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If you are not located in the United States, you'll -have to check the laws of the country where you are located before using -this ebook. - - - -Title: Il dolce far niente - Scene della vita veneziana del secolo passato - -Author: Antonio Caccianiga - -Release Date: April 25, 2020 [EBook #61929] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK IL DOLCE FAR NIENTE *** - - - - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - - - - - - - IL - DOLCE FAR NIENTE - - SCENE - DELLA VITA VENEZIANA DEL SECOLO PASSATO - - - DI - ANTONIO CACCIANIGA - - - TERZA EDIZIONE. - - - - MILANO - FRATELLI TREVES, EDITORI - 1891. - - - - - PROPRIETÀ LETTERARIA - - _Riservati tutti i diritti._ - - Tip. Fratelli Treves. - - - - -IL DOLCE FAR NIENTE - - - - -I. - - -Nel secolo passato, al tempo che i nostri nonni in parrucca colla coda, -facevano una corte spietata alle nostre nonne in toppè, la città di -Treviso non era così linda come al giorno d'oggi. Fabbricata, a quanto -sembra, prima dell'invenzione dello spago, la linea retta non appariva -che per accidente. Ogni persona che fabbricasse una casa, aveva qualche -motivo per collocare la sua fabbrica un passo più avanti o più indietro -del vicino, o formava un angolo a dritta o a sinistra, per vedere -il sole più presto o più tardi secondo i suoi gusti. Allora nessuno -parlava di libertà, ma nessuno s'immaginava che si potesse impedire ad -un cittadino di erigere una casa a suo talento, anche in mezzo alla -piazza se lo avesse trovato opportuno. Frutto dell'assoluta libertà -era che ognuno pensava per sè, per la qual cosa Treviso è risultata -di un pittoresco indescrivibile. Le strade a zig-zag alte e basse, ad -angoli sporgenti o rientranti con le finestre e le porte a capriccio, -con portici o senza portici, secondo le idee del proprietario. La -polizia municipale non era ancora inventata, i municipi non avevano -nè il medico, nè l'ingegnere, nè la commissione dell'ornato, che -sorvegliassero l'igiene pubblica, le strade ed i fabbricati. - -In conseguenza le vie non erano selciate nè illuminate di notte, -e tutti gettavano dalle finestre le immondizie delle case. L'erba -cresceva rigogliosa per le strade, ove i polli ruzzolavano nelle -spazzature e le lavandaje distendevano il bucato. - -Al tramonto del sole suonava l'Ave-Maria, e mezz'ora dopo si poteva -giuocare a gatta cieca e rompersi il collo per la città, immersa nelle -tenebre più profonde. - -Chi voleva veder chiaro andava a spasso col suo lanternino in mano, -o attaccato al cappello a tre spicchi; e chi preferiva le tenebre non -aveva bisogno di spegnere i lumi; e non abbiamo mai udito che i nostri -nonni si sieno lamentati di tali abitudini. Anzi abbiamo delle ragioni -per credere che gl'innamorati ed i ladri, fra i quali corrono certe -analogie, fossero perfettamente soddisfatti. - -I frati e le monache avevano prodigati i loro conventi, ed ogni mattina -l'aria echeggiava del continuo frastuono delle campane, suonate alla -distesa ed a tocchi, a gloria del cielo e dei santi ed in perpetuo -tormento delle orecchie dei peccatori. - -In quel tempo, ed appunto in una mattina di primavera del 1771, due -giovani della medesima età, uscivano da porta Altinia, e si avviavano a -piedi verso Venezia. - -Erano entrambi, come succede sovente a questo mondo, ricchi di genio -e poveri di contanti; ma la ricchezza dei giovani non istà nella -borsa, ma nel cervello e nel cuore, e in questo senso erano milionari. -Portavano il fardello sulle spalle colla baldanza dei loro quattordici -anni, e aspiravano l'aria fresca della campagna con un'ebbrezza che -brillava negli occhi, e sulle labbra. Andavano a Venezia per la prima -volta, a cercare fortuna nell'arte: avevano in tasca delle lettere -commendatizie, nel cervello un mondo di sogni, e nel cuore una fiamma -perenne. - -Venezia era allora la ricca e popolosa dominante della repubblica, -la città delle arti belle, la sede del buon umore, il teatro delle -avventure misteriose e dei facili costumi. Il nome di Venezia risuonava -in tutto il mondo col supremo prestigio delle glorie passate, e delle -voluttuose seduzioni del presente. - -I due giovani viandanti sentivano le pulsazioni del loro cuore -accelerarsi all'idea di raggiungere la piaggia felice della quale -aveano tante volte udito vantare i fasti, e narrare il fascino e le -meraviglie, dai signori villeggianti. - -A Mestre incominciava a quei tempi il movimento che indicava la -vicinanza della grandiosa dominante. Dai grandi alberghi e dalle -locande che fiancheggiavano il porto, uscivano ed entravano ad ogni ora -del giorno grandi e piccole carrozze da viaggio, sedioli, cavalieri e -pedoni. Vedevansi degli alti carrozzoni dorati con vaghe miniature agli -sportelli, con entrovi eleganti gentildonne in toppè e gran signori in -parrucca incipriata, con la coda riparata in un sacchetto di seta che -sbatteva le spalle. Andavano e venivano per le vie popolose, ridendo -e scherzando, arrestandosi a conversare cogli amici e conoscenti che -incontravano. Ad ogni momento arrivavano o partivano le gondole dalla -riva, caricavano o scaricavano i patrizi, i magistrati, i ricchi -cittadini, accompagnati dalle loro dame e damigelle, dagli abati di -casa, dai segretari, e da numerosi staffieri, servitori e cameriere -d'ogni fatta, che portavano tabarri, ombrelli, cesti, sportelle, -casse e bagagli. Sul porto era un continuo movimento, un incessante ed -animato tramestìo d'uomini e di cose, che formava un quadro bizzarro di -costumi originali e di colori spiccati, degna prefazione del gran libro -di Venezia. - -I due modesti viaggiatori dopo un'opportuna refezione si decisero a -scendere in una peota che partiva sul momento carica di viaggiatori -stipati fra le stie dei polli, e le provvisioni svariate di frutta e -d'erbaggi. - -Quando ogni cosa fu all'ordine la barca si distaccò dalla riva, e i -barcajuoli incominciarono a dare dei remi nell'acqua. Le donnicciuole -di Mestre che avevano accompagnate all'imbarco le comarelle e le -amiche, si sbracciavano sul molo in mille segnali, auguri e saluti, e -facevano un cicalìo che si confondeva col tonfo dei remi, e si perdeva -incompreso per l'aria. Gli uomini salutavano con le braccia protese e i -berretti sollevati. - -Nella barca rispondevano sventolando le pezzuole, o coi cenni della -mano, o con qualche lagrimetta furtiva, dissimulata dal bianco fazzuolo -del capo. - -Spariti gli ultimi gruppi della riva, incominciava la conversazione -in comune. Ognuno prendeva un posto conveniente alle proprie idee. -I vecchi cercavano un cantuccio tranquillo ben riparato dall'aria e -dal sole, le donne fingendo nascondersi, studiavano una posizione -avvantaggiosa; i giovani facevano prospettiva alle donne, o si -sedevano loro da canto per raddolcire le noje del lento viaggio, con -una conversazione geniale. I battellieri calcavano il tabacco nella -pipa, e i due giovani viaggiatori si collocavano a prora per dominare -liberamente il nuovo e stupendo spettacolo. - -Frattanto uscivano dai tortuosi e torbidi canali di Mestre, ed -entravano nella vasta laguna. I nostri due compagni di viaggio, cogli -sguardi intenti verso la lontana Venezia, contemplavano estatici il -magnifico quadro che compariva davanti ai loro sguardi. - -Le acque azzurre, appena increspate dalla brezza vespertina, si -stendevano come uno specchio infinito, riflettente le rosse nuvolette -della sera. Di tratto in tratto dai banchi di sabbia verdeggianti per -le alghe, si levava un qualche uccello marino, e si alzava sbattendo le -bianche penne, e poi discendeva in graziosissime curve con l'ali stese -ed immobili, sfiorando l'acqua, o immergendosi un istante per cogliere -di passaggio la preda. - -Qualche battello peschereccio raccoglieva o gettava le reti, o -scioglieva le vele pel ritorno. Le brune gondolette passavano davanti -la lenta peota. I gondolieri e i pescatori cantavano, tutto respirava -la pace e il contento, tutto presentava alla vista un aspetto singolare -e fantastico. - -Da lungi fra i vapori trasparenti e dorati della sera vedevasi Venezia -come una sposa avvolta nel velo nuziale, circondata da una aureola -di luce divina. Il sole cadente s'immergeva nelle acque che parevano -fiammeggianti di liquido oro sopra strati di porpora. A poco a poco -si distinguevano le gugliette, i campanili, le cupole e le case, -confuse fra gli alberi e le antenne delle navi. Gli ultimi raggi del -sole battenti sopra l'ampie invetriate dei lontani palazzi pareva -che mandassero in fuoco quelle principesche dimore. La calda luce del -crepuscolo non era ancora scomparsa, che dalla parte opposta si levava -la luna, e le prime stelle brillavano in cielo, come fosse convenuto -fra gli astri di darsi il cambio sull'eccelso diadema della regina del -mare. A poco a poco sorgeva la notte serena, e involgeva nel suo bruno -mantello la misteriosa città. - -Entrarono in Venezia, attraversando il Canal grande, e sbarcarono al -molo della Piazzetta: la luna sbatteva i suoi raggi sul palazzo ducale, -e riproduceva sui muri del fondo le agili colonnette e i trafori. La -basilica di San Marco appariva indistinta fra molteplici gruppi di -colonne di marmo sostenenti archi di mosaici di oro, incoronati di -cupole lucenti. La doppia fila d'arcate che fiancheggiano la piazza, -i sovrapposti palazzi, le gigantesche colonne della piazzetta, i -leggiadri stendardi, tutto quell'insieme vario ed artistico, grandioso -e imponente, sembrava ai giovani viaggiatori una sublime visione. - -Penetravano in Venezia come nel regno dei sogni soavi; le loro -forze giovanili misuravano dei lunghi anni felici, le loro speranze -dipingevano sulla facile fantasia una serie di gioje recondite; e la -gloria possibile fra le meraviglie delle arti e della natura! - -Ma chi erano quei due giovani viaggiatori, così ardenti d'entusiasmo e -di genio? — Uno si chiamava Vittore Valdrigo, e l'altro Antonio Canova. - - - - -II. - - -Il giorno di tatti i Santi del 1757, la natura melanconica si -apparecchiava all'inverno, le foglie cadevano dagli alberi, l'erbe -ingiallivano. Nel piccolo villaggio di Possagno, i paesani si recavano -nella vecchia parrocchia di San Teonisto per ascoltare la messa. -Niente indicava un avvenimento rimarchevole pel modesto paesello, nè -il reverendo parroco che battezzava un neonato s'immaginava che il -nome impostogli al sacro fonte avrebbe fra pochi anni meritate le lodi -di tutto il mondo civile, e sarebbe divenuto la provvidenza del paese -nativo, cosicchè il buon sacerdote aprendo colla solita tranquillità -i registri parrocchiali, vi iscriveva colla massima indifferenza sotto -agli altri poveri nomi, il nome che doveva diventare famoso di Antonio -Canova, figlio legittimo di Pietro Canova di Possagno e di Angela Zardo -di Crespano. - -Finita la cerimonia, il prezioso fanciullo veniva trasportato a casa -senza altre solennità, e colà pochi parenti ed amici celebravano -tranquillamente la sua nascita rompendo dei biscotti e assaporando -alcuni bicchieri di vino. E chi poteva leggere nel libro dell'avvenire? -Generalmente le madri coltivano i sogni più ridenti sulla culla dei -loro bambini; Angela Zardo avrà essa pure fatti i suoi sogni, ma questa -volta erano certo al di sotto della realtà. - -La sua fantasia si sarà limitata alle comuni speranze, e se una voce -arcana le avesse profetizzato i grandi destini del figlio, essa non -avrebbe creduto alla profezia. Eppure egli doveva dar vita ad una serie -gloriosa di candide divinità, innalzare colossali mausolei a pontefici -e a principi, riprodurre col marmo i più illustri personaggi del suo -tempo, scolpire le statue di futuri eroi e di graziose principesse, -e con parte del denaro ricavato innalzare un tempio greco sui colli -di Possagno in luogo della povera chiesuola nella quale era stato -battezzato. - -E chi poteva annunziare agli abitanti di Carrara che era nato un -fanciullo a Possagno che fra pochi anni avrebbe cavato dal marmo delle -loro cave una Psiche celeste, un gruppo delle Grazie veramente divino, -e un drappello di altre bellezze molli e quasi palpitanti di vita? -E pensare che un colpo d'aria, o qualunque minimo accidente sarebbe -bastato per spegnere quella vita, e togliere al mondo il lavoro di -quelle mani portentose che doveano secondare con tanta maestria le -creazioni del genio!... - -E chi sa quanti genii nascono ogni giorno in Italia, e si spengono -senza aver dato il loro frutto! Chi sa quanti uomini di Stato, quanti -germi di generali e di magistrati muojono nelle fascie di spasmodia -o di morbillo! e chi sa quanti nascono con la scintilla del genio e -muojono nell'età senile senza lasciare una traccia del loro passaggio -nella vita, tutta trascorsa in vane contemplazioni, in sterili sogni, -in un perpetuo assopimento, in una molle apatia, in un dolce far -niente! - -Mentre che a Possagno la nascita di Canova passava inosservata, a -Venezia si celebravano con gran rumore di campane e gran scialacquo -di versi, i natali degli illustri rampolli della veneta nobiltà. I -discendenti dei famosi dogi erano accolti in questo mondo coi più -solenni pronostici. - -Circondati di trine e di giojelli venivano trasportati al sacro fonte -fra una folla d'amici e seguiti da un codazzo di servi in livree -ricamate colle armi gentilizie della casa. Al ritorno dalla chiesa si -facevano dispendiose feste e rinfreschi, ove si prodigavano i più fini -confetti e i vini più prelibati, e i poeti d'occasione andavano a gara -nel mettere in rime le geste gloriose del futuro eroe, annunziando a -Venezia la sua nuova fortuna. Ma pur troppo quei poeti furono falsi -profeti, ed alla caduta dell'antica repubblica gli eroi si nascondevano -in cantina esclamando coll'ultimo doge le memorabili parole: «questa -notte non saremo sicuri nemmeno in letto!» Ogni fanciullo che nasce è -un mistero! - - - - -III. - - -Saltore è una tranquilla e verdeggiante villetta, a poche miglia da -Treviso e dal Piave. La pittoresca catena di montagne che fiancheggia -la provincia forma una deliziosa prospettiva al villaggio. Queste -montagne che dominano i colli sottoposti, e il bosco del Montello, -ergono la cresta orgogliosa di nuda roccia, e sono incoronate sovente -di bianche nevi, che nelle serene aurore e nei dorati tramonti si -tingono d'una vaga luce rosea o violetta, e nei giorni più foschi -si velano di azzurre nebbie trasparenti, o si ascondono in parte fra -vapori fantastici che a poco a poco diventano nuvole e vengono poi ad -inaffiare la sottoposta pianura. Le falde verdeggianti dei monti sono -tutte seminate di paeselli, di casolari, di chiesette circondate di -macchie boscose, e di vigne che presentano alla vista un incantevole e -variato prospetto. Dalle gole ove discende il Piave, penetra quell'aria -pura ed elastica che conserva la salute, apporta l'appetito, e invita i -Veneziani a godere i piaceri campestri, per cui tutto il territorio è -sparso di palazzi e di case che abbelliscono l'antica Marca; la quale -per la sua amenità, meritò dai nostri antenati il lusinghiero epiteto -di Amorosa[1]. - -Sembra che anticamente Saltore sia stato un feudo o un'abazia dei conti -Collalto. Osservansi ancora in alcune case coloniche gli avanzi di -antichi conventi, e rimangono sui cadenti muraglioni le traccie delle -celle dei frati e gl'indizi non dubbi di religiosi istituti. In epoche -remote la nobile famiglia Sugana veniva a villeggiare nel paese, che fu -celebrato in quei tempi per i magnifici palazzi e i sontuosi giardini. - -Avanzo di questa dimora dei Sugana, rimaneva ancora, sono parecchi -anni, una antica torre diroccata in fianco d'un ponte che cavalca la -Mignagola, modesto ruscello, ma limpido come il più terso cristallo. -Dai ruderi del palazzo signorile era sorta una rustica catapecchia, -composta di rottami di cornici di pietra, e di vecchi mattoni, coperta -di tegole e paglia. Una tettoja posta a ridosso della torre era -sostenuta da fusti infranti di colonne e da tronchi d'albero colla loro -corteccia, e da qualche ramo che faceva le funzioni d'architrave. Il -pianterreno della torre era divenuto una stalla, il primo piano una -camera da letto, alla quale si saliva da una scala esterna coperta, -e intorno della quale una vite vagabonda arrampicandosi ai pilastri -era andata a raggiungere il tetto e ricadeva in festoni. Un'adjacenza -conteneva la cucina, le altre stanze e il fienile, il tutto fabbricato -a varie riprese, con idee diverse, con materiali antichi o recenti, da -artisti che non conoscevano nè regolo, nè compasso, nè squadra. Sopra -la camera da letto la torre non aveva che tre lati che terminavano in -frastagli cadenti sopra qualche foro a sesto acuto, ove di giorno i -colombi stavano al sole a lisciarsi le penne. Il tetto aveva il suo -declivio dal lato mancante. Nelle fenditure dei vecchi muraglioni, -nei crepacci e nei fori, le civette e i pipistrelli facevano il nido, -e si erano accomodati a meraviglia fra una vegetazione fantastica di -fichi selvatici, di pruni e ligustri. L'edera correva su pei muri e -ne formava il più grazioso ornamento. In fianco alla bizzarra dimora -sorgeva un gruppo d'antichi olmi che rendeano completo il quadro. Il -cortile terminava al ruscello, tutto ricinto di siepi di biancospino, -di aceri, di evonimi e di sicomòri; era brulicante d'animali domestici, -che vivevano in perfetto accordo fra loro, e andavano beccando i -granelli sparsi sul terreno. Un superbo gallo razzolava il letame per -discoprire dei lombrici da regalarne le sue galline che gli stavano -d'intorno come tante odalische. I polli d'india facevano la ruota -colle penne della coda, una chioccia conduceva al passeggio i pulcini -pigolanti. Le anitre si diguazzavano nell'acqua, un grosso majale -grugniva in un canto, sdrajato sopra un mucchio di foglie. Il cane -vegliava alla porta, il gatto, ricoverato sulla sommità della scala, -stava contemplando la rustica scena, con una immobilità monsulmana. - -Tutti erano felici, ciascheduno vivendo secondo le sue idee, in piena -libertà e sicurezza. Quel cortile presentava l'immagine di un perfetto -governo nel quale regnasse l'ordine, la pace, l'armonia. Le rondini, -innamorate del beato soggiorno, facevano il nido sotto ai tetti, ed -ogni primavera, reduci dai loro viaggi lontani, ritornavano ad abitare -le loro costruzioni, le quali non avevano bisogno che di qualche -leggiero restauro. - -Dietro la corte c'era l'orto fornito a dovizia di erbaggi e di frutta, -e dopo l'orto vasti campi adorni di viti; ed estesi prati nei quali gli -armenti trovavano dei pingui pascoli, e una quiete beata. - - - - -IV. - - -Zammaria Valdrigo era l'affittuale del podere. In quella solitudine le -sue idee s'erano naturalmente circoscritte alle istruzioni del parroco, -ed alle tradizioni di famiglia. Dal primo aveva imparato materialmente -a recitare i misteri, a balbettare le orazioni latine, a venerare i -santi in generale, accordando però una particolare preferenza ad alcuni -che godevano il privilegio di speciali facoltà, ed erano dichiarati -protettori d'alcune professioni, o degli ammalati o delle bestie. Per -esempio, i calzolai dovevano invocare san Crespino, gli epilettici san -Valentino, e in caso di malattie della vacca o del porco bisognava -raccomandare il sofferente a san Bovo, o a sant'Antonio abate. La -speranza del paradiso e la paura dell'inferno e del diavolo erano -naturalmente il fomite delle buone azioni, e il freno degli istinti -perversi; in quanto al purgatorio egli non ne aveva tanto spavento, -perchè quantunque il bruciare nelle fiamme per alcuni anni dovesse -essere una cocente punizione, pure poteva sperare d'uscirne col mezzo -di opportune indulgenze, di qualche messa, di qualche elemosina, di una -candela, o di altri suffragi. - -A queste nozioni generali del sovranaturale, si aggiungeva la fede -nella potenza delle benedizioni del parroco per ispaventare i sorci, o -mettere in fuga le formiche, e le tradizioni di famiglia riguardo al -_massariol_, essere misterioso e notturno che fischia da lontano nei -campi, ed entra nella stalla ad intricare le criniere ai cavalli. E le -streghe che gettano la mala sorte, e le anime dei morti che non trovano -pace, e vagano di notte per le strade deserte. - -In quanto alle idee civili, si riducevano a poco. Come la celeste -gerarchia, la podestà della terra dividevasi in gradi. Al sommo -stava il Doge, e poi venivano il Consiglio dei Dieci, il Senato e i -gentiluomini. Dopo i gentiluomini i lustrissimi, e finalmente la povera -gente che deve obbedire. Per le nozioni agricole tutto si riduceva a -seminare od a mietere in crescente o calante di luna secondo i casi, a -lavorare le terre coll'aratro ereditato dal nonno, il quale lo aveva -avuto dal bisavolo che lo teneva dal trisavolo, e così avanti, ossia -indietro fino ai tempi di Trittolemo. - -Del resto, malgrado tanta semplicità, Zammaria sapeva fare i suoi -conti, e presso gli altri contadini egli passava per un esperto -massaio. Rispettoso e diffidente, faceva profondi inchini ai padroni, -ma misurava le parole, rideva sempre con un occhio solo e con metà -della bocca, e dalla bonarietà superficiale del volto gli trapelava -un'aria di nascosta malizia, che dava alla sua fisonomia un carattere -singolare. - -Sua madre era una vecchia grinzuta e ricurva, che tutto il paese -chiamava per antonomasia, la nonna. - -Sua moglie era una svelta e robusta contadina. Bianca e rossa come -un bel pomo maturo, la Rosa andava e veniva tutto il giorno dalla -cucina alla corte, dalla corte alla stalla, dalla vacca ai pulcini, -dal marito al maiale, dai figliuoli ai colombi; una vera provvidenza -che vegliava su tutto, e non dimenticava nessuno. Un fazzoletto a -quadri sul capo, le maniche rimboccate fino al gomito, la gonnella che -appena oltrepassava il ginocchio, lasciavano piena libertà alle sue -mosse rapide e gagliarde, e dall'alba al tramonto si udivano i tacchi -de' suoi zoccoli che battevano il terreno con un suono uniformemente -accelerato. Pareva che il suo cómpito sulla terra fosse quello di -rappresentare l'abbondanza; la quale spiccava dalle rotondità delle -sue membra, dal volume degli alimenti somministrati alla famiglia e -agli animali, e dal numero de' suoi figli. Ne aveva avuto una decina -fra maschi e femmine, alcuni erano morti, gli altri correvano i campi, -al sole e alla pioggia, forti come la madre, vegeti come la natura, -selvaggi come gli uccelletti del bosco. - - - - -V. - - -C'era però una eccezione. Vittore era nato con una fibra più molle -degli altri fratelli, ed aveva sofferto alla prima infanzia alcune -malattie che lo lasciarono più delicato e più debole. La buona madre -sentiva il bisogno di distinguerlo dagli altri, riparandolo con cura -dalle intemperie, rinforzandolo con cibi migliori, sorvegliandolo ad -ogni istante perchè non si esponesse ad esercizii violenti e dannosi. -Le sofferenze fisiche lo rendevano più sensibile alle impressioni, e le -abitudini calme e tranquille introducevano nel suo cervello il dominio -delle idee, ed una naturale tendenza alla osservazione minuziosa degli -oggetti che gli stavano intorno. Seduto sotto gli olmi che sorgevano -fra la casa e il ruscello, egli contemplava e comparava ogni cosa. -Seguiva il volo della rondine che sfiorando l'acqua cristallina -coglieva la preda, l'apportava al nido ove i neonati l'aspettavano -col becco dischiuso, e con allegro garrito ritornava alla caccia per i -prati e pei campi. Osservava il bacio dei colombi, le collere del gallo -contro i tacchini, ammirava i vaghi colori delle farfalle, e le ali -dorate degli insetti che passeggiavano sotto ai muschi crescenti sulle -corteccie degli alberi; e ascoltava attentamente i varii mormorii della -campagna, che con un'armonia indefinita rompevano i silenzii della -tranquilla dimora. - -Turco, il cane da guardia, era il fido compagno delle sue escursioni -vagabonde, e con lui faceva lunghe peregrinazioni attraverso i -vicini paesi e fino alle ghiaie del Piave, ove si arrestava davanti -l'impetuoso torrente, a contemplare quelle vaste solitudini, e il -lontano prospetto del castello di San Salvatore, e la catena dei monti. - -E nelle lunghe sere d'inverno, rannicchiato in un angolo del focolare, -o seduto accanto dei buoi, ascoltava le fiabe della nonna, che -popolavano la sua mente di bizzarre avventure, e conducevano il suo -spirito nella regione dei sogni. - - - - -VI. - - -Nel vicino paesetto di Vascon villeggiava in quel tempo l'antica e -nobile famiglia veneziana degli Orseolo. La pittoresca dimora dei -Valdrigo serviva spesso di meta alle passeggiate vespertine della -nobile famiglia, che si piaceva di quelle scene campestri, e si -arrestava volontieri alla rustica cucina all'ora della cena, ad -osservare la Rosa che distribuiva le parti alla nonna, a Zammaria, ai -fanciulli, dispersi qua e colà sopra una sedia, sul focolare, o sulla -soglia. - -La fisonomia intelligente di Vittore piacque alla nobildonna Fulvia -che s'intratteneva con piacere a conversare con lui, ed egli divenne -ben presto il compagno inseparabile d'Alvise e di Silvia, nobili -rampolli dell'illustre casato. Silvia era una bambina di quadro anni, -suo fratello ne aveva due di più, la medesima età di Vittore. Ogni -autunno Alvise e Silvia appena giunti a Vascon correvano in traccia di -Vittore, lo regalavano di vesti, lo conducevano a casa con loro, ed -egli passava tutta la stagione cogli Orseolo dividendo coi fanciulli -i giuochi, i balocchi, i bomboni, i piaceri e gli studi. Quando Silvia -entrò in convento, ed Alvise ebbe un istitutore, la nobil donna Fulvia -raccomandò Vittore al parroco di Varago, affinchè gl'insegnasse -a leggere e a scrivere; e poco tempo dopo, ottenne dai parenti di -lasciarlo continuare gli studi presso un prete di Treviso che teneva -alcuni ragazzi in pensione. Gli Orseolo pagavano la spesa, Zammaria -brontolava, ma la Rosa era contenta; e ogni autunno Alvise e Vittore -ricominciavano le loro escursioni e i soliti diletti campestri. - -Il giovine Valdrigo fece in pochi anni rapidi e portentosi progressi, e -mostrò una straordinaria inclinazione per la poesia e per le arti. Egli -disegnava con rara maestria, e riteneva a memoria i motivi musicali, -uditi anche solo una volta. La vita contemplativa dell'infanzia aveva -certamente predisposte le sue facoltà ad una intensa osservazione, che -gli rendeva più facile la riproduzione delle impressioni ricevute. - -La contessa Fulvia degli Orseolo parlò del suo protetto al senatore -Giovanni Falier, grande amatore delle arti belle, e mecenate degli -artisti, il quale sapendo che lo scultore Torretti doveva recarsi -a Treviso, lo incaricò di esaminare le tendenze del fanciullo. Il -Torretti lo trovò degno delle sue cure, e lo condusse seco a Pagnano -ove compiva dei lavori per le chiese dei paesi vicini. - -La nobile famiglia Falier villeggiava allora nel suo principesco podere -di Pradazzi, nelle vicinanze di Pagnano e di Possagno. In quella nobile -dimora il vecchio e burbero Pasino presentava a Giovanni Falier il suo -timido nipote Antonio Canova, il quale rimasto orfano del padre, era -stato allevato dall'avolo a trattare il marmo, professione di famiglia, -nella quale i suoi parenti lavoravano con discreta abilità. - -Il benefico Falier raccomandava anche il giovine artefice al Torretti, -nel cui studio di Pagnano si conobbero e si amarono Antonio Canova e -Vittore Valdrigo. - -Finiti i lavori che lo tenevano occupato nei contorni di Asola, il -maestro scultore ritornò alla sua residenza di Venezia, invitando -i suoi giovani allievi a seguirlo nella artistica città, ove fra -le meraviglie delle arti avrebbero sviluppata la mente all'amore e -all'intelletto del bello. - -Con questo scopo si recavano a Venezia i due modesti viaggiatori, dopo -di aver abbracciato i parenti, e dato un addio al nativo villaggio. - - - - -VII. - - -Antonio Canova, entrato nello studio del Torretti a Venezia, si -esercitava a maneggiare i marmi, a trattare gli scalpelli, i trapani, -le scuffine e le raspe, ma non tardava ad accorgersi che i minuziosi -lavori del maestro mancavano d'ispirazione e di genio. - -Il Torretti era seguace di quell'arte convenzionale che abbandonato -lo studio del vero, cercava gli effetti nelle movenze esagerate, e -negli adornamenti pomposi o bizzarri. Trascurava lo studio del nudo, e -non facea caso degli antichi modelli della Grecia, nei quali il genio -dell'artefice traducendo la natura nel marmo sapeva cogliere in un -punto il vero ed il bello, e creare delle opere divine. - -Ma il giovane modesto e rispettoso lavorava in silenzio, aspettando -il tempo opportuno per spiegare il libero e sublime suo volo verso più -puri orizzonti. - -Il suo vecchio nonno, il Pasino, vendeva per cento ducati l'unico -poderetto di famiglia con lo scopo di mantenere un anno a Venezia il -nipote, e il nobile Falier raccomandava il giovanetto al nobiluomo -Farsetti, che con patrizio splendore, aveva raccolto nelle sale del -suo palazzo di Venezia i migliori modelli antichi di scultura, e ne -lasciava libero l'ingresso agli studiosi. Canova profittando di tale -libertà, passava delle lunghe ore fra quelle statue, che parevano -svelargli con muti cenni, da lui solo compresi, gli arcani dell'antica -arte di Fidia, da tanti secoli smarriti. - -In quel tempo due vivissime fiamme ardevano nel cuore del giovinetto -scultore, l'amore e l'arte, e si giovavano a vicenda. Una vezzosa -montanina di Possagno che egli aveva un giorno incontrata ad una festa -del villaggio, lo aveva ferito con un lampo degli occhi. - -Nella sua patria si vedevano sovente, e si pascevano di sospiri, di -silenzii e di sguardi. - -Nobile amore che ricercando le fibre più riposte del cuore lo rendeva -capace di generosi sentimenti, e disponeva la sua mente a concepire -sublimi pensieri, e a comprendere per intuizione i misteri del bello. -Elisabetta Biagi, e le statue del palazzo Farsetti, ebbero per Canova -una eguale influenza nelle prime rivelazioni dell'arte. Dagli occhi -della Lisa egli ricevette la scintilla che accende l'anima, e apporta -la luce necessaria alla comprensione delle linee greche, che svelano la -suprema venustà della forma negli antichi modelli. - -Quella vita di studio e di affetto rendeva l'artista insensibile alle -seduzioni di Venezia. - - - - -VIII. - - -Nello studio del Torretti, e nelle sale Farsetti frequentava pure -Vittore Valdrigo, ma in altre condizioni di vita. Un casto affetto non -custodiva il suo cuore, e i lunghi ozii dell'infanzia lo avevano reso -inetto alle occupazioni laboriose. - -Il suo spirito si evaporava in infiniti e chimerici progetti, i quali -poi si dileguavano al primo soffio di vento. Il suo ingegno versatile -lo spingeva ad abbracciare troppe cose, che abbandonava al primo -ostacolo, scoraggiato, avvilito. - -La famiglia degli Orseolo lo teneva presso di sè. La munificenza -di quella casa gli largiva una pensione, e dandogli una stanza nel -palazzo, lo lasciava libero di seguire i suoi studi, e gli schiudeva -gli aditi alla vita di Venezia, alle distrazioni, agli stravizi, e -la imperiosa voce della necessità non batteva mai alla sua porta per -eccitarlo ad affrettare il lavoro. - -Ciò nonostante, la feconda natura del suo ingegno lo rendeva atto ad -ogni cosa. - -Disegnava con grazia e maestria, ed incominciava a dipingere con -franchezza e con forza. I suoi pennelli scorrevano sulla tela colla -arditezza d'un artista provetto, e la sua tavolozza s'impastava coi -colori della famosa scuola veneziana. Con poche linee segnate con -rimarchevole talento egli tracciava un somigliante ritratto, con pochi -tocchi di pennello lo dotava di anima e di vita. - -Amante passionato della musica, aveva imparato a suonare il violino, e -lo maneggiava con destrezza e con passione, ma piuttosto per natura che -per arte, non avendo la pazienza di attendere a lunghi e severi studi, -e così mancante della istruzione necessaria per suonare un pezzo di -musica completo, egli abbandonava il suo arco sulle corde in traccia -di scucite e vaghe fantasie, di modulazioni capricciose e improvvise. -Leggeva rapidamente ogni volume che gli cadesse fra le mani, e passava -le intiere notti intorno alla lettura d'un libro che consonasse col suo -cuore, o dilettasse il suo spirito. Ogni libro grave o noioso gettava -con disprezzo, e condannava con inappellabile giudizio. - -Egli sapeva a mente i più bei versi dei migliori poeti, e li declamava -con maschia energia, e con intelligente espressione. La sua infanzia -quasi selvaggia lo aveva reso indipendente dall'influenza del gusto -corrotto del giorno, ed aveva predisposto il suo cure al sentimento -della natura e del vero, cosicchè egli sentiva tutto il falso della -poesia dominante, e ne parlava con ironia e con disprezzo. E sovente -improvvisava dei versi e delle strofe ispirate che si perdeano per -l'aria, e non lasciavano che una dolce e confusa rimembranza a' suoi -amici che lo eccitavano invano a scrivere ed a pubblicare le sue -poesie. - -Ma ogni suo lavoro rimaneva incompleto, non perchè gli mancasse -l'ingegno per compierlo, ma per colpevole indolenza. Le sue -ispirazioni, i suoi slanci erano fantasie passeggiere. Ad un tratto -il suo volto s'irraggiava d'un'estasi sublime, i suoi muscoli si -agitavano, i suoi occhi vibravano lampi di luce. Allora la sua mente -cercava splendide immagini, e nuovi concetti, le sue labbra proferivano -parole strane e concitate, se prendeva la matita tracciava lo schizzo -d'un quadro, che rivelava un pensiero stupendo, o se afferrava il -violino ne traeva delle note soavi, dei sospiri armoniosi, degli -accenti melodiosi che rapivano i sensi. Gli astanti rimanevano -stupefatti e commossi, ed egli si arrestava come il viandante spossato -dopo l'erta salita d'un monte, e si sedeva sfinito ed esausto. - -In quei momenti d'esaltazione, quando gli si risvegliava nell'anima la -potenza creatrice, se egli avesse potuto disporre di tutte le ricchezze -del mondo, non avrebbero bastato a soddisfare gl'immensi capricci -del suo pensiero. Egli concepiva dei piani giganteschi di nuove città -meravigliose, e dava vita a nuovi mondi, a nuovi universi!... Ricaduto -nella calma trovava tutto superfluo nella vita, meno la pipa e il sofà -sul quale passava delle lunghe ore solitarie, mandando delle boccate -di fumo, e contemplando dalla aperta finestra una nuvola che passava, o -una stella che brillava nel cielo. - -A' suoi amici che gli rimproveravano il vergognoso letargo egli -rispondeva: «Le delizie del dolce far niente sono un dono prezioso -impartito dal Creatore alle creature privilegiate. I sogni dell'anima -sono più belli delle prosaiche realtà della vita, come la Venere greca -è più bella della donna; e la contemplazione delle opere di Dio è -un omaggio alla divinità, superiore ad ogni più fervente preghiera. -Lasciate che io preghi ed ami secondo il mio istinto.... Ascoltate una -storia del millecinquecento: - -Un muratore innalzava un muro in Val d'Arno, assistito dal suo -manovale. Uno portava i mattoni, i sassi e la calce, l'altro andava -avanti col muro. Sapete che fa caldo in Toscana! orbene, era appunto -il mese di luglio, il sudore grondava dalle fronti abbronzate dei due -lavoranti, mentre un uomo stava tranquillamente sdraiato al rezzo d'una -pianta fronzuta, e li guardava. Il muratore vide l'ozioso, e disse -sdegnato al manovale: — Guarda un po' il fannullone, che mentre noi -sudiamo al lavoro, egli si gode a far niente! — Ora sono tre secoli -che il muratore e il manovale son morti e dimenticati, il muro è -caduto, e non ne restano nemmeno le traccie, è morto anche colui che li -stava osservando senza far niente, ma è rimasto il suo nome, egli era -Michelangelo Buonarroti, che meditava una delle sue opere. - -Fra gli antichi ruderi della Campagna Romana, un capraio osservava -un bel giovine seduto a fianco d'una vaga fanciulla, e lo credeva un -ozioso; era Raffaello che studiava le pose delle sue Vergini, e le -pieghe delle vesti della Fornarina. - -Il dolce far niente per le anime dei poeti e degli artisti è il -preludio delle sublimi creazioni, è la contemplazione che genera -l'ispirazione, è il sogno sublime che apparecchia l'opera divina del -genio. - -E in queste stesse lagune, quanti ozii, quante ore beate di riposo -trascorsero nella tranquilla barchetta, i nostri grandi artisti -veneziani, Giorgione, Paolo Veronese, Tiziano, e tutta la gloriosa -coorte; e mentre solcavano l'onde coricati sui molli origlieri della -gondola che cullava i loro sogni, parevano assopiti da un dolce far -niente, e invece meditavano quelle stupende creazioni che sono adesso i -tesori dell'arte, ed una delle più belle glorie di Venezia. - -Ed io, povero insetto della terra, nel dolce far niente dell'infanzia -ho imparato ad ammirare la potenza di Dio che faceva germogliare il -germe confidato alla terra, che provvedeva il nutrimento al falco -che mi passava sul capo nelle alte regioni dell'aria, ed all'insetto -impercettibile che faceva un lungo viaggio sopra un filo di musco. Ed -ora appoggiato al balcone, e contemplando questa azzurra laguna che si -perde nei lontani orizzonti, ora io sento...... e s'arrestava tutto -d'un tratto dando in un solenne scroscio di riso, e lasciando gli -astanti nella sorpresa e nel dubbio se avesse parlato da senno o da -burla, e staccando il violino dal muro improvvisava mille capricciose -melodie che ora imitavano i gemiti del dolore, ora il canto di -un'allegra canzone, e finivano colle note affettate d'un mellifluo -minuetto, sospeso poi da un'altra solenne risata. - - - - -IX. - - -Mentre che Valdrigo fantasticava coi più strani paradossi, Canova -lavorava modestamente intorno due canestri di fiori e di frutta. -Col ricavato di questo primo lavoro, eseguito per commissione del -nobile Falier, il giovane scultore ebbe agio a procurarsi un locale -conveniente a studi più vasti. Egli cercava un luogo romito e -silenzioso, e lo trovò nell'antico monastero di San Stefano.[2] - -Quel chiostro eretto sui disegni di frate Maestro Gabriele di Venezia -tornava perfettamente opportuno alla quiete dello studio. L'architetto -monaco e artista aveva creato un rifugio per le anime meditabonde e -pei pensieri elevati. Contribuivano ad ispirare la mente le memorie -del passato parlanti dalle tombe d'illustri antenati; perchè colà -riposavano nell'eterno sonno le ossa gloriose di Francesco Morosini, -di Andrea Contarini, e di tanti altri, magistrati e guerrieri. Quelle -mura solitarie rammentavano i pensieri, i dolori, le speranze dei -loro abitatori. Esse avevano raccolto le anime troppo timide per -affrontare i rischi della vita, o i cuori già offesi da insanabili -ferite riportate nella lotta di mondane passioni. La fede nei misteri -della religione consolava quelle anime meste o desolate che travedevano -dopo le pene della vita, i giorni sereni d'una esistenza immortale; la -fede nella potenza dell'arte consolava Canova delle privazioni continue -e delle difficoltà del lavoro, e lasciava travedere alla sua anima il -compenso d'ogni sofferenza e d'ogni fatica nell'immortalità del suo -nome. - -Nei silenzii notturni di quel chiostro, che più non risuonavano di -lente salmodie, egli avrà veduto coll'ardente fantasia le pallide ombre -di quei frati, attraversare i lunghi corridoi, prosternarsi sulle tombe -degli antichi Veneziani, e coll'immagine della morte frenare i battiti -del cuore eccitati dalle tentazioni di mondane cupidigie. - -Molti artefici insigni avevano illustrato quel convento colle loro -opere; e fra gli altri Giannantonio Regillo da Pordenone aveva -apportato in quella pacifica dimora il genio del pittore e le passioni -dell'uomo. Dipingendo nella corte alcune sacre storie, egli animava -il suo pennello col vigore della gelosia che lo rodeva, del grande -Tiziano. Ma il vento degli anni trasportò la polvere sollevata da' suoi -passi, e rese muto anche l'eco che ripeteva sotto agli archi la voce di -Canova. - -Nella cella dell'ultimo frate disceso nella tomba, apportò il giovane -scultore il corpo nudo di Euridice; il cui modello in creta, eseguito a -Possagno, era il suo primo studio dal vero. Quivi poi scolpì in marmo -l'Orfeo, disperato d'aver perduto per sempre la sua donna, ma sotto -quella pietra parlante non scorreva il sangue del nume, e forse in -altri tempi, nella medesima cella, sotto allo scapolare d'un frate, -batteva il vero cuore d'Orfeo! - - - - -X. - - -Valdrigo ammirava i progressi dell'amico, ma non aveva la forza -d'imitarlo nella assiduità al lavoro, nel disprezzo d'ogni piacere -che non venisse dall'arte. Sfuggiva la fatica, e appena prodotto -qualche saggio incompleto che rilevava il suo genio, lo distruggeva -malcontento, trovando l'opera mancata, confessando la sua impotenza -a dar vita al concetto sublime che gli balenava nello spirito e -scoraggiato si arrestava a maledire sè stesso, ad imprecare contro -le difficoltà materiali dell'arte, a bestemmiare contro al facile -contentamento dell'altrui dappocaggine. Egli sogghignava con -disprezzante cipiglio davanti alle opere manierate e convenzionali -degli artisti viventi; e comparandole alle opere antiche sentenziava la -generale decadenza delle arti, del costume e della patria. - -Invano Canova gli ripeteva quelle massime che diressero sempre la sua -nobile vita. Lo consigliava amichevolmente ad essere più indulgente, ed -a correggere i difetti degli altri piuttosto coll'esempio del meglio -che con le acri invettive, e le critiche amare. E soggiungeva essere -più facile la critica d'un'opera insigne, che la produzione d'un -mediocre lavoro. Valdrigo voleva sostenere che il genio deve creare -senza fatica, e che il lungo studio è il retaggio dei mediocri. — -«Queste sono tutte ciarle,» rispondeva Canova, e annoverando gli uomini -illustri incominciando da Giotto e da Cimabue, gli dimostrava che le -loro opere erano il frutto della fatica e del lavoro.[3] - -Sovente visitavano insieme gl'insigni monumenti delle arti che adornano -le chiese ed i palazzi di Venezia, e Canova arrestandosi davanti il -quadro d'un famoso pennello, esclamava: «Vedi quest'opera? chi l'ha -fatta non andava girando divertendosi come noi facciamo.»[4] - -Le semplici e ragionevoli osservazioni dello scultore, calmavano i -sensi agitati del suo amico, il quale si proponeva mille stupendi -progetti di nuova vita, di lunga abnegazione, di ritiro completo, di -abbandono assoluto agli snervanti piaceri di Venezia, e deliberava -d'intraprendere lunghi e difficili studi, precursori di grandi lavori. - -Ma ogni giorno trovava i più futili pretesti per rimandare ad altro -momento l'esecuzione de' suoi piani. Se brillava uno splendido sole, -egli usciva, per una passeggiata al lido in traccia d'ispirazioni, e -rientrava affaticato e distratto. Se il tempo nuvoloso si disponeva -alla pioggia, egli aspettava il sereno per mettersi al lavoro. -Finalmente un purissimo cielo, un'aria imbalsamata lo mettevano in -buone disposizioni quando la visita d'un amico, lo sguardo d'una -vicina, un rumore della strada mettevano in fuga l'occasione, ed il -principio degli studi veniva rimandato al domani. - -Ma all'indomani era venerdì, giorno nefasto per principiare qualche -cosa; il sabato essendo l'ultimo giorno della settimana, gli sembrava -ridicolo che dovesse essere il primo d'una nuova esistenza. La domenica -è giorno di riposo, anche per quelli che non fanno mai niente ed egli -aspettava ansiosamente il lunedì, con fermo e tenace proposito. - -Sventuratamente al lunedì si rinnovavano gli ostacoli per impreveduti -accidenti; e così passavano i giorni inerti, le settimane improduttive, -e fuggivano gli anni. La sua cameretta collocata al quarto piano -dell'antico palazzo degli Orseolo, portava tutte le traccie del suo -talento e della sua accidia. Il disordine d'una stanza di studio -indica sovente le prolungate veglie, o l'assiduo lavoro, ma il caos -sarà sempre l'indizio del perpetuo abbandono. Sul tavolo, sul sofà, -sulle sedie rovesciate e per terra giacevano confusi e sconvolti mille -oggetti diversi. Di qua libri aperti e chiusi fra i manoscritti, i -disegni, la musica, il tutto sovrapposto a dei vasi di majolica, a -delle vesti abbandonate, a dei pennelli sostenuti da frammenti di -stoviglie. Di là giubbe e pannilini accanto al calamajo, in fianco d'un -mazzolino di fiori inariditi e d'una spazzola. Sui muri si vedevano -appesi insieme il violino, uno spadone, il busto d'una Venere, una -corazza irrugginita, e una barbuta sostenente una vecchia parrucca -incipriata. Il cavalletto per dipingere era incoronato da un vecchio -cappello tricuspide, e sosteneva una tavolozza imbrattata da colori -confusi e disseccati, l'archetto del violino, e una pipa turca. -Parecchie tele appena sbozzate, o lasciate in abbandono a lavoro -avanzato, pendevano parimente dai muri, o si ammonticchiavano negli -angoli, fra le tele dei ragni, presso un armadio semichiuso dal quale -uscivano le falde o le maniche d'una veste. Un tale miscuglio d'oggetti -costituiva un completo labirinto, fra il quale bisognava raggirarsi -con infinite precauzioni per giungere al letto nel fondo della stanza, -ove il giovane artista meditava le sue opere future, fra mezzo ai saggi -dispersi del suo genio, del suo disordine e della sua infingardaggine. - - - - -XI. - - -Il giorno della Ascensione del 1779 Venezia brillava di straordinario -splendore. Tutte le campane della città suonavano a festa, tuonavano -le artiglierie dalle navi e dai porti. L'aria che spirava dal mare -apportava di tratto in tratto il suono festoso di musicali concenti, la -folla accorreva premurosa sul molo zeppo di gente. - -Era il giorno della gran festa nazionale, nella quale il Doge recavasi -in pompa solenne agli sponsali del mare. Venezia risplendeva di -tutta la sua antica potenza, l'amore e l'orgoglio della patria univa -tutti i cittadini in festosa concordia, ed eccitava negli stranieri -l'ammirazione e il rispetto. Il Bucintoro che solcava maestosamente -quelle onde coi suoi fianchi dorati, dirimpetto alla città -meravigliosa, era il simbolo della grandezza della antica repubblica. -La poppa raffigurava una Vittoria navale coi suoi trofei. Le pareti -esterne erano tutte adorne di bassorilievi dorati, rappresentanti le -virtù e le arti. - -Il salone coperto di velluto cremisino, era ornato di frangia, galloni -e fiocchi d'oro. Verso la poppa s'innalzava sopra due gradini il seggio -ducale fiancheggiato da due figure rappresentanti la Prudenza e la -Forza; colle quali la politica Veneta seppe sostenere il governo pel -lungo corso di quattordici secoli. - -Il Doge si presentava al pubblico in tutta la pompa delle sue vesti, -coperte d'oro e di gemme; accompagnato dalla Signoria, dal Senato, -dal Maggiore Consiglio, e dagli ambasciatori delle primarie Corti -d'Europa. Seguivano il ducale corteggio numerose galee, le barche -dorate del dominio, le lancie ed i caicchi degli ufficiali di mare, i -capi principali del commercio, fra i quali primeggiavano le eleganti -peote dell'arte Vetraia, e delle Conterie di Murano, e finalmente una -infinita quantità di gondole e di barchette che ricoprivano la laguna -da San Marco fino al lido, adorne di festoni di fiori, di rami di -lauro, rallegrate dalla musica e dalle canzoni d'un popolo soddisfatto. -I vascelli di guerra e le navi mercantili, ancorati lungo la riva degli -Schiavoni, salutavano il corteggio cogli spari delle loro artiglierie. -Fra i vortici del fumo, e le onde agitate, le belle Veneziane passavano -intrepide nell'agile gondoletta, e mollemente adagiate sui cuscini -di piume, sfoggiavano il lusso delle seriche vesti, la grazia dei -seducenti sorrisi, il fascino ammaliante degli occhi. - -Il giorno ebbe termine col solenne banchetto del palazzo ducale, al -quale furono convitate le primarie autorità dello Stato e il Corpo -diplomatico. Sua Serenità sedeva sul seggio ducale circondato dagli -ambasciatori, dopo dei quali venivano in ordine i Consiglieri, i capi -del Consiglio dei Dieci, gli Avvogadori, i presidenti dei Tribunali -giudiziari, e gli alti Magistrati che avevano assistito dal Bucintoro -allo sposalizio del mare. Il pubblico, durante il primo servizio, aveva -libero l'ingresso nella sala, ove accorreva ad ammirare lo splendore -degli arredi, e il lusso delle laute imbandigioni. Uscito il pubblico, -entravano i musici della Cappella ducale che rallegravano il convitto -con armoniosi concerti. - -Alla sera la piazza di San Marco offriva lo spettacolo meraviglioso -d'una folla brulicante, briosa, ma ordinata e cortese. Fra un bisbiglio -di voci liete e graziose, si vedevano i più bizzarri contrasti di -colori e di costumi. I nobili e i magistrati colle sfarzose loro vesti, -i cittadini coi mantelli bianchi o scarlatti, coi cappellini piumati -a tre spicchi, le gentildonne in guardinfante e collo strascico, gli -ambasciatori e i forestieri coi loro costumi nazionali, fra i quali -risaltavano particolarmente i Turchi, i Greci gli Armeni. - -Le donne sciorinavano i più ricchi abbigliamenti, stoffe di raso -e di seta a larghe fioriture, con trapunti in oro, o ricami, con -maniche e collari di merletti e di pizzi di meravigliosa fattura. Le -alte pettinature brillavano di preziosi giojelli. Accanto alle gravi -e magnifiche matrone sfilavano le vezzose e vispe lustrissime dal -misterioso zendaletto, o dalla ricca bauta e offuscavano lo splendore -dei brillanti delle gentildonne colla luce degli occhi parlanti; e -una semplice rosa sul crine incipriato ornava talvolta quelle fronti -giovanili, con più effetto d'un diadema. Le livree dei domestici, i -costumi dei gondolieri e dei marinai, le donnicciuole del popolo di -Burano e di Chioggia con le gonnelle sul capo, formavano un quadro d'un -carattere originale, unico al mondo. - -Venivano tutti col pretesto della Fiera dell'Ascensione, splendido -mercato che si teneva in piazza San Marco, ma l'ammirazione non era -esclusivamente concentrata sulle merci esposte in vendita, chè gli -avidi sguardi dei giovani miravano maggiormente gli oggetti che non -si potevano acquistare a denaro, ma che talvolta si conquistavano con -un assedio perseverante di sguardi pietosi, e con l'arcana potenza di -qualche parola furtiva. - -Tutte le celebrità di quell'epoca intervenivano pompose nella piazza, -come in una meravigliosa sala, comune a tutti, cittadini o stranieri, -e passeggiavano lentamente fra gli sguardi rispettosi della folla, le -ripetute riverenze e i profondissimi inchini. - -Per di qua si vedeva fra un corteggio di eleganti incipriati, la bella -e briosa gentildonna Giustina Renier, da quattro anni soltanto sposa -al patrizio Marcantonio Michiel. Tutti ammiravano il lusso e le grazie -della nipote del Doge, che rivolgeva la parola a suo zio materno -Lodovico Manin, predestinato dalla sorte a seppellire la repubblica. -Di là usciva dalla procurativa, seguita da un codazzo d'ossequiosi -cicisbei, e si pavoneggiava per la piazza la pomposa matrona Caterina -Dolfin Tron, sorridendo a diritta all'eccellentissimo Quirini, -giunto apposta per la festa dalla sua deliziosa villa d'Altichiero, -o scherzando alla sinistra col vecchio e curvo conte Gaspare Gozzi, -canzonandolo con un piglio fra l'indifferente e il geloso sulla sua -inclinazione per la francese Sara Cenet. - -L'arguto poeta e gazzettiere, se ne scusava con motti piccanti e fini, -e si rivolgeva come ad un appello decisivo, al potente procuratore -marito, che li seguiva da vicino, corteggiato