra queste opposte tendenze, il fatto smentì le previsioni,
-ed il problema rinacque intorno alla natura di Cristo. Anche qui quelli
-che davano maggior importanza all'unità delle due nature divina ed
-umana, correvano il rischio di assottigliare di tanto quest'ultima da
-renderla qualche cosa di simbolico (docetismo); quelli al contrario
-che mettevano in sodo la realtà della persona umana minavano
-l'intrinsecazione delle due nature. Era ben difficile trovare un punto
-fermo tra gli opposti indirizzi di Cirillo e Nestorio, ed i concilii
-stessi talvolta ebbero a contraddirsi. Non farà dunque meraviglia se
-la discordia rinacque nel decimosecondo secolo, e gli stessi pericoli
-si manifestarono, e parve novamente difficile di cansare Scilla senza
-incorrere in Cariddi.
-
-Nella mente di Pietro Lombardo, il grande autore del libro delle
-sentenze, la cura dell'unità dell'essenza divina appare manifesta.
-L'essenza divina è qualche cosa di differente dalle persone, perchè
-l'essenza è unica e le persone sono tre. Quindi non si potrebbe
-mettere in luogo delle persone l'essenza, e dire ad esempio che
-l'essenza del Padre ha generato l'essenza del figlio, e l'essenza del
-figlio quella del verbo. Contro questa esposizione si levò l'abate
-Gioacchino, il quale pare che scrivesse un opuscolo polemico contro
-il grande Lombardo, accusandolo di mettere tale stacco tra l'essenza
-e le persone, che in luogo della trinità si dovrebbe ammettere una
-quaternità in Dio, vale a dire un'essenza e tre persone. L'opuscolo
-è andato perduto, ma le accuse sono ripetute nel primo libro del
-_Decacordo_, ove è esposta molto chiaramente la dottrina opposta a
-quella del Lombardo.[543]
-
-Le tre persone, ei dice, non vanno distinte tra loro come l'ulivo,
-il mirto e la palma, che sono alberi di diversa natura e specie; nè
-tampoco come tre ulivi, che sono bensì della stessa natura, ma di
-proprietà differenti; nè quali tre rami impiantati nello stesso tronco,
-cosicchè questa rappresenti la sostanza e quelli le persone, il che
-tornerebbe lo stesso come ammettere una quaternità. Bisogna metter
-da banda codeste imagini, e prendere la similitudine da quella luce,
-che illumina tutti gli uomini che vengono al mondo, e dalla quale
-procede quel calore che tutte cose avviva. Da questa luce, che si
-chiama sole, promanano i raggi luminosi e calorifici, come dal Padre
-promana il figlio, che discese per illuminare le menti, e lo spirito
-per infiammarle. Tra il calore e lo splendore del sole non sai mettere
-distinzione, e frattanto, tu non dubiti che sien due; oh! perchè vuoi
-scindere la divina sostanza per credere alla trinità di Dio? Ma un
-errore più grave di questo è l'altro, nova invenzione dei nostri tempi,
-secondo il quale si dovrebbe ammettere le persone oltre la sostanza,
-sicchè in questa si riponga l'unità ed in quella la trinità, come se
-dicendo che il foco celeste e la luce ed il calore che ne promanano
-sieno lo stesso sole, si voglia sotto il nome del sole indicare una
-quarta cosa oltre alle tre.[544]
-
-Un'altra imagine che chiarisce il mistero della Trinità è quella del
-Salterio dalle dieci corde. Questo strumento musicale è uno, perchè
-sebbene al pari di ogni corpo possa dividersi, pure ove si divida, non
-è più quel dato istrumento. Ma non ostante che sia uno, ha tre lati e
-tre vertici, e ciascuno di questi lati o corni non deve essere preso
-nel senso di linea, bensì di superficie. Il lato orientale è tutta la
-superficie in quanto prospetta sull'oriente, il lato occidentale è la
-stessa superficie in quanto prospetta sull'occidente, e dite parimenti
-del lato meridionale. Così la stessa superficie ha tre prospettive
-differenti, ed ecco come tre può essere uno, ed uno tre.[545]
-
-Non discuto queste similitudini, che lasciano il tempo che trovano,
-nè riescono a far comprendere l'incomprensibile. Nè discuto
-dell'ortodossia della dottrina. Il Concilio del 1215 la condannò e S.
-Tommaso molto più tardi la combattè notando che se egli è vero che le
-tre persone hanno pari valore, non è men vero che si debba adoperare
-una parola per indicare ciò che esse han di comune, ed un'altra
-pel differente; talchè se la parola persona è tolta a dinotare le
-differenze, quella di essenza deve significare l'unità, e viceversa
-quest'ultima parola deve esser lasciata da banda quando si tratti di
-esprimere la differenza dei rapporti, non l'identità della natura.
-Quindi a ragione il Concilio respinse al pari di Pietro Lombardo la
-formola: l'essenza genera l'essenza.
-
-Parrebbe dunque che fosse quistione di parole, e così giudicano i più
-delle quistioni teologiche; ma in verità trattasi di gravi divergenze
-d'indirizzo. E nessuno ad esempio può sconoscere nella teorica
-dell'abate Gioacchino una tendenza a dar risalto alle differenze
-personali a discapito dell'unità d'essenza. Per lui l'_unitas_ ben
-differisce dall'_unus_. L'_unus_ s'ha da attribuire all'individuo
-solo, laddove l'_unitas_ si può e si deve dire di una collezione
-d'individui che convengano in un pensiero, o abbiano un volere solo.
-Un aggregato d'individui come il popolo, la tribù non si potrebbe dire
-uno assolutamente, come se fosse una persona sola, ma all'_unus_ si
-deve aggiungere il suo sostantivo, _unus populus_, _una plebs_. Così
-parimenti le tre persone della Trinità, avendo un solo intelletto, un
-volere ed un potere possono ben dirsi _unitas_, _unum_, ma non _unus_
-se non vi si aggiunga _unus deus_. Sottigliezze senza dubbio; ma in
-fondo trasparisce chiaro l'intendimento di attribuire maggior valore
-alla differenza delle persone, e ridurre la misteriosa unità di natura
-ad una comunanza di pensiero o di volontà.[546]
-
-Certo egli crede di restare nei confini della dottrina ortodossa, nè
-dubita di avere ben fondata l'unità di essenza. Chi potrebbe imaginare,
-dice egli, maggiore fusione del fuoco che si aggiunga a fuoco? Eppure
-v'ha più profonda ed intima unità, quella dello spirito che si unisce
-collo spirito così da formare uno spirito solo. Ma con tuttochè egli
-insista sull'unità dell'essenza, e nell'adoperarsi a rinsaldarla usi
-talvolta espressioni, che S. Tommaso farebbe sue, ciò non pertanto il
-suo pensiero si ferma con compiacenza sulla diversità delle persone, e
-sull'incompatibilità dell'ufficio che a ciascuna di esse è attribuito.
-Soltanto il Padre è il genitore, solo il Figlio è generato, solo lo
-Spirito procede da entrambi. Parimenti soltanto il Padre invia e il
-Figlio e lo Spirito; soltanto il Figlio s'incarna, solo lo Spirito
-discende in forma di colomba.[547] E per questa diversità di funzioni
-spetta a ciascuna persona un nome diverso; il Padre s'ha da chiamare
-con nome di Timore, il Figlio con quello di Sapienza, lo Spirito con
-quello di Carità. Il che ci spiega come il principio della sapienza
-stia nel timore, ed il fine nella carità. Il Padre, creando dal
-nulla le cose volle mostrare il poter suo, ed incutere terrore negli
-uomini perchè non peccassero, e non che correggere blandamente i
-peccatori, li ebbe a punire con terribile severità. Il Figlio invece
-non colla potenza debellò i superbi, ma colla dottrina della sapienza
-e dell'umiltà. Lo Spirito Santo infine c'inspira l'amor di Dio e
-dei nostri simili, così che scacciato il timore noi ci rallegriamo
-dell'essere liberi. E nello stesso modo che sono diverse le persone
-divine, sono diversi del pari i doveri nostri verso di loro. Ed a
-cagione del Padre-timore siamo tenuti ad obbedire; a cagione del
-Figlio-sapienza dobbiamo leggere; a cagione dello Spirito-carità
-dobbiamo cantare e pregare ed amarci come fratelli.[548]
-
-Ma se diversi sono gli ufficii delle tre persone e diverso anche il
-modo come gli uomini si comportano verso di loro, egli è ben chiaro che
-diverso è l'influsso che ciascuna di esse ha esercitato nella storia
-del mondo. Secondo che gli uomini progrediscono, ed ai sentimenti
-del terrore sottentra la brama del sapere, e poscia l'amore del
-prossimo, muta il regno delle persone. Fu un tempo in cui gli uomini
-non conobbero se non il rigor della legge, e dominava incontrastato
-il Padre. A questo lungo periodo successe l'altro in cui fu scoperta
-la verità, sulla quale era da secoli tirato un fitto velo, fu il regno
-del Figlio, o dell'eterna sapienza. Ma con questo secondo periodo non
-si chiude il corso della storia. L'uomo teme, sa, ma non ancora ama
-quanto dovrebbe, e la fiamma del santo spirito non ancora scalda il suo
-cuore; onde è necessario che al regno del Figlio sottentri quello dello
-Spirito.[549]
-
-Io non credo che questa dottrina dei tre stati sia la conseguenza di un
-ragionamento teologico, come parrebbe dalla nostra esposizione. Altre
-ragioni senza dubbio l'hanno dettata, e prima fra tutte l'invitta fede
-in un migliore avvenire della cristianità. Ma la dottrina della trinità
-se non è la progenitrice di quella dei tre stati, le ha certo fornito
-i migliori argomenti di una dimostrazione. A chi tanto insisteva sulla
-successione dei due regni del Padre e del Figliuolo dovea parere strano
-che fosse lasciato da parte lo Spirito. Per giustificare l'esclusione
-sarebbe stato uopo di provare che la terza persona non avesse un
-carattere così spiccato come quello del Padre e del Figlio, il che
-sarebbe assurdo, perchè la teologia attribuisce alle tre persone pari
-valore. Così pari efficacia debbono esercitare nella storia del mondo.
-
-Quest'ultima ragione ci suggerisce due importanti considerazioni. La
-prima è che se l'azione delle persone è parimenti efficace, nello
-studio dei due regni o stati, che finora ebbero luogo, si debbono
-scoprire più profonde analogie di quel che si creda comunemente; e
-la durata del regno ad esempio dev'essere la stessa, perchè pari è
-l'intensità dell'azione delle due persone. La seconda considerazione
-è questa: che guardando bene addentro nelle due storie per iscoprirvi
-la meravigliosa consonanza, non solo conosceremo nella verità sua il
-passato, ma divineremo l'avvenire.[550] Perchè in ogni modo l'azione
-dello Spirito non dovrà essere da meno delle altre due persone, e
-conosciuto il principio ed il corso di un processo storico si può
-agevolmente predeterminare la fine.
-
-Questo è il pensiero fondamentale del più antico e più originale
-dei libri di Gioacchino, la _Concordia_. In opposizione agli eretici
-contemporanei, che ponevano uno studio a rilevare le contraddizioni
-tra il Vecchio ed il Nuovo Testamento, questo opera di Dio, quello
-del Diavolo, Gioacchino mette in luce un'armonia e concordanza anche
-in quei punti, dove l'occhio comune non sa scoprirla. Ben vero ei non
-nega le stonature non solo tra i due testamenti, ma ben anco tra le
-varie parti del Testamento Nuovo.[551] Nè poteva certo dissimularsele
-egli che in un secolo, in cui la critica non esisteva ancora, osava
-pur distinguere tra libri e libri del sacro canone, nè dubitava di
-attribuire minor valore agli evangeli non apostolici di Marco e Luca
-in confronto degli apostolici di Matteo e Giovanni, ed approvava
-gli ebrei, che fanno maggior conto delle storie di Giobbe ed Ester
-in paragone di quelle di Tobia e Giuditta.[552] Ma non ostante le
-critiche audaci ad una vera opposizione tra il Vecchio ed il Nuovo
-Testamento non prestava fede, ed era convinto che, ben cacciando lo
-viso a fondo, quello che pareva alla prima contrasto, andava risoluto
-in un accordo. Bisognava solo non tenersi alla lettera, ma interpetrare
-in un senso allegorico ciò che nel letterale porgeva argomenti a
-dubbiezze.[553] Epperò dell'interpetrazione allegorica nessun Cataro,
-nessun Valdese fece mai uso come Gioacchino, che spesso ripete il
-detto dell'apostolo: «la lettera uccide, lo spirito vivifica, e ciò
-che inteso intellettualmente edifica, preso alla lettera è insipido ed
-ingannevole».[554]
-
-Ma che cosa intende il nostro autore per allegoria? Ascoltiamo lui
-stesso. L'allegoria egli dice, è la simiglianza del minimo col massimo,
-come ad esempio del giorno coll'anno, della persona coll'ordine, colla
-città, col popolo e simiglianti. Così Abramo è un uomo e significa
-l'ordine dei patriarchi. Parimenti Zaccaria.[555] Nè si creda che
-con questa distinzione vada ristretto il valore ed il significato
-dell'allegoria; perchè l'autore sa noverarne sei specie, l'ultima
-delle quali suddivide in sette altre, così da toccare il sacro
-numero dodici. Le sei specie sono: storica, morale, tropologica,
-contemplativa, anagogica, tipica.[556] Parrebbe che la storica fosse
-un'interpetrazione letterale e tutt'altro che allegorica. No, risponde
-Gioacchino, l'interpetrazione storica è diversa dalla storia, e Abramo
-ad esempio diviene il rappresentante degli uomini obbedienti a Dio,
-come Isacco il rappresentante dei buoni figli. L'interpetrazione
-morale in luogo dell'uomo, mette in rilievo la qualità dominante, come
-a dire nell'ancella Agar vien raffigurata la concupiscenza carnale.
-L'interpetrazione tropologica non ha di mira se non il modo come in
-quel fatto o persona possa intendersi significata la parola di Dio;
-così ad esempio Agar o l'ancella rappresenta la lettera, Sara la donna
-libera, lo spirito. L'interpetrazione contemplativa riguarda i varii
-gradi dell'attività umana; l'ancella ad esempio rappresenta la vita
-attiva, la padrona per lo contrario la contemplativa. L'interpetrazione
-anagogica ci solleva dalla terra al cielo, così Agar rappresenta la
-vita presente, Sara la futura.
-
-L'interpetrazione tipica già dicemmo si divide in sette specie. La
-prima si riferisce soltanto al Padre, nè esce dal Vecchio Testamento.
-Per tal guisa se Agar rappresenta, poniamo, la plebe degli Ebrei,
-Sara la tribù di Levi. La seconda specie si riferisce al Figlio, ed
-agl'istituti che nel suo regno prevalsero; così Agar rappresenta la
-Chiesa dei secolari, Sara quella degli ecclesiastici. La terza specie
-si riferisce allo Spirito, come ad esempio nell'ordine monastico, che
-fiorisce nel terzo stato, Agar rappresenta i conversi, Sara i professi.
-La quarta specie si riferisce al Padre e Figlio insieme. Agar è la
-Sinagoga, Sara la Chiesa dei latini. La quinta specie si riferisce
-invece al Padre ed allo Spirito. Agar è di nuovo la Sinagoga; ma Sara
-muta e rappresenta la Chiesa spirituale, che fiorì al principio presso
-i Greci nella religione monastica (anacoreti). La sesta si riferisce
-al Figlio ed allo Spirito, come a dire Agar rappresenta la Chiesa per
-le sue colpe serva ed oppressa, Sara invece la Chiesa spirituale che
-durerà sino alla consumazione dei secoli. La settima specie infine si
-riferisce a tutte e tre le persone insieme. Agar rappresenta la Chiesa
-passata e presente, vale a dire tanto la giudaica quanto la cristiana,
-Sara invece la Chiesa futura.[557]
-
-Seguitando di questo passo ad enumerare i diversi scopi a cui può
-essere indirizzata l'interpetrazione allegorica, potremo contare
-non solo dodici ma infinite specie di allegorie. Questa viziosa
-classificazione giova soltanto a mostrare quanta libertà si prenda
-il nostro autore nell'interpetrazione dei sacri testi, e come senza
-scrupolo passasse da un'interpetrazione ad un'altra quando la prima
-non gli faccia più al caso. Con quest'agile manovra non è difficile
-far convergere tutti i testi, ed eliminare tutte le contraddizioni.
-S. Paolo ad es. parla per ben due volte di vescovi ammogliati, e gli
-antipatarini solevano citare con compiacenza quel passo: chi non voglia
-bruciare si ammogli. A Gioacchino propugnatore della castità riesce
-agevole d'interpetrare a modo suo questo incomodo testo, intendendo
-per moglie non la donna ma la Chiesa.[558] Così nessun ostacolo più ci
-sbarra il cammino, perchè l'interpetrazione allegorica non ha nessun
-confine. Non solo i personaggi biblici, ma le loro opere altresì hanno
-un significato simbolico, come la passione e morte di Cristo vuol
-dire il Vecchio Testamento e la risurrezione il Nuovo. Nè i corpi
-celesti, nè gli elementi della natura vengono sottratti a questa strana
-metamorfosi; chè il sole, la luna, i pianeti non solo sono creati a
-risplendere nella volta del cielo, ma a significare ben anco la luce
-invisibile. E codesta significazione muta secondo il bisogno. Talvolta
-il sole vuol dire Cristo, la luna è la Chiesa, le stelle la moltitudine
-dei fedeli; tal'altra il sole rappresenta la vita contemplativa, o
-se vogliamo la Chiesa meditante, e la luna invece la vita attiva,
-o la Chiesa predicante. Non è esclusa però una terza, una quarta
-interpetrazione, come a dire il sole rappresenta la vita futura, la
-luna la vita presente. Ed al pari del sole e della luna sono simbolici
-anche gli altri corpi celesti. Saturno mettiamo a quel che dicono, di
-natura freddo, e che più lentamente compie il suo giro intorno al sole,
-rappresenta il padre Adamo, che tremò dal freddo in paradiso, e visse
-più di tutti gli uomini, che da lui nacquero. Dopo questo esempio non
-parrà strano che al pianeta _Venere_ di qualità temperata si agguagli
-il giusto _Noè_; nè che si metta in confronto il sapiente _Mercurio_
-con quel vaso di scienza che fu _Moisè_. Nè certo è più strano il
-simbolismo degli elementi, secondo il quale l'acqua, con cui si
-battezzano i Cristiani, rappresenta la grazia che fu data agli uomini
-nel secondo periodo, l'aria quella che s'impartisce ora nel principio
-del terzo, ed il fuoco l'ultima e più meravigliosa che sarà impartita
-nel dì della risurrezione.[559] Secondo le idee di Gioacchino i Catari
-non avrebbero avuto torto di voler sostituire al battesimo coll'acqua
-quello col fuoco, un fuoco che non bruci, un calore che si comunichi da
-corpo a corpo imponendo le mani sul capo del convertito.
-
-Ma torniamo al metodo allegorico. In grazia di questo meraviglioso
-processo, che sciogliendo tutte cose nel mistico vapore dei simboli,
-raccosta le più lontane, accorda le più opposte, non sarà certo
-malagevole di fondere in uno il vecchio ed il nuovo Testamento, non
-ostante le loro antinomie. Purchè siate discreti, nè vogliate la
-rassomiglianza in tutti i particolari,[560] la dimostrazione è presto
-fatta, nè alcuno potrà dubitare che il vecchio Testamento non abbia
-valore per sè; bensì come simbolo precursore del nuovo. Questa è la
-cosiddetta _Concordia_ dei due Testamenti, o vogliam dire simiglianza
-di _giusta_ proporzione tra il nuovo ed il vecchio Testamento, giusta
-in quanto al numero non in quanto alla dignità, stantechè persona e
-persona, ordine e ordine, guerra e guerra, si raffrontano tra loro,
-come Abramo e Zaccaria, Sara ed Elisabetta, Isacco e Giovanni Battista,
-Gesù in quanto uomo e Giacobbe, i dodici patriarchi ed in pari numero
-gli apostoli.[561] Il parallelo numerico è adunque la base della
-concordanza, epperò vanno numerate accuratamente le generazioni che
-precedono e quelle che seguono la venuta di Cristo. E se una volta
-non torna il calcolo, bisogna rifarlo la seconda e la terza colla
-costanza e la fede di un cabalista; perchè non è da dubitare che da
-quel congegno sottile di somme e sottrazioni balzerà fuori la cifra
-dell'avvenire.[562]
-
-Basteranno pochissimi cenni per comprendere questa nuova aritmetica.
-Matteo nel primo capitolo del suo vangelo numera le quaranta
-generazioni, che precorsero secondo lui la nascita di Cristo a
-cominciare da Abramo per terminare a Giuseppe. Non deve far caso che
-l'Evangelista trascuri le tre generazioni di Ochozia, Gioas ed Amasia,
-che tramezzano tra Gioram ed Uzzia; perchè chiudendosi con Gioram un
-periodo della storia ebraica, e cominciandone un nuovo con Uzzia è
-agevole inserire tra questi due estremi un periodo di transizione,
-nel quale si contengano tre termini: l'antico non ancora finito, il
-nuovo non ancora cominciato, ed un intermezzo tra il vecchio ed il
-nuovo. Sistema molto ingegnoso per accomodare la storia ai nostri
-gusti. Il perchè poi con Gioram si chiuda un periodo e con Uzzia ne
-cominci un altro è subito detto. Matteo non risale oltre Abramo, ed
-a ragione perchè con Abramo comincia l'impero di quella legge della
-circoncisione, che durò fino a Cristo. Ma compiendo i calcoli di Matteo
-e risalendo sino alla creazione dell'uomo tra il primo padre Adamo
-e il primo patriarca, col quale comincia la legge, si contano venti
-generazioni. Se dunque dopo le prime venti generazioni s'è chiuso un
-periodo, l'analogia vuole che dopo le seconde venti se ne chiuda un
-altro. Così con Gioram, che è la ventesima generazione dopo Abramo
-si chiuderà un periodo, e trascurando le tre generazioni lasciate
-da Matteo, con Uzzia si aprirà un nuovo. E che Uzzia sia il padre di
-un'età nuova non è a dubitare, perchè ha molta analogia con Adamo e con
-Cristo. Al pari di Adamo venne punito per la superbia, e scacciato da
-un luogo santo; al pari di Cristo vinse i Filistei e gli Ammoniti, ed
-il suo nome risuonò fino nel lontano Egitto, e volle essere egli stesso
-sacerdote del Signore.[563] È ben strano in verità che Gioacchino metta
-analogia tra Cristo, il vero sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec,
-ed il re Uzzia che assunse l'ufficio sacerdotale indebitamente, e per
-la sua prepotenza appunto venne punito colla lebbra. Ma la logica dei
-paralleli consente queste licenze, e possiamo tenere per provato che
-con Uzzia comincia un nuovo periodo. Ma quale periodo comincia con
-Uzzia? Quello stesso che in un altro senso comincia con Cristo, cioè
-il periodo dei sacerdoti. E perchè non faccia intoppo questo doppio
-incominciamento, si sappia una volta per tutte che in ogni periodo
-storico si deve distinguere il tempo in cui si spargono e fecondano
-i semi, e quello in cui si raccolgono i frutti. Per tal guisa il
-primo periodo della storia germoglia con Adamo e fruttifica con
-Abramo, e parimenti il secondo germoglia con Uzzia e fruttifica con
-Cristo. Queste anticipazioni sono un prezioso espediente, la cui mercè
-Gioacchino può scoprire cristiani prima di Cristo, e spirituali avanti
-il regno dello spirito, e talvolta vede effigiati tutti e tre i periodi
-nei più antichi patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe.[564]
-
-Dopo queste spiegazioni facciamo di nuovo il calcolo. Alle quaranta
-o meglio quarantatre generazioni, che precedono Cristo, aggiungendo
-le venti che si contano tra il primo parente ed Abramo, avremo un
-sessantatre generazioni, ventuna per ciascuno dei tre periodi in cui
-si può dividere il tempo trascorso avanti Cristo; il periodo che
-precede la circoncisione, quello della circoncisione, ed il terzo
-dei profeti. Così prima di Cristo abbiamo già una tripartizione che
-contiene in effigie le tre età del mondo.[565] E se vogliamo seguitare
-oltre nella divisione, divideremo l'èra precristiana in sei periodi da
-dieci generazioni l'una, perchè anche il dieci è un numero perfetto.
-Il primo periodo da Adamo al diluvio (Noè); il secondo dal diluvio
-alla distruzione di Sodoma e Gomorra (Abramo); il terzo sino ad Obed
-che fu contemporaneo di Elia, e vide l'arca dell'alleanza in mano
-degli stranieri; il quarto fino a Gioas quando Israele cominciò ad
-essere sterminata da Azael re di Siria; il quinto sino alla cattività
-di Babilonia, ed il sesto fino alla venuta di Cristo.[566] Ma queste
-sessanta generazioni non bastano se pur s'hanno da contare le tre
-trascurate da Matteo, ed avremo così lo spazio per un settimo periodo,
-composto di tre generazioni sole. Sicchè tutto il periodo precristiano
-si può suddividere in sette sezioni, come in sette età vedremo che si
-divide la storia del mondo. E questo sacro numero sette ritorna più
-volte nei divini libri, a cominciare dai sette giorni della creazione
-nel Genesi sino ai sette candelabri, ed alle sette Chiese, ed ai sette
-angeli ed ai sette suggelli dell'_Apocalisse_.[567]
-
-Determinate così le divisioni e suddivisioni dell'èra che precede
-Cristo, sarà più facile lo studio delle altre che seguono. E
-stabiliremo in primo luogo che le generazioni del secondo periodo
-dovendo pareggiare le antiche debbono essere nè più nè meno di
-sessantatre, ben inteso che queste sessantatre generazioni non si
-debbono contare dalla venuta di Cristo, bensì dal re Uzzia; perchè
-la prima parte del secondo periodo, ovvero l'età della fecondazione
-incomincia,[568] come dicemmo, di là. Quindi in verità al periodo
-cristiano in proprio non spettano se non quarantadue generazioni, che
-noi, nati, come vedremo nella quarantunesima, possiamo bene paragonare
-colle antiche per scoprirne il mirabile accordo.
-
-Questo paragone vien fatto per minuto confrontando principalmente la
-serie dei papi ed imperatori con quella dei re di Giuda e d'Israele.
-È naturale che in molti errori è dovuto incorrere l'autore in omaggio
-alla desiderata simmetria; ed ei stesso se ne riconosce colpevole, ed
-attribuisce alla corruzione delle cronache quello che in grandissima
-parte è dovuto al suo modo di studiare ed elaborare la storia.[569] Nè
-noi lo seguiremo in questi raffronti; ma daremo soltanto pochi esempi
-per mostrare il metodo ed il risultato della ricerca.
-
-La duodecima generazione, che ebbe principio sotto Costantino
-imperatore e Silverio papa, ha notevoli riscontri colla duodecima
-generazione giudaica, a cominciare da Giacobbe. Imperocchè in questa il
-popolo d'Israele ebbe un re unto dal Signore (Davide), ed in quella il
-popolo dei gentili, disfatti i nemici della vera fede, sortì finalmente
-un re cristiano (Costantino). Nell'antico fu eletta Gerusalemme e messa
-al di sopra di tutti i tabernacoli da David; nel nuovo la Chiesa di
-Roma ebbe il primato sopra le orientali. E cominciò per la donazione
-di Costantino quel potere temporale la cui legittimità Gioacchino
-riconosce, a patto però che il supremo sacerdote abbia la suprema
-potestà, ma non l'uso, perchè non accada che chi milita con Dio non
-si mescoli nei negozi temporali. Un altro benedettino, come dicemmo
-altrove, avea manifestate prima di Gioacchino le stesse idee sulla
-potestà terrena dei papi.[570]
-
-Nella generazione che succede alla duodecima non trova Gioacchino un
-imperatore che pareggi per sapienza il corrispondente re Salomone;
-ma se mancò l'imperatore, non mancarono dottori della Chiesa come
-Ilario, Girolamo, Giovanni Crisostomo ed Agostino, che non temono il
-confronto del sapientissimo monarca, e riconoscono la loro scienza
-dall'ispirazione di Gesù Cristo, che è un altro Salomone ben più alto.
-Il trovato è ingegnoso![571] Nè meno ingegnosi sono i riscontri che
-scopre il nostro autore nella sedicesima e diciottesima generazione.
-Come Asa re di Giuda (II, _Paral._, 14, 11) con la fervida preghiera
-fatta a Dio mette in fuga i nemici, così Leone papa colla forza della
-sua parola arresta il barbaro Attila, a cui nessun braccio armato avea
-saputo sbarrare la via dell'eterna città. Ed a quel modo che Teodorico
-re dei Goti mise a morte Boezio, ed altri cristiani, il re biblico che
-vi corrisponde, Joram, uccise i suoi fratelli. E come al tempo di Joram
-fiorì il profeta Eliseo, così nell'età corrispondente cristiana visse
-S. Benedetto. E quest'altro raffronto è specioso: Gerico, dove Eliseo
-si mise a capo dei profeti, fu data in possesso ai figli di Beniamino,
-unica tribù, che si fuse colle altre due di Levi e di Giuda. Eliseo
-dunque si può dire mediatore tra queste due tribù, come S. Benedetto
-è l'anello di congiunzione tra i monaci greci e latini, tenendo da una
-parte ferma la fede di Pietro, e dall'altra abbracciando la regola dei
-basiliani. Il paragone è tirato su come Dio vuole, ma è importante pel
-giudizio che porta il nostro abate su greci e latini.[572]
-
-E per la stessa ragione è da ricordare il confronto che fa tra il re
-Josia e Leone IX. Il primo non credendo che l'invito a sottomettersi,
-fattogli dal re egiziano, fosse ispirato da Dio, uscitogli incontro
-nella pianura di Nieghiddo, morì nel combattimento (II _Paral._,
-35, 22); il secondo volle del pari non ostante la sua pietà muovere
-contro i Normanni e fu sconfitto. Benchè non lo dica apertamente, pure
-le imprese guerresche dei papi non vanno a sangue a Gioacchino, nè
-Gregorio VII è tenuto da lui in quella venerazione che gli tributavano
-i guelfi italiani. Quando parla di lui non ricorda i gloriosi fatti,
-ma soltanto l'esilio. A quel modo, ei dice, che Joachaz fu fatto re
-dei Giudei a dispetto del re egiziano Neco, Gregorio VII fu acclamato
-pontefice in odio dell'Imperatore. E come il re egiziano sbalzò di
-seggio Joachaz, elevando invece di lui il fratello Joachin; così
-l'Imperatore in luogo del Papa, che ebbe ad esulare in Salerno, mise
-l'arcivescovo ravennate col nome di Clemente. Non una parola sola di
-rimpianto pel gran Papa, che morendo sclamava: Dilexi justitiam, odivi
-iniquitatem, propterea morior in exilio. A Gioacchino, così penetrato
-dell'umiltà cristiana poco andavano a versi le imperatorie nature come
-quella d'Ildebrando, nè dubitava di porlo a riscontro con quel Joachaz,
-che secondo il IV _Re_ 32 fecit malum coram Domino.[573]
-
-A queste citazioni mi permetto di aggiungerne qualche altra importante
-per i giudizii che Gioacchino porta su avvenimenti di cui è stato
-testimone. Morto Joachin prese a regnare Jeconia, rimosso il quale
-dal re di Babilonia gli fu sostituito lo zio Sedechia, iniquo e
-pessimo uomo. Allora venne in estrema confusione il regno di Giuda,
-nè più secondo l'ordine di generazione regnarono i re di Giuda, ma
-ora il fratello, ora il nepote, ora lo zio, ora insieme e l'uno e
-l'altro. Lo stesso intervenne alla Chiesa, ove si vide due vescovi
-contemporaneamente fatti papi, e l'Imperatore combattere la libertà
-della Chiesa.
-
-Tutto questo accadde durante la trentanovesima generazione al tempo
-di Alessandro III e Federigo Barbarossa. Nè ai successori suoi
-Lucio e massime Urbano III arrisero le sorti; ed anche oggi, seguita
-Gioacchino, portiamo le tristi conseguenze del dissidio scoppiato
-al tempo di Leone e di Enrico. E non senza gemito del cuore e dolore
-dobbiamo ripetere le rampogne di Geremia, che ben si applicano a noi,
-che ci diciamo cristiani e non siamo. Già da due anni era salito sulla
-cattedra di S. Pietro Innocenzo III, quando Gioacchino proferiva queste
-severe parole, e il famoso _quomodo sedet sola civitas_ applicava alla
-Chiesa di Pietro, e contro gl'inerti sacerdoti volgea queste parole
-dei Treni: _I profeti tuoi han veduto vanità e cose scempie_ (2, 14):
-_Han mutato colore il buon oro fino, e le pietre del santuario sono
-state sparse in capo d'ogni strada_ (4, 1).[574] Le fortune d'Innocenzo
-non lo illudevano, nè alla pace, che parea dovesse finalmente arridere
-alla cristianità, prestava fede: ma invece nuove guerre predicea, nuove
-calamità, perchè essendo già cominciata col 1201 la quarantunesima
-generazione, non molto andrà che il secondo periodo sarà per chiudersi.
-E pria che spunti l'alba del nuovo giorno, gravi mali travaglieranno
-ancora l'umanità, come previdero i profeti del vecchio Testamento ed i
-veggenti del nuovo.[575]
-
-Ora possiamo conoscere il risultato di questi faticosi riscontri. Dal
-paragone di generazione a generazione si cava la conclusione che siamo
-sul finire del secondo periodo, e che il cominciamento della nuova
-èra non si farà aspettare lungo tempo. Che cosa sia questa nuova èra
-già lo sappiamo, il regno dello Spirito, che tien dietro a quello
-del Figliolo. Questo terzo periodo della storia dell'umanità per
-un certo rispetto è già cominciato; perchè a quel modo che l'èra di
-Cristo fu preparata nell'ultimo scorcio della precedente, così accade
-dell'èra nuova, che se non dà frutti ancora, certo è germogliata da
-un pezzo. Quest'anticipazione noi già l'abbiamo accennata parlando di
-San Benedetto, che al tempo della diciottesima generazione fondò un
-nuovo ordine monastico, nel quale il cenobitismo greco fu innestato
-alla tradizione latina, e dal quale senza dubbio comincia la nuova
-età, in cui posto fine agli abusi del chiericato, ed eliminate le
-due cause principali delle discordie umane, l'orgoglio e l'avidità,
-sarà finalmente assicurata la pace del mondo. Nello stesso luogo
-abbiamo ricordata ancora la parentela che corre tra il profeta Eliseo
-dell'antico Testamento e S. Benedetto dei nuovi tempi. In grazia di
-quest'analogia l'anticipazione del terzo periodo dovrebbe scoprirsi
-nell'antico Testamento stesso al tempo del re Asa. Nè è strano questo
-doppio incominciamento, perchè il terzo periodo essendo il regno
-dello Spirito, che procede insieme dal Padre e dal Figliuolo, era ben
-giusto che mettesse capo nel vecchio e nel nuovo Testamento.[576]
-L'interessante è che tornino i calcoli numerici. E torneranno di
-sicuro, che sarà nostra cura accorciare o prolungare il tempo quanto
-basti. Così ad esempio come da Adamo a Cristo corrono sessantatrè
-generazioni, sarebbe desiderabile che altrettante ne corressero da
-Eliseo sino a S. Benedetto; ma se questo non è possibile, sceglieremo
-un altro termine, quello ad esempio in cui la regola benedettina prese
-nuovo vigore per opera dei cistercensi,[577] ed il calcolo torna, e
-possiamo con sicurezza predire che l'ora tremenda sta per sonare. Ma
-quando? possiamo noi sapere e l'anno e il giorno della catastrofe,
-o dobbiamo rassegnarci a più o meno probabili approssimazioni? Noi
-già notammo come Gioacchino proceda molto cauto, e soventi ricusa di
-addurre determinazioni precise, come si pare dai parecchi passi in
-cui esprime le sue dubbiezze, e a chi gli dimandi maggiore precisione
-di ciò che ei dice, risponde che solo Iddio sa il futuro.[578] Ma in
-questo punto, nella determinazione dell'anno in cui dovrà cominciare la
-terza età del mondo è più esplicito di quel che ci aspetteremmo.
-
-Quando sarà per entrare la 42ª generazione Dio solo lo conosce,[579]
-ma quando sia per finire si può argomentare da un gran numero di
-prove, le une più indubitabili delle altre. In primo luogo si è già
-detto che stante la concordia dei due testamenti il secondo periodo
-deve durare in tutto 63 generazioni, e stante che 21 appartengono
-al periodo di fecondazione, non restano da Cristo in poi se non 42
-generazioni. La generazione dev'essere presa non secondo la carne,
-ma secondo lo spirito. E come il Signore non cominciò ad avere
-figli spirituali se non a 30 anni, il che era già prefigurato nella
-unzione di David, e nell'iniziazione di Ezechiele, così trent'anni
-deve durare ogni generazione nel nuovo tempo. Saputo dunque il numero
-delle generazioni, 42, e la durata di ciascuna di esse, 30, basterà
-moltiplicare l'un numero per l'altro, e sarà determinato l'anno
-fatale, ovvero il 1260.[580] Il qual numero ritorna nei giorni che
-Elia stette nascosto,[581] in quelli che passò nel deserto la donna
-dell'_Apocalisse_,[582] e nei mesi che Giuditta restò vedova[583]
-e la coincidenza torna sicura. Nè fa intoppo che il terzo periodo
-cominci non alla metà delle 42 generazioni, che restano dopo Cristo,
-cioè alla 21ª, ma invece alla 16ª come dice in un altro luogo della
-_Concordia_.[584] Questi ritardi od anticipazioni non iscoraggiano
-l'intrepido calcolatore, al quale non torna malagevole aggiungere se
-occorra fino a quindici generazioni. Non disse il Signore ad Ezechia:
-Io aggiungerò quindici anni al tempo della tua vita? E non fece tornar
-l'ombra indietro per i gradi per li quali era discesa nell'orologio
-di Achaz, cioè per 10 gradi (IV _Re_, 20, 6-11)?[585] E se la serie
-delle generazioni secondo la carne non torna neanche dopo questi
-rimendi, possiamo invocarne un'altra che corra più spedita per gradi di
-parentela spirituale. Sta bene che Cristo discenda dai re d'Israele,
-ma questi alla lor volta non sono i successori dei Giudici?[586]
-Noi dunque possiamo movere dal primo Giudice, Moisè, e pei suoi
-successori Giosuè, Othonel ecc. arrivare dopo ventuna generazioni ad
-Asa, a quel buon re che negli ultimi anni della sua vita vide Israele
-in mano di Acab, l'iniquo persecutore di Elia ed Eliseo. Ormai i
-calcoli tornano. Perchè da Asa sino a Cristo si contano ventitre
-generazioni secondo Matteo; aggiuntevi le tre che questi trascura, si
-ha ventisei; aggiunte ancora le sedici che s'interpongono tra Cristo
-e S. Benedetto, si ha il famoso numero quarantadue. E sommate queste
-generazioni colle ventuna che furono tra Mosè ed Asa, torna il numero
-sessantatre, e così le generazioni tra Adamo e Cristo pareggiano in
-numero quelle che s'interpongono tra Moisè e S. Benedetto. Non vogliamo
-più oltre paragonare le due serie, nè ripetere gli artificii adoperati
-dall'autore per dissimularne le discrepanze, che già ben sappiamo,
-e quello che Gioacchino ha voluto dimostrare e la via tenuta nel
-dimostrarlo.
-
-
-IV
-
-Che il giorno tremendo sia prossimo, Gioacchino non pure lo dimostra
-dalla concordia dei due Testamenti, ma dallo studio dei segni
-precursori, descritti nell'_Apocalisse_: grandi calamità, guerre
-disastrose, scismi ed eresie, e finalmente più terribile di tutti
-l'Anticristo. Molti di questi segni secondo Gioacchino erano già
-visibili, e se gli uomini non se ne addavano ancora, si doveva allo
-scarso studio che facevano delle antiche rivelazioni in confronto
-delle condizioni presenti. A codesto studio si mette il Profeta con
-ardore. L'Apocalisse è giustamente prediletta da quanti affatica
-l'ansioso problema dell'avvenire; ed a chi si compiaccia d'interpetrare
-allegorie, nessun libro nè nel nuovo nè nel vecchio Testamento offre
-materia più copiosa. Era dunque ben naturale che Gioacchino ne desse
-una minuta esposizione, interpetrandolo e commentandolo dalla prima
-all'ultima parola, e dappertutto scoprisse segni di verità arcane,
-anche dove il senso letterale è pianissimo, e diventa oscuro solo
-quando se ne sospetti altro più nascosto.
-
-Così sin dalla prima pagina alla dimanda: perchè l'Evangelista mandi
-il suo scritto alle sole sette Chiese dell'Asia minore, mentre egli più
-degli altri apostoli suole volgersi a tutti i fedeli,[587] l'espositore
-risponde: perchè queste sette Chiese non si debbono prendere nel
-senso proprio ma nel metaforico. La concordia tra il vecchio e nuovo
-Testamento c'insegna che come dodici furono le tribù del popolo
-eletto, così dodici sono le Chiese principali fondate sugli albori
-del Cristianesimo. Queste dodici si dividono in due gruppi, uno di
-cinque l'altro di sette; il primo comprende le Chiese di Gerusalemme,
-Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Roma; l'altro gruppo abbraccia
-le sette Chiese dell'Asia minore. Ed a ragione l'Apocalisse non nomina
-se non queste ultime, perchè le prime cinque simboleggiano l'età, che
-precorsero Cristo, le ultime invece quella, che da lui comincia.[588]
-Potrebbe fare intoppo che il periodo precristiano si partisca in
-cinque e non in sei o sette periodi come si disse più sopra. Ma a
-questa difficoltà è subito rimediato. Le cinque Chiese corrispondono
-a cinque tribù d'Israele, Ruben, Gad, Manasse, Effraim e Giuda. La
-terza di queste tribù fu suddivisa in due parti, una restò al di qua
-del Giordano e l'altra passò oltre. Così le cinque tribù diventano
-sei, e ben rappresentano le sei età del periodo precristiano. Le prime
-tre, dimoranti all'oriente del Giordano, rappresentano il sorgere del
-genere umano, le generazioni che si succedono da Adamo sino a Mosè,
-sino cioè allo stabilimento della legge; le altre tribù, che restano
-al di qua del Giordano, rappresentano le generazioni succedute a Mosè
-sino a Cristo, cioè il periodo _post legem_. Dei figli d'Israele
-Ruben perdette ogni diritto di preferenza per aver contaminato il
-talamo di suo padre (_Gen._, 49, 4), ed a Giuda invece s'inchineranno
-i suoi fratelli, e dalla sua tribù non sarà rimosso lo scettro (Ivi,
-8, 9); così le generazioni posteriori allo stabilimento della legge,
-furono più accette a Dio delle precedenti, che spesso l'obbliarono; e
-parimenti la Chiesa di Roma andò innanzi alle altre che la precorsero,
-e meglio di loro serbò il tesoro della tradizione. Queste coincidenze
-meravigliose ci tolgono ogni dubbio che le cinque Chiese rappresentano
-le cinque o meglio le sei tribù, e per esse le sei età che precedono
-Cristo. Le rimanenti sette Chiese o sette tribù debbono dunque
-rappresentare le età che lo seguono, vale a dire il lungo periodo che
-da Cristo arriva sino ai giorni di Gioacchino. Quest'ultimo periodo
-poi si suddivide in sette, e non in sei o cinque, per due ragioni
-evidentissime: la prima che a tal modo si compie il sacro numero
-dodici, la seconda perchè prima di Cristo erano ben pochi i fedeli ed
-appartenenti ad una sola nazione, dopo Cristo son molti e di tutte le
-nazioni, e ad una turba così numerosa Giovanni ha da volgere la parola
-per aprirle il segreto dell'avvenire.[589]
-
-Dopo questa interpetrazione non farà meraviglia che in quei pochi
-luoghi dove Giovanni spiega da sè medesimo il senso delle sue
-allegorie, il nostro autore non gli creda, e l'interpetre stesso e la
-spiegazione addotta intenda come una nuova allegoria. Ormai si monta
-di nube in nube, e la terra sempre più sfugge allo sguardo. Così
-quando in fine del primo capitolo si legge che le sette stelle son
-gli Angeli delle sette Chiese, e i candelieri d'oro le Chiese stesse
-(_Ap._, I, 20), non dobbiamo intendere tutto questo alla lettera, a
-quel modo che non bisogna intendere alla lettera la spiegazione, che
-Giuseppe recò del sogno di Faraone. Perchè Giuseppe che spiega i sogni
-e distribuisce le vettovaglie è il simbolo dell'ordine contemplativo,
-che svela gli arcani e distribuisce le grazie spirituali. Ed i sette
-anni grassi rappresentano le età del Vecchio Testamento, nelle quali
-si fece incetta del grano delle sacre parole, e gli anni magri si
-riferiscono all'età nostra povera di nuove rivelazioni, ma studiosa
-interpetre delle antiche. Non dimandiamo come si dicano magri i tempi
-del Cristianesimo in paragone, per giunta, non dell'avvenire, ma del
-passato giudaico; sarebbe ingiusto richiedere esattezza e coerenza in
-tanta mobilità d'interpetrazioni. Notiamo solo che per le sette stelle
-ed i sette candelabri non si debbono intendere, come parrebbe, le
-sette partizioni dell'èra cristiana, bensì i sette doni dello Spirito
-Santo. Infatti, dice Gioacchino, le stelle poste alla destra di Gesù,
-raffigurano qualche cosa di cui si riconosca l'eccellenza su Gesù
-medesimo. E certamente lo Spirito si vantaggia sul Verbo di quanto
-la pienezza e gioja dell'amore sovrasta sulle angustie della scienza;
-talchè non lo _Spirito_ ma il _Verbo_ s'incarna ed assume le sembianze
-del servo, e del servo porta le fatiche e le stanchezze; alla libertà
-dello _Spirito_ invece perfino l'apparenza del servaggio ripugna.
-Questo significato delle sette stelle ha tanto valore che si estende
-alle Chiese, contraddicendo alla spiegazione precedente. Secondo questa
-nuova interpetrazione cinque delle dodici Chiese s'hanno a riferire
-non più al padre, bensì al figliuolo, del quale rappresentano le
-cinque opere principali: la nascita, la passione, la risurrezione,
-l'ascensione e l'invio del Paracleto; le altre sette naturalmente
-anzichè il figliuolo rappresentano lo Spirito ovvero i suoi sette
-doni.[590]
-
-In un altro luogo le sette stelle non rappresentano più i sette doni
-dello Spirito, ma sette grandi uomini, rappresentanti sette periodi.
-Adamo, la cui lunga vita lo accomuna con Saturno; Noè che per la sua
-temperanza si assomiglia a Venere; Abramo padre dei fedeli parallelo
-a Giove che dai Gentili fu detto padre degli uomini e degli Dei;
-Moisè sapiente come Mercurio; David valoroso più di Marte; finalmente
-Giovanni ed Elia raffigurati nell'umida luna e nell'infocato sole.[591]
-Si ritorna così all'antica interpetrazione delle sette Chiese, colle
-quali possono andare benissimo paragonati i sette uomini, perchè
-l'angelo di Efeso ha di comune con David la prerogativa del governo,
-l'angiolo di Smirne pareggia Giovanni nella sofferenza, e così di
-seguito.
-
-Codesti grandi uomini sarebbero i patriarchi di sette ordini,
-quello dei coniugati, dei laici continenti, degli apostoli, dei
-martiri, dei dottori, delle vergini, dei conventuali, sebbene una
-esatta corrispondenza tra gli uni e gli altri nè Gioacchino l'ha
-mai dimostrata, nè forse sarebbe agevole a scoprire.[592] Comunque
-sia, se per le sette stelle o candelabri o Chiese s'ha da intendere
-codesti sette ordini, par che in esse vada effigiata la storia non
-del solo periodo cristiano, ma di tutti i tempi; perchè l'ordine dei
-conjugati e laici continenti rappresenterebbe l'èra precristiana;
-quello degli apostoli, martiri e dottori la cristiana; e infine le
-vergini ed i conventuali accennerebbero alla età nuova, già cominciata
-con S. Benedetto. E con siffatta interpetrazione andrebbe in parte
-d'accordo l'altra dei sette occhi dell'Agnello (_Apoc._, V, 6),
-ciascuno dei quali rappresenterebbe il dono conferito dallo Spirito
-a ciascun ordine, la fortezza dei prelati, l'intelletto dei dottori
-e simiglianti.[593] Ma in quest'ultimo passo già comincia a mutare
-l'interpetrazione, perchè i sette ordini non sono quelli di prima,
-e si parla ora di prelati e di diaconi, e gli ordini par che tutti
-appartengano all'èra cristiana.
-
-In questo senso certo vanno interpetrati i sette suggelli del famoso
-libro scritto dentro e di fuori, perchè codesto libro non è se non
-il Nuovo Testamento e le successive rotture dei suggelli vogliono
-dire altrettante fasi nello svolgimento dei tempi cristiani. Così
-alla rottura del primo suggello l'Evangelista vede un cavallo bianco,
-montato da un cavaliere dall'arco, che ebbe una corona e fu dichiarato
-vincitore (_Ap._, VI, 1). Questo cavallo bianco è la Chiesa primitiva,
-ed il cavaliere è Cristo medesimo. In altre parole abbiamo la
-rappresentazione allegorica del primo periodo della Chiesa, governata
-dagli Apostoli, e candida della sua purità. Alla rottura del secondo
-suggello esce fuori un cavallo sauro, montato da un cavaliere, cui
-fu dato di togliere la pace della terra. Questo cavallo sauro sono
-i sacerdoti pagani, che combattono spietatamente la nuova Chiesa.
-Siamo già nel secondo periodo, quello dei martiri. Un cavallo negro
-esce fuori alla rottura del terzo suggello, ed il cavaliere che lo
-monta ha una bilancia in mano (_Apoc._, VI, 5). Questo cavallo morello
-secondo Gioacchino è il clero ariano, ed il cavaliere, Ario stesso, che
-tenendosi strettamente alla lettera sotto l'apparenza di una esatta e
-ben pesata interpetrazione uccide lo spirito della nuova dottrina. Ecco
-il terzo periodo dei contrasti dommatici, il terzo ordine, i dottori.
-Rotto il quarto suggello, sopra un pallido cavallo si mostra un
-cavaliere per nome la Morte. Questo cavallo che ha il colore dell'odio
-e del livore, vuol significare l'empia genìa dei musulmani che
-disertarono moltissime Chiese dei Greci, ed occupano anch'oggi grande
-estensione della terra. Questa quarta calamità ha la sua rispondenza
-nella cattività di Babilonia. All'apertura del quinto suggello
-l'Evangelista non vede più cavalli, ma le anime degli uccisi per la
-parola di Dio, che di sotto all'altare gridano con gran voce: Infino
-a quando, o Signore, non vendichi il nostro sangue? Qui è chiaramente
-annunziata secondo Gioacchino una quinta persecuzione, e come la prima
-ebbe luogo nella Giudea, la seconda in Roma, la terza in Grecia, la
-quarta in Arabia, così la quinta è scoppiata nella Mauritania e nella
-Spagna, ove un gran numero dei cristiani superstiti alle precedenti
-persecuzioni, vennero uccisi. A queste anime vien detto, che riposino
-ancora un poco di tempo finchè sia compiuto il numero dei fratelli
-che han da essere uccisi, perchè dopo questa quinta persecuzione, che
-ha luogo oggi, succederà una sesta. Gioacchino dunque crede che l'età
-sua sia l'estrema del quinto periodo.[594] All'apertura del sesto
-suggello si udì un gran tremuoto, ed il sole si fe' nero come un sacco
-e la luna rossa come sangue, e le stelle del cielo caddero in terra,
-ed i re della terra e i grandi e i capitani e i ricchi e i possenti e
-ogni servo e ogni libero si nascosero nelle spelonche e nelle rocce
-(_Ap._, VI, 12 e segg.). Questo evidentemente è l'ultimo giorno,
-che in un senso stretto s'ha da riferire al giudizio universale,
-avente luogo al termine della storia umana; ma nel senso largo si
-può intendere per la fine di ciascun periodo,[595] ed in quest'ultimo
-significato l'intende Gioacchino. Alla quinta persecuzione, che accadde
-ai giorni suoi, ei prevede abbia a seguirne una più dura ancora; nè
-s'illude che i mali dell'età sua sieno per cessare; anzi nell'ultima
-età del secondo periodo, ovvero nel sesto tempo (sesto suggello),
-si aggraveranno, e se i miscredenti e una parte di fedeli morrà per
-la propria fede, un'altra, forse la maggiore, sarà per perderla. E
-l'ordine monastico medesimo, del quale erano così evidenti i segni
-di corruzione, volgerà all'estrema ruina, il che è come a dire che il
-sole si oscurerà.[596] Non occorre dire del clero secolare, al quale
-si può applicare l'imagine della luna fatta color di sangue, perchè in
-lui non è più niente di spirituale e celeste.[597] Finalmente rotto il
-settimo suggello, si fece silenzio nel cielo lo spazio di una mezz'ora
-(_Apoc._, VIII, 1). Il che vuol dire che alle guerre e calamità
-succederà il riposo, al secondo periodo così tormentato principalmente
-negli ultimi suoi giorni, terrà dietro l'età nuova, nella quale regnerà
-il silenzio della vita contemplativa.[598]
-
-Da ora in avanti non si muta più l'interpetrazione. I sette angeli, a
-cui furon date sette trombe, rappresentano le sette età del mondo, sei
-nelle quali si esaurisce il secondo periodo, ed una in cui si riassume
-il terzo. È inutile entrare nei particolari, ed il lettore può colla
-scorta delle interpetrazioni precedenti indovinare le altre. La stella,
-ad esempio, ardente come un torchio, che al suono della terza tromba
-cade nelle acque, convertendo la terza parte di esse in assenzio,
-è senza dubbio Ario, per onestà dei costumi uno dei sacerdoti più
-specchiati, il quale caduto nell'eresia trae seco innumerevole turba di
-vescovi e di preti. Un'altra stella cade al suono della quinta tromba,
-in quella che l'angelo apre il pozzo dell'abisso, onde sale un fumo
-così denso da ottenebrare l'aria, e vengono fuori locuste, cui fu dato
-il potere degli scorpioni della terra. La nuova stella dev'essere un
-altro eresiarca non dissimile da Ario, prete e letterato come lui. Di
-costui Gioacchino non sa dire il nome, ma accenna vagamente ai filosofi
-del suo tempo, che al pari di Abelardo vogliono tutto comprender colla
-ragione.[599] Le locuste sono i Patarini, che al tempo di Gioacchino
-s'erano moltiplicati a segno, che pochi anni dopo, Innocenzo ebbe a
-bandire una crociata contro. Questi eretici sono il vero Anticristo,
-come previde chiaramente Giovanni, che in una sua lettera (1 JOH.,
-2, 22) dice chiaramente: chi nega che Cristo sia venuto in carne è
-lo stesso Anticristo. (Evidentemente qui lo scrittore della lettera
-parla del docetismo a lui contemporaneo, che poi venne accolto nel
-Catarismo). E se tutti questi eretici meritano il nome di Anticristo,
-a maggior ragione l'avrà il loro re che secondo l'_Apocalisse_ si dirà
-Abadon (_Ap._, X, 11) ed in greco Apollion, distruggitore (!) E stante
-che gli eretici patarini erano cresciuti d'audacia e di numero al tempo
-di Gioacchino, ei non dubita che anche quei, che si metterà alla loro
-testa, sia già nato, sebbene non sia ancora scoccata l'ora della sua
-rivelazione, perchè si manifesterà soltanto nell'età seguente, o sesta
-ed ultima dell'evo cristiano.[600] Questa età, come già sappiamo,
-è la prossima futura, e Gioacchino la crede già cominciata al suo
-tempo, sebbene non fosse[601] chiusa ancora l'età precedente. In essa
-seguiteranno gli eretici con maggior vigore, stantechè ai patarini
-si uniranno i saraceni, come tentarono di fare nel 1195 secondo le
-notizie che Gioacchino raccolse da un tale tornato da Alessandria
-in Messina. Questi novi eretici nati dalla fusione dei precedenti
-sono rappresentati dai cavalli dell'_Apocalisse_ a testa di leone, e
-dalla cui bocca escono fuoco e fumo e zolfo, e sul cui dorso montano
-cavalieri dagli usberghi di foco (_Ap._, IX, 17). Contro essi non varrà
-più resistenza alcuna, come pur troppo, aggiunge Gioacchino, già si
-cominciò a sapere per esperienza or non è molto, quando gli eserciti di
-Federico primo furono disfatti dagli infedeli.[602]
-
-A questa età sesta succede, come già sappiamo, la settima, durante la
-quale secondo l'espressione dell'_Apocalisse_ (X, 7) si compirà il
-segreto di Dio, ovvero si chiuderà la storia dell'uomo, a quel modo
-che il settimo giorno chiude la settimana. In questo nuovo periodo
-all'intelligenza letterale succederà la spirituale, il che vien
-rappresentato nell'iride che circonda il settimo angelo, e che nel
-linguaggio simbolico di Gioacchino vuol dire o lo stesso Spirito Santo,
-o l'intelletto ripieno dello spirito. E per ciò nell'_Apocalisse_ (X,
-2) è detto che l'Angelo pone il suo piè destro sul mare ed il sinistro
-sulla terra, perchè in questa è rappresentata la lettera del Vecchio
-Testamento, ed in quello la lettera del Nuovo, che vengono entrambe
-superate dall'interpetrazione allegorica, la quale sta all'intelligenza
-letterale come il fuoco all'aria e all'acqua.[603]
-
-Anche nel _Commento_ all'_Apocalisse_ come nella _Concordia_
-Gioacchino pone nel 1260 il termine del secondo periodo, e il
-cominciamento del terzo. Questa data vien suggerita da moltissimi
-luoghi. Nell'_Apocalisse_ X, 2 si legge che i gentili calpesteranno
-la santa città quarantadue mesi o meglio mille duecento sessanta
-giorni, calcolato il mese a trenta giorni in media. E per 1260 giorni
-è data facoltà nel paragrafo seguente ai profeti di profetare. Inoltre
-la donna intorniata dal sole, di sotto a' cui piedi era la luna, e
-sopra la cui testa una corona di dodici stelle, dopo aver partorito
-il figliuol maschio, che ha da reggere le nazioni, fugge nel deserto
-perchè sia quivi nudrita mille ducento sessanta giorni. (_Apoc._, XII,
-6). Alla bestia dalle dieci corna e dalle sette teste fu data potestà
-di durare quarantadue mesi, che secondo Gioacchino valgono 1260 giorni
-(_Apoc._, XIII, 5). Queste coincidenze non sono a caso, si spiegano
-tutte mirabilmente, se intende che i quarantadue mesi non sono se non
-le quarantadue generazioni del secondo periodo, che calcolate a trenta
-anni l'una, importano, come già sappiamo, il corso di 1260 anni.[604]
-
-Dopo tutto quello che abbiamo detto e del corso del tempo, e delle
-calamità che sovrastano alla Chiesa, non sono difficili ad interpetrare
-le altre allegorie dell'_Apocalisse_. La donna vestita di sole in
-generale rappresenta la Chiesa, ma in particolar modo la vergine
-madre, che è come la rappresentante dell'ordine degli eremiti. Le
-dodici stelle sappiamo ormai che rappresentano le dodici virtù, cinque
-minori e sette maggiori. Il sole è lo spirito divino che la riscalda,
-la luna che ha sotto i piedi è la concupiscenza carnale o la gloria
-del mondo. Ma a quel modo che la donna vestita di sole, oltre al
-rappresentare l'ordine verginale, simboleggia ancora la Chiesa in
-generale, che dura da Cristo fino ai nostri giorni; così il drago che
-le s'oppone rappresenta in un simbolo solo tutti i suoi persecutori,
-nei periodi successivi della storia. E così accade che ha sette teste
-corrispondenti alle sette età che noi ben conosciamo, e dieci corna che
-rappresentano dieci re. La stessa interpetrazione devesi dare della
-bestia, che sale dal mare (_Ap._, XII, 1) anch'essa fornita di sette
-teste e dieci corna. Essa riassume in uno i caratteri delle quattro
-bestie di Daniele (VII, 3), essendo simigliante ad un pardo, coi piedi
-d'orso e la bocca di leone e dal drago riceve il suo potere. (_Apoc._,
-XIII, 2). Questa bestia dunque personifica in sè i diversi nemici della
-Chiesa di Cristo, prima fra tutti la sinagoga degli Ebrei, poi quella
-dei pagani, quindi la terza degli ariani, e poi l'ultima dei saraceni:
-peccato che il testo di Daniele non gli permetta di aggiungere per
-quinta la sinagoga dei patarini.[605]
-
-Ma ci sarà posto anche per questa, perchè fortunatamente
-nell'_Apocalisse_ oltre alla prima si legge di una seconda bestia,
-che sale non dal mare ma dalla terra, e in luogo di dieci ha due soli
-corni simili all'agnello. E fa gran segni, e persuade gli uomini ad
-adorare la prima bestia, che un tempo fu ferita mortalmente in una
-delle sue teste, ma ora del tutto è risanata. L'allegoria è trasparente
-secondo Gioacchino. Questa seconda bestia sono appunto i Patarini,
-che si danno per i veri cristiani e non sono, e stringono, come già
-dicemmo, alleanza coi saraceni, i quali un tempo quando al grido di
-Urbano si riunì la prima crociata (qui sbaglia la data e in luogo
-del 1079 mette il 1015) furono sconfitti; ma poi si rifecero delle
-perdite patite, e disfarli oggi torna ben difficile, nè sarà possibile
-neanche nell'avvenire se non forse colle armi della parola.[606] È
-chiara la simiglianza di questa nuova bestia col piccolo corno di
-Daniele (DAN., VII, 8), che ha occhi simiglianti a quelli d'uomo e
-bocca che profferisce cose grandi. Le due Apocalissi di Daniele e
-Giovanni si chiariscono a vicenda. Secondo Giovanni, la nuova bestia
-seduce gli abitanti della terra, e fatta fare una imagine dell'antica
-bestia, le infonde uno spirito che parli, e così piega tutti gli uomini
-all'adorazione del mostro, e quelli che vi si rifiutano li uccide. E
-tutti debbono portare sulla mano o sulla fronte il nome della bestia
-o il numero del suo nome. Questa imagine della bestia, che parla per
-bocca dei falsi profeti, è senza dubbio quel re undecimo di Daniele,
-che (VII, 24) succederà agli altri dieci raffigurati nelle dieci
-corna, e proferirà parole contro l'Altissimo, e penserà di mutare i
-tempi e la legge. Codesto re sarà senza dubbio dei Saraceni, ed avrà
-ai suoi fianchi qualche gran prelato patarino simile a Simon Mago, e
-rappresentante l'Anticristo di cui parla Paolo. E l'uno e l'altro sono
-rappresentati nell'_Apocalisse_ da un numero 666, perchè 600 vuol dire
-le sei età del mondo, 60 la parte che appartiene alla sesta età, 6 il
-sesto tempo di quest'età.[607]
-
-Concorde con siffatte interpetrazioni è l'altra della gran meretrice
-(_Apoc._, XVII), con la quale han trescato li re della terra, e del
-vino della cui fornicazione sono stati inebbriati gli abitanti della
-terra. Che non s'abbia da intendere in un senso diverso dalla bestia
-che viene dal mare, lo dicono e il sedere sull'acque della meretrice,
-e l'avere ella parimenti sette teste e dieci corna. I padri cattolici
-sogliono intendere Roma, in quanto rappresenta non la Chiesa, bensì
-la moltitudine dei reprobi, la quale non si raccoglie in un luogo, ma
-è sparsa per tutte le latitudini della terra. Ed i re coi quali ella
-fornica s'intendono i prelati, cui è commesso il governo delle anime,
-e che talvolta per compiacere agli uomini, trascurano il dover loro.
-Le sette teste sono i regni che furono molesti alla Chiesa nel corso
-del tempo; Erode, Nerone, Constanzo ariano, Maometto o Cosroe re dei
-Persiani sono i primi quattro capi. Il quinto è chi cominciò a dar
-travaglio alla Chiesa nelle lotte delle investiture (Enrico IV). Il
-sesto è il re undecimo di cui parla Daniele. Il settimo capo della
-bestia è quello dannato alla morte, spento il quale risplenderà la
-pace.[608] Le dieci corna, ovvero i dieci re debbono intendersi forse
-di altrettanti sovrani che van compresi tutti nel sesto re, poniamo ad
-esempio i successori di quel famoso Saladino, re dei turchi, dal quale
-non ha guari fu presa la città santa.[609]
-
-
-V
-
-Tutte quante le interpetrazioni e della _Concordia_ e del _Commento
-all'Apocalisse_ concordano nel disegno di dividere la storia
-dell'umanità in sette età. Le prime sei ora rappresentano le epoche
-ebraica e cristiana insieme, ora la sola cristiana; la settima sta da
-sè e sarà forse la più breve e di poco lontana dalla fine del mondo. Ma
-non perchè le due epoche precedenti alla settima si possano suddividere
-ciascuna in tre parti, non per questo s'ha da dire che non abbiano un
-carattere unico anch'esse. Noi già sappiamo come la pensi Gioacchino,
-il quale crede che nella prima epoca abbia regnato il Padre, nella
-seconda il Figlio, e nella terza sarà per regnare lo Spirito. La storia
-dell'umanità dunque facendo astrazione dalle più minute suddivisioni
-in tre grandi periodi si può partire. Il primo in cui si vive sotto il
-rigore della legge, il secondo sotto il favore della grazia, il terzo
-nella pienezza della grazia medesima. Nel primo ha luogo la servitù
-servile, nel secondo la filiale, nel terzo la libertà. Nel primo si
-vive in timore, nel secondo si riposa nella fede, nel terzo s'arde di
-carità. Il primo periodo appartiene ai vecchi, il secondo ai giovani,
-il terzo ai fanciulli. Il primo ai servi, il secondo ai liberi,
-il terzo agli amici. Nel primo rilucevano le stelle, nel secondo
-biancheggia l'aurora, nel terzo è giorno pieno. Nel primo domina
-l'inverno, nel secondo la primavera, nel terzo l'estate. Il primo
-produsse le ortiche, il secondo le rose, il terzo i gigli. Il primo
-l'erbe, il secondo le spighe, il terzo il grano.[610] Questi paragoni
-spargono alquanta luce sugl'intendimenti dell'autore, secondo il quale
-i tre stati in cui si divide la storia dell'umanità dalla creazione al
-giudizio finale, hanno un corso continuo; sicchè l'uno nasce dall'altro
-come da fiore frutto. Nè solo continuo, ma progressivo, dal meno al più
-perfetto, dal timore all'amore, dalla servitù alla libertà.
-
-Ed agli stati corrispondono gli ordini, che ora sono sette, ora cinque,
-il più delle volte si riducono a tre, il coniugato, il clericale, il
-monastico. L'ordine dei coniugati ebbe principio in Adamo e cominciò a
-fruttificare in Abramo, ed ebbe la missione di crescere e moltiplicare.
-L'ordine dei sacerdoti prese principio da Uzzia, che offrì sebbene non
-impunemente l'incenso al signore, e fruttificò con Cristo, che è il
-vero re e sacerdote. L'ordine dei monaci ebbe principio da S. Benedetto
-e avrebbe cominciato a gettar frutti ai tempi di Gioacchino.[611] Di
-questi tre ordini il primo vien paragonato agli animali terrestri che
-non guardano al di là della terra su cui vivono; ai pesci il secondo,
-perchè la vita dei santi sacerdoti passa nello studio della scrittura,
-come quella dei pesci nell'acqua; finalmente agli uccelli il terzo
-perchè i monaci nella mistica contemplazione si movono liberamente
-come in aere più salubre. L'ordine dei conjugati in un altro luogo
-porta l'imagine del padre, perchè non è stato istituito da Dio se
-non a procrear figliuoli; l'ordine dei sacerdoti è fatto ad imagine
-del Figlio, verbo del Padre, perchè fu posto appunto per parlare ed
-insegnare al popolo la via del Signore; l'ordine dei monaci porta
-infine l'imagine dello Spirito Santo, che è l'amor di Dio, perchè non
-si può avere in dispregio il mondo e le sue cose se non si è infiammati
-dell'amor divino, e portati da quello stesso spirito che menò Gesù nel
-deserto.[612]
-
-Da questi passi ben si raccoglie che cosa voglia intendere Gioacchino.
-Ei concentra tutta la storia dell'umanità in quella dell'ordine
-sacerdotale. E nel primo periodo trova leviti che di poco si
-distinguono dagli altri uomini, e attendono come loro a procrear figli,
-e della propria famiglia e dei beni terreni sono solleciti. Nel secondo
-periodo fu vietato menar moglie a quelli che si consacrano al divino
-ministero, sebbene talvolta per eccezione si conceda. Ma i sacerdoti
-vivendo tuttora in contatto colla società prendono parte alle passioni
-e cupidigie mondane. E più si mescolano coi laici e più si corrompono
-allontanandosi dall'esempio di Cristo. Chi voglia serbarsi puro bisogna
-che rompa questo contatto e si raccolga come S. Benedetto nel silenzio
-del cenobio. Così è già cominciato il terzo periodo, in cui i ministri
-del Signore vengono sottoposti ad una più severa disciplina, nè altra
-cura hanno all'infuori del cielo, e spente le passioni del secolo,
-spendono la loro vita nella preghiera e nella contemplazione.
-
-Il primo concetto di Gioacchino è questo senza dubbio, una storia del
-sacerdozio che cominciato dai leviti, proseguito nel clero secolare,
-si compia nell'ordine benedettino, riformato secondo una regola più
-rigorosa. Se non che codesta angusta filosofia della storia, fatta in
-servigio di un ordine monastico, gli s'allarga tra le mani. E come nel
-primo periodo l'ordine dei coniugati non rappresenta solo i leviti,
-ma tutti quelli che vivevano sotto la legge della circoncisione, così
-l'ordine dei sacerdoti deve abbracciare tutti quelli che vivono sotto
-la legge del Cristo, e l'ordine dei monaci tutti coloro, cui scalda
-lo stesso amore delle cose celesti e l'odio delle mondane. La storia
-dell'ordine sacerdotale diventa per tal guisa la storia dell'umanità,
-e le opposizioni tra preti e frati acquistano una importanza fuor di
-misura, e diventano il segno di quella lotta che sarà sempre combattuta
-fra il passato e l'avvenire.
-
-Per ciò che riguarda i due primi periodi dell'umanità il contrasto
-secondo Gioacchino è evidente, come è evidente la profonda differenza
-dei due Testamenti. Differiscono, già dicemmo, le nascite, le vite,
-le guerre, le vittorie; perchè gli Ebrei nacquero dalla carne, i
-Cristiani dall'acqua (battesimo) e dallo spirito. Quelli poteano
-far divorzio dalle loro mogli, questi la debbono tenere presso di sè
-secondo l'esempio di Cristo, che è sempre lo sposo della sua Chiesa;
-quelli combatterono per i possessi terreni, questi non tanto per la
-terra, quanto per la libertà della Chiesa. Ma se tanta è la differenza
-tra il primo ed il secondo periodo, non deve correrne altrettanta tra
-il secondo ed il terzo? Nel secondo periodo fu abolita la legge che
-dominava il vecchio mondo, fu proscritta la circoncisione, furono
-abolite le vittime di animali, ed al rigore e severità della legge
-mosaica sottentrò la mitezza del cristianesimo. Pari innovazione dovrà
-succedere rispetto al cristianesimo, ed a quel modo che il fuoco di
-Elia consumò la catasta del sagrifizio e ne lambì l'acqua, così sarà
-mutato l'evangelo, perchè quando sorge ciò che è perfetto, è necessario
-che l'imperfetto tramonti.[613]
-
-Ma che mai sarà codesto stato nuovo? Quali leggi cadranno, e quali
-piglieranno il posto delle prime? Come sarà composta la società?
-ammettiamo per ipotesi che il clero secolare scomparisca, e le funzioni
-attribuite ai vescovi e parroci sieno indi innanzi esercitate dagli
-abati e dai conventuali, cesserà forse puranche la divisione tra laici
-e sacerdoti, e la società diverrà forse un vasto cenobio? E se diventa
-un cenobio come farà a perpetuarsi? La generazione più saggia, più
-casta, e più devota sarà forse l'ultima per l'umanità, e dopo questo
-idillio di pace sarà troncata la storia dell'uomo, ed avrà luogo il
-giudizio finale e la resurrezione della carne? Il genio profetico
-intorno a questa dimanda si sarebbe travagliato, ed una pittura fresca
-e viva di questa nuova società ci avrebbe data a preferenza. Ma il
-nostro autore non s'estende tant'oltre, e la rappresentazione del
-terzo periodo dobbiamo comporla noi stessi raccogliendo qua e là sparsi
-accenni; ma ben ci guarderemo dal dare ai pensieri dell'autore maggiore
-determinatezza o rilievo che non abbiano.
-
-Il primo carattere di questa nuova epoca è questo, che non ci saranno
-più misteri, i veli che coprivano l'esatta intelligenza dell'antica
-e nuova lettera saranno squarciati, e sarà dato cogliere la verità
-attraverso le molteplici allegorie.[614] Come cessò l'osservanza
-dell'agnello pasquale allora che fu cominciata quella del corpo
-di Cristo, così, nello schiarimento dello Spirito Santo cesserà
-l'ammirazione della figura.[615] Ma se gli uomini vedranno la verità
-faccia a faccia, non s'ha da credere pertanto che Gioacchino descriva
-l'età futura come il secolo del razionalismo, nel quale la scienza
-riporterà grandi vittorie sulla fede. Egli ha scarsa fiducia nella
-scienza. Ingegno mistico e vaporoso, abborre la precisione e l'aridità
-del ragionamento. La verità secondo lui resta nascosta ai prudenti e
-sapienti, e si svela soltanto ai fanciulli, per confondere la vanità
-della superstizione filosofica. L'argomentazione dialettica non vale
-quindi se non a chiudere ciò che prima era aperto, o rendere oscuro
-quello che prima era chiaro. E da essa nascono questioni e contrasti
-di parole, ed invidie e contese e bestemmie e corruzioni. La fede,
-come ha dimostrato l'abate di Chiaravalle, è al di sopra dei cavilli
-della ragione. La scienza non edifica, ma distrugge talvolta, come
-attestano quegli scribi, che gonfiati di vanità ed arroganza a forza di
-ragionamenti caddero nell'eresia.[616]
-
-La conoscenza della verità per lui, come per tutti i mistici dei vecchi
-e nuovi tempi, è la visione intuitiva, alla quale si arriva non per
-via dell'intelletto, ma del sentimento, non col raziocinio, ma colla
-preghiera. Epperò il fondatore dell'ordine cenobitico impose l'obbligo
-di frequenti cori. Tra i suoni che salgono e si ripercotono per le
-volte del tempio, e i profumi degl'incensi, e le misteriose penombre,
-l'anima sente e vede ciò di che non può render conto nè a sè stessa nè
-agli altri. E codesta mistica visione, che ora è privilegio di pochi,
-forse allora sarà comune a tutti, perchè alle distrazioni della vita
-attiva succederà il silenzio ed il raccoglimento della contemplativa,
-a Lia sottentrerà Rachele. In questi pensieri ben si scopre il
-mistico cenobita non dissimile, come bene avverte il Rousselot, dai
-Vittorini.[617]
-
-Ma i mistici del secolo decimosecondo non sono meno arditi dei loro
-avversarii razionalisti, ed in nome del sentimento reclamano la stessa
-libertà d'interpetrazione, che gli altri chiedevano in nome della
-ragione. E già sappiamo come Gioacchino spinga troppo oltre i diritti
-dell'interpetre, e nessuna violenza risparmii alla lettera della
-Bibbia per salvarne lo spirito. Rimosso l'ostacolo dell'intelligenza
-letterale, l'interpetrazione allegorica non ha più freno che la moderi.
-In quest'assoluta indipendenza della mente divinatrice sta la _libertà_
-che Gioacchino attribuisce ai nuovi tempi. Cristo sottrasse il mondo
-ai rigori dell'antica lettera, lo spirito ci deve liberare dai rigori
-della nuova. Questo cammino dalla servitù alla libertà si riscontra
-anche nei tre ordini. Il primo passò sotto il giogo dei precetti
-legali; il secondo fu sottoposto ai travagli della passione; il terzo
-è destinato alla libertà della contemplazione secondo il testo: _Ubi
-spiritus, ibi libertas_.[618] Questo è un altro carattere dei tempi
-nuovi.
-
-Non è a dire che nel periodo cristiano sia mancata la libertà; c'è
-stata di certo, ma una libertà relativa, chè alle catene dell'antica
-legge vennero sostituiti più miti legami. Solo nei nuovi tempi sarà
-data un'assoluta libertà, e il vincolo che stringerà gli uomini e
-Dio non sarà il timore nè in larga nè in istretta misura, ma l'amore.
-L'amore governerà gli uomini, ecco un altro segno del terzo periodo.
-Gioacchino non nasconde nessuna delle calamità del tempo suo, e gli
-odii che dividevano gli uomini, e le sanguinose guerre, che laceravano
-in allora la Chiesa, ben prevede che non saranno per cessare; anzi
-pria che il secondo periodo volga al suo termine raddoppieranno
-d'intensità. Ma per quanto più gravi sono i mali, altrettanto più vivo
-è il desiderio della loro fine, ed il vivo desiderio il più delle volte
-fa tramutare la speranza in certezza. Anche ai nostri giorni in cui un
-grande statista non dubitò di ripetere: _la force prime le droit_, e le
-guerre se non più lunghe sono certo più sanguinose e rovinose di prima,
-ai nostri giorni appunto si fa un gran parlare della lega della pace
-e degli arbitrati internazionali. Qual meraviglia che in pieno secolo
-decimosecondo, Gioacchino non vegga nelle calamità e nei tumulti del
-tempo suo se non un avviamento ad un migliore assetto della società?
-Egli forse credeva che nelle terribili lotte, che travagliavano
-l'ultima parte del secondo periodo, i violenti si sarebbero distrutti
-gli uni cogli altri. E dal nuovo diluvio non sarebbero scampati se non
-gli animi miti e generosi, che più di sè amano gli altri, ed in ognuno
-che soffra e preghi veggono un fratello, e con esso si confondono
-nell'amore di chi a tutti è padre.[619] È un sogno forse che verrà
-giorno in cui le passioni violente faranno luogo agli affetti più miti,
-ma un sogno che riposa e ristora, e soventi l'umanità l'ha sognato, ed
-è probabile che seguiti a sognarlo ancora altre volte.
-
-Questa nova età di pace e di amore Gioacchino la presente vicina,
-perchè fra non molto l'uomo sarà del tutto purificato, e svellerà dal
-suo cuore gli affetti egoistici; nè vi sarà più lotta pel mio e pel
-tuo, e dei beni mondani tutti faranno quel conto che meritano, nè
-sarà pregiata la ricchezza, come nei periodi precedenti, ma invece
-la povertà.[620] Non era certo una cosa nova questa della povertà.
-Il Vangelo, come è noto, fulmina contro i ricchi quelle terribili
-parole: _È più facile che un cammello entri nella cruna d'un ago, che
-un ricco nel regno dei cieli_. Ma altro è parlar di morte, altro il
-morire; e durante tutto il periodo cristiano non solo i laici, ma i
-preti, e non pure i preti ma i frati si sono mostrati non meno avidi
-dei loro predecessori. E di tutte le guerre medievali, a cominciare
-dalle grandiose tra Chiesa e Impero alle minutissime tra una casa di
-frati e un'altra, non piccola parte delle loro ragioni la ripeteano
-dal tornaconto offeso. E pure quanto più crescea l'avidità delle
-ricchezze, altrettanto pel solito contrasto si facea più calda ed
-insistente la predicazione della povertà. Nella riforma, che Gioacchino
-fa dell'ordine suo, non entra l'obbligo della povertà; ma secondo
-lui quello che non poteva farsi al tempo suo, facente parte ancora
-del secondo periodo, sarebbe accaduto di certo nell'avvenire.[621]
-Quest'obbligo della povertà sarà imposto ai soli conventuali o
-agli uomini tutti? Nè Gioacchino, nè i seguaci suoi par che abbiano
-inteso parlare se non dei monaci soli; ma certo non è escluso che la
-società tutta diventi un vasto cenobio. Anzi sarebbe necessario che
-divenisse, perchè il terzo periodo è tenuto per un'età di perfezione,
-e la perfezione non può ottenersi se non in una vita cenobitica, in
-cui fossero abolite le classi, gli onori e le supremazie sociali.
-Tutti sarebbero pari allora non nelle ricchezze, che nessuno pensa
-ad accumulare, bensì nella povertà, e cesserebbero per tal guisa
-le invidie e le gelosie. Curioso modo di risolvere il problema del
-pauperismo, se mai fosse surto al tempo di Gioacchino!
-
-Per compiere il ritratto del tempo futuro ci resta un sol tratto, la
-castità. Certo a quel modo che nel lontano avvenire saranno spente le
-cupidigie e le ambizioni, così anche gli appetiti sensuali, ed un'altra
-fra le molte ragioni delle discordie tra gli uomini sarà eliminata.
-Non v'ha dubbio che dovrà succedere codesto nel terzo periodo.
-Gli uomini, da carnali che erano nei periodi anteriori non saranno
-divenuti spirituali? E la castità non è uno dei doni più spiccati
-dello Spirito santo? Chi è tutto penetrato dell'amore del cielo
-può far posto ad amori terreni?[622] Anche qui si nota un progresso
-notevole dall'Ebraismo a' nostri giorni. Secondo il Vecchio Testamento
-aveano tutti diritto di tor moglie non solo, ma più mogli financo. Nel
-Cristianesimo si proibisce la poligamia, il matrimonio si permette
-ai laici, ma si vieta ai preti, facendo talvolta qualche eccezione;
-ai monaci poi è negato risolutamente. La riforma infine ed il
-miglioramento dei secoli avvenire starà nel rinforzare la disciplina,
-rendere più rigorosa la castità. Ma anche qui si può chiedere se questo
-divieto assoluto del matrimonio riguardi i preti e i frati soltanto, o
-tutti gli uomini. E la risposta sarebbe più imbarazzante ancora; perchè
-se nel terzo periodo gli uomini fossero divenuti così spirituali da non
-pensare a perpetuarsi, la generazione posteriore a Gioacchino sarebbe
-stata l'ultima della specie. Ma guardiamoci dal dare ai concetti di
-Gioacchino maggiore determinatezza di quel che comportino. L'avvenire
-si mostra a lui sotto un colore fortemente ascetico, nè altra immagine
-gli soccorre a raffigurarlo fuori del cenobio. Ma più di questo non gli
-chiedete, che per quanto lo dicano profeta, il futuro non è meno per
-lui che per gli altri uomini ricoperto di nebbia densissima.
-
-
-VI
-
-Qual'è l'origine della dottrina che più tardi fu detta gioachimita
-o gioachita? Il Renan fu il primo a sostenere che se ne debbono
-cercare le origini nella Chiesa greca. L'abate Gioacchino, ei dice,
-per tutta la sua carriera fu nei rapporti più intimi colla Grecia.
-La Calabria, dove egli visse, e dove la sua scuola si continuò per
-una tradizione appena interrotta, era un paese per metà greco. I suoi
-principali discepoli, i redattori della sua leggenda, i personaggi
-profetici, coi quali lo si mette in rapporto, sono greci. Egli stesso
-viaggia in Grecia più volte per adoperarsi in favore della riunione
-delle due Chiese, e codesta riconciliazione è il pensiero dominante
-di tutti coloro che seguono la sua dottrina. Giovanni da Parma passa
-molti anni presso i Greci, e al termine della sua vita voleva andare
-a morire tra loro. Tutta la scuola dell'Evangelo eterno da Gioacchino
-a Telesforo di Cosenza alla fine del secolo XIV non ha se non una
-sola voce per proclamare la Chiesa orientale superiore alla latina,
-e meglio preparata alla futura innovazione. Coll'ajuto dei Greci
-trionferà la riforma della Chiesa carnale dei latini, e questa riforma
-non sarà altro se non un ritorno alla Chiesa dei Greci.[623] Cotesto
-è in parte vero, nè si può dubitare che la Calabria fino al tempo di
-Gioacchino fosse un paese quasi greco. Dacchè Narsete la rivendicò
-all'Impero fino ai Normanni questa estrema provincia d'Italia rimase
-sotto l'amministrazione di ministri greci. L'invasione longobarda
-fu qui arrestata nel suo corso vittorioso, nè i Carolingi vi miser
-piede, e gli stessi Saraceni, che tra il nono e il decimo secolo
-fondaronvi qualche colonia, non bastarono a ridurre in loro potere
-tutta la contrada. E in meno di un anno nell'ottocento ottantacinque
-per opera del valoroso Niceforo tutte le Calabrie tornarono sotto il
-governo imperiale. Nello stesso tempo l'imperatore Basilio il Macedone,
-affrancati tremila schiavi, li mandò a ripopolare alcune terre di
-Puglia e Calabria desolate nella guerra dei Musulmani,[624] e così
-greco sangue si mescolò al calabrese, e la lingua greca, già da gran
-tempo lingua ufficiale del paese, fu anche popolare, ed in greco si
-scrissero non pure gli atti pubblici, ma benanco le magre cronache,
-principalmente le agiografie. Nè questo è tutto; fin dal tempo di Leone
-l'Isaurico, quando scoppiò il movimento iconoclasta, furono sottratti
-al Papa e messi sotto la giurisdizione del Patriarca di Costantinopoli
-i vescovati della Sicilia, della Calabria e della Puglia. E per rendere
-più docili a questo mutamento i vescovi, s'innalzarono ad arcivescovati
-le sedi di Reggio, S. Severina, ed Otranto. E l'arcivescovo di
-Reggio, da cui dipendevano tredici suffraganei, fu detto primate della
-Calabria, come nella novella di Leone il Filosofo dell'anno 887. Più
-tardi, quando la Chiesa greca ruppe apertamente contro la latina, il
-patriarca di Costantinopoli Luitprando con editto del 968 impose alle
-chiese di Puglia e Calabria in luogo del rito latino il greco. Alcune
-chiese resistettero, ma non poche obbedirono, e molte conservarono il
-rito greco, anche quando dopo la conquista normanna ritornarono sotto
-la giurisdizione di Roma.[625] Così le diocesi di Bova ed Oppido,
-l'arcivescovato di S. Severina[626] e più di tutte la chiesa di
-Rossano, ove nel 1092 fu ben scelto un vescovo latino, ma gli abitanti
-non vollero accomodarsi al cangiamento del rito, e tanto s'adoperarono
-presso Ruggiero, che l'accorto duca acconsentì alle loro dimande, ed
-il rito greco visse indisturbato fino al 1460, in cui il vescovo Matteo
-dei minori osservanti lo mutò nel latino.[627]
-
-A conservare il rito e la tradizione greca concorsero i basiliani,
-venuti in Calabria al tempo delle persecuzioni iconoclastiche. Cotesti
-frati si possono dire i precursori di Gioacchino, e parecchi di loro
-vennero parimenti in riputazione di santi e di profeti. Nè sarà inutile
-raccontare brevemente la vita di qualcuno tra loro per conoscere più da
-presso l'ambiente nel quale visse l'abate calabrese.
-
-La regola di S. Basilio, più rigida della benedettina, prescriveva
-una vita austera, nè poneva inciampo che qualche frate seguisse le
-tracce degli antichi anacoreti. Per tal guisa i basiliani acquistarono
-ben presto gran credito presso il popolo, e la loro autorità crebbe
-grandemente nei tempi così trepidi e burrascosi delle incursioni
-seracinesche, talchè di parecchi fra loro, che colla loro parola
-ispirata incuoravano i fedeli nella guerra santa, è rimasta viva
-la tradizione in Calabria. Tuttora si venera nel Monteleonese S.
-Leoluca o Leone Luca da Corleone in Sicilia, un monaco basiliano che
-all'appressarsi dei Saraceni fuggì in Calabria nel monastero di Mula
-presso Cassano, ne diventò più tardi abate, e fondate case filiali a
-Vena e Monteleone morì intorno al 900.[628]
-
-Più famoso ancora è un altro basiliano, siciliano pur lui, da Enna
-o Castrogiovanni, e chiamato Elia il giovane. Fornito del carisma
-profetico, previde a dodici anni che i Saraceni sarebbero entrati nel
-castello di S. Maria, ove la sua famiglia s'era rifugiata, e perfino
-i nomi di quelli che sarebber caduti nella mischia seppe dire; ma pur
-troppo non previde che egli stesso sarebbe stato preso dagl'infedeli,
-e per ben due volte di seguito. La prima par che fosse stato ricompro
-e liberato da un cristiano; ma la seconda fu menato in Egitto, dove a
-quel che narra il biografo ebbe a patire la sorte del casto Giuseppe.
-Certo è che ben presto chiarita la sua innocenza, fu lasciato partire
-per la Palestina, ove prese l'abito monacale dalle mani del patriarca
-Elia, di cui tolse puranche il nome. Dopo tre anni di soggiorno nei
-luoghi santi, fallitogli il disegno di recarsi in Persia, si fermò per
-poco in Antiochia. E di là saputo che un'armata bizantina comandata da
-Basilio Nasar moveva a combattere i Saraceni, fece ritorno in patria,
-ove riprese le sue profezie e predisse ai Reggini la sconfitta che
-avrebbero patito i Musulmani, già rotti una volta presso le coste
-dell'Ellade. Restaurate le sorti delle armi nemiche fuggì di nuovo
-in Oriente col compagno Daniele, che in Taormina gli s'era messo ai
-fianchi. Riparò prima nel Peloponneso, e di là in Corfù, dove gli era
-più agevole tornare alla sua diletta Calabria. E vi tornò, ed in un
-luogo presso Capo dell'Armi, detto Saline, fondò un convento basiliano;
-ma ben presto dovè riprendere la via dell'esilio per campare dal furore
-dei Musulmani, che disfatto nell'888 il navilio imperiale a Milazzo,
-minacciavano Reggio. Eccolo di nuovo a Patrasso nel Peloponneso, donde
-posate le armi approdò di nuovo in Calabria, ed in luogo più sicuro,
-sul vertice del monte S. Elia, tra Palmi e Seminara, fondò un altro
-monastero basiliano. Di là, chiamato dall'imperatore Leone partì ancora
-una volta per l'Oriente, ma arrivato a Tessalonica le forze gli vennero
-meno, e morì nelle braccia del suo fido discepolo.[629]
-
-Questo eroico cenobita, che non trova mai posa, è come rappresentante
-di una forte generazione di Calabresi e Siciliani, che fan da mediatori
-tra l'Oriente e l'Occidente, e s'adoperano a comporre i dissidii dei
-due centri cristiani per rivolgere concordi le forze contro gl'invasori
-musulmani. Ed a questo fine lavora un altro Elia, da Reggio, detto
-Speleota dall'amore che porta alla vita solitaria, anche lui fuggente
-nel Peloponneso dall'ira dei Saraceni, anche lui dotato dello spirito
-profetico, tal che predice la morte del patrizio Bizalone ribellatosi
-all'Imperatore intorno al 920. Succeduto ad Elia juniore nella
-direzione del convento presso Palmi, vi morì intorno al 960.[630]
-
-Discepolo di Elia Speleota è un Luca da Demona in Sicilia, che
-lasciato il convento basiliano di S. Filippo d'Argira, ove era entrato
-giovanetto, recossi in Calabria dal santo eremita, il quale divinate
-le buone disposizioni del novizio, lo mise a parte della sua scienza.
-Venuto anche in possesso dei doni profetici, previde nuove incursioni
-dei Saraceni, dalle quali riparò in un luogo, posto a confine tra la
-Calabria e la Lucania, detto Noja. E dopo essere stato ivi per ben
-sette anni, venne ad un vecchio e diruto convento di S. Giuliano presso
-il fiume Agri. Di là all'appressarsi di Ottone I, che muoveva contro
-l'imperatore Niceforo nell'anno 968, fuggì coi suoi sulle montagne
-delle Armi in Lucania, ed ivi fondò un nuovo monastero detto Armento.
-Su questo ermo sito ei si teneva sicuro, e non a torto, chè neanco
-riuscirono ad espugnarlo i Saraceni, contro i quali uscito animosamente
-con i più validi dei suoi monaci li mise in fuga. Morì sul cadere del
-secolo decimo nel 993.[631]
-
-Taccio di altri due santi basiliani, a cui la tradizione non
-attribuisce la virtù profetica, S. Vitale da Castronovo morto nel
-994 e S. Filareto morto verso il 1070. Ma ben dirò di S. Nilo, forse
-il maggiore di cotesti profeti, nato verso il 903 in Rossano, città,
-dice il cronista, a tutti nota, perchè la sola che finora sia sfuggita
-all'ira dei Saraceni. L'amore della vita ascetica ben tardi si accese
-nel suo petto, ma così fervido che fattosi frate nel convento di S.
-Nazario, non che convivere cogli altri si ritrasse in luogo alpestre
-e solitario, dove in compenso delle aspre mortificazioni gli parea di
-vedere l'invisibile, e gli si facea presente l'avvenire. Testimone di
-una incursione saracinesca del 951, indarno preveduta dall'amico suo
-Fantino, ed appena scampato da un'altra posteriore per essersi riparato
-in Rossano, ei predicea che ne sarebbero accadute altre più terribili,
-e distoglie lo stratego Basilio dal costruire un oratorio, che ben
-presto sarebbe disfatto dalle orde nemiche. Nè mal s'appose, chè i
-Saraceni vennero di nuovo, e benchè S. Nilo avesse ricevuta dall'emiro
-Abu-l-Kasem una lettera piena di rispetto, pure non si tenne sicuro,
-e lasciata per sempre la Calabria, riparò nel principato di Capua, ove
-ebbe lieta accoglienza dai frati di Montecassino dapprima, e poscia da
-quelli di Valle Lucia.
-
-Non racconteremo più oltre la sua vita, nè diremo dei conventi
-basiliani, che ei fondò a Gaeta e Grottaferrata. Ma toccheremo soltanto
-di quello che a noi più preme, dei discorsi che tenne in Montecassino,
-e le profezie che in quegli anni gli si attribuiscono. In quanto alle
-dispute ben s'intende che doveano essere ben frequenti tra gli ospiti
-benedettini, seguaci del rito latino, ed il frate basiliano che non
-ismetteva l'abito e l'uso greco; ma egli avea la risposta pronta ad
-ogni obbiezione. A chi forse menomava il valore della vita solitaria,
-che molti basiliani amavano di menare, ei rispondeva che l'eremita
-non era più uomo, ma uno di questi due, o angelo o demone. A tale,
-che rimproverava i Greci di non digiunare il sabato a simiglianza
-degli antichi Ebrei, ei diceva che il digiunare di sabato era comune
-puranco ai Catari. Tutte le difficoltà che gli si faceano sui punti
-più scabrosi della Bibbia risolveva, come più tardi Gioacchino, con
-una interpetrazione allegorica, che salvava lo spirito sacrificando la
-lettera.
-
-Più notevoli sono le sue profezie, o le minacce che coll'accento
-risoluto del profeta non temeva di volgere contro i grandi, principi
-o pontefici che fossero. Alla principessa di Capua, accusata di avere
-instigato il proprio figliuolo all'uccisione di un cugino, che poteva
-contrastargli il trono, disse ben alto: non bastare le orazioni e le
-elemosine ingiuntele dal vescovo a lavarla dal suo peccato; bensì
-dovere in espiazione della sua colpa consegnare l'uccisore alla
-famiglia dell'ucciso, e le predisse che nessun rampollo della sua casa
-reggerebbe più le sorti di Capua. All'abate di Montecassino, seduto a
-tavola tra suonatori di cetra, predisse che non passerebbe molto tempo
-che il principe capuano, venuto a lotta con lui, gli farebbe cavare
-gli occhi. Le profezie non saranno state così determinate, come _ex
-eventu_ le sa dire il biografo; ma io non dubito dell'ardimento del
-santo, che in altra occasione seppe tenere non meno aspro linguaggio
-collo stesso Papa e coll'Imperatore. Trattavasi di un conterraneo,
-di Filogato da Rossano, che venuto in grazia dell'imperatrice di
-Costantinopoli, diventò prima vescovo e poi papa in opposizione di
-Gregorio V. Pare che S. Nilo avesse dissuaso l'amico suo dal provocare
-uno scisma, che sarebbe tornato e alla Chiesa ed a lui stesso di
-grandissimo danno; ma quando seppe l'antipapa caduto, e cacciato in
-fondo di una prigione dopo essergli stato barbaramente mozzo il naso
-e la lingua, e cavati gli occhi, non stette alle mosse e partì per
-Roma. Dal Papa e dall'Imperatore impetrò il perdono del vinto, che
-oramai non poteva recare più nessun danno, e pare che l'uno e l'altro
-glielo promettessero. Ma qual ne sia stato il motivo, vennero meno
-alle promesse, e l'infelice antipapa così malconcio e vestito dei
-paludamenti pontificali fecero trascinare alla coda di un asino per
-le vie di Roma. Tonò contro l'osceno spettacolo il nostro santo, e
-predisse al Papa ed all'Imperatore che Dio non avrebbe perdonato loro,
-come essi non perdonarono al vinto nemico. Questo ardito linguaggio non
-è insolito in tempi burrascosi, e la fama del santo era così diffusa,
-che non sarebbe stato prudente recargli offesa. Certo che ei seguitò
-a fondare nuovi sodalizii, e grave d'anni morì verso il 998, mentre si
-costruiva il convento di Grottaferrata, che in seguito sarà il centro
-dell'ordine basiliano.[632]
-
-La vita di S. Nilo mostra quanta importanza abbiano avuta i monasteri
-greci della Calabria nel secolo decimo. E seguitarono ad averla nei
-secoli posteriori sotto i Normanni, i quali non pure restaurarono
-i conventi rovinati dai Saraceni, ma altri non pochi ne crearono di
-nuovi. Ed i privati emulavano in ardore i governanti, talchè secondo
-il Barrio a mille ammontarono i conventi basiliani del continente, ed
-a cinquecento quelli di Sicilia. Celebre fra tutti fu il monastero di
-S. Salvatore presso Messina, fondato dal conte Ruggero ed ampliato dal
-figliolo. A capo di questo insigne convento fu messo S. Bartolommeo
-da Simmeri presso Catanzaro, già abate del monastero di Patire presso
-Rossano. La vita di S. Bartolommeo non differisce gran fatto dalle
-altre di santi basiliani. Dotato anche lui di spirito profetico, fondò
-un nuovo convento, forse quello di Patire, ed avutane l'approvazione
-da Pasquale II (1099-1118), ne divenne abate. Più tardi si recò
-dall'imperatore Basilio per promovere la desiderata concordia tra
-greci e latini, e rifiutata un'abbazia nella capitale bizantina tornò
-in Calabria, e da Ruggero, come dicemmo, fu fatto archimandrita,
-perchè il convento di S. Salvatore, al quale fu preposto, esercitava
-giurisdizione su 44 conventi. Morì nel 1130.[633]
-
-Codesti santi basiliani sono i veri precursori di Gioacchino. Tutti
-menano al pari di lui vita di stenti e di fatiche, e tormentano
-spietatamente il loro corpo per dare più libero volo al loro spirito.
-Tutti amano al pari di lui la solitudine, e si ritraggono negli
-alpestri silenzii di un eremo, ove a poco a poco per opera loro sorgerà
-un nuovo cenobio, di regola ognor più stretta e severa. Ma e nell'eremo
-e nel cenobio tutti questi santi spendono la loro vita tra lo studio
-dei libri sacri e le frequenti salmodie, e la mente educata in questi
-severi esercizii levano alle mistiche contemplazioni, ove par che si
-squarci il velame del futuro. Dal più al meno codesti padri basiliani
-sono dotati del _carisma_ profetico, e nei giorni angosciosi delle
-incursioni saracene, ai popoli minacciati negli averi, nella libertà
-e nella fede, fan sentire la loro voce ispirata, che or promette la
-vittoria per incoraggiare la resistenza, or predice nuove sventure per
-indurre il pentimento dei proprî falli.
-
-Su questa via aperta dai basiliani fece gran cammino l'abate calabrese.
-E se ai suoi tempi non si temevan più le incursioni saracene, gli
-animi non erano meno agitati da paure, nè l'avvenire si mostrava
-men fosco ai chiaroveggenti. Gl'infedeli erano stati disfatti; ma i
-Cristiani seguitavano a battagliare tra loro, e con alterna fortuna
-Svevi e Normanni si contrastavano il dominio della Sicilia. D'altro
-canto la Chiesa e l'Impero eran di nuovo tornati alle offese, e contro
-il Papa dei Guelfi si levava il Papa dei Ghibellini, e tra queste
-scissure si faceva largo l'eresia, una d'intento, benchè diversa nei
-nomi e dogmi. Così tra gli scismi, l'eresie, le guerre, le calamità
-rinasceano le paure dei millenarii, che di un mondo così tormentato
-prevedeano imminente la fine. E tornavano in onore gli scritti
-profetici, da gran tempo dimenticati, talchè nel 1142 un Gaufrido di
-Mounmouth tradusse dall'antico brettone in latino alcune profezie del
-bardo o mago Merlino; ed altre ne tradusse per incarico di Roberto,
-vescovo di Oxford, quel Giovanni di Cornovaglia che nel 1170 scrisse
-un elogio di papa Alessandro III. Ed intorno a codeste profezie un
-grave scrittore, Alano da Lilla, che è disputato se sia il dottore
-universale, non disdegnò di comporre un lungo commentario. Non è da
-meravigliare, scrive questo grave commentatore, che un bardo forse
-pagano, o almeno non fervido cristiano, abbia sortite queste virtù
-profetiche, perchè anche le Sibille ebbero tali virtù, ed una di esse
-predisse l'avvenimento del Signore. Nè ci sarebbe da ridire se Merlino
-fosse nato da una vergine e da un incubo, perchè anche Perizione ebbe
-da Apollo il suo figliolo Platone, ed a quel che afferma Apulejo tra
-la luna e la terra errano spiriti, che assumono talvolta la forma
-d'incubi. Tanto era viva in quel tempo la fede nei profeti, tanto
-bisogno si sentiva delle profezie![634]
-
-L'abate Gioacchino non è dunque una manifestazione isolata. E prima e
-dopo di lui viveano altri veggenti come quel S. Cirillo, priore dei
-Carmelitani, morto intorno al 1224, che secondo un'antica biografia
-celebrando la messa, vide in una nube un angelo che reggea due tavole
-d'argento scritte in caratteri greci, tavole che recate dal cosentino
-Telesforo all'abate Gioacchino furono da lui dottamente interpetrate
-e commentate.[635] Tutto questo racconto è un tessuto di errori
-cronologici, ed evidentemente apocrifo è il commento alle profezie di
-Cirillo, attribuito a Gioacchino. Ma siffatta tradizione mostra come la
-letteratura profetica traesse sempre novo alimento dallo scambio d'idee
-tra l'Oriente e l'Occidente, che durava tuttora per opera dei frati
-calabresi.
-
-Per tutte queste ragioni ben si comprende come Gioacchino, che cammina
-sulle orme dei basiliani, debba fare grandissimo conto della Chiesa
-orientale in paragone della romana, nello stesso modo che mette S.
-Giovanni, rappresentante secondo lui la Chiesa greca, al di sopra
-di S. Pietro, fondatore della romana. E si comprende altresì come
-apprezzi lo studio, che i Greci faceano dei libri sacri con maggiore
-cura ed assiduità dei preti latini, e del loro metodo d'interpetrazione
-allegorica si faccia continuatore. E lodi assai la preferenza data dai
-Greci alla vita contemplativa in confronto dell'attiva ed al canto
-corale a paragone della semplice lettura, e levi a cielo la vita
-faticosa ed aspra, che menano i cenobiti greci di molto superiori ai
-molli frati latini.[636] Ma se per questi rispetti tiene la Chiesa
-greca superiore alla latina, per altri la stima assai da meno, come
-ad esempio per la tolleranza del matrimonio dei preti.[637] E perciò
-Gioacchino veste l'abito monacale in un convento di benedettini, non di
-basiliani, e da Benedetto fa cominciare il terzo periodo dell'umanità,
-non da Basilio. E benchè la dottrina dello Spirito santo insegnata
-dalla Chiesa greca rispondesse meglio al suo proposito di attribuire
-eguale efficacia alle tre persone, pure la rifiuta, nè soltanto ammette
-la doppia processione, ma se ne serve, come vedemmo, per ispiegare
-l'anomalia di certi riscontri storici. L'influsso della Chiesa greca in
-Calabria se dunque può rendere ragione di alcune parti della dottrina
-di Gioacchino, ne lascia inesplicate molte altre. Gioacchino dalle
-scuole basiliane potè ben ricavare l'interpetrazione allegorica della
-Bibbia, potè sulle orme dei santi basiliani divenire un profeta anche
-lui; ma quella ingegnosa filosofia della storia, che sulle tracce del
-passato gli fa scoprire le vie del futuro, ei non la trova nè nelle
-scuole basiliane, nè nelle bizantine. Nè alcun contemporaneo od eremita
-o filosofo o profeta era arrivato sino a questo punto.
-
-Io son d'avviso, che la dottrina di Gioacchino si connetta strettamente
-col Catarismo. Che Gioacchino conosca i Catari è fuori di dubbio.
-Dall'esposizione abbiamo già veduto come egli applichi a questi
-eretici quel che dice l'_Apocalisse_ dei falsi profeti, che saranno
-per precedere la fine del mondo. Ma se rifiuta la parte dommatica
-della loro dottrina, se quel loro dualismo gli ripugna, e peggio
-ancora quella critica dei dommi cristiani, che fanno sulla scorta
-della ragione, e quella loro concezione docetica di Cristo e di
-Maria, non pertanto va d'accordo con loro nelle applicazioni etiche.
-Quell'ascetismo esagerato, che nega ogni valore alla terra, ed
-ogni diritto al corpo; che ingiunge la più rigorosa astensione dal
-nutrimento animale, e dichiara colpevole ogni piacere od affetto
-terreno; quell'ascetismo che volentieri distoglierebbe gli uomini dalla
-procreazione, e vedrebbe con gioja la fine del mondo, non è dubbio che
-risponde ai più intimi convincimenti di Gioacchino. Nè hanno tutti i
-torti, secondo lui, i Catari di mordere il clero cattolico, che mena
-vita intemperante e fastosa, e semprepiù si allontana dall'ideale
-ascetico,[638] ed anch'egli, come vedemmo, non risparmia preti e frati,
-ed è d'avviso che ormai la corruzione dei cristiani è venuta a tale, da
-essere imminente una innovazione radicale nelle pratiche e nei costumi.
-I mali estremi sogliono essere il segno di una età che si chiude e di
-un'altra che comincia; perchè in quel periodo faticoso di dissoluzione
-e di preparazione, pare che sia perduta ogni legge, ed è perduta nel
-fatto ma per far posto ad un'altra. E Gioacchino al pari dei Catari
-desidera e presente vicina una radicale mutazione non nei dommi o nelle
-dottrine, come pretendono essi, bensì nella disciplina e nelle pratiche
-del cristianesimo.
-
-E questa previsione, a cui s'informano tutte le sue opere, ei l'attinge
-da quello stesso metodo d'interpetrazione biblica, che solevano così
-largamente adoperare gli eretici, la spiegazione allegorica. Certo
-per un verso Gioacchino è l'antagonista dei Catari, e se quelli
-scoprono ripugnanze e contraddizioni tra i due Testamenti, questi
-invece ne dimostra in un libro speciale le armonie. Ma la stessa
-opposizione mostra fra loro una certa parentela; e Gioacchino ben
-concede che ove si prendano alla lettera i libri sacri, l'opposizione
-è innegabile, e secondo lui la concordia nasce solo quando s'intenda
-l'antico Testamento non per quello che fu, ma quale anticipazione
-del Nuovo.[639] I Catari avrebbero potuto accogliere questa
-interpetrazione, e lavorando di allegoria anch'essi trovare non pure
-nel Nuovo Testamento, come erano usi, ma anche nel Vecchio i germi
-delle loro dottrine. E nel risultato finale agevolmente si sarebbero
-trovati d'accordo con Gioacchino, perchè anch'essi si credevano
-uomini spirituali di contro a quelli, che tanto tenevano alla lettera
-dei due Testamenti; ed anch'essi al battesimo dell'acqua volevano
-sostituito quello del fuoco, ed il loro _Consolamentum_ stava appunto
-nell'accogliere entro l'anima, pressochè sciolta dai vincoli del corpo,
-la pienezza del Santo Spirito.
-
-Tutti questi riscontri mettono fuor di dubbio la profonda
-rassomiglianza tra le dottrine catare e le gioachimite, ed anche
-qui troviamo confermata l'ipotesi fatta al principio dei nostri
-studii, secondo la quale dal Catarismo per successive restrizioni o
-attenuazioni sono provenute tutte le altre eresie medievali. Certo
-Gioacchino, che si credeva e dichiarava apertamente cattolico, avrebbe
-energicamente protestato contro chi l'avesse messo a pari cogli
-eretici; ma di quanto s'allontanino dalle tradizionali le dottrine
-gioachimite lo mostreranno nel fatto le sètte, che saranno per
-abbracciarle. E che queste nuove eresie si riannodino per occulti fili
-alla catara lo prova luminosamente un riscontro storico, che forse
-parrà strano ma non è meno evidente. La dottrina dell'abate Gioacchino
-ha molti punti di rassomiglianza col Montanismo. I Montanisti si
-davano per profeti, nè parlavano se non per ispirazione dello Spirito
-Santo. L'uomo, dice Montano, si riferisce al Santo Spirito come la lira
-all'arco che ne cava i suoni.[640] Certo v'ebbero profeti e nell'antico
-e nel nuovo Testamento, perchè sempre lo Spirito Santo ispirò alcune
-anime elette; ma da ora in poi l'azione dello Spirito è continua ed il
-profetismo non è più il fiore, bensì la radice della vita religiosa,
-nè soltanto i fondatori della nuova dottrina, ma tutti quelli che vi
-credono s'hanno a dire uomini spirituali o pneumatici, a differenza
-degli altri, che sono soltanto psichici.[641] Codesta nuova profezia
-non distrugge la dottrina cristiana, ma la compie e l'integra, perchè
-il Paracleto secondo Tertulliano non è institutore, ma restitutore.
-Nella natura, sèguita il grande Apologista, è dapprima il seme, poi
-la radice, il fusto, i rami, le foglie, le gemme, il fiore, infine il
-frutto che per gradi si matura. Così la giustizia umana cominciò dal
-temere Dio, quindi per la legge e i profeti venne alla fanciullezza,
-di poi per l'evangelio vigoreggiò da giovane, ora per mezzo del
-Paracleto arriva alla maturità. Codesta maturità o perfezione sta nel
-rinvigorire la disciplina della Chiesa, nel tenere in grande onore la
-verginità, sicchè non pure si vietino le seconde nozze, ma benanco
-le prime si permettano solo come un male necessario; nel rintuzzare
-gli appetiti della carne per mezzo di più severi e frequenti digiuni;
-nel rinunziare al mondo e con gioja andare incontro al martirio.
-Senza dubbio codesto è un ascetismo rigoroso che mena diritto alla
-distruzione del mondo. Nè lo negano i Montanisti, i quali sono pure
-chiliasti o millenarii, e credono che noi siamo alla vigilia di quel
-gran giorno dell'_Apocalisse_, in cui e terra e cielo andranno a
-rifascio, e spenta la vita terrestre dell'uomo, ne comincerà un'altra
-celeste ed immortale. Codeste idee riappariscono, di certo modificate
-e rielaborate nella _Concordia_ e nel _Commento_ all'_Apocalisse_.
-Cosicchè dopo più di mille anni ritornarono le credenze nella fine
-del mondo, e rivissero i profeti che l'annunziavano, e riebbe credito
-l'ascetismo inteso a diminuire i danni dell'estrema ruina.
-
-Il Montanismo fiorì nella seconda metà del secondo secolo, quando
-ferveano le lotte tra la Gnosi e l'Ortodossia. E benchè tutti i
-Montanisti, e principalmente Tertulliano, fossero tra i più fieri
-oppositori dei gnostici, pure qualche cosa attinsero dai loro
-avversarii. Ammettiamo pure che la dottrina dell'ispirazione profetica
-e l'ascetismo intransigente non siano se non esagerazione di dottrine
-e precetti schiettamente cristiani; ma difficilmente si può revocare
-in dubbio che a cotesta esagerazione abbia contribuito la gnosi. E per
-effetto di questo influsso l'ispirazione profetica fu messa al di sopra
-della tradizione e dell'autorità, ed una istituzione come quella del
-matrimonio, approvata e santificata dalla Chiesa, si disse che solo per
-legge, ma non in realtà differiva dal concubinato.
-
-La stessa relazione che corre tra le sètte del secondo secolo
-noi poniamo in quelle del decimosecondo, ed ammettiamo che benchè
-Gioacchino fosse costante ed implacabile oppositore dei Catari, non
-per questo seppe sottrarsi al loro influsso. Ed anche lui al pari dei
-Catari pensava che l'avvenire appartenesse al più rigido ascetismo; e
-che fosse d'uopo d'una profonda rinnovazione e sociale e religiosa.
-Ed anche lui al pari dei Catari non temeva di affermare che codesta
-rinnovazione in confronto della Chiesa dominante fosse come la carne
-in paragone dello spirito. Si può dunque ben dire che rinnovatosi dopo
-dieci secoli lo Gnosticismo, si dovea puranco rinnovare il Montanismo.
-La storia certo non si ripete monotonamente, e grandi differenze
-vi scopre chi vi guardi ben addentro; ma nei periodi più lontani e
-disparati dominano pure le stesse leggi, che derivano da ciò che v'ha
-di permanente nello spirito umano.
-
-
-
-
-CAPITOLO II
-
-AMORICO DI BENA ED IL MOVIMENTO FRANCESCANO
-
-
-I
-
-La fama di Gioacchino par che non tardasse a diffondersi fuori
-d'Italia, e già dicemmo che il re d'Inghilterra e l'abate di Perseigne
-nel loro viaggio in Italia vollero conoscere di persona quest'uomo
-misterioso, che tanto facea parlar di sè. Nè parrà strano che l'eco
-delle sue idee si ripercuotesse in Francia, ove i discepoli di Amorico
-di Bena le accolsero per innestarle alle loro dottrine filosofiche.
-Il Rousselot crede che l'innesto si debba ad Amorico stesso.[642]
-Nè certo la cronologia porrebbe inciampo a codesta opinione, perchè
-sebbene le opere dell'abate Gioacchino siano state pubblicate intorno
-al 1200, e non molto più tardi quelle di Amorico, che venner condannate
-dall'Università parigina nel 1204,[643] pure dopo questo tempo Amorico
-andò a Roma per appellarsi dalla sentenza dell'Università, e nulla
-vieta che a Roma sapesse qualche cosa delle dottrine di Gioacchino,
-come nove anni prima era occorso all'abate di Perseigne. Nè sarebbe
-temerità il supporre che a tergere la sua dottrina da ogni macchia,
-ne mostrasse l'accordo con quella di un santo uomo, fondatore di un
-ordine religioso, e tenuto dalla S. Sede in grande venerazione. Questa
-prova in verità non avrebbe fruttato, perchè il Papa ribadì la condanna
-dell'Università, ed Amorico, tornato a Parigi, fu costretto nel 1207 a
-ricredersi pubblicamente, e ne morì, come dicevasi, dal dolore;[644] ma
-ciò non toglie che la prova, pur non giovando alla causa del filosofo,
-avrebbe contribuito non poco al successo della dottrina.
-
-Non ostante questi nuovi argomenti da me addotti, io non saprei
-accettare l'opinione del Rousselot, perchè le più antiche fonti
-attribuiscono la teoria dei tre stati non ad Amorico stesso, nè a
-Davide di Dinan, bensì ai loro discepoli.[645] Quando dunque sia nato
-siffatto innesto del razionalismo filosofico col misticismo religioso,
-mal si saprebbe dire; ma quando sia nato, o a chiunque appartenga, è
-certo meritevole di studio.
-
-La filosofia di Amorico di Bena rinnova il realismo di Scoto Erigena
-con colorito più spiccatamente panteistico. Amorico, al pari di Scoto,
-move dalla dottrina delle idee mediane tra il mondo e Dio, rispetto
-a quelle creatrici, rispetto a questo create. E come le idee eterne
-e la mente divina, che le pensa, sono in fondo la stessa cosa, così
-parimenti si confonderanno in uno le idee creatrici e gli effetti che
-da loro promanano. E così tutte le cose si unificheranno in Dio, e
-tutte avranno la stessa natura, come della stessa natura sono Abramo
-ed Isacco. Onde si può ben dire che tutte le cose tornano ad una, e
-tutte sono Dio, imperocchè Dio è l'essenza di tutte le creature. Ed a
-quel modo che la luce non si vede in sè stessa, ma nell'aere, così Dio
-nè dagli uomini nè dagli angeli può essere veduto in sè stesso, bensì
-nelle sue creature.[646]
-
-La stessa dottrina venne insegnata dal discepolo di Amorico, Davide di
-Dinan. Se non che pare che il discepolo si giovasse a preferenza di
-concetti aristotelici, laddove il maestro più volentieri adoperava i
-platonici. S. Tommaso ci dice che Davide soleva dividere le cose (il
-mondo) in tre parti, corpi, anime e sostanze eterne separate. L'entità
-indivisibile, onde sono formati i corpi la diceva ile o materia prima;
-l'entità indivisibile, o sostrato delle anime la chiamava nous o mente;
-l'entità indivisibile delle sostanze eterne, Dio. E come tutte e tre
-queste entità sono prime ed indivisibili, vale a dire hanno gli stessi
-attributi, è pur gioco forza che in fondo sieno la stessa entità.
-Dal che consegue che tutte le cose nell'essenza loro si riducono ad
-uno.[647]
-
-Da questa dottrina metafisica potevano ricavarsi conseguenze
-arditissime. Due sole ci vengono ricordate da Martino Polono. La
-prima, riguarda la distinzione dei sessi, la quale al pari di tutte le
-differenze, che separano cose da cose, sarebbe affatto provvisoria. Un
-tempo siffatta tenzone dei due sessi non esisteva, cominciò soltanto
-dal peccato di Adamo, e dopo la resurrezione si tornerà all'unità
-primitiva.[648] Con queste sentenze, il cui senso appena si coglie,
-e che certo ricordano i miti dell'androgino del _Convito_, forse
-si connette l'entusiasmo per l'amore, per quella forza arcana e
-misteriosa, che riduce gli esseri diversi all'unità della loro natura.
-Certo questa seconda conseguenza traevano gli Almariciani dal loro
-panteismo, che allorquando la forza d'amore investe gli uomini, vince
-le loro volontà, e rende le loro azioni inimputabili.[649]
-
-A queste teorie filosofiche Amorico avea già saputo dare un colore
-ed espressione religiosa. Ei soleva dire, secondo la testimonianza
-di Guglielmo Armorico riprodotta da Vincenzo di Beauvais, che il
-primo domma da essere insegnato e creduto è questo: ogni cristiano
-essere membro di Cristo, e non potere salvarsi alcuno, che non creda
-in questo domma più fermamente della incarnazione o passione di
-Gesù.[650] Così pure ammetteva bene che il corpo di Cristo fosse nel
-sacro pane, perchè parimenti è in ogni pane, ed in ogni cosa.[651] In
-altre parole ei sapeva col magistero dell'allegoria torcere i dommi
-tradizionali a quei significati, che la sua filosofia richiedeva.
-Questa libertà d'interpetrazione, questa tendenza alla spiegazione
-allegorica, è appunto il tratto che raccosta l'abate calabrese al
-filosofo di Chartres. E certo se non Amorico, almeno i suoi discepoli
-non dubitano di accogliere la teoria dei tre stati. Ed anche essi
-pensano che al tempo della legge mosaica, quando così aperto era il
-contrasto tra Dio e l'uomo, non si conosceva la verità, ovvero il
-monismo nella loro filosofia insegnato. Nel secondo periodo, in cui
-Gesù è considerato come l'Uomo-Dio, la verità comincia a rivelarsi, ma
-in forma di simboli, e l'unificazione di Dio coll'uomo è rappresentata
-come se avesse avuto luogo una volta sola, e per virtù soprannaturale.
-Nel terzo periodo poi la verità è svelata pienamente, in Gesù si vede
-raffigurata tutta l'umanità, e ciò che si dice dell'uomo deve dirsi
-della natura intera, che è tutt'uno con Dio.[652] Nel primo periodo
-domina il Padre, senza l'intervento del Figliolo o dello Spirito.[653]
-Nel secondo domina il Figliolo, che assunse carne in Maria non certo
-nel senso che l'intende la tradizione, bensì a quel modo che si
-può dire anche del Padre essersi incarnato in Abramo, il primo dei
-patriarchi, o il rappresentante di Jeova. Nel terzo infine domina lo
-Spirito Santo il quale s'incarna, anche lui non più in un uomo solo,
-ma in tutti i membri della nuova religione.[654] E come alla venuta
-del figliolo cessò il regno del Padre, e fu abolita la circoncisione,
-e ci affrancammo dalla schiavitù della legge mosaica; così alla
-venuta dello Spirito cesserà il regno del Figliolo, ed i dommi ed
-i precetti della nuova legge cadranno al pari dell'antica.[655] Non
-che cesseranno i sacramenti, ma s'intenderanno nel loro vero spirito.
-Abbiamo già citata la trasformazione razionalistica dell'Eucaristia.
-Parimenti è trasformato il domma della risurrezione dei morti, la
-quale intesa alla lettera non si può ammettere, ma bensì nel senso
-allegorico di un ridestarsi dello spirito della verità dal lungo sonno
-che l'opprimeva.[656] Parimenti l'Inferno non è altro se non il peccato
-mortale stesso, che è come un dente guasto nella bocca, e il Paradiso
-lo porta con sè chiunque arrivi alla cognizione filosofica di Dio.[657]
-Seguendo questo spirito razionalistico non fa certo maraviglia che
-abbiano condannato anch'essi quegli usi e quelle cerimonie del culto
-esteriore, che vedemmo proscritti dai Catari e dai Valdesi. Così pare
-che abbiano condannato il battesimo dei bambini,[658] il culto delle
-imagini, l'adorazione dei santi, la venerazione delle reliquie,[659]
-e la confessione e la comunione l'intendevano come una interna
-rinnovazione della coscienza religiosa, prodotta dalla grazia dello
-Spirito Santo, senza il soccorso di opere o cerimonie esteriori.[660]
-
-Ben si vede come gli Almariciani andassero molto più in là dell'abate
-calabrese, o di qualunque setta religiosa. Ciò non pertanto al pari di
-Gioacchino la pretendeano a profeti, e sapeano predire anche loro che
-tra cinque anni sarebbero toccate al mondo quattro piaghe. La prima
-è la fame, di cui sarebbe morto il popolo, la seconda è la guerra che
-avrebbe fatta strage dei principi, la terza un terremoto che avrebbe
-fatto inghiottire i Burgensi dalla terra squarciatasi sotto i loro
-piedi, la quarta, il fuoco che avrebbe divorato i prelati, che sono
-le membra dell'Anticristo, e Roma, la nova Babilonia, che ne è il lor
-capo. Allora saranno unificati tutti i regni in un solo, ed il capo di
-questa nova società, informata dall'amore dello spirito, sarà Filippo
-Augusto, il re di Francia.[661]
-
-Ma non ostante codeste rassomiglianze la dottrina degli Almariciani
-e quella dell'abate Gioacchino sono agli antipodi, e l'innesto del
-razionalismo filosofico col misticismo, del quale facemmo parola, dovea
-riescire piuttosto ad una meccanica mescolanza che ad un concrescimento
-organico. Imperocchè tra il monismo neoplatonico e la dottrina di
-Gioacchino, che rasentava il triteismo, non poteva aver luogo nessuna
-conciliazione. E se i due novatori si servivano dell'allegoria per
-accomodare alle loro idee i sacri testi, certo le idee loro erano
-affatto disformi; perchè nel mentre Amorico metteva la scienza al
-di sopra della fede, e confidava che la religione in avvenire fosse
-assorbita nella filosofia, Gioacchino al contrario faceva pochissimo
-conto della scienza, e credeva che, non solo nel presente, ma più
-ancora nell'avvenire, la religione avrebbe scacciata dal sacro tempio
-la filosofia. Pari all'opposizione tra le dottrine è la disformità
-dell'indirizzo pratico. Perchè la mèta dell'umanità secondo Amorico è
-vivere la vita della natura, di cui l'uomo non è che una piccola parte;
-la mèta secondo Gioacchino è tutt'altra, staccarsi più di quel che non
-si faccia ora, dalla natura e raccogliersi nelle austere solitudini
-dello spirito. L'ideale di Amorico è la riaffermazione del mondo,
-l'ideale di Gioacchino invece ne è la piena ed imminente distruzione.
-Non è la prima volta nè sarà l'ultima che una dottrina filosofica tolga
-in prestito una forma religiosa, che non le appartiene. Talvolta è
-codesto l'unico mezzo per assicurare l'avvenire della dottrina.
-
-
-II
-
-I veri interpetri del pensiero di Gioacchino non furono i fratelli del
-libero spirito, bensì i frati minori, che nel silenzio delle loro celle
-ne studiarono e commentarono i libri e formarono una scuola, detta
-gioachimita o gioachita, e crearono una completa letteratura profetica,
-e pseudonoma. Sarebbe interessante lo studio di questa letteratura, in
-parte già pubblicata nel secolo decimosesto, ed in parte sepolta nella
-polvere delle nostre biblioteche. Ma pel nostro compito la notizia, che
-ne demmo nel parlare delle opere di Gioacchino è più che bastevole.
-Ci restringeremo a studiare le idee direttive dei Gioachimiti, ed
-il modo come germogliarono tra le lotte del sodalizio francescano.
-Giace tuttora inedito nelle nostre biblioteche un antico racconto
-dei dissidii francescani, che va sotto il nome di _Cronaca delle
-Tribolazioni_.[662] Si conserva una redazione in latino, ed un'altra
-in italiano, ma entrambe evidentemente sono composte di frammenti di
-cronache più antiche, legate insieme col manifesto disegno di mostrare
-non pure la successione cronologica, ma l'intima connessione delle
-lotte, che ebbe a durare una parte dei francescani.[663] In codesto
-centone, come nei _Fioretti di S. Francesco_, composti nello stesso
-modo e collo stesso intendimento se non col medesimo disegno, gli
-errori storici e cronologici spesseggiano. Nè certo l'anonima _Cronaca
-delle Tribolazioni_ può stare a petto di quella fonte preziosa, che è
-il Salimbene, gioachimita anche lui, ma temperato, e narratore ingenuo
-dei fatti accaduti sotto i suoi occhi. Ma non ostante questi gravi
-difetti nè la Cronaca nè i _Fioretti_ perdono la loro importanza, e
-debbono essere posti da banda, come crede l'Affò.[664] Tutte e due
-valgono, e la _Cronaca_ a parer mio più dei _Fioretti_, essendo il
-primo saggio di una ricostruzione della storia dell'ordine da S.
-Francesco ad Ubertino da Casale. Certo codesta ricostruzione, fatta con
-intendimento polemico in servigio d'un partito, non ha nè può avere
-grande esattezza e schiettezza storica, ma come manifestazione delle
-idee e dei sentimenti di quel partito, è certo un documento prezioso. E
-tale la reputava il Wadding, che se ne giovò più di quel che dovesse.
-Il cronista conta sei tribolazioni, alle quali bisogna aggiungere per
-settima quella che ei stesso soffre e di cui crede più prudente tacere.
-Secondo codesta partizione della storia francescana si possono bene
-agguagliare le tribolazioni francescane alle sette piaghe d'Egitto,
-alle calamità predette nell'_Apocalisse_. E da siffatto riscontro il
-pio cronista può ben trarre la speranza che la settima tribolazione sia
-l'ultima, nè si faccia aspettare il giorno del trionfo; ma perchè il
-numero torni deve mettere la prima tribolazione negli ultimi anni di S.
-Francesco, il che difficilmente si può ammettere da chi studii le più
-antiche fonti, come ci faremo a dimostrare.
-
-Il Santo d'Assisi nel fondare un nuovo ordine religioso, ebbe in
-mente idee più larghe e più feconde dell'Abate di Fiore. Ei ben vide
-che il miglior mezzo a combattere gli eretici era quello d'imitarli
-nei costumi, e sulle loro orme far getto della propria fortuna,
-vestire ruvidi panni, e andar raminghi di città in città, predicando
-dappertutto la buona novella. Anche Francesco al pari di Valdez
-apparteneva ad un'agiata famiglia, e menava parimenti una vita frivola
-e spensierata; ma anche lui, tocco dalle parole del Vangelo, si tolse
-in un punto agli agi ed ai piaceri, e abbandonati amici e parenti,
-cacciossi animoso nell'ingrata via dell'apostolato.[665] E dappertutto
-predicava la sola via della salute essere la povertà, perchè chi non sa
-spogliarsi delle ricchezze, nè vende il suo per distribuirlo ai poveri,
-non è penetrato da quell'amore del prossimo, che Cristo mette a capo
-della sua legge.[666] La povertà volontaria era per Francesco come pel
-Valdez la fonte delle virtù, un ideale di sagrifizio e di generosità,
-che scaldava il cuore e commovea la fantasia.[667] Nè gli parea di
-averlo mai conseguito codesto ideale, al quale sempre si volgeva con
-novello ardore. Nulla hai a possedere, neanco il mantello che porti
-indosso; una rozza tonaca basta, e se logora, tanto meglio; sarà prova
-di umiltà rattopparla con tela da sacco, come l'ultimo mendico della
-via.[668]
-
-L'umiltà è un altro tratto che compie l'ideale della vita mendica. S.
-Francesco non è nè un cinico, nè uno stoico, odia le ricchezze, ma non
-disprezza i ricchi, nè li tiene da meno di sè. Abborrisce le mollezze
-e gli agi, indura il suo corpo alle fatiche, ma non sente l'orgoglio
-di chi sapendo di bastare a sè medesimo, sfida superbamente i colpi
-della fortuna. Questa fiera coscienza di sè medesimo e del proprio
-valore sarebbe troppo ripugnante alle massime cristiane, che rintuzzano
-l'orgoglio inspirando una salutare diffidenza delle proprie forze. E
-conforme a questa massima raccomanda ai suoi fratelli l'umiltà, insiste
-perchè secondo il precetto evangelico cedano alla violenza, nè ammette
-che l'uno si faccia o si tenga superiore dell'altro. Non ci debbono
-essere priori nel nuovo sodalizio, ma ministri, servi della comunità,
-scelti democraticamente col suffragio di tutti, e revocabili.[669]
-Anche i Valdesi in opposizione al fasto del clero secolare avean
-levata la bandiera dell'umiltà, nè solo poveri, ma umiliati si solevan
-chiamare. E in prova d'umiltà curvavan la fronte, e stendeano la mano
-elemosinando. S. Francesco non esclude il precetto dei benedettini,
-adottato dai Catari, che debbasi procacciare il vitto col lavoro delle
-proprie mani;[670] ma ove non basti, anche lui raccomanda ed esalta
-l'accattare di casa in casa.[671]
-
-Questo spirito di sagrifizio e di umiltà dovea eliminare le lotte tra
-gli uomini, che non avrebbero potuto avere luogo nè per rivendicare
-i diritti, nè per respingere le offese. Ed il regno di Dio sarebbe
-finalmente stabilito, e la legge dell'amore avrebbe avuta la sua piena
-attuazione. S. Francesco non poteva comprendere la grande efficacia
-morale della lotta pel diritto, egli avea sortita una natura così larga
-ed espansiva da comprendere nell'amor suo non pure gli uomini, ma gli
-esseri tutti, che ei chiama fratelli a cominciare dal sole cui volge
-un canto,[672] agli agnelli, che riscatta dal macello, ai lupi che
-ammansisce col fascino della parola. Pochi uomini si conoscono nella
-storia così riboccanti d'affetto, come il Santo d'Assisi, che a mal
-grado le sue ripugnanze stende la mano ai lebbrosi, diventa l'amico ed
-il compagno dei poveri e degli abbietti, e si stima felice se possa col
-danno suo soccorrere alle altrui miserie.[673] Il sacrificio era per
-lui più che un obbligo morale, un bisogno del cuore e tale desiderava
-che diventasse pei suoi fidi, sicchè non si desse contrasto nel loro
-animo, e il loro dovere si confondesse coll'amor loro, e dell'interna
-serenità fosse specchio il volto sempre ilare e composto.[674]
-
-Ma se il francescano a differenza del valdese non dovea atteggiare
-il suo volto a mestizia, non per questo la sua vita era men dura
-e faticosa. Ei non si dovea chiudere, come l'antico anacoreta nel
-silenzio del cenobio e assorbirsi nella contemplazione. I tempi non
-consentivano più questi ozii speculativi, e facea d'uopo operare
-energicamente, incessantemente per riguadagnare l'affetto dei popoli.
-E se gli eretici sull'esempio degli apostoli non perdonavano a fatiche
-e disagi per diffondere la loro fede, certo non si poteva far da meno
-di loro. Per queste ragioni, benchè l'istituto della predicazione
-non fosse proprio dei francescani, ma dell'altro sodalizio istituito
-nello stesso torno da S. Domenico, pure non era estraneo neanche a
-loro.[675] Chè anzi i francescani si possono ben dire i frati vaganti.
-La necessità di accattare la vita li facea andare di porta in porta,
-di borgata in borgata; oltrechè la loro stessa regola non consentiva
-riposo, chè alla santa milizia facea d'uopo mutar guarnigione soventi,
-per non poltrire nell'immobilità, come era uso dei cenobiti. A
-questo fine Francesco raccomanda ai suoi compagni di andare due a due
-pellegrini pel mondo a piedi nudi.[676] Non si vincono le battaglie
-senza indurare il soldato alle marce faticose, ed il milite di Cristo,
-come il legionario di Cesare, non ha da conoscere stanchezza.
-
-Queste erano le ardite innovazioni che Francesco portava alla vita
-cenobitica, e quanto ei ben s'apponesse lo mostrarono i fatti; chè
-nessuno istituto religioso si è mai diffuso con tanta rapidità, come
-il francescano. Parevan tornati i tempi degli antichi apostoli, e
-come allora si fondava una chiesa dopo l'altra, così ora a convento
-s'aggiungeva convento, e ben presto il novo sodalizio si sparse per
-tutto l'orbe. Ma senza dubbio la regola di S. Francesco era tale,
-che nessun uomo poteva adattarvisi senza restarne schiacciato dal
-grave peso. Innocenzo III, che pure avea approvato l'istituto di
-Durando di Osca, non sapeva dare la sua sanzione alla regola di S.
-Francesco, informata ad un ideale di povertà ed umiltà mal rispondente
-agli splendori ed alle smodate pretensioni della Corte romana.[677]
-Certo non potea respingere queste nuove forze, che gli venivano
-inaspettatamente in ajuto per combattere l'eresia, nè si può dubitare
-che benedicesse il mendico d'Assisi, senza vietargli di seguitare
-nell'opera sua; ma non smise mai i suoi dubbî sulla regola, che a lui
-pareva non facesse il debito conto dei reali bisogni e tendenze della
-natura umana, nè volle concedere una bolla d'approvazione.[678] Non
-smise per questo S. Francesco, ma il disegno presentato ad Innocenzo
-colorì nei suoi particolari, e le sue idee giustificò con ragionamenti
-e citazioni bibliche. E questa nova regola molti anni dopo presentò
-al successore d'Innocenzo Onorio III, e ne ottenne finalmente la
-desiderata sanzione con bolla del 1223.[679] Se non che l'approvazione
-del papa non rimoveva le difficoltà, e il santo non se le dissimulava.
-Pare anzi temesse non poco che morto lui sarebbero nate dispute
-e commenti sulla regola, per trarne un senso ben lontano dai suoi
-intendimenti. Talchè credette bene restringerla in brevi e succosi
-capitoli[680] e con solenne testamento raccomandò ai suoi fratelli,
-che codesta regola dovessero mandare a mente, codesta osservare alla
-lettera, vietando recisamente qualunque commento, che sotto pretesto
-d'interpetrarla, l'avrebbe distrutta.[681] Queste inquietezze di S.
-Francesco, attestate da documenti autentici, rendono molto probabile
-il sospetto che tra i compagni stessi del Patriarca non mancasse chi
-la pensava al modo d'Innocenzo, e credendo la regola molto rigida fosse
-ben disposto a tollerarne qualche attenuazione.
-
-Ma questi discorsi erano forse segno di un'aperta opposizione alle
-idee del Patriarca? Parrebbe certo se s'avesse a prestar fede alla
-_Cronaca delle Tribolazioni_, che ci narra di violente dispute tra S.
-Francesco e frate Elia, il quale mal tollerando la pubblicazione della
-regola succinta, alla testa di molti frati si sarebbe presentato a S.
-Francesco, come un tempo gli Ebrei a Mosè. E d'altro canto il nuovo
-legislatore, scendendo anche lui dal monte come l'antico, avrebbe
-rinfacciati i protervi suoi compagni, ben ribadendo che alla regola,
-datagli direttamente da Dio, tutti fosser tenuti di prestare cieca ed
-intera obbedienza.[682] E d'accordo con questo racconto la cronaca
-narra ancora, che S. Francesco, stanco forse di combattere contro
-l'ostinatezza dei frati, si ritirò sdegnoso dal governo dell'ordine,
-lasciando pure che fosse assunto dal suo oppositore Elia.[683] Se
-non che codesta narrazione, ripetuta dal Wadding, è falsa di pianta,
-come ben dimostra l'Affò.[684] Perchè le fonti più antiche, come
-la Vita di Tommaso da Celano, non solo non dicono nulla di codesta
-opposizione tra Francesco ed Elia; ma ci parlano per lo contrario del
-loro vicendevole affetto, talchè il Patriarca solo per non dispiacere
-all'amico suo, acconsentì ad aversi riguardi nell'ultima e mortale
-malattia.[685] E ponendo mente alla grande venerazione in cui i
-frati tenevano il fondatore del loro ordine, non par verisimile che
-scegliessero a farne le veci chi sarebbe stato a capo degli oppositori.
-È molto più probabile invece che Francesco, premuto dai molti mali che
-avean logorata la sua fibra, nè più gli consentivano le aspre fatiche
-dell'apostolato, avesse chiesto e forse scelto lui stesso come suo
-vicario prima fra Pietro, e alla morte di costui Elia, uomini di sua
-fiducia.[686] Che invece d'Elia avesse indicato a suo successore fra
-Bernardo raccontano concordemente e la _Cronaca delle Tribolazioni_ e
-i _Fioretti di S. Francesco_.[687] Ma codesto racconto, foggiato sul
-biblico del patriarca Giacobbe, non è più vero dei precedenti, perchè
-della pietà di Elia, e delle cure che prestò al suo venerato maestro
-abbiamo un documento autentico, la lettera che egli stesso scrisse ai
-ministri e frati della provincia annunziando la morte di lui.[688]
-È certo altresì, che mancato Francesco non Bernardo, ma Elia resse
-l'ordine francescano seguitando nel suo ufficio di vicario. Possiamo
-dunque conchiudere che finchè visse S. Francesco, e nei primi anni dopo
-la morte di lui, non scoppiarono le discordie nel nuovo sodalizio. Gli
-animi e le menti occupava un sol pensiero, rendere onore alla memoria
-del fondatore, la cui vita fu un lungo e non interrotto sagrifizio,
-e la cui parola infocata sonava sempre pace e carità. E forse per
-attendere indisturbato a codeste onoranze, ed alla costruzione
-del tempio, che per ordine di Gregorio IX si doveva innalzare al
-santo mendico, il Vicario di S. Francesco non volle succedergli nel
-generalato, e in luogo suo venne scelto Giovanni Parenti.[689]
-
-
-III
-
-Ma i dissidii, soffocati dall'autorevole parola del fondatore, morto
-lui non tardarono a scoppiare. E ben presto si formarono due partiti
-nel nuovo sodalizio, l'intransigente che volea rispettata la regola
-alla lettera, il moderato che sosteneva s'avesse a interpetrare meno
-rigidamente. Era inevitabile che i due partiti sorgessero non per colpa
-o volontà degli uomini, ma per necessità delle cose. Imperocchè da una
-parte la regola, data per inspirazione divina e confermata dal Papa,
-si dovea osservare scrupolosamente, nè era lecito apportarvi glossa
-o commenti, senza violare il testamento del santo fondatore; talchè
-temperare la regola sarebbe stato lo stesso che snaturare l'ordine
-togliendogli quel carattere, che lo distingueva da tutti gli altri, e
-a cui doveva le sue prodigiose fortune. Ma d'altra parte codesta regola
-era così rigida e severa, che ben pochi vi si potevano adattare; e più
-l'ordine s'ingrossava, e più cresceva il numero dei tepidi osservatori;
-oltrechè la povertà rigorosa, l'umiltà a tutta prova formavano di certo
-un alto ideale religioso, ma nella lotta contro il clero secolare e gli
-altri ordini frateschi, valeva ben poco ad assicurare la vittoria. Se i
-frati predicatori fondavano dappertutto nuove case, e collo splendore
-delle costruzioni abbagliavano le masse, i francescani non doveano
-essere da meno di loro. Se quelli per sostituire il clero secolare
-e nei pergami e nelle cattedre coltivavano ardentemente gli studii,
-non era lecito ai francescani di trascurarli. Se i predicatori non
-solo accettavano, ma sollecitavano dalla Curia onori e dignità, ai
-francescani, per non scapitare in prestigio, non conveniva di ritrarsi
-indietro. Questi bisogni ben comprese frate Elia, il quale innamorato
-dell'arte avea fatto costruire in onore del santo mendico uno dei più
-splendidi monumenti della rinata architettura;[690] cultore dei buoni
-studii ne volea promosso l'amore nel nuovo sodalizio;[691] scaltro
-conoscitore degli uomini non schivava i potenti ma ben presto avea
-saputo entrare nelle grazie del Papa e dell'Imperatore.[692] Intorno
-a quest'uomo più pratico che mistico si strinsero quanti volevano
-interpetrata la regola in modo da non impedire il moto d'espansione
-del nuovo sodalizio. Ed il partito s'ingrossò siffattamente che levò
-di seggio il generale Parenti per sostituirvi lui, già stato vicario
-di S. Francesco, e tenuto da tutti in gran concetto _per la preclara
-scientia, e singulare prudentia_, come dice la stessa _Cronaca delle
-Tribolazioni_.
-
-Che il novo generale sentisse altamente del suo ufficio, nè in dignità
-si credesse da meno di altri, lo dice il Salimbene, che narra questo
-aneddoto, del quale egli stesso fu testimone, che venuto il potestà di
-Parma per far visita al generale francescano, questi non si mosse dal
-suo posto, nè rispose come dovea al saluto dell'ospite cortese.[693]
-Il Salimbene, appartenente al partito opposto a frate Elia, non è
-certo una fonte da accogliere a chiusi occhi, come vuole l'Affò.
-Nè mi meraviglierei che e nel fatto che narra e nel giudizio che fa
-dell'alterigia di frate Elia il cronista fosse poco esatto, ma questo è
-fuor di dubbio, che il nuovo generale voleva che l'autorità sua fosse
-tenuta in grande rispetto; nè tollerava che altri ridicesse sui suoi
-disegni, o ricalcitrasse ai suoi ordini. Un documento riportato dal
-Wadding lo prova. È una lettera del generale al Papa per chiedergli
-mano forte contro i frati ribelli alla disciplina, e principalmente
-contro alcuni compagni di S. Francesco, che forti dell'autorità e del
-prestigio del loro nome, non dubitavano di levare alto la voce contro
-le novità di frate Elia, e la mite interpetrazione della regola.[694]
-Senza il presidio del Papa sarebbe stato pericoloso colpire uomini
-tanto autorevoli; ma ottenuta la chiesta licenza, il generale agì
-vigorosamente, ed i più riottosi rinchiuse in prigione, altri mandò
-in provincie lontane; i ministri a lui men ligi rimosse sostituendoli
-con creature sue,[695] altri acconsentì che restassero a patto di
-dichiararsegli ligii.[696] Fatti ancor più gravi vengono narrati.
-La _Cronaca delle Tribolazioni_ racconta di un fra Cesario da Spira
-colpito a morte, mentre fuggiva dalla prigione ove era stato rinchiuso,
-non che di S. Antonio imprigionato anche lui e battuto a verghe.[697]
-Ma di codesti fatti il Salimbene non sa nulla, ed è ben probabile, come
-crede l'Affò, che sieno stati inventati posteriormente.
-
-Certo è, che il generale governava con mano di ferro la travagliata
-società, e correva diritto alla sua mèta senza lasciarsi sviare da
-rimostranze. E per togliere ogni ragione al partito intransigente,
-chiese ed ottenne dal Papa una interpetrazione della regola, che
-rispettasse la lettera sacrificandone lo spirito. Gioverà riassumere
-le modificazioni ordinate da Gregorio IX. Il primo temperamento si
-riferisce al divieto di possedere ed acquistare. I frati possono nei
-casi di bisogno comprare quello che occorra, purchè non trattino
-direttamente col venditore, bensì con un rappresentante o nuncio.
-Codesto nuncio può ancora essere scelto da loro, ma resta pur sempre
-rappresentante non di quelli che l'hanno nominato e presentato, bensì
-delle persone a cui lo presentano. In un solo caso l'artificio è
-lasciato da parte, quando cioè il nuncio sconosca i bisogni dei frati o
-ne manometta i diritti, chè in tale congiuntura i frati hanno facoltà
-di agire contro l'infido amministratore, riconoscendolo per tal guisa
-come loro rappresentante. Anche oggi le associazioni religiose, che
-perdettero la personalità giuridica, adottano l'espediente di farsi
-rappresentare da un privato, che in nome suo acquisti, venda, accetti
-le donazioni e somiglianti. Se non che oggi contro il rappresentante
-infido le associazioni non hanno azione alcuna, perchè lo Stato non
-può riconoscere quel patto, che non aveano facoltà di stringere; ma
-nel secolo decimoterzo le cose andavano diversamente, ed i francescani
-poteano godere tutti i vantaggi della rappresentanza senza temerne i
-danni. I legali della Curia la sapean lunga![698]
-
-Un altro temperamento era questo. La regola proibiva severamente la
-rivendicazione dei proprii diritti. Se altri ti porta via il mantello,
-cediglielo volentieri. Se poteri pubblici o privati vi scacciano dalle
-vostre case, non procurate di restarvi. E se s'impadroniscono delle
-suppellettili vostre, non gli resistete; perchè nulla appartiene nè
-a voi nè alla comunità; nè sta a voi di decidere chi sia il padrone
-vero. Queste disposizioni, che tirate a fil di logica dal precetto
-della povertà assoluta, mettevano il nuovo sodalizio in balìa del
-primo venuto, furono ingegnosamente attenuate da Gregorio. In luogo dei
-frati, ei dice che non possono possedere, sottentra la Santa Sede, alla
-quale spetta la proprietà delle case e masserizie fratesche. Questa poi
-ne cede l'uso ai sodalizii a patto che non la sperperino, e la facciano
-rispettare. Altra finzione giuridica che fece fortuna e venne dipoi più
-nettamente formulata da Innocenzo IV.[699]
-
-Codesta novità, ed il rigido governo di Elia esacerbava il partito
-intransigente[700] che ogni giorno più s'ingrossava degli scontenti
-di qualunque specie. Fra costoro primeggiavano, al dir di Salimbene,
-i frati di messa, i quali mal tolleravano che crescesse il numero dei
-colleghi laici, e peggio ancora che fussero messi a pari di loro, che
-si tenevano di molto superiori. Ma il generale tenne duro, e nel giro
-di pochi anni accolse tanti laici che superavano in qualche casa i
-chierici, e conferì loro pari diritti ed onori, e taluni levò anche
-al grado di ministri.[701] Così si mostrava osservante della regola,
-innanzi alla quale tutti i membri del sodalizio eran pari,[702] e nello
-stesso tempo ingrossava il suo partito.
-
-Ma non ostante queste provvide misure l'opposizione non era fiaccata,
-e semprepiù violente si faceano le accuse contro il generale. Lo
-s'attaccava ormai non pure nel governo dell'ordine, ma nel carattere
-e nel costume rappresentandolo come superbo, disdegnoso di vivere e
-mangiare in comune coi frati, amante delle buone vivande e della vita
-molle e voluttuosa. Gli si rimproverava di non visitare personalmente
-le case dell'ordine, e se mai non a piedi, ma su ben pasciuti cavalli;
-di non convocare il capitolo generale per tema che i ministri
-oltramontani lo sbalzassero di seggio; nel mentre era novamente
-sentito il bisogno di una costituzione generale che ponesse freno
-agli abusi.[703] È ben difficile separare in queste accuse il vero
-da ciò che v'aggiunge lo spirito di parte; e non è chiaro il perchè
-v'abbia prestata fede Gregorio IX, un tempo amico e protettore di frate
-Elia. Che il Papa trovasse giuste le accuse del partito intransigente
-non è credibile, perchè egli stesso dette licenza ad Elia di punire
-i riottosi, e pubblicò una bolla per interpetrare la regola in un
-senso assai temperato. Io credo probabile che il Papa la rompesse col
-generale francescano per motivi politici. Già dicemmo che costui era
-egualmente accetto ed a Gregorio e a Federigo, e Salimbene ci dice
-che spesso faceva da mediatore tra l'uno e l'altro. Forse in questi
-negoziati ei si mostrò più favorevole alla causa imperiale. Uomo
-pratico e moderato avrà fatte le sue osservazioni sull'intemperanze
-della Curia, nè v'era bisogno d'altro per cadere in disgrazia del
-Papa.[704]
-
-Per codeste ragioni Gregorio la dette vinta al partito intransigente,
-nè solo depose il mal capitato generale, ma fattolo espellere
-dall'ordine, lo scomunicò solennemente. E certo gli sarebbe incolto
-peggio se Federigo non l'avesse tolto sotto la sua protezione.
-All'accorto imperatore, accusato di eresia, tornava di gran giovamento
-avere dalla sua il compagno di S. Francesco, che pochi anni innanzi
-era tenuto in grande rispetto dallo stesso Papa.[705] E dell'opera
-dell'ex francescano Federigo ebbe grandemente a lodarsi, talchè gli
-affidò una delicata missione presso l'imperatore di Costantinopoli,
-come si rileva da una lettera imperiale al re di Cipro.[706] Così per
-tutto il resto della sua vita frate Elia si tenne stretto al partito
-imperiale, nè è ben certo che si sia ricreduto sul letto di morte.[707]
-L'appoggio prestato dall'Imperatore al capo dei moderati francescani è
-senza dubbio una delle ragioni che mossero gl'intransigenti a giurargli
-quell'odio implacabile, che traspare dalla Cronaca del Salimbene. I
-rigoristi non avevano certo a lodarsi del Papa,[708] e coll'Imperatore
-che voleva restituire la Chiesa alla povertà gloriosa dei primi
-secoli,[709] avrebbero dovuto andar d'accordo, come fecero più tardi
-con Ludovico il Bavaro. Ma l'opposizione ascetica non era ancor matura
-per fondersi colla ghibellina. Gl'intransigenti francescani sebbene
-aspreggiati dal Papa, si davano per i campioni più risoluti della
-Chiesa, nè Federico fece un passo per amicarseli, chè anzi accolse
-nel suo consiglio il capo del partito opposto. Non occorreva altro
-perchè agli occhi di quegli esaltati apparisse come l'Anticristo,
-preannunziato dall'_Apocalisse_.[710]
-
-
-IV
-
-Dopo la caduta di frate Elia il partito intransigente riprese vigore,
-e i due generali che l'un dopo l'altro gli successero, frate Alberto
-pisano, e frate Aimone inglese, forse vi appartenevano.[711] L'ultimo
-scrisse un Commento ad Isaia senza dubbio sul gusto di quello
-attribuito a Gioacchino, stante che gl'intransigenti abbracciavano
-con fervore le idee dell'abate calabrese, e per distinguersi dai
-loro avversarii volentieri si davano il nome di Gioachiti.[712] Quale
-affinità corresse tra le dottrine del Florense e le francescane non è
-difficile scoprire. Gioacchino avea predetto che al secondo periodo,
-ovvero al regno del clero secolare sarebbe succeduto il terzo periodo,
-vale a dire il regno dei monaci. I minoriti ora soggiungevano che
-i veri monaci non erano nè i benedettini, sfolgorati da Gioacchino
-stesso,[713] nè i florensi, che non avean saputo intendere il segreto
-pensiero del loro fondatore, e si mostravano non meno avidi e litigiosi
-dei loro predecessori; bensì i nuovi ordini mendicanti, e specialmente
-il francescano, il quale solo avea saputo tradurre in atto l'ideale
-della carità vagheggiato da Gioacchino. Oltrechè colla creazione
-dei nuovi istituti, non si trattava di aggiungere ordine ad ordine,
-ma d'innovare profondamente la vita religiosa; chè per conformarsi
-scrupolosamente alla regola bisognava che gli uomini, cangiato il
-corso delle loro idee, e soffocate le tendenze loro più abituali, si
-tramutassero in angeli.
-
-Con S. Francesco adunque più che con S. Benedetto si poteva dire,
-secondo i minoriti, cominciata la nova età, l'ultimo e più splendido
-periodo della storia umana, e Gioacchino stesso avrebbe a mente loro
-mirabilmente predetto questi avvenimenti, chè dovunque egli parla di
-due ordini si deve ben intendere dei domenicani e francescani. E se
-l'allusione non era ben chiara nelle opere autentiche, altri scritti
-balzavan fuori nel nome dell'abate calabrese, dove le profezie pareano
-più determinate, e più trasparenti le allusioni ai fatti recenti.[714]
-Nè questa sostituzione era difficile, perchè dopo la solenne condanna
-delle opinioni teologiche dell'abate Gioacchino, le sue opere cadute in
-sospetto si tenevan come nascoste,[715] ed il Salimbene ci narra di un
-frate florense, che da Lucca le trasportò in segretezza in un convento
-francescano di Pisa per sottrarle al saccheggio delle soldatesche di
-Federico.[716] Siffatto mistero, che ravvolgeva le opere autentiche,
-era senza dubbio la condizione più favorevole per la nascita delle
-spurie. E l'ordine francescano, dove le menti erano più esaltate,
-si mostrava più inchino di tutti gli altri a codesta letteratura
-pseudonima. Così nel breve giro di pochi anni nacquero i commenti ai
-profeti ed agli evangeli, che abbiamo già ricordato; nè solo i libri
-sacri si commentarono ma benanco i profani, come le supposte profezie
-della Sibilla e del Mago Merlino.
-
-Codesta letteratura pseudonima ebbe, come dicemmo, grande credito
-e diffusione; ma non sì che gli stessi gioachiti non sapessero ben
-distinguere le opere autentiche dalle apocrife. Chè anzi quando si
-fecero a raccogliere in un corpo solo le scritture del profeta non
-vi ammisero se non la _Concordia_, il _Commento all'Apocalisse_
-e il _Decacordo_.[717] Ed a queste opere, che sono come un'opera
-sola, divisa in tre parti, dettero il nome di _Vangelo eterno_, che
-tolsero dall'_Apocalisse_, sebbene Gioacchino non ne avesse fatto
-uso.[718] Così tornarono alla luce gli scritti di Gioacchino, e senza
-interpolazioni a quel che pare; ma quando occorreva di spiegare meglio
-il pensiero dell'autore, o dare maggiore esattezza alle sue profezie,
-gli editori vi aggiunsero delle note. Ed al tutto poi premisero larga
-introduzione (_Introductorius_), in cui, pur riassumendo la dottrina
-dell'abate calabrese, le dettero maggior rilievo e colore.[719]
-
-Questa pubblicazione levò grande rumore non tanto forse per le dottrine
-che vi si esponevano con insolita libertà, quanto per le circostanze
-che l'accompagnarono e seguirono. Ferveva allora la guerra tra il
-clero secolare ed i nuovi ordini religiosi. Il primo, geloso dei
-suoi privilegi, mal permetteva che i frati imprendessero a predicare
-senza invito o licenza delle autorità ecclesiastiche, ed ai parroci
-facessero formidabile concorrenza nelle messe, nella confessione,
-nelle sepolture.[720] E come se tutte queste ragioni di dissidio
-non bastassero se n'era aggiunta una nuova e più formidabile, quella
-dell'insegnamento. I Domenicani da prima, e sul loro esempio anche i
-Francescani, ambivano alcune cattedre nell'Università parigina, che
-era come il centro della vita intellettuale d'Europa, e dove da gran
-tempo dominava indisturbato il clero secolare. I nuovi ordini certo
-valevano ad imprimere più vigoroso slancio agli studii, chè gli uomini
-più eminenti del secolo quali Alberto Magno, S. Tommaso, Francesco di
-Hales, S. Bonaventura appartenevano ai loro sodalizii. Ma l'autorità
-universitaria era ben a ragione sospettosa di codesti novi insegnanti,
-i quali formavano come un'accademia a parte, emula dell'antica, ed
-insofferente di disciplina.[721] E la guerra durò lunga ed ostinata, e
-non ostante le quaranta bolle di Alessandro IV in favore degli ordini,
-non si fece la pace se non quando ambo i litiganti furono stanchi di
-lottare.
-
-In codeste congiunture fu pubblicato l'_Evangelo eterno_, il quale
-porgeva un'arme così poderosa, che si sospettò, manifestamente a torto,
-non fosse stata fabbricata dagli stessi avversarii degli ordini.[722]
-Certo è che il clero secolare se ne valse abilmente, ed una copia del
-terribile libro fu mandata al Papa, e Guglielmo di S. Amore, nella
-sua invettiva contro i mendicanti,[723] ne rilevò con mano maestra le
-pericolose dottrine. Ma ora che ci venne fatto di ricordare l'opuscolo
-del Rettore dell'Università parigina, non sarà inopportuno fermarvisi
-alquanto per toccare di alcune somiglianze, forse non abbastanza
-avvertite, tra il fare dei Gioachimiti e quello di Guglielmo. Tanto
-gli uni che l'altro sostengono essere il loro tempo molto prossimo
-ad una grande catastrofe, ed i segni precursori li rintracciano
-concordemente colla scorta dell'_Apocalisse_ e dei Profeti. E deplorano
-entrambi le calamità del loro secolo, e ne prevedono ancor maggiori
-nel prossimo avvenire.[724] Ma non ostante siffatte simiglianze,
-anzi forse a cagione di esse, il pensiero di Guglielmo è proprio
-l'opposto del gioachimismo. Per i seguaci dell'abate calabrese i
-falsi profeti, sorretti da perversi e potenti re, saranno i sacerdoti
-sullo stampo d'Ario, o altro dottore simigliante dalla facile parola,
-e dall'argomentar sottile; per Guglielmo invece sono i mendicanti
-stessi, che usurpano gli ufficii altrui, e sotto il manto di falsa
-pietà desiderano maggiori poteri, guadagnando per mezzo delle donne il
-favor popolare e per via dei cortigiani quello dei principi.[725] Pei
-Gioachimiti l'avvenire della Cristianità sta nella sostituzione degli
-ordini mendicanti al clero secolare, per Guglielmo nel rifiorire del
-sacerdozio, poi che saranno rimossi gli elementi perturbatori, che
-ne minano la potenza.[726] Da questo raffronto non credo temerario
-inferire che il libro _De Periculis_ s'è ispirato all'_Evangelo
-eterno_, ne è per così dire la palinodia.
-
-E codesto rapporto tra i Gioachimiti e Guglielmo di S. Amour non si
-smentisce neanco negli altri scritti successivi, nè nel rifacimento
-del _De Periculis_ che va sotto il titolo _Collectiones catholicae et
-canonicae scripturae ad defensionem ecclesiasticae hierarchiae_,[727]
-nè nel libro _De Antichristo_, che dal Le Clerc venne rivendicato
-al nostro Guglielmo. Intorno a quest'ultima opera va notato che il
-discorso sull'Anticristo era comune a quanti credevano alla prossima
-rinnovazione del mondo. Chi fosse quest'essere misterioso, che dovea
-apportare tanti danni alla Chiesa, quali segni l'avrebbero preceduto,
-in qual tempo sarebbe nato, eran tutte dimande che correvano per le
-bocche dei Gioachiti. L'abate calabrese avea ben pensato d'intender
-per l'Anticristo non un essere unico, bensì il complesso di tutti gli
-oppositori e vecchi e novi della Chiesa; ma codesta interpetrazione,
-così elastica, non bastava più ai suoi successori, che amavano maggiore
-precisione e determinatezza. E già sappiamo che la maggior parte dei
-gioachiti intendeva Federigo II. Guglielmo riprende l'interpetrazione
-di Gioacchino, e lasciando nell'ombra la figura dell'Anticristo non
-ha cura di determinare se non i suoi predecessori, che già indoviniamo
-quali debbono essere, quei falsi profeti, quegl'ipocriti, quei monaci
-girovaghi, di cui si doleva la Regola di S. Benedetto.[728]
-
-Ma torniamo al libro _De novissimis periculis_, che fu come il grido
-d'allarme dato dal clero regolare contro i frati mendicanti. Non
-occorre dire che fu condannato nel 1256 da Alessandro IV, strenuo
-protettore dei nuovi ordini.[729] Il Rettore dell'Università parigina,
-difendendo la gerarchia cattolica, e l'autorità dei vescovi contro le
-usurpazioni fratesche avea stabilito che quest'ordinamento era stato
-istituito direttamente da Gesù Cristo, e neanche il Papa avrebbe potuto
-mutarla. Talchè quando il Papa concedeva ai domenicani di predicare
-nel suo nome, era da supporre vi sottintendesse il beneplacito del
-vescovo, senza di che il governo della diocesi non sarebbe stato
-affidato ad un solo capo, ed il disordine e la ruina della Chiesa ne
-sarebbe conseguita.[730] Codesta argomentazione feriva l'illimitata
-supremazia del Pontefice, nè v'è da far le meraviglie che Alessandro
-l'abbia condannata. Nel sostenere la causa dei domenicani il Pontefice
-sosteneva la sua, perchè i frati e da predicatori e da inquisitori si
-presentavano come legati del Papa, e per quanto prestigio e credito
-togliessero all'autorità episcopale, altrettanto ne crescevano alla
-pontificia.[731]
-
-La condanna del _De Periculis_ portava con sè quella dell'_Evangelo
-eterno_; chè se quel libro colpiva di fianco la gerarchia, questo la
-feriva nel cuore. Nè Alessandro senza taccia di parzialità avrebbe
-potuto passar sotto silenzio un libro denunziato dall'Università,
-e mandato dal vescovo di Parigi al predecessore Innocenzo IV. Ma
-d'altra parte il Papa ben sapeva che l'opera incriminata apparteneva
-a quel partito gioachimita, che contava tanti illustri seguaci tra
-i francescani, a cominciare da frate Giovanni da Parma, eletto a
-voti unanimi generale dell'ordine sin dal 1247. Oltrechè una censura
-pubblica del libro si sarebbe certo ripercossa su quei frati, dei
-quali egli era stato sempre il più strenuo difensore da cardinale, e
-seguitava ad esserlo da papa. Per queste ragioni decise di sottoporre
-lo scritto incriminato ad una Commissione di prelati consapevoli della
-gravità del verdetto, che stavano per pronunziare. I commissarii si
-riunirono tosto ad Anagni, e con tutta diligenza si misero all'opera,
-come si pare dal resoconto delle loro sedute, che tuttora si conserva
-in due manoscritti della Biblioteca Nazionale di Parigi.[732] Ben
-s'accorsero i giudici che l'_Evangelo eterno_ constava di due parti,
-l'una moderna, l'introduzione e le note, l'altra antica, le tre opere
-dell'abate Gioacchino;[733] ma e l'una e l'altra condannarono del
-pari come contrarie all'ortodossia, ed Alessandro s'accomodò al loro
-giudizio.
-
-Fu giusta la sentenza dei giudici, e doveva Gioacchino esser coinvolto
-nella condanna dei suoi interpetri? Che l'Introduttorio e le note
-fossero giudicate poco ortodosse non è da far le meraviglie, perchè
-i Gioachimiti non ponevano nessuna cura ad attenuare il contrasto tra
-il Vangelo del Figlio e quello dello Spirito, ovvero sia l'_Evangelo
-eterno_. E questa differenza abbiamo già notata tra Gioacchino e i suoi
-seguaci, che mentre ei cerca di attenuare il contrasto tra la legge
-presente e la futura, e questa considera come l'integrazione di quella,
-i suoi discepoli al contrario tengono a rilevarne le discrepanze.[734]
-E nell'Introduttorio vien dato al nuovo Vangelo un nome differente
-chiamandolo, ad imitazione dell'_Apocalisse_, _eterno_ come se
-volessero contrapporlo ad un vangelo _mutevole e caduco_;[735] laddove
-Gioacchino dichiara espressamente non esservi due evangeli, ma un solo,
-nè usa mai il nome di _Vangelo eterno_ parlando del nuovo periodo,
-bensì l'altro d'intelletto spirituale.
-
-L'Introduttorio non dubita di affermare che il Nuovo Testamento avrà
-vigore solo fino al 1260, e che da quel tempo in poi al vangelo
-di Cristo succederà un nuovo vangelo, come ai sacerdoti di Cristo
-sottentreranno altri sacerdoti; perchè nessuno altro potrà insegnare la
-dottrina dello Spirito se non quelli che a simiglianza degli apostoli
-vanno a piè nudi.[736] Gioacchino non avrebbe mai tenuto un linguaggio
-così irriverente. E certo non sono estratti dalle sue opere genuine
-quei passi arditi, che feriscono la Chiesa romana, come questo, che a
-lei appartiene la sola interpetrazione letterale del Nuovo Testamento,
-non la più profonda e spirituale, e che i Greci fecero bene a separarsi
-da essa, e che la Chiesa greca cammina sulle orme dello Spirito
-molto più che la latina.[737] Abbiamo già ricordate le preferenze
-di Gioacchino per la Chiesa greca; ma certo non l'avrebbe esaltata
-di tanto egli che soleva rimproverarle alcune istituzioni come il
-matrimonio dei preti. Nè avrebbe in ogni modo approvato lo stacco delle
-due Chiese, ei che tante volte lo avea rimpianto nei suoi scritti.
-
-Non meno esplicite dell'Introduttorio son le note, che senza alcun
-riguardo coloriscono quelle parti, che Gioacchino lascia nell'ombra.
-Come ad esempio nei luoghi della _Concordia_ ove l'abate calabrese
-aveva toccato dell'abbominio, che avrà luogo nello scorcio del secondo
-periodo, le note ci dicono che cosa s'intenda per codesto abbominio,
-che sarebbe il pseudo Papa, ovvero il Papa simoniaco che regnerà sul
-finire del sesto tempo.[738]
-
-Ma se l'Introduttorio e le note usavano frasi più incisive, e davano
-al pensiero di Gioacchino maggiore precisione, non s'ha da inferire
-che la dottrina, in esse insegnata, fosse diversa da quella del pio
-abate. La copia di passi, raccolti dai giudici di Anagni, mette fuor
-di dubbio, che nei punti essenziali commento e testo andavan pienamente
-d'accordo. La maggior parte delle immagini adoperate nell'Introduttorio
-per colorire il rapporto tra i tre periodi sono tolte di peso da
-Gioacchino, sopratutto da un capitolo della _Concordia_, da noi già
-citato altrove, ed accortamente rilevato dai giudici di Anagni.[739]
-E se Gioacchino non adopera la parola di _Vangelo eterno_, certo è che
-se avesse dovuto dare un nome all'interpetrazione allegorica dei sacri
-testi, non ne avrebbe scelto un altro. Nè solo i giudici di Anagni, ma
-i Gioachimiti stessi citavano un luogo del _Decacordo_, a dimostrare
-che con quella denominazione non si dipartivano dall'insegnamento
-di Gioacchino.[740] Un altro punto rilevavano a ragione i giudici
-di Anagni, l'esaltazione del monachismo a scapito[741] del clero
-secolare. Ed in verità se pure i commentatori leggevano negli scritti
-di Gioacchino accenni a lui, a S. Domenico e S. Francesco, che egli
-non avea fatti, nè poteva fare,[742] certo è che dei nuovi ordini
-mendicanti non dicevano nè più nè meno di quel che avea scritto
-lui intorno ai monaci spirituali. Il monachismo per Gioacchino è un
-istituto, che col tempo assorbirà tutti gli altri della Chiesa, quando
-al Vangelo inteso secondo la lettera sottentrerà il vero spirito
-evangelico. Allora succederà una profonda innovazione, ed a quel modo
-che la legge mosaica venne abolita all'apparire della nuova legge, così
-il Vangelo letterale dovrà cedere alla nuova interpetrazione. La parola
-_evacuatio_ applicata al vangelo non appartiene ai Gioachimiti, ma a
-Gioacchino stesso, il quale, benchè non osasse confessarlo a sè stesso,
-era pur portato dalla sua teoria dei tre stati alla conseguenza, che il
-secondo debba scomparire per far luogo al terzo.[743] E questa teoria
-avea profonde radici nelle sue convinzioni teologiche, formulate non
-pure nell'opuscolo polemico che nel 1255 non esisteva più, ma nel
-_Decacordo_, e nel _De Articulis fidei_, come appar chiaro dai passi,
-che i giudici di Anagni seppero raccogliere.[744]
-
-La condanna dunque del Gioachimismo era giusta, e per nulla
-esagerato il grido d'allarme levato dal clero parigino. La dottrina
-dell'_Evangelo eterno_ menava dritto alla distruzione della gerarchia,
-stantechè nel terzo periodo ha da prevalere quella legge d'amore, che
-agguaglia tutti i membri della società umana, sciogliendoli dai vincoli
-della subordinazione. Non è dunque meraviglia che Alessandro IV l'abbia
-solennemente riprovata, ingiungendo al vescovo di Parigi di sequestrare
-e bruciare tutti i libri dove fosse esposta.[745]
-
-Ma chi è l'autore dell'_Evangelo eterno_? L'Eccard, che scrisse
-nella seconda metà del secolo decimoquarto, l'attribuisce secondo
-la comune tradizione a Giovanni da Parma.[746] Il Salimbene
-invece nomina esplicitamente un altro gioachimita, Gherardo di S.
-Donnino.[747] E l'autorità del Salimbene, cronista contemporaneo,
-e gioachimita anche lui, è tale, che tutti gli scrittori moderni vi
-s'acquetarono. Il buon frate, ammiratore ed amico del suo generale,
-avea certo tutto l'interesse di nascondere la verità, ma che la sua
-testimonianza almeno in parte sia veridica, è provato dal resoconto
-del processo di Anagni, dove esplicitamente è detto che l'autore
-delle note è frate Gherardo. Se non che è da dubitare che l'autore
-delle note abbia anche scritto l'Introduttorio, perchè gl'inquisitori
-d'Anagni nel citare i passi dell'Introduttorio si sarebbero serviti
-della stessa dicitura, che costantemente adoperano per le note, nè
-avrebbero dato come anonimo l'Introduttorio, mentre tutte le volte
-che vien fatto di citare una nota, ripetono costantemente il nome
-dell'autore.[748] L'ipotesi più semplice per spiegare le reticenze è
-questa, che l'autore dell'Introduttorio sia diverso da quello delle
-note, e che agl'inquisitori rincresca di nominarlo. E se codesto
-autore fosse Giovanni da Parma, che godeva una grande reputazione di
-santità, ed a quel tempo era tuttora generale dell'ordine, i riguardi
-degl'Inquisitori sarebbero facilmente spiegabili.[749] Se la cosa
-stesse così, dovremmo ammettere che la compilazione dell'_Evangelo
-eterno_ non appartenga ad un solo, bensì a due e forse anche a tre
-membri del partito gioachimita. L'un d'essi, il più autorevole, scrisse
-l'Introduzione generale, l'altro o gli altri le glosse introduttive ed
-esplicative.[750]
-
-Questa ipotesi spiegherebbe perchè dopo la condanna dell'_Evangelo
-eterno_ venissero sottoposti a processo non solo fra Gherardo, ma fra
-Giovanni e fra Tommaso e tutti e tre condannati del pari. Nè fanno
-intoppo le ragioni che il Wadding e l'Affò hanno recato per scagionare
-fra Giovanni.[751] Perchè al di sopra di tutte le apologie sta il fatto
-che fra Giovanni apparteneva al partito gioachimita, anzi ne era come
-il capo e l'ispiratore.[752] E noi vedemmo che tra l'Introduttorio e
-le opere autentiche di Gioacchino non corre disparità sostanziale, se
-non che in quello sono più nettamente e con maggior vigore formolate
-le stesse dottrine, insegnate in queste. Se dunque ripugna che abbia
-scritto l'Introduttorio un uomo di grande pietà, da Innocenzo IV
-mandato per gravi missioni in Grecia, e da questo e da Niccolò III[753]
-preposto ad alti ufficii, ripugnerà altresì che egli abbia appartenuto
-al partito gioachimita, e creduto nel prossimo avvenire di una nuova
-fase nella vita religiosa dell'umanità.[754]
-
-Ma chiunque sia stato l'autore dell'_Evangelo eterno_, certo è che la
-condanna del libro fu un terribile colpo per la frazione gioachimita
-dei francescani, e le stesso generale dell'ordine, appartenente
-a quella parte, fu costretto a dimettersi, come un tempo toccò al
-capo della parte moderata.[755] Gli successe un uomo di gran cuore
-e di grande mente, S. Bonaventura, il quale sapeva tenersi lontano
-dagli eccessi dei due partiti, e difensore caloroso della povertà,
-sapea pur tener conto dei temperamenti necessarii alla pratica della
-vita. I cronisti francescani raccontano che fra Giovanni stesso avea
-indicato a suo successore fra Bonaventura. Ma questo racconto, dovuto
-all'industre pietà dei narratori, che amavano di attenuare i contrasti,
-e mostrare l'ordine molto più unito di quel che in realtà fosse, è
-in contraddizione con altre fonti gioachimite che presentano sotto
-altra luce S. Bonaventura.[756] Però questo è fuor di dubbio, che il
-nuovo generale si comportò con molta umanità verso il partito dei
-gioachimiti; nè frate Ugone, nè il Ghiscolo, nè altri molti furono
-molestati, benchè è da credere che non abbiano rinunziato all'antica
-fede. I soli perseguitati furono gli autori del libro condannato tra
-i quali lo stesso generale, testè rimosso.[757] Non valse la dignità
-dell'ufficio disimpegnato con apostolico zelo per lo spazio di dieci
-anni, non valse la santità della vita, e la grande reputazione a
-salvare fra Giovanni, il quale insieme ai suoi compagni, fra Gherardo
-e fra Leonardo, sarebbe stato condannato alla prigionia perpetua, se
-non fosse accorso in suo ajuto il cardinale Ottoboni, che fu poi papa
-Adriano V.[758] In grazia di questo potente intercessore fu concesso
-a Giovanni di scegliersi il luogo del suo ritiro, mentre Leonardo e
-Gherardo morirono in prigione.[759]
-
-
-V
-
-Queste misure di rigore portarono lo scoraggiamento nei Gioachimiti, e
-parecchi senza dubbio sentirono intiepidire la loro fede, come accadde
-al Salimbene, che morto Federico II, prima di avere apportato alla
-Chiesa gli estremi danni, cominciò a dubitare delle dottrine a lui sì
-care, e le sconfessò del tutto allorchè si chiuse il fatale anno 1260,
-senza la sperata innovazione.[760] Ma se i più vacillavano, non mancava
-certamente chi tenesse fermo negli antichi convincimenti, e le dottrine
-di Gioacchino rinfrescasse adattandole alle nuove condizioni. Tale fu
-Pier Giovanni Olivi, col quale la _Cronaca_ a noi già nota comincia la
-quinta tribolazione.
-
-Nacque il nostro frate nel 1247 a Serignano nella diocesi di Béziers;
-a dodici anni entrò nella religione dei minoriti, il che non gl'impedì
-di fare i suoi studii nell'Università parigina, ove prese il grado
-di baccelliere.[761] Scrisse molti libri, tra i quali uno in lode di
-Maria, ove pare avesse talmente esaltata la vergine, che il generale
-dell'ordine, succeduto a S. Bonaventura, fra Girolamo d'Ascoli,
-lo condannò a bruciare il libro colle sue mani.[762] Questa prima
-persecuzione ebbe luogo nel 1278; e ben presto le tenne dietro un'altra
-più grave. In un Capitolo generale tenuto a Strasburgo nel 1282 fu
-accusato d'eresia, e l'anno dopo il generale Bonagrazia si recò a bella
-posta in Francia per fare esaminare gli scritti di lui, che da una
-Commissione di quattro dottori e tre baccellieri, furono condannati
-come pericolosi. Nel frattempo il generale morì, ed essendosi l'autore
-sottomesso,[763] le persecuzioni cessarono per ricominciare nel 1285,
-quando il nuovo generale, Arlotto da Prato, lo chiamò a Parigi per
-difendersi dalle accuse, che gli movevano Riccardo di Middleton e
-Giovanni di Muro. Pietro v'andò e si difese abilmente, e confuse così
-i suoi accusatori, che il generale non ebbe animo di condannarlo.[764]
-Cinque anni dopo ricominciarono le persecuzioni non in verità contro di
-lui, bensì contro i suoi discepoli, che per ordine dell'antico generale
-Girolamo Ascolano, divenuto ora papa Niccolò IV, vennero inquisiti e
-condannati. Il maestro fu risparmiato per quella volta;[765] ma nel
-1292 ebbe novamente a scolparsi innanzi ad un Capitolo tenuto a Parigi,
-e fu salvo in grazia di alcune accorte dichiarazioni.[766] Morì il 6
-marzo 1297, e dal letto di morte par che abbia ribadita la dottrina
-esposta nei suoi scritti.[767]
-
-Di questi scritti io non conosco se non alcuni opuscoli intorno alla
-povertà, ed i commenti all'Evangelo di Matteo e di Luca manoscritti
-nella Laurenziana. Frammenti delle quistioni quodlibetali ci sono
-conservati nella sentenza pronunziata dai sette dottori nel 1282. Del
-_Commento all'Apocalisse_ abbiamo molti estratti nel rapporto della
-Commissione dei teologi incaricata da Giovanni XXII dell'esame di
-questo scritto.[768]
-
-Qual'era la dottrina insegnata in codesta opera? La quistione
-dell'interpetrazione da dare alla Regola di S. Francesco, quando
-meglio si credeva sopita rinasceva con maggior furore. Si era cercato
-di sfuggirle dando la proprietà dei beni al Papa, e l'uso di essi ai
-frati. Ma codesta finzione legale salvava solo in apparenza la regola,
-che sotto il pretesto di farne omaggio al Papa, i minoriti avrebbero
-potuto accettare lasciti e doni non meno degli altri ordini religiosi,
-e per tal guisa quelli, che si dicevano mendichi o poveri di Cristo,
-poteano vivere più lautamente dei benedettini. Rinacque dunque la
-quistione, e gl'intransigenti con a capo Pier Giovanni Olivi dicevano,
-che per conformarsi alla regola di S. Francesco non bastasse rinunziare
-alla proprietà dei beni, ma anche il loro uso dovesse andare ristretto
-nei più angusti confini. Per essere veramente poveri bisognava che
-l'uso fosse povero del pari. Certo era difficile definire in che cosa
-consistesse l'uso povero, e codesta difficoltà dava buon gioco agli
-avversari di cogliere in fallo la dottrina degl'intransigenti;[769] ma
-chi voleva intendere, sapeva bene a che tenersi. E si capiva benissimo
-che i difensori dell'uso povero voleano proscrivere tutto ciò che non
-fosse strettamente indispensabile pel sostentamento della vita.[770]
-Così ad esempio è necessaria la casa, ove i frati possano convivere,
-ma un comodo ed elegante fabbricato non è lecito possederlo nè in
-proprietà nè tampoco in usufrutto. È permesso servirsi del pane, che
-s'accatta di porta in porta, ma è severamente proibito di tenere ben
-provvisti i granai e le cantine del convento.[771] Il seppellire i
-morti nella propria chiesa è certo un'opera meritoria, ma i frati, a
-cui è vietato di accettar denaro, non possono riscuotere i diritti, che
-il clero secolare ricava dalle sepolture. E se a cagione di siffatti
-guadagni il clero contende ai frati questo pio ufficio, come tanti
-altri parimenti lucrosi, dev'essere proibito severamente di mover
-liti, che sono così contrarie allo spirito della Regola.[772] La quale
-impone severamente codesto uso povero, e quelli, che le abbiano giurata
-obbedienza, debbono osservarlo, se anche diventino vescovi o cardinali.
-Codesto era un punto molto delicato. La regola avea consigliato di
-schivare gli onori ecclesiastici, ma in pratica anche i zelanti, come
-il Salimbene, non che avversare, favorivano le promozioni dei frati,
-per fermo assai vantaggiose all'ordine. Volevano solo che anche nel
-nuovo stato si sentissero tuttora membri dell'antico sodalizio, ed alla
-regola strettamente si conformassero,[773] perchè dal loro giuramento
-neanche il Pontefice li poteva sciogliere. Dottrina ardita codesta,
-che limitava il potere del sommo gerarca, ed apriva il varco a teorie
-più radicali. Per ora il pericolo era lontano, perchè il pontefice
-Onorio III nella bolla _Qui exiit_ l'avea data vinta agl'intransigenti
-prescrivendo l'uso povero, e condannando qualunque interpetrazione o
-attenuazione che si volesse ulteriormente dare della Regola.[774] Ma
-l'esperienza avea provato che non sempre i pontefici se l'intendevano
-col partito del rigore, e si poteva ben prevedere, quello che di
-fatto avvenne, che la pace non sarebbe durata lungo tempo.[775] Perchè
-gl'intransigenti non aveano scordate le idee gioachimite, e contro il
-clero secolare e la Chiesa di Roma seguitavano a nutrire la diffidenza
-e l'odio, punto dissimulati nell'_Evangelo eterno_.
-
-Che Pier Giovanni Olivi fosse tenero delle idee gioachimite,[776] e
-le modificasse per adattarle ai tempi nuovi, è fuor di dubbio. Una
-prova inconfutabile ce la porge il _Commento all'Apocalisse_ scritto
-nello stile non di Gioacchino, ma dei suoi più fervidi commentatori,
-e dove son fatte all'interpetrazione gioachimita quelle mende e
-ritocchi, necessarie ormai per le mutate condizioni dei tempi. Così il
-re dell'_Apocalisse_ non sarà più Federigo II, già morto da un pezzo,
-bensì qualcuno del seme maledetto, che sarà per conquistare non pure
-l'impero romano, ma la Francia eziandio.[777] Il terzo periodo che
-per Gioacchino cominciava da S. Benedetto, e per i gioachimiti dal
-1200 (anno in cui Gioacchino pubblicò i suoi libri) per l'Olivi invece
-comincia dal tempo in cui la regola di S. Francesco fu impugnata e
-condannata dalla Chiesa carnale.[778] Per i gioachimiti l'angelo che
-porta l'_Evangelo eterno_ è Gioacchino stesso, per l'Ulivi invece
-è S. Francesco, il quale ad imitazione di Cristo risorgerà al tempo
-delle tribolazioni, come ad imitazione del Crocifisso portò le sacre
-stimate.[779] Per Gioacchino tutta la storia dell'umanità va divisa
-in sette periodi, per l'Ulivi invece soltanto quel tratto di storia
-che corre dalla predicazione di Cristo alla consumazione dei secoli,
-sicchè a ciascuno di questi periodi poneva cominciamento e fine diversi
-da quel che solessero e Gioacchino, e i Gioachimiti insieme.[780] Ma
-queste differenze non toccano l'accordo fondamentale delle dottrine.
-Anche per l'Ulivi si debbono distinguere tre fasi nel corso religioso
-dell'umanità; la prima, che appartiene al Padre, ove regna il timore e
-la legge; la seconda, che appartiene al Figlio ove domina la sapienza,
-e si predica l'evangelo; la terza che appartiene allo Spirito, ove si
-svela tutta la verità, e la legge evangelica viene intesa ed osservata
-in tutta la purità sua.[781] E come l'Evangelo pose fine alla legge
-mosaica, così l'Evangelo nuovo farà cadere l'antico,[782] ed al clero
-secolare che mal si conforma ai precetti di Cristo sottentrerà il
-monacato che spoglio di effetti terreni menerà una vita di sacrifizi e
-di povertà, in una parola la Chiesa carnale, simboleggiata nell'impura
-donna dell'_Apocalisse_, farà luogo alla Chiesa spirituale.[783] Ma
-prima del trionfo la Chiesa spirituale sarà combattuta aspramente
-dalla carnale, come il Cristianesimo fu perseguitato a morte dalla
-Sinagoga.[784] E se S. Francesco non fu condannato al pari di Cristo,
-e la guerra contro al sodalizio francescano scoppiò non nel suo
-cominciamento, ma alquanto più tardi, ciò si deve a varie ragioni,
-tra le quali la principale che l'analogia non esclude le differenze, e
-benchè la Chiesa carnale dovesse comportarsi come la Sinagoga, non era
-necessario che agisse con pari prontezza.[785] Codeste lotte però non
-debbono scoraggiare i fedeli seguaci dell'uso povero, perchè l'avvenire
-è loro, nè molto andrà che sarà pronunziato il tremendo giudizio sulla
-nuova Babilonia.[786]
-
-Queste idee doveano incontrare fiera opposizione non pure nel partito
-moderato, ma benanco in quella parte degl'intransigenti, che pur
-professando la teoria dell'uso povero, non volevano romperla colla
-corte di Roma. E forse fino dalle prime persecuzioni contro Giovanni
-Olivi si formarono i tre partiti, a cui accenna la testimonianza di
-un beghino, i Conventuali che si attenevano all'interpetrazione più
-larga della Regola, i Fraticelli che abbracciavano la più rigida ma
-non accoglievano per questo le idee gioachimite, infine gli Spirituali
-che aspettavano il trionfo dell'uso povero dalla totale rinnovazione
-della Chiesa e del mondo.[787] Il nome di fraticelli sarà stato ancor
-prematuro al tempo di Giovanni Olivi, ma non è men vero che il partito,
-che più tardi prese questo nome, era già formato ed ottenne dal
-pontefice Celestino V che si staccasse dal resto dell'ordine e formasse
-una corporazione a sè sotto il nome di Celestini o _pauperes heremitae
-domini Coelestini_. Codesto sodalizio che aveva a capo fra Liberato,
-ed a poeta fra Jacopone, fu costretto ad esulare in Grecia, quando al
-Papa che fece per viltate il gran rifiuto successe Bonifacio VIII.[788]
-E neanche lì potè vivere in pace, ed i suoi membri perseguitati per
-sollecitazione del Papa dal patriarca di Costantinopoli ebbero a far
-ritorno in Italia. E fra Jacopone stette molti anni in prigione, e fra
-Liberato morì di stenti e di crepacuore.[789] Simili travagli ebbero a
-sostenere alcuni frati della Marca, che condannati ad una carcere dura,
-non ne uscirono se non per ripartire verso il lontano oriente, ove
-parecchi subirono eroicamente il martirio.[790]
-
-Ma più gravi furono le persecuzioni contro gli Spirituali. Essi eran
-cresciuti così di numero che quando fu assunto al cardinalato il
-generale Matteo d'Acquasparta, al quale Dante rimprovera la fiacca
-interpetrazione della regola, riuscirono a far nominare all'alto
-ufficio uno dei loro, Raimondo Gaufrido, amico ed ammiratore
-dell'Olivi.[791] E per fino fuori dell'ordine francescano par che
-trionfasse la loro propaganda, quando dopo due anni e tre mesi di
-vacanza i cardinali levarono al soglio pontificio l'eremita Pietro de
-Morrone (1294). Ma queste fortune durarono ben poco. Che dopo pochi
-mesi il buon Celestino depose la tiara, e il suo successore rimosse
-dall'ufficio fra Gaufrido sostituendogli quel Giovanni di Muro, che era
-stato tra i più fieri persecutori dell'Olivi. Allora ricominciarono le
-dolorose prove per gli Spirituali. Il loro capo non venne risparmiato
-neanco morto, chè il nuovo generale avendone fatte condannare le opere
-da un Capitolo generale, ordinò che si bruciassero insieme al cadavere
-dell'autore, tolto alla pace del sepolcro sei mesi dopo che v'era stato
-calato con solenni esequie.[792] Fu proibito ai frati di leggere e
-serbare libri maledetti, ed un fra Ponzio, che non volle consegnarli al
-suo superiore morì in prigione tra stenti e sofferenze incredibili, e
-molti altri frati furono perquisiti ed incarcerati.[793]
-
-Ma codeste misure di rigore non scoraggiavano i seguaci dell'Olivi,
-ed uno fra essi, Ubertino da Casale, ebbe il coraggio di prenderne le
-difese, e scrivere contro i potenti accusatori una calda apologia.
-Ubertino nacque nel 1259, e quattordicenne entrò nell'ordine dei
-Minori. Lesse per nove anni nello studio parigino, e tornato in Italia
-continuò nell'insegnamento per altri quattro; poscia abbandonata la
-cattedra si mise alla predicazione, fino a che gli fu imposto silenzio
-dai suoi superiori, che lo mandarono nell'eremo della Vernia, ove
-scrisse un libro, tuttora esistente, _arbor vitae crucifixae_.[794]
-La ragion per cui fu imposto silenzio al focoso predicatore non è
-difficile scoprire. Egli apparteneva al partito intransigente, e
-forse pubblicò la sua prima apologia di Giovanni Olivi alla morte di
-Bonifazio VIII, quando si sperava che col nuovo papa cessassero le
-fiere persecuzioni contro gli spirituali. Mi pare molto improbabile
-che ei l'avesse scritta prima, come sospetta il Wadding, perchè da
-una parte non sarebbe andato impunito, e dall'altra la _Cronaca delle
-Tribolazioni_ dice espressamente che fra Ubertino fu accusato al papa
-Benedetto XI (1303-1304), e seppe così abilmente difendersi da andare
-assolto.[795] Ma quando che fosse scritta, l'apologia era intesa a
-provare: 1º che Pier Giovanni nè nella Postilla all'_Apocalisse_ nè in
-altro libro non parlò mai irreverentemente della Chiesa, alla quale
-invece si mostrò sempre devoto; 2º che l'uso povero è siffattamente
-ortodosso da potersi dire la lampada della nostra fede;[796] 3º che
-le persecuzioni, patite dai rigidi osservatori della Regola, sono
-mostruose, ed il Papa deve interporre la sua autorità per farle
-cessare.
-
-Così si rinnovarono le contese tra i conventuali e gli zelanti, ed
-entrambi concordemente se ne appellavano al Papa. Benedetto XI morì
-prima di poter dare alcun provvedimento, ma il successore Clemente V
-credette opportuno di riprendere la cosa in esame. E chiamò in Avignone
-molti francescani, tra i quali il generale dell'ordine che sosteneva
-le ragioni dei conventuali, e l'ex generale fra Gauffrido, insieme ad
-Ubertino da Casale, fra Siccardo ed altri molti, che rappresentavano la
-parte degli spirituali. E comandò che fin che la controversia non fosse
-composta dal collegio dei vescovi e cardinali da lui stesso nominato,
-dovessero cessare tutte le misure di rigore per ragione di opinione.
-E principalmente quegli tra gli Spirituali, che egli aveva chiamati
-alla Corte, sottrasse alla giurisdizione dei loro superiori,[797] e
-volle che si riprendesse l'esame delle dottrine di Pier Giovanni, e si
-definissero i punti controversi della regola più chiaramente che non
-fosse riescito a Niccolò III.
-
-Le discussioni durarono lungamente, i due partiti si rimandarono le
-opposte accuse di licenziosi od ipocriti colla consueta acredine.
-Gli uni rimproveravano agli altri di voler scalzare l'ordine colla
-fiacca interpetrazione della regola, e l'abbandono di quello spirito
-di assoluto sagrifizio e di fervida carità, che l'informa; gli altri
-replicavano che la rovina dell'ordine viene da coloro che mettono la
-propria opinione al di sopra del dovere d'obbedienza, ed intendono la
-regola in modo così rigido da non potersi umanamente osservare.[798]
-Il più abile tra tutti par che fosse Ubertino, perchè riuscì non solo
-a convincere delle verità dell'uso povero, ma benanco a scagionare Pier
-Giovanni dalle accuse che gli si movevano. Ed in virtù di queste difese
-il Papa nel Concilio di Vienna condannò alcune dottrine teologiche
-di Pier Giovanni, ma tacque il nome dell'autore, e pronunziò la sua
-decisione, come se si trattasse di punti controversi, intorno ai quali
-prima della decisione si potesse opinare in un modo o nell'altro senza
-incorrere in eresia.[799] Le altre dottrine di Pier Giovanni, e certo
-le più importanti, come quella dei tre stati e dell'uso povero non
-solo furono risparmiate, ma una di esse fu solennemente adottata nella
-nuova interpetrazione che Clemente dette della regola francescana.[800]
-Gl'intransigenti trionfarono di nuovo, ma anche questa volta per
-poco. Il partito dei conventuali, non ostante la vittoria dei loro
-avversarii, riuscì nel 1313 a creare generale dell'ordine uno dei suoi,
-frate Alessandro di Alessandria, stato già appo Clemente uno dei più
-vigorosi difensori dell'ordine contro Ubertino di Casale e gli altri
-seguaci dell'Olivi.[801] Il che prova quanto fosse numeroso ed audace
-codesto partito, il quale anche dopo le raccomandazioni di Clemente non
-cessava di perseguitare gli spirituali.[802]
-
-Per tal guisa seguitarono i dissidii, principalmente nella provincia
-toscana, ove gl'intransigenti, seguendo l'esempio dei Celestini,
-decisero di staccarsi dall'ordine, e formare un corpo a sè.[803]
-Parimenti nelle provincie di Narbona e di Béziers, ove la memoria
-di fra Pier Giovanni era più viva, i frati zelanti non vollero più
-far vita comune coi loro avversarii, e vestita una tunica più corta
-e tutta logora e rattoppata, si ridussero in meschini ricoveri, ove
-metteano in pratica le regole dell'uso povero. Codesti frati, che si
-dissero per umiltà fraticelli, non poterono certo trarre dalla loro
-tutti gli spirituali, e molto meno il capo, Ubertino da Casale, il
-quale ben sapeva, che entrando nella nuova comunità avrebbe perduto
-in un punto tutto il favore, che s'era acquistato presso il Papa. Nè
-furono più fortunati appo Clemente, il quale pur approvando l'uso
-povero, non volea a nessun patto che servisse di pretesto ad una
-scissione dell'ordine. E scrisse lettere severe ai vescovi di Genova,
-Lucca e Bologna per richiamare i dissidenti all'obbedienza, e fulminò
-la scomunica contro i ricalcitranti.[804] Perlochè come al tempo di
-Celestino, si formarono ora di nuovo i tre partiti nell'ordine dei
-francescani, i conventuali, i dissidenti o fraticelli, gli spirituali.
-Ma gli ultimi due insieme uniti non eguagliavano nè per numero nè
-per forza il primo, il quale ben seppe trarre profitto dall'errore
-commesso dai dissidenti toscani e narbonesi per agire più severamente
-contro gli avversarii. E le circostanze stesse furono loro propizie,
-che a non lungo andare morì Clemente V (20 aprile 1214), e dopo una
-vacanza di due anni e quattro mesi fu assunto al trono pontificio
-un uomo punto mistico e poco scrupoloso, Giovanni XXII (scelto il
-7 agosto, e coronato il 5 settembre 1316). Allora il partito dei
-conventuali ebbe la mano libera; il nuovo generale Michele da Capua
-potè agire energicamente contro i dissidenti, e lo stesso Ubertino da
-Casale ebbe a chiedere in grazia al nuovo Papa il trapasso dall'ordine
-francescano a quello dei benedettini. Strano destino del capo degli
-spirituali, il quale dopo aver predicata la necessità dell'uso povero,
-entra nell'ordine, che a detta di Gioacchino più si allontanava da
-quell'uso.[805]
-
-
-VI
-
-Con Giovanni XXII comincia un'altra fase del movimento francescano. Ad
-istanza del generale Michele da Cesena il nuovo Papa non solo scrisse
-lettere più incalzanti a principi e vescovi contro i dissidenti,[806]
-ma nell'aprile del 1317 in loro danno pubblicò la costituzione
-_Quorundam_ per stabilire che la qualità della tunica e le sue
-dimensioni debbono essere determinate dai superiori locali, ed al loro
-giudizio venga lasciato se pei bisogni del convento si debbano tener
-provvisti e granai e cantine.[807] La povertà, aggiunge il Papa, è
-una grande cosa, ma al di sopra di lei sta la conservazione di sè,
-e al di sopra di entrambe l'obbedienza ai legittimi superiori.[808]
-Così la quistione dai meschini piati frateschi era sollevata alla
-sua vera altezza. Da una parte s'affermava come primo dovere quello
-dell'obbedienza assoluta, senza di che è impossibile la rigida
-gerarchia, dall'altro si teneva duro a metter l'osservanza scrupolosa
-della regola innanzi a qualunque altro dovere. Imperocchè, la regola
-è come l'Evangelo di Cristo, e chiunque porti offesa a lei, viola la
-fede; nè c'è persona, per quanto alto sia il suo ufficio, che stia
-al di sopra della Regola; talchè quando o il Papa o altro chiunque
-comandi qualche cosa che sia contro questa, gli si deve per la
-salvezza dell'anima negare obbedienza. Tali dottrine sostenevano
-gl'intransigenti francescani, e quattro di essi nel 1318 in Marsiglia
-anzi che sconfessarle, preferirono di lasciare la vita sul rogo[809]
-e molti altri fuggirono appo gl'infedeli.[810] Certo non eran nuove,
-e l'inquisitore a ragione ne riconobbe la prima fonte nell'Olivi,
-le cui opere vennero in quel tempo ancora una volta esaminate e
-condannate.[811] Ma se l'Olivi aveva detto che S. Francesco era come un
-nuovo Cristo, che sofferse al pari di lui, e forse come lui risorgerà,
-ora s'aggiunge che la Regola bandita da S. Francesco, per diretta
-inspirazione di Dio è da tenersi non meno del Vangelo, ed al pari di
-quello non può essere nè abolita, nè forse anco modificata.[812] E la
-vita povera, che essa prescrive, è la vera vita evangelica, perchè nè
-Cristo, nè gli Apostoli possedevano nulla in proprio, ed a simiglianza
-dei frati spirituali andavan ramingando e stentando la vita.[813]
-
-La quistione, come si vede, si faceva grossa. Non si trattava più
-di sapere quanti centimetri dovesse esser lunga la tunica, o di
-qual rozzo panno contesta; nè si chiedeva più se fosse lecito tener
-granai e cantine, o stringere contratti per mezzo dei procuratori.
-Gl'intransigenti sotto questi meschini pretesti miravano ben più
-alto, a dichiarare cioè che la vita prescritta dalla regola non
-differisce dall'evangelica, e che ad essa si fosse conformato Gesù, e
-gli Apostoli, e ad essa quindi dovrebbero conformarsi non soltanto i
-frati Minori, ma i cristiani tutti che debbono porre l'Evangelo a norma
-della loro vita; il che è come dire che non solo il clero, ma tutta la
-Cristianità dovesse tramutarsi in un vasto cenobio francescano. Contro
-siffatte massime protestavano già da un pezzo i frati domenicani, emuli
-dei francescani, e professanti anche loro il vòto di povertà, ma così
-temperato che ben poco differivano per codesto capo degli altri ordini;
-ed uno di essi, l'inquisitore fra Giovanni di Belna,[814] citò al suo
-tribunale un beghino narbonese per avere affermato secondo un'antica
-cronaca «che Cristo e gli apostoli, via di perfezione seguitando, niuna
-cosa ebbono per ragione di proprietade e di signoria nè in ispeziale,
-nè eziandio in comune. Il quale inquisitore, seguita la cronaca,
-vogliendo giudicare il detto bighino, chiamò a consiglio tutti i priori
-e guardiani e lettori de' religiosi e molti altri savi. Intra' quali
-fu presente frate Beringario Talloni, lettore nel convento de' frati
-minori da Nerbona. Et intra l'altre cose che il predetto inquisitore
-fece leggere, (si fu) il predetto articolo della povertade di Cristo
-e degli appostoli suoi, per lo quale voleva condannare questo cotale
-bighino. Ma il predetto frate Beringario lettore, sopra il detto
-articolo richiesto, rispuose che questo dire non era eretico, ma era
-dottrina sana, cattolica e fedele massimamente, conciò sia cosa che
-questo fosse diffinito per la chiesa cattolica nella dicretale che
-comincia: _Exijt q. seminat_. La quale cosa fatta, nè più nè meno, come
-se il detto lettore avesse affermata eresia, il predetto inquisitore
-comandò a questo medesimo lettore che il detto suo immantinente, in
-presenza di tutti, rivocasse. Il quale lettore non volse rivocare
-per niuno modo, ma imperò ch'era costretto a rivocare quella cosa
-che era sana e cattolica, e come sana e cattolica diffinita per la
-chiesa. E temendo per questo d'essere agravato per molti modi contra
-la giustizia, alla sedia appostolica solennemente appellò, e colla
-sua appellazione venne a Vignone dove il predetto papa Giovanni allora
-colla sua corte risedeva».[815]
-
-La quistione, sottoposta al Papa, era ben grave. Deciderla contro i
-francescani non si poteva senza contraddire alla bolla _Qui exiit_,
-ben a proposito invocata da fra Berengario;[816] deciderla contro i
-domenicani sarebbe stato lo stesso che darla vinta agl'intransigenti,
-contro i quali Giovanni avea già cominciato a pronunziarsi. In tanta
-incertezza il Papa sottopose la vertenza ai più dotti teologi, e tra
-gli altri ad Ubertino da Casale, il quale per mostrarsi nello stesso
-tempo grato al suo protettore, che gli avea concesso il passaggio
-ai benedettini e fedele al suo partito emise un parere, che dovea
-contentar tutti, e tutti scontentò.[817] Le mezze misure ormai
-a nulla approdavano. Al punto cui erano giunte le cose bisognava
-prender partito o per l'uno o per gli altri,[818] e Giovanni lo prese
-animosamente, e dopo un lungo concistoro,[819] si decise a revocare la
-bolla di Niccolò III, dichiarando: la vera interpetrazione della Regola
-non essere peranco trovata; e dopo le nuove quistioni insorte occorrere
-nuovi studii per risolverle, ed esser quindi necessario, di togliere
-il divieto delle glosse e commenti, per lasciar campo alla libera
-discussione,[820] dalla quale sarebbe emersa la verità.
-
-Questa misura radicale provocò le proteste di tutti i francescani.
-Non solo gli spirituali ed i fraticelli, ma benanco i conventuali
-se ne risentirono, e lo stesso generale fra Michele da Cesena, che
-sinora avea agito con tanta energia contro i dissidenti, ed insieme
-all'inquisitore narbonese avea dichiarate eretiche le dottrine dei
-beghini e spirituali, ora credendo minacciate le fondamenta stesse
-dell'ordine, si mise a capo dell'opposizione contro il Papa. E
-convocato un Capitolo generale in Perugia il 4 giugno 1322, fece
-dichiarare solennemente «che la renunziazione della proprietà di
-tutte le cose sì in speciale come eziandio in comune fatta per Dio,
-è meritoria e santa, la quale renunziazione Cristo, via di perfezione
-mostrando, per parola la 'nsegnò, e per esemplo la confermò; e la quale
-i primi fondatori della Chiesa militante, cioè li apostoli, sì come
-da essa fonte, cioè Cristo, aveano attinto, in coloro che volgliono
-perfettamente vivere, per rivi di dottrina e di loro vita, dirivarono.
-La quale determinazione della Chiesa nel VI libro per essa Chiesa
-cattolica è inframessa e per altra decretale nel Concilio di Vienna
-promulgata e divulgata...... Et ultimamente per lo santissimo padre
-e signiore, messer Giovanni, per divina provvidenzia, papa vigesimo
-secundo, in alcuna sua dichiarazione fatta sopra la regola e sopra
-lo stato de' frati minori, che comincia: _Quorundam exiit_, è questa
-medesima dichiarazione molto commendata, come santamente composta,
-soda, lucida e con molta maturità esaminata».[821]
-
-Tale protesta fu come un guanto di sfida al Papa, e Giovanni
-lo raccolse. E per tutta risposta pubblicò la celebre bolla _ad
-Conditorem_, nella quale sostenne esser lecito di revocare i decreti e
-le costituzioni dei predecessori, quando l'esperienza, maestra della
-vita, dimostra che falliscono al fine per cui furono promulgate. E
-criticò con vigore l'espediente imaginato dai suoi predecessori di
-attribuire alla Chiesa la proprietà di quello, che i frati minori
-usano per le necessità della vita. Imperocchè, ei dice, v'ha cose
-che struggendosi coll'uso non consentono ne sia proprietaria una
-persona diversa da chi le adopera. E nel fatto i mendicanti più che
-usufruttuari ne sono i veri padroni, e le vendono e le barattano,
-quando loro torni, per mezzo dei loro procuratori, talchè la Chiesa
-ha solo di nome siffatta proprietà, della quale altri raccoglie i
-frutti, ella invece i danni e l'onta d'interminabili liti. Per queste
-ragioni Giovanni dichiarò di rinunziare alla proprietà dei beni
-spettanti ai frati minori all'infuori degli stabili, o degli arredi
-delle chiese,[822] sicchè i minoriti contro loro volere tornavano
-proprietarii a simiglianza degli emuli loro, i frati predicatori.
-Era una misura audace codesta, ed i francescani per mezzo del loro
-procuratore Buonagrazia da Bergamo[823] seppero ben rilevare come
-rompesse contro la tradizione pontificia da Gregorio IX a Clemente
-V; ma Giovanni tenne duro, e messo in prigione l'audace autore della
-protesta, ritirò la prima bolla per pubblicarne un'altra più diffusa
-sotto la stessa data e colla stessa iniziale della precedente.[824]
-Nè di ciò pago, più tardi con decretale del 12 novembre 1323 condannò
-come eretica la dottrina sostenuta dal Capitolo generale di Perugia
-intorno alla povertà di Cristo e degli apostoli.[825] E facendosi
-contro codesta bolla sempre più vive le opposizioni, alle quali fece
-eco Ludovico il Bavaro nella protesta di Sachsenhäusen,[826] non dubitò
-Giovanni di difenderla nella decretale del novembre 1324, combattendo
-punto per punto gli argomenti degli avversarii.[827]
-
-Ma non ostante che la lotta fosse già così ardente, pure i minoriti non
-seguirono l'esempio dell'Imperatore, e per tre anni di seguito agirono
-copertamente senza romperla del tutto col Papa; talchè il loro generale
-quando fu chiamato alla corte pontificia,[828] si fece scusare per la
-malattia, che lo tratteneva a Tivoli,[829] e non appena ristabilito si
-recò in Avignone. Se non che ben presto le cose volsero al peggio. Il
-Papa nell'udienza solenne del 9 aprile 1328 amaramente rimproverava il
-generale francescano della sua resistenza ai decreti pontifici,[830] e
-dal suo canto il generale non pure tenne fermo nelle sue idee, ma per
-sottrarsi all'ira pontificia fuggì la notte del 25 maggio accompagnato
-dai frati Occam e Bonagrazia, e tutti insieme ripararono in una nave
-imperiale, che li trasportò a Pisa.[831] Gli avvenimenti incalzavano
-rapidamente. In un'adunanza tenuta nella Piazza di S. Pietro in Roma
-il 18 aprile dello stesso anno Ludovico, mettendo in pratica le idee
-rivoluzionarie dei suoi consiglieri Marsilio da Padova e Giovanni di
-Gianduno, avea deposto come eretico il papa Giovanni, e nel 12 maggio
-successivo gli avea sostituito a voce di popolo il minorita Pietro
-da Corbara, che prese il nome di Niccolò V.[832] Non occorre dire
-che all'Imperatore s'unirono i francescani fuggiti d'Avignone, ed una
-testimonianza della loro opera ce la porge la nuova edizione fatta a
-Pisa della sentenza, già pubblicata a Roma contro papa Giovanni.[833]
-Dopo questi fatti scoppiò aperta la guerra tra la Curia e gli uomini
-più eminenti dell'ordine francescano. Il Papa depose Michele di
-Cesena dal suo ufficio, e scomunicò con lui i compagni Bonagrazia ed
-Occam,[834] e dal canto suo il generale francescano pubblicò in Pisa
-prima una lettera giustificativa della sua condotta[835] e poi due
-proteste contro i decreti del Papa, dei quali si appellava al giudizio
-di tutta la Chiesa.[836] Alle ragioni addotte in codesti scritti il
-Papa credette di rispondere nella bolla _Quia vir reprobus_,[837] e di
-rimando il generale minorita pubblicò un'altra protesta, che ribadiva
-le accuse contro Giovanni, combattendone le difese.[838] Al generale
-si associarono altri minoriti, nè solo i suoi compagni di fuga Occam
-e Bonagrazia, ma benanco il provinciale tedesco Enrico di Thalheim
-e Francesco d'Ascoli. Ed insieme pubblicarono uno scritto contro la
-nomina del nuovo generale frate Oddone fatta nel Capitolo di Parigi il
-10 giugno 1329,[839] e quando da molte parti si faceano vive premure al
-Cesenate perchè si riconciliasse col Pontefice, ei lo incoraggiavano
-a tener fermo salvando il suo diritto e l'autorità sua.[840] Il più
-celebre tra loro era certo il provinciale inglese Guglielmo Occam,
-non meno forte d'ingegno che d'animo, il quale ben protestava, che
-se pure i più piegassero, se pure lo coprissero di vituperii, ei
-seguiterebbe sempre a difendere la verità, finchè gli bastino la mano e
-la penna.[841]
-
-E tenne per fermo la promessa, e nel corso di venti anni non ismise
-mai di scrivere per la causa, che i più l'un dopo l'altro disertavano.
-Intorno al 1330[842] compose in novanta giorni un'opera voluminosa, in
-cui seguendo passo per passo la bolla _Quia vir reprobus_, riassume
-da prima le ragioni ivi addotte, e poi con più largo discorso espone
-le risposte degli avversarii.[843] Più tardi, poichè Giovanni XXII in
-concistoro ebbe dichiarato che della visione beatifica non potessero
-godere i trapassati se non dopo ripreso il loro corpo, scrisse
-animosamente contro la nuova dottrina del Papa.[844] Ed alla morte
-di lui, quando fu certo che il successore Benedetto XII seguiva la
-stessa via del predecessore, ritornò anch'egli sull'antica polemica,
-pubblicando il compendio degli errori di Giovanni XXII.[845] In
-questi faticosi lavori, col vuoto argomentare scolastico, infarcito
-di sottili distinzioni e di citazioni infinite, vengono provate le
-tesi francescane sulla povertà assoluta e sulla vita apostolica, e
-contro alle teorie di Giovanni XXII è rifermata la distinzione tra la
-proprietà e l'uso anco nelle cose consuntibili. Ma in fondo a codeste
-quistioni, che paiono e sono oziose, si nascondeva un'altra ben più
-grave sui limiti della potestà papale. E l'Occam, d'accordo colle
-proteste del suo generale, credeva che il Papa non potesse revocare le
-decisioni dei suoi predecessori in fatto di costumi o di domma,[846]
-tanto più se codeste dottrine sono o chiaramente insegnate nei libri
-sacri, o approvate dalla Chiesa universale. E se ardisce di farlo
-è manifestamente eretico, e per conseguenza perde ipso facto ogni
-autorità e dignità.[847] Nè alcun cattolico è tenuto ad obbedirgli,
-anzi tutti debbono fuggirlo se non vogliono intingersi della sua pece.
-Nè vale il dire che non essendovi al di sopra del Papa altra autorità,
-non si può nè convincerlo d'eresia, e molto meno appellarsi di lui
-ad un tribunale superiore;[848] perchè, dice Occam, al di sopra del
-Papa sta la Chiesa ed il Concilio che la rappresenta. Così stante
-l'appello il Papa deve astenersi da qualunque decisione e rimettersene
-al Concilio, che ha da essere immantinenti convocato. Se ardisce di
-levarsi a giudice, egli che è parte; se nega di riunire il Concilio e
-ne usurpa l'autorità, è eretico manifesto,[849] e tale lo dovrebbero
-dichiarare i custodi della fede, i vescovi, e deporlo dall'alto
-ufficio, che ei mal sa reggere. E quando i vescovi si rifiutino,
-l'Imperatore stesso, se cattolico, varrà a condannarlo.[850]
-
-Quest'ultima sentenza si legge nell'opera pubblicata intorno al 1338,
-ove si discutono otto gravi quistioni intorno all'Impero ed ai suoi
-rapporti colla Chiesa.[851] L'Occam, al pari degli altri minoriti,
-non abbracciava le idee radicali dei consiglieri laici di Ludovico,
-come Gianduno e Marsilio da Padova; nè credeva che si dovesse rompere
-così contro la tradizione da rimettere nel popolo di Roma la fonte
-dell'autorità imperiale, e s'oppose al giurista imperiale Leopoldo di
-Bamberga, che in parte rinnovava le idee del _Defensor pacis_.[852]
-Ciò non pertanto opinava che le due autorità, la spirituale e la
-temporale, non pure non si potessero riunire in una persona, ma
-fossero così indipendenti, che l'una non dovesse tenersi per la fonte
-dell'altra.[853] Egli in verità era d'avviso che il re dei Romani
-non potesse assumere il nome d'Imperatore senza la coronazione e
-l'unzione sacerdotale, ed in questo punto certo non andava ai versi di
-Ludovico;[854] ma a differenza dei papisti sosteneva che la coronazione
-e l'unzione non conferiscono poteri temporali, bensì doni spirituali
-soltanto.[855] Talchè allorquando l'autorità ecclesiastica, che per
-consuetudine soleva ungere o coronare il re eletto, si rifiuti, può
-bene farne le veci un altro arcivescovo,[856] il quale non cessa
-pertanto di essere suddito del sovrano che incorona.[857]
-
-Da queste citazioni ben si raccoglie come l'Occam non fosse da meno
-di nessuno nel sostenere la causa dell'Imperatore, il quale, non
-perchè sia cristiano, ha perduto nulla dei diritti, che spettavano ai
-suoi predecessori pagani. E se questi decidevano intorno alle cause
-matrimoniali, perchè il loro successore non potrà fare altrettanto? Lo
-può, e lo deve quando sopratutto l'interesse di Stato lo consiglia,
-come nel caso del figlio di Ludovico e della principessa Margherita,
-il cui matrimonio con Giovanni Enrico di Boemia non essendo stato
-consumato, si può tenere per apparente più che per reale.[858]
-Questi concetti sono chiaramente ripetuti nella terza parte di quella
-voluminosa opera intitolata _il Dialogo_, ove l'Occam fa discutere da
-un maestro ed un discepolo le quistioni più ardenti del suo tempo.[859]
-Anche qui la teoria, che attribuisce al Papa una padronanza assoluta
-non pure nelle cose spirituali, ma nelle temporali, vien condannata
-come falsa, perniciosa ed eretica, perchè contraddice all'essenza
-stessa del Cristianesimo che sta nella libertà; laddove se il Papa
-avesse un così sconfinato potere sui fedeli, la legge di Cristo
-sarebbe più dura e più tirannica della legge mosaica.[860] Parimenti
-eretica e contraria alle sacre carte è l'altra teorica, derivata dalla
-precedente, che riadduce al Sommo Pontefice l'autorità imperiale.[861]
-Non che l'Occam creda l'Impero sia una istituzione sacra, emanante
-direttamente da Dio; imperocchè già notammo nell'Introduzione, che
-ei lo tiene per una creazione umana, voluta per fermo da Dio, ma nata
-da certi bisogni degli uomini, e vôlta ad alcuni fini, e ben peritura
-quando quei bisogni cessino o quei fini falliscano.[862] Però fin che
-vige l'Impero, tutti debbono inchinarsegli, e l'Imperatore, il cui
-dominio s'estende per quanto gira il mondo, non pure sugli averi e
-sulla libertà dei suoi sudditi ha piena potestà (in quanto almeno alla
-legge di natura non contraddica, ed al bene pubblico conferisca);[863]
-ma benanco sulle cose e persone spirituali esercita diritti. E talvolta
-può bene nominare i papi, non in quanto imperatore per fermo, ma come
-rappresentante del laicato, ed in particolare del popolo romano, al
-quale dev'essere restituito l'antico diritto di elezione, quando gli
-elettori ecclesiastici o per eresia o per quale altra ragione se ne
-siano mostrati indegni.[864] E se può nominare il Papa, ha diritto
-altresì di giudicarlo, e punirlo se occorra, imperocchè se Cristo e
-gli Apostoli si sottomisero alla giurisdizione imperiale, ragion vuole
-che anche il Papa vi si pieghi, quando pur la comunità cristiana debba
-avere, come ogni Stato ben costituito, un solo e supremo giudice.[865]
-Nè manca il caso, in cui lo deve anche deporre, se il Papa, poniamo,
-sia caduto in eresia, ed i cardinali ed i vescovi, non che richiamarlo
-sulla buona strada, si uniscano a lui.[866]
-
-Ma come può darsi codesto caso? Che cosa è mai l'eresia? Ed a quali
-caratteri si scopre? E chi dovrà riconoscerla? Non forse il canonista,
-che ben sa quali dottrine sieno state condannate dalla Chiesa e quali
-no? E quale più autorevole canonista del Pontefice, che non pure può
-interpetrare i vecchi canoni, ma crearne di nuovi? E come mai chi è
-chiamato a definir l'eresia può cadervi dentro? E poniamo che vi cada,
-chi può giudicarlo? E se egli è eretico, saranno altresì quelli che gli
-prestano obbedienza? Codeste quistioni furono già discusse dall'Occam
-nelle opere precedenti, ma ora nella prima parte del Dialogo vi ritorna
-su, dibattendole con maggior larghezza ed ordine.[867] Non può cader
-dubbio sulle sue opinioni, sebbene dichiari di non manifestarle, per
-tema che altro le abbracci sull'autorità di lui, o le rifiuti in _odium
-auctoris_.[868] L'eresia secondo l'Occam, è un domma falso contrario
-alla fede ortodossa, attestata non pure dalle sacre carte, ma benanco
-dalla tradizione della Chiesa,[869] ed eretico è quel cristiano, che
-pertinacemente erri o dubiti di codesta fede.[870] Decidere quale
-dottrina sia eretica e se altri sia caduto in eresia spetta ai teologi,
-non ai canonisti, come si pretendeva dagli aderenti di Giovanni XXII;
-perchè i canonisti ben conoscono le regole di procedura da osservare
-nei giudizii di eresia, e il modo di accusare, e le pene da infliggere;
-ma se non sono teologi, ignorano le più riposte ragioni della fede,
-nè sanno riconoscere quello che vi contraddica, nè possono dare da
-per loro l'esatta interpretazione dei canoni.[871] Anche il Papa
-stesso, quando sia sfornito di studii teologici, non solo non sa
-dare autorevole sentenza intorno agli eretici, ma egli medesimo può
-cascare in eresia, come lo provano gli esempi e le ragioni.[872] Ed in
-tal caso non manca chi possa e debba giudicare il Papa, perchè al di
-sopra di lui sta la Chiesa universale. E se fia impossibile che tutti
-i cattolici si raccolgano in assemblea, farà le loro veci il Concilio
-generale, il quale non ha d'uopo dell'invito del Papa per adunarsi,
-quando gl'interessi della fede lo richieggano.[873] E codesto Concilio,
-accertata l'eresia del Papa, deve espellerlo dalla sede, spogliarlo
-d'ogni dignità ecclesiastica e consegnarlo, se occorre, al braccio
-secolare come farebbe di qualunque altro eretico. E dove il Concilio
-non si possa riunire, nè altra autorità ecclesiastica ne faccia le
-veci, spetterà, come dicemmo più sopra, ai laici ed alle potestà
-secolari di salvare la fede.[874]
-
-Intorno a codesta preminenza del Concilio, l'Occam va pienamente
-d'accordo con Marsilio da Padova; ma dissente da lui intorno al
-primato del vescovo romano. L'animoso minorita non è certo tenero
-della supremazia papale, e spende un libro intero del Dialogo per
-discutere se convenga all'università dei fedeli il governo di un solo.
-E benchè non neghi i vantaggi della monarchia, pure dichiara in certi
-casi preferibile l'aristocrazia; nè teme che la pluralità dei capi
-possa recar danno alla forza e compattezza della Chiesa.[875] Ma ciò
-non pertanto non gli basta l'animo di accettare le teorie storiche
-di Marsilio, secondo le quali nè S. Pietro avrebbe avuto da Cristo
-il primato sugli altri apostoli, nè avanti a Costantino il vescovo
-di Roma avrebbe esercitato alcun potere sugli altri vescovi. E gli
-argomenti addotti nel _Defensor pacis_ in sostegno di codeste teorie
-ei li combatte ad uno ad uno,[876] ed apertamente dichiara che la
-dottrina del primato romano è una costante tradizione della Chiesa, a
-cui s'ha da prestare piena fede.[877] Nè s'ha da credere che codesta
-prova non sia secondo le convinzioni dell'Occam, perchè invece va
-d'accordo col suo principio fondamentale, che la tradizione cattolica,
-continua e costante, è l'unico e saldo criterio di verità. Può fallire
-il Papa; dice l'Occam, e non meno di lui il Collegio dei cardinali; può
-fallire lo stesso Concilio, e forse anche in qualche momento d'oblìo la
-Cristianità tutta; ma la dottrina canonica non verrà meno per questo, e
-dopo gl'intervalli d'oscuramento brillerà di più viva luce.[878] Così
-pare assicurata la supremazia di Roma, ma i principii da cui parte
-l'Occam menano a ben altre conseguenze; perchè se non solo il Papa,
-ma il Concilio e la Cristianità tutta può fallire, non resta nulla
-di saldo all'infuori dei sacri libri. È manifesto per tal guisa come
-per diversa via l'Occam riuscisse allo stesso risultato di Marsilio,
-vale a dire alla negazione della gerarchia medievale. E così il moto
-francescano, cominciato da un dissidio interno dell'ordine minorita,
-si dilarga oltre misura, e si tramuta in opposizione implacabile contro
-l'assolutismo teocratico e nell'ordine religioso e nel politico.
-
-Dal movimento francescano furono provocate alcune sètte più o meno
-ereticali, come i flagellanti, gli apostolici, i beghini. I flagellanti
-apparvero nell'anno fatale 1260, in cui secondo i gioachimiti doveva
-aver luogo la fine del vecchio mondo. Gli apostolici, surti al tempo
-delle prime dissensioni francescane, si dettero per i soli e veri
-seguaci delle dottrine spirituali. I beghini, nati più tardi, non
-erano se non terziarii francescani, i quali mettevano la Regola al pari
-dell'Evangelo, e negavano obbedienza a qualunque autorità ecclesiastica
-non la interpetrasse a lor modo. Queste sètte solennemente condannate
-come eretiche, ci porgono la più chiara prova del fine che sortì
-l'agitazione gioachimita. E possiamo ben dire che il secondo periodo
-del movimento religioso medievale ha un corso opposto al primo,
-comincia dallo scisma e termina nell'eresia.
-
-
-
-
-CONCLUSIONE
-
-
-Pervenuti alla fine dei nostri studii possiamo riprendere la quistione
-dei rapporti, che corrono tra le eresie ed il movimento filosofico
-e politico del medio evo. Codesto movimento era indirizzato a tre
-scopi, che sono la libertà del pensiero, l'autonomia dello Stato, la
-riabilitazione della vita. In quanto al primo punto non si può negare
-che le discussioni e le polemiche religiose valevano a scuotere le
-menti dal loro torpore dommatico, e già notammo parziali contatti tra
-i filosofi e gli eretici. Il capo degli Arnaldisti, ad esempio, era
-discepolo fido di Abelardo, e coi gioachimiti si unirono apertamente
-gli scolari di Amorico di Bena e di Davide di Dinant. Ma in verità
-codesti contatti sono o accidentali, o sforzati. Quanta opposizione
-corresse tra il pensiero di Gioacchino e quello di Amorico lo
-dimostrammo più sopra, e più sopra notammo che gli Arnaldisti fuori
-di un punto solo erano del tutto ligi ai dommi tradizionali, nè v'ha
-ricordo che l'intendessero nel modo razionalistico di Abelardo. Ora
-aggiungiamo che qualunque delle eresie fosse prevalsa, non esclusa la
-valdese, non sarebbe stata meno infesta alla libertà del pensiero, e
-vedemmo con quanto disprezzo e sospetto parli Gioacchino della scienza.
-Nè va taciuto che alcune delle eresie, principalmente la catara,
-erano fatte per favorire le credenze superstiziose, che maggiormente
-ripugnano alla sana ragione, come a dire la fede nel diavolo e nelle
-stregonerie. Lo stesso possiamo dire per quel che riguarda l'autonomia
-dello Stato. Certo tutti codesti eretici, benchè discordi tra loro,
-s'uniscono nel combattere la mondanità della Chiesa, e contro il potere
-temporale dei Papi e la voluta donazione di Costantino levano unanimi
-la voce; ma un'azione diretta dell'eresia sul partito ghibellino
-non c'è stata, almeno fino a Ludovico il Bavaro. E ricordo che se
-da una parte gl'imperatori, non escluso Federico II, furono aperti
-persecutori dell'eresia, dall'altra i gioachimiti tennero Federico
-per l'Anticristo. Finalmente intorno al terzo punto, la riabilitazione
-della vita, gli eretici di qualunque setta vi si opponevano con maggior
-vigore degli ortodossi; imperocchè notammo che nelle più opposte
-scuole dominava il medesimo ascetismo. Le due correnti adunque, la
-razionalistica e l'eretica, si tennero bene distinte, come ha già
-notato il Reuter; ma nella fine del secondo periodo parve che si
-ricongiungessero, perchè l'Occam, capo della scuola nominalistica,
-fu altresì strenuo difensore della causa di Ludovico il Bavaro, e uno
-dei più autorevoli tra i dissidenti francescani, che insorsero contro
-l'assolutismo della Curia romana. Se non che l'Occam non apparteneva
-a nessuna delle sètte eretiche da noi studiate, neanco a quella dei
-gioachimiti, le cui opinioni sul terzo stato egli non insegnò mai.
-E se pure eretica s'ha da dire la sua dottrina, certo è un'eresia
-che ha uno stampo suo proprio, un carattere più sano e meno mistico
-delle precedenti. Per tal guisa il pensiero dell'Occam sopravvive, ed
-anche oggi se ne trova una traccia nei vecchi cattolici, laddove le
-eresie medievali, l'una dopo l'altra, scomparvero tutte, alcune per
-non risorgere più, altre per rifiorire rielaborate e trasformate nella
-Protesta.
-
-
-
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-TESTI INEDITI
-
-PUBBLICATI FRAMMENTARIAMENTE NELLE NOTE
-
-
- JOACHIM — _De ultimis tribulationibus_, cod. laur. XI, plut. IX,
- dex. Santa Croce (pag. 315, nota 1).
-
- JOACHIM — _De articulis fidei_, cod. suddetto (pag. 316, nota 1).
-
- JOACHIM — _Epistola_, cod. laur. XLI, plut. LXXXIX inf. (p. 318, n.
- 1).
-
- ANONIMO — _Cronaca delle Tribolazioni_ (pag. 420, nota 1; p. 431,
- nota 1 e 2; pag. 433, n. 3; pag. 437, n. 2; pag. 440, n. 2; pag.
- 479, n. 1; pag. 481, n. 1; pag. 483, n. 2; pag. 485, n. 2; pag.
- 486, n. 1; pag. 487, n. 1; pag. 488, n. 1; pag. 491, n. 2; pag.
- 492, n. 1; pag. 493, n. 1 e 2; pag. 494, n. 3; pag. 501, n. 1; pag.
- 502, n. 2; pag. 504, n. 1 e 2; pag. 506, nota 1; pag. 511, n. 2 e
- 3).
-
- _Processo verbale della Commissione d'Anagni_ — Codice della
- Sorbona 1726 (pag. 468, nota 1 e 2; pag. 469, n. 2; pag. 471, n. 1;
- pag. 475, n. 1).
-
- _Opuscoli di P. Giovanni Olivi_ — Codice Laurenziano III, plut.
- XXXI (pag. 489, n. 1).
-
- _Cronaca di Niccolò Minorita_ — Codice Magliabechiano, Classe
- XXXIV, num. 76 (pag. 530, n. 1; pag. 531, n. 1).
-
-
- Ai passi già riferiti del codice della Sorbona 1726 mi sia lecito
- aggiungere quest'altro molto importante per la bibliografia
- gioachimitica (carte 143 _tergo_):
-
-
- Item in tractatu (qui c'è una lacuna nel codice) Evangelia exponens
- illud de Symeone presentato Christo in templum die Purificationis
- ait: Itaque senex iste justus et timoratus ratione presules
- designat, in quibus donante Deo manet usque in finem promissio
- ista Domini dicentis Petro: Ego rogavi ut non deficiet fides
- tua. Semper enim Petri successio affectat videre completum quod
- praedicat, et cum dabitur ei videre quod optat, ut videlicet infra
- videat consumatum donum Spiritus Sancti in populo christiano,
- sicut futurum credimus in adventu Heliae, qui venturus est omnia
- consumare, videns sanctum illum ordinem, quem Ecclesia spiritualis
- peperit quasi de abditis praesepii locis venientem ad lucem,
- accipiet eum in ulnas fidei et dilectionis suae et pronunciabit in
- eo illum esse vivificantem spiritum, in quo est salus mundi, qui et
- loquetur in eo ad praedicandum evangelium regni in universo mundo.
- Illud scilicet evangelium de quo dicit Joannes in Apoc. XIII: vidi
- angelum volantem per medium coeli, et datum est illi evangelium
- aeternum. Sed quare vel a Domino dicitur evangelium regni, vel a
- Joanne evangelium aeternum nisi quia id quod mandatum est nobis
- a Christo vel apostolis secundum fidem sacramentorum, quantum ad
- ipsa sacramenta transitorium est et temporale, quod autem per ea
- significatur, aeternum.
-
- Sfortunatamente il codice ha una lacuna dove si citava il
- titolo dell'opera, da cui i giudici di Anagni tolsero il
- passo surriferito. Ma noi possiamo congetturare che essa sia
- l'Esposizione dei quattro Evangeli, ricordata dal Salimbene
- (pag. 124): Anno Domini MCCXLVIII cum essem cum fratre Hugone in
- Provincia Provinciae apud castrum Arearum, ubi Saccati sumpserunt
- initium, et ubi habitabat frater Hugo, accepi ab eo quod habebat de
- expositione abbatis Joachim super quatuor Evangelistas.
-
- Non ostante che questa opera sia citata dai giudici di Anagni non
- posso tenerla per autentica, perchè Gioacchino nelle opere genuine
- non parla mai dell'_Evangelo eterno_ in modo così esplicito,
- come nel passo surriferito. E la falsità mi pare più manifesta,
- quando confronto questo passo coll'analogo della _Concordia_,
- ove è commentato lo stesso testo di S. Luca (_Conc._, V, 43, fol.
- 80, col. 3-4): Symeon suscipiens natum Christum dixit «Lumen ad
- revelationem gentium» et quod subjunxit «ad gloriam plebis tuae
- Israel» ad illos Israelitas referendum est, qui credituri sunt per
- verbum in fine postquam introiret plenitudo gentium.
-
-
-
-
-INDICE
-
-
- AVVERTENZA Pag. VII
-
- INTRODUZIONE — _Il movimento intellettuale contemporaneo
- dell'eresia_.
-
- I. Primo periodo della scolastica. Nominalismo. Realismo.
- Concettualismo 1-18
- II. Condizioni politiche e religiose che preparano il
- secondo periodo della scolastica 18-25
- III. Secondo periodo della scolastica. Tomismo e
- Scotismo 26-42
- IV. Oppositori del Tomismo 43-46
- V. Influsso del Tomismo sulla letteratura. Dante 46-57
- VI. Terzo periodo della scolastica. Parallelo fra Dante e
- Petrarca 57-71
-
- LIBRO I
- DALL'ERESIA ALLO SCISMA
-
- CAPITOLO PRIMO — _I Catari_.
-
- I. I dommi del Catarismo 73-83
- II. Polemiche catare 84-87
- III. Dottrine morali dei Catari 87-93
- IV. Culto esterno e gerarchia 93-99
- V. Origine del Catarismo 100-107
- VI. Durata, diffusione, intensità del movimento
- cataro 108-125
- VII. Valore del Catarismo 126-134
-
- CAPITOLO SECONDO — _I Valdesi_.
-
- I. Rapporto tra Catari e Valdesi 134-150
- II. Precursori dei Valdesi 150-164
- III. Pietro Valdez e l'opera sua 165-174
- IV. Dottrine primitive dei Valdesi 174-192
- V. Dottrine posteriori e rottura definitiva col
- Cattolicismo 192-206
-
- CAPITOLO TERZO — _Patarini ed Arnaldisti_.
-
- I. Storia dei Patarini sino alla morte di Erlembardo 207-228
- II. La lotta delle investiture 228-231
- III. Arnaldo da Brescia. Sua vita 231-246
- IV. Dottrine di Arnaldo e degli Arnaldisti 246-256
- V. Riassunto del primo periodo 257-259
-
- LIBRO II
- DALLO SCISMA ALL'ERESIA
-
- CAPITOLO PRIMO — _L'abbate Gioacchino_.
-
- Preambolo 261-262
- I. Vita e carattere dell'abbate Gioacchino 262-291
- II. Le opere autentiche e le spurie 291-318
- III. Esposizione del _Decacordo_ e della _Concordia_ 319-352
- IV. Il Commento all'_Apocalisse_ 353-373
- V. La dottrina dell'abbate Gioacchino 373-387
- VI. Origine del Gioachimismo 387-409
-
- CAPITOLO SECONDO — _Amorico di Bena ed il movimento
- francescano_.
-
- I. Amorico e gli Almariciani 409-419
- II. L'ordine francescano durante la vita del suo
- fondatore 419-435
- III. I primi dissidii francescani. Il generale frate
- Elia ed i suoi oppositori 435-448
- IV. Giovanni da Parma e l'_Evangelo eterno_ 449-483
- V. Pier Giovanni Olivi ed Ubertino da Casale 484-514
- VI. La lotta dei francescani contro Giovanni XXII.
- Michele da Cesena e Guglielmo Occam 514-555
-
- CONCLUSIONE — _Valore dell'eresia medievale_ 557-559
-
-
-Diversi errori sono sfuggiti nella stampa, i quali saranno facilmente
-avvertiti dal sagace lettore. A me preme notare questi soli, che
-guastano il senso:
-
- ----+-----+----------------------------+-----------------------------
- Pag.| Lin.| ERRORI | CORREZIONI
- ----+-----+----------------------------+-----------------------------
- | | |
- 201 | 1 | Ma la celebrazione della | Dicemmo più sopra che
- | | messa per parte dei laici | secondo i Valdesi ad ogni
- | | | laico era dato di celebrar
- | | | la messa; ma codesta
- | | | celebrazione
- | | |
- 372 | 7-9 | Roma, non in quanto | Roma, in quanto rappresenta
- | | rappresenta la Chiesa, ma | non la Chiesa, bensì
- | | bensì la moltitudine dei | la moltitudine dei reprobi,
- | | reprobi non si raccoglie | la quale non si raccoglie
- | | |
- 481 |14-15| non solo come gioachimita | non solo quale capo del
- | | bensì quale capo del | partito intransigente,
- | | partito intransigente | bensì come gioachimita
-
-
-
-
-NOTE:
-
-
-[1] Giovanni Scoto Erigena nacque in Irlanda (Scotia major) sul
-cominciare del secolo nono. Carlo il Calvo non molto dopo il suo
-innalzamento al trono (843) lo chiamò a dirigere la scuola palatina, e
-più tardi gli commise di tradurre dal greco le opere del pseudo Dionigi
-l'Areopagita. Indarno il papa Niccolò I si dolse che questa traduzione
-fosse pubblicata prima di venire sottoposta alla censura. Scoto morì
-in Francia intorno all'anno 877. Secondo l'Hauréau la fine tragica in
-Inghilterra attribuitagli dagli storici è una favola nata dallo scambio
-di due omonimi.
-
-[2] Le immagini adoperate da Scoto sono tutte improntate all'emanatismo
-neoplatonico. _De divis. nat._, IV, 5: pag. 311 Est autem generalissima
-quaedam et communis omnium natura, ab uno omnium principio creata; ex
-qua veluti amplissimo fonte per poros occultos corporales creaturae
-velut quidam rivuli derivantur, et in diversas formas singularum rerum
-eructant. Nè crediate che questa _communis natura_ sia una cosa diversa
-dal _principium_. Basterebbero tra mille questi due passi a mostrarne
-l'identità, III, 23: pag. 249 Creatur enim a se ipsa in primordialibus
-causis, ac per hoc se ipsam creat, hoc est in suis theophaniis incipit
-apparere, ex occultissimis naturae suae sinibus volens emergere III,
-17: pag. 238 Proinde non duo a se ipsis distantia debemus intelligere
-Dominum et creaturam, sed unum et id ipsum. Nam et creatura in Deo est
-subsistens, et Deus in creatura mirabili et ineffabili modo creatur....
-omnia creans in omnibus creatum, et omnium factor factum in omnibus.
-Scoto Erigena è il primo rappresentante di quell'indirizzo filosofico,
-che attribuisce una realtà a sè ai concetti universali. Ac per hoc
-intelligitur quod ars illa, quae dividit genera in species, et species
-in genera resolvit, non ab humanis machinationibus sit facta, sed in
-natura rerum ab auctore omnium artium, quae vero artes sunt, condita.
-_De divis. nat._, IV, 4, pag. 310. Cito l'ediz. del 1838 pubblicata in
-Münster.
-
-[3] ANSELM. _De fide Trinit._, cap. 2. Illi utique nostri temporis
-dialectici imo dialectice haeretici, qui non nisi flatum vocis putant
-esse universales substantias. Non metto in dubbio che l'espressione
-_flatus vocis_ sia stata usata da Roscellino, il quale nella
-disputa contro i Realisti ebbe i suoi buoni motivi di opporre ad
-un'affermazione assoluta un'assoluta negazione. Dal che non segue
-però che si debba intendere alla lettera questa espressione polemica,
-come se Roscellino tenga gli universali per puri nomi, ai quali non
-corrisponda neanche un concetto.
-
-[4] ABELARDO nel trattato _De Divis. et definit._ (_Ouv. inéd.
-d'Abélard_, pars V. Cousin, 1836, p. 471). Fuit autem, memini, magistri
-nostri Roscellini tam insana sententia, ut nullam rem partibus constare
-vellet sed sicut solis vocibus species, ita et partes adscribebat.
-In altre parole la scomposizione del tutto nelle sue parti (quando la
-totalità è organica), è un processo puramente intellettivo. In realtà
-non si può staccare una parte dall'altra senza distruggere la parte
-stessa, come ad esempio un membro divelto dall'organismo non è più cosa
-vivente, ma materia inerte. Ma se si considera la cosa più da vicino,
-il vero nominalista non può ammettere questa forza misteriosa, che
-conferisce alle parti un nuovo valore, e le trasforma in membra vive
-di una totalità ideale. Il vero indivisibile per il nominalista non è
-dunque il tutto, ma ciò che non ha parti di sorta. Questo è lo schietto
-individuo, ente semplice, che resta sempre eguale a sè medesimo, benchè
-la mente nostra guardandolo da varî aspetti, possa artificiosamente
-dividerlo in altrettante porzioni.
-
-[5] S. Tommaso nella _Summa Theolog._ I, _Quaest._ II, art. 1, ricorda
-evidentemente il celebre argomento di S. Anselmo: Sed intellecto quid
-significet hoc nomen _Deus_, statim habetur quod Deus est. Significatur
-enim hoc nomine id quo majus significari non potest: majus autem est
-quod est in re et in intellectu, quam quod est in intellectu tantum:
-unde cum intellecto hoc nomine _Deus_, statim sit in intellectu,
-sequitur etiam quod sit in re. E lo combatte in questo modo: forte ille
-qui audit hoc nomen _Deus_ non intelliget significari aliquid, quo
-majus cogitari non possit, cum quidam crediderint Deum esse corpus.
-Dato etiam quod quilibet intelligat hoc nomine _Deus_ significari
-hoc quod dicitur, scilicet illud quo majus cogitari non potest, non
-tamen propter hoc sequitur quod intelligat id quod significatur per
-nomen, esse in rerum natura sed in apprehensione intellectus tantum.
-All'Aquinate non isfuggirono certo i pericoli dell'identificazione
-del reale coll'ideale, e di quel semirazionalismo che ne era la
-conseguenza, ed il meglio che potesse vi si oppose. Valga ad esempio
-il confronto delle due interpretazioni del domma della Trinità. S.
-Anselmo nel _Monol._ cap. 47, scrive: At si ipsa substantia Patris
-est intelligentia, et scientia, et sapientia et veritas, consequenter
-colligitur quia sicut Filius est intelligentia et scientia et sapientia
-et veritas paternae substantiae, ita est intelligentia intelligentiae,
-scientia scientiae. Cap. 49: Quam enim absurde negetur summus spiritus
-se amare sicut sui memor est, et se intelliget!.... otiosa namque et
-penitus inutilis est memoria et intelligentia cujuslibet rei, nisi
-prout ratio exigit, res ipsa ametur vel reprobetur. La qual dottrina
-mena a questo risultato, che non solo l'essenza, ma anche le funzioni
-delle tre persone sono identiche; onde se è salva l'unità di natura,
-corre pericolo la trina distinzione, o per parlare il linguaggio di S.
-Tommaso: Sed secundum Anselmum sicut Pater est intelligens et Filius
-est intelligens, et Spiritus Sanctus est intelligens; ita Pater est
-dicens, Filius est dicens, et Spiritus Sanctus est dicens, et similiter
-quilibet eorum dicitur. Ergo nomen Verbi _essentialiter_ dicitur in
-divinis et non _personaliter_. Il che non è vero, perchè sicut Verbum
-non est commune Patri et Filio et Spiritui Sancto ita non est verum
-quod Pater et Filius et Spiritus Sanctus sint _unus dicens_ (_S.
-T._, I, quaest. XXXIV, art. 1). Questa risposta mostra il metodo di
-S. Tommaso, che è tutto fondato sull'autorità. Se nei libri canonici
-è scritto il Verbo non esser comune al Padre ed allo Spirito, la
-relazione, che viene rappresentata dal Verbo, non può attribuirsi alle
-altre persone. E qualunque sieno i bisogni della Ragione debbono tacere
-innanzi alla sacra testimonianza, la quale sola ci può dar contezza dei
-misteri divini. Per rationem igitur naturalem cognosci possunt de Deo
-ea quae pertinent ad unitatem essentiae, non autem ea quae pertinent ad
-distinctionem personarum (Ivi, qu. XXXII, art. 1).
-
-[6] SCOTO ERIG., _De divis. nat._, II, 22, pag. 124. Patri dat
-(Theologia) omnia facere, Verbo dat omnes.... primordiales rerum
-causas aeternaliter fieri: Spiritui dat ipsas primordiales causas in
-Verbo factas in effectus suos foecundatas distribuere. V, 25, pag.
-479. Ac si aperte diceret: Si Dei sapientia in effectus causarum, quae
-in ea aeternaliter vivunt, non descenderet, causarum ratio periret;
-pereuntibus enim causarum effectibus nulla causa remaneret, sicuti
-pereuntibus causis nulli remanerent effectus.
-
-[7] Molti scrittori distinguono il nominalismo di Roscellino dal
-concettualismo di Abelardo riferendosi al noto passo di Giovanni
-Saresberiense (_Metalogicus_, II, 17, pag. 814, Amstelaedami 1664)
-alius sermones intuetur et ad illos detorquet quicquid alicubi
-meminit scriptum; in hac autem opinione deprehensus est Peripateticus
-Palatinus, Abaelardus noster. La testimonianza di Giovanni (nato a
-Salisbury intorno al 1110 o 20, morto vescovo di Chartres nel 1180)
-è molto importante, comecchè ei fusse discepolo di Abelardo tra il
-1136 e il 1148, e degli scrittori di quell'età l'unico che studiasse
-di giudicare spassionatamente le opposte scuole, senza abbracciarne
-alcuna. È da supporre adunque che una differenza interceda tra il
-nominalismo di Roscellino e il concettualismo di Abelardo. Il primo
-per opporsi bruscamente ai realisti disse gli universali pure voci,
-senza ricercare nè se a questi nomi corrispondano concetti determinati,
-nè se questi concetti sieno formati dalla nostra mente in un modo
-arbitrario ovvero necessariamente. Abelardo definì meglio la dottrina
-nominalistica riempiendo questi vuoti. Gli universali _ut sic_ non sono
-entità reali, bensì concetti che il nostro intelletto non può a meno di
-formare sulla scorta dei reali rapporti di somiglianza ed affinità tra
-i varî esseri della natura.
-
-[8] Vedi la commovente confessione ad Eloisa che comincia: Heloisa
-quondam mihi in seculo cara, nunc in Christo carissima. (_Opp._, ed.
-Cousin, I, 680).
-
-[9] Roscellino, non ammettendo altre realtà dagli individui in fuori,
-dovea profondamente modificare il senso tradizionale del domma della
-Trinità. E gli erano aperte due vie. O far ritorno al monoteismo
-ebraico, tenendo la distinzione delle persone per un fatto subbiettivo
-nato dalla necessità in cui si trova l'intelletto nostro di guardare da
-tre aspetti diversi ciò che pure è uno in sè; ovvero fare delle persone
-tre individui distinti, la cui unità, puramente nominale, stia nella
-conformità perfetta dei pensieri e voleri. Quest'ultimo partito sceglie
-Roscellino, come ne attesta Sant'Anselmo _De fide Trin._ c. 3. Tres
-personae sunt tres res sicut tres angeli aut tres animae, ita animae,
-ut voluntas et potentia omnino sint idem. L'eresia dunque di Roscellino
-è il Triteismo di Giovanni Filopono non certo il Monarchianismo di
-Sabellio.
-
-[10] S. Bernardo nella lettera a Innocenzo II (Ep. 330) chiama Abelardo
-Pier Dragone per metterlo a paro con Pierleone, l'antipapa Anacleto.
-Evasimus rugitum Petri Leonis, sedem Simonis Petri occupantem; sed
-Petrum Draconem incurrimus, fidem Simonis Petri impugnantem. Gioco di
-parole, che delicatamente ricordava al Papa i servigi prestati al tempo
-dello scisma. V. lett. 189. Leonem evasimus sed incidimus in draconem,
-qui non minus forsan nocet in insidiis quam ille rugiens de excelso.
-
-[11] _Introd. ad Theolog._, _Opp._, ed. Cousin, Parigi 1859, II,
-pag. 78. Nec quia Deus id dixerat creditur, sed quia hoc sic esse
-convincitur, recipitur.... At nunquam, si fidei nostrae primordia
-statim meritum non habent, ideo ipsa prorsus inutilis est judicanda,
-quam postmodum charitas subsecuta obtinet, quod illi defuerat.... Nec
-quod levitate geritur, stabilitate firmabitur. Unde et in Ecclesiastico
-scriptum est: Qui cito credit levis est corde et minorabitur.
-
-[12] Op. cit., pag. 12 Videtur autem nobis suprapositis trium
-personarum nominibus summi boni perfectio diligentur esse descripta....
-Patris quippe nomini divinae magistratis potentia designatur,
-qua videlicet quidquid velit efficere possit.... Filii vero Verbi
-appellatone sapientia Dei significatur quia scilicet cuncta discernere
-valeat, ut in nullo penitus decipi queat. At vero Spiritus Sancti
-vocabulo ipsa ejus charitas seu benignitas exprimitur, qua videlicet
-optime cuncta vult fieri seu disponi. Lo Spirito Santo non vuol
-dire un rapporto di Dio a sè medesimo, ma ad altro. _Introd._ pag.
-101: Procedere quod est Deum se per caritatem ad alternum extendere.
-Quodammodo enim per amorem unusquisque ad alterum procedit, cum proprie
-nemo ad seipsum caritatem habere dicatur. Notisi anche questo passo che
-pare scritto dall'Erigena. _Theol. Christ._, I, 5, pag. 379: Bene autem
-Spiritum Sanctum animam mundi, quasi vitam universitatis Plato posuit.
-Quest'ultima opinione, così acerbamente censurata da S. Bernardo
-(Lettera citata: Dum multum sudat quommodo Platonem faciat christianum,
-se probat ethnicum) fu tolta a principale argomento d'accusa nel
-Concilio di Sens, e poi sconfessata da Abelardo nel trattato _De
-divisione et definitione_ (_Ouvrages inédites d'Abélard_ par V. Cousin,
-Paris 1836, p. 475). Sed haec quidem fides platonica ex eo erronea
-esse convincitur quod illam quam mundi animam vocat, non coeternam Deo
-sed a Deo, more creaturarum, originem habere concedit. Spiritus enim
-Sanctus ita in perfectione divinae Trinitatis consistit, ut tara Patri
-quam Filio consubstantialis et coaequalis et coaeternus esse a nulla
-fidelium dubitetur. Dal che il Cousin ha benissimo dedotto che questo
-trattato è posteriore alla _Teologia_, e scritto dopo il Concilio di
-Sens. Il libro dunque della _Dialettica_ citato nella _Teologia_ non
-può essere questo _de divisione_ pubblicato dal Cousin.
-
-[13] _Theolog. christ._, V, pag. 566: Necessario itaque Deus mundum
-esse voluit, nec otiosus extitit, quia eum priusquam fecit facere non
-potuit.
-
-[14] _Comm. in Epist. ad Rom._, II, pag. 238: Magis hoc ad poenam
-peccati,... quam ad culpam animi et contemptum Dei referendum videtur.
-Imperocchè (_Eth._, c. 13, pag. 615) non est peccatum nisi contra
-conscientiam. In questo punto (sia detto per incidenza) Abelardo
-rasenta il Kant (_Eth._, cap. 7): Opera omnia in se indifferentia sunt
-nec nisi pro intentione agentis vel bona vel mala dicenda sunt.
-
-[15] _Comm. in Epist. ad Rom._, II, pag. 207: Est illa summa in nobis
-per passionem Christi dilectio, quae non solum a servitute peccati
-liberat, sed veram nobis filiorum Dei libertatem acquirit; ut amore
-ejus potius quam timore cuncta impleamus.
-
-[16] _Theol. Christ._, I, 2.
-
-[17] Sui fratelli Thierry e Bernardo, bretoni, nati a Moclan presso
-Quimperlé, vedi HAURÉAU, _Histoire de la Phil. scolastique_, Première
-partie, Paris 1872, pag. 392. L'Hauréau ha dimostrato che il vero
-autore del rinnovato realismo è Thierry, e che Bernardo nell'opera
-sua, recentemente pubblicata dal Barach (_Bernardi Silvestris De mundi
-universitate libri duo seu Megocosmus et Microcosmus_, Innsbruck 1876)
-non fa se non una parafrasi poetica delle dottrine insegnategli dal
-fratello. Lo scritto di Thierry intitolato _De sex dierum operibus_ ci
-è pervenuto mutilato, non più che il primo libro e parte del secondo,
-tuttora inediti. Dai frammenti pubblicati dall'Hauréau riproduco
-questo che espone in forma concisa il più schietto panteismo (pag.
-402): Unitas ipsa divinitas est. At divinitas singulis rebus forma
-essendi est, nam sicut aliquod ex luce lucidum est, vel ex calore
-calidum, ita singulae res ex divinitate esse suum sortiuntur. Unde Deus
-totus et essentialiter ubique esse vere perhibetur, unde vere dicitur
-omne quod est ideo est quia unum est. Bernardo nel _Megocosmo_ non è
-meno esplicito (Barach. pag. 30). Rerum porro universitas mundus nec
-invalida senectute decrepitus, nec supremo est obitu dissolvendus, cum
-de opifice causaque operis, utrisque sempiternis, de materia formaque
-materiae, utrisque perpetuis, ratio cesserit permanendi. Usia namque
-primarie aeviterna, et perseveratio fecunda pluralitatis simplicitas.
-Una est, sola est, ex se vel in se tota natura Dei. E qui torna la
-vecchia imagine neoplatonica già usata da Thierry. Ex ea igitur luce
-inaccessibili splender radiatus emicuit.... Bernardo nato forse un
-dieci anni più tardi di Guglielmo di Champeaux (intorno al 1080) gli
-sopravvisse circa quaranta. Guglielmo morì nel 1121, Bernardo il 1161,
-diciannove anni più tardi di Abelardo, del quale una tradizione lo fa
-scolare (CHARLES DE REMUSAT, _Abélard_, I, 272).
-
-[18] Guglielmo nato a Conches in Normandia, insegnò per lungo tempo
-a Parigi, ove morì nel 1154. Oltre al commento del Timeo e del
-_De Consolatione_ di Boezio scrisse la _Philosophia mundi_, che fu
-pubblicata sotto il nome di Beda nelle opere di questo padre, e sotto
-il nome di Onorato d'Autun nel tom. XX della _Maxima Bibliotheca
-patrum_. Se Guglielmo fosse stato conseguente a sè medesimo, avrebbe
-dovuto, come bene avverte l'Hauréau, fare una confessione panteistica
-non diversa da quella di Thierry e Bernardo. In verità se lo Spirito
-Santo è l'anima del mondo, altrettanto deve dirsi di Dio Padre, con
-cui lo Spirito è tutt'uno in essenza. Ma Guglielmo non che ridursi
-a questo stremo, difende invece con grave inconseguenza il dualismo
-ortodosso. E vedi stranezza di casi! Mentre i fratelli Carnotensi
-non patirono nessun danno delle loro audaci e franche rivelazioni, il
-filosofo di Conches per lo contrario, molto più timido e circospetto
-di loro, fu fatto segno agli assalti dei zelanti. A capo dei quali si
-mise Guglielmo di S. Thierry, cui si aggiunse Gualtiero da S. Victor,
-ed entrambi chiamarono in aiuto S. Bernardo, per ischiacciare il capo
-del nuovo basilisco, che era pur mo' nato dal triste seme dell'antico.
-Però non fu convocato un concilio, bensì s'impose all'accusato la
-pronta ritrattazione, che ei fece nel dialogo intitolato _Dragmaticon
-Philosophiae_ (HAURÉAU, I, pag. 432).
-
-[19] Gilberto, nato a Poitiers, era nel 1135 cancelliere della chiesa
-di Chartres. Nel 1140 scolastico di S. Ilario in Poitiers, e l'anno
-appresso vescovo di quella diocesi. Il suo libro _Dei sei principii_
-che tratta diffusamente delle sei ultime categorie toccate di volo
-da Aristotile, ebbe tal successo, che fino al secolo XVI fu sempre
-unito al pari dell'Isagoge porfiriana al trattato aristotelico. Nel
-commento al _De Trinitate_ del pseudo Boezio è svolta la dottrina
-realistica, che il contemporaneo Giovanni di Salisbury espone nel
-seguente modo (_Metal._, II, 17, pag. 817): Est autem forma nativa
-originalis exemplum, et quae non in mente Dei consistit, sed in
-rebus creatis inhaeret. Haec greco eloquio dicitur εῖδος habens se ad
-idaeam ut exemplum ad exemplar; sensibilis quidem in re sensibili,
-sed mente concipitur insensibilis; singularis quoque in singulis,
-sed in omnibus universalis. Queste forme sono la vera realtà, e non
-sono esse nelle cose, ma piuttosto le cose in loro. Egli è ben certo
-che nel nostro mondo la forma non si può staccare dalla materia se
-non mentalmente; onde i due fattori sono talmente intrinsecati, da
-poter chiamare sensibile o singola la forma, in quanto si manifesta
-e determina nelle cose individuali. Ma badiamo bene, l'individuo
-non è nulla di originario, bensì il risultato della complicazione
-di fattori universali. La saggezza, la forza d'animo, la figura di
-Sileno ecc., formano quel tutto che si chiama Socrate, ma ciascuno
-di questi fattori considerato da per sè è un universale che può
-trovarsi anche in Platone ed Aristotile. Questo tutto così composto
-si può dire _substans_, in quanto è il soggetto degli accidenti; il
-che non importa che sia la vera sostanza, perchè anzi in tanto esiste
-in quanto ha per sè una parte di quell'ουσία che è l'universale.
-L'applicazione teologica è la seguente, che io tolgo dall'Hauréau
-pag. 472: Dieu est ainsi que Socrate un individue du genre de la
-substance; et comme la raison d'être de Socrate est l'humanité qui
-vit en lui, de même doit-on distinguer ce qui est Dieu, ce Dieu, de
-la forme essentielle qui est la Divinité. Même raisonnement sur les
-personnes divines. Elles se distinguent de l'essence et cependant elles
-participent non seulement de la même essence, mais encore de la même
-subsistance. Ce parquoi les personnes diffèrent entre elles est en
-elles un principe di distinction formelle. In altre parole Dio come
-tutti gl'individui risulta da fattori od elementi universali. Uno di
-questi elementi è il predominante, e costituisce l'essenza di Dio,
-o la deità, analogo a quello che in Socrate chiamiamo l'umanità. Ma
-come in Socrate distinguiamo anche la saggezza, la forza di volontà e
-simili, così in Dio distinguiamo le persone. Il principio adunque di
-questa distinzione s'ha da trovare in altri fattori universali, non in
-quello che diremmo centrale, e costituisce l'unità di essenza. Quamvis
-enim in eo, quo sunt, i. e. essentia, quae de illis praedicatur sit
-eorum indifferentia, est tamen ipsorum per quaedam, quae de uno dici
-non possunt, ideoqui quae de diversis dici necesse est, differentia.
-Questa dottrina non parve meno sospetta delle precedenti. Nel 1146 due
-arcidiaconi di Gilberto Calon e Arnauld lo denunziarono come eretico al
-Papa Eugenio III. Il quale nel suo viaggio in Francia nel 1148 tenne
-un concilio, ove intervenne da promotore il terribile S. Bernardo.
-Quattro proposizioni sospette, tolte dai libri di Gilberto, furono
-sconfessate, ma non per questo si approvarono le quattro opposte di
-S. Bernardo. Bensì furono sottoposte ad esame pochi giorni dopo nel
-concilio trasferitosi a Reims, e dopo molte concessioni reciproche si
-venne a tali formole, che sebbene suonassero censure per Gilberto, pure
-non si sapeva con certezza qual parte avesse vinto se l'accusatore, o
-l'accusato. Gilberto morì nel 1154.
-
-[20] Ugo (1096-1141) ebbe a scolare Riccardo († 1173). Ed entrambi si
-chiamano vittorini dall'abbazia di S. Victor in Parigi di cui facean
-parte. Gualtiero abbate della stessa abbazia secondo Buleo (_Hist.
-univ. paris._, I, pag. 404) scrisse: contra manifestas et damnatas
-etiam in Conciliis haereses, quas sophistae Abaelardus, Lambardus,
-Petrus Pictavinus et Gilbertus Porretanus, quatuor labyrinti Franciae,
-uno spirito aristotelico afflati, libris sententiam suorum acuunt,
-limant, roborant. Visse intorno al 1180. Vedi FABRIC., a. q. n.
-
-[21] Pietro Lombardo da Lumello morto vescovo di Parigi nel 1164. Nel
-1152 pubblicò il _Liber sententiarum_, che fece poi da testo nelle
-scuole teologiche. Prima di lui Ugo da S. Vittore avea pubblicata
-la _Summa sententiarum sive eruditionis theologicae_. (_Opp._, ed.
-Rotomagi, 1648, III, 417-472). E dopo di lui Pietro di Poitiers,
-suo discepolo (morto arcivescovo nel 1205) scrisse _quinque libros
-sententiarum_. (FABRICIO, ed. fior., V, 258).
-
-[22] Giovanni da Salisbury nato tra il 1110 e il 1120, morto vescovo
-di Chartres nel 1180. I due noti libri il _Policraticus_ ed il
-_Metalogicus_ furon pubblicati nel 1159 secondo lo Schaarschmidt
-(Iohannes Sarisberiens. pag. 143 e 211). Lo stesso autore giustamente
-osserva (pag. 84): Grade darauf beruht ein grosser Theil des
-Interesses, welches man an ihm nehmen muss, dass er sich von der
-unerquicklichen Modewissenschaft der gelehrten Schulen seiner Zeit,
-der disputirenden Dialektik, zu den Alten als einer reineren Quelle der
-Geistebildung gewandt hat, und ein Vorläufer des Humanismus die Früchte
-dieser seiner classischen Studien in eigene Leistungen darzulegen
-und auszupragen bestrebt ist. (pag. 313).... von der Unzulänglichkeit
-unseres Erkennens in Bezug auf die hochsten Fragen durchdrungen, immer
-auf das praktische Gebiet der Ethik hinuber eilte. Che Giovanni penda
-per la Filosofia accademica V. _Polic._, VII, 1 e 2; 11, 22; _Metal._,
-11, 14; IV, 20.