da una caterva di -adoratori della moglie. - -Passava un altro gruppo d'eleganti, facendo gran chiasso per lo -splendore delle vesti, e il numeroso e scelto corteggio. Era la vezzosa -gentildonna Contarina Barbarigo, la potente ed ammirata veneziana, che -due anni prima aveva vinto l'Imperatore Giuseppe II in una graziosa -lotta di spirito e di galanteria. La circondavano il cavaliere -procuratore Alvise Pisani, Francesco Pesaro, e Nicolò Barbarigo, ed -altri, astri minori, ma tutti brillanti di quell'epoca. - -La vecchia gentildonna poetessa Cornelia Barbaro Gritti camminava -cautamente, sostenendosi al braccio del figlio Francesco, parimenti -poeta; come una stanca musa che invoca l'ajuto d'Apollo per salire al -Parnaso. La vecchia musa in toppè era pastorella d'Arcadia, e veniva -conosciuta dai pastorelli suoi amici, Algarotti, Metastasio, Frugoni e -Goldoni, col dolce nome di Eurisbe Tarsense. - -Ma in fianco a questi nobili avanzi di caduca poesia passeggiava un -uomo antico, che con la mano ferma sull'elsa della spada parea sfidare -i nemici della patria. Era l'illustre capitano Angelo Emo, ultima -gloria delle geste militari di San Marco. - -Infatti tutti i più bei nomi di Venezia si incontravano in quel ricinto -di marmi, e spiccavano fra la folla mista d'ogni classe sociale. -Ma anche nel ceto cittadino e popolare non mancavano rimarchevoli -individui. Un grande originale era il burbero e sospettoso Carlo Gozzi, -che sfilava brontolando fra gli archi delle Procuratie, desolato da un -fatale contrattempo. - -Il popolo indicava a dito il rivale di Goldoni, l'applaudito autore -delle favole drammatiche, il quale dopo le sventure del perseguitato -Gratariol, vittima delle _Droghe d'Amore_, sfuggiva gli sguardi della -Ricci, attrice di moda, e suo malgrado la scontrava a ogni svolta -di calle, accompagnata dal vecchio capocomico Sacchi, il più famoso -arlecchino di quei tempi. - -In un angolo della piazza un cavadenti vantava ai curiosi i miracoli -d'un suo elisire, mentre dietro una colonna un individuo segnava in una -carta quel gruppo. Questi era il pittore Pietro Longhi che studiava dal -vero i costumi veneziani dell'epoca. - -Il giovane Antonio Lamberti inseguiva da vicino la bionda Marina -Benzon, e ispirato dalle grazie dell'avvenente persona e da qualche -sguardo incoraggiante, andava componendo le strofe della canzonetta -veneziana, divenuta tanto popolare: _La biondina in gondoletta_. - -Un altro giovane poeta, che viveva in quei tempi in Venezia di un -modestissimo impiego, andava in traccia d'Irene. Era il bassanese -Jacopo Vittorelli, già celebre pel suo poema sul Toppè, allora -innamorato d'Irene e dei maccheroni, che celebrava egualmente colle sue -rime. Ma Irene in bruno zendaletto si confondeva fra la gente, e cogli -occhi furbetti rispondeva ad altri sguardi. Noncurante della gloria -futura la vispa popolana, sedotta da un piattello di calde frittelle, -fuggiva con Fileno fra le braccia dell'Imeneo, lasciando che il poeta -abbandonato morisse d'amore in piazza San Marco, e dopo morto cantasse -a suo bell'agio: - - Non t'accostare all'urna - Che il cener mio rinserra - -e terminasse la sua funebre anacreontica prima di salire al letto -deserto, dicendo all'infida Irene: - - Rispetta un'ombra mesta - E lasciala dormir! - -La folla aumentava sotto le loggie della fiera, che si componevano di -vaste ed eleganti botteghe mobili, in legno, che venivano levate al -termine delle feste. Era una pubblica mostra delle merci più pregiate, -e delle migliori produzioni delle arti. Vi si vedevano a profusione i -prodotti naturali ed industriali dell'Oriente, accanto delle produzioni -nazionali. Abbondavano i broccati d'oro, le stoffe sontuose, i giojelli -e i merletti. Vi si ammiravano dei ricchi arredi, dei mobili e delle -cornici d'intaglio, l'arte vetraria spiegava tutto il lusso delle -varie sue opere, le perle, i lampadari di cristallo, gli specchi tanto -famosi. - -Il gusto naturale dei Veneziani per le arti guidava ogni anno -gl'intelligenti nel riparto consacrato all'esposizione dei lavori -degli artisti viventi, ove si collocavano le incisioni, i quadri, le -statue. In quell'anno la folla che circondava il locale destinato alle -arti belle era talmente stipata ed incessante, che riusciva malagevole -avvicinarsi alla meta. Eppure un solo gruppo attirava tutti gli -sguardi, ed eclissava ogni altro lavoro. Questo gruppo rappresentava -Dedalo ed Icaro, scolpiti in marmo da Antonio Canova. - -Era la natura riprodotta in plastica con verità impareggiabile. Pareva -che il sangue scorresse sotto la pelle rugosa del vecchio, il quale -adattando le ali alle membra giovanili del figlio, mostrava la sua -agitazione, colla contrazione delle linee del volto. Il fanciullo -Icaro colla sua ingenuità pareva lieto dell'idea paterna, e sorrideva -al pensiero di sciogliere il volo nelle regioni dell'aria. La folla -si accalcava intorno a quel gruppo, e ripeteva con rispetto il nome -dell'artefice insigne. - -Filippo Farsetti, il fondatore della Galleria di Scultura nella -quale studiava il Canova, accorreva ad ammirare il lavoro, insieme -al Senatore Giovanni Falier, il protettore del giovane artista. Si -scontravano per via col Procuratore Pietro Vittore Pisani che aveva -allogato il bel gruppo, e che andava superbo di poter abbellire le sue -magnifiche sale di un'opera che otteneva gli applausi universali. E in -vero quelle due statue erano così superiori alle produzioni dell'epoca, -che la stessa invidia taceva, e gli artisti viventi confessavano il -rinnovamento dell'arte e volevano stringere la mano che sapeva così -bene trattare lo scalpello ed imitare la natura. - -Il modesto Canova fuggiva le pubbliche ovazioni, e assaporava le intime -gioie del suo primo trionfo nella cella solitaria di san Stefano, già -adorna d'altri pregevoli lavori. Infatti prima del Dedalo ed Icaro -aveva condotto a termine il busto del Doge Renier per commissione del -nobile Angelo Quirini; aveva ripetuto l'Orfeo con modificazioni del -primo pel Senatore Grimani; aveva condotto in marmo un Esculapio e -modellato un gruppo d'Apollo e Dafne. - -I giovani suoi amici ed ammiratori andavano a visitarlo, e lo trovavano -sempre intento al lavoro. Erano fra i più intimi il giovane scultore -veneziano Antonio d'Este, che gli fu fedelissimo e stretto amico sino -alla morte, il trivigiano Carlo Lasinio, incisore e pittore stimato, e -Vittore Valdrigo. - -Costui uscendo a notte inoltrata dallo studio di Canova si aggirava -solitario per le calli deserte di Venezia, assorto nelle più gravi -meditazioni. Quel grande e nobile esempio agitava il suo spirito, egli -era costretto di confessare che le opere applaudite dell'amico erano -il risultato dei continui studi e delle perseveranti fatiche, egli -conveniva che il genio non fruttifica se non è fecondato dal lavoro, e -sentiva nel profondo dell'anima una voce misteriosa che gli prometteva -la gloria, qualora acconsentisse a consumare i pennelli sulla tela, -come Canova usava gli scalpelli sul marmo. - -Passeggiando in fianco alle Chiese e ai Palazzi, egli si arrestava a -contemplare quei monumenti, e le forme fantastiche di quelle antiche -dimore in parte immerse nelle ombre della notte, in parte illuminate -dalla luna, secondavano le sue tendenze e lo trascinavano nel regno -dei sogni. Dimenticando affatto il presente, egli riviveva nei secoli -andati, e gli pareva che quelle mura gli rivelassero i segreti delle -arti e della politica; e cercando di penetrare nei misteri degli anni -svaniti, gli sembrava di vedere gli uomini delle morte generazioni -e ne studiava i caratteri, e voleva indovinarne i pensieri. Davanti -una maestosa basilica, che disegnava le sue cupole nel cielo sereno, -egli pensava: — Quivi Tiziano si sarà soffermato a contemplare questo -spettacolo sublime, e avrà meditato il pensiero dell'Assunta. — Poi -raggirandosi per le oscure vie, e pei ponti ricurvi che presentano alla -vista le case del popolo sporgenti o rientranti nell'acqua dei canali, -se un lumicino rischiarava una finestra, con una luce rossastra, gli -pareva di vedere coricata in quella stanza la più bella Venere uscita -dai pennelli del medesimo artefice, chiamato dal Buonarroti «il gran -confidente della natura, il maestro universale, e il solo degno del -nome di pittore». E seguitava il suo notturno pellegrinaggio attraverso -l'antica Venezia, evocando il passato. Sotto al campanile di san Marco -gli sembrava di riconoscere il vecchio Sansovino che si compiaceva -nella contemplazione della sua loggia; sulla riva degli Schiavoni, -s'immaginava di incontrarsi con Alessandro Vittoria che aveva dimorato -in calle della Pietà. Ora si arrestava a dialogizzare col Tintoretto, -ora chiedeva a Paolo Cagliari delle spiegazioni intorno ai suoi gruppi, -o domandava a Giorgio Barbarelli i segreti della sua tavolozza, e le -sue opinioni intorno alla maniera del maestro Giovanni Bellino. - -Davanti l'ampia superficie della laguna pensava ai grandi capitani che -conquistarono il dominio dei mari, e piantarono l'onorato vessillo -di San Marco in lontane regioni. Si figurava i battiti del cuore di -Marco Polo nel giorno del suo arrivo a Venezia dopo la lunga assenza -dalla patria, e rammentava le glorie dei Morosini, dei Dandolo, dei -Foscari, dei Zeno, dei Mocenigo, dei Pesaro. Anime grandi! bei tempi -per Venezia! che ben a ragione andava superba de' suoi fasti politici, -della sua sapienza civile, delle sue glorie artistiche!... - -Ma tutto ad un tratto un rumore dapprima indistinto e confuso, e poi -assordante e disgustoso, lo risvegliava da' suoi sogni. Era un nembo -di maschere sibilanti, accompagnate da stromenti scordati, rischiarate -da palloncini variopinti, seguite da una folla plaudente di curiosi -e di sfaccendati. Valdrigo ritirato nel vano di una porta lasciava -passare la valanga, e quando il silenzio della notte riprendeva il suo -dominio egli faceva il paragone della antica Venezia colla nuova, e -mettendo a riscontro le feste nazionali delle vittorie, coi baccanali -senza tregua, gli uomini d'una volta con quelli del giorno, il suo -cuore lagrimava di compassione. Allora rientrava in casa, abbattuto -e desolato d'esser nato troppo tardi, in un'epoca di corruzione e di -decadenza; e trovava miglior consiglio spegnere l'intelletto nello -stordimento delle feste, al tocco dei bicchieri, al suono d'una musica -festante, fra i baci voluttuosi dei facili amori!... - -E così invaso dallo scoramento e prostrato dagli stravizi, dimenticava -il grande esempio dell'amico, il quale, modesto, laborioso e solitario, -si levava sempre più alto e dominava i tristi tempi, colla grandezza -del genio e coll'incanto delle divine creazioni. - - - - -XII. - - -Un ardente desiderio, un pensiero tenace, turbava i sonni, e dominava -le ore di studio di Antonio Canova. Un nome grande risuonava nel suo -cuore, una voce misteriosa e prepotente lo chiamava da lontano. Questo -pensiero, questo nome, era Roma. Roma circondata da un prestigio -infinito, nome eterno e venerato dal mondo per le sue grandezze e -per le sue rovine. Colà la Grecia mostra ancora le immortali bellezze -de' suoi marmi; e le glorie della repubblica e dell'impero sfidano i -secoli sulle pietre imperiture dei loro monumenti. La nuova era della -fratellanza cristiana, fondata sulle macerie del mondo antico, narra -i suoi martirii e i suoi fasti, colle catacombe e colle basiliche. -Il genio dell'arte eterna ha trasfuso la sua scintilla nell'anima di -Michelangelo e di Raffaello, e il fuoco sacro arde fra quelle mura, -che custodiscono i tesori della civiltà greca, romana e cristiana. Il -gruppo di Dedalo ed Icaro e la statua del marchese Poleni fornirono -al giovine scultore i mezzi necessari per soddisfare i suoi voti, e -nell'ottobre del 1780, lieto e felice, partì finalmente per Roma. - - - - -XIII. - - -In quello stesso mese un pesante carrozzone da viaggio, e un -barocchissimo biroccio, andavano barcollando per le strade rotte e -guazzose dei contorni di Treviso, trasportando la nobile famiglia degli -Orseolo che si recava a villeggiare nel suo palazzo di Vascon. - -Vedevasi nel carrozzone principale la nobildonna Fulvia in gran -toppè seduta accanto del nobile Giuliano Partecipazio, suo cavaliere -servente di servizio, e dirimpetto a loro, Silvia ed Alvise. Sedevano -nel secondo biroccio il nobile marito conte Almorò degli Orseolo, -l'elegantissimo abate Don Lio, poeta arcade, membro dell'illustre -accademia dei Granelleschi, istitutore del giovane Alvise, e cavalier -servente onorario della contessa. In faccia a loro stavano Vittore -Valdrigo, e la cameriera Lucietta. Gli altri servitori e staffieri -camminavano in fianco alle carrozze per sostenerle quando minacciavano -di ribaltarsi, o per spingerle avanti, quando le ruote sprofondandosi -nel fango, si arrestavano. Erano partiti da Venezia avanti il levare -del sole colla speranza di giungere alla villa prima di notte. In due -ore si attraversava la laguna, ma ci voleva una intiera giornata a -percorrere le quindici miglia da Mestre a Vascon, ben fortunati quando -non si aveva bisogno di quattro buoi per rimorchiare i cavalli e le -carrozze attraverso i rompicolli, che allora si chiamavano strade. - -Silvia era diventata una bella ragazza. Prima di ritirarla dal convento -era stata fidanzata al signor conte Alberto Leoni, che aveva vent'anni -più di lei, ma le era eguale in nobiltà e superiore in ricchezza, -perciò tutti trovavano il maritaggio perfettamente assortito, e la -ragazza non aveva nulla da dire, non potendosi ammettere in quei -tempi dalle famiglie dei nobili, che le fanciulle avessero un'opinione -qualunque sullo sposo a loro destinato dai genitori, secondo la nobiltà -del casato e le convenienze relative. - -Avanti che i nobili viaggiatori giungano alla meta, possiamo a nostro -bell'agio visitare il loro palazzo di compagna e passeggiare il -giardino in compagnia del cortese lettore, o della graziosa leggitrice, -ciò che sarebbe per noi una maggiore fortuna. - -Il castaldo Angelo Rotondo dà l'ultima spazzatura al selciato -davanti della casa, dopo aver messo in ordine l'interno, e fatte -sparire quelle cose che i padroni non devono vedere. Sua moglie -Fiorina è tutta in faccende per ripulire le stoviglie, spiumacciare i -materassi, dispiegare i coltroni, spazzare le stanze e spolverare le -suppellettili. - -L'antico e vasto palazzo sorge maestoso in mezzo di spaziose adjacenze -che contengono una grande quantità di locali a diversi usi. Dall'ampia -sala del mezzo partono le larghe scale che conducono agli appartamenti -superiori. Altre scale segrete e secondarie mettono negli anditi, e -conducono alle stanze dei domestici. - -Le ampie camere sono quasi tutte riquadrate di capricciosi stucchi alla -maniera di Carpofero, e si svolgono in curve barocche, chiudendo nel -mezzo antichi ritratti di famiglia un po' affumicati dal tempo, entro -a cornici d'intaglio bizzarramente accortocciate, e sormontate dagli -stemmi della famiglia, incoronati dal corno ducale. - -Nelle sale di ricevimento pendono dal soffitto ricche lumiere di -cristallo, e graziose girandole di Venezia, con pendagli brillantati, -e goccie tagliate a faccette, e adorne di vasi di fiori e frutti in -vetro, maestrevolmente dipinti. Sopra ai grandi e profondi camini di -marmo, che possono contenere dei tronchi d'albero intieri, veggonsi -lucenti specchi di Murano entro a cornici dorate, con vaghi andari di -foglie che si aggirano fra i cartocci e le volute, condotte con arte -ingegnosa. Larghi e pesanti seggioloni di cuoio con borchie di metallo, -e tavoli a piedi ricurvi, ricoperti da ricchi tappeti di stoffe -pesanti, a grosse frangie d'intorno, e grandi armadi colle cornici -sostenute da cariatidi, con ampie invetriate entro alle quali fanno -bella mostra i vasi di Faenza e i bicchieri di cristallo di monte. - -Il giardino è circondato da lunghi viali di carpini, tagliati -regolarmente ad arco. Le viuzze regolari e simmetriche, e le ajuole -dei fiori sono fiancheggiate da bossi ridotti in forma di verdi -muricciuoli. Gli alberi mozzicati e ritondati dalla forbice inesorabile -del castaldo, hanno perdute le loro belle forme naturali, e presentano -il monotono aspetto di vasi, piramidi e globi. Le piante dei cedri -che esalano un soave profumo, compiono l'ornamento del giardino, -unitamente alle statue, collocate ad eguali distanze, e riguardantisi -fra loro. Il dio Pane coi piedi caprini, con la testa cornuta, con la -zampogna nelle mani, fissa con stupido sguardo una Diana indifferente -che con una mano accarezza il suo levriere, e con l'altra prende dal -turcasso una freccia. Un Zeffiro enfia le gote, e sembra burlarsi d'una -Flora gentile che gli offre un canestrino di fiori. Vertunno fa degli -sberleffi a Pomona, che gli mostra ingenuamente delle frutta, senza -intendere le malizie del suo innamorato. Un grosso e allegro Bacco -incoronato di pampini leva in aria una tazza, e sorride bestialmente -a Cerere incoronata di spiche, la quale levando la falce sembra che -minacci di recidergli il capo. - -Gli agricoltori romani si prosternavano riverenti davanti a questi -dèi, ai quali chiedevano quelle benedizioni e quelle grazie che -ora la castalda Fiorina domanda al vecchio curato trattando poi con -irrispettosa noncuranza gli antichi numi, alle sacre membra dei quali -attacca una corda, per distendere al sole il bucato. - -Niente ricorderebbe la schietta natura in mezzo alla miseranda -accozzaglia delle piante frastagliate, se un rustico boschetto -sfuggito per miracolo alle cure micidiali del castaldo non fosse stato -abbandonato alla sua vegetazione naturale. Questi alberi dovettero -la loro salvezza al sito remoto, nel quale si ascondevano alla vista -degli uomini. Gli uccelli frequentavano quel delizioso boschetto -che stendeva le sue ombre ospitali sulle verdi erbe d'un prato, in -fianco d'un ruscello mormorante fra candide ghiaie, e in primavera vi -facevano il nido, e coi loro gorgheggi sembravano protestare contro le -forme artefatte degli alberi del giardino, che secondo Angelo Rotondo -erano la natura privilegiata, il boschetto rappresentando la natura -selvaggia; ma quell'animale ragionevole giudicava la qualità degli -uomini dalla forma della parrucca e il merito delle piante dal lavoro -della forbice, autorizzata dalla moda a commettere un delitto di lesa -natura. Eppure quel tranquillo recesso offriva un beato ricovero alle -persone modeste che amavano fuggire il sole, annoiate dalle importune -suggestioni di Bacco, e dalla immobile pantomima delle altre statue -dabbene. - -Il giardino regolare formava naturalmente le delizie dell'istitutore -d'Alvise, che per dovere della carica, si teneva strettamente legato -ai precetti dell'estetica del giorno. Don Lio era uno dei più eleganti -abati di Venezia. Egli portava il collarino bianco, con lattughe -staccate sul petto, e manichini ai polsi artificiosamente elaborati; -anellini alle dita, orologio a pendagli, ferrajuolo di seta svolazzante -al vento, fibbie dorate alle scarpe, e il cappellino a tre punte -appoggiato sull'orecchio. E tuttociò secondo la tolleranza dell'epoca, -malgrado le severe proibizioni dei sinodi patriarcali. - -Passeggiando fra i muri del giardino egli invocava le aonie muse, -delle quali era bigotto, e si sentiva trasportare sul Parnaso. Ad -ogni occasione d'inclite nozze egli rischiarava gli sposi colla face -d'Imeneo, e con un solenne epitalamio metteva in campo Apollo, Venere -e le Grazie. Per vestizioni di monache egli penetrava coll'audace -fantasia nel tempio di Vesta, ed animava il fuoco sacro, sordo alle -proteste di Cupido. Alla morte d'ogni illustre patrizio lo raccomandava -a Caronte, dopo un'apostrofe umiliante per l'ignaro Esculapio, e una -imprecazione alle Parche. - -Col lodevole scopo di avvalorare i suoi precetti coll'esempio, egli -aveva adottato per sistema un linguaggio costantemente figurato. Alla -mattina egli vedeva la rosea Aurora sul risplendente suo carro, a -mezzogiorno egli usciva coll'ombrello per evitare i dardi di Febo, -alla sera egli salutava la bianca figlia di Giove e di Latona che -faceva capolino dalle nubi. Usciva a respirare i soffi di Zeffiro, -rientrava in casa incomodato dalle furie di Eolo, d'Austro o di -Borea. Nelle tazze del caffè egli assaporava il néttare, e a mensa -trangugiava l'ambrosia delle prelibate bottiglie. Finalmente alla notte -si abbandonava nelle braccia di Morfeo. Alvise trovava il suo maestro -eminentemente noioso; il conte Orseolo lo stimava un insigne poeta, -e Vittore Valdrigo sosteneva che Don Lio era un essere completamente -felice. - -La religione cristiana gli prometteva il paradiso dopo la morte, la -religione pagana gli concedeva in vita l'uso degli Elisi, e l'abuso dei -suoi numi. Venezia gli offriva i suoi piaceri, l'Arcadia lo convitava -alle agresti sue gioie. Senza sudori sulla fronte egli coltivava il -Parnaso, e passava i giorni beati dalle più dolci visioni, accompagnate -dagli agi materiali. Smarrito in una selva selvaggia ove Dante avrebbe -incontrato una lonza, un leone ed una lupa, ove i pastori sarebbero -stati assaliti dagli orsi, egli non vedrebbe che le Driadi e le Napee -sorridenti e ben disposte in suo favore; e certo cadendo in acqua -sarebbe salvato dalle Najadi, o almeno ripescato da Nettuno. - -Angelo Rotondo ascoltava a bocca spalancata gli squarci d'erudizione -coi quali Don Lio si degnava talvolta onorarlo; e strabiliava a tanta -sapienza, chiedendo spiegazioni e commenti. Durante la villeggiatura la -sua ammirazione riceveva continui alimenti dalle declamazioni serali -dell'arcade abate, e nei mesi d'inverno non dimenticava mai d'inviare -i suoi rispettosi inchini all'illustre poeta, nelle indecifrabili -epistole indirizzate all'agente generale di Venezia, nelle quali -ommettendo i punti e le virgole, parlava alla rinfusa degli animali e -dei padroni, dei polli, dei cavoli, e di Don Lio, chiudendo colla firma -paradossale dell'umilissimo e devotissimo servo _Angolo Rotondo_. - -Ma ecco la rubiconda Fiorina che dai cancelli del giardino annunzia -l'arrivo degli illustrissimi padroni e del loro corteggio. - - - - -XIV. - - -La vita di campagna dei nobili veneti di quel tempo si allontanava di -poco dalle abitudini cittadine, e poteva chiamarsi una variazione sullo -stesso motivo. Il dolce far niente di quelle esistenze senza scopo, -non veniva interrotto che dai lauti desinari, o dal giuoco. In città -passavano le ore in frivole occupazioni, o colle visite, o al teatro. -Alla villa il tresette della mattina teneva il luogo delle visite, -il tresette della sera suppliva al teatro. La coltura del suolo era -tenuta a vile e abbandonata ai bifolchi; l'aratro che onorava i consoli -romani, era disceso fra gl'istrumenti più umili della plebe rurale. - -Le arti, le mode, la poesia, tutto tendeva a dissimulare la natura, e -la vita era ridotta un artifizio sostenuto da idee false, da pregiudizi -inveterati, da privilegi politici e civili, conservati da secolari -abitudini e da leggi severe. - -Vittore Valdrigo amava la natura per istinto, e per l'influenza delle -sue memorie d'infanzia, amava l'arte come quella che gl'insegnava -a discernere il bello e ad elevare lo spirito, e disprezzava -l'arteficioso ed il falso di quelle esistenze signorili, delle quali -era divenuto testimonio quotidiano e attento osservatore. Ma legato -alla famiglia degli Orseolo per la riconoscenza dei beneficii ricevuti, -per la necessità de' suoi studi, per l'impossibilità di mantenersi -da sè, o di tornare nell'isolamento della rustica famiglia, egli -si lasciava andare per la china delle contratte abitudini, e viveva -all'ombra dei suoi protettori che amavano i suoi capricci, e gustavano -i paradossi del suo spirito, come fuochi d'artificio che svegliano -dall'assopimento, come il certo preludio d'un futuro grand'uomo. -Cosicchè le sue stranezze divertivano quei nobili signori, superbi -d'aver pescato ne' bassi fondi sociali un originale che poteva un -giorno far dire ai Veneziani: — La nobile famiglia degli Orseolo -protegge le arti! — - -Rosa giudicando che i nobili e i signori venivano al mondo per far -niente, ringraziava la divina provvidenza d'aver collocato suo figlio -nella vera posizione che gli poteva convenire, essendo troppo molle di -fibra per sostenere l'aratro e i duri lavori della terra. Non è a dirsi -se quella tenera madre fosse felice vedendo il suo prediletto diventato -un lustrissimo; essa attribuiva quella sorte fortunata alla mistica -influenza delle candeline offerte alla Madonna della neve di Saltore, -alla quale porgeva continui voti, e indirizzava devoti rosari, per -ottenere al figlio più dilicato una facile esistenza come domestico o -poeta in una casa signorile, ciò che per la buona donna sembrava ad un -di presso la stessa cosa. - -Nei mesi della villeggiatura Vittore visitava spesso i parenti, portava -qualche dono a sua madre e ai fratelli, e rifaceva solitario i passeggi -dell'infanzia. In quelle dolci solitudini tutto parlava al suo cuore; -l'aria emanava un profumo speciale, il mormorio dell'acqua aveva dei -significati reconditi ed eloquenti, lo stormire delle frondi era un -linguaggio inteso dalla sua anima, avvezza a conversare colla natura. -Coricato sotto le antiche piante che avevano consolata la sua infanzia -colle loro ombre, egli contemplava estatico le scene tranquille dei -campi, il pascolo dei buoi sul prato vicino, i progressi dell'edera -sugli avanzi della torre, le tinte rosseggianti della vite che faceva -cornice alla scala, il bacio dei colombi che da padre in figlio -ereditavano i nidi dei loro antenati. - -Quante meditazioni in quella mente! quanti raffronti fra la semplicità -e il silenzio di quei campi, e il lusso romoroso di Venezia; fra la -vita primitiva e innocente de' suoi parenti, e le raffinatezze e la -corruzione d'una nobiltà decrepita; fra l'ignoranza delle classi rurali -e la scienza degli uomini illustri. - -Chi più felice?... Arduo problema! Che cosa è la gloria? Chiedetelo -a Tiziano nella sua tomba. La vita e la morte saranno sempre i grandi -misteri! - -Qualche volta sulla sera, quando stava per rientrare al palazzo, -scontrava per via la comitiva dei nobili villeggianti, e si univa con -loro per accompagnarli nel passeggio vespertino. - -La nobildonna Fulvia camminava maestosamente in mezzo a' suoi cavalieri -serventi. Il nobile Partecipazio, discendente degli antichi dogi, era -onusto di scialli, di ombrellini e di ventagli, pronto a soddisfare -i bisogni della dama, a coprirla, a scoprirla, a ricoprirla secondo -gl'influssi della luna, e i capricci di zeffiro. Don Lio portava fra -le sue braccia la cagnolina Tisbe che ringhiava all'approssimarsi dei -profani, e sembrava riconoscente alle cure del poeta, che la celebrava -ne' suoi versi. Seguiva un codazzo d'ospiti, di nobili vicini, coi -figli e il marito. Il conte Orseolo corteggiava le dame, i cui mariti -corteggiavano le amiche delle mogli, essendo suprema legge del codice -elegante d'allora il cedere i propri diritti, l'invadere il terreno -degli altri. Il giovane Alvise provava le prime armi con una briosa -villeggiante di Lancenigo, che aveva dieci anni più di lui, molto -opportuni per le lezioni d'esperienza, che servono di guida agli -inesperti. Silvia restava indietro cogli invalidi, e i pensionati -del regno di Cupido, o si univa con Vittore quando faceva parte del -seguito. - - - - -XV. - - -Silvia, come tutte le ragazze della sua età, era un prodotto misto -della natura e della educazione. La natura l'aveva dotata di una -bellezza delicata, di forme snelle, di biondi capelli, d'occhi azzurri -e profondi, come le acque del mare, dal quale la sua famiglia aveva in -origine attinte le glorie e le ricchezze. La mente ed il cuore erano -l'opera delle istituzioni claustrali, nelle quali era stata allevata, -sotto la direzione d'una zia paterna, suor Maria Serafina, divenuta -monaca secondo gli usi del tempo, per conservare intatto l'avito -retaggio al fratello primogenito. L'affetto della zia alleviava alla -educanda le fatiche dello studio e le aumentava la porzione delle -ciambelle, che si distribuivano nei giorni solenni. La buona monaca -aveva consigliato la fanciulla a preferire il maritaggio imposto dai -parenti, alle eterne noie del chiostro. Negli anni d'istruzione essa -aveva assorbite tutte le superstizioni e tutti i pregiudizi del suo -tempo, ed aveva ignorato completamente le realtà della vita. Essa -usciva dunque nel mondo fidanzata al conte Leoni, prima che il suo -cuore avesse parlato, ed arrivava nella società, come i naviganti nelle -terre scoperte, cioè in paese ignoto, fra costumi bizzarri, colle idee -d'un altro mondo. - -Ma gli uomini coraggiosi che intraprendono delle spedizioni per -scoprire nuove terre sono già avvezzi alle fortune di mare, esperti -nella nautica, accompagnati da arditi marinai, provveduti di armi e -munizioni. La povera fanciulla veleggiava sola per mari ignoti, non -coadiuvata dalla scienza, inesperta degli scogli nascosti sotto le -onde, e senza pilota. - -In quei tempi le madri erano troppo occupate per potersi dedicare -all'educazione delle figlie. La mattina era tutta impiegata davanti la -sapiente tavoletta, segreto laboratorio dei donneschi artificii, ove la -crema d'alabastro e il rosso di serkis, componevano il roseo incarnato -delle guancie; il bianco di Sultana, il latte di cocomero, o l'acqua -d'Ispahan, servivano a nascondere le rughe, un neo ben collocato -attirava gli sguardi degli ammiratori, e metteva al bersaglio un occhio -languidetto, o una bocca lusinghiera. Poi l'acconciatura del capo -esigeva lunghe cure, ed esperte mani per sollevare i capelli ad altezze -meravigliose, sostenerli al loro posto, fissarli colla pomata circassa, -rivolgerli col ferro caldo, imbiancarli colla cipria. - -Più tardi venivano le visite, le adorazioni dei cicisbei, il pranzo, il -teatro, il ballo; e in mezzo a tante brighe bisognava pure soddisfare -alle convenienze sociali, concedere qualche istante al riposo, qualche -abboccamento segreto, appagare il gusto del cavaliere servente, -riconoscere i suoi diritti, e qualche volta transigere colle esigenze -del marito. - -È dunque evidente che i figli erano veri imbarazzi, importuni -testimoni, pericolosi confronti, certificati autentici dell'età -approssimativa dei genitori. Perciò la gentildonna Fulvia teneva sua -figlia a rispettosa distanza, limitandosi a raccomandarle la massima -semplicità nelle vesti, e un contegno riservato. Ma la giovanile -freschezza suppliva ad ogni ornamento, e una modesta gonnella, un -bruno zendaletto, una rosa sui biondi capelli, bastavano a farne una -deliziosa creatura. Silvia dunque viveva nell'isolamento, quantunque si -trovasse fra numerose persone, e si concentrava in sè stessa cercando -d'indovinare i misteri della vita, osservando ogni cosa, studiando e -meditando gli usi, le abitudini, gli individui. Guidata dall'istinto, -coadiuvata dalle circostanze, essa andava modificando le sue idee, e -arricchendo la sua mente di quelle cognizioni che il convento le aveva -nascoste, e che pure le sembravano necessarie per sapersi regolare -nel cammino della vita. I passeggi solitari in giardino erano il suo -principale diletto, l'innocenza ama la natura, le fanciulle amano i -fiori, gli alberi, il cielo aperto dei campi. Pensava al suo futuro -matrimonio col conte Leoni che avea veduto due volte nel parlatorio del -convento, il giorno della presentazione, e il giorno che venne fissato -il matrimonio. Il fidanzato dopo d'aver baciato la mano rispettosamente -alla promessa sposa, in presenza dei genitori e della badessa, era -ripartito per un paese lontano ove rappresentava la repubblica, dopo -d'aver convenuto che il matrimonio avrebbe luogo al termine della sua -missione diplomatica. - -La fanciulla studiava i rapporti conjugali dall'esempio dei parenti, -e giudicava naturalmente che nella famiglia il marito è un essere -secondario che dà poca noia alla moglie, e richiamando alla memoria i -lineamenti del futuro suo sposo, trovava che per un semplice marito -non c'era troppo male. L'affare più grave le sembrava la scelta del -cavaliere servente; l'importanza della carica era evidente a' suoi -occhi, il marito, essa diceva fra sè, non sta insieme alla moglie -che le brevi ore della notte, quando si smorza il lume e si dorme, -ma il cavalier servente è il compagno inseparabile, l'ombra del -corpo. Se fosse una persona noiosa come Don Lio, o affettata come il -nobile Partecipazio!... Povera mamma, essa pensava, come deve pesarle -l'obbligo sociale che la tiene incatenata a un tal uomo, quanto sarebbe -stato meglio per lei se il papà fosse stato il suo cavaliere servente, -e Partecipazio suo marito!... Come si fa a trovare il cavaliere -servente? ho sempre udito dire che la scelta appartiene alla sposa. -Guai se anche questo mi venisse consegnato dai parenti, mi darebbero -certo il conte Mocenigo, un ganimede che tabacca; o l'Ambasciatore -Daniele Dolfin Savio del Consiglio, cavaliere della Stola d'oro, -noioso come le cerimonie, o il grave inquisitore Grimani che fa -paura a guardarlo, o il vecchio Senatore Foscari colla sua parrucca -per traverso!... Sarebbe meglio Ermolao Tiepolo, se non camminasse -saltellando, o Alvise Pisani se non fosse tanto languido, o Lodovico -Manin se si mostrasse meno timido e sospettoso... Oh! infatti è un -affar serio, e non vedo l'uomo secondo le mie idee.... Mi piacerebbe un -carattere franco, disinvolto, coraggioso senza burbanza, e poi di bella -presenza, buono, dolce, che odiasse il tresette, l'odore d'ambra, e il -tabacco di Spagna.... ove trovarlo?... - -Mentre la fanciulla passeggiava con queste idee per la testa, vide da -lontano Valdrigo, e si mise a chiamarlo con tutta la forza della sua -voce argentina: — Vittore, Vittore, Vittore.... - -Il giovane accorse in tutta fretta, e le chiese in che cosa potesse -servirla. La fanciulla fattoselo sedere dirimpetto gli disse: — Voglio -domandarvi un consiglio.... ma in segreto. Credete voi ch'io possa -essere preoccupata da gravi pensieri?... - -— Lo credo. - -— Mi promettete il più profondo segreto delle mie confidenze? - -— Lo prometto. - -— Siete disposto a rendermi un segnalato servigio? - -— Dispostissimo. - -— E a rispondere francamente a tutte le mie domande? - -— Dipende.... - -— Come dipende? - -— Dipende dalle domande. - -— Vi sono dunque delle domande alle quali non vorreste rispondere? - -— Certamente! - -— E perchè?... - -— Perchè non potrei dirle la verità. - -— Allora temo che la mia domanda sarà inutile! - -— Si provi. - -— Or bene, proverò.... Sappiate dunque che io vorrei ottenere un -consiglio da voi, intorno alla scelta del mio futuro cavaliere -servente. - -— Sono dolentissimo di non poter soddisfare un tale desiderio.... - -— E perchè?... - -— Perchè non ammetto i cavalieri serventi.... - -— Come?... Non ammettete nemmeno i cavalieri serventi!... Don Lio ha -dunque ragione, siete un vero originale!... e perchè non ammettete i -cavalieri serventi?... - -— Perchè mi pare che debbano bastare i mariti!... - -— Mio Dio! quali stranezze!... ma se i mariti non fanno mai nulla!... - -— Bisogna farli fare!... - -— Oh bella!... cosa direbbe il mondo, se vedesse una dama accompagnata -dal marito.... corteggiata dal marito.... non sono cose possibili.... -sono idee che farebbero ridere.... la stessa cosa come se un gentiluomo -si presentasse in piazza senza coda e senza parrucca!... ma sapete che -siete un grande originale!... - -— Lo so, e ci tengo, perchè il plurale è così melenso al dì d'oggi, che -preferisco il singolare. - -E ridevano insieme, come di cose che non ammettono discussione, -entrambi perfettamente convinti delle proprie idee. Ma poi nella -solitudine Silvia ritornava col pensiero alle cose udite, e meditava a -fondo sulle discussioni tenute. - -Una volta essa consegnò misteriosamente a Vittore un libriccino, -raccomandandogli di leggerlo con molta attenzione. Egli lo portò nella -sua stanza, gettandosi sul sofà, aperse il volume e si trovò fra le -mani: _Il giardino di poesie spirituali_, diviso in quattro parti, di -SUOR MARIA ALBERGHETTI, viniziana fondatrice delle Dimesse di Padova. — -Lesse per obbedienza, e dormì d'un sonno consolato di celesti visioni. - -Era un dono della zia badessa. - -Finiti i pochi libri che aveva portati dal convento, Silvia sentiva -il bisogno di nuove letture, e s'indirizzava alle amiche vicine, le -quali le consegnavano di soppiatto le opere in voga. — _La Marfisa -Bizzarra_, poema del conte CARLO GOZZI. — _II Tirsi e il Narciso_, di -APOSTOLO ZENO. — _Il Re Pastore_ e _L'Astrea placata_, di METASTASIO. -Questi libri accendevano il suo entusiasmo, allargavano il ristretto -orizzonte delle sue idee, le facevano battere il cuore, e versava -torrenti di lagrime. Nel bisogno di comunicare le sue emozioni ad un -amico, aspettava Valdrigo in giardino, lo invitava a seguirla sotto -l'ombre del boschetto, e colà narrava ingenuamente i suoi trasporti di -ammirazione per le pagine divorate nella cameretta solitaria. - -Valdrigo ascoltava con un'aria di affettuosa compassione, o di muta -sorpresa; la giovinetta lo interrogava ansiosa: - -— Cosa pensate di Carlo Gozzi? - -— Scipito, rispondeva Vittore con un sospiro. - -— E di Apostolo Zeno? - -— Noioso. - -— Ah! non potete negare che Metastasio non sia uno de' più grandi poeti? - -— Lo nego! - -— Come! avreste il coraggio di non piangere ai suoi drammi? di non -rimanere commosso alla lettura de' suoi versi? - -— Ahimè! pur troppo debbo confessare che i suoi versi mi fanno -ridere.... - -— Basta.... Basta.... Non vi credeva un cuore di marmo, mi fate -compassione.... voi non sentite niente!... non amate niente!... - -— Niente!... rispondeva Valdrigo con un sorriso affettuoso, e se ne -andava. - -Silvia ritornava alle predilette letture, e mentre il suo cuore si -disponeva alla tenerezza, udiva una musica soave uscire da una stanza -del palazzo. Era Valdrigo che trasmetteva al suo violino un'espressione -della sua anima, un pensiero di sublime dolcezza. La giovinetta -ascoltava quella voce arcana che molceva le più riposte fibre del -cuore, e sospendeva la lettura, per non perdere una nota della lontana -melodia. Poi essa pensava: — quel giovane è un mistero! - -Un giorno passeggiando in giardino con lui si mise a lodare l'elegante -forma dei carpini tagliati in vasi e piramidi, e ammirando l'arte del -giardiniere si rivolse al suo compagno, e con un'aria burlesca, gli -disse: - -— Ci scommetto io, che voi non amate quest'arte!... - -— Ma niente affatto! rispose tranquillamente Valdrigo, anzi la detesto. -Come vuole che io ammetta Angelo Rotondo censore della natura, l'opera -di Dio!... - -E qui una lunga discussione, come al solito, sulla stupidità degli usi, -sulla corruzione del gusto, e sull'eccellenza della natura, e sempre -camminando e andando a finire sotto le ombre del prediletto boschetto. -Giunti colà, Silvia, incrociate al seno le braccia, e fissando in volto -Valdrigo collo sguardo scrutatore d'un inquisitore di Stato, gli disse: - -— Voglio vedere fino a qual punto giunga il vostro superbo disprezzo -per le cose tenute in venerazione dal comune degli uomini. Da -quattordici secoli la repubblica di San Marco forma l'ammirazione del -mondo, orbene, qui nessuno ci ascolta, e potete parlare senza tema del -supremo tribunale; sareste voi capace di burlarvi del Doge, serenissimo -principe della repubblica, di ridere della maestà dell'Eccellentissimo -senato, di mancare di rispetto all'Eccelso consiglio dei Dieci? sareste -capace di dubitare dell'eterna durata d'un governo fondato dai nostri -padri, guidato dalla sapienza civile e politica dei secoli, sostenuto -da una nobiltà devota alle antiche istituzioni, e da un popolo -rispettoso e felice?... rispondete. - -— Come mai possono venirvi in mente tali domande?... a che possono -servirvi i miei pensieri in proposito?... - -— Il desiderio di conoscervi a fondo, mi spinse a cercare nella mia -mente qualche cosa di grande dopo Dio, per vedere ove si arresti la -vostra manìa di contraddire le idee generalmente adottate; i vostri -pensieri poi mi servono a pensare tutta sola, a ragionare fra me, a -discutere nel silenzio fra le idee comuni e le vostre, a distinguere il -pregiudizio dalla verità. Ditemi francamente, ve ne prego, credete voi -ad una lunga prosperità della repubblica?... - -— Non ci credo.... la repubblica è vecchia, e piena di magagne, e i -vecchi devono morire! - -— Mio Dio!... mi fate paura.... e sapete cosa penso qualche volta di -voi?... penso che siete pazzo!... - -— Sicuro che sono pazzo.... egli rispose con un'aria naturale e -convinta. Esser pazzo significa vedere le cose in modo diverso dagli -altri.... Gl'inquisitori del Santo Ufficio giudicarono pazzo Galileo -Galilei, perchè sosteneva che la terra girava attorno al sole, e -l'obbligarono colla tortura a confessare la sua eresia.... Tutti i -dotti trapassati e viventi davano torto alle sue nuove teorie, ma il -dubbio era gettato, e la tortura non bastava a distruggerlo, bisognava -dimostrare il contrario con prove scientifiche.... le prove si fecero, -e dimostrarono ad evidenza che i dotti trapassati e viventi erano -asini.... compresi gl'inquisitori del Santo Uffizio.... e che Galileo -era un genio!... I Genovesi, i Portoghesi, gli Spagnuoli trattarono -da pazzo Cristoforo Colombo, che si era fissata in mente l'idea di -scoprire un nuovo continente oltre i mari conosciuti. Si figuri, se la -dotta antichità poteva ignorare qualche cosa! I dotti contemporanei -si burlavano di lui, la dotta Salamanca si sbellicava dalle risa, -egli vagava invano per l'Europa alla ricerca d'un pazzo suo pari, che -volesse aiutarlo procurandogli i mezzi di viaggiare in traccia delle -sue chimere. Finalmente la presa di Granata mise in possesso della -regina di Spagna tutte le provincie che si stendono dai Pirenei alle -frontiere del Portogallo, la buona regina Isabella trovandosi la borsa -ricolma ebbe il capriccio di gittare un poco di denaro dalla finestra, -e malgrado l'opposizione insistente del marito, mise a disposizione di -Colombo tre poveri vascelli, coi quali al dì d'oggi non si farebbe un -viaggio in Dalmazia. Ella sa il resto; l'ignoto continente esisteva, -Colombo lo ha scoperto; anche questa volta il creduto pazzo era un -genio, e gli asini si trovarono nella dotta Salamanca e nelle Accademie -scientifiche di quel tempo. Un altro pazzo era Torquato Tasso, l'autore -della _Gerusalemme liberata_, un poema che vostra eccellenza farebbe -bene di leggere, e che troverebbe certo migliore della _Marfisa -Bizzarra_ del conte Carlo Gozzi. - -— E chi osò trattare da pazzo questo insigne poeta? - -— Il Duca Alfonso di Ferrara, che lo tenne in prigione.... - -— E perchè?... - -— Perchè il povero poeta aveva osato levare gli occhi alle stelle.... -perchè aveva amato la Duchessa Eleonora, la sorella d'Alfonso.... - -— Oh ve ne prego, raccontatemi la storia degli amori del Tasso e di -Eleonora.... - -Vittore ignorava quasi intieramente quella storia, ma la sua fantasia -era abbastanza feconda per supplire ai documenti mancanti, e creò un -racconto interessante della fiamma del poeta per la bella duchessa, -e vi aggiunse le più tenere avventure, e le relative osservazioni -filosofiche e comparative fra la nobiltà dell'intelletto e la nobiltà -dei natali, e sul pregiudizio della nobiltà ereditaria. - -Un altro giorno lesse a Silvia l'episodio d'Olindo e Sofronia, -spiegando alla fanciulla le allusioni del poeta, e disponendola -all'intelletto della vera poesia. - -Tali frequenti ritrovi, resi interessanti dallo scambio reciproco -dei sentimenti e delle idee, strinsero la intimità dei due giovani, -e divennero oltremodo graditi al loro bisogno d'espansione. Silvia -andava colla cameriera Lucietta a trovare la Rosa, e colà si univano -a Vittore che le faceva correre attraverso la campagna. Osvaldo, un -fratello di Vittore, prendeva le reti, e andavano alla pesca portando -con loro delle frutta per una modesta colazione sull'erba. Talvolta -Lucietta si perdeva pei campi con uno sbarbatello dei contorni che -le prometteva di farla contessa, e allora Silvia e Vittore vagavano -solitari, conversando e questionando di mille cose diverse. Valdrigo -la proteggeva dall'ululato dei cani, dai pericoli provenienti dagli -animali pascolanti, dalle spine dei roveti. La portava attraverso -i ruscelli, la teneva per mano nelle salite più ardue, la difendeva -dal sole con dei rami degli alberi, e dal vento coprendola colla sua -giubba. - -Dopo lungo cammino si siedevano a riprender lena sotto agli alberi, e -Silvia scherzando gli diceva: — Riposiamoci un poco, ma poi andiamo -avanti, avanti, sempre avanti fino a quei monti lontani, e dopo -varcheremo anche i monti, e sempre avanti.... - -Egli le prendeva la mano, e la guardava negli occhi tacendo. Tacendo -colla parola, perchè gli occhi parlavano abbastanza, e le anime si -trovavano in armonia, come due arpe che mandano il medesimo suono. -L'ingenuità della fanciulla la rendeva sacra a Valdrigo che la -circondava del rispetto dovuto dai mortali verso gli angeli. Quella -pura ammirazione era una sorgente d'ispirazioni novelle, di pensieri -elevati. Nella sua tranquilla cameretta egli tracciava delle immagini -celesti degne della matita di Raffaello; e traea dal violino dei -canti di suprema dolcezza, e sovente improvvisava dei versi sublimi -riboccanti d'entusiasmo e di gemiti, che si perdeano per l'aria, e -svaporavano come diamanti consumati dalla combustione. Cosicchè non -restava mai nulla di tante effimere creazioni. Nessuno era presente per -colpire sul fatto le idee del poeta o le note del suonatore, ed egli -stesso obliava ogni cosa quando cessata quella specie di ebbrezza che -agitava il suo spirito, si lasciava cadere sopra il letto, sfinito ed -esausto. - -Anche gli abbozzi sparivano, nei momenti di scoramento, quando -misurando le difficoltà che avrebbe incontrate nella completa -esecuzione di pensieri appena accennati, egli distruggeva quelle forme -indeterminate, come aborti indegni dell'arte. - -Una mattina d'ottobre uscì per tempo a respirare l'aria aperta. -Le foglie cadendo dagli alberi disponevano la mente ai pensieri -melanconici, entrò nel boschetto e si trovò dirimpetto di Silvia. -Una lagrima scendeva sulle guancie della fanciulla, che vedendosi -sorpresa si passò rapidamente una mano sul volto, e finse un sorriso. -Ma Valdrigo se n'era avveduto e fattosele incontro, le chiese -con affettuoso interesse il motivo della sua tristezza. Essa negò -fermamente d'aver pianto, e volle rassicurarlo che nulla agitava il suo -spirito. Passeggiarono insieme qualche tempo, in silenzio, poi Silvia -volle uscire dal boschetto, Valdrigo la pregava a rimanere, ma essa gli -rispose con aria risoluta: - -— Usciamo, ve ne prego, non dite una parola di più.... - -Si separarono in giardino, Silvia, rientrò nel palazzo, Valdrigo uscì -alla campagna, in traccia di solitudine. - - - - -XVI. - - -Vi sono dei giorni d'autunno ne' quali sembra che la natura si disponga -a dare un ultimo addio alla bella stagione, avanti il sonno delle -piante, avanti le brine del verno. Il sole risplende in un cielo -perfettamente sereno, l'aria è tranquilla, gli uccelli cantano sugli -alberi, i fiori emanano le più soavi esalazioni, tutta la campagna -presenta un aspetto di pace e di felicità. L'indomani dell'ultimo -incontro di Silvia e di Vittore era uno di quei giorni. Ogni volta -che i due giovani uscivano in giardino i loro passi si dirigevano -verso l'ombrose macchie del bosco, quasi vi fossero attirati da una -forza misteriosa; talvolta, appena entrati, Silvia voleva ritornare -in giardino, e sembrava dominata da due genii contrari, uno che la -invitava, l'altro che la respingeva da quel delizioso recesso. Quella -mattina pareva che i genii si fossero messi d'accordo, perchè i due -giovani entrarono francamente nel bosco, senza esitanza, e Silvia, -sedutasi ai piedi d'un albero, disse a Vittore: — Qui non saremo -disturbati, e la quiete che ne circonda in questo luogo romito, si -presta perfettamente all'intento. Leggete dunque i versi che avete -composti ier mattina passeggiando per la campagna, dopo la vostra -pretesa scoperta. - -Vittore rispose: — Manterrò la promessa.... — e spiegando un foglietto -si mise a leggere una poesia che aveva per titolo: _Le lagrime d'una -fanciulla_. - -Egli leggeva con una voce dolce e commossa, e la giovinetta -impallidiva, il suo seno si sollevava agitato, le labbra semichiuse -reprimevano invano i sospiri, e gli occhi umidetti non potevano -rattenere le stille che le irrigavano le guancie. Finita la lettura. -Vittore fece in mille brani il foglietto, e disperdendolo al vento, -esclamò: «Andate, poveri sogni, nel regno dei fantasmi, questa -vita non è fatta per la poesia!...» Silvia levatasi con un rapido -slancio voleva arrestare Valdrigo, ma troppo tardi, che già i piccoli -frammenti scendevano al suolo fra le foglie secche degli alberi. Allora -trapassando con repentino movimento dall'emozione alla collera: — -Ebbene, disse, addio!... mi avete dato una ferita mortale, e per voi -sono morta!... — e si mise in via per uscire. - -Valdrigo sbalordito dalla sorpresa le corse presso, la ritenne per la -mano, la ricondusse sotto l'albero, la fece sedere nuovamente, ma essa -non lo guardava, e non rispondeva alle sue scuse. Allora, disperato -d'averla offesa, disperato d'aver perduto quello sguardo che gli -penetrava nell'anima come un raggio di luce divina, si gettò a' suoi -piedi in ginocchio, e colle mani giunte, e le lagrime del pentimento -sul ciglio, gli ripeteva: — Perdonate, Silvia, perdonate, io non -credeva quei versi degni di voi, la vostra collera mi uccide, ogni -vostro desiderio è sacro per me, voi avrete quei versi che io tengo -nella mente, ne avrete ancora degli altri, se non mi negate quello -sguardo che m'ispira i più sublimi pensieri. — Allora Silvia volgendo -lentamente la testa verso Vittore lo guardò e lo vide sconvolto -dal dolore, cogli occhi infuocati pieni di lagrime, che domandavano -pietà. Commossa fino al fondo del cuore, gli pose una mano sul capo, -e pronunciando la dolce parola: vi perdono, avvicinò il suo volto -a quello del giovane, ed entrambi, trasportati da quell'estasi che -inebbria le anime giovanili, suggellarono con un bacio reciproco la -pace, e rimasero un minuto fuori del mondo. - -Ma ohimè! la realtà della vita li richiamava sulla terra per mezzo -d'un fastidioso accidente. Uno scroscio di risa ruppe istantaneamente -l'incanto, come lo scoppio di un fulmine che sveglia dal sonno e -disperde i sogni beati da soavi visioni. Don Lio aveva sorpreso i due -giovani nell'atto del bacio, e ne menava uno scalpore indiavolato. - -— Bravi, ripeteva battendo le mani, bravissimi!... Brava la futura -sposa del conte Leoni, bravo il nemico delle muse, lo schernitore di -Cupido! Egli confida nel silenzio delle Amadriadi e simile a Prometeo -tenta la salita del cielo per rapire il fuoco divino! - -Le sue declamazioni mitologiche attirarono servi, la confusione si -diffuse per la casa. Silvia umiliata si ritirò nella sua stanza, -Vittore tentò invano di giustificare la fanciulla. Don Lio fu -l'implacabile accusatore del delitto. Il nobile Almorò degli Orseolo, -intimò a Valdrigo lo sgombro immediato dalla casa. La nobildonna -Fulvia non poteva darsi pace d'un tale scandalo, il cavaliere -servente Partecipazio ne strabiliava. Don Lio accusava il seduttore -d'insaziabile ambizione, Partecipazio sosteneva che il popolo è -divenuto oltremodo vizioso, che non bisognava troppo proteggere la -gente bassa, e rimproverava alla nobildonna la sua debolezza, il suo -capriccio di tollerare in famiglia un villano, e dichiarava che tutti -devono rimanere al loro posto, i bifolchi alla marra, i nobili alla -toga. — Per quanto farete, egli andava ripetendo, i villani resteranno -sempre villani, il sangue non si cambia, la nobiltà dell'uomo scorre -nelle vene. Il mondo sarà sempre così! e Don Lio approvava abbassando -la testa, sollevando le braccia e agitandole in segno di profondo -convincimento. - -La figlia colpevole dovette comparire davanti alla madre, alla quale -spiegò ingenuamente il motivo di quel bacio tanto fatale. La madre -la minacciò di rimetterla in convento fino al ritorno dello sposo, -al minimo indizio di civetteria; la ammonì a tenersi in riserva, e -soggiunse: — Se Valdrigo fosse stato un nostro pari, certo non avrei -permesso la vostra intimità, ma come poteva io sospettare che un uomo -senza nascita potesse farvi discendere sino a lui? Quando sarà finita -questa benedetta missione diplomatica del conte Leoni faremo subito -il matrimonio, ed allora sarete libera; ben inteso, sempre nei limiti -delle convenienze, scegliendo il vostro corteggio nel libro d'oro, e -possibilmente fra quelli di antica data. - - - - -XVII. - - -Vittore Valdrigo si rifugiò nel seno di sua madre. La povera donna -piangeva con lui, e si desolavano entrambi, non per la perduta -protezione, ma per le false accuse colle quali interpretavano uno -slancio di sentimento non disgiunto dal più profondo rispetto. La -povera Rosa consolava suo figlio con ingenue ma affettuose parole, -perchè il suo linguaggio era quello della semplice natura. - -Dopo il primo sfogo violento dell'anima offesa, Valdrigo scrisse una -lettera ai nobili Orseolo nella quale giustificava la sua condotta, -e dichiarava la sua eterna riconoscenza dei benefici ricevuti. -Non risposero, ma gli fecero pervenire tutti gli oggetti che gli -appartenevano, come ultimo indizio di completo abbandono. Rosa sgombrò -la stanza della torre, la fece imbiancare, vi collocò un buon letto, -un tavolo, due sedie, e vi depose con religiosa attenzione tutte le -quisquiglie da rigattiere che costituivano il corredo del figlio. -Egli si abbandonò ad una profonda tristezza, ad un letargo che -pareva assopire il suo dolore, ma non era che l'effetto d'un vuoto -immenso che isolava la sua esistenza. La buona Rosa lo osservava di -sottovia, rispettava i suoi lunghi silenzi, lo serviva colla assiduità -instancabile dell'affetto materno. Alle sue parole di riconoscenza -rispondeva con un bacio, alle sue domande d'acqua gli portava del vino, -e gli metteva sul tavolo del pane caldo, dell'uva secca, delle frutta. -Per lui ci doveva essere ogni giorno la panna, il butirro fresco, e -si dovevano raccogliere nel pollajo le uova ancora tiepide. Zammaria -brontolava, ma Rosa levava la testa e gli faceva certi occhiacci che -dovevano significare una spaventosa minaccia, perchè a quel cenno -il marito cessava da ogni lamento ed usciva zufolando un'arietta -concitata, ma inoffensiva. - -Quando le sembrava di poter parlare senza essere importuna, la Rosa -si studiava di consolare suo figlio, dicendo: — Fatti animo che non -siamo poi tanto poveretti, quantunque contadini. Gli animali della -stalla sono tutti nostri, e qualche bel zecchino l'ho messo da parte -colla mia economia. Nel fondo del cassone ho un involto di ducati -nascosto in un pajo di calze, e tu potrai disporne a tua voglia. -Zammaria ripete sempre al padrone che gli anni sono cattivi, ma non è -vero, naturalmente queste cose si debbono dire perchè non crescano gli -affitti, ma coll'ajuto del cielo, si vive, e si mette anche qualche -cosa da parte. - -Egli ringraziava sua madre, e dichiarava non aver bisogno di nulla. - -A poco a poco l'abitudine prese il suo dominio; e i giorni passavano -vuoti di opere ma ripieni di pensieri, di contemplazioni, di sogni. -I progetti tenevano luogo dei fatti, chè Valdrigo vedeva bene -gl'inconvenienti d'un ozio prolungato, e confessava a sè stesso che la -sua educazione, e il suo genio lo chiamavano altrove, che il momentaneo -ritiro nella solitudine doveva essere una specie di cura medica delle -ferite del cuore, non mai l'ultimo destino della sua vita. Ma la cura -era fallata e invece di sanare le piaghe inacerbiva le ferite. La -solitudine ingrandisce i fantasmi, stende un velo sul mondo positivo, -e dischiude l'adito al regno dei sogni. Nella solitudine Silvia gli -sembrava più bella, e nel vasto universo deserto, essa dominava con -tutta la forza del mistero. Agli occhi di Valdrigo essa non era più -donna, ma apparteneva alle fantastiche legioni degli angeli, anime -tutte divine, vestite di candide forme e di eterei sembianti. Nella -solitudine l'amore diventa una religione, e gli amanti simili ai devoti -eremiti si lasciano assorbire dalla adorazione degli idoli, ingranditi -ai loro sguardi per l'effetto dell'esaltazione mentale. Questa vita -di contemplazione bastava al suo spirito. Intanto venne l'inverno, e -sua madre tentava invano di fargli abbandonare la campagna deserta, -e invano ogni giorno gli offriva del denaro perchè potesse recarsi a -Venezia o almeno a Treviso per seguire il suo destino, e guadagnarsi -una vita onorata con un lavoro adeguato alla sua educazione ed alla sua -capacità. Egli le prometteva sempre di partire, ma rimaneva. - -Le nostre cortesi leggitrici, se avremo l'alto onore di averne, -diranno: — Ma che cosa poteva fare un artista alla campagna, d'inverno -in una bicocca di contadini, nella più profonda solitudine?... — -Gentilissime signore, riflettete un momento che gl'innamorati non sono -mai soli, e gli artisti nemmeno. Valdrigo passeggiava in compagnia -d'una donna immaginaria, la più bella fra le belle, la più sommessa fra -le schiave. Ella era tutta sua, e gli teneva luogo d'un popolo: quelle -solitudini abbellite dalle sue chimere erano il suo dominio, e gli -tenevano luogo d'un regno. Egli faceva un sogno delizioso e non voleva -essere risvegliato. E quante volte, cortesi leggitrici, non avete -trovato voi stesse i vostri sogni segreti più belli della realtà! - -Permettete dunque che Valdrigo rimanga qualche tempo in campagna, -malgrado la perversità della stagione, che egli però trovava secondo -i suoi gusti. I rami secchi degli alberi, le foglie cadute, il cielo -nebbioso, la natura morta convengono perfettamente a certe condizioni -dell'animo, quando un pensiero e un'immagine riempiono il cuore. Le -anime leggere e i cuori vuoti cercano avidamente i frivoli piaceri del -mondo, i balli, i teatri, le feste. Ciascheduno ha bisogno della folla -per cercare un compagno. Chi l'ha trovato, chi l'ha perduto per sempre -può vivere nella solitudine. - -Valdrigo usciva a passeggiare pei campi deserti, quando l'aria gelata -aveva cristallizzata la nebbia sugli alberi. Quella scena era per lui -uno spettacolo fantastico, un mondo di cristallo. I rami delle piante, -le siepi, l'erba secca delle rive si trasformavano in lucidi brillanti, -i salici piangenti parevano diventati fiocchi giganteschi di candida -ciniglia, il ghiaccio dei fossi presentava l'apparenza dei moarri -di Lione che servono di veste alle regine, ma che sono una debole -imitazione della natura. E i giorni di neve le vaste campagne coperte -da un bianco tappeto mandavano dei riflessi azzurri, e presentavano -l'aspetto di quei deserti del polo, che ci vengono descritti dagli -arditi viaggiatori. E alla notte la luna battendo sulla neve i suoi -raggi raddoppiava la luce pel riflesso della bianca terra, e faceva -brillare uno strato infinito di diamanti. Chi non ha veduto la campagna -d'inverno non conosce uno spettacolo degno d'ammirazione. - -Venne la primavera, coi fiori delle siepi, col canto degli uccelli, -cogli aliti imbalsamati pregni di amorose malìe. Chi avrebbe -abbandonata la natura nel momento incantevole che si desta dal sopore -del verno?... Non certo un innamorato, un poeta, un sognatore. L'estate -offriva al pittore i più vaghi motivi d'ombra e di luce. La falciatura -dei prati gli apportava il profumo dei fieni recenti, la mietitura -del frumento gli mostrava l'effetto della porpora sull'oro, per mezzo -dei rossi papaveri confusi ai covoni delle spiche mature. Il canto -dell'allodola pareva rispondere alla canzone della spigolatrice, -entrambe solitarie, e forse entrambe innamorate. L'autunno lo riteneva -col prestigio delle sue frutta, col gajo spettacolo dei pampini carichi -d'uve, colle tinte variopinte delle foglie. - -Egli osservava e ammirava, voleva imitare le armonie della natura -col suono del violino, e colla matita disegnava i gruppi degli alberi -antichi, le movenze degli animali pascolanti, gli atteggiamenti delle -rustiche fanciulle che danzavano sul prato, o andavano alla pesca -lungo le rive, o nelle acque cristalline. Così passò il primo anno. -All'autunno i nobili Orseolo vennero a villeggiare senza Silvia. La -nobildonna Fulvia, per salvarla dalle supposte insidie dell'ambizioso -Valdrigo, l'aveva confidata ad una amica elegante che villeggiava sulla -Brenta in mezzo a numeroso corteggio di sdolcinati cicisbei. - -Vittore si decise di ritornare a Venezia, terminato l'autunno, ma i -giorni di novembre erano così belli di tristezza che lo ritennero con -una forza insormontabile. Alla madre che gli chiedeva il giorno preciso -della partenza per le ultime disposizioni da prendersi egli rispondeva: -— Domani. — Domani! arcana parola, giorno indeterminato che esiste -ma non è iscritto precisamente in nessun mese dell'anno, in nessuna -divisione della settimana! Domani vuol dire il futuro misterioso, -l'avvenire che sta in mano di Dio! Tutti abbiamo un domani fatale; oggi -la vita, domani la morte! oggi i lampi del genio, domani le tenebre -della tomba! - -Il domani di Valdrigo non arrivava mai. Oh! l'indolenza delle anime -quanti furti commette verso la patria. Quante opere insigni, non si -fecero per aspettare un domani il quale non giunse che per annunziare -la vanità degli umani progetti! — Domani diceva Valdrigo, e accendendo -la pipa si gettava sull'erba fra i vortici di fumo. L'indolenza -è una malattia dell'anima raramente acuta, quasi sempre cronica e -incurabile. Quando s'incomincia a far niente, non si esce dall'incanto -di quella dolcezza senza una scossa violenta. È la storia di Rinaldo -nei giardini di Armida. Chiunque avrà provato in sua vita la malattia -del far niente, non sarà punto sorpreso al nostro annunzio che Valdrigo -passò il secondo anno come il primo, sempre disposto a partire, sempre -ritenuto da una abituale indolenza. - -Finalmente venne il secondo autunno, e come al solito ricomparve a -Vascon la famiglia degli Orseolo col consueto corteggio di Don Lio -innamorato fedele delle muse, e col nobile Partecipazio sempre più -ringiovanito dalle pomate e dai cosmetici coi quali cancellava le rughe -del suo volto, come i ristauratori dei quadri antichi riparano i guasti -del tempo. Questa volta poi c'era anche la Silvia, perchè l'esperienza -aveva insegnato a sua madre che amori della durata di due anni non -esistevano al mondo, e quindi secondo le sue massime ogni pericolo era -tolto. - -L'arrivo della fanciulla scosse Valdrigo dal letargo; e indovinate che -cosa fece! - -Valdrigo fuggì. - -Cercando di vederla si sarebbe esposto a nuovi insulti, a nuove -calunnie, e il suo carattere non era tale da affrontare una seconda -volta l'alterigia patrizia. Averla vicina e non vederla era cosa -insopportabile al suo cuore, era lo stesso come il pretendere che il -ferro si allontanasse all'avvicinarsi della calamita. - -Dalle lotte colla natura si fugge con energica risoluzione, ma non si -resiste nè si vince. Valdrigo dunque partì, ma non per Venezia che non -aveva per lui più attrattive, ma per un viaggio pedestre ed artistico -sulle Alpi che contemplava da lontano e non aveva mai vedute da presso. -Entrò nel Cadore, la Svizzera del Veneto, e costeggiando la Piave -visitò quei boschi antichi, e quei monti scoscesi che offrono tanti -spettacoli sublimi all'ammirazione di chi ama la natura, e la grande -poesia delle sue opere. La donna de' suoi pensieri lo seguiva dovunque, -e disponeva la sua mente alla contemplazione di quelle scene stupende -che le anime volgari guardano stupidamente senza gustarle. - -In quelle solitudini alpestri egli meditava le grandezze delle opere -di Dio e la caducità delle umane produzioni. Quelle roccie sfidavano -gl'insulti dei secoli, e le opere più solide dell'uomo non potevano -sopravvivere alle spente generazioni. L'antico Egitto scomparve, -Gerusalemme non è che un mucchio di macerie, la divina Atene è caduta, -e di tanta scienza, e di tante arti gentili, e di tante sublimi o -graziose produzioni non ci restano che pochi frammenti che rendono più -amaro il tramonto di ogni grande civiltà. - -Volle compiere un pio pellegrinaggio al paese che diede i natali al -grande Tiziano; e in quella valle pittoresca che fiancheggia la Piave -cercava i punti che avranno arrestati gli sguardi dell'immortale -pittore. Visitò la casa abitata dall'artista ancora fanciullo, e -baciò la parete ove appena decenne quella mano divina aveva dipinto -una Vergine col succo d'erbe spremute e di fiori. Era quello il -primo lavoro dell'uomo davanti al quale l'imperatore Carlo V, doveva -inchinarsi a raccogliere il pennello caduto, rispondendo alla sorpresa -di lui: — Tiziano è degno d'essere servito da Cesare. - -Ritornò a Saltore in novembre, quando tutti i villeggianti erano -partiti, e rifece solitario i passeggi che doveva aver fatti la Silvia, -e seguiva le sue traccie coll'istinto, e gli sembrava di vederla. -Talvolta si arrestava dietro un albero ad osservare il giardino e il -palazzo. Ma le chiuse imposte gli pesavano sul cuore come le memorie -dei morti. Angelo Rotondo vangava la terra intorno agli dèi venerati -da Don Lio, Fiorina copriva i garofani per ripararli dal freddo, e il -boschetto era deserto. - -Un giorno ritornando dal solito passeggio trovò sua madre sulla porta -che lo aspettava, tenendo fra le mani una lettera. Vittore riconobbe -sull'indirizzo il carattere di Antonio Canova. Il collega ed amico gli -scriveva da Roma la relazione del suo primo trionfo. - -Il grande monumento del pontefice Ganganelli era stato scoperto al -pubblico nella chiesa dei santi Apostoli. Canova gli raccontava la -storia dei suoi lavori, degli studi intrapresi, delle fatiche sostenute -per superare le difficoltà dell'arte, e gli svelava ingenuamente le -gioje provate a lavoro compiuto, e le agitazioni sofferte davanti al -giudizio del pubblico, e accennando le lodi ricevute e le critiche -soggiungeva: «le critiche danno luogo a riflettere ed insegnano: le -lodi sovvertono ed addormentano; tolgono la smania di andare avanti, di -tenere in attività lo spirito per distinguersi»[5]. - -Ai discorsi dell'arte seguivano le confidenze del cuore; il quale -soffriva per un amore infelice. Lo scultore amava la figlia d'un altro -artista, Domenico Volpato. Erano stati fidanzati, ma inesplicabili -misteri aveano rotto quel nodo, e in luogo delle nozze era seguito -l'abbandono. Ma egli cercava nel lavoro un sollievo al dolore, e così -anche le ambascie d'un amore tradito divenivano fomite all'arte e -aggiungevano espressione alle opere. - -Canova chiudeva la lettera eccitando l'amico a mettere a prova il suo -genio con qualche opera di lena, e lo invitava a dargli notizia dei -lavori compiuti. - -Il rossore della vergogna coloriva le guancie del giovane, il rimorso -del tempo perduto gli lacerava la coscienza, l'esempio glorioso -dell'amico lo scoteva finalmente dal lungo letargo, e presa una -risoluzione irremovibile, si diede a raccogliere gli studi dispersi, -a mettere insieme i suoi libri, gli arredi, e gli utensili dell'arte -mentre che la madre gli apparecchiava il fardello delle vesti, per la -partenza. - -All'indomani alzatosi per tempo abbracciava i parenti, stringeva al -seno sua madre che piangeva a calde lagrime, dalla gioja di vederlo -risoluto a lavorare e dal dolore di perderlo. La buona donna gli -metteva in mano le sue economie, gli raccomandava il coraggio, lo -accompagnava per un tratto di via. I suoi bagagli partivano sopra una -carretta condotta fino a Mestre da Osvaldo, egli se ne andava a piedi, -come la prima volta, ma con qualche anno di più con qualche illusione -di meno, con l'anima ferita, col rimorso del tempo perduto. - -Per via sua madre gli prodigava i consigli dei cuori semplici, lo -pregava di conservarsi onesto, di meritarsi la stima di tutti, di non -lasciarsi invadere dall'ozio, di aver fede in Dio, di voler bene a -lei che pregava sempre per la sua felicità, e invocava sul suo capo le -benedizioni del cielo. A Lancenigo si separarono con nuove lagrime e -baci; la buona Rosa ritornò a Saltore col cuore stretto dall'affanno, e -Vittore giunto a Mestre, e preso posto in una barca, arrivava alla sera -in Venezia. - - - - -XVIII. - - -Sbarcò in casa d'un amico, e si mise tosto in traccia d'un alloggio -modesto. Nel tempo che dimorava al palazzo Orseolo aveva fatto -conoscenza con un certo Beppo Caruga battelliere, che conduceva gli -artisti al lido, e nelle gite dei dintorni. - -Avendolo scontrato per via gli chiese delle indicazioni in proposito. -Beppo offerse una stanza nella sua casa, che venne subito accettata, -e trasportativi i bagagli prese immediatamente possesso della nuova -dimora dopo aver fissato un modesto contratto per l'alloggio e pel -vitto. - -La casa del povero pescatore era situata in un quartiere remoto di -Venezia. Essa formava l'angolo di una calle che finiva in laguna, e la -stanza di Valdrigo aveva tre finestre, una guardava la strada, le altre -l'acqua. Da lontano la catena dei monti formava la cornice del quadro. -Quella camera era stata la stanza nuziale dei genitori di Beppo, morti -entrambi da due anni. Ripulita e imbiancata, si voleva affittarla, -ma non trovava aspiranti perchè se la stanza era vasta, ariosa e -decente, l'aspetto esterno della casa era affatto miserabile, cosicchè -quell'alloggio riusciva troppo povero e lontano dal centro per le -modeste fortune, e di troppo lusso per i poveri. Valdrigo vi si trovava -a meraviglia, e sosteneva che l'esterno era più bello dell'interno. -I muri scalcinati, i modiglioni sporgenti, le reti distese sulla -facciata che si asciugavano al sole, i canestri panciuti del pesce -che circondavano la porta, i laceri pannilini che sventolavano dalle -finestre sopra un lungo bastone, come le banderuole dei navigli in -un giorno di festa, davano veramente a quella casa un certo che di -pittoresco, che conveniva perfettamente alle idee di Valdrigo. La -vista poi dalle finestre era magnifica, e si estendeva sopra un vasto -orizzonte. Alcune bianche vele disperse per la laguna si riflettevano -sulle acque e parevano uccelli fantastici vaganti sulle onde azzurre -del mare. Nelle ore del riflusso gli strati scoperti apparivano come -verdi tappeti galleggianti, e i cercatori di crostacei vagavano per le -alghe ricurvi il dorso, in traccia della preda. Al tramonto del sole -le montagne lontane si tingevano di colori cangianti dal giallo d'oro -al rosso porporino, dal rosso al violetto, e finalmente all'azzurro, -fino a che le nevi brillavano ai languidi chiarori della luna. Tutto -il giorno la laguna era popolata di barche, le più vicine apparivano -distinte coi loro accessorii più minuti, le lontane parevano un punto -nero nello spazio. Entravano di continuo nel canale, passavano o si -fermavano alla riva battelli, burchi, caicchi, gondole, peote, e ogni -maniera di barche. Sulle fondamenta le donnicciuole si sedevano al -sole, rattoppando i cenci, o facendo i calzetti, querelandosi fra -loro, mormorando del prossimo, lamentandosi della crescente miseria. -I fanciulli giocavano, i battellieri si riposavano sulle soglie delle -porte o apostrofavano i compagni, o si burlavano dei passeggieri, o con -un segno degli occhi imberciavano certe gondole che uscivano al fresco -con due innamorati. - -Quel luogo, quantunque lontano dal centro romoroso di Venezia, pure -non era il più opportuno per decidere al lavoro il nostro indolente -Valdrigo. Mille motivi lo attiravano alla finestra, mille altri ve lo -ritenevano in osservazione. Da un lato studiava la natura, dall'altro -le scene popolari che aveva sotto gli occhi. Dagli alberi e dai -campi di Saltore, alle barche ed alle acque di Venezia il mutamento -era troppo grande per non attirare gli sguardi d'un artista. Dalla -solitudine della campagna alla bizzarra conversazione del popolo -di Venezia la differenza era troppo rimarchevole per non servire di -distrazione, a chi tanto facilmente si lasciava distrarre. - -La famiglia de' suoi ospiti si componeva di tre soli individui. Beppo, -sua sorella Maddalena, e la vecchia Marta, la nonna degli orfani, una -povera vecchierella grinza e rugosa. Beppo era un ardito pescatore, -laborioso sul mare, scioperato sulla terra. Marta aveva dieciotto anni, -i capelli castagni, gli occhi briosi, una bocca ridente che lasciava -vedere il candore dei denti, la carnagione brunetta, la figura snella. -La gioventù e la salute andavano d'accordo nell'abbellire la modesta -popolana la quale aggiungeva a questi doni della natura la pulitezza -della persona, un abito semplice, un grembialino fiorito, un monile di -corallo coi relativi orecchini. - -Quando usciva di casa battendo i tacchi delle pianelle sul selciato, -dimenando i fianchi con una particolare leggiadria, col fazzuolo bianco -sul capo, e l'aspetto franco e sicuro, tutti gli sguardi la seguivano; -i giovinotti si volgevano indietro a guardarla con quella attenzione -avida ad un tempo e stizzosa colla quale il cacciatore osserva una -rara selvaggina che gli passa sotto al tiro, ma vola rapidamente e -sparisce, prima che possa montare lo schioppo per farla cadere a' suoi -piedi. E i vecchi libertini stralunando gli occhi per vederla tutta -intiera, si passavano la lingua sulle labbra come il goloso gastronomo -davanti l'evaporazioni solleticanti d'un delizioso manicaretto che -non è destinato per lui. Ma nessuno osava importunarla, tanto la sua -fisonomia incuteva rispetto, per una certa aria fra l'innocente e -il risoluto, che pareva dire — non avrete niente, o uno schiaffo. — -Valdrigo la guardava sottecchi coll'ammirazione del pittore, ma colla -indifferenza dell'innamorato di un'altra. - -I primi giorni, Maddalena portava nella stanza del giovane il suo -modesto desinare che era trovato sempre eccellente, ma poi egli chiese -di far tavola comune cogli ospiti, e dopo alcune cerimonie venne -accettato. La mensa si allestiva in cucina, e dopo il pranzo prendevano -tutti una fiammata davanti al camino. Quando nevicava, o soffiava -il vento, la conversazione si prolungava qualche ora. La vecchia si -addormentava la prima, e Beppo le teneva compagnia poco dopo, cosicchè -Vittore e Maddalena restavano soli a contarsela. - -Taluno dei nostri giovani lettori si aspetta adesso una dichiarazione -d'amore, e un dialogo passionato. Tutt'altro, signori, Valdrigo parlava -a Maddalena del buon tempo e della pioggia, del caldo e del freddo, -— non vi ricordate che egli era innamorato di Silvia? e di che sorta -d'amore! di quegli amori che scompariscono dal mondo coll'abolizione -delle classi privilegiate, col principio dell'eguaglianza. - -L'amore cresce sempre in ragione diretta delle difficoltà che incontra, -e degli ostacoli che si frappongono al suo corso regolare, come quei -torrenti che ingrossano davanti agli argini e alle dighe, e diventano -minacciosi pei campi sottoposti. Quando gli odii politici dividevano -le famiglie, rendendo impossibile ogni alleanza fra i nemici, allora si -vedevano gli amori di Giulietta e Romeo; quando si divisero le nazioni -fra nobili e plebei con una sbarra insormontabile, si videro fra i -giovani delle due parti degli amori d'una tenacità pari all'alterigia -dei nobili, e questo era il caso di Valdrigo. Le leggi della ingenua -natura sono semplici e piane, la fecondazione delle piante succede -spontaneamente sul campo, la fecondazione degli animali bruti è -sottoposta alle stesse condizioni dei vegetali, e così sarebbe anche -della razza umana, al cui naturale connubio la natura non domanda -altro che un maschio ed una femmina. Ma l'uomo essendo un animale -ragionevole non ha trovate giuste le leggi di natura, si è incaricato -di correggerle ed ha emanate delle leggi civili che costituiscono la -base della nostra società. La natura diceva: un matrimonio è -bene assortito quando due giovani di sesso diverso si sentono chiamati -da una istintiva inclinazione a formare una sola famiglia. E sembra -che questo fosse un grande sproposito, che venne corretto nel modo -seguente: La società dichiara un matrimonio bene assortito quando i -nobili sposeranno i nobili; quando i ricchi si uniranno coi ricchi -e i plebei coi plebei, e in altre parole un matrimonio sarà bene -assortito quando una donna con ricca dote sposerà un uomo che nuota -nell'abbondanza, e quando un uomo che non ha nulla per vivere formerà -famiglia con una donna che muore di fame. La società avendo fissati -questi principi fondamentali, la natura si oppose e protestò, e da -questa lotta fra le leggi di natura e le leggi sociali nacquero tutte -quelle sventure amorose e i conseguenti delitti che troviamo registrati -nelle storie, raccontati nelle cronache, esagerati nei romanzi. - -E siccome noi non vogliamo esagerare questa storia perchè non si dica -che scriviamo un romanzo, diremo francamente che Vittore Valdrigo, -quantunque perdutamente innamorato di Silvia, pure non si trovava male -con Maddalena, e senza avvedersene egli stesso le stava volontieri -vicino. - -Ma non essendo punto innamorato di lei, le sue idee non subivano -quella specie d'esaltazione cerebrale che innalza i pensieri al disopra -dei tetti, cosicchè le sue idee volgevano al positivo e al comune, e -riscaldandosi al camino andava dicendo fra sè stesso: — È egli giusto -ed onesto che per il piacere di riscaldarmi con questa buona ragazza io -debba consumare la legna de' miei ospiti?... È egli giusto ed onesto -che intanto che a Saltore abbonda il combustibile, io mi riscaldi -colla legna che scarseggia a Venezia? — Così riflettendo prese una -lodevole determinazione e scrisse a sua madre che mandasse Osvaldo a -Mestre con un buon carro di legna, e ne fissava il giorno preciso. -Rosa, ricevuta la lettera, corse dal curato per farsela leggere, e -ritornò a casa decisa a farsi onore, ma Zammaria si mise a brontolare -e a mendicare dei pretesti, e finì dichiarando che la legna bisogna -venderla pei bisogni di famiglia, e incominciò una resistenza ostile -e una scaramuccia che a poco a poco divenne un vero combattimento. La -Rosa impiegava invano la solita artiglieria degli sguardi fulminei, -chè Zammaria prevedendo i mezzi del nemico si difendeva voltando la -schiena agli assalti. Allora la Rosa, assalito di fronte l'avversario, -gli gettò due parolette nell'orecchio che parvero far breccia; e come -al solito mormorando per la sofferta sconfitta, cedette il campo di -battaglia, e se ne andò nella stalla a sfogare la sua collera coi buoi, -sopra i quali menava la striglia con tanto furore che i poveri animali -si dimenavano spaventati e mandavano dolorosi muggiti. - -Al giorno fissato Valdrigo pregò Beppo di accompagnarlo a Mestre -colla barca ove egli disse, che suo fratello lo aspettava con alcune -masserizie. Partirono e trovarono esattamente Osvaldo che li aspettava -col carro. La buona madre aveva interpretato largamente la commissione -del figlio, perchè, oltre la legna in abbondanza, la spedizione -comprendeva quattro magnifici capponi, del formaggio fatto in casa, -del butirro, delle uova, e un bottaccio del vino saporito di Saltore. -I fratelli avevano voluto aggiungere le loro offerte a quelle della -madre, a motivo delle prossime feste del Natale, e così c'erano -delle noci, dei pomi ed una zucca formidabile, la quale soddisfaceva -l'ambizione d'Osvaldo nella sua qualità di ortolano. Vittore rimase -commosso, non sorpreso della bontà e dell'affetto materno. Egli -aveva portato da Venezia un bel fazzoletto rosso per sua madre, -una tabacchiera per suo padre, del buon caffè, del levante e dello -zucchero per tutti, e consegnò ogni cosa ad Osvaldo, raccomandandogli -di non dimenticarsi i suoi baci, e le più tenere espressioni di -gratitudine e di affetto. Non è a descriversi la gioia di Beppo che si -manifestava con espressioni volgari e troppo colorite; ma è certo che -non dissimulava il suo contento con ipocrite cerimonie. Trasportati -gli oggetti dal carro alla barca, e rinnovati i saluti al fratello, si -misero in viaggio, Osvaldo per ritornare a Saltore, gli altri due per -Venezia. Valdrigo pensava con tenerezza a sua madre, e Beppo ripeteva -ogni momento le stesse parole: — Paron benedetto, che cuccagna! — - -Così per merito di Valdrigo e della buona Rosa, la famiglia dei -pescatori passò le feste, come non le aveva forse mai passate, e -crebbe l'intimità e l'amicizia fra l'artista e i suoi ospiti, ed -egli poteva prolungare le sue sedute intorno al focolare senza -rimorsi. Le provvisioni ricevute eccitando la curiosità delle donne, -che incominciavano a crederlo un principe travestito e a sospettare -delle sue intenzioni, resero necessari degli schiarimenti e delle -giustificazioni. - -Valdrigo dovette quindi raccontare la sua storia, ben inteso riveduta, -corretta e diminuita dall'autore, il quale stimò necessario di -tacere intieramente il motivo dell'abbandono degli Orseolo, e tutti -i particolari relativi alla sua passione per Silvia. Questo amore -pareva ingrandito dalla distanza, fomentato dalle impossibilità, -inasprito dagli ostacoli insormontabili. A che scopo ostinarsi ad -amare una nobile e ricca donzella, fidanzata ad un potente signore? -a che scopo conservare nel cuore questa fiamma che gli consumava la -vita?... Andatelo a domandare agli innamorati!... andate a domandare -all'incendio con quale scopo egli distrugga i palazzi, i teatri, i -dipinti preziosi, le suppellettili, i libri, i documenti più rari! - -Lo abbiamo detto, l'amore nella natura è un dolce sentimento che guida -alla felicità, l'amore inasprito dalle leggi o dai pregiudizi sociali è -una passione che conduce alla disperazione e alla pazzia. - -Talvolta in qualche sera di gennaio veniva giù una pioviggina -gelata che metteva i brividi al solo vederla. Sul focolare dei -pescatori brillava una viva fiamma, la bella Maddalena sedeva sotto -la cappa del camino, ed una sedia vuota dirimpetto pareva messa -a posta per Valdrigo. Egli guardava colla stessa indifferenza il -fuoco crepitante, il posto vacante e la ragazza, e involgendosi -nel ferraiuolo attraversava Venezia fra il fango e l'intemperie per -procurarsi l'indescrivibile contento di contemplare le invetriate -del palazzo Orseolo. Le stanze essendo illuminate e la calle oscura, -si distinguevano abbastanza bene le persone che si avvicinavano alla -finestra. - -Talvolta era un domestico in gran livrea, o il volto color di rosa di -Don Lio, o la candida parrucca del nobile Partecipazio. Vittore passava -la sera spiando avidamente ogni movimento, e premendosi il petto -colla mano quando un'ombra passaggiera gli faceva battere il cuore -con soverchia violenza. Intanto il vento gli soffiava la pioggia sul -viso, e lo faceva battere i denti dal freddo. Solo risultato di tali -prove amorose era una qualche violenta infreddatura che lo confinava a -letto per tre giorni. Così non giungeva mai il momento del lavoro e del -giudizio, e passavano i mesi coi soliti prodotti del dolce far niente. - -La convalescenza riconduceva l'infelice innamorato sotto la cappa -del camino, e ristabiliva le conversazioni colla Maddalena. La buona -ragazza compiangeva le sofferenze di lui, gli riscaldava le tisane per -la tosse e gli parlava di sua madre. - -Se egli le avesse fatto delle dichiarazioni amorose, essa si sarebbe -tenuta in guardia, ed avrebbe chiuse le porte del cuore, per istinto -d'onestà, ma il contegno di Valdrigo rendeva inutile ogni precauzione, -ed escludeva qualunque pretesto di diffidenza. Ma a quanto sembra, -l'amore è una passione insidiosa, ed avendo trovate aperte le porte -del cuore di Maddalena, vi entrò, senza chiederne il permesso. Un bel -giorno la povera fanciulla si trovò il nemico in casa senza sapere da -che parte vi fosse entrato, cosicchè mentre Vittore adorava la Silvia, -la Maddalena adorava Vittore. - - - - -XIX. - - -I giorni dell'inverno son brevi e se le cure d'un amore infelice -assorbono alcune ore e i bisogni della vita alcune altre, che cosa -resta per lo studio? Aggiungete il tempo perduto in pensieri amorosi ed -artistici, i sogni del cuore, i voli della fantasia, ed anche il timore -di non riuscir bene nel lavoro. Certi giovani pensano sempre alle -grandi difficoltà di compiere un'opera perfetta, all'ingratitudine del -mondo che non tiene conto delle privazioni, delle pene, delle fatiche -dell'artista, e così via fino al disprezzo della gloria, fino al -disprezzo della vita. Sono le solite idee di chi non ha voglia di far -niente. - -Canova in Roma non pensava a queste cose; egli era invaso da una specie -di febbre, e gli pareva di non mai lavorare abbastanza; non pensava -alle difficoltà che per vincerle, e alla gloria che per meritarla. - -Modellando la creta egli sentiva nell'animo il sublime entusiasmo di -colui che vede il suo pensiero trasformarsi in realtà, e si agitava -sotto la foga d'una ispirazione più pronta della mano. Nelle ore che -riposava dal lavoro della plastica, si dedicava allo studio delle -lingue straniere, alla lettura delle opere classiche, letterarie, -erudite ed artistiche, o delineava degli studi dagli antichi modelli -o dal nudo, apparecchiandosi così un vasto terreno sul quale potesse -spaziare il suo genio. - -Valdrigo studiava in altro modo; passeggiando per Venezia, osservando -gli effetti della luce sulle sculture dei palazzi, ammirando i colori -del tramonto sulle nuvole e sull'acque, cercando i motivi delta -tavolozza della veneta scuola sulle figure dei passanti, sulle quali -non trovava più le robuste tinte che si ammirano nei quadri degli -illustri maestri. - -O percorreva la laguna sulla barca di Beppo osservando da lontano lo -stupendo spettacolo della città, che pareva galleggiante sulle acque -trasparenti, come un'isola fantastica, troppo bella per rimanere sulla -terra, troppo grave di peccati per salire verso il cielo. Un giorno -invaso da' suoi sogni poetici, rimase lungamente immobile nella barca a -contemplare Venezia lontana immersa in un velo di nebbia che la rendeva -più bella del solito, e ritornando alla riva si trovò tutte le membra -intirizzite dal freddo. Entrò allora in una bettola, e per riscaldarsi -tracannò in tutta fretta uno dopo l'altro alcuni bicchieri di vino di -Dalmazia, e uscì tosto a passeggiare al sole sulla riva. Vagando da una -strada all'altra si trovò in Campo San Giovanni e Paolo, e sentendosi -stanco entrò in chiesa ove andava sovente ad ammirare le cospicue opere -d'arte che abbondano in quel Pantheon delle Venete glorie. - -La luce esterna entrava nel tempio illanguidita e variopinta -attraversando le ampie invetriate a colori; le lampade accese -davanti gli altari gettavano un riflesso rossastro sulla penombra dei -monumenti, l'odore dell'incenso si spandeva nella grave atmosfera, e -contribuiva a rendere misterioso e solenne il sacro luogo. Valdrigo -entrando a destra si sedette dirimpetto al monumento lavorato da -Pietro Lombardo, e si mise a contemplare con un occhio istupidito -l'urna sepolcrale, portata sul dorso da tre guerrieri, sulla quale -s'erge la statua del doge Pietro Mocenigo. Tutto ad un tratto gli -parve di vedere che i guerrieri si movessero, e che il principe -scosso dal lungo sonno aprisse gli occhi. Un brivido gli passò per il -corpo, si levò in fretta, fece alcuni passi e si sedette nuovamente -in faccia al Mausoleo del generale Orsino, ma levato lo sguardo vide -le statue della Prudenza e della Fede che si abbassavano per salutare -la statua equestre dell'eroe, il quale agitando leggermente le gambe -sembrava voler conficcare gli sproni nel ventre del cavallo per farlo -avanzare. Valdrigo, sbalordito, mandò un grido di sorpresa, poi chiusi -gli occhi si mise a urlare di spavento. Poco dopo sentendosi cadere -dell'acqua sulla fronte riaperse gli occhi e si trovò circondato da una -folla d'individui. Allora parve si facesse animo perchè ringraziava -gli astanti, ma poco dopo soggiunse: — Voi siete certamente gli -eroi di queste tombe mossi a pietà del mio male. Grazie, Capitano -Orazio Baglioni, grazie, illustre Bragadino, e voi che mi guardate, -serenissimi principi Vendramino, Loredano, Morosini, Cornaro, -lasciatemi in riposo, e ritornate in pace ai vostri Mausolei... - - - - -XX. - - -Alla mattina seguente Valdrigo ritornando alla sua dimora trovava i -poveri pescatori nella più grande inquietudine. Maddalena appena lo -vide gli si fece incontro dicendogli: - -— Non ha avuto disgrazie?... Ove ha passato la notte? - -— Nessuna disgrazia... ho passato la notte tranquillamente in un buon -letto, in casa del sagrestano di san Giovanni e Paolo... - -— Come?... - -E qui le raccontò ingenuamente l'effetto impreveduto del vino -di Dalmazia, ajutato dall'incenso e dalla fantasia predisposta -alle allucinazioni. Gli eroi che lo circondavano in chiesa erano -naturalmente i devoti attirati dalle sue grida, e il sagrestano accorso -con dell'acqua per calmare le sue sofferenze. Il bravo uomo mosso a -pietà per l'accidente del giovane, e conoscendo per pratica che un buon -sonno lo avrebbe guarito, non volle deporlo sul lastrico, e assistito -da' suoi colleghi lo trasportò sopra un letto in casa sua, seguendo -la massima cristiana «fare agli altri quello che si vorrebbe che fosse -fatto a sè stessi.» - -L'apprensione degli ospiti, e certi sospetti di Maddalena finirono con -una bella risata e con l'osservazione dell'artista: che se il vino di -Dalmazia fa risuscitare i morti, minaccia per riscontro di far morire i -vivi. - -Intanto erano trascorsi alcuni mesi dal giorno ch'egli s'era proposto -di darsi seriamente al lavoro senza che nessuna opera compiuta fosse -uscita dalle sue mani, meno alcuni ritrattini che gettava giù in -fretta per guadagnare qualche cosa e non rimanere di aggravio a -sua madre. Come le api che cercano il miele su tutti i fiori egli -cercava un alimento al suo spirito sulla superficie delle arti, ed -evitava di penetrare nel fondo ove si trova la gloria, ma a prezzo di -sudori e di stenti. In quel tempo l'atmosfera di Venezia era pregna -di molecole soporifere e di emanazioni debilitanti, che penetravano -nelle fibre umane come una fatale epidemia e le rendeva floscie e -cascanti. Valdrigo invaso da una passione infelice sciupava il genio -improvvisando versi ispirati dalla sua diva, o gettava sulla carta -degli schizzi di quadri futuri, o prendeva il violino e trasfondeva la -sua anima sulle corde armoniose, dalle quali cavava delle espressioni -che mancano alla parola umana, ed erano i suoi lamenti dolorosi, o il -canto delle sue aspirazioni. - -Maddalena aveva la sua stanza sopra quella dell'artista, dirimpetto -alla laguna; i suoi balconi erano adorni di vasi di garofani e di -geranei odorosi, e quando udiva le soavi melodie del violino, apriva -la finestra ed ascoltava con religiosa attenzione. L'esalazione dei -fiori, l'aspetto delle acque azzurre che si confondevano col cielo, -e quella musica strana, lamentevole, piangente, agitavano i sensi -della fanciulla innamorata. Erano voci d'amore ch'ella traduceva a -meraviglia, era il linguaggio d'un cuore derelitto, ch'ella intendeva a -perfezione, erano accenti d'un'anima solitaria che vagando per l'aria -andavano a ricadere sopra un'altra anima solinga e non intesa. Le -deliziose armonie ricercavano i più reconditi recessi di quel cuore di -dieciott'anni, ma il pensiero funesto che non erano per lei, rivolgeva -in amarezza l'incanto, e due lagrime furtive uscivano da quegli occhi -dolenti, e irrigavano le fresche guancie della bella fanciulla. - -Quante notti al chiarore della luna Valdrigo contemplando il firmamento -sereno, suonava a mezza voce il violino, credendo quelle melodie -trasportate dal vento e perdute nella solitudine, quando invece -penetravano fatali per una finestra dischiusa ed andavano a ferire un -cuore innocente, e a turbare un sonno dianzi tranquillo. - -Sarebbe inutile il raccontare i mesi e gli anni trascorsi in varii -progetti, in speranze vaghe e chimeriche, in proponimenti di studio, -svaniti all'indomani; la vita dell'uomo indolente non lascia traccia di -sè, e guardando il suo passato egli non distingue un anno dagli altri -che per rari avvenimenti smarriti in uno spazio vuoto, come il punto -nero d'una barca lontana sull'oceano. - -Finalmente dopo ripetuti tentativi abbandonati e ripresi più volte, -il pittore si decise di dar principio ad un quadro. Il soggetto, -apparecchiato in un abbozzo in piccole dimensioni, era una partenza -per la pesca. Vari pescatori apparecchiavano sulla riva le reti, le -corde, gli attrezzi marinareschi, alcune donne assistevano alle ultime -operazioni della partenza, ed esprimevano il dolore del distacco per un -viaggio talora pericoloso; sul fondo si vedeva la barca ed il mare. Il -costume nazionale dei pescatori veneziani, i vari atteggiamenti, e le -diverse espressioni rendevano interessante quella prima composizione -dell'artista meditata da tanto tempo e preparata da studi speciali. -Gli ospiti pregati a volersi prestare in qualità di modelli di buon -cuore aderirono, e Beppo trovò gli altri individui, alcuni dei quali -vennero rifiutati dal pittore, e si dovette sostituirne degli altri -di suo gradimento. La vecchia Marta seduta sulla porta a rattoppare le -reti era una figura degna d'un pennello fiammingo, e la bella Maddalena -che con un'aria dolente dava l'addio al fidanzato il quale le mandava -da lontano l'ultimo bacio, era collocata in modo da far risaltare a -meraviglia le bellezze della espressione e i rari pregi del vezzoso -modello. - -Diede mano alla tela in bella proporzione, e i suoi modelli posavano a -vicenda davanti all'artista, ora l'uno ed ora l'altro, secondo il suo -desiderio. - -Maddalena vi si prestava con grazia, e la sua espressione era molto -naturale e diffatti essa non doveva fingere gran fatto per dimostrare -l'affanno d'un distacco dal fidanzato. Il partire, o il non giungere -costituiscono l'assenza che causa il dolore; e se per lei realmente -non partiva un amoroso, certo l'amato non giungeva, o quantunque vicino -colla persona, era lontano col cuore. - -Il pittore assorto nel lavoro non vedeva in Maddalena che una bellezza -plastica, un tipo di rara perfezione. Il grazioso modello cercava -nel sorriso del pittore una scintilla dell'anima, egli studiava sul -modello un'ombra della fronte, una sfumatura delle guancie, la luce -delle pupille, l'espressione delle labbra passionate, ed osservando -con uno sguardo d'artista i lineamenti leggiadri e la tinta armoniosa -del volto, egli esclamava con naturale ingenuità: — Cara Maddalena, voi -siete una rara bellezza!... - -La fanciulla abbassava gli occhi, diventava tutta rossa, e il pittore -temendo d'averla offesa, soggiungeva: — Scusate, sapete, ma per noi -altri artisti i modelli non sono donne, ma statue, con la durezza di -meno, e la morbidezza di più, ma sempre statue!... - -Maddalena sospirava, e taceva. - -Egli pensava fra sè: — La gloria vale la nobiltà, ed anche più, -secondo la mia maniera di vedere. Se questo quadro mi riesce, egli -sarà l'equivalente d'un titolo, egli nasconderà la mia origine, egli -mi metterà al pari coi più superbi signori. Silvia non isdegnerà -di compensarmi con uno sguardo, per un'opera che avrà meritati gli -applausi di Venezia, e chi sa!... chi sa!... gli Orseolo andranno -superbi d'aver protetto i primi passi dell'artista.... essi chiederanno -di vedermi, e forse, forse il matrimonio progettato dai parenti non -avrà più il consenso della sposa. Prima di tutto passano gli anni e il -conte Leoni non ritorna. Egli sarà innamorato di qualche principessa -della Corte ove risiede, e non si cura di tornare col pretesto degli -affari diplomatici, e se tornando dopo una lunga assenza, Silvia -dichiarasse di non accettare la sua mano!... Chi sa!... talvolta il -prestigio degli applausi prodigati ad un artista può infondere il -coraggio in una donna, e Silvia non è donna volgare! La vorranno -seppellire in un chiostro.... ma non sarebbe il primo caso d'una -fuga!... Mio Dio! quale ampio compenso alle mie fatiche una parola di -Silvia che dicesse: — Sono vostra pei diritti del cuore! — vi aspetto -— scalate il muro del convento, sarò nel giardino a mezzanotte!... -Una gondola pronta, due valenti rematori, e poche ore dopo si varcano -i confini, e addio Venezia per sempre!... — E viaggiava con Silvia -rapita, e la nascondeva nella capanna d'una valle solitaria fra i monti -lontani, e viveva una vita di delizie vicino alla donna del cuore. -Con questi sogni andava avanti e lavorava con lena. Arrestato dalle -difficoltà dell'arte, pensava alla gloria, e alle conseguenze della -gloria; copiava esattamente Maddalena, ma coll'immagine di Silvia -davanti agli occhi, e colla speranza nel cuore. - -Ogni giorno riprendendo i pennelli e la tavolozza trovava qualche -difficoltà per rimettersi al lavoro, tanto l'abitudine dell'ozio -è difficile a lasciarsi vincere, guardava fuori dalla finestra gli -uccelli marini che svolazzavano sulle acque, poi si stirava le membra, -sbadigliava, osservava il quadro in distanza, ma la presenza della -modella che aspettava un suo cenno per mettersi al posto, lo scoteva -dall'inerzia, e si sedeva davanti al cavalletto. Allora continuava -materialmente il lavoro, ma col pensiero rivolto a Silvia tornava -a rimuginare il progetto della fuga, ne prevedeva le peripezie, e -sfidando audacemente i pericoli incorsi si compiaceva immensamente -dell'esito finale dell'avventura. - -Intanto il quadro andava avanti, e l'artista incominciava a sentire le -intime soddisfazioni dell'opera avanzata, delle vinte difficoltà, dei -mirabili effetti ottenuti, e si compiaceva nel contemplare quelle arie -naturali dei volti, quelle movenze spontanee, e l'insieme armonioso dei -vari gruppi. Quando usciva un'ora a prender aria non si allontanava -molto da casa, ma girava in quegli estremi confini della città, ove -nessun rumore distraeva il suo spirito, e l'aspetto della laguna lo -teneva nel soggetto del quadro. - -Beppo approfittava delle corte assenze di Valdrigo per introdurre in -casa gli amici e mostrare il dipinto ai vicini. Le comarelle della -calle entravano chete chete, coi gondolieri della riva, i facchini e i -fanciulli. Collocati davanti alla tela, la loro ammirazione non aveva -confini, e le loro esclamazioni di sorpresa rallegravano Beppo in tal -modo, che sembrava che il pittore fosse lui, ed era tanto superbo di -vedersi esattamente riprodotto sulla tela che non sapeva frenare il -suo giubilo. — Guardate, egli diceva, guardate Tita Bosi e Nane Orada -che tirano la corda, dite se non sono vivi e parlanti?... e quell'altro -lo conoscete?... e accennava al suo ritratto; e tutti rispondevano in -coro: guarda Beppo, guarda Toni, guarda Nane.... e la Maddalena, e la -nonna Marta.... e quella cesta, e quelle reti! oh che bellezza, oh che -meraviglia, oh che bravura! — poi uscivano ad uno ad uno lodando il -lavoro, e congratulandosi con Beppo e colle donne. La Maddalena godeva -in suo cuore del trionfo dell'artista, e ansiosa aspettava il termine -dell'opera colla speranza di udire gli applausi di tutta Venezia in -favore dell'uomo che stimava.... ed amava. - -Valdrigo ignorando le visite clandestine dei suoi ammiratori non sapeva -spiegarsi le straordinarie sberrettate, e le profonde riverenze che da -qualche giorno gli venivano prodigate dai vicini. Il popolo d'allora, -avvezzo a rispettare ogni superiorità, aveva il buon senso di onorare -specialmente le qualità personali, e di tenerle come un giusto titolo -alla stima del pubblico; e la stessa aristocrazia rendeva giustizia al -merito, e vantava fra le glorie della patria gli artefici insigni che -l'avevano illustrata colle loro opere. - -Un giorno, di quelli che s'erano fatti più rari, ma che non erano -intieramente scomparsi dalla esistenza del pittore, Valdrigo si sentì -un irresistibile bisogno di far niente. - -La ragione voleva ritenerlo al lavoro, il capriccio resisteva, e -cercava pretesti per vincere. - -Una voce arcana gli ripeteva: — Sta in guardia!... Un passo sul -declivio, e il fondo t'inghiotte! — Un'altra voce soggiungeva: — Il -riposo è necessario all'uomo, esso rimonta le forze, e giova al lavoro -— infatti il capriccio sosteneva che la ragione aveva torto; La ragione -soccombette alla lotta, perchè lo spirito d'inerzia si era alleato un -desiderio d'amore; Valdrigo sentiva un'altra voce che con irresistibile -attrattiva lo chiamava da lontano, e gli diceva: — Vieni ad ispirarti -davanti al santuario che rinchiude la tua divinità, l'aspetto di quelle -mura infonderà nuove fiamme al tuo genio! — Chi avrebbe resistito a -quella voce?... Rimandò i suoi modelli, e preso il cappello se ne andò -fantasticando per la strada, e cercando lo scioglimento d'un problema -che gli tornava importuno allo spirito: — Se Silvia, egli pensava fra -sè, fosse un giorno costretta dalla spietata severità de' suoi parenti -di vestire l'abito monacale, è evidente che nel giorno della fuga non -potrebbe conservare quelle vesti, che renderebbero ardua e pericolosa -l'impresa!... Quale sarebbe il modo più opportuno per evitare questo -ostacolo?... - -E cercando uno stratagemma plausibile camminava attraverso il labirinto -delle calli che conducono in Piazza, da ove pensava indirizzare i -suoi passi verso i balconi del palazzo Orseolo, da qualche tempo non -visti. Giunto sotto la torre dell'orologio la gente s'era accalcata -davanti una bottega di caffè, e impediva il passaggio. La curiosità è -contagiosa, ed egli divenuto curioso fra i curiosi, si spinse avanti -per iscoprire l'oggetto della pubblica attenzione. Alcune carte -stampate pendevano alle invetriate della bottega, e sovra d'esse gli -parve di vedere il nome di Silvia, ma una nube gli offuscava la vista, -e il sangue gli montava dal cuore al cervello con tale rapidità che non -fu in caso di leggere più oltre. Fattosi animo alquanto, e facendosi -largo fra la folla, giunse alfine davanti alle carte e vide una serie -di sonetti e canzoni, che portavano la seguente intestazione: — Per -le inclite nozze della nobile donzella Silvia degli Orseolo, con sua -Eccellenza il nobile signor conte Alberto Leoni. - -Una fiamma repentina gli tolse la vista, lo colse un capogiro, e -barcollando come un briaco uscì da quella folla, ad uno pestando i -piedi, ad un altro lasciando andare i gomiti nello stomaco, urtando -e rovesciando ogni cosa che gli si parasse d'innanzi, e gesticolando -per la strada scomparve, sollevando dietro a sè i lamenti delle sue -vittime che lo guardavano fuggire indispettite e sorprese, come chi -s'imbatte a caso in un matto. Ristabilito l'ordine nella folla, i -curiosi continuarono a deliziarsi nella lettura dei versi di Don Lio il -quale celebrava le auspicate nozze mettendo a contribuzione