-
-[23] Le opinioni filosofiche di Averroè s'accordavano tanto poco col
-dommatismo religioso, che la sua alta posizione sociale di Kadì di
-Cordova, e la fama che s'era acquistata colle sue faticose opere non
-lo salvarono dalle persecuzioni dei fanatici.[24] Il re Almançour,
-tolte al vecchio filosofo tutte le dignità da lui stesso e dal suo
-predecessore conferitegli, lo relegò in Lucera presso Cordova; e
-benchè per intercessione altrui gli permettesse di far ritorno in
-Marocco, gl'ingiunse pertanto di passarvi il resto dei suoi giorni
-nell'isolamento, e come in reclusione. Da quel tempo Averroè non si
-mosse più dalla capitale, dove, affranto dal destino morì nel 1198,
-in età di settantadue anni. (Era nato a Cordova nel 1126). Il MUNK
-(_Mélanges de philosophie juive et arabe_, pag. 455-56) espone in
-questi termini le opinioni del filosofo arabo: Malgré ses opinions
-si peu d'accord avec ses croyances religieuses, Ibn-Roschd tenait a
-passer pour bon musulman. Selon lui les vérités philosophiques sont
-le but plus élevé, que l'homme puisse atteindre, mais il n'y a que peu
-d'hommes qui puissent y parvenir par la spéculation et les révélations
-prophétiques, qui étaient nécessaires pour répandre parmi les hommes
-les vérités éternelles, également proclamées par la religion et la
-philosophie. Nous devons tous dans notre jeunesse nous laisser guider
-par la religion et suivre strictement ses préceptes; et si plus tard,
-nous arrivons à comprendre les hautes vérités de la religion par la
-voie de la spéculation, nous ne devons pas dédaigner les doctrines
-et les préceptes dans lesquels nous avons été élevés. Intorno
-agl'indifferenti riscontra REUTER, _Geschichte der relig. Aufklärung im
-Mittelalter_, II, 133 e segg.
-
-[24] Sul fanatismo dei Musulmani occidentali molto superiore a quello
-degli occidentali vedi DOZY, _Hist. de l'Islamisme_, Paris 1879, pag.
-340 e segg.
-
-[25] Sull'importanza che ebbe nel secolo XIII il _Fons vitae_
-dell'Avicebronio il Munk, op. cit. pag. 151, dice: Il paraît avoir
-exercé une influence notable dans les écoles chrétiennes et avoir donné
-naissance à des doctrines hétérodoxes que les théologiens jugeaient
-assez redoutables pour s'armer contre elles de tous les arguments que
-leur fournissaient les dogmes religieux et une dialectique subtile.
-Les fréquentes citations du livre _Fons vitae_ que nous rencontrons
-notamment dans les ouvrages d'Albert le grand et de S. Thomas d'Aquin,
-témoignent de la grande vogue qu'avait alors ce livre et de la profonde
-sensation que faisaient les doctrines qui y étaient développées. Lo
-stesso Munk fece l'importante scoperta che il creduto filosofo arabo
-(moro dice Bruno), del quale nessuno sapeva dire quando e dove fosse
-nato, è un poeta e filosofo ebraico ben noto, Salomon-Ibn-Gebirol,
-nome che passando per le bocche dei latini si corruppe in Avicebronio,
-nello stesso modo che Ibn-Roschd divenne Averroé, Ibn-Sina Avicenna. Il
-y a peu de noms aussi populaires parmi le Juifs que celui de Salomon
-ben-Gebirol; un grand nombre de ses hymnes se sont conservés jusqu'à
-nos jours dans la liturgie sinagogale de tous les pays. Mais tout ce
-que nous savons de certain sur sa vie, c'est qu'il était né à Malaga
-et qu'il reçut son éducation a Saragosse, où il composa en 1045 un
-petit traité de morale (pag. 155). La dottrina dell'Avicebronio,
-venne compendiata da uno scrittore ebreo di nome Ibn Faléquera, il
-quale tradusse dall'arabo i luoghi più importanti dei 5 libri del
-_Fons vitae_, che gli parvero contenere tutto il sistema. E dalla
-traduzione di questo compendio, e dall'analisi del manoscritto latino
-del _Fons vitae_, trovato dal Munk nella biblioteca parigina s'attinge
-ora una notizia dell'Avicebronio molto più compiuta ed esatta che non
-dalle citazioni dei dottori scolastici. On reconnait dans ce systême
-l'influence de la doctrine des Alessandrins, et la philosophie de
-Ibn-Gebirol, serait à peu près identique avec celle de Plotin et de
-Proclus si, dominé par le dogme religieux, il n'avait pas cherché à
-éviter les conséquences de ces doctrines panthéistes en se réfugiant
-dans l'hypothèse de la volonté (pag. 231).
-
-[26] Perversissimum dogma impii Amorici cujus mentem sic pater mendacii
-excaecavit, ut ejus doctrina non tam haeretica censenda sit, quam
-insana. (MANSI, XXII, 986).
-
-[27] MARTÈNE, _Thesaurus_, IV, 166.
-
-[28] Universos haereticos, quibuscumque nominibus censeantur, facies
-quidem habentes diversas, sed caudas ad invicem collegatas. (MANSI, l.
-c.).
-
-[29] Moneantur saeculares potestates .... pro defensione fidei
-praestent publice juramentum, quod de terris suae jurisdictioni
-subjectis universos haereticos ab ecclesia denotatos bona fide
-pro viribus exterminare studebunt .... Si vero dominus temporalis
-requisitus et monitus ab ecclesia terram suam purgare neglexerit ab
-hac haeretica foeditate .... excommunicationis vinculo innodetur. Et si
-satisfacere contempserit infra annum, significetur hoc summo pontifici:
-ut ex tunc ipse vassallos ab ejus fidelitate denunciet absolutos, et
-terram exponat catholicis occupandam, qui eam exterminatis haereticis
-sine ulla contradictione possideant, et in fidei puritate conservent.
-Il canone del concilio lateranense contro l'eresia fu inserito nella
-legge contro gli eretici, che pubblicò Federico II nel 22 novembre 1220
-giorno della sua incoronazione. Quattro anni più tardi due altri editti
-più severi (PIETRO DELLE VIGNE, _Lett._, I, ep. 25-27. MANSI, XXIII,
-586).
-
-[30] Sul valore di Vincenzo di Beauvais scrisse acute osservazioni il
-BARTOLI nei _Precursori del Rinascimento_, pag. 29, e nella _Storia
-della letteratura italiana_, I, pag. 245.
-
-[31] Riscontrate il bellissimo capitolo del FIORENTINO sulla
-scolastica, nella nota opera _Pietro Pompazzi_, pag. 124 e segg., e
-dello stesso autore _Manuale di storia di Filosofia_, parte II, pag. 94
-e segg. Inoltre RENAN, _Averroès et l'Averroisme_, pag. 225, 3ª ediz.
-
-[32] Vedi RENAN, op. cit., pag. 301 e segg. Che l'Anticristo sia
-messo come il rappresentante dello scisma si pare dall'affresco del
-S. Petronio di Bologna, ove accanto a Maometto ed Averroè è messo
-il capo dei nicolaiti, i quali non si confondevano nel medio evo
-coi maomettani, come dice il Renan, bensì rappresentavano i preti
-concubinarii, aspramente combattuti insieme ai simoniaci dalla chiesa
-romana. L'affresco del Gaddi nel cappellone degli Spagnuoli in Santa
-Maria Novella in luogo di Nicola ha Sabellio, che insieme ad Ario ed
-Averroè vengono rappresentati come confusi e vinti dal loro grande
-avversario. V. HETTNER, _Italienische Studien_, Braunschweig 1879, pag.
-115.
-
-[33] S. TOMMASO, _Summa contra Gentes_, 1, 26: Quod est commune multis,
-non est aliquid praeter multa nisi sola ratione. Ivi 1, 65: Universalia
-non sunt res subsistentes, sed habent esse solum in singularibus ut
-probatur in VII met.
-
-[34] S. TOMMASO, _De univ._ opusc. 50 ed. Parma 1864, tom. XVII, pag.
-128 b. Et tangitur in hoc duplex esse universale: unum quod est in
-rebus, aliud secundum quod est in anima. Et quantum ad istud esse quod
-est rationis, habet rationem praedicabilis; quantum vero ad aliud
-esse, est quaedam natura, et non est universale actu, sed potentia;
-quia potentiam habet ut talis natura fiat universalis per actionem
-intellectus, .... depurantis ipsam (naturam) a conditionibus quae sunt
-hic et nunc.
-
-[35] Cito il noto passo di ALBERTO MAGNO, _De natura et orig. animae_,
-Tract. I, cap. II (_Opp._, Lugduni 1651, tom. V, pag. 186 b.): et tunc
-resultant tria formarum genera; unum quidem ante rem existens, quod
-est causa formativa rerum, praehabens simpliciter et immaterialiter et
-immobiliter omnes diversitates formarum factorum materialiter; aliud
-autem est ipsum genus formarum, quae fluctuant in materia et materiae
-sunt perfectiones; tertium antem est genus formarum, quod abstrahente
-intellectu separatur a rebus, secundum modum speciei et generis et
-generalissimi in quolibet genere rerum. Et horum trium generum primum
-quidem est ante rem, ut diximus. Secundum autem est in re .... tertium
-autem est post rem.
-
-[36] Anche ALBERTO MAGNO scrisse: De unitate intellectus contra
-Averrhoem. OPP., V, 218-37.
-
-[37] Vedi ZELLER, _Philosophie der Griechen_, II, 2^3 pag. 566-78.
-
-[38] Nel principio del cap. 5 del lib. III _De anima_, 430 a 10-14
-Aristotele dice: che poichè in tutta la natura occorrono differenze di
-materia e forma potenza ed atto, si daranno anche nell'anima.
-
-[39] _De an._ III, 5, pag. 430 a 23-25.
-
-[40] AVICENNA, _De an._ cap. X, (Venezia 1546): Haec igitur manatio,
-vel hoc a quo fit manatio, cum qua conjungitur anima, est substantia
-intellectiva non corporea, neque in corpore; sed est existens per
-se: quae inhaeret vel accidit vel assistit animae rationali, sicut
-inhaeret lumen visui. Verum lumen confert vel tribuit cum semplicitate
-essentiae suae visui virtutem super apprehensionem solum, et non formam
-apprehensam; et haec substantia confert vel tribuit cum simplicitate
-essentiae suae virtuti rationali virtutem super apprehensionem et facit
-in ea advenire formas apprehensibiles etiam, sicut declaravimus.
-
-[41] _Aristotelis De anima cum Averrois commentariis_, Venetiis 1562
-fol. 149 v: Ex hoc dicto nos possumus opinari intellectum materialem
-esse unicum in cunctis individuis. _Destr. destruct_ 1, dub. 8: prae
-caeteris assimilatur lumini, et sicut lumen dividitur ad divisionem
-corporum illuminatorum, deinde fit unum in ablatione corporum, sic
-est res in animabus cum corporibus. Per tal guisa Averroè crede
-di conciliare le due interpetrazioni di Alessandro d'Afrodisia
-e di Temistio. Questi ha ragione di sostenere esser l'intelletto
-attivo ed il passivo un solo e medesimo intelletto; ma ha torto
-d'intrinsecarlo coll'anima individuale, nè per questo verso si può
-dissentire dall'Afrodisio, a mente del quale il vero e compiuto
-intelletto è esterno all'anima umana. Prendendo dunque dal Temistio
-l'identificazione dei due intelletti, e dall'Afrodisio l'esteriorità
-Averroè riesciva ad una dottrina psicologica di questa forma: Ciò
-che v'ha d'individuale e di diverso negli uomini è la forma del corpo
-organico, cioè l'anima come principio vitale. A quest'anima appartiene
-il sentire, l'immaginare, ed anche una certa virtù valutativa. Ma
-questo complesso di funzioni non forma ancora l'intelletto neanche in
-potenza. Occorre l'opera di una causa esterna, dell'intelletto agente,
-perchè da quella oscurità si sprigioni una scintilla, o in altre parole
-perchè l'anima sia capace di nuove funzioni. Quindi anche l'intelletto
-passivo è creazione dell'Intelletto agente. Formatasi questa nuova
-potenza o l'intelletto passivo, si tradurrà in atto sotto l'influsso
-permanente del νοῦς ποιητικὸς, e per tal guisa diverrà intelletto
-acquisito.
-
-[42] _Epit. meteor._ tr. 4: Intellectus autem agens ordinatur ex ultimo
-horum in ordine, et ponamus ipsum esse motorem orbis Lunae.
-
-[43] _Summa theol._, I, qu. 79, art. 3: Si noster intellectus agens
-non esset aliquid animae, sed esset quaedam substantia separata,
-unus esset intellectus agens omnium hominum, et hoc intelligunt qui
-ponunt unitatem intellectus agentis. Si autem intellectus agens sit
-aliquid animae, et quaedam virtus ipsius, necesse est dicere quod
-sint plures intellectus agentes, secundum pluralitatem animarum, quae
-multiplicantur secundum multiplicationem hominum.
-
-[44] S. Tommaso nell'opuscolo citato _De Unitate intellectus_, ediz.
-Parma, _Opp._, XVI, 217 a, dice: Se fosse vera la dottrina averroistica
-sicut igitur paries non videt, sed videtur ejus color, ita videretur
-quod homo non intelligeret, sed quod ejus phantasmata intelligerentur
-ab intellectu possibili. Come si vede S. Tommaso combatte Averroè colle
-stesse immagini da lui adoperate a colorire le proprie dottrine; nè a
-torto conchiude: Impossibile est ergo quod hic homo intelligit secundum
-positionem Averrois. E per conseguenza negato l'intelletto, gli si
-negherà anche la volontà pag. 218 b et ita hic homo non erit dominus
-sui actus .... quod est divellere principia moralis philosophiae.
-
-[45] Anche S. Tommaso, sebbene con restrizione, ammette questo
-(_S. t._, qu. 84, art. VII): Impossibile est intellectum, secundum
-praesentis vitae statum, quo possibili corpori conjungitur, aliquid
-intelligere in actu nisi convertendo se ad phantasmata.
-
-[46] S. Tommaso da buon aristotelico non può ammettere l'assoluto
-dualismo tra anima e corpo, chè in tal caso la loro unione sarebbe
-affatto accidentale. In 111 Sent., dist. V, qu. 3, art. 2: si corpus
-animae accidentaliter adveniret, unde hoc nomen _homo_, de cujus
-intellectu est anima et corpus, non significaret unum per se, sed per
-accidens, et ita non esset in genere substantiae. Altra conseguenza
-assurda dell'assoluto dualismo (_S. t._, I, qu. 76, art. 6): Dicendum
-quod si anima uniretur corpori solum ut motor, nihil prohiberet,
-imo magis necessarium esset, esse aliquas dispositiones medias inter
-animam et corpus. Contro questa separazione protesta pure l'esperienza
-psichica. Ivi, qu. 75, art. 4: Ostensum est quod sentire non est
-operatio animae tantum. Cum igitur sentire sit quaedam operatio hominis
-licet non propria, manifestum est quod homo non est animo tantum, sed
-aliquid compositum ex anima et corpore. Ivi, qu. 90, art. 4: Anima
-autem cum sit pars humanae naturae non habet naturalem perfectionem
-nisi secundum quod est corpori unita. Unde non fuisset conveniens
-animam sine corpore creari. _C. Gentes_, II, 83: Animae igitur prius
-convenit esse unitam corpori quam separatam.
-
-[47] In Plotino si trova un accenno a questa dottrina. L'anima come
-ultimo termine della triade partecipa per un verso della perfezione
-del _nous_ che la generò, e per l'altro dell'imperfezione del mondo
-sensibile da lei generato. _Enn._, V, 1, 7. E prima di Plotino i
-gnostici aveano nello stesso modo determinata la posizione dell'ultimo
-eone, della _sophia_ o _achamoth_ la quale bandita dai confini del
-beato regno del _plēroma_ vive in trepidazione, e dalle lagrime sue
-nasce il mondo sensibile. IRENEO, 1, 4, 2 ci dà la spiegazione del
-mito.
-
-[48] Che l'indecisione ed il problema rimonti ad Aristotele stesso non
-v'ha dubbio. Nella _Metafisica_ Aristotele pone nettamente il quesito:
-se la sostanza è il sostrato a cui tutto si può attribuire, mentre
-esso non s'attribuisce ad alcuno, che cosa s'ha a dire sostanza? la
-materia, la forma o il sinolo di entrambe? (Z 3. 1029 a 2). A prima
-giunta sembra la materia, perchè essa sarebbe il soggetto di tutti i
-predicati qualitativi e quantitativi come rosso, bianco, alto, lungo
-e simili (_a_ 18-26). Ma per un altro verso la materia non è mai
-separabile dalla forma. La pura materia, destituita di ogni forma,
-è una astrazione, in realtà dacchè il mondo è eterno, sono eterni ad
-esempio i quattro elementi nei quali la materia è intrinsecata ad una
-forma determinata (_a_ 27). Ma neanche la forma è la vera sostanza,
-perchè ella è l'essenza espressa nella definizione della cosa (Z. 4.
-1030 a 6). E se l'essenza fosse da per sè, come le idee platoniche,
-non potrebbe mai predicarsi a soggetti di sorta (Z. 6. 1031 b 16). Il
-che è manifesto assurdo, chè tutti distinguono i predicati essenziali
-dagli accidentali. La vera sostanza non è dunque nè la materia nè la
-forma che sono entrambi fattori universali; ma l'intreccio dell'uno
-e dell'altro (Z. 10. 1036 a 27). Se non che questa soluzione non è
-senza difficoltà. Aristotele stesso avea detto in un altro capitolo:
-_lasciamo pure da parte la sostanza composta dei due fattori,
-materia e forma, chè dessa è posteriore ai componenti_. (Z. 3. 1029
-a 30). E poi o questa dualità di fattori è puramente ideale, o come
-diremmo oggi subbiettiva, ed in tal caso non è risoluto ma negato
-assolutamente il problema. L'individuo è originario, ed è quello
-che è. La scomposizione in materia e forma non sarebbe reale, ma una
-necessità del nostro pensiero che guarda la cosa da due aspetti. Nella
-realtà delle cose non si darebbe nè una materia che si specifichi, nè
-una forma che s'individui per via; bensì esisterebbero individui che
-generano individui simili a sè (Z. 8. 1033 b 33). Questo mostruoso
-individualismo, che ammetterebbe come originarii ed indeducibili non
-gli elementi più semplici, gli atomi, ma le individualità più ricche,
-è certo lontano dal pensiero di Aristotele, il quale non rinunzia
-a spiegare la genesi dell'individuo. Ed in tal caso torna sempre il
-problema. Ammettiamo pure che l'individuo o la sostanza vera consti di
-due fattori; ma dei due qual'è il determinante e quale l'indeterminato?
-
-[49] S. Tommaso scrisse un opuscolo sul principio dell'individuazione,
-nel quale discute le ragioni della sua teorica, e confuta le obbiezioni
-che gli si posson muovere. Parte dal presupposto aristotelico esser
-l'individuo nelle cose sensibili ipsum ultimum in genere substantiae,
-quod de nullo alio praedicatur, immo ipso est prima substantia (_Opp._,
-ed. cit., XVI 329 a). E stantechè la forma ha caratteri affatto
-opposti, e di sua natura communicabilis est et in multis accipi
-potest.... cum una sit ratio speciei in omnibus individuis, così è
-chiaro che il principio d'individuazione si debba porre nella materia.
-_S. t._, I, qu. 3, art. 2: formae quae sunt receptibiles in materia
-individuantur per materiam quae non potest esse in alio, cum primum
-sit subiectum substans. Ma S. Tommaso non si nasconde le difficoltà di
-questa posizione, che del resto erano state prima di lui chiaramente
-esposte da Aristotele medesimo. _De Princ. ind._ 329 b: Sed huic
-objici potest quod materia de sui natura communis est, sicut et forma,
-cum possit una sub pluribus esse. E s'argomenta di schivare queste
-difficoltà per una scappatoia come nell'opuscolo seguente _De ente et
-essentia_ (cap. II, pag. 331 a): materia non quomodo libet accepta est
-principium individuationis, sed sola materia signata. Ma che cosa s'ha
-da intendere per questo _signum_? Una certa disposizione posta nella
-materia a ricevere questa o quella forma, come interpetra il cardinale
-Gaetano, ovvero un dato _quantum_, come vuole Egidio pel quale _materia
-signata_ non vuol dire altro se non _materia quanta_, o meglio
-una determinata quantità di materia? Quest'ultima interpetrazione
-certamente è più conforme al testo tomistico. _S. t._, I, qu. 76,
-art. 6: dimensiones quantitativae sunt accidentia consequentia
-corporeitatem, quae toti materiae convenit. _De ente et essentia_, loc.
-cit. consideratur signatio ejus esse sub certis dimensionibus, quae
-faciunt esse et hic et nunc. Però si corre il rischio di ridurre le
-differenze tra gl'individui alla sola quantità, dottrina che applicata
-all'uomo sarebbe gravida di conseguenze che S. Tommaso non saprebbe
-accettare. Ma indipendentemente da questo, il _signum_ non è già
-l'impronta di una certa forma? Se dunque il principium individuationis
-non sta nella materia pura, ma nella segnata, e se per ottenere
-questa designazione, o vogliam dire specificazione della materia è
-pur necessaria la forma, egli è chiaro esser questa e non quella il
-principio d'individuazione.
-
-[50] SCOTO, _quaest. in met._ VII, qu. 13, scol. 2 (_Opp._, IV, 700,
-ed. Lione 1639): Eadem materia quae est sub forma unius individui
-potest esse sub forma alterius consequenter. Ergo non est illud, quo
-distinguuntur duo individua et quo hoc est hoc.
-
-[51] Intorno a Scoto tutto è ancora oscuro, il luogo di nascita non si
-sa bene se sia in Iscozia, in Irlanda o nel Northumberland, e l'anno
-stesso in cui nacque è incerto se sia il 1274, proprio quello in
-cui morì S. Tommaso, ovvero il 1266. Giovanissimo entrò nell'ordine
-dei Francescani, e a soli 23 anni insegnava con gran successo. Ma
-ben presto la sua prodigiosa attività fu tronca dalla morte che lo
-colse nel 1308, in Colonia, dove il Generale dell'ordine lo avea
-chiamato a dar splendore a quell'antica scuola. L'Erdmann (_Grundriss
-der Geschichte der Philos._, 3ª ed. I, 409 e segg.) pone il nostro
-filosofo nel periodo della dissoluzione della scolastica. Ed in
-verità quell'acume di dialettica, che fece meritare a Scoto il nome
-di dottor sottile lo rende più atto a criticare le dottrine altrui,
-che a costruirne nuove; a forza di distinzioni e suddistinzioni
-notomizza e distrugge l'altrui pensiero; ma a questa forza d'analisi
-non corrisponde quella potenza sintetica, che risplende nei periodi
-creativi della filosofia. Per questa ragione lo Scoto attende più al
-modo come si dimostra la dottrina, che alla dottrina stessa; onde da
-lui prende origine quel fare scettico che trae in rovina il dommatismo
-scolastico. Queste ragioni dell'Erdmann non son certo di poco valore;
-ma non valgono a scuotere l'antica tradizione degli storici della
-filosofia di mettere assieme i due grandi emuli, S. Tommaso e Scoto.
-Non è punto vero che Scoto non abbracci una dottrina a preferenza
-di un'altra. Tutt'altro. Egli invece sostiene un realismo, forse
-più logico di quello di S. Tommaso, a costruire il quale ha bisogno
-di attribuire realtà e consistenza ai concetti astratti più di quel
-che facessero gli scolastici posteriori. Voglio dare un esempio.
-Scoto combattè la dottrina tomistica degli attributi divini, i quali
-solo a noi parrebber molteplici, mentre in realtà si riducono ad uno
-nella semplicità dell'essenza divina, e non nasconde le conseguenze
-pericolose di un siffatto docetismo, che minaccia la distinzione reale
-delle persone. Aggiunge che non perchè gli attributi divini debbano
-intendersi come infiniti, non per questo perdono la loro natura. E se
-la saggezza, la bontà, la giustizia debbono elevarsi pel processo di
-eminenza al massimo grado, non ne segue che la distanza, che separa
-questi concetti, si raccorci. Questa critica è certamente fine, e se
-fosse stata rivolta contro tutta la posizione della scolastica, che
-cerca la luce dove più si addensano le tenebre, potremmo benissimo
-mettere Scoto accanto all'Occam. Ma la cosa non sta così. Scoto vive
-nello stesso ambiente di S. Tommaso, e combatte la dottrina di lui non
-per mostrare l'impossibilità di quell'ibrido accozzo di dommatismo,
-e razionalismo, ma per sostituire alla tomistica una dottrina non
-certo più chiara, ma senza dubbio più vuota. Divinae perfectiones
-distinguuntur ex parte rei, non realiter quidem sed formaliter.
-Possiamo al più dire col Fiorentino che Scoto segna una transizione tra
-il periodo della scolastica e quello della dissoluzione (_Manuale_, II,
-110).
-
-[52] Duns Scoto, al pari dell'Erigena e dell'Avicembronio, attribuisce
-alla materia il valore di sostrato universale. Il quale sostrato,
-benchè destituito di ogni forma, non è una mera possibilità,
-un'astrazione, come dice S. Tommaso; ma una realtà bella e buona. Si
-materia non esset aliqua res actu, ejus entitas non distingueretur ab
-entitate et actualitate formae, et sic nullam realem compositionem
-faceret cum ea .... materia habet actualitatem aliam ab actualitate
-formae. _De rerum principio_, Qu. 7, art. 1, 3 (_Opp._, ed. cit., III,
-38). E questo sostrato generalissimo, che ripetiamo non è un'astrazione
-ma realtà vera, è il fondo comune onde emergono e le sostanze sensibili
-e le spirituali, e s'ha da chiamare _materia primo prima_ (Qu. 8, art.
-3) cioè tale che non accoglie ancora nessuna forma nè accidentale nè
-sostanziale, cujus actualitas est immediate prope nihil. (Ivi pag. 51).
-Da questa materia _primo prima_ s'ha da distinguere la _secundo prima_
-(quae est subjectum generationis et corruptionis) e la _tertio prima_
-(cujuscunque artis et materia cujuslibet naturalis particularis). Se la
-materia è il sostrato universale, il principio d'individuazione s'ha da
-trovare nel principio opposto, nella forma.
-
-[53] Sono spesso citati i due passi seguenti. _De rerum principio_,
-qu. 8, art. 4, 24 (_Opp._, III, pag. 52): Ego autem ad positionem
-Avicembronis redeo; et primam partem, scilicet quod in omnibus
-creatis per se subsistentibus, tam corporalibus, quam spiritualibus,
-sit una materia teneo. Loc. cit., pag. 53: Mundus est arbor quaedam
-pulcherrima, cujus radix et seminarium est materia prima, folia
-fluentia sunt accidentia, frondes et rami sunt creata corruptibilia,
-flos anima rationalis, fructus naturae consimilis et perfectionis
-natura angelica.
-
-[54] Averroè nega la creazione nel tempo, se non si vuole ammettere
-fuisse mutationem in ipso Deo; et principium concessum ab omnibus est,
-quod nulla res se ipsam mutare potest. (_Destr. destr._, disp. 1, dub.
-1). S. Tommaso non va certo tanto in là, ma confessa (_Summa st._, 1,
-qu. 46, art. 2) mundum incipisse sola fide tenetur ... novitas mundi
-non demonstrationem recipere ex parte ipsius mundi, unumquodque autem
-secundum rationem suae speciei abstrahit ab hic et nunc .... similiter
-etiam neque ex parte causae agentis, quae agit per voluntatem. Noi
-riconosciamo col Talamo (_L'Aristotelismo della Scolastica_, pag. 158,
-3ª ed.) che S. Tommaso non per ossequio ad Aristotele, ma in forza
-d'argomenti razionali sostiene la sua dottrina. E pensiamo anche noi,
-che dell'autorità del filosofo l'Angelico se ne sarebbe sbarazzato
-presto, come fece nella stessa quistione quando prese a combattere gli
-argomenti dell'ottavo della fisica. Il contrasto in cui si dibatteva
-era più profondo, e stolti erano quei _murmurantes_ che chiudevano gli
-occhi per non vedere.
-
-[55] _S. th._, I, qu. 50, art. 4. _De Ente et essentia_ c. 5. Sed
-quum essentia simplicium non sit recepta in materia, non potest ibi
-esse talis multiplicatio. Ed ideo non oporteat quod inveniantur plura
-individua unius speciei in illis substantiis, sed quot sunt individui,
-tot sunt species.
-
-[56] Il misticismo di S. Bonaventura si ricollega con quello dei
-Vittorini. _Itiner. mentis ad Deum_, cap. 1. Cum beatitudo nihil
-aliud sit quam summi boni fruitio, et summum bonum sit supra nos,
-nullus potest effici beatus nisi supra seipsum ascendat ... Sed supra
-nos levari non possumus, nisi per virtutem superiorem nos elevantem.
-Quantumcumque enim gradus inferiores disponantur nihil fit nisi divinum
-auxilium comitetur. La via di questa visione beatifica monta per
-sei gradi, corrispondenti a sei facoltà dell'animo, senso, ragione,
-intelletto, intelligenza, sinderesi, apex mentis. Nel primo grado
-si conoscono le cose esterne in peso, numero, e misura. Nel secondo
-queste cose esterne o macrocosmo vengono ripercosse nel microcosmo, e
-conosciute per mezzo delle specie sensibili. Nel terzo lo spirito si
-concentra in sè. Nel quarto già comincia ad escir di sè. Nemo cepit
-nisi qui accipit, quia magis est in experientia effectuali quam in
-consideratione rationali. Nel quinto si abbraccia l'unità divina. Nel
-sesto le tre persone.
-
-[57] _Philos. princ._, c. 3; _Ars Magna_, part. 9, c. 64. Credere
-non est finis intellectus sed intelligere; verumtamen fides est unum
-instrumentum ad elevandum suum intelligere cum credere; et ideo
-sicut instrumentum consistit inter causam et effectum, sic fides
-consistit inter intellectum et Deum. Sotto Gregorio XI l'inquisitore
-Eymerich estrasse dalle opere del Lullo cento passi incriminabili
-tra i quali scelgo questi: 97. Quod fides est necessaria hominibus
-insciis rusticis ministrantibus et non habentibus intellectum
-elevatum .... homo subtilis facilius trahitur per rationem quam per
-fidem. 98. Ille qui cognoscit per fidem ea quae sunt fidei, potest
-decipi; sed ille qui cognoscit per rationem non potest falli. Voglio
-anche addurre l'articolo seguente 99: interficientes haereticos sunt
-injuriosi et vitiosi etc. (_Directorium inquisitionis_, Roma 1635, p.
-277). In seguito alla denunzia dell'inquisitore, udito il parere di
-Pietro vescovo d'Ostia ed altri venti maestri di teologia, Gregorio
-XI ingiunge all'arcivescovo di Terragona: quod omnibus et singulis
-eisdem personis vestrarum civitatum et dioecesum doctrinam seu potius
-dogmatizationem, et usum hujusmodi librorum interdicere studeatis. La
-bolla riportata nel _Directorium_ pag. 331 è del 25 gennaio 1376. Non
-ostante questa condanna seguitarono i Lullisti, e nel rinascimento,
-benchè fussero di nuovo condannate da Paolo IV, ebbero grande
-importanza le teoriche del Lullo, talchè il Bruno scrisse un'_Ars
-lulliana_.
-
-[58] È commovente la storia di questo francescano, che in luogo
-di scrivere somme teologiche o commenti alle sentenze, fa ricerche
-ed esperimenti fisici. Ed in grazia di tali studii tenuto per mago
-vien più volte molestato, e in fine messo in prigione ove languisce
-per nove anni. E poco dopo che ne esce muore pressochè ottantenne.
-I papi gli furono ora amici, ora avversi. Clemente IV (1265-68) lo
-apprezzò moltissimo, e lo eccitò a scrivere l'_Opus majus_; Niccolò
-IV invece (1288-1292) fu inesorabile. Quanto valore dia Rogero
-all'esperienza si può vedere nella parte 6ª del suo _Opus majus_,
-cap. 1º. Duo enim sunt modi cognitionis, scilicet per argumentum
-et experientiam. Argumentum facit concludere quaestionem sed non
-certificat neque removet dubitationem, ut quiescat animus in intuitu
-veritatis, nisi eam inveniat via experientiae. Il Bacone del secolo
-XIII è il vero precursore del Verulamio. E forse in qualche punto gli è
-superiore; perchè mentre questi non fa nessun conto della matematica,
-quello comprende benissimo di quanto giovamento possa tornare alla
-scienza sperimentale. Vedi _Opus majus_, pars IV, dist. 1. Et harum
-scientiarium porta et clavis est mathematica.
-
-[59] Vedi la lettera di Gregorio IX a Federico II (Rieti 23 ottobre)
-in BRÉHOLLES, IV, 918 e segg., e principalmente la lettera d'Innocenzo
-IV del 1246. J: C. in apostolica sede non solum pontificalem sed et
-regalem constituit monarchiam beato Petro ejusque successoribus terreni
-simul ac coelestis imperii commissis habenis.
-
-[60] Vedi la lettera di Federico 20 settembre 1236 e il celebre
-manifesto del febbraio 1246 in risposta alla scomunica d'Innocenzo IV.
-
-[61] _De regimine princip._, I. 14: In lege Christi reges debent
-sacerdotibus esse subjecti. Di questo opuscolo tutto il primo libro
-e i quattro primi capitoli del secondo appartengono all'Aquinate; il
-resto, secondo il De Rubeis, al discepolo Tolomeo di Lucca. (_S. Thom.
-Opp._, ed. Parma, XVI, 501). Sulle dottrine politiche di S. Tommaso
-vedi BAUMAN, _Die Staatslehre des h. Thomas_, Leipz. 1873, specialmente
-a p. 15, 75-81, 179. Lo Scaduto nel bel libro _Stato e Chiesa_,
-Firenze 1882, pag. 34, mette una differenza tra la somma teologica e
-l'opuscolo. Nè si può negare che nel _De Regimine_ è più nettamente
-formolata la superiorità della Chiesa sullo Stato: ma anche nella
-_Summa_ al disopra della legge umana è messa la divina, e tanto nel
-_De Regimine_ quanto nella _Summa_ la Chiesa può sciogliere i sudditi
-dall'obbedienza verso un Principe, che s'allontani dalla fede.
-
-[62] Vedi principalmente la terza parte del _De Monarchia_, ove
-discute: an autorithas monarchae dependeat a Deo immediate vel ab
-alio Dei ministro seu vicario. WEGELE, _Dante Alighieri's Leben und
-Werke_, 3ª ediz., pag. 312: er muss zugleich auch als einer der ersten
-ahnungsvoller Verkündiger des modernen Staats begriffen und anerkannt
-werden.
-
-[63] In questo senso accetterei la nota del Prof. Del Lungo sul
-ghibellinismo di Dante (_Dino Compagni e la sua Cronaca_, Firenze
-1879, II, 605). Nessuno dubita che Dante avesse a disdegno i guelfi
-e i ghibellini dei suoi tempi, partiti più municipali che politici,
-e nutriti da discordie e rivalità di famiglia più che da contrasti di
-idee. E ben a proposito il Del Lungo ricorda la nota terzina del VI del
-_Paradiso_
-
- L'uno al pubblico segno i gigli gialli
- Oppone, e l'altro _appropria quello a parte_
- Sì che forte a veder è chi più falli.
-
-Ma col debito rispetto ad un così esperto conoscitore di quei tempi,
-io non posso capacitarmi che Dante si fosse fatto ghibellno per
-forza e non per intimo convincimento. Se ghibellino nel suo più alto
-significato è colui che abbracciava in fatto di sovranità opinioni
-del tutto opposte a quelle sostenute sempre dai Papi a cominciare da
-Gregorio VII sino a Bonifacio VIII e Giovanni XXII, nessuno può dirsi
-ghibellino meglio di Dante, il primo che seppe ridurre a teoria la
-politica imperiale. Un altro forse prima di lui Engelberto, abbate
-di Admont, scrisse un libro _de ortu, progressu et fine romani
-imperii_; ma nè Dante conosceva quest'opera, nè dessa può reggere al
-paragone della dantesca. Sarebbe adunque strano che il primo teorico
-dell'Imperialismo fosse non un ghibellino, ma un guelfo. Ammetto bene
-che i guelfi non volessero distruggere la potestà imperiale, ma neanche
-i ghibellini la potestà papale. La quistione non era di distruggere
-l'una o l'altra delle istituzioni, a cui tutti credevano; bensì o
-di sottomettere l'una all'altra, ovvero di rendere l'una dall'altra
-indipendente. Questo voluto guelfismo di Dante ha indotto il prof.
-Del Lungo nella credenza che il Veltro debba essere un Papa non un
-Imperatore (op. cit., p. 555), opinione vittoriosamente oppugnata dal
-Fornaciari (_Studii su Dante_, pag. 25).
-
-[64] Vedi la seconda parte del _De Monarchia_: An Romanus populus de
-jure monarchae officium sibi asciverit. Il Witte ha ben rilevata la
-continuità della tradizione classica.
-
-[65] Le ragioni addotte dal D'Ancona (_Studii di critica e storia
-letteraria_, pag. 72-83) mi pare mettano fuori di controversia che lo
-_spirto gentil_ non possa essere Stefanuccio Colonna. E fra tutte le
-ipotesi la più probabile resta sempre quella che riferisce la canzone a
-Cola, interpetrando le parole: _un che non ti vide ancor da presso_ nel
-senso: _non ti vide tribuno_.
-
-[66] Questa in fondo è la dimostrazione della prima parte del
-_De Monarchia_: An de bene esse mundi monarchia necessaria sit.
-L'imperatore è la miglior guarentìa della pace, della libertà e della
-giustizia, perchè egli è spoglio di passioni, è un essere sovrumano.
-Anche il Wegele pag. 348 riconosce la fallacia di questo ragionamento,
-sebbene non ne rilevi il carattere medievale.
-
-[67] È nota la disputa tra il Witte ed il Böhmer da una parte ed
-il Giuliani ed il Wegele dall'altra. A me pare molto più probabile
-la congettura del Wegele che il libro sia stato scritto dopo la
-consacrazione di Enrico VII, al quale vanno riferite le parole del
-libro II, cap. I: reges et principes in hoc uno concordantes ut
-adversentur Domino suo, et uncto (non unico) suo Romano principi.
-Ma benchè questo libro sia posteriore agli scritti francesi, che
-ricorderemo più sotto, pure ha una tinta medievale più spiccata. Il
-Brice (_The holy Roman Empire_, 6ª ed., pag. 264) avea già notato: With
-Henry the Seventh ends the history of the Empire in Italy and Dante's
-book is an epitaph instead of a prophecy; con non minore acume il
-Wegele (op. cit., pag. 334): unter diesen rückwärtsstrebenden Geistern
-nimmt Dante den ersten Platz ein, und er hat diese seine Stimmung
-so entschieden und sinnreich ausgesprochen, sie zu einem Sistem
-ausgebildet und poetisch verewigt, das sie stets ein grosses Interesse
-hervorgerufen hat, obwohl sie nichts war, als das kraftvolle tragische
-Verneinen des unabänderlichen Fortschrittes der Weltgeschichte.
-
-[68] In 2 Sent., qu. 17: Non est ponenda pluralitas sine necessitate.
-
-[69] _Summa totius logicae_, I, cap. XV: Nullum universale esse aliqua
-substantia extra animam existentem evidenter probari potest.
-
-[70] In _Sent._, prolog., qu. 1: Notitia intuitiva rei est talis
-notitia virtute cujus potest sciri utrum res sit vel non sit.
-
-[71] In 1 Sent., dist. 3, qu. 2: Nec divina essentia nec divina
-quidditas nec aliquid intrinsecum Deus, nec quid quod est realiter
-Deus potest hic cognosci a nobis .... nihil potest probari naturaliter
-cognosci in se nisi cognoscatur intuitive.
-
-[72] In 1 Sent., dist. 11, qu. 8. Non est quaerenda causa
-individuationis nisi forte extrinseca.
-
-[73] Il Kopp, il Theiner ed il Ficker aveano già pubblicata la
-bolla inviata da Bonifacio VIII all'elettore Duca di Sassonia
-perchè favorisse le pratiche avviate presso Alberto d'Austria per la
-retrocessione alla Curia romana dei diritti imperiali sulla Toscana.
-Gl'importanti documenti pubblicati dal signor Levi (_Bonifazio VIII
-e le sue relazioni col Comune di Firenze_, Roma 1882) mettono fuor
-di dubbio questo intendimento, e l'occulto fine del processo contro
-Lapo Saltarelli e della missione affidata a Carlo di Valois. Bonifazio
-VIII con certo minore accorgimento e prestigio tentava ciò che sarebbe
-parsa follia agl'Innocenzo III ed ai Gregorio IX! Questi fatti rendono
-molto improbabile l'ipotesi, che la repubblica fiorentina mandasse da
-ambasciatore al Papa l'Allighieri, se a quel tempo avesse egli già
-pubblicato un libro così ostile alle pretensioni papali come il _De
-Monarchia_. Nè parmi probabile che Dante lo scrivesse nel breve ed
-agitato tempo che corse tra l'ottobre del 1301, data dell'ambasceria,
-ed il gennaio 1302 data della prima condanna. Si potrebbe ammettere
-come mi suggerisce un dotto e caro amico, che il _De Monarchia_ fosse
-stato scritto prima dell'ambasceria e pubblicato dopo. Ma quando? Prima
-della condanna? È possibile che Dante volesse rendere peggiori le sue
-sorti, quando pendevano ancora indecise? Sulla pubblicazione del Levi
-vedi una bella recensione di Augusto Franchetti nella _Nuova Antologia_
-del 1º gennaio 1883.
-
-[74] GOLDAST, _Monarchia_, I, 13. Il RIEZLER, _Die literarischen
-Widersacher der Päpste zur Zeit Ludwig des Baiers_, pag. 145 e segg.,
-l'attribuisce al Dubois; perchè la sveltezza di questo dialogo mal
-s'accorda colla gravità faticosa dei dialoghi autentici dell'Occam.
-Oltrechè le edizioni più antiche danno il dialogo per anonimo, e solo
-dall'edizione parigina del 1498 si cominciò ad attribuirlo all'Occam.
-Una fedele esposizione del dialogo si può leggere nel libro dello
-Scaduto: _Stato e Chiesa_, Firenze 1882, pag. 81 e segg.
-
-[75] _Tractatus de Jurisdictione Imperatoris in causis matrimonialibus_
-(GOLDAST, tom. II, p. 21). Cum enim secundum scripturas sacras atque
-rationem naturalem inter infideles [non _fideles_ come è stampato
-dal Goldast] verum licitum et legitimum reperiatur conjugium et
-(prout etiam Romanorum Pontificum decretales testantur) infideles
-constitutionibus ecclesiasticis non arceantur, evidenti concluditur
-argumento, quod causa matrimonialis .... ad Imperatores legitimos
-.... pertinebat, p. 23. In specie autem de Sacramento matrimonii (quod
-etiam decretales Romanorum Pontificium dicunt apud fideles et infideles
-existere) dicitur, quod ad Imperatorem, in quantum solummodo Imperator,
-eo quod pluries Imperator extitit infidelis, causa matrimonialis
-.... spectat. Queste citazioni bastano a provare come l'Occam senta
-vivo il bisogno che il matrimonio diventi una istituzione dello stato
-indipendente dalle confessioni religiose. Intorno allo scritto sullo
-stesso argomento per Marsilio da Padova, la cui autenticità è da molti
-revocata in dubbio, vedi RIEZLER, op. cit., pag. 234.
-
-[76] GOLDAST, II, p. 877. Anche Bonifazio nella lettera all'elettore
-di Sassonia dice alludendo all'impero: quod fuerat ad medelam provisum,
-tetendit ad noxam.
-
-[77] RIEZLER, op. cit., pag. 203 e segg. SCADUTO, op. cit., pag. 118.
-Riscontrate anche l'opera recente del LABANCA, _Marsilio da Padova_,
-Padova 1882, pag. 135. Acconsento al Labanca che il mettere nel popolo
-la fonte della sovranità e non pure della temporale dell'Impero, ma
-della spirituale della Chiesa sia un concetto moderno; ma ciò non
-toglie che l'opera di Marsilio e pel fine che si propone, e pel metodo
-che tiene sa del medievale in confronto del _Principe_ e dei _Discorsi_
-del Machiavelli, come ha ben detto il Villari, _Niccolò Machiavelli_,
-II, pag. 237.
-
-[78] GOLDAST, I, p. 17: regnum Franciae dignissima conditione
-Imperii portio est, pari divisione insignita, quicquid privilegii et
-dignitatis retinet Imperii nomen in parte una, hoc regnum Franciae
-in parte altera. Questo pensiero è comune agli scritti francesi del
-1303 così nel trattato _De potestate regia et papali_ di Giovanni da
-Parigi (RIEZLER, pag. 153; SCADUTO, pag. 93), come nella _Quaestio de
-potestate papae_ (RIEZLER, pag. 142; SCADUTO, pag. 96). Anche OCCAM,
-_Dialogus_, in GOLDAST, II, 876, secundum diversitatem qualitatem et
-necessitatem temporum expedit regimina et dominia mortalium variari.
-
-[79] _De sui ipsius et multorum ignorantia liber_, ed. Basilea, pag.
-1037, 1043.
-
-[80] Anche lo Zumbini, che rivendica contro il D'Ancona l'imperialismo
-del Petrarca, scrive egregiamente: «In mezzo a quelle lotte della
-Chiesa e dell'Impero, a quelle guerre crudeli, a quegli scandali
-d'ogni maniera, il più offeso di tutti e insieme il solo incolpevole
-era il popolo romano. Roma per il Petrarca era una grande vittima
-e intemerata, e lei bisognava soccorrere anzi tutto». _Studi sul
-Petrarca_, p. 254.
-
-[81] FIORENTINO, _Saggio sul Petrarca negli Scritti varii di
-letteratura, filosofia e critica_. BARTOLI, _I primi due secoli
-della letteratura italiana_, pag. 485 segg. In una serie di lettere
-che il Petrarca diresse a parecchi in occasione della guerra tra
-Genova e Venezia è messa in rilievo quest'opposizione tra barbari
-ed italiani. Lib. XI, ep. 8 indirizzata il 18 marzo 1351 al Doge
-Dandolo (FRACASSETTI, pag. 131): Ergone ab Italis ad Italos evertendos
-barbarorum regum poscuntur auxilia. Unde infelix opem speret Italia,
-si parum est quod certatim a filiis mater colenda discerpitur, nisi
-ad publicum parricidium alienigenae concitentur? pag. 132: Postquam
-alpes et maria, quibus nos moenibus natura vallaverat, et interjectas
-obseratasque divino munere claustrorum valvas, livoris avaritiae
-superbiaeque clavibus aperiendos duximus Cimbris, Hunnis etc. Lib.
-XIV, ep. 5 al Doge e Consiglio di Genova dopo la vittoria riportata dai
-Genovesi sui Veneziani (FRACASSETTI, pag. 295): Et de exterius quidem
-hostibus (cioè degli stranieri che pugnavano insieme ai Veneziani)
-non doleo. Quid enim laboribus italicis sua tela permiscent, venale
-genus ac faedifragum, quos in longinquam infelicemque militiam nummus
-impellit etc. Lib. XIV, ep. 6, indirizzata parimente ai Genovesi,
-quando nell'anno appresso alla vittoria sui Veneziani si volsero contro
-il re d'Aragona: Quod optabam video; ab ortu ad occasum victricia signa
-convertite. Hic precor incumbite, viri fortes, hoc agite hoc pium, hoc
-justum, hoc sanctum, hoc _minime italicum_ bellum est. Lib. XVII, ep.
-3, dopo la disfatta dei Genovesi (FRACASSETTI, pag. 432): ab initio
-et semper _a bello italico dehortatus_ eram: deinde autem de externo
-hoste quaesitae victoriae plauseram. Lib. XVIII, ep. 16, allo stesso
-Dandolo dopo le vittorie veneziane del 1354 (FRACASSETTI, p. 506):
-Quousque enim miseri in jugulos patria et in publicam necem barbarica
-circumspiciemus auxilia? Quousque qui nos strangulent pretio conducemus
-.... nihil insanius quam quod tanta diligentia tantoque dispendio
-Italici homines Italiae conducimus vastatores, pag. 510: nec tibi
-persuadeas, pereunte Italia, Venetiam salvam fore.
-
-[82] D'ANCONA, _Il concetto dell'Unità politica nei poeti italiani_
-negli _Studi di Critica e Storia letteraria_; Bologna 1880, p. 30-31.
-BARTOLI, _Appunti sulla politica del Petrarca_ nella _Rivista Europea_,
-16 gennaio 1878.
-
-[83] Epist., Lib. XI, 8. A ragione il Bartoli scrive (op. cit. pag.
-489): _Come il Petrarca si riconnette da un lato coll'Allighieri,
-dall'altro sembra stendere la mano presaga al Machiavelli, il quale coi
-versi di lui chiuderà il suo ritratto del Principe_.
-
-[84] Il D'ANCONA (opera citata, pag. 34) ricorda la famosa lettera [_De
-rebus familiaribus_, III, 7] indirizzata a Dionisio di S. Sepolcro nel
-1339: Certe ut nostrarum rerum praesens status est, in hac animorum
-tam implacata discordia, nulla prorsus apud nos dubitatio relinquitur
-monarchiam esse optimam relegendis reparandisque viribus Italis, quas
-longus bellorum civilium sparsit furor. Haec ut ego novi, fateorque
-regiam manum nostris morbis necessariam, sic te illud credere non
-dubito nullum me regem malle, quam hunc nostrum, cujus sub ditione
-vivimus. Si deve certo ammettere collo Zumbini (_Saggio_, pag. 84)
-che la speranza posta in Roberto non durasse lungo tempo, perchè ben
-presto il re napoletano si chiarì indegno dei suoi alti destini. Epperò
-il Petrarca si volge altrove, nè indirizza al suo regale amico alcuna
-esortatoria, nè sulla tomba di lui rimpiange le fallite speranze. Tutto
-questo è vero ed acutamente notato, ma ciò non toglie che in questa
-lettera il Petrarca parli sul serio, perchè Roberto, se gli fosse
-bastato l'animo, era certo l'unico monarca, a cui si porgevano le più
-favorevoli occasioni per fondare un grande stato.
-
-[85] RIEZLER, op. cit., pag. 215 e segg. LABANCA, op. cit., pag. 148
-e segg. FRIEDBERG, _De finium inter Ecclesiam et civitem regundorum
-judicio_, pag. 71 e segg.
-
-[86] I Catari si dicevano così dal greco _catharos_ puro, perchè essi
-soli si reputavano mondi dal commercio col cattivo spirito. HAHN,
-_Geschichte der Ketzer im Mittelalter_, Stuttgart 1845, I, pag. 50;
-SCHMIDT, _Histoire des Cathares_, Paris 1849, II, 276.
-
-[87] _Disputatio inter Catholicum et Patarinum_ in MARTÈNE ET DURAND,
-_Thesaurus_, V, 1706: Deum creasse omnia concedo. Intellige bona, sed
-mala et vana et transitoria et visibilia ipse non fecit, sed minor
-creator Lucifer. Vedi EBRARDUS in GRETSER, XII, 11, 136. ERMENGARDUS,
-ivi, pag. 223.
-
-[88] RAINERO SACCONI, _Summa de Catharis et Leonistis_ in DUPLESSIS,
-_Collectio judiciorum_, pag. 48 a: Communes opiniones omnium Catharorum
-sunt istae videlicet quod Diabolus fecit hoc mundum; pag. 52 a, _De
-opinionibus Balasinanza_: Item quod utrunque principium sive uterque
-Deus creavit suos angelos, et quod iste mundus est formatus et creatus
-a malo Deo.
-
-[89] _Summa_, pag. 52 b: Johannes de Lugio dicit quod omnes creaturae
-sunt ab aeterno bonae cum Deo bono, et malae cum Deo malo; pag. 53
-b: Deus vult et potest omnia bona sed impeditur haec Dei voluntas et
-potentia ab hoste suo.
-
-[90] _Summa_, pag. 54 b, _Sequitur de propriis opinionibus Catharorum
-de Concorrezio_: Deus ex nihilo creavit angelos et quatuor elementa ...
-diabolus de licentia Dei formavit omnia visibilia. Lo stesso Rainero
-ci fornisce preziose notizie sulle varie sette catare, in ispecialità
-italiane. I più rigidi erano chiamati, senza dubbio dal luogo di
-origine del Catarismo, _Albanenses_. I quali alla lor volta divisi sunt
-in duas partes: Hujus partis (quella che si teneva stretta all'antica
-tradizione) caput est Balasinansa Veronensis eorum episcopus; alterius
-vero partis (la più esagerata) est Johannes de Lugio Bergamensis
-(pag. 51 b-52 a). Da queste due parti che costituivano i dualisti
-rigorosi, si debbono distinguere i dualisti temperati, dei quali
-alcuni si chiamavano da Concorrezo [non dalla modenese Correggio, nè
-dalla dalmata Gorizia, come crede lo Schmidt (op. cit., II, 285), ma
-da Concorrezo in Lombardia, circondario di Monza]; altri dicevansi
-Bagnolensi o Bajolensi [da Bagnolo nel Milanese]. _Summa_, pag. 51
-b: illi autem de Concorrezo diffusi sunt fere per totam Lombardiam;
-Baiolensi Mantuae, Brixiae, Bergami et in comitatu mediolanensi. Alla
-frazione più temperata appartengono gli Slavi _Bogomil_, o amici di Dio
-come spiega Gieseler in Schmidt loc. cit.
-
-[91] Anche Giovanni di Lugio credeva quod omnes (?) animae liberabuntur
-in fine a poena et culpa (_Summa_, pag. 54 b).
-
-[92] BONACURSUS in D'ACHERY, _Spicilegium_, I, 208: Sententia tamen
-omnium est illa elementa diabolum divisisse.
-
-[93] MONETA, _Adversus Catharos_, Roma 1743, pag. 105: illi enim
-Cathari, qui duo ponunt principia dicunt populum Dei constare
-ex tribus, scilicet corpore, animo et spiritu praesidente
-utrique. Questa antica opinione che si riadduce alle distinzioni
-platonico-aristoteliche delle parti dell'anima era stata accettata
-dai Padri, come Giustino Taziano ecc. Vedremo che la Gnosi sapea
-distinguere nell'uomo due anime, la buona e la cattiva. Lo stesso
-affermano i Manichei. (GIESELER _Kirchengeschichte_, I, 306).
-
-[94] MONETA, 105 B: Sciendum est, quod per spiritum intelligunt isti
-Heretici Angelos, de quibus legitur «Qui facit angelos suos spiritus
-(Paul. ad Hebr. I, 7)».
-
-[95] ALANUS, _Adversus haereticos et waldenses_, pag. 53: Hi autem
-volunt dicere, ideo resurrectionem non futuram, quia anima perit cum
-corpore... Moyses dicit animam esse in sanguino, et sic videtur quod
-pereunte sanguine, pereat anima. In questo luogo par che Alano non
-faccia distinzione tra i Catari e quelli che negano la immortalità
-dell'anima. Al contrario Moneta, pag. 416: In hoc autem non arguo
-Catharos (vale a dire animas hominum cum corporibus interire).
-L'equivoco nasce dal doppio senso della parola anima, ora intesa come
-spirito, ora come principio vitale.
-
-[96] V. SCHMIDT, II, 59, che cita Euthymius Zigadenus, _Narratio de
-Bogomilis_, ed. Gieseler, Gottinga 1842, pag. 8.
-
-[97] MONETA, pag. 63: de libero arbitrio quod isti negant esse in
-populo Dei. E le ragioni di questa negazione vi sono molto sottilmente
-esposte. Hujus rei caussa una est quia si populus Dei haberet liberum
-arbitrium ad utrumque, scilicet ad bonum et ad malum, ab eodem fonte et
-eadem natura esset bonum et malum, sic ergo non esset necesse ponere
-duos Deos... Secunda causa quia Deus non habet liberum arbitrium; non
-habet flexibilitatem ad bonum et ad malum. Unde ergo haberet populus
-Dei liberum arbitrium? L'HAHN, op. cit., I, 69, giustamente osserva che
-la negazione del libero arbitrio è intimamente collegata colle dottrine
-dei dualisti rigorosi, perchè secondo loro, finchè l'anima è in potere
-del cattivo spirito non può far bene, e quando al contrario in virtù
-del _consolamentum_ se ne libera non può far male.
-
-[98] V. SCHMIDT, _Histoire des Cathares_, II, 24.
-
-[99] _Summa_ in DUPLESSIS, pag. 52 a: _De opinionibus Balasinanza_
-Diabolus cum suis angelis ascendit in coelum, et facto ibi proelio
-cum Michaele Archangelo, extraxit tertiam partem creaturarum Dei et
-infundit eas quotidie in humanis corporibus et brutis.
-
-[100] MONETA, pag. 4: Credunt etiam quod Diabolus, invidens Altissimo,
-caute ascendit in coelum Dei sancti, et ibi colloquio suo fraudolento
-praedictas animas decepit, et ad terram istam et caliginosum aerem
-duxit. Rainero dice di Giovanni di Lugio (_Summa_ pag. 53 b): Igitur
-cuncta animantia participabant calliditate, sed plus omnibus serpens,
-et ideo per eum est facta deceptio. Ma questo inganno pare che non sia
-volontario nè per chi l'ordisce nè per chi lo soffre, perchè nihil est
-quod habet liberum arbitrium, etiam Deus summus.
-
-[101] _Summa_, pag. 54 b: Diabolus formavit corpus primi hominis et
-in illum effudit unum angelum, qui in modico jam peccaverat. Item quod
-omnes animae sunt ex traduce ab illo angelo. Questo domma dell'unicità
-dell'elemento spirituale in tutti gli uomini ha una lontana parentela
-coll'intelletto unico e separato degli Averroisti.
-
-[102] _Summa_, pag. 55 b: Bajolensi conveniunt cum praedictis Catharis
-de Concorrezo fere in omnibus opinionibus excepto hoc scilicet, quod
-dicunt quod animae sunt creatae a Deo ante mundi constitutionem, et
-quod tunc etiam peccaverunt.
-
-[103] _Summa_, pag. 52 a: Et etiam de uno corpore eas transmittit in
-alium, donec omnes reducentur in coelum.
-
-[104] Anche l'antico manicheismo insegnava questa dottrina. Socrate,
-_Hist. eccl._ cap. XVII: Manes... animorum ex uno corpore in aliud
-manifesto tradit, Empedoclis, Pithagorae et Aegiptiorum secutus
-opiniones.
-
-[105] Quest'opposizione tra il vecchio e nuovo Testamento è un retaggio
-gnostico e manicheo. MONETA, pag. 143: Cathari Deum veteris testamenti
-... reprobare nituntur... Objectionem haereticorum ex quatuor
-radicibus procedunt. Prima ex contrarietate, quae videtur inter vetus
-testamentum et novum. Secunda ex mutabilitate ipsius Dei, quae ex ipsis
-scriptum apparet. Tertia ex crudelitate ipsius, quae in scripturis
-ostenditur. Quarta ex mendacio (il testo ha erroneamente: _mandato_),
-de quo Deus ipse in scripturis arguendus videtur. — Concordi le altre
-testimonianze. EBRARDUS in GRETSER, tom. XII, pars 2, pag. 127: Ipsi
-vero contra conditorem suum latrant, tanquam canes, Dominum ignorantes
-et hinc inde de Veteri Testamento quae non intelligunt testimonia
-congregantes, simplicium corda decipiunt. ERMENGARDUS in GRETSER,
-loc. cit., pag. 224: Dicunt haeretici Legem Moysi ab omnipotenti Deo
-non esse datam, sed a principe malignarum spirituum. Anche intorno a
-questo punto v'ha differenza tra le sette catare. _Summa_, pag. 52 a:
-Balazinanza tenet quod diabolus fuit auctor totius veteris Testamenti,
-exceptis his libris Job, Psalterio ecc.; pag. 54 b: Cathari de
-Concorrezo reprobant totum vetus Testamentum, putantes quod Diabolus
-fuit auctor ejus.
-
-[106] MONETA, pag. 234: In hoc autem tertio capitulo de Christo
-errant Cathari, qui puram creaturam eum confitentur; pag. 239: Ad idem
-inducunt illud Apoc. VII, 2, ubi Johannes ait «vidi alterum angelum» si
-ergo fuit angelus, et non Deus.
-
-[107] Nel decreto del concilio Lateranense, e in quello di Federigo II
-si parla di _Patarenos_, _Leonistas_, _Arrianistas_.
-
-[108] Moneta, pag. 247: Qui eam (carnem) credunt a Diabolo fabricatam.
-Dicunt enim quod non habuit vere corpus humanum sed phantasticum.
-_Liber inquisit. tholosanae_, ed. LIMBORCH, pag. 92: cum verum corpus
-humanum et veram carnem hominis ex nostra natura ipsum (Christum)
-denegas assumpsisse. Il Sacconi nella _Summa_ attribuisce queste
-opinioni docetiche a Balasinanza, p. 52 a: quod Dei filius non
-assumpsit humanam naturam in veritate sed ejus similem .... nec vero
-comedit et bibit nec vere passus est et mortuus et sepultus, nec ejus
-resurrectio fuit vera, sed fuerunt haec omnia putative. Giovanni di
-Lugio non pare abbia avute opinioni meno docetiche degli altri catari,
-perchè al passo della _Summa_ citato dall'Hahn, I, 65: quod Cristus
-natus est secundum carnem .... et vere passus est, crucifixus mortuus
-et sepultus, segue quest'altro: putat quod omnia ista fuerunt in alio
-mundo superiori et non in isto. I Concorrezesi soltanto dicunt quod
-Christus non assumpsit animam humanam; sed fere omnes credunt eum
-assumpsisse carnem humanam de B. Virgine (pag. 55 a). Secondo questa
-testimonianza i Concorrezesi più che docetisti sarebbero monofisiti.
-
-[109] Anche Manes secondo Socrate, loc. cit.: Christum natum esse non
-vult; illum spectrum fuisse dicit.
-
-[110] Questo docetismo lo estendono anche alla vergine Maria. MONETA,
-pag. 243: Machinantur autem insuper illum Angelum, qui in muliebri
-forma appellatus est Maria, assumpsisse intra se alium Angelum, qui
-dictus est Jesus, et sic deceptorie mater putaretur et diceretur
-ipsius. _Liber inquisitionis_ loc. cit.: Mariam matrem Dei et Domini
-Jesu Christi non esse nec fuisse mulierem carnalem asseris et mentiris,
-sed tuum ac tuorum ecclesiam... mentiendo confingis hanc esse Mariam
-virginem in tenebris dogmatizas. Il Sacconi attribuisce questo errore
-ad un Nazario Concorrezese: quod B. Virgo fuit Angelus (pag. 55 a),
-ed al vescovo Balasinanza (pag. 52, B), virginem, quam dicunt esse
-Angelum.
-
-[111] MONETA, pag. 256: Forte dices quod non est passus, nec mortuus,
-nec aliquam angustiam sustinuit, licet ita videtur.
-
-[112] BONACURSUS in D'ACHERY _Spicilegium_, pag. 207: Beatum Sylvestrum
-dicunt Antichristum fuisse ... a tempore illo dicunt Ecclesiam esse
-perditam. MONETA, 263 et de Sylvestro volunt intelligere illud 2
-_Thessalon_. II 3: Homo peccati, filius perditionis.
-
-[113] ALANUS, pag. 134: Dicunt quod in altari est panis post
-consacrationem, quia ibi prius fuit panis, ed adhuc est forma panis.
-ECKBERTUS, sermo XI in GALLANDI, XIV, 478: vos omnino renuitis credere
-quod ab aliquo sacerdote sive bono sive malo possit ulla consecratione
-fieri corpus Domini.
-
-[114] MONETA, pag. 290. Alii autem intelligunt illa verba Domini: Hoc
-est corpus meum: id est significat sicut illud in 1 Cor. 4 «Petra erat
-autem Christus» idest significat Christum. Ebrardus contra Waldenses
-cap. 8, in GRETSER, XII, 2, pag. 146 sed objiciunt increduli dicentes;
-verba sancta dicunt esse _panem_; quia cibus animae sunt verba
-evangelica. A sostenere la loro interpetrazione simbolica i Catari
-adoperavano per sino argomenti filologici, come quello strano citato da
-Ermengardo cap. 11, in Gretser loc. cit. pag. 231, _hoc_ non refertur
-ad panem .... sed ad corpus suum.
-
-[115] Cujus opinionis causa prima est, quia istum materiale panem, et
-vinum mala esse dicunt; asserunt enim quidam eorum a Diabolo creata
-esse. (MONETA, pag. 295). Cfr. _Summa_, pag. 49, verum tamen albanenses
-dicunt, quod ille panis non benedicitur, cura ipse panis sit creatura
-diaboli, et in hoc differunt a coeteris omnibus qui dicunt quod ille
-panis vere benedicitur. Nemo tamen ex iis credit quod ex illo pane
-conficiatur corpus Christi.
-
-[116] Vedi nel DUPLESSIS il brano della cronaca di Rodolfo Cogeshalense
-che si riferisce all'eresia dei Poplicani o Paoliciani. Ermengardus
-cap. 17 in GRETSER, XII, 2, pag. 239: nec defunctos vivorum beneficiis
-et orationibus relevari. Eckbertus, _sermo_ IX, in GALLANDI, XIV, 466:
-animae defunctorum vel in aeterna beatitudine collocentur, vel aeternis
-suppliciis tradantur, atque hac ratione nec malis prodesse nec bonis
-necessarium esse ut pro eis orationes fiant, aut missae celebrentur.
-
-[117] MONETA 371: Omnes autem haeretici tam Cathari, quam pauperes
-Lugdunenses, hoc (Purgatorium) negant. _Summa_ pag. 50 a: Deus nemini
-infert poenam purgatoriam, quam penitus esse negant.
-
-[118] MONETA, pag. 347: Cathari horum corporum resurrectionem negant,
-et hoc ideo quia ea a Diabolo creata vel facta credunt esse.... artifex
-tantum remunerabitur non corpus. Vedi Ebrardo cap. 16.
-
-[119] _Liber inquisitionis tholosanae_, pag. 37: Et sigillatim omnia
-sacramenta ecclesiae scilicet eucharistiae et altaris ac baptism aquae
-corporalis damnant. Ivi pag. 85: baptismus .... fit in aqua corrupta
-
-[120] MONETA, pag. 284: Parvuli non sunt docendi.... ergo non sunt
-baptizandi ... prius ergo est quod homo poeniteat de peccato suo,
-deinde baptizetur. ECKBERTUS, sermo VIII, 1, in GALLANDI, XIV, 464:
-Nam baptizandum quidem esse hominem dicitis cum ad annos discretionis
-pervenerit.
-
-[121] MONETA, pag. 460: Impugnant Ecclesiam etiam in picturis et
-imaginibus dicentes quod nos sumus Idolatrae, qui imagines adoramus.
-
-[122] EBRARDO, cap. 4, in GRETSER, XII, 2, pag. 131. Objiciunt enim
-Dominus non in manufactis habitat. ERMENGARDO, cap. 9, in GRETSER,
-loc. cit., pag. 230. Omnes haeretici Ecclesiam manufactam et altaria
-.... et omnia ornamenta ecclesiastica ad nihilum deputant et ad salutem
-animorum nihil proficere dicunt.
-
-[123] MONETA, pag. 461: Et dicit quod ignominiam Christi adoramus,
-et ejus ignominiam nostrae fronti imponimus. _Liber inquisitionis
-tholosanae_, pag. 348: Item quod crux Christi non debebat adorari, quia
-nullus adoraret furcas in quibus pater suus fuisset suspensus.
-
-[124] Nella lettera di Evervino a S. Bernardo (op. S. Bern.,
-ed. Mabillon, pag. 1487): Dicunt qui se tantum Ecclesiam esse et
-apostolicae vitae veri sectatores permanent, ea quae mundi sunt
-non quaerentes, nec domum, nec agros, nec aliquid possidentes sicut
-Christus non possedit. È importante notare che i Catari proibivano
-anche l'andare accattando al modo dei frati mendicanti. MONETA, pag.
-451: Et de elemosynis quaerere victum et vestitum blasphemant ...
-Objiciunt etiam illud Matth. VI, 25 «Ne soliciti sitis animae vestrae
-quid manducetis ecc.» si enim quaerimus quotidie, inde soliciti sumus;
-pag. 453: Objiciunt etiam et dicunt quod contra verba Apostoli venimus,
-quia non laboramus manibus nostris.
-
-[125] MONETA, pag. 513. Isti etiam haeretici omne bellum detestantur
-tanquam illicitum, dicentes quod non sit licitum se defendere, pag.
-515. Objiciunt etiam illud Matt. V, 38 «Audistis quia dictum est oculum
-pro oculo et dentem pro dente. Ego autem dico vobis non resistere
-malo», pag. 506. Objiciunt Matt. XXII, 7 «Perdidit homicidas illos»,
-pag. 507: et illud Matt. V, 44 «Benefacite his qui oderunt vos».
-
-[126] Il SACCONI, nella _Summa_, pag. 48 b: Item quod potestates
-seculares peccant, mortaliter puniendo malefactores vel haereticos. Che
-il _mortaliter_ si debba unire a _puniendo_ non a _peccant_ è provato
-da Ebrardo, il quale riferisce a pag. 157 che gli eretici solevano
-obbiettare: dictum est non occides. Vedi anche a pag. 159 cum sitis
-homicidae, homicidas occidere prohibetis. Ermengardo nel cap. XIX parla
-solo di _occisione hominis_ non dell'impunità del malfattore.
-
-[127] Nè il Moneta, pag. 138 e segg. nè l'Alano pag. 169-70 scoprono
-il vero motivo del divieto di mangiar carne, comune a tutti i credenti
-nella metempsicosi. ECKBERTO, sermo IV, ha in GALLANDI XIV, 458: Ratio
-vestra, quia de coitu nascitur omnis caro. Secondo questo autore, pag.
-459 pare che ai Catari fosse concesso mangiar pesci. _Summa_, pag. 48
-b: Credunt quod comedere carnes, et ova, vel caseum, etiam in urgenti
-necessitate sit peccatum mortale. Ivi pag. 50 a: non enim gravius
-puniretur Catharus si biberet toxicum volens occidere se ipsum, quam si
-pro morte vitanda comederet pullum de consilio medicinae vel in aliquo
-casu necessitatis. BONAC. in D'ACHERY, pag. 209: Quis manducaverit
-carnem .... damnationem sibi manducat. Sui testi biblici che solevano
-addurre, vedi BONAC. in MANSI, _Miscell. Baluz._ II, 583.
-
-[128] MONETA, 315: Haeretici conjunctionem istam illegitimam dicunt,
-idest contra Dei legem ... quia credunt corpus maris et foeminae
-a diabolo fuisse factum. Matrimonium carnale fuit semper mortale
-peccatum. _Summa_, 48 a: Item communis opinio omnium catharorum est
-quod matrimonium carnale semper fuit mortale peccatum, et quod non
-punietur quis gravius in futuro propter adulterium vel incestum quam
-propter legittimum conjugium. Fra i Catari alcuni limitavano il divieto
-alle seconde nozze. ECKBERTUS, sermo VI, 12, in GALLANDI, XIV, 457:
-quidam vestrum, videlicet sequaces Hartuvini, mussitant quod illud
-conjugium solum justum est, in quo virgines conjunguntur, et quod unam
-prolem tantum gignere debent.
-
-[129] Lo Schmidt osserva (II, 88) che solo i Bogomil, e i Concorrezesi
-avrebbero diritto di ammettere l'assoluto divieto del matrimonio,
-perchè secondo loro colla nascita di nuovi organismi si creano nuove
-anime, e nuove vittime del demonio. Ma non così dovrebbero pensare
-i dualisti assoluti, che ammettono o uno spirito solo o un numero
-determinato di anime trasmigranti. Queste finchè si purificano debbono
-pure passare per altri organismi, e non si capisce perchè si vieti a
-coloro che non sono ancora perfetti di porre al mondo nuovi organismi,
-e assicurarsi così la dimora durante l'espiazione che ancor resta
-da fare. L'osservazione parmi più ingegnosa che vera, perchè tutti
-i Catari debbono condannare come impuro il commercio del corpo,
-creatura del diavolo. E l'astensione dai piaceri corporei è il mezzo
-più acconcio perchè i meno perfetti si correggano. ECKBERTO, sermo
-V, 6 (GALLANDI, XIV, 455) dice: Innotuit mihi per quosdam viros, qui
-exierunt de societate vestra .... dicitis enim quod fructus ille de quo
-praecepit Deus primo homini in Paradiso, ne gustaret ex eo, nihil aliud
-fuit nisi mulier .... Ex hoc probatis, omne genus humanum .... natum
-esse ex fornicatione et neminem salvari posse nisi purgatus fuerit per
-orationes et sanctificationes eorum, qui inter vos perfecti vocantur.
-Anche l'HAHN (op. cit., I, 86), giustamente connette col principio
-fondamentale della mortificazione della carne il divieto della
-congiunzione carnale.
-
-[130] _Liber inquisitionis tholosanae_, pag. 179: Item tu (Petre
-Raymonde de Hugonibus) ipse vitam corporalem volontarie tibi
-subtrahis .... quia posuisti te in illa abstinentia quam haeretici
-vocat _enduram_, in qua endura jam per sex dies sine cibo et potu
-stetisti; pag. 204: Montolina .... in ultimo fine suo posuit se
-in endura haereticorum, in qua endura sine infermitate alia multis
-diebus perdurans fuit hereticata (ebbe il consolamentum); pag. 33:
-Guilielma uxor quondam Martini de Proaudo .... mortemque corporalem
-sibi accelerans, sanguinem minuendo, balneum frequentando, potumque
-letisferum .... avide assumendo ad mortem festinavit. In altro luogo
-è detto che Guglielma pregò la sua infermiera quod omnino perforaret
-eam cum dicta alzena (sutoris) in latere in illa parte in qua erat
-cor (pag. 71). I Catari di Monteforte nel 1030 dichiararono secondo
-Landolfo seniore (MURAT. _Script._ IV, 90) proximus noster, antequam
-animum damus, quoquomodo interficit nos. In quanto al suicidio
-ricordiamo che S. Ambrogio e S. Crisostomo lodarono e la Chiesa
-santificò la fanciulla Pelagia, che per salvare il suo onore si
-precipitò dal tetto di sua casa. LECKY, _History of European morals_,
-II, 49.
-
-[131] _Liber._ pag. 76: dicta Guilielma instanter petiit .... quod mors
-sibi acceleraretur timens capi per inquisitores.
-
-[132] LAMI, _Antichità toscane_, II, 556. MONETA, 469: Cathari vero
-ponunt quod semper fuit malum (il giuramento) sicut adulterium et
-homicidium. _Summa_, 486: Item quod non licet jurare in aliquo casu, et
-ideo hoc esse peccatimi mortale.
-
-[133] EBRARDUS in GRETSER, XII, 2, 241, adduce i testi biblici dei
-quali si servivano: objicis illud «nobite jurare omnino». Item objicis
-«sit sermo vester est, est: non, non».
-
-[134] Questa spiegazione parmi, o che io m'inganno, migliore di
-quest'altra adottata dallo Schmidt (II, 83): on ne rougit pas, en
-consentant à jurer de paraître capable de mensonge jusqu'à ce qu'on ait
-confirmé la vérité par un serment. L'orgoglio di volere essere creduto
-sulla semplice parola sarebbe un motivo molto impari al rigore del
-divieto, e poco conforme all'umiltà dei Catari.
-
-[135] In una lettera scritta dalla chiesa di Liegi a Lucio II, nel
-1144, e riportata da Martene _Amplis. collect._ I, 776: Haeresis haec
-diversis distincta est gradibus, habet enim _auditores_ qui ad errorem
-initiantur; habet _credentes_, qui iam decepti sunt (SCHMIDT, II, 98).
-Petrus Vallisarnensis Historia Albigensium cap. 2: Sciendum autem quod
-quidam inter haereticos dicebantur Perfecti, sive Boni Homines, alii
-Credentes.
-
-[136] SCHMIDT, loc. cit., riproduce questo passo dagli atti
-dell'inquisizione di Carcassona. Non omnibus credentibus suis dicunt
-omnia ... nisi solum bene suis familiaribus et bene firmis.
-
-[137] I Catari tenevano a chiamarsi i veri seguaci di Cristo, e
-vivamente protestavano contro l'accusa di eresia. Lo Schmidt riporta
-dagli atti dell'Inquisizione di Carcassona (manoscritti della
-Biblioteca Nazionale di Parigi) questo passo: Malae gentes nos vocant
-haereticos, et nos sumus haeretici, imo sumus boni christiani. _Liber
-inquisitionis tholosanae_ pag. 37: et nos omnes de ecclesia romana
-versa vice asserunt haereticos et errantes.
-
-[138] Manus impositio vocatur ab eis consolamentum et spirituale
-baptisma sive baptisma Spiritus Sancti (_Summa_, pag. 48 b).
-L'inquisitore schernisce la funzione catara con un bisticcio
-linguistico secondo il gusto del tempo nel _Liber inquisitionis_ pag.
-33: consolamentum immo verius desolamentum.
-
-[139] MONETA, 278. Dicunt etiam quod a Diabolo fuit ille baptismus, et
-ad nihil utilis nisi ad impediendum Christi baptismum.
-
-[140] _Summa_, pag. 52 a: caeteri Patres antiqui atque beatus Johannes
-Baptista fuerunt inimici Dei. Questa sarebbe stata l'opinione di
-Balasinanza, di Giovanni di Lugio (pag. 54 a), e dei più tra i
-Concorrezesi (pag. 55 a). PETRUS VALLISARNENSIS, cap. 2: Johannem
-Baptistam unum esse de majoribus Daemonibus asserebant. EBRARDUS, cap.
-13: Diffidentes etiam de Domini praecursore vitam ejus repudiant et
-baptismum.
-
-[141] MONETA, 282. Ex quo patet quod Baptismus Ecclesiae alius est quam
-Baptismus Johannis et quam doctrina et impositio manuum.
-
-[142] MONETA, 280. In primis autem illud inducunt quod habetur
-Actorum VIII 14, 17. Ecce quod dicitur hic quod receperunt Spiritum
-Sanctum per impositionem manuum et non per baptismum aquae materialis,
-ergo in baptismo non datur peccatorum remissio. L'imposizione delle
-mani è certo il miglior simbolo del battesimo col fuoco, perchè il
-porre le mani sopra una parte del corpo ne aumenta il calore; ma
-ciò non pertanto parecchi catari alla stessa imposizione delle mani
-attribuivano poco valore. _Summa_, pag 48: Albanenses enim dicunt quod
-ibi manus nihil operatur, eum ipso ex Diabolo sit creata secundum eos,
-ut inferius dicetur, sed sola oratione dominica quam ipsi tunc dicunt
-qui manus imponunt.
-
-[143] _Summa_ 48 b: Non sit aliqua remissio peccatorum si illi, qui
-manus imponunt sint tunc in aliquo peccato mortali. Racconta ECKBERTO,
-sermo XI, 8, in GALLANDI, XIV, 480, fuit mihi concertatio de his rebus
-quadam vice in domo mea Buonae cum quodam viro qui suspectus erat nobis
-quod esset de secta Catharorum, et contigit ut incideremus ad loquendum
-de sacerdotibus malis, et dicebat ita de eis: Quomodo fieri potest ut
-qui tam irrationabiliter vivunt distribuant in Ecclesia corpus Domini?
-
-[144] MONETA, pag. 274. Nullus Spiritum Sanctum habens potest peccare.
-
-[145] MONETA, pag. 275. Notandum quod _aliqui_ Cathari dicunt modo quod
-amitti potest, sed amissus recuperari non potest: sua fide recedendo,
-vel eum impugnando amittitur. Parmi che non ci sia tra i due passi
-contraddizione, come crede lo Schmidt; perchè il testo 274 si riferisce
-ad alcuni Catari, e ad altri il 275.
-
-[146] Nel Concilio lombariense del 1165 venner condannati quidam qui
-se faciebant appellari boni homines. _Liber sententiarum inquisitionis
-tholosanae_, pag. 6: et ipsos haereticos quos _bonos homines_ appellas
-et dicis, tu asseris posse dare ad salutem spiritum sanctum illis quos
-recipiunt. Anche in Germania pare che prevalesse questa denominazione.
-Vedi l'anonimo di Passau in Gretser, XII, 2, 31: Sed perfecti qui
-consolati vocantur in Lombardia et in Theutonia _boni homines_
-vocantur.
-
-[147] _Summa_, 48 b. Cathari quoque ad instar simiarum, quae hominis
-acta imitari conantur, quatuor habent sacramenta, falsa tamen et inania
-illicita et sacrilega quae sunt: manus impositio, panis benedictio,
-poenitentia, et ordo.
-
-[148] SACCONI in _Summa_, 48 b: Panis benedictio est quaedam fractio
-panis quam ipsi quotidie faciunt tam prandio quam in coena.
-
-[149] _Summa_, pag. 49 b. Fit etiam ista confessio publica coram
-omnibus, qui ibi sunt congregati, ubi multoties sunt centum et plures
-viri et mulieres et credentes eorum Cathari. MONETA, pag. 305. Peccant
-autem circa confessionem arbitrantes quod non est necessarium eam fieri
-sacerdoti et quod sufficiat si fiat Deo soli. Pag. 306, objiciunt illud
-Ezech. quacumque hora ingemuerit peccator etc.
-
-[150] _Summa_, pag. 50 b, ordines Catharorum sunt quatuor. Ille qui est
-in primo et maxime ordine vocatur Episcopus. Ille qui in secundo filius
-major. Qui in tertio filius minor. Qui in quarto vocatur Diaconus.
-
-[151] Mortuo episcopo, filius minor ordinabat filium majorem in
-Episcopum. _Summa_, 51 a.
-
-[152] Illa vero, quae supra dicitur de Episcopo mutata est ab omnibus
-Catharis morantibus extra mare, dicentibus quod per talem ordinationem
-videtur quod filius instituat patrem, quod satis apparet incongrum;
-unde fit modo aliter in hac forma, scilicet quod Episcopus ante mortem
-suam ordinat filium majorem in Episcopum. _Summa_, loc. cit.
-
-[153] Notiamo che lo Schmidt ammette tra le dottrine primitive del
-Catarismo la condamnation de l'ancien Testament comme oeuvre du démon
-(II, 273).
-
-[154] Der Gnosticismus mit der alexandrinischen Religionsphilosophie
-und dem Neuplatonismus unter einen und denselben Gesichtspunkt gehört.
-Alle diese Erscheinungen haben etwas gemeinsames und verwandtes, sie
-sind ebenso religiöser als speculativer Natur. BAUR, _Vorlesungen über
-die christliche Dogmengeschichte_, I, 177.
-
-[155] Lo Schmidt ben conosce l'antichità di questa tradizione (II,
-253) Au onzième siècle ils sont ainsi appelés par le moine Adémar de
-Chabanois, par l'évêque Roger de Chalons etc.
-
-[156] Non sarà inutile dare in questa nota un breve cenno dei gnostici,
-i più antichi precursori dei Catari. Tutti gli storici della Chiesa
-s'accordano nel dividere lo gnosticismo in due grandi categorie,
-l'alessandrino e l'orientale. Il primo s'inspira all'emanatismo
-delle ultime speculazioni greche, e non arriva in pratica fino alle
-estreme conseguenze ascetiche, come il divieto del matrimonio. Il
-secondo invece s'informa alle tradizioni orientali, e invece del
-monismo emanatistico pone uno spiccato dualismo. Alla prima categoria
-appartengono Basilide e Valentino, alla seconda Saturnino e Bardesane.
-Secondo Basilide, che insegnava in Alessandria intorno al 125 d. C.,
-dall'Entità suprema (_theòs arrētos_ l'Innominabile) emanano sette
-potestà (_dinàmeis_) che sono _noûs_, _lògos_, _phronēsis_, _sophia_,
-_dinamis_, _dìceosynē_, _eirēne_; ragione, verbo, saviezza, scienza,
-potestà, giustizia, pace, le quali formano il primo regno degli
-spiriti, _ouranòs_. Da questo primo cielo nasce un secondo, dal secondo
-un terzo e così di seguito fino a 365 cieli, coll'avvertenza che il
-seguente è sempre meno perfetto di quel che precede. L'ultimo cielo ha
-sette angeli, ciascuno dei quali è creatore del mondo terrestre; ma più
-di tutti il primo angelo (_ò ărchon_) che è il Dio adorato dagli Ebrei.
-Perchè lo spirito umano torni al regno celeste, la prima delle potestà,
-il nous, si unisce nel battesimo coll'uomo Gesù. Per Valentino [che nel
-140 d. C. da Alessandria andò a Roma, e di là a Cipro ove morì nel 160]
-dall'Ente primo o _bitòs_ profondità emanano le potestà, o eoni, come
-ei li vuol chiamati; ma non è l'ultimo eone, che crea il mondo, bensì
-un essere affatto impuro, ed escluso dal corpo degli Spiriti. Dalla
-Sofia infatti, ultimo eone, nasce una saggezza bastarda _Achamoth_,
-la quale errando fuori del Pleroma, o regno degli Eoni, dà vita alla
-materia, e nello stesso tempo produce il Demiurgo, che cotesta materia
-deve ordinare. Così nel mondo formato dal demiurgo combattono tre
-elementi, il pneumatico, lo psichico, e il materiale: e il corso del
-processo cosmico tende a separare lo spirito e l'anima dalla materia,
-restituendo il primo al regno degli spiriti, ed il secondo a quel
-luogo mediano, dove abita Achamoth. A compiere siffatto ritorno, da
-tutti gli eoni emana una nuova entità, il salvatore, a quel modo che
-per ristabilire la pace nel regno eonico, turbata dal parto di Sofia,
-erano emanati due altri eoni, cioè Cristo e lo Spirito Santo. Saturnino
-in Antiochia, contemporaneo di Basilide, ammetteva le emanazioni
-degradanti sino agli spiriti dei setti pianeti. Ma contro a questi
-buoni spiriti si leva il cattivo Spirito o Satana, il quale agli uomini
-ispirati dal buon Dio, o uomini della luce, oppone una generazione
-di uomini malvagi e tenebrosi. Per sottrarsi al contatto col cattivo
-Spirito i Saturniani si astenevano dal matrimonio e dal mangiar
-carne. MATTER, _Histoire du Gnosticisme_, I, 324-31; NEANDER, _General
-History of the Christian Religion_, I, 14-26; GIESELER, _Lehrbuch der
-Kirchengeschichte_, 4ª ed., I, pag. 179-192.
-
-[157] Questo intreccio delle diverse eresie spiega i varii nomi dati
-a questi eretici. Dell'identificazione di _Catarini_ con _Patarini_
-diremo più tardi. Il nome di _Cathari_ ben presto per effetto
-dell'aspirata si tramutò in _Cazari_ o _Gazari_. Come si fosse oscurato
-in breve tempo il significato primitivo della parola lo provano le
-curiose etimologie di Alano. Hi dicuntur Cathari; idest diffluentes
-per vitia, a Catha, quae est fluxus; vel Cathari, quasi casti, quia
-se castos et justos faciunt; vel Cathari dicuntur a cato, quia, ut
-dicitur, osculantur posteriora cathi in cujus specie, ut dicunt,
-apparet eis Lucifer. (Lib. I, c. 63). In Germania trovò favore questa
-ultima etimologia stante l'affinità di suono tra _Katze_ (gatto) e
-_Ketzer_ (GIESELER, II, 2, pag. 540). I Catari furon detti _Pubblicani_
-[Concilio lateranense del 1179 in MANSI, XXII, 232: alii Catharos, alii
-Patrinos, alii Publicanos] corruzione di paoliciani. Forse un'ulteriore
-corruzione è il nome _Piphles_, che secondo ECBERTO (GALLANDI, XIV,
-pag. 447) sarebbe stato comune nelle Fiandre. Nella costituzione di
-Federico II (HUILLARD-BRÉHOLLES, _Hist. dipl._, IV, 298) sono detti
-anche Speronisti, da un vescovo cataro Sperone del secolo XII (SCHMIDT,
-II, 282). Si dissero _Bulgari_, dal luogo d'origine di questa setta,
-ed _Albigesi_ dalla diocesi di Albi ove mise più profonde radici. Il
-nome bulgaro o corrottamente _bougre_ significò più tardi al pari del
-tedesco _Ketzer_ l'eretico in generale. In Francia si dissero TEXTORES
-o TISSERANDS _ab usu texendi_ dice Ecberto; perchè questo era il
-mestiere, cui si davan più volentieri i Catari, obbligati dalle loro
-leggi a campar la vita col lavoro, non d'accatto. Si dissero anche
-_Bonshommes_, perchè sappiamo già che boni homines si chiamavano i
-loro Perfetti. Finalmente si dissero talvolta _Manichei_ ed _Ariani_
-per le simiglianze di dottrine tra cotesti eretici e i loro lontani
-progenitori. (GIESELER, loc. cit.).
-
-[158] La Gnosi di Saturnino, che s'adattava mirabilmente al dualismo
-orientale, da Antiochia si era rapidamente diffusa sino alla Persia,
-e preparava quel sincretismo di Cristianesimo e Parsismo, che fu più
-tardi predicato da Mani. Questo ardito novatore partiva dal presupposto
-dei due regni, l'uno di Dio o della luce, l'altro di Satana, delle
-tenebre o della materia. La quale opposizione si ripercuote in ogni
-uomo, dove accanto all'anima buona o luminosa s'asside la malvagia, che
-combatte e spesso vince la rivale. La malvagia per lungo tempo conservò
-incontrastato dominio, grazie al prevalere delle false religioni come
-il Paganesimo ed il Giudaismo, e tuttora le anime luminose sarebbero
-schiave, se a liberarle non fosse disceso dal Sole in terra uno
-spirito puro, Cristo, che per amor loro vestì un corpo apparente. Ma la
-dottrina cristiana non fu bene intesa dagli Apostoli, e peggio ancora
-dai successori. Onde occorreva un apostolo novello, che svelasse tutta
-la verità. Il qual paraclito ben s'intende essere Mani. Il Manicheismo
-rispondeva talmente ai bisogni del tempo, che non ostante il supplizio
-del suo fondatore per ordine del Re persiano Baharam (272-275 d. C.),
-crebbe in breve ora, e si distese nelle provincie del vicino Impero
-Orientale, e di là in Occidente, sfidando le ire degl'Imperatori
-(GIESELER, I, 303-11).
-
-[159] Priscilliano fondò la sua setta in Ispagna nel 379 d. C. L'anno
-dopo, 380, fu condannato nel Sinodo di Cesaraugusta, e per ordine
-dell'usurpatore Massimo giustiziato nel 385. I Priscillianisti,
-secondo la testimonianza di S. Agostino, _De haeres._, c. 70, maxime
-Gnosticorum et Manichaeorum dogmata permixta sectantur. Non ostante le
-persecuzioni si conservarono sino al VI secolo (GIESELER, I, 2, pag.
-99-100).
-
-[160] I Paoliciani rimontano al 660 d. C., in cui un tal Costantino
-da Mananalide presso Samosata, appartenente alla setta gnostica
-di Marcione, ispirato dalla lettura di S. Paolo, si annunzia come
-restauratore della chiesa paolinica. A lui morto intorno al 684
-succedono Simeone († 690), Paolo († 715), Gennasio († 745), Giuseppe
-(† 775), Baanes fino all'801, per opera dei quali il Paolicianismo
-si diffuse per tutta l'Asia Minore. Sergio che nell'801 si oppose a
-Baanes, accusato d'immoralità, si può tenere come il secondo fondatore
-della setta. Alla morte di Sergio accaduta nell'835 si decise di
-non nominare più un capo spirituale. Ma scoppiate le persecuzioni
-dell'imperatrice Teodora, i Paoliciani fuggirono sotto il comando di
-Corbeade, il quale ben presto fattosi lor capo, divenne così potente
-che unito ai Saraceni dette battaglia agl'Imperiali. Nè meno ardito
-fu il successore Crisocere, che nell'867 fino ad Efeso estese le
-sue scorrerie. Vinti poi dall'imperatore Basilio, che di persona
-li combattè nell'872, i Paoliciani si sottomisero al vincitore,
-ma non rinunziarono alla loro fede. Ed un secolo più tardi nel 970
-l'imperatore Giovanni Zimisce li mandò in Tracia presso Filippopoli,
-ove, a patto che custodissero i confini dell'Impero, concesse loro
-piena libertà di coscienza. A cotesti paoliciani il Muratori riadduce
-i Catari, e non a torto, perchè la setta paoliciana è la più vicina
-alla catara sia pel tempo sia per gl'insegnamenti. Certo non si possono
-negare nel paolicianismo gl'influssi manichei, e per questo rispetto il
-manicheismo è la remota sorgente di tutte queste eresie dualistiche; ma
-oltre alle opinioni dualistiche il GIESELER, II, 1, pag. 15 e segg.,
-400 e segg., rileva nel paolicianismo la condanna di ogni esteriorità
-nel culto. Anche il NEANDER, op. cit. V, 362: They maintained that by
-the multiplication of external rites and cerimonies in the dominant
-church the true life of religion had declined. Dicevano lo stesso i
-Catari.
-
-[161] ADEMARO, _Cronaca_: Pauco post tempore per Aquitaniam exorti sunt
-Manichaei seducentes plebem. DUPLESSIS, 1, 5, riferisce l'avvenimento
-all'anno 1010; PERTZ, _Mon._, _Germ. Script._, IV, 138, all'anno 1018;
-BOUQUET, _Recueil_, X, 159, all'anno 1022.
-
-[162] Decem ex canonicis Sanctae Crucis Aurelianensis, qui videbantur
-aliis religiosores, probati sunt esse Manichaei. Quos rex Rotbertus
-.... cremari iussit [D'ARG., 1, 5; _M. G. script._, IV, 143; BOUQUET,
-X, 159]. ROD. GLABER, _Hist._ lib. III, cap. 8 (BOUQUET, X, 35)
-darebbe il 1023; Tertio de vicesimo infra iam dictum millenium apud
-Aurelianensem urbem reperta est cruda ... haeresis. Ma la cronaca
-d'Auxerre (BOUQUET, X, 271), anticipa d'un anno: MXXII Aurelianis
-cremantur Clerici ... ac si denuo Manichaei haeretici. E questa data
-viene accettata dal Bouquet e dal Pertz, perchè è accertato in un
-documento pubblico [BOUQUET, X, 35, not. a]. Glaber ci conserva il
-nome di due capi degli eretici; quorum unus Lisoius in monasterio
-sanctae crucis clericorum clarissimus habetur, alter idem Heribertus
-... capitale scholae tenebant dominium. Anche Ademaro (PERTZ, IV,
-143; BOUQUET, X, 159) conosce uno di essi. Qui autem flammis iudicati
-sunt supradicti decem cum Lisoio, quem Rex valde dilexerat. Ma tanto
-Glaber come Ademaro riferiscono imperfettamente il fatto, perchè da
-un documento pubblicato dal D'Achery (_Spic._, II, 167; BOUQUET, X,
-536) intitolato _Gesta synodi Aurelianensis anno MXXII adversus novos
-Manichaeos_ sappiamo che Eriberto nonchè capo era invece un prete
-recentemente convertito per opera dei due prelati Stefanus et Lisojus,
-apud omnes sapientia clari sanctitate seu religione magnifici. Questo
-Eriberto stava presso un Arefasto dei conti normanni, e tornato nella
-costui casa da Orleans, dove s'era recato per istruirsi, pare che
-volesse convertire il suo ospite alla nuova religione. Ma questi non
-che piegarsi alla nuova dottrina la denunziò al conte Riccardo con
-preghiera di parteciparla al re. Era una cosa ben grave che in Orleans
-fosse apparsa l'eresia, e che vi partecipassero alte persone del
-clero, e tenute da tutti in grande stima, come Stefano confessore della
-regina, ed un canonico cantore di nome Teodato morto tre anni innanzi
-nell'eresia (ADEMARO in BOUQUET, X, 159). Il re Roberto pensò quindi
-di riunire intorno a sè un sinodo di prelati, che interrogassero gli
-eretici. Stefano e Lisojo non smentirono le loro opinioni. Cumque ab
-hora diei prima usque ab horam nonam multifariam elaborarent omnes,
-ut illos a suo errore revocarent, et ipsi ferro duriores minime
-resipiscerent .... de gremio Sanctae Ecclesiae eiecti sunt. Qui cum
-ejicerentur Regina Stephani olim sui confessoris cum baculo, quem
-manu gestabat, oculum eruit ... deinde praeter unum clericum et unam
-monacham cremati sunt. La stessa narrazione d'accordo con Ademaro e
-Glaber ricorda le virtù dei capi dell'eresia. E se anche non ce lo
-dicessero le fonti, il fatto solo di non aver mentito nè abiurato
-sotto la minaccia del rogo prova una gran forza di convincimento e di
-carattere. Il che mal s'accorda colla leggenda che gli eretici usassero
-raccogliersi di notte in una casa ad invocare con canti il diavolo,
-che non tardava di comparire. Et tunc omnibus extinctis luminibus,
-quamprimum quisque poterat mulierem arripiebat: sine peccati respectu
-et utrum mater, aut soror, aut monacha haberetur. Ex quo spurcissimo
-concubitu infans generatus, octava die ... in igne cremabatur. Cinis
-veneratione colligebatur atque custodiebatur. Simili favole non
-inventarono un tempo i Pagani in danno dei Cristiani?
-
-[163] GLABER, loc. cit. Fertur a muliere quadam ex Italia procedente
-haec insanissima haeresis in Gallis exorta. Ademaro la fa venire dal
-Perigord (_ipsi decepti a quodam rustico Petragoricensi_), il che
-non esclude che nel Perigord fosse importata dall'Italia. Anche per
-l'eresia di Cambrai del 1025 dicono gli atti del Sinodo di Arras _ab
-Italiae finibus advenisse_ (MANSI, Conc., XIX, 425. BOUQUET, X, 540).
-
-[164] Vedi in MURATORI (_Antiq. Ital._, Diss. 60) il decreto di Ottone
-IV: omnes hereticos Ferrarie commorantes, Patharenos sive Gazaros
-imperiali banno subiacere, nisi ad unitatem Ecclesie secundum mandatum
-Ferrariensis episcopi convertantur.
-
-[165] MURATORI, l. c., pag. 446: Et pro molendinis Patarinorum,
-et Petri de Cagnense dentur eis pro cambio molendina quae fuerent
-Bachedeferro ad congruum et convenientem fictum. Il documento è
-dell'anno 1192. Non essendo nominato il proprietario cataro il Muratori
-crede che il molino fosse una proprietà collettiva degli eretici, che
-ivi teneano le loro adunanze. Lo Schmidt sospetta che il passo dello
-stesso documento: Molendina Patarinorum penitus destruantur, accenni a
-misura presa contro gli eretici, invece trattasi di un'espropriazione
-per utilità pubblica, come si direbbe oggi.
-
-[166] LAMI, (_antichità toscane_, II, 491) che riporta da una cronaca
-questo passo: MCLXXIII, XVIII. Kal. Maij: Indictione VI: propter
-Paterinos amissum est officium in civitate Fiorentina. Ma da questo
-passo male induce il Lami che l'eresia non si propagasse prima del 1170
-contro la testimonianza del Villani e di Simone della Tosa. E come
-nel breve giro di tre anni l'eresia poteva acquistare tanta forza,
-quanta gliene attribuisce il cronista? Lo stesso Lami pag. 496 dice:
-«che favoreggiavano e sostenevano Filippo Paternon (vescovo cataro)
-alcuni possenti cittadini .... Barone di Barone, Pulce di Pulce,
-Gherardo Cipriani, Chiaro di Manetto, Conte di Lingraccio, Uguccione di
-Cavalcante, e le famiglie Saraceni e Malpreso».
-
-[167] Vedi sui Patarini di Orvieto lo studio del Fumi. _Arch. Stor._,
-1875, 4ª dispensa.
-
-[168] Vita di Gregorio IX, MURAT., _Script._, III, 578. FICKER, _Die
-gesetzliche Einführung der Todestrafe für Ketzer_, pag. 207.
-
-[169] Ioachim in Apoc., f. 131, 167.
-
-[170] Ademaro all'anno 1022 (PERTZ, IV, 143): Nihilominus apud Tolosam
-inventi sunt Manichei, et ipsi destructi et per diversas occidentis
-partes nuntii antichristi exorti, per latibula sese occultare, curabant
-et quoscumque poterant viros et mulieres subvertebant.
-
-[171] ANSELMI, _Gesta episc. Leod._ (_M. G. Scrip._, VI, 228). Ut ipsi,
-eisque comunicantes catholica communione priventur. Ivi, 227. Qui non
-vult mortem peccatorum .... sed per pacientiam et longanimitatem suam
-novit peccatores ad poenitentiam reducere.
-
-[172] MANSI, _Concilia_, XIX, 742. Et quia novi haeretici in gallicanis
-partibus emerserant eos excommunicavit, illis additis qui ab eis
-aliquod munus vel servitium acciperent.
-
-[173] MANSI, (_Concilia_, XIX, 424) riferisce gli atti del concilio
-di Arras tenuto nel 1025 da Gerardo vescovo di Cambray ed Arras.
-Riproduco questo passo col. 425: At illi referunt se esse auditores
-Gandulfi cuiusdam ab Italiae partibus viri, et ab eo evangelicis
-mandatis et apostolicis informatos, nullamque praeter hanc scripturam
-se recipere, sed hanc verbo et opere tenere. Rodolfo Coggeshale nella
-sua cronaca (BOUQUET, XVIII, 92), racconta di una bella fanciulla di
-Cambray, che scopertasi per catara o publicana ad un chierico, che le
-chiedeva amore, fu da costui denunciata ai superiori ecclesiastici.
-La fanciulla alle dimande dei giudici non seppe rispondere, ma
-ingenuamente se ne rimise alla sua maestra, il cui nome candidamente
-svelò. Furono condannate entrambe. La maestra riescì a fuggire in un
-modo miracoloso, secondo il cronista, ma la fanciulla igne consumpta
-est non sine admiratione multorum, cum nulla suspiria, nullos fletus,
-nullum planctum emitteret, sed omne conflagrantis incendii tormentum
-constanter alacriter perferret, instar martyrum Christi, qui olim pro
-christiana religione a paganis trucidabantur.
-
-[174] ANSELMI, _Gesta episc. Leod._ (_M. G. Script._, IV, 228) non
-aliam condempnationis eorum causam cognoscere potuimus quam quia
-cuilibet episcoporum iubenti, ut pullum occiderent, inoboedientes
-extiterant.
-
-[175] CAESAR HEISTERBACH, V, 19. Arnoldus discipulorum capitibus manum
-imponens, ait: Constantes estote in fide vestra .... virgo quondam
-speciosa, et quorundam compassione ab igne subtracta .... ex manibus
-illorum (tenentium) elapsa, facie veste tecta, super extincti (Arnoldi)
-corpus ruit. Anche il Cantù in un passo, che riferiremo in seguito,
-ricorda senza citare la fonte, una fanciulla lombarda, che si getta nel
-rogo per morirvi insieme coi suoi parenti.
-
-[176] GUILLELMUS NEUBRIGENSIS, _De rebus anglicis_, II, 13, in
-D'ARGENTRÉ, _Collectio iudiciorum_, I, 61. Duce quodam Gerardo ....
-solus aliquantulum litteratus; caeteri vero sine litteris et idiotae
-.... Princeps praecepit haereticae infamiae characterem frontibus eorum
-inuri, et spectante populo, virgis coercitos urbe espelli.
-
-[177] Epist. Inn. III, Lib. IX, 26. Illis autem qui orthodoxae fidei
-zelo succensi ad vindicandum sanguinem iustum .... viriliter se
-accinxerint .... suorum remissionem peccaminum a Deo eiusque vicario
-secure promittatis indultam (PETRI VALLIUM SARNAY, _Hist._ in BOUQUET,
-XIX, 13).
-
-[178] GAUFRIDUS in BOUQUET, XII, 448.
-
-[179] _Croisade contre les Albigeois_, trad. Fauriel, v. 8693. Si
-pour avoir attisé le mal et éteint le bien, égorgé les femmes et
-massacré des enfants, un homme peut en ce monde conquerir le règne de
-Jesus-Christ, le comte doit porter couronne et resplendir dans le ciel.
-
-[180] _Croisade_ v. 1055 et le monde entier leur court sus et leur
-porte haine plus qu'a sarrasins.
-
-[181] CAESAR HEIST., VI, 21, pag. 383 (ed. Col. 1591). Cedite eos,
-novit enim Dominus qui sunt eius. Il numero dei morti ce lo dà Pietro
-di Vaux Cernay, _Hist._, cap. XV (BOUQUET, XIX, 20): Statim intrantes
-a minimo ad maximum omnes fere necant, tradentes incendio civitatem
-.... fuerunt usque ad septem millia de ipsis Biterrensibus interfecti.
-_Croisade_, v. 193. On ne pouvoit leur faire pis, on les égorgea tous,
-on égorgea jusqu'à ceux qui s'étaient réfugiés dans la cathédrale.
-
-[182] Quadringenti combusti sunt, caeteri (quinquaginta) patibulis
-appensi. (CAESAR HEIST., loc. cit.).
-
-[183] P. DE V. CERNAY (BOUQUET, XIX, 32). Ne timeatis, quia credo quod
-paucissimi convertentur .... erant autem perfecti haeretici centum
-quadraginta vel amplius. Praeparato igitur igni copioso, omnes in
-ipso projiciuntur. _Croisade_, v. 1082. Et ils brûlèrent maint felon
-d'hérétique fils de pute chienne, et mainte folle mécréante qui brait
-dans le feu.
-
-[184] _Croisade_, v. 1551 e segg. Car jamais dans la chrétienté si
-haut baron ne fut, je crois, pendu avec tant d'autres chevaliers à
-ses côtés. Car des chevaliers seulement, il en fut là compté plus de
-quatre-vingts, à ce que me dit un clerc. Quant à ceux de la ville on
-en ressembla dans un prè, jusqu'à quatre cents, qui furent brûlés et
-grillés sans y comprendre Dame Giraude que les (croisés) jettèrent dans
-un puits et couvrirent de pierres, dont ce fut dommage et pitié.
-
-[185] GUILLELMI DE PODIO LAURENTII in BOUQUET, XIX, 220. Et promisit
-quod iustitiam debitam faciet sine mora de haereticis manifestis ....
-Inquiret etiam diligenter .... solvat usque ad biennium duas marcas
-argenti, et exinde in perpetuum unam, ei qui haereticum ceperit.
-
-[186] FICKER, _Die gesetzliche Einführung der Todesstrafe für
-die Ketzerei_ (_Mittheilungen des K. Instituts für österr.
-Geschichtforschung._, 1880, II. Heft, pag. 180 e seg.). HAVET,
-L'_Hérésie et le Bras séculier dans le moyen âge_ (Bibliot. de l'école
-des chartes, 1880, pag. 489 e seg.).
-
-[187] FICKER, loc. cit., che cita _Mon. Germ. Script._, XVIII, pag. 402.
-
-[188] MANSI, _Concilia_, XXII, 157, electis ac statutis iudicibus ab
-utraque parte.
-
-[189] ROGERO DE HOVEDEN, _Annales_, Francf. 1601, 575 in SCHMIDT, pag.
-79.
-
-[190] In Christi nomine ego H. episcopus de Guarnasia, legatus domine
-Imperatoris Henrici et semper augusti, venientes Pratum pro facto
-domini imperatoris, bona patarenorum et patarenarum ibi morantium
-fecimus pubblicari et domos eorum fecimus subverti et destrui. Questo
-documento fu pubblicato dal Lami (_Antichità_, II, 523).
-
-[191] Decreto di Ottone IV (in MURAT., _antiq. Ital. med._ V, 89)
-Ferrara 1210, omnes haereticos, Ferrarie commorantes Patharenos sive
-Cataros .... imperiali bauno subjacere .... omnia eorum mobilia et
-immobilia publicentur et domus .... destruantur et ulterius non liceat
-alicui eas reaedificare.
-
-[192] Decreto di Federico II in HOUILLARD-BRÉHOLLES, II, 2-6: omnes
-haereticos .... perpetua damnamus infamia, diffidamus atque bannimus
-censentes ut bona talium confiscentur nec ad eos ulterius revertantur
-ita quod filii ad successionem eorum pervenire non possint.
-
-[193] V. la lettera di Federigo II a Gregorio IX del 28 febbraio 1231
-in BRÉHOLLES, III, 268-269. Quia igitur ex apostolicae provisionis
-instantia qua tenemini ad extirpandam haereticam pravitatem potentiam
-nostram ad ejusdem haeresis exterminium precibus et monitis excitatis,
-ecce ad vocem virtutis vestrae zelo fidei quo tenemur ad fovendam
-ecclesiasticam unitatem gratanter assurgimus .... et omnibus innotescat
-nos ardenti voto zelare pacem Ecclesiae et adversus hostes fidei et ad
-gloriam et honorem matris Ecclesiae ultore gladio potenter accingi.
-
-[194] Cfr. la costituzione del 1231 in BRÉHOLLES, IV, 7 presentis
-nostre legis edicto damnatos mortem pati Patarenos decernimus, quam
-affectant, ut vivi in conspectu populi comburantur flammarum commissi
-judicio. Questa costituzione che era stata già pubblicata per la
-Lombardia nel 1224 (BRÉHOLLES, II, 421-23) fu ripubblicata per la
-Germania nel 1232 (BRÉHOLLES, IV, 298), nel 1238 (Bréholles, V, 201) e
-nel 1239 (BRÉHOLLES, V, 279).
-
-[195] Constituzione del 1232 in BRÉHOLLES, IV, 302, fratres ordinis
-praedicatorum de Wirceburg pro fidei negotio in partibus Theotoniae
-contra hereticos deputatos .... sub nostra et imperii speciali
-defensione receptos, et quod apud omnes sub ope ac recommendatione
-fidelium imperii esse volumus inoffensos.
-
-[196] Constituzione citata, p. 301, per viros ab eodem errore conversos
-ad fidem nec non per alios qui eos de haeresi convicerunt, quod in hoc
-casu licite concedimus faciendum, evidens testimonium habeatur.
-
-[197] _Liber inquisitionis tholosanae_, pag. 80, crimen heresis propter
-sua immanitate et enormitate non solum in vivis sed etiam in mortuis
-per jura promptissima debeat vindicari; pag. 81: predictas domos (dove
-morirono alcune catare) cum suis appendiciis .... funditus demendas;
-pag. 162: et maxime in casu in quo delinquentis heredes ob culpam
-sui actoris ad successionem admitti non debent, non obstante quod
-ipsis viventibus interveniente ipsorum morte per sentenciam non extit
-declaratum. V. la costituzione di Federico, in BRÉHOLLES, IV, 302,
-haeredes et posteros usque ad secundam progeniem beneficiis cunctis
-temporalibus, pubblicis officiis et honoribus imperiali auctoritate
-privantes.
-
-[198] MURATORI, _Antiq. Ital._ (ed. Arretii 1778, XII, 463-558): Die
-XII, exeunte Decembri nova mulier filia quondam Mainardini de Maderio
-et uxor Johannini de Achille.... iurato in praesentia venerabilis
-patris Domini Alberti, Dei gratia, Episcopi Ferrarensis.... et dixit
-quod passa est circa novem annos in oculo dextro. Et hodie personaliter
-contulit se ad maiorem Ecclesiam, ubi requiescit corpus viri Dei
-Armanni.... oblationes obtulit. Qua oblata tumor evanuit et visura
-recepit pag. 465. Marinellus Calegarius.... coepit ire libere et sine
-baculo, pag. 468. Perpudam de Adria paraliticam toto corpore et lingua,
-ita quod non poterat loqui nec ire, et nunc liberata est pag. 478.
-Aloysia de Layde de Brestello.... suo sacramento dixit quod ipsa fuit
-detenta et oppressa ex duobus spiritibus malignis.... quum ipsa hodie
-venisset ad tumulum beati Armanni.... liberata est, pag. 485.
-
-[199] Anno millesimo ducentesimo quinquagesimo quarto.... Armannus
-venit ad praesentiam Fratris Aldovrandini Prioris Fratrum Praedicatorum
-etc. in quorum manibus abiuravit omnem haeresim (pag. 532).
-
-[200] Il Muratori dice male, pag. 496: is vivebat vitam Pauperum de
-Lugduno; perchè una testimone ci sa dire perfino a quale tra le sètte
-catare appartenesse: fuit credens Haereticorum sectae de Bagnolo (pag.
-504).
-
-[201] Albertinus qui fuit Haereticus.... iuratus dicit quod ipse
-Pungilupus fuit catharus consolatus, recepit manus impositionem in
-Verona a Domino Alberto Episcopo sectae de Bagnolo (pag. 513).
-
-[202] Detrahendo ministris Ecclesiae, appellando eos Daemones et Lupos
-rapaces (pag. 526).
-
-[203] Et corpus eius profanum et ossa extumulari, et extra Ecclesiam
-projici et ignibus concremari arcani lapideam.... et altare.... dirui,
-destrui et penitus dissipari.... omnes etiam sculpturas et imagines....
-destrui et abradi (pag. 550 e segg.)
-
-[204] _Summa_, 54 b. Est etiam valde notandum quod praedictus Johannes
-et ejus complices non audent revelare dictos errores credentibus suis,
-ne ipsi credentes discedant ab iis. Anche i valdesi seguono queste
-precauzioni, come riferisce Davide nel suo Trattato su codesti eretici
-(p. 34 ed. Preger): Non enim facile cuiquam aperiunt secreta erroris
-sui, nisi postquam securi sunt quod credat eis in omnibus, timentes
-quod recedat ab eis.
-
-[205] I Catari di Arras dichiararono nel concilio del 1025 (MANSI,
-XIX, col. 425). Lex et disciplina nostra quam a Magistro accepimus,
-nec evangelicis decretis, nec apostolicis sanctionibus contraire
-videbitur .... Haec namque hujusmodi est mundum relinquere, carnem a
-concupiscentiis froenare, de laboribus manuum suarum victum parare,
-nulli laesionem quaerere, charitatem cunctis quos zelus hujus propositi
-teneat exhibere.
-
-[206] BONACC. in D'ARG., 44 b: Doctores autem damnant omnes.
-
-[207] ECKBERTUS in GALLANDI, XIV, 447: Muniti sunt verbis sacrae
-scripturae quae aliquo modo sectis eorum concordare videntur, et ex
-eis sciunt defendere errores suos, et oblatrare catholicae veritati.
-Per questo studio che gli eretici ponevano nella Bibbia il concilio di
-Tolosa del 1229 severamente proibì: ne libros veteris Testamenti aut
-novi Laici permittantur habere nisi forte Psalterium, vel Breviarum
-pro divinis officiis .... sed ne praemissos libros habeant in vulgari
-translatos (D'ARGENTRÉ, _Collectio_, I, 76 b).
-
-[208] Lo stesso Eckberto osserva mestamente nel luogo citato: Et est
-non parva verecundia nostri, qui litteras sciunt, ut sint muti et
-elingues in conspectu illorum.
-
-[209] S. Pietro Damiani gl'indirizza una lettera (I, 1), nella quale
-s'impromette dal nuovo papa la fine degli scandali: Reprimatur avaritia
-ad episcopales infulas anhelantium, evertantur cathedrae columbas
-vendentium numulariorum .... Primo Pisaurensis Ecclesia bonae spei
-clarum dabit iudicium. Nisi enim praedicta Ecclesia de manu illius
-adulteri, incestuosi, perjuri, atque raptoris auferatur, omnis
-populorum spes, quae de reparatione mundi erecta fuerit, funditus
-enervatur. Cfr. Epist. I, 2, allo stesso: Avaritiae quippe et elationis
-igne succensi, ambiunt quidem ad sacerdotium promoveri, sed non student
-digni sacerdotes fieri.
-
-[210] DAMIANI, _Opere_ (Parigi 1664) III, 54: Quis enim nesciat... per
-occidentalia regna virus simoniacae haereseos lethaliter ebullisse, ita
-ut quod passim flebant, licenter admissum.
-
-[211] DAMIANI, Epist. I, 12: Arma potius, arma corripimus, vibrantia
-telis tela conserimus et non verbo sed ferro contra nostrae ordinis
-regulam dimicamus.
-
-[212] LANDULPHI SENIORIS, _Mediol. Hist._, I, 88: Qui Girardus cum
-ante ejus vultum venisset, promptissimum gerens ad passionem animum
-laetum si vitam suppliciis gravissimis finiret, vultu alacri ad omnia
-respondere paratus astitit.... Nemo nostrum uxore carnaliter utitur,
-sed quasi matrem aut sororem diligens tenet. Carnibus nunquam vescimur
-.... omnem nostram possessionem cum omnibus hominibus communem habemus
-.... Pontificem habemus non illum Romanum.
-
-[213] Come dice il cronista Landolfo, III, 18. Venientes namque quidam
-suburbani diversis, ac variis dogmatibus irretiti, et Arialdus ipse, et
-ipse quem animo prae omnibus diligebat, et aliquantis cum Laicis, qui
-Girardi de Monteforte sententias fere consentiebant.
-
-[214] ALANUS, pag. 7. Item Christus ait in Evangelio: venit enim
-princeps mundi hujus et in me non habet quicquam. Ibi Luciferum vocat
-principium mundi potius quam Christus .... Si peccatum in carne est,
-et caro sine peccato esse non potest, caro malum est et ita a Deo non
-est. MONETA, pag. 80: Unum (testimonium) est illuc Ecclesiastae, I,
-2, _Vanitas vanitatum et omnia vanitas_ et loquitum de creaturis istis
-visibilibus et transitoriis. Quomodo autem potest esse quod in operibus
-boni Dei aliqua vanitas sit?
-
-[215] GRETSER, XII, II, 10, cum et Gazari et Patareni Waldenses
-fuerint, uno ex stipite Waldo prognati.
-
-[216] Ivi, pag. 7. Consentiunt ferme auctores sectam Waldensium
-extitisse in Gallia progenitore Petro Waldo circa annum Domini MCLX.
-
-[217] V. SCHMIDT, II, 268 e segg.
-
-[218] Ecco il principio del capitolo in D'ARGENTRÉ, I, 55: Supra
-dictum est sufficienter de haeresi Catharorum, nunc dicendum est de
-haeresi leonistarum, sive pauperum de Lugduno, qui sunt divisi in duas
-partes. È chiaro da quell'opposizione supra.... nunc, che l'eresia di
-Lione non si può confondere con nessuna delle frazioni catare di cui
-parla di sopra. Ed è giusto quel che dice il Cantù (_Gli eretici_, I,
-79) che Raniero distingue affatto i Catari dai Valdesi. Ma in nessun
-luogo il buon frate parla di Valdesi, progenitori degli Albigesi. Nè
-sarebbe potuto cadere in questo errore egli, che a pag. 51 annovera
-le chiese albigesi tra le catare di Francia, Tholosana, Carcassensis,
-Albigensis, e a pag. 55 nota che tutte e tre queste chiese si attengono
-alla dottrina di Balasinanza. Del resto il Cantù sembra non abbia un
-chiaro concetto del rapporto tra Catari e Valdesi, che mentre a pag.
-79 li distingue sulla testimonianza del Sacconi, a pag. 77 li confonde
-in uno. _I suoi seguaci [di Pietro Valdo] si dissero poveri di Lione o
-Catari, cioè puri._
-
-[219] STEFANO in DUPLESSIS, I, 78: Waldenses autem dicti sunt a primo
-huius haeresis auctore, qui nominatus fuit Waldensis. Dicuntur etiam
-Pauperes de Lugduno, quia ibi inceperunt in professione paupertatis,
-pag. 89. De Manicheis Patharenis vel Burgaris .... originem habuerunt a
-quodam Persa, dicto Manes, qui vere Maniacus etc.
-
-[220] Illi quidem Waldenses contra alios acutissime disputabant.
-(DUPLESSIS D'ARGENTRÉ, I, 94).
-
-[221] SACCONI in D'ARGENTRÉ, I, 55: et illud dicunt de justitia
-saeculari, quod non licet Regibus et Principibus et Potestatibus
-punire malefactores. Sospetto che innanzi a _punire_ si debba mettere
-_mortaliter_, come nel luogo del Sacconi già riportato a p. 89 n. 1,
-che riguarda i Catari. Si potrebbe intendere il passo del Sacconi
-nel senso che non si debbano punire come malfattori quelli che si
-allontanano dalla Chiesa, ed in favore di questa interpetrazione si
-potrebbe addurre questo passo dell'anonimo di Passau: Quod nullus est
-cogendus ad fidem (GRETSER, XII, II, 8: ecc.) e questo altro dalle
-annotazioni marginali alla somma del Sacconi riportate dal D'Argentré,
-I, 50: quod non licet corporalem iustitiam facere, vale a dire che per
-le opinioni religiose non si debbano applicare pene corporali, bensì
-spirituali quali l'ammonizione o la scomunica. Ma parmi più probabile
-la correzione da me proposta.
-
-[222] _Historia Albingensium_, cap. 2, longe minus perversi .... in
-multis cum nobiscum conveniebant .... in quatuor consistebat error
-eorum: in portandis sandalis .... nulla ratione iurandum vel occidendum
-.... quemlibet eorum abque ordinibus posse conficere corpus Christi.
-
-[223] _Tractatus de inquisitione haereticorum_, ed. PREGER, p. 25:
-Postulantes autem a Domino papa Innocentio III hanc vivendi formam
-auctoritate sua sibi ut sequacibus confirmari, adhuc recognoscentes
-primatum apud ipsum residere apostolicae potestatis.
-
-[224] MONETA, pag. 390, arbor ex fructibus cognoscitur ut habetur
-(Matth. 7, v. 7), fructus autem Romanae ecclesiae malus est, ergo
-romana Ecclesia mala est. Questa citazione non solo è comune ai Catari
-e Valdesi, ma anche ai Cattolici che volevano separato il temporale
-dallo spirituale. Valgan per tutti le terzine di Dante:
-
- Soleva Roma, che il buon mondo feo
- Due Soli aver, che l'una e l'altra strada
- Facean vedere, e del mondo e di Deo.
- L'un l'altro ha spento: ed è giunta la spada
- Col pastorale; e l'uno e l'altro insieme
- Per viva forza mal convien che vada;
- Perocchè, giunti, l'un l'altro non teme,
- Se non mi credi, pon mente alla spiga,
- Ch'ogni erba si conosce per lo seme.
- (_Purg._, XVI, 106-114).
-
-[225] Ecclesia dei non occidebat (MONETA, 394). Et homicidas deputant
-et perditos qui praedicant pugnandum contra Saracenos vel Albigenses.
-(STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 88 b).
-
-[226] STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 87 a: Pauperes de Lugduno,
-quia ibi inceperunt in professionem paupertatis.
-
-[227] L'Anonimo di Passau in D'ARGENTRÉ, I, 93: Quod Clerici et
-Claustrales non debeant praebendas habere .... quod Episcopi et abbates
-non debeant iura regalia habere. STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ,
-I, 89. Quod nostri clerici et sacerdotes qui habent divitias et
-possessiones sunt filii Diaboli et perditionis. DAVIDE ed. Preger,
-pag. 34: Papa et episcopi nostri et clerici qui divicias seculi
-habent et sanctitatem apostolorum non imitantur, non sint ecclesiae
-gubernatores, nec talibus dignetur Christus dilectam sponsam suam
-ecclesiam committere, qui eam potius prostituant malis exemplis et
-malis operibus, quam virginem castam Christo exhibeant, custodiendo eam
-in illa puritate quam accepit ab ipso.
-
-[228] BONACURSUS in D'ACHERY, _Spicileg._, I, 209, riferisce che i
-Catari beatum Sylvestrum dicunt antichristum fuisse .... a tempore
-illius dicunt Ecclesiam esse perditam. Secondo il Sacconi, _Summa_,
-pag. 55 b, i poveri di Lione dicono: quod Ecclesia romana non est
-Ecclesia Christi; i poveri lombardi aggiungono: Ecclesia Christi
-permansit in episcopis et aliis praelatis usque ad b. Silvestrum et
-in eo defuit quousque ipsi eam restaurarunt, tamen dicunt quod semper
-fuerint aliqui, qui Deum timebunt, et salvabuntur.
-
-[229] MONETA, pag. 397. Ad detestationem etiam Romanae ecclesiae
-induxit haereticus illud (_Apoc._, 17, v. 3), ubi Johannes dicit se
-vidisse mulierem sedentem super bestiam coccineam .... Et in fine
-eiusdem «et mulier quam vidisti est civitas magna, quae habet regnum
-super reges terrae» non est dubium quod Romana Ecclesia tunc dominium
-habebat super reges terrae. STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 89,
-dicunt Ecclesiam Romanam Babylon meretricem de qua dicitur XVII _Apoc._
-Questa interpretazione allegorica della Apocalissi fu accolta non pure
-dai Valdesi, ma benanco dai cattolici Ghibellini.
-
- Di voi, Pastor, s'accorse il Vangelista
- Quando Colei, che siede sovra l'acque,
- Puttaneggiar coi Regi a lui fu vista:
- Quella che con le sette teste nacque,
- E dalle diece corna ebbe argomento,
- Fin che virtute al suo marito piacque.
- (DANTE, _Inf._, XIX, 106-111).
-
-[230] ABBAS FONTIS CALIDI, cap. 7º, in GRETSER, XII, II, pag. 213:
-Haeretici vero nec domum Dei nec domum orationis vocant, nec in ea
-cum electis orare curant, sed malunt in domibus suis quam in domo
-Dei orare. Quare ergo impii haeretici jactant se servare evangelium
-et sequi apostolos, cum non in templo orent sed in thalamo, nec ibi
-doceant sed in foro et quidam clam in domu; pag. 221: Et inquiunt: si
-excelsus non habitat in manu factis, non habitat in ecclesiis factis
-manu hominum. Si autem ibi non habitat cur iremus illuc ad orandum? Non
-dicevano diversamente i Catari nel Concilio di Arras del 1028 (MANSI,
-XIX, col. 437) nihilque sanctum ex ea lapidea materia trahere in se
-contenditis, et ideo nihil differre quin in domiciliis et privatis
-mansionibus vestris orationes factae tantum valeant, quantum et in
-templo Sancto Dei. Riportammo già a pag. 87, n. 2, le testimonianze di
-Ebrardo ed Ermengardo.
-
-[231] STEF. DI BORB. in D'ARGENT., I, 87 a: quae cum saepe legeret et
-corde tenus firmaret .... evangelium et ea quae corde retinuerat ....
-Vedi sopra pag. 9, n. 3.
-
-[232] BONACURSUS in D'ARGENTRÉ, I, 64.... quod mosaica lex sit ad
-literam observanda et quod Sabbatum et Circuncisio et aliae legales
-observantiae adhuc habere statum debeant. Dicunt etiam quod Christus
-filius Dei non sit aequalis Patri, quod Pater et Filius et Spiritus
-Sanctus istae tres personae non sint unus Deus. Questi eretici che il
-Bonacorso chiama Pasagii [secondo Ducange santissimi πασάγιος, secondo
-Füslin, Jas e Schmidt, II, 294 vagabondi .... viaggiatori] vengono
-detti _Circumcisi_ nella legge di Federico II.
-
-[233] Totam Ecclesiam iudicant et condemnant .... novi Testamenti ac
-Prophetarum testimonio (loc. cit.).
-
-[234] Lettera a S. Bernardo, nelle _Opere_ di quest'ultimo, ediz.
-Mabillon, I, 1488.
-
-[235] STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 86 a.
-
-[236] Ivi, 86 b. Stefano racconta che un eretico capitato a Joinville
-di ritorno dalla Lombardia, dove era rimasto 18 anni, gli disse non
-esservi colà meno di 17 confessioni eterodosse. Lo stesso autore,
-oltre a quelli che conosciamo (Arnaldistae, Speronistae, Leonistae,
-Cathari, Pathareni, Manichaei sive Burgari, a suis inventoribus sic
-dicti), enumera: 1. Pauperes de Lugduno, qui dicuntur Waldenses....
-damnant omnes terrena possidentes. 2. Pauperes de Lombardia, qui
-possessiones recipiebant. 3. Tortolani qui semel in anno et in coena
-solum posse confici a Magistro eorum solo perfecto, qui tortellum
-faciunt, de quo ab eo comunicantur. 4. Alii dicunt omnes bonos viros
-sacerdotes non mulieres. 5. Alii non distinguunt in sexu. 6. Alii qui
-communiati dicebantur, quia communia omnia dicunt esse debere. 7. Alii
-rebaptizati, qui rebaptizandos ab Ecclesia esse dicunt.
-
-[237] I Catari, come dice il Sacconi, _Summa_, 48 b, sostenevano quod
-peccaret gravius, quicumque ex iis occideret sponte avem aliquam,
-a minima avicula usque ad maximam, et quadrupedia a mastella usque
-ad elephantem. E per conseguenza l'omicidio non può avere nessuna
-giustificazione (vedi più sopra, p. 89, n. 1). Senza ammettere le
-premesse i Valdesi accettano le conseguenze. Dalle annotazioni che
-hanno per titolo: Isti sunt errores Valdensium sive Insabbatorum
-(D'ARG., I, 57) tolgo questo passo del paragrafo 26: omnem iustitiam
-mortis esse illicitam et iudicium similiter. STEF. DI BORBONE
-in D'ARG., I, 88: peccant omnes iudicium vel iustitiam sanguinis
-exequentes. DAVIDE D'AUSBURGO in PREGER, pag. 37. Non debere quemquam
-occidere. PIETRO DI VAUXCERNAY in D'ARG., I, 93: nulla ratione
-occidendum.
-
-[238] _Summa_ (D'ARGENTRÉ, I, 56): In hoc concordant Pauperes de
-Lugduno cum Pauperibus Lombardis.... quod non est salus aliquo modo
-iurando. STEFANO DI BORBONE (D'ARGENTRÉ, I, 87) dicunt enim omne
-mendacium esse mortale peccatum, et iuramentum similiter. ALANUS, lib.
-2, cap. 18 e 19. Nullo modo est iurandum. PETRUS VALLIUM CERNAJ, cap.
-2, nulla ratione iurandum.
-
-[239] STEFANO DI BORB., pag. 876: Dicunt enim omne mendacium esse
-mortale peccatum et juramentum similiter.
-
-[240] L'anonimo annotatore del SACCONI, in D'ARG., I, 56 a, riferisce:
-Non est peccatum, si homo acciperet sororem suam vel consanguineam in
-uxorem.
-
-[241] STEFANO DI BORBONE (D'ARG., I, 89). Quod uxor potest a viro
-recedere, eo invito et converso et sequi eorum societatem et viam
-continentiae. DAVIDE, pag. 30 ed. Preger. Coniuges si quas ante
-habuerunt relinquunt.
-
-[242] D'ARG., I, 94. Sacramentum coniugii damnant, dicentes mortaliter
-peccare coniuges, si absque spe prolis conveniant.
-
-[243] Omnem coniugium vocant fornicationem, praeter quod contrahitur
-inter utrosque virgines masculum et foeminam (S. BERN., _Opp._, ed.
-Mabillon, I, 1489). Che del resto anche i Catari propriamente detti
-talvolta interpretassero il divieto del matrimonio come proibizione
-soltanto o delle seconde nozze, o della convivenza, lo dice
-espressamente Ecberto, in un passo già riportato, e che mi piace di
-ripetere: Veniam et ad illud quod mussitant quidam vestrum, videlicet
-seguaces Hartuvini, quod illum coniugium solum iustum est, in quo
-virgines coniunguntur, et quod unam tantum prolem gignere debent, et
-postea statim ab invicem discedere, nec unquam deinceps ad coniugalem
-thorum convenire. In questo passo sorprendiamo sarei per dire nel fatto
-la trasformazione dei Catari in Valdesi.
-
-[244] Nel trattato di Davide, ed. Preger, pag. 26. Dicunt se
-apostolorum successores et habere apostolicam auctoritatem et claves
-ligandi et solvendi. Vedi anche BONACCURSUS in MARTÈNE, V, 1775.
-
-[245] _Summa_, pag. 55 b, semper fuerunt aliqui qui timebant Deum et
-Salvatorem.
-
-[246] Solo le fonti molto tardive come il pseudo Pilichidorf e Claudio
-di Seyssel parlano di un Leone socio di Silvestro.
-
-[247] COMBA, _Storia della Riforma in Italia_, Firenze 1881, pag. 234 e
-segg.
-
-[248] Prima del Dieckhoff il Maitland avea avuto qualche sentore delle
-frodi del Perrin, il primo manipolatore degli scritti valdesi. COMBA,
-op. cit., pag. 270.
-
-[249] MELIA, _The origin, persecutions and doctrines of the Waldenses_.
-London, 1870, pag. 53-55. COMBA, op. cit., pag. 271, 550.
-
-[250] Sarà benissimo che il Dieckhoff sia caduto in esagerazioni come
-dice il prof. Comba, op. cit., pag. 270, nota 6; ma se anche dovessero
-tenersi per meno giovani, le opere valdesi, hanno senza dubbio
-un'antichità assai minore delle fonti cattoliche.
-
-[251] MUSTON, _Aperçu de l'antiquité des Vaudois des Alpes_, Pignerol
-1881. L'antica opera del Muston, _Israel des Alpes_, fu ristampata nel
-1880.
-
-[252] _Rivista Cristiana_, Firenze, Marzo 1882, pag. 97 e segg.
-
-[253] MONASTIER, _Histoire de l'Église vaudoise_, pag. 21.
-
-[254] HAHN, _Geschichte der Ketzer im Mittelalter_, I, pag. 52.
-
-[255] V. REUTER, _Geschichte der religiösen Aufklärung im Mittelalter_,
-I, 20 e segg. Er scheint ein biblischer Reformator und ein kritischer
-Aufklärer zugleich gewesen zu sein. Il Reuter crede anzi che abbia
-giovato più nell'ultimo senso che nel primo (pag. 24), il che l'Herzog
-non ammette (_Kirchengeschichte_, II, 118).
-
-[256] Nato sotto Carlo Magno e morto l'841. Percorse rapidamente la sua
-carriera ecclesiastica. Divenuto arcivescovo di Lione dovè mescolarsi
-nella lotta tra l'imperatore Ludovico e i suoi figliuoli in favore
-dei quali scrisse il libro intitolato: _Liber apologeticus, pro filiis
-Ludovici Pii Imperatoris adversus patrem_. (HAHN, op. cit., II, 33).
-
-[257] REUTER, op. cit., I, 32-41.
-
-[258] Sono due le fonti principali intorno a Tanchelino: 1. _Epistola
-Trajectensis Ecclesiae ad Fridericum Archiepiscopum Coloniensem_;
-2. _Vita S. Norberti_ di un anonimo. Nella prima è detto: Contra has
-sententias (cioè dona Dei pervenire ad eos, qui cum fide accipiunt,
-etiam talis est per quem accipiunt qualis Juda fuit) ille declamans,
-dehortabatur populum a perceptione sacramenti, prohibens etiam decimas
-ministris Ecclesiae exhiberi (D'ARGENTRÉ, II, 11).
-
-[259] Ex meritis et sanctitate ministrorum virtutem sacramentis
-accedere (loc. cit.).
-
-[260] Su questo fatto torneremo a suo luogo. La lettera di Gregorio VII
-è _ad Jusfredum episcopum parisiacensem_ dell'anno 1077 (lib. IV, ep.
-20).
-
-[261] Ex vita S. Norberti in D'ARG., I, 10: Sacramentum Dei inimicus
-.... obsequium episcoporum et sacerdotum nihil esse diceret,
-et sacrosancti corporis et sanguinis Domini nostri Jesu Christi
-perceptionem ad salutem perpetuam denegaret. Concorda con queste
-notizie un'antica cronaca. Sacri ordinis ministros et episcopalem ac
-sacerdotalem gradum nihil esse dicebat corporis et sanguinis Christi
-perceptionem sumentibus ad salutem prodesse negabat.... sed nec post
-ejus mortem error ipsius tam facile extirpari possit. Continuazione
-alla cronaca di Sigeberto, PERTZ, _M. G. Script._, VI, 449. D'ARG., I,
-15.
-
-[262] Epist. in D'ARG., I, 12 .... Ut etiam se Deum diceret .... quin
-plenitudinem Spiritus Sancti habuisset .... balnei sui aquam potandam
-dividerei .... manumque imaginis manu contingens, S. Mariam sibi
-desponsavit.
-
-[263] Il Mayer negli _Annali di Fiandra_ sulla fede di un antico
-manoscritto sta pel 1125 (D'ARG., I, 13). Un'altra cronaca in PERTZ,
-_M. G. Script._, VI, 459, adduce il 1115.
-
-[264] Anno 1110 Petrus de Bruis impiae sectae in arelatensi Provincia
-dux fuit .... Primum capitulum negat parvulos .... Christi baptismate
-salvari posse .... non aliena fides sed propria salvat .... secundum
-templorum fabricam fieri non debet, quoniam aeque in taberna ....
-invocatus Deus audit. Tertium cruces sacras confringi praecipit.
-Quartum capitulum ..... veritatem corporis et sanguinis Domini negat
-.... Quintum capitulum: sacrificia orationes, eleymosinas et reliqua
-bona pro defunctis (D'ARGENTRÉ, I, 14).
-
-[265] Par che corresse differenza tra la dottrina di Pietro e quella
-di Enrico, a quel che scrive l'abate Cluniacense: sed post regum Petri
-de Bruis, haeres nequitiae ejus Heinricus .... doctrinam diabolicam non
-quidem emendavit sed immutavit.
-
-[266] Canone XI del concilio lateranense 1179 sotto Alessandro III:
-Clerici, qui in sacris ordinibus constituti muljerculas suas indomibus
-suis incontinenti nota tenuerint, aut abjiciant eas et continenter
-vivant, aut ab officio et beneficio ecclesiastico fiant alieni. (MANSI,
-XXII, 224).
-
-[267] Da un vecchio codice pubblicato dal Mabillon, _Analect._ III,
-512. Verumtamen mirum in modum facundus erat .... Qua haeresi plebes
-in clerum versa est in furorem, adeo quod famulis eorum minarentur
-cruciatus .... Denique idem Hildebertus modis omnibus procuravit
-qualiter furorem plebis ratione pariter et humilitate mitigaret, quam
-Henricus contra clerum seditiose concitaverat.
-
-[268] A Diocesi Cenomannorum expulsus fuerat ad Pictavos adiit, tum
-Petragoras, Burdigalam et Tholosam. Cum autem numerus haereticorum in
-dies ibi cresceret, Eugenius papa III Albericum S. R. E. cardinalem
-delegavit in Tolosanam illam provinciam adversus haereticos, sive
-Henrici sectarios, sive Manicheos et Arrianos. Socium autem laboris
-Bernardum (D'ARGENTRÉ, I, 16).
-
-[269] S. BERNARDO, Lettera 241 _ad Hildefunsum Comitem Sancti Aegidii_:
-Homo apostata est, qui relicto religionis habitu ad spurcitias
-carnis et saeculi, tamquam canis ad suum vomitum est reversus ....
-vangelizabat ut manducaret .... cura meretricibus inventus est
-praedicator insignis.
-
-[270] Prae confusione habitare inter cognatos et notos non sustinens
-.... factus gyrovagus et profugus.
-
-[271] Basilicae sine plebibus, plebes sine sacerdotibus, sacerdotes
-sine debita reverentia sunt.
-
-[272] Idem namque mirae sanctitatis et scientiae rumore non merito.
-(D'ARGENTRÉ, I, 16).
-
-[273] Lo stesso S. BERNARDO, _Serm._ 65, pag. 1492. Tam quod ad vitam
-moresque spectat, neminem circumvenit, neminem supergreditur, neminem
-concutit. Pallent infusa per ora jejuniis, panem non comedit otiosus,
-operatur manibus unde vitam sustentat.
-
-[274] Vedi un discorso degli eretici nella lettera di Evervino preposto
-di Steinfeld presso Colonia a S. Bernardo (S. BER., _Opp._, pag. 1489).
-Nos pauperes Christi, instabiles, de civitate in civitatem fugientes
-.... nos hoc sustinemus, quia de mundo non sumus: vos autem mundi
-amatores, cum mundo pacem habetis, quia de mundo estis.
-
-[275] Possiamo addurre la preziosa testimonianza dello stesso Evervino,
-il quale dopo aver detto che gli eretici tormentum ignis non solum cum
-patientia sed etiam cum laetitia introierunt, et sustinuerunt dimanda
-ingenuamente: unde istis diaboli membris tanta fortitudo, quanta vix
-etiam invenitur in valde religiosis in fide Christi. Alla qual dimanda
-S. Bernardo risponde non doversi far poco conto della potenza che
-esercita il demonio non solo sui corpi, ma anche sui cuori delle sue
-creature; quanta sit potestas diaboli non modo in corpora hominum,
-sed etiam in corda, quae semel permissus possederit. E bisogna ben
-guardarsi dal paragonare la costanza dei martiri colla pertinacia
-di costoro; quia mortis contemptum in illis pietas, in istis cordis
-duritia operatur. Distinzione molto comoda, ripetuta ai nostri giorni
-dal Cantù (_Gli eretici in Italia_, pag. 88). «Ma la colpa onde più
-concordemente sono rinfacciati i Paterini è l'ostinazione. Fra strazi
-i e tormenti, al cospetto di morte obbrobriosa, non che convertirsi
-più s'induravano, protestavansi innocenti spiravano cantando lodi
-al Signore. In Lombardia serbarono memoria d'una fanciulla di cui
-la bellezza e l'età mettevano in tutti compassione e desiderio di
-salvarla. Perciò vollero assistesse, mentre padre, madre, fratelli
-venivano consunti dalle fiamme, sperando si sarebbe pel terrore
-convertita; ma no: poi che ebbe durato alquanto lo spettacolo si
-svincola dalle braccia dei suoi manigoldi, e corre a precipitarsi nelle
-fiamme e confondere l'ultimo suo coll'anelito dei parenti». Questo pel
-Cantù non è eroismo, è colpa di ostinazione!
-
-[276] Pag. 1489. Sunt item alii haeretici quidam in terra nostra ab
-istis discordantes per quorum mutuam discordiam et contentionem utrique
-nobis sunt detecti.
-
-[277] Il vero nome del novatore lionese è Waldez secondo il
-_Rescriptum heresiarcharum Lombardiae ad pauperes de Lugduno quae
-sunt in Alamania_, pubblicato dal PREGER, _Beiträge zur Geschichte der
-Valdesier im Mittelalter_, 1875, pag. 18.
-
-[278] ANONIMO DI PASSAU in D'ARGENTRÉ, I, 92. Dum cives maiores pariter
-essent in Lugduno, contigit quodam ex eis mori subito coram eis. Unde
-quidam inter eos tantum fuit territus quod statim magnum thesaurum
-pauperibus erogavit.
-
-[279] _Chron. laud._, in BOUQUET, XIII, 680. Fuit enim locus
-narrationis eius (ioculatoris) qualiter beautus Alexis in domo patris
-sui beato quievit. Facto mane .... quaesivit a magistro quae via
-aliis omnibus certior esset atque perfectior. Cui magister dominicam
-sententiam proposuit: si vis esse perfectus, vade et vende omnia quae
-habes.
-
-[280] _Chron. laud._, qui per iniquitatem foenoris multas sibi pecunias
-coacervaverat.
-
-[281] O civis et amici mei! non enim insanio, sicut vos putatis, sed
-ultus sum de hostibus meis qui me fecerunt sibi servum, ut semper plus
-essem sollicitus de nummo quam de Deo. (_Chron. laud._, loc. cit.).
-
-[282] A quodam cive quondam socio petiit dari sibi ad manducandum pro
-Deo (loc. cit.).
-
-[283] Il DIECKHOFF, _Die Waldenser im Mittelalter_, Gottinga 1851,
-crede che la vera novità della setta valdese per cui si distingue da
-tutte le altre affini è la libera predicazione, che ciascuno benchè
-laico e senza licenza dell'autorità ecclesiastica può intraprendere.
-Lucio III nel suo decreto contro gli eretici rimprovera la predicazione
-dei Valdesi, prohibiti vel non missi. Alano apre la discussione
-contro i Valdesi sulla tesi: nullus debeat praedicare nisi sit a
-majore Praelato missus. Il che vuol dire che questo ei considera
-come l'errore fondamentale dei Valdesi. Contro il Dieckhoff l'Herzog,
-_Die romanischen Waldenser_, Halle, 1853, p. 117, osserva che non è
-verosimile, nè alcuna fonte ci dice essere stato questo del predicare
-il primo impulso dell'intrapresa del Valdez. Ed io aggiungo che prima
-di mettersi nella predicazione bisognava che Valdez fosse già in
-possesso della verità da predicare o della vera via di salute. Ma se
-non possiamo accettare l'interpetrazione del Dieckhoff, neanche quella
-dell'Herzog ci par felice; perchè sebbene sin dal principio della sua
-carriera apostolica il Waldez avesse avidamente cercato d'istruirsi
-nella Bibbia, come racconta Stefano di Borbone, pure non si può dire
-che questo ritorno alle fonti bibliche sia il principio del movimento
-valdese (pag. 118). È molto più verisimile, e le fonti concordemente
-ce lo attestano, che il movimento del Waldez ebbe al principio un
-carattere più pratico e meno dottrinale. La vita fastosa rimprovera
-il Waldez a preti e laici, non l'obblio della Bibbia. Il nome che i
-Valdesi stessi si davano indica chiaramente quello che essi ponevano al
-di sopra di tutto, come l'unico mezzo della salute. E codesto nome non
-è: fratelli, vuoi predicatori, vuoi biblici; ma invece poveri di Lione,
-umiliati. Il primo documento che parla di loro, il decreto del 1183 di
-Lucio III, ce li presenta come eos qui se Humiliatos vel Pauperes de
-Lugduno falso nomine mentiuntur.
-
-[284] _Chron. Usperg._, pag. 243: olim duae sectae in Italia exortae,
-quorum alii Humiliatos, alii Pauperes de Lugduno se nominabant. Il
-Tron, _Pierre Valdo Pignerol_, 1879, appoggiandosi a Reinero e a
-Stefano di Borbone che dice: Vocant se pauperes spirito, crede che
-la povertà si debba intendere in un senso molto largo. L'amour de
-l'argent, ce ver qui range le pauvre aussi bien que le riche, tel est
-donc le mal que les amis de la pauvreté spirituelle et volontaire
-eussent voulu extirper de leur coeur (pag. 51). Ma le fonti, a cui
-attinge il Tron, sono molto tardive. Le più antiche e schiette, parlano
-della povertà nel vero senso della parola. E la cronaca laudunense
-racconta che la moglie di Valdo, saputo come il marito accattasse la
-vita da un amico, non mediocriter contristata sed velut amens effecto
-ad Archiepiscopum urbis cucurrit.... Tum ex praecepto Praesulis
-Burgensis hospitem suum secum ad praesentiam Praesulis duxit. At mulier
-arripiens virum suum per pannos, ait: Numquid non melius est, o homo,
-ut ego in te peccata mea eleemosynis redimam, quam extranei. Et extunc
-non licuit ei ex praecepto archiepiscopi in ipsa urbe cum aliis cibum
-sumere quam cum uxore (loc. cit.). A questa testimonianza aggiungiamo
-l'altra di Alano, pag. 225: Dicunt etiam praedicti haeretici quod nullo
-modo propriis manibus laborare debent, sed ab illis quibus praedicant
-recipere necessaria.
-
-[285] Valdesium amplexatus est Papa approbans votum quod fecerat
-voluntariae paupertatis (loc. cit.).
-
-[286] STEF. DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, loc. cit. Evangelia et ea quae
-corde retinuerat per vicos et plateas praedicando multos homines et
-mulieres ad idem faciendum ad se convocando firmans eis Evangelia.
-
-[287] Incoepit illa secta per hunc modum secundum quod ego accepi a
-pluribus qui priores eorum viderunt, et a Sacerdote illo.... qui dictus
-fuit Bernardus Ydros, qui cum esset iuvenis scripsit dicto Valdensi
-priores libros pro pecunia in Romano, quos ipsi habuerunt, transferente
-et dictanti ei Stephano de Ansa. (STEF., loc. cit.).
-
-[288] _Cronaca laudunense_, loc. cit. anno Domini 1178 [leggi 1179].
-Concilium lateranense a Papa Alexandro huius nominis tertio celebratur
-.... Valdesium amplexatus est Papa, approbans votum quod fecerat
-voluntariae paupertatis, inhibens eidem ne vel ipse aut socii sui
-praedicationis officium praesumerent nisi rogantibus sacerdotibus. Che
-i Valdesi si fossero presentati ad Alessandro III ci viene attestato da
-Gualtiero Mapes, _De Nugis curialium_, pubblicato dal Wright, London
-1850. Non avendo potuto avere questa stampa, riferisco dall'Usser:
-_Gravissimae quaestionis de Christianarum Ecclesiarum successione
-et statu Historica explicatio_ (Hanoviae 1658, pag. 168). Vidimus in
-concilio Romano, sub Alexandro Papa III celebrato, Valdesios, homines
-idiotas illiteratos .... qui librum Domino Papae presentaverunt lingua
-conscriptum gallica, in quo textus et Glossa Psalterii plurimorumque
-legis utriusque librorum continebatur. Hi multa petebant instantia,
-praedicationis authoritatem sibi confirmari. L'accordo colla cronaca
-laudunense mostra erronea la correzione, voluta da qualcuno, di
-Alessandro III con Innocenzo III.
-
-[289] STEF. DI BORB., loc. cit. Cum autem ex temeritate sua et
-ignorantia multus errores scandala circumquaque diffunderunt, vocati
-ab episcopo Lugdunensi, qui Ioannes vocabatur, prohibuit eis ne
-intromitterent se de scripturis exponendis vel praedicandis. Non
-possiamo ammettere che questo divieto sia posteriore a quello di
-Alessandro III, perchè Stefano ce lo presenta non come esecuzione
-degli ordini di Roma, ma quale misura presa spontaneamente dal vescovo.
-Inoltre dal racconto di Stefano la proibizione del concilio del 1179
-parrebbe posteriore a quella del vescovo locale. Post expulsi ab
-illa terra, ad concilium quod fecit Romae ante Lateranense vocati et
-pertinaces, fuerunt schismatici postea iudicati.
-
-[290] Magister eorum usurpans Petri officium, sicut ipse respondit
-principibus sacerdotum, ait: obedire oportet magis Deo quam hominibus
-(STEF. DI B., loc. cit.).
-
-[291] Omnes qui vel prohibiti, vel non missi, praeter authoritatem
-ab apostolica sede vel episcopo loci susceptam, publice vel private
-praedicare praesumpserint .... pari vinculo perpetui anathematis
-innodamus (MANSI, XXII, 477).
-
-[292] Per l'appello ad Innocenzo ci sono due testimonianze, l'una
-di Davide d'Asburgo (Ivoneto), l'altra della cronaca urspergense. Il
-primo scrive: apud Lugdunum fuerunt quidam simplices layci, qui quodam
-spiritu inflammati et supra ceteros de se presumentes iactabant,
-se omnino vivere secundum evangelii doctrinam, et illam ad literam
-perfecte servare, postulantes a domino Papa Innocentio hanc vivendi
-formam sibi et suis seguacibus confirmari, adhunc recognoscentes
-primatum apud ipsum residere apostolicae potestatis. (Vedi PREGER,
-pag. 25). — La cronaca urspergense all'anno 1212: Vidimus tunc temporis
-aliquos de numero eorum, qui dicebantur Pauperes de Lugduno apud sedem
-apostolicam cum magistero suo quodam ut puto Bernhardo, et hi petebant
-sectam suam a sede apostolica confirmare. Essendo dunque attestati
-da molte fonti tanto l'appello ad Alessandro III, quanto l'altro ad
-Innocenzo III, bisognerà ammettere col D'Argentré che si tratti di due
-appelli differenti, non di uno scambio di nomi.
-
-[293] INNOCENZO III, _Epistolae_, Lib. XI, ep. 196. Vedi GIESELER,
-_Lehrbuch_, II, 2, 632.
-
-[294] _Chr. Ursp._, l. c. Dominus Papa in loco eorum exsurgentes
-quosdam alios, qui se appellabant Pauperes minores confirmavit qui
-praedicta superstitiosa et probrosa respuebant .... maluerunt appellari
-Minores Fratres quam Minores Pauperes.
-
-[295] DIEKHOFF, _Die Waldenser im Mittelalter_, Göttingen, 1851, pag.
-155-58.
-
-[296] STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 87, ben conosce questi
-periodi successivi. Hii ergo, Valdenses videlicet et sui, primo
-ex praesuntione et officii apostolici usurpatione ceciderunt in
-inobedientiam, demum in contumaciam, demum in excommunicationis
-sententiam .... Postea in Provinciae terra et Lombardiae cum aliis
-haereticis se admiscentes, et errorem eorum bibentes et serentes,
-haeretici sunt judicati infestissimi et periculosissimi.
-
-[297] L'abate di Foncaldo, verso il 1209, aveva tuttora speranza di
-richiamare i Valdesiani nel grembo della Chiesa: _Adversus Valdenses_,
-in GRETSER, XII, 2, pag. 207: cui pauca de multis collegimus
-ad ostendendum quanta sit episcoporum ac sacerdotum dignitas ac
-auctoritas, quo cognito qui hactenus eis ribelles fuerunt, humiliter
-eisdem obtemperent.
-
-[298] FONCALDO, in GRETSER, pag. 203: Ab omni, qui scit verbum dei in
-populis seminare, praedicandum esse. Quoniam Jacobus dicit «scienti
-bonum facere et non facienti peccatum est illi». Quare autem si scimus
-evangelizare et cepimus graviter peccamus?
-
-[299] FONCALDO, in GRETSER, pag. 204: Moyses non invidit
-prophetantibus, imo desideravit, ut omnis populus prophetaret.
-Clericorum autem ordo obsistit nobis, et invidet prophetantibus id est
-exponentibus mysteria Dei.
-
-[300] FONCALDO, pag. 205. Ad hoc dicunt quod multi laici verbum Dei
-in populo fideli disseminaverunt sicut fecit B. Honoratus et sanctus
-Equitius .... Denique et primi apostoli idiotae et sine literis
-fuerunt. Et isti omnes, licet Laici, verbum Dei praedicaverunt.
-
-[301] DAVIDE D'AUSBURGO, ediz. Preger, pag. 26. Illi (Valdenses) autem
-contempserunt in hoc claves ecclesie, dicentes clericos hoc facere
-per invidiam quia viderent eos meliores se esse et melius docere et
-maiorem ex hoc populi favorem habere, cum pro bono et perfecto opere
-nullus debeat vel possit excomunicari .... Et illam excomunicationem
-reputabant sibi esse aeternam benedictionem, gloriantes se apostolorum
-successores esse, quod sicut illi pro doctrina evangelii a scribis et
-phariseis extra synagogam eiecti maledictioni eorum et persecutioni
-subiacebunt, ita et ipsi a clericis similia paterentur.
-
-[302] ALANUS, _adversus haereticos_, pag. 1881. Isti Valdenses asserunt
-neminem debere obedire alicui nisi Deo freti auctoritate quae est in
-actis apostolorum. FONCALDO, pag. 209, sed inquiunt: obedimus Deo non
-hominibus, sequens Petrum qui dixit: obedire oportet Deo magis quam
-hominibus.
-
-[303] FONCALDO, p. 198. In primis igitur arguuntur de inobedientia,
-quia scilicet non obediunt ecclesiae Romanae.
-
-[304] ALANO, pag. 184. Laico autem praedicare periculosum quia non
-intelligitur quod dicit nec scripturas intelligit. FONCALDO, pag.
-199: Ex quibus aperte datur intelligi quod nullus praesumere debet
-docere aliquam viam perfectionis nisi sit in civitate id est in sancta
-ecclesia, et Christi sit discipulus. Pag. 207: Ex his omnibus videtur
-nec Clerico nec Laico cujus habitatio ignoratur (imo etiamsi sciatur
-ubi habitet) esse licitum vineam id est plebem et gregem alienum
-excolere sine licentia Episcopi vel Presbyteri ad cujus curam spectat.
-
-[305] Pag. 202: Praedicant omnes passim, et sine delectu conditionis,
-aetatis vel sexus.
-
-[306] FONCALDO, pag. 113. Foeminas quas suo consortio admittunt, decere
-permittunt, cum hoc sit apostolicae doctrinae contrarium. — Pag. 114:
-sed dicunt inimici veritatis mulieres debere docere eo quod apostolus
-dicat ad Titum: .... non criminatrices non multo vino servientes,
-bene docentes. — Item hunc errorem confirmare scituntur exemplo Armae
-propheticae, Luc. 2.
-
-[307] ALANO, pag. 191: Magis operatur meritum ad consacrandum .... quam
-ordo vel officium. Per l'opposto il cattolico deve sostenere secondo
-il Foncaldo pag. 200: Spiritus sanctus plerumque potius dignitatem
-sacerdotis pensat quam meritum.
-
-[308] ALANO, pag. 186. Forte dicunt quidam haeretici quod bonis
-Praelatis obediendum, et his qui apostolorum vicarii sunt vita et
-officio. Tutto al contrario la dottrina cattolica è questa (pag. 183):
-Obediendum esse dominis suis, non solum modestis sed etiam discolis.
-Lo stesso ripete Foncaldo (pag. 200): Sacerdotibus etiam peccatoribus
-peccatores nequitias suas confiteri debent.
-
-[309] Per mostrare l'accordo delle fonti in questo punto e la
-continuità della dottrina dall'origine sino all'ultimo periodo della
-Chiesa valdese, cito STEFANO DI BORBONE in D'ARGENTRÉ, I, 89. Item
-dicunt nullam esse sanctitatem nisi in bono nomine vel muliere;
-ed il MONETA, pag. 408: Audacia Valdensium, qui ab ecclesia romana
-propter quorundam vitia exire praesumpserunt .... si enim Scribis et
-Pharisaeis, qui nequissimi fuerunt de lege Moysi obtemperandum fuit
-propter officium et ordinem sacerdotis usque ad consummationem legis,
-quanto magis sacerdotibus et praelatis obediendum est de lege Christi
-licet mali sint. Riferiremo altrove un luogo di Davide, ediz. Preger,
-pag. 27.
-
-[310] DIECKHOFF, op. cit., p. 178. Der waldensische Satz stützt ja die
-Kräftigkeit und Wahrheit der geistlichen Amts und seiner Thätigkeiten
-nicht auf den obiectiven Christus in der Gemeinde. Pag. 181: Das
-evangelische Protestantismus steht auf Seiten des Alanus.
-
-[311] Il PREGER, _Beiträge zur Geschichte der Waldesier im
-Mittelalter_, dubita a torto delle fonti cattoliche, perchè l'accordo
-di queste fonti, che emanano da inquisitori ben diversi e per tempo e
-per nazionalità è una prova inconfutabile della loro veridicità.
-
-[312] Illis solis potestas ligandi et solvendi data sit, qui doctrinam
-simul et vitam apostoli servant. (ALANO, pag. 187). Cfr. DAVIDE, ediz.
-Pregar, pag. 27: Dicunt etiam quod sacerdos peccator non possit aliquem
-solvere et ligare, cum ipse sit ligatus peccato, et quod quilibet bonus
-et sciens laicus possit alium absolvere et paenitenciam imponere.
-
-[313] ALANO, pag 196. Si vero ante confessionem, per contricionem
-cordis, Deus per se ipsum sine ministerio sacerdotis ei debitum omnino
-relaxat .... quid dimittit Sacerdos?
-
-[314] ALANO, pag. 193. Non est necesse hominem peccata sui confiteri
-sacedotibus si praesto sit laicus, cui possit peccata confiteri.
-
-[315] STEFANO DI BORBONE, in D'ARGENTRÉ, I, 88: Derident indulgentias
-Papae et absolutiones et Claves ecclesiae.
-
-[316] FONCALDO, pag. 114-15. Audent jam insani haeretici eis
-quos seducunt dicere: defunctis nihil prodesse fidelibus vivorum
-eleemosynas, jejunia, orationes, nec etiam missarum solemnia, seu
-orationes pro eis factas.
-
-[317] FONCALDO, pag. 217: Sed ad hoc objiciunt inimici veritatis post
-mortem hanc praedictas nulli prodesse. .... Ex his verbis liquet quod
-post mortem tenebris poenarum involvitur qui in hac luce viam Dei
-perambulare contempserit.
-
-[318] FONCALDO, pag. 217: Negant enim ignem purgationis.
-
-[319] Questo documento, pubblicato dal Preger nei _Beiträge_ già
-citati, fu riprodotto presso di noi dal COMBA, _Storia della Riforma in
-Italia_, pag. 541 e segg.
-
-[320] SACCONI, _Summa_, pag. 55. Pauperes Lombardi concordant cum
-primis in juramento et justitia saeculari. De corpore vero Domini
-sentiunt pejus quam primi, dicentes quod concessum est cuilibet homini,
-sine peccato mortali existenti, consecrare illud. Item dicunt quod
-Ecclesia Romana est Ecclesia malignantium, et bestia et meretrix quae
-leguntur in Apocalypsi.
-
-[321] Anche il Tiraboschi, alla cui opera _Vetera Humiliatorum
-monumenta_ (Med. 1766) il Preger ricorre, dice candidamente (I, 76): ea
-fere omnia quae ad prima humiliatorum tempera pertinent incerta sunt.
-La corporazione degli Umiliati era un ordine religioso, il quale è
-fama che abbia ricevuto qualche regola da S. Bernardo, nè certo s'è mai
-allontanato dalla Chiesa. E se ne togli l'obbligo del lavorare, che del
-resto anche i Catari s'imponevano, non parmi che ci sia niente altro di
-comune tra gli Umiliati ed i Poveri Lombardi.
-
-[322] Da questa frase adoperata dai Poveri Lombardi (§ 3): Controversia
-quae inter nos et electos Valdesii socios jam diu versatur, si deve
-riconoscere col Preger che i Poveri Lombardi non si sentivano compagni
-o socii del Valdez.
-
-[323] § 15: Facta enim adhuc quadam super Valdesio et Viveto mortuis
-questione respondimus: Valdesium et Vivetum si pro omnibus culpis
-et offensionibus suis satisfecerint ante obitum posse salvari: quam
-dicti ultramontani penitus respuentes ecc. Pare però che la disputa si
-potesse comporre nella formola accettabile da ambe le parti: dicimus
-Valdesium in dei paradyso esse.
-
-[324] § 6: Valdesium dixisse quod cum de omnibus aliis esset pax et
-concordia inter eum et fratres italycos, nisi separarentur laborancium
-congregationes. A ragione il Preger si serve di questo testo per
-mostrare la grande autorità esercitata dal Valdez.
-
-[325] § 4: Valdesium dixisse videlicet se nolle aliquem in societate
-ultramontanorum aut ytalicorum fratrem fore prepositum in vita sua nec
-post mortem. Anche in questo punto si trovò modo d'intendersi: commune
-nostrum .... eligat prepositos aeternaliter vel rectores ad tempus
-secundum quod utilius communi videbitur vel amplius ad pacem pertinere.
-
-[326] Il Sacconi dice che i Poveri Lombardi sostenevano quod infantes
-salvabuntur sine baptismo (_Summa_, pag. 55 b.).
-
-[327] Dalla formola adottata nella lettera (§ 8) parrebbe tutto
-l'opposto di quel che pretende il Sacconi, perchè gli ultramontani par
-che avessero bisogno di essere richiamati alla vera fede: hoc oramus
-eos credere et fateri. La professione di fede suona così: nemo aquae
-materialis baptismum respuens potest salvari.
-
-[328] § 9: Credimus legitimos conjugatos nisi ob fornicationis causam
-aut utriusque consensu neminem debere separare. Cfr. STEFANO DI BORBONE
-in D'ARG., I, 89. Item in matrimonio carnali dicunt quod uxor potest
-a viro recedere eo invito, et e converso et sequi eorum societatem vel
-viam continentiae.
-
-[329] § 16: Una est (sententia), ut quidam ex Valdesii sociis
-proferunt, quod panis et vini substancia per solam verborum Dei
-prolacionem vertitur in Christi corpus et sanguinem addentes: non
-homini sed verbis Dei virtutem attribuimus.
-
-[330] § 17: Altera quorundam Valdesii sociorum sententia de panis
-fraccioni haec est; nemo potest baptizare, qui Christi corpus non valet
-conficere.
-
-[331] § 18: Dixerunt enim per neminem sive bonum sive malum, nisi per
-eum qui est deus et homo, _i. e._ Christum, panis et vini visibilem in
-corpus Christi et sanguinem transubstanciari substantiam, et hucusque
-de hac tertia sacramenti hujus responsione nos et illi concordes
-fuimus. De hoc autem quod addiderunt: _oracionem adulteri sive
-malitiosi in hoc a domino exaudiri et recipi_, ab eis quia a veritatis
-tramite deviat dissentimus.
-
-[332] § 16: Quisquis sive Judeus sive gentilis verba Dei super panem
-et vinum proferens .... Christi corpus et sanguinem conficiet. Questa
-opinione di alcuni oltramontani era così indeterminata, che poteva
-servire a dimostrare le tesi più opposte, nè solo che il sacramento
-amministrato dai cattolici fosse valido, ma valido altresì quello di
-qualunque altro sappia dire le sacre parole. In questo ultimo senso
-intende la dottrina degli oltramontani STEFANO DI BORBONE in D'ARG., I,
-89: Illi autem (Valdenses) qui in aliquo videntur minus male sentire in
-hoc errant, quia dicunt corpus Christi posse confici a quocumque bono
-vel consecrari qui dicit verba ad hoc statuta, licet, non sit ab homine
-ordinatus.
-
-[333] § 17: Interrogati etiam a nobis de pane fraccione confessi sunt
-hoc sacramentum non per mulierem, non per laycum, sed per solum confici
-sacerdotem.
-
-[334] § 20: Item quod dominus iniquorum ministracionem non recipiat, et
-eorum oracionem non exaudiat.
-
-[335] § 22: Ecco la formola degli oltramontani: a sacerdote ab ecclesia
-Romana ordinato, donec congregatio baptizatorum sustinet eum in
-officio, sit justus vel iniustus, si acceperit panem et vinum et eum
-benedixerit in commemoracionem corporis et sanguinis Dei, credimus quod
-post benedicionem ab eo dictam corpus et sanguis fiat Dei.
-
-[336] Loc. cit. Hanc Valdesianorum confessionem, quam contra divina
-testimonia faciunt, omnino respuimus.
-
-[337] § 18: Tamen si quis ad recipiendum hoc sacramentum dignus
-accesserit credimus quod licet non per ministri indigni et reprobi
-oracionem a domino impetrat quod exoptat, i. e. corpus domini ad sui
-salutem juxta suum recipit desiderium (loc. cit.).
-
-[338] Loc. cit. Si Deus oracionem exaudierit, credimus panis et vini
-substanciam post benedictionem esse Christi corpus et sanguinem,
-alioquin minime quod ad se et per se .... ad se i. e. quantum ad
-ministrantem reprobum etiam si ipse ratione presumpserit, per se i. e.
-per ejus orationem si alicui alio tradere voluerit.
-
-[339] § 25: Cum essem parvulus loquebar ut parvulus. Quando autem
-factus sum vir, evacuavi quae erunt parvuli .... Nec etiam licet
-Valdesiani in hoc nos vellent cogere, volumus confiteri. Oportet enim
-obedire Deo magis quam hominibus. Nec enim Paulus volentibus eum in
-legis servitutem redigere, ut ipse testatur, ad horum subjectione
-cessit. Questo luogo mi pare una chiara prova che gli ultramontani ai
-quali s'indirizza la lettera dei Lombardi erano forse una frazione dei
-Valdesi, rimasta ancora in moltissimi punti ligia alla Curia Romana.
-Con nessun'altra ipotesi si potrebbe spiegare questa sollecitudine per
-la confessione auricolare, che tra i sacramenti fu il primo ad essere
-abbandonato, come ne fan fede le fonti più antiche, Alano e l'Abate di
-Foncaldo.
-
-[340] Di queste due sentenze, la prima ci viene conservata da Alano, la
-seconda da Stefano di Borbone.
-
-[341] _Beiträge zur Geschichte der Waldesier_, p. 22-23.
-
-[342] _Der Tractat des David von Ausburg_, München 1878, p. 15-16.
-
-[343] In D'ARGENTRÉ, I, 87. Et inveni per multas confessiones eorum in
-jure tam perfectorum quam credentium.... Tamen aliqui eorum dicunt, ut
-ab eis audivi, timore mortis esse eis, qui non sunt perfecti, licitum
-mentire et jurare.
-
-[344] STEPHANUS, in D'ARGENTRÉ, I, 89. Quilibet bonus homo sit
-Dei filius, sicut Christus eodem modo.... cum homo poenitens bonus
-efficitur, tunc est ibi verus baptismus.
-
-[345] PREGER, op. cit., pag. 16: Natürlich konnte man nun nicht Alles,
-was aufänglich für den Predigerverein galt, auch zur Vorschrift für die
-Gemeinden machen.
-
-[346] Vedi più sopra, p. 195, n. 1, da riscontrarsi con DAVIDE, §
-18, ediz. Preger, pag. 35: Olim desiniverant jurare omnino, sed quia
-facilius per hoc deprehendebantur, caute dispensaverunt modo jurare pro
-se vel alio a morte defendendo.
-
-[347] STEF. DI BORB., pag. 89: Nullam esse sanctitatem nisi in bono
-homine vel muliere.
-
-[348] STEF., pag. 88: Sunt quidam qui non sunt ordinati a Deo vel ab
-hominibus ut mali laici: alii ab hominibus ut mali sacerdotes nostri et
-non a Deo: alii a Deo etsi non ab hominibus, ut boni laici, qui servant
-mandata Dei, qui possunt ligare et solvere, et consecrare et ordinare,
-si proferant verba Dei ad hoc statuta.
-
-[349] STEF., loc. cit. Item dicunt malos, qui sunt in peccato,
-non posse ligare et solvere vel indulgentias dare, vel peccatorum
-relaxationes, vel consecrare, vel aliquid tale facere, quod Deus
-habeat ratum. — Riscontrate l'anonimo di Passau (Pseudo Rainero)
-in D'ARG., I, 93. Item dicunt quod transsubstantiatio non fiat
-in manu indigne conficientis sed in ore digni sumentis et confici
-posse in mensa communi. DAVIDE, ediz. Preger, pag. 27: Hoc (cioè la
-transustanziazione) autem quidam dicunt tantum per bonos fieri, alii
-autem qui verba consecrationis sciunt.
-
-[350] STEF., p. 88: Vidi haereticam quae combusta fuit, quae super
-arcam ad modum altaris parati consecrare se credebat et attentabat.
-
-[351] MONETA, pag. 403: Quidam dixerunt quod Valdesius ordinem
-habuit ab universitate fratrum suorum. Eorum autem, qui hoc dixerunt,
-principalis auctor fuit quidam haeresiarcha pauperum lombardorum Doctor
-perversus Thomas. Hoc autem probare taliter visus est: Quilibet de illa
-congregatione potuit dare Valdesio jus suum scilicet regere seipsum, et
-sic tota congregatio illa potuit conferre et contulit Valdesio regimen
-omnium, et sic creaverunt illum omnium Ponteficem et Praelatum.
-
-[352] MONETA, pag. 402: Ipsi ad minus triplicem confitentur (ordinem)
-scilicet Episcopatum, Presbyteratum, et Diaconatum.
-
-[353] L'abbate di Foncaldo tra le altre obbiezioni contro alla libera
-predicazione dei Valdesi move questa (pag. 208): Qui uxores habent aut
-pondere terrenae solicitudinis opprimuntur ad disseminandum verbum Dei
-idonei non sunt.
-
-[354] Riportammo altrove il passo: Uxor potest a viro recedere eo
-invito (D'ARG., I, 89).
-
-[355] DAVIDE, ediz. Preger, pag. 27: Matrimonium dicunt esse
-fornicationem juratam, nisi continenter vivant. Qualescumque alias
-luxurie immundicias magis dicunt esse licitas quam copulam conjugalem.
-Continenciam laudant, sed urente libidine concedunt ei satisfieri
-quocumque modo turpi. Questo ultimo tratto è certo in contraddizione
-col precedente, ed è poco credibile. Ma non per questo s'ha da revocare
-in dubbio tutta la testimonianza, come fa il Preger, op. cit., pag.
-18. Anche l'anonimo di Passau in D'ARG., I, 94, dice in un passo già
-riportato: Sacramentum conjugii damnant, dicentes mortaliter peccare se
-conjuges si absque spe prolis conveniant.
-
-[356] Abbiamo riportato sopra, pag. 198, n. 2, il passo dell'anonimo
-di Passau et confici posse in mensa communi. DAVIDE in PREGER, pag.
-27: Hoc etiam in conventiculis suis celebrant recitantes verba illa
-evangelii in mensa sua et sibi mutuo partecipantes sicut in caena
-Christi. _Liber inquis. tholos._, pag. 216: Item oravit cum Valdensibus
-pluries ante prandium et post inclinatus super bancam secundum modum
-et ritum ipsorum. Cfr. pag. 222-23; 229. Dobbiamo dunque ammettere
-col Preger, che continuasse la celebrazione dell'Eucaristia; ma che
-il rito fosse semplificato, e la funzione cattolica messa da banda lo
-dice esplicitamente l'anonimo di Passau in D'ARG., I, 93: Item dicunt
-quod missa nihil sit, quia Apostoli eam non habebant et fiat propter
-quaestum. L'anonimo del codice Claromontano ci da una descrizione
-della cerimonia della consecrazione, che in questa forma forse era
-celebrata una volta sola l'anno, nella Pasqua; D'ARG., I, 56: Dicti
-Pauperes de Lugduno solum semel consecrant in anno, in coena Domini, et
-tunc quasi iuxta noctem: ille qui praeest inter eos, si est Sacerdos,
-convocat omnes de familia sua utriusque sexus, et facit ibi ante eos
-preparari bancum seu unum scannum, et poni desuper unum mundum gausape,
-cui postea supponunt unum bonum scyphum de vino bono et puro, et unam
-fugaziam azymam .... Postea vero surgunt et tunc ille qui consecrat,
-signat panem et scyphum, et fracto pane dat omnibus astantibus
-particulam suam et postea dat omnibus bibere cum Scypho, et stant
-semper in pedibus et sic finitur eorum sacrificium et credunt firmiter
-et confitentur quod istud est corpus et sanguis Domini nostri Jesu
-Christi.
-
-[357] DAVIDE, pag. 27: Corpus Christi et sanguinem non credunt vere
-esse, sed panem tantum benedictum, qui in figura quadam dicitur corpus
-Christi, sicut dicitur: Petra autem erat Christus, et simile. Hoc
-autem quidam discunt tantum per bonos fieri, alii autem per omnes verba
-consecrationis sciunt.
-
-[358] DAVIDE, in PREGER, pag. 17: Quidam autem dicunt baptismum non
-valere parvulis, eo quod nondum actualiter possint credere.
-
-[359] DAVIDE, loc. cit. Dicunt non esse purgatorium sed omnes morientes
-statim transire in celum vel infernum; ideo suffragia pro defunctis
-ab ecclesia facta asserunt non prodesse. Unde dicunt quod oblaciones
-factae pro defunctis prosunt clericis, qui concedunt, non animabus quae
-hujusmodi non utuntur.
-
-[360] STEFANO DI BORBONE, pag. 89: cum dicunt se credere Incarnationem,
-Passionem, Resurrectionem Christi, dicunt quod illam credunt veram
-Conceptionem Christi, Nativitatem, Passionem, Resurrectionem et
-Ascensionem cum bonus homo concipitur, nascitur, resurgit per
-poenitentiam vel ascendit in coelum; cum martyrium patitur, illa est
-vera passio Christi. Similiter, cum dicunt se credere Baptismum,
-Poenitentiam, et sic de aliis sacramentis dicunt ipsa esse vera
-sacramenta solum et tunc compleri, cum homo poenitens bonus efficitur,
-tunc est ibi verus Baptismus, Confirmatio, Eucharistia vera, quia tunc
-efficitur Corpus Christi, tunc ordinatur, tunc fit in eo conjugium et
-unctio. Et per istam spiritualitatem fidem nostram plurimi eorum in
-articulis et sacramentis annihilant.
-
-[361] DAV., loc. cit. unctionem extremam respuunt et oleum consecratum
-et crisma nil valere plus quam aliud.
-
-[362] L'anonimo di Passau, in D'ARG., I, 93, tra gli errori dei Valdesi
-di Germania conta questi: XI, quod non sit obediendum praelatis sed
-tantum Deo. XII, quod nemo fit major altero in Ecclesia. XIII. Quod
-nemo debet flectere genua Sacerdoti. L'anonimo del codice claromontano
-in D'ARG., I, 57 dice parimente: Tricesimo, quod Sacerdos non est nisi
-pronunciator. STEF. DI BORBONE, pag. 89: Sufficit ad salutem soli Deo
-non homini confiteri.
-
-[363] DAV., pag. 28: Dicunt etiam quod sancti in coelo non audiunt
-oraciones fidelium; nec venerationes quibus eos honoramus, attendunt,
-arguentes, quod cum corpora sanctorum hic mortua jaceant et spiritus
-tam remoti sint a nobis in celo, nullo modo oraciones nostras valeant
-auditu percipere neque visu. Dicunt quoque sanctos non orare pro nobis,
-et ideo non oporteat nos implorare suffragia eorum qui absorpti gaudio
-coelesti nobis non possint intendere. Cfr. l'an. di Passau in D'ARG.,
-I, 94. Item nullum sanctum credunt nisi Apostolos, nullum sanctum
-credunt nisi solum Deum.
-
-[364] STEF. DI BORB., pag. 89: Irrisibiles dicunt qui faciunt festa
-Sanctorum et quod non peccant qui in eis laborant. L'ANONIMO DI PASSAU
-in D'ARG., I, 94: Canonisationes, Translationes et Vigilia sanctorum
-contemnunt. DAV., pag. 28: unde derident solempnitates quas in
-sanctorum venerationem celebramus et alia quibus eos honoramus.
-
-[365] DAVIDE, loc. cit. In quadragesima et in aliis diebus jejuniorum
-ecclesiae non jejunant sed carnes comedunt ubi audent, dicentes
-quod Deus non delectatur in afflictionibus amicorum suorum. STEF. DI
-BORB., pag. 89: Non peccare dicunt illos, qui jejunia statuta solvunt
-quacumque die, et qui ibi carnes comedunt.
-
-[366] STEF. DI BORB., loc. cit, irrident eos qui luminaria offerunt
-sanctis .... irrident cantus Ecclesiae et officium divinum. DAV., pag.
-27: Festa, feriarum jejunia, ordines, benedictiones, officia ecclesiae
-et similia respuunt omnino.
-
-[367] Intorno alla consacrazione delle chiese già ricordammo il
-Foncaldo, che tra gli errori dei Valdesi nota questo (pag. 218): Malunt
-orare in stabulis vel cubiculis seu thalamis quam in Ecclesia, DAV.,
-§ 11, [non pubblicato dal Martène] pag. 31: Sicut Symea .... imitantur
-.... id quod apostoli pro pauperibus collectas in ecclesia procurabant
-et in domibus fidelium, quando nondum ecclesiae constructae fuerunt,
-quando docebant vel sacra misteria celebrabant, vel ad predicandum per
-diversas provincias discipulos destinabant, qui fundarent ecclesias
-vel firmarent. L'anonimo del codice Claromontano in D'ARG. I, 57 locis
-sacris nullam exhibent reverentiam.
-
-[368] STEF. DI BORB., pag. 89: solum Deum adorandum dicunt omni genere
-adorationis et dicunt peccare eos qui Crucem, vel illud quod nos
-dicimus et credimus corpus Christi, adorant, vel sanctos alios a Deo,
-vel eorum imagines. L'ANONIMO DI PASSAU in D'ARG., pag. 94: Reliquias
-sanctorum contemnunt item sanctam crucem reputant ut simplex lignum,
-ed item lignum S. Crucis horrent propter supplicum Christi, nec unquam
-signant se.
-
-[369] Davide conosce molto bene questo processo: § 5, pag. 26: Haec
-fuit prima haeresis eorum, contemptus ecclesiasticae potestatis. Ex
-hoc traditi Sathanae precipitati sunt ab ipso in errores innumeros, et
-antiquorum haereticorum errores suis adinvencionibus miscuerunt.
-
-[370] Quanta speranza ponesse nell'Imperatore il partito delle riforme
-lo attesta tra tante la lettera di Pier Damiani ad Enrico III, in
-occasione della sentenza imperiale contro l'arcivescovo di Ravenna
-(_P. Damiani Epist._, VII, 2; _Opp._ Parigi 1664, pag. 109, A). Nam in
-expulsione Uniquerii vox omnium in laudem sui Creatoris attollitur,
-Ecclesia de manu violenti praedonis eripitur, et salus esse totius
-mundi vestra Incolumitas judicatur. Laetentur ergo coeli, et exultet
-terra quia in Rege suo vere Christus regnare cognoscitur.
-
-[371] GIESEBRECHT, _Geschichte der deutschen Kaiserzeit_, II, 404.
-
-[372] MANSI, XIX, 627: Concilii Romani anno 1047 habiti Canon....
-Nullum aut ecclesiarum consecrationem, aut clericatus ordinationem,
-aut Archipresbyteratum, aut commendationes altarium, aut traditiones
-ecclesiarum, aut abbatias, aut praeposituras vendere. Quisquis
-contradixerit aut vendiderit anathema sit. Del Concilio romano
-dell'anno 1049, il Mansi, pag. 722, toglie le notizie da una lettera
-di S. Pier Damiani ad Enrico arcivescovo ravennate. In questa lettera
-è notevole la frase: Ponamus itaque ut simoniaci in nullo a caeteris
-haereticis differant, che è forse un'amplificazione retorica.
-
-[373] Come dice Enrico III (in GLABER, V, 2) Vos autem (qui vice
-Christi in Ecclesia constituti estis) avaritia et cupiditate
-corrupti, qui dum conferre deberetis in hujusmodi transgressionis
-dando et accipiendo canonem maledicti estis.... Omnes quippe gradus
-Ecclesiastici a maximo Pontifice usque ad ostiarium opprimuntur per
-suae damnationis pretium.
-
-[374] MANSI, XIX, 696: Omnino confitemur non licere episcopo
-presbytero, diacono, subdiacono propriam uxorem causa religionis
-abjicere a cura sua, scilicet ut ei victum et vestitum largiatur: sed
-non ut cum illa ex more carnaliter jaceat.
-
-[375] Simone Mago è tenuto dai padri della Chiesa del terzo e quarto
-secolo come uno dei quattro capi dello gnosticismo. Le lettere
-clementine già lo danno per il principale. Ma questo solo par probabile
-che egli, appartenendo alla setta samaritana, cercasse di combinare
-insieme la nuova religione col samaritanismo. Il che non importa che la
-dottrina gnostica si debba a lui, come non si deve nè al suo discepolo
-Menandro, nè a Dositeo; ben piuttosto a Cerinto, che è l'ultimo dei
-quattro nominati dai Padri: SCHMID, _Kirchengeschichte Erlangen_, 1880,
-Vol. I, pag. 64.
-
-[376] _Apoc._, II, 6. Cfr. IRENEO, I, 29. CLEM. STROM., I, 3.
-
-[377] Il decreto di Clemente II (MANSI, loc. cit.), già parla de
-haeresia simoniaca. La stessa espressione si trova in Arnolfo,
-_Gesta_, lib. III, cap. XI (PERTZ, _Mm. SS._, VIII 19). Il biografo
-di Arialdo, Andrea, cap. XI, 7 (PURICELLI, pag. 86), riferisce alcune
-ragioni che l'arcivescovo, insieme alla maggior parte del clero e dei
-nobili, nonchè di molti del popolo minore solevano portare contro la
-proibizione della vendita: Haec namque doctrina si ad profectum venerit
-nobis nostrisque filiis profecto nullo modo vivere expedit. Quae
-enim est nostra vita nisi ecclesiarum beneficia quae a nobis assidue
-venduntur et emuntur? Certo queste ragioni erano deboli assai; ma
-provano in ogni modo che si faceva una discussione e taluni sostenevano
-la legittimità del traffico.
-
-[378] LANDULFI, _Hist. Mediol._, II, 36 (PERTZ, VIII, 73): Itaque his
-et aliis misericordiarum multarum elemosynis, si quid offensionis
-laicis inhaerebat, et sacerdotibus illos moribus bonis imbuentibus
-solvebatur.
-
-[379] LAND., _Hist. med._, II, 35 (PERTZ, VIII, 70): Si autem in
-virginitate uxorem aliquis non habens permanere non posse fateretur,
-humanam ac fragilem naturam sciens restringi non posse nisi Dei
-misericordia adjutus, continuo in testimonio bonorum virorum secundum
-legem humanam licentia a pontifice accepta, uxor tamen virgo illi
-desponsabatur; unde apostolus: _Qui se non continet, nubat_. Et
-unusquisque excepta causa fornicationis suam uxorem habebat; qua
-accepta non minus venerabatur et amabatur quam si sine uxore idem
-degeret.... Usus enim ecclesiae totius tam latinae quam graecae per
-tempora multa sic se habebat. III, 7 (PERTZ, 78): Sed nostri sacerdotes
-Deo gratias usque hodie nec sunt nec nominati sunt adulteri, sed
-curiose observant apostolicum praeceptum, ut sint unius mulieris
-viri. Queste parole sono messe in bocca all'arcivescovo. Altre non
-meno energiche sono attribuite all'arcidiacono Guiberto ed al diacono
-Ambrogio III, 23, 24 (PERTZ, 89-91), nè meno incalzanti sono le
-risposte che fa il sacerdote Andrea ai discorsi tenuti da Arialdo a
-Landolfo III, 26 (PERTZ, 92-93).
-
-[380] BONITH., in JAFFÉ, II, 648: Sed venditores ecclesiarum,
-mediolanenses capitanei et valvassores, cum viderent se pecuniis
-nudari, contristabantur.
-
-[381] BONITH., lib. VI (JAFFÉ, II, 638): Ecclesia Mediolanensis, quae
-fere per 200 annos superbiae fastu a Romanae ecclesiae se subtraxerat
-dicione. ARNULFI, _Gesta_, III, 15 (PERTZ, VIII, 21): O insensati
-mediolanenses, qui vos fascinavit? Heri clamastis unius sellae
-primatum, hodie confunditis totius ecclesiae statum .... Dicetur enim
-in posterum; subjectum Romae Mediolanum. Queste amare parole sfuggono
-al cronista nel raccontare che il popolo milanese dopo essersi levato
-in tumulto contro il legato di Roma gli si sottomise.
-
-[382] BONITH. in JAFFÉ II, 638: Gregorius .... mediolanensem ecclesiam
-.... secundum antiquum morem [vale a dire secondo il costume orientale
-di S. Ambrogio] cantare constituit. Arnolfo, III, 17 (PERTZ, pag. 12):
-Interea Arialdus .... letanias illas quas Ambrosiani post ascensionem
-celebrant .... praedicabat execrandas.
-
-[383] ARNOLFO, III, 10 (PERTZ, pag. 19): Qui (Arialdus) cum modicae
-foret auctoritatis, humiliter utpote natus, praevidit applicare sibi
-Landulfum quasi generosiorem et ad hoc idoneum .... Landulfus vero
-cum esset expeditioris linguae ac vocis, nimiusque favoris amator,
-repente dux verbi efficitur, usurpato sibi contra morem ecclesiae
-praedicationis offitio. Hic cum nullis esset ecclesiasticis gradibus
-alteratus etc. LANDOLFO, _Hist. med._, III, 5 (PERTZ, pag. 76),
-conferma intorno ad Arnolfo le notizie dell'altro cronista: Landulphus
-de magna prosapia oriundus .... Unus de notariis (grado ecclesiastico
-inferiore al sottodiacono). Di Arialdo dice soltanto: alium forensem
-clericum, levitam (diacono) tantum, Arialdus nomine, ortus in loco
-Cuzago prope Canturium artis liberae magister. BONIZONE (JAFFÉ, pag.
-639): Landulfus ex majore prosapia natus .... Arialdus ex equestri
-progenie trahens originem. ANDREA, cap. I (PURICELLI, pag. 14), Bezo
-quidam, cum Beza.... nobiles utrique natione sed nobiliores probitate;
-cap. IX, pag. 81: Qui progenie altior erat Landulphus. Tutte queste
-notizie concorderebbero se s'intendesse l'_humiliter_ del cronista
-milanese in senso relativo non assoluto.
-
-[384] ARNOLFO, III, 13 (PERTZ, 20): Hos tales cetera vulgaritas
-hyronice Patarinos appellat. IV, 11 (PERTZ, 28): non quidem industria
-sed casu prolatum. BONIZONE, lib. VI (JAFFÉ, pag. 639): eisque
-paupertatem improperantes, paterinos id est pannosos, vocabant. Anche
-oggi secondo il Cherubini _pattaria_ in dialetto milanese vuol dire,
-ciarpe, cenceria, sferre vecchie. E dall'essere denominati patari o
-patarini i novatori si disse pataria la loro setta, ed in seguito la
-dottrina da loro insegnata. LAND., _Hist._ III, 12 (PERTZ, 81): Cum
-cujus inauditae Pataliae placitum cogitasti commovere. III, 9 (PERTZ,
-79): Tu solus per execrabilem pataliam flammam .... super nos accendis.
-Arnolfo nel luogo citato del libro quarto aggiunge ingenuamente: dum in
-quodam etymologiarum tomo nuper plura revolverem, ita scriptum reperio:
-Pathos graece latine dicitur perturbatio. Unde justa meae parvitatis
-ingeniolum statim conjicio, quod Patarini possunt perturbatores
-rite nuncupari, quod plane rerum probat effectus. Si perdona questa
-partigiana etimologia al cronista, che ebbe molto a soffrire dalle
-agitazioni patariniche; ma non si può perdonare al nostro Cantù
-quest'altra etimologia, tolta di peso dalle costituzioni di Federico
-II: _patarini furon detti da pati perchè ostentavano penitenza, o dal
-pater che era loro preghiera_ (_Gli eretici in Italia_, pag. 77). Cfr.
-BREHOLLES, _Hist. dipl._, IV, I, pag. 298: Patarenos se nominant velut
-expositi passioni.
-
-[385] Il cronista contemporaneo Landolfo conosce bene questo nesso
-dei novatori cogli eretici. Lib. III, 19 (PERTZ, 87). Venientes namque
-quidam suburbani diversis, ac variis dogmatibus irretiti, et Arialdus
-ipse, et ipse quem animo prae omnibus diligebat, et aliquantis cum
-Laicis, qui Girardi de Monteforte sententias fere consentiebant, quos
-ipse paulo ut filios complexus deosculabatur ecc. Nel cap. 26 dello
-stesso libro viene riferito un discorso del sacerdote decumano Andrea,
-ove è notevole questo passo (PERTZ, pag. 93): Forsitan adhuc illa
-sententia implicitus es, qua olim illi de Monteforte te imbuerant, qui
-omnem christianitatem mulierem non tangere et genus humanum sine semine
-virili apum more nasci dicentes, falsis sententiis affirmabant?
-
-[386] Andrea nella vita di Arialdo, cap. IV, 4 (PURICELLI, pag. 78),
-attribuisce al santo novatore questo discorso: Ecce Christus clamat:
-Discite a me quia mitis sum, et humilis corde. Et iterum de se dicit:
-Filius hominis non habet, ubi caput reclinet. Et item Beati pauperes
-spiritu, quoniam ipsorum est Regnum Coelorum. E contra vero ut
-inspicitis, vestri Sacerdotes, qui effici possunt ditiores in terrenis
-rebus, excelsiores in aedificandis turribus et domibus, superbiores in
-honoribus, in mollibus delicatisque vestibus pulchriores, ipsi putantur
-beatiores. En ipsi, ut cernitis, sicut laici palam uxores ducunt:
-stuprum, quemadmodum scelesti laici, sequuntur atque ad nefandum hoc
-opus patrandum tanto sunt validiores, quanto a terreno labore minus
-oppressi; videlicet viventes de Dono Dei. Possiamo confrontare questo
-discorso con le accuse che i Catari faceano alla Chiesa cattolica. (V.
-MONETA, pag. 60, e 303). Ecclesia Christi imminentibus tribulationibus
-saepe esuriebat .... Romana Ecclesia in divitiis multis est et in
-deliciis induta purpura et bysso, et epulatur quotidie splendide
-et secure, et stabilis in hoc mundo non laborat manibus suis, sed
-ipsa lasciva et otiosa devorat aliorum labores .... Ecclesia Christi
-contemnebatur et blasphemabatur a mundo, e converso Ecclesia Romana
-a mundo honoratur. Altrettali simiglianze scopriremo nel discorso di
-Arialdo riferito da Arnolfo, III, 11 (PERTZ, 19): Pro luce palpatis
-tenebras, caeci omnes effecti, quoniam coeci sunt duces vestri sed
-numquid potest coecus coecum decere. Nonne ambo in foveam cadunt?
-
-[387] ARNOLFO, III, 14 (PERTZ, 21): Tamen in presenti coetu, quia
-Romanus erat, archiepiscopo praesidere contendit. Unde subito factus
-est popularis in urbe tumultus, ut nisi cessisset illius humilitas,
-quod suum erat, fecisset impetum, non quidem gratia Widonis, sed
-Ambrosiani causa honoris. Pietro Damiani, _Opp._, 42, rimprovera
-Arnolfo di non aver mantenuta la promessa fatta in quel tumulto, che si
-sarebbe chiuso in un convento se avesse avuta salva la vita.
-
-[388] PAÉCH, _Die Pataria in Mailand_, pag. 15; ARNOLFO III, 2 (PERTZ,
-pag. 17): Heinricus.... neglecto nobili ac sapienti primi ordinis
-clero, idiotum et a rure venientem elegit antistitem, cui nomen fuerat
-Wido.
-
-[389] Vedi tra le altre l'importante memoria dello Schupfer: _La
-società milanese all'epoca del risorgimento del comune_ (_Archivio
-Giuridico_, vol. III-IV, principalmente vol. IV, pag. 308 e segg.).
-
-[390] Il PAECII (op. cit., pag. 24) dimostra questo viaggio molto
-probabile, perchè Anselmo ed Ildebrando che nel 18 ottobre erano a Roma
-(MANSI, XIX, 866), e nel 27 dicembre sono in Pöhlde (_Mon. Germ._,
-VII, 246), avranno ben toccato Milano nel loro viaggio. Io aggiungo
-che la notizia di Landolfo (III, 13) è confermata da Bonizone (pag.
-640): et confestim misit a latere suo episcopos et cum eis Deo amabilem
-Hildebrandum archidiaconum per tacere di Arnolfo (III, 14), che la dà
-pure ma molto confusamente.
-
-[391] Pietro Damiani si comportò con molta prudenza, chè a tagliar
-corto coi simoniaci le chiese sarebbero rimaste senza sacerdoti. Ma
-gl'intransigenti non gli perdonavano questa temperanza. (Vedi BONIZONE,
-pag. 643). Quod aliquibus visum est culpabile, sapientibus valde
-laudabile. Quod enim laudabilius ea tempestate poterat inveniri, quam
-ut talis ecclesia sacerdotio non deperiret? Vedi la lettera di Pietro
-Damiani ad Ildebrando riportata in MANSI, 887.
-
-[392] MANSI, _Concilia_, XIX, pag. 907: Si quis apostolicae sedi
-sine concordia et canonica electione ac benedictione cardinalium
-episcoporum, ac deinde sequentium ordinum religiosorum clericorum
-intronizatur, non papa vel apostolicus habeatur.
-
-[393] Ut per laicos nullo modo quilibet clericus aut presbyter obtineat
-ecclesiam, nec gratis nec pretio.
-
-[394] PAECH (op. cit., pag. 30), con Giulini e Giesebrecht intende
-in questo senso le parole di Arnolfo: accepto ab eo (papa) anulo
-apostolicae gratiae ac totius potestatis ecclesiasticae (III, 15;
-PERTZ, pag. 21).
-
-[395] Ut nullus missam ad audiat presbyteri quem scit concubinam
-indubitanter habere, aut subintroductam mulierem.
-
-[396] _Lamberti Annales_ (PERTZ, _Mon. Script._, V, 218). Adversus hoc
-decretum (quello di Gregorio VII contro i preti ammogliati) infremuit
-tota fractio clericorum; hominem plane haereticum et vesani dogmatis
-esse clamitans qui oblitus sermonis Domini, quo ait: non omnes capiunt
-hoc verbum, et apostolus: qui se non continet nubat: melius est nubere
-quam uri, violenta exactione homines vivere cogeret ritu angelorum.
-_Sigiberti Chronica_ (PERTZ, _Mon. Script._, VI, 862). Gregorius papa
-celebrata synodo symoniacos anathematizavit, et uxoratos sacerdotes
-a divino officio removit, et laicis missam eorum audire interdicit,
-novo exemplo ut et multis visum est inconsiderato praejudicio contra
-sanctorum patrum sententiam, qui scripserunt quod sacramenta quae in
-ecclesia fiunt, baptisma scilicit, crisma, corpus et sanguis Christi,
-Spiritu Sancto latenter operante eorumdem sacramentorum effectum, seu
-per bonos seu per malos intra ecclesia Dei dispensentur.
-
-[397] LANDOLFO, III, 5 (PERTZ, 77) crede che Anselmo sia stato
-l'istigatore di Arialdo ed Arnolfo. Il racconto del cronista, per
-inesatto che sia, come dimostra il Paech, pag. 19, è una chiara prova
-delle voci che correvano sul conto del vescovo di Lucca.
-
-[398] ARNOLFO, III, 17 (PERTZ, 22) vorrebbe non credere ad Erlembardo,
-tanto gli sembra incredibile quel che ei racconta. Praeterea gloriatur
-Arlembardus idem ab ipsa Roma bellicum sancti Petri se accepisse
-vexillum contra omnes sibi adversantes. Quod appensum lanceae
-homicidiorum videtur iudicium; cum profecto sit nefas tale aliquid
-suspicari de Petro, aut aliud habuisse vexillum praeter quod datum est
-in Evangelio: _Qui vult post me venire ecc_. Che il vessillo fosse
-dato nella prima gita di Erlembardo a Roma è detto da Andrea, cap.
-XIV (PURIC., pag. 92), come osserva il Paech contro Giesebrecht, pag.
-36. Una conseguenza grave dell'elevazione di Erlembardo a milite della
-Chiesa era questa rilevata da Arnolfo, III, 11 (PERTZ, 21): Arlembardus
-.... cum esset laycus, quasi fraternae gratia pietatis opus sibi
-praesumpsit indebitum .... et quae sunt peccata dijudicans .... Dum
-ergo laicus judicat, clericus tantum vapulat.
-
-[399] ARNOLFO, III, 20 (Arlembardus) excommunicationis litteras dedit
-archiepiscopo, quod pluribus grande visum est civitatis obprobium
-... ad ultimum factis in medio ecclesiae partibus, clamoroso impeto
-vicissim in sese consurgunt .... Remansit pene solus Antistes. Quem
-pars aggrediens inimica, fustibus crudeliter caesum et quasi semivivum
-reliquit. In crastinum visa tanta crudelitate cives horrescunt mente
-confusi. Communiter igitur statuunt, aut tantum punire facinus aut
-vivere nolle amplius. Unde factum ut fugiens Arialdus .... incidit
-manus quaerentium animam ejus .... quem .... penitus interficiunt.
-ARNOLFO (III, 30) non parla della nipote di Guido. Bensì Landolfo
-(III, 30): juxta locum Legnani a manibus fidelium domnae Olivae, domni
-Guidonis neptae, tentus et captus est .... in insula quadam juxta Lacum
-Majorem .... vernulae Olivae furialiter in eum prosilientes, linguam
-ejus de sub mentonem trahentes, in insula semimortum reliquerunt.
-Questo racconto è confermato da Andrea (cap. 29, pag. 108) il quale non
-appena si diffuse in Milano la notizia della morte di Arialdo recatosi
-presso il Lago Maggiore, ne seppe alcuni particolari da un prete
-Martino, altri ne raccolse in seguito; pag. 111: Quapropter nasus ....
-cum labio superno est abscissus .... deinde ambo oculi sunt effossi.
-Postea vero dextram detruncant manum. Dehine radicitus membrumque
-amputant genitale .... postea vero de sub gutture linguam extrahunt.
-
-[400] LANDOLFO, III, 30 (PERTZ, 96) racconta che la salma di Arialdo
-fu seppellita in Arce Trevali in apotheca Sancti Ambrosii; ma poscia
-pel gran fetore ipsam apothecam aqua usque umbelicum coarctantes
-foetorem repleverunt. In seguito alle minacce di Erlembardo, corpus
-jamdiu truncatum mulieris (causa) fere emarcidum minimeque propter
-aquam in qua jacuerat foetens .... orribile nimis ac visu teterrimum,
-illis traditum est. Andrea al contrario (cap. 30, pag. 112) racconta
-che l'empia Jezabel, o la nipote di Guido valde fecit saxa ingentia
-circa ipsum innecti et in profundum laci demergi, e che in seguito un
-fedele di nome Algisio vide in riva al lago il corpo del santo sano e
-meravigliosamente candido praeter octo membra quae ei erant cum ferro
-amputata. Pare che sia più probabile il racconto di Andrea almeno nella
-prima parte, perchè entrambi i cronisti s'accordano nel dire che il
-cadavere fu seppellito in acqua, e Landolfo colla virtù dell'acqua
-spiega perchè non putisse. S'accordano poi entrambi i cronisti anche
-in questo, che i Patarini ripresero le spoglie del martire sulle rive
-del Ticino. BONIZONE, pag. 649, dice soltanto: Herlembardus tam dierum
-castra propinquorum archiepiscopi obsedit, donec corpus venerabilis
-Arialdi ei reddiderunt. Quod Mediolani delatum in ecclesia Sancti Celsi
-summo cum honore humatum est.
-
-[401] ARNOLFO, III, 21 (PERTZ, 23). Ad quod sedandum litigium
-contigit tunc temporis Maginardum episcopum Silvae candidae et Minutum
-cardinalem presbyterum Romanos legatos venisse Mediolanum... deinde
-inter clerum judicantes et populum eleganti scripto constituunt quid
-fieri debeat in posterum. Si comprende perchè Arnolfo lodi questo
-scritto, che prescriveva: neminem predictorum graduum clericum ex
-suxpicioni damnari .... nullum clericorum pro cujusquam peccati culpa
-in judicio laicorum amodo esse .... illud beneficium quod cuiquam
-clericorum aufertur, nullus laicus in suum usum accipiat .... incendia,
-depraedationes, sanguinum effusiones, multasque injustas violentias
-omnimodo prohibemus ne faciant. MANSI, XIX, 347-48.
-
-[402] ARNOLFO, III, 21 (PERTZ, 23): Arlembardus .... caute subintulit
-juramento causam futuri eligendi pastoris post discessum praesentis
-.... Archiepiscopus cum tot nequiret imminentes tollerare pressuras,
-aevo jam maturus et diuturno languore membris omnibus dissulutus
-arbitratus est fore conveniens ut quod ille faciendum praeviderat, ipse
-quoque destruendo praeveniret.
-
-[403] BONIZ., pag. 652: animumque regis utpote adolescentis facillime
-venatus est. Nam et Pataream promittebat se destructurum et Erlembardum
-vivum capturum.
-
-[404] Nelle lettere di Gregorio VII più volte è fatta menzione di
-Goffredo. Così nella lettera undecima del primo libro indirizzata
-alle contesse Beatrice e Matilde il 24 giugno 1073 (JAFFÉ, II,
-21): Longobardorum episcopi .... Gotefredum symoniacum, et ob hoc
-excommunicatum atque damnatum sub specie benedictionis maledixerint et
-sub umbra ordinationis execratum hereticum constituerint. Cfr. I, 15,
-1 luglio 1073 ad Longobardos. Ivi, pag. 26: Gotefredus vivente Guidone
-dicto Archiepiscopo mediolanensi eandem ecclesiam .... quasi vilem
-ancillam praesumpsit emere. Certo tra i due prelati erano corsi patti,
-tanto che secondo Arnolfo (I, 22) Guido riprese il suo ufficio e fece
-lega con Erlembardo col pretesto che Gotefredo non avea mantenute le
-sue promesse.
-
-[405] Sull'elezione di Attone vedi LANDOLFO, III, 25. Bonizone, (pag.
-653) lo chiama Ottonem, ejusdem ecclesiae clericum, nobilem quidem
-genere sed nobiliorem moribus.
-
-[406] BONIZ., loc. cit. Il Papa dichiarò nullo il giuramento.
-
-[407] ARNOLFO, IV, 6 (PERTZ, 27): Crisma sacrum, quod unus illorum
-dominicae coenae misterio metropolitanae direxit ecclesiae, sicut mos
-est deficiente pontifice, profusum humi coram omni populo calcibus
-proculcavit, suum producens in medium, a quo confectum vel unde venerit
-incognitum. IV, 9 (PERTZ, 28): Liutprandus quidem presbyter nuncupatus
-.... jussu ac virtute illius ordinariorum usurpavit officium, venientes
-inconsulte baptizans.
-
-[408] Il PAECH cita una lettera del vescovo di Verdun a Gregorio VII
-(MARTÈNE, _Thes._, I, 214), ove è riferita la voce che gli atti di
-Erlembardo non fossero senza l'approvazione del Pontefice: Vestro illo
-praecepto vel motu vel assensu, in partibus Italiae veneranda misteria
-.... non effusa, sed et projecta et pedibus conculcata.
-
-[409] BONIZ., pag. 663: Eodem quoque tempore Mediolanensis civitas toto
-incendio concrematur .... omnes sive amici sive inimici quasi una voce
-clamabant, hoc esse peccatum Paterinorum. Post pascha vero, de repente
-congregato exercitu et multitudine conjuratorum Herlembardum nihil
-male suspicantem invadunt eumque bellare temptantem in media platea
-interficiunt.
-
-[410] Intorno a Tedaldo vedi le lettere di Gregorio VII, III, 8-9,
-(JAFFÉ, 214-218). Nel Concilio del 1078 fu sospeso dall'ufficio e
-vescovile e sacerdotale insieme a Guiberto di Ravenna (JAFFÉ, p. 305).
-Scomunicato di nuovo nel Concilio del 1079 (JAFFÉ, pag. 355) ed in
-quello del 1080. Ciò non pertanto resse la Chiesa di Milano per nove
-anni, tre mesi e ventun giorno, e morì il 25 maggio 1086. Vedi il
-catalogo dei vescovi milanesi, in PERTZ, _Script._, VIII, 104.
-
-[411] GIESEBRECHT, _Geschichte_, III, I, pag. 186, cfr. 132-33.
-
-[412] Vedi il cosidetto _Dictatus Papae_ (MANSI, _Concilia_, XX,
-168-69), ove in brevi sentenze Gregorio VII compendia i diritti e le
-dignità del Pontefice: Quod legatus ejus omnibus episcopis praesit
-in concilio etiam inferioris gradus et adversus eos sententiam
-depositionis possit dare. — Quod solus possit uti imperialibus
-insigniis. — Quod solius papae pedes omnes principes deosculentur. —
-Quod illius solius nomen in ecclesis recitetur. — Quod unicum est nomen
-in mundo. — Quod illi liceat imperatores deponere.
-
-[413] Per questa ragione nei concilii posteriori si crede necessario di
-ribadire le antiche condanne e così ad esempio nel Concilio di Reims,
-nel 1119, Callisto II conferma le sentenze dei suoi predecessori contro
-i simoniaci (can. I); contro le investure laicali (can. II); contro
-i concubinarii (can. V): Presbyteris et diaconibus, concubinarum et
-uxorum contumaciam prorsus interdicimus (MANSI, XX, 236). Il Concilio
-lateranense del 1123 fa altrettanto (can. I): ordinari quemquam
-per pecuniam vel promoveri .... prohibemus. Can. III: Presbytheris,
-diaconibus vel subdianiconibus concubinarum et uxorum contubernia
-penitus interdicimus (MANSI, XX, 282). Innocenzo II, nel Concilio
-di Clairmont del 1130 sancisce (can. I): Si quis simoniace ordinatus
-fuerit .... honore male adquisito careat, et nota infamiae percellatur.
-Can. IV: qui a subdiaconatu et supra uxores duxerint aut concubinas
-habuerint officio atque beneficio ecclesiastico careant (MANSI, XXI,
-438). Nel Concilio lateranense del 1139, infine fu necessario decretare
-di nuovo: Si quis simoniace ordinatus fuerit, ab officio omnino cadat
-quod illecite usurpavit. VI: Qui .... uxores duxerint aut concubinas
-habuerint, officio atque beneficio ecclesiastico careant. II: nullus
-missas eorum audiant quos uxores vel concubinas habere cognoverint.
-(MANSI, XXI, 527).
-
-[414] GIESEBRECHT, _Arnold von Brescia_ (_Sitzungsberichte der k. Ak.
-der Wiss. zu München_, 1873, 1, pag. 139 e segg.). Il Giesebrecht
-ben rileva l'importanza che ha per la vita d'Arnaldo l'_Historia
-Pontificalis_, pubblicata dall'Arndt nei _Monum. Germ. Hist._ del
-PERTZ, XX, 515 e segg. L'illustre storico attribuisce questa cronaca a
-Giovanni di Salisbury. Della monografia del Giesebrecht fu pubblicata
-per cura dell'Odorici, anche lui biografo di Arnaldo, una traduzione
-italiana (Brescia, tip. Appollonio, 1876). Un'altra fonte importante
-fu scoperta dall'infaticabile prof. Monaci nella Vaticana. È un poema
-del secolo XII che tratta dei _Gesta per imperatorem Fridericum Barbam
-Rubeam in partibus Lombardiae et Italie_. Il valore di questa nuova
-fonte fu riconosciuto dal Giesebrecht (_Sopra il poema recentemente
-scoperto intorno all'imperatore Federico I. Lettera al prof. E.
-Monaci._ Roma, 1879). Di questo poema il Monaci pubblicò un frammento.
-(_Il Barbarossa e Arnaldo da Brescia secondo un antico poema inedito
-esistente nella Vaticana._ Roma, 1878). Vedi anche _Arnaldo da Brescia
-e la rivoluzione romana del secolo XII_, studio di GIOVANNI DE CASTRO,
-Livorno, 1875, con una compiuta bibliografia sull'argomento. BONGHI,
-_Arnaldo da Brescia_, nell'_Antologia_ del 15 agosto 1882.
-
-[415] DE CASTRO, op. cit., pag. 253 e segg.
-
-[416] _Hist. pontif._, cap. 21, in PERTZ, XX, 537. Erat hic dignitate
-sacerdos, habitu canonicus regularis, et qui carnem suam indumentorum
-asperitate et inedia macerabat. Il BONGHI, pag. 603, interpetra che si
-sia fatto monaco agostiniano, diventando più tardi abate dell'ordine.
-
-[417] Poema, v. 153. Vir nimis austerus dureque per omnia vite. Anche
-San Bernardo conferma questo tratto; ma, come sempre accade in lui,
-l'elogio finisce in iraconda ingiuria. Homo est neque manducans neque
-bibens, solo diabolo esuriens et sitiens sanguinem animarum; utinam tam
-sanctae esset doctrinae quam districtae est vitae. (Ep. 195).
-
-[418] Poema, v. 172. Namque Sacerdotes reprobos Simonisque sequaces
-.... Omnes censebat. _Hist. pontif._, loc. cit. Et contemptus mundi
-vehemens praedicator.
-
-[419] Dum episcopus Romam profectus aliquantulum moraretur, sic interim
-civium flexit animos, ut episcopum vix voluerint admittere. (_Hist.
-pont._, loc. cit.).
-
-[420] È falso che il Concilio lateranense abbia condannato Arnaldo come
-eretico. Nè nel canone XXIII, nè nel XXIV è nominato Arnaldo, nè S.
-Bernardo sa nulla di questa condanna conciliare, la quale gli avrebbe
-porti nuovi e più vigorosi argomenti alle sue accuse. Vedi DE CASTRO,
-_Arnaldo da Brescia_, Livorno, 1875, pag. 261, 262.
-
-[421] _Hist. pont._, loc. cit. Ob quam causam a domno Innocentio papa
-depositus et extrusus ab Italia, descendit in Franciam, et adhesit
-Petro Abelardo partesque ejus cum domno Jacinto, qui nunc cardinalis
-est, adversus abatem Clarevallensem studiosius fovit.
-
-[422] OTT., II, 31: Ne perniciosum dogma ad plures serperet, imponendum
-viro silentium decernit. I dubbi intorno a questa testimonianza sono
-del Giesebrecht.
-
-[423] OTT., II, 20. Petrum Abailardum olim praeceptorem habuerat. Di
-questa notizia non dubitano nè il Giesebrecht (pag. 13) nè il De Castro
-(pag. 151).
-
-[424] Vedi il passo dell'_Historia pontificalis_ riferito più sopra
-confermato da S. Bernardo, ep. 156. Execratus quippe a Petro Apostolo,
-adhaeserat Petro Abaelardo, cuius omnes errores, ab Ecclesia jam
-deprehensos atque damnatos, cum illo defendere acriter et pertinaciter
-conabatur. Ep. 189: Squama squamae conjungitur, nec spiraculum incedit
-per eos.
-
-[425] Postquam Petrus Cluniacum profectus est, Parisiis manens in monte
-S. Genovefe, divinas litteras scolaribus exponebat apud S. Hilarium
-.... Episcopis non parcebat ob avaritiam et turpe questum, et plerumque
-propter maculam vitae et quia Ecclesiam Dei in sanguinibus edificare
-nituntur. (_Hist. pont._, loc. cit.).
-
-[426] Poema, v. 155. Facundus et audax confidensque sui, vir multe
-litterature. S. BERNARDO, Ep. 196, cujus conversatio mel et doctrina
-venenum.
-
-[427] Ecco il testo del rescritto: Per presentia scripta fraternitati
-vestrae mandamus, quatenus P. Abailardum et Arnaldum de Brixia,
-perversi dogmatis fabricatores et catholicae fidei impugnatores, in
-religionis locos ubi melius vobis visum, faciatis includere.
-
-[428] Abbatem .... arguebat tamquam vane glorie sectatorem et
-qui omnibus invideret, qui alicuius nominis erat in litteris aut
-religione, si non essent de scola sua. Obtinuit ergo abbas, ut eum
-christianissimus rex ejiceret de regno Francorum. (_Hist. pont._, loc.
-cit.).
-
-[429] Al Vescovo di Costanza è indirizzata la lettera 195 che citammo
-più sopra. Nec mirum si non horam praevidere aut nocturnum furis
-imgressum observare quivistis. Mirum autem, si deprehensum non
-agnoscitis, non tenetis, non prohibetis esportare spolia vestra.
-Della dimora in Zurigo non ci dice nulla l'_Historia pontificalis_,
-ed in questo punto sembra meglio informato Ottone (II, 21): ibique in
-oppido Alemanniae Turego officium doctoris assumens, perniciosum dogma
-aliquot diebus seminavit. La qual testimonianza concorda colla lettera
-surriferita al vescovo di Costanza nella cui diocesi era compresa
-Zurigo. (GIESEBRECHT, op. cit., p. 135).
-
-[430] S. BERN., l. c. Melius auferre malum ex vobis. Quamquam amicus
-sponsi ligare potius, quam fugare curabit, ne jam discurreret.
-
-[431] S. BERNARDO, lettera 195. Hoc enim et dominus Papa fieri
-scribendo mandavit... sed non fuit qui faceret bonum.
-
-[432] Il Giesebrecht (p. 135) dalle parole Francia repulit, Germania
-abominatur argomenta a ragione che tanto Arnaldo quanto il legato si
-trovassero entrambi in Germania. Questo legato non è dunque Guido di
-Castello, che fu poi Celestino II (sett. 1143, feb. 1144), ma un altro
-Guido, legato per Boemia e Moravia nell'agosto 1142.
-
-[433] A questo cardinal legato è indirizzata la lettera 196 di San
-Bernardo. Si accessit favor vester, erit funiculus triplex, qui
-difficile rumpitur... Securus annuntiabit et facile persuadebit quae
-volet domesticus et contubernalis legati apostolicae sedis... Favere
-huic domino papae contradicere est, etiam et Domino Deo.
-
-[434] Exinde post mortem domni Innocentii reversus est in Italiam, et
-promissa satisfatione et obediencia Romane ecclesie a domno Eugenio
-receptus est apud Viterbum. (_Hist. pont._, loc. cit.). L'_Historia_
-non ci dice le ragioni di questa conciliazione; ma è lecito parmi
-argomentarle per congetture come ho fatto nel testo.
-
-[435] S. Bernardo, udita la nuova dell'elezione di Eugenio III, suo
-discepolo, scrisse ai cardinali la famosa lettera 237, ove non nasconde
-i suoi timori. Parcat vobis Deus, quid fecistis? Nisi Dominus supponat
-manum suam, heu necesse est obruatur et opprimatur onere et nimio. Ma
-dacchè la cosa è fatta, et sicut multi dicunt, [par che ne dubiti] a
-Deo factum est, ei per primo s'inchina al nuovo eletto. E nella lettera
-238 che gli dirige lo chiama dominum meum, nè ardisce dargli il nome di
-figlio, quia filius in patrem, pater mutatus est in filium. Ma neanche
-a lui tace le sue trepidazioni. Ego etsi nomen patris deposui sed non
-timorem sed non anxietatem... Altiorem quippe locum sortitus es sed non
-tutiorem. E per confortarlo dei suoi consigli nella scabrosa via gli
-manda l'aureo opuscolo _De Consideratione_, ove candidamente gli dice:
-Non enim si bene te novi, quia pater pauperum factus, ideo non pauper
-spiritu es. Monebo te proinde non ut magister sed ut mater.
-
-[436] Anche il Bonghi, p. 617: «Ma come si può spiegare? Arnaldo non
-poteva ritornare in Italia senza licenza del Papa, e questa licenza
-non era possibile conseguirla senza promettere di rinsavire. Ed
-Arnaldo promise. Era già da cinque anni lontano dalla patria sua, se
-ne struggeva. E forse in terra straniera non sentiva la sua parola
-efficace; non avea amici, conforti, speranze. L'animo che non piegò
-avanti alla morte, non resse ad un esilio, per necessità ozioso. O
-forse la spiegazione è un'altra». Quest'altra spiegazione ho cercato di
-dare quassù forse con troppo lungo discorso.
-
-[437] _De Consid._, II, 6, p. 419. Nam quid aliud dimisit sanctus
-Apostolus.... cum ipse dicat: Argentum et aurum non est mihi?.... Esto,
-ut alia quacum ratione haec tibi vindices, sed non apostolico jure. Nec
-enim tibi ille dare, quod non habuit, potuit. Quod habuit hoc dedit,
-sollicitudinem super Ecclesia.
-
-[438] _De Consid._, I, 6. Non monstrabunt ubi aliquando quispiam
-apostolorum judex sederit hominum, aut divisor terminorum, aut
-distributor terrarum.
-
-[439] _De Cons._, II, 6. Factum superiorem dissimulare nequimus
-sed enim ad quid, omnimodo est attendendum. Non enim ad dominandum
-opinor.... Disce sarculo tibi opud esse non sceptro, ut opus facias
-prophetae. E più appresso: Numquid dominationem? Audi ipsum.... Reges
-gentium dominantur eorum (Luc. 22, 55)... planum est, Apostolis
-interdicitur dominatus.... si utrumque simul habere voles perdes
-utrumque.
-
-[440] IV, 3. Petrus hic est, qui nescitur processisse aliquando vel
-gemmis ornatus, vel sericis; non tectus auro, non vectus equo albo, nec
-stipatus milite, nec circumstrepentibus septus militibus.
-
-[441] Ivi. Etsi purpuratus etsi deauratus incedens, non est tamen quod
-horreas operam curamve pastoralem, Pastoris heres.
-
-[442] _De Cons._, I, 6. Habent haec infima et terrena, judices suos,
-reges et principes terrae. Quid fines alienos invaditis? Quid falcem
-vestram in alienam messem extenditis?
-
-[443] _De Consid._, I, 6. Itane imminutor est dignitatis servus si non
-vult esse major domino suo? ... Quis me constituit judicem? ait ille
-dominus et magister (Luc., 12, 14), et erit iniuria servo discipuloque
-nisi judicet universos? .... Ergo in criminibus, non in possessionibus
-potestas vestra.
-
-[444] Epist. 256 ad Eugenio III dopo l'insuccesso della Crociata.
-Exserendas est uterque gladius... Petri uterque est. _De Consid._, IV,
-3. Uterque ergo Ecclesiae et spiritalis scilicet gladius et materialis.
-Sul quale passo si fonda il Giesebrecht per dimostrare che S. Bernardo
-è più gregoriano di quel che si creda. Parmi che l'egregio storico
-non abbia tenuto nel debito conto le restrizioni delle quali parleremo
-nella nota seguente.
-
-[445] Epist. 256. Uterque Petri est, alter nutu, alter sua manu
-evaginandus. Questa stessa restrizione è ripetuta colle stesse parole
-nel _De Consideratione_, IV, 3. Sed is quidem pro Ecclesia, ille vero
-ab Ecclesia exserendus: ille Sacerdotis, is militis manu, sed sane ad
-nutum sacerdotis et jussum imperatoris.
-
-[446] GREGOROVIUS, _Storia di Roma_, lib. 8.
-
-[447] Jam palam cardinalibus detrahebant, dicens conventum eorum ex
-causa superbie et avaricie, ypocrisis et multimode turpitudinis non
-esse ecclesiam Dei, sed domum negociationis et speluncam latronum,
-qui scribarum et phariseorum vices exercent in populo christiano.
-Ipsum papam non esse, quod profitetur, apostolicum virum et animarum
-pastorem, sed virum sanguineum, qui incendiis et homicidiis praestat
-auctoritatem, tortorem ecclesiarum, innocentie concussorem, qui nihil
-aliud facit in mundo quam carnem pascere et suos replere loculos et
-exaurire alienos. (_Hist. pont._, l. c.). Poema, v. 179:
-
- Pontifices rebus magnos intricare caducis
- Et pro terrenis celestia spernere, causas
- Nocte, die, precio sumpto trutinare forenses.
-
-v. 186:
-
- Heu mala romana presertim sede vigere.
-
-[448] Dicebat quod sic apostolicus est et non apostolicam doctrinam
-imitatur aut vitam, et ideo ei obedentiam aut reverentiam non deberi.
-Preterea non esse homines admittendos, qui sedem imperii, fontem
-libertatis romanae, mundi dominam, volebant subjicere servituti.
-(_Hist. pont._, l. c.). Il poema, v. 175, aggiunge:
-
- Nec debere illis populum delicta fateri
- Sed magis alterutrum nec eorum sumere sacra.
-
-Che non si debba nè confessarsi con sacerdoti malvagi, nè ascoltarne le
-messe era una massima dei Patarini adottata nei Concilii.
-
-[449] _Hist. pont._, p. 537. Sed pacem tum multa prepediebant, tum
-maxime quod ejicere nolebant Ernaldum Brixiensem qui honori urbis et
-reipublicae Romanorum se dicebatur obligasse prestito juramento. Et
-ei populus Romanus vicissim auxilium centra omnes homines et nominatim
-contra domnum papam.
-
-[450] Vedi su questi particolari il GIESEBRECHT, trad. it., p. 33, nota
-2.
-
-[451] Secondo il poema Arnaldo imprigionato e condotto al supplizio
-non volle ricredersi della dottrina sua, che ei riteneva giusta e
-degna di sacrificarle la vita. Tanta fermezza riscosse l'ammirazione
-dei presenti, ed anche di Federigo, che ebbe una tarda compassione
-per la sua vittima. Codesti versi mi permetto di riferirli tutti, chè
-contengono particolari interessanti sugli ultimi momenti di Arnaldo, v.
-219 e segg.:
-
- Hic igitur regi delatus nunc Friderico,
- Judice prefecto romano, vincitur illum.
- Namque jubet rector causam discernere notam,
- Dampnaturque suo doctor pro dogmate doctus.
- Set cum supplicium sibi cerneret ipse parari
- Et laqueo collum fato properante ligari,
- Quesitus pravum si dogma relinquere vellet
- Atque suas culpas sapientum more fateri,
- Intrepidus fidensque sui, mirabile dictu
- Respondit proprium sibi dogma salubre videri
- Nec dubitare necem propter sua dicta subire,
- In quibus absurdum nil esset nilque nocivum.
- Orandique moram petiit pro tempore parvum,
- Nam Christo culpas dicit se velle fateri.
- Tunc genibus flexis, oculis manibusque levatis
- Ad celum, gemuit suspirans pectore ab imo
- Et sine voce deum celestem mente rogavit,
- Ipsi commendans animam; paulumque moratus
- Tradit ad interitum corpus tolerare paratus
- Constanter, penam lacrimas fudere videntes,
- Lictores eciam moti pietate parumper;
- Tandem suspensus laqueo retinente pependit.
- Set doluisse datur super hoc rex sero misertus.
-
-[452] OTTONE, loc. cit.
-
-[453] Un capitolo del Concilio di Guastalla tenuto nel 1106 sotto
-Pasquale II incomincia così (MANSI, XX, 1209): Per multos jam annos
-regni Theutonici latitudo ab apostolicae sedis unitate divisa est. In
-quo nimirum schismate tantum periculum factum est, ut, quod cum dolore
-dicimus, vix pauci sacerdotes ant clerici catholici in tanta terrarum
-latitudine reperiantur.
-
-[454] OTT. FRISING., II, 20, in PERTZ, _M. G. Script._, XX, 403:
-Dicebat enim nec Clericos proprietatem, nec Episcopos regalia, nec
-monachos possessiones habentes, aliqua ratione salvari possent. Cuncta
-haec Principis esse, ab ejusque beneficentia in usum tantum Laicorum
-cadere oportere.
-
-[455] V. GIESEBRECHT, op. cit., III, 2, p. 809-10. Sia dovuto il
-pensiero di Pasquale II ad una geniale anticipazione di nuovi tempi,
-oppure, come pretende il Giesebrecht, alle necessità del momento che
-non gli permettevano di levarsi in altro modo d'impaccio, certo è che
-era bene immaturo un così ardito disegno.
-
-[456] _Paschalis Papae II Epist._ (MANSI, XXII, 1007). Ad Henricum
-V Imperat. Divinae legis institutionibus sancitum est et sacris
-canonibus interdictum, ne sacerdotes curis saecularibus occupantur....
-in vestri autem regni partibus, episcopi vel abbates adeo curis
-saecularibus occupantur, ut comitatum assidue frequentare et militiam
-exercere cogantur: quae nimirum aut vix aut nullo modo sine rapinis,
-sacrilegiis, incendiis, aut homicidiis exhibetur. Interdicimus etiam et
-sub anathematis districtione prohibemus, ne qui episcoporum seu abbatum
-praesentium vel futurorum eadem regalia invadant.
-
-[457] Nel rescritto d'Innocenzo II (MANSI, XXI, 565), Arnaldo ed
-Abelardo sono chiamati _perversi dogmatis fabricatores, et catholicae
-fidei impugnatores_. Il breve di Eugenio (BARONIO, _Annales_, ad an.
-1148) ha: _Arnoldum tanquam schismaticum modis omnibus devitetis_.
-Ma nella lettera a Guibaldo lo stesso Eugenio usa la frase, _Arnoldo
-haeretico_ (MARTÈNE, _Ampl._, coll. II, 553; JAFFÉ, I, 537).
-
-[458] Anche nel breve di Eugenio III è rilevato in preferenza questo
-punto: et cardinalibus atque archipresbyteris suis obedientiam et
-reverentiam promittere et exhibere debitam contradicant, vedi pure
-GERHOHUS REICHERSPERGENSIS, _De investigatione Antichristi_: Praesules
-eorum non episcopi, quemadmodum quidam nostro tempore, Arnaldus
-nomine, dogmatizare ausus est plebes a talium episcoporum obedientia
-dehortatus. La testimonianza di Geroo è molto importante, perchè
-nessun odio di parte gli fa velo alla mente. Anche egli al pari di
-Arnaldo deplorava la mistione dei due poteri. Cfr. ad esempio questo
-passo tolto dall'opuscolo _De corrupto Statu Ecclesiae_ in GALLANDI,
-_Bibl._, XIV, 557. Audiant haec episcopi, qui ultro et contra justitiam
-plerumque bella movent .... Officiumque militis et sacerdotis in una
-persona confundunt comitis et pontificis dignitatem simul administrant
-.... esurimus et sitimus hanc justitiam, ut judicio et negotia
-spiritalia per spiritales, saecularia per saeculares ita peragantur, ne
-termini a patribus constituti negligantur. Inoltre della fine tragica
-di Arnaldo, e dell'odio della Curia Romana portava un severo giudizio;
-nè par che credesse alle voci ad arte diffuse in quel tempo, secondo le
-quali il Prefetto di Roma avrebbe ordinata l'esecuzione ad insaputa del
-Papa: Quem ego vellem pro tali doctrina sua, quamvis prava, vel exilio
-vel carcere aut alia poena præter mortem punitum esse, vel saltem
-taliter occisum, ut Romana ecclesia seu Curia ejus necis quaestione
-careret. Un uomo così schietto merita tutta la nostra fiducia, e se
-egli attribuisce ad Arnaldo una dottrina poco ortodossa, non abbiamo
-alcun dritto di revocare in dubbio la sua autorità.
-
-[459] MARTÈNE, _Amp._, coll. II, 554; JAFFÉ, I, 539, 43.
-
-[460] II. PET. 2, 1; 3, 14 e 17.
-
-[461] Riscontrate il seguente passo del MONETA, pag. 433: Quod autem
-non possint ministrare sacramenta volunt probare haeretici qui Cathari
-dicuntur, et etiam Pauperes Lombardi his modis, per illud Matth. V,
-v. 13 vos estis sal terrae .... postquam Praelatus evanuit non potest
-condire alium .... et ita sacramentorum etiam ministratio facta ab ipso
-inefficax est. Istud credunt omnes Cathari et Pauperes Lombardi.
-
-[462] Anche i Catari e più tardi i Valdesi si varranno di questa
-citazione. MONETA, pag. 391. Objcit haereticus malo Praelato illud
-Jacobi (2, v. 18 ecc.).
-
-[463] Basteranno poche citazioni del Moneta tra le moltissime che
-potrei addurre: (pag. 431). Sic objiciunt Cathari et Pauperes Lombardi:
-Praelatus Ecclesiae caput est. Quomodo erga membra sana erunt, si
-caput est languidum? Inducunt illud Matth. VI, 22, nomine oculi volunt
-intelligere Praelatum. Si praelatus est tenebrosus tota Ecclesia
-tenebrosa (pag. 432). Inducunt iilud I, Cor. V, 6, nescitis quia modium
-frumentum totam massam corrumpit? Ex quo videtur, quod in Ecclesia non
-posse esse praelatus malus, nec etiam subdolus.
-
-[464] Bonaccurso (D'ACHERY, I, 214 B), questo solo rimprovera agli
-arnaldisti: Quod pro malitia clericorum sacramenta Ecclesiae dicunt
-esse vitanda, e loro oppone recisamente: tu qui es qui alienum servum
-judices? citammo più sopra i versi del poema che si riferiscono alla
-confessione ed alla messa.
-
-[465] Le decretali sono molto chiare su questo punto (Decreti, pars
-II, caus. XV, qu. VIII, cap. V). Non potest aliquis quantumcumque
-pollutus fuerit, divina polluere sacramenta quae purgatoria cunctarum
-contagionum existunt; nec potest solis radius per cloacas et latrinas
-transiens aliquid exinde contaminationis attrahere. Qualiscumque enim
-sacerdos sit, quae sancta sunt coinquinari non possunt .... cerea
-fax accensa sibi quidem detrimentum praestat, aliis vero lumen in
-tenebribus administrat, et unde aliis commodum exhibet, inde sibi
-dispendium praebet ....
-
-[466] _Epist. Gregorii VII_, 20 (MANSI, XX, 226). _Ad Josfredum
-episcopum parsiacensem._ Item relatum nobis est Cameracenses hominem
-quemdam flammis tradidisse, eo quod simoniacos et presbyteros
-fornicatores missam non debere celebrare, et quod illorum officium
-minime suscipiendum foret, dicere ausus fuerit. Quod quia nobis
-valde terribile, et si verum est, omnis rigore canonicae severitatis
-vindicandum esse videtur, fraternitatem tuam solicite hujus rei
-veritatem inquirere admonemus: et si eos ad tantam crudelitatem impias
-manus suas extendisse cognoveris, ab introitu et omni communione
-ecclesiae auctores pariter et complices hujus sceleris separare non
-differas.
-
-[467] Gregorio VII (MANSI, XX, 433). Si qui vero (presbyteri, vel
-subdiaconi) in peccato suo perseverare maluerunt, nullus vestrum
-eorum audire praesumat officium, quia benedictio eorum vertitur in
-maledictionem et oratio in peccatum.
-
-[468] Abbiamo riferito nella n. 1, p. 253 il testo delle decretali
-che stabilisce la dottrina cattolica del sacerdote come strumento
-passivo. A questi testi così espliciti si opponeva il canone: nullus
-audiat missam, da noi riportato altrove, e ripetuto moltissime volte
-in diversi concilii a cominciare dal romano di Niccolò II. Al tempo di
-Lucio III (1181-1185), quando la lotta delle investiture era finita da
-più di un secolo parvero evidenti queste contraddizioni, e l'accorto
-papa cerca di schermirsene facendo distinzioni sottili, le quali
-servono a ripristinare la dottrina antica. Riscontrate le decretali
-gregoriane, lib. III, tit. 2, cap. 7: Lucius tertius .... Vestra
-duxit devotio inquirendum et infra. Alicubi dicitur, nullus audiat
-missam sacerdotis, quem scit indubitanter concubinam habere. Alibi
-vero legitur non potest aliquis quantumcumque pollutus fuerit, divina
-polluere sacramenta. .... Ceterum aliud est crimen notorium, aliud
-occultum, notorium diffinitur, de quo presbyter canonici condamnatur;
-occultum quod ab ecclesia toleratur. Caeterum aliud est quando
-crimen notorium non diffitetur presbytero, vel de ipso est canonice
-condamnatus; aliud est pene occultum, quod ab ecclesia toleratur. Item
-aliud est a talium officiis abstinere, ut peccandi licentia caeteris
-auferatur, et hujusmodi ad poenitentiae fructum trahantur; atque aliud
-si totum tamquam in fornicatione jacentium misteria respuantur. Sine
-dubitatione itaque teneatis quod a clericis et presbyteris quamquam
-fornicariis, quamdiu tolerantur, nec habent operis evidentiam, licite
-divina misteria audiantur et alia recipiantur sacramenta ecclesiastica.
-
-[469] Il De Lauro, abbate cassinese scrisse un'apologia dell'abbate
-Gioacchino, facendo tesoro di un'antica biografia pubblicata prima
-di lui dal Greco. Ma come si vedrà in seguito è tale la mancanza
-di critica e l'inesattezza dell'apologista cassinese, che possiamo
-pochissimo giovarci dell'opera sua. Non so comprendere perchè il
-Rousselot (_Joachim de Flore_, Paris 1867) si serva della vita
-del Barrio, attinta alle stesse fonti di quella del Greco, ma con
-minore accorgimento. La vita del Greco, ristampata dai Bollandisti
-fu ricavata da una cronaca antica, come dice lo stesso autore (_Acta
-Sanctorum_, Maggio, VII, 123). Omnia quae descripsimus [novissimo
-excepto, quod de ore fratris Andreae accepimus] de libello manuscripto
-in monasterio S. Joannis de Flore [existente] a tempore monachatus mei
-in eodem monasterio, quod fuit sub anno Domini millesimo quingentesimo
-octogesimo sexto, transcripsimus et adnotavimus, nec de eorum
-substantia aliquid addidisse, diminuisse, aut immutasse, tantum aliis
-verbis retulisse, sub eodem Domini juramento confitemur. Qui quidem
-libellus tum vetustate tum etiam usu cum quadam quasi difficultate
-legebatur.
-
-[470] Il primo di questi documenti riportati dall'Ughelli (_Italia
-Sacra_, Venetiis 1721, IX, 453), si riferisce alla fondazione di una
-casa florense. Anno Domino Incarnationis 1201 mense Septembris 5 ind.
-.... Nos Simon de Mamistra Dominus Fluminis Frigidi .... proposuimus
-aedificare domum Religionis infra fines terrae nostrae Fluminis
-Frigidi .... vocavimus vos Domine Joachim venerabilis Abbas Floris
-rogantes vos omni devotione, quatenus tam administrationem ipsus
-monasterii, quam ipsum monasterium acciperetis in manus vestras et
-successorum vestrorum. Questa donazione fu confermata da Riccardo
-vescovo di Tropea, il quale vi aggiunse la chiesa di S. Domenica e
-di S. Pietro e altri beni e diritti come risulta dalla lettera papale
-di conferma. Ma nel frattempo l'abate Gioacchino era morto, perchè la
-lettera del vescovo tropeano del giugno 1202 riportata nella bolla di
-conferma d'Innocenzo III è indirizzata all'abate Matteo, successore di
-Gioacchino, e ricorda quest'ultimo come già morto [venerabili quondam
-abbati Joachim]. La determinazione del giorno della morte è data dal
-Papebrochio nelle note al Greco.
-
-[471] GRECO, 96 B. Succedente vero Paschatis festo, paratis sibi
-vestimentis novis sui ipsius spiritum amoris vigere percepit, eoque
-impulsus coepit de temporalibus cogitare, atque illorum voluptatibus
-solicitari. Riportato quasi a parola dal De Lauro, che solo vi aggiunge
-di suo, essere accaduto questo invanimento cum Bizantium pervenisset,
-mentre invece il Greco mette in Bizanzio il ravvedimento.
-
-[472] GRECO, loc. cit. Ceterum ad Thraciae Bosphorum Byzantium
-ingressus, ibidem, tangente manu Domini urbem illam, plurimum hominum
-multitudinem interire conspexit qui se cernens absolutum periculo,
-prorsus se mundo renuntiaturum vallavit. Anche Valdo allo spettacolo
-della morte sente sorgere in lui una nuova vocazione. Il De Lauro che
-copia quasi a parola dal Greco, tace questa circostanza.
-
-[473] Gioacchino stesso raccontava questo aneddoto all'amico suo Luca
-(BOLL., loc. cit., pag. 93 F). Retulit mihi aliquando cum in Syria
-juvenculus, habitu jam Religionis assumpto, solus fuisset apud quandam
-viduam hospitatus; illa in eum oculis impudicis intuens, lasciviis
-ipsum ad crimen invitare tentavit, sed servus Dei resistit sapienter
-et fortiter. V. DE LAURO, cap. 8º, p. 12, che al suo solito amplifica
-il racconto, e lo trasporta dalla Siria all'Asia Minore, interpetrando
-male la frase del Greco, p. 98 A: in ea Asiae parte quae Euphrate ac
-mediterraneo mare concluditur.
-
-[474] GRECO, 97 F. Nam tria opera exorsus fuit, quae omnia felici
-consummatione complevit. GREGORIO, cap. VI, riportando a questo
-tempo la visione della quale parla Gioacchino nell'_Esposizione
-dell'Apocalisse_, cap. I, testo 13 [contro questa anticipazione vedi
-le giuste osservazioni del Papebrochio] dice: nam difficultates omnes,
-simulque quaestionum involucra perspicaciter vidit, memoriter tenuit et
-spiritualiter intellexit (!!!)
-
-[475] GRECO, p. 98 C. Qui vallem Chratis ingressus, justa Bisentium
-gradiens, urbem Consentiae, ne forte agnosceretur, abhorruit. Io non
-so capire come mai Gioacchino, tornato in patria con alti intendimenti
-religiosi, si nascondesse per non essere conosciuto da quegli stessi
-conterranei tra i quali non avrebbe dovuto tardare di spargere la
-parola del Signore. Parmi, o io m'inganno, che questo racconto sia
-fatto tutto nell'intendimento retorico dell'incontro di padre e
-figlio, che si scambiano discorsi pieni di reminiscenze classiche, e di
-citazioni bibliche. GRECO, loc. cit. e DE LAURO, pag. 15.
-
-[476] GRECO, 98 E: Licet enim in ipso monasterio adhuc Regulae jugo
-colla non subdidisset. Questo fatto vale a spargere un po' di luce
-sulla cronologia di Gioacchino. L'abbazia di Sambucina, filiale di
-quella di Casimari, fu fondata, secondo il Papebrochio, nel 1157, come
-apparisce da una antica cronologia manoscritta, (v. nota 9, al cap.
-2 del GRECO, pag. 99 C.). La data del 1160, riportata dal Manrique
-si riferisce probabilmente agli atti posteriori di dotazione. Il De
-Lauro la crede invece fondata molto prima, ma non per altra ragione
-se non per non essere costretto a fare Gioacchino più giovane di quel
-che vuole lui. Infatti se Gioacchino è nato nel 1111, ammesso anche
-che fosse entrato nell'abbazia di Sambucina nello stesso anno della
-fondazione, avrebbe contati 49 anni. Ma noi abbiamo mostrato più sopra
-che la cronologia del De Lauro tutta fondata sopra il fatto della
-famosa profezia non regge alla critica. Ed ammettendo col Papebrochio
-che Gioacchino nacque intorno al 1131 avrebbe contati dai 26 ai 27 anni
-quando entrò nel convento di Sambucina tra il 1157 e il 1158.
-
-[477] Joachim Dei famulus, aestuans spiritus fervore concepto a
-memorato coenobio Cistercensium Sambucinae secedens, contra elatae
-vallis Chratis terram, ubi Bucchita est nomen, juxta Rendarum oppidum
-transvolavit (GRECO, 99 D).
-
-[478] Il cronista (99 E) racconta il fatto nel modo che torni più ad
-onore di Gioacchino; ast in agro dominico uberiores fructus in dies
-se producere comperiens, scrupolositate quadam turbatus fuit, metuit
-siquidem absque praevia Episcopi ordinatione praedicationis munus
-exercere. Più appresso soggiunge: Propterea Cathazarii civitatem ad
-tale munus habendum, devotione maxima non imparatus adire constituit.
-
-[479] Questa notizia la tolgo dall'opuscolo del De Riso _Sull'abbate
-Gioacchino_, pag. 143, nota 11, che cita un catalogo antichissimo
-manoscritto dei vescovi catanzaresi. Se la data del 1168 è vera,
-bisogna inferire che per dieci anni Gioacchino continuasse a menar la
-vita da laico dopo l'uscita dal monastero di Sambucina (dato che ivi
-sia entrato nel 1158). E gli ordini gli avrebbe presi a 37 anni. Il
-De Riso che accetta la data del Lauro dovrebbe ammettere che li abbia
-presi a 57 anni e non a 50.
-
-[480] GRECO, 99 F. Insciis fratribus ex monasterio recessit, et
-in cenobium Sanctae Trinitatis ad oppidum Acrae aufugit et inde in
-Sambucinam repedavit .... sciens tandem nolle acquiescere esse quasi
-peccatum ariolandi, in communi exaltatione abbas in Curatium rediit.
-
-[481] Il documento comincia così: Redemptoris nostri anno millesimo
-centesimo septuagesimo octavo et tertio decimo regnante Domino
-Guiglielmo gloriosissimo rege Siciliae tertio decimo mensis februarii,
-duodecimae Indictionis nos Gualterius de Moac Regii fortunati Stolii
-ammiratus .... dum essemus in Baroli pro regiis agendis, Joachim
-venerabilis abbas Sanctae Mariae de Curatii detulit sacras litteras a
-Sacra Regia Majestate, quarum continentia talis est: segue la lettera
-datata, Panormi duodecimo die mensis Decembris indictione duodecima.
-Il De Lauro, pag. 83 crede che la prima data sia sbagliata, e che la
-seconda si riferisca all'anno 1149, primo di Guglielmo il Malo, in
-cui ricorreva la duodecima indizione (anche il Greco diceva che questa
-lettera fosse di Guglielmo il Malo). Il Papebrochio, pag. 92 D, invece
-ritenendo giusta la data del 1170, riferisce la lettera a Guglielmo II,
-il quale infatti salito al trono nel maggio 1166 contava tredici anni
-di regno nel 1178.
-
-[482] Che sia fuggito dal monastero si raccoglie da un luogo degli
-_Statuta Capituli generalis_ (MARTÈNE, IV, 1272). Le ragioni della
-fuga le adduce egli stesso nella prefazione al _Salterio_, fol. 227,
-col 1-2. Sed cum mihi qui (ut jam videbatur) cogitatione et aviditate
-illius superne civitatis habitator effectus, fruebar secundum
-interiorem hominem non modica visione pacis, accidere illud quod
-sibi multi etsi frustra accidisse queruntur, ut rursum ecclesie cura
-rei familiaris cogeret implicari negotiis monasterii, quae secundum
-cujusdam coloris sui speciem vere secularia sunt, aut pene secularia
-judicanda, compulsus sum iterum cum cordis gemitu non sine formidine
-exclamare: Heu mihi quam incolatus meus prolongatus est ecc.
-
-[483] GRECO, 102 A. Ceterum comperiens Pontifex (Lucius III), quanta
-Joachim spiritus illustratione fulgeret, superindictae scribendi
-facultati adjunxit pro talenti multiplicatione, ut de cetero, deposito
-temporalium monasterii onere enodandis sacrae paginae arcanis se
-dederet .... 102 B. At Romani Pontificis auctoritas, expetita seniori
-consilio suspendens, Joachim et ab onere Curatii absolvit et alibi
-consedendi potestatem adjunxit.
-
-[484] BOLL., pag. 93 C. Ego Luca archiepiscopus cusentinus, anno
-secundo Pontificatus Domini Pape Lucii (cioè nel 1182) jam monachus,
-primo in Casa Marii, vidi virum nomine Joachim tunc abbatem Curatii
-.... Mansit autem in Casa Marii sedulo quasi anno uno et dimidio,
-dictans et emendans simul librum Apocalipsis et Concordiae. Che anche
-il _Decacordo_ fosse cominciato a Casamari lo dice Gioacchino stesso
-nella prefazione a quel libro, fol. 227, col. 2.
-
-[485] Loc. cit. Tunc coram eodem Domino Papa et Consistorio ejus,
-cepit revelare intelligentiae Scripturarum, et utriusque testamenti
-Concordiam.
-
-[486] Cum ergo, jubente et exhortante te beatae memoriae Lucio Papa
-praedecessore nostro expositionem Apocalipsis et opus Concordiae
-inchoasse et postmodum de Papae Urbani auctoritate composnisse
-judicaris. Lettera di Clemente III, in GRECO, pag. 102 A. Contro queste
-due testimonianze cadono tutti gli argomenti del De Lauro, pag. 59-60,
-che vuole sia stato papa Urbano e non Lucio che abbia dato a Gioacchino
-la licenza di scrivere il commento sulla Bibbia, ed il permesso di
-allontanarsi dall'abbazia.
-
-[487] La gita ad Urbano III è raccontata da Vincenzo Beauvais,
-_Specul. hist._, lib. 29, cap. 40. Per hos dies venit ex Calabriae
-partibus ad Urbanum papam Veronae commemorantum quidam ab. Joachim
-de quo ferebant quia eum primum non plurimum didicisset, divinitus
-accessit intelligentiae donum, adeo ut facunda disserteque enodaret
-difficultates quasdam Scripturarum. Al tempo del Beauvais s'era già
-cominciato a formar la leggenda; ma le fonti più autorevoli come Luca
-non sanno nulla di questa voluta ottusità primitiva, la quale serve
-mirabilmente a rilevare il merito e l'ispirazione divina del Profeta.
-
-[488] Et veniens ad nos quam citius se opportunitas dederit,
-discussioni apostolicae sedes et judicio te praesentes (lettera di
-Clemente, loco cit.).
-
-[489] Vedi ad esempio _Expositio in Apoc._, fol. 80, col. 3. Plura sub
-quinto cursu ecclesiastici temporis sub beati Benedicti nomine fundata
-esse monasteria, que et usque ad presens tempus perdurant, in quibus
-aliquanto regule capitula ita absorta sunt ac si non sanctus Benedictus
-ediderit, ut est precipue de opere manuum, et de abstinentia ciborum ac
-potus, quod ideo accidisse cognoscitur quia dum divites esse voluerunt
-sub regule paupertatis facti sunt delicati et facti sunt invalidi et
-infirmi, facti sunt quibus lacte opus sit, non solido cibo. Ne mirum.
-Quis enim unquam inter divitias et delitias potuit tenere inopem vitam
-et castitatis propositum ubi multi sunt cibi. Taceo quod infra urbes et
-vicos pluraque monasteria sita ecc.
-
-[490] GRECO, pag. 102 C, dice che Pietralata si chiamò anche Pietra
-dell'olio: et hoc non immerito, unctionem etenim Domini in se non parum
-proficisse cognovit.
-
-[491] Si potrebbe sospettare che questo luogo fosse chiamato Fiore
-dopo la fondazione dell'abbazia a simboleggiare che da quel tempo le
-stanze di feroci animali furon mutate in ameni giardini. Ma il Greco
-dice al contrario che si chiamasse già Fiore, 105 B: Placuit ergo, Deo
-disponente in Albanetho (parola inventata forse dal Greco stesso dai
-duo fiumi Arvo o Albo, e Neto) ubi proprie de Flore est nomen, vestigia
-premere. Lo stesso dice De Lauro, pag. 67. Potrebbe sospettarsi che
-il luogo si chiamasse Fiore, dal nome di qualche famiglia, che vi
-possedeva; ma non saprei dir altro.
-
-[492] DE LAURO, pag. 68. A Petra Olei prorsus recesserunt anno
-Domenicae nativitatis 1189 die 18 mensis Julii 6ª indictione, in
-utraque Sicilia bono Guillelmo regnante, pace ubique vigente.
-
-[493] DE LAURO, pag. 100. Celestinus Episcopus servus servorum Dei.
-Dilectis filiis Joachino abati et conventui de Flore salutem et
-apostolicam benedictionem .... Datum Romae octavo Kalendas Septembris
-Pontificatus nostri anno sexto. [Celestino fu consacrato il 14 aprile
-1191].
-
-[494] Il decreto imperiale riportato dal Greco, pag. 108 E. Henricus
-Sextus, divina favente gratia Romanorum imperator semper augustus
-et rex Siciliae .... innotescat quod nos attendentes honestatem
-et religionem abbatis Sancti Joannis de Flore, dilecti nostri,
-constituimus perpetuo pro redemptione animae nostrae monasterio ejus
-quinquaginta aureos Byzantinos de redditibus salinae de Netho ....
-Datum apud S. Maurum anno Dominicae incarnationis millesimo centesimo
-nonagesimo quinto.
-
-[495] Gioacchino stesso al di sopra dell'eloquenza mette la
-contemplazione. Così nell'_Apocalisse_, fol. 48, col. 4: Proprietas
-predicandi verbi est incarnati; proprietas spiritus sancti silentium
-magis expectat quam sermonem, et nequaquam vociferando ingerat, sed
-silendo inspiret. E nella _Concordia_, III, a, 8, fol. 31, col. 4:
-Commmutandus est status Ecclesiae de Lia in Rachel, de verbi eloquentia
-ad spiritualem intellectum, de frondium pulchritudine ad soavitatem
-pomorum. Hoc est enim illud: nisi ego abiero, paraclitus non veniet ad
-vos (JOH., XVI, 7). Nota verbum et signa mysterium. Omnis eloquentia
-pertinet ad verbum, omnis intelligentia spiritualis ad spiritum ....
-Fol. 32, col. I: precessit regum tempore eloquentissimus Esaias qui
-dicit: Ecce ego mitte me. Secutus est Hieremias qui dicit: nescio
-loqui quia puer sum. Precessit Paulus facundissimus predicando in
-Asia, secutus est Joannes cujus sermo despicabilis est, sed tamen
-spiritualis gratie ubertate fecundus. Quin mo quod utilius fiat dominus
-ipse demonstrat sum dicit: (JOH., XVI, 1) «Ego veritatem dico vobis,
-expedit vobis ut ego vadam; si ego non abieroparaclitus non veniet ad
-vos, si autem abiero mittam eum ad vos». Tale est enim ac si diceretur:
-nisi cultum eloquentie subtraho, in quo carnalis pascitur intellectus,
-propter eos quibus lacte opus erat aliquando et non solido cibo,
-spiritualem intellectum accipere non potestis. Eo nempe circa spiritum
-mens declarari nequit quo magis animus pascitur suavitate verborum, et
-eo plus fructus spiritus quante sit dulcedinis sentitur, quo quicquid
-foris resonat carnalibus hominibus et infirmis seponitur.
-
-[496] Questa sola profezia delle tre ricordate dal Greco è conosciuta
-dal Salimbene, pag. 4. Ideo verificatum videtur in Friderico verbum
-abbatis Joachim, quod dixit Imperatori patri ejus quaerenti de filio
-suo cum adhuc esset puer, qualis esset futurus, respondit: perversus
-puer tuus, nequam filius et heres tuus o princeps. Nam dominus turbabit
-terram, sanctos altissimi conteret. Omnia ista in Friderico impleta
-fuerunt, ut vidimus oculis nostris qui nunc sumus in MCCLXXXIII.
-
-[497] Che la pace tra la Chiesa e l'Impero non abbia a durare
-Gioacchino lo dice chiaramente più volte. Vedi ad esempio nella
-_Concordia_, III b, 6, fol. 41, col. 4: Quantum tamen secundum
-coaptationem concordie exstimare queo, si pax conceditur ab his malis
-usque ad annum millesimum duecentesimum incarnationis dominice; exinde
-ne subito ista fiant, suspecta mihi sunt omnimodis et tempora et
-momenta. Parimenti IV, 22, fol. 54, col. 2: hoc totum imputandum est
-inertie sacerdotum qui consolantur eam dicentes: pax pax cum non sit
-pax, de quibus dicitur: (_Threni_, II, 14) Prophete tui viderunt tibi
-falsa et stulta, nec aperiebant ignominiam tuam ut te ad penitentiam
-provocarent.
-
-[498] Sulla Crociata del 1190 Gioacchino non ricorda previsioni da lui
-fatte, ma scrive invece melanconiche riflessioni, che mostrano come ei
-poco fidi nel valore delle armi cristiane. Cito l'_Apocalisse_, fol.
-134, col. 4, riserbandomi di citare altrove un luogo parallelo della
-_Concordia_: Dictum est autem: quod siccande essent aque Eufratis ut
-preparetur via Regibus ab ortu solis, quod sine gemitu dicendum non
-est, initiatus quedam terribilis jam precessit, super eo scilicet
-quod nuper accidit super inclito illo exercitu Frederici magni et
-potentissimi imperatoris et aliis exercitibus populi christiani qui
-transeuntes mare in infinita multitudine, vix in paucis reliquiis pene
-sine effectu remearunt ad propria.
-
-[499] _Apocalisse_, fol. 207, col. 4: Que omnia quidem ventura esse
-credendum est; sed quibus modis et quo ordine veniant magis tunc
-docebit rerum experientia. Fol. 210, col. 4: Quo consumato prelio erit
-magna pax qualis non fuit a principio seculi, cujus terminus erit in
-arbitrio Dei.
-
-[500] Sui profeti dell'antico Testamento e principalmente su Ezechiele
-vedi le belle pagine del Castelli: _La profezia nella Bibbia_, Firenze,
-Sansoni, 1882, pag. 378 e segg.
-
-[501] _Concordia_, II, 1, fol. 18, 3: Invenimus Helisabette concordare
-cum Sarra quia utraque sancta mulier sterilis fuit, utraque visitata
-divinitus concepit, et peperit in senectute sua. Utraque autem antiquam
-illam hebraeorum designavit ecclesiam .... Cum vero libere Sarrae
-jungitur Agar ancilla, tunc profecto Sarra mutat significationem.
-Illa enim vetus, haec novum significat testamentum .... Cum vero Agar,
-amota eidem Sarra, jungitur Rebecca, tunc Sarra significat synagogam
-quae defuncta est, quare defuit in fede; Rebecca vero ecclesiam quae
-intravit et obtinuit tabernaculum ejus. III, 1, 16, fol. 32, col. 4:
-Igitur Helias qui aliquando et alicubi designat Spiritum Sanctum, in
-hoc loco (MALACH., IV, 5) et in aliis significat Christum.
-
-[502] Vedi ad esempio la _Concordia_, IV, 24, fol. 53, col. 4: Sicut de
-nostra temporis hujus angustia quam a diebus, ut jam diximus, Leonis
-pape et Henrici theotonicorum regis olerantes portamus, illud quod
-nobis proprium est silentio non expedit preteriri, imo nec sine cordis
-gemitu et dolore proferre Hieremie increpationem, que peccata judeorum
-enumerans in nos, qui christiani dicimus et non simus, redundat.
-
-[503] _Histoire lettéraire_, XVI, pag. 438; 540-41. Mi piace
-riprodurre il passo del cronista inglese, pubblicato prima dal
-MARTÈNE, _Amplissima collectio_, V, 839, e poi dal BOUQUET, XVIII, 76.
-Hac tempestate extitit quidam abbas non longe ab urbe Roma, ordinis
-cisterciensis, sed cisterciensibus minime subjectus, qui quamdam
-Expositionem in septem visiones Apocalypsis edidit, accepta, ut ajunt,
-divinitus sapientia cum fere esset prius illiteratus. In hac autem
-expositione evidenter ostendit vetus Testamentum Novo concordare ....
-Quintam vero persecutionem quam sub quinta visione ..... dicit agi
-temporibus nostris a Saladino ..... Dicit etiam quod anno Dominicae
-incarnationis MCXCIX incipit sexta visio et sexti sigilli apertio,
-sub qua visione probat auctoritate Apocalypsis, quod complebitur
-omnis antichristi persecutio et ejusdem mors et perditio, sed ante
-ejus persecutionem dicit evangelium Christi ubique praedicandum. Post
-antichristi vero imperium quot annorum vel dierum fieret expletio
-sigilli sexti, id est, mortuorum resurrectio et septimi sigilli
-inchoatio, id est, sanctorum aeterna glorificatio, soli Deo cognitum
-esse fatetur.
-
-[504] Le tre opere sono state pubblicate in Venezia nel 1517 la prima,
-e nel 1527 le altre due. Il Preger ne ha combattuta l'autenticità nella
-memoria letta all'Accademia di Monaco, _Das Evangelium aeternum und
-Joachim von Floris_, München 1874. Il Reuter confuta la dimostrazione
-del Preger nella sua grande opera _Geschichte der religiösen Aufklärung
-im Mittelalter_, II, 356-60.
-
-[505] PREGER, op. cit., pag. 22 che cita SALIMBENE, _Chronicon_, pag.
-85. Hic est Leo I qui secundum abbatem Joachim concordiam habet cum
-Josaphath Rege Judae (vide in libro figurarum Joachym et in libro
-Concordiae).
-
-[506] SALIMBENE, pag. 325: quia Expositionem abbatis Joachym super
-Apocalypsim habebam, quam super omnes alias reputabam.
-
-[507] Il _Liber figurarum_ è citato altre due volte (vedi pag. 124 e
-224). Che il Salimbene faccia più conto dei libri apocrifi si raccoglie
-da questo passo, ove parlando delle opere di Gioacchino, mette in prima
-linea l'esposizione di Geremia, pag. 102. Hi duo sollicitabant me ut
-scriptis abbatis Joachim crederem et in eis studerem. Habebant enim
-expositionem Joachim super Jeremiam et multos alios libros.
-
-[508] PREGER, op. cit., pag. 27, che riferisce questo passo della
-_Cronaca_ pag. 103. Igitur abbas Joachim non limitavit omnino aliquem
-certum terminum, licet videatur quibusdam quod sic. Sed posuit plures
-terminos dicens: «Potens est Deus adhuc clariora demonstrare mysteria
-sua et illi videbunt, qui supererunt».
-
-[509] Fol. 135, col 2. De exhibendo vero misterio hujus numeri nemo
-mihi molestus fit, nemo me ultra statura limitem transire compellat,
-_potens est enim Deus clariora adhuc facere mysteria sua_; fol. 134,
-col. 2, si queris dierum numerum non est meum dicere neque scire; quod
-nobis datum est hoc solvimus.
-
-[510] PREGER, pag. 27, che cita il luogo della _Concordia_, fol. 95,
-dove dopo aver paragonato Assalonne il figlio ribelle, all'Anticristo,
-aggiunge: nisi forte quia Antichristi multi erunt aliquis dicat in
-Absalon non significari illum maximum persecutorem, quem Dominus
-Jesus interficiet spiritu oris sui, sed aliquem alium secundum quod
-jam romanam sedem legimus aliquos usurpasse, et nuper sub Federico
-imperatore accidisse comperimus.
-
-[511] _Conc._, IV, 1, fol. 42, col. 3: .... Sicut ergo sunt arbores
-silve plurime, que in stipitibus sunt similes, sed tamen in ramis
-foliisque dissimiles, sic et duo testamenta in rebus quidem generalibus
-similia sunt, sed in specialibus dissimilia.
-
-[512] PREGER, pag. 29-30. La lettera di Gioacchino è premessa
-nell'edizione a stampa così alla _Concordia_ come al _Commento
-dell'Apocalisse_.
-
-[513] Fol. 229, col. 2. Neque ut tres ramos uni radici infixos, ut
-substantiam radicem et tres ramos ipostasis arbitraris _juxta aliquorum
-perfidiam_, quod est inducere quaternitatem. Ivi, col. 3: Item quod
-his nequius est, nescio que tria preter substantiam _nova adinventio_
-assignare presumpsit.
-
-[514] Sulle antiche testimonianze, che provano l'autenticità delle tre
-opere, vedi il RENAN, _Joachim de Flore et l'Évangile éternel_ nella
-_Revue des deux mondes_; tome LXIV, pag. 98.
-
-[515] Fol. 227, col. 2. Cum essem apud cenobium Case maris.... accidit
-in me velut haesitatio quaedam de fide Trinitatis ecc. Questa fu
-l'occasione, che gli fece scrivere il _Decacordo_ dopo la _Concordia_
-(quod opus incepimus primo) e l'_Esposizione dell'Apocalissi_, quae
-(ignorante me omnimodis exitum rei) nescio qua Dei providentia ex eadem
-nascendo processit.
-
-[516] _Apoc._, fol. 134, col. 2. Mirum quod praeterito anno veniens
-qui dam vir satis (ut apparebat) providus et timens Deum a partibus
-Alexandriae, in quibus detentus fuerat in vinculis, dixit se audisse
-a quodam magno Sarraceno mississe Patharenos Legatos suos ad illos
-postulantes ab eis communionem et pacem .... Hoc audivi ipse ab eodem
-viro in civitate Messana, anno millesimo centesimo nonagesimo quinto
-incarnationis dominis tertie decime indictionis.
-
-[517] _Apoc._, fol. 26, col. 3. De quibus in secundo libri psalterii
-sufficienter diximus.
-
-[518] Ho sott'occhi parecchie edizioni di questi vaticinii col commento
-di Paolo Scaligero. Pauli Principis de la Scala et Hungariae Marchionis
-Veronae etc. Domini Creutzburgi Prussiae, primi tomi miscellaneorum
-de rerum caussis atque successibus, atque secretiori methodo ibidem
-expressa effigies ac exemplar nimirum vaticiniorum et imaginum Joachimi
-abbatis Florensis Calabriae et Anselmi episcopi marsicani super
-statu summorum Pontificum romanae ecclesiae, contra falsam iniquam
-vanam confictam et seditiosam cuiusdam Pseudomagi, quae nuper nomine
-Theophrasti Paracelsi in lucem prodiit, pseudomagicam expositionem,
-vera certa et indubitata explanatio, Coloniae Agrippinae ex officina
-typografica Theodori Graminaei anno MDLXX. Dei trenta vaticini i primi
-quindici sono attribuiti a Gioacchino. Il primo vaticinio si riferisce
-a Papa Niccolò III (1277-80), qui non veretur decalvare sponsam
-ut comam ursae nutriat; il quindicesimo si riferisce a Urbano VI
-(1378-89), fera crudelis universa consumens.
-
-[519] Il Salimbene, pag. 176, conosce questi commenti: scripsit etiam
-sibi (cioè all'imperatore Enrico VI). Espositionem Sybillae et Merlini
-anno Domini MCXCVI. La Sibilla, di cui qui si fa parola è l'Eritrea,
-che vien citata insieme alla Tiburtina in questo altro luogo (pag.
-62). Verba sunt ista cujusdam Sybillae sed non inveni ea nec in
-Erithrea nec in Tyburtina. Scripturas aliarum non vidi. Di queste
-opere io non conosco alcuna stampa. Un libercolo, stampato a Venezia,
-promette nell'intestazione di pubblicare il commento di Gioacchino
-alle profezie di Cirillo, ma poi in luogo di un opuscolo attribuito a
-Gioacchino ne stampa un altro di Telesforo Cosentino, abbreviato da
-un frate Rusticiano. Non sarà inutile riprodurre l'intestazione del
-libro, ed il principio dell'opuscolo sulle ultime tribulazioni. Haec
-subjecta continentur in hoc libello Expositio magni prophetae Joachim
-in librum beati Cirilli de magnis tribulationibus et statu sancte
-matris Ecclesie ab hiis nostris temporibus usque ad finem seculi, una
-cum compilatione ex diversis Prophetis novi ac veteris testamenti. —
-Item explanatio figurata et pulchra in Apocalypsim de residuo statu
-Ecclesie et de tribus veh venturis debitis semper adjectis textibus
-sacre scripture ac prophetarum. — Item tractatus de antichristo
-magistri Joannis Parisiensis ordinis predicatorum. — Item tractatus de
-septem statibus Ecclesie devoti doctoris fratris Ubertini de Casali
-ordinis minorum. Venetiis per Bernardinum Benalium (p. 5.). Incipit
-liber de magnis tribulationibus in primo futuris, compilatus a docto
-et devoto presbytero et heremita Theolosphoro de Cusentia provincia
-Calabriae, collectus vero ex vaticiniis novorum prophetarum seu beati
-Cirilli, abbatis Joacchim, Dandoli et Merlini ac veterum Sibillarum.
-Deinde abbreviatus per venerabilem fratrem Rusticianum .... addidi
-sane paucissima locis opportunis predicta a sancto Vincentio nostro et
-Brigida. In un codice della biblioteca laurenziana (pluteo LXXXIX, cod.
-XLI, a pag. 103) va sotto il nome di Gioacchino il _Liber Sybillae_,
-già pubblicato tra le opere di Beda ediz. Basilea, II, 251.
-
-[520] Il commento di Alano di Lilla pubblicato a Francoforte il 1608
-(l'_Hist. lit._, XIV, 420, dice: 1603). Ecco il titolo: Prophetia
-Anglicana et Romana — hoc est — Merlini Ambrosii Britanni ex —
-incubo olim ante annos — mille ducentos in Anglia nati vaticinia,
-a Galfredo Monumetensi latine conscripta — una cum — septem libris
-explanationum in eandem Prophetiam, excellentissimi sui temporis
-oratoris — Polyhistoris et Theologi, Alani de Insulis, — Germani,
-Doct. universalis et Academ. Paris ante — annos 300, Rectoris amplis.
-Addita sunt vaticinia — et praedictiones Joacchimi abbatis Calabri
-qui vixit circa annum 1200. Una cum annotationibus et explicatione
-Joannis — Adrasder. — Opus nunc prinum pubblici juris — factum et
-lectoribus ad historiarum multarumque — rerum cognitionem non parum
-— lucis allaturum — Francofurti, Typis Joannis Spiessii, sumptibus
-Joannis — Jacobi Possii mdcviii. Secondo l'_Hist. littér._, XVI, 419,
-questo commento fu scritto tra il 1174 e il 1179. Nella prefazione
-l'autore per giustificare lo studio che fa delle profezie di un pagano
-ricorda Giobbe e le Sibille (p. 4): Nec mirum de beato Job, cui similis
-in terra non erat, cum Sibyllam non Erythraeam sed Cumanam tanta et
-tam vera de Christi incarnatione, passione et morte .... prophetasse
-noverimus.
-
-[521] Il commento ad Isaia fu pubblicato in Venezia nel 1517. Su questa
-edizione, che il Renan non potè vedere, è utile fermarsi alquanto.
-In essa sono riunite tre opere: 1º il Commentario d'Isaia, o meglio
-dei primi undici capitoli (fol. 1-9 _recto_); 2º Il _De oneribus
-prophetarum_ trovato dal Renan nel 3595 dell'antico fondo, e nell'836
-Saint Germain e 865 Saint-Victor, (fol. 9 _verso_ — fol. 10; fol. 25
-e segg.); 3º Il _De oneribus provinciarum_ trovato nel n. 836 Saint
-Germain (fol. 11-27). La prima opera è divisa in dieci capitoli che
-si succedono con numerazione regolare. Non così la seconda, i cui
-capitoli prendono il numero non dall'ordine con cui si succedono,
-ma dal capitolo del Profeta che commentano. Per esempio dopo il
-capitolo 23 che commenta il XXIII d'Isaia, _Onus Tyri_, si salta al
-30, che commenta il XXX, 6 d'Isaia, _Onus jumentorum Austri_. Dal
-30 si retrocede al 19, commentario al XIX, 1 d'Isaia, _Onus Egypti_.
-Inoltre la prima opera si riferisce solo ad Isaia; mentre la seguente
-si riferisce in gran parte ad Isaia, ma principia colla citazione del
-XX, 17-27, di Geremia, seguita col commento del XIII dell'istesso
-profeta, e finisce coi commenti ai profeti minori. Perciò sarebbe
-bene intitolarlo _Onera prophetarum_, secondo la nota a fol. 9_b_,
-che avverte il lettore: hic ponentur undecim onera secundum Esaiam,
-quibus adduntur tres alia secundum prophetas minores. La terza opera, o
-l'indice geografico, non ha che fare colle altre, come si vede anche ad
-occhio, perchè è stampata a caratteri più piccoli, ed il raccoglitore
-stesso per ben due volte adduce il motivo di questa inserzione. Di
-queste tre opere il Salimbene par che conosca soltanto la seconda,
-perchè a pag. 176 dice che Gioacchino scripsit lecturam Isaie super
-oneribus, ed a pag 191: aliquando legi sibi Expositionem abbatis
-Joachim de oneribus Isaie.
-
-[522] Fol. 11 _b_: duo ordines ac si stellae lucidae orientur ad
-predicandum regni evangelium iterato saccis cilicinis amicti. Fol.
-13_a_ ecclesiam sardensem designare monachos cassinenses utique suam
-carnalibus desideriis inquinantes. Fol. 17 _b_. Timeo ne ad eorum (cioè
-dei tolosani) infamiam dissolvendam vexillum crucis evidens elevetur.
-
-[523] Il commento ad Isaia interpetra il 18 _Apoc._ in questo modo,
-(fol. 4 _recto_): mulier auro inaurata indifferenter cura terrae
-principibus effeminatis moribus fornicatur: Romana ni fallor ecclesia
-ista est quae in Babylonem vitae confusione transfusa moechatur, ....
-cardinales et presules ac si in coelo lucifer dignitate superbi ecc.
-In ben diverso modo interpetra lo stesso testo Gioacchino nella sua
-_Esposizione_ (fol. 194, col. 2): Hanc magnam dixerunt patres catholici
-esse Romam, non quoad ecclesiam justorum que peregrinata est apud
-eam, sed quoad multitudinem reproborum qui blasphemant et impugnant
-operibus iniquis eandem apud se peregrinantem ecclesiam .... Non ergo
-in uno regno aut in una provincia querendus est locus hujus famosissime
-meretricis, sed sicut per totam aream christiani imperii diffusum est
-triticum ebetorum et per omnem latitudinem ejus disperse sunt palee
-reproborum.
-
-[524] L'accenno ai due ordini è ripetuto molte volte; fol. 5, 7, 11,
-28 ecc. Federico II è nominato nel fol. 4 _a_: verumtamen in Silvestri
-vaticinio de Federico secundo et ejus posteris ecc.
-
-[525] Fol. 6 _verso_: cavendum erit a germanis et francis.
-
-[526] Fol. 30 _verso_: si vero anni ipsi ad statum ecclesiae
-tertium referuntur profecto in nonaginta annis futuris ab anno MCCI
-prostrabitur prorsus mundi superbia.
-
-[527] Fol. 34 _recto_: Tempus Sedechiae regis tangit concorditer
-presentem generationem inceptam anno 1201 a Christo sub pontifice
-romano post obitum Celestini. Si potrebbe sospettare che in luogo di
-1201 s'abbia a leggere 1301, e che il papa Celestino qui ricordato non
-sia il predecessore d'Innocenzo III, ma Pietro Morrone addirittura. Ma
-pur lasciando il passo com'è, par chiaro che il libro sia stato scritto
-dopo il 1201.
-
-[528] Et cum rex Franciae tempore illo cum aliis crucesignati
-praepararet se ad transfretandum isti subsannabant et deridebant
-dicentes quod male caderet ei si iret, sicut postea demonstravit
-eventus. Et ostendebant mihi in expositione Joachim super Jeremiam et
-multos alios libros. SALIMBENE, pag. 102.
-
-[529] Fol. 46, col 3: Leviathan quoad superbiam, serpens quoad
-astutiam, cetus quoad avaritiam, tortuosus quoad doli nequitiam
-lubricus quoad lasciviam, voracius quoad perfidiam, virulentus quoad
-sevitiam, mare quoad iracundiam.
-
-[530] Vedi la genealogia di Federico, fol. 45, col. 4; fol. 46, col.
-1. In quest'ultimo luogo è accennato alla ribellione ed alla morte
-del figlio di Federico II; vel quia ejus filii latera sua rumpent per
-discordiam, et tandem in defectum senectutis illius unus centra alterum
-insurgendo unus pereat, alter praetium ecclesiae Christi paret.
-
-[531] Tutta questa letteratura pseudoprofetica che va sotto il nome
-del mago Merlino, della Sibilla Eritrea, e dell'abate Gioacchino, pur
-non essendo benevola al Papa, non fa grazia neanche all'Imperatore. E
-tutti hanno in odio Federico II, come ne fa fede lo stesso commento
-a Geremia, fol. 58, col. 4. Sed si secundum Erithream 60 pedes vel
-annos habere describitur heres tuus, quod etiam Esaias sentire videtur
-(XXIII, 1) in spiritu sub figura Tyri, quae respicit Siciliam equo
-vultu, mirum quomodo Merlinus eum bis 5 decadum; qui legis intelligas
-et non centenarium sicut sonniat imperitus. Praeterea in 60 annis
-terminari debet afflictio juxta prophetam tam in imperio quam in
-regno. Nescio quo spiritu ducitur Eritrea, ubi post Aquilam primam
-tam dico heredem successorem in imperio et regno suo aquilam secundam
-introducat, quod Merlinus subticet. Fol. 62 (correggi 64), col. 1:
-Eritrea: post haec veniat Aquila habens caput et pedes 60 colore pardi
-ad livorem, vulpis quoad fraudem, leonis quoad terrorem. Quia forte sub
-occasione patarenorum coercendorum dolose incedet contra ecclesiam.
-Un'altra versione di questa profezia che andava sotto il nome della
-sibilla Eritrea fu trovata dal Bréholles in un manoscritto della
-Cronaca ghibellina _De rebus in Italia gestis_, pag. XXXVI. (_Chronicon
-placentinum_ ecc. edidit J. L. A. Huillard-Bréholles, Parisiis, 1856).
-Et veniet Aquila habens caput unum et pedes LX, cui acrescent duo
-capita, cujus color sicut Pardi et pedes sicut Leonis et dicet _pax_ ut
-pacifice capiat. Mamillis Sponse Agni lactabitur usque dum accrescat
-ei caput majus in Eneade terciumque minus, eruntque sibillancia a
-Germanis usque Tyrum. Et dabitur ei galina una ex Mauris alteraque
-orientalis et duo pulli ex quibus vorabit unum ecc. I sexaginta pedes,
-che il Bréholles non sa spiegare, noi già sappiamo dai passi del
-pseudo-Gioacchino surriferiti che vogliono dire 60 anni, perchè la fine
-dell'Impero si calcolava per il 1260, e la profezia si suppone fatta
-nel 1200.
-
-[532] Fol. 44, col. 2. Satis congruum est ut cardinales et etiam summus
-pontifex immendaces praedicatores veritatis percutiant affligendo
-et (ponant in nervum) silentium eis imponendo ne eis annuncient mala
-futura in clero a Romano Imperio. Ivi, col. 4: _Masculus_ (Hier. XX,
-15) est ordo seraphicus in ecclesia oriundus, _pater_ summus pontifex,
-ubi doctores cardinalesque prelati de illorum ortu et profectu valde
-dolebunt, tanquam eorum solicitudine subvertentur adulterantes verbum
-Dei. Fol. 47, col. 1: Sed quia summus pontifex superbiae nititur, ab
-exauditione repellitur.
-
-[533] Fol. 9, col. 4. Igitur Romana ecclesia ac si altera tribus Juda
-recessit a Christo .... Quod etiam negasse Petrum et redisse ad pompas
-Diaboli et mundi illecebras hujus, seu principes saeculares, cum
-quibus est polluta per munera, contaminata per suffragia, fornicata per
-fastigia dignitatum .... Fol. 49, col. 1: Hi (pastores) sunt Lazarus
-quatriduanus, qui jam mortui sunt in tribus, in avaritia, in perfidia,
-in superbia, quarto loco scatent et fetent in luxuria. Fol. 52, col.
-2. Aut enim prava vita, et doctrina ecclesiae latinae, quae est Romae,
-intelligenda est ipsa pollutio .... dominam babylonem ecclesiam, quae
-magistra est omnium meretricum.
-
-[534] Fol. 43, col. 2. Sed nunc predicatores Evangelii aeterni frangent
-doctrinam doctorum fidelium sacraeque scripturae in conspectu ecclesiae
-generalis. Fol. 51, col. 3: per omnem orbem et fere omnibus regnis
-terrae praedicabitur Evangelium eternum.
-
-[535] Fol. 53, col. 1: Agitur enim nunc 1197 annus ut extendetur ista
-vexatio in 64 annos deteriores prioribus. Vedi fol. 45, col. 3-4, ove
-invece appare scritto il 1200: 42 menses 42 generationes sunt in quibus
-affligendus est populus christianus et terminatur in anno Christi 1260
-.... in 60 annis terminabitur afflictio ecclesiae.
-
-[536] Fol. 7, col. 4. Videat Romanum capitulum si non fiet eis
-arundineus baculus potentia gallicana, cui si quis innititur perforat
-manus ejus. Cfr. fol. 59, col. 2. Necessario Francia .... videbitur
-ecclesie adhaerere, quod quanto divine voluntati et dispositioni
-displiceat ex consilio perpenditur Hieremiae .... Habet enim hoc
-diffidentiae humana debilitas ut magis confidet in nomine quam in Deo,
-et iccirco, unde sperat auxilium, justo judicio corruat.
-
-[537] Il Salimbene infatti a pag. 176 cita questo finale del commento
-a Geremia. Ecce Cesar, virgam furoris Domini. Sufficenter est Jeremias
-explicitus, qui in replicandis afflictionibus saeculi ubique cernetur
-implicitus, utinam et tu non usque expers sis divinae formidinis, cum
-ad radicem imperialis arboris ponenda sit evangelica jam securis. Il
-finale stampato è ben diverso, e più determinato l'accenno alla ruina
-dell'impero. In ipso quoque finitur imperium, quia etsi successores
-Christi fuerunt, tamen imperiali vocabulo ex romano fastigio
-privabuntur. Cum decies et 1300 anni Antichristus nascetur demone
-plenus post partum Virginis alme.
-
-[538] Riproduco il principio di quest'opuscolo che si trova nel
-cod. XI, plut. IX, dext. Santa Croce, carte 54 tergo: De ultimis
-tribulationibus disputantes in opusculis nostris posuimus diversorum
-opiniones et nostram; sed quia sicut aliquando brevitas, ita nonnunquam
-multiplicitas verborum parit obscuritatem, praesertim ubi non est
-impetus aliquid absolute dicendi sed exponendi in serie quod occurrit
-in libris, opere precium credidimus quid inde nostra opinio teneat in
-summa in hac brevi oratiuncula semper quidem et multis modis compilare.
-Studio est Sathanae concitare scandalum ecclesiae Dei, et durat tempus
-principatus ejus non annis, non mensibus, non diebus, nec cessat
-quantum in se est a persecutionibus electorum .... Tria magna et quasi
-necessaria bella noscitur gessisse sub veteri Testamento, et totidem
-gerere demonstratur in novo.
-
-[539] L'opuscolo leggesi a p. 59 _recto_ dello stesso cod. XI, plut.
-IX. Il prologo ed il primo capitolo erano già riferiti dal resoconto
-d'Anagni in questo brano che io pubblico secondo il codice della
-Sorbona 1726: «Item habetur apertius in libello ipsius Joachim de
-articulis fidei descripto ad querumdam filium suum Johannem, quod
-opus suspectum est ex ipso prologo, ubi sic incipit dicens»: Rogasti
-me (Joachim), attentius, fili Johannes, ut tibi compilatos traderem
-articulos fidei, et notarem illa quae occurrerent scripturarum loca,
-in quibus solent simplices frequenter errare: ecce subiecta pagina
-invenies quod petisti. Tene apud te, et lege sub silentio, observans ne
-perveniat ad manus eorum qui rapiunt verba de convallibus, et currunt
-cum clamore ut vocentur ab hominibus rabi, habentes quidem speciem
-pietatis, virtutem autem eius penitus abnegantes. «Ecce qualiter in
-hoc prologo vult iste Joachim articulos fidei legi in abscondito,
-more haereticorum, qui in conventiculos dogmatizant. Item inhibet ne
-tractatus suus veniat ad manus magistrorum, quos etiam tam impudenter
-quam superbe vituperat». (Fin qui fu già pubblicato dal Renan, op.
-cit. pag. 99, n. 1) «Sed de hoc non curetur, quin potius diligenter
-attendatur. Primum capitulum huius compilationis, quod intitulatur
-de fide trinitatis ubi sic ait Joachim»: Ante omnia intellige Deum
-tuum esse tres personas plenas integras atque perfectas, ita ut
-credas singulum esse plenum atque perfectum Deum, et simul tres
-unum Deum totum simplicem, totum aeternum (_totum virum, totum_,
-cod. laur.) invisibilem et impalpabilem. Spiritus enim est Deus
-non corpus, et idcirco mirari non debes si tres sunt unum, et unus
-(_unum_, cod. laur.) tres; unum tamen dicimus non singularem, non
-utique sicut dicimus unum sidus, unum jaspidem, unum smaragdum; sed
-unum ab unitate, utpote cum dicimus unum gregem, unum populum, unam
-turbam. Unde bene dicunt gramatici: populus currunt, et turba ruunt,
-ut id, quod unum taliter dicitur, pluralis esse numeri intelligatur,
-loquens (_loquimur_) ad intellectum non ad simplicem vel perfectam
-similitudinem, ut videlicet per visibilia invisibilia intelligamus. Si
-de duabus tribubus Israel dicit Scriptura: dixit Judas Symoni fratri
-suo: veni pugna mecum in sorte mea, ut et ego pugnem in sorte tua,
-miratur homo si tota trinitas dicitur unus Deus? si una massa auri
-distinguatur (_distingueretur_) in tres statuas maxime si, ut solent
-fieri in arte fusoria totae tres partes (manca _partes_ nel cod. laur.)
-essent coniunctae, sic diceretur singula statua esse unum aurum, at
-tamen simul tres non dicerentur nisi unum aurum. Et miratur homo si
-singula divinitatis persona dicitur esse unus Deus, et simul tres
-unus Deus? Si incalenti clibano proicierentur stipulae et ligna, licet
-deesse viderentur flamma et carbones repente tamen in uno loco, idest
-in ardore (male cod. _in uno illo hoc ardore_) tota tria ipsa pariter
-apparerent. Si flammae adhaerenti sulphuri adhiberetur competens
-fomentum, licet deesse viderentur carbones, repente tamen in uno illo
-tota tria illa habentur pariter. Sed etsi carbo solus adesset, mox
-adhibitis stipulis, tota tria illa pariter integra apparerent. Il
-secondo capitolo s'intitola _De incarnatione verbi Dei_ e comincia
-così (cod. laur. p. 60): Fuerunt quidam haeretici qui dicerent Christum
-unius esse naturae: fuerunt qui dicerent matrem virginem non deum sed
-tantum hominem genuisse. Tu autem horum omnium devitans perfidiam crede
-Christum unam personam ex duabus et in duabus consistentem naturis,
-secundum quod oliva inserta oleastro cum ipso oleastro una est arbor,
-atque hoc totum, quod Christus dicitur, genuisse. Quod si dicis, verbum
-dei, quod aliunde venit in virgine, gignere non potuit virgo, ergo nec
-corruptibile semen viri gignere potest mulier, et quoniam ipsum semen
-aliunde venit ad ipsam. Neque enim gignere de ipsa potest mulier nisi
-aliunde concipiat. Hoc autem solum interest quod caeterae mulieres
-concipiunt ex hominibus, haec autem sola virgo concepit et peperit
-semen divinum, verbum scilicet quod caro factum est et habitavit
-in nobis. Gli altri capitoli sono: 3. De sacramento baptismi et
-penitentia. — 4. De sacramento crismatis. — 5. De sacramento corporis
-et sanguinis Christi. — 6. De libero arbitrio et gratia. — 7. De
-predestinatione et prescientia Dei. — 8. Quomodo possit Deus timeri
-pariter et amari. — 9. De fide et operibus. — 10. De misericordia et
-juditio. — 11. De timore et amore. — 12. De laetitia et tristitia. —
-13. De vita conjugali et coelibatu, sive de abstinentia et gustatione
-ciborum. — 14. De opere manum et sancto otio. — 15. Item de eodem.
-— 16. De quiete claustri et frequenti mysterio. — 17. De utilitate
-praedicationis et virtute silentii. — 18. De resurrectione mortuorum.
-Manca nel codice l'ultimo capitolo che secondo il resoconto d'Anagni
-s'intitolava _Confessio fidei_.
-
-[540] Plut. LXXXIX, cod. XLI, c. 108 _verso_: Universis Christi
-fidelibus, ad quos litterae istae pervenerint, frater Joachim dictus
-abbas: vigilate et orate ne intretis in tentationem. Loquens dominus
-Ezechieli prophetae, quem tempore transmigrationis Babiloniae
-speculatorem constituerat domui Israel, post multa quae ei scribenda
-commiserit, comminatus est dicens: si me dicente impio: morte morieris,
-non annunciaveris ei, ipse quidem in impietate sua morietur. Sanguinem
-autem eius de manu tua requiram etc.
-
-[541] Fol. 279, col. 3: Incipit hymnus eiusdem abbatis Joachim de
-patria celesti. Fol. 280, col. 1: Incipit Visio eiusdem preclara ac
-plurimum admiranda de gloria paradisi.
-
-[542] Gioacchino nel _Psalterium decem cordarum_, fol. 229, col.
-4, rileva questa difficoltà: O humana temeritas quam ceca semper! O
-inimica semper humane pietati presumptio! Si sic extimasti simplicem
-divinam substantiam, uti seorsum a personis cogitaveris illam,
-Sabellium sub Arrio palliasti; si seorsum a substantia tres personas,
-Arrium sub Sabelli palliatione excusas.
-
-[543] Vedi anche l'_Expositio in Apocalipsim_, fol. 34, col. 2.
-
-[544] _Psalt._, fol. 229, col. 3. Inter calorem et splendorem
-scissionem facere nequis, et tamen eos non dubitas esse duos; et
-divinam vis substantiam scindere, ut trinum deum credere possis?
-Item quod his nequius est, nescio que tria preter substantiam nova
-adinventio assignare presumpsit, ut in altero unitas in altero trinitas
-demonstretur quasi cum substantiam illam igneam, que in celo est, et
-radium qui ex ea nascitur, et calorem unum solem esse dicimus, quartum
-aliquod solis nomine assignamus. Cfr. fol. 229, col. 2.
-
-[545] _Psalt._, fol. 230, col. 4: Inter cetera ergo opera domini,
-que misterium exhibent trinitatis, magnum tenet locum decacordum
-Psalterium. Est enim, ut diximus, vas unum musicum, quod etsi dividi
-per partes potest, quia corpus est, non tamen ut esse possit decacordum
-Psalterium, quamdiu ergo Psalterium est, indivisum est. Si dividitur in
-partes non esse desinit id quod erat. Igitur vas ipsum unum est, sed
-tamen in tribus cornibus miro modo consistens. Adeo enim tria cornua
-ipsa unitas possidet indivisa, ut et tria videantur esse unum et unum
-tria.
-
-[546] _Psalt._, fol. 231, col. 2: Aliud sonat unus, aliud sonat
-unitas. Unus non absolute dici nequit, nisi de una persona. Unitas
-vero proprie dici non potest nisi de duobus ad minus. Neque enim cum
-iubemur consistere in unitate, ad singularem personam referri posse
-credendum est, licet ad populum, ad conventum, ad plebem. Cum enim
-dicitur absolute: unus est hic aut illic, non est in loco ille nisi
-unus, persona incunctanter intelligo; cum vero dicitur: unitas est in
-loco illo, profecto nihil aliud intelligimus, quam multorum cor unum et
-animam unam; hoc est unam voluntatem et unum consensum.
-
-[547] _Psalt._, fol. 240, col. 1: Solus tamen Pater genitor est, solus
-Filius genitus, solus Spiritus sanctus ab utroque procedens. Solus
-autem Pater sic mittit Filium et Spiritum sanctum, ut a nullo mittatur,
-et idcirco eterna Patris divinitas communis est Filio et Spiritui
-sancto. Incarnatio vero Filii propria Filii est. Assumptio columbe vel
-ignis propria Spiritus sancti, etsi una sit operatio trium.
-
-[548] _Psalt._, fol. 240, col. 2: Sicut autem timoris nomine Patrem,
-sapientie Filium, ita charitatis nomine intelligimus Spiritum sanctum.
-Fol. 241, col. 3: In actionis obtinentia timor domini, in lectionis
-studio sapientia, in oratione et confessione operatur dilectio. Tenemur
-obedire per timorem, qui est Pater; tenemur legere per sapientiam,
-qui est Christus; tenemur psallere et orare per charitatem, qui est
-Spiritus sanctus.
-
-[549] Che una connessione corra tra la dottrina della trinità e quella
-dei tre stati lo dice l'_Expositio in Apocalipsim_, fol. 142, col.
-2. Pro eo enim quod Deus trinitas est, in tribus magnis certaminibus
-oportebat dissolvi regnum mundi hujus a compage sua, ut statueretur
-perpetue regnum Dei. Cfr. _Concordia_, II, I, 6, fol. 8, col. 4.
-Alioquin si una persona esset deus, nec tria distincta opera essent
-querenda, nec in uno tamen concordia assignari valeret.
-
-[550] _Apoc._, fol. 3, col. 2: Est enim clavis veterum notitia
-futurorum. _Conc._, II, 5, fol. 8, col. 1: Intelligentia illa quae
-Concordia dicitur similis est vie continue, que a deserto porrigitur
-ad civitatem, interpositis locis humilioribus, in quibus se viator
-ambigat iter rectum adire, et nihilominus interpositis jugis montium,
-a quibus possit posteriora et anteriora respicere, et residui itineris
-rectitudinem ex retroactae viae contemplatione metui. Omnis enim, qui
-coram facie graditur, ubi itineris vestigium non apparet, ex aspectu
-retroacti agendi rectitudinem pensat.
-
-[551] _Conc._, II, I, 1, fol. 6, col. 3. Multum ergo distat inter
-utrumque celum, multum inter utrumque testamentum differentia est.
-Differunt sane utriusque nativitates, differunt vite, differunt bella,
-differunt et victorie. Illi enim ex carne, isti ut jam dixi ex aqua et
-spiritu nati sunt .... illi faciebant uxoribus libellum repudii ....
-isti in typo Christi et ecclesie singuli singulas teneri jubentur ....
-illi pro terrenis possessionibus pugnaverunt, isti non tam pro terra
-aut qualibet terrena substantia, sed pro sancte libertate ecclesie et
-salute spirituum suorum preliare noscuntur.
-
-[552] _Apoc._, fol. 3, col. 1. Pro quattuor autem historiis quattuor
-evangelia data sunt .... Duo vero medii Marcus et Lucas non apostoli
-sunt, sed apostolorum discipuli et audita potius quam visa describunt.
-Sicut ergo apud nos si humano liberaretur judicio, majoris auctoritatis
-esse quis diceret que apostoli visa, quam quod apostolorum discipuli
-non tam visa quam audita scripserunt, ita historiarum quattuor,
-prime et ultime, Job scilicet et Hester majorem judeorum presbiteri
-auctoritatem dederunt, quam duobus mediis, Tobie vero et Judith.
-
-[553] _Conc._, II, I, 1, fol. 7, col. 2. Oportet inquam nos in hoc
-opere altare testamenti prioris pro dono omnipotentis Dei ordinate
-componere, fundentes et statuentes desuper aquam testamenti novi,
-ut aliud inter aliud, ac si rota infra rotam inesse per concordiam
-videatur. Invisibilem autem spiritum ignem suum spiritualem veluti de
-tertio celo dirigere, ut, veniente quod perfectum est, evacuet quod ex
-parte.
-
-[554] _Conc._, III a, 18, fol. 29, col. 4. Attendamus ergo
-spiritualiter quae spiritualiter dicta sunt, et quemadmodum aedificent
-spiritualiter resoluta quae, carnaliter intellecta, insipida sunt.
-
-[555] _Conc._, Prol., fol. 8, col. 1. Allegoria est similitudo
-cujuscusque rei parve ad maximam ac si dies ad annum, ebdomada ad
-etatem, persona ad ordinem vel ad urbem ad gentem ad populum et
-mille talia. Verbi gratia Habraam unus est homo et significat ordinem
-patriarcharum, in quo multi sunt homines. Zacharias unus est homo et
-hoc ipsum significat. Sarra una est femina et significat Synagogam ....
-Datus est filius Sarrae, filius non carnis sed permissionis temporis
-senectutis suae. Hoc est quando venit plenitudo temporum ut mitteret
-Deus filium suum; ergo Elisabethe illud idem significat.
-
-[556] _Conc._, lib. V, cap. I, fol. 60, col. 3, 4; _Apoc._, fol. 14,
-col. 3. Tutte queste interpetrazioni si riducono a quattro principali,
-fol. 61, col. 3. Quia ex hiis omnibus quatuor sunt intelligentie
-principales, que ceteras omnes continet infra se 1.º Historica seu
-et 2.º moralis 3.º contemplativa [sub cujus nomine continentur duo
-tropologica et anagogica, quarum prima inferior est contemplativa,
-secunda superior] et 4.º typica, que dividitur in septem speciebus.
-
-[557] _Concordia_, V, 2, fol. 61, col. 1; cfr. II, I, 29, fol. 28, col.
-2.
-
-[558] _Apoc._, fol. 63, col. 4.
-
-[559] Queste strane allegorie si leggono nel _Commento all'Apocalisse_,
-fol. 53, col. 4; fol. 54, col. 3, 4.
-
-[560] _Conc._, IV, I, fol. 42, col. 2, 3. Sciendum quoque quod
-concordia non secundum totum exigenda est, sed secundum quod clarius et
-evidentius est; non secundum cursum historie, sed secundum quid ....
-Ita novum testamentum simile est veteris testamenti .... Sicut ergo
-sunt arbores sylvae plurimae quae in stipitibus sunt similes sed tamen
-in ramis foliisque dissimiles, sic et duo testamenta in rebus quidem
-generalibus similia sunt sed in specialibus dissimilia.
-
-[561] _Conc._, II, I, 2, fol. 7, col. 2. Concordiam proprie esse
-dicimus similitudinem aeque proportionis novi ac veteris testamenti,
-eque dico quoad numerum non quoad dignitatem, cum videlicet persona
-et persona, ordo et ordo, bellum et bellum ex parilitate quodam
-mutuis se vultibus intuentur, utpote Habraam et Zacharias, Sarra et
-Elisabeth, Isaac et Joannes Baptista, et homo Jesus et Jacob, duodecim
-Patriarche et numeri ejusdem apostoli, et quodlibet simili, quod totum
-ubicumque occurrerit non pro sensu allegorico sed pro concordia duorum
-testamentorum facere certum est, unum vero spiritualem intellectum ex
-utroque procedere.
-
-[562] _Conc._, II, I, 10, fol. 10, col. 3. Non igitur secundum
-intellectum numerum annorum extimanda sunt tempora ista, sed secundum
-numerum generationem. Etenim ab Adam usque ad Christum fuerunt
-generationes quadraginta et tres, et ab Osia usque ad finem secundi
-status sexaginta tres; ab Osia namque initiatum est testamentum novum
-quod confirmatum est in Christo, ne prius videretur deficere vetus quam
-novum seminatum et radicatum germinaret ex humo et produceret fructum.
-
-[563] Oltre alle suddette analogie Gioacchino sa scoprirne un'altra
-che per la sua singolarità merita di esser riferita. _Conc._, IV, 2,
-fol. 43, col. 2. Sed et illud ad concordiam pertinere non est dubium,
-quod sicut Eva prima mater corrupta per serpentem genuit geminos in
-peccato, quorum junior a primogenito interfectus est; ita, ut traditur,
-tempore predicti Osie mater populi romani, que vocata est Rhea vel
-Ilia, geminos concepit de stupro, et nihilominus primogenitus juniorem
-occidit.
-
-[564] _Conc._, II, I, 5, fol. 8, col. 2. Habet autem iter istud, quo
-pergere cupimus, duce deo, aliquid securius utpote quam non aliquo casu
-agitar aut agi capit, sed in dei sapientia et doctrina habens stationes
-suas certis limitibus designatas. Qui videlicet limites diversis modis
-considerandi sunt, largo seu et districto secundum majora tempora et
-secundum mediocra et minora; quod totum de numero generationum et
-temporum proprietate colligitur. Aliud namque tempus fuit, in quo
-homines vivebant secundum carnem, hoc est usque ad Christum, cujus
-initiatio facta est in Adam. Aliud in quo vivitur inter utrumque, hoc
-est inter carnem et spiritum, usque scilicet ad presens tempus, cujus
-initiatio facta est ab Heliseo propheta, sive ab Osia rege Juda. Aliud
-in quo vivitur secundum spiritum usque videlicet ad finem mundi, cujus
-initiatio a diebus beati Benedicti. Fructificatio itaque vel proprietas
-primi temporis, sive ut dicimus melius, primi Status ab Habraam usque
-ad Zachariam patrem Joannis Baptiste, initiatio ab Adam. Fructificatio
-secundi status a Zacharia usque ad generationem quadragesimam secundam;
-initiatio ab Osia sive a diebus Asa sub quo vocatus est Heliseus
-ab Helya propheta. Fructificatio tertii status ab ea generatione,
-quae fuit vigesimasecunda a Sancto Benedicto, usque ad consumationem
-seculorum; initiatio a Sancto Benedicto.
-
-[565] _Conc._, II a, 18, fol. 13, col. 1. Ab Adam usque ad Jacob
-fuerunt generationes 21: a Jacob usque ad Asa et alio modo usque ad
-Osiam generationes 21; licet enim judices qui prefuerunt populo Israel
-non pertineant ad ordinem generationum; tamen pro generationibus
-accipiendi sunt, quia quedam propagatio spiritualis fuit in eis sicut
-ut in regibus Jude et Israel. Exinde ab Asa usque ad Achim, sive ab
-Osia usque ad Christum generationes 21.
-
-[566] _Conc._, II, I, 19, fol. 13, col. 1. Quia denarius numerus
-perfectus est integer in seipso, in eo velut in fonte aliorum
-statuendus esset finis inquisitionis nostre .... Si quidem ab Adam
-usque ad diluvium generationes decem, a diluvio usque ad subversionem
-Sodomorum generationes decem. Exinde usque ad Obed, qui fuit
-contemporaneus Hely, generat. X. Exinde usque ad Joas, in cujus diebus
-cepit sterminari Israel ab Azael rege Siriae, gen. X. Exinde usque ad
-trasmigr. Babilonis gen. X.
-
-[567] _Conc._, II, I, 23, fol. 14, col. 3. Et que sint illa septem
-signacula (memorata in libro Apocalipsi) septem signa quorum sex
-peracta sunt in labore filiorum Israel, septimum in otium.
-
-[568] _Conc._, II, I, 9, fol. 10, col. 2. Primus status tenendus est ab
-Adam usque ad Christum, secundus ab Osia rege usque ad presens, tertius
-a beato Benedicto usque ad consumationem seculi.
-
-[569] _Conc._, IV, 24, fol. 53, col. 4. Illud autem lectorem moneo et
-maxime in legendis historiis et notandis annorum numeris studiosum,
-ut si forte in distinctione pontificum et imperatorum aliquid per
-generationes singulas invenerit corrigendum, quod ex corruptione
-multimodo chronicarum accidesse posse non nego, liberum sit ei pie
-tamen et veraciter emendare, ne forte sicut ego in diversis diversa
-repperi, ita accidere potuerit ud ad summam veritatis venire nequierit
-....
-
-[570] _Conc._, IV, 3, fol. 44-45. Il raffronto si chiude con queste
-parole: Quod intelligens Constantinus imperator beato papa Silvestro
-imperialem, quam ipse tenere videbatur, tamquam deditam Christo regi
-sponte obtulit dignitatem. Verumtamen quia regnum Christi non est
-ex hoc mundo, sic visum fuit romanis pontificibus debitam semper
-a Christo accipere potestatem, ut tamen usum temporalis regni vel
-potius bonorum corporalis regiminis illis cogerentur permittere,
-qui mundi gloriam querunt, ne hi, qui juxta Apostolum militant deo,
-implicarentur temporalibus negociis. Gioacchino conosce ed apprezza
-grandemente l'opuscolo di S. Bernardo indirizzato a papa Eugenio.
-(_Conc._, V, 64, fol. 94, col. 4). Bernardus noster abbas Claravallis,
-qui in libro suo de Consideratione misso ad Eugenium papam, nihil de
-negligentiis aut gravamine subjectorum derelictum est in tantum, ut
-adeo liber ipse alter leviticus esse putaretur. Et quamvis sanctus vis
-mordacius argueret in romano pontifico occupationem, non tamen absolute
-occupationem, sed illam quae est secundum seculum, per quam ea, que est
-secundum Deum occupatio, periit.
-
-[571] IV, 5, fol. 46, col. 1. Non enim in hac generatone aliquis
-imperator similis Salomoni in sapientia reperitur. Et tamen per
-spiritualem intellectum completum est in hac eadem generatione secundum
-aliquod mysterium Salomonis, quia Christus Jesus, quem significat
-Salomon altius pre solito per quosdam preordinatos servulos abundanter
-influxit .... Hylarius, Hieronimus, Joannes Chrisostomus, Augustinus.
-
-[572] _Conc._, IV, 6, fol. 46, col. 4; IV, 8, fol. 47, col. 4; fol. 48,
-col. 1.
-
-[573] Il cap. IV, 17, fol. 52, col. 2-3, che riguarda Leone si chiude
-con queste secche parole per Gregorio VII: Denique et in sequenti
-generatione, que respicit Joachaz (Joachin), quia sine consensu
-imperiali electus est Gregorius VII in romanum pontificem, obsessus ab
-imperatore idem papa, sublatusque idem a duce normandorum ductus est
-usque ad Salernum. In cujus locum idem imperator substituit Gilbertum,
-ravennatem episcopum, vocavitque eum Clementem. Completa est autem
-in hoc facto similitudo ei que accidit regi Joachaz, quem rex Egypti
-amovit a Hierusalem, ne regnaret in eo, et substituit ei Joachim
-fratrem ejus pro eo.
-
-[574] _Conc._, IV, 22-25, fol. 53, col. 2; fol. 54, col. 3. Riporto
-solo la fine di questo lungo passo. Etenim ordo ille, qui pro claritate
-sapientie dici poterat aurum, modo obscuratum est et rursum velut
-in nigrum plumbum. Et hii, qui quasi lapides preciosi contineri
-consueverunt in claustro cordis, modo percurrentes vias latas, dispersi
-sunt in capite omnium platearum, disponentes exteriora negocia,
-dirimentes eas et lites judiciorum non bonorum .... Nunc autem ipsius
-ecclesie exigentibus culpis, hii qui successerunt in ipso ordine
-sacerdotali, nihil pene habentes de imitatione celestis hominis,
-terreni sunt omnino et terrena sectantur.
-
-[575] IV, 30, fol. 55, col. 4. In ecclesia vero incipit generatio
-quadragesima prima anno domini 1201 .... Sed tamen expectandum est cura
-ingenti timore.
-
-[576] _Conc._, I, 8, fol. 9, col. 3: Habet et monachorum ordo imaginem
-Spiritus Sancti qui est amor Dei; quia non posset ordo ipse despicere
-mundum, et ea quae sunt mundi nisi provocatus amore Dei et tractus ab
-eodem Spiritu, qui expulit dominum in desertum, veruntamen spiritualis
-dictus est quia non secundum carnem ambulat sed secundum spiritum.
-Igitur primus ordo initiatus est ab Adam, secundus ab Osia rege Juda,
-tertius secundum aliquid ab Heliseo propheta, secundum aliquid a beato
-Benedicto. Quare sic? Quia Spiritus Sanctus a patre filioque procedit.
-
-[577] _Conc._, II a, 14, fol. 11, col. 4: Si autem incipis ab Asa
-sub quo vocatus est Heliseus, ab ipso usque ad trigesimam septimam
-generationem ab incarnatione Domini, sub qua et convaluit pre solito
-ordo monasticus sub regula sancti Benedicti in partibus Galliarum
-generationes sexaginta tres, usque vero ad initium tertii status
-septuaginta.
-
-[578] _Conc._, II, I, 14, fol. 11, col. 3: Et rursus a sancto Benedicto
-usque ad consumationem seculi eadem existimatio manet sub eo tamen
-dierum numero, quem novit ipse solus, qui fecit omnia secundum
-consilium voluntatis sue. Ivi, III, 6, 7, fol. 42, col. 3: Ego autem
-mediam horam (Apoc., 8, 13) in loco isto pro dimidio anno accipiendum
-esse puto. Quid tamen de hoc verius sit judicio domini relinquendum.
-V. 64, fol. 95, col. 1: Sed utrum natus sit puer, qui designatus sit in
-Salomone aut in primo nasciturus, deus melius novit. Quia initia semper
-obscura et intellectu difficilia. V. 118, fol. 134, col. 2: Si queris
-dierum numerum non est meum dicere neque scire; quod nobis datum est
-hoc solvimus.
-
-[579] IV, 31, fol. 56, col. 2: In ecclesia incipiet generatio 42
-anno vel hora quam Deus melius novit. Non è meraviglia che si possa
-conoscere la fine di una generazione e non il principio, perchè
-Gioacchino più volte ripete che la durata della generazione può
-essere maggiore o minore del numero medio. Così _Conc._ II, I, fol. 12
-Generationis in veteri Testamento variae fuerunt et inequales.
-
-[580] _Conc._, II, I, 16, fol. 12, col. 3: Igitur in Testamento
-novo non secundum carnem accipienda est generatio sed secundum
-spiritum. Et quoniam triginta annorum erat dominus quando cepit
-habere filios spirituales, quod et perfiguratum fuerat in unctione
-David et inchoatione prophete Ezechielis prophete, recte spatium
-generationis in novo Testamento triginta annorum numero terminatur
-nimirum quod perfectio ipsius numeri ad fidem pertinet trinitatis.
-Inde est quod nemo absque magna necessitate debet in novo Testamento
-suscipere sacerdotii dignitatem ut fiat pater spiritualis nisi sit
-triginta amorum .... Igitur generationes ecclesie sub spatio XXX
-annorum singule sub singulis tricenariis accipiende sunt, ita ut sic
-Mattheus comprehendit tempus primi status sub spatio generationum 42,
-ita tempus secundi super eodem generationum numero terminari non sit
-dubium, maxime cum ostendatur significatum in numero dierum, quo mansit
-absconditus Helias (III _Reg._ 19) a facie Acab, et quo mulier amicta
-sole, que designatur ecclesia, mansit abscondita in solitudine a facie
-serpentis, (_Apoc._, XII, 6) accepto haud dubium die pro anno et mille
-ducentis sexaginta diebus pro totidem annis.
-
-[581] V, 15, fol. 67, col. 4: Sic quondam Helias certis temporibus
-diebus vel annis mansit absconditus a facie Jezabelis, hoc est tribus
-annis et mensibus sex, ita in eodem spatio dierum et annorum dicta est
-memorata stetisse in solitudine, hoc est 1260 (_Apoc._, XII, 6). Hoc
-tempus et tempora et dimidium temporis, quia vero numerus iste dierum
-vel annorum noctibus sit ad agnoscenda tempora dies et annos, et in
-secundo hujus operis libro sufficienter demonstratum est. Cfr. V, 75,
-fol. 104, col. 2.
-
-[582] _Conc._, V, 89, fol. 118, col. 2. Quod ergo mulier ista
-ascenderat in eminentiorem partem domus, et ut fugeret consortia
-publica, ibi se contegerat cum puellis suis, quid nisi vitam
-contemplativam et anacoreticam significare creditur maxime cum scriptum
-sit in libro Apocalypsi de muliere amicta Sole, et mulier fugit in
-solitudinem ut pascat ibi diebus 1260. Cfr. _Apoc._, fol. 160, col. 2.
-
-[583] _Conc._, l. c., fol. 117, col. 4. Vidua Judith ecclesiam
-orientalem sicut puto designat .... mansit autem Judith in viduitate
-sua annis tribus et mensibus sex. Magnum istud plane et apertum
-mysterium. Hic est enim ille magnus numerus qui universa hec continet
-facta. Sunt etenim menses 42 sive dies 1260, nihilque aliud designant
-quam annos 1260, in quibus novi testamenti sacramenta consistunt.
-
-[584] II, I, 14, fol. 11, col. 8. Ordo monachorum secundum aliquid
-ab Heliseo propheta, qui vocatus est ad gratiam prophetie in extremo
-tempore Asa regis Juda, et secundum aliquid a beato Benedicto, qui
-quantum datur intelligi ex his que legimus in libro dialogorum vocatus
-est a domino ad ordinem monachatus circa extremitatem 16 generationis
-ab incarnatione Domini.
-
-[585] _Conc._, II a, 25, fol. 15, col. 2. Reversus est autem Sol decem
-lineis in diebus Ezechiae, qui fuit decimus tertius a Salomone, ut bis
-decem generationes numerari debuissent.
-
-[586] _Conc._, II a, 12, fol. 10, col. 4. Quod in sequentibus
-diligentius prosequendum est liquet quod a Jacob patriarcha velut
-duobus viis descenditur usque ad David seu per judices et rectores
-populi, altera per patres ut ipse unus David veluti quidam prepotens
-annis duos in se rivos suscipiat ex uno quidem fonte progressos, sed
-diversis usque ad se aquarum ductibus venientes.
-
-[587] _Apoc._, fol. 27, col. 4. Querendum est nobis .... cur
-beatus Johannes, apocalipsis librum eisdem septem ecclesiis quasi
-spiritualiter delegaverit, qui non modo ex parte ut prophetae ceteri
-sed generalius prae multis aliis fidelibus loquitur universis.
-
-[588] Ivi, fol. 29, col. 3. Igitur quod ad quinque tribus generaliter
-spectat, ab exordio temporum usque ad Christum consummatum est.
-Et non in eisdem quinque tribubus omnes illorum temporum electorum
-progenies intelligendae sunt, que fide et operibus bonis eterne regnum
-beatitudinis hereditare meruerunt.
-
-[589] _In Apocal._, fol. 29, col. 1. Et recte quoque Ruben et Gad
-et dimidia tribus Manasse ad plagam orientalem laborum suorum premia
-perceperunt, quia prime ille generationes seculi, que ab Adam usque
-ad Noe, a Noe usque ad Habraam, ab Habraam usque ad Moysen, quasi due
-tribus et dimidia sine lege vixerunt, et mundi origini adjacentes
-fuerunt velut ad plagam orientalem, hoc est in etatibus primis,
-in quibus sine lege vivebant. Ivi, col. 2: Igitur a Moyse usque ad
-Christum reliqua Manasse tribus dimidia, Effraim quoque et Juda velut
-ex hac fluminis parte hereditatem acceperunt, quia sicut duas etates et
-dimidiam ante legem, sic duas et dimidiam sub lege Deus onnipotens esse
-voluit. Septem vero distinctiones temporum ab initio secundi status
-usque ad initium tertii in hac vero etate sexta, secundum quod liber
-iste docet, instituit, ut et numeri duodenarii servaretur integritas,
-et perfectio quinarii ac septenarii si qua alia non de essent. In
-questo luogo cita la _Concordia_: de quibus in opere _Concordie_
-fecimus mentionem.
-
-[590] _In Apoc._, fol. 48, col. 2. Veruna quod filius Dei, qui
-proprie dicitur sapientia, formam servi assumpsit, in qua sustineret
-lassitudinem et laborem, Spiritus vero Sanctus, qui vocatur Dei
-charitas, non assumpsit; quia et nos in addiscenda sapientia
-angustamur, affligimur et laboramus, in amando vero quem amare libet,
-nullas afflictionis sustinemus angustias .... Et quia quinque sunt,
-ut jam diximus corporis sensus, in quibus se mortalis homo ad studium
-actionis exercet, septem vero dona spiritus, quibus homo interior
-efficitur spiritalis, merito quinque principales ecclesie unigenita
-Dei Filio attribuenda sunt, septem vero Spiritui Sancto .... quinque
-opera Christi .... primum opus Christi nativitas fuit, secundum passio,
-tertium resurrectio, quartum ascensio, sane quintum opus ipsa est
-ostensio linguarum et missio spiritus sancti ....
-
-[591] Fol. 54, col. 2. .... quid enim velit septem planetarum
-distinctio cogitare compellimur, presertim cum septenarius numerus
-tante perfectionis sic, ut vix aut nunquam possit carere non dico
-qualicumque sed perfecto mysterio. Querimus ergo fide, ratione
-juvante, et invenimus in electorum agminibus septem quosdam viros
-proprietate quodam in misteriis ab illorum multitudini segregatos.
-Adam, Noe, Abraam, Moyses, David, Joannes Baptista, Helias .... deus
-omnipotens misit in mundum hos septem viros magnos et nominatos per
-diversa intervalla temporum, ut quasi quosdam novos cursus peragerent
-preceptorum Dei.
-
-[592] Fol. 57, col. 1. Sunt itaque istorum radii septem proprietates
-eorum, in quibus similitudines septem ordinum denotatae sunt.
-
-[593] Fol. III, col. 4. Congruit namque proprietate quadam fortitudo
-praelatis, scientia dyaconibus, intellectus doctoribus, sapientia
-contemplatoribus, consilium conventualibus, pietas eis qui miseratur
-pauperibus, timor conjugio alligatis.
-
-[594] Vedi l'interpetrazione dei suggelli _In Apoc._, fol. 114 e
-segg. Nel fol. 117, col. 3, si legge questo passo importante per la
-cronologia di Gioacchino: Constet autem quod post quintum sigillum, in
-cujus extremitate nos sumus, restat adhuc martyrum pugna.
-
-[595] Fol. 118, col. 1. Volo enim illum scire, duobus modis accipi diem
-ultimum et diem judicii. Accipitur enim largo modo pro quodam incerto
-tempore .... et accipitur stricto modo de conclusione ipsius temporis,
-quando consummatis cunctis mysteriis, ibunt impii in supplicium
-eternum, justi autem in vitam eternam. Cfr. fol. 139, col. 4.
-
-[596] Fol. 118, col. 4. Cura ordo ille preclarus, qui letus et
-ylaris esse debuit, splendore lucidus et candore (fol. 119, col. 1),
-accidentibus contra votum contrariis, pro merito pravitatis sue tristis
-efficitur et obscurus. Dum enim multum laborat et parum proficit, dum
-nimis occupatur in exterioribus pro stipendiis carnis, a studio vite
-spiritualis incipit esse alienus .... Obscuratur aurum, cura splendor
-vite contemplative in ordine monasticho inanescit, mutatur et color
-optimus, cum hii qui positi sunt ad speculanda celestia, inhiare
-incipiunt lucra terrena.
-
-[597] Fol. 119, col. 2. Sed et vita clericorum, que primo radios lucis
-sue effundere solebat in populo, proh dolor! in sanguinem versam esse
-videmus. Nihil enim in ea spirituale, nihil celicum; sed omne pene
-lubricum, totum carnale, totum caro et sanguis et evisceratio spiritus.
-Ubi lites, ubi scandala, ubi rixe, ubi invidie, ubi emulationes?
-Nonne in ecclesia clericorum? Nonne inter eos qui lucem exemplorum
-suorum dare subjectis plebibus debuerunt?... Denique et stellas celi
-absque numero cadere (VI, 13) videmus in terra, sive ruina pravitatis
-heretice, sive (ut in pluribus) lapsu carnis.
-
-[598] Fol. 123, col. 1. Silentium sacri sabbati silentium est vite
-contemplative. Silent enim sancti consumatis mysteriis ut audiant quid
-loquatur in se dominus deus.
-
-[599] Fol. 130, col. 3. Quis fuit miser iste .... deus scit, clericum
-tamen fuisse et imbutum scientia litterarum ex huius textu lectionis
-apparet.
-
-[600] Fol. 133, col. 1. Siquidem ut omnes illis Christi domini
-dicebantur, ita et in secta ista multi jam precesserunt, qui essent
-pro auctoritate perfidie dicendi Antichristi; maxime cum dicat
-Joannes utens presenti vel preterito pro futuro: sicut audistis
-quia Antichristus venit, nunc Antichristi multi facti sunt. Et quia
-protinus subinfert (JOANN., 1): Unde scimus quia novissima hora est,
-sequi non longe post ipsum magnum Antichristum demonstrat, quem ego
-_considerans universas facies scripturarum et introitus et exitus
-concordiarum, presentem puto esse in mundo, etsi necdum venerit hora
-revelationis ipsius_. Oportet enim secundum Hieronimum desolari romanum
-imperium, quod resistit ei, antequam reveletur .... revelabitur autem
-manifeste sub sexto Angelo tuba canente, etsi antea velut occulte
-operari incipiat. Tempus siquidem sexti Angeli omnino credimus
-esse breve. A chi si riferisca Gioacchino è ben difficile dire. Non
-sarebbe impossibile che accennasse a Federigo II, a quel tempo pupillo
-d'Innocenzo III. Molti guelfi dubitavano che il Papato non avesse
-a pentirsi dell'aiuto prestato ad un discendente di casa sveva, e
-Gioacchino poteva essere bene uno di costoro. Ma è molto più probabile
-che accennasse vagamente ad un re dei Saraceni, ad un nuovo Saladino,
-che avrebbe recati maggiori danni del suo predecessore non meno alla
-Chiesa che all'Impero.
-
-[601] Fol. 133, col. 3. Tempus sexti angeli tuba canentis, de quo
-in presente capitulo sermo est, ita secundum id, quod proprium est,
-futurum esse sentimus, ut tamen secundum aliquid sumpsisse exordium
-videatur .... Igitur in quantum capere queo, tempus quidem sexti
-Angeli initiatum est, sed tamen tempus quinti necdum usque ad presens
-consumationem accepit.
-
-[602] Citammo altrove il passo che si riferisce alle notizie avute in
-Messina. Ora citeremo quest'altro, dal quale si narra più chiaramente
-che l'Anticristo per Gioacchino non può essere un imperatore cristiano,
-ma un pagano, fol. 134, col. 4. Dictum est autem quod siccandae essent
-aquae Euphratis, ut preparetur via Regibus ab ortu solis, quod sine
-gemitu dicendum non est, initiatio quaedam terribilis precepit super
-eo quod nuper accidit sub inclyto illo exercitu Frederici magni et
-potentissimi Imperatoris et aliis exercitibus populi christiani, qui
-transeuntes mare in infinita multitudine, vix in paucis reliquiis pene
-sine effectu remearunt ad propriam.
-
-[603] Fol. 140-141. Et sciendum quod aqua magis assimilatur rei viventi
-quam terra, unde aquam vivam dicere consuevimus, magis autem ignis quam
-aqua, quia dignius est Testamentum novum Testamento veteri, multo magis
-proximum eterne vite.
-
-[604] Riunisco in questa nota i passi dell'_Esposizione_, che si
-riferiscono al terribile anno 1260. Fol. 145, col. 4: calcanda
-(Ecclesia) perhibetur ab eis mensibus quadraginta duobus, quod est
-dicere secundum Lucana donec impleuntur tempora nationum. Fol. 157,
-col. 3: Et mulier fugiit in solitudinem, ubi pasceret illam Deus diebus
-1260. Numerus iste quid significet liber quem propter ipsum et secundum
-ipsum edidimus (evidentemente accenna alla _Concordia_) manifeste
-declarat. La _Concordia_ è citata esplicitamente a fol. 165, col. 3-4,
-nell'interpetrazione della frase di Daniele: in tempus et tempora et
-dimidium temporis, che Gioacchino intende per 3 anni e mezzo ovvero
-42 mesi. Fol. 164, col. 3: DANIEL scripserat: (VII, 24) .... Decem
-cornua, que vidisti in bestia, ipsius regni deum reges erunt. Et alius
-consurget post eos, et ipse potentior erit prioribus, et tres reges
-humiliabit, et sermones contra excelsum loqueretur, et sancto altissimi
-conteret, et putabit quod possit mutare tempora et leges, et tradentur
-in manu ejus in tempus et tempora et dimidiam temporis .... Nec aliud
-quod dicit Joannes: datum est ei facere menses quadraginta duos.
-
-[605] Vedi l'interpetrazione della donna ammantata di sole nel fol.
-154, col. 3; quella del drago, fol. 156, col. 2; infine quella della
-bestia dalle sette teste, fol. 162, col. 2-4.
-
-[606] Fol. 164, col. 4. Sarracenorum vero ex tot annis semel inchoata
-perfidia perseverat in malo, et ubique christianum nomen impugnare pro
-viribus non desistit .... forte futurum est ut christiani prevaleant
-predicando magis quam preliando.
-
-[607] Fol. 168, col. I. Sicut prima bestia, que egressa est de mari,
-omnino concordat cum sexta visione Danielis, in qua agitur de quatuor
-bestiis egressis de mari magno, ita hec secunda, que ascendit de
-terra cum septima visione ipsius, in qua agitur de Hyrco caprarum
-.... Sicut bestia illa, que ascendit de mari, habitura est quemdam
-magnum regem de secta sua, qui similis sit Neronis, et quasi imperator
-totius orbis, ita bestia, que ascendit de terra, habitura sit quemdam
-magnum prelatum, qui sit similis Simonis Magi, et quasi universalis
-Pontifex in toto orbe terrarum, et ipse sit ille Antichristus, de quo
-dicit Paulus quod extollitur et adversatur supra omne quod dicitur
-deus, aut quod excolitur. Fol. 169, col. 1-2. Igitur et in sexcentis
-comprehenditur totum quod pertinet ad sex etates mundi, in sexaginta
-specificatur illa pars que pertinet ad sextam etatem et in sex sextum
-tempus hujus sexte etatis.
-
-[608] Fol. 195, col. 3. Civitas, ut jam dixi, riproborum que dicta
-est Babylon non tantum romana civitas existimanda est, aut ipsa (quod
-absit) secundum totum, sed universa multitudo impiorum et natorum
-secundum carnem. Fol. 196, col. 3: Primum caput fuit regnum Herodis et
-successorum ejus; secundum, imperium romanorum usque at Diocletianum;
-tertium, quartum, quintum et sextum quatuor in opere memorata regna
-arrianorum; septimum caput, regnum Sarracenorum .... Et reges septem
-sunt ut non isti septem reges singuli per singula capita, sed alio modo
-surgere intelliguntur per singula septem temporum .... Horum primus
-fuit Herodes .... secundus Nero .... tertius Constantius arrianus ....
-quartus Mahomet vel potius Cosroe rex persarum .... quintus is qui
-primus in partibus occiduis cepit fatigare ecclesiam pro investitura
-ecclesiarum .... sextus autem rex, de quo dicitur, et unus est et ille
-est rex undecimus in Daniele in cujus tempore aperienda est ad liquidum
-revelatio ista et percutienda nova Babylon .... Post cujus percussionem
-occidetur septimum caput bestie, et dabitur tranquillitas ecclesie
-Christi.
-
-[609] Fol. 197, col 1. Et decem cornua que vidisti in bestia decem
-reges sunt .... hoc autem quomodo intelligi possit non video nisi ut
-sub nomine sexti regis alius surgere intelligatur post alium, quatenus
-post illum, de quo dicit Joannes. Unus est, quem propter temporis
-instantiam puto fuisse Saladinum, famosissimum illum regem turchorum,
-a quo nuper capta est illa civitas, in qua passus est Christus. Surgat
-alius in successionem ipsius ....
-
-[610] Nella _Concordia_, V, 84, fol. 112, col. 2, si troverà il
-passo che tradussi nel testo. Ivi si legge: primus senum, secundus
-juvenum, tertius puerorum. Il che sarebbe come a dire che l'umanità
-segua un cammino a ritroso dei singoli uomini, cominciando dalla
-vecchiezza e terminando nella puerizia. Altrimenti dice nel _Commento
-all'Apocalisse_, fol. 139, col. 2: in primo erudiuntur parvuli, in
-secundo instituuntur adolescentes, in tertio inebriabuntur amici.
-
-[611] _Conc._, II, 1, fol. 8, col. 3 (cfr. _Apoc._, fol. 5, col. 3-4),
-fol. 8, col. 3. Conjugatorum ordo initiatus ab Adam, fructificare cepit
-ab Habraam. Clericorum ordo initiatus est ab Osia, qui cuna esset de
-tribu Juda obtulit incensum domino, etsi non impune. Fructificavit
-autem a Christo, qui verus est rex et sacerdos. Monachorum ordo
-secundum quandam propriam formam, cui spiritus sanctus, qui est auctor
-beatorum, perfectam exhibuit auctoritatem, incepit a beato Benedicto,
-viro utique claro, miraculis ope et sanctitate, cujus fructificatio in
-temporibus finis (istis?).
-
-[612] _Conc._, II, I, 8, fol. 9, col. 3. Habet ergo conjugatorum ordo
-imaginem patris, quia sicut pater ideo pater est qui habet filium, ita
-ordo conjugatorum non nisi ad procreandos filios istitutum est a Deo
-.... habet et clericorum ordo imaginem filii, quia verbum patris, quia
-ad hoc constitutus est ipse, ut loquatur et doceat populum viam domini,
-et ostendat ei continue legitima Dei sui ... habet et monacorum ordo
-imaginem spiritus sancti, qui est amor Dei, quia non posset ordo ipse
-despicere mundum nisi provocatus amore dei et tractus ab eodem spiritu,
-qui expulit dominum in deserto.
-
-[613] _Conc._, II a, 1, fol. 7, col. 1. Construendum est nobis cum
-Helia (I, _Reg._, 18, 31-38) altare de terra ipsa, terra collocanda
-inferius, ut aqua desuper locari queat, expectantibus nobis ignem
-de celo, qui consumat terram et aquam, expectantibus spiritualem
-intellectum, qui terrenam illam superficiem litere, que de terra est
-et de terra loquitur, evacuando consumat, et nihilominus evangelicam
-doctrinam designatam hic in aqua lambendo commutet, secundum et aqua
-illa crassa, quam posuit in altari Neemias sacerdos (2 _Machab._, I,
-20), conversa est in igne, aut sicut in cena Galilee aqua commutata
-est in vino. _Conc._, V, 68, col. 1. In primo (periodo) solius patris
-gloria revelata est populo illi antiquo, indocto, terreno et animali
-nescienti intelligere quod esset verbum domini aut spiritus oris ejus;
-in secundo gloria filii; et ex presenti gloria spiritus sancti. In
-tertio reverenda est perfecta gloria ipsius spiritus, ut evacuetur
-quod ex presente est. Plus ergo glorificati sunt homines secundi
-status, quia plus noverunt; plus glorificabuntur homines tertii, quibus
-revelata facie loquetur idem spiritus omnem veritatem ....
-
-[614] _In Apoc._, fol. 86, col. 3. Fuit enim claritas secundi status,
-secundum quod dicit idem apostolus: _videmus nunc per speculum in
-enigmate_; claritas vero tertii erit jam prope secundum totum, secundum
-plenitudinem veritatis, quod est videre facie ad faciem, parvissima
-valde obsistente interpositione velaminis.
-
-[615] _Conc._, V, 74, fol. 102, col. 4. Sicut enim evacuata est
-observatio agni paschalis in observatione corporis Christi, ita in
-clarificatione Spiritus Sancti cessabit observatio figure, ut non
-sequantur ultra homines figuras, sicut ipsam semplicissimam veritatem,
-que significatur in igne, dicente domino: spiritus est deus, et eos,
-qui adorant eum in spiritu et veritate, oportet adorare.
-
-[616] _Conc._, I, 9, fol. 5, col. 4. Claudit et nemo aperit abscondens
-a prudentibus et sapientibus verba vitae et revelans ea parvulis ut
-omnem philosophicae superstitionis vanitatem excludat. _In Apoc._, fol.
-70, col. 3. Tales sunt illi scribi infra sanctam ecclesiam constituti,
-qui inflati vanitate seculi et scentia mundi et magisterium sibi pravi
-dogmatis arroganter usurpant, quorum superbe mentes nidi avium sunt, et
-Arrius, Eunomius, Macedonius et fautores eorum. Cfr. _Apoc._, fol. 87,
-col. 3.
-
-[617] ROUSSELOT, _Joachim de Flore_, pag. 43.
-
-[618] _Conc._, II b, 5, fol. 20, col. 3. Pater siquidem imposuit
-laborem legi quia timor est; filius imposuit laborem discipline, quia
-sapientia est; Spiritus Sanctus exhibet libertatem quia amor est. Ubi
-enim timor, ibi servitus; ubi magisterium ibi disciplina; ubi amor ibi
-libertas.
-
-[619] _In Apoc._, fol. 179, col. 1. Igitur odium cordi radicatum
-peccatum est ad mortem et peccatum nihilominus contra spiritum sanctum.
-Nam spiritus sanctus amor est, quod est peccatum amori contrarium nisi
-odium?
-
-[620] _In Apoc._, fol. 180, col. 4. Primam perditionis causam peccatum
-esse superbie .... peccans utique in ipsum Christum, qui parvus et
-humilis factus est .... Qui, sciens paupertatem regis sui, erubescit
-egere, nonne Christum offendit positum in presepio? Qui erubescit
-ascendere mite animal Christi, et spumantis equi sibi arrogantiam
-querit, nonne regem suum offendit, quem ludisse super asinum
-reminiscitur.
-
-[621] _In Apoc._, fol. 183, col. 2. Qui ergo vere monachus est nihil
-reputat esse suum nisi citharam. _Conc._, IV, 39, col. 59, fol. 3.
-Necesse quippe ut succedat similitudo apostolice vite, in qua non
-acquirebatur possessio terrene hereditatis, sed vendebatur potius sicut
-scriptum est.
-
-[622] _Conc._, III, I, 20, fol. 37, col. 3. Danielem vero prophetam
-significare spiritum sanctum, sicut et Joseph et Josue et Samuel, ipsa
-prerogativa castitatis insinuat, quae ubique pene cum occurrit spiritui
-sancto solet ascribi, eo quod fit ipse amor Dei et effusor spiritualis
-voluptatis, quam nemo novit nisi qui accipit.
-
-[623] RENAN, op. cit., pag. 153.
-
-[624] AMARI, _Storia dei Musulmani in Sicilia_, I, 441.
-
-[625] RODOTÀ, _Storia del rito Greco in Italia_, I, 153, 174 e segg.
-
-[626] Che nell'arcivescovato di S. Severina si fosse conservato il rito
-greco lo prova una lettera d'Innocenzo III, dalla quale si raccoglie
-che un Pietro Guiscardo, protettore dei Florensi, minacciava i canonici
-di strappare loro le mogli, se non acconsentivano di affidare ai
-Florensi in danno dei cistercensi di Corazzo la chiesa di Calabro
-Maria. (UGHELLI, IX, 479).
-
-[627] UGHELLI, _Italia Sacra_, IX, 302, 307.
-
-[628] BOLLANDISTI, maggio, II, 48; AMARI, op. cit., I, 519.
-
-[629] Morì intorno al 903. BOLLAND., agosto, III, 489 e segg.
-
-[630] BOLL., settembre, III, 343 e segg.
-
-[631] BOLL., ottobre, VI, 332 e segg.
-
-[632] BOLL., settembre, VII, 283 e segg.
-
-[633] BOLL., settembre, VIII, 810 e segg.
-
-[634] Sul commento di Alano vedi più sopra, pag. 303, n. 1.
-
-[635] BOLL., marzo, I, 498. Fuit S. Cyrillus Presbyter Montis Carmeli
-.... Ipse dum pro reverenda celebritate B. Hilarionis abbatis missarum
-solemnia inchoasset .... nebula condensa sibi adstit. Ipso igitur
-stupescente, angelus .... in ipsa nebula visus .... offerens virgam
-liliatam et duas tabellas argenteas, litteris Graecis descriptas,
-dixitque: cum sacramenta compleveris, has scripturas transcribes in
-membrana, et constans tabellas formabis in calicem et thuribulum
-ad libanda et adolenda in ara sacrificii matutini .... Dum igitur
-sanctus iste eas tabellas transcripsisset et conflasset hujusmodi
-transcriptum per Telesphorum monachum abbati Joachim, viro sancto et
-illuminato, transmisit instantias supplicando ut ratione suae magnae
-obscuritatis super eo commentariolum quoddam conficeret, quo abscondita
-perducerentur in lucem .... Quod abbas Joachim ad instantiam S. Cyrilli
-facere minime desistebat, rescribens ei epistolam, in qua inter cetera
-nominat ipsum S. Cyrillum stellam manentem in ordine sanctitatis.
-Questi due oracoli insieme alla lettera di S. Cirillo ed alla risposta
-di Gioacchino furono pubblicati da Lezana nel 1663. Edidit postea
-Abbas Joachim commentarium sive interpetrationem hujus oraculi, paullo
-fusiorem, quam Lezana non audet transcribere, quia reperit aliqua
-contineri, quae aliquibus pusillis saltem scandali occasionem afferre
-possent.
-
-[636] _In Apoc._, fol. 143, col. 4. Graecorum populo datus est Beatus
-Johannis, a quo et incepit perfectorum religio monachorum. Fol. 144,
-3. Igitur reliquia Graecorum, agnita veritate, que est in spiritu,
-convertentur ad unitatem Ecclesiae. Et reliquie Judaeorum pari modo
-convertentur ad dominum. Fol. 145, col. 2. Intelligamus monachorum
-ordinem, quem designat Johannis, a Graecis pervenisse ad Latinos ....
-revertetur ad eum populum, de quo venit ad nos, permansurus in eodem
-populo usque ad finem. _Conc._, II, 1, 27, fol. 17, col. 3. Verumtamen
-ut in populo illo claruerunt Helias et Heliseus .... ita inventi
-sunt in populo grecorum magis heremite et abbates, habentes plures
-discipulos in monastica perfectione.
-
-[637] _Conc._, V, 47, fol. 82, col. 1. Siquidem clericorum ordo
-secundum grecos, non secundum spiritum cepit ambulare sed secundum
-litteram. Monacorum vero qui ab eis quidem incepit, sed tamen processu
-temporis transiit ad latinos, audiens consilium apostoli de castitate,
-magis elegit ambulare secundum spiritum quam secundum literam (1,
-_Cor._, 7). Non enim simpliciter voluit audire de sacerdote unius
-uxoris viro, sed magis illud: qui sine uxore est sollicitus est que
-domini sunt quomodo placeat Deo; qui autem cum uxore est, sollicitus
-est quomodo placeat uxori.
-
-[638] _In Ap._, fol. 131, col. 1. Pathareni haeretici mundos se
-coram populo, justitia preditos esse simulant, tamen ex occulto circa
-finem verbi producunt aculeos erroris sui, quibus tamen non servos
-Dei promittentur ferire, sed illos homines, qui mundanas delitias
-concupiscunt .... pro subsidiis tamporalibus (credentes) adheserunt
-eis (perfectis) sicut ex relatu eorum, qui tum fuerunt inter eos
-et penituerunt, didicimus .... denique convenientes in unum faciunt
-collectas bonorum suorum, et si quos vident inopes anhelare ad divitias
-mundi, primo ostendut eis affectum misericordiae et miserationis:
-deinde culpant Christianos divites et maxime Sacerdotes et clerum
-qui deberent (ajunt) servare apostolicum vitam et sublevare miserias
-pauperis et egeni, ut nemo esset egens in religione Christiana, sicut
-non erat in Ecclesia primitiva. Deinde dicunt eos excidisse a fide,
-factos autem persecutores justorum, sicut sacerdotes Judaeorum, qui
-persequebantur apostolos. Ad ultimum fatentur se scire homines qui
-servent ad integrum apostolicam fidem, ita ut fit aliquis inops inter
-eos, et qui pauper venit ad illos, protinus efficetur dives. Haec et
-his similia QUASI RATIONABILITER CONCINNANTES munda animalia se esse
-fingunt quousque percutiant homines ex improviso dicentes: Et tu quoque
-si vis esse de credentibus in fidem etc.
-
-[639] Tra i molti luoghi in cui Gioacchino critica il Vecchio
-Testamento scelgo questo della _Concordia_, II, 15, fol. 6, col. 1.
-Qui sciebat duritiam cordis eorum, qui terreni erant, adhuc pro tempore
-promisit eis multa, quae non decet sanctos, promisit non celestia sed
-terrena, temporalia non eterna. Ergo ne pro terrena patria fundendus
-est sanguis, et ut longo vivamus tempore serviendum est Deo .... Si
-pro justitia sua Habraam patriarcha multiplicatus est in semine carnis,
-quare in singulis regionibus multiplicati sunt filii Adam in gentibus
-incredulis et non obedientibus Deo? Si pro munere credulitatis ejus
-datum est ei, ut reges egrederentur de lumbis ejus, numquid non merito
-paganorum filii preferre potuere numina idolorum suorum, qui colentes
-et servientes eis etiam in toto mundo imperasse noscuntur? .... Sed
-quasi per tot annos data est terra ipsa gentibus non servantibus
-legem Dei, neque obtemperantibus Moisi servo Dei? Col. 2: Quomodo
-aliam vitam permisere prophete, quam ea quam vere permiserat Moyses
-observantibus legem? .... Si ista, quae deorsum est Hierusalem civitas
-revera justorum est et mater credentium, quomodo in ea regnasse impii,
-et justi et innocentes viri interfecti leguntur? .... Restat ergo ut
-fateantur veram esse sententiam illam Apostoli (II, _Cor._, 3, 6), qua
-dictum est: _litera occidit, Spiritus autem vivificat_.
-
-[640] BONWETSCH, _Die Geschichte des Montanismus_, pag. 57.
-
-[641] BONWETSCH, pag. 56.
-
-[642] ROUSSELOT, _Joachim de Flore_, Paris, 1867, pag. 53.
-
-[643] BULAEUS, _Historia universitatis parisiensis_, III, 26.
-
-[644] GUILLELMUS ARMORICUS, in D'ARG., I, 127. Redit ergo Parisius,
-et compellitur ab Universitate confiteri ore, quod in contrarium
-praedictae opinioni suae sentiret ... Taedio ergo et indignatione
-affectus, ut dicitur, aegrotavit, et lecto incumbens decessit in brevi.
-
-[645] La fonte più antica, dalla quale a parola copiò il Rigordo,
-voglio dire la Cronaca di Guglielmo Armorico, cappellano di Filippo
-Augusto, esposta la dottrina di Amorico senza far cenno delle tre età,
-seguita (D'ARG., I, 127): Post mortem ejus surrexerunt quidam, venenosa
-ejus doctrina infecti, qui eo subtilius, plus quam oportet, sapere
-cupientes, ad exsufflandum Christum, et ad evacuanda novi Testamenti
-sacramenta, novos et inauditos errores et inventiones diabolicas
-confinxerunt. Parimenti CESARE HEISTERBACH nella sua _Illustrium
-miraculorum Historia_, V, 22, attribuisce la dottrina, che ei chiama
-maximam blasphemiam in Spiritum Sanctum, non ad Amorico, e neanco a
-Davide, bensì ad un mastro Guglielmo, ad un sottodiacono Bernardo, ad
-un altro Guglielmo orefice ecc.
-
-[646] MARTINO POLONO, in D'ARG., I, 128. Qui Almaricus asserit ideas,
-quae sunt in mente divina, creare et creari .... Et sicut alterius
-naturae non est Abraam, alterius Isaac, sed unius ac ejusdem, sic
-dixit: omnia esse unum et omnia esse Deum .... Item dixit quod sicut
-lux non videtur in se, sed in aëre, sic Deus nec ab Angelo, neque ab
-nomine videbitur in se, sed tantum in creaturis.
-
-[647] S. TOMMASO in 2 Sent. dist. 17, qu. I, art. I, accenna soltanto
-il ragionamento di Davide senza svolgerlo: et haec tria esse unum, et
-idem, ex quo iterum consequitur esse omnia per essentiam unum.
-
-[648] Item asseruit quod si homo non peccasset, in duplicem sexus
-partitus non fuisset, nec gravasset; sed eo quo modo sancti angeli
-multiplicati sunt, multiplicati fuissent et homines, et quod post
-resurrectionem utriusque sexus, adunabitur sicut fuit prius in
-creatione. (M. POLONUS in D'ARG., I, 128).
-
-[649] Dixerat etiam quod in charitate constitutis nullum peccatum
-imputabant. MARTINUS, l. c., cfr. GUILLELMUS ARMORICUS in D'ARG., pag.
-127. Charitatis virtutem sic ampliabant, ut id quod alias peccatum esse
-si in virtute fieret charitatis, dicerent jam non esse peccatum. Unde
-et stupra et adulteria in charitatis nomine committebant.
-
-[650] VINCENZO BELLOV., _Spec. hist._, lib. XXX, cap. VII. Prima
-haeresis ejus fuit, quod quilibet tenetur credere se esse membrum
-Christi, et hoc esse unum de fidei articulis, sine quo homo non potest
-salvari.
-
-[651] GUILLELMUS ARMORICUS, in D'ARG., I, 130. Dicebant non aliter
-esse corpus Christi in pane altaris, quam in alio pane, et qualibet re,
-sicque Deum locutum fuisse in Ovidio, sicut in Augustino. Quest'ultimo
-pensiero è molto importante. I veggenti della verità non si possono
-distinguere in pagani, e gentili, ebrei o cristiani, chè a tutti
-parimenti si è rivelata la somma sapienza. In quanto all'Eucaristia la
-formola, di cui si solevano servire gli Almariciani, ci è conservata
-negli _Atti_ del Concilio di Parigi del 1210 pubblicati dal MARTÈNE,
-_Thesaurus_, VI, 163, D'ARGENTRÉ, I, 129: Id quod ibi fuerat prius
-formis visibilibus, prolatione verborum subesse ostenditur. Le parole
-mistiche, sulle quali insistevano i Valdesi, non sarebbero se non una
-constatazione del fatto che il pane, come tutte le cose, possono dirsi
-il corpo di Dio.
-
-[652] Dagli _Atti_ citati, pag. 129. Item, filius incarnatus, id
-est visibili formae subjectus, nec aliter illum hominem esse Deum,
-quia unum ex eis cognoscere voluerunt. Item Spiritus Sanctus in eis
-incarnatus, ut dixerunt, eis omnia revelabat.
-
-[653] Dagli _Atti_, pag. 128: Pater a principio operatus est sine Filio
-et Spiritu Sancto usque ad ejusdem Filii incarnationem.
-
-[654] Dagli _Atti_, loc. cit. Pater in Abraham incarnatus, filius in
-Maria, Spiritus quotidie in nobis incarnatus.
-
-[655] Dagli _Atti_, pag. 129: Item Filius usque nunc operatus est,
-sed Spiritus Sanctus ex hoc nunc usque ad mundi consummationem inchoat
-operari. GUILLELMUS ARMORICUS in D'ARG., 127: Potestas Patris duravit
-quamdiu viguit lex Mosaica .... postquam Christus venit aboleverunt
-omnia Testamenti veteris sacramenta, et viguit nova lex usque ad
-illud (istud?) tempus. In hoc ergo tempore dicebant Testamenti Novi
-sacramenta finem habere, et tempus Sancti Spiritus incoepisse. CAES.
-HEIST., V, 22: Sicut ceciderunt formae legales in primo Christi
-adventu, ita nunc cadent omnes formae quibus Filius operatus est, et
-cessabunt sacramenta, quia persona Spiritus Sancti dare manifestabit se
-in quibus incarnabitur. VINC. BELLOV., XXX, 7: Viguit lex Christi usque
-ad tempus Almorici, et ex tunc habuerunt finem, ac fuerunt evacuata
-Baptismus, Poenitentia et omnia alia novae legis sacramenta.
-
-[656] GUILLELMUS ARMORICUS, pag. 130: Negabunt resurrectionem corporum.
-La trasformazione razionalistica c'è conservata dagli _Atti_. Riscontra
-il passo citato più su, p. 415, n. 1, il quale finisce: et haec
-revelatio (dello spirito) nil aliud erat quam mortuorum resurrectio.
-
-[657] GUILLELMUS, l. c. Nihil esse Paradisum neque Infernum, sed qui
-haberet, cognitionem Dei, quam ipsi habebant, paradisum haberet in
-se; qui vero mortale peccatum, haberet infernum in se, sicut dentem
-putridum in ore.
-
-[658] Dagli _Atti_, pag. 129: Mentiti sunt bonorum Baptismatis non
-egere parvulos.
-
-[659] Altaria sanctis statui, et sacras imagines thurificari idolatriam
-esse dicebant. Eos, qui ossa martyrum deosculabantur, subsannabunt.
-(CAES. HEIST., pag. 130).
-
-[660] Confessionem, Baptismum, Eucharistiam et alia, sine quibus salus
-haberi non potest, locum de caetero non habere; sed unumquemque tantum
-per gratiam Spiritus Sancti interius, sine actu aliquo, inspiratam
-salvari posse. (GUILLELMUS ARMORICUS, pag. 127).
-
-[661] CAES. HEIST., pag. 130: In quarta descendet ignis super Praelatos
-Ecclesiae, qui sunt membra Antichristi. Dicebat enim qui Papa esset
-Antichristus et Roma Babylon. Et ipse sedet in Monte Oliveti, id est,
-in pinguedine potestatis.
-
-[662] Debbo la notizia di questa cronaca al bibliotecario della
-Nazionale di Napoli, sig. Alvisi, il quale ha studiate e confrontate le
-diverse redazioni, e raccolti molti materiali sulle fonti. S'è cercato
-finora invano un editore, che voglia pubblicare questo antico documento
-nell'originale latino.
-
-[663] L'AFFÒ, _Vita di frate Elia_, Parma, 1819, pag. 10, crede che la
-cronaca rimonti ai principii del secolo XIV, ma non sia stata scritta
-dal B. Angelo da Cingoli detto Clareno, come sospettava il Wadding.
-La redazione italiana è anch'essa antica, e l'esemplare che vide
-l'Affò non conteneva se non cinque Tribolazioni. In fine del volume in
-carattere nero si leggeva: «Finisce la clonicha dellordine delli frati
-minori ad gli anni MCCCXXIII».
-
-[664] «Certamente, dice l'Affò a p. 11, questo libro è antico, e vi
-sono inseriti dei squarci tolti e copiati interamente da altri ancora
-più vecchi, perchè nella seconda tribolazione facendosi memoria di
-fra Bernardo ecc., soggiunge l'autore: _E molti altri degli quali
-io ne vidi alquanti e udii dalloro quello che io narro_; ma appunto
-per essere un accozzamento di cose tolte da molti vi sono mescolate
-moltissime falsità .... Accozzamenti di più racconti tolti qua e là
-sono pure il Libro intitolato: _Speculum Vitae B. Francisci et sociorum
-ejus_ e i _Fioretti di S. Francesco_, onde benchè antichi d'assai non
-sono troppo sicuri». Al passo citato dall'Affò aggiungo quest'altro,
-che accenna pure all'autore della Cronaca pag. 93_r_. _E noi che fummo
-con lui_ (S. Francesco) _quando che scrisse la regola, e quasi tutte
-le altre sue scripture, li rendiamo testimonianza che scripse più cose
-nella regola e nelli altri suoi decreti, delle quali cose alcuni frati
-li furono contrarii in vita sua_.
-
-[665] TOMMASO DA CELANO, _Vita di S. Francesco_, cap. III, (_Acta
-SS._, octobris, II, 689). Cum .... Sanctus Dei assistens ibidem verba
-evangelica intellexisset, celebratis missarum solemnis, a sacerdote
-sibi exponi Evangelium suppliciter postulavit; pag. 690, solvit
-protinus calceamenta de pedibus, baculum deponit e manibus, et tunica
-una contentus, pro corrigia funiculum immutavit.
-
-[666] Vedi la seconda regola in WADDING, _Annales Minorum_, II, 64:
-Si qui voluerint hanc vitam illis verbum Sancti Evangelii, quod
-vadunt et vendunt omnia sua, et ea studeant pauperibus erogare.
-Et caveant fratres et eorum ministri, ne solliciti sint de rebus
-suis temporalibus, ut libere faciant de rebus suis quidquid Dominus
-inspiraverit eis.
-
-[667] S. BONAV., _Vita di S. Francesco_, cap. IV (BOLL., l. c. pag.
-751) Faciebat namque sancta paupertas .... ipsos ad omnem obedientiam
-prontos, robustos, ad labores et ad itinera expeditos. Et quia nihil
-terrenum habebant, nihil amabant, nihilque timebant amittere, securi
-erant ubique, nullo pavore suspensi, nulla cura distracti, tanquam
-qui absque mentis turbatione vivebant, et sine sollicitudine diem
-crastinum, et serotinum hospitium expectabant.
-
-[668] Vedi il cap. II della prima regola in WADDING, II, 67. Alii
-vero, qui promiserunt obedientiam, habeant unicam tunicam cum caputio,
-et aliam sine caputio, si necesse fuerit, et cingulum et bracas. Et
-omnes fratres vilibus vestis induantur, et possint eas repeciare de
-sacis et aliis peciis. Cfr. cap. 14, pag. 73. Quando fratres vadunt per
-mundum nihil portent per viam nec sacculum, nec peram, nec panem, nec
-pecuniam, nec virgam.
-
-[669] Cap. VIII della prima regola, in WADDING, I, 71. Omnes fratres
-studeant sequi humilitatem et paupertatem Domini nostri Jesu Christi.
-Così parimenti: Non resistat malo, sed si quis eos in maxillam
-percusserit, praebeant ei alteram, et qui auferret eis vestimentum
-non prohibeant. Cap. V, pag. 69. Similiter omnes fratres non habeant
-potestatem vel dominationem maxime inter se. Cap. VI, pag. 70. Et
-nullus vocetur Prior, sed generaliter omnes vocentur fratres minores,
-et alter alterius lavet pedes.
-
-[670] Cap. V. Fratres illi quibus gratiam dedit Dominus laborandi
-laborent fideliter et devote .... De mercede vero laboris pro se et
-suis fratribus corporis necessaria recipiant praeter denarios vel
-pecuniam.
-
-[671] Cap. VI, pag. 66. Fratres nihil sibi approprient nec domum nec
-locum nec aliquam rem sed tanquam peregrini et advenae in hoc saeculo
-in paupertate et humilitate Domino famulantes, vadant pro eleemosyna
-confidenter.
-
-[672] Sul cantico del sole vedi il BARTOLI, _Storia della letteratura
-italiana_, II, 189 ed i _Fioretti_, cap. XV, XXI, XXII. S. BONAV., in
-_Acta SS._, l. c., pag. 704. Affluebat spiritu caritatis, pietatis
-viscera gestans, non solum erga homines necessitatem patientes,
-verum erga muta brutaque animalia, reptilia, volatilia et caeteras
-insensibiles creaturas; pag. 705: Quare sic fratres meos agnos ligatos
-et suspensos excrucias? ... tolle pro pretio mantellum, quem porto, et
-agnos mihi concede.
-
-[673] HASE (_Franz von Assisi_, pag. 44) cita questo detto di S.
-Francesco attribuitogli da S. Bonav. (_Vita_ nei BOLL., pag. 764): Pro
-furto mihi reputo a magno Eleemosynario imputandum, si hoc quod fero
-non dedero magis egenti.
-
-[674] _Regula_, cap. VII, pag. 70. Et caveant sibi quod non ostendant
-se tristes extrinsecus, nubilosos et hipocritas; sed ostendant se
-gaudentes in Domino, hilares et convenienter gratiosos.
-
-[675] La predicazione però dovea essere sottoposta alla licenza dei
-vescovi. Vedi regola seconda, cap. IX, in WADDING, II, 67.
-
-[676] _Tres Socii_ (BOLL., l. c., p. 691). Tunc beatus Franciscus omnes
-(discipulos) ad se convocavit .... et ait ad eos: ite cautissimi bini
-et bini per diversas partes orbis, annunciantes pacem hominibus et
-poenitentiam in remissionem peccatorum. Vedi il cap. XV dell'antica
-regola: nullo modo apud se nec apud alium et aliquo modo bestiam
-aliquam habeant, nec eis liceat equitare nisi infirmitate, vel magna
-necessitate cogantur.
-
-[677] Che nella Corte pontificia Francesco trovasse molte resistenze
-lo attestano le fonti più antiche. Tomaso da Celano racconta (pag.
-693), che il vescovo di Sabina volea persuadere il Patriarca ut ad
-vitam monasticam suam eremiticam diverteret. Il Papa stesso era restio
-a favorire l'istituzione di nuovi ordini, come ne fa fede il canone 13
-del Concilio lateranense. Secondo Matteo Paris, ad ann. 1227, avrebbe
-accolto così male il santo mendico da dirgli (ed. londinese 1640, pag.
-340): Vade frater et quaere porcos quibus potius debes quam hominibus
-comparari, et involve te cum eis in volutabro, et regulam illis a
-te commentam tradens officium tuae praedicationis impende. Codesto
-discorso è inverisimile, perchè Francesco era stato raccomandato dalle
-più alte autorità ecclesiastiche; ma è ben certo, come lo attestano i
-tre socii, che fece osservazioni sull'applicabilità della regola, nè
-si piegò ad approvarla se non dopo una visione, che ebbe in sogno. V.
-pag. 736. Dominus Papa .... dixit ei et sociis: Filioli nostri, vita
-vestra videtur nobis nimis dura et aspera, licet enim credimus vos esse
-tanti fervoris, quod de vobis non oporteat dubitare, tamen considerare
-debemus pro illis, qui secuturi sunt vos. Pag. 737: Inn. III ....
-viderat in visione quod Ecclesia Sancti Joannis Lateranensis minabatur
-ruinam, et quidam vir religiosus, mendicus et despectus eam sustentabat
-proprio dorso submisso. Un'altra visione racconta la _Cronaca delle
-Tribolazioni_, pag. 352.
-
-[678] DANTE, _Parad._, XI, 92, dice che Francesco ebbe da Innocenzo
-_Primo sigillo a sua religione_, e prima di Dante Onorio III nella
-stessa bolla d'approvazione ricordava la regola a bonae memoriae
-Innocentio Papa approbatam. Ma si deve intendere di una approvazione
-verbale, come dice S. Bonaventura in BOLL., p. 739: licet praefatus
-dominus Innocentius tertius ordinem et regulam approbasset ipsorum,
-non tamen hoc suis litteris confirmavit. Pag. 749: Distulit tamen
-perficere quod Christi postulabat pauperculus pro eo quod aliquibus de
-Cardinalibus novum aliquid et supra vires humanas arduum videretur.
-
-[679] I Bollandisti bene osservano che la regola sottoposta ad
-Innocenzo non poteva essere quella, che il Wadding pubblicava nel primo
-volume degli _Annali_. Perchè codesta regola è molto diffusa, laddove
-la prima, secondo la più antica fonte, il _Celano_, p. 692, era scritta
-simpliciter et paucis verbis. Inoltre nella regola pubblicata dal
-Wadding manca l'articolo che nessun frate francescano possa lasciare il
-suo ordine per entrare in altro, articolo che si sa approvato da Onorio
-III. (Lettera di Onorio data XIV Kal. Jan., anno VIII, in WADDING, II,
-71). Pare che anche Onorio volesse fare qualche correzione alla regola.
-Secondo la _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 103_r_, ed il Wadding che
-la copia (II, 69) avrebbe voluto mutare il capitolo X, ma S. Francesco
-dichiarò non esser lui, ma Gesù Cristo che ha dettata la regola, che
-dev'essere lasciata come sta.
-
-[680] La seconda regola differisce nei primi otto capitoli tanto
-poco dalla prima che vi sono ripetute non solo gli stessi precetti,
-ma perfino le stesse parole. La sola differenza sta nella maggior
-concisione.
-
-[681] Il WADDING riporta il testamento di S. Francesco, dal quale tolgo
-questi passi (II, 145). Et non dicant fratres: haec est alia Regula,
-quia haec est recordatio admonitio et exortatio et meum textamentum,
-quod ego frater Franciscus parvulus vester facio vobis fratribus meis
-benedictis propter hoc ut Regulam, quam Domino promisimus, melius
-catholice observemus. Et generalis minister et omnes alii ministri
-et custodes per obedientiam teneantur in istis verbis non addere vel
-minuere .... Et omnibus fratribus meis clericis et laicis praecipio
-firmiter per obedientiam, ut non mittant glossas in Regula, nec in
-istis verbis dicendo: ita volunt intelligi; sed sicut dedit mihi
-Dominus pure et simpliciter dicere et scribere Regulam et ista verba,
-ita simpliciter et pure et sine glossa intelligatis, et cum sancta
-operatione usque in finem observetis.
-
-[682] Il WADDING, II, 62 e segg., racconta le cose secondo la _Cronaca
-delle Tribolazioni_, dalla quale tolgo i seguenti passi: pag. 15
-_verso_: «E mentre questo nostro Francesco vacava e stava congiunto
-con Dio, frate Elia con li suoi seguaci e con alcuni ministri si
-riscaldorono e infiammorono e con tumulto gridorono. Ma perchè non
-ardivano a ponersi al contrario pubblicamente, nascostamente li
-tolsono e furorono la Regola a frate Leone, uomo di Dio, al quale S.
-Francesco l'avea data a serbo. Pag. 98_r_: In questo mezzo mentre che
-esso era tutto assorto con infiammati e celesti desiderii solo in Dio,
-e domandando a Gesù Cristo la reparazione della regola, stimola il
-diavolo e incita li ministri di diverse provincie, e commossi dallo
-spirito dell'aquilone vennono insieme con frate Elia a rammaricarsi e
-a porre querele con protestazione .....» Pag. 99_v_: «Qualmente alla
-loro infermità basta d'avanzo e di soperchio d'observare le cose le
-quali di già hanno promesso, che la loro infermità ha bisogno». Questa
-narrazione viene compiuta dallo _Speculum vitae_.
-
-[683] _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 89_r_: «(I ministri)
-multiplicarono gente e non magnificarono letizia, accompagnando in
-questo multiplicare l'ordine di gente molti uomini perversi, insieme
-con li buoni e innocenti frati. Li quali huomini perversi, confidandosi
-della loro prudentia, s'affrettavano e desideravano di reggere e non
-d'esser retti, e di fare arrogantemente una regola secondo il loro
-proprio senno e secondo la loro propria voluntà a sè e ad altri ....
-e tanto crebbono questi mali avanti alla morte di S. Francesco che
-esso poverello Francesco, il quale era abitacolo dello Spirito Santo,
-non vi potette porre alcuno rimedio di curatione nè con parole, nè con
-esempii, nè con segni, nè con miracoli. Ma mandando avanti l'orazione,
-elesse per più sicura parte di vacare a Dio e rinunziare in tutto e per
-tutto al offitio del generalato, e non aver più cura nè governo alcuno
-delli frati». Nel capitolo seguente, è riferito un dialogo, nel quale
-S. Francesco dopo la rinunzia al generalato avrebbe detto (pag. 92_r_):
-«Solamente che li frati andassino e fussino andati secondo la volontà
-di Dio e mia, io non vorria che li frati avessino altro ministro che me
-per insino alla mia morte».
-
-[684] L'AFFÒ, _Vita di frate Elia_, pag. 21, dopo avere riassunto il
-racconto della _Cronaca_ e dello _Speculum_ dice: «Simili semplicità
-anche dal Waddingo assai più circostanziate si replicano, senza
-considerare se al confronto della ragione sussister possano. Ma
-rimontando all'origine di tali narrazioni, e non vedendole noi entro
-le opere dei coevi scrittori, prendiamo a discorrere dei sussequenti e
-cominciamo a veder simil fatto descritto dal mentovato frate Martino da
-Casale, il quale per farcelo credere afferma che avanti a tutti ce ne
-lasciasse memoria fra Leone, uno dei primi compagni di S. Francesco in
-certi rotoli depositati già nel convento di S. Chiara. Confessa però
-di non averli potuti vedere, e per togliere a ciascuno la curiosità
-di cercarli aggiunse: cum multo dolore audivi illos rotulos fuisse
-distructos. A questa maniera è lecito a chiunque fingersi monumenti, ed
-ingannar sulla fede i leggitori. Ma buon per noi che quanto fra Leone
-e i suoi due compagni scrissero intorno la Vita di S. Francesco non
-è perito, e la loro leggenda vedesi pubblicata dai Bollandisti senza
-incontrarvi la menoma parola del finto racconto».
-
-[685] BOLL., loc. cit., pag. 710. Cumque de die in diem infirmitas
-illa succresceret, et ex incuria videretur quotidie augmentari, frater
-Helias tandem, quem loco matris elegerat sibi, et aliorum fratrum
-fecerat patrem, compulit eum ut medicinam non abhorreret.
-
-[686] Vedi la _Cronaca_ dei XV e quella dei XXIV generali in AFFÒ, pag.
-23. Post mortem vero fratris Petri B. Franciscus posuit ad regendum
-ordinem fratrem Heliam de Assisyo virum utique famosa providentia
-illustratum. Riscontra il passo del Celano nella nota precedente.
-
-[687] _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 119_v_. «Venendo a morte
-Francesco fece chiamare a sè frate Bernardo da Quintavalle, il quale
-fu el primo frate dell'ordine dopo S. Francesco, e li pose la sua
-mano dricta sopra il capo e davanti a tutti li frati lo benedisse con
-cordiale e singulare affectione, e fece scrivere sotto dettato ad un
-frate: il primo frate il quale il Signore mi dette fu frate Bernardo
-.... Onde io voglio e comando quanto so e posso che ciascheduno il
-quale sarà generale di questa religione ami quello, e l'honori come me
-medesimo». I _Fioretti di S. Francesco_, cap. VI, rincarano la dose. «E
-ponendosi frate Elia dalla mano diritta, Santo Francesco, il quale avea
-perduto il vedere per le troppe lagrime, puose la mano ritta sopra il
-capo di frate Elia e disse: questo non è il capo del mio primogenito
-Bernardo, allora frate Bernardo andò a lui dalla mano sinistra, e S.
-Francesco allora acconciò le braccia a modo di croce, e poi puose la
-mano dritta sopra il capo di frate Bernardo e la manca sopra il capo
-del detto Elia e disse a frate Bernardo .... Sia il principale dei
-tuoi fratelli, ed al tuo comandamento tutti i frati obbediscano». Il
-racconto dei _Fioretti_ è proprio il rovescio di quello più antico del
-Celano, che ricorda pure l'incrociamento delle braccia, ma dice cumque
-a sinistris ipsius resideret frates Elias, circumsedentibus reliquis
-filiis cancellatis manibus dextram posuit super caput ejus, et dixit:
-Te fili mi in omnibus et super omnia benedico. Si vede chiaro come
-il racconto originale sia stato guasto per fine polemico. Ed è molto
-istruttivo il confronto tra questo discorso del Patriarca, e l'altro
-messogli in bocca dai _Fioretti_, cap. IV. _Male fate, frate Elia
-superbo_ ecc. Tutto il racconto di questo capitolo è manifestamente
-favoloso.
-
-[688] La riporta l'AFFÒ, op. cit., pag. 29 .... pupilli sumus absque
-patre et orbati lumine oculorum nostrorum ecc.
-
-[689] Gli storici francescani non sono d'accordo su questo punto.
-La _Cronaca delle Tribolazioni_ e il Wadding con essa (II, 164)
-raccontano che alla morte di S. Francesco il vicario Elia fu fatto
-generale, e che poi per dissidii insorti fu deposto e sostituito da
-fra Giovanni Parente. Ben presto però Elia rifattosi dalla sconfitta,
-avrebbe ripreso il generalato, dal quale dopo molto altro tempo venne
-deposto da Gregorio IX. Questo racconto benchè confermato dal Salimbene
-che dice di Elia a pag. 402: bis factus generalis minister, è poco
-credibile come ha dimostrato l'Affò, op. cit., pag. 32, perchè fonti
-antichissime, come Bernardo di Bessa segretario di S. Bonaventura,
-dicono chiaramente: Fuerunt igitur post transitum sancti Patris hii
-ejus successores videlicet frater Johannes cognominatus Parentius
-.... isti successit frater Helyas. Con Bernardo s'accorda la Cronaca
-dei XV e l'altra dei XXV Generali. L'espressione del Salimbene si può
-intendere nel senso spiegato dall'Affò, che il vicario sino alla nomina
-del nuovo generale fu da tutti riconosciuto per capo dell'ordine.
-
-[690] L'AFFÒ, op. cit., pag. 36, scrive: «Frate Elia seppe tosto
-indurre un divoto personaggio chiamato Simone Puzzarelli a fargli dono
-del luogo detto Colle d'Inferno presso Assisi, ove gittar i fondamenti
-dell'ideato edifizio. Il diligentissimo P. maestro Antonio Maria
-Azzoguidi ci ha pubblicato il documento di tal donazione, steso il
-30 di Marzo del 1228, per cui il donatore privossi del detto luogo,
-e frate Elia a nome del Pontefice lo accettò ad habendum, tenendum,
-possidendum, faciendum omnes utilitates et usus fratrum in ea videlicet
-locum, Oratorium vel Ecclesiam pro beatissimo corpore Sancti Francisci,
-vel quicquid ei de ipsa re placuerit in perpetuum». Codesta costruzione
-era contraria alla regola, la quale prescriveva che le case dei frati
-si costruissero in legno a guisa piuttosto di provvisorio ricovero che
-di stabile dimora.
-
-[691] La _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 143_r_, c'informa che
-molti frati «lassata l'orazione mettevano avanti la curiosa e sterile
-sapienza d'Aristotile alla divina sapienza, e che avidamente e con gran
-sete desideravano d'udire maestri loici e filosofi, e che procurorono
-ardentemente di avere e moltiplicare le scuole di queste scienze. E
-che queste e altre simili cose li maggiori come li minori comunemente
-predicavano excepto alquanti pochi admaestrati dallo spirito di Gesù
-Cristo. Onde quelli frati spirituali si determinorono che era loro
-necessario di ricorrere al sommo Pontefice e a la Chiesa romana».
-Da questo passo s'inferisce che fin dal tempo di Elia il partito
-intransigente cominciava a prendere il nome di SPIRITUALE, conforme
-alle idee di Gioacchino. Non tutti i Gioachiti però avevano in dispetto
-gli studii, ed il Salimbene (pag. 405) non che biasimare, loda frate
-Elia, quia ordinem fratrum minorum ad studium theologiae promovit.
-Che oltre alla teologia frate Elia coltivasse altri studii lo dice
-il Salimbene, pag. 411: Undecimus defectus fratris Helyae fuit, quia
-infamatus fuit quod intromitteret se de alchimia.
-
-[692] SALIMBENE, pag. 402: Habebat gratiam Imperatoris et Papae. In
-quanto al Papa basterà riferire questo brano della _Cronaca delle
-Tribolazioni_, pag. 128_v_. «La buona memoria del Pontefice Gregorio
-molto si confidava di frate Elia per la grande e costumata onestà, la
-quale vedeva in lui e per la singulare prudentia e scientia, per la
-quale si credeva che passassi sopra tutti li religiosi di quel tempo».
-
-[693] Pag. 401: Et dominus Ghirardus de Corrigia, qui dicebatur
-de Dentibus eo quod magnos dentes habebat, tunc temporis Potestas
-parmensium erat, et venit personaliter cum quibusdam militibus ad locum
-fratrum minorum ad visitandum fratrem Helyam generalem ministrum, qui
-sedebat in domo, in qua hospites sive forenses comedunt, super lectum
-de culcidra, et habebat ignem copiosum coram se et cappellam armenicam
-in capite suo, nec Potestati intranti et se salutanti assurrexit,
-nec de loco suo motus est, ut vidi oculis meis, quae fuit rusticitas
-maxima reputata. Queste citazioni del Salimbene le tolgo dal libro
-_De praelato_, il quale secondo il Novati non è un'opera a parte, come
-parrebbe dall'edizione parmense, bensì una delle maggiori digressioni
-che si leggono nella Cronaca. Vedi NOVATI, _La Cronaca di Salimbene_
-nel _Giornale storico della letteratura italiana_, I, 390.
-
-[694] La lettera è riportata dal WADDING, III, 20, colla data 1239:
-Sunt inter nos aliqui, qui propter discipulatum et societatem sancti
-Patris nostri Francisci habentur apud domesticos et exteros in magna
-aestimatione, sed hi suo se regentes sensu, laxantes obedientiae
-frenum, velut oves absque pastore et homines absque ductore, hic inde
-discurrunt, loquentes quae placent ecc.
-
-[695] SALIMBENE, pag. 405. Item supradictus Helyas ministros
-provinciales ita tenebat sub baculo quod tremebant eum, sicut juncus
-tremit cum ab acqua concutitur .... Deponebat eos ab officio ....
-insuper caputium longum dabat quibusdam et mittebat eos ab oriente in
-occidentem.
-
-[696] Vedi l'aneddoto raccontato dal Salimbene, di un frate Alberto
-parmense, ministro di Bologna, stato prima deposto dal suo ufficio, ma
-poi che si sottomise restitutus fuit in gradum pristinum, insuper et
-multa ab Helya obtinuit pro provincia sua.
-
-[697] _Cronaca delle Tribolazioni_, pag. 132 (WADDING, III, 20):
-«Comanda questo judice che frate Cesare, uomo innocente e in tutte le
-sue cose savio e sancto, sia incarcerato con li ferri al piede ecc.
-prese una stanga e lo percosse tanto crudelmente e fortemente che
-.... si morì e fu il primo ammazzato ed ucciso per le mani delli suoi
-fratelli, come el primo martire Stefano orando per li persecutori ....
-In quella medesima ora che l'anima sua uscì dal corpo Papa Gregorio
-vidde portare dagli angeli un'anima in cielo», pag. 133_v_, (l'angelo
-disse al Papa) «della quale anima tu nel giorno della tua morte hai
-a rendere ragione a Dio, perocchè per occasione della tua autorità
-dopo la prigionia e li ferri e molte afflictioni, le quali tutte lui
-pazientemente ha sostenute, dalli suoi frati e per la fede e pura
-observantia della sua regola è stato morto da loro», pag. 137_v_. (S.
-Antonio venendo in Assisi per avere il cadavere di S. Francesco) «fu
-preso dai birri di frate Elia e spogliato e disciplinato insino al
-sangue».
-
-[698] Riporto dalla bolla di Gregorio IX (WADDING, II, 224) questo
-passo: Duximus respondendum quod si rem necessariam velint fratres
-emere vel solutionem facere pro jam empto possint vel Nuncium ejus a
-quo re emitur, vel aliquem alium volentibus sibi eleemosynam facere
-nisi iidem per se, vel proprios nuncios maluerint praesentare,
-qui taliter praesentatus a fratribus non est eorum nuncius, licet
-praesentetur ab ipsis, sed illius potius cujus mandato solutionem
-fecit, seu recipientis eandem.... Ad quem etiam fratres pro hujusmodi
-necessitatibus poterunt habere recursum, maxime si negligens fuerit,
-vel necessitates ignoraverit eorundem.
-
-[699] Frate Elia accettò in nome del Papa la donazione citata più
-sopra (p. 437, n. 1). Vedi inoltre la Bolla di Gregorio, pag. 246:
-Dicimus itaque quod nec in communi nec in speciali debent proprietatem
-habere, sed utensilium et librorum et eorum mobilium quae licet habere,
-eorum usum habeant.... nec vendi debeant mobilia vel extra ordinem
-commutari aut alienari quoque modo, nisi Ecclesiae Romanae Cardinalis,
-qui fuerit ordinis Gubernator .... auctoritatem super hoc praebuerit.
-Confrontate la Bolla d'Innocenzo IV del 1245, riportata dal WADDING,
-III, 129. Et licet in eadem Regula sit prohibitum, ne fratres recipiant
-per se, vel per alios denarios vel pecuniam ullo modo, possunt tamen,
-si rem sibi necessariam aut utilem velint emere, vel solutionem
-facere pro re empta, vel nuncium ejus a quo res venditur, vel aliquem
-alium volentibus sibi eleemosynam facere, nisi eidem per se vel per
-proprios nuncios solvere maluerint. Pag. 130: Et taliter nominati vel
-praesentati a fratribus non sunt eorum nuncii, seu depositarii; sed
-illorum, a quibus eis pecunia vel denarii committuntur .... Cum tam
-immobilium quam mobilium hujusmodi jus proprietas et dominium ....
-nullo modo ad ecclesiam ipsam spectent, cui domus et loca praedicta
-cuna Ecclesiis caeterisque suis pertinentes (quae omnia in jus et
-proprietatem beati Petri suscipimus) omnino tam in spiritualibus quam
-in temporalibus immediate subesse noscuntur.
-
-[700] SALIMBENE, pag. 410: Octavus defectus fratris Helyae fuit quia
-violenter voluit tenere dominium ordinis, quod ut melius tenere posset
-plures sagacitates habebat. Primam quia frequenter mutabat ministros,
-ne nimius radicati fortius insurgerent contra ipsum; secundam quia
-illos fratres faciebat ministros, quos reputabat amicos; tertiam quia
-non faciebat capitula generalia nisi particularia idest cismontanorum,
-non enim vocabat ultramontanos ministros, timens ne deponeretur ab eis.
-
-[701] SALIMBENE, pag. 403. Porro secundus defectus fratris Helyae
-fuit quia multos inutiles recepit ad ordinem. Habitavi in conventu
-senensi duobus annis, et vidi ibi XXV fratres laycos .... propter hoc
-recipiebat multitudinem laycorum, qua posset melius talibus dominari
-.... Tertius defectus fratris Helyae, quia homines indignos promovit
-ad officia ordinis, faciebat enim laycos guardianos, custodes et
-ministros, quod absurdum erat valde, cum in ordine esset copia bonorum
-clericorum.
-
-[702] Anche il Salimbene deve suo malgrado riconoscerlo, pag. 403. Si
-quis autem objiciat verbum Regulae quod dicit: _Ipsi vero ministri si
-presbyteri sunt_, dicimus quod hoc pro tempore dictum fuit, quando in
-ordine non erat copia sacerdotum.
-
-[703] Il Salimbene ai rimproveri riportati più su (p. 443, n. 1)
-aggiunge questi altri: p. 404. Quartus defectus fratris Helyae
-fuit quod toto tempore, quo fuit minister non fuerunt generales
-constitutiones. Longum esset valde si vellem ruditates et abusiones,
-quas vidi, referre. Pag. 405: Quintus defectus, quia nunquam
-personaliter volebat ordinem visitare. Pag. 409: Septimus defectus,
-quia nimis volebat splendide et delitiose et pompatice vivere.
-Pag. 410: Et habebat palafredos pingues et quadratos .... Item raro
-comedebat in conventu .... item specialem coquum habebat in conventu
-Assisii, fratrem Bartholemaeum paduanum, quem vidi et cognovi, qui
-cibos delicatissimos faciebat. [Il Salimbene se ne intendeva non poco].
-
-[704] Questa congettura mi venne suggerita dalla lettera di Federigo
-II, che si riferisce a frate Elia (HUILLARD, _Hist. dipl._, V, 346).
-Revera papa iste quemdam religiosum et timoratum fratrem Helyam,
-ministrum ordinis fratrum minorum, ab ipso beato Francisco padre
-ordinis migrationis sue tempore constitutum, pro eo quod amore
-justitie, cui est corde et opere dedicatus, pacem imperii promovens,
-nomen nostrum, honorem et bonum pacis evidentibus iudiciis proponebat,
-IN ODIUM NOSTRUM A MINISTERIO GENERALI REVOCAVIT, reverentia Christi
-postposita, et juris sancti Francisci ordinatione contempta, divisionem
-in fratribus faciens et in ordinationem et sectionem.
-
-[705] Quanto rincrescesse al Papa l'accordo dell'Imperatore coll'ex
-generale francescano lo prova la lettera di Gregorio IX del 1240,
-(_Hist. dipl._, V, 777): Verum idem (Fridericus) non sub pastoris
-virga humiliatus est verbere, quia potius super omne quod dicitur
-Deus aut colitur elevatus, Helia et Henrico quibusdam non prophetis
-sed prophanis apostatis, testibus suae perversitatis assumptis, in
-lucis angelum in monte superbie transformatus, Christi claves et Petri
-privilegium vilipendens, irriverenter divinis interesse presumit.
-
-[706] La lettera è del 1243, (_Hist. dipl._, VI, 147): Tanta est bonae
-fidei et devotionis probatae constantia, tantaque laudabilium efficacia
-meritorum, quam in provido viro fratre Helia, dilecto familiari et
-fideli nostro, semper et utiliter invenisse meminimus, quod ipsum jam
-a fructibus agnoscentes personam suam domesticam nostris servitiis
-libenter admittimus, et suae circumspectiones consiliis fiducialiter
-inhaeremus. Cum igitur eundem fratrem nuper ad partes transmarinas
-transfretare paratum pro quibusdam arduis excellentiae nostrae
-servitiis, in quorum executione personam ejus utilem et necessariam
-fore censuimus, a transitu ipso, praeter suae voluntatis propositum,
-providerimus retrahendum, et ipsum licet invitum quodammodo in curia
-vestra propterea mandavimus aliquandiu moratarum ecc.
-
-[707] SALIMBENE, p. 412. Tertiusdecimus defectus fratris Helyae
-fuit, quia namquam voluit ordini suo reconciliari; sed semper usque
-ad ultimum diem vitae suae permansit in pertinacia sua .... Si
-fuit absolutus, et si bene ordinavit de anima sua, modo cognoscit.
-Viderit ipse .... (Qui la stampa non solo è mutila, ma errata). La
-testimonianza del Salimbene, così precisa nei particolari, è certo
-superiore a quelle, su cui si appoggia il Wadding per provare che Elia
-si fosse ricreduto.
-
-[708] Neanche Salimbene par che sia molto tenero di Gregorio, del
-quale dice a pag. 8: Iste (Gregorius IX) etiam longo tempore fuit in
-discordia et pugnavit cum imperatore Friderico secundo, qui multa mala
-fecit Ecclesiae Dei, quae eum nutrivit et coronavit; ita quod pene
-navis Petri sub praedicto Papa cecidit in profundum. Hoc est quod
-abbas Joachim de romanis Pontificibus dixit, videlicet, quod aliqui
-CONABUNTUR IN PRINCIPES, aliqui ducent pacificos suos dies.
-
-[709] Rispetto al clero secolare non è diverso il linguaggio di
-Federico da quello dei francescani intransigenti. Vedi la lettera
-al Re d'Inghilterra in BRÉHOLLES, III, 37-38, pag. 50: In paupertate
-quidem et simplicitate fundata erat Ecclesia primitiva, cum sanctos,
-quos catalogus sanctorum commemorat, fecunda parturiret: sed olim
-fundamentum nemo potest ponere praeter illud quod positum est a Domino
-et stabilitum. Porro quia in divitiis navigant, in divitiis volutantur,
-in divitiis aedificant, timendum ne paries inclinetur Ecclesiae, ne
-maceria depulsa ruina subsequatur.
-
-[710] SALIMBENE, pag. 3. Imperator vero Fridericus fuit homo pestifer
-et maledictus, schismaticus, haereticus et epicureus, corrumpens
-universam terram. Lo stesso frate racconta ingenuamente che
-raccapricciò all'annunzio della morte di Federico. Pag. 57: Horrui
-cum audirem, et vix potui credere. Eram enim Joachita, et credebam
-et expectabam et sperabam quod adhuc Fridericus majora mala esset
-facturus, quam illa qua fecerat, quamvis multa fecessit. Ma non tutti
-la pensavano così, e Salimbene stesso racconta (pag. 37), di un frate
-Gherardo da Modena, amicus et intimus beati Francisci, curialis homo,
-liberalis et largus, religiosus et honestus et valde morigeratus,
-temperatus in verbis et omnibus operibus suis .... erat multam
-imperialis et nihilominus in pace et in aequitate ambulavit coram Deo
-.... ed alla sua morte multa miracula Deus per eum operari dignatus
-est. Un altro frate Bartolomeo Ghiscolo di Parma, (pag. 101) curialis
-et spiritualis homo, sed magnus probator et magnus Joachita, et
-partem imperialem diligens .... in vita sua fecit monstra et in morte
-mirabilius operatus est.
-
-[711] Di frate Alberto pisano, che sostituì Elia, non ci dice altro
-il Salimbene se non che fu eletto nel 1239, e un anno dopo nel 1240
-morì (pag. 17, 50-51). Il frate Aimone, che gli successe, scrisse
-un'esposizione delle profezie d'Isaja, dalla quale Salimbene p. 224
-riferisce questa frase: Manifestum est quod respublica debet subesse
-Romano Pontifici. Frate Aimone morì nel 1244 (SAL., p. 60).
-
-[712] SALIMB., pag. 97. Magni clerici et spirituales viri et maxime
-Joachitae.
-
-[713] _In Apoc._, fol. 77, col. 4.
-
-[714] Il testo dell'_Apocalisse_, cap. XI: «et dabo duobus testibus
-meis, et prophetabunt diebus mille dugentis sexaginta sacris amicti»
-va interpetrato secondo Gioacchino così che l'un testimonio significhi
-l'ordine dei chierici, l'altro dei monaci. Ille ergo significat
-ordinem clericorum, iste ordinem monachorum, quadraginta duo menses,
-quibus predicant induti saccis, significant totidem generationes (_In
-Apoc._, fol. 148, col. 4). Nei libri apocrifi invece codesti ordini
-sono proprio i mendicanti nati ad occidentalem ecclesiam in tota mundi
-latitudine flagellandam (_Super Esaiam_, fol. 37 _recto_).
-
-[715] Il Concilio di Arles dice dei libri di Gioacchino: a majoribus
-nostris usque ad haec tempora remanserunt intacti, utpote latitantes
-apud quosdam religiosos in angulis et antris, doctoribus indiscussi.
-
-[716] Pag. 101: Et interfui etiam ego ipse isti doctrinae ut audirem
-fratrem Hugonem, [che soleva per lo più dimorare in Nizza]. Nana
-prius eram edoctus, et hanc doctrinam audieram, cum habitarem Pisis,
-a quodam abate de ordine Floris, qui erat vetulus et sanctus homo
-et omnes libros suos, a Joachim editos, in conventu pisano sub
-custodia collocaverat, timens ne Imperator Fridericus monasterium suum
-destrueret, qui erat inter Lucam et civitatem pisanam .... Credebat
-enim quod in Friderico tunc temporis omnia essent complenda mysterio eo
-quod cum Ecclesia discordiam habebat non modicam.
-
-[717] Il Rousselot (_Joachim_, pag. 139), anche dopo la dissertazione
-del Renan, seguita a sostenere: que le livre intitulé l'Evangile
-eternel n'a jamais existé que sous forme d'un cahier redigé par
-ceux, qui accusaient les Dominicains et les Franciscains. Il che è
-contraddetto da una fonte molto importante, della quale non so perchè
-il Rousselot non vuol fare nessun conto, voglio dire dal processo
-verbale della Commissione cardinalizia di Anagni, ove è detto (Cod.
-bibl. nat. de Paris, n. 1726, carte 139. Cfr. D'ARGENTRÉ, I, 163;
-RENAN, _Revue des deux mondes_, tom. LXIV, pag. 109): Quod liber
-Concordiarum vel Concordiae veritatis appelletur primus liber Evangelii
-aeterni probatur XVII capitulo, et quod liber iste Concordiae sit
-Joachim habetur per totum illud capitulum. Quod liber iste, qui dicitur
-Apocalypsis nova, appelletur secundus liber ejusdem Evangelii probatur
-XX capitulo. Similiter quod liber, qui dicitur Psalterium decem
-chordarum, sit tertius liber ejusdem Evangelii. E più appresso in un
-luogo, tronco nel D'Argentré, e pubblicato intero dal Renan, pag. 113:
-Item XXVIII cap. ponuntur haec verba: _in primo libro ipsius Evangelii
-aeterni videlicet in secundo secundae Concordiae_. Et tria praedicta
-probantur similiter expresse XXXI cap., ubi distinguitur simplex
-lictera (ibi: _attendent vero_ etc.), et similiter ante finem ultimi
-capituli, ubi dicitur: _illud attendendum_ ecc. Da questi passi appar
-chiaro: 1º Che l'Evangelio eterno non era altro se non la collezione
-delle tre opere dell'abate Gioacchino. 2º Che gli scritti apocrifi
-erano così cresciuti da oscurare i genuini dell'abate calabrese, sicchè
-i raccoglitori si videro costretti a dimostrare l'autenticità delle
-tre opere, che essi ben sapevano distinguere dalle altre falsamente
-attribuite a Gioacchino.
-
-[718] Si veda con che circospezione Gioacchino commenta il testo
-dell'_Apocalisse_: «Et vidi alterum Angelum volantem per secundum celum
-habentem Evangelium aeternum». Par che schivi di parlarne come al fol.
-173, col. 4; conferenda sunt verba, que de eo scripta sunt et de duobus
-aliis, qui sequuti sunt eum, ut alia per alia inquisita aut omnino
-pateant intellectui nostro, aut quod reliquum fuerit igne comburatur.
-
-[719] Secondo il Rousselot (op. cit., pag. 140), l'_Introductorius_
-dell'_Evangelo eterno_ sarebbe la stessa cosa dell'_Introductorius_
-premesso da Gioacchino all'_Esposizione dell'Apocalisse_. Basta
-confrontare i passi estratti dalla Commissione d'Anagni, e già
-pubblicati dal D'Argentré con gli analoghi dell'opera di Gioacchino
-per rilevarne le differenze. Vedi Codice, carte 139, (D'ARG., I, 163;
-RENAN, pag. 126, n. 1): Item XXIV cap. comparat vetus Testamento primo
-coelo, Evangelium Christi secundo coelo, Evangelium aeternum tertio
-caelo, et expressius XXV capitulo, ubi comparat vetus Testamentum
-claritati stellarum, novum Testamentum claritati lunae, Evangelium
-aeternum, sive spiritus sancti, claritati solis. Item XXVII capitulo
-comparat vetus Testamentum atrio, novum sancto, aeternum sancto
-sanctorum. Item XXX comparat vetus Testamentum cortici, novum testae,
-Evangelium aeternum nucleo. Cfr. _Introd. in Apoc._, fol. 5, col. 2:
-Secundus status fuit sub Evangelio et manet usque nunc in libertate
-quidem respectu praeteriti, sed non in libertate respectu futuri ....
-tertius ergo status erit circa finem saeculi, jam non sub velamine
-literae sed in plena spiritus libertate. Come si vede qui non c'è
-parola di _Evangelo eterno_, e più che l'opposizione è messa in
-evidenza la continuità dei varii periodi (col. 3) de lege naturale
-ad legem Moysi, de lege Moysi ad Evangelium, de Evangelio Christi ad
-spiritalem intellectum, de spiritali intellectu ad veram et aeternam
-contemplationem Dei.
-
-[720] Fin dal tempo di Gregorio IX, erano nati dissidii tra il clero
-secolare ed i nuovi ordini, come si raccoglie dalla bolla di questo
-papa del 1232 _Nimis iniqua_. Non desunt plerique tam Ecclesiarum
-Praelati quam alii, qui coeca cupiditate seducti, propriae aviditati
-subtrahi reputantes quidquid praedictis fidelium pietas elargitur,
-quietem ipsorum multipliciter inquietant.
-
-[721] I Domenicani eran entrati come di soppiatto nell'Università
-ottenendo una cattedra nel 1228, quando il corpo universitario
-per protestare contro l'infrazione di alcuni suoi privilegi s'era
-ritirato prima a Reims e poi ad Angers. Dopo pochi anni nel 1250
-ebbero luogo altre proteste, ed il corpo universitario si ritirò di
-nuovo, tribus magistris Regularibus, videlicet duobus Praedicatoribus
-et uno frate minore exceptis, qui pro suae voluntatis arbitrio suum
-renuerunt prestare consensum. Allora l'Università stabilì ut de coetero
-nullus in quacunque facultate magister ad Collegium magistrorum vel
-consortium Universitatis admittatur, nisi prius in plena congregatione
-magistrorum, vel saltem coram quinque magistris suae facultatis, ad hoc
-specialiter deputatis, juraverit statuta nostra licita et honesta et
-nobis expedientia se firmiter observaturum. Il decreto surriferito si
-può leggere nel DU BOULAY, _Historia Universitatis Parisiensis_, III,
-250 e segg.
-
-[722] Questo sospetto si trova in un cronista domenicano in verità
-molto tardivo, il Corner, che attribuisce l'Evangelo eterno allo stesso
-Guglielmo di S. Amore. (AFFÒ, _Vita del B. Giovanni da Parma_, Parma,
-1777, pag. 75).
-
-[723] Il trattato è intitolato _De periculis novissimorum temporum_.
-Non avendo trovate le opere di Guglielmo io cito dall'edizione che
-ne fece il Brown (_Appendix ad fasciculum rerum expotendarum et
-fugiendarum ab Orthwino editum a.D.MDXXXV_, Londini MDCXC). Il Brown
-ignora l'autore del libro, e lo suppone a torto composto nel 1389,
-mentre invece fu pubblicato nel 1256 (_Hist. litt._, XIX, 202).
-
-[724] _De periculis_, cap. 8, pag. 27: Ergo nos sumus in ultima aetate
-hujus mundi, e cita parecchie autorità, tra le quali anche l'apocrifo
-commento di Gioacchino a Geremia. Pag. 28: Haec omnia initia dolorum
-sunt scilicet, quae erunt tempora Antichristi.
-
-[725] _De periculis_, cap. 3, pag. 23: homines qui apti erunt et idonei
-ad praedicta pericula .... charitatem anelantes non verbis sed factis.
-Dum enim ambiunt officia praelatorum videlicet praedicandi, corrigendi,
-confessiones audiendi .... charitatem factis abnegant. Cap. IV, pag.
-23-24: et illi seductores, posteaquam per suam simulatam sapientiam et
-sanctitatem principes et populos christianos ita seduxerunt, quod plene
-acquiescunt consiliis eorum. Cap. V, pag. 24: Domus mulierum et virorum
-seductibilium ingrediuntur .... seducunt mulierculas, prius eas, et per
-eas viros eorum, sicut Diabolus seduxit Evam, et per eam Adam.
-
-[726] Cap. XII, pag. 30-31. Praecipere illis qui sunt de secta illa
-ut deserant eam .... inhibere illis, qui non sunt de secta illa, ne
-de illa fiant .... Si haec facta fuissent, sufficienter repulsa essent
-pericula praedicta.
-
-[727] Questo scritto fu composto da Guglielmo quando sali sul trono
-Clemente IV, che gli concesse di far ritorno a Parigi, donde era
-stato esiliato per opera di Alessandro IV. Al benevolo papa Guglielmo
-indirizzò il nuovo suo lavoro. Ed il Papa gli rispose in una lettera
-pubblicata dal Martène (_Thes._, II, 417) ammonendolo amorevolmente che
-il nuovo scritto non differiva dall'antico. (_Hist. litt._, XIX, 207).
-
-[728] Il titolo del libro pubblicato dal Martène (_Amplissima
-collectio_, IX, 1273) è il seguente: _Nicolai Oresme episcopi de
-Antichristo et ejus ministris ac de ejusdem adventus signis propinquis
-simul et remotis_. Il Leclerc (_Hist. litt._, XXI, 470 e segg.) ha
-dimostrato luminosamente che l'Oresme, vescovo di Lisieux nel 1382,
-non può essere l'autore di un libro, che appare composto non più tardi
-del 1273. Ed è assai probabile l'ipotesi, adottata anche dal Renan,
-che il nome di Oresme sia l'anagramma di S. Amore. Tutta la seconda
-parte del libro è indirizzata ai precursori dell'Anticristo, che sono
-i pseudo-profeti, i falsi predicatori, che sotto il manto della pietà
-preparano la rovina della Chiesa.
-
-[729] La Bolla è riportata dal DE BOULAY, III, 311. Nos libellum
-.... tanquam iniquum, scelestum et execrabilem, et instructiones ac
-documenta in eo tradita utpote prava, falsa et nefaria de fratrum
-nostrorum consilio authoritate apostolica reprobamus, et in perpetuum
-condemnamus, districte praecipientes ut quicumque libellum ipsum
-habuerit, cum infra 8 dies, ex quo hujusmodi nostram reprobationem et
-condemnationem sciverit, prorsus et in toto et in qualibet sui parte
-comburere et abolere procuret.
-
-[730] _De periculis_, cap. 2º, pag. 21. Unde videtur quod authoritate
-sedis apostolicae, aut diocesanorum, praedicare possunt. Respondetur
-quod de potestate Domini Papae aut Episcoporum disputare non volumus.
-Verumtamen cum secundum jura tam divina quam umana in una ecclesia
-non possit esse nisi Rector unus, alioquin Ecclesia non esset sponsa
-sed scortum .... Si vero dominus Papa concedit aliquibus personis
-potestatem praedicandi ubique, intelligendum est ubi ad hoc fuerint
-invitati.
-
-[731] La prima osservazione che fecero i cardinali, cui fu commesso
-l'esame del libro di Guglielmo, è che in esso fosser contenute
-quaedam perversa et reproba contra potestatem et authoritatem Romani
-Pontificis, come dice Alessandro IV nella bolla citata.
-
-[732] I manoscritti sono segnati al num. 1726, ed al num. 1706,
-fondo Sorbona. Alcuni documenti contenuti in questi manoscritti sono
-riprodotti anche in un altro manoscritto num. 391 della biblioteca
-Mazarino. RENAN, L'_Evangile Eternel_ (_Revue des deux mondes_, tom.
-LXIV, pag. 109). I documenti sono quattro: 1º Il primo documento, che
-si trova solo nel manoscritto num. 1726, contiene estratti dai libri
-di Gioacchino, non pure dei tre autentici, ma anche dagli apocrifi,
-come il commentario a Geremia, il _De oneribus provinciarum_, ed il
-commentario ad Ezechiele. 2º Il secondo documento, che si trova in
-tutti e tre i manoscritti, contiene gli estratti, che la Commissione
-di Anagni fece dell'_Introduttorio_ all'_Evangelo eterno_. Fu
-pubblicato dal D'Argentré, I, 163, secondo il n. 1706, che è il più
-imperfetto. Il principio di questo documento ripubblicato nella sua
-integrità dal Renan, pag. 109, nota 1 è il seguente: Haec notavimus et
-extraximus de Introductorio in Evangelium aeternum-, misso ad dominum
-Papam ab episcopo Parisiensi, et tradito nobis tribus cardinalibus
-ad inspiciendum ab eodem domino Papa, videlicet Odone tusculanensi,
-Stefano Prenestino episcopis, et Hugone sanctae Sabinae presbytero
-cardinali. 3º Il terzo documento (manoscritto 1726 Sorbona e 391
-Mazarino) è un altro processo verbale della Commissione d'Anagni,
-nel quale si contengono gli estratti delle opere autentiche di
-Gioacchino, certo secondo la nova edizione fatta per l'_Evangelo
-eterno_, perchè oltre al testo si citano le note di fra Gherardo. Il
-Renan ha pubblicato il principio di questo documento e le note. Io
-aggiungerò qualche altro passo secondo il manoscritto del 1726, copiato
-dal sig. Bencini e gentilmente collazionato dal mio amico E. Alvisi.
-4º Il quarto documento, già pubblicato dal D'Argentré, si trova solo
-nel num. 706. È un'altra enumerazione degli errori dell'_Evangelo
-eterno_, identica a quella che si legge nel _Directorium inquisitionis_
-dell'Eymerich.
-
-[733] L'_Introductorius_ talvolta apparisce come un opuscolo
-separato, ed il Renan osserva che alcuni scrittori contemporanei
-come Matteo Paris, e Guglielmo di S. Amore chiamano Evangelo eterno
-l'Introduttorio (op. cit., pag. 115). Nella nota precedente abbiamo
-riportato il principio del resoconto d'Anagni, dal quale apparisce che
-l'opuscolo, mandato al Papa dal vescovo di Parigi, è appunto codesto
-_Introductorius_. Ma che in seguito di esso fossero pubblicate o le
-opere autentiche di Gioacchino, o almeno estratti da esso lo prova
-l'altro documento, il terzo della nota precedente, del quale sarà
-utile riportare il principio (RENAN, pag. 110). Anno Domini MCCLV,
-VIII idus Julii Anagniae coram nobis Odone episcopo tusculano, et
-fratre Hugone presbytero cardinali, auditoribus et inspectoribus
-datis a Papa, una cum reverendo patre Stephano Praenestino episcopo
-se excusante per proprium capellanum suum, et nobis quantum ad hoc
-vices suas committente, comparuit Magister Florentius episcopus
-Acconensis, proponens quaedam verba de libris Joachim extracta
-suspecta sibi, ut dicebat, nec publice dogmatizanda aut praedicanda,
-sive in scriptis redigenda, ut fieret inde doctrina sive liber (par
-che accenni alla nuova pubblicazione fattane) prout sibi videbatur.
-Et ad haec audienda et respicienda una nobiscum duos alios scilicet
-fratrem Bonevaletum, episcopum Pavendensem, et fratrem Petrum lectorem
-fratrum Praedicatorum Anagniae, quorum unus tenebat originalia Joachim
-de Florensi monasterio, et inspiciebat coram nobis utrum haec essent
-in praedictis libris, quae praedictus Acconensis legebat, et legi
-faciebat per tabellionem nostrum et inspiciebat sic. Questi libri,
-che Florenzo leggeva, erano probabilmente o la nuova edizione degli
-scritti di Gioacchino, o almeno gli estratti, che se ne fecero per uso
-dell'_Evangelo eterno_. Ed i giudici di Anagni, che scrupolosamente
-riscontrarono la nuova edizione coll'antica, non trovarono differenza.
-Il che prova che i Gioachimiti non alterarono i libri dell'abate, come
-sospetta il Renan (pag. 121); ma vi aggiunsero note quando pareva loro
-di dover compiere il pensiero del profeta.
-
-[734] L'Introduttorio insisteva sulle differenze nel 30º capitolo, ove
-(D'ARG., 161-62) dicit quod ALIA est scriptura divina, quae data est
-fidelibus eo tempore, quo Deus pater dictus est operari, et ALIA quae
-data est Christianis eo tempore, quo Deus filius dictus est operari,
-et ALIA quae danda erit eo tempore, quo Spiritus Sanctus proprietate
-mysterii Trinitatis operabitur. L'opposizione è tale tra il secondo
-periodo ed il terzo, che il nome di Vangelo par quasi venga negato al
-Novo Testamento, e serbato solo ai libri gioachitici. Almeno così si
-potrebbe interpetrare questo passo omesso dal D'Argentré e pubblicato
-dal Renan, pag. 126, nota 5: Item XXVIII, dicit sacram scripturam
-divisam in tres partes scilicet in vetus Testamentum, in Novum et in
-Evangelium. (Vero è che si potrebbe sospettare non fosse stata omessa
-dal copista la parola aeternum). Quod capitulum totum est notabile
-et totum legatur. Si confronti il passo tolto dal quarto documento.
-(Cod. Sorbona, num. 1706). EYMERICH, _Directorium_, pag. 271. Secundus
-error quod Evangelium Christi non est Evangelium regni, et ideo non est
-aedificatum.
-
-[735] Il Concilio di Arles nel condannare l'_Evangelo eterno_ a ragione
-notava che questo nome fosse dato ac si Christi Evangelium non aeternum
-nec a Spiritu Sancto nominari debuissent.
-
-[736] Queste proposizioni si trovano non nel resoconto d'Anagni, ma
-in quell'altro fascicolo d'estratti esistente solo nel num. 1706,
-già riportato dall'Eymerich (ed incompiutamente dal D'Argentré)
-_Directorium inquisitionis_ (Roma, 1585), pag. 271. Quartus error: Quod
-Novum Testamentum non durabit virtute sua nisi per sex annos proximos
-futuros, videlicet usque ad annum Christi MCCLX. Sextus error, quod
-Evangelium Christi aliud Evangelium subdet, et ita pro Sacerdotio
-Christi aliud Evangelium (D'Argentré ha sacerdotium) succedat. Septimus
-error: Quod nullus simplex homo est idoneus ad instruendum hominem
-alium de spiritualibus et aeternis, nisi illis qui incedunt pedibus
-nudis.
-
-[737] EYMERICH, loc. cit. Duodecimus error: Quod spiritualis
-intelligentia Novi Testamenti non est commissa Papae romano, sed
-tantum litteralis. Tertius decimus error: quod recessus ecclesiae
-Graecorum a Romana ecclesia fuit bonus. .... Quintus decimus error,
-quod populus Graecus magis ambulat secundum spiritum quam populus
-latinus .... Decimus nonus error, quod Christus et apostoli ejus
-non fuerunt perfecti in vita contemplativa. Vicesimus error, quod
-activa vita usque ad tempus abbatis Joachim fructuosa fuit, sed nunc
-fructuosa non est: contemplativa vero ita ab ipso Joachim fructificare
-coepit, et amodo in perfectis successoribus ejus perfectius manebit.
-Tra questi passi e quelli della nota precedente secondo il D'Argentré
-si legge questa nota: Haec de prima parte (cioè i primi sette errori
-riportati dall'Eymerich). De secunda parte ejusdem libri, quae
-appellatur concordantia Novi et Veteris Testamenti, sive Concordantia
-veritatis, isti errores possunt extrahi. Codesti errori e quelli della
-nota precedente sono tolti dal quarto documento inserito soltanto
-nel cod. num. 1706, e già riportato dall'Eymerich. Secondo questo
-documento l'_Evangelo eterno_ si divide in due parti; la prima formata
-dall'_Introductorius_ o come è detto qui _Praeparatorium in Evangelium
-aeternum_, la seconda dalla _Concordia dei due Testamenti_ divisa in
-cinque libri. L'ordinamento dell'_Evangelo eterno_ riferito in questo
-documento non differisce, secondo il Renan, da quello del resoconto
-d'Anagni. Ed in verità il sostituire la parola _Praeparatorium_
-ad _Introductorium_, ed il mettere come prima parte quello che nel
-resoconto era considerato come introduzione sono lievissime differenze.
-Messa come prima parte l'_Introduttorio_ era ben naturale che la
-_Concordia_ ne fosse la seconda, e l'_Apocalisse_ e il _Decacordo_
-sarebbero state la terza e la quarta, se il raccoglitore non le
-avesse trascurate, forse perchè gli pareva che non contenessero nulla
-di novo, che non fosse stato detto nella _Concordia_. Ma se queste
-differenze sono lievi, altre mi pajono più gravi di quel che crede
-il Renan. Nel resoconto di Anagni non sono notati nè il sesto errore,
-che al sacerdozio di Cristo debba succedere un altro sacerdozio; nè il
-settimo che nessuno all'infuori degli scalzi sia atto ad insegnare le
-verità dello Spirito. Non è dunque esatto quel che afferma il Renan
-che gli errori dell'_Introduttorio_, notati nel quarto documento,
-sieno identici a quelli rilevati dalla Commissione d'Anagni. E meno
-esatta ancora è l'altra proposizione del Renan, che gli errori estratti
-dalla seconda parte sono effettivamente tolti dalla _Concordia_. Tutto
-al contrario, in nessun'opera autentica di Gioacchino si leggono
-proposizioni come la duodecima e le altre qui sopra riferite. Nè
-i cardinali tra tanti luoghi, che estrassero dalla _Concordia_, ne
-riportarono neanche una, che suonasse così aspra ed irriverente per
-la Chiesa Romana. Da queste considerazioni s'ha da trarre questa
-conclusione affatto opposta a quella del Renan, che cioè la redazione
-dell'_Evangelo eterno_, dalla quale furono estratti gli errori
-riportati dall'Eymerich, dev'essere ben diversa da quella che avean
-sotto gli occhi i cardinali; nè è improbabile che sia posteriore.
-
-[738] Cod., carte 142; RENAN, pag. 111, nota 1. Quod exponens frater
-Girardus scripsit «haec abominatio erit pseudo-papa, ut habetur alibi»,
-istud alibi reperitur longe infra quinto libro _Concordiae_ de Zacaria
-propheta, ubi incipit: _in Evangelio_, et dicitur: cum videritis
-abbominationem desolationis, quae dicta est a Daniel. (Cfr. lib. V,
-cap. 104, fol. 124, col. 3). Rursus et ibi frater Gerardus: «haec
-abbominatio quidam Papa erit simoniaca labe respersus, qui circa finem
-sexti temporis obtinebit in sede, sicut scribit in quodam libello ille,
-qui fuit minister hujus operis, Gerardus». Il Renan espunge a ragione
-Gerardus, ed io aggiungo che forse si dovrà sostituire Joachim, il
-quale è chiamato pure minister hujus operis nel passo che riporteremo
-più appresso a pag. 469, n. 1.
-
-[739] Vedi cod. carte 150. Item circa hoc idem diligenter notandum
-qualiter praefert tertium statum secundo, et quamvis hoc inveniatur
-in locis plurimis, sufficit tamen illa recapitulatio, quam facit in Vº
-libro _Concordiae_ in fine secundae distinctionis quod incipit sic: _Ad
-explanationem mysterii supra scripti_ (Cfr. ediz. ven. V, 82, fol. 112,
-col. 2).
-
-[740] Una nota di fra Gherardo (cod., carte 148 _tergo_; RENAN, loc.
-cit.), rimanda infatti al _Decacordo_: Super hoc glossa fratris Girardi
-declaratio est ejus, quod dicitur aevangelium aeternum in secundo
-libro Psalterii decem chordarum scilicet XIX capitulo quod incipit: _in
-primo sane tempore_ (Cfr. ediz. veneta, fol. 259, col. 4). Fin qui la
-nota pubblicata dal Renan. La Commissione segue riportando le parole
-di Gioacchino, che sono veramente notevoli. Sed jam nunc agendum est
-de tempore quinto, in cujus initio sumus nos, in quo oportet adhuc
-Spiritum Sanctum missum a filio operari opera sua multo altius, quam
-hactenus operatus est, ut omnes discant honorificare Spiritum Sanctum
-sicut Patrem et Filium. In quo? Haud dubium quod in Evangelio ejus.
-Non enim sicut decet honorificat illum, qui non subjectus et devotus
-recipit evangelium ejus. Et quod est evangelium ejus? illud quod
-dicitur Joannes in Apocalipsi: Vidi Angelum Dei volantem per medium
-coelum et datum est illi Evangelium aeternum. In quo (ediz. ven.,
-_quod_) est Evangelium ejus? illud quod procedit de Evangelio Christi,
-lictera autem occidit, spiritus autem vivificat. Gioacchino parla
-qui per incidenza dell'_Evangelo eterno_, nè certo egli ha la superba
-pretensione di dare questo nome ai suoi libri, ma certo è che anche lui
-intende per _Vangelo eterno_ l'interpetrazione spirituale od allegorica
-del vangelo di Cristo.
-
-[741] Cod., carte 144 _tergo_: In praenotatis videtur quod iste novas
-et falsas opiniones confingat, et hoc maxime vanae gloriae causa, idest
-ut exaltet ejus ordinem incredibiliter et intempestive super alios
-ordines immo super totam ecclesiam.
-
-[742] Così ad esempio a carte 150 _tergo_ del codice (RENAN, pag. 112):
-Dicit frater Girardus in notula: iste doctor sive Angelus (che apre
-il sesto suggello) apparuit circa MCC annum incarnationis dominicae,
-hoc est ille liber, de quo loquitur hic, in quo tonitrua loquuta sunt
-voces suas, quae sunt mysteria septem signaculorum. È evidente qui
-l'allusione a Gioacchino, che pubblicò i suoi libri nel 1200. Più
-chiara è l'altra nota (cod., carte 150; RENAN, p. 111). Notula fratris
-Gerardi: In hoc loco vir indutus lineis, qui fuit minister hujus
-operis, loquitur de se et de duobus (S. Domenico e S. Francesco), qui
-secuti sunt eum statim post mcc annis Incarnationis dominicae, quos
-Daniel dixit se vidisse super ripam fluminis, quorum unus dicitur in
-Apocalipsi: Angelus habens falcem acutam, et alius dicitur Angelus qui
-habuit signum Dei vivi, per quem Deus renovavit apostolicam vitam.
-
-[743] I Giudici d'Anagni a ragione citano a carte 142 la _Concordia_
-(V, 66, fol. 95, col. 4), ove si legge: Senectus David hujus secundi
-stati et ordinis ecclesiastici militantis in litera Evangelii
-senectutem designat .... Quia vero in servando ordine suo incipiet
-Pontifex [_romanus_, aggiunge l'ediz. veneta] frigescere, extollentur
-adhuc aliqui de clero qui videbuntur esse strenui ad certamen, ut stent
-in regno Ecclesiae pro patre suo. Sed non obtinebunt, quia non erit
-adhuc necesse regnare ordinem belli in die pacis, sed magis oporteret
-religiosos transire in illum ordinem, qui designatus est in Salomon.
-Queste parole sono molto chiare, e sembrano scritte da fra Gherardo.
-Egli è vero che in fine del capitolo Gioacchino aggiunge: non igitur,
-quod absit, deficiet Ecclesia Petri, quae est tronus Christi, sicut
-natis mulierum in fine veteris Testamenti, sed commutata etiam in
-majorem gloriam, mauebit stabilis in aeternum. Ma queste pie proteste
-non distruggono le precedenti proposizioni, e la Chiesa resterà eterna,
-a patto che si trasformi. Non sarà un mutamento violento, ma un pallido
-tramonto, come direbbero oggi. In un altro luogo della _Concordia_,
-II. I, 28, fol. 18, col. 1, rilevato dai giudici a carte 144 _tergo_
-è detto: Duo perfecti ordines claruerunt .... ecclesiasticorum unus,
-alius monachorum, et ipsi duo unus sunt clerus, qui tamen uno modo
-CONSUMATIONEM ACCIPIET in tribulatione antichristi, alio (alius?)
-modo mansurus usque ad consummationem seculi. È evidente l'artifizio
-di porre che i due ordini in fondo facciano un solo, perchè si possa
-dire che non ostante sia per cessare l'ordine clericale, dura tuttavia
-nel suo successore e continuatore. In qualche altro luogo è detto più
-esplicitamente che l'ordine clericale rappresentato da Pietro cederà
-al monastico rappresentato da Giovanni, così nel _Decacordo_, fol. 267,
-col. 3, (cod., carte 145 _tergo_): Ubi autem transierit quod significat
-Petrus sequens Dominum in cruce sua, succedet manifeste quod designat
-Johannes .... La parola EVACUATIO è adoperata in molti luoghi. Nella
-_Concordia_, II, 1, fol. 7, col. 2 (codice, carte 148, _tergo_) ....
-expectantibus nobis ignem de coelo, qui consumat terram et aquam,
-expectantibus idest spiritualem intellectum, qui terrenam illam
-superficiem licterae .... EVACUANDO CONSUMAT .... Super hoc, aggiungono
-i giudici d'Anagni, Girardus in glossa: In hoc mysterio vocat terram
-scripturam prioris Testamenti, aquam scripturam Novi Testamenti,
-ignem vero scripturam _Aevangeli aeterni_. Parimenti nel V, 74 della
-_Concordia_ [ediz. ven. fol. 102, col. 4, codice, carte 151, _tergo_].
-Sicut enim EVACUATA est mactatio (ediz. ven., _observatio_) Agni
-paschalis in mactatione (e. v. _observatione_) corporis Christi, ita in
-clarificatione Spiritus Sancti cessabit observatio omnis figurae.
-
-[744] Cod., carte 152. Quinto notandum diligenter illud, quod dicit
-in primo libri Psalterii .... ubi invehitur primo contra Sabellium
-et Arrium, sed statim post contra magistrum Lombardum. E riprodotto
-il luogo già da noi citato, fol. 229, col. 3, seguitano: Et paulo
-infra eadem distinctione seu capitulo videtur adhuc astruere haeresim
-dannatam in Concilio lateranensi .... Più appresso: Item habetur
-apertius in libello ipsius Joachim De Articulis fidei descripto ad
-quemdam filium suum Johannem, quod opus suspectum est ex ipso prologo.
-
-[745] Vedi le bolle in DU BOULAY, III, 292 .... Alexander ecc.
-Venerabili fratri Episcopo Parisiensi. Libellum quemdam, qui
-in _Evangelium aeternum_, seu quosdam libros Abbatis Joachim
-Introductorius dicebatur, et quem felicis recordationis Innocentio
-Papae predecessori nostro misisti, postquam illum per venerabiles
-fratres .... diligenter examinari fecimus, de fratrum nostrorum
-concilio duximus abolendum. In un'altra bolla spedita poco dopo
-raccomanda allo stesso arcivescovo (DU BOULAY, pag. 293), quod sic
-prudenter, sic provide in apostolici super hoc mandati executione
-procedas, quod dicti frates (minores) nullum ex hoc opprobrium,
-nullamque infamiam incurrere valeant.
-
-[746] _Direct._, pag. 271, cujus auctor fuit ut fertur communiter
-quidam frater Joannes de Parma, italicus monachus.
-
-[747] Il Salimbene dopo aver parlato del libro del S. Amour, seguita,
-a pag. 233: Alter vero libellus continebat multas falsitates contra
-doctrinam abbatis Joachym, quas abbas non scripserat, videlicet quod
-Evangelium Christi et doctrina Novi Testamenti neminem ad perfectum
-duxerit, et evacuanda erat MCCLX anno. Et nota quod iste, qui fecit
-istum libellum, dictus est frater Ghirardinus de burgo Sancti Donnini,
-qui in Sicilia nutritus fuit in saeculo, et ibi docuit in grammatica
-.... Et Parisius fecit istum libellum, et ignorantibus fratribus
-divulgavit, sed valde bene fuit punitus: pag. 255 Porro post multos
-annos, cum habitarem in conventu Imolae, venit ad cellam meam frater
-Arnulphus guardianus meus cum quodam libello, qui scriptus erat in
-chartis de papiro, et dixit mihi: quidam notarius est in terra ista,
-qui est amicus fratrum, et istum libellum, quem scripsit Romae quando
-fuit ibi cum senatore urbis domino Brancaleone de Bononia, accomodavit
-mihi ad legendum, et habet eum valde carum, quia frater Gherardinus de
-burgo Sancti Donnini scripsit et composuit eum, quapropter legatis in
-eo vos, qui studuistis in libris Ioachym, ut dicatis mihi si continet
-aliquid boni. Cumque legissem et vidissem dixi fratri Arnulpho: iste
-liber non habet stilum antiquorum doctorum, et habet verba frivola et
-risu digna propterea diffamatus est liber et reprobatus ....
-
-[748] Anche il Renan ha notato, pag. 116: les documents d'Anagni
-ne disent pas avec la clarté désirable que Gerard soit l'auteur de
-l'Introductorius à l'Evangile éternel. Io aggiungo che non lo dicono nè
-chiaramente, nè oscuramente.
-
-[749] Il Renan ha chiamato l'attenzione su questo passo
-dell'Introduttorio: (cod. car. 139; RENAN, pag. 116; cfr. D'ARG., 164).
-Item VIII capitulo dicit (cioè lo scrittore dell'Introduttorio) quod
-sicut in principio primi status apparuerunt tres magni viri, scilicet
-Abraham, Isaac et Jacob, quorum et tertius, scilicet Jacob, habuit XII,
-et sicut in principio secundi status tres, scilicet Zacharias, Ioannes
-Baptista et homo Jesus Christus, qui similiter secum habuit XII, sic et
-in principio tertii status tres similes illorum, scilicet vir indutus
-lineis, et angelus quidem habens falcem acutam, et alius angelus
-habens signum Dei vivi. (D'altra mano è scritto in parentesi _scilicet
-Sanctus Franciscus_. L'angelo della falce acuta è S. Domenico, il
-persecutore implacabile degli eretici). Ipse primo habuit XII, (male
-il D'Arg. _et habebit similiter angelus_), inter quos et ipse fuit
-unus (cioè lo scrittore dell'Introduttorio), sicut Jacob habuit XII in
-primo statu, et Christus XII in secundo. Item quod per virum indutum
-lineis intelligat Joachim scriptor (sin qui il D'Argentré, il resto
-fu pubblicato dal Renan, pag. 116, n. 1) hujus operis probatur XXI
-cap. circa medium per haec (_haec_ omesso dal Renan) verba de quinque
-intelligentiis et septem tipicis (Renan: _ubi sic ait_) sic ait «vir
-indutus lineis in aperitione mysteriorum Isaiae (Renan: _Jeremiae_)
-prophetae, ecce, ait, praeter historicum morale tropologicum etc.».
-Item XXIII circa principium ita dicitur: «ad quam scripturam tenetur
-populus tertii status mundi, quemadmodum populus primi status ad vetus
-Testamentum et populus secundus ad novum, quantumcumque hoc displiceat
-hominibus generationis istius». In questo passo il Renan stesso nota:
-1º che l'autore dell'Introduttorio è detto indeterminatamente scriptor
-hujus operis. 2º Che la frase _inter quos ipse fuit unus_ conviendrait
-mieux à Jean de Parme qu'à Gerard. Queste due osservazioni basterebbero
-a provare che l'autore dell'Introduttorio non può essere Gherardo; ma
-v'ha una terza osservazione da fare. In un luogo del codice, pubblicato
-pure dal Renan (pag. 110, n. 2) si legge: Item in XII c. versus finem
-ponit haec verba: «usque ad illum angelum, qui habuit signum Dei vivi,
-qui apparuit circa MCC incarnationis dominicae, quem angelum frater
-Gerardus vocat et confitetur sanctum Franciscum». Secondo il contesto
-di questo estratto quei che ponit haec verba, non è lo stesso di chi
-vocat et confitetur. Codeste prove non sono sì lievi da poter dire
-col Renan: rien n'autorise à croire que Jean de Parme ait participé
-directement à la rédaction du livre poursuivi de tant d'anathèmes. Io
-direi piuttosto il contrario, che molti indizii ci menano a conchiudere
-essere l'autore dell'Introduttorio ben diverso da quello delle note, e
-molto probabilmente Giovanni da Parma.
-
-[750] Dico note introduttive, perchè parmi che si debbano distinguere
-nell'_Evangelo eterno_ tre introduttorii. 1º Uno generale a tutte le
-tre opere di Gioacchino; 2º uno speciale al _commento dell'Apocalisse_
-il quale andava sotto il nome di Enchiridion seu Introductorius. 3º
-Finalmente un terzo introduttorio, appartenente a Gioacchino stesso,
-e pubblicato nell'edizione a capo dell'_Expositio in Apocalipsim_. Che
-si debba distinguere l'Enchiridion dall'Introductorius appar manifesto
-dal codice, perchè tutte le volte che si cita l'Enchiridion vengon
-riferiti capitoli, che non si trovano nell'Introductorius pubblicato a
-Venezia, e per i opposto tutte le volte che si cita l'Introductorius
-la conformità tra il resoconto d'Anagni e l'edizione stampata è
-così perfetta come per le altre opere autentiche di Gioacchino.
-Cito alcuni esempi; a carte 141 si legge: Hoc expressius dicitur in
-Enchiridion sive Introductorio novae Apocalypsis quod sic incipit:
-nunc de VII signaculo et septem temporibus. Non c'è nessun capitolo
-dell'Introduttorio stampato, che cominci con queste parole. Poche
-righe più sotto seguitano gl'inquisitori: Similiter in Introductorio
-_Apocalypsis_ cap. III quod intitulatur de tribus statibus mundi et
-incipit «primus trium statuum» citazione che risponde a capello al cap.
-V dell'ediz. veneta, fol. 5, col. 2. A carte 147 _recto_ e carte 151
-_recto_, si citano dal capitolo dell'Enchiridion de septimo signaculo
-passi che non si trovano nella stampa. Nel mentre a carte 147 _tergo_
-è citato il cap. V dell'Introduttorio rispondente al cap. VII, fol.
-9, col. 4 dell'ediz. veneta. A carte 144 _recto_ si cita il cap. XVII
-dell'Introduttorio corrispondente al fol. 20, col. 1 della stessa
-edizione.
-
-[751] L'AFFÒ, _Vita del beato Giovanni_, Parma 1776, per iscagionare
-non solo il generale, ma tutto l'ordine francescano, escogita l'ipotesi
-strana che l'_Evangelo Eterno_ appartenga o agli Almariciani, (pag. 67)
-o ad un ignoto Giovanni da Parma (pag. 77) ben diverso dal generale. Nè
-vuol neanche (pag. 95 in nota) che se ne faccia autore fra Gherardino.
-_E questo sia detto in prova di questa gran verità, che l'ordine dei
-minori non ebbe alcun individuo tanto sfrontato, che fosse capace di
-metter fuori libro sì pernicioso._ Eppure l'Affò conosceva benissimo la
-Cronaca del Salimbene!
-
-[752] Salimbene, pag. 97: Porro frater Hugo solitus erat dicere, quod
-quatuor habebat amicos, quos specialiter diligebat, quorum primus
-erat frater Johannis de Parma generalis minister (et hoc congruum
-fuit quia ambo erant magni clerici et spirituales viri et maxime
-Joachitae); cujus etiam amore mihi fuit familiaris et quia videbar
-credere scripturis abbatis Joachim de ordine Floris. P. 132-33: Et
-notandum quod quamvis frater Johannes de Parma habuerit multos mordaces
-occasione doctrinae abbatis Joachim, habuit tamen multos qui eum
-dilexerunt, inter quos fuit magister Petrus Hispanus (Papa Johannes
-XXI).
-
-[753] L'Affò, pag. 87 cita il Salimbene che a pag. 133 narra: Papa
-etiam Innocentius IV diligebat fratrem Johannem sicut animam suam, et
-quando ibat ad eum, recipiebat eum ad osculum oris, et cogitavit eum
-facere cardinalem, sed morte praeventus, non potuit. Come mai, seguita
-l'erudito francescano, il Papa che conosceva l'_Evangelo Eterno_ potea
-pensare di elevare ai supremi onori l'autore del pessimo libro? Ma è da
-notare che Innocenzo IV non potè esaminare codesto libro, mandatogli
-dall'arcivescovo di Parigi nello stesso anno che morì. L'Affò
-avrebbe potuto citare un altro luogo del Salimbene, del quale già
-riproducemmo il principio nella nota precedente, e che seguita così:
-Petrus Hispanus, qui factus cardinalis et postea ipse idem factus Papa
-Johannes XXI, cum esset magnus sophista, loicus et disputator atque
-theologus misit pro fratre Johanne de Parma, qui similia in se habebat,
-voluit ergo Papa quod semper esset cum eo in curia et cogitabat eum
-facere cardinalem, sed morte praeventus non potuit facere. Ma anche
-questo passo non concluderebbe nulla, perchè al tempo di papa Giovanni
-XXI (1276-77) le agitazioni francescane erano cessate, ed un profondo
-obblio copriva l'_Evangelo Eterno_, condannato già 21 anni prima.
-Anche per Niccolò III l'Affò avrebbe ben fatto a riprodurre tutto il
-passo del Salimbene, dal quale si ha da cavare una conclusione affatto
-opposta alla sua. Eccolo (pag. 131): Hic (Johannes de Parma) propter
-doctrinam abbatis Joachym, quia nimis adhesit dictis suis, exosus
-fuit quibusdam ministris et papae Alexandro quarto et papae Nicolao
-tertio, qui ambo cum essent cardinales, fuerunt ordinis gubernatores,
-protectores et correctores, et prius diligebant eum intime sicut
-semetipsos propter ejus scientiam et sanctam vitam. Unde post longum
-tempus dominus Johannes Cajetanus, qui erat papa Nicolaus tertius,
-accepit eum per manum, et familiariter ducebat eum per palatium dicendo
-sibi: cum tu sis homo magni consilii, non melius esset tibi et ordini
-tuo quod tu esses hic nobiscum cardinalis in curia, quam sequi verba
-stultorum, qui de corde suo prophetant? Respondit frater Johannes et
-dixit Papae: de dignitatibus vestris non curo, quia de hoc commendatur
-quilibet sanctus, ad cujus laudem cantatur: nec terrenae dignitatis
-gloriam quaesivit, sed ad coelestia regna pervenit. De consilio autem
-dando dico vobis quod bene sanum darem consilium si essent qui me
-vellent audire; _sed in curia romana his diebus parum aliud tractatur
-nisi de guerris et de tropheis et non de animarum salute_. Audiens
-haec Papa ingemuit et dixit: sic sumus talibus consueti, quod omnia
-quae dicimus et facimus utilia fore credamus. Cui frater Johannes
-respondit: Et beatus Gregorius, sicut in dialogo legitur, de talibus
-suspirasset. Post hoc dimissus frater Johannes reversus est ad heremum.
-Da questo racconto risulta certo non l'innocenza di Giovanni, ma la
-sua persistenza nelle opinioni gioachimitiche, non ostante che il Papa
-cercasse di distiogliernelo. Si può dubitare che Giovanni abbia tenuto
-un linguaggio così acre col Pontefice, ma certo quelle frasi erano in
-bocca di tutti i Gioachimiti.
-
-[754] SALIMBENE, pag. 131. Dixit mihi frater Bartholomaeus Calarosus
-de Mantua; .... dico vobis, frater Salimbene, quod frater Johannes
-de Parma turbavit semetipsum et ordinem suum, quia tantae scientiae
-et sanctitatis et excellentissimae vitae erat, quod curiam romanam
-corrigere poterat, si credidissent sibi; sed postquam secutus est
-prophetias hominum fantasticorum, vituperavit seipsum, et amicos suos
-non modicum laesit. Et respondi et dixi: ita etiam et mihi videtur, et
-tristor non modicum, quia intime diligebam eum; sed Joachitae dicunt:
-prophetias nolite spernere .... Pag. 132: cum disset mihi frater
-Johannes de Castroveri .... quod frater Johannes de Parma, quondam
-generalis minister adhuc erat in credulitate sua, et ego dixissem sibi
-quod si essem cum eo sperabam quod possem eum revocare ab illa, dixit
-mihi: vade ergo ad eum etc. L'Affò non nega che fra Giovanni fosse
-Gioachita, ma per salvare l'ortodossia di lui, mutila le dottrine
-di Gioacchino, riducendole al solo capo dell'Anticristo, nella cui
-imminente venuta molti padri della Chiesa fermamente credettero (pag.
-130). Invece noi abbiamo già dimostrato che le dottrine dell'_Evangelo
-Eterno_ non che essere foggiate dagli Almariciani, si trovano
-sostanzialmente nelle opere autentiche dell'abate florense.
-
-[755] Secondo il Salimbene (pag. 137) le dimissioni furono spontanee,
-e più d'un giorno insisterono i capitolari perchè le ritirasse, ma
-persistendo il generale nel suo proposito, lo pregarono che indicasse
-lui il successore. Et statim assignavit fratrem Bonaventuram de
-Bagnoreto et dixit quod in ordine meliorem eo non cognoscebat: et
-statim omnes consenserunt in eum et fuit electus. Non è probabile
-che fra Giovanni indicasse a suo successore chi dopo eletto gli aprì
-un processo. E l'Affò stesso cita un contemporaneo fra Peregrino
-di Bologna, il quale (pag. 105) dice al contrario: idem Papa sibi
-in secreto praecepit, quod renunciaret officio et quod nullo modo
-assentiret, si ministri eum vellent in officio retinere. Et ego,
-inquit, in capitulo fui mediator inter ipsum et ministros, et hoc
-habui ex ore ejus. E se l'Affò non crede al racconto di fra Pellegrino,
-perchè appartenente al partito di frate Elia, altri potrebbe dubitare
-del Salimbene, appartenente al partito Gioachimita. Tanto più che il
-racconto di Salimbene è improbabile, e non scevro di pie invenzioni
-come questa che nel romitorio di Grecia, ove si ritirò fra Giovanni,
-duae aves de sylva sylvestres, ad modum anseris grandis, et sub
-disco suo, ubi studebat continue, fecerunt nidum ova et pullos, et
-permittebant se tangi ab eo.
-
-[756] Per esempio la _Cronaca delle tribolazioni_ a carte 181_v_: «Ma
-secondo che testifica esso frate Giovanni in questa parte molto fallì
-Bonaventura, perocchè parlando e conferendo insieme con frate Giovanni
-dentro in cella della predetta quistione, si concordava e mostrava
-di sentire e di tenere una medesima cosa con frate Giovanni, ma nel
-cospetto delli frati, ed in comune si mostrava di tenere il contrario.
-E per questo frate Giovanni molto temeva frate Bonaventura». Così pure
-a carte 199 _recto_ e _tergo_: «è fatto stupendo a ciascheduna mente
-come presummettono di trattare iniquamente e irriverentemente tanto
-e sì fatto uomo con loro infamia con scandalo e vituperio di tutto
-l'ordine e confusione di tutta la religione .... venne frate Giovanni,
-e fu costretto di giurare come sospetto d'eresia, e fu inquisito il
-savio dalli stolti e l'antico dalli giovani ecc. E allora s'oscurò
-e impallidì la sapientia e sanctità di frate Bonaventura, e la sua
-mansuetudine dal maligno spirito, che il commoveva, fu voltata in
-furore». Questi passi mostrano chiaramente l'irritazione del partito
-intransigente contro fra Bonaventura. Contro il quale solevano addurre
-una pretesa profezia di fra Jacopo della Massa, come riferisce la
-stessa cronaca a pag. 186 _recto_: « .... Questo frate Jacopo da Massa
-nel principio del generalato di frate Giovanni da Parma stette tre
-giorni rapto fuori di sè .... A costui fu data la intelligenza delle
-scripture e lo spirito della prophetia, allora lui mi disse e manifestò
-una cosa molto stupenda, cioè che .... vidde un arbore molto bello
-e alto, la cui radice era d'oro ed il pedale d'argento, le foglie
-d'argento inorato, li frutti dell'arbore erano huomini ed erano frati
-minori, e vedde frate Giovanni da Parma, il quale stava nella cima del
-ramo di mezzo di quest'arbore. E venne S. Francesco ad amministrare lo
-spirito della vita alli suoi frati, secondo che li era stato comandato,
-ed incominciandosi da frate Giovanni da Parma li dette il calice dello
-spirito della vita .... e avendolo bevuto diventò lucente come sole,
-quelli pochi che divotamente tutti lo bevevono, tutti diventavano
-lucidi come il sole, ma quelli, li quali lo versavano, diventavano
-tenebrosi e neri e orribili a vedere e simili alli demonii .... furono
-date a frate Bonaventura, unghie di ferro taglienti come rasori (pag.
-190): Gesù Cristo chiamò S. Francesco e li dette una pietra focaja
-molto tagliente .... e S. Francesco venne e tagliò le unghie di frate
-Bonaventura, e frate Giovanni si restò nel loco suo lucente come
-il sole». Questa visione, riferita anche nei _Fioretti_, ed accolta
-dal Mariano e dal Wadding, è certamente una invenzione del partito
-intransigente, e l'Affò ben fece a dubitarne (pag. 109 e segg.), benchè
-le ragioni addotte da lui tengano poco.
-
-[757] Certo fra Giovanni fu accusato non solo quale capo del partito
-intransigente, bensì come gioachimita e l'Affò ha ben torto di
-sostenere che principalmente sul primo motivo gli fu aperto il
-processo. Se non ci fosse stata la condanna dell'_Evangelo Eterno_,
-e la necessità di salvare la riputazione dell'ordine, non si avrebbe
-avuto il coraggio di sottoporre ad accusa un uomo come fra Giovanni.
-Anche la _Cronaca delle Tribolazioni_ adduce varii capi di accusa, ma
-confessa che il più grave fu quello delle opinioni gioachimite. Non
-credo inutile riferire da questa cronaca inedita le accuse, riportate
-pure dal Wadding e dall'Affò. Carte 148 _tergo_: «Una delle ragioni
-dell'odio che molti ebbero contro Giovanni è il linguaggio severo che
-teneva contro tutti, perchè i frati insegnano loro, (ai novizii) di
-riservarsi le loro cose per libri, o veramente di darsi alli frati per
-edificare Chiese o luoghi o per altri loro bisogni, e non annunziano
-loro fedelmente come dice la regola, cioè che le distribuischino alli
-poveri del secolo». Carte 170 _t_: «e li frati non sono contenti di
-avere due tuniche di panno vile e di rappezzarle di sacco e d'altri
-pezzi con la benedizione di Dio, ma procurano d'avere vestimenti
-preziosi e delicati e duplicati e tutti quelli li quali amano li
-vestimenti vili, e che predicano l'observantia regolare, li giudicano
-come uomini indiscreti, e che si vogliono mostrare santi e li chiamano
-hypocriti». Carte 171_r_: appena dicono l'ore loro. Carte 174_r_:
-«diventano (li frati) mercanti, vendendo le cose spirituali per le
-temporali, e le cose che acquistano le convertono nelli proprii usi».
-Carte 175_r_: «non possono ascoltare pazientemente la verità delle
-loro transgressioni; ma reputano che sia loro lecito d'inpugnare e
-perseguitare tutti quelli parlano o sentono il contrario delle loro
-opere». Carte 175 _t_: «tornando una volta da Roma un lettore della
-nostra provincia riferiva alli frati in comune e ad alcun altro
-lectore, come frate Giovanni predicando in Roma alli frati avea dicto
-nel suo sermone ai frati contro ad ogni stato, e specialmente contro
-alli frati tanto duramente che giammai li frati della Marca non
-l'averrebbono perdonata a nessun altro frate». Carte 176 _t_: «diceva
-qualmente il testamento e la Regola sono substantialmente una medesima
-cosa». Carte 779 _t_: «Frate Giovanni biasimava molto quelli, li quali
-addimandavano sopra la regola altre declarationi oltre al testamento,
-e admonitioni di San Francesco, come coloro che revocavano in dubbio la
-certezza della vera intelligenzia della Regola, e contro la obedientia
-e comandamento del padre loro la storcevano al beneplacito della loro
-tepida volontà; epperò portavano molestamente le sue parole e il
-suo parere e sentimento; e apostata e presa la cagione di un'altra
-questione perseguitarono e punirono acerbamente lui e li principali
-compagni come infecti di eretica pravità .... Perocchè frate Giovanni
-da Parma lui con li conpagni tenevano che l'abate Gioacchino aveano
-tenuto e sentito sanctamente e cattolicamente della sancta trinità,
-e dell'unità e divina essenza .... e la decretale d'Innocenzio Papa
-non damnava lui, nè la sua dottrina per rispetto della sua posizione
-e affermazione che lui fa di quella questione, ma riprova quello
-libello che Joacchino compose contro mastro Pietro Lombardo .... però
-quello libello fu dannato in quanto che era diffamatorio di maestro
-Pietro Lombardo .... perocchè maestro Pietro non sentì nè tenne il
-contrario di quello che tennono li sancti. Per questa seconda ragione
-e cagione mossi li frati apparentemente provocorono frate Bonaventura
-ad esaminare frate Giovanni e li compagni della fede e promossone
-il figliuolo contro il padre, e il promosso contro il promotore e il
-dilecto già discepolo contro all'amante maestro e pastore. La tertia
-ragione della persecuzione fu lo scrivere di due sermoni fatti dai due
-compagni di frate Giovanni. Dei quali il primo per empio e per modo
-dire senza sale lodava la doctrina dell'abate Gioacchino insieme con la
-persona, il secondo induceva nel suo sermone tutti li principali passi
-della scriptura di Joachino, e che fanno e che sono a commendatione di
-S. Francesco e della Regola e a declarazione della vita evangelica e
-della sua istituzione e depravazione .... e principalmente toccava li
-prelati e li più principali principalmente. Il quale libro leggiendo
-frate Bonaventura si dice che sospirò e lagrimò perchè queste cose si
-potevano intendere particolarmente per lui».
-
-[758] Salimbene non fa nessun cenno nè del processo nè della condanna,
-sebbene nel passo riportato più sopra dica chiaramente che Giovanni
-cadde in disgrazia dei Papi Alessandro IV e Niccolò III. Ma la _Cronaca
-delle Tribolazioni_, seguita dal Mariano e dal Wadding, racconta quello
-che riferiamo nel testo, nè l'Affò ne dubita.
-
-[759] _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 186: «E chiamati prima li due
-principali compagni di frate Giovanni, ciascuno delli quali era molto
-suffitiente e molto docto nella divina scriptura, cioè frate Leonardo
-e frate Giraldo li costrinsero a giurare di rispondere puramente
-la verità. Carte 196 _t_: frate Giraldo era di tenace memoria e di
-deserta e di pulita lingua e di acuto intelletto e dalla bocca sua
-usciva un fiume d'auctorità: Carte 198_r_: come eretico condannarono
-alla perpetua carcere lui e il suo compagno, il quale frate Giraldo
-entrando nella carcere disse: in loco pascue ibi me collocavit, ove
-stetti diciocto anni con tanto gaudio e letizia come se continuamente
-avessi avute tutte le delicatezze del mondo .... vivendo come eretico e
-scomunicato, e alla fine fu privato dell'ecclesiastica sepoltura sotto
-la medesima penitenza vivette e morì frate Leonardo. Dopo molto tempo
-Pietro dei Nubili perchè non volessi dare alii frati un trattato, il
-quale avea compilato frate Giovanni, morì in carcere». Questa ultima
-notizia è molto importante, perchè mostra che anche fra Giovanni avea
-composto un trattato (l'Introduttorio?) sullo stile degli scritti
-di Leonardo e fra Gherardo e al pari di quelli severamente proibito.
-D'accordo colla _Cronaca_ il SALIMBENE, pag. 102: frater Ghirardinus
-Parisius missus fuit, ut studeret pro provincia Siciliae, pro qua
-receptus fuerat. Et studuit ibi IIII annos et excogitavit fatuitatem,
-componendo libellum, et divulgavit stultitiam suam. De quo libello
-iterum dicam, cum ad Papam Alexandrum quartum pervenero, qui ipsum
-reprobavit. Et qui occasione istius libelli improperatum fuit ordini et
-Parisius et alibi, ideo praedictus Ghirardinus, qui libellum fecerat,
-privatus fuit lectoris officio et praedicationibus et confessionibus
-audiendis et omni actu legitimo ordinis. Et quia noluit resipicere
-et culpam suam humiliter recognoscere, sed perseveravit obstinatus
-procaciter in pertinacia et contumacia sua, posuerunt eum fratres
-minores in compedibus et in carcere, et sustentaverunt eum pane
-tribulationis et aqua angustiae. Iste miser nec sic voluit resilire a
-proposito obstinationis suae, permisit itaque se mori in carcere, et
-privatus fuit ecclesiastica sepoltura. Sepultus in angulo horti.
-
-[760] SALIMBENE, pag. 131 .... Et tu similiter Joachita fuisti, cui
-dixi: verum dicitis sed postquam mortuus est Fridericus, qui Imperator
-jam fuit et annus millesimus ducentesimus sexagesimus est elapsus,
-dimisi totaliter istam doctrinam, et dispono non credere nisi quae
-videro.
-
-[761] WADDING, _Annales minorum_, V, 52, che segna la _Cronaca delle
-Tribolazioni_, da lui citata nel nome di Chronica antiqua. Nelle note
-seguenti mi varrò direttamente di questa fonte, pubblicandone per
-quanto lo spazio mi consente, i brani più importanti.
-
-[762] _Cronaca_, carte 204 _tergo_: «Della quinta tribolazione
-dell'ordine delli frati minori della quale nelle parti ultramontane
-frate Pier Giovanni fu il principale che ne partecipò, come si dirà
-nel subsequente capitolo — Essendo assunto al cardinalato frate
-Bonaventura contro alla sua volontà per la fama della sua scienza
-ed eloquentia e sanctità, li succedette nell'offizio del generalato
-frate Girolamo d'Ascoli, il quale poi fu Papa Niccolao quarto, che
-fu uomo assai mansueto e modesto e tardo ad ira e a fare ingiuria,
-posto che fossi tepido e rimesso a promuovere li buoni. Pag. 205: A
-costui .... accusato il sancto uomo di Dio frate Pier Giovanni d'Ulivo
-della provincia di Provenza e della custodia di Herbona, e nativo
-d'un castello chiamato Serignano, che esso frate Pier Giovanni per
-audacia e temeraria presunzione haveva composto alcune quistioni piene
-di temerarie novitati. La qual cosa udendo frate Girolamo generale
-lo fece chiamare a sè, e li disse che li portasse quelle quistioni
-che lui haveva fatte della nostra donna, il quale frate Pier Giovanni
-subitamente ebbe porto, e come il generale l'hebbe letto, li comandò
-che li mettessi in sul fuoco e l'ardesse. La qual cosa fatta frate
-Pier Giovanni senza mutare volto con l'animo tranquillo, come se avessi
-ricevuto un grande honore, rallegrandosi si lavò le mani e celebrò la
-messa. La qual cosa notando alcuni di quelli, che di già per lo merito
-delle sue virtù l'amarono, appostata l'ora opportuna l'addimandorono
-dicendo: frate Pier Giovanni come potesti tu dire la messa così
-subitamente dopo tanta ingiuria e riprensione, che ti fu facta dal
-generale non ti confessando tu avanti. Ai quali quello rispose e disse:
-Io ho ricevuta quella riprensione e ingiuria per grande benefizio et
-honore, e però non me ne sono dolsuto nè rammaricato. Anzi me ne sono
-rallegrato, che se voi pensate che per quello ardere e distruggere di
-quelle quistioni l'uomo se ne debba dolere, questo è niente, perchè a
-me è agevole cosa di ritrovare e riparare quelle medesime».
-
-[763] _Cronaca_, carte 214 «(fra Pier Giovanni) tolse un compagno,
-e non chiamato nè licenziato se ne andò a frate Bonagratia generale
-ministro .... E volendosi el generale spacciare di lui, e punirlo
-aspramente con penitentia confusibile per la inobbedentia, la quale
-avea commessa, fece radunare il capitolo spacciatamente, e frate
-Giovanni propose per tema del suo parlare: spiritu oris interficient
-ineptum. E poi seguitò il suo sermone con tanta efficacia e tanto
-fervore di spirito, che tutti si stupirono nella virtù delle sue
-parole. E tutti confusi nel cuore e nella mente, e non avendo ardire
-di rispondere alle sue parole, tacettono. Ma agghiadato nel cuore
-il generale non lo riprese della sua venuta, e non li dette alcuna
-penitentia, e dissimulò il dispiacere il quale lui avea conceputo
-contro a quello. Ma dipoi a pochi giorni, il generale infracidandosi
-e consumandosi d'amaritudine si cadde in infermità e morì, e insieme
-con lui morirono due principali adversari di fra Pier Giovanni». La
-Cronaca non conosce nè l'accusa del capitolo nè la sentenza della
-Commissione, nè la ritrattazione. Ma la condanna c'è nota dalla
-risposta dello stesso Olivi ai suoi giudici pubblicata dal Duplessis
-(D'ARGENTRÉ, _Collectio judiciorum_ I, 226). Il principio di questo
-documento è il seguente: Reverendis in Christo fratribus fratri Arloto
-de Prato, fratri Richardo de Mediavilla, fratri Drocho, fratri Joanni
-Valensii, fratri Symoni sacrae theologiae doctoribus; fratri Aegidio
-de Baysi, fratri Joanni de Murro, Bachalariis domus Parisiensis,
-homuncius peccator vilissimus dictus frater Petrus Joannes Olivi, eam
-reverentiae plenitudinem, quam decet Magistros et Patres tantos ac
-tales etc. Quello di cui si duole principalmente l'Olivi è che sieno
-state condannate le sue opinioni quaedam vero haeretica, quaedam in
-fide dubia, quaedam nostro ordini periculosa, quaedam nescia, quaedam
-praesumptuosa; nel mentre l'autore non fu ammesso a discolparsi, e
-neanco venne interrogato. Miror satis quomodo tum rigidus processus
-contra me actus, et quomodo tam solemnis tamque inusitata sententia,
-tamque diffamatoria per viros tam solemne est data, me super his omnino
-irrequisito. La formola di ritrattazione è riportata dal Wadding,
-V, 122. Ego frater Petrus Joannes consentio in verba magistrorum
-nostrorum, quae continentur in litteris sigillorum septem, qui Patres
-ad praeceptum venerabilis Patris fratris Bonagratiae, tunc generalis
-ministri, requisiti per obedientiam responderunt. Quel _tunc_ mostra
-che la sottomissione ebbe luogo dopo la morte del generale, avvenuta
-nel 1283.
-
-[764] _Cronaca_, carte 222-23: «Esso fu chiamato dal generale a Parigi,
-che dovessi rispondere alle cose proposte contro a lui davanti alli
-maestri e alli altri frati quivi congregati. Alle quali cose lui
-rispose tanto saviamente e pienamente e abbondantemente, che tutti li
-circostanti se ne meravigliarono e stupirono e confessorono che vera e
-cattolica era la sua posizione, e assertione delli predicti articoli,
-e nessuno di quelli, che l'accusarono, fu ardito di dire una parola
-contro a quello».
-
-[765] _Cronaca_, carte 213: «Per la qual cosa si voltarono a
-perseguitare li germogli e figlioli delli suoi razzi, e tutti li
-giovani, che si sforzavano di conformarsi alli suoi costumi e alla
-sua dottrina, con maligne inquisitione e perplesse e intrincate
-examinationi, come se fossero morti nell'eretica pravità, li
-incidevano col coltello dell'iniqua lingua diffamandoli, gittandoli e
-nascondendoli nelle fosse e sepolture, nelle fosse delle loro carceri e
-prigioni, e temendo li razzi delle loro chiarissime ragioni, infiammate
-del calore di charità del sole padre loro, cioè frate Pier Giovanni, e
-non potendo sostenere la sua presenzia, non avevono ardire di fare di
-lui inquisitione».
-
-[766] Anche quest'altra dichiarazione fu pubblicata dal WADDING, V,
-p. 299: Ego frater Petrus Joannes dico et profiteor, fratres minores
-non teneri ad aliquem usum pauperem neque ad aliam vivendi modum ultra
-contentum in declaratione Regulae facta a domino Nicholao III etc.
-
-[767] Il WADDING, V, 378, ci conserva le ultime parole dell'Ulivi.
-
-[768] Il Daunou nell'articolo sull'Olivi (_Hist. litt._, XXI, 44)
-parla d'un codice di Santa Croce, che conterrebbe l'_Esposizione
-dell'Apocalisse_. Ma il Bandini non cita se non due soli codici
-riferentisi all'Olivi, il primo (pluteo X dextr. cod. IV) contiene
-l'esposizione di Matteo fino a carte 197, e da carte 110 l'esposizione
-dell'evangelo di Luca. È notevole che in fondo al codice si legge una
-nota di mano di fra Tedaldo, la quale ricorda le postille di fra Pietro
-su Isaja, Ezechiele, le Sentenze, Geremia; ma non fa cenno alcuno del
-_Commento all'Apocalisse_. Il secondo codice (plut. XXXI, sin. cod.
-III) contiene parecchi opuscoli sulla povertà, e tra gli altri alcuni
-di Pier Giovanni. Eccone l'indice:
-
-Utrum sit melius aliquid facere ex voto, quam illud idem sine voto
-(carte 131). Utrum vovere alteri homini obedientiam; Utrum appellare
-ab inferiori (imperfecta et incompleta) (c. 132). Quod trium votorum,
-castitatis, paupertatis et obedientiae sit perfectius (132). Utrum
-Papa possit in omni voto dispensare (134). Utrum romano pontifici sit
-in fide et moribus ab omnibus obedire (139). Item sine argumento, an
-promittere alteri obedientiam in omnibus universaliter sit evangelicae
-perfectionis (140). Expositio regulae sancti Francisci (141). Quaeritur
-an status altissimae paupertatis sit simpliciter melior omni statu
-divitiarum (142). Ad oppositum quaestionis arguitur. Quaestio est
-pulchra. (162). Videtur quod status habens aliquid in commune sit
-melior (164). Quaestio an usus pauper includatur in consilio seu votu
-paupertatis (170). Utrum professoribus paupertatis evangelicae usus
-pecuniae sit totaliter interdictus (172). Quaeritur utrum praedicti
-pauperes teneantur vilissimis vestibus indui (174). Utrum Episcopi
-et Praelati, qui ad perfectionem evangelicam sunt ex voto adstricti
-teneantur ad pauperem usum (176). Utrum liceat professoribus evangelici
-aliquid repetere per se vel per alium (177). Utrum liceat professoribus
-evangelicis debita contrahere quacunque ex causa (178). Utrum ei liceat
-annualia convivia, seu pietantias recipere, seu procurare (178). Utrum
-virginitas, vel castitas, abstrahens ab omni concubitu, sit simpliciter
-melior matrimonio (178). Utrum votum vitandi suspectum consortium,
-vel colloquium includatur in voto evangelico (181). Utrum Religiosus
-vovens ea, quae non obsunt observantiae regulare, teneatur votum illud
-adimplere (182). Utrum sit conveniens ad professionem religionis, vel
-solemnis voti castitatis multos recipi (182). Utrum vovens ingredi
-Religionem si ducat uxorem, peccat semper mortaliter petendo debitum
-(182). De antiqui hostis versutia contra statum evangelicae paupertatis
-seraphici viri Francisci multiformi (183). Utrum perfectio evangelicae
-paupertatis possit ad talem modum vivendi reduci, quod sufficienter
-vivat de possessionibus et contradicitur a Papa vel Patribus (189).
-Responsio Petri Joannis in Capitulo generali quando fuit requisitus
-quid de usu paupere sentiret (204). De obitu dicti fratris Petri
-Joannis et quid receptis sacramentis dixit quando et ubi recepit
-scientiam suam, et quid senserit de usu paupere (206). Articuli
-abstracti descriptis tuis ab aemulis et impugnatoribus (206). Item
-tractatus ejus de usu paupere in fine quinti capitulo (206). Quaestio
-pulchra seu tractatus ejusdem de vita activa et contemplativa (206).
-
-[769] Nella professione di fede al letto di morte diceva l'Olivi
-(WADDING, V, 378): dico abdicationem omnis juris, seu jurisdictionis
-temporalis et pauperem rerum usum de substantia vitae nostrae
-evangelicae; pauperem vero usum hunc ita explico: ut omnibus
-consideratis censeatur potius pauper quam dives, seu declinet potius ad
-paupertatem quam opulentiam. Si vede in questa formola, che pare tanto
-logica, l'imbarazzo di definire il limite, al di là del quale l'uso
-cessa di essere povero.
-
-[770] I giudici del 1282 condannano la sentenza dell'Olivi (D'ARG., I,
-pag. 231): quod usus pauper rerum, prout in se includit necessitatem,
-quae dicit indigentiam manifeste existentem, vel de proximo imminentem
-et talem quod debitus status corporis, vel personae Deo servientis,
-nisi sibi succurratur, stare non potest, includitur in voto evangelicae
-paupertatis. Cfr. _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 224 _tergo_:
-«provava e affermava che la renunziazione d'ogni giurisdizione e l'uso
-povero era della sostanza della vita apostolica, e della professione
-della regola di S. Francesco, e chiamava l'uso povero tale uso, il
-quale, pensate tutte le circostanzie, vistamente si può chiamare
-più povero che ricco, non quello il quale induce estrema necessità
-delle cose da vivere, per il quale lo stato della nostra religione
-diventa pericoloso, nè quello il quale esclude le cose necessarie alla
-vita, e l'uso delle cose, cioè massaritie, ad usare per esecutione
-delli uffizii dello stato loro; perocchè li frati non debbono avere
-l'uso di tutte le cose, nè a nessuna superfluità ricchezze o pompe o
-abbundantia, che diminuisce la povertà, o veramente a tesaurizare,
-o per animo di vendere o dare ad altri o alienare, nè sotto spetie
-di provvedersi per il tempo futuro nè per altra cagione. Anzi debba
-apparire ed essere in loro quanto al dominio la espropriazione per ogni
-modo e nell'uso la necessità».
-
-[771] _Cronaca_, carte 226 «epperò diceva esso frate Giovanni che li
-notabili eccessi delli luoghi e delli hedifitii quanto alla preziosità
-della materia e alla curiosità della forma, pulitezza e bellezza e
-quanto alla qualità e sumptuosità e spese e quanto alle molte maniere
-delli acolti e procuratori che inducono e che richiedono per li
-edifizii, diceva che era impurità pericolosa». Vedi in WADDING, V, pag.
-379. Dico quarto, notabiles excessus in aedificiis quoad materiam et
-curiositatem, pro quibus construendis multiplices et importuni fiunt
-quaestus, periculosos esse .... Idemque censendum est de iis, qui
-procurant suis monasteriis annuos redditus et determinatas vel statutas
-sub singulis annis provisiones, praevenientes nimia sollicitudine omnes
-necessitates.
-
-[772] _Cronaca_, carte 227 «e similmente litigare e piatire per
-jurisdictione delle sepolture o delli funerali o per qualunque cosa
-temporale diceva esser notabile impurità .... et che fare questo per
-persone seculari instigandole e conducendole a questo, pagando le
-spese, e consigliandosi per questo modo, il quale noi vediamo che si
-fa da molti, non solamente è impurità, ma è una frauda nascosta della
-Regola». WADDING, loc. cit.: litigare vel causas movere coram judicibus
-circa funeralia aut legata pia nobis relicta impuritas est maxima
-contra Regulam; neque obstat quod per seculares seu fratrum amicos
-fiant.
-
-[773] _Cronaca_, carte 228 _tergo_ «Predicava ancora e diceva che li
-apostoli e li episcopi, li quali hanno professato la vita apostolica,
-come li apostoli quanto che per vigore del voto evangelico e della
-professione evangelica sono tenuti di osservare l'uso povero». Cfr.
-Wadding, loc. cit. Dico octavo quod viri apostolici, seu nostri
-fratres, qui evangelicam vitam se gloriantur profiteri, debent etiam
-in superioribus gradibus dignitatum, seu Episcopatuum constituti,
-quantum eorum status permittit, quod Domino voverunt, observare. Cfr.
-D'ARG., I, 232, ove l'Olivi rispondendo ai suoi giudici concede quod
-non tenentur ad usum pauperem in illis, in quibus usus pauper impediret
-eorum officium debitum.
-
-[774] _Sexti Decret. De verb. signif._, cap. 3. Insuper nec utensilia
-nec alia praeter eorum usum ad necessitatem et officiorum sui status
-executionem, non enim omnium rerum usura habere debent, ut dictum est,
-ad ullam superfluitatem divitias, seu copiam quae deroget paupertati
-etc.
-
-[775] L'ampia professione di fede cattolica riportata dal Wadding loc.
-cit., non impediva all'Olivi di sostenere che ei si sentiva obbligato
-di non credere nisi solo Romano Pontifici aut Concilio generali, nisi
-quantum ratio vel auctoritas Sacrae Scripturae vel fidei Catholicae per
-seipsam me cogit ut credam. Cfr. la _Cronaca_ carte 230 .... «credere
-al Romano Pontefice o veramente al Concilio generale se non quanto la
-ragione e l'autorità della sacra scriptura o della cattolica fede per
-sè medesima diffinisce».
-
-[776] Che l'Olivi appartenesse al partito creatore della letteratura
-pseudo profetica lo mostra la _Cronaca delle Tribolazioni_, a c. 208:
-«perocchè l'abate Gioacchino profetò di lui e mostrò che quello era
-stato profetato dalli antichi e dalli altri, e tutta la prima parte
-della profezia di Cirillo heremita, la quale esso abate Gioacchino
-magnifica grandemente, principalmente tocca Pier Giovanni, il loco
-della sua natività, l'ordine nel quale doveva entrare, e tutte le
-persecuzioni le quali lui doveva avere lui e i suoi seguaci». A c.
-209: «la Sibilla Eritrea li prophetò mille anni avanti al advenimento
-di Christo intanto che la simplicità e la innocentia di S. Piero del
-Murrone, e la renunziazione del Papato, ed il loco della seductione
-(1294) e le persone seducenti, e profeti, e scrisse chiaramente, e così
-ancora piacque acio che fussino profetati li singolari fatti di Pier
-Giovanni.»
-
-[777] Dagli estratti dell'_Apocalisse_ in BALUZE, ediz. Mansi, II,
-267 a: Quidam ex pluribus, quae Joachim de Friderico secundo et ejus
-semine scribit, et ex quibusdam, quae beatus Franciscus secrete fratri
-Leoni et quibusdam aliis sociis suis revelasse fertur, opinantur quod
-Fredericus praefatus cum suo semine sit respectu hujus temporis quasi
-caput occisum, et quod tempore mistici Antichristi ita reviviscat in
-aliquo de semine ejus, ut non solum Romanum imperium, sed etiam Francis
-ab ipso devictis obtineat regnum Francorum, quinque caeteris Regibus
-Christianorum sibi cohaerentibus.
-
-[778] BALUZE, pag. 261 (cfr. _Direct. inquis._, pag. 268). Igitur
-commemorato est adhuc notandum a quo tempore debeat sumi initium
-hujus sextae apertionis. Videtur enim quibusdam quod ab initio
-ordinis et regula sancti patris praefati; alii vero quod a solemni
-revelatione tertii status generalis, continentis sextum et septimum
-statum Ecclesiae, facta abbati Joachim et forte quibusdam aliis sibi
-contemporaneis; alii vero quod ab exterminio Babylonis et Ecclesiae
-carnalis per decem cornua bestiae, id est per decem Reges fiendo;
-alii vero quod a suscitatione spiritus seu quorundam ad spiritum
-Christi et Francisci, tempore quo ejus regula est a pluribus nequiter
-et sophistice impugnanda et condemnanda ab Ecclesia carnalium et
-superborum, sicut Christus condemnatus fuit a Synagoga reprobe
-iudaeorum. Hoc enim oportet praeire temporale exterminium Ecclesiae,
-sicut illud praeivit exterminium Synagogae.
-
-[779] BALUZE, pag. 263 a (_Direct._, V). Hic ergo angelus est
-Franciscus, evangelicae vitae et regulae sexto et septimo tempore
-propagandae et magnificandae renovator, et summus post Christum et ejus
-matrem observator .... Audivi etiam a viro spirituali valde fide digno,
-et fratri Leoni confessori et socio beati Francisci valde familiari
-quoddam huic scripturae consonum, quod nec assero, neque scio, nec
-censeo esse asserendum, scilicet quod tam per verba fratris Leonis quam
-per propriam revelationem sibi factam perceperat quod beatus Franciscus
-in illa pressura tentationis Babylonicae, in qua ejus status et regula
-quasi instar Christi crucifigetur, resurget gloriosus; ut sicut in vita
-et in crucis stigmatibus est Christo singulariter assimilatus, sic et
-in resurrectione Christo assimiletur necessaria tunc suis discipulis
-confirmandis et informandis.
-
-[780] BALUZE, pag. 258 (_Direct._, I). Primus status proprie coepit
-a Spiritus Sancti missione, licet alio modo coeperit a Christi
-praedicatione. Secundus vero proprie caepit a persecutione Ecclesiae
-facta sub Nerone Imperatore, quamvis alio modo coeperit a Stephani
-lapidatione vel Christi passione. Tertius vero coepit a tempore
-Constantini Imperatoris ad fidem Christi conversi, seu a tempore
-Silvestri Papae, seu Concilii Nicaeni contra Arrianorum haeresim
-celebrati. Quartus vero proprie coepit a tempore magni Antonii
-anachoretae, seu a tempore Pauli primi eremitae, vel secundum Joachim
-a tempore Justiniani Augusti, de quo infra in decimo notabili amplius
-tangetur. Quintus vero proprie coepit a tempore Karoli Magni. Sextus
-vero aliqualiter coepit a tempore beati viri patri nostri Francisci.
-Plenius tamen debet incipere a damnatione Babylonis meretricis magnae,
-quando praefatus angelus Christi signo signabit per suos futuram
-militiam Christi. Septimus autem uno modo inchoat ab interfectione
-illius Antichristi, qui dicet se Deum et Messiam Judaeorum, alio modo
-inchoat ab initio extremi judicii omnium reproborum et electorum.
-
-[781] BALUZE, pag. 260 b. Sicut enim in primo statu saeculi ante
-Christum studium fuit patribus enarrare magna opera Domini inchoata ab
-origine mundi, in secundo vero statu a Christo usque ad tertium statum
-cura fuit filiis quaerere sapientiam mysticarum rerum et mysteria
-occulta a generationibus saeculorum, sic in tertio nil restat nisi
-ut psallamus et jubilemus Deo, laudantes ejus opera magna, et ejus
-multiformem sapientiam et bonitatem in suis operibus et scripturarum
-sermonibus clare manifestatam. Sicut enim in primo tempore exhibuit se
-Deus pater ut terribilem et metuendum, nude tunc claruit ejus timor,
-sic in secundo exhibuit se Deus filius ut magistrum et revelatorem; et
-ut verbum expressissimum sapientiae sui patris. Ergo in tertio tempore
-spiritus sanctus exhibebit se ut flammam et fornacem divini amoris etc.
-
-[782] BALUZE, pag. 258 b. Septimum est quare sextus status describitur
-ut notabiliter praeeminens quinque primis, et sicut finis priorum,
-et tanquam initium novi saeculi, evacuans quoddam vetus saeculum,
-sicut status Christi evacuavit vetus testamentum et vetustatem humani
-generis. Cfr. pag. 260 a: Sicut etiam in sexta aetate rejecto carnali
-judaismo et vetustate prioris saeculi venit novus homo Christus cum
-nova lege vita et cruce, sic in sexto statu, rejecta carnali Ecclesia
-et vetustate prioris saeculi, renovabitur Christi lex et vita et crux.
-Propter quod in ejus primo initio Franciscus apparuit Christi plagis
-characterizatus et Christo totus concrucifixus et configuratus.
-
-[783] Pag. 261 a: Secunda ratio est, quia uterque illorum substitutus
-est alteri. Nam sicut gloria, quae fuerat Synagogae parata et
-Pontificibus suis, si in Christum credidissent, translata fuit ad
-primitivam Ecclesiam et ad pastores ejus, sic etiam gloria parata
-finali Ecclesiae quinti status transferetur, propter ejus adulteria,
-ad electos sexti status. Unde et in hoc libro vocatur Babylon meretrix
-circa initium sexti status damnanda. Pag. 263 a: Tunc enim totus status
-Ecclesiae in praelatis et plebibus et religiosis funditus subvertetur,
-praeter id quod in paucis electis remanebit occulte.
-
-[784] BALUZE, pag. 263 b: Ex praedictis autem patent aliquae rationes
-quare ante exterminium novae Babilonis sit evangelica vita veritas a
-reprobis solemniter impugnanda et condemnanda, e contra a spiritalibus
-suscitandis ferventius defendenda et observanda. Pag. 264. Nunc fere
-omnes clerici et regulares possidentes aliquid in communi videntur
-minus bene sentire de evangelica abrenuntiatione.
-
-[785] BALUZE, pag. 262 a: Si quaeras quare Franciscus cum primis
-sui ordinis sociis non fuit personaliter in initio tertio et quarto
-.... dicendum quod ad hoc potest octuplex ratio dari. Prima est
-generalis, non enim oportet nec congruit quod posteriora prioribus suis
-correspondentibus in omnibus conformentur etc.
-
-[786] BALUZE, pag. 263 a. Est enim tunc nova Babylon sic judicanda
-sicut fuit carnalis Hierusalem, quia Christum Dominum crucifixit. Che
-cosa s'intenda per la nova Babilonia nessun può ignorare. L'Olivi dice
-ben chiaro: Potestas enim Papae et multitudo plebium sibi obediens et
-favor ipsius est quasi magnus fluvius Eufrates impediens transitum.
-
-[787] _Liber sententiarum inquis. tholos._, pag. 326: Dixit tamen quod
-audivit ab aliquibus fratribus minoribus de illis vocatis spiritualibus
-de Narbona et ita fore credidit quod ordo fratrum minorum debebat
-dividi in tres partes, scilicet in communitate ordinis, quae vult
-habere granaria et cellaria, et in fratissellis et fratribus, qui
-sunt in Sicilia sub fratre Henrico de Ceva, et fratribus vocatis
-spiritualibus vel pauperibus et etiam beguinis. Et dicebant quod prime
-due partes, quia non observant regulam beati Francisci debebant cadere
-et cassari, set tercia pars quia observabat regulam evangelicam debebat
-remanere usque ad finem mundi, licet pateretur multas persecutiones,
-sicut dicunt fuisse revelatum beato Francisco, et probabant quod dicta
-tertia pars usque ad finem mundi debebat durare vel in multis vel in
-paucis, quia Evangelium Christi durabit usque ad finem mundi, et regula
-beati Francisci est regula evangelica. La separazione dei fraticelli
-sotto Enrico di Ceva accadde nel 1318 (WADDING, VI, 312), ma è ben
-certo che la formazione di questi partiti risale per lo meno al tempo
-in cui gl'intransigenti per la prima volta tentarono di separarsi
-dall'ordine per costituirne un altro, che prese il nome dal papa
-Celestino V. Infatti a codesto movimento di separazione Pier Giovanni
-e i suoi aderenti non presero parte, perchè essi volevano che tutto
-l'ordine, anzi tutta la cristianità si convertisse alla loro fede;
-talchè anche allora dai Celestini, come più tardi dai Fraticelli, si
-distinsero gli Spirituali. Non occorre spiegare perchè prendessero
-codesto nome i seguaci dell'Olivi, che credevano fermamente nel regno
-avvenire dello Spirito Santo.
-
-[788] _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 249: «In questo mezzo essendo
-frate Pietro detto Murrone fatto Papa, piacque al generale e a tutti li
-principali frati .... principalmente a frate Currado d'Offida, a frate
-Pietro da Montecchio, a frate Jacopo da Todi, a frate Tommaso da Trevi,
-a frate Currado da Spoleto, e a tutti quegli altri, li quali amarono
-la regola, che frate Pietro da Macerata ed il compagno (fra Liberato)
-fossino mandati al sommo Pontefice. Perocchè quelli erano stati suoi
-familiari avanti al papato». Carte 251: «absolvette frate Liberato e il
-compagnio da ciascheduna obbedentia delli frati, e lo comandò .... che
-non si chiamassino frati minori, ma frati di Papa Celestino o poveri
-heremiti». Carte 252_r_: «rinunziando Papa Celestino l'offizio del
-papato parve a quelli frati di dare luogo all'ira ed al furore; detti
-frati per maggior pace e salute se ne andarono a luoghi (lontani?)».
-
-[789] _Cronaca_, carte 262: «Ingannato il Papa (Bonifazio) colle loro
-bugie consentì alla loro perversa petizione e fecie fare littere
-nelle quali fece esecutori della loro punizione tre prelati cioè
-messer Pietro patriarca di Costantinopoli e l'archiepiscopo di Atene,
-e l'archiepiscopo di Patrasso. Il patriarca stava allora a Vinegia».
-Carte 267_r_: «Subitamente che frate Consalvo sentì che frate Liberato
-con li suoi compagni erano tornati, e che stavano in certi eremitori
-nelle parti della Puglia, esso generale li armò delle littere della
-sedia apostolica e se ne andò al Re di Sicilia .... e fu chiamato fra
-Tommaso d'Aversa inquisitore». Carte 267_v_: «(fuggì fra Liberato) e
-molti mesi giacque non cognosciuto da alcuna persona nel loco delli
-Armeni di Viterbo, e doppo due anni si morì nel loco di S. Angelo della
-Vena».
-
-[790] _Cronaca_, c. 237: «Questa quinta tribolazione ebbe un altro
-principio nella provincia della Marca Anconitana pigliandola al tempo
-del Concilio generale facto a Lione da Papa Gregorio X». Carte 237_v_:
-«alcuni frati dicevano che rivorrebbero le possessioni e le rendite
-per observare la obedientia e il comandamento del sommo Pontefice,
-e li decreti del Concilio, costoro rispondevano che farebbono il
-contrario». Carte 238_v_: «Tre frati cioè frate Iramondo, frate Tommaso
-da Tolentino e frate Pietro da Macerata confermavano la loro opinione
-con ragioni e auctorità e ardentemente la difendevano dicendo, che
-nè la Chiesa nè il Papa non farebbono mai questa cosa, come cosa la
-quale non solamente era inconveniente e che conduceva all'apostasia
-e che non cadeva sotto potestà del sommo Pontefice e però non li era
-possibile» Carte 239: «Uno frate savio, che avea nome frate Beniamino,
-par che componesse la quistione, la quale cessò dopo tre anni della
-loro penitentia. Ma rimasono l'una parte e l'altra nella coscienza
-discordante di studii diversi e di desiderî contrari, perocchè quelli
-della maggior parte reputavano lo stato e il vigore ed il mantenimento
-in edificare luoghi nel mezzo delle città e delli castelli per
-attrarre a loro li populi, e in procurare le sepolture, in ricevere
-testamenti e legati, e in multiplicare libri scuole e scuolari e in
-inpetrare privilegi e simili cose. Ma quelli altri sentivano tutto
-il contrario delle predecte cose». Carte 242: «furono messi di nuovo
-in carcere come eretici e privati della confessione e delli altri
-sacramenti e alla fine della sepoltura ecclesiastica». Carte 244 _v_:
-«Morendosi il generale ministro Matteo Acquispartano, successe a lui
-frate Raimondo di Gauffredo della provincia di Provenza (WADDING, V,
-210), uomo mansueto, pietoso .... che radunato il Capitolo della Marca
-chiese conto della sentenza pronunziata contro alcuni frati, e saputo
-li scarcerò e li mandò al re Ayecon d'Herminia (Armenia)». Carte 246
-_r_: «I frati erano frate Agniolo, frate Tommaso da Tolentino (morto
-martire), frate Marco da Monte Lupone, frate Pietro di Macerata e un
-altro frate Pietro». Questi fatti successero nel 1289-90. Vedi WADDING,
-V, pag. 211, 236.
-
-[791] DANTE, _Parad._, XII, 124.
-
- Ma non fia da Casal, né d'Acquasparta,
- Là onde vengon tali alla scrittura,
- Ch'uno la fugge e l'altro la coarta.
-
-Di Ubertino da Casale, lo scolare di Pier Giovanni Olivi, diremo più
-giù. Dante condanna i due opposti partiti i conventuali, rappresentati
-dal generale Matteo d'Acquasparta, e gli spirituali rappresentati da
-Ubertino. A Matteo successe Gaufrido nominato il 1289 (WADDING, V, 210)
-e rimosso da Bonifacio VIII nel 1295 (op. cit., 338).
-
-[792] _Cronaca_, carte 218: «Nientedimeno ebbe victoria la protervia e
-la voluntà delli persequitori, e condannorono la sua dottrina insieme
-con la persona, disotterrorono e scavorono li suoi ossi, e furiosamente
-e con gran contumelia destrussono il suo sepolcro e li segni della sua
-santità e li segni delle divotioni a lui offerti, e con tutte le forze
-spensono le operazioni dello spirito nelli fedeli».
-
-[793] _Cronaca_, carte 233: «Di poi quel sancto uomo di singolare
-perfectione, cioè frate Pontio di Buontungato, potente in opere e
-in parole .... perchè non volse dare ad ardere alcuni tractati, li
-quali aveva fatti il sancto uomo frate Pier Giovanni, lo tractorono
-tanto crudelmente e spietatamente, che la impietà della crudeltà,
-la quale li fu facta, turba et empie d'amaritudine li animi delli
-auditori. Lo rinchiusono in una carcere strettissima oscurissima e
-putridissima, ligato colli ferri alli piedi, ficcando un ceppo nel
-muro ed appiccandoci una catena ligata alli ferri, che haveva in piè,
-e tanto lo ristringono et opprimono che non poteva andare un poco pure
-alla necessità della natura se non dove sedeva, e non poteva se non
-sedere, e aggravato dal peso del ferro e della strettezza della carcere
-sopra la terra nuda, la quale era lotosa e fetente per l'orina e per
-lo sterco, il quale li stava socto, e così sedeva nel brutto fango, e
-li gettavano stretto pane e breve acqua voltando la faccia quelli, li
-quali erano più crudeli che le bestie e più velenosi che li serpenti,
-non mostrando mai a quello huomo, il quale cognoscevano bene che era
-veramente sancto, alcuno obsequio nè alcuna humanitade, nè per opere
-nè per parole insino alla morte sua, e alla fine essendo infermato
-giaceva inchinato sotto il peso del ferro, e nel puzzo dello sterco e
-dell'orina, lieto nell'animo e acceso del fuoco di carità e referendo
-a Dio infinite grazie, rendette lo spirito a Jesu Christo, lassando
-a tutti esempi e forma di fortitudine insuperabile e di patientia
-imperturbabile». Il Wadding, che riproduce (V, 380) molto laconicamente
-questo racconto, mette la morte di fra Ponzio nel 1297, poco dopo la
-morte dell'Olivi. Oltre a frate Ponzio furono incarcerati altri frati
-(come dice la _Cronaca_, a c. 233, e ripete il Wadding): frate Giovanni
-da Valle, frate Giovanni da Quiliano, frate Francesco di Lionetto,
-frate Raimondo di Auriolo, frate Giovanni del Primo e molti altri.
-
-[794] Queste notizie il Wadding raccolse dall'opera stessa di Ubertino,
-_Annales_, V, 417-18.
-
-[795] _Cronaca_, c. 297: «Questo frate Ubertino habitando sul Monte
-della Vernia della provincia di Toscana tutto devoto a S. Francesco,
-fedele testimonio della prima ed ultima perfezione regolare, sincero
-e fervente predicatore dell'evangelica verità infiammò e destò per
-esempio della vita e per virtù della sua parola molti nella religione
-e specialmente nella provincia della Marca e della Valle e di Toscana
-alla pura e fedele observantia della promessa perfectione, e per la
-vera charità, lassando lui stare la sua quiete, la quale lui haveva
-in Gesù Christo, attendendo solamente a Dio e alle cose celestiali, e
-assentendo al consiglio delle sancte persone per potere favorire li
-frati e le persone spirituali, li quali pativono dalli frati molte
-tribolazioni nella provincia di Toscana e della Valle di Spoleto, e
-si mise scientemente a molti pericoli, e si dette a molte fatiche.
-Imperocchè fu infamato a Papa Benedetto undecimo ed acusato di molte
-cose dalli suoi adversari, e fu citato dal Papa e chiamato a Roma
-a loro instantia, ma per lo ajuto di Gesù Cristo fu liberato per
-mirabile modo da tutte le calunnie. Ma pochi giorni doppo mandando
-li Peruggini solenni ambasciatori al predetto Papa, imposono a questi
-ambasciatori che addimandissino al S. P. due cose principali, la prima
-di restituirli il lume della loro direzione cioè frate Ubertino, il
-quale aveva inluminata e singularmente tirata a Dio tutta la loro
-città, la seconda cosa fu che offerendo al Papa come a padre e signore
-liberamente tutta loro città e tutte le loro persone, e che li dovesse
-piacere di venire a stare senza dimora insieme con li suoi fratelli
-cardinali, allora il sommo pontefice sorridendo rispose: voi avete
-messo frate Ubertino avanti a noi».
-
-[796] Delle apologie, che Ubertino fece di Pier Giovanni, oltre
-al sunto che ne riporta il Wadding, V, 380, 390 abbiamo alcuni
-frammenti negli _Articuli Probationum contra fratrem Ubertinum de
-Casali inductarum a frate Bonagratia_ pubblicati dal Baluze, ediz.
-Mansi, II, 276. Riproduco questi passi. Pag. 276: Malignissime et
-impiissime dicunt quod frater P. Johannis in scriptis et in postilla,
-quam scripsit super _Apocalipsim_, vocat romanam ecclesiam meretricem
-magnam, et alia multa in ecclesie vituperium dogmatizet. Hoc enim est
-mendacissimum. Pag. 277: abdicatio proprietatis et dominii et omnis
-juris et jurisdictionis temporalis, tam in speciali quam in communi, et
-usus pauper omnium rerum nobilium est lampas nostrae fidei.
-
-[797] Il Wadding, VI, pag. 168, pubblica la lettera di Clemente V
-dilecto filio generali ministro, caeterisque fratribus tum praelatis
-quam subditis ordinis minorum, nella quale dice di aver chiamato ad
-inquirendum de propositis veritatem oltre al ministro generale, altri
-ben noti, videlicet dilectos filios fratres Raymundum Gaufridi ....
-olim generalem ministrum, Raymundum de Giniaco, dudum provinciae
-Aragoniae provincialem ministrum, Guillelmum de Cornelione custodem
-Arelatensem, Guidonem de Levis, Ubertinum de Casali, Bartholomeum
-Siccardi, Guillelmum de Agantico, Petrum Rajmondi, Petrum Malodii.
-E codesti frati ab omni obedientia et jurisdictione vestra, filii
-minister, et praelati ac successorum vestrorum prorsus eximimus durante
-negotio supradicto.
-
-[798] Nella bolla _Exivi de paradiso_ (CLEMENTINARUM, lib. V, tit.
-XI) Clemente espone così la questione insorta tra i frati, e che egli
-risolve in favore del partito degli spirituali: Quibusdam ex ipsis
-credentibus et dicentibus, quod sicut quoad dominium rerum habent ex
-voto abdicationem arctissimam, ita ipsis quoad usum arctitudo maxima
-et exilitas est indicta; aliis in contrarium asserentibus, quod ex
-professione sua ad nullum usum pauperem, qui non exprimatur in regula
-obligantur, licet teneantur ad usum moderatum temperantiae, sicut et
-magis ex condecenti quam caeteri Christiani.
-
-[799] CLEM., lib. I, tit. I .... ipsum Dei verbi non solum affigi
-cruci et in ea mori voluit, sed etiam emisso jam spirito perforari
-lancea sustinuit latus suum .... Porro doctrinam omnem seu positionem
-asserentem aut vertentem in dubium, quod substantia animae rationalis
-seu intellectivae vere ac per se humani non sit forma, velut erroneam
-ac veritati catholicae inimicam fidei praedicto sacro approbante
-concilio reprobamus .... opinionem secundam, quae dicit tam parvulis
-quam adultis conferri in baptismo informantem gratiam et virtutes
-tamquam probabiliorem .... sacro approbante Concilio duximus eligenda.
-Che queste tre proposizioni si riferiscano a Pier Giovanni non è
-dubbio. Per il colpo di lancia lo confessa il Wadding stesso (VI, 386);
-per gli altri due basterà citare lo scritto stesso dell'Olivi riportato
-dal Duplessis (_Collectio_, I, pag. 232): Quod anima intellectualis
-non informat corpus sed tantum per sensitivam, pag. 231. Quod virtutes
-non dentur parvulis in baptismo: De hoc, sicut jam dixi, nihil est in
-scriptis meis, nihil etiam unquam asserui. Sed quod ex necessitate ad
-eorum salvationem hoc fieri non oporteat, aut communiter hoc non fiat,
-dixi ante tempora Fr. Hieronymi esse opinionem profundo et solemni
-scrutinio discutiendam, et non temerarie tanquam haereticam a quolibet
-reprobandam.
-
-[800] Così si esprime Clemente nella bolla _Exivi_: declarando dicimus
-quod fratres minores ex professione suae regulae specialiter obligantur
-ad arctos usus seu pauperes, qui in ipsorum regula continentur
-.... Dicere autem quod hereticum sit tenere usum pauperem includi
-vel non includi sub voto evangelicae paupertatis praesumptuosum et
-temerarium judicamus. Di questa dichiarazione scrive la _Cronaca delle
-Tribolazioni_, carte 307-8 «fu facta la quarta declaratione papale,
-la quale è in fra le altre come un'aquila volante tanto s'appressa
-all'intenzione di S. Francesco, la substantia della quale la trassono
-li Episcopi e li maestri di quelle cose, che frate Ubertino proponeva
-per se e per li compagni». Quanta parte abbia avuta in codesta
-decisione frate Ubertino, lo dice con viva compiacenza la _Cronaca_,
-carte 298: «Ma perchè frate Ubertino dovea sostenere le insidie li
-empiti e li assalti della sesta battaglia, però Dio li dette l'uscio
-aperto delle sacre scripture, ed il chiaro e sottile ingegno della
-intelligentia, e lo riempiè dell'acqua della sapientia del salvatore
-Christo Jesu, intanto sparivano e mancavano dalla faccia sua le ragioni
-delli adversarii, come le tenebre dalla faccia dello inradiante sole.
-E questo fu manifesto a tutti avanti e dopo il Concilio, perchè uno
-solo delli electi delli trentamila vinse fortemente la schiera delli
-adversari e roppe le reti delli loro sophismi, come se fussino teli di
-ragnia».
-
-[801] WADDING, VI, pag. 313.
-
-[802] _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 300: «Per la quale cosa il
-Papa non volse che havessi alcuno vigore cosa, che si proponesse in
-juditio per parte del generale o veramente dell'ordine contro frate
-Ubertino e li suoi compagni. E per questo arrabbiandosi molto più
-li frati adversarii delli umili poveri di Gesu Christo, predicavano
-e dicevano che era sacrifizio mattutino e vespertino offenderli e
-perseguitarli come destructori e diffamatori dell'ordine, e questo
-perchè essi humili figlioli della obbedientia e zelatori della
-verità li aveano detta la verità, la quale conveniva loro dire per
-l'ordine. E intanto si erono questi persequitori inanimiti contro alli
-persequitati, che uno di loro non si vergognò di confessare arditamente
-e pubblicamente avere avvelenato frate Raymondo di Gaufredo, frate
-Guido dei Mirapesci, e frate Bartolomeo Sicardo, e un altro frate;
-onde questa fama riempie quasi tutta la corte. Il Papa ancora più
-volte massime nel Concilio di Vienna si lamentò della irreverentia e
-l'inobedientia delli frati».
-
-[803] _Cronaca delle Tribolazioni_, carte 305: «Conciosia cosa che
-Papa Clemente quinto avessi assignato nel Concilio di Vienna episcopi
-doctori in jure canonico e molti maestri in teologia per udire ed
-esaminare quelle cose, le quali erano proposte per la riformatione
-di tutta la religione da frate Ubertino e da tutti li altri fratelli
-secondo che havevano havuto comandamento da esso Papa Clemente, tanta
-crudeltà e tanto odio mostravano loro e alli loro aderenti li frati
-in Provenza e in Toscana e nella provincia della Valle di Spoleto, che
-ciascheduna persona si poteva accorgere che in poco o nulla reverentia
-havevono l'obbedientia del Papa, e mostravano un odio tanto implacabile
-contro a questi zelatori della Regola, che per le diverse persecutioni
-furono costretti li frati zelatori della Regola di dividersi dalla
-comunità delli frati e di separarsi da loro. Ridussonsi adunque
-doppo quella segregatione e separazione dalli persecutori al convento
-di Narbona e di Bises. Perocchè quelli uomini di quelle cittadi li
-havevono in grande reverentia e devotione sì per la santità, la quale
-cognoscevono in loro, sì per li miracoli che tutto il giorno vedevono
-al sepolcro del santo uomo Pier Giovanni». Carte 310: «Per la qual cosa
-conoscendo questi poverelli, che lo stare con quelli che li avevono
-in odio ne seguitava loro pericolo corporale, trovorono una chiesa
-derelicta e solitaria appresso a Malusana, dove era dell'acqua e alcuna
-spelonca, ed ivi si raccolsono quelli frati zelatori di licentia del
-Patron di quello loco, vivendo in vera e pura observantia della regola.
-E la vernata seguente si stettono nel loco di S. Lazzaro di Vignone per
-insino che fu data la diffinitiva sententia del Papa».
-
-[804] Le lettere di Clemente V sono riportate dal Wadding, VI, 214.
-Quia tamen relatione intelleximus fide digna quod nonnulli fratres
-occasione dissensionis predictae, ad illicita laxatis habenis, quaedam
-loca dicti ordines in eadem provincia constituta contra ipsius statuta
-ordinis temeritate propria occuparunt .... non mandamus quatenus vos
-vel unus aut duo vestrum per vos seu alium vel alios eisdem fratribus
-ex parte nostra in virtute sanctae obedientiae districte praecipere
-studeatis. La _Cronaca delle Tribolazioni_ ben rileva le conseguenze
-funeste del dissidio toscano e narbonese .... carte 308-309: «Elessonsi
-questi frati il generale e li altri prelati secondo la regola. La
-qual cosa e tornò in scandolo a loro e a tutti li lor compagni, Papa
-Clemente e li cardinali e tutti quelli ancora che per la reformatione
-li davano favore ne furono turbati ed agevolmente potessono credere di
-loro tutti li mali che di loro erano proposti in juditio dalli loro
-avversarii. E avvenga che essi frati partiti mandassero appresso la
-morte di Papa Clemente littere, che di tutto erano apparecchiati ad
-obbedire a tutte le cose che comandassi sua Santità, e di stare sotto
-alla sua correptione, nientedimeno quelle lettere non pervenneno alla
-presentia del sancto padre».
-
-[805] Il Wadding riporta (VI, 271) la lettera indirizzata da Giovanni
-XXII dilecto filio fratri Ubertino de Ilia de Casali, vercellensis
-dioecesis monacho monasterii sancti Petri de Gemblaco ordinis sancti
-Benedicti dioecesis leodiensis .... Sane nobis exponere curavisti, quod
-propter debilitates varias et infirmitates proprii corporis, quibus
-frequenter molestaris et propter alias causas nobis explicitas, de
-ordine fratrum minorum, quem ab olim fuisti professus .... ad ordinem
-sancti Benedicti desideras transferre. Nos .... tuis in hac parte
-desideriis annuentes, te ex nunc ab omni subjectione, jurisdictione,
-obligatione, jugo et obedientia Regulae dicti ordinis fratrum minorum
-et omnium Praelatorum ipsius, auctoritate Apostolica prorsus absolvimus
-ecc. Datum Avenion. Kal. octobris anno II (1317).
-
-[806] Contro i dissidenti toscani, che s'erano rifugiati in Sicilia
-sotto la protezione di Federico II d'Aragona, scrisse la lettera del
-marzo 1317 carissimo in Cristo filio regi Trinacriae, riportata dal
-Wadding (VI, 266). Riferisco questo passo: Non modicum excellentiae
-tuae derogatur honori, si hujusmodi viros devios, professionis propriae
-ac sacrorum canonum transgressores, ac etiam seminatores errorum in
-dicta insula permittas ulterius commorari. Simili lettere del maggio
-1317 furono indirizzate dilecto filio officiali narbonesi, dilecto
-filio officiali Biterrensi (WADDING, p. 268).
-
-[807] _Extravag._, tit. XIV _De verborum significatione_. Nelle due
-disposizioni accennate Giovanni non avea fatto se non riprodurre, come
-lui stesso dichiara, le prescrizioni di Clemente V. Ma nella Clementina
-_Exivi_ § 11 era chiaramente detto: non est verisimile voluisse
-ipsum (Franciscum) eos habere granaria vel cellaria, ubi quotidianis
-mendicationibus deberent sperare posse transigere vitam suam; e
-solo per via di eccezione si permettevano le provviste: tunc tantum
-cuna esset multum credibile ex jam expertis, quod non possent vitae
-necessaria aliter invenire. L'_Estravagante_ riproduce la concessione,
-ma tace la massima.
-
-[808] _Extravag._, loc. cit. Magna quidem paupertas, sed major
-integritas, horumque obedientia maximum, si custodiatur illaesa. Nam
-prima rebus, secunda carni, tertia vero menti dominatur et animo.
-
-[809] L'inquisitore che li condannò fu frate Michele dell'ordine
-dei Minori, al quale Giovanni XXII nella bolla riportata dal Baluze
-(ediz. Mansi, II, pag. 247) e dal Wadding (VI, 259) avea ingiunto
-di procedere contro coloro che ricalcitravano alla costituzione
-_Quorundam_. La sentenza di condanna pubblicata dallo stesso Baluze
-(ediz. Mansi, II, 248), fu pronunziata in cimiterio beatae Mariae
-de Aquis Curiatis Massiliae anno Domini MCCCXVIII, indictione prima,
-VII maji, pontificatus sanctissimi Patris Johannis XXI anno secundo.
-Tra i considerandi riporto questi: Asseruerunt quoc sanctissimus
-Pater Johannes XXII non habuit nec habet potestatem faciendi
-quosdam declarationes, commissiones et praecepta contenta in quadam
-constitutione sive decretali .... quae incipi _Quorundam_, et quod ipsi
-Domino Papae non tenebantur obedire. Et insuper coram nobis constituti
-protestati sunt verbo et in scripti quod stabant et stare intendunt
-usque in diem judicii in protestationibus .... videlicet quod illud
-quod est contra regulae fratrum minorum observantiam et intelligentiam
-est per consequens contra evangelium et fidem, alias non esset penitus
-quod regula evangelica, et quod nullus mortalis potest eos cogere ad
-deponendun ipsos habitos curtos et strictos.
-
-[810] Vedi le aggiunte al rapporto sulla Postilla dell'Olivi
-(BALUZE-MANSI, II, 271): nonnulli alii ejusdem ordinis, qui praedictos
-errore abjuraverunt, fuerunt ad poenam carceris condemnati, ex quibus
-aliqui postmodum infra annum .... transierunt ad gentes infedeles,
-reliquentes in scriptis ea quae sequuntur, videlicet quod ipsi non
-dimittebant ordinem, sed parietes; non habitum sed pannum; non fidem,
-sed corticem; non Ecclesiam, sed Synagogam coecam; non pastorem, sed
-divoratorem.
-
-[811] _Inquisitoris sententia_ (BALUZE, II, 249). Et quia constat
-nobis quod praefati errores imo haereses manifeste processerunt seu
-originem habuerunt a venenato fonte doctrinae immo verius seductrinae,
-quam frater Petrus Johannis Olivi .... temere scriptitavit, et
-doctrinam ejus et libros .... fuisse per praefatum ordinem de consilio
-etiam plurium magistrorum in sacra pagina condemnatos ac etiam igni
-adjudicatos, et attendentes nihilominus quod praefatus sanctissimus
-Pater Johannes Papa certis ex dominis cardinalibus et quibusdam in
-sacra pagina magistris examinationem praedictorum librorum commisit
-.... praecipimus .... quod pendente dicto negotio coram praefato Domino
-Papa et ejus facto collegio nullus praesumat praenominato Petro Johanni
-tanquam sancto aut catholico viro et approbato reverentiam exhibere.
-La Commissione, a cui accenna qui la sentenza, è la stessa che scrisse
-il rapporto a Giovanni XXII, pubblicato dal Baluze (II, 258 e segg.), e
-dal quale ci siam serviti nell'esposizione delle dottrine dell'Olivi.
-
-[812] L'inquisitore oppone naturalmente (pag. 247): quod nulla
-regula religiosorum aequanda est evangelio, cum evangelium Christi
-Sancta Universalis atque Romana Ecclesia propter eminentissimam ejus
-auctoritatem nec mutet nec corrigat nec confirmet .... regulae vero
-praedictae et quorumcumque religiosorum omnis tenor et vigor sic a
-Romanae sedis potestate manat, ut nulla sit ejus auctoritas, quae ab
-indulgentia seu confirmatione sedis apostolicae non decurrat.
-
-[813] _Inquisitoris sententia_, pag. 248: ea quae in constitutione sive
-decretali de habitu et quaestu et similia mandabuntur (nella decretale
-_Quorundam_) erant contra consilium Christi evangelium et eorum votum
-de altissima et evangelica paupertate, quam Christus servavit, et
-Apostolis ac professoribus evangelicis imposuit ac servandum: Anche
-l'Olivi (BALUZE, II, 261) aveva scritto: consta regulam minorum per
-beatum Franciscum editam esse vere e proprie illam evangelicam, quam
-Christus in se ipso servavit e apostolis imposuit, et in evangeliis
-suis conscribi fecit.
-
-[814] Il Baluze attribuisce a Giovanni di Belna l'opuscolo intorno
-ai beghini e spirituali che comincia: Quaestiones aut dubia quae
-circa illa, quae sunt fidei, oriuntur, ad sedem apostolicam pertinet
-interpretari, declarare (II, 274).
-
-[815] _Cronica della Quistione insorta nella corte di Papa Giovanni
-XXII circa la povertà di Cristo_ pubblicata dallo ZAMBRINI in
-appendice alla _Storia di fra Michele Minorita_ (_Scelta di curiosità
-letterarie_, dispensa 50). Codesta cronaca è una traduzione del
-_Chronicon de Gestis contra fraticellos auctore Joanne Minorita_
-pubblicata dal Mansi in appendice al terzo volume del Baluze, pag. 206
-e segg. Il Müller nella sua opera _Der Kampf Ludwigs des Baiern mit
-der römischen Curie_ (Tübingen 1879-80, I, 354 e segg.), ed in una
-memoria speciale inserita nella _Zeitschrift für Kirchengeschichte
-herausgegeben von Brieger_ (VI. I pag. 63 e segg.) ha dimostrato non
-solo l'identità della cronaca italiana colla latina, ma confrontando
-un manoscritto parigino (Bibl. Naz., cod. lat. 5154) ha messo fuori
-discussione che l'opera, attribuita a Giovanni dal Mansi, è identica
-a quella di Niccolò Minorita, dalla quale il Raynald, il Wadding ed il
-Böhmer cavarono alcuni estratti. Il vero nome è certo Niccolò, perchè
-si trova non solo nella traduzione italiana, ma nel codice parigino e
-nel vaticano. Ed io aggiungo che essendo scritto il nome dell'autore
-colla sola iniziale, come nella traduzione italiana, era ben facile lo
-scambio tra un J ed un N.
-
-[816] Niccolò III teneva per evangelica la regola della povertà
-(_Sext. Decr._, tit. XII, cap. III): Hi sunt illius sanctae regulae
-professores, quae evangelico fundatur eloquio, vitae Christi roboratur
-exemplo, fundatoris militantis ecclesiae, apostolorum ejus sermonibus
-actibusque firmatur.
-
-[817] La risposta di frate Ubertino è pubblicata dal Baluze (ediz.
-Mansi, II, 279). Vedi anche _Cronica della Quistione_, pag. 77-80.
-
-[818] MARCOUR, _Antheil der Minoriten im Kampfe zwischen Ludwig IV von
-Baiern und Papst Johann XXII_, Emmerich, 1874, pag. 7.
-
-[819] La traduzione italiana, pag. 64-76, tra le parole _tradi fecit_
-e _volens igitur_ (BALUZE, MANSI, 207 _b_) inserisce un lungo racconto
-del concistoro tenuto da Giovanni XXII nel 6 marzo 1322. Il racconto,
-conforme in sostanza a quello che più brevemente si legge nella stampa
-del Baluze pag. 270 _b_, par dettato, secondo il Müller (_Zeitschrift_,
-pag. 66), da un testimone oculare.
-
-[820] Vedi la Bolla _Quia nonnumquam_ (_Extravag._, tit. XIV, cap.
-II). Nos autem attendentes quod argumentis frequenter et collationibus
-latens veritas aperitur .... praesertim cum de novo suborta sint dubia
-.... prohibitiones et poenas praedictas .... auctoritate apostolica
-duximus .... suspendas. È data VII Kal. april, anno VII (1322).
-
-[821] NICCOLÒ MINORITA ediz. Zambrini, pag. 84. Nell'originale
-latino sono riportate per disteso le due circolari di fra Michele
-(BALUZE-MANSI, III, pag. 208-211). Il Preger nella memoria _Ueber die
-Anfange des kirchenpolitischen Kampfes unter Ludwig dem Baier_ (München
-1882) ha con ragione notato che Michele da Cesena, Occam e gli altri
-non si debbono considerare come rappresentanti degli spirituali, bensì
-dei conventuali. Tanto vero che Bonagrazia da Bergamo nella protesta,
-che fece quale procuratore dell'ordine contro Giovanni XXII, tenne a
-distinguere la causa loro da quella degli spirituali, che ei chiama
-_pseudo prophetas_ (BALUZE-MANSI, 220, col. a). Io aggiungo che Michele
-da Cesena sottoscrisse la dichiarazione, che ritiene eretici questi
-tre punti... 1º quod illud, quod est contra observantiam praefatae
-regulae beati Francisci et ejus intelligentiam, est per consequens
-contra evangelium et fidem et e converso, alias ipsa non esset penitus
-pro regula evangelica 2º.... quod dominus Papa non habuit nec habet
-potestatem nec auctoritatem faciendi constitutionem _Quorundam_.... 3º
-Quod nec Papae nec praelatis dicti ordinis obediendum est in his, quae
-in praefata constitutione continentur. (BALUZE-MANSI, II, 270-71).
-
-[822] _Extrav._, tit. XIV, cap. III. Ad conditorem .... ipsum (cioè il
-compromesso) non profuisse sed potius tam ipsis fratribus quam aliis
-obfuisse subsequens magistra rerum experientia noscitur declarasse.
-Quis enim simplicem usuarium dicere poterit, cui rem usuariam licet
-permutare, vendere ac donare? .... nequaquam potest in rebus usu
-consumptibilibus reperiri, in quibus nec jus utendi nec usus facti
-separati a rei proprietate seu dominio possunt constitui vel haberi
-.... De fratrum nostrorum Consilio hoc edicto in perpetuo volitare
-sancimus, quod in bonis, quae in posterum conferentur .... fratribus
-seu ordini supradictis (exceptis ecclesiis, oratoriis, officius,
-et habitationibus, ac vasis, libris et vestimentis divinis officiis
-dedicatis ....) nullum jus seu dominium aliquod .... Romanae Ecclesiae
-acquiratur.
-
-[823] La protesta francescana è riportata da Niccolò (BALUZE-MANSI,
-III, 213-221). Il frate Bonagrazia che la distese è quello stesso,
-come nota il Riezler (op. cit., pag. 69), che scrisse contro Ubertino
-da Casale un opuscolo riportato dal Baluze (ediz. MANSI, II, 270). Il
-MARCOUR (op. cit., pag. 39) dubita di questa identificazione, forse
-indotto dalla data che il Raynald assegna a questo scritto, vale a dire
-il 1325. Sarebbe stato infatti molto strano che dell'inchiesta contro
-Ubertino fosse incaricato dalla Curia chi un anno prima era stato
-messo in carcere per avere protestato contro il Papa. Ma io dubiterei
-piuttosto della data, non dell'identificazione, che va d'accordo colle
-notizie del Wadding, secondo le quali il Bonagrazia era così nemico
-degli spirituali, che al dire della _Cronaca delle Tribolazioni_ e
-del Wadding (VI, 317) dopo la dichiarazione di Clemente V in favore
-dell'uso povero fu bandito dalla Curia. E morto Clemente tornò a
-perseguitarli, e per opera sua morì in prigione un fra Bernardo delli
-Consi, compagno dei quattro bruciati in Marsiglia (WADDING, VI, 321).
-Questo altro fatto avrebbe potuto addurre il Preger per mostrare come
-i più fieri nemici degli spirituali ora facessero causa comune con loro
-contro il papa Giovanni XXII.
-
-[824] Le due bolle sono riportate da Niccolò Minorita, la prima da pag.
-211 _b_ a 213 _a_, la seconda da pag. 221 a 224 _a_. Nelle decretali è
-riportata naturalmente la seconda, che fu la definitiva.
-
-[825] _Extrav._, tit. XIV, cap. IV: _Cum inter nonnullos_ ....
-assertionem hujusmodi pertinacem, cum scripturae sacrae, quae in
-plurisque locis ipsos nonnulla habuisse asserit .... erroneam fore
-censendam et hereticam de fratrum nostrorum consilio hoc perpetuo
-declaramus edicto.
-
-[826] La protesta di Ludovico si trova nel Baluze (_Vitae pap. Aven._,
-II, 478-512) e nella Cronaca di Niccolò Minorita (BALUZE-MANSI, 224
-_b_-232 _b_). Il Müller (_Der Kampf_, I, 357-58) le assegna la data
-del 22 maggio 1324. Nella protesta di Norimberga del 18 dicembre 1323
-Ludovico accusava il Papa di aver menomata l'autorità dei vescovi per
-favorire i minoriti, contro i quali da tutte parti si levavano giuste
-lagnanze (MÜLLER, op. cit., I, 70); nella protesta di Sachsenhäusen
-invece l'accusava di perseguitare i minoriti col distruggere la
-legge della povertà, fondamento del loro ordine. Tra le due proteste
-però non corre, secondo il Preger (_Ueber die Anfange_, pag. 43), la
-contradizione che vi scopre il Marcour (op. cit., pag. 32); perchè
-nella prima protesta si difende la causa dei vescovi contro i minoriti
-conventuali, e nella seconda la causa dei frati spirituali, che in
-Spira s'erano messi dalla parte del vescovo, e non meno di lui si
-opponevano alle pretensioni ed agli abusi dei conventuali. Il più
-attivo fra codesti spirituali era frate Francesco di Lutra, a cui
-secondo il Preger si deve la parte della protesta di Sachsenhäusen, che
-riguarda le quistioni minoritiche. Non si potrebbe pensare ad Ubertino
-di Casale, come sospetta il Riezler (_Die litt. Widersacher_, pag. 73),
-perchè, come ha notato il Müller, Ubertino non lasciò Avignone prima
-del 1325. Nè tampoco al provinciale tedesco Enrico di Thalheim, come
-credono il Marcour (_Der Antheil_, pag. 35) e lo stesso Müller (_Der
-Kampf_, I, 24), perchè nella bolla del 10 gennaio 1831 il Papa non lo
-rimprovera di veruna partecipazione alla protesta di Sachsenhäusen.
-
-[827] _Extrav._, tit. XIV, cap. V. Il Müller, op. cit., pag. 96,
-giustamente riproduce il giudizio del Wadding, al quale il Papa
-apparisce in questa bolla scholasticorum potius more disputans quam
-pontificia auctoritate decernens.
-
-[828] Nella lettera papale, riportata da Niccolò Minorita (BALUZE, pag.
-237; ZAMBRINI, pag. 95) non pure Michele da Cesena è chiamato diletto
-figlio, ma in una forma mitissima si accenna alle quistioni del giorno:
-Cum propter aliqua negotia tuum Ordinem contingentia, tua fit nobis
-praesentia opportuna ecc.
-
-[829] Lo stesso fra Michele nella sua protesta del 13 aprile 1328
-(BALUZE, 328) racconta che il Papa l'ebbe per iscusato, et quod
-non fuerat suae intentionis nec volebat quod supra posse laborem in
-veniendo ad eum.
-
-[830] NICCOLÒ MINORITA, in BALUZE, pag. 237; ZAMBRINI, pag. 99: «Disse
-il detto Papa Giovanni a esso general ministro, riprendendolo intra
-molte altre cose, che egli era stolto, temerario, capitoso, tiranno e
-favoreggiatore d'eretici, e che egli era serpente nutricato nel seno
-da essa Chiesa. E spezialmente lo riprese d'alcuna lettera del capitolo
-generale fatta a Perugia, che pendendo la quistione nella Corte di Roma
-egli avea presunto di determinarla nel capitolo generale».
-
-[831] NICCOLÒ MINORITA, in BALUZE, pag. 243; ZAMBRINI, pag. 105. «Da
-poi che il predetto frate Michele, general ministro, udì che Papa
-Giovanni pronunziava per eretica la lettera del capitolo generale
-.... resistendogli nella faccia affermò lo detto papa Giovanni
-essere eretico .... et a modo dei santi padri, i quali si partirono
-dall'ubbidienza dei sommi pontefici, et eziandio perchè egli correva
-pericolo di morte .... a dì XXIV di Maggio del detto anno MCCCXXVIII si
-partì dalla ubbidienza e dalla corte del predetto papa Giovanni».
-
-[832] NICCOLÒ MINORITA (in BALUZE, pag. 243 _a_-_b_) dopo aver
-raccontato dell'elezione del frate di Corbara, cerca di giustificare
-con citazioni canoniche la misura audace di Ludovico, intorno alla
-quale a nonnullis fuit haesitatum hactenus, et adhuc haesitatum. Tutto
-il passo da _deinde praefatus_ sino _ad brachium seculare_ è saltato
-nella traduzione italiana.
-
-[833] La sentenza fu pubblicata due volte, la prima a Roma il 18
-aprile, e la seconda il 12 dicembre 1328 a Pisa. La prima edizione si
-trova nel BALUZE _Vitae_ II, 512, ed in Niccolò Minorita (BALUZE-MANSI,
-III, 240). Il Müller nella citata opera _Der Kampf_, I, 187, a ragione
-rileva che nella prima edizione solo di sfuggita si accenna al domma
-della povertà, che formava uno dei punti capitali della protesta di
-Sachsenhäusen, e ne inferisce che in Roma ai minoriti era sottentrato
-un altro consigliere, molto più radicale e che delle quistioni
-fratesche non facea gran conto, Marsilio da Padova. Nella seconda
-edizione invece (BALUZE-MANSI, 310_a_-314_a_), che sebbene riporti
-l'antica data del 18 aprile, è del tutto una redazione nuova, tornano
-ad occupare il primo posto le quistioni minoritiche. Il che mostra
-che l'ispiratore in luogo di Marsilio fu ora Michele da Cesena, come
-ha dimostrato il Müller, op. cit., p. 214 e 372. Il passo di Niccolò
-(BALUZE, pag. 243 _a_), che si riferisce alla doppia redazione, non è
-riconoscibile nella traduzione italiana (ZAMBRINI, pag. 104-105).
-
-[834] La sentenza del papa inserita in Niccolò Minorita (BALUZE,
-pag. 243; ZAMBRINI, pag. 106) porta la data: Avinionis VIII Idus
-Junii Pontificatus nostri anno XII (6 Giugno 1328). Riproduco questo
-passo: Ipse Michael .... associatis sibi quibusdam suae iniquitatis
-complicibus, inter quos erant duo nequam viri, videlicet Bonagratia
-de ordine praedicto .... et quidam Anglicus vocatus Guillelmus Ockam
-ordinis praedicti, contra quem ratione multarum opinionum erronearum,
-et haereticalium, quas ipse scripserat et dogmatizaverat, pendebat
-in eadem Curia inquisitio auctoritate nostra diu jam incepta .... ad
-portum supradictum deveniens .... galeam supradictam conscendit.
-
-[835] La lettera indirizzata universis ministris, Custodibus,
-Guardianis et eorum vicariis porta la data: nona die Julii a. d.
-MCCCXXVIII. (NICCOLÒ, in BALUZE, pag. 244-46; ZAMBRINI, pag. 107).
-
-[836] Delle due proteste, la prima più diffusa (in majori forma)
-si suppone già fatta in Avignone nel mese di aprile in presenza di
-frate Guidone, notajo pubblico di detto ordine, e rinnovata poi in
-Pisa in domo fratrum minorum anno praedicto a nativitate Domini 1328,
-Indictione XI, 14 Kalendas octobris, praesentibus testibus vocatis ....
-et infrascriptis notariis pubblicis. La riporta Niccolò in BALUZE, pag.
-246-303. ZAMBRINI, pag. 110. Questa protesta è una confutazione delle
-tre decretali _ad Conditorem_ (pag. 246-75), _Cum inter_ (pag. 275-86),
-_Et quia quorundam_ (pag. 287 e segg.) .... tres constitutiones
-haereticales .... vitae et doctrinae evangelicae et apostolicae et
-S. R. Ecclesiae et SS. PP. eam sequentium, statutis multipliciter
-adversantes, quae tanquam fumus teter et horridus e puteo abissali, et
-ab eo, qui pater est mendacii et schismatis, prorumpentes, veritatis
-et doctrinae solem evangelicae obnubilant et obscurant. La seconda
-protesta (appellatio in forma minori, BALUZE, pag. 303-310) ha la
-stessa data della precedente; anno supradicto decimo (leggi vigesimo)
-octavo mensis septembris. (ZAMBRINI, pag. 112). Il Müller (op. cit.,
-I, 211) crede che codesta protesta sia stata redatta tardi, per esser
-letta nell'assemblea tenuta dall'Imperatore nel 13 dicembre (VILLANI,
-10, 111). In questa seconda protesta sono notevoli i seguenti passi,
-che mancano nella prima (pag. 310): licet frater Bonagratia .... et
-subsequenter serenissimus Dominus Ludovicus Romanorum rex appellaverit
-legitime .... tamen dictus Joannes noluit corrigi, nec permisit quod
-Concilium generale congregaretur super praedictis .... Ex quibus
-patet dictum dominum Joannem fuisse et esse pertinacem et notorium et
-manifestum haereticum. Et quod secundum jura, ex quo Papa in haeresim
-lapsus est, ipso jure et facto est omni dignitate ecclesiastica,
-potestate, authoritate et jurisdictione privatus .... nec obviat illa
-regula per parem non potest solvere vel ligare, quia Papa haereticus
-minor est quocumque Catholico.
-
-[837] La data di codesta costituzione è del 16 novembre 1329
-(BALUZE-MANSI, pag. 323-341). La traduzione italiana della
-_Cronaca_ nel capitolo, di cui lo Zambrini (pag. 116) pubblica solo
-l'intestazione, dopo aver riportato il principio della costituzione
-sino alle parole _in rebus usu consumtilibus_ aggiunge: «Et così
-seguita di parte in parte replicando le aleghationi di frate Michele
-generale isforzandosi d'impugnarle per confermare le sue agiungniendo
-tanti errori sopra errori, che una confusione pestifera pazza e
-bestiale (_sic_). Perchè sarebbe troppo lungo e tedioso volgarizzare
-tucte sue costituzioni et heresie, e le opposite appelationi et
-alleghationi facte pro e contra, si pone in questa astrazioncella
-(_sic_) della chronica il principio e il fine delle cose più notabili,
-volgarizzandone alcune, che si possono dimostrare con più brevità
-e convenevole chiarezza ai non litterati divoti ricercatori, i
-quali avuta la introductione d'essa verità con meno fatica potranno
-investigare la plenitudine sua dalli licterati intendenti et
-ammaestrati nella sacra scriptura». (Codice Magliabechiano XXXIV, 76,
-carte 63 _recto e verso_).
-
-[838] La cronaca del Minorita (in BALUZE, pag. 341-355) riporta
-un'_appellatio fratris Michelis a Generalis a Constitutione
-praescripta_. Il Müller però (_Aktenstücke_, pag. 78) ha dimostrato,
-che la protesta di fra Michele non poteva esser questa, ove si parla
-non solo di Giovanni, ma dei successori suoi (pag. 351) e più sotto
-dei tre successori (pag. 352 _b_). Inoltre questa protesta, che in
-verità non ha la forma delle solite appellationes, non è se non il
-_Defensorium_, male attribuito all'Occam, e già pubblicato dal Brown
-(_Fasciculus rerum expetendarum_, II, 434-65), e prima di lui nel
-_Firmamentum trinum ordinum_, Parigi 1512, e nel _Singulare opus
-ordinis Seraphici Francisci_, Venezia 1513. Il codice parigino, a
-differenza della stampa del Baluze, ha la vera protesta (pubblicata
-in parte dal Müller, pag. 83). La traduzione italiana (cod.
-Magliabechiano, carte 63 _verso_) ha soltanto il principio e la fine
-della protesta conformi al testo pubblicato dal Müller. Eccoli: In
-nomine patris et filii et spiritus sancti amen. Anno a nativitate
-domini MCCCXXX indictione XIII in Monaco in domo fratrum minorum
-venerabilis et religiosus vir frater Michael. E finisce così: Acta et
-facta fuerunt predicta in Monaco, in domo fratrum minorum in refectorio
-ejusdem domus anno predicto a nativitate domini MCCCXXX indictione
-XIII, VII Kal. aprilis presentibus (la lacuna è nel codice). Explicit.
-Amen. Oltre alla protesta Niccolò Minorita riporta una lettera del
-Cesenate spedita a tutti i ministri, custodi e guardiani, che ha la
-data del 4 gennaio 1331 (BALUZE, pag. 356-361). È riportata anche
-dal Goldast, II, 1338 (leggi 1328). La traduzione italiana la dà per
-intero volgarizzata da carte 64 a carte 86. Con questa lettera finisce
-la stampa della cronaca fatta dal Mansi e la traduzione italiana. Gli
-altri capitoli, la cui intestazione è riportata dallo Zambrini, non
-appartengono più alla cronaca, bensì formano altri opuscoli riuniti,
-come suole accadere, nello stesso codice. A differenza del testo del
-Mansi e della traduzione italiana il codice parigino seguita più oltre
-sino all'anno 1338.
-
-[839] NICCOLÒ, in BALUZE, pag. 315-323. Una delle ragioni, su cui si
-appoggiavano è questa (pag. 319 _b_): Sed constat quod dictus Dominus
-Bertrandus se vicarium asserens ordinis antedicti pro libito voluntatis
-contra formam Juris et Concilii instituit et creavit ministros
-provinciales et custodes .... Et quod illi, qui fuerunt in dicta
-congregatione imo verius conspiratione facta Parisiis, fuerunt pro
-majori parte per dictum D. Bertrandum Provinciales et custodes creati.
-
-[840] Vedi la lettera di fra Michele pubblicata dal Goldast, II, 1236,
-che comincia: Literas plurium magistrorum in sacra pagina aliorumque
-notabilium fratrum ordinis Beati Francisci tum Parisius quam de
-partibus aliis me noveritis recepisse, per quas me inducere videbuntur
-ut ad unitatem sanctae ecclesiae ac dicti ordinis, a qua me dicebant
-aversum, accedere festinarem .... e finisce: Ex parte fratris Michaelis
-generalis ministri dicti ordinis licet inviti de voluntate et assensu
-fratrum Henrici de Thalheim. Francisci de Esculo, Guilhelmi de Okam in
-sacra pagina magistrorum, et fratris Bonagratiae, et aliorum fratrum
-eis adhaerentium .... Questa lettera è riportata anche nel codice
-parigino della Cronaca di Niccolò (MÜLLER, pag. 75).
-
-[841] In una lettera scritta la pentecoste del 1324 e pubblicata
-da un codice parigino dal Müller (_Aktenstücke_, pag. 111) dice
-l'Occam: Nam contra errores pseudopape prefati posui faciem meam
-ut petram durissimam, ita quod nec mendacia nec false infamie nec
-persecutio qualiscumque, que personam meam corporaliter non attingit,
-nec multitudo quantacumque credencium sibi aut favencium vel eciam
-deffendencium me ab impugnatione et reprobatione errorum ipsius,
-quamdiu manum cartam calamum et atramentum habuero, numquam in
-perpetuum poterunt cohibere.
-
-[842] NICCOLÒ MINORITA, in ZAMBRINI, pag. 116: «Questa (_Quia vir
-reprobus_) è la quarta decretale eretica di papa Giovanni XXII, eretico
-manifesto, contra la quale appellò frate Michele, generale dell'ordine
-de' frati minori, e compuose e fe' pubblicare contro a essa la sua
-distesa appelazione da Monaco, e il maestro Guilglielmo Ocam fe' contro
-l'opera de' novanta dì, e la quarta parte del suo dialogo e il maestro
-Francesco Rosso fe' contro il libro, che comincia: _Del padre empio
-si rammaricano i figliuoli_; i quali, con molti altri, solennemente
-impugniorono sì essa sua decretale, come l'altre sue eresie».
-
-[843] _Opus nonaginta dierum_, in GOLDAST, II, 993-1236. La bolla
-_Quia vir reprobus_ secondo l'Occam pag. 996, in tres partes
-principales dividitur. Primo siquidem respondetur ad objectiones contra
-constitutionem _Ad conditorem_; secundo respondetur ad objectiones
-contra constitutionem _Cum inter_; tertio ad objectiones contra
-constitutionem _Quia quorundam_. Analogamente a questa divisione o
-l'Occam stesso o l'editore, come vuole il Riezler, ha diviso l'_Opus_
-in tre parti. La prima da pag. 966 a 1139; la seconda da pag. 1136
-a 1220; la terza da pag. 1221 a 123 _b_. Benchè l'Occam adduca gli
-argomenti delle due parti, naturalmente svolge con maggior copia e
-forza le ragioni degli oppositori. E pare che egli sia stato il primo
-ad esporle con larghezza, perchè dice nella chiusa: impugnantium
-rationes scripturae mandavi, et quantum in me est omnibus pubblicavi,
-quod ipsos audio toto desiderio cordis affectare. Forse lo scritto di
-Occam precede quello di Michele da Cesena del 24 (o 4) Gennajo 1331
-riportato da Niccolò in Baluze pag. 356-58, e pubblicato anche dal
-Goldast, II, 1238 (V. MÜLLER, _Aktenstücke_, pag. 75).
-
-[844] Questo libro, come già dicemmo altrove, forma la seconda parte
-del _Dialogo_ (GOLDAST, II, 740-70). È intitolato: _De dogmatibus
-Papae Johannis XXII_, e si divide in due trattati. Il primo, in
-dodici capitoli, si riferisce alla predica tenuta da Giovanni XXII
-nel concistoro, e ne combatte ad una ad una le ragioni (pag. 740-61).
-Il secondo, in dieci capitoli (pag. 761-70), non si riferisce a
-Giovanni, ma ai suoi difensori. V. pag. 761: Non tamen principalem
-errorem improbare studebo, quia in aliis operibus inquisitus ejus
-poterit improbatio reperiri, sed ad quasdam rationes sophisticas, quas
-ad muniendum praedictum errorem adducunt, satagam respondere. I due
-trattati non mostrano nessuna connessione tra di loro, ma il secondo
-pare che vagamente ricordi il primo nelle parole surriferite. Il primo
-pare che sia stato scritto nel 1333, perchè l'autore stesso dice che
-il 3 gennaio di quell'anno gli venne fatto di leggere la narrazione di
-ciò che era stato detto da Giovanni nel pubblico concistoro, tenuto,
-come dice Niccolò Minorita in un passo pubblicato dal Müller (_Akten_,
-pag. 89), la vigilia della Pentecoste dell'anno precedente (5 gennaio
-1332). È molto improbabile che, lette le ragioni di Giovanni, tardasse
-a rispondervi. Il secondo trattato è posteriore, ma non può essere
-scritto al di là del 1334, perchè, come osserva il Riezler, si parla
-di Giovanni XXII come ancora vivo, nè si fa cenno della bolla del 3
-dicembre 1334, in cui pria di morire il Papa ritirò la sua dottrina
-della visione beatifica, che egli in verità dava solo come una
-opinione, secondo che confessa lo stesso Occam nel cap. VIII del primo
-trattato.
-
-[845] _Compendium errorum Johannis Papae XXII_ (GOLDAST, II, 957-76).
-Qui sono combattute di nuovo le quattro costituzioni di Giovanni, che
-l'Occam colla consueta arguzia medievale chiama _destitutiones_. Nella
-prima _Ad conditorem_ (pag. 958-60) vengono trovati tredici errori;
-sette nella seconda _Cum inter_ (pag. 261-62); diciotto nella terza
-_Quia quorumdam_ (pag. 962-964); trentadue nella quarta _Quia vir
-reprobus_. Oltre a queste si combattono altre sette eresie di Giovanni
-XXII. Nella chiusa protesta contro una costituzione di Benedetto XII.
-Quae quidem destitutio praefatam haeresim retro seculis inauditam
-continens talis est: Districtius inhibemus ne postquam super negotio
-fidei quaestio seu dubitatio aliqua, super qua sunt opiniones adversae
-vel diversae, deducta fuerit ad Apostolicae Sedis examen, quisquam
-extunc alterutram partem declinare, eligere vel approbare praesumat,
-sed super ea sedis ejusdem judicium seu declaratio expectetur .... Unde
-licet ille nomine non re Benedictus XII praedecessori suo, in doctrina
-haeretica nunquam partecipasse .... tamen propter istam solam haeresim,
-cujus est auctor .... est inter haereticos computandus. Il Riezler
-(op. cit., pag. 77) crede che quest'opuscolo sia stato composto tra il
-1335 ed il 1338. Nel 23 agosto 1338 Fra Michele da Cesena pubblicò la
-protesta contro Benedetto XII, alla quale s'associarono Buonagrazia,
-Occam ed Enrico di Thalheim, come racconta Niccolò Minorita nel
-frammento pubblicato dal Müller (_Akten_, pag. 100-102).
-
-[846] L'_Opus nonaginta dierum_, cap. 122, pag. 1224, riproduce la
-protesta di Fra Michele contro quella parte della decretale _Quia
-quorundam_, ove si sostiene che il Papa può revocare i decreti dei suoi
-predecessori, e nel capitolo susseguente espone largamente le ragioni,
-che stanno in favore della protesta, nonostante le denegazioni fatte
-dal Papa nella bolla _Quia vir reprobus_. Parimenti nel _Compendium
-errorum_, cap. 4, pag. 962. Primus error quod illa, quae per clavem
-scientiae sunt a summis pontificibus in fide et moribus diffinita,
-possunt a suis successoribus in dubium revocari .... et per consequens
-fides esset in potestate hominum.
-
-[847] _Compendium_, cap. 124, pag. 1232. Omnis error, qui contradicit
-aperte scripturae divinae vel determinationi ab universali ecclesia
-approbatae, est haeresis damnata explicite .... pag. 1233, sed iste
-impugnatus (Johannis XXII) cogit christianam veritatem catholicam
-abjurare, cum cogat multos veritatem declaratam per Niccolaum tertium
-de paupertate Christi abjurare, ergo debet inter haereticos computari.
-
-[848] Queste erano le obiezioni tra gli altri del nuovo generale
-francescano Giraldo Odone, come dice l'Occam nell'_Opus_, pag. 1235.
-Il cap. 8 del _Compendium_ torna su codeste opposizioni (pag. 973).
-Et prima quidem objectio est, quod non potest papa haereticari, nec
-contra fidem errare. Sed huic cavillationi leviter potest obviari. (E
-vi risponde adducendo alcuni esempi di papi che fallirono). Secunda
-objectio cavillosa est quod Papa non habet superiorem in his. (Anche
-qui adduce alcuni esempi di Papi accusati e giudicati). Tertia objectio
-cavillosa est, quod a Papa non potest appellari. — Sed Papa habet
-superiorem, quia concilium generale. Cum etiam Papa haereticus effectus
-minor sit quocumque catholico. [Vedi più sopra, p. 529, nota 1].
-
-[849] _Opus nonaginta_, pag. 1233. Ipse autem non permittit generale
-concilium congregari, et ita se subjicere correctioni et emendationi
-illorum, quorum interest, recusat. Ergo haereticus est censendus.
-
-[850] _Octo quaestiones_, I, cap. 17 (GOLDAST, pag. 332). Si autem
-episcopi vel noluerint vel nequiverint papam haereticum judicare,
-alii catholici, maxime Imperator, si catholicus fuerit, ipsum judicare
-valebit.
-
-[851] MAGISTRI GUILHELMI DE OCKAM, _Super Potestate summi Pontificis
-Octo quaestionum decisiones_ (GOLDAST, II, 313-391). Bisogna convenire
-col Riezler (op. cit., pag. 249) che questo titolo è affatto sbagliato,
-perchè nè Occam decide nulla (pag. 391: Quid autem sentiam de
-praedictis non expressi); nè discute solo della potestà pontificia, ma
-benanco dell'imperiale. Se non che se l'opinione personale di Occam
-non è espressa apertamente, egli però ben ne aveva una, come dice
-lui stesso (non ut aliqua CERTA VERITAS in dubium revocetur, l. c.),
-e parmi che il dotto storico esageri affermando che mal si potrebbe
-indovinare qual sia. Non i singoli passi, ma l'orditura stessa del
-libro ci dice qui, come nell'_Opus nonaginta dierum_, che cosa pensi
-l'autore. Basterà addurre per esempio la prima quistione, perchè
-allo stesso modo sono discusse tutte le altre. La quistione è: utrum
-potestas spiritualis suprema et laicalis suprema, ex natura rei, in
-tantum ex opposito distinguuntur, quod non possint formaliter simul
-cadere in eundem hominem. Nel primo capitolo viene svolta l'opinione
-che respinge la fusione dei due poteri. Nel secondo quella che
-l'ammette. Nel terzo e quarto un'opinione intermedia, la quale ammette
-la separazione, non però per necessità di natura, bensì quale istituto
-di fatto e voluto da Dio. Nel quinto capitolo l'autore adduce le
-ragioni, che si oppongono all'opinione antipapista, ma molto brevemente
-e quasi chiedendo scusa del fatto suo. (Quia autem in hoc opuscolo
-censui solum modo recitando et allegando procedere, narrandum est,
-ecc.) Molto più diffusamente nei successivi dodici capitoli espone le
-obbiezioni contro la teoria papista, e poscia ad una ad una combatte le
-ragioni, che si sogliono addurre in suo favore. In un solo capitolo,
-nell'ottavo (pag. 323), cita alcune repliche contro le obbiezioni
-precedenti, ma per respingerle. Può esservi dubbio, che egli sta per la
-separazione dei due poteri?
-
-[852] Leopoldo di Bamberga avea distinto tra il regno tedesco e
-l'impero romano. Il re tedesco non appena eletto ha diritto di
-governare le provincie, che stavano sotto lo scettro di Carlo Magno,
-come immediato suo successore, nè gli occorre alcuna conferma del
-Papa. Non può però nè prendere la corona imperiale, nè esercitare
-alcun potere sulle provincie, che non appartenevano a Carlo Magno,
-se pria il popolo romano, secondo l'antica consuetudine, non l'abbia
-acclamato imperatore. In quest'ultimo punto (MÜLLER, _Der Kampf_, II,
-86) Leopoldo è d'accordo con Marsilio. E l'Occam lo combatte (pag.
-383): Electio regis et imperatoris, quae nunc per principes electores
-succedit, subrogata est in locum successionis vel electionis, quae
-quondam fiebat per populum romanum, seu per exercitum, qui populus
-romanus seu exercitus tunc repraesentabat totum populum romano imperio
-subjectum secundum istum Doctorem (evidentemente Leopoldo). Da questo
-accenno a Leopoldo il Riezler trae la prova che le _Octo quaestiones_
-sono state scritte non pria del 1339, perchè a quel tempo rimonta lo
-scritto del bambergese. Io aggiungo che l'Occam (pag. 382) cita anche
-la decisione, data dai principi elettori riuniti a Rense il 16 luglio
-1338.
-
-[853] V. più sopra, p. 538, nota 2. Qui aggiungo che nella seconda
-quistione: utrum suprema potestas laicalis proprietatem sibi proprie
-habeat immediate a Deo, l'Occam non nasconde le sue ripugnanze contro
-l'opinione: imperium est a Papa, e spende ben nove capitoli dal 6 al 14
-per ribattere le ragioni, che se ne solevano addurre in sostegno.
-
-[854] Ludovico nel decreto _licet juris_ stabiliva che anche il titolo
-d'imperatore vien conferito dall'elezione, mentre i principi elettori
-credevano che non si potesse prendere se non dopo l'incoronazione,
-come s'era sempre praticato sin qui. E l'imperatore ebbe a piegarsi al
-loro avviso nel decreto _fidem catholicam_, che fu certo redatto dal
-minorita Bonagrazia, uno dei compagni di fuga dell'Occam (MÜLLER, _Der
-Kampf_, pag. 76-81).
-
-[855] Pag. 369. Quinto quaeritur: utrum rex haereditarie succedens
-accipiat aliquam potestatem super temporalia ex eo quod a persona
-ecclesiastica inungitur consecratur et coronatur, vel solum ex hoc
-aliquam consequatur gratiam doni spiritualis. Che l'Occam rifiutasse
-la prima alternativa parrà chiaro a chi confronti il capitolo quinto
-col successivo (pag. 370-71), e che abbracciasse la seconda si vede da
-questo, che alle brevi obbiezioni fatte nel capitolo ottavo si risponde
-con forza nell'ultimo capitolo, che chiude la discussione.
-
-[856] Pag. 374. Septima quaestio: utrum si talis rex ab aliquo
-altero archiepiscopo, quam ab eo, qui antiquitus coronare consuevit,
-vel sibi ipsi coronam imponeret, per hoc perderet titulum vel
-potestatem regalem? La risposta negativa, che l'Occam preferisce,
-è svolta largamente nel capitolo secondo, laddove l'affermativa è
-accennata di volo nel capitolo primo. Questo partito di ammettere che
-l'incoronazione possa farsi anche da altra autorità ecclesiastica, che
-non fosse il Papa, era, secondo il Müller (_Der Kampf_, pag. 78-80), un
-tentativo di conciliazione tra l'avviso dell'imperatore e quello dei
-principi elettori. Lo stesso Müller ha trovato riscontri importanti
-tra le _Octo quaestiones_ ed una scrittura pubblicata dal Ficker,
-e precedentemente nota pei memorabili di Enrico di Hervord, e prima
-ancora per la cronaca di Ermanno Corner.
-
-[857] Pag. 374. Sexto quaeritur: utrum rex hereditarie succedens sit
-coronatori in aliquo subjectus. Anche qui la risposta negativa è più
-validamente dimostrata della positiva. E s'adduce questo argomento ad
-hominem contro le pretensioni papali: Non enim Papa, qui nullum jus
-habet, nisi eligatur canonice, electoribus est subjectus .... Imperator
-.... non habet jus imperiale nisi a populo, et tamen populo non erit
-subjectus .... ergo multo minus coronatori suo est subjectus.
-
-[858] _Tractatus de Jurisdictione in causis matrimonialibus_ (GOLDAST,
-I, 21-24). Vedi più sopra pag. 61, nota 1, ove ho riportato alcuni
-passi che accennano al concetto del matrimonio civile. Debbo però
-aggiungere a quella nota che il Riezler nell'_Historische Zeitschrift_
-(40, 328), arrendendosi alle osservazioni del Scheffer-Boichorst, non
-crede più che lo scritto di Marsilio da Padova sullo stesso argomento
-(GOLDAST, II, 1386-1391) sia apocrifo. Sulle differenze tra i due
-trattati vedi il MÜLLER, _Der Kampf_, II, 160.
-
-[859] Il Dialogo, come dicemmo più sopra (pag. 62), va diviso in tre
-parti. La prima (GOLDAST, II, 398-739) suddivisa in sette libri, è
-intitolata _De haereticis_ e vi torneremo di qui a poco. La seconda
-(740-770) è l'opera già esaminata _De dogmatibus Papae Johannis_.
-La terza (771-976) è intitolata _De gestis circa fidem altercantium
-catholicam_, e si divide, come dice l'autore stesso (pag. 771), in
-nove trattati. Primus quidem disputando de potestate papae et cleri.
-Secundum de potestate et juribus Romani Imperii. .... Tertius de gestis
-Johannis XXII .... Quartus de gestis Domini Ludovici de Bavaria.
-Quintus de gestis Benedicti XII. Sextus de gestis fratris Michelis
-de Cesena. Septimus de gestis et doctrine fratris Giraldi Odonis.
-Octavus de gestis fratris Guillelmi de Ockam. Nonus de gestis aliorum
-christianorum, ecc. Il Riezler (op. cit., pag. 263) ha già notato
-che dalla lettera del Badio al Tritemio, riportata dal Goldast (pag.
-392-93), si raccoglie che il primo editore Trechsel ebbe tra mani tutti
-i trattati; ma gli ultimi sette, ove si contenevano difese ed accuse
-amariores, quam ut vulgo legerentur, lasciò da parte. E così non sono
-pervenuti a noi se non due trattati. Il primo trattato si suddivide in
-quattro libri, dei quali il 1º tratta de potestate Papae (pag. 770-82);
-il 2º discute la quistione: an expediat toti communitati fidelium uni
-capiti, principi ac praelato fideli sub Christo subjici et subesse
-(pag. 788-819); il 3º torna sull'argomento toccato anche nella prima
-parte del Dialogo: qualis fides scripturis aliis, quam canonicis,
-debeat adhiberi (pag. 819-845); il 4º riesamina il quesito anch'esso
-svolto nella prima parte del Dialogo: an Christus de facto constituerit
-beatum Petrum principem et praelatum aliorum apostolorum et universorum
-fidelium (pag. 846-889). Il secondo trattato si suddivide in tre
-libri, dei quali il 1º inquirit an toti generi humano expediat unum
-Imperatorem universo orbi praeesse (pag. 889-902); il 2º quae jura
-habeat Imperator romanus super temporalia investigat (pag. 902-925); il
-3º perscrutat, an Imperator romanus super spiritualia habeat potestatem
-aliquam (pag. 926-957).
-
-[860] _Dialogus_, III, I, 5 (GOLDAST, pag. 776). Lex enim christiana
-ex institutione Christi est lex libertatis respectu veteris legis ....
-Et ita constat, quod lex christiana esset majoris servitutis, quoad
-temporalia, quam lex vetus, si Papa in temporalibus haberet hujusmodi
-plenitudinem potestatis; quia illi, qui erunt sub lege mosaica, nulli
-mortali erant in temporabilibus modo subjecti. Cap. 6, pag. 177, istud
-est principalius vel de principalibus fondamentis et motivis quare
-quidam dicunt quod Papa non habet talem plenitudinem potestatis. Anche
-il Riezler ammette che codesta è l'opinione dell'Occam. Io aggiungo
-che l'argomento della libertà è addotto colle stesse parole nelle _Octo
-quaestiones_, I, 6, pag. 320.
-
-[861] Anche nella terza parte del Dialogo (trattato 2º, libro 1º) come
-nelle otto quistioni è discussa largamente la teoria: verum imperium
-romanum est a Papa. E dal capitolo 18 sino al 24 sono bene addotte
-dieci ragioni in suo sostegno, ma per scalzarle immediatamente. Nè
-pago di queste confutazioni indirette ne adduce altre ben stringenti
-e dirette nel capitolo 25 (pag. 896). Quod repugnat divinae scripturae
-est haereticum; sed non posse esse verum imperium nisi a Papa, repugnat
-divinae scripturae (Cfr. cap. 28, pag. 901).
-
-[862] Nello stesso libro, citato nella nota precedente, l'Occam discute
-separatamente le due quistioni sull'utilità e sull'origine di una
-monarchia universale. Intorno all'origine si contano tre opinioni
-(pag. 885): una est opinio quod imperium fuit a Deo constitutum et
-non ab hominibus. Alia est quod fuit primo institutum et tamen per
-homines scilicet per Romanos. Tertia opinio est quod verum imperium
-fuit a Papa. Quest'ultima opinione dicemmo già nella nota precedente
-come sia combattuta più vigorosamente delle altre due. L'opinione
-dell'origine divina è fiaccamente difesa nel capitolo XXVI, pag.
-898, ed alla spiccia combattuta con quest'osservazione, che chiude
-il capitolo: Unico verbo respondetur, quia cum dicitur quod potestas
-imperialis et universaliter omnis potestas licita et legitima est a
-Deo, non tamen a solo Deo, sed quaedam est a Deo per homines, et talis
-est potestas imperialis (la stampa del Goldast è guasta: non solo
-ci sono ripetizioni dovute evidentemente ad errori di stampa, ma in
-luogo d'_institutum ab hominibus_ deve leggersi _institutum a Deo_).
-Non resta se non l'opinione dell'origine mista mediatamente da Dio ed
-immediatamente dagli uomini (pag. 899): A populo est imperium. Item
-ab illis fuit Imperium romanum, qui caeteras nationes Romam imperio
-subdiderunt. Quest'opinione, che raccosta l'Occam a Marsilio, è difesa
-nel capitolo XXVII, e resta padrona del campo, essendo risolute tutte
-le obbiezioni che le si muovono. In quanto poi all'utilità di una
-monarchia universale ci sono pure diversi pareri: 1º Una opinio (pag.
-871), quod per unum principem secularem, qui non incongrue imperatoris
-nomine censetur, mundus quoad temporalia, optime regeretur. Nec
-sufficienter paci et quieti totius societatis humanae potest per aliud
-regimen provideri. 2º Alia opinio (pag. 874) est contraria quod non
-expedit mundo, ut universalitas mortalium uni imperatori seu principi
-sit subjecta. 3º (pag. 875) Alia opinio .... quod expediret unum
-principem non secularem sed ecclesiasticum universitati mortalium
-presidere. 4º (pag. 875) Alia opinio: Mundus optime regeretur, si
-plures simul mundi dominium obtinerent. 5º (pag. 876) Alia opinio est
-quod secundum diversitatem, qualitatem et necessitatem temporum expedit
-regimina et dominia mortalium variari. (Vedi più sopra, pag. 63, nota
-1). La prima opinione non è certo quella dell'autore, perchè alle
-ragioni, che da Dante in poi si addussero in favore della monarchia
-universale, risponde vigorosamente in cinque capitoli, dal sesto al
-decimo. Confuta parimenti le altre tre opinioni; ma l'unica che resta
-inconfutata è la quinta, che dobbiamo quindi tenere per la preferita
-dall'autore.
-
-[863] Dialogo, 3ª parte, trattato 2, lib. 2, ove, stabilita la
-distinzione delle due potestà temporale e spirituale, esamina (pag.
-904) la quistione: an Imperator verus Romanorum per universum mundum
-super temporalia habeat hanc potestatem, ita ut cunctae regionis mundi
-ei in temporalibus oboediant. E l'Occam sta per l'affermativa, perchè
-alle ragioni addotte nel capitolo 5º (pag. 904-906) per sostenerla non
-replica più, laddove combatte nei capitoli 6º, 7º e 8º quanti argomenti
-s'adducono in favore dell'opinione contraria. In quanto al diritto di
-punire, alcuni sostengono: per judicem ecclesiasticum sunt criminosi
-et pro criminibus secularibus puniendi (cap. X, pag. 910-11). (Anche
-qui parmi errata la stampa, che a pag. 910 in finem dovrebbe leggersi:
-una est, quod _non_ pro omni crimine seculari potest Imperator punire
-omnes sibi subjectos). Altri per lo contrario: ad Imperatorem et
-judicem secularem solummodo spectat pro criminibus secularibus plectere
-criminosos (cap. II, pag. 911). Tra queste due opinioni tramezza una
-terza, preferita evidentemente dall'Occam, secondo la quale solo in
-alcuni casi è lecito l'intervento del giudice ecclesiastico, quando
-ad esempio non est judex secularis: vel quando judex secularis est
-negligens facere justitiam (pag. 913). In quanto poi ai beni, tra
-l'opinione: imperator omnium rerum hujus mundi non est dominus (cap.
-XXI, pag. 919), e la contraria: est dominus (cap. XXII, pag. 919-20)
-c'è posto per questa terza, preferita dall'Occam: imperator non est sic
-dominus omnium rerum temporalium, ut ad libitum suum liceat sibi vel
-valeat de omnibus hujusmodi rebus, quod voluerit ordinare, est tamen
-Dominus quodammodo omnium pro eo quod omnibus rebus .... potest uti et
-eas applicare ad utilitatem communem (Cap. 23, pag. 920).
-
-[864] _Dialogus_, P. 3ª, tr. 2, lib. 3, cap. 3 (pag. 927) licet
-imperator specialiter ratione imperatoria dignitatis non habeat jus
-eligendi summum Pontificem, vel alios praelatos inferiores, in quantum
-Christianus catholicus et fidelis jus eligendi Summum Pontificem
-potest sibi competere. Che codesta sia l'opinione dell'autore lo dice
-il discepolo (pag. 929): Allegationes pro ista opinione secunda tam
-evidentes mihi videntur, ut non curem ad ipsas responsiones audire. Il
-popolo romano è per diritto di natura il vero elettore del Pontefice,
-perchè (pag. 932) electio semper debet concedi paucis .... quia igitur
-romani respectu aliorum catholicorum sunt pauci, et summus pontifex
-est quodammodo episcopus eorum .... ideo rationabiliter alii catholici
-non habent jus eligendi summum pontificem, nisi quando electio non
-spectaret ad Romanos. I Romani poterono cedere ad altri il loro
-diritto, come a dire ai cardinali, e ben fecero (pag. 937), quia saepe
-aliqua multitudo habet jus eligendi, et tamen non expedit quod omnes
-eligant; ma lo riacquistano subito nel caso che il papa e gli elettori
-omnes infecti fuerint haeretica pravitate.
-
-[865] Dialogo, loc. cit., cap. 17, pag. 947. Quod imperator possit et
-debeat papam pro omni crimine judicare quampluribus viis ostenditur,
-quorum una (quae etiam est in prima parte facta istius dialogi) sumitur
-ex unitate summi judicis, quam omnis communitas bene ordinata habere
-debet. E nello stesso capitolo e nei seguenti sono combattute le cinque
-opinioni, che ammettono la pluralità dei giudici supremi. Finalmente
-nel cap. XXIII, col quale si chiude il trattato, dice (pag. 956): Papa
-non est magis exemptus a jurisdictione coactiva imperatoris et aliorum
-secularium judicum, quam fuerunt Christus et Apostoli.
-
-[866] Vedi più sopra, p. 538, nota 1.
-
-[867] La prima parte del Dialogo (pag. 398-739) si divide in sette
-libri, come dice l'autore stesso nel Prologo. Primam ergo partem de
-haereticis acceleres inchoare: materiam in septem divide libros, quorum
-primus investiget ad quos (theologos videlicet vel canonistas) pertinet
-principaliter diffinire, quae assertiones catholicae, quae haereticae;
-qui etiam haeretici et catholici debeant reputari. Secundus inquirat,
-quae assertiones haereticae, quae catholicae sunt censendae. Tertius
-principaliter consideret, quis errans inter haereticos est computandus.
-Quartus quomodo de pertinacitate et pravitate haeretica debeat quis
-convinci. Quintus, qui possunt pravitate haeretica maculari. Sextus
-agat de punitione haereticorum, et maxime Papae, si efficiatur
-haereticus. Septimus tractet de credentibus, fautoribus, defensoribus
-et receptoribus haereticorum.
-
-[868] Che la opinione del maestro traspaia dal Dialogo, sebbene non
-la manifesti, lo dice chiaramente il discepolo nel Prologo: _tuam
-conclusionem minime praetermittas_, quae tamen tua sit nullatenus
-manifestes.
-
-[869] _Dialog._, Parte 1ª, lib. II, cap. V, pag. 415-16. Quinque sunt
-genera veritatum, quibus non licet Christianis aliter dissentire.
-Primum est earum, quae in scriptura sacra dicuntur .... Secundus est
-quae ab Apostolis ad nos per succedentem relationem vel scripturas
-fidelium pervenerunt. Tertium est earum, quas in fide dignis cronicis
-et historicis relationibus fidelium invenimus. Quartum est earum, quae
-ex veritatibus primi generis et secundi tantummodo, vel quae ex eis vel
-alterius eorum una cum veritatibus tertii generis possunt concludi.
-Quintum est earum, quas Deus praeter veritates revelatas Apostolis
-aliis revelavit vel etiam inspiravit. Si vede che l'Occam è molto largo
-e non accetta l'opinione esposta a pag. 410: quod illae solae veritates
-sunt catholicae, quae implicite vel esplicite in canone Bibliae
-asseruntur. Ma ciò non pertanto ei combatte aspramente l'opinione di
-alcuni canonisti del suo tempo, i quali sostenevano (pag. 418) quod
-Papa potest facere novum articulum fidei; opinione della quale nonnulli
-theologi scandalizantur (pag. 421).
-
-[870] Lib. III, cap. III, pag. 437. Hereticus est vere baptizatus,
-vel pro baptizato se gerens, pertinaciter dubitans vel errans contra
-catholicam fidem. Eretico non è nè l'ebreo, nè il pagano, perchè non
-sono battezzati, ma è bene eretico il cataro, il quale, sebbene non
-sia, pure si dice e si crede cristiano. Che la pertinacia poi sia un
-carattere essenziale nella definizione dell'eretico non pure lo prova
-con argomenti di autorità e di ragioni (cap. VI-VIII), ma combatte
-ampiamente le obbiezioni (cap. V, IX, X, XI). Tutto il libro quarto è
-vôlto a definire la pertinacia ed enumerarne le specie, che ammontano
-a 17. La decimasesta è la seguente (pag. 466): Potest Papa specialiter
-convinci de pertinacia et haeretica pravitate si errorem, quem contra
-fidem diffinit, solemniter a Christianis asserit tanquam catholicum
-esse censendum.
-
-[871] Tutto il libro primo della prima parte del Dialogo discute
-codesta quistione. E non è dubbia l'opinione dell'Occam, che viene
-riassunta nell'ultimo capitolo del libro (pag. 409-10) per rationes
-autem universales ad ipsos (theologos) pertinet judicare, ubi deficeret
-canonistarum prudentia ecc.
-
-[872] Nel capitolo 2º del 5º libro, pag. 469-70 adduce alcuni esempii
-di papi eretici, a cominciare da S. Pietro, al quale S. Paolo resistè
-in faccia quia reprehensibilis erat. E cita le parole di S. Tommaso
-che nella Somma, II, 2 qu. 33, art. 4: Paulus qui erat subditus Petro,
-propter imminens periculum scandali circa fidem Petrum pubblice arguit.
-Nel capitolo susseguente prova con 15 ragioni quod Papa canonice
-electus potest manens Papa errare a fide et haereticari. Nel capitolo
-IV muove alcune obbiezioni che vengono risolute nel quinto.
-
-[873] Lib. VI, cap. 57, pag. 561. Praedicta inquisitio primo et
-principaliter spectaret ad universalem ecclesiam, si essent ita
-pauci, quod omnes convenirent in unum, vel possent leviter convenire.
-Secundo pertineret ad Concilium generale, quod vicem tenet universalis
-ecclesiae. Ivi, cap. 84, pag. 602. La convocazione del Concilio nel
-caso di un Papa eretico spectat principalius ad praelatos et in Divina
-lege peritos, secundo spectat ad reges et principes et alias publicas
-potestates; tertio autem spectat ad omnes catholicos.
-
-[874] Lib. VI, cap. 86, pag. 605. Concilium generale debet Papam
-haereticum expellere de sede .... ab omni ecclesiastico ordine
-degradare .... et potest ipsum curiae tradere seculari. Intorno
-ai laici non accetta che all'autorità secolare spetti la condanna
-dell'eretico, come dicono alcuni (Cap. 91, pag. 608-10), e tiene invece
-questo altro modum ponendi, qui minus veritati repugnare videtur (Cap.
-93, pag. 611-12): si clerici crederent eidem, ac circa correctionem
-at cohibitionem ipsius essent damnabiliter negligentes, principes
-saeculares, in quorum dominio moratur, et etiam populus, qui sciret
-ipsum haereticum, coercere debent.
-
-[875] Dicemmo più sopra che il secondo libro del primo trattato
-della terza parte discute la quistione: an expediat toti communitati
-fidelium uni capiti principi et prelato fideli sub Christo subjici et
-subesse. Resta senza risposta il capitolo 25 (pag. 812-814), nel quale
-è provato che absque unitate Summi Pontificis potest unitas ecclesiae
-perdurare, vacante enim apostolica sede manet unitas ecclesiae. Così
-pure rimane senza risposta il capitolo 28, nel quale sono enumerati
-i casi, in quibus liceret plures tales constituere Patriarchas seu
-primates. E finalmente nell'ultimo capitolo del libro sono ribattute
-ad una ad una le ragioni addotte nel capitolo primo in sostegno
-del governo monarchico della Chiesa. Noto tra le altre questa, che
-è il segreto motivo dell'avversione dell'Occam al monarcato (pag.
-818): si Papa efficeretur haereticus, praesertim habens potestam
-temporalem .... formidandum esset ne fere omnes Christianos inficeret
-haeretica pravitate. Quale fosse l'opinione dell'Occam lo dice il
-discepolo nel principio del libro seguente: Quamvis regulariter
-minime expediret totam universitatem fidelium uni capiti fideli sub
-Christo subesse, tamen videtur quod nullus catholicus debeat dubitare
-quin pro necessitate temporis, vel propter excellentiam beati Petri
-vel ex alia causa speciali nobis fortassis ignota, aut de potentia
-absoluta Christus potuit constituere beatum Petrum caput, principem
-et praelatum aliorum apostolorum. Questo passo prova due cose: 1º che
-la discussione del libro precedente la dà vinta contro il monarcato;
-2º che la quistione teoretica sull'utilità di questo o quel governo è
-indipendente nella mente dell'Occam dalla questione storica intorno a
-S. Pietro.
-
-[876] La quistione sul primato di Pietro è trattata, come dicemmo,
-nella 3ª parte, 2º trattato, libro 4º. Che l'Occam vi risponda in
-modo affermativo lo dimostra tutta l'orditura del libro, come ha
-ben rilevato il Riezler. Ma al Riezler è sfuggito che in questo
-libro l'Occam risponde a Marsilio, del quale riproduce a parola
-l'argomentazione. Il capitolo primo dell'Occam (pag. 846-48) non è
-altro se non il capitolo sedicesimo della seconda parte del _Defensor
-pacis_ dalle parole: _nam tribuens Christus Apostolis_ sino a _vos
-autem omnes fratres estis_ (GOLDAST, II, 241-44). Un solo brano è
-saltato dall'Occam, quello che comincia: _dic igitur mihi_ e finisce
-_probavimus supra_ (pag. 243), il quale salto rende inintelligibile
-la citazione di S. Agostino, che l'Occam riproduce. Alle ragioni
-di Marsilio l'Occam risponde in tutto il libro, ma principalmente
-nel penultimo capitolo, contro il quale non s'adducono ulteriori
-obbiezioni.
-
-[877] Cap. 22, pag. 865. Tenendum est quod eadem assertio universali
-ecclesiae debet adscribi, universalis autem ecclesia nullo tempore
-etiam parvo errore potest contra fidem. Il Riezler (op. cit., pag.
-259-267) crede che questo libro della terza parte contraddica al libro
-quarto della prima parte, ove par che l'Occam abbracci un'opinione
-affatto opposta. Ma io non credo che nel capitolo della prima parte
-(p. 483), ove si adducono le ragioni contro il primato di S. Pietro,
-l'Occam esprima la sua opinione, perchè nel capitolo susseguente
-viene sostenuta l'opinione contraria, ed il discepolo dichiara che
-non occorre andare più avanti (pag. 486): cum auctoritas debeat ad
-eam tenendam sufficere. Canit enim ecclesia universalis de beato
-Petro: _Tu es pastor ovium princeps Apostolorum_. Codesta, come si
-vede, è la stessa ragione addotta nella terza parte, e in essa si
-acquetano i disputanti e si passa alle altre proposizioni sostenute
-dagli antipapisti, come a dire: 1º che la Scrittura non parla mai
-della venuta di S. Pietro a Roma, nè S. Luca dice mai che abbia
-retta la Chiesa di Roma (_Defensor pacis_, pag. 245; _Dialogus_, pag.
-486); 2º Che giusta l'ordinamento di Gesù Cristo, nessun sacerdote
-ha potere sull'altro, e la distinzione tra vescovi, arcivescovi,
-sacerdoti è solummodo ex ordinatione humana et non ex ordinatione
-Christi (_Defensor_, pag. 238-41; _Dialogus_, pag. 486-87); 3º Che
-solo da Costantino in poi la Chiesa di Roma ebbe un primato sulle
-altre (_Defensor_, pag. 293; _Dialogus_, pag. 487). Contro codeste
-asserzioni viene opposto nel cap. XIX quod Romana Ecclesia ante tempora
-Constantini super omnes alias habuit principatum.... auctoritate
-Conciliorum generalium. Nel capitolo XX si adducono i testi per
-provare quod Romana Ecclesia ab ipso Christo ante ascensionem recepii
-principatum. Ma nel capitolo XXI, che chiude la digressione, si espone
-l'opinione intermedia: quod Romana Ecclesia non habuit immediate a
-Christo super alias ecclesias principatum .... sed primo immediate
-habuit principatum a B. Petro transferente sedem suam in Romanam
-Ecclesiam. Codesta terza opinione, contro la quale non s'oppone più
-nulla, dovrebbe essere anche secondo il Riezler quella abbracciata
-dall'Occam. Per tal guisa non v'ha contraddizione tra la 1ª e la 3ª
-parte del Dialogo.
-
-[878] Che il Concilio possa errare lo dimostra con cinque ragioni nel
-capitolo 25 dello stesso libro quinto (pag. 494-95), e con esempi nel
-capitolo 26. Adduce nel successivo capitolo gli argomenti in favore
-dell'opinione contraria, ma nel 29 vi risponde diffusamente. E nel
-successivo capitolo 30 passa all'altro argomento, se cioè possa errare
-tutta la Cristianità. Che possa errare tutto il Clero lo dimostra
-nel capitolo XXIX e lo riafferma nel XXXI ribattendo le ragioni in
-contrario. Ma il Clero, anche preso nel suo complesso, non è la Chiesa,
-perchè (pag. 500) ad congregationem autem fidelium ita pertinent laici
-fideles, sicut clerici. Igitur de multitudine clericorum non debet
-intelligi, quod errare non possit. Anche la Chiesa tutta può fallire in
-qualche congiuntura, come alla venuta dell'anticristo, ma anche a quel
-tempo aliqui erunt sancti viri electi qui in errorem minime inducentur
-(pag. 594). E bastano queste eccezioni perchè la vera fede non perisca.
-
-
-
-
-
-Nota del Trascrittore
-
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
-senza annotazione minimi errori tipografici.
-
-Le correzioni indicate a pag. 565 sono state riportate nel testo.
-
-
-
-
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-The Project Gutenberg EBook of L'eresia nel Medio Evo, by Felice Tocco
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-
-Title: L'eresia nel Medio Evo
-
-Author: Felice Tocco
-
-Release Date: May 22, 2020 [EBook #62192]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ERESIA NEL MEDIO EVO ***
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-
-
-Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Online
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-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="titlepage">
-<p class="main-t">
-L'ERESIA<br />
-NEL MEDIO EVO
-</p>
-
-<p class="pad2">
-STUDI
-</p>
-
-<p class="pad1 x-small">
-DI
-</p>
-
-<p class="pad1 x-large g">
-FELICE TOCCO
-</p>
-
-<p class="pad4">
-IN FIRENZE<br />
-<span class="small">G. C. SANSONI, EDITORE</span><br />
-—<br />
-1884
-</p>
-</div>
-
-<div class="verso">
-<hr class="mid" />
-<p>
-PROPRIETÀ LETTERARIA
-</p>
-
-<p>
-Firenze — Tip. G. Carnesecchi e figli.
-</p>
-<hr class="mid" />
-</div>
-
-<div class="somm">
-<hr />
-<p class="center x-large"><a href="#indice" id="indfront">INDICE</a></p>
-<hr />
-</div>
-
-<div class="dedica">
-<p>
-ALLA
-</p>
-
-<p>
-CARA E VENERATA MEMORIA
-</p>
-
-<p>
-DI
-</p>
-
-<p>
-MIO PADRE
-</p>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="avvertenza">AVVERTENZA</h2>
-</div>
-
-<p>
-Messomi a studiare i rapporti tra la filosofia
-scolastica e la contemporanea eresia, se
-non ho trovato quello che a prima giunta
-supponevo, mi venne fatto in compenso di
-formarmi un'opinione ben netta sulla genesi
-e sul corso delle molteplici sètte eretiche. Il
-risultato di questi studii pubblico nel presente
-libro, che per conseguenza non è, nè vuol essere
-una storia degli eretici, e molto meno un
-trattato dommatico sull'eresia.
-</p>
-
-<p>
-L'ho intitolato <i>Studi sull'eresia del Medio
-Evo</i>, prendendo quest'ultima parola nel senso
-più ristretto del periodo, in cui domina la filosofia
-scolastica. L'età di transizione tra la
-coltura antica e la nuova, in cui fiorisce la
-Patristica, è affatto estranea al mio compito.
-Avrei dovuto occuparmi delle sètte contemporanee
-<span class="pagenum" id="Page_viii">[viii]</span>
-al moto francescano, che vanno sotto
-il nome di Flagellanti, Apostolici, Beghini e
-Guglielmiti, e molti materiali avevo raccolti intorno
-a codesto argomento. Ma la ristrettezza
-dello spazio m'impedisce di trattarlo anche
-superficialmente, e mi riserbo di farne uno
-studio a parte, se i saggi, che ora pubblico,
-saranno benevolmente accolti, del che dubito
-forte. La mancanza di spazio m'impedisce altresì
-di pubblicare nella loro integrità alcuni
-testi inediti, che si riferiscono all'abate Gioacchino,
-all'Evangelo eterno, ed al moto francescano.
-Ne ho solo riportati quei frammenti,
-che più s'affacevano al mio scopo. Ho forse
-abbondato nelle note, ma non me ne pento,
-chè nelle ricerche storiche la mancanza assoluta
-o la citazione manchevole delle fonti
-parmi un vero danno. Del resto se al lettore
-piace di saltare le note, e credermi in parola,
-io gli sarò grato di tanta fiducia.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Firenze, marzo 1884.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span>
-</p>
-
-<h2 id="introduzione">INTRODUZIONE</h2>
-</div>
-
-<p>
-Il Medio Evo, che a torto da amici ed avversarii
-fu detto l'era della concordia e della pace,
-ebbe a soffrire non meno dell'età nostra profondi
-e dolorosi travagli. Codesta unità delle menti e degli
-animi, produttrice secondo gli uni di opere grandiose,
-segno secondo gli altri di fiacchezza e torpore,
-fu sempre e dovunque vagheggiata, giammai
-conseguita. Nè ci verrà mai fatto di trovarla nei
-tre periodi, in cui vanno divisi i secoli che corrono
-da Carlo Magno a Carlo di Boemia.
-</p>
-
-<h3 id="intro-1">I</h3>
-
-<p>
-Il primo periodo, che diremo di preparazione, è
-il più lungo di tutti, protendendosi dal secolo nono
-sino alla metà del decimosecondo. Vi primeggiano
-in filosofia le dispute faticose intorno agli Universali,
-nate da una frase dell'Isagoge Porfiriana,
-la quale racchiude in germe un problema sempre
-risoluto e sempre da risolvere. Quel che noi diciamo
-<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span>
-i generi e le specie, sono forse entità reali,
-anzi solo la vera realtà, o non piuttosto artifizii
-della mente per non smarrirsi nel laberinto della natura?
-Alla prima sentenza piegavano i Realisti, i
-Nominalisti alla seconda; ed il loro dissidio, frutto di
-una profonda antinomia della ragione, durava ostinato
-per secoli, e quando parea che fosse per comporsi,
-rinasceva sotto altra forma più vivace di
-prima. Secondo l'intuizione realistica gli individui
-sono effimere esistenze, le quali, a così dire, nell'istessa
-ora che nascono, scompaiono. Che siamo
-noi uomini, presi individualmente? <i>Pulvis et umbra.</i>
-Consacrati alla morte, un piccolo accidente distrugge
-in un punto quanti fra noi aveano redata maggior
-consistenza e vigore. La sola che sopravvive a tante
-ruine, e sfidando le ingiurie del tempo, per volger
-di secoli non cresce nè scema, è quel che v'ha di
-universale in noi, l'umanità. E lo stesso che diciamo
-degli uomini, possiamo ripetere degli esseri
-tutti. Chè anzi a quel modo che gl'individui umani
-sono frammenti dell'umanità, questa è una piccola
-parte di un essere più sterminato di lei, l'animale.
-E l'animale a sua volta è frazione del vivente, ed
-il vivente è anch'esso forma fugace di un Essere
-immenso che è tutte cose, ma nessuna in particolare.
-Questo solo è ciò che permane immutato, è
-l'ordito su cui s'intesse la variopinta trama della
-natura, è l'Oceano che serba costante il volume
-delle acque, benchè sull'immensa superficie s'avvicendino
-i flutti rumorosi. Questi arditi concetti
-<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span>
-sono adombrati nel <i>De divisione naturae</i> di Giovanni
-Scoto Erigena.<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a> Così nella prima metà del nono secolo
-quella Filosofia, che si dice serva del domma,
-prende le mosse da un libro, il quale parecchi secoli
-dopo (nel 1225) da Papa Onorio III verrà
-condannato alle fiamme.<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nè men libera ed ardita è la scuola opposta dei
-Nominalisti. Il concetto dal quale partivano Roscellino
-e i suoi seguaci, affatto discorde da quello
-dei Realisti, è il seguente: la sostanza prima è
-l'Individuo; gli universali sono astrazioni che la
-nostra mente forma togliendo ed isolando ciò che
-han di comune gl'individui, e lungi dall'essere la
-vera realtà, non hanno maggior consistenza del
-suono che li esprime.<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a> Se il Realismo menava dritto
-al concetto di sostanza unica, di cui gl'individui son
-gli accidenti, il nominalismo in quella vece di conseguenza
-in conseguenza riescir doveva alla dottrina
-dell'originalità degli individui, o in altre
-parole all'atomismo.<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a> Tali erano i due indirizzi
-<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span>
-della speculazione di quel tempo, i quali, mutati
-nomi e fattezze, si sono conservati sino ai nostri
-giorni. Ma e l'uno e l'altro sistema eran guardati
-con sospetto dagli ortodossi, cui non isfuggì che
-sotto l'apparenza dell'accordo si nascondesse un
-grave dissidio tra la Fede e la Filosofia. Ben fu
-tentata una via di mezzo tra i due opposti estremi,
-la quale sembrava s'accordasse meglio colla tradizione;
-ma il tentativo non ostante la pietà e l'ingegno
-di Anselmo di Aosta fallì; nè a torto gli
-scolastici posteriori ebbero a temere che l'idealismo
-dell'arcivescovo di Canterbury non fosse meno
-avventuroso degli altri sistemi, nè sapesse tenersi
-egualmente lontano dal misticismo degli uni e dal
-razionalismo degli altri.<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a> E questi erano infatti gli
-<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span>
-scogli, nei quali rompeva la speculazione di quel
-tempo, in cui i filosofi, non usi ancora a infingersi,
-come fu stile dei secoli posteriori, traevano dai
-<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span>
-loro principii, saldi argomenti a trasformare i dommi
-e le dottrine tradizionali.
-</p>
-
-<p>
-Così i Realisti, al cui misticismo nessun mistero
-ripugnava, tra le nebbie della credenza popolare
-s'argomentavano di scoprire le proprie teorie.
-E restaurando il vecchio metodo dell'interpetrazione
-allegorica, già tanto usato ed abusato dai
-gnostici, nel domma della trinità videro simboleggiato
-un ciclo cosmogonico, e nella redenzione
-l'eterna durata dell'effetto garentita dal perenne intervento
-della causa.<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a> Ed anche i nominalisti alla
-lor volta, benchè non spiccassero voli così alti e
-ben lontani si tenessero dal nebuloso speculare degli
-avversarî, non cessavano per tanto dallo studiare
-i dommi religiosi, nè meno uso facevano dell'interpetrazione
-allegorica. Le loro spiegazioni, non
-elaborate certo nel grande stile dei realisti, eran
-più piane e sarei per dire volgari, ma meglio confacenti
-secondo loro a far luce piena dove più s'addensava
-l'ombra del mistero.
-</p>
-
-<p>
-La setta nominalistica o concettualistica<a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a> che
-dir si voglia fu per tal guisa l'iniziatrice del razionalismo,
-<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span>
-ed il suo più illustre rappresentante,
-l'infelice Abelardo, ragionatore instancabile e strenuo
-propugnatore dei diritti del libero pensiero,
-cadde vittima della sua dialettica. <i>Odiosum me mundo
-reddidit Logica.</i><a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a> Per ben due volte ei fu tradotto
-davanti a Sinodi provinciali sotto l'accusa di eresia.
-La prima nel 1121 in quella stessa città di
-Soissons, dove pochi anni innanzi era stato condannato
-Roscellino per sospetto di triteismo;<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a> la
-<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span>
-seconda nel 1140 a Sens, dove egli sperava battere
-colle armi delle sue implacabili argomentazioni
-l'accusatore suo S. Bernardo. Ma nè l'una volta
-nè l'altra gli arrise la fortuna; chè a Soissons fu
-condannato a bruciare colle sue proprie mani <i>l'Introductio
-ad Theologiam</i>, e come se ciò non bastasse
-fu chiuso in espiazione dei suoi falli nel convento
-di S. Medard. A Sens poi gli sarebbe capitato anche
-peggio, se l'accorto filosofo, presentito l'imperversar
-della bufera, non se ne fosse appellato
-al Pontefice. E ventura per lui che, mancategli le
-forze lungo il viaggio alla volta di Roma, riparasse
-nell'abbazia di Cluny, ove fu accolto affettuosamente
-da Pietro il venerabile, miracolo ed
-esempio di vera carità cristiana. Se fosse proceduto
-oltre, non avrebbe trovata eguale accoglienza
-nel Papa Innocenzo II, il quale non poteva al
-certo darla vinta al filosofo palatino contro quello
-stesso S. Bernardo, alla cui opera egli doveva in
-parte il trionfo riportato sul rivale Anacleto.<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a> E
-<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span>
-d'altro lato come mai quel Pontefice, che l'anno
-innanzi avea imposto silenzio all'audace Arnaldo
-da Brescia, avrebbe ora dubitato di condannare
-il maestro e la guida dell'abborrito novatore? Non
-eran forse questi due uomini stretti siffattamente
-in un pensiero, che agli occhi del chiaravallese
-l'uno paresse il gigante Golia, e l'altro il fido scudiero?
-E per fermo lo stesso ardore di libertà
-scaldava i loro petti. Entrambi volevano la riforma
-della Chiesa, l'uno spogliandola dei mal tolti beni
-temporali, cagion prima di scandali e corruzioni;
-l'altro sciogliendola da quelle pastoie dommatiche
-che impedivano la libera espansione del sentimento
-religioso.
-</p>
-
-<p>
-Ed entrambi sono specchio fedele di quell'età
-turbinosa, in cui infranti nella lotta delle riforme
-e delle investiture i vincoli dell'antica disciplina,
-il prestigio della tradizione vien meno, e Papi combattono
-contro Papi, come nello scisma di Cadalò,
-di Guiberto, di Anacleto; vescovi contro Papi, Imperatori
-contro questi e quelli; nulla di saldo e
-durevole; ed oggi si proclama campione della Chiesa
-chi domani vien condannato da eretico e fellone.
-Si comprende di leggieri come in queste lotte incessanti
-crescesse e si dilatasse lo spirito critico,
-e quale potere esercitasse sulle giovani menti uno
-<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span>
-ingegno così acuto come quello di Abelardo, che
-mise lo scompiglio nella teologia autoritaria colle
-famose antinomie del <i>sic et non</i>. La sua parola affascinava,
-la sua dialettica stringeva, e quando si
-ritrasse nel romitaggio del Paracleto, i discepoli
-accorrevano a torme alle sue lezioni, contenti di
-vivere in miserabili capanne, non curanti dello scarso
-nutrimento, che il deserto luogo concedeva. Confortato
-da queste prove di affetto, nè fiaccato dalle
-persecuzioni patite, l'intrepido maestro continuava
-a battere in breccia <i>illum fidei fervorem, qui ea
-quae dicantur antequam intelligat, credit, et prius his
-assentii ac recipit quam quae ipsa sint videat, et an
-recipienda sint</i>.<a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a> Era naturale che questa critica assottigliasse
-fuor di misura i dommi tradizionali, e
-riuscisse alle interpetrazioni razionalistiche di un
-pallido deismo. Le tre persone, ad esempio, sono
-tre nomi con cui è descritta diligentemente la perfezione
-del sommo Bene;<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a> la creazione non è libera,
-<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span>
-ma necessaria;<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a> il peccato originale non è
-colpa, ma trasmissione ereditaria della pena che al
-primo fallo successe;<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a> il Redentore è l'esempio dell'uomo
-<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span>
-perfetto che adempie al dover suo non per
-timore ma per amore;<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a> il cristianesimo in una parola
-non è altro se non un ritorno alla legge
-naturale, la quale è certo che fu seguita dai filosofi,
-mentre la legge mosaica si appoggia su precetti
-più simbolici che morali (<i>magis figuralibus quam
-naturalibus nitatur mandatis</i>) ed abbonda più dell'esterna
-che dell'interiore giustizia.<a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a> S. Bernardo,
-ben consapevole della gravità di questi arditi commentarii
-esclama tristamente: <i>Omnia usurpat sibi
-humanum ingenium, fidei nil reservans. Tentat altiora
-se, fortiora scrutatur, irruit in divina, sancta temerat
-magis quam reserat, clausa et signata non aperit sed
-diripit</i> (Ep. 188).
-</p>
-
-<p>
-Se non che era vano sperare che colla punizione
-del filosofo si potesse soffocare la libertà del pensiero,
-la quale in quella vece si levava più fiera e
-minacciosa dalle violenze patite. Colla morte di
-Abelardo non perì l'indirizzo razionalistico, e Bernardo
-Silvestre trova nel platonismo inteso a modo
-suo la soluzione dei problemi religiosi;<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a> Guglielmo
-<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span>
-di Conches attacca la superstizione come la peggior
-nemica del progresso intellettuale;<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a> persino
-<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span>
-Gilberto Porretano;<a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a> dal 1142 vescovo di Poitiers,
-costruisce una dottrina della trinità così poco
-ortodossa, che vien costretto a ricredersene innanzi
-al concilio di Rheims del 1148.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span>
-</p>
-
-<p>
-Contro il mal dissimulato razionalismo di questi
-filosofi seguita sempre a combattere S. Bernardo,
-e non meno fieramente di lui i Vittorini Ugo Riccardo
-e Gualtiero. Quest'ultimo principalmente non
-perdona nè a filosofi, nè a teologi, ma nello stesso
-biasimo coinvolge con Abelardo e col Porretano, i
-due dottori Pietro Lombardo detto il Maestro delle
-<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span>
-sentenze, ed il discepolo Pietro di Poitiers,<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a> che
-raccolsero in trattati scolastici ed in forma dialettica
-esposero la somma del sapere teologico.<a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a> Se
-non che l'opposizione di codesti mistici è una ben
-debole diga contro l'irrompente fiumana. Realisti e
-nominalisti seguitano a battagliare, e tra gli opposti
-estremi nascono tanti sistemi intermedii, che a
-noverarli tutti si stanca Guglielmo di Salisbury.
-E sovra tutti mira ad innalzarsi quest'uomo singolare,
-questo discepolo di Abelardo, che pare appartenga
-ad altra epoca, ed assai prima del Petrarca
-<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span>
-professa come un culto per l'antichità<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a> classica, ed
-in mezzo al cozzo di tanti dommatismi vorrebbe rinnovare
-l'antica Accademia. Così al primo periodo
-della scolastica non manca neanco la nota critica.
-E non più due indirizzi soli si contrastano il dominio
-delle menti, ma quattro, il realistico, il nominalistico,
-il mistico, lo scettico.
-</p>
-
-<h3 id="intro-2">II</h3>
-
-<p>
-Prima che s'aprisse il secondo periodo della
-coltura medievale, la guerra tra l'Impero e la Chiesa
-s'era rinnovata con maggiore violenza, e tre antipapi
-l'un dopo l'altro contesero per venti anni
-la tiara ad Alessandro III (1158-1178). E durante
-queste lotte si rinvigorirono le sette ereticali dei
-Catari, Valdesi ed Arnaldisti, e accanto a loro si
-<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span>
-fecero strada gli avversarii di ogni credenza positiva,
-gl'Indifferenti, che riconoscevano a lor capo
-il grande filosofo arabo Averroè. Questi sosteneva
-che tutte le religioni hanno egual valore innanzi
-agli occhi della ragione. Son tutte vere perchè
-tutte hanno tal forza morale da infrenare il ribelle
-volere delle masse; tutte false, perchè la schietta
-verità filosofica v'è ottenebrata da imagini ed allegorie.
-Certo l'importanza e la perfezione relativa
-delle religioni è diversa secondo le varie condizioni
-dei tempi, ma ciò mostra che il criterio di valutazione
-delle religioni vuole essere storico, non speculativo.<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a>
-Questo nuovo nemico era al certo molto
-più temibile dei precedenti, imperocchè tra i filosofi
-<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span>
-ed eruditi arabi si conservava la più ricca tradizione
-della coltura ellenica; nè solo la maggior
-parte delle opere aristoteliche conoscevano, ma
-benanco i più importanti interpetri, Alessandro
-di Afrodisia, Temistio, Porfirio, Ammonio. Onde
-Avicenna nei primordii del secolo undecimo ed
-Averroè nel duodecimo scrissero i più estesi commenti
-allo Stagirita. I quali commenti voltati ben
-per tempo in ebraico, e dall'ebraico in latino
-furono accolti con trasporto dai filosofi d'occidente,
-che in tanta venerazione tenevano Aristotele,
-per quanto scarsa conoscenza avessero delle
-sue opere. Se non che lo studio di Aristotele attraverso
-questi infidi espositori non era senza pericolo;
-perchè l'interpetrazione più che al testo di
-Aristotele si confaceva alle chiose neoplatoniche,
-onde il teismo aristotelico tramutavasi per tal via
-in un panteismo mistico, quale è svolto, ad esempio,
-nel <i>Fons vitae</i> dell'Avicebronio.<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a> Gli effetti di
-<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span>
-questi agenti dissolutori si vedono chiari in due
-filosofi che vissero tra la fine del secolo XII ed il
-principio del XIII, Amorico di Bena e Davide di
-<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span>
-Dinan, condannati entrambi come eretici in religione
-e panteisti in filosofia.<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma la Chiesa oramai era uscita più vigorosa
-dalla lotta sostenuta con Federico. Alessandro III,
-che seppe trovare un efficace aiuto nella forza giovane
-e rigogliosa dei Comuni, avea disfatto il suo
-potente rivale così che neanche il matrimonio di
-Enrico VI con Costanza di Sicilia valse a restaurare
-le sorti dell'Impero. Chè anzi nuovi danni si
-maturavano alla causa imperiale, quando morto in
-fresca età l'ardimentoso Enrico, del fanciullo erede
-assumeva la tutela una donna debole e bigotta, la
-quale non seppe trovar migliore protezione all'infuori
-del Papato, al cui soglio veniva in quel torno
-levato uno dei maggiori uomini del tempo, Innocenzo
-III. Questi procede con insolito vigore contro
-gli avversarii della Chiesa. In danno degli infelici
-Albigesi bandisce nel 1209 una crociata, che
-dopo lunghi anni di guerre e calamità distrugge
-l'eresia, ma spegne con essa il fiore della coltura
-provenzale. Nello stesso anno un sino do provinciale,
-tenuto a Parigi, decreta che venga tolto alla
-pace del sepolcro, e gettato in terra non benedetta
-il corpo di Amorico, morto due anni innanzi; che
-sieno degradati e condannati a carcere perpetuo
-parecchi ecclesiastici, convinti di eresia; che vengano
-consegnati al vescovo di Parigi i quaderni
-<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span>
-del maestro Davide di Dinan; infine che sia proscritta
-da Parigi la lettura delle opere di Aristotile.
-<i>Nec libri Aristotelis de naturali philosophia, nec
-commenta legantur Parisiis pubblice vel secrete. Et
-hoc poena excommunicationis inhibemus.</i><a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a>
-</p>
-
-<p>
-Insofferente di opposizioni Innocenze taglia quei
-nodi che non può sciogliere, e della supremazia
-dell'autorità sua su tutte le podestà della terra ha
-tale coscienza, da costringere a ribellarglisi la sua
-stessa creatura, l'Imperatore Ottone IV. Nè per
-ostacoli che incontri, vacilla quell'animo gagliardo;
-ma dalle nuove opposizioni attinge maggior forza;
-onde raunato nel 1215 un solenne concilio nel Laterano,
-vi scomunica l'Imperatore al quale oppone
-il suo pupillo Federico; spoglia dei suoi legittimi
-possessi il Conte di Tolosa, investendone Simone
-di Monforte, ricondanna solennemente l'empio Amorico
-e tutti gli altri eterodossi in qualunque modo
-si chiamino,<a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a> non dubita infine di tenere per decaduti
-dal trono quei principi che non isvelgano
-col ferro e col fuoco l'annoso tronco delle eresie.<a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span>
-Ed istrumenti di tali implacabili persecuzioni doveano
-essere quegli ordini religiosi dei minoriti,
-che appunto in quel torno nascevano coll'obbligo
-di non restarsene isolati e neghittosi nel silenzio
-del cenobio, bensì di vivere in mezzo al popolo,
-accattare da lui giorno per giorno la sussistenza,
-dividerne le gioie ed i dolori, spiarne i più segreti
-pensieri, onde non isfuggisse al loro acuto sguardo
-il più lieve indizio di opinioni e tendenze ereticali.
-Nè tutto questo bastava. Le misure preventive e
-repressive, per quanto accorte e vigorose, non potevano
-eliminare i più profondi bisogni della ragione.
-Il <i>credo ut intelligam</i> di S. Anselmo restava
-sempre come insegna delle menti superiori. Era
-dunque necessario che le menti più elevate della
-Chiesa si mettessero a scoprire la via di una conciliazione
-tra la ragione e l'autorità, e che si ristudiasse
-da capo il problema filosofico per metterlo
-d'accordo col religioso. E come il grande filosofo
-era tuttora indiscutibilmente Aristotele, bisognava
-esaminare se il commento e l'interpetrazione
-araba fosse proprio quella che meglio rispondesse
-<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span>
-al pensiero dell'autore. Questo è l'intendimento dei
-maggiori filosofi del <span class="smcap lowercase">SECONDO PERIODO</span> della scolastica,
-Vincenzo di Beauvais,<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a> Alessandro di Halès, Alberto
-Magno, Tommaso d'Aquino, i più grandi raccoglitori
-del sapere contemporaneo che condensavano nelle lor
-enciclopedie e nelle lor somme, libri chiusi, cui non
-occorreva aggiungere o toglier verbo.<a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a> Ma quale fu
-il risultato di tanti sforzi generosi? Valga per tutti
-S. Tommaso che nell'inferno dantesco dipinto nel
-camposanto pisano<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a> è rappresentato come il vincitore
-dei tre nemici della chiesa, Ario capo degli
-eretici, l'Anticristo seminatore dello scisma, ed Averroè
-principe dei filosofi increduli.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span>
-</p>
-
-<h3 id="intro-3">III</h3>
-
-<p>
-La prima cura del Dottore Angelico, come del
-suo maestro Alberto Magno fu di comporre il dissidio
-tra nominalisti e realisti che travagliò il periodo
-precedente. Concedevano ai nominalisti l'universale
-non essere un'entità a sè,<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a> e indipendente
-dall'intelletto che lo forma pel noto processo di
-astrazione o eliminazione;<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a> ma nel contempo davan
-ragione ai realisti in quanto che la formazione
-dei concetti di generi e specie non è punto
-arbitraria, ma ben fondata sulla natura delle cose.
-In una parola l'Universale non è sostanza separata,
-ma legge di natura. Per ben intenderci adunque
-bisogna distinguere l'universale <i>ante rem</i>, <i>in
-re</i>, <i>post rem</i>.<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a> L'<i>ante rem</i> sono le idee di Dio creatore;
-<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span>
-quello <i>in re</i> il divino pensiero, divenuto legge
-delle cose; il <i>post rem</i> infine il concetto o volgare
-o scientifico, che noi uomini acquistiamo dopo un
-lungo lavorìo di astrazione. O per dirla con un
-noto esempio, l'universale <i>ante rem</i> è il concetto
-che l'artista vagheggia nella sua mente; l'<i>in re</i> è
-l'attuazione di quello nel marmo o nei colori; il
-<i>post rem</i> la sua riproduzione nella mente dello spettatore
-e del critico. Posto termine in tal guisa agli
-interni dissidii, si sperava di raccogliere in un fascio
-tutte le forze contro l'eterno nemico, Averroè,
-il quale di qui innanzi diviene il rappresentante
-dell'incredulità pervicace. Ed a prostrare un
-avversario così formidabile, S. Tommaso non risparmia
-nessun'arte; nè contento di combatterlo
-nelle opere generali, scrive contro di lui trattati
-speciali, come ad esempio il celebre opuscolo: <i>De
-unitate intellectus contra Averroistas</i>.<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a>
-</p>
-
-<p>
-La quistione dell'Intelletto nacque, come è noto,
-dalle oscurità della psicologia aristotelica. Nel terzo
-libro del <i>De Anima</i> lo Stagirita avea distinto l'intelletto
-<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span>
-passivo dall'attivo, e l'uno avea fatto mortale,
-l'altro eterno e separato. Cosa intendesse
-Aristotele per questo doppio intelletto è difficile
-dire;<a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a> ma secondo il principio fondamentale della psicologia
-aristotelica che le potenze inferiori sono
-grado ed avviamento alle superiori, il <i>Nous</i> passivo
-dovea significare un intelletto non ancora sviluppato
-o in potenza, e l'attivo un intelletto pervenuto
-al suo più alto grado di energia.<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a> Se non
-che i caratteri, che separano i due intelletti, sono
-così spiccatamente opposti, che le loro differenze
-più che di grado si dovrebbero tenere invece per
-specifiche; onde quell'Essere che è fornito dell'Intelletto
-attivo non potrebbe identificarsi con l'Ente
-fornito di solo intelletto passivo.<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a> In altre parole
-l'Intelletto attivo sarebbe estrinseco al passivo; e
-più che il supremo grado della mente umana sarebbe
-invece l'intelligenza divina, ovvero quella
-Νόησις νοήσεως che nel XII della metafisica si confonde
-col Motore immobile. Tanto vero che uno
-dei più sottili e fidi interpetri della dottrina aristotelica,
-Alessandro, che pure ha la tendenza di
-eliminare ogni elemento mistico dalla filosofia peripatetica,
-mentre considera l'intelletto passivo come
-il compendio e l'integrazione delle potenze inferiori
-<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span>
-dell'anima, pervenuto all'intelletto attivo cangia
-metro, e lo dice tutt'uno con Dio, e lo pone
-fuori dell'uomo. Qual meraviglia adunque che i
-filosofi arabi, dominati dalle intuizioni neoplatoniche,
-non pure accettino questa interpetrazione, ma
-la guastino e complichino fuor di misura? Era conforme
-all'indirizzo del loro filosofare l'accrescere
-il numero delle entità intermediarie tra l'Unità suprema
-e il mondo sensibile; onde a quel modo che
-Aristotele avea moltiplicato tante volte il motore
-estrinseco, per quante sfere celesti gli offriva l'astronomia
-del suo tempo, nella stessa guisa i filosofi
-arabi moltiplicano l'intelletto attivo, e per ciascuna
-sfera ne immaginano uno, che ha la doppia funzione
-di muovere la sfera ed illuminare le menti
-degli abitatori. Nè questo è tutto, ma ben altra
-stortura conviene aspettarci. Avicenna (980-1038)
-avea tenuto come sostanza separata il solo intelletto
-attivo, il quale aderisce o serve all'anima razionale
-siccome la luce all'occhio.<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a> Averroè (1126-1198),
-come se ciò non bastasse, dichiara esterno
-anche l'intelletto passivo, che per tutti i suoi predecessori
-<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span>
-era stato tenuto come intrinseco all'anima
-umana, o per meglio dire, come la sua funzione
-più alta. Se è esterna, ei dice, la sorgente luminosa,
-esterni sono anche i raggi che da quella piovono
-su le cose. E come la sorgente s'agguaglia all'intelletto
-attivo, ed i raggi all'intelletto passivo;
-ragion vuole che l'uno e l'altro si tengano per esterni
-all'anima umana; e l'uno e l'altro siano un solo e
-medesimo intelletto per tutti gli uomini.<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a> E se volete
-sapere che cosa sia questo intelletto unico, che illumina
-le nostre inferme fantasie, è subito detto. È il
-motore dell'ultima sfera celeste, che secondo l'antica
-astronomia è quella della luna; onde non a torto
-<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span>
-Astolfo sale fin lassù per pescarvi il senno di Orlando.<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a>
-Le conseguenze di questa dottrina sono facili ad intendere.
-In quel tempo le prove, che si adducevano
-dell'immortalità dell'anima, eran tutte cavate da
-questo concetto, che l'anima, avendo attività o funzioni
-sue proprie, affatto separate dalle corporee,
-debba essere di una sostanza diversa da quella del
-corpo, ed agevolmente separabile. Il quale ragionamento
-sarebbe venuto meno quando fossero state
-accolte le dottrine averroistiche. Imperocchè se l'intelletto,
-da qualunque aspetto si consideri, è estrinseco
-all'anima, a lei non restano di proprio se non
-le funzioni del senso e dell'istinto, le quali, comecchè
-legate indissolubilmente coll'organismo, cessano
-quando questo si dissolva, e traggono nella
-loro rovina il soggetto stesso senziente.
-</p>
-
-<p>
-Era ben naturale che i dottori della Chiesa, i
-quali s'adoperavano a metter d'accordo la scienza
-colla fede, si volgessero a combattere questo punto
-dell'averroismo. Ed Alessandro e Alberto Magno
-e S. Tommaso si fecero a dimostrare esser le teoriche
-di Averroè non pure false in sè medesime,
-ma in aperta contraddizione colle dottrine aristoteliche.
-Nè si può negare che la interpetrazione
-<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span>
-più conforme allo spirito dell'aristotelismo è quella
-appunto, che abbraccia l'Aquinate, secondo la quale
-l'intelletto attivo ed il passivo sarebbero bene una
-stessa cosa, stantecchè l'uno è in potenza quello
-che l'altro è in atto; ma e l'uno e l'altro s'han
-da tenere come funzioni dell'anima: onde lungi
-dall'essere unico l'intelletto, o attivo o passivo che
-sia, si rompe in quella vece in tanti intelletti singoli,
-per quante anime dar si possano.<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a> Se non
-fosse così, l'anima umana non sarebbe gran fatto
-diversa dalla parete su cui cadono i raggi luminosi;
-e come la parete, benchè illuminata dal sole,
-non vede, così l'anima nostra benchè rischiarata
-dall'Intelletto agente non intenderebbe nulla di
-nulla. E se non è lei che intende, così neanco è
-lei che vuole e opera, ma quell'Essere dal quale
-spiccia la fonte della intelligibilità.<a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span>
-</p>
-
-<p>
-È indubitato adunque che S. Tommaso vide
-molto più addentro dei commentatori neo-platonici
-ed arabi. Ma quel pericolo che crede di sfuggire
-da un lato, gli si presenta dall'altro. Imperocchè
-a quel modo che l'intelletto attivo s'identifica col
-passivo piuttosto secondo lo spirito che la lettera
-della psicologia aristotelica, così pure s'ha a dire
-lo stesso dell'intelletto passivo rispetto alla fantasia
-ed alla percezione sensibile. E come Aristotele
-dice che senza il fantasma non potrebbe svolgersi
-l'intelletto,<a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a> così è impossibile che l'anima abbia
-funzioni e vita propria, ove mai si sciolga da quel
-corpo che in lei ingenera sensazioni e fantasmi. Lo
-Stagirita senza dubbio tenne per mortale l'intelletto
-passivo, e ove mai l'attivo ed il passivo son
-la medesima cosa, con qual diritto affermeremo dell'uno
-ciò che dell'altro si nega? All'acume dell'Aquinate
-non isfugge questo pericolo, dal quale
-s'argomenta di scampare, ammettendo nell'anima
-una misteriosa tendenza verso il sensibile, la quale
-perdura sempre anche quando s'infrangono i lacci
-corporei.<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a> Questa tendenza è come un corpo interno,
-<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span>
-del quale l'anima non si sveste mai; onde nè il
-sentimento nè i fantasmi le verranno mai meno, ed
-è per sempre assicurata la base su cui poggiano le
-più alte potenze intellettive e pratiche. Teorica codesta,
-strana quant'altra mai, e per giunta non
-nuova ed attinta a quella stessa fonte neoplatonica,
-dalla quale rampollava la teorica degli intelletti,
-separati, che S. Tommaso ripudia.<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a> Se non che ella
-era un espediente inevitabile non solo per sottrarsi
-<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span>
-alle conseguenze estreme della teorica dell'unità
-degl'intelletti; ma per conciliare altresì l'immortalità
-dell'anima colla teorica dell'individuazione.
-</p>
-
-<p>
-Questo problema dell'individuazione fu il pomo
-di discordia tra le scuole realistiche del secolo XIII,
-come quello degli universali travagliò i secoli precedenti.
-Abbiamo già detto che i Realisti concordemente
-ammettevano oltre l'universale <i>ante rem</i>,
-che esiste solo nella mente di Dio, ed il <i>post rem</i>,
-che sta nella mente umana, anche un altro universale,
-che essi dicevano <i>in re</i>, vale a dire insito
-nelle cose stesse. Ora le cose tutte, secondo i concetti
-aristotelici, constano di materia e forma, in
-che dunque è riposto l'universale nell'uno o nell'altro
-di questi fattori? Aristotele stesso s'era posto
-in qualche modo questo problema, quando facevasi
-la dimanda opposta, cioè che cosa fosse l'individuo.
-Ed egli dopo lungo contrasto venne nella conclusione:
-l'individuo non esser nè la materia, nè
-la forma, ma l'unità di entrambi, il <i>sinolo</i>, come
-egli diceva, dei due universali.<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a> Se non che ammessa
-<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span>
-pure questa soluzione aristotelica, il problema
-rinasce sempre sotto un'altra forma. Dei due fattori,
-il cui intreccio costituisce l'individuo, quale
-dei due è il determinante e quale l'indeterminato,
-o in altre parole dove sta il <i>principium individuationis</i>?
-Per un certo rispetto sembra che il principio
-individuante stia nella materia: perchè la forma,
-secondo le stesse parole di Aristotele, è un tipo
-unico, il quale si riproduce in tante differenti impressioni
-<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span>
-per quanto diverse sono le materie in cui
-s'impronta. E questa fu la dottrina seguita da Alberto
-Magno e dall'Aquinate;<a class="tag" id="tag49" href="#note49">[49]</a> ma non senza gravi
-<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span>
-e ben fondate opposizioni da parte delle altre scuole.
-Come mai, si diceva, sarà la materia il <i>principium
-individuationis</i>, ovvero la radice di tutte le distinzioni,
-e specificazioni quando essa medesima è qualche
-cosa d'indistinto? Che cosa è la materia destituita
-di forma? Non è forse l'indeterminato, la
-potenza pura direbbe Aristotele, la quale appunto
-per opera della forma acquista limiti e contorni?
-Il sostrato universale dunque è la materia, e la
-forma è il principio che da questo fondo comune
-cava fuori le specie e gl'individui.<a class="tag" id="tag50" href="#note50">[50]</a> Sembrano discussioni
-bizantine coteste, e lo stesso Jourdain
-così dotto nella filosofia scolastica rimprovera S.
-Tommaso di esservisi cacciato dentro. Ma siamo
-giusti. Non è forse un profondo bisogno di qualsiasi
-filosofia realistica la deduzione o costruzione,
-che dir si voglia, dell'individuo? Il problema era
-adunque inevitabile, e più che a porlo sarebbe occorsa
-molta industria per ischivarlo. Comunque sia,
-egli è fuor di dubbio che il problema dell'individuazione
-servì a crear sul finire del secolo XIII due
-nuove scuole, che si combattevano non meno aspramente
-<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span>
-delle antiche, e che dai loro fondatori tolsero
-il nome di Tomisti e Scotisti.<a class="tag" id="tag51" href="#note51">[51]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span>
-</p>
-
-<p>
-A rinfocolare le ire avrà contribuito senza dubbio
-l'antico livore tra Domenicani e Francescani;
-ma il problema intorno a cui disputavano non era
-meno grave di quello degli universali, e qualunque
-soluzione si accettasse veniva a rompere contro
-le barriere della teologia. In verità lo Scotismo,
-che, mettendo il principio d'individuazione
-nella forma,<a class="tag" id="tag52" href="#note52">[52]</a> ha l'aspetto di un Realismo più compatto,
-<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span>
-cade in quelle conseguenze panteistiche, che
-vedemmo non iscompagnarsi mai dalle intuizioni
-realistiche. Nè il Dottor sottile se ne dissimula il
-pericolo, ma aperto e risoluto gli va incontro dichiarando
-di tornare alla posizione dell'abborrito
-Avicembronio, e rappresentandosi il mondo tutto
-come un albero bellissimo, la cui radice e seme sia
-la materia prima, le foglie gli accidenti, le frondi e
-i rami il creato corruttibile, il fiore l'anima umana,
-ed il frutto la natura angelica.<a class="tag" id="tag53" href="#note53">[53]</a> Ma neanco è mondo
-di peccato il Tomismo, nel quale le dottrine filosofiche
-solo per via di espedienti artificiosi son
-messe d'accordo coi dommi tradizionali. Così ad
-esempio se Averroè seguendo Aristotele dimostra
-l'eternità del mondo, S. Tommaso non ardisce di
-provare il contrario, ma s'argomenta di mettere
-in salvo la fede collo stabilire che non tutto ciò
-che si crede debba essere dimostrabile e conoscibile.<a class="tag" id="tag54" href="#note54">[54]</a>
-Parimenti ei non sconfessa le conseguenze
-<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span>
-della sua teorica dell'individuazione, ed interpetrando
-a suo modo la tradizione, ammette che la
-natura angelica, comecchè destituita di materia non
-sia capace di differenze individuali, bensì delle sole
-generiche e specifiche.<a class="tag" id="tag55" href="#note55">[55]</a> Ma dell'anima umana non
-osa dire altrettanto, e per salvarne ad ogni costo
-l'individualità escogita quella teorica della tendenza
-al sensibile, di cui abbiam fatta parola. A
-tale dovea ridursi una mente eletta, come quella
-dell'Aquinate; segno evidente che il dissidio tra
-il contenuto filosofico ed il dommatico è ben superiore
-alla volontà degli uomini, e quel semirazionalismo,
-che vuol comporre in armonia le più
-opposte tendenze, riesce invece a dirimerle di vantaggio.
-Onde alcuni contemporanei si argomentarono
-di battere una via diversa dalla tomistica.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span>
-</p>
-
-<h3 id="intro-4">IV</h3>
-
-<p>
-E primo e più geniale fra tutti è S. Bonaventura
-(1221-1274), che venne a ragione chiamato
-<i>Doctor Seraphicus</i>. Animo profondamente mistico
-non crede che nelle materie comuni alla fede e
-alla filosofia il ragionamento possa aggiunger nulla
-di forza al convincimento religioso. E la ragione
-stessa ha un ufficio affatto secondario, comecchè
-serva solo di guida per elevare la mente per varii
-gradi alla contemplazione beatifica di Dio. Ma pervenuti
-a quest'alta cima, lo splendore dell'infinita
-luce ne abbaglia la vista; la forza del nostro argomentare
-si fiacca, e l'anima dimentica di sè stessa,
-si smarrisce nell'oggetto della sua contemplazione
-e dell'amor suo.<a class="tag" id="tag56" href="#note56">[56]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span>
-</p>
-
-<p>
-Fra gli oppositori del Tomismo si potrebbe annoverare
-anche l'altro francescano <i>Raimondo Lullo</i>
-(1235-1315), strano miscuglio di capestrerie cabalistiche
-ed astrologiche e sconfinate pretensioni razionalistiche.
-Nel Lullo si rovescia affatto la relazione
-che pone Bonaventura tra la fede e l'intelletto.
-Per Bonaventura l'intelletto è il mezzo, e la fede o
-la visione beatifica da lei somministrata il fine; per
-Lullo invece la fede è il mezzo per elevarci a Dio, e
-l'intenderlo, il conoscerlo razionalmente il fine. La
-fede può bastare agli uomini volgari, ai contadini,
-agl'ignoranti, ai mercenarii; ma quelli forniti di più
-alto intelletto non se ne contentano, e fan bene perchè
-la ragione non è impotente a svelare i più alti
-misteri; e col nudo magistero della ragione il Lullo
-s'affida di distruggere non solo le false filosofie, ma
-benanco le false religioni e le eresie. Escogita anzi a
-questo fine una tal macchina ragionatrice, una specie
-di tavola pitagorica, coll'aiuto della quale senza scomodarsi
-molto, si può scoprire e dimostrare qualunque
-verità. Si sente in lui il filosofo del Rinascimento,<a class="tag" id="tag57" href="#note57">[57]</a>
-come in un altro francescano ed oppositore
-<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span>
-del pari si ravvisa già il precursore dei tempi
-moderni.
-</p>
-
-<p>
-Intendo parlare di <i>Rogero Bacone</i> (1214-1294),
-di quel genio solitario ed infelice, che scontò colle
-più crude sofferenze il grave peccato di richiamare
-sulla buona via le menti smarrite dei suoi
-contemporanei. Straniero all'età sua ei ben seppe
-scoprire dove stessero i veri impedimenti, e come
-ei dice <i>maxima comprehendendae veritatis offendicula</i>,
-che sono la falsa autorità, l'abito inveterato, l'illusione
-del senso, il bisogno di nascondere colle
-lustre di un falso sapere la propria ignoranza. Ed
-al falso metodo delle deduzioni arbitrarie ei vuol
-sostituire quello di una ben regolata esperienza, ed
-ai commenti sui libri naturali degli antichi uno
-studio diretto della natura, integrato e compiuto
-dalle costruzioni matematiche. Povero Bacone! La
-tua voce suona nel deserto, e correrà molto tempo
-<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span>
-prima che un tuo omonimo riprenda e seguiti con
-migliori auspicî l'opera da te intrapresa. Il secolo
-XIII era per fermo immaturo a tanta riforma,
-chè per quante opposizioni gli si movessero, il tomismo
-pur sempre dominava le menti, ed alle sue
-dottrine s'informavano non pure la teologia, ma
-benanco le lettere di quel tempo.<a class="tag" id="tag58" href="#note58">[58]</a>
-</p>
-
-<h3 id="intro-5">V</h3>
-
-<p>
-Una splendida prova del dominio del pensiero
-filosofico di S. Tommaso sulla letteratura è senza
-dubbio la <i>Divina Commedia</i>, nella quale con immagini,
-spesso nuove, sempre felici, sono chiarite
-le più astruse dottrine dell'Aquinate. Valga per tutti
-<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span>
-il <span class="smcap lowercase">XIII</span> del Paradiso, in cui Dante mette in bocca
-a S. Tommaso stesso la dottrina dell'universale
-<i>ante rem</i>, o pensiero divino e dell'universale <i>in re</i>,
-raggiamento della divina luce.
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Ciò che non muore, e ciò che può morire</p>
-<p class="i02"> Non è se non splendor di quell'idea</p>
-<p class="i02"> Che partorisce amando il nostro Sire.</p>
-<p class="i01">Chè quella viva luce che sì mea</p>
-<p class="i02"> Dal suo lucente, che non si disuna</p>
-<p class="i02"> Da lui, nè dall'Amor che in lor s'intrea,</p>
-<p class="i01">Per sua bontate il suo raggiare aduna,</p>
-<p class="i02"> Quasi specchiato, in nove sussistenze,</p>
-<p class="i02"> Eternamente rimanendosi una.</p>
-<p class="i01">Quindi discende all'ultime potenze,</p>
-<p class="i02"> Giù d'atto in atto, tanto divenendo,</p>
-<p class="i02"> Che più non fa che brevi contingenze;</p>
-<p class="i01">E queste contingenze essere intendo</p>
-<p class="i02"> Le cose generate, che produce</p>
-<p class="i02"> Con seme e senza seme il Ciel movendo.</p>
-<p class="i01">La cera di costoro e chi la duce</p>
-<p class="i02"> Non sta d'un modo, e però sotto il segno</p>
-<p class="i02"> Ideale poi più e men traluce:</p>
-<p class="i01">Onde egli avvien che un medesimo legno</p>
-<p class="i02"> Secondo spezie, meglio e peggio frutta.</p>
-<p class="i02"> E voi nascete con diverso ingegno.</p>
-<p class="i01">Se fosse a punto la cera dedutta</p>
-<p class="i02"> E fosse il cielo in sua virtù soprema,</p>
-<p class="i02"> La luce del suggel parrebbe tutta.</p>
-<p class="i01">Ma la natura la dà sempre scema</p>
-<p class="i02"> Similemente operando all'artista</p>
-<p class="i02"> Che ha l'abito dell'arte, e man che trema.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Nelle ultime terzine è sfiorato il problema dell'individuazione,
-e la cagione della varietà dei frutti
-<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span>
-di uno stesso albero vien posta parte nella materia,
-o nella cera, in cui s'impronta il segno ideale,
-e parte nella scarsa efficacia delle cause seconde.
-Imperocchè Dante, come ogni buon aristotelico, attribuisce
-la creazione delle individualità terrestri
-non direttamente al primo motore, ma a quella che
-Aristotele chiama <i>natura</i>, analoga in un certo senso
-all'anima del mondo di Platone. Seguitiamo: Se la
-materia è il principio individuante, non si può dare
-una materia non specificata, come sostenevano gli
-Scotisti. Questo cosiddetto sostrato universale è una
-astrazione filosofica; in realtà:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Forma e materia, congiunte e purette</p>
-<p class="i02"> Usciro ad atto che non avea fallo</p>
-<p class="i02"> Come d'arco tricorde tre saette.</p>
-<p class="i10"> (<i>Parad.</i>, <span class="smcap lowercase">XXIX</span>, 22).</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Ed a quel modo che la materia non può essere
-staccata dalla forma, il corpo non può del tutto
-separarsi dall'anima, e l'integrità della persona
-umana sta appunto nell'intrinsecazione dei due elementi.
-Onde Salomone dice nel <i>Par.</i> <span class="smcap lowercase">XIV</span>, 43:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Come la carne gloriosa e santa</p>
-<p class="i02"> Fia rivestita, la nostra persona</p>
-<p class="i02"> Più grata fia, <i>per esser tutta quanta</i>.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Ed è quindi ben naturale che gli spiriti eccelsi affrettino
-coi loro voti il giorno della risurrezione,
-chè anche nelle loro anime pure v'è quella tendenza
-irresistibile verso il corpo, che ammetteva l'Aquinate:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span>
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Tanto mi parver subiti ed accorti</p>
-<p class="i02"> E l'uno e l'altro coro a dicer amme,</p>
-<p class="i02"> <i>Che ben mostrar disio dei corpi morti</i>.</p>
-<p class="i12"> (<i>Ivi</i>, 61).</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Il corpo adunque non può essere considerato come
-talmente estrinseco all'anima, che ella se ne possa
-spogliare o vestire come d'un abito, e debbono andar
-messe tra le fole le utopie platoniche e neoplatoniche
-della preesistenza e trasmigrazione delle
-anime, se pur sotto il velame di questi miti il
-grande filosofo non abbia voluto far trasparire una
-verità più peregrina.
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Quel che Timeo dell'anima argomenta,</p>
-<p class="i02"> Non è simile a ciò che qui si vede,</p>
-<p class="i02"> Perocchè come dice par che senta.</p>
-<p class="i01">Dice che l'alma alla sua stella riede,</p>
-<p class="i02"> <i>Credendo quella quindi esser decisa</i>,</p>
-<p class="i02"> <i>Quando natura per forma la diede</i>.</p>
-<p class="i01">E forse sua sentenzia è d'altra guisa</p>
-<p class="i02"> Che la voce non suona, ed esser puote</p>
-<p class="i02"> Con intenzion da non esser derisa.</p>
-<p class="i12"> (<i>Parad.</i>, <span class="smcap lowercase">IV</span>, 49).</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Nè questo solo è l'errore dei platonici, e degli interpetri
-platoneggianti di Aristotele, chè non contenti
-di avere così decisa o staccata l'anima dal
-corpo, dividono ancora l'anima stessa in parti tanto
-opposte fra loro, che, in luogo di frammenti di
-un tutto solo, sembrano al contrario diverse totalità,
-o anime separate. I fatti più ovvii della esperienza
-psichica stanno contro questo
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span>
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i10"> error che crede</p>
-<p class="i02"> Che un'anima sovr'altra in noi s'accenda;</p>
-<p class="i01">E però quando s'ode cosa o vede,</p>
-<p class="i02"> Che tenga forte a sè l'anima volta,</p>
-<p class="i02"> Vassene il tempo e l'uom non se ne avvede.</p>
-<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, <span class="smcap lowercase">IV</span>, 5).</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Per lo che alla teoria psicologica fondata sulla separazione
-assoluta delle facoltà, bisogna sostituire
-quella più giusta di Aristotele e S. Tommaso, che
-fa svolgere le facoltà superiori dalle inferiori; essendo
-la radice di queste potenze
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i10"> un'alma sola</p>
-<p class="i02"> Che vive e sente e sè in sè rigira.</p>
-<p class="i01">E perchè meno ammiri la parola,</p>
-<p class="i02"> Guarda il calor del sol che si fa vino</p>
-<p class="i02"> Giunto all'umor che dalla vite cola;</p>
-<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, <span class="smcap lowercase">XXV</span>, 74).</p>
-</div></div>
-
-<p>
-E se tutte le facoltà dell'anima si svolgono le une dalle
-altre, anche l'intelletto passivo segue la stessa legge,
-nè v'ha teorica più assurda dell'averroistica che
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i10"> fe' disgiunto</p>
-<p class="i02"> Dall'anima il possibile intelletto:</p>
-<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, ivi, 64).</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Come pure è assurda la dottrina delle idee innate e
-la reminiscenza platonica; perchè
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Esce di mano a lui che la vagheggia</p>
-<p class="i02"> Prima che sia, a guisa di fanciulla</p>
-<p class="i02"> Che piangendo e ridendo pargoleggia,</p>
-<p class="i01">L'anima semplicetta che sa nulla,</p>
-<p class="i02"> Se non che, mossa da lieto Fattore,</p>
-<p class="i02"> Volentier torna a lui che la trastulla.</p>
-<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, <span class="smcap lowercase">XVI</span>, 85).</p>
-</div></div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span>
-</p>
-
-<p>
-Potremmo continuare per un bel pezzo a notare le
-più evidenti coincidenze tra le teoriche tomistiche
-e le dantesche e non pure in metafisica, ma in
-etica, in teologia, in esegesi biblica. In un sol
-punto Dante discorda dal suo maestro, nelle quistioni
-politiche, dove il dissidio è tanto più aperto
-per quanto più pieno fu l'accordo nelle altre dottrine.
-</p>
-
-<p>
-L'antica e tragica lotta tra l'impero e il papato
-s'era già da un bel pezzo rinnovata con maggior
-vigore da Gregorio IX in poi. Non orpelli,
-non infingimenti da una parte e dall'altra, ma franca
-e solenne dichiarazione delle loro dottrine e dei loro
-fini. Gregorio afferma apertamente il diritto del
-papato alla signoria suprema su tutti i principi e
-popoli della terra, perchè lo stato non ha un valore
-intrinseco, ma quello solo che gli viene dall'autorità
-pontificia;<a class="tag" id="tag59" href="#note59">[59]</a> e dal canto suo Federico II, anticipando
-i tempi moderni, difende l'autonomia dello
-stato, l'indipendenza dalla podestà ecclesiastica ed il
-dritto e dovere di ridurre il papato alla povertà gloriosa
-dei primi secoli.<a class="tag" id="tag60" href="#note60">[60]</a> S. Tommaso prese parte alla
-disputa che ferveva animosa tra i giuristi imperiali,
-<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span>
-e i canonisti; e traendo le ultime conseguenze dai
-suoi presupposti filosofici sostiene apertamente le
-ragioni dei papi. Come l'anima esercita un assoluto
-dominio sul corpo, così il pontefice sui principi
-tutti della terra. Ei solo, rappresentante di
-Dio, è la fonte dell'autorità; e di seconda mano
-da lui la debbon ricevere tutte le altre potestà.
-Il pontefice sta all'imperatore come la splendida
-luce del sole al pallido chiarore della luna, e la
-spada che egli brandisce è di tanto più formidabile
-di quella che mette in pugno all'Imperatore,
-di quanto lo spirito vince la materia; e gl'interessi
-celesti sovrastano alle meschine gare della terra.<a class="tag" id="tag61" href="#note61">[61]</a>
-A queste dottrine, che sotto la sembianza di pietà
-religiosa nascondevano le più smodate passioni mondane,
-non sapeva acconciarsi l'anima fiera del gran
-fiorentino, e nella <i>Divina Commedia</i> e nel <i>De Monarchia</i>
-sdegnosamente vi si ribella. Strano contrasto
-<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span>
-tra i due sommi! S. Tommaso, del gentil sangue
-dei conti di Aquino, pronipote del Barbarossa e
-cugino del secondo Federico, rompendo colle tradizioni
-degli avi suoi, si caccia nel fitto della mischia,
-paladino di quella corte pontificia, che avea
-giurato e inesorabilmente compiuto lo sterminio di
-casa sveva. Dante, che da giovane combattè nelle
-file dei guelfi, ricredutosi per tempo dell'error suo,
-si converte alla fede ghibellina, ed il dominio temporale
-e le cupidigie e le ambizioni della corte romana
-sfolgora nelle tremende invettive del poema
-sacro. A quel genio divinatore ben presto si discoperse
-l'assurdo ed il danno della mistione dei due
-poteri, e con argomenti che calzano anche ai nostri
-giorni, sostenne arditamente l'autonomia dello stato,
-o per dirla col linguaggio del tempo, l'indipendenza
-dell'impero.<a class="tag" id="tag62" href="#note62">[62]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma non a torto ei protesta di far parte da sè,
-chè le sue dottrine politiche, non del tutto conformi
-a quelle dei ghibellini,<a class="tag" id="tag63" href="#note63">[63]</a> s'inspirano a quello
-spirito umanistico, che fra non molto farà rinascere
-<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span>
-la tradizione ed il culto dell'antichità. Per Dante
-la storia antica non era chiusa peranco, nè poteva
-chiudersi giammai; imperocchè la Provvidenza affidò
-al popolo romano il primato su tutto il mondo,
-nè altra gente per alte virtù e gesta gloriose se
-ne rese più degna, nè accadrà mai che questa veneranda
-compagine dell'antico stato si dissolva. Al
-popolo romano adunque appartiene di diritto l'imperio,
-<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span>
-ed ei solo può commetterne a Cesare l'esercizio.
-Non il pontefice, non i principi tedeschi sono
-di diritto gli elettori dell'imperatore, ma solo il
-popolo di Roma.<a class="tag" id="tag64" href="#note64">[64]</a> Questa teoria bastava a combattere
-tutte le prentensioni guelfe; imperocchè se l'imperatore
-non deve al papa la elezione sua, non è
-obbligato a riconoscer da lui la sua autorità. Ma
-essa non era nata soltanto da un intendimento polemico,
-nè si può dire che sia un sogno da poeta.
-Fra non molto Ludovico il Bavaro, convocata un'assemblea
-popolare nel Campidoglio (11 gennaio 1328)
-chiederà la corona imperiale, che per solenne plebiscito
-gli sarà conferita. E più tardi campione dei
-creduti diritti di Roma si leverà un uomo singolare,
-il quale assunto il dimenticato nome di tribuno,
-affermerà l'autorità sua e il non vano suo
-potere di contro al papa e all'imperatore. E gli
-uomini più celebrati del suo tempo gli crederanno,
-ed il padre dell'umanismo, gl'indirizzerà una delle
-sue più belle canzoni,<a class="tag" id="tag65" href="#note65">[65]</a> e gli scriverà lettere di calda
-ammirazione, e per cagion di lui si raffredderà coi
-Colonna, vecchi suoi amici e protettori.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma benchè nel <i>De Monarchia</i> aliti questo spirito
-classico e democratico, pure il fondo del ragionamento
-è schietto medievale, ed affatto tomistiche
-le premesse che Dante pone per trarne conseguenze
-affatto opposte a quelle dell'Angelico. Anche egli,
-come tutti i filosofi di quel tempo, non sa concepire
-l'ideale se non incarnato in una meschina ed
-angusta realtà; onde stabilita la necessità dell'unificazione
-delle genti, la quale soffochi il germe di
-guerre intestine, vien di conseguenza che quest'unità
-si debba impersonare in un corpo politico, l'impero,
-ed in un uomo, l'imperatore.<a class="tag" id="tag66" href="#note66">[66]</a> Ma altri avrebbe
-potuto inferire il vero regno unico e cristiano esser
-la Chiesa, e la suprema autorità delle genti il
-Papa. Per toglier le conseguenze facea mestieri di
-negare le premesse, e dimostrare come l'unità del
-genere umano sia solo ideale, ed a tradurla in realtà
-vi si opponga non pure l'ordine delle cose, che vieta
-uno stato così mostruosamente sterminato; ma benanco
-le profonde ed insuperabili differenze che la
-natura e il corso della storia hanno poste tra le
-nazioni. Per siffatta guisa si scalzava quel falso
-realismo, che dando corpo alle ombre, popolava il
-mondo di realtà immaginarie. Ma opera siffatta
-<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span>
-non poteva essere tentata se non da un riformatore
-della filosofia, il quale in verità era già nato
-e negli ultimi anni della vita di Dante avea acquistata
-non poca fama nell'insegnamento.<a class="tag" id="tag67" href="#note67">[67]</a>
-</p>
-
-<h3 id="intro-6">VI</h3>
-
-<p>
-Con Guglielmo Occam, (morto intorno al 1349)
-il vigoroso ristauratore del nominalismo, s'apre
-l'ultimo periodo, o vogliam dire, la dissoluzione
-della Scolastica. Il Realismo, travagliato dalle interne
-scissure di tomisti e scotisti, battuto in breccia
-da opposti lati per opera dei mistici e degli
-esperimentalisti, era già un edifizio scrollato, quando
-l'ardimentoso minorita gli dette l'ultimo assalto.
-<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span>
-Non bisogna, ei diceva, moltiplicare gli Enti senza
-necessità<a class="tag" id="tag68" href="#note68">[68]</a> nè attribuire un'esistenza sostanziale ai
-concetti della nostra mente.<a class="tag" id="tag69" href="#note69">[69]</a> La realtà può venir
-colta soltanto dalla diretta intuizione;<a class="tag" id="tag70" href="#note70">[70]</a> ciò che
-supera i confini della percezione immediata, o non
-può da quella essere mediatamente raccolto, non è
-argomento di scienza; onde mal s'appongono i realisti
-di ragionare di Dio, e del modo come ei pensi,
-e delle idee che in lui si accolgano; mentre il nostro
-circoscritto intelletto non può penetrare i misteri
-dell'Essenza divina.<a class="tag" id="tag71" href="#note71">[71]</a> Nè meno assurdo è dimandare
-il principio dell'individuazione, perchè
-l'individuo è posto fin dall'origine tale qual'è, nè
-acquista per via le note individuatrici.<a class="tag" id="tag72" href="#note72">[72]</a> Questo audace
-filosofo seppe al pari di Dante sostenere le teoriche
-ghibelline, e quando gli se ne porse il destro, si
-offerse campione del loro diritto a Re ed Imperatori
-«<i>Tu me defendas gladio</i>, diceva a Ludovico
-il Bavaro, <i>ego te defendam calamo</i>». Ormai la teorica
-<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span>
-dell'indipendenza dello stato avea fatti grandi
-passi. E per quanto la chiesa perdurasse negli antichi
-concetti, e Bonifacio VIII li esagerasse fuor
-di misura<a class="tag" id="tag73" href="#note73">[73]</a> altrettanto energica fu la protesta che
-da tutte parti si sollevava. E Filippo il bello respinse
-le pretensioni della Curia, ed una fiera polemica
-insorse, di cui abbiamo anche oggi parecchi
-documenti, a cominciare dallo scritto intitolato: <i>disputa
-tra un cavaliere ed un chierico intorno alla
-potestà commessa ai prelati della chiesa ed ai principi
-della terra</i>. Codesto è un dialogo molto vivace
-<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span>
-ed arguto, dove sono messi alle prese un prete,
-che rincalza con sillogismi scolastici le boriose pretensioni
-del papa, ed un cavaliere che con apparente
-bonomia li ribatte ad uno ad uno. Il prete
-tenendosi stretto all'argomentare tradizionale esce
-ad esempio in questa tirata <i>a majori ad minus</i>:
-Se non negate che Cristo, padrone del cielo e
-della terra possa disporre dei beni temporali, come
-potrete senza rossore negare questa stessa facoltà
-al suo vicario in terra? Ma il buon cavaliere non
-si lascia prendere all'amo, e tranquillamente risponde:
-<i>audivi a viris sanctis ac devotissimis duo
-tempora in Christo distingui, alterum humilitatis et
-alterum potestatis. Humilitatis usque ad suam passionem,
-potestatis post suam resurrectionem ... Petrus
-autem constitutus est Christi vicarius pro statu humilitatis,
-non pro statu gloriae et majestatis</i>. Questo
-dialogo venne attribuito all'Occam, ma non pare
-che gli appartenga.<a class="tag" id="tag74" href="#note74">[74]</a> Certo pel concetto che vi domina
-dell'autonomia dello stato non sarebbe indegno
-del filosofo francescano, il quale in un trattato intorno
-alla giurisdizione imperiale nelle cause di
-matrimonio mise in tanto rilievo l'indipendenza
-<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span>
-del potere politico, che a lui si deve il primo schizzo
-della teorica del tutto moderna del matrimonio civile<a class="tag" id="tag75" href="#note75">[75]</a>
-oltre a questo piccolo scritto del 1342 Occam
-scrisse altre opere più vaste. Giova ricordare
-le otto quistioni del 1339 e il dialogo del 1343, che va
-diviso in tre parti, la prima distinta in sette libri
-riguardava la chiesa e le eresie; la seconda riproduceva
-il trattato composto sin dal 1333 intorno
-ai dommi di Giovanni XXII; la terza infine dovea
-andare suddivisa in nove trattati di cui sono pervenuti
-infino a noi ed anche mutili, soltanto i primi
-due. In questi lunghi e faticosi lavori, non senza
-le solite sottigliezze scolastiche, vengon combattuti
-ad uno ad uno tutti gli argomenti papalini, e non
-pure i filosofici, ma i tradizionali ricavati dai testi
-biblici, e gli storici fondati sulla pretesa donazione
-<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span>
-di Costantino e la successiva traslazione dell'Impero
-nei Franchi. Una gran parte di queste critiche
-non è certo nuova, ma nuovo è senza dubbio
-lo spirito che informa la polemica. Il misticismo
-medievale scompare affatto, chè l'Impero, se non
-è una creazione del Papa, non è neanco una istituzione
-divina, ma schiettamente storica. Essa nacque
-<i>ex ordinatione humana et non ex divina lege</i> per
-conservare la pace e la tranquillità delle genti.
-Quando questo scopo fallisse, e l'elezione dell'Imperatore
-lungi dal portar concordia, dovesse provocare
-nuove guerre, <i>non esset talis assumptio attentanda;
-quia quod provisum est ad concordiam, non
-debet tendere ad noxam</i>.<a class="tag" id="tag76" href="#note76">[76]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il concetto grandioso dell'Impero, vagheggiato
-da Dante, era ben presto venuto meno, talchè
-Marsilio da Padova al di sopra della maestà imperiale
-mise la sovranità del popolo.<a class="tag" id="tag77" href="#note77">[77]</a>
-</p>
-
-<p>
-E già da gran tempo le idee degli stessi Ghibellini
-s'erano profondamente modificate. La lotta tra Bonifacio
-<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span>
-e Filippo il Bello scoppiata per quelle stesse
-ragioni che tante volte avean messi alle prese il papato
-e l'impero, mostrava ben chiaro che nelle
-lunghe lotte combattute non era in gioco soltanto
-l'impero, ma gli stati tutti. Il pronostico di Federico
-II si avverò ben presto, e la primogenita della
-Chiesa vide torcere contro di sè le stesse armi, che
-avean ferita a morte la casa sveva. Se non che ciascuno
-stato difendendosi in questi contrasti colle sole
-sue forze, acquistava piena consapevolezza della sua
-indipendenza non pure dalla chiesa, ma benanco dall'impero.
-A quel fittizio organamento imperiale, che
-sotto le sembianze di un vasto accentramento celava
-in realtà lo sparpagliarsi di mille signorie feudali,
-sottentravano ora le monarchie autonome, o già
-formate, o in via di rapida formazione. L'individualismo
-che in filosofia era rappresentato dalla scuola
-dei nominalisti, in politica si ripercuoteva nella costituzione
-degli stati autonomi. Ed all'acuto sguardo
-dello scrittore del dialogo già citato non isfuggirono
-questi gravi mutamenti. «Quando, ei dice, per
-effetto della divisione dell'impero carolingio il regno
-franco si separò dal resto dell'Imperio, tutti
-quei diritti che pria spettavano all'Imperatore venner
-trasferiti integralmente al re francese. Il quale
-nei confini del suo regno può promulgare nuove
-leggi ed emendare o affatto abolire le antiche».<a class="tag" id="tag78" href="#note78">[78]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span>
-Così l'Imperatore non vien più riconosciuto come
-la suprema autorità, intorno a cui gravitano i re
-ed i principi, come pianeti intorno al sole. L'impero
-non è più lo stato per eccellenza, ma uno
-stato tra gli stati, il quale per giunta ha minore
-forza delle potenti monarchie che lo circondano.
-Questa era già da gran tempo la vera condizione
-di fatto, ma prima d'ora non s'era mai apertamente
-dimostrato che la condizione di fatto rispondesse
-all'intima ragione del diritto. E per fare questa
-dimostrazione occorreva che le menti sgombrassero
-l'errore del vecchio realismo di dar corpo e consistenza
-agli astratti concetti.
-</p>
-
-<p>
-Quanto cammino abbia fatto la mente umana
-nel volger di pochi anni si può raccogliere dal confronto
-tra i due grandi poeti della nostra letteratura,
-Dante e Petrarca. Dante non solo mostra una
-grande riverenza per i filosofi scolastici, ma ne accoglie
-e commenta poeticamente la dottrina; Petrarca
-non è stanco mai di colpire dei suoi frizzi quegl'importuni
-dialettici, quei barbari dello stile, che
-fra le dispute astruse smarrirono la tradizione del
-divino Platone, e lo stesso Aristotele da dolce e
-<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span>
-soave che è, tramutarono in rude scrittore. <i>Sic jam
-sola philosophantis infantia et perplessa balbuties, innitens
-supercilio atque oscitans, ut Cicero vocat, sapientia
-in honore est.</i> Nel Petrarca rivive lo scetticismo
-di Cicerone, dell'autore latino che sopra
-tutti gli altri avea caro. E ben volentieri al pari
-del suo duca e maestro contro le vane elucubrazioni
-dei filosofi invoca l'autorità del buon senso
-e della tradizione. <i>Sint plane Aristotelici, sint philosophi...
-neque enim clara haec nomina illis invideo,
-quibus falsis etiam tument, non mihi invideant humile
-verumque christiani nominis et catholici.</i><a class="tag" id="tag79" href="#note79">[79]</a> Il Petrarca
-non è più dominato, come Dante, dalle idee medievali;
-ed a ragione vien da tutti riconosciuto come
-il primo restauratore del classicismo. Si comprende
-da ciò come in lui il concetto dell'Impero non possa
-avere quel non so che di grandioso e mistico che
-gli presta la fantasia dell'Allighieri. L'impero pel
-Petrarca non è più di un ricordo classico, e la
-grandezza di Roma e la salute dell'Italia, più che
-l'unificazione di tutte le genti, è il suo ideale.<a class="tag" id="tag80" href="#note80">[80]</a>
-Venne notato molto opportunamente che il Petrarca
-<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span>
-più che Dante insiste sui confini naturali che separano
-il bel paese dalle altre regioni; e con maggior
-compiacenza ricorda l'antica opposizione tra
-barbari e latini:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Che fan qui tante pellegrine spade?</p>
-<p class="i01">Perchè il verde terreno</p>
-<p class="i01">Del barbarico sangue si dipinga?<a class="tag" id="tag81" href="#note81">[81]</a></p>
-</div></div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span>
-</p>
-
-<p>
-La salute d'Italia, corsa da sfrenate compagnie
-di ventura, e in preda a incessanti guerre intestine;
-la salute di Roma erede del nome antico, ed ora
-vilmente abbandonata da Papi, ed Imperatori, questo
-è l'unico scopo a cui intende il poeta. Ed ove
-si possa conseguire, anche contro l'Impero, e per
-opera di un generoso romano — come parve per
-poco possibile al tempo di Cola — nessuno meglio
-di lui affretterà coi suoi voti il compimento
-della nobile impresa.<a class="tag" id="tag82" href="#note82">[82]</a> Certamente fallita l'impresa
-di Rienzo il Petrarca si volgerà ora ai Papi, ora
-agl'Imperatori perchè abbiano pietà della patria
-infelice. Gli sarebbe parso di mancare al suo dovere,
-se non avesse cercate tutte le vie di salvezza;
-ma non si dissimula pertanto che sull'Impero si
-debba contare ben poco, nè che altra speranza vi
-sia fuor della concordia degl'Italiani. In una lettera
-al doge Dandolo esprime chiaramente questi
-pensieri: <i>Italiano qual io mi sono ... lascia che parli
-delle sventure d'Italia. Ecco già correre all'armi i due
-popoli più potenti, le due più fiorenti città, e a dirlo
-in breve, i due più splendidi astri d'Italia, che a mio
-giudizio acconciamente si parve aver la madre natura
-<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span>
-quinci e quindi all'ingresso dell'italico mondo collocati,
-perchè cotesto vostro al Settentrione ed al Levante
-e l'altro al Mezzogiorno ed al Ponente rivolti,
-e voi padroni del mare di sopra, gli altri di quel
-di sotto alle quattro parti del globo mostraste come
-debilitato, vacillante e per poco non dissi disfatto al
-tutto l'Impero Romano, fosse pure l'Italia signora e
-regina</i>.<a class="tag" id="tag83" href="#note83">[83]</a> Altre volte avea sperato che Roberto di
-Napoli potesse ridurre in sua mano il governo della
-penisola, perchè l'Italia prendesse un posto onorato
-tra le grandi monarchie d'Europa.<a class="tag" id="tag84" href="#note84">[84]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma torniamo al nostro minorita, il quale non
-pure prese parte alle quistioni politiche del tempo,
-<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span>
-ma benanco alle religiose. Il vecchio dissidio tra
-i due ordini frateschi era ricominciato nel 1321 a
-cagione di un'accusa di eresia che il domenicano
-Giovanni Belna muoveva contro il francescano Berengario
-Tolon. Il Papa dette ragione al domenicano,
-ma l'assemblea generale dei minoriti, tenuta
-sotto la presidenza di Michele da Cesena, proclamò
-come domma di fede la povertà assoluta di Cristo, e
-dichiarò eretici e scismatici quelli che non credevano
-in questa dottrina, nè seguivano il divino esempio.
-Questo domma, che menava diritto alla distruzione
-del cosiddetto potere temporale, per quanto
-tornasse acerbo al pontefice, di tanto vantaggiava lo
-imperatore. Onde allorchè Giovanni XXII lanciò la
-scomunica contro i sottoscrittori della nuova dottrina,
-Ludovico li tolse sotto alla sua protezione,
-e ne affidò ai suoi giureconsulti la difesa. L'Occam
-era uno dei sottoscrittori, nè è a dire con
-quanto calore sostenesse la causa del generale del
-suo ordine, che era per giunta uno degli amici
-della sua giovanezza. E coll'Occam si associò il più
-dotto giureconsulto di quel tempo Marsilio da Padova,
-il quale nel <i>Defensor pacis</i> avea stabilito non esser
-la Chiesa costituita dal solo Pontefice e Cardinali,
-ma da tutti i fedeli; talchè se il maggior numero
-di essi, raccolto in assemblea solenne pronunzia una
-sentenza, le si deve inchinare il Papa per il primo.<a class="tag" id="tag85" href="#note85">[85]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span>
-Dottrine che non tarderanno molto a trionfare nel
-Concilio di Costanza. Nè contento di questo il giurista
-patavino nega che il vescovo di Roma abbia
-un'autorità maggiore degli altri primati della Chiesa,
-dubita della venuta di S. Pietro, e, quel che più
-monta, mette la scrittura al di sopra della tradizione.
-In queste ardite sentenze si riconosce già il
-precursore di Vicleffo e Giovanni Huss. Senza dubbio
-il Medio-Evo è tramontato, e dall'opposto lido
-spunta di già la splendida aurora del Risorgimento.
-</p>
-
-<p>
-Riassumiamo. In tre periodi si divide il movimento
-intellettuale del Medio Evo. Nel primo di
-essi mentre il Realismo promuove o si associa con
-quelle sètte religiose, che giovandosi dell'allegoria,
-trasformavano le credenze tradizionali, il Nominalismo
-dall'altra parte vien penetrato da tutte le
-tendenze razionalistiche di quell'età. Nel secondo si
-costruisce quel mirabile sistema, nel quale debbon
-comporsi tutti i dissidî dell'età precedente, ed a
-norma del quale s'hanno a stabilire immutabili rapporti
-tra la scienza e la fede, lo stato e i sudditi,
-la chiesa e l'impero. Questo sistema non domina
-solo, e non pure vien combattuto da molti
-filosofi contemporanei, ma anche quelli, che ne accettano
-le dottrine fondamentali, ricusano poi le più
-importanti conseguenze nel campo politico. Nel
-terzo periodo infine la dissoluzione della scolastica
-trae seco la rovina di quel grande edificio politico
-e religioso, che fu la gerarchia medievale. Ma in
-tutto questo lungo corso di tempo non mancarono
-<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span>
-profonde agitazioni religiose. Ed abbiamo citate già
-molte sette ereticali, i Catari, i Valdesi, gli Arnaldisti
-nel primo periodo, i Gioachimiti nel secondo,
-i seguaci di Michele da Cesena nel terzo. Quali
-rapporti hanno queste eresie colle speculazioni filosofiche
-e coi moti politici del Medio Evo? Nel corso
-del nostro lavoro esamineremo l'origine ed il carattere
-di tutte queste eresie, e dopo siffatto studio
-forse ci verrà fatto di rispondere al difficile quesito.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span>
-</p>
-
-<h2 id="libro1">LIBRO PRIMO
-<span class="smaller">DALL'ERESIA ALLO SCISMA</span></h2>
-
-<h3 id="cap1-1">CAPITOLO I
-<span class="smaller">I CATARI</span></h3>
-</div>
-
-<h4 id="cap1-1-I">I</h4>
-
-<p>
-Dall'eresia dei Catari,<a class="tag" id="tag86" href="#note86">[86]</a> che fu senza dubbio la
-più vigorosa ed infesta al cattolicismo, ha da
-prender le mosse chi voglia conoscere l'origine ed
-il corso delle opposizioni religiose nel medio evo.
-Noi adunque esporremo per sommi capi i dommi
-del Catarismo, e toccato in seguito dell'origine e
-della diffusione di questa setta, diremo infine delle
-altre che vi si annodano.
-</p>
-
-<p>
-Il sistema cataro si può riassumere in questi
-brevi tratti. Dacchè il mondo ribocca di mali non
-può essere tutto opera di uno spirito buono e
-<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span>
-provvidente.<a class="tag" id="tag87" href="#note87">[87]</a> Le cose buone, che non sono certo le sensibili,
-le ha create Iddio; ma le cattive, le vane,
-le transitorie non le fece lui, bensì uno spirito
-perverso che stampò nel loro disordine l'impronta
-della malvagità sua.<a class="tag" id="tag88" href="#note88">[88]</a> Naturalmente non tutti i catari
-la pensavano ad un modo. Alcuni, come Giovanni
-di Lugio, non pure ammettevano quest'opposizione
-tra il cielo e la terra, ma la tenevano per
-eterna; perchè, dicevano, se non cessano le opposte
-cause debbono durare anche i due ordini di effetti;
-onde è falso che col tempo possa sparire il mondo
-visibile, e che il Dio della luce sia mai per riportare
-piena vittoria sul suo rivale.<a class="tag" id="tag89" href="#note89">[89]</a> Altri meno rigidi,
-come i Bogomil ed i Catari di Concorrezo,
-riducevano di molto l'importanza del minor creatore
-attribuendo al buon Dio la creazione di una
-parte del mondo visibile, come a dire i quattro
-<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span>
-elementi,<a class="tag" id="tag90" href="#note90">[90]</a> e credendo fermamente nel finale trionfo
-del bene sul male.<a class="tag" id="tag91" href="#note91">[91]</a> Ma tutti si accordavano nel dire
-il mondo opera di un genio malefico, sia che l'avesse
-creato lui stesso di pianta, o coll'ajuto del Dio buono.<a class="tag" id="tag92" href="#note92">[92]</a>
-</p>
-
-<p>
-E al pari del mondo anche l'uomo è fattura
-dello spirito del male. Se non che l'uomo, secondo
-la psicologia neoplatonica accolta dai catari, è formato
-di tre elementi, il corpo, l'anima e lo spirito;<a class="tag" id="tag93" href="#note93">[93]</a>
-e se si può ammettere che il corpo ed il
-<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span>
-principio che lo vivifica siano fattura del Dio delle
-tenebre, lo spirito per fermo, che è puro intelletto
-e volontà, vanta origine più nobile, nè altri può
-averlo creato se non il Dio della luce. Lo spirito
-dell'uomo dunque non è diverso da quelle creature
-angeliche ed immortali, che il principio buono
-crea ab aeterno nella pienezza dell'amor suo;<a class="tag" id="tag94" href="#note94">[94]</a>
-l'anima per contrario è tutt'uno colla funzione
-stessa del corpo organico, e quando l'organismo si
-dissolve, perisce anch'essa.<a class="tag" id="tag95" href="#note95">[95]</a> Ma come mai ha luogo
-questo accozzo di elementi così disparati? Per qual
-misterioso consenso gli opposti principii del bene
-e del male, che agiscono sempre a ritroso, or cooperano
-nella creazione dell'uomo?
-</p>
-
-<p>
-Questo difficile problema vien risoluto in vario
-senso dalle sètte catare. Ed alcuni come i Bogomil,
-<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span>
-credono che il diavolo, creato l'uomo dal fango,
-non potendo trattenere l'anima nel plasmato organismo,
-chiedesse al Dio della luce uno spirito fra
-quelli da lui creati, che valesse a raffrenare gl'impeti
-della ribelle. Ed il compiacente Dio, non si sa
-perchè, piegatosi alle preghiere del suo nemico, gli
-fu largo del richiesto aiuto.<a class="tag" id="tag96" href="#note96">[96]</a> Altri più accorti, non
-a Dio, ma allo spirito stesso ed alle sue colpe
-attribuiscono la ragione della caduta; ma non riescono
-certamente per questa via a vincere le difficoltà.
-Imperocchè difficilmente i Catari possono menar
-buono che un Dio perfetto immetta nelle sue
-creature la funesta possibilità del peccare, tanto
-che la maggior parte di loro nega risolutamente
-la libertà dell'arbitrio;<a class="tag" id="tag97" href="#note97">[97]</a> onde se questo spirito peccò
-non fu certo per elezione, ma per necessità di natura;
-e la ragion del male per tal guisa risalirebbe
-<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span>
-sempre al Creatore stesso, che si voleva a tutti i
-costi scagionare. A sfuggire questa evidente contraddizione
-si adoperano i Catari, per mezzo di miti.<a class="tag" id="tag98" href="#note98">[98]</a>
-E molti tra essi, immaginano che il Dio delle tenebre
-accompagnato dai suoi demoni desse la scalata
-al cielo, e vinto l'arcangelo Michele, che gli contendeva
-il passo, di viva forza ne togliesse la terza
-parte delle creature celesti, che cacciò nei corpi degli
-uomini e dei bruti.<a class="tag" id="tag99" href="#note99">[99]</a> Altri, non meno fantastici
-dei primi, avvisano che il diavolo non delle violenze
-si fosse valso, ma dell'astuzia; e con promesse e
-lusinghe avesse indotto nel peccato gli angeli del
-cielo.<a class="tag" id="tag100" href="#note100">[100]</a> Ma nè gli uni dichiarano come mai al Dio
-del male si debba attribuire maggior potenza che
-a quello del bene; nè gli altri spiegano come creature
-perfette possano così facilmente divenir gioco
-delle astuzie di uno spirito malefico.
-</p>
-
-<p>
-Ma lasciamo queste contraddizioni, che nessun
-simbolismo religioso può rimovere. In questo convengono
-<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span>
-tutte le sette catare, essere in noi uno
-spirito celeste, il quale, compiuta l'espiazione del
-suo fallo, farà ritorno alla patria antica. Se non
-che qui rinascono le discrepanze, e alcuni ammettono
-l'unicità di questo spirito in tutti gli uomini,
-altri la pluralità. I concorrezesi ad esempio, riproducendo
-il traducianismo di Tertulliano, insegnano
-che alla concezione di un nuovo individuo umano,
-la parte spirituale non si crea <i>ex novo</i>; ma staccasi
-quasi per gemmazione dal tronco dei suoi parenti,
-dai quali colla colpa eredita giustamente la
-condanna. Onde lo stesso spirito o angelo, che informò
-il corpo di Adamo, seguita tuttora di generazione
-in generazione il suo pellegrinaggio doloroso.<a class="tag" id="tag101" href="#note101">[101]</a>
-Le altre sette catare, come i seguaci del
-vescovo Balasinanza, e i Bajolensi e i Lugiani, in
-luogo di uno suppongono che più angeli fosser caduti.<a class="tag" id="tag102" href="#note102">[102]</a>
-Ma il loro numero dal dì della colpa non
-cresce nè diminuisce più, onde al dissolversi di un
-organismo passano in altro, e da questo in altro
-ancora, fino a che non sia compiuto il giro
-<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span>
-dell'espiazione.<a class="tag" id="tag103" href="#note103">[103]</a> Così vien rinnovata l'ipotesi della trasmigrazione
-o metempsicosi, la quale vanta maggiore
-antichità del traducianismo.<a class="tag" id="tag104" href="#note104">[104]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma o traducianismo o trasmigrazione che sia,
-è necessaria certo a queste sètte una ipotesi, che
-assicuri la continuità dello spirito e spieghi e giustifichi
-i secolari dolori dell'umanità. La storia dei
-quali è raccontata da tutte le sètte catare presso
-a poco nello stesso modo. Da quell'ora funesta, esse
-dicono, che trionfarono le arti dello spirito maligno,
-gli angeli sedotti non ebber più riposo. Scacciati
-dal Cielo, dimenticarono e la patria e l'origine
-loro, nè altro Dio riconobbero da quello infuori
-che li avea tratti a rovina. Ed a lui s'inchinarono
-tremanti e vittime cruenti offersero per calmarne
-il furore e la bieca avidità di sangue. Così nacque
-la legge mosaica; così il demone corruttore usurpò
-per buona pezza il posto del buon Dio, ed ebbe
-autorità di codice sacro il vecchio Testamento, da
-lui ispirato, e nel quale ben disvelò la sua indole
-volubile, crudele e menzognera.<a class="tag" id="tag105" href="#note105">[105]</a> E codesto inganno
-<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span>
-sarebbe durato ancora, se il principio del bene,
-riscossosi alla fine, e risoluto di por fine al regno
-del suo rivale, non avesse mandato il suo diletto
-figlio per insegnare agli uomini la schietta verità.
-</p>
-
-<p>
-Ma chi è mai questo figliuolo prediletto? È forse
-tutt'uno nella sua essenza col Padre, come insegna
-il domma del Concilio Niceno? No. I Catari riconoscono
-due soli principii, il Dio del bene e quello
-del male, e all'infuori di questi non ammettono
-altre divinità. Onde Cristo si deve considerare come
-un angelo, o se vogliamo un arcangelo, che scende
-in terra per ricondurre nella diritta via gli smarriti
-fratelli.<a class="tag" id="tag106" href="#note106">[106]</a> Quest'opinione evidentemente riproduce
-l'arianesimo, e per questo rispetto i catari furon
-<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span>
-chiamati ariani,<a class="tag" id="tag107" href="#note107">[107]</a> sebbene fossero pochissimi i
-punti di contatto tra cotesti eretici, ed i catari oltre
-alla dualità di natura tra Padre e Figliuolo insegnassero
-altresì essere il corpo di Cristo affatto apparente
-non reale.<a class="tag" id="tag108" href="#note108">[108]</a> L'Arcangelo, essi dicevano, mandato
-a salvare gli uomini non avendo peccato come
-gli altri angeli scacciati dal Cielo, non deve e non
-può assumere un vero corpo umano; chè nè di pena
-egli è meritevole, nè d'altra parte sarebbe possibile
-la compenetrazione di uno spirito puro coll'immonda
-fattura del Diavolo. Così i Catari insieme all'eresia
-di Ario rinnovarono il docetismo gnostico.<a class="tag" id="tag109" href="#note109">[109]</a> L'eresia
-<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span>
-ariana e la docetica sono agli antipodi, stantechè la
-prima ponendo maggior peso all'elemento umano in
-Cristo, ne assottiglia talmente la parte divina da
-ridurla all'influsso o ispirazione profetica; la seconda,
-invece rilevando l'elemento divino attenua di
-tanto il lato umano che lo tiene per vana apparenza
-(δόκησις). Eppure non ostante l'aperto antagonismo
-e l'una e l'altra opinione vengono accolte di conserva
-nel Catarismo.<a class="tag" id="tag110" href="#note110">[110]</a> Il quale se non crede alla
-realtà del corpo, molto meno può prestar fede alla
-passione e morte di Gesù.<a class="tag" id="tag111" href="#note111">[111]</a> Ben s'argomentarono
-gli adoratori del falso Dio di troncare sul labbro del
-Cristo la parola rivelatrice; ma non accorgendosi
-gli stolti dell'inganno orditogli, misero a morte
-quel che non potea morire, un corpo etereo, nel cui
-velo ben presto riapparve il Maestro ai discepoli
-per confermarli nella nova fede.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap1-1-II">II</h4>
-
-<p>
-Esposte le dottrine proprie dei Catari, non sarà
-inutile esaminare come combattessero le dottrine
-altrui. Essi riconoscevano nella Chiesa primitiva la
-vera Chiesa di Cristo, che custodiva con cura gelosa
-gl'insegnamenti del suo Maestro, e ne seguiva
-scrupolosamente gli esempi. Ma dall'infausta donazione
-di Costantino in poi ella si corruppe, e tolsero
-a governarla i suoi più fieri nemici, che più
-che a Dio servono al Diavolo, a cominciare da quel
-Silvestro, che accettando il funesto dono, venne
-meno ai precetti del divino Maestro, e ben può
-dirsi l'Anticristo.<a class="tag" id="tag112" href="#note112">[112]</a> Corrotto il costume, fu guasta
-la dottrina, e venner proclamati come dommi gli
-errori più manifesti, che metton capo nell'intendere
-alla lettera i simboli e le allegorie dell'Evangelo.
-Così nacque il domma della transustanziazione, secondo
-il quale il pane ed il vino mutano la propria
-natura in quella del corpo e del sangue di
-Cristo, conservando pure gli accidenti della prima
-sostanza.<a class="tag" id="tag113" href="#note113">[113]</a> Ma Gesù nel pronunziare le parole: <i>Hoc
-<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span>
-est corpus meum</i> adoperava certamente un linguaggio
-figurato,<a class="tag" id="tag114" href="#note114">[114]</a> che stoltamente vien torto a significare
-un'assurda consacrazione di sostanze caduche
-e create dal malefico Dio.<a class="tag" id="tag115" href="#note115">[115]</a> Nè intendeva il divino
-Maestro che ogni giorno avesse a rinnovarsi il suo
-sacrifizio a pro' dei ministri del culto, che dal mercato
-delle messe traggono i loro più lauti profitti;
-nè molto meno insegnò mai che i suffragi dei sacerdoti
-potessero applicarsi alle anime dei defunti
-per affrettarne l'entrata in Cielo.<a class="tag" id="tag116" href="#note116">[116]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma se la dottrina delle preghiere pei defunti, e
-quelle del Purgatorio strettamente connessavi non
-potevano essere accolte dai Catari, pei quali l'espiazione
-sta nel migrare dell'anima da un organismo
-nell'altro,<a class="tag" id="tag117" href="#note117">[117]</a> molto meno accetto dovea lor tornare
-il domma della risurrezione della carne. Imperocchè
-in esso s'attribuisce allo strumento, col quale
-si opera, la pena o il premio proprio solo dell'operante,
-e si glorifica e mette quasi a paro del puro
-spirito il corpo, che è fattura del Dio malvagio.<a class="tag" id="tag118" href="#note118">[118]</a>
-Parimenti sembra loro strano che si attribuisca ad
-un elemento di questo basso mondo, come l'acqua,<a class="tag" id="tag119" href="#note119">[119]</a>
-una virtù santificante; ma più assurdo ancora pare
-loro il battesimo dei bambini, ai quali si somministra
-un sacramento quando non ancora sono in istato di
-accoglierlo; onde il più importante atto della vita
-religiosa, qual è quello di riconoscere in altri il credente
-nella propria fede, diviene una cerimonia affatto
-vana ed esteriore.<a class="tag" id="tag120" href="#note120">[120]</a> Nè meno irragionevole è il
-<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span>
-culto delle imagini, le quali contrariamente allo spirito
-del Cristianesimo non si tengono per simboli
-degli Enti spirituali che rappresentano, ma per oggetti
-forniti di un potere magico e miracoloso.<a class="tag" id="tag121" href="#note121">[121]</a> Nello
-stesso modo che s'intende per casa del Signore,
-non il cuore del credente, ma l'edifizio fabbricato
-di pietre e mattoni, e superbamente decorato di
-marmi e d'oro.<a class="tag" id="tag122" href="#note122">[122]</a> E per tal guisa si falsa il significato
-delle cose, e non si dubita di fare onore alla
-croce, che fu ed è uno strumento d'ignominia.<a class="tag" id="tag123" href="#note123">[123]</a>
-</p>
-
-<h4 id="cap1-1-III">III</h4>
-
-<p>
-Chi ha seguita l'esposizione delle dottrine dommatiche
-dei Catari potrà di leggieri indovinare il
-carattere severamente ascetico della loro morale, e
-delle pratiche religiose. Se il mondo è opera dello
-<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span>
-spirito del male, qualunque affetto o desiderio che
-maggiormente vi leghi lo spirito penitente, lo allontana
-dal sospirato termine dell'espiazione. Il vero
-cataro adunque, a simiglianza del divino Maestro,
-non possiede nè case, nè campi, nè altre ricchezze;
-tutto l'aver suo mette in comune cogli altri, e va
-campando miseramente la vita col lavoro delle
-sue mani.<a class="tag" id="tag124" href="#note124">[124]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ed al pari delle ricchezze ei condanna gli onori
-e la possanza, intorno alla quale si affatica la vana
-ambizione degli uomini, non risparmiando guerre
-sanguinose o arti fraudolenti per conquistarla. Ma la
-guerra è opera violenta, che i seguaci del cattivo
-demone possono desiderare ed imporre nel loro furore,
-non certo le miti creature del Dio buono, i
-quali invece la condannano sempre, anche quando
-provocata dagli altri, o fatta a propria difesa.<a class="tag" id="tag125" href="#note125">[125]</a>
-E non meno della guerra riprovano l'uccisione del
-<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span>
-proprio simile così da negare financo ai poteri pubblici
-il diritto di mettere a morte i cittadini che
-infrangono la legge. Questi eretici in mezzo ad una
-società efferata e violenta predicavan l'abolizione
-del patibolo.<a class="tag" id="tag126" href="#note126">[126]</a> I costumi dei Catari sono miti; e solo
-contro il proprio corpo incrudeliscono, nè per rintuzzare
-gli appetiti perdonano a digiuni e mortificazioni,
-di parchissimo vitto si contentano, e severamente
-proibiscono il nutrimento animale, perchè
-non è lecito uccidere gli animali, e distruggere
-l'organismo ove può essere trasmigrata un'anima
-peccatrice.<a class="tag" id="tag127" href="#note127">[127]</a> E non meno dei piaceri delle mense il
-<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span>
-cataro sa vincere gli allettamenti del sesso, nè s'illude
-che alcuna differenza corra tra congiungimento
-e congiungimento, nè stima il matrimonio meno illecito
-della venere vaga.<a class="tag" id="tag128" href="#note128">[128]</a> Imperocchè e l'uno e l'altra
-menano alla stessa conseguenza di ritardare pel corso
-di nuove generazioni il ritorno delle anime alla lor
-patria celeste.<a class="tag" id="tag129" href="#note129">[129]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span>
-</p>
-
-<p>
-Tutte queste massime mettono capo nel principio
-che governa l'ascetismo: lo scopo della vita
-essere la continua preparazione alla morte. La quale
-per conseguenza non temuta e aborrita dal Cataro,
-è invece ardentemente desiderata, come il termine
-del doloroso pellegrinaggio. Talchè si comprende
-bene come non sia vietato ma raccomandato il suicidio,
-quando si corra il pericolo di ricadere nell'impurità
-antica. Così i malati, ricevuto l'estremo
-conforto religioso, affrettano la morte coll'astenersi
-dal cibo, o mettersi, come dicevano, in <i>endura</i>.<a class="tag" id="tag130" href="#note130">[130]</a>
-Parimenti si mette in <i>endura</i> chi è per cadere
-<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span>
-nelle mani degli inquisitori, o cadutovi venga
-condannato al rogo.<a class="tag" id="tag131" href="#note131">[131]</a>
-</p>
-
-<p>
-Molto più difficile a spiegare è il divieto del
-giuramento, il quale era così assoluto che un Cataro
-dichiarava agli inquisitori non giurerebbe anco
-se col giuramento suo potesse convertire gli uomini
-tutti al Catarismo.<a class="tag" id="tag132" href="#note132">[132]</a> Che fosse assolutamente proibita
-la menzogna è naturale. Il diavolo è di sua
-natura falso e bugiardo, e chi lo imita non può
-entrare nel regno del buon Dio. S'intende anche
-che il rigorismo cataro possa per l'amore della verità
-condannare financo la menzogna pietosa e la
-necessaria; ma perchè s'ha da avere in orrore il
-giuramento, anche quando nell'interesse della giustizia
-e dello Stato serva a stabilire la verità? Questo
-senza dubbio è uno dei tanti tratti caratteristici
-di quel misticismo nebuloso, che per elevare
-la Divinità, la circonda di silenzio e mistero impenetrabile.
-L'Ente Supremo dagli gnostici è chiamato
-βοθὸς (profondità) e Σιγή (silenzio), e dagli gnostici
-e neoplatonici insieme ἃῥῤητος (innominabile).
-Non diversamente lo concepiscono i Catari, ai quali
-<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span>
-sembra per conseguenza una profanazione che non
-solo si ardisca di nominarlo invano,<a class="tag" id="tag133" href="#note133">[133]</a> ma lo si chiami
-a testimone nelle nostre meschine contese.<a class="tag" id="tag134" href="#note134">[134]</a>
-</p>
-
-<h4 id="cap1-1-IV">IV</h4>
-
-<p>
-Ma non s'ha a credere che tutti i Catari adempissero
-scrupolosamente agli obblighi imposti dalla
-loro religione. Rinunziare alla proprietà, abbandonare
-la famiglia, consacrarsi al celibato, digiunare
-almeno due volte la settimana, astenersi rigorosamente
-dalla carne, dalle uova, dal burro, non era
-certo da tutti; e se la nuova religione avesse chiesti
-sì gravi sacrifizii, le sue fila si sarebbero ben
-presto diradate. Furon fatte adunque due classi, i
-perfetti e i credenti.<a class="tag" id="tag135" href="#note135">[135]</a> Questi ultimi non doveano
-seguire tutte le pratiche religiose, nè lasciare le
-<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span>
-famiglie o spogliarsi dei beni, ma solo tenersi stretti
-ai credenti nella stessa fede. E della fede neanco
-tutti gli articoli erano loro disvelati, ma quelli solo
-che meno contrastavano alle credenze antiche, o
-eran già preparati da vecchie eresie.<a class="tag" id="tag136" href="#note136">[136]</a> E così venne
-fatto, come diremo, a suo luogo, che una setta ben
-più affine al dualismo persiano che al monoteismo
-occidentale, mentite le sembianze di un cristianesimo
-più razionale,<a class="tag" id="tag137" href="#note137">[137]</a> riuscisse non rare volte a scalzare
-la religione dominante. Dai credenti dicemmo
-doversi distinguere i <i>Perfetti</i>, ben meritevoli di questo
-nome per la vita aspra e faticosa che menavano,
-e per l'olocausto che facevano di tutti gli
-affetti ed allettamenti del mondo, al quale, come
-opera del demonio, viveano affatto estranei. E per
-questa via sebbene imprigionati nel corpo, si sentivano
-uniti col Dio buono, di cui aveano accolto
-il santo spirito nel <i>Consolamentum</i>.<a class="tag" id="tag138" href="#note138">[138]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il <i>Consolamentum</i> era la funzione religiosa più
-importante dei Catari, che valeva ai loro occhi più
-del battesimo cattolico. Vedemmo già come essi
-condannassero il battesimo coll'acqua, uno degli
-elementi creati dal demonio,<a class="tag" id="tag139" href="#note139">[139]</a> Siffatta cerimonia non
-fu istituita da Gesù, ma dal Battista il quale si deve
-tenere per falso profeta,<a class="tag" id="tag140" href="#note140">[140]</a> onde a ragione il Vangelo
-di S. Matteo (III, 11) e i Fatti degli apostoli (I, 5)
-opposero al battesimo con l'acqua quello con lo spirito
-o col fuoco.<a class="tag" id="tag141" href="#note141">[141]</a> E basta secondo il costume degli
-apostoli imporre le mani sul capo dell'iniziato, perchè
-su lui discenda lo spirito del Signore.<a class="tag" id="tag142" href="#note142">[142]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span>
-</p>
-
-<p>
-Per conferire il <i>Consolamentum</i> bisognava esser
-puri da peccato mortale, perchè d'accordo coi Patarini
-i Catari credevano che non possa assolvere gli
-altri chi pria non abbia assolto sè dal peccato.<a class="tag" id="tag143" href="#note143">[143]</a> Per
-ricevere il <i>Consolamentum</i> bisognava esser ben preparati;
-nè solo conoscere la vera dottrina religiosa,
-ma pronti a metterla in pratica. Imperocchè chi
-riceveva il <i>Consolamentum</i> poteva altresì trasmetterlo
-agli altri. E come sarebbe stato capace di
-tanto, se non avesse rotto qualunque vincolo colla
-materia impura? Il consolato entrava adunque nella
-classe dei <i>Perfetti</i>, e da quel giorno incominciavano
-le sue terribili prove. Ei non apparteneva più a sè,
-ma alla comunità. La sua vita non avea altro scopo
-se non insegnare la verità, combattere l'errore, disporre
-e preparare gli animi alla comunione col Santo
-Spirito. E se in questo duro e faticoso apostolato
-gli accadeva d'incontrare la morte, tanto meglio per
-lui, chè la sua anima era ben certa di non ricadere
-più nella terrestre prigione.
-</p>
-
-<p>
-Avendo il <i>Consolamentum</i> la virtù di sottrarre
-l'anima all'impero del Demonio, e congiungerla
-collo spirito del buon Dio, ei pare che pervenuti
-<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span>
-a quest'alta cima, non si debba più ridiscendere a
-valle. I <i>Perfetti</i> adunque sarebbero non solo di nome
-ma di fatto, e la virtù religiosa ne avrebbe talmente
-compenetrata l'anima, che non potrebbero
-più spogliarsene ricadendo nel peccato. Così par che
-la pensassero alcuni Catari, ai quali Moneta<a class="tag" id="tag144" href="#note144">[144]</a> rimprovera
-di tenere per impeccabili i ministri del
-Signore. Ma il Moneta stesso e tutte le altre testimonianze
-affermano d'accordo che la maggior parte
-dei Catari teneva l'opinione affatto opposta, vale a
-dire che anche ricevuto il <i>Consolamentum</i> si potesse
-ricascare nel peccato.<a class="tag" id="tag145" href="#note145">[145]</a> Per questa ragione i più differivano
-a prendere il <i>Consolamentum</i> fino al punto di
-morte, sentendosi allora solo sicuri di non tornare
-vittima del Demonio. Durante la vita si era sempre
-esposti alle sue seduzioni, che se ei fu da tanto da
-corrompere i puri spiriti del Cielo, qual meraviglia
-che riesca a riconquistare un'anima, pur sempre
-avvinta al suo corpo? Se non che la ricaduta è
-oltremodo pericolosa, e ben difficile è il rilevarsi,
-e più dure prove si chiedono per essere degni di
-un secondo <i>Consolamentum</i>.
-</p>
-
-<p>
-Quelli che non ricevono il <i>Consolamentum</i>, non
-sono uniti collo spirito del Signore, e se muoiono,
-<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span>
-la loro anima, tuttora in balìa del demonio, deve
-incarnarsi in un altro corpo, e ricominciare di nuovo
-il corso della sua espiazione. Si comprende con che
-ansia il Cataro aspetti questo sacramento, e come
-i Perfetti non debbano risparmiare fatiche e pericoli
-per somministrarlo a chi lo richiegga. E non
-si risparmiavano davvero, che anche in mezzo alle
-più occhiute persecuzioni, apparivano presso al letto
-del moribondo, quando meno lo aspettavano; onde
-il popolo li avea in grande venerazione e li chiamava
-buoni uomini, ragione per cui l'eresia dei
-Catari fu detta <i>des Bonshommes</i>.<a class="tag" id="tag146" href="#note146">[146]</a>
-</p>
-
-<p>
-Oltre al <i>Consolamentum</i> poche altre funzioni religiose
-ammettevano i Catari.<a class="tag" id="tag147" href="#note147">[147]</a> Ad imitazione della
-Cena cristiana celebravano la <i>benedizione</i> del pane.
-Quando interveniva un Perfetto alla mensa dei fedeli,
-diceva l'orazione domenicale, e poscia benedetto
-il pane lo spezzava, distribuendone i pezzetti
-ai convitati, cui diceva «Che la grazia del Signore
-<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span>
-sia sempre con voi».<a class="tag" id="tag148" href="#note148">[148]</a> Così anche praticavano la
-confessione pubblica e solenne in luogo dell'auricolare,
-che condannavano.<a class="tag" id="tag149" href="#note149">[149]</a>
-</p>
-
-<p>
-Della gerarchia cattolica la Chiesa Catara non
-conservava se non due gradi, i vescovi ed i diaconi.<a class="tag" id="tag150" href="#note150">[150]</a>
-Ogni vescovo avea con sè due ministri, uno
-maggiore, l'altro minore. Alla morte del vescovo
-gli succedeva il ministro maggiore, il quale era
-ordinato e consacrato dal minore.<a class="tag" id="tag151" href="#note151">[151]</a> Per togliere questo
-assurdo più tardi si decretò che il vescovo stesso
-ordinasse colui che dovea succedergli.<a class="tag" id="tag152" href="#note152">[152]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap1-1-V">V</h4>
-
-<p>
-L'origine del Catarismo è molto oscura, onde
-ogni scrittore si crede in obbligo di combattere i
-suoi predecessori, ed escogitare una nuova congettura.
-Lo Schmidt, che scrisse la migliore storia del
-Catarismo, opina esser nata questa eresia spontaneamente
-presso i Bulgari sul cominciare del secolo
-decimo. Ei ricorda che non appena convertiti i Bulgari
-al Cristianesimo nell'862 da Cirillo e Metodio,
-l'opera di questi missionarii fu ben presto intralciata
-da due dissidii che dilacerarono in quel torno
-la Chiesa cristiana orientale. Il primo dei quali fu
-dovuto all'antica rivalità tra Roma e Costantinopoli,
-rinfocolata poi dall'essersi il re Bogoris rivolto
-al Pontefice Romano per missionarii che compissero
-l'opera di Metodio. Il secondo dissidio
-nacque tra gli Slavi convertiti da qualche secolo
-che usavano la liturgia latina, e quelli recentemente
-conquistati alla fede da Metodio, ai quali il Papa
-avea concesso l'uso della lingua nazionale. Sino alla
-morte di Metodio la scissura fu soffocata, ma rinacque
-subito dopo, ed i Greco-slavi ebbero a cedere
-ai prepotenti latini. Si aggiunga che gli Slavi non
-potevano obbliare così presto l'antica religione,
-tanto vero che nell'869 il Concilio di Costantinopoli
-fu costretto d'interdire ai Traci e Macedoni,
-convertiti sin dal settimo secolo, le rimembranze
-<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span>
-dell'antico culto. Non è improbabile che in tale stato
-d'incertezza tra l'antica e la nuova fede, da questa
-prendessero l'idea monoteistica, e tramutassero i
-loro antichi Dei nel diavolo, che avea tanta parte
-nelle prediche dei missionarii del medio evo. C'est
-au milieu de ces circonstances que parut parmi les
-Slaves, peut-être dès le commencement du dixième
-siècle, l'hérésie du dualisme Cathare. Est-ce une
-opinion trop hasardée, si nous admettrons que ce
-système sortit de quelque couvent greco-slave de la
-Bulgarie, dont les moines, irrités de l'invasion d'un
-culte qui répugnait a leur nationalité, et se livrant
-en même temps à des speculations tour à tour subtiles
-ou fantastiques, étaient arrivés à la conclusion
-que deux principes se partagent le gouvernement du
-monde, et que pour être pur (καθαρὸς) il faut affranchir
-l'esprit de toutes les entraves de la création
-matérielle? (Schmidt, I, 7).
-</p>
-
-<p>
-Questa ipotesi non pare che spieghi pienamente
-l'origine del Catarismo. Potrebbe benissimo renderci
-conto del culto reso in segreto agli antichi
-dei, trasformati in demoni, come accadde dovunque
-la religione cristiana fu innestata a tronco
-pagano; ma non ci spiegherebbe come mai si attribuisse
-al demone tanto potere, da farlo creatore
-dell'universo materiale. Nè molto meno è facile ad
-intendere come in mezzo a popolazioni semibarbare,
-appena convertite al Cristianesimo, nascesse il pensiero
-di paragonare la nuova religione non alla
-propria, ma alla mosaica, e quest'ultima considerare
-<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span>
-come l'opera di un Dio maligno.<a class="tag" id="tag153" href="#note153">[153]</a> Nei primi
-secoli del Cristianesimo, in quei centri cosmopolitici
-che erano Alessandria ed Antiochia, ove il pensiero
-filosofico greco venne tante volte a contatto
-col misticismo orientale, si comprende benissimo
-come nascessero le audaci speculazioni dei gnostici.<a class="tag" id="tag154" href="#note154">[154]</a>
-Ma non si capisce egualmente come siffatto movimento
-intellettuale dovesse aver luogo tra popoli,
-che non poteano ancora assimilarsi l'antica coltura.
-</p>
-
-<p>
-Quest'arditezza speculativa è già un sicuro indizio
-non essere il Catarismo una creazione bulgara,
-ma ben piuttosto l'avanzo di antiche eresie, nate
-sotto altro cielo, e in altre condizioni sociali, e trapiantatesi
-in Bulgaria nel tempo più propizio alla
-loro diffusione. Non dubito dunque di seguire l'antica
-tradizione, secondo la quale i Catari sarebbero
-manichei imbastarditi;<a class="tag" id="tag155" href="#note155">[155]</a> nè temo che le difficoltà opposte
-dallo Schmidt non sieno per rimuoversi facilmente.
-Ammettiamo pure che al catarismo manchi
-cette forme mithologique si remarquable qui est
-<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span>
-particulière au manicheisme ... o anche l'idée gnostique
-de la matière (ύλη) en lutte avec la divinité
-(II, 256). Ma è forse strano che una credenza, una
-leggenda, un sistema filosofico trapiantandosi da
-un luogo ad un altro non perda molti caratteri,
-e ne acquisti altri per adattarsi al nuovo ambiente
-in cui deve vivere? E che meraviglia se non trovi
-nel Manicheismo il domma del <i>Consolamentum</i> essenziale
-alla religione catara? Non trovi la parola, nè
-la formola ed il rito religioso; ma certo il concetto
-della purificazione dell'anima, che accolse in sè il
-Santo Spirito, non manca. Noi non diciamo che il
-Catarismo sia il Manicheismo nella sua forma primitiva;
-tutt'altro. Il tempo avea già scoloriti molti
-tratti della dottrina religiosa di Mani, ed il nome
-stesso del fondatore era già obbliato; che perciò?
-non accadde lo stesso nel secondo secolo a
-Valentino, a Basilide e ad altri fondatori di sètte
-gnostiche, i cui nomi erano sconosciuti a coloro
-stessi che se ne appropriavano le dottrine?<a class="tag" id="tag156" href="#note156">[156]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span>
-</p>
-
-<p>
-Del resto lo Schmidt stesso non può fare a meno
-della tradizione manichea. Quand on songe que les
-<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span>
-souvenirs du manicheisme s'étaient conservés longtemps
-dans les couvents de l'orient notre opinion ne
-doit pas paraître dénuée de toute probabilité (I, 8).
-Nelle quali parole egli riconosce essere il Manicheismo
-la prima fonte onde attinsero i Catari, il
-che non esclude che altri rivoli secondarii vi si
-mescolassero per via. In tutti i grandi movimenti
-religiosi accade quello che notammo del Catarismo,
-nel quale intorno al nucleo della dottrina dualistica
-si aggrupparono le più vecchie eresie, che viveano
-tuttora occulte e dimenticate nelle lontane solitudini
-dei pensatori. E per tal guisa si formò un insieme
-di dommi non molto omogenei, ma il cui
-contrasto sfuggiva all'acume dei recenti alleati. Noi
-già trovammo più su accanto alle tradizioni ariane
-della distinzione sostanziale tra Padre e Figlio le
-fantasticherie docetiche sul corpo apparente di Gesù.
-Ed insieme alle mistiche descrizioni del regno celeste,
-e della trasmigrazione delle anime le polemiche
-di Claudio di Torino contro l'adorazione delle
-immagini, e quelle più radicali di Berengario contro
-l'Eucaristia.<a class="tag" id="tag157" href="#note157">[157]</a> Ma non perchè queste continue
-<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span>
-aggiunte dieno una nuova impronta al Catarismo,
-non per questo s'ha da sconoscere la sua stretta
-parentela coll'antico manicheismo,<a class="tag" id="tag158" href="#note158">[158]</a> il quale non
-ispento dalle persecuzioni rifioriva prima in Ispagna
-<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span>
-per opera di Priscilliano,<a class="tag" id="tag159" href="#note159">[159]</a> e più tardi in Armenia
-coi Paoliciani;<a class="tag" id="tag160" href="#note160">[160]</a> di lì si diffuse tra gli Slavi;
-e dalla Bulgaria pel tramite dei commerci passò in
-Italia, e quindi in Francia.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap1-1-VI">VI</h4>
-
-<p>
-Toccato dell'origine studiamo ora la <span class="smcap lowercase">DURATA</span>,
-<span class="smcap lowercase">DIFFUSIONE</span>, ed <span class="smcap lowercase">INTENSITÀ</span> del movimento cataro.
-</p>
-
-<p>
-Fino dai primi anni del secolo decimoprimo serpeggiava
-per l'Aquitania la nuova eresia, come ne
-fa fede il cronista contemporaneo Ademaro.<a class="tag" id="tag161" href="#note161">[161]</a> E questi
-e Rodolfo Glaber del pari fanno menzione di dieci
-canonici di Orleans, scoperti come manichei nel 1022,
-e dati alle fiamme per ordine di Re Roberto.<a class="tag" id="tag162" href="#note162">[162]</a> Ma
-<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span>
-dacchè secondo lo stesso Glaber siffatto movimento
-vien propagato dall'Italia, è lecito supporre che tra
-<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span>
-noi si manifestasse l'eresia molto prima del 1034,
-anno in cui Girardo di Monteforte venne a furor di
-popolo bruciato vivo in Milano.<a class="tag" id="tag163" href="#note163">[163]</a> Nè andremo lungi
-dal vero se la faremo risalire alla fine del secolo
-decimo. D'altra parte il catarismo militante vien
-meno al cominciare del secolo XIV, quando alle
-cruenti crociate contro gli Albigesi successero le
-stragi dell'Inquisizione. Sicchè non tenendo conto di
-qualche resto cataro, scoperto da Vincenzo Ferrer
-nel 1402 o in Lombardia, o nelle inaccesse valli
-del Pellice e Clusone, la durata dell'eresia catara
-nell'occidente oltrepassa i tre secoli.
-</p>
-
-<p>
-Non meno importante è la diffusione, della quale
-ora terremo parola sommariamente, rimandando chi
-desideri più estesi particolari alla monografia dello
-Schmidt. A cominciare dall'Italia settentrionale, ricordiamo
-<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span>
-che la Lombardia riboccava di eretici così,
-che le sètte vi si moltiplicavano, e la chiesa moderata
-di Concorrezo combattea la più rigida del
-veronese Balasinanza, e quest'ultimo non andava
-d'accordo con l'altro rigorista Giovanni di Lugio.
-A Ferrara spesseggiavano gli eretici del pari, e per
-iscacciarneli il vescovo ebbe a ricorrere al potere
-civile.<a class="tag" id="tag164" href="#note164">[164]</a> In Modena i catari l'impattavano coi cattolici,
-tanto da vivere in pace gli uni accanto agli
-altri, ed il Muratori ricorda che nel 1192 furono
-ricompensati con eguale misura catari e cattolici
-per la distruzione che a causa di utilità pubblica
-fu fatta di loro mulini.<a class="tag" id="tag165" href="#note165">[165]</a> Anche in Toscana il Catarismo
-ebbe non pochi seguaci, ed il primo vescovo
-dei Catari moderati o concorrezesi fu un Pietro
-Lombardo da Firenze. In questa città le donne
-stesse s'adoperavano alla propagazione della setta
-e gli eretici cresceano a tal segno che nel 1173
-<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span>
-dettero pretesto a mutamenti nel governo.<a class="tag" id="tag166" href="#note166">[166]</a> Dalla
-Toscana discese l'eresia ad Orvieto, ove, oppressa
-nel 1125, fu rilevata nel 1150 dal Diotisalvi di Firenze
-e da Girardo da S. Marzano. In seguito,
-scacciati questi missionarî, ne seguitarono l'opera
-due donne, Milita di Monte Meato e Giuditta da
-Firenze.<a class="tag" id="tag167" href="#note167">[167]</a> Da Orvieto si estese a Viterbo, nè la
-stessa Roma fu salva, anzi si serba memoria di una
-esecuzione di Catari, fatta nel 1231 al tempo di
-Gregorio IX.<a class="tag" id="tag168" href="#note168">[168]</a> Perfino nella remota Calabria par che
-attecchissero i Catari a giudicarne almeno dall'ardore
-con cui l'abate Gioacchino li combatteva.<a class="tag" id="tag169" href="#note169">[169]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dall'Italia, come dicemmo, l'eresia passò in
-Aquitania, e Tolosa fin dai primi tempi fu il centro
-della sua diffusione.<a class="tag" id="tag170" href="#note170">[170]</a> Di là s'avanzò nel Perigord,
-<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span>
-nel vescovado di Limoges, nella marca di Poitiers,
-risalendo su sino ad Orleans, ove trovammo a capo
-degli eretici alcuni sacerdoti, grandemente stimati
-per la loro pietà. Ben presto oltrepassò la Loira,
-talchè il vescovo di Chalons, Rogero (1043-1062),
-chiese a Wazon vescovo di Liegi se in vista del
-pericolo imminente non si dovesse procedere rigorosamente
-contro gli eretici. Abbiamo tuttora la
-risposta del pio prelato: Dio non vuole la morte,
-ma la conversione dei peccatori; e la sola pena
-consentita dal Vangelo contro gli eretici sta nell'escluderli
-dalla comunione dei fedeli.<a class="tag" id="tag171" href="#note171">[171]</a> Questa lettera
-porta la data del 1048, e la pena che in essa
-vien suggerita fu nel fatto comminata l'anno appresso
-dal concilio di Reims.<a class="tag" id="tag172" href="#note172">[172]</a> Tanto rapidamente
-s'era diffusa l'eresia nel nord della Francia, ove
-già sin dal 1025 s'ebbe notizia di eretici, principalmente
-a Reims, a Liegi, Arras e Cambray!<a class="tag" id="tag173" href="#note173">[173]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dalla Francia il passaggio in Germania è ben
-facile, e già nel 1052 Enrico III fece impiccare in
-Gosslar (Hannover) alcuni eretici, che si scopersero
-per manichei dal rifiuto di uccidere un pollo.<a class="tag" id="tag174" href="#note174">[174]</a> Nel
-secolo susseguente, come sappiamo dalla lettera di
-Evervino a S. Bernardo, l'eresia s'era così diffusa
-in Colonia, che vi si stabilì un vescovado cataro.
-Arrestati nel 1146 il vescovo col suo diacono, anzi
-che smentire le loro credenze, salirono animosamente
-sul rogo. Pochi anni dopo nel 1160 furono
-scoperti altri catari a Bonn, con a capo Arnoldo
-abile disputatore, conoscitore profondo della scrittura
-ed entusiasta della sua fede. A capo a qualche
-anno salito sul rogo coi suoi diaconi, fu udito
-gridare tra le fiamme: «Fratelli, siate costanti
-nella fede, oggi sarete riuniti ai martiri del Cristo».
-<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span>
-E in questo dire una fanciulla catara, che in grazia
-della sua bellezza era stata sottratta al supplizio,
-copertosi il volto, si precipitò nel fuoco per morire
-col suo maestro.<a class="tag" id="tag175" href="#note175">[175]</a>
-</p>
-
-<p>
-L'Inghilterra fu salva dall'eresia. Ben tentarono
-di penetrarvi verso il 1160 alcuni catari, volgarmente
-detti pubblicani (paoliciani), non ammontanti
-a più di trenta, tutti di nazione e lingua tedesca,
-e guidati da un tal Girardo, il solo tra loro
-che sapesse di lettere. Ma furono scoperti e segnati
-nella fronte da un marchio d'infamia, e poscia battuti
-a verghe ed espulsi dalle città, e proibito a
-chiunque di ospitarli. Perirono per la campagna di
-freddo e fame, vittime anch'essi devote e coraggiose
-della loro fede;<a class="tag" id="tag176" href="#note176">[176]</a> ma altri dopo di loro non ritentò
-l'ingrata prova.
-</p>
-
-<p>
-Pari alla durata ed estensione l'intensità. Senza
-un gran vigore di fede il catarismo non avrebbe
-potuto opporre così tenace resistenza alle persecuzioni,
-che massime dopo il 1200 infierirono senza
-<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span>
-misura. Un rapido ricordo storico varrà meglio di
-qualsia dimostrazione. Il secolo decimoterzo, che è
-quello dei grandi uomini della Chiesa, Innocenzo III,
-Gregorio IX, Alberto Magno, S. Tommaso, è altresì
-il secolo delle più fiere lotte, e più selvagge passioni.
-Montato sul trono Innocenzo III mandò
-suoi legati nella Francia meridionale per estirparvi
-l'eresia, e quando uno di essi, il Castelnau, fu ucciso
-a tradimento indisse la crociata contro i popoli
-del mezzogiorno, che s'erano allontanati dalla
-Chiesa.<a class="tag" id="tag177" href="#note177">[177]</a> Già prima di lui il legato Enrico<a class="tag" id="tag178" href="#note178">[178]</a> vescovo
-cardinale d'Albano, indetta la crociata contro gli
-eretici albigesi, con gran seguito di truppe aveva
-invase nel 1181 le terre del visconte di Béziers,
-ed ottenuta la resa del forte castello di Lavaur. Ma
-questa prima crociata, benchè non poco cruenta, fu
-nulla a petto della seconda, alla quale presero parte
-molti signori del nord della Francia, che sotto il
-pretesto della religione movevano alla conquista
-delle ricche contrade del mezzogiorno. Codesta
-guerra fu combattuta con furore, e il nome di Simone
-di Monfort restò tristamente<a class="tag" id="tag179" href="#note179">[179]</a> celebre in quelle
-infelici contrade, dove gli eretici furon trattati peggio
-<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span>
-dei musulmani.<a class="tag" id="tag180" href="#note180">[180]</a> Quando Béziers, dopo un'eroica
-resistenza, cadde sotto i colpi dei crociati, a quelli
-che lo chiedevano sul modo di distinguere i rei
-dagli innocenti, il legato Arnaldo rispose: uccideteli
-tutti, Dio riconoscerà quelli che gli appartengono.<a class="tag" id="tag181" href="#note181">[181]</a>
-Alla presa di Carcassona 400 arsi vivi,
-e 50 impiccati come eretici.<a class="tag" id="tag182" href="#note182">[182]</a> Espugnato il castello
-di Minerva, il legato Arnaldo promise la salvezza
-della vita a chi si convertisse, perchè sapeva che
-nessuno dei credenti avrebbe rinnegata la sua fede.
-Conosco i miei uomini, egli diceva a chi scandolezzavasi
-di tanta mitezza. Nè avea torto, chè più
-di 150 perirono sul rogo martiri della loro fede.<a class="tag" id="tag183" href="#note183">[183]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span>
-Presa Lavaur, ne fu impiccato il comandante, gittata
-nel pozzo la sorella, arsi quattrocento Catari.<a class="tag" id="tag184" href="#note184">[184]</a>
-E più cruente furono le stragi, quando dopo il
-concilio lateranense del 1215 si rinnovò la guerra
-con tanta violenza che i superstiti ebbero a invidiare
-la sorte dei caduti in battaglia. E l'infelice
-conte di Tolosa Raimondo VII se volle ottenere
-la pace dopo trenta anni di guerre rovinose, ebbe
-a giurare di combattere e punire gli eretici senza
-pietà, e conferire un premio di due scudi di argento
-a chi ne assicurasse qualcuno alla giustizia.<a class="tag" id="tag185" href="#note185">[185]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma questi roghi, queste condanne in massa senza
-giudizio, son pur da meno delle persecuzioni posteriori.
-Si poteva attribuire siffatti orrori alla necessità
-della guerra, all'eccitazione degli animi, al
-diritto di rappresaglia; d'ora innanzi saranno imposti
-dalla fredda ragione. Prima di questo tempo,
-come dimostrarono il Ficker e l'Havet, la pena del
-<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span>
-rogo contro gli eretici non era stabilita per legge
-in nessun paese.<a class="tag" id="tag186" href="#note186">[186]</a> In Germania si solevano, è vero,
-mettere a morte gli eretici o a furor di popolo,
-come a Colonia nel 1163, o anche per ordine dell'imperatore,
-come a Gosslar nel 1052; ma quest'ordine
-non fu dato in omaggio ad una legge, bensì
-per misura politica. Anche in Francia le molteplici
-esecuzioni, che ricordammo, ebbero lo stesso carattere,
-e prima della legge di Luigi VIII del 1226,
-non ve ne ha altra che condanni gli eretici al
-supplizio del fuoco. Con maggior ragione si deve
-dire lo stesso della Francia meridionale e dell'Italia.
-Chè anzi mentre nel settentrione dell'Europa la
-pratica discordava dal diritto, e tacendo le leggi,
-vigeva la consuetudine di mettere a morte gli eretici;
-nel mezzogiorno al contrario e diritto e pratica
-s'univano in una grande mitezza e tolleranza. Dopo
-l'esempio di Girardo di Monteforte non v'ha ricordo
-di altro bruciamento di eretici, e l'autore
-delle memorie milanesi dice espressamente che nell'anno
-1233 ebbe luogo la prima esecuzione.<a class="tag" id="tag187" href="#note187">[187]</a> In Modena
-ricordammo come accanto ai diritti degli altri
-cittadini eran riconosciuti quelli dei catari. Nella
-Francia meridionale Giraldo vescovo di Albi non
-<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span>
-dubitò d'invitare gli eretici ad una pubblica disputa
-a Lombers.<a class="tag" id="tag188" href="#note188">[188]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questa tolleranza però cessò ben presto in tutti
-i paesi. Il cardinale Pietro di San Crisogono, legato
-del papa nel Tolosano, condannò un Morand, ricco
-signore seguace e protettore dell'eresia, alla confisca
-dei beni ed alla distruzione delle case. E costui
-se volle salvarsi dalla miseria, ebbe a sconfessare
-solennemente la sua fede, e subire l'ignominioso
-castigo della fustigazione.<a class="tag" id="tag189" href="#note189">[189]</a> Parimenti in Italia si
-serba memoria di un vescovo Guarnasia, legato dell'imperatore
-Enrico VI, che confiscò per ordine imperiale
-i beni dei patarini di Prato e ne distrusse le
-case.<a class="tag" id="tag190" href="#note190">[190]</a> Ottone IV, in un suo decreto del 1210 contro
-gli eretici di Ferrara,<a class="tag" id="tag191" href="#note191">[191]</a> e gli statuti di Verona: che
-rimontano secondo il Ficker, al di là del 1218, prescrivono
-l'esilio degli eretici e la distruzione delle
-<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span>
-loro case. Questa stessa pena dell'esilio è prescritta
-nella legge di Federigo II del 1220.<a class="tag" id="tag192" href="#note192">[192]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dopo poco altro tempo le cose volsero in peggio.
-Il papa chiedeva dall'imperatore una più energica
-repressione dell'eresia, e Federigo, che avea rinnovato
-contro la Chiesa l'antica guerra per l'indipendenza
-dello Stato, per tema non lo si sospettasse
-di poca ortodossia, acconsentì a mutare la
-sua prima legge.<a class="tag" id="tag193" href="#note193">[193]</a> Strana ironia della storia! Quell'Imperatore
-che tenne più fermo contro le pretensioni
-di Roma, e presso i contemporanei era
-tanto in voce di miscredente ed epicureo, da non
-trovar grazia neanco presso il gran poeta ghibellino;
-quell'imperatore che avea ai suoi servigi gente
-di diversa credenza, saraceni non meno di cristiani,
-egli per lo appunto è il primo a sancire la pena
-del rogo contro gli eretici,<a class="tag" id="tag194" href="#note194">[194]</a> e in servigio della Chiesa
-<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span>
-vien meno alle più fondamentali norme del diritto
-vigente. E nel luogo dei vescovi stati fin oggi i
-giudici naturali delle eresie acconsente che entrino
-i frati predicatori, facendoli almeno per la Germania
-legati imperiali;<a class="tag" id="tag195" href="#note195">[195]</a> nè dubita di sancire le più
-aperte infrazioni della regolare procedura, ammettendo
-la testimonianza del correo o del delatore,<a class="tag" id="tag196" href="#note196">[196]</a> e
-tollerando che si tacesse nei giudizii il nome del
-testimone. Un altro passo ancora, e non ci meraviglieremo
-più che colla morte del reo non si estingua
-l'azione penale, ma seguiti il processo contro i
-defunti, perchè gli eredi ne scontino la pena.<a class="tag" id="tag197" href="#note197">[197]</a>
-</p>
-
-<p>
-Con queste misure violente l'eresia veniva stretta
-in un cerchio di ferro, e ben pochi poteano sottrarsi
-alle occhiute vigilanze degl'inquisitori, ed alle
-<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span>
-insidie delle spie prezzolate o interessate. Ma non
-ostante questi rigori i Catari non furon domi, e se
-non all'aperto, continuavano in segreto a professare
-il loro culto. E taluno di essi seppe nascondersi
-così, che non solo non fu disturbato finchè
-visse, ma dopo morto per poco non venne santificato
-dai cattolici. Il Muratori pubblicò il processo di
-un Armanno Pungilupo da Ferrara morto nel 1269,
-intorno al quale per anni parecchi continuò aperto
-dissenso tra la Curia e i Frati inquisitori. La Curia,
-ligia alla voce popolare, che dava il Pungilupo per
-uomo pio, e morto in odore di santità, non solo
-permise che fosse seppellito nella Chiesa maggiore
-in magnifico mausoleo; ma raccolte le informazioni
-sui miracoli che dicevano fatti da lui, permise s'innalzasse
-presso alla tomba un altare votivo. Ed i
-fedeli v'accorreano numerosi, e con giuramento attestavano
-al Vescovo di avere per intercessione del
-beato Armanno ricuperata o la vita, o il moto o
-la parola, e taluno persino giurò d'essere stato liberato
-dai demoni, che lo possedevano.<a class="tag" id="tag198" href="#note198">[198]</a> Ma gl'inquisitori
-<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span>
-diffidavano assai di tal taumaturgo, che
-pochi anni innanzi, nel 1254, convinto d'eresia,
-dovè la sua salvezza all'abjura.<a class="tag" id="tag199" href="#note199">[199]</a> E interrogati parecchi,
-già appartenenti alla setta bagnolese, raccolsero
-che, non ostante la ritrattazione, il Pungilupo
-continuò per tutta la vita nella fede catara;<a class="tag" id="tag200" href="#note200">[200]</a>
-nè fu solo <i>credente</i>, ma ricevette il <i>consolamentum</i>,<a class="tag" id="tag201" href="#note201">[201]</a>
-e con ardore si mise a diffondere le dottrine bagnolesi,
-e predicando contro il lusso e la corruzione
-dei preti,<a class="tag" id="tag202" href="#note202">[202]</a> fece nuovi seguaci alla sua setta. Istruito
-in tal modo il processo si venne alla sentenza, cagione
-di un violento dissidio tra le due autorità ecclesiastiche.
-<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span>
-L'inquisitore ordinò l'esumazione delle
-spoglie di Armanno, e, non obbedito, scomunicò
-la Curia e interdisse la Chiesa; la Curia dal canto
-suo respinse la sentenza, e si appellò al Papa Gregorio
-X. Ma nè a costui nè a parecchi dei successori
-fu dato di comporre le cose, e la controversia si
-prolungò per più di un trentennio. Alla fine nel 1301
-l'inquisitore Fra Guido Vicentino, consultati per ordine
-di Bonifacio VIII il Vescovo di Bologna e un
-altro frate, domenicano anche lui, pronunziò la sentenza,
-dal Papa già dichiarata inappellabile, che
-dice: s'infranga il mausoleo e l'altare innalzato in
-onore di Armanno, e dissepolto e bruciato il cadavere,
-ne si sperdano ai venti le ceneri. E le immagini
-e le offerte votive si distruggano, e chiunque
-s'opponga a queste misure, o seguiti a ricordare
-il nome e le opere dell'eresiarca, se privato incorra
-nella scomunica, se chierico nella perdita dei suoi
-benefizii, se università o terra nell'interdetto.<a class="tag" id="tag203" href="#note203">[203]</a> Questo
-solo fatto, accaduto nella seconda metà del secolo
-XIII, vale più di un lungo discorso a provare
-quanto rigoglio avesse tuttora l'eresia dopo tante
-persecuzioni, e come riescisse difficile ai più zelanti
-di estirparla.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap1-1-VII">VII</h4>
-
-<p>
-La diffusione, la durata, la tenace resistenza
-dell'eresia manichea sembrano un vero paradosso
-storico. Perchè se da una parte non si può negare
-che l'ascetismo cataro più rigoroso del cattolico
-s'opponeva al rifiorire delle scienze, delle arti, dei
-commerci, e vincendo avrebbe ritardato di molto
-altro tempo quel risorgimento classico, di già cominciato
-nel medio evo, dall'altra non è men vero
-che un misticismo così malsano, e di colore schiettamente
-orientale attecchì quasi dappertutto in
-Europa, ma principalmente nei centri della nuova
-coltura. E così accadde che nello stesso linguaggio
-in cui la nuova musa cantava i cavalieri, l'armi,
-gli amori, un'altra voce più severa predicava i digiuni
-e le astinenze, segnava d'infamia il matrimonio,
-e stillava nelle menti un odio feroce contro
-il mondo, creatura d'un malvagio iddio. Non giova
-addurre la legge dei contrapposti, che fa passare
-la natura umana dall'estremo della frivolezza e della
-gaja vita alla tetraggine di una inquieta ascesi. Nè
-si potrebbe invocare l'esempio recente della Germania,
-che nel tripudio del patriottismo trionfante
-vide rinnovarsi la filosofia pessimistica. Ragioni ben
-più profonde e molteplici spiegano le insperate
-fortune del Catarismo. E la prima è questa, che la
-nuova setta al pari delle antiche pitagoriche e gnostiche
-si circondava di mistero, nè tutti i suoi dommi
-<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span>
-svelava agli iniziati o credenti pria che fossero
-per lunghe prove divenuti <i>perfetti</i>.<a class="tag" id="tag204" href="#note204">[204]</a> Talchè non in
-grazia delle dottrine ignorate dai più essa facea
-il maggior numero dei seguaci, bensì per l'opposizione
-alla Chiesa dominante ed alla gerarchia medievale.
-E come il bisogno di libertà si sentiva più
-acutamente nelle contrade, ove il laicato parlava
-già e scriveva una lingua diversa dal latino, ed una
-nuova letteratura avea creata, ed espressi pensieri
-e sentimenti nuovi, era ben naturale che ivi si formasse
-il centro ed il focolaio dell'agitazione ereticale.
-</p>
-
-<p>
-L'opposizione che il Catarismo movea al Cattolicesimo
-abbracciava due capi, le dottrine ed i
-costumi. In quanto alle dottrine già vedemmo come
-i Catari sapessero far tesoro delle opposizioni precedenti,
-nè fa meraviglia che agl'iniziati insegnassero
-per prime non le proprie idee, ma quelle invece,
-che sebbene ostili al Cattolicismo, tornavano
-più accettevoli pel ricordo delle antiche eresie. Vedemmo
-come il catarismo fosse ariano, docetista,
-iconoclasta, berengariano. Per tal guisa la nova religione,
-non che nemica, si diceva restauratrice del
-Cristianesimo, come quella che volea riaddurlo alla
-forma schietta dei primi tempi, alla cui semplicità
-<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span>
-mal s'addicevano i dommi posteriori.<a class="tag" id="tag205" href="#note205">[205]</a> A codesta
-rinnovazione ben si comprende come giovasse
-lo studio degli antichi documenti del Cristianesimo.
-Onde i Catari facean pochissimo conto della tradizione
-ed ai molti libri dei padri e dei dottori, che
-i Cattolici soleano addurre<a class="tag" id="tag206" href="#note206">[206]</a> opponevano un libro
-solo, il Nuovo Testamento, e quello studiavano e
-mandavano a mente, e traduceano nelle nove lingue
-ed interpetravano ora alla lettera ora allegoricamente,
-come faceva il bisogno.<a class="tag" id="tag207" href="#note207">[207]</a> Per questi motivi
-il Catarismo parea come una purificazione della
-coscienza religiosa, ritemprata alle pure fonti dei
-tempi apostolici. Ed ecco un'altra cagione dei suoi
-trionfi. Di contro ai sacerdoti cattolici, ingombri
-da superstizioni e talvolta così ignoranti da non
-sapere neanche leggere la Bibbia, i <i>Perfetti</i> catari
-parevano animati da una fede più razionale, e più
-<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span>
-studiosi dei sacri testi.<a class="tag" id="tag208" href="#note208">[208]</a> Era una apparenza e l'una
-e l'altra, chè il Catarismo coi suoi presupposti dualistici
-mal rispondeva ai bisogni della ragione; e tra
-i sacerdoti catari nessuno potè levarsi all'altezza
-intellettuale di molti fra i cattolici. Ma tant'è; nelle
-rinnovazioni religiose l'apparenza giova non meno
-della sostanza, e le grandi masse con quella più che
-con questa si guadagnavano alla nova fede.
-</p>
-
-<p>
-L'altra opposizione, che facevano i Catari, si riferiva
-ai costumi. I cattolici stessi levavano alte
-grida contro la corruzione del clero, e basterà per
-tutti ricordare Benedetto IX, fatto Papa a dodici
-anni, il quale dal 1033 al 1045, empì Roma di
-scandali, ruberie ed assassinii. Nè a strappare dall'indegno
-capo la tiara vi fu altro mezzo se non
-comprarla a contanti, come fece il buon Gregorio
-VI, il quale nonchè rimproverato dell'aperta
-simonia, venne accolto dai più come restauratore
-della Chiesa.<a class="tag" id="tag209" href="#note209">[209]</a> Dalla sommità della scala gerarchica
-<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span>
-sino agli ultimi gradini si faceva mercato degli
-ufficii ecclesiastici.<a class="tag" id="tag210" href="#note210">[210]</a> Ed il clero era ognor più avido
-di ricchezze, ed alle ricchezze aggiungeva il fasto
-ed il potere. Non erano rari i vescovi principi e
-militari, che con una mano fecevano il segno della
-pace e dell'amore e coll'altra stringevano la spada
-ancor fumante di sangue.<a class="tag" id="tag211" href="#note211">[211]</a> Contro codesto clero
-le anime profondamente religiose gridavano: povertà
-e castità. E quel grido fu abilmente raccolto
-dai Catari, che sull'autorità dei sacri testi insegnavano
-il più rigido ascetismo, ed il rigore dei
-precetti confermavano colle opere. Anche i Catari
-furono più volte accusati d'immoralità ed ingordigia
-ma le stesse testimonianze cattoliche come quella di
-S. Bernardo smentiscono le accuse. Gli uomini, che
-morivano lieti sul rogo in olocausto alla loro fede, conoscevano
-bene la virtù del sagrifizio; ed il popolo
-ai cui mali essi provvedevano con sollecita ed instancabile
-cura, in opposizione al clero egoista li soleva
-chiamare <i>bonshommes</i>. Altra causa codesta del favore
-ognor più crescente del Catarismo.
-</p>
-
-<p>
-E questa cagione forse è la più forte di tutti
-perchè nella lotta contro i vizii del clero l'opposizione
-ereticale si collegava naturalmente colla cattolica.
-<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span>
-Più tardi parleremo degli oppositori cattolici
-o <i>patarini</i>. Per ora ci basta questo ricordo storico.
-Pochi anni innanzi che S. Arialdo levasse il grido di
-guerra contro l'alto clero milanese, un Girardo eretico
-ricoverato nel castello di Monforte confessò
-apertamente all'arcivescovo Ariberto, che egli ed i
-suoi seguaci, ammontanti a più di tremila, non mangiavano
-carne, metteano tutto in comune, facean
-voto di verginità, e se anche ammogliati rispettavano
-la propria moglie come sorella.<a class="tag" id="tag212" href="#note212">[212]</a> Una gran
-parte di questi eretici, non volendo rinunziare alla
-sua fede, fu data dal popolo tumultuante alle fiamme,
-ma certo non tutti perirono sul rogo, ed i superstiti
-senza dubbio si fusero coi <i>patarini</i>.<a class="tag" id="tag213" href="#note213">[213]</a> Così all'ombra
-del movimento riformatore, capitanato da
-Gregorio VII, si dilatava sicura ed inavvertita
-l'eresia.
-</p>
-
-<p>
-Le ragioni finora addotte delle fortune del Catarismo
-mettono capo in quello spirito di opposizione
-alla Chiesa stabilita, per cui la nuova eresia
-<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span>
-facendo causa comune con tutte le antiche prende
-l'aspetto di una purificazione della coscienza religiosa.
-Ma oltre a questo elemento critico e negativo
-dobbiamo distinguere nella nuova religione
-un altro elemento, non meno importante, voglio
-dire l'ascetismo, pel quale non solo va d'accordo
-col Cattolicesimo, ma lo supera, offrendo così nuovo
-e più sostanzioso pascolo alle anime mistiche. La
-Chiesa catara sottoscrive di gran cuore alla massima
-cattolica che tre sono i nemici dell'uomo, il
-mondo, il demonio, la carne; ma ne trae le estreme
-conseguenze. Fra i tre nemici, ella dice, che sono
-uniti contro l'anima, corre di certo un rapporto di
-parentela, e come l'anima, per malvagia che sia,
-è dappiù della materia, così delle tre potenze avverse
-la maggiore è quella del demonio; le altre si
-possono considerare come sue ausiliarie, o meglio
-sue geniture. Ed eccoci in pieno dualismo.<a class="tag" id="tag214" href="#note214">[214]</a> Nè vogliamo
-tacere che questa trasformazione favoriva
-per soprammercato certe tendenze, molto comuni nel
-Medio Evo, ed anche oggi non estirpate del tutto,
-come a dire la fede nell'esistenza ed efficacia di spiriti
-<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span>
-malefici, che non solo assalgano gli eremiti del deserto,
-ma si caccino nelle popolose città, mescolandosi
-in tutti i negozii, e talvolta nascondendosi negli
-angoli delle case. È stato già notato come in queste
-superstizioni diaboliche rivivesse l'antico culto pagano.
-Per lo che non a caso si estesero e dilargarono
-col rifiorire degli studii classici, nè solo nel Medio
-Evo ma più ancora nella Rinascenza si credè follemente
-alle streghe e agli ossessi.
-</p>
-
-<p>
-Non farà dunque meraviglia che il Catarismo
-rispondendo a così diverse tendenze faccia tanti seguaci.
-Alle anime, avide di libertà, offre di sottrarsi
-al ferreo giogo della gerarchia; alle travagliate
-dalla sventura svela il mistero dell'infelicità
-umana, e promette la fine del doloroso pellegrinaggio.
-Le menti vigorose alletta coll'interpetrazione
-allegorica dei dommi, che tornano più ostichi
-alla ragione; le inferme seduce rafforzando le loro
-credenze nel diavolo, e giustificando le più strane
-e paurose superstizioni. Non per tanto i due elementi,
-che rilevammo nel Catarismo, non cessano
-di essere eterogenei. Chè l'uno tende, come dicemmo,
-alla purificazione del contenuto religioso, l'altro
-per lo contrario favorisce la superstizione; l'uno
-coll'andare del tempo riescirà alla reintegrazione
-della vita, l'altro ad una condanna di essa più cruda
-e recisa che non avesse fatto il Cattolicismo. Questi
-elementi adunque, così discordi, dovranno separarsi.
-Gli spiriti più geniali, e desiderosi di una vera rinnovazione
-religiosa lasceranno cadere l'ascetismo
-<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span>
-dualistico, importazione affatto orientale, e serberanno
-invece l'altra parte, frutto dei più grandi
-pensatori dell'occidente come Claudio di Torino,
-Agobardo di Lione, Berengario di Tours. Per tal
-guisa nascono i Valdesi.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<h3 id="cap2-1">CAPITOLO II
-<span class="smaller">I VALDESI</span></h3>
-</div>
-
-<h4 id="cap2-1-I">I</h4>
-
-<p>
-L'opinione dell'identità di Valdesi e Catari è stata,
-sostenuta da nemici ed amici. Il Gretser tra i cattolici
-ad esempio crede che tutte le eresie del Medio
-Evo si riducano ad una sola, e che i nomi differenti
-ricordati da Raniero Sacconi e Pier delle
-Vigne non accennino se non a varietà locali di
-una stessa eresia.<a class="tag" id="tag215" href="#note215">[215]</a> E così i Valdesi si chiamano
-catari non dal greco καθαρὸς come parrebbe a chi
-ricordasse il nome che si solevan dare gli antichi
-Novaziani, bensì dal tedesco <i>Kätzer</i>. Quale sia poi
-l'origine di <i>Kätzer</i> non è difficile dire. Forse da
-<i>kätzern</i> dividere, ma più probabilmente da <i>cato</i>. <i>Cur
-autem majores nostri Germani haeretici nomen a cato
-indiderint promptum erit intelligere ei, qui
-<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span>
-proprietates cati cum genio et indole haereticorum conferre
-volet.</i> È inutile discutere queste stranezze, non tollerabili
-neanche nel 1612 quando furono scritte;
-ma voglio notare solo la contraddizione in cui cadeva
-il Gretser. Secondo lui i Valdesi non rimontano
-prima del 1160 ed hanno per progenitore Pietro
-Valdo.<a class="tag" id="tag216" href="#note216">[216]</a> Dunque le eresie anteriori, che nel nome di
-catarine furon condannate nei concilii di Tolosa
-del 1056 e 1119, non possono essere valdesi.
-</p>
-
-<p>
-Il bisogno polemico di fare apparire i Valdesi
-nella luce più fosca, e di attribuire loro anche gli
-errori dualistici per meglio combatterli, fuorviò il
-Gretser. E l'opposto disegno condusse allo stesso
-errore gli scrittori protestanti, come il Basnage,
-l'Abbadie, il Monastier.<a class="tag" id="tag217" href="#note217">[217]</a> I quali tutti sostenevano
-anch'essi l'identità di Valdesi e Catari, ma credevano
-che le dottrine dualistiche, attribuite a questi
-ultimi, fossero una invenzione dei loro persecutori.
-Eppure la verità non era difficile ad appurare,
-perchè le testimonianze più antiche non
-lasciano dubbio che i contemporanei sapessero già
-ben distinguere la setta catara dalla valdese. Così
-il Sacconi dopo avere esaminato le dottrine dei Catari,
-e le varie sètte in cui si dividono, serba un
-capitolo a parte ai valdesi, di cui parla come di
-una eresia tutt'affatto diversa, e che a nessuno verrebbe
-<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span>
-in mente di confondere colle precedenti.<a class="tag" id="tag218" href="#note218">[218]</a> Parimenti
-Stefano di Borbone distingue chiaramente
-i poveri di Lione, che ebbero e nome e dottrina
-da un tal Valdense, dai Patarini o Bulgari, che ei
-fa risalire direttamente a Mani e chiama senz'altro
-Manichei.<a class="tag" id="tag219" href="#note219">[219]</a> Più esplicito è Guglielmo di Puy Laurent
-che nella sue cronaca dice: nelle provincie narbonese
-ed albigese erano alcuni ariani, altri manichei,
-altri infine valdesi o lugdunesi, i quali tutti
-sebbene dissenzienti tra loro cospiravano pur contro
-la Chiesa cattolica. I Valdesi eran quelli che
-più acutamente disputavano contro gli altri
-<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span>
-eretici.<a class="tag" id="tag220" href="#note220">[220]</a> Oltre a codesti autori bisogna citare Alano
-che consacra ai Valdesi il secondo libro della sua
-opera ed il Moneta che non ignora esserci Valdesi
-più vicini ai Cattolici dei Catari.
-</p>
-
-<p>
-Del resto ove pongansi a raffronto le dottrine
-dei Catari con quelle dei Valdesi si colgono a colpo
-d'occhio le differenze. E perchè la nostra dimostrazione
-sia più compiuta, scegliamo gli autori del
-tempo in cui i Valdesi avean già subito parecchi
-influssi dei catari. Togliamo ad esempio il Sacconi,
-che scrisse nel 1250. Secondo questo inquisitore,
-che conosceva di persona gli eretici, i Poveri di
-Lione si dividono in due rami, quelli d'oltremonti
-ed i lombardi. La dottrina dei primi si assomma
-in questi quattro punti: 1º ogni giuramento è vietato
-dall'Evangelo; 2º non lice alla potestà civile
-punire di morte i malfattori;<a class="tag" id="tag221" href="#note221">[221]</a> 3º qualsiasi laico può
-consacrare il corpo di nostro Signore; 4º la Chiesa
-Romana non è la Chiesa di Cristo. I poveri lombardi
-s'accordano nei due primi punti coi fratelli
-d'oltremonti, ma intorno agli altri due vanno anche
-<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span>
-più in là. Sostengono che chiunque vive in peccato
-mortale non possa consacrare il corpo di Cristo, e
-la Chiesa Romana raffigurano nella donna dell'Apocalisse,
-e ai suoi precetti non vogliono obbedire,
-talchè non credono peccato mangiare carne in quaresima
-e nelle vigilie. Questa esposizione ci mostra
-non pure differenza ma opposizione tra le due dottrine.
-Non solo nella dottrina valdese manca qualunque
-traccia del dualismo cataro, ma mentre i
-Catari vietano assolutamente il mangiar carne, i
-poveri di Lione lo permettono anche nella quaresima
-e nella vigilia; e laddove quelli a simiglianza
-dei cattolici hanno sacerdoti, o Perfetti, ai quali
-solo è lecito benedire la tavola spezzando il pane,
-e somministrare il <i>consolamentum</i>; questi al contrario
-dicono non esservi bisogno di un particolare intermediario
-tra l'Uomo e Dio, ed ogni figliolo potersi
-rivolgere direttamente al suo padre celeste.
-</p>
-
-<p>
-Col Sacconi s'accorda Pietro di Vauxcernay, il
-quale mettendo in raffronto i Valdesi cogli Albigesi
-dice che i primi sono meno perversi dei secondi,
-perchè in molti punti convengono coi cattolici.
-A quattro assommano i loro errori, portar
-sandali secondo il costume degli apostoli, credere
-<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span>
-che ognuno di loro se anche non ordinato possa
-consacrare il corpo di Cristo, vietare che si giuri,
-o che si uccida per qualsiasi ragione anche giusta.<a class="tag" id="tag222" href="#note222">[222]</a>
-Davide di Augsburgo, che nell'enumerare le principali
-dottrine dei valdesi si accorda colle altre testimonianze,
-aggiunge questa circostanza, che i Poveri
-di Lione si credevano così lontani dagli eretici,
-da domandare al papa Innocenzo III il riconoscimento
-del loro sodalizio, come quello che menava
-una vita conforme ai precetti dell'Evangelo.<a class="tag" id="tag223" href="#note223">[223]</a>
-</p>
-
-<p>
-È adunque fuor di dubbio che i Valdesi non si
-possono accomunare coi Catari, e per la concordia
-delle più antiche testimonianze e per l'evidente disformità
-delle dottrine. Ma queste differenze non
-ci debbono far dimenticare i punti di contatto.
-</p>
-
-<p>
-I Valdesi non meno dei Catari adducendo il testo
-evangelico: che dal frutto si conosca l'albero,<a class="tag" id="tag224" href="#note224">[224]</a> sostenevano
-<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span>
-concordemente la Chiesa cattolica non
-potersi dire la vera chiesa di Dio.<a class="tag" id="tag225" href="#note225">[225]</a> Inoltre i Valdesi
-al pari dei Catari condannavano qualunque possesso;
-ed i primi si chiamarono perciò Poveri di
-Lione<a class="tag" id="tag226" href="#note226">[226]</a> che a somiglianza di Valdo spogliaronsi dei
-loro beni, e reputavano indegni seguaci di Cristo
-quei sacerdoti, che accettavano pingui prebende
-e regalie.<a class="tag" id="tag227" href="#note227">[227]</a> Per lo stesso motivo doveano condannare
-il potere temporale dei Papi,<a class="tag" id="tag228" href="#note228">[228]</a> e Valdesi e
-<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span>
-Catari solean dire che da quel giorno in cui Silvestro
-accolse l'infausto dono di Costantino la santità
-primitiva venne meno e la Chiesa di Cristo si
-tramutò nella donna dell'Apocalisse.<a class="tag" id="tag229" href="#note229">[229]</a> Nè solo in
-queste massime pratiche sono d'accordo e Catari
-e Valdesi, ma in molti punti dottrinali di grave
-momento. Dimostrammo già a suo luogo che i
-Catari per nascondere il loro ascetismo orientale
-sotto sembianze razionalistiche, solevano accogliere
-le più disparate dottrine eterodosse. E ben per
-tempo i Valdesi li seguirono per questa via. Vogliamo
-tra tutte ricordare questa, che ci viene attestata
-da una delle fonti più antiche, dall'abate
-<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span>
-di Foncaldo. Dio, essi dicono, ripetendo le parole
-dei Catari, non può albergare in una casa, fatta
-colle mani dell'uomo; nè fa d'uopo andare in chiesa
-per adorarlo. Lo s'adora con maggior frutto nelle
-stalle, nelle camere, chè dappertutto il figliuolo può
-invocare l'aiuto del padre suo.<a class="tag" id="tag230" href="#note230">[230]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ed oltre a questa coincidenza è notevole l'altra
-del peso che davano all'autorità della Bibbia al di
-sopra di tutte le altre. I Catari nelle loro polemiche
-non si valevano tanto di prove dottrinali, tirate
-a fil di logica dai principii dualistici, ma più
-che altro della testimonianza del nuovo Testamento,
-il cui testo conoscevano profondamente. Parimenti
-i Valdesi possono dirsi, colla frase del Comba, popolo
-<i>unius libri</i>. E del loro capo racconta Stefano
-di Borbone, che non intendendo bene il latino, si
-fece tradurre la Bibbia in volgare, ed avuto il prezioso
-<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span>
-testo, lo studiava assiduamente e ne imprimeva
-a mente le massime.<a class="tag" id="tag231" href="#note231">[231]</a>
-</p>
-
-<p>
-Accanto dunque a notevoli differenze s'hanno
-pur da ammettere non poche analogie tra i Catari
-ed i Valdesi. Ed io non dubito che tra le opposte opinioni
-dei vecchi e dei nuovi espositori debba aprirsi
-la via una più moderata, che si tenga egualmente
-lontana dalle esagerazioni dell'una e dell'altra parte,
-ed ammettendo pure una diversa origine pei Catari
-e pei Valdesi riconosca l'azione efficace che gli
-uni esercitarono sugli altri. Sarebbe veramente
-strano che una agitazione così profonda, come
-quella dei Catari, non avesse prodotta una moltiplicità
-di sètte, come accadde più tardi al tempo
-della Riforma. Quando il sentimento religioso è sovreccitato,
-e la forza della tradizione è svigorita
-dall'urto delle nuove dottrine, è vano sperare l'unità
-di opinioni e nell'un campo e nell'altro. Dal contrasto
-tra quelli, che voglion distrugger tutto, e
-gli altri, che tutto intendon conservare, senza dubbio
-nasceranno non uno, ma parecchi partiti mediani
-che si avvicineranno qual più qual meno ad
-uno degli estremi. Così accadde che dal fondo dell'eresia
-catara emergessero tante eresie di cui avremo
-a parlare in seguito, e perfino gli Ebrei trassero
-partito da quell'arruffìo, gli Ebrei, che sono
-pure i meno atti al proselitismo religioso, e che
-<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span>
-in quel tempo, in cui si diffondeva una eresia più
-avversa della stessa Chiesa Cattolica al Mosaismo,
-parea poco prudente si rinzelassero. Ma videro i
-figli d'Israello propizia l'occasione, e dalla dottrina
-ariana, accettata dai Catari, della diversità di natura
-delle tre persone trassero la conseguenza che
-Cristo non valendo dappiù degli altri profeti del
-Vecchio Testamento, non avrebbe potuto distruggere
-la legge mosaica, la quale vige sempre in
-tutto il suo rigore; epperò chi vuol salvarsi ha da
-osservare il sabato e circoncidersi.<a class="tag" id="tag232" href="#note232">[232]</a> Se dunque l'agitazione
-religiosa era così intensa che persino gli
-ebrei speravano di trovar seguaci tra i cristiani,
-ed anch'essi al pari dei Catari si appellavano contro
-la Chiesa romana al Nuovo Testamento ed ai Profeti,<a class="tag" id="tag233" href="#note233">[233]</a>
-qual meraviglia che pullulassero altre sètte
-più o meno affini tra loro, ma tutte egualmente avverse
-alla Chiesa ufficiale?
-</p>
-
-<p>
-Contro queste argomentazioni si potrebbe addurre
-il fatto rilevato da tutti gli storici moderni,
-che i Valdesi nascono in Lione, dove l'eresia catara,
-<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span>
-per quanto si sappia, non è mai penetrata; nè io
-voglio dubitare del fatto, nè addurrò le solite ragioni
-contro le prove negative. Ammetto benissimo
-che l'impulso del moto valdese sia partito da Lione
-e per opera di un uomo, che certo non apparteneva
-alla setta catara. Ma questo moto dove si
-propaga, dove diventa più largo e minaccioso? Nei
-paesi dove fervea l'agitazione catara, e le discussioni
-religiose commoveano gli animi e le menti.
-Ivi l'eresia valdese si staccò definitivamente dalla
-Chiesa romana, e formò un corpo di dottrine in
-parte tolte dal catarismo, in parte a lui ostili. Ivi
-fece il maggior numero di seguaci, sottraendoli
-alla setta rivale, ed è ben certo che senza questi
-aiuti efficaci le idee del novatore lionese sarebbero
-state, come quelle di Claudio, seme senza frutto.
-Qual'è dunque la vera patria dell'eresia valdese? Il
-luogo dove nasce e donde ben presto fu scacciata
-o gli altri dove s'organizza, prende consistenza e
-perdura? Anche prima dei valdesi gli eretici Pietro
-di Bruys ed Enrico aveano fatto gran seguito nelle
-provincie di Arles e di Tours, già devote da gran
-tempo al catarismo. In seguito gli Enriciani stendendosi
-sino al Reno posero il loro quartiere generale
-in Colonia, ove sappiamo già da Evervino
-che pur s'adunava gran copia di Catari.<a class="tag" id="tag234" href="#note234">[234]</a> Lo stesso
-fatto accadde in Lombardia, ove l'eresia catara si
-<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span>
-era divisa e suddivisa in tante sètte, che al dir di
-Stefano di Borbone, parecchi vescovi rappresentanti
-ciascuno una frazione, riunitisi per trovar modo
-d'intendersi, riuscirono invece a scomunicarsi a vicenda.<a class="tag" id="tag235" href="#note235">[235]</a>
-In questo paese così travagliato dai dissensi
-religiosi ebbero ben presto molti seguaci i Valdesi,
-e fin da principio si divisero anche essi in sètte
-parecchie. Alcuni col nome di Poveri di Lione serbarono
-anche l'antica dottrina della povertà assoluta;
-gli altri, che si dissero Poveri Lombardi, pare
-che transigessero su questo punto dei possessi; altri
-negando il bisogno di speciale consacrazione, sostennero
-tutti gli uomini buoni potersi dire ministri
-del Signore, gli uomini, ben inteso, non le
-donne; altri scartarono come assurda questa ultima
-restrizione e così di seguito. Qual prova più convincente
-di questa che mostra come i Catari ed i
-Valdesi camminino di pari passo?<a class="tag" id="tag236" href="#note236">[236]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dell'azione che l'antica eresia catara esercitò
-sulla nascente valdese fanno sicura testimonianza
-alcune dottrine che non hanno nessun nesso coi
-dommi fondamentali dei Poveri di Lione. Noi già
-ne abbiamo ricordato uno, che in nessun caso nè
-per alcuna necessità sia lecito torre la vita al suo
-simile fosse anche per difendere la propria vita, o
-per la conservazione dello Stato o della Chiesa. Si
-comprende che in opposizione alla Chiesa, inspiratrice
-delle crociate contro gli eretici, questi dovessero
-mettere in rilievo l'orrore dell'omicidio. Ma
-la condanna illimitata della pena di morte è un
-retaggio cataro, perchè i nuovi manichei come gli
-antichi proibivano severamente l'uccisione di ogni
-vivente, tanto d'un pollo come d'un uomo.<a class="tag" id="tag237" href="#note237">[237]</a> Un'altra
-dottrina non propria di Valdesi è l'assoluto divieto
-di giurare, attestato concordemente da Stefano di
-Borbone, Alano, Pietro di Vaux Cernay e Rainero
-<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span>
-Sacconi.<a class="tag" id="tag238" href="#note238">[238]</a> Che questa proibizione così rigorosa, benchè
-possa giustificarsi con citazioni bibliche (S. Giacomo,
-Epist. v, 12; Mat. Ev. v, 34) non risponda
-allo spirito che informa l'eresia valdese, lo prova il
-fatto, che cadde nel protestantesimo. E se i Valdesi
-v'insistono tanto da farne il cardine delle loro dottrine,
-è dovuto senza dubbio alla tradizione catara.
-Chè i Catari, al pari dei gnostici antichi, aveano
-tanto in orrore il giuramento da metterlo a paro
-colla menzogna. Ed anche intorno alla menzogna
-i Valdesi ereditano dai Catari la massima che il
-nasconder la verità sia un peccato mortale non meno
-grave dell'omicidio; nè valgono circostanze o buone
-intenzioni a scemarne la portata.<a class="tag" id="tag239" href="#note239">[239]</a>
-</p>
-
-<p>
-Un'altra traccia si riferisce al matrimonio. Dicemmo
-già come e perchè i Catari condannino il
-matrimonio, nè pongano nessuna differenza tra
-l'unione legittima e il concubinato. I Valdesi rifiutando
-la metempsicosi non potevano avere gli
-scrupoli dei Catari, e non solo tenevano per sacramento
-il matrimonio, ma tornando ai tempi patriarcali
-avvisavano, secondo un'antica fonte, non
-essere peccato torre in moglie la sorella o la
-<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span>
-cugina.<a class="tag" id="tag240" href="#note240">[240]</a> Il che spiega come nel Protestantesimo si
-sia tolto l'obbligo del celibato pei sacerdoti. Ciò
-non pertanto è così stretto il legame tra Catari e
-Valdesi, che questi ultimi, se pur non condannano
-il matrimonio, lo tengono molto da meno del celibato.
-Nè vietano che quandochessia la moglie si
-separi dal marito per attendere ad una vita più
-austera; ma invece lodano questa che nel linguaggio
-cattolico si chiamerebbe infrazione di un vincolo
-sacro.<a class="tag" id="tag241" href="#note241">[241]</a> Secondo l'anonimo di Passau vanno più in
-là, e tengono addirittura per peccato mortale il
-coniugio, quando almeno non vi sia speranza di
-prole.<a class="tag" id="tag242" href="#note242">[242]</a> Si direbbe che mal tollerando il matrimonio,
-cercano tutte le vie per frapporgli ostacoli.
-Similmente s'erano adoperati gli Enriciani, che
-come vedremo sono i più prossimi precursori dei
-Valdesi; ed aveano anch'essi proibite se non le
-prime almeno le seconde nozze.<a class="tag" id="tag243" href="#note243">[243]</a> Tutte queste prescrizioni,
-<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span>
-che ripugnano allo spirito della Riforma,
-e che ben presto cadranno, non si possono spiegare
-se non ad un patto, che si ammetta un influsso cataro
-nella formazione della nuova eresia. Parmi
-adunque fuori di controversia, che sebbene l'eresia
-valdese si distingua profondamente dalla catara e
-indipendentemente da questa sia nata, pure crebbe
-e si diffuse per l'aiuto datole dai Catari, e per
-questo intreccio delle due eresie nell'una sono penetrate
-dottrine proprie dell'altra, e fu possibile
-che gli storici posteriori non le sapessero più distinguere.
-</p>
-
-<p>
-Resta ora da discutere l'altra quistione del tempo
-in cui nacque la Chiesa valdese.
-</p>
-
-<h4 id="cap2-1-II">II</h4>
-
-<p>
-Gli scrittori valdesi per fini apologetici negano
-di avere tolto il loro nome da Pietro Valdez, mercatante
-lionese, che cominciò a spargere le sue
-dottrine nel 1170, e credono che la loro Chiesa
-rimonti assai più indietro nel tempo. Anche gli antichi
-Valdesi si davano il vanto di essere gl'immediati
-<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span>
-successori degli apostoli.<a class="tag" id="tag244" href="#note244">[244]</a> Ma certo essi intendevano
-che durante il lungo tempo che corse
-tra Costantino e Pietro Valdez non mancarono
-santi uomini, mondi dalla generale corruzione,<a class="tag" id="tag245" href="#note245">[245]</a> non
-certo che il loro patriarca fosse contemporaneo di
-papa Silvestro.<a class="tag" id="tag246" href="#note246">[246]</a> Ed il prof. Comba opportunamente
-ricorda che i primi scrittori valdesi come il Perrin
-ed il Gillio accettano la comune ed antica tradizione
-dell'origine lionese.<a class="tag" id="tag247" href="#note247">[247]</a> Fu il primo Léger che
-prese a favoleggiare di una origine più remota,
-e dietro a lui seguirono altri scrittori fino al Muston,
-al Monastier, all'Hahn. Le ragioni più forti
-le traevano codesti scrittori dall'antica letteratura
-valdese, che facevano rimontare al 1100 o giù di lì.
-Ma il Dieckhoff prima<a class="tag" id="tag248" href="#note248">[248]</a> e poi l'Herzog dimostrarono
-evidentemente, che le opere, credute antiche
-erano invece posteriori ai taboriti. Più tardi trovati
-i celebri manoscritti di Cambridge, che si credevano
-dispersi, fu constatato che anche la Nobla Leyczon,
-creduta antichissima dal Raynouard, è posteriore
-<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span>
-al 1400, perchè nel famoso verso: <i>Ben ha mil et
-cent ancz</i> si deve aggiungere un piccolo quattro,
-visibilmente raschiato in un codice, ed altrove
-scritto a tutte lettere.<a class="tag" id="tag249" href="#note249">[249]</a> Così fu tolto ogni valore
-alle fonti valdesi, e benchè l'Herzog seguitasse a
-farne gran conto, pure è fuori di dubbio che senza
-le fonti cattoliche sarebbe ben difficile sceverare
-negli scritti valdesi la parte antica della dottrina
-dalle moderne aggiunte.<a class="tag" id="tag250" href="#note250">[250]</a>
-</p>
-
-<p>
-In questa sentenza convengono ormai tutti gli
-scrittori più autorevoli. Solo il Muston non si dà
-per vinto, e con nuovi argomenti rincalza l'antica
-sua tesi, che i Vaudois delle valli piemontesi e pel
-dialetto che parlano e pei libri che scrissero si chiariscono
-molto più antichi di Pietro Valdo, ed indigeni
-dei luoghi, ove da tanti secoli abitano.<a class="tag" id="tag251" href="#note251">[251]</a> Ma
-la teoria del Muston, che il dialetto valdese sia
-d'origine schiettamente italiana, e non provenzale
-contraddice ai risultati più certi della filologia neolatina,
-come ha dimostrato un'autorità ben competente,
-il prof. Förster di Bonn.<a class="tag" id="tag252" href="#note252">[252]</a> E la quistione
-<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span>
-dell'antichità dei Valdesi si può dire ormai con
-certezza risoluta nel senso delle fonti cattoliche.
-</p>
-
-<p>
-Ma se è vana la pretensione dei Valdesi di far
-rimontare la loro setta sino ai tempi di papa Silvestro,
-non è punto falso per lo contrario, che nei
-secoli passati si scoprano qua e là segni precursori
-delle nuove eresie. La continuità della Chiesa valdese
-dai tempi apostolici sino a noi è una favola;
-la lenta preparazione delle sue dottrine nei secoli
-anteriori è un fatto storico. Così non a torto i Valdesi
-adducono tra i loro predecessori Claudio, cappellano
-di Ludovico il Pio, e vescovo di Torino
-dall'822 all'839.<a class="tag" id="tag253" href="#note253">[253]</a> Certo le sue opinioni iconoclastiche
-non lo metton fuori dalla Chiesa cattolica,
-chè le decisioni del concilio Niceno del 787, non
-che accolte negli Stati occidentali, furono invece
-respinte nel concilio di Francoforte del 794; e lo
-stesso Carlo Magno e molti prelati non dissimulavano
-la loro avversione al culto delle immagini. Ma
-è strano che Claudio proscriva perfino l'adorazione
-della Croce, rappresentante agli occhi suoi, come a
-quelli dei Catari, non un pio ricordo della passione
-di Gesù, ma uno strumento d'ignominia.<a class="tag" id="tag254" href="#note254">[254]</a> Questo difetto
-di ogni senso pel simbolismo religioso non è
-però il tratto che più raccosta il vescovo di Torino
-ai moderni valdesi; perchè più della stessa condanna
-del culto delle imagini, le ragioni che adduce per
-sostenerla arieggiano al fare protestante. Lui move
-<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span>
-la tema che il volgo, confondendo il simbolo col
-simboleggiato, insieme li adori ricascando nell'antico
-paganesimo. A questo timore s'aggiunge il
-convincimento, che si debba inchinare solo al Creatore
-non alla creatura per grande che sia, e a Dio
-solo rivolgerci senza l'inutile scorta d'intermediarii;
-onde insieme al culto delle imagini proscrive anche
-l'invocazione dei Santi e le litanie. Non col metterci
-nel seguito dei Beati noi partecipiamo alla
-loro beatitudine, ma coll'attingere alla stessa fonte
-di giustizia e di carità assoluta, a cui attinsero
-quelli. Siffatta condanna di usi e riti tradizionali
-vien giustificata dalla profonda differenza che corre
-tra l'essenza della religione e le sue manifestazioni
-storiche; che per quanto pura ed elevata è la prima,
-altrettanto imperfette e facili a corrompere son le
-seconde. E l'essenza intima della religione non è
-aperta a tutti, bensì a pochi ingegni privilegiati,
-come quello di Agostino, cui il nostro Claudio, al
-pari dei Protestanti, mette al di sopra degli altri
-padri della Chiesa. È per questo appunto che la
-spiritualità della religione ideale si offusca nel corso
-della storia, è necessario che di tempo in tempo
-nascano coraggiosi prelati, i quali combattano senza
-tregua gli errori, e faccian rifiorire la purità primitiva.
-In questi pensieri è racchiusa in germe non
-solo la riforma della dottrina cattolica, ma benanco
-un'ulteriore trasformazione razionalistica.<a class="tag" id="tag255" href="#note255">[255]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span>
-</p>
-
-<p>
-Al pari di Claudio vescovo di Torino, è iconoclasta
-Agobardo arcivescovo di Lione,<a class="tag" id="tag256" href="#note256">[256]</a> autore di un
-libro <i>contra eorum superstitionem, qui imaginibus et
-picturis sanctorum adorationis obsequium deferendum
-putant</i>. Ma l'opera di Agobardo giovò più alla causa
-del razionalismo che a quella della riforma, e la
-maggior parte degli scritti di Agobardo sono indirizzati
-contro le superstizioni popolari. Nel libro
-<i>de grandine et tonitruis</i>, combatte l'ignoranza del
-volgo, il quale crede che con preghiere ed esorcismi
-si possa torcere il corso della natura. Il che
-importerebbe non pure che Dio possa mutare i suoi
-consigli, ma che nel governo del mondo abbiano
-parte quelli, mediante i quali accadono questi mutamenti.
-Contro il duello giudiziario scrive un prezioso
-trattato, <i>Liber adversus legem Gundobaldi</i>, in
-cui mette a nudo l'assurdo di chieder la divinità
-di opere, che spetta a noi compiere, come la ricerca
-della verità. Chi ci assicura che la Divinità si presti
-al piacer nostro, e che la vittoria non sia dell'innocente,
-ma del più abile? La virtù lungi dal trionfare,
-anzi il più delle volte suole essere oppressa;
-<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span>
-talchè al cristiano s'insegna di nulla sperare e nulla
-temere da questo mondo. Questi trattati si rivolgono
-contro pregiudizii e superstizioni popolari;
-nè certo in essi, ma in quelli schiettamente teologici
-troveremo qualche accenno alle idee che più
-tardi saranno sostenute dai Valdesi. Così nel libro
-contro Fredegiso sostiene non doversi la Bibbia
-intendere sempre alla lettera, chè il contenuto è
-certo divino, ma la forma, vale a dire imagini e
-parole, sono umane, e adatte alla condizione dei
-tempi. Tutto ciò che è umano non può pretendere
-mai all'infallibilità, e la principale virtù dell'uomo
-è l'umiltà, nella quale si riconosce la propria fragilità.
-Dal che l'avversario Fredegiso nell'interesse
-polemico dedusse che Gesù, praticando l'umiltà, si
-riconosceva capace di peccare. Conseguenza giusta,
-a cui Agobardo s'argomenta di sfuggire adducendo
-esser l'umanità di Cristo di una natura sua propria,
-e non assimilabile a quella degli altri uomini. La
-qual risposta avrebbe porto argomento a discutere
-del rapporto delle due nature in Cristo; ma la polemica
-non ebbe seguito. Come anche non ebbe seguito
-l'altra discussione sull'eternità della Redenzione.
-Agobardo volendo conciliare insieme i due
-punti, che non si è salvi se non per opera di Cristo,
-e che la salute abbia potuto aver luogo in tutti i
-tempi, ammetteva la preesistenza del Salvatore all'Incarnazione.
-Il che veniva negato da Fridegiso
-sull'autorità di Agostino.<a class="tag" id="tag257" href="#note257">[257]</a> Ma nè questa quistione
-<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span>
-nè la precedente si connettono colle polemiche riformistiche;
-onde non a torto il Monastier tien più
-conto di Claudio che di Agobardo, e questo ultimo
-solo in un senso molto largo si potrebbe annoverare
-tra i predecessori dei Valdesi.
-</p>
-
-<p>
-Nè si può contare a stretto rigore neanche Berengario
-(999-1088), sebbene nella polemica che
-questo coraggioso prete sostenne contro Lanfranco
-sono ben messi in rilievo due punti di molto interesse
-nel Protestantesimo; il carattere simbolico
-dell'Eucaristia, e la preferenza data alla Bibbia
-(purchè la s'interpetri nel suo spirito) in confronto
-della tradizione religiosa. Ma più ci avviciniamo al
-secolo <span class="smcap lowercase">XII</span>, ed in maggior numero scopriamo precursori
-della dottrina valdese. Verso l'anno 1110 un
-laico di Amsterdam, di nome Tanchelino, insurse
-contro il clero corrotto. Par che cominciasse dal
-combattere la dottrina agostiniana, che i doni di
-Dio arrivano sempre a chi li riceve con fede, anche
-se il messo che li porta sia indegno come Giuda.<a class="tag" id="tag258" href="#note258">[258]</a>
-Egli invece predicava non giovare il sacramento se
-non in ragione della santità di chi l'amministra.<a class="tag" id="tag259" href="#note259">[259]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span>
-Dottrina, che s'era già fatta strada tra i Patarini,
-e per averla prima di Tanchelino predicata un tale
-di Cambray fu arso vivo, esecuzione iniqua contro
-la quale protestò Gregorio VII, chiedendone stretto
-conto al clero cameracense.<a class="tag" id="tag260" href="#note260">[260]</a> Ma pare che non s'arrestasse
-a questo punto l'eresiarca di Amsterdam.
-Se i Sacramenti non valgono di per sè, ma solo
-in quanto mettono in comunione le anime pie e
-devote, non sono dappiù di un simbolo; nè hanno
-alcuna virtù sovrannaturale, e ogni uomo pio può
-somministrarli.<a class="tag" id="tag261" href="#note261">[261]</a> Non c'è dunque ragione di prestare
-un ossequio superstizioso ai sacerdoti e vescovi.
-Ogni fedele, di anima pura, è sacerdote, massime
-se è sotto l'ispirazione diretta del Santo Spirito.
-E tale è Tanchelino, che predicando la schietta
-verità, non è solo al di sopra dei sacerdoti e vescovi,
-ma può aspirare a ben più alti onori. Nè la
-madre stessa di Gesù, la Vergine Maria, gli rifiuta
-la sua mano. Anzi queste mistiche nozze, a quel
-<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span>
-che dice un cronista, furono celebrate con pompe
-e donativi. Tanto potere s'era acquistato sulle turbe
-il nuovo Profeta, che vestito di gemme, e legati i
-capelli da triplice nastro, procedeva alla testa di
-tremila persone che lo veneravano più che santo,
-fino al punto da bere l'acqua del suo bagno.<a class="tag" id="tag262" href="#note262">[262]</a> Non
-ostante questo favore popolare, Tanchelino fu ucciso
-da un prete nel 1125 secondo alcuni, nel 1115
-secondo altri.<a class="tag" id="tag263" href="#note263">[263]</a>
-</p>
-
-<p>
-Contemporaneamente a questo movimento nelle
-Fiandre ne scoppia un altro nel mezzogiorno della
-Francia, e dalla provincia arelatense si estende e
-si dilarga <i>more pestis validae</i>, dice l'abate di Cluny.
-Il capo di questa eresia è Pietro di Bruys, il quale
-nega il battesimo dei bambini, la necessità di consacrare
-fabbricati appositi al culto, l'adorazione
-della croce, l'eucaristia, infine le messe, orazioni
-ed elemosine in suffragio dei defunti.<a class="tag" id="tag264" href="#note264">[264]</a> Dottrine che
-<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span>
-abbiamo già viste mescolate a tante altre nel Catarismo,
-e che fra non molto saranno accolte nella
-loro integrità dai Valdesi. Il numero dei seguaci
-s'ingrossava rapidamente, ed uno dei discepoli, il
-monaco Enrico, ebbe tal seguito che gli eretici di
-quel tempo vanno più col nome di Enriciani, che
-non Petrobrusiani.<a class="tag" id="tag265" href="#note265">[265]</a>
-</p>
-
-<p>
-Enrico cominciò in Tours le sue predicazioni
-contro il fasto e la dissolutezza del clero. E l'argomento
-non era fuor di proposito, chè non ostante
-i rigori dei Pontefici, i preti perduravano nelle antiche
-consuetudini, e più d'un secolo dopo le riforme
-gregoriane il concilio lateranense del 1177 fu costretto
-ad inserire un canone contro i sacerdoti
-concubinarii.<a class="tag" id="tag266" href="#note266">[266]</a> Il terreno era dunque bene scelto, e
-la vittoria certa. Adoperava le stesse armi dei Patarini
-e di Tanchelino, e, nuovo Arialdo, sapeva
-accendere l'animo del popolo così, che il vescovo
-Ildeberto ebbe a durar fatica se volle salvare dall'ira
-della turba i sacerdoti e i lor figli.<a class="tag" id="tag267" href="#note267">[267]</a> Espulso
-<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span>
-dalla diocesi di Tours, continuò la sua propaganda
-nel Poitou, e di là sino a Tolosa. E l'eresia faceva
-così rapidi progressi, che Eugenio III<a class="tag" id="tag268" href="#note268">[268]</a> fu costretto
-a mandare per suo legato nel Tolosano il cardinale
-Alberico, che scelse a suo compagno S. Bernardo.
-Di questo ultimo abbiamo ancora due lettere, in
-cui il pericoloso monaco è ritratto coi più neri colori;
-lo si rimprovera d'incontinenza, ingordigia e
-venalità;<a class="tag" id="tag269" href="#note269">[269]</a> gli si appone a colpa sinanco il peregrinare
-di città in città secondo il costume apostolico.<a class="tag" id="tag270" href="#note270">[270]</a>
-Ma queste accuse mal nascondono le ansie del santo
-abate, il quale ben conosce il valore dell'avversario
-suo, nè si dissimula il successo da lui riportato.
-Vuote son le chiese, ei dice, il popolo senza
-sacerdoti, i sacerdoti senza autorità, i Cristiani senza
-<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span>
-Cristo.<a class="tag" id="tag271" href="#note271">[271]</a> Il che mal s'accorda col ritratto che ei fa
-di Enrico, essendo ben difficile che un uomo sì
-corrotto operi tali miracoli, ed un freddo ed astuto
-calcolatore valga a infondere altrui il fuoco sacro.
-</p>
-
-<p>
-La verità non s'ha da cercare nelle studiate
-accuse dei polemisti, ma nelle ingenue parole della
-vecchia cronaca, il cui autore pur non credendoci,
-ci parla della fama di santità e di scienza che accompagnava
-il novatore.<a class="tag" id="tag272" href="#note272">[272]</a> E per testimonianza degli
-stessi cattolici gli eretici o manichei o petrobusiani
-o che altro fossero, appunto per questo ottenevano
-presto il favor popolare, che di contro alla mollezza
-della maggior parte del clero menavano una vita
-austera e faticosa.<a class="tag" id="tag273" href="#note273">[273]</a> Pellegrinavano di paese in paese,
-sempre stranieri dovunque, non possedendo in alcun
-luogo o un tetto o un campo per sè, solleciti soltanto
-della salvezza delle loro anime, non altro tesoro
-portando seco, fuor dell'invitta fede che li
-animava.<a class="tag" id="tag274" href="#note274">[274]</a> In olocausto alla quale essi sacrificavano
-<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span>
-la lor vita, gittandosi lieti e volenterosi nelle fiamme.
-Costanza eroica, degna dei primi martiri del Cristianesimo,
-e non ultima causa del rapido dilatarsi
-delle dottrine eterodosse!<a class="tag" id="tag275" href="#note275">[275]</a>
-</p>
-
-<p>
-Gli è vero, che Evervino parla qui dei Catari,
-ma egli stesso ci narra di altri eretici, i quali pur
-non accettando i principii dualistici, evacuant sacerdotium
-Ecclesiae et dannant sacramenta praeter
-baptismum solum et hunc in adultis.... in suffragiis
-sanctorum non confidunt .... orationes vel oblationes
-pro defunctis annihilant.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il qual passo della lettera di Evervino ci mostra
-come in breve tempo le dottrine di Enrico e di
-Pietro dalle rive della Garonna sieno arrivate sino
-al Reno, ove questi antichi protestanti non pur si
-distinguevano dai Catari, ma entravano bene spesso
-con essi in polemiche ardenti.<a class="tag" id="tag276" href="#note276">[276]</a> Questo ebbe luogo
-negli ultimi anni di Eugenio III, e prima ancora
-che fosse assunto al trono imperiale Federigo Barbarossa.
-Dal che si comprenderà come tal movimento
-si dilatasse e divenisse più minaccioso negli
-anni successivi, in cui i papi Adriano IV ed Alessandro
-III ebbero a sostenere contro Federigo I
-una lotta non meno aspra e difficile di quella che
-pressochè un secolo prima s'impegnò tra Gregorio
-VII ed Enrico IV. Ed in quegli anni appunto in
-cui il mondo cattolico era diviso tra Alessandro III
-e i tre antipapi, che successivamente gli furono
-opposti, s'udì in Lione la voce di Pietro Valdez,<a class="tag" id="tag277" href="#note277">[277]</a>
-che venduto tutto il suo, e distribuitone il prezzo
-ai poveri, si mise alla testa di una setta che da
-lui prese il nome di Valdesi, e dal luogo onde
-mosse, e dalla vita mendica che menava si disse
-anche dei <i>Poveri di Lione</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap2-1-III">III</h4>
-
-<p>
-Le fonti non sono d'accordo sull'occasione che
-provocò la risoluzione del Valdez. L'anonimo di
-Passau l'attribuisce alla morte improvvisa di un
-signore di Lione convenuto col Valdez ed altri amici
-ad un'adunanza;<a class="tag" id="tag278" href="#note278">[278]</a> il cronista laudunense invece fa
-cenno di un racconto della vita di S. Alessio, che
-avrebbe siffattamente tocco il nostro Pietro da recarsi
-sull'istante presso un maestro di teologia per
-chiedergli della vera via di salute. Ed il mercatante
-lionese, arricchito sinoggi ai danni altrui,
-ottiene in risposta che la via della salute sta nel
-disfarsi di tutto, e seguir Cristo, essendo molto più
-facile che un cammello entri nella cruna di un ago,
-anzi che un ricco in paradiso.<a class="tag" id="tag279" href="#note279">[279]</a> Forse il primo racconto
-sarebbe più verisimile, e anche di Budda dicesi
-che lo spettacolo delle miserie umane gli abbia
-acceso nell'animo il fervore religioso. Ma comunque
-sia, l'apparizione del Valdez, non è un fatto isolato,
-<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span>
-nè difficile a spiegare. Già prima di lui altri novatori
-avean predicate le stesse dottrine. E tutte le
-anime religiose sentivan bene che a lungo andare
-la Chiesa cattolica sarebbe stata logorata da quei
-mali, che un Pier Damiani ed un Bernardo confessavano
-apertamente. Nè la Chiesa dei Catari, sebbene
-più austera della sua rivale, potea farne le
-veci, che per le stranezze dei dommi mal s'accomodava
-al genio occidentale. Non restava dunque se
-non una riforma del Cattolicismo molto più profonda
-e radicale di quella cominciata da Gregorio VII.
-E giacchè il clero non ostante le vittorie patariniche
-continuava negli antichi errori, se salute era
-possibile, del laicato solo si aveva a sperare.
-</p>
-
-<p>
-In queste condizioni sorge Pietro Valdez, ed il
-primo atto del suo apostolato è di spogliarsi delle
-male accumulate ricchezze.<a class="tag" id="tag280" href="#note280">[280]</a> E lasciata alla moglie,
-secondo la cronaca laudunense, tutta la sostanza
-immobiliare, dotate convenientemente le figlie che
-chiude in un convento, il resto dei suoi averi distribuisce
-tra i poveri. Lo stesso cronista ci racconta
-che infierendo in quel tempo la carestia per la
-Francia e la Germania, il Valdez soleva distribuire
-pane e carni a chiunque gli capitasse. Così la fama
-della sua carità si spargeva di città in città; tutti
-i bisognosi facevan capo a lui, e per soccorrerli ei
-spendeva l'ultimo denaro. Ben si maravigliavano
-gli amici, e lo tenevano per pazzo, ma egli seguendo
-<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span>
-la sua via, nel dar fondo a tutto il suo, stimavasi
-affrancato da una grande servitù.<a class="tag" id="tag281" href="#note281">[281]</a> Per tal guisa il
-mercatante di Lione cresciuto tra gli agi e le mollezze
-si compiacea di tornar povero, ed accattava
-anche lui battendo alle porte dei compagni antichi.<a class="tag" id="tag282" href="#note282">[282]</a>
-Quanta differenza dai prelati della Chiesa, che non
-istanchi di accumulare ricchezze, misuravano la dignità
-del loro ufficio dallo splendore delle vesti e
-dal lusso degli equipaggi!
-</p>
-
-<p>
-Il primo punto dunque dell'insegnamento di
-Valdez è la povertà volontaria, principale mezzo di
-salute. I Patarini ed i Catari sull'autorità degli
-stessi testi evangelici avean sostenute le medesime
-dottrine, facendone un'arma potente contro la simonia
-del clero.<a class="tag" id="tag283" href="#note283">[283]</a> Ma mentre i Catari obbligano
-<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span>
-anche i perfetti a vivere del lavoro delle proprie
-mani, e vietano severamente l'accattonaggio, il
-Valdez lo predica, e lo inculca col suo esempio
-come severa prova di umiltà. Per questa ragione
-i seguaci dell'apostolo lionese accanto alla denominazione
-di Poveri di Lione si gloriano di portare
-quella di Umiliati.<a class="tag" id="tag284" href="#note284">[284]</a> Più tardi questa dottrina della
-<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span>
-povertà assoluta, e del gran merito dell'accattare
-verrà ripresa e sostenuta calorosamente dai Francescani.
-</p>
-
-<p>
-Questa dottrina della povertà se potea suonare
-come protesta contro il fasto e le mollezze dell'alta
-prelatura, non era certamente anticattolica,
-nè abbiamo motivo a negar fede all'anonimo laudunense
-che racconta essere stato il Valdez grandemente
-lodato da papa Alessandro III pel voto
-fatto di volontaria povertà.<a class="tag" id="tag285" href="#note285">[285]</a> Ma sovra un altro
-punto lo stesso Papa non poteva transigere, nè
-egli nè il suo successore vi si piegarono, voglio
-dire sulla predicazione. Il Valdez conosciuta la vera
-via della salute, non fuggì in un lontano romitaggio
-per consacrarsi alla preghiera ed alla penitenza
-secondo il costume degli antichi cenobiti; ma bene
-invece sentì il profondo bisogno d'insegnare agli
-altri quello che a lui venne fatto di scoprire. Il Valdez
-avea l'istinto del riformatore religioso, e ben
-sapeva trasfondere altrui l'intimo suo convincimento.
-<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span>
-Nè solo lui, ma tutti i discepoli, a simiglianza
-degli apostoli, andavano pellegrinando per la terra a
-spargere la nova parola; nè ha torto il Dieckhoff
-di chiamare il sodalizio fondato dal Valdez col
-nome di liberi predicanti. E come ad imitazione
-dei poveri di Lione sorsero i poveri d'Assisi o frati
-minori, così ad imitazione dei predicatori valdesi
-nacquero i frati predicatori. In queste faticose pellegrinazioni
-i Valdesi non solo sulla povertà predicavano,
-ma su tutto l'indirizzo morale e religioso,
-spiegando i libri sacri,<a class="tag" id="tag286" href="#note286">[286]</a> che Valdo avea a sue spese
-fatto volgere in provenzale da due ecclesiastici, un
-Bernardo Idro che scrivea ed uno Stefano di Ansa
-che dettava la traduzione.<a class="tag" id="tag287" href="#note287">[287]</a> Essi non furono i primi
-a volgarizzare la Bibbia, avendoli preceduti i Catari
-che dei testi tradotti faceano largo uso nelle
-loro polemiche contro la Chiesa cattolica. Certo
-nessun'altra setta ebbe in tanta venerazione i sacri
-testi, la cui autorità più tardi sarà messa al di
-sopra della tradizione; e se lo studio della Bibbia
-non è il tratto più novo e più caratteristico della
-<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span>
-nuova setta, certo non è meno importante degli
-altri già descritti. Ed io sarei per credere che la
-povertà, la libera predicazione ed il culto della
-Bibbia non si possono scindere l'uno dall'altro da
-chi voglia riprodurre tutta intera la fisonomia della
-nuova setta.
-</p>
-
-<p>
-Le autorità ecclesiastiche mal tolleravano che
-dei laici idioti od illetterati non solo usurpassero
-l'ufficio della predicazione, ma s'adoperassero a
-spiegare i libri santi, i quali vanno interpetrati e
-commentati con molta cautela. Talchè lo stesso
-Alessandro, che avea lodato il voto di povertà fatto
-dal Valdez, interrogato forse il concilio raccolto
-nel Laterano nel 1179, vietò a lui ed ai suoi compagni
-di predicare senza il permesso dell'autorità
-ecclesiastica locale.<a class="tag" id="tag288" href="#note288">[288]</a> Già questa, ben conscia dei pericoli
-<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span>
-di una predicazione laica, lungi dall'incoraggiarla,
-l'avea repressa, e Stefano di Borbone ricorda
-che Giovanni, vescovo di Lione, chiamati a sè i
-Valdesi, proibì loro di occuparsi della Bibbia e di
-commentarla e divulgarla per le vie.<a class="tag" id="tag289" href="#note289">[289]</a>
-</p>
-
-<p>
-Non per questo smesse l'ardito novatore, e dicesi
-che alle ingiunzioni del vescovo rispondesse
-come l'apostolo al principe dei sacerdoti, doversi obbedire
-più a Dio che agli uomini.<a class="tag" id="tag290" href="#note290">[290]</a> Ma il principe
-dei sacerdoti, Lucio III, scomunicò lui e i suoi
-seguaci,<a class="tag" id="tag291" href="#note291">[291]</a> e da quel giorno cominciarono le ardue
-prove per la novella società. Espulsi da Lione, andarono
-raminghi per diverse contrade, non cessando
-dal loro apostolato, e pare che convinti della propria
-ortodossia contro il decreto di Lucio, s'appellassero
-<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span>
-ad Innocenzo III, dal quale invocavano eziandio
-l'approvazione del loro sodalizio.<a class="tag" id="tag292" href="#note292">[292]</a>
-</p>
-
-<p>
-Innocenzo al certo poneva differenza tra Catari
-e Valdesi, e questi come meno eterodossi trattava
-con maggiore indulgenza. Prova ne sia quel Durando
-de Osca, capo di una frazione detta degl'Inzabattati,
-il quale appellatosi a lui dalla scomunica
-dell'arcivescovo terraconese, non solo fu riammesso
-nel seno della Chiesa, ma dopo esplicita dichiarazione
-di fedeltà alla Santa Sede ebbe licenza di
-conservare il suo istituto.<a class="tag" id="tag293" href="#note293">[293]</a> Non trovarono però
-eguale accoglienza gli altri leonisti, che non vollero
-abbandonare le dottrine della predicazione laica, e
-della libera interpetrazione della Bibbia. Contro
-costoro Innocenzo tenne duro, e in luogo di essi
-<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span>
-approvò un altro sodalizio, che pur facendo voti
-di povertà come i Valdesi, ne respingeva le pericolose
-dottrine. Questi nuovi zelanti, che col tempo
-dal loro capo prenderanno il nome di francescani,
-dicevansi allora poveri minori, e più tardi per non
-andar confusi cogli emuli di Lione si dissero frati
-minori.<a class="tag" id="tag294" href="#note294">[294]</a> E nel concilio lateranense del 1215 i Valdesi
-furono scomunicati non meno dei Catari e dei Passagini,
-e condannati al pari di loro al ferro ed al
-fuoco.
-</p>
-
-<p>
-Le persecuzioni si fecero allora più feroci, e la
-società valdese si disperse in opposte e remote contrade.
-Dove sia andato il Valdez non si sa, e il
-luogo e il tempo della sua morte s'ignora. Certo
-la sua memoria crebbe venerata tra i suoi seguaci,
-che lo ebbero per santo così da rimproverare i
-Poveri Lombardi che non credessero all'impeccabilità
-di lui, come di nessun altro uomo al mondo.
-</p>
-
-<h4 id="cap2-1-IV">IV</h4>
-
-<p>
-Dalla condanna del concilio lateranense, o forse
-anche più in su dal giorno in cui Innocenzo respinse
-le proteste dei Valdesi, cominciò per loro
-un nuovo periodo, che diremo delle lotte, per distinguerlo
-dal periodo precedente o delle origini.
-<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span>
-La differenza tra questi due periodi fu già rilevata
-dal Dieckhoff, che seppe ben classificare le fonti
-secondo un criterio cronologico.<a class="tag" id="tag295" href="#note295">[295]</a> Nè so capire il
-perchè gli scrittori di cose valdesi siensi allontanati
-dalla via così luminosamente tracciata dal
-loro predecessore. Si può ben dire che il Dieckhoff
-abbia errato in qualche punto secondario, come ad
-esempio che faccia l'Alano più antico di quel che
-sia; ma non si può negare che in Alano e nel Foncaldo
-la dottrina valdese poco s'allontani dal cattolicismo,
-e che se ne stacchi molto di più nel
-Borbone, nel Moneta, nel Sacconi, e rompa di tutto
-punto in Davide d'Ausburgo. Questa disparità delle
-fonti è dovuta al tempo in cui apparvero, ed al
-successivo sviluppo della dottrina valdese.<a class="tag" id="tag296" href="#note296">[296]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dal principio, come dicemmo, i Valdesi si tenevano
-per buoni cattolici,<a class="tag" id="tag297" href="#note297">[297]</a> nè sapeano intendere il
-perchè un laico non avesse da leggere ed interpetrare
-<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span>
-la Bibbia, e gli fosse conteso di spandere
-presso i popoli la parola del Signore.<a class="tag" id="tag298" href="#note298">[298]</a> Non erano
-forse laici gli apostoli, che andavano di contrada in
-contrada predicando la buona novella? E non leggiamo
-nell'antico Testamento che Mosè lungi dal
-portare invidia ai profeti, desiderava invece che tutti
-profetassero?<a class="tag" id="tag299" href="#note299">[299]</a> Del resto neanco nei nuovi tempi
-mancarono laici, che predicassero con successo la
-parola del Signore, e dalla Chiesa non che impediti
-venner levati sugli altari, come ad esempio il beato
-Onorato e santo Equizio.<a class="tag" id="tag300" href="#note300">[300]</a> I Valdesi non capivano
-che in una Chiesa costituita gerarchicamente non
-possano commettersi a chiunque uffici così delicati
-come l'interpetrazione dei sacri testi e la predicazione.
-Ed attribuivano perciò il divieto all'invidia
-o alla gelosia del clero, che non volendo abbracciare
-la povertà voluta dal Cristo, mal tollerava che altri
-e colla voce e coll'esempio la predicasse.<a class="tag" id="tag301" href="#note301">[301]</a> D'una
-<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span>
-ingiunzione, dettata da motivi siffatti, era dunque
-lecito e doveroso non tener conto, perchè secondo
-Pietro non agli uomini ma a Dio bisogna obbedire.<a class="tag" id="tag302" href="#note302">[302]</a>
-</p>
-
-<p>
-La disobbedienza agli ordini emanati dal Papa
-e dal concilio fu il primo atto di aperta opposizione
-dei Valdesi,<a class="tag" id="tag303" href="#note303">[303]</a> che provocò polemiche astiose, e novelle
-scissure. I cattolici sull'autorità del concilio
-lateranense sostenevano che l'ufficio di predicazione
-spettasse ai soli sacerdoti, e non a tutti, bensì a
-quelli prescelti dai vescovi.<a class="tag" id="tag304" href="#note304">[304]</a> I Valdesi protestavano
-contro queste restrizioni, e stimavano lecito a chiunque
-sapesse la parola del Signore il predicarla,
-<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span>
-senza distinzione nè di sesso nè di età nè di condizione.<a class="tag" id="tag305" href="#note305">[305]</a>
-E che anche le donne possano esercitare
-l'apostolato lo provavano coll'autorità della lettera
-a Tito, e coll'esempio di una profetessa.<a class="tag" id="tag306" href="#note306">[306]</a> Coteste
-dottrine erano diametralmente opposte, l'una ripeteva
-il diritto della predicazione dalla scelta del
-vescovo, l'altra dall'ardore e dalla scienza dell'insegnante.
-E trapassando dall'insegnamento a tutti
-gli altri uffici religiosi, l'una dottrina non teneva
-conto se non dell'ordinazione, l'altra del merito.<a class="tag" id="tag307" href="#note307">[307]</a>
-Dal che seguiva questa conseguenza notevole,
-tirata dagli Arnaldisti prima dei Valdesi, che solo
-ai sacerdoti o ministri buoni bisogna obbedire, vale
-a dire a quelli che nella loro vita e nei costumi
-loro si mostrano degni seguaci degli apostoli.<a class="tag" id="tag308" href="#note308">[308]</a> Imperocchè
-<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span>
-se il merito solo e non l'ordinazione è la
-fonte della dignità sacerdotale, quelli che nelle opere
-loro si mostrano impari all'alto ministero, hanno
-perduto non ostante l'ordinazione ogni autorità.<a class="tag" id="tag309" href="#note309">[309]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dottrina siffatta è non solo contraria alla cattolica,
-che non riconosce altro giudice del sacerdote
-all'infuori del superiore gerarchico; ma benanco
-alla protestante, che attribuisce minor merito alle
-opere che non alla fede.<a class="tag" id="tag310" href="#note310">[310]</a> Con tutto questo e gli
-Arnaldisti, ed i Valdesi la professavano, come ci
-viene concordemente attestato da fonti antichissime,
-quali Alano e l'Abate di Foncaldo, la cui autorità
-nessuno può revocare in dubbio.<a class="tag" id="tag311" href="#note311">[311]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questa dottrina del merito in opposizione all'ordine
-venne formolata in occasione della predicazione;
-<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span>
-ma è ben certo che a non lungo andare
-si applicò anche ad altre funzioni religiose, prima
-tra le quali fu senza dubbio la confessione. Che
-dal sacerdote legittimamente ordinato si ascoltasse
-la messa, o si ricevesse la cresima non portava
-pregiudizio alla nuova associazione, la quale si credeva
-sempre sinceramente cattolica, e nessuno dei
-sacramenti voleva negare. Ma non era possibile che
-i membri del nuovo sodalizio si confessassero a sacerdoti
-cattolici, che faceano ai Valdesi una guerra
-non meno aspra e spietata che ai Catari. Bisognava
-dunque svigorire l'autorità della confessione cattolica,
-e sostituire a quella un'altra forma che meglio
-convenisse ai progressi della nova società. A
-tale uopo solean dire i Valdesi, che i sacerdoti cattolici
-ribelli ai precetti del divino maestro, non
-potranno assolvere le colpe altrui se prima non si
-lavano dalle proprie.<a class="tag" id="tag312" href="#note312">[312]</a> Nè la confessione è indispensabile,
-perchè chi perdona non è sacerdote, ma Dio
-stesso, e quando a Dio ci rivolgiamo col cuor contrito,
-che uopo v'ha del sacerdote?<a class="tag" id="tag313" href="#note313">[313]</a> Certo il confessore
-talvolta ci aiuta coi suoi consigli, e cogli
-<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span>
-ammonimenti suoi; ma quest'ufficio può essere disimpegnato
-da qualunque laico,<a class="tag" id="tag314" href="#note314">[314]</a> e la prima confessione
-cristiana non si faceva in segreto, ma in
-pubblico, non presso un sacerdote solo, ma presso
-la comunità dei fedeli.
-</p>
-
-<p>
-Il principio di tutte queste argomentazioni è
-sempre il medesimo, che al solo merito si debba
-attribuire valore, onde soltanto chi s'è saputo rifare
-nell'intimo della sua coscienza, così da detestare
-le colpe commesse, questo solo sarà perdonato
-da Dio. Quando manchi la contrizione è assurdo
-assolvere, perchè non c'è nulla fuori della coscienza
-che possa la coscienza purificare. Talchè non s'ha
-da credere di poter comprare l'indulgenza a denaro
-sonante, o in qualsiasi altra guisa, che non sia il
-profondo ed intimo dolore di aver peccato.<a class="tag" id="tag315" href="#note315">[315]</a> E se
-le indulgenze non giovano ai vivi, tanto meno ai
-morti, i quali non hanno più modo di rinnovarsi,
-essendo chiusa ormai loro la via dell'operare.<a class="tag" id="tag316" href="#note316">[316]</a> E
-ormai sono quel che furono, dannati se vissero male,
-beati se vissero bene.<a class="tag" id="tag317" href="#note317">[317]</a> Insieme colla dottrina delle
-<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span>
-indulgenze si legano sempre quelle dei suffragi pei
-defunti, e del Purgatorio; ed i Valdesi che negavano
-le prime doveano anche riescire alla negazione
-dei secondi.<a class="tag" id="tag318" href="#note318">[318]</a>
-</p>
-
-<p>
-In questi punti par che fossero d'accordo tutti
-i Valdesi, il che non esclude la possibilità della
-divergenza in altri. Nè solo possibile tornava questa
-divergenza ma necessaria, perchè la dottrina valdese
-era in continuo movimento, ed ogni giorno come
-vedemmo e vedremo s'aggiungevano novi articoli
-secondo le vicende della lotta, che sostenevano colla
-Chiesa ufficiale, ed i bisogni della polemica. Oltrechè
-il sodalizio valdese parte pel bisogno dell'apostolato,
-parte per isfuggire alle persecuzioni degl'inquisitori
-s'era sparso pressochè in tutta l'Europa,
-e nelle diverse regioni venuto in contatto con eresie
-diverse si era fuso con esse, prendendone dottrine,
-che al principio gli erano estranee. Di tali divisioni
-ci dicevano già qualche cosa le antiche fonti come
-Stefano di Borbone, il Moneta, ed il Sacconi. Ma
-il Preger trovò recentemente un monumento più
-antico di queste fonti, e che se non può essere
-tenuto come il solo autorevole, come par che pretenda
-lo scopritore, è certo di grandissimo interesse,
-essendo l'unico d'origine valdese che conti una
-rispettabile antichità. Codesto documento è una lettera
-<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span>
-che i Poveri Lombardi mandano ai loro fratelli
-d'oltremonte intorno ai dissensi nati tra le due società,
-e in gran parte composti in una conferenza
-tenuta a Bergamo nel 1218.<a class="tag" id="tag319" href="#note319">[319]</a> Questi Poveri Lombardi,
-come già sappiamo da altre fonti, erano per qualche
-rispetto più avversi alla Curia Romana dei loro
-fratelli oltremontani;<a class="tag" id="tag320" href="#note320">[320]</a> e par certo che sien nati
-dalle fusioni di Valdesi con Arnaldisti, forse con
-prevalenza dell'ultimo elemento. Nè credo ci sia
-ragione di farli risalire col Preger agli <i>Umiliati</i>,<a class="tag" id="tag321" href="#note321">[321]</a>
-dei quali è tuttora incerta la provenienza, ma
-bisogna pur convenire che le due frazioni valdesi
-par che abbiano coscienza della loro diversità di
-origine.<a class="tag" id="tag322" href="#note322">[322]</a> E senza dubbio alcuno i Poveri Lombardi
-<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span>
-non attribuiscono al Valdez quella santità ed impeccabilità
-che, come già dicemmo, era un articolo di
-fede pei fratelli oltramontani.<a class="tag" id="tag323" href="#note323">[323]</a> Un'altra differenza
-tra loro era il lavoro manuale. I Poveri di Lione
-sostenevano che gli apostoli non avessero da pensare
-ad altro fuor che a diffondere la parola del Signore,
-nè quindi poteano procacciarsi il necessario se non
-accattandolo dai fedeli; i Poveri Lombardi al contrario
-a somiglianza dei Catari e dei Patarini dicevano
-dovere anche gli apostoli vivere del lavoro
-delle proprie mani.<a class="tag" id="tag324" href="#note324">[324]</a> Una terza differenza riguardava
-l'organamento della nova società. Il sodalizio
-oltramontano non era solidamente costituito.
-I Valdesi credevano sempre di formar parte della
-vasta società cristiana, talchè non stimavano utile
-di creare rettori ed amministratori della nuova società.
-Tutti quelli che viveano secondo il costume
-di Valdez, erano del pari membri della nova società;
-ma non si doveva stabilire nessuna differenza
-e gerarchia tra loro. E se pure occorresse talvolta
-<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span>
-di ridurre nelle mani di qualche ministro il governo
-della nova società, gli si dovrebbe commettere
-quell'ufficio temporaneamente, perchè una società,
-che nasce in opposizione alla gerarchia, non
-può certo tollerarla nel suo seno. I Poveri Lombardi
-la pensavano diversamente. Ei rimontavano
-ad una società, che cominciò fin dal tempo di Arnaldo
-da Brescia, e ben sapeva che per conservarsi
-nell'urto delle opposte confessioni bisognava
-solidamente organizzarsi. Credevano perciò indispensabile
-nominare dei rettori.<a class="tag" id="tag325" href="#note325">[325]</a>
-</p>
-
-<p>
-Altri punti di quistione par che fossero il battesimo
-coll'acqua, quello dei bambini, e la indissolubilità
-del matrimonio. Intorno ai primi due punti
-dicemmo già altrove, che i Catari al battesimo dell'acqua
-voleano sostituito quello del fuoco o del calore,
-e che condannavano recisamente la somministrazione
-del battesimo a chi non fosse in grado di
-capirne l'importanza. Era ben possibile che queste
-due dottrine fossero penetrate nella società valdese;<a class="tag" id="tag326" href="#note326">[326]</a>
-ma certo è che nel convegno di Bergamo pensarono
-bene di non dipartirsi dall'insegnamento cattolico.<a class="tag" id="tag327" href="#note327">[327]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span>
-</p>
-
-<p>
-In quanto al matrimonio già sappiamo che i
-Valdesi oltremontani in seguito ad influssi catari
-preferivano la verginità allo stato coniugale, e tolleravano
-che pei bisogni della nova società il marito
-si dividesse dalla moglie anche quando ella
-non v'acconsentisse. I Poveri Lombardi par che
-facessero maggior conto del matrimonio, e solo in
-due casi ne permettevano lo scioglimento, o quando
-entrambi i conjugi fossero d'accordo a separarsi,
-o per causa di adulterio.<a class="tag" id="tag328" href="#note328">[328]</a>
-</p>
-
-<p>
-Queste divergenze per quanto gravi non erano
-tali che con poche concessioni da una parte e dall'altra
-non fossero per comporsi. Intorno ad una
-però non era possibile l'accordo, e riguardava un
-punto d'un grandissimo interesse e dommatico e
-pratico: l'Eucaristia. I Valdesi d'oltremonte benchè
-ammettessero che a tutti i membri della nova società
-fosse lecito di predicare e di confessare, pure
-non erano ancora venuti all'estrema conseguenza di
-permettere loro la celebrazione della messa. Certo
-è che essi ascoltavano la messa dei sacerdoti cattolici,
-e credevano che il miracolo eucaristico si
-compisse anche quando il ministro fosse indegno di
-<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span>
-operarlo. Questa opinione era senza dubbio in contraddizione
-coll'altra più generale che nessuna
-funzione religiosa potesse esercitarsi dal ministro
-indegno. Ed a rimovere siffatta contraddizione
-s'adoperavano in diverse guise. Alcuni dicevano che
-il miracolo della transustanziazione si opera per
-virtù non del sacerdote, bensì delle parole mistiche
-da lui pronunziate.<a class="tag" id="tag329" href="#note329">[329]</a> Altri sostenevano che se il sacerdote
-cattivo non potesse celebrare la messa, per
-la medesima ragione non dovrebbe somministrare
-il battesimo, mentre è risaputo che il battesimo ha
-sempre valore fosse anche dato dalla levatrice.<a class="tag" id="tag330" href="#note330">[330]</a> Altri
-infine non negavano la partecipazione del sacerdote,
-ma la dicevano sopraffatta ed assorbita dall'opera
-dell'Uomo-Dio, il quale in fine è il vero autore del
-miracolo.<a class="tag" id="tag331" href="#note331">[331]</a>
-</p>
-
-<p>
-I Poveri Lombardi, che discendevano in diretta
-linea dagli Arnaldisti, ed alla purità del sacerdote
-<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span>
-attribuivano infinito valore, non potevano accettare
-nessuna di queste versioni dei Poveri oltramontani.
-Non la prima, perchè se il miracolo eucaristico
-s'operasse solo in virtù delle parole mistiche, anche
-il Giudeo od il Pagano potrebbe operarlo.<a class="tag" id="tag332" href="#note332">[332]</a> Non la
-seconda, perchè tra il battesimo e l'eucaristia non
-può correre l'analogia voluta dagli oltramontani,
-altrimenti anche il laico, anche la donna potrebbe
-rompere il pane benedetto, laddove per gli oltramontani
-stessi al solo sacerdote è commesso quest'ufficio.<a class="tag" id="tag333" href="#note333">[333]</a>
-La terza opinione potrebbe accettarsi,
-purchè s'aggiunga che oltre all'opera dell'Uomo-Dio
-per compiere il miracolo eucaristico occorre la
-preghiera del sacerdote, e che questa preghiera non
-sarà accolta da Dio quando venga sciolta da labbra
-impure.<a class="tag" id="tag334" href="#note334">[334]</a> Questa terza opinione, non è dunque la
-stessa della prima, come dice il Preger, perchè la
-<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span>
-prima non può essere accettata in nessun modo, e
-la terza con opportune aggiunte viene ammessa. La
-prima pare una superstiziosa deificazione della parola,
-la terza rileva sì l'elemento soprannaturale
-del sacramento, ma non esclude per questo l'elemento
-umano. Modificando questa terza opinione
-s'ha la vera che non attribuisce il miracolo eucaristico
-al solo intervento di Cristo, nè alla sola virtù
-del sacrificante, ma all'uno ed all'altro insieme. Se
-mancasse l'opera dell'Uomo-Dio, il sacerdote per
-degno che fosse, non potrebbe operare tanto prodigio.
-Come pure se venisse meno l'orazione del
-celebrante, o, che torna lo stesso, se questa orazione
-fosse detta da chi non avesse il diritto di dirla, il
-sacrifizio non si compirebbe neanco. Occorrono dunque
-i due fattori: il subbiettivo o la bontà del sacerdote,
-e l'obbiettivo o l'opera del Cristo. Ma
-pare che quest'aggiunta non sia stata accettata e
-che la conciliazione fallisse in questo punto delicato.
-Perchè l'ultima formola degli oltramontani
-era questa: il sacerdote ordinato dalla Chiesa, finchè
-sia mantenuto in ufficio dalla grande famiglia dei
-Cristiani, opera sempre il miracolo eucaristico, o
-buono o malvagio che sia, e dopo le mistiche parole
-da lui pronunziate il pane ed il vino si tramutano
-nel corpo e nel sangue del Signore.<a class="tag" id="tag335" href="#note335">[335]</a> I
-<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span>
-Valdesi non potevano giammai accettare questa
-dottrina.<a class="tag" id="tag336" href="#note336">[336]</a> Forse potevano spingersi all'ultima concessione
-di attribuire un valore alla comunione, perchè
-in luogo della preghiera del ministro indegno
-sottentra quella più efficace del comunicando.<a class="tag" id="tag337" href="#note337">[337]</a> Ma
-che l'opera del sacerdote sia pressochè nulla, e che
-Dio voglia accogliere sempre la preghiera purchè
-detta dal sacerdote anche quando impure labbra
-la mormorino, i Poveri Lombardi non sapeano
-accettare.<a class="tag" id="tag338" href="#note338">[338]</a>
-</p>
-
-<p>
-Anche intorno alla confessione par che ci fosse
-dissenso tra i Poveri Lombardi e gli oltramontani.
-Un tempo credettero i lombardi all'efficacia della
-confessione auricolare, ma ora non più, e neanco
-i fratelli d'oltremonte li potrebbero far cambiare
-d'opinione, perchè non è lecito sottomettere di
-nuovo alla servitù della legge chi come Paolo se
-ne sia affrancato.<a class="tag" id="tag339" href="#note339">[339]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span>
-</p>
-
-<p>
-Da queste divergenze, che nella lettera non sono
-dissimulate, possiamo raccogliere quel che già si
-sapeva dal Sacconi, che i Poveri Lombardi fossero
-più ostili alla Chiesa dei loro confratelli d'oltremonti.
-Perchè questi ultimi credevano tuttora di
-formar parte insieme ai cattolici di una sola e
-grande famiglia, quella dei battezzati o credenti in
-Cristo; in qualche punto rilevante come l'Eucaristia,
-attribuendo il miracolo ad opera sovrannaturale
-indipendente dalla coefficienza del sacerdote,
-s'adattavano molto più alla dottrina cattolica, che
-ai presupposti della loro setta; infine, colla scorta
-di queste dottrine potevano seguitare ad ascoltar
-messa e ricevere la comunione dai preti cattolici
-senza tradire la nuova fede.
-</p>
-
-<p>
-L'interpetrazione fin qui esposta dell'importante
-documento, pubblicato dal Preger, non s'accorda con
-quella del dotto editore; ma io non saprei ammettere
-senza sforzo che nel paragrafo sedicesimo della
-lettera si tratti non d'un punto speciale, ma del
-fondamento stesso della dottrina valdese. La quale
-<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span>
-secondo il Preger sarebbe affatto identica a quella
-di Lutero, che cioè il diritto al sacerdozio si debba
-ripetere dal battesimo, talchè tutti i battezzati sieno
-<i>ipso jure</i> sacerdoti. A me pare, o m'inganno, che il
-significato attribuito alla <i>parola</i> di Dio sia molto più
-profondo di quel che intendevano gli oltramontani,
-stando almeno alla testimonianza del Borbone, che
-egregiamente s'accorda in questo punto colla lettera
-dei Poveri Lombardi. Non nego che dal contesto
-si potrebbe ricavare il senso voluto dal Preger,
-ma interpetrata così la lettera dei Poveri Lombardi
-contraddirebbe a tutte le altre fonti che la precedono
-e la seguono. E sarebbe veramente strano
-che a tanti inquisitori, esercitati nelle controversie
-del tempo, fosse sfuggito il vero principio della
-dottrina valdese così da sostituirvene uno affatto
-opposto. Colla nostra interpetrazione invece si mettono
-d'accordo tutte le fonti, e nel modo più semplice
-si spiega che cosa intendessero i Valdesi oltramontani
-per la comunità dei battezzati, e perchè
-in un punto speciale della loro dottrina contraddicessero
-ai loro principii medesimi.
-</p>
-
-<h4 id="cap2-1-V">V</h4>
-
-<p>
-Dall'esposizione precedente si raccoglie che la
-lettera dei Poveri Lombardi compie ma non contraddice
-alle altre fonti più antiche, che si riferiscono
-ai Valdesi. E resta pur sempre tra i principii
-della nuova fede questo, che venne giustamente
-<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span>
-rilevato dal Dieckhoff, che la dignità dell'ufficio si
-misura dal valore di chi l'adempie, e la validità
-dell'opera dal merito dell'operante. Se la cosa sta
-così, è ben certo che non tutti i fedeli possono
-esercitare l'ufficio apostolico, perchè non tutti sono
-meritevoli del pari. Ma come s'accordano codeste
-sentenze colle altre conservateci parimente
-dalle fonti più antiche: che ogni Valdese possa
-predicare la parola del Signore, e sciogliere il suo
-fratello dal peccato, e somministrare ove occorra
-ogni sacramento? Le due proposizioni: magis operatur
-meritum quam ordo; omnes bonos esse sacerdotes,<a class="tag" id="tag340" href="#note340">[340]</a>
-non vanno bene d'accordo, perchè la prima
-mena alla conseguenza di distinguer tra fedeli e
-fedeli, nello stesso modo che faceano i Catari rispetto
-ai <i>Perfetti</i> ed ai <i>Credenti</i>; la seconda di
-queste distinzioni non può far conto, perchè son
-tutti pari quelli che venner moralmente rinnovati
-dalla fede in Cristo.
-</p>
-
-<p>
-Il Dieckhoff per sanare la contraddizione avea
-proposto d'interpetrare in un senso restrittivo la
-seconda sentenza, come se dicesse: non tutti i fedeli
-ma solo i buoni, quelli che eccellono per merito
-hanno il diritto di esercitare le funzioni sacerdotali.
-Ma di queste attenuazioni il Preger non
-vuole sapere, e preferisce di tagliar netta una delle
-due proposizioni per lasciare intatta l'altra. Il nuovo
-principio, secondo lui, proclamato dai Valdesi sarebbe
-<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span>
-questo: che al di sopra degl'individui sta la
-comunità dei battezzati. Essa nomina agli offici,
-o alle dignità, sieno temporanee o a vita come stima
-meglio; scioglie il matrimonio anche senza il consenso
-dei conjugi quando l'interesse generale lo
-richieda; essa è la conservatrice della <i>grazia</i> che
-investe l'uomo appena ricevuto il battesimo. Chiunque
-entra a far parte di questa comunità è di pieno
-diritto buono, perchè rinnovato dalla fede, talchè la
-frase di Stefano di Borbone, non si deve intendere
-nel senso pregnante del Dieckhoff, ma nell'assoluto
-che tutti i Valdesi senza distinzione possano
-esercitare le sacre funzioni. Sarà pur vero che
-tra i Valdesi ci siano di quelli che meritano il nome
-di perfetti a distinzione dei credenti, e che solo i
-primi sostengono i duri travagli della povertà e
-dell'apostolato; ma codesta perfezione è un compito
-morale per l'individuo, non una condizione per
-esercitare uffici che spettano egualmente a tutti i
-battezzati.<a class="tag" id="tag341" href="#note341">[341]</a>
-</p>
-
-<p>
-Che valore ha codesta interpetrazione del Preger?
-Notiamo in primo luogo che egli ha dovuto modificare
-le sue opinioni nel più recente lavoro intorno
-a Davide d'Asburgo, stante che questo scrittore
-parla chiaramente di una distinzione tra perfetti e
-credenti riguardante l'ufficio non la perfezione morale.<a class="tag" id="tag342" href="#note342">[342]</a>
-Nè questa distinzione, che i Valdesi copiarono
-dai Catari, appartiene solo ai tempi di Davide, perchè
-<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span>
-già Stefano di Borbone ne fa cenno.<a class="tag" id="tag343" href="#note343">[343]</a> Il trovarsi nello
-stesso Stefano tanto la distinzione dei perfetti dai
-credenti, quanto la frase: tutti i buoni possono fungere
-da sacerdoti ed amministrare, se occorre, i
-sacramenti,<a class="tag" id="tag344" href="#note344">[344]</a> è una prova fortissima che codesta frase
-si debba intendere in senso restrittivo. Nell'origine
-della setta non era necessaria nessuna distinzione,
-perchè la nuova società, molto scarsa di numero,
-non abbracciava se non gli uomini che sentivano
-profondamente il bisogno di una rinnovazione religiosa,
-nè erano meno ardenti del loro maestro, e
-al pari di lui pellegrinavano faticosamente predicando
-ed insegnando. Oltrechè alla nuova società
-non occorrevano speciali ministri, restringendosi le
-funzioni religiose alla predicazione ed alla confessione,
-ed accettando tutte le altre dai preti cattolici.
-Ma ben presto le condizioni mutarono. La società
-valdese per ingrossarsi dovea accogliere anche
-coloro che, sebbene inchini al nuovo insegnamento,
-non fosser disposti a spogliarsi dei loro beni, nè
-avessero vocazione pel rude ministero dell'apostolato.
-D'altra parte lo stacco dal Cattolicismo si facea
-sempre più netto, ed alla nuova società facea d'uopo
-provvedere per tutte le funzioni religiose, che indarno
-<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span>
-in tanta rottura veniano chieste ai preti cattolici.
-In fine col crescere che facea la nova società
-avea bisogno d'un organamento più saldo che
-non fosse quello dei primi tempi, quando i Valdesi
-credendosi membri della vasta famiglia cristiana mal
-tolleravano di costituirsi in corpo separato. Per tutte
-codeste ragioni, ammesse in parte dal Preger,<a class="tag" id="tag345" href="#note345">[345]</a> ben
-presto si formò la distinzione tra Perfetti e Credenti,
-ed ai sacerdoti cattolici sottentrarono i ministri
-valdesi.
-</p>
-
-<p>
-Con questa innovazione s'apre quel periodo della
-storia dei Valdesi, che per noi sarà l'ultimo, stante
-che il successivo della trasformazione di Valdesi
-in Protestanti esce dai confini del nostro lavoro.
-In questo periodo le persecuzioni si facevano sempre
-più fiere, ed il Santo Uffizio non metteva alcuna
-differenza tra Catari o Valdesi: o per poco o per
-molto tutti s'allontanavano del pari dalla Chiesa e
-tutti eran meritevoli della stessa pena, il rogo. La
-comunanza del martirio strinse allora più fortemente
-i legami tra le due sètte, e la società valdese
-accogliendo gli elementi assimilabili delle altre
-eresie, si ordinò in comunità separata ed opposta
-alla cattolica. E continuando da una parte le persecuzioni
-e dall'altra le resistenze, ognor più s'allargava
-il solco che dividea l'antica dalla nova Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le fonti di cui ci varremo in questo periodo
-sono il Borbone, il Moneta, il Trattato di Davide
-d'Ausburgo, l'anonimo di Passau e il Libro dell'Inquisizione
-tolosana. Stefano di Borbone fin dalle
-prime pagine c'informa della trasformazione avvenuta,
-ripetendo anche lui colle fonti più antiche
-che i Valdesi hanno il giuramento e la menzogna
-in conto di peccato mortale, ma soggiunge che
-queste massime rigide vennero nella pratica temperate,
-ed a coloro, che non erano tra i perfetti,
-venia concesso di mentire e di giurare, se minacciati
-di morte.<a class="tag" id="tag346" href="#note346">[346]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma una trasformazione ancor più profonda riguarda
-l'ufficio sacerdotale. D'accordo colle fonti
-più antiche Stefano ed il Moneta ci riconfermano
-la massima, che la santità del ministro si ripete
-dalle sue opere, non dall'ordine ricevuto.<a class="tag" id="tag347" href="#note347">[347]</a> E con
-maggiori particolarità Stefano racconta di un maestro
-valdese che gli poneva queste distinzioni: v'ha
-taluni che non sono ordinati nè dagli uomini nè da
-Dio, come i laici malvagi; altri sono ordinati dagli
-uomini, ma non da Dio; altri per contrario sono
-ordinati da Dio e non dagli uomini, come i buoni
-laici, i quali possono legare, sciogliere, consacrare,
-ordinare, purchè profferiscano le parole divine secondo
-<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span>
-il rito.<a class="tag" id="tag348" href="#note348">[348]</a> Dapprima le funzioni religiose, che
-credevano di poter esercitare i Catari si restringevano
-al predicare ed assolvere i peccati. Ora traggono
-altre più gravi conseguenze dalle loro premesse,
-nè soltanto i Poveri Lombardi, ma benanco
-i Valdesi d'oltremonti sostengono, che se non può
-predicare chi toglie coll'esempio ogni efficacia alle
-sue parole, se non può sciogliere altrui chi è già
-da per sè legato, a maggior ragione non può spezzare
-il pane del Signore chi non sia degno di
-nutrirsene.<a class="tag" id="tag349" href="#note349">[349]</a> Ed in luogo dei sacerdoti indegni è
-necessario che sottentrino i buoni, i quali per laici
-che sieno, potranno non pertanto celebrare la messa
-con maggior frutto. Taluni, aggiunge Stefano, concedevano
-questa facoltà non solo agli uomini, ma benanco
-alle donne, quando al pari di quelli sieno penetrate
-dallo spirito del Signore.<a class="tag" id="tag350" href="#note350">[350]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nè faceva intoppo che mancasse l'ordinazione
-regolare; stante che nei primi tempi del Cristianesimo
-non occorrea, e bastava l'elezione della comunità
-dei fedeli, perchè qualunque membro di essa fosse
-riconosciuto per sacerdote. Per siffatta guisa un ministro,
-che fosse scelto a questo modo, come accadde
-un tempo di Pietro Valdez, è sacerdote non meno di
-chi sia stato consacrato dal vescovo.<a class="tag" id="tag351" href="#note351">[351]</a> Questo novo
-modo di ordinazione, ovvero l'elezione per parte
-della comunità, permetteva che nella nova società
-s'introducesse la gerarchia, nè andò molto tempo
-che alla divisione in Perfetti e Credenti si aggiungesse
-anche la distinzione di ufficii sacerdotali. I Valdesi
-del Piemonte ebbero ad imitazione dei Catari
-il Barba, e due ministri a lui subordinati. Gli altri
-Valdesi conservarono i tre gradi della gerarchia
-cattolica, il vescovo il sacerdote ed il diacono.<a class="tag" id="tag352" href="#note352">[352]</a> Colla
-distinzione dei Perfetti dai Credenti, e coll'introduzione
-di speciali funzioni sacerdotali si collega
-la quistione del matrimonio, che noi toccammo altre
-volte, ed ora ci conviene di riesaminare. Non è
-<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span>
-dubbio che nei primi tempi i Valdesi non solo non
-condannavano il matrimonio, ma non lo tenevano
-per un ostacolo all'apostolato.<a class="tag" id="tag353" href="#note353">[353]</a> Però in grazia degl'influssi
-catari preferivano il celibato, ed il Valdez
-stesso, come narrammo, abbandonò la moglie e la
-casa e mise le figliuole in convento. Sulle orme di
-lui alcuni Valdesi, a quel che ne riferisce Stefano,
-sostenevano esser lecito separarsi dalle mogli per
-consacrarsi a Dio, anche quando quelle non vi consentano.<a class="tag" id="tag354" href="#note354">[354]</a>
-Nè certo la scabrosa missione del Perfetto
-poteva essere adempiuta con zelo da chi fosse legato
-ad una famiglia, di cui il più delle volte era
-l'unico sostegno e difesa. Non restava che un passo
-per condannare del tutto il matrimonio, nè v'ha
-ragione per dubitare che i Valdesi di Germania non
-l'abbiano fatto, perchè già sappiamo da precedenti
-citazioni che essi erano i più disposti a farlo.<a class="tag" id="tag355" href="#note355">[355]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dicemmo più sopra che secondo i Valdesi ad ogni laico
-era dato di celebrar la messa; ma codesta celebrazione per parte dei
-laici dovea portare di conseguenza che il rito si
-semplificasse, ed alle complicate funzioni cattoliche
-fosse sostituita la semplice frazione del pane ad
-imitazione della cena di Cristo. Il Libro dell'Inquisizione
-tolosana più volte fa cenno di siffatta cerimonia.<a class="tag" id="tag356" href="#note356">[356]</a>
-Codesta semplificazione del rito dovea
-portare di conseguenza l'attenuazione della dottrina,
-e Davide riferisce che i Valdesi della Germania
-<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span>
-toglievano al sacramento quel colore soprannaturale,
-che pur sempre nel periodo precedente era gelosamente
-conservato. Ormai i Valdesi intendevano il
-sacramento eucaristico in un modo affatto simbolico;
-e ripetevano coi Catari che il corpo di Gesù
-non si debba prendere nel senso letterale, bensì allegorico,
-come quando dicesi: Cristo esser la pietra
-su cui si eleva la Chiesa di Dio.<a class="tag" id="tag357" href="#note357">[357]</a>
-</p>
-
-<p>
-La Chiesa valdese adunque si è del tutto staccata
-dalla cattolica, almeno in Germania. Nè fa
-meraviglia che ad uno ad uno condanni tutte le
-dottrine ed istituti tradizionali. Intorno al battesimo
-dei bambini vedemmo già come fossero dissensi
-tra i Valdesi. E pare che i Poveri Lombardi solo
-per amore di conciliazione e deferenza verso gli
-oltramontani si piegassero ad ammetterne l'efficacia.
-Più tardi le cose mutarono, e gli oltramontani
-stessi a confessione di Davide stimarono che il battesimo
-non possa giovare ai bambini, inetti al credere
-o discredere.<a class="tag" id="tag358" href="#note358">[358]</a>
-</p>
-
-<p>
-I suffragi pei defunti, la dottrina del Purgatorio
-e quelle delle indulgenze già sappiamo che furono
-<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span>
-ben per tempo revocate in dubbio dai Valdesi.<a class="tag" id="tag359" href="#note359">[359]</a> Ma
-ora progredisce il loro razionalismo, e dacchè dichiararono
-simbolica l'eucaristia, simbolici saranno
-non pure i misteri della religione ma benanco i
-sacramenti del battesimo, della penitenza, della cresima
-e dell'estrema unzione,<a class="tag" id="tag360" href="#note360">[360]</a> i quali ultimi per giunta
-essendo da meno degli altri possono senza danno
-venire aboliti.<a class="tag" id="tag361" href="#note361">[361]</a> Inoltre avendo tolto ogni valore
-all'ordinazione canonica, trasformarono il concetto
-del sacerdote, cioè di un essere sacro, mediatore
-tra l'uomo e Dio, nell'altro più umile di ministro,
-che aiuti e sorregga il fedele nel suo cammino, ma
-non si sostituisca a lui, nè interrompa la libera e
-<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span>
-diretta comunicazione tra lui e il suo creatore.<a class="tag" id="tag362" href="#note362">[362]</a> Ma
-insieme alla mediazione del sacerdote, più tardi
-soppressero quella dei Santi, che secondo la testimonianza
-di Davide sarebbero così lontani dai mortali,
-tanto assorbiti nella loro beatitudine da non potere
-accogliere le preghiere che a loro si rivolgono.<a class="tag" id="tag363" href="#note363">[363]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ed abolita l'adorazione dei santi cadono anche
-le feste, le vigilie,<a class="tag" id="tag364" href="#note364">[364]</a> i digiuni,<a class="tag" id="tag365" href="#note365">[365]</a> le benedizioni, gli
-<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span>
-uffici<a class="tag" id="tag366" href="#note366">[366]</a> tutto quel complesso di usi e cerimonie che
-formano il culto esteriore, contro il quale fin dal
-principio s'eran ribellati i Valdesi, condannando la
-consacrazione delle chiese,<a class="tag" id="tag367" href="#note367">[367]</a> l'adorazione delle imagini
-e financo della Croce, come prima di loro insegnavano
-i Catari.<a class="tag" id="tag368" href="#note368">[368]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questo è il cammino percorso dall'eresia valdese.
-L'intendimento primo del riformatore di Lione non
-fu di staccarsi dalla Chiesa, bensì d'introdurvi nuova
-vita colla partecipazione operosa del laicato. Ma
-fin dal principio la nuova società subì l'influsso
-delle eresie contemporanee, principalmente dei Catari,
-<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span>
-così da accogliere massime e dottrine, a loro
-affatto straniere, e che più tardi saranno abbandonate
-dai Protestanti.<a class="tag" id="tag369" href="#note369">[369]</a> In seguito, respinti dalla
-Chiesa ufficiale, furono costretti a sostenere un
-nuovo concetto del sacerdozio che tolsero in prestito
-e dai Catari e dagli Arnaldisti. Ma questo
-concetto ha una portata molto maggiore di quel
-che si crede, perchè smagliato un anello, l'aurea
-catena va tutta in pezzi. E così nei periodi successivi,
-l'uno dopo l'altro tutti i dommi tradizionali
-vennero combattuti, ed i Valdesi formarono una società
-novella, non più cattolica, benchè non ancora
-protestante, perchè le mancava e la dottrina della
-predestinazione, e quel che più conta, l'altra della
-giustificazione per la fede.
-</p>
-
-<p>
-Nel corso della nostra esposizione abbiamo più
-volte dovuto ricordare gli Arnaldisti, che secondo
-noi si connettono strettamente coi Patarini. E degli
-uni e degli altri discorreremo nel capitolo seguente.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span>
-</p>
-
-<h3 id="cap3-1">CAPITOLO III
-<span class="smaller">PATARINI ED ARNALDISTI</span></h3>
-</div>
-
-<p>
-Il Decreto di Lucio III oltre ai Catari, Passagini,
-Poveri di Lione colpisce anche i Patarini e
-gli Arnaldisti. Chi erano i Patarini? La stessa cosa
-dei Catari o Catarini, o una setta affatto differente?
-E gli Arnaldisti sono eretici anch'essi, e qual dottrina
-professano? Rimontano ad Arnaldo da Brescia,
-ovvero, come par che voglia il Giesebrecht, ad un
-vescovo cataro di nome Arnaldo? Per rispondere a
-queste dimande dobbiamo rifarci molto indietro, e
-seguire passo per passo la storia di quel partito
-che voleva la riforma della Chiesa non certo nel
-domma, come opinavano i Catari ed in parte anche
-i Valdesi, bensì nel costume e nella disciplina. E
-non che peccare d'eresia, ne accusava invece gli
-avversarii, perseveranti negli antichi abusi ed insofferenti
-delle riforme.
-</p>
-
-<h4 id="cap3-1-I">I</h4>
-
-<p>
-Nel secolo XI, in quell'età funesta, in cui il
-Papato era in balìa or dei Crescenzi, or dei conti
-di Tusculo, il partito delle riforme prese nome e
-colore imperiale. Nessun'altra potenza all'infuori
-<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span>
-dell'Impero sarebbe riescita a liberare la Chiesa
-dalla soggezione de' nobili romani, e per conseguire
-quest'alto scopo i migliori ecclesiastici acconsentirono
-che l'elezione del Papa, sottratta al popolo
-romano, fosse affidata all'Imperatore, ed accolsero
-con gioia i pontefici nominati da lui Clemente II
-(1046-47), Damaso II (1048), Leone IX (1049-54),
-Vittore II (1054-57).<a class="tag" id="tag370" href="#note370">[370]</a>
-</p>
-
-<p>
-Prima della nomina imperiale tre papi si contendevano
-l'alto ufficio, Benedetto IX dei conti di
-Tuscolo, nominato ancor dodicenne nel 1033; Silvestro
-III, levato su dalla fazione, che nel 1044
-si ribellò contro il dissoluto pontefice; e finalmente
-Gregorio VI, il buon arciprete di S. Giovanni che
-per far cessare lo scisma avea comprata nel 1045
-la tiara pel reddito dell'obolo di S. Pietro. Tutti
-e tre i papi furono deposti nel concilio di Sutri,<a class="tag" id="tag371" href="#note371">[371]</a>
-ed in luogo loro fu scelto da Enrico III il vescovo
-di Bamberga Clemente II, il quale convocato
-ben presto un solenne concilio nel gennaio
-del 1047 fulminò il primo decreto contro la simonia
-<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span>
-del clero, riconfermato due anni dopo da Leone IX.<a class="tag" id="tag372" href="#note372">[372]</a>
-Questo della compra e della vendita degli ufficii
-ecclesiastici era il primo abuso al quale si dovea
-por riparo, chè tutti gli ecclesiastici dal <i>supremo
-Gerarca all'ostiario</i><a class="tag" id="tag373" href="#note373">[373]</a> non erano mondi di colpa. Ma
-insieme con questa un'altra riforma si reputava
-necessaria, quella del matrimonio dei preti. Perchè,
-sebbene il celibato fosse sino dai tempi remoti della
-Chiesa tenuto in grandissimo pregio, pure nel secolo
-decimoprimo eran tanti i preti ammogliati ed
-in Italia e fuori, che Leone IX temendo di mettere
-sul lastrico tante povere donne, permise che
-seguitassero a vivere coi loro mariti, purchè cessasse
-tra loro ogni commercio carnale.<a class="tag" id="tag374" href="#note374">[374]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span>
-</p>
-
-<p>
-I mercatanti dei beneficii spirituali furon detti
-simoniaci da quel Simone Mago degli <i>Atti degli
-Apostoli</i>, che si fece cristiano per comprare a contanti
-il segreto dei miracoli apostolici, superiori ai
-suoi sortilegi.<a class="tag" id="tag375" href="#note375">[375]</a> Nicolaiti poi eran detti i sacerdoti o
-ammogliati o concubinari in ricordo di un'antica setta,
-menzionata nell'Apocalisse.<a class="tag" id="tag376" href="#note376">[376]</a> Ma non si deve credere
-che sotto questi nomi di Simoniaci o Nicolaiti rivivessero
-eretici, sostenenti con ragioni dommatiche
-la legittimità del traffico dei beneficii, o del matrimonio
-dei preti. Certamente non mancavano argomenti
-e storici e dottrinali in favore di quello
-che era allora il costume più generale. Si poteva
-ad esempio distinguere l'ufficio ecclesiastico dal
-beneficio temporale annesso; e sostenere che quest'ultimo
-al pari di tutti i beni e possessi fosse ben
-lecito cedersi od acquistarsi.<a class="tag" id="tag377" href="#note377">[377]</a> Si poteva aggiungere
-<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span>
-che la mercede chiesta dai chierici pei loro ufficii
-si dovesse tenere come una pia elemosina, perchè i
-ministri del Signore era ben giusto che vivessero a
-spese della comunità.<a class="tag" id="tag378" href="#note378">[378]</a> In quanto poi al matrimonio
-dei preti si poteva fare appello, come fecero i
-prelati milanesi, all'antica comunità cristiana, e
-alla autorità degli Evangeli e di S. Paolo.<a class="tag" id="tag379" href="#note379">[379]</a> Ma
-benchè non facessero difetto le ragioni, nè temessero
-<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span>
-di dirle coloro che dai decreti pontificii venivan
-colpiti, pure vere sètte eretiche allora non
-sursero per questi due capi. E la ragione forse sta
-in questo, che il moto ereticale di quel tempo era
-fieramente avverso tanto al matrimonio, quanto al
-possesso delle ricchezze, talchè i Catari si unirono
-piuttosto coi seguaci del Papa, che cogli avversarii
-suoi. E per tal guisa la simonia ed il concubinato
-vennero da tutti tenuti pel frutto non di un convincimento
-teorico, ma di una intemperanza pratica,
-che s'ha da punire e svellere dalle radici.
-</p>
-
-<p>
-I decreti dei Papi, che richiamavano gli ecclesiastici
-a norme più rigorose di vita, incontravano
-dappertutto tenaci resistenze, ma più che altrove
-in Lombardia, dove il maggior numero dei sacerdoti
-per antica consuetudine avean moglie e figliuoli,
-e la vendita dei beneficii era uno dei maggiori proventi
-della nobiltà.<a class="tag" id="tag380" href="#note380">[380]</a> Oltrechè l'arcivescovo milanese,
-capo ad un tempo della Chiesa e dello Stato, s'era
-pressochè liberato dalla soggezione di Roma,<a class="tag" id="tag381" href="#note381">[381]</a> e sin
-<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span>
-da gran tempo antico la Chiesa di Lombardia si
-distingueva da tutte le altre in qualche particolarità
-liturgica.<a class="tag" id="tag382" href="#note382">[382]</a> Ma tutte queste ragioni, che rendevano
-così difficile l'introduzione delle riforme,
-servivano maggiormente ad eccitare lo zelo degli
-ecclesiastici che le voleano. Perchè un partito riformatore
-non poteva al certo mancare in Lombardia
-dove più aperto era il contrasto tra l'alto clero, ricco
-e sfarzoso, ed il basso povero ed oppresso. Tra
-queste due parti della Chiesa dovea esistere lo stesso
-antagonismo che separava la nobiltà maggiore o dei
-capitani dalla minore o dei valvassori, e l'una e l'altra
-dal popolo minuto. E coll'andare del tempo le due
-opposizioni formarono una sola, e gli artigiani, i
-commercianti, i servi della gleba si strinsero intorno
-al clero minore, e gli assicurarono la vittoria sull'alto
-clero. Così nacque in Lombardia la setta dei
-Patarini, a capo della quale si misero un sacerdote
-della classe dei valvassori, di nome Arialdo, ed un
-nobile della classe dei capitani, Landolfo.<a class="tag" id="tag383" href="#note383">[383]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span>
-</p>
-
-<p>
-Chi erano codesti Patarini, e onde trassero il loro
-nome? E qual rapporto corre tra i Patarini, e i Catari,
-che di lì a poco vengono chiamati con evidente
-analogia di suono, Catarini? Che nei secoli posteriori
-i due nomi si scambino, e che l'abate Gioacchino
-non chiami in altro modo gli eretici dualistici
-se non <i>patharenos</i>, è fuor di discussione. Ma
-al principio il nome di Patarini ebbe un'origine
-ed un significato del tutto differente. Come ci dice
-Arnolfo, questa denominazione nacque per caso, e
-forse fu un termine d'ingiuria, che i fautori dell'alto
-clero appiccarono ai loro avversarî, come se dessero
-loro del <i>cenciajuoli</i> o <i>cenciosi</i>. Pataria infatti
-si diceva in Milano il luogo ove s'adunavano i Patari,
-ovvero i rivenduglioli di panni vecchi, e forse
-o perchè in quel luogo si tenessero le prediche e
-le adunanze dei novatori, o perchè il grosso del
-partito fosse formato da questi minuti trafficanti,
-o infine per le due ragioni insieme, certo è, secondo
-<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span>
-la testimonianza di un contemporaneo che da Pataria
-fu tratto il nome di Patarini.<a class="tag" id="tag384" href="#note384">[384]</a>
-</p>
-
-<p>
-Non è a dire però che tra i Patarini non si cacciassero
-i Catari. Ricordo che gli eretici di Monforte
-furono per la prima volta noti nel 1045 in
-un viaggio che fece per la Lombardia l'arcivescovo
-Ariberto, predecessore di quel Guido, contro cui si
-levavano i Patarini. Ricordo che il numero dei
-Catari di Monforte era già salito a tremila e che
-i seguaci della nuova dottrina del castello della
-Contessa si erano sparsi per tutto il Milanese. Sarebbe
-<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span>
-veramente strano che gli eretici non si fossero
-valsi della propizia occasione, che offrivano i
-tumulti milanesi per spandere inavvertitamente la
-loro dottrina.<a class="tag" id="tag385" href="#note385">[385]</a> Tanto più che nella parte pratica
-erano del tutto d'accordo coi novatori, e se condannavano
-in tutti il matrimonio, tanto più lo doveano
-aborrire nei ministri del Signore; se predicavano
-il disprezzo delle ricchezze e della gloria
-mondana non potevano certo approvare il fasto ed
-il lusso dell'alto clero milanese. Ed in quanto alla
-parte teorica sapevano tacere a tempo quei dommi
-che non andavano ai versi del maggior numero.
-Solo a pochi e più fidi svelavano tutta la loro dottrina;
-nei nuovi affiliati bastava che gettassero i
-semi dai quali col tempo sarebbero germogliate le
-nuove convinzioni.<a class="tag" id="tag386" href="#note386">[386]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span>
-</p>
-
-<p>
-Non è dubbio adunque che coi Patarini si sieno
-mescolati i Catari, ma certo i capi del movimento
-patarinico nè si credevano, nè erano per quel momento
-eretici; chè anzi tutti i loro atti, anche i più
-audaci e meno rispettosi della dignità sacerdotale
-furono approvati da Roma. Nè certo è da meravigliare
-perchè la Curia romana teneva a fare
-osservare i suoi decreti sopra tutto in Milano, ove
-l'arcivescovo già da gran tempo era divenuto l'emulo
-del Papa. Da gran tempo nella Chiesa milanese
-alitava tale spirito d'indipendenza, che quando
-il legato di Roma, Pietro Damiani, nell'assemblea
-raccolta in Duomo prese la presidenza spettante
-per grado all'arcivescovo, lo stesso popolo che
-giorni prima s'era ribellato all'alto clero, levossi
-<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span>
-quindi in furore per rivendicarne l'oltraggiata dignità.<a class="tag" id="tag387" href="#note387">[387]</a>
-Urgeva adunque di ridurre alla soggezione
-di Roma il riottoso primate, e col fiaccarne la
-potenza, che da signore feudale s'era acquistata,
-si facea un gran passo.
-</p>
-
-<p>
-Ed a questa s'aggiungeva un'altra ragione
-perchè Roma si stringesse coi Patarini. L'arcivescovo
-Guido, creatura di Enrico III, e nominato
-da lui all'alta dignità, benchè non fosse della classe
-più nobile, era certamente legato alla causa imperiale
-molto più del suo predecessore Ariberto.<a class="tag" id="tag388" href="#note388">[388]</a> Per
-lo contrario la Curia Romana ed il partito delle
-riforme, che da principio avea commesse le sue
-sorti all'impero, alla morte di Enrico III, quando
-le fazioni presero a travagliare la corte della debole
-reggente gli si volse contro. Era ormai maturo il
-tempo, perchè il Papato, che per opera di Enrico
-s'era liberato dalla prepotenza dei conti romani, si
-liberasse alla sua volta anche dalla tutela imperiale.
-Nè tardò molto ad affermarlo pubblicamente il
-<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span>
-nuovo pontefice Niccolò II, il quale nel concilio
-del 1059 stabilì che da indi innanzi il Papa non
-sarebbe scelto nè dal popolo, nè dall'Imperatore,
-bensì dal collegio cardinalizio. Fiere opposizioni
-dovea suscitare quest'audace misura, e le suscitò
-di fatto; e la guerra apertamente dichiarata tra
-la Chiesa e l'Impero non poteva cessare nè agevolmente
-nè presto. In queste congiunture non giovava
-di certo alla Curia Romana che l'arcivescovato
-milanese conservasse e crescesse il suo prestigio
-all'ombra del favore imperiale. E ben si comprende
-come mettesse in opera tutti i mezzi per favorire
-i Patarini ai danni dell'arcivescovo, e della sua
-potestà temporale. A noi non tocca di rifare un
-racconto, già fatto maestrevolmente da altri;<a class="tag" id="tag389" href="#note389">[389]</a> ma
-ricordando le misure prese dalla Corte Romana lungo
-il ventennio delle lotte patariniche, mostreremo
-come la politica dei varii papi fosse sempre la stessa,
-nè si smentisse neanche se per favorire la Pataria ne
-fosse andata di mezzo la rigidità dell'ortodossia.
-</p>
-
-<p>
-Quando i Patarini, cresciuti di numero in grazie
-della pietà di Arialdo e dell'eloquenza di Arnolfo,
-invasero a mano armata il Duomo per iscacciarne
-di viva forza l'arcivescovo, celebrante i divini ufficii,
-Stefano IX prese sotto la sua protezione i promotori
-di questa violenza, che a lui si appellarono
-<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span>
-dalla scomunica del sinodo provinciale. Ed i legati
-che il Papa mandò per comporre i dissidii della classe
-milanese, furono i più validi sostegni della Pataria,
-Ildebrando ed Anselmo di Lucca.<a class="tag" id="tag390" href="#note390">[390]</a> E l'altro legato
-Pier Damiani, che il nuovo papa Niccolò II mandò
-in Lombardia, benchè forse meno aspro dei suoi
-predecessori verso l'arcivescovo, lo condannò pure
-ad una grave multa in punizione della simonia, e
-lo costrinse a prestargli il giuramento, ed a sottoscrivere
-la dichiarazione, che d'ora innanzi somministrerebbe
-gratuitamente gli ordini, nè più oltre
-sopporterebbe il matrimonio o concubinato dei
-preti.<a class="tag" id="tag391" href="#note391">[391]</a> La resistenza dell'arcivescovo era ormai fiaccata,
-talchè fu obbligato a prender parte a quel concilio
-romano, che tra le nuove misure sulla nomina
-<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span>
-del Pontefice,<a class="tag" id="tag392" href="#note392">[392]</a> e la condanna dei simoniaci cacciò
-come di soppiatto un articolo contro le investiture
-laicali.<a class="tag" id="tag393" href="#note393">[393]</a> Ed in omaggio a questo articolo il primate
-di Milano ebbe a ricevere novamente dal Papa
-l'investitura già avuta da Enrico III.<a class="tag" id="tag394" href="#note394">[394]</a>
-</p>
-
-<p>
-In questo stesso concilio fu preso per la prima
-volta contro i simoniaci ed i concubinarii un grave
-provvedimento, ripetuto dappoi molte altre volte.
-Si prescrisse, non dovere i fedeli ascoltare la messa
-di quel sacerdote che riconoscano per certa scienza
-concubinario.<a class="tag" id="tag395" href="#note395">[395]</a> I cronisti del tempo fecero le più
-alte meraviglie quando Gregorio VII ripropose
-questa misura, che capovolgea tutta la gerarchia,
-e facea dei laici i giudici del clero.<a class="tag" id="tag396" href="#note396">[396]</a> Ma dessa
-<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span>
-era un'arme di guerra, e guerra aperta si combatteva
-da gran tempo tra la Curia Romana ed il
-clero milanese. E le ire vie più si rinfocolarono
-quando alla morte di Niccolò i cardinali levarono
-sul soglio pontificio quell'Anselmo vescovo di Lucca,
-già legato in Milano, e creduto promotore delle
-agitazioni patariniche.<a class="tag" id="tag397" href="#note397">[397]</a> Nello scisma che allora insorse
-tra il Papa dei Cardinali e quello dell'Imperatrice,
-il clero milanese seguì in grande maggioranza
-le parti di quest'ultimo. E provocò nuovi
-rigori dalla Curia Romana, che ormai non abborriva
-di conseguire la vittoria col ferro e col fuoco. Talchè
-Alessandro II non dubitò di consegnare una bandiera
-pontificia nelle mani di Erlembardo, valoroso
-guerriero tornato testè dalla Palestina e succeduto
-al fratello Arnolfo nella difesa della causa patarinica.<a class="tag" id="tag398" href="#note398">[398]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span>
-</p>
-
-<p>
-Quest'atto era la consacrazione della guerra
-civile; ma la Corte Romana ormai era decisa a
-tutto, perfino a scomunicare l'arcivescovo, pochi
-anni innanzi investito dallo stesso papa. Tale misura
-però dette il crollo alla bilancia; ed i Patarini
-furono sopraffatti dai nemici, e lo stesso Arialdo,
-costretto a fuggire, fu preso e messo a morte dalla
-nipote dell'arcivescovo.<a class="tag" id="tag399" href="#note399">[399]</a> L'alto clero trionfava, ma
-<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span>
-non sì che a capo di dieci mesi Erlembardo non
-potesse rifarsi dei suoi danni, e muovere armata mano
-contro l'Isola Madre per riscuotere dall'empia Jezabel,
-come ei la chiamava, il corpo del martire
-suo compagno.<a class="tag" id="tag400" href="#note400">[400]</a> Le sorti in breve ora mutarono, e
-rientrato Erlembardo in Milano colla venerata salma,
-riprese le persecuzioni contro l'alto clero, certo più
-spietate di prima. Non furono risparmiate nè le
-case nè le vite, e a tale si venne che i legati pontificii
-<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span>
-ebbero a dare ordini severi contro gli stessi
-loro partigiani.<a class="tag" id="tag401" href="#note401">[401]</a>
-</p>
-
-<p>
-La lotta s'era fatta sempre più aspra; e non che
-smettere nuove ragioni s'apprestarono a rinfocolarla.
-L'arcivescovo Guido, che da venti anni reggeva
-la Chiesa di Milano, stanco dell'interminabile lotta,
-e ben sapendo che i Patarini prendevano accordi
-intorno al successore da dargli, pensò di cedere il
-suo ufficio ad un ecclesiastico, più nobile di lui, a
-nome Goffredo.<a class="tag" id="tag402" href="#note402">[402]</a> L'imperatore, Enrico IV, uscito da
-poco di tutela, accolse di buon animo la dimandata
-investitura, nella speranza che col nuovo arcivescovo
-i dissidii sarebbero cessati e l'autorità imperiale
-rinvigorita.<a class="tag" id="tag403" href="#note403">[403]</a> Ma per le opposte ragioni il papa non
-<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span>
-volle saperne di questa nomina, che frustrava i disegni
-da lungo tempo concepiti, e contraddiceva
-al canone contro le investiture laicali votate nel concilio
-del 1059. Perlochè Goffredo fu scomunicato<a class="tag" id="tag404" href="#note404">[404]</a> ed
-alla morte di Guido Erlembardo fece scegliere coll'intervento
-del delegato un sacerdote di nome Azzone.<a class="tag" id="tag405" href="#note405">[405]</a>
-Per tal guisa i partiti tornarono più accanitamente
-alle prese. L'alto clero fu talmente irritato
-dalla nuova scelta, che ruppe in aperta violenza,
-ed a furor di popolo fu trascinato il nuovo eletto
-alla chiesa di S. Maria, ed ivi più morto che vivo
-gli fu fatto giurare che non salirebbe mai sulla
-cattedra di S. Pietro.<a class="tag" id="tag406" href="#note406">[406]</a> Nè vi salì, ma non vi salì
-neanche Goffredo, combattuto fieramente da Erlembardo.
-(1071). A costui per verità non venne fatto
-d'impadronirsi del forte di Castiglione, ove l'arcivescovo
-scomunicato s'era rinchiuso; ma riescì in
-<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span>
-quella vece a sbarrare le porte di Milano, e a ridurre
-in sua mano il governo della città.
-</p>
-
-<p>
-In quel tempo (1073) fu assunto al pontificato
-Ildebrando, l'amico ed il protettore di Erlembardo,
-e questi si credeva ormai così sicuro del suo potere,
-che ogni giorno più cresceva di audacia ed intemperanza.
-Così per mostrare il suo odio e disprezzo
-contro i vescovi, che aveano riconosciuto a lor capo
-uno scomunicato, calpestò pubblicamente l'olio da
-uno di loro consacrato, sostituendovi altro d'ignota
-provenienza. E ricusando i vescovi di somministrare
-il battesimo nelle ferie pasquali di quell'anno e
-del seguente, ingiunse ad un semplice prete Luiprando,
-che facesse le loro veci.<a class="tag" id="tag407" href="#note407">[407]</a> Contro queste
-violenze suonarono ben alte le grida del clero,<a class="tag" id="tag408" href="#note408">[408]</a>
-ed in occasione di un incendio, che in quel torno
-distrusse la bella chiesa, ove fu consacrato Attone,
-si disse essere codesto un giusto giudizio dell'empietà
-commesse. L'ira dei Milanesi allora non conobbe
-<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span>
-più freno; i nemici di Erlembardo non posero
-tempo in mezzo ad irrompere armata mano
-contro di lui, ed il valoroso capitano cadde colla
-spada in pugno, martire della sua fede.<a class="tag" id="tag409" href="#note409">[409]</a> Non però
-la morte di Erlembardo restaurò le forze di Goffredo;
-e lo stesso Enrico lo ebbe ad abbandonare,
-scegliendo in sua vece un uomo più accetto, Tedaldo.<a class="tag" id="tag410" href="#note410">[410]</a>
-Ormai i dissidii milanesi scomparivano nella
-lotta delle investiture<a class="tag" id="tag411" href="#note411">[411]</a> che per la sua grandezza
-supera tutte le altre finora combattute.
-</p>
-
-<h4 id="cap3-1-II">II</h4>
-
-<p>
-Il gran disegno di ridurre tutto il clero maggiore
-e minore in balìa del Pontefice era attuato
-a mezzo fino a che un altro potere, il laicale, avesse
-in sua mano i beneficii; onde Gregorio non dubita
-di trarre le estreme conseguenze, e contrastare all'Imperatore
-<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span>
-antichissimi diritti. Ora si chiariva il segreto
-pensiero del Papa. La potestà pontificia dovea
-essere la fonte di tutte le autorità e temporali e
-spirituali. Il clero non dovea inchinarsi ad altro
-capo fuor del sommo Gerarca, e da lui solo avea
-a riconoscere non pure l'ufficio suo spirituale, ma
-benanco il possesso dei beni ed il dominio temporale.
-Nè faceva intoppo che per tal guisa si sarebbero
-capovolte tutte le norme giuridiche e politiche
-del tempo; e che il feudatario in omaggio
-al Papa avrebbe talvolta negata obbedienza al suo
-signore. Ormai il supremo signore era il Pontefice,
-e le parti tra il Papato e l'Impero affatto invertite.
-L'Imperatore avrebbe nominato il Papa, non il
-Papa l'Imperatore, perchè se il sommo sacerdote
-ha la potestà d'immettere nel loro ufficio alcuni
-principi dell'Impero, è naturale che eserciti lo stesso
-diritto sul Principe dei Principi. E questo era veramente
-l'ideale di Gregorio VII, la costituzione
-di una società mondiale, il cui capo fosse il vescovo
-di Roma, suprema autorità feudale, da cui come
-vassalli dipendessero tutti i principi, e primo fra
-tutti l'Imperatore.<a class="tag" id="tag412" href="#note412">[412]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma ora si scopriva una strana contraddizione
-tra il principio e la fine del movimento riformatore,
-il quale cominciato dal contrastare il fasto, la dissolutezza
-e talvolta il potere principesco dell'alto
-clero, finiva col mettere in mano del Papa la
-maggior copia di ricchezze, onori e potestà mondana.
-Se al supremo Gerarca è lecito di circondarsi
-degli splendori di una corte, perchè non debbono
-seguire il suo esempio e vescovi ed abbati? La
-riforma disciplinare sarà dunque messa in seconda
-linea, ed or che nè l'arcivescovo di Milano, nè altro
-al mondo può fare ombra alla Curia Romana, non
-si contrasterà più la potestà territoriale dei prelati.
-E purchè questi riconoscano nel Papa la fonte dell'autorità
-loro, vivano a lor modo, e camminino pure
-sulle orme degli Ariberti e dei Guidi.
-</p>
-
-<p>
-Per tal guisa i mali della Chiesa s'esacerbavano,
-e secondo la testimonianza preziosa di S. Bernardo,
-le intemperanze del clero metteano nuove radici e
-tanto più profonde, per quanto la Chiesa grandeggiava
-di potenza e splendore.<a class="tag" id="tag413" href="#note413">[413]</a> Nettampoco la quistione
-<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span>
-politica era risoluta, chè non ostante i trionfi
-di Canossa la vittoria del Papato vacillava non poco,
-e dopo tanto battagliare Callisto II, ebbe a sottoscrivere
-il compromesso del 1122, il quale se chiudeva
-la grande lotta delle investiture, non ispengeva
-il germe di nuovi contrasti. Il dissidio tra la Chiesa
-e l'Impero, insorto una volta non sarà più per comporsi;
-nè solo colla Germania avrà da battersi il
-Papato, ma colla Francia, coll'Inghilterra, col Senato
-di Roma, con tutti quei governi in una parola,
-che mal tolleravano le usurpazioni e frammettenze
-del potere ecclesiastico. E queste lotte in quell'età
-di violenti e rudi costumi tornavano egualmente
-funeste allo Stato ed alla Chiesa; e minacciavano
-l'esistenza stessa di ogni civile consorzio.
-</p>
-
-<h4 id="cap3-1-III">III</h4>
-
-<p>
-In questo tempo appare nella storia la misteriosa
-figura di Arnaldo da Brescia.<a class="tag" id="tag414" href="#note414">[414]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il moto patarino ebbe per risultato di togliere
-in molti luoghi ai vescovi la potestà territoriale
-che passò nei comuni, e così nacquero quelle repubbliche
-medievali con consoli e consigli e diritti
-e pretensioni baronali sui minori comuni. Questo
-accadde in Milano, e sarà accaduto anche in Brescia,
-ove però il vescovo non fu spogliato di tutta
-l'autorità, ma sembra prendesse parte coi Consoli
-all'amministrazione della Repubblica.<a class="tag" id="tag415" href="#note415">[415]</a> Si comprende
-come dovesse riescire faticoso questo governo misto,
-nel quale gli opposti elementi si odiavano e sospettavano
-a vicenda; e come le scissure del governo
-si ripercotessero nel popolo, diviso anche lui in partiti
-e fazioni. Uno dei capi del partito antivescovile
-<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span>
-par che fosse il famoso Arnaldo, il quale benchè
-prete e frate,<a class="tag" id="tag416" href="#note416">[416]</a> s'ispirava alle tradizioni patariniche,
-tal che pareva in lui rivivesse lo spirito austero
-degli Arialdo ed Erlembardo, santificati dalla Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Questo rigido sacerdote, che al dire dell'<i>Historia
-pontificalis</i> carnem suam indumentorum asperitate et
-inedia macerabat,<a class="tag" id="tag417" href="#note417">[417]</a> mal tollerava che il clero s'inframmettesse
-nei negozii mondani,<a class="tag" id="tag418" href="#note418">[418]</a> e contro il proprio
-vescovo, semprepiù avido di maggior potere, levava
-alta la voce, infiammando il popolo a tal segno, che
-nel tornare quel prelato da Roma, a fatica potè
-rientrare nella sua diocesi.<a class="tag" id="tag419" href="#note419">[419]</a> Non diversamente s'era
-condotto un tempo Arialdo, e contro l'arcivescovo
-milanese e il clero maggiore ben più gravi tumulti
-avea sollevato nel popolo. Ma ora i tempi eran
-mutati, nè sulla cattedra di S. Pietro sedevano gli
-<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span>
-Alessandro II e i Gregorio VII, nè gl'interessi della
-Corte pontificia del secolo decimosecondo pareggiavan
-quelli dell'undecimo.
-</p>
-
-<p>
-Di queste condizioni consapevole il prelato bresciano
-s'appellò a Roma contro il mal capitato canonico,
-e se non ottenne dal Concilio lateranense
-del 1139<a class="tag" id="tag420" href="#note420">[420]</a> la condanna esplicita delle dottrine arnaldiane,
-ebbe dal Papa quello che più gli premea di
-conseguire, l'allontanamento del pericoloso oratore.
-Arnaldo infatti fu deposto con decreto pontificio
-dall'uffizio suo, e cacciato in bando oltremonti.<a class="tag" id="tag421" href="#note421">[421]</a> È
-dubbio se gli fosse proibito anche il predicare.
-Ottone di Frisinga lo dice apertamente;<a class="tag" id="tag422" href="#note422">[422]</a> ma S. Bernardo
-non sa nulla di questo divieto; nè forse
-alla Curia romana premeva di chiudere la bocca
-all'esule sacerdote, convinta che fuori della patria
-la sua parola non sarebbe nè cercata nè temuta.
-Comunque sia, è fuor di dubbio che Arnaldo riparò
-in Francia, ove secondo Ottone di Frisinga era già
-<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span>
-stato da giovane per udirvi le lezioni d'Abelardo.<a class="tag" id="tag423" href="#note423">[423]</a>
-E vi tornò appunto in quel tempo, in cui il Concilio
-di Sens dovea decidere sulle sorti del filosofo
-palatino, accusato da San Bernardo. L'esule bresciano
-s'adoperò gagliardamente pel suo maestro,<a class="tag" id="tag424" href="#note424">[424]</a>
-e quando fu pronunziata la sentenza, e l'infelice
-condannato si ridusse nella solitudine di Cluny, ei
-restò impavido sulla breccia, ed occupata la cattedra
-deserta, seguitò ad esporre la Bibbia nello stile
-di Abelardo, e forse più di lui insisteva sul contrasto
-tra i primi vescovi della Chiesa, e quelli che
-allora disonoravano il loro ministero coll'avarizia
-ed il desio di beni mondani, e alle mollezze del
-secolo s'abbandonavano, e voleano edificare la Chiesa
-sul sangue.<a class="tag" id="tag425" href="#note425">[425]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dell'efficacia di questo insegnamento non è a
-dubitare. Chi l'impartiva, educato agli studii classici,
-possedeva il segreto dell'eloquenza, che vince
-<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span>
-le menti,<a class="tag" id="tag426" href="#note426">[426]</a> e maggiore autorità dava alle sue parole
-coll'esempio di una vita intemerata ed austera
-che imponeva il rispetto anche ai nemici. Talchè
-S. Bernardo, ben conto dei pericoli che sovrastavano
-all'opera sua, s'adoperava in tutte le guise
-per ridurre al silenzio questo nuovo apostolo, pari
-al maestro per ingegno e dottrina, ma d'animo più
-gagliardo. Già fin dalla chiusura del concilio con
-lettere affannose avea sollecitata da Innocenzo II
-la condanna del palatino e del bresciano insieme;
-pervenutogli poi il decreto pontificio, che non pure
-condannava i novatori ma ne ordinava l'arresto,<a class="tag" id="tag427" href="#note427">[427]</a>
-si mise in cerca di chi si prestasse ad eseguirlo.
-E fallitogli il tentativo presso il re di Francia, dal
-quale ottenne solo ed a stenti l'espulsione di Arnaldo,<a class="tag" id="tag428" href="#note428">[428]</a>
-si volse al vescovo di Costanza nella cui
-diocesi s'era quegli rifugiato,<a class="tag" id="tag429" href="#note429">[429]</a> pregandolo di far
-<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span>
-discacciare il ramingo, se pur non gli riescisse di
-chiuderlo in prigione.<a class="tag" id="tag430" href="#note430">[430]</a> Ma non tutti la pensavano
-come l'impetuoso abate. Nè soltanto l'ordine di
-arresto non fu eseguito;<a class="tag" id="tag431" href="#note431">[431]</a> ma perfino un cardinale
-di S. Chiesa, e legato per giunta,<a class="tag" id="tag432" href="#note432">[432]</a> in luogo di perseguitare
-il profugo sacerdote, lo accolse ospitalmente,
-e della sua egida lo ricoperse. E indarno
-il Chiaravallese gli scrisse una delle sue lettere più
-ardenti;<a class="tag" id="tag433" href="#note433">[433]</a> l'accorto porporato non si lasciò prendere
-all'amo, chè ei ben sapea discernere gl'interessi
-della Chiesa da quelli del fanatismo. Pare anzi che
-con lo stesso legato Arnaldo abbia fatto ritorno in
-<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span>
-Italia, e che per opera di lui si sia rappattumato
-col novo papa Eugenio III.<a class="tag" id="tag434" href="#note434">[434]</a>
-</p>
-
-<p>
-Sembra molto strano che l'esule bresciano, il
-proscritto da Innocenzo, trovi grazia appo Eugenio,
-presso quello stesso Papa, che avrebbe dovuto più
-che altri seguire i consigli di S. Bernardo, stato
-già suo maestro;<a class="tag" id="tag435" href="#note435">[435]</a> e qualcuno potrebbe essere indotto
-a dubitare della veracità dell'<i>Historia pontificalis</i>.
-Ma la testimonianza del Sarisberiense, come
-ha dimostrato il Giesebrecht, è fuor di discussione;
-ed io stimo che si possano sciogliere le dubbiezze,
-ove si studii più addentro nei fatti.<a class="tag" id="tag436" href="#note436">[436]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span>
-</p>
-
-<p>
-Non appena assunto al pontificato Eugenio III
-ebbe dal suo venerato maestro il libro <i>De Consideratione</i>,
-ove è svolta maestrevolmente la quistione
-del giorno, quella stessa, che solea trattare Arnaldo
-nelle sue predicazioni, e che oggi si direbbe del
-potere temporale. S. Bernardo comincia dallo stabilire
-che la Chiesa non possiede per diritto apostolico;
-chè gli apostoli non potevano dare quel che
-non aveano.<a class="tag" id="tag437" href="#note437">[437]</a> E se non possiede per sè, mal può
-farsi distributrice di terre, e giudice di possessi.
-Quale apostolo mai si attribuì questo potere?<a class="tag" id="tag438" href="#note438">[438]</a> Nè
-tampoco la Chiesa è fatta per dominare, chè a lei
-non lo scettro, ma il sarchio si conviene; e chiaramente
-traspare dagli Evangelii il divieto della
-dominazione mondana.<a class="tag" id="tag439" href="#note439">[439]</a> Nè mai Pietro si ornò di
-<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span>
-gemme o di seriche vesti, nè su bianco cavallo fu
-portato, nè gli si stringevano attorno soldati e ministri.<a class="tag" id="tag440" href="#note440">[440]</a>
-Ed i possessi e il dominio, e l'aureo manto
-e l'armi non spettano a chi fu commesso l'umile
-ufficio di pascere il suo gregge;<a class="tag" id="tag441" href="#note441">[441]</a> bensì ai re e
-principi della terra. Nè giova che l'una podestà
-invada i confini dell'altra, e meni la sua falce nell'altrui
-messe.<a class="tag" id="tag442" href="#note442">[442]</a> Ma non perchè si spogli di queste
-mal tolte attribuzioni, la dignità del sommo sacerdote
-vien menomata. Chè per quanto egli si estolga
-su tutti gli altri uomini, non può certo farsi maggiore
-del Signor suo, nè al discepolo conviene usurpare
-titoli ed ufficii che al maestro non piacque
-di assumere.<a class="tag" id="tag443" href="#note443">[443]</a> E d'altra parte ridotta al solo spirituale
-l'autorità del Papa non cessa per tanto dal soprastare
-a quella di tutti i principi della terra; non
-<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span>
-essendovi alcun re o imperatore, cui come al Papa
-appartengano le due spade, la temporale e la spirituale.<a class="tag" id="tag444" href="#note444">[444]</a>
-Con questa differenza che quella viene sguainata
-per suo cenno, ma non dalla sua mano, questa
-anche dalla mano. La spada temporale deve essere
-adoperata per la Chiesa, non dalla Chiesa.<a class="tag" id="tag445" href="#note445">[445]</a>
-</p>
-
-<p>
-Da queste citazioni è facile raccogliere la dottrina
-di S. Bernardo. Non avendo lo Stato un contenuto
-morale suo proprio, la podestà terrena fino
-a che non sia consacrata dal Capo della Chiesa, pare
-agli occhi del Chiaravallese rude forza non ancora
-tramutata in diritto; concetto comune a tutto il
-Medio Evo, e dai ghibellini non meno accettato
-che dai guelfi. Ma ciò non importa che la Chiesa
-stessa debba godere autorità territoriale. Superiore
-a tutti i principi della terra, ella non può discendere
-al loro livello, nè esercitare un potere materiale
-come il loro; fonte di ogni autorità, la impartisce
-agli altri, senza serbare per sè nessuna
-parte che non sia del tutto spirituale. Il concetto
-<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span>
-di S. Bernardo dovea menare diritto al vicariato.
-Il Micado per dedicarsi esclusivamente agl'interessi
-spirituali tralascia la cura delle terrene cose, la
-cui amministrazione affida al primo tra i principi
-del paese. E questi, il Taicun, ha bensì il vero potere
-nelle mani, ma l'esercita nel nome del Micado.
-</p>
-
-<p>
-Non dobbiamo qui dare un giudizio di questo
-sistema, il più ecclettico che sia mai apparso. Ma
-certo è che ad Eugenio sorrise non poco, e ben presto
-messolo in pratica nell'accordo che strinse colla
-Repubblica romana, si fece restituire dal popolo
-romano il diritto di sovranità, esercitata dai suoi
-predecessori, ma nel contempo s'impegnò di trasferirne
-il potere nel Senato romano, come suo
-vicario.<a class="tag" id="tag446" href="#note446">[446]</a> Non è improbabile che a questo componimento
-assentisse anche Arnaldo, e per tal guisa
-spiegheremmo agevolmente come andasse assolto
-dalle antiche censure, e gli fosse data licenza di
-starsene a Roma.
-</p>
-
-<p>
-Ma non andò molto che si scopersero i vizii
-di quell'artifizioso congegno, che metteva alle prese
-due autorità, una di nome, l'altra di fatto. Non
-conosciamo le scissure che ebbero luogo in quel
-tempo tra il Papa ed il Senato di Roma; certo
-è che nella primavera del 1146 Eugenio fuggì da
-Roma, e l'anno appresso dall'Italia. Fallito così
-l'accomodamento ricominciò la lotta con maggior
-vigore. Ormai non era più tempo di mezzi termini,
-<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span>
-ed Arnaldo riprese il linguaggio antico, e nelle sue
-calde predicazioni sfolgorava per primo i cardinali,
-nuovi scribi e farisei che si adunano nel tempio,
-come in mercato, a trattar di negozii mondani e
-provvedere al loro fasto ed ingordigia. Nè risparmiava
-il Papa, a cui negava il nome di uomo apostolico
-e pastor delle anime; perchè gli apostoli
-non promoveano incendi e rapine come lui; nè nel
-sangue fondavano il loro regno spirituale.<a class="tag" id="tag447" href="#note447">[447]</a> E da
-queste premesse diritto conclude non doversi obbedienza
-nè al Papa nè ai Cardinali, che non sono
-la vera Chiesa di Dio; nè aversi a tollerare che il
-Papa rientri in quella città, cui vuole ridurre a
-servitù, lei la fonte della libertà, la sede dell'impero
-e la regina del mondo.<a class="tag" id="tag448" href="#note448">[448]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span>
-</p>
-
-<p>
-Arnaldo era dunque l'oratore della Repubblica,
-il temuto tribuno che nel breve giro di pochi mesi
-avea saputo guadagnarsi il favor popolare così da
-movere le masse a suo talento. Ben comprese il Senato
-romano di quanto giovamento potesse tornargli
-questo sacerdote, di vita austera ed intemerata, che
-spietatamente metteva a nudo le magagne del clero,
-e ad un profondo sentimento religioso aggiungeva
-il culto della Roma antica, e la fede invitta nei
-suoi nuovi destini. E con giuramento solenne Arnaldo
-ed il Senato romano si strinsero in un patto,
-quegli di consacrare tutta l'opera sua in servigio
-della Repubblica, questi di difenderlo a tutti i costi
-dalle insidie nemiche. L'uno e l'altro seppero mantenere
-la lor fede.<a class="tag" id="tag449" href="#note449">[449]</a> E quando nel 1149 fu costretto
-il Senato a rappaciarsi con Eugenio, non permise
-che rientrando il Papa nella città eterna, ne fosse
-bandito lo scomunicato tribuno. Mirabile fermezza,
-che permise ad Arnaldo di seguitare a vivere in
-Roma, ove sarebbe rimasto tuttora se il successore
-di Eugenio e di Anastasio, Adriano IV, fulminando
-<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span>
-l'interdetto, non avesse indotto il credulo popolo
-a chiederne lui stesso l'allontanamento.
-</p>
-
-<p>
-Da quel giorno i destini di Arnaldo furon decisi.
-Indarno i Visconti di Compagnatico lo sottrassero
-al cardinale Odone, in potere del quale era
-caduto presso Bricole in Val d'Orcia.<a class="tag" id="tag450" href="#note450">[450]</a> Pochi uomini
-di Federigo Barbarossa bastarono a ritoglierlo ai
-suoi salvatori; nè il re tedesco, cui premeva di sgombrarsi
-la via all'incoronazione, dubitò di consegnarlo
-al Papa. E questi non pago di farlo mandare a
-morte,<a class="tag" id="tag451" href="#note451">[451]</a> ne fece bruciare il cadavere e disperdere nel
-<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span>
-Tevere le ceneri, <i>ne a stolida plebe corpus ejus veneratione
-habetur</i>, come dice il cronista.<a class="tag" id="tag452" href="#note452">[452]</a> Preziosa
-confessione, che mostra in qual concetto di santità
-era tenuto il tribuno, e di quanto odio lo rimeritasse
-la Curia Romana.
-</p>
-
-<h4 id="cap3-1-IV">IV</h4>
-
-<p>
-Qual'era la dottrina di Arnaldo, per quanto almeno
-possiamo raccoglierla dalle scarse testimonianze?
-Noi dicemmo già quali erano le lotte che
-scoppiarono in quel tempo tra l'autorità religiosa
-e la civile, e di quanti mali fosse cagione questo
-dissidio.<a class="tag" id="tag453" href="#note453">[453]</a> A questi mali così profondi ed annosi un
-rimedio solo s'aveva energico, infallibile e tale che
-li avrebbe tagliati dalla radice, e la grande mente
-del bresciano seppe scoprirlo. Perchè il mondo abbia
-pace, ei diceva, fa d'uopo che la Chiesa torni
-alla purità e semplicità dei tempi apostolici, e ben
-si persuada che il Vangelo non tollera anzi vieta
-<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span>
-ai ministri del Signore il possesso di beni temporali,
-e che i preti e frati renitenti a spogliarsi delle
-molte ricchezze si danneranno irreparabilmente. Non
-al clero spetta la proprietà delle terre che ora
-sfrutta, bensì al Principe o allo Stato, al quale
-deve restituirsi questa gran massa di beni, perchè
-sia adoperata in servigio non di una casta, ma della
-società tutta.<a class="tag" id="tag454" href="#note454">[454]</a> Fatidiche parole, che sembrano scritte
-ai nostri giorni, ma di quei tempi doveano riuscire
-ben dure ad intendersi. Ricordiamo che prima di
-Arnaldo un Papa d'alta mente, Pasquale II (1099-1118),
-a por fine alla guerra con Enrico V, avea
-pattuito che l'Imperatore rinunziasse alle investiture,
-e per compenso i vescovi restituissero i lor
-feudi all'Impero.<a class="tag" id="tag455" href="#note455">[455]</a> Ma il pensiero geniale del Papa,
-benchè meno radicale di quello di Arnaldo, non fu
-meglio accolto da entrambi i partiti. La società
-non era ancor matura per queste ardite innovazioni,
-e come nel 1109 Enrico V ai vescovi tedeschi, tumultuanti
-nel S. Pietro, dichiarava non desiderare
-la separazione propostagli dal Papa, così parecchi
-anni più tardi, nel 1154, il Barbarossa si fa esecutore
-<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span>
-della vendetta pontificia contro quel sacerdote
-che sosteneva a viso aperto i diritti dello Stato.
-</p>
-
-<p>
-Ma se le idee di Arnaldo non erano conformi
-allo spirito dei tempi, non per questo si doveano
-tenere per eretiche. Lo stesso Pasquale II nel trattato
-stretto con Enrico V avea dichiarato contrario
-ai canoni, che il clero coprisse un ufficio politico,
-e prestasse servizio nell'esercito, e si fosse insieme
-servi dell'altare e della Corte.<a class="tag" id="tag456" href="#note456">[456]</a> Nè suonavano diverse
-le dichiarazioni di S. Bernardo, il quale ben
-comprendeva come tutte le idee di Gregorio VII
-non potessero attuarsi di pari passo, essendo il primato
-politico della Chiesa il più forte ostacolo alla
-riforma della disciplina. Non fa dunque meraviglia
-che qualche ecclesiastico abbracciasse le opinioni
-di Arnaldo, senza credere per questo di venir meno
-alla sua fede ed al suo ufficio. Questo sappiamo
-dallo stesso breve di Eugenio III, il quale, com'è
-stato più volte notato, chiama Arnaldo scismatico
-non eretico.<a class="tag" id="tag457" href="#note457">[457]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span>
-</p>
-
-<p>
-E certamente se le dottrine arnaldistiche avessero
-avuta attinenza soltanto col potere politico o
-la posizione economica del clero, non potrebbero
-esser dette ereticali. E dovremmo assentire al Giesebrecht
-che scagiona Arnaldo di ogni accusa di
-eresia. Ma non possiamo negare che con quelle
-dottrine politiche ed economiche strettamente si
-legavano altre, che non sono rigidamente ortodosse.
-Arnaldo stesso, come già riferimmo dalla <i>Historia
-pontificalis</i>, sosteneva il Collegio dei cardinali non
-essere la Chiesa di Dio, il Papa non essere un uomo
-apostolico, e a lui non doversi nè obbedienza nè
-riverenza.<a class="tag" id="tag458" href="#note458">[458]</a> Non più aspro era il linguaggio degli
-<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span>
-eretici, le cui invettive, imagini, e citazioni son
-fedelmente riprodotte dagli arnaldisti. Basta leggere
-la lettera, che uno di essi il Wezel,<a class="tag" id="tag459" href="#note459">[459]</a> scrive a
-Federico I. I preti d'oggi, ei dice, sono i falsi dottori
-di cui parla Pietro, che per avarizia mercanteggiano
-le anime loro affidate, gozzovigliano nei
-conviti, e gli occhi han pieni di adulterio. Ei son
-quelli per cui la via della verità sarà bestemmiata,
-e di loro si può dire essere fonti senz'acqua.<a class="tag" id="tag460" href="#note460">[460]</a> Nè
-possono ripetere con Pietro: <i>tutto abbiamo lasciato e
-te abbiamo seguito, o signore</i>, nè molto meno: <i>io non
-ho nè argento nè oro</i>. Nè di loro si può dire che
-sono il sale della terra, o la luce del mondo come
-dice Matteo: ma piuttosto lor conviene il versetto
-che segue: <i>se il sale diviene insipido, con che salerassi
-egli? non val più nulla siffatto sale, se non ad
-essere gittato via, e calpestato dagli uomini</i>.<a class="tag" id="tag461" href="#note461">[461]</a> Chi dice
-<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span>
-di credere in Cristo deve camminar come lui, e chi
-non conosce Dio, e non osserva i suoi comandamenti
-mentisce. E Cristo stesso disse: <i>se non farò
-le opere del padre, non mi credere</i>. E se a Cristo
-che fu senza peccato non s'avea a credere senza
-le opere, come mai si dee prestar fede a costoro,
-che mal s'avvisano ed operano il male pubblicamente?
-Come potete parlare del bene, quando siete
-cattivi? Non ha detto il signore stesso <i>la vostra
-fede senza le opere è morta</i>?<a class="tag" id="tag462" href="#note462">[462]</a> E come mai costoro,
-ingordi di ogni ricchezza, possono ascoltare il primo
-tra i precetti dell'Evangelo: <i>beati i poveri di spirito</i>?
-</p>
-
-<p>
-Degli stessi testi si servivano i Catari e si varranno
-i Valdesi per combattere la supremazia del
-Papa. Ma da queste premesse traevano agevolmente
-la conclusione: che se i preti sono ormai così lontani
-dal Vangelo non si può loro obbedire senza
-peccato. Il sacerdote, dicevan gli eretici, è capo
-della Chiesa, ed a quel modo che ove sia infermo
-il capo, tutte le membre illanguidiscono, così il
-sacerdote non può essere indegno senza coinvolgere
-nella colpa sua tutta la Chiesa che governa. Onde
-egli è come il lievito di cui al dir di S. Paolo, poca
-<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span>
-quantità empie di sè la pasta tutta. Non si possono
-servire due padroni nello stesso tempo, secondo
-Matteo; onde il prete malvagio non può servire Dio,
-ei che serve il diavolo, nè può essere di quello il
-degno ministro presso i fedeli.<a class="tag" id="tag463" href="#note463">[463]</a> Traevano le stesse
-conseguenze gli Arnaldisti. A loro non si rimprovera
-nè il dualismo, nè la metempsicosi, nè l'abolizione
-delle dignità ecclesiastiche o delle feste e
-delle pratiche religiose. No, il solo punto nel quale
-essi differiscono dai Cattolici è questo, che dicono
-non doversi accogliere i sacramenti dal prete che
-si riconosce malvagio;<a class="tag" id="tag464" href="#note464">[464]</a> tutto al contrario della dottrina
-cattolica secondo la quale il carattere sacro
-è indelebile, qualunque sieno le opere del sacerdote,
-fino a che non abbia avuto luogo la deposizione.
-E fino a questo punto non è lecito negare
-obbedienza al sacerdote, e molto meno disdegnare
-la somministrazione del sacramento. Il sacerdote in
-<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span>
-rapporto del sacramento non è se non uno strumento
-passivo, nè perchè si compia il miracolo eucaristico
-importa che il celebrante sia puro. Anche
-contro i meriti di chi lo consuma, il pane si converte
-nel corpo di Cristo; e sia pure indegno il
-confessore, l'assoluzione che ei pronunzia ha sempre
-la stessa efficacia di lavare ogni macchia di
-peccato.<a class="tag" id="tag465" href="#note465">[465]</a>
-</p>
-
-<p>
-Possiamo dunque concludere che se rispetto agli
-altri sacramenti Arnaldo e gli Arnaldisti erano ortodossi
-schietti, nè abbiamo alcuna prova che errassero
-intorno all'eucaristia; per quel che riguarda
-l'ordine sacro la pensavano invece tutt'altrimenti
-dai Cattolici.
-</p>
-
-<p>
-Prima degli Arnaldisti erano venuti alle stesse
-conclusioni i Patarini, i quali nel combattere i preti
-concubinari o simoniaci, finivano collo sconoscerne
-il carattere sacerdotale, prima che l'autorità competente
-si fosse pronunziata. Ricordammo altre volte
-quel tale di Cambray che predicava intorno al 1077
-non doversi obbedienza ai preti simoniaci o concubinari,
-nè potere essi celebrar messa, nè i fedeli
-<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span>
-ricevere da loro i sacramenti. Il patarino francese
-fu giudicato come eretico, e condannato al rogo, e
-sebbene Gregorio VII protestasse contro la selvaggia
-esecuzione, e volesse punirne gli autori, pure
-non si può negare che l'accusa di eresia non fosse
-niente affatto infondata.<a class="tag" id="tag466" href="#note466">[466]</a> Senza dubbio la dottrina
-del predicatore di Cambray non era diversa da
-quella che Gregorio VII sosteneva,<a class="tag" id="tag467" href="#note467">[467]</a> ed avea fatto
-accogliere nei varii concilii che si succedettero
-dal 1059 in poi ma non per questo diveniva più
-ortodossa,<a class="tag" id="tag468" href="#note468">[468]</a> e non andrà molto tempo che la Curia
-<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span>
-stessa la ripudierà condannando negli Arnaldisti quei
-Patarini che un tempo avea levati sugli altari.
-</p>
-
-<p>
-Se occorressero altre prove della scarsa ortodossia
-degli Arnaldisti, potrei addurre questa che
-mi sembra di non poca importanza. Già dicemmo
-a suo tempo che i Valdesi si dividevano in Poveri
-di Lione, e Poveri Lombardi. La dottrina particolare
-di questi ultimi, come apparisce dall'anonimo
-di Passau, afferma non potere il cattivo sacerdote
-consacrare il corpo di Cristo, nè Dio discendere
-alle preghiere di lui. Notammo già nel capitolo
-precedente, che su questo punto i Poveri Lombardi
-si mostravano inconciliabili con quelli d'oltremonti.
-Il che ci fa intravvedere che i Valdesi, venuti in
-Lombardia e trovati ivi i seguaci di Arnaldo, che
-al dir dell'<i>Historia pontificalis</i> si chiamavano già
-eretici lombardi, si fusero con loro, e tra gli altri
-<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span>
-punti di dottrina questo misero in evidenza, in cui
-e Valdesi ed Arnaldisti concordavano, che al ministro
-creduto indegno non si debba prestare nè
-onore nè obbedienza. Quali conseguenze si possano
-trarre da questo concetto non è mestieri che dica.
-Solo noterò che coll'elevarsi il fedele a giudice dei
-sacerdoti viene scossa dalle fondamenta la gerarchia
-cattolica, e crollato questo edificio così sapientemente
-architettato, è aperta la via ad ulteriori e
-più radicali riforme.
-</p>
-
-<p>
-Anche in questo punto il risultato del movimento
-patarinico dovea cozzare col suo principio.
-Cominciato dal combattere quei prelati, che minacciavano
-di levarsi in alto contro i diritti e le pretensioni
-del sommo Gerarca, finisce coll'introdurre
-un principio che a lungo andare sarà per distruggerne
-l'autorità. Io non voglio affermare che gli
-Arnaldisti avessero consapevolezza della loro rottura
-col cattolicismo; le loro divergenze erano limitate
-a pochissimi punti, ed anche in questi potevano
-invocare in loro favore l'autorità dei concilii, talchè
-più che eretici si potevan dire e furon detti
-scismatici. Ma ove pure essi si credessero in buona
-fede migliori cattolici dei loro avversari, ciò non
-prova che fossero in realtà. Anche i Poveri di
-Lione si credevano così schiettamente cattolici, che
-chiesero a due pontefici il riconoscimento del loro
-sodalizio.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap3-1-V">V</h4>
-
-<p>
-Ed ora possiamo riassumere tutto lo sviluppo
-di questo moto ereticale. Il principio di questa profonda
-agitazione dello spirito religioso s'ha da
-porre nel catarismo, che voleva sostituito al domma
-dell'unicità di Dio, o del creatore quello del dualismo,
-ed alla Chiesa cattolica già gerarchicamente
-costituita opponeva un'altra, che avesse anch'essa
-i suoi sacerdoti e vescovi, e perfino anche un papa.
-Ma per combattere la Chiesa di Roma il catarismo
-dovea accogliere e difendere tutte quelle dottrine,
-che nate da ben altre tendenze avean pure lo stesso
-risultato di scalzare l'edificio cattolico. Il catarismo
-è iconoclasta, berengariano, docetista e simiglianti.
-Il che fa sì che nella vecchia eresia si formino
-due nuclei eterogenei; il primo formato dalle
-dottrine dommatiche dualistiche, cagione di austero
-ascetismo, e di stravaganti superstizioni; il secondo
-composto in gran parte dalle dottrine più
-o meno razionalistiche, che cercavano di ridurre
-ognor più il mistero, limitavano al possibile la
-sfera d'azione dell'autorità, e tendevano a sopprimere
-a poco a poco il bisogno degl'intermediarii
-tra l'uomo e Dio. La differenza, anzi opposizione
-tra queste due parti fece sì, che la seconda si staccasse
-dalla prima, e mentre quella si rendea sempre
-più estranea al genio occidentale, questa seguia
-<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span>
-trionfante il suo corso, e col tempo da valdese
-tramutossi in protestante.
-</p>
-
-<p>
-Ma i Catari ed i Valdesi per quanto discordi
-nei convincimenti dommatici si accordano nell'indirizzo
-pratico delle dottrine, e contro le ricchezze
-e gli ozi del clero vogliono far rifiorire i costumi
-apostolici, e non apprezzano se non la povertà, il
-disinteresse, la rinunzia ad ogni bene o piacere
-mondano. In questo indirizzo pratico conviene una
-terza setta, la quale benchè più ortodossa dei Valdesi,
-non è meno di loro sollecita delle riforme
-dei costumi.
-</p>
-
-<p>
-Questa terza setta è quella che al principio
-delle riforme si chiamò dei Patarini, e più tardi
-venne detta degli Arnaldisti. Non è a dire che in
-qualche punto dommatico non s'allontani anche
-lei dalla Chiesa costituita, ma forse ella si credeva
-sinceramente cattolica e si conservò tale fino
-a che non si fuse coi Valdesi. E quando questa
-setta scomparve, un'altra ne sorse in luogo suo
-predicando con maggiore energia le stesse massime.
-E questa è la setta dei Gioachimiti, che riconoscono
-a lor capo l'abate calabrese, di spirito profetico
-dotato, il quale alla dottrina della povertà
-e dell'abnegazione attribuisce un valore e significato
-più generale, e crede che ella debba rigenerare
-non pure i preti e i frati, ma la società tutta,
-che dovrebbe a mente sua formare un vasto cenobio;
-talchè mutato con questa trasformazione l'ordinamento
-della società e della Chiesa, sottentrerebbe
-<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span>
-una nova età, un terzo periodo nella storia del
-mondo, il regno dello Spirito Santo. Con l'abate
-Gioacchino la storia dell'eresia entra in una nuova
-fase, che ha caratteri affatto opposti al precedente.
-Nel primo periodo dell'eresia catara per successive
-attenuazioni si riesce allo scisma arnaldistico, nel
-secondo dallo scisma gioachinita per successivi rinforzamenti
-si arriva all'eresia degli apostolici.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span>
-</p>
-
-<h2 id="libro2">LIBRO SECONDO
-<span class="smaller">DALLO SCISMA ALL'ERESIA</span></h2>
-
-<h3 id="cap1-2">CAPITOLO I
-<span class="smaller">L'ABBATE GIOACCHINO</span></h3>
-</div>
-
-<p>
-Sono molto discordi i giudizii intorno al
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Calavrese abate Gioacchino</p>
-<p class="i01">Di spirito profetico dotato,</p>
-</div></div>
-
-<p>
-nè fa maraviglia; perchè chi attenda alla sua incontrastata
-pietà, all'ampia e solenne dichiarazione
-di sottomettersi al giudizio di Roma, e ritrattare
-tutto quello che nei suoi scritti si trovasse di meno
-ortodosso; chi ricordi l'ordine florense ed il cenobio
-da lui fondato, se anche non presti fede ai miracoli
-che si raccontano di lui, certo lo metterà tra
-i più ortodossi asceti del medio evo. E la Chiesa
-stessa lo disse beato, e permise che si levasse un
-altare sul suo sepolcro nell'abbazia di S. Giovanni
-in Fiore, nè solo i Benedettini, ma benanco
-i Gesuiti ne inserirono la vita nelle agiografie. Ma
-d'altra parte non si può negare che nel Concilio
-<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span>
-lateranense del 1215 furono solennemente condannate
-alcune dottrine teologiche dell'abate calabrese,
-e più tardi nel 1254 una Commissione di cardinali
-raccolse dalle sue opere autentiche una messe
-abbondante di opinioni e sentenze poco ortodosse.
-Oltrechè lo stesso nome di profeta appar sospetto
-alla rigida autorità ecclesiastica, perchè di santi la
-Chiesa cattolica ne riconosce moltissimi, ma di profeti
-neppur uno, chè secondo molti dottori la vena
-profetica andò del tutto esaurita dopo la venuta del
-Messia, quando null'altro aveano a predire i veggenti
-del futuro, fuor che novità pericolose. Codesta
-disputa tra gli apologisti e i contraddittori
-dell'abate calabrese dura da un pezzo, nè sarà per
-ismettere, attendendo gli uni alla purità degl'intendimenti,
-e gli altri al tenore delle dottrine. Ma
-comunque si componga, a noi corre l'obbligo di
-aprire questo secondo libro col profeta calabrese.
-Perchè se anche dell'ortodossia di lui non si fosse
-dubitato punto, e concordemente fosse venerato
-sugli altari, non sarebbe men vero per questo che
-nel suo nome si levarono, e dalle sue opere presero
-le mosse alcune sètte manifestamente ereticali.
-</p>
-
-<h4 id="cap1-2-I">I</h4>
-
-<p>
-Dell'abate Gioacchino è molto difficile ricomporre
-la biografia sulle scarse notizie a noi pervenute.
-Del cenobio di Fiore, da lui fondato, non resta
-ormai se non l'antica mole, e se dura l'incuria
-<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span>
-nostra, tra poco cadrà ancor quella. I tesori e le
-memorie della ricca abbazia andaron dispersi, ed i
-cronisti antichi bisogna adoperarli con molta circospezione,
-se non si vuol cadere in gravi errori,
-come toccò al De Lauro.<a class="tag" id="tag469" href="#note469">[469]</a> Nessuna cronaca ci dice
-nè la data della nascita nè quella della morte. Ma
-quest'ultima può essere determinata con certezza
-da due documenti riportati dall'Ughelli, dove appare
-ancor vivo nel settembre del 1201 e già morto
-nel giugno 1202. La morte adunque accadde nel
-frattempo, e propriamente il 30 marzo 1202; perchè
-sappiamo da Luca che morì di sabato quindici
-giorni avanti la Pasqua.<a class="tag" id="tag470" href="#note470">[470]</a> Non è così facile determinare
-<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span>
-l'anno della nascita. I calcoli del De Lauro,
-che lo crede nato nel 1111 sono tutti fondati sopra
-una profezia che avrebbe fatta Gioacchino sulla
-neonata principessa Costanza. Ma così la profezia,
-come tutto il racconto intorno a questa principessa,
-che il De Lauro attinse dal Fazelli, è un tessuto di
-favole. Un altro biografo, il Greco, o perchè l'abbia
-trovato in documento antico, o perchè prenda la
-media della vita umana, mette tra la nascita e la
-morte un settanta anni. Secondo questo calcolo
-Gioacchino sarebbe nato intorno al 1132.
-</p>
-
-<p>
-Che alla mamma e al babbo apparissero prima
-della nascita del bambino parecchie visioni lo raccontano
-i biografi, nè fa meraviglia, perchè un profeta
-non poteva non essere preceduto da quelle
-apparizioni, che negli antichi tempi preannunziavano
-<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span>
-la nascita degli eroi, e nei nostri quella dei
-santi. Ma è strano che tra le cose rivelate dall'angelo
-ai genitori ci fosse questa, che non s'avesse
-a battezzare il figliuolo prima dei sette anni, e più
-strano che i genitori aspettassero non pure i sette
-anni prescritti, ma dieci addirittura. Non saprei
-veramente come spiegare questo curioso racconto.
-</p>
-
-<p>
-Giovane di prestante ingegno, bello della persona,
-largamente fornito di beni di fortuna, avrebbe
-fatto gran cammino nel mondo, ed il padre ben
-per tempo lo applicò alla regia curia, ove pare
-che avesse un uffizio importante anche lui; ma lo
-splendore della corte non abbagliò il giovane patrizio
-che si sentiva chiamato a ben altri destini,
-e delle miserie della vita già si mostrava insofferente.
-Che pensieri si agitassero nella sua mente
-è ben difficile dire, ma certo è che ei sentendosi
-a disagio nella patria sua ottenne dal padre di fare
-un viaggio per l'oriente ad attigere ispirazioni
-dagli stessi luoghi, ove ebbe nascimento la nostra
-fede. Lui non moveva quell'inquieto ardore, che
-menerà i Polo nelle lontane regioni della Mongolia,
-nè desio di avventure; ma un sentimento indefinito
-che lì dove nacque il Cristo, gli verrebbe scoperto
-il segreto del suo destino. Intraprese il viaggio non
-a foggia di pellegrino, bensì circondato da servi
-ed amici, che manteneva a proprie spese. Era ben
-raro anche a quei tempi che un privato intraprendesse
-un così lungo viaggio con tanto seguito di
-gente e, se s'ha a credere al cronista, il giovane
-<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span>
-signore ne invanì.<a class="tag" id="tag471" href="#note471">[471]</a> Ma giunto a Costantinopoli, ove
-forse qualche morbo contagioso mieteva a migliaia
-le vittime, il sentimento mistico prese il di sopra,
-e spogliate le ricche vesti, e congedati i suoi compagni
-all'infuori di uno, cinse il saio del pellegrino,
-e seguitò faticosamente la sua via.<a class="tag" id="tag472" href="#note472">[472]</a> Ormai avea rinunziato
-ai piaceri della vita, ed ei stesso narrava
-al suo compagno Luca d'una vedova siriaca, ancor
-giovane e bella, che accolto in casa l'austero viaggiatore,
-cercò indarno di soggiogarlo coi suoi vezzi.<a class="tag" id="tag473" href="#note473">[473]</a>
-Salito sul monte Tabor è fama che vi restasse tutta
-la quaresima tra digiuni e preghiere. E se non si
-<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span>
-può credere al biografo, che su quel monte concepisse
-il disegno di opere scritte molto più tardi e
-sul cadere degli anni, certo è che vi attinse il proposito
-di dedicarsi tutto alla religione di Cristo.<a class="tag" id="tag474" href="#note474">[474]</a>
-</p>
-
-<p>
-Tornato in patria, se pure non è vero che ei
-si nascondesse ai suoi genitori<a class="tag" id="tag475" href="#note475">[475]</a> certo è che non
-volle rientrare nella casa paterna, ma invece per
-fecondare quei germi che avea seco portati di Palestina
-entrò nel monastero di Sambucina. Se non
-che non volle legarvisi con voti;<a class="tag" id="tag476" href="#note476">[476]</a> chè ei non aveva
-<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span>
-in mira di chiudersi nel silenzio di un chiostro, ma
-di spandere la parola del Signore di gente in gente.
-E a capo d'un anno dal monastero sambucinese si
-portò nei dintorni di Rende per predicare ai popoli,
-e trasfondere in loro il fervore religioso che scaldava
-il suo petto.<a class="tag" id="tag477" href="#note477">[477]</a> È strano che Gioacchino nel
-principio del suo apostolato fosse ancor laico, e
-par che non avesse nessuna fretta a prendere gli
-ordini. Nè questo è un fatto isolato nella sua vita;
-chè nella sua peregrinazione per la Palestina, sebbene
-avesse fatto voto di castità, e vestita la bianca
-tunica del frate, pure tornò laico quale era partito.
-E tornato in patria, benchè si chiudesse per un
-anno nel monastero sambucinese, pure nè si fece
-frate, nè prese gli ordini. E quando più tardi fu
-fatto abate di Corazzo non vide l'ora di fuggire
-dal convento e tornare a predicare all'aere aperto.
-Questi fatti hanno certamente un nesso fra loro,
-nè può darsi che il ritardo di Gioacchino a prender
-<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span>
-gli ordini sia accidentale. Egli era di quegli
-uomini, che sentivano indispensabile una riforma
-della Chiesa, se pur non si volea perpetuare le lotte
-tra il Papato e l'Impero, che riaccese nel 1154
-continuarono a lacerare la cristianità, e produssero
-durante il pontificato di Alessandro III un lungo
-e disastroso scisma. Forse istintivamente sentiva
-che questa riforma non potesse partire dal clero
-stesso, che troppo avido si dimostrava di dominio,
-ed in vista di temporali vantaggi non rifuggiva
-dal muovere una guerra ingiusta, come quella di
-Adriano contro Guglielmo I di Sicilia. Non bisogna
-dimenticare che Gioacchino visse per qualche tempo
-nella curia cosentina, e dei contrasti tra i Normanni
-ed i Papi, che or li benedicevano come salvatori,
-or li scomunicavano come empi e ladroni,
-dovea sapere qualche cosa. Nè sarebbe strano che
-ei fin da giovane avesse un lontano presentimento
-delle idee che più tardi sarà per svolgere.
-</p>
-
-<p>
-Comunque sia, è fuor di dubbio che Gioacchino
-ancor da laico si mise alla predicazione, come al
-principio del secolo avea fatto Tanchelino, e qualche
-anno dopo di lui farà Valdo. Ma la Chiesa non poteva
-permettere che un laico assumesse un ufficio
-proprio del sacerdote, nè dubito punto che a Gioacchino
-fosse proibita la predicazione dal vescovo di
-Cosenza. Così si spiegherebbe il fatto, che egli
-volendo prender gli ordini, per seguitare nel suo
-apostolato senza impedimenti, non si rivolse al vescovo
-della sua diocesi, come era pur naturale, ma
-<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span>
-recossi invece nella vicina Catanzaro,<a class="tag" id="tag478" href="#note478">[478]</a> ove fu ordinato
-da Norberto, terzo vescovo di quella diocesi.<a class="tag" id="tag479" href="#note479">[479]</a> Il cronista
-racconta che nel viaggio per Catanzaro arrivato
-al Crotalo (Corace) smontò all'abbazia cistercense
-di Corazo. Ed ivi dall'abate Colombano fu
-indotto a restare per prepararsi convenientemente
-all'ufficio sacerdotale che volea imprendere, e dopo
-non molto si lasciò persuadere a prendere i voti.
-La via della libera predicazione, per la quale s'era
-messo, gli era stata chiusa; nè forse con suo rammarico.
-Alla sua indole mite e poco battagliera
-s'addiceva una missione più calma della predicazione,
-e la riforma che ei vagheggiava la potea
-promuovere più collo studio e gli scritti che colla
-parola. E benchè finora non avesse voluto nè legarsi
-con voti, nè prendere gli ordini, pure per la tempra
-dell'animo suo più inchino alla vita contemplativa
-che all'attiva, era un cenobita nato.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span>
-</p>
-
-<p>
-Divenuto frate cistercense, seguitò con ardore
-gli studii biblici, dai quali mal tollerava d'andar
-distolto. E quando alla morte dell'abate Colombano
-i confratelli levarono lui all'alta dignità, forse perchè
-più schivo di tutti, ricusò l'impaccioso onore.
-E per sottrarsi alle pressure, abbandonato il suo
-convento, riparò prima in quel d'Acri, e poscia nel
-Sambucinese, dove era stato anni prima. Ma questa
-fuga non intiepidì l'ardore dei suoi elettori, che dall'umiltà
-sua traevano novo argomento per desiderarlo
-a capo. E frappostisi alcuni dignitari della
-Chiesa gli convenne accettare<a class="tag" id="tag480" href="#note480">[480]</a> il non ambito ufficio,
-nel quale e per la relazione di famiglia, e per
-essere stato egli stesso un tempo addetto alla curia
-forse potè giovare più che ogni altro. Certo è che
-sotto il suo governo l'abbazia, come dice il cronista,
-ottenne nuovi privilegi, come ne fa fede un documento
-del 1178 riportato dal Greco, in cui Guglielmo
-II ordina al suo rappresentante nella Puglia
-che sia fatta giustizia ai giusti reclami dell'abate
-Gioacchino di Corazo.<a class="tag" id="tag481" href="#note481">[481]</a> Ma sebbene adempisse scrupolosamente
-<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span>
-ai doveri del suo ufficio, pure, anzi
-appunto per questo, non cessava di sentirne il peso.
-Tra quei conflitti di case religiose, che si disputavano
-e terre e beneficii, tra le cure dell'amministrazione
-di un vasto patrimonio, gli parve smarrito
-lo scopo della sua vita. E l'irrequietezza dei
-primi anni rinacque, e quell'alto fastidio, che un
-tempo lo allontanò dalla corte cosentina, lo mise
-ora in fuga dall'abazia coracense.<a class="tag" id="tag482" href="#note482">[482]</a> Ma non v'era
-altro mezzo per essere sgravato dal faticoso incarco,
-quando i suoi confratelli non volessero, se non impetrarlo
-per grazia dall'autorità del Papa. E l'abate
-<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span>
-corazzese, ben risoluto questa volta di andare fino
-in fondo, prese la via di Roma, ed a Lucio III,
-salito dal 1181 sulla cattedra di Pietro, chiese di
-venire esonerato dall'ufficio, che gli toglieva il modo
-di compiere il commento e l'interpetrazione della
-Bibbia, da lui per tanto tempo vagheggiata. All'insolita
-dimanda fra tanti che chiedevano privilegi
-e favori fece buon viso il Pontefice, nè solo permise
-che deponesse la dignità abbaziale, ma gli
-dette licenza di prendere stanza ove meglio gli paresse.<a class="tag" id="tag483" href="#note483">[483]</a>
-Così Gioacchino tornato in Calabria, abbandonò
-per sempre l'abbazia di Corazzo, e ad imitazione
-degli anacoreti dell'oriente si ridusse nel silenzio
-di Pietralata, ove non giungea l'eco delle
-discordie fratesche, ed ei libero di cure a ben più
-alti pensieri potea volgere la mente.
-</p>
-
-<p>
-Da Pietralata par che andasse pellegrinando per
-le abbazie cistercensi, lavorando dovunque indefessamente,
-e partecipando altrui i frutti del suo lavoro.
-Questo almeno possiamo raccogliere dalla testimonianza
-preziosa di Luca, che lo conobbe per
-la prima volta nell'abbazia di Casamari, ove egli
-si trattenne più di un anno a compiere ed emendare
-il libro della <i>Concordia</i>, ed il commento
-<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span>
-all'<i>Apocalisse</i>, e por mano nel contempo all'ultima
-delle sue opere, il <i>Decacordo</i>.<a class="tag" id="tag484" href="#note484">[484]</a> Che una di queste
-opere fosse già cominciata quando Gioacchino si
-presentò a Lucio III è attestato non solo da Luca,<a class="tag" id="tag485" href="#note485">[485]</a>
-ma dalla lettera di Clemente III.<a class="tag" id="tag486" href="#note486">[486]</a> E non è improbabile
-che l'ammirazione per il disegno ed il metodo
-della <i>Concordia</i> non fosse ultimo motivo dell'arrendevolezza
-del Papa. Ma è fuor di dubbio che
-queste opere furono compiute ed emendate in seguito,
-appunto nel pellegrinaggio di abbazia in abbazia.
-Ed è certo del pari che se queste opere ardite
-potevano piacere ai pochi, ai più tornavano ostiche
-per le ragioni che diremo a suo luogo. Quei frati
-che si vedevano così spietatamente colpiti nelle opere
-del santo abate, non glie la perdonavano di sicuro,
-<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span>
-e non è improbabile che abbiano supplicato il Papa
-perchè imponesse silenzio all'importuno censore. E
-forse per giustificarsi delle accuse mossegli, come
-sospetta il De Riso, o per presentargli l'opera
-della <i>Concordia</i>, Gioacchino si recò a Verona presso
-il novo papa Urbano III, il quale confermato il
-decreto del suo predecessore, incoraggiò il santo
-abate a compiere l'opera sua.<a class="tag" id="tag487" href="#note487">[487]</a> Ma non per questo
-cessarono le accuse, e la Corte Romana stessa par
-che non fosse del tutto sgombra da sospetti. Clemente
-III, almeno nella lettera citata più sopra,
-benchè riferendosi ai decreti dei suoi predecessori
-Lucio ed Urbano, confermasse anche lui la licenza
-di seguitare lo studio intrapreso, pure gli prescrisse
-che non appena compiuto si recasse al più presto
-a Roma per sottoporlo all'esame del Pontefice.<a class="tag" id="tag488" href="#note488">[488]</a> E
-la lettera stessa che Gioacchino premette alle sue
-opere, in cui scusatosi di non averle potute presentare
-al Pontefice per strettezza di tempo, dichiara
-<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span>
-di voler ritirare ogni parola che la Chiesa
-possa trovare poco ortodossa, questa lettera, ripeto,
-è un chiaro segno delle accuse e dei sospetti che
-circolavano tra i contemporanei.
-</p>
-
-<p>
-Non ultima delle ragioni che alimentavano la
-guerra contro Gioacchino, era senza dubbio la franchezza
-e la severità con cui rampognava gli uomini
-di chiesa, non risparmiando neanco i suoi correligionari
-benedettini, che dappertutto trovava non
-dissimili dai corazzesi, e meritevoli di una severa
-riforma.<a class="tag" id="tag489" href="#note489">[489]</a> Ad un carattere austero e mistico come
-il suo mal s'affacevano e le simulazioni e gli accorgimenti
-diplomatici, talchè disdegnando la vita
-molle dei suoi correligionari, si ritirò nella sua cara
-solitudine di Pietralata. Ed ivi seguitava nelle sue
-meditazioni, nè a nessuno faceva mistero della nuova
-ed ardita interpetrazione della Bibbia, che uno studio
-perseverante e diligente gli avea suggerito. Così
-il romitaggio di Pietralata divenne in breve ora
-<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span>
-un centro dal quale s'irraggiava nova luce,<a class="tag" id="tag490" href="#note490">[490]</a> come
-parecchi anni innanzi era stato il Paracleto per
-opera di Abelardo. Il numero dei discepoli ognor
-più cresceva, a misura che la fama del maestro
-s'ingrossava; e molti non sapeano staccarsi dal fianco
-di chi scopriva nuovi orizzonti. Così a poco a poco
-il piccolo romitorio di Pietralata non bastò più a
-contenere tante persone e fu d'uopo edificare altrove
-un'abbazia. Gioacchino scelse per la nuova costruzione
-il luogo più lontano dai centri popolosi,
-e nel cuore della Sila, sovra un poggio che si leva
-per mille metri dal livello del mare, piantò la rocca
-dell'ordine novello. Il pittoresco sito è ben atto all'alta
-e tranquilla meditazione. Il suo silenzio non
-è interrotto se non dal mormorio delle acque dell'Arvo
-e del Neto, che venute da lontane sorgenti,
-si riuniscono ai piedi di quel monte per formare
-il maggior fiume della Calabria. Di faccia ha il
-Monte Nero, il più elevato della Sila, ed ai fianchi
-e alle spalle altri monti in quel tempo più che in
-oggi vestiti da folta vegetazione. Su quella cima
-par di essere separati dal mondo, chè dovunque
-volgi lo sguardo, ti si rizzano barriere che sembrano
-insuperabili, e la valle che s'apre dinanzi
-angusta e profonda, pare un burrone più invalicabile
-delle stesse montagne. Questo luogo selvaggio
-<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span>
-chiamavasi Fiore,<a class="tag" id="tag491" href="#note491">[491]</a> nome mal rispondente a quelle
-alpestri balze, ove fu costruita la chiesa dell'abbazia
-e dedicata a S. Giovanni Battista. Il paese,
-che più tardi vi si formò attorno, riunendo insieme
-i due nomi, fu detto e si chiama tuttora S. Giovanni
-in Fiore.
-</p>
-
-<p>
-Quando fosse aperta la nuova abbazia, il Greco
-non sa dire, ma il De Lauro invece adduce una data
-precisa, il 18 Luglio 1189, 6ª indizione, regnante
-Guglielmo il Bono;<a class="tag" id="tag492" href="#note492">[492]</a> ma non cita la fonte di questa
-notizia. Certo è che la bolla di Celestino III che
-approva la fondazione dell'ordine nuovo, e ne conferma
-gli statuti non rimonta al di là del 1196;<a class="tag" id="tag493" href="#note493">[493]</a> ed
-il decreto imperiale che assegna alla nuova abbazia
-la rendita di cinquanta bizantini d'oro appartiene
-<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span>
-all'anno innanzi, 1195.<a class="tag" id="tag494" href="#note494">[494]</a> È probabile che la fondazione
-definitiva dell'abbazia non risalisse molto al
-di là del decreto imperiale, perchè pare che l'abbazia
-sia nata a poco a poco e per le offerte di parecchi,
-non per largizione di un solo fondatore, il cui nome
-sarebbe stato ricordato nelle memorie del convento,
-come fu ricordato quello del signore di Mamistra
-che fondò la casa filiale di Fiumefreddo. E se la
-cosa è andata come noi sospettiamo, ben si comprende
-che gli agenti del fisco si opponessero all'ingrandimento
-successivo dell'eremitaggio, ingrandimento
-che portava di necessità s'abbattessero le
-foreste e s'occupasse parte del demanio pubblico.
-E si comprende altresì come a far cessare queste
-opposizioni Gioacchino si recasse dal Re stesso in
-Palermo. Il Re, cui forse non piaceva la creazione
-di un nuovo ordine cistercense, che avrebbe destato
-le invidie e le gelosie dell'antico, offrì all'abate il monastero
-di S. Martino presso Bisignano. Ma Gioacchino
-che mirava non al possesso d'un'abbazia,
-bensì alla riforma dell'istituto, ricusò la generosa
-offerta, nè altro chiese fuorchè di essere lasciato in
-<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span>
-pace, lui e i suoi compagni, tra i silenzi delle alpestri
-montagne.
-</p>
-
-<p>
-Benchè non favorita dal Governo, la nuova istituzione
-cresceva e si dilatava. Sfortunatamente non
-sappiamo in che differisse dalla cistercense. Dalla
-bolla di Gregorio IX, che proibisce ai cistercensi
-di accogliere tra loro chi fosse stato scacciato dai
-Florensi, si ricava solo che la regola di questi
-ultimi era più stretta e rigorosa. Non però si arrivava
-alla povertà abbracciata più tardi dai francescani,
-perchè, come vedemmo, quando il nuovo
-istituto cominciò a fiorire accettò le largizioni di
-Enrico VI, e più tardi dell'imperatrice Costanza.
-</p>
-
-<p>
-Gli anni in cui nasceva il nuovo ordine furono
-agitati dalle contese tra gli Svevi ed i Normanni,
-e il De Lauro per mettere in luce il dono profetico
-di Gioacchino, racconta che egli al tempo in cui
-avvennero i disastri dello Svevo prevedesse di già
-la sua vittoria finale, e saputo di queste profezie
-Tancredi montasse in furore e minacciasse di distruggere
-tutti i conventi florensi. Ma tutto questo
-racconto è fallace perchè è fondato sulle lettere
-di Gioacchino, che non hanno maggiore credibilità
-di quelle attribuite a Platone. Ed è molto improbabile
-che il fondatore di un nuovo ordine,
-il quale dovea combattere contro tanti ostacoli e
-rivalità rendesse più difficile l'opera sua mescolandosi
-in negozi politici. È verisimile invece che Enrico
-VI favorisse la nuova istituzione non in grazia
-dei sentimenti politici del fondatore, ma ben piuttosto
-<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span>
-o per il suggerimento di Costanza, donna
-molto pia, che gran stima facea del santo abate,
-ovvero perchè l'ordine florense aveva acquistato
-molto sèguito; e ad una nuova signoria giova promuovere
-le istituzioni giovani che par che nascano
-ad un parto col nuovo dominio.
-</p>
-
-<p>
-Comunque sia, l'abbazia di Fiore ebbe molti
-donativi e crebbe così rapidamente, che vivente
-Gioacchino cominciò a spiccare rami filiali all'intorno.
-Ma l'austero abate, pur rallegrandosi di
-queste prospere sorti, volgea non per tanto il pensiero
-al romitaggio, ove ebbe nascimento il nuovo
-ordine. E sentendo appressarsi l'ultima ora, ivi fece
-ritorno, e nella stessa camera, che ricordava le più
-feconde sue meditazioni, volle chiudere il corso della
-sua travagliata carriera.
-</p>
-
-<p>
-Nella vita di Gioacchino si possono distinguere
-nettamente tre periodi. Quello del giovane signore
-che senza prender gli ordini, o ascriversi ad un sodalizio
-religioso, fa il pellegrinaggio di Terra Santa
-e tornato in patria imprende l'apostolato della predicazione.
-Quello del frate cistercense, che divenuto
-abate, non trova posa finchè non sia libero dal penoso
-incarco per consacrarsi tutto alla meditazione
-ed al commento delle scritture. Quello infine del
-riformatore che mette in atto una parte delle sue
-idee fondando un nuovo ordine più severo del cistercense,
-al quale apparteneva. In tutti questi periodi
-domina il misticismo. Fin da giovane Gioacchino
-è più sollecito del cielo che della terra, e
-<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span>
-fugge dalla corte, ove avrebbe potuto conseguire i
-primi onori, per fare da povero pellegrino il viaggio
-di Terra Santa. Fin da giovane, quando ancor non
-era legato da voti religiosi, si consacrò ad una vita
-aspra ed austera, e già vecchio ricordava con compiacenza
-le battaglie sostenute e vinte contro le
-seduzioni della bellezza. Fin da giovane sentì il
-bisogno di una rinnovazione religiosa, bisogno indistinto
-ed indefinito, eppure sì prepotente che ancor
-laico si mise a predicare penitenza. Ma la vita dell'apostolo,
-che trae seco le genti, colla parola calda,
-e il piglio risoluto di chi sa dominar le anime, non
-è per lui, nato più al contemplare che al fare.<a class="tag" id="tag495" href="#note495">[495]</a> La
-lotta lo scoraggia, sebbene non la sfugga, se imposta
-dal dovere. E chi non ha l'energia e l'ardore
-<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span>
-del soldato, nè sa piegare al suo volere l'altrui, non
-move le turbe. Non un riformatore, ma un mistico
-veggente era Gioacchino, nè in lui riviveva lo spirito
-di Enrico o di Arnaldo da Brescia. Se non vi si
-opponessero moltissime dissimiglianze, si potrebbe
-paragonare ad Abelardo almeno in questo, che al
-pari del filosofo palatino ei crede di potere agire
-cogli scritti, se non con le opere, e al pari di lui
-mette uno studio indefesso nella Bibbia, e pur con
-intendimento diverso adopera lo stesso metodo dell'interpetrazione
-allegorica. Ma in opposizione ad
-Abelardo Gioacchino è una mente mistica, alla quale
-piace più la penombra della visione, che la chiarezza
-del ragionamento. Egli non è un filosofo, ma
-un profeta, e tale lo stimarono i contemporanei, e
-Vincenzo di Beauvais nel parlare di lui spiega come
-si possa avere il dono della preveggenza, nè Dante
-ad un secolo di distanza, lo chiama altrimenti.
-</p>
-
-<p>
-Non intendiamo profeta nel senso comune della
-parola di tale che preconosca i fatti avvenire in
-tutte le loro particolarità e nell'ordine cronologico
-con cui si svolgeranno. Di queste volute profezie
-non abbiamo alcun cenno nell'opera del suo discepolo
-Luca, che per noi è la fonte più importante,
-<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span>
-come quei che, inchino a scorgere nel suo maestro
-virtù soprannaturali, non avrebbe certo taciuto delle
-profezie di Gioacchino, ove mai gli fossero state
-note. Nè nelle opere autentiche si trovano le predizioni,
-ricordate dai suoi biografi; nè se anche si
-trovassero ci darebbero il diritto di attribuirle piuttosto
-all'ispirazione divina, che all'accorgimento
-umano. Imperocchè le profezie che gli si attribuiscono
-sono queste tre, che da Costanza sarebbe
-nato Federico II, il futuro e più pericoloso nemico
-della Chiesa;<a class="tag" id="tag496" href="#note496">[496]</a> che fra tre giorni perverrebbe l'annunzio
-dell'espugnazione di Gerusalemme per gl'infedeli;
-che infine il figlio di Tancredi sarebbe stato
-ucciso, spegnendosi con lui la casa normanna. E
-nessuna di queste previsioni si può dire che ecceda
-le facoltà umane. Non era difficile trarre cattivi
-auspici dall'unione della casa sveva colla normanna,
-ed uno sguardo acuto avrebbe potuto intravvedere
-i futuri contrasti tra i Papi ed i discendenti di
-Enrico IV, che divenuti ad un tempo imperatori e
-re di Sicilia difficilmente avrebbero rinnovato il
-giuramento di vassallaggio al Papa, prestato dai
-<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span>
-normanni.<a class="tag" id="tag497" href="#note497">[497]</a> Parimente le esperienze fatte dalla seconda
-Crociata faceano concepire scarse speranze
-per la terza, perchè il tempo degli entusiasmi era
-passato da un pezzo; nè s'era più rinnovata quella
-fermezza e concordia di propositi della prima Crociata.<a class="tag" id="tag498" href="#note498">[498]</a>
-E per quanto crescevano le discordie nel
-campo cristiano e più che altrove nel regno stesso
-di Gerusalemme, altrettanto si rafforzava l'impero
-di Saladino. Parimenti non era impossibile la previsione
-della vittoria dello Svevo, il quale se patì
-una prima sconfitta, poteva e dovea scendere di
-nuovo più forte d'uomini e d'armi; e la fine della
-<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span>
-dinastia normanna, alla morte di Tancredi, del solo
-uomo che la seppe ritardare, era per fermo imminente.
-</p>
-
-<p>
-Se Gioacchino avesse fatto veramente queste
-previsioni, dovremmo scorgere in lui l'uomo che
-conosce da vicino la società in cui vive, nè le splendide
-ma passeggiere vittorie lo abbagliano, e non
-vede la meta vicina per desiderio che abbia di toccarla,
-nè per i vantaggi del presente trascura di
-porre in calcolo i danni dell'avvenire. Non sarebbe
-certamente impossibile, che in Gioacchino al misticismo
-della fede andasse congiunta l'esperienza consumata
-della vita. Per le sue particolari condizioni
-ei s'era trovato in contatto colle persone più eminenti
-del suo tempo, nè sarebbe strano che conoscesse
-le discordie degli uni, la vanità degli altri,
-e prevedesse un avvenire molto più buio di quel
-che i suoi contemporanei si raffigurassero. Anzi in
-questa previsione la fede mistica e l'esperienza della
-vita si sarebbero incontrate, ed entrambe avrebbero
-contribuito a confermare il solitario veggente nella
-persuasione che bisognasse mutar cammino per ridar
-la pace e la giustizia alla travagliata cristianità.
-</p>
-
-<p>
-Comunque sia di queste previsioni di Gioacchino,
-nel modo come le abbiamo esposte qui sopra, certo
-è che nei termini in cui ci son raccontate dai biografi
-si tradiscono facilmente per tardive e malcaute
-invenzioni, intrecciate di grossi errori e storici
-e cronologici. Questi racconti appartengono alla
-stessa epoca, in cui sotto il nome di Gioacchino
-<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span>
-andavan pubblicate e visioni e profezie, e gli uomini
-si consolavano dell'acerbità dei loro mali coll'annunziarne
-facile ed imminente la fine. In quel
-tempo nacque una copiosa letteratura pseudoprofetica,
-che non ha nulla di comune colle opere
-genuine dell'abate calabrese, ove non si preveggono
-i fatti avvenire nei loro particolari, e più volte
-vien dichiarato che solo Iddio conosce il giorno in
-cui sarà per cominciare il nuovo periodo della storia
-umana.<a class="tag" id="tag499" href="#note499">[499]</a>
-</p>
-
-<p>
-Per questo rispetto Gioacchino è di gran lunga
-inferiore agli antichi profeti. A lui manca quella
-potente fantasia, che col magistero di grandiose
-allegorie e di visioni estatiche sa bene anticipare
-il futuro.<a class="tag" id="tag500" href="#note500">[500]</a> Non gli fa difetto certo il profondo sentimento
-dell'infelicità presente, nè la viva aspirazione
-ad un migliore avvenire, ma il suo pennello non
-sa colorire questi lontani orizzonti. Ei non possiede
-il dono dell'ispirazione profetica come non conosce
-il segreto dell'eloquenza; ed in luogo di bandire
-profezie sue si contenta d'interpetrare le altrui.
-Chi sulla fede di Dante pensasse di trovare nelle
-opere di Gioacchino le smaglianti pitture di tempi
-<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span>
-nuovi, ben presto si sgannerebbe. L'abate calabrese
-non è un profeta, ma uno scolastico e pesante commentatore,
-il quale per scoprire un lembo dell'avvenire
-fruga e rifruga nel passato, e non che
-sciorre il volo pei campi indefiniti della speranza,
-s'indugia in faticosi calcoli di date e generazioni.
-</p>
-
-<p>
-Ma l'effetto che Gioacchino produceva nei suoi
-contemporanei non possiamo certo vagliarlo colle
-nostre misure. Il suo commento alla Bibbia era secondo
-il gusto dei tempi, quelle interpetrazioni
-sforzate, e che balzan fuori da sottili ragionamenti,
-avean grande presa sugl'intelletti, ed i riscontri per
-quanto più strani e tormentosi tanta maggior fede
-riscotevano. Nè faceva intoppo la sconfinata libertà
-d'interpetrare allegoricamente quello, che inteso alla
-lettera non avrebbe dato il senso voluto. Si era da
-gran tempo avvezzi a questo giuoco, nè faceva
-certo meraviglia che Sara ad esempio ora s'interpetrasse
-come il simbolo della vecchia legge, ed ora
-della nuova, secondo che la si metteva in confronto
-di Elisabetta o di Agar.<a class="tag" id="tag501" href="#note501">[501]</a> E tanto più questi contorti
-commentarii e questi calcoli artificiosi doveano
-essere accolti con favore, in quanto che da essi si
-cavavano risultati rispondenti ai più profondi bisogni
-<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span>
-del tempo. Il secolo decimosecondo fu travagliato
-quanto altri mai da gravi lotte e religiose e
-politiche. Mostrammo nei capitoli precedenti quanto
-vigore avesse spiegato l'eresia, che pochi anni dopo
-la morte di Gioacchino fu bandita una crociata per
-estirparla. Le lotte inoltre tra la Chiesa e l'Impero
-dettero luogo ad uno scisma lungo e tormentoso,
-che durò non meno di un ventennio, e se la pace fu
-alfine composta, tutti prevedevano che non sarebbe
-durata, e che presto o tardi ricomincerebbe la lotta
-con maggior furore. Queste discordie perenni, queste
-battaglie sanguinose si tenevano allora non come
-una legge inesorabile della storia, ma quale effetto
-passeggiero e transitorio della corruzione umana,
-come il segno manifesto dell'appressarsi dell'ultima
-ora pel vecchio mondo.<a class="tag" id="tag502" href="#note502">[502]</a> Non erano ancora spente
-le paure millenarie, se non che le menti più ardite
-non osavano più preannunziare la fine delle cose,
-tante volte indarno aspettata, bensì una profonda
-rinnovazione sociale. E Gioacchino fu l'interpetre
-<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span>
-di questi pensieri che ei facea scaturire dallo studio
-assiduo della Bibbia, e dalla profonda ed instancabile
-osservazione dei mali presenti. E le sue parole
-destavano un'eco tanto più larga, per quanto più
-alto era il posto onde veniano profferite. E non è
-strano che fossero avidamente credute le previsioni
-di un uomo eminente, che e per la pietà e la dottrina
-insieme fu per forza creato abate, e in seguito
-divenne o fondatore, o almeno rinnovatore di
-un ordine fratesco.
-</p>
-
-<p>
-Le circostanze certamente favorirono assai il
-progresso delle idee gioachimitiche, e la creazione
-dell'ordine francescano, e le scissure che ben presto
-lacerarono quel sodalizio, vi contribuirono non poco.
-Ma anche prima di quel tempo le ardite divinazioni
-di Gioacchino levarono grande rumore. Prova
-ne sia il fatto raccontato da Rodolfo di Coggesale,
-che capitato a Roma nel 1195 l'abate di Perseigne
-volle avere una conferenza con Gioacchino intorno
-alle famose sue profezie.<a class="tag" id="tag503" href="#note503">[503]</a> E non meno curioso fu
-<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span>
-Riccardo re d'Inghilterra, che al dire di Roggero
-Hoveden fece venire a bella posta in Messina l'abate
-per conferire seco lui sull'interpetrazione dell'<i>Apocalisse</i>.
-</p>
-
-<p>
-Noi certo non lo teniamo per un profeta, nè
-nel significato razionale che si suol dare a questa
-parola, e molto meno nel sovrannaturale; ma riconosciamo
-volentieri in lui una mente elevata ed
-un animo onesto e desideroso del bene. E se non
-possiamo dividere le sue idee sul corso della storia,
-non gli possiamo negare un'acuta osservazione delle
-calamità del suo tempo. E per quanto sieno fantastici
-i rimedii che ei consigliava di apprestare,
-non pertanto i suoi disegni per più d'un secolo
-affaticarono le menti, e certo avrebbero grandemente
-giovato all'umanità, se il loro valore intrinseco
-fosse stato pari alla purità degl'intendimenti
-di chi li pensava.
-</p>
-
-<h4 id="cap1-2-II">II</h4>
-
-<p>
-Benchè molte opere vadano sotto il nome di
-Gioacchino, tre sole sono riconosciute autentiche dai
-più, la <i>Concordia dell'antico e nuovo Testamento</i>, il
-<i>Commento all'Apocalisse</i> ed il <i>Salterio delle dieci corde</i>.
-Il Preger recentemente ha dubitato anche di queste,
-<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span>
-ma le sue prove non reggono, come ha bene
-dimostrato il Reuter, alle cui ragioni in favore dell'autenticità
-mi sia lecito di aggiungerne qualche
-altra, che non va trascurata.<a class="tag" id="tag504" href="#note504">[504]</a> Ed in primo luogo
-è da notare col Reuter, che le tre opere sono già
-citate da Guglielmo Alverniate, morto cinque anni
-avanti al 1254. Nè ci farebbe meraviglia che qualche
-altra citazione più antica, frugando meglio negli
-scrittori medievali, si trovasse. Certo è notevole
-che il gioachimita Salimbene non citi l'opera principale
-di Gioacchino la <i>Concordia</i>, o almeno che il
-solo passo riferibile a questa non solo sia sospetto
-d'interpolazione, ma sbagliato di pianta, stantechè
-nella <i>Concordia</i> il pontefice Leone I, che arrestò gli
-Unni, è messo in confronto non con Giosaffatte,
-come vuole il Salimbene, ma con Asa, le cui preghiere
-misero in fuga gli Etiopi.<a class="tag" id="tag505" href="#note505">[505]</a> Tutto questo è
-vero. Ma che cosa s'ha da inferire? Che forse il
-Salimbene non conosca la <i>Concordia</i>? No certo,
-perchè il non citare o citar male non vuol dire non
-conoscere un'opera, ma non averla sottocchio nel
-<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span>
-momento che si scrive. Nè tampoco si può conchiudere
-che il Salimbene conosca la <i>Concordia</i>, ma
-l'abbia in sospetto quale opera spuria, come opina
-il Preger. Nessuno oserebbe attribuire tanta finezza
-di critica al Salimbene, e molto meno il Preger,
-che non ignora il passo della <i>Cronaca</i>, ove è citata
-un'altra opera a parer suo pur anche spuria, l'<i>Esposizione
-dell'Apocalisse</i>.<a class="tag" id="tag506" href="#note506">[506]</a> Perchè dunque il Salimbene
-non avrebbe saputo scoprire questa, se avea già
-scoperta la falsificazione ben più difficile della <i>Concordia</i>?
-La verità è che il Salimbene non è critico,
-nè molto nè poco, e sarebbe ben strano che le tre
-opere maggiori facessero intoppo a lui, che teneva
-per autentici i commentari a Geremia ed Isaja, la
-cui falsità era più facilmente riconoscibile. Chè
-anzi nel Salimbene scorgiamo maggiore predilezione
-per i libri apocrifi, che cita molto soventi. In
-un luogo della <i>Cronaca</i> ei ci dice di non aver da
-gran tempo nè letta nè vista l'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i>.
-E noi gli crediamo, che ai francescani andavano
-più ai versi quelle credute opere di Gioacchino,
-ove le allusioni ai frati minori erano certe e
-trasparenti, e più determinate le profezie. Codesta
-letteratura apocrifa acquistando ogni giorno maggior
-credito metteva in seconda linea la genuina.
-Così ci spieghiamo come il Salimbene citi male la
-<i>Concordia</i>. La citazione probabilmente si riferisce
-non alla <i>Concordia</i>, posta in secondo luogo nella
-<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span>
-parentesi, ma al <i>Liber figurarum</i>, che forse era un
-rifacimento della <i>Concordia</i>.<a class="tag" id="tag507" href="#note507">[507]</a>
-</p>
-
-<p>
-Un altro passo della <i>Cronaca</i> del Salimbene induce
-il Preger a dubitare dell'autenticità della <i>Concordia</i>.
-Se il frate avesse conosciuto o tenuta per
-autentica la <i>Concordia</i>, come avrebbe potuto dire
-che Gioacchino non determina l'anno in cui ha da
-cominciare il terzo periodo; mentre in quell'opera
-è chiaramente fissato il 1260?<a class="tag" id="tag508" href="#note508">[508]</a> Ma anche questo
-ragionamento non stringe. Il Reuter ha già notato
-che nel passo di Salimbene non è detto che Gioacchino
-non assegni il tempo, bensì che alcuni credano
-di sì, altri di no. Ed io soggiungo che questa
-doppia interpetrazione era giustificatissima. Perchè
-sebbene in più luoghi come vedremo, Gioacchino
-stabilisse il 1260 come anno in cui avrà fine il secondo
-periodo, pure in altri luoghi mostra di dubitare
-di aver colto giusto, e se ne rimette ai posteri,
-che saranno spettatori degli avvenimenti, o
-a Dio che li ha predeterminati. Si poteva dunque
-<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span>
-ben dire: Gioacchino dai calcoli fatti sulle generazioni,
-prestabilisce il 1260; ma l'esattezza del conto
-ei non garentisce, e niente vieta che il terzo periodo
-entri o avanti o dopo quest'anno misterioso.
-Si poteva e dopo il 1260 si doveva dire così, se
-pur si volea salvare la reputazione profetica del
-grande abate. Qual meraviglia che il Salimbene
-accolga questa spiegazione, che rovescia sui cattivi
-interpetri la colpa, che molti attribuivano a
-Gioacchino? Al che s'aggiunga che le parole, messe
-in bocca a Gioacchino per iscusare l'incertezza della
-determinazione numerica, sono tolte di peso da un
-luogo della <i>Concordia</i>, che facilmente saltava agli
-occhi e poteva puranche tenersi a mente, perchè
-si trova nel penultimo capitolo verso la fine dell'opera,
-in una commovente esortazione ai fedeli.<a class="tag" id="tag509" href="#note509">[509]</a>
-Il passo adunque che il Preger adduceva contro,
-è forse la prova più decisiva in favore dell'autenticità
-della <i>Concordia</i> che in questo luogo senza nominarla
-viene esattamente citata.
-</p>
-
-<p>
-Dopo questa discussione potremo sbrigarci più
-sollecitamente delle altre prove del Preger. In un
-luogo della <i>Concordia</i>, ei dice, viene ricordato Federico
-per metterlo a riscontro con Assalonne.<a class="tag" id="tag510" href="#note510">[510]</a> Non
-<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span>
-si può intendere, seguita il Preger, Federigo Barbarossa,
-perchè questi dopo lunghe lotte si riconciliò
-colla Chiesa, e non morì come Assalonne combattendo
-contro il padre suo. La citazione si riferisce
-piuttosto a Federico II, che da tutti i Gioachimiti
-era tenuto per l'Anticristo, o almeno per
-uno dei precursori dell'Anticristo. Così la intendeva
-l'anonimo di Passau, che per questa ragione appunto
-tiene per ispuria l'opera della <i>Concordia</i>.
-Ma tutto codesto ragionamento cade, quando si voglia
-leggere col Reuter tutto il luogo che si riferisce
-a Federigo. Gioacchino avendo già paragonato
-Salomone, il figlio prediletto di Davide, a Cristo,
-dovea riscontrare nell'Anticristo il figlio ribelle,
-Assalonne. Se non che l'analogia non tornava, perchè
-Davide pianse la morte del suo figlio benchè
-ribelle, mentre la Chiesa non potrebbe se non rallegrarsi
-della fine dell'Anticristo. Assalonne quindi
-non può essere l'imagine dell'Anticristo vero, ma di
-uno dei precursori, che potè benissimo tornare infesto
-alla Chiesa, ma non spezzò con lei tutti i vincoli
-di filiale affetto, e con questo intendimento poteva
-essere ben citato Federico I, che dopo avere
-combattuta la Chiesa, tornò nel suo grembo. Certo
-qualche dissonanza resta pur sempre, ed è vero che
-<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span>
-Federico non morì combattendo contro suo padre
-al pari di Assalonne. Ma la congruenza tra il vecchio
-ed il nuovo Testamento non deve estendersi
-secondo Gioacchino a tutti i particolari.<a class="tag" id="tag511" href="#note511">[511]</a> Ed in ogni
-modo il disaccordo sarebbe maggiore se si trattasse
-di Federico II, al quale la Chiesa non perdonò mai
-nè vivo nè morto, e non che piangere sulla sua
-fine, giurò un odio pertinace ai suoi discendenti,
-nè smise se non quando ebbe mozzo il capo sul
-patibolo l'ultimo rampollo della stirpe odiata.
-</p>
-
-<p>
-Il Preger sforzato dalla sua logica demolitrice,
-deve revocare in dubbio la lettera di Gioacchino,
-ove citate le tre opere in discorso, vuole che sieno
-sottoposte al giudizio di Roma, e vi si cancelli
-tutto ciò che possa parere meno ortodosso. Non è
-strano, aggiunge il Preger, che scriva a tal modo
-un profeta, il quale è ben sicuro del fatto suo, e
-detta sotto l'impulso di una alta ispirazione? Nè
-la Chiesa avrebbe potuto concedere licenza a chicchessia
-di pubblicare scritti profetici, la cui portata
-non era in grado di misurare.<a class="tag" id="tag512" href="#note512">[512]</a> Ma nè l'una nè
-l'altra osservazione è esatta. Gioacchino se pur s'ha
-da chiamare così, è profeta a modo suo; pieno di
-scrupoli e d'incertezze. E la lettera ai confratelli
-<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span>
-è scritta nello stile delle opere delle quali abbiamo
-già riportato parecchi passi, dove non traluce certo
-l'arditezza dei profeti e la fiducia nelle proprie
-forze. Ed i papi che conoscevano per prova la pietà
-del santo abate non potevano dubitare dell'opera
-sua; ma ciò non pertanto ingiungevano che gli
-scritti avanti di pubblicarsi fossero mandati a Roma.
-Infine dell'autenticità della lettera non si può dubitare,
-se ne fu tenuto conto nel Concilio lateranense
-del 1215, appena tredici anni dopo la morte
-di Gioacchino.
-</p>
-
-<p>
-Riconosciuta l'autenticità di questa lettera, segue
-che sono genuine non pure la <i>Concordia</i>, ma
-benanco l'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i> citata dal Salimbene,
-ed il <i>Salterio delle dieci corde</i>. In quest'ultima
-opera sono esposte alcune opinioni sulla
-Trinità conformi a quelle condannate nel Concilio
-lateranense. E l'Engelhardt da questa conformità
-argomentava che il trattato contro Pietro Lombardo
-non fosse in realtà se non il primo libro
-del <i>Decacordo</i>. Io riconosco col Preger che questa
-opinione non regge, perchè l'opuscolo condannato
-nel Concilio lateranense dovea essere indirizzato nominatamente
-contro il libro delle sentenze, laddove
-nel primo libro del <i>Decacordo</i> non è citata alcuna
-opera. Ed in secondo luogo il <i>Decacordo</i> è opera
-espositiva, non polemica. Ma se per questo rispetto
-io sono d'accordo col Preger, non posso acconsentirgli
-che l'indirizzo di quest'opera sia affatto contrario
-a quello dell'opuscolo incriminato. Le dottrine
-<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span>
-intorno alla Trinità, condannate dal Concilio,
-si trovan tutte nel <i>Decacordo</i>, ed il dotto Papebrochio
-non è riescito di mostrare il contrario. Nè
-vi manca l'allusione al Maestro delle sentenze, sebbene
-non lo citi, nè lo combatta di proposito.<a class="tag" id="tag513" href="#note513">[513]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il presupposto dunque del Preger di un'opposizione
-tra l'opuscolo condannato nel Concilio e il
-primo libro del <i>Decacordo</i> non regge, e cade per
-tal guisa tutto il ragionamento costruitovi sopra.
-Nel <i>Decacordo</i> l'autore è e vuole restare cattolico,
-ed in moltissimi punti le sue dottrine non sono
-differenti dalle più ortodosse. Ma è questa forse
-una prova dell'ipotesi del Preger, che il <i>Decacordo</i>
-sia stato scritto da un pio Gioachimita nell'intendimento
-di scagionare il maestro dalle accuse? Non
-certo, perchè il contraffattore non avrebbe dovuto
-nè ripetere le accuse contro il maestro delle sentenze,
-nè sostenere apertamente e senza attenuazioni
-la dottrina gioachimita della Trinità, già condannata
-nel Concilio. Più innanzi esporremo questa
-dottrina, e riporteremo altri passi del <i>Decacordo</i>.
-Per ora ci basterà concludere che il <i>Decacordo</i> è
-autentico al pari della <i>Concordia</i> e dell'<i>Esposizione<a class="tag" id="tag514" href="#note514">[514]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span>
-dell'Apocalisse</i>. Queste tre opere sono legate tra
-loro, perchè non solo Gioacchino le cita tutte e
-tre nella lettera al Papa, ma l'una cita l'altra.
-</p>
-
-<p>
-Dalla prefazione del <i>Decacordo</i> sappiamo che
-il primo libro di quest'ultima opera fu scritto quando
-si trovava nel convento di Casamari, e poi che era
-stata già composta la <i>Concordia</i> e l'<i>Apocalisse</i>.<a class="tag" id="tag515" href="#note515">[515]</a> Codesta
-notizia ci vien confermata da Luca, che ci
-dice benanco l'anno, a cui si riferisce Gioacchino,
-il 1182. Ed un'altra conferma la ricaviamo dalla
-lettera del 1188 di Clemente III, ove è detto che
-le opere di Gioacchino furono cominciate a scrivere
-per incarico di Lucio III (1181-1185) e di
-Urbano III (1185-87).
-</p>
-
-<p>
-Da questa stessa lettera ricaviamo che nel giugno
-1188 le opere non erano finite ancora, sicchè
-la pubblicazione dev'essere posteriore a quell'anno,
-ma quando accadesse non sappiamo. Certo la <i>Concordia</i>
-ebbe a precedere le altre opere, perchè nella
-lettera più volte citata di Gioacchino del 1200 è
-detto che la prima opera fu mandata al Papa, le
-altre non ancora. È probabile che nel 1195 la <i>Concordia</i>
-fosse già pubblicata, perchè in quell'anno le
-profezie dell'abbate Gioacchino erano così note, che
-<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span>
-come dicemmo l'abbate di Perseigne mostrò il desiderio
-di discorrerne con l'autore. L'<i>Apocalisse</i> poi
-fu scritta intorno al 1196 o poco dopo, perchè in un
-luogo l'autore dice aver saputo l'anno innanzi ovvero
-il 1195 che i Patarini mandarono legati ai
-Saraceni.<a class="tag" id="tag516" href="#note516">[516]</a> L'ultima delle opere, il <i>Decacordo</i>, benchè
-composta dopo, fu certamente pubblicata insieme
-al <i>Commento dell'Apocalisse</i>, perchè in un luogo di
-quest'opera è citato il secondo libro di quella.<a class="tag" id="tag517" href="#note517">[517]</a>
-</p>
-
-<p>
-Da queste tre opere in fuori le altre sono manifestamente
-apocrife. E a condannarle basta, come
-avverte il Renan, la lettera di Gioacchino premessa
-così alla <i>Concordia</i> come all'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i>.
-In questa lettera, ricordate la <i>Concordia</i> in cinque
-libri, il <i>Decacordo</i> in tre, e l'<i>Esposizione</i> in otto
-titoli, aggiunge di avere scritto altri piccoli opuscoli
-contro gli Ebrei, e contro gli avversarii della
-fede cattolica. In quest'ultima categoria può benissimo
-entrare lo scritto polemico contro Pietro Lombardo,
-del quale abbiamo parlato più sopra, ma
-restano escluse tutte le opere di argomento dottrinale,
-<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span>
-e che non sieno indirizzate contro qualcuno.
-Anche Luca, lo scolare ed il copista di Gioacchino,
-cita soltanto queste tre opere.
-</p>
-
-<p>
-Sono evidentemente falsi i <i>Vaticinia Pontificum</i>,
-che ebbero tanta celebrità nel Medio Evo,<a class="tag" id="tag518" href="#note518">[518]</a> ed i
-commenti alle profezie di Cirillo, di Merlino e della
-Sibilla Eritrea.<a class="tag" id="tag519" href="#note519">[519]</a> Non vogliamo entrare nell'esame
-<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span>
-particolareggiato di tutta questa letteratura profetica,
-che ci menerebbe molto fuor di strada, ma
-questo solo notiamo, che ove pure sieno state in
-voga prima di Gioacchino le cosiddette profezie di
-Merlino e delle Sibille, ei non le cita mai nelle
-opere autentiche che abbiamo ricordato più sopra.
-Senza dubbio persone molto rispettabili, come Alano
-di Lilla, tennero in gran conto i vaticinii che andavano
-sotto il nome del mago inglese.<a class="tag" id="tag520" href="#note520">[520]</a> Ma Gioacchino
-<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span>
-non mescola il sacro col profano, nè riconosce
-altra autorità all'infuori della Bibbia e dei
-Padri, e se anche avesse conosciute queste pseudoprofezie,
-si sarebbe ben guardato dal trarne partito
-e commentarle.
-</p>
-
-<p>
-Non meno apocrifi sono i commenti ad Isaja e
-agli altri profeti minori, nonchè quel trattatello che
-serve d'illustrazione alle minacce profetiche, una
-specie d'indice geografico delle provincie del mondo
-intero per ciascuna delle quali si notano le pene
-che loro sovrastano. È noto che nel linguaggio profetico
-questo cumulo di colpe e minacce è detto
-<i>onus</i>, onde <i>onera prophetarum</i> sono chiamate le invettive
-dei profeti, ed <i>onera provinciarum</i> le colpe
-di ciascun paese.<a class="tag" id="tag521" href="#note521">[521]</a> Che il trattato geografico non
-<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span>
-appartenga a Gioacchino è agevole provarlo da
-questi pochi passi, che io aggiungo a quelli riportati
-dal Renan. Nell'annotazione al ducato Spoletino
-è fatto cenno dei due ordini francescano e domenicano,
-che al pari di luminose stelle sorgono a predicare
-un'altra volta il Vangelo del regno coperti
-di ruvidi sacchi. La Chiesa di Sardi viene paragonata
-a quella dei monaci cassinesi, che la macchiano
-coi loro desiderii carnali, e col non distinguersi in
-nulla dai secolari. Certo Gioacchino ha rimproverati
-soventi i frati anche del suo ordine, ma è ben
-<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span>
-lontano di applicare loro il testo dell'<i>Apocalisse</i>. In
-questa amara invettiva si scopre facilmente il mendicante
-francescano che non può perdonarla al fastoso
-benedettino. Nell'annotazione alla provincia
-narbonese si fa parola della crociata che sarà bandita
-contro il focolare dell'eresia albigese.<a class="tag" id="tag522" href="#note522">[522]</a> Ma non
-occorrerebbero nè questa nè altre prove per dimostrare
-che il trattato appartiene al tempo dei commentatori
-di terza o quarta mano, che per dir qualche
-cosa di novo hanno bisogno di scendere a minuti
-particolari, e trovare un motto almeno per
-ciascuna provincia o città che sia.
-</p>
-
-<p>
-Parimenti apocrifi sono i commenti ad Isaja ed
-ai profeti minori. Ed a provarlo poche citazioni
-basteranno. Nelle opere autentiche di Gioacchino
-come nel <i>Commentario dell'Apocalisse</i>, la donna ammantata
-di oro che fornica coi Regi, è Roma in
-quanto rappresenta non la Chiesa dei giusti, ma la
-moltitudine dei reprobi. Anzi per togliere ogni
-equivoco questa moltitudine di reprobi non è chiusa
-nelle mura della eterna città, ma si dilarga per
-tutto l'orbe del cristiano impero. L'autore della
-lettera ai fedeli non avrebbe potuto tenere un altro
-linguaggio, ed egli che si dichiarava servo devoto
-<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span>
-della Chiesa non avrebbe potuto raffigurarla
-nella donna dell'<i>Apocalisse</i>. Ben altrimenti si comporta
-lo scrittore del <i>Commento</i>, che contro Roma
-adopera le stesse parole, dai Catari, Valdesi ed Arnaldisti.<a class="tag" id="tag523" href="#note523">[523]</a>
-Sotto il nome di Gioacchino mal si nasconde
-un frate francescano, che ingenuamente confessa
-essere nati i due ordini a flagellare la Chiesa
-occidentale. Questo chiaro accenno ai due ordini
-che si ripete moltissime volte, e il ricordare che
-fa soventi di Federico II, sono segni certissimi della
-tarda età del <i>Commento</i>.<a class="tag" id="tag524" href="#note524">[524]</a> Io non saprei certamente
-determinarla con esattezza; ma come ha notato il
-Renan pel libro di Geremia, debbo anch'io notare
-per questo d'Isaia che l'autore mette in guardia non
-solo contro i tedeschi, ma benanco contro i
-<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span>
-francesi.<a class="tag" id="tag525" href="#note525">[525]</a> Il che vuol dire che il tempo degli entusiasmi
-angioini era già passato. Ed in un luogo parmi che
-sia sfuggito al malcauto autore l'anno della composizione
-del libro, ove parlando del terzo stato
-dice che sarà compiuto tra novant'anni dopo il mille
-e trecento, espressione ben strana per uno che non
-fosse contemporaneo di Bonifacio VIII.<a class="tag" id="tag526" href="#note526">[526]</a> Secondo
-questa congettura il commento ad Isaja sarebbe
-posteriore al Salimbene. Il che s'accorda col fatto
-già da noi rilevato che Salimbene conosce gli <i>Onera</i>
-non il <i>Commento</i>. Gli <i>Onera</i> in verità sarebbero
-più antichi, ma certo molto posteriori al 1201
-come si raccoglie da una frase sfuggita allo stesso
-autore.<a class="tag" id="tag527" href="#note527">[527]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il commento a Geremia appartiene allo stesso
-tempo, perchè il Salimbene racconta che i due frati
-francescani Bartolomeo Ghiscolo da Parma e Gherardino
-da Borgo S. Donnino sulla fede nell'esposizione
-di Geremia faceano tristi pronostici della
-crociata che S. Luigi apparecchiava nel 1248.<a class="tag" id="tag528" href="#note528">[528]</a> Dunque
-<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span>
-la composizione di questo commentario risale
-al di là di quest'anno. Ma forse non indietro al
-1239, anno, come nota il Renan, in cui la rottura
-tra il partito Guelfo e Federigo II si fece più
-aperta. Certo son degne di quel tempo le fiere invettive
-che si leggono in questo libro contro l'Imperatore,
-al quale adattandovi le parole d'Isaja
-vien dato del <i>basilisco</i>, che esce dalla <i>radice del serpente,
-della vipera e del serpente volante</i>. Nè gli risparmiano
-gli epiteti più obbrobriosi, superbo,
-astuto, lascivo, avaro, tortuoso, perfido, violento, iracondo.<a class="tag" id="tag529" href="#note529">[529]</a>
-Il nome in verità qui, a differenza del commento
-ad Isaja, è taciuto; ma l'allusione a Federigo
-II è trasparentissima. Questo commentario, che
-dice tante insolenze dell'Impero si suppone indirizzato
-ad Enrico VI, ed il profeta non dubita di annunziargli
-che il leone d'Isaja vuol significare il
-padre (Federigo I), la radice serpentina lui stesso
-Enrico, e da lui escirà il basilisco, che è per conseguenza
-il figlio di Enrico VI o Federigo II. Più
-chiaramente in un altro luogo è descritto l'albero
-genealogico di Federigo II risalendo ad Enrico IV,
-che il commentatore chiama primo, perchè fu il
-primo degli Enrichi ad opporsi alla Chiesa. E come
-<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span>
-se non bastassero tutte queste indicazioni, vi aggiunge
-l'altro particolare, che i figli si ribelleranno
-contro il padre, accennando alla fellonìa di Enrico,
-ed alla sua morte.<a class="tag" id="tag530" href="#note530">[530]</a>
-</p>
-
-<p>
-Quest'ultimo particolare ci darebbe una indicazione
-più precisa dell'età in cui fu composto questo
-commento, il quale dev'essere posteriore non
-solo al 1239 ma benanco al 1242 anno della morte
-di Enrico. Ma sulla quistione del tempo torneremo
-di qui a poco. Ora basti notare che il solo fatto
-dell'allusione a Federico II<a class="tag" id="tag531" href="#note531">[531]</a> toglie ogni credito a
-<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span>
-questo commento, e ci fa maravigliare come anche
-dall'Engelhardt sia stato attribuito all'abate Gioacchino.
-Ma oltre all'allusione a Federico II, troviamo
-chiari e numerosi accenni ai due ordini dei minori e
-dei predicatori. Nè questo soltanto, ma, il commentatore
-sa bene che i nuovi ordini sono combattuti
-dai prelati, sospettosi di questi novatori che vestono
-in strane fogge, e predicano dottrine di un'assoluta
-povertà non mai sentite, ed a chi non li
-segue predicono calamità.<a class="tag" id="tag532" href="#note532">[532]</a> Nè si nasconde che la
-causa dei prelati viene sostenuta benanco dal pontefice,
-sicchè l'autore non dubita di levare anche
-<span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span>
-contro lui la sua voce. E le parole che egli pronunzia
-contro la Chiesa Romana non sono meno
-vibrate di quelle che leggemmo nel commento di
-Isaia, nè ripugnano meno alla pietà di Gioacchino.<a class="tag" id="tag533" href="#note533">[533]</a>
-Il che vuol dire che avanti alla composizione del
-libro era scoppiata la scissura nell'ordine francescano,
-e la parte più intransigente era già per volgersi
-contro i vescovi, i cardinali ed il papa, che
-mal tolleravano le nuove dottrine. Una prova manifesta
-l'abbiamo in un passo ove i nuovi ordini
-sono chiamati predicatori dell'evangelio eterno, parola
-che nelle opere autentiche di Gioacchino non
-s'incontra mai.<a class="tag" id="tag534" href="#note534">[534]</a>
-</p>
-
-<p>
-Tutte queste prove mettono fuori dubbio che
-l'opera non è di Gioacchino, e che la data del 1197,<a class="tag" id="tag535" href="#note535">[535]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span>
-in cui si dà per iscritto questo commentario, è una
-pia frode del commentatore. Se Gioacchino, nota
-il Renan, avesse fatto questo commentario nel 1197,
-nella lettera ai fedeli scritta nel 1200 l'avrebbe
-certamente rammentato. E noi da alcuni passi abbiamo
-potuto raccogliere, che nè nel 1197, nè nel
-1200 fu potuto scrivere questo commento, bensì
-posteriormente alla morte del ribelle figlio di Federico
-II, vale a dire al 1242. E forse neanche a
-questo tempo dovremmo arrestarci, perchè anche
-qui, il linguaggio violento che si usa contro Roma,
-l'accenno alle persecuzioni subite dal nuovo ordine
-dei frati minori, il nome di Evangelio eterno ci
-menerebbe ad una data molto posteriore. E nella
-stessa opinione ci confermerebbe l'accenno alla Francia,
-che secondo questo commento sarebbe come la
-canna che ferisce chi vi si appoggia.<a class="tag" id="tag536" href="#note536">[536]</a> Non saremmo
-dunque lontani dall'attribuire a questo commento
-la stessa età dello scritto su Isaja.
-</p>
-
-<p>
-Nè vale il notare che questo commento ha dovuto
-essere scritto prima del 1260, perchè in qualche
-passo appar verde la speranza che in quell'anno
-fatale avranno fine le calamità del mondo. Nè tampoco
-importa che il Salimbene abbia avuto contezza
-<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span>
-di questo libro sin dal 1248. Imperocchè è
-certo che questa letteratura pseudo-profetica non
-è nata tutta d'un getto in un anno determinato.
-E può darsi benissimo che il commentario, che
-abbiamo noi oggi di Geremia sia soltanto in parte
-quello conosciuto dal Salimbene;<a class="tag" id="tag537" href="#note537">[537]</a> e molte aggiunte
-ed interpolazioni vi sieno state fatte, e molte altre
-se ne farebbero ancora, se queste profezie avessero
-anche oggi il credito che riscuotevano nel
-Medio Evo. Le pseudo-letterature hanno questo
-carattere, che si considerano come un patrimonio
-comune, del quale nessuno è proprietario in proprio,
-ed ognuno vi può apportare le modificazioni
-che crede più opportune. Così si spiega come di
-due opere distinte se ne faccia una sola, o di una
-due; come si aggiunga ora un particolare ed ora
-un altro senza darsi la pena di verificare se stoni
-con tutto il resto. Questo è accaduto alla letteratura
-profetica del neopitagorismo, e del neoplatonismo,
-e senza notevoli differenze si è ripetuto nel
-sodalizio francescano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span>
-</p>
-
-<p>
-Intorno alle opere manoscritte dell'abate Gioacchino
-posso aggiungere alle notizie date dal Renan
-alcune altre attinte ai codici laurenziani. In un codice
-della biblioteca Santa Croce oltre all'esposizione
-di Geremia si trovano altri due scritti dell'abate
-calabrese, uno intitolato <i>De ultimis tribulationibus</i>,
-e l'altro <i>De articulis fidei</i>. Il primo è
-un'esposizione delle ultime guerre che dovrà sostenere
-l'umanità, analoghe a quelle sostenute nel
-Vecchio Testamento. Non oserei dire che sia autentico,
-ma non vi ho trovati i caratteri delle opere
-evidentemente apocrife, come i commenti a Geremia
-ed Isaia.<a class="tag" id="tag538" href="#note538">[538]</a>
-</p>
-
-<p>
-L'altro opuscolo è quello ritenuto perduto dal
-Renan, e di cui ei pubblicò alcuni brani riportati
-dal resoconto d'Anagni. Non credo giusta l'opinione
-del Renan che sia lo stesso di quello scritto
-contro Pietro Lombardo, perchè questo opuscolo
-non è affatto polemico, e le opinioni sulla Trinità
-<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span>
-sono espresse forse più temperatamente che non
-nel <i>Decacordo</i> e nell'<i>Apocalisse</i>. Benchè questo libro
-sia citato dalla Commissione d'Anagni, io sospetto
-fortemente della sua autenticità. Gioacchino non
-avea bisogno di circondar di mistero le dottrine
-che aveva di già esposte in altre opere. Nè poi
-gli sarebbe giovato di occultare le teorie teologiche,
-espresse in questo libercolo, che in sostanza
-non differiscono dalle ricevute comunemente; ma
-ben piuttosto le altre sui tre stati, che qui sono
-interamente taciute.<a class="tag" id="tag539" href="#note539">[539]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span>
-</p>
-
-<p>
-In un altro codice laurenziano, ove già trovammo
-il <i>liber Sybillae</i>, esiste la lettera di Gioacchino,
-che il Renan trovò nel manoscritto 3595
-<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span>
-dell'antico fondo. È una esortazione ai fedeli di
-mutar via e pentirsi delle proprie colpe perchè il
-giorno della tremenda espiazione è vicino.<a class="tag" id="tag540" href="#note540">[540]</a> Non
-v'ha nessuna ragione perchè non si debba dire
-autentica, come autentici anche secondo il Renan
-sono i due componimenti poetici stampati alla fine
-del <i>Decacordo</i>.<a class="tag" id="tag541" href="#note541">[541]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap1-2-III">III</h4>
-
-<p>
-Esponiamo ora brevemente le idee di Gioacchino
-prendendo le mosse dalle opinioni teologiche, condannate
-nel solenne Concilio del 1215. Queste opinioni
-si riferiscono al domma della trinità, intorno
-al quale rinacquero sempre le dispute quando meglio
-parevano finite, comecchè non fosse possibile
-tenersi egualmente lontano dagli opposti estremi,
-e col dare maggior rilievo alla diversità delle persone,
-l'unità divina correva pericolo; per contrario
-dando maggior peso all'unità divina, la differenza
-delle persone diventava affatto secondaria ed evanescente.
-Nella prima difficoltà ruppe Ario, nella seconda
-Sabellio.<a class="tag" id="tag542" href="#note542">[542]</a> E quando pareva composto il grave
-dissidio, e trovato il punto di equilibrio tra queste
-opposte tendenze, il fatto smentì le previsioni, ed
-il problema rinacque intorno alla natura di Cristo.
-Anche qui quelli che davano maggior importanza
-all'unità delle due nature divina ed umana, correvano
-il rischio di assottigliare di tanto quest'ultima
-da renderla qualche cosa di simbolico (docetismo);
-<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span>
-quelli al contrario che mettevano in sodo la realtà
-della persona umana minavano l'intrinsecazione delle
-due nature. Era ben difficile trovare un punto fermo
-tra gli opposti indirizzi di Cirillo e Nestorio, ed i
-concilii stessi talvolta ebbero a contraddirsi. Non
-farà dunque meraviglia se la discordia rinacque nel
-decimosecondo secolo, e gli stessi pericoli si manifestarono,
-e parve novamente difficile di cansare
-Scilla senza incorrere in Cariddi.
-</p>
-
-<p>
-Nella mente di Pietro Lombardo, il grande autore
-del libro delle sentenze, la cura dell'unità dell'essenza
-divina appare manifesta. L'essenza divina
-è qualche cosa di differente dalle persone, perchè
-l'essenza è unica e le persone sono tre. Quindi non
-si potrebbe mettere in luogo delle persone l'essenza,
-e dire ad esempio che l'essenza del Padre ha generato
-l'essenza del figlio, e l'essenza del figlio
-quella del verbo. Contro questa esposizione si levò
-l'abate Gioacchino, il quale pare che scrivesse un
-opuscolo polemico contro il grande Lombardo, accusandolo
-di mettere tale stacco tra l'essenza e le
-persone, che in luogo della trinità si dovrebbe ammettere
-una quaternità in Dio, vale a dire un'essenza
-e tre persone. L'opuscolo è andato perduto,
-ma le accuse sono ripetute nel primo libro del
-<i>Decacordo</i>, ove è esposta molto chiaramente la dottrina
-opposta a quella del Lombardo.<a class="tag" id="tag543" href="#note543">[543]</a>
-</p>
-
-<p>
-Le tre persone, ei dice, non vanno distinte tra
-loro come l'ulivo, il mirto e la palma, che sono
-<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span>
-alberi di diversa natura e specie; nè tampoco come
-tre ulivi, che sono bensì della stessa natura, ma
-di proprietà differenti; nè quali tre rami impiantati
-nello stesso tronco, cosicchè questa rappresenti
-la sostanza e quelli le persone, il che tornerebbe
-lo stesso come ammettere una quaternità.
-Bisogna metter da banda codeste imagini, e prendere
-la similitudine da quella luce, che illumina
-tutti gli uomini che vengono al mondo, e dalla
-quale procede quel calore che tutte cose avviva. Da
-questa luce, che si chiama sole, promanano i raggi
-luminosi e calorifici, come dal Padre promana il
-figlio, che discese per illuminare le menti, e lo spirito
-per infiammarle. Tra il calore e lo splendore
-del sole non sai mettere distinzione, e frattanto, tu
-non dubiti che sien due; oh! perchè vuoi scindere
-la divina sostanza per credere alla trinità di Dio?
-Ma un errore più grave di questo è l'altro, nova
-invenzione dei nostri tempi, secondo il quale si dovrebbe
-ammettere le persone oltre la sostanza, sicchè
-in questa si riponga l'unità ed in quella la
-trinità, come se dicendo che il foco celeste e la luce
-ed il calore che ne promanano sieno lo stesso sole,
-si voglia sotto il nome del sole indicare una quarta
-cosa oltre alle tre.<a class="tag" id="tag544" href="#note544">[544]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un'altra imagine che chiarisce il mistero della
-Trinità è quella del Salterio dalle dieci corde. Questo
-strumento musicale è uno, perchè sebbene al pari di
-ogni corpo possa dividersi, pure ove si divida, non
-è più quel dato istrumento. Ma non ostante che sia
-uno, ha tre lati e tre vertici, e ciascuno di questi
-lati o corni non deve essere preso nel senso di linea,
-bensì di superficie. Il lato orientale è tutta la superficie
-in quanto prospetta sull'oriente, il lato occidentale
-è la stessa superficie in quanto prospetta
-sull'occidente, e dite parimenti del lato meridionale.
-Così la stessa superficie ha tre prospettive differenti,
-ed ecco come tre può essere uno, ed uno tre.<a class="tag" id="tag545" href="#note545">[545]</a>
-</p>
-
-<p>
-Non discuto queste similitudini, che lasciano il
-tempo che trovano, nè riescono a far comprendere
-l'incomprensibile. Nè discuto dell'ortodossia della
-dottrina. Il Concilio del 1215 la condannò e S. Tommaso
-molto più tardi la combattè notando che se
-egli è vero che le tre persone hanno pari valore,
-<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span>
-non è men vero che si debba adoperare una parola
-per indicare ciò che esse han di comune, ed un'altra
-pel differente; talchè se la parola persona è tolta
-a dinotare le differenze, quella di essenza deve significare
-l'unità, e viceversa quest'ultima parola deve
-esser lasciata da banda quando si tratti di esprimere
-la differenza dei rapporti, non l'identità della
-natura. Quindi a ragione il Concilio respinse al
-pari di Pietro Lombardo la formola: l'essenza genera
-l'essenza.
-</p>
-
-<p>
-Parrebbe dunque che fosse quistione di parole,
-e così giudicano i più delle quistioni teologiche;
-ma in verità trattasi di gravi divergenze d'indirizzo.
-E nessuno ad esempio può sconoscere nella
-teorica dell'abate Gioacchino una tendenza a dar
-risalto alle differenze personali a discapito dell'unità
-d'essenza. Per lui l'<i>unitas</i> ben differisce dall'<i>unus</i>.
-L'<i>unus</i> s'ha da attribuire all'individuo solo, laddove
-l'<i>unitas</i> si può e si deve dire di una collezione d'individui
-che convengano in un pensiero, o abbiano
-un volere solo. Un aggregato d'individui come il
-popolo, la tribù non si potrebbe dire uno assolutamente,
-come se fosse una persona sola, ma all'<i>unus</i>
-si deve aggiungere il suo sostantivo, <i>unus
-populus</i>, <i>una plebs</i>. Così parimenti le tre persone
-della Trinità, avendo un solo intelletto, un volere
-ed un potere possono ben dirsi <i>unitas</i>, <i>unum</i>, ma
-non <i>unus</i> se non vi si aggiunga <i>unus deus</i>. Sottigliezze
-senza dubbio; ma in fondo trasparisce chiaro
-l'intendimento di attribuire maggior valore alla differenza
-<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span>
-delle persone, e ridurre la misteriosa unità di
-natura ad una comunanza di pensiero o di volontà.<a class="tag" id="tag546" href="#note546">[546]</a>
-</p>
-
-<p>
-Certo egli crede di restare nei confini della dottrina
-ortodossa, nè dubita di avere ben fondata
-l'unità di essenza. Chi potrebbe imaginare, dice
-egli, maggiore fusione del fuoco che si aggiunga
-a fuoco? Eppure v'ha più profonda ed intima unità,
-quella dello spirito che si unisce collo spirito così
-da formare uno spirito solo. Ma con tuttochè egli
-insista sull'unità dell'essenza, e nell'adoperarsi a
-rinsaldarla usi talvolta espressioni, che S. Tommaso
-farebbe sue, ciò non pertanto il suo pensiero si
-ferma con compiacenza sulla diversità delle persone,
-e sull'incompatibilità dell'ufficio che a ciascuna di
-esse è attribuito. Soltanto il Padre è il genitore, solo
-il Figlio è generato, solo lo Spirito procede da entrambi.
-Parimenti soltanto il Padre invia e il Figlio
-e lo Spirito; soltanto il Figlio s'incarna, solo lo Spirito
-discende in forma di colomba.<a class="tag" id="tag547" href="#note547">[547]</a> E per questa diversità
-<span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span>
-di funzioni spetta a ciascuna persona un
-nome diverso; il Padre s'ha da chiamare con nome
-di Timore, il Figlio con quello di Sapienza, lo Spirito
-con quello di Carità. Il che ci spiega come il
-principio della sapienza stia nel timore, ed il fine
-nella carità. Il Padre, creando dal nulla le cose volle
-mostrare il poter suo, ed incutere terrore negli
-uomini perchè non peccassero, e non che correggere
-blandamente i peccatori, li ebbe a punire con terribile
-severità. Il Figlio invece non colla potenza
-debellò i superbi, ma colla dottrina della sapienza
-e dell'umiltà. Lo Spirito Santo infine c'inspira
-l'amor di Dio e dei nostri simili, così che scacciato
-il timore noi ci rallegriamo dell'essere liberi. E nello
-stesso modo che sono diverse le persone divine, sono
-diversi del pari i doveri nostri verso di loro. Ed a
-cagione del Padre-timore siamo tenuti ad obbedire;
-a cagione del Figlio-sapienza dobbiamo leggere;
-a cagione dello Spirito-carità dobbiamo cantare e
-pregare ed amarci come fratelli.<a class="tag" id="tag548" href="#note548">[548]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma se diversi sono gli ufficii delle tre persone
-e diverso anche il modo come gli uomini si comportano
-<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span>
-verso di loro, egli è ben chiaro che diverso
-è l'influsso che ciascuna di esse ha esercitato
-nella storia del mondo. Secondo che gli uomini progrediscono,
-ed ai sentimenti del terrore sottentra
-la brama del sapere, e poscia l'amore del prossimo,
-muta il regno delle persone. Fu un tempo in cui gli
-uomini non conobbero se non il rigor della legge,
-e dominava incontrastato il Padre. A questo lungo
-periodo successe l'altro in cui fu scoperta la verità,
-sulla quale era da secoli tirato un fitto velo, fu il
-regno del Figlio, o dell'eterna sapienza. Ma con
-questo secondo periodo non si chiude il corso della
-storia. L'uomo teme, sa, ma non ancora ama quanto
-dovrebbe, e la fiamma del santo spirito non ancora
-scalda il suo cuore; onde è necessario che al
-regno del Figlio sottentri quello dello Spirito.<a class="tag" id="tag549" href="#note549">[549]</a>
-</p>
-
-<p>
-Io non credo che questa dottrina dei tre stati
-sia la conseguenza di un ragionamento teologico,
-come parrebbe dalla nostra esposizione. Altre ragioni
-senza dubbio l'hanno dettata, e prima fra tutte
-l'invitta fede in un migliore avvenire della cristianità.
-Ma la dottrina della trinità se non è la progenitrice
-di quella dei tre stati, le ha certo fornito i
-<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span>
-migliori argomenti di una dimostrazione. A chi
-tanto insisteva sulla successione dei due regni del
-Padre e del Figliuolo dovea parere strano che fosse
-lasciato da parte lo Spirito. Per giustificare l'esclusione
-sarebbe stato uopo di provare che la terza
-persona non avesse un carattere così spiccato come
-quello del Padre e del Figlio, il che sarebbe assurdo,
-perchè la teologia attribuisce alle tre persone
-pari valore. Così pari efficacia debbono esercitare
-nella storia del mondo.
-</p>
-
-<p>
-Quest'ultima ragione ci suggerisce due importanti
-considerazioni. La prima è che se l'azione
-delle persone è parimenti efficace, nello studio dei
-due regni o stati, che finora ebbero luogo, si debbono
-scoprire più profonde analogie di quel che
-si creda comunemente; e la durata del regno ad
-esempio dev'essere la stessa, perchè pari è l'intensità
-dell'azione delle due persone. La seconda considerazione
-è questa: che guardando bene addentro
-nelle due storie per iscoprirvi la meravigliosa consonanza,
-non solo conosceremo nella verità sua il
-passato, ma divineremo l'avvenire.<a class="tag" id="tag550" href="#note550">[550]</a> Perchè in ogni
-<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span>
-modo l'azione dello Spirito non dovrà essere da
-meno delle altre due persone, e conosciuto il principio
-ed il corso di un processo storico si può agevolmente
-predeterminare la fine.
-</p>
-
-<p>
-Questo è il pensiero fondamentale del più antico
-e più originale dei libri di Gioacchino, la <i>Concordia</i>.
-In opposizione agli eretici contemporanei, che ponevano
-uno studio a rilevare le contraddizioni tra il
-Vecchio ed il Nuovo Testamento, questo opera di
-Dio, quello del Diavolo, Gioacchino mette in luce
-un'armonia e concordanza anche in quei punti, dove
-l'occhio comune non sa scoprirla. Ben vero ei non
-nega le stonature non solo tra i due testamenti, ma
-ben anco tra le varie parti del Testamento Nuovo.<a class="tag" id="tag551" href="#note551">[551]</a>
-Nè poteva certo dissimularsele egli che in un secolo,
-in cui la critica non esisteva ancora, osava
-pur distinguere tra libri e libri del sacro canone,
-nè dubitava di attribuire minor valore agli evangeli
-non apostolici di Marco e Luca in confronto degli
-apostolici di Matteo e Giovanni, ed approvava gli
-ebrei, che fanno maggior conto delle storie di Giobbe
-ed Ester in paragone di quelle di Tobia e
-<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span>
-Giuditta.<a class="tag" id="tag552" href="#note552">[552]</a> Ma non ostante le critiche audaci ad una
-vera opposizione tra il Vecchio ed il Nuovo Testamento
-non prestava fede, ed era convinto che,
-ben cacciando lo viso a fondo, quello che pareva
-alla prima contrasto, andava risoluto in un accordo.
-Bisognava solo non tenersi alla lettera, ma interpetrare
-in un senso allegorico ciò che nel letterale
-porgeva argomenti a dubbiezze.<a class="tag" id="tag553" href="#note553">[553]</a> Epperò dell'interpetrazione
-allegorica nessun Cataro, nessun Valdese
-fece mai uso come Gioacchino, che spesso ripete
-il detto dell'apostolo: «la lettera uccide, lo spirito
-vivifica, e ciò che inteso intellettualmente edifica,
-preso alla lettera è insipido ed ingannevole».<a class="tag" id="tag554" href="#note554">[554]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma che cosa intende il nostro autore per allegoria?
-Ascoltiamo lui stesso. L'allegoria egli dice,
-<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span>
-è la simiglianza del minimo col massimo, come ad
-esempio del giorno coll'anno, della persona coll'ordine,
-colla città, col popolo e simiglianti. Così Abramo
-è un uomo e significa l'ordine dei patriarchi. Parimenti
-Zaccaria.<a class="tag" id="tag555" href="#note555">[555]</a> Nè si creda che con questa distinzione
-vada ristretto il valore ed il significato dell'allegoria;
-perchè l'autore sa noverarne sei specie,
-l'ultima delle quali suddivide in sette altre, così
-da toccare il sacro numero dodici. Le sei specie
-sono: storica, morale, tropologica, contemplativa,
-anagogica, tipica.<a class="tag" id="tag556" href="#note556">[556]</a> Parrebbe che la storica fosse
-un'interpetrazione letterale e tutt'altro che allegorica.
-No, risponde Gioacchino, l'interpetrazione
-storica è diversa dalla storia, e Abramo ad esempio
-diviene il rappresentante degli uomini obbedienti a
-Dio, come Isacco il rappresentante dei buoni figli.
-<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span>
-L'interpetrazione morale in luogo dell'uomo, mette
-in rilievo la qualità dominante, come a dire nell'ancella
-Agar vien raffigurata la concupiscenza carnale.
-L'interpetrazione tropologica non ha di mira
-se non il modo come in quel fatto o persona possa
-intendersi significata la parola di Dio; così ad esempio
-Agar o l'ancella rappresenta la lettera, Sara
-la donna libera, lo spirito. L'interpetrazione contemplativa
-riguarda i varii gradi dell'attività umana;
-l'ancella ad esempio rappresenta la vita attiva, la
-padrona per lo contrario la contemplativa. L'interpetrazione
-anagogica ci solleva dalla terra al cielo,
-così Agar rappresenta la vita presente, Sara la
-futura.
-</p>
-
-<p>
-L'interpetrazione tipica già dicemmo si divide
-in sette specie. La prima si riferisce soltanto al
-Padre, nè esce dal Vecchio Testamento. Per tal
-guisa se Agar rappresenta, poniamo, la plebe degli
-Ebrei, Sara la tribù di Levi. La seconda specie si
-riferisce al Figlio, ed agl'istituti che nel suo regno
-prevalsero; così Agar rappresenta la Chiesa dei
-secolari, Sara quella degli ecclesiastici. La terza
-specie si riferisce allo Spirito, come ad esempio nell'ordine
-monastico, che fiorisce nel terzo stato, Agar
-rappresenta i conversi, Sara i professi. La quarta
-specie si riferisce al Padre e Figlio insieme. Agar
-è la Sinagoga, Sara la Chiesa dei latini. La quinta
-specie si riferisce invece al Padre ed allo Spirito.
-Agar è di nuovo la Sinagoga; ma Sara muta e rappresenta
-la Chiesa spirituale, che fiorì al principio
-<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span>
-presso i Greci nella religione monastica (anacoreti).
-La sesta si riferisce al Figlio ed allo Spirito, come
-a dire Agar rappresenta la Chiesa per le sue colpe
-serva ed oppressa, Sara invece la Chiesa spirituale
-che durerà sino alla consumazione dei secoli. La
-settima specie infine si riferisce a tutte e tre le
-persone insieme. Agar rappresenta la Chiesa passata
-e presente, vale a dire tanto la giudaica quanto
-la cristiana, Sara invece la Chiesa futura.<a class="tag" id="tag557" href="#note557">[557]</a>
-</p>
-
-<p>
-Seguitando di questo passo ad enumerare i
-diversi scopi a cui può essere indirizzata l'interpetrazione
-allegorica, potremo contare non solo
-dodici ma infinite specie di allegorie. Questa viziosa
-classificazione giova soltanto a mostrare quanta libertà
-si prenda il nostro autore nell'interpetrazione
-dei sacri testi, e come senza scrupolo passasse da
-un'interpetrazione ad un'altra quando la prima
-non gli faccia più al caso. Con quest'agile manovra
-non è difficile far convergere tutti i testi, ed eliminare
-tutte le contraddizioni. S. Paolo ad es. parla
-per ben due volte di vescovi ammogliati, e gli antipatarini
-solevano citare con compiacenza quel passo:
-chi non voglia bruciare si ammogli. A Gioacchino
-propugnatore della castità riesce agevole d'interpetrare
-a modo suo questo incomodo testo, intendendo
-per moglie non la donna ma la Chiesa.<a class="tag" id="tag558" href="#note558">[558]</a> Così nessun
-ostacolo più ci sbarra il cammino, perchè l'interpetrazione
-<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span>
-allegorica non ha nessun confine. Non solo
-i personaggi biblici, ma le loro opere altresì hanno
-un significato simbolico, come la passione e morte
-di Cristo vuol dire il Vecchio Testamento e la risurrezione
-il Nuovo. Nè i corpi celesti, nè gli elementi
-della natura vengono sottratti a questa strana metamorfosi;
-chè il sole, la luna, i pianeti non solo
-sono creati a risplendere nella volta del cielo, ma a
-significare ben anco la luce invisibile. E codesta significazione
-muta secondo il bisogno. Talvolta il
-sole vuol dire Cristo, la luna è la Chiesa, le stelle la
-moltitudine dei fedeli; tal'altra il sole rappresenta
-la vita contemplativa, o se vogliamo la Chiesa meditante,
-e la luna invece la vita attiva, o la Chiesa
-predicante. Non è esclusa però una terza, una quarta
-interpetrazione, come a dire il sole rappresenta la
-vita futura, la luna la vita presente. Ed al pari del
-sole e della luna sono simbolici anche gli altri corpi
-celesti. Saturno mettiamo a quel che dicono, di natura
-freddo, e che più lentamente compie il suo giro
-intorno al sole, rappresenta il padre Adamo, che
-tremò dal freddo in paradiso, e visse più di tutti
-gli uomini, che da lui nacquero. Dopo questo esempio
-non parrà strano che al pianeta <i>Venere</i> di qualità
-temperata si agguagli il giusto <i>Noè</i>; nè che si metta
-in confronto il sapiente <i>Mercurio</i> con quel vaso di
-scienza che fu <i>Moisè</i>. Nè certo è più strano il simbolismo
-degli elementi, secondo il quale l'acqua,
-con cui si battezzano i Cristiani, rappresenta la grazia
-che fu data agli uomini nel secondo periodo, l'aria
-<span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span>
-quella che s'impartisce ora nel principio del terzo,
-ed il fuoco l'ultima e più meravigliosa che sarà
-impartita nel dì della risurrezione.<a class="tag" id="tag559" href="#note559">[559]</a> Secondo le idee
-di Gioacchino i Catari non avrebbero avuto torto
-di voler sostituire al battesimo coll'acqua quello
-col fuoco, un fuoco che non bruci, un calore che
-si comunichi da corpo a corpo imponendo le mani
-sul capo del convertito.
-</p>
-
-<p>
-Ma torniamo al metodo allegorico. In grazia
-di questo meraviglioso processo, che sciogliendo
-tutte cose nel mistico vapore dei simboli, raccosta
-le più lontane, accorda le più opposte, non sarà certo
-malagevole di fondere in uno il vecchio ed il nuovo
-Testamento, non ostante le loro antinomie. Purchè
-siate discreti, nè vogliate la rassomiglianza in tutti
-i particolari,<a class="tag" id="tag560" href="#note560">[560]</a> la dimostrazione è presto fatta, nè
-alcuno potrà dubitare che il vecchio Testamento
-non abbia valore per sè; bensì come simbolo precursore
-del nuovo. Questa è la cosiddetta <i>Concordia</i>
-dei due Testamenti, o vogliam dire simiglianza
-di <i>giusta</i> proporzione tra il nuovo ed il vecchio Testamento,
-<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span>
-giusta in quanto al numero non in quanto
-alla dignità, stantechè persona e persona, ordine e
-ordine, guerra e guerra, si raffrontano tra loro, come
-Abramo e Zaccaria, Sara ed Elisabetta, Isacco e
-Giovanni Battista, Gesù in quanto uomo e Giacobbe,
-i dodici patriarchi ed in pari numero gli apostoli.<a class="tag" id="tag561" href="#note561">[561]</a>
-Il parallelo numerico è adunque la base della concordanza,
-epperò vanno numerate accuratamente le
-generazioni che precedono e quelle che seguono la
-venuta di Cristo. E se una volta non torna il calcolo,
-bisogna rifarlo la seconda e la terza colla costanza
-e la fede di un cabalista; perchè non è da
-dubitare che da quel congegno sottile di somme
-e sottrazioni balzerà fuori la cifra dell'avvenire.<a class="tag" id="tag562" href="#note562">[562]</a>
-</p>
-
-<p>
-Basteranno pochissimi cenni per comprendere
-questa nuova aritmetica. Matteo nel primo capitolo
-<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span>
-del suo vangelo numera le quaranta generazioni,
-che precorsero secondo lui la nascita di Cristo a
-cominciare da Abramo per terminare a Giuseppe.
-Non deve far caso che l'Evangelista trascuri le tre
-generazioni di Ochozia, Gioas ed Amasia, che tramezzano
-tra Gioram ed Uzzia; perchè chiudendosi
-con Gioram un periodo della storia ebraica, e cominciandone
-un nuovo con Uzzia è agevole inserire
-tra questi due estremi un periodo di transizione,
-nel quale si contengano tre termini: l'antico non
-ancora finito, il nuovo non ancora cominciato, ed
-un intermezzo tra il vecchio ed il nuovo. Sistema
-molto ingegnoso per accomodare la storia ai nostri
-gusti. Il perchè poi con Gioram si chiuda un periodo
-e con Uzzia ne cominci un altro è subito
-detto. Matteo non risale oltre Abramo, ed a ragione
-perchè con Abramo comincia l'impero di quella
-legge della circoncisione, che durò fino a Cristo. Ma
-compiendo i calcoli di Matteo e risalendo sino alla
-creazione dell'uomo tra il primo padre Adamo e il
-primo patriarca, col quale comincia la legge, si contano
-venti generazioni. Se dunque dopo le prime
-venti generazioni s'è chiuso un periodo, l'analogia
-vuole che dopo le seconde venti se ne chiuda un
-altro. Così con Gioram, che è la ventesima generazione
-dopo Abramo si chiuderà un periodo, e trascurando
-le tre generazioni lasciate da Matteo, con
-Uzzia si aprirà un nuovo. E che Uzzia sia il padre
-di un'età nuova non è a dubitare, perchè ha molta
-analogia con Adamo e con Cristo. Al pari di Adamo
-<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span>
-venne punito per la superbia, e scacciato da un
-luogo santo; al pari di Cristo vinse i Filistei e gli
-Ammoniti, ed il suo nome risuonò fino nel lontano
-Egitto, e volle essere egli stesso sacerdote del Signore.<a class="tag" id="tag563" href="#note563">[563]</a>
-È ben strano in verità che Gioacchino metta
-analogia tra Cristo, il vero sacerdote secondo l'ordine
-di Melchisedec, ed il re Uzzia che assunse
-l'ufficio sacerdotale indebitamente, e per la sua prepotenza
-appunto venne punito colla lebbra. Ma la
-logica dei paralleli consente queste licenze, e possiamo
-tenere per provato che con Uzzia comincia
-un nuovo periodo. Ma quale periodo comincia con
-Uzzia? Quello stesso che in un altro senso comincia
-con Cristo, cioè il periodo dei sacerdoti. E perchè
-non faccia intoppo questo doppio incominciamento,
-si sappia una volta per tutte che in ogni periodo
-storico si deve distinguere il tempo in cui si spargono
-e fecondano i semi, e quello in cui si raccolgono
-i frutti. Per tal guisa il primo periodo della
-storia germoglia con Adamo e fruttifica con Abramo,
-e parimenti il secondo germoglia con Uzzia e fruttifica
-con Cristo. Queste anticipazioni sono un prezioso
-espediente, la cui mercè Gioacchino può scoprire
-<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span>
-cristiani prima di Cristo, e spirituali avanti il
-regno dello spirito, e talvolta vede effigiati tutti e
-tre i periodi nei più antichi patriarchi, Abramo,
-Isacco e Giacobbe.<a class="tag" id="tag564" href="#note564">[564]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dopo queste spiegazioni facciamo di nuovo il
-calcolo. Alle quaranta o meglio quarantatre generazioni,
-che precedono Cristo, aggiungendo le venti
-che si contano tra il primo parente ed Abramo,
-avremo un sessantatre generazioni, ventuna per ciascuno
-dei tre periodi in cui si può dividere il tempo
-trascorso avanti Cristo; il periodo che precede la
-circoncisione, quello della circoncisione, ed il terzo
-dei profeti. Così prima di Cristo abbiamo già una
-<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span>
-tripartizione che contiene in effigie le tre età del
-mondo.<a class="tag" id="tag565" href="#note565">[565]</a> E se vogliamo seguitare oltre nella divisione,
-divideremo l'èra precristiana in sei periodi
-da dieci generazioni l'una, perchè anche il dieci è
-un numero perfetto. Il primo periodo da Adamo
-al diluvio (Noè); il secondo dal diluvio alla distruzione
-di Sodoma e Gomorra (Abramo); il terzo sino
-ad Obed che fu contemporaneo di Elia, e vide l'arca
-dell'alleanza in mano degli stranieri; il quarto fino
-a Gioas quando Israele cominciò ad essere sterminata
-da Azael re di Siria; il quinto sino alla cattività
-di Babilonia, ed il sesto fino alla venuta di
-Cristo.<a class="tag" id="tag566" href="#note566">[566]</a> Ma queste sessanta generazioni non bastano
-se pur s'hanno da contare le tre trascurate da Matteo,
-ed avremo così lo spazio per un settimo periodo,
-composto di tre generazioni sole. Sicchè tutto il periodo
-precristiano si può suddividere in sette sezioni,
-come in sette età vedremo che si divide la
-<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span>
-storia del mondo. E questo sacro numero sette
-ritorna più volte nei divini libri, a cominciare dai
-sette giorni della creazione nel Genesi sino ai sette
-candelabri, ed alle sette Chiese, ed ai sette angeli
-ed ai sette suggelli dell'<i>Apocalisse</i>.<a class="tag" id="tag567" href="#note567">[567]</a>
-</p>
-
-<p>
-Determinate così le divisioni e suddivisioni dell'èra
-che precede Cristo, sarà più facile lo studio
-delle altre che seguono. E stabiliremo in primo
-luogo che le generazioni del secondo periodo dovendo
-pareggiare le antiche debbono essere nè più
-nè meno di sessantatre, ben inteso che queste sessantatre
-generazioni non si debbono contare dalla
-venuta di Cristo, bensì dal re Uzzia; perchè la prima
-parte del secondo periodo, ovvero l'età della fecondazione
-incomincia,<a class="tag" id="tag568" href="#note568">[568]</a> come dicemmo, di là. Quindi
-in verità al periodo cristiano in proprio non spettano
-se non quarantadue generazioni, che noi, nati, come
-vedremo nella quarantunesima, possiamo bene paragonare
-colle antiche per scoprirne il mirabile
-accordo.
-</p>
-
-<p>
-Questo paragone vien fatto per minuto confrontando
-principalmente la serie dei papi ed imperatori
-con quella dei re di Giuda e d'Israele. È naturale che
-in molti errori è dovuto incorrere l'autore in omaggio
-<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span>
-alla desiderata simmetria; ed ei stesso se ne
-riconosce colpevole, ed attribuisce alla corruzione
-delle cronache quello che in grandissima parte è
-dovuto al suo modo di studiare ed elaborare la storia.<a class="tag" id="tag569" href="#note569">[569]</a>
-Nè noi lo seguiremo in questi raffronti; ma
-daremo soltanto pochi esempi per mostrare il metodo
-ed il risultato della ricerca.
-</p>
-
-<p>
-La duodecima generazione, che ebbe principio
-sotto Costantino imperatore e Silverio papa, ha notevoli
-riscontri colla duodecima generazione giudaica,
-a cominciare da Giacobbe. Imperocchè in
-questa il popolo d'Israele ebbe un re unto dal
-Signore (Davide), ed in quella il popolo dei gentili,
-disfatti i nemici della vera fede, sortì finalmente un
-re cristiano (Costantino). Nell'antico fu eletta Gerusalemme
-e messa al di sopra di tutti i tabernacoli
-da David; nel nuovo la Chiesa di Roma ebbe il
-primato sopra le orientali. E cominciò per la donazione
-di Costantino quel potere temporale la cui
-legittimità Gioacchino riconosce, a patto però che
-il supremo sacerdote abbia la suprema potestà, ma
-non l'uso, perchè non accada che chi milita con
-Dio non si mescoli nei negozi temporali. Un altro
-<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span>
-benedettino, come dicemmo altrove, avea manifestate
-prima di Gioacchino le stesse idee sulla potestà
-terrena dei papi.<a class="tag" id="tag570" href="#note570">[570]</a>
-</p>
-
-<p>
-Nella generazione che succede alla duodecima
-non trova Gioacchino un imperatore che pareggi per
-sapienza il corrispondente re Salomone; ma se mancò
-l'imperatore, non mancarono dottori della Chiesa
-come Ilario, Girolamo, Giovanni Crisostomo ed Agostino,
-che non temono il confronto del sapientissimo
-monarca, e riconoscono la loro scienza dall'ispirazione
-di Gesù Cristo, che è un altro Salomone ben
-più alto. Il trovato è ingegnoso!<a class="tag" id="tag571" href="#note571">[571]</a> Nè meno ingegnosi
-sono i riscontri che scopre il nostro autore
-<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span>
-nella sedicesima e diciottesima generazione. Come
-Asa re di Giuda (II, <i>Paral.</i>, 14, 11) con la fervida
-preghiera fatta a Dio mette in fuga i nemici, così
-Leone papa colla forza della sua parola arresta il
-barbaro Attila, a cui nessun braccio armato avea saputo
-sbarrare la via dell'eterna città. Ed a quel
-modo che Teodorico re dei Goti mise a morte Boezio,
-ed altri cristiani, il re biblico che vi corrisponde,
-Joram, uccise i suoi fratelli. E come al tempo di
-Joram fiorì il profeta Eliseo, così nell'età corrispondente
-cristiana visse S. Benedetto. E quest'altro
-raffronto è specioso: Gerico, dove Eliseo si mise a
-capo dei profeti, fu data in possesso ai figli di Beniamino,
-unica tribù, che si fuse colle altre due di
-Levi e di Giuda. Eliseo dunque si può dire mediatore
-tra queste due tribù, come S. Benedetto è
-l'anello di congiunzione tra i monaci greci e latini,
-tenendo da una parte ferma la fede di Pietro, e dall'altra
-abbracciando la regola dei basiliani. Il paragone
-è tirato su come Dio vuole, ma è importante
-pel giudizio che porta il nostro abate su greci e
-latini.<a class="tag" id="tag572" href="#note572">[572]</a>
-</p>
-
-<p>
-E per la stessa ragione è da ricordare il confronto
-che fa tra il re Josia e Leone IX. Il primo
-non credendo che l'invito a sottomettersi, fattogli
-<span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span>
-dal re egiziano, fosse ispirato da Dio, uscitogli incontro
-nella pianura di Nieghiddo, morì nel combattimento
-(II <i>Paral.</i>, 35, 22); il secondo volle del
-pari non ostante la sua pietà muovere contro i Normanni
-e fu sconfitto. Benchè non lo dica apertamente,
-pure le imprese guerresche dei papi non
-vanno a sangue a Gioacchino, nè Gregorio VII è
-tenuto da lui in quella venerazione che gli tributavano
-i guelfi italiani. Quando parla di lui non
-ricorda i gloriosi fatti, ma soltanto l'esilio. A quel
-modo, ei dice, che Joachaz fu fatto re dei Giudei
-a dispetto del re egiziano Neco, Gregorio VII fu
-acclamato pontefice in odio dell'Imperatore. E come
-il re egiziano sbalzò di seggio Joachaz, elevando
-invece di lui il fratello Joachin; così l'Imperatore
-in luogo del Papa, che ebbe ad esulare in Salerno,
-mise l'arcivescovo ravennate col nome di Clemente.
-Non una parola sola di rimpianto pel gran Papa,
-che morendo sclamava: Dilexi justitiam, odivi iniquitatem,
-propterea morior in exilio. A Gioacchino,
-così penetrato dell'umiltà cristiana poco andavano
-a versi le imperatorie nature come quella d'Ildebrando,
-nè dubitava di porlo a riscontro con quel
-Joachaz, che secondo il IV <i>Re</i> 32 fecit malum coram
-Domino.<a class="tag" id="tag573" href="#note573">[573]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span>
-</p>
-
-<p>
-A queste citazioni mi permetto di aggiungerne
-qualche altra importante per i giudizii che Gioacchino
-porta su avvenimenti di cui è stato testimone.
-Morto Joachin prese a regnare Jeconia, rimosso
-il quale dal re di Babilonia gli fu sostituito lo zio
-Sedechia, iniquo e pessimo uomo. Allora venne in
-estrema confusione il regno di Giuda, nè più secondo
-l'ordine di generazione regnarono i re di
-Giuda, ma ora il fratello, ora il nepote, ora lo zio,
-ora insieme e l'uno e l'altro. Lo stesso intervenne
-alla Chiesa, ove si vide due vescovi contemporaneamente
-fatti papi, e l'Imperatore combattere la
-libertà della Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Tutto questo accadde durante la trentanovesima
-generazione al tempo di Alessandro III e Federigo
-Barbarossa. Nè ai successori suoi Lucio e massime
-Urbano III arrisero le sorti; ed anche oggi, seguita
-Gioacchino, portiamo le tristi conseguenze del dissidio
-scoppiato al tempo di Leone e di Enrico. E non
-senza gemito del cuore e dolore dobbiamo ripetere
-le rampogne di Geremia, che ben si applicano a
-noi, che ci diciamo cristiani e non siamo. Già da
-due anni era salito sulla cattedra di S. Pietro Innocenzo
-III, quando Gioacchino proferiva queste severe
-parole, e il famoso <i>quomodo sedet sola civitas</i>
-<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span>
-applicava alla Chiesa di Pietro, e contro gl'inerti
-sacerdoti volgea queste parole dei Treni: <i>I profeti
-tuoi han veduto vanità e cose scempie</i> (2, 14): <i>Han
-mutato colore il buon oro fino, e le pietre del santuario
-sono state sparse in capo d'ogni strada</i> (4, 1).<a class="tag" id="tag574" href="#note574">[574]</a>
-Le fortune d'Innocenzo non lo illudevano, nè alla
-pace, che parea dovesse finalmente arridere alla
-cristianità, prestava fede: ma invece nuove guerre
-predicea, nuove calamità, perchè essendo già cominciata
-col 1201 la quarantunesima generazione, non
-molto andrà che il secondo periodo sarà per chiudersi.
-E pria che spunti l'alba del nuovo giorno,
-gravi mali travaglieranno ancora l'umanità, come
-previdero i profeti del vecchio Testamento ed i
-veggenti del nuovo.<a class="tag" id="tag575" href="#note575">[575]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ora possiamo conoscere il risultato di questi
-faticosi riscontri. Dal paragone di generazione a
-generazione si cava la conclusione che siamo sul
-finire del secondo periodo, e che il cominciamento
-<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span>
-della nuova èra non si farà aspettare lungo
-tempo. Che cosa sia questa nuova èra già lo sappiamo,
-il regno dello Spirito, che tien dietro a
-quello del Figliolo. Questo terzo periodo della storia
-dell'umanità per un certo rispetto è già cominciato;
-perchè a quel modo che l'èra di Cristo fu preparata
-nell'ultimo scorcio della precedente, così accade
-dell'èra nuova, che se non dà frutti ancora,
-certo è germogliata da un pezzo. Quest'anticipazione
-noi già l'abbiamo accennata parlando di San
-Benedetto, che al tempo della diciottesima generazione
-fondò un nuovo ordine monastico, nel quale
-il cenobitismo greco fu innestato alla tradizione
-latina, e dal quale senza dubbio comincia la nuova
-età, in cui posto fine agli abusi del chiericato, ed
-eliminate le due cause principali delle discordie
-umane, l'orgoglio e l'avidità, sarà finalmente assicurata
-la pace del mondo. Nello stesso luogo abbiamo
-ricordata ancora la parentela che corre tra il
-profeta Eliseo dell'antico Testamento e S. Benedetto
-dei nuovi tempi. In grazia di quest'analogia l'anticipazione
-del terzo periodo dovrebbe scoprirsi nell'antico
-Testamento stesso al tempo del re Asa. Nè
-è strano questo doppio incominciamento, perchè il
-terzo periodo essendo il regno dello Spirito, che
-procede insieme dal Padre e dal Figliuolo, era ben
-giusto che mettesse capo nel vecchio e nel nuovo
-Testamento.<a class="tag" id="tag576" href="#note576">[576]</a> L'interessante è che tornino i calcoli
-<span class="pagenum" id="Page_348">[348]</span>
-numerici. E torneranno di sicuro, che sarà nostra
-cura accorciare o prolungare il tempo quanto basti.
-Così ad esempio come da Adamo a Cristo corrono
-sessantatrè generazioni, sarebbe desiderabile che
-altrettante ne corressero da Eliseo sino a S. Benedetto;
-ma se questo non è possibile, sceglieremo un
-altro termine, quello ad esempio in cui la regola benedettina
-prese nuovo vigore per opera dei cistercensi,<a class="tag" id="tag577" href="#note577">[577]</a>
-ed il calcolo torna, e possiamo con sicurezza
-predire che l'ora tremenda sta per sonare.
-Ma quando? possiamo noi sapere e l'anno e il giorno
-della catastrofe, o dobbiamo rassegnarci a più o
-meno probabili approssimazioni? Noi già notammo
-come Gioacchino proceda molto cauto, e soventi
-ricusa di addurre determinazioni precise, come si
-pare dai parecchi passi in cui esprime le sue dubbiezze,
-e a chi gli dimandi maggiore precisione di
-ciò che ei dice, risponde che solo Iddio sa il
-<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span>
-futuro.<a class="tag" id="tag578" href="#note578">[578]</a> Ma in questo punto, nella determinazione
-dell'anno in cui dovrà cominciare la terza età del
-mondo è più esplicito di quel che ci aspetteremmo.
-</p>
-
-<p>
-Quando sarà per entrare la 42ª generazione Dio
-solo lo conosce,<a class="tag" id="tag579" href="#note579">[579]</a> ma quando sia per finire si può
-argomentare da un gran numero di prove, le une
-più indubitabili delle altre. In primo luogo si è già
-detto che stante la concordia dei due testamenti
-il secondo periodo deve durare in tutto 63 generazioni,
-e stante che 21 appartengono al periodo di
-fecondazione, non restano da Cristo in poi se non
-42 generazioni. La generazione dev'essere presa non
-secondo la carne, ma secondo lo spirito. E come il
-Signore non cominciò ad avere figli spirituali se non
-a 30 anni, il che era già prefigurato nella unzione
-<span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span>
-di David, e nell'iniziazione di Ezechiele, così trent'anni
-deve durare ogni generazione nel nuovo
-tempo. Saputo dunque il numero delle generazioni,
-42, e la durata di ciascuna di esse, 30, basterà
-moltiplicare l'un numero per l'altro, e sarà determinato
-l'anno fatale, ovvero il 1260.<a class="tag" id="tag580" href="#note580">[580]</a> Il qual numero
-ritorna nei giorni che Elia stette nascosto,<a class="tag" id="tag581" href="#note581">[581]</a>
-in quelli che passò nel deserto la donna
-<span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span>
-dell'<i>Apocalisse</i>,<a class="tag" id="tag582" href="#note582">[582]</a> e nei mesi che Giuditta restò vedova<a class="tag" id="tag583" href="#note583">[583]</a> e la
-coincidenza torna sicura. Nè fa intoppo che il terzo
-periodo cominci non alla metà delle 42 generazioni,
-che restano dopo Cristo, cioè alla 21ª, ma invece
-alla 16ª come dice in un altro luogo della <i>Concordia</i>.<a class="tag" id="tag584" href="#note584">[584]</a>
-Questi ritardi od anticipazioni non iscoraggiano l'intrepido
-calcolatore, al quale non torna malagevole
-aggiungere se occorra fino a quindici generazioni.
-Non disse il Signore ad Ezechia: Io aggiungerò
-quindici anni al tempo della tua vita? E non fece
-tornar l'ombra indietro per i gradi per li quali era
-discesa nell'orologio di Achaz, cioè per 10 gradi
-(IV <i>Re</i>, 20, 6-11)?<a class="tag" id="tag585" href="#note585">[585]</a> E se la serie delle generazioni
-<span class="pagenum" id="Page_352">[352]</span>
-secondo la carne non torna neanche dopo questi rimendi,
-possiamo invocarne un'altra che corra più
-spedita per gradi di parentela spirituale. Sta bene
-che Cristo discenda dai re d'Israele, ma questi alla
-lor volta non sono i successori dei Giudici?<a class="tag" id="tag586" href="#note586">[586]</a> Noi
-dunque possiamo movere dal primo Giudice, Moisè,
-e pei suoi successori Giosuè, Othonel ecc. arrivare
-dopo ventuna generazioni ad Asa, a quel buon re
-che negli ultimi anni della sua vita vide Israele in
-mano di Acab, l'iniquo persecutore di Elia ed Eliseo.
-Ormai i calcoli tornano. Perchè da Asa sino a
-Cristo si contano ventitre generazioni secondo Matteo;
-aggiuntevi le tre che questi trascura, si ha
-ventisei; aggiunte ancora le sedici che s'interpongono
-tra Cristo e S. Benedetto, si ha il famoso
-numero quarantadue. E sommate queste generazioni
-colle ventuna che furono tra Mosè ed Asa,
-torna il numero sessantatre, e così le generazioni
-tra Adamo e Cristo pareggiano in numero quelle
-che s'interpongono tra Moisè e S. Benedetto. Non
-vogliamo più oltre paragonare le due serie, nè ripetere
-gli artificii adoperati dall'autore per dissimularne
-le discrepanze, che già ben sappiamo, e
-quello che Gioacchino ha voluto dimostrare e la
-via tenuta nel dimostrarlo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_353">[353]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap1-2-IV">IV</h4>
-
-<p>
-Che il giorno tremendo sia prossimo, Gioacchino
-non pure lo dimostra dalla concordia dei due Testamenti,
-ma dallo studio dei segni precursori,
-descritti nell'<i>Apocalisse</i>: grandi calamità, guerre
-disastrose, scismi ed eresie, e finalmente più terribile
-di tutti l'Anticristo. Molti di questi segni
-secondo Gioacchino erano già visibili, e se gli
-uomini non se ne addavano ancora, si doveva allo
-scarso studio che facevano delle antiche rivelazioni
-in confronto delle condizioni presenti. A codesto
-studio si mette il Profeta con ardore. L'Apocalisse
-è giustamente prediletta da quanti affatica
-l'ansioso problema dell'avvenire; ed a chi si compiaccia
-d'interpetrare allegorie, nessun libro nè nel
-nuovo nè nel vecchio Testamento offre materia più
-copiosa. Era dunque ben naturale che Gioacchino
-ne desse una minuta esposizione, interpetrandolo
-e commentandolo dalla prima all'ultima parola, e
-dappertutto scoprisse segni di verità arcane, anche
-dove il senso letterale è pianissimo, e diventa oscuro
-solo quando se ne sospetti altro più nascosto.
-</p>
-
-<p>
-Così sin dalla prima pagina alla dimanda: perchè
-l'Evangelista mandi il suo scritto alle sole
-sette Chiese dell'Asia minore, mentre egli più degli
-altri apostoli suole volgersi a tutti i fedeli,<a class="tag" id="tag587" href="#note587">[587]</a> l'espositore
-<span class="pagenum" id="Page_354">[354]</span>
-risponde: perchè queste sette Chiese non
-si debbono prendere nel senso proprio ma nel metaforico.
-La concordia tra il vecchio e nuovo Testamento
-c'insegna che come dodici furono le tribù
-del popolo eletto, così dodici sono le Chiese principali
-fondate sugli albori del Cristianesimo. Queste
-dodici si dividono in due gruppi, uno di cinque
-l'altro di sette; il primo comprende le Chiese di
-Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, Costantinopoli
-e Roma; l'altro gruppo abbraccia le sette
-Chiese dell'Asia minore. Ed a ragione l'Apocalisse
-non nomina se non queste ultime, perchè le prime
-cinque simboleggiano l'età, che precorsero Cristo, le
-ultime invece quella, che da lui comincia.<a class="tag" id="tag588" href="#note588">[588]</a> Potrebbe
-fare intoppo che il periodo precristiano si partisca
-in cinque e non in sei o sette periodi come si disse
-più sopra. Ma a questa difficoltà è subito rimediato.
-Le cinque Chiese corrispondono a cinque tribù
-d'Israele, Ruben, Gad, Manasse, Effraim e Giuda.
-La terza di queste tribù fu suddivisa in due parti,
-una restò al di qua del Giordano e l'altra passò
-oltre. Così le cinque tribù diventano sei, e ben
-rappresentano le sei età del periodo precristiano.
-<span class="pagenum" id="Page_355">[355]</span>
-Le prime tre, dimoranti all'oriente del Giordano,
-rappresentano il sorgere del genere umano, le generazioni
-che si succedono da Adamo sino a Mosè,
-sino cioè allo stabilimento della legge; le altre
-tribù, che restano al di qua del Giordano, rappresentano
-le generazioni succedute a Mosè sino a
-Cristo, cioè il periodo <i>post legem</i>. Dei figli d'Israele
-Ruben perdette ogni diritto di preferenza per aver
-contaminato il talamo di suo padre (<i>Gen.</i>, 49, 4),
-ed a Giuda invece s'inchineranno i suoi fratelli, e
-dalla sua tribù non sarà rimosso lo scettro (Ivi, 8, 9);
-così le generazioni posteriori allo stabilimento della
-legge, furono più accette a Dio delle precedenti,
-che spesso l'obbliarono; e parimenti la Chiesa di
-Roma andò innanzi alle altre che la precorsero, e
-meglio di loro serbò il tesoro della tradizione.
-Queste coincidenze meravigliose ci tolgono ogni
-dubbio che le cinque Chiese rappresentano le cinque
-o meglio le sei tribù, e per esse le sei età
-che precedono Cristo. Le rimanenti sette Chiese
-o sette tribù debbono dunque rappresentare le età
-che lo seguono, vale a dire il lungo periodo che
-da Cristo arriva sino ai giorni di Gioacchino.
-Quest'ultimo periodo poi si suddivide in sette, e
-non in sei o cinque, per due ragioni evidentissime:
-la prima che a tal modo si compie il sacro
-numero dodici, la seconda perchè prima di Cristo
-erano ben pochi i fedeli ed appartenenti ad una
-sola nazione, dopo Cristo son molti e di tutte le
-nazioni, e ad una turba così numerosa Giovanni
-<span class="pagenum" id="Page_356">[356]</span>
-ha da volgere la parola per aprirle il segreto dell'avvenire.<a class="tag" id="tag589" href="#note589">[589]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dopo questa interpetrazione non farà meraviglia
-che in quei pochi luoghi dove Giovanni spiega
-da sè medesimo il senso delle sue allegorie, il nostro
-autore non gli creda, e l'interpetre stesso e
-la spiegazione addotta intenda come una nuova allegoria.
-Ormai si monta di nube in nube, e la terra
-sempre più sfugge allo sguardo. Così quando in fine
-del primo capitolo si legge che le sette stelle son gli
-Angeli delle sette Chiese, e i candelieri d'oro le
-Chiese stesse (<i>Ap.</i>, I, 20), non dobbiamo intendere
-tutto questo alla lettera, a quel modo che non bisogna
-intendere alla lettera la spiegazione, che Giuseppe
-recò del sogno di Faraone. Perchè Giuseppe
-che spiega i sogni e distribuisce le vettovaglie è il
-simbolo dell'ordine contemplativo, che svela gli
-<span class="pagenum" id="Page_357">[357]</span>
-arcani e distribuisce le grazie spirituali. Ed i sette
-anni grassi rappresentano le età del Vecchio Testamento,
-nelle quali si fece incetta del grano delle
-sacre parole, e gli anni magri si riferiscono all'età
-nostra povera di nuove rivelazioni, ma studiosa interpetre
-delle antiche. Non dimandiamo come si
-dicano magri i tempi del Cristianesimo in paragone,
-per giunta, non dell'avvenire, ma del passato
-giudaico; sarebbe ingiusto richiedere esattezza e
-coerenza in tanta mobilità d'interpetrazioni. Notiamo
-solo che per le sette stelle ed i sette candelabri
-non si debbono intendere, come parrebbe,
-le sette partizioni dell'èra cristiana, bensì i sette
-doni dello Spirito Santo. Infatti, dice Gioacchino,
-le stelle poste alla destra di Gesù, raffigurano qualche
-cosa di cui si riconosca l'eccellenza su Gesù
-medesimo. E certamente lo Spirito si vantaggia sul
-Verbo di quanto la pienezza e gioja dell'amore sovrasta
-sulle angustie della scienza; talchè non lo
-<i>Spirito</i> ma il <i>Verbo</i> s'incarna ed assume le sembianze
-del servo, e del servo porta le fatiche e
-le stanchezze; alla libertà dello <i>Spirito</i> invece perfino
-l'apparenza del servaggio ripugna. Questo significato
-delle sette stelle ha tanto valore che si
-estende alle Chiese, contraddicendo alla spiegazione
-precedente. Secondo questa nuova interpetrazione
-cinque delle dodici Chiese s'hanno a riferire non
-più al padre, bensì al figliuolo, del quale rappresentano
-le cinque opere principali: la nascita, la
-passione, la risurrezione, l'ascensione e l'invio
-<span class="pagenum" id="Page_358">[358]</span>
-del Paracleto; le altre sette naturalmente anzichè
-il figliuolo rappresentano lo Spirito ovvero i suoi
-sette doni.<a class="tag" id="tag590" href="#note590">[590]</a>
-</p>
-
-<p>
-In un altro luogo le sette stelle non rappresentano
-più i sette doni dello Spirito, ma sette
-grandi uomini, rappresentanti sette periodi. Adamo,
-la cui lunga vita lo accomuna con Saturno; Noè che
-per la sua temperanza si assomiglia a Venere;
-Abramo padre dei fedeli parallelo a Giove che dai
-Gentili fu detto padre degli uomini e degli Dei;
-Moisè sapiente come Mercurio; David valoroso più
-di Marte; finalmente Giovanni ed Elia raffigurati
-nell'umida luna e nell'infocato sole.<a class="tag" id="tag591" href="#note591">[591]</a> Si ritorna così
-all'antica interpetrazione delle sette Chiese, colle
-quali possono andare benissimo paragonati i sette
-uomini, perchè l'angelo di Efeso ha di comune con
-<span class="pagenum" id="Page_359">[359]</span>
-David la prerogativa del governo, l'angiolo di
-Smirne pareggia Giovanni nella sofferenza, e così
-di seguito.
-</p>
-
-<p>
-Codesti grandi uomini sarebbero i patriarchi di
-sette ordini, quello dei coniugati, dei laici continenti,
-degli apostoli, dei martiri, dei dottori, delle vergini,
-dei conventuali, sebbene una esatta corrispondenza
-tra gli uni e gli altri nè Gioacchino l'ha
-mai dimostrata, nè forse sarebbe agevole a scoprire.<a class="tag" id="tag592" href="#note592">[592]</a>
-Comunque sia, se per le sette stelle o candelabri
-o Chiese s'ha da intendere codesti sette
-ordini, par che in esse vada effigiata la storia non
-del solo periodo cristiano, ma di tutti i tempi;
-perchè l'ordine dei conjugati e laici continenti rappresenterebbe
-l'èra precristiana; quello degli apostoli,
-martiri e dottori la cristiana; e infine le
-vergini ed i conventuali accennerebbero alla età
-nuova, già cominciata con S. Benedetto. E con
-siffatta interpetrazione andrebbe in parte d'accordo
-l'altra dei sette occhi dell'Agnello (<i>Apoc.</i>, V, 6),
-ciascuno dei quali rappresenterebbe il dono conferito
-dallo Spirito a ciascun ordine, la fortezza dei
-<span class="pagenum" id="Page_360">[360]</span>
-prelati, l'intelletto dei dottori e simiglianti.<a class="tag" id="tag593" href="#note593">[593]</a> Ma
-in quest'ultimo passo già comincia a mutare l'interpetrazione,
-perchè i sette ordini non sono quelli
-di prima, e si parla ora di prelati e di diaconi,
-e gli ordini par che tutti appartengano all'èra
-cristiana.
-</p>
-
-<p>
-In questo senso certo vanno interpetrati i sette
-suggelli del famoso libro scritto dentro e di fuori,
-perchè codesto libro non è se non il Nuovo Testamento
-e le successive rotture dei suggelli vogliono
-dire altrettante fasi nello svolgimento dei tempi
-cristiani. Così alla rottura del primo suggello l'Evangelista
-vede un cavallo bianco, montato da un cavaliere
-dall'arco, che ebbe una corona e fu dichiarato
-vincitore (<i>Ap.</i>, VI, 1). Questo cavallo bianco è la
-Chiesa primitiva, ed il cavaliere è Cristo medesimo.
-In altre parole abbiamo la rappresentazione allegorica
-del primo periodo della Chiesa, governata
-dagli Apostoli, e candida della sua purità. Alla rottura
-del secondo suggello esce fuori un cavallo
-sauro, montato da un cavaliere, cui fu dato di togliere
-la pace della terra. Questo cavallo sauro
-sono i sacerdoti pagani, che combattono spietatamente
-la nuova Chiesa. Siamo già nel secondo
-periodo, quello dei martiri. Un cavallo negro esce
-fuori alla rottura del terzo suggello, ed il cavaliere
-<span class="pagenum" id="Page_361">[361]</span>
-che lo monta ha una bilancia in mano (<i>Apoc.</i>,
-VI, 5). Questo cavallo morello secondo Gioacchino
-è il clero ariano, ed il cavaliere, Ario stesso, che
-tenendosi strettamente alla lettera sotto l'apparenza
-di una esatta e ben pesata interpetrazione
-uccide lo spirito della nuova dottrina. Ecco il terzo
-periodo dei contrasti dommatici, il terzo ordine,
-i dottori. Rotto il quarto suggello, sopra un pallido
-cavallo si mostra un cavaliere per nome la
-Morte. Questo cavallo che ha il colore dell'odio e
-del livore, vuol significare l'empia genìa dei musulmani
-che disertarono moltissime Chiese dei Greci,
-ed occupano anch'oggi grande estensione della
-terra. Questa quarta calamità ha la sua rispondenza
-nella cattività di Babilonia. All'apertura del quinto
-suggello l'Evangelista non vede più cavalli, ma le
-anime degli uccisi per la parola di Dio, che di
-sotto all'altare gridano con gran voce: Infino a
-quando, o Signore, non vendichi il nostro sangue?
-Qui è chiaramente annunziata secondo Gioacchino
-una quinta persecuzione, e come la prima ebbe
-luogo nella Giudea, la seconda in Roma, la terza
-in Grecia, la quarta in Arabia, così la quinta è
-scoppiata nella Mauritania e nella Spagna, ove un
-gran numero dei cristiani superstiti alle precedenti
-persecuzioni, vennero uccisi. A queste anime vien
-detto, che riposino ancora un poco di tempo finchè
-sia compiuto il numero dei fratelli che han da
-essere uccisi, perchè dopo questa quinta persecuzione,
-che ha luogo oggi, succederà una sesta.
-<span class="pagenum" id="Page_362">[362]</span>
-Gioacchino dunque crede che l'età sua sia l'estrema
-del quinto periodo.<a class="tag" id="tag594" href="#note594">[594]</a> All'apertura del sesto suggello
-si udì un gran tremuoto, ed il sole si fe' nero come
-un sacco e la luna rossa come sangue, e le stelle
-del cielo caddero in terra, ed i re della terra e i
-grandi e i capitani e i ricchi e i possenti e ogni
-servo e ogni libero si nascosero nelle spelonche e
-nelle rocce (<i>Ap.</i>, VI, 12 e segg.). Questo evidentemente
-è l'ultimo giorno, che in un senso stretto
-s'ha da riferire al giudizio universale, avente luogo
-al termine della storia umana; ma nel senso largo
-si può intendere per la fine di ciascun periodo,<a class="tag" id="tag595" href="#note595">[595]</a>
-ed in quest'ultimo significato l'intende Gioacchino.
-Alla quinta persecuzione, che accadde ai giorni suoi,
-ei prevede abbia a seguirne una più dura ancora;
-nè s'illude che i mali dell'età sua sieno per cessare;
-anzi nell'ultima età del secondo periodo,
-ovvero nel sesto tempo (sesto suggello), si aggraveranno,
-e se i miscredenti e una parte di fedeli
-morrà per la propria fede, un'altra, forse la maggiore,
-sarà per perderla. E l'ordine monastico medesimo,
-<span class="pagenum" id="Page_363">[363]</span>
-del quale erano così evidenti i segni di
-corruzione, volgerà all'estrema ruina, il che è come
-a dire che il sole si oscurerà.<a class="tag" id="tag596" href="#note596">[596]</a> Non occorre dire del
-clero secolare, al quale si può applicare l'imagine
-della luna fatta color di sangue, perchè in lui non
-è più niente di spirituale e celeste.<a class="tag" id="tag597" href="#note597">[597]</a> Finalmente
-rotto il settimo suggello, si fece silenzio nel cielo
-lo spazio di una mezz'ora (<i>Apoc.</i>, VIII, 1). Il che
-vuol dire che alle guerre e calamità succederà il
-riposo, al secondo periodo così tormentato principalmente
-negli ultimi suoi giorni, terrà dietro l'età
-nuova, nella quale regnerà il silenzio della vita
-contemplativa.<a class="tag" id="tag598" href="#note598">[598]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_364">[364]</span>
-</p>
-
-<p>
-Da ora in avanti non si muta più l'interpetrazione.
-I sette angeli, a cui furon date sette trombe,
-rappresentano le sette età del mondo, sei nelle quali
-si esaurisce il secondo periodo, ed una in cui si
-riassume il terzo. È inutile entrare nei particolari,
-ed il lettore può colla scorta delle interpetrazioni
-precedenti indovinare le altre. La stella, ad esempio,
-ardente come un torchio, che al suono della terza
-tromba cade nelle acque, convertendo la terza parte
-di esse in assenzio, è senza dubbio Ario, per onestà
-dei costumi uno dei sacerdoti più specchiati,
-il quale caduto nell'eresia trae seco innumerevole
-turba di vescovi e di preti. Un'altra stella cade
-al suono della quinta tromba, in quella che l'angelo
-apre il pozzo dell'abisso, onde sale un fumo
-così denso da ottenebrare l'aria, e vengono fuori
-locuste, cui fu dato il potere degli scorpioni della
-terra. La nuova stella dev'essere un altro eresiarca
-non dissimile da Ario, prete e letterato come lui.
-Di costui Gioacchino non sa dire il nome, ma accenna
-vagamente ai filosofi del suo tempo, che al
-pari di Abelardo vogliono tutto comprender colla
-ragione.<a class="tag" id="tag599" href="#note599">[599]</a> Le locuste sono i Patarini, che al tempo
-di Gioacchino s'erano moltiplicati a segno, che pochi
-anni dopo, Innocenzo ebbe a bandire una crociata
-contro. Questi eretici sono il vero Anticristo, come
-previde chiaramente Giovanni, che in una sua
-<span class="pagenum" id="Page_365">[365]</span>
-lettera (1 <span class="smcap">Joh.</span>, 2, 22) dice chiaramente: chi nega che
-Cristo sia venuto in carne è lo stesso Anticristo.
-(Evidentemente qui lo scrittore della lettera parla
-del docetismo a lui contemporaneo, che poi venne
-accolto nel Catarismo). E se tutti questi eretici meritano
-il nome di Anticristo, a maggior ragione
-l'avrà il loro re che secondo l'<i>Apocalisse</i> si dirà
-Abadon (<i>Ap.</i>, X, 11) ed in greco Apollion, distruggitore (!)
-E stante che gli eretici patarini erano cresciuti
-d'audacia e di numero al tempo di Gioacchino,
-ei non dubita che anche quei, che si metterà
-alla loro testa, sia già nato, sebbene non sia ancora
-scoccata l'ora della sua rivelazione, perchè si manifesterà
-soltanto nell'età seguente, o sesta ed ultima
-dell'evo cristiano.<a class="tag" id="tag600" href="#note600">[600]</a> Questa età, come già sappiamo,
-è la prossima futura, e Gioacchino la crede già cominciata
-<span class="pagenum" id="Page_366">[366]</span>
-al suo tempo, sebbene non fosse<a class="tag" id="tag601" href="#note601">[601]</a> chiusa
-ancora l'età precedente. In essa seguiteranno gli
-eretici con maggior vigore, stantechè ai patarini
-si uniranno i saraceni, come tentarono di fare nel
-1195 secondo le notizie che Gioacchino raccolse da
-un tale tornato da Alessandria in Messina. Questi
-novi eretici nati dalla fusione dei precedenti sono
-rappresentati dai cavalli dell'<i>Apocalisse</i> a testa di
-leone, e dalla cui bocca escono fuoco e fumo e
-zolfo, e sul cui dorso montano cavalieri dagli usberghi
-di foco (<i>Ap.</i>, IX, 17). Contro essi non varrà più
-resistenza alcuna, come pur troppo, aggiunge Gioacchino,
-già si cominciò a sapere per esperienza or
-non è molto, quando gli eserciti di Federico primo
-furono disfatti dagli infedeli.<a class="tag" id="tag602" href="#note602">[602]</a>
-</p>
-
-<p>
-A questa età sesta succede, come già sappiamo,
-la settima, durante la quale secondo l'espressione
-<span class="pagenum" id="Page_367">[367]</span>
-dell'<i>Apocalisse</i> (X, 7) si compirà il segreto di Dio,
-ovvero si chiuderà la storia dell'uomo, a quel modo
-che il settimo giorno chiude la settimana. In questo
-nuovo periodo all'intelligenza letterale succederà la
-spirituale, il che vien rappresentato nell'iride che
-circonda il settimo angelo, e che nel linguaggio simbolico
-di Gioacchino vuol dire o lo stesso Spirito
-Santo, o l'intelletto ripieno dello spirito. E per
-ciò nell'<i>Apocalisse</i> (X, 2) è detto che l'Angelo pone
-il suo piè destro sul mare ed il sinistro sulla terra,
-perchè in questa è rappresentata la lettera del Vecchio
-Testamento, ed in quello la lettera del Nuovo,
-che vengono entrambe superate dall'interpetrazione
-allegorica, la quale sta all'intelligenza letterale
-come il fuoco all'aria e all'acqua.<a class="tag" id="tag603" href="#note603">[603]</a>
-</p>
-
-<p>
-Anche nel <i>Commento</i> all'<i>Apocalisse</i> come nella
-<i>Concordia</i> Gioacchino pone nel 1260 il termine del
-secondo periodo, e il cominciamento del terzo. Questa
-data vien suggerita da moltissimi luoghi. Nell'<i>Apocalisse</i>
-X, 2 si legge che i gentili calpesteranno
-la santa città quarantadue mesi o meglio
-<span class="pagenum" id="Page_368">[368]</span>
-mille duecento sessanta giorni, calcolato il mese a
-trenta giorni in media. E per 1260 giorni è data
-facoltà nel paragrafo seguente ai profeti di profetare.
-Inoltre la donna intorniata dal sole, di sotto
-a' cui piedi era la luna, e sopra la cui testa una
-corona di dodici stelle, dopo aver partorito il figliuol
-maschio, che ha da reggere le nazioni, fugge
-nel deserto perchè sia quivi nudrita mille ducento
-sessanta giorni. (<i>Apoc.</i>, XII, 6). Alla bestia dalle
-dieci corna e dalle sette teste fu data potestà di
-durare quarantadue mesi, che secondo Gioacchino
-valgono 1260 giorni (<i>Apoc.</i>, XIII, 5). Queste coincidenze
-non sono a caso, si spiegano tutte mirabilmente,
-se intende che i quarantadue mesi non
-sono se non le quarantadue generazioni del secondo
-periodo, che calcolate a trenta anni l'una, importano,
-come già sappiamo, il corso di 1260 anni.<a class="tag" id="tag604" href="#note604">[604]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dopo tutto quello che abbiamo detto e del corso
-del tempo, e delle calamità che sovrastano alla
-Chiesa, non sono difficili ad interpetrare le altre
-allegorie dell'<i>Apocalisse</i>. La donna vestita di sole
-in generale rappresenta la Chiesa, ma in particolar
-<span class="pagenum" id="Page_369">[369]</span>
-modo la vergine madre, che è come la rappresentante
-dell'ordine degli eremiti. Le dodici stelle sappiamo
-ormai che rappresentano le dodici virtù, cinque
-minori e sette maggiori. Il sole è lo spirito
-divino che la riscalda, la luna che ha sotto i piedi
-è la concupiscenza carnale o la gloria del mondo.
-Ma a quel modo che la donna vestita di sole, oltre
-al rappresentare l'ordine verginale, simboleggia ancora
-la Chiesa in generale, che dura da Cristo fino
-ai nostri giorni; così il drago che le s'oppone rappresenta
-in un simbolo solo tutti i suoi persecutori,
-nei periodi successivi della storia. E così accade che
-ha sette teste corrispondenti alle sette età che noi
-ben conosciamo, e dieci corna che rappresentano
-dieci re. La stessa interpetrazione devesi dare della
-bestia, che sale dal mare (<i>Ap.</i>, XII, 1) anch'essa
-fornita di sette teste e dieci corna. Essa riassume
-in uno i caratteri delle quattro bestie di Daniele
-(VII, 3), essendo simigliante ad un pardo, coi piedi
-d'orso e la bocca di leone e dal drago riceve il suo
-potere. (<i>Apoc.</i>, XIII, 2). Questa bestia dunque personifica
-in sè i diversi nemici della Chiesa di Cristo,
-<span class="pagenum" id="Page_370">[370]</span>
-prima fra tutti la sinagoga degli Ebrei, poi quella
-dei pagani, quindi la terza degli ariani, e poi l'ultima
-dei saraceni: peccato che il testo di Daniele
-non gli permetta di aggiungere per quinta la sinagoga
-dei patarini.<a class="tag" id="tag605" href="#note605">[605]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma ci sarà posto anche per questa, perchè fortunatamente
-nell'<i>Apocalisse</i> oltre alla prima si legge
-di una seconda bestia, che sale non dal mare ma
-dalla terra, e in luogo di dieci ha due soli corni
-simili all'agnello. E fa gran segni, e persuade gli
-uomini ad adorare la prima bestia, che un tempo
-fu ferita mortalmente in una delle sue teste, ma
-ora del tutto è risanata. L'allegoria è trasparente
-secondo Gioacchino. Questa seconda bestia sono
-appunto i Patarini, che si danno per i veri cristiani
-e non sono, e stringono, come già dicemmo,
-alleanza coi saraceni, i quali un tempo quando al
-grido di Urbano si riunì la prima crociata (qui
-sbaglia la data e in luogo del 1079 mette il 1015)
-furono sconfitti; ma poi si rifecero delle perdite patite,
-e disfarli oggi torna ben difficile, nè sarà possibile
-neanche nell'avvenire se non forse colle armi
-della parola.<a class="tag" id="tag606" href="#note606">[606]</a> È chiara la simiglianza di questa
-nuova bestia col piccolo corno di Daniele (<span class="smcap">Dan.</span>,
-<span class="pagenum" id="Page_371">[371]</span>
-VII, 8), che ha occhi simiglianti a quelli d'uomo
-e bocca che profferisce cose grandi. Le due Apocalissi
-di Daniele e Giovanni si chiariscono a vicenda.
-Secondo Giovanni, la nuova bestia seduce gli abitanti
-della terra, e fatta fare una imagine dell'antica
-bestia, le infonde uno spirito che parli, e così
-piega tutti gli uomini all'adorazione del mostro, e
-quelli che vi si rifiutano li uccide. E tutti debbono
-portare sulla mano o sulla fronte il nome della
-bestia o il numero del suo nome. Questa imagine
-della bestia, che parla per bocca dei falsi profeti,
-è senza dubbio quel re undecimo di Daniele, che
-(VII, 24) succederà agli altri dieci raffigurati nelle
-dieci corna, e proferirà parole contro l'Altissimo,
-e penserà di mutare i tempi e la legge. Codesto
-re sarà senza dubbio dei Saraceni, ed avrà ai suoi
-fianchi qualche gran prelato patarino simile a Simon
-Mago, e rappresentante l'Anticristo di cui parla
-Paolo. E l'uno e l'altro sono rappresentati nell'<i>Apocalisse</i>
-da un numero 666, perchè 600 vuol
-dire le sei età del mondo, 60 la parte che appartiene
-alla sesta età, 6 il sesto tempo di quest'età.<a class="tag" id="tag607" href="#note607">[607]</a>
-</p>
-
-<p>
-Concorde con siffatte interpetrazioni è l'altra
-della gran meretrice (<i>Apoc.</i>, XVII), con la quale
-<span class="pagenum" id="Page_372">[372]</span>
-han trescato li re della terra, e del vino della cui
-fornicazione sono stati inebbriati gli abitanti della
-terra. Che non s'abbia da intendere in un senso
-diverso dalla bestia che viene dal mare, lo dicono e
-il sedere sull'acque della meretrice, e l'avere ella
-parimenti sette teste e dieci corna. I padri cattolici
-sogliono intendere Roma, in quanto rappresenta non
-la Chiesa, bensì la moltitudine dei reprobi, la quale
-non si raccoglie in un luogo, ma è sparsa per
-tutte le latitudini della terra. Ed i re coi quali
-ella fornica s'intendono i prelati, cui è commesso
-il governo delle anime, e che talvolta per compiacere
-agli uomini, trascurano il dover loro. Le sette
-teste sono i regni che furono molesti alla Chiesa
-nel corso del tempo; Erode, Nerone, Constanzo
-ariano, Maometto o Cosroe re dei Persiani sono i
-primi quattro capi. Il quinto è chi cominciò a dar
-travaglio alla Chiesa nelle lotte delle investiture
-(Enrico IV). Il sesto è il re undecimo di cui parla
-Daniele. Il settimo capo della bestia è quello dannato
-alla morte, spento il quale risplenderà la pace.<a class="tag" id="tag608" href="#note608">[608]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_373">[373]</span>
-Le dieci corna, ovvero i dieci re debbono intendersi
-forse di altrettanti sovrani che van compresi
-tutti nel sesto re, poniamo ad esempio i successori
-di quel famoso Saladino, re dei turchi, dal quale
-non ha guari fu presa la città santa.<a class="tag" id="tag609" href="#note609">[609]</a>
-</p>
-
-<h4 id="cap1-2-V">V</h4>
-
-<p>
-Tutte quante le interpetrazioni e della <i>Concordia</i>
-e del <i>Commento all'Apocalisse</i> concordano nel disegno
-di dividere la storia dell'umanità in sette età.
-Le prime sei ora rappresentano le epoche ebraica
-e cristiana insieme, ora la sola cristiana; la settima
-<span class="pagenum" id="Page_374">[374]</span>
-sta da sè e sarà forse la più breve e di poco lontana
-dalla fine del mondo. Ma non perchè le due
-epoche precedenti alla settima si possano suddividere
-ciascuna in tre parti, non per questo s'ha da
-dire che non abbiano un carattere unico anch'esse.
-Noi già sappiamo come la pensi Gioacchino, il quale
-crede che nella prima epoca abbia regnato il Padre,
-nella seconda il Figlio, e nella terza sarà per regnare
-lo Spirito. La storia dell'umanità dunque facendo
-astrazione dalle più minute suddivisioni in
-tre grandi periodi si può partire. Il primo in cui si
-vive sotto il rigore della legge, il secondo sotto il
-favore della grazia, il terzo nella pienezza della
-grazia medesima. Nel primo ha luogo la servitù
-servile, nel secondo la filiale, nel terzo la libertà.
-Nel primo si vive in timore, nel secondo si riposa
-nella fede, nel terzo s'arde di carità. Il primo periodo
-appartiene ai vecchi, il secondo ai giovani, il
-terzo ai fanciulli. Il primo ai servi, il secondo ai
-liberi, il terzo agli amici. Nel primo rilucevano le
-stelle, nel secondo biancheggia l'aurora, nel terzo è
-giorno pieno. Nel primo domina l'inverno, nel secondo
-la primavera, nel terzo l'estate. Il primo produsse
-le ortiche, il secondo le rose, il terzo i gigli.
-Il primo l'erbe, il secondo le spighe, il terzo il
-grano.<a class="tag" id="tag610" href="#note610">[610]</a> Questi paragoni spargono alquanta luce
-<span class="pagenum" id="Page_375">[375]</span>
-sugl'intendimenti dell'autore, secondo il quale i
-tre stati in cui si divide la storia dell'umanità dalla
-creazione al giudizio finale, hanno un corso continuo;
-sicchè l'uno nasce dall'altro come da fiore
-frutto. Nè solo continuo, ma progressivo, dal meno
-al più perfetto, dal timore all'amore, dalla servitù
-alla libertà.
-</p>
-
-<p>
-Ed agli stati corrispondono gli ordini, che ora
-sono sette, ora cinque, il più delle volte si riducono
-a tre, il coniugato, il clericale, il monastico.
-L'ordine dei coniugati ebbe principio in Adamo e
-cominciò a fruttificare in Abramo, ed ebbe la missione
-di crescere e moltiplicare. L'ordine dei sacerdoti
-prese principio da Uzzia, che offrì sebbene
-non impunemente l'incenso al signore, e fruttificò
-con Cristo, che è il vero re e sacerdote. L'ordine
-dei monaci ebbe principio da S. Benedetto e avrebbe
-cominciato a gettar frutti ai tempi di Gioacchino.<a class="tag" id="tag611" href="#note611">[611]</a>
-Di questi tre ordini il primo vien paragonato agli
-<span class="pagenum" id="Page_376">[376]</span>
-animali terrestri che non guardano al di là della
-terra su cui vivono; ai pesci il secondo, perchè la
-vita dei santi sacerdoti passa nello studio della scrittura,
-come quella dei pesci nell'acqua; finalmente
-agli uccelli il terzo perchè i monaci nella mistica
-contemplazione si movono liberamente come in aere
-più salubre. L'ordine dei conjugati in un altro luogo
-porta l'imagine del padre, perchè non è stato istituito
-da Dio se non a procrear figliuoli; l'ordine
-dei sacerdoti è fatto ad imagine del Figlio, verbo
-del Padre, perchè fu posto appunto per parlare ed
-insegnare al popolo la via del Signore; l'ordine dei
-monaci porta infine l'imagine dello Spirito Santo,
-che è l'amor di Dio, perchè non si può avere in
-dispregio il mondo e le sue cose se non si è infiammati
-dell'amor divino, e portati da quello stesso
-spirito che menò Gesù nel deserto.<a class="tag" id="tag612" href="#note612">[612]</a>
-</p>
-
-<p>
-Da questi passi ben si raccoglie che cosa voglia
-intendere Gioacchino. Ei concentra tutta la storia
-dell'umanità in quella dell'ordine sacerdotale. E nel
-primo periodo trova leviti che di poco si distinguono
-dagli altri uomini, e attendono come loro a
-<span class="pagenum" id="Page_377">[377]</span>
-procrear figli, e della propria famiglia e dei beni
-terreni sono solleciti. Nel secondo periodo fu vietato
-menar moglie a quelli che si consacrano al
-divino ministero, sebbene talvolta per eccezione si
-conceda. Ma i sacerdoti vivendo tuttora in contatto
-colla società prendono parte alle passioni e cupidigie
-mondane. E più si mescolano coi laici e più si
-corrompono allontanandosi dall'esempio di Cristo.
-Chi voglia serbarsi puro bisogna che rompa questo
-contatto e si raccolga come S. Benedetto nel
-silenzio del cenobio. Così è già cominciato il terzo
-periodo, in cui i ministri del Signore vengono sottoposti
-ad una più severa disciplina, nè altra cura
-hanno all'infuori del cielo, e spente le passioni
-del secolo, spendono la loro vita nella preghiera
-e nella contemplazione.
-</p>
-
-<p>
-Il primo concetto di Gioacchino è questo senza
-dubbio, una storia del sacerdozio che cominciato dai
-leviti, proseguito nel clero secolare, si compia nell'ordine
-benedettino, riformato secondo una regola
-più rigorosa. Se non che codesta angusta filosofia
-della storia, fatta in servigio di un ordine monastico,
-gli s'allarga tra le mani. E come nel primo
-periodo l'ordine dei coniugati non rappresenta solo
-i leviti, ma tutti quelli che vivevano sotto la legge
-della circoncisione, così l'ordine dei sacerdoti deve
-abbracciare tutti quelli che vivono sotto la legge
-del Cristo, e l'ordine dei monaci tutti coloro, cui
-scalda lo stesso amore delle cose celesti e l'odio delle
-mondane. La storia dell'ordine sacerdotale diventa
-<span class="pagenum" id="Page_378">[378]</span>
-per tal guisa la storia dell'umanità, e le opposizioni
-tra preti e frati acquistano una importanza fuor di
-misura, e diventano il segno di quella lotta che
-sarà sempre combattuta fra il passato e l'avvenire.
-</p>
-
-<p>
-Per ciò che riguarda i due primi periodi dell'umanità
-il contrasto secondo Gioacchino è evidente,
-come è evidente la profonda differenza dei
-due Testamenti. Differiscono, già dicemmo, le nascite,
-le vite, le guerre, le vittorie; perchè gli Ebrei
-nacquero dalla carne, i Cristiani dall'acqua (battesimo)
-e dallo spirito. Quelli poteano far divorzio dalle
-loro mogli, questi la debbono tenere presso di sè
-secondo l'esempio di Cristo, che è sempre lo sposo
-della sua Chiesa; quelli combatterono per i possessi
-terreni, questi non tanto per la terra, quanto per
-la libertà della Chiesa. Ma se tanta è la differenza
-tra il primo ed il secondo periodo, non deve correrne
-altrettanta tra il secondo ed il terzo? Nel
-secondo periodo fu abolita la legge che dominava
-il vecchio mondo, fu proscritta la circoncisione,
-furono abolite le vittime di animali, ed al rigore e
-severità della legge mosaica sottentrò la mitezza
-del cristianesimo. Pari innovazione dovrà succedere
-rispetto al cristianesimo, ed a quel modo che il
-fuoco di Elia consumò la catasta del sagrifizio e
-ne lambì l'acqua, così sarà mutato l'evangelo, perchè
-quando sorge ciò che è perfetto, è necessario
-che l'imperfetto tramonti.<a class="tag" id="tag613" href="#note613">[613]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_379">[379]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma che mai sarà codesto stato nuovo? Quali
-leggi cadranno, e quali piglieranno il posto delle
-prime? Come sarà composta la società? ammettiamo
-per ipotesi che il clero secolare scomparisca, e le
-funzioni attribuite ai vescovi e parroci sieno indi
-innanzi esercitate dagli abati e dai conventuali,
-cesserà forse puranche la divisione tra laici e sacerdoti,
-e la società diverrà forse un vasto cenobio?
-E se diventa un cenobio come farà a perpetuarsi?
-La generazione più saggia, più casta, e più devota
-sarà forse l'ultima per l'umanità, e dopo questo
-idillio di pace sarà troncata la storia dell'uomo,
-ed avrà luogo il giudizio finale e la resurrezione
-della carne? Il genio profetico intorno a questa dimanda
-si sarebbe travagliato, ed una pittura fresca
-e viva di questa nuova società ci avrebbe data
-a preferenza. Ma il nostro autore non s'estende
-<span class="pagenum" id="Page_380">[380]</span>
-tant'oltre, e la rappresentazione del terzo periodo
-dobbiamo comporla noi stessi raccogliendo qua e
-là sparsi accenni; ma ben ci guarderemo dal dare
-ai pensieri dell'autore maggiore determinatezza o
-rilievo che non abbiano.
-</p>
-
-<p>
-Il primo carattere di questa nuova epoca è
-questo, che non ci saranno più misteri, i veli che
-coprivano l'esatta intelligenza dell'antica e nuova
-lettera saranno squarciati, e sarà dato cogliere la
-verità attraverso le molteplici allegorie.<a class="tag" id="tag614" href="#note614">[614]</a> Come cessò
-l'osservanza dell'agnello pasquale allora che fu cominciata
-quella del corpo di Cristo, così, nello
-schiarimento dello Spirito Santo cesserà l'ammirazione
-della figura.<a class="tag" id="tag615" href="#note615">[615]</a> Ma se gli uomini vedranno
-la verità faccia a faccia, non s'ha da credere pertanto
-che Gioacchino descriva l'età futura come il
-secolo del razionalismo, nel quale la scienza riporterà
-grandi vittorie sulla fede. Egli ha scarsa fiducia
-nella scienza. Ingegno mistico e vaporoso, abborre
-la precisione e l'aridità del ragionamento. La verità
-secondo lui resta nascosta ai prudenti e sapienti,
-<span class="pagenum" id="Page_381">[381]</span>
-e si svela soltanto ai fanciulli, per confondere la
-vanità della superstizione filosofica. L'argomentazione
-dialettica non vale quindi se non a chiudere
-ciò che prima era aperto, o rendere oscuro quello
-che prima era chiaro. E da essa nascono questioni
-e contrasti di parole, ed invidie e contese e bestemmie
-e corruzioni. La fede, come ha dimostrato
-l'abate di Chiaravalle, è al di sopra dei cavilli della
-ragione. La scienza non edifica, ma distrugge talvolta,
-come attestano quegli scribi, che gonfiati di
-vanità ed arroganza a forza di ragionamenti caddero
-nell'eresia.<a class="tag" id="tag616" href="#note616">[616]</a>
-</p>
-
-<p>
-La conoscenza della verità per lui, come per
-tutti i mistici dei vecchi e nuovi tempi, è la visione
-intuitiva, alla quale si arriva non per via dell'intelletto,
-ma del sentimento, non col raziocinio, ma
-colla preghiera. Epperò il fondatore dell'ordine cenobitico
-impose l'obbligo di frequenti cori. Tra i
-suoni che salgono e si ripercotono per le volte del
-tempio, e i profumi degl'incensi, e le misteriose
-penombre, l'anima sente e vede ciò di che non può
-render conto nè a sè stessa nè agli altri. E codesta
-mistica visione, che ora è privilegio di pochi,
-<span class="pagenum" id="Page_382">[382]</span>
-forse allora sarà comune a tutti, perchè alle distrazioni
-della vita attiva succederà il silenzio ed il
-raccoglimento della contemplativa, a Lia sottentrerà
-Rachele. In questi pensieri ben si scopre il mistico
-cenobita non dissimile, come bene avverte il Rousselot,
-dai Vittorini.<a class="tag" id="tag617" href="#note617">[617]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma i mistici del secolo decimosecondo non sono
-meno arditi dei loro avversarii razionalisti, ed in
-nome del sentimento reclamano la stessa libertà
-d'interpetrazione, che gli altri chiedevano in nome
-della ragione. E già sappiamo come Gioacchino
-spinga troppo oltre i diritti dell'interpetre, e nessuna
-violenza risparmii alla lettera della Bibbia
-per salvarne lo spirito. Rimosso l'ostacolo dell'intelligenza
-letterale, l'interpetrazione allegorica non
-ha più freno che la moderi. In quest'assoluta indipendenza
-della mente divinatrice sta la <i>libertà</i> che
-Gioacchino attribuisce ai nuovi tempi. Cristo sottrasse
-il mondo ai rigori dell'antica lettera, lo
-spirito ci deve liberare dai rigori della nuova.
-Questo cammino dalla servitù alla libertà si riscontra
-anche nei tre ordini. Il primo passò sotto il giogo
-dei precetti legali; il secondo fu sottoposto ai
-travagli della passione; il terzo è destinato alla
-libertà della contemplazione secondo il testo: <i>Ubi
-spiritus, ibi libertas</i>.<a class="tag" id="tag618" href="#note618">[618]</a> Questo è un altro carattere
-dei tempi nuovi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_383">[383]</span>
-</p>
-
-<p>
-Non è a dire che nel periodo cristiano sia mancata
-la libertà; c'è stata di certo, ma una libertà relativa,
-chè alle catene dell'antica legge vennero sostituiti
-più miti legami. Solo nei nuovi tempi sarà data
-un'assoluta libertà, e il vincolo che stringerà gli
-uomini e Dio non sarà il timore nè in larga nè in
-istretta misura, ma l'amore. L'amore governerà gli
-uomini, ecco un altro segno del terzo periodo. Gioacchino
-non nasconde nessuna delle calamità del tempo
-suo, e gli odii che dividevano gli uomini, e le sanguinose
-guerre, che laceravano in allora la Chiesa, ben
-prevede che non saranno per cessare; anzi pria che
-il secondo periodo volga al suo termine raddoppieranno
-d'intensità. Ma per quanto più gravi sono i
-mali, altrettanto più vivo è il desiderio della loro
-fine, ed il vivo desiderio il più delle volte fa tramutare
-la speranza in certezza. Anche ai nostri giorni
-in cui un grande statista non dubitò di ripetere: <i>la
-force prime le droit</i>, e le guerre se non più lunghe
-sono certo più sanguinose e rovinose di prima, ai
-nostri giorni appunto si fa un gran parlare della
-lega della pace e degli arbitrati internazionali. Qual
-meraviglia che in pieno secolo decimosecondo, Gioacchino
-non vegga nelle calamità e nei tumulti del
-tempo suo se non un avviamento ad un migliore
-assetto della società? Egli forse credeva che nelle
-terribili lotte, che travagliavano l'ultima parte del
-<span class="pagenum" id="Page_384">[384]</span>
-secondo periodo, i violenti si sarebbero distrutti gli
-uni cogli altri. E dal nuovo diluvio non sarebbero
-scampati se non gli animi miti e generosi, che più
-di sè amano gli altri, ed in ognuno che soffra e
-preghi veggono un fratello, e con esso si confondono
-nell'amore di chi a tutti è padre.<a class="tag" id="tag619" href="#note619">[619]</a> È un sogno
-forse che verrà giorno in cui le passioni violente
-faranno luogo agli affetti più miti, ma un sogno
-che riposa e ristora, e soventi l'umanità l'ha sognato,
-ed è probabile che seguiti a sognarlo ancora
-altre volte.
-</p>
-
-<p>
-Questa nova età di pace e di amore Gioacchino
-la presente vicina, perchè fra non molto l'uomo
-sarà del tutto purificato, e svellerà dal suo cuore
-gli affetti egoistici; nè vi sarà più lotta pel mio e
-pel tuo, e dei beni mondani tutti faranno quel conto
-che meritano, nè sarà pregiata la ricchezza, come
-nei periodi precedenti, ma invece la povertà.<a class="tag" id="tag620" href="#note620">[620]</a> Non
-era certo una cosa nova questa della povertà. Il
-Vangelo, come è noto, fulmina contro i ricchi quelle
-terribili parole: <i>È più facile che un cammello entri
-<span class="pagenum" id="Page_385">[385]</span>
-nella cruna d'un ago, che un ricco nel regno dei cieli</i>.
-Ma altro è parlar di morte, altro il morire; e durante
-tutto il periodo cristiano non solo i laici, ma
-i preti, e non pure i preti ma i frati si sono mostrati
-non meno avidi dei loro predecessori. E di
-tutte le guerre medievali, a cominciare dalle grandiose
-tra Chiesa e Impero alle minutissime tra una
-casa di frati e un'altra, non piccola parte delle
-loro ragioni la ripeteano dal tornaconto offeso. E
-pure quanto più crescea l'avidità delle ricchezze,
-altrettanto pel solito contrasto si facea più calda
-ed insistente la predicazione della povertà. Nella
-riforma, che Gioacchino fa dell'ordine suo, non entra
-l'obbligo della povertà; ma secondo lui quello che
-non poteva farsi al tempo suo, facente parte ancora
-del secondo periodo, sarebbe accaduto di certo
-nell'avvenire.<a class="tag" id="tag621" href="#note621">[621]</a> Quest'obbligo della povertà sarà imposto
-ai soli conventuali o agli uomini tutti? Nè
-Gioacchino, nè i seguaci suoi par che abbiano inteso
-parlare se non dei monaci soli; ma certo non
-è escluso che la società tutta diventi un vasto cenobio.
-Anzi sarebbe necessario che divenisse, perchè
-il terzo periodo è tenuto per un'età di perfezione,
-e la perfezione non può ottenersi se non in
-una vita cenobitica, in cui fossero abolite le classi,
-<span class="pagenum" id="Page_386">[386]</span>
-gli onori e le supremazie sociali. Tutti sarebbero
-pari allora non nelle ricchezze, che nessuno pensa
-ad accumulare, bensì nella povertà, e cesserebbero
-per tal guisa le invidie e le gelosie. Curioso modo
-di risolvere il problema del pauperismo, se mai fosse
-surto al tempo di Gioacchino!
-</p>
-
-<p>
-Per compiere il ritratto del tempo futuro ci
-resta un sol tratto, la castità. Certo a quel modo
-che nel lontano avvenire saranno spente le cupidigie
-e le ambizioni, così anche gli appetiti sensuali,
-ed un'altra fra le molte ragioni delle discordie
-tra gli uomini sarà eliminata. Non v'ha dubbio che
-dovrà succedere codesto nel terzo periodo. Gli
-uomini, da carnali che erano nei periodi anteriori
-non saranno divenuti spirituali? E la castità non
-è uno dei doni più spiccati dello Spirito santo?
-Chi è tutto penetrato dell'amore del cielo può far
-posto ad amori terreni?<a class="tag" id="tag622" href="#note622">[622]</a> Anche qui si nota un progresso
-notevole dall'Ebraismo a' nostri giorni. Secondo
-il Vecchio Testamento aveano tutti diritto
-di tor moglie non solo, ma più mogli financo. Nel
-Cristianesimo si proibisce la poligamia, il matrimonio
-si permette ai laici, ma si vieta ai preti,
-facendo talvolta qualche eccezione; ai monaci poi è
-negato risolutamente. La riforma infine ed il miglioramento
-<span class="pagenum" id="Page_387">[387]</span>
-dei secoli avvenire starà nel rinforzare
-la disciplina, rendere più rigorosa la castità. Ma
-anche qui si può chiedere se questo divieto assoluto
-del matrimonio riguardi i preti e i frati soltanto,
-o tutti gli uomini. E la risposta sarebbe più
-imbarazzante ancora; perchè se nel terzo periodo
-gli uomini fossero divenuti così spirituali da non
-pensare a perpetuarsi, la generazione posteriore a
-Gioacchino sarebbe stata l'ultima della specie. Ma
-guardiamoci dal dare ai concetti di Gioacchino
-maggiore determinatezza di quel che comportino.
-L'avvenire si mostra a lui sotto un colore fortemente
-ascetico, nè altra immagine gli soccorre a
-raffigurarlo fuori del cenobio. Ma più di questo non
-gli chiedete, che per quanto lo dicano profeta, il futuro
-non è meno per lui che per gli altri uomini
-ricoperto di nebbia densissima.
-</p>
-
-<h4 id="cap1-2-VI">VI</h4>
-
-<p>
-Qual'è l'origine della dottrina che più tardi fu
-detta gioachimita o gioachita? Il Renan fu il primo
-a sostenere che se ne debbono cercare le origini
-nella Chiesa greca. L'abate Gioacchino, ei dice,
-per tutta la sua carriera fu nei rapporti più intimi
-colla Grecia. La Calabria, dove egli visse, e dove
-la sua scuola si continuò per una tradizione appena
-interrotta, era un paese per metà greco. I suoi
-principali discepoli, i redattori della sua leggenda,
-i personaggi profetici, coi quali lo si mette in rapporto,
-<span class="pagenum" id="Page_388">[388]</span>
-sono greci. Egli stesso viaggia in Grecia più
-volte per adoperarsi in favore della riunione delle
-due Chiese, e codesta riconciliazione è il pensiero dominante
-di tutti coloro che seguono la sua dottrina.
-Giovanni da Parma passa molti anni presso i
-Greci, e al termine della sua vita voleva andare a
-morire tra loro. Tutta la scuola dell'Evangelo eterno
-da Gioacchino a Telesforo di Cosenza alla fine del
-secolo <span class="smcap lowercase">XIV</span> non ha se non una sola voce per proclamare
-la Chiesa orientale superiore alla latina, e
-meglio preparata alla futura innovazione. Coll'ajuto
-dei Greci trionferà la riforma della Chiesa carnale
-dei latini, e questa riforma non sarà altro se non
-un ritorno alla Chiesa dei Greci.<a class="tag" id="tag623" href="#note623">[623]</a> Cotesto è in parte
-vero, nè si può dubitare che la Calabria fino al tempo
-di Gioacchino fosse un paese quasi greco. Dacchè
-Narsete la rivendicò all'Impero fino ai Normanni
-questa estrema provincia d'Italia rimase sotto l'amministrazione
-di ministri greci. L'invasione longobarda
-fu qui arrestata nel suo corso vittorioso,
-nè i Carolingi vi miser piede, e gli stessi Saraceni,
-che tra il nono e il decimo secolo fondaronvi
-qualche colonia, non bastarono a ridurre in loro
-potere tutta la contrada. E in meno di un anno
-nell'ottocento ottantacinque per opera del valoroso
-Niceforo tutte le Calabrie tornarono sotto il governo
-imperiale. Nello stesso tempo l'imperatore Basilio
-il Macedone, affrancati tremila schiavi, li mandò a
-<span class="pagenum" id="Page_389">[389]</span>
-ripopolare alcune terre di Puglia e Calabria desolate
-nella guerra dei Musulmani,<a class="tag" id="tag624" href="#note624">[624]</a> e così greco
-sangue si mescolò al calabrese, e la lingua greca,
-già da gran tempo lingua ufficiale del paese, fu anche
-popolare, ed in greco si scrissero non pure gli
-atti pubblici, ma benanco le magre cronache, principalmente
-le agiografie. Nè questo è tutto; fin dal
-tempo di Leone l'Isaurico, quando scoppiò il movimento
-iconoclasta, furono sottratti al Papa e
-messi sotto la giurisdizione del Patriarca di Costantinopoli
-i vescovati della Sicilia, della Calabria
-e della Puglia. E per rendere più docili a questo
-mutamento i vescovi, s'innalzarono ad arcivescovati
-le sedi di Reggio, S. Severina, ed Otranto.
-E l'arcivescovo di Reggio, da cui dipendevano tredici
-suffraganei, fu detto primate della Calabria, come
-nella novella di Leone il Filosofo dell'anno 887. Più
-tardi, quando la Chiesa greca ruppe apertamente
-contro la latina, il patriarca di Costantinopoli Luitprando
-con editto del 968 impose alle chiese di
-Puglia e Calabria in luogo del rito latino il greco.
-Alcune chiese resistettero, ma non poche obbedirono,
-e molte conservarono il rito greco, anche
-quando dopo la conquista normanna ritornarono
-sotto la giurisdizione di Roma.<a class="tag" id="tag625" href="#note625">[625]</a> Così le diocesi di
-Bova ed Oppido, l'arcivescovato di S. Severina<a class="tag" id="tag626" href="#note626">[626]</a> e
-<span class="pagenum" id="Page_390">[390]</span>
-più di tutte la chiesa di Rossano, ove nel 1092 fu
-ben scelto un vescovo latino, ma gli abitanti non
-vollero accomodarsi al cangiamento del rito, e tanto
-s'adoperarono presso Ruggiero, che l'accorto duca
-acconsentì alle loro dimande, ed il rito greco visse
-indisturbato fino al 1460, in cui il vescovo Matteo
-dei minori osservanti lo mutò nel latino.<a class="tag" id="tag627" href="#note627">[627]</a>
-</p>
-
-<p>
-A conservare il rito e la tradizione greca concorsero
-i basiliani, venuti in Calabria al tempo delle
-persecuzioni iconoclastiche. Cotesti frati si possono
-dire i precursori di Gioacchino, e parecchi di loro
-vennero parimenti in riputazione di santi e di
-profeti. Nè sarà inutile raccontare brevemente la
-vita di qualcuno tra loro per conoscere più da
-presso l'ambiente nel quale visse l'abate calabrese.
-</p>
-
-<p>
-La regola di S. Basilio, più rigida della benedettina,
-prescriveva una vita austera, nè poneva
-inciampo che qualche frate seguisse le tracce degli
-antichi anacoreti. Per tal guisa i basiliani acquistarono
-ben presto gran credito presso il popolo, e
-la loro autorità crebbe grandemente nei tempi così
-trepidi e burrascosi delle incursioni seracinesche,
-talchè di parecchi fra loro, che colla loro parola
-ispirata incuoravano i fedeli nella guerra santa, è
-rimasta viva la tradizione in Calabria. Tuttora si
-<span class="pagenum" id="Page_391">[391]</span>
-venera nel Monteleonese S. Leoluca o Leone Luca
-da Corleone in Sicilia, un monaco basiliano che
-all'appressarsi dei Saraceni fuggì in Calabria nel
-monastero di Mula presso Cassano, ne diventò più
-tardi abate, e fondate case filiali a Vena e Monteleone
-morì intorno al 900.<a class="tag" id="tag628" href="#note628">[628]</a>
-</p>
-
-<p>
-Più famoso ancora è un altro basiliano, siciliano
-pur lui, da Enna o Castrogiovanni, e chiamato
-Elia il giovane. Fornito del carisma profetico, previde
-a dodici anni che i Saraceni sarebbero entrati
-nel castello di S. Maria, ove la sua famiglia s'era
-rifugiata, e perfino i nomi di quelli che sarebber
-caduti nella mischia seppe dire; ma pur troppo
-non previde che egli stesso sarebbe stato preso
-dagl'infedeli, e per ben due volte di seguito. La
-prima par che fosse stato ricompro e liberato da
-un cristiano; ma la seconda fu menato in Egitto,
-dove a quel che narra il biografo ebbe a patire la
-sorte del casto Giuseppe. Certo è che ben presto
-chiarita la sua innocenza, fu lasciato partire per la
-Palestina, ove prese l'abito monacale dalle mani
-del patriarca Elia, di cui tolse puranche il nome. Dopo
-tre anni di soggiorno nei luoghi santi, fallitogli il
-disegno di recarsi in Persia, si fermò per poco in
-Antiochia. E di là saputo che un'armata bizantina
-comandata da Basilio Nasar moveva a combattere
-i Saraceni, fece ritorno in patria, ove riprese
-le sue profezie e predisse ai Reggini la sconfitta
-<span class="pagenum" id="Page_392">[392]</span>
-che avrebbero patito i Musulmani, già rotti una
-volta presso le coste dell'Ellade. Restaurate le sorti
-delle armi nemiche fuggì di nuovo in Oriente col
-compagno Daniele, che in Taormina gli s'era messo
-ai fianchi. Riparò prima nel Peloponneso, e di là
-in Corfù, dove gli era più agevole tornare alla sua
-diletta Calabria. E vi tornò, ed in un luogo presso
-Capo dell'Armi, detto Saline, fondò un convento basiliano;
-ma ben presto dovè riprendere la via dell'esilio
-per campare dal furore dei Musulmani, che
-disfatto nell'888 il navilio imperiale a Milazzo, minacciavano
-Reggio. Eccolo di nuovo a Patrasso nel
-Peloponneso, donde posate le armi approdò di nuovo
-in Calabria, ed in luogo più sicuro, sul vertice del
-monte S. Elia, tra Palmi e Seminara, fondò un altro
-monastero basiliano. Di là, chiamato dall'imperatore
-Leone partì ancora una volta per l'Oriente,
-ma arrivato a Tessalonica le forze gli vennero meno,
-e morì nelle braccia del suo fido discepolo.<a class="tag" id="tag629" href="#note629">[629]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questo eroico cenobita, che non trova mai posa,
-è come rappresentante di una forte generazione di Calabresi
-e Siciliani, che fan da mediatori tra l'Oriente
-e l'Occidente, e s'adoperano a comporre i dissidii
-dei due centri cristiani per rivolgere concordi le
-forze contro gl'invasori musulmani. Ed a questo
-fine lavora un altro Elia, da Reggio, detto Speleota
-dall'amore che porta alla vita solitaria, anche lui
-fuggente nel Peloponneso dall'ira dei Saraceni,
-<span class="pagenum" id="Page_393">[393]</span>
-anche lui dotato dello spirito profetico, tal che
-predice la morte del patrizio Bizalone ribellatosi
-all'Imperatore intorno al 920. Succeduto ad Elia
-juniore nella direzione del convento presso Palmi,
-vi morì intorno al 960.<a class="tag" id="tag630" href="#note630">[630]</a>
-</p>
-
-<p>
-Discepolo di Elia Speleota è un Luca da Demona
-in Sicilia, che lasciato il convento basiliano
-di S. Filippo d'Argira, ove era entrato giovanetto,
-recossi in Calabria dal santo eremita, il quale divinate
-le buone disposizioni del novizio, lo mise a
-parte della sua scienza. Venuto anche in possesso
-dei doni profetici, previde nuove incursioni dei Saraceni,
-dalle quali riparò in un luogo, posto a confine
-tra la Calabria e la Lucania, detto Noja. E dopo
-essere stato ivi per ben sette anni, venne ad un
-vecchio e diruto convento di S. Giuliano presso
-il fiume Agri. Di là all'appressarsi di Ottone I,
-che muoveva contro l'imperatore Niceforo nell'anno
-968, fuggì coi suoi sulle montagne delle Armi
-in Lucania, ed ivi fondò un nuovo monastero detto
-Armento. Su questo ermo sito ei si teneva sicuro,
-e non a torto, chè neanco riuscirono ad espugnarlo
-i Saraceni, contro i quali uscito animosamente con
-i più validi dei suoi monaci li mise in fuga. Morì
-sul cadere del secolo decimo nel 993.<a class="tag" id="tag631" href="#note631">[631]</a>
-</p>
-
-<p>
-Taccio di altri due santi basiliani, a cui la
-tradizione non attribuisce la virtù profetica, S. Vitale
-da Castronovo morto nel 994 e S. Filareto
-<span class="pagenum" id="Page_394">[394]</span>
-morto verso il 1070. Ma ben dirò di S. Nilo, forse
-il maggiore di cotesti profeti, nato verso il 903 in
-Rossano, città, dice il cronista, a tutti nota, perchè
-la sola che finora sia sfuggita all'ira dei Saraceni.
-L'amore della vita ascetica ben tardi si accese nel
-suo petto, ma così fervido che fattosi frate nel convento
-di S. Nazario, non che convivere cogli altri
-si ritrasse in luogo alpestre e solitario, dove in
-compenso delle aspre mortificazioni gli parea di
-vedere l'invisibile, e gli si facea presente l'avvenire.
-Testimone di una incursione saracinesca del
-951, indarno preveduta dall'amico suo Fantino, ed
-appena scampato da un'altra posteriore per essersi
-riparato in Rossano, ei predicea che ne sarebbero
-accadute altre più terribili, e distoglie lo stratego
-Basilio dal costruire un oratorio, che ben presto
-sarebbe disfatto dalle orde nemiche. Nè mal s'appose,
-chè i Saraceni vennero di nuovo, e benchè
-S. Nilo avesse ricevuta dall'emiro Abu-l-Kasem
-una lettera piena di rispetto, pure non si tenne
-sicuro, e lasciata per sempre la Calabria, riparò nel
-principato di Capua, ove ebbe lieta accoglienza dai
-frati di Montecassino dapprima, e poscia da quelli
-di Valle Lucia.
-</p>
-
-<p>
-Non racconteremo più oltre la sua vita, nè diremo
-dei conventi basiliani, che ei fondò a Gaeta
-e Grottaferrata. Ma toccheremo soltanto di quello
-che a noi più preme, dei discorsi che tenne in Montecassino,
-e le profezie che in quegli anni gli si
-attribuiscono. In quanto alle dispute ben s'intende
-<span class="pagenum" id="Page_395">[395]</span>
-che doveano essere ben frequenti tra gli ospiti benedettini,
-seguaci del rito latino, ed il frate basiliano
-che non ismetteva l'abito e l'uso greco; ma
-egli avea la risposta pronta ad ogni obbiezione. A
-chi forse menomava il valore della vita solitaria,
-che molti basiliani amavano di menare, ei rispondeva
-che l'eremita non era più uomo, ma uno di questi
-due, o angelo o demone. A tale, che rimproverava
-i Greci di non digiunare il sabato a simiglianza
-degli antichi Ebrei, ei diceva che il digiunare di
-sabato era comune puranco ai Catari. Tutte le
-difficoltà che gli si faceano sui punti più scabrosi
-della Bibbia risolveva, come più tardi Gioacchino,
-con una interpetrazione allegorica, che salvava lo
-spirito sacrificando la lettera.
-</p>
-
-<p>
-Più notevoli sono le sue profezie, o le minacce che
-coll'accento risoluto del profeta non temeva di volgere
-contro i grandi, principi o pontefici che fossero.
-Alla principessa di Capua, accusata di avere
-instigato il proprio figliuolo all'uccisione di un cugino,
-che poteva contrastargli il trono, disse ben alto:
-non bastare le orazioni e le elemosine ingiuntele
-dal vescovo a lavarla dal suo peccato; bensì dovere
-in espiazione della sua colpa consegnare l'uccisore
-alla famiglia dell'ucciso, e le predisse che nessun
-rampollo della sua casa reggerebbe più le sorti di
-Capua. All'abate di Montecassino, seduto a tavola
-tra suonatori di cetra, predisse che non passerebbe
-molto tempo che il principe capuano, venuto a lotta
-con lui, gli farebbe cavare gli occhi. Le profezie non
-<span class="pagenum" id="Page_396">[396]</span>
-saranno state così determinate, come <i>ex eventu</i> le
-sa dire il biografo; ma io non dubito dell'ardimento
-del santo, che in altra occasione seppe tenere
-non meno aspro linguaggio collo stesso Papa
-e coll'Imperatore. Trattavasi di un conterraneo, di
-Filogato da Rossano, che venuto in grazia dell'imperatrice
-di Costantinopoli, diventò prima vescovo
-e poi papa in opposizione di Gregorio V. Pare che
-S. Nilo avesse dissuaso l'amico suo dal provocare
-uno scisma, che sarebbe tornato e alla Chiesa ed
-a lui stesso di grandissimo danno; ma quando seppe
-l'antipapa caduto, e cacciato in fondo di una prigione
-dopo essergli stato barbaramente mozzo il
-naso e la lingua, e cavati gli occhi, non stette alle
-mosse e partì per Roma. Dal Papa e dall'Imperatore
-impetrò il perdono del vinto, che oramai non
-poteva recare più nessun danno, e pare che l'uno
-e l'altro glielo promettessero. Ma qual ne sia stato
-il motivo, vennero meno alle promesse, e l'infelice
-antipapa così malconcio e vestito dei paludamenti
-pontificali fecero trascinare alla coda di un asino
-per le vie di Roma. Tonò contro l'osceno spettacolo
-il nostro santo, e predisse al Papa ed all'Imperatore
-che Dio non avrebbe perdonato loro, come
-essi non perdonarono al vinto nemico. Questo ardito
-linguaggio non è insolito in tempi burrascosi,
-e la fama del santo era così diffusa, che non sarebbe
-stato prudente recargli offesa. Certo che ei
-seguitò a fondare nuovi sodalizii, e grave d'anni
-morì verso il 998, mentre si costruiva il convento
-<span class="pagenum" id="Page_397">[397]</span>
-di Grottaferrata, che in seguito sarà il centro dell'ordine
-basiliano.<a class="tag" id="tag632" href="#note632">[632]</a>
-</p>
-
-<p>
-La vita di S. Nilo mostra quanta importanza
-abbiano avuta i monasteri greci della Calabria nel
-secolo decimo. E seguitarono ad averla nei secoli
-posteriori sotto i Normanni, i quali non pure restaurarono
-i conventi rovinati dai Saraceni, ma
-altri non pochi ne crearono di nuovi. Ed i privati
-emulavano in ardore i governanti, talchè secondo
-il Barrio a mille ammontarono i conventi basiliani
-del continente, ed a cinquecento quelli di Sicilia.
-Celebre fra tutti fu il monastero di S. Salvatore
-presso Messina, fondato dal conte Ruggero ed ampliato
-dal figliolo. A capo di questo insigne convento
-fu messo S. Bartolommeo da Simmeri presso
-Catanzaro, già abate del monastero di Patire presso
-Rossano. La vita di S. Bartolommeo non differisce
-gran fatto dalle altre di santi basiliani. Dotato
-anche lui di spirito profetico, fondò un nuovo convento,
-forse quello di Patire, ed avutane l'approvazione
-da Pasquale II (1099-1118), ne divenne abate.
-Più tardi si recò dall'imperatore Basilio per promovere
-la desiderata concordia tra greci e latini,
-e rifiutata un'abbazia nella capitale bizantina tornò
-in Calabria, e da Ruggero, come dicemmo, fu fatto
-archimandrita, perchè il convento di S. Salvatore,
-al quale fu preposto, esercitava giurisdizione su 44
-conventi. Morì nel 1130.<a class="tag" id="tag633" href="#note633">[633]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_398">[398]</span>
-</p>
-
-<p>
-Codesti santi basiliani sono i veri precursori di
-Gioacchino. Tutti menano al pari di lui vita di
-stenti e di fatiche, e tormentano spietatamente il
-loro corpo per dare più libero volo al loro spirito.
-Tutti amano al pari di lui la solitudine, e si ritraggono
-negli alpestri silenzii di un eremo, ove
-a poco a poco per opera loro sorgerà un nuovo
-cenobio, di regola ognor più stretta e severa. Ma
-e nell'eremo e nel cenobio tutti questi santi spendono
-la loro vita tra lo studio dei libri sacri e le
-frequenti salmodie, e la mente educata in questi
-severi esercizii levano alle mistiche contemplazioni,
-ove par che si squarci il velame del futuro. Dal
-più al meno codesti padri basiliani sono dotati del
-<i>carisma</i> profetico, e nei giorni angosciosi delle incursioni
-saracene, ai popoli minacciati negli averi,
-nella libertà e nella fede, fan sentire la loro voce
-ispirata, che or promette la vittoria per incoraggiare
-la resistenza, or predice nuove sventure per
-indurre il pentimento dei proprî falli.
-</p>
-
-<p>
-Su questa via aperta dai basiliani fece gran
-cammino l'abate calabrese. E se ai suoi tempi non
-si temevan più le incursioni saracene, gli animi
-non erano meno agitati da paure, nè l'avvenire si
-mostrava men fosco ai chiaroveggenti. Gl'infedeli
-erano stati disfatti; ma i Cristiani seguitavano a
-battagliare tra loro, e con alterna fortuna Svevi e
-Normanni si contrastavano il dominio della Sicilia.
-D'altro canto la Chiesa e l'Impero eran di nuovo
-tornati alle offese, e contro il Papa dei Guelfi si levava
-<span class="pagenum" id="Page_399">[399]</span>
-il Papa dei Ghibellini, e tra queste scissure si
-faceva largo l'eresia, una d'intento, benchè diversa
-nei nomi e dogmi. Così tra gli scismi, l'eresie, le
-guerre, le calamità rinasceano le paure dei millenarii,
-che di un mondo così tormentato prevedeano imminente
-la fine. E tornavano in onore gli scritti profetici,
-da gran tempo dimenticati, talchè nel 1142 un
-Gaufrido di Mounmouth tradusse dall'antico brettone
-in latino alcune profezie del bardo o mago Merlino;
-ed altre ne tradusse per incarico di Roberto,
-vescovo di Oxford, quel Giovanni di Cornovaglia che
-nel 1170 scrisse un elogio di papa Alessandro III.
-Ed intorno a codeste profezie un grave scrittore,
-Alano da Lilla, che è disputato se sia il dottore
-universale, non disdegnò di comporre un lungo
-commentario. Non è da meravigliare, scrive questo
-grave commentatore, che un bardo forse pagano,
-o almeno non fervido cristiano, abbia sortite queste
-virtù profetiche, perchè anche le Sibille ebbero tali
-virtù, ed una di esse predisse l'avvenimento del
-Signore. Nè ci sarebbe da ridire se Merlino fosse
-nato da una vergine e da un incubo, perchè anche
-Perizione ebbe da Apollo il suo figliolo Platone,
-ed a quel che afferma Apulejo tra la luna e la
-terra errano spiriti, che assumono talvolta la forma
-d'incubi. Tanto era viva in quel tempo la fede nei
-profeti, tanto bisogno si sentiva delle profezie!<a class="tag" id="tag634" href="#note634">[634]</a>
-</p>
-
-<p>
-L'abate Gioacchino non è dunque una manifestazione
-isolata. E prima e dopo di lui viveano
-<span class="pagenum" id="Page_400">[400]</span>
-altri veggenti come quel S. Cirillo, priore dei Carmelitani,
-morto intorno al 1224, che secondo
-un'antica biografia celebrando la messa, vide in
-una nube un angelo che reggea due tavole d'argento
-scritte in caratteri greci, tavole che recate
-dal cosentino Telesforo all'abate Gioacchino furono
-da lui dottamente interpetrate e commentate.<a class="tag" id="tag635" href="#note635">[635]</a> Tutto
-questo racconto è un tessuto di errori cronologici,
-ed evidentemente apocrifo è il commento alle profezie
-di Cirillo, attribuito a Gioacchino. Ma siffatta
-tradizione mostra come la letteratura profetica
-traesse sempre novo alimento dallo scambio d'idee
-tra l'Oriente e l'Occidente, che durava tuttora per
-opera dei frati calabresi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_401">[401]</span>
-</p>
-
-<p>
-Per tutte queste ragioni ben si comprende come
-Gioacchino, che cammina sulle orme dei basiliani,
-debba fare grandissimo conto della Chiesa orientale
-in paragone della romana, nello stesso modo
-che mette S. Giovanni, rappresentante secondo lui
-la Chiesa greca, al di sopra di S. Pietro, fondatore
-della romana. E si comprende altresì come apprezzi
-lo studio, che i Greci faceano dei libri sacri con maggiore
-cura ed assiduità dei preti latini, e del loro
-metodo d'interpetrazione allegorica si faccia continuatore.
-E lodi assai la preferenza data dai Greci
-alla vita contemplativa in confronto dell'attiva ed
-al canto corale a paragone della semplice lettura, e
-levi a cielo la vita faticosa ed aspra, che menano
-i cenobiti greci di molto superiori ai molli frati
-latini.<a class="tag" id="tag636" href="#note636">[636]</a> Ma se per questi rispetti tiene la Chiesa
-greca superiore alla latina, per altri la stima assai
-da meno, come ad esempio per la tolleranza del
-matrimonio dei preti.<a class="tag" id="tag637" href="#note637">[637]</a> E perciò Gioacchino veste
-<span class="pagenum" id="Page_402">[402]</span>
-l'abito monacale in un convento di benedettini,
-non di basiliani, e da Benedetto fa cominciare il
-terzo periodo dell'umanità, non da Basilio. E benchè
-la dottrina dello Spirito santo insegnata dalla
-Chiesa greca rispondesse meglio al suo proposito di
-attribuire eguale efficacia alle tre persone, pure la
-rifiuta, nè soltanto ammette la doppia processione,
-ma se ne serve, come vedemmo, per ispiegare l'anomalia
-di certi riscontri storici. L'influsso della Chiesa
-greca in Calabria se dunque può rendere ragione
-di alcune parti della dottrina di Gioacchino, ne
-lascia inesplicate molte altre. Gioacchino dalle scuole
-basiliane potè ben ricavare l'interpetrazione allegorica
-della Bibbia, potè sulle orme dei santi basiliani
-divenire un profeta anche lui; ma quella ingegnosa
-filosofia della storia, che sulle tracce del
-passato gli fa scoprire le vie del futuro, ei non la
-trova nè nelle scuole basiliane, nè nelle bizantine.
-Nè alcun contemporaneo od eremita o filosofo o
-profeta era arrivato sino a questo punto.
-</p>
-
-<p>
-Io son d'avviso, che la dottrina di Gioacchino
-si connetta strettamente col Catarismo. Che Gioacchino
-conosca i Catari è fuori di dubbio. Dall'esposizione
-abbiamo già veduto come egli applichi a
-<span class="pagenum" id="Page_403">[403]</span>
-questi eretici quel che dice l'<i>Apocalisse</i> dei falsi
-profeti, che saranno per precedere la fine del mondo.
-Ma se rifiuta la parte dommatica della loro dottrina,
-se quel loro dualismo gli ripugna, e peggio ancora
-quella critica dei dommi cristiani, che fanno sulla
-scorta della ragione, e quella loro concezione docetica
-di Cristo e di Maria, non pertanto va d'accordo
-con loro nelle applicazioni etiche. Quell'ascetismo
-esagerato, che nega ogni valore alla terra, ed
-ogni diritto al corpo; che ingiunge la più rigorosa
-astensione dal nutrimento animale, e dichiara colpevole
-ogni piacere od affetto terreno; quell'ascetismo
-che volentieri distoglierebbe gli uomini dalla
-procreazione, e vedrebbe con gioja la fine del mondo,
-non è dubbio che risponde ai più intimi convincimenti
-di Gioacchino. Nè hanno tutti i torti, secondo
-lui, i Catari di mordere il clero cattolico, che
-mena vita intemperante e fastosa, e semprepiù si
-allontana dall'ideale ascetico,<a class="tag" id="tag638" href="#note638">[638]</a> ed anch'egli, come
-vedemmo, non risparmia preti e frati, ed è d'avviso
-che ormai la corruzione dei cristiani è venuta a
-<span class="pagenum" id="Page_404">[404]</span>
-tale, da essere imminente una innovazione radicale
-nelle pratiche e nei costumi. I mali estremi sogliono
-essere il segno di una età che si chiude e di un'altra
-che comincia; perchè in quel periodo faticoso di
-dissoluzione e di preparazione, pare che sia perduta
-ogni legge, ed è perduta nel fatto ma per far
-posto ad un'altra. E Gioacchino al pari dei Catari
-desidera e presente vicina una radicale mutazione
-non nei dommi o nelle dottrine, come pretendono
-essi, bensì nella disciplina e nelle pratiche del
-cristianesimo.
-</p>
-
-<p>
-E questa previsione, a cui s'informano tutte le
-sue opere, ei l'attinge da quello stesso metodo
-d'interpetrazione biblica, che solevano così largamente
-adoperare gli eretici, la spiegazione allegorica.
-Certo per un verso Gioacchino è l'antagonista
-dei Catari, e se quelli scoprono ripugnanze
-e contraddizioni tra i due Testamenti, questi invece
-ne dimostra in un libro speciale le armonie. Ma
-la stessa opposizione mostra fra loro una certa parentela;
-e Gioacchino ben concede che ove si prendano
-alla lettera i libri sacri, l'opposizione è innegabile,
-<span class="pagenum" id="Page_405">[405]</span>
-e secondo lui la concordia nasce solo quando
-s'intenda l'antico Testamento non per quello che
-fu, ma quale anticipazione del Nuovo.<a class="tag" id="tag639" href="#note639">[639]</a> I Catari
-avrebbero potuto accogliere questa interpetrazione,
-e lavorando di allegoria anch'essi trovare non pure
-nel Nuovo Testamento, come erano usi, ma anche
-nel Vecchio i germi delle loro dottrine. E nel risultato
-finale agevolmente si sarebbero trovati d'accordo
-con Gioacchino, perchè anch'essi si credevano
-uomini spirituali di contro a quelli, che tanto tenevano
-alla lettera dei due Testamenti; ed anch'essi
-al battesimo dell'acqua volevano sostituito quello
-del fuoco, ed il loro <i>Consolamentum</i> stava appunto
-<span class="pagenum" id="Page_406">[406]</span>
-nell'accogliere entro l'anima, pressochè sciolta dai
-vincoli del corpo, la pienezza del Santo Spirito.
-</p>
-
-<p>
-Tutti questi riscontri mettono fuor di dubbio
-la profonda rassomiglianza tra le dottrine catare
-e le gioachimite, ed anche qui troviamo confermata
-l'ipotesi fatta al principio dei nostri studii, secondo
-la quale dal Catarismo per successive restrizioni o
-attenuazioni sono provenute tutte le altre eresie
-medievali. Certo Gioacchino, che si credeva e dichiarava
-apertamente cattolico, avrebbe energicamente
-protestato contro chi l'avesse messo a pari
-cogli eretici; ma di quanto s'allontanino dalle tradizionali
-le dottrine gioachimite lo mostreranno nel
-fatto le sètte, che saranno per abbracciarle. E che
-queste nuove eresie si riannodino per occulti fili alla
-catara lo prova luminosamente un riscontro storico,
-che forse parrà strano ma non è meno evidente.
-La dottrina dell'abate Gioacchino ha molti punti
-di rassomiglianza col Montanismo. I Montanisti si
-davano per profeti, nè parlavano se non per ispirazione
-dello Spirito Santo. L'uomo, dice Montano,
-si riferisce al Santo Spirito come la lira all'arco
-che ne cava i suoni.<a class="tag" id="tag640" href="#note640">[640]</a> Certo v'ebbero profeti e nell'antico
-e nel nuovo Testamento, perchè sempre
-lo Spirito Santo ispirò alcune anime elette; ma da
-ora in poi l'azione dello Spirito è continua ed il
-profetismo non è più il fiore, bensì la radice della
-vita religiosa, nè soltanto i fondatori della nuova
-dottrina, ma tutti quelli che vi credono s'hanno
-<span class="pagenum" id="Page_407">[407]</span>
-a dire uomini spirituali o pneumatici, a differenza
-degli altri, che sono soltanto psichici.<a class="tag" id="tag641" href="#note641">[641]</a> Codesta
-nuova profezia non distrugge la dottrina cristiana,
-ma la compie e l'integra, perchè il Paracleto secondo
-Tertulliano non è institutore, ma restitutore. Nella
-natura, sèguita il grande Apologista, è dapprima
-il seme, poi la radice, il fusto, i rami, le foglie,
-le gemme, il fiore, infine il frutto che per gradi
-si matura. Così la giustizia umana cominciò dal
-temere Dio, quindi per la legge e i profeti venne
-alla fanciullezza, di poi per l'evangelio vigoreggiò
-da giovane, ora per mezzo del Paracleto arriva
-alla maturità. Codesta maturità o perfezione sta nel
-rinvigorire la disciplina della Chiesa, nel tenere in
-grande onore la verginità, sicchè non pure si vietino
-le seconde nozze, ma benanco le prime si permettano
-solo come un male necessario; nel rintuzzare
-gli appetiti della carne per mezzo di più severi
-e frequenti digiuni; nel rinunziare al mondo e con
-gioja andare incontro al martirio. Senza dubbio
-codesto è un ascetismo rigoroso che mena diritto
-alla distruzione del mondo. Nè lo negano i Montanisti,
-i quali sono pure chiliasti o millenarii, e credono
-che noi siamo alla vigilia di quel gran giorno
-dell'<i>Apocalisse</i>, in cui e terra e cielo andranno a
-rifascio, e spenta la vita terrestre dell'uomo, ne
-comincerà un'altra celeste ed immortale. Codeste
-idee riappariscono, di certo modificate e rielaborate
-nella <i>Concordia</i> e nel <i>Commento</i> all'<i>Apocalisse</i>.
-<span class="pagenum" id="Page_408">[408]</span>
-Cosicchè dopo più di mille anni ritornarono le
-credenze nella fine del mondo, e rivissero i profeti
-che l'annunziavano, e riebbe credito l'ascetismo
-inteso a diminuire i danni dell'estrema ruina.
-</p>
-
-<p>
-Il Montanismo fiorì nella seconda metà del secondo
-secolo, quando ferveano le lotte tra la Gnosi
-e l'Ortodossia. E benchè tutti i Montanisti, e principalmente
-Tertulliano, fossero tra i più fieri oppositori
-dei gnostici, pure qualche cosa attinsero dai
-loro avversarii. Ammettiamo pure che la dottrina
-dell'ispirazione profetica e l'ascetismo intransigente
-non siano se non esagerazione di dottrine e precetti
-schiettamente cristiani; ma difficilmente si può revocare
-in dubbio che a cotesta esagerazione abbia
-contribuito la gnosi. E per effetto di questo influsso
-l'ispirazione profetica fu messa al di sopra della
-tradizione e dell'autorità, ed una istituzione come
-quella del matrimonio, approvata e santificata dalla
-Chiesa, si disse che solo per legge, ma non in realtà
-differiva dal concubinato.
-</p>
-
-<p>
-La stessa relazione che corre tra le sètte del
-secondo secolo noi poniamo in quelle del decimosecondo,
-ed ammettiamo che benchè Gioacchino
-fosse costante ed implacabile oppositore dei Catari,
-non per questo seppe sottrarsi al loro influsso.
-Ed anche lui al pari dei Catari pensava che
-l'avvenire appartenesse al più rigido ascetismo; e
-che fosse d'uopo d'una profonda rinnovazione e
-sociale e religiosa. Ed anche lui al pari dei Catari
-non temeva di affermare che codesta rinnovazione
-<span class="pagenum" id="Page_409">[409]</span>
-in confronto della Chiesa dominante fosse come la
-carne in paragone dello spirito. Si può dunque ben
-dire che rinnovatosi dopo dieci secoli lo Gnosticismo,
-si dovea puranco rinnovare il Montanismo. La storia
-certo non si ripete monotonamente, e grandi differenze
-vi scopre chi vi guardi ben addentro; ma nei
-periodi più lontani e disparati dominano pure le
-stesse leggi, che derivano da ciò che v'ha di permanente
-nello spirito umano.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<h3 id="cap2-2">CAPITOLO II
-<span class="smaller">AMORICO DI BENA ED IL MOVIMENTO FRANCESCANO</span></h3>
-</div>
-
-<h4 id="cap2-2-I">I</h4>
-
-<p>
-La fama di Gioacchino par che non tardasse a
-diffondersi fuori d'Italia, e già dicemmo che il re
-d'Inghilterra e l'abate di Perseigne nel loro viaggio
-in Italia vollero conoscere di persona quest'uomo
-misterioso, che tanto facea parlar di sè. Nè parrà
-strano che l'eco delle sue idee si ripercuotesse in
-Francia, ove i discepoli di Amorico di Bena le accolsero
-per innestarle alle loro dottrine filosofiche.
-Il Rousselot crede che l'innesto si debba ad Amorico
-stesso.<a class="tag" id="tag642" href="#note642">[642]</a> Nè certo la cronologia porrebbe inciampo
-<span class="pagenum" id="Page_410">[410]</span>
-a codesta opinione, perchè sebbene le opere
-dell'abate Gioacchino siano state pubblicate intorno
-al 1200, e non molto più tardi quelle di Amorico,
-che venner condannate dall'Università parigina
-nel 1204,<a class="tag" id="tag643" href="#note643">[643]</a> pure dopo questo tempo Amorico andò
-a Roma per appellarsi dalla sentenza dell'Università,
-e nulla vieta che a Roma sapesse qualche
-cosa delle dottrine di Gioacchino, come nove anni
-prima era occorso all'abate di Perseigne. Nè sarebbe
-temerità il supporre che a tergere la sua dottrina
-da ogni macchia, ne mostrasse l'accordo con
-quella di un santo uomo, fondatore di un ordine
-religioso, e tenuto dalla S. Sede in grande venerazione.
-Questa prova in verità non avrebbe fruttato,
-perchè il Papa ribadì la condanna dell'Università,
-ed Amorico, tornato a Parigi, fu costretto
-nel 1207 a ricredersi pubblicamente, e ne morì,
-come dicevasi, dal dolore;<a class="tag" id="tag644" href="#note644">[644]</a> ma ciò non toglie che
-la prova, pur non giovando alla causa del filosofo,
-avrebbe contribuito non poco al successo della
-dottrina.
-</p>
-
-<p>
-Non ostante questi nuovi argomenti da me addotti,
-io non saprei accettare l'opinione del Rousselot,
-perchè le più antiche fonti attribuiscono la teoria
-dei tre stati non ad Amorico stesso, nè a Davide
-<span class="pagenum" id="Page_411">[411]</span>
-di Dinan, bensì ai loro discepoli.<a class="tag" id="tag645" href="#note645">[645]</a> Quando dunque
-sia nato siffatto innesto del razionalismo filosofico
-col misticismo religioso, mal si saprebbe dire; ma
-quando sia nato, o a chiunque appartenga, è certo
-meritevole di studio.
-</p>
-
-<p>
-La filosofia di Amorico di Bena rinnova il realismo
-di Scoto Erigena con colorito più spiccatamente
-panteistico. Amorico, al pari di Scoto, move
-dalla dottrina delle idee mediane tra il mondo e
-Dio, rispetto a quelle creatrici, rispetto a questo
-create. E come le idee eterne e la mente divina,
-che le pensa, sono in fondo la stessa cosa, così parimenti
-si confonderanno in uno le idee creatrici e
-gli effetti che da loro promanano. E così tutte le
-cose si unificheranno in Dio, e tutte avranno la
-stessa natura, come della stessa natura sono Abramo
-ed Isacco. Onde si può ben dire che tutte le cose
-tornano ad una, e tutte sono Dio, imperocchè Dio
-è l'essenza di tutte le creature. Ed a quel modo
-<span class="pagenum" id="Page_412">[412]</span>
-che la luce non si vede in sè stessa, ma nell'aere,
-così Dio nè dagli uomini nè dagli angeli può essere
-veduto in sè stesso, bensì nelle sue creature.<a class="tag" id="tag646" href="#note646">[646]</a>
-</p>
-
-<p>
-La stessa dottrina venne insegnata dal discepolo
-di Amorico, Davide di Dinan. Se non che pare
-che il discepolo si giovasse a preferenza di concetti
-aristotelici, laddove il maestro più volentieri adoperava
-i platonici. S. Tommaso ci dice che Davide
-soleva dividere le cose (il mondo) in tre parti,
-corpi, anime e sostanze eterne separate. L'entità
-indivisibile, onde sono formati i corpi la diceva ile
-o materia prima; l'entità indivisibile, o sostrato
-delle anime la chiamava nous o mente; l'entità indivisibile
-delle sostanze eterne, Dio. E come tutte
-e tre queste entità sono prime ed indivisibili, vale a
-dire hanno gli stessi attributi, è pur gioco forza
-che in fondo sieno la stessa entità. Dal che consegue
-che tutte le cose nell'essenza loro si riducono
-ad uno.<a class="tag" id="tag647" href="#note647">[647]</a>
-</p>
-
-<p>
-Da questa dottrina metafisica potevano ricavarsi
-conseguenze arditissime. Due sole ci vengono
-ricordate da Martino Polono. La prima, riguarda
-<span class="pagenum" id="Page_413">[413]</span>
-la distinzione dei sessi, la quale al pari di tutte le
-differenze, che separano cose da cose, sarebbe affatto
-provvisoria. Un tempo siffatta tenzone dei due
-sessi non esisteva, cominciò soltanto dal peccato di
-Adamo, e dopo la resurrezione si tornerà all'unità
-primitiva.<a class="tag" id="tag648" href="#note648">[648]</a> Con queste sentenze, il cui senso appena
-si coglie, e che certo ricordano i miti dell'androgino
-del <i>Convito</i>, forse si connette l'entusiasmo
-per l'amore, per quella forza arcana e misteriosa,
-che riduce gli esseri diversi all'unità della loro
-natura. Certo questa seconda conseguenza traevano
-gli Almariciani dal loro panteismo, che allorquando
-la forza d'amore investe gli uomini, vince le loro
-volontà, e rende le loro azioni inimputabili.<a class="tag" id="tag649" href="#note649">[649]</a>
-</p>
-
-<p>
-A queste teorie filosofiche Amorico avea già
-saputo dare un colore ed espressione religiosa. Ei
-soleva dire, secondo la testimonianza di Guglielmo
-Armorico riprodotta da Vincenzo di Beauvais, che
-il primo domma da essere insegnato e creduto è
-questo: ogni cristiano essere membro di Cristo, e non
-potere salvarsi alcuno, che non creda in questo
-domma più fermamente della incarnazione o passione
-<span class="pagenum" id="Page_414">[414]</span>
-di Gesù.<a class="tag" id="tag650" href="#note650">[650]</a> Così pure ammetteva bene che il corpo
-di Cristo fosse nel sacro pane, perchè parimenti è
-in ogni pane, ed in ogni cosa.<a class="tag" id="tag651" href="#note651">[651]</a> In altre parole ei
-sapeva col magistero dell'allegoria torcere i dommi
-tradizionali a quei significati, che la sua filosofia
-richiedeva. Questa libertà d'interpetrazione, questa
-tendenza alla spiegazione allegorica, è appunto il
-tratto che raccosta l'abate calabrese al filosofo di
-Chartres. E certo se non Amorico, almeno i suoi
-discepoli non dubitano di accogliere la teoria dei
-tre stati. Ed anche essi pensano che al tempo della
-legge mosaica, quando così aperto era il contrasto
-tra Dio e l'uomo, non si conosceva la verità, ovvero
-il monismo nella loro filosofia insegnato. Nel secondo
-periodo, in cui Gesù è considerato come l'Uomo-Dio,
-la verità comincia a rivelarsi, ma in forma di simboli,
-<span class="pagenum" id="Page_415">[415]</span>
-e l'unificazione di Dio coll'uomo è rappresentata
-come se avesse avuto luogo una volta sola, e per
-virtù soprannaturale. Nel terzo periodo poi la verità
-è svelata pienamente, in Gesù si vede raffigurata
-tutta l'umanità, e ciò che si dice dell'uomo
-deve dirsi della natura intera, che è tutt'uno con
-Dio.<a class="tag" id="tag652" href="#note652">[652]</a> Nel primo periodo domina il Padre, senza
-l'intervento del Figliolo o dello Spirito.<a class="tag" id="tag653" href="#note653">[653]</a> Nel secondo
-domina il Figliolo, che assunse carne in Maria
-non certo nel senso che l'intende la tradizione, bensì
-a quel modo che si può dire anche del Padre essersi
-incarnato in Abramo, il primo dei patriarchi, o il
-rappresentante di Jeova. Nel terzo infine domina
-lo Spirito Santo il quale s'incarna, anche lui non
-più in un uomo solo, ma in tutti i membri della
-nuova religione.<a class="tag" id="tag654" href="#note654">[654]</a> E come alla venuta del figliolo
-cessò il regno del Padre, e fu abolita la circoncisione,
-e ci affrancammo dalla schiavitù della legge
-mosaica; così alla venuta dello Spirito cesserà il
-regno del Figliolo, ed i dommi ed i precetti della
-nuova legge cadranno al pari dell'antica.<a class="tag" id="tag655" href="#note655">[655]</a> Non
-<span class="pagenum" id="Page_416">[416]</span>
-che cesseranno i sacramenti, ma s'intenderanno
-nel loro vero spirito. Abbiamo già citata la trasformazione
-razionalistica dell'Eucaristia. Parimenti
-è trasformato il domma della risurrezione dei morti,
-la quale intesa alla lettera non si può ammettere,
-ma bensì nel senso allegorico di un ridestarsi dello
-spirito della verità dal lungo sonno che l'opprimeva.<a class="tag" id="tag656" href="#note656">[656]</a>
-Parimenti l'Inferno non è altro se non il peccato
-mortale stesso, che è come un dente guasto nella
-bocca, e il Paradiso lo porta con sè chiunque arrivi
-alla cognizione filosofica di Dio.<a class="tag" id="tag657" href="#note657">[657]</a> Seguendo
-questo spirito razionalistico non fa certo maraviglia
-che abbiano condannato anch'essi quegli usi
-e quelle cerimonie del culto esteriore, che vedemmo
-<span class="pagenum" id="Page_417">[417]</span>
-proscritti dai Catari e dai Valdesi. Così pare che
-abbiano condannato il battesimo dei bambini,<a class="tag" id="tag658" href="#note658">[658]</a> il
-culto delle imagini, l'adorazione dei santi, la venerazione
-delle reliquie,<a class="tag" id="tag659" href="#note659">[659]</a> e la confessione e la comunione
-l'intendevano come una interna rinnovazione
-della coscienza religiosa, prodotta dalla grazia dello
-Spirito Santo, senza il soccorso di opere o cerimonie
-esteriori.<a class="tag" id="tag660" href="#note660">[660]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ben si vede come gli Almariciani andassero
-molto più in là dell'abate calabrese, o di qualunque
-setta religiosa. Ciò non pertanto al pari di Gioacchino
-la pretendeano a profeti, e sapeano predire
-anche loro che tra cinque anni sarebbero toccate
-al mondo quattro piaghe. La prima è la fame, di
-cui sarebbe morto il popolo, la seconda è la guerra
-che avrebbe fatta strage dei principi, la terza un
-terremoto che avrebbe fatto inghiottire i Burgensi
-dalla terra squarciatasi sotto i loro piedi, la quarta,
-il fuoco che avrebbe divorato i prelati, che sono le
-membra dell'Anticristo, e Roma, la nova Babilonia,
-che ne è il lor capo. Allora saranno unificati tutti
-i regni in un solo, ed il capo di questa nova società,
-<span class="pagenum" id="Page_418">[418]</span>
-informata dall'amore dello spirito, sarà Filippo
-Augusto, il re di Francia.<a class="tag" id="tag661" href="#note661">[661]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma non ostante codeste rassomiglianze la dottrina
-degli Almariciani e quella dell'abate Gioacchino
-sono agli antipodi, e l'innesto del razionalismo filosofico
-col misticismo, del quale facemmo parola,
-dovea riescire piuttosto ad una meccanica mescolanza
-che ad un concrescimento organico. Imperocchè
-tra il monismo neoplatonico e la dottrina di Gioacchino,
-che rasentava il triteismo, non poteva aver
-luogo nessuna conciliazione. E se i due novatori
-si servivano dell'allegoria per accomodare alle loro
-idee i sacri testi, certo le idee loro erano affatto
-disformi; perchè nel mentre Amorico metteva la
-scienza al di sopra della fede, e confidava che la
-religione in avvenire fosse assorbita nella filosofia,
-Gioacchino al contrario faceva pochissimo conto
-della scienza, e credeva che, non solo nel presente,
-ma più ancora nell'avvenire, la religione
-avrebbe scacciata dal sacro tempio la filosofia. Pari
-all'opposizione tra le dottrine è la disformità dell'indirizzo
-pratico. Perchè la mèta dell'umanità secondo
-Amorico è vivere la vita della natura, di
-cui l'uomo non è che una piccola parte; la mèta
-secondo Gioacchino è tutt'altra, staccarsi più di
-quel che non si faccia ora, dalla natura e raccogliersi
-<span class="pagenum" id="Page_419">[419]</span>
-nelle austere solitudini dello spirito. L'ideale
-di Amorico è la riaffermazione del mondo, l'ideale
-di Gioacchino invece ne è la piena ed imminente
-distruzione. Non è la prima volta nè sarà l'ultima
-che una dottrina filosofica tolga in prestito una
-forma religiosa, che non le appartiene. Talvolta
-è codesto l'unico mezzo per assicurare l'avvenire
-della dottrina.
-</p>
-
-<h4 id="cap2-2-II">II</h4>
-
-<p>
-I veri interpetri del pensiero di Gioacchino non
-furono i fratelli del libero spirito, bensì i frati minori,
-che nel silenzio delle loro celle ne studiarono
-e commentarono i libri e formarono una scuola,
-detta gioachimita o gioachita, e crearono una completa
-letteratura profetica, e pseudonoma. Sarebbe
-interessante lo studio di questa letteratura,
-in parte già pubblicata nel secolo decimosesto, ed
-in parte sepolta nella polvere delle nostre biblioteche.
-Ma pel nostro compito la notizia, che ne
-demmo nel parlare delle opere di Gioacchino è più
-che bastevole. Ci restringeremo a studiare le idee
-direttive dei Gioachimiti, ed il modo come germogliarono
-tra le lotte del sodalizio francescano. Giace
-tuttora inedito nelle nostre biblioteche un antico
-racconto dei dissidii francescani, che va sotto il nome
-di <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>.<a class="tag" id="tag662" href="#note662">[662]</a> Si conserva una redazione
-<span class="pagenum" id="Page_420">[420]</span>
-in latino, ed un'altra in italiano, ma entrambe
-evidentemente sono composte di frammenti
-di cronache più antiche, legate insieme col manifesto
-disegno di mostrare non pure la successione
-cronologica, ma l'intima connessione delle lotte,
-che ebbe a durare una parte dei francescani.<a class="tag" id="tag663" href="#note663">[663]</a> In codesto
-centone, come nei <i>Fioretti di S. Francesco</i>,
-composti nello stesso modo e collo stesso intendimento
-se non col medesimo disegno, gli errori storici
-e cronologici spesseggiano. Nè certo l'anonima
-<i>Cronaca delle Tribolazioni</i> può stare a petto di quella
-fonte preziosa, che è il Salimbene, gioachimita anche
-lui, ma temperato, e narratore ingenuo dei fatti
-accaduti sotto i suoi occhi. Ma non ostante questi
-gravi difetti nè la Cronaca nè i <i>Fioretti</i> perdono
-la loro importanza, e debbono essere posti da banda,
-come crede l'Affò.<a class="tag" id="tag664" href="#note664">[664]</a> Tutte e due valgono, e la
-<span class="pagenum" id="Page_421">[421]</span>
-<i>Cronaca</i> a parer mio più dei <i>Fioretti</i>, essendo il primo
-saggio di una ricostruzione della storia dell'ordine
-da S. Francesco ad Ubertino da Casale. Certo codesta
-ricostruzione, fatta con intendimento polemico
-in servigio d'un partito, non ha nè può avere
-grande esattezza e schiettezza storica, ma come
-manifestazione delle idee e dei sentimenti di quel
-partito, è certo un documento prezioso. E tale la
-reputava il Wadding, che se ne giovò più di quel che
-dovesse. Il cronista conta sei tribolazioni, alle quali
-bisogna aggiungere per settima quella che ei stesso
-soffre e di cui crede più prudente tacere. Secondo
-codesta partizione della storia francescana si possono
-bene agguagliare le tribolazioni francescane
-alle sette piaghe d'Egitto, alle calamità predette
-nell'<i>Apocalisse</i>. E da siffatto riscontro il pio cronista
-può ben trarre la speranza che la settima tribolazione
-sia l'ultima, nè si faccia aspettare il giorno
-del trionfo; ma perchè il numero torni deve mettere
-la prima tribolazione negli ultimi anni di
-S. Francesco, il che difficilmente si può ammettere
-<span class="pagenum" id="Page_422">[422]</span>
-da chi studii le più antiche fonti, come ci faremo
-a dimostrare.
-</p>
-
-<p>
-Il Santo d'Assisi nel fondare un nuovo ordine
-religioso, ebbe in mente idee più larghe e più feconde
-dell'Abate di Fiore. Ei ben vide che il miglior
-mezzo a combattere gli eretici era quello
-d'imitarli nei costumi, e sulle loro orme far getto
-della propria fortuna, vestire ruvidi panni, e andar
-raminghi di città in città, predicando dappertutto
-la buona novella. Anche Francesco al pari di Valdez
-apparteneva ad un'agiata famiglia, e menava parimenti
-una vita frivola e spensierata; ma anche lui,
-tocco dalle parole del Vangelo, si tolse in un punto
-agli agi ed ai piaceri, e abbandonati amici e parenti,
-cacciossi animoso nell'ingrata via dell'apostolato.<a class="tag" id="tag665" href="#note665">[665]</a>
-E dappertutto predicava la sola via della salute
-essere la povertà, perchè chi non sa spogliarsi
-delle ricchezze, nè vende il suo per distribuirlo ai
-poveri, non è penetrato da quell'amore del prossimo,
-che Cristo mette a capo della sua legge.<a class="tag" id="tag666" href="#note666">[666]</a> La povertà
-<span class="pagenum" id="Page_423">[423]</span>
-volontaria era per Francesco come pel Valdez la
-fonte delle virtù, un ideale di sagrifizio e di generosità,
-che scaldava il cuore e commovea la fantasia.<a class="tag" id="tag667" href="#note667">[667]</a>
-Nè gli parea di averlo mai conseguito codesto
-ideale, al quale sempre si volgeva con novello
-ardore. Nulla hai a possedere, neanco il mantello
-che porti indosso; una rozza tonaca basta, e se
-logora, tanto meglio; sarà prova di umiltà rattopparla
-con tela da sacco, come l'ultimo mendico
-della via.<a class="tag" id="tag668" href="#note668">[668]</a>
-</p>
-
-<p>
-L'umiltà è un altro tratto che compie l'ideale
-della vita mendica. S. Francesco non è nè un cinico,
-nè uno stoico, odia le ricchezze, ma non disprezza
-i ricchi, nè li tiene da meno di sè. Abborrisce le
-mollezze e gli agi, indura il suo corpo alle fatiche,
-ma non sente l'orgoglio di chi sapendo di bastare
-a sè medesimo, sfida superbamente i colpi della
-fortuna. Questa fiera coscienza di sè medesimo e
-<span class="pagenum" id="Page_424">[424]</span>
-del proprio valore sarebbe troppo ripugnante alle
-massime cristiane, che rintuzzano l'orgoglio inspirando
-una salutare diffidenza delle proprie forze. E
-conforme a questa massima raccomanda ai suoi fratelli
-l'umiltà, insiste perchè secondo il precetto evangelico
-cedano alla violenza, nè ammette che l'uno
-si faccia o si tenga superiore dell'altro. Non ci
-debbono essere priori nel nuovo sodalizio, ma ministri,
-servi della comunità, scelti democraticamente
-col suffragio di tutti, e revocabili.<a class="tag" id="tag669" href="#note669">[669]</a> Anche i Valdesi
-in opposizione al fasto del clero secolare avean levata
-la bandiera dell'umiltà, nè solo poveri, ma
-umiliati si solevan chiamare. E in prova d'umiltà
-curvavan la fronte, e stendeano la mano elemosinando.
-S. Francesco non esclude il precetto dei benedettini,
-adottato dai Catari, che debbasi procacciare
-il vitto col lavoro delle proprie mani;<a class="tag" id="tag670" href="#note670">[670]</a>
-ma ove non basti, anche lui raccomanda ed esalta
-l'accattare di casa in casa.<a class="tag" id="tag671" href="#note671">[671]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_425">[425]</span>
-</p>
-
-<p>
-Questo spirito di sagrifizio e di umiltà dovea
-eliminare le lotte tra gli uomini, che non avrebbero
-potuto avere luogo nè per rivendicare i diritti,
-nè per respingere le offese. Ed il regno di Dio sarebbe
-finalmente stabilito, e la legge dell'amore
-avrebbe avuta la sua piena attuazione. S. Francesco
-non poteva comprendere la grande efficacia morale
-della lotta pel diritto, egli avea sortita una natura
-così larga ed espansiva da comprendere nell'amor
-suo non pure gli uomini, ma gli esseri tutti,
-che ei chiama fratelli a cominciare dal sole cui
-volge un canto,<a class="tag" id="tag672" href="#note672">[672]</a> agli agnelli, che riscatta dal macello,
-ai lupi che ammansisce col fascino della parola.
-Pochi uomini si conoscono nella storia così
-riboccanti d'affetto, come il Santo d'Assisi, che a
-mal grado le sue ripugnanze stende la mano ai lebbrosi,
-diventa l'amico ed il compagno dei poveri
-e degli abbietti, e si stima felice se possa col
-danno suo soccorrere alle altrui miserie.<a class="tag" id="tag673" href="#note673">[673]</a> Il sacrificio
-<span class="pagenum" id="Page_426">[426]</span>
-era per lui più che un obbligo morale, un
-bisogno del cuore e tale desiderava che diventasse
-pei suoi fidi, sicchè non si desse contrasto nel loro
-animo, e il loro dovere si confondesse coll'amor
-loro, e dell'interna serenità fosse specchio il volto
-sempre ilare e composto.<a class="tag" id="tag674" href="#note674">[674]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma se il francescano a differenza del valdese non
-dovea atteggiare il suo volto a mestizia, non per
-questo la sua vita era men dura e faticosa. Ei non
-si dovea chiudere, come l'antico anacoreta nel silenzio
-del cenobio e assorbirsi nella contemplazione.
-I tempi non consentivano più questi ozii speculativi,
-e facea d'uopo operare energicamente, incessantemente
-per riguadagnare l'affetto dei popoli.
-E se gli eretici sull'esempio degli apostoli non
-perdonavano a fatiche e disagi per diffondere la
-loro fede, certo non si poteva far da meno di loro.
-Per queste ragioni, benchè l'istituto della predicazione
-non fosse proprio dei francescani, ma dell'altro
-sodalizio istituito nello stesso torno da
-S. Domenico, pure non era estraneo neanche a loro.<a class="tag" id="tag675" href="#note675">[675]</a>
-Chè anzi i francescani si possono ben dire i frati
-vaganti. La necessità di accattare la vita li facea
-andare di porta in porta, di borgata in borgata;
-oltrechè la loro stessa regola non consentiva riposo,
-<span class="pagenum" id="Page_427">[427]</span>
-chè alla santa milizia facea d'uopo mutar guarnigione
-soventi, per non poltrire nell'immobilità, come
-era uso dei cenobiti. A questo fine Francesco raccomanda
-ai suoi compagni di andare due a due
-pellegrini pel mondo a piedi nudi.<a class="tag" id="tag676" href="#note676">[676]</a> Non si vincono
-le battaglie senza indurare il soldato alle marce
-faticose, ed il milite di Cristo, come il legionario
-di Cesare, non ha da conoscere stanchezza.
-</p>
-
-<p>
-Queste erano le ardite innovazioni che Francesco
-portava alla vita cenobitica, e quanto ei ben s'apponesse
-lo mostrarono i fatti; chè nessuno istituto
-religioso si è mai diffuso con tanta rapidità, come
-il francescano. Parevan tornati i tempi degli antichi
-apostoli, e come allora si fondava una chiesa
-dopo l'altra, così ora a convento s'aggiungeva
-convento, e ben presto il novo sodalizio si sparse
-per tutto l'orbe. Ma senza dubbio la regola di
-S. Francesco era tale, che nessun uomo poteva
-adattarvisi senza restarne schiacciato dal grave peso.
-Innocenzo III, che pure avea approvato l'istituto
-di Durando di Osca, non sapeva dare la sua sanzione
-alla regola di S. Francesco, informata ad un
-ideale di povertà ed umiltà mal rispondente agli
-splendori ed alle smodate pretensioni della Corte
-<span class="pagenum" id="Page_428">[428]</span>
-romana.<a class="tag" id="tag677" href="#note677">[677]</a> Certo non potea respingere queste nuove
-forze, che gli venivano inaspettatamente in ajuto
-per combattere l'eresia, nè si può dubitare che
-benedicesse il mendico d'Assisi, senza vietargli di
-seguitare nell'opera sua; ma non smise mai i suoi
-dubbî sulla regola, che a lui pareva non facesse il
-debito conto dei reali bisogni e tendenze della
-natura umana, nè volle concedere una bolla d'approvazione.<a class="tag" id="tag678" href="#note678">[678]</a>
-Non smise per questo S. Francesco,
-<span class="pagenum" id="Page_429">[429]</span>
-ma il disegno presentato ad Innocenzo colorì nei
-suoi particolari, e le sue idee giustificò con ragionamenti
-e citazioni bibliche. E questa nova regola
-molti anni dopo presentò al successore d'Innocenzo
-Onorio III, e ne ottenne finalmente la desiderata
-sanzione con bolla del 1223.<a class="tag" id="tag679" href="#note679">[679]</a> Se non che l'approvazione
-del papa non rimoveva le difficoltà, e il
-santo non se le dissimulava. Pare anzi temesse non
-poco che morto lui sarebbero nate dispute e commenti
-sulla regola, per trarne un senso ben lontano
-dai suoi intendimenti. Talchè credette bene
-restringerla in brevi e succosi capitoli<a class="tag" id="tag680" href="#note680">[680]</a> e con solenne
-<span class="pagenum" id="Page_430">[430]</span>
-testamento raccomandò ai suoi fratelli, che codesta
-regola dovessero mandare a mente, codesta osservare
-alla lettera, vietando recisamente qualunque
-commento, che sotto pretesto d'interpetrarla, l'avrebbe
-distrutta.<a class="tag" id="tag681" href="#note681">[681]</a> Queste inquietezze di S. Francesco,
-attestate da documenti autentici, rendono molto
-probabile il sospetto che tra i compagni stessi del
-Patriarca non mancasse chi la pensava al modo
-d'Innocenzo, e credendo la regola molto rigida
-fosse ben disposto a tollerarne qualche attenuazione.
-</p>
-
-<p>
-Ma questi discorsi erano forse segno di un'aperta
-opposizione alle idee del Patriarca? Parrebbe certo
-se s'avesse a prestar fede alla <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>,
-che ci narra di violente dispute tra
-S. Francesco e frate Elia, il quale mal tollerando la
-pubblicazione della regola succinta, alla testa di
-molti frati si sarebbe presentato a S. Francesco,
-come un tempo gli Ebrei a Mosè. E d'altro canto
-<span class="pagenum" id="Page_431">[431]</span>
-il nuovo legislatore, scendendo anche lui dal monte
-come l'antico, avrebbe rinfacciati i protervi suoi
-compagni, ben ribadendo che alla regola, datagli
-direttamente da Dio, tutti fosser tenuti di prestare
-cieca ed intera obbedienza.<a class="tag" id="tag682" href="#note682">[682]</a> E d'accordo con questo
-racconto la cronaca narra ancora, che S. Francesco,
-stanco forse di combattere contro l'ostinatezza
-dei frati, si ritirò sdegnoso dal governo dell'ordine,
-lasciando pure che fosse assunto dal suo
-oppositore Elia.<a class="tag" id="tag683" href="#note683">[683]</a> Se non che codesta narrazione,
-<span class="pagenum" id="Page_432">[432]</span>
-ripetuta dal Wadding, è falsa di pianta, come ben
-dimostra l'Affò.<a class="tag" id="tag684" href="#note684">[684]</a> Perchè le fonti più antiche, come
-la Vita di Tommaso da Celano, non solo non dicono
-nulla di codesta opposizione tra Francesco ed Elia;
-ma ci parlano per lo contrario del loro vicendevole
-affetto, talchè il Patriarca solo per non dispiacere
-all'amico suo, acconsentì ad aversi riguardi nell'ultima
-<span class="pagenum" id="Page_433">[433]</span>
-e mortale malattia.<a class="tag" id="tag685" href="#note685">[685]</a> E ponendo mente alla
-grande venerazione in cui i frati tenevano il fondatore
-del loro ordine, non par verisimile che scegliessero
-a farne le veci chi sarebbe stato a capo
-degli oppositori. È molto più probabile invece che
-Francesco, premuto dai molti mali che avean logorata
-la sua fibra, nè più gli consentivano le aspre
-fatiche dell'apostolato, avesse chiesto e forse scelto
-lui stesso come suo vicario prima fra Pietro, e alla
-morte di costui Elia, uomini di sua fiducia.<a class="tag" id="tag686" href="#note686">[686]</a> Che
-invece d'Elia avesse indicato a suo successore fra
-Bernardo raccontano concordemente e la <i>Cronaca
-delle Tribolazioni</i> e i <i>Fioretti di S. Francesco</i>.<a class="tag" id="tag687" href="#note687">[687]</a> Ma
-<span class="pagenum" id="Page_434">[434]</span>
-codesto racconto, foggiato sul biblico del patriarca
-Giacobbe, non è più vero dei precedenti, perchè
-della pietà di Elia, e delle cure che prestò al suo
-venerato maestro abbiamo un documento autentico,
-la lettera che egli stesso scrisse ai ministri e frati
-della provincia annunziando la morte di lui.<a class="tag" id="tag688" href="#note688">[688]</a> È certo
-altresì, che mancato Francesco non Bernardo, ma
-Elia resse l'ordine francescano seguitando nel suo
-ufficio di vicario. Possiamo dunque conchiudere
-che finchè visse S. Francesco, e nei primi anni
-dopo la morte di lui, non scoppiarono le discordie
-nel nuovo sodalizio. Gli animi e le menti occupava
-un sol pensiero, rendere onore alla memoria del
-fondatore, la cui vita fu un lungo e non interrotto
-<span class="pagenum" id="Page_435">[435]</span>
-sagrifizio, e la cui parola infocata sonava sempre
-pace e carità. E forse per attendere indisturbato a
-codeste onoranze, ed alla costruzione del tempio,
-che per ordine di Gregorio IX si doveva innalzare
-al santo mendico, il Vicario di S. Francesco non
-volle succedergli nel generalato, e in luogo suo
-venne scelto Giovanni Parenti.<a class="tag" id="tag689" href="#note689">[689]</a>
-</p>
-
-<h4 id="cap2-2-III">III</h4>
-
-<p>
-Ma i dissidii, soffocati dall'autorevole parola
-del fondatore, morto lui non tardarono a scoppiare.
-E ben presto si formarono due partiti nel nuovo
-sodalizio, l'intransigente che volea rispettata la regola
-alla lettera, il moderato che sosteneva s'avesse
-a interpetrare meno rigidamente. Era inevitabile
-<span class="pagenum" id="Page_436">[436]</span>
-che i due partiti sorgessero non per colpa o volontà
-degli uomini, ma per necessità delle cose. Imperocchè
-da una parte la regola, data per inspirazione
-divina e confermata dal Papa, si dovea osservare
-scrupolosamente, nè era lecito apportarvi
-glossa o commenti, senza violare il testamento del
-santo fondatore; talchè temperare la regola sarebbe
-stato lo stesso che snaturare l'ordine togliendogli
-quel carattere, che lo distingueva da tutti gli altri,
-e a cui doveva le sue prodigiose fortune. Ma d'altra
-parte codesta regola era così rigida e severa, che
-ben pochi vi si potevano adattare; e più l'ordine
-s'ingrossava, e più cresceva il numero dei tepidi
-osservatori; oltrechè la povertà rigorosa, l'umiltà a
-tutta prova formavano di certo un alto ideale religioso,
-ma nella lotta contro il clero secolare e
-gli altri ordini frateschi, valeva ben poco ad assicurare
-la vittoria. Se i frati predicatori fondavano
-dappertutto nuove case, e collo splendore delle costruzioni
-abbagliavano le masse, i francescani non
-doveano essere da meno di loro. Se quelli per sostituire
-il clero secolare e nei pergami e nelle cattedre
-coltivavano ardentemente gli studii, non era
-lecito ai francescani di trascurarli. Se i predicatori
-non solo accettavano, ma sollecitavano dalla Curia
-onori e dignità, ai francescani, per non scapitare in
-prestigio, non conveniva di ritrarsi indietro. Questi
-bisogni ben comprese frate Elia, il quale innamorato
-dell'arte avea fatto costruire in onore del santo
-mendico uno dei più splendidi monumenti della rinata
-<span class="pagenum" id="Page_437">[437]</span>
-architettura;<a class="tag" id="tag690" href="#note690">[690]</a> cultore dei buoni studii ne volea
-promosso l'amore nel nuovo sodalizio;<a class="tag" id="tag691" href="#note691">[691]</a> scaltro conoscitore
-degli uomini non schivava i potenti ma
-ben presto avea saputo entrare nelle grazie del
-Papa e dell'Imperatore.<a class="tag" id="tag692" href="#note692">[692]</a> Intorno a quest'uomo più
-<span class="pagenum" id="Page_438">[438]</span>
-pratico che mistico si strinsero quanti volevano interpetrata
-la regola in modo da non impedire il
-moto d'espansione del nuovo sodalizio. Ed il partito
-s'ingrossò siffattamente che levò di seggio il
-generale Parenti per sostituirvi lui, già stato vicario
-di S. Francesco, e tenuto da tutti in gran concetto
-<i>per la preclara scientia, e singulare prudentia</i>, come dice
-la stessa <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>.
-</p>
-
-<p>
-Che il novo generale sentisse altamente del suo ufficio,
-nè in dignità si credesse da meno di altri,
-lo dice il Salimbene, che narra questo aneddoto,
-del quale egli stesso fu testimone, che venuto il
-potestà di Parma per far visita al generale francescano,
-questi non si mosse dal suo posto, nè
-rispose come dovea al saluto dell'ospite cortese.<a class="tag" id="tag693" href="#note693">[693]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_439">[439]</span>
-Il Salimbene, appartenente al partito opposto a frate
-Elia, non è certo una fonte da accogliere a chiusi
-occhi, come vuole l'Affò. Nè mi meraviglierei che
-e nel fatto che narra e nel giudizio che fa dell'alterigia
-di frate Elia il cronista fosse poco esatto,
-ma questo è fuor di dubbio, che il nuovo generale
-voleva che l'autorità sua fosse tenuta in grande
-rispetto; nè tollerava che altri ridicesse sui suoi
-disegni, o ricalcitrasse ai suoi ordini. Un documento
-riportato dal Wadding lo prova. È una lettera del
-generale al Papa per chiedergli mano forte contro
-i frati ribelli alla disciplina, e principalmente contro
-alcuni compagni di S. Francesco, che forti dell'autorità
-e del prestigio del loro nome, non dubitavano
-di levare alto la voce contro le novità di
-frate Elia, e la mite interpetrazione della regola.<a class="tag" id="tag694" href="#note694">[694]</a>
-Senza il presidio del Papa sarebbe stato pericoloso
-colpire uomini tanto autorevoli; ma ottenuta la
-chiesta licenza, il generale agì vigorosamente, ed
-i più riottosi rinchiuse in prigione, altri mandò
-in provincie lontane; i ministri a lui men ligi rimosse
-sostituendoli con creature sue,<a class="tag" id="tag695" href="#note695">[695]</a> altri acconsentì
-<span class="pagenum" id="Page_440">[440]</span>
-che restassero a patto di dichiararsegli ligii.<a class="tag" id="tag696" href="#note696">[696]</a>
-Fatti ancor più gravi vengono narrati. La <i>Cronaca
-delle Tribolazioni</i> racconta di un fra Cesario da
-Spira colpito a morte, mentre fuggiva dalla prigione
-ove era stato rinchiuso, non che di S. Antonio
-imprigionato anche lui e battuto a verghe.<a class="tag" id="tag697" href="#note697">[697]</a>
-Ma di codesti fatti il Salimbene non sa nulla, ed
-è ben probabile, come crede l'Affò, che sieno stati
-inventati posteriormente.
-</p>
-
-<p>
-Certo è, che il generale governava con mano
-di ferro la travagliata società, e correva diritto
-alla sua mèta senza lasciarsi sviare da rimostranze.
-E per togliere ogni ragione al partito intransigente,
-<span class="pagenum" id="Page_441">[441]</span>
-chiese ed ottenne dal Papa una interpetrazione
-della regola, che rispettasse la lettera sacrificandone
-lo spirito. Gioverà riassumere le modificazioni
-ordinate da Gregorio IX. Il primo temperamento
-si riferisce al divieto di possedere ed acquistare.
-I frati possono nei casi di bisogno comprare quello
-che occorra, purchè non trattino direttamente col
-venditore, bensì con un rappresentante o nuncio.
-Codesto nuncio può ancora essere scelto da loro,
-ma resta pur sempre rappresentante non di quelli
-che l'hanno nominato e presentato, bensì delle persone
-a cui lo presentano. In un solo caso l'artificio
-è lasciato da parte, quando cioè il nuncio sconosca
-i bisogni dei frati o ne manometta i diritti, chè in
-tale congiuntura i frati hanno facoltà di agire contro
-l'infido amministratore, riconoscendolo per tal guisa
-come loro rappresentante. Anche oggi le associazioni
-religiose, che perdettero la personalità giuridica,
-adottano l'espediente di farsi rappresentare
-da un privato, che in nome suo acquisti, venda,
-accetti le donazioni e somiglianti. Se non che oggi
-contro il rappresentante infido le associazioni non
-hanno azione alcuna, perchè lo Stato non può riconoscere
-quel patto, che non aveano facoltà di stringere;
-ma nel secolo decimoterzo le cose andavano diversamente,
-ed i francescani poteano godere tutti i
-vantaggi della rappresentanza senza temerne i danni.
-I legali della Curia la sapean lunga!<a class="tag" id="tag698" href="#note698">[698]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_442">[442]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un altro temperamento era questo. La regola
-proibiva severamente la rivendicazione dei proprii
-diritti. Se altri ti porta via il mantello, cediglielo
-volentieri. Se poteri pubblici o privati vi scacciano
-dalle vostre case, non procurate di restarvi. E se
-s'impadroniscono delle suppellettili vostre, non gli
-resistete; perchè nulla appartiene nè a voi nè alla
-comunità; nè sta a voi di decidere chi sia il padrone
-vero. Queste disposizioni, che tirate a fil di
-logica dal precetto della povertà assoluta, mettevano
-il nuovo sodalizio in balìa del primo venuto, furono
-ingegnosamente attenuate da Gregorio. In luogo
-dei frati, ei dice che non possono possedere, sottentra
-la Santa Sede, alla quale spetta la proprietà
-delle case e masserizie fratesche. Questa poi ne
-cede l'uso ai sodalizii a patto che non la sperperino,
-e la facciano rispettare. Altra finzione giuridica
-che fece fortuna e venne dipoi più nettamente
-formulata da Innocenzo IV.<a class="tag" id="tag699" href="#note699">[699]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_443">[443]</span>
-</p>
-
-<p>
-Codesta novità, ed il rigido governo di Elia
-esacerbava il partito intransigente<a class="tag" id="tag700" href="#note700">[700]</a> che ogni giorno
-più s'ingrossava degli scontenti di qualunque specie.
-Fra costoro primeggiavano, al dir di Salimbene, i frati
-di messa, i quali mal tolleravano che crescesse il numero
-dei colleghi laici, e peggio ancora che fussero
-messi a pari di loro, che si tenevano di molto
-superiori. Ma il generale tenne duro, e nel giro di
-pochi anni accolse tanti laici che superavano in
-qualche casa i chierici, e conferì loro pari diritti
-<span class="pagenum" id="Page_444">[444]</span>
-ed onori, e taluni levò anche al grado di ministri.<a class="tag" id="tag701" href="#note701">[701]</a>
-Così si mostrava osservante della regola, innanzi
-alla quale tutti i membri del sodalizio eran pari,<a class="tag" id="tag702" href="#note702">[702]</a> e
-nello stesso tempo ingrossava il suo partito.
-</p>
-
-<p>
-Ma non ostante queste provvide misure l'opposizione
-non era fiaccata, e semprepiù violente si
-faceano le accuse contro il generale. Lo s'attaccava
-ormai non pure nel governo dell'ordine, ma nel
-carattere e nel costume rappresentandolo come superbo,
-disdegnoso di vivere e mangiare in comune
-coi frati, amante delle buone vivande e della vita
-molle e voluttuosa. Gli si rimproverava di non visitare
-personalmente le case dell'ordine, e se mai
-non a piedi, ma su ben pasciuti cavalli; di non
-convocare il capitolo generale per tema che i ministri
-oltramontani lo sbalzassero di seggio; nel
-mentre era novamente sentito il bisogno di una
-costituzione generale che ponesse freno agli abusi.<a class="tag" id="tag703" href="#note703">[703]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_445">[445]</span>
-È ben difficile separare in queste accuse il vero da
-ciò che v'aggiunge lo spirito di parte; e non è chiaro
-il perchè v'abbia prestata fede Gregorio IX, un
-tempo amico e protettore di frate Elia. Che il Papa
-trovasse giuste le accuse del partito intransigente
-non è credibile, perchè egli stesso dette licenza ad
-Elia di punire i riottosi, e pubblicò una bolla per
-interpetrare la regola in un senso assai temperato.
-Io credo probabile che il Papa la rompesse col generale
-francescano per motivi politici. Già dicemmo
-che costui era egualmente accetto ed a Gregorio
-e a Federigo, e Salimbene ci dice che spesso faceva
-da mediatore tra l'uno e l'altro. Forse in questi
-negoziati ei si mostrò più favorevole alla causa
-imperiale. Uomo pratico e moderato avrà fatte le
-sue osservazioni sull'intemperanze della Curia, nè
-v'era bisogno d'altro per cadere in disgrazia del
-Papa.<a class="tag" id="tag704" href="#note704">[704]</a>
-</p>
-
-<p>
-Per codeste ragioni Gregorio la dette vinta al
-partito intransigente, nè solo depose il mal capitato
-<span class="pagenum" id="Page_446">[446]</span>
-generale, ma fattolo espellere dall'ordine, lo
-scomunicò solennemente. E certo gli sarebbe incolto
-peggio se Federigo non l'avesse tolto sotto
-la sua protezione. All'accorto imperatore, accusato
-di eresia, tornava di gran giovamento avere dalla
-sua il compagno di S. Francesco, che pochi anni
-innanzi era tenuto in grande rispetto dallo stesso
-Papa.<a class="tag" id="tag705" href="#note705">[705]</a> E dell'opera dell'ex francescano Federigo
-ebbe grandemente a lodarsi, talchè gli affidò una
-delicata missione presso l'imperatore di Costantinopoli,
-come si rileva da una lettera imperiale al
-re di Cipro.<a class="tag" id="tag706" href="#note706">[706]</a> Così per tutto il resto della sua vita
-<span class="pagenum" id="Page_447">[447]</span>
-frate Elia si tenne stretto al partito imperiale, nè
-è ben certo che si sia ricreduto sul letto di morte.<a class="tag" id="tag707" href="#note707">[707]</a>
-L'appoggio prestato dall'Imperatore al capo dei
-moderati francescani è senza dubbio una delle ragioni
-che mossero gl'intransigenti a giurargli quell'odio
-implacabile, che traspare dalla Cronaca del
-Salimbene. I rigoristi non avevano certo a lodarsi
-del Papa,<a class="tag" id="tag708" href="#note708">[708]</a> e coll'Imperatore che voleva restituire
-la Chiesa alla povertà gloriosa dei primi secoli,<a class="tag" id="tag709" href="#note709">[709]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_448">[448]</span>
-avrebbero dovuto andar d'accordo, come fecero più
-tardi con Ludovico il Bavaro. Ma l'opposizione
-ascetica non era ancor matura per fondersi colla ghibellina.
-Gl'intransigenti francescani sebbene aspreggiati
-dal Papa, si davano per i campioni più risoluti
-della Chiesa, nè Federico fece un passo per
-amicarseli, chè anzi accolse nel suo consiglio il
-capo del partito opposto. Non occorreva altro perchè
-agli occhi di quegli esaltati apparisse come
-l'Anticristo, preannunziato dall'<i>Apocalisse</i>.<a class="tag" id="tag710" href="#note710">[710]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_449">[449]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap2-2-IV">IV</h4>
-
-<p>
-Dopo la caduta di frate Elia il partito intransigente
-riprese vigore, e i due generali che l'un
-dopo l'altro gli successero, frate Alberto pisano, e
-frate Aimone inglese, forse vi appartenevano.<a class="tag" id="tag711" href="#note711">[711]</a> L'ultimo
-scrisse un Commento ad Isaia senza dubbio
-sul gusto di quello attribuito a Gioacchino, stante
-che gl'intransigenti abbracciavano con fervore le
-idee dell'abate calabrese, e per distinguersi dai loro
-avversarii volentieri si davano il nome di Gioachiti.<a class="tag" id="tag712" href="#note712">[712]</a>
-Quale affinità corresse tra le dottrine del Florense
-e le francescane non è difficile scoprire. Gioacchino
-avea predetto che al secondo periodo, ovvero al regno
-del clero secolare sarebbe succeduto il terzo periodo,
-vale a dire il regno dei monaci. I minoriti ora soggiungevano
-che i veri monaci non erano nè i benedettini,
-sfolgorati da Gioacchino stesso,<a class="tag" id="tag713" href="#note713">[713]</a> nè i florensi,
-che non avean saputo intendere il segreto
-pensiero del loro fondatore, e si mostravano non
-meno avidi e litigiosi dei loro predecessori; bensì
-<span class="pagenum" id="Page_450">[450]</span>
-i nuovi ordini mendicanti, e specialmente il francescano,
-il quale solo avea saputo tradurre in atto
-l'ideale della carità vagheggiato da Gioacchino.
-Oltrechè colla creazione dei nuovi istituti, non si
-trattava di aggiungere ordine ad ordine, ma d'innovare
-profondamente la vita religiosa; chè per conformarsi
-scrupolosamente alla regola bisognava che
-gli uomini, cangiato il corso delle loro idee, e soffocate
-le tendenze loro più abituali, si tramutassero
-in angeli.
-</p>
-
-<p>
-Con S. Francesco adunque più che con S. Benedetto
-si poteva dire, secondo i minoriti, cominciata
-la nova età, l'ultimo e più splendido periodo della
-storia umana, e Gioacchino stesso avrebbe a mente
-loro mirabilmente predetto questi avvenimenti, chè
-dovunque egli parla di due ordini si deve ben intendere
-dei domenicani e francescani. E se l'allusione
-non era ben chiara nelle opere autentiche,
-altri scritti balzavan fuori nel nome dell'abate calabrese,
-dove le profezie pareano più determinate, e
-più trasparenti le allusioni ai fatti recenti.<a class="tag" id="tag714" href="#note714">[714]</a> Nè questa
-sostituzione era difficile, perchè dopo la solenne
-<span class="pagenum" id="Page_451">[451]</span>
-condanna delle opinioni teologiche dell'abate Gioacchino,
-le sue opere cadute in sospetto si tenevan
-come nascoste,<a class="tag" id="tag715" href="#note715">[715]</a> ed il Salimbene ci narra di un frate
-florense, che da Lucca le trasportò in segretezza
-in un convento francescano di Pisa per sottrarle al
-saccheggio delle soldatesche di Federico.<a class="tag" id="tag716" href="#note716">[716]</a> Siffatto
-mistero, che ravvolgeva le opere autentiche, era
-senza dubbio la condizione più favorevole per la
-nascita delle spurie. E l'ordine francescano, dove
-le menti erano più esaltate, si mostrava più inchino
-di tutti gli altri a codesta letteratura pseudonima.
-Così nel breve giro di pochi anni nacquero i commenti
-ai profeti ed agli evangeli, che abbiamo già
-ricordato; nè solo i libri sacri si commentarono
-ma benanco i profani, come le supposte profezie
-della Sibilla e del Mago Merlino.
-</p>
-
-<p>
-Codesta letteratura pseudonima ebbe, come dicemmo,
-grande credito e diffusione; ma non sì che
-<span class="pagenum" id="Page_452">[452]</span>
-gli stessi gioachiti non sapessero ben distinguere
-le opere autentiche dalle apocrife. Chè anzi quando
-si fecero a raccogliere in un corpo solo le scritture
-del profeta non vi ammisero se non la <i>Concordia</i>,
-il <i>Commento all'Apocalisse</i> e il <i>Decacordo</i>.<a class="tag" id="tag717" href="#note717">[717]</a> Ed a
-queste opere, che sono come un'opera sola, divisa
-in tre parti, dettero il nome di <i>Vangelo eterno</i>,
-che tolsero dall'<i>Apocalisse</i>, sebbene Gioacchino non
-<span class="pagenum" id="Page_453">[453]</span>
-ne avesse fatto uso.<a class="tag" id="tag718" href="#note718">[718]</a> Così tornarono alla luce gli
-scritti di Gioacchino, e senza interpolazioni a quel
-che pare; ma quando occorreva di spiegare meglio
-il pensiero dell'autore, o dare maggiore esattezza
-alle sue profezie, gli editori vi aggiunsero delle note.
-Ed al tutto poi premisero larga introduzione (<i>Introductorius</i>),
-in cui, pur riassumendo la dottrina
-dell'abate calabrese, le dettero maggior rilievo e
-colore.<a class="tag" id="tag719" href="#note719">[719]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questa pubblicazione levò grande rumore non
-tanto forse per le dottrine che vi si esponevano
-con insolita libertà, quanto per le circostanze che
-l'accompagnarono e seguirono. Ferveva allora la
-guerra tra il clero secolare ed i nuovi ordini religiosi.
-<span class="pagenum" id="Page_454">[454]</span>
-Il primo, geloso dei suoi privilegi, mal permetteva
-che i frati imprendessero a predicare senza
-invito o licenza delle autorità ecclesiastiche, ed ai
-parroci facessero formidabile concorrenza nelle messe,
-nella confessione, nelle sepolture.<a class="tag" id="tag720" href="#note720">[720]</a> E come se tutte
-queste ragioni di dissidio non bastassero se n'era
-aggiunta una nuova e più formidabile, quella dell'insegnamento.
-I Domenicani da prima, e sul loro
-esempio anche i Francescani, ambivano alcune cattedre
-nell'Università parigina, che era come il centro
-della vita intellettuale d'Europa, e dove da gran
-tempo dominava indisturbato il clero secolare. I
-nuovi ordini certo valevano ad imprimere più vigoroso
-slancio agli studii, chè gli uomini più eminenti
-del secolo quali Alberto Magno, S. Tommaso,
-Francesco di Hales, S. Bonaventura appartenevano
-<span class="pagenum" id="Page_455">[455]</span>
-ai loro sodalizii. Ma l'autorità universitaria era ben
-a ragione sospettosa di codesti novi insegnanti, i
-quali formavano come un'accademia a parte, emula
-dell'antica, ed insofferente di disciplina.<a class="tag" id="tag721" href="#note721">[721]</a> E la guerra
-durò lunga ed ostinata, e non ostante le quaranta
-bolle di Alessandro IV in favore degli ordini, non
-si fece la pace se non quando ambo i litiganti furono
-stanchi di lottare.
-</p>
-
-<p>
-In codeste congiunture fu pubblicato l'<i>Evangelo
-eterno</i>, il quale porgeva un'arme così poderosa,
-che si sospettò, manifestamente a torto, non fosse
-stata fabbricata dagli stessi avversarii degli ordini.<a class="tag" id="tag722" href="#note722">[722]</a>
-Certo è che il clero secolare se ne valse abilmente,
-ed una copia del terribile libro fu mandata al Papa,
-e Guglielmo di S. Amore, nella sua invettiva contro
-<span class="pagenum" id="Page_456">[456]</span>
-i mendicanti,<a class="tag" id="tag723" href="#note723">[723]</a> ne rilevò con mano maestra le pericolose
-dottrine. Ma ora che ci venne fatto di ricordare
-l'opuscolo del Rettore dell'Università parigina,
-non sarà inopportuno fermarvisi alquanto per toccare
-di alcune somiglianze, forse non abbastanza
-avvertite, tra il fare dei Gioachimiti e quello di Guglielmo.
-Tanto gli uni che l'altro sostengono essere
-il loro tempo molto prossimo ad una grande catastrofe,
-ed i segni precursori li rintracciano concordemente
-colla scorta dell'<i>Apocalisse</i> e dei Profeti.
-E deplorano entrambi le calamità del loro
-secolo, e ne prevedono ancor maggiori nel prossimo
-avvenire.<a class="tag" id="tag724" href="#note724">[724]</a> Ma non ostante siffatte simiglianze,
-anzi forse a cagione di esse, il pensiero di Guglielmo
-è proprio l'opposto del gioachimismo. Per i seguaci
-dell'abate calabrese i falsi profeti, sorretti da perversi
-e potenti re, saranno i sacerdoti sullo stampo d'Ario,
-o altro dottore simigliante dalla facile parola, e
-dall'argomentar sottile; per Guglielmo invece sono
-i mendicanti stessi, che usurpano gli ufficii altrui,
-e sotto il manto di falsa pietà desiderano maggiori
-<span class="pagenum" id="Page_457">[457]</span>
-poteri, guadagnando per mezzo delle donne il favor
-popolare e per via dei cortigiani quello dei principi.<a class="tag" id="tag725" href="#note725">[725]</a>
-Pei Gioachimiti l'avvenire della Cristianità
-sta nella sostituzione degli ordini mendicanti al
-clero secolare, per Guglielmo nel rifiorire del sacerdozio,
-poi che saranno rimossi gli elementi perturbatori,
-che ne minano la potenza.<a class="tag" id="tag726" href="#note726">[726]</a> Da questo
-raffronto non credo temerario inferire che il libro
-<i>De Periculis</i> s'è ispirato all'<i>Evangelo eterno</i>, ne è per
-così dire la palinodia.
-</p>
-
-<p>
-E codesto rapporto tra i Gioachimiti e Guglielmo
-di S. Amour non si smentisce neanco negli altri
-scritti successivi, nè nel rifacimento del <i>De Periculis</i>
-che va sotto il titolo <i>Collectiones catholicae et
-canonicae scripturae ad defensionem ecclesiasticae hierarchiae</i>,<a class="tag" id="tag727" href="#note727">[727]</a>
-nè nel libro <i>De Antichristo</i>, che dal Le
-<span class="pagenum" id="Page_458">[458]</span>
-Clerc venne rivendicato al nostro Guglielmo. Intorno
-a quest'ultima opera va notato che il discorso sull'Anticristo
-era comune a quanti credevano alla
-prossima rinnovazione del mondo. Chi fosse quest'essere
-misterioso, che dovea apportare tanti danni
-alla Chiesa, quali segni l'avrebbero preceduto, in
-qual tempo sarebbe nato, eran tutte dimande che
-correvano per le bocche dei Gioachiti. L'abate calabrese
-avea ben pensato d'intender per l'Anticristo
-non un essere unico, bensì il complesso di tutti
-gli oppositori e vecchi e novi della Chiesa; ma codesta
-interpetrazione, così elastica, non bastava più
-ai suoi successori, che amavano maggiore precisione
-e determinatezza. E già sappiamo che la
-maggior parte dei gioachiti intendeva Federigo II.
-Guglielmo riprende l'interpetrazione di Gioacchino,
-e lasciando nell'ombra la figura dell'Anticristo non
-ha cura di determinare se non i suoi predecessori,
-che già indoviniamo quali debbono essere, quei
-falsi profeti, quegl'ipocriti, quei monaci girovaghi,
-di cui si doleva la Regola di S. Benedetto.<a class="tag" id="tag728" href="#note728">[728]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_459">[459]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma torniamo al libro <i>De novissimis periculis</i>,
-che fu come il grido d'allarme dato dal clero regolare
-contro i frati mendicanti. Non occorre dire
-che fu condannato nel 1256 da Alessandro IV,
-strenuo protettore dei nuovi ordini.<a class="tag" id="tag729" href="#note729">[729]</a> Il Rettore dell'Università
-parigina, difendendo la gerarchia cattolica,
-e l'autorità dei vescovi contro le usurpazioni
-fratesche avea stabilito che quest'ordinamento era
-stato istituito direttamente da Gesù Cristo, e neanche
-il Papa avrebbe potuto mutarla. Talchè quando
-il Papa concedeva ai domenicani di predicare nel
-suo nome, era da supporre vi sottintendesse il beneplacito
-del vescovo, senza di che il governo della
-diocesi non sarebbe stato affidato ad un solo capo,
-ed il disordine e la ruina della Chiesa ne sarebbe
-conseguita.<a class="tag" id="tag730" href="#note730">[730]</a> Codesta argomentazione feriva l'illimitata
-<span class="pagenum" id="Page_460">[460]</span>
-supremazia del Pontefice, nè v'è da far le meraviglie
-che Alessandro l'abbia condannata. Nel
-sostenere la causa dei domenicani il Pontefice sosteneva
-la sua, perchè i frati e da predicatori e
-da inquisitori si presentavano come legati del Papa,
-e per quanto prestigio e credito togliessero all'autorità
-episcopale, altrettanto ne crescevano alla
-pontificia.<a class="tag" id="tag731" href="#note731">[731]</a>
-</p>
-
-<p>
-La condanna del <i>De Periculis</i> portava con sè
-quella dell'<i>Evangelo eterno</i>; chè se quel libro colpiva
-di fianco la gerarchia, questo la feriva nel
-cuore. Nè Alessandro senza taccia di parzialità
-avrebbe potuto passar sotto silenzio un libro denunziato
-dall'Università, e mandato dal vescovo di
-Parigi al predecessore Innocenzo IV. Ma d'altra
-parte il Papa ben sapeva che l'opera incriminata
-apparteneva a quel partito gioachimita, che contava
-tanti illustri seguaci tra i francescani, a cominciare
-da frate Giovanni da Parma, eletto a voti unanimi
-generale dell'ordine sin dal 1247. Oltrechè una
-censura pubblica del libro si sarebbe certo ripercossa
-su quei frati, dei quali egli era stato sempre
-il più strenuo difensore da cardinale, e seguitava
-<span class="pagenum" id="Page_461">[461]</span>
-ad esserlo da papa. Per queste ragioni decise di sottoporre
-lo scritto incriminato ad una Commissione
-di prelati consapevoli della gravità del verdetto,
-che stavano per pronunziare. I commissarii si riunirono
-tosto ad Anagni, e con tutta diligenza si
-misero all'opera, come si pare dal resoconto delle
-loro sedute, che tuttora si conserva in due manoscritti
-della Biblioteca Nazionale di Parigi.<a class="tag" id="tag732" href="#note732">[732]</a> Ben
-s'accorsero i giudici che l'<i>Evangelo eterno</i> constava
-di due parti, l'una moderna, l'introduzione e le note,
-<span class="pagenum" id="Page_462">[462]</span>
-l'altra antica, le tre opere dell'abate Gioacchino;<a class="tag" id="tag733" href="#note733">[733]</a>
-ma e l'una e l'altra condannarono del pari come
-contrarie all'ortodossia, ed Alessandro s'accomodò
-al loro giudizio.
-</p>
-
-<p>
-Fu giusta la sentenza dei giudici, e doveva
-Gioacchino esser coinvolto nella condanna dei suoi
-interpetri? Che l'Introduttorio e le note fossero
-giudicate poco ortodosse non è da far le meraviglie,
-perchè i Gioachimiti non ponevano nessuna
-cura ad attenuare il contrasto tra il Vangelo del
-Figlio e quello dello Spirito, ovvero sia l'<i>Evangelo
-eterno</i>. E questa differenza abbiamo già notata
-tra Gioacchino e i suoi seguaci, che mentre ei cerca
-di attenuare il contrasto tra la legge presente e la
-futura, e questa considera come l'integrazione di
-<span class="pagenum" id="Page_463">[463]</span>
-quella, i suoi discepoli al contrario tengono a rilevarne
-le discrepanze.<a class="tag" id="tag734" href="#note734">[734]</a> E nell'Introduttorio vien dato
-al nuovo Vangelo un nome differente chiamandolo,
-ad imitazione dell'<i>Apocalisse</i>, <i>eterno</i> come se volessero
-<span class="pagenum" id="Page_464">[464]</span>
-contrapporlo ad un vangelo <i>mutevole e caduco</i>;<a class="tag" id="tag735" href="#note735">[735]</a>
-laddove Gioacchino dichiara espressamente non esservi
-due evangeli, ma un solo, nè usa mai il nome
-di <i>Vangelo eterno</i> parlando del nuovo periodo, bensì
-l'altro d'intelletto spirituale.
-</p>
-
-<p>
-L'Introduttorio non dubita di affermare che il
-Nuovo Testamento avrà vigore solo fino al 1260,
-e che da quel tempo in poi al vangelo di Cristo
-succederà un nuovo vangelo, come ai sacerdoti di
-Cristo sottentreranno altri sacerdoti; perchè nessuno
-altro potrà insegnare la dottrina dello Spirito se
-non quelli che a simiglianza degli apostoli vanno
-a piè nudi.<a class="tag" id="tag736" href="#note736">[736]</a> Gioacchino non avrebbe mai tenuto un
-linguaggio così irriverente. E certo non sono estratti
-<span class="pagenum" id="Page_465">[465]</span>
-dalle sue opere genuine quei passi arditi, che feriscono
-la Chiesa romana, come questo, che a lei
-appartiene la sola interpetrazione letterale del Nuovo
-Testamento, non la più profonda e spirituale, e
-che i Greci fecero bene a separarsi da essa, e che
-la Chiesa greca cammina sulle orme dello Spirito
-molto più che la latina.<a class="tag" id="tag737" href="#note737">[737]</a> Abbiamo già ricordate le preferenze
-<span class="pagenum" id="Page_466">[466]</span>
-di Gioacchino per la Chiesa greca; ma certo
-non l'avrebbe esaltata di tanto egli che soleva rimproverarle
-alcune istituzioni come il matrimonio dei
-preti. Nè avrebbe in ogni modo approvato lo stacco
-delle due Chiese, ei che tante volte lo avea rimpianto
-nei suoi scritti.
-</p>
-
-<p>
-Non meno esplicite dell'Introduttorio son le
-note, che senza alcun riguardo coloriscono quelle
-parti, che Gioacchino lascia nell'ombra. Come ad
-esempio nei luoghi della <i>Concordia</i> ove l'abate calabrese
-aveva toccato dell'abbominio, che avrà luogo
-nello scorcio del secondo periodo, le note ci dicono
-che cosa s'intenda per codesto abbominio, che sarebbe
-<span class="pagenum" id="Page_467">[467]</span>
-il pseudo Papa, ovvero il Papa simoniaco che
-regnerà sul finire del sesto tempo.<a class="tag" id="tag738" href="#note738">[738]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma se l'Introduttorio e le note usavano frasi
-più incisive, e davano al pensiero di Gioacchino
-maggiore precisione, non s'ha da inferire che la
-dottrina, in esse insegnata, fosse diversa da quella
-del pio abate. La copia di passi, raccolti dai giudici
-di Anagni, mette fuor di dubbio, che nei punti
-essenziali commento e testo andavan pienamente
-d'accordo. La maggior parte delle immagini adoperate
-nell'Introduttorio per colorire il rapporto
-tra i tre periodi sono tolte di peso da Gioacchino,
-sopratutto da un capitolo della <i>Concordia</i>, da noi
-già citato altrove, ed accortamente rilevato dai
-giudici di Anagni.<a class="tag" id="tag739" href="#note739">[739]</a> E se Gioacchino non adopera
-la parola di <i>Vangelo eterno</i>, certo è che se avesse
-<span class="pagenum" id="Page_468">[468]</span>
-dovuto dare un nome all'interpetrazione allegorica
-dei sacri testi, non ne avrebbe scelto un altro. Nè
-solo i giudici di Anagni, ma i Gioachimiti stessi
-citavano un luogo del <i>Decacordo</i>, a dimostrare che
-con quella denominazione non si dipartivano dall'insegnamento
-di Gioacchino.<a class="tag" id="tag740" href="#note740">[740]</a> Un altro punto rilevavano
-a ragione i giudici di Anagni, l'esaltazione
-del monachismo a scapito<a class="tag" id="tag741" href="#note741">[741]</a> del clero secolare.
-Ed in verità se pure i commentatori leggevano negli
-scritti di Gioacchino accenni a lui, a S. Domenico
-<span class="pagenum" id="Page_469">[469]</span>
-e S. Francesco, che egli non avea fatti, nè poteva
-fare,<a class="tag" id="tag742" href="#note742">[742]</a> certo è che dei nuovi ordini mendicanti
-non dicevano nè più nè meno di quel che avea
-scritto lui intorno ai monaci spirituali. Il monachismo
-per Gioacchino è un istituto, che col tempo
-assorbirà tutti gli altri della Chiesa, quando al Vangelo
-inteso secondo la lettera sottentrerà il vero
-spirito evangelico. Allora succederà una profonda
-innovazione, ed a quel modo che la legge mosaica
-venne abolita all'apparire della nuova legge, così
-il Vangelo letterale dovrà cedere alla nuova interpetrazione.
-La parola <i>evacuatio</i> applicata al vangelo
-non appartiene ai Gioachimiti, ma a Gioacchino
-stesso, il quale, benchè non osasse confessarlo a sè
-stesso, era pur portato dalla sua teoria dei tre stati
-alla conseguenza, che il secondo debba scomparire
-per far luogo al terzo.<a class="tag" id="tag743" href="#note743">[743]</a> E questa teoria avea profonde
-<span class="pagenum" id="Page_470">[470]</span>
-radici nelle sue convinzioni teologiche, formulate
-non pure nell'opuscolo polemico che nel 1255
-<span class="pagenum" id="Page_471">[471]</span>
-non esisteva più, ma nel <i>Decacordo</i>, e nel <i>De Articulis
-fidei</i>, come appar chiaro dai passi, che i giudici
-di Anagni seppero raccogliere.<a class="tag" id="tag744" href="#note744">[744]</a>
-</p>
-
-<p>
-La condanna dunque del Gioachimismo era giusta,
-e per nulla esagerato il grido d'allarme levato dal
-clero parigino. La dottrina dell'<i>Evangelo eterno</i> menava
-dritto alla distruzione della gerarchia, stantechè
-nel terzo periodo ha da prevalere quella
-legge d'amore, che agguaglia tutti i membri della
-società umana, sciogliendoli dai vincoli della subordinazione.
-Non è dunque meraviglia che Alessandro
-IV l'abbia solennemente riprovata, ingiungendo
-al vescovo di Parigi di sequestrare e bruciare tutti
-i libri dove fosse esposta.<a class="tag" id="tag745" href="#note745">[745]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma chi è l'autore dell'<i>Evangelo eterno</i>? L'Eccard,
-che scrisse nella seconda metà del secolo decimoquarto,
-<span class="pagenum" id="Page_472">[472]</span>
-l'attribuisce secondo la comune tradizione
-a Giovanni da Parma.<a class="tag" id="tag746" href="#note746">[746]</a> Il Salimbene invece nomina
-esplicitamente un altro gioachimita, Gherardo di
-S. Donnino.<a class="tag" id="tag747" href="#note747">[747]</a> E l'autorità del Salimbene, cronista
-contemporaneo, e gioachimita anche lui, è tale, che
-tutti gli scrittori moderni vi s'acquetarono. Il buon
-frate, ammiratore ed amico del suo generale, avea
-<span class="pagenum" id="Page_473">[473]</span>
-certo tutto l'interesse di nascondere la verità, ma
-che la sua testimonianza almeno in parte sia veridica,
-è provato dal resoconto del processo di
-Anagni, dove esplicitamente è detto che l'autore
-delle note è frate Gherardo. Se non che è da dubitare
-che l'autore delle note abbia anche scritto
-l'Introduttorio, perchè gl'inquisitori d'Anagni nel
-citare i passi dell'Introduttorio si sarebbero serviti
-della stessa dicitura, che costantemente adoperano
-per le note, nè avrebbero dato come anonimo l'Introduttorio,
-mentre tutte le volte che vien fatto di
-citare una nota, ripetono costantemente il nome
-dell'autore.<a class="tag" id="tag748" href="#note748">[748]</a> L'ipotesi più semplice per spiegare le
-reticenze è questa, che l'autore dell'Introduttorio sia
-diverso da quello delle note, e che agl'inquisitori rincresca
-di nominarlo. E se codesto autore fosse Giovanni
-da Parma, che godeva una grande reputazione
-di santità, ed a quel tempo era tuttora generale dell'ordine,
-i riguardi degl'Inquisitori sarebbero facilmente
-spiegabili.<a class="tag" id="tag749" href="#note749">[749]</a> Se la cosa stesse così, dovremmo
-<span class="pagenum" id="Page_474">[474]</span>
-ammettere che la compilazione dell'<i>Evangelo eterno</i>
-non appartenga ad un solo, bensì a due e forse anche
-a tre membri del partito gioachimita. L'un d'essi,
-<span class="pagenum" id="Page_475">[475]</span>
-il più autorevole, scrisse l'Introduzione generale,
-l'altro o gli altri le glosse introduttive ed esplicative.<a class="tag" id="tag750" href="#note750">[750]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questa ipotesi spiegherebbe perchè dopo la condanna
-dell'<i>Evangelo eterno</i> venissero sottoposti a
-processo non solo fra Gherardo, ma fra Giovanni
-e fra Tommaso e tutti e tre condannati del pari.
-Nè fanno intoppo le ragioni che il Wadding e
-l'Affò hanno recato per scagionare fra Giovanni.<a class="tag" id="tag751" href="#note751">[751]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_476">[476]</span>
-Perchè al di sopra di tutte le apologie sta il fatto
-che fra Giovanni apparteneva al partito gioachimita,
-anzi ne era come il capo e l'ispiratore.<a class="tag" id="tag752" href="#note752">[752]</a> E
-noi vedemmo che tra l'Introduttorio e le opere
-autentiche di Gioacchino non corre disparità sostanziale,
-se non che in quello sono più nettamente e
-con maggior vigore formolate le stesse dottrine,
-insegnate in queste. Se dunque ripugna che abbia
-scritto l'Introduttorio un uomo di grande pietà, da
-Innocenzo IV mandato per gravi missioni in Grecia,
-e da questo e da Niccolò III<a class="tag" id="tag753" href="#note753">[753]</a> preposto ad alti ufficii,
-<span class="pagenum" id="Page_477">[477]</span>
-ripugnerà altresì che egli abbia appartenuto
-al partito gioachimita, e creduto nel prossimo avvenire
-<span class="pagenum" id="Page_478">[478]</span>
-di una nuova fase nella vita religiosa dell'umanità.<a class="tag" id="tag754" href="#note754">[754]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma chiunque sia stato l'autore dell'<i>Evangelo
-eterno</i>, certo è che la condanna del libro fu un
-terribile colpo per la frazione gioachimita dei francescani,
-e le stesso generale dell'ordine, appartenente
-a quella parte, fu costretto a dimettersi, come
-<span class="pagenum" id="Page_479">[479]</span>
-un tempo toccò al capo della parte moderata.<a class="tag" id="tag755" href="#note755">[755]</a> Gli
-successe un uomo di gran cuore e di grande mente,
-S. Bonaventura, il quale sapeva tenersi lontano dagli
-eccessi dei due partiti, e difensore caloroso della
-povertà, sapea pur tener conto dei temperamenti
-necessarii alla pratica della vita. I cronisti francescani
-raccontano che fra Giovanni stesso avea indicato
-a suo successore fra Bonaventura. Ma questo
-racconto, dovuto all'industre pietà dei narratori,
-che amavano di attenuare i contrasti, e mostrare
-l'ordine molto più unito di quel che in realtà fosse,
-è in contraddizione con altre fonti gioachimite che
-presentano sotto altra luce S. Bonaventura.<a class="tag" id="tag756" href="#note756">[756]</a> Però
-<span class="pagenum" id="Page_480">[480]</span>
-questo è fuor di dubbio, che il nuovo generale si
-comportò con molta umanità verso il partito dei
-gioachimiti; nè frate Ugone, nè il Ghiscolo, nè
-altri molti furono molestati, benchè è da credere
-che non abbiano rinunziato all'antica fede. I soli
-perseguitati furono gli autori del libro condannato
-<span class="pagenum" id="Page_481">[481]</span>
-tra i quali lo stesso generale, testè rimosso.<a class="tag" id="tag757" href="#note757">[757]</a>
-Non valse la dignità dell'ufficio disimpegnato con
-apostolico zelo per lo spazio di dieci anni, non
-<span class="pagenum" id="Page_482">[482]</span>
-valse la santità della vita, e la grande reputazione
-a salvare fra Giovanni, il quale insieme ai suoi
-compagni, fra Gherardo e fra Leonardo, sarebbe
-<span class="pagenum" id="Page_483">[483]</span>
-stato condannato alla prigionia perpetua, se non
-fosse accorso in suo ajuto il cardinale Ottoboni,
-che fu poi papa Adriano V.<a class="tag" id="tag758" href="#note758">[758]</a> In grazia di questo
-potente intercessore fu concesso a Giovanni di scegliersi
-il luogo del suo ritiro, mentre Leonardo e
-Gherardo morirono in prigione.<a class="tag" id="tag759" href="#note759">[759]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_484">[484]</span>
-</p>
-
-<h4 id="cap2-2-V">V</h4>
-
-<p>
-Queste misure di rigore portarono lo scoraggiamento
-nei Gioachimiti, e parecchi senza dubbio
-sentirono intiepidire la loro fede, come accadde al
-Salimbene, che morto Federico II, prima di avere
-apportato alla Chiesa gli estremi danni, cominciò
-a dubitare delle dottrine a lui sì care, e le sconfessò
-del tutto allorchè si chiuse il fatale anno
-1260, senza la sperata innovazione.<a class="tag" id="tag760" href="#note760">[760]</a> Ma se i più
-vacillavano, non mancava certamente chi tenesse
-<span class="pagenum" id="Page_485">[485]</span>
-fermo negli antichi convincimenti, e le dottrine di
-Gioacchino rinfrescasse adattandole alle nuove condizioni.
-Tale fu Pier Giovanni Olivi, col quale la <i>Cronaca</i>
-a noi già nota comincia la quinta tribolazione.
-</p>
-
-<p>
-Nacque il nostro frate nel 1247 a Serignano
-nella diocesi di Béziers; a dodici anni entrò nella
-religione dei minoriti, il che non gl'impedì di fare
-i suoi studii nell'Università parigina, ove prese il
-grado di baccelliere.<a class="tag" id="tag761" href="#note761">[761]</a> Scrisse molti libri, tra i quali
-uno in lode di Maria, ove pare avesse talmente
-esaltata la vergine, che il generale dell'ordine, succeduto
-a S. Bonaventura, fra Girolamo d'Ascoli, lo
-condannò a bruciare il libro colle sue mani.<a class="tag" id="tag762" href="#note762">[762]</a> Questa
-<span class="pagenum" id="Page_486">[486]</span>
-prima persecuzione ebbe luogo nel 1278; e ben
-presto le tenne dietro un'altra più grave. In un
-Capitolo generale tenuto a Strasburgo nel 1282 fu
-accusato d'eresia, e l'anno dopo il generale Bonagrazia
-si recò a bella posta in Francia per fare
-esaminare gli scritti di lui, che da una Commissione
-di quattro dottori e tre baccellieri, furono condannati
-come pericolosi. Nel frattempo il generale morì,
-ed essendosi l'autore sottomesso,<a class="tag" id="tag763" href="#note763">[763]</a> le persecuzioni
-<span class="pagenum" id="Page_487">[487]</span>
-cessarono per ricominciare nel 1285, quando il nuovo
-generale, Arlotto da Prato, lo chiamò a Parigi per
-difendersi dalle accuse, che gli movevano Riccardo
-di Middleton e Giovanni di Muro. Pietro v'andò e
-si difese abilmente, e confuse così i suoi accusatori,
-che il generale non ebbe animo di condannarlo.<a class="tag" id="tag764" href="#note764">[764]</a>
-Cinque anni dopo ricominciarono le persecuzioni
-<span class="pagenum" id="Page_488">[488]</span>
-non in verità contro di lui, bensì contro i
-suoi discepoli, che per ordine dell'antico generale
-Girolamo Ascolano, divenuto ora papa Niccolò IV,
-vennero inquisiti e condannati. Il maestro fu risparmiato
-per quella volta;<a class="tag" id="tag765" href="#note765">[765]</a> ma nel 1292 ebbe novamente
-a scolparsi innanzi ad un Capitolo tenuto
-a Parigi, e fu salvo in grazia di alcune accorte dichiarazioni.<a class="tag" id="tag766" href="#note766">[766]</a>
-Morì il 6 marzo 1297, e dal letto di
-morte par che abbia ribadita la dottrina esposta
-nei suoi scritti.<a class="tag" id="tag767" href="#note767">[767]</a>
-</p>
-
-<p>
-Di questi scritti io non conosco se non alcuni
-opuscoli intorno alla povertà, ed i commenti all'Evangelo
-di Matteo e di Luca manoscritti nella
-<span class="pagenum" id="Page_489">[489]</span>
-Laurenziana. Frammenti delle quistioni quodlibetali
-ci sono conservati nella sentenza pronunziata dai
-sette dottori nel 1282. Del <i>Commento all'Apocalisse</i>
-abbiamo molti estratti nel rapporto della Commissione
-dei teologi incaricata da Giovanni XXII dell'esame
-di questo scritto.<a class="tag" id="tag768" href="#note768">[768]</a>
-</p>
-
-<p>
-Qual'era la dottrina insegnata in codesta opera?
-La quistione dell'interpetrazione da dare alla Regola
-<span class="pagenum" id="Page_490">[490]</span>
-di S. Francesco, quando meglio si credeva
-sopita rinasceva con maggior furore. Si era cercato
-di sfuggirle dando la proprietà dei beni al Papa,
-e l'uso di essi ai frati. Ma codesta finzione legale
-salvava solo in apparenza la regola, che sotto il
-pretesto di farne omaggio al Papa, i minoriti avrebbero
-potuto accettare lasciti e doni non meno degli
-altri ordini religiosi, e per tal guisa quelli, che si
-dicevano mendichi o poveri di Cristo, poteano vivere
-più lautamente dei benedettini. Rinacque dunque
-la quistione, e gl'intransigenti con a capo Pier
-Giovanni Olivi dicevano, che per conformarsi alla
-<span class="pagenum" id="Page_491">[491]</span>
-regola di S. Francesco non bastasse rinunziare alla
-proprietà dei beni, ma anche il loro uso dovesse
-andare ristretto nei più angusti confini. Per essere
-veramente poveri bisognava che l'uso fosse povero
-del pari. Certo era difficile definire in che cosa
-consistesse l'uso povero, e codesta difficoltà dava
-buon gioco agli avversari di cogliere in fallo la
-dottrina degl'intransigenti;<a class="tag" id="tag769" href="#note769">[769]</a> ma chi voleva intendere,
-sapeva bene a che tenersi. E si capiva benissimo
-che i difensori dell'uso povero voleano proscrivere
-tutto ciò che non fosse strettamente indispensabile
-pel sostentamento della vita.<a class="tag" id="tag770" href="#note770">[770]</a> Così ad
-<span class="pagenum" id="Page_492">[492]</span>
-esempio è necessaria la casa, ove i frati possano
-convivere, ma un comodo ed elegante fabbricato non
-è lecito possederlo nè in proprietà nè tampoco in
-usufrutto. È permesso servirsi del pane, che s'accatta
-di porta in porta, ma è severamente proibito
-di tenere ben provvisti i granai e le cantine del
-convento.<a class="tag" id="tag771" href="#note771">[771]</a> Il seppellire i morti nella propria chiesa
-è certo un'opera meritoria, ma i frati, a cui è vietato
-di accettar denaro, non possono riscuotere
-i diritti, che il clero secolare ricava dalle sepolture.
-E se a cagione di siffatti guadagni il clero contende
-ai frati questo pio ufficio, come tanti altri
-parimenti lucrosi, dev'essere proibito severamente
-di mover liti, che sono così contrarie allo spirito
-<span class="pagenum" id="Page_493">[493]</span>
-della Regola.<a class="tag" id="tag772" href="#note772">[772]</a> La quale impone severamente codesto
-uso povero, e quelli, che le abbiano giurata obbedienza,
-debbono osservarlo, se anche diventino vescovi
-o cardinali. Codesto era un punto molto delicato.
-La regola avea consigliato di schivare gli onori
-ecclesiastici, ma in pratica anche i zelanti, come il
-Salimbene, non che avversare, favorivano le promozioni
-dei frati, per fermo assai vantaggiose all'ordine.
-Volevano solo che anche nel nuovo stato
-si sentissero tuttora membri dell'antico sodalizio,
-ed alla regola strettamente si conformassero,<a class="tag" id="tag773" href="#note773">[773]</a> perchè
-dal loro giuramento neanche il Pontefice li poteva
-sciogliere. Dottrina ardita codesta, che limitava
-<span class="pagenum" id="Page_494">[494]</span>
-il potere del sommo gerarca, ed apriva il
-varco a teorie più radicali. Per ora il pericolo era
-lontano, perchè il pontefice Onorio III nella bolla
-<i>Qui exiit</i> l'avea data vinta agl'intransigenti prescrivendo
-l'uso povero, e condannando qualunque interpetrazione
-o attenuazione che si volesse ulteriormente
-dare della Regola.<a class="tag" id="tag774" href="#note774">[774]</a> Ma l'esperienza avea
-provato che non sempre i pontefici se l'intendevano
-col partito del rigore, e si poteva ben prevedere,
-quello che di fatto avvenne, che la pace non sarebbe
-durata lungo tempo.<a class="tag" id="tag775" href="#note775">[775]</a> Perchè gl'intransigenti
-non aveano scordate le idee gioachimite, e contro
-il clero secolare e la Chiesa di Roma seguitavano
-a nutrire la diffidenza e l'odio, punto dissimulati
-nell'<i>Evangelo eterno</i>.
-</p>
-
-<p>
-Che Pier Giovanni Olivi fosse tenero delle idee
-gioachimite,<a class="tag" id="tag776" href="#note776">[776]</a> e le modificasse per adattarle ai tempi
-<span class="pagenum" id="Page_495">[495]</span>
-nuovi, è fuor di dubbio. Una prova inconfutabile
-ce la porge il <i>Commento all'Apocalisse</i> scritto nello
-stile non di Gioacchino, ma dei suoi più fervidi
-commentatori, e dove son fatte all'interpetrazione
-gioachimita quelle mende e ritocchi, necessarie ormai
-per le mutate condizioni dei tempi. Così il re
-dell'<i>Apocalisse</i> non sarà più Federigo II, già morto
-da un pezzo, bensì qualcuno del seme maledetto,
-che sarà per conquistare non pure l'impero romano,
-ma la Francia eziandio.<a class="tag" id="tag777" href="#note777">[777]</a> Il terzo periodo
-che per Gioacchino cominciava da S. Benedetto, e
-per i gioachimiti dal 1200 (anno in cui Gioacchino
-pubblicò i suoi libri) per l'Olivi invece comincia
-<span class="pagenum" id="Page_496">[496]</span>
-dal tempo in cui la regola di S. Francesco fu impugnata
-e condannata dalla Chiesa carnale.<a class="tag" id="tag778" href="#note778">[778]</a> Per i
-gioachimiti l'angelo che porta l'<i>Evangelo eterno</i> è
-Gioacchino stesso, per l'Ulivi invece è S. Francesco,
-il quale ad imitazione di Cristo risorgerà al tempo
-delle tribolazioni, come ad imitazione del Crocifisso
-portò le sacre stimate.<a class="tag" id="tag779" href="#note779">[779]</a> Per Gioacchino tutta la
-<span class="pagenum" id="Page_497">[497]</span>
-storia dell'umanità va divisa in sette periodi, per
-l'Ulivi invece soltanto quel tratto di storia che
-corre dalla predicazione di Cristo alla consumazione
-dei secoli, sicchè a ciascuno di questi periodi
-poneva cominciamento e fine diversi da quel
-che solessero e Gioacchino, e i Gioachimiti insieme.<a class="tag" id="tag780" href="#note780">[780]</a>
-Ma queste differenze non toccano l'accordo
-fondamentale delle dottrine. Anche per l'Ulivi si
-debbono distinguere tre fasi nel corso religioso
-dell'umanità; la prima, che appartiene al Padre,
-ove regna il timore e la legge; la seconda, che
-appartiene al Figlio ove domina la sapienza, e si
-predica l'evangelo; la terza che appartiene allo
-Spirito, ove si svela tutta la verità, e la legge evangelica
-viene intesa ed osservata in tutta la purità
-<span class="pagenum" id="Page_498">[498]</span>
-sua.<a class="tag" id="tag781" href="#note781">[781]</a> E come l'Evangelo pose fine alla legge mosaica,
-così l'Evangelo nuovo farà cadere l'antico,<a class="tag" id="tag782" href="#note782">[782]</a>
-ed al clero secolare che mal si conforma ai precetti
-di Cristo sottentrerà il monacato che spoglio di
-effetti terreni menerà una vita di sacrifizi e di povertà,
-in una parola la Chiesa carnale, simboleggiata
-nell'impura donna dell'<i>Apocalisse</i>, farà luogo
-alla Chiesa spirituale.<a class="tag" id="tag783" href="#note783">[783]</a> Ma prima del trionfo la
-<span class="pagenum" id="Page_499">[499]</span>
-Chiesa spirituale sarà combattuta aspramente dalla
-carnale, come il Cristianesimo fu perseguitato a
-morte dalla Sinagoga.<a class="tag" id="tag784" href="#note784">[784]</a> E se S. Francesco non fu
-condannato al pari di Cristo, e la guerra contro
-al sodalizio francescano scoppiò non nel suo cominciamento,
-ma alquanto più tardi, ciò si deve a varie
-ragioni, tra le quali la principale che l'analogia
-non esclude le differenze, e benchè la Chiesa carnale
-dovesse comportarsi come la Sinagoga, non
-era necessario che agisse con pari prontezza.<a class="tag" id="tag785" href="#note785">[785]</a> Codeste
-lotte però non debbono scoraggiare i fedeli
-seguaci dell'uso povero, perchè l'avvenire è loro,
-nè molto andrà che sarà pronunziato il tremendo
-giudizio sulla nuova Babilonia.<a class="tag" id="tag786" href="#note786">[786]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_500">[500]</span>
-</p>
-
-<p>
-Queste idee doveano incontrare fiera opposizione
-non pure nel partito moderato, ma benanco in quella
-parte degl'intransigenti, che pur professando la teoria
-dell'uso povero, non volevano romperla colla
-corte di Roma. E forse fino dalle prime persecuzioni
-contro Giovanni Olivi si formarono i tre partiti,
-a cui accenna la testimonianza di un beghino,
-i Conventuali che si attenevano all'interpetrazione
-più larga della Regola, i Fraticelli che abbracciavano
-la più rigida ma non accoglievano per questo
-le idee gioachimite, infine gli Spirituali che aspettavano
-il trionfo dell'uso povero dalla totale rinnovazione
-della Chiesa e del mondo.<a class="tag" id="tag787" href="#note787">[787]</a> Il nome di
-<span class="pagenum" id="Page_501">[501]</span>
-fraticelli sarà stato ancor prematuro al tempo di Giovanni
-Olivi, ma non è men vero che il partito, che
-più tardi prese questo nome, era già formato ed
-ottenne dal pontefice Celestino V che si staccasse
-dal resto dell'ordine e formasse una corporazione
-a sè sotto il nome di Celestini o <i>pauperes heremitae
-domini Coelestini</i>. Codesto sodalizio che aveva a capo
-fra Liberato, ed a poeta fra Jacopone, fu costretto
-ad esulare in Grecia, quando al Papa che fece per
-viltate il gran rifiuto successe Bonifacio VIII.<a class="tag" id="tag788" href="#note788">[788]</a>
-E neanche lì potè vivere in pace, ed i suoi membri
-perseguitati per sollecitazione del Papa dal patriarca
-di Costantinopoli ebbero a far ritorno in Italia.
-<span class="pagenum" id="Page_502">[502]</span>
-E fra Jacopone stette molti anni in prigione, e fra
-Liberato morì di stenti e di crepacuore.<a class="tag" id="tag789" href="#note789">[789]</a> Simili travagli
-ebbero a sostenere alcuni frati della Marca,
-che condannati ad una carcere dura, non ne uscirono
-se non per ripartire verso il lontano oriente,
-ove parecchi subirono eroicamente il martirio.<a class="tag" id="tag790" href="#note790">[790]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_503">[503]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma più gravi furono le persecuzioni contro gli
-Spirituali. Essi eran cresciuti così di numero che
-quando fu assunto al cardinalato il generale Matteo
-d'Acquasparta, al quale Dante rimprovera la fiacca
-interpetrazione della regola, riuscirono a far nominare
-all'alto ufficio uno dei loro, Raimondo Gaufrido,
-amico ed ammiratore dell'Olivi.<a class="tag" id="tag791" href="#note791">[791]</a> E per fino
-fuori dell'ordine francescano par che trionfasse la
-loro propaganda, quando dopo due anni e tre mesi
-di vacanza i cardinali levarono al soglio pontificio
-<span class="pagenum" id="Page_504">[504]</span>
-l'eremita Pietro de Morrone (1294). Ma queste
-fortune durarono ben poco. Che dopo pochi mesi
-il buon Celestino depose la tiara, e il suo successore
-rimosse dall'ufficio fra Gaufrido sostituendogli
-quel Giovanni di Muro, che era stato tra i più
-fieri persecutori dell'Olivi. Allora ricominciarono
-le dolorose prove per gli Spirituali. Il loro capo
-non venne risparmiato neanco morto, chè il nuovo
-generale avendone fatte condannare le opere da
-un Capitolo generale, ordinò che si bruciassero insieme
-al cadavere dell'autore, tolto alla pace del
-sepolcro sei mesi dopo che v'era stato calato con
-solenni esequie.<a class="tag" id="tag792" href="#note792">[792]</a> Fu proibito ai frati di leggere e
-serbare libri maledetti, ed un fra Ponzio, che non
-volle consegnarli al suo superiore morì in prigione
-tra stenti e sofferenze incredibili, e molti altri frati
-furono perquisiti ed incarcerati.<a class="tag" id="tag793" href="#note793">[793]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma codeste misure di rigore non scoraggiavano
-i seguaci dell'Olivi, ed uno fra essi, Ubertino da
-<span class="pagenum" id="Page_505">[505]</span>
-Casale, ebbe il coraggio di prenderne le difese, e
-scrivere contro i potenti accusatori una calda apologia.
-Ubertino nacque nel 1259, e quattordicenne
-entrò nell'ordine dei Minori. Lesse per nove anni
-nello studio parigino, e tornato in Italia continuò
-nell'insegnamento per altri quattro; poscia abbandonata
-la cattedra si mise alla predicazione, fino a
-che gli fu imposto silenzio dai suoi superiori, che lo
-mandarono nell'eremo della Vernia, ove scrisse un
-libro, tuttora esistente, <i>arbor vitae crucifixae</i>.<a class="tag" id="tag794" href="#note794">[794]</a> La
-ragion per cui fu imposto silenzio al focoso predicatore
-<span class="pagenum" id="Page_506">[506]</span>
-non è difficile scoprire. Egli apparteneva
-al partito intransigente, e forse pubblicò la sua
-prima apologia di Giovanni Olivi alla morte di
-Bonifazio VIII, quando si sperava che col nuovo
-papa cessassero le fiere persecuzioni contro gli spirituali.
-Mi pare molto improbabile che ei l'avesse
-scritta prima, come sospetta il Wadding, perchè
-da una parte non sarebbe andato impunito, e dall'altra
-la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> dice espressamente
-che fra Ubertino fu accusato al papa Benedetto
-XI (1303-1304), e seppe così abilmente
-difendersi da andare assolto.<a class="tag" id="tag795" href="#note795">[795]</a> Ma quando che fosse
-scritta, l'apologia era intesa a provare: 1º che Pier
-Giovanni nè nella Postilla all'<i>Apocalisse</i> nè in altro
-libro non parlò mai irreverentemente della Chiesa,
-alla quale invece si mostrò sempre devoto; 2º che
-l'uso povero è siffattamente ortodosso da potersi
-<span class="pagenum" id="Page_507">[507]</span>
-dire la lampada della nostra fede;<a class="tag" id="tag796" href="#note796">[796]</a> 3º che le persecuzioni,
-patite dai rigidi osservatori della Regola,
-sono mostruose, ed il Papa deve interporre la sua
-autorità per farle cessare.
-</p>
-
-<p>
-Così si rinnovarono le contese tra i conventuali
-e gli zelanti, ed entrambi concordemente se ne appellavano
-al Papa. Benedetto XI morì prima di poter
-dare alcun provvedimento, ma il successore Clemente
-V credette opportuno di riprendere la cosa
-in esame. E chiamò in Avignone molti francescani,
-tra i quali il generale dell'ordine che sosteneva
-le ragioni dei conventuali, e l'ex generale fra Gauffrido,
-<span class="pagenum" id="Page_508">[508]</span>
-insieme ad Ubertino da Casale, fra Siccardo ed
-altri molti, che rappresentavano la parte degli spirituali.
-E comandò che fin che la controversia non
-fosse composta dal collegio dei vescovi e cardinali
-da lui stesso nominato, dovessero cessare tutte le
-misure di rigore per ragione di opinione. E principalmente
-quegli tra gli Spirituali, che egli aveva chiamati
-alla Corte, sottrasse alla giurisdizione dei loro
-superiori,<a class="tag" id="tag797" href="#note797">[797]</a> e volle che si riprendesse l'esame delle
-dottrine di Pier Giovanni, e si definissero i punti
-controversi della regola più chiaramente che non
-fosse riescito a Niccolò III.
-</p>
-
-<p>
-Le discussioni durarono lungamente, i due partiti
-si rimandarono le opposte accuse di licenziosi
-od ipocriti colla consueta acredine. Gli uni rimproveravano
-agli altri di voler scalzare l'ordine
-colla fiacca interpetrazione della regola, e l'abbandono
-di quello spirito di assoluto sagrifizio e di
-fervida carità, che l'informa; gli altri replicavano
-che la rovina dell'ordine viene da coloro che mettono
-<span class="pagenum" id="Page_509">[509]</span>
-la propria opinione al di sopra del dovere
-d'obbedienza, ed intendono la regola in modo così
-rigido da non potersi umanamente osservare.<a class="tag" id="tag798" href="#note798">[798]</a> Il più
-abile tra tutti par che fosse Ubertino, perchè riuscì
-non solo a convincere delle verità dell'uso povero,
-ma benanco a scagionare Pier Giovanni dalle accuse
-che gli si movevano. Ed in virtù di queste difese il
-Papa nel Concilio di Vienna condannò alcune dottrine
-teologiche di Pier Giovanni, ma tacque il nome dell'autore,
-e pronunziò la sua decisione, come se si
-trattasse di punti controversi, intorno ai quali prima
-della decisione si potesse opinare in un modo o nell'altro
-senza incorrere in eresia.<a class="tag" id="tag799" href="#note799">[799]</a> Le altre dottrine di
-<span class="pagenum" id="Page_510">[510]</span>
-Pier Giovanni, e certo le più importanti, come quella
-dei tre stati e dell'uso povero non solo furono risparmiate,
-ma una di esse fu solennemente adottata
-nella nuova interpetrazione che Clemente dette
-della regola francescana.<a class="tag" id="tag800" href="#note800">[800]</a> Gl'intransigenti trionfarono
-di nuovo, ma anche questa volta per poco.
-Il partito dei conventuali, non ostante la vittoria
-<span class="pagenum" id="Page_511">[511]</span>
-dei loro avversarii, riuscì nel 1313 a creare generale
-dell'ordine uno dei suoi, frate Alessandro
-di Alessandria, stato già appo Clemente uno dei
-più vigorosi difensori dell'ordine contro Ubertino
-di Casale e gli altri seguaci dell'Olivi.<a class="tag" id="tag801" href="#note801">[801]</a> Il che prova
-quanto fosse numeroso ed audace codesto partito,
-il quale anche dopo le raccomandazioni di Clemente
-non cessava di perseguitare gli spirituali.<a class="tag" id="tag802" href="#note802">[802]</a>
-</p>
-
-<p>
-Per tal guisa seguitarono i dissidii, principalmente
-nella provincia toscana, ove gl'intransigenti,
-seguendo l'esempio dei Celestini, decisero di staccarsi
-dall'ordine, e formare un corpo a sè.<a class="tag" id="tag803" href="#note803">[803]</a> Parimenti
-<span class="pagenum" id="Page_512">[512]</span>
-nelle provincie di Narbona e di Béziers, ove
-la memoria di fra Pier Giovanni era più viva, i frati
-zelanti non vollero più far vita comune coi loro avversarii,
-e vestita una tunica più corta e tutta logora
-e rattoppata, si ridussero in meschini ricoveri,
-ove metteano in pratica le regole dell'uso povero.
-Codesti frati, che si dissero per umiltà fraticelli,
-non poterono certo trarre dalla loro tutti gli spirituali,
-e molto meno il capo, Ubertino da Casale,
-il quale ben sapeva, che entrando nella nuova comunità
-avrebbe perduto in un punto tutto il favore,
-che s'era acquistato presso il Papa. Nè furono
-più fortunati appo Clemente, il quale pur approvando
-l'uso povero, non volea a nessun patto che
-<span class="pagenum" id="Page_513">[513]</span>
-servisse di pretesto ad una scissione dell'ordine. E
-scrisse lettere severe ai vescovi di Genova, Lucca e
-Bologna per richiamare i dissidenti all'obbedienza,
-e fulminò la scomunica contro i ricalcitranti.<a class="tag" id="tag804" href="#note804">[804]</a> Perlochè
-come al tempo di Celestino, si formarono ora
-di nuovo i tre partiti nell'ordine dei francescani, i
-conventuali, i dissidenti o fraticelli, gli spirituali. Ma
-gli ultimi due insieme uniti non eguagliavano nè
-per numero nè per forza il primo, il quale ben seppe
-trarre profitto dall'errore commesso dai dissidenti
-toscani e narbonesi per agire più severamente contro
-gli avversarii. E le circostanze stesse furono loro
-propizie, che a non lungo andare morì Clemente V
-(20 aprile 1214), e dopo una vacanza di due anni
-<span class="pagenum" id="Page_514">[514]</span>
-e quattro mesi fu assunto al trono pontificio un
-uomo punto mistico e poco scrupoloso, Giovanni XXII
-(scelto il 7 agosto, e coronato il 5 settembre 1316).
-Allora il partito dei conventuali ebbe la mano libera;
-il nuovo generale Michele da Capua potè agire energicamente
-contro i dissidenti, e lo stesso Ubertino
-da Casale ebbe a chiedere in grazia al nuovo Papa
-il trapasso dall'ordine francescano a quello dei
-benedettini. Strano destino del capo degli spirituali,
-il quale dopo aver predicata la necessità dell'uso
-povero, entra nell'ordine, che a detta di Gioacchino
-più si allontanava da quell'uso.<a class="tag" id="tag805" href="#note805">[805]</a>
-</p>
-
-<h4 id="cap2-2-VI">VI</h4>
-
-<p>
-Con Giovanni XXII comincia un'altra fase del
-movimento francescano. Ad istanza del generale
-Michele da Cesena il nuovo Papa non solo scrisse
-lettere più incalzanti a principi e vescovi contro i
-<span class="pagenum" id="Page_515">[515]</span>
-dissidenti,<a class="tag" id="tag806" href="#note806">[806]</a> ma nell'aprile del 1317 in loro danno
-pubblicò la costituzione <i>Quorundam</i> per stabilire
-che la qualità della tunica e le sue dimensioni debbono
-essere determinate dai superiori locali, ed al
-loro giudizio venga lasciato se pei bisogni del convento
-si debbano tener provvisti e granai e cantine.<a class="tag" id="tag807" href="#note807">[807]</a>
-La povertà, aggiunge il Papa, è una grande cosa,
-ma al di sopra di lei sta la conservazione di sè,
-e al di sopra di entrambe l'obbedienza ai legittimi
-superiori.<a class="tag" id="tag808" href="#note808">[808]</a> Così la quistione dai meschini piati frateschi
-era sollevata alla sua vera altezza. Da una
-parte s'affermava come primo dovere quello dell'obbedienza
-assoluta, senza di che è impossibile la
-<span class="pagenum" id="Page_516">[516]</span>
-rigida gerarchia, dall'altro si teneva duro a metter
-l'osservanza scrupolosa della regola innanzi a qualunque
-altro dovere. Imperocchè, la regola è come
-l'Evangelo di Cristo, e chiunque porti offesa a lei,
-viola la fede; nè c'è persona, per quanto alto sia
-il suo ufficio, che stia al di sopra della Regola;
-talchè quando o il Papa o altro chiunque comandi
-qualche cosa che sia contro questa, gli si deve per
-la salvezza dell'anima negare obbedienza. Tali dottrine
-sostenevano gl'intransigenti francescani, e
-quattro di essi nel 1318 in Marsiglia anzi che sconfessarle,
-preferirono di lasciare la vita sul rogo<a class="tag" id="tag809" href="#note809">[809]</a>
-e molti altri fuggirono appo gl'infedeli.<a class="tag" id="tag810" href="#note810">[810]</a> Certo non
-<span class="pagenum" id="Page_517">[517]</span>
-eran nuove, e l'inquisitore a ragione ne riconobbe la
-prima fonte nell'Olivi, le cui opere vennero in quel
-tempo ancora una volta esaminate e condannate.<a class="tag" id="tag811" href="#note811">[811]</a>
-Ma se l'Olivi aveva detto che S. Francesco era
-come un nuovo Cristo, che sofferse al pari di lui,
-e forse come lui risorgerà, ora s'aggiunge che la
-Regola bandita da S. Francesco, per diretta inspirazione
-di Dio è da tenersi non meno del Vangelo,
-ed al pari di quello non può essere nè abolita, nè
-forse anco modificata.<a class="tag" id="tag812" href="#note812">[812]</a> E la vita povera, che essa
-<span class="pagenum" id="Page_518">[518]</span>
-prescrive, è la vera vita evangelica, perchè nè Cristo,
-nè gli Apostoli possedevano nulla in proprio, ed a
-simiglianza dei frati spirituali andavan ramingando
-e stentando la vita.<a class="tag" id="tag813" href="#note813">[813]</a>
-</p>
-
-<p>
-La quistione, come si vede, si faceva grossa.
-Non si trattava più di sapere quanti centimetri
-dovesse esser lunga la tunica, o di qual rozzo panno
-contesta; nè si chiedeva più se fosse lecito tener
-granai e cantine, o stringere contratti per mezzo
-dei procuratori. Gl'intransigenti sotto questi meschini
-pretesti miravano ben più alto, a dichiarare
-cioè che la vita prescritta dalla regola non differisce
-dall'evangelica, e che ad essa si fosse conformato
-Gesù, e gli Apostoli, e ad essa quindi dovrebbero
-conformarsi non soltanto i frati Minori, ma
-i cristiani tutti che debbono porre l'Evangelo a
-norma della loro vita; il che è come dire che non
-solo il clero, ma tutta la Cristianità dovesse tramutarsi
-in un vasto cenobio francescano. Contro siffatte
-<span class="pagenum" id="Page_519">[519]</span>
-massime protestavano già da un pezzo i frati domenicani,
-emuli dei francescani, e professanti anche
-loro il vòto di povertà, ma così temperato che ben
-poco differivano per codesto capo degli altri ordini;
-ed uno di essi, l'inquisitore fra Giovanni di Belna,<a class="tag" id="tag814" href="#note814">[814]</a>
-citò al suo tribunale un beghino narbonese per
-avere affermato secondo un'antica cronaca «che
-Cristo e gli apostoli, via di perfezione seguitando,
-niuna cosa ebbono per ragione di proprietade e di
-signoria nè in ispeziale, nè eziandio in comune. Il
-quale inquisitore, seguita la cronaca, vogliendo giudicare
-il detto bighino, chiamò a consiglio tutti
-i priori e guardiani e lettori de' religiosi e molti
-altri savi. Intra' quali fu presente frate Beringario
-Talloni, lettore nel convento de' frati minori da
-Nerbona. Et intra l'altre cose che il predetto inquisitore
-fece leggere, (si fu) il predetto articolo
-della povertade di Cristo e degli appostoli suoi, per
-lo quale voleva condannare questo cotale bighino.
-Ma il predetto frate Beringario lettore, sopra il
-detto articolo richiesto, rispuose che questo dire
-non era eretico, ma era dottrina sana, cattolica e
-fedele massimamente, conciò sia cosa che questo
-fosse diffinito per la chiesa cattolica nella dicretale
-che comincia: <i>Exijt q. seminat</i>. La quale cosa fatta,
-nè più nè meno, come se il detto lettore avesse
-<span class="pagenum" id="Page_520">[520]</span>
-affermata eresia, il predetto inquisitore comandò a
-questo medesimo lettore che il detto suo immantinente,
-in presenza di tutti, rivocasse. Il quale
-lettore non volse rivocare per niuno modo, ma imperò
-ch'era costretto a rivocare quella cosa che
-era sana e cattolica, e come sana e cattolica diffinita
-per la chiesa. E temendo per questo d'essere
-agravato per molti modi contra la giustizia, alla
-sedia appostolica solennemente appellò, e colla sua
-appellazione venne a Vignone dove il predetto papa
-Giovanni allora colla sua corte risedeva».<a class="tag" id="tag815" href="#note815">[815]</a>
-</p>
-
-<p>
-La quistione, sottoposta al Papa, era ben grave.
-Deciderla contro i francescani non si poteva senza
-contraddire alla bolla <i>Qui exiit</i>, ben a proposito
-<span class="pagenum" id="Page_521">[521]</span>
-invocata da fra Berengario;<a class="tag" id="tag816" href="#note816">[816]</a> deciderla contro i domenicani
-sarebbe stato lo stesso che darla vinta
-agl'intransigenti, contro i quali Giovanni avea già
-cominciato a pronunziarsi. In tanta incertezza il
-Papa sottopose la vertenza ai più dotti teologi, e
-tra gli altri ad Ubertino da Casale, il quale per
-mostrarsi nello stesso tempo grato al suo protettore,
-che gli avea concesso il passaggio ai benedettini
-e fedele al suo partito emise un parere, che
-dovea contentar tutti, e tutti scontentò.<a class="tag" id="tag817" href="#note817">[817]</a> Le mezze
-misure ormai a nulla approdavano. Al punto cui
-erano giunte le cose bisognava prender partito o
-per l'uno o per gli altri,<a class="tag" id="tag818" href="#note818">[818]</a> e Giovanni lo prese animosamente,
-e dopo un lungo concistoro,<a class="tag" id="tag819" href="#note819">[819]</a> si decise
-a revocare la bolla di Niccolò III, dichiarando: la
-vera interpetrazione della Regola non essere peranco
-trovata; e dopo le nuove quistioni insorte
-<span class="pagenum" id="Page_522">[522]</span>
-occorrere nuovi studii per risolverle, ed esser quindi
-necessario, di togliere il divieto delle glosse e commenti,
-per lasciar campo alla libera discussione,<a class="tag" id="tag820" href="#note820">[820]</a>
-dalla quale sarebbe emersa la verità.
-</p>
-
-<p>
-Questa misura radicale provocò le proteste di
-tutti i francescani. Non solo gli spirituali ed i fraticelli,
-ma benanco i conventuali se ne risentirono,
-e lo stesso generale fra Michele da Cesena, che
-sinora avea agito con tanta energia contro i dissidenti,
-ed insieme all'inquisitore narbonese avea
-dichiarate eretiche le dottrine dei beghini e spirituali,
-ora credendo minacciate le fondamenta stesse
-dell'ordine, si mise a capo dell'opposizione contro
-il Papa. E convocato un Capitolo generale in Perugia
-il 4 giugno 1322, fece dichiarare solennemente
-«che la renunziazione della proprietà di
-tutte le cose sì in speciale come eziandio in comune
-fatta per Dio, è meritoria e santa, la quale
-renunziazione Cristo, via di perfezione mostrando,
-per parola la 'nsegnò, e per esemplo la confermò;
-e la quale i primi fondatori della Chiesa militante,
-cioè li apostoli, sì come da essa fonte, cioè Cristo,
-aveano attinto, in coloro che volgliono perfettamente
-vivere, per rivi di dottrina e di loro vita,
-dirivarono. La quale determinazione della Chiesa
-<span class="pagenum" id="Page_523">[523]</span>
-nel VI libro per essa Chiesa cattolica è inframessa
-e per altra decretale nel Concilio di Vienna promulgata
-e divulgata...... Et ultimamente per lo
-santissimo padre e signiore, messer Giovanni, per
-divina provvidenzia, papa vigesimo secundo, in alcuna
-sua dichiarazione fatta sopra la regola e sopra
-lo stato de' frati minori, che comincia: <i>Quorundam
-exiit</i>, è questa medesima dichiarazione molto commendata,
-come santamente composta, soda, lucida
-e con molta maturità esaminata».<a class="tag" id="tag821" href="#note821">[821]</a>
-</p>
-
-<p>
-Tale protesta fu come un guanto di sfida al
-Papa, e Giovanni lo raccolse. E per tutta risposta
-pubblicò la celebre bolla <i>ad Conditorem</i>, nella quale
-sostenne esser lecito di revocare i decreti e le costituzioni
-dei predecessori, quando l'esperienza, maestra
-<span class="pagenum" id="Page_524">[524]</span>
-della vita, dimostra che falliscono al fine per
-cui furono promulgate. E criticò con vigore l'espediente
-imaginato dai suoi predecessori di attribuire
-alla Chiesa la proprietà di quello, che i frati minori
-usano per le necessità della vita. Imperocchè, ei
-dice, v'ha cose che struggendosi coll'uso non consentono
-ne sia proprietaria una persona diversa da
-chi le adopera. E nel fatto i mendicanti più che
-usufruttuari ne sono i veri padroni, e le vendono
-e le barattano, quando loro torni, per mezzo dei loro
-procuratori, talchè la Chiesa ha solo di nome siffatta
-proprietà, della quale altri raccoglie i frutti, ella
-invece i danni e l'onta d'interminabili liti. Per
-queste ragioni Giovanni dichiarò di rinunziare alla
-proprietà dei beni spettanti ai frati minori all'infuori
-degli stabili, o degli arredi delle chiese,<a class="tag" id="tag822" href="#note822">[822]</a> sicchè
-i minoriti contro loro volere tornavano proprietarii
-a simiglianza degli emuli loro, i frati predicatori.
-Era una misura audace codesta, ed i francescani
-<span class="pagenum" id="Page_525">[525]</span>
-per mezzo del loro procuratore Buonagrazia
-da Bergamo<a class="tag" id="tag823" href="#note823">[823]</a> seppero ben rilevare come rompesse
-contro la tradizione pontificia da Gregorio IX a Clemente
-V; ma Giovanni tenne duro, e messo in prigione
-l'audace autore della protesta, ritirò la prima
-bolla per pubblicarne un'altra più diffusa sotto la
-stessa data e colla stessa iniziale della precedente.<a class="tag" id="tag824" href="#note824">[824]</a>
-Nè di ciò pago, più tardi con decretale del 12 novembre
-1323 condannò come eretica la dottrina sostenuta
-dal Capitolo generale di Perugia intorno alla
-povertà di Cristo e degli apostoli.<a class="tag" id="tag825" href="#note825">[825]</a> E facendosi contro
-<span class="pagenum" id="Page_526">[526]</span>
-codesta bolla sempre più vive le opposizioni,
-alle quali fece eco Ludovico il Bavaro nella protesta
-di Sachsenhäusen,<a class="tag" id="tag826" href="#note826">[826]</a> non dubitò Giovanni di difenderla
-nella decretale del novembre 1324, combattendo
-punto per punto gli argomenti degli avversarii.<a class="tag" id="tag827" href="#note827">[827]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_527">[527]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma non ostante che la lotta fosse già così
-ardente, pure i minoriti non seguirono l'esempio
-dell'Imperatore, e per tre anni di seguito agirono
-copertamente senza romperla del tutto col Papa;
-talchè il loro generale quando fu chiamato alla
-corte pontificia,<a class="tag" id="tag828" href="#note828">[828]</a> si fece scusare per la malattia, che
-lo tratteneva a Tivoli,<a class="tag" id="tag829" href="#note829">[829]</a> e non appena ristabilito si
-recò in Avignone. Se non che ben presto le cose
-volsero al peggio. Il Papa nell'udienza solenne del
-9 aprile 1328 amaramente rimproverava il generale
-francescano della sua resistenza ai decreti pontifici,<a class="tag" id="tag830" href="#note830">[830]</a>
-e dal suo canto il generale non pure tenne fermo
-nelle sue idee, ma per sottrarsi all'ira pontificia
-fuggì la notte del 25 maggio accompagnato dai
-frati Occam e Bonagrazia, e tutti insieme ripararono
-<span class="pagenum" id="Page_528">[528]</span>
-in una nave imperiale, che li trasportò a Pisa.<a class="tag" id="tag831" href="#note831">[831]</a>
-Gli avvenimenti incalzavano rapidamente. In un'adunanza
-tenuta nella Piazza di S. Pietro in Roma il 18
-aprile dello stesso anno Ludovico, mettendo in pratica
-le idee rivoluzionarie dei suoi consiglieri Marsilio
-da Padova e Giovanni di Gianduno, avea deposto
-come eretico il papa Giovanni, e nel 12 maggio
-successivo gli avea sostituito a voce di popolo
-il minorita Pietro da Corbara, che prese il nome
-di Niccolò V.<a class="tag" id="tag832" href="#note832">[832]</a> Non occorre dire che all'Imperatore
-s'unirono i francescani fuggiti d'Avignone, ed una
-testimonianza della loro opera ce la porge la nuova
-edizione fatta a Pisa della sentenza, già pubblicata
-a Roma contro papa Giovanni.<a class="tag" id="tag833" href="#note833">[833]</a> Dopo questi fatti
-<span class="pagenum" id="Page_529">[529]</span>
-scoppiò aperta la guerra tra la Curia e gli uomini
-più eminenti dell'ordine francescano. Il Papa depose
-Michele di Cesena dal suo ufficio, e scomunicò
-con lui i compagni Bonagrazia ed Occam,<a class="tag" id="tag834" href="#note834">[834]</a> e dal
-canto suo il generale francescano pubblicò in Pisa
-prima una lettera giustificativa della sua condotta<a class="tag" id="tag835" href="#note835">[835]</a>
-e poi due proteste contro i decreti del Papa, dei quali
-si appellava al giudizio di tutta la Chiesa.<a class="tag" id="tag836" href="#note836">[836]</a> Alle ragioni
-<span class="pagenum" id="Page_530">[530]</span>
-addotte in codesti scritti il Papa credette di
-rispondere nella bolla <i>Quia vir reprobus</i>,<a class="tag" id="tag837" href="#note837">[837]</a> e di rimando
-<span class="pagenum" id="Page_531">[531]</span>
-il generale minorita pubblicò un'altra protesta,
-che ribadiva le accuse contro Giovanni, combattendone
-le difese.<a class="tag" id="tag838" href="#note838">[838]</a> Al generale si associarono
-<span class="pagenum" id="Page_532">[532]</span>
-altri minoriti, nè solo i suoi compagni di fuga
-Occam e Bonagrazia, ma benanco il provinciale tedesco
-Enrico di Thalheim e Francesco d'Ascoli.
-Ed insieme pubblicarono uno scritto contro la nomina
-del nuovo generale frate Oddone fatta nel Capitolo
-di Parigi il 10 giugno 1329,<a class="tag" id="tag839" href="#note839">[839]</a> e quando da
-molte parti si faceano vive premure al Cesenate
-perchè si riconciliasse col Pontefice, ei lo incoraggiavano
-a tener fermo salvando il suo diritto e
-l'autorità sua.<a class="tag" id="tag840" href="#note840">[840]</a> Il più celebre tra loro era certo il
-provinciale inglese Guglielmo Occam, non meno
-forte d'ingegno che d'animo, il quale ben protestava,
-che se pure i più piegassero, se pure lo
-<span class="pagenum" id="Page_533">[533]</span>
-coprissero di vituperii, ei seguiterebbe sempre a difendere
-la verità, finchè gli bastino la mano e la
-penna.<a class="tag" id="tag841" href="#note841">[841]</a>
-</p>
-
-<p>
-E tenne per fermo la promessa, e nel corso di
-venti anni non ismise mai di scrivere per la causa,
-che i più l'un dopo l'altro disertavano. Intorno
-al 1330<a class="tag" id="tag842" href="#note842">[842]</a> compose in novanta giorni un'opera voluminosa,
-in cui seguendo passo per passo la bolla <i>Quia
-vir reprobus</i>, riassume da prima le ragioni ivi addotte,
-e poi con più largo discorso espone le risposte
-<span class="pagenum" id="Page_534">[534]</span>
-degli avversarii.<a class="tag" id="tag843" href="#note843">[843]</a> Più tardi, poichè Giovanni XXII
-in concistoro ebbe dichiarato che della visione
-beatifica non potessero godere i trapassati se non
-dopo ripreso il loro corpo, scrisse animosamente
-contro la nuova dottrina del Papa.<a class="tag" id="tag844" href="#note844">[844]</a> Ed alla morte
-<span class="pagenum" id="Page_535">[535]</span>
-di lui, quando fu certo che il successore Benedetto
-XII seguiva la stessa via del predecessore,
-ritornò anch'egli sull'antica polemica, pubblicando
-il compendio degli errori di Giovanni XXII.<a class="tag" id="tag845" href="#note845">[845]</a> In
-questi faticosi lavori, col vuoto argomentare scolastico,
-infarcito di sottili distinzioni e di citazioni
-infinite, vengono provate le tesi francescane sulla
-povertà assoluta e sulla vita apostolica, e contro
-alle teorie di Giovanni XXII è rifermata la distinzione
-tra la proprietà e l'uso anco nelle cose consuntibili.
-<span class="pagenum" id="Page_536">[536]</span>
-Ma in fondo a codeste quistioni, che paiono
-e sono oziose, si nascondeva un'altra ben più grave
-sui limiti della potestà papale. E l'Occam, d'accordo
-colle proteste del suo generale, credeva che
-il Papa non potesse revocare le decisioni dei suoi
-predecessori in fatto di costumi o di domma,<a class="tag" id="tag846" href="#note846">[846]</a> tanto
-più se codeste dottrine sono o chiaramente insegnate
-nei libri sacri, o approvate dalla Chiesa universale.
-E se ardisce di farlo è manifestamente eretico,
-e per conseguenza perde ipso facto ogni autorità
-e dignità.<a class="tag" id="tag847" href="#note847">[847]</a> Nè alcun cattolico è tenuto ad obbedirgli,
-<span class="pagenum" id="Page_537">[537]</span>
-anzi tutti debbono fuggirlo se non vogliono
-intingersi della sua pece. Nè vale il dire che non
-essendovi al di sopra del Papa altra autorità, non
-si può nè convincerlo d'eresia, e molto meno appellarsi
-di lui ad un tribunale superiore;<a class="tag" id="tag848" href="#note848">[848]</a> perchè,
-dice Occam, al di sopra del Papa sta la Chiesa ed il
-Concilio che la rappresenta. Così stante l'appello
-il Papa deve astenersi da qualunque decisione e
-rimettersene al Concilio, che ha da essere immantinenti
-convocato. Se ardisce di levarsi a giudice,
-egli che è parte; se nega di riunire il Concilio e
-ne usurpa l'autorità, è eretico manifesto,<a class="tag" id="tag849" href="#note849">[849]</a> e tale
-lo dovrebbero dichiarare i custodi della fede, i
-vescovi, e deporlo dall'alto ufficio, che ei mal sa
-<span class="pagenum" id="Page_538">[538]</span>
-reggere. E quando i vescovi si rifiutino, l'Imperatore
-stesso, se cattolico, varrà a condannarlo.<a class="tag" id="tag850" href="#note850">[850]</a>
-</p>
-
-<p>
-Quest'ultima sentenza si legge nell'opera pubblicata
-intorno al 1338, ove si discutono otto gravi
-quistioni intorno all'Impero ed ai suoi rapporti colla
-Chiesa.<a class="tag" id="tag851" href="#note851">[851]</a> L'Occam, al pari degli altri minoriti, non
-abbracciava le idee radicali dei consiglieri laici di
-Ludovico, come Gianduno e Marsilio da Padova;
-nè credeva che si dovesse rompere così contro la
-tradizione da rimettere nel popolo di Roma la
-fonte dell'autorità imperiale, e s'oppose al giurista
-imperiale Leopoldo di Bamberga, che in parte rinnovava
-<span class="pagenum" id="Page_539">[539]</span>
-le idee del <i>Defensor pacis</i>.<a class="tag" id="tag852" href="#note852">[852]</a> Ciò non pertanto
-opinava che le due autorità, la spirituale e la temporale,
-non pure non si potessero riunire in una
-persona, ma fossero così indipendenti, che l'una
-non dovesse tenersi per la fonte dell'altra.<a class="tag" id="tag853" href="#note853">[853]</a> Egli
-<span class="pagenum" id="Page_540">[540]</span>
-in verità era d'avviso che il re dei Romani non
-potesse assumere il nome d'Imperatore senza la
-coronazione e l'unzione sacerdotale, ed in questo
-punto certo non andava ai versi di Ludovico;<a class="tag" id="tag854" href="#note854">[854]</a> ma
-a differenza dei papisti sosteneva che la coronazione
-e l'unzione non conferiscono poteri temporali, bensì
-doni spirituali soltanto.<a class="tag" id="tag855" href="#note855">[855]</a> Talchè allorquando l'autorità
-ecclesiastica, che per consuetudine soleva
-ungere o coronare il re eletto, si rifiuti, può bene
-farne le veci un altro arcivescovo,<a class="tag" id="tag856" href="#note856">[856]</a> il quale non
-<span class="pagenum" id="Page_541">[541]</span>
-cessa pertanto di essere suddito del sovrano che
-incorona.<a class="tag" id="tag857" href="#note857">[857]</a>
-</p>
-
-<p>
-Da queste citazioni ben si raccoglie come l'Occam
-non fosse da meno di nessuno nel sostenere
-la causa dell'Imperatore, il quale, non perchè sia
-cristiano, ha perduto nulla dei diritti, che spettavano
-ai suoi predecessori pagani. E se questi decidevano
-intorno alle cause matrimoniali, perchè il
-loro successore non potrà fare altrettanto? Lo può,
-e lo deve quando sopratutto l'interesse di Stato lo
-consiglia, come nel caso del figlio di Ludovico e
-della principessa Margherita, il cui matrimonio con
-Giovanni Enrico di Boemia non essendo stato consumato,
-si può tenere per apparente più che per
-reale.<a class="tag" id="tag858" href="#note858">[858]</a> Questi concetti sono chiaramente ripetuti
-<span class="pagenum" id="Page_542">[542]</span>
-nella terza parte di quella voluminosa opera intitolata
-<i>il Dialogo</i>, ove l'Occam fa discutere da un maestro
-ed un discepolo le quistioni più ardenti del suo
-tempo.<a class="tag" id="tag859" href="#note859">[859]</a> Anche qui la teoria, che attribuisce al Papa
-una padronanza assoluta non pure nelle cose spirituali,
-ma nelle temporali, vien condannata come
-falsa, perniciosa ed eretica, perchè contraddice all'essenza
-stessa del Cristianesimo che sta nella libertà;
-laddove se il Papa avesse un così sconfinato
-potere sui fedeli, la legge di Cristo sarebbe più dura
-<span class="pagenum" id="Page_543">[543]</span>
-e più tirannica della legge mosaica.<a class="tag" id="tag860" href="#note860">[860]</a> Parimenti eretica
-e contraria alle sacre carte è l'altra teorica, derivata
-dalla precedente, che riadduce al Sommo Pontefice
-l'autorità imperiale.<a class="tag" id="tag861" href="#note861">[861]</a> Non che l'Occam creda
-l'Impero sia una istituzione sacra, emanante direttamente
-<span class="pagenum" id="Page_544">[544]</span>
-da Dio; imperocchè già notammo nell'Introduzione,
-che ei lo tiene per una creazione umana,
-voluta per fermo da Dio, ma nata da certi bisogni
-degli uomini, e vôlta ad alcuni fini, e ben peritura
-quando quei bisogni cessino o quei fini falliscano.<a class="tag" id="tag862" href="#note862">[862]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_545">[545]</span>
-Però fin che vige l'Impero, tutti debbono inchinarsegli,
-e l'Imperatore, il cui dominio s'estende per
-quanto gira il mondo, non pure sugli averi e sulla
-libertà dei suoi sudditi ha piena potestà (in quanto
-almeno alla legge di natura non contraddica, ed al
-bene pubblico conferisca);<a class="tag" id="tag863" href="#note863">[863]</a> ma benanco sulle cose
-e persone spirituali esercita diritti. E talvolta può
-bene nominare i papi, non in quanto imperatore per
-fermo, ma come rappresentante del laicato, ed in
-particolare del popolo romano, al quale dev'essere
-restituito l'antico diritto di elezione, quando gli
-elettori ecclesiastici o per eresia o per quale altra
-<span class="pagenum" id="Page_546">[546]</span>
-ragione se ne siano mostrati indegni.<a class="tag" id="tag864" href="#note864">[864]</a> E se può
-nominare il Papa, ha diritto altresì di giudicarlo,
-e punirlo se occorra, imperocchè se Cristo e gli
-Apostoli si sottomisero alla giurisdizione imperiale,
-ragion vuole che anche il Papa vi si pieghi, quando
-<span class="pagenum" id="Page_547">[547]</span>
-pur la comunità cristiana debba avere, come ogni
-Stato ben costituito, un solo e supremo giudice.<a class="tag" id="tag865" href="#note865">[865]</a>
-Nè manca il caso, in cui lo deve anche deporre, se
-il Papa, poniamo, sia caduto in eresia, ed i cardinali
-ed i vescovi, non che richiamarlo sulla buona
-strada, si uniscano a lui.<a class="tag" id="tag866" href="#note866">[866]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma come può darsi codesto caso? Che cosa è
-mai l'eresia? Ed a quali caratteri si scopre? E chi
-dovrà riconoscerla? Non forse il canonista, che ben
-sa quali dottrine sieno state condannate dalla Chiesa
-e quali no? E quale più autorevole canonista del
-Pontefice, che non pure può interpetrare i vecchi
-canoni, ma crearne di nuovi? E come mai chi è
-chiamato a definir l'eresia può cadervi dentro? E
-poniamo che vi cada, chi può giudicarlo? E se egli
-è eretico, saranno altresì quelli che gli prestano obbedienza?
-Codeste quistioni furono già discusse dall'Occam
-nelle opere precedenti, ma ora nella prima
-parte del Dialogo vi ritorna su, dibattendole con
-maggior larghezza ed ordine.<a class="tag" id="tag867" href="#note867">[867]</a> Non può cader dubbio
-<span class="pagenum" id="Page_548">[548]</span>
-sulle sue opinioni, sebbene dichiari di non manifestarle,
-per tema che altro le abbracci sull'autorità
-di lui, o le rifiuti in <i>odium auctoris</i>.<a class="tag" id="tag868" href="#note868">[868]</a> L'eresia
-secondo l'Occam, è un domma falso contrario alla
-fede ortodossa, attestata non pure dalle sacre carte,
-ma benanco dalla tradizione della Chiesa,<a class="tag" id="tag869" href="#note869">[869]</a> ed eretico
-è quel cristiano, che pertinacemente erri o dubiti
-<span class="pagenum" id="Page_549">[549]</span>
-di codesta fede.<a class="tag" id="tag870" href="#note870">[870]</a> Decidere quale dottrina sia eretica
-e se altri sia caduto in eresia spetta ai teologi, non
-ai canonisti, come si pretendeva dagli aderenti di
-Giovanni XXII; perchè i canonisti ben conoscono
-le regole di procedura da osservare nei giudizii di
-eresia, e il modo di accusare, e le pene da infliggere;
-ma se non sono teologi, ignorano le più riposte
-ragioni della fede, nè sanno riconoscere quello
-che vi contraddica, nè possono dare da per loro
-l'esatta interpretazione dei canoni.<a class="tag" id="tag871" href="#note871">[871]</a> Anche il Papa
-stesso, quando sia sfornito di studii teologici, non
-solo non sa dare autorevole sentenza intorno agli
-eretici, ma egli medesimo può cascare in eresia,
-<span class="pagenum" id="Page_550">[550]</span>
-come lo provano gli esempi e le ragioni.<a class="tag" id="tag872" href="#note872">[872]</a> Ed in
-tal caso non manca chi possa e debba giudicare il
-Papa, perchè al di sopra di lui sta la Chiesa universale.
-E se fia impossibile che tutti i cattolici si
-raccolgano in assemblea, farà le loro veci il Concilio
-generale, il quale non ha d'uopo dell'invito
-del Papa per adunarsi, quando gl'interessi della
-fede lo richieggano.<a class="tag" id="tag873" href="#note873">[873]</a> E codesto Concilio, accertata
-l'eresia del Papa, deve espellerlo dalla sede, spogliarlo
-d'ogni dignità ecclesiastica e consegnarlo,
-se occorre, al braccio secolare come farebbe di
-qualunque altro eretico. E dove il Concilio non si
-possa riunire, nè altra autorità ecclesiastica ne faccia
-le veci, spetterà, come dicemmo più sopra, ai
-laici ed alle potestà secolari di salvare la fede.<a class="tag" id="tag874" href="#note874">[874]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_551">[551]</span>
-</p>
-
-<p>
-Intorno a codesta preminenza del Concilio, l'Occam
-va pienamente d'accordo con Marsilio da Padova;
-ma dissente da lui intorno al primato del
-vescovo romano. L'animoso minorita non è certo
-tenero della supremazia papale, e spende un libro
-intero del Dialogo per discutere se convenga all'università
-dei fedeli il governo di un solo. E
-benchè non neghi i vantaggi della monarchia, pure
-dichiara in certi casi preferibile l'aristocrazia; nè
-teme che la pluralità dei capi possa recar danno
-alla forza e compattezza della Chiesa.<a class="tag" id="tag875" href="#note875">[875]</a> Ma ciò non
-<span class="pagenum" id="Page_552">[552]</span>
-pertanto non gli basta l'animo di accettare le teorie
-storiche di Marsilio, secondo le quali nè S. Pietro
-avrebbe avuto da Cristo il primato sugli altri apostoli,
-nè avanti a Costantino il vescovo di Roma
-avrebbe esercitato alcun potere sugli altri vescovi.
-E gli argomenti addotti nel <i>Defensor pacis</i> in sostegno
-di codeste teorie ei li combatte ad uno ad
-uno,<a class="tag" id="tag876" href="#note876">[876]</a> ed apertamente dichiara che la dottrina del
-primato romano è una costante tradizione della
-<span class="pagenum" id="Page_553">[553]</span>
-Chiesa, a cui s'ha da prestare piena fede.<a class="tag" id="tag877" href="#note877">[877]</a> Nè s'ha
-da credere che codesta prova non sia secondo le
-convinzioni dell'Occam, perchè invece va d'accordo
-col suo principio fondamentale, che la tradizione
-cattolica, continua e costante, è l'unico e saldo
-criterio di verità. Può fallire il Papa; dice l'Occam,
-e non meno di lui il Collegio dei cardinali; può
-fallire lo stesso Concilio, e forse anche in qualche
-momento d'oblìo la Cristianità tutta; ma la dottrina
-canonica non verrà meno per questo, e dopo
-<span class="pagenum" id="Page_554">[554]</span>
-gl'intervalli d'oscuramento brillerà di più viva luce.<a class="tag" id="tag878" href="#note878">[878]</a>
-Così pare assicurata la supremazia di Roma, ma i
-principii da cui parte l'Occam menano a ben altre
-conseguenze; perchè se non solo il Papa, ma il
-Concilio e la Cristianità tutta può fallire, non resta
-nulla di saldo all'infuori dei sacri libri. È manifesto
-per tal guisa come per diversa via l'Occam
-riuscisse allo stesso risultato di Marsilio, vale a
-dire alla negazione della gerarchia medievale. E
-così il moto francescano, cominciato da un dissidio
-<span class="pagenum" id="Page_555">[555]</span>
-interno dell'ordine minorita, si dilarga oltre
-misura, e si tramuta in opposizione implacabile
-contro l'assolutismo teocratico e nell'ordine religioso
-e nel politico.
-</p>
-
-<p>
-Dal movimento francescano furono provocate
-alcune sètte più o meno ereticali, come i flagellanti,
-gli apostolici, i beghini. I flagellanti apparvero
-nell'anno fatale 1260, in cui secondo i gioachimiti
-doveva aver luogo la fine del vecchio mondo.
-Gli apostolici, surti al tempo delle prime dissensioni
-francescane, si dettero per i soli e veri seguaci
-delle dottrine spirituali. I beghini, nati più
-tardi, non erano se non terziarii francescani, i quali
-mettevano la Regola al pari dell'Evangelo, e negavano
-obbedienza a qualunque autorità ecclesiastica
-non la interpetrasse a lor modo. Queste sètte
-solennemente condannate come eretiche, ci porgono
-la più chiara prova del fine che sortì l'agitazione
-gioachimita. E possiamo ben dire che il secondo
-periodo del movimento religioso medievale ha un
-corso opposto al primo, comincia dallo scisma e
-termina nell'eresia.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_557">[557]</span>
-</p>
-
-<h2 id="conclusione">CONCLUSIONE</h2>
-</div>
-
-<p>
-Pervenuti alla fine dei nostri studii possiamo
-riprendere la quistione dei rapporti, che corrono tra
-le eresie ed il movimento filosofico e politico del
-medio evo. Codesto movimento era indirizzato a tre
-scopi, che sono la libertà del pensiero, l'autonomia
-dello Stato, la riabilitazione della vita. In quanto al
-primo punto non si può negare che le discussioni e
-le polemiche religiose valevano a scuotere le menti
-dal loro torpore dommatico, e già notammo parziali
-contatti tra i filosofi e gli eretici. Il capo degli
-Arnaldisti, ad esempio, era discepolo fido di Abelardo,
-e coi gioachimiti si unirono apertamente gli
-scolari di Amorico di Bena e di Davide di Dinant.
-Ma in verità codesti contatti sono o accidentali, o
-sforzati. Quanta opposizione corresse tra il pensiero
-di Gioacchino e quello di Amorico lo dimostrammo
-più sopra, e più sopra notammo che gli
-Arnaldisti fuori di un punto solo erano del tutto
-ligi ai dommi tradizionali, nè v'ha ricordo che
-l'intendessero nel modo razionalistico di Abelardo.
-<span class="pagenum" id="Page_558">[558]</span>
-Ora aggiungiamo che qualunque delle eresie fosse
-prevalsa, non esclusa la valdese, non sarebbe stata
-meno infesta alla libertà del pensiero, e vedemmo
-con quanto disprezzo e sospetto parli Gioacchino
-della scienza. Nè va taciuto che alcune delle eresie,
-principalmente la catara, erano fatte per favorire
-le credenze superstiziose, che maggiormente ripugnano
-alla sana ragione, come a dire la fede nel
-diavolo e nelle stregonerie. Lo stesso possiamo dire
-per quel che riguarda l'autonomia dello Stato. Certo
-tutti codesti eretici, benchè discordi tra loro, s'uniscono
-nel combattere la mondanità della Chiesa, e
-contro il potere temporale dei Papi e la voluta
-donazione di Costantino levano unanimi la voce;
-ma un'azione diretta dell'eresia sul partito ghibellino
-non c'è stata, almeno fino a Ludovico il Bavaro.
-E ricordo che se da una parte gl'imperatori,
-non escluso Federico II, furono aperti persecutori
-dell'eresia, dall'altra i gioachimiti tennero Federico
-per l'Anticristo. Finalmente intorno al terzo
-punto, la riabilitazione della vita, gli eretici di
-qualunque setta vi si opponevano con maggior vigore
-degli ortodossi; imperocchè notammo che nelle
-più opposte scuole dominava il medesimo ascetismo.
-Le due correnti adunque, la razionalistica e l'eretica,
-si tennero bene distinte, come ha già notato
-il Reuter; ma nella fine del secondo periodo parve
-che si ricongiungessero, perchè l'Occam, capo della
-scuola nominalistica, fu altresì strenuo difensore
-della causa di Ludovico il Bavaro, e uno dei più
-<span class="pagenum" id="Page_559">[559]</span>
-autorevoli tra i dissidenti francescani, che insorsero
-contro l'assolutismo della Curia romana. Se
-non che l'Occam non apparteneva a nessuna delle
-sètte eretiche da noi studiate, neanco a quella dei
-gioachimiti, le cui opinioni sul terzo stato egli non
-insegnò mai. E se pure eretica s'ha da dire la sua
-dottrina, certo è un'eresia che ha uno stampo suo
-proprio, un carattere più sano e meno mistico delle
-precedenti. Per tal guisa il pensiero dell'Occam
-sopravvive, ed anche oggi se ne trova una traccia
-nei vecchi cattolici, laddove le eresie medievali,
-l'una dopo l'altra, scomparvero tutte, alcune per
-non risorgere più, altre per rifiorire rielaborate e
-trasformate nella Protesta.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_561">[561]</span>
-</p>
-
-<h2 id="inediti">TESTI INEDITI
-<span class="smaller">PUBBLICATI FRAMMENTARIAMENTE NELLE NOTE</span></h2>
-</div>
-
-<div class="blktext">
-<p>
-<span class="smcap">Joachim</span> — <i>De ultimis tribulationibus</i>, cod. laur. XI, plut. <span class="smcap lowercase">IX</span>,
-dex. Santa Croce (pag. 315, nota 1).
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Joachim</span> — <i>De articulis fidei</i>, cod. suddetto (pag. 316, nota 1).
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Joachim</span> — <i>Epistola</i>, cod. laur. XLI, plut. <span class="smcap lowercase">LXXXIX</span> inf. (p. 318, n. 1).
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Anonimo</span> — <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> (pag. 420, nota 1; p. 431,
-nota 1 e 2; pag. 433, n. 3; pag. 437, n. 2; pag. 440, n. 2;
-pag. 479, n. 1; pag. 481, n. 1; pag. 483, n. 2; pag. 485, n. 2;
-pag. 486, n. 1; pag. 487, n. 1; pag. 488, n. 1; pag. 491, n. 2;
-pag. 492, n. 1; pag. 493, n. 1 e 2; pag. 494, n. 3; pag. 501,
-n. 1; pag. 502, n. 2; pag. 504, n. 1 e 2; pag. 506, nota 1;
-pag. 511, n. 2 e 3).
-</p>
-
-<p>
-<i>Processo verbale della Commissione d'Anagni</i> — Codice della
-Sorbona 1726 (pag. 468, nota 1 e 2; pag. 469, n. 2; pag. 471,
-n. 1; pag. 475, n. 1).
-</p>
-
-<p>
-<i>Opuscoli di P. Giovanni Olivi</i> — Codice Laurenziano III, plut.
-<span class="smcap lowercase">XXXI</span> (pag. 489, n. 1).
-</p>
-
-<p>
-<i>Cronaca di Niccolò Minorita</i> — Codice Magliabechiano, Classe
-XXXIV, num. 76 (pag. 530, n. 1; pag. 531, n. 1).
-</p>
-
-<hr class="tiny" />
-</div>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-Ai passi già riferiti del codice della Sorbona 1726 mi sia lecito
-aggiungere quest'altro molto importante per la bibliografia
-gioachimitica (carte 143 <i>tergo</i>):
-</p>
-
-<p>
-Item in tractatu (qui c'è una lacuna nel codice) Evangelia
-exponens illud de Symeone presentato Christo in templum die
-Purificationis ait: Itaque senex iste justus et timoratus ratione
-presules designat, in quibus donante Deo manet usque in finem
-<span class="pagenum" id="Page_562">[562]</span>
-promissio ista Domini dicentis Petro: Ego rogavi ut non deficiet
-fides tua. Semper enim Petri successio affectat videre completum
-quod praedicat, et cum dabitur ei videre quod optat, ut videlicet
-infra videat consumatum donum Spiritus Sancti in populo christiano,
-sicut futurum credimus in adventu Heliae, qui venturus est
-omnia consumare, videns sanctum illum ordinem, quem Ecclesia
-spiritualis peperit quasi de abditis praesepii locis venientem ad
-lucem, accipiet eum in ulnas fidei et dilectionis suae et pronunciabit
-in eo illum esse vivificantem spiritum, in quo est salus
-mundi, qui et loquetur in eo ad praedicandum evangelium regni
-in universo mundo. Illud scilicet evangelium de quo dicit Joannes
-in Apoc. <span class="smcap lowercase">XIII</span>: vidi angelum volantem per medium coeli, et datum
-est illi evangelium aeternum. Sed quare vel a Domino dicitur
-evangelium regni, vel a Joanne evangelium aeternum nisi quia id
-quod mandatum est nobis a Christo vel apostolis secundum fidem
-sacramentorum, quantum ad ipsa sacramenta transitorium est et
-temporale, quod autem per ea significatur, aeternum.
-</p>
-
-<p>
-Sfortunatamente il codice ha una lacuna dove si citava il titolo
-dell'opera, da cui i giudici di Anagni tolsero il passo surriferito.
-Ma noi possiamo congetturare che essa sia l'Esposizione
-dei quattro Evangeli, ricordata dal Salimbene (pag. 124): Anno
-Domini <span class="smcap lowercase">MCCXLVIII</span> cum essem cum fratre Hugone in Provincia Provinciae
-apud castrum Arearum, ubi Saccati sumpserunt initium, et
-ubi habitabat frater Hugo, accepi ab eo quod habebat de expositione
-abbatis Joachim super quatuor Evangelistas.
-</p>
-
-<p>
-Non ostante che questa opera sia citata dai giudici di Anagni
-non posso tenerla per autentica, perchè Gioacchino nelle opere
-genuine non parla mai dell'<i>Evangelo eterno</i> in modo così esplicito,
-come nel passo surriferito. E la falsità mi pare più manifesta,
-quando confronto questo passo coll'analogo della <i>Concordia</i>, ove
-è commentato lo stesso testo di S. Luca (<i>Conc.</i>, V, 43, fol. 80,
-col. 3-4): Symeon suscipiens natum Christum dixit «Lumen ad
-revelationem gentium» et quod subjunxit «ad gloriam plebis tuae
-Israel» ad illos Israelitas referendum est, qui credituri sunt per
-verbum in fine postquam introiret plenitudo gentium.
-</p>
-</div>
-
-<div class="somm">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_563">[563]</span>
-</p>
-
-<h2><a id="indice" href="#indfront">
-INDICE</a></h2>
-
-<table class="indice" summary="">
- <tr>
- <td colspan="2"><span class="smcap">Avvertenza</span></td> <td class="pag"><a href="#avvertenza">Pag. <span class="smcap lowercase">VII</span></a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="2"><span class="smcap">Introduzione</span> — <i>Il movimento intellettuale contemporaneo dell'eresia</i>.</td> <td class="pag"><a href="#introduzione">1</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">I.</td> <td>Primo periodo della scolastica. Nominalismo. Realismo. Concettualismo</td> <td class="pag"><a href="#intro-1">1-18</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">II.</td> <td>Condizioni politiche e religiose che preparano il secondo periodo della scolastica</td> <td class="pag"><a href="#intro-2">18-25</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">III.</td> <td>Secondo periodo della scolastica. Tomismo e Scotismo</td> <td class="pag"><a href="#intro-3">26-42</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">IV.</td> <td>Oppositori del Tomismo</td> <td class="pag"><a href="#intro-4">43-46</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">V.</td> <td>Influsso del Tomismo sulla letteratura. Dante</td> <td class="pag"><a href="#intro-5">46-57</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">VI.</td> <td>Terzo periodo della scolastica. Parallelo fra Dante e Petrarca</td> <td class="pag"><a href="#intro-6">57-71</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3" class="center">LIBRO I<br /><span class="small">DALL'ERESIA ALLO SCISMA</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo primo</span> — <i>I Catari</i>.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">I.</td> <td>I dommi del Catarismo</td> <td class="pag"><a href="#libro1">73-83</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">II.</td> <td>Polemiche catare</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-II">84-87</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">III.</td> <td>Dottrine morali dei Catari</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-III">87-93</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">IV.</td> <td>Culto esterno e gerarchia</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-IV">93-99</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">V.</td> <td>Origine del Catarismo</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-V">100-107</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">VI.</td> <td>Durata, diffusione, intensità del movimento cataro</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-VI">108-125</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">VII.</td> <td>Valore del Catarismo</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1-VII">126-134</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_564">[564]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo secondo</span> — <i>I Valdesi</i>.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">I.</td> <td>Rapporto tra Catari e Valdesi</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1">134-150</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">II.</td> <td>Precursori dei Valdesi</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1-II">150-164</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">III.</td> <td>Pietro Valdez e l'opera sua</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1-III">165-174</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">IV.</td> <td>Dottrine primitive dei Valdesi</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1-IV">174-192</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">V.</td> <td>Dottrine posteriori e rottura definitiva col Cattolicismo</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1-V">192-206</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo terzo</span> — <i>Patarini ed Arnaldisti</i>.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">I.</td> <td>Storia dei Patarini sino alla morte di Erlembardo</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1">207-228</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">II.</td> <td>La lotta delle investiture</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1-II">228-231</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">III.</td> <td>Arnaldo da Brescia. Sua vita</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1-III">231-246</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">IV.</td> <td>Dottrine di Arnaldo e degli Arnaldisti</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1-IV">246-256</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">V.</td> <td>Riassunto del primo periodo</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1-V">257-259</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3" class="center">LIBRO II<br /><span class="small">DALLO SCISMA ALL'ERESIA</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo primo</span> — <i>L'abbate Gioacchino</i>.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="2">Preambolo</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2">261-262</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">I.</td> <td>Vita e carattere dell'abbate Gioacchino</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-I">262-291</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">II.</td> <td>Le opere autentiche e le spurie</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-II">291-318</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">III.</td> <td>Esposizione del <i>Decacordo</i> e della <i>Concordia</i></td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-III">319-352</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">IV.</td> <td>Il Commento all'<i>Apocalisse</i></td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-IV">353-373</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">V.</td> <td>La dottrina dell'abbate Gioacchino</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-V">373-387</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">VI.</td> <td>Origine del Gioachimismo</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2-VI">387-409</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3"><span class="smcap">Capitolo secondo</span> — <i>Amorico di Bena ed il movimento francescano</i>.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">I.</td> <td>Amorico e gli Almariciani</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2">409-419</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">II.</td> <td>L'ordine francescano durante la vita del suo fondatore</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-II">419-435</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">III.</td> <td>I primi dissidii francescani. Il generale frate Elia ed i suoi oppositori</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-III">435-448</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">IV.</td> <td>Giovanni da Parma e l'<i>Evangelo eterno</i></td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-IV">449-483</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">V.</td> <td>Pier Giovanni Olivi ed Ubertino da Casale</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-V">484-514</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">VI.</td> <td>La lotta dei francescani contro Giovanni XXII. Michele da Cesena e Guglielmo Occam</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2-VI">514-555</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="2"><span class="smcap">Conclusione</span> — <i>Valore dell'eresia medievale</i></td> <td class="pag"><a href="#conclusione">557-559</a></td>
- </tr>
-</table>
-<hr />
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_565">[565]</span>
-</p>
-
-<p>
-Diversi errori sono sfuggiti nella stampa, i quali
-saranno facilmente avvertiti dal sagace lettore. A me
-preme notare questi soli, che guastano il senso:
-</p>
-
-<table class="indice" summary="">
- <tr>
- <td class="line">Pag.</td> <td class="line">Lin.</td> <td class="line"><span class="smcap lowercase">ERRORI</span></td> <td class="line"><span class="smcap lowercase">CORREZIONI</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="line">201</td> <td class="line">1</td> <td>Ma la celebrazione della messa per parte dei laici</td> <td>Dicemmo più sopra che secondo i Valdesi ad ogni laico era dato di celebrar la messa; ma codesta celebrazione</td>
- </tr>
- <tr>
- <td></td> <td></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="line">372</td> <td class="line">7-9</td> <td>Roma, non in quanto rappresenta la Chiesa, ma bensì la moltitudine dei reprobi non si raccoglie</td> <td>Roma, in quanto rappresenta non la Chiesa, bensì la moltitudine dei reprobi, la quale non si raccoglie</td>
- </tr>
- <tr>
- <td></td> <td></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="line">481</td> <td class="line">14-15</td> <td>non solo come gioachimita bensì quale capo del partito intransigente</td> <td>non solo quale capo del partito intransigente, bensì come gioachimita</td>
- </tr>
-</table>
-
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="footnotes">
-
-<h2>
-NOTE:
-</h2>
-
-<div class="footnote" id="note1">
-<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Giovanni Scoto Erigena nacque in Irlanda (Scotia major)
-sul cominciare del secolo nono. Carlo il Calvo non molto dopo il
-suo innalzamento al trono (843) lo chiamò a dirigere la scuola palatina,
-e più tardi gli commise di tradurre dal greco le opere del
-pseudo Dionigi l'Areopagita. Indarno il papa Niccolò I si dolse
-che questa traduzione fosse pubblicata prima di venire sottoposta
-alla censura. Scoto morì in Francia intorno all'anno 877. Secondo
-l'Hauréau la fine tragica in Inghilterra attribuitagli dagli storici
-è una favola nata dallo scambio di due omonimi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note2">
-<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le immagini adoperate da Scoto sono tutte improntate all'emanatismo
-neoplatonico. <i>De divis. nat.</i>, IV, 5: pag. 311 Est autem
-generalissima quaedam et communis omnium natura, ab uno omnium
-principio creata; ex qua veluti amplissimo fonte per poros occultos
-corporales creaturae velut quidam rivuli derivantur, et in
-diversas formas singularum rerum eructant. Nè crediate che questa
-<i>communis natura</i> sia una cosa diversa dal <i>principium</i>. Basterebbero
-tra mille questi due passi a mostrarne l'identità, III, 23:
-pag. 249 Creatur enim a se ipsa in primordialibus causis, ac per hoc
-se ipsam creat, hoc est in suis theophaniis incipit apparere, ex occultissimis
-naturae suae sinibus volens emergere III, 17: pag. 238 Proinde
-non duo a se ipsis distantia debemus intelligere Dominum et
-creaturam, sed unum et id ipsum. Nam et creatura in Deo est subsistens,
-et Deus in creatura mirabili et ineffabili modo creatur....
-omnia creans in omnibus creatum, et omnium factor factum in omnibus.
-Scoto Erigena è il primo rappresentante di quell'indirizzo filosofico,
-che attribuisce una realtà a sè ai concetti universali. Ac per
-hoc intelligitur quod ars illa, quae dividit genera in species, et
-species in genera resolvit, non ab humanis machinationibus sit
-facta, sed in natura rerum ab auctore omnium artium, quae vero
-artes sunt, condita. <i>De divis. nat.</i>, IV, 4, pag. 310. Cito l'ediz.
-del 1838 pubblicata in Münster.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note3">
-<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Anselm.</span> <i>De fide Trinit.</i>, cap. 2. Illi utique nostri temporis
-dialectici imo dialectice haeretici, qui non nisi flatum vocis putant
-esse universales substantias. Non metto in dubbio che l'espressione
-<i>flatus vocis</i> sia stata usata da Roscellino, il quale nella
-disputa contro i Realisti ebbe i suoi buoni motivi di opporre ad
-un'affermazione assoluta un'assoluta negazione. Dal che non segue
-però che si debba intendere alla lettera questa espressione
-polemica, come se Roscellino tenga gli universali per puri nomi,
-ai quali non corrisponda neanche un concetto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note4">
-<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Abelardo</span> nel trattato <i>De Divis. et definit.</i> (<i>Ouv. inéd. d'Abélard</i>,
-pars V. Cousin, 1836, p. 471). Fuit autem, memini, magistri
-nostri Roscellini tam insana sententia, ut nullam rem partibus
-constare vellet sed sicut solis vocibus species, ita et partes adscribebat.
-In altre parole la scomposizione del tutto nelle sue parti
-(quando la totalità è organica), è un processo puramente intellettivo.
-In realtà non si può staccare una parte dall'altra senza distruggere
-la parte stessa, come ad esempio un membro divelto
-dall'organismo non è più cosa vivente, ma materia inerte. Ma se
-si considera la cosa più da vicino, il vero nominalista non può
-ammettere questa forza misteriosa, che conferisce alle parti un
-nuovo valore, e le trasforma in membra vive di una totalità ideale.
-Il vero indivisibile per il nominalista non è dunque il tutto, ma
-ciò che non ha parti di sorta. Questo è lo schietto individuo, ente
-semplice, che resta sempre eguale a sè medesimo, benchè la mente
-nostra guardandolo da varî aspetti, possa artificiosamente dividerlo
-in altrettante porzioni.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note5">
-<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>.&nbsp;&nbsp;</span>S. Tommaso nella <i>Summa Theolog.</i> I, <i>Quaest.</i> <span class="smcap lowercase">II</span>, art. 1, ricorda
-evidentemente il celebre argomento di S. Anselmo: Sed
-intellecto quid significet hoc nomen <i>Deus</i>, statim habetur quod
-Deus est. Significatur enim hoc nomine id quo majus significari non
-potest: majus autem est quod est in re et in intellectu, quam quod
-est in intellectu tantum: unde cum intellecto hoc nomine <i>Deus</i>,
-statim sit in intellectu, sequitur etiam quod sit in re. E lo combatte
-in questo modo: forte ille qui audit hoc nomen <i>Deus</i> non intelliget
-significari aliquid, quo majus cogitari non possit, cum quidam crediderint
-Deum esse corpus. Dato etiam quod quilibet intelligat hoc nomine
-<i>Deus</i> significari hoc quod dicitur, scilicet illud quo majus cogitari
-non potest, non tamen propter hoc sequitur quod intelligat id
-quod significatur per nomen, esse in rerum natura sed in apprehensione
-intellectus tantum. All'Aquinate non isfuggirono certo i pericoli
-dell'identificazione del reale coll'ideale, e di quel semirazionalismo
-che ne era la conseguenza, ed il meglio che potesse vi si oppose.
-Valga ad esempio il confronto delle due interpretazioni del domma
-della Trinità. S. Anselmo nel <i>Monol.</i> cap. 47, scrive: At si ipsa substantia
-Patris est intelligentia, et scientia, et sapientia et veritas,
-consequenter colligitur quia sicut Filius est intelligentia et scientia
-et sapientia et veritas paternae substantiae, ita est intelligentia intelligentiae,
-scientia scientiae. Cap. 49: Quam enim absurde negetur
-summus spiritus se amare sicut sui memor est, et se intelliget!....
-otiosa namque et penitus inutilis est memoria et intelligentia
-cujuslibet rei, nisi prout ratio exigit, res ipsa ametur vel reprobetur.
-La qual dottrina mena a questo risultato, che non solo l'essenza,
-ma anche le funzioni delle tre persone sono identiche; onde
-se è salva l'unità di natura, corre pericolo la trina distinzione, o per
-parlare il linguaggio di S. Tommaso: Sed secundum Anselmum
-sicut Pater est intelligens et Filius est intelligens, et Spiritus Sanctus
-est intelligens; ita Pater est dicens, Filius est dicens, et Spiritus
-Sanctus est dicens, et similiter quilibet eorum dicitur. Ergo
-nomen Verbi <i>essentialiter</i> dicitur in divinis et non <i>personaliter</i>.
-Il che non è vero, perchè sicut Verbum non est commune Patri
-et Filio et Spiritui Sancto ita non est verum quod Pater et Filius
-et Spiritus Sanctus sint <i>unus dicens</i> (<i>S. T.</i>, I, quaest. <span class="smcap lowercase">XXXIV</span>, art. 1).
-Questa risposta mostra il metodo di S. Tommaso, che è tutto fondato
-sull'autorità. Se nei libri canonici è scritto il Verbo non esser
-comune al Padre ed allo Spirito, la relazione, che viene rappresentata
-dal Verbo, non può attribuirsi alle altre persone. E
-qualunque sieno i bisogni della Ragione debbono tacere innanzi
-alla sacra testimonianza, la quale sola ci può dar contezza dei misteri
-divini. Per rationem igitur naturalem cognosci possunt de Deo
-ea quae pertinent ad unitatem essentiae, non autem ea quae pertinent
-ad distinctionem personarum (Ivi, qu. <span class="smcap lowercase">XXXII</span>, art. 1).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note6">
-<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Scoto Erig.</span>, <i>De divis. nat.</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>, 22, pag. 124. Patri dat (Theologia)
-omnia facere, Verbo dat omnes.... primordiales rerum causas
-aeternaliter fieri: Spiritui dat ipsas primordiales causas in Verbo
-factas in effectus suos foecundatas distribuere. <span class="smcap lowercase">V</span>, 25, pag. 479. Ac
-si aperte diceret: Si Dei sapientia in effectus causarum, quae in
-ea aeternaliter vivunt, non descenderet, causarum ratio periret;
-pereuntibus enim causarum effectibus nulla causa remaneret, sicuti
-pereuntibus causis nulli remanerent effectus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note7">
-<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Molti scrittori distinguono il nominalismo di Roscellino dal
-concettualismo di Abelardo riferendosi al noto passo di Giovanni
-Saresberiense (<i>Metalogicus</i>, II, 17, pag. 814, Amstelaedami 1664)
-alius sermones intuetur et ad illos detorquet quicquid alicubi meminit
-scriptum; in hac autem opinione deprehensus est Peripateticus Palatinus,
-Abaelardus noster. La testimonianza di Giovanni (nato a
-Salisbury intorno al 1110 o 20, morto vescovo di Chartres nel 1180)
-è molto importante, comecchè ei fusse discepolo di Abelardo tra
-il 1136 e il 1148, e degli scrittori di quell'età l'unico che studiasse
-di giudicare spassionatamente le opposte scuole, senza abbracciarne
-alcuna. È da supporre adunque che una differenza interceda tra il
-nominalismo di Roscellino e il concettualismo di Abelardo. Il
-primo per opporsi bruscamente ai realisti disse gli universali
-pure voci, senza ricercare nè se a questi nomi corrispondano
-concetti determinati, nè se questi concetti sieno formati dalla nostra
-mente in un modo arbitrario ovvero necessariamente. Abelardo
-definì meglio la dottrina nominalistica riempiendo questi
-vuoti. Gli universali <i>ut sic</i> non sono entità reali, bensì concetti
-che il nostro intelletto non può a meno di formare sulla scorta
-dei reali rapporti di somiglianza ed affinità tra i varî esseri della
-natura.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note8">
-<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la commovente confessione ad Eloisa che comincia:
-Heloisa quondam mihi in seculo cara, nunc in Christo carissima.
-(<i>Opp.</i>, ed. Cousin, I, 680).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note9">
-<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Roscellino, non ammettendo altre realtà dagli individui in
-fuori, dovea profondamente modificare il senso tradizionale del
-domma della Trinità. E gli erano aperte due vie. O far ritorno al
-monoteismo ebraico, tenendo la distinzione delle persone per un
-fatto subbiettivo nato dalla necessità in cui si trova l'intelletto
-nostro di guardare da tre aspetti diversi ciò che pure è uno in
-sè; ovvero fare delle persone tre individui distinti, la cui unità, puramente
-nominale, stia nella conformità perfetta dei pensieri e voleri.
-Quest'ultimo partito sceglie Roscellino, come ne attesta Sant'Anselmo
-<i>De fide Trin.</i> c. 3. Tres personae sunt tres res sicut
-tres angeli aut tres animae, ita animae, ut voluntas et potentia
-omnino sint idem. L'eresia dunque di Roscellino è il Triteismo di
-Giovanni Filopono non certo il Monarchianismo di Sabellio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note10">
-<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>.&nbsp;&nbsp;</span>S. Bernardo nella lettera a Innocenzo II (Ep. 330) chiama
-Abelardo Pier Dragone per metterlo a paro con Pierleone, l'antipapa
-Anacleto. Evasimus rugitum Petri Leonis, sedem Simonis
-Petri occupantem; sed Petrum Draconem incurrimus, fidem Simonis Petri impugnantem. Gioco di parole, che delicatamente ricordava
-al Papa i servigi prestati al tempo dello scisma. V. lett. 189.
-Leonem evasimus sed incidimus in draconem, qui non minus forsan
-nocet in insidiis quam ille rugiens de excelso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note11">
-<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Introd. ad Theolog.</i>, <i>Opp.</i>, ed. Cousin, Parigi 1859, II,
-pag. 78. Nec quia Deus id dixerat creditur, sed quia hoc sic esse
-convincitur, recipitur.... At nunquam, si fidei nostrae primordia
-statim meritum non habent, ideo ipsa prorsus inutilis est judicanda,
-quam postmodum charitas subsecuta obtinet, quod illi defuerat....
-Nec quod levitate geritur, stabilitate firmabitur. Unde et in
-Ecclesiastico scriptum est: Qui cito credit levis est corde et minorabitur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note12">
-<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Op. cit., pag. 12 Videtur autem nobis suprapositis trium
-personarum nominibus summi boni perfectio diligentur esse descripta....
-Patris quippe nomini divinae magistratis potentia designatur,
-qua videlicet quidquid velit efficere possit.... Filii vero
-Verbi appellatone sapientia Dei significatur quia scilicet cuncta discernere valeat, ut in nullo penitus decipi queat. At vero Spiritus
-Sancti vocabulo ipsa ejus charitas seu benignitas exprimitur, qua
-videlicet optime cuncta vult fieri seu disponi. Lo Spirito Santo
-non vuol dire un rapporto di Dio a sè medesimo, ma ad altro.
-<i>Introd.</i> pag. 101: Procedere quod est Deum se per caritatem ad
-alternum extendere. Quodammodo enim per amorem unusquisque
-ad alterum procedit, cum proprie nemo ad seipsum caritatem
-habere dicatur. Notisi anche questo passo che pare scritto dall'Erigena.
-<i>Theol. Christ.</i>, I, 5, pag. 379: Bene autem Spiritum
-Sanctum animam mundi, quasi vitam universitatis Plato posuit.
-Quest'ultima opinione, così acerbamente censurata da S. Bernardo
-(Lettera citata: Dum multum sudat quommodo Platonem faciat
-christianum, se probat ethnicum) fu tolta a principale argomento
-d'accusa nel Concilio di Sens, e poi sconfessata da Abelardo nel trattato
-<i>De divisione et definitione</i> (<i>Ouvrages inédites d'Abélard</i>
-par V. Cousin, Paris 1836, p. 475). Sed haec quidem fides platonica
-ex eo erronea esse convincitur quod illam quam mundi animam
-vocat, non coeternam Deo sed a Deo, more creaturarum,
-originem habere concedit. Spiritus enim Sanctus ita in perfectione
-divinae Trinitatis consistit, ut tara Patri quam Filio consubstantialis
-et coaequalis et coaeternus esse a nulla fidelium dubitetur.
-Dal che il Cousin ha benissimo dedotto che questo trattato è posteriore
-alla <i>Teologia</i>, e scritto dopo il Concilio di Sens. Il libro
-dunque della <i>Dialettica</i> citato nella <i>Teologia</i> non può essere questo
-<i>de divisione</i> pubblicato dal Cousin.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note13">
-<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Theolog. christ.</i>, <span class="smcap lowercase">V</span>, pag. 566: Necessario itaque Deus mundum
-esse voluit, nec otiosus extitit, quia eum priusquam fecit facere
-non potuit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note14">
-<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Comm. in Epist. ad Rom.</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>, pag. 238: Magis hoc ad poenam
-peccati,... quam ad culpam animi et contemptum Dei referendum
-videtur. Imperocchè (<i>Eth.</i>, c. 13, pag. 615) non est peccatum
-nisi contra conscientiam. In questo punto (sia detto per incidenza)
-Abelardo rasenta il Kant (<i>Eth.</i>, cap. 7): Opera omnia in se indifferentia
-sunt nec nisi pro intentione agentis vel bona vel mala dicenda
-sunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note15">
-<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Comm. in Epist. ad Rom.</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>, pag. 207: Est illa summa in nobis
-per passionem Christi dilectio, quae non solum a servitute peccati
-liberat, sed veram nobis filiorum Dei libertatem acquirit; ut amore
-ejus potius quam timore cuncta impleamus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note16">
-<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Theol. Christ.</i>, <span class="smcap lowercase">I</span>, 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note17">
-<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sui fratelli Thierry e Bernardo, bretoni, nati a Moclan
-presso Quimperlé, vedi <span class="smcap">Hauréau</span>, <i>Histoire de la Phil. scolastique</i>,
-Première partie, Paris 1872, pag. 392. L'Hauréau ha dimostrato che
-il vero autore del rinnovato realismo è Thierry, e che Bernardo
-nell'opera sua, recentemente pubblicata dal Barach (<i>Bernardi Silvestris
-De mundi universitate libri duo seu Megocosmus et Microcosmus</i>,
-Innsbruck 1876) non fa se non una parafrasi poetica delle
-dottrine insegnategli dal fratello. Lo scritto di Thierry intitolato <i>De
-sex dierum operibus</i> ci è pervenuto mutilato, non più che il primo
-libro e parte del secondo, tuttora inediti. Dai frammenti pubblicati
-dall'Hauréau riproduco questo che espone in forma concisa il più
-schietto panteismo (pag. 402): Unitas ipsa divinitas est. At divinitas
-singulis rebus forma essendi est, nam sicut aliquod ex luce lucidum
-est, vel ex calore calidum, ita singulae res ex divinitate esse suum
-sortiuntur. Unde Deus totus et essentialiter ubique esse vere perhibetur,
-unde vere dicitur omne quod est ideo est quia unum est. Bernardo
-nel <i>Megocosmo</i> non è meno esplicito (Barach. pag. 30). Rerum porro
-universitas mundus nec invalida senectute decrepitus, nec supremo
-est obitu dissolvendus, cum de opifice causaque operis, utrisque
-sempiternis, de materia formaque materiae, utrisque perpetuis, ratio
-cesserit permanendi. Usia namque primarie aeviterna, et perseveratio
-fecunda pluralitatis simplicitas. Una est, sola est, ex se vel
-in se tota natura Dei. E qui torna la vecchia imagine neoplatonica
-già usata da Thierry. Ex ea igitur luce inaccessibili splender radiatus
-emicuit.... Bernardo nato forse un dieci anni più tardi
-di Guglielmo di Champeaux (intorno al 1080) gli sopravvisse circa
-quaranta. Guglielmo morì nel 1121, Bernardo il 1161, diciannove
-anni più tardi di Abelardo, del quale una tradizione lo fa scolare
-(<span class="smcap">Charles de Remusat</span>, <i>Abélard</i>, I, 272).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note18">
-<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Guglielmo nato a Conches in Normandia, insegnò per lungo
-tempo a Parigi, ove morì nel 1154. Oltre al commento del Timeo
-e del <i>De Consolatione</i> di Boezio scrisse la <i>Philosophia mundi</i>,
-che fu pubblicata sotto il nome di Beda nelle opere di questo padre,
-e sotto il nome di Onorato d'Autun nel tom. XX della <i>Maxima
-Bibliotheca patrum</i>. Se Guglielmo fosse stato conseguente a sè medesimo,
-avrebbe dovuto, come bene avverte l'Hauréau, fare una
-confessione panteistica non diversa da quella di Thierry e Bernardo.
-In verità se lo Spirito Santo è l'anima del mondo, altrettanto
-deve dirsi di Dio Padre, con cui lo Spirito è tutt'uno in essenza.
-Ma Guglielmo non che ridursi a questo stremo, difende invece con
-grave inconseguenza il dualismo ortodosso. E vedi stranezza di
-casi! Mentre i fratelli Carnotensi non patirono nessun danno delle
-loro audaci e franche rivelazioni, il filosofo di Conches per lo contrario,
-molto più timido e circospetto di loro, fu fatto segno agli
-assalti dei zelanti. A capo dei quali si mise Guglielmo di S. Thierry,
-cui si aggiunse Gualtiero da S. Victor, ed entrambi chiamarono in
-aiuto S. Bernardo, per ischiacciare il capo del nuovo basilisco, che
-era pur mo' nato dal triste seme dell'antico. Però non fu convocato
-un concilio, bensì s'impose all'accusato la pronta ritrattazione,
-che ei fece nel dialogo intitolato <i>Dragmaticon Philosophiae</i>
-(<span class="smcap">Hauréau</span>, I, pag. 432).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note19">
-<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gilberto, nato a Poitiers, era nel 1135 cancelliere della chiesa
-di Chartres. Nel 1140 scolastico di S. Ilario in Poitiers, e l'anno
-appresso vescovo di quella diocesi. Il suo libro <i>Dei sei principii</i>
-che tratta diffusamente delle sei ultime categorie toccate di volo
-da Aristotile, ebbe tal successo, che fino al secolo <span class="smcap lowercase">XVI</span> fu sempre
-unito al pari dell'Isagoge porfiriana al trattato aristotelico. Nel
-commento al <i>De Trinitate</i> del pseudo Boezio è svolta la dottrina
-realistica, che il contemporaneo Giovanni di Salisbury espone nel
-seguente modo (<i>Metal.</i>, II, 17, pag. 817): Est autem forma nativa originalis
-exemplum, et quae non in mente Dei consistit, sed in rebus
-creatis inhaeret. Haec greco eloquio dicitur εῖδος habens se
-ad idaeam ut exemplum ad exemplar; sensibilis quidem in re sensibili,
-sed mente concipitur insensibilis; singularis quoque in singulis,
-sed in omnibus universalis. Queste forme sono la vera realtà,
-e non sono esse nelle cose, ma piuttosto le cose in loro. Egli è
-ben certo che nel nostro mondo la forma non si può staccare dalla
-materia se non mentalmente; onde i due fattori sono talmente intrinsecati,
-da poter chiamare sensibile o singola la forma, in quanto
-si manifesta e determina nelle cose individuali. Ma badiamo bene,
-l'individuo non è nulla di originario, bensì il risultato della complicazione
-di fattori universali. La saggezza, la forza d'animo, la
-figura di Sileno ecc., formano quel tutto che si chiama Socrate, ma
-ciascuno di questi fattori considerato da per sè è un universale che
-può trovarsi anche in Platone ed Aristotile. Questo tutto così composto
-si può dire <i>substans</i>, in quanto è il soggetto degli accidenti;
-il che non importa che sia la vera sostanza, perchè anzi in tanto
-esiste in quanto ha per sè una parte di quell'ουσία che è l'universale.
-L'applicazione teologica è la seguente, che io tolgo dall'Hauréau
-pag. 472: Dieu est ainsi que Socrate un individue du
-genre de la substance; et comme la raison d'être de Socrate est
-l'humanité qui vit en lui, de même doit-on distinguer ce qui est
-Dieu, ce Dieu, de la forme essentielle qui est la Divinité. Même
-raisonnement sur les personnes divines. Elles se distinguent de
-l'essence et cependant elles participent non seulement de la même
-essence, mais encore de la même subsistance. Ce parquoi les personnes
-diffèrent entre elles est en elles un principe di distinction
-formelle. In altre parole Dio come tutti gl'individui risulta da fattori
-od elementi universali. Uno di questi elementi è il predominante,
-e costituisce l'essenza di Dio, o la deità, analogo a quello
-che in Socrate chiamiamo l'umanità. Ma come in Socrate distinguiamo
-anche la saggezza, la forza di volontà e simili, così in Dio
-distinguiamo le persone. Il principio adunque di questa distinzione
-s'ha da trovare in altri fattori universali, non in quello che diremmo
-centrale, e costituisce l'unità di essenza. Quamvis enim in eo, quo
-sunt, i. e. essentia, quae de illis praedicatur sit eorum indifferentia,
-est tamen ipsorum per quaedam, quae de uno dici non possunt,
-ideoqui quae de diversis dici necesse est, differentia. Questa
-dottrina non parve meno sospetta delle precedenti. Nel 1146 due
-arcidiaconi di Gilberto Calon e Arnauld lo denunziarono come eretico
-al Papa Eugenio III. Il quale nel suo viaggio in Francia nel 1148
-tenne un concilio, ove intervenne da promotore il terribile S. Bernardo.
-Quattro proposizioni sospette, tolte dai libri di Gilberto, furono
-sconfessate, ma non per questo si approvarono le quattro opposte
-di S. Bernardo. Bensì furono sottoposte ad esame pochi
-giorni dopo nel concilio trasferitosi a Reims, e dopo molte concessioni
-reciproche si venne a tali formole, che sebbene suonassero
-censure per Gilberto, pure non si sapeva con certezza qual parte
-avesse vinto se l'accusatore, o l'accusato. Gilberto morì nel 1154.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note20">
-<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ugo (1096-1141) ebbe a scolare Riccardo († 1173). Ed entrambi
-si chiamano vittorini dall'abbazia di S. Victor in Parigi di
-cui facean parte. Gualtiero abbate della stessa abbazia secondo
-Buleo (<i>Hist. univ. paris.</i>, I, pag. 404) scrisse: contra manifestas et
-damnatas etiam in Conciliis haereses, quas sophistae Abaelardus,
-Lambardus, Petrus Pictavinus et Gilbertus Porretanus, quatuor labyrinti
-Franciae, uno spirito aristotelico afflati, libris sententiam
-suorum acuunt, limant, roborant. Visse intorno al 1180. Vedi <span class="smcap">Fabric.</span>,
-a. q. n.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note21">
-<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pietro Lombardo da Lumello morto vescovo di Parigi nel
-1164. Nel 1152 pubblicò il <i>Liber sententiarum</i>, che fece poi da
-testo nelle scuole teologiche. Prima di lui Ugo da S. Vittore avea
-pubblicata la <i>Summa sententiarum sive eruditionis theologicae</i>.
-(<i>Opp.</i>, ed. Rotomagi, 1648, III, 417-472). E dopo di lui Pietro di Poitiers,
-suo discepolo (morto arcivescovo nel 1205) scrisse <i>quinque
-libros sententiarum</i>. (<span class="smcap">Fabricio</span>, ed. fior., V, 258).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note22">
-<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Giovanni da Salisbury nato tra il 1110 e il 1120, morto vescovo
-di Chartres nel 1180. I due noti libri il <i>Policraticus</i> ed il
-<i>Metalogicus</i> furon pubblicati nel 1159 secondo lo Schaarschmidt
-(Iohannes Sarisberiens. pag. 143 e 211). Lo stesso autore giustamente
-osserva (pag. 84): Grade darauf beruht ein grosser Theil
-des Interesses, welches man an ihm nehmen muss, dass er sich
-von der unerquicklichen Modewissenschaft der gelehrten Schulen
-seiner Zeit, der disputirenden Dialektik, zu den Alten als einer
-reineren Quelle der Geistebildung gewandt hat, und ein Vorläufer
-des Humanismus die Früchte dieser seiner classischen Studien
-in eigene Leistungen darzulegen und auszupragen bestrebt ist.
-(pag. 313).... von der Unzulänglichkeit unseres Erkennens in Bezug
-auf die hochsten Fragen durchdrungen, immer auf das praktische
-Gebiet der Ethik hinuber eilte. Che Giovanni penda per la Filosofia
-accademica V. <i>Polic.</i>, VII, 1 e 2; 11, 22; <i>Metal.</i>, 11, 14; IV, 20.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note23">
-<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le opinioni filosofiche di Averroè s'accordavano tanto poco
-col dommatismo religioso, che la sua alta posizione sociale di Kadì
-di Cordova, e la fama che s'era acquistata colle sue faticose opere
-non lo salvarono dalle persecuzioni dei fanatici.<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a> Il re Almançour,
-tolte al vecchio filosofo tutte le dignità da lui stesso e dal suo
-predecessore conferitegli, lo relegò in Lucera presso Cordova;
-e benchè per intercessione altrui gli permettesse di far ritorno in
-Marocco, gl'ingiunse pertanto di passarvi il resto dei suoi giorni
-nell'isolamento, e come in reclusione. Da quel tempo Averroè non
-si mosse più dalla capitale, dove, affranto dal destino morì nel
-1198, in età di settantadue anni. (Era nato a Cordova nel 1126).
-Il <span class="smcap">Munk</span> (<i>Mélanges de philosophie juive et arabe</i>, pag. 455-56)
-espone in questi termini le opinioni del filosofo arabo: Malgré ses
-opinions si peu d'accord avec ses croyances religieuses, Ibn-Roschd
-tenait a passer pour bon musulman. Selon lui les vérités
-philosophiques sont le but plus élevé, que l'homme puisse
-atteindre, mais il n'y a que peu d'hommes qui puissent y parvenir
-par la spéculation et les révélations prophétiques, qui étaient nécessaires
-pour répandre parmi les hommes les vérités éternelles,
-également proclamées par la religion et la philosophie. Nous devons
-tous dans notre jeunesse nous laisser guider par la religion et suivre
-strictement ses préceptes; et si plus tard, nous arrivons à comprendre
-les hautes vérités de la religion par la voie de la spéculation,
-nous ne devons pas dédaigner les doctrines et les préceptes
-dans lesquels nous avons été élevés. Intorno agl'indifferenti riscontra
-<span class="smcap">Reuter</span>, <i>Geschichte der relig. Aufklärung im Mittelalter</i>,
-II, 133 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note24">
-<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sul fanatismo dei Musulmani occidentali molto superiore a quello
-degli occidentali vedi <span class="smcap">Dozy</span>, <i>Hist. de l'Islamisme</i>, Paris 1879, pag. 340
-e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note25">
-<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sull'importanza che ebbe nel secolo XIII il <i>Fons vitae</i> dell'Avicebronio
-il Munk, op. cit. pag. 151, dice: Il paraît avoir exercé
-une influence notable dans les écoles chrétiennes et avoir donné
-naissance à des doctrines hétérodoxes que les théologiens jugeaient
-assez redoutables pour s'armer contre elles de tous les arguments
-que leur fournissaient les dogmes religieux et une dialectique
-subtile. Les fréquentes citations du livre <i>Fons vitae</i> que nous
-rencontrons notamment dans les ouvrages d'Albert le grand et de
-S. Thomas d'Aquin, témoignent de la grande vogue qu'avait alors
-ce livre et de la profonde sensation que faisaient les doctrines qui
-y étaient développées. Lo stesso Munk fece l'importante scoperta
-che il creduto filosofo arabo (moro dice Bruno), del quale nessuno
-sapeva dire quando e dove fosse nato, è un poeta e filosofo ebraico
-ben noto, Salomon-Ibn-Gebirol, nome che passando per le bocche
-dei latini si corruppe in Avicebronio, nello stesso modo che Ibn-Roschd
-divenne Averroé, Ibn-Sina Avicenna. Il y a peu de noms
-aussi populaires parmi le Juifs que celui de Salomon ben-Gebirol;
-un grand nombre de ses hymnes se sont conservés jusqu'à nos
-jours dans la liturgie sinagogale de tous les pays. Mais tout ce
-que nous savons de certain sur sa vie, c'est qu'il était né à Malaga
-et qu'il reçut son éducation a Saragosse, où il composa en 1045
-un petit traité de morale (pag. 155). La dottrina dell'Avicebronio,
-venne compendiata da uno scrittore ebreo di nome Ibn Faléquera,
-il quale tradusse dall'arabo i luoghi più importanti dei 5 libri
-del <i>Fons vitae</i>, che gli parvero contenere tutto il sistema. E dalla
-traduzione di questo compendio, e dall'analisi del manoscritto latino
-del <i>Fons vitae</i>, trovato dal Munk nella biblioteca parigina
-s'attinge ora una notizia dell'Avicebronio molto più compiuta ed
-esatta che non dalle citazioni dei dottori scolastici. On reconnait
-dans ce systême l'influence de la doctrine des Alessandrins, et
-la philosophie de Ibn-Gebirol, serait à peu près identique avec
-celle de Plotin et de Proclus si, dominé par le dogme religieux,
-il n'avait pas cherché à éviter les conséquences de ces doctrines
-panthéistes en se réfugiant dans l'hypothèse de la volonté
-(pag. 231).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note26">
-<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Perversissimum dogma impii Amorici cujus mentem sic pater
-mendacii excaecavit, ut ejus doctrina non tam haeretica censenda
-sit, quam insana. (<span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 986).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note27">
-<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Martène</span>, <i>Thesaurus</i>, IV, 166.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note28">
-<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Universos haereticos, quibuscumque nominibus censeantur,
-facies quidem habentes diversas, sed caudas ad invicem collegatas.
-(<span class="smcap">Mansi</span>, l. c.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note29">
-<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Moneantur saeculares potestates .... pro defensione fidei
-praestent publice juramentum, quod de terris suae jurisdictioni
-subjectis universos haereticos ab ecclesia denotatos bona fide pro
-viribus exterminare studebunt .... Si vero dominus temporalis requisitus
-et monitus ab ecclesia terram suam purgare neglexerit ab
-hac haeretica foeditate .... excommunicationis vinculo innodetur. Et si satisfacere contempserit infra annum, significetur hoc
-summo pontifici: ut ex tunc ipse vassallos ab ejus fidelitate denunciet
-absolutos, et terram exponat catholicis occupandam, qui eam
-exterminatis haereticis sine ulla contradictione possideant, et in
-fidei puritate conservent. Il canone del concilio lateranense contro
-l'eresia fu inserito nella legge contro gli eretici, che pubblicò
-Federico II nel 22 novembre 1220 giorno della sua incoronazione.
-Quattro anni più tardi due altri editti più severi (<span class="smcap">Pietro delle
-Vigne</span>, <i>Lett.</i>, I, ep. 25-27. <span class="smcap">Mansi</span>, XXIII, 586).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note30">
-<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sul valore di Vincenzo di Beauvais scrisse acute osservazioni
-il <span class="smcap">Bartoli</span> nei <i>Precursori del Rinascimento</i>, pag. 29, e nella
-<i>Storia della letteratura italiana</i>, I, pag. 245.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note31">
-<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Riscontrate il bellissimo capitolo del <span class="smcap">Fiorentino</span> sulla scolastica,
-nella nota opera <i>Pietro Pompazzi</i>, pag. 124 e segg., e
-dello stesso autore <i>Manuale di storia di Filosofia</i>, parte II,
-pag. 94 e segg. Inoltre <span class="smcap">Renan</span>, <i>Averroès et l'Averroisme</i>, pag. 225,
-3ª ediz.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note32">
-<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi <span class="smcap">Renan</span>, op. cit., pag. 301 e segg. Che l'Anticristo sia
-messo come il rappresentante dello scisma si pare dall'affresco
-del S. Petronio di Bologna, ove accanto a Maometto ed Averroè
-è messo il capo dei nicolaiti, i quali non si confondevano nel
-medio evo coi maomettani, come dice il Renan, bensì rappresentavano
-i preti concubinarii, aspramente combattuti insieme ai
-simoniaci dalla chiesa romana. L'affresco del Gaddi nel cappellone
-degli Spagnuoli in Santa Maria Novella in luogo di Nicola
-ha Sabellio, che insieme ad Ario ed Averroè vengono rappresentati
-come confusi e vinti dal loro grande avversario. <span class="smcap">V. Hettner</span>,
-<i>Italienische Studien</i>, Braunschweig 1879, pag. 115.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note33">
-<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Tommaso</span>, <i>Summa contra Gentes</i>, 1, 26: Quod est commune
-multis, non est aliquid praeter multa nisi sola ratione. Ivi 1, 65:
-Universalia non sunt res subsistentes, sed habent esse solum in singularibus
-ut probatur in VII met.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note34">
-<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Tommaso</span>, <i>De univ.</i> opusc. 50 ed. Parma 1864, tom. XVII,
-pag. 128 b. Et tangitur in hoc duplex esse universale: unum quod
-est in rebus, aliud secundum quod est in anima. Et quantum ad
-istud esse quod est rationis, habet rationem praedicabilis; quantum
-vero ad aliud esse, est quaedam natura, et non est universale actu,
-sed potentia; quia potentiam habet ut talis natura fiat universalis
-per actionem intellectus, .... depurantis ipsam (naturam) a conditionibus
-quae sunt hic et nunc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note35">
-<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cito il noto passo di <span class="smcap">Alberto Magno</span>, <i>De natura et orig.
-animae</i>, Tract. I, cap. <span class="smcap lowercase">II</span> (<i>Opp.</i>, Lugduni 1651, tom. V, pag. 186 b.):
-et tunc resultant tria formarum genera; unum quidem ante rem
-existens, quod est causa formativa rerum, praehabens simpliciter
-et immaterialiter et immobiliter omnes diversitates formarum factorum
-materialiter; aliud autem est ipsum genus formarum, quae
-fluctuant in materia et materiae sunt perfectiones; tertium antem
-est genus formarum, quod abstrahente intellectu separatur a rebus,
-secundum modum speciei et generis et generalissimi in quolibet
-genere rerum. Et horum trium generum primum quidem est ante
-rem, ut diximus. Secundum autem est in re .... tertium autem
-est post rem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note36">
-<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche <span class="smcap">Alberto Magno</span> scrisse: De unitate intellectus contra
-Averrhoem. <span class="smcap">Opp.</span>, V, 218-37.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note37">
-<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi <span class="smcap">Zeller</span>, <i>Philosophie der Griechen</i>, II, 2<sup>3</sup> pag. 566-78.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note38">
-<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel principio del cap. 5 del lib. III <i>De anima</i>, 430 a 10-14
-Aristotele dice: che poichè in tutta la natura occorrono differenze
-di materia e forma potenza ed atto, si daranno anche nell'anima.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note39">
-<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De an.</i> III, 5, pag. 430 a 23-25.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note40">
-<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Avicenna</span>, <i>De an.</i> cap. <span class="smcap lowercase">X</span>, (Venezia 1546): Haec igitur manatio,
-vel hoc a quo fit manatio, cum qua conjungitur anima, est substantia
-intellectiva non corporea, neque in corpore; sed est existens
-per se: quae inhaeret vel accidit vel assistit animae rationali,
-sicut inhaeret lumen visui. Verum lumen confert vel tribuit cum
-semplicitate essentiae suae visui virtutem super apprehensionem
-solum, et non formam apprehensam; et haec substantia confert vel
-tribuit cum simplicitate essentiae suae virtuti rationali virtutem
-super apprehensionem et facit in ea advenire formas apprehensibiles
-etiam, sicut declaravimus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note41">
-<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Aristotelis De anima cum Averrois commentariis</i>, Venetiis
-1562 fol. 149 v: Ex hoc dicto nos possumus opinari intellectum
-materialem esse unicum in cunctis individuis. <i>Destr. destruct</i> 1,
-dub. 8: prae caeteris assimilatur lumini, et sicut lumen dividitur
-ad divisionem corporum illuminatorum, deinde fit unum in ablatione
-corporum, sic est res in animabus cum corporibus. Per tal guisa
-Averroè crede di conciliare le due interpetrazioni di Alessandro
-d'Afrodisia e di Temistio. Questi ha ragione di sostenere esser
-l'intelletto attivo ed il passivo un solo e medesimo intelletto; ma
-ha torto d'intrinsecarlo coll'anima individuale, nè per questo verso
-si può dissentire dall'Afrodisio, a mente del quale il vero e compiuto
-intelletto è esterno all'anima umana. Prendendo dunque dal
-Temistio l'identificazione dei due intelletti, e dall'Afrodisio l'esteriorità
-Averroè riesciva ad una dottrina psicologica di questa
-forma: Ciò che v'ha d'individuale e di diverso negli uomini è la
-forma del corpo organico, cioè l'anima come principio vitale. A
-quest'anima appartiene il sentire, l'immaginare, ed anche una
-certa virtù valutativa. Ma questo complesso di funzioni non forma
-ancora l'intelletto neanche in potenza. Occorre l'opera di una causa
-esterna, dell'intelletto agente, perchè da quella oscurità si sprigioni
-una scintilla, o in altre parole perchè l'anima sia capace di nuove
-funzioni. Quindi anche l'intelletto passivo è creazione dell'Intelletto
-agente. Formatasi questa nuova potenza o l'intelletto passivo, si
-tradurrà in atto sotto l'influsso permanente del νοῦς ποιητικὸς,
-e per tal guisa diverrà intelletto acquisito.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note42">
-<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Epit. meteor.</i> tr. 4: Intellectus autem agens ordinatur ex
-ultimo horum in ordine, et ponamus ipsum esse motorem orbis
-Lunae.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note43">
-<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa theol.</i>, I, qu. 79, art. 3: Si noster intellectus agens
-non esset aliquid animae, sed esset quaedam substantia separata,
-unus esset intellectus agens omnium hominum, et hoc intelligunt
-qui ponunt unitatem intellectus agentis. Si autem intellectus agens
-sit aliquid animae, et quaedam virtus ipsius, necesse est dicere
-quod sint plures intellectus agentes, secundum pluralitatem animarum,
-quae multiplicantur secundum multiplicationem hominum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note44">
-<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>.&nbsp;&nbsp;</span>S. Tommaso nell'opuscolo citato <i>De Unitate intellectus</i>,
-ediz. Parma, <i>Opp.</i>, XVI, 217 a, dice: Se fosse vera la dottrina averroistica
-sicut igitur paries non videt, sed videtur ejus color, ita
-videretur quod homo non intelligeret, sed quod ejus phantasmata
-intelligerentur ab intellectu possibili. Come si vede S. Tommaso
-combatte Averroè colle stesse immagini da lui adoperate a colorire
-le proprie dottrine; nè a torto conchiude: Impossibile est
-ergo quod hic homo intelligit secundum positionem Averrois. E
-per conseguenza negato l'intelletto, gli si negherà anche la volontà
-pag. 218 b et ita hic homo non erit dominus sui actus ....
-quod est divellere principia moralis philosophiae.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note45">
-<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche S. Tommaso, sebbene con restrizione, ammette questo
-(<i>S. t.</i>, qu. 84, art. <span class="smcap lowercase">VII</span>): Impossibile est intellectum, secundum
-praesentis vitae statum, quo possibili corpori conjungitur, aliquid
-intelligere in actu nisi convertendo se ad phantasmata.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note46">
-<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>.&nbsp;&nbsp;</span>S. Tommaso da buon aristotelico non può ammettere l'assoluto
-dualismo tra anima e corpo, chè in tal caso la loro unione
-sarebbe affatto accidentale. In 111 Sent., dist. V, qu. 3, art. 2:
-si corpus animae accidentaliter adveniret, unde hoc nomen <i>homo</i>,
-de cujus intellectu est anima et corpus, non significaret unum per
-se, sed per accidens, et ita non esset in genere substantiae. Altra
-conseguenza assurda dell'assoluto dualismo (<i>S. t.</i>, I, qu. 76, art. 6):
-Dicendum quod si anima uniretur corpori solum ut motor, nihil
-prohiberet, imo magis necessarium esset, esse aliquas dispositiones
-medias inter animam et corpus. Contro questa separazione protesta
-pure l'esperienza psichica. Ivi, qu. 75, art. 4: Ostensum est
-quod sentire non est operatio animae tantum. Cum igitur sentire
-sit quaedam operatio hominis licet non propria, manifestum est
-quod homo non est animo tantum, sed aliquid compositum ex anima
-et corpore. Ivi, qu. 90, art. 4: Anima autem cum sit pars humanae
-naturae non habet naturalem perfectionem nisi secundum
-quod est corpori unita. Unde non fuisset conveniens animam sine
-corpore creari. <i>C. Gentes</i>, II, 83: Animae igitur prius convenit esse
-unitam corpori quam separatam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note47">
-<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In Plotino si trova un accenno a questa dottrina. L'anima
-come ultimo termine della triade partecipa per un verso della perfezione
-del <i>nous</i> che la generò, e per l'altro dell'imperfezione del
-mondo sensibile da lei generato. <i>Enn.</i>, V, 1, 7. E prima di Plotino
-i gnostici aveano nello stesso modo determinata la posizione dell'ultimo
-eone, della <i>sophia</i> o <i>achamoth</i> la quale bandita dai confini
-del beato regno del <i>plēroma</i> vive in trepidazione, e dalle
-lagrime sue nasce il mondo sensibile. <span class="smcap">Ireneo</span>, 1, 4, 2 ci dà la spiegazione
-del mito.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note48">
-<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che l'indecisione ed il problema rimonti ad Aristotele stesso
-non v'ha dubbio. Nella <i>Metafisica</i> Aristotele pone nettamente
-il quesito: se la sostanza è il sostrato a cui tutto si può attribuire,
-mentre esso non s'attribuisce ad alcuno, che cosa s'ha a dire sostanza?
-la materia, la forma o il sinolo di entrambe? (Z 3. 1029 a 2).
-A prima giunta sembra la materia, perchè essa sarebbe il soggetto
-di tutti i predicati qualitativi e quantitativi come rosso, bianco,
-alto, lungo e simili (<i>a</i> 18-26). Ma per un altro verso la materia non
-è mai separabile dalla forma. La pura materia, destituita di ogni
-forma, è una astrazione, in realtà dacchè il mondo è eterno, sono
-eterni ad esempio i quattro elementi nei quali la materia è intrinsecata
-ad una forma determinata (<i>a</i> 27). Ma neanche la forma è la
-vera sostanza, perchè ella è l'essenza espressa nella definizione
-della cosa (Z. 4. 1030 a 6). E se l'essenza fosse da per sè, come le
-idee platoniche, non potrebbe mai predicarsi a soggetti di sorta
-(Z. 6. 1031 b 16). Il che è manifesto assurdo, chè tutti distinguono
-i predicati essenziali dagli accidentali. La vera sostanza non è dunque
-nè la materia nè la forma che sono entrambi fattori universali;
-ma l'intreccio dell'uno e dell'altro (Z. 10. 1036 a 27). Se non che
-questa soluzione non è senza difficoltà. Aristotele stesso avea detto
-in un altro capitolo: <i>lasciamo pure da parte la sostanza composta
-dei due fattori, materia e forma, chè dessa è posteriore ai componenti</i>.
-(Z. 3. 1029 a 30). E poi o questa dualità di fattori è puramente
-ideale, o come diremmo oggi subbiettiva, ed in tal caso
-non è risoluto ma negato assolutamente il problema. L'individuo
-è originario, ed è quello che è. La scomposizione in materia e
-forma non sarebbe reale, ma una necessità del nostro pensiero
-che guarda la cosa da due aspetti. Nella realtà delle cose non si
-darebbe nè una materia che si specifichi, nè una forma che s'individui
-per via; bensì esisterebbero individui che generano individui
-simili a sè (Z. 8. 1033 b 33). Questo mostruoso individualismo,
-che ammetterebbe come originarii ed indeducibili non gli elementi
-più semplici, gli atomi, ma le individualità più ricche, è certo lontano
-dal pensiero di Aristotele, il quale non rinunzia a spiegare la genesi
-dell'individuo. Ed in tal caso torna sempre il problema. Ammettiamo
-pure che l'individuo o la sostanza vera consti di due fattori;
-ma dei due qual'è il determinante e quale l'indeterminato?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note49">
-<p><span class="label"><a href="#tag49">49</a>.&nbsp;&nbsp;</span>S. Tommaso scrisse un opuscolo sul principio dell'individuazione,
-nel quale discute le ragioni della sua teorica, e confuta le
-obbiezioni che gli si posson muovere. Parte dal presupposto aristotelico
-esser l'individuo nelle cose sensibili ipsum ultimum in genere
-substantiae, quod de nullo alio praedicatur, immo ipso est prima
-substantia (<i>Opp.</i>, ed. cit., XVI 329 a). E stantechè la forma ha caratteri
-affatto opposti, e di sua natura communicabilis est et in
-multis accipi potest.... cum una sit ratio speciei in omnibus individuis,
-così è chiaro che il principio d'individuazione si debba porre
-nella materia. <i>S. t.</i>, I, qu. 3, art. 2: formae quae sunt receptibiles
-in materia individuantur per materiam quae non potest esse in
-alio, cum primum sit subiectum substans. Ma S. Tommaso non si
-nasconde le difficoltà di questa posizione, che del resto erano state
-prima di lui chiaramente esposte da Aristotele medesimo. <i>De Princ.
-ind.</i> 329 b: Sed huic objici potest quod materia de sui natura communis
-est, sicut et forma, cum possit una sub pluribus esse. E s'argomenta
-di schivare queste difficoltà per una scappatoia come nell'opuscolo
-seguente <i>De ente et essentia</i> (cap. <span class="smcap lowercase">II</span>, pag. 331 a): materia
-non quomodo libet accepta est principium individuationis, sed
-sola materia signata. Ma che cosa s'ha da intendere per questo
-<i>signum</i>? Una certa disposizione posta nella materia a ricevere
-questa o quella forma, come interpetra il cardinale Gaetano, ovvero
-un dato <i>quantum</i>, come vuole Egidio pel quale <i>materia signata</i>
-non vuol dire altro se non <i>materia quanta</i>, o meglio una
-determinata quantità di materia? Quest'ultima interpetrazione certamente
-è più conforme al testo tomistico. <i>S. t.</i>, I, qu. 76, art. 6:
-dimensiones quantitativae sunt accidentia consequentia corporeitatem,
-quae toti materiae convenit. <i>De ente et essentia</i>, loc. cit.
-consideratur signatio ejus esse sub certis dimensionibus, quae faciunt
-esse et hic et nunc. Però si corre il rischio di ridurre le
-differenze tra gl'individui alla sola quantità, dottrina che applicata
-all'uomo sarebbe gravida di conseguenze che S. Tommaso non
-saprebbe accettare. Ma indipendentemente da questo, il <i>signum</i>
-non è già l'impronta di una certa forma? Se dunque il principium individuationis non sta nella materia pura, ma nella segnata,
-e se per ottenere questa designazione, o vogliam dire specificazione
-della materia è pur necessaria la forma, egli è chiaro esser
-questa e non quella il principio d'individuazione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note50">
-<p><span class="label"><a href="#tag50">50</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Scoto</span>, <i>quaest. in met.</i> VII, qu. 13, scol. 2 (<i>Opp.</i>, IV, 700,
-ed. Lione 1639): Eadem materia quae est sub forma unius individui
-potest esse sub forma alterius consequenter. Ergo non est illud,
-quo distinguuntur duo individua et quo hoc est hoc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note51">
-<p><span class="label"><a href="#tag51">51</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Intorno a Scoto tutto è ancora oscuro, il luogo di nascita
-non si sa bene se sia in Iscozia, in Irlanda o nel Northumberland,
-e l'anno stesso in cui nacque è incerto se sia il 1274, proprio quello
-in cui morì S. Tommaso, ovvero il 1266. Giovanissimo entrò nell'ordine
-dei Francescani, e a soli 23 anni insegnava con gran successo.
-Ma ben presto la sua prodigiosa attività fu tronca dalla
-morte che lo colse nel 1308, in Colonia, dove il Generale dell'ordine
-lo avea chiamato a dar splendore a quell'antica scuola. L'Erdmann
-(<i>Grundriss der Geschichte der Philos.</i>, 3ª ed. I, 409 e segg.)
-pone il nostro filosofo nel periodo della dissoluzione della scolastica.
-Ed in verità quell'acume di dialettica, che fece meritare a
-Scoto il nome di dottor sottile lo rende più atto a criticare le dottrine
-altrui, che a costruirne nuove; a forza di distinzioni e suddistinzioni
-notomizza e distrugge l'altrui pensiero; ma a questa forza
-d'analisi non corrisponde quella potenza sintetica, che risplende
-nei periodi creativi della filosofia. Per questa ragione lo Scoto attende
-più al modo come si dimostra la dottrina, che alla dottrina
-stessa; onde da lui prende origine quel fare scettico che trae in
-rovina il dommatismo scolastico. Queste ragioni dell'Erdmann non
-son certo di poco valore; ma non valgono a scuotere l'antica tradizione
-degli storici della filosofia di mettere assieme i due grandi
-emuli, S. Tommaso e Scoto. Non è punto vero che Scoto non abbracci
-una dottrina a preferenza di un'altra. Tutt'altro. Egli invece
-sostiene un realismo, forse più logico di quello di S. Tommaso, a
-costruire il quale ha bisogno di attribuire realtà e consistenza ai
-concetti astratti più di quel che facessero gli scolastici posteriori.
-Voglio dare un esempio. Scoto combattè la dottrina tomistica degli
-attributi divini, i quali solo a noi parrebber molteplici, mentre in
-realtà si riducono ad uno nella semplicità dell'essenza divina, e
-non nasconde le conseguenze pericolose di un siffatto docetismo,
-che minaccia la distinzione reale delle persone. Aggiunge che non
-perchè gli attributi divini debbano intendersi come infiniti, non per
-questo perdono la loro natura. E se la saggezza, la bontà, la giustizia
-debbono elevarsi pel processo di eminenza al massimo grado,
-non ne segue che la distanza, che separa questi concetti, si raccorci.
-Questa critica è certamente fine, e se fosse stata rivolta
-contro tutta la posizione della scolastica, che cerca la luce dove
-più si addensano le tenebre, potremmo benissimo mettere Scoto
-accanto all'Occam. Ma la cosa non sta così. Scoto vive nello stesso
-ambiente di S. Tommaso, e combatte la dottrina di lui non per
-mostrare l'impossibilità di quell'ibrido accozzo di dommatismo, e
-razionalismo, ma per sostituire alla tomistica una dottrina non certo
-più chiara, ma senza dubbio più vuota. Divinae perfectiones distinguuntur
-ex parte rei, non realiter quidem sed formaliter. Possiamo al
-più dire col Fiorentino che Scoto segna una transizione tra il periodo
-della scolastica e quello della dissoluzione (<i>Manuale</i>, II, 110).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note52">
-<p><span class="label"><a href="#tag52">52</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Duns Scoto, al pari dell'Erigena e dell'Avicembronio, attribuisce
-alla materia il valore di sostrato universale. Il quale sostrato,
-benchè destituito di ogni forma, non è una mera possibilità, un'astrazione,
-come dice S. Tommaso; ma una realtà bella e buona. Si materia
-non esset aliqua res actu, ejus entitas non distingueretur ab entitate
-et actualitate formae, et sic nullam realem compositionem faceret
-cum ea .... materia habet actualitatem aliam ab actualitate
-formae. <i>De rerum principio</i>, Qu. 7, art. 1, 3 (<i>Opp.</i>, ed. cit., III, 38).
-E questo sostrato generalissimo, che ripetiamo non è un'astrazione
-ma realtà vera, è il fondo comune onde emergono e le sostanze sensibili
-e le spirituali, e s'ha da chiamare <i>materia primo prima</i>
-(Qu. 8, art. 3) cioè tale che non accoglie ancora nessuna forma nè
-accidentale nè sostanziale, cujus actualitas est immediate prope nihil.
-(Ivi pag. 51). Da questa materia <i>primo prima</i> s'ha da distinguere
-la <i>secundo prima</i> (quae est subjectum generationis et corruptionis)
-e la <i>tertio prima</i> (cujuscunque artis et materia cujuslibet naturalis
-particularis). Se la materia è il sostrato universale, il principio d'individuazione
-s'ha da trovare nel principio opposto, nella forma.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note53">
-<p><span class="label"><a href="#tag53">53</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sono spesso citati i due passi seguenti. <i>De rerum principio</i>,
-qu. 8, art. 4, 24 (<i>Opp.</i>, III, pag. 52): Ego autem ad positionem
-Avicembronis redeo; et primam partem, scilicet quod in omnibus
-creatis per se subsistentibus, tam corporalibus, quam spiritualibus,
-sit una materia teneo. Loc. cit., pag. 53: Mundus est arbor quaedam
-pulcherrima, cujus radix et seminarium est materia prima, folia
-fluentia sunt accidentia, frondes et rami sunt creata corruptibilia,
-flos anima rationalis, fructus naturae consimilis et perfectionis natura
-angelica.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note54">
-<p><span class="label"><a href="#tag54">54</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Averroè nega la creazione nel tempo, se non si vuole ammettere
-fuisse mutationem in ipso Deo; et principium concessum
-ab omnibus est, quod nulla res se ipsam mutare potest. (<i>Destr. destr.</i>,
-disp. 1, dub. 1). S. Tommaso non va certo tanto in là, ma confessa
-(<i>Summa st.</i>, 1, qu. 46, art. 2) mundum incipisse sola fide tenetur ...
-novitas mundi non demonstrationem recipere ex parte ipsius mundi,
-unumquodque autem secundum rationem suae speciei abstrahit ab
-hic et nunc .... similiter etiam neque ex parte causae agentis, quae
-agit per voluntatem. Noi riconosciamo col Talamo (<i>L'Aristotelismo
-della Scolastica</i>, pag. 158, 3ª ed.) che S. Tommaso non per ossequio
-ad Aristotele, ma in forza d'argomenti razionali sostiene la sua
-dottrina. E pensiamo anche noi, che dell'autorità del filosofo l'Angelico
-se ne sarebbe sbarazzato presto, come fece nella stessa quistione
-quando prese a combattere gli argomenti dell'ottavo della
-fisica. Il contrasto in cui si dibatteva era più profondo, e stolti
-erano quei <i>murmurantes</i> che chiudevano gli occhi per non vedere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note55">
-<p><span class="label"><a href="#tag55">55</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>S. th.</i>, I, qu. 50, art. 4. <i>De Ente et essentia</i> c. 5. Sed quum
-essentia simplicium non sit recepta in materia, non potest ibi esse
-talis multiplicatio. Ed ideo non oporteat quod inveniantur plura
-individua unius speciei in illis substantiis, sed quot sunt individui,
-tot sunt species.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note56">
-<p><span class="label"><a href="#tag56">56</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il misticismo di S. Bonaventura si ricollega con quello dei
-Vittorini. <i>Itiner. mentis ad Deum</i>, cap. 1. Cum beatitudo nihil
-aliud sit quam summi boni fruitio, et summum bonum sit supra
-nos, nullus potest effici beatus nisi supra seipsum ascendat ... Sed
-supra nos levari non possumus, nisi per virtutem superiorem nos
-elevantem. Quantumcumque enim gradus inferiores disponantur
-nihil fit nisi divinum auxilium comitetur. La via di questa visione
-beatifica monta per sei gradi, corrispondenti a sei facoltà dell'animo,
-senso, ragione, intelletto, intelligenza, sinderesi, apex mentis.
-Nel primo grado si conoscono le cose esterne in peso, numero,
-e misura. Nel secondo queste cose esterne o macrocosmo vengono
-ripercosse nel microcosmo, e conosciute per mezzo delle specie sensibili.
-Nel terzo lo spirito si concentra in sè. Nel quarto già comincia
-ad escir di sè. Nemo cepit nisi qui accipit, quia magis est in
-experientia effectuali quam in consideratione rationali. Nel quinto si
-abbraccia l'unità divina. Nel sesto le tre persone.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note57">
-<p><span class="label"><a href="#tag57">57</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Philos. princ.</i>, c. 3; <i>Ars Magna</i>, part. 9, c. 64. Credere non
-est finis intellectus sed intelligere; verumtamen fides est unum instrumentum
-ad elevandum suum intelligere cum credere; et ideo
-sicut instrumentum consistit inter causam et effectum, sic fides
-consistit inter intellectum et Deum. Sotto Gregorio XI l'inquisitore
-Eymerich estrasse dalle opere del Lullo cento passi incriminabili
-tra i quali scelgo questi: 97. Quod fides est necessaria hominibus
-insciis rusticis ministrantibus et non habentibus intellectum elevatum
-.... homo subtilis facilius trahitur per rationem quam per
-fidem. 98. Ille qui cognoscit per fidem ea quae sunt fidei, potest
-decipi; sed ille qui cognoscit per rationem non potest falli. Voglio
-anche addurre l'articolo seguente 99: interficientes haereticos sunt
-injuriosi et vitiosi etc. (<i>Directorium inquisitionis</i>, Roma 1635,
-p. 277). In seguito alla denunzia dell'inquisitore, udito il parere di
-Pietro vescovo d'Ostia ed altri venti maestri di teologia, Gregorio
-XI ingiunge all'arcivescovo di Terragona: quod omnibus et
-singulis eisdem personis vestrarum civitatum et dioecesum doctrinam
-seu potius dogmatizationem, et usum hujusmodi librorum interdicere
-studeatis. La bolla riportata nel <i>Directorium</i> pag. 331 è
-del 25 gennaio 1376. Non ostante questa condanna seguitarono i
-Lullisti, e nel rinascimento, benchè fussero di nuovo condannate da
-Paolo IV, ebbero grande importanza le teoriche del Lullo, talchè
-il Bruno scrisse un'<i>Ars lulliana</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note58">
-<p><span class="label"><a href="#tag58">58</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È commovente la storia di questo francescano, che in luogo
-di scrivere somme teologiche o commenti alle sentenze, fa ricerche
-ed esperimenti fisici. Ed in grazia di tali studii tenuto per mago
-vien più volte molestato, e in fine messo in prigione ove languisce
-per nove anni. E poco dopo che ne esce muore pressochè ottantenne.
-I papi gli furono ora amici, ora avversi. Clemente IV (1265-68)
-lo apprezzò moltissimo, e lo eccitò a scrivere l'<i>Opus majus</i>; Niccolò
-IV invece (1288-1292) fu inesorabile. Quanto valore dia Rogero
-all'esperienza si può vedere nella parte 6ª del suo <i>Opus majus</i>,
-cap. 1º. Duo enim sunt modi cognitionis, scilicet per argumentum
-et experientiam. Argumentum facit concludere quaestionem sed non
-certificat neque removet dubitationem, ut quiescat animus in intuitu
-veritatis, nisi eam inveniat via experientiae. Il Bacone del secolo
-XIII è il vero precursore del Verulamio. E forse in qualche
-punto gli è superiore; perchè mentre questi non fa nessun conto
-della matematica, quello comprende benissimo di quanto giovamento
-possa tornare alla scienza sperimentale. Vedi <i>Opus majus</i>,
-pars IV, dist. 1. Et harum scientiarium porta et clavis est mathematica.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note59">
-<p><span class="label"><a href="#tag59">59</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la lettera di Gregorio IX a Federico II (Rieti 23 ottobre)
-in <span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 918 e segg., e principalmente la lettera
-d'Innocenzo IV del 1246. J: C. in apostolica sede non solum pontificalem
-sed et regalem constituit monarchiam beato Petro ejusque
-successoribus terreni simul ac coelestis imperii commissis habenis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note60">
-<p><span class="label"><a href="#tag60">60</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la lettera di Federico 20 settembre 1236 e il celebre
-manifesto del febbraio 1246 in risposta alla scomunica d'Innocenzo
-IV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note61">
-<p><span class="label"><a href="#tag61">61</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De regimine princip.</i>, I. 14: In lege Christi reges debent
-sacerdotibus esse subjecti. Di questo opuscolo tutto il primo libro
-e i quattro primi capitoli del secondo appartengono all'Aquinate;
-il resto, secondo il De Rubeis, al discepolo Tolomeo di Lucca.
-(<i>S. Thom. Opp.</i>, ed. Parma, XVI, 501). Sulle dottrine politiche di
-S. Tommaso vedi <span class="smcap">Bauman</span>, <i>Die Staatslehre des h. Thomas</i>, Leipz.
-1873, specialmente a p. 15, 75-81, 179. Lo Scaduto nel bel libro <i>Stato
-e Chiesa</i>, Firenze 1882, pag. 34, mette una differenza tra la somma
-teologica e l'opuscolo. Nè si può negare che nel <i>De Regimine</i> è
-più nettamente formolata la superiorità della Chiesa sullo Stato:
-ma anche nella <i>Summa</i> al disopra della legge umana è messa la
-divina, e tanto nel <i>De Regimine</i> quanto nella <i>Summa</i> la Chiesa può
-sciogliere i sudditi dall'obbedienza verso un Principe, che s'allontani
-dalla fede.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note62">
-<p><span class="label"><a href="#tag62">62</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi principalmente la terza parte del <i>De Monarchia</i>, ove
-discute: an autorithas monarchae dependeat a Deo immediate vel
-ab alio Dei ministro seu vicario. <span class="smcap">Wegele</span>, <i>Dante Alighieri's Leben
-und Werke</i>, 3ª ediz., pag. 312: er muss zugleich auch als einer der
-ersten ahnungsvoller Verkündiger des modernen Staats begriffen
-und anerkannt werden.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note63">
-<p><span class="label"><a href="#tag63">63</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In questo senso accetterei la nota del Prof. Del Lungo sul
-ghibellinismo di Dante (<i>Dino Compagni e la sua Cronaca</i>, Firenze
-1879, II, 605). Nessuno dubita che Dante avesse a disdegno
-i guelfi e i ghibellini dei suoi tempi, partiti più municipali che
-politici, e nutriti da discordie e rivalità di famiglia più che da
-contrasti di idee. E ben a proposito il Del Lungo ricorda la nota
-terzina del <span class="smcap lowercase">VI</span> del <i>Paradiso</i>
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">L'uno al pubblico segno i gigli gialli</p>
-<p class="i01">Oppone, e l'altro <i>appropria quello a parte</i></p>
-<p class="i01">Sì che forte a veder è chi più falli.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Ma col debito rispetto ad un così esperto conoscitore di quei tempi,
-io non posso capacitarmi che Dante si fosse fatto ghibellno
-per forza e non per intimo convincimento. Se ghibellino nel suo
-più alto significato è colui che abbracciava in fatto di sovranità
-opinioni del tutto opposte a quelle sostenute sempre dai Papi a
-cominciare da Gregorio VII sino a Bonifacio VIII e Giovanni XXII,
-nessuno può dirsi ghibellino meglio di Dante, il primo che seppe
-ridurre a teoria la politica imperiale. Un altro forse prima di
-lui Engelberto, abbate di Admont, scrisse un libro <i>de ortu, progressu
-et fine romani imperii</i>; ma nè Dante conosceva quest'opera,
-nè dessa può reggere al paragone della dantesca. Sarebbe
-adunque strano che il primo teorico dell'Imperialismo fosse non un
-ghibellino, ma un guelfo. Ammetto bene che i guelfi non volessero
-distruggere la potestà imperiale, ma neanche i ghibellini la
-potestà papale. La quistione non era di distruggere l'una o l'altra
-delle istituzioni, a cui tutti credevano; bensì o di sottomettere l'una
-all'altra, ovvero di rendere l'una dall'altra indipendente. Questo
-voluto guelfismo di Dante ha indotto il prof. Del Lungo nella
-credenza che il Veltro debba essere un Papa non un Imperatore
-(op. cit., p. 555), opinione vittoriosamente oppugnata dal Fornaciari
-(<i>Studii su Dante</i>, pag. 25).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note64">
-<p><span class="label"><a href="#tag64">64</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la seconda parte del <i>De Monarchia</i>: An Romanus populus
-de jure monarchae officium sibi asciverit. Il Witte ha ben
-rilevata la continuità della tradizione classica.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note65">
-<p><span class="label"><a href="#tag65">65</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le ragioni addotte dal D'Ancona (<i>Studii di critica e storia
-letteraria</i>, pag. 72-83) mi pare mettano fuori di controversia che
-lo <i>spirto gentil</i> non possa essere Stefanuccio Colonna. E fra tutte
-le ipotesi la più probabile resta sempre quella che riferisce la
-canzone a Cola, interpetrando le parole: <i>un che non ti vide ancor
-da presso</i> nel senso: <i>non ti vide tribuno</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note66">
-<p><span class="label"><a href="#tag66">66</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questa in fondo è la dimostrazione della prima parte del
-<i>De Monarchia</i>: An de bene esse mundi monarchia necessaria sit.
-L'imperatore è la miglior guarentìa della pace, della libertà e
-della giustizia, perchè egli è spoglio di passioni, è un essere sovrumano.
-Anche il Wegele pag. 348 riconosce la fallacia di questo
-ragionamento, sebbene non ne rilevi il carattere medievale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note67">
-<p><span class="label"><a href="#tag67">67</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È nota la disputa tra il Witte ed il Böhmer da una parte
-ed il Giuliani ed il Wegele dall'altra. A me pare molto più probabile
-la congettura del Wegele che il libro sia stato scritto dopo
-la consacrazione di Enrico VII, al quale vanno riferite le parole
-del libro II, cap. I: reges et principes in hoc uno concordantes ut
-adversentur Domino suo, et uncto (non unico) suo Romano principi.
-Ma benchè questo libro sia posteriore agli scritti francesi,
-che ricorderemo più sotto, pure ha una tinta medievale più spiccata.
-Il Brice (<i>The holy Roman Empire</i>, 6ª ed., pag. 264) avea
-già notato: With Henry the Seventh ends the history of the Empire
-in Italy and Dante's book is an epitaph instead of a prophecy;
-con non minore acume il Wegele (op. cit., pag. 334): unter
-diesen rückwärtsstrebenden Geistern nimmt Dante den ersten
-Platz ein, und er hat diese seine Stimmung so entschieden und
-sinnreich ausgesprochen, sie zu einem Sistem ausgebildet und poetisch
-verewigt, das sie stets ein grosses Interesse hervorgerufen
-hat, obwohl sie nichts war, als das kraftvolle tragische Verneinen
-des unabänderlichen Fortschrittes der Weltgeschichte.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note68">
-<p><span class="label"><a href="#tag68">68</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In 2 Sent., qu. 17: Non est ponenda pluralitas sine necessitate.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note69">
-<p><span class="label"><a href="#tag69">69</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa totius logicae</i>, I, cap. <span class="smcap lowercase">XV</span>: Nullum universale esse
-aliqua substantia extra animam existentem evidenter probari potest.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note70">
-<p><span class="label"><a href="#tag70">70</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In <i>Sent.</i>, prolog., qu. 1: Notitia intuitiva rei est talis notitia
-virtute cujus potest sciri utrum res sit vel non sit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note71">
-<p><span class="label"><a href="#tag71">71</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In 1 Sent., dist. 3, qu. 2: Nec divina essentia nec divina
-quidditas nec aliquid intrinsecum Deus, nec quid quod est realiter
-Deus potest hic cognosci a nobis .... nihil potest probari naturaliter
-cognosci in se nisi cognoscatur intuitive.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note72">
-<p><span class="label"><a href="#tag72">72</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In 1 Sent., dist. 11, qu. 8. Non est quaerenda causa individuationis
-nisi forte extrinseca.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note73">
-<p><span class="label"><a href="#tag73">73</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Kopp, il Theiner ed il Ficker aveano già pubblicata la
-bolla inviata da Bonifacio VIII all'elettore Duca di Sassonia perchè
-favorisse le pratiche avviate presso Alberto d'Austria per la retrocessione
-alla Curia romana dei diritti imperiali sulla Toscana.
-Gl'importanti documenti pubblicati dal signor Levi (<i>Bonifazio VIII
-e le sue relazioni col Comune di Firenze</i>, Roma 1882) mettono
-fuor di dubbio questo intendimento, e l'occulto fine del processo
-contro Lapo Saltarelli e della missione affidata a Carlo di Valois.
-Bonifazio VIII con certo minore accorgimento e prestigio
-tentava ciò che sarebbe parsa follia agl'Innocenzo III ed ai Gregorio
-IX! Questi fatti rendono molto improbabile l'ipotesi, che la
-repubblica fiorentina mandasse da ambasciatore al Papa l'Allighieri,
-se a quel tempo avesse egli già pubblicato un libro così
-ostile alle pretensioni papali come il <i>De Monarchia</i>. Nè parmi
-probabile che Dante lo scrivesse nel breve ed agitato tempo che
-corse tra l'ottobre del 1301, data dell'ambasceria, ed il gennaio
-1302 data della prima condanna. Si potrebbe ammettere come mi
-suggerisce un dotto e caro amico, che il <i>De Monarchia</i> fosse stato
-scritto prima dell'ambasceria e pubblicato dopo. Ma quando?
-Prima della condanna? È possibile che Dante volesse rendere peggiori
-le sue sorti, quando pendevano ancora indecise? Sulla pubblicazione
-del Levi vedi una bella recensione di Augusto Franchetti
-nella <i>Nuova Antologia</i> del 1º gennaio 1883.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note74">
-<p><span class="label"><a href="#tag74">74</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Goldast</span>, <i>Monarchia</i>, I, 13. Il <span class="smcap">Riezler</span>, <i>Die literarischen
-Widersacher der Päpste zur Zeit Ludwig des Baiers</i>, pag. 145
-e segg., l'attribuisce al Dubois; perchè la sveltezza di questo dialogo
-mal s'accorda colla gravità faticosa dei dialoghi autentici dell'Occam.
-Oltrechè le edizioni più antiche danno il dialogo per anonimo,
-e solo dall'edizione parigina del 1498 si cominciò ad attribuirlo
-all'Occam. Una fedele esposizione del dialogo si può leggere nel libro
-dello Scaduto: <i>Stato e Chiesa</i>, Firenze 1882, pag. 81 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note75">
-<p><span class="label"><a href="#tag75">75</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Tractatus de Jurisdictione Imperatoris in causis matrimonialibus</i>
-(<span class="smcap">Goldast</span>, tom. II, p. 21). Cum enim secundum scripturas
-sacras atque rationem naturalem inter infideles [non <i>fideles</i>
-come è stampato dal Goldast] verum licitum et legitimum reperiatur
-conjugium et (prout etiam Romanorum Pontificum decretales
-testantur) infideles constitutionibus ecclesiasticis non arceantur,
-evidenti concluditur argumento, quod causa matrimonialis ....
-ad Imperatores legitimos .... pertinebat, p. 23. In specie autem de
-Sacramento matrimonii (quod etiam decretales Romanorum Pontificium
-dicunt apud fideles et infideles existere) dicitur, quod ad
-Imperatorem, in quantum solummodo Imperator, eo quod pluries
-Imperator extitit infidelis, causa matrimonialis .... spectat. Queste
-citazioni bastano a provare come l'Occam senta vivo il bisogno che
-il matrimonio diventi una istituzione dello stato indipendente dalle
-confessioni religiose. Intorno allo scritto sullo stesso argomento per
-Marsilio da Padova, la cui autenticità è da molti revocata in dubbio,
-vedi <span class="smcap">Riezler</span>, op. cit., pag. 234.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note76">
-<p><span class="label"><a href="#tag76">76</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Goldast</span>, II, p. 877. Anche Bonifazio nella lettera all'elettore
-di Sassonia dice alludendo all'impero: quod fuerat ad medelam
-provisum, tetendit ad noxam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note77">
-<p><span class="label"><a href="#tag77">77</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Riezler</span>, op. cit., pag. 203 e segg. <span class="smcap">Scaduto</span>, op. cit., pag. 118.
-Riscontrate anche l'opera recente del <span class="smcap">Labanca</span>, <i>Marsilio da Padova</i>,
-Padova 1882, pag. 135. Acconsento al Labanca che il mettere
-nel popolo la fonte della sovranità e non pure della temporale
-dell'Impero, ma della spirituale della Chiesa sia un concetto moderno;
-ma ciò non toglie che l'opera di Marsilio e pel fine che si
-propone, e pel metodo che tiene sa del medievale in confronto del
-<i>Principe</i> e dei <i>Discorsi</i> del Machiavelli, come ha ben detto il
-Villari, <i>Niccolò Machiavelli</i>, II, pag. 237.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note78">
-<p><span class="label"><a href="#tag78">78</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Goldast</span>, I, p. 17: regnum Franciae dignissima conditione
-Imperii portio est, pari divisione insignita, quicquid privilegii et
-dignitatis retinet Imperii nomen in parte una, hoc regnum Franciae
-in parte altera. Questo pensiero è comune agli scritti francesi
-del 1303 così nel trattato <i>De potestate regia et papali</i> di Giovanni
-da Parigi (<span class="smcap">Riezler</span>, pag. 153; <span class="smcap">Scaduto</span>, pag. 93), come nella
-<i>Quaestio de potestate papae</i> (<span class="smcap">Riezler</span>, pag. 142; <span class="smcap">Scaduto</span>, pag. 96).
-Anche <span class="smcap">Occam</span>, <i>Dialogus</i>, in <span class="smcap">Goldast</span>, II, 876, secundum diversitatem
-qualitatem et necessitatem temporum expedit regimina et dominia
-mortalium variari.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note79">
-<p><span class="label"><a href="#tag79">79</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De sui ipsius et multorum ignorantia liber</i>, ed. Basilea,
-pag. 1037, 1043.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note80">
-<p><span class="label"><a href="#tag80">80</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche lo Zumbini, che rivendica contro il D'Ancona l'imperialismo
-del Petrarca, scrive egregiamente: «In mezzo a quelle
-lotte della Chiesa e dell'Impero, a quelle guerre crudeli, a quegli
-scandali d'ogni maniera, il più offeso di tutti e insieme il solo incolpevole
-era il popolo romano. Roma per il Petrarca era una
-grande vittima e intemerata, e lei bisognava soccorrere anzi tutto».
-<i>Studi sul Petrarca</i>, p. 254.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note81">
-<p><span class="label"><a href="#tag81">81</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Fiorentino</span>, <i>Saggio sul Petrarca negli Scritti varii di letteratura,
-filosofia e critica</i>. <span class="smcap">Bartoli</span>, <i>I primi due secoli della
-letteratura italiana</i>, pag. 485 segg. In una serie di lettere che il Petrarca
-diresse a parecchi in occasione della guerra tra Genova e Venezia
-è messa in rilievo quest'opposizione tra barbari ed italiani. Lib. XI,
-ep. 8 indirizzata il 18 marzo 1351 al Doge Dandolo (<span class="smcap">Fracassetti</span>,
-pag. 131): Ergone ab Italis ad Italos evertendos barbarorum regum
-poscuntur auxilia. Unde infelix opem speret Italia, si parum est
-quod certatim a filiis mater colenda discerpitur, nisi ad publicum
-parricidium alienigenae concitentur? pag. 132: Postquam alpes et
-maria, quibus nos moenibus natura vallaverat, et interjectas obseratasque
-divino munere claustrorum valvas, livoris avaritiae superbiaeque
-clavibus aperiendos duximus Cimbris, Hunnis etc. Lib. XIV,
-ep. 5 al Doge e Consiglio di Genova dopo la vittoria riportata dai
-Genovesi sui Veneziani (<span class="smcap">Fracassetti</span>, pag. 295): Et de exterius quidem
-hostibus (cioè degli stranieri che pugnavano insieme ai Veneziani)
-non doleo. Quid enim laboribus italicis sua tela permiscent,
-venale genus ac faedifragum, quos in longinquam infelicemque militiam
-nummus impellit etc. Lib. XIV, ep. 6, indirizzata parimente
-ai Genovesi, quando nell'anno appresso alla vittoria sui Veneziani si
-volsero contro il re d'Aragona: Quod optabam video; ab ortu ad occasum
-victricia signa convertite. Hic precor incumbite, viri fortes,
-hoc agite hoc pium, hoc justum, hoc sanctum, hoc <i>minime italicum</i>
-bellum est. Lib. XVII, ep. 3, dopo la disfatta dei Genovesi (<span class="smcap">Fracassetti</span>,
-pag. 432): ab initio et semper <i>a bello italico dehortatus</i>
-eram: deinde autem de externo hoste quaesitae victoriae plauseram.
-Lib. XVIII, ep. 16, allo stesso Dandolo dopo le vittorie veneziane
-del 1354 (<span class="smcap">Fracassetti</span>, p. 506): Quousque enim miseri in
-jugulos patria et in publicam necem barbarica circumspiciemus
-auxilia? Quousque qui nos strangulent pretio conducemus .... nihil
-insanius quam quod tanta diligentia tantoque dispendio Italici homines
-Italiae conducimus vastatores, pag. 510: nec tibi persuadeas, pereunte
-Italia, Venetiam salvam fore.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note82">
-<p><span class="label"><a href="#tag82">82</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">D'Ancona</span>, <i>Il concetto dell'Unità politica nei poeti italiani</i>
-negli <i>Studi di Critica e Storia letteraria</i>; Bologna 1880, p. 30-31.
-<span class="smcap">Bartoli</span>, <i>Appunti sulla politica del Petrarca</i> nella <i>Rivista Europea</i>,
-16 gennaio 1878.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note83">
-<p><span class="label"><a href="#tag83">83</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Epist., Lib. XI, 8. A ragione il Bartoli scrive (op. cit. pag. 489):
-<i>Come il Petrarca si riconnette da un lato coll'Allighieri, dall'altro
-sembra stendere la mano presaga al Machiavelli, il quale
-coi versi di lui chiuderà il suo ritratto del Principe</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note84">
-<p><span class="label"><a href="#tag84">84</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">D'Ancona</span> (opera citata, pag. 34) ricorda la famosa lettera
-[<i>De rebus familiaribus</i>, III, 7] indirizzata a Dionisio di S. Sepolcro
-nel 1339: Certe ut nostrarum rerum praesens status est, in hac
-animorum tam implacata discordia, nulla prorsus apud nos dubitatio
-relinquitur monarchiam esse optimam relegendis reparandisque
-viribus Italis, quas longus bellorum civilium sparsit furor.
-Haec ut ego novi, fateorque regiam manum nostris morbis necessariam,
-sic te illud credere non dubito nullum me regem malle,
-quam hunc nostrum, cujus sub ditione vivimus. Si deve certo ammettere
-collo Zumbini (<i>Saggio</i>, pag. 84) che la speranza posta in Roberto
-non durasse lungo tempo, perchè ben presto il re napoletano
-si chiarì indegno dei suoi alti destini. Epperò il Petrarca si volge
-altrove, nè indirizza al suo regale amico alcuna esortatoria, nè
-sulla tomba di lui rimpiange le fallite speranze. Tutto questo è
-vero ed acutamente notato, ma ciò non toglie che in questa lettera
-il Petrarca parli sul serio, perchè Roberto, se gli fosse bastato
-l'animo, era certo l'unico monarca, a cui si porgevano le più favorevoli
-occasioni per fondare un grande stato.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note85">
-<p><span class="label"><a href="#tag85">85</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Riezler</span>, op. cit., pag. 215 e segg. <span class="smcap">Labanca</span>, op. cit., pag. 148
-e segg. <span class="smcap">Friedberg</span>, <i>De finium inter Ecclesiam et civitem regundorum
-judicio</i>, pag. 71 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note86">
-<p><span class="label"><a href="#tag86">86</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Catari si dicevano così dal greco <i>catharos</i> puro, perchè
-essi soli si reputavano mondi dal commercio col cattivo spirito.
-<span class="smcap">Hahn</span>, <i>Geschichte der Ketzer im Mittelalter</i>, Stuttgart 1845, I,
-pag. 50; <span class="smcap">Schmidt</span>, <i>Histoire des Cathares</i>, Paris 1849, II, 276.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note87">
-<p><span class="label"><a href="#tag87">87</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Disputatio inter Catholicum et Patarinum</i> in <span class="smcap">Martène et
-Durand</span>, <i>Thesaurus</i>, V, 1706: Deum creasse omnia concedo. Intellige
-bona, sed mala et vana et transitoria et visibilia ipse non fecit,
-sed minor creator Lucifer. Vedi <span class="smcap">Ebrardus</span> in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 11, 136.
-<span class="smcap">Ermengardus</span>, ivi, pag. 223.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note88">
-<p><span class="label"><a href="#tag88">88</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Rainero Sacconi</span>, <i>Summa de Catharis et Leonistis</i> in <span class="smcap">Duplessis</span>,
-<i>Collectio judiciorum</i>, pag. 48 a: Communes opiniones
-omnium Catharorum sunt istae videlicet quod Diabolus fecit hoc
-mundum; pag. 52 a, <i>De opinionibus Balasinanza</i>: Item quod
-utrunque principium sive uterque Deus creavit suos angelos, et
-quod iste mundus est formatus et creatus a malo Deo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note89">
-<p><span class="label"><a href="#tag89">89</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, pag. 52 b: Johannes de Lugio dicit quod omnes
-creaturae sunt ab aeterno bonae cum Deo bono, et malae cum Deo
-malo; pag. 53 b: Deus vult et potest omnia bona sed impeditur haec
-Dei voluntas et potentia ab hoste suo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note90">
-<p><span class="label"><a href="#tag90">90</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, pag. 54 b, <i>Sequitur de propriis opinionibus Catharorum
-de Concorrezio</i>: Deus ex nihilo creavit angelos et quatuor
-elementa ... diabolus de licentia Dei formavit omnia visibilia. Lo
-stesso Rainero ci fornisce preziose notizie sulle varie sette catare,
-in ispecialità italiane. I più rigidi erano chiamati, senza dubbio dal
-luogo di origine del Catarismo, <i>Albanenses</i>. I quali alla lor volta
-divisi sunt in duas partes: Hujus partis (quella che si teneva stretta
-all'antica tradizione) caput est Balasinansa Veronensis eorum episcopus;
-alterius vero partis (la più esagerata) est Johannes de Lugio
-Bergamensis (pag. 51 b-52 a). Da queste due parti che costituivano
-i dualisti rigorosi, si debbono distinguere i dualisti temperati,
-dei quali alcuni si chiamavano da Concorrezo [non dalla
-modenese Correggio, nè dalla dalmata Gorizia, come crede lo
-Schmidt (op. cit., II, 285), ma da Concorrezo in Lombardia, circondario
-di Monza]; altri dicevansi Bagnolensi o Bajolensi [da Bagnolo
-nel Milanese]. <i>Summa</i>, pag. 51 b: illi autem de Concorrezo
-diffusi sunt fere per totam Lombardiam; Baiolensi Mantuae, Brixiae,
-Bergami et in comitatu mediolanensi. Alla frazione più temperata
-appartengono gli Slavi <i>Bogomil</i>, o amici di Dio come spiega Gieseler
-in Schmidt loc. cit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note91">
-<p><span class="label"><a href="#tag91">91</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche Giovanni di Lugio credeva quod omnes (?) animae liberabuntur
-in fine a poena et culpa (<i>Summa</i>, pag. 54 b).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note92">
-<p><span class="label"><a href="#tag92">92</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonacursus</span> in <span class="smcap">D'Achery</span>, <i>Spicilegium</i>, I, 208: Sententia tamen
-omnium est illa elementa diabolum divisisse.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note93">
-<p><span class="label"><a href="#tag93">93</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, <i>Adversus Catharos</i>, Roma 1743, pag. 105: illi enim
-Cathari, qui duo ponunt principia dicunt populum Dei constare ex
-tribus, scilicet corpore, animo et spiritu praesidente utrique. Questa
-antica opinione che si riadduce alle distinzioni platonico-aristoteliche
-delle parti dell'anima era stata accettata dai Padri, come Giustino
-Taziano ecc. Vedremo che la Gnosi sapea distinguere nell'uomo
-due anime, la buona e la cattiva. Lo stesso affermano i
-Manichei. (<span class="smcap">Gieseler</span> <i>Kirchengeschichte</i>, I, 306).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note94">
-<p><span class="label"><a href="#tag94">94</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, 105 B: Sciendum est, quod per spiritum intelligunt
-isti Heretici Angelos, de quibus legitur «Qui facit angelos suos
-spiritus (Paul. ad Hebr. I, 7)».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note95">
-<p><span class="label"><a href="#tag95">95</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Alanus</span>, <i>Adversus haereticos et waldenses</i>, pag. 53: Hi autem
-volunt dicere, ideo resurrectionem non futuram, quia anima perit
-cum corpore... Moyses dicit animam esse in sanguino, et sic videtur
-quod pereunte sanguine, pereat anima. In questo luogo par
-che Alano non faccia distinzione tra i Catari e quelli che negano
-la immortalità dell'anima. Al contrario Moneta, pag. 416: In hoc
-autem non arguo Catharos (vale a dire animas hominum cum corporibus
-interire). L'equivoco nasce dal doppio senso della parola
-anima, ora intesa come spirito, ora come principio vitale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note96">
-<p><span class="label"><a href="#tag96">96</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">V. Schmidt</span>, II, 59, che cita Euthymius Zigadenus, <i>Narratio
-de Bogomilis</i>, ed. Gieseler, Gottinga 1842, pag. 8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note97">
-<p><span class="label"><a href="#tag97">97</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 63: de libero arbitrio quod isti negant esse in
-populo Dei. E le ragioni di questa negazione vi sono molto sottilmente
-esposte. Hujus rei caussa una est quia si populus Dei haberet
-liberum arbitrium ad utrumque, scilicet ad bonum et ad malum,
-ab eodem fonte et eadem natura esset bonum et malum, sic
-ergo non esset necesse ponere duos Deos... Secunda causa quia
-Deus non habet liberum arbitrium; non habet flexibilitatem ad bonum
-et ad malum. Unde ergo haberet populus Dei liberum arbitrium?
-L'<span class="smcap">Hahn</span>, op. cit., I, 69, giustamente osserva che la negazione
-del libero arbitrio è intimamente collegata colle dottrine dei
-dualisti rigorosi, perchè secondo loro, finchè l'anima è in potere
-del cattivo spirito non può far bene, e quando al contrario in virtù
-del <i>consolamentum</i> se ne libera non può far male.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note98">
-<p><span class="label"><a href="#tag98">98</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">V. Schmidt</span>, <i>Histoire des Cathares</i>, II, 24.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note99">
-<p><span class="label"><a href="#tag99">99</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i> in <span class="smcap">Duplessis</span>, pag. 52 a: <i>De opinionibus Balasinanza</i>
-Diabolus cum suis angelis ascendit in coelum, et facto ibi
-proelio cum Michaele Archangelo, extraxit tertiam partem creaturarum
-Dei et infundit eas quotidie in humanis corporibus et brutis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note100">
-<p><span class="label"><a href="#tag100">100</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 4: Credunt etiam quod Diabolus, invidens Altissimo,
-caute ascendit in coelum Dei sancti, et ibi colloquio suo
-fraudolento praedictas animas decepit, et ad terram istam et caliginosum
-aerem duxit. Rainero dice di Giovanni di Lugio (<i>Summa</i>
-pag. 53 b): Igitur cuncta animantia participabant calliditate, sed plus
-omnibus serpens, et ideo per eum est facta deceptio. Ma questo
-inganno pare che non sia volontario nè per chi l'ordisce nè per
-chi lo soffre, perchè nihil est quod habet liberum arbitrium, etiam
-Deus summus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note101">
-<p><span class="label"><a href="#tag101">101</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, pag. 54 b: Diabolus formavit corpus primi hominis
-et in illum effudit unum angelum, qui in modico jam peccaverat.
-Item quod omnes animae sunt ex traduce ab illo angelo. Questo
-domma dell'unicità dell'elemento spirituale in tutti gli uomini ha
-una lontana parentela coll'intelletto unico e separato degli Averroisti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note102">
-<p><span class="label"><a href="#tag102">102</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, pag. 55 b: Bajolensi conveniunt cum praedictis Catharis
-de Concorrezo fere in omnibus opinionibus excepto hoc scilicet,
-quod dicunt quod animae sunt creatae a Deo ante mundi constitutionem,
-et quod tunc etiam peccaverunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note103">
-<p><span class="label"><a href="#tag103">103</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, pag. 52 a: Et etiam de uno corpore eas transmittit
-in alium, donec omnes reducentur in coelum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note104">
-<p><span class="label"><a href="#tag104">104</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche l'antico manicheismo insegnava questa dottrina. Socrate,
-<i>Hist. eccl.</i> cap. XVII: Manes... animorum ex uno corpore
-in aliud manifesto tradit, Empedoclis, Pithagorae et Aegiptiorum
-secutus opiniones.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note105">
-<p><span class="label"><a href="#tag105">105</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Quest'opposizione tra il vecchio e nuovo Testamento è un
-retaggio gnostico e manicheo. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 143: Cathari Deum
-veteris testamenti ... reprobare nituntur... Objectionem haereticorum
-ex quatuor radicibus procedunt. Prima ex contrarietate, quae
-videtur inter vetus testamentum et novum. Secunda ex mutabilitate
-ipsius Dei, quae ex ipsis scriptum apparet. Tertia ex crudelitate
-ipsius, quae in scripturis ostenditur. Quarta ex mendacio (il
-testo ha erroneamente: <i>mandato</i>), de quo Deus ipse in scripturis
-arguendus videtur. — Concordi le altre testimonianze. <span class="smcap">Ebrardus</span>
-in <span class="smcap">Gretser</span>, tom. XII, pars 2, pag. 127: Ipsi vero contra conditorem
-suum latrant, tanquam canes, Dominum ignorantes et hinc
-inde de Veteri Testamento quae non intelligunt testimonia congregantes,
-simplicium corda decipiunt. <span class="smcap">Ermengardus</span> in <span class="smcap">Gretser</span>, loc.
-cit., pag. 224: Dicunt haeretici Legem Moysi ab omnipotenti Deo
-non esse datam, sed a principe malignarum spirituum. Anche intorno
-a questo punto v'ha differenza tra le sette catare. <i>Summa</i>,
-pag. 52 a: Balazinanza tenet quod diabolus fuit auctor totius veteris
-Testamenti, exceptis his libris Job, Psalterio ecc.; pag. 54 b: Cathari
-de Concorrezo reprobant totum vetus Testamentum, putantes
-quod Diabolus fuit auctor ejus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note106">
-<p><span class="label"><a href="#tag106">106</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 234: In hoc autem tertio capitulo de Christo
-errant Cathari, qui puram creaturam eum confitentur; pag. 239:
-Ad idem inducunt illud Apoc. VII, 2, ubi Johannes ait «vidi alterum
-angelum» si ergo fuit angelus, et non Deus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note107">
-<p><span class="label"><a href="#tag107">107</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel decreto del concilio Lateranense, e in quello di Federigo II
-si parla di <i>Patarenos</i>, <i>Leonistas</i>, <i>Arrianistas</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note108">
-<p><span class="label"><a href="#tag108">108</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Moneta, pag. 247: Qui eam (carnem) credunt a Diabolo fabricatam.
-Dicunt enim quod non habuit vere corpus humanum sed
-phantasticum. <i>Liber inquisit. tholosanae</i>, ed. <span class="smcap">Limborch</span>, pag. 92:
-cum verum corpus humanum et veram carnem hominis ex nostra
-natura ipsum (Christum) denegas assumpsisse. Il Sacconi nella
-<i>Summa</i> attribuisce queste opinioni docetiche a Balasinanza, p. 52 a:
-quod Dei filius non assumpsit humanam naturam in veritate sed
-ejus similem .... nec vero comedit et bibit nec vere passus est
-et mortuus et sepultus, nec ejus resurrectio fuit vera, sed fuerunt
-haec omnia putative. Giovanni di Lugio non pare abbia avute opinioni
-meno docetiche degli altri catari, perchè al passo della
-<i>Summa</i> citato dall'Hahn, I, 65: quod Cristus natus est secundum
-carnem .... et vere passus est, crucifixus mortuus et sepultus,
-segue quest'altro: putat quod omnia ista fuerunt in alio mundo superiori
-et non in isto. I Concorrezesi soltanto dicunt quod Christus
-non assumpsit animam humanam; sed fere omnes credunt eum
-assumpsisse carnem humanam de B. Virgine (pag. 55 a). Secondo
-questa testimonianza i Concorrezesi più che docetisti sarebbero
-monofisiti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note109">
-<p><span class="label"><a href="#tag109">109</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche Manes secondo Socrate, loc. cit.: Christum natum esse
-non vult; illum spectrum fuisse dicit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note110">
-<p><span class="label"><a href="#tag110">110</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo docetismo lo estendono anche alla vergine Maria.
-<span class="smcap">Moneta</span>, pag. 243: Machinantur autem insuper illum Angelum, qui
-in muliebri forma appellatus est Maria, assumpsisse intra se alium
-Angelum, qui dictus est Jesus, et sic deceptorie mater putaretur et
-diceretur ipsius. <i>Liber inquisitionis</i> loc. cit.: Mariam matrem Dei et
-Domini Jesu Christi non esse nec fuisse mulierem carnalem asseris
-et mentiris, sed tuum ac tuorum ecclesiam... mentiendo confingis
-hanc esse Mariam virginem in tenebris dogmatizas. Il Sacconi attribuisce
-questo errore ad un Nazario Concorrezese: quod B. Virgo
-fuit Angelus (pag. 55 a), ed al vescovo Balasinanza (pag. 52, B), virginem,
-quam dicunt esse Angelum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note111">
-<p><span class="label"><a href="#tag111">111</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 256: Forte dices quod non est passus, nec mortuus,
-nec aliquam angustiam sustinuit, licet ita videtur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note112">
-<p><span class="label"><a href="#tag112">112</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonacursus</span> in <span class="smcap">D'Achery</span> <i>Spicilegium</i>, pag. 207: Beatum
-Sylvestrum dicunt Antichristum fuisse ... a tempore illo dicunt Ecclesiam
-esse perditam. <span class="smcap">Moneta</span>, 263 et de Sylvestro volunt intelligere
-illud 2 <i>Thessalon</i>. II 3: Homo peccati, filius perditionis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note113">
-<p><span class="label"><a href="#tag113">113</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Alanus</span>, pag. 134: Dicunt quod in altari est panis post consacrationem,
-quia ibi prius fuit panis, ed adhuc est forma panis.
-<span class="smcap">Eckbertus</span>, sermo XI in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 478: vos omnino renuitis
-credere quod ab aliquo sacerdote sive bono sive malo possit ulla
-consecratione fieri corpus Domini.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note114">
-<p><span class="label"><a href="#tag114">114</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 290. Alii autem intelligunt illa verba Domini:
-Hoc est corpus meum: id est significat sicut illud in 1 Cor. 4
-«Petra erat autem Christus» idest significat Christum. Ebrardus
-contra Waldenses cap. 8, in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, pag. 146 sed objiciunt
-increduli dicentes; verba sancta dicunt esse <i>panem</i>; quia cibus
-animae sunt verba evangelica. A sostenere la loro interpetrazione
-simbolica i Catari adoperavano per sino argomenti filologici, come
-quello strano citato da Ermengardo cap. 11, in Gretser loc. cit.
-pag. 231, <i>hoc</i> non refertur ad panem .... sed ad corpus suum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note115">
-<p><span class="label"><a href="#tag115">115</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cujus opinionis causa prima est, quia istum materiale panem,
-et vinum mala esse dicunt; asserunt enim quidam eorum a Diabolo
-creata esse. (<span class="smcap">Moneta</span>, pag. 295). Cfr. <i>Summa</i>, pag. 49, verum tamen
-albanenses dicunt, quod ille panis non benedicitur, cura ipse panis
-sit creatura diaboli, et in hoc differunt a coeteris omnibus qui dicunt
-quod ille panis vere benedicitur. Nemo tamen ex iis credit
-quod ex illo pane conficiatur corpus Christi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note116">
-<p><span class="label"><a href="#tag116">116</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi nel <span class="smcap">Duplessis</span> il brano della cronaca di Rodolfo Cogeshalense
-che si riferisce all'eresia dei Poplicani o Paoliciani.
-Ermengardus cap. 17 in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, pag. 239: nec defunctos
-vivorum beneficiis et orationibus relevari. Eckbertus, <i>sermo</i> IX, in
-<span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 466: animae defunctorum vel in aeterna beatitudine
-collocentur, vel aeternis suppliciis tradantur, atque hac ratione
-nec malis prodesse nec bonis necessarium esse ut pro eis orationes
-fiant, aut missae celebrentur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note117">
-<p><span class="label"><a href="#tag117">117</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span> 371: Omnes autem haeretici tam Cathari, quam pauperes
-Lugdunenses, hoc (Purgatorium) negant. <i>Summa</i> pag. 50 a:
-Deus nemini infert poenam purgatoriam, quam penitus esse negant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note118">
-<p><span class="label"><a href="#tag118">118</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 347: Cathari horum corporum resurrectionem
-negant, et hoc ideo quia ea a Diabolo creata vel facta credunt
-esse.... artifex tantum remunerabitur non corpus. Vedi Ebrardo
-cap. 16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note119">
-<p><span class="label"><a href="#tag119">119</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Liber inquisitionis tholosanae</i>, pag. 37: Et sigillatim omnia
-sacramenta ecclesiae scilicet eucharistiae et altaris ac baptism
-aquae corporalis damnant. Ivi pag. 85: baptismus .... fit in aqua
-corrupta</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note120">
-<p><span class="label"><a href="#tag120">120</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 284: Parvuli non sunt docendi.... ergo non
-sunt baptizandi ... prius ergo est quod homo poeniteat de peccato
-suo, deinde baptizetur. <span class="smcap">Eckbertus</span>, sermo VIII, 1, in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV,
-464: Nam baptizandum quidem esse hominem dicitis cum ad annos
-discretionis pervenerit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note121">
-<p><span class="label"><a href="#tag121">121</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 460: Impugnant Ecclesiam etiam in picturis et
-imaginibus dicentes quod nos sumus Idolatrae, qui imagines adoramus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note122">
-<p><span class="label"><a href="#tag122">122</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ebrardo</span>, cap. 4, in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, pag. 131. Objiciunt enim
-Dominus non in manufactis habitat. <span class="smcap">Ermengardo</span>, cap. 9, in <span class="smcap">Gretser</span>,
-loc. cit., pag. 230. Omnes haeretici Ecclesiam manufactam et
-altaria .... et omnia ornamenta ecclesiastica ad nihilum deputant
-et ad salutem animorum nihil proficere dicunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note123">
-<p><span class="label"><a href="#tag123">123</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 461: Et dicit quod ignominiam Christi adoramus,
-et ejus ignominiam nostrae fronti imponimus. <i>Liber inquisitionis
-tholosanae</i>, pag. 348: Item quod crux Christi non debebat adorari,
-quia nullus adoraret furcas in quibus pater suus fuisset suspensus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note124">
-<p><span class="label"><a href="#tag124">124</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nella lettera di Evervino a S. Bernardo (op. S. Bern., ed.
-Mabillon, pag. 1487): Dicunt qui se tantum Ecclesiam esse et apostolicae
-vitae veri sectatores permanent, ea quae mundi sunt non
-quaerentes, nec domum, nec agros, nec aliquid possidentes sicut
-Christus non possedit. È importante notare che i Catari proibivano
-anche l'andare accattando al modo dei frati mendicanti. <span class="smcap">Moneta</span>,
-pag. 451: Et de elemosynis quaerere victum et vestitum blasphemant
-... Objiciunt etiam illud Matth. VI, 25 «Ne soliciti sitis animae
-vestrae quid manducetis ecc.» si enim quaerimus quotidie, inde
-soliciti sumus; pag. 453: Objiciunt etiam et dicunt quod contra
-verba Apostoli venimus, quia non laboramus manibus nostris.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note125">
-<p><span class="label"><a href="#tag125">125</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 513. Isti etiam haeretici omne bellum detestantur
-tanquam illicitum, dicentes quod non sit licitum se defendere,
-pag. 515. Objiciunt etiam illud Matt. V, 38 «Audistis quia dictum
-est oculum pro oculo et dentem pro dente. Ego autem dico vobis
-non resistere malo», pag. 506. Objiciunt Matt. XXII, 7 «Perdidit
-homicidas illos», pag. 507: et illud Matt. V, 44 «Benefacite his qui
-oderunt vos».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note126">
-<p><span class="label"><a href="#tag126">126</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Sacconi</span>, nella <i>Summa</i>, pag. 48 b: Item quod potestates seculares
-peccant, mortaliter puniendo malefactores vel haereticos. Che
-il <i>mortaliter</i> si debba unire a <i>puniendo</i> non a <i>peccant</i> è provato
-da Ebrardo, il quale riferisce a pag. 157 che gli eretici solevano
-obbiettare: dictum est non occides. Vedi anche a pag. 159 cum sitis
-homicidae, homicidas occidere prohibetis. Ermengardo nel cap. XIX
-parla solo di <i>occisione hominis</i> non dell'impunità del malfattore.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note127">
-<p><span class="label"><a href="#tag127">127</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nè il Moneta, pag. 138 e segg. nè l'Alano pag. 169-70 scoprono
-il vero motivo del divieto di mangiar carne, comune a tutti
-i credenti nella metempsicosi. <span class="smcap">Eckberto</span>, sermo IV, ha in <span class="smcap">Gallandi</span>
-XIV, 458: Ratio vestra, quia de coitu nascitur omnis caro. Secondo
-questo autore, pag. 459 pare che ai Catari fosse concesso mangiar
-pesci. <i>Summa</i>, pag. 48 b: Credunt quod comedere carnes, et ova,
-vel caseum, etiam in urgenti necessitate sit peccatum mortale. Ivi
-pag. 50 a: non enim gravius puniretur Catharus si biberet toxicum
-volens occidere se ipsum, quam si pro morte vitanda comederet pullum
-de consilio medicinae vel in aliquo casu necessitatis. <span class="smcap">Bonac.</span>
-in <span class="smcap">D'Achery</span>, pag. 209: Quis manducaverit carnem .... damnationem
-sibi manducat. Sui testi biblici che solevano addurre, vedi
-<span class="smcap">Bonac.</span> in <span class="smcap">Mansi</span>, <i>Miscell. Baluz.</i> II, 583.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note128">
-<p><span class="label"><a href="#tag128">128</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, 315: Haeretici conjunctionem istam illegitimam dicunt,
-idest contra Dei legem ... quia credunt corpus maris et foeminae
-a diabolo fuisse factum. Matrimonium carnale fuit semper
-mortale peccatum. <i>Summa</i>, 48 a: Item communis opinio omnium
-catharorum est quod matrimonium carnale semper fuit mortale
-peccatum, et quod non punietur quis gravius in futuro propter
-adulterium vel incestum quam propter legittimum conjugium. Fra
-i Catari alcuni limitavano il divieto alle seconde nozze. <span class="smcap">Eckbertus</span>,
-sermo VI, 12, in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 457: quidam vestrum, videlicet
-sequaces Hartuvini, mussitant quod illud conjugium solum justum
-est, in quo virgines conjunguntur, et quod unam prolem tantum
-gignere debent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note129">
-<p><span class="label"><a href="#tag129">129</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo Schmidt osserva (II, 88) che solo i Bogomil, e i Concorrezesi
-avrebbero diritto di ammettere l'assoluto divieto del matrimonio,
-perchè secondo loro colla nascita di nuovi organismi si
-creano nuove anime, e nuove vittime del demonio. Ma non così
-dovrebbero pensare i dualisti assoluti, che ammettono o uno spirito
-solo o un numero determinato di anime trasmigranti. Queste
-finchè si purificano debbono pure passare per altri organismi, e
-non si capisce perchè si vieti a coloro che non sono ancora perfetti
-di porre al mondo nuovi organismi, e assicurarsi così la dimora
-durante l'espiazione che ancor resta da fare. L'osservazione
-parmi più ingegnosa che vera, perchè tutti i Catari debbono condannare
-come impuro il commercio del corpo, creatura del diavolo.
-E l'astensione dai piaceri corporei è il mezzo più acconcio
-perchè i meno perfetti si correggano. <span class="smcap">Eckberto</span>, sermo V, 6 (<span class="smcap">Gallandi</span>,
-XIV, 455) dice: Innotuit mihi per quosdam viros, qui exierunt
-de societate vestra .... dicitis enim quod fructus ille de quo
-praecepit Deus primo homini in Paradiso, ne gustaret ex eo, nihil
-aliud fuit nisi mulier .... Ex hoc probatis, omne genus humanum
-.... natum esse ex fornicatione et neminem salvari posse nisi purgatus
-fuerit per orationes et sanctificationes eorum, qui inter vos
-perfecti vocantur. Anche l'<span class="smcap">Hahn</span> (op. cit., I, 86), giustamente connette
-col principio fondamentale della mortificazione della carne
-il divieto della congiunzione carnale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note130">
-<p><span class="label"><a href="#tag130">130</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Liber inquisitionis tholosanae</i>, pag. 179: Item tu (Petre
-Raymonde de Hugonibus) ipse vitam corporalem volontarie tibi
-subtrahis .... quia posuisti te in illa abstinentia quam haeretici
-vocat <i>enduram</i>, in qua endura jam per sex dies sine cibo et potu
-stetisti; pag. 204: Montolina .... in ultimo fine suo posuit se in
-endura haereticorum, in qua endura sine infermitate alia multis
-diebus perdurans fuit hereticata (ebbe il consolamentum); pag. 33:
-Guilielma uxor quondam Martini de Proaudo .... mortemque corporalem
-sibi accelerans, sanguinem minuendo, balneum frequentando,
-potumque letisferum .... avide assumendo ad mortem festinavit.
-In altro luogo è detto che Guglielma pregò la sua infermiera quod
-omnino perforaret eam cum dicta alzena (sutoris) in latere in illa
-parte in qua erat cor (pag. 71). I Catari di Monteforte nel 1030 dichiararono
-secondo Landolfo seniore (<span class="smcap">Murat.</span> <i>Script.</i> IV, 90) proximus
-noster, antequam animum damus, quoquomodo interficit nos.
-In quanto al suicidio ricordiamo che S. Ambrogio e S. Crisostomo
-lodarono e la Chiesa santificò la fanciulla Pelagia, che per salvare
-il suo onore si precipitò dal tetto di sua casa. <span class="smcap">Lecky</span>, <i>History of
-European morals</i>, II, 49.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note131">
-<p><span class="label"><a href="#tag131">131</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Liber.</i> pag. 76: dicta Guilielma instanter petiit .... quod
-mors sibi acceleraretur timens capi per inquisitores.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note132">
-<p><span class="label"><a href="#tag132">132</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lami</span>, <i>Antichità toscane</i>, II, 556. <span class="smcap">Moneta</span>, 469: Cathari vero
-ponunt quod semper fuit malum (il giuramento) sicut adulterium
-et homicidium. <i>Summa</i>, 486: Item quod non licet jurare in aliquo
-casu, et ideo hoc esse peccatimi mortale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note133">
-<p><span class="label"><a href="#tag133">133</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ebrardus</span> in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, 241, adduce i testi biblici dei
-quali si servivano: objicis illud «nobite jurare omnino». Item objicis
-«sit sermo vester est, est: non, non».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note134">
-<p><span class="label"><a href="#tag134">134</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questa spiegazione parmi, o che io m'inganno, migliore di
-quest'altra adottata dallo Schmidt (II, 83): on ne rougit pas, en
-consentant à jurer de paraître capable de mensonge jusqu'à ce
-qu'on ait confirmé la vérité par un serment. L'orgoglio di volere
-essere creduto sulla semplice parola sarebbe un motivo molto impari
-al rigore del divieto, e poco conforme all'umiltà dei Catari.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note135">
-<p><span class="label"><a href="#tag135">135</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In una lettera scritta dalla chiesa di Liegi a Lucio II, nel
-1144, e riportata da Martene <i>Amplis. collect.</i> I, 776: Haeresis haec
-diversis distincta est gradibus, habet enim <i>auditores</i> qui ad errorem
-initiantur; habet <i>credentes</i>, qui iam decepti sunt (<span class="smcap">Schmidt</span>,
-II, 98). Petrus Vallisarnensis Historia Albigensium cap. 2: Sciendum
-autem quod quidam inter haereticos dicebantur Perfecti, sive
-Boni Homines, alii Credentes.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note136">
-<p><span class="label"><a href="#tag136">136</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Schmidt</span>, loc. cit., riproduce questo passo dagli atti dell'inquisizione
-di Carcassona. Non omnibus credentibus suis dicunt omnia
-... nisi solum bene suis familiaribus et bene firmis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note137">
-<p><span class="label"><a href="#tag137">137</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Catari tenevano a chiamarsi i veri seguaci di Cristo, e vivamente
-protestavano contro l'accusa di eresia. Lo Schmidt riporta
-dagli atti dell'Inquisizione di Carcassona (manoscritti della Biblioteca
-Nazionale di Parigi) questo passo: Malae gentes nos vocant
-haereticos, et nos sumus haeretici, imo sumus boni christiani. <i>Liber
-inquisitionis tholosanae</i> pag. 37: et nos omnes de ecclesia romana
-versa vice asserunt haereticos et errantes.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note138">
-<p><span class="label"><a href="#tag138">138</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Manus impositio vocatur ab eis consolamentum et spirituale
-baptisma sive baptisma Spiritus Sancti (<i>Summa</i>, pag. 48 b). L'inquisitore
-schernisce la funzione catara con un bisticcio linguistico
-secondo il gusto del tempo nel <i>Liber inquisitionis</i> pag. 33: consolamentum
-immo verius desolamentum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note139">
-<p><span class="label"><a href="#tag139">139</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, 278. Dicunt etiam quod a Diabolo fuit ille baptismus,
-et ad nihil utilis nisi ad impediendum Christi baptismum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note140">
-<p><span class="label"><a href="#tag140">140</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, pag. 52 a: caeteri Patres antiqui atque beatus Johannes
-Baptista fuerunt inimici Dei. Questa sarebbe stata l'opinione di
-Balasinanza, di Giovanni di Lugio (pag. 54 a), e dei più tra i Concorrezesi
-(pag. 55 a). <span class="smcap">Petrus Vallisarnensis</span>, cap. 2: Johannem
-Baptistam unum esse de majoribus Daemonibus asserebant. <span class="smcap">Ebrardus</span>,
-cap. 13: Diffidentes etiam de Domini praecursore vitam ejus
-repudiant et baptismum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note141">
-<p><span class="label"><a href="#tag141">141</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, 282. Ex quo patet quod Baptismus Ecclesiae alius est
-quam Baptismus Johannis et quam doctrina et impositio manuum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note142">
-<p><span class="label"><a href="#tag142">142</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, 280. In primis autem illud inducunt quod habetur
-Actorum VIII 14, 17. Ecce quod dicitur hic quod receperunt Spiritum
-Sanctum per impositionem manuum et non per baptismum
-aquae materialis, ergo in baptismo non datur peccatorum remissio.
-L'imposizione delle mani è certo il miglior simbolo del battesimo
-col fuoco, perchè il porre le mani sopra una parte del corpo ne
-aumenta il calore; ma ciò non pertanto parecchi catari alla stessa
-imposizione delle mani attribuivano poco valore. <i>Summa</i>, pag 48:
-Albanenses enim dicunt quod ibi manus nihil operatur, eum ipso
-ex Diabolo sit creata secundum eos, ut inferius dicetur, sed sola
-oratione dominica quam ipsi tunc dicunt qui manus imponunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note143">
-<p><span class="label"><a href="#tag143">143</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i> 48 b: Non sit aliqua remissio peccatorum si illi, qui
-manus imponunt sint tunc in aliquo peccato mortali. Racconta
-<span class="smcap">Eckberto</span>, sermo XI, 8, in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 480, fuit mihi concertatio
-de his rebus quadam vice in domo mea Buonae cum quodam
-viro qui suspectus erat nobis quod esset de secta Catharorum, et
-contigit ut incideremus ad loquendum de sacerdotibus malis, et
-dicebat ita de eis: Quomodo fieri potest ut qui tam irrationabiliter
-vivunt distribuant in Ecclesia corpus Domini?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note144">
-<p><span class="label"><a href="#tag144">144</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 274. Nullus Spiritum Sanctum habens potest
-peccare.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note145">
-<p><span class="label"><a href="#tag145">145</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 275. Notandum quod <i>aliqui</i> Cathari dicunt modo
-quod amitti potest, sed amissus recuperari non potest: sua fide recedendo,
-vel eum impugnando amittitur. Parmi che non ci sia tra i
-due passi contraddizione, come crede lo Schmidt; perchè il testo
-274 si riferisce ad alcuni Catari, e ad altri il 275.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note146">
-<p><span class="label"><a href="#tag146">146</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel Concilio lombariense del 1165 venner condannati quidam
-qui se faciebant appellari boni homines. <i>Liber sententiarum
-inquisitionis tholosanae</i>, pag. 6: et ipsos haereticos quos <i>bonos
-homines</i> appellas et dicis, tu asseris posse dare ad salutem spiritum
-sanctum illis quos recipiunt. Anche in Germania pare che
-prevalesse questa denominazione. Vedi l'anonimo di Passau in
-Gretser, XII, 2, 31: Sed perfecti qui consolati vocantur in Lombardia
-et in Theutonia <i>boni homines</i> vocantur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note147">
-<p><span class="label"><a href="#tag147">147</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, 48 b. Cathari quoque ad instar simiarum, quae hominis
-acta imitari conantur, quatuor habent sacramenta, falsa tamen
-et inania illicita et sacrilega quae sunt: manus impositio,
-panis benedictio, poenitentia, et ordo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note148">
-<p><span class="label"><a href="#tag148">148</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Sacconi</span> in <i>Summa</i>, 48 b: Panis benedictio est quaedam
-fractio panis quam ipsi quotidie faciunt tam prandio quam in coena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note149">
-<p><span class="label"><a href="#tag149">149</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, pag. 49 b. Fit etiam ista confessio publica coram
-omnibus, qui ibi sunt congregati, ubi multoties sunt centum et plures
-viri et mulieres et credentes eorum Cathari. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 305.
-Peccant autem circa confessionem arbitrantes quod non est necessarium
-eam fieri sacerdoti et quod sufficiat si fiat Deo soli. Pag. 306,
-objiciunt illud Ezech. quacumque hora ingemuerit peccator etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note150">
-<p><span class="label"><a href="#tag150">150</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, pag. 50 b, ordines Catharorum sunt quatuor. Ille qui
-est in primo et maxime ordine vocatur Episcopus. Ille qui in secundo
-filius major. Qui in tertio filius minor. Qui in quarto vocatur
-Diaconus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note151">
-<p><span class="label"><a href="#tag151">151</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Mortuo episcopo, filius minor ordinabat filium majorem in
-Episcopum. <i>Summa</i>, 51 a.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note152">
-<p><span class="label"><a href="#tag152">152</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Illa vero, quae supra dicitur de Episcopo mutata est ab omnibus
-Catharis morantibus extra mare, dicentibus quod per talem
-ordinationem videtur quod filius instituat patrem, quod satis apparet
-incongrum; unde fit modo aliter in hac forma, scilicet quod
-Episcopus ante mortem suam ordinat filium majorem in Episcopum.
-<i>Summa</i>, loc. cit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note153">
-<p><span class="label"><a href="#tag153">153</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Notiamo che lo Schmidt ammette tra le dottrine primitive
-del Catarismo la condamnation de l'ancien Testament comme
-oeuvre du démon (II, 273).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note154">
-<p><span class="label"><a href="#tag154">154</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Der Gnosticismus mit der alexandrinischen Religionsphilosophie
-und dem Neuplatonismus unter einen und denselben Gesichtspunkt
-gehört. Alle diese Erscheinungen haben etwas gemeinsames
-und verwandtes, sie sind ebenso religiöser als speculativer
-Natur. <span class="smcap">Baur</span>, <i>Vorlesungen über die christliche Dogmengeschichte</i>,
-I, 177.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note155">
-<p><span class="label"><a href="#tag155">155</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo Schmidt ben conosce l'antichità di questa tradizione (II, 253)
-Au onzième siècle ils sont ainsi appelés par le moine Adémar de
-Chabanois, par l'évêque Roger de Chalons etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note156">
-<p><span class="label"><a href="#tag156">156</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Non sarà inutile dare in questa nota un breve cenno dei
-gnostici, i più antichi precursori dei Catari. Tutti gli storici della
-Chiesa s'accordano nel dividere lo gnosticismo in due grandi categorie,
-l'alessandrino e l'orientale. Il primo s'inspira all'emanatismo
-delle ultime speculazioni greche, e non arriva in pratica fino
-alle estreme conseguenze ascetiche, come il divieto del matrimonio.
-Il secondo invece s'informa alle tradizioni orientali, e invece del monismo
-emanatistico pone uno spiccato dualismo. Alla prima categoria
-appartengono Basilide e Valentino, alla seconda Saturnino e
-Bardesane. Secondo Basilide, che insegnava in Alessandria intorno
-al 125 d. C., dall'Entità suprema (<i>theòs arrētos</i> l'Innominabile) emanano
-sette potestà (<i>dinàmeis</i>) che sono <i>noûs</i>, <i>lògos</i>, <i>phronēsis</i>, <i>sophia</i>,
-<i>dinamis</i>, <i>dìceosynē</i>, <i>eirēne</i>; ragione, verbo, saviezza, scienza,
-potestà, giustizia, pace, le quali formano il primo regno degli spiriti,
-<i>ouranòs</i>. Da questo primo cielo nasce un secondo, dal secondo un
-terzo e così di seguito fino a 365 cieli, coll'avvertenza che il seguente
-è sempre meno perfetto di quel che precede. L'ultimo cielo
-ha sette angeli, ciascuno dei quali è creatore del mondo terrestre;
-ma più di tutti il primo angelo (<i>ò ărchon</i>) che è il Dio adorato dagli
-Ebrei. Perchè lo spirito umano torni al regno celeste, la prima delle
-potestà, il nous, si unisce nel battesimo coll'uomo Gesù. Per Valentino
-[che nel 140 d. C. da Alessandria andò a Roma, e di là a Cipro
-ove morì nel 160] dall'Ente primo o <i>bitòs</i> profondità emanano le
-potestà, o eoni, come ei li vuol chiamati; ma non è l'ultimo eone,
-che crea il mondo, bensì un essere affatto impuro, ed escluso dal
-corpo degli Spiriti. Dalla Sofia infatti, ultimo eone, nasce una saggezza
-bastarda <i>Achamoth</i>, la quale errando fuori del Pleroma, o
-regno degli Eoni, dà vita alla materia, e nello stesso tempo produce
-il Demiurgo, che cotesta materia deve ordinare. Così nel mondo
-formato dal demiurgo combattono tre elementi, il pneumatico, lo
-psichico, e il materiale: e il corso del processo cosmico tende a separare
-lo spirito e l'anima dalla materia, restituendo il primo al
-regno degli spiriti, ed il secondo a quel luogo mediano, dove abita
-Achamoth. A compiere siffatto ritorno, da tutti gli eoni emana una
-nuova entità, il salvatore, a quel modo che per ristabilire la pace
-nel regno eonico, turbata dal parto di Sofia, erano emanati due
-altri eoni, cioè Cristo e lo Spirito Santo. Saturnino in Antiochia,
-contemporaneo di Basilide, ammetteva le emanazioni degradanti
-sino agli spiriti dei setti pianeti. Ma contro a questi buoni spiriti
-si leva il cattivo Spirito o Satana, il quale agli uomini ispirati dal
-buon Dio, o uomini della luce, oppone una generazione di uomini
-malvagi e tenebrosi. Per sottrarsi al contatto col cattivo Spirito i
-Saturniani si astenevano dal matrimonio e dal mangiar carne.
-<span class="smcap">Matter</span>, <i>Histoire du Gnosticisme</i>, I, 324-31; <span class="smcap">Neander</span>, <i>General
-History of the Christian Religion</i>, I, 14-26; <span class="smcap">Gieseler</span>, <i>Lehrbuch
-der Kirchengeschichte</i>, 4ª ed., I, pag. 179-192.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note157">
-<p><span class="label"><a href="#tag157">157</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo intreccio delle diverse eresie spiega i varii nomi dati
-a questi eretici. Dell'identificazione di <i>Catarini</i> con <i>Patarini</i>
-diremo più tardi. Il nome di <i>Cathari</i> ben presto per effetto dell'aspirata
-si tramutò in <i>Cazari</i> o <i>Gazari</i>. Come si fosse oscurato
-in breve tempo il significato primitivo della parola lo provano le
-curiose etimologie di Alano. Hi dicuntur Cathari; idest diffluentes
-per vitia, a Catha, quae est fluxus; vel Cathari, quasi casti, quia
-se castos et justos faciunt; vel Cathari dicuntur a cato, quia, ut
-dicitur, osculantur posteriora cathi in cujus specie, ut dicunt, apparet
-eis Lucifer. (Lib. I, c. 63). In Germania trovò favore questa
-ultima etimologia stante l'affinità di suono tra <i>Katze</i> (gatto) e <i>Ketzer</i>
-(<span class="smcap">Gieseler</span>, II, 2, pag. 540). I Catari furon detti <i>Pubblicani</i> [Concilio
-lateranense del 1179 in <span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 232: alii Catharos, alii Patrinos,
-alii Publicanos] corruzione di paoliciani. Forse un'ulteriore corruzione
-è il nome <i>Piphles</i>, che secondo <span class="smcap">Ecberto</span> (<span class="smcap">Gallandi</span>, XIV,
-pag. 447) sarebbe stato comune nelle Fiandre. Nella costituzione
-di Federico II (<span class="smcap">Huillard-Bréholles</span>, <i>Hist. dipl.</i>, IV, 298) sono
-detti anche Speronisti, da un vescovo cataro Sperone del secolo <span class="smcap lowercase">XII</span>
-(<span class="smcap">Schmidt</span>, II, 282). Si dissero <i>Bulgari</i>, dal luogo d'origine di questa
-setta, ed <i>Albigesi</i> dalla diocesi di Albi ove mise più profonde radici.
-Il nome bulgaro o corrottamente <i>bougre</i> significò più tardi al pari
-del tedesco <i>Ketzer</i> l'eretico in generale. In Francia si dissero
-<span class="smcap">Textores</span> o <span class="smcap">Tisserands</span> <i>ab usu texendi</i> dice Ecberto; perchè questo
-era il mestiere, cui si davan più volentieri i Catari, obbligati dalle
-loro leggi a campar la vita col lavoro, non d'accatto. Si dissero
-anche <i>Bonshommes</i>, perchè sappiamo già che boni homines si chiamavano
-i loro Perfetti. Finalmente si dissero talvolta <i>Manichei</i>
-ed <i>Ariani</i> per le simiglianze di dottrine tra cotesti eretici e i loro
-lontani progenitori. (<span class="smcap">Gieseler</span>, loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note158">
-<p><span class="label"><a href="#tag158">158</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La Gnosi di Saturnino, che s'adattava mirabilmente al dualismo
-orientale, da Antiochia si era rapidamente diffusa sino alla
-Persia, e preparava quel sincretismo di Cristianesimo e Parsismo,
-che fu più tardi predicato da Mani. Questo ardito novatore partiva
-dal presupposto dei due regni, l'uno di Dio o della luce, l'altro
-di Satana, delle tenebre o della materia. La quale opposizione si
-ripercuote in ogni uomo, dove accanto all'anima buona o luminosa
-s'asside la malvagia, che combatte e spesso vince la rivale. La
-malvagia per lungo tempo conservò incontrastato dominio, grazie al
-prevalere delle false religioni come il Paganesimo ed il Giudaismo,
-e tuttora le anime luminose sarebbero schiave, se a liberarle non
-fosse disceso dal Sole in terra uno spirito puro, Cristo, che per
-amor loro vestì un corpo apparente. Ma la dottrina cristiana non
-fu bene intesa dagli Apostoli, e peggio ancora dai successori. Onde
-occorreva un apostolo novello, che svelasse tutta la verità. Il qual
-paraclito ben s'intende essere Mani. Il Manicheismo rispondeva talmente
-ai bisogni del tempo, che non ostante il supplizio del suo
-fondatore per ordine del Re persiano Baharam (272-275 d. C.),
-crebbe in breve ora, e si distese nelle provincie del vicino Impero
-Orientale, e di là in Occidente, sfidando le ire degl'Imperatori
-(<span class="smcap">Gieseler</span>, I, 303-11).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note159">
-<p><span class="label"><a href="#tag159">159</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Priscilliano fondò la sua setta in Ispagna nel 379 d. C. L'anno
-dopo, 380, fu condannato nel Sinodo di Cesaraugusta, e per ordine
-dell'usurpatore Massimo giustiziato nel 385. I Priscillianisti, secondo
-la testimonianza di S. Agostino, <i>De haeres.</i>, c. 70, maxime Gnosticorum
-et Manichaeorum dogmata permixta sectantur. Non ostante
-le persecuzioni si conservarono sino al VI secolo (<span class="smcap">Gieseler</span>, I, 2,
-pag. 99-100).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note160">
-<p><span class="label"><a href="#tag160">160</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Paoliciani rimontano al 660 d. C., in cui un tal Costantino
-da Mananalide presso Samosata, appartenente alla setta gnostica
-di Marcione, ispirato dalla lettura di S. Paolo, si annunzia come
-restauratore della chiesa paolinica. A lui morto intorno al 684 succedono
-Simeone († 690), Paolo († 715), Gennasio († 745), Giuseppe
-(† 775), Baanes fino all'801, per opera dei quali il Paolicianismo si
-diffuse per tutta l'Asia Minore. Sergio che nell'801 si oppose a
-Baanes, accusato d'immoralità, si può tenere come il secondo fondatore
-della setta. Alla morte di Sergio accaduta nell'835 si decise
-di non nominare più un capo spirituale. Ma scoppiate le persecuzioni
-dell'imperatrice Teodora, i Paoliciani fuggirono sotto il comando
-di Corbeade, il quale ben presto fattosi lor capo, divenne
-così potente che unito ai Saraceni dette battaglia agl'Imperiali. Nè
-meno ardito fu il successore Crisocere, che nell'867 fino ad Efeso
-estese le sue scorrerie. Vinti poi dall'imperatore Basilio, che di
-persona li combattè nell'872, i Paoliciani si sottomisero al vincitore,
-ma non rinunziarono alla loro fede. Ed un secolo più tardi
-nel 970 l'imperatore Giovanni Zimisce li mandò in Tracia presso
-Filippopoli, ove, a patto che custodissero i confini dell'Impero, concesse
-loro piena libertà di coscienza. A cotesti paoliciani il Muratori
-riadduce i Catari, e non a torto, perchè la setta paoliciana è la più
-vicina alla catara sia pel tempo sia per gl'insegnamenti. Certo non
-si possono negare nel paolicianismo gl'influssi manichei, e per
-questo rispetto il manicheismo è la remota sorgente di tutte
-queste eresie dualistiche; ma oltre alle opinioni dualistiche il <span class="smcap">Gieseler</span>,
-II, 1, pag. 15 e segg., 400 e segg., rileva nel paolicianismo
-la condanna di ogni esteriorità nel culto. Anche il <span class="smcap">Neander</span>, op. cit.
-V, 362: They maintained that by the multiplication of external
-rites and cerimonies in the dominant church the true life of religion
-had declined. Dicevano lo stesso i Catari.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note161">
-<p><span class="label"><a href="#tag161">161</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ademaro</span>, <i>Cronaca</i>: Pauco post tempore per Aquitaniam
-exorti sunt Manichaei seducentes plebem. <span class="smcap">Duplessis</span>, 1, 5, riferisce
-l'avvenimento all'anno 1010; <span class="smcap">Pertz</span>, <i>Mon.</i>, <i>Germ. Script.</i>, IV, 138,
-all'anno 1018; <span class="smcap">Bouquet</span>, <i>Recueil</i>, X, 159, all'anno 1022.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note162">
-<p><span class="label"><a href="#tag162">162</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Decem ex canonicis Sanctae Crucis Aurelianensis, qui videbantur
-aliis religiosores, probati sunt esse Manichaei. Quos rex Rotbertus
-.... cremari iussit [<span class="smcap">D'Arg.</span>, 1, 5; <i>M. G. script.</i>, IV, 143; <span class="smcap">Bouquet</span>,
-X, 159]. <span class="smcap">Rod. Glaber</span>, <i>Hist.</i> lib. III, cap. 8 (<span class="smcap">Bouquet</span>, X, 35)
-darebbe il 1023; Tertio de vicesimo infra iam dictum millenium apud
-Aurelianensem urbem reperta est cruda ... haeresis. Ma la cronaca
-d'Auxerre (<span class="smcap">Bouquet</span>, X, 271), anticipa d'un anno: MXXII Aurelianis
-cremantur Clerici ... ac si denuo Manichaei haeretici. E questa
-data viene accettata dal Bouquet e dal Pertz, perchè è accertato
-in un documento pubblico [<span class="smcap">Bouquet</span>, X, 35, not. a]. Glaber
-ci conserva il nome di due capi degli eretici; quorum unus Lisoius
-in monasterio sanctae crucis clericorum clarissimus habetur, alter
-idem Heribertus ... capitale scholae tenebant dominium. Anche Ademaro
-(<span class="smcap">Pertz</span>, IV, 143; <span class="smcap">Bouquet</span>, X, 159) conosce uno di essi. Qui
-autem flammis iudicati sunt supradicti decem cum Lisoio, quem
-Rex valde dilexerat. Ma tanto Glaber come Ademaro riferiscono
-imperfettamente il fatto, perchè da un documento pubblicato dal
-D'Achery (<i>Spic.</i>, II, 167; <span class="smcap">Bouquet</span>, X, 536) intitolato <i>Gesta synodi
-Aurelianensis anno MXXII adversus novos Manichaeos</i> sappiamo
-che Eriberto nonchè capo era invece un prete recentemente convertito
-per opera dei due prelati Stefanus et Lisojus, apud omnes
-sapientia clari sanctitate seu religione magnifici. Questo Eriberto
-stava presso un Arefasto dei conti normanni, e tornato nella costui
-casa da Orleans, dove s'era recato per istruirsi, pare che volesse
-convertire il suo ospite alla nuova religione. Ma questi non che piegarsi
-alla nuova dottrina la denunziò al conte Riccardo con preghiera
-di parteciparla al re. Era una cosa ben grave che in Orleans
-fosse apparsa l'eresia, e che vi partecipassero alte persone del clero,
-e tenute da tutti in grande stima, come Stefano confessore della regina,
-ed un canonico cantore di nome Teodato morto tre anni innanzi
-nell'eresia (<span class="smcap">Ademaro</span> in <span class="smcap">Bouquet</span>, X, 159). Il re Roberto pensò
-quindi di riunire intorno a sè un sinodo di prelati, che interrogassero
-gli eretici. Stefano e Lisojo non smentirono le loro opinioni.
-Cumque ab hora diei prima usque ab horam nonam multifariam elaborarent
-omnes, ut illos a suo errore revocarent, et ipsi ferro duriores
-minime resipiscerent .... de gremio Sanctae Ecclesiae eiecti
-sunt. Qui cum ejicerentur Regina Stephani olim sui confessoris cum
-baculo, quem manu gestabat, oculum eruit ... deinde praeter unum
-clericum et unam monacham cremati sunt. La stessa narrazione
-d'accordo con Ademaro e Glaber ricorda le virtù dei capi dell'eresia.
-E se anche non ce lo dicessero le fonti, il fatto solo di non aver
-mentito nè abiurato sotto la minaccia del rogo prova una gran
-forza di convincimento e di carattere. Il che mal s'accorda colla
-leggenda che gli eretici usassero raccogliersi di notte in una casa
-ad invocare con canti il diavolo, che non tardava di comparire.
-Et tunc omnibus extinctis luminibus, quamprimum quisque poterat
-mulierem arripiebat: sine peccati respectu et utrum mater, aut
-soror, aut monacha haberetur. Ex quo spurcissimo concubitu infans
-generatus, octava die ... in igne cremabatur. Cinis veneratione
-colligebatur atque custodiebatur. Simili favole non inventarono
-un tempo i Pagani in danno dei Cristiani?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note163">
-<p><span class="label"><a href="#tag163">163</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Glaber</span>, loc. cit. Fertur a muliere quadam ex Italia procedente
-haec insanissima haeresis in Gallis exorta. Ademaro la fa
-venire dal Perigord (<i>ipsi decepti a quodam rustico Petragoricensi</i>),
-il che non esclude che nel Perigord fosse importata dall'Italia.
-Anche per l'eresia di Cambrai del 1025 dicono gli atti del
-Sinodo di Arras <i>ab Italiae finibus advenisse</i> (<span class="smcap">Mansi</span>, Conc., XIX,
-425. <span class="smcap">Bouquet</span>, X, 540).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note164">
-<p><span class="label"><a href="#tag164">164</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi in <span class="smcap">Muratori</span> (<i>Antiq. Ital.</i>, Diss. 60) il decreto di Ottone
-IV: omnes hereticos Ferrarie commorantes, Patharenos sive
-Gazaros imperiali banno subiacere, nisi ad unitatem Ecclesie secundum
-mandatum Ferrariensis episcopi convertantur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note165">
-<p><span class="label"><a href="#tag165">165</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>, l. c., pag. 446: Et pro molendinis Patarinorum,
-et Petri de Cagnense dentur eis pro cambio molendina quae fuerent
-Bachedeferro ad congruum et convenientem fictum. Il documento
-è dell'anno 1192. Non essendo nominato il proprietario cataro
-il Muratori crede che il molino fosse una proprietà collettiva
-degli eretici, che ivi teneano le loro adunanze. Lo Schmidt sospetta
-che il passo dello stesso documento: Molendina Patarinorum penitus
-destruantur, accenni a misura presa contro gli eretici, invece
-trattasi di un'espropriazione per utilità pubblica, come si direbbe
-oggi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note166">
-<p><span class="label"><a href="#tag166">166</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lami</span>, (<i>antichità toscane</i>, II, 491) che riporta da una cronaca
-questo passo: MCLXXIII, XVIII. Kal. Maij: Indictione <span class="smcap lowercase">VI</span>: propter
-Paterinos amissum est officium in civitate Fiorentina. Ma da questo
-passo male induce il Lami che l'eresia non si propagasse prima
-del 1170 contro la testimonianza del Villani e di Simone della Tosa.
-E come nel breve giro di tre anni l'eresia poteva acquistare tanta
-forza, quanta gliene attribuisce il cronista? Lo stesso Lami pag. 496
-dice: «che favoreggiavano e sostenevano Filippo Paternon (vescovo
-cataro) alcuni possenti cittadini .... Barone di Barone, Pulce
-di Pulce, Gherardo Cipriani, Chiaro di Manetto, Conte di Lingraccio,
-Uguccione di Cavalcante, e le famiglie Saraceni e Malpreso».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note167">
-<p><span class="label"><a href="#tag167">167</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi sui Patarini di Orvieto lo studio del Fumi. <i>Arch. Stor.</i>,
-1875, 4ª dispensa.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note168">
-<p><span class="label"><a href="#tag168">168</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vita di Gregorio IX, <span class="smcap">Murat.</span>, <i>Script.</i>, III, 578. <span class="smcap">Ficker</span>, <i>Die
-gesetzliche Einführung der Todestrafe für Ketzer</i>, pag. 207.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note169">
-<p><span class="label"><a href="#tag169">169</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ioachim in Apoc., f. 131, 167.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note170">
-<p><span class="label"><a href="#tag170">170</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ademaro all'anno 1022 (<span class="smcap">Pertz</span>, IV, 143): Nihilominus apud
-Tolosam inventi sunt Manichei, et ipsi destructi et per diversas
-occidentis partes nuntii antichristi exorti, per latibula sese occultare,
-curabant et quoscumque poterant viros et mulieres subvertebant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note171">
-<p><span class="label"><a href="#tag171">171</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Anselmi</span>, <i>Gesta episc. Leod.</i> (<i>M. G. Scrip.</i>, VI, 228). Ut ipsi,
-eisque comunicantes catholica communione priventur. Ivi, 227. Qui
-non vult mortem peccatorum .... sed per pacientiam et longanimitatem
-suam novit peccatores ad poenitentiam reducere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note172">
-<p><span class="label"><a href="#tag172">172</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mansi</span>, <i>Concilia</i>, XIX, 742. Et quia novi haeretici in gallicanis
-partibus emerserant eos excommunicavit, illis additis qui ab
-eis aliquod munus vel servitium acciperent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note173">
-<p><span class="label"><a href="#tag173">173</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mansi</span>, (<i>Concilia</i>, XIX, 424) riferisce gli atti del concilio di
-Arras tenuto nel 1025 da Gerardo vescovo di Cambray ed Arras.
-Riproduco questo passo col. 425: At illi referunt se esse auditores
-Gandulfi cuiusdam ab Italiae partibus viri, et ab eo evangelicis mandatis
-et apostolicis informatos, nullamque praeter hanc scripturam
-se recipere, sed hanc verbo et opere tenere. Rodolfo Coggeshale
-nella sua cronaca (<span class="smcap">Bouquet</span>, XVIII, 92), racconta di una bella
-fanciulla di Cambray, che scopertasi per catara o publicana ad
-un chierico, che le chiedeva amore, fu da costui denunciata ai superiori
-ecclesiastici. La fanciulla alle dimande dei giudici non
-seppe rispondere, ma ingenuamente se ne rimise alla sua maestra,
-il cui nome candidamente svelò. Furono condannate entrambe. La
-maestra riescì a fuggire in un modo miracoloso, secondo il cronista,
-ma la fanciulla igne consumpta est non sine admiratione
-multorum, cum nulla suspiria, nullos fletus, nullum planctum emitteret,
-sed omne conflagrantis incendii tormentum constanter alacriter
-perferret, instar martyrum Christi, qui olim pro christiana
-religione a paganis trucidabantur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note174">
-<p><span class="label"><a href="#tag174">174</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Anselmi</span>, <i>Gesta episc. Leod.</i> (<i>M. G. Script.</i>, IV, 228) non
-aliam condempnationis eorum causam cognoscere potuimus quam
-quia cuilibet episcoporum iubenti, ut pullum occiderent, inoboedientes
-extiterant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note175">
-<p><span class="label"><a href="#tag175">175</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Caesar Heisterbach</span>, V, 19. Arnoldus discipulorum capitibus
-manum imponens, ait: Constantes estote in fide vestra .... virgo
-quondam speciosa, et quorundam compassione ab igne subtracta
-.... ex manibus illorum (tenentium) elapsa, facie veste tecta, super
-extincti (Arnoldi) corpus ruit. Anche il Cantù in un passo, che riferiremo
-in seguito, ricorda senza citare la fonte, una fanciulla lombarda,
-che si getta nel rogo per morirvi insieme coi suoi parenti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note176">
-<p><span class="label"><a href="#tag176">176</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Guillelmus Neubrigensis</span>, <i>De rebus anglicis</i>, II, 13, in
-<span class="smcap">D'Argentré</span>, <i>Collectio iudiciorum</i>, I, 61. Duce quodam Gerardo
-.... solus aliquantulum litteratus; caeteri vero sine litteris et idiotae
-.... Princeps praecepit haereticae infamiae characterem frontibus
-eorum inuri, et spectante populo, virgis coercitos urbe espelli.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note177">
-<p><span class="label"><a href="#tag177">177</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Epist. Inn. III, Lib. IX, 26. Illis autem qui orthodoxae fidei
-zelo succensi ad vindicandum sanguinem iustum .... viriliter se
-accinxerint .... suorum remissionem peccaminum a Deo eiusque
-vicario secure promittatis indultam (<span class="smcap">Petri Vallium Sarnay</span>, <i>Hist.</i>
-in <span class="smcap">Bouquet</span>, XIX, 13).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note178">
-<p><span class="label"><a href="#tag178">178</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Gaufridus</span> in <span class="smcap">Bouquet</span>, XII, 448.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note179">
-<p><span class="label"><a href="#tag179">179</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Croisade contre les Albigeois</i>, trad. Fauriel, v. 8693. Si pour
-avoir attisé le mal et éteint le bien, égorgé les femmes et massacré
-des enfants, un homme peut en ce monde conquerir le règne
-de Jesus-Christ, le comte doit porter couronne et resplendir dans
-le ciel.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note180">
-<p><span class="label"><a href="#tag180">180</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Croisade</i> v. 1055 et le monde entier leur court sus et leur
-porte haine plus qu'a sarrasins.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note181">
-<p><span class="label"><a href="#tag181">181</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Caesar Heist.</span>, VI, 21, pag. 383 (ed. Col. 1591). Cedite eos,
-novit enim Dominus qui sunt eius. Il numero dei morti ce lo dà
-Pietro di Vaux Cernay, <i>Hist.</i>, cap. <span class="smcap lowercase">XV</span> (<span class="smcap">Bouquet</span>, XIX, 20): Statim
-intrantes a minimo ad maximum omnes fere necant, tradentes
-incendio civitatem .... fuerunt usque ad septem millia de ipsis
-Biterrensibus interfecti. <i>Croisade</i>, v. 193. On ne pouvoit leur faire
-pis, on les égorgea tous, on égorgea jusqu'à ceux qui s'étaient
-réfugiés dans la cathédrale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note182">
-<p><span class="label"><a href="#tag182">182</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Quadringenti combusti sunt, caeteri (quinquaginta) patibulis
-appensi. (<span class="smcap">Caesar Heist.</span>, loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note183">
-<p><span class="label"><a href="#tag183">183</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">P. de V. Cernay</span> (<span class="smcap">Bouquet</span>, XIX, 32). Ne timeatis, quia credo
-quod paucissimi convertentur .... erant autem perfecti haeretici
-centum quadraginta vel amplius. Praeparato igitur igni copioso,
-omnes in ipso projiciuntur. <i>Croisade</i>, v. 1082. Et ils brûlèrent
-maint felon d'hérétique fils de pute chienne, et mainte folle mécréante
-qui brait dans le feu.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note184">
-<p><span class="label"><a href="#tag184">184</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Croisade</i>, v. 1551 e segg. Car jamais dans la chrétienté si
-haut baron ne fut, je crois, pendu avec tant d'autres chevaliers à
-ses côtés. Car des chevaliers seulement, il en fut là compté plus
-de quatre-vingts, à ce que me dit un clerc. Quant à ceux de la
-ville on en ressembla dans un prè, jusqu'à quatre cents, qui furent
-brûlés et grillés sans y comprendre Dame Giraude que les (croisés)
-jettèrent dans un puits et couvrirent de pierres, dont ce fut dommage
-et pitié.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note185">
-<p><span class="label"><a href="#tag185">185</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Guillelmi de Podio Laurentii</span> in <span class="smcap">Bouquet</span>, XIX, 220. Et
-promisit quod iustitiam debitam faciet sine mora de haereticis manifestis
-.... Inquiret etiam diligenter .... solvat usque ad biennium
-duas marcas argenti, et exinde in perpetuum unam, ei qui
-haereticum ceperit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note186">
-<p><span class="label"><a href="#tag186">186</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ficker</span>, <i>Die gesetzliche Einführung der Todesstrafe für die
-Ketzerei</i> (<i>Mittheilungen des K. Instituts für österr. Geschichtforschung.</i>,
-1880, II. Heft, pag. 180 e seg.). <span class="smcap">Havet</span>, L'<i>Hérésie et le
-Bras séculier dans le moyen âge</i> (Bibliot. de l'école des chartes,
-1880, pag. 489 e seg.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note187">
-<p><span class="label"><a href="#tag187">187</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ficker</span>, loc. cit., che cita <i>Mon. Germ. Script.</i>, XVIII, pag. 402.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note188">
-<p><span class="label"><a href="#tag188">188</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mansi</span>, <i>Concilia</i>, XXII, 157, electis ac statutis iudicibus ab
-utraque parte.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note189">
-<p><span class="label"><a href="#tag189">189</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Rogero de Hoveden</span>, <i>Annales</i>, Francf. 1601, 575 in <span class="smcap">Schmidt</span>,
-pag. 79.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note190">
-<p><span class="label"><a href="#tag190">190</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In Christi nomine ego H. episcopus de Guarnasia, legatus
-domine Imperatoris Henrici et semper augusti, venientes Pratum
-pro facto domini imperatoris, bona patarenorum et patarenarum
-ibi morantium fecimus pubblicari et domos eorum fecimus subverti
-et destrui. Questo documento fu pubblicato dal Lami (<i>Antichità</i>,
-II, 523).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note191">
-<p><span class="label"><a href="#tag191">191</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Decreto di Ottone IV (in <span class="smcap">Murat.</span>, <i>antiq. Ital. med.</i> V, 89) Ferrara
-1210, omnes haereticos, Ferrarie commorantes Patharenos
-sive Cataros .... imperiali bauno subjacere .... omnia eorum
-mobilia et immobilia publicentur et domus .... destruantur et
-ulterius non liceat alicui eas reaedificare.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note192">
-<p><span class="label"><a href="#tag192">192</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Decreto di Federico II in <span class="smcap">Houillard-Bréholles</span>, II, 2-6:
-omnes haereticos .... perpetua damnamus infamia, diffidamus atque
-bannimus censentes ut bona talium confiscentur nec ad eos ulterius
-revertantur ita quod filii ad successionem eorum pervenire
-non possint.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note193">
-<p><span class="label"><a href="#tag193">193</a>.&nbsp;&nbsp;</span>V. la lettera di Federigo II a Gregorio IX del 28 febbraio 1231
-in <span class="smcap">Bréholles</span>, III, 268-269. Quia igitur ex apostolicae provisionis
-instantia qua tenemini ad extirpandam haereticam pravitatem potentiam
-nostram ad ejusdem haeresis exterminium precibus et monitis
-excitatis, ecce ad vocem virtutis vestrae zelo fidei quo tenemur
-ad fovendam ecclesiasticam unitatem gratanter assurgimus
-.... et omnibus innotescat nos ardenti voto zelare pacem Ecclesiae
-et adversus hostes fidei et ad gloriam et honorem matris Ecclesiae
-ultore gladio potenter accingi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note194">
-<p><span class="label"><a href="#tag194">194</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. la costituzione del 1231 in <span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 7 presentis
-nostre legis edicto damnatos mortem pati Patarenos decernimus,
-quam affectant, ut vivi in conspectu populi comburantur flammarum
-commissi judicio. Questa costituzione che era stata già pubblicata
-per la Lombardia nel 1224 (<span class="smcap">Bréholles</span>, II, 421-23) fu ripubblicata
-per la Germania nel 1232 (<span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 298), nel 1238
-(Bréholles, V, 201) e nel 1239 (<span class="smcap">Bréholles</span>, V, 279).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note195">
-<p><span class="label"><a href="#tag195">195</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Constituzione del 1232 in <span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 302, fratres ordinis
-praedicatorum de Wirceburg pro fidei negotio in partibus Theotoniae
-contra hereticos deputatos .... sub nostra et imperii speciali
-defensione receptos, et quod apud omnes sub ope ac recommendatione
-fidelium imperii esse volumus inoffensos.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note196">
-<p><span class="label"><a href="#tag196">196</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Constituzione citata, p. 301, per viros ab eodem errore conversos
-ad fidem nec non per alios qui eos de haeresi convicerunt,
-quod in hoc casu licite concedimus faciendum, evidens testimonium
-habeatur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note197">
-<p><span class="label"><a href="#tag197">197</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Liber inquisitionis tholosanae</i>, pag. 80, crimen heresis
-propter sua immanitate et enormitate non solum in vivis sed
-etiam in mortuis per jura promptissima debeat vindicari; pag. 81:
-predictas domos (dove morirono alcune catare) cum suis appendiciis
-.... funditus demendas; pag. 162: et maxime in casu in quo delinquentis heredes ob culpam sui actoris ad successionem admitti
-non debent, non obstante quod ipsis viventibus interveniente ipsorum
-morte per sentenciam non extit declaratum. V. la costituzione
-di Federico, in <span class="smcap">Bréholles</span>, IV, 302, haeredes et posteros usque ad
-secundam progeniem beneficiis cunctis temporalibus, pubblicis officiis
-et honoribus imperiali auctoritate privantes.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note198">
-<p><span class="label"><a href="#tag198">198</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>, <i>Antiq. Ital.</i> (ed. Arretii 1778, XII, 463-558):
-Die <span class="smcap lowercase">XII</span>, exeunte Decembri nova mulier filia quondam Mainardini
-de Maderio et uxor Johannini de Achille.... iurato in praesentia
-venerabilis patris Domini Alberti, Dei gratia, Episcopi Ferrarensis....
-et dixit quod passa est circa novem annos in oculo dextro.
-Et hodie personaliter contulit se ad maiorem Ecclesiam, ubi requiescit
-corpus viri Dei Armanni.... oblationes obtulit. Qua oblata
-tumor evanuit et visura recepit pag. 465. Marinellus Calegarius....
-coepit ire libere et sine baculo, pag. 468. Perpudam de Adria paraliticam
-toto corpore et lingua, ita quod non poterat loqui nec
-ire, et nunc liberata est pag. 478. Aloysia de Layde de Brestello....
-suo sacramento dixit quod ipsa fuit detenta et oppressa
-ex duobus spiritibus malignis.... quum ipsa hodie venisset ad tumulum
-beati Armanni.... liberata est, pag. 485.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note199">
-<p><span class="label"><a href="#tag199">199</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anno millesimo ducentesimo quinquagesimo quarto.... Armannus
-venit ad praesentiam Fratris Aldovrandini Prioris Fratrum
-Praedicatorum etc. in quorum manibus abiuravit omnem haeresim
-(pag. 532).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note200">
-<p><span class="label"><a href="#tag200">200</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Muratori dice male, pag. 496: is vivebat vitam Pauperum
-de Lugduno; perchè una testimone ci sa dire perfino a quale tra
-le sètte catare appartenesse: fuit credens Haereticorum sectae de
-Bagnolo (pag. 504).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note201">
-<p><span class="label"><a href="#tag201">201</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Albertinus qui fuit Haereticus.... iuratus dicit quod ipse
-Pungilupus fuit catharus consolatus, recepit manus impositionem
-in Verona a Domino Alberto Episcopo sectae de Bagnolo (pag. 513).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note202">
-<p><span class="label"><a href="#tag202">202</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Detrahendo ministris Ecclesiae, appellando eos Daemones et
-Lupos rapaces (pag. 526).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note203">
-<p><span class="label"><a href="#tag203">203</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Et corpus eius profanum et ossa extumulari, et extra Ecclesiam
-projici et ignibus concremari arcani lapideam.... et altare....
-dirui, destrui et penitus dissipari.... omnes etiam sculpturas
-et imagines.... destrui et abradi (pag. 550 e segg.)</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note204">
-<p><span class="label"><a href="#tag204">204</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, 54 b. Est etiam valde notandum quod praedictus
-Johannes et ejus complices non audent revelare dictos errores
-credentibus suis, ne ipsi credentes discedant ab iis. Anche i valdesi
-seguono queste precauzioni, come riferisce Davide nel suo
-Trattato su codesti eretici (p. 34 ed. Preger): Non enim facile
-cuiquam aperiunt secreta erroris sui, nisi postquam securi sunt quod
-credat eis in omnibus, timentes quod recedat ab eis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note205">
-<p><span class="label"><a href="#tag205">205</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Catari di Arras dichiararono nel concilio del 1025 (<span class="smcap">Mansi</span>,
-XIX, col. 425). Lex et disciplina nostra quam a Magistro accepimus,
-nec evangelicis decretis, nec apostolicis sanctionibus contraire
-videbitur .... Haec namque hujusmodi est mundum relinquere,
-carnem a concupiscentiis froenare, de laboribus manuum
-suarum victum parare, nulli laesionem quaerere, charitatem cunctis
-quos zelus hujus propositi teneat exhibere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note206">
-<p><span class="label"><a href="#tag206">206</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonacc.</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, 44 b: Doctores autem damnant omnes.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note207">
-<p><span class="label"><a href="#tag207">207</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Eckbertus</span> in <span class="smcap">Gallandi</span>, XIV, 447: Muniti sunt verbis sacrae
-scripturae quae aliquo modo sectis eorum concordare videntur, et
-ex eis sciunt defendere errores suos, et oblatrare catholicae veritati.
-Per questo studio che gli eretici ponevano nella Bibbia il concilio
-di Tolosa del 1229 severamente proibì: ne libros veteris Testamenti
-aut novi Laici permittantur habere nisi forte Psalterium,
-vel Breviarum pro divinis officiis .... sed ne praemissos libros
-habeant in vulgari translatos (<span class="smcap">D'Argentré</span>, <i>Collectio</i>, I, 76 b).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note208">
-<p><span class="label"><a href="#tag208">208</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo stesso Eckberto osserva mestamente nel luogo citato:
-Et est non parva verecundia nostri, qui litteras sciunt, ut sint muti
-et elingues in conspectu illorum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note209">
-<p><span class="label"><a href="#tag209">209</a>.&nbsp;&nbsp;</span>S. Pietro Damiani gl'indirizza una lettera (I, 1), nella quale
-s'impromette dal nuovo papa la fine degli scandali: Reprimatur
-avaritia ad episcopales infulas anhelantium, evertantur cathedrae
-columbas vendentium numulariorum .... Primo Pisaurensis Ecclesia
-bonae spei clarum dabit iudicium. Nisi enim praedicta Ecclesia
-de manu illius adulteri, incestuosi, perjuri, atque raptoris
-auferatur, omnis populorum spes, quae de reparatione mundi erecta
-fuerit, funditus enervatur. Cfr. Epist. I, 2, allo stesso: Avaritiae
-quippe et elationis igne succensi, ambiunt quidem ad sacerdotium
-promoveri, sed non student digni sacerdotes fieri.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note210">
-<p><span class="label"><a href="#tag210">210</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Damiani</span>, <i>Opere</i> (Parigi 1664) III, 54: Quis enim nesciat...
-per occidentalia regna virus simoniacae haereseos lethaliter ebullisse,
-ita ut quod passim flebant, licenter admissum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note211">
-<p><span class="label"><a href="#tag211">211</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Damiani</span>, Epist. I, 12: Arma potius, arma corripimus, vibrantia
-telis tela conserimus et non verbo sed ferro contra nostrae
-ordinis regulam dimicamus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note212">
-<p><span class="label"><a href="#tag212">212</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Landulphi Senioris</span>, <i>Mediol. Hist.</i>, I, 88: Qui Girardus cum
-ante ejus vultum venisset, promptissimum gerens ad passionem animum
-laetum si vitam suppliciis gravissimis finiret, vultu alacri ad
-omnia respondere paratus astitit.... Nemo nostrum uxore carnaliter
-utitur, sed quasi matrem aut sororem diligens tenet. Carnibus nunquam
-vescimur .... omnem nostram possessionem cum omnibus
-hominibus communem habemus .... Pontificem habemus non illum
-Romanum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note213">
-<p><span class="label"><a href="#tag213">213</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Come dice il cronista Landolfo, III, 18. Venientes namque
-quidam suburbani diversis, ac variis dogmatibus irretiti, et Arialdus
-ipse, et ipse quem animo prae omnibus diligebat, et aliquantis
-cum Laicis, qui Girardi de Monteforte sententias fere consentiebant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note214">
-<p><span class="label"><a href="#tag214">214</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Alanus</span>, pag. 7. Item Christus ait in Evangelio: venit enim
-princeps mundi hujus et in me non habet quicquam. Ibi Luciferum
-vocat principium mundi potius quam Christus .... Si peccatum in
-carne est, et caro sine peccato esse non potest, caro malum est et ita
-a Deo non est. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 80: Unum (testimonium) est illuc
-Ecclesiastae, I, 2, <i>Vanitas vanitatum et omnia vanitas</i> et loquitum
-de creaturis istis visibilibus et transitoriis. Quomodo autem potest
-esse quod in operibus boni Dei aliqua vanitas sit?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note215">
-<p><span class="label"><a href="#tag215">215</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Gretser</span>, XII, II, 10, cum et Gazari et Patareni Waldenses
-fuerint, uno ex stipite Waldo prognati.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note216">
-<p><span class="label"><a href="#tag216">216</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi, pag. 7. Consentiunt ferme auctores sectam Waldensium
-extitisse in Gallia progenitore Petro Waldo circa annum Domini
-MCLX.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note217">
-<p><span class="label"><a href="#tag217">217</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">V. Schmidt</span>, II, 268 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note218">
-<p><span class="label"><a href="#tag218">218</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ecco il principio del capitolo in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 55: Supra dictum
-est sufficienter de haeresi Catharorum, nunc dicendum est de
-haeresi leonistarum, sive pauperum de Lugduno, qui sunt divisi in
-duas partes. È chiaro da quell'opposizione supra.... nunc, che
-l'eresia di Lione non si può confondere con nessuna delle frazioni
-catare di cui parla di sopra. Ed è giusto quel che dice il Cantù
-(<i>Gli eretici</i>, I, 79) che Raniero distingue affatto i Catari dai Valdesi.
-Ma in nessun luogo il buon frate parla di Valdesi, progenitori
-degli Albigesi. Nè sarebbe potuto cadere in questo errore egli,
-che a pag. 51 annovera le chiese albigesi tra le catare di Francia,
-Tholosana, Carcassensis, Albigensis, e a pag. 55 nota che tutte
-e tre queste chiese si attengono alla dottrina di Balasinanza. Del
-resto il Cantù sembra non abbia un chiaro concetto del rapporto
-tra Catari e Valdesi, che mentre a pag. 79 li distingue sulla testimonianza
-del Sacconi, a pag. 77 li confonde in uno. <i>I suoi seguaci
-[di Pietro Valdo] si dissero poveri di Lione o Catari, cioè puri.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note219">
-<p><span class="label"><a href="#tag219">219</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stefano</span> in <span class="smcap">Duplessis</span>, I, 78: Waldenses autem dicti sunt
-a primo huius haeresis auctore, qui nominatus fuit Waldensis.
-Dicuntur etiam Pauperes de Lugduno, quia ibi inceperunt in professione
-paupertatis, pag. 89. De Manicheis Patharenis vel Burgaris
-.... originem habuerunt a quodam Persa, dicto Manes, qui
-vere Maniacus etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note220">
-<p><span class="label"><a href="#tag220">220</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Illi quidem Waldenses contra alios acutissime disputabant.
-(<span class="smcap">Duplessis D'Argentré</span>, I, 94).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note221">
-<p><span class="label"><a href="#tag221">221</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Sacconi</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 55: et illud dicunt de justitia
-saeculari, quod non licet Regibus et Principibus et Potestatibus
-punire malefactores. Sospetto che innanzi a <i>punire</i> si debba mettere
-<i>mortaliter</i>, come nel luogo del Sacconi già riportato a p. 89
-n. 1, che riguarda i Catari. Si potrebbe intendere il passo del
-Sacconi nel senso che non si debbano punire come malfattori
-quelli che si allontanano dalla Chiesa, ed in favore di questa interpetrazione
-si potrebbe addurre questo passo dell'anonimo di
-Passau: Quod nullus est cogendus ad fidem (<span class="smcap">Gretser</span>, XII, II,
-8: ecc.) e questo altro dalle annotazioni marginali alla somma del
-Sacconi riportate dal D'Argentré, I, 50: quod non licet corporalem
-iustitiam facere, vale a dire che per le opinioni religiose non si
-debbano applicare pene corporali, bensì spirituali quali l'ammonizione
-o la scomunica. Ma parmi più probabile la correzione da
-me proposta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note222">
-<p><span class="label"><a href="#tag222">222</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Historia Albingensium</i>, cap. 2, longe minus perversi ....
-in multis cum nobiscum conveniebant .... in quatuor consistebat
-error eorum: in portandis sandalis .... nulla ratione iurandum
-vel occidendum .... quemlibet eorum abque ordinibus posse conficere
-corpus Christi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note223">
-<p><span class="label"><a href="#tag223">223</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Tractatus de inquisitione haereticorum</i>, ed. <span class="smcap">Preger</span>, p. 25:
-Postulantes autem a Domino papa Innocentio III hanc vivendi formam
-auctoritate sua sibi ut sequacibus confirmari, adhuc recognoscentes
-primatum apud ipsum residere apostolicae potestatis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note224">
-<p><span class="label"><a href="#tag224">224</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 390, arbor ex fructibus cognoscitur ut habetur
-(Matth. 7, v. 7), fructus autem Romanae ecclesiae malus est, ergo
-romana Ecclesia mala est. Questa citazione non solo è comune ai
-Catari e Valdesi, ma anche ai Cattolici che volevano separato il
-temporale dallo spirituale. Valgan per tutti le terzine di Dante:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Soleva Roma, che il buon mondo feo</p>
-<p class="i02"> Due Soli aver, che l'una e l'altra strada</p>
-<p class="i02"> Facean vedere, e del mondo e di Deo.</p>
-<p class="i01">L'un l'altro ha spento: ed è giunta la spada</p>
-<p class="i02"> Col pastorale; e l'uno e l'altro insieme</p>
-<p class="i02"> Per viva forza mal convien che vada;</p>
-<p class="i01">Perocchè, giunti, l'un l'altro non teme,</p>
-<p class="i02"> Se non mi credi, pon mente alla spiga,</p>
-<p class="i02"> Ch'ogni erba si conosce per lo seme.</p>
-<p class="i12"> (<i>Purg.</i>, <span class="smcap lowercase">XVI</span>, 106-114).</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note225">
-<p><span class="label"><a href="#tag225">225</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ecclesia dei non occidebat (<span class="smcap">Moneta</span>, 394). Et homicidas deputant
-et perditos qui praedicant pugnandum contra Saracenos vel
-Albigenses. (<span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 88 b).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note226">
-<p><span class="label"><a href="#tag226">226</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 87 a: Pauperes de
-Lugduno, quia ibi inceperunt in professionem paupertatis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note227">
-<p><span class="label"><a href="#tag227">227</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'Anonimo di Passau in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 93: Quod Clerici et
-Claustrales non debeant praebendas habere .... quod Episcopi et
-abbates non debeant iura regalia habere. <span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in
-<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 89. Quod nostri clerici et sacerdotes qui habent
-divitias et possessiones sunt filii Diaboli et perditionis. <span class="smcap">Davide</span> ed.
-Preger, pag. 34: Papa et episcopi nostri et clerici qui divicias seculi
-habent et sanctitatem apostolorum non imitantur, non sint
-ecclesiae gubernatores, nec talibus dignetur Christus dilectam
-sponsam suam ecclesiam committere, qui eam potius prostituant
-malis exemplis et malis operibus, quam virginem castam Christo
-exhibeant, custodiendo eam in illa puritate quam accepit ab ipso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note228">
-<p><span class="label"><a href="#tag228">228</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonacursus</span> in <span class="smcap">D'Achery</span>, <i>Spicileg.</i>, I, 209, riferisce che i
-Catari beatum Sylvestrum dicunt antichristum fuisse .... a tempore
-illius dicunt Ecclesiam esse perditam. Secondo il Sacconi,
-<i>Summa</i>, pag. 55 b, i poveri di Lione dicono: quod Ecclesia romana
-non est Ecclesia Christi; i poveri lombardi aggiungono: Ecclesia
-Christi permansit in episcopis et aliis praelatis usque ad b. Silvestrum
-et in eo defuit quousque ipsi eam restaurarunt, tamen dicunt
-quod semper fuerint aliqui, qui Deum timebunt, et salvabuntur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note229">
-<p><span class="label"><a href="#tag229">229</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 397. Ad detestationem etiam Romanae ecclesiae
-induxit haereticus illud (<i>Apoc.</i>, 17, v. 3), ubi Johannes dicit
-se vidisse mulierem sedentem super bestiam coccineam .... Et in
-fine eiusdem «et mulier quam vidisti est civitas magna, quae habet
-regnum super reges terrae» non est dubium quod Romana Ecclesia
-tunc dominium habebat super reges terrae. <span class="smcap">Stefano di Borbone</span>
-in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 89, dicunt Ecclesiam Romanam Babylon meretricem
-de qua dicitur <span class="smcap lowercase">XVII</span> <i>Apoc.</i> Questa interpretazione allegorica
-della Apocalissi fu accolta non pure dai Valdesi, ma benanco dai
-cattolici Ghibellini.
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Di voi, Pastor, s'accorse il Vangelista</p>
-<p class="i02"> Quando Colei, che siede sovra l'acque,</p>
-<p class="i02"> Puttaneggiar coi Regi a lui fu vista:</p>
-<p class="i01">Quella che con le sette teste nacque,</p>
-<p class="i02"> E dalle diece corna ebbe argomento,</p>
-<p class="i02"> Fin che virtute al suo marito piacque.</p>
-<p class="i08"> (<span class="smcap">Dante</span>, <i>Inf.</i>, <span class="smcap lowercase">XIX</span>, 106-111).</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note230">
-<p><span class="label"><a href="#tag230">230</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Abbas Fontis Calidi</span>, cap. 7º, in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, II, pag. 213:
-Haeretici vero nec domum Dei nec domum orationis vocant, nec in
-ea cum electis orare curant, sed malunt in domibus suis quam in
-domo Dei orare. Quare ergo impii haeretici jactant se servare
-evangelium et sequi apostolos, cum non in templo orent sed in
-thalamo, nec ibi doceant sed in foro et quidam clam in domu;
-pag. 221: Et inquiunt: si excelsus non habitat in manu factis, non
-habitat in ecclesiis factis manu hominum. Si autem ibi non habitat
-cur iremus illuc ad orandum? Non dicevano diversamente i Catari
-nel Concilio di Arras del 1028 (<span class="smcap">Mansi</span>, XIX, col. 437) nihilque
-sanctum ex ea lapidea materia trahere in se contenditis, et ideo
-nihil differre quin in domiciliis et privatis mansionibus vestris orationes
-factae tantum valeant, quantum et in templo Sancto Dei.
-Riportammo già a pag. 87, n. 2, le testimonianze di Ebrardo ed
-Ermengardo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note231">
-<p><span class="label"><a href="#tag231">231</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span> in <span class="smcap">D'Argent.</span>, I, 87 a: quae cum saepe legeret
-et corde tenus firmaret .... evangelium et ea quae corde retinuerat
-.... Vedi sopra pag. 9, n. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note232">
-<p><span class="label"><a href="#tag232">232</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonacursus</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 64.... quod mosaica lex
-sit ad literam observanda et quod Sabbatum et Circuncisio et aliae
-legales observantiae adhuc habere statum debeant. Dicunt etiam
-quod Christus filius Dei non sit aequalis Patri, quod Pater et Filius
-et Spiritus Sanctus istae tres personae non sint unus Deus. Questi
-eretici che il Bonacorso chiama Pasagii [secondo Ducange santissimi
-πασάγιος, secondo Füslin, Jas e Schmidt, II, 294 vagabondi
-.... viaggiatori] vengono detti <i>Circumcisi</i> nella legge di
-Federico II.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note233">
-<p><span class="label"><a href="#tag233">233</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Totam Ecclesiam iudicant et condemnant .... novi Testamenti
-ac Prophetarum testimonio (loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note234">
-<p><span class="label"><a href="#tag234">234</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lettera a S. Bernardo, nelle <i>Opere</i> di quest'ultimo, ediz. Mabillon,
-I, 1488.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note235">
-<p><span class="label"><a href="#tag235">235</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 86 a.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note236">
-<p><span class="label"><a href="#tag236">236</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi, 86 b. Stefano racconta che un eretico capitato a Joinville
-di ritorno dalla Lombardia, dove era rimasto 18 anni, gli disse
-non esservi colà meno di 17 confessioni eterodosse. Lo stesso autore,
-oltre a quelli che conosciamo (Arnaldistae, Speronistae, Leonistae,
-Cathari, Pathareni, Manichaei sive Burgari, a suis inventoribus
-sic dicti), enumera: 1. Pauperes de Lugduno, qui dicuntur Waldenses....
-damnant omnes terrena possidentes. 2. Pauperes de
-Lombardia, qui possessiones recipiebant. 3. Tortolani qui semel in
-anno et in coena solum posse confici a Magistro eorum solo perfecto,
-qui tortellum faciunt, de quo ab eo comunicantur. 4. Alii
-dicunt omnes bonos viros sacerdotes non mulieres. 5. Alii non distinguunt
-in sexu. 6. Alii qui communiati dicebantur, quia communia
-omnia dicunt esse debere. 7. Alii rebaptizati, qui rebaptizandos
-ab Ecclesia esse dicunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note237">
-<p><span class="label"><a href="#tag237">237</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Catari, come dice il Sacconi, <i>Summa</i>, 48 b, sostenevano
-quod peccaret gravius, quicumque ex iis occideret sponte avem
-aliquam, a minima avicula usque ad maximam, et quadrupedia a
-mastella usque ad elephantem. E per conseguenza l'omicidio non
-può avere nessuna giustificazione (vedi più sopra, p. 89, n. 1). Senza
-ammettere le premesse i Valdesi accettano le conseguenze. Dalle
-annotazioni che hanno per titolo: Isti sunt errores Valdensium
-sive Insabbatorum (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 57) tolgo questo passo del paragrafo
-26: omnem iustitiam mortis esse illicitam et iudicium similiter.
-<span class="smcap">Stef. di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 88: peccant omnes iudicium
-vel iustitiam sanguinis exequentes. <span class="smcap">Davide d'Ausburgo</span> in <span class="smcap">Preger</span>,
-pag. 37. Non debere quemquam occidere. <span class="smcap">Pietro di Vauxcernay</span>
-in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 93: nulla ratione occidendum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note238">
-<p><span class="label"><a href="#tag238">238</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i> (<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 56): In hoc concordant Pauperes
-de Lugduno cum Pauperibus Lombardis.... quod non est salus
-aliquo modo iurando. <span class="smcap">Stefano di Borbone</span> (<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 87)
-dicunt enim omne mendacium esse mortale peccatum, et iuramentum
-similiter. <span class="smcap">Alanus</span>, lib. 2, cap. 18 e 19. Nullo modo est iurandum.
-<span class="smcap">Petrus Vallium Cernaj</span>, cap. 2, nulla ratione iurandum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note239">
-<p><span class="label"><a href="#tag239">239</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stefano di Borb.</span>, pag. 876: Dicunt enim omne mendacium
-esse mortale peccatum et juramentum similiter.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note240">
-<p><span class="label"><a href="#tag240">240</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'anonimo annotatore del <span class="smcap">Sacconi</span>, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 56 a, riferisce:
-Non est peccatum, si homo acciperet sororem suam vel
-consanguineam in uxorem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note241">
-<p><span class="label"><a href="#tag241">241</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span> (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 89). Quod uxor potest a
-viro recedere, eo invito et converso et sequi eorum societatem et
-viam continentiae. <span class="smcap">Davide</span>, pag. 30 ed. Preger. Coniuges si quas
-ante habuerunt relinquunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note242">
-<p><span class="label"><a href="#tag242">242</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 94. Sacramentum coniugii damnant, dicentes mortaliter
-peccare coniuges, si absque spe prolis conveniant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note243">
-<p><span class="label"><a href="#tag243">243</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Omnem coniugium vocant fornicationem, praeter quod contrahitur
-inter utrosque virgines masculum et foeminam (<span class="smcap">S. Bern.</span>,
-<i>Opp.</i>, ed. Mabillon, I, 1489). Che del resto anche i Catari propriamente
-detti talvolta interpretassero il divieto del matrimonio
-come proibizione soltanto o delle seconde nozze, o della convivenza,
-lo dice espressamente Ecberto, in un passo già riportato, e che
-mi piace di ripetere: Veniam et ad illud quod mussitant quidam
-vestrum, videlicet seguaces Hartuvini, quod illum coniugium solum
-iustum est, in quo virgines coniunguntur, et quod unam tantum
-prolem gignere debent, et postea statim ab invicem discedere, nec
-unquam deinceps ad coniugalem thorum convenire. In questo passo
-sorprendiamo sarei per dire nel fatto la trasformazione dei Catari
-in Valdesi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note244">
-<p><span class="label"><a href="#tag244">244</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel trattato di Davide, ed. Preger, pag. 26. Dicunt se apostolorum
-successores et habere apostolicam auctoritatem et claves
-ligandi et solvendi. Vedi anche <span class="smcap">Bonaccursus</span> in <span class="smcap">Martène</span>, V, 1775.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note245">
-<p><span class="label"><a href="#tag245">245</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Summa</i>, pag. 55 b, semper fuerunt aliqui qui timebant Deum
-et Salvatorem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note246">
-<p><span class="label"><a href="#tag246">246</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Solo le fonti molto tardive come il pseudo Pilichidorf e Claudio
-di Seyssel parlano di un Leone socio di Silvestro.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note247">
-<p><span class="label"><a href="#tag247">247</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Comba</span>, <i>Storia della Riforma in Italia</i>, Firenze 1881,
-pag. 234 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note248">
-<p><span class="label"><a href="#tag248">248</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Prima del Dieckhoff il Maitland avea avuto qualche sentore
-delle frodi del Perrin, il primo manipolatore degli scritti valdesi.
-<span class="smcap">Comba</span>, op. cit., pag. 270.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note249">
-<p><span class="label"><a href="#tag249">249</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Melia</span>, <i>The origin, persecutions and doctrines of the Waldenses</i>.
-London, 1870, pag. 53-55. <span class="smcap">Comba</span>, op. cit., pag. 271, 550.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note250">
-<p><span class="label"><a href="#tag250">250</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sarà benissimo che il Dieckhoff sia caduto in esagerazioni
-come dice il prof. Comba, op. cit., pag. 270, nota 6; ma se anche
-dovessero tenersi per meno giovani, le opere valdesi, hanno senza
-dubbio un'antichità assai minore delle fonti cattoliche.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note251">
-<p><span class="label"><a href="#tag251">251</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muston</span>, <i>Aperçu de l'antiquité des Vaudois des Alpes</i>, Pignerol
-1881. L'antica opera del Muston, <i>Israel des Alpes</i>, fu ristampata
-nel 1880.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note252">
-<p><span class="label"><a href="#tag252">252</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Rivista Cristiana</i>, Firenze, Marzo 1882, pag. 97 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note253">
-<p><span class="label"><a href="#tag253">253</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Monastier</span>, <i>Histoire de l'Église vaudoise</i>, pag. 21.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note254">
-<p><span class="label"><a href="#tag254">254</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Hahn</span>, <i>Geschichte der Ketzer im Mittelalter</i>, I, pag. 52.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note255">
-<p><span class="label"><a href="#tag255">255</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">V. Reuter</span>, <i>Geschichte der religiösen Aufklärung im Mittelalter</i>,
-I, 20 e segg. Er scheint ein biblischer Reformator und
-ein kritischer Aufklärer zugleich gewesen zu sein. Il Reuter crede
-anzi che abbia giovato più nell'ultimo senso che nel primo (pag. 24),
-il che l'Herzog non ammette (<i>Kirchengeschichte</i>, II, 118).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note256">
-<p><span class="label"><a href="#tag256">256</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nato sotto Carlo Magno e morto l'841. Percorse rapidamente
-la sua carriera ecclesiastica. Divenuto arcivescovo di Lione dovè
-mescolarsi nella lotta tra l'imperatore Ludovico e i suoi figliuoli
-in favore dei quali scrisse il libro intitolato: <i>Liber apologeticus,
-pro filiis Ludovici Pii Imperatoris adversus patrem</i>. (<span class="smcap">Hahn</span>,
-op. cit., II, 33).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note257">
-<p><span class="label"><a href="#tag257">257</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Reuter</span>, op. cit., I, 32-41.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note258">
-<p><span class="label"><a href="#tag258">258</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sono due le fonti principali intorno a Tanchelino: 1. <i>Epistola
-Trajectensis Ecclesiae ad Fridericum Archiepiscopum Coloniensem</i>;
-2. <i>Vita S. Norberti</i> di un anonimo. Nella prima è
-detto: Contra has sententias (cioè dona Dei pervenire ad eos, qui
-cum fide accipiunt, etiam talis est per quem accipiunt qualis Juda
-fuit) ille declamans, dehortabatur populum a perceptione sacramenti,
-prohibens etiam decimas ministris Ecclesiae exhiberi (<span class="smcap">D'Argentré</span>,
-II, 11).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note259">
-<p><span class="label"><a href="#tag259">259</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ex meritis et sanctitate ministrorum virtutem sacramentis
-accedere (loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note260">
-<p><span class="label"><a href="#tag260">260</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Su questo fatto torneremo a suo luogo. La lettera di Gregorio
-VII è <i>ad Jusfredum episcopum parisiacensem</i> dell'anno 1077
-(lib. <span class="smcap lowercase">IV</span>, ep. 20).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note261">
-<p><span class="label"><a href="#tag261">261</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ex vita S. Norberti in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 10: Sacramentum Dei inimicus
-.... obsequium episcoporum et sacerdotum nihil esse diceret,
-et sacrosancti corporis et sanguinis Domini nostri Jesu Christi
-perceptionem ad salutem perpetuam denegaret. Concorda con queste
-notizie un'antica cronaca. Sacri ordinis ministros et episcopalem
-ac sacerdotalem gradum nihil esse dicebat corporis et sanguinis
-Christi perceptionem sumentibus ad salutem prodesse negabat....
-sed nec post ejus mortem error ipsius tam facile extirpari possit.
-Continuazione alla cronaca di Sigeberto, <span class="smcap">Pertz</span>, <i>M. G. Script.</i>, VI,
-449. <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 15.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note262">
-<p><span class="label"><a href="#tag262">262</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Epist. in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 12 .... Ut etiam se Deum diceret ....
-quin plenitudinem Spiritus Sancti habuisset .... balnei sui aquam
-potandam dividerei .... manumque imaginis manu contingens,
-S. Mariam sibi desponsavit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note263">
-<p><span class="label"><a href="#tag263">263</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Mayer negli <i>Annali di Fiandra</i> sulla fede di un antico manoscritto
-sta pel 1125 (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 13). Un'altra cronaca in <span class="smcap">Pertz</span>,
-<i>M. G. Script.</i>, VI, 459, adduce il 1115.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note264">
-<p><span class="label"><a href="#tag264">264</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anno 1110 Petrus de Bruis impiae sectae in arelatensi Provincia
-dux fuit .... Primum capitulum negat parvulos .... Christi
-baptismate salvari posse .... non aliena fides sed propria salvat
-.... secundum templorum fabricam fieri non debet, quoniam aeque
-in taberna .... invocatus Deus audit. Tertium cruces sacras confringi
-praecipit. Quartum capitulum ..... veritatem corporis et sanguinis
-Domini negat .... Quintum capitulum: sacrificia orationes,
-eleymosinas et reliqua bona pro defunctis (<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 14).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note265">
-<p><span class="label"><a href="#tag265">265</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Par che corresse differenza tra la dottrina di Pietro e quella
-di Enrico, a quel che scrive l'abate Cluniacense: sed post regum
-Petri de Bruis, haeres nequitiae ejus Heinricus .... doctrinam
-diabolicam non quidem emendavit sed immutavit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note266">
-<p><span class="label"><a href="#tag266">266</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Canone XI del concilio lateranense 1179 sotto Alessandro III:
-Clerici, qui in sacris ordinibus constituti muljerculas suas indomibus
-suis incontinenti nota tenuerint, aut abjiciant eas et continenter
-vivant, aut ab officio et beneficio ecclesiastico fiant alieni.
-(<span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 224).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note267">
-<p><span class="label"><a href="#tag267">267</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Da un vecchio codice pubblicato dal Mabillon, <i>Analect.</i> III,
-512. Verumtamen mirum in modum facundus erat .... Qua haeresi
-plebes in clerum versa est in furorem, adeo quod famulis eorum
-minarentur cruciatus .... Denique idem Hildebertus modis
-omnibus procuravit qualiter furorem plebis ratione pariter et humilitate
-mitigaret, quam Henricus contra clerum seditiose concitaverat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note268">
-<p><span class="label"><a href="#tag268">268</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A Diocesi Cenomannorum expulsus fuerat ad Pictavos adiit,
-tum Petragoras, Burdigalam et Tholosam. Cum autem numerus
-haereticorum in dies ibi cresceret, Eugenius papa III Albericum
-S. R. E. cardinalem delegavit in Tolosanam illam provinciam adversus
-haereticos, sive Henrici sectarios, sive Manicheos et Arrianos.
-Socium autem laboris Bernardum (<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 16).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note269">
-<p><span class="label"><a href="#tag269">269</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Bernardo</span>, Lettera 241 <i>ad Hildefunsum Comitem Sancti
-Aegidii</i>: Homo apostata est, qui relicto religionis habitu ad spurcitias
-carnis et saeculi, tamquam canis ad suum vomitum est reversus
-.... vangelizabat ut manducaret .... cura meretricibus inventus
-est praedicator insignis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note270">
-<p><span class="label"><a href="#tag270">270</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Prae confusione habitare inter cognatos et notos non sustinens
-.... factus gyrovagus et profugus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note271">
-<p><span class="label"><a href="#tag271">271</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Basilicae sine plebibus, plebes sine sacerdotibus, sacerdotes
-sine debita reverentia sunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note272">
-<p><span class="label"><a href="#tag272">272</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Idem namque mirae sanctitatis et scientiae rumore non merito.
-(<span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 16).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note273">
-<p><span class="label"><a href="#tag273">273</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo stesso <span class="smcap">S. Bernardo</span>, <i>Serm.</i> 65, pag. 1492. Tam quod
-ad vitam moresque spectat, neminem circumvenit, neminem supergreditur,
-neminem concutit. Pallent infusa per ora jejuniis, panem
-non comedit otiosus, operatur manibus unde vitam sustentat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note274">
-<p><span class="label"><a href="#tag274">274</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi un discorso degli eretici nella lettera di Evervino preposto
-di Steinfeld presso Colonia a S. Bernardo (<span class="smcap">S. Ber.</span>, <i>Opp.</i>,
-pag. 1489). Nos pauperes Christi, instabiles, de civitate in civitatem
-fugientes .... nos hoc sustinemus, quia de mundo non sumus: vos
-autem mundi amatores, cum mundo pacem habetis, quia de mundo
-estis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note275">
-<p><span class="label"><a href="#tag275">275</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Possiamo addurre la preziosa testimonianza dello stesso Evervino,
-il quale dopo aver detto che gli eretici tormentum ignis non solum
-cum patientia sed etiam cum laetitia introierunt, et sustinuerunt
-dimanda ingenuamente: unde istis diaboli membris tanta fortitudo,
-quanta vix etiam invenitur in valde religiosis in fide Christi. Alla
-qual dimanda S. Bernardo risponde non doversi far poco conto
-della potenza che esercita il demonio non solo sui corpi, ma anche
-sui cuori delle sue creature; quanta sit potestas diaboli non modo
-in corpora hominum, sed etiam in corda, quae semel permissus
-possederit. E bisogna ben guardarsi dal paragonare la costanza
-dei martiri colla pertinacia di costoro; quia mortis contemptum in
-illis pietas, in istis cordis duritia operatur. Distinzione molto comoda,
-ripetuta ai nostri giorni dal Cantù (<i>Gli eretici in Italia</i>,
-pag. 88). «Ma la colpa onde più concordemente sono rinfacciati
-i Paterini è l'ostinazione. Fra strazi i e tormenti, al cospetto di morte
-obbrobriosa, non che convertirsi più s'induravano, protestavansi
-innocenti spiravano cantando lodi al Signore. In Lombardia serbarono
-memoria d'una fanciulla di cui la bellezza e l'età mettevano
-in tutti compassione e desiderio di salvarla. Perciò vollero assistesse,
-mentre padre, madre, fratelli venivano consunti dalle fiamme,
-sperando si sarebbe pel terrore convertita; ma no: poi che ebbe
-durato alquanto lo spettacolo si svincola dalle braccia dei suoi
-manigoldi, e corre a precipitarsi nelle fiamme e confondere l'ultimo
-suo coll'anelito dei parenti». Questo pel Cantù non è eroismo,
-è colpa di ostinazione!</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note276">
-<p><span class="label"><a href="#tag276">276</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pag. 1489. Sunt item alii haeretici quidam in terra nostra ab
-istis discordantes per quorum mutuam discordiam et contentionem
-utrique nobis sunt detecti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note277">
-<p><span class="label"><a href="#tag277">277</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il vero nome del novatore lionese è Waldez secondo il <i>Rescriptum
-heresiarcharum Lombardiae ad pauperes de Lugduno
-quae sunt in Alamania</i>, pubblicato dal <span class="smcap">Preger</span>, <i>Beiträge zur
-Geschichte der Valdesier im Mittelalter</i>, 1875, pag. 18.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note278">
-<p><span class="label"><a href="#tag278">278</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Anonimo di Passau</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 92. Dum cives maiores
-pariter essent in Lugduno, contigit quodam ex eis mori subito
-coram eis. Unde quidam inter eos tantum fuit territus quod
-statim magnum thesaurum pauperibus erogavit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note279">
-<p><span class="label"><a href="#tag279">279</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Chron. laud.</i>, in <span class="smcap">Bouquet</span>, XIII, 680. Fuit enim locus narrationis
-eius (ioculatoris) qualiter beautus Alexis in domo patris
-sui beato quievit. Facto mane .... quaesivit a magistro quae via
-aliis omnibus certior esset atque perfectior. Cui magister dominicam
-sententiam proposuit: si vis esse perfectus, vade et vende
-omnia quae habes.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note280">
-<p><span class="label"><a href="#tag280">280</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Chron. laud.</i>, qui per iniquitatem foenoris multas sibi pecunias
-coacervaverat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note281">
-<p><span class="label"><a href="#tag281">281</a>.&nbsp;&nbsp;</span>O civis et amici mei! non enim insanio, sicut vos putatis,
-sed ultus sum de hostibus meis qui me fecerunt sibi servum, ut
-semper plus essem sollicitus de nummo quam de Deo. (<i>Chron.
-laud.</i>, loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note282">
-<p><span class="label"><a href="#tag282">282</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A quodam cive quondam socio petiit dari sibi ad manducandum
-pro Deo (loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note283">
-<p><span class="label"><a href="#tag283">283</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Dieckhoff</span>, <i>Die Waldenser im Mittelalter</i>, Gottinga 1851,
-crede che la vera novità della setta valdese per cui si distingue
-da tutte le altre affini è la libera predicazione, che ciascuno benchè
-laico e senza licenza dell'autorità ecclesiastica può intraprendere.
-Lucio III nel suo decreto contro gli eretici rimprovera la predicazione
-dei Valdesi, prohibiti vel non missi. Alano apre la discussione
-contro i Valdesi sulla tesi: nullus debeat praedicare nisi sit a
-majore Praelato missus. Il che vuol dire che questo ei considera
-come l'errore fondamentale dei Valdesi. Contro il Dieckhoff l'Herzog,
-<i>Die romanischen Waldenser</i>, Halle, 1853, p. 117, osserva che non è
-verosimile, nè alcuna fonte ci dice essere stato questo del predicare
-il primo impulso dell'intrapresa del Valdez. Ed io aggiungo
-che prima di mettersi nella predicazione bisognava che Valdez
-fosse già in possesso della verità da predicare o della vera via di
-salute. Ma se non possiamo accettare l'interpetrazione del Dieckhoff,
-neanche quella dell'Herzog ci par felice; perchè sebbene sin dal
-principio della sua carriera apostolica il Waldez avesse avidamente
-cercato d'istruirsi nella Bibbia, come racconta Stefano di Borbone,
-pure non si può dire che questo ritorno alle fonti bibliche sia il
-principio del movimento valdese (pag. 118). È molto più verisimile,
-e le fonti concordemente ce lo attestano, che il movimento del
-Waldez ebbe al principio un carattere più pratico e meno dottrinale.
-La vita fastosa rimprovera il Waldez a preti e laici, non
-l'obblio della Bibbia. Il nome che i Valdesi stessi si davano indica
-chiaramente quello che essi ponevano al di sopra di tutto, come
-l'unico mezzo della salute. E codesto nome non è: fratelli, vuoi
-predicatori, vuoi biblici; ma invece poveri di Lione, umiliati. Il
-primo documento che parla di loro, il decreto del 1183 di Lucio III,
-ce li presenta come eos qui se Humiliatos vel Pauperes de Lugduno
-falso nomine mentiuntur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note284">
-<p><span class="label"><a href="#tag284">284</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Chron. Usperg.</i>, pag. 243: olim duae sectae in Italia exortae,
-quorum alii Humiliatos, alii Pauperes de Lugduno se nominabant.
-Il Tron, <i>Pierre Valdo Pignerol</i>, 1879, appoggiandosi a Reinero
-e a Stefano di Borbone che dice: Vocant se pauperes spirito,
-crede che la povertà si debba intendere in un senso molto largo.
-L'amour de l'argent, ce ver qui range le pauvre aussi bien que
-le riche, tel est donc le mal que les amis de la pauvreté spirituelle
-et volontaire eussent voulu extirper de leur coeur (pag. 51). Ma le
-fonti, a cui attinge il Tron, sono molto tardive. Le più antiche e
-schiette, parlano della povertà nel vero senso della parola. E la
-cronaca laudunense racconta che la moglie di Valdo, saputo come
-il marito accattasse la vita da un amico, non mediocriter contristata
-sed velut amens effecto ad Archiepiscopum urbis cucurrit....
-Tum ex praecepto Praesulis Burgensis hospitem suum secum ad
-praesentiam Praesulis duxit. At mulier arripiens virum suum per
-pannos, ait: Numquid non melius est, o homo, ut ego in te peccata
-mea eleemosynis redimam, quam extranei. Et extunc non
-licuit ei ex praecepto archiepiscopi in ipsa urbe cum aliis cibum
-sumere quam cum uxore (loc. cit.). A questa testimonianza aggiungiamo
-l'altra di Alano, pag. 225: Dicunt etiam praedicti haeretici
-quod nullo modo propriis manibus laborare debent, sed ab
-illis quibus praedicant recipere necessaria.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note285">
-<p><span class="label"><a href="#tag285">285</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Valdesium amplexatus est Papa approbans votum quod fecerat
-voluntariae paupertatis (loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note286">
-<p><span class="label"><a href="#tag286">286</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef. di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, loc. cit. Evangelia et ea
-quae corde retinuerat per vicos et plateas praedicando multos
-homines et mulieres ad idem faciendum ad se convocando firmans
-eis Evangelia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note287">
-<p><span class="label"><a href="#tag287">287</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Incoepit illa secta per hunc modum secundum quod ego accepi
-a pluribus qui priores eorum viderunt, et a Sacerdote illo....
-qui dictus fuit Bernardus Ydros, qui cum esset iuvenis scripsit
-dicto Valdensi priores libros pro pecunia in Romano, quos ipsi
-habuerunt, transferente et dictanti ei Stephano de Ansa. (<span class="smcap">Stef.</span>,
-loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note288">
-<p><span class="label"><a href="#tag288">288</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca laudunense</i>, loc. cit. anno Domini 1178 [leggi 1179].
-Concilium lateranense a Papa Alexandro huius nominis tertio celebratur
-.... Valdesium amplexatus est Papa, approbans votum
-quod fecerat voluntariae paupertatis, inhibens eidem ne vel ipse
-aut socii sui praedicationis officium praesumerent nisi rogantibus
-sacerdotibus. Che i Valdesi si fossero presentati ad Alessandro III
-ci viene attestato da Gualtiero Mapes, <i>De Nugis curialium</i>, pubblicato
-dal Wright, London 1850. Non avendo potuto avere questa
-stampa, riferisco dall'Usser: <i>Gravissimae quaestionis de Christianarum
-Ecclesiarum successione et statu Historica explicatio</i> (Hanoviae
-1658, pag. 168). Vidimus in concilio Romano, sub Alexandro
-Papa III celebrato, Valdesios, homines idiotas illiteratos .... qui
-librum Domino Papae presentaverunt lingua conscriptum gallica,
-in quo textus et Glossa Psalterii plurimorumque legis utriusque
-librorum continebatur. Hi multa petebant instantia, praedicationis
-authoritatem sibi confirmari. L'accordo colla cronaca laudunense
-mostra erronea la correzione, voluta da qualcuno, di Alessandro III
-con Innocenzo III.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note289">
-<p><span class="label"><a href="#tag289">289</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, loc. cit. Cum autem ex temeritate sua et ignorantia
-multus errores scandala circumquaque diffunderunt, vocati ab episcopo
-Lugdunensi, qui Ioannes vocabatur, prohibuit eis ne intromitterent
-se de scripturis exponendis vel praedicandis. Non possiamo
-ammettere che questo divieto sia posteriore a quello di Alessandro
-III, perchè Stefano ce lo presenta non come esecuzione degli
-ordini di Roma, ma quale misura presa spontaneamente dal vescovo.
-Inoltre dal racconto di Stefano la proibizione del concilio del 1179
-parrebbe posteriore a quella del vescovo locale. Post expulsi ab
-illa terra, ad concilium quod fecit Romae ante Lateranense vocati
-et pertinaces, fuerunt schismatici postea iudicati.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note290">
-<p><span class="label"><a href="#tag290">290</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Magister eorum usurpans Petri officium, sicut ipse respondit
-principibus sacerdotum, ait: obedire oportet magis Deo quam hominibus
-(<span class="smcap">Stef. di B.</span>, loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note291">
-<p><span class="label"><a href="#tag291">291</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Omnes qui vel prohibiti, vel non missi, praeter authoritatem
-ab apostolica sede vel episcopo loci susceptam, publice vel private
-praedicare praesumpserint .... pari vinculo perpetui anathematis
-innodamus (<span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 477).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note292">
-<p><span class="label"><a href="#tag292">292</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per l'appello ad Innocenzo ci sono due testimonianze, l'una
-di Davide d'Asburgo (Ivoneto), l'altra della cronaca urspergense. Il
-primo scrive: apud Lugdunum fuerunt quidam simplices layci, qui
-quodam spiritu inflammati et supra ceteros de se presumentes iactabant,
-se omnino vivere secundum evangelii doctrinam, et illam ad
-literam perfecte servare, postulantes a domino Papa Innocentio
-hanc vivendi formam sibi et suis seguacibus confirmari, adhunc
-recognoscentes primatum apud ipsum residere apostolicae potestatis.
-(Vedi <span class="smcap">Preger</span>, pag. 25). — La cronaca urspergense all'anno
-1212: Vidimus tunc temporis aliquos de numero eorum,
-qui dicebantur Pauperes de Lugduno apud sedem apostolicam cum
-magistero suo quodam ut puto Bernhardo, et hi petebant sectam
-suam a sede apostolica confirmare. Essendo dunque attestati da
-molte fonti tanto l'appello ad Alessandro III, quanto l'altro ad
-Innocenzo III, bisognerà ammettere col D'Argentré che si tratti
-di due appelli differenti, non di uno scambio di nomi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note293">
-<p><span class="label"><a href="#tag293">293</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Innocenzo</span> III, <i>Epistolae</i>, Lib. XI, ep. 196. Vedi <span class="smcap">Gieseler</span>,
-<i>Lehrbuch</i>, II, 2, 632.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note294">
-<p><span class="label"><a href="#tag294">294</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Chr. Ursp.</i>, l. c. Dominus Papa in loco eorum exsurgentes
-quosdam alios, qui se appellabant Pauperes minores confirmavit
-qui praedicta superstitiosa et probrosa respuebant .... maluerunt
-appellari Minores Fratres quam Minores Pauperes.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note295">
-<p><span class="label"><a href="#tag295">295</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Diekhoff</span>, <i>Die Waldenser im Mittelalter</i>, Göttingen, 1851,
-pag. 155-58.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note296">
-<p><span class="label"><a href="#tag296">296</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 87, ben conosce questi
-periodi successivi. Hii ergo, Valdenses videlicet et sui, primo ex
-praesuntione et officii apostolici usurpatione ceciderunt in inobedientiam,
-demum in contumaciam, demum in excommunicationis sententiam
-.... Postea in Provinciae terra et Lombardiae cum aliis
-haereticis se admiscentes, et errorem eorum bibentes et serentes,
-haeretici sunt judicati infestissimi et periculosissimi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note297">
-<p><span class="label"><a href="#tag297">297</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'abate di Foncaldo, verso il 1209, aveva tuttora speranza
-di richiamare i Valdesiani nel grembo della Chiesa: <i>Adversus
-Valdenses</i>, in <span class="smcap">Gretser</span>, XII, 2, pag. 207: cui pauca de multis collegimus
-ad ostendendum quanta sit episcoporum ac sacerdotum
-dignitas ac auctoritas, quo cognito qui hactenus eis ribelles fuerunt,
-humiliter eisdem obtemperent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note298">
-<p><span class="label"><a href="#tag298">298</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Foncaldo</span>, in <span class="smcap">Gretser</span>, pag. 203: Ab omni, qui scit verbum
-dei in populis seminare, praedicandum esse. Quoniam Jacobus dicit
-«scienti bonum facere et non facienti peccatum est illi». Quare
-autem si scimus evangelizare et cepimus graviter peccamus?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note299">
-<p><span class="label"><a href="#tag299">299</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Foncaldo</span>, in <span class="smcap">Gretser</span>, pag. 204: Moyses non invidit prophetantibus,
-imo desideravit, ut omnis populus prophetaret. Clericorum
-autem ordo obsistit nobis, et invidet prophetantibus id est
-exponentibus mysteria Dei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note300">
-<p><span class="label"><a href="#tag300">300</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 205. Ad hoc dicunt quod multi laici verbum
-Dei in populo fideli disseminaverunt sicut fecit B. Honoratus et
-sanctus Equitius .... Denique et primi apostoli idiotae et sine literis
-fuerunt. Et isti omnes, licet Laici, verbum Dei praedicaverunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note301">
-<p><span class="label"><a href="#tag301">301</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Davide d'Ausburgo</span>, ediz. Preger, pag. 26. Illi (Valdenses)
-autem contempserunt in hoc claves ecclesie, dicentes clericos hoc
-facere per invidiam quia viderent eos meliores se esse et melius
-docere et maiorem ex hoc populi favorem habere, cum pro bono
-et perfecto opere nullus debeat vel possit excomunicari .... Et illam
-excomunicationem reputabant sibi esse aeternam benedictionem,
-gloriantes se apostolorum successores esse, quod sicut illi pro doctrina
-evangelii a scribis et phariseis extra synagogam eiecti
-maledictioni eorum et persecutioni subiacebunt, ita et ipsi a clericis
-similia paterentur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note302">
-<p><span class="label"><a href="#tag302">302</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Alanus</span>, <i>adversus haereticos</i>, pag. 1881. Isti Valdenses
-asserunt neminem debere obedire alicui nisi Deo freti auctoritate
-quae est in actis apostolorum. <span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 209, sed inquiunt:
-obedimus Deo non hominibus, sequens Petrum qui dixit: obedire
-oportet Deo magis quam hominibus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note303">
-<p><span class="label"><a href="#tag303">303</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Foncaldo</span>, p. 198. In primis igitur arguuntur de inobedientia,
-quia scilicet non obediunt ecclesiae Romanae.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note304">
-<p><span class="label"><a href="#tag304">304</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Alano</span>, pag. 184. Laico autem praedicare periculosum quia
-non intelligitur quod dicit nec scripturas intelligit. <span class="smcap">Foncaldo</span>,
-pag. 199: Ex quibus aperte datur intelligi quod nullus praesumere
-debet docere aliquam viam perfectionis nisi sit in civitate id est
-in sancta ecclesia, et Christi sit discipulus. Pag. 207: Ex his omnibus
-videtur nec Clerico nec Laico cujus habitatio ignoratur (imo
-etiamsi sciatur ubi habitet) esse licitum vineam id est plebem et
-gregem alienum excolere sine licentia Episcopi vel Presbyteri ad
-cujus curam spectat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note305">
-<p><span class="label"><a href="#tag305">305</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pag. 202: Praedicant omnes passim, et sine delectu conditionis,
-aetatis vel sexus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note306">
-<p><span class="label"><a href="#tag306">306</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 113. Foeminas quas suo consortio admittunt,
-decere permittunt, cum hoc sit apostolicae doctrinae contrarium. — Pag.
-114: sed dicunt inimici veritatis mulieres debere docere
-eo quod apostolus dicat ad Titum: .... non criminatrices non multo
-vino servientes, bene docentes. — Item hunc errorem confirmare
-scituntur exemplo Armae propheticae, Luc. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note307">
-<p><span class="label"><a href="#tag307">307</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Alano</span>, pag. 191: Magis operatur meritum ad consacrandum
-.... quam ordo vel officium. Per l'opposto il cattolico deve sostenere
-secondo il Foncaldo pag. 200: Spiritus sanctus plerumque
-potius dignitatem sacerdotis pensat quam meritum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note308">
-<p><span class="label"><a href="#tag308">308</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Alano</span>, pag. 186. Forte dicunt quidam haeretici quod bonis
-Praelatis obediendum, et his qui apostolorum vicarii sunt vita et
-officio. Tutto al contrario la dottrina cattolica è questa (pag. 183):
-Obediendum esse dominis suis, non solum modestis sed etiam discolis.
-Lo stesso ripete Foncaldo (pag. 200): Sacerdotibus etiam
-peccatoribus peccatores nequitias suas confiteri debent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note309">
-<p><span class="label"><a href="#tag309">309</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per mostrare l'accordo delle fonti in questo punto e la continuità
-della dottrina dall'origine sino all'ultimo periodo della
-Chiesa valdese, cito <span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 89.
-Item dicunt nullam esse sanctitatem nisi in bono nomine vel muliere;
-ed il <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 408: Audacia Valdensium, qui ab ecclesia
-romana propter quorundam vitia exire praesumpserunt .... si
-enim Scribis et Pharisaeis, qui nequissimi fuerunt de lege Moysi
-obtemperandum fuit propter officium et ordinem sacerdotis usque
-ad consummationem legis, quanto magis sacerdotibus et praelatis
-obediendum est de lege Christi licet mali sint. Riferiremo altrove
-un luogo di Davide, ediz. Preger, pag. 27.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note310">
-<p><span class="label"><a href="#tag310">310</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dieckhoff</span>, op. cit., p. 178. Der waldensische Satz stützt ja die
-Kräftigkeit und Wahrheit der geistlichen Amts und seiner Thätigkeiten
-nicht auf den obiectiven Christus in der Gemeinde. Pag. 181:
-Das evangelische Protestantismus steht auf Seiten des Alanus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note311">
-<p><span class="label"><a href="#tag311">311</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Preger</span>, <i>Beiträge zur Geschichte der Waldesier im Mittelalter</i>,
-dubita a torto delle fonti cattoliche, perchè l'accordo di
-queste fonti, che emanano da inquisitori ben diversi e per tempo
-e per nazionalità è una prova inconfutabile della loro veridicità.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note312">
-<p><span class="label"><a href="#tag312">312</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Illis solis potestas ligandi et solvendi data sit, qui doctrinam
-simul et vitam apostoli servant. (<span class="smcap">Alano</span>, pag. 187). Cfr. <span class="smcap">Davide</span>,
-ediz. Pregar, pag. 27: Dicunt etiam quod sacerdos peccator non
-possit aliquem solvere et ligare, cum ipse sit ligatus peccato, et
-quod quilibet bonus et sciens laicus possit alium absolvere et
-paenitenciam imponere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note313">
-<p><span class="label"><a href="#tag313">313</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Alano</span>, pag 196. Si vero ante confessionem, per contricionem
-cordis, Deus per se ipsum sine ministerio sacerdotis ei debitum
-omnino relaxat .... quid dimittit Sacerdos?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note314">
-<p><span class="label"><a href="#tag314">314</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Alano</span>, pag. 193. Non est necesse hominem peccata sui confiteri
-sacedotibus si praesto sit laicus, cui possit peccata confiteri.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note315">
-<p><span class="label"><a href="#tag315">315</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span>, in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 88: Derident indulgentias
-Papae et absolutiones et Claves ecclesiae.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note316">
-<p><span class="label"><a href="#tag316">316</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 114-15. Audent jam insani haeretici eis quos
-seducunt dicere: defunctis nihil prodesse fidelibus vivorum eleemosynas,
-jejunia, orationes, nec etiam missarum solemnia, seu orationes
-pro eis factas.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note317">
-<p><span class="label"><a href="#tag317">317</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 217: Sed ad hoc objiciunt inimici veritatis
-post mortem hanc praedictas nulli prodesse. .... Ex his verbis
-liquet quod post mortem tenebris poenarum involvitur qui in hac
-luce viam Dei perambulare contempserit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note318">
-<p><span class="label"><a href="#tag318">318</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Foncaldo</span>, pag. 217: Negant enim ignem purgationis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note319">
-<p><span class="label"><a href="#tag319">319</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo documento, pubblicato dal Preger nei <i>Beiträge</i> già
-citati, fu riprodotto presso di noi dal <span class="smcap">Comba</span>, <i>Storia della Riforma
-in Italia</i>, pag. 541 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note320">
-<p><span class="label"><a href="#tag320">320</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Sacconi</span>, <i>Summa</i>, pag. 55. Pauperes Lombardi concordant
-cum primis in juramento et justitia saeculari. De corpore vero
-Domini sentiunt pejus quam primi, dicentes quod concessum est
-cuilibet homini, sine peccato mortali existenti, consecrare illud.
-Item dicunt quod Ecclesia Romana est Ecclesia malignantium, et
-bestia et meretrix quae leguntur in Apocalypsi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note321">
-<p><span class="label"><a href="#tag321">321</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche il Tiraboschi, alla cui opera <i>Vetera Humiliatorum
-monumenta</i> (Med. 1766) il Preger ricorre, dice candidamente (I,
-76): ea fere omnia quae ad prima humiliatorum tempera pertinent
-incerta sunt. La corporazione degli Umiliati era un ordine
-religioso, il quale è fama che abbia ricevuto qualche regola da
-S. Bernardo, nè certo s'è mai allontanato dalla Chiesa. E se ne
-togli l'obbligo del lavorare, che del resto anche i Catari s'imponevano,
-non parmi che ci sia niente altro di comune tra gli
-Umiliati ed i Poveri Lombardi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note322">
-<p><span class="label"><a href="#tag322">322</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Da questa frase adoperata dai Poveri Lombardi (§ 3): Controversia
-quae inter nos et electos Valdesii socios jam diu versatur, si deve riconoscere col Preger che i Poveri Lombardi non
-si sentivano compagni o socii del Valdez.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note323">
-<p><span class="label"><a href="#tag323">323</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 15: Facta enim adhuc quadam super Valdesio et Viveto
-mortuis questione respondimus: Valdesium et Vivetum si pro
-omnibus culpis et offensionibus suis satisfecerint ante obitum posse
-salvari: quam dicti ultramontani penitus respuentes ecc. Pare però
-che la disputa si potesse comporre nella formola accettabile da
-ambe le parti: dicimus Valdesium in dei paradyso esse.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note324">
-<p><span class="label"><a href="#tag324">324</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 6: Valdesium dixisse quod cum de omnibus aliis esset pax
-et concordia inter eum et fratres italycos, nisi separarentur laborancium
-congregationes. A ragione il Preger si serve di questo
-testo per mostrare la grande autorità esercitata dal Valdez.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note325">
-<p><span class="label"><a href="#tag325">325</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 4: Valdesium dixisse videlicet se nolle aliquem in societate
-ultramontanorum aut ytalicorum fratrem fore prepositum in
-vita sua nec post mortem. Anche in questo punto si trovò modo
-d'intendersi: commune nostrum .... eligat prepositos aeternaliter
-vel rectores ad tempus secundum quod utilius communi videbitur
-vel amplius ad pacem pertinere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note326">
-<p><span class="label"><a href="#tag326">326</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Sacconi dice che i Poveri Lombardi sostenevano quod infantes
-salvabuntur sine baptismo (<i>Summa</i>, pag. 55 b.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note327">
-<p><span class="label"><a href="#tag327">327</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dalla formola adottata nella lettera (§ 8) parrebbe tutto l'opposto
-di quel che pretende il Sacconi, perchè gli ultramontani par
-che avessero bisogno di essere richiamati alla vera fede: hoc oramus
-eos credere et fateri. La professione di fede suona così: nemo
-aquae materialis baptismum respuens potest salvari.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note328">
-<p><span class="label"><a href="#tag328">328</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 9: Credimus legitimos conjugatos nisi ob fornicationis
-causam aut utriusque consensu neminem debere separare. Cfr.
-<span class="smcap">Stefano di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 89. Item in matrimonio carnali
-dicunt quod uxor potest a viro recedere eo invito, et e converso
-et sequi eorum societatem vel viam continentiae.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note329">
-<p><span class="label"><a href="#tag329">329</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 16: Una est (sententia), ut quidam ex Valdesii sociis proferunt,
-quod panis et vini substancia per solam verborum Dei prolacionem
-vertitur in Christi corpus et sanguinem addentes: non
-homini sed verbis Dei virtutem attribuimus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note330">
-<p><span class="label"><a href="#tag330">330</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 17: Altera quorundam Valdesii sociorum sententia de panis
-fraccioni haec est; nemo potest baptizare, qui Christi corpus non
-valet conficere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note331">
-<p><span class="label"><a href="#tag331">331</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 18: Dixerunt enim per neminem sive bonum sive malum,
-nisi per eum qui est deus et homo, <i>i. e.</i> Christum, panis et vini
-visibilem in corpus Christi et sanguinem transubstanciari substantiam,
-et hucusque de hac tertia sacramenti hujus responsione nos
-et illi concordes fuimus. De hoc autem quod addiderunt: <i>oracionem
-adulteri sive malitiosi in hoc a domino exaudiri et recipi</i>,
-ab eis quia a veritatis tramite deviat dissentimus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note332">
-<p><span class="label"><a href="#tag332">332</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 16: Quisquis sive Judeus sive gentilis verba Dei super panem
-et vinum proferens .... Christi corpus et sanguinem conficiet.
-Questa opinione di alcuni oltramontani era così indeterminata,
-che poteva servire a dimostrare le tesi più opposte, nè solo che
-il sacramento amministrato dai cattolici fosse valido, ma valido
-altresì quello di qualunque altro sappia dire le sacre parole. In
-questo ultimo senso intende la dottrina degli oltramontani <span class="smcap">Stefano
-di Borbone</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 89: Illi autem (Valdenses) qui in aliquo
-videntur minus male sentire in hoc errant, quia dicunt corpus
-Christi posse confici a quocumque bono vel consecrari qui dicit
-verba ad hoc statuta, licet, non sit ab homine ordinatus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note333">
-<p><span class="label"><a href="#tag333">333</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 17: Interrogati etiam a nobis de pane fraccione confessi
-sunt hoc sacramentum non per mulierem, non per laycum, sed per
-solum confici sacerdotem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note334">
-<p><span class="label"><a href="#tag334">334</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 20: Item quod dominus iniquorum ministracionem non recipiat,
-et eorum oracionem non exaudiat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note335">
-<p><span class="label"><a href="#tag335">335</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 22: Ecco la formola degli oltramontani: a sacerdote ab
-ecclesia Romana ordinato, donec congregatio baptizatorum sustinet
-eum in officio, sit justus vel iniustus, si acceperit panem et
-vinum et eum benedixerit in commemoracionem corporis et sanguinis
-Dei, credimus quod post benedicionem ab eo dictam corpus
-et sanguis fiat Dei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note336">
-<p><span class="label"><a href="#tag336">336</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Loc. cit. Hanc Valdesianorum confessionem, quam contra
-divina testimonia faciunt, omnino respuimus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note337">
-<p><span class="label"><a href="#tag337">337</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 18: Tamen si quis ad recipiendum hoc sacramentum dignus
-accesserit credimus quod licet non per ministri indigni et reprobi
-oracionem a domino impetrat quod exoptat, i. e. corpus domini ad
-sui salutem juxta suum recipit desiderium (loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note338">
-<p><span class="label"><a href="#tag338">338</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Loc. cit. Si Deus oracionem exaudierit, credimus panis et
-vini substanciam post benedictionem esse Christi corpus et sanguinem,
-alioquin minime quod ad se et per se .... ad se i. e. quantum
-ad ministrantem reprobum etiam si ipse ratione presumpserit,
-per se i. e. per ejus orationem si alicui alio tradere voluerit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note339">
-<p><span class="label"><a href="#tag339">339</a>.&nbsp;&nbsp;</span>§ 25: Cum essem parvulus loquebar ut parvulus. Quando
-autem factus sum vir, evacuavi quae erunt parvuli .... Nec etiam
-licet Valdesiani in hoc nos vellent cogere, volumus confiteri. Oportet
-enim obedire Deo magis quam hominibus. Nec enim Paulus
-volentibus eum in legis servitutem redigere, ut ipse testatur, ad
-horum subjectione cessit. Questo luogo mi pare una chiara prova
-che gli ultramontani ai quali s'indirizza la lettera dei Lombardi
-erano forse una frazione dei Valdesi, rimasta ancora in moltissimi
-punti ligia alla Curia Romana. Con nessun'altra ipotesi si potrebbe
-spiegare questa sollecitudine per la confessione auricolare, che tra
-i sacramenti fu il primo ad essere abbandonato, come ne fan fede
-le fonti più antiche, Alano e l'Abate di Foncaldo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note340">
-<p><span class="label"><a href="#tag340">340</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Di queste due sentenze, la prima ci viene conservata da
-Alano, la seconda da Stefano di Borbone.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note341">
-<p><span class="label"><a href="#tag341">341</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Beiträge zur Geschichte der Waldesier</i>, p. 22-23.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note342">
-<p><span class="label"><a href="#tag342">342</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Der Tractat des David von Ausburg</i>, München 1878, p. 15-16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note343">
-<p><span class="label"><a href="#tag343">343</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 87. Et inveni per multas confessiones eorum
-in jure tam perfectorum quam credentium.... Tamen aliqui
-eorum dicunt, ut ab eis audivi, timore mortis esse eis, qui non
-sunt perfecti, licitum mentire et jurare.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note344">
-<p><span class="label"><a href="#tag344">344</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stephanus</span>, in <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 89. Quilibet bonus homo sit
-Dei filius, sicut Christus eodem modo.... cum homo poenitens
-bonus efficitur, tunc est ibi verus baptismus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note345">
-<p><span class="label"><a href="#tag345">345</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Preger</span>, op. cit., pag. 16: Natürlich konnte man nun nicht
-Alles, was aufänglich für den Predigerverein galt, auch zur Vorschrift
-für die Gemeinden machen.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note346">
-<p><span class="label"><a href="#tag346">346</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi più sopra, p. 195, n. 1, da riscontrarsi con <span class="smcap">Davide</span>, § 18,
-ediz. Preger, pag. 35: Olim desiniverant jurare omnino, sed quia
-facilius per hoc deprehendebantur, caute dispensaverunt modo
-jurare pro se vel alio a morte defendendo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note347">
-<p><span class="label"><a href="#tag347">347</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, pag. 89: Nullam esse sanctitatem nisi in bono
-homine vel muliere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note348">
-<p><span class="label"><a href="#tag348">348</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef.</span>, pag. 88: Sunt quidam qui non sunt ordinati a Deo
-vel ab hominibus ut mali laici: alii ab hominibus ut mali sacerdotes
-nostri et non a Deo: alii a Deo etsi non ab hominibus, ut
-boni laici, qui servant mandata Dei, qui possunt ligare et solvere,
-et consecrare et ordinare, si proferant verba Dei ad hoc statuta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note349">
-<p><span class="label"><a href="#tag349">349</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef.</span>, loc. cit. Item dicunt malos, qui sunt in peccato, non
-posse ligare et solvere vel indulgentias dare, vel peccatorum relaxationes,
-vel consecrare, vel aliquid tale facere, quod Deus habeat
-ratum. — Riscontrate l'anonimo di Passau (Pseudo Rainero) in
-<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 93. Item dicunt quod transsubstantiatio non fiat in manu
-indigne conficientis sed in ore digni sumentis et confici posse in
-mensa communi. <span class="smcap">Davide</span>, ediz. Preger, pag. 27: Hoc (cioè la transustanziazione)
-autem quidam dicunt tantum per bonos fieri, alii
-autem qui verba consecrationis sciunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note350">
-<p><span class="label"><a href="#tag350">350</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef.</span>, p. 88: Vidi haereticam quae combusta fuit, quae super
-arcam ad modum altaris parati consecrare se credebat et attentabat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note351">
-<p><span class="label"><a href="#tag351">351</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 403: Quidam dixerunt quod Valdesius ordinem
-habuit ab universitate fratrum suorum. Eorum autem, qui hoc
-dixerunt, principalis auctor fuit quidam haeresiarcha pauperum
-lombardorum Doctor perversus Thomas. Hoc autem probare taliter
-visus est: Quilibet de illa congregatione potuit dare Valdesio jus
-suum scilicet regere seipsum, et sic tota congregatio illa potuit
-conferre et contulit Valdesio regimen omnium, et sic creaverunt
-illum omnium Ponteficem et Praelatum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note352">
-<p><span class="label"><a href="#tag352">352</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Moneta</span>, pag. 402: Ipsi ad minus triplicem confitentur (ordinem)
-scilicet Episcopatum, Presbyteratum, et Diaconatum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note353">
-<p><span class="label"><a href="#tag353">353</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'abbate di Foncaldo tra le altre obbiezioni contro alla libera
-predicazione dei Valdesi move questa (pag. 208): Qui uxores
-habent aut pondere terrenae solicitudinis opprimuntur ad disseminandum
-verbum Dei idonei non sunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note354">
-<p><span class="label"><a href="#tag354">354</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Riportammo altrove il passo: Uxor potest a viro recedere eo
-invito (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 89).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note355">
-<p><span class="label"><a href="#tag355">355</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Davide</span>, ediz. Preger, pag. 27: Matrimonium dicunt esse
-fornicationem juratam, nisi continenter vivant. Qualescumque alias
-luxurie immundicias magis dicunt esse licitas quam copulam conjugalem.
-Continenciam laudant, sed urente libidine concedunt ei satisfieri
-quocumque modo turpi. Questo ultimo tratto è certo in contraddizione
-col precedente, ed è poco credibile. Ma non per questo
-s'ha da revocare in dubbio tutta la testimonianza, come fa il Preger,
-op. cit., pag. 18. Anche l'anonimo di Passau in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 94, dice
-in un passo già riportato: Sacramentum conjugii damnant, dicentes
-mortaliter peccare se conjuges si absque spe prolis conveniant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note356">
-<p><span class="label"><a href="#tag356">356</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Abbiamo riportato sopra, pag. 198, n. 2, il passo dell'anonimo
-di Passau et confici posse in mensa communi. <span class="smcap">Davide</span> in <span class="smcap">Preger</span>,
-pag. 27: Hoc etiam in conventiculis suis celebrant recitantes verba
-illa evangelii in mensa sua et sibi mutuo partecipantes sicut in
-caena Christi. <i>Liber inquis. tholos.</i>, pag. 216: Item oravit cum
-Valdensibus pluries ante prandium et post inclinatus super bancam
-secundum modum et ritum ipsorum. Cfr. pag. 222-23; 229. Dobbiamo
-dunque ammettere col Preger, che continuasse la celebrazione
-dell'Eucaristia; ma che il rito fosse semplificato, e la funzione
-cattolica messa da banda lo dice esplicitamente l'anonimo
-di Passau in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 93: Item dicunt quod missa nihil sit, quia
-Apostoli eam non habebant et fiat propter quaestum. L'anonimo
-del codice Claromontano ci da una descrizione della cerimonia
-della consecrazione, che in questa forma forse era celebrata una
-volta sola l'anno, nella Pasqua; <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 56: Dicti Pauperes de
-Lugduno solum semel consecrant in anno, in coena Domini, et
-tunc quasi iuxta noctem: ille qui praeest inter eos, si est Sacerdos,
-convocat omnes de familia sua utriusque sexus, et facit ibi ante
-eos preparari bancum seu unum scannum, et poni desuper unum
-mundum gausape, cui postea supponunt unum bonum scyphum
-de vino bono et puro, et unam fugaziam azymam .... Postea
-vero surgunt et tunc ille qui consecrat, signat panem et scyphum,
-et fracto pane dat omnibus astantibus particulam suam et postea
-dat omnibus bibere cum Scypho, et stant semper in pedibus et sic
-finitur eorum sacrificium et credunt firmiter et confitentur quod
-istud est corpus et sanguis Domini nostri Jesu Christi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note357">
-<p><span class="label"><a href="#tag357">357</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Davide</span>, pag. 27: Corpus Christi et sanguinem non credunt
-vere esse, sed panem tantum benedictum, qui in figura quadam
-dicitur corpus Christi, sicut dicitur: Petra autem erat Christus, et
-simile. Hoc autem quidam discunt tantum per bonos fieri, alii autem
-per omnes verba consecrationis sciunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note358">
-<p><span class="label"><a href="#tag358">358</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Davide</span>, in <span class="smcap">Preger</span>, pag. 17: Quidam autem dicunt baptismum
-non valere parvulis, eo quod nondum actualiter possint credere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note359">
-<p><span class="label"><a href="#tag359">359</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Davide</span>, loc. cit. Dicunt non esse purgatorium sed omnes
-morientes statim transire in celum vel infernum; ideo suffragia
-pro defunctis ab ecclesia facta asserunt non prodesse. Unde dicunt
-quod oblaciones factae pro defunctis prosunt clericis, qui concedunt,
-non animabus quae hujusmodi non utuntur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note360">
-<p><span class="label"><a href="#tag360">360</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stefano di Borbone</span>, pag. 89: cum dicunt se credere Incarnationem,
-Passionem, Resurrectionem Christi, dicunt quod
-illam credunt veram Conceptionem Christi, Nativitatem, Passionem,
-Resurrectionem et Ascensionem cum bonus homo concipitur, nascitur,
-resurgit per poenitentiam vel ascendit in coelum; cum martyrium
-patitur, illa est vera passio Christi. Similiter, cum dicunt
-se credere Baptismum, Poenitentiam, et sic de aliis sacramentis
-dicunt ipsa esse vera sacramenta solum et tunc compleri, cum
-homo poenitens bonus efficitur, tunc est ibi verus Baptismus, Confirmatio,
-Eucharistia vera, quia tunc efficitur Corpus Christi, tunc
-ordinatur, tunc fit in eo conjugium et unctio. Et per istam spiritualitatem
-fidem nostram plurimi eorum in articulis et sacramentis
-annihilant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note361">
-<p><span class="label"><a href="#tag361">361</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dav.</span>, loc. cit. unctionem extremam respuunt et oleum consecratum
-et crisma nil valere plus quam aliud.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note362">
-<p><span class="label"><a href="#tag362">362</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'anonimo di Passau, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 93, tra gli errori dei
-Valdesi di Germania conta questi: XI, quod non sit obediendum
-praelatis sed tantum Deo. XII, quod nemo fit major altero in Ecclesia.
-XIII. Quod nemo debet flectere genua Sacerdoti. L'anonimo
-del codice claromontano in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 57 dice parimente: Tricesimo,
-quod Sacerdos non est nisi pronunciator. <span class="smcap">Stef. di Borbone</span>,
-pag. 89: Sufficit ad salutem soli Deo non homini confiteri.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note363">
-<p><span class="label"><a href="#tag363">363</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dav.</span>, pag. 28: Dicunt etiam quod sancti in coelo non audiunt
-oraciones fidelium; nec venerationes quibus eos honoramus,
-attendunt, arguentes, quod cum corpora sanctorum hic mortua
-jaceant et spiritus tam remoti sint a nobis in celo, nullo modo
-oraciones nostras valeant auditu percipere neque visu. Dicunt quoque
-sanctos non orare pro nobis, et ideo non oporteat nos implorare
-suffragia eorum qui absorpti gaudio coelesti nobis non possint
-intendere. Cfr. l'an. di Passau in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 94. Item nullum sanctum
-credunt nisi Apostolos, nullum sanctum credunt nisi solum
-Deum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note364">
-<p><span class="label"><a href="#tag364">364</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, pag. 89: Irrisibiles dicunt qui faciunt festa
-Sanctorum et quod non peccant qui in eis laborant. L'<span class="smcap">Anonimo di
-Passau</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 94: Canonisationes, Translationes et Vigilia
-sanctorum contemnunt. <span class="smcap">Dav.</span>, pag. 28: unde derident solempnitates
-quas in sanctorum venerationem celebramus et alia quibus eos
-honoramus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note365">
-<p><span class="label"><a href="#tag365">365</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Davide</span>, loc. cit. In quadragesima et in aliis diebus jejuniorum
-ecclesiae non jejunant sed carnes comedunt ubi audent, dicentes
-quod Deus non delectatur in afflictionibus amicorum suorum.
-<span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, pag. 89: Non peccare dicunt illos, qui jejunia
-statuta solvunt quacumque die, et qui ibi carnes comedunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note366">
-<p><span class="label"><a href="#tag366">366</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, loc. cit, irrident eos qui luminaria offerunt
-sanctis .... irrident cantus Ecclesiae et officium divinum. <span class="smcap">Dav.</span>,
-pag. 27: Festa, feriarum jejunia, ordines, benedictiones, officia ecclesiae
-et similia respuunt omnino.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note367">
-<p><span class="label"><a href="#tag367">367</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Intorno alla consacrazione delle chiese già ricordammo il
-Foncaldo, che tra gli errori dei Valdesi nota questo (pag. 218):
-Malunt orare in stabulis vel cubiculis seu thalamis quam in Ecclesia,
-<span class="smcap">Dav.</span>, § 11, [non pubblicato dal Martène] pag. 31: Sicut Symea
-.... imitantur .... id quod apostoli pro pauperibus collectas
-in ecclesia procurabant et in domibus fidelium, quando nondum
-ecclesiae constructae fuerunt, quando docebant vel sacra misteria
-celebrabant, vel ad predicandum per diversas provincias discipulos
-destinabant, qui fundarent ecclesias vel firmarent. L'anonimo
-del codice Claromontano in <span class="smcap">D'Arg.</span> I, 57 locis sacris nullam exhibent
-reverentiam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note368">
-<p><span class="label"><a href="#tag368">368</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Stef. di Borb.</span>, pag. 89: solum Deum adorandum dicunt
-omni genere adorationis et dicunt peccare eos qui Crucem, vel
-illud quod nos dicimus et credimus corpus Christi, adorant, vel
-sanctos alios a Deo, vel eorum imagines. L'<span class="smcap">Anonimo di Passau</span>
-in <span class="smcap">D'Arg.</span>, pag. 94: Reliquias sanctorum contemnunt item sanctam
-crucem reputant ut simplex lignum, ed item lignum S. Crucis
-horrent propter supplicum Christi, nec unquam signant se.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note369">
-<p><span class="label"><a href="#tag369">369</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Davide conosce molto bene questo processo: § 5, pag. 26:
-Haec fuit prima haeresis eorum, contemptus ecclesiasticae potestatis.
-Ex hoc traditi Sathanae precipitati sunt ab ipso in errores
-innumeros, et antiquorum haereticorum errores suis adinvencionibus
-miscuerunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note370">
-<p><span class="label"><a href="#tag370">370</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Quanta speranza ponesse nell'Imperatore il partito delle riforme
-lo attesta tra tante la lettera di Pier Damiani ad Enrico III,
-in occasione della sentenza imperiale contro l'arcivescovo di Ravenna
-(<i>P. Damiani Epist.</i>, VII, 2; <i>Opp.</i> Parigi 1664, pag. 109, A).
-Nam in expulsione Uniquerii vox omnium in laudem sui Creatoris
-attollitur, Ecclesia de manu violenti praedonis eripitur, et salus
-esse totius mundi vestra Incolumitas judicatur. Laetentur ergo
-coeli, et exultet terra quia in Rege suo vere Christus regnare cognoscitur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note371">
-<p><span class="label"><a href="#tag371">371</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Giesebrecht</span>, <i>Geschichte der deutschen Kaiserzeit</i>, II, 404.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note372">
-<p><span class="label"><a href="#tag372">372</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mansi</span>, XIX, 627: Concilii Romani anno 1047 habiti Canon....
-Nullum aut ecclesiarum consecrationem, aut clericatus ordinationem,
-aut Archipresbyteratum, aut commendationes altarium, aut
-traditiones ecclesiarum, aut abbatias, aut praeposituras vendere.
-Quisquis contradixerit aut vendiderit anathema sit. Del Concilio
-romano dell'anno 1049, il Mansi, pag. 722, toglie le notizie da una
-lettera di S. Pier Damiani ad Enrico arcivescovo ravennate. In
-questa lettera è notevole la frase: Ponamus itaque ut simoniaci
-in nullo a caeteris haereticis differant, che è forse un'amplificazione
-retorica.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note373">
-<p><span class="label"><a href="#tag373">373</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Come dice Enrico III (in <span class="smcap">Glaber</span>, V, 2) Vos autem (qui vice
-Christi in Ecclesia constituti estis) avaritia et cupiditate corrupti, qui
-dum conferre deberetis in hujusmodi transgressionis dando et accipiendo
-canonem maledicti estis.... Omnes quippe gradus Ecclesiastici
-a maximo Pontifice usque ad ostiarium opprimuntur per suae
-damnationis pretium.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note374">
-<p><span class="label"><a href="#tag374">374</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mansi</span>, XIX, 696: Omnino confitemur non licere episcopo presbytero,
-diacono, subdiacono propriam uxorem causa religionis
-abjicere a cura sua, scilicet ut ei victum et vestitum largiatur:
-sed non ut cum illa ex more carnaliter jaceat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note375">
-<p><span class="label"><a href="#tag375">375</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Simone Mago è tenuto dai padri della Chiesa del terzo e
-quarto secolo come uno dei quattro capi dello gnosticismo. Le lettere
-clementine già lo danno per il principale. Ma questo solo par
-probabile che egli, appartenendo alla setta samaritana, cercasse
-di combinare insieme la nuova religione col samaritanismo. Il che
-non importa che la dottrina gnostica si debba a lui, come non si
-deve nè al suo discepolo Menandro, nè a Dositeo; ben piuttosto a
-Cerinto, che è l'ultimo dei quattro nominati dai Padri: <span class="smcap">Schmid</span>,
-<i>Kirchengeschichte Erlangen</i>, 1880, Vol. I, pag. 64.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note376">
-<p><span class="label"><a href="#tag376">376</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Apoc.</i>, II, 6. Cfr. <span class="smcap">Ireneo</span>, I, 29. <span class="smcap">Clem. Strom.</span>, I, 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note377">
-<p><span class="label"><a href="#tag377">377</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il decreto di Clemente II (<span class="smcap">Mansi</span>, loc. cit.), già parla de haeresia
-simoniaca. La stessa espressione si trova in Arnolfo, <i>Gesta</i>, lib. III,
-cap. <span class="smcap lowercase">XI</span> (<span class="smcap">Pertz</span>, <i>Mm. SS.</i>, VIII 19). Il biografo di Arialdo, Andrea,
-cap. <span class="smcap lowercase">XI</span>, 7 (<span class="smcap">Puricelli</span>, pag. 86), riferisce alcune ragioni che l'arcivescovo,
-insieme alla maggior parte del clero e dei nobili, nonchè
-di molti del popolo minore solevano portare contro la proibizione
-della vendita: Haec namque doctrina si ad profectum venerit nobis
-nostrisque filiis profecto nullo modo vivere expedit. Quae enim
-est nostra vita nisi ecclesiarum beneficia quae a nobis assidue
-venduntur et emuntur? Certo queste ragioni erano deboli assai;
-ma provano in ogni modo che si faceva una discussione e taluni
-sostenevano la legittimità del traffico.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note378">
-<p><span class="label"><a href="#tag378">378</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Landulfi</span>, <i>Hist. Mediol.</i>, II, 36 (<span class="smcap">Pertz</span>, VIII, 73): Itaque his
-et aliis misericordiarum multarum elemosynis, si quid offensionis
-laicis inhaerebat, et sacerdotibus illos moribus bonis imbuentibus
-solvebatur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note379">
-<p><span class="label"><a href="#tag379">379</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Land.</span>, <i>Hist. med.</i>, II, 35 (<span class="smcap">Pertz</span>, VIII, 70): Si autem in virginitate
-uxorem aliquis non habens permanere non posse fateretur,
-humanam ac fragilem naturam sciens restringi non posse nisi
-Dei misericordia adjutus, continuo in testimonio bonorum virorum
-secundum legem humanam licentia a pontifice accepta, uxor tamen
-virgo illi desponsabatur; unde apostolus: <i>Qui se non continet,
-nubat</i>. Et unusquisque excepta causa fornicationis suam uxorem
-habebat; qua accepta non minus venerabatur et amabatur quam
-si sine uxore idem degeret.... Usus enim ecclesiae totius tam
-latinae quam graecae per tempora multa sic se habebat. III, 7 (<span class="smcap">Pertz</span>,
-78): Sed nostri sacerdotes Deo gratias usque hodie nec sunt nec
-nominati sunt adulteri, sed curiose observant apostolicum praeceptum,
-ut sint unius mulieris viri. Queste parole sono messe in bocca
-all'arcivescovo. Altre non meno energiche sono attribuite all'arcidiacono
-Guiberto ed al diacono Ambrogio III, 23, 24 (<span class="smcap">Pertz</span>, 89-91),
-nè meno incalzanti sono le risposte che fa il sacerdote Andrea ai
-discorsi tenuti da Arialdo a Landolfo III, 26 (<span class="smcap">Pertz</span>, 92-93).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note380">
-<p><span class="label"><a href="#tag380">380</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonith.</span>, in <span class="smcap">Jaffé</span>, II, 648: Sed venditores ecclesiarum, mediolanenses
-capitanei et valvassores, cum viderent se pecuniis nudari,
-contristabantur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note381">
-<p><span class="label"><a href="#tag381">381</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonith.</span>, lib. VI (<span class="smcap">Jaffé</span>, II, 638): Ecclesia Mediolanensis,
-quae fere per 200 annos superbiae fastu a Romanae ecclesiae se
-subtraxerat dicione. <span class="smcap">Arnulfi</span>, <i>Gesta</i>, III, 15 (<span class="smcap">Pertz</span>, VIII, 21): O
-insensati mediolanenses, qui vos fascinavit? Heri clamastis unius
-sellae primatum, hodie confunditis totius ecclesiae statum .... Dicetur
-enim in posterum; subjectum Romae Mediolanum. Queste
-amare parole sfuggono al cronista nel raccontare che il popolo
-milanese dopo essersi levato in tumulto contro il legato di Roma
-gli si sottomise.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note382">
-<p><span class="label"><a href="#tag382">382</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonith.</span> in <span class="smcap">Jaffé</span> II, 638: Gregorius .... mediolanensem
-ecclesiam .... secundum antiquum morem [vale a dire secondo il
-costume orientale di S. Ambrogio] cantare constituit. Arnolfo, III,
-17 (<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 12): Interea Arialdus .... letanias illas quas Ambrosiani
-post ascensionem celebrant .... praedicabat execrandas.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note383">
-<p><span class="label"><a href="#tag383">383</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 10 (<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 19): Qui (Arialdus) cum modicae
-foret auctoritatis, humiliter utpote natus, praevidit applicare
-sibi Landulfum quasi generosiorem et ad hoc idoneum .... Landulfus
-vero cum esset expeditioris linguae ac vocis, nimiusque
-favoris amator, repente dux verbi efficitur, usurpato sibi contra
-morem ecclesiae praedicationis offitio. Hic cum nullis esset ecclesiasticis
-gradibus alteratus etc. <span class="smcap">Landolfo</span>, <i>Hist. med.</i>, III, 5 (<span class="smcap">Pertz</span>,
-pag. 76), conferma intorno ad Arnolfo le notizie dell'altro cronista:
-Landulphus de magna prosapia oriundus .... Unus de notariis
-(grado ecclesiastico inferiore al sottodiacono). Di Arialdo dice soltanto:
-alium forensem clericum, levitam (diacono) tantum, Arialdus
-nomine, ortus in loco Cuzago prope Canturium artis liberae magister.
-<span class="smcap">Bonizone</span> (<span class="smcap">Jaffé</span>, pag. 639): Landulfus ex majore prosapia
-natus .... Arialdus ex equestri progenie trahens originem.
-<span class="smcap">Andrea</span>, cap. I (<span class="smcap">Puricelli</span>, pag. 14), Bezo quidam, cum Beza....
-nobiles utrique natione sed nobiliores probitate; cap. <span class="smcap lowercase">IX</span>, pag. 81:
-Qui progenie altior erat Landulphus. Tutte queste notizie concorderebbero
-se s'intendesse l'<i>humiliter</i> del cronista milanese in senso
-relativo non assoluto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note384">
-<p><span class="label"><a href="#tag384">384</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 13 (<span class="smcap">Pertz</span>, 20): Hos tales cetera vulgaritas
-hyronice Patarinos appellat. IV, 11 (<span class="smcap">Pertz</span>, 28): non quidem industria
-sed casu prolatum. <span class="smcap">Bonizone</span>, lib. VI (<span class="smcap">Jaffé</span>, pag. 639):
-eisque paupertatem improperantes, paterinos id est pannosos,
-vocabant. Anche oggi secondo il Cherubini <i>pattaria</i> in dialetto
-milanese vuol dire, ciarpe, cenceria, sferre vecchie. E dall'essere
-denominati patari o patarini i novatori si disse pataria la loro
-setta, ed in seguito la dottrina da loro insegnata. <span class="smcap">Land.</span>, <i>Hist.</i> III,
-12 (<span class="smcap">Pertz</span>, 81): Cum cujus inauditae Pataliae placitum cogitasti
-commovere. III, 9 (<span class="smcap">Pertz</span>, 79): Tu solus per execrabilem pataliam
-flammam .... super nos accendis. Arnolfo nel luogo citato del
-libro quarto aggiunge ingenuamente: dum in quodam etymologiarum
-tomo nuper plura revolverem, ita scriptum reperio: Pathos
-graece latine dicitur perturbatio. Unde justa meae parvitatis ingeniolum
-statim conjicio, quod Patarini possunt perturbatores rite
-nuncupari, quod plane rerum probat effectus. Si perdona questa
-partigiana etimologia al cronista, che ebbe molto a soffrire dalle
-agitazioni patariniche; ma non si può perdonare al nostro Cantù
-quest'altra etimologia, tolta di peso dalle costituzioni di Federico II:
-<i>patarini furon detti da pati perchè ostentavano penitenza, o
-dal pater che era loro preghiera</i> (<i>Gli eretici in Italia</i>, pag. 77).
-Cfr. <span class="smcap">Breholles</span>, <i>Hist. dipl.</i>, IV, I, pag. 298: Patarenos se nominant
-velut expositi passioni.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note385">
-<p><span class="label"><a href="#tag385">385</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il cronista contemporaneo Landolfo conosce bene questo
-nesso dei novatori cogli eretici. Lib. III, 19 (<span class="smcap">Pertz</span>, 87). Venientes
-namque quidam suburbani diversis, ac variis dogmatibus irretiti,
-et Arialdus ipse, et ipse quem animo prae omnibus diligebat, et
-aliquantis cum Laicis, qui Girardi de Monteforte sententias fere
-consentiebant, quos ipse paulo ut filios complexus deosculabatur ecc.
-Nel cap. 26 dello stesso libro viene riferito un discorso del sacerdote
-decumano Andrea, ove è notevole questo passo (<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 93):
-Forsitan adhuc illa sententia implicitus es, qua olim illi de Monteforte
-te imbuerant, qui omnem christianitatem mulierem non
-tangere et genus humanum sine semine virili apum more nasci
-dicentes, falsis sententiis affirmabant?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note386">
-<p><span class="label"><a href="#tag386">386</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Andrea nella vita di Arialdo, cap. <span class="smcap lowercase">IV</span>, 4 (<span class="smcap">Puricelli</span>, pag. 78),
-attribuisce al santo novatore questo discorso: Ecce Christus clamat:
-Discite a me quia mitis sum, et humilis corde. Et iterum de se
-dicit: Filius hominis non habet, ubi caput reclinet. Et item Beati
-pauperes spiritu, quoniam ipsorum est Regnum Coelorum. E contra
-vero ut inspicitis, vestri Sacerdotes, qui effici possunt ditiores in
-terrenis rebus, excelsiores in aedificandis turribus et domibus, superbiores
-in honoribus, in mollibus delicatisque vestibus pulchriores,
-ipsi putantur beatiores. En ipsi, ut cernitis, sicut laici palam
-uxores ducunt: stuprum, quemadmodum scelesti laici, sequuntur
-atque ad nefandum hoc opus patrandum tanto sunt validiores, quanto
-a terreno labore minus oppressi; videlicet viventes de Dono Dei.
-Possiamo confrontare questo discorso con le accuse che i Catari
-faceano alla Chiesa cattolica. (V. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 60, e 303). Ecclesia
-Christi imminentibus tribulationibus saepe esuriebat .... Romana
-Ecclesia in divitiis multis est et in deliciis induta purpura et bysso,
-et epulatur quotidie splendide et secure, et stabilis in hoc mundo
-non laborat manibus suis, sed ipsa lasciva et otiosa devorat aliorum
-labores .... Ecclesia Christi contemnebatur et blasphemabatur a
-mundo, e converso Ecclesia Romana a mundo honoratur. Altrettali
-simiglianze scopriremo nel discorso di Arialdo riferito da
-Arnolfo, III, 11 (<span class="smcap">Pertz</span>, 19): Pro luce palpatis tenebras, caeci omnes
-effecti, quoniam coeci sunt duces vestri sed numquid potest coecus
-coecum decere. Nonne ambo in foveam cadunt?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note387">
-<p><span class="label"><a href="#tag387">387</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 14 (<span class="smcap">Pertz</span>, 21): Tamen in presenti coetu, quia
-Romanus erat, archiepiscopo praesidere contendit. Unde subito
-factus est popularis in urbe tumultus, ut nisi cessisset illius humilitas,
-quod suum erat, fecisset impetum, non quidem gratia Widonis,
-sed Ambrosiani causa honoris. Pietro Damiani, <i>Opp.</i>, 42,
-rimprovera Arnolfo di non aver mantenuta la promessa fatta in
-quel tumulto, che si sarebbe chiuso in un convento se avesse
-avuta salva la vita.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note388">
-<p><span class="label"><a href="#tag388">388</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Paéch</span>, <i>Die Pataria in Mailand</i>, pag. 15; <span class="smcap">Arnolfo</span> III, 2
-(<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 17): Heinricus.... neglecto nobili ac sapienti primi
-ordinis clero, idiotum et a rure venientem elegit antistitem, cui
-nomen fuerat Wido.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note389">
-<p><span class="label"><a href="#tag389">389</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi tra le altre l'importante memoria dello Schupfer: <i>La
-società milanese all'epoca del risorgimento del comune</i> (<i>Archivio
-Giuridico</i>, vol. III-IV, principalmente vol. IV, pag. 308 e segg.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note390">
-<p><span class="label"><a href="#tag390">390</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Paecii</span> (op. cit., pag. 24) dimostra questo viaggio molto
-probabile, perchè Anselmo ed Ildebrando che nel 18 ottobre erano
-a Roma (<span class="smcap">Mansi</span>, XIX, 866), e nel 27 dicembre sono in Pöhlde
-(<i>Mon. Germ.</i>, VII, 246), avranno ben toccato Milano nel loro
-viaggio. Io aggiungo che la notizia di Landolfo (III, 13) è confermata
-da Bonizone (pag. 640): et confestim misit a latere suo episcopos
-et cum eis Deo amabilem Hildebrandum archidiaconum
-per tacere di Arnolfo (III, 14), che la dà pure ma molto confusamente.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note391">
-<p><span class="label"><a href="#tag391">391</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pietro Damiani si comportò con molta prudenza, chè a tagliar
-corto coi simoniaci le chiese sarebbero rimaste senza sacerdoti.
-Ma gl'intransigenti non gli perdonavano questa temperanza.
-(Vedi <span class="smcap">Bonizone</span>, pag. 643). Quod aliquibus visum est culpabile, sapientibus
-valde laudabile. Quod enim laudabilius ea tempestate
-poterat inveniri, quam ut talis ecclesia sacerdotio non deperiret?
-Vedi la lettera di Pietro Damiani ad Ildebrando riportata in
-<span class="smcap">Mansi</span>, 887.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note392">
-<p><span class="label"><a href="#tag392">392</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mansi</span>, <i>Concilia</i>, XIX, pag. 907: Si quis apostolicae sedi
-sine concordia et canonica electione ac benedictione cardinalium
-episcoporum, ac deinde sequentium ordinum religiosorum clericorum
-intronizatur, non papa vel apostolicus habeatur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note393">
-<p><span class="label"><a href="#tag393">393</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ut per laicos nullo modo quilibet clericus aut presbyter obtineat
-ecclesiam, nec gratis nec pretio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note394">
-<p><span class="label"><a href="#tag394">394</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Paech</span> (op. cit., pag. 30), con Giulini e Giesebrecht intende
-in questo senso le parole di Arnolfo: accepto ab eo (papa)
-anulo apostolicae gratiae ac totius potestatis ecclesiasticae (III, 15;
-<span class="smcap">Pertz</span>, pag. 21).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note395">
-<p><span class="label"><a href="#tag395">395</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ut nullus missam ad audiat presbyteri quem scit concubinam
-indubitanter habere, aut subintroductam mulierem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note396">
-<p><span class="label"><a href="#tag396">396</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Lamberti Annales</i> (<span class="smcap">Pertz</span>, <i>Mon. Script.</i>, V, 218). Adversus
-hoc decretum (quello di Gregorio VII contro i preti ammogliati)
-infremuit tota fractio clericorum; hominem plane haereticum et
-vesani dogmatis esse clamitans qui oblitus sermonis Domini, quo
-ait: non omnes capiunt hoc verbum, et apostolus: qui se non continet
-nubat: melius est nubere quam uri, violenta exactione homines
-vivere cogeret ritu angelorum. <i>Sigiberti Chronica</i> (<span class="smcap">Pertz</span>,
-<i>Mon. Script.</i>, VI, 862). Gregorius papa celebrata synodo symoniacos
-anathematizavit, et uxoratos sacerdotes a divino officio removit,
-et laicis missam eorum audire interdicit, novo exemplo ut et multis
-visum est inconsiderato praejudicio contra sanctorum patrum sententiam,
-qui scripserunt quod sacramenta quae in ecclesia fiunt,
-baptisma scilicit, crisma, corpus et sanguis Christi, Spiritu Sancto
-latenter operante eorumdem sacramentorum effectum, seu per bonos
-seu per malos intra ecclesia Dei dispensentur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note397">
-<p><span class="label"><a href="#tag397">397</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Landolfo</span>, III, 5 (<span class="smcap">Pertz</span>, 77) crede che Anselmo sia stato
-l'istigatore di Arialdo ed Arnolfo. Il racconto del cronista, per
-inesatto che sia, come dimostra il Paech, pag. 19, è una chiara
-prova delle voci che correvano sul conto del vescovo di Lucca.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note398">
-<p><span class="label"><a href="#tag398">398</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 17 (<span class="smcap">Pertz</span>, 22) vorrebbe non credere ad Erlembardo,
-tanto gli sembra incredibile quel che ei racconta. Praeterea
-gloriatur Arlembardus idem ab ipsa Roma bellicum sancti
-Petri se accepisse vexillum contra omnes sibi adversantes. Quod
-appensum lanceae homicidiorum videtur iudicium; cum profecto
-sit nefas tale aliquid suspicari de Petro, aut aliud habuisse vexillum praeter quod datum est in Evangelio: <i>Qui vult post me venire
-ecc</i>. Che il vessillo fosse dato nella prima gita di Erlembardo
-a Roma è detto da Andrea, cap. <span class="smcap lowercase">XIV</span> (<span class="smcap">Puric.</span>, pag. 92), come osserva
-il Paech contro Giesebrecht, pag. 36. Una conseguenza grave dell'elevazione
-di Erlembardo a milite della Chiesa era questa rilevata
-da Arnolfo, III, 11 (<span class="smcap">Pertz</span>, 21): Arlembardus .... cum esset
-laycus, quasi fraternae gratia pietatis opus sibi praesumpsit indebitum
-.... et quae sunt peccata dijudicans .... Dum ergo laicus
-judicat, clericus tantum vapulat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note399">
-<p><span class="label"><a href="#tag399">399</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 20 (Arlembardus) excommunicationis litteras
-dedit archiepiscopo, quod pluribus grande visum est civitatis obprobium
-... ad ultimum factis in medio ecclesiae partibus, clamoroso
-impeto vicissim in sese consurgunt .... Remansit pene solus Antistes.
-Quem pars aggrediens inimica, fustibus crudeliter caesum et
-quasi semivivum reliquit. In crastinum visa tanta crudelitate cives
-horrescunt mente confusi. Communiter igitur statuunt, aut tantum
-punire facinus aut vivere nolle amplius. Unde factum ut fugiens
-Arialdus .... incidit manus quaerentium animam ejus .... quem
-.... penitus interficiunt. <span class="smcap">Arnolfo</span> (III, 30) non parla della nipote
-di Guido. Bensì Landolfo (III, 30): juxta locum Legnani a manibus
-fidelium domnae Olivae, domni Guidonis neptae, tentus et
-captus est .... in insula quadam juxta Lacum Majorem .... vernulae
-Olivae furialiter in eum prosilientes, linguam ejus de sub
-mentonem trahentes, in insula semimortum reliquerunt. Questo racconto
-è confermato da Andrea (cap. 29, pag. 108) il quale non
-appena si diffuse in Milano la notizia della morte di Arialdo recatosi
-presso il Lago Maggiore, ne seppe alcuni particolari da un
-prete Martino, altri ne raccolse in seguito; pag. 111: Quapropter
-nasus .... cum labio superno est abscissus .... deinde ambo oculi
-sunt effossi. Postea vero dextram detruncant manum. Dehine radicitus
-membrumque amputant genitale .... postea vero de sub
-gutture linguam extrahunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note400">
-<p><span class="label"><a href="#tag400">400</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Landolfo</span>, III, 30 (<span class="smcap">Pertz</span>, 96) racconta che la salma di
-Arialdo fu seppellita in Arce Trevali in apotheca Sancti Ambrosii;
-ma poscia pel gran fetore ipsam apothecam aqua usque umbelicum
-coarctantes foetorem repleverunt. In seguito alle minacce di Erlembardo,
-corpus jamdiu truncatum mulieris (causa) fere emarcidum
-minimeque propter aquam in qua jacuerat foetens .... orribile
-nimis ac visu teterrimum, illis traditum est. Andrea al contrario
-(cap. 30, pag. 112) racconta che l'empia Jezabel, o la nipote
-di Guido valde fecit saxa ingentia circa ipsum innecti et in profundum
-laci demergi, e che in seguito un fedele di nome Algisio
-vide in riva al lago il corpo del santo sano e meravigliosamente
-candido praeter octo membra quae ei erant cum ferro amputata.
-Pare che sia più probabile il racconto di Andrea almeno nella
-prima parte, perchè entrambi i cronisti s'accordano nel dire che
-il cadavere fu seppellito in acqua, e Landolfo colla virtù dell'acqua
-spiega perchè non putisse. S'accordano poi entrambi i cronisti anche
-in questo, che i Patarini ripresero le spoglie del martire sulle rive
-del Ticino. <span class="smcap">Bonizone</span>, pag. 649, dice soltanto: Herlembardus tam
-dierum castra propinquorum archiepiscopi obsedit, donec corpus
-venerabilis Arialdi ei reddiderunt. Quod Mediolani delatum in ecclesia
-Sancti Celsi summo cum honore humatum est.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note401">
-<p><span class="label"><a href="#tag401">401</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 21 (<span class="smcap">Pertz</span>, 23). Ad quod sedandum litigium
-contigit tunc temporis Maginardum episcopum Silvae candidae et
-Minutum cardinalem presbyterum Romanos legatos venisse Mediolanum...
-deinde inter clerum judicantes et populum eleganti scripto
-constituunt quid fieri debeat in posterum. Si comprende perchè
-Arnolfo lodi questo scritto, che prescriveva: neminem predictorum
-graduum clericum ex suxpicioni damnari .... nullum clericorum
-pro cujusquam peccati culpa in judicio laicorum amodo esse ....
-illud beneficium quod cuiquam clericorum aufertur, nullus laicus
-in suum usum accipiat .... incendia, depraedationes, sanguinum
-effusiones, multasque injustas violentias omnimodo prohibemus ne
-faciant. <span class="smcap">Mansi</span>, XIX, 347-48.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note402">
-<p><span class="label"><a href="#tag402">402</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Arnolfo</span>, III, 21 (<span class="smcap">Pertz</span>, 23): Arlembardus .... caute subintulit
-juramento causam futuri eligendi pastoris post discessum praesentis
-.... Archiepiscopus cum tot nequiret imminentes tollerare
-pressuras, aevo jam maturus et diuturno languore membris omnibus
-dissulutus arbitratus est fore conveniens ut quod ille faciendum
-praeviderat, ipse quoque destruendo praeveniret.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note403">
-<p><span class="label"><a href="#tag403">403</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boniz.</span>, pag. 652: animumque regis utpote adolescentis facillime
-venatus est. Nam et Pataream promittebat se destructurum
-et Erlembardum vivum capturum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note404">
-<p><span class="label"><a href="#tag404">404</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nelle lettere di Gregorio VII più volte è fatta menzione di
-Goffredo. Così nella lettera undecima del primo libro indirizzata
-alle contesse Beatrice e Matilde il 24 giugno 1073 (<span class="smcap">Jaffé</span>, II, 21):
-Longobardorum episcopi .... Gotefredum symoniacum, et ob hoc
-excommunicatum atque damnatum sub specie benedictionis maledixerint
-et sub umbra ordinationis execratum hereticum constituerint.
-Cfr. I, 15, 1 luglio 1073 ad Longobardos. Ivi, pag. 26: Gotefredus
-vivente Guidone dicto Archiepiscopo mediolanensi eandem
-ecclesiam .... quasi vilem ancillam praesumpsit emere. Certo tra
-i due prelati erano corsi patti, tanto che secondo Arnolfo (I, 22)
-Guido riprese il suo ufficio e fece lega con Erlembardo col pretesto
-che Gotefredo non avea mantenute le sue promesse.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note405">
-<p><span class="label"><a href="#tag405">405</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sull'elezione di Attone vedi <span class="smcap">Landolfo</span>, III, 25. Bonizone,
-(pag. 653) lo chiama Ottonem, ejusdem ecclesiae clericum, nobilem
-quidem genere sed nobiliorem moribus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note406">
-<p><span class="label"><a href="#tag406">406</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boniz.</span>, loc. cit. Il Papa dichiarò nullo il giuramento.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note407">
-<p><span class="label"><a href="#tag407">407</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Arnolfo</span>, IV, 6 (<span class="smcap">Pertz</span>, 27): Crisma sacrum, quod unus illorum
-dominicae coenae misterio metropolitanae direxit ecclesiae,
-sicut mos est deficiente pontifice, profusum humi coram omni
-populo calcibus proculcavit, suum producens in medium, a quo
-confectum vel unde venerit incognitum. IV, 9 (<span class="smcap">Pertz</span>, 28): Liutprandus
-quidem presbyter nuncupatus .... jussu ac virtute illius ordinariorum
-usurpavit officium, venientes inconsulte baptizans.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note408">
-<p><span class="label"><a href="#tag408">408</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Paech</span> cita una lettera del vescovo di Verdun a Gregorio
-VII (<span class="smcap">Martène</span>, <i>Thes.</i>, I, 214), ove è riferita la voce che gli
-atti di Erlembardo non fossero senza l'approvazione del Pontefice:
-Vestro illo praecepto vel motu vel assensu, in partibus Italiae
-veneranda misteria .... non effusa, sed et projecta et pedibus
-conculcata.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note409">
-<p><span class="label"><a href="#tag409">409</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boniz.</span>, pag. 663: Eodem quoque tempore Mediolanensis civitas
-toto incendio concrematur .... omnes sive amici sive inimici
-quasi una voce clamabant, hoc esse peccatum Paterinorum. Post
-pascha vero, de repente congregato exercitu et multitudine conjuratorum
-Herlembardum nihil male suspicantem invadunt eumque
-bellare temptantem in media platea interficiunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note410">
-<p><span class="label"><a href="#tag410">410</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Intorno a Tedaldo vedi le lettere di Gregorio VII, III, 8-9,
-(<span class="smcap">Jaffé</span>, 214-218). Nel Concilio del 1078 fu sospeso dall'ufficio e vescovile
-e sacerdotale insieme a Guiberto di Ravenna (<span class="smcap">Jaffé</span>, p. 305).
-Scomunicato di nuovo nel Concilio del 1079 (<span class="smcap">Jaffé</span>, pag. 355) ed
-in quello del 1080. Ciò non pertanto resse la Chiesa di Milano per
-nove anni, tre mesi e ventun giorno, e morì il 25 maggio 1086.
-Vedi il catalogo dei vescovi milanesi, in <span class="smcap">Pertz</span>, <i>Script.</i>, VIII, 104.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note411">
-<p><span class="label"><a href="#tag411">411</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Giesebrecht</span>, <i>Geschichte</i>, III, <span class="smcap lowercase">I</span>, pag. 186, cfr. 132-33.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note412">
-<p><span class="label"><a href="#tag412">412</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il cosidetto <i>Dictatus Papae</i> (<span class="smcap">Mansi</span>, <i>Concilia</i>, XX, 168-69),
-ove in brevi sentenze Gregorio VII compendia i diritti e le dignità
-del Pontefice: Quod legatus ejus omnibus episcopis praesit in concilio
-etiam inferioris gradus et adversus eos sententiam depositionis
-possit dare. — Quod solus possit uti imperialibus insigniis. — Quod
-solius papae pedes omnes principes deosculentur. — Quod
-illius solius nomen in ecclesis recitetur. — Quod unicum est nomen
-in mundo. — Quod illi liceat imperatores deponere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note413">
-<p><span class="label"><a href="#tag413">413</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per questa ragione nei concilii posteriori si crede necessario
-di ribadire le antiche condanne e così ad esempio nel Concilio di
-Reims, nel 1119, Callisto II conferma le sentenze dei suoi predecessori
-contro i simoniaci (can. I); contro le investure laicali (can. II);
-contro i concubinarii (can. V): Presbyteris et diaconibus, concubinarum
-et uxorum contumaciam prorsus interdicimus (<span class="smcap">Mansi</span>, XX,
-236). Il Concilio lateranense del 1123 fa altrettanto (can. I): ordinari
-quemquam per pecuniam vel promoveri .... prohibemus.
-Can. III: Presbytheris, diaconibus vel subdianiconibus concubinarum
-et uxorum contubernia penitus interdicimus (<span class="smcap">Mansi</span>, XX, 282).
-Innocenzo II, nel Concilio di Clairmont del 1130 sancisce (can. I):
-Si quis simoniace ordinatus fuerit .... honore male adquisito careat,
-et nota infamiae percellatur. Can. IV: qui a subdiaconatu
-et supra uxores duxerint aut concubinas habuerint officio atque
-beneficio ecclesiastico careant (<span class="smcap">Mansi</span>, XXI, 438). Nel Concilio lateranense
-del 1139, infine fu necessario decretare di nuovo: Si
-quis simoniace ordinatus fuerit, ab officio omnino cadat quod illecite
-usurpavit. VI: Qui .... uxores duxerint aut concubinas habuerint,
-officio atque beneficio ecclesiastico careant. II: nullus missas eorum
-audiant quos uxores vel concubinas habere cognoverint. (<span class="smcap">Mansi</span>,
-XXI, 527).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note414">
-<p><span class="label"><a href="#tag414">414</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Giesebrecht</span>, <i>Arnold von Brescia</i> (<i>Sitzungsberichte der
-k. Ak. der Wiss. zu München</i>, 1873, 1, pag. 139 e segg.). Il Giesebrecht ben rileva l'importanza che ha per la vita d'Arnaldo l'<i>Historia
-Pontificalis</i>, pubblicata dall'Arndt nei <i>Monum. Germ. Hist.</i>
-del <span class="smcap">Pertz</span>, XX, 515 e segg. L'illustre storico attribuisce questa
-cronaca a Giovanni di Salisbury. Della monografia del Giesebrecht
-fu pubblicata per cura dell'Odorici, anche lui biografo di Arnaldo,
-una traduzione italiana (Brescia, tip. Appollonio, 1876). Un'altra
-fonte importante fu scoperta dall'infaticabile prof. Monaci nella
-Vaticana. È un poema del secolo <span class="smcap lowercase">XII</span> che tratta dei <i>Gesta per
-imperatorem Fridericum Barbam Rubeam in partibus Lombardiae
-et Italie</i>. Il valore di questa nuova fonte fu riconosciuto dal
-Giesebrecht (<i>Sopra il poema recentemente scoperto intorno all'imperatore
-Federico I. Lettera al prof. E. Monaci.</i> Roma, 1879).
-Di questo poema il Monaci pubblicò un frammento. (<i>Il Barbarossa
-e Arnaldo da Brescia secondo un antico poema inedito
-esistente nella Vaticana.</i> Roma, 1878). Vedi anche <i>Arnaldo da
-Brescia e la rivoluzione romana del secolo XII</i>, studio di <span class="smcap">Giovanni
-De Castro</span>, Livorno, 1875, con una compiuta bibliografia
-sull'argomento. <span class="smcap">Bonghi</span>, <i>Arnaldo da Brescia</i>, nell'<i>Antologia</i> del
-15 agosto 1882.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note415">
-<p><span class="label"><a href="#tag415">415</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">De Castro</span>, op. cit., pag. 253 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note416">
-<p><span class="label"><a href="#tag416">416</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Hist. pontif.</i>, cap. 21, in <span class="smcap">Pertz</span>, XX, 537. Erat hic dignitate
-sacerdos, habitu canonicus regularis, et qui carnem suam indumentorum
-asperitate et inedia macerabat. Il <span class="smcap">Bonghi</span>, pag. 603, interpetra
-che si sia fatto monaco agostiniano, diventando più tardi
-abate dell'ordine.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note417">
-<p><span class="label"><a href="#tag417">417</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Poema, v. 153. Vir nimis austerus dureque per omnia vite.
-Anche San Bernardo conferma questo tratto; ma, come sempre
-accade in lui, l'elogio finisce in iraconda ingiuria. Homo est neque
-manducans neque bibens, solo diabolo esuriens et sitiens sanguinem
-animarum; utinam tam sanctae esset doctrinae quam districtae
-est vitae. (Ep. 195).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note418">
-<p><span class="label"><a href="#tag418">418</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Poema, v. 172. Namque Sacerdotes reprobos Simonisque
-sequaces .... Omnes censebat. <i>Hist. pontif.</i>, loc. cit. Et contemptus
-mundi vehemens praedicator.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note419">
-<p><span class="label"><a href="#tag419">419</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dum episcopus Romam profectus aliquantulum moraretur,
-sic interim civium flexit animos, ut episcopum vix voluerint admittere.
-(<i>Hist. pont.</i>, loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note420">
-<p><span class="label"><a href="#tag420">420</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È falso che il Concilio lateranense abbia condannato Arnaldo
-come eretico. Nè nel canone <span class="smcap lowercase">XXIII</span>, nè nel <span class="smcap lowercase">XXIV</span> è nominato Arnaldo,
-nè S. Bernardo sa nulla di questa condanna conciliare, la
-quale gli avrebbe porti nuovi e più vigorosi argomenti alle sue
-accuse. Vedi <span class="smcap">De Castro</span>, <i>Arnaldo da Brescia</i>, Livorno, 1875,
-pag. 261, 262.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note421">
-<p><span class="label"><a href="#tag421">421</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Hist. pont.</i>, loc. cit. Ob quam causam a domno Innocentio
-papa depositus et extrusus ab Italia, descendit in Franciam, et
-adhesit Petro Abelardo partesque ejus cum domno Jacinto, qui
-nunc cardinalis est, adversus abatem Clarevallensem studiosius fovit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note422">
-<p><span class="label"><a href="#tag422">422</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ott.</span>, II, 31: Ne perniciosum dogma ad plures serperet, imponendum
-viro silentium decernit. I dubbi intorno a questa testimonianza
-sono del Giesebrecht.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note423">
-<p><span class="label"><a href="#tag423">423</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ott.</span>, II, 20. Petrum Abailardum olim praeceptorem habuerat.
-Di questa notizia non dubitano nè il Giesebrecht (pag. 13) nè il
-De Castro (pag. 151).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note424">
-<p><span class="label"><a href="#tag424">424</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il passo dell'<i>Historia pontificalis</i> riferito più sopra
-confermato da S. Bernardo, ep. 156. Execratus quippe a Petro
-Apostolo, adhaeserat Petro Abaelardo, cuius omnes errores, ab
-Ecclesia jam deprehensos atque damnatos, cum illo defendere
-acriter et pertinaciter conabatur. Ep. 189: Squama squamae conjungitur,
-nec spiraculum incedit per eos.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note425">
-<p><span class="label"><a href="#tag425">425</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Postquam Petrus Cluniacum profectus est, Parisiis manens
-in monte S. Genovefe, divinas litteras scolaribus exponebat apud
-S. Hilarium .... Episcopis non parcebat ob avaritiam et turpe
-questum, et plerumque propter maculam vitae et quia Ecclesiam
-Dei in sanguinibus edificare nituntur. (<i>Hist. pont.</i>, loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note426">
-<p><span class="label"><a href="#tag426">426</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Poema, v. 155. Facundus et audax confidensque sui, vir
-multe litterature. <span class="smcap">S. Bernardo</span>, Ep. 196, cujus conversatio mel et
-doctrina venenum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note427">
-<p><span class="label"><a href="#tag427">427</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ecco il testo del rescritto: Per presentia scripta fraternitati
-vestrae mandamus, quatenus P. Abailardum et Arnaldum de Brixia,
-perversi dogmatis fabricatores et catholicae fidei impugnatores, in
-religionis locos ubi melius vobis visum, faciatis includere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note428">
-<p><span class="label"><a href="#tag428">428</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Abbatem .... arguebat tamquam vane glorie sectatorem et
-qui omnibus invideret, qui alicuius nominis erat in litteris aut
-religione, si non essent de scola sua. Obtinuit ergo abbas, ut eum
-christianissimus rex ejiceret de regno Francorum. (<i>Hist. pont.</i>,
-loc. cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note429">
-<p><span class="label"><a href="#tag429">429</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Al Vescovo di Costanza è indirizzata la lettera 195 che citammo
-più sopra. Nec mirum si non horam praevidere aut nocturnum
-furis imgressum observare quivistis. Mirum autem, si deprehensum
-non agnoscitis, non tenetis, non prohibetis esportare spolia
-vestra. Della dimora in Zurigo non ci dice nulla l'<i>Historia pontificalis</i>,
-ed in questo punto sembra meglio informato Ottone
-(II, 21): ibique in oppido Alemanniae Turego officium doctoris
-assumens, perniciosum dogma aliquot diebus seminavit. La qual
-testimonianza concorda colla lettera surriferita al vescovo di Costanza
-nella cui diocesi era compresa Zurigo. (<span class="smcap">Giesebrecht</span>, op.
-cit., p. 135).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note430">
-<p><span class="label"><a href="#tag430">430</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Bern.</span>, l. c. Melius auferre malum ex vobis. Quamquam
-amicus sponsi ligare potius, quam fugare curabit, ne jam discurreret.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note431">
-<p><span class="label"><a href="#tag431">431</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Bernardo</span>, lettera 195. Hoc enim et dominus Papa fieri
-scribendo mandavit... sed non fuit qui faceret bonum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note432">
-<p><span class="label"><a href="#tag432">432</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Giesebrecht (p. 135) dalle parole Francia repulit, Germania
-abominatur argomenta a ragione che tanto Arnaldo quanto il legato
-si trovassero entrambi in Germania. Questo legato non è
-dunque Guido di Castello, che fu poi Celestino II (sett. 1143,
-feb. 1144), ma un altro Guido, legato per Boemia e Moravia nell'agosto
-1142.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note433">
-<p><span class="label"><a href="#tag433">433</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A questo cardinal legato è indirizzata la lettera 196 di San
-Bernardo. Si accessit favor vester, erit funiculus triplex, qui difficile
-rumpitur... Securus annuntiabit et facile persuadebit quae
-volet domesticus et contubernalis legati apostolicae sedis... Favere
-huic domino papae contradicere est, etiam et Domino Deo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note434">
-<p><span class="label"><a href="#tag434">434</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Exinde post mortem domni Innocentii reversus est in Italiam,
-et promissa satisfatione et obediencia Romane ecclesie a
-domno Eugenio receptus est apud Viterbum. (<i>Hist. pont.</i>, loc. cit.).
-L'<i>Historia</i> non ci dice le ragioni di questa conciliazione; ma è
-lecito parmi argomentarle per congetture come ho fatto nel testo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note435">
-<p><span class="label"><a href="#tag435">435</a>.&nbsp;&nbsp;</span>S. Bernardo, udita la nuova dell'elezione di Eugenio III, suo
-discepolo, scrisse ai cardinali la famosa lettera 237, ove non nasconde
-i suoi timori. Parcat vobis Deus, quid fecistis? Nisi Dominus
-supponat manum suam, heu necesse est obruatur et opprimatur
-onere et nimio. Ma dacchè la cosa è fatta, et sicut multi
-dicunt, [par che ne dubiti] a Deo factum est, ei per primo s'inchina
-al nuovo eletto. E nella lettera 238 che gli dirige lo chiama
-dominum meum, nè ardisce dargli il nome di figlio, quia filius in
-patrem, pater mutatus est in filium. Ma neanche a lui tace le sue
-trepidazioni. Ego etsi nomen patris deposui sed non timorem sed
-non anxietatem... Altiorem quippe locum sortitus es sed non tutiorem.
-E per confortarlo dei suoi consigli nella scabrosa via gli
-manda l'aureo opuscolo <i>De Consideratione</i>, ove candidamente
-gli dice: Non enim si bene te novi, quia pater pauperum factus,
-ideo non pauper spiritu es. Monebo te proinde non ut magister
-sed ut mater.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note436">
-<p><span class="label"><a href="#tag436">436</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche il Bonghi, p. 617: «Ma come si può spiegare? Arnaldo
-non poteva ritornare in Italia senza licenza del Papa, e questa
-licenza non era possibile conseguirla senza promettere di rinsavire.
-Ed Arnaldo promise. Era già da cinque anni lontano dalla
-patria sua, se ne struggeva. E forse in terra straniera non sentiva
-la sua parola efficace; non avea amici, conforti, speranze. L'animo
-che non piegò avanti alla morte, non resse ad un esilio, per necessità
-ozioso. O forse la spiegazione è un'altra». Quest'altra spiegazione
-ho cercato di dare quassù forse con troppo lungo discorso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note437">
-<p><span class="label"><a href="#tag437">437</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De Consid.</i>, II, 6, p. 419. Nam quid aliud dimisit sanctus
-Apostolus.... cum ipse dicat: Argentum et aurum non est mihi?....
-Esto, ut alia quacum ratione haec tibi vindices, sed non apostolico
-jure. Nec enim tibi ille dare, quod non habuit, potuit. Quod habuit
-hoc dedit, sollicitudinem super Ecclesia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note438">
-<p><span class="label"><a href="#tag438">438</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De Consid.</i>, I, 6. Non monstrabunt ubi aliquando quispiam
-apostolorum judex sederit hominum, aut divisor terminorum, aut
-distributor terrarum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note439">
-<p><span class="label"><a href="#tag439">439</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De Cons.</i>, II, 6. Factum superiorem dissimulare nequimus
-sed enim ad quid, omnimodo est attendendum. Non enim ad dominandum
-opinor.... Disce sarculo tibi opud esse non sceptro, ut
-opus facias prophetae. E più appresso: Numquid dominationem?
-Audi ipsum.... Reges gentium dominantur eorum (Luc. 22, 55)...
-planum est, Apostolis interdicitur dominatus.... si utrumque simul
-habere voles perdes utrumque.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note440">
-<p><span class="label"><a href="#tag440">440</a>.&nbsp;&nbsp;</span>IV, 3. Petrus hic est, qui nescitur processisse aliquando vel
-gemmis ornatus, vel sericis; non tectus auro, non vectus equo albo,
-nec stipatus milite, nec circumstrepentibus septus militibus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note441">
-<p><span class="label"><a href="#tag441">441</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi. Etsi purpuratus etsi deauratus incedens, non est tamen
-quod horreas operam curamve pastoralem, Pastoris heres.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note442">
-<p><span class="label"><a href="#tag442">442</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De Cons.</i>, I, 6. Habent haec infima et terrena, judices suos,
-reges et principes terrae. Quid fines alienos invaditis? Quid falcem
-vestram in alienam messem extenditis?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note443">
-<p><span class="label"><a href="#tag443">443</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De Consid.</i>, I, 6. Itane imminutor est dignitatis servus si
-non vult esse major domino suo? ... Quis me constituit judicem?
-ait ille dominus et magister (Luc., 12, 14), et erit iniuria servo
-discipuloque nisi judicet universos? .... Ergo in criminibus, non
-in possessionibus potestas vestra.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note444">
-<p><span class="label"><a href="#tag444">444</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Epist. 256 ad Eugenio III dopo l'insuccesso della Crociata.
-Exserendas est uterque gladius... Petri uterque est. <i>De Consid.</i>, IV,
-3. Uterque ergo Ecclesiae et spiritalis scilicet gladius et materialis.
-Sul quale passo si fonda il Giesebrecht per dimostrare che
-S. Bernardo è più gregoriano di quel che si creda. Parmi che
-l'egregio storico non abbia tenuto nel debito conto le restrizioni
-delle quali parleremo nella nota seguente.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note445">
-<p><span class="label"><a href="#tag445">445</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Epist. 256. Uterque Petri est, alter nutu, alter sua manu
-evaginandus. Questa stessa restrizione è ripetuta colle stesse parole
-nel <i>De Consideratione</i>, IV, 3. Sed is quidem pro Ecclesia,
-ille vero ab Ecclesia exserendus: ille Sacerdotis, is militis manu,
-sed sane ad nutum sacerdotis et jussum imperatoris.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note446">
-<p><span class="label"><a href="#tag446">446</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Gregorovius</span>, <i>Storia di Roma</i>, lib. 8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note447">
-<p><span class="label"><a href="#tag447">447</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Jam palam cardinalibus detrahebant, dicens conventum eorum
-ex causa superbie et avaricie, ypocrisis et multimode turpitudinis
-non esse ecclesiam Dei, sed domum negociationis et speluncam
-latronum, qui scribarum et phariseorum vices exercent in
-populo christiano. Ipsum papam non esse, quod profitetur, apostolicum
-virum et animarum pastorem, sed virum sanguineum, qui
-incendiis et homicidiis praestat auctoritatem, tortorem ecclesiarum,
-innocentie concussorem, qui nihil aliud facit in mundo quam carnem
-pascere et suos replere loculos et exaurire alienos. (<i>Hist.
-pont.</i>, l. c.). Poema, v. 179:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Pontifices rebus magnos intricare caducis</p>
-<p class="i01">Et pro terrenis celestia spernere, causas</p>
-<p class="i01">Nocte, die, precio sumpto trutinare forenses.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-v. 186:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Heu mala romana presertim sede vigere.</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note448">
-<p><span class="label"><a href="#tag448">448</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dicebat quod sic apostolicus est et non apostolicam doctrinam
-imitatur aut vitam, et ideo ei obedentiam aut reverentiam
-non deberi. Preterea non esse homines admittendos, qui sedem
-imperii, fontem libertatis romanae, mundi dominam, volebant subjicere
-servituti. (<i>Hist. pont.</i>, l. c.). Il poema, v. 175, aggiunge:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Nec debere illis populum delicta fateri</p>
-<p class="i01">Sed magis alterutrum nec eorum sumere sacra.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Che non si debba nè confessarsi con sacerdoti malvagi, nè ascoltarne
-le messe era una massima dei Patarini adottata nei Concilii.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note449">
-<p><span class="label"><a href="#tag449">449</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Hist. pont.</i>, p. 537. Sed pacem tum multa prepediebant, tum
-maxime quod ejicere nolebant Ernaldum Brixiensem qui honori
-urbis et reipublicae Romanorum se dicebatur obligasse prestito
-juramento. Et ei populus Romanus vicissim auxilium centra omnes
-homines et nominatim contra domnum papam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note450">
-<p><span class="label"><a href="#tag450">450</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi su questi particolari il <span class="smcap">Giesebrecht</span>, trad. it., p. 33,
-nota 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note451">
-<p><span class="label"><a href="#tag451">451</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Secondo il poema Arnaldo imprigionato e condotto al supplizio
-non volle ricredersi della dottrina sua, che ei riteneva giusta
-e degna di sacrificarle la vita. Tanta fermezza riscosse l'ammirazione
-dei presenti, ed anche di Federigo, che ebbe una tarda
-compassione per la sua vittima. Codesti versi mi permetto di riferirli
-tutti, chè contengono particolari interessanti sugli ultimi momenti
-di Arnaldo, v. 219 e segg.:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Hic igitur regi delatus nunc Friderico,</p>
-<p class="i01">Judice prefecto romano, vincitur illum.</p>
-<p class="i01">Namque jubet rector causam discernere notam,</p>
-<p class="i01">Dampnaturque suo doctor pro dogmate doctus.</p>
-<p class="i01">Set cum supplicium sibi cerneret ipse parari</p>
-<p class="i01">Et laqueo collum fato properante ligari,</p>
-<p class="i01">Quesitus pravum si dogma relinquere vellet</p>
-<p class="i01">Atque suas culpas sapientum more fateri,</p>
-<p class="i01">Intrepidus fidensque sui, mirabile dictu</p>
-<p class="i01">Respondit proprium sibi dogma salubre videri</p>
-<p class="i01">Nec dubitare necem propter sua dicta subire,</p>
-<p class="i01">In quibus absurdum nil esset nilque nocivum.</p>
-<p class="i01">Orandique moram petiit pro tempore parvum,</p>
-<p class="i01">Nam Christo culpas dicit se velle fateri.</p>
-<p class="i01">Tunc genibus flexis, oculis manibusque levatis</p>
-<p class="i01">Ad celum, gemuit suspirans pectore ab imo</p>
-<p class="i01">Et sine voce deum celestem mente rogavit,</p>
-<p class="i01">Ipsi commendans animam; paulumque moratus</p>
-<p class="i01">Tradit ad interitum corpus tolerare paratus</p>
-<p class="i01">Constanter, penam lacrimas fudere videntes,</p>
-<p class="i01">Lictores eciam moti pietate parumper;</p>
-<p class="i01">Tandem suspensus laqueo retinente pependit.</p>
-<p class="i01">Set doluisse datur super hoc rex sero misertus.</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note452">
-<p><span class="label"><a href="#tag452">452</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ottone</span>, loc. cit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note453">
-<p><span class="label"><a href="#tag453">453</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Un capitolo del Concilio di Guastalla tenuto nel 1106 sotto
-Pasquale II incomincia così (<span class="smcap">Mansi</span>, XX, 1209): Per multos jam
-annos regni Theutonici latitudo ab apostolicae sedis unitate divisa
-est. In quo nimirum schismate tantum periculum factum est, ut,
-quod cum dolore dicimus, vix pauci sacerdotes ant clerici catholici
-in tanta terrarum latitudine reperiantur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note454">
-<p><span class="label"><a href="#tag454">454</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ott. Frising.</span>, II, 20, in <span class="smcap">Pertz</span>, <i>M. G. Script.</i>, XX, 403: Dicebat
-enim nec Clericos proprietatem, nec Episcopos regalia, nec monachos
-possessiones habentes, aliqua ratione salvari possent. Cuncta
-haec Principis esse, ab ejusque beneficentia in usum tantum Laicorum
-cadere oportere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note455">
-<p><span class="label"><a href="#tag455">455</a>.&nbsp;&nbsp;</span>V. <span class="smcap">Giesebrecht</span>, op. cit., III, 2, p. 809-10. Sia dovuto il pensiero
-di Pasquale II ad una geniale anticipazione di nuovi tempi,
-oppure, come pretende il Giesebrecht, alle necessità del momento
-che non gli permettevano di levarsi in altro modo d'impaccio,
-certo è che era bene immaturo un così ardito disegno.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note456">
-<p><span class="label"><a href="#tag456">456</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Paschalis Papae II Epist.</i> (<span class="smcap">Mansi</span>, XXII, 1007). Ad Henricum
-V Imperat. Divinae legis institutionibus sancitum est et sacris
-canonibus interdictum, ne sacerdotes curis saecularibus occupantur....
-in vestri autem regni partibus, episcopi vel abbates adeo
-curis saecularibus occupantur, ut comitatum assidue frequentare
-et militiam exercere cogantur: quae nimirum aut vix aut nullo
-modo sine rapinis, sacrilegiis, incendiis, aut homicidiis exhibetur.
-Interdicimus etiam et sub anathematis districtione prohibemus, ne
-qui episcoporum seu abbatum praesentium vel futurorum eadem
-regalia invadant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note457">
-<p><span class="label"><a href="#tag457">457</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel rescritto d'Innocenzo II (<span class="smcap">Mansi</span>, XXI, 565), Arnaldo ed
-Abelardo sono chiamati <i>perversi dogmatis fabricatores, et catholicae
-fidei impugnatores</i>. Il breve di Eugenio (<span class="smcap">Baronio</span>, <i>Annales</i>,
-ad an. 1148) ha: <i>Arnoldum tanquam schismaticum modis omnibus
-devitetis</i>. Ma nella lettera a Guibaldo lo stesso Eugenio usa
-la frase, <i>Arnoldo haeretico</i> (<span class="smcap">Martène</span>, <i>Ampl.</i>, coll. II, 553;
-<span class="smcap">Jaffé</span>, I, 537).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note458">
-<p><span class="label"><a href="#tag458">458</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche nel breve di Eugenio III è rilevato in preferenza questo
-punto: et cardinalibus atque archipresbyteris suis obedientiam
-et reverentiam promittere et exhibere debitam contradicant, vedi
-pure <span class="smcap">Gerhohus Reicherspergensis</span>, <i>De investigatione Antichristi</i>:
-Praesules eorum non episcopi, quemadmodum quidam nostro tempore,
-Arnaldus nomine, dogmatizare ausus est plebes a talium episcoporum
-obedientia dehortatus. La testimonianza di Geroo è molto
-importante, perchè nessun odio di parte gli fa velo alla mente.
-Anche egli al pari di Arnaldo deplorava la mistione dei due poteri.
-Cfr. ad esempio questo passo tolto dall'opuscolo <i>De corrupto
-Statu Ecclesiae</i> in <span class="smcap">Gallandi</span>, <i>Bibl.</i>, XIV, 557. Audiant haec
-episcopi, qui ultro et contra justitiam plerumque bella movent ....
-Officiumque militis et sacerdotis in una persona confundunt comitis
-et pontificis dignitatem simul administrant .... esurimus et sitimus
-hanc justitiam, ut judicio et negotia spiritalia per spiritales, saecularia
-per saeculares ita peragantur, ne termini a patribus constituti negligantur. Inoltre della fine tragica di Arnaldo, e dell'odio
-della Curia Romana portava un severo giudizio; nè par
-che credesse alle voci ad arte diffuse in quel tempo, secondo le
-quali il Prefetto di Roma avrebbe ordinata l'esecuzione ad insaputa
-del Papa: Quem ego vellem pro tali doctrina sua, quamvis
-prava, vel exilio vel carcere aut alia poena præter mortem punitum
-esse, vel saltem taliter occisum, ut Romana ecclesia seu Curia
-ejus necis quaestione careret. Un uomo così schietto merita tutta
-la nostra fiducia, e se egli attribuisce ad Arnaldo una dottrina
-poco ortodossa, non abbiamo alcun dritto di revocare in dubbio
-la sua autorità.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note459">
-<p><span class="label"><a href="#tag459">459</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Martène</span>, <i>Amp.</i>, coll. II, 554; <span class="smcap">Jaffé</span>, I, 539, 43.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note460">
-<p><span class="label"><a href="#tag460">460</a>.&nbsp;&nbsp;</span>II. <span class="smcap">Pet.</span> 2, 1; 3, 14 e 17.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note461">
-<p><span class="label"><a href="#tag461">461</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Riscontrate il seguente passo del <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 433: Quod
-autem non possint ministrare sacramenta volunt probare haeretici
-qui Cathari dicuntur, et etiam Pauperes Lombardi his modis, per
-illud Matth. V, v. 13 vos estis sal terrae .... postquam Praelatus
-evanuit non potest condire alium .... et ita sacramentorum etiam
-ministratio facta ab ipso inefficax est. Istud credunt omnes Cathari
-et Pauperes Lombardi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note462">
-<p><span class="label"><a href="#tag462">462</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche i Catari e più tardi i Valdesi si varranno di questa
-citazione. <span class="smcap">Moneta</span>, pag. 391. Objcit haereticus malo Praelato illud
-Jacobi (2, v. 18 ecc.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note463">
-<p><span class="label"><a href="#tag463">463</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Basteranno poche citazioni del Moneta tra le moltissime che
-potrei addurre: (pag. 431). Sic objiciunt Cathari et Pauperes Lombardi:
-Praelatus Ecclesiae caput est. Quomodo erga membra sana
-erunt, si caput est languidum? Inducunt illud Matth. VI, 22, nomine
-oculi volunt intelligere Praelatum. Si praelatus est tenebrosus
-tota Ecclesia tenebrosa (pag. 432). Inducunt iilud I, Cor. V, 6,
-nescitis quia modium frumentum totam massam corrumpit? Ex
-quo videtur, quod in Ecclesia non posse esse praelatus malus, nec
-etiam subdolus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note464">
-<p><span class="label"><a href="#tag464">464</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Bonaccurso (<span class="smcap">D'Achery</span>, I, 214 B), questo solo rimprovera agli
-arnaldisti: Quod pro malitia clericorum sacramenta Ecclesiae dicunt
-esse vitanda, e loro oppone recisamente: tu qui es qui alienum
-servum judices? citammo più sopra i versi del poema che si
-riferiscono alla confessione ed alla messa.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note465">
-<p><span class="label"><a href="#tag465">465</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le decretali sono molto chiare su questo punto (Decreti,
-pars II, caus. XV, qu. VIII, cap. <span class="smcap lowercase">V</span>). Non potest aliquis quantumcumque
-pollutus fuerit, divina polluere sacramenta quae purgatoria cunctarum
-contagionum existunt; nec potest solis radius per cloacas
-et latrinas transiens aliquid exinde contaminationis attrahere. Qualiscumque
-enim sacerdos sit, quae sancta sunt coinquinari non
-possunt .... cerea fax accensa sibi quidem detrimentum praestat,
-aliis vero lumen in tenebribus administrat, et unde aliis commodum
-exhibet, inde sibi dispendium praebet ....</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note466">
-<p><span class="label"><a href="#tag466">466</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Epist. Gregorii VII</i>, 20 (<span class="smcap">Mansi</span>, XX, 226). <i>Ad Josfredum
-episcopum parsiacensem.</i> Item relatum nobis est Cameracenses
-hominem quemdam flammis tradidisse, eo quod simoniacos et
-presbyteros fornicatores missam non debere celebrare, et quod illorum
-officium minime suscipiendum foret, dicere ausus fuerit. Quod
-quia nobis valde terribile, et si verum est, omnis rigore canonicae
-severitatis vindicandum esse videtur, fraternitatem tuam solicite
-hujus rei veritatem inquirere admonemus: et si eos ad tantam
-crudelitatem impias manus suas extendisse cognoveris, ab introitu
-et omni communione ecclesiae auctores pariter et complices hujus
-sceleris separare non differas.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note467">
-<p><span class="label"><a href="#tag467">467</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gregorio VII (<span class="smcap">Mansi</span>, XX, 433). Si qui vero (presbyteri, vel
-subdiaconi) in peccato suo perseverare maluerunt, nullus vestrum
-eorum audire praesumat officium, quia benedictio eorum vertitur
-in maledictionem et oratio in peccatum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note468">
-<p><span class="label"><a href="#tag468">468</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Abbiamo riferito nella n. 1, p. 253 il testo delle decretali che
-stabilisce la dottrina cattolica del sacerdote come strumento passivo.
-A questi testi così espliciti si opponeva il canone: nullus
-audiat missam, da noi riportato altrove, e ripetuto moltissime volte
-in diversi concilii a cominciare dal romano di Niccolò II. Al tempo
-di Lucio III (1181-1185), quando la lotta delle investiture era finita
-da più di un secolo parvero evidenti queste contraddizioni, e l'accorto
-papa cerca di schermirsene facendo distinzioni sottili, le quali
-servono a ripristinare la dottrina antica. Riscontrate le decretali
-gregoriane, lib. III, tit. 2, cap. 7: Lucius tertius .... Vestra duxit devotio
-inquirendum et infra. Alicubi dicitur, nullus audiat missam
-sacerdotis, quem scit indubitanter concubinam habere. Alibi vero
-legitur non potest aliquis quantumcumque pollutus fuerit, divina
-polluere sacramenta. .... Ceterum aliud est crimen notorium,
-aliud occultum, notorium diffinitur, de quo presbyter canonici condamnatur;
-occultum quod ab ecclesia toleratur. Caeterum aliud est
-quando crimen notorium non diffitetur presbytero, vel de ipso est
-canonice condamnatus; aliud est pene occultum, quod ab ecclesia
-toleratur. Item aliud est a talium officiis abstinere, ut peccandi licentia
-caeteris auferatur, et hujusmodi ad poenitentiae fructum
-trahantur; atque aliud si totum tamquam in fornicatione jacentium
-misteria respuantur. Sine dubitatione itaque teneatis quod a clericis
-et presbyteris quamquam fornicariis, quamdiu tolerantur, nec
-habent operis evidentiam, licite divina misteria audiantur et alia
-recipiantur sacramenta ecclesiastica.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note469">
-<p><span class="label"><a href="#tag469">469</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il De Lauro, abbate cassinese scrisse un'apologia dell'abbate
-Gioacchino, facendo tesoro di un'antica biografia pubblicata prima
-di lui dal Greco. Ma come si vedrà in seguito è tale la mancanza
-di critica e l'inesattezza dell'apologista cassinese, che possiamo
-pochissimo giovarci dell'opera sua. Non so comprendere perchè
-il Rousselot (<i>Joachim de Flore</i>, Paris 1867) si serva della vita
-del Barrio, attinta alle stesse fonti di quella del Greco, ma con
-minore accorgimento. La vita del Greco, ristampata dai Bollandisti
-fu ricavata da una cronaca antica, come dice lo stesso autore (<i>Acta
-Sanctorum</i>, Maggio, VII, 123). Omnia quae descripsimus [novissimo
-excepto, quod de ore fratris Andreae accepimus] de libello manuscripto
-in monasterio S. Joannis de Flore [existente] a tempore
-monachatus mei in eodem monasterio, quod fuit sub anno Domini
-millesimo quingentesimo octogesimo sexto, transcripsimus et adnotavimus,
-nec de eorum substantia aliquid addidisse, diminuisse, aut
-immutasse, tantum aliis verbis retulisse, sub eodem Domini juramento
-confitemur. Qui quidem libellus tum vetustate tum etiam
-usu cum quadam quasi difficultate legebatur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note470">
-<p><span class="label"><a href="#tag470">470</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il primo di questi documenti riportati dall'Ughelli (<i>Italia
-Sacra</i>, Venetiis 1721, IX, 453), si riferisce alla fondazione di una
-casa florense. Anno Domino Incarnationis 1201 mense Septembris
-5 ind. .... Nos Simon de Mamistra Dominus Fluminis Frigidi ....
-proposuimus aedificare domum Religionis infra fines terrae nostrae
-Fluminis Frigidi .... vocavimus vos Domine Joachim venerabilis
-Abbas Floris rogantes vos omni devotione, quatenus tam
-administrationem ipsus monasterii, quam ipsum monasterium acciperetis
-in manus vestras et successorum vestrorum. Questa donazione
-fu confermata da Riccardo vescovo di Tropea, il quale
-vi aggiunse la chiesa di S. Domenica e di S. Pietro e altri beni
-e diritti come risulta dalla lettera papale di conferma. Ma nel
-frattempo l'abate Gioacchino era morto, perchè la lettera del vescovo
-tropeano del giugno 1202 riportata nella bolla di conferma
-d'Innocenzo III è indirizzata all'abate Matteo, successore di Gioacchino,
-e ricorda quest'ultimo come già morto [venerabili quondam
-abbati Joachim]. La determinazione del giorno della morte è data
-dal Papebrochio nelle note al Greco.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note471">
-<p><span class="label"><a href="#tag471">471</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Greco</span>, 96 B. Succedente vero Paschatis festo, paratis sibi
-vestimentis novis sui ipsius spiritum amoris vigere percepit, eoque
-impulsus coepit de temporalibus cogitare, atque illorum voluptatibus
-solicitari. Riportato quasi a parola dal De Lauro, che solo
-vi aggiunge di suo, essere accaduto questo invanimento cum Bizantium
-pervenisset, mentre invece il Greco mette in Bizanzio il
-ravvedimento.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note472">
-<p><span class="label"><a href="#tag472">472</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Greco</span>, loc. cit. Ceterum ad Thraciae Bosphorum Byzantium
-ingressus, ibidem, tangente manu Domini urbem illam, plurimum
-hominum multitudinem interire conspexit qui se cernens absolutum
-periculo, prorsus se mundo renuntiaturum vallavit. Anche Valdo
-allo spettacolo della morte sente sorgere in lui una nuova vocazione.
-Il De Lauro che copia quasi a parola dal Greco, tace questa
-circostanza.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note473">
-<p><span class="label"><a href="#tag473">473</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gioacchino stesso raccontava questo aneddoto all'amico suo
-Luca (<span class="smcap">Boll.</span>, loc. cit., pag. 93 F). Retulit mihi aliquando cum in
-Syria juvenculus, habitu jam Religionis assumpto, solus fuisset
-apud quandam viduam hospitatus; illa in eum oculis impudicis intuens,
-lasciviis ipsum ad crimen invitare tentavit, sed servus Dei
-resistit sapienter et fortiter. V. <span class="smcap">De Lauro</span>, cap. 8º, p. 12, che al
-suo solito amplifica il racconto, e lo trasporta dalla Siria all'Asia
-Minore, interpetrando male la frase del Greco, p. 98 A: in ea
-Asiae parte quae Euphrate ac mediterraneo mare concluditur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note474">
-<p><span class="label"><a href="#tag474">474</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Greco</span>, 97 F. Nam tria opera exorsus fuit, quae omnia felici
-consummatione complevit. <span class="smcap">Gregorio</span>, cap. <span class="smcap lowercase">VI</span>, riportando a questo
-tempo la visione della quale parla Gioacchino nell'<i>Esposizione
-dell'Apocalisse</i>, cap. <span class="smcap lowercase">I</span>, testo 13 [contro questa anticipazione vedi
-le giuste osservazioni del Papebrochio] dice: nam difficultates
-omnes, simulque quaestionum involucra perspicaciter vidit, memoriter
-tenuit et spiritualiter intellexit (!!!)</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note475">
-<p><span class="label"><a href="#tag475">475</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Greco</span>, p. 98 C. Qui vallem Chratis ingressus, justa Bisentium
-gradiens, urbem Consentiae, ne forte agnosceretur, abhorruit. Io
-non so capire come mai Gioacchino, tornato in patria con alti
-intendimenti religiosi, si nascondesse per non essere conosciuto
-da quegli stessi conterranei tra i quali non avrebbe dovuto tardare
-di spargere la parola del Signore. Parmi, o io m'inganno,
-che questo racconto sia fatto tutto nell'intendimento retorico dell'incontro
-di padre e figlio, che si scambiano discorsi pieni di reminiscenze
-classiche, e di citazioni bibliche. <span class="smcap">Greco</span>, loc. cit. e <span class="smcap">De
-Lauro</span>, pag. 15.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note476">
-<p><span class="label"><a href="#tag476">476</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Greco</span>, 98 E: Licet enim in ipso monasterio adhuc Regulae
-jugo colla non subdidisset. Questo fatto vale a spargere un po'
-di luce sulla cronologia di Gioacchino. L'abbazia di Sambucina,
-filiale di quella di Casimari, fu fondata, secondo il Papebrochio,
-nel 1157, come apparisce da una antica cronologia manoscritta,
-(v. nota 9, al cap. 2 del <span class="smcap">Greco</span>, pag. 99 C.). La data del 1160, riportata
-dal Manrique si riferisce probabilmente agli atti posteriori
-di dotazione. Il De Lauro la crede invece fondata molto prima, ma
-non per altra ragione se non per non essere costretto a fare Gioacchino
-più giovane di quel che vuole lui. Infatti se Gioacchino è
-nato nel 1111, ammesso anche che fosse entrato nell'abbazia di
-Sambucina nello stesso anno della fondazione, avrebbe contati 49
-anni. Ma noi abbiamo mostrato più sopra che la cronologia del
-De Lauro tutta fondata sopra il fatto della famosa profezia non
-regge alla critica. Ed ammettendo col Papebrochio che Gioacchino
-nacque intorno al 1131 avrebbe contati dai 26 ai 27 anni quando
-entrò nel convento di Sambucina tra il 1157 e il 1158.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note477">
-<p><span class="label"><a href="#tag477">477</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Joachim Dei famulus, aestuans spiritus fervore concepto a
-memorato coenobio Cistercensium Sambucinae secedens, contra
-elatae vallis Chratis terram, ubi Bucchita est nomen, juxta Rendarum
-oppidum transvolavit (<span class="smcap">Greco</span>, 99 D).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note478">
-<p><span class="label"><a href="#tag478">478</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il cronista (99 E) racconta il fatto nel modo che torni più
-ad onore di Gioacchino; ast in agro dominico uberiores fructus
-in dies se producere comperiens, scrupolositate quadam turbatus
-fuit, metuit siquidem absque praevia Episcopi ordinatione praedicationis
-munus exercere. Più appresso soggiunge: Propterea Cathazarii
-civitatem ad tale munus habendum, devotione maxima non
-imparatus adire constituit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note479">
-<p><span class="label"><a href="#tag479">479</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questa notizia la tolgo dall'opuscolo del De Riso <i>Sull'abbate
-Gioacchino</i>, pag. 143, nota 11, che cita un catalogo antichissimo
-manoscritto dei vescovi catanzaresi. Se la data del 1168 è vera,
-bisogna inferire che per dieci anni Gioacchino continuasse a menar
-la vita da laico dopo l'uscita dal monastero di Sambucina
-(dato che ivi sia entrato nel 1158). E gli ordini gli avrebbe presi
-a 37 anni. Il De Riso che accetta la data del Lauro dovrebbe ammettere
-che li abbia presi a 57 anni e non a 50.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note480">
-<p><span class="label"><a href="#tag480">480</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Greco</span>, 99 F. Insciis fratribus ex monasterio recessit, et in
-cenobium Sanctae Trinitatis ad oppidum Acrae aufugit et inde in
-Sambucinam repedavit .... sciens tandem nolle acquiescere esse
-quasi peccatum ariolandi, in communi exaltatione abbas in Curatium
-rediit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note481">
-<p><span class="label"><a href="#tag481">481</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il documento comincia così: Redemptoris nostri anno millesimo
-centesimo septuagesimo octavo et tertio decimo regnante
-Domino Guiglielmo gloriosissimo rege Siciliae tertio decimo mensis
-februarii, duodecimae Indictionis nos Gualterius de Moac Regii fortunati
-Stolii ammiratus .... dum essemus in Baroli pro regiis
-agendis, Joachim venerabilis abbas Sanctae Mariae de Curatii
-detulit sacras litteras a Sacra Regia Majestate, quarum continentia
-talis est: segue la lettera datata, Panormi duodecimo die mensis
-Decembris indictione duodecima. Il De Lauro, pag. 83 crede che
-la prima data sia sbagliata, e che la seconda si riferisca all'anno
-1149, primo di Guglielmo il Malo, in cui ricorreva la duodecima
-indizione (anche il Greco diceva che questa lettera fosse di Guglielmo
-il Malo). Il Papebrochio, pag. 92 D, invece ritenendo giusta
-la data del 1170, riferisce la lettera a Guglielmo II, il quale infatti
-salito al trono nel maggio 1166 contava tredici anni di regno
-nel 1178.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note482">
-<p><span class="label"><a href="#tag482">482</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che sia fuggito dal monastero si raccoglie da un luogo degli
-<i>Statuta Capituli generalis</i> (<span class="smcap">Martène</span>, IV, 1272). Le ragioni della
-fuga le adduce egli stesso nella prefazione al <i>Salterio</i>, fol. 227,
-col 1-2. Sed cum mihi qui (ut jam videbatur) cogitatione et aviditate
-illius superne civitatis habitator effectus, fruebar secundum
-interiorem hominem non modica visione pacis, accidere illud quod
-sibi multi etsi frustra accidisse queruntur, ut rursum ecclesie cura
-rei familiaris cogeret implicari negotiis monasterii, quae secundum
-cujusdam coloris sui speciem vere secularia sunt, aut pene secularia
-judicanda, compulsus sum iterum cum cordis gemitu non sine
-formidine exclamare: Heu mihi quam incolatus meus prolongatus
-est ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note483">
-<p><span class="label"><a href="#tag483">483</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Greco</span>, 102 A. Ceterum comperiens Pontifex (Lucius III),
-quanta Joachim spiritus illustratione fulgeret, superindictae scribendi
-facultati adjunxit pro talenti multiplicatione, ut de cetero,
-deposito temporalium monasterii onere enodandis sacrae paginae
-arcanis se dederet .... 102 B. At Romani Pontificis auctoritas,
-expetita seniori consilio suspendens, Joachim et ab onere Curatii
-absolvit et alibi consedendi potestatem adjunxit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note484">
-<p><span class="label"><a href="#tag484">484</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boll.</span>, pag. 93 C. Ego Luca archiepiscopus cusentinus, anno
-secundo Pontificatus Domini Pape Lucii (cioè nel 1182) jam monachus,
-primo in Casa Marii, vidi virum nomine Joachim tunc
-abbatem Curatii .... Mansit autem in Casa Marii sedulo quasi
-anno uno et dimidio, dictans et emendans simul librum Apocalipsis
-et Concordiae. Che anche il <i>Decacordo</i> fosse cominciato a
-Casamari lo dice Gioacchino stesso nella prefazione a quel libro,
-fol. 227, col. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note485">
-<p><span class="label"><a href="#tag485">485</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Loc. cit. Tunc coram eodem Domino Papa et Consistorio
-ejus, cepit revelare intelligentiae Scripturarum, et utriusque testamenti
-Concordiam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note486">
-<p><span class="label"><a href="#tag486">486</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cum ergo, jubente et exhortante te beatae memoriae Lucio
-Papa praedecessore nostro expositionem Apocalipsis et opus Concordiae
-inchoasse et postmodum de Papae Urbani auctoritate composnisse
-judicaris. Lettera di Clemente III, in <span class="smcap">Greco</span>, pag. 102 A.
-Contro queste due testimonianze cadono tutti gli argomenti del
-De Lauro, pag. 59-60, che vuole sia stato papa Urbano e non Lucio
-che abbia dato a Gioacchino la licenza di scrivere il commento
-sulla Bibbia, ed il permesso di allontanarsi dall'abbazia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note487">
-<p><span class="label"><a href="#tag487">487</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La gita ad Urbano III è raccontata da Vincenzo Beauvais,
-<i>Specul. hist.</i>, lib. 29, cap. 40. Per hos dies venit ex Calabriae
-partibus ad Urbanum papam Veronae commemorantum quidam
-ab. Joachim de quo ferebant quia eum primum non plurimum
-didicisset, divinitus accessit intelligentiae donum, adeo ut facunda
-disserteque enodaret difficultates quasdam Scripturarum. Al tempo
-del Beauvais s'era già cominciato a formar la leggenda; ma le fonti
-più autorevoli come Luca non sanno nulla di questa voluta ottusità
-primitiva, la quale serve mirabilmente a rilevare il merito e
-l'ispirazione divina del Profeta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note488">
-<p><span class="label"><a href="#tag488">488</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Et veniens ad nos quam citius se opportunitas dederit, discussioni
-apostolicae sedes et judicio te praesentes (lettera di Clemente,
-loco cit.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note489">
-<p><span class="label"><a href="#tag489">489</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi ad esempio <i>Expositio in Apoc.</i>, fol. 80, col. 3. Plura
-sub quinto cursu ecclesiastici temporis sub beati Benedicti nomine
-fundata esse monasteria, que et usque ad presens tempus perdurant,
-in quibus aliquanto regule capitula ita absorta sunt ac si non
-sanctus Benedictus ediderit, ut est precipue de opere manuum, et
-de abstinentia ciborum ac potus, quod ideo accidisse cognoscitur
-quia dum divites esse voluerunt sub regule paupertatis facti sunt
-delicati et facti sunt invalidi et infirmi, facti sunt quibus lacte opus
-sit, non solido cibo. Ne mirum. Quis enim unquam inter divitias
-et delitias potuit tenere inopem vitam et castitatis propositum ubi
-multi sunt cibi. Taceo quod infra urbes et vicos pluraque monasteria
-sita ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note490">
-<p><span class="label"><a href="#tag490">490</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Greco</span>, pag. 102 C, dice che Pietralata si chiamò anche
-Pietra dell'olio: et hoc non immerito, unctionem etenim Domini in
-se non parum proficisse cognovit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note491">
-<p><span class="label"><a href="#tag491">491</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Si potrebbe sospettare che questo luogo fosse chiamato Fiore
-dopo la fondazione dell'abbazia a simboleggiare che da quel tempo
-le stanze di feroci animali furon mutate in ameni giardini. Ma il
-Greco dice al contrario che si chiamasse già Fiore, 105 B: Placuit
-ergo, Deo disponente in Albanetho (parola inventata forse dal
-Greco stesso dai duo fiumi Arvo o Albo, e Neto) ubi proprie de
-Flore est nomen, vestigia premere. Lo stesso dice De Lauro, pag. 67.
-Potrebbe sospettarsi che il luogo si chiamasse Fiore, dal nome di
-qualche famiglia, che vi possedeva; ma non saprei dir altro.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note492">
-<p><span class="label"><a href="#tag492">492</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">De Lauro</span>, pag. 68. A Petra Olei prorsus recesserunt anno
-Domenicae nativitatis 1189 die 18 mensis Julii 6ª indictione, in
-utraque Sicilia bono Guillelmo regnante, pace ubique vigente.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note493">
-<p><span class="label"><a href="#tag493">493</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">De Lauro</span>, pag. 100. Celestinus Episcopus servus servorum
-Dei. Dilectis filiis Joachino abati et conventui de Flore salutem
-et apostolicam benedictionem .... Datum Romae octavo Kalendas
-Septembris Pontificatus nostri anno sexto. [Celestino fu consacrato
-il 14 aprile 1191].</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note494">
-<p><span class="label"><a href="#tag494">494</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il decreto imperiale riportato dal Greco, pag. 108 E. Henricus
-Sextus, divina favente gratia Romanorum imperator semper
-augustus et rex Siciliae .... innotescat quod nos attendentes
-honestatem et religionem abbatis Sancti Joannis de Flore, dilecti
-nostri, constituimus perpetuo pro redemptione animae nostrae monasterio
-ejus quinquaginta aureos Byzantinos de redditibus salinae
-de Netho .... Datum apud S. Maurum anno Dominicae incarnationis
-millesimo centesimo nonagesimo quinto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note495">
-<p><span class="label"><a href="#tag495">495</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gioacchino stesso al di sopra dell'eloquenza mette la contemplazione.
-Così nell'<i>Apocalisse</i>, fol. 48, col. 4: Proprietas predicandi
-verbi est incarnati; proprietas spiritus sancti silentium magis
-expectat quam sermonem, et nequaquam vociferando ingerat, sed
-silendo inspiret. E nella <i>Concordia</i>, III, a, 8, fol. 31, col. 4: Commmutandus
-est status Ecclesiae de Lia in Rachel, de verbi eloquentia
-ad spiritualem intellectum, de frondium pulchritudine ad soavitatem
-pomorum. Hoc est enim illud: nisi ego abiero, paraclitus non veniet
-ad vos (<span class="smcap">Joh.</span>, <span class="smcap lowercase">XVI</span>, 7). Nota verbum et signa mysterium. Omnis
-eloquentia pertinet ad verbum, omnis intelligentia spiritualis ad
-spiritum .... Fol. 32, col. I: precessit regum tempore eloquentissimus
-Esaias qui dicit: Ecce ego mitte me. Secutus est Hieremias
-qui dicit: nescio loqui quia puer sum. Precessit Paulus facundissimus
-predicando in Asia, secutus est Joannes cujus sermo despicabilis
-est, sed tamen spiritualis gratie ubertate fecundus. Quin
-mo quod utilius fiat dominus ipse demonstrat sum dicit: (<span class="smcap">Joh.</span>,
-<span class="smcap lowercase">XVI</span>, 1) «Ego veritatem dico vobis, expedit vobis ut ego vadam;
-si ego non abieroparaclitus non veniet ad vos, si autem abiero
-mittam eum ad vos». Tale est enim ac si diceretur: nisi cultum
-eloquentie subtraho, in quo carnalis pascitur intellectus, propter
-eos quibus lacte opus erat aliquando et non solido cibo, spiritualem
-intellectum accipere non potestis. Eo nempe circa spiritum mens
-declarari nequit quo magis animus pascitur suavitate verborum, et
-eo plus fructus spiritus quante sit dulcedinis sentitur, quo quicquid
-foris resonat carnalibus hominibus et infirmis seponitur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note496">
-<p><span class="label"><a href="#tag496">496</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questa sola profezia delle tre ricordate dal Greco è conosciuta
-dal Salimbene, pag. 4. Ideo verificatum videtur in Friderico
-verbum abbatis Joachim, quod dixit Imperatori patri ejus quaerenti
-de filio suo cum adhuc esset puer, qualis esset futurus, respondit:
-perversus puer tuus, nequam filius et heres tuus o princeps. Nam
-dominus turbabit terram, sanctos altissimi conteret. Omnia ista in
-Friderico impleta fuerunt, ut vidimus oculis nostris qui nunc sumus
-in <span class="smcap lowercase">MCCLXXXIII</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note497">
-<p><span class="label"><a href="#tag497">497</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che la pace tra la Chiesa e l'Impero non abbia a durare
-Gioacchino lo dice chiaramente più volte. Vedi ad esempio nella
-<i>Concordia</i>, III b, 6, fol. 41, col. 4: Quantum tamen secundum
-coaptationem concordie exstimare queo, si pax conceditur ab his
-malis usque ad annum millesimum duecentesimum incarnationis
-dominice; exinde ne subito ista fiant, suspecta mihi sunt omnimodis
-et tempora et momenta. Parimenti IV, 22, fol. 54, col. 2: hoc totum
-imputandum est inertie sacerdotum qui consolantur eam dicentes:
-pax pax cum non sit pax, de quibus dicitur: (<i>Threni</i>, II, 14)
-Prophete tui viderunt tibi falsa et stulta, nec aperiebant ignominiam
-tuam ut te ad penitentiam provocarent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note498">
-<p><span class="label"><a href="#tag498">498</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sulla Crociata del 1190 Gioacchino non ricorda previsioni da
-lui fatte, ma scrive invece melanconiche riflessioni, che mostrano
-come ei poco fidi nel valore delle armi cristiane. Cito l'<i>Apocalisse</i>,
-fol. 134, col. 4, riserbandomi di citare altrove un luogo parallelo
-della <i>Concordia</i>: Dictum est autem: quod siccande essent aque
-Eufratis ut preparetur via Regibus ab ortu solis, quod sine gemitu
-dicendum non est, initiatus quedam terribilis jam precessit, super
-eo scilicet quod nuper accidit super inclito illo exercitu Frederici
-magni et potentissimi imperatoris et aliis exercitibus populi christiani
-qui transeuntes mare in infinita multitudine, vix in paucis
-reliquiis pene sine effectu remearunt ad propria.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note499">
-<p><span class="label"><a href="#tag499">499</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Apocalisse</i>, fol. 207, col. 4: Que omnia quidem ventura esse
-credendum est; sed quibus modis et quo ordine veniant magis tunc
-docebit rerum experientia. Fol. 210, col. 4: Quo consumato prelio
-erit magna pax qualis non fuit a principio seculi, cujus terminus
-erit in arbitrio Dei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note500">
-<p><span class="label"><a href="#tag500">500</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sui profeti dell'antico Testamento e principalmente su Ezechiele
-vedi le belle pagine del Castelli: <i>La profezia nella Bibbia</i>,
-Firenze, Sansoni, 1882, pag. 378 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note501">
-<p><span class="label"><a href="#tag501">501</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Concordia</i>, II, 1, fol. 18, 3: Invenimus Helisabette concordare
-cum Sarra quia utraque sancta mulier sterilis fuit, utraque
-visitata divinitus concepit, et peperit in senectute sua. Utraque
-autem antiquam illam hebraeorum designavit ecclesiam .... Cum
-vero libere Sarrae jungitur Agar ancilla, tunc profecto Sarra mutat
-significationem. Illa enim vetus, haec novum significat testamentum
-.... Cum vero Agar, amota eidem Sarra, jungitur Rebecca,
-tunc Sarra significat synagogam quae defuncta est, quare defuit
-in fede; Rebecca vero ecclesiam quae intravit et obtinuit tabernaculum
-ejus. III, 1, 16, fol. 32, col. 4: Igitur Helias qui aliquando
-et alicubi designat Spiritum Sanctum, in hoc loco (<span class="smcap">Malach.</span>, IV, 5)
-et in aliis significat Christum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note502">
-<p><span class="label"><a href="#tag502">502</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi ad esempio la <i>Concordia</i>, IV, 24, fol. 53, col. 4: Sicut
-de nostra temporis hujus angustia quam a diebus, ut jam diximus,
-Leonis pape et Henrici theotonicorum regis olerantes portamus,
-illud quod nobis proprium est silentio non expedit preteriri, imo
-nec sine cordis gemitu et dolore proferre Hieremie increpationem,
-que peccata judeorum enumerans in nos, qui christiani dicimus et
-non simus, redundat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note503">
-<p><span class="label"><a href="#tag503">503</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Histoire lettéraire</i>, XVI, pag. 438; 540-41. Mi piace riprodurre
-il passo del cronista inglese, pubblicato prima dal <span class="smcap">Martène</span>,
-<i>Amplissima collectio</i>, V, 839, e poi dal <span class="smcap">Bouquet</span>, XVIII, 76. Hac
-tempestate extitit quidam abbas non longe ab urbe Roma, ordinis
-cisterciensis, sed cisterciensibus minime subjectus, qui quamdam
-Expositionem in septem visiones Apocalypsis edidit, accepta, ut
-ajunt, divinitus sapientia cum fere esset prius illiteratus. In hac
-autem expositione evidenter ostendit vetus Testamentum Novo concordare
-.... Quintam vero persecutionem quam sub quinta visione
-..... dicit agi temporibus nostris a Saladino ..... Dicit etiam
-quod anno Dominicae incarnationis MCXCIX incipit sexta visio et
-sexti sigilli apertio, sub qua visione probat auctoritate Apocalypsis,
-quod complebitur omnis antichristi persecutio et ejusdem mors et
-perditio, sed ante ejus persecutionem dicit evangelium Christi ubique
-praedicandum. Post antichristi vero imperium quot annorum
-vel dierum fieret expletio sigilli sexti, id est, mortuorum resurrectio
-et septimi sigilli inchoatio, id est, sanctorum aeterna glorificatio,
-soli Deo cognitum esse fatetur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note504">
-<p><span class="label"><a href="#tag504">504</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le tre opere sono state pubblicate in Venezia nel 1517 la
-prima, e nel 1527 le altre due. Il Preger ne ha combattuta l'autenticità
-nella memoria letta all'Accademia di Monaco, <i>Das Evangelium
-aeternum und Joachim von Floris</i>, München 1874. Il Reuter
-confuta la dimostrazione del Preger nella sua grande opera <i>Geschichte
-der religiösen Aufklärung im Mittelalter</i>, II, 356-60.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note505">
-<p><span class="label"><a href="#tag505">505</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Preger</span>, op. cit., pag. 22 che cita <span class="smcap">Salimbene</span>, <i>Chronicon</i>,
-pag. 85. Hic est Leo I qui secundum abbatem Joachim concordiam
-habet cum Josaphath Rege Judae (vide in libro figurarum Joachym
-et in libro Concordiae).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note506">
-<p><span class="label"><a href="#tag506">506</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 325: quia Expositionem abbatis Joachym super
-Apocalypsim habebam, quam super omnes alias reputabam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note507">
-<p><span class="label"><a href="#tag507">507</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <i>Liber figurarum</i> è citato altre due volte (vedi pag. 124
-e 224). Che il Salimbene faccia più conto dei libri apocrifi si raccoglie
-da questo passo, ove parlando delle opere di Gioacchino,
-mette in prima linea l'esposizione di Geremia, pag. 102. Hi duo
-sollicitabant me ut scriptis abbatis Joachim crederem et in eis
-studerem. Habebant enim expositionem Joachim super Jeremiam
-et multos alios libros.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note508">
-<p><span class="label"><a href="#tag508">508</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Preger</span>, op. cit., pag. 27, che riferisce questo passo della
-<i>Cronaca</i> pag. 103. Igitur abbas Joachim non limitavit omnino aliquem
-certum terminum, licet videatur quibusdam quod sic. Sed
-posuit plures terminos dicens: «Potens est Deus adhuc clariora
-demonstrare mysteria sua et illi videbunt, qui supererunt».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note509">
-<p><span class="label"><a href="#tag509">509</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 135, col 2. De exhibendo vero misterio hujus numeri
-nemo mihi molestus fit, nemo me ultra statura limitem transire
-compellat, <i>potens est enim Deus clariora adhuc facere mysteria
-sua</i>; fol. 134, col. 2, si queris dierum numerum non est meum
-dicere neque scire; quod nobis datum est hoc solvimus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note510">
-<p><span class="label"><a href="#tag510">510</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Preger</span>, pag. 27, che cita il luogo della <i>Concordia</i>, fol. 95,
-dove dopo aver paragonato Assalonne il figlio ribelle, all'Anticristo, aggiunge: nisi forte quia Antichristi multi erunt aliquis dicat
-in Absalon non significari illum maximum persecutorem, quem
-Dominus Jesus interficiet spiritu oris sui, sed aliquem alium secundum
-quod jam romanam sedem legimus aliquos usurpasse, et
-nuper sub Federico imperatore accidisse comperimus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note511">
-<p><span class="label"><a href="#tag511">511</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, IV, 1, fol. 42, col. 3: .... Sicut ergo sunt arbores silve
-plurime, que in stipitibus sunt similes, sed tamen in ramis foliisque
-dissimiles, sic et duo testamenta in rebus quidem generalibus similia
-sunt, sed in specialibus dissimilia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note512">
-<p><span class="label"><a href="#tag512">512</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Preger</span>, pag. 29-30. La lettera di Gioacchino è premessa nell'edizione
-a stampa così alla <i>Concordia</i> come al <i>Commento dell'Apocalisse</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note513">
-<p><span class="label"><a href="#tag513">513</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 229, col. 2. Neque ut tres ramos uni radici infixos, ut
-substantiam radicem et tres ramos ipostasis arbitraris <i>juxta aliquorum
-perfidiam</i>, quod est inducere quaternitatem. Ivi, col. 3:
-Item quod his nequius est, nescio que tria preter substantiam
-<i>nova adinventio</i> assignare presumpsit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note514">
-<p><span class="label"><a href="#tag514">514</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sulle antiche testimonianze, che provano l'autenticità delle
-tre opere, vedi il <span class="smcap">Renan</span>, <i>Joachim de Flore et l'Évangile éternel</i>
-nella <i>Revue des deux mondes</i>; tome LXIV, pag. 98.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note515">
-<p><span class="label"><a href="#tag515">515</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 227, col. 2. Cum essem apud cenobium Case maris....
-accidit in me velut haesitatio quaedam de fide Trinitatis ecc. Questa
-fu l'occasione, che gli fece scrivere il <i>Decacordo</i> dopo la <i>Concordia</i>
-(quod opus incepimus primo) e l'<i>Esposizione dell'Apocalissi</i>,
-quae (ignorante me omnimodis exitum rei) nescio qua Dei
-providentia ex eadem nascendo processit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note516">
-<p><span class="label"><a href="#tag516">516</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Apoc.</i>, fol. 134, col. 2. Mirum quod praeterito anno veniens qui
-dam vir satis (ut apparebat) providus et timens Deum a partibus
-Alexandriae, in quibus detentus fuerat in vinculis, dixit se audisse
-a quodam magno Sarraceno mississe Patharenos Legatos suos
-ad illos postulantes ab eis communionem et pacem .... Hoc audivi
-ipse ab eodem viro in civitate Messana, anno millesimo centesimo
-nonagesimo quinto incarnationis dominis tertie decime indictionis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note517">
-<p><span class="label"><a href="#tag517">517</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Apoc.</i>, fol. 26, col. 3. De quibus in secundo libri psalterii sufficienter
-diximus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note518">
-<p><span class="label"><a href="#tag518">518</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ho sott'occhi parecchie edizioni di questi vaticinii col commento
-di Paolo Scaligero. Pauli Principis de la Scala et Hungariae
-Marchionis Veronae etc. Domini Creutzburgi Prussiae, primi tomi
-miscellaneorum de rerum caussis atque successibus, atque secretiori
-methodo ibidem expressa effigies ac exemplar nimirum vaticiniorum
-et imaginum Joachimi abbatis Florensis Calabriae et Anselmi
-episcopi marsicani super statu summorum Pontificum romanae
-ecclesiae, contra falsam iniquam vanam confictam et seditiosam
-cuiusdam Pseudomagi, quae nuper nomine Theophrasti Paracelsi
-in lucem prodiit, pseudomagicam expositionem, vera certa et indubitata
-explanatio, Coloniae Agrippinae ex officina typografica
-Theodori Graminaei anno <span class="smcap lowercase">MDLXX</span>. Dei trenta vaticini i primi quindici
-sono attribuiti a Gioacchino. Il primo vaticinio si riferisce a
-Papa Niccolò III (1277-80), qui non veretur decalvare sponsam ut
-comam ursae nutriat; il quindicesimo si riferisce a Urbano VI (1378-89),
-fera crudelis universa consumens.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note519">
-<p><span class="label"><a href="#tag519">519</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Salimbene, pag. 176, conosce questi commenti: scripsit
-etiam sibi (cioè all'imperatore Enrico VI). Espositionem Sybillae
-et Merlini anno Domini <span class="smcap lowercase">MCXCVI</span>. La Sibilla, di cui qui si fa parola
-è l'Eritrea, che vien citata insieme alla Tiburtina in questo altro
-luogo (pag. 62). Verba sunt ista cujusdam Sybillae sed non inveni
-ea nec in Erithrea nec in Tyburtina. Scripturas aliarum non vidi.
-Di queste opere io non conosco alcuna stampa. Un libercolo, stampato
-a Venezia, promette nell'intestazione di pubblicare il commento
-di Gioacchino alle profezie di Cirillo, ma poi in luogo di
-un opuscolo attribuito a Gioacchino ne stampa un altro di Telesforo
-Cosentino, abbreviato da un frate Rusticiano. Non sarà inutile
-riprodurre l'intestazione del libro, ed il principio dell'opuscolo
-sulle ultime tribulazioni. Haec subjecta continentur in hoc libello
-Expositio magni prophetae Joachim in librum beati Cirilli de magnis
-tribulationibus et statu sancte matris Ecclesie ab hiis nostris
-temporibus usque ad finem seculi, una cum compilatione ex diversis
-Prophetis novi ac veteris testamenti. — Item explanatio
-figurata et pulchra in Apocalypsim de residuo statu Ecclesie et
-de tribus veh venturis debitis semper adjectis textibus sacre scripture
-ac prophetarum. — Item tractatus de antichristo magistri Joannis
-Parisiensis ordinis predicatorum. — Item tractatus de septem
-statibus Ecclesie devoti doctoris fratris Ubertini de Casali ordinis
-minorum. Venetiis per Bernardinum Benalium (p. 5.). Incipit liber
-de magnis tribulationibus in primo futuris, compilatus a docto
-et devoto presbytero et heremita Theolosphoro de Cusentia provincia
-Calabriae, collectus vero ex vaticiniis novorum prophetarum
-seu beati Cirilli, abbatis Joacchim, Dandoli et Merlini ac veterum
-Sibillarum. Deinde abbreviatus per venerabilem fratrem Rusticianum
-.... addidi sane paucissima locis opportunis predicta a sancto
-Vincentio nostro et Brigida. In un codice della biblioteca laurenziana
-(pluteo LXXXIX, cod. XLI, a pag. 103) va sotto il nome di
-Gioacchino il <i>Liber Sybillae</i>, già pubblicato tra le opere di Beda
-ediz. Basilea, II, 251.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note520">
-<p><span class="label"><a href="#tag520">520</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il commento di Alano di Lilla pubblicato a Francoforte il 1608
-(l'<i>Hist. lit.</i>, XIV, 420, dice: 1603). Ecco il titolo: Prophetia Anglicana
-et Romana — hoc est — Merlini Ambrosii Britanni ex — incubo
-olim ante annos — mille ducentos in Anglia nati vaticinia,
-a Galfredo Monumetensi latine conscripta — una cum — septem
-libris explanationum in eandem Prophetiam, excellentissimi sui
-temporis oratoris — Polyhistoris et Theologi, Alani de Insulis, — Germani, Doct. universalis et Academ. Paris ante — annos 300,
-Rectoris amplis. Addita sunt vaticinia — et praedictiones Joacchimi
-abbatis Calabri qui vixit circa annum 1200. Una cum annotationibus
-et explicatione Joannis — Adrasder. — Opus nunc prinum
-pubblici juris — factum et lectoribus ad historiarum multarumque — rerum
-cognitionem non parum — lucis allaturum — Francofurti,
-Typis Joannis Spiessii, sumptibus Joannis — Jacobi
-Possii mdcviii. Secondo l'<i>Hist. littér.</i>, XVI, 419, questo commento
-fu scritto tra il 1174 e il 1179. Nella prefazione l'autore per giustificare
-lo studio che fa delle profezie di un pagano ricorda Giobbe
-e le Sibille (p. 4): Nec mirum de beato Job, cui similis in terra non
-erat, cum Sibyllam non Erythraeam sed Cumanam tanta et tam
-vera de Christi incarnatione, passione et morte .... prophetasse
-noverimus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note521">
-<p><span class="label"><a href="#tag521">521</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il commento ad Isaia fu pubblicato in Venezia nel 1517. Su
-questa edizione, che il Renan non potè vedere, è utile fermarsi
-alquanto. In essa sono riunite tre opere: 1º il Commentario d'Isaia,
-o meglio dei primi undici capitoli (fol. 1-9 <i>recto</i>); 2º Il <i>De oneribus
-prophetarum</i> trovato dal Renan nel 3595 dell'antico fondo, e nell'836
-Saint Germain e 865 Saint-Victor, (fol. 9 <i>verso</i> — fol. 10; fol. 25
-e segg.); 3º Il <i>De oneribus provinciarum</i> trovato nel n. 836 Saint
-Germain (fol. 11-27). La prima opera è divisa in dieci capitoli
-che si succedono con numerazione regolare. Non così la seconda,
-i cui capitoli prendono il numero non dall'ordine con cui si succedono,
-ma dal capitolo del Profeta che commentano. Per esempio
-dopo il capitolo 23 che commenta il <span class="smcap lowercase">XXIII</span> d'Isaia, <i>Onus Tyri</i>,
-si salta al 30, che commenta il <span class="smcap lowercase">XXX</span>, 6 d'Isaia, <i>Onus jumentorum
-Austri</i>. Dal 30 si retrocede al 19, commentario al <span class="smcap lowercase">XIX</span>, 1 d'Isaia,
-<i>Onus Egypti</i>. Inoltre la prima opera si riferisce solo ad Isaia;
-mentre la seguente si riferisce in gran parte ad Isaia, ma principia
-colla citazione del <span class="smcap lowercase">XX</span>, 17-27, di Geremia, seguita col commento
-del <span class="smcap lowercase">XIII</span> dell'istesso profeta, e finisce coi commenti ai profeti minori.
-Perciò sarebbe bene intitolarlo <i>Onera prophetarum</i>, secondo
-la nota a fol. 9<i>b</i>, che avverte il lettore: hic ponentur undecim
-onera secundum Esaiam, quibus adduntur tres alia secundum prophetas
-minores. La terza opera, o l'indice geografico, non ha che
-fare colle altre, come si vede anche ad occhio, perchè è stampata
-a caratteri più piccoli, ed il raccoglitore stesso per ben due
-volte adduce il motivo di questa inserzione. Di queste tre opere il
-Salimbene par che conosca soltanto la seconda, perchè a pag. 176
-dice che Gioacchino scripsit lecturam Isaie super oneribus, ed a
-pag 191: aliquando legi sibi Expositionem abbatis Joachim de oneribus
-Isaie.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note522">
-<p><span class="label"><a href="#tag522">522</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 11 <i>b</i>: duo ordines ac si stellae lucidae orientur ad predicandum
-regni evangelium iterato saccis cilicinis amicti. Fol. 13<i>a</i>
-ecclesiam sardensem designare monachos cassinenses utique suam
-carnalibus desideriis inquinantes. Fol. 17 <i>b</i>. Timeo ne ad eorum
-(cioè dei tolosani) infamiam dissolvendam vexillum crucis evidens
-elevetur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note523">
-<p><span class="label"><a href="#tag523">523</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il commento ad Isaia interpetra il 18 <i>Apoc.</i> in questo modo,
-(fol. 4 <i>recto</i>): mulier auro inaurata indifferenter cura terrae principibus
-effeminatis moribus fornicatur: Romana ni fallor ecclesia
-ista est quae in Babylonem vitae confusione transfusa moechatur,
-.... cardinales et presules ac si in coelo lucifer dignitate superbi
-ecc. In ben diverso modo interpetra lo stesso testo Gioacchino
-nella sua <i>Esposizione</i> (fol. 194, col. 2): Hanc magnam dixerunt
-patres catholici esse Romam, non quoad ecclesiam justorum
-que peregrinata est apud eam, sed quoad multitudinem reproborum
-qui blasphemant et impugnant operibus iniquis eandem apud
-se peregrinantem ecclesiam .... Non ergo in uno regno aut in
-una provincia querendus est locus hujus famosissime meretricis,
-sed sicut per totam aream christiani imperii diffusum est triticum
-ebetorum et per omnem latitudinem ejus disperse sunt palee reproborum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note524">
-<p><span class="label"><a href="#tag524">524</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'accenno ai due ordini è ripetuto molte volte; fol. 5, 7, 11,
-28 ecc. Federico II è nominato nel fol. 4 <i>a</i>: verumtamen in Silvestri
-vaticinio de Federico secundo et ejus posteris ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note525">
-<p><span class="label"><a href="#tag525">525</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 6 <i>verso</i>: cavendum erit a germanis et francis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note526">
-<p><span class="label"><a href="#tag526">526</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 30 <i>verso</i>: si vero anni ipsi ad statum ecclesiae tertium
-referuntur profecto in nonaginta annis futuris ab anno <span class="smcap lowercase">MCCI</span>
-prostrabitur prorsus mundi superbia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note527">
-<p><span class="label"><a href="#tag527">527</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 34 <i>recto</i>: Tempus Sedechiae regis tangit concorditer
-presentem generationem inceptam anno 1201 a Christo sub pontifice
-romano post obitum Celestini. Si potrebbe sospettare che in
-luogo di 1201 s'abbia a leggere 1301, e che il papa Celestino
-qui ricordato non sia il predecessore d'Innocenzo III, ma Pietro
-Morrone addirittura. Ma pur lasciando il passo com'è, par chiaro
-che il libro sia stato scritto dopo il 1201.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note528">
-<p><span class="label"><a href="#tag528">528</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Et cum rex Franciae tempore illo cum aliis crucesignati
-praepararet se ad transfretandum isti subsannabant et deridebant
-dicentes quod male caderet ei si iret, sicut postea demonstravit
-eventus. Et ostendebant mihi in expositione Joachim super Jeremiam
-et multos alios libros. <span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 102.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note529">
-<p><span class="label"><a href="#tag529">529</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 46, col 3: Leviathan quoad superbiam, serpens quoad
-astutiam, cetus quoad avaritiam, tortuosus quoad doli nequitiam
-lubricus quoad lasciviam, voracius quoad perfidiam, virulentus quoad
-sevitiam, mare quoad iracundiam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note530">
-<p><span class="label"><a href="#tag530">530</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la genealogia di Federico, fol. 45, col. 4; fol. 46,
-col. 1. In quest'ultimo luogo è accennato alla ribellione ed alla
-morte del figlio di Federico II; vel quia ejus filii latera sua rumpent
-per discordiam, et tandem in defectum senectutis illius unus
-centra alterum insurgendo unus pereat, alter praetium ecclesiae
-Christi paret.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note531">
-<p><span class="label"><a href="#tag531">531</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tutta questa letteratura pseudoprofetica che va sotto il nome
-del mago Merlino, della Sibilla Eritrea, e dell'abate Gioacchino,
-pur non essendo benevola al Papa, non fa grazia neanche all'Imperatore.
-E tutti hanno in odio Federico II, come ne fa fede lo
-stesso commento a Geremia, fol. 58, col. 4. Sed si secundum Erithream
-60 pedes vel annos habere describitur heres tuus, quod
-etiam Esaias sentire videtur (<span class="smcap lowercase">XXIII</span>, 1) in spiritu sub figura Tyri,
-quae respicit Siciliam equo vultu, mirum quomodo Merlinus eum
-bis 5 decadum; qui legis intelligas et non centenarium sicut sonniat
-imperitus. Praeterea in 60 annis terminari debet afflictio juxta
-prophetam tam in imperio quam in regno. Nescio quo spiritu
-ducitur Eritrea, ubi post Aquilam primam tam dico heredem
-successorem in imperio et regno suo aquilam secundam introducat,
-quod Merlinus subticet. Fol. 62 (correggi 64), col. 1: Eritrea: post
-haec veniat Aquila habens caput et pedes 60 colore pardi ad livorem,
-vulpis quoad fraudem, leonis quoad terrorem. Quia forte sub occasione
-patarenorum coercendorum dolose incedet contra ecclesiam.
-Un'altra versione di questa profezia che andava sotto il nome della
-sibilla Eritrea fu trovata dal Bréholles in un manoscritto della Cronaca
-ghibellina <i>De rebus in Italia gestis</i>, pag. <span class="smcap lowercase">XXXVI</span>. (<i>Chronicon
-placentinum</i> ecc. edidit J. L. A. Huillard-Bréholles, Parisiis, 1856).
-Et veniet Aquila habens caput unum et pedes <span class="smcap lowercase">LX</span>, cui acrescent
-duo capita, cujus color sicut Pardi et pedes sicut Leonis et dicet
-<i>pax</i> ut pacifice capiat. Mamillis Sponse Agni lactabitur usque dum
-accrescat ei caput majus in Eneade terciumque minus, eruntque
-sibillancia a Germanis usque Tyrum. Et dabitur ei galina una ex
-Mauris alteraque orientalis et duo pulli ex quibus vorabit unum ecc.
-I sexaginta pedes, che il Bréholles non sa spiegare, noi già sappiamo
-dai passi del pseudo-Gioacchino surriferiti che vogliono dire
-60 anni, perchè la fine dell'Impero si calcolava per il 1260, e la
-profezia si suppone fatta nel 1200.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note532">
-<p><span class="label"><a href="#tag532">532</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 44, col. 2. Satis congruum est ut cardinales et etiam
-summus pontifex immendaces praedicatores veritatis percutiant
-affligendo et (ponant in nervum) silentium eis imponendo ne eis
-annuncient mala futura in clero a Romano Imperio. Ivi, col. 4: <i>Masculus</i>
-(Hier. <span class="smcap lowercase">XX</span>, 15) est ordo seraphicus in ecclesia oriundus, <i>pater</i>
-summus pontifex, ubi doctores cardinalesque prelati de illorum
-ortu et profectu valde dolebunt, tanquam eorum solicitudine subvertentur
-adulterantes verbum Dei. Fol. 47, col. 1: Sed quia summus
-pontifex superbiae nititur, ab exauditione repellitur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note533">
-<p><span class="label"><a href="#tag533">533</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 9, col. 4. Igitur Romana ecclesia ac si altera tribus Juda
-recessit a Christo .... Quod etiam negasse Petrum et redisse ad
-pompas Diaboli et mundi illecebras hujus, seu principes saeculares,
-cum quibus est polluta per munera, contaminata per suffragia, fornicata
-per fastigia dignitatum .... Fol. 49, col. 1: Hi (pastores) sunt
-Lazarus quatriduanus, qui jam mortui sunt in tribus, in avaritia,
-in perfidia, in superbia, quarto loco scatent et fetent in luxuria.
-Fol. 52, col. 2. Aut enim prava vita, et doctrina ecclesiae latinae,
-quae est Romae, intelligenda est ipsa pollutio .... dominam babylonem
-ecclesiam, quae magistra est omnium meretricum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note534">
-<p><span class="label"><a href="#tag534">534</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 43, col. 2. Sed nunc predicatores Evangelii aeterni frangent
-doctrinam doctorum fidelium sacraeque scripturae in conspectu
-ecclesiae generalis. Fol. 51, col. 3: per omnem orbem et
-fere omnibus regnis terrae praedicabitur Evangelium eternum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note535">
-<p><span class="label"><a href="#tag535">535</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 53, col. 1: Agitur enim nunc 1197 annus ut extendetur
-ista vexatio in 64 annos deteriores prioribus. Vedi fol. 45, col. 3-4,
-ove invece appare scritto il 1200: 42 menses 42 generationes sunt
-in quibus affligendus est populus christianus et terminatur in anno
-Christi 1260 .... in 60 annis terminabitur afflictio ecclesiae.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note536">
-<p><span class="label"><a href="#tag536">536</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 7, col. 4. Videat Romanum capitulum si non fiet eis
-arundineus baculus potentia gallicana, cui si quis innititur perforat
-manus ejus. Cfr. fol. 59, col. 2. Necessario Francia .... videbitur
-ecclesie adhaerere, quod quanto divine voluntati et dispositioni
-displiceat ex consilio perpenditur Hieremiae .... Habet enim hoc
-diffidentiae humana debilitas ut magis confidet in nomine quam
-in Deo, et iccirco, unde sperat auxilium, justo judicio corruat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note537">
-<p><span class="label"><a href="#tag537">537</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Salimbene infatti a pag. 176 cita questo finale del commento
-a Geremia. Ecce Cesar, virgam furoris Domini. Sufficenter
-est Jeremias explicitus, qui in replicandis afflictionibus saeculi ubique
-cernetur implicitus, utinam et tu non usque expers sis divinae
-formidinis, cum ad radicem imperialis arboris ponenda sit evangelica
-jam securis. Il finale stampato è ben diverso, e più determinato
-l'accenno alla ruina dell'impero. In ipso quoque finitur
-imperium, quia etsi successores Christi fuerunt, tamen imperiali
-vocabulo ex romano fastigio privabuntur. Cum decies et 1300 anni
-Antichristus nascetur demone plenus post partum Virginis alme.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note538">
-<p><span class="label"><a href="#tag538">538</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Riproduco il principio di quest'opuscolo che si trova nel
-cod. XI, plut. IX, dext. Santa Croce, carte 54 tergo: De ultimis tribulationibus
-disputantes in opusculis nostris posuimus diversorum opiniones
-et nostram; sed quia sicut aliquando brevitas, ita nonnunquam
-multiplicitas verborum parit obscuritatem, praesertim ubi non
-est impetus aliquid absolute dicendi sed exponendi in serie quod
-occurrit in libris, opere precium credidimus quid inde nostra opinio
-teneat in summa in hac brevi oratiuncula semper quidem et multis
-modis compilare. Studio est Sathanae concitare scandalum ecclesiae
-Dei, et durat tempus principatus ejus non annis, non mensibus,
-non diebus, nec cessat quantum in se est a persecutionibus electorum
-.... Tria magna et quasi necessaria bella noscitur gessisse
-sub veteri Testamento, et totidem gerere demonstratur in novo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note539">
-<p><span class="label"><a href="#tag539">539</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'opuscolo leggesi a p. 59 <i>recto</i> dello stesso cod. XI, plut. IX.
-Il prologo ed il primo capitolo erano già riferiti dal resoconto
-d'Anagni in questo brano che io pubblico secondo il codice della
-Sorbona 1726: «Item habetur apertius in libello ipsius Joachim
-de articulis fidei descripto ad querumdam filium suum Johannem,
-quod opus suspectum est ex ipso prologo, ubi sic incipit
-dicens»: Rogasti me (Joachim), attentius, fili Johannes, ut tibi
-compilatos traderem articulos fidei, et notarem illa quae occurrerent
-scripturarum loca, in quibus solent simplices frequenter
-errare: ecce subiecta pagina invenies quod petisti. Tene apud te,
-et lege sub silentio, observans ne perveniat ad manus eorum qui
-rapiunt verba de convallibus, et currunt cum clamore ut vocentur
-ab hominibus rabi, habentes quidem speciem pietatis, virtutem
-autem eius penitus abnegantes. «Ecce qualiter in hoc prologo
-vult iste Joachim articulos fidei legi in abscondito, more haereticorum,
-qui in conventiculos dogmatizant. Item inhibet ne tractatus
-suus veniat ad manus magistrorum, quos etiam tam
-impudenter quam superbe vituperat». (Fin qui fu già pubblicato
-dal Renan, op. cit. pag. 99, n. 1) «Sed de hoc non curetur,
-quin potius diligenter attendatur. Primum capitulum huius compilationis,
-quod intitulatur de fide trinitatis ubi sic ait Joachim»:
-Ante omnia intellige Deum tuum esse tres personas plenas integras
-atque perfectas, ita ut credas singulum esse plenum atque
-perfectum Deum, et simul tres unum Deum totum simplicem,
-totum aeternum (<i>totum virum, totum</i>, cod. laur.) invisibilem
-et impalpabilem. Spiritus enim est Deus non corpus, et idcirco
-mirari non debes si tres sunt unum, et unus (<i>unum</i>, cod. laur.)
-tres; unum tamen dicimus non singularem, non utique sicut dicimus
-unum sidus, unum jaspidem, unum smaragdum; sed unum
-ab unitate, utpote cum dicimus unum gregem, unum populum,
-unam turbam. Unde bene dicunt gramatici: populus currunt, et
-turba ruunt, ut id, quod unum taliter dicitur, pluralis esse numeri
-intelligatur, loquens (<i>loquimur</i>) ad intellectum non ad simplicem
-vel perfectam similitudinem, ut videlicet per visibilia invisibilia
-intelligamus. Si de duabus tribubus Israel dicit Scriptura:
-dixit Judas Symoni fratri suo: veni pugna mecum in sorte mea,
-ut et ego pugnem in sorte tua, miratur homo si tota trinitas dicitur
-unus Deus? si una massa auri distinguatur (<i>distingueretur</i>)
-in tres statuas maxime si, ut solent fieri in arte fusoria totae tres
-partes (manca <i>partes</i> nel cod. laur.) essent coniunctae, sic diceretur
-singula statua esse unum aurum, at tamen simul tres non
-dicerentur nisi unum aurum. Et miratur homo si singula divinitatis
-persona dicitur esse unus Deus, et simul tres unus Deus? Si
-incalenti clibano proicierentur stipulae et ligna, licet deesse viderentur
-flamma et carbones repente tamen in uno loco, idest in
-ardore (male cod. <i>in uno illo hoc ardore</i>) tota tria ipsa pariter
-apparerent. Si flammae adhaerenti sulphuri adhiberetur competens
-fomentum, licet deesse viderentur carbones, repente tamen
-in uno illo tota tria illa habentur pariter. Sed etsi carbo solus adesset,
-mox adhibitis stipulis, tota tria illa pariter integra apparerent.
-Il secondo capitolo s'intitola <i>De incarnatione verbi Dei</i> e comincia
-così (cod. laur. p. 60): Fuerunt quidam haeretici qui dicerent
-Christum unius esse naturae: fuerunt qui dicerent matrem virginem
-non deum sed tantum hominem genuisse. Tu autem horum omnium
-devitans perfidiam crede Christum unam personam ex duabus et in
-duabus consistentem naturis, secundum quod oliva inserta oleastro
-cum ipso oleastro una est arbor, atque hoc totum, quod Christus
-dicitur, genuisse. Quod si dicis, verbum dei, quod aliunde venit in
-virgine, gignere non potuit virgo, ergo nec corruptibile semen viri
-gignere potest mulier, et quoniam ipsum semen aliunde venit ad
-ipsam. Neque enim gignere de ipsa potest mulier nisi aliunde concipiat.
-Hoc autem solum interest quod caeterae mulieres concipiunt
-ex hominibus, haec autem sola virgo concepit et peperit semen
-divinum, verbum scilicet quod caro factum est et habitavit in nobis.
-Gli altri capitoli sono: 3. De sacramento baptismi et penitentia. — 4.
-De sacramento crismatis. — 5. De sacramento corporis
-et sanguinis Christi. — 6. De libero arbitrio et gratia. — 7. De predestinatione
-et prescientia Dei. — 8. Quomodo possit Deus timeri
-pariter et amari. — 9. De fide et operibus. — 10. De misericordia
-et juditio. — 11. De timore et amore. — 12. De laetitia et tristitia. — 13.
-De vita conjugali et coelibatu, sive de abstinentia et gustatione
-ciborum. — 14. De opere manum et sancto otio. — 15. Item de
-eodem. — 16. De quiete claustri et frequenti mysterio. — 17. De utilitate
-praedicationis et virtute silentii. — 18. De resurrectione mortuorum.
-Manca nel codice l'ultimo capitolo che secondo il resoconto
-d'Anagni s'intitolava <i>Confessio fidei</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note540">
-<p><span class="label"><a href="#tag540">540</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Plut. LXXXIX, cod. XLI, c. 108 <i>verso</i>: Universis Christi
-fidelibus, ad quos litterae istae pervenerint, frater Joachim dictus
-abbas: vigilate et orate ne intretis in tentationem. Loquens dominus
-Ezechieli prophetae, quem tempore transmigrationis Babiloniae
-speculatorem constituerat domui Israel, post multa quae ei scribenda
-commiserit, comminatus est dicens: si me dicente impio:
-morte morieris, non annunciaveris ei, ipse quidem in impietate sua
-morietur. Sanguinem autem eius de manu tua requiram etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note541">
-<p><span class="label"><a href="#tag541">541</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 279, col. 3: Incipit hymnus eiusdem abbatis Joachim de
-patria celesti. Fol. 280, col. 1: Incipit Visio eiusdem preclara ac
-plurimum admiranda de gloria paradisi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note542">
-<p><span class="label"><a href="#tag542">542</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gioacchino nel <i>Psalterium decem cordarum</i>, fol. 229, col. 4,
-rileva questa difficoltà: O humana temeritas quam ceca semper!
-O inimica semper humane pietati presumptio! Si sic extimasti
-simplicem divinam substantiam, uti seorsum a personis cogitaveris
-illam, Sabellium sub Arrio palliasti; si seorsum a substantia tres
-personas, Arrium sub Sabelli palliatione excusas.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note543">
-<p><span class="label"><a href="#tag543">543</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi anche l'<i>Expositio in Apocalipsim</i>, fol. 34, col. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note544">
-<p><span class="label"><a href="#tag544">544</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Psalt.</i>, fol. 229, col. 3. Inter calorem et splendorem scissionem
-facere nequis, et tamen eos non dubitas esse duos; et divinam
-vis substantiam scindere, ut trinum deum credere possis? Item
-quod his nequius est, nescio que tria preter substantiam nova adinventio
-assignare presumpsit, ut in altero unitas in altero trinitas
-demonstretur quasi cum substantiam illam igneam, que in celo est,
-et radium qui ex ea nascitur, et calorem unum solem esse dicimus,
-quartum aliquod solis nomine assignamus. Cfr. fol. 229, col. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note545">
-<p><span class="label"><a href="#tag545">545</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Psalt.</i>, fol. 230, col. 4: Inter cetera ergo opera domini, que
-misterium exhibent trinitatis, magnum tenet locum decacordum
-Psalterium. Est enim, ut diximus, vas unum musicum, quod etsi
-dividi per partes potest, quia corpus est, non tamen ut esse possit
-decacordum Psalterium, quamdiu ergo Psalterium est, indivisum
-est. Si dividitur in partes non esse desinit id quod erat. Igitur vas
-ipsum unum est, sed tamen in tribus cornibus miro modo consistens.
-Adeo enim tria cornua ipsa unitas possidet indivisa, ut
-et tria videantur esse unum et unum tria.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note546">
-<p><span class="label"><a href="#tag546">546</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Psalt.</i>, fol. 231, col. 2: Aliud sonat unus, aliud sonat unitas.
-Unus non absolute dici nequit, nisi de una persona. Unitas vero
-proprie dici non potest nisi de duobus ad minus. Neque enim cum
-iubemur consistere in unitate, ad singularem personam referri posse
-credendum est, licet ad populum, ad conventum, ad plebem. Cum
-enim dicitur absolute: unus est hic aut illic, non est in loco ille
-nisi unus, persona incunctanter intelligo; cum vero dicitur: unitas
-est in loco illo, profecto nihil aliud intelligimus, quam multorum
-cor unum et animam unam; hoc est unam voluntatem et unum
-consensum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note547">
-<p><span class="label"><a href="#tag547">547</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Psalt.</i>, fol. 240, col. 1: Solus tamen Pater genitor est, solus
-Filius genitus, solus Spiritus sanctus ab utroque procedens. Solus
-autem Pater sic mittit Filium et Spiritum sanctum, ut a nullo mittatur, et idcirco eterna Patris divinitas communis est Filio et Spiritui
-sancto. Incarnatio vero Filii propria Filii est. Assumptio columbe
-vel ignis propria Spiritus sancti, etsi una sit operatio trium.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note548">
-<p><span class="label"><a href="#tag548">548</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Psalt.</i>, fol. 240, col. 2: Sicut autem timoris nomine Patrem,
-sapientie Filium, ita charitatis nomine intelligimus Spiritum sanctum.
-Fol. 241, col. 3: In actionis obtinentia timor domini, in lectionis
-studio sapientia, in oratione et confessione operatur dilectio. Tenemur
-obedire per timorem, qui est Pater; tenemur legere per sapientiam,
-qui est Christus; tenemur psallere et orare per charitatem,
-qui est Spiritus sanctus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note549">
-<p><span class="label"><a href="#tag549">549</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che una connessione corra tra la dottrina della trinità e
-quella dei tre stati lo dice l'<i>Expositio in Apocalipsim</i>, fol. 142,
-col. 2. Pro eo enim quod Deus trinitas est, in tribus magnis certaminibus
-oportebat dissolvi regnum mundi hujus a compage sua,
-ut statueretur perpetue regnum Dei. Cfr. <i>Concordia</i>, II, I, 6, fol. 8,
-col. 4. Alioquin si una persona esset deus, nec tria distincta opera
-essent querenda, nec in uno tamen concordia assignari valeret.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note550">
-<p><span class="label"><a href="#tag550">550</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Apoc.</i>, fol. 3, col. 2: Est enim clavis veterum notitia futurorum.
-<i>Conc.</i>, II, 5, fol. 8, col. 1: Intelligentia illa quae Concordia
-dicitur similis est vie continue, que a deserto porrigitur ad civitatem,
-interpositis locis humilioribus, in quibus se viator ambigat
-iter rectum adire, et nihilominus interpositis jugis montium, a
-quibus possit posteriora et anteriora respicere, et residui itineris
-rectitudinem ex retroactae viae contemplatione metui. Omnis enim,
-qui coram facie graditur, ubi itineris vestigium non apparet, ex
-aspectu retroacti agendi rectitudinem pensat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note551">
-<p><span class="label"><a href="#tag551">551</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 1, fol. 6, col. 3. Multum ergo distat inter utrumque
-celum, multum inter utrumque testamentum differentia est. Differunt
-sane utriusque nativitates, differunt vite, differunt bella, differunt
-et victorie. Illi enim ex carne, isti ut jam dixi ex aqua et spiritu
-nati sunt .... illi faciebant uxoribus libellum repudii .... isti in
-typo Christi et ecclesie singuli singulas teneri jubentur .... illi pro
-terrenis possessionibus pugnaverunt, isti non tam pro terra aut qualibet
-terrena substantia, sed pro sancte libertate ecclesie et salute
-spirituum suorum preliare noscuntur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note552">
-<p><span class="label"><a href="#tag552">552</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Apoc.</i>, fol. 3, col. 1. Pro quattuor autem historiis quattuor
-evangelia data sunt .... Duo vero medii Marcus et Lucas non
-apostoli sunt, sed apostolorum discipuli et audita potius quam
-visa describunt. Sicut ergo apud nos si humano liberaretur judicio,
-majoris auctoritatis esse quis diceret que apostoli visa, quam quod
-apostolorum discipuli non tam visa quam audita scripserunt, ita
-historiarum quattuor, prime et ultime, Job scilicet et Hester majorem
-judeorum presbiteri auctoritatem dederunt, quam duobus mediis,
-Tobie vero et Judith.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note553">
-<p><span class="label"><a href="#tag553">553</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 1, fol. 7, col. 2. Oportet inquam nos in hoc opere
-altare testamenti prioris pro dono omnipotentis Dei ordinate componere,
-fundentes et statuentes desuper aquam testamenti novi, ut
-aliud inter aliud, ac si rota infra rotam inesse per concordiam
-videatur. Invisibilem autem spiritum ignem suum spiritualem veluti
-de tertio celo dirigere, ut, veniente quod perfectum est, evacuet
-quod ex parte.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note554">
-<p><span class="label"><a href="#tag554">554</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, III a, 18, fol. 29, col. 4. Attendamus ergo spiritualiter
-quae spiritualiter dicta sunt, et quemadmodum aedificent spiritualiter
-resoluta quae, carnaliter intellecta, insipida sunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note555">
-<p><span class="label"><a href="#tag555">555</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, Prol., fol. 8, col. 1. Allegoria est similitudo cujuscusque
-rei parve ad maximam ac si dies ad annum, ebdomada ad etatem,
-persona ad ordinem vel ad urbem ad gentem ad populum et
-mille talia. Verbi gratia Habraam unus est homo et significat ordinem
-patriarcharum, in quo multi sunt homines. Zacharias unus
-est homo et hoc ipsum significat. Sarra una est femina et significat
-Synagogam .... Datus est filius Sarrae, filius non carnis sed
-permissionis temporis senectutis suae. Hoc est quando venit plenitudo
-temporum ut mitteret Deus filium suum; ergo Elisabethe
-illud idem significat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note556">
-<p><span class="label"><a href="#tag556">556</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, lib. V, cap. I, fol. 60, col. 3, 4; <i>Apoc.</i>, fol. 14, col. 3.
-Tutte queste interpetrazioni si riducono a quattro principali, fol. 61,
-col. 3. Quia ex hiis omnibus quatuor sunt intelligentie principales,
-que ceteras omnes continet infra se 1.º Historica seu et 2.º moralis
-3.º contemplativa [sub cujus nomine continentur duo tropologica
-et anagogica, quarum prima inferior est contemplativa, secunda
-superior] et 4.º typica, que dividitur in septem speciebus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note557">
-<p><span class="label"><a href="#tag557">557</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Concordia</i>, V, 2, fol. 61, col. 1; cfr. II, I, 29, fol. 28, col. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note558">
-<p><span class="label"><a href="#tag558">558</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Apoc.</i>, fol. 63, col. 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note559">
-<p><span class="label"><a href="#tag559">559</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Queste strane allegorie si leggono nel <i>Commento all'Apocalisse</i>,
-fol. 53, col. 4; fol. 54, col. 3, 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note560">
-<p><span class="label"><a href="#tag560">560</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, IV, I, fol. 42, col. 2, 3. Sciendum quoque quod concordia
-non secundum totum exigenda est, sed secundum quod
-clarius et evidentius est; non secundum cursum historie, sed secundum
-quid .... Ita novum testamentum simile est veteris testamenti
-.... Sicut ergo sunt arbores sylvae plurimae quae in stipitibus
-sunt similes sed tamen in ramis foliisque dissimiles, sic et
-duo testamenta in rebus quidem generalibus similia sunt sed in
-specialibus dissimilia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note561">
-<p><span class="label"><a href="#tag561">561</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 2, fol. 7, col. 2. Concordiam proprie esse dicimus
-similitudinem aeque proportionis novi ac veteris testamenti,
-eque dico quoad numerum non quoad dignitatem, cum videlicet
-persona et persona, ordo et ordo, bellum et bellum ex parilitate
-quodam mutuis se vultibus intuentur, utpote Habraam et Zacharias,
-Sarra et Elisabeth, Isaac et Joannes Baptista, et homo Jesus et
-Jacob, duodecim Patriarche et numeri ejusdem apostoli, et quodlibet
-simili, quod totum ubicumque occurrerit non pro sensu allegorico
-sed pro concordia duorum testamentorum facere certum est,
-unum vero spiritualem intellectum ex utroque procedere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note562">
-<p><span class="label"><a href="#tag562">562</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 10, fol. 10, col. 3. Non igitur secundum intellectum
-numerum annorum extimanda sunt tempora ista, sed secundum
-numerum generationem. Etenim ab Adam usque ad Christum
-fuerunt generationes quadraginta et tres, et ab Osia usque
-ad finem secundi status sexaginta tres; ab Osia namque initiatum
-est testamentum novum quod confirmatum est in Christo, ne prius
-videretur deficere vetus quam novum seminatum et radicatum germinaret
-ex humo et produceret fructum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note563">
-<p><span class="label"><a href="#tag563">563</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Oltre alle suddette analogie Gioacchino sa scoprirne un'altra
-che per la sua singolarità merita di esser riferita. <i>Conc.</i>, IV, 2,
-fol. 43, col. 2. Sed et illud ad concordiam pertinere non est dubium,
-quod sicut Eva prima mater corrupta per serpentem genuit
-geminos in peccato, quorum junior a primogenito interfectus est;
-ita, ut traditur, tempore predicti Osie mater populi romani, que vocata
-est Rhea vel Ilia, geminos concepit de stupro, et nihilominus
-primogenitus juniorem occidit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note564">
-<p><span class="label"><a href="#tag564">564</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 5, fol. 8, col. 2. Habet autem iter istud, quo
-pergere cupimus, duce deo, aliquid securius utpote quam non aliquo
-casu agitar aut agi capit, sed in dei sapientia et doctrina habens
-stationes suas certis limitibus designatas. Qui videlicet limites diversis
-modis considerandi sunt, largo seu et districto secundum
-majora tempora et secundum mediocra et minora; quod totum de
-numero generationum et temporum proprietate colligitur. Aliud
-namque tempus fuit, in quo homines vivebant secundum carnem,
-hoc est usque ad Christum, cujus initiatio facta est in Adam.
-Aliud in quo vivitur inter utrumque, hoc est inter carnem et spiritum,
-usque scilicet ad presens tempus, cujus initiatio facta est ab
-Heliseo propheta, sive ab Osia rege Juda. Aliud in quo vivitur secundum
-spiritum usque videlicet ad finem mundi, cujus initiatio a
-diebus beati Benedicti. Fructificatio itaque vel proprietas primi
-temporis, sive ut dicimus melius, primi Status ab Habraam usque
-ad Zachariam patrem Joannis Baptiste, initiatio ab Adam. Fructificatio
-secundi status a Zacharia usque ad generationem quadragesimam
-secundam; initiatio ab Osia sive a diebus Asa sub quo
-vocatus est Heliseus ab Helya propheta. Fructificatio tertii status
-ab ea generatione, quae fuit vigesimasecunda a Sancto Benedicto,
-usque ad consumationem seculorum; initiatio a Sancto Benedicto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note565">
-<p><span class="label"><a href="#tag565">565</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II a, 18, fol. 13, col. 1. Ab Adam usque ad Jacob
-fuerunt generationes 21: a Jacob usque ad Asa et alio modo usque
-ad Osiam generationes 21; licet enim judices qui prefuerunt populo
-Israel non pertineant ad ordinem generationum; tamen pro
-generationibus accipiendi sunt, quia quedam propagatio spiritualis
-fuit in eis sicut ut in regibus Jude et Israel. Exinde ab Asa usque
-ad Achim, sive ab Osia usque ad Christum generationes 21.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note566">
-<p><span class="label"><a href="#tag566">566</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 19, fol. 13, col. 1. Quia denarius numerus perfectus
-est integer in seipso, in eo velut in fonte aliorum statuendus
-esset finis inquisitionis nostre .... Si quidem ab Adam usque ad
-diluvium generationes decem, a diluvio usque ad subversionem Sodomorum
-generationes decem. Exinde usque ad Obed, qui fuit
-contemporaneus Hely, generat. X. Exinde usque ad Joas, in cujus
-diebus cepit sterminari Israel ab Azael rege Siriae, gen. X. Exinde
-usque ad trasmigr. Babilonis gen. X.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note567">
-<p><span class="label"><a href="#tag567">567</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 23, fol. 14, col. 3. Et que sint illa septem signacula
-(memorata in libro Apocalipsi) septem signa quorum sex peracta
-sunt in labore filiorum Israel, septimum in otium.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note568">
-<p><span class="label"><a href="#tag568">568</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 9, fol. 10, col. 2. Primus status tenendus est ab
-Adam usque ad Christum, secundus ab Osia rege usque ad presens,
-tertius a beato Benedicto usque ad consumationem seculi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note569">
-<p><span class="label"><a href="#tag569">569</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, IV, 24, fol. 53, col. 4. Illud autem lectorem moneo et
-maxime in legendis historiis et notandis annorum numeris studiosum,
-ut si forte in distinctione pontificum et imperatorum aliquid per
-generationes singulas invenerit corrigendum, quod ex corruptione
-multimodo chronicarum accidesse posse non nego, liberum sit ei pie
-tamen et veraciter emendare, ne forte sicut ego in diversis diversa
-repperi, ita accidere potuerit ud ad summam veritatis venire nequierit
-....</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note570">
-<p><span class="label"><a href="#tag570">570</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, IV, 3, fol. 44-45. Il raffronto si chiude con queste
-parole: Quod intelligens Constantinus imperator beato papa Silvestro
-imperialem, quam ipse tenere videbatur, tamquam deditam
-Christo regi sponte obtulit dignitatem. Verumtamen quia regnum
-Christi non est ex hoc mundo, sic visum fuit romanis pontificibus
-debitam semper a Christo accipere potestatem, ut tamen usum
-temporalis regni vel potius bonorum corporalis regiminis illis cogerentur
-permittere, qui mundi gloriam querunt, ne hi, qui juxta
-Apostolum militant deo, implicarentur temporalibus negociis. Gioacchino
-conosce ed apprezza grandemente l'opuscolo di S. Bernardo
-indirizzato a papa Eugenio. (<i>Conc.</i>, V, 64, fol. 94, col. 4). Bernardus
-noster abbas Claravallis, qui in libro suo de Consideratione
-misso ad Eugenium papam, nihil de negligentiis aut gravamine subjectorum
-derelictum est in tantum, ut adeo liber ipse alter leviticus
-esse putaretur. Et quamvis sanctus vis mordacius argueret in
-romano pontifico occupationem, non tamen absolute occupationem,
-sed illam quae est secundum seculum, per quam ea, que est secundum
-Deum occupatio, periit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note571">
-<p><span class="label"><a href="#tag571">571</a>.&nbsp;&nbsp;</span>IV, 5, fol. 46, col. 1. Non enim in hac generatone aliquis
-imperator similis Salomoni in sapientia reperitur. Et tamen per
-spiritualem intellectum completum est in hac eadem generatione
-secundum aliquod mysterium Salomonis, quia Christus Jesus, quem
-significat Salomon altius pre solito per quosdam preordinatos servulos
-abundanter influxit .... Hylarius, Hieronimus, Joannes Chrisostomus,
-Augustinus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note572">
-<p><span class="label"><a href="#tag572">572</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, IV, 6, fol. 46, col. 4; IV, 8, fol. 47, col. 4; fol. 48,
-col. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note573">
-<p><span class="label"><a href="#tag573">573</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il cap. IV, 17, fol. 52, col. 2-3, che riguarda Leone si chiude
-con queste secche parole per Gregorio VII: Denique et in sequenti
-generatione, que respicit Joachaz (Joachin), quia sine consensu imperiali
-electus est Gregorius VII in romanum pontificem, obsessus ab
-imperatore idem papa, sublatusque idem a duce normandorum ductus est usque ad Salernum. In cujus locum idem imperator substituit
-Gilbertum, ravennatem episcopum, vocavitque eum Clementem.
-Completa est autem in hoc facto similitudo ei que accidit regi
-Joachaz, quem rex Egypti amovit a Hierusalem, ne regnaret in eo,
-et substituit ei Joachim fratrem ejus pro eo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note574">
-<p><span class="label"><a href="#tag574">574</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, IV, 22-25, fol. 53, col. 2; fol. 54, col. 3. Riporto solo la
-fine di questo lungo passo. Etenim ordo ille, qui pro claritate sapientie
-dici poterat aurum, modo obscuratum est et rursum velut
-in nigrum plumbum. Et hii, qui quasi lapides preciosi contineri
-consueverunt in claustro cordis, modo percurrentes vias latas, dispersi
-sunt in capite omnium platearum, disponentes exteriora
-negocia, dirimentes eas et lites judiciorum non bonorum .... Nunc
-autem ipsius ecclesie exigentibus culpis, hii qui successerunt in ipso
-ordine sacerdotali, nihil pene habentes de imitatione celestis hominis,
-terreni sunt omnino et terrena sectantur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note575">
-<p><span class="label"><a href="#tag575">575</a>.&nbsp;&nbsp;</span>IV, 30, fol. 55, col. 4. In ecclesia vero incipit generatio quadragesima
-prima anno domini 1201 .... Sed tamen expectandum
-est cura ingenti timore.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note576">
-<p><span class="label"><a href="#tag576">576</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, I, 8, fol. 9, col. 3: Habet et monachorum ordo imaginem
-Spiritus Sancti qui est amor Dei; quia non posset ordo ipse despicere mundum, et ea quae sunt mundi nisi provocatus amore Dei
-et tractus ab eodem Spiritu, qui expulit dominum in desertum,
-veruntamen spiritualis dictus est quia non secundum carnem ambulat
-sed secundum spiritum. Igitur primus ordo initiatus est ab
-Adam, secundus ab Osia rege Juda, tertius secundum aliquid
-ab Heliseo propheta, secundum aliquid a beato Benedicto. Quare
-sic? Quia Spiritus Sanctus a patre filioque procedit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note577">
-<p><span class="label"><a href="#tag577">577</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II a, 14, fol. 11, col. 4: Si autem incipis ab Asa sub
-quo vocatus est Heliseus, ab ipso usque ad trigesimam septimam
-generationem ab incarnatione Domini, sub qua et convaluit pre
-solito ordo monasticus sub regula sancti Benedicti in partibus
-Galliarum generationes sexaginta tres, usque vero ad initium tertii
-status septuaginta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note578">
-<p><span class="label"><a href="#tag578">578</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 14, fol. 11, col. 3: Et rursus a sancto Benedicto
-usque ad consumationem seculi eadem existimatio manet
-sub eo tamen dierum numero, quem novit ipse solus, qui fecit omnia
-secundum consilium voluntatis sue. Ivi, III, 6, 7, fol. 42, col. 3:
-Ego autem mediam horam (Apoc., 8, 13) in loco isto pro dimidio
-anno accipiendum esse puto. Quid tamen de hoc verius sit judicio
-domini relinquendum. V. 64, fol. 95, col. 1: Sed utrum natus sit
-puer, qui designatus sit in Salomone aut in primo nasciturus, deus
-melius novit. Quia initia semper obscura et intellectu difficilia.
-V. 118, fol. 134, col. 2: Si queris dierum numerum non est meum
-dicere neque scire; quod nobis datum est hoc solvimus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note579">
-<p><span class="label"><a href="#tag579">579</a>.&nbsp;&nbsp;</span>IV, 31, fol. 56, col. 2: In ecclesia incipiet generatio 42 anno
-vel hora quam Deus melius novit. Non è meraviglia che si possa
-conoscere la fine di una generazione e non il principio, perchè
-Gioacchino più volte ripete che la durata della generazione può
-essere maggiore o minore del numero medio. Così <i>Conc.</i> II, I, fol. 12
-Generationis in veteri Testamento variae fuerunt et inequales.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note580">
-<p><span class="label"><a href="#tag580">580</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 16, fol. 12, col. 3: Igitur in Testamento novo non
-secundum carnem accipienda est generatio sed secundum spiritum.
-Et quoniam triginta annorum erat dominus quando cepit habere
-filios spirituales, quod et perfiguratum fuerat in unctione David
-et inchoatione prophete Ezechielis prophete, recte spatium generationis
-in novo Testamento triginta annorum numero terminatur
-nimirum quod perfectio ipsius numeri ad fidem pertinet trinitatis.
-Inde est quod nemo absque magna necessitate debet in novo
-Testamento suscipere sacerdotii dignitatem ut fiat pater spiritualis
-nisi sit triginta amorum .... Igitur generationes ecclesie sub spatio
-<span class="smcap lowercase">XXX</span> annorum singule sub singulis tricenariis accipiende sunt,
-ita ut sic Mattheus comprehendit tempus primi status sub spatio
-generationum 42, ita tempus secundi super eodem generationum
-numero terminari non sit dubium, maxime cum ostendatur significatum
-in numero dierum, quo mansit absconditus Helias (III <i>Reg.</i>
-19) a facie Acab, et quo mulier amicta sole, que designatur ecclesia,
-mansit abscondita in solitudine a facie serpentis, (<i>Apoc.</i>,
-XII, 6) accepto haud dubium die pro anno et mille ducentis sexaginta
-diebus pro totidem annis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note581">
-<p><span class="label"><a href="#tag581">581</a>.&nbsp;&nbsp;</span>V, 15, fol. 67, col. 4: Sic quondam Helias certis temporibus
-diebus vel annis mansit absconditus a facie Jezabelis, hoc est tribus
-annis et mensibus sex, ita in eodem spatio dierum et annorum
-dicta est memorata stetisse in solitudine, hoc est 1260 (<i>Apoc.</i>, XII, 6).
-Hoc tempus et tempora et dimidium temporis, quia vero numerus
-iste dierum vel annorum noctibus sit ad agnoscenda tempora dies
-et annos, et in secundo hujus operis libro sufficienter demonstratum
-est. Cfr. V, 75, fol. 104, col. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note582">
-<p><span class="label"><a href="#tag582">582</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, V, 89, fol. 118, col. 2. Quod ergo mulier ista ascenderat
-in eminentiorem partem domus, et ut fugeret consortia
-publica, ibi se contegerat cum puellis suis, quid nisi vitam contemplativam
-et anacoreticam significare creditur maxime cum scriptum
-sit in libro Apocalypsi de muliere amicta Sole, et mulier fugit
-in solitudinem ut pascat ibi diebus 1260. Cfr. <i>Apoc.</i>, fol. 160, col. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note583">
-<p><span class="label"><a href="#tag583">583</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, l. c., fol. 117, col. 4. Vidua Judith ecclesiam orientalem
-sicut puto designat .... mansit autem Judith in viduitate
-sua annis tribus et mensibus sex. Magnum istud plane et apertum
-mysterium. Hic est enim ille magnus numerus qui universa hec
-continet facta. Sunt etenim menses 42 sive dies 1260, nihilque
-aliud designant quam annos 1260, in quibus novi testamenti sacramenta
-consistunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note584">
-<p><span class="label"><a href="#tag584">584</a>.&nbsp;&nbsp;</span>II, I, 14, fol. 11, col. 8. Ordo monachorum secundum aliquid
-ab Heliseo propheta, qui vocatus est ad gratiam prophetie in extremo
-tempore Asa regis Juda, et secundum aliquid a beato Benedicto,
-qui quantum datur intelligi ex his que legimus in libro
-dialogorum vocatus est a domino ad ordinem monachatus circa
-extremitatem 16 generationis ab incarnatione Domini.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note585">
-<p><span class="label"><a href="#tag585">585</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II a, 25, fol. 15, col. 2. Reversus est autem Sol decem
-lineis in diebus Ezechiae, qui fuit decimus tertius a Salomone, ut
-bis decem generationes numerari debuissent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note586">
-<p><span class="label"><a href="#tag586">586</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II a, 12, fol. 10, col. 4. Quod in sequentibus diligentius
-prosequendum est liquet quod a Jacob patriarcha velut duobus
-viis descenditur usque ad David seu per judices et rectores populi,
-altera per patres ut ipse unus David veluti quidam prepotens annis
-duos in se rivos suscipiat ex uno quidem fonte progressos, sed diversis
-usque ad se aquarum ductibus venientes.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note587">
-<p><span class="label"><a href="#tag587">587</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Apoc.</i>, fol. 27, col. 4. Querendum est nobis .... cur beatus
-Johannes, apocalipsis librum eisdem septem ecclesiis quasi
-spiritualiter delegaverit, qui non modo ex parte ut prophetae ceteri
-sed generalius prae multis aliis fidelibus loquitur universis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note588">
-<p><span class="label"><a href="#tag588">588</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi, fol. 29, col. 3. Igitur quod ad quinque tribus generaliter
-spectat, ab exordio temporum usque ad Christum consummatum
-est. Et non in eisdem quinque tribubus omnes illorum temporum
-electorum progenies intelligendae sunt, que fide et operibus
-bonis eterne regnum beatitudinis hereditare meruerunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note589">
-<p><span class="label"><a href="#tag589">589</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In Apocal.</i>, fol. 29, col. 1. Et recte quoque Ruben et Gad et
-dimidia tribus Manasse ad plagam orientalem laborum suorum
-premia perceperunt, quia prime ille generationes seculi, que ab
-Adam usque ad Noe, a Noe usque ad Habraam, ab Habraam
-usque ad Moysen, quasi due tribus et dimidia sine lege vixerunt,
-et mundi origini adjacentes fuerunt velut ad plagam orientalem,
-hoc est in etatibus primis, in quibus sine lege vivebant. Ivi, col. 2:
-Igitur a Moyse usque ad Christum reliqua Manasse tribus dimidia,
-Effraim quoque et Juda velut ex hac fluminis parte hereditatem
-acceperunt, quia sicut duas etates et dimidiam ante legem, sic
-duas et dimidiam sub lege Deus onnipotens esse voluit. Septem
-vero distinctiones temporum ab initio secundi status usque ad initium
-tertii in hac vero etate sexta, secundum quod liber iste docet,
-instituit, ut et numeri duodenarii servaretur integritas, et perfectio
-quinarii ac septenarii si qua alia non de essent. In questo luogo cita
-la <i>Concordia</i>: de quibus in opere <i>Concordie</i> fecimus mentionem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note590">
-<p><span class="label"><a href="#tag590">590</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In Apoc.</i>, fol. 48, col. 2. Veruna quod filius Dei, qui proprie
-dicitur sapientia, formam servi assumpsit, in qua sustineret lassitudinem
-et laborem, Spiritus vero Sanctus, qui vocatur Dei charitas,
-non assumpsit; quia et nos in addiscenda sapientia angustamur,
-affligimur et laboramus, in amando vero quem amare libet, nullas
-afflictionis sustinemus angustias .... Et quia quinque sunt, ut jam
-diximus corporis sensus, in quibus se mortalis homo ad studium
-actionis exercet, septem vero dona spiritus, quibus homo interior
-efficitur spiritalis, merito quinque principales ecclesie unigenita Dei
-Filio attribuenda sunt, septem vero Spiritui Sancto .... quinque
-opera Christi .... primum opus Christi nativitas fuit, secundum
-passio, tertium resurrectio, quartum ascensio, sane quintum opus
-ipsa est ostensio linguarum et missio spiritus sancti ....</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note591">
-<p><span class="label"><a href="#tag591">591</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 54, col. 2. .... quid enim velit septem planetarum distinctio
-cogitare compellimur, presertim cum septenarius numerus
-tante perfectionis sic, ut vix aut nunquam possit carere non dico
-qualicumque sed perfecto mysterio. Querimus ergo fide, ratione
-juvante, et invenimus in electorum agminibus septem quosdam viros
-proprietate quodam in misteriis ab illorum multitudini segregatos.
-Adam, Noe, Abraam, Moyses, David, Joannes Baptista,
-Helias .... deus omnipotens misit in mundum hos septem viros
-magnos et nominatos per diversa intervalla temporum, ut quasi
-quosdam novos cursus peragerent preceptorum Dei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note592">
-<p><span class="label"><a href="#tag592">592</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 57, col. 1. Sunt itaque istorum radii septem proprietates
-eorum, in quibus similitudines septem ordinum denotatae
-sunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note593">
-<p><span class="label"><a href="#tag593">593</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. III, col. 4. Congruit namque proprietate quadam fortitudo
-praelatis, scientia dyaconibus, intellectus doctoribus, sapientia
-contemplatoribus, consilium conventualibus, pietas eis qui miseratur
-pauperibus, timor conjugio alligatis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note594">
-<p><span class="label"><a href="#tag594">594</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi l'interpetrazione dei suggelli <i>In Apoc.</i>, fol. 114 e segg.
-Nel fol. 117, col. 3, si legge questo passo importante per la cronologia
-di Gioacchino: Constet autem quod post quintum sigillum,
-in cujus extremitate nos sumus, restat adhuc martyrum pugna.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note595">
-<p><span class="label"><a href="#tag595">595</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 118, col. 1. Volo enim illum scire, duobus modis accipi
-diem ultimum et diem judicii. Accipitur enim largo modo pro
-quodam incerto tempore .... et accipitur stricto modo de conclusione
-ipsius temporis, quando consummatis cunctis mysteriis, ibunt
-impii in supplicium eternum, justi autem in vitam eternam. Cfr.
-fol. 139, col. 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note596">
-<p><span class="label"><a href="#tag596">596</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 118, col. 4. Cura ordo ille preclarus, qui letus et ylaris
-esse debuit, splendore lucidus et candore (fol. 119, col. 1), accidentibus
-contra votum contrariis, pro merito pravitatis sue tristis efficitur
-et obscurus. Dum enim multum laborat et parum proficit, dum
-nimis occupatur in exterioribus pro stipendiis carnis, a studio vite
-spiritualis incipit esse alienus .... Obscuratur aurum, cura splendor
-vite contemplative in ordine monasticho inanescit, mutatur et color
-optimus, cum hii qui positi sunt ad speculanda celestia, inhiare
-incipiunt lucra terrena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note597">
-<p><span class="label"><a href="#tag597">597</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 119, col. 2. Sed et vita clericorum, que primo radios
-lucis sue effundere solebat in populo, proh dolor! in sanguinem
-versam esse videmus. Nihil enim in ea spirituale, nihil celicum; sed
-omne pene lubricum, totum carnale, totum caro et sanguis et evisceratio
-spiritus. Ubi lites, ubi scandala, ubi rixe, ubi invidie, ubi
-emulationes? Nonne in ecclesia clericorum? Nonne inter eos qui
-lucem exemplorum suorum dare subjectis plebibus debuerunt?...
-Denique et stellas celi absque numero cadere (VI, 13) videmus in
-terra, sive ruina pravitatis heretice, sive (ut in pluribus) lapsu
-carnis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note598">
-<p><span class="label"><a href="#tag598">598</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 123, col. 1. Silentium sacri sabbati silentium est vite
-contemplative. Silent enim sancti consumatis mysteriis ut audiant
-quid loquatur in se dominus deus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note599">
-<p><span class="label"><a href="#tag599">599</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 130, col. 3. Quis fuit miser iste .... deus scit, clericum
-tamen fuisse et imbutum scientia litterarum ex huius textu lectionis
-apparet.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note600">
-<p><span class="label"><a href="#tag600">600</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 133, col. 1. Siquidem ut omnes illis Christi domini dicebantur,
-ita et in secta ista multi jam precesserunt, qui essent pro
-auctoritate perfidie dicendi Antichristi; maxime cum dicat Joannes
-utens presenti vel preterito pro futuro: sicut audistis quia Antichristus
-venit, nunc Antichristi multi facti sunt. Et quia protinus
-subinfert (<span class="smcap">Joann.</span>, 1): Unde scimus quia novissima hora est,
-sequi non longe post ipsum magnum Antichristum demonstrat,
-quem ego <i>considerans universas facies scripturarum et introitus
-et exitus concordiarum, presentem puto esse in mundo,
-etsi necdum venerit hora revelationis ipsius</i>. Oportet enim secundum
-Hieronimum desolari romanum imperium, quod resistit ei,
-antequam reveletur .... revelabitur autem manifeste sub sexto
-Angelo tuba canente, etsi antea velut occulte operari incipiat. Tempus
-siquidem sexti Angeli omnino credimus esse breve. A chi si
-riferisca Gioacchino è ben difficile dire. Non sarebbe impossibile
-che accennasse a Federigo II, a quel tempo pupillo d'Innocenzo III.
-Molti guelfi dubitavano che il Papato non avesse a pentirsi dell'aiuto
-prestato ad un discendente di casa sveva, e Gioacchino
-poteva essere bene uno di costoro. Ma è molto più probabile che
-accennasse vagamente ad un re dei Saraceni, ad un nuovo Saladino,
-che avrebbe recati maggiori danni del suo predecessore non meno
-alla Chiesa che all'Impero.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note601">
-<p><span class="label"><a href="#tag601">601</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 133, col. 3. Tempus sexti angeli tuba canentis, de quo
-in presente capitulo sermo est, ita secundum id, quod proprium
-est, futurum esse sentimus, ut tamen secundum aliquid sumpsisse
-exordium videatur .... Igitur in quantum capere queo, tempus
-quidem sexti Angeli initiatum est, sed tamen tempus quinti necdum
-usque ad presens consumationem accepit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note602">
-<p><span class="label"><a href="#tag602">602</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Citammo altrove il passo che si riferisce alle notizie avute
-in Messina. Ora citeremo quest'altro, dal quale si narra più chiaramente
-che l'Anticristo per Gioacchino non può essere un imperatore
-cristiano, ma un pagano, fol. 134, col. 4. Dictum est autem
-quod siccandae essent aquae Euphratis, ut preparetur via Regibus
-ab ortu solis, quod sine gemitu dicendum non est, initiatio quaedam
-terribilis precepit super eo quod nuper accidit sub inclyto
-illo exercitu Frederici magni et potentissimi Imperatoris et aliis
-exercitibus populi christiani, qui transeuntes mare in infinita multitudine,
-vix in paucis reliquiis pene sine effectu remearunt ad
-propriam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note603">
-<p><span class="label"><a href="#tag603">603</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 140-141. Et sciendum quod aqua magis assimilatur rei
-viventi quam terra, unde aquam vivam dicere consuevimus, magis
-autem ignis quam aqua, quia dignius est Testamentum novum Testamento
-veteri, multo magis proximum eterne vite.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note604">
-<p><span class="label"><a href="#tag604">604</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Riunisco in questa nota i passi dell'<i>Esposizione</i>, che si riferiscono
-al terribile anno 1260. Fol. 145, col. 4: calcanda (Ecclesia)
-perhibetur ab eis mensibus quadraginta duobus, quod est dicere
-secundum Lucana donec impleuntur tempora nationum. Fol. 157,
-col. 3: Et mulier fugiit in solitudinem, ubi pasceret illam Deus
-diebus 1260. Numerus iste quid significet liber quem propter ipsum
-et secundum ipsum edidimus (evidentemente accenna alla <i>Concordia</i>)
-manifeste declarat. La <i>Concordia</i> è citata esplicitamente a
-fol. 165, col. 3-4, nell'interpetrazione della frase di Daniele: in
-tempus et tempora et dimidium temporis, che Gioacchino intende
-per 3 anni e mezzo ovvero 42 mesi. Fol. 164, col. 3: <span class="smcap">Daniel</span> scripserat:
-(VII, 24) .... Decem cornua, que vidisti in bestia, ipsius
-regni deum reges erunt. Et alius consurget post eos, et ipse potentior
-erit prioribus, et tres reges humiliabit, et sermones contra
-excelsum loqueretur, et sancto altissimi conteret, et putabit quod
-possit mutare tempora et leges, et tradentur in manu ejus in
-tempus et tempora et dimidiam temporis .... Nec aliud quod dicit
-Joannes: datum est ei facere menses quadraginta duos.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note605">
-<p><span class="label"><a href="#tag605">605</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi l'interpetrazione della donna ammantata di sole nel
-fol. 154, col. 3; quella del drago, fol. 156, col. 2; infine quella
-della bestia dalle sette teste, fol. 162, col. 2-4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note606">
-<p><span class="label"><a href="#tag606">606</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 164, col. 4. Sarracenorum vero ex tot annis semel inchoata
-perfidia perseverat in malo, et ubique christianum nomen
-impugnare pro viribus non desistit .... forte futurum est ut christiani
-prevaleant predicando magis quam preliando.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note607">
-<p><span class="label"><a href="#tag607">607</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 168, col. I. Sicut prima bestia, que egressa est de mari,
-omnino concordat cum sexta visione Danielis, in qua agitur de quatuor
-bestiis egressis de mari magno, ita hec secunda, que ascendit
-de terra cum septima visione ipsius, in qua agitur de Hyrco caprarum
-.... Sicut bestia illa, que ascendit de mari, habitura est quemdam
-magnum regem de secta sua, qui similis sit Neronis, et quasi
-imperator totius orbis, ita bestia, que ascendit de terra, habitura
-sit quemdam magnum prelatum, qui sit similis Simonis Magi, et
-quasi universalis Pontifex in toto orbe terrarum, et ipse sit ille
-Antichristus, de quo dicit Paulus quod extollitur et adversatur supra
-omne quod dicitur deus, aut quod excolitur. Fol. 169, col. 1-2.
-Igitur et in sexcentis comprehenditur totum quod pertinet ad sex
-etates mundi, in sexaginta specificatur illa pars que pertinet ad
-sextam etatem et in sex sextum tempus hujus sexte etatis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note608">
-<p><span class="label"><a href="#tag608">608</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 195, col. 3. Civitas, ut jam dixi, riproborum que dicta est
-Babylon non tantum romana civitas existimanda est, aut ipsa (quod
-absit) secundum totum, sed universa multitudo impiorum et natorum
-secundum carnem. Fol. 196, col. 3: Primum caput fuit regnum
-Herodis et successorum ejus; secundum, imperium romanorum
-usque at Diocletianum; tertium, quartum, quintum et sextum quatuor
-in opere memorata regna arrianorum; septimum caput, regnum
-Sarracenorum .... Et reges septem sunt ut non isti septem reges
-singuli per singula capita, sed alio modo surgere intelliguntur per
-singula septem temporum .... Horum primus fuit Herodes .... secundus
-Nero .... tertius Constantius arrianus .... quartus Mahomet
-vel potius Cosroe rex persarum .... quintus is qui primus in partibus
-occiduis cepit fatigare ecclesiam pro investitura ecclesiarum
-.... sextus autem rex, de quo dicitur, et unus est et ille est rex
-undecimus in Daniele in cujus tempore aperienda est ad liquidum
-revelatio ista et percutienda nova Babylon .... Post cujus percussionem
-occidetur septimum caput bestie, et dabitur tranquillitas
-ecclesie Christi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note609">
-<p><span class="label"><a href="#tag609">609</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fol. 197, col 1. Et decem cornua que vidisti in bestia decem
-reges sunt .... hoc autem quomodo intelligi possit non video nisi
-ut sub nomine sexti regis alius surgere intelligatur post alium, quatenus
-post illum, de quo dicit Joannes. Unus est, quem propter
-temporis instantiam puto fuisse Saladinum, famosissimum illum
-regem turchorum, a quo nuper capta est illa civitas, in qua passus
-est Christus. Surgat alius in successionem ipsius ....</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note610">
-<p><span class="label"><a href="#tag610">610</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nella <i>Concordia</i>, V, 84, fol. 112, col. 2, si troverà il passo
-che tradussi nel testo. Ivi si legge: primus senum, secundus juvenum,
-tertius puerorum. Il che sarebbe come a dire che l'umanità
-segua un cammino a ritroso dei singoli uomini, cominciando
-dalla vecchiezza e terminando nella puerizia. Altrimenti dice nel
-<i>Commento all'Apocalisse</i>, fol. 139, col. 2: in primo erudiuntur
-parvuli, in secundo instituuntur adolescentes, in tertio inebriabuntur
-amici.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note611">
-<p><span class="label"><a href="#tag611">611</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, 1, fol. 8, col. 3 (cfr. <i>Apoc.</i>, fol. 5, col. 3-4), fol. 8, col. 3.
-Conjugatorum ordo initiatus ab Adam, fructificare cepit ab Habraam.
-Clericorum ordo initiatus est ab Osia, qui cuna esset de
-tribu Juda obtulit incensum domino, etsi non impune. Fructificavit
-autem a Christo, qui verus est rex et sacerdos. Monachorum ordo
-secundum quandam propriam formam, cui spiritus sanctus, qui est
-auctor beatorum, perfectam exhibuit auctoritatem, incepit a beato
-Benedicto, viro utique claro, miraculis ope et sanctitate, cujus
-fructificatio in temporibus finis (istis?).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note612">
-<p><span class="label"><a href="#tag612">612</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II, I, 8, fol. 9, col. 3. Habet ergo conjugatorum ordo
-imaginem patris, quia sicut pater ideo pater est qui habet filium, ita
-ordo conjugatorum non nisi ad procreandos filios istitutum est a
-Deo .... habet et clericorum ordo imaginem filii, quia verbum
-patris, quia ad hoc constitutus est ipse, ut loquatur et doceat populum
-viam domini, et ostendat ei continue legitima Dei sui ... habet
-et monacorum ordo imaginem spiritus sancti, qui est amor Dei,
-quia non posset ordo ipse despicere mundum nisi provocatus amore
-dei et tractus ab eodem spiritu, qui expulit dominum in deserto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note613">
-<p><span class="label"><a href="#tag613">613</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II a, 1, fol. 7, col. 1. Construendum est nobis cum
-Helia (I, <i>Reg.</i>, 18, 31-38) altare de terra ipsa, terra collocanda inferius,
-ut aqua desuper locari queat, expectantibus nobis ignem
-de celo, qui consumat terram et aquam, expectantibus spiritualem
-intellectum, qui terrenam illam superficiem litere, que de terra est
-et de terra loquitur, evacuando consumat, et nihilominus evangelicam
-doctrinam designatam hic in aqua lambendo commutet, secundum
-et aqua illa crassa, quam posuit in altari Neemias sacerdos
-(2 <i>Machab.</i>, I, 20), conversa est in igne, aut sicut in cena Galilee
-aqua commutata est in vino. <i>Conc.</i>, V, 68, col. 1. In primo
-(periodo) solius patris gloria revelata est populo illi antiquo, indocto,
-terreno et animali nescienti intelligere quod esset verbum
-domini aut spiritus oris ejus; in secundo gloria filii; et ex presenti
-gloria spiritus sancti. In tertio reverenda est perfecta gloria ipsius
-spiritus, ut evacuetur quod ex presente est. Plus ergo glorificati
-sunt homines secundi status, quia plus noverunt; plus glorificabuntur
-homines tertii, quibus revelata facie loquetur idem spiritus
-omnem veritatem ....</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note614">
-<p><span class="label"><a href="#tag614">614</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In Apoc.</i>, fol. 86, col. 3. Fuit enim claritas secundi status,
-secundum quod dicit idem apostolus: <i>videmus nunc per speculum
-in enigmate</i>; claritas vero tertii erit jam prope secundum totum,
-secundum plenitudinem veritatis, quod est videre facie ad faciem,
-parvissima valde obsistente interpositione velaminis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note615">
-<p><span class="label"><a href="#tag615">615</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, V, 74, fol. 102, col. 4. Sicut enim evacuata est observatio
-agni paschalis in observatione corporis Christi, ita in clarificatione
-Spiritus Sancti cessabit observatio figure, ut non sequantur
-ultra homines figuras, sicut ipsam semplicissimam veritatem,
-que significatur in igne, dicente domino: spiritus est deus, et eos,
-qui adorant eum in spiritu et veritate, oportet adorare.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note616">
-<p><span class="label"><a href="#tag616">616</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, I, 9, fol. 5, col. 4. Claudit et nemo aperit abscondens
-a prudentibus et sapientibus verba vitae et revelans ea parvulis ut
-omnem philosophicae superstitionis vanitatem excludat. <i>In Apoc.</i>,
-fol. 70, col. 3. Tales sunt illi scribi infra sanctam ecclesiam constituti,
-qui inflati vanitate seculi et scentia mundi et magisterium
-sibi pravi dogmatis arroganter usurpant, quorum superbe mentes
-nidi avium sunt, et Arrius, Eunomius, Macedonius et fautores eorum.
-Cfr. <i>Apoc.</i>, fol. 87, col. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note617">
-<p><span class="label"><a href="#tag617">617</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Rousselot</span>, <i>Joachim de Flore</i>, pag. 43.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note618">
-<p><span class="label"><a href="#tag618">618</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, II b, 5, fol. 20, col. 3. Pater siquidem imposuit laborem
-legi quia timor est; filius imposuit laborem discipline, quia
-sapientia est; Spiritus Sanctus exhibet libertatem quia amor est.
-Ubi enim timor, ibi servitus; ubi magisterium ibi disciplina; ubi
-amor ibi libertas.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note619">
-<p><span class="label"><a href="#tag619">619</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In Apoc.</i>, fol. 179, col. 1. Igitur odium cordi radicatum peccatum
-est ad mortem et peccatum nihilominus contra spiritum
-sanctum. Nam spiritus sanctus amor est, quod est peccatum amori
-contrarium nisi odium?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note620">
-<p><span class="label"><a href="#tag620">620</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In Apoc.</i>, fol. 180, col. 4. Primam perditionis causam peccatum
-esse superbie .... peccans utique in ipsum Christum, qui parvus
-et humilis factus est .... Qui, sciens paupertatem regis sui, erubescit
-egere, nonne Christum offendit positum in presepio? Qui
-erubescit ascendere mite animal Christi, et spumantis equi sibi
-arrogantiam querit, nonne regem suum offendit, quem ludisse super
-asinum reminiscitur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note621">
-<p><span class="label"><a href="#tag621">621</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In Apoc.</i>, fol. 183, col. 2. Qui ergo vere monachus est nihil
-reputat esse suum nisi citharam. <i>Conc.</i>, IV, 39, col. 59, fol. 3. Necesse
-quippe ut succedat similitudo apostolice vite, in qua non acquirebatur
-possessio terrene hereditatis, sed vendebatur potius sicut
-scriptum est.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note622">
-<p><span class="label"><a href="#tag622">622</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, III, I, 20, fol. 37, col. 3. Danielem vero prophetam
-significare spiritum sanctum, sicut et Joseph et Josue et Samuel,
-ipsa prerogativa castitatis insinuat, quae ubique pene cum occurrit
-spiritui sancto solet ascribi, eo quod fit ipse amor Dei et effusor
-spiritualis voluptatis, quam nemo novit nisi qui accipit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note623">
-<p><span class="label"><a href="#tag623">623</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Renan</span>, op. cit., pag. 153.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note624">
-<p><span class="label"><a href="#tag624">624</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Amari</span>, <i>Storia dei Musulmani in Sicilia</i>, I, 441.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note625">
-<p><span class="label"><a href="#tag625">625</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Rodotà</span>, <i>Storia del rito Greco in Italia</i>, I, 153, 174 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note626">
-<p><span class="label"><a href="#tag626">626</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che nell'arcivescovato di S. Severina si fosse conservato il
-rito greco lo prova una lettera d'Innocenzo III, dalla quale si raccoglie che un Pietro Guiscardo, protettore dei Florensi, minacciava
-i canonici di strappare loro le mogli, se non acconsentivano di
-affidare ai Florensi in danno dei cistercensi di Corazzo la chiesa
-di Calabro Maria. (<span class="smcap">Ughelli</span>, IX, 479).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note627">
-<p><span class="label"><a href="#tag627">627</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli</span>, <i>Italia Sacra</i>, IX, 302, 307.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note628">
-<p><span class="label"><a href="#tag628">628</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bollandisti</span>, maggio, II, 48; <span class="smcap">Amari</span>, op. cit., I, 519.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note629">
-<p><span class="label"><a href="#tag629">629</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Morì intorno al 903. <span class="smcap">Bolland.</span>, agosto, III, 489 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note630">
-<p><span class="label"><a href="#tag630">630</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boll.</span>, settembre, III, 343 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note631">
-<p><span class="label"><a href="#tag631">631</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boll.</span>, ottobre, VI, 332 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note632">
-<p><span class="label"><a href="#tag632">632</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boll.</span>, settembre, VII, 283 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note633">
-<p><span class="label"><a href="#tag633">633</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boll.</span>, settembre, VIII, 810 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note634">
-<p><span class="label"><a href="#tag634">634</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sul commento di Alano vedi più sopra, pag. 303, n. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note635">
-<p><span class="label"><a href="#tag635">635</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boll.</span>, marzo, I, 498. Fuit S. Cyrillus Presbyter Montis Carmeli ....
-Ipse dum pro reverenda celebritate B. Hilarionis abbatis
-missarum solemnia inchoasset .... nebula condensa sibi adstit.
-Ipso igitur stupescente, angelus .... in ipsa nebula visus .... offerens
-virgam liliatam et duas tabellas argenteas, litteris Graecis
-descriptas, dixitque: cum sacramenta compleveris, has scripturas
-transcribes in membrana, et constans tabellas formabis in calicem
-et thuribulum ad libanda et adolenda in ara sacrificii matutini
-.... Dum igitur sanctus iste eas tabellas transcripsisset et conflasset
-hujusmodi transcriptum per Telesphorum monachum abbati
-Joachim, viro sancto et illuminato, transmisit instantias supplicando
-ut ratione suae magnae obscuritatis super eo commentariolum
-quoddam conficeret, quo abscondita perducerentur in lucem ....
-Quod abbas Joachim ad instantiam S. Cyrilli facere minime desistebat,
-rescribens ei epistolam, in qua inter cetera nominat ipsum
-S. Cyrillum stellam manentem in ordine sanctitatis. Questi due oracoli
-insieme alla lettera di S. Cirillo ed alla risposta di Gioacchino
-furono pubblicati da Lezana nel 1663. Edidit postea Abbas Joachim
-commentarium sive interpetrationem hujus oraculi, paullo fusiorem,
-quam Lezana non audet transcribere, quia reperit aliqua contineri,
-quae aliquibus pusillis saltem scandali occasionem afferre possent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note636">
-<p><span class="label"><a href="#tag636">636</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In Apoc.</i>, fol. 143, col. 4. Graecorum populo datus est Beatus
-Johannis, a quo et incepit perfectorum religio monachorum. Fol.
-144, 3. Igitur reliquia Graecorum, agnita veritate, que est in spiritu,
-convertentur ad unitatem Ecclesiae. Et reliquie Judaeorum pari
-modo convertentur ad dominum. Fol. 145, col. 2. Intelligamus monachorum
-ordinem, quem designat Johannis, a Graecis pervenisse
-ad Latinos .... revertetur ad eum populum, de quo venit ad nos,
-permansurus in eodem populo usque ad finem. <i>Conc.</i>, II, 1, 27,
-fol. 17, col. 3. Verumtamen ut in populo illo claruerunt Helias et
-Heliseus .... ita inventi sunt in populo grecorum magis heremite
-et abbates, habentes plures discipulos in monastica perfectione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note637">
-<p><span class="label"><a href="#tag637">637</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Conc.</i>, V, 47, fol. 82, col. 1. Siquidem clericorum ordo secundum
-grecos, non secundum spiritum cepit ambulare sed secundum litteram.
-Monacorum vero qui ab eis quidem incepit, sed tamen
-processu temporis transiit ad latinos, audiens consilium apostoli
-de castitate, magis elegit ambulare secundum spiritum quam secundum
-literam (1, <i>Cor.</i>, 7). Non enim simpliciter voluit audire
-de sacerdote unius uxoris viro, sed magis illud: qui sine uxore est
-sollicitus est que domini sunt quomodo placeat Deo; qui autem
-cum uxore est, sollicitus est quomodo placeat uxori.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note638">
-<p><span class="label"><a href="#tag638">638</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In Ap.</i>, fol. 131, col. 1. Pathareni haeretici mundos se coram
-populo, justitia preditos esse simulant, tamen ex occulto circa finem
-verbi producunt aculeos erroris sui, quibus tamen non servos Dei
-promittentur ferire, sed illos homines, qui mundanas delitias concupiscunt
-.... pro subsidiis tamporalibus (credentes) adheserunt eis
-(perfectis) sicut ex relatu eorum, qui tum fuerunt inter eos et penituerunt,
-didicimus .... denique convenientes in unum faciunt
-collectas bonorum suorum, et si quos vident inopes anhelare ad
-divitias mundi, primo ostendut eis affectum misericordiae et miserationis:
-deinde culpant Christianos divites et maxime Sacerdotes
-et clerum qui deberent (ajunt) servare apostolicum vitam et sublevare miserias pauperis et egeni, ut nemo esset egens in religione
-Christiana, sicut non erat in Ecclesia primitiva. Deinde dicunt eos
-excidisse a fide, factos autem persecutores justorum, sicut sacerdotes
-Judaeorum, qui persequebantur apostolos. Ad ultimum fatentur
-se scire homines qui servent ad integrum apostolicam fidem,
-ita ut fit aliquis inops inter eos, et qui pauper venit ad illos, protinus
-efficetur dives. Haec et his similia <span class="smcap lowercase">QUASI RATIONABILITER
-CONCINNANTES</span> munda animalia se esse fingunt quousque percutiant
-homines ex improviso dicentes: Et tu quoque si vis esse de credentibus
-in fidem etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note639">
-<p><span class="label"><a href="#tag639">639</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tra i molti luoghi in cui Gioacchino critica il Vecchio Testamento
-scelgo questo della <i>Concordia</i>, II, 15, fol. 6, col. 1. Qui
-sciebat duritiam cordis eorum, qui terreni erant, adhuc pro tempore
-promisit eis multa, quae non decet sanctos, promisit non celestia
-sed terrena, temporalia non eterna. Ergo ne pro terrena patria
-fundendus est sanguis, et ut longo vivamus tempore serviendum
-est Deo .... Si pro justitia sua Habraam patriarcha multiplicatus
-est in semine carnis, quare in singulis regionibus multiplicati sunt
-filii Adam in gentibus incredulis et non obedientibus Deo? Si pro
-munere credulitatis ejus datum est ei, ut reges egrederentur de
-lumbis ejus, numquid non merito paganorum filii preferre potuere
-numina idolorum suorum, qui colentes et servientes eis etiam in
-toto mundo imperasse noscuntur? .... Sed quasi per tot annos data
-est terra ipsa gentibus non servantibus legem Dei, neque obtemperantibus
-Moisi servo Dei? Col. 2: Quomodo aliam vitam permisere
-prophete, quam ea quam vere permiserat Moyses observantibus
-legem? .... Si ista, quae deorsum est Hierusalem civitas revera
-justorum est et mater credentium, quomodo in ea regnasse impii,
-et justi et innocentes viri interfecti leguntur? .... Restat ergo ut
-fateantur veram esse sententiam illam Apostoli (II, <i>Cor.</i>, 3, 6), qua
-dictum est: <i>litera occidit, Spiritus autem vivificat</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note640">
-<p><span class="label"><a href="#tag640">640</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonwetsch</span>, <i>Die Geschichte des Montanismus</i>, pag. 57.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note641">
-<p><span class="label"><a href="#tag641">641</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonwetsch</span>, pag. 56.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note642">
-<p><span class="label"><a href="#tag642">642</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Rousselot</span>, <i>Joachim de Flore</i>, Paris, 1867, pag. 53.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note643">
-<p><span class="label"><a href="#tag643">643</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bulaeus</span>, <i>Historia universitatis parisiensis</i>, III, 26.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note644">
-<p><span class="label"><a href="#tag644">644</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span>, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 127. Redit ergo Parisius,
-et compellitur ab Universitate confiteri ore, quod in contrarium
-praedictae opinioni suae sentiret ... Taedio ergo et indignatione
-affectus, ut dicitur, aegrotavit, et lecto incumbens decessit
-in brevi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note645">
-<p><span class="label"><a href="#tag645">645</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La fonte più antica, dalla quale a parola copiò il Rigordo,
-voglio dire la Cronaca di Guglielmo Armorico, cappellano di Filippo
-Augusto, esposta la dottrina di Amorico senza far cenno
-delle tre età, seguita (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 127): Post mortem ejus surrexerunt
-quidam, venenosa ejus doctrina infecti, qui eo subtilius, plus quam
-oportet, sapere cupientes, ad exsufflandum Christum, et ad evacuanda
-novi Testamenti sacramenta, novos et inauditos errores et
-inventiones diabolicas confinxerunt. Parimenti <span class="smcap">Cesare Heisterbach</span>
-nella sua <i>Illustrium miraculorum Historia</i>, V, 22, attribuisce la
-dottrina, che ei chiama maximam blasphemiam in Spiritum Sanctum,
-non ad Amorico, e neanco a Davide, bensì ad un mastro Guglielmo,
-ad un sottodiacono Bernardo, ad un altro Guglielmo
-orefice ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note646">
-<p><span class="label"><a href="#tag646">646</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Martino Polono</span>, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 128. Qui Almaricus asserit
-ideas, quae sunt in mente divina, creare et creari .... Et sicut alterius
-naturae non est Abraam, alterius Isaac, sed unius ac ejusdem,
-sic dixit: omnia esse unum et omnia esse Deum .... Item
-dixit quod sicut lux non videtur in se, sed in aëre, sic Deus nec ab
-Angelo, neque ab nomine videbitur in se, sed tantum in creaturis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note647">
-<p><span class="label"><a href="#tag647">647</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Tommaso</span> in 2 Sent. dist. 17, qu. I, art. I, accenna soltanto
-il ragionamento di Davide senza svolgerlo: et haec tria esse unum,
-et idem, ex quo iterum consequitur esse omnia per essentiam unum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note648">
-<p><span class="label"><a href="#tag648">648</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Item asseruit quod si homo non peccasset, in duplicem sexus
-partitus non fuisset, nec gravasset; sed eo quo modo sancti
-angeli multiplicati sunt, multiplicati fuissent et homines, et quod
-post resurrectionem utriusque sexus, adunabitur sicut fuit prius in
-creatione. (<span class="smcap">M. Polonus</span> in <span class="smcap">D'Arg</span>., I, 128).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note649">
-<p><span class="label"><a href="#tag649">649</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dixerat etiam quod in charitate constitutis nullum peccatum
-imputabant. <span class="smcap">Martinus</span>, l. c., cfr. <span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>,
-pag. 127. Charitatis virtutem sic ampliabant, ut id quod alias peccatum
-esse si in virtute fieret charitatis, dicerent jam non esse peccatum.
-Unde et stupra et adulteria in charitatis nomine committebant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note650">
-<p><span class="label"><a href="#tag650">650</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Vincenzo Bellov.</span>, <i>Spec. hist.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XXX</span>, cap. <span class="smcap lowercase">VII</span>. Prima haeresis
-ejus fuit, quod quilibet tenetur credere se esse membrum
-Christi, et hoc esse unum de fidei articulis, sine quo homo non
-potest salvari.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note651">
-<p><span class="label"><a href="#tag651">651</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span>, in <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 130. Dicebant non aliter
-esse corpus Christi in pane altaris, quam in alio pane, et qualibet
-re, sicque Deum locutum fuisse in Ovidio, sicut in Augustino.
-Quest'ultimo pensiero è molto importante. I veggenti della verità
-non si possono distinguere in pagani, e gentili, ebrei o cristiani,
-chè a tutti parimenti si è rivelata la somma sapienza. In quanto all'Eucaristia
-la formola, di cui si solevano servire gli Almariciani,
-ci è conservata negli <i>Atti</i> del Concilio di Parigi del 1210 pubblicati
-dal <span class="smcap">Martène</span>, <i>Thesaurus</i>, VI, 163, <span class="smcap">D'Argentré</span>, I, 129: Id quod
-ibi fuerat prius formis visibilibus, prolatione verborum subesse ostenditur.
-Le parole mistiche, sulle quali insistevano i Valdesi, non
-sarebbero se non una constatazione del fatto che il pane, come tutte
-le cose, possono dirsi il corpo di Dio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note652">
-<p><span class="label"><a href="#tag652">652</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dagli <i>Atti</i> citati, pag. 129. Item, filius incarnatus, id est
-visibili formae subjectus, nec aliter illum hominem esse Deum, quia
-unum ex eis cognoscere voluerunt. Item Spiritus Sanctus in eis
-incarnatus, ut dixerunt, eis omnia revelabat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note653">
-<p><span class="label"><a href="#tag653">653</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dagli <i>Atti</i>, pag. 128: Pater a principio operatus est sine
-Filio et Spiritu Sancto usque ad ejusdem Filii incarnationem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note654">
-<p><span class="label"><a href="#tag654">654</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dagli <i>Atti</i>, loc. cit. Pater in Abraham incarnatus, filius in
-Maria, Spiritus quotidie in nobis incarnatus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note655">
-<p><span class="label"><a href="#tag655">655</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dagli <i>Atti</i>, pag. 129: Item Filius usque nunc operatus est,
-sed Spiritus Sanctus ex hoc nunc usque ad mundi consummationem
-inchoat operari. <span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span> in <span class="smcap">D'Arg.</span>, 127: Potestas Patris duravit quamdiu viguit lex Mosaica .... postquam
-Christus venit aboleverunt omnia Testamenti veteris sacramenta, et
-viguit nova lex usque ad illud (istud?) tempus. In hoc ergo tempore
-dicebant Testamenti Novi sacramenta finem habere, et tempus
-Sancti Spiritus incoepisse. <span class="smcap">Caes. Heist.</span>, V, 22: Sicut ceciderunt
-formae legales in primo Christi adventu, ita nunc cadent omnes
-formae quibus Filius operatus est, et cessabunt sacramenta, quia
-persona Spiritus Sancti dare manifestabit se in quibus incarnabitur.
-<span class="smcap">Vinc. Bellov.</span>, <span class="smcap lowercase">XXX</span>, 7: Viguit lex Christi usque ad tempus Almorici,
-et ex tunc habuerunt finem, ac fuerunt evacuata Baptismus,
-Poenitentia et omnia alia novae legis sacramenta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note656">
-<p><span class="label"><a href="#tag656">656</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span>, pag. 130: Negabunt resurrectionem
-corporum. La trasformazione razionalistica c'è conservata dagli <i>Atti</i>.
-Riscontra il passo citato più su, p. 415, n. 1, il quale finisce: et haec
-revelatio (dello spirito) nil aliud erat quam mortuorum resurrectio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note657">
-<p><span class="label"><a href="#tag657">657</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Guillelmus</span>, l. c. Nihil esse Paradisum neque Infernum, sed
-qui haberet, cognitionem Dei, quam ipsi habebant, paradisum haberet
-in se; qui vero mortale peccatum, haberet infernum in se,
-sicut dentem putridum in ore.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note658">
-<p><span class="label"><a href="#tag658">658</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dagli <i>Atti</i>, pag. 129: Mentiti sunt bonorum Baptismatis non
-egere parvulos.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note659">
-<p><span class="label"><a href="#tag659">659</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Altaria sanctis statui, et sacras imagines thurificari idolatriam
-esse dicebant. Eos, qui ossa martyrum deosculabantur, subsannabunt.
-(<span class="smcap">Caes. Heist.</span>, pag. 130).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note660">
-<p><span class="label"><a href="#tag660">660</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Confessionem, Baptismum, Eucharistiam et alia, sine quibus
-salus haberi non potest, locum de caetero non habere; sed unumquemque
-tantum per gratiam Spiritus Sancti interius, sine actu
-aliquo, inspiratam salvari posse. (<span class="smcap">Guillelmus Armoricus</span>, pag. 127).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note661">
-<p><span class="label"><a href="#tag661">661</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Caes. Heist.</span>, pag. 130: In quarta descendet ignis super Praelatos
-Ecclesiae, qui sunt membra Antichristi. Dicebat enim qui
-Papa esset Antichristus et Roma Babylon. Et ipse sedet in Monte
-Oliveti, id est, in pinguedine potestatis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note662">
-<p><span class="label"><a href="#tag662">662</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Debbo la notizia di questa cronaca al bibliotecario della Nazionale
-di Napoli, sig. Alvisi, il quale ha studiate e confrontate
-le diverse redazioni, e raccolti molti materiali sulle fonti. S'è cercato
-finora invano un editore, che voglia pubblicare questo antico
-documento nell'originale latino.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note663">
-<p><span class="label"><a href="#tag663">663</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'<span class="smcap">Affò</span>, <i>Vita di frate Elia</i>, Parma, 1819, pag. 10, crede che
-la cronaca rimonti ai principii del secolo <span class="smcap lowercase">XIV</span>, ma non sia stata
-scritta dal B. Angelo da Cingoli detto Clareno, come sospettava
-il Wadding. La redazione italiana è anch'essa antica, e l'esemplare
-che vide l'Affò non conteneva se non cinque Tribolazioni. In fine
-del volume in carattere nero si leggeva: «Finisce la clonicha dellordine
-delli frati minori ad gli anni <span class="smcap lowercase">MCCCXXIII</span>».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note664">
-<p><span class="label"><a href="#tag664">664</a>.&nbsp;&nbsp;</span>«Certamente, dice l'Affò a p. 11, questo libro è antico, e vi
-sono inseriti dei squarci tolti e copiati interamente da altri ancora
-più vecchi, perchè nella seconda tribolazione facendosi memoria
-di fra Bernardo ecc., soggiunge l'autore: <i>E molti altri degli
-quali io ne vidi alquanti e udii dalloro quello che io narro</i>; ma
-appunto per essere un accozzamento di cose tolte da molti vi sono
-mescolate moltissime falsità .... Accozzamenti di più racconti tolti
-qua e là sono pure il Libro intitolato: <i>Speculum Vitae B. Francisci
-et sociorum ejus</i> e i <i>Fioretti di S. Francesco</i>, onde benchè
-antichi d'assai non sono troppo sicuri». Al passo citato dall'Affò
-aggiungo quest'altro, che accenna pure all'autore della Cronaca
-pag. 93<i>r</i>. <i>E noi che fummo con lui</i> (S. Francesco) <i>quando che
-scrisse la regola, e quasi tutte le altre sue scripture, li rendiamo
-testimonianza che scripse più cose nella regola e nelli altri
-suoi decreti, delle quali cose alcuni frati li furono contrarii
-in vita sua</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note665">
-<p><span class="label"><a href="#tag665">665</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tommaso da Celano</span>, <i>Vita di S. Francesco</i>, cap. III, (<i>Acta SS.</i>,
-octobris, II, 689). Cum .... Sanctus Dei assistens ibidem verba
-evangelica intellexisset, celebratis missarum solemnis, a sacerdote
-sibi exponi Evangelium suppliciter postulavit; pag. 690, solvit protinus
-calceamenta de pedibus, baculum deponit e manibus, et tunica
-una contentus, pro corrigia funiculum immutavit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note666">
-<p><span class="label"><a href="#tag666">666</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la seconda regola in <span class="smcap">Wadding</span>, <i>Annales Minorum</i>,
-II, 64: Si qui voluerint hanc vitam illis verbum Sancti Evangelii,
-quod vadunt et vendunt omnia sua, et ea studeant pauperibus erogare.
-Et caveant fratres et eorum ministri, ne solliciti sint de
-rebus suis temporalibus, ut libere faciant de rebus suis quidquid
-Dominus inspiraverit eis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note667">
-<p><span class="label"><a href="#tag667">667</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Bonav.</span>, <i>Vita di S. Francesco</i>, cap. IV (<span class="smcap">Boll.</span>, l. c. pag. 751)
-Faciebat namque sancta paupertas .... ipsos ad omnem obedientiam
-prontos, robustos, ad labores et ad itinera expeditos. Et quia
-nihil terrenum habebant, nihil amabant, nihilque timebant amittere,
-securi erant ubique, nullo pavore suspensi, nulla cura distracti,
-tanquam qui absque mentis turbatione vivebant, et sine
-sollicitudine diem crastinum, et serotinum hospitium expectabant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note668">
-<p><span class="label"><a href="#tag668">668</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il cap. <span class="smcap lowercase">II</span> della prima regola in <span class="smcap">Wadding</span>, II, 67. Alii
-vero, qui promiserunt obedientiam, habeant unicam tunicam cum
-caputio, et aliam sine caputio, si necesse fuerit, et cingulum et
-bracas. Et omnes fratres vilibus vestis induantur, et possint eas
-repeciare de sacis et aliis peciis. Cfr. cap. 14, pag. 73. Quando
-fratres vadunt per mundum nihil portent per viam nec sacculum,
-nec peram, nec panem, nec pecuniam, nec virgam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note669">
-<p><span class="label"><a href="#tag669">669</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cap. <span class="smcap lowercase">VIII</span> della prima regola, in <span class="smcap">Wadding</span>, I, 71. Omnes
-fratres studeant sequi humilitatem et paupertatem Domini nostri
-Jesu Christi. Così parimenti: Non resistat malo, sed si quis eos in
-maxillam percusserit, praebeant ei alteram, et qui auferret eis
-vestimentum non prohibeant. Cap. <span class="smcap lowercase">V</span>, pag. 69. Similiter omnes fratres
-non habeant potestatem vel dominationem maxime inter se. Cap. <span class="smcap lowercase">VI</span>,
-pag. 70. Et nullus vocetur Prior, sed generaliter omnes vocentur
-fratres minores, et alter alterius lavet pedes.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note670">
-<p><span class="label"><a href="#tag670">670</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cap. <span class="smcap lowercase">V</span>. Fratres illi quibus gratiam dedit Dominus laborandi
-laborent fideliter et devote .... De mercede vero laboris pro se
-et suis fratribus corporis necessaria recipiant praeter denarios vel
-pecuniam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note671">
-<p><span class="label"><a href="#tag671">671</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cap. <span class="smcap lowercase">VI</span>, pag. 66. Fratres nihil sibi approprient nec domum
-nec locum nec aliquam rem sed tanquam peregrini et advenae in
-hoc saeculo in paupertate et humilitate Domino famulantes, vadant
-pro eleemosyna confidenter.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note672">
-<p><span class="label"><a href="#tag672">672</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sul cantico del sole vedi il <span class="smcap">Bartoli</span>, <i>Storia della letteratura
-italiana</i>, II, 189 ed i <i>Fioretti</i>, cap. <span class="smcap lowercase">XV</span>, <span class="smcap lowercase">XXI</span>, <span class="smcap lowercase">XXII</span>. <span class="smcap">S. Bonav.</span>,
-in <i>Acta SS.</i>, l. c., pag. 704. Affluebat spiritu caritatis, pietatis
-viscera gestans, non solum erga homines necessitatem patientes,
-verum erga muta brutaque animalia, reptilia, volatilia et caeteras
-insensibiles creaturas; pag. 705: Quare sic fratres meos agnos ligatos
-et suspensos excrucias? ... tolle pro pretio mantellum, quem
-porto, et agnos mihi concede.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note673">
-<p><span class="label"><a href="#tag673">673</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Hase</span> (<i>Franz von Assisi</i>, pag. 44) cita questo detto di
-S. Francesco attribuitogli da S. Bonav. (<i>Vita</i> nei <span class="smcap">Boll.</span>, pag. 764):
-Pro furto mihi reputo a magno Eleemosynario imputandum, si hoc
-quod fero non dedero magis egenti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note674">
-<p><span class="label"><a href="#tag674">674</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Regula</i>, cap. <span class="smcap lowercase">VII</span>, pag. 70. Et caveant sibi quod non ostendant
-se tristes extrinsecus, nubilosos et hipocritas; sed ostendant
-se gaudentes in Domino, hilares et convenienter gratiosos.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note675">
-<p><span class="label"><a href="#tag675">675</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La predicazione però dovea essere sottoposta alla licenza dei
-vescovi. Vedi regola seconda, cap. <span class="smcap lowercase">IX</span>, in <span class="smcap">Wadding</span>, II, 67.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note676">
-<p><span class="label"><a href="#tag676">676</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Tres Socii</i> (<span class="smcap">Boll.</span>, l. c., p. 691). Tunc beatus Franciscus omnes
-(discipulos) ad se convocavit .... et ait ad eos: ite cautissimi bini
-et bini per diversas partes orbis, annunciantes pacem hominibus et
-poenitentiam in remissionem peccatorum. Vedi il cap. <span class="smcap lowercase">XV</span> dell'antica
-regola: nullo modo apud se nec apud alium et aliquo modo
-bestiam aliquam habeant, nec eis liceat equitare nisi infirmitate,
-vel magna necessitate cogantur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note677">
-<p><span class="label"><a href="#tag677">677</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che nella Corte pontificia Francesco trovasse molte resistenze
-lo attestano le fonti più antiche. Tomaso da Celano racconta
-(pag. 693), che il vescovo di Sabina volea persuadere il Patriarca
-ut ad vitam monasticam suam eremiticam diverteret. Il Papa
-stesso era restio a favorire l'istituzione di nuovi ordini, come ne
-fa fede il canone 13 del Concilio lateranense. Secondo Matteo Paris,
-ad ann. 1227, avrebbe accolto così male il santo mendico da dirgli
-(ed. londinese 1640, pag. 340): Vade frater et quaere porcos quibus
-potius debes quam hominibus comparari, et involve te cum eis in
-volutabro, et regulam illis a te commentam tradens officium tuae
-praedicationis impende. Codesto discorso è inverisimile, perchè
-Francesco era stato raccomandato dalle più alte autorità ecclesiastiche;
-ma è ben certo, come lo attestano i tre socii, che fece osservazioni
-sull'applicabilità della regola, nè si piegò ad approvarla se
-non dopo una visione, che ebbe in sogno. V. pag. 736. Dominus
-Papa .... dixit ei et sociis: Filioli nostri, vita vestra videtur nobis
-nimis dura et aspera, licet enim credimus vos esse tanti fervoris,
-quod de vobis non oporteat dubitare, tamen considerare debemus
-pro illis, qui secuturi sunt vos. Pag. 737: Inn. III .... viderat in
-visione quod Ecclesia Sancti Joannis Lateranensis minabatur ruinam,
-et quidam vir religiosus, mendicus et despectus eam sustentabat
-proprio dorso submisso. Un'altra visione racconta la <i>Cronaca
-delle Tribolazioni</i>, pag. 352.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note678">
-<p><span class="label"><a href="#tag678">678</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dante</span>, <i>Parad.</i>, <span class="smcap lowercase">XI</span>, 92, dice che Francesco ebbe da Innocenzo
-<i>Primo sigillo a sua religione</i>, e prima di Dante Onorio III nella
-stessa bolla d'approvazione ricordava la regola a bonae memoriae
-Innocentio Papa approbatam. Ma si deve intendere di una approvazione verbale, come dice S. Bonaventura in <span class="smcap">Boll.</span>, p. 739: licet praefatus
-dominus Innocentius tertius ordinem et regulam approbasset
-ipsorum, non tamen hoc suis litteris confirmavit. Pag. 749: Distulit
-tamen perficere quod Christi postulabat pauperculus pro eo
-quod aliquibus de Cardinalibus novum aliquid et supra vires humanas
-arduum videretur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note679">
-<p><span class="label"><a href="#tag679">679</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Bollandisti bene osservano che la regola sottoposta ad
-Innocenzo non poteva essere quella, che il Wadding pubblicava
-nel primo volume degli <i>Annali</i>. Perchè codesta regola è molto
-diffusa, laddove la prima, secondo la più antica fonte, il <i>Celano</i>,
-p. 692, era scritta simpliciter et paucis verbis. Inoltre nella regola
-pubblicata dal Wadding manca l'articolo che nessun frate francescano
-possa lasciare il suo ordine per entrare in altro, articolo
-che si sa approvato da Onorio III. (Lettera di Onorio data <span class="smcap lowercase">XIV</span> Kal.
-Jan., anno <span class="smcap lowercase">VIII</span>, in <span class="smcap">Wadding</span>, II, 71). Pare che anche Onorio volesse
-fare qualche correzione alla regola. Secondo la <i>Cronaca
-delle Tribolazioni</i>, pag. 103<i>r</i>, ed il Wadding che la copia (II, 69)
-avrebbe voluto mutare il capitolo <span class="smcap lowercase">X</span>, ma S. Francesco dichiarò
-non esser lui, ma Gesù Cristo che ha dettata la regola, che dev'essere
-lasciata come sta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note680">
-<p><span class="label"><a href="#tag680">680</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La seconda regola differisce nei primi otto capitoli tanto poco
-dalla prima che vi sono ripetute non solo gli stessi precetti, ma perfino
-le stesse parole. La sola differenza sta nella maggior concisione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note681">
-<p><span class="label"><a href="#tag681">681</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Wadding</span> riporta il testamento di S. Francesco, dal
-quale tolgo questi passi (II, 145). Et non dicant fratres: haec est
-alia Regula, quia haec est recordatio admonitio et exortatio et
-meum textamentum, quod ego frater Franciscus parvulus vester
-facio vobis fratribus meis benedictis propter hoc ut Regulam, quam
-Domino promisimus, melius catholice observemus. Et generalis
-minister et omnes alii ministri et custodes per obedientiam teneantur
-in istis verbis non addere vel minuere .... Et omnibus
-fratribus meis clericis et laicis praecipio firmiter per obedientiam,
-ut non mittant glossas in Regula, nec in istis verbis dicendo: ita
-volunt intelligi; sed sicut dedit mihi Dominus pure et simpliciter
-dicere et scribere Regulam et ista verba, ita simpliciter et pure et
-sine glossa intelligatis, et cum sancta operatione usque in finem
-observetis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note682">
-<p><span class="label"><a href="#tag682">682</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Wadding</span>, II, 62 e segg., racconta le cose secondo la
-<i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, dalla quale tolgo i seguenti passi:
-pag. 15 <i>verso</i>: «E mentre questo nostro Francesco vacava e stava
-congiunto con Dio, frate Elia con li suoi seguaci e con alcuni ministri
-si riscaldorono e infiammorono e con tumulto gridorono.
-Ma perchè non ardivano a ponersi al contrario pubblicamente,
-nascostamente li tolsono e furorono la Regola a frate Leone, uomo
-di Dio, al quale S. Francesco l'avea data a serbo. Pag. 98<i>r</i>: In
-questo mezzo mentre che esso era tutto assorto con infiammati e
-celesti desiderii solo in Dio, e domandando a Gesù Cristo la reparazione
-della regola, stimola il diavolo e incita li ministri di diverse
-provincie, e commossi dallo spirito dell'aquilone vennono insieme
-con frate Elia a rammaricarsi e a porre querele con protestazione
-.....» Pag. 99<i>v</i>: «Qualmente alla loro infermità basta
-d'avanzo e di soperchio d'observare le cose le quali di già hanno
-promesso, che la loro infermità ha bisogno». Questa narrazione
-viene compiuta dallo <i>Speculum vitae</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note683">
-<p><span class="label"><a href="#tag683">683</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, pag. 89<i>r</i>: «(I ministri) multiplicarono
-gente e non magnificarono letizia, accompagnando in
-questo multiplicare l'ordine di gente molti uomini perversi, insieme
-con li buoni e innocenti frati. Li quali huomini perversi, confidandosi
-della loro prudentia, s'affrettavano e desideravano di reggere
-e non d'esser retti, e di fare arrogantemente una regola secondo
-il loro proprio senno e secondo la loro propria voluntà a sè e ad
-altri .... e tanto crebbono questi mali avanti alla morte di S. Francesco
-che esso poverello Francesco, il quale era abitacolo dello
-Spirito Santo, non vi potette porre alcuno rimedio di curatione nè
-con parole, nè con esempii, nè con segni, nè con miracoli. Ma mandando
-avanti l'orazione, elesse per più sicura parte di vacare
-a Dio e rinunziare in tutto e per tutto al offitio del generalato, e
-non aver più cura nè governo alcuno delli frati». Nel capitolo seguente,
-è riferito un dialogo, nel quale S. Francesco dopo la rinunzia
-al generalato avrebbe detto (pag. 92<i>r</i>): «Solamente che li
-frati andassino e fussino andati secondo la volontà di Dio e mia,
-io non vorria che li frati avessino altro ministro che me per insino
-alla mia morte».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note684">
-<p><span class="label"><a href="#tag684">684</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'<span class="smcap">Affò</span>, <i>Vita di frate Elia</i>, pag. 21, dopo avere riassunto il
-racconto della <i>Cronaca</i> e dello <i>Speculum</i> dice: «Simili semplicità
-anche dal Waddingo assai più circostanziate si replicano, senza
-considerare se al confronto della ragione sussister possano. Ma
-rimontando all'origine di tali narrazioni, e non vedendole noi entro
-le opere dei coevi scrittori, prendiamo a discorrere dei sussequenti
-e cominciamo a veder simil fatto descritto dal mentovato frate
-Martino da Casale, il quale per farcelo credere afferma che avanti
-a tutti ce ne lasciasse memoria fra Leone, uno dei primi compagni
-di S. Francesco in certi rotoli depositati già nel convento di
-S. Chiara. Confessa però di non averli potuti vedere, e per togliere
-a ciascuno la curiosità di cercarli aggiunse: cum multo dolore
-audivi illos rotulos fuisse distructos. A questa maniera è lecito
-a chiunque fingersi monumenti, ed ingannar sulla fede i leggitori.
-Ma buon per noi che quanto fra Leone e i suoi due compagni
-scrissero intorno la Vita di S. Francesco non è perito, e la loro
-leggenda vedesi pubblicata dai Bollandisti senza incontrarvi la
-menoma parola del finto racconto».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note685">
-<p><span class="label"><a href="#tag685">685</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boll.</span>, loc. cit., pag. 710. Cumque de die in diem infirmitas
-illa succresceret, et ex incuria videretur quotidie augmentari, frater
-Helias tandem, quem loco matris elegerat sibi, et aliorum fratrum
-fecerat patrem, compulit eum ut medicinam non abhorreret.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note686">
-<p><span class="label"><a href="#tag686">686</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la <i>Cronaca</i> dei XV e quella dei XXIV generali in <span class="smcap">Affò</span>,
-pag. 23. Post mortem vero fratris Petri B. Franciscus posuit ad
-regendum ordinem fratrem Heliam de Assisyo virum utique famosa
-providentia illustratum. Riscontra il passo del Celano nella
-nota precedente.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note687">
-<p><span class="label"><a href="#tag687">687</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, pag. 119<i>v</i>. «Venendo a morte
-Francesco fece chiamare a sè frate Bernardo da Quintavalle, il
-quale fu el primo frate dell'ordine dopo S. Francesco, e li pose la
-sua mano dricta sopra il capo e davanti a tutti li frati lo benedisse
-con cordiale e singulare affectione, e fece scrivere sotto dettato ad
-un frate: il primo frate il quale il Signore mi dette fu frate Bernardo
-.... Onde io voglio e comando quanto so e posso che ciascheduno
-il quale sarà generale di questa religione ami quello, e
-l'honori come me medesimo». I <i>Fioretti di S. Francesco</i>, cap. <span class="smcap lowercase">VI</span>,
-rincarano la dose. «E ponendosi frate Elia dalla mano diritta,
-Santo Francesco, il quale avea perduto il vedere per le troppe lagrime,
-puose la mano ritta sopra il capo di frate Elia e disse:
-questo non è il capo del mio primogenito Bernardo, allora frate
-Bernardo andò a lui dalla mano sinistra, e S. Francesco allora
-acconciò le braccia a modo di croce, e poi puose la mano dritta
-sopra il capo di frate Bernardo e la manca sopra il capo del detto
-Elia e disse a frate Bernardo .... Sia il principale dei tuoi fratelli,
-ed al tuo comandamento tutti i frati obbediscano». Il racconto dei
-<i>Fioretti</i> è proprio il rovescio di quello più antico del Celano, che
-ricorda pure l'incrociamento delle braccia, ma dice cumque a sinistris
-ipsius resideret frates Elias, circumsedentibus reliquis filiis
-cancellatis manibus dextram posuit super caput ejus, et dixit: Te
-fili mi in omnibus et super omnia benedico. Si vede chiaro come
-il racconto originale sia stato guasto per fine polemico. Ed è molto
-istruttivo il confronto tra questo discorso del Patriarca, e l'altro
-messogli in bocca dai <i>Fioretti</i>, cap. <span class="smcap lowercase">IV</span>. <i>Male fate, frate Elia
-superbo</i> ecc. Tutto il racconto di questo capitolo è manifestamente
-favoloso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note688">
-<p><span class="label"><a href="#tag688">688</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La riporta l'<span class="smcap">Affò</span>, op. cit., pag. 29 .... pupilli sumus absque
-patre et orbati lumine oculorum nostrorum ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note689">
-<p><span class="label"><a href="#tag689">689</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gli storici francescani non sono d'accordo su questo punto.
-La <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> e il Wadding con essa (II, 164)
-raccontano che alla morte di S. Francesco il vicario Elia fu fatto
-generale, e che poi per dissidii insorti fu deposto e sostituito da
-fra Giovanni Parente. Ben presto però Elia rifattosi dalla sconfitta,
-avrebbe ripreso il generalato, dal quale dopo molto altro tempo
-venne deposto da Gregorio IX. Questo racconto benchè confermato
-dal Salimbene che dice di Elia a pag. 402: bis factus generalis minister,
-è poco credibile come ha dimostrato l'Affò, op. cit., pag. 32,
-perchè fonti antichissime, come Bernardo di Bessa segretario di
-S. Bonaventura, dicono chiaramente: Fuerunt igitur post transitum
-sancti Patris hii ejus successores videlicet frater Johannes cognominatus
-Parentius .... isti successit frater Helyas. Con Bernardo
-s'accorda la Cronaca dei XV e l'altra dei XXV Generali. L'espressione
-del Salimbene si può intendere nel senso spiegato dall'Affò,
-che il vicario sino alla nomina del nuovo generale fu da tutti riconosciuto
-per capo dell'ordine.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note690">
-<p><span class="label"><a href="#tag690">690</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'<span class="smcap">Affò</span>, op. cit., pag. 36, scrive: «Frate Elia seppe tosto
-indurre un divoto personaggio chiamato Simone Puzzarelli a fargli
-dono del luogo detto Colle d'Inferno presso Assisi, ove gittar i
-fondamenti dell'ideato edifizio. Il diligentissimo P. maestro Antonio
-Maria Azzoguidi ci ha pubblicato il documento di tal donazione,
-steso il 30 di Marzo del 1228, per cui il donatore privossi del detto
-luogo, e frate Elia a nome del Pontefice lo accettò ad habendum,
-tenendum, possidendum, faciendum omnes utilitates et usus fratrum
-in ea videlicet locum, Oratorium vel Ecclesiam pro beatissimo
-corpore Sancti Francisci, vel quicquid ei de ipsa re placuerit in
-perpetuum». Codesta costruzione era contraria alla regola, la quale
-prescriveva che le case dei frati si costruissero in legno a guisa
-piuttosto di provvisorio ricovero che di stabile dimora.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note691">
-<p><span class="label"><a href="#tag691">691</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, pag. 143<i>r</i>, c'informa che
-molti frati «lassata l'orazione mettevano avanti la curiosa e sterile
-sapienza d'Aristotile alla divina sapienza, e che avidamente e
-con gran sete desideravano d'udire maestri loici e filosofi, e che
-procurorono ardentemente di avere e moltiplicare le scuole di
-queste scienze. E che queste e altre simili cose li maggiori come
-li minori comunemente predicavano excepto alquanti pochi admaestrati
-dallo spirito di Gesù Cristo. Onde quelli frati spirituali si
-determinorono che era loro necessario di ricorrere al sommo Pontefice
-e a la Chiesa romana». Da questo passo s'inferisce che
-fin dal tempo di Elia il partito intransigente cominciava a prendere
-il nome di <span class="smcap">Spirituale</span>, conforme alle idee di Gioacchino. Non
-tutti i Gioachiti però avevano in dispetto gli studii, ed il Salimbene
-(pag. 405) non che biasimare, loda frate Elia, quia ordinem fratrum
-minorum ad studium theologiae promovit. Che oltre alla teologia
-frate Elia coltivasse altri studii lo dice il Salimbene, pag. 411:
-Undecimus defectus fratris Helyae fuit, quia infamatus fuit quod
-intromitteret se de alchimia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note692">
-<p><span class="label"><a href="#tag692">692</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 402: Habebat gratiam Imperatoris et Papae.
-In quanto al Papa basterà riferire questo brano della <i>Cronaca
-delle Tribolazioni</i>, pag. 128<i>v</i>. «La buona memoria del Pontefice
-Gregorio molto si confidava di frate Elia per la grande e costumata
-onestà, la quale vedeva in lui e per la singulare prudentia
-e scientia, per la quale si credeva che passassi sopra tutti li religiosi
-di quel tempo».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note693">
-<p><span class="label"><a href="#tag693">693</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pag. 401: Et dominus Ghirardus de Corrigia, qui dicebatur
-de Dentibus eo quod magnos dentes habebat, tunc temporis Potestas
-parmensium erat, et venit personaliter cum quibusdam militibus ad
-locum fratrum minorum ad visitandum fratrem Helyam generalem
-ministrum, qui sedebat in domo, in qua hospites sive forenses comedunt,
-super lectum de culcidra, et habebat ignem copiosum coram
-se et cappellam armenicam in capite suo, nec Potestati intranti et
-se salutanti assurrexit, nec de loco suo motus est, ut vidi oculis
-meis, quae fuit rusticitas maxima reputata. Queste citazioni del
-Salimbene le tolgo dal libro <i>De praelato</i>, il quale secondo il Novati
-non è un'opera a parte, come parrebbe dall'edizione parmense,
-bensì una delle maggiori digressioni che si leggono nella
-Cronaca. Vedi <span class="smcap">Novati</span>, <i>La Cronaca di Salimbene</i> nel <i>Giornale
-storico della letteratura italiana</i>, I, 390.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note694">
-<p><span class="label"><a href="#tag694">694</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La lettera è riportata dal <span class="smcap">Wadding</span>, III, 20, colla data 1239:
-Sunt inter nos aliqui, qui propter discipulatum et societatem sancti
-Patris nostri Francisci habentur apud domesticos et exteros in
-magna aestimatione, sed hi suo se regentes sensu, laxantes obedientiae
-frenum, velut oves absque pastore et homines absque ductore,
-hic inde discurrunt, loquentes quae placent ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note695">
-<p><span class="label"><a href="#tag695">695</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 405. Item supradictus Helyas ministros provinciales
-ita tenebat sub baculo quod tremebant eum, sicut juncus
-tremit cum ab acqua concutitur .... Deponebat eos ab officio ....
-insuper caputium longum dabat quibusdam et mittebat eos ab
-oriente in occidentem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note696">
-<p><span class="label"><a href="#tag696">696</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi l'aneddoto raccontato dal Salimbene, di un frate Alberto
-parmense, ministro di Bologna, stato prima deposto dal suo ufficio,
-ma poi che si sottomise restitutus fuit in gradum pristinum, insuper
-et multa ab Helya obtinuit pro provincia sua.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note697">
-<p><span class="label"><a href="#tag697">697</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, pag. 132 (<span class="smcap">Wadding</span>, III, 20):
-«Comanda questo judice che frate Cesare, uomo innocente e in tutte
-le sue cose savio e sancto, sia incarcerato con li ferri al piede ecc.
-prese una stanga e lo percosse tanto crudelmente e fortemente
-che .... si morì e fu il primo ammazzato ed ucciso per le mani delli
-suoi fratelli, come el primo martire Stefano orando per li persecutori
-.... In quella medesima ora che l'anima sua uscì dal corpo
-Papa Gregorio vidde portare dagli angeli un'anima in cielo»,
-pag. 133<i>v</i>, (l'angelo disse al Papa) «della quale anima tu nel
-giorno della tua morte hai a rendere ragione a Dio, perocchè per
-occasione della tua autorità dopo la prigionia e li ferri e molte
-afflictioni, le quali tutte lui pazientemente ha sostenute, dalli suoi
-frati e per la fede e pura observantia della sua regola è stato
-morto da loro», pag. 137<i>v</i>. (S. Antonio venendo in Assisi per avere
-il cadavere di S. Francesco) «fu preso dai birri di frate Elia e
-spogliato e disciplinato insino al sangue».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note698">
-<p><span class="label"><a href="#tag698">698</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Riporto dalla bolla di Gregorio IX (<span class="smcap">Wadding</span>, II, 224) questo
-passo: Duximus respondendum quod si rem necessariam velint
-fratres emere vel solutionem facere pro jam empto possint vel
-Nuncium ejus a quo re emitur, vel aliquem alium volentibus sibi
-eleemosynam facere nisi iidem per se, vel proprios nuncios maluerint
-praesentare, qui taliter praesentatus a fratribus non est
-eorum nuncius, licet praesentetur ab ipsis, sed illius potius cujus
-mandato solutionem fecit, seu recipientis eandem.... Ad quem
-etiam fratres pro hujusmodi necessitatibus poterunt habere recursum,
-maxime si negligens fuerit, vel necessitates ignoraverit
-eorundem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note699">
-<p><span class="label"><a href="#tag699">699</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Frate Elia accettò in nome del Papa la donazione citata più
-sopra (p. 437, n. 1). Vedi inoltre la Bolla di Gregorio, pag. 246:
-Dicimus itaque quod nec in communi nec in speciali debent proprietatem
-habere, sed utensilium et librorum et eorum mobilium
-quae licet habere, eorum usum habeant.... nec vendi debeant mobilia
-vel extra ordinem commutari aut alienari quoque modo, nisi
-Ecclesiae Romanae Cardinalis, qui fuerit ordinis Gubernator ....
-auctoritatem super hoc praebuerit. Confrontate la Bolla d'Innocenzo
-IV del 1245, riportata dal <span class="smcap">Wadding</span>, III, 129. Et licet in eadem
-Regula sit prohibitum, ne fratres recipiant per se, vel per alios denarios
-vel pecuniam ullo modo, possunt tamen, si rem sibi necessariam
-aut utilem velint emere, vel solutionem facere pro re
-empta, vel nuncium ejus a quo res venditur, vel aliquem alium
-volentibus sibi eleemosynam facere, nisi eidem per se vel per
-proprios nuncios solvere maluerint. Pag. 130: Et taliter nominati
-vel praesentati a fratribus non sunt eorum nuncii, seu depositarii;
-sed illorum, a quibus eis pecunia vel denarii committuntur ....
-Cum tam immobilium quam mobilium hujusmodi jus proprietas et
-dominium .... nullo modo ad ecclesiam ipsam spectent, cui domus
-et loca praedicta cuna Ecclesiis caeterisque suis pertinentes (quae
-omnia in jus et proprietatem beati Petri suscipimus) omnino tam
-in spiritualibus quam in temporalibus immediate subesse noscuntur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note700">
-<p><span class="label"><a href="#tag700">700</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 410: Octavus defectus fratris Helyae fuit
-quia violenter voluit tenere dominium ordinis, quod ut melius tenere
-posset plures sagacitates habebat. Primam quia frequenter mutabat
-ministros, ne nimius radicati fortius insurgerent contra
-ipsum; secundam quia illos fratres faciebat ministros, quos reputabat
-amicos; tertiam quia non faciebat capitula generalia nisi particularia
-idest cismontanorum, non enim vocabat ultramontanos
-ministros, timens ne deponeretur ab eis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note701">
-<p><span class="label"><a href="#tag701">701</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 403. Porro secundus defectus fratris Helyae
-fuit quia multos inutiles recepit ad ordinem. Habitavi in conventu
-senensi duobus annis, et vidi ibi <span class="smcap lowercase">XXV</span> fratres laycos .... propter
-hoc recipiebat multitudinem laycorum, qua posset melius talibus
-dominari .... Tertius defectus fratris Helyae, quia homines indignos
-promovit ad officia ordinis, faciebat enim laycos guardianos,
-custodes et ministros, quod absurdum erat valde, cum in ordine
-esset copia bonorum clericorum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note702">
-<p><span class="label"><a href="#tag702">702</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche il Salimbene deve suo malgrado riconoscerlo, pag. 403.
-Si quis autem objiciat verbum Regulae quod dicit: <i>Ipsi vero ministri
-si presbyteri sunt</i>, dicimus quod hoc pro tempore dictum
-fuit, quando in ordine non erat copia sacerdotum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note703">
-<p><span class="label"><a href="#tag703">703</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Salimbene ai rimproveri riportati più su (p. 443, n. 1) aggiunge
-questi altri: p. 404. Quartus defectus fratris Helyae fuit quod
-toto tempore, quo fuit minister non fuerunt generales constitutiones.
-Longum esset valde si vellem ruditates et abusiones, quas vidi,
-referre. Pag. 405: Quintus defectus, quia nunquam personaliter volebat
-ordinem visitare. Pag. 409: Septimus defectus, quia nimis volebat
-splendide et delitiose et pompatice vivere. Pag. 410: Et habebat
-palafredos pingues et quadratos .... Item raro comedebat in conventu
-.... item specialem coquum habebat in conventu Assisii,
-fratrem Bartholemaeum paduanum, quem vidi et cognovi, qui cibos
-delicatissimos faciebat. [Il Salimbene se ne intendeva non poco].</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note704">
-<p><span class="label"><a href="#tag704">704</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questa congettura mi venne suggerita dalla lettera di Federigo
-II, che si riferisce a frate Elia (<span class="smcap">Huillard</span>, <i>Hist. dipl.</i>, V, 346).
-Revera papa iste quemdam religiosum et timoratum fratrem Helyam,
-ministrum ordinis fratrum minorum, ab ipso beato Francisco
-padre ordinis migrationis sue tempore constitutum, pro eo quod
-amore justitie, cui est corde et opere dedicatus, pacem imperii promovens,
-nomen nostrum, honorem et bonum pacis evidentibus iudiciis
-proponebat, <span class="smcap lowercase">IN ODIUM NOSTRUM A MINISTERIO GENERALI REVOCAVIT</span>,
-reverentia Christi postposita, et juris sancti Francisci ordinatione
-contempta, divisionem in fratribus faciens et in ordinationem
-et sectionem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note705">
-<p><span class="label"><a href="#tag705">705</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Quanto rincrescesse al Papa l'accordo dell'Imperatore coll'ex
-generale francescano lo prova la lettera di Gregorio IX del
-1240, (<i>Hist. dipl.</i>, V, 777): Verum idem (Fridericus) non sub pastoris
-virga humiliatus est verbere, quia potius super omne quod
-dicitur Deus aut colitur elevatus, Helia et Henrico quibusdam non
-prophetis sed prophanis apostatis, testibus suae perversitatis assumptis,
-in lucis angelum in monte superbie transformatus, Christi
-claves et Petri privilegium vilipendens, irriverenter divinis interesse
-presumit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note706">
-<p><span class="label"><a href="#tag706">706</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La lettera è del 1243, (<i>Hist. dipl.</i>, VI, 147): Tanta est bonae
-fidei et devotionis probatae constantia, tantaque laudabilium efficacia
-meritorum, quam in provido viro fratre Helia, dilecto familiari
-et fideli nostro, semper et utiliter invenisse meminimus, quod
-ipsum jam a fructibus agnoscentes personam suam domesticam
-nostris servitiis libenter admittimus, et suae circumspectiones consiliis
-fiducialiter inhaeremus. Cum igitur eundem fratrem nuper ad
-partes transmarinas transfretare paratum pro quibusdam arduis
-excellentiae nostrae servitiis, in quorum executione personam ejus
-utilem et necessariam fore censuimus, a transitu ipso, praeter suae
-voluntatis propositum, providerimus retrahendum, et ipsum licet
-invitum quodammodo in curia vestra propterea mandavimus aliquandiu
-moratarum ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note707">
-<p><span class="label"><a href="#tag707">707</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimbene</span>, p. 412. Tertiusdecimus defectus fratris Helyae
-fuit, quia namquam voluit ordini suo reconciliari; sed semper
-usque ad ultimum diem vitae suae permansit in pertinacia sua ....
-Si fuit absolutus, et si bene ordinavit de anima sua, modo cognoscit.
-Viderit ipse .... (Qui la stampa non solo è mutila, ma
-errata). La testimonianza del Salimbene, così precisa nei particolari,
-è certo superiore a quelle, su cui si appoggia il Wadding per
-provare che Elia si fosse ricreduto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note708">
-<p><span class="label"><a href="#tag708">708</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Neanche Salimbene par che sia molto tenero di Gregorio,
-del quale dice a pag. 8: Iste (Gregorius IX) etiam longo tempore
-fuit in discordia et pugnavit cum imperatore Friderico secundo,
-qui multa mala fecit Ecclesiae Dei, quae eum nutrivit et coronavit;
-ita quod pene navis Petri sub praedicto Papa cecidit in profundum.
-Hoc est quod abbas Joachim de romanis Pontificibus dixit,
-videlicet, quod aliqui <span class="smcap lowercase">CONABUNTUR IN PRINCIPES</span>, aliqui ducent pacificos
-suos dies.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note709">
-<p><span class="label"><a href="#tag709">709</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Rispetto al clero secolare non è diverso il linguaggio di
-Federico da quello dei francescani intransigenti. Vedi la lettera al
-Re d'Inghilterra in <span class="smcap">Bréholles</span>, III, 37-38, pag. 50: In paupertate
-quidem et simplicitate fundata erat Ecclesia primitiva, cum sanctos,
-quos catalogus sanctorum commemorat, fecunda parturiret: sed
-olim fundamentum nemo potest ponere praeter illud quod positum
-est a Domino et stabilitum. Porro quia in divitiis navigant, in divitiis
-volutantur, in divitiis aedificant, timendum ne paries inclinetur
-Ecclesiae, ne maceria depulsa ruina subsequatur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note710">
-<p><span class="label"><a href="#tag710">710</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 3. Imperator vero Fridericus fuit homo
-pestifer et maledictus, schismaticus, haereticus et epicureus, corrumpens
-universam terram. Lo stesso frate racconta ingenuamente
-che raccapricciò all'annunzio della morte di Federico.
-Pag. 57: Horrui cum audirem, et vix potui credere. Eram enim
-Joachita, et credebam et expectabam et sperabam quod adhuc
-Fridericus majora mala esset facturus, quam illa qua fecerat,
-quamvis multa fecessit. Ma non tutti la pensavano così, e Salimbene
-stesso racconta (pag. 37), di un frate Gherardo da Modena, amicus
-et intimus beati Francisci, curialis homo, liberalis et largus, religiosus
-et honestus et valde morigeratus, temperatus in verbis et
-omnibus operibus suis .... erat multam imperialis et nihilominus
-in pace et in aequitate ambulavit coram Deo .... ed alla sua
-morte multa miracula Deus per eum operari dignatus est. Un altro
-frate Bartolomeo Ghiscolo di Parma, (pag. 101) curialis et spiritualis
-homo, sed magnus probator et magnus Joachita, et partem
-imperialem diligens .... in vita sua fecit monstra et in morte mirabilius
-operatus est.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note711">
-<p><span class="label"><a href="#tag711">711</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Di frate Alberto pisano, che sostituì Elia, non ci dice altro
-il Salimbene se non che fu eletto nel 1239, e un anno dopo nel 1240
-morì (pag. 17, 50-51). Il frate Aimone, che gli successe, scrisse
-un'esposizione delle profezie d'Isaja, dalla quale Salimbene p. 224
-riferisce questa frase: Manifestum est quod respublica debet subesse
-Romano Pontifici. Frate Aimone morì nel 1244 (<span class="smcap">Sal.</span>, p. 60).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note712">
-<p><span class="label"><a href="#tag712">712</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimb.</span>, pag. 97. Magni clerici et spirituales viri et maxime
-Joachitae.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note713">
-<p><span class="label"><a href="#tag713">713</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In Apoc.</i>, fol. 77, col. 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note714">
-<p><span class="label"><a href="#tag714">714</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il testo dell'<i>Apocalisse</i>, cap. XI: «et dabo duobus testibus
-meis, et prophetabunt diebus mille dugentis sexaginta sacris amicti»
-va interpetrato secondo Gioacchino così che l'un testimonio significhi
-l'ordine dei chierici, l'altro dei monaci. Ille ergo significat
-ordinem clericorum, iste ordinem monachorum, quadraginta duo
-menses, quibus predicant induti saccis, significant totidem generationes
-(<i>In Apoc.</i>, fol. 148, col. 4). Nei libri apocrifi invece codesti ordini
-sono proprio i mendicanti nati ad occidentalem ecclesiam in
-tota mundi latitudine flagellandam (<i>Super Esaiam</i>, fol. 37 <i>recto</i>).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note715">
-<p><span class="label"><a href="#tag715">715</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Concilio di Arles dice dei libri di Gioacchino: a majoribus
-nostris usque ad haec tempora remanserunt intacti, utpote latitantes
-apud quosdam religiosos in angulis et antris, doctoribus
-indiscussi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note716">
-<p><span class="label"><a href="#tag716">716</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pag. 101: Et interfui etiam ego ipse isti doctrinae ut audirem
-fratrem Hugonem, [che soleva per lo più dimorare in Nizza].
-Nana prius eram edoctus, et hanc doctrinam audieram, cum habitarem
-Pisis, a quodam abate de ordine Floris, qui erat vetulus et
-sanctus homo et omnes libros suos, a Joachim editos, in conventu
-pisano sub custodia collocaverat, timens ne Imperator Fridericus
-monasterium suum destrueret, qui erat inter Lucam et civitatem
-pisanam .... Credebat enim quod in Friderico tunc temporis omnia
-essent complenda mysterio eo quod cum Ecclesia discordiam habebat
-non modicam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note717">
-<p><span class="label"><a href="#tag717">717</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Rousselot (<i>Joachim</i>, pag. 139), anche dopo la dissertazione
-del Renan, seguita a sostenere: que le livre intitulé l'Evangile
-eternel n'a jamais existé que sous forme d'un cahier redigé par
-ceux, qui accusaient les Dominicains et les Franciscains. Il che è
-contraddetto da una fonte molto importante, della quale non so
-perchè il Rousselot non vuol fare nessun conto, voglio dire dal
-processo verbale della Commissione cardinalizia di Anagni, ove è
-detto (Cod. bibl. nat. de Paris, n. 1726, carte 139. Cfr. <span class="smcap">D'Argentré</span>,
-I, 163; <span class="smcap">Renan</span>, <i>Revue des deux mondes</i>, tom. LXIV, pag. 109):
-Quod liber Concordiarum vel Concordiae veritatis appelletur primus
-liber Evangelii aeterni probatur <span class="smcap lowercase">XVII</span> capitulo, et quod liber iste
-Concordiae sit Joachim habetur per totum illud capitulum. Quod
-liber iste, qui dicitur Apocalypsis nova, appelletur secundus liber
-ejusdem Evangelii probatur <span class="smcap lowercase">XX</span> capitulo. Similiter quod liber, qui
-dicitur Psalterium decem chordarum, sit tertius liber ejusdem Evangelii.
-E più appresso in un luogo, tronco nel D'Argentré, e pubblicato
-intero dal Renan, pag. 113: Item <span class="smcap lowercase">XXVIII</span> cap. ponuntur haec
-verba: <i>in primo libro ipsius Evangelii aeterni videlicet in secundo
-secundae Concordiae</i>. Et tria praedicta probantur similiter
-expresse <span class="smcap lowercase">XXXI</span> cap., ubi distinguitur simplex lictera (ibi: <i>attendent
-vero</i> etc.), et similiter ante finem ultimi capituli, ubi dicitur: <i>illud
-attendendum</i> ecc. Da questi passi appar chiaro: 1º Che l'Evangelio
-eterno non era altro se non la collezione delle tre opere dell'abate
-Gioacchino. 2º Che gli scritti apocrifi erano così cresciuti da oscurare
-i genuini dell'abate calabrese, sicchè i raccoglitori si videro
-costretti a dimostrare l'autenticità delle tre opere, che essi ben sapevano
-distinguere dalle altre falsamente attribuite a Gioacchino.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note718">
-<p><span class="label"><a href="#tag718">718</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Si veda con che circospezione Gioacchino commenta il testo
-dell'<i>Apocalisse</i>: «Et vidi alterum Angelum volantem per secundum
-celum habentem Evangelium aeternum». Par che schivi di parlarne
-come al fol. 173, col. 4; conferenda sunt verba, que de eo scripta
-sunt et de duobus aliis, qui sequuti sunt eum, ut alia per alia
-inquisita aut omnino pateant intellectui nostro, aut quod reliquum
-fuerit igne comburatur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note719">
-<p><span class="label"><a href="#tag719">719</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Secondo il Rousselot (op. cit., pag. 140), l'<i>Introductorius</i>
-dell'<i>Evangelo eterno</i> sarebbe la stessa cosa dell'<i>Introductorius</i>
-premesso da Gioacchino all'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i>. Basta
-confrontare i passi estratti dalla Commissione d'Anagni, e già pubblicati
-dal D'Argentré con gli analoghi dell'opera di Gioacchino
-per rilevarne le differenze. Vedi Codice, carte 139, (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 163;
-<span class="smcap">Renan</span>, pag. 126, n. 1): Item <span class="smcap lowercase">XXIV</span> cap. comparat vetus Testamento
-primo coelo, Evangelium Christi secundo coelo, Evangelium
-aeternum tertio caelo, et expressius <span class="smcap lowercase">XXV</span> capitulo, ubi comparat
-vetus Testamentum claritati stellarum, novum Testamentum
-claritati lunae, Evangelium aeternum, sive spiritus sancti, claritati
-solis. Item <span class="smcap lowercase">XXVII</span> capitulo comparat vetus Testamentum atrio, novum
-sancto, aeternum sancto sanctorum. Item <span class="smcap lowercase">XXX</span> comparat vetus
-Testamentum cortici, novum testae, Evangelium aeternum nucleo.
-Cfr. <i>Introd. in Apoc.</i>, fol. 5, col. 2: Secundus status fuit sub Evangelio
-et manet usque nunc in libertate quidem respectu praeteriti,
-sed non in libertate respectu futuri .... tertius ergo status erit
-circa finem saeculi, jam non sub velamine literae sed in plena
-spiritus libertate. Come si vede qui non c'è parola di <i>Evangelo
-eterno</i>, e più che l'opposizione è messa in evidenza la continuità
-dei varii periodi (col. 3) de lege naturale ad legem Moysi, de lege
-Moysi ad Evangelium, de Evangelio Christi ad spiritalem intellectum,
-de spiritali intellectu ad veram et aeternam contemplationem
-Dei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note720">
-<p><span class="label"><a href="#tag720">720</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fin dal tempo di Gregorio IX, erano nati dissidii tra il clero
-secolare ed i nuovi ordini, come si raccoglie dalla bolla di questo
-papa del 1232 <i>Nimis iniqua</i>. Non desunt plerique tam Ecclesiarum
-Praelati quam alii, qui coeca cupiditate seducti, propriae aviditati
-subtrahi reputantes quidquid praedictis fidelium pietas elargitur,
-quietem ipsorum multipliciter inquietant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note721">
-<p><span class="label"><a href="#tag721">721</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Domenicani eran entrati come di soppiatto nell'Università
-ottenendo una cattedra nel 1228, quando il corpo universitario per
-protestare contro l'infrazione di alcuni suoi privilegi s'era ritirato
-prima a Reims e poi ad Angers. Dopo pochi anni nel 1250 ebbero
-luogo altre proteste, ed il corpo universitario si ritirò di nuovo,
-tribus magistris Regularibus, videlicet duobus Praedicatoribus
-et uno frate minore exceptis, qui pro suae voluntatis arbitrio
-suum renuerunt prestare consensum. Allora l'Università stabilì ut
-de coetero nullus in quacunque facultate magister ad Collegium
-magistrorum vel consortium Universitatis admittatur, nisi prius
-in plena congregatione magistrorum, vel saltem coram quinque
-magistris suae facultatis, ad hoc specialiter deputatis, juraverit
-statuta nostra licita et honesta et nobis expedientia se firmiter
-observaturum. Il decreto surriferito si può leggere nel <span class="smcap">Du Boulay</span>,
-<i>Historia Universitatis Parisiensis</i>, III, 250 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note722">
-<p><span class="label"><a href="#tag722">722</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo sospetto si trova in un cronista domenicano in verità
-molto tardivo, il Corner, che attribuisce l'Evangelo eterno allo
-stesso Guglielmo di S. Amore. (<span class="smcap">Affò</span>, <i>Vita del B. Giovanni da
-Parma</i>, Parma, 1777, pag. 75).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note723">
-<p><span class="label"><a href="#tag723">723</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il trattato è intitolato <i>De periculis novissimorum temporum</i>.
-Non avendo trovate le opere di Guglielmo io cito dall'edizione
-che ne fece il Brown (<i>Appendix ad fasciculum rerum expotendarum
-et fugiendarum ab Orthwino editum a.D.MDXXXV</i>,
-Londini <span class="smcap lowercase">MDCXC</span>). Il Brown ignora l'autore del libro, e lo suppone
-a torto composto nel 1389, mentre invece fu pubblicato nel 1256
-(<i>Hist. litt.</i>, XIX, 202).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note724">
-<p><span class="label"><a href="#tag724">724</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De periculis</i>, cap. 8, pag. 27: Ergo nos sumus in ultima
-aetate hujus mundi, e cita parecchie autorità, tra le quali anche
-l'apocrifo commento di Gioacchino a Geremia. Pag. 28: Haec
-omnia initia dolorum sunt scilicet, quae erunt tempora Antichristi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note725">
-<p><span class="label"><a href="#tag725">725</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De periculis</i>, cap. 3, pag. 23: homines qui apti erunt et
-idonei ad praedicta pericula .... charitatem anelantes non verbis
-sed factis. Dum enim ambiunt officia praelatorum videlicet praedicandi,
-corrigendi, confessiones audiendi .... charitatem factis
-abnegant. Cap. <span class="smcap lowercase">IV</span>, pag. 23-24: et illi seductores, posteaquam per
-suam simulatam sapientiam et sanctitatem principes et populos
-christianos ita seduxerunt, quod plene acquiescunt consiliis eorum.
-Cap. <span class="smcap lowercase">V</span>, pag. 24: Domus mulierum et virorum seductibilium ingrediuntur
-.... seducunt mulierculas, prius eas, et per eas viros eorum,
-sicut Diabolus seduxit Evam, et per eam Adam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note726">
-<p><span class="label"><a href="#tag726">726</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cap. XII, pag. 30-31. Praecipere illis qui sunt de secta illa
-ut deserant eam .... inhibere illis, qui non sunt de secta illa, ne
-de illa fiant .... Si haec facta fuissent, sufficienter repulsa essent
-pericula praedicta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note727">
-<p><span class="label"><a href="#tag727">727</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo scritto fu composto da Guglielmo quando sali sul
-trono Clemente IV, che gli concesse di far ritorno a Parigi, donde
-era stato esiliato per opera di Alessandro IV. Al benevolo papa
-Guglielmo indirizzò il nuovo suo lavoro. Ed il Papa gli rispose in
-una lettera pubblicata dal Martène (<i>Thes.</i>, II, 417) ammonendolo
-amorevolmente che il nuovo scritto non differiva dall'antico. (<i>Hist.
-litt.</i>, XIX, 207).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note728">
-<p><span class="label"><a href="#tag728">728</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il titolo del libro pubblicato dal Martène (<i>Amplissima collectio</i>,
-IX, 1273) è il seguente: <i>Nicolai Oresme episcopi de Antichristo
-et ejus ministris ac de ejusdem adventus signis propinquis
-simul et remotis</i>. Il Leclerc (<i>Hist. litt.</i>, XXI, 470 e segg.)
-ha dimostrato luminosamente che l'Oresme, vescovo di Lisieux
-nel 1382, non può essere l'autore di un libro, che appare composto
-non più tardi del 1273. Ed è assai probabile l'ipotesi, adottata
-anche dal Renan, che il nome di Oresme sia l'anagramma di
-S. Amore. Tutta la seconda parte del libro è indirizzata ai precursori
-dell'Anticristo, che sono i pseudo-profeti, i falsi predicatori,
-che sotto il manto della pietà preparano la rovina della
-Chiesa.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note729">
-<p><span class="label"><a href="#tag729">729</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La Bolla è riportata dal <span class="smcap">De Boulay</span>, III, 311. Nos libellum
-.... tanquam iniquum, scelestum et execrabilem, et instructiones
-ac documenta in eo tradita utpote prava, falsa et nefaria de fratrum
-nostrorum consilio authoritate apostolica reprobamus, et in
-perpetuum condemnamus, districte praecipientes ut quicumque libellum
-ipsum habuerit, cum infra 8 dies, ex quo hujusmodi nostram
-reprobationem et condemnationem sciverit, prorsus et in toto et
-in qualibet sui parte comburere et abolere procuret.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note730">
-<p><span class="label"><a href="#tag730">730</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De periculis</i>, cap. 2º, pag. 21. Unde videtur quod authoritate
-sedis apostolicae, aut diocesanorum, praedicare possunt. Respondetur
-quod de potestate Domini Papae aut Episcoporum disputare
-non volumus. Verumtamen cum secundum jura tam divina
-quam umana in una ecclesia non possit esse nisi Rector unus,
-alioquin Ecclesia non esset sponsa sed scortum .... Si vero dominus
-Papa concedit aliquibus personis potestatem praedicandi ubique,
-intelligendum est ubi ad hoc fuerint invitati.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note731">
-<p><span class="label"><a href="#tag731">731</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La prima osservazione che fecero i cardinali, cui fu commesso
-l'esame del libro di Guglielmo, è che in esso fosser contenute
-quaedam perversa et reproba contra potestatem et authoritatem
-Romani Pontificis, come dice Alessandro IV nella bolla citata.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note732">
-<p><span class="label"><a href="#tag732">732</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I manoscritti sono segnati al num. 1726, ed al num. 1706,
-fondo Sorbona. Alcuni documenti contenuti in questi manoscritti
-sono riprodotti anche in un altro manoscritto num. 391 della biblioteca
-Mazarino. <span class="smcap">Renan</span>, L'<i>Evangile Eternel</i> (<i>Revue des deux mondes</i>,
-tom. LXIV, pag. 109). I documenti sono quattro: 1º Il primo
-documento, che si trova solo nel manoscritto num. 1726, contiene
-estratti dai libri di Gioacchino, non pure dei tre autentici, ma anche
-dagli apocrifi, come il commentario a Geremia, il <i>De oneribus provinciarum</i>,
-ed il commentario ad Ezechiele. 2º Il secondo documento,
-che si trova in tutti e tre i manoscritti, contiene gli estratti,
-che la Commissione di Anagni fece dell'<i>Introduttorio</i> all'<i>Evangelo
-eterno</i>. Fu pubblicato dal D'Argentré, I, 163, secondo il n. 1706,
-che è il più imperfetto. Il principio di questo documento ripubblicato
-nella sua integrità dal Renan, pag. 109, nota 1 è il seguente:
-Haec notavimus et extraximus de Introductorio in Evangelium
-aeternum-, misso ad dominum Papam ab episcopo Parisiensi, et
-tradito nobis tribus cardinalibus ad inspiciendum ab eodem domino
-Papa, videlicet Odone tusculanensi, Stefano Prenestino episcopis, et
-Hugone sanctae Sabinae presbytero cardinali. 3º Il terzo documento
-(manoscritto 1726 Sorbona e 391 Mazarino) è un altro processo
-verbale della Commissione d'Anagni, nel quale si contengono gli
-estratti delle opere autentiche di Gioacchino, certo secondo la nova
-edizione fatta per l'<i>Evangelo eterno</i>, perchè oltre al testo si citano
-le note di fra Gherardo. Il Renan ha pubblicato il principio di
-questo documento e le note. Io aggiungerò qualche altro passo
-secondo il manoscritto del 1726, copiato dal sig. Bencini e gentilmente
-collazionato dal mio amico E. Alvisi. 4º Il quarto documento,
-già pubblicato dal D'Argentré, si trova solo nel num. 706.
-È un'altra enumerazione degli errori dell'<i>Evangelo eterno</i>, identica
-a quella che si legge nel <i>Directorium inquisitionis</i> dell'Eymerich.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note733">
-<p><span class="label"><a href="#tag733">733</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'<i>Introductorius</i> talvolta apparisce come un opuscolo separato,
-ed il Renan osserva che alcuni scrittori contemporanei come
-Matteo Paris, e Guglielmo di S. Amore chiamano Evangelo eterno
-l'Introduttorio (op. cit., pag. 115). Nella nota precedente abbiamo
-riportato il principio del resoconto d'Anagni, dal quale apparisce
-che l'opuscolo, mandato al Papa dal vescovo di Parigi, è appunto
-codesto <i>Introductorius</i>. Ma che in seguito di esso fossero pubblicate
-o le opere autentiche di Gioacchino, o almeno estratti da esso
-lo prova l'altro documento, il terzo della nota precedente, del
-quale sarà utile riportare il principio (<span class="smcap">Renan</span>, pag. 110). Anno Domini
-<span class="smcap lowercase">MCCLV</span>, <span class="smcap lowercase">VIII</span> idus Julii Anagniae coram nobis Odone episcopo
-tusculano, et fratre Hugone presbytero cardinali, auditoribus et
-inspectoribus datis a Papa, una cum reverendo patre Stephano
-Praenestino episcopo se excusante per proprium capellanum suum,
-et nobis quantum ad hoc vices suas committente, comparuit Magister
-Florentius episcopus Acconensis, proponens quaedam verba
-de libris Joachim extracta suspecta sibi, ut dicebat, nec publice
-dogmatizanda aut praedicanda, sive in scriptis redigenda, ut fieret
-inde doctrina sive liber (par che accenni alla nuova pubblicazione
-fattane) prout sibi videbatur. Et ad haec audienda et respicienda
-una nobiscum duos alios scilicet fratrem Bonevaletum, episcopum
-Pavendensem, et fratrem Petrum lectorem fratrum Praedicatorum
-Anagniae, quorum unus tenebat originalia Joachim de Florensi
-monasterio, et inspiciebat coram nobis utrum haec essent in praedictis
-libris, quae praedictus Acconensis legebat, et legi faciebat
-per tabellionem nostrum et inspiciebat sic. Questi libri, che Florenzo
-leggeva, erano probabilmente o la nuova edizione degli scritti
-di Gioacchino, o almeno gli estratti, che se ne fecero per uso
-dell'<i>Evangelo eterno</i>. Ed i giudici di Anagni, che scrupolosamente
-riscontrarono la nuova edizione coll'antica, non trovarono differenza.
-Il che prova che i Gioachimiti non alterarono i libri dell'abate,
-come sospetta il Renan (pag. 121); ma vi aggiunsero note
-quando pareva loro di dover compiere il pensiero del profeta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note734">
-<p><span class="label"><a href="#tag734">734</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'Introduttorio insisteva sulle differenze nel 30º capitolo,
-ove (<span class="smcap">D'Arg.</span>, 161-62) dicit quod <span class="smcap lowercase">ALIA</span> est scriptura divina, quae
-data est fidelibus eo tempore, quo Deus pater dictus est operari,
-et <span class="smcap lowercase">ALIA</span> quae data est Christianis eo tempore, quo Deus filius dictus
-est operari, et <span class="smcap lowercase">ALIA</span> quae danda erit eo tempore, quo Spiritus Sanctus
-proprietate mysterii Trinitatis operabitur. L'opposizione è
-tale tra il secondo periodo ed il terzo, che il nome di Vangelo par
-quasi venga negato al Novo Testamento, e serbato solo ai libri gioachitici.
-Almeno così si potrebbe interpetrare questo passo omesso
-dal D'Argentré e pubblicato dal Renan, pag. 126, nota 5: Item
-<span class="smcap lowercase">XXVIII</span>, dicit sacram scripturam divisam in tres partes scilicet in
-vetus Testamentum, in Novum et in Evangelium. (Vero è che si
-potrebbe sospettare non fosse stata omessa dal copista la parola
-aeternum). Quod capitulum totum est notabile et totum legatur.
-Si confronti il passo tolto dal quarto documento. (Cod. Sorbona,
-num. 1706). <span class="smcap">Eymerich</span>, <i>Directorium</i>, pag. 271. Secundus error
-quod Evangelium Christi non est Evangelium regni, et ideo non
-est aedificatum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note735">
-<p><span class="label"><a href="#tag735">735</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Concilio di Arles nel condannare l'<i>Evangelo eterno</i> a
-ragione notava che questo nome fosse dato ac si Christi Evangelium
-non aeternum nec a Spiritu Sancto nominari debuissent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note736">
-<p><span class="label"><a href="#tag736">736</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Queste proposizioni si trovano non nel resoconto d'Anagni,
-ma in quell'altro fascicolo d'estratti esistente solo nel num. 1706,
-già riportato dall'Eymerich (ed incompiutamente dal D'Argentré)
-<i>Directorium inquisitionis</i> (Roma, 1585), pag. 271. Quartus error:
-Quod Novum Testamentum non durabit virtute sua nisi per sex
-annos proximos futuros, videlicet usque ad annum Christi <span class="smcap lowercase">MCCLX</span>.
-Sextus error, quod Evangelium Christi aliud Evangelium subdet,
-et ita pro Sacerdotio Christi aliud Evangelium (D'Argentré ha
-sacerdotium) succedat. Septimus error: Quod nullus simplex homo
-est idoneus ad instruendum hominem alium de spiritualibus et
-aeternis, nisi illis qui incedunt pedibus nudis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note737">
-<p><span class="label"><a href="#tag737">737</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Eymerich</span>, loc. cit. Duodecimus error: Quod spiritualis intelligentia
-Novi Testamenti non est commissa Papae romano, sed
-tantum litteralis. Tertius decimus error: quod recessus ecclesiae
-Graecorum a Romana ecclesia fuit bonus. .... Quintus decimus
-error, quod populus Graecus magis ambulat secundum spiritum
-quam populus latinus .... Decimus nonus error, quod Christus et
-apostoli ejus non fuerunt perfecti in vita contemplativa. Vicesimus
-error, quod activa vita usque ad tempus abbatis Joachim fructuosa
-fuit, sed nunc fructuosa non est: contemplativa vero ita ab ipso
-Joachim fructificare coepit, et amodo in perfectis successoribus ejus
-perfectius manebit. Tra questi passi e quelli della nota precedente
-secondo il D'Argentré si legge questa nota: Haec de prima parte
-(cioè i primi sette errori riportati dall'Eymerich). De secunda parte
-ejusdem libri, quae appellatur concordantia Novi et Veteris Testamenti,
-sive Concordantia veritatis, isti errores possunt extrahi.
-Codesti errori e quelli della nota precedente sono tolti dal quarto
-documento inserito soltanto nel cod. num. 1706, e già riportato
-dall'Eymerich. Secondo questo documento l'<i>Evangelo eterno</i> si
-divide in due parti; la prima formata dall'<i>Introductorius</i> o come
-è detto qui <i>Praeparatorium in Evangelium aeternum</i>, la seconda
-dalla <i>Concordia dei due Testamenti</i> divisa in cinque libri. L'ordinamento
-dell'<i>Evangelo eterno</i> riferito in questo documento non
-differisce, secondo il Renan, da quello del resoconto d'Anagni. Ed
-in verità il sostituire la parola <i>Praeparatorium</i> ad <i>Introductorium</i>,
-ed il mettere come prima parte quello che nel resoconto era
-considerato come introduzione sono lievissime differenze. Messa
-come prima parte l'<i>Introduttorio</i> era ben naturale che la <i>Concordia</i>
-ne fosse la seconda, e l'<i>Apocalisse</i> e il <i>Decacordo</i> sarebbero
-state la terza e la quarta, se il raccoglitore non le avesse trascurate,
-forse perchè gli pareva che non contenessero nulla di novo, che non
-fosse stato detto nella <i>Concordia</i>. Ma se queste differenze sono
-lievi, altre mi pajono più gravi di quel che crede il Renan. Nel resoconto
-di Anagni non sono notati nè il sesto errore, che al sacerdozio
-di Cristo debba succedere un altro sacerdozio; nè il settimo
-che nessuno all'infuori degli scalzi sia atto ad insegnare le verità
-dello Spirito. Non è dunque esatto quel che afferma il Renan che
-gli errori dell'<i>Introduttorio</i>, notati nel quarto documento, sieno
-identici a quelli rilevati dalla Commissione d'Anagni. E meno
-esatta ancora è l'altra proposizione del Renan, che gli errori estratti
-dalla seconda parte sono effettivamente tolti dalla <i>Concordia</i>. Tutto
-al contrario, in nessun'opera autentica di Gioacchino si leggono
-proposizioni come la duodecima e le altre qui sopra riferite. Nè i
-cardinali tra tanti luoghi, che estrassero dalla <i>Concordia</i>, ne riportarono
-neanche una, che suonasse così aspra ed irriverente per
-la Chiesa Romana. Da queste considerazioni s'ha da trarre questa
-conclusione affatto opposta a quella del Renan, che cioè la redazione
-dell'<i>Evangelo eterno</i>, dalla quale furono estratti gli errori riportati
-dall'Eymerich, dev'essere ben diversa da quella che avean
-sotto gli occhi i cardinali; nè è improbabile che sia posteriore.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note738">
-<p><span class="label"><a href="#tag738">738</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod., carte 142; <span class="smcap">Renan</span>, pag. 111, nota 1. Quod exponens
-frater Girardus scripsit «haec abominatio erit pseudo-papa, ut habetur
-alibi», istud alibi reperitur longe infra quinto libro <i>Concordiae</i>
-de Zacaria propheta, ubi incipit: <i>in Evangelio</i>, et dicitur: cum
-videritis abbominationem desolationis, quae dicta est a Daniel.
-(Cfr. lib. <span class="smcap lowercase">V</span>, cap. 104, fol. 124, col. 3). Rursus et ibi frater Gerardus:
-«haec abbominatio quidam Papa erit simoniaca labe respersus, qui
-circa finem sexti temporis obtinebit in sede, sicut scribit in quodam
-libello ille, qui fuit minister hujus operis, Gerardus». Il Renan
-espunge a ragione Gerardus, ed io aggiungo che forse si dovrà
-sostituire Joachim, il quale è chiamato pure minister hujus operis
-nel passo che riporteremo più appresso a pag. 469, n. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note739">
-<p><span class="label"><a href="#tag739">739</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi cod. carte 150. Item circa hoc idem diligenter notandum
-qualiter praefert tertium statum secundo, et quamvis hoc
-inveniatur in locis plurimis, sufficit tamen illa recapitulatio, quam
-facit in <span class="smcap lowercase">V</span>º libro <i>Concordiae</i> in fine secundae distinctionis quod
-incipit sic: <i>Ad explanationem mysterii supra scripti</i> (Cfr. ediz.
-ven. V, 82, fol. 112, col. 2).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note740">
-<p><span class="label"><a href="#tag740">740</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Una nota di fra Gherardo (cod., carte 148 <i>tergo</i>; <span class="smcap">Renan</span>,
-loc. cit.), rimanda infatti al <i>Decacordo</i>: Super hoc glossa fratris
-Girardi declaratio est ejus, quod dicitur aevangelium aeternum in
-secundo libro Psalterii decem chordarum scilicet <span class="smcap lowercase">XIX</span> capitulo quod
-incipit: <i>in primo sane tempore</i> (Cfr. ediz. veneta, fol. 259, col. 4).
-Fin qui la nota pubblicata dal Renan. La Commissione segue riportando
-le parole di Gioacchino, che sono veramente notevoli.
-Sed jam nunc agendum est de tempore quinto, in cujus initio sumus
-nos, in quo oportet adhuc Spiritum Sanctum missum a filio operari
-opera sua multo altius, quam hactenus operatus est, ut omnes
-discant honorificare Spiritum Sanctum sicut Patrem et Filium.
-In quo? Haud dubium quod in Evangelio ejus. Non enim sicut
-decet honorificat illum, qui non subjectus et devotus recipit evangelium
-ejus. Et quod est evangelium ejus? illud quod dicitur Joannes
-in Apocalipsi: Vidi Angelum Dei volantem per medium coelum et
-datum est illi Evangelium aeternum. In quo (ediz. ven., <i>quod</i>) est
-Evangelium ejus? illud quod procedit de Evangelio Christi, lictera
-autem occidit, spiritus autem vivificat. Gioacchino parla qui per
-incidenza dell'<i>Evangelo eterno</i>, nè certo egli ha la superba pretensione
-di dare questo nome ai suoi libri, ma certo è che anche
-lui intende per <i>Vangelo eterno</i> l'interpetrazione spirituale od allegorica
-del vangelo di Cristo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note741">
-<p><span class="label"><a href="#tag741">741</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod., carte 144 <i>tergo</i>: In praenotatis videtur quod iste novas
-et falsas opiniones confingat, et hoc maxime vanae gloriae causa,
-idest ut exaltet ejus ordinem incredibiliter et intempestive super
-alios ordines immo super totam ecclesiam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note742">
-<p><span class="label"><a href="#tag742">742</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Così ad esempio a carte 150 <i>tergo</i> del codice (<span class="smcap">Renan</span>, pag. 112):
-Dicit frater Girardus in notula: iste doctor sive Angelus (che apre
-il sesto suggello) apparuit circa <span class="smcap lowercase">MCC</span> annum incarnationis dominicae,
-hoc est ille liber, de quo loquitur hic, in quo tonitrua loquuta
-sunt voces suas, quae sunt mysteria septem signaculorum.
-È evidente qui l'allusione a Gioacchino, che pubblicò i suoi libri
-nel 1200. Più chiara è l'altra nota (cod., carte 150; <span class="smcap">Renan</span>, p. 111).
-Notula fratris Gerardi: In hoc loco vir indutus lineis, qui fuit
-minister hujus operis, loquitur de se et de duobus (S. Domenico
-e S. Francesco), qui secuti sunt eum statim post mcc annis Incarnationis
-dominicae, quos Daniel dixit se vidisse super ripam fluminis,
-quorum unus dicitur in Apocalipsi: Angelus habens falcem
-acutam, et alius dicitur Angelus qui habuit signum Dei vivi, per
-quem Deus renovavit apostolicam vitam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note743">
-<p><span class="label"><a href="#tag743">743</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Giudici d'Anagni a ragione citano a carte 142 la <i>Concordia</i>
-(V, 66, fol. 95, col. 4), ove si legge: Senectus David hujus secundi
-stati et ordinis ecclesiastici militantis in litera Evangelii senectutem
-designat .... Quia vero in servando ordine suo incipiet Pontifex
-[<i>romanus</i>, aggiunge l'ediz. veneta] frigescere, extollentur adhuc
-aliqui de clero qui videbuntur esse strenui ad certamen, ut stent
-in regno Ecclesiae pro patre suo. Sed non obtinebunt, quia non
-erit adhuc necesse regnare ordinem belli in die pacis, sed magis
-oporteret religiosos transire in illum ordinem, qui designatus est
-in Salomon. Queste parole sono molto chiare, e sembrano scritte
-da fra Gherardo. Egli è vero che in fine del capitolo Gioacchino
-aggiunge: non igitur, quod absit, deficiet Ecclesia Petri, quae est
-tronus Christi, sicut natis mulierum in fine veteris Testamenti, sed
-commutata etiam in majorem gloriam, mauebit stabilis in aeternum.
-Ma queste pie proteste non distruggono le precedenti proposizioni,
-e la Chiesa resterà eterna, a patto che si trasformi. Non sarà un
-mutamento violento, ma un pallido tramonto, come direbbero oggi.
-In un altro luogo della <i>Concordia</i>, II. I, 28, fol. 18, col. 1, rilevato
-dai giudici a carte 144 <i>tergo</i> è detto: Duo perfecti ordines claruerunt ....
-ecclesiasticorum unus, alius monachorum, et ipsi duo
-unus sunt clerus, qui tamen uno modo <span class="smcap lowercase">CONSUMATIONEM ACCIPIET</span> in
-tribulatione antichristi, alio (alius?) modo mansurus usque ad consummationem
-seculi. È evidente l'artifizio di porre che i due ordini
-in fondo facciano un solo, perchè si possa dire che non ostante sia
-per cessare l'ordine clericale, dura tuttavia nel suo successore e
-continuatore. In qualche altro luogo è detto più esplicitamente
-che l'ordine clericale rappresentato da Pietro cederà al monastico
-rappresentato da Giovanni, così nel <i>Decacordo</i>, fol. 267, col. 3,
-(cod., carte 145 <i>tergo</i>): Ubi autem transierit quod significat Petrus
-sequens Dominum in cruce sua, succedet manifeste quod designat
-Johannes .... La parola <span class="smcap lowercase">EVACUATIO</span> è adoperata in molti luoghi.
-Nella <i>Concordia</i>, II, 1, fol. 7, col. 2 (codice, carte 148, <i>tergo</i>) ....
-expectantibus nobis ignem de coelo, qui consumat terram et aquam,
-expectantibus idest spiritualem intellectum, qui terrenam illam superficiem
-licterae .... <span class="smcap lowercase">EVACUANDO CONSUMAT</span> .... Super hoc, aggiungono
-i giudici d'Anagni, Girardus in glossa: In hoc mysterio vocat
-terram scripturam prioris Testamenti, aquam scripturam Novi Testamenti,
-ignem vero scripturam <i>Aevangeli aeterni</i>. Parimenti nel
-V, 74 della <i>Concordia</i> [ediz. ven. fol. 102, col. 4, codice, carte 151,
-<i>tergo</i>]. Sicut enim <span class="smcap lowercase">EVACUATA</span> est mactatio (ediz. ven., <i>observatio</i>)
-Agni paschalis in mactatione (e. v. <i>observatione</i>) corporis Christi, ita
-in clarificatione Spiritus Sancti cessabit observatio omnis figurae.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note744">
-<p><span class="label"><a href="#tag744">744</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod., carte 152. Quinto notandum diligenter illud, quod dicit
-in primo libri Psalterii .... ubi invehitur primo contra Sabellium
-et Arrium, sed statim post contra magistrum Lombardum. E riprodotto
-il luogo già da noi citato, fol. 229, col. 3, seguitano: Et
-paulo infra eadem distinctione seu capitulo videtur adhuc astruere
-haeresim dannatam in Concilio lateranensi .... Più appresso: Item
-habetur apertius in libello ipsius Joachim De Articulis fidei descripto
-ad quemdam filium suum Johannem, quod opus suspectum
-est ex ipso prologo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note745">
-<p><span class="label"><a href="#tag745">745</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi le bolle in <span class="smcap">Du Boulay</span>, III, 292 .... Alexander ecc.
-Venerabili fratri Episcopo Parisiensi. Libellum quemdam, qui in
-<i>Evangelium aeternum</i>, seu quosdam libros Abbatis Joachim Introductorius
-dicebatur, et quem felicis recordationis Innocentio
-Papae predecessori nostro misisti, postquam illum per venerabiles
-fratres .... diligenter examinari fecimus, de fratrum nostrorum
-concilio duximus abolendum. In un'altra bolla spedita poco dopo
-raccomanda allo stesso arcivescovo (<span class="smcap">Du Boulay</span>, pag. 293), quod
-sic prudenter, sic provide in apostolici super hoc mandati executione
-procedas, quod dicti frates (minores) nullum ex hoc opprobrium,
-nullamque infamiam incurrere valeant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note746">
-<p><span class="label"><a href="#tag746">746</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Direct.</i>, pag. 271, cujus auctor fuit ut fertur communiter
-quidam frater Joannes de Parma, italicus monachus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note747">
-<p><span class="label"><a href="#tag747">747</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Salimbene dopo aver parlato del libro del S. Amour, seguita,
-a pag. 233: Alter vero libellus continebat multas falsitates contra
-doctrinam abbatis Joachym, quas abbas non scripserat, videlicet
-quod Evangelium Christi et doctrina Novi Testamenti neminem ad
-perfectum duxerit, et evacuanda erat <span class="smcap lowercase">MCCLX</span> anno. Et nota quod
-iste, qui fecit istum libellum, dictus est frater Ghirardinus de burgo
-Sancti Donnini, qui in Sicilia nutritus fuit in saeculo, et ibi docuit
-in grammatica .... Et Parisius fecit istum libellum, et ignorantibus
-fratribus divulgavit, sed valde bene fuit punitus: pag. 255 Porro
-post multos annos, cum habitarem in conventu Imolae, venit ad
-cellam meam frater Arnulphus guardianus meus cum quodam libello,
-qui scriptus erat in chartis de papiro, et dixit mihi: quidam notarius
-est in terra ista, qui est amicus fratrum, et istum libellum,
-quem scripsit Romae quando fuit ibi cum senatore urbis domino
-Brancaleone de Bononia, accomodavit mihi ad legendum, et habet
-eum valde carum, quia frater Gherardinus de burgo Sancti Donnini
-scripsit et composuit eum, quapropter legatis in eo vos, qui
-studuistis in libris Ioachym, ut dicatis mihi si continet aliquid boni.
-Cumque legissem et vidissem dixi fratri Arnulpho: iste liber non
-habet stilum antiquorum doctorum, et habet verba frivola et risu
-digna propterea diffamatus est liber et reprobatus ....</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note748">
-<p><span class="label"><a href="#tag748">748</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche il Renan ha notato, pag. 116: les documents d'Anagni
-ne disent pas avec la clarté désirable que Gerard soit l'auteur de
-l'Introductorius à l'Evangile éternel. Io aggiungo che non lo dicono
-nè chiaramente, nè oscuramente.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note749">
-<p><span class="label"><a href="#tag749">749</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Renan ha chiamato l'attenzione su questo passo dell'Introduttorio:
-(cod. car. 139; <span class="smcap">Renan</span>, pag. 116; cfr. <span class="smcap">D'Arg.</span>, 164).
-Item <span class="smcap lowercase">VIII</span> capitulo dicit (cioè lo scrittore dell'Introduttorio) quod
-sicut in principio primi status apparuerunt tres magni viri, scilicet
-Abraham, Isaac et Jacob, quorum et tertius, scilicet Jacob, habuit <span class="smcap lowercase">XII</span>,
-et sicut in principio secundi status tres, scilicet Zacharias, Ioannes
-Baptista et homo Jesus Christus, qui similiter secum habuit <span class="smcap lowercase">XII</span>,
-sic et in principio tertii status tres similes illorum, scilicet vir indutus
-lineis, et angelus quidem habens falcem acutam, et alius angelus
-habens signum Dei vivi. (D'altra mano è scritto in parentesi
-<i>scilicet Sanctus Franciscus</i>. L'angelo della falce acuta è S. Domenico,
-il persecutore implacabile degli eretici). Ipse primo habuit
-<span class="smcap lowercase">XII</span>, (male il D'Arg. <i>et habebit similiter angelus</i>), inter
-quos et ipse fuit unus (cioè lo scrittore dell'Introduttorio), sicut
-Jacob habuit <span class="smcap lowercase">XII</span> in primo statu, et Christus <span class="smcap lowercase">XII</span> in secundo. Item
-quod per virum indutum lineis intelligat Joachim scriptor (sin qui
-il D'Argentré, il resto fu pubblicato dal Renan, pag. 116, n. 1)
-hujus operis probatur <span class="smcap lowercase">XXI</span> cap. circa medium per haec (<i>haec</i> omesso
-dal Renan) verba de quinque intelligentiis et septem tipicis (Renan:
-<i>ubi sic ait</i>) sic ait «vir indutus lineis in aperitione mysteriorum
-Isaiae (Renan: <i>Jeremiae</i>) prophetae, ecce, ait, praeter historicum
-morale tropologicum etc.». Item <span class="smcap lowercase">XXIII</span> circa principium
-ita dicitur: «ad quam scripturam tenetur populus tertii status
-mundi, quemadmodum populus primi status ad vetus Testamentum
-et populus secundus ad novum, quantumcumque hoc displiceat
-hominibus generationis istius». In questo passo il Renan stesso nota:
-1º che l'autore dell'Introduttorio è detto indeterminatamente scriptor
-hujus operis. 2º Che la frase <i>inter quos ipse fuit unus</i> conviendrait
-mieux à Jean de Parme qu'à Gerard. Queste due osservazioni
-basterebbero a provare che l'autore dell'Introduttorio non
-può essere Gherardo; ma v'ha una terza osservazione da fare. In un
-luogo del codice, pubblicato pure dal Renan (pag. 110, n. 2) si
-legge: Item in <span class="smcap lowercase">XII</span> c. versus finem ponit haec verba: «usque ad illum
-angelum, qui habuit signum Dei vivi, qui apparuit circa MCC
-incarnationis dominicae, quem angelum frater Gerardus vocat et
-confitetur sanctum Franciscum». Secondo il contesto di questo
-estratto quei che ponit haec verba, non è lo stesso di chi vocat
-et confitetur. Codeste prove non sono sì lievi da poter dire col
-Renan: rien n'autorise à croire que Jean de Parme ait participé
-directement à la rédaction du livre poursuivi de tant d'anathèmes.
-Io direi piuttosto il contrario, che molti indizii ci menano a conchiudere
-essere l'autore dell'Introduttorio ben diverso da quello
-delle note, e molto probabilmente Giovanni da Parma.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note750">
-<p><span class="label"><a href="#tag750">750</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dico note introduttive, perchè parmi che si debbano distinguere
-nell'<i>Evangelo eterno</i> tre introduttorii. 1º Uno generale a
-tutte le tre opere di Gioacchino; 2º uno speciale al <i>commento
-dell'Apocalisse</i> il quale andava sotto il nome di Enchiridion seu
-Introductorius. 3º Finalmente un terzo introduttorio, appartenente
-a Gioacchino stesso, e pubblicato nell'edizione a capo dell'<i>Expositio
-in Apocalipsim</i>. Che si debba distinguere l'Enchiridion dall'Introductorius
-appar manifesto dal codice, perchè tutte le volte
-che si cita l'Enchiridion vengon riferiti capitoli, che non si trovano
-nell'Introductorius pubblicato a Venezia, e per i opposto tutte le
-volte che si cita l'Introductorius la conformità tra il resoconto
-d'Anagni e l'edizione stampata è così perfetta come per le altre
-opere autentiche di Gioacchino. Cito alcuni esempi; a carte 141 si
-legge: Hoc expressius dicitur in Enchiridion sive Introductorio
-novae Apocalypsis quod sic incipit: nunc de <span class="smcap lowercase">VII</span> signaculo et septem
-temporibus. Non c'è nessun capitolo dell'Introduttorio stampato,
-che cominci con queste parole. Poche righe più sotto seguitano
-gl'inquisitori: Similiter in Introductorio <i>Apocalypsis</i> cap. <span class="smcap lowercase">III</span> quod
-intitulatur de tribus statibus mundi et incipit «primus trium statuum»
-citazione che risponde a capello al cap. <span class="smcap lowercase">V</span> dell'ediz. veneta,
-fol. 5, col. 2. A carte 147 <i>recto</i> e carte 151 <i>recto</i>, si citano dal
-capitolo dell'Enchiridion de septimo signaculo passi che non si
-trovano nella stampa. Nel mentre a carte 147 <i>tergo</i> è citato il cap. <span class="smcap lowercase">V</span>
-dell'Introduttorio rispondente al cap. <span class="smcap lowercase">VII</span>, fol. 9, col. 4 dell'ediz.
-veneta. A carte 144 <i>recto</i> si cita il cap. <span class="smcap lowercase">XVII</span> dell'Introduttorio
-corrispondente al fol. 20, col. 1 della stessa edizione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note751">
-<p><span class="label"><a href="#tag751">751</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'<span class="smcap">Affò</span>, <i>Vita del beato Giovanni</i>, Parma 1776, per iscagionare
-non solo il generale, ma tutto l'ordine francescano, escogita
-l'ipotesi strana che l'<i>Evangelo Eterno</i> appartenga o agli Almariciani,
-(pag. 67) o ad un ignoto Giovanni da Parma (pag. 77)
-ben diverso dal generale. Nè vuol neanche (pag. 95 in nota) che
-se ne faccia autore fra Gherardino. <i>E questo sia detto in prova di
-questa gran verità, che l'ordine dei minori non ebbe alcun individuo
-tanto sfrontato, che fosse capace di metter fuori libro
-sì pernicioso.</i> Eppure l'Affò conosceva benissimo la Cronaca del
-Salimbene!</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note752">
-<p><span class="label"><a href="#tag752">752</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Salimbene, pag. 97: Porro frater Hugo solitus erat dicere,
-quod quatuor habebat amicos, quos specialiter diligebat, quorum
-primus erat frater Johannis de Parma generalis minister (et hoc
-congruum fuit quia ambo erant magni clerici et spirituales viri et
-maxime Joachitae); cujus etiam amore mihi fuit familiaris et quia videbar
-credere scripturis abbatis Joachim de ordine Floris. P. 132-33:
-Et notandum quod quamvis frater Johannes de Parma habuerit
-multos mordaces occasione doctrinae abbatis Joachim, habuit tamen
-multos qui eum dilexerunt, inter quos fuit magister Petrus Hispanus
-(Papa Johannes XXI).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note753">
-<p><span class="label"><a href="#tag753">753</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'Affò, pag. 87 cita il Salimbene che a pag. 133 narra:
-Papa etiam Innocentius IV diligebat fratrem Johannem sicut animam
-suam, et quando ibat ad eum, recipiebat eum ad osculum
-oris, et cogitavit eum facere cardinalem, sed morte praeventus,
-non potuit. Come mai, seguita l'erudito francescano, il Papa che
-conosceva l'<i>Evangelo Eterno</i> potea pensare di elevare ai supremi
-onori l'autore del pessimo libro? Ma è da notare che Innocenzo IV
-non potè esaminare codesto libro, mandatogli dall'arcivescovo di
-Parigi nello stesso anno che morì. L'Affò avrebbe potuto citare un
-altro luogo del Salimbene, del quale già riproducemmo il principio
-nella nota precedente, e che seguita così: Petrus Hispanus,
-qui factus cardinalis et postea ipse idem factus Papa Johannes XXI,
-cum esset magnus sophista, loicus et disputator atque theologus
-misit pro fratre Johanne de Parma, qui similia in se habebat, voluit
-ergo Papa quod semper esset cum eo in curia et cogitabat
-eum facere cardinalem, sed morte praeventus non potuit facere.
-Ma anche questo passo non concluderebbe nulla, perchè al tempo
-di papa Giovanni XXI (1276-77) le agitazioni francescane erano
-cessate, ed un profondo obblio copriva l'<i>Evangelo Eterno</i>, condannato
-già 21 anni prima. Anche per Niccolò III l'Affò avrebbe
-ben fatto a riprodurre tutto il passo del Salimbene, dal quale si ha
-da cavare una conclusione affatto opposta alla sua. Eccolo (pag. 131):
-Hic (Johannes de Parma) propter doctrinam abbatis Joachym,
-quia nimis adhesit dictis suis, exosus fuit quibusdam ministris et
-papae Alexandro quarto et papae Nicolao tertio, qui ambo cum
-essent cardinales, fuerunt ordinis gubernatores, protectores et correctores,
-et prius diligebant eum intime sicut semetipsos propter
-ejus scientiam et sanctam vitam. Unde post longum tempus dominus
-Johannes Cajetanus, qui erat papa Nicolaus tertius, accepit
-eum per manum, et familiariter ducebat eum per palatium dicendo
-sibi: cum tu sis homo magni consilii, non melius esset tibi et ordini
-tuo quod tu esses hic nobiscum cardinalis in curia, quam sequi
-verba stultorum, qui de corde suo prophetant? Respondit frater
-Johannes et dixit Papae: de dignitatibus vestris non curo, quia
-de hoc commendatur quilibet sanctus, ad cujus laudem cantatur:
-nec terrenae dignitatis gloriam quaesivit, sed ad coelestia regna
-pervenit. De consilio autem dando dico vobis quod bene sanum
-darem consilium si essent qui me vellent audire; <i>sed in curia romana
-his diebus parum aliud tractatur nisi de guerris et de
-tropheis et non de animarum salute</i>. Audiens haec Papa ingemuit
-et dixit: sic sumus talibus consueti, quod omnia quae dicimus
-et facimus utilia fore credamus. Cui frater Johannes respondit:
-Et beatus Gregorius, sicut in dialogo legitur, de talibus suspirasset.
-Post hoc dimissus frater Johannes reversus est ad heremum. Da
-questo racconto risulta certo non l'innocenza di Giovanni, ma la
-sua persistenza nelle opinioni gioachimitiche, non ostante che il
-Papa cercasse di distiogliernelo. Si può dubitare che Giovanni
-abbia tenuto un linguaggio così acre col Pontefice, ma certo quelle
-frasi erano in bocca di tutti i Gioachimiti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note754">
-<p><span class="label"><a href="#tag754">754</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 131. Dixit mihi frater Bartholomaeus Calarosus
-de Mantua; .... dico vobis, frater Salimbene, quod frater
-Johannes de Parma turbavit semetipsum et ordinem suum, quia
-tantae scientiae et sanctitatis et excellentissimae vitae erat, quod
-curiam romanam corrigere poterat, si credidissent sibi; sed postquam
-secutus est prophetias hominum fantasticorum, vituperavit
-seipsum, et amicos suos non modicum laesit. Et respondi et dixi:
-ita etiam et mihi videtur, et tristor non modicum, quia intime diligebam
-eum; sed Joachitae dicunt: prophetias nolite spernere ....
-Pag. 132: cum disset mihi frater Johannes de Castroveri ....
-quod frater Johannes de Parma, quondam generalis minister adhuc
-erat in credulitate sua, et ego dixissem sibi quod si essem cum
-eo sperabam quod possem eum revocare ab illa, dixit mihi: vade
-ergo ad eum etc. L'Affò non nega che fra Giovanni fosse Gioachita,
-ma per salvare l'ortodossia di lui, mutila le dottrine di
-Gioacchino, riducendole al solo capo dell'Anticristo, nella cui imminente
-venuta molti padri della Chiesa fermamente credettero
-(pag. 130). Invece noi abbiamo già dimostrato che le dottrine dell'<i>Evangelo
-Eterno</i> non che essere foggiate dagli Almariciani, si
-trovano sostanzialmente nelle opere autentiche dell'abate florense.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note755">
-<p><span class="label"><a href="#tag755">755</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Secondo il Salimbene (pag. 137) le dimissioni furono spontanee,
-e più d'un giorno insisterono i capitolari perchè le ritirasse, ma
-persistendo il generale nel suo proposito, lo pregarono che indicasse
-lui il successore. Et statim assignavit fratrem Bonaventuram
-de Bagnoreto et dixit quod in ordine meliorem eo non cognoscebat:
-et statim omnes consenserunt in eum et fuit electus. Non è probabile
-che fra Giovanni indicasse a suo successore chi dopo eletto
-gli aprì un processo. E l'Affò stesso cita un contemporaneo fra
-Peregrino di Bologna, il quale (pag. 105) dice al contrario: idem
-Papa sibi in secreto praecepit, quod renunciaret officio et quod
-nullo modo assentiret, si ministri eum vellent in officio retinere.
-Et ego, inquit, in capitulo fui mediator inter ipsum et ministros,
-et hoc habui ex ore ejus. E se l'Affò non crede al racconto di fra
-Pellegrino, perchè appartenente al partito di frate Elia, altri potrebbe
-dubitare del Salimbene, appartenente al partito Gioachimita.
-Tanto più che il racconto di Salimbene è improbabile, e non
-scevro di pie invenzioni come questa che nel romitorio di Grecia,
-ove si ritirò fra Giovanni, duae aves de sylva sylvestres, ad modum
-anseris grandis, et sub disco suo, ubi studebat continue, fecerunt
-nidum ova et pullos, et permittebant se tangi ab eo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note756">
-<p><span class="label"><a href="#tag756">756</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per esempio la <i>Cronaca delle tribolazioni</i> a carte 181<i>v</i>:
-«Ma secondo che testifica esso frate Giovanni in questa parte molto
-fallì Bonaventura, perocchè parlando e conferendo insieme con
-frate Giovanni dentro in cella della predetta quistione, si concordava
-e mostrava di sentire e di tenere una medesima cosa con
-frate Giovanni, ma nel cospetto delli frati, ed in comune si mostrava
-di tenere il contrario. E per questo frate Giovanni molto
-temeva frate Bonaventura». Così pure a carte 199 <i>recto</i> e <i>tergo</i>:
-«è fatto stupendo a ciascheduna mente come presummettono di
-trattare iniquamente e irriverentemente tanto e sì fatto uomo con
-loro infamia con scandalo e vituperio di tutto l'ordine e confusione
-di tutta la religione .... venne frate Giovanni, e fu costretto
-di giurare come sospetto d'eresia, e fu inquisito il savio dalli
-stolti e l'antico dalli giovani ecc. E allora s'oscurò e impallidì
-la sapientia e sanctità di frate Bonaventura, e la sua mansuetudine
-dal maligno spirito, che il commoveva, fu voltata in furore».
-Questi passi mostrano chiaramente l'irritazione del partito intransigente
-contro fra Bonaventura. Contro il quale solevano addurre
-una pretesa profezia di fra Jacopo della Massa, come riferisce la
-stessa cronaca a pag. 186 <i>recto</i>: « .... Questo frate Jacopo da
-Massa nel principio del generalato di frate Giovanni da Parma
-stette tre giorni rapto fuori di sè .... A costui fu data la intelligenza
-delle scripture e lo spirito della prophetia, allora lui mi
-disse e manifestò una cosa molto stupenda, cioè che .... vidde
-un arbore molto bello e alto, la cui radice era d'oro ed il pedale
-d'argento, le foglie d'argento inorato, li frutti dell'arbore erano
-huomini ed erano frati minori, e vedde frate Giovanni da Parma,
-il quale stava nella cima del ramo di mezzo di quest'arbore. E
-venne S. Francesco ad amministrare lo spirito della vita alli suoi
-frati, secondo che li era stato comandato, ed incominciandosi da
-frate Giovanni da Parma li dette il calice dello spirito della
-vita .... e avendolo bevuto diventò lucente come sole, quelli pochi
-che divotamente tutti lo bevevono, tutti diventavano lucidi come
-il sole, ma quelli, li quali lo versavano, diventavano tenebrosi e
-neri e orribili a vedere e simili alli demonii .... furono date a
-frate Bonaventura, unghie di ferro taglienti come rasori (pag. 190):
-Gesù Cristo chiamò S. Francesco e li dette una pietra focaja molto
-tagliente .... e S. Francesco venne e tagliò le unghie di frate
-Bonaventura, e frate Giovanni si restò nel loco suo lucente come
-il sole». Questa visione, riferita anche nei <i>Fioretti</i>, ed accolta
-dal Mariano e dal Wadding, è certamente una invenzione del partito
-intransigente, e l'Affò ben fece a dubitarne (pag. 109 e segg.),
-benchè le ragioni addotte da lui tengano poco.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note757">
-<p><span class="label"><a href="#tag757">757</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Certo fra Giovanni fu accusato non solo quale capo del
-partito intransigente, bensì come gioachimita e l'Affò ha ben torto
-di sostenere che principalmente sul primo motivo gli fu aperto il
-processo. Se non ci fosse stata la condanna dell'<i>Evangelo Eterno</i>,
-e la necessità di salvare la riputazione dell'ordine, non si avrebbe
-avuto il coraggio di sottoporre ad accusa un uomo come fra Giovanni.
-Anche la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i> adduce varii capi di
-accusa, ma confessa che il più grave fu quello delle opinioni gioachimite.
-Non credo inutile riferire da questa cronaca inedita le
-accuse, riportate pure dal Wadding e dall'Affò. Carte 148 <i>tergo</i>:
-«Una delle ragioni dell'odio che molti ebbero contro Giovanni è
-il linguaggio severo che teneva contro tutti, perchè i frati insegnano
-loro, (ai novizii) di riservarsi le loro cose per libri, o veramente
-di darsi alli frati per edificare Chiese o luoghi o per altri
-loro bisogni, e non annunziano loro fedelmente come dice la regola,
-cioè che le distribuischino alli poveri del secolo». Carte 170 <i>t</i>: «e li
-frati non sono contenti di avere due tuniche di panno vile e di
-rappezzarle di sacco e d'altri pezzi con la benedizione di Dio, ma
-procurano d'avere vestimenti preziosi e delicati e duplicati e tutti
-quelli li quali amano li vestimenti vili, e che predicano l'observantia
-regolare, li giudicano come uomini indiscreti, e che si vogliono mostrare
-santi e li chiamano hypocriti». Carte 171<i>r</i>: appena dicono
-l'ore loro. Carte 174<i>r</i>: «diventano (li frati) mercanti, vendendo le
-cose spirituali per le temporali, e le cose che acquistano le convertono
-nelli proprii usi». Carte 175<i>r</i>: «non possono ascoltare pazientemente
-la verità delle loro transgressioni; ma reputano che sia
-loro lecito d'inpugnare e perseguitare tutti quelli parlano o sentono
-il contrario delle loro opere». Carte 175 <i>t</i>: «tornando una volta
-da Roma un lettore della nostra provincia riferiva alli frati in comune
-e ad alcun altro lectore, come frate Giovanni predicando in
-Roma alli frati avea dicto nel suo sermone ai frati contro ad ogni
-stato, e specialmente contro alli frati tanto duramente che giammai
-li frati della Marca non l'averrebbono perdonata a nessun
-altro frate». Carte 176 <i>t</i>: «diceva qualmente il testamento e la Regola
-sono substantialmente una medesima cosa». Carte 779 <i>t</i>: «Frate Giovanni
-biasimava molto quelli, li quali addimandavano sopra la regola
-altre declarationi oltre al testamento, e admonitioni di San
-Francesco, come coloro che revocavano in dubbio la certezza
-della vera intelligenzia della Regola, e contro la obedientia e comandamento
-del padre loro la storcevano al beneplacito della loro
-tepida volontà; epperò portavano molestamente le sue parole e il
-suo parere e sentimento; e apostata e presa la cagione di un'altra
-questione perseguitarono e punirono acerbamente lui e li principali
-compagni come infecti di eretica pravità .... Perocchè frate
-Giovanni da Parma lui con li conpagni tenevano che l'abate Gioacchino
-aveano tenuto e sentito sanctamente e cattolicamente della
-sancta trinità, e dell'unità e divina essenza .... e la decretale d'Innocenzio
-Papa non damnava lui, nè la sua dottrina per rispetto
-della sua posizione e affermazione che lui fa di quella questione,
-ma riprova quello libello che Joacchino compose contro mastro
-Pietro Lombardo .... però quello libello fu dannato in quanto che
-era diffamatorio di maestro Pietro Lombardo .... perocchè maestro
-Pietro non sentì nè tenne il contrario di quello che tennono li
-sancti. Per questa seconda ragione e cagione mossi li frati apparentemente
-provocorono frate Bonaventura ad esaminare frate
-Giovanni e li compagni della fede e promossone il figliuolo contro
-il padre, e il promosso contro il promotore e il dilecto già discepolo
-contro all'amante maestro e pastore. La tertia ragione della
-persecuzione fu lo scrivere di due sermoni fatti dai due compagni
-di frate Giovanni. Dei quali il primo per empio e per modo dire
-senza sale lodava la doctrina dell'abate Gioacchino insieme con
-la persona, il secondo induceva nel suo sermone tutti li principali
-passi della scriptura di Joachino, e che fanno e che sono a commendatione
-di S. Francesco e della Regola e a declarazione della
-vita evangelica e della sua istituzione e depravazione .... e principalmente
-toccava li prelati e li più principali principalmente. Il
-quale libro leggiendo frate Bonaventura si dice che sospirò e
-lagrimò perchè queste cose si potevano intendere particolarmente
-per lui».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note758">
-<p><span class="label"><a href="#tag758">758</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Salimbene non fa nessun cenno nè del processo nè della
-condanna, sebbene nel passo riportato più sopra dica chiaramente
-che Giovanni cadde in disgrazia dei Papi Alessandro IV e Niccolò
-III. Ma la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, seguita dal Mariano
-e dal Wadding, racconta quello che riferiamo nel testo, nè l'Affò
-ne dubita.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note759">
-<p><span class="label"><a href="#tag759">759</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 186: «E chiamati prima
-li due principali compagni di frate Giovanni, ciascuno delli quali
-era molto suffitiente e molto docto nella divina scriptura, cioè frate
-Leonardo e frate Giraldo li costrinsero a giurare di rispondere
-puramente la verità. Carte 196 <i>t</i>: frate Giraldo era di tenace memoria
-e di deserta e di pulita lingua e di acuto intelletto e dalla
-bocca sua usciva un fiume d'auctorità: Carte 198<i>r</i>: come eretico
-condannarono alla perpetua carcere lui e il suo compagno, il quale
-frate Giraldo entrando nella carcere disse: in loco pascue ibi me
-collocavit, ove stetti diciocto anni con tanto gaudio e letizia come
-se continuamente avessi avute tutte le delicatezze del mondo ....
-vivendo come eretico e scomunicato, e alla fine fu privato dell'ecclesiastica
-sepoltura sotto la medesima penitenza vivette e morì
-frate Leonardo. Dopo molto tempo Pietro dei Nubili perchè non
-volessi dare alii frati un trattato, il quale avea compilato frate
-Giovanni, morì in carcere». Questa ultima notizia è molto importante,
-perchè mostra che anche fra Giovanni avea composto un
-trattato (l'Introduttorio?) sullo stile degli scritti di Leonardo e fra
-Gherardo e al pari di quelli severamente proibito. D'accordo colla
-<i>Cronaca</i> il <span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 102: frater Ghirardinus Parisius missus
-fuit, ut studeret pro provincia Siciliae, pro qua receptus fuerat.
-Et studuit ibi <span class="smcap lowercase">IIII</span> annos et excogitavit fatuitatem, componendo libellum,
-et divulgavit stultitiam suam. De quo libello iterum dicam,
-cum ad Papam Alexandrum quartum pervenero, qui ipsum reprobavit.
-Et qui occasione istius libelli improperatum fuit ordini et
-Parisius et alibi, ideo praedictus Ghirardinus, qui libellum fecerat,
-privatus fuit lectoris officio et praedicationibus et confessionibus
-audiendis et omni actu legitimo ordinis. Et quia noluit resipicere
-et culpam suam humiliter recognoscere, sed perseveravit obstinatus
-procaciter in pertinacia et contumacia sua, posuerunt eum fratres
-minores in compedibus et in carcere, et sustentaverunt eum pane tribulationis
-et aqua angustiae. Iste miser nec sic voluit resilire a proposito
-obstinationis suae, permisit itaque se mori in carcere, et
-privatus fuit ecclesiastica sepoltura. Sepultus in angulo horti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note760">
-<p><span class="label"><a href="#tag760">760</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salimbene</span>, pag. 131 .... Et tu similiter Joachita fuisti, cui
-dixi: verum dicitis sed postquam mortuus est Fridericus, qui Imperator
-jam fuit et annus millesimus ducentesimus sexagesimus est
-elapsus, dimisi totaliter istam doctrinam, et dispono non credere
-nisi quae videro.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note761">
-<p><span class="label"><a href="#tag761">761</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Wadding</span>, <i>Annales minorum</i>, V, 52, che segna la <i>Cronaca
-delle Tribolazioni</i>, da lui citata nel nome di Chronica antiqua.
-Nelle note seguenti mi varrò direttamente di questa fonte, pubblicandone
-per quanto lo spazio mi consente, i brani più importanti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note762">
-<p><span class="label"><a href="#tag762">762</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 204 <i>tergo</i>: «Della quinta tribolazione dell'ordine
-delli frati minori della quale nelle parti ultramontane frate
-Pier Giovanni fu il principale che ne partecipò, come si dirà nel
-subsequente capitolo — Essendo assunto al cardinalato frate Bonaventura
-contro alla sua volontà per la fama della sua scienza ed
-eloquentia e sanctità, li succedette nell'offizio del generalato frate
-Girolamo d'Ascoli, il quale poi fu Papa Niccolao quarto, che fu
-uomo assai mansueto e modesto e tardo ad ira e a fare ingiuria,
-posto che fossi tepido e rimesso a promuovere li buoni. Pag. 205:
-A costui .... accusato il sancto uomo di Dio frate Pier Giovanni
-d'Ulivo della provincia di Provenza e della custodia di Herbona,
-e nativo d'un castello chiamato Serignano, che esso frate
-Pier Giovanni per audacia e temeraria presunzione haveva composto
-alcune quistioni piene di temerarie novitati. La qual cosa
-udendo frate Girolamo generale lo fece chiamare a sè, e li disse
-che li portasse quelle quistioni che lui haveva fatte della nostra
-donna, il quale frate Pier Giovanni subitamente ebbe porto, e come
-il generale l'hebbe letto, li comandò che li mettessi in sul fuoco e
-l'ardesse. La qual cosa fatta frate Pier Giovanni senza mutare
-volto con l'animo tranquillo, come se avessi ricevuto un grande
-honore, rallegrandosi si lavò le mani e celebrò la messa. La qual
-cosa notando alcuni di quelli, che di già per lo merito delle sue
-virtù l'amarono, appostata l'ora opportuna l'addimandorono dicendo:
-frate Pier Giovanni come potesti tu dire la messa così subitamente
-dopo tanta ingiuria e riprensione, che ti fu facta dal generale
-non ti confessando tu avanti. Ai quali quello rispose e disse:
-Io ho ricevuta quella riprensione e ingiuria per grande benefizio
-et honore, e però non me ne sono dolsuto nè rammaricato. Anzi me
-ne sono rallegrato, che se voi pensate che per quello ardere e distruggere
-di quelle quistioni l'uomo se ne debba dolere, questo è
-niente, perchè a me è agevole cosa di ritrovare e riparare quelle
-medesime».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note763">
-<p><span class="label"><a href="#tag763">763</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 214 «(fra Pier Giovanni) tolse un compagno,
-e non chiamato nè licenziato se ne andò a frate Bonagratia generale
-ministro .... E volendosi el generale spacciare di lui, e punirlo
-aspramente con penitentia confusibile per la inobbedentia, la
-quale avea commessa, fece radunare il capitolo spacciatamente, e
-frate Giovanni propose per tema del suo parlare: spiritu oris interficient
-ineptum. E poi seguitò il suo sermone con tanta efficacia
-e tanto fervore di spirito, che tutti si stupirono nella virtù delle
-sue parole. E tutti confusi nel cuore e nella mente, e non avendo
-ardire di rispondere alle sue parole, tacettono. Ma agghiadato nel
-cuore il generale non lo riprese della sua venuta, e non li dette
-alcuna penitentia, e dissimulò il dispiacere il quale lui avea conceputo
-contro a quello. Ma dipoi a pochi giorni, il generale infracidandosi
-e consumandosi d'amaritudine si cadde in infermità
-e morì, e insieme con lui morirono due principali adversari di
-fra Pier Giovanni». La Cronaca non conosce nè l'accusa del capitolo
-nè la sentenza della Commissione, nè la ritrattazione. Ma
-la condanna c'è nota dalla risposta dello stesso Olivi ai suoi
-giudici pubblicata dal Duplessis (<span class="smcap">D'Argentré</span>, <i>Collectio judiciorum</i>
-I, 226). Il principio di questo documento è il seguente: Reverendis
-in Christo fratribus fratri Arloto de Prato, fratri Richardo
-de Mediavilla, fratri Drocho, fratri Joanni Valensii, fratri Symoni
-sacrae theologiae doctoribus; fratri Aegidio de Baysi, fratri Joanni
-de Murro, Bachalariis domus Parisiensis, homuncius peccator vilissimus
-dictus frater Petrus Joannes Olivi, eam reverentiae plenitudinem,
-quam decet Magistros et Patres tantos ac tales etc. Quello di
-cui si duole principalmente l'Olivi è che sieno state condannate
-le sue opinioni quaedam vero haeretica, quaedam in fide dubia,
-quaedam nostro ordini periculosa, quaedam nescia, quaedam praesumptuosa;
-nel mentre l'autore non fu ammesso a discolparsi, e
-neanco venne interrogato. Miror satis quomodo tum rigidus processus
-contra me actus, et quomodo tam solemnis tamque inusitata
-sententia, tamque diffamatoria per viros tam solemne est data,
-me super his omnino irrequisito. La formola di ritrattazione è riportata
-dal Wadding, V, 122. Ego frater Petrus Joannes consentio
-in verba magistrorum nostrorum, quae continentur in litteris sigillorum
-septem, qui Patres ad praeceptum venerabilis Patris fratris
-Bonagratiae, tunc generalis ministri, requisiti per obedientiam responderunt.
-Quel <i>tunc</i> mostra che la sottomissione ebbe luogo dopo
-la morte del generale, avvenuta nel 1283.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note764">
-<p><span class="label"><a href="#tag764">764</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 222-23: «Esso fu chiamato dal generale a Parigi,
-che dovessi rispondere alle cose proposte contro a lui davanti
-alli maestri e alli altri frati quivi congregati. Alle quali cose lui
-rispose tanto saviamente e pienamente e abbondantemente, che
-tutti li circostanti se ne meravigliarono e stupirono e confessorono
-che vera e cattolica era la sua posizione, e assertione delli predicti
-articoli, e nessuno di quelli, che l'accusarono, fu ardito di dire
-una parola contro a quello».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note765">
-<p><span class="label"><a href="#tag765">765</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 213: «Per la qual cosa si voltarono a perseguitare
-li germogli e figlioli delli suoi razzi, e tutti li giovani, che
-si sforzavano di conformarsi alli suoi costumi e alla sua dottrina,
-con maligne inquisitione e perplesse e intrincate examinationi, come
-se fossero morti nell'eretica pravità, li incidevano col coltello
-dell'iniqua lingua diffamandoli, gittandoli e nascondendoli nelle
-fosse e sepolture, nelle fosse delle loro carceri e prigioni, e temendo
-li razzi delle loro chiarissime ragioni, infiammate del calore di
-charità del sole padre loro, cioè frate Pier Giovanni, e non potendo
-sostenere la sua presenzia, non avevono ardire di fare di lui inquisitione».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note766">
-<p><span class="label"><a href="#tag766">766</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche quest'altra dichiarazione fu pubblicata dal <span class="smcap">Wadding</span>,
-V, p. 299: Ego frater Petrus Joannes dico et profiteor, fratres minores
-non teneri ad aliquem usum pauperem neque ad aliam vivendi
-modum ultra contentum in declaratione Regulae facta a
-domino Nicholao III etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note767">
-<p><span class="label"><a href="#tag767">767</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Wadding</span>, V, 378, ci conserva le ultime parole dell'Ulivi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note768">
-<p><span class="label"><a href="#tag768">768</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Daunou nell'articolo sull'Olivi (<i>Hist. litt.</i>, XXI, 44) parla
-d'un codice di Santa Croce, che conterrebbe l'<i>Esposizione dell'Apocalisse</i>.
-Ma il Bandini non cita se non due soli codici riferentisi
-all'Olivi, il primo (pluteo X dextr. cod. IV) contiene l'esposizione
-di Matteo fino a carte 197, e da carte 110 l'esposizione dell'evangelo
-di Luca. È notevole che in fondo al codice si legge una nota
-di mano di fra Tedaldo, la quale ricorda le postille di fra Pietro
-su Isaja, Ezechiele, le Sentenze, Geremia; ma non fa cenno alcuno
-del <i>Commento all'Apocalisse</i>. Il secondo codice (plut. XXXI, sin.
-cod. III) contiene parecchi opuscoli sulla povertà, e tra gli altri
-alcuni di Pier Giovanni. Eccone l'indice:
-</p>
-
-<p>
-Utrum sit melius aliquid facere ex voto, quam illud idem sine
-voto (carte 131). Utrum vovere alteri homini obedientiam; Utrum
-appellare ab inferiori (imperfecta et incompleta) (c. 132). Quod trium
-votorum, castitatis, paupertatis et obedientiae sit perfectius (132).
-Utrum Papa possit in omni voto dispensare (134). Utrum romano
-pontifici sit in fide et moribus ab omnibus obedire (139). Item
-sine argumento, an promittere alteri obedientiam in omnibus universaliter
-sit evangelicae perfectionis (140). Expositio regulae sancti
-Francisci (141). Quaeritur an status altissimae paupertatis sit simpliciter
-melior omni statu divitiarum (142). Ad oppositum quaestionis
-arguitur. Quaestio est pulchra. (162). Videtur quod status
-habens aliquid in commune sit melior (164). Quaestio an usus
-pauper includatur in consilio seu votu paupertatis (170). Utrum
-professoribus paupertatis evangelicae usus pecuniae sit totaliter
-interdictus (172). Quaeritur utrum praedicti pauperes teneantur
-vilissimis vestibus indui (174). Utrum Episcopi et Praelati, qui ad
-perfectionem evangelicam sunt ex voto adstricti teneantur ad pauperem
-usum (176). Utrum liceat professoribus evangelici aliquid
-repetere per se vel per alium (177). Utrum liceat professoribus
-evangelicis debita contrahere quacunque ex causa (178). Utrum ei
-liceat annualia convivia, seu pietantias recipere, seu procurare (178).
-Utrum virginitas, vel castitas, abstrahens ab omni concubitu, sit
-simpliciter melior matrimonio (178). Utrum votum vitandi suspectum
-consortium, vel colloquium includatur in voto evangelico (181).
-Utrum Religiosus vovens ea, quae non obsunt observantiae regulare,
-teneatur votum illud adimplere (182). Utrum sit conveniens
-ad professionem religionis, vel solemnis voti castitatis multos recipi
-(182). Utrum vovens ingredi Religionem si ducat uxorem, peccat
-semper mortaliter petendo debitum (182). De antiqui hostis
-versutia contra statum evangelicae paupertatis seraphici viri Francisci
-multiformi (183). Utrum perfectio evangelicae paupertatis
-possit ad talem modum vivendi reduci, quod sufficienter vivat de
-possessionibus et contradicitur a Papa vel Patribus (189). Responsio
-Petri Joannis in Capitulo generali quando fuit requisitus quid
-de usu paupere sentiret (204). De obitu dicti fratris Petri Joannis
-et quid receptis sacramentis dixit quando et ubi recepit scientiam
-suam, et quid senserit de usu paupere (206). Articuli abstracti descriptis
-tuis ab aemulis et impugnatoribus (206). Item tractatus
-ejus de usu paupere in fine quinti capitulo (206). Quaestio pulchra
-seu tractatus ejusdem de vita activa et contemplativa (206).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note769">
-<p><span class="label"><a href="#tag769">769</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nella professione di fede al letto di morte diceva l'Olivi
-(<span class="smcap">Wadding</span>, V, 378): dico abdicationem omnis juris, seu jurisdictionis
-temporalis et pauperem rerum usum de substantia vitae nostrae
-evangelicae; pauperem vero usum hunc ita explico: ut omnibus
-consideratis censeatur potius pauper quam dives, seu declinet potius
-ad paupertatem quam opulentiam. Si vede in questa formola,
-che pare tanto logica, l'imbarazzo di definire il limite, al di là del
-quale l'uso cessa di essere povero.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note770">
-<p><span class="label"><a href="#tag770">770</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I giudici del 1282 condannano la sentenza dell'Olivi (<span class="smcap">D'Arg.</span>, I,
-pag. 231): quod usus pauper rerum, prout in se includit necessitatem,
-quae dicit indigentiam manifeste existentem, vel de proximo
-imminentem et talem quod debitus status corporis, vel personae
-Deo servientis, nisi sibi succurratur, stare non potest, includitur in
-voto evangelicae paupertatis. Cfr. <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>,
-carte 224 <i>tergo</i>: «provava e affermava che la renunziazione d'ogni
-giurisdizione e l'uso povero era della sostanza della vita apostolica,
-e della professione della regola di S. Francesco, e chiamava
-l'uso povero tale uso, il quale, pensate tutte le circostanzie,
-vistamente si può chiamare più povero che ricco, non quello il
-quale induce estrema necessità delle cose da vivere, per il quale
-lo stato della nostra religione diventa pericoloso, nè quello il quale
-esclude le cose necessarie alla vita, e l'uso delle cose, cioè massaritie,
-ad usare per esecutione delli uffizii dello stato loro; perocchè
-li frati non debbono avere l'uso di tutte le cose, nè a nessuna
-superfluità ricchezze o pompe o abbundantia, che diminuisce la povertà,
-o veramente a tesaurizare, o per animo di vendere o dare
-ad altri o alienare, nè sotto spetie di provvedersi per il tempo
-futuro nè per altra cagione. Anzi debba apparire ed essere in loro
-quanto al dominio la espropriazione per ogni modo e nell'uso la
-necessità».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note771">
-<p><span class="label"><a href="#tag771">771</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 226 «epperò diceva esso frate Giovanni che
-li notabili eccessi delli luoghi e delli hedifitii quanto alla preziosità
-della materia e alla curiosità della forma, pulitezza e bellezza e
-quanto alla qualità e sumptuosità e spese e quanto alle molte maniere
-delli acolti e procuratori che inducono e che richiedono
-per li edifizii, diceva che era impurità pericolosa». Vedi in <span class="smcap">Wadding</span>,
-V, pag. 379. Dico quarto, notabiles excessus in aedificiis quoad
-materiam et curiositatem, pro quibus construendis multiplices et
-importuni fiunt quaestus, periculosos esse .... Idemque censendum
-est de iis, qui procurant suis monasteriis annuos redditus et determinatas
-vel statutas sub singulis annis provisiones, praevenientes
-nimia sollicitudine omnes necessitates.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note772">
-<p><span class="label"><a href="#tag772">772</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 227 «e similmente litigare e piatire per jurisdictione
-delle sepolture o delli funerali o per qualunque cosa
-temporale diceva esser notabile impurità .... et che fare questo
-per persone seculari instigandole e conducendole a questo, pagando
-le spese, e consigliandosi per questo modo, il quale noi vediamo
-che si fa da molti, non solamente è impurità, ma è una
-frauda nascosta della Regola». <span class="smcap">Wadding</span>, loc. cit.: litigare vel causas
-movere coram judicibus circa funeralia aut legata pia nobis relicta
-impuritas est maxima contra Regulam; neque obstat quod per seculares
-seu fratrum amicos fiant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note773">
-<p><span class="label"><a href="#tag773">773</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 228 <i>tergo</i> «Predicava ancora e diceva che li
-apostoli e li episcopi, li quali hanno professato la vita apostolica,
-come li apostoli quanto che per vigore del voto evangelico e della
-professione evangelica sono tenuti di osservare l'uso povero». Cfr.
-Wadding, loc. cit. Dico octavo quod viri apostolici, seu nostri fratres,
-qui evangelicam vitam se gloriantur profiteri, debent etiam
-in superioribus gradibus dignitatum, seu Episcopatuum constituti,
-quantum eorum status permittit, quod Domino voverunt, observare.
-Cfr. <span class="smcap">D'Arg.</span>, I, 232, ove l'Olivi rispondendo ai suoi giudici concede
-quod non tenentur ad usum pauperem in illis, in quibus usus
-pauper impediret eorum officium debitum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note774">
-<p><span class="label"><a href="#tag774">774</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Sexti Decret. De verb. signif.</i>, cap. 3. Insuper nec utensilia
-nec alia praeter eorum usum ad necessitatem et officiorum sui
-status executionem, non enim omnium rerum usura habere debent,
-ut dictum est, ad ullam superfluitatem divitias, seu copiam quae
-deroget paupertati etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note775">
-<p><span class="label"><a href="#tag775">775</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'ampia professione di fede cattolica riportata dal Wadding
-loc. cit., non impediva all'Olivi di sostenere che ei si sentiva obbligato
-di non credere nisi solo Romano Pontifici aut Concilio
-generali, nisi quantum ratio vel auctoritas Sacrae Scripturae vel
-fidei Catholicae per seipsam me cogit ut credam. Cfr. la <i>Cronaca</i>
-carte 230 .... «credere al Romano Pontefice o veramente al Concilio
-generale se non quanto la ragione e l'autorità della sacra
-scriptura o della cattolica fede per sè medesima diffinisce».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note776">
-<p><span class="label"><a href="#tag776">776</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che l'Olivi appartenesse al partito creatore della letteratura
-pseudo profetica lo mostra la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, a c. 208:
-«perocchè l'abate Gioacchino profetò di lui e mostrò che quello era
-stato profetato dalli antichi e dalli altri, e tutta la prima parte
-della profezia di Cirillo heremita, la quale esso abate Gioacchino
-magnifica grandemente, principalmente tocca Pier Giovanni, il loco
-della sua natività, l'ordine nel quale doveva entrare, e tutte le
-persecuzioni le quali lui doveva avere lui e i suoi seguaci». A c. 209:
-«la Sibilla Eritrea li prophetò mille anni avanti al advenimento di
-Christo intanto che la simplicità e la innocentia di S. Piero del
-Murrone, e la renunziazione del Papato, ed il loco della seductione
-(1294) e le persone seducenti, e profeti, e scrisse chiaramente, e così
-ancora piacque acio che fussino profetati li singolari fatti di Pier
-Giovanni.»</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note777">
-<p><span class="label"><a href="#tag777">777</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dagli estratti dell'<i>Apocalisse</i> in <span class="smcap">Baluze</span>, ediz. Mansi, II, 267 a:
-Quidam ex pluribus, quae Joachim de Friderico secundo et ejus
-semine scribit, et ex quibusdam, quae beatus Franciscus secrete
-fratri Leoni et quibusdam aliis sociis suis revelasse fertur, opinantur
-quod Fredericus praefatus cum suo semine sit respectu
-hujus temporis quasi caput occisum, et quod tempore mistici Antichristi
-ita reviviscat in aliquo de semine ejus, ut non solum Romanum
-imperium, sed etiam Francis ab ipso devictis obtineat regnum
-Francorum, quinque caeteris Regibus Christianorum sibi
-cohaerentibus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note778">
-<p><span class="label"><a href="#tag778">778</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 261 (cfr. <i>Direct. inquis.</i>, pag. 268). Igitur commemorato
-est adhuc notandum a quo tempore debeat sumi initium
-hujus sextae apertionis. Videtur enim quibusdam quod ab initio
-ordinis et regula sancti patris praefati; alii vero quod a solemni
-revelatione tertii status generalis, continentis sextum et septimum
-statum Ecclesiae, facta abbati Joachim et forte quibusdam aliis sibi
-contemporaneis; alii vero quod ab exterminio Babylonis et Ecclesiae
-carnalis per decem cornua bestiae, id est per decem Reges
-fiendo; alii vero quod a suscitatione spiritus seu quorundam ad
-spiritum Christi et Francisci, tempore quo ejus regula est a pluribus
-nequiter et sophistice impugnanda et condemnanda ab Ecclesia
-carnalium et superborum, sicut Christus condemnatus fuit
-a Synagoga reprobe iudaeorum. Hoc enim oportet praeire temporale
-exterminium Ecclesiae, sicut illud praeivit exterminium Synagogae.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note779">
-<p><span class="label"><a href="#tag779">779</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 263 a (<i>Direct.</i>, V). Hic ergo angelus est Franciscus,
-evangelicae vitae et regulae sexto et septimo tempore propagandae
-et magnificandae renovator, et summus post Christum et
-ejus matrem observator .... Audivi etiam a viro spirituali valde
-fide digno, et fratri Leoni confessori et socio beati Francisci valde
-familiari quoddam huic scripturae consonum, quod nec assero,
-neque scio, nec censeo esse asserendum, scilicet quod tam per
-verba fratris Leonis quam per propriam revelationem sibi factam
-perceperat quod beatus Franciscus in illa pressura tentationis Babylonicae,
-in qua ejus status et regula quasi instar Christi crucifigetur,
-resurget gloriosus; ut sicut in vita et in crucis stigmatibus
-est Christo singulariter assimilatus, sic et in resurrectione
-Christo assimiletur necessaria tunc suis discipulis confirmandis et
-informandis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note780">
-<p><span class="label"><a href="#tag780">780</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 258 (<i>Direct.</i>, I). Primus status proprie coepit
-a Spiritus Sancti missione, licet alio modo coeperit a Christi praedicatione.
-Secundus vero proprie caepit a persecutione Ecclesiae
-facta sub Nerone Imperatore, quamvis alio modo coeperit a Stephani
-lapidatione vel Christi passione. Tertius vero coepit a tempore
-Constantini Imperatoris ad fidem Christi conversi, seu a
-tempore Silvestri Papae, seu Concilii Nicaeni contra Arrianorum
-haeresim celebrati. Quartus vero proprie coepit a tempore magni
-Antonii anachoretae, seu a tempore Pauli primi eremitae, vel secundum
-Joachim a tempore Justiniani Augusti, de quo infra in
-decimo notabili amplius tangetur. Quintus vero proprie coepit a
-tempore Karoli Magni. Sextus vero aliqualiter coepit a tempore beati
-viri patri nostri Francisci. Plenius tamen debet incipere a damnatione
-Babylonis meretricis magnae, quando praefatus angelus Christi
-signo signabit per suos futuram militiam Christi. Septimus
-autem uno modo inchoat ab interfectione illius Antichristi, qui
-dicet se Deum et Messiam Judaeorum, alio modo inchoat ab initio
-extremi judicii omnium reproborum et electorum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note781">
-<p><span class="label"><a href="#tag781">781</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 260 b. Sicut enim in primo statu saeculi ante
-Christum studium fuit patribus enarrare magna opera Domini inchoata
-ab origine mundi, in secundo vero statu a Christo usque
-ad tertium statum cura fuit filiis quaerere sapientiam mysticarum
-rerum et mysteria occulta a generationibus saeculorum, sic in tertio
-nil restat nisi ut psallamus et jubilemus Deo, laudantes ejus opera
-magna, et ejus multiformem sapientiam et bonitatem in suis operibus
-et scripturarum sermonibus clare manifestatam. Sicut enim
-in primo tempore exhibuit se Deus pater ut terribilem et metuendum,
-nude tunc claruit ejus timor, sic in secundo exhibuit
-se Deus filius ut magistrum et revelatorem; et ut verbum expressissimum
-sapientiae sui patris. Ergo in tertio tempore spiritus
-sanctus exhibebit se ut flammam et fornacem divini amoris etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note782">
-<p><span class="label"><a href="#tag782">782</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 258 b. Septimum est quare sextus status describitur
-ut notabiliter praeeminens quinque primis, et sicut finis priorum,
-et tanquam initium novi saeculi, evacuans quoddam vetus
-saeculum, sicut status Christi evacuavit vetus testamentum et vetustatem
-humani generis. Cfr. pag. 260 a: Sicut etiam in sexta aetate
-rejecto carnali judaismo et vetustate prioris saeculi venit novus
-homo Christus cum nova lege vita et cruce, sic in sexto statu,
-rejecta carnali Ecclesia et vetustate prioris saeculi, renovabitur
-Christi lex et vita et crux. Propter quod in ejus primo initio Franciscus
-apparuit Christi plagis characterizatus et Christo totus concrucifixus
-et configuratus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note783">
-<p><span class="label"><a href="#tag783">783</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pag. 261 a: Secunda ratio est, quia uterque illorum substitutus
-est alteri. Nam sicut gloria, quae fuerat Synagogae parata et Pontificibus
-suis, si in Christum credidissent, translata fuit ad primitivam
-Ecclesiam et ad pastores ejus, sic etiam gloria parata finali
-Ecclesiae quinti status transferetur, propter ejus adulteria, ad electos
-sexti status. Unde et in hoc libro vocatur Babylon meretrix circa
-initium sexti status damnanda. Pag. 263 a: Tunc enim totus status
-Ecclesiae in praelatis et plebibus et religiosis funditus subvertetur,
-praeter id quod in paucis electis remanebit occulte.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note784">
-<p><span class="label"><a href="#tag784">784</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 263 b: Ex praedictis autem patent aliquae rationes
-quare ante exterminium novae Babilonis sit evangelica vita
-veritas a reprobis solemniter impugnanda et condemnanda, e contra
-a spiritalibus suscitandis ferventius defendenda et observanda.
-Pag. 264. Nunc fere omnes clerici et regulares possidentes aliquid
-in communi videntur minus bene sentire de evangelica abrenuntiatione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note785">
-<p><span class="label"><a href="#tag785">785</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 262 a: Si quaeras quare Franciscus cum primis
-sui ordinis sociis non fuit personaliter in initio tertio et quarto
-.... dicendum quod ad hoc potest octuplex ratio dari. Prima est
-generalis, non enim oportet nec congruit quod posteriora prioribus
-suis correspondentibus in omnibus conformentur etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note786">
-<p><span class="label"><a href="#tag786">786</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baluze</span>, pag. 263 a. Est enim tunc nova Babylon sic judicanda
-sicut fuit carnalis Hierusalem, quia Christum Dominum crucifixit.
-Che cosa s'intenda per la nova Babilonia nessun può ignorare.
-L'Olivi dice ben chiaro: Potestas enim Papae et multitudo
-plebium sibi obediens et favor ipsius est quasi magnus fluvius
-Eufrates impediens transitum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note787">
-<p><span class="label"><a href="#tag787">787</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Liber sententiarum inquis. tholos.</i>, pag. 326: Dixit tamen
-quod audivit ab aliquibus fratribus minoribus de illis vocatis spiritualibus
-de Narbona et ita fore credidit quod ordo fratrum minorum
-debebat dividi in tres partes, scilicet in communitate ordinis,
-quae vult habere granaria et cellaria, et in fratissellis et fratribus,
-qui sunt in Sicilia sub fratre Henrico de Ceva, et fratribus vocatis
-spiritualibus vel pauperibus et etiam beguinis. Et dicebant quod
-prime due partes, quia non observant regulam beati Francisci debebant
-cadere et cassari, set tercia pars quia observabat regulam
-evangelicam debebat remanere usque ad finem mundi, licet pateretur
-multas persecutiones, sicut dicunt fuisse revelatum beato Francisco,
-et probabant quod dicta tertia pars usque ad finem mundi
-debebat durare vel in multis vel in paucis, quia Evangelium Christi
-durabit usque ad finem mundi, et regula beati Francisci est regula
-evangelica. La separazione dei fraticelli sotto Enrico di Ceva accadde
-nel 1318 (<span class="smcap">Wadding</span>, VI, 312), ma è ben certo che la formazione
-di questi partiti risale per lo meno al tempo in cui gl'intransigenti
-per la prima volta tentarono di separarsi dall'ordine per
-costituirne un altro, che prese il nome dal papa Celestino V. Infatti
-a codesto movimento di separazione Pier Giovanni e i suoi aderenti
-non presero parte, perchè essi volevano che tutto l'ordine,
-anzi tutta la cristianità si convertisse alla loro fede; talchè anche
-allora dai Celestini, come più tardi dai Fraticelli, si distinsero gli
-Spirituali. Non occorre spiegare perchè prendessero codesto nome
-i seguaci dell'Olivi, che credevano fermamente nel regno avvenire
-dello Spirito Santo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note788">
-<p><span class="label"><a href="#tag788">788</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 249: «In questo mezzo essendo
-frate Pietro detto Murrone fatto Papa, piacque al generale
-e a tutti li principali frati .... principalmente a frate Currado
-d'Offida, a frate Pietro da Montecchio, a frate Jacopo da Todi,
-a frate Tommaso da Trevi, a frate Currado da Spoleto, e a tutti
-quegli altri, li quali amarono la regola, che frate Pietro da Macerata
-ed il compagno (fra Liberato) fossino mandati al sommo Pontefice.
-Perocchè quelli erano stati suoi familiari avanti al papato».
-Carte 251: «absolvette frate Liberato e il compagnio da ciascheduna
-obbedentia delli frati, e lo comandò .... che non si chiamassino frati
-minori, ma frati di Papa Celestino o poveri heremiti». Carte 252<i>r</i>:
-«rinunziando Papa Celestino l'offizio del papato parve a quelli frati
-di dare luogo all'ira ed al furore; detti frati per maggior pace e
-salute se ne andarono a luoghi (lontani?)».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note789">
-<p><span class="label"><a href="#tag789">789</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 262: «Ingannato il Papa (Bonifazio) colle loro
-bugie consentì alla loro perversa petizione e fecie fare littere nelle
-quali fece esecutori della loro punizione tre prelati cioè messer Pietro
-patriarca di Costantinopoli e l'archiepiscopo di Atene, e l'archiepiscopo
-di Patrasso. Il patriarca stava allora a Vinegia». Carte 267<i>r</i>:
-«Subitamente che frate Consalvo sentì che frate Liberato con li suoi
-compagni erano tornati, e che stavano in certi eremitori nelle parti
-della Puglia, esso generale li armò delle littere della sedia apostolica
-e se ne andò al Re di Sicilia .... e fu chiamato fra Tommaso
-d'Aversa inquisitore». Carte 267<i>v</i>: «(fuggì fra Liberato) e molti
-mesi giacque non cognosciuto da alcuna persona nel loco delli
-Armeni di Viterbo, e doppo due anni si morì nel loco di S. Angelo
-della Vena».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note790">
-<p><span class="label"><a href="#tag790">790</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, c. 237: «Questa quinta tribolazione ebbe un altro
-principio nella provincia della Marca Anconitana pigliandola al
-tempo del Concilio generale facto a Lione da Papa Gregorio X».
-Carte 237<i>v</i>: «alcuni frati dicevano che rivorrebbero le possessioni
-e le rendite per observare la obedientia e il comandamento del
-sommo Pontefice, e li decreti del Concilio, costoro rispondevano
-che farebbono il contrario». Carte 238<i>v</i>: «Tre frati cioè frate Iramondo,
-frate Tommaso da Tolentino e frate Pietro da Macerata
-confermavano la loro opinione con ragioni e auctorità e ardentemente
-la difendevano dicendo, che nè la Chiesa nè il Papa non
-farebbono mai questa cosa, come cosa la quale non solamente
-era inconveniente e che conduceva all'apostasia e che non cadeva
-sotto potestà del sommo Pontefice e però non li era possibile»
-Carte 239: «Uno frate savio, che avea nome frate Beniamino, par
-che componesse la quistione, la quale cessò dopo tre anni della loro
-penitentia. Ma rimasono l'una parte e l'altra nella coscienza discordante
-di studii diversi e di desiderî contrari, perocchè quelli
-della maggior parte reputavano lo stato e il vigore ed il mantenimento
-in edificare luoghi nel mezzo delle città e delli castelli
-per attrarre a loro li populi, e in procurare le sepolture, in ricevere
-testamenti e legati, e in multiplicare libri scuole e scuolari
-e in inpetrare privilegi e simili cose. Ma quelli altri sentivano
-tutto il contrario delle predecte cose». Carte 242: «furono messi di
-nuovo in carcere come eretici e privati della confessione e delli altri
-sacramenti e alla fine della sepoltura ecclesiastica». Carte 244 <i>v</i>: «Morendosi
-il generale ministro Matteo Acquispartano, successe a lui
-frate Raimondo di Gauffredo della provincia di Provenza (<span class="smcap">Wadding</span>,
-V, 210), uomo mansueto, pietoso .... che radunato il Capitolo
-della Marca chiese conto della sentenza pronunziata contro
-alcuni frati, e saputo li scarcerò e li mandò al re Ayecon d'Herminia
-(Armenia)». Carte 246 <i>r</i>: «I frati erano frate Agniolo, frate
-Tommaso da Tolentino (morto martire), frate Marco da Monte
-Lupone, frate Pietro di Macerata e un altro frate Pietro». Questi
-fatti successero nel 1289-90. Vedi <span class="smcap">Wadding</span>, V, pag. 211, 236.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note791">
-<p><span class="label"><a href="#tag791">791</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dante</span>, <i>Parad.</i>, <span class="smcap lowercase">XII</span>, 124.
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Ma non fia da Casal, né d'Acquasparta,</p>
-<p class="i01">Là onde vengon tali alla scrittura,</p>
-<p class="i01">Ch'uno la fugge e l'altro la coarta.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Di Ubertino da Casale, lo scolare di Pier Giovanni Olivi, diremo
-più giù. Dante condanna i due opposti partiti i conventuali, rappresentati
-dal generale Matteo d'Acquasparta, e gli spirituali rappresentati
-da Ubertino. A Matteo successe Gaufrido nominato il
-1289 (<span class="smcap">Wadding</span>, V, 210) e rimosso da Bonifacio VIII nel 1295
-(op. cit., 338).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note792">
-<p><span class="label"><a href="#tag792">792</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 218: «Nientedimeno ebbe victoria la protervia
-e la voluntà delli persequitori, e condannorono la sua dottrina
-insieme con la persona, disotterrorono e scavorono li suoi ossi, e
-furiosamente e con gran contumelia destrussono il suo sepolcro e
-li segni della sua santità e li segni delle divotioni a lui offerti, e
-con tutte le forze spensono le operazioni dello spirito nelli fedeli».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note793">
-<p><span class="label"><a href="#tag793">793</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, carte 233: «Di poi quel sancto uomo di singolare
-perfectione, cioè frate Pontio di Buontungato, potente in opere e
-in parole .... perchè non volse dare ad ardere alcuni tractati, li
-quali aveva fatti il sancto uomo frate Pier Giovanni, lo tractorono
-tanto crudelmente e spietatamente, che la impietà della crudeltà, la
-quale li fu facta, turba et empie d'amaritudine li animi delli auditori.
-Lo rinchiusono in una carcere strettissima oscurissima e
-putridissima, ligato colli ferri alli piedi, ficcando un ceppo nel muro
-ed appiccandoci una catena ligata alli ferri, che haveva in piè, e
-tanto lo ristringono et opprimono che non poteva andare un poco
-pure alla necessità della natura se non dove sedeva, e non poteva
-se non sedere, e aggravato dal peso del ferro e della strettezza
-della carcere sopra la terra nuda, la quale era lotosa e fetente per
-l'orina e per lo sterco, il quale li stava socto, e così sedeva nel
-brutto fango, e li gettavano stretto pane e breve acqua voltando
-la faccia quelli, li quali erano più crudeli che le bestie e più velenosi
-che li serpenti, non mostrando mai a quello huomo, il quale
-cognoscevano bene che era veramente sancto, alcuno obsequio nè
-alcuna humanitade, nè per opere nè per parole insino alla morte
-sua, e alla fine essendo infermato giaceva inchinato sotto il peso
-del ferro, e nel puzzo dello sterco e dell'orina, lieto nell'animo e
-acceso del fuoco di carità e referendo a Dio infinite grazie, rendette
-lo spirito a Jesu Christo, lassando a tutti esempi e forma di
-fortitudine insuperabile e di patientia imperturbabile». Il Wadding,
-che riproduce (V, 380) molto laconicamente questo racconto, mette
-la morte di fra Ponzio nel 1297, poco dopo la morte dell'Olivi.
-Oltre a frate Ponzio furono incarcerati altri frati (come dice la
-<i>Cronaca</i>, a c. 233, e ripete il Wadding): frate Giovanni da Valle,
-frate Giovanni da Quiliano, frate Francesco di Lionetto, frate Raimondo
-di Auriolo, frate Giovanni del Primo e molti altri.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note794">
-<p><span class="label"><a href="#tag794">794</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Queste notizie il Wadding raccolse dall'opera stessa di Ubertino,
-<i>Annales</i>, V, 417-18.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note795">
-<p><span class="label"><a href="#tag795">795</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca</i>, c. 297: «Questo frate Ubertino habitando sul Monte
-della Vernia della provincia di Toscana tutto devoto a S. Francesco,
-fedele testimonio della prima ed ultima perfezione regolare,
-sincero e fervente predicatore dell'evangelica verità infiammò e
-destò per esempio della vita e per virtù della sua parola molti
-nella religione e specialmente nella provincia della Marca e della
-Valle e di Toscana alla pura e fedele observantia della promessa
-perfectione, e per la vera charità, lassando lui stare la sua quiete,
-la quale lui haveva in Gesù Christo, attendendo solamente a Dio
-e alle cose celestiali, e assentendo al consiglio delle sancte persone
-per potere favorire li frati e le persone spirituali, li quali pativono
-dalli frati molte tribolazioni nella provincia di Toscana e della
-Valle di Spoleto, e si mise scientemente a molti pericoli, e si dette
-a molte fatiche. Imperocchè fu infamato a Papa Benedetto undecimo
-ed acusato di molte cose dalli suoi adversari, e fu citato dal
-Papa e chiamato a Roma a loro instantia, ma per lo ajuto di Gesù
-Cristo fu liberato per mirabile modo da tutte le calunnie. Ma pochi
-giorni doppo mandando li Peruggini solenni ambasciatori al
-predetto Papa, imposono a questi ambasciatori che addimandissino
-al S. P. due cose principali, la prima di restituirli il lume della
-loro direzione cioè frate Ubertino, il quale aveva inluminata e singularmente
-tirata a Dio tutta la loro città, la seconda cosa fu che
-offerendo al Papa come a padre e signore liberamente tutta loro
-città e tutte le loro persone, e che li dovesse piacere di venire a
-stare senza dimora insieme con li suoi fratelli cardinali, allora il
-sommo pontefice sorridendo rispose: voi avete messo frate Ubertino
-avanti a noi».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note796">
-<p><span class="label"><a href="#tag796">796</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Delle apologie, che Ubertino fece di Pier Giovanni, oltre al
-sunto che ne riporta il Wadding, V, 380, 390 abbiamo alcuni frammenti
-negli <i>Articuli Probationum contra fratrem Ubertinum
-de Casali inductarum a frate Bonagratia</i> pubblicati dal Baluze,
-ediz. Mansi, II, 276. Riproduco questi passi. Pag. 276: Malignissime
-et impiissime dicunt quod frater P. Johannis in scriptis et in postilla,
-quam scripsit super <i>Apocalipsim</i>, vocat romanam ecclesiam
-meretricem magnam, et alia multa in ecclesie vituperium dogmatizet.
-Hoc enim est mendacissimum. Pag. 277: abdicatio proprietatis
-et dominii et omnis juris et jurisdictionis temporalis, tam in speciali
-quam in communi, et usus pauper omnium rerum nobilium est
-lampas nostrae fidei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note797">
-<p><span class="label"><a href="#tag797">797</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Wadding, VI, pag. 168, pubblica la lettera di Clemente V
-dilecto filio generali ministro, caeterisque fratribus tum praelatis
-quam subditis ordinis minorum, nella quale dice di aver chiamato
-ad inquirendum de propositis veritatem oltre al ministro generale,
-altri ben noti, videlicet dilectos filios fratres Raymundum Gaufridi
-.... olim generalem ministrum, Raymundum de Giniaco, dudum
-provinciae Aragoniae provincialem ministrum, Guillelmum de
-Cornelione custodem Arelatensem, Guidonem de Levis, Ubertinum
-de Casali, Bartholomeum Siccardi, Guillelmum de Agantico, Petrum
-Rajmondi, Petrum Malodii. E codesti frati ab omni obedientia et
-jurisdictione vestra, filii minister, et praelati ac successorum vestrorum
-prorsus eximimus durante negotio supradicto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note798">
-<p><span class="label"><a href="#tag798">798</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nella bolla <i>Exivi de paradiso</i> (<span class="smcap">Clementinarum</span>, lib. V, tit. <span class="smcap lowercase">XI</span>)
-Clemente espone così la questione insorta tra i frati, e che egli
-risolve in favore del partito degli spirituali: Quibusdam ex ipsis credentibus
-et dicentibus, quod sicut quoad dominium rerum habent
-ex voto abdicationem arctissimam, ita ipsis quoad usum arctitudo
-maxima et exilitas est indicta; aliis in contrarium asserentibus,
-quod ex professione sua ad nullum usum pauperem, qui non exprimatur
-in regula obligantur, licet teneantur ad usum moderatum
-temperantiae, sicut et magis ex condecenti quam caeteri Christiani.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note799">
-<p><span class="label"><a href="#tag799">799</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Clem.</span>, lib. I, tit. <span class="smcap lowercase">I</span> .... ipsum Dei verbi non solum affigi
-cruci et in ea mori voluit, sed etiam emisso jam spirito perforari
-lancea sustinuit latus suum .... Porro doctrinam omnem seu positionem
-asserentem aut vertentem in dubium, quod substantia animae
-rationalis seu intellectivae vere ac per se humani non sit
-forma, velut erroneam ac veritati catholicae inimicam fidei praedicto
-sacro approbante concilio reprobamus .... opinionem secundam,
-quae dicit tam parvulis quam adultis conferri in baptismo informantem
-gratiam et virtutes tamquam probabiliorem .... sacro
-approbante Concilio duximus eligenda. Che queste tre proposizioni
-si riferiscano a Pier Giovanni non è dubbio. Per il colpo di lancia
-lo confessa il Wadding stesso (VI, 386); per gli altri due basterà
-citare lo scritto stesso dell'Olivi riportato dal Duplessis (<i>Collectio</i>, I,
-pag. 232): Quod anima intellectualis non informat corpus sed tantum
-per sensitivam, pag. 231. Quod virtutes non dentur parvulis
-in baptismo: De hoc, sicut jam dixi, nihil est in scriptis meis, nihil
-etiam unquam asserui. Sed quod ex necessitate ad eorum salvationem
-hoc fieri non oporteat, aut communiter hoc non fiat, dixi
-ante tempora Fr. Hieronymi esse opinionem profundo et solemni
-scrutinio discutiendam, et non temerarie tanquam haereticam a
-quolibet reprobandam.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note800">
-<p><span class="label"><a href="#tag800">800</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Così si esprime Clemente nella bolla <i>Exivi</i>: declarando dicimus
-quod fratres minores ex professione suae regulae specialiter
-obligantur ad arctos usus seu pauperes, qui in ipsorum regula
-continentur .... Dicere autem quod hereticum sit tenere usum
-pauperem includi vel non includi sub voto evangelicae paupertatis
-praesumptuosum et temerarium judicamus. Di questa dichiarazione
-scrive la <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 307-8 «fu facta la
-quarta declaratione papale, la quale è in fra le altre come un'aquila
-volante tanto s'appressa all'intenzione di S. Francesco, la substantia
-della quale la trassono li Episcopi e li maestri di quelle cose, che
-frate Ubertino proponeva per se e per li compagni». Quanta parte
-abbia avuta in codesta decisione frate Ubertino, lo dice con viva
-compiacenza la <i>Cronaca</i>, carte 298: «Ma perchè frate Ubertino
-dovea sostenere le insidie li empiti e li assalti della sesta battaglia,
-però Dio li dette l'uscio aperto delle sacre scripture, ed il chiaro e
-sottile ingegno della intelligentia, e lo riempiè dell'acqua della sapientia
-del salvatore Christo Jesu, intanto sparivano e mancavano
-dalla faccia sua le ragioni delli adversarii, come le tenebre dalla
-faccia dello inradiante sole. E questo fu manifesto a tutti avanti
-e dopo il Concilio, perchè uno solo delli electi delli trentamila
-vinse fortemente la schiera delli adversari e roppe le reti delli loro
-sophismi, come se fussino teli di ragnia».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note801">
-<p><span class="label"><a href="#tag801">801</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Wadding</span>, VI, pag. 313.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note802">
-<p><span class="label"><a href="#tag802">802</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 300: «Per la quale cosa il
-Papa non volse che havessi alcuno vigore cosa, che si proponesse
-in juditio per parte del generale o veramente dell'ordine contro
-frate Ubertino e li suoi compagni. E per questo arrabbiandosi
-molto più li frati adversarii delli umili poveri di Gesu Christo, predicavano
-e dicevano che era sacrifizio mattutino e vespertino offenderli
-e perseguitarli come destructori e diffamatori dell'ordine,
-e questo perchè essi humili figlioli della obbedientia e zelatori
-della verità li aveano detta la verità, la quale conveniva loro dire
-per l'ordine. E intanto si erono questi persequitori inanimiti contro
-alli persequitati, che uno di loro non si vergognò di confessare
-arditamente e pubblicamente avere avvelenato frate Raymondo di
-Gaufredo, frate Guido dei Mirapesci, e frate Bartolomeo Sicardo,
-e un altro frate; onde questa fama riempie quasi tutta la corte. Il
-Papa ancora più volte massime nel Concilio di Vienna si lamentò
-della irreverentia e l'inobedientia delli frati».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note803">
-<p><span class="label"><a href="#tag803">803</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca delle Tribolazioni</i>, carte 305: «Conciosia cosa che
-Papa Clemente quinto avessi assignato nel Concilio di Vienna episcopi
-doctori in jure canonico e molti maestri in teologia per udire
-ed esaminare quelle cose, le quali erano proposte per la riformatione
-di tutta la religione da frate Ubertino e da tutti li altri fratelli
-secondo che havevano havuto comandamento da esso Papa
-Clemente, tanta crudeltà e tanto odio mostravano loro e alli loro
-aderenti li frati in Provenza e in Toscana e nella provincia della
-Valle di Spoleto, che ciascheduna persona si poteva accorgere
-che in poco o nulla reverentia havevono l'obbedientia del Papa, e
-mostravano un odio tanto implacabile contro a questi zelatori
-della Regola, che per le diverse persecutioni furono costretti li
-frati zelatori della Regola di dividersi dalla comunità delli frati e
-di separarsi da loro. Ridussonsi adunque doppo quella segregatione
-e separazione dalli persecutori al convento di Narbona e di Bises.
-Perocchè quelli uomini di quelle cittadi li havevono in grande reverentia
-e devotione sì per la santità, la quale cognoscevono in
-loro, sì per li miracoli che tutto il giorno vedevono al sepolcro del
-santo uomo Pier Giovanni». Carte 310: «Per la qual cosa conoscendo
-questi poverelli, che lo stare con quelli che li avevono in
-odio ne seguitava loro pericolo corporale, trovorono una chiesa
-derelicta e solitaria appresso a Malusana, dove era dell'acqua e alcuna
-spelonca, ed ivi si raccolsono quelli frati zelatori di licentia del
-Patron di quello loco, vivendo in vera e pura observantia della
-regola. E la vernata seguente si stettono nel loco di S. Lazzaro di
-Vignone per insino che fu data la diffinitiva sententia del Papa».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note804">
-<p><span class="label"><a href="#tag804">804</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le lettere di Clemente V sono riportate dal Wadding, VI,
-214. Quia tamen relatione intelleximus fide digna quod nonnulli
-fratres occasione dissensionis predictae, ad illicita laxatis habenis,
-quaedam loca dicti ordines in eadem provincia constituta contra
-ipsius statuta ordinis temeritate propria occuparunt .... non mandamus
-quatenus vos vel unus aut duo vestrum per vos seu alium
-vel alios eisdem fratribus ex parte nostra in virtute sanctae obedientiae
-districte praecipere studeatis. La <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>
-ben rileva le conseguenze funeste del dissidio toscano e
-narbonese .... carte 308-309: «Elessonsi questi frati il generale e li
-altri prelati secondo la regola. La qual cosa e tornò in scandolo
-a loro e a tutti li lor compagni, Papa Clemente e li cardinali
-e tutti quelli ancora che per la reformatione li davano favore
-ne furono turbati ed agevolmente potessono credere di loro tutti
-li mali che di loro erano proposti in juditio dalli loro avversarii.
-E avvenga che essi frati partiti mandassero appresso la morte di
-Papa Clemente littere, che di tutto erano apparecchiati ad obbedire
-a tutte le cose che comandassi sua Santità, e di stare sotto
-alla sua correptione, nientedimeno quelle lettere non pervenneno
-alla presentia del sancto padre».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note805">
-<p><span class="label"><a href="#tag805">805</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Wadding riporta (<span class="smcap lowercase">VI</span>, 271) la lettera indirizzata da Giovanni
-XXII dilecto filio fratri Ubertino de Ilia de Casali, vercellensis
-dioecesis monacho monasterii sancti Petri de Gemblaco
-ordinis sancti Benedicti dioecesis leodiensis .... Sane nobis exponere
-curavisti, quod propter debilitates varias et infirmitates proprii
-corporis, quibus frequenter molestaris et propter alias causas nobis
-explicitas, de ordine fratrum minorum, quem ab olim fuisti professus
-.... ad ordinem sancti Benedicti desideras transferre. Nos ....
-tuis in hac parte desideriis annuentes, te ex nunc ab omni subjectione,
-jurisdictione, obligatione, jugo et obedientia Regulae dicti
-ordinis fratrum minorum et omnium Praelatorum ipsius, auctoritate
-Apostolica prorsus absolvimus ecc. Datum Avenion. Kal. octobris
-anno II (1317).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note806">
-<p><span class="label"><a href="#tag806">806</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Contro i dissidenti toscani, che s'erano rifugiati in Sicilia sotto
-la protezione di Federico II d'Aragona, scrisse la lettera del
-marzo 1317 carissimo in Cristo filio regi Trinacriae, riportata
-dal Wadding (VI, 266). Riferisco questo passo: Non modicum
-excellentiae tuae derogatur honori, si hujusmodi viros devios,
-professionis propriae ac sacrorum canonum transgressores, ac etiam
-seminatores errorum in dicta insula permittas ulterius commorari.
-Simili lettere del maggio 1317 furono indirizzate dilecto filio officiali
-narbonesi, dilecto filio officiali Biterrensi (<span class="smcap">Wadding</span>, p. 268).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note807">
-<p><span class="label"><a href="#tag807">807</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Extravag.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span> <i>De verborum significatione</i>. Nelle due
-disposizioni accennate Giovanni non avea fatto se non riprodurre,
-come lui stesso dichiara, le prescrizioni di Clemente V. Ma nella
-Clementina <i>Exivi</i> § 11 era chiaramente detto: non est verisimile
-voluisse ipsum (Franciscum) eos habere granaria vel cellaria, ubi
-quotidianis mendicationibus deberent sperare posse transigere vitam
-suam; e solo per via di eccezione si permettevano le provviste:
-tunc tantum cuna esset multum credibile ex jam expertis, quod non
-possent vitae necessaria aliter invenire. L'<i>Estravagante</i> riproduce
-la concessione, ma tace la massima.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note808">
-<p><span class="label"><a href="#tag808">808</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Extravag.</i>, loc. cit. Magna quidem paupertas, sed major integritas,
-horumque obedientia maximum, si custodiatur illaesa. Nam
-prima rebus, secunda carni, tertia vero menti dominatur et animo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note809">
-<p><span class="label"><a href="#tag809">809</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'inquisitore che li condannò fu frate Michele dell'ordine
-dei Minori, al quale Giovanni XXII nella bolla riportata dal Baluze
-(ediz. Mansi, II, pag. 247) e dal Wadding (VI, 259) avea ingiunto
-di procedere contro coloro che ricalcitravano alla costituzione
-<i>Quorundam</i>. La sentenza di condanna pubblicata dallo stesso
-Baluze (ediz. Mansi, II, 248), fu pronunziata in cimiterio beatae
-Mariae de Aquis Curiatis Massiliae anno Domini <span class="smcap lowercase">MCCCXVIII</span>, indictione
-prima, <span class="smcap lowercase">VII</span> maji, pontificatus sanctissimi Patris Johannis XXI
-anno secundo. Tra i considerandi riporto questi: Asseruerunt quoc
-sanctissimus Pater Johannes XXII non habuit nec habet potestatem
-faciendi quosdam declarationes, commissiones et praecepta
-contenta in quadam constitutione sive decretali .... quae incipi
-<i>Quorundam</i>, et quod ipsi Domino Papae non tenebantur obedire.
-Et insuper coram nobis constituti protestati sunt verbo et in scripti
-quod stabant et stare intendunt usque in diem judicii in protestationibus
-.... videlicet quod illud quod est contra regulae fratrum
-minorum observantiam et intelligentiam est per consequens contra
-evangelium et fidem, alias non esset penitus quod regula evangelica,
-et quod nullus mortalis potest eos cogere ad deponendun
-ipsos habitos curtos et strictos.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note810">
-<p><span class="label"><a href="#tag810">810</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi le aggiunte al rapporto sulla Postilla dell'Olivi (<span class="smcap">Baluze-Mansi</span>,
-II, 271): nonnulli alii ejusdem ordinis, qui praedictos errore
-abjuraverunt, fuerunt ad poenam carceris condemnati, ex quibus
-aliqui postmodum infra annum .... transierunt ad gentes infedeles,
-reliquentes in scriptis ea quae sequuntur, videlicet quod ipsi non
-dimittebant ordinem, sed parietes; non habitum sed pannum; non
-fidem, sed corticem; non Ecclesiam, sed Synagogam coecam; non
-pastorem, sed divoratorem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note811">
-<p><span class="label"><a href="#tag811">811</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Inquisitoris sententia</i> (<span class="smcap">Baluze</span>, II, 249). Et quia constat
-nobis quod praefati errores imo haereses manifeste processerunt
-seu originem habuerunt a venenato fonte doctrinae immo verius
-seductrinae, quam frater Petrus Johannis Olivi .... temere scriptitavit,
-et doctrinam ejus et libros .... fuisse per praefatum ordinem
-de consilio etiam plurium magistrorum in sacra pagina
-condemnatos ac etiam igni adjudicatos, et attendentes nihilominus
-quod praefatus sanctissimus Pater Johannes Papa certis ex dominis
-cardinalibus et quibusdam in sacra pagina magistris examinationem
-praedictorum librorum commisit .... praecipimus .... quod pendente
-dicto negotio coram praefato Domino Papa et ejus facto
-collegio nullus praesumat praenominato Petro Johanni tanquam
-sancto aut catholico viro et approbato reverentiam exhibere. La
-Commissione, a cui accenna qui la sentenza, è la stessa che scrisse
-il rapporto a Giovanni XXII, pubblicato dal Baluze (II, 258 e segg.),
-e dal quale ci siam serviti nell'esposizione delle dottrine dell'Olivi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note812">
-<p><span class="label"><a href="#tag812">812</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'inquisitore oppone naturalmente (pag. 247): quod nulla regula
-religiosorum aequanda est evangelio, cum evangelium Christi
-Sancta Universalis atque Romana Ecclesia propter eminentissimam
-ejus auctoritatem nec mutet nec corrigat nec confirmet ....
-regulae vero praedictae et quorumcumque religiosorum omnis tenor
-et vigor sic a Romanae sedis potestate manat, ut nulla sit ejus
-auctoritas, quae ab indulgentia seu confirmatione sedis apostolicae
-non decurrat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note813">
-<p><span class="label"><a href="#tag813">813</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Inquisitoris sententia</i>, pag. 248: ea quae in constitutione
-sive decretali de habitu et quaestu et similia mandabuntur (nella
-decretale <i>Quorundam</i>) erant contra consilium Christi evangelium
-et eorum votum de altissima et evangelica paupertate, quam Christus
-servavit, et Apostolis ac professoribus evangelicis imposuit ac
-servandum: Anche l'Olivi (<span class="smcap">Baluze</span>, II, 261) aveva scritto: consta
-regulam minorum per beatum Franciscum editam esse vere e
-proprie illam evangelicam, quam Christus in se ipso servavit e
-apostolis imposuit, et in evangeliis suis conscribi fecit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note814">
-<p><span class="label"><a href="#tag814">814</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Baluze attribuisce a Giovanni di Belna l'opuscolo intorno
-ai beghini e spirituali che comincia: Quaestiones aut dubia quae
-circa illa, quae sunt fidei, oriuntur, ad sedem apostolicam pertinet
-interpretari, declarare (II, 274).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note815">
-<p><span class="label"><a href="#tag815">815</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronica della Quistione insorta nella corte di Papa Giovanni
-XXII circa la povertà di Cristo</i> pubblicata dallo <span class="smcap">Zambrini</span>
-in appendice alla <i>Storia di fra Michele Minorita</i> (<i>Scelta di curiosità
-letterarie</i>, dispensa 50). Codesta cronaca è una traduzione
-del <i>Chronicon de Gestis contra fraticellos auctore Joanne Minorita</i>
-pubblicata dal Mansi in appendice al terzo volume del Baluze,
-pag. 206 e segg. Il Müller nella sua opera <i>Der Kampf
-Ludwigs des Baiern mit der römischen Curie</i> (Tübingen 1879-80,
-I, 354 e segg.), ed in una memoria speciale inserita nella <i>Zeitschrift
-für Kirchengeschichte herausgegeben von Brieger</i> (VI. I
-pag. 63 e segg.) ha dimostrato non solo l'identità della cronaca
-italiana colla latina, ma confrontando un manoscritto parigino
-(Bibl. Naz., cod. lat. 5154) ha messo fuori discussione che l'opera,
-attribuita a Giovanni dal Mansi, è identica a quella di Niccolò
-Minorita, dalla quale il Raynald, il Wadding ed il Böhmer cavarono
-alcuni estratti. Il vero nome è certo Niccolò, perchè si trova
-non solo nella traduzione italiana, ma nel codice parigino e nel
-vaticano. Ed io aggiungo che essendo scritto il nome dell'autore
-colla sola iniziale, come nella traduzione italiana, era ben facile
-lo scambio tra un J ed un N.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note816">
-<p><span class="label"><a href="#tag816">816</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Niccolò III teneva per evangelica la regola della povertà
-(<i>Sext. Decr.</i>, tit. XII, cap. <span class="smcap lowercase">III</span>): Hi sunt illius sanctae regulae professores,
-quae evangelico fundatur eloquio, vitae Christi roboratur
-exemplo, fundatoris militantis ecclesiae, apostolorum ejus sermonibus
-actibusque firmatur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note817">
-<p><span class="label"><a href="#tag817">817</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La risposta di frate Ubertino è pubblicata dal Baluze (ediz.
-Mansi, II, 279). Vedi anche <i>Cronica della Quistione</i>, pag. 77-80.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note818">
-<p><span class="label"><a href="#tag818">818</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Marcour</span>, <i>Antheil der Minoriten im Kampfe zwischen
-Ludwig IV von Baiern und Papst Johann XXII</i>, Emmerich,
-1874, pag. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note819">
-<p><span class="label"><a href="#tag819">819</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La traduzione italiana, pag. 64-76, tra le parole <i>tradi fecit</i>
-e <i>volens igitur</i> (<span class="smcap">Baluze</span>, <span class="smcap">Mansi</span>, 207 <i>b</i>) inserisce un lungo racconto
-del concistoro tenuto da Giovanni XXII nel 6 marzo 1322.
-Il racconto, conforme in sostanza a quello che più brevemente si
-legge nella stampa del Baluze pag. 270 <i>b</i>, par dettato, secondo il
-Müller (<i>Zeitschrift</i>, pag. 66), da un testimone oculare.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note820">
-<p><span class="label"><a href="#tag820">820</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la Bolla <i>Quia nonnumquam</i> (<i>Extravag.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, cap. <span class="smcap lowercase">II</span>).
-Nos autem attendentes quod argumentis frequenter et collationibus
-latens veritas aperitur .... praesertim cum de novo suborta sint
-dubia .... prohibitiones et poenas praedictas .... auctoritate apostolica
-duximus .... suspendas. È data <span class="smcap lowercase">VII</span> Kal. april, anno <span class="smcap lowercase">VII</span> (1322).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note821">
-<p><span class="label"><a href="#tag821">821</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span> ediz. Zambrini, pag. 84. Nell'originale
-latino sono riportate per disteso le due circolari di fra Michele
-(<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, III, pag. 208-211). Il Preger nella memoria <i>Ueber
-die Anfange des kirchenpolitischen Kampfes unter Ludwig dem
-Baier</i> (München 1882) ha con ragione notato che Michele da Cesena,
-Occam e gli altri non si debbono considerare come rappresentanti
-degli spirituali, bensì dei conventuali. Tanto vero che Bonagrazia
-da Bergamo nella protesta, che fece quale procuratore
-dell'ordine contro Giovanni XXII, tenne a distinguere la causa loro
-da quella degli spirituali, che ei chiama <i>pseudo prophetas</i> (<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>,
-220, col. a). Io aggiungo che Michele da Cesena sottoscrisse
-la dichiarazione, che ritiene eretici questi tre punti... 1º quod illud,
-quod est contra observantiam praefatae regulae beati Francisci et
-ejus intelligentiam, est per consequens contra evangelium et fidem et
-e converso, alias ipsa non esset penitus pro regula evangelica 2º....
-quod dominus Papa non habuit nec habet potestatem nec auctoritatem
-faciendi constitutionem <i>Quorundam</i>.... 3º Quod nec
-Papae nec praelatis dicti ordinis obediendum est in his, quae in
-praefata constitutione continentur. (<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, II, 270-71).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note822">
-<p><span class="label"><a href="#tag822">822</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Extrav.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, cap. <span class="smcap lowercase">III</span>. Ad conditorem .... ipsum (cioè il
-compromesso) non profuisse sed potius tam ipsis fratribus quam
-aliis obfuisse subsequens magistra rerum experientia noscitur declarasse.
-Quis enim simplicem usuarium dicere poterit, cui rem
-usuariam licet permutare, vendere ac donare? .... nequaquam potest
-in rebus usu consumptibilibus reperiri, in quibus nec jus
-utendi nec usus facti separati a rei proprietate seu dominio possunt
-constitui vel haberi .... De fratrum nostrorum Consilio hoc edicto
-in perpetuo volitare sancimus, quod in bonis, quae in posterum
-conferentur .... fratribus seu ordini supradictis (exceptis ecclesiis,
-oratoriis, officius, et habitationibus, ac vasis, libris et vestimentis
-divinis officiis dedicatis ....) nullum jus seu dominium aliquod ....
-Romanae Ecclesiae acquiratur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note823">
-<p><span class="label"><a href="#tag823">823</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La protesta francescana è riportata da Niccolò (<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>,
-III, 213-221). Il frate Bonagrazia che la distese è quello stesso,
-come nota il Riezler (op. cit., pag. 69), che scrisse contro Ubertino
-da Casale un opuscolo riportato dal Baluze (ediz. <span class="smcap">Mansi</span>, II, 270).
-Il <span class="smcap">Marcour</span> (op. cit., pag. 39) dubita di questa identificazione, forse
-indotto dalla data che il Raynald assegna a questo scritto, vale a
-dire il 1325. Sarebbe stato infatti molto strano che dell'inchiesta
-contro Ubertino fosse incaricato dalla Curia chi un anno prima era
-stato messo in carcere per avere protestato contro il Papa. Ma io
-dubiterei piuttosto della data, non dell'identificazione, che va d'accordo
-colle notizie del Wadding, secondo le quali il Bonagrazia era
-così nemico degli spirituali, che al dire della <i>Cronaca delle Tribolazioni</i>
-e del Wadding (VI, 317) dopo la dichiarazione di Clemente V
-in favore dell'uso povero fu bandito dalla Curia. E morto Clemente
-tornò a perseguitarli, e per opera sua morì in prigione un fra Bernardo
-delli Consi, compagno dei quattro bruciati in Marsiglia
-(<span class="smcap">Wadding</span>, VI, 321). Questo altro fatto avrebbe potuto addurre il
-Preger per mostrare come i più fieri nemici degli spirituali ora
-facessero causa comune con loro contro il papa Giovanni XXII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note824">
-<p><span class="label"><a href="#tag824">824</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le due bolle sono riportate da Niccolò Minorita, la prima
-da pag. 211 <i>b</i> a 213 <i>a</i>, la seconda da pag. 221 a 224 <i>a</i>. Nelle decretali
-è riportata naturalmente la seconda, che fu la definitiva.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note825">
-<p><span class="label"><a href="#tag825">825</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Extrav.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, cap. <span class="smcap lowercase">IV</span>: <i>Cum inter nonnullos</i> .... assertionem
-hujusmodi pertinacem, cum scripturae sacrae, quae in plurisque locis ipsos nonnulla habuisse asserit .... erroneam fore
-censendam et hereticam de fratrum nostrorum consilio hoc perpetuo
-declaramus edicto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note826">
-<p><span class="label"><a href="#tag826">826</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La protesta di Ludovico si trova nel Baluze (<i>Vitae pap.
-Aven.</i>, II, 478-512) e nella Cronaca di Niccolò Minorita (<span class="smcap">Baluze-Mansi</span>,
-224 <i>b</i>-232 <i>b</i>). Il Müller (<i>Der Kampf</i>, I, 357-58) le assegna
-la data del 22 maggio 1324. Nella protesta di Norimberga del
-18 dicembre 1323 Ludovico accusava il Papa di aver menomata
-l'autorità dei vescovi per favorire i minoriti, contro i quali da tutte
-parti si levavano giuste lagnanze (<span class="smcap">Müller</span>, op. cit., I, 70); nella
-protesta di Sachsenhäusen invece l'accusava di perseguitare i minoriti
-col distruggere la legge della povertà, fondamento del loro ordine.
-Tra le due proteste però non corre, secondo il Preger (<i>Ueber
-die Anfange</i>, pag. 43), la contradizione che vi scopre il Marcour
-(op. cit., pag. 32); perchè nella prima protesta si difende la causa
-dei vescovi contro i minoriti conventuali, e nella seconda la causa
-dei frati spirituali, che in Spira s'erano messi dalla parte del vescovo,
-e non meno di lui si opponevano alle pretensioni ed agli
-abusi dei conventuali. Il più attivo fra codesti spirituali era frate
-Francesco di Lutra, a cui secondo il Preger si deve la parte della
-protesta di Sachsenhäusen, che riguarda le quistioni minoritiche.
-Non si potrebbe pensare ad Ubertino di Casale, come sospetta il
-Riezler (<i>Die litt. Widersacher</i>, pag. 73), perchè, come ha notato
-il Müller, Ubertino non lasciò Avignone prima del 1325. Nè tampoco
-al provinciale tedesco Enrico di Thalheim, come credono il
-Marcour (<i>Der Antheil</i>, pag. 35) e lo stesso Müller (<i>Der Kampf</i>, I,
-24), perchè nella bolla del 10 gennaio 1831 il Papa non lo rimprovera
-di veruna partecipazione alla protesta di Sachsenhäusen.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note827">
-<p><span class="label"><a href="#tag827">827</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Extrav.</i>, tit. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, cap. <span class="smcap lowercase">V</span>. Il Müller, op. cit., pag. 96, giustamente
-riproduce il giudizio del Wadding, al quale il Papa apparisce
-in questa bolla scholasticorum potius more disputans quam pontificia
-auctoritate decernens.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note828">
-<p><span class="label"><a href="#tag828">828</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nella lettera papale, riportata da Niccolò Minorita (<span class="smcap">Baluze</span>,
-pag. 237; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 95) non pure Michele da Cesena è chiamato
-diletto figlio, ma in una forma mitissima si accenna alle
-quistioni del giorno: Cum propter aliqua negotia tuum Ordinem
-contingentia, tua fit nobis praesentia opportuna ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note829">
-<p><span class="label"><a href="#tag829">829</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo stesso fra Michele nella sua protesta del 13 aprile 1328
-(<span class="smcap">Baluze</span>, 328) racconta che il Papa l'ebbe per iscusato, et quod non
-fuerat suae intentionis nec volebat quod supra posse laborem in
-veniendo ad eum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note830">
-<p><span class="label"><a href="#tag830">830</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span>, in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 237; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 99:
-«Disse il detto Papa Giovanni a esso general ministro, riprendendolo
-intra molte altre cose, che egli era stolto, temerario, capitoso,
-tiranno e favoreggiatore d'eretici, e che egli era serpente nutricato
-nel seno da essa Chiesa. E spezialmente lo riprese d'alcuna
-lettera del capitolo generale fatta a Perugia, che pendendo la
-quistione nella Corte di Roma egli avea presunto di determinarla
-nel capitolo generale».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note831">
-<p><span class="label"><a href="#tag831">831</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span>, in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 243; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 105.
-«Da poi che il predetto frate Michele, general ministro, udì che
-Papa Giovanni pronunziava per eretica la lettera del capitolo generale
-.... resistendogli nella faccia affermò lo detto papa Giovanni
-essere eretico .... et a modo dei santi padri, i quali si partirono
-dall'ubbidienza dei sommi pontefici, et eziandio perchè egli correva
-pericolo di morte .... a dì <span class="smcap lowercase">XXIV</span> di Maggio del detto anno
-<span class="smcap lowercase">MCCCXXVIII</span> si partì dalla ubbidienza e dalla corte del predetto papa
-Giovanni».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note832">
-<p><span class="label"><a href="#tag832">832</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span> (in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 243 <i>a</i>-<i>b</i>) dopo aver raccontato
-dell'elezione del frate di Corbara, cerca di giustificare con
-citazioni canoniche la misura audace di Ludovico, intorno alla quale
-a nonnullis fuit haesitatum hactenus, et adhuc haesitatum. Tutto il
-passo da <i>deinde praefatus</i> sino <i>ad brachium seculare</i> è saltato
-nella traduzione italiana.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note833">
-<p><span class="label"><a href="#tag833">833</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La sentenza fu pubblicata due volte, la prima a Roma il
-18 aprile, e la seconda il 12 dicembre 1328 a Pisa. La prima edizione
-si trova nel <span class="smcap">Baluze</span> <i>Vitae</i> II, 512, ed in Niccolò Minorita
-(<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, III, 240). Il Müller nella citata opera <i>Der Kampf</i>,
-I, 187, a ragione rileva che nella prima edizione solo di sfuggita
-si accenna al domma della povertà, che formava uno dei punti
-capitali della protesta di Sachsenhäusen, e ne inferisce che in
-Roma ai minoriti era sottentrato un altro consigliere, molto più
-radicale e che delle quistioni fratesche non facea gran conto, Marsilio
-da Padova. Nella seconda edizione invece (<span class="smcap">Baluze-Mansi</span>, 310<i>a</i>-314<i>a</i>), che sebbene riporti l'antica data del 18 aprile, è del tutto una
-redazione nuova, tornano ad occupare il primo posto le quistioni
-minoritiche. Il che mostra che l'ispiratore in luogo di Marsilio fu
-ora Michele da Cesena, come ha dimostrato il Müller, op. cit., p. 214
-e 372. Il passo di Niccolò (<span class="smcap">Baluze</span>, pag. 243 <i>a</i>), che si riferisce alla
-doppia redazione, non è riconoscibile nella traduzione italiana (<span class="smcap">Zambrini</span>,
-pag. 104-105).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note834">
-<p><span class="label"><a href="#tag834">834</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La sentenza del papa inserita in Niccolò Minorita (<span class="smcap">Baluze</span>,
-pag. 243; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 106) porta la data: Avinionis <span class="smcap lowercase">VIII</span> Idus
-Junii Pontificatus nostri anno <span class="smcap lowercase">XII</span> (6 Giugno 1328). Riproduco
-questo passo: Ipse Michael .... associatis sibi quibusdam suae
-iniquitatis complicibus, inter quos erant duo nequam viri, videlicet
-Bonagratia de ordine praedicto .... et quidam Anglicus vocatus
-Guillelmus Ockam ordinis praedicti, contra quem ratione multarum
-opinionum erronearum, et haereticalium, quas ipse scripserat
-et dogmatizaverat, pendebat in eadem Curia inquisitio auctoritate
-nostra diu jam incepta .... ad portum supradictum deveniens ....
-galeam supradictam conscendit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note835">
-<p><span class="label"><a href="#tag835">835</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La lettera indirizzata universis ministris, Custodibus, Guardianis
-et eorum vicariis porta la data: nona die Julii a. d. <span class="smcap lowercase">MCCCXXVIII</span>.
-(<span class="smcap">Niccolò</span>, in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 244-46; <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 107).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note836">
-<p><span class="label"><a href="#tag836">836</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Delle due proteste, la prima più diffusa (in majori forma) si
-suppone già fatta in Avignone nel mese di aprile in presenza di
-frate Guidone, notajo pubblico di detto ordine, e rinnovata poi in
-Pisa in domo fratrum minorum anno praedicto a nativitate Domini
-1328, Indictione <span class="smcap lowercase">XI</span>, 14 Kalendas octobris, praesentibus testibus
-vocatis .... et infrascriptis notariis pubblicis. La riporta Niccolò
-in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 246-303. <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 110. Questa protesta è una
-confutazione delle tre decretali <i>ad Conditorem</i> (pag. 246-75), <i>Cum
-inter</i> (pag. 275-86), <i>Et quia quorundam</i> (pag. 287 e segg.) ....
-tres constitutiones haereticales .... vitae et doctrinae evangelicae
-et apostolicae et S. R. Ecclesiae et SS. PP. eam sequentium, statutis
-multipliciter adversantes, quae tanquam fumus teter et horridus e
-puteo abissali, et ab eo, qui pater est mendacii et schismatis, prorumpentes,
-veritatis et doctrinae solem evangelicae obnubilant et
-obscurant. La seconda protesta (appellatio in forma minori, <span class="smcap">Baluze</span>,
-pag. 303-310) ha la stessa data della precedente; anno supradicto
-decimo (leggi vigesimo) octavo mensis septembris. (<span class="smcap">Zambrini</span>,
-pag. 112). Il Müller (op. cit., I, 211) crede che codesta protesta sia stata
-redatta tardi, per esser letta nell'assemblea tenuta dall'Imperatore
-nel 13 dicembre (<span class="smcap">Villani</span>, 10, 111). In questa seconda protesta
-sono notevoli i seguenti passi, che mancano nella prima (pag. 310):
-licet frater Bonagratia .... et subsequenter serenissimus Dominus
-Ludovicus Romanorum rex appellaverit legitime .... tamen dictus
-Joannes noluit corrigi, nec permisit quod Concilium generale congregaretur
-super praedictis .... Ex quibus patet dictum dominum
-Joannem fuisse et esse pertinacem et notorium et manifestum haereticum.
-Et quod secundum jura, ex quo Papa in haeresim lapsus
-est, ipso jure et facto est omni dignitate ecclesiastica, potestate, authoritate
-et jurisdictione privatus .... nec obviat illa regula per
-parem non potest solvere vel ligare, quia Papa haereticus minor
-est quocumque Catholico.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note837">
-<p><span class="label"><a href="#tag837">837</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La data di codesta costituzione è del 16 novembre 1329
-(<span class="smcap">Baluze</span>-<span class="smcap">Mansi</span>, pag. 323-341). La traduzione italiana della <i>Cronaca</i>
-nel capitolo, di cui lo Zambrini (pag. 116) pubblica solo l'intestazione,
-dopo aver riportato il principio della costituzione sino alle
-parole <i>in rebus usu consumtilibus</i> aggiunge: «Et così seguita
-di parte in parte replicando le aleghationi di frate Michele generale
-isforzandosi d'impugnarle per confermare le sue agiungniendo
-tanti errori sopra errori, che una confusione pestifera pazza e
-bestiale (<i>sic</i>). Perchè sarebbe troppo lungo e tedioso volgarizzare
-tucte sue costituzioni et heresie, e le opposite appelationi et alleghationi
-facte pro e contra, si pone in questa astrazioncella (<i>sic</i>)
-della chronica il principio e il fine delle cose più notabili, volgarizzandone
-alcune, che si possono dimostrare con più brevità e
-convenevole chiarezza ai non litterati divoti ricercatori, i quali
-avuta la introductione d'essa verità con meno fatica potranno investigare
-la plenitudine sua dalli licterati intendenti et ammaestrati
-nella sacra scriptura». (Codice Magliabechiano XXXIV, 76, carte 63
-<i>recto e verso</i>).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note838">
-<p><span class="label"><a href="#tag838">838</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La cronaca del Minorita (in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 341-355) riporta
-un'<i>appellatio fratris Michelis a Generalis a Constitutione praescripta</i>.
-Il Müller però (<i>Aktenstücke</i>, pag. 78) ha dimostrato, che
-la protesta di fra Michele non poteva esser questa, ove si parla
-non solo di Giovanni, ma dei successori suoi (pag. 351) e più sotto
-dei tre successori (pag. 352 <i>b</i>). Inoltre questa protesta, che in verità
-non ha la forma delle solite appellationes, non è se non il <i>Defensorium</i>,
-male attribuito all'Occam, e già pubblicato dal Brown
-(<i>Fasciculus rerum expetendarum</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>, 434-65), e prima di lui nel
-<i>Firmamentum trinum ordinum</i>, Parigi 1512, e nel <i>Singulare
-opus ordinis Seraphici Francisci</i>, Venezia 1513. Il codice parigino,
-a differenza della stampa del Baluze, ha la vera protesta (pubblicata
-in parte dal Müller, pag. 83). La traduzione italiana (cod. Magliabechiano,
-carte 63 <i>verso</i>) ha soltanto il principio e la fine della
-protesta conformi al testo pubblicato dal Müller. Eccoli: In nomine
-patris et filii et spiritus sancti amen. Anno a nativitate domini
-<span class="smcap lowercase">MCCCXXX</span> indictione <span class="smcap lowercase">XIII</span> in Monaco in domo fratrum minorum venerabilis
-et religiosus vir frater Michael. E finisce così: Acta et facta
-fuerunt predicta in Monaco, in domo fratrum minorum in refectorio
-ejusdem domus anno predicto a nativitate domini <span class="smcap lowercase">MCCCXXX</span>
-indictione <span class="smcap lowercase">XIII</span>, <span class="smcap lowercase">VII</span> Kal. aprilis presentibus (la lacuna è nel codice).
-Explicit. Amen. Oltre alla protesta Niccolò Minorita riporta una
-lettera del Cesenate spedita a tutti i ministri, custodi e guardiani,
-che ha la data del 4 gennaio 1331 (<span class="smcap">Baluze</span>, pag. 356-361). È riportata
-anche dal Goldast, II, 1338 (leggi 1328). La traduzione italiana
-la dà per intero volgarizzata da carte 64 a carte 86. Con
-questa lettera finisce la stampa della cronaca fatta dal Mansi e la
-traduzione italiana. Gli altri capitoli, la cui intestazione è riportata
-dallo Zambrini, non appartengono più alla cronaca, bensì formano
-altri opuscoli riuniti, come suole accadere, nello stesso codice.
-A differenza del testo del Mansi e della traduzione italiana il
-codice parigino seguita più oltre sino all'anno 1338.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note839">
-<p><span class="label"><a href="#tag839">839</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Niccolò</span>, in <span class="smcap">Baluze</span>, pag. 315-323. Una delle ragioni, su cui
-si appoggiavano è questa (pag. 319 <i>b</i>): Sed constat quod dictus
-Dominus Bertrandus se vicarium asserens ordinis antedicti pro
-libito voluntatis contra formam Juris et Concilii instituit et creavit
-ministros provinciales et custodes .... Et quod illi, qui fuerunt in
-dicta congregatione imo verius conspiratione facta Parisiis, fuerunt
-pro majori parte per dictum D. Bertrandum Provinciales et custodes
-creati.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note840">
-<p><span class="label"><a href="#tag840">840</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la lettera di fra Michele pubblicata dal Goldast, II, 1236,
-che comincia: Literas plurium magistrorum in sacra pagina aliorumque
-notabilium fratrum ordinis Beati Francisci tum Parisius
-quam de partibus aliis me noveritis recepisse, per quas me inducere
-videbuntur ut ad unitatem sanctae ecclesiae ac dicti ordinis,
-a qua me dicebant aversum, accedere festinarem .... e finisce: Ex
-parte fratris Michaelis generalis ministri dicti ordinis licet inviti
-de voluntate et assensu fratrum Henrici de Thalheim. Francisci de
-Esculo, Guilhelmi de Okam in sacra pagina magistrorum, et fratris
-Bonagratiae, et aliorum fratrum eis adhaerentium .... Questa
-lettera è riportata anche nel codice parigino della Cronaca di
-Niccolò (<span class="smcap">Müller</span>, pag. 75).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note841">
-<p><span class="label"><a href="#tag841">841</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In una lettera scritta la pentecoste del 1324 e pubblicata da
-un codice parigino dal Müller (<i>Aktenstücke</i>, pag. 111) dice l'Occam:
-Nam contra errores pseudopape prefati posui faciem meam
-ut petram durissimam, ita quod nec mendacia nec false infamie
-nec persecutio qualiscumque, que personam meam corporaliter
-non attingit, nec multitudo quantacumque credencium sibi aut favencium
-vel eciam deffendencium me ab impugnatione et reprobatione
-errorum ipsius, quamdiu manum cartam calamum et atramentum
-habuero, numquam in perpetuum poterunt cohibere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note842">
-<p><span class="label"><a href="#tag842">842</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Niccolò Minorita</span>, in <span class="smcap">Zambrini</span>, pag. 116: «Questa (<i>Quia vir
-reprobus</i>) è la quarta decretale eretica di papa Giovanni XXII, eretico
-manifesto, contra la quale appellò frate Michele, generale dell'ordine
-de' frati minori, e compuose e fe' pubblicare contro a essa
-la sua distesa appelazione da Monaco, e il maestro Guilglielmo
-Ocam fe' contro l'opera de' novanta dì, e la quarta parte del suo
-dialogo e il maestro Francesco Rosso fe' contro il libro, che comincia:
-<i>Del padre empio si rammaricano i figliuoli</i>; i quali, con
-molti altri, solennemente impugniorono sì essa sua decretale, come
-l'altre sue eresie».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note843">
-<p><span class="label"><a href="#tag843">843</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Opus nonaginta dierum</i>, in <span class="smcap">Goldast</span>, II, 993-1236. La bolla
-<i>Quia vir reprobus</i> secondo l'Occam pag. 996, in tres partes principales
-dividitur. Primo siquidem respondetur ad objectiones contra
-constitutionem <i>Ad conditorem</i>; secundo respondetur ad objectiones
-contra constitutionem <i>Cum inter</i>; tertio ad objectiones contra
-constitutionem <i>Quia quorundam</i>. Analogamente a questa divisione
-o l'Occam stesso o l'editore, come vuole il Riezler, ha diviso
-l'<i>Opus</i> in tre parti. La prima da pag. 966 a 1139; la seconda da
-pag. 1136 a 1220; la terza da pag. 1221 a 123 <i>b</i>. Benchè l'Occam
-adduca gli argomenti delle due parti, naturalmente svolge con
-maggior copia e forza le ragioni degli oppositori. E pare che egli
-sia stato il primo ad esporle con larghezza, perchè dice nella
-chiusa: impugnantium rationes scripturae mandavi, et quantum in
-me est omnibus pubblicavi, quod ipsos audio toto desiderio cordis
-affectare. Forse lo scritto di Occam precede quello di Michele da
-Cesena del 24 (o 4) Gennajo 1331 riportato da Niccolò in Baluze
-pag. 356-58, e pubblicato anche dal Goldast, II, 1238 (V. <span class="smcap">Müller</span>,
-<i>Aktenstücke</i>, pag. 75).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note844">
-<p><span class="label"><a href="#tag844">844</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo libro, come già dicemmo altrove, forma la seconda
-parte del <i>Dialogo</i> (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 740-70). È intitolato: <i>De dogmatibus
-Papae Johannis XXII</i>, e si divide in due trattati. Il primo,
-in dodici capitoli, si riferisce alla predica tenuta da Giovanni XXII
-nel concistoro, e ne combatte ad una ad una le ragioni (pag. 740-61).
-Il secondo, in dieci capitoli (pag. 761-70), non si riferisce a Giovanni,
-ma ai suoi difensori. V. pag. 761: Non tamen principalem
-errorem improbare studebo, quia in aliis operibus inquisitus ejus
-poterit improbatio reperiri, sed ad quasdam rationes sophisticas,
-quas ad muniendum praedictum errorem adducunt, satagam respondere.
-I due trattati non mostrano nessuna connessione tra di
-loro, ma il secondo pare che vagamente ricordi il primo nelle
-parole surriferite. Il primo pare che sia stato scritto nel 1333,
-perchè l'autore stesso dice che il 3 gennaio di quell'anno gli
-venne fatto di leggere la narrazione di ciò che era stato detto da
-Giovanni nel pubblico concistoro, tenuto, come dice Niccolò Minorita
-in un passo pubblicato dal Müller (<i>Akten</i>, pag. 89), la vigilia
-della Pentecoste dell'anno precedente (5 gennaio 1332). È
-molto improbabile che, lette le ragioni di Giovanni, tardasse a rispondervi.
-Il secondo trattato è posteriore, ma non può essere
-scritto al di là del 1334, perchè, come osserva il Riezler, si parla
-di Giovanni XXII come ancora vivo, nè si fa cenno della bolla del
-3 dicembre 1334, in cui pria di morire il Papa ritirò la sua dottrina
-della visione beatifica, che egli in verità dava solo come
-una opinione, secondo che confessa lo stesso Occam nel cap. <span class="smcap lowercase">VIII</span>
-del primo trattato.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note845">
-<p><span class="label"><a href="#tag845">845</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Compendium errorum Johannis Papae XXII</i> (<span class="smcap">Goldast</span>,
-II, 957-76). Qui sono combattute di nuovo le quattro costituzioni
-di Giovanni, che l'Occam colla consueta arguzia medievale chiama
-<i>destitutiones</i>. Nella prima <i>Ad conditorem</i> (pag. 958-60) vengono
-trovati tredici errori; sette nella seconda <i>Cum inter</i> (pag. 261-62);
-diciotto nella terza <i>Quia quorumdam</i> (pag. 962-964); trentadue
-nella quarta <i>Quia vir reprobus</i>. Oltre a queste si combattono
-altre sette eresie di Giovanni XXII. Nella chiusa protesta contro
-una costituzione di Benedetto XII. Quae quidem destitutio praefatam
-haeresim retro seculis inauditam continens talis est: Districtius
-inhibemus ne postquam super negotio fidei quaestio seu dubitatio
-aliqua, super qua sunt opiniones adversae vel diversae, deducta
-fuerit ad Apostolicae Sedis examen, quisquam extunc alterutram
-partem declinare, eligere vel approbare praesumat, sed super ea
-sedis ejusdem judicium seu declaratio expectetur .... Unde licet
-ille nomine non re Benedictus XII praedecessori suo, in doctrina
-haeretica nunquam partecipasse .... tamen propter istam solam
-haeresim, cujus est auctor .... est inter haereticos computandus.
-Il Riezler (op. cit., pag. 77) crede che quest'opuscolo sia stato
-composto tra il 1335 ed il 1338. Nel 23 agosto 1338 Fra Michele
-da Cesena pubblicò la protesta contro Benedetto XII, alla quale
-s'associarono Buonagrazia, Occam ed Enrico di Thalheim, come
-racconta Niccolò Minorita nel frammento pubblicato dal Müller
-(<i>Akten</i>, pag. 100-102).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note846">
-<p><span class="label"><a href="#tag846">846</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'<i>Opus nonaginta dierum</i>, cap. 122, pag. 1224, riproduce la
-protesta di Fra Michele contro quella parte della decretale <i>Quia
-quorundam</i>, ove si sostiene che il Papa può revocare i decreti
-dei suoi predecessori, e nel capitolo susseguente espone largamente
-le ragioni, che stanno in favore della protesta, nonostante
-le denegazioni fatte dal Papa nella bolla <i>Quia vir reprobus</i>. Parimenti
-nel <i>Compendium errorum</i>, cap. 4, pag. 962. Primus error
-quod illa, quae per clavem scientiae sunt a summis pontificibus
-in fide et moribus diffinita, possunt a suis successoribus in dubium
-revocari .... et per consequens fides esset in potestate hominum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note847">
-<p><span class="label"><a href="#tag847">847</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Compendium</i>, cap. 124, pag. 1232. Omnis error, qui contradicit
-aperte scripturae divinae vel determinationi ab universali
-ecclesia approbatae, est haeresis damnata explicite .... pag. 1233,
-sed iste impugnatus (Johannis XXII) cogit christianam veritatem
-catholicam abjurare, cum cogat multos veritatem declaratam per
-Niccolaum tertium de paupertate Christi abjurare, ergo debet inter
-haereticos computari.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note848">
-<p><span class="label"><a href="#tag848">848</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Queste erano le obiezioni tra gli altri del nuovo generale
-francescano Giraldo Odone, come dice l'Occam nell'<i>Opus</i>, pag. 1235.
-Il cap. 8 del <i>Compendium</i> torna su codeste opposizioni (pag. 973).
-Et prima quidem objectio est, quod non potest papa haereticari,
-nec contra fidem errare. Sed huic cavillationi leviter potest obviari.
-(E vi risponde adducendo alcuni esempi di papi che fallirono).
-Secunda objectio cavillosa est quod Papa non habet superiorem
-in his. (Anche qui adduce alcuni esempi di Papi accusati e giudicati).
-Tertia objectio cavillosa est, quod a Papa non potest appellari. — Sed
-Papa habet superiorem, quia concilium generale.
-Cum etiam Papa haereticus effectus minor sit quocumque catholico.
-[Vedi più sopra, p. 529, nota 1].</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note849">
-<p><span class="label"><a href="#tag849">849</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Opus nonaginta</i>, pag. 1233. Ipse autem non permittit generale
-concilium congregari, et ita se subjicere correctioni et emendationi
-illorum, quorum interest, recusat. Ergo haereticus est censendus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note850">
-<p><span class="label"><a href="#tag850">850</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Octo quaestiones</i>, I, cap. 17 (<span class="smcap">Goldast</span>, pag. 332). Si autem
-episcopi vel noluerint vel nequiverint papam haereticum judicare,
-alii catholici, maxime Imperator, si catholicus fuerit, ipsum judicare
-valebit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note851">
-<p><span class="label"><a href="#tag851">851</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Magistri Guilhelmi de Ockam</span>, <i>Super Potestate summi
-Pontificis Octo quaestionum decisiones</i> (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 313-391).
-Bisogna convenire col Riezler (op. cit., pag. 249) che questo titolo
-è affatto sbagliato, perchè nè Occam decide nulla (pag. 391: Quid
-autem sentiam de praedictis non expressi); nè discute solo della
-potestà pontificia, ma benanco dell'imperiale. Se non che se l'opinione
-personale di Occam non è espressa apertamente, egli però
-ben ne aveva una, come dice lui stesso (non ut aliqua <span class="smcap lowercase">CERTA VERITAS</span>
-in dubium revocetur, l. c.), e parmi che il dotto storico esageri
-affermando che mal si potrebbe indovinare qual sia. Non i singoli
-passi, ma l'orditura stessa del libro ci dice qui, come nell'<i>Opus
-nonaginta dierum</i>, che cosa pensi l'autore. Basterà addurre per
-esempio la prima quistione, perchè allo stesso modo sono discusse
-tutte le altre. La quistione è: utrum potestas spiritualis suprema
-et laicalis suprema, ex natura rei, in tantum ex opposito distinguuntur,
-quod non possint formaliter simul cadere in eundem hominem.
-Nel primo capitolo viene svolta l'opinione che respinge la
-fusione dei due poteri. Nel secondo quella che l'ammette. Nel terzo
-e quarto un'opinione intermedia, la quale ammette la separazione,
-non però per necessità di natura, bensì quale istituto di fatto e voluto
-da Dio. Nel quinto capitolo l'autore adduce le ragioni, che si
-oppongono all'opinione antipapista, ma molto brevemente e quasi
-chiedendo scusa del fatto suo. (Quia autem in hoc opuscolo censui
-solum modo recitando et allegando procedere, narrandum est, ecc.)
-Molto più diffusamente nei successivi dodici capitoli espone le
-obbiezioni contro la teoria papista, e poscia ad una ad una combatte
-le ragioni, che si sogliono addurre in suo favore. In un
-solo capitolo, nell'ottavo (pag. 323), cita alcune repliche contro le
-obbiezioni precedenti, ma per respingerle. Può esservi dubbio, che
-egli sta per la separazione dei due poteri?</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note852">
-<p><span class="label"><a href="#tag852">852</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Leopoldo di Bamberga avea distinto tra il regno tedesco e
-l'impero romano. Il re tedesco non appena eletto ha diritto di governare
-le provincie, che stavano sotto lo scettro di Carlo Magno,
-come immediato suo successore, nè gli occorre alcuna conferma
-del Papa. Non può però nè prendere la corona imperiale, nè esercitare
-alcun potere sulle provincie, che non appartenevano a Carlo
-Magno, se pria il popolo romano, secondo l'antica consuetudine,
-non l'abbia acclamato imperatore. In quest'ultimo punto (<span class="smcap">Müller</span>,
-<i>Der Kampf</i>, II, 86) Leopoldo è d'accordo con Marsilio. E l'Occam
-lo combatte (pag. 383): Electio regis et imperatoris, quae nunc per
-principes electores succedit, subrogata est in locum successionis
-vel electionis, quae quondam fiebat per populum romanum, seu
-per exercitum, qui populus romanus seu exercitus tunc repraesentabat
-totum populum romano imperio subjectum secundum istum
-Doctorem (evidentemente Leopoldo). Da questo accenno a Leopoldo
-il Riezler trae la prova che le <i>Octo quaestiones</i> sono state
-scritte non pria del 1339, perchè a quel tempo rimonta lo scritto del
-bambergese. Io aggiungo che l'Occam (pag. 382) cita anche la decisione,
-data dai principi elettori riuniti a Rense il 16 luglio 1338.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note853">
-<p><span class="label"><a href="#tag853">853</a>.&nbsp;&nbsp;</span>V. più sopra, p. 538, nota 2. Qui aggiungo che nella seconda
-quistione: utrum suprema potestas laicalis proprietatem sibi proprie
-habeat immediate a Deo, l'Occam non nasconde le sue ripugnanze
-contro l'opinione: imperium est a Papa, e spende ben nove
-capitoli dal 6 al 14 per ribattere le ragioni, che se ne solevano
-addurre in sostegno.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note854">
-<p><span class="label"><a href="#tag854">854</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ludovico nel decreto <i>licet juris</i> stabiliva che anche il titolo
-d'imperatore vien conferito dall'elezione, mentre i principi elettori
-credevano che non si potesse prendere se non dopo l'incoronazione,
-come s'era sempre praticato sin qui. E l'imperatore ebbe a
-piegarsi al loro avviso nel decreto <i>fidem catholicam</i>, che fu certo
-redatto dal minorita Bonagrazia, uno dei compagni di fuga dell'Occam
-(<span class="smcap">Müller</span>, <i>Der Kampf</i>, pag. 76-81).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note855">
-<p><span class="label"><a href="#tag855">855</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pag. 369. Quinto quaeritur: utrum rex haereditarie succedens
-accipiat aliquam potestatem super temporalia ex eo quod a persona
-ecclesiastica inungitur consecratur et coronatur, vel solum
-ex hoc aliquam consequatur gratiam doni spiritualis. Che l'Occam
-rifiutasse la prima alternativa parrà chiaro a chi confronti il capitolo
-quinto col successivo (pag. 370-71), e che abbracciasse la
-seconda si vede da questo, che alle brevi obbiezioni fatte nel capitolo
-ottavo si risponde con forza nell'ultimo capitolo, che chiude
-la discussione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note856">
-<p><span class="label"><a href="#tag856">856</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pag. 374. Septima quaestio: utrum si talis rex ab aliquo altero
-archiepiscopo, quam ab eo, qui antiquitus coronare consuevit, vel
-sibi ipsi coronam imponeret, per hoc perderet titulum vel potestatem
-regalem? La risposta negativa, che l'Occam preferisce, è svolta
-largamente nel capitolo secondo, laddove l'affermativa è accennata
-di volo nel capitolo primo. Questo partito di ammettere che l'incoronazione
-possa farsi anche da altra autorità ecclesiastica, che
-non fosse il Papa, era, secondo il Müller (<i>Der Kampf</i>, pag. 78-80),
-un tentativo di conciliazione tra l'avviso dell'imperatore e quello
-dei principi elettori. Lo stesso Müller ha trovato riscontri importanti
-tra le <i>Octo quaestiones</i> ed una scrittura pubblicata dal
-Ficker, e precedentemente nota pei memorabili di Enrico di Hervord,
-e prima ancora per la cronaca di Ermanno Corner.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note857">
-<p><span class="label"><a href="#tag857">857</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pag. 374. Sexto quaeritur: utrum rex hereditarie succedens
-sit coronatori in aliquo subjectus. Anche qui la risposta negativa
-è più validamente dimostrata della positiva. E s'adduce questo
-argomento ad hominem contro le pretensioni papali: Non enim
-Papa, qui nullum jus habet, nisi eligatur canonice, electoribus est
-subjectus .... Imperator .... non habet jus imperiale nisi a populo,
-et tamen populo non erit subjectus .... ergo multo minus coronatori
-suo est subjectus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note858">
-<p><span class="label"><a href="#tag858">858</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Tractatus de Jurisdictione in causis matrimonialibus</i>
-(<span class="smcap">Goldast</span>, I, 21-24). Vedi più sopra pag. 61, nota 1, ove ho riportato
-alcuni passi che accennano al concetto del matrimonio civile.
-Debbo però aggiungere a quella nota che il Riezler nell'<i>Historische
-Zeitschrift</i> (40, 328), arrendendosi alle osservazioni del
-Scheffer-Boichorst, non crede più che lo scritto di Marsilio da
-Padova sullo stesso argomento (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 1386-1391) sia apocrifo.
-Sulle differenze tra i due trattati vedi il <span class="smcap">Müller</span>, <i>Der Kampf</i>,
-II, 160.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note859">
-<p><span class="label"><a href="#tag859">859</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Dialogo, come dicemmo più sopra (pag. 62), va diviso in
-tre parti. La prima (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 398-739) suddivisa in sette libri,
-è intitolata <i>De haereticis</i> e vi torneremo di qui a poco. La seconda
-(740-770) è l'opera già esaminata <i>De dogmatibus Papae
-Johannis</i>. La terza (771-976) è intitolata <i>De gestis circa fidem
-altercantium catholicam</i>, e si divide, come dice l'autore stesso
-(pag. 771), in nove trattati. Primus quidem disputando de potestate
-papae et cleri. Secundum de potestate et juribus Romani Imperii.
-.... Tertius de gestis Johannis XXII .... Quartus de gestis Domini
-Ludovici de Bavaria. Quintus de gestis Benedicti XII. Sextus de
-gestis fratris Michelis de Cesena. Septimus de gestis et doctrine
-fratris Giraldi Odonis. Octavus de gestis fratris Guillelmi de Ockam.
-Nonus de gestis aliorum christianorum, ecc. Il Riezler (op. cit.,
-pag. 263) ha già notato che dalla lettera del Badio al Tritemio,
-riportata dal Goldast (pag. 392-93), si raccoglie che il primo editore
-Trechsel ebbe tra mani tutti i trattati; ma gli ultimi sette, ove si
-contenevano difese ed accuse amariores, quam ut vulgo legerentur,
-lasciò da parte. E così non sono pervenuti a noi se non due trattati.
-Il primo trattato si suddivide in quattro libri, dei quali il 1º
-tratta de potestate Papae (pag. 770-82); il 2º discute la quistione:
-an expediat toti communitati fidelium uni capiti, principi ac praelato
-fideli sub Christo subjici et subesse (pag. 788-819); il 3º torna
-sull'argomento toccato anche nella prima parte del Dialogo: qualis
-fides scripturis aliis, quam canonicis, debeat adhiberi (pag. 819-845);
-il 4º riesamina il quesito anch'esso svolto nella prima parte del
-Dialogo: an Christus de facto constituerit beatum Petrum principem
-et praelatum aliorum apostolorum et universorum fidelium
-(pag. 846-889). Il secondo trattato si suddivide in tre libri, dei
-quali il 1º inquirit an toti generi humano expediat unum Imperatorem
-universo orbi praeesse (pag. 889-902); il 2º quae jura habeat
-Imperator romanus super temporalia investigat (pag. 902-925); il
-3º perscrutat, an Imperator romanus super spiritualia habeat potestatem
-aliquam (pag. 926-957).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note860">
-<p><span class="label"><a href="#tag860">860</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dialogus</i>, III, I, 5 (<span class="smcap">Goldast</span>, pag. 776). Lex enim christiana
-ex institutione Christi est lex libertatis respectu veteris legis ....
-Et ita constat, quod lex christiana esset majoris servitutis, quoad
-temporalia, quam lex vetus, si Papa in temporalibus haberet hujusmodi
-plenitudinem potestatis; quia illi, qui erunt sub lege mosaica,
-nulli mortali erant in temporabilibus modo subjecti. Cap. 6, pag. 177,
-istud est principalius vel de principalibus fondamentis et motivis
-quare quidam dicunt quod Papa non habet talem plenitudinem
-potestatis. Anche il Riezler ammette che codesta è l'opinione dell'Occam.
-Io aggiungo che l'argomento della libertà è addotto colle
-stesse parole nelle <i>Octo quaestiones</i>, I, 6, pag. 320.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note861">
-<p><span class="label"><a href="#tag861">861</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche nella terza parte del Dialogo (trattato 2º, libro 1º)
-come nelle otto quistioni è discussa largamente la teoria: verum
-imperium romanum est a Papa. E dal capitolo 18 sino al 24 sono
-bene addotte dieci ragioni in suo sostegno, ma per scalzarle immediatamente.
-Nè pago di queste confutazioni indirette ne adduce
-altre ben stringenti e dirette nel capitolo 25 (pag. 896). Quod repugnat
-divinae scripturae est haereticum; sed non posse esse
-verum imperium nisi a Papa, repugnat divinae scripturae (Cfr.
-cap. 28, pag. 901).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note862">
-<p><span class="label"><a href="#tag862">862</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nello stesso libro, citato nella nota precedente, l'Occam
-discute separatamente le due quistioni sull'utilità e sull'origine di
-una monarchia universale. Intorno all'origine si contano tre opinioni
-(pag. 885): una est opinio quod imperium fuit a Deo constitutum
-et non ab hominibus. Alia est quod fuit primo institutum
-et tamen per homines scilicet per Romanos. Tertia opinio est
-quod verum imperium fuit a Papa. Quest'ultima opinione dicemmo
-già nella nota precedente come sia combattuta più vigorosamente
-delle altre due. L'opinione dell'origine divina è fiaccamente difesa
-nel capitolo <span class="smcap lowercase">XXVI</span>, pag. 898, ed alla spiccia combattuta con quest'osservazione,
-che chiude il capitolo: Unico verbo respondetur, quia
-cum dicitur quod potestas imperialis et universaliter omnis potestas
-licita et legitima est a Deo, non tamen a solo Deo, sed quaedam
-est a Deo per homines, et talis est potestas imperialis (la
-stampa del Goldast è guasta: non solo ci sono ripetizioni dovute
-evidentemente ad errori di stampa, ma in luogo d'<i>institutum ab
-hominibus</i> deve leggersi <i>institutum a Deo</i>). Non resta se non l'opinione
-dell'origine mista mediatamente da Dio ed immediatamente
-dagli uomini (pag. 899): A populo est imperium. Item ab illis fuit
-Imperium romanum, qui caeteras nationes Romam imperio subdiderunt.
-Quest'opinione, che raccosta l'Occam a Marsilio, è difesa
-nel capitolo <span class="smcap lowercase">XXVII</span>, e resta padrona del campo, essendo risolute
-tutte le obbiezioni che le si muovono. In quanto poi all'utilità di
-una monarchia universale ci sono pure diversi pareri: 1º Una opinio
-(pag. 871), quod per unum principem secularem, qui non incongrue
-imperatoris nomine censetur, mundus quoad temporalia, optime
-regeretur. Nec sufficienter paci et quieti totius societatis humanae
-potest per aliud regimen provideri. 2º Alia opinio (pag. 874) est
-contraria quod non expedit mundo, ut universalitas mortalium uni
-imperatori seu principi sit subjecta. 3º (pag. 875) Alia opinio ....
-quod expediret unum principem non secularem sed ecclesiasticum
-universitati mortalium presidere. 4º (pag. 875) Alia opinio: Mundus
-optime regeretur, si plures simul mundi dominium obtinerent.
-5º (pag. 876) Alia opinio est quod secundum diversitatem, qualitatem
-et necessitatem temporum expedit regimina et dominia
-mortalium variari. (Vedi più sopra, pag. 63, nota 1). La prima opinione
-non è certo quella dell'autore, perchè alle ragioni, che da
-Dante in poi si addussero in favore della monarchia universale,
-risponde vigorosamente in cinque capitoli, dal sesto al decimo. Confuta
-parimenti le altre tre opinioni; ma l'unica che resta inconfutata
-è la quinta, che dobbiamo quindi tenere per la preferita dall'autore.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note863">
-<p><span class="label"><a href="#tag863">863</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dialogo, 3ª parte, trattato 2, lib. 2, ove, stabilita la distinzione
-delle due potestà temporale e spirituale, esamina (pag. 904)
-la quistione: an Imperator verus Romanorum per universum
-mundum super temporalia habeat hanc potestatem, ita ut cunctae
-regionis mundi ei in temporalibus oboediant. E l'Occam sta per
-l'affermativa, perchè alle ragioni addotte nel capitolo 5º (pag. 904-906)
-per sostenerla non replica più, laddove combatte nei capitoli
-6º, 7º e 8º quanti argomenti s'adducono in favore dell'opinione contraria.
-In quanto al diritto di punire, alcuni sostengono: per judicem
-ecclesiasticum sunt criminosi et pro criminibus secularibus puniendi
-(cap. <span class="smcap lowercase">X</span>, pag. 910-11). (Anche qui parmi errata la stampa, che a
-pag. 910 in finem dovrebbe leggersi: una est, quod <i>non</i> pro omni
-crimine seculari potest Imperator punire omnes sibi subjectos).
-Altri per lo contrario: ad Imperatorem et judicem secularem solummodo
-spectat pro criminibus secularibus plectere criminosos
-(cap. <span class="smcap lowercase">II</span>, pag. 911). Tra queste due opinioni tramezza una terza,
-preferita evidentemente dall'Occam, secondo la quale solo in alcuni
-casi è lecito l'intervento del giudice ecclesiastico, quando ad esempio
-non est judex secularis: vel quando judex secularis est negligens
-facere justitiam (pag. 913). In quanto poi ai beni, tra l'opinione:
-imperator omnium rerum hujus mundi non est dominus (cap. <span class="smcap lowercase">XXI</span>,
-pag. 919), e la contraria: est dominus (cap. <span class="smcap lowercase">XXII</span>, pag. 919-20) c'è
-posto per questa terza, preferita dall'Occam: imperator non est
-sic dominus omnium rerum temporalium, ut ad libitum suum liceat
-sibi vel valeat de omnibus hujusmodi rebus, quod voluerit ordinare,
-est tamen Dominus quodammodo omnium pro eo quod
-omnibus rebus .... potest uti et eas applicare ad utilitatem communem
-(Cap. 23, pag. 920).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note864">
-<p><span class="label"><a href="#tag864">864</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dialogus</i>, P. 3ª, tr. 2, lib. 3, cap. 3 (pag. 927) licet imperator
-specialiter ratione imperatoria dignitatis non habeat jus eligendi
-summum Pontificem, vel alios praelatos inferiores, in quantum
-Christianus catholicus et fidelis jus eligendi Summum Pontificem
-potest sibi competere. Che codesta sia l'opinione dell'autore
-lo dice il discepolo (pag. 929): Allegationes pro ista opinione secunda
-tam evidentes mihi videntur, ut non curem ad ipsas responsiones
-audire. Il popolo romano è per diritto di natura il vero
-elettore del Pontefice, perchè (pag. 932) electio semper debet concedi
-paucis .... quia igitur romani respectu aliorum catholicorum sunt
-pauci, et summus pontifex est quodammodo episcopus eorum ....
-ideo rationabiliter alii catholici non habent jus eligendi summum
-pontificem, nisi quando electio non spectaret ad Romanos. I Romani
-poterono cedere ad altri il loro diritto, come a dire ai cardinali, e
-ben fecero (pag. 937), quia saepe aliqua multitudo habet jus eligendi,
-et tamen non expedit quod omnes eligant; ma lo riacquistano
-subito nel caso che il papa e gli elettori omnes infecti fuerint
-haeretica pravitate.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note865">
-<p><span class="label"><a href="#tag865">865</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dialogo, loc. cit., cap. 17, pag. 947. Quod imperator possit
-et debeat papam pro omni crimine judicare quampluribus viis
-ostenditur, quorum una (quae etiam est in prima parte facta istius
-dialogi) sumitur ex unitate summi judicis, quam omnis communitas
-bene ordinata habere debet. E nello stesso capitolo e nei seguenti
-sono combattute le cinque opinioni, che ammettono la pluralità dei
-giudici supremi. Finalmente nel cap. <span class="smcap lowercase">XXIII</span>, col quale si chiude il
-trattato, dice (pag. 956): Papa non est magis exemptus a jurisdictione
-coactiva imperatoris et aliorum secularium judicum, quam
-fuerunt Christus et Apostoli.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note866">
-<p><span class="label"><a href="#tag866">866</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi più sopra, p. 538, nota 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note867">
-<p><span class="label"><a href="#tag867">867</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La prima parte del Dialogo (pag. 398-739) si divide in sette
-libri, come dice l'autore stesso nel Prologo. Primam ergo partem
-de haereticis acceleres inchoare: materiam in septem divide libros,
-quorum primus investiget ad quos (theologos videlicet vel canonistas)
-pertinet principaliter diffinire, quae assertiones catholicae,
-quae haereticae; qui etiam haeretici et catholici debeant reputari.
-Secundus inquirat, quae assertiones haereticae, quae catholicae
-sunt censendae. Tertius principaliter consideret, quis errans inter
-haereticos est computandus. Quartus quomodo de pertinacitate et
-pravitate haeretica debeat quis convinci. Quintus, qui possunt
-pravitate haeretica maculari. Sextus agat de punitione haereticorum,
-et maxime Papae, si efficiatur haereticus. Septimus tractet
-de credentibus, fautoribus, defensoribus et receptoribus haereticorum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note868">
-<p><span class="label"><a href="#tag868">868</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che la opinione del maestro traspaia dal Dialogo, sebbene
-non la manifesti, lo dice chiaramente il discepolo nel Prologo:
-<i>tuam conclusionem minime praetermittas</i>, quae tamen tua sit
-nullatenus manifestes.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note869">
-<p><span class="label"><a href="#tag869">869</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dialog.</i>, Parte 1ª, lib. <span class="smcap lowercase">II</span>, cap. <span class="smcap lowercase">V</span>, pag. 415-16. Quinque sunt
-genera veritatum, quibus non licet Christianis aliter dissentire.
-Primum est earum, quae in scriptura sacra dicuntur .... Secundus
-est quae ab Apostolis ad nos per succedentem relationem vel
-scripturas fidelium pervenerunt. Tertium est earum, quas in fide dignis
-cronicis et historicis relationibus fidelium invenimus. Quartum
-est earum, quae ex veritatibus primi generis et secundi tantummodo,
-vel quae ex eis vel alterius eorum una cum veritatibus tertii generis
-possunt concludi. Quintum est earum, quas Deus praeter veritates
-revelatas Apostolis aliis revelavit vel etiam inspiravit. Si
-vede che l'Occam è molto largo e non accetta l'opinione esposta
-a pag. 410: quod illae solae veritates sunt catholicae, quae implicite
-vel esplicite in canone Bibliae asseruntur. Ma ciò non pertanto
-ei combatte aspramente l'opinione di alcuni canonisti del suo
-tempo, i quali sostenevano (pag. 418) quod Papa potest facere
-novum articulum fidei; opinione della quale nonnulli theologi scandalizantur
-(pag. 421).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note870">
-<p><span class="label"><a href="#tag870">870</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lib. <span class="smcap lowercase">III</span>, cap. <span class="smcap lowercase">III</span>, pag. 437. Hereticus est vere baptizatus, vel
-pro baptizato se gerens, pertinaciter dubitans vel errans contra
-catholicam fidem. Eretico non è nè l'ebreo, nè il pagano, perchè
-non sono battezzati, ma è bene eretico il cataro, il quale, sebbene
-non sia, pure si dice e si crede cristiano. Che la pertinacia poi
-sia un carattere essenziale nella definizione dell'eretico non pure
-lo prova con argomenti di autorità e di ragioni (cap. <span class="smcap lowercase">VI-VIII</span>), ma
-combatte ampiamente le obbiezioni (cap. <span class="smcap lowercase">V</span>, <span class="smcap lowercase">IX</span>, <span class="smcap lowercase">X</span>, <span class="smcap lowercase">XI</span>). Tutto il
-libro quarto è vôlto a definire la pertinacia ed enumerarne le
-specie, che ammontano a 17. La decimasesta è la seguente (pag. 466):
-Potest Papa specialiter convinci de pertinacia et haeretica pravitate
-si errorem, quem contra fidem diffinit, solemniter a Christianis
-asserit tanquam catholicum esse censendum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note871">
-<p><span class="label"><a href="#tag871">871</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tutto il libro primo della prima parte del Dialogo discute
-codesta quistione. E non è dubbia l'opinione dell'Occam, che viene
-riassunta nell'ultimo capitolo del libro (pag. 409-10) per rationes
-autem universales ad ipsos (theologos) pertinet judicare, ubi deficeret
-canonistarum prudentia ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note872">
-<p><span class="label"><a href="#tag872">872</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel capitolo 2º del 5º libro, pag. 469-70 adduce alcuni esempii
-di papi eretici, a cominciare da S. Pietro, al quale S. Paolo resistè
-in faccia quia reprehensibilis erat. E cita le parole di S. Tommaso
-che nella Somma, II, 2 qu. 33, art. 4: Paulus qui erat subditus Petro,
-propter imminens periculum scandali circa fidem Petrum pubblice
-arguit. Nel capitolo susseguente prova con 15 ragioni quod
-Papa canonice electus potest manens Papa errare a fide et haereticari.
-Nel capitolo <span class="smcap lowercase">IV</span> muove alcune obbiezioni che vengono risolute
-nel quinto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note873">
-<p><span class="label"><a href="#tag873">873</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lib. <span class="smcap lowercase">VI</span>, cap. 57, pag. 561. Praedicta inquisitio primo et principaliter
-spectaret ad universalem ecclesiam, si essent ita pauci,
-quod omnes convenirent in unum, vel possent leviter convenire.
-Secundo pertineret ad Concilium generale, quod vicem tenet universalis
-ecclesiae. Ivi, cap. 84, pag. 602. La convocazione del Concilio
-nel caso di un Papa eretico spectat principalius ad praelatos
-et in Divina lege peritos, secundo spectat ad reges et principes et
-alias publicas potestates; tertio autem spectat ad omnes catholicos.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note874">
-<p><span class="label"><a href="#tag874">874</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lib. <span class="smcap lowercase">VI</span>, cap. 86, pag. 605. Concilium generale debet Papam
-haereticum expellere de sede .... ab omni ecclesiastico ordine
-degradare .... et potest ipsum curiae tradere seculari. Intorno ai
-laici non accetta che all'autorità secolare spetti la condanna dell'eretico,
-come dicono alcuni (Cap. 91, pag. 608-10), e tiene invece
-questo altro modum ponendi, qui minus veritati repugnare videtur
-(Cap. 93, pag. 611-12): si clerici crederent eidem, ac circa
-correctionem at cohibitionem ipsius essent damnabiliter negligentes,
-principes saeculares, in quorum dominio moratur, et etiam populus,
-qui sciret ipsum haereticum, coercere debent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note875">
-<p><span class="label"><a href="#tag875">875</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dicemmo più sopra che il secondo libro del primo trattato
-della terza parte discute la quistione: an expediat toti communitati
-fidelium uni capiti principi et prelato fideli sub Christo subjici et
-subesse. Resta senza risposta il capitolo 25 (pag. 812-814), nel
-quale è provato che absque unitate Summi Pontificis potest unitas
-ecclesiae perdurare, vacante enim apostolica sede manet unitas
-ecclesiae. Così pure rimane senza risposta il capitolo 28, nel
-quale sono enumerati i casi, in quibus liceret plures tales constituere
-Patriarchas seu primates. E finalmente nell'ultimo capitolo
-del libro sono ribattute ad una ad una le ragioni addotte nel capitolo
-primo in sostegno del governo monarchico della Chiesa.
-Noto tra le altre questa, che è il segreto motivo dell'avversione
-dell'Occam al monarcato (pag. 818): si Papa efficeretur haereticus,
-praesertim habens potestam temporalem .... formidandum
-esset ne fere omnes Christianos inficeret haeretica pravitate. Quale
-fosse l'opinione dell'Occam lo dice il discepolo nel principio del
-libro seguente: Quamvis regulariter minime expediret totam universitatem
-fidelium uni capiti fideli sub Christo subesse, tamen
-videtur quod nullus catholicus debeat dubitare quin pro necessitate
-temporis, vel propter excellentiam beati Petri vel ex alia causa
-speciali nobis fortassis ignota, aut de potentia absoluta Christus
-potuit constituere beatum Petrum caput, principem et praelatum
-aliorum apostolorum. Questo passo prova due cose: 1º che la
-discussione del libro precedente la dà vinta contro il monarcato;
-2º che la quistione teoretica sull'utilità di questo o quel governo
-è indipendente nella mente dell'Occam dalla questione storica
-intorno a S. Pietro.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note876">
-<p><span class="label"><a href="#tag876">876</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La quistione sul primato di Pietro è trattata, come dicemmo,
-nella 3ª parte, 2º trattato, libro 4º. Che l'Occam vi risponda in
-modo affermativo lo dimostra tutta l'orditura del libro, come ha
-ben rilevato il Riezler. Ma al Riezler è sfuggito che in questo
-libro l'Occam risponde a Marsilio, del quale riproduce a parola
-l'argomentazione. Il capitolo primo dell'Occam (pag. 846-48) non
-è altro se non il capitolo sedicesimo della seconda parte del <i>Defensor
-pacis</i> dalle parole: <i>nam tribuens Christus Apostolis</i> sino
-a <i>vos autem omnes fratres estis</i> (<span class="smcap">Goldast</span>, II, 241-44). Un solo
-brano è saltato dall'Occam, quello che comincia: <i>dic igitur mihi</i>
-e finisce <i>probavimus supra</i> (pag. 243), il quale salto rende inintelligibile
-la citazione di S. Agostino, che l'Occam riproduce. Alle
-ragioni di Marsilio l'Occam risponde in tutto il libro, ma principalmente
-nel penultimo capitolo, contro il quale non s'adducono
-ulteriori obbiezioni.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note877">
-<p><span class="label"><a href="#tag877">877</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cap. 22, pag. 865. Tenendum est quod eadem assertio universali
-ecclesiae debet adscribi, universalis autem ecclesia nullo
-tempore etiam parvo errore potest contra fidem. Il Riezler (op.
-cit., pag. 259-267) crede che questo libro della terza parte contraddica
-al libro quarto della prima parte, ove par che l'Occam
-abbracci un'opinione affatto opposta. Ma io non credo che nel
-capitolo della prima parte (p. 483), ove si adducono le ragioni contro
-il primato di S. Pietro, l'Occam esprima la sua opinione, perchè nel
-capitolo susseguente viene sostenuta l'opinione contraria, ed il
-discepolo dichiara che non occorre andare più avanti (pag. 486):
-cum auctoritas debeat ad eam tenendam sufficere. Canit enim ecclesia
-universalis de beato Petro: <i>Tu es pastor ovium princeps Apostolorum</i>.
-Codesta, come si vede, è la stessa ragione addotta nella
-terza parte, e in essa si acquetano i disputanti e si passa alle
-altre proposizioni sostenute dagli antipapisti, come a dire: 1º che
-la Scrittura non parla mai della venuta di S. Pietro a Roma, nè
-S. Luca dice mai che abbia retta la Chiesa di Roma (<i>Defensor
-pacis</i>, pag. 245; <i>Dialogus</i>, pag. 486); 2º Che giusta l'ordinamento
-di Gesù Cristo, nessun sacerdote ha potere sull'altro, e la distinzione
-tra vescovi, arcivescovi, sacerdoti è solummodo ex ordinatione
-humana et non ex ordinatione Christi (<i>Defensor</i>, pag. 238-41;
-<i>Dialogus</i>, pag. 486-87); 3º Che solo da Costantino in poi la
-Chiesa di Roma ebbe un primato sulle altre (<i>Defensor</i>, pag. 293;
-<i>Dialogus</i>, pag. 487). Contro codeste asserzioni viene opposto nel
-cap. <span class="smcap lowercase">XIX</span> quod Romana Ecclesia ante tempora Constantini super
-omnes alias habuit principatum.... auctoritate Conciliorum generalium. Nel capitolo <span class="smcap lowercase">XX</span> si adducono i testi per provare quod Romana
-Ecclesia ab ipso Christo ante ascensionem recepii principatum.
-Ma nel capitolo <span class="smcap lowercase">XXI</span>, che chiude la digressione, si espone
-l'opinione intermedia: quod Romana Ecclesia non habuit immediate
-a Christo super alias ecclesias principatum .... sed primo
-immediate habuit principatum a B. Petro transferente sedem
-suam in Romanam Ecclesiam. Codesta terza opinione, contro la
-quale non s'oppone più nulla, dovrebbe essere anche secondo il
-Riezler quella abbracciata dall'Occam. Per tal guisa non v'ha
-contraddizione tra la 1ª e la 3ª parte del Dialogo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note878">
-<p><span class="label"><a href="#tag878">878</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che il Concilio possa errare lo dimostra con cinque ragioni
-nel capitolo 25 dello stesso libro quinto (pag. 494-95), e con esempi
-nel capitolo 26. Adduce nel successivo capitolo gli argomenti in
-favore dell'opinione contraria, ma nel 29 vi risponde diffusamente.
-E nel successivo capitolo 30 passa all'altro argomento, se cioè
-possa errare tutta la Cristianità. Che possa errare tutto il Clero
-lo dimostra nel capitolo <span class="smcap lowercase">XXIX</span> e lo riafferma nel <span class="smcap lowercase">XXXI</span> ribattendo
-le ragioni in contrario. Ma il Clero, anche preso nel suo complesso,
-non è la Chiesa, perchè (pag. 500) ad congregationem autem
-fidelium ita pertinent laici fideles, sicut clerici. Igitur de multitudine
-clericorum non debet intelligi, quod errare non possit. Anche
-la Chiesa tutta può fallire in qualche congiuntura, come alla venuta
-dell'anticristo, ma anche a quel tempo aliqui erunt sancti
-viri electi qui in errorem minime inducentur (pag. 594). E bastano
-queste eccezioni perchè la vera fede non perisca.</p>
-</div>
-</div>
-
-<div class="tnote">
-<p class="tntitle">
-Nota del Trascrittore
-</p>
-
-<p>
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione
-minimi errori tipografici.
-</p>
-
-<p>
-Le correzioni indicate a pag. <a href="#Page_565">565</a> sono state riportate nel testo.
-</p>
-
-<p class="covernote">
-Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
-</p>
-</div>
-
-
-
-
-
-
-
-
-<pre>
-
-
-
-
-
-End of the Project Gutenberg EBook of L'eresia nel Medio Evo, by Felice Tocco
-
-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ERESIA NEL MEDIO EVO ***
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-or any Project Gutenberg-tm work, (b) alteration, modification, or
-additions or deletions to any Project Gutenberg-tm work, and (c) any
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-Section 2. Information about the Mission of Project Gutenberg-tm
-
-Project Gutenberg-tm is synonymous with the free distribution of
-electronic works in formats readable by the widest variety of
-computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It
-exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations
-from people in all walks of life.
-
-Volunteers and financial support to provide volunteers with the
-assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg-tm's
-goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will
-remain freely available for generations to come. In 2001, the Project
-Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure
-and permanent future for Project Gutenberg-tm and future
-generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary
-Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see
-Sections 3 and 4 and the Foundation information page at
-www.gutenberg.org
-
-
-
-Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation
-
-The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit
-501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the
-state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal
-Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification
-number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary
-Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by
-U.S. federal laws and your state's laws.
-
-The Foundation's principal office is in Fairbanks, Alaska, with the
-mailing address: PO Box 750175, Fairbanks, AK 99775, but its
-volunteers and employees are scattered throughout numerous
-locations. Its business office is located at 809 North 1500 West, Salt
-Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up to
-date contact information can be found at the Foundation's web site and
-official page at www.gutenberg.org/contact
-
-For additional contact information:
-
- Dr. Gregory B. Newby
- Chief Executive and Director
- gbnewby@pglaf.org
-
-Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg
-Literary Archive Foundation
-
-Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide
-spread public support and donations to carry out its mission of
-increasing the number of public domain and licensed works that can be
-freely distributed in machine readable form accessible by the widest
-array of equipment including outdated equipment. Many small donations
-($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt
-status with the IRS.
-
-The Foundation is committed to complying with the laws regulating
-charities and charitable donations in all 50 states of the United
-States. Compliance requirements are not uniform and it takes a
-considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up
-with these requirements. We do not solicit donations in locations
-where we have not received written confirmation of compliance. To SEND
-DONATIONS or determine the status of compliance for any particular
-state visit www.gutenberg.org/donate
-
-While we cannot and do not solicit contributions from states where we
-have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition
-against accepting unsolicited donations from donors in such states who
-approach us with offers to donate.
-
-International donations are gratefully accepted, but we cannot make
-any statements concerning tax treatment of donations received from
-outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff.
-
-Please check the Project Gutenberg Web pages for current donation
-methods and addresses. Donations are accepted in a number of other
-ways including checks, online payments and credit card donations. To
-donate, please visit: www.gutenberg.org/donate
-
-Section 5. General Information About Project Gutenberg-tm electronic works.
-
-Professor Michael S. Hart was the originator of the Project
-Gutenberg-tm concept of a library of electronic works that could be
-freely shared with anyone. For forty years, he produced and
-distributed Project Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of
-volunteer support.
-
-Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed
-editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in
-the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not
-necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper
-edition.
-
-Most people start at our Web site which has the main PG search
-facility: www.gutenberg.org
-
-This Web site includes information about Project Gutenberg-tm,
-including how to make donations to the Project Gutenberg Literary
-Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to
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