il Parnaso, -e facendo nuove vittime fra le stanche Muse, il vecchio Apollo, il -decrepito Imeneo, e gli altri suoi martiri dell'Olimpo. - - - - -XXI. - - -Valdrigo, quasi uscito di senno, rientrava in casa cogli occhi -stralunati, ribaltando l'arcolajo della nonna che seduta pacificamente -sull'uscio, stava dipanando una intricata matassa. Rientrato in stanza -diede un calcio così potente al cavalletto che mandò in aria la tela -la quale ricadde sull'armadio sopra alcune tazze di caffè che volarono -in mille scheggie, ribaltò un tavolo che sosteneva i colori e i suoi -libri; l'olio da dipingere andò ad allagare le sue carte, le sedie -andarono a cadere sulle sedie, e v'ebbe un tale baccano indiavolato -che tutti i vicini si gettarono alle finestre per vedere se cascava il -mondo. - -La Maddalena spaventata corse precipitosamente nella stanza, e vide una -specie di caos, e Valdrigo ai piedi del letto privo di sensi. Chiamò -aiuto; Beppo giunse dalla riva, e vedendo il quadro rovesciato lo levò -dall'armadio, e l'osservò attentamente; per fortuna era salvo meno -qualche striscia, se lo prese con molte precauzioni, e lo trasportò in -una stanza più sicura. - -Maddalena spruzzava con acqua fresca il pallido volto del giovane, -Marta apportava dell'aceto, Beppo ritornava nella stanza, e levando -da terra Vittore, lo spogliava, e lo collocava nel letto. Ma tutte -le loro cure non valsero a fargli riavere i sensi smarriti. Beppo -corse alla più vicina farmacia, e poco dopo ritornò con un medico il -quale esaminato attentamente il malato lo dichiarò in grave stato per -violenta congestione cerebrale, gli fece un abbondante salasso, ordinò -dei senapismi alle gambe, ed il riposo assoluto. - -Nei vaneggiamenti della febbre egli mormorava delle parole confuse fra -le quali l'attenta Maddalena udì sovente il nome di Silvia. - -La malattia perseverava nella sua gravità e quindi i poveri pescatori -pensarono di avvertirne la madre col solito mezzo del curato, indicato -da Valdrigo. Beppo andò a prenderla a Mestre, e la buona Rosa accorse -al letto del figlio che la riconobbe e mostrò coi cenni il contento -di averla vicina e con uno sguardo commosso ringraziò Maddalena alla -quale attribuì la delicata attenzione. La Rosa e Maddalena vegliavano -al letto dell'infermo e gli prodigavano tutte quelle cure che i più -nobili affetti ispirano alla donna e che sono i validi ausiliari della -scienza. La buona madre chiedeva alla fanciulla le origini della -malattia di suo figlio, ed essa rispondeva che il medico accusava -il sole di aver causato l'accesso, ma non si mostrava convinta del -giudizio; le rivelazioni raccolte l'avevano persuasa che se Vittore -era vittima delle funeste influenze d'un astro, quell'astro non dovea -essere il sole. - -La bellezza di Maddalena, e le sue attente e perseveranti prestazioni -convinsero ben tosto la chiaroveggenza della madre dell'affetto della -fanciulla per suo figlio, e la andava studiando col più vivo interesse -cercando di scoprirne le diverse qualità, i pregi e i difetti per -trarne partito a suo tempo. Le loro reciproche confidenze a mezza -voce servivano all'intento: e in pochi giorni la Rosa fu convinta che -Maddalena era una buona ed onesta ragazza, che avrebbe potuto formare -la felicità di Vittore. - -A poco a poco il male diminuiva d'intensità, e il medico nelle sue -visite aveva cessato di far quei cenni colla testa che volevano dire -— affar grave! — Il malato incominciava a parlare, e quando la Rosa si -trovava sola con lui lo interrogava da lontano sugli ospiti. Non tardò -ad avvedersi, con sua grande sorpresa, che il figlio non pensava punto -a Maddalena, o l'amava colla riconoscenza d'un amico, colla affezione -d'un fratello. - -Valdrigo teneva chiuso in seno il segreto del suo amore infelice, -e della fatale sorpresa che lo aveva colpito, egli spiegava i -sintomi provati, i capogiri, l'esaltazione cerebrale e la successiva -spossatezza, ma ne taceva le cause. - -Maddalena custodiva il segreto delle confidenze della febbre, forse -per delicato sentimento, forse per iscoprire più facilmente le traccie -della possente rivale. Ma il suo amore rinchiuso cresceva d'intensità -in ragione della pressione sofferta e le sue guancie impallidivano, e -i begli occhi illanguiditi rivelavano le interne lotte d'una passione -agitata dalla gelosia. - -La Rosa attribuiva l'abbattimento di Maddalena alla veglie prolungate, -e le ne faceva un merito presso Vittore, il quale voleva pagare il suo -debito di riconoscenza colle più dolci espressioni, cogli elogi più -eloquenti che inacerbavano la piaga; e credendo di recare il balsamo -apportavano il fiele. - -Il medico propose che la convalescenza si facesse in campagna, e questo -consiglio piacque al malato ed alla madre; dispiacque a Maddalena. -Ma la Rosa se ne avvide e trovò un pronto rimedio. Essa voleva -ricompensare in qualche modo le cure che gli ospiti avevano prodigate -a suo figlio, e si proponeva in pari tempo di secondare l'affetto di -Maddalena, e di ottenere da Vittore un sentimento pari che li avrebbe -resi entrambi felici. Invitò dunque Maddalena ad accompagnarli a -Saltore, e a rimanersi qualche tempo con loro. A questo invito un -lampo di felicità brillò negli occhi della amorosa fanciulla, tanto più -lieta quanto più Vittore ne sembrava soddisfatto. Qualche difficoltà -insorta per le opposizioni di Beppo e della vecchia Marta venne presto -appianata dalla volontà di Maddalena, e dalle promesse della Rosa, e -prese le opportune disposizioni partirono per Mestre nella barca di -Beppo. Colà presero a nolo una vettura che li condusse felicemente a -Saltore. - - - - -XXII. - - -Era di primavera. Le prime fogliette spuntavano dagli alberi, e l'aria -tiepida esalava il soave profumo delle prime violette. La giovane -veneziana non era mai uscita dal suo nido, la sua infanzia s'era -passata sulle rive della laguna, in un'aria pregna di emanazioni -saline, commista all'ingrato tanfo dei canali ed alle esalazioni -di pece delle barche. I suoi occhi avvezzi all'azzurra superficie -dell'acqua, o al freddo aspetto dei muri, non si erano mai posati sopra -una vasta campagna. Essa non aveva mai contemplato la natura rurale che -nei prodotti degli orti delle isole, esposti nei cestoni dell'erberia; -e i pochi alberi dispersi fra le case, e i modesti vasi di garofani -e geranei della sua finestra, erano per lei i soli rappresentanti del -regno vegetale. - -Il movimento continuo della città, il canto dei gondolieri, le ciarle -delle donnicciuole, le baruffe dei facchini, le diverse grida dei -pescatori e dei vari venditori ambulanti che annunziano per le strade -le loro merci avevano sole risuonato alle orecchie della fanciulla, con -l'accompagnamento delle musiche dei menestrelli vagabondi, e del suono -delle campane, tutti rumori che confusi fra loro danno un certo suono -generale che si potrebbe chiamare la voce delle calli di Venezia. - -Al Saltore la scena era affatto diversa, il silenzio della notte non -era interrotto che dal canto dei grilli e da qualche latrato dei cani, -al giorno era la canzone degli uccelletti fra gli alberi, le varie voci -degli animali domestici, lo stormire delle fronde agitate dagli aliti -della primavera. - -Il verde tappeto dei prati si smaltava di bianche margherite, e gli -armenti vaganti per la campagna mandavano i loro muggiti, come un -saluto alla pace che regnava dovunque. - -Nella rustica dimora, l'abbondanza prodigava i suoi doni. Non era più -come a Venezia, ove ogni cosa si misurava in proporzioni meschine, ove -sul tavolo della cucina si vedeva una libbra di farina, un bicchiere -di latte, un cavolo, un pollo, un piattello d'insalata; nella cucina -del colono entravano ampi catini di latte, cesti ricolmi di erbaggi, -il farinaio riboccava di farina, gli scaffali di formaggi, e dalle -travi affumicate pendevano i salami ed il lardo. Il cortile brulicava -di polli, e il bravo Osvaldo aveva introdotto sotto al portico alcuni -alveari che gli davano ogni anno un miele dorato, eccellente. - -Rosa faceva gli onori della casa alla sua ospite meravigliata di tanta -agiatezza, sorpresa del nuovo spettacolo dei costumi campagnuoli. - -Durante l'assenza della moglie, Zammaria era un uomo impacciato e -disperato. La casa gli pareva un deserto, i polli erano inquieti, il -majale grugniva dalla fame, il gatto miagolava, il cane da guardia -giaceva malinconico in un angolo del cortile, dopo d'aver invano -cercato la sua padrona da ogni parte. Il ritorno di Rosa fu una vera -festa per tutti, il cane le saltava addosso urlando ed abbajando dalla -gioia, tutti gli animaletti le correvano incontro, il maiale dava -segni evidenti di soddisfazione, i figliuoli la baciavano, e Zammaria -sbalordito rimaneva immobile in mezzo del cortile, si cavava la beretta -di lana per inchinare Maddalena, e rideva colla bocca, mentre due -grosse lagrime di consolazione gli correvano giù per le guancie. - -La Rosa gli corse fra le braccia, lo baciò in viso e tutti entrarono in -cucina. Allora disfatti i bagagli saltava fuori una bella giacchetta -pel marito, una berretta col fiocco per Osvaldo, e fazzoletti rossi e -variopinti per gli altri. Poi vennero i rinfreschi, il latte, le frutta -per la bella veneziana, che tutti guardavano colla bocca spalancata e -gli occhi sorridenti. - -Maddalena osservava quel quadro di felicità, e pensava come sarebbe -bella la vita in questa pace, accanto all'uomo amato, in mezzo ad -una famiglia contenta! La Rosa presso a poco pensava egualmente, e -rifletteva che per Vittore una signora sarebbe una vera disgrazia, -una contadina troppo poco, e faceva i suoi castelli in aria. Si -potrebbe, diceva fra sè, restaurare la casa con poca spesa, Vittore -farebbe dei bei santi per le chiese, Maddalena lo renderebbe felice, -e mi assisterebbe nelle faccende di famiglia, saremmo tatti uniti! -e si proponeva di mandare alcune candele alla Madonna della Neve per -ottenere questa grazia. - -Vittore per sua parte pensava: — Silvia è la più divina creatura che -abbia vissuto sulla terra, i suoi sguardi mi sono fitti nel cuore con -indelebile fermezza, mi par sempre di vedere quell'occhio limpido e -profondo, azzurro come il cielo, veggo sempre la sua bocca soave, ahimè -la sento ancora sulle labbra! - -Orgoliosi! egli ripeteva fra sè, orgoliosi! gettare un fiore del -paradiso fra le braccia d'un vecchio consumato dagli stravizi, -soffocare le aspirazioni di quel cuore innocente per considerazioni -ambiziose!... No! essa non può essere rea d'un oblìo contro natura, -essa fu vittima d'un pregiudizio fatale!... — E la sua mente lottava -e si agitava fra l'amore e l'odio, fra l'affetto per Silvia, fra il -disprezzo pei nobili inumani, e quella violenta passione dominava -tutte le facoltà di quell'anima esaltata dalle aspirazioni del cuore e -amareggiata dai disinganni della vita! - -Nelle ore della solitudine, Valdrigo viveva concentrato in sè stesso -coi pensieri condensati dall'affetto, evocava le immagini del passato, -riviveva nei giorni felici, conversava col suo idolo, lo circondava -d'un prestigio fantastico, lo adorava con tutte le forze del cuore. -Richiamato alla vita reale da qualche accidente volgare, chiudeva -nel cuore e nella mente le sensazioni e i pensieri reconditi, come -si chiudono le lettere d'una amante riamata entro ad una cassettina -segreta per rileggerle e ribaciarle a suo tempo; e usciva dalla sua -stanza col volto sereno, coll'aspetto tranquillo, avendo preso il -partito di dissimulare le interne agitazioni con una superficie calma, -di vivere con lei sola nella segreta intimità dell'anima, e di vivere -con tutti secondo le convenienze della comune esistenza. - -La gratitudine che provava verso Maddalena per le cure ricevute lo -obbligava a mostrarsi cortese ed affettuoso, ed a renderle gradevole -e lieto il soggiorno di Saltore. Quindi scherzava con lei, e le -indirizzava sovente quei complimenti abituali, che i giovani usano -con le ragazze, e sono parole che spuntano spontanee sulle labbra -all'aspetto della gioventù e della bellezza. Ma essa le ascoltava con -grande attenzione, se le metteva da parte, le pesava colle bilancie -dell'oro, e se le teneva come tante dichiarazioni mascherate d'un amore -incipiente e forse troppo timido, per manifestarsi a volto scoperto. In -fondo non erano che paglia, ma vicino al fuoco del cuore, sollevavano -un incendio. - -Ogni giorno egli la conduceva al passeggio, e le ingenue sorprese -della fanciulla alla quale tutto era nuovo, gli eccitavano una ilarità -superficiale e burlesca. Ella che lo vedeva sempre cupo, si attribuiva -il merito di scacciare le tetre nubi di quell'anima misteriosa, e di -ricondurre i giorni sereni. - -Una mattina passeggiavano per le strade deserte di Vascon, e giunti -davanti al palazzo degli Orseolo, Maddalena voleva entrare per vedere -il giardino. Valdrigo le disse che dopo uscito da quella casa, non vi -aveva più riposto il piede, e non voleva rimetterlo, perchè l'orgoglio -di quei signori, rendeva amaro il beneficio ricevuto. Maddalena -guardava pei cancelli le statue e le ajuole fiorite, e Angelo Rotondo -fingendo di non vedere nessuno faceva segno col gomito a Fiorina, -dicendo: — Guarda un po' se l'ha trovata la sua veneziana, e più -bella della padroncina. Questa è proprio un bel pezzo di ragazza, un -bocconcino che mette in appetito. - -— Taci su, birbonaccio, — rispondeva Fiorina, — sei proprio come il -lupo che perde prima il pelo che il vizio. - -Maddalena ricondusse in campo la storia degli Orseolo, che Valdrigo -le aveva raccontata a suo modo sotto la cappa del camino a Venezia, -e volle sapere il nome d'ogni singolo individuo componente l'illustre -famiglia. Quando udì il nome di Silvia, sentì come una punta nel cuore, -e il suo volto espresse l'impressione dolorosa, ma Vittore non se ne -avvide, ed essa non osò spingere le ricerche più avanti; ma disse fra -sè: — Ecco trovata la Silvia, che Vittore invocava nei vaneggiamenti -della febbre. - -Un'altra volta ritornando sullo stesso discorso, seppe che la nobile -fanciulla era andata a marito, ma questa notizia non valse gran fatto a -calmarla. Ne parlò alla Rosa con aria d'indifferenza, e i suoi sospetti -ebbero nuovo alimento dalle spiegazioni della buona donna che volendo -giustificare suo figlio lo accusava, ed imbrogliava l'intrigo. - -Le cose erano a questo punto quando un giorno giunse Beppo da Venezia -all'improvviso. La cucina della Marta non gli andava troppo a sangue, -la buona vecchia gli aveva bruciata una frittura di sogliole, la casa -era in disordine, ed egli richiedeva sua sorella. Non ci fu caso di -protrarre il soggiorno della ragazza, Beppo doveva partire per la -pesca, la nonna Marta era sorda, e non si fidava di lasciarla sola a -Venezia. Maddalena dovette cedere, e lasciò i buoni coloni con dirotte -lagrime; essa sarebbe rimasta per sempre in quel beato soggiorno, Rosa -la baciò colla tenerezza d'una madre, la consolò con future speranze, e -la congedò colle dolci parole: — A rivederci presto. - -Partì con Beppo, ma il suo cuore rimase a Saltore; l'ultimo sguardo -dato a Valdrigo avrebbe commosso una pietra: Vittore pensava fra sè: — -Potessi almeno rivedere Silvia, e disse ad alta voce alla fanciulla: — -Addio, buona Maddalena, a rivederci fra pochi giorni a Venezia, che qui -non ci posso più stare. - -Queste parole, che essa interpretava a suo modo, furono la sola -consolazione della fanciulla durante il suo viaggio, nel quale -si sforzò a gran fatica di reprimere le lagrime e di soffocare i -singhiozzi. - - - - -XXIII. - - -L'aria pura ed elastica che spira dalle montagne e dal Piave ristabilì -in breve tempo la salute di Valdrigo, che ritornò a Venezia sano di -corpo, ma con l'anima lacerata dall'amore e dall'odio. Nel tempo che -visse in casa Orseolo ebbe agio di conoscere le depravate abitudini -d'una molle nobiltà che decaduta dall'antico splendore aveva deposte -le armi, e s'era data al far nulla ed al vizio. Questa classe -infiacchita dominava la repubblica, comandava a Venezia con un orgoglio -proporzionato alle glorie passate, e teneva il popolo a vile come una -razza inferiore di sangue plebeo, condannata a servire. L'oltraggio -sofferto in casa Orseolo e l'amore infelice avevano inasprito il -cuore di Valdrigo, e la sua mente esaltata esagerava l'ingiustizia -dei privilegi e i difetti del governo. Egli andava quindi meditando il -modo più opportuno d'umiliare la superbia dei nobili, di ristabilire i -diritti del popolo, di demolire i pregiudizi, di emancipare la patria -dal dominio d'una aristocrazia orgogliosa e decrepita. Succede troppo -spesso negli Stati che le passioni politiche si alimentano di privati -rancori, e gli odii diventano spietati perchè confondono il bene della -patria colla brama di particolari vendette. Ogni congiura rappresenta -un bisogno, ogni bisogno si accompagna ad interessi, nei quali talora -le speranze dell'individuo prevalgono alla fede del cittadino. Così -nessun Governo potendo soddisfare ogni suddito, ogni Stato ha i suoi -malcontenti che mormorano, pronti a denigrare le migliori intenzioni, -attenti ad esagerare ogni fallo, ad avvalorare ogni sospetto, a -spargere false notizie, ad attizzare le passioni. - -Il popolo di Venezia era semplice e tranquillo, soddisfatto nei -bisogni e nei gusti della vita, lusingato da sempre nuovi passatempi, -orgoglioso delle glorie d'una patria ammirata da tutti, egli amava e -rispettava il suo governo, e giudicava le ineguaglianze sociali come un -destino inappellabile, una eterna necessità, una volontà della divina -provvidenza. - -Soltanto alcune menti filosofiche che meditavano i progressi sociali -e osservavano i sistemi invecchiati, e con occhio perspicace ne -scoprivano i difetti, prevedevano gli inevitabili mutamenti del tempo. - -Il movimento della Francia, non ostante le precauzioni del Governo per -tenerlo segreto, penetrava in Venezia, come la luce del mattino entra -in una stanza per gli spiragli delle imposte chiuse e delle cortine -distese. - -I filosofi francesi avevano i loro seguaci nella repubblica, e le nuove -dottrine battevano in breccia l'edifizio diroccato dai secoli e guasto -dagli abusi. - -Si temeva ancora la severità del Governo, ma nel segreto del gabinetto -si divoravano i libri che venivano dalla Senna, tradotti nella Svizzera -e in Olanda. - -I dettami della ragione, e i diritti dianzi incontrastati, ma -finalmente analizzati con fina critica e anatomizzati con implacabile -verità scotevano dalle fondamenta le leggi avite. I frizzi, i sarcasmi -scemavano il prestigio delle antiche istituzioni, i diritti dei nobili -e i doveri dei plebei si confondevano nei diritti dell'uomo, e uno -scetticismo spietato surrogava la venerazione d'ogni autorità. - -Alle ragioni dei filosofi si associavano le querele e le accuse dei -malcontenti i quali si reclutavano fra gli ambiziosi delusi, fra -gl'invidiosi, fra i rovinati dal giuoco o da cattive speculazioni, e -che speravano rifarsi disfacendo gli altri e sovvertendo l'ordine, per -abusare del disordine. Infatti tutte le umane passioni apportavano -il loro contingente alle idee di riforma, nate nelle menti sublimi -d'uomini immortali, secondate dai piccoli cervelli, dalle torbide -aspirazioni, dai minuti interessi di volgari litiganti. - -L'amore deluso spinse Valdrigo nella corrente, trascinato in buona -fede dalle apparenze d'una filantropia che incominciava da sè, e d'una -politica che allo scopo di sopprimere i disordini, voleva immergere il -mondo nel caos per rifarlo. Frammischiandosi ai malcontenti e facendo -lega con loro, il giovane artista trovò facile adito nei conciliaboli -segreti, e a poco a poco guadagnando terreno meritò la stima e la -confidenza dei compagni che gli proposero d'iniziarlo nella vasta -associazione dei Franchi-Muratori. - -Avendo accettato con giubilo la proposta venne iniziato alla setta -con tutti i misteri allora usati. La loggia dei Franchi-Muratori si -era stabilita a Venezia in una casa posta nella deserta contrada di -San Simeone grande, in un sito appellato _Rio Marin_, di proprietà del -procurator di San Marco Contarini, allogata a pigione ad un Colombo[6]. - -Una notte Vittore Valdrigo fu introdotto in tale casa da due amici, -che dopo attraversata la camera detta _delle riflessioni_, lo fecero -entrare nel _Tempio_, locale bujo colle pareti tappezzate di panno -nero. Nel mezzo sorgeva un trono coperto di drappo turchino guernito -di trine d'oro; e vedevasi uno specchio con cortina di velo ceruleo, -che ad aurei caratteri aveva a trapunto la seguente iscrizione: SE -AVETE UN VERO DESIDERIO, SE AVETE CORAGGIO ED INTELLIGENZA, TIRATE -QUESTA CORTINA ED APPRENDETE A CONOSCERVI. — Un lettuccio coperto di -nera tela sopra cui stava impressa una croce bianca e rossa ed un ramo -d'ulivo; tre gradini con vari candelabri; una piramide; un quadro a -chiaroscuro rappresentante un sasso ed una squadra col motto: DIRIGIT -OBLIQUA; altro quadro nel quale era dipinta una nave trabalzata da -burrasca colla sentenza: IN SILENTIO ET SPE FORTITUDO NOSTRA; un -terzo quadro colle immagini di una colonna a spira e di una squadra, -leggendovisi sotto: IN PRÆSENTI MODO ADHUC STAT; la statua di Cupido -cogli occhi bendati, e da ultimo un telaio con una pelle tesa dipinta a -geroglifici, standovi appeso un maglio per batterla a guisa di tamburo. -Quivi gli bendarono gli occhi e lo accompagnarono nella sala vicina che -si chiamava la Loggia. Colà fattolo sedere in una scranna a braccioli -gli dissero che qualora udisse tre colpi si sbendasse. Appena uditi -i tre colpi si tolse la benda e si trovò dirimpetto ad una tavola -coperta da un bruno tappeto sopra cui stavano un teschio, un lumicino, -e la iscrizione: Pensaci bene. Pendevano intorno ai muri cazzuole -e martelline dorate, spade con elsa d'argento e di acciajo, stili, -fazzoletti bianchi macchiati di sangue, ossarii, anfore e altri oggetti -bizzarri. - -Poco dopo entrarono alcuni individui coperti di lunghe vesti nere col -bavero turchino orlato di bianco, alle cui estremità risaltavano una -piccola squadra e due spadine incrociate di metallo dorato. Erano -le cariche della Loggia: il Venerabile, il Vigilante, il Fratello -terribile, il Maestro delle cerimonie, il Tesoriere, l'Elemosiniere, il -Segretario, e il Grande Esperto; il quale fattosi innanzi al candidato -gli disse: — Udite le massime principali dei Liberi Muratori, e i -tremendi castighi inflitti ai traditori, — e con voce lenta e grave, in -mezzo al generale silenzio pronunciò queste parole: — «Dio ha creato -l'uomo in libertà naturale e pienissima, siamo quindi tutti eguali. -La libertà non si restringe senza grave ingiuria verso Colui che a -tutti la diede. Per questa pienissima libertà naturale a noi tutti così -benignamente impartita, Dio s'appaga dell'omaggio degli atti interiori, -e non cura le esterne cerimonie. A Lui solo spetta il dominio assoluto -della terra ove pose l'uomo il quale violando la libertà naturale della -creatura, insulta il Creatore. Ora la Maestà suprema di Dio è stata -lesa, e l'umana libertà poco meno che distrutta dalla malvagità degli -usurpatori del diritto comune, che con colpevole violenza assunsero -gli attributi dell'Essere Supremo, e dominarono sulla ignoranza degli -uomini, i quali permisero tale usurpazione a proprio danno, e ad -oltraggio della giustizia di Dio! È dunque grande e nobile impresa, e -degna d'uomini onorati ed onesti quella di togliere l'umanità dalle -tenebre dell'ignoranza e dalle pressure della tirannide, è un sacro -dovere l'armarsi contro gl'infami usurpatori, ed anche ucciderli -essendo rei d'usurpazione verso i diritti degli uomini e la divina -podestà! Nè cotanto nobile e generosa impresa viene interdetta -all'ebreo, al protestante, al cattolico, al maomettano o a qualsiasi -setta, avvegnachè a tutti interessi altamente l'umana libertà e la -divina potenza! Ardua però e tremenda è l'impresa, dovendosi lottare -con forze organizzate e possenti, laonde si rende necessaria la scelta -d'uomini di solida tempra, di spirito forte ed ardito. Il segreto deve -essere inviolabile, pena la morte! piuttosto che svelare l'arcano e -tradire la nostra società, il fratello deve lasciarsi estirpare le -viscere e svellere il cuore dal petto senza proferire un accento; chi -non si sente forte abbastanza per giurare sulla sua anima di conservare -il silenzio anche a queste condizioni, si alzi, e si allontani...» - -Valdrigo rimase fermo al suo posto. Allora il Fratello terribile -snudandogli un braccio ed una gamba, e bendatolo di nuovo lo condusse -in altra stanza. Colà gli venne chiesto il nome, il cognome, il padre, -la patria, la professione, e gli annunziarono un salasso e delle botte -di fuoco. Valdrigo rimase imperterrito, e non gli fecero niente. Allora -una voce profonda gli chiese cosa volesse, ed egli rispose — la luce -— che così gli avevano prima insegnato. Allora toltagli nuovamente la -benda si vide in faccia d'una fiamma, circondato da spade colle punte -rivolte verso il suo petto, e la solita voce gli diceva: — In qualunque -tempo della vita sarete difeso — e avanzatosi d'un passo gli venne -ordinato di appoggiare una mano sul vangelo aperto sopra un tavolo, -e di giurare obbedienza e fedeltà. Dopo di che chiamandolo fratello e -baciandolo in volto gl'indicarono i toccamenti o segnali per conoscere -i soci, che consistevano nel mettersi una mano sotto la gola; o colla -mano sinistra prendere l'indice della destra e dargli col pollice -tre colpi. Gl'insegnarono inoltre una parola d'ordine, e il modo di -servirsene. Finite le cerimonie si sedettero ad un banchetto fraterno -ed alla parola — mano all'arme — fuoco — bevettero porgendo un brindisi -al fratello principe di Brunswich, alla madre Loggia di Londra, e ai -fratelli di Venezia![7] - -Valdrigo dopo quel giorno prese parte esattamente a tutti i segreti -convegni della setta, ed ebbe libri e comunicazioni importanti sui -movimenti della rivoluzione francese. Le notizie estere venivano -raccolte da viaggiatori espressamente spediti, i quali talvolta -appartenevano alle classi sociali più elevate. Angelo Quirini che -sedeva in Senato faceva parte della Loggia, e visitò i confratelli -della Svizzera e di alcune città della Francia, e venne accolto ed -ospitato a Ferney da Voltaire. Altri viaggi in varie parti d'Italia, -in Germania ed in Svizzera vennero fatti dai due Liberi Muratori -Sebastiano Grotta e Francesco Battagia, ragguardevolissimi patrizii, -e i gran Maestri e graduati convennero in una Dieta Generale Massonica -aperta a Wilhemsbad nel granducato di Assia-Darmstadt[8]. - -Nelle riunioni dei Franchi Muratori Valdrigo riconobbe con sorpresa -molti veneti patrizii che aveva veduti in casa Orseolo, e che erano -stimati solidi sostegni del Governo e degli abusi prevalsi. Fra questi -egli notava Girolamo Giustinian, Bernardo e Lorenzo Memmo, Alvise -Pisani, Morosini, Soranzo, Falier Erizzo, Andrea Tron e Giovanni -Pindemonte. V'erano tre parrochi, quello di San Michele Arcangelo, -di San Maurizio, e di San Giovanni Crisostomo, e perfino un Gesuita -Agostino, Signoretti[9]. - -Strinse particolare amicizia coi due fratelli Giuseppe ed Alessandro -Albrizzi, distinti amatori di belle arti, e quindi legati d'intimità -coi migliori artisti di Venezia. - -Allo scopo di propagare le massime adottate, Valdrigo si frammischiava -col popolo; e per non eccitare sospetti indossava le vesti dei -pescatori. Portava i zoccoli di legno cogli alti talloni, le calze -lunge sopra i calzoni, la maglia a larghe righe bianche e cerulee, il -ruvido cappotto col cappuccio, il berretto dei chioggiotti. Seduto -con Beppo e gli altri battellieri intorno ai tavoli delle bettole -affumicate trincava alla salute dell'avvenire, mentre il presente se -ne andava coi vortici di fumo della sua pipa di terra cotta. Le teorie -dell'eguaglianza sociale solleticavano generalmente i gondolieri senza -impiego, i pescivendoli senza soldi, e incontravano la diffidenza -e le opposizioni di quelli che trovandosi al servizio delle case -patrizie gavazzavano nell'abbondanza, e si sentivano dei bei ducati in -saccoccia. - -Pochi intendevano il vero senso delle dottrine propagate da Valdrigo, -pochissimi avevano fiducia nelle sue promesse, e in un mutamento -qualunque. Per altro qualche parola gettata per caso, qualche lamento -circolante oscurava l'orizzonte, e si sentiva in aria un certo che -d'inusitato e di strano. I vecchi rimpiangevano i giorni beati della -loro gioventù, i bei tempi passati, ed accusavano i giovani di perdere -il rispetto all'autorità e alla vecchiaja, di mettere in derisione gli -usi e i costumi della patria, di riscaldarsi la testa con novità da -sognatori e da matti. - -Valdrigo censurava l'albagia dei nobili, le loro pretese, i privilegi -usurpati al popolo, e sforzandosi di pensare alla patria, pensava a -Silvia, e l'amore soffiava nella politica gonfiando gli argomenti. - -Maddalena sollecitava invano il giovane pittore a riprendere il lavoro, -egli rispondeva col solito _domani_ che aveva servito di risposta alle -preghiere materne, oppure metteva in campo pretesti d'occupazioni più -gravi e più utili, o voleva dimostrarle la vanità di un'opera che certo -non avrebbe raggiunto il merito dei più insigni pittori; e quindi egli -soggiungeva: quando nelle arti non si perviene a trovare la perfezione, -è meglio far niente. - -E usciva con Beppo, e talvolta giungeva a persuadere la Maddalena ad -accompagnarli alla pesca; essa non resisteva gran tratto e lieta di -passare alcune ore con lui s'imbarcava coi pescatori, e uscivano dal -porto. - -La pronta intelligenza serve l'uomo in ogni occasione; e Valdrigo -non aveva impiegato molto tempo a diventar marinajo. La vita del mare -aveva fortificato le sue membra, e abbrunato il suo volto. Nei facili -tragitti egli era in caso di dirigere il timone, ed aveva imparato ad -issare e ad ammainare le vele, a legar le sarte all'antenna, a gettare -e raccogliere le reti. - -Egli non usciva alla pesca quale semplice spettatore, ma prendeva parte -alle fatiche dei compagni, e divideva con loro le lotte contro i furori -del mare. - -Maddalena lo contemplava con sorpresa, e ammirava la versatilità -di quell'uomo, deplorando vivamente che la mobilità del carattere -gli rendesse impossibile la perseveranza e la fermezza nelle cose -intraprese. - -Nelle ore di bonaccia egli si gettava sul ponte vicino a Maddalena e -le faceva osservare la sublimità dell'infinito davanti la solitudine, -e le spiegava i piaceri della navigazione, la libertà del mare, la -superiorità di quei silenzi, sui silenzi della terra, la bellezza -di quelle acque azzurre e di quel cielo sereno. Essa lo ascoltava -con religioso raccoglimento, al tocco delle sue mani fremeva, al suo -alitare sentiva un tremito in tutte membra, lo fissava in volto con uno -sguardo d'adorazione, ed egli levando gli occhi al cielo varcava gli -spazii sulle ali della fantasia, e pensava... alla Silvia. - - - - -XXIV. - - -Silvia era diventata la stella di Venezia. La nascita cospicua e -l'illustre maritaggio l'aveano collocata al primo rango della nobiltà, -la grande opulenza del conte Leoni la metteva al pari colle più ricche -famiglie, le grazie della persona, e i vaghi lineamenti del volto le -assicuravano il primo posto della bellezza, ed era infatto riconosciuta -da tutti come la più bella fra le belle. - -Quando compariva nelle pubbliche feste colla fronte sfolgorante di -brillanti che davano un singolare risalto al languore degli occhi -trasparenti e profondi, vestita di ricche stoffe ricoperte di pizzi -preziosi e di gemme, la folla rispettosa le cedeva il passo e un -confuso mormorio d'ammirazione irresistibile seguiva il suo passaggio. - -Un sorriso misterioso muoveva le sue labbra esprimente la bontà -rassegnata d'un'anima priva di letizia, e un velo di melanconia -cresceva la bella espressione de' suoi sguardi. - -Dal giorno che l'abbiamo lasciata fanciulla, vittima d'un ingenuo -impulso del cuore, lunga sarebbe la storia de' suoi intimi pensieri, -breve quella dei fatti. - -La natura e l'educazione, l'istinto e il pregiudizio lottarono nella -sua candida coscienza con tutta la forza d'una passione segreta. Un -arcano misterioso s'era svelato con un bacio, il bacio del perdono era -divenuto il bacio dell'amore, e quelle labbra congiunte per un minuto -avevano lasciata una traccia indelebile. Quel bacio era un nodo stretto -dalla natura, rotto istantaneamente dagli uomini; quella lacerazione -aveva prodotto una piaga e un intenso dolore; i farmachi impiegati per -sanare la ferita la inasprivano, non erano balsami ma fiele; l'ironia, -lo scherno, la minaccia. - -La fanciulla offesa aveva nascoste le sue pene nei più impenetrabili -recessi dell'anima, decisa di custodire le sue sensazioni per sè, di -cedere al mondo quello che il mondo reclama, le apparenze esterne, -il sorriso delle labbra, le parole di convenzione. — La sua mente -perspicace, illuminata dai discorsi dei parenti, dagli esempi e dai -consigli delle amiche, le dimostrava chiaramente l'inutilità d'una -lotta colla famiglia, e colle convenzioni sociali, lotta ineguale, -impossibile; che cosa avrebbe potuto ottenere una voce del cuore contro -il sistema sociale e politico, contro le tradizioni dei secoli, contro -l'autorità assoluta dei genitori, e la loro onnipotente volontà? - -D'altronde una opposizione tenace l'avrebbe confinata in un chiostro, e -quale sarebbe il vantaggio di tanto sagrifizio?... la tomba prima della -morte!... - -Che cosa chiedeva il suo animo?... un affetto per Vittore. Che era -l'affetto?... Un pensiero perenne, un'arcana aspirazione, una tenerezza -misteriosa, un'adorazione sublime... e tutto questo era possibile -nell'intimo segreto della vita interna, senza turbare l'andamento delle -cose terrene e l'irrefragabile volontà del destino. - -Visse dunque sommessa in apparenza, ma ribelle nel fondo alle -leggi della sua classe, aspettò il conte Leoni, come si aspetta la -fatalità, come si aspetta la morte, e pensò a Valdrigo come si pensa -all'impossibile, o alle cose d'un altro mondo, all'eternità, al -paradiso. - -Era sorvegliata col rigore dei prigionieri di Stato, non parlò mai più -con Valdrigo; non lo vide che rare volte, da lontano, alla finestra -per un secondo, o di passaggio alla chiesa. Nessuno se ne avvedeva, -soltanto i due giovani si scambiavano uno sguardo, un lampo!... ma -quel lampo teneva vivo il fuoco sacro, ed equivaleva ad un linguaggio -sublime, il quale bastava ad occuparli intiere settimane nella -traduzione talora impossibile dei concetti trasmessi. - -Così passarono dei mesi, e il tempo, che distrugge gl'imperi e le -nazioni, esercitava la sua lenta ma inevitabile potenza anche sul -cuore di Silvia. Il tempo scema ogni dolore e medica ogni piaga, ed -ogni malato deve sottomettersi al supremo destino di guarire o morire. -Silvia non guarì interamente, ma la piaga divenne cicatrice segnando un -solco profondo e incancellabile. - -Intanto il conte Leoni, terminata la lunga missione diplomatica che -lo teneva lontano da Venezia, ritornò in patria, si presentò alla -futura sposa, e vennero fissate le nozze. Quest'uomo era immerso nella -politica segreta, e nei raggiri diplomatici di quei tempi minacciosi. -Conservatore per educazione e per nascita, apparteneva a quel partito -che non voleva transigere colle novità della Francia, e giudicava un -pericolo la minima concessione. Passava quindi per implacabile nemico -d'ogni più ragionevole riforma, ed era odiato dai partigiani della -libertà, e dalle sètte che volevano abbattere i privilegi e proclamar -l'eguaglianza. Di ricco censo, avvezzo al lusso delle Corti e splendido -per le avite tradizioni, egli presentò alla sposa i doni nuziali colla -prodigalità d'un principe, e gli Orseolo avevano apparecchiata una dote -degna dell'illustre prosapia, gareggiando collo sposo nella sontuosità -degli arredi e delle gemme; di modo che il proemio al matrimonio non fu -per Silvia che una lunga tortura di sartore e modiste che le provavano -le vesti, e spiegavano davanti ai suoi sguardi le magnificenze delle -arti, che più solleticavano la vista. I preziosi smanigli, le filze di -perle, i diademi di brillanti, gli abbigliamenti di broccato, i rasi -ricamati, gli sciamiti di seta doppia trapunta d'oro, i pizzi e i veli -trasparenti e leggiadri per vaghezza di disegno, i nastri, le nappe, -le pelliccie, ed una varietà innumerevole di pannilini d'ogni foggia e -d'ogni uso. - -Il dire che Silvia rimanesse indifferente davanti a tante meraviglie, -non sarebbe l'espressione del vero, che anzi assorta nella -contemplazione di tali accessorii, essa dimenticava il principale. - -Cosicchè il giorno delle nozze giunse come improvviso, e la pompa -solenne parve un sogno alla fanciulla sbigottita dagli omaggi delle -matrone e dei patrizii, e sbalordita dalle cerimonie religiose e -domestiche. Alla consacrazione davanti l'altare succedettero senza -posa i rinfreschi, il banchetto, le danze, la musica, e la sua mente -vacillava confusa fra il bagliore delle faci, il fruscio delle vesti, -il bisbiglio misterioso e confuso della folla elegante. - -All'indomani della festa, un'infelice di più imprecava alla amara -sorte riservata alla nobiltà ed alla ricchezza, e invidiava i modesti -sponsali del popolo consigliati da reciproche attrattive e consolati da -un amore concorde. - -Ma il popolo alla sua volta, mancando spesso del necessario, invidiava -il superfluo dei nobili e così pochi erano contenti. Questa è la sorte -comune della società, e ancora non si è trovato un sistema di governo -che renda tutti felici, e crediamo non si troverà così presto; quindi -la rassegnazione è stata sempre e sarà ancora per lunga pezza una delle -più belle ed utili virtù. - -Silvia, che certo non mancava del superfluo, fra il quale considerava -anche l'epitalamio di Don Lio, si trovava priva del necessario, che per -lei era un cuor giovane e amoroso che rispondesse a' suoi sentimenti. -Legata per legge divina ed umana ai destini d'un estraneo al suo -affetto, essa soffriva il matrimonio come una malattia della sua razza -e ne cercava qualche rimedio adottando francamente la vita di Venezia -che moltiplicando le veglie, i piaceri e le feste, teneva lontani i -mariti, e liberava le mogli dalle loro noiose assiduità, giudicate -ridicole dai costumi eleganti, e assolutamente proscritte dalla società -dei patrizii e rilegate tra le abitudini volgari del popolo. - -Così essa trovava la libertà nei legami del matrimonio, tanto è vero -che le leggi che si allontanano dai dettami di natura non ottengono -lo scopo che si propongono, e si conservano apparenti nella forma, ma -illusorie nel fondo. Di tale libertà però Silvia non abusava, chè se -i tempi corrotti autorizzavano e rendevano facili gl'intrighi, l'amor -vero non ha mai congiurato contro l'onore per deliberazione spontanea, -ed è rimasto sempre il guardiano del pudore e della virtù. Chi ama non -ardisce, e chi ardisce non ama, disse un sapiente scrittore, e appunto -Silvia amava, e non ardiva confessarlo a sè stessa. Però schiava del -dovere e dell'onestà, non poteva nè voleva raffrenare la libertà del -pensiero, il quale correva senza ostacoli alle memorie del passato, -e nelle ore di solitudine vagava in traccia d'un'anima sorella nel -dolore e nelle aspirazioni, del pari solinga e abbandonata dall'avverso -destino!... Infatti Silvia pensava sovente a Valdrigo. - - - - -XXV. - - -Esistono forse dei rapporti arcani, e una voce misteriosa che metta -in comunicazione due anime unite dalla simpatia e allontanate dal -destino?... Questo è ancora un problema oscuro, ma sembra che il -fenomeno esista, e se la scienza non ha saputo fino ad ora spiegarlo, -l'empirismo degli amanti ci crede. Si raccontano su questo rapporto -dei casi strani e meravigliosi di sensazioni lontane ma unisone, di -presentimenti profetici, e si narrano storie bizzarre di fatti creduti -sovrumani che nel Medio Evo si attribuivano alle streghe, e ai tempi -presenti si dichiarano effetti del magnetismo animale. - -Forse alcuni fenomeni d'una apparenza sopranaturale sono naturalissimi -e normali, ma la dabbenaggine umana grida al miracolo, perchè ne -ignora le cause, ma l'uomo nel breve corso di sua vita mortale non -può conoscere tutte le leggi immortali dell'universo. Dopo una lunga -serie di secoli nella quale la scienza umana si arricchì di numerose e -sorprendenti scoperte, quanti sublimi misteri si celano ancora nelle -tenebre, quante leggi naturali rimangono ancora nascoste ai nostri -sguardi!... - -Questa dissertazione metafisica ha lo scopo di avvertire il lettore -che Silvia e Valdrigo non si vedevano mai, ma si parlavano attraverso -gli spazi, attraverso i muri di Venezia, a grandissime distanze, -senza comunicazioni materiali, e le cose suddette giustificano la -nostra ignoranza con l'ignoranza universale, incapace di spiegare il -misterioso fenomeno. Ma il fatto esisteva, e forse esiste tuttora od -esistette fra la persona che legge queste povere pagine e qualche anima -lontana. Non è vero che si parla attraverso le montagne e l'oceano?... -Sicuro che il linguaggio di due spiriti non è composto di accenti -comuni e volgari, sicuro che quella voce arcana non dice: — Buon -giorno, signore, come sta lei?... vorrebbe favorirmi i numeri che si -cavano al lotto?... o dirmi il corso dei valori di borsa?.. — Queste -cose le può dire il telegrafo!... — Il telegrafo elettrico!... chi ci -avrebbe creduto nel Medio Evo?... Orbene, abbandoniamo la spiegazione -del telegrafo amoroso alle future elucubrazioni della scienza, e per -ora teniamoci paghi del fatto. Il fatto, quantunque misterioso, è -incontrastabile. - -Silvia seduta mollemente in un ampio seggiolone a bracciuoli, in -una magnifica stanza tappezzata di antichi arazzi, e colle finestre -ricoperte da impenetrabili cortinaggi di ricche stoffe, stava tutta -sola pensando. Valdrigo cullato dai flutti del mare, coricato sul -cassero d'una barca peschereccia, contemplava il cielo sereno. A -poco a poco una corrente misteriosa d'idee gettava un filo invisibile -dal cuore di Valdrigo al cuore di Silvia; ecco il telegrafo amoroso -fissato, sul quale i sentimenti facevano i loro uffici, come le -parole attraverso il filo metallico del telegrafo elettrico. Che -cosa dicevano? Erano pensieri intangibili, sensazioni inesprimibili, -fantasie vaporose, aspirazioni vaghe indefinite, estasi e rapimenti che -si possono comprendere soltanto da chi li abbia provati. - -La povera Maddalena, innamorata al pari di Silvia, non incontrava nel -cuore di Valdrigo che una elettricità negativa, egli si trovava a un -passo dalla bella popolana e a cinque miglia da Silvia; ma parlava -a questa e la vedeva parlante, e l'altra così vicina, gli era mille -miglia lontana dal cuore. O misteri della vita!... - - - - -XXVI. - - -Un giorno il nostro pittore s'era seduto in faccia al quadro dei -pescatori, e lo andava contemplando. — Non ci sarebbe troppo male!... -egli ripeteva fra sè, ma ci vorrebbe il coraggio di finirlo. Chi mi -darà questo coraggio?... e sospirava. - -Alcuni colpi vigorosi del battente di casa lo scossero dai suoi -pensieri, e udendo una voce che chiedeva di lui, saltò in piedi, corse -precipitosamente ad aprire la porta della stanza.... e vide Antonio -Canova. - -Reduce da Roma ove aveva scolpito il Teseo sul Minotauro, una statua -di Marte, un Amorino, Venere che inghirlanda Adone di rose, la Psiche, -vari bassirilievi e finalmente il grandioso Mausoleo di papa Clemente -XIII, collocato nella basilica di san Pietro, lo scultore era venuto -a Venezia per rivedere gli amici, e recarsi a respirare l'aria nativa -dei suoi colli di Possagno, per ristorare le forze affrante dalle -lunghe fatiche. Il Doge ed il Senato lo avevano accolto come un figlio -prediletto, e i più illustri patrizii andavano a gara per onorarlo -come una nuova gloria della patria, e gli allogarono il monumento -dell'illustre capitano Angelo Emo. - -Fedele alle sue affezioni d'infanzia, Canova volle abbracciare -Valdrigo, e lo sorprese nel suo alloggio. Quella visita inaspettata -sbalordì Vittore, stupefatto ad un punto dalla gioia e dalla vergogna. -La fama gli aveva narrate le opere dell'amico; che cosa aveva egli -da contrapporre a tante insigni produzioni?.... nulla! Il piacere di -stringere fra le braccia un antico collega era dunque avvelenato dal -rimorso del tempo perduto fra le passioni dell'amore e della politica. -L'inerzia arrossiva davanti al lavoro. Partiti entrambi da uno stesso -punto, con eguali attitudini, uno aveva proseguito il cammino con -perseverante costanza, superando con coraggio gli ostacoli, l'altro -s'era arrestato ad ogni scabrosità del terreno. - -Scambiate le prime espansioni, lo scultore cercò un punto opportuno -per contemplare il quadro dei pescatori, e il pittore movendo il -cavalletto verso la luce si poneva da un lato, studiando l'espressione -della fisonomia dell'amico, ed aspettando trepidante il suo imparziale -giudizio. - -Canova collocato a qualche distanza fissava attentamente quella tela, -ora concentrando la luce con le mani raccolte intorno agli occhi, -ora retrocedendo d'un passo, mettendosi in fianco per giudicare -un effetto, o avanzandosi per osservare da vicino alcuni tocchi di -pennello; esaminò attentamente ogni singola figura, ogni accessorio, -il prossimo terreno e l'orizzonte lontano, e poi raccogliendo i vari -gruppi in uno sguardo sommario, per vedere se l'armonia delle varie -parti corrispondesse all'insieme, studiò l'effetto generale del quadro, -e colla testa alta e gli occhi semichiusi stette lungamente immobile e -muto a guardarlo. - -Finalmente cessando tutto a un tratto dall'esame coscienzioso e severo, -si slanciò al collo dell'amico, e baciandolo in volto con affettuosa e -sincera affezione gli disse: — Vittore, il tuo quadro è un capolavoro. -Prendi i pennelli e compi l'opera, e fra pochi giorni il tuo nome -sonerà con elogio in Venezia, e tu sarai stimato nuovo decoro alle -arti. - -Valdrigo piangeva, e confessava ingenuamente i suoi slanci sublimi e -le lotte colle tetre nubi della vita che gli oscuravano gli orizzonti -sereni dell'arte, e il continuo ondeggiare fra i lampi delle sue -ispirazioni, e le tenebre d'una molle apatia la quale spegneva a -poco a poco il sacro fuoco del genio che si sentiva ardere in cuore -ed affraliva la sua volontà con una colpevole accidia che lo rendeva -inetto al lavoro. - -Allora Canova confortava di nobili consigli quell'anima addolorata, -e gli ripeteva le massime che guidarono la sua gloriosa carriera -e che vennero scrupolosamente raccolte e conservate da Antonio -d'Este suo intimo amico, e da Melchiorre Missirini suo ammiratore -e biografo, e che noi riportiamo testualmente ad onore del nostro -grande concittadino, e per guida dei giovani artisti che vogliono -seguire le sue traccie immortali. — «Il decoro e la grandezza del nome -d'Italia debbono sempre starci fissi nella mente. Gl'Italiani sono -stati destinati dalla provvidenza a condurre a fine ogni gran cosa. -Essi fanno uscire nella luce del mondo capolavori d'ogni maniera, e -si acquistano il merito di essere a tutti insegnatori e maestri per -solo spontaneo irresistibile impulso del loro genio, recato a creare -grandi cose senza emulazione, senza premio e molte volte senza lode, -anzi per mezzo tutti gli ostacoli e le contrarietà delle opposizioni -dei governi, e delle censure fra loro medesimi, e fra le allettatrici -distrazioni di un cielo mite e di un'aria benigna che ne consiglia e -sospinge alle ricreazioni e ai diporti...» - -«Compiango quei giovani che credono poter comporre piaceri d'ogni -maniera coll'arte. L'arte sola deve stare in cima al pensiero -dell'artista, e per essa vivere e volgere in essa ogni sua cura. Non -devesi sviare l'intelletto nè abbattere il corpo.» - -«Chi è stanco della musica, della veglia e del ballo, del passeggio, -della cena, come mai di buon mattino potrà recarsi allo studio -per lavorarvi con quell'ardore che vi bisogna? Quindi si diviene -neghittosi, e all'ignavia vien dietro la noncuranza della gloria e -l'appagarsi della mediocrità. La vita dell'artista debbe essere un -continuo studio, non v'ha cosa più preziosa del tempo. Il grande -artista deve pensare a vivere più nel futuro che nel presente...»[10]. - -Queste gravi e solenni parole colpirono profondamente il cuore commosso -di Valdrigo, che promise di mettersi con fermezza a terminare il suo -quadro, seguendo i consigli dell'amico, che lo assicurava delle supreme -consolazioni del lavoro, come farmaco infallibile che risana ogni -dolore dell'anima, e consola il cammino della vita. - -In mezzo a questi propositi si separarono, fra le scambievoli -dimostrazioni di amicizia e di stima, e Canova parti per Possagno. - - - - -XXVII. - - -La gloria ha le sue sublimi soddisfazioni, ma non va esente da penosi -supplizi. - -La grande modestia di Canova lo esponeva sovente alla tortura della -pubblica ammirazione, e il suo viaggetto a Possagno costò molte pene -all'illustre scultore. Egli s'era proposto di giungere tranquillo al -suo paesello, contemplando per via quei bei colli che gli rammentavano -i giorni sereni dell'infanzia, e il pensiero di gustare in pace quel -silenzio e quella solitudine era un grande conforto al suo cuore. -Vane illusioni! I bravi possagnesi volevano onorare il loro esimio -concittadino divenuto famoso in Europa. Canova giunto a Bassano in -compagnia del suo amico Antonio D'Este, trovò il Senatore Rezzonico -che lo aspettava per onorarlo con sontuose accoglienze. Le cerimonie -incominciavano a intorbidare la gioja del viaggio. A Crespano -sboccavano da tutte le vie i curiosi che accorrevano a vederlo. Colà -scese di vettura per montare a cavallo, le strade essendo impraticabili -ai ruotabili, e poco dopo s'incontrò con un drappello di giovani suoi -compatrioti che venivano a riceverlo, e fargli scorta d'onore. — Addio, -solitudine! — Erano una quarantina sopra cavalli adorni di alloro, -ed avevano il capo incoronato di fiori. Canova voleva sollevarli -dall'incomodo, ma il suo amico D'Este gli mostrava l'impossibilità di -calmare il loro entusiasmo. Bisognò dunque galoppare di conserva fra -la brigata trionfale, e giunti al confine del territorio di Crespano, -dopo il quale s'entra nel comune di Possagno, trovarono «la strada -coperta di lauro, di mirto e di fiori; e ai lati della medesima, un -folto popolo d'ambo i sessi, che con rami di lauro, battendo le palme -gridavano: _Viva il Canova.... Viva il patriotta_[11].» - -A misura che avanzavano crescevano gli applausi e la folla, e giunti -finalmente al paese il popolo accorso era immenso, e il frastuono degli -evviva, e dei trasporti di allegrezza si confondeva col suono festivo -delle campane, colle allegre musiche, e lo scoppio dei mortaretti! — -Addio, silenzio! - -Arrivati sulla Piazza i rappresentanti del Comune e del Clero si -fecero innanzi con grave incesso ad ossequiare la vittima della gloria, -che in quel momento avrebbe pagato la più bella delle sue statue per -trovarsi sulla cima inaccessibile della più alla montagna del globo. -Ma le patrie onoranze non erano finite, e fu costretto di subire un -discorso «commoventissimo, e molte poetiche composizioni in vari metri -che terminarono con un sonetto di Marco Bastasini in dialetto del -paese»[12]. - -Non mancava altro!... ma l'eco di quella festosa e cordiale accoglienza -risuonava ancora molti anni dopo la sua morte nelle pagine d'Antonio -D'Este che ne faceva un grottesco racconto[13]. - -Rimase due settimane a Possagno, invocando invano la pace e il -riposo. I conviti succedevano ai conviti, i versi piovevano sui -lauti banchetti, e i soliti numi dell'Olimpo scendevano dagli Elisi -ad onorare l'artista. Il ritorno attraverso l'Italia venne parimenti -onorato da continui trionfi, che pesavano a Canova, il quale lamentava -il tempo perduto e i lavori sospesi. - -Ritornato finalmente in mezzo ai prediletti studi di Roma, il suo genio -riprese il volo sublime nelle regioni supreme dell'arte, e diede vita a -nuove e immortali creazioni. - - - - -XXVIII. - - -Un alito del genio alacre di Canova, aveva dato l'impulso al genio -inerte di Valdrigo. Ripreso il lavoro, e richiamati i modelli, non -deponeva la tavolozza che poche ore, per cibarsi o dormire, non usciva -più di casa e pareva dominato da uno spirito creatore che sostenesse -le sue forze. Serio, concentrato, intento a trattare i pennelli con -un'attenzione sostenuta, pareva isolato dal mondo, e reso insensibile -ad ogni impressione che non avesse un'influenza diretta al suo scopo. -Maddalena raggiante di gioja gli stava di rimpetto silenziosa per non -turbare quel sublime raccoglimento, e mentre egli dava gli ultimi -tocchi alla tela, essa ammirava sul volto del pittore le traccie -d'un'anima soddisfatta dalla coscienza del proprio valore. - -Un giorno aveva radunato nella stanza tutti i modelli che collocati -nella rispettiva posizione presentavano l'aspetto generale del quadro; -tutto ad un tratto Valdrigo saltando in piedi sullo scanno sul quale -stava seduto gettò in aria la tavolozza e i pennelli e gridò — basta! - -A tal grido, Maddalena che conosceva le ubbie del pittore divenne -pallida pallida, e stava certo per cadere svenuta dal dolore d'un nuovo -capriccio del bizzarro suo ospite, quando egli soggiunse: — basta, ho -finito! - -Un profondo sospiro sollevò il cuore oppresso della povera fanciulla, -ed una lagrima di gioja le bagnava le guancie, mentre le sue labbra si -atteggiavano al più soave sorriso. - -I pescatori circondavano il quadro, guardandosi ed ammirandosi -riprodotti sulla tela, e lodando il pittore che sempre in piedi sullo -scanno dominava le loro teste e rideva allegramente delle ingenue -osservazioni, e degli applausi sollevati dal più sincero entusiasmo. -Poi saltando sul pavimento li baciava tutti dalla gioja incominciando -dalla nonna Marta, e terminando colla Maddalena, la quale al tocco di -quelle labbra sentì una burrasca interna e il capogiro, ma egli come -al solito non avvedendosi di nulla, stava vuotando le sue tasche sul -tavolo, dalle quali uscivano gli ultimi ducati, una bella giustina -d'argento, un'osella cogli orli frastagliati e alcuni traeri anneriti e -consunti, e invitando Beppo a raccogliere questo suo fondo di cassa gli -diceva: - -— Invito tutti a pranzo, va a provvedere i bocconi più ghiotti, i vini -più morelli, evviva l'arte e l'allegria!... — Evviva Evviva! ripetevano -i convitati fra gli applausi universali, e le risa sgangherate che -facevano tremare le pareti; e tutti se ne andarono lieti e contenti -aspettando l'ora del banchetto; il quale non è a dirsi se fu allegro e -clamoroso. Basti il sapere che tutti erano soddisfatti, e il vino buono -e abbondante. - -Quando la tela fu asciutta, Valdrigo vi distese sopra una bella mano di -vernice che fece risortire le velature, e le luci, ed avendo trovato da -un intagliatore una magnifica cornice dorata, potè ottenerla a credito -colla promessa di pagarla dopo venduto il dipinto, che collocato al suo -posto produceva un effetto veramente meraviglioso. - -Pochi giorni dopo, il quadro colla sua cornice figurava al balcone -d'una delle più belle botteghe di Piazza San Marco, con sotto il -nome di Vittore Valdrigo, e attirava da ogni parte i curiosi, che si -affollavano per contemplarlo e applaudirlo. - -Il pittore penetrava spesso fra la gente, e s'inebbriava del trionfo, -maledicendo gli anni sprecati a far nulla. Maddalena volle vedere il -quadro esposto al pubblico, v'andò in segreto con una amica, godendo, -degli elogi fatti all'artista come d'un bene suo proprio, ma dovette -allontanarsi in fretta dagli sguardi delle persone che avevano subito -riconosciuto il modello principale, e gli scoccavano degli epigrammi un -po' troppo arguti e indiscreti. - -Intanto il nome di Valdrigo si diffondeva per Venezia, e l'esposizione -del quadro era divenuta un piccolo avvenimento. La folla attirava la -folla, tutti volevano vedere l'opera della quale avevano uditi gli -elogi, gli artisti discutevano fra loro sui meriti del disegno e del -colorito, il popolo ammirava i suoi costumi nazionali riprodotti con -inusata verità, e i nobili nelle loro radunanze esaltando il talento di -Valdrigo, onoravano la loro classe che lo aveva tratto dalla oscurità, -e protetto nei primi passi dell'arte. E si diceva da per tutto: — -i nobili sono i benefattori degli artisti, i Falier hanno sostenuto -Antonio Canova, gli Orseolo hanno assistito Vittore Valdrigo. — Il -museo Farsetti ha cooperato allo sviluppo di due geni che saranno nuova -gloria alla patria, i patrizi veneziani mostrarono sempre un amore -vivissimo alle arti belle, ne siano prova le chiese, i palazzi e le -gallerie che formano di Venezia una meraviglia del mondo. - -Molli ricchi patrizi entrarono nella bottega per acquistare il dipinto, -il negoziante scriveva il loro nome e rispondeva: — Non so se il quadro -sia già venduto, in ogni modo farò noto al pittore il desiderio di -vostra eccellenza. - -La lista degli aspiranti all'acquisto venne infatti presentata a -Valdrigo, il quale; percorrendola rapidamente, si arrestò tutto ad -un tratto davanti al nome del conte Alberto Leoni. Era evidente che -acquistando il primo lavoro di Valdrigo, il conte Leoni subiva una -influenza. Naturalmente gli Orseolo gli avevano lasciato ignorare la -scena del boschetto, e Don Lio celebrando nel suo Epitalamio il candore -della sposa, era convinto della necessità d'usare una tale licenza -poetica, ma ne sogghignava maliziosamente sottecchi. - -Ma certo il nobile carattere di Silvia consigliando al marito -l'acquisto del quadro, intendeva soddisfare un dovere di giustizia, -dimostrando a Vittore che essa non era complice della calunnia che lo -aveva colpito. — Il sentimento delicato della donna riparava i torti -dell'altero casato, riabilitando l'onestà offesa ingiustamente, e -rendendo omaggio al genio derelitto che trionfava d'ogni ostacolo colla -sola forza del proprio valore. - -Che se scrutando i più reconditi ripostigli di quel cuore generoso, -si avesse scoperto un istinto più intimo che animava i suoi nobili -impulsi, la purezza d'un tale sentimento non avrebbe punto offuscata la -virtù, nè scemato il pregio della Sua nobile condotta. - -Valdrigo comprese il significato di quel nome, ne fu commosso nel -profondo del cuore, e ordinò che il quadro venisse subito portato in -casa del conte Leoni. - -All'indomani il giovane pittore riceveva un bel gruppetto di zecchini -accompagnato da una lettera di elogi, che terminavano colla preghiera -al pittore, di volersi recare al palazzo Leoni per collocare egli -stesso il suo quadro nella luce più vantaggiosa. - -Dopo lunghe meditazioni sulle sue nuove fortune, Vittore pensò a -sua madre, a' suoi ospiti, a sè stesso. Mandò a Saltore del denaro -e dei doni, fece un bel presente a Maddalena, e chiamato un sarto -che vestiva i più eleganti damerini di Venezia, gli commise un -vestito completo d'ultimo gusto, coi bottoni diamantati. Uno dei -millecinquecento parrucchieri[14] che in quell'epoca acconciavano le -teste dei veneziani, gli pettinò una zazzera incipriata da zerbinotto -vaporoso, un calzolajo rinomato gli calzò un pajo di scarpini colle -fibbie, un cappellajo gli fornì una leggiadra schiaccina da tenere -sotto il braccio, ed ecco in pochi giorni un uomo rifatto e degno della -più eletta società. Alcuni suoi conoscenti, che pochi giorni prima -scontrandolo per via lo salutavano appena, vedendolo in così splendido -arnese gli facevano delle profonde riverenze, e i suoi fornitori -che dapprima lo tormentavano per un minimo credito, gli andavano -poi incontro per offrirgli del denaro. Così va il mondo! malgrado il -proverbio che l'abito non fa il monaco. - -Trovatosi in tutto punto, Valdrigo accorse trepidante al palazzo Leoni. -Nel salire le ampie scale gli vacillavano le ginocchia per modo che -dovette arrestarsi alquanto a prender lena. Il cuore gli palpitava con -violenza e gli battevano i polsi al punto da offuscargli la vista. Un -servo lo condusse dall'entrata all'anticamera, era un vecchio cameriere -in gran livrea gallonata, gli si fece incontro con un profondo -inchino, e chiestogli il nome gli aperse l'uscio della stanza vicina, -annunziando: - -— L'illustrissimo signor Vittore Valdrigo. - -Vittore si avanzò lentamente, il cameriere chiuse l'uscio. Un -soavissimo profumo dominava la tiepida atmosfera, debolmente -rischiarata da una luce rosea, trapelante attraverso pesanti -cortinaggi. Nel fondo della stanza, Silvia stava seduta in un ampio -seggiolone e leggeva. Il libro le cadde dalle mani, mentre Valdrigo -rispettoso s'inchinava e con voce tremante balbettava un complimento. -Essa con un cenno della mano lo invitava a sedere, quando aprendosi -una porta, entrò il conte Leoni. Silvia presentò il pittore al marito, -il quale fattosegli incontro col tratto d'un gentiluomo avvezzo alle -maniere di Corte, animò la timida esitazione del giovane colla più -benevola accoglienza, e lo colmò d'elogi e d'incoraggianti promesse. -Dopo breve conversazione lo condusse a visitare la galleria, ove -Valdrigo collocò il suo dipinto; e invitandolo a pranzo per un altro -giorno, lo accompagnò fino alla porla della scala, ove prese congedo -con un cortese complimento. - -Il giorno del pranzo si trovò in un'ampia sala in mezzo alla più -scelta nobiltà, fra la quale gli Orseolo, come lo avessero lasciato -amichevolmente il giorno prima, lo trattarono con famigliare cortesia, -e Don Lio che adorava sempre l'astro nascente, volle onorare il pittore -riabilitato, con un sonetto, nel quale chiamava Valdrigo figlio di -Minerva, e lo invitava a salire sul Pegaso per recarsi in Elicona a -visitare Apollo e le Muse. Valdrigo lo ringraziava colle labbra, ma col -cuore lo mandava al diavolo co' suoi sonetti granelleschi e mitologici. - -Ritornava spesso al palazzo colla speranza d'incontrarsi solo con -Silvia, ma la trovava sempre circondata dalle visite o dai parenti; -fosse il caso o un progetto meditato, questo poi era un mistero. - -Maddalena sapeva molte cose dallo stesso Valdrigo ed altre ne -indovinava, e fremeva. Ma con quale diritto sarebbesi ella opposta -alle visite del pittore in casa Leoni?... Chiudeva dunque in seno il -dispetto e la gelosia e sperava che la condizione elevata di Silvia -l'avrebbe tenuta sempre lontana dall'intimità del pittore, il quale -stanco delle vane aspirazioni e umiliato dal disinganno, avrebbe -finalmente aperti gli occhi e trovato nella sua condizione una creatura -degna di lui, ambiziosa del suo affetto, che ad altro non aspirava che -a renderlo felice e beato coi trasporti dell'amore, colle gioje della -famiglia. - -Ma ben altre speranze alimentava l'amore di Valdrigo, irritato dagli -ostacoli superati, acceso dalle nuove probabilità, fomentato dalle -frequenti visite, nelle quali i suoi occhi incontrandosi con quelli di -Silvia si scambiavano delle ferite invano dissimulate da lei, sotto -un aspetto di affettata indifferenza. Per aumentare le occasioni di -vederla, Valdrigo s'era dato intieramente alla vita della migliore -società, e si faceva presentare nelle case frequentate dalla famiglia -Leoni, e fra le altre ebbe la somma fortuna di conoscere e di -apprezzare la più distinta riunione di quei tempi, la conversazione -d'Elisabetta Marini. - - - - -XXIX. - - -Elisabetta Teotocchi-Marini, che fu poi Isabella Albrizzi, donna di -sangue e di bellezza greca, veneziana d'indole e di spirito, accoglieva -a circolo in sua casa un'eletta società. Le sue conversazioni di -Venezia possono compararsi ai celebrali ritrovi del famoso palazzo -Rambouillet di Parigi. Isabella Albrizzi ebbe molte rassomiglianze -colla illustre marchese, la quale, scrive Tallement de Reaux[15], fu -«bella, saggia e ragionevole.» D'Isabella scrive Ippolito Pindemonte -«saggia, bella, amabil donna, di caldo cuore e d'ingegno felice.» Un -francese[16] asserisce che la Marchesa fu «ammirabile, buona, dolce, -benefica, cortese e aveva lo spirito giusto e retto.» Un italiano[17] -assicura che Isabella aveva «l'animo benefico, e che l'avvenenza della -sua persona andava di pari passo colla coltura e colle grazie dello -spirito.» - -Madama di Rambouillet, amava passionatamente gli uomini di spirito[18]; -però nulla d'importante lasciò scritto; l'Albrizzi circondata sempre -dagli uomini più dotti e più stimati della sua epoca, si occupò -di letteratura nazionale e straniera, e pubblicò alcuni scritti -d'immaginazione e di critica assai stimati al suo tempo. Lord Byron -la proclamò la Staël di Venezia[19]. Dobbiamo poi osservare per onore -d'Italia, che la famosa marchesa di Rambouillet, della cui grazia -e cortesia tanto scrissero i francesi, fu di puro sangue italiano, -essendo stato suo padre Vivone Pisani, e sua madre una Savelli[20]. - -E quivi gioverà rilevare una cosa, fino ad ora poco o nulla rimarcata, -ed è che la tanto celebrata pulitezza dei francesi, l'eleganza, -la cortesia delle loro maniere, che pure gode ancora l'ammirazione -del mondo, essi l'ebbero, come molte altre cose, in retaggio dagli -italiani, e di questo ne conviene il celebre Vittore Cousin, il quale -dichiara che la pulitezza e la leggiadria dei costumi furono apportate -in Francia da Caterina de' Medici[21]. - -Alle barbare guerre civili, alla licenza dei costumi dei tempi di -Enrico IV succedette in Francia il gusto delle cose di spirito, dei -piaceri delicati e delle occupazioni eleganti. Il potente Richelieu -coltivò questo fiore rinascente delle belle lettere e dei gentili -costumi, e nel palazzo Rambouillet, giunse al sommo splendore ed alla -massima fragranza. Nella splendida sala azzurra[22] si radunavano -le persone più distinte per il bel garbo, lo spirito e la coltura, e -vi venivano accolti con pari cortesia i principi e le principesse di -sangue reale, ed i modesti letterati. - -A Venezia la conversazione d'Isabella si componeva di quanto di più -illustre potevano vantare il patriziato, le scienze, le lettere, le -arti belle. La sua stanza di ricevimento era un Areopago, nel quale -sedevano a giudici e dettavano leggi non solo quanti di più famosi -vantava l'Italia, ma l'Europa. - -La società del palazzo Rambouillet, giunta al sommo della grazia, cadde -nell'affettato e meritossi la sferza di Molière che colpì senza pietà -le _Preziose ridicole_. Le conversazioni dell'Albrizzi si mantennero -senza degenerare fino alla morte d'Isabella, e in mezzo agli stravizi -d'una vergognosa decadenza, furono come un'oasi di sociale urbanità e -di gentili costumi. Goldoni non trovò argomenti che si prestassero al -ridicolo nelle elette adunanze di Venezia, e dovette scendere fra il -basso popolo per iscoprire le _Donne curiose_. - -Sul finire del secolo scorso le conversazioni della nobildonna -Elisabetta Marini brillavano di vivacissima luce. L'emigrazione -francese accolta cortesemente dall'ospitalità veneziana, vi univa lo -spirito di Parigi al brio garbato di Venezia. - -Vispi e bizzarri caratteri forestieri, accanto di garbati e dotti -italiani formavano un circolo originale, animatissimo. La saggia -Isabella «tutta amore e indulgenza per tutti»[23], colle maniere -cortesi e la geniale sua voce, dominava quegli spiriti diversi, -trovava per ciascuno una parola gentile, frenava i troppo audaci con -uno sguardo pietoso, animava i timidi con una lode incoraggiante, -ed eccitava lo spirito di tutti con un baleno degli occhi bruni e -scintillanti. - -I celebri Maury e Lally Tollendal sfogavano le loro collere contro -la rivoluzione francese, mentre un giovane visconte rovinato dalla -confisca, cercava di consolare le noje dell'esiglio facendo la corte -alle gentildonne di Venezia, colla speranza che il prestigio delle sue -sventure politiche lo attirasse nella via delle buone fortune galanti. -Ma la sua ignoranza della lingua italiana e dei costumi veneziani, lo -rendeva un personaggio ridicolo, e l'Isabella con prudenti consigli lo -compensava dei disinganni d'amore. - -Crussol e Polignac consolavano colle loro promesse di prossime -vittorie la elegante marchesa De Groslier, amica calunniata della -regina Maria-Antonietta, cantata da Voltaire, il quale conquiso dallo -spirito di lei, le offerse di appropriarsi quell'oggetto della sua -dimora di Ferney, che meglio le piacesse, ed essa scelse e conservò -la penna dell'illustre filosofo. Era poetessa ammirata in Francia e -pittrice distinta, Canova la chiamò il Raffaello dei fiori. Sedeva fra -i suoi compatriotti il marchese di Maisonfort, vero tipo dell'emigrato -francese, dice Valéry, per la sua indolenza, per la leggerezza dei -costumi, e l'Isabella colla sua naturale benevolenza lo giudicava «un -francese di Luigi XIV, per la preziosa gentilezza ed urbanità, per la -vivezza e la rapidità delle idee, dotto senza intolleranza, ingegnoso -senza artifizio, fornito di squisitissimo gusto; pel cui animo -affettuosissimo, era vera morte l'indifferenza, vita l'amore»[24]. -Rimarchevole fra gli originali era D'Hancarville «con parrucca in testa -per forma e per colore bizzarra, con tabarro rovescio indosso e tutto -cadente da un lato, con curva schiena e passo frettoloso....»[25] -Ignorava il suo secolo, e viveva nel passato che conosceva a -meraviglia. Prodigo ed affabile nella goduta opulenza, era sobrio ed -altero nella povertà. Antiquario, pubblicò opere erudite; sibarita -diede alla luce un libro osceno. - -Il commendatore di Châteauneuf, costantemente distratto da sembrare -stupido, era invece dotto e studioso. Avido di lodi, queste non -gli sembravano mai esagerate. Spingeva la sua mania di declamare la -tragedia fino a rendersi ridicolo. Un giorno sorpreso a gesticolare fra -due porte, gli fu chiesto se si sentisse male: — non è niente, rispose, -mi agito per ispirarmi. - -Il cavaliere Vivante-Denon, gentiluomo ordinario di camera di Luigi -XV e Luigi XVI, perseguitato come aristocratico in Francia, emigrò -a Venezia ove venne perseguitato come giacobino[26]. Diplomatico, -artista, letterato «ameno e felice parlatore sempre vero e naturale» -l'Isabella comparandolo a Voltaire al quale rassomigliava, trovava -comune ai due francesi «lo spirito, la vivacità, il movimento e quel -non so che di malizioso nello sguardo che tanto si teme e che pur tanto -piace[27].» - -Ma lasciando nell'ombra i meno illustri stranieri, passiamo agli -italiani. Fra i primi apparisce la curiosa persona d'Ippolito -Pindemonte. Ora poeta «acceso d'estro Febeo» ora macchina di regolari -ed invariabili abitudini. Viaggiatore e misantropo, platonicamente -innamorato della saggia Isabella. «Non mai scompagnato da lieto e -soavissimo sorriso, il suo metodo di vita è così inalterabilmente -uniforme, che non si sa bene distinguere, dice l'Albrizzi[28], s'egli -siasi fatto schiavo del tempo, o se abbia reso il tempo schiavo di sè.» -Ascoltava attentamente un discorso interessante, ma sul più bello della -narrazione, udendo scoccare l'ora da lui preventivamente fissata alla -partenza, si levava ed usciva, abbandonando ad un tratto il narratore, -sbalordito ed offeso. La cortese Isabella lo scusava dicendo: — «Egli -va a dipingersi»[29], volendo dire che andava a scrivere i suoi versi, -dai quali traspariva chiaramente la sua indole mite e indolente. Reduce -da lunghi viaggi in Italia, Francia, Inghilterra e Germania, scrisse un -lungo carme per burlarsi dei viaggiatori, e persuadere la gente a non -uscire di casa propria. Egli ingenuamente confessa che «il desiderio -delle cose lontane, il tedio delle vicine e la vaghezza di raccontare -un dì sul patrio fiume le meraviglie viste, lo condusse fuori de' suoi -colli e gli fece varcare i monti nevosi. «Ahi! quale errore!...» egli -esclama, e faceva giuramento ai suoi colli romiti, alle brune foreste, -alle argentee fonti, di non più partire. Ardeva incendio di guerra -per tutto, l'Europa si destava dal lungo torpore, i popoli gridavano -all'armi! all'armi! ed egli ritiravasi «nelle valli segrete, nei -taciti boschi, fra i suoi riposi e gli ozii tranquilli, fra i buoni -agricoltori e l'innocente popolo degli augelletti e degli armenti, e in -compagnia delle celesti muse a vivere una vita secura, erma, pensosa, -e sparsa di pensieri melanconici»[30]. Però quando egli era in vena di -raccontare, rammentava le memorie delle sue peregrinazioni, il silenzio -dominava la sala, e tutti pendevano dal suo labbro gentile. Essendo -vissuto a Parigi famigliare all'Alfieri, egli narrava gli strani -capricci e gli slanci intemperanti del famoso Astigiano, e l'affabile -bontà della sua nobile amica Luisa Stolberg contessa d'Albany, che -gli raddolciva l'animo amareggiato e sapeva farsi amare teneramente da -quell'anima fiera. Il molle e verecondo Ippolito correggeva talvolta -gli scritti ardenti e robusti del tragico, il quale poi presentava il -suo censore ai conoscenti, dicendo: — «Ecco la mia lavandaja»[31]. - -Ippolito raccontava motteggiando come lo scrittore che tanto in prosa -che in verso declamò contro la tirannide, avesse poi fraintesa la -rivoluzione che si proponeva di abbatterla proclamando i diritti -dell'uomo. Quel movimento che doveva rovesciare tanti troni e -sconvolgere l'Europa, Alfieri lo chiamava «una tragica farsa»[32] -e si andava lamentando che «gli operai della tipografia del Didot -consumavano le intere giornate a leggere gazzette e a far leggi, invece -di occuparsi a comporre, correggere e tirare le dovute stampe delle sue -tragedie»[33]. Irritato abbandonava gli studi e correva in Inghilterra -a comperare cavalli, e ne comperava quattordici, perchè avendo -scritto quattordici tragedie, calcolava d'aver guadagnato un cavallo -per ciascheduna[34]. Ben inteso guadagnato moralmente, che del resto -pagava colle rendite delle sue terre i cavalli e le stampe, perchè col -ricavato dei suoi lavori letterari non avrebbe potuto pagare un asino, -vogliasi pure vecchio, ombroso e restio. — L'Isabella lo diceva «una -divinità corrucciata, nel cui cuore ogni passione diventa tempesta, -divenuto atrabiliare e furioso a colpa del secolo, come uomo condannato -a vivere fra le serpi e le tigri»[35]. - -Quando il discorso cadeva sugli illustri italiani che vivevano a -Parigi, il Denon si metteva a parlare di Goldoni che aveva conosciuto -alla corte di Versaglia. Un altro originale!... che avea paura del -calore all'inverno e del freddo all'estate[36], e che mettendosi a -letto componeva un dizionario del dialetto veneziano «per dormir -facilmente.» Del resto le principesse amavano la bonarietà del -loro maestro d'italiano, e dopo d'averlo retribuito largamente, -gl'insegnavano anche il francese per giunta. - -Goldoni le faceva leggere i classici italiani, prosatori o poeti, egli -balbettava una cattiva traduzione, le principesse la correggevano -con grazia ed eleganza, e il maestro imparava più che non poteva -insegnare[37]. Quando dava la sua lezione a madama Elisabetta, sorella -del re, Goldoni le faceva leggere le sue commedie. La principessa, una -dama d'onore e una dama di compagnia, recitavano la parte delle donne, -Goldoni la parte degli uomini e ridevano di cuore[38]. - -In quell'epoca il Delfino essendo costantemente indisposto, questa -disgrazia unita ai meriti dell'autore delle trentadue disgrazie -d'Arlecchino, gli valse il favore d'essere alloggiato nella reale -dimora di Versaglia nella stanza dell'ostetrico, i cui servizi -diventavano inutili. - -Colà Goldoni compose una cantata italiana che posta in musica venne -eseguila dalle sue reali scolare. La delfina suonava il clavicembalo, -madama Adelaide accompagnava col violino, madamigella Hardy cantava; -Goldoni ricevette i complimenti di tutta la corte, e quella sera il -Delfino cantò davanti al poeta italiano _Il pellegrino al Sepolcro_. - -Qualche tempo dopo quella lieta serata il delfino moriva a -Fontainebleau, la delfina non tardava a seguirlo nella tomba, il -resto della famiglia reale finì sul patibolo o vagò ramingando per -l'Europa!... — Il povero poeta italiano morì negletto e lontano -dall'Italia nella quale non aveva trovato da vivere, malgrado le cento -cinquanta commedie colle quali si era studiato di dipingere i costumi -della patria, e di rallegrare un pubblico ingrato. - -Le avventure di Goldoni mettevano il discorso sul suo competitore Carlo -Gozzi, dal quale si passava naturalmente al fratello. Allora la voce -magistrale del procuratore di San Marco Andrea Tron, prendeva la parola -dicendo: — Gaspare Gozzi e Carlo Goldoni ebbero qualche cosa di comune -in vecchiaja; entrambi furono consolati da donne francesi, Goldoni -da principesse, Gozzi da una modista, la quale però più felice delle -principesse non fu mai minacciata dal patibolo, nè amareggiata dalla -perdita violenta dei suoi cari. - -Sara Cenet prodigò le sue cure al vecchio Gaspare fino all'ora estrema, -e lo pianse defunto, ma le povere principesse separate dal loro -precettore, dalla morte o dall'esiglio, dovettero abbandonarlo in balìa -del destino, ed egli forse udì tremando fra lo squallore di Parigi le -grida dei forsennati che trascinavano al patibolo i suoi protettori. - -Andrea Tron rammentava le ultime lettere indirizzate da Gaspare Gozzi -alla nobildonna Caterina sua moglie[39]. - -L'illustre letterato si piaceva molto a Noventa, ove alla bottega del -ponte scontrava gli eleganti di Venezia, ma in mezzo al fracasso di -tante grandezze ci voleva più d'un'ora per ottenere un'acqua di limone, -pregando in ginocchioni[40]. - -L'Eccellentissimo procuratore Morosini, lo vedeva con molta cordialità, -ed egli attirato dal vocione dell'eccellentissimo Valaresso andava a -complimentarlo. - -La marchesina arrivava colla sua carrozza, guidando ella stessa sei -cavalli «come l'aurora»[41]. Al dopo pranzo c'era il giuoco di pallone, -alla sera conversazione in casa Vendramini»[42]. - -Egli si compassionava di continuo, si confessava: «Un barbero zoppo che -tira coll'alzaia i burchielli[43], una delle più celebri carogne della -terra»[44]. - -«Un povero vecchio magagnato»[45]. Però la quiete e l'aria balsamica -dei campi gli ristabiliva la salute, e faceva le sue cavalcate «sopra -d'una rozza di quelle che tirano le barche»[46], un «suo coetaneo» come -egli diceva, «un contemporaneo al cavallo di Troia»[47]. - -Ridotto «coi nervi di _lasagne_ cotte»[48], «avendo tutte le coscie -come quelle di Giobbe»[49] immagrito «come le mummie del deserto, -movendosi a stento, tirando appena il fiato»[50] viveva ancora fra i -libri, la sua mente serena conservava tutto il vigore della gioventù, e -lo spirito vivace, arguto e faceto lo accompagnò fino all'ultima ora. - -Ma un originale più bizzarro, era Carlo suo fratello, l'avversario -di Goldoni. Egli sosteneva che la _Putta Onorata_ del suo rivale, -non era nè onorata nè onorevole[51], e incominciò a burlarsi delle -_Spose Persiane_, delle «bestiali _Ircane_, dei sozzi _Eunuchi_, -delle _Curcume_ nefande» e pubblicò un libretto burlesco sulle -novità teatrali del giorno. Goldoni, in una composizione stampata in -omaggio del patrizio Veniero che ritornava da Bergamo ove era stato -Rettore, trattava la satira di Gozzi da «rancidume, da ululato da -cane, da spaventacchio inetto e insoffribile.» Così incominciò quella -guerra accanita sostenuta da Gozzi alla testa dei Granelleschi, -contro Goldoni e il suo teatro. La bottega del librajo Paolo -Colombani, ove si pubblicavano gli atti della famosa Accademia, era -il centro delle operazioni bellicose, e colà si radunavano i nemici -di Goldoni accusandolo di portare sulla scena le trivialità e le -bassezze popolari, e chiamandolo «logoratore di penne, e diluvio -d'inchiostro»[52]. I Goldoniani alla lor volta dichiaravano i -Granelleschi «maldicenti, ed ingiusti.» - -Goldoni indicava il concorso popolare come una prova del suo merito; -Gozzi per confutarlo promise di farsi applaudire con una commedia -tratta da una fiaba che le nonne raccontavano ai loro nipotini. Scrisse -e fece rappresentare: — _L'amore alle tre melarancie_, e la gente -accorse in folla ed applaudì. Incoraggiato dal successo, Gozzi si diede -tutto al Teatro, diventò il compare del vecchio arlecchino Sacchi, e -l'amico di tutti gli attori, l'innamorato della prima donna Teodora -Ricci. Vissuto lunghi anni fra le quinte del teatro, tutto ad un tratto -gli vennero a noja le scene, e chiusa la porta in faccia ai comici, -non volle più sentirne a parlare. Ma chi non lo conosce a Venezia? -soggiungeva Andrea Tron. Grande della persona, se ne lamenta «pel molto -panno che occorre ne' suoi tabarri»[53]. Colle ciglia aggrottate, -il passo lento, cerca taciturno i passeggi solitari[54]. Litigatore -instancabile al foro, e amante dei piaceri a buon mercato, passa la -mattina in mezzo dei legali, degli avvocati, dei notaj, e poi va a -merenda alla Giudecca, a Campalto, alla Malcontenta, a Murano, e nelle -altre Isolette, con qualche amico suo pari, spendendo trenta soldoni -per testa. — Sarebbe felice, se una strana idea non gli tormentesse -il cervello. Egli ha fissato che un fatale influsso di contrattempi -preseguiti la sua esistenza. Questa stravaganza è sovente avvalorata -dai fatti. Talvolta mentre egli cammina solitario per Venezia lo -prendono in iscambio per un altro, e lo tormentano «con doglianze, -ringraziamenti, richieste, prestiti, querimonie»[55], egli giura, -protesta che non è il tale e non gli credono. Una sera egli passeggiava -in Piazza San Marco al chiarore della luna col patrizio Francesco -Gritti, si sente dare un pugno nella schiena, e trattare da asino: lo -avevano preso in isbaglio[56]. - -Un'altra volta lo baciano ed abbracciano con trasporto, ed egli non -può svincolarsi da quelle noiose dimostrazioni dovute ad un altro. Se -esce di casa senza ombrello, una pioggia dirotta lo coglie, si ferma -lunghe ore sotto un portico. Vedendo che il diluvio non cessa, spinto -dall'impazienza, si sottomette al destino, e corre a casa grondante -d'acqua; appena aperto l'uscio e posto in salvo, cessa tosto la -pioggia, si diradano le nubi, e il sole che risplende nel cielo, sembra -sorridere al suo lungo fastidio[57]. - -Se vuole studiare, persone noiose lo interrompono; quando incomincia -a radersi la barba, lo chiamano in fretta per urgenti negozii, ed è -costretto ad uscir di casa con la barba rasa per metà[58]. Sovente -sorpreso per istrada da una furiosa necessità va cercando qualche -solitaria viottola per sgravarsi del molesto bisogno, ma appena -avvicinato all'angolo tanto desiderato, si apre un uscio ed escono -due signore, passa in fretta in un altro cantuccio, s'apre un'altra -porta, escono altre signore, egli corre invano qua e là e trova sempre -contrattempi ed intoppi[59]. Ma queste piccole disgrazie non sono che -fastidiosi moscherini, egli dice; il cattivo influsso lo tormenta -in cose maggiori. Una volta fra le altre, mentre egli trovavasi in -villa nel novembre inoltrato, il patrizio Gasparo Bragadino volendo -festeggiare suo fratello creato Patriarca di Venezia, e trovandosi -ristretto di fabbricato, ebbe l'idea di gettare un ponticello dalla -sua casa in quella del Gozzi che gli dimorava dirimpetto, e diede -una splendida festa da ballo in casa del letterato assente, il quale -giungendo dalla campagna stanco e mezzo morto dal freddo e dal sonno, -trovò questa bella sorpresa, e dopo di aver ascoltate le riverenti -scuse del vicino indiscreto, è costretto di andarsi a coricare alla -locanda, e di passarvi tre giorni![60] - -I Veneziani ridevano de' suoi giusti lamenti, e trovandolo per via, -collo sguardo bieco e sospettoso, se lo mostravano a dito, e questo era -l'ultimo contrattempo che affliggeva quell'uomo dabbene. - -Ai viaggi del Pindemonte, alle relazioni del Denon, ai racconti del -procuratore Tron succedevano nelle conversazioni d'Isabella vivacissimi -discorsi del Dottore Francesco Aglietti, acutissimo ingegno, medico, -giornalista, bibliofilo, operosissimo, che esercitando la medicina con -una numerosa clientela, trovava ancora il tempo di pubblicare due fogli -periodici — _Il giornale per servire alla storia della medicina_, e le -_Memorie per servire alla storia letteraria e civile._ — L'Isabella -diceva «che la maschia giovialità del suo spirito, le sue universali -cognizioni, la sua facondia, fan sì che il suo conversare venga sempre -condito da preziosa amenità, egli favellava dottamente di mille e mille -cose diverse, e portava indosso tanti libri, quante aveva saccoccie -nei vestiti: — e la sua bella, vegeta e robusta sanità, era quasi -insegna d'uomo che di ricca merce abbondando, ad altri magnanimo la -dispensa»[61]. - -Accanto dell'erudito parlatore, sedeva sovente un «genio timido» come -lo giudicava Isabella, «un preticciuolo in abito schietto e disadorno, -freddo, taciturno, imbarazzato di sè e degli altri.» - -Ma eccitato a parlare «saltava fuori con uno spirito vivo, focoso, -rapidissimo, il _dolce far niente_ gli stava sempre sulle labbra, pure -l'immaginazione sua, e la sua penna non avevano posa. Il suo idolo -era il bello morale; capo e centro de' suoi affetti l'amore. Applausi, -titoli, onori letterari erano per lui noje, imbarazzi e torture; amare -ed essere amato, ecco l'unica ambizione di quel cuore soavissimo»[62]. -Avendo pubblicata una traduzione d'Omero, qualche tempo dopo giunse da -Roma un figurino che rappresentava la testa dell'antico poeta greco, -sopra un corpo vestito alla foggia francese, con sotto l'iscrizione -_Omero Tradotto_[63]. - -I nostri lettori hanno riconosciuto l'abate professore Melchiorre -Cesarotti, il quale un giorno presentò alla cortese Isabella un suo -scolare, autore d'una tragedia inedita, ma giovane di grandi speranze. - -Essa disse di lui che pareva «un rozzo selvaggio fra i filosofi -d'allora, di fervido e rapido ingegno, nudrito di sublimi e forti -idee, adoratore delle cose patrie, disprezzatore delle straniere oltre -il giusto»[64]. Il suo nome ancora sconosciuto era Ugo Foscolo, e -così egli dipingeva sè stesso: «Di volto non bello ma stravagante e -d'un'aria libera; di crini non biondi ma rossi; di naso aquilino, ma -non piccolo e non grande; d'occhi mediocri, ma vivi; di fronte ampia, -di ciglia bionde e grosse, e di mento ritondo. La mia statura non è -alta, ma mi si dice che deggio crescere; tutte le mie membra sono -ben formate dalla natura, e tutte hanno del rotondo e del grosso. -Il portamento non scopre nobiltà, nè letteratura, ma è agitato -trascuratamente[65].» - -All'età di sedici anni Foscolo parlava già «dei suoi giorni -perseguitaii ed afflitti[66];» a diciott'anni scriveva ad un amico: -«le sventure mi oppressero, le immagini di piacere si dileguarono, -e vanno languendo persin le speranze;» era nato per la solitudine, -pativa il male di melanconia[67], leggeva l'_Ossian_, la _Nina pazza -per amore_, e piangeva, si dichiarava «infelice, abbandonato, compagno -delle sciagure, e menava gli egri giorni fra la solitudine e il -pianto[68]. Il giovane Ugo amava teneramente il Cesarotti, e andava -a trovarlo per rompere le sue «cupe meditazioni»[69], e parlando di -questo suo maestro scriveva: «la luce di quest'angelo è tutelare e -vivificante, la presenza di questo uomo è consolatrice e soave»[70]. -Piacque alla saggia Isabella lo strano giovinetto, e conosciuta la sua -indole, gli diede un consiglio opportuno, ch'egli ebbe a rammentare -più tardi — «volere fortemente e chiedere dolcemente»[71]. — Le donne -sublimi, hanno dei detti memorabili per le persone alle quali prendono -interesse. Felici coloro che incontrandole nel cammino della vita, -sanno meritare la loro amicizia. - -Frequentava le conversazioni di casa Marini il grave e dotto abate -Morelli, eletto dai Veneti Senatori a custode della Ducale Biblioteca -di San Marco; il quale «senza essere mai uscito di Venezia, conosceva -le grandi biblioteche di tutto il mondo, i più preziosi musei -dell'antichità, i più doviziosi gabinetti di medaglie, le più insigni -gallerie di pittura, e ne parlava con profonda dottrina»[72]. Era fra i -più assidui Aurelio De Giorgi Bertola, poeta di tempra molle, amabile, -ma volubile in amore: «si direbbe, scriveva l'Isabella, che la natura -volle fare di lui un uomo perfetto, ma si pentì a mezzo lavoro»[73]. - -Fracesco Franceshinis seduto in un cantuccio ascoltava tutti, ed -evitava di prender parte al discorso; d'ingegno finissimo, di coltura -somma, capace di molte cose, non fece mai nulla, aspirando sempre ad -una perfezione impossibile[74]. - -Lauro Quirini, gentiluomo di maniere aperte e cordiali, prendeva -parte alle discussioni più animate, per consigliare l'indulgenza. -Di carattere gioviale «trovava sempre qualche bene nel male, e -niun male nel bene.» Amava tutti i piaceri facili con moderazione -discreta e sempre eguale; metteva le donne, il teatro, la tavola sullo -stesso rango, nè sospettava punto di far cosa inconveniente[75]. Il -cavaliere Zulian, uno dei primi sostenitori di Canova, parlava con -ammirazione del suo protetto, e l'Isabella, esaltando i meriti e le -virtù dell'esimio scultore lo proclamava «sommo artista, eccellente -cittadino, eccellente figlio, eccellente fratello, eccellentissimo -amico» e riteneva che non avrebbe potuto esprimere nelle sue statue -così mirabilmente tante morali virtù, se non le avesse avute tutte -nell'animo[76]. - -Le dame che frequentavano la conversazione erano fra le più distinte -di Venezia, amabili, vezzose, vivacissime. Che se la coltura e il brio -d'Isabella attirava di preferenza in sua casa i più illustri letterati, -molte altre gentildonne presiedevano pure a geniali ritrovi nei loro -splendidi palazzi, e spiegavano tutte le grazie del loro sesso, e -lo spirito particolare delle veneziane, ammirate non solo dai propri -concittadini, ma bensì dai più cospicui forestieri, dai principi e dai -sovrani che visitavano la gemma dell'Adriatico. - -La procuratessa Tron, quando l'imperatore Giuseppe II visitò Venezia -cogli arciduchi suoi fratelli, Massimiliano, Ferdinando e il Granduca -di Toscana, invitò questi principi ad un ballo improvvisato in -ventiquattr'ore, al quale intervennero circa duecento gentildonne. - -Il fascino della bellezza gareggiava in alcune col prestigio dello -spirito a tal punto che l'Imperatore rimase cinque ore in piedi -davanti a Contarina Barbarigo, assorto in una gara di galanti e geniali -discorsi. - -Cornelia Barbaro-Gritti, poetessa, e madre di brioso poeta, riceveva -in casa i più illustri ingegni del suo tempo, fra i quali vantava amici -Algarotti, Frugoni, Metastasio e Goldoni. E pure di uomini preclari si -circondava la bella e briosa gentildonna Giustina Michiel-Renier, di -onoranda memoria pel caldo amore portato alla cara sua patria da lei -nobilmente illustrata col racconto delle sue feste, dei suoi costumi -e delle sue glorie. Nè si può lasciare in obblìo la vezzosa contessa -Benzoni, il modello che servì ad Antonio Lamberti per dipingere la -_Biondina in gondoletta_, nella famosa canzone. Dotata del più fino -e piccante spirito veneziano, meritò l'amicizia e gli omaggi di Lord -Byron, al quale faceva udire sovente aspre verità col gentile dialetto, -che in sua bocca acquistava una grazia incantevole. - -Tanta luce di spirito e d'urbanità spandeva i suoi raggi nelle vicine -provincie che vantarono donne colte e cortesi, fra le quali resteranno -nelle memorie contemporanee, i nomi della contessa Elisabetta -Spineda di Treviso, e di Francesca Capodilista di Padova, e Verona -ricorderà sempre con giusto orgoglio le riunioni di Silvia Verza, e -dell'imcomparabile Anna Serego Alighieri. Le conversazioni di quei -tempi agevolavano i sociali rapporti, erano decoro alla città, esempio -ai giovani di modi garbati, di colti ed onorevoli costumi. - - - - -XXX. - - -L'irresistibile attrattiva di tanti nomi illustri, e di tanti bizzarri -caratteri, ci trattenne forse soverchiamente nella conversazione della -gentildonna Marin, ove Valdrigo ebbe campo di conoscere gli uomini più -celebri del suo tempo; ma ciò ch'egli ricercava di preferenza in quelle -scelte e numerose riunioni, erano gli occhi di Silvia, le stelle del -suo firmamento, le luci che illuminavano la sua vita. - -Ai suoi sguardi concentrati in un punto solo sfuggivano le curiosità -della sala. Egli non osservava la puntualità minuziosa di Pindemonte, -nè la flemma di Cesarotti, nè la parrucca d'Hancarville che eccitava -l'ilarità degli astanti; nè poteva apprezzare le grazie d'Isabella, nè -i tratti di spirito che volavano per l'aria come fuochi d'artificio. -L'innamorato non vede al mondo che una donna. - -Silvia, accortasi più volte dell'assiduità di Valdrigo, incominciava -a temere che l'imprudenza del giovane potesse comprometterla agli -occhi del mondo, e aspettava un'occasione favorevole per consigliarlo -a vegliare sopra sè stesso e a non dimenticarsi ch'ella era la moglie -del conte Leoni. Ma o l'occasione le mancava, o giunto il momento -propizio le veniva meno il coraggio e si taceva. D'altra parte -Valdrigo aspirava ardentemente a un lungo abboccamento, e sentiva un -bisogno irresistibile di dare sfogo ai sentimenti repressi del suo -animo, ma quando per qualche istante giungeva a sedersele vicino gli -mancavano le parole e rimaneva muto. Però le cose erano giunte a un tal -punto, che una spiegazione era diventata necessaria. Ad un torrente -ingrossato bisogna opporre in tempo degli argini affinchè non abbia -a traboccare con danno irreparabile, rompendo i troppo tardi ripari. -È vero che gli occhi avevano parlato e le anime compreso, ma quel -linguaggio misterioso è talora uno slancio irrefrenato, una promessa -vaga e indeterminata, un'imprudenza lontana dal pericolo che poi la -ragione condanna ed il labbro sconfessa. Bisognava dunque spiegarsi, -ma era evidente che le spiegazioni non sarebbero nè brevi nè calme. -Silvia amava Vittore, ma non voleva convenirne, conosceva di essersi -tradita e voleva protestare, negando colle parole l'espressione degli -occhi; Vittore aveva espresso il suo affetto coll'intensità degli -sguardi, e voleva ad ogni costo confermare colla voce i sentimenti del -cuore. Dunque entrambi erano decisi di metter fine all'ansietà che li -opprimeva, e mentre Vittore meditava il modo di chiedere un colloquio, -Silvia lo aspettava, ben decisa di accordarlo. — Ci sarà una lotta, -diceva Silvia fra sè, ma avrò il coraggio e la forza di combattere e -vincere. — Ci sarà una lotta, pensava Valdrigo, ma essa mi ama e il -trionfo è sicuro! - -La difficoltà stava nel trovare il tempo necessario e il luogo -opportuno, perchè il palazzo Leoni era costantemente frequentato dalle -visite e il conte andava e veniva per la casa a tutte le ore coi suoi -amici di Venezia, e con gli ospiti illustri che gli arrivavano di -continuo dalle più cospicue città dell'Europa. - -Il carnevale venne a proposito a facilitare il desiderato abboccamento. -Il carnevale di Venezia!... cioè il turbinio confuso delle passioni e -dei piaceri della vita, che col mistero della maschera agevola ogni -incontro, protegge ogni abuso, copre ogni disordine, che sotto un -volto impassibile di tela cerata asconde i rossori della modestia e -rende gli occhi più vivaci e la parola più ardita, che colla certezza -dell'incognito rispettato, autorizza le espressioni più audaci, infonde -ai timidi il coraggio, ai pusilli lo spirito, e involge di arcano -prestigio le confidenze susurrate all'orecchio! Il carnevale di Venezia -erigeva in diritto la licenza dei costumi, col delirio della pazzia -autorizzava tutte le ebbrezze, scioglieva ogni legame di famiglia, -esponeva i sensi a tutte le provocazioni del linguaggio, e spingeva -l'innocenza e la virtù sul margine di tutti gli abissi. Il carnevale -di Venezia gettava il popolo fra i tripudii, e trascinava la gioventù -ai baccanali, mentre le armate tedesche e francesi si contendevano il -suolo d'Italia, e decidevano dei nostri destini. - -Valdrigo ottenne finalmente da Silvia un appuntamento ad una festa da -ballo mascherata nelle sale del Ridotto. Gli accordi erano i seguenti: -Vittore sarebbe in tabarro e bauta con un nastro azzurro scendente -dalla spalla sinistra. Silvia e la sua cameriera sarebbero mascherate -in veste e zendado, con una rosa sul crine, a diritta. Il conte Leoni -le accompagnerebbe da lontano, senza maschera, ma certo si sarebbe -seduto a qualche tavoliere di giuoco, e allora uniti insieme, uscendo -dal ridotto, sarebbero andati a passare un'ora nel casino che il conte -teneva presso a San Gallo; Silvia ne avrebbe chiesta la chiave per -avere un rifugio ove riposarsi in caso di bisogno. - -Era costumanza di quei tempi che molte famiglie ricche oltre al palazzo -tenevano anche un piccolo ma elegante casino in vicinanza della piazza, -e colà andavano a riposarsi dal passeggio o invitavano a cena gli amici -dopo il teatro, senza cerimonie e in piena libertà. Naturalmente alcuni -mariti se ne servivano per dei ritrovi misteriosi, senza l'impiccio -della moglie, e alcune mogli facevano altrettanto senza l'incomodo dei -mariti. In apparenza quei casini erano una stazione centrale per gli -affari o i comodi della vita, e in realtà una succursale della casa per -ogni uso segreto, per ogni stravizzo. - -Il conte Leoni possedeva uno di quei fantastici ricoveri nel quale egli -aveva prodigato tutto il lusso delle arti. Pendevano appesi alle pareti -dei preziosi dipinti di Canaletto, dei quadretti di soggetti veneziani -del Longhi, ed alcuni bei pastelli di Rosalba Carriera. Gli stucchi -del Vittoria si raggiravano capricciosamente intorno a dei graziosi -medaglioni entro ai quali erano dipinte delle scene amorose di ninfe -ritrose e di pastori procaci. Le pareti ed il soffitto d'un gabinetto -erano ricoperti da splendidissimi specchi, ed un caminetto di marmo -bianco collocato dirimpetto a un molle divano sosteneva dei candelabri -di bronzo dorato. Il salotto per pranzare era mobigliato con delle -poltroncine antiche d'intaglio, coperte di damasco, e degli scaffali -d'egual lavoro, contenenti delle stoviglie di Faenza e dei vetri di -Murano, e dal soffitto pendeva una magnifica lumiera di cristallo. Dei -morbidi tappeti coprivano i pavimenti, e pesanti e doppii cortinaggi -scendevano sulle finestre. - -Valdrigo aspettava la sera dell'appuntamento come il giorno più solenne -della sua vita, nè poteva pensarci senza che un brivido gli percorresse -il corpo dalla estremità dei capelli alla punta dei piedi. - -Una mattina, chiamata Maddalena in disparte, la pregò di volergli -trovare a nolo un vestito nuovo da maschera, tabarro e bauta, e di -fargli l'acquisto d'un bel nastro azzurro di seta da collocarsi sulla -spalla sinistra, e tutto questo per il prossimo ballo al Ridotto. - -Maddalena non poteva rifiutarsi a servirlo, e quantunque la commissione -le pungesse, dissimulò le interne agitazioni, e finse di prestarsi -di buon animo, ma il nastro azzurro le trottava per la testa, perchè -comprendeva in aria che esso significava un segnale. E andava fra -sè fantasticando quali intrighi potessero preoccupare il pittore già -tanto distratto dalla gloria, dai zecchini ricavati dal quadro, e dalla -vita mondana nella quale s'era slanciato col solito entusiasmo. Nuovi -amorazzi!... essa pensava, sarà già stanco della gentildonna Leoni, -e ingolfato in qualche nuova avventura perde il tempo nell'ozio, e -impiega il suo talento nelle imprese galanti!... e sospirava. Al giorno -si sedeva a lavorare alla finestra che guardava la laguna, e mentre -le dita conducevano l'ago a rammendare pannilini, il suo pensiero -vagava in traccia di tormenti pel cuore, e qualche lagrima le cadeva -sulla mano. Le acque tranquille e il cielo sereno le rammentavano i -bei tempi delle gite sul mare, la partenza per Saltore, l'entusiasmo -del lavoro dopo la visita di Canova, i giorni della speranza e della -pace. Ora tutto era mutato, il giovine pescatore che amava le fatiche -del mare, il pittore che passava i giorni coi pennelli alla mano, era -diventato un cicisbeo perduto fra i ritrovi dispendiosi e le donne -galanti!... Ai giorni pensierosi e melanconici succedevano le notti -insonni e irrequiete, e l'accesa fantasia le dipingeva allo spirito -mille fantasmi tormentosi, e le immagini di fortunate rivali laceravano -il suo cuore e accendevano la sua gelosia. - -Le disposizioni sul ballo del Ridotto fomentarono le pene segrete, -e vogliosa di vedere coi suoi occhi il nuovo oggetto che occupava -Valdrigo decise di unirsi ad una amica, e di assistere mascherata -a quel ballo. Le fu facile il trovare la compagna colla quale si -apparecchiò di nascosto. - -Una semplice veste, una gonnellina fiorita cinta ai fianchi e -rovesciata sul capo secondo il costume delle donne di Chioggia, -fornirono gli abiti da maschera alle due fanciulle del popolo. -Fissarono che appena uscito Valdrigo si sarebbero vestite, e il segnale -del nastro azzurro avrebbe servito a scoprirlo nelle sale del ballo. -Venne finalmente la sera desiderata; Valdrigo uscì mascherato, e poco -dopo Maddalena e la sua compagna attraversavano Venezia per spiare la -sua condotta e scoprir le sue tresche. La folla entrava a fiotti nelle -sale del Ridotto, riboccanti di maschere. - -I doppieri delle pareti e le lumiere appese ai soffitti gettavano -una luce rossastra sul turbinìo della calca variopinta e strillante. -Era un andirivieni tumultuoso, un agitarsi di piume, e di sonagli, un -fruscìo di vesti di seta e di velluto gallonate d'oro e d'argento, un -urto di guardifanti schiacciati nella pressa, uno scialacquo di pizzi e -di fiori, uno sdruccio di ricchi costumi, che strappati dai movimenti -disordinati, coprivano il suolo di frammenti. Il gridìo confuso -delle maschere, era dominato dal frastuono dell'orchestra, e un'afa -soffocante toglieva il respiro. - -A chi ama l'aure pure del mattino, sotto un cielo sereno, e le voci -della natura, le ebbrezze dei baccanali notturni entro alle chiuse -sale sembrano aberrazioni della follia, o frenesie di anime dannate. Ma -l'onda delle passioni getta l'umanità nei tumulti della vita, ove molti -cercano la lotta, alcuni l'oblìo, pochi trovano il diletto, nessuno la -felicità. - -Le anime frivole seguono l'andazzo, come le piume travolte dai -raggiri del vento, e trasportate nel vortice si agitano per l'impulso -ricevuto. Poche menti sane chieggono alla ragione i consigli della -vita, e cercano la felicità nelle tranquille soddisfazioni del cuore, -e nell'adempimento dei propri doveri. L'umanità è un mare in continua -burrasca, e le sue onde non trovano la calma, che in qualche seno -riparato dagli uragani, in qualche angolo nascosto agli sguardi -volgari. - -Le appariscenze d'un ballo mascherato, ascondono le piaghe sociali -sotto ai volti di cera e i bizzarri abbigliamenti. Tutte le passioni -disordinate prestano il loro concorso a quello spettacolo dell'umana -intemperanza, e la Maddalena che andava in traccia di Valdrigo, non -aveva certo nel cuore i fremiti della gioja, ma sibbene tutte le -amarezze della gelosia. Invano ella cercava nella folla la maschera -avidamente desiderata, ed alla sua anima tormentata dall'inquietudine, -si aggiungeva la nausea provocata dai riboboli degli arlecchini, e -dalle facezie grossolane dei pagliacci e dei pantaloni. - -Finalmente dopo lunghi e faticosi raggiri per le stanze che -circondavano la sala, vide da lontano una bauta con un nastro azzurro -sulla spalla sinistra e un sussulto del cuore l'avvertì, che quella -maschera ascondeva Valdrigo. - -Si fece largo da quella parte, e dopo qualche lotta coi gomiti, -assistita dalla compagna che s'interessava vivamente alla sua -curiosità, lo raggiunse di fianco, e lo seguì. La folla calcava -talmente le persone che Maddalena si trovò spinta alle spalle di -Vittore, con immediato contatto. - -Egli si teneva in mezzo a due graziose mascherette in veste di seta -nera e zendado con una rosa sul capo, ma indirizzava il discorso ad una -sola, e le diceva: - -— Se possiamo arrivare alla scala, sarebbe meglio uscire addirittura da -questa babilonia. - -— No, rispondeva la mascheretta, è troppo presto, vediamo piuttosto di -penetrare nella stanza del giuoco.... - -E andavano passo passo camminando dietro agli altri fra le spinte -degl'indiscreti, e le grida acute dei mascheroni, con Maddalena e la -compagna dappresso, le quali studiavano ogni mossa, ed ascoltavano -ogni parola. Valdrigo non si permetteva veruna intimità colla sua -mascheretta, le parlava anzi con rispetto, e la difendeva dagli urli -dei vicini con ogni delicata attenzione. - -Attraversate tre stanze in linea retta, nella quarta presero una -porta a sinistra, ed entrarono in un locale ove intorno a dei tavolini -coperti di monete d'oro e d'argento, si tenevano i giocatori di faraone -e bassetta. - -La folla diradata lasciava libero il respiro, il rumore cessava, -e s'udiva solo il suono del denaro deposto e raccolto. I giocatori -parevano di marmo, cogli occhi intenti sulle carte, collo sguardo -animato dalla speranza, o abbattuto dal disinganno. Alcuni grandi -personaggi giocavano freddamente, e guadagnavano o perdevano colla -stessa indifferenza, e fra questi stava seduto il conte Leoni. Le -mascherette condotte da Valdrigo gli passarono da vicino colla massima -indifferenza, e attraversata la stanza entrarono sul pianerottolo in -capo alla scala. - -— Dunque usciamo, diceva Valdrigo, con una voce supplichevole.... - -La mascheretta pareva esitante, soggiungeva: «aspettiamo ancora.... più -tardi....» - -Ma questi rifiuti sembravano agitarlo, e con voce alterata egli -ripeteva: - -— Ve ne prego, Silvia, non mi rifiutate il favore di parlarvi senza -testimoni, non vi chieggo che qualche istante; sono lunghi anni che -tengo chiuso nel seno un segreto che mi soffoca, permettete che vi dica -una parola.... e poi basta!... - -— Andiamo!... disse la maschera con una risoluzione istantanea, e -scendendo rapidamente le scale scomparvero. - -Maddalena voleva seguirli, ma le mancarono le forze, essa aveva tutto -compreso. Quella maschera era Silvia Leoni, quell'amore di tanti anni -era ancora una passione segreta. Valdrigo non s'era mai trovato solo -con Silvia, quali ostacoli avessero potuto impedire una dichiarazione -d'amore, in tante visite fatte dal pittore al palazzo Leoni, questo -era un mistero per Maddalena, ma le parole di Valdrigo non ammettevano -un dubbio. — Fosse virtù di donna onesta, o mancanza d'occasione -propizia, o timore di vendette terribili, il fatto stava che Valdrigo -non aveva ancora aperto il suo cuore. Tante rivelazioni in un minuto -avevano stravolte l'idee della povera innamorata, avevano colpito il -suo cervello con una sorpresa istantanea, avevano animati i suoi sensi -con una arcana speranza, quando ad un tratto, quella rapida decisione -di Silvia l'aveva nuovamente colpita sul vivo. La lunga aspettativa -aveva raggiunto il suo termine, la donna cedeva alle preghiere d'una -intervista segreta, la sicurezza del marito lontano accresceva il -pericolo, la passione svelata avrebbe sormontato ogni ostacolo, la -notte avrebbe protetto ogni oblìo. Le memorie della prima giovinezza, -il fuoco rinchiuso, la costante resistenza, tutto rendeva quella -passione violenta e irresistibile, e una volta consumato il sacrifizio, -Silvia non era donna da capriccio, ma da tenace fermezza... Valdrigo -era perduto per sempre!... - -Tutte queste idee attraversarono rapidamente il suo spirito, le -paralizzarono le forze, la resero immobile e stupida. Il fuoco della -gelosia venne a risvegliare la sua mente, allora volle inseguirli, -arrestarli par via, smascherarli, e scese precipitosamente le scale -si trascinò dietro la compagna che invano si studiava di calmarla, -coi consigli della ragione e della amicizia. Maddalena non udiva le -sue parole, e non ascoltava che gl'impeti d'una passione esaltata. -Giunte sulla via, le maschere che andavano e venivano dal Ridotto -impedivano il passo, i venditori di melarancie confondevano la loro -voce strillante coi fischi dei birichini, colle risa dei gondolieri, -col variato gorgheggiare dei venditori ambulanti che accrescevano la -confusione e il rumore della strada. - -Uscite da quel miscuglio di gente si trovarono in una calle più -tranquilla, ove poterono levarsi la maschera, asciugarsi il sudore -del volto, e riprendere un po' di lena, l'aria fresca e salina che -spirava dalla laguna rinnovava il respiro. Maddalena irrequieta non -voleva fermarsi, e pretendeva inseguire i fuggitivi, ma la compagna la -calmava, mostrandole le strade deserte, le traccie perdute, il rispetto -prescritto verso le maschere, il nessun diritto di agire, l'insulto ad -una donna dell'alta nobiltà, e finalmente la collera di Valdrigo, il -suo odio e la sicura vendetta. Ma essa ascoltava ogni consiglio come -trasognata, e piuttosto di dar retta all'amica, pareva che pensasse ai -mezzi per mandare ad effetto il suo funesto pensiero. - -Veduta l'impossibilità d'inseguirli, si rimise la maschera e volle -ritornare al Ridotto. La compagna che la teneva per braccio sentiva -un tremito in tutti i muscoli della povera fanciulla, sorda ad -ogni preghiera, e dovette seguirla macchinalmente, sperando che le -distrazioni del ballo avrebbero calmati i suoi sensi. - -Risalite le scale, e penetrata nuovamente nella stanza del giuoco, -essa andava vagando trascinata dalla passione e guidata da un pensiero -che dominava il suo spirito. Pareva che cercasse taluno nella folla, -finalmente svincolandosi dall'amica, si avanzò verso un tavoliere di -giuoco, e avvicinandosi al conte Leoni che teneva le carte fra le mani -gli disse all'orecchio: - -— Conte, vostra moglie è uscita or ora dal ballo, appoggiata al braccio -d'un uomo mascherato... - -Il giuocatore rivolgendo rapidamente la testa, squadrò la maschera per -bene, e con volto serio rispose: - -— E che importa a voi questo?... - -— A me niente... conte... ma a voi deve importare moltissimo!... - -— E se questa maschera fosse suo fratello, che avreste da dire?... - -— Se non conoscessi chi si asconde sotto la maschera, non sarei venuta -ad incomodarvi, ma ho creduto rendervi un servigio... - -— Sette a due zecchini... diceva il conte attento al giuoco... e -perdeva. Fante a sei zecchini... e perdeva. Paroli, e perdeva il -doppio. Allora muto e freddo in apparenza, ma dentro iracondo e -ostinato, ripeteva asso a tre zecchini... - -— Ci va del vostro onore, gli sussurrava Maddalena all'orecchio, ed -egli: - -— Asso, quattro zecchini... - -— Conte, una amica della vostra casa voleva salvarvi l'onore, scusate -l'incomodo... addio... - -— Aspettate un momento, rispondeva irritato il conte, afferrando con -una mano convulsa le vesti di Maddalena, e gridando... dieci zecchini -sull'asso di spade!... - -— Buona fortuna, signore!... e lasciatemi andare... Ripeteva la -maschera. - -— Vi chieggo un momento per cortesia... il due di bastoni a quattro -zecchini... aspettate ancora un giro e parleremo... - -— Sarà troppo tardi!... - -La passione del giuoco teneva il conte inchiodato davanti al tavolino, -la gelosia lo agitava fortemente e l'interna lotta si manifestava sul -suo volto contratto dalla impazienza e dalla collera. Deciso di levarsi -da sedere, la comparsa d'una carta lo ripiombava sulla sedia, e mentre -con l'occhio intento seguiva le vicende del giuoco, colla attenta -orecchia ascoltava gli eccitamenti della maschera che gli diceva: - -— Peccato!... un angelo di bellezza... accogliere di notte in sua casa -un amante all'insaputa del marito!.. - -— Li raggiungo fra un istante... aspettatemi... quattro zecchini sul -cinque di bastoni... - -— Per quattro zecchini... esporsi a perdere un tesoro... esporsi alla -vergogna... al ridicolo... - -— Sono con voi... Paroli... - -— Troppo tardi!... È già un'ora che sono partiti... forse fuggiti da -Venezia... - -— Fuggiti!... e gettando le carte sul tavolo, con gli occhi stralunati -e scintillanti di collera, si levò ad un tratto, gettò a terra la sedia -e presa sotto al braccio la maschera la trasse in un canto della sala. -La folla si restrinse intorno al tavolo, e il suo posto venne occupato -subito da un altro, come nelle battaglie quando si chiudono le file per -riempire i vuoti lasciati dai morti. - -Allora il conte, esaminando attentamente la maschera, voleva ad ogni -costo scoprire la persona che si permetteva d'insultarlo in quel modo -e di provocare la sua collera e la sua gelosia. Vani tentativi. Allora -sospettando ancora un qualche imbroglio, un raggiro immaginato con -uno scopo secondario, e dubitando della sincerità della maschera, le -chiese: - -— Potreste dirmi il nome della persona che accompagnava mia moglie?... - -— Certamente!... il suo primo innamorato di Villa Saltore... il pittore -Valdrigo... - -— Basta così!... rispose con cupa fisonomia il conte Leoni, e senza -proferire altra parola si allontanò dalla maschera, e uscendo dalla -stanza scese rapidamente le scale. - -Maddalena e la compagna lo seguivano ad una certa distanza, ma appena -liberato dalla folla, si mise a camminare con passi tanto frettolosi -che volto il canto d'una via lo perdettero di vista nell'oscurità della -notte fra il labirinto delle calli. - -La compagna che aveva assistito a tutta la scena, invano tirando per la -veste Maddalena, o stringendole le braccia, e susurrandole all'orecchio -le parole — basta — prudenza — trovandosi finalmente sola con l'amica, -le disse con un accento di paura: - -— Che cosa hai fatto mai!... Maddalena!... - -— Ho salvato Valdrigo da una relazione colpevole... Con una donna -troppo superiore alla sua condizione... da una maledetta passione... - -— Lo hai perduto!... rispose la compagna affannata; hai esposto la sua -vita al più grande pericolo... forse... - -— Taci per carità!... mio Dio... se il conte Leoni lo ammazzasse!... - -Allora arrestandosi per trovare un appoggio al parapetto d'un ponte, -si asciugava i sudori del volto e mandava lampi dagli occhi. La sua -fantasia le dipingeva il conte Leoni con un coltello alla mano, in -traccia dei colpevoli... apriva una porta... li trovava abbracciati... -Allora ritornando alla collera ed alla gelosia che le ardeva nel cuore, -soggiungeva: - -— Ebbene, li ammazzi tutti e due... e col braccio levato in aria -faceva segno di ferire, e raddoppiava i colpi con un sogghigno di gioja -spaventosa, ripetendo ogni volta — li ammazzi... li ammazzi!... - -Ripresero il cammino verso il loro quartiere conversando concitate -per via sulle avventure della notte, e sui timori delle conseguenze -probabili. - -Essendo vicine di casa si congedarono all'uscio, e ciascheduna entrò -nella propria dimora. Maddalena entrata nella sua stanza, si spogliò -in fretta e gettandosi macchinalmente sul letto incominciò a pensare -a' suoi casi. Ora si sentiva dilaniare dal rimorso, ora la collera le -accendeva lo spirito e la spingeva a desideri di vendetta e di sangue. -— Che cosa sarà succeduto?... chiedeva a sè stessa... e si cacciava -le mani nei capelli, e sospirava e piangeva. Poi riteneva il fiato e -ascoltava tremando. Ogni persona che passava per via risvegliava i suoi -sospetti... se venisse a casa ferito!... e pensava non senza una certa -gioja alle cure che gli avrebbe prodigate, alla guarigione sicura, al -pentimento, e, chi sa!... forse avrebbe aperto gli occhi e conosciuto -il suo amore... poi tornava a tormentarsi con più gravi paure... se lo -portassero a casa moribondo!... mio Dio!... per causa mia!... la sua -morte!... sua madre!... povera Rosa... e piangeva, affranta dal dolore. - -Le ore battevano lentamente all'orologio della chiesa vicina, il -silenzio regnava nella strada, non si sentiva che il tonfo dei remi -di qualche gondola che passava nel canale, e la voce del gondoliere -— _stali_ — _premi_ — all'atto di sboccare in laguna. I minuti le -parevano infiniti... il cervello in ebollizione la trascinava da -un pensiero ad un sogno, da una reminiscenza ad un timore, senza -transizione regolare, colla confusione del caos. Gli orecchi le -tintinnavano ancora della musica da ballo e del gridio delle maschere, -vedeva l'oro dei tavolieri del giuoco, e poi pensava ad una stanza -silenziosa, a due innamorati, ad un bacio, ad una donna svenuta in -un'estasi d'amore e d'obblio... e poi vedeva gli occhi ardenti del -conte Leoni, un coltello... un lago di sangue! Finalmente le parve di -riconoscere un passo lontano, tese l'orecchio con attenzione sostenuta, -il passo si avvicinava, e il cuore le diceva — è Valdrigo. — Poco dopo -udì che s'arrestava alla porta, e la chiave che entrava nella toppa. -Aperto l'uscio, Valdrigo saliva le scale ed entrava tranquillamente -nella sua stanza. - - - - -XXXI. - - -In generale i mariti ammazzano raramente gli amanti, a Venezia poi -nel secolo passato non li ammazzavano mai. C'era una gran licenza -di costumi, ma ciò non escludeva affatto la virtù. Silvia desiderava -e temeva un abboccamento con Valdrigo. Essa sentiva la necessità di -frenare gli slanci imprudenti del giovane, ma sentiva in pari tempo -il pericolo della lotta. Voleva dissimulare una ferita, ma temeva che -mettendovi sopra le mani il dolore la scoprisse. Andò al ballo con -l'idea di condursi Valdrigo al casino per fargli una predica sulla sua -condotta inconveniente, ma confessava a sè stessa d'averlo talvolta -incoraggiato cogli sguardi che tradivano il cuore, cosicchè essa si -trovava giudice e colpevole a un tratto, e temeva giustamente che -l'accusato diventasse accusatore. Dapprima esitava dunque a mandare ad -effetto il suo piano, poi temendo le conseguenze del rifiuto si decise -a finirla, ma giunta sulla via si pentì, ed avrebbe voluto ritornare -sui suoi passi. Così le farfalline svolazzano intorno al lume fino -che a forza di raggiri cadono nella fiamma e si abbruciano le ali. Non -osando retrocedere, e non volendo avanzare, perdeva il tempo per via, -e a Valdrigo che la sollecitava con affettuosa insistenza, rispondeva -mostrandogli l'ombre cupe dei canali, e i pittoreschi effetti della -notte sui palazzi, e sull'acqua. - -In tal modo impiegarono molto tempo nel breve tragitto, ma finalmente -giunsero al casino. Entrati, accesero il lume, e salite le scale, -la padrona ordinò alla cameriera di accendere un po' di fuoco al -caminetto. Valdrigo non ne aveva bisogno, ma Silvia temporeggiava per -raccogliere le sue forze, e farsi animo. La cameriera indovinava le -impazienze del giovane, e mossa da pietà si affrettava a metter legna -e a soffiare, ma appunto le cose fatte in fretta non approdano, e -invece del fuoco uscivano dei nuvoli di fumo che invadevano la stanza; -e quindi fa necessario aprire le finestre e le porte. L'aria entrando -facilitò l'operazione, e una bella fiamma crepitante brillò nel camino. -Chiuse nuovamente le imposte, la cameriera accese due doppieri, ed uscì -serrando l'uscio. Non aveva ancora attraversata l'anticamera quando -s'udì una violenta scampanellata alla porta di casa: era il conte -Leoni. Vi fu un minuto secondo di stupore, ma Silvia ordinò tosto si -aprisse. Pensi il lettore allo stato di Valdrigo; è certo che se Don -Lio avesse conosciuta in quel momento la posizione del giovane, avrebbe -paragonato il suo affanno alle pene di Tantalo. Egli rimase immobile -e quasi pietrificato fissando gli occhi istupiditi nella fiamma, come -dovette trovarsi la moglie di Lot, quando contro al divino comando si -volse a contemplare l'incendio di Sodoma. Il conte Leoni entrò nella -stanza raffrenando il suo impeto, ma lasciando intravedere i suoi -sospetti dall'occhio scrutatore e dalle ciglia aggrottate. - -Silvia lo attendeva davanti al caminetto col fiero cipiglio della virtù -offesa, e colla dignità della donna che può levare la fronte senza -rossore; in quel momento di suprema soddisfazione essa sentì tutto il -valore della sua onestà, tutta la forza dell'innocenza. I loro sguardi -si scontrarono, l'interrogazione del marito fu muta ma eloquente, la -risposta della moglie fu assoluta e severa; essa fissò gli occhi nel -marito con tale sicurezza imperiosa ch'egli dovette abbassarli; perchè -realmente egli era colpevole. — Passato quel primo momento essa ruppe -il silenzio; e rivolta al conte gli disse con un'aria indifferente: - -— Allo scampanio, non credeva che foste voi... non mi avete avvezzata a -questi modi... - -— Scusate, egli rispose, l'agitazione della corsa m'aveva irritato i -nervi... - -— E perchè avete corso?... - -— Vedendovi uscire dal ballo temetti... qualche improvvisa -sofferenza... pel caldo... in mezzo a tanta folla... - -— Diffatti, interruppe Silvia, che lo vedeva imbarazzato, diffatti non -sto bene... un'oppressione, un bisogno d'aria mi costrinse d'uscire... -Ho pregato Valdrigo d'accompagnarmi... - -— Vi ringrazio, caro Valdrigo, soggiunse il conte porgendo la mano -al pittore, e stringendogli la destra ch'era fredda come quella d'un -morto. - -A poco a poco la conversazione prese l'andamento ordinario e parlarono -di cose indifferenti, chè in fine dei conti, avevano tutti e tre delle -ragioni per essere contenti. - -Più tardi il conte propose di cenare. La cameriera uscì per fare alcune -provviste ad una vicina trattoria, che nelle occasioni dei balli, stava -aperta tutta la notte. - -Valdrigo dovette apparecchiare la tavola, il marito apriva un armadio -e ne tirava delle bottiglie di vino di Cipro stravecchio coperte di -ragnateli e di polvere. E mentre la Maddalena esterrefatta vedeva nelle -sue spaventose fantasie il marito che versava il sangue dell'amante, -il conte Leoni mesceva il Cipro a Valdrigo, e toccando i bicchieri, -bevevano insieme alla salute dalla Dama. — Fedele! pensava il marito — -perduta! ma non per sempre, diceva a sè stesso il giovane innamorato. - - - - -XXXII. - - -La prudenza consigliò Valdrigo ad astenersi per qualche tempo dalle -visite in casa Leoni, malgrado l'ardore sempre crescente della -sua passione. Maddalena lo sorvegliava da vicino, studiava i suoi -andamenti, leggeva nella sua fisonomia i desideri repressi, e le -inquietudini d'un'anima esaltata. L'amore che essa teneva celato -nei più profondi penetrali del cuore si nudriva di speranze future, -e infiammava la sua gelosia irritata dalle fatte scoperte. La cieca -gelosia si nutre di chimere, e guida a fatali consigli. - -La povera fanciulla, incoraggiata dal felice risultato della sua prima -resistenza, diceva a sè stessa. — Bisogna ch'io perseveri.... Bisogna -che io continui ad attraversare i suoi progetti, ad impedire ad ogni -costo i progressi d'una passione fatale, bisogna ch'io trovi il modo -di rompere gli anelli d'una catena che lo trascina alla perdita della -sua felicità, che lo allontana dal mio cuore; i continui ostacoli -devono stancare la sua pertinacia, compromettere la Dama, risvegliare i -sospetti del marito... egli sarà costretto di rinunziare all'impresa... - -La ferita sarà dolorosa, ma il tempo sana ogni piaga, io consolerò le -sue pene raddoppiando le cure, cercherò di ricondurlo al lavoro, alla -pace... aspetterò che gli anni calmino le sue passioni violente... -e forse un giorno, troverò nella sua felicità la ricompensa degli -affanni, coi quali, senza avvedersene, mi avvelena la vita. - -E nelle lunghe notti insonni, rivolgendosi nelle coltri affaticate, -meditava uno stratagemma che riuscisse a tagliare il nodo gordiano -con rottura irreparabile, senza gravi pericoli per nessuno, senza che -si potesse scoprire la mano che colpiva. Dapprima pensava di mettersi -d'accordo con la Rosa, di farlo chiamare a Saltore con un pretesto, -per allontanarlo da Venezia, ma egli avrebbe tosto scoperto l'inganno -e sarebbe ritornato. Un nuovo avviso al conte non voleva arrischiarlo, -era cosa pericolosa, ed aveva tremato troppo della sua prima imprudenza -per volerla tentare di nuovo, dal lato della signora non vedeva nessuna -cosa possibile. - -Di tutti i suoi progetti quello di allontanarlo da Venezia le pareva -il più opportuno, ma non trovava il modo di mandarlo ad effetto, e -poi temeva che il pittore uscito una volta dalla sua casa, potesse non -tornarvi mai più, o stabilirsi in altri paesi, e perderlo per sempre. -Avrebbe voluto poterlo chiudere nella sua stanza, e tenerlo tutto -per sè, ma siccome la cosa non era fattibile, cercava come si potesse -rendergli impossibile l'accesso alla Dama, senza troppo allontanarlo da -sè, e qui stava appunto la difficoltà. - -Mettendo il cervello alla tortura coi più strani pensieri, finì -a coltivare un'idea, che le pareva avere del buono e del cattivo -come tutti gli altri progetti, ma che presentava un incontrastabile -vantaggio, ed era di mettere il Consiglio dei Dieci in alleanza colla -sua gelosia. Ecco come ragionava la fanciulla: Una falsa accusa -farebbe mettere Valdrigo in prigione, e l'accusa essendo falsa la -prigionia non potrebbe oltrepassare la durata del processo. L'innocenza -dell'accusato, e la giustizia dei giudici renderà impossibile ogni -pericolo di condanna, ma forse il semplice fatto della prigione, -basterebbe ad allontanare per sempre il Valdrigo dal palazzo Leoni -anche dopo la sua liberazione, perchè l'esalazione del carcere rimane -sempre indosso a tutti i prigionieri di Stato, innocenti o colpevoli, -nè l'alterigia patrizia può ammettere nella sua società un uomo -sospetto di congiura, liberato per sola mancanza di prove. - -Il piano dunque le sembrava magnifico, ma teneva la sua decisione -in sospeso, a motivo delle privazioni alle quali avrebbe esposto -Vittore. Veramente aveva sentito dire che mentre dura il processo -i prigionieri non sono da paragonarsi ai condannati, pure sentiva -dentro di sè una voce tormentosa che biasimava i suoi pensieri, e -le minacciava le amarezze del rimorso. Nella calma della ragione -essa vedeva che provocare l'arresto di Valdrigo era un delitto, che -privava ingiustamente un uomo della libertà, che gettava un innocente -nella tristezza e nelle miserie del carcere, e pensando ai timori -del giovane, alla dolorosa solitudine, alla privazione d'aria e di -luce, al silenzio senza interruzione, ai dolori senza conforto, alle -sofferenze senza lenimento, malediceva il suo progetto, si strappava i -capelli dall'affanno, e giurava di frenare una passione violenta che la -trascinava a colpe tanto crudeli. - -Ma quando Valdrigo usciva di casa, galante e profumato come un -gentiluomo, con l'aspetto ardito e l'occhio scintillante, con un'aria -di provocazione e di conquista, allora la ragione taceva, allora i -buoni sentimenti svanivano, e i più dolorosi sospetti entrando nel -cuore, risvegliavano le furie della gelosia e la brama d'arrestare -ad ogni costo il trionfo d'una pericolosa rivale. I più forsennati -progetti le ripullulavano in mente, nessuna pena le sembrava soverchia -pel colpevole, avrebbe pagato col suo sangue una catena, il truce -aspetto delle porte ferrate, dei grossi chiavistelli e delle doppie -sbarre sorrideva al suo spirito agitato, come le promesse di un amico -sicuro. - -Esitante sul partito da prendersi, spiava ogni passo di Valdrigo, e -porgeva attenta orecchia ai discorsi del popolo che incominciando ad -inquietarsi sui destini di Venezia, mormorava sotto voce del governo -e d'alcuni nobili, fra i quali ritornava sovente in campo il nome -del conte Leoni, detestato dai partigiani delle nuove idee, come -il più accanito nemico d'ogni transazione e il più tenace difensore -dell'antico sistema. - -Le passioni represse fermentavano, un ardente desiderio di novità e -di riforma lottava contro i difensori della Serenissima Repubblica, -della quale vantavano le glorie passate e amavano le presenti dolcezze, -il vivere beato e pacifico, i continui passatempi, il libertinaggio -protetto dalle abitudini e dalla tolleranza del governo. Il lungo -abbandono delle armi e la vita molle avevano infiacchita la fibra del -popolo e della nobiltà, e abbassato il livello dei caratteri. Perduta -ogni morale dignità ed ogni nobile sentimento nazionale, l'egoismo -signoreggiava i magistrati del governo ed i privati cittadini. - -I principî della rivoluzione francese che proclamavano i diritti -dell'uomo alla libertà ed all'eguaglianza, si chiamavano il _gallico -veleno_, ed era perfino proibito di parlarne. Intanto i francesi -entravano in Italia, e i Savj seguitavano a chiudere le orecchie -ai consigli più assennati, e continuavano a far la corte alle dame -ed a frequentare i pubblici spettacoli colla maschera sul volto. -All'invasione delle idee, il governo si opponeva colla proibizione -degli scritti; alla invasione delle armi straniere, rispondeva colla -neutralità disarmata. In conseguenza di ciò, mancavano le armi e i -soldati, le piazze forti erano sguarnite nè si pensava gran fatto -alle difese, nè ad accrescere la flotta, nè ad acquistare le armi -o fabbricare la polvere; per riscontro si vietavano in Teatro le -tragedie perchè sollevavano e concitavano gli animi. Le rivelazioni -più importanti dei residenti alle Corti straniere e i dispacci -degli ambasciatori veneti in Francia, che annunziavano i disordini, -le minaccie e i pericoli imminenti, non venivano nemmeno letti al -Senato per non turbare il sonno ai patrizii, e per ordine degli -eccellentissimi Savj di settimana, tutte le carte risguardanti tali -argomenti si passavano nella _Filza delle comunicate non lette_[77]. - -Volevano ad ogni costo la pace, il riposo ed il sonno, e dichiaravano -la guerra alle mode di Parigi, ai bottoni, ai ventagli rivoltosi, -alle foggie giacobine; spendendo ragguardevoli somme per ispiare la -condotta dei soggetti. Lo spionaggio era una delle basi del governo, ed -i magistrati dopo d'aver spiati i sudditi si spiavano fra loro. I Tre -spiavano i Dieci, i Dieci spiavano i Tre, l'Avogador del Comun spiava -gli uni e gli altri. Le spie frequentavano tutti i luoghi pubblici, -le vie, i teatri, le chiese, e perfino le private dimore, e i loro -servigi venivano retribuiti con salvacondotti temporanei, con denaro, -con esenzione dalle tasse, con privilegi, impieghi, onori e impunità -di delitti. Malgrado però di questa rigorosa sorveglianza e della -severità delle leggi, la Voce della libertà trapanava da ogni parte -e la si sentiva ondeggiare per l'aria come i profumi della primavera. -Entravano furtivamente in Venezia, libri, fogli, programmi, gazzette, -coccarde, ed ogni altro incentivo. Il Villetard, segretario della -legazione francese, tendeva la mano ai malcontenti, favoreggiava le -congiure e fomentava gli spiriti più audaci. I fucili e i cannoni della -rivoluzione erano ancora lontani, ma penetravano in Venezia le massime, -i pensieri, le idee che precedono ogni mutamento sociale, apparecchiano -il terreno delle riforme, minano gli antichi propugnacoli e segnano le -fondamenta dei nuovi edificii. - -Maddalena passando una mattina per una calle remota, vide un gruppo di -persone che ciarlavano con aria misteriosa, guardandosi intorno. Erano -suoi conoscenti e vicini; si mise dunque in loro compagnia per udire -le notizie del giorno. La fanciulla non potendo suscitare sospetti, -essi continuarono i discorsi. Uno fra loro mostrava i pugni in atto di -minaccia e diceva: - -— Ancora un poco e dovranno deporre la toga, i parrucconi!... Cosa -sono i nobili più di noi?... I francesi vengono avanti... avanti... -avanti... - -Uno degli uditori voltava la testa con aspetto pauroso e mandava fuori -un soffio prolungato che voleva dire — Bagattelle!... - -Un altro interrompeva il narratore con un — tss — tss! — e indicava con -l'occhio un balcone, dal quale un individuo sospetto faceva capolino. - -— Eh! non abbiate più paura!... continuava il narratore, sono appena -due giorni che alcuni detenuti per sospetto di congiura contro la -repubblica, vennero rilasciati in libertà per l'influenza d'un alto -personaggio della legazione francese.... - -— Come? chiedeva il più timido, non li hanno condannati?... - -— Non hanno osato torcer un capello a nessuno!... guai se lo avessero -fatto!... eh! non sono più i tempi delle violenze tenebrose.... bisogna -che ci pensino due volte.... - -Maddalena pensava dentro a sè: — La mia idea è dunque buona, e posso -salvarlo senza pericoli. — L'egoismo delle passioni è sì grande -che sovente confonde il proprio interesse con l'altrui. E la povera -fanciulla traviata da una furente gelosia, aveva smarrito il buon -senso. - -Interamente dominata dal fatale pensiero che preoccupava il suo -spirito, non ascoltava più che macchinalmente le declamazioni del -narratore, quando il nome del conte Leoni la scosse dall'astrazione che -aveva invaso il suo spirito e tendendo attentamente l'orecchio udì le -seguenti parole: - -— Il conte Leoni partirà fra due giorni per Vienna con una missione -diplomatica.... il dispotismo si lega al dispotismo, egli è il -degno sostenitore degli abusi, ma verrà il giorno della giustizia ed -allora.... - -Maddalena non volle ascoltare più oltre, e se ne andò ferita da un -nuovo colpo nel cuore. Le parole: il conte Leoni partirà fra due -giorni per Vienna — le si erano scolpite nelle mente come una tremenda -minaccia. Il momento fatale era giunto, l'impunità degli amanti -assicurata. I vapori della gelosia le salivano al cervello, come i -fumi del vino ai bevitori. Vacillava e non vedeva innanzi a sè che -un velo che le offuscava la luce. Poi le ritornavano alla mente le -altre parole: — I prigionieri sospetti di congiura vennero liberati. -— Bisogna decidersi ad agire con risoluzione, essa pensava fra sè, il -tempo stringe e fra due giorni sarebbe troppo tardi! - -Con tali idee giunse a casa, si chiuse nella sua stanza, e vi stette -lungamente vaneggiando coi fantasmi della gelosia e dell'amore che le -passavano davanti lo spirito come una coorte d'anime dannate confuse -cogli spiriti eletti. Erano sogni d'ineffabili dolcezze turbati dalle -minacce d'una possente rivale, che apparecchiava il suo trionfo, erano -promesse di giorni lieti e sereni, disperse dai nuvoloni d'un vicino -uragano, solcato da lampi spaventosi, e dal guizzare del fulmine. - -La sua mente malata delirava, passando da un pensiero ad un altro -senza transizione ragionevole, e portando le immagini agli eccessi -dell'esagerazione. Ora si figurava tutti gli orrori, tutte le miserie -del carcere, le torture della mente e del cuore, le tenebre, la nudità -delle pareti, e Valdrigo pallido e malato in un canto, abbandonato alla -vendetta di giudici implacabili, condannato per la sua accusa a finire -i giorni in una tomba senza luce.... egli che amava tanto il sole e la -libertà, il soave profumo dei campi e l'ampio spazio del mare!... - -Allora, disperata e furente, si batteva la fronte, si lacerava le -vesti, si scopriva il seno palpitante, apriva le finestre, respirava -l'aria a buffate come chi soffoca dall'oppressione dell'asma o dalle -perniciose evaporazioni dei carboni incandescenti. La calma della -laguna, il cielo sereno, le fresche brezze della sera scendevano come -un balsamo sopra quell'anima desolata, e la voce della coscienza -parlando al suo cuore il linguaggio dell'onestà, il rimorso degli -insani progetti riprendeva il suo dominio e le lagrime del pentimento -le inumidivano il ciglio e le solcavano le guancie. - -Ma non passava guari di tempo che una bruna gondoletta solcando -l'acque davanti alla sua finestra, lasciava intravedere dagli aperti -finestrini, un giovine ed una fanciulla che stretti in amplesso -affettuoso si scambiavano un lungo bacio sulla bocca. - -Quella scena esaltava nuovamente il suo spirito, faceva palpitare il -suo cuore con violenza, e il canto del gondoliere che conduceva la -coppia felice ai freschi della laguna, risuonava alle sue orecchie come -una voce di scherno e d'ironia, riaccendeva la sua collera, avvelenava -i suoi sospetti e faceva tacere i rimorsi della coscienza. Si figurava -di vedere Silvia e Valdrigo, suggellare con un bacio il lunghissimo -amore, e giurarsi una fedeltà a tutte prove, immersi nelle delizie -della solitudine, fra il lusso dei ricchi appartamenti del palazzo -Leoni. Chiudeva la finestra, e la luce del crepuscolo che tingeva in -rosso il firmamento penetrava nella sua stanza cogli ultimi chiarori -che invitano la mente ai pensieri melanconici. Una profonda tristezza -invadeva i sensi affaticati della povera fanciulla, e un sopore pieno -di visioni succedeva alle lotte dolorose del giorno. - -All'indomani Valdrigo le appariva lieto e raggiante come un uomo -che si aspetta una sicura fortuna. Ella leggeva nel volto di lui il -presentimento d'un trionfo vicino, e ne fremeva di sdegno; la stanza di -lui esalava un leggiero sentore di essenza d'ambra, profumo sospetto a -Maddalena, perchè emanava dalle sue vesti dopo la vendita del quadro, -e appunto era incominciato al tempo delle visite in casa Leoni. -Rovistando fra le carte del giovane scoperse un ritrattino di Silvia, -lavoro condotto di memoria dal pittore innamorato, e una tale scoperta -inasprì la sua piaga, e fomentò la gelosia che dilaniava il suo cuore. -Ma ciò che mise il colmo al suo furore, fu un viglietto profumato -all'indirizzo di Valdrigo, apportato da un gondoliere. Appena uscito il -messo, sospinta da' suoi sospetti, essa stava per aprire il foglietto -suggellato, quando entrando Vittore glielo vide fra le mani e se lo -prese. La fanciulla con uno sguardo scrutatore interrogò il volto del -giovane, e le parve di vedere in un bagliore degli occhi un lampo di -felicità. - -Era troppo!... Divenuta cieca dalla gelosia, fremente dalla collera, -eccitata da tante circostanze, e spinta a provvedere dall'imminenza -del pericolo, salì rapidamente alla sua stanza, e preso un foglietto di -carta, con la mano tremante, e le vertigini, si mise a scarabocchiarvi -sopra le seguenti parole: — Vittore Valdrigo congiura contro il -governo. — La sua inesperienza dello scrivere la obbligava a tracciare -le lettere una per volta, ora grandi ed ora piccole, alte e basse come -le onde del mare in burrasca, che indicavano perfettamente lo stato del -suo animo, e in capo ad una mezz'ora aveva finito la sua delazione, -col relativo indirizzo dell'accusato. La solita voce della coscienza -la mordeva fortemente, e forse la avrebbe condotta a distruggere -l'infame foglietto, quando la melodia del violino di Valdrigo le -giunse all'orecchio come un preludio di divina dolcezza, come il canto -dell'anima accesa dall'amore e dalla speranza che inneggiava alla -divinità una sublime rivelazione. - -Postosi un fazzuolo sul capo, usci col viglietto nascosto in seno, -e attraversò rapidamente la via, senza vedere i passanti. C'erano in -quel tempo in Venezia alcune cassette collocate in vari luoghi, che -rappresentavano una testa di leone nella cui bocca si gettavano le -denunzie segrete. Giunta davanti ad una di quelle tremende cassette, si -guardò d'intorno, e trovandosi sola, gettò il biglietto nella bocca del -leone, e partì. - -È facile immaginare come abbia passato la notte che seguì la sua fatale -risoluzione; punta dal rimorso, turbata dalla paura, ad ogni piccolo -rumore trasaliva nel letto e le pareva udire gli sgherri che venissero -ad arrestare Valdrigo. Ma la notte passò senza che si avverassero i -suoi presentimenti, e il mattino sereno e tranquillo precedette un -giorno di pace, senza avvenimenti che agitassero il suo spirito. Alla -seconda notte, nuove paure vennero a funestare le lunghe ore delle -tenebre, e l'insonnia manteneva sul trasudato origliere tutte le -torture dell'incertezza, e tutte le palpitazioni dello sgomento. Al -terzo giorno Valdrigo uscì come al solito, ma non rientrando alla ora -consueta, i sospetti incominciarono a bazzicarle pel capo e pensava — -sarà stato arrestato per via — ed allora sentiva un dolore intenso che -soffocava i suoi sospiri, ma poi si rimetteva pensando che forse era -andato in casa Leoni — allora sarebbe corsa ella stessa fra gli sgherri -a strapparlo dalle braccia della rivale fra le quali lo dipingeva la -sua fantasia riscaldata. - -Finalmente Valdrigo ritornò a casa canterellando come era solito, e -preso il violino gli fece uscire delle note misteriose e gementi, che -parevano singhiozzi fra le lagrime. — Sembra il canto d'un prigioniero -— disse fra sè la fanciulla, e proruppe in dirottissimo pianto. — -Ma poi si consolò pensando che erano già passati tre giorni dalla -delazione, e quindi essa diceva: — Non avranno fatto calcolo della mia -accusa — tanto meglio! — e ringraziava il cielo con fervore. - -Il violino con uno dei trabalzi che erano nelle abitudini dell'artista, -cambiò metro ad un tratto, e si mise a suonare una danza brillante che -era la franca e briosa espressione della gioja. - -Il sole tramontava quando deposto il violino Valdrigo cambiava i -suoi abiti usuali con gli abiti nuovi. Maddalena che stava sempre in -agguato, guardava per il buco della serratura, e seguiva i movimenti -del giovane. Egli pettinava i suoi capelli con una accuratezza -straordinaria, li andava lisciando col cosmetico, e rivolgendo con -arte studiata in modo da scoprire tutta l'ampiezza della fronte. Poi -guardava se i manichini staccati formassero una cadenza regolare, e -se le lattughe della camicia presentassero delle piegue aggraziate -ed ammodo. Metteva le scarpette lucidissime colle fibbie d'argento, e -tirava le calze di seta con tanta cura che non facevano una piega, e -parevano una seconda pelle che coi suoi lucidi riverberi dava maggior -risalto a tutti i movimenti dei muscoli. - -La gelosia si riaccendeva nel cuore di Maddalena. Il conte Leoni doveva -essere partito, quella era dunque la sera fissata d'un abboccamento con -Silvia. - -La fanciulla si torceva le mani, e rientrando nella sua stanza -malediceva l'indolenza del governo, e mormorava fra i denti: — Cosa -fanno questi balordi d'inquisitori di Stato?... perchè non mandano ad -arrestare un accusato?... a che servono le bocche del leone?... a cosa -servono le denunzie segrete? - -Ma intanto che ella fremeva dalla collera, dopo d'aver assistito agli -apparecchi di una spedizione galante, la notte scendeva propizia agli -innamorati, e prometteva di proteggere colle tenebre i loro misteriosi -ritrovi. - -Valdrigo era all'ordine, ed uscito dalla sua stanza, ne chiudeva -l'uscio e scendeva tranquillamente le scale, e la povera fanciulla -ascoltava i passi di lui coll'ansia affannosa dell'avaro che sente il -rumore dei ladri che si avvicinano allo scrigno, e si apparecchiano ad -involargli tesori. - -Giunto alla porta di strada mentre egli teneva in mano il bottone del -chiavistello per aprire, dall'altra parte suonavano il campanello. -Valdrigo aprì, e si trovò in faccia di quattro persone di sinistra -fisonomia, una delle quali gli chiese: — Il signor Vittore Valdrigo?... - -— Sono io — rispose il giovane, cercando di dissimulare una vaga -inquietudine che lo assaliva. — Allora favorisca rientrare, io sono -il _fante dei cai_[78] e vengo per ordine degli eccellentissimi -inquisitori di Stato. — Gli altri erano, Messer Grande e due birri. La -forza morale dei fanti, esecutori degli ordini dei tribunali, era così -grande in Venezia, che bastava il loro nome per far abbassare la testa -e tremare.. Rimontarono le scale, entrarono nella stanza di Valdrigo -e l'obbligarono ad aprire tutte le cassette e gli armadi. Rovistarono -il letto, misero sossopra ogni suppellettile, indagarono accuratamente -ogni ripostiglio segreto, ogni angolo, ogni accessorio della mobilia, e -batterono sui quattro lati del muro ascoltando se il suono manifestasse -dei vuoti nelle pareti. Raccolte tutte le carte rinvenute le involsero -in un foglio, e dopo di averlo suggellato con molta attenzione, -invitarono Valdrigo a seguirli. Egli chiese in grazia d'avvertire -i suoi ospiti, e questo gli venne concesso. Entrò nella stanza di -Maddalena, sempre accompagnato dai quattro inseparabili compagni, e -trovò la ragazza sfigurata a tal punto che ne sentì più compassione che -della propria sventura. Essa aveva udito ogni cosa, voleva accorrere, -ma le mancarono le forze, e cadde sopra una sedia, pallida come un -cadavere, cogli occhi infossati, i capelli irti sulla fronte, la bocca -arida ed amara, i denti serrati, il cuore palpitante, le membra distese -dalla rigidezza dei muscoli, le mani chiuse con violenza. Valdrigo si -fece a consolarla alla meglio, dicendole: — Fatevi animo, Maddalena, -deve essere un errore, e ci rivedremo fra breve. - -Poche altre parole potè aggiungere, che essa quasi nulla intendeva, e -lo guardava fisso con due occhi incantati che parevano di vetro. - -La vecchia Marta era accorsa in aiuto della nipote, Beppo era assente, -il fante intimò la partenza. Valdrigo commosso per la pietà della -fanciulla le si avvicinò accorato e con l'affetto d'un fratello le -depose sulla fronte fredda un bacio d'addio, ed uscì senza volgersi -indietro perchè gli mancavano le forze. — A quel bacio la fanciulla era -caduta come colpita dal fulmine. - - - - -XXXIII. - - -Valdrigo venne condotto nelle prigioni dette dei Piombi, perchè, come -è noto, si trovavano sotto al tetto del palazzo ducale. Colà egli -aveva tutto il campo di meditare sulle sue disgrazie, e sulle umane -vicissitudini; le quali poi non sono così indipendenti dalla volontà -dell'uomo quanto vorrebbero pretendere coloro che attribuiscono troppo -sovente alla fatalità della sorte, quello che in fatto non è che -la legittima conseguenza delle loro azioni. Così Valdrigo colla sua -invincibile tendenza al dolce far niente s'era creata un'esistenza -avventurosa e da nulla, ed abbandonando il lavoro che gli avrebbe -fruttato soddisfazioni e benefizi, perdeva i giorni e smarriva -l'ingegno in vane e sterili occupazioni. - -Invece il suo compagno d'infanzia perseverando nelle fatiche e negli -studi, avanzava ogni giorno d'un passo, ed aveva oramai raggiunto un -tal merito da bastare alla immortalità. Il Senato gli aveva decretata -una medaglia d'oro del valore di cento zecchini, e gli assegnava una -pensione vitalizia di cento ducati d'argento mensili, in compenso del -monumento scolpito in onore d'Angelo Emo. E mentre Valdrigo entrava in -carcere, Canova riceveva dall'ambasciatore della Repubblica presso la -corte di Roma la medaglia commemorativa. La presentazione del dono del -Senato venne fatta con molta solennità nella sala grande del Palazzo -di Venezia (residenza dell'ambasciata a Roma) fra le persone addette -alla legazione ed i più distinti personaggi invitati per la cerimonia. -L'Ambasciatore presentò al Canova la medaglia, dicendogli: — «A voi, -cittadino, onore dell'Italia, e della nostra patria, il veneto Senato -mi commette presentarvi questo ricordo, in segno del suo gradimento per -l'opera vostra, già collocata nel nostro arsenale, ove a gloria vostra -e nostra, vivrà per molti secoli a comune compiacenza e decoro»[79]. - - - - -XXXIV. - - -Beppo rientrando in casa trovò la Maddalena a letto col medico da una -parte, e la Marta dall'altra. Il suo svenimento aveva durato quasi -un'ora, e la povera vecchia, credendola morta, aveva gridato con voce -disperata e chiesto ajuto dalle finestre. - -Accorse le donnicciuole delle case vicine, prodigarono le prime cure -alla fanciulla, e cercarono il medico. - -Intanto la notizia dell'arresto di Valdrigo s'era sparsa per la calle, -e diffusa per la città, e tutti fantasticavano sui misteriosi motivi -d'una tale misura. Cogli animi concitati dagli avvenimenti politici -tutti discutevano gli atti del governo, e ciascheduno spiegava le -cose a suo modo. I timidi rientravano in casa sospettosi, bruciavano -le carte e i giornali proibiti, e accusavano d'imprudenza i turbatori -della pubblica quiete. - -Beppo rimasto con Maddalena volle che sua sorella gli raccontasse -esattamente i particolari dell'arresto, e quando udì che avevano -trasportate le carte del giovane si cacciò le mani nei capelli -esclamando: — Egli è perduto!... - -Maddalena, quantunque abbattuta da un'eccessiva prostrazione di forze, -alla parola del fratello balzò sul letto spaventata, e rizzandosi -a sedere gli chiese con voce fioca ed affannosa, il motivo di tale -giudizio. - -Allora Beppo, dopo essersi assicurato che la porta era ben chiusa, -e che nessuno ascoltava, avvicinandosi alla fanciulla tremante le -disse all'orecchio: — Valdrigo è frammassone! cioè affigliato ad una -società segreta, che congiura contro il governo, egli aveva carte e -libri proibitissimi; faceva la propaganda fra il popolo, dei principi -d'eguaglianza fra gli uomini, e predicava la libertà e la distruzione -dei privilegi!... - -Ad ogni parola ascoltata, Maddalena mandava un gemito profondo, il -suo seno agitato palpitava con trabalzi interrotti dall'asma, con una -mano nervosa serrava il braccio del fratello, e finalmente ricadde -sull'origliere, con un singulto tanto profondo, e continuato che pareva -il rantolo della morte. Beppo si pentiva ma troppo lardi delle sue -rivelazioni, accorreva a chiamare la Marta, ritornava dal medico, ma il -male era fatto. Si dichiarò una febbre violenta con vaneggiamenti, nei -quali la povera fanciulla pronunciava voci sconnesse prive di senso, -chiamava Valdrigo.... e balbettava sovente la parola perdono. - -Intanto si spargeva anche a Treviso la notizia dell'arresto del giovane -pittore, e la povera Rosa andando al mercato, udì la triste novella. -Ritornata in fretta a Saltore, trovò la casa in iscompiglio e il marito -nella desolazione. - -Avendo scoperto un tumore in un bue, Zammaria era corso a chiamare -il veterinario, il quale aveva dichiarato l'animale affetto da _spina -ventosa_, incurabile. - -L'annunzio dell'arresto di Vittore accrebbe la disperazione di -Zammaria, il suo cervello non era suscettibile di sopportare due -disgrazie in un punto senza gravi conseguenze. - -Alla prima contrarietà egli diventava muto, alla seconda imbecille. -Oppresso dall'affanno per i pericoli del figlio, minacciato di perdere -un bue, e il migliore della stalla, sbalordito dal discorso della -moglie, egli se ne stava colle mani in tasca, il naso in aria, la bocca -spalancata, gli occhi stralunati, come trasognato e smarrito. Le sue -idee erano confuse, egli non vedeva più chiaro, il bue malato e la -prigione di Venezia, suo figlio, gl'inquisitori di Stato, e la spina -ventosa gli trottavano per la testa in una nube misteriosa; il boia e -il veterinario gli stavano davanti minacciosi, e la moglie spaventata -aumentava i suoi terrori con le sue lagrime, e i suoi lamenti. - -La Rosa si decise a partire per Venezia, e raccomandando alle cure di -Osvaldo gli affari di casa, il bue ammalato e il marito istupidito, si -mise in via per Mestre, e colà entrata in una barca giunse sulla sera -alla casa degli ospiti di suo figlio. - -Venne ricevuta dalla vecchia Marta e da Beppo colle lagrime agli -occhi, e tosto la introdussero nella stanza di Maddalena. La povera -malata entrava in convalescenza dopo lunghe sofferenze, superate per le -cure della nonna, per l'assistenza delle amiche, ma più di tutto per -l'influenza d'un pensiero che dominava il suo spirito e sosteneva le -sue forze. Passata la prima violenza del male, essa aveva pensato con -rimorso alla commessa imprudenza, aveva meditato ai modi di riparare la -colpa, al dovere d'adoperarsi in vantaggio dell'infelice prigioniero, -e di tentare ogni via per salvarlo. Il sentimento d'un tal dovere le -era penetrato talmente nel cuore, che secondava i consigli del medico -per ristabilirla in salute. L'energia della gioventù e la forza della -volontà sono due potenti rimedi per ogni malattia. Vedendo entrare -la Rosa, le parve che il cielo le inviasse un'alleata, e dopo d'aver -sfogato colle lagrime l'espressione del cuore, promise alla buona madre -di assisterla nelle sue supplicazioni in favore del giovane; e promise -a sè stessa di prestarsi a salvarlo a costo d'ogni sacrificio. - -Le loro espansioni affettuose e le reciproche promesse invigorirono -il coraggio e la speranza d'entrambe, e incominciarono subito a far -progetti ed a stabilire un mezzo che si mostrasse favorevole allo -scopo. Ognuna manifestava le sue idee, la Rosa desiderava presentarsi -alla contessa Fulvia degli Orseolo, gettarsi a' suoi piedi, muoverla -a pietà, intercedere la sua valida protezione. Maddalena dimenava la -testa lentamente in segno di disapprovazione e stringeva le labbra come -chi dubita d'una cosa, ma non vuole opporre un'assoluta negativa. - -Discussero lungamente sull'importante soggetto, ma la fanciulla -meditava un piano che le sembrava infallibile, e temporeggiava -soltanto ad annunziarlo per misurare le sue forze. Essa pensava che al -mondo non c'è che una cosa sola d'irresistibile — l'amore. — Questa -passione, essa diceva fra sè, può spingere a degli eccessi, può fare -dei miracoli. Se una persona può salvare Valdrigo questa è Silvia -Leoni, essa lo ama, essa troverà il modo di liberarlo. — Ma bisognava -raccogliere le forze tutte del cuore e della mente, bisognava disporsi -ad una annegazione completa di sè, bisognava rinunziare ad ogni -aspirazione, ad ogni speranza, ad ogni gelosia. Questa era però una -espiazione necessaria, la giusta punizione della colpa, colle stesse -sue armi. - -Quando le parve di sentirsi forte abbastanza per affrontare l'impresa, -comunicò il suo piano alla Rosa, che vi aveva già pensato, ma non -osava proporla per un riguardo istintivo verso la fanciulla della -quale indovinava l'affezione, e sospettava la gelosia. Lieta però -della decisione secondò il progetto, e fissato il giorno della visita, -si disposero tutte due a sostenere la loro parte in modo da ottenere -l'intento, la madre pensando a quanto avrebbe detto per intenerire -la signora, la Maddalena studiandosi di domare la sua ripugnanza -verso la rivale e di dominare la sua passione, sagrificando sè stessa -all'interesse del giovane amato. - -Giunta la mattina stabilita si misero in via, ed entrambe col cuore -agitato da diversi sentimenti entrarono nel palazzo Leoni. Avendo -chiesto di parlare alla padrona, un servo gallonato, le introdusse in -un'ampia anticamera dicendo: — Accomodatevi qui ed aspettate. - -In simili circostanze l'aspettativa è un supplizio, i minuti sono -lunghi come le ore, e i pensieri tristi si accumulano nello spirito e -pesano gravemente sul cuore. - -Finalmente il servo ricomparve, aperse una porta, e tenendosi indietro -disse: — Venite pure avanti.... - -Le donne entrarono in una stanza resa oscura dai pesanti cortinaggi -delle finestre, ed esalante un leggiero profumo d'essenza d'ambra che -salì al cervello di Maddalena come l'emanazione d'un veleno. Chiusa la -porta dal domestico che rimase di fuori, si avanzarono lentamente, e si -arrestarono dirimpetto ad un ampio seggiolone sul quale sedeva la dama. - -Silvia, vestila a bruno, e più pallida del solito pareva oppressa da -una profonda tristezza, ma quando riconobbe la Rosa si alzò in piedi, -la accolse con pietosa dolcezza, se la fece sedere da presso e le disse -con voce compassionevole: - -— Povera Rosa!... m'immagino il motivo della vostra visita. — La Rosa -scoppiò in un dirotto pianto, e dimenticò le belle espressioni che -aveva apparecchiate per intenerire il cuore della signora, ma le sue -lagrime erano più eloquenti di qualunque altro discorso. - -Silvia indicò una sedia a Maddalena che si teneva in piedi cogli occhi -bassi, e continuò: - -— Siamo in tempi funesti per tutti, povera Rosa.... i torbidi delle -provincie, le minaccie degli stranieri, l'audacia dei nemici del -governo, rendono i giudici più severi.... ma qui si arrestò, perchè -s'avvide che con tali parole raddoppiava il dolore della povera madre, -e soggiunse: — fatevi coraggio, io non ho aspettato la vostra visita -per occuparmi in favore di vostro figlio, ma vi ripeto, i tempi sono -cattivi.... - -E mentre parlava andava esaminando attentamente la fanciulla che non -conosceva, la quale sentendosi osservata arrossiva, e non osava alzare -gli occhi, finalmente spinta dalla curiosità Silvia chiese alla Rosa: - -— Chi è questa ragazza che vi accompagna?... - -La Rosa esitava a rispondere, ma poi si decise, e disse con voce -singhiozzante: - -— È la nipote della padrona di casa di mio figlio.... - -Silvia e Maddalena si scambiarono un colpo d'occhio eloquente. La prima -pareva che chiedesse con amaro sospetto: — saresti forse una innamorata -di Valdrigo? — l'altra con fiero cipiglio sembrava dire: — Conosco i -segreti del vostro cuore. - -— State in casa con Vittore?... chiese Silvia con apparente -indifferenza. - -— Sì, signora.... rispose Maddalena, con un'aria di trionfo. - -Allora Silvia, come per investigare dalle espressioni del volto, -gl'interni sentimenti della fanciulla, soggiunse: - -— Si potrebbe forse ottenere la liberazione di Vittore, dal carcere, ma -sarebbe impossibile di salvarlo dalla espulsione dal territorio.... - -— Tanto meglio!... saltò fuori a dire Maddalena, che non seppe frenare -la sua gioia. E la Silvia che studiava coll'istinto della donna i -lineamenti della fanciulla sospetta, indovinò dall'atteggiarsi del -volto e dall'improvvisa risposta, l'amore e la gelosia. - -Allora, desiderosa di mettere alla prova l'intensità di -quell'affezione, e forse anche di punire l'audacia d'una rivale dal -cui amore sentiva offesa la sua dignità, continuò il suo discorso -indirizzandosi alla Rosa, ma osservando sottecchi ogni movimento della -fanciulla: - -— Se potessi ottenere il suo esiglio, egli potrebbe andare in Carinzia. -Io devo passare di là per recarmi a Vienna a raggiungere mio marito, e -lo prenderei volontieri con me. A Vienna potrei giovarlo molto colle -relazioni dei nostri amici. — Maddalena si mordeva le labbra, e le -vene della sua fronte ingrossavano. — Silvia osservava ogni movimento -di quel volto alterato, e continuava con apparente tranquillità: — È -certo che l'esilio chiude per sempre le porte della patria, ed egli non -potrebbe più entrare nei domini della repubblica.... ma piuttosto che -marcire in una prigione, piuttosto di non vedere più il sole.... - -La povera Rosa teneva le mani giunte, e cogli occhi gonfi, infiammati, -e pieni di lagrime, levava la fronte verso il cielo, che metteva -compassione a vederla. — Maddalena lottava fra l'amore e la gelosia, -fra il desiderio ardente di salvare Valdrigo, e il dolore di vederselo -rapito per sempre. Ma alle ultime parole di Silvia, fatto come uno -sforzo sovrumano sopra sè stessa, ruppe il silenzio, ed esclamò: - -— Purchè sia salvo dalla prigione vada pure in esilio, purchè sia -libero e possa rivedere il sole e la campagna che egli ama tanto... -parta pure da Venezia... e... sia felice... e sia fatta la volontà di -Dio!... Voleva dire: — e siate felici, ma si avvide che non conveniva, -e mutò la frase. - -Silvia intenerita da tanta annegazione, pensò: — lo ama più di me! — e -stesa la mano alla fanciulla, volle tener stretta la destra di lei in -atto di perdono e di simpatia, e le disse con sincera espressione: - -— Siete una buona fanciulla... e il cielo vi proteggerà... - -Questa specie di capitolazione istantanea stravolse i pensieri della -povera Maddalena, che non trovando più la forza di frenare le sue -emozioni proruppe in singhiozzi affannosi, ed in lagrime abbondanti. - -Silvia avvicinatasi alla fanciulla la consolava con dolci parole, e -Maddalena sempre più intenerita, le ripeteva fra i singhiozzi e le -lagrime: — Salvatelo... salvatelo ad ogni costo... voi sola potete -salvarlo. - -Così fra le varie e strazianti commozioni rimasero lunga ora, piangendo -insieme, pregando e promettendo a vicenda, sperando, e sospirando -quando un domestico venne ad annunziare alla signora che Sua Eccellenza -il conte Orseolo la aspettava nel gabinetto del conte Leoni per una -comunicazione importante. - -Silvia si levò, e congedandosi dalle donne, disse loro: — Consolatevi, -mio padre deve essere andato alla legazione francese per parlare -in favore di Vittore... Ahimè! pur troppo il Serenissimo Doge, -l'Eccellentissimo Senato, e tutti i Magistrati della Repubblica, sono -oramai i vassalli della Francia nostra nemica, e dipendono dalla sua -possente volontà... a rivederci un'altra volta... Rosa, sperate... -e voi pure, Maddalena... un giorno sarete forse felice... ed io -vi prometto di cooperare alla vostra felicità, perchè sento che la -meritate... e ne avete più diritto di... di altre persone. — Voleva -dire più di me, ma corresse la frase prima di pronunciarla. - - - - -XXXV. - - -Quando un paese subisce gli ordini degli stranieri, l'ora della sua -morte è vicina. La neutralità disarmata, cioè il dolce far niente, -abbandonava Venezia inerme in balìa dei francesi. Spento l'antico -valore nei baccanali, e ammollite le fibre dei cittadini nella lunga -pace, nelle abitudini effeminate, nei piaceri d'una vita dilettosa, -l'indolenza aveva preso il posto dell'operosità, e la paura succedeva -al coraggio. I tempi delle guerre di Costantinopoli, Candia, Cipro -e Morea erano tramontati per sempre. Colla morte d'Angelo Emo erano -spenti gli eroi della tempra di Enrico Dandolo, di Vittor Pisani, di -Carlo Zeno, di Francesco Morosini. La vecchiaia aveva rimbambito la -Repubblica, le altere minaccie che avrebbero animato gli antichi alla -lotta, facevano piangere l'ultimo Doge. Spento ogni vigore di governo, -la città si divideva in partiti. - -I sostenitori delle antiche leggi e degli aviti costumi, si stempravano -in lamenti imbelli e odiavano i francesi; ma alle armi che invadevano -lo Stato, rispondevano con impotenti proteste. I partigiani entusiasti -delle nuove idee spingevano la patria alla rovina, colla stolta fidanza -di trovare la libertà nella perdita della indipendenza. Fra questi -estremi in lotta si agitava il partito che si solleva in tutte le -rivoluzioni, come la schiuma nel mare burrascoso, e barcheggiando fra -gli uni e gli altri, cerca di cavarne il denaro, e gli onori. - -Il governo mandava deputati a Bonaparte vincitore, il quale rispondeva: -— «Io sarò un Attila per lo Stato Veneto. Non voglio più Senato, non -voglio più inquisizione. Verrò io a rompere i piombi, barbarie dei -tempi antichi... le opinioni devono essere libere!» — - -Tutto era perduto!... Mancava la forza per resistere e il genio per -governare; dovevasi aprire la porla alla libertà, e chiuderla in faccia -agli stranieri. Hanno fatto tutto al contrario!... - -Il giorno 12 maggio 1797 fu l'ultimo per la repubblica che da Paolo -Lucio Anafesto a Lodovico Manin visse quattordici secoli indipendente e -gloriosa! - -Una colonia di famiglie sfuggite alle stragi dei barbari venne a -piantare le sue tende sulle isolette deserte della laguna. Povera, -ma laboriosa fabbricò le sue piccole dimore di legno, e le modeste -barchette necessarie alla sussistenza dei pochi abitanti. - -Crebbe a poco a poco col traffico, abbellì la sua modesta dimora -col frutto degli onesti guadagni. Aumentata la popolazione e la -ricchezza, ampliò le case fino a che giunse a fabbricarle coi marmi -dell'Oriente, ad abbellirle colle statue della antica Grecia; le -barchette pescareccie diventarono forti navigli, che percorsero i mari, -e tornarono in patria onusti di tesori e di gloria. Dapprima marinaia, -commerciante e guerriera, fu poi madre e nutrice di sapienza e d'arti -gentili. - -Ma l'acquisto di Cipro le apportò colla ricchezza l'amore della -voluttà, le morbidezze di corrotti costumi; la scoperta d'America le fu -fatale al commercio. Giunta all'apogeo della fortuna s'arrestò a godere -la conquistata grandezza. - -Ma chi s'arresta è sorpassato da chi avanza. Venezia cinta del gemmato -diadema si adagiò mollemente sul manto ducale, e immersa in voluttuosi -pensieri mentre il leone ammansato dormiva ricevette gli omaggi del -mondo che ammirava lo splendore della sua bellezza. Nei giorni del -pericolo la sua spada irrugginita e il braccio infiacchito rifiutarono -il loro uffizio, essa non aveva più forze, il suo leone non aveva più -ruggiti. Allora fidente nella costanza della fortuna e nel prestigio -de' suoi vezzi, si cinse di fiori, e assopita dal dolce far niente, -chiuse gli occhi... — Quando li riaperse lo scettro e il diadema erano -scomparsi, i fiori s'erano mutati in catene, il leone, ferito nel -cuore, spirava... Fece uno sforzo per difendersi, ma troppo tardi!... -la regina era divenuta una schiava... - - - - -XXXVI. - - -L'ultimo giorno della repubblica, caduto l'antico governo avanti che il -nuovo regime entrasse in funzione, Venezia fu in preda all'anarchia. -Il popolo sommosso commise violenze e saccheggi guidato da alcuni -capi frenetici ed avidi di bottino, che eccitavano gli animi con -declamazioni violente, e si trascinavano dietro una folla esaltata da -tutte le passioni sfrenate. - -Si apersero le carceri, e Valdrigo si trovò liberato al grido di viva -la libertà e l'eguaglianza! e sceso in piazza fra il popolo agitato, -apprese la caduta della repubblica. I diversi partiti minacciavano la -guerra civile, e gli scaltri birboni si studiavano di approfittarne -gridando ora viva san Marco, ora viva la libertà, tanto da fomentare -le discordie, la confusione e le ire. Alcuni cialtroni indemoniati -calunniando i vinti provocavano le vendette per trarne il loro -vantaggio, e si mettevano alla testa delle orde furibonde per guidarle -al saccheggio. - -Al grido — morte all'aristocratico Leoni, morte al nemico del popolo, -— Valdrigo che si era incamminato verso la sua dimora si arrestò -commosso dall'indignazione e dal raccapriccio, e mutata strada seguì -la ciurmaglia scapestrata che correva armata di picche e di fucili ad -assalire il palazzo. - -Deciso di difendere la dimora del suo protettore, egli si faceva largo -fra la folla, per giungere fra i primi, e il pensiero che forse avrebbe -potuto salvare la Silvia dall'imminente pericolo, animava il suo -coraggio. Quell'orda ubbriaca di truffatori mandava urli minacciosi, -imprecazioni e bestemmie, e Valdrigo ringraziava la Provvidenza -d'averlo riservato alla sorte fortunata di esporre la vita per la donna -che dominava il suo cuore. - -Trovato chiuso il portone del palazzo si misero ad abbatterlo a colpi -di martello e di scure ed ogni colpo risuonava nell'anima di Valdrigo -con dolorosa impressione. - -Gettata abbasso la porta, i saccheggiatori invasero il palazzo, -Valdrigo li seguì, e penetrando di soppiatto in una stanza che -conduceva agli appartamenti di Silvia, chiuse l'uscio dietro di sè, e -si mise a correre per quelle camere deserte, senza trovare nessuno. -Allora uscito per un'altra porta salì al piano superiore, ma ogni -appartamento era deserto, che gli abitanti avvertiti in tempo erano -usciti per una porta di dietro e si erano rifugiati in casa Orseolo. - -Intanto il palazzo era stato invaso da ogni parte, gli armadi venivano -infranti e depredati, ogni cosa manomessa, in preda della distruzione -e della rapina. Valdrigo vagava come forsennato, coi capelli irti -sul capo, cogli occhi spaventati, sospinto dall'onda degli invasori, -ludibrio di forze irresistibili, spettatore impotente di tanta -desolazione. - -Confinato dalla folla irrompente, nel vano d'una finestra, vide con -indescrivibile spavento delle nubi di fumo uscire vorticose dal lato -della galleria. - -Gl'infami predatori, non potendo forzare le porte le avevano -incendiate, e il fuoco s'era appiccato ai quadri e distruggeva le opere -preziose dei più insigni pittori. - -All'anima dilaniata dalla vista delle profanazioni di tanti oggetti -consacrati dalla sua venerazione e dal suo amore, s'aggiunse lo -spettacolo dell'arte violata e distrutta dalla barbara brutalità degli -scellerati. L'amante e l'artista erano parimente colpiti. - -La sua esaltazione giunse al colmo; egli sentì il delirio della collera -che gli invadeva il cervello, e gli metteva in oscillazione tutte le -membra frementi spingendolo alla vendetta. - -Era disarmato, ma dato di piglio ad un brandone di legno staccato da -un mobile infranto si fece largo fra la folla, e sceso nella galleria -cogli occhi che gli uscivano dalle orbite s'arrestò nel luogo ove -pochi mesi prima aveva collocato il suo quadro dei pescatori. — La -tela era stata distrutta dall'incendio, ed appena una parte della -cornice pendeva ancora dal muro!... Il fuoco era stato spento dagli -stessi incendiari, i quali temendo di non poter uscire per l'ingombro -della folla, spaventati dall'idea di morire bruciati, ed anche spinti -dall'avidità del furto, avevano soffocate le fiamme. - -Vittore, divenuto come pazzo dalla disperazione di veder distrutta -un'opera che gli costò tanta fatica, si mise a menare dei colpi -disperati nelle gambe, nelle schiene e nelle teste dei birboni, che -tagliavano le tele per distaccarle più presto dalle cornici. - -Ai primi colpi, spaventati o colpiti, vollero fuggire, ma poi rianimati -dai compagni che udito il tafferuglio erano corsi in aiuto, e resi -audaci dall'isolamento dell'assalitore, gli si scagliarono contro coi -coltelli. - -Mentre ferveva la lotta, alcuni cittadini, armati in fretta per -ristabilire l'ordine turbato, seguiti dai buoni arsenalotti e da un -drappello di bombardieri accorrevano al palazzo Leoni per frenare il -furore del popolo. All'intervento della forza regolare i saccheggiatori -sgombrarono dal luogo, abbandonando Valdrigo disteso sul pavimento -della galleria, privo di sensi ed innondato di sangue. - - - - -XXXVII. - - -Rosa e Maddalena, appena udita la liberazione dei prigionieri, erano -accorse verso le carceri per incontrare Valdrigo. Giunte in Piazzetta, -lo cercarono inutilmente fra la folla, ed avendo inteso parlare -d'una ciurma minacciosa che s'era indirizzata al palazzo Leoni, -congetturarono tosto che si fosse recato colà per prestare la mano alla -difesa. Vi giunsero qualche tempo dopo l'arrivo de' soldati, mentre -un medico assistito da qualche altra persona, collocava Valdrigo sopra -un letto, apportato nella stessa galleria, non giudicando prudente di -trasportare il ferito. È più facile immaginare che descrivere la loro -desolazione, però la necessità del momento le obbligò a soffocare ogni -dolore per darsi all'assistenza del povero giovane, che aperti gli -occhi parve consolarsi della vista della madre e della fanciulla, come -della apparizione di due angeli discesi dal cielo in suo ajuto. - -Ripararono alla meglio il disordine del locale in parte saccheggiato, -in parte guasto dalle fiamme, in parte ancora adorno di stupendi -dipinti. - -Essendo infrante le invetriate, chiusero le finestre colle porte -degli appartamenti vicini, e con dei frammenti di tappeti, lacerati -dagli invasori, cercarono d'impedire l'ingresso dell'aria. Il chirurgo -medicando le gravi ferite scuoteva il capo in alto di sfiducia; Rosa e -Maddalena gli prestavano la più affettuosa assistenza. Alcuni cordiali -opportunamente somministrati parvero giovare alquanto al malato, e la -speranza ravvivò lo spirito affranto delle povere donne. - -Sulla sera, Silvia accompagnata dai suoi parenti dai quali s'era -ricoverata nel momento del pericolo, rientrò nel suo palazzo -scompigliato dal saccheggio, attristato dalle lagrime e dal sangue, -e accorse subito a visitare il ferito che alla sua vista atteggiò il -pallido volto ad un mesto sorriso, che pareva volesse esprimere il -seguente pensiero: - -— Sono lieto di morire, perchè non sono stato degno di vivere.... - -Silvia pensando con raccapriccio al passato, ai pericoli incorsi -nella sua vita, ed alla tremenda catastrofe del giorno, osservava con -pietoso sentimento lo sguardo eloquente di Vittore, e pareva che gli -rispondesse col muto linguaggio dell'anima: - -— Tutto svanisce nella mia vita!... il primo, l'unico amore! — la -gioventù — la speranza di giorni migliori — la patria e le glorie degli -avi, calpestate dal furore del popolo.... non ho serbato che una cosa -sola, la virtù!... essa mi darà la forza di sopportare ogni disgrazia, -e di aspettare senza rimorsi.... il giorno del riposo.... l'eternità! - -Alla notte le tre donne si chiusero nella galleria, e vegliarono -intorno al letto dell'infermo, rischiarate da una lampada che mandava -una languida luce su quella scena di dolore. - -Valdrigo con l'occhio del moribondo guardava ora l'uno ora l'altro -di quei volti che assistevano con tanta pietà alle sue pene. Gli si -leggevano i pensieri sui lineamenti sparuti, agitati a seconda delle -sensazioni. - -Fissava la Rosa con un'espressione d'affanno. La madre gli ricordava -la famiglia, le gioje innocenti dell'infanzia, la pace serena dei -campi illuminati dal sole, l'alito della vita che moveva le piante -e gli animali con un fremito arcano, sottomessa alla sublime volontà -della natura. Rivolto a Silvia, l'occhio semispento si animava d'una -scintilla, le labbra tremolavano d'un fremito convulso. Essa gli -rappresentava l'amore sublime, l'aspirazione perenne della sua anima -verso una felicità inarrivabile, il pensiero animatore della sua -esistenza. Guardando la Maddalena egli volgeva la testa verso il quadro -distrutto, ed una lagrima inumidiva le sue ciglia. Essa era stata per -lui il tipo perfetto dell'arte, il modello de' suoi studi, la causa del -suo trionfo d'artista. — Tutto era perduto!... Le gioje della vita, la -felicità dell'amore, le glorie dell'arte!... - -Il moribondo chiudeva gli occhi, e il rantolo dell'agonia gli opprimeva -il respiro. — Allora forse un rimorso gli mordeva la coscienza e -amareggiava i suoi ultimi istanti. — L'apatia, l'indolenza, l'inerzia -avevano dominata la sua vita e soggiogato il suo genio! — La natura -lo aveva dotato di rari doni, egli li aveva sprecati. Nell'arte voleva -raggiungere la perfezione, nell'amore aspirava all'impossibile, della -vita non coltivava che le chimere ed i sogni!... - -La contemplazione inoperosa, il dolce far niente, gli rendeva amara -la morte, il pensiero di non avere recato alcun vantaggio colla sua -esistenza, di non lasciare veruna traccia del suo passaggio sulla -terra, era il tormento della sua ultima ora. Alla mattina aperse -gli occhi, e quando il sole salutava i campi coi primi suoi raggi, -egli coll'estremo anelito della vita proferiva queste parole che -riassumevano il suo destino: — Ho aspirato a cose troppo sublimi! — e -abbandonato il capo sull'origliere, spirava. - - - - -XXXVIII. - - -La bruna gondoletta che menava all'estrema dimora Vittore Valdrigo -tracciava un solco nella laguna, che appena aperto svaniva senza -lasciare veruna traccia del suo passaggio. Tale fu la vita di lui, -tale è l'esistenza di chi perde i giorni nell'ozio, e spreca le ore in -vuoti vaneggiamenti e in chimere. Ciascheduno deve il suo tributo alla -società in ragione delle sue forze. Il dolce far niente è la rovina -degli individui, delle famiglie, e degli Stati. - -Nel giorno che il giovane pittore scendeva nella tomba, lo scultore suo -compagno di studi, esponeva in Roma la bella statua di Psiche, nella -quale aveva trasfusa la sua anima. - -La vita operosa gli fruttava onori e ricchezze. Egli visse ancora molti -anni circondato dall'ammirazione del mondo, eresse sui colli del suo -paesello nativo un tempio che rivela il suo amore per la patria e per -l'arte, e scolpì delle statue e dei monumenti che lo ricorderanno alla -più tarda posterità. Morendo lasciò i beni della fortuna alla famiglia, -e trasmise all'Italia il glorioso retaggio delle sue opere e del suo -nome immortale. - - - Villa Saltore, gennaio 1869. - - - FINE. - - - - -DEL MEDESIMO AUTORE: - - - _Il bacio della contessa Savina_. 4.ª edizione L. 1 — - _Villa Ortensia_ 3 — - _Il Roccolo di Sant'Alipio_ 3 50 - _Sotto i ligustri_. Novelle e memorie 3 50 - _Il Convento_ 3 50 - _La famiglia Bonifazio_ 4 — - _Brava gente!_ 3 50 - - - - -NOTE: - - -[1] Veggasi le antiche cronache, e le Memorie Venete raccolte da -Giambattista Galliciolli, stampate in Venezia nel 1795. Tomo VII, pag. -100. - -[2] MISSIRINI. _Della vita di A. Canova_. Prato, 1824. Libro I, Cap. -II, pag. 24. - -[3] _Pensieri di Canova tratti dalle Memorie scritte da Antonio -d'Este_. Firenze, p. 73. Le Monnier, 1864. - -[4] _Parole di Canova_. Opera sopra citata, p. 67. - -[5] Parole di Canova, citate nelle memorie scritte da Antonio d'Este. - -[6] Ballarini, Lettera 14 maggio 1785 — citata da Fabio Mutinelli nelle -_Memorie storiche degli ultimi cinquant'anni della Repubblica Veneta_. -Venezia 1854. - -[7] La descrizione dei locali e delle cerimonie è presa esattamente -dalle _Memorie storiche degli ultimi cinquant'anni della Republica -Veneta_, di Fabbio Mutinelli, il quale parimenti la trascrisse dai -documenti autentici esistenti nell'Archivio degli Inquisitori di Stato, -nell'Archivio generale e nella Raccolta del Museo Correr. - -[8] Mutinelli, opera citata. - -[9] Esistono due cataloghi dei Liberi Muratori Veneziani, dai quali -vennero estratti questi nomi con storica esattezza, e si conservano -nell'Archivio del Governo democratico e nella Raccolta Correr. - -[10] Parole tutte di Canova, citate da Missirini nella _Vita_ che -scrisse di lui. - -[11] _Memorie di Antonio Canova_ scritte da Antonio D'Este: — Firenze. -Le Monnier, 1864, p. 68 - -[12] Citazione testuale delle suddette memorie scritte da A. D'Este, p. -69. - -[13] Egli dipinse l'illustre suo amico in procinto di cadere da cavallo -per la soverchia emozione, ed aggiunge ingenuamente: «nè io poteva -prestargli ajuto, trovandomi nel medesimo stato. Di ciò avvedutisi -alcuni dei più spediti giovani, vedendo aumentarsi il di lui abbandono, -gli si fecero ai fianchi per sorreggerlo.» Pag. 69. - -[14] Veggasi le memorie storiche di Mulinelli più volte citate, a pag. -74. - -[15] _Historiettes de Tallement de Reaux_, vol. II, pag. 233. - -[16] SEGRAIS (_Œuvres_. Amsterdam, 1723,) _Mémoires anecdotes_, pag. 29. - -[17] ANTONIO MENEGHELLI. _Notizie bibliografiche d'Isabella Albrizzi_, -_nata Teotocchi_, pag. 12 e 53. - -[18] M. VICTOR COUSIN, _Madame de Longueville_. Paris. Didier, 1853, -pag. 136. - -[19] VALERY, _Curiosité et anecdotes italiennes_. Paris. D'Amyot, 1842, -pag. 353. - -[20] COUSIN, opera sopracitata, pag. 136. - -[21] COUSIN, op. cit., pag. 141. - -[22] IDEM ibid, pag. 139. - -[23] UGO FOSCOLO, _Lettera ad Isabella Albrizzi_ nella _Raccolta -d'alcune lettere d'illustri italiani_. Firenze, per Le Monnier, pag. -30. - -[24] Dai _Ritratti scritti da Isabella Teotocchi-Albrizzi_. Venezia, -Alvisopoli, 1816. Terza edizione, pag. 54. - -[25] ALBRIZZI. _Ritratti_, ecc., pag. 67. - -[26] Obbligato dal Governo di lasciare Venezia come sospetto di -giacobinismo, portò seco un ritratto della Albrizzi, opera di madama -Lebrun. Ritornato in Francia all'epoca della Restaurazione dei Borboni, -morì a Parigi, ove dopo la sua morte il conte Tommaso Mocenigo Soranzo -acquistò il ritratto d'Isabella e lo offerse in dono al di lei figlio -Giuseppino Albrizzi. - -[27] ALBRIZZI. _Ritratti_ sopracitati, pag. 26 e 30. - -[28] ALBRIZZI. _Ritratti_ sopracitati, pag. 5 e 6. - -[29] Id., pag. 7. - -[30] Sono tutte sue espressioni tolte dal suo lungo sermone sui viaggi. -Veggasi le poesie originali di Ippolito Pindemonte. Firenze, per -Barbéra e Bianchi, 1858. - -[31] Veggasi il discordo di Pietro Dal Rio premesso alle poesie -originali pubblicate a Firenze. — _Sulla vita e sulla opere di Ippolito -Pindemonte_. - -[32] Veggasi _Vita di Vittorio Alfieri_ scritta da esso. - -[33] Id. Ib. - -[34] Veggasi _Vita di Vittorio Alfieri_ scritta da esso. - -[35] _Ritratti_ sopracitati, dalla pag. 95 alla 98. - -[36] _Mémoires de M. Goldoni pour servir à l'Histoire de sa vie_, -_etc_. Paris, par Duchesne, 1787. Tome III, pag. 30. - -[37] _Mémoires_ sopracitate, pag. 54. - -[38] Id. Ib, pag. 197. - -[39] _Scritti di G. Gozzi_, scelti e ordinati da N. Tommaseo Firenze, -per Le Monnier. Lettere a Caterina Tron, vol. III. - -[40] Id. Ibid. vol. III, pag. 475. - -[41] _Scritti di G. Gozzi_, sopracitati. - -[42] Id. Ib., 477. - -[43] Id. Ib., 490. - -[44] Id. Ib., 491. - -[45] Id. Ib., 495. - -[46] Id. Ib., 496. - -[47] _Scritti di G. Gozzi_ sopracitati, pag. 496. - -[48] Id. Ib, 507. - -[49] Id. Ib., 532. - -[50] Id. Ib., 533. - -[51] _Memorie inutili della vita di Carlo Gozzi, scritte da lui -medesimo e pubblicate per umiltà_. Venezia, Stamperia Palese, 1797. - -[52] _Memorie_ sopracitate, vol. I, cap. XXXV. - -[53] _Opera sopracitata_, vol. III, pag. 101. - -[54] Id. Ib., pag. 103. - -[55] Opera sopracitata, vol. III, pag. 189. - -[56] Id. Ib., pag. 190. - -[57] Opera sopracitata, vol. III, pag. 192. - -[58] Id. Ib., pag. 193. - -[59] Id. Ib. - -[60] Opera sopracitata, vol. III, pag. 193. - -[61] ALBRIZZI, _Ritratti_, pag. 43, 44, 51. - -[62] ALBRIZZI. _Ritratti_, pag. 81 e 82. - -[63] EMILIANI GIUDICI. _Storia delle belle lettere in Italia_. Lezioni -XIX. Firenze. Le Monnier - -[64] ALBRIZZI. _Ritratti_, pag. 58. - -[65] Questo ritratto non essendo fatto pel pubblico deve essere -rassomigliante, è delineato poi precisamente a Venezia nel 1795, epoca -del nostro racconto; trovasi nell'Epistolario di Ugo Foscolo pubblicato -a Firenze da Le Monnier nel 1854. Vol. III, pag. 281. Lettera a Gaetano -Fornasini. Può vedersi la differenza col suo ritratto scritto per il -pubblico, nel sonetto: «Solcata ho fronte, occhi incavati, intensi, -ecc. ecc.» Trovasi nel volume unico di Poesie pubblicate a Firenze -nel 1856 dallo stesso Le Monnier, e che forma il volume XI delle opere -edite e postume: pag. 194. - -[66] Veggasi l'_Epistolario_ sopracitato. Vol. I, pag. 1. - -[67] _Epistolario_ sopracitato, pag. 4. - -[68] Id. Ib., vol. III, pag. 279. - -[69] Id. Ib., pag. 280. - -[70] Id. Ib. - -[71] Veggasi una lettera di Ugo Foscolo stampata in un opuscoletto -pubblicato a Firenze da Le Monnier nel 1856, col titolo: — _Alcune -lettere d'illustri italiani ad Isabella Teotocchi-Albrizzi_, pubblicate -per cura di Nicolò Barozzi. - -[72] ALBRIZZI. _Ritratti_, pag. 14. - -[73] Id. Ib., pag. 71. - -[74] ALBRIZZI. _Ritratti_, pag 93. - -[75] Id. Ib., pag. 63, 64. - -[76] Id. Ib., pag. 38, 40. - -[77] Veggasi la Raccolta cronologica-ragionata dei documenti inediti -che formavano la storia diplomatica della rivoluzione e caduta della -Repubblica di Venezia (Tentori). - -[78] _Il fante dei cai_, ossia dei capi, cioè dei Dieci, e degli -inquisitori di Stato: Messer grande era il bargello. - -[79] _Memorie di Antonio Canova_, scritte da ANTONIO D'ESTE. Firenze, -Le Monnier, 1864, pag. 87. - - - - - -Nota del Trascrittore - -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo -senza annotazione minimi errori tipografici. - - - - - -End of Project Gutenberg's Il dolce far niente, by Antonio Caccianiga - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK IL DOLCE FAR NIENTE *** - -***** This file should be named 61929-0.txt or 61929-0.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/1/9/2/61929/ - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. 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You may copy it, give it away or re-use it under the terms -of the Project Gutenberg License included with this eBook or online at -www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll -have to check the laws of the country where you are located before using -this ebook. - - - -Title: Il dolce far niente - Scene della vita veneziana del secolo passato - -Author: Antonio Caccianiga - -Release Date: April 25, 2020 [EBook #61929] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK IL DOLCE FAR NIENTE *** - - - - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - - - - - - -</pre> - - -<div class="booktitle"> -<h1> -IL DOLCE FAR NIENTE. -</h1> -</div> - -<hr class="silver" /> - -<div class="titlepage"> -<p class="main-t"> -<span class="x-small">IL</span><br /> -DOLCE FAR NIENTE -</p> - -<p class="pad2 x-large"> -SCENE<br /> -DELLA VITA VENEZIANA DEL SECOLO PASSATO -</p> - -<p class="pad2"> -<span class="x-small">DI</span><br /> -ANTONIO CACCIANIGA -</p> - -<p class="pad2 small"> -TERZA EDIZIONE. -</p> - -<p class="pad4"> -MILANO<br /> -<span class="x-small">FRATELLI TREVES, EDITORI</span><br /> -<span class="small">1891.</span> -</p> -</div> - -<div class="verso"> -<hr class="mid" /> -<p> -PROPRIETÀ LETTERARIA -</p> - -<p> -<i>Riservati tutti i diritti.</i> -</p> - -<p> -Tip. Fratelli Treves. -</p> -<hr class="mid" /> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span> -</p> - -<p class="title"> -IL DOLCE FAR NIENTE -</p> - -<h2>I.</h2> -</div> - -<p> -Nel secolo passato, al tempo che i nostri -nonni in parrucca colla coda, facevano una corte -spietata alle nostre nonne in toppè, la città di -Treviso non era così linda come al giorno d'oggi. -Fabbricata, a quanto sembra, prima dell'invenzione -dello spago, la linea retta non appariva -che per accidente. Ogni persona che fabbricasse -una casa, aveva qualche motivo per collocare -la sua fabbrica un passo più avanti o più indietro -del vicino, o formava un angolo a dritta -o a sinistra, per vedere il sole più presto o più -tardi secondo i suoi gusti. Allora nessuno parlava -di libertà, ma nessuno s'immaginava che -<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span> -si potesse impedire ad un cittadino di erigere -una casa a suo talento, anche in mezzo alla -piazza se lo avesse trovato opportuno. Frutto -dell'assoluta libertà era che ognuno pensava -per sè, per la qual cosa Treviso è risultata di -un pittoresco indescrivibile. Le strade a zig-zag -alte e basse, ad angoli sporgenti o rientranti -con le finestre e le porte a capriccio, -con portici o senza portici, secondo le idee del -proprietario. La polizia municipale non era ancora -inventata, i municipi non avevano nè il -medico, nè l'ingegnere, nè la commissione dell'ornato, -che sorvegliassero l'igiene pubblica, le -strade ed i fabbricati. -</p> - -<p> -In conseguenza le vie non erano selciate nè -illuminate di notte, e tutti gettavano dalle finestre -le immondizie delle case. L'erba cresceva -rigogliosa per le strade, ove i polli ruzzolavano -nelle spazzature e le lavandaje distendevano il -bucato. -</p> - -<p> -Al tramonto del sole suonava l'Ave-Maria, e -mezz'ora dopo si poteva giuocare a gatta cieca -e rompersi il collo per la città, immersa nelle -tenebre più profonde. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span> -</p> - -<p> -Chi voleva veder chiaro andava a spasso col -suo lanternino in mano, o attaccato al cappello -a tre spicchi; e chi preferiva le tenebre non -aveva bisogno di spegnere i lumi; e non abbiamo -mai udito che i nostri nonni si sieno lamentati -di tali abitudini. Anzi abbiamo delle -ragioni per credere che gl'innamorati ed i ladri, -fra i quali corrono certe analogie, fossero -perfettamente soddisfatti. -</p> - -<p> -I frati e le monache avevano prodigati i loro -conventi, ed ogni mattina l'aria echeggiava del -continuo frastuono delle campane, suonate alla -distesa ed a tocchi, a gloria del cielo e dei santi -ed in perpetuo tormento delle orecchie dei peccatori. -</p> - -<p> -In quel tempo, ed appunto in una mattina di -primavera del 1771, due giovani della medesima -età, uscivano da porta Altinia, e si avviavano -a piedi verso Venezia. -</p> - -<p> -Erano entrambi, come succede sovente a questo -mondo, ricchi di genio e poveri di contanti; -ma la ricchezza dei giovani non istà nella borsa, -ma nel cervello e nel cuore, e in questo senso -erano milionari. Portavano il fardello sulle spalle -<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span> -colla baldanza dei loro quattordici anni, e aspiravano -l'aria fresca della campagna con un'ebbrezza -che brillava negli occhi, e sulle labbra. -Andavano a Venezia per la prima volta, a cercare -fortuna nell'arte: avevano in tasca delle -lettere commendatizie, nel cervello un mondo di -sogni, e nel cuore una fiamma perenne. -</p> - -<p> -Venezia era allora la ricca e popolosa dominante -della repubblica, la città delle arti belle, -la sede del buon umore, il teatro delle avventure -misteriose e dei facili costumi. Il nome di -Venezia risuonava in tutto il mondo col supremo -prestigio delle glorie passate, e delle voluttuose -seduzioni del presente. -</p> - -<p> -I due giovani viandanti sentivano le pulsazioni -del loro cuore accelerarsi all'idea di raggiungere -la piaggia felice della quale aveano -tante volte udito vantare i fasti, e narrare il -fascino e le meraviglie, dai signori villeggianti. -</p> - -<p> -A Mestre incominciava a quei tempi il movimento -che indicava la vicinanza della grandiosa -dominante. Dai grandi alberghi e dalle locande -che fiancheggiavano il porto, uscivano ed entravano -ad ogni ora del giorno grandi e piccole -<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span> -carrozze da viaggio, sedioli, cavalieri e pedoni. -Vedevansi degli alti carrozzoni dorati con vaghe -miniature agli sportelli, con entrovi eleganti -gentildonne in toppè e gran signori in parrucca -incipriata, con la coda riparata in un sacchetto -di seta che sbatteva le spalle. Andavano -e venivano per le vie popolose, ridendo e scherzando, -arrestandosi a conversare cogli amici e -conoscenti che incontravano. Ad ogni momento -arrivavano o partivano le gondole dalla riva, -caricavano o scaricavano i patrizi, i magistrati, -i ricchi cittadini, accompagnati dalle loro dame -e damigelle, dagli abati di casa, dai segretari, -e da numerosi staffieri, servitori e cameriere -d'ogni fatta, che portavano tabarri, ombrelli, -cesti, sportelle, casse e bagagli. Sul porto era -un continuo movimento, un incessante ed animato -tramestìo d'uomini e di cose, che formava -un quadro bizzarro di costumi originali -e di colori spiccati, degna prefazione del gran -libro di Venezia. -</p> - -<p> -I due modesti viaggiatori dopo un'opportuna -refezione si decisero a scendere in una peota -che partiva sul momento carica di viaggiatori -<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span> -stipati fra le stie dei polli, e le provvisioni -svariate di frutta e d'erbaggi. -</p> - -<p> -Quando ogni cosa fu all'ordine la barca si -distaccò dalla riva, e i barcajuoli incominciarono -a dare dei remi nell'acqua. Le donnicciuole di -Mestre che avevano accompagnate all'imbarco -le comarelle e le amiche, si sbracciavano sul -molo in mille segnali, auguri e saluti, e facevano -un cicalìo che si confondeva col tonfo dei -remi, e si perdeva incompreso per l'aria. Gli -uomini salutavano con le braccia protese e i -berretti sollevati. -</p> - -<p> -Nella barca rispondevano sventolando le pezzuole, -o coi cenni della mano, o con qualche -lagrimetta furtiva, dissimulata dal bianco fazzuolo -del capo. -</p> - -<p> -Spariti gli ultimi gruppi della riva, incominciava -la conversazione in comune. Ognuno prendeva -un posto conveniente alle proprie idee. I -vecchi cercavano un cantuccio tranquillo ben -riparato dall'aria e dal sole, le donne fingendo -nascondersi, studiavano una posizione avvantaggiosa; -i giovani facevano prospettiva alle donne, -o si sedevano loro da canto per raddolcire le -<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span> -noje del lento viaggio, con una conversazione -geniale. I battellieri calcavano il tabacco nella -pipa, e i due giovani viaggiatori si collocavano -a prora per dominare liberamente il nuovo e -stupendo spettacolo. -</p> - -<p> -Frattanto uscivano dai tortuosi e torbidi canali -di Mestre, ed entravano nella vasta laguna. -I nostri due compagni di viaggio, cogli sguardi -intenti verso la lontana Venezia, contemplavano -estatici il magnifico quadro che compariva davanti -ai loro sguardi. -</p> - -<p> -Le acque azzurre, appena increspate dalla -brezza vespertina, si stendevano come uno specchio -infinito, riflettente le rosse nuvolette della -sera. Di tratto in tratto dai banchi di sabbia -verdeggianti per le alghe, si levava un qualche -uccello marino, e si alzava sbattendo le bianche -penne, e poi discendeva in graziosissime -curve con l'ali stese ed immobili, sfiorando -l'acqua, o immergendosi un istante per cogliere -di passaggio la preda. -</p> - -<p> -Qualche battello peschereccio raccoglieva o -gettava le reti, o scioglieva le vele pel ritorno. -Le brune gondolette passavano davanti la lenta -<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span> -peota. I gondolieri e i pescatori cantavano, tutto -respirava la pace e il contento, tutto presentava -alla vista un aspetto singolare e fantastico. -</p> - -<p> -Da lungi fra i vapori trasparenti e dorati -della sera vedevasi Venezia come una sposa -avvolta nel velo nuziale, circondata da una aureola -di luce divina. Il sole cadente s'immergeva -nelle acque che parevano fiammeggianti di -liquido oro sopra strati di porpora. A poco a -poco si distinguevano le gugliette, i campanili, -le cupole e le case, confuse fra gli alberi e le -antenne delle navi. Gli ultimi raggi del sole -battenti sopra l'ampie invetriate dei lontani palazzi -pareva che mandassero in fuoco quelle -principesche dimore. La calda luce del crepuscolo -non era ancora scomparsa, che dalla parte -opposta si levava la luna, e le prime stelle brillavano -in cielo, come fosse convenuto fra gli -astri di darsi il cambio sull'eccelso diadema -della regina del mare. A poco a poco sorgeva -la notte serena, e involgeva nel suo bruno mantello -la misteriosa città. -</p> - -<p> -Entrarono in Venezia, attraversando il Canal -grande, e sbarcarono al molo della Piazzetta: la -<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span> -luna sbatteva i suoi raggi sul palazzo ducale, e -riproduceva sui muri del fondo le agili colonnette -e i trafori. La basilica di San Marco appariva -indistinta fra molteplici gruppi di colonne -di marmo sostenenti archi di mosaici di -oro, incoronati di cupole lucenti. La doppia fila -d'arcate che fiancheggiano la piazza, i sovrapposti -palazzi, le gigantesche colonne della piazzetta, -i leggiadri stendardi, tutto quell'insieme -vario ed artistico, grandioso e imponente, sembrava -ai giovani viaggiatori una sublime visione. -</p> - -<p> -Penetravano in Venezia come nel regno dei -sogni soavi; le loro forze giovanili misuravano -dei lunghi anni felici, le loro speranze dipingevano -sulla facile fantasia una serie di gioje -recondite; e la gloria possibile fra le meraviglie -delle arti e della natura! -</p> - -<p> -Ma chi erano quei due giovani viaggiatori, -così ardenti d'entusiasmo e di genio? — Uno -si chiamava Vittore Valdrigo, e l'altro Antonio -Canova. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span></p> - -<h2>II.</h2> -</div> - -<p> -Il giorno di tatti i Santi del 1757, la natura -melanconica si apparecchiava all'inverno, le foglie -cadevano dagli alberi, l'erbe ingiallivano. -Nel piccolo villaggio di Possagno, i paesani si -recavano nella vecchia parrocchia di San Teonisto -per ascoltare la messa. Niente indicava un avvenimento -rimarchevole pel modesto paesello, -nè il reverendo parroco che battezzava un neonato -s'immaginava che il nome impostogli al -sacro fonte avrebbe fra pochi anni meritate le -lodi di tutto il mondo civile, e sarebbe divenuto -la provvidenza del paese nativo, cosicchè -il buon sacerdote aprendo colla solita tranquillità -i registri parrocchiali, vi iscriveva colla -massima indifferenza sotto agli altri poveri nomi, -il nome che doveva diventare famoso di Antonio -<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span> -Canova, figlio legittimo di Pietro Canova di Possagno -e di Angela Zardo di Crespano. -</p> - -<p> -Finita la cerimonia, il prezioso fanciullo veniva -trasportato a casa senza altre solennità, e -colà pochi parenti ed amici celebravano tranquillamente -la sua nascita rompendo dei biscotti -e assaporando alcuni bicchieri di vino. E chi -poteva leggere nel libro dell'avvenire? Generalmente -le madri coltivano i sogni più ridenti -sulla culla dei loro bambini; Angela Zardo avrà -essa pure fatti i suoi sogni, ma questa volta -erano certo al di sotto della realtà. -</p> - -<p> -La sua fantasia si sarà limitata alle comuni -speranze, e se una voce arcana le avesse profetizzato -i grandi destini del figlio, essa non -avrebbe creduto alla profezia. Eppure egli doveva -dar vita ad una serie gloriosa di candide -divinità, innalzare colossali mausolei a pontefici -e a principi, riprodurre col marmo i più illustri -personaggi del suo tempo, scolpire le statue -di futuri eroi e di graziose principesse, e -con parte del denaro ricavato innalzare un tempio -greco sui colli di Possagno in luogo della -povera chiesuola nella quale era stato battezzato. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span> -</p> - -<p> -E chi poteva annunziare agli abitanti di Carrara -che era nato un fanciullo a Possagno che -fra pochi anni avrebbe cavato dal marmo delle -loro cave una Psiche celeste, un gruppo delle -Grazie veramente divino, e un drappello di -altre bellezze molli e quasi palpitanti di vita? -E pensare che un colpo d'aria, o qualunque -minimo accidente sarebbe bastato per spegnere -quella vita, e togliere al mondo il lavoro di -quelle mani portentose che doveano secondare -con tanta maestria le creazioni del genio!... -</p> - -<p> -E chi sa quanti genii nascono ogni giorno in -Italia, e si spengono senza aver dato il loro -frutto! Chi sa quanti uomini di Stato, quanti -germi di generali e di magistrati muojono nelle -fascie di spasmodia o di morbillo! e chi sa -quanti nascono con la scintilla del genio e muojono -nell'età senile senza lasciare una traccia del -loro passaggio nella vita, tutta trascorsa in -vane contemplazioni, in sterili sogni, in un perpetuo -assopimento, in una molle apatia, in un -dolce far niente! -</p> - -<p> -Mentre che a Possagno la nascita di Canova -passava inosservata, a Venezia si celebravano -<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span> -con gran rumore di campane e gran scialacquo -di versi, i natali degli illustri rampolli della -veneta nobiltà. I discendenti dei famosi dogi -erano accolti in questo mondo coi più solenni -pronostici. -</p> - -<p> -Circondati di trine e di giojelli venivano trasportati -al sacro fonte fra una folla d'amici e -seguiti da un codazzo di servi in livree ricamate -colle armi gentilizie della casa. Al ritorno -dalla chiesa si facevano dispendiose feste e rinfreschi, -ove si prodigavano i più fini confetti -e i vini più prelibati, e i poeti d'occasione -andavano a gara nel mettere in rime le geste -gloriose del futuro eroe, annunziando a Venezia -la sua nuova fortuna. Ma pur troppo quei -poeti furono falsi profeti, ed alla caduta dell'antica -repubblica gli eroi si nascondevano in -cantina esclamando coll'ultimo doge le memorabili -parole: «questa notte non saremo sicuri -nemmeno in letto!» Ogni fanciullo che nasce -è un mistero! -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span></p> - -<h2>III.</h2> -</div> - -<p> -Saltore è una tranquilla e verdeggiante villetta, -a poche miglia da Treviso e dal Piave. -La pittoresca catena di montagne che fiancheggia -la provincia forma una deliziosa prospettiva -al villaggio. Queste montagne che dominano i -colli sottoposti, e il bosco del Montello, ergono -la cresta orgogliosa di nuda roccia, e sono incoronate -sovente di bianche nevi, che nelle serene -aurore e nei dorati tramonti si tingono -d'una vaga luce rosea o violetta, e nei giorni -più foschi si velano di azzurre nebbie trasparenti, -o si ascondono in parte fra vapori fantastici -che a poco a poco diventano nuvole e vengono -poi ad inaffiare la sottoposta pianura. Le -falde verdeggianti dei monti sono tutte seminate -di paeselli, di casolari, di chiesette circondate -<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span> -di macchie boscose, e di vigne che presentano -alla vista un incantevole e variato prospetto. -Dalle gole ove discende il Piave, penetra -quell'aria pura ed elastica che conserva -la salute, apporta l'appetito, e invita i Veneziani -a godere i piaceri campestri, per cui -tutto il territorio è sparso di palazzi e di case -che abbelliscono l'antica Marca; la quale per la -sua amenità, meritò dai nostri antenati il lusinghiero -epiteto di Amorosa<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a>. -</p> - -<p> -Sembra che anticamente Saltore sia stato un -feudo o un'abazia dei conti Collalto. Osservansi -ancora in alcune case coloniche gli avanzi di -antichi conventi, e rimangono sui cadenti muraglioni -le traccie delle celle dei frati e gl'indizi -non dubbi di religiosi istituti. In epoche -remote la nobile famiglia Sugana veniva a villeggiare -nel paese, che fu celebrato in quei -tempi per i magnifici palazzi e i sontuosi giardini. -</p> - -<p> -Avanzo di questa dimora dei Sugana, rimaneva -<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span> -ancora, sono parecchi anni, una antica -torre diroccata in fianco d'un ponte che cavalca -la Mignagola, modesto ruscello, ma limpido -come il più terso cristallo. Dai ruderi del -palazzo signorile era sorta una rustica catapecchia, -composta di rottami di cornici di pietra, -e di vecchi mattoni, coperta di tegole e paglia. -Una tettoja posta a ridosso della torre era sostenuta -da fusti infranti di colonne e da tronchi -d'albero colla loro corteccia, e da qualche -ramo che faceva le funzioni d'architrave. Il -pianterreno della torre era divenuto una stalla, -il primo piano una camera da letto, alla quale -si saliva da una scala esterna coperta, e intorno -della quale una vite vagabonda arrampicandosi -ai pilastri era andata a raggiungere il tetto e -ricadeva in festoni. Un'adjacenza conteneva la -cucina, le altre stanze e il fienile, il tutto fabbricato -a varie riprese, con idee diverse, con -materiali antichi o recenti, da artisti che non -conoscevano nè regolo, nè compasso, nè squadra. -Sopra la camera da letto la torre non aveva -che tre lati che terminavano in frastagli cadenti -sopra qualche foro a sesto acuto, ove di giorno -<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span> -i colombi stavano al sole a lisciarsi le penne. -Il tetto aveva il suo declivio dal lato mancante. -Nelle fenditure dei vecchi muraglioni, nei crepacci -e nei fori, le civette e i pipistrelli facevano -il nido, e si erano accomodati a meraviglia -fra una vegetazione fantastica di fichi selvatici, -di pruni e ligustri. L'edera correva su -pei muri e ne formava il più grazioso ornamento. -In fianco alla bizzarra dimora sorgeva -un gruppo d'antichi olmi che rendeano completo -il quadro. Il cortile terminava al ruscello, tutto -ricinto di siepi di biancospino, di aceri, di evonimi -e di sicomòri; era brulicante d'animali -domestici, che vivevano in perfetto accordo fra -loro, e andavano beccando i granelli sparsi sul -terreno. Un superbo gallo razzolava il letame -per discoprire dei lombrici da regalarne le sue -galline che gli stavano d'intorno come tante -odalische. I polli d'india facevano la ruota colle -penne della coda, una chioccia conduceva al -passeggio i pulcini pigolanti. Le anitre si diguazzavano -nell'acqua, un grosso majale grugniva -in un canto, sdrajato sopra un mucchio -di foglie. Il cane vegliava alla porta, il gatto, -<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span> -ricoverato sulla sommità della scala, stava contemplando -la rustica scena, con una immobilità -monsulmana. -</p> - -<p> -Tutti erano felici, ciascheduno vivendo secondo -le sue idee, in piena libertà e sicurezza. -Quel cortile presentava l'immagine di un perfetto -governo nel quale regnasse l'ordine, la -pace, l'armonia. Le rondini, innamorate del -beato soggiorno, facevano il nido sotto ai tetti, -ed ogni primavera, reduci dai loro viaggi lontani, -ritornavano ad abitare le loro costruzioni, -le quali non avevano bisogno che di qualche -leggiero restauro. -</p> - -<p> -Dietro la corte c'era l'orto fornito a dovizia -di erbaggi e di frutta, e dopo l'orto vasti campi -adorni di viti; ed estesi prati nei quali gli armenti -trovavano dei pingui pascoli, e una quiete -beata. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span></p> - -<h2>IV.</h2> -</div> - -<p> -Zammaria Valdrigo era l'affittuale del podere. -In quella solitudine le sue idee s'erano naturalmente -circoscritte alle istruzioni del parroco, -ed alle tradizioni di famiglia. Dal primo -aveva imparato materialmente a recitare i misteri, -a balbettare le orazioni latine, a venerare -i santi in generale, accordando però una particolare -preferenza ad alcuni che godevano il privilegio -di speciali facoltà, ed erano dichiarati -protettori d'alcune professioni, o degli ammalati -o delle bestie. Per esempio, i calzolai dovevano -invocare san Crespino, gli epilettici san Valentino, -e in caso di malattie della vacca o del -porco bisognava raccomandare il sofferente a -san Bovo, o a sant'Antonio abate. La speranza -del paradiso e la paura dell'inferno e del diavolo -<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span> -erano naturalmente il fomite delle buone -azioni, e il freno degli istinti perversi; in -quanto al purgatorio egli non ne aveva tanto -spavento, perchè quantunque il bruciare nelle -fiamme per alcuni anni dovesse essere una cocente -punizione, pure poteva sperare d'uscirne -col mezzo di opportune indulgenze, di qualche -messa, di qualche elemosina, di una candela, o -di altri suffragi. -</p> - -<p> -A queste nozioni generali del sovranaturale, -si aggiungeva la fede nella potenza delle benedizioni -del parroco per ispaventare i sorci, o -mettere in fuga le formiche, e le tradizioni di -famiglia riguardo al <i>massariol</i>, essere misterioso -e notturno che fischia da lontano nei campi, ed -entra nella stalla ad intricare le criniere ai cavalli. -E le streghe che gettano la mala sorte, e -le anime dei morti che non trovano pace, e -vagano di notte per le strade deserte. -</p> - -<p> -In quanto alle idee civili, si riducevano a -poco. Come la celeste gerarchia, la podestà della -terra dividevasi in gradi. Al sommo stava il -Doge, e poi venivano il Consiglio dei Dieci, il -Senato e i gentiluomini. Dopo i gentiluomini i -<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span> -lustrissimi, e finalmente la povera gente che -deve obbedire. Per le nozioni agricole tutto si -riduceva a seminare od a mietere in crescente -o calante di luna secondo i casi, a lavorare le -terre coll'aratro ereditato dal nonno, il quale -lo aveva avuto dal bisavolo che lo teneva dal -trisavolo, e così avanti, ossia indietro fino ai -tempi di Trittolemo. -</p> - -<p> -Del resto, malgrado tanta semplicità, Zammaria -sapeva fare i suoi conti, e presso gli altri contadini -egli passava per un esperto massaio. Rispettoso -e diffidente, faceva profondi inchini ai -padroni, ma misurava le parole, rideva sempre -con un occhio solo e con metà della bocca, e -dalla bonarietà superficiale del volto gli trapelava -un'aria di nascosta malizia, che dava alla -sua fisonomia un carattere singolare. -</p> - -<p> -Sua madre era una vecchia grinzuta e ricurva, -che tutto il paese chiamava per antonomasia, la -nonna. -</p> - -<p> -Sua moglie era una svelta e robusta contadina. -Bianca e rossa come un bel pomo maturo, -la Rosa andava e veniva tutto il giorno dalla -cucina alla corte, dalla corte alla stalla, dalla -<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span> -vacca ai pulcini, dal marito al maiale, dai -figliuoli ai colombi; una vera provvidenza che -vegliava su tutto, e non dimenticava nessuno. -Un fazzoletto a quadri sul capo, le maniche -rimboccate fino al gomito, la gonnella che appena -oltrepassava il ginocchio, lasciavano piena -libertà alle sue mosse rapide e gagliarde, e dall'alba -al tramonto si udivano i tacchi de' suoi -zoccoli che battevano il terreno con un suono -uniformemente accelerato. Pareva che il suo -cómpito sulla terra fosse quello di rappresentare -l'abbondanza; la quale spiccava dalle rotondità -delle sue membra, dal volume degli alimenti -somministrati alla famiglia e agli animali, e dal -numero de' suoi figli. Ne aveva avuto una decina -fra maschi e femmine, alcuni erano morti, -gli altri correvano i campi, al sole e alla pioggia, -forti come la madre, vegeti come la natura, -selvaggi come gli uccelletti del bosco. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span></p> - -<h2>V.</h2> -</div> - -<p> -C'era però una eccezione. Vittore era nato -con una fibra più molle degli altri fratelli, ed -aveva sofferto alla prima infanzia alcune malattie -che lo lasciarono più delicato e più debole. -La buona madre sentiva il bisogno di distinguerlo -dagli altri, riparandolo con cura dalle -intemperie, rinforzandolo con cibi migliori, sorvegliandolo -ad ogni istante perchè non si esponesse -ad esercizii violenti e dannosi. Le sofferenze -fisiche lo rendevano più sensibile alle impressioni, -e le abitudini calme e tranquille introducevano -nel suo cervello il dominio delle -idee, ed una naturale tendenza alla osservazione -minuziosa degli oggetti che gli stavano -intorno. Seduto sotto gli olmi che sorgevano -fra la casa e il ruscello, egli contemplava e -comparava ogni cosa. Seguiva il volo della rondine -<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span> -che sfiorando l'acqua cristallina coglieva -la preda, l'apportava al nido ove i neonati l'aspettavano -col becco dischiuso, e con allegro -garrito ritornava alla caccia per i prati e pei -campi. Osservava il bacio dei colombi, le collere -del gallo contro i tacchini, ammirava i vaghi -colori delle farfalle, e le ali dorate degli -insetti che passeggiavano sotto ai muschi crescenti -sulle corteccie degli alberi; e ascoltava -attentamente i varii mormorii della campagna, -che con un'armonia indefinita rompevano i silenzii -della tranquilla dimora. -</p> - -<p> -Turco, il cane da guardia, era il fido compagno -delle sue escursioni vagabonde, e con lui -faceva lunghe peregrinazioni attraverso i vicini -paesi e fino alle ghiaie del Piave, ove si arrestava -davanti l'impetuoso torrente, a contemplare -quelle vaste solitudini, e il lontano prospetto del -castello di San Salvatore, e la catena dei monti. -</p> - -<p> -E nelle lunghe sere d'inverno, rannicchiato -in un angolo del focolare, o seduto accanto dei -buoi, ascoltava le fiabe della nonna, che popolavano -la sua mente di bizzarre avventure, e -conducevano il suo spirito nella regione dei sogni. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span></p> - -<h2>VI.</h2> -</div> - -<p> -Nel vicino paesetto di Vascon villeggiava in -quel tempo l'antica e nobile famiglia veneziana -degli Orseolo. La pittoresca dimora dei Valdrigo -serviva spesso di meta alle passeggiate -vespertine della nobile famiglia, che si piaceva -di quelle scene campestri, e si arrestava volontieri -alla rustica cucina all'ora della cena, -ad osservare la Rosa che distribuiva le parti -alla nonna, a Zammaria, ai fanciulli, dispersi -qua e colà sopra una sedia, sul focolare, o sulla -soglia. -</p> - -<p> -La fisonomia intelligente di Vittore piacque -alla nobildonna Fulvia che s'intratteneva con -piacere a conversare con lui, ed egli divenne -ben presto il compagno inseparabile d'Alvise -e di Silvia, nobili rampolli dell'illustre casato. -<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span> -Silvia era una bambina di quadro anni, suo -fratello ne aveva due di più, la medesima età -di Vittore. Ogni autunno Alvise e Silvia appena -giunti a Vascon correvano in traccia di -Vittore, lo regalavano di vesti, lo conducevano -a casa con loro, ed egli passava tutta la stagione -cogli Orseolo dividendo coi fanciulli i -giuochi, i balocchi, i bomboni, i piaceri e gli -studi. Quando Silvia entrò in convento, ed Alvise -ebbe un istitutore, la nobil donna Fulvia -raccomandò Vittore al parroco di Varago, affinchè -gl'insegnasse a leggere e a scrivere; e poco -tempo dopo, ottenne dai parenti di lasciarlo -continuare gli studi presso un prete di Treviso -che teneva alcuni ragazzi in pensione. Gli Orseolo -pagavano la spesa, Zammaria brontolava, -ma la Rosa era contenta; e ogni autunno -Alvise e Vittore ricominciavano le loro escursioni -e i soliti diletti campestri. -</p> - -<p> -Il giovine Valdrigo fece in pochi anni rapidi -e portentosi progressi, e mostrò una straordinaria -inclinazione per la poesia e per le arti. -Egli disegnava con rara maestria, e riteneva a -memoria i motivi musicali, uditi anche solo -<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span> -una volta. La vita contemplativa dell'infanzia -aveva certamente predisposte le sue facoltà -ad una intensa osservazione, che gli rendeva -più facile la riproduzione delle impressioni ricevute. -</p> - -<p> -La contessa Fulvia degli Orseolo parlò del suo -protetto al senatore Giovanni Falier, grande -amatore delle arti belle, e mecenate degli artisti, -il quale sapendo che lo scultore Torretti -doveva recarsi a Treviso, lo incaricò di esaminare -le tendenze del fanciullo. Il Torretti lo -trovò degno delle sue cure, e lo condusse seco -a Pagnano ove compiva dei lavori per le chiese -dei paesi vicini. -</p> - -<p> -La nobile famiglia Falier villeggiava allora -nel suo principesco podere di Pradazzi, nelle -vicinanze di Pagnano e di Possagno. In quella -nobile dimora il vecchio e burbero Pasino presentava -a Giovanni Falier il suo timido nipote -Antonio Canova, il quale rimasto orfano del -padre, era stato allevato dall'avolo a trattare il -marmo, professione di famiglia, nella quale i -suoi parenti lavoravano con discreta abilità. -</p> - -<p> -Il benefico Falier raccomandava anche il giovine -<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span> -artefice al Torretti, nel cui studio di Pagnano -si conobbero e si amarono Antonio Canova -e Vittore Valdrigo. -</p> - -<p> -Finiti i lavori che lo tenevano occupato nei -contorni di Asola, il maestro scultore ritornò -alla sua residenza di Venezia, invitando i suoi -giovani allievi a seguirlo nella artistica città, -ove fra le meraviglie delle arti avrebbero sviluppata -la mente all'amore e all'intelletto del -bello. -</p> - -<p> -Con questo scopo si recavano a Venezia i -due modesti viaggiatori, dopo di aver abbracciato -i parenti, e dato un addio al nativo villaggio. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span></p> - -<h2>VII.</h2> -</div> - -<p> -Antonio Canova, entrato nello studio del Torretti -a Venezia, si esercitava a maneggiare i -marmi, a trattare gli scalpelli, i trapani, le -scuffine e le raspe, ma non tardava ad accorgersi -che i minuziosi lavori del maestro mancavano -d'ispirazione e di genio. -</p> - -<p> -Il Torretti era seguace di quell'arte convenzionale -che abbandonato lo studio del vero, cercava -gli effetti nelle movenze esagerate, e negli -adornamenti pomposi o bizzarri. Trascurava lo -studio del nudo, e non facea caso degli antichi -modelli della Grecia, nei quali il genio dell'artefice -traducendo la natura nel marmo sapeva -cogliere in un punto il vero ed il bello, e creare -delle opere divine. -</p> - -<p> -Ma il giovane modesto e rispettoso lavorava -<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span> -in silenzio, aspettando il tempo opportuno per -spiegare il libero e sublime suo volo verso più -puri orizzonti. -</p> - -<p> -Il suo vecchio nonno, il Pasino, vendeva per -cento ducati l'unico poderetto di famiglia con -lo scopo di mantenere un anno a Venezia il -nipote, e il nobile Falier raccomandava il giovanetto -al nobiluomo Farsetti, che con patrizio -splendore, aveva raccolto nelle sale del suo palazzo -di Venezia i migliori modelli antichi di -scultura, e ne lasciava libero l'ingresso agli -studiosi. Canova profittando di tale libertà, passava -delle lunghe ore fra quelle statue, che parevano -svelargli con muti cenni, da lui solo -compresi, gli arcani dell'antica arte di Fidia, da -tanti secoli smarriti. -</p> - -<p> -In quel tempo due vivissime fiamme ardevano -nel cuore del giovinetto scultore, l'amore -e l'arte, e si giovavano a vicenda. Una vezzosa -montanina di Possagno che egli aveva un giorno -incontrata ad una festa del villaggio, lo aveva -ferito con un lampo degli occhi. -</p> - -<p> -Nella sua patria si vedevano sovente, e si pascevano -di sospiri, di silenzii e di sguardi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span> -</p> - -<p> -Nobile amore che ricercando le fibre più riposte -del cuore lo rendeva capace di generosi -sentimenti, e disponeva la sua mente a concepire -sublimi pensieri, e a comprendere per intuizione -i misteri del bello. Elisabetta Biagi, e -le statue del palazzo Farsetti, ebbero per Canova -una eguale influenza nelle prime rivelazioni -dell'arte. Dagli occhi della Lisa egli ricevette -la scintilla che accende l'anima, e apporta -la luce necessaria alla comprensione delle linee -greche, che svelano la suprema venustà della -forma negli antichi modelli. -</p> - -<p> -Quella vita di studio e di affetto rendeva l'artista -insensibile alle seduzioni di Venezia. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span></p> - -<h2>VIII.</h2> -</div> - -<p> -Nello studio del Torretti, e nelle sale Farsetti -frequentava pure Vittore Valdrigo, ma in -altre condizioni di vita. Un casto affetto non -custodiva il suo cuore, e i lunghi ozii dell'infanzia -lo avevano reso inetto alle occupazioni -laboriose. -</p> - -<p> -Il suo spirito si evaporava in infiniti e chimerici -progetti, i quali poi si dileguavano al -primo soffio di vento. Il suo ingegno versatile -lo spingeva ad abbracciare troppe cose, che abbandonava -al primo ostacolo, scoraggiato, avvilito. -</p> - -<p> -La famiglia degli Orseolo lo teneva presso di -sè. La munificenza di quella casa gli largiva una -pensione, e dandogli una stanza nel palazzo, lo -lasciava libero di seguire i suoi studi, e gli -<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span> -schiudeva gli aditi alla vita di Venezia, alle distrazioni, -agli stravizi, e la imperiosa voce della -necessità non batteva mai alla sua porta per -eccitarlo ad affrettare il lavoro. -</p> - -<p> -Ciò nonostante, la feconda natura del suo ingegno -lo rendeva atto ad ogni cosa. -</p> - -<p> -Disegnava con grazia e maestria, ed incominciava -a dipingere con franchezza e con forza. -I suoi pennelli scorrevano sulla tela colla arditezza -d'un artista provetto, e la sua tavolozza -s'impastava coi colori della famosa scuola veneziana. -Con poche linee segnate con rimarchevole -talento egli tracciava un somigliante ritratto, -con pochi tocchi di pennello lo dotava -di anima e di vita. -</p> - -<p> -Amante passionato della musica, aveva imparato -a suonare il violino, e lo maneggiava con -destrezza e con passione, ma piuttosto per natura -che per arte, non avendo la pazienza di -attendere a lunghi e severi studi, e così mancante -della istruzione necessaria per suonare un -pezzo di musica completo, egli abbandonava il -suo arco sulle corde in traccia di scucite e vaghe -fantasie, di modulazioni capricciose e improvvise. -<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span> -Leggeva rapidamente ogni volume che -gli cadesse fra le mani, e passava le intiere -notti intorno alla lettura d'un libro che consonasse -col suo cuore, o dilettasse il suo spirito. -Ogni libro grave o noioso gettava con disprezzo, -e condannava con inappellabile giudizio. -</p> - -<p> -Egli sapeva a mente i più bei versi dei migliori -poeti, e li declamava con maschia energia, -e con intelligente espressione. La sua infanzia -quasi selvaggia lo aveva reso indipendente dall'influenza -del gusto corrotto del giorno, ed -aveva predisposto il suo cure al sentimento -della natura e del vero, cosicchè egli sentiva -tutto il falso della poesia dominante, e ne parlava -con ironia e con disprezzo. E sovente improvvisava -dei versi e delle strofe ispirate che -si perdeano per l'aria, e non lasciavano che una -dolce e confusa rimembranza a' suoi amici che -lo eccitavano invano a scrivere ed a pubblicare -le sue poesie. -</p> - -<p> -Ma ogni suo lavoro rimaneva incompleto, non -perchè gli mancasse l'ingegno per compierlo, -ma per colpevole indolenza. Le sue ispirazioni, -<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span> -i suoi slanci erano fantasie passeggiere. Ad un -tratto il suo volto s'irraggiava d'un'estasi sublime, -i suoi muscoli si agitavano, i suoi occhi -vibravano lampi di luce. Allora la sua mente -cercava splendide immagini, e nuovi concetti, -le sue labbra proferivano parole strane e concitate, -se prendeva la matita tracciava lo schizzo -d'un quadro, che rivelava un pensiero stupendo, -o se afferrava il violino ne traeva delle -note soavi, dei sospiri armoniosi, degli accenti -melodiosi che rapivano i sensi. Gli astanti rimanevano -stupefatti e commossi, ed egli si arrestava -come il viandante spossato dopo l'erta -salita d'un monte, e si sedeva sfinito ed esausto. -</p> - -<p> -In quei momenti d'esaltazione, quando gli si -risvegliava nell'anima la potenza creatrice, se -egli avesse potuto disporre di tutte le ricchezze -del mondo, non avrebbero bastato a soddisfare -gl'immensi capricci del suo pensiero. Egli concepiva -dei piani giganteschi di nuove città meravigliose, -e dava vita a nuovi mondi, a nuovi -universi!... Ricaduto nella calma trovava tutto -superfluo nella vita, meno la pipa e il sofà sul -quale passava delle lunghe ore solitarie, mandando -<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span> -delle boccate di fumo, e contemplando -dalla aperta finestra una nuvola che passava, o -una stella che brillava nel cielo. -</p> - -<p> -A' suoi amici che gli rimproveravano il vergognoso -letargo egli rispondeva: «Le delizie -del dolce far niente sono un dono prezioso impartito -dal Creatore alle creature privilegiate. I -sogni dell'anima sono più belli delle prosaiche -realtà della vita, come la Venere greca è più -bella della donna; e la contemplazione delle -opere di Dio è un omaggio alla divinità, superiore -ad ogni più fervente preghiera. Lasciate -che io preghi ed ami secondo il mio istinto.... -Ascoltate una storia del millecinquecento: -</p> - -<p> -Un muratore innalzava un muro in Val d'Arno, -assistito dal suo manovale. Uno portava i mattoni, -i sassi e la calce, l'altro andava avanti col -muro. Sapete che fa caldo in Toscana! orbene, -era appunto il mese di luglio, il sudore grondava -dalle fronti abbronzate dei due lavoranti, -mentre un uomo stava tranquillamente sdraiato -al rezzo d'una pianta fronzuta, e li guardava. -Il muratore vide l'ozioso, e disse sdegnato al -manovale: — Guarda un po' il fannullone, che -<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span> -mentre noi sudiamo al lavoro, egli si gode a far -niente! — Ora sono tre secoli che il muratore -e il manovale son morti e dimenticati, il muro -è caduto, e non ne restano nemmeno le traccie, è -morto anche colui che li stava osservando senza -far niente, ma è rimasto il suo nome, egli era -Michelangelo Buonarroti, che meditava una delle -sue opere. -</p> - -<p> -Fra gli antichi ruderi della Campagna Romana, -un capraio osservava un bel giovine seduto -a fianco d'una vaga fanciulla, e lo credeva -un ozioso; era Raffaello che studiava le -pose delle sue Vergini, e le pieghe delle vesti -della Fornarina. -</p> - -<p> -Il dolce far niente per le anime dei poeti e -degli artisti è il preludio delle sublimi creazioni, -è la contemplazione che genera l'ispirazione, -è il sogno sublime che apparecchia l'opera -divina del genio. -</p> - -<p> -E in queste stesse lagune, quanti ozii, quante -ore beate di riposo trascorsero nella tranquilla -barchetta, i nostri grandi artisti veneziani, -Giorgione, Paolo Veronese, Tiziano, e tutta la -gloriosa coorte; e mentre solcavano l'onde coricati -<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span> -sui molli origlieri della gondola che cullava -i loro sogni, parevano assopiti da un dolce -far niente, e invece meditavano quelle stupende -creazioni che sono adesso i tesori dell'arte, ed -una delle più belle glorie di Venezia. -</p> - -<p> -Ed io, povero insetto della terra, nel dolce -far niente dell'infanzia ho imparato ad ammirare -la potenza di Dio che faceva germogliare -il germe confidato alla terra, che provvedeva il -nutrimento al falco che mi passava sul capo -nelle alte regioni dell'aria, ed all'insetto impercettibile -che faceva un lungo viaggio sopra -un filo di musco. Ed ora appoggiato al balcone, -e contemplando questa azzurra laguna che si -perde nei lontani orizzonti, ora io sento...... -e s'arrestava tutto d'un tratto dando in un solenne -scroscio di riso, e lasciando gli astanti -nella sorpresa e nel dubbio se avesse parlato -da senno o da burla, e staccando il violino dal -muro improvvisava mille capricciose melodie -che ora imitavano i gemiti del dolore, ora il -canto di un'allegra canzone, e finivano colle note -affettate d'un mellifluo minuetto, sospeso poi da -un'altra solenne risata. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span></p> - -<h2>IX.</h2> -</div> - -<p> -Mentre che Valdrigo fantasticava coi più strani -paradossi, Canova lavorava modestamente intorno -due canestri di fiori e di frutta. Col ricavato -di questo primo lavoro, eseguito per commissione -del nobile Falier, il giovane scultore -ebbe agio a procurarsi un locale conveniente a -studi più vasti. Egli cercava un luogo romito -e silenzioso, e lo trovò nell'antico monastero di -San Stefano.<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a> -</p> - -<p> -Quel chiostro eretto sui disegni di frate Maestro -Gabriele di Venezia tornava perfettamente -opportuno alla quiete dello studio. L'architetto -monaco e artista aveva creato un rifugio per -<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span> -le anime meditabonde e pei pensieri elevati. -Contribuivano ad ispirare la mente le memorie -del passato parlanti dalle tombe d'illustri antenati; -perchè colà riposavano nell'eterno sonno -le ossa gloriose di Francesco Morosini, di Andrea -Contarini, e di tanti altri, magistrati e guerrieri. -Quelle mura solitarie rammentavano i -pensieri, i dolori, le speranze dei loro abitatori. -Esse avevano raccolto le anime troppo timide per -affrontare i rischi della vita, o i cuori già offesi -da insanabili ferite riportate nella lotta di -mondane passioni. La fede nei misteri della religione -consolava quelle anime meste o desolate -che travedevano dopo le pene della vita, i giorni -sereni d'una esistenza immortale; la fede nella -potenza dell'arte consolava Canova delle privazioni -continue e delle difficoltà del lavoro, e -lasciava travedere alla sua anima il compenso -d'ogni sofferenza e d'ogni fatica nell'immortalità -del suo nome. -</p> - -<p> -Nei silenzii notturni di quel chiostro, che più -non risuonavano di lente salmodie, egli avrà -veduto coll'ardente fantasia le pallide ombre -di quei frati, attraversare i lunghi corridoi, prosternarsi -<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span> -sulle tombe degli antichi Veneziani, e coll'immagine -della morte frenare i battiti del cuore -eccitati dalle tentazioni di mondane cupidigie. -</p> - -<p> -Molti artefici insigni avevano illustrato quel -convento colle loro opere; e fra gli altri Giannantonio -Regillo da Pordenone aveva apportato -in quella pacifica dimora il genio del pittore e -le passioni dell'uomo. Dipingendo nella corte -alcune sacre storie, egli animava il suo pennello -col vigore della gelosia che lo rodeva, del grande -Tiziano. Ma il vento degli anni trasportò la polvere -sollevata da' suoi passi, e rese muto anche -l'eco che ripeteva sotto agli archi la voce di -Canova. -</p> - -<p> -Nella cella dell'ultimo frate disceso nella -tomba, apportò il giovane scultore il corpo nudo -di Euridice; il cui modello in creta, eseguito -a Possagno, era il suo primo studio dal vero. -Quivi poi scolpì in marmo l'Orfeo, disperato -d'aver perduto per sempre la sua donna, ma -sotto quella pietra parlante non scorreva il sangue -del nume, e forse in altri tempi, nella medesima -cella, sotto allo scapolare d'un frate, -batteva il vero cuore d'Orfeo! -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span></p> - -<h2>X.</h2> -</div> - -<p> -Valdrigo ammirava i progressi dell'amico, ma -non aveva la forza d'imitarlo nella assiduità al -lavoro, nel disprezzo d'ogni piacere che non venisse -dall'arte. Sfuggiva la fatica, e appena prodotto -qualche saggio incompleto che rilevava il -suo genio, lo distruggeva malcontento, trovando -l'opera mancata, confessando la sua impotenza -a dar vita al concetto sublime che gli balenava -nello spirito e scoraggiato si arrestava a maledire -sè stesso, ad imprecare contro le difficoltà -materiali dell'arte, a bestemmiare contro al facile -contentamento dell'altrui dappocaggine. Egli -sogghignava con disprezzante cipiglio davanti -alle opere manierate e convenzionali degli artisti -viventi; e comparandole alle opere antiche -<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span> -sentenziava la generale decadenza delle arti, del -costume e della patria. -</p> - -<p> -Invano Canova gli ripeteva quelle massime -che diressero sempre la sua nobile vita. Lo consigliava -amichevolmente ad essere più indulgente, -ed a correggere i difetti degli altri piuttosto -coll'esempio del meglio che con le acri -invettive, e le critiche amare. E soggiungeva -essere più facile la critica d'un'opera insigne, -che la produzione d'un mediocre lavoro. Valdrigo -voleva sostenere che il genio deve creare -senza fatica, e che il lungo studio è il retaggio -dei mediocri. — «Queste sono tutte ciarle,» -rispondeva Canova, e annoverando gli uomini -illustri incominciando da Giotto e da Cimabue, -gli dimostrava che le loro opere erano il frutto -della fatica e del lavoro.<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a> -</p> - -<p> -Sovente visitavano insieme gl'insigni monumenti -delle arti che adornano le chiese ed i -palazzi di Venezia, e Canova arrestandosi davanti -il quadro d'un famoso pennello, esclamava: -<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span> -«Vedi quest'opera? chi l'ha fatta -non andava girando divertendosi come noi facciamo.»<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a> -</p> - -<p> -Le semplici e ragionevoli osservazioni dello -scultore, calmavano i sensi agitati del suo amico, -il quale si proponeva mille stupendi progetti di -nuova vita, di lunga abnegazione, di ritiro completo, -di abbandono assoluto agli snervanti piaceri -di Venezia, e deliberava d'intraprendere -lunghi e difficili studi, precursori di grandi -lavori. -</p> - -<p> -Ma ogni giorno trovava i più futili pretesti -per rimandare ad altro momento l'esecuzione -de' suoi piani. Se brillava uno splendido sole, -egli usciva, per una passeggiata al lido in traccia -d'ispirazioni, e rientrava affaticato e distratto. -Se il tempo nuvoloso si disponeva alla -pioggia, egli aspettava il sereno per mettersi al -lavoro. Finalmente un purissimo cielo, un'aria -imbalsamata lo mettevano in buone disposizioni -quando la visita d'un amico, lo sguardo d'una -vicina, un rumore della strada mettevano in fuga -<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span> -l'occasione, ed il principio degli studi veniva -rimandato al domani. -</p> - -<p> -Ma all'indomani era venerdì, giorno nefasto -per principiare qualche cosa; il sabato essendo -l'ultimo giorno della settimana, gli sembrava -ridicolo che dovesse essere il primo d'una -nuova esistenza. La domenica è giorno di riposo, -anche per quelli che non fanno mai niente -ed egli aspettava ansiosamente il lunedì, con -fermo e tenace proposito. -</p> - -<p> -Sventuratamente al lunedì si rinnovavano gli -ostacoli per impreveduti accidenti; e così passavano -i giorni inerti, le settimane improduttive, -e fuggivano gli anni. La sua cameretta -collocata al quarto piano dell'antico palazzo -degli Orseolo, portava tutte le traccie del suo -talento e della sua accidia. Il disordine d'una -stanza di studio indica sovente le prolungate -veglie, o l'assiduo lavoro, ma il caos sarà sempre -l'indizio del perpetuo abbandono. Sul tavolo, -sul sofà, sulle sedie rovesciate e per terra -giacevano confusi e sconvolti mille oggetti diversi. -Di qua libri aperti e chiusi fra i manoscritti, -i disegni, la musica, il tutto sovrapposto -<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span> -a dei vasi di majolica, a delle vesti abbandonate, -a dei pennelli sostenuti da frammenti di -stoviglie. Di là giubbe e pannilini accanto al -calamajo, in fianco d'un mazzolino di fiori inariditi -e d'una spazzola. Sui muri si vedevano -appesi insieme il violino, uno spadone, il busto -d'una Venere, una corazza irrugginita, e una -barbuta sostenente una vecchia parrucca incipriata. -Il cavalletto per dipingere era incoronato -da un vecchio cappello tricuspide, e sosteneva -una tavolozza imbrattata da colori confusi -e disseccati, l'archetto del violino, e una -pipa turca. Parecchie tele appena sbozzate, o -lasciate in abbandono a lavoro avanzato, pendevano -parimente dai muri, o si ammonticchiavano -negli angoli, fra le tele dei ragni, presso -un armadio semichiuso dal quale uscivano le -falde o le maniche d'una veste. Un tale miscuglio -d'oggetti costituiva un completo labirinto, -fra il quale bisognava raggirarsi con infinite -precauzioni per giungere al letto nel fondo della -stanza, ove il giovane artista meditava le sue -opere future, fra mezzo ai saggi dispersi del -suo genio, del suo disordine e della sua infingardaggine. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span></p> - -<h2>XI.</h2> -</div> - -<p> -Il giorno della Ascensione del 1779 Venezia -brillava di straordinario splendore. Tutte le campane -della città suonavano a festa, tuonavano le -artiglierie dalle navi e dai porti. L'aria che spirava -dal mare apportava di tratto in tratto il -suono festoso di musicali concenti, la folla accorreva -premurosa sul molo zeppo di gente. -</p> - -<p> -Era il giorno della gran festa nazionale, nella -quale il Doge recavasi in pompa solenne agli -sponsali del mare. Venezia risplendeva di tutta -la sua antica potenza, l'amore e l'orgoglio della -patria univa tutti i cittadini in festosa concordia, -ed eccitava negli stranieri l'ammirazione e -il rispetto. Il Bucintoro che solcava maestosamente -quelle onde coi suoi fianchi dorati, dirimpetto -alla città meravigliosa, era il simbolo -<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span> -della grandezza della antica repubblica. La poppa -raffigurava una Vittoria navale coi suoi trofei. -Le pareti esterne erano tutte adorne di bassorilievi -dorati, rappresentanti le virtù e le arti. -</p> - -<p> -Il salone coperto di velluto cremisino, era -ornato di frangia, galloni e fiocchi d'oro. Verso -la poppa s'innalzava sopra due gradini il seggio -ducale fiancheggiato da due figure rappresentanti -la Prudenza e la Forza; colle quali la -politica Veneta seppe sostenere il governo pel -lungo corso di quattordici secoli. -</p> - -<p> -Il Doge si presentava al pubblico in tutta la -pompa delle sue vesti, coperte d'oro e di gemme; -accompagnato dalla Signoria, dal Senato, dal -Maggiore Consiglio, e dagli ambasciatori delle -primarie Corti d'Europa. Seguivano il ducale -corteggio numerose galee, le barche dorate del -dominio, le lancie ed i caicchi degli ufficiali di -mare, i capi principali del commercio, fra i quali -primeggiavano le eleganti peote dell'arte Vetraia, -e delle Conterie di Murano, e finalmente -una infinita quantità di gondole e di barchette -che ricoprivano la laguna da San Marco fino al -lido, adorne di festoni di fiori, di rami di lauro, -<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span> -rallegrate dalla musica e dalle canzoni d'un -popolo soddisfatto. I vascelli di guerra e le navi -mercantili, ancorati lungo la riva degli Schiavoni, -salutavano il corteggio cogli spari delle -loro artiglierie. Fra i vortici del fumo, e le -onde agitate, le belle Veneziane passavano intrepide -nell'agile gondoletta, e mollemente adagiate -sui cuscini di piume, sfoggiavano il lusso -delle seriche vesti, la grazia dei seducenti sorrisi, -il fascino ammaliante degli occhi. -</p> - -<p> -Il giorno ebbe termine col solenne banchetto -del palazzo ducale, al quale furono convitate le -primarie autorità dello Stato e il Corpo diplomatico. -Sua Serenità sedeva sul seggio ducale -circondato dagli ambasciatori, dopo dei quali venivano -in ordine i Consiglieri, i capi del Consiglio -dei Dieci, gli Avvogadori, i presidenti dei -Tribunali giudiziari, e gli alti Magistrati che -avevano assistito dal Bucintoro allo sposalizio -del mare. Il pubblico, durante il primo servizio, -aveva libero l'ingresso nella sala, ove accorreva -ad ammirare lo splendore degli arredi, e il -lusso delle laute imbandigioni. Uscito il pubblico, -entravano i musici della Cappella ducale -<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span> -che rallegravano il convitto con armoniosi concerti. -</p> - -<p> -Alla sera la piazza di San Marco offriva lo -spettacolo meraviglioso d'una folla brulicante, -briosa, ma ordinata e cortese. Fra un bisbiglio -di voci liete e graziose, si vedevano i più bizzarri -contrasti di colori e di costumi. I nobili -e i magistrati colle sfarzose loro vesti, i cittadini -coi mantelli bianchi o scarlatti, coi cappellini -piumati a tre spicchi, le gentildonne in -guardinfante e collo strascico, gli ambasciatori -e i forestieri coi loro costumi nazionali, fra i -quali risaltavano particolarmente i Turchi, i Greci -gli Armeni. -</p> - -<p> -Le donne sciorinavano i più ricchi abbigliamenti, -stoffe di raso e di seta a larghe fioriture, -con trapunti in oro, o ricami, con maniche -e collari di merletti e di pizzi di meravigliosa -fattura. Le alte pettinature brillavano di -preziosi giojelli. Accanto alle gravi e magnifiche -matrone sfilavano le vezzose e vispe lustrissime -dal misterioso zendaletto, o dalla ricca bauta e -offuscavano lo splendore dei brillanti delle gentildonne -colla luce degli occhi parlanti; e una -<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span> -semplice rosa sul crine incipriato ornava talvolta -quelle fronti giovanili, con più effetto d'un -diadema. Le livree dei domestici, i costumi dei -gondolieri e dei marinai, le donnicciuole del -popolo di Burano e di Chioggia con le gonnelle -sul capo, formavano un quadro d'un carattere -originale, unico al mondo. -</p> - -<p> -Venivano tutti col pretesto della Fiera dell'Ascensione, -splendido mercato che si teneva -in piazza San Marco, ma l'ammirazione non era -esclusivamente concentrata sulle merci esposte -in vendita, chè gli avidi sguardi dei giovani -miravano maggiormente gli oggetti che non si -potevano acquistare a denaro, ma che talvolta -si conquistavano con un assedio perseverante di -sguardi pietosi, e con l'arcana potenza di qualche -parola furtiva. -</p> - -<p> -Tutte le celebrità di quell'epoca intervenivano -pompose nella piazza, come in una meravigliosa -sala, comune a tutti, cittadini o stranieri, -e passeggiavano lentamente fra gli sguardi -rispettosi della folla, le ripetute riverenze e i -profondissimi inchini. -</p> - -<p> -Per di qua si vedeva fra un corteggio di eleganti -<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span> -incipriati, la bella e briosa gentildonna -Giustina Renier, da quattro anni soltanto sposa -al patrizio Marcantonio Michiel. Tutti ammiravano -il lusso e le grazie della nipote del Doge, -che rivolgeva la parola a suo zio materno Lodovico -Manin, predestinato dalla sorte a seppellire -la repubblica. Di là usciva dalla procurativa, -seguita da un codazzo d'ossequiosi cicisbei, -e si pavoneggiava per la piazza la pomposa -matrona Caterina Dolfin Tron, sorridendo -a diritta all'eccellentissimo Quirini, giunto apposta -per la festa dalla sua deliziosa villa d'Altichiero, -o scherzando alla sinistra col vecchio -e curvo conte Gaspare Gozzi, canzonandolo con -un piglio fra l'indifferente e il geloso sulla sua -inclinazione per la francese Sara Cenet. -</p> - -<p> -L'arguto poeta e gazzettiere, se ne scusava -con motti piccanti e fini, e si rivolgeva come -ad un appello decisivo, al potente procuratore -marito, che li seguiva da vicino, corteggiato da -una caterva di adoratori della moglie. -</p> - -<p> -Passava un altro gruppo d'eleganti, facendo -gran chiasso per lo splendore delle vesti, e il -numeroso e scelto corteggio. Era la vezzosa -<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span> -gentildonna Contarina Barbarigo, la potente ed -ammirata veneziana, che due anni prima aveva -vinto l'Imperatore Giuseppe II in una graziosa -lotta di spirito e di galanteria. La circondavano -il cavaliere procuratore Alvise Pisani, Francesco -Pesaro, e Nicolò Barbarigo, ed altri, astri -minori, ma tutti brillanti di quell'epoca. -</p> - -<p> -La vecchia gentildonna poetessa Cornelia Barbaro -Gritti camminava cautamente, sostenendosi -al braccio del figlio Francesco, parimenti poeta; -come una stanca musa che invoca l'ajuto d'Apollo -per salire al Parnaso. La vecchia musa in -toppè era pastorella d'Arcadia, e veniva conosciuta -dai pastorelli suoi amici, Algarotti, Metastasio, -Frugoni e Goldoni, col dolce nome di -Eurisbe Tarsense. -</p> - -<p> -Ma in fianco a questi nobili avanzi di caduca -poesia passeggiava un uomo antico, che con la -mano ferma sull'elsa della spada parea sfidare -i nemici della patria. Era l'illustre capitano -Angelo Emo, ultima gloria delle geste militari -di San Marco. -</p> - -<p> -Infatti tutti i più bei nomi di Venezia si incontravano -in quel ricinto di marmi, e spiccavano -<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span> -fra la folla mista d'ogni classe sociale. Ma -anche nel ceto cittadino e popolare non mancavano -rimarchevoli individui. Un grande originale -era il burbero e sospettoso Carlo Gozzi, -che sfilava brontolando fra gli archi delle Procuratie, -desolato da un fatale contrattempo. -</p> - -<p> -Il popolo indicava a dito il rivale di Goldoni, -l'applaudito autore delle favole drammatiche, il -quale dopo le sventure del perseguitato Gratariol, -vittima delle <i>Droghe d'Amore</i>, sfuggiva gli -sguardi della Ricci, attrice di moda, e suo malgrado -la scontrava a ogni svolta di calle, accompagnata -dal vecchio capocomico Sacchi, il -più famoso arlecchino di quei tempi. -</p> - -<p> -In un angolo della piazza un cavadenti vantava -ai curiosi i miracoli d'un suo elisire, mentre -dietro una colonna un individuo segnava -in una carta quel gruppo. Questi era il pittore -Pietro Longhi che studiava dal vero i costumi -veneziani dell'epoca. -</p> - -<p> -Il giovane Antonio Lamberti inseguiva da vicino -la bionda Marina Benzon, e ispirato dalle -grazie dell'avvenente persona e da qualche sguardo -incoraggiante, andava componendo le strofe della -<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span> -canzonetta veneziana, divenuta tanto popolare: -<i>La biondina in gondoletta</i>. -</p> - -<p> -Un altro giovane poeta, che viveva in quei -tempi in Venezia di un modestissimo impiego, -andava in traccia d'Irene. Era il bassanese Jacopo -Vittorelli, già celebre pel suo poema sul -Toppè, allora innamorato d'Irene e dei maccheroni, -che celebrava egualmente colle sue rime. -Ma Irene in bruno zendaletto si confondeva fra -la gente, e cogli occhi furbetti rispondeva ad -altri sguardi. Noncurante della gloria futura la -vispa popolana, sedotta da un piattello di calde -frittelle, fuggiva con Fileno fra le braccia dell'Imeneo, -lasciando che il poeta abbandonato -morisse d'amore in piazza San Marco, e dopo -morto cantasse a suo bell'agio: -</p> - -<div class="poem"> -<p>Non t'accostare all'urna</p> -<p>Che il cener mio rinserra</p> -</div> - -<p> -e terminasse la sua funebre anacreontica prima -di salire al letto deserto, dicendo all'infida Irene: -</p> - -<div class="poem"> -<p>Rispetta un'ombra mesta</p> -<p>E lasciala dormir!</p> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span> -</p> - -<p> -La folla aumentava sotto le loggie della fiera, -che si componevano di vaste ed eleganti botteghe -mobili, in legno, che venivano levate al -termine delle feste. Era una pubblica mostra -delle merci più pregiate, e delle migliori produzioni -delle arti. Vi si vedevano a profusione -i prodotti naturali ed industriali dell'Oriente, -accanto delle produzioni nazionali. Abbondavano -i broccati d'oro, le stoffe sontuose, i giojelli e -i merletti. Vi si ammiravano dei ricchi arredi, -dei mobili e delle cornici d'intaglio, l'arte vetraria -spiegava tutto il lusso delle varie sue -opere, le perle, i lampadari di cristallo, gli -specchi tanto famosi. -</p> - -<p> -Il gusto naturale dei Veneziani per le arti -guidava ogni anno gl'intelligenti nel riparto consacrato -all'esposizione dei lavori degli artisti -viventi, ove si collocavano le incisioni, i quadri, -le statue. In quell'anno la folla che circondava -il locale destinato alle arti belle era talmente -stipata ed incessante, che riusciva malagevole -avvicinarsi alla meta. Eppure un solo gruppo -attirava tutti gli sguardi, ed eclissava ogni -altro lavoro. Questo gruppo rappresentava Dedalo -<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span> -ed Icaro, scolpiti in marmo da Antonio -Canova. -</p> - -<p> -Era la natura riprodotta in plastica con verità -impareggiabile. Pareva che il sangue scorresse -sotto la pelle rugosa del vecchio, il quale -adattando le ali alle membra giovanili del figlio, -mostrava la sua agitazione, colla contrazione -delle linee del volto. Il fanciullo Icaro colla -sua ingenuità pareva lieto dell'idea paterna, e -sorrideva al pensiero di sciogliere il volo nelle -regioni dell'aria. La folla si accalcava intorno a -quel gruppo, e ripeteva con rispetto il nome -dell'artefice insigne. -</p> - -<p> -Filippo Farsetti, il fondatore della Galleria di -Scultura nella quale studiava il Canova, accorreva -ad ammirare il lavoro, insieme al Senatore -Giovanni Falier, il protettore del giovane artista. -Si scontravano per via col Procuratore Pietro -Vittore Pisani che aveva allogato il bel gruppo, -e che andava superbo di poter abbellire le sue -magnifiche sale di un'opera che otteneva gli -applausi universali. E in vero quelle due statue -erano così superiori alle produzioni dell'epoca, -che la stessa invidia taceva, e gli artisti viventi -<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span> -confessavano il rinnovamento dell'arte e volevano -stringere la mano che sapeva così bene -trattare lo scalpello ed imitare la natura. -</p> - -<p> -Il modesto Canova fuggiva le pubbliche ovazioni, -e assaporava le intime gioie del suo primo -trionfo nella cella solitaria di san Stefano, già -adorna d'altri pregevoli lavori. Infatti prima del -Dedalo ed Icaro aveva condotto a termine il -busto del Doge Renier per commissione del nobile -Angelo Quirini; aveva ripetuto l'Orfeo con -modificazioni del primo pel Senatore Grimani; -aveva condotto in marmo un Esculapio e modellato -un gruppo d'Apollo e Dafne. -</p> - -<p> -I giovani suoi amici ed ammiratori andavano -a visitarlo, e lo trovavano sempre intento al -lavoro. Erano fra i più intimi il giovane scultore -veneziano Antonio d'Este, che gli fu fedelissimo -e stretto amico sino alla morte, il trivigiano -Carlo Lasinio, incisore e pittore stimato, -e Vittore Valdrigo. -</p> - -<p> -Costui uscendo a notte inoltrata dallo studio -di Canova si aggirava solitario per le calli deserte -di Venezia, assorto nelle più gravi meditazioni. -Quel grande e nobile esempio agitava il -<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span> -suo spirito, egli era costretto di confessare che -le opere applaudite dell'amico erano il risultato -dei continui studi e delle perseveranti fatiche, -egli conveniva che il genio non fruttifica se non -è fecondato dal lavoro, e sentiva nel profondo -dell'anima una voce misteriosa che gli prometteva -la gloria, qualora acconsentisse a consumare -i pennelli sulla tela, come Canova usava gli -scalpelli sul marmo. -</p> - -<p> -Passeggiando in fianco alle Chiese e ai Palazzi, -egli si arrestava a contemplare quei monumenti, -e le forme fantastiche di quelle antiche -dimore in parte immerse nelle ombre della -notte, in parte illuminate dalla luna, secondavano -le sue tendenze e lo trascinavano nel regno -dei sogni. Dimenticando affatto il presente, -egli riviveva nei secoli andati, e gli pareva che -quelle mura gli rivelassero i segreti delle arti e -della politica; e cercando di penetrare nei misteri -degli anni svaniti, gli sembrava di vedere gli uomini -delle morte generazioni e ne studiava i caratteri, -e voleva indovinarne i pensieri. Davanti -una maestosa basilica, che disegnava le sue cupole -nel cielo sereno, egli pensava: — Quivi Tiziano -<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span> -si sarà soffermato a contemplare questo spettacolo -sublime, e avrà meditato il pensiero dell'Assunta. — Poi -raggirandosi per le oscure vie, e pei -ponti ricurvi che presentano alla vista le case -del popolo sporgenti o rientranti nell'acqua dei -canali, se un lumicino rischiarava una finestra, -con una luce rossastra, gli pareva di vedere coricata -in quella stanza la più bella Venere uscita -dai pennelli del medesimo artefice, chiamato dal -Buonarroti «il gran confidente della natura, il -maestro universale, e il solo degno del nome di -pittore». E seguitava il suo notturno pellegrinaggio -attraverso l'antica Venezia, evocando il -passato. Sotto al campanile di san Marco gli -sembrava di riconoscere il vecchio Sansovino -che si compiaceva nella contemplazione della -sua loggia; sulla riva degli Schiavoni, s'immaginava -di incontrarsi con Alessandro Vittoria -che aveva dimorato in calle della Pietà. Ora si -arrestava a dialogizzare col Tintoretto, ora chiedeva -a Paolo Cagliari delle spiegazioni intorno -ai suoi gruppi, o domandava a Giorgio Barbarelli -i segreti della sua tavolozza, e le sue opinioni intorno -alla maniera del maestro Giovanni Bellino. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span> -</p> - -<p> -Davanti l'ampia superficie della laguna pensava -ai grandi capitani che conquistarono il dominio -dei mari, e piantarono l'onorato vessillo -di San Marco in lontane regioni. Si figurava i -battiti del cuore di Marco Polo nel giorno del -suo arrivo a Venezia dopo la lunga assenza dalla -patria, e rammentava le glorie dei Morosini, dei -Dandolo, dei Foscari, dei Zeno, dei Mocenigo, -dei Pesaro. Anime grandi! bei tempi per Venezia! -che ben a ragione andava superba de' suoi -fasti politici, della sua sapienza civile, delle sue -glorie artistiche!... -</p> - -<p> -Ma tutto ad un tratto un rumore dapprima -indistinto e confuso, e poi assordante e disgustoso, -lo risvegliava da' suoi sogni. Era un nembo -di maschere sibilanti, accompagnate da stromenti -scordati, rischiarate da palloncini variopinti, -seguite da una folla plaudente di curiosi -e di sfaccendati. Valdrigo ritirato nel vano di -una porta lasciava passare la valanga, e quando -il silenzio della notte riprendeva il suo dominio -egli faceva il paragone della antica Venezia colla -nuova, e mettendo a riscontro le feste nazionali -delle vittorie, coi baccanali senza tregua, -<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span> -gli uomini d'una volta con quelli del giorno, -il suo cuore lagrimava di compassione. Allora -rientrava in casa, abbattuto e desolato d'esser -nato troppo tardi, in un'epoca di corruzione e -di decadenza; e trovava miglior consiglio spegnere -l'intelletto nello stordimento delle feste, -al tocco dei bicchieri, al suono d'una musica -festante, fra i baci voluttuosi dei facili amori!... -</p> - -<p> -E così invaso dallo scoramento e prostrato -dagli stravizi, dimenticava il grande esempio -dell'amico, il quale, modesto, laborioso e solitario, -si levava sempre più alto e dominava i -tristi tempi, colla grandezza del genio e coll'incanto -delle divine creazioni. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span></p> - -<h2>XII.</h2> -</div> - -<p> -Un ardente desiderio, un pensiero tenace, -turbava i sonni, e dominava le ore di studio di -Antonio Canova. Un nome grande risuonava nel -suo cuore, una voce misteriosa e prepotente lo -chiamava da lontano. Questo pensiero, questo -nome, era Roma. Roma circondata da un prestigio -infinito, nome eterno e venerato dal mondo -per le sue grandezze e per le sue rovine. Colà -la Grecia mostra ancora le immortali bellezze -de' suoi marmi; e le glorie della repubblica e -dell'impero sfidano i secoli sulle pietre imperiture -dei loro monumenti. La nuova era della -fratellanza cristiana, fondata sulle macerie del -mondo antico, narra i suoi martirii e i suoi -fasti, colle catacombe e colle basiliche. Il genio -dell'arte eterna ha trasfuso la sua scintilla nell'anima -<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span> -di Michelangelo e di Raffaello, e il -fuoco sacro arde fra quelle mura, che custodiscono -i tesori della civiltà greca, romana e cristiana. -Il gruppo di Dedalo ed Icaro e la statua -del marchese Poleni fornirono al giovine -scultore i mezzi necessari per soddisfare i suoi -voti, e nell'ottobre del 1780, lieto e felice, -partì finalmente per Roma. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span></p> - -<h2>XIII.</h2> -</div> - -<p> -In quello stesso mese un pesante carrozzone -da viaggio, e un barocchissimo biroccio, andavano -barcollando per le strade rotte e guazzose -dei contorni di Treviso, trasportando la nobile -famiglia degli Orseolo che si recava a villeggiare -nel suo palazzo di Vascon. -</p> - -<p> -Vedevasi nel carrozzone principale la nobildonna -Fulvia in gran toppè seduta accanto del -nobile Giuliano Partecipazio, suo cavaliere servente -di servizio, e dirimpetto a loro, Silvia -ed Alvise. Sedevano nel secondo biroccio il nobile -marito conte Almorò degli Orseolo, l'elegantissimo -abate Don Lio, poeta arcade, membro -dell'illustre accademia dei Granelleschi, istitutore -del giovane Alvise, e cavalier servente onorario -della contessa. In faccia a loro stavano Vittore -<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span> -Valdrigo, e la cameriera Lucietta. Gli altri -servitori e staffieri camminavano in fianco alle -carrozze per sostenerle quando minacciavano di -ribaltarsi, o per spingerle avanti, quando le ruote -sprofondandosi nel fango, si arrestavano. Erano -partiti da Venezia avanti il levare del sole colla -speranza di giungere alla villa prima di notte. In -due ore si attraversava la laguna, ma ci voleva -una intiera giornata a percorrere le quindici -miglia da Mestre a Vascon, ben fortunati quando -non si aveva bisogno di quattro buoi per rimorchiare -i cavalli e le carrozze attraverso i -rompicolli, che allora si chiamavano strade. -</p> - -<p> -Silvia era diventata una bella ragazza. Prima -di ritirarla dal convento era stata fidanzata al -signor conte Alberto Leoni, che aveva vent'anni -più di lei, ma le era eguale in nobiltà e superiore -in ricchezza, perciò tutti trovavano il maritaggio -perfettamente assortito, e la ragazza non -aveva nulla da dire, non potendosi ammettere -in quei tempi dalle famiglie dei nobili, che le -fanciulle avessero un'opinione qualunque sullo -sposo a loro destinato dai genitori, secondo la -nobiltà del casato e le convenienze relative. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span> -</p> - -<p> -Avanti che i nobili viaggiatori giungano alla -meta, possiamo a nostro bell'agio visitare il loro -palazzo di compagna e passeggiare il giardino in -compagnia del cortese lettore, o della graziosa -leggitrice, ciò che sarebbe per noi una maggiore -fortuna. -</p> - -<p> -Il castaldo Angelo Rotondo dà l'ultima spazzatura -al selciato davanti della casa, dopo aver -messo in ordine l'interno, e fatte sparire quelle -cose che i padroni non devono vedere. Sua moglie -Fiorina è tutta in faccende per ripulire le -stoviglie, spiumacciare i materassi, dispiegare i -coltroni, spazzare le stanze e spolverare le suppellettili. -</p> - -<p> -L'antico e vasto palazzo sorge maestoso in -mezzo di spaziose adjacenze che contengono una -grande quantità di locali a diversi usi. Dall'ampia -sala del mezzo partono le larghe scale che conducono -agli appartamenti superiori. Altre scale -segrete e secondarie mettono negli anditi, e conducono -alle stanze dei domestici. -</p> - -<p> -Le ampie camere sono quasi tutte riquadrate -di capricciosi stucchi alla maniera di Carpofero, -e si svolgono in curve barocche, chiudendo nel -<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span> -mezzo antichi ritratti di famiglia un po' affumicati -dal tempo, entro a cornici d'intaglio bizzarramente -accortocciate, e sormontate dagli -stemmi della famiglia, incoronati dal corno ducale. -</p> - -<p> -Nelle sale di ricevimento pendono dal soffitto -ricche lumiere di cristallo, e graziose girandole -di Venezia, con pendagli brillantati, e goccie -tagliate a faccette, e adorne di vasi di fiori e -frutti in vetro, maestrevolmente dipinti. Sopra -ai grandi e profondi camini di marmo, che possono -contenere dei tronchi d'albero intieri, veggonsi -lucenti specchi di Murano entro a cornici -dorate, con vaghi andari di foglie che si aggirano -fra i cartocci e le volute, condotte con -arte ingegnosa. Larghi e pesanti seggioloni di -cuoio con borchie di metallo, e tavoli a piedi -ricurvi, ricoperti da ricchi tappeti di stoffe pesanti, -a grosse frangie d'intorno, e grandi armadi -colle cornici sostenute da cariatidi, con -ampie invetriate entro alle quali fanno bella -mostra i vasi di Faenza e i bicchieri di cristallo -di monte. -</p> - -<p> -Il giardino è circondato da lunghi viali di -carpini, tagliati regolarmente ad arco. Le viuzze -<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span> -regolari e simmetriche, e le ajuole dei fiori -sono fiancheggiate da bossi ridotti in forma di -verdi muricciuoli. Gli alberi mozzicati e ritondati -dalla forbice inesorabile del castaldo, hanno -perdute le loro belle forme naturali, e presentano -il monotono aspetto di vasi, piramidi e -globi. Le piante dei cedri che esalano un soave -profumo, compiono l'ornamento del giardino, -unitamente alle statue, collocate ad eguali distanze, -e riguardantisi fra loro. Il dio Pane coi -piedi caprini, con la testa cornuta, con la zampogna -nelle mani, fissa con stupido sguardo -una Diana indifferente che con una mano accarezza -il suo levriere, e con l'altra prende dal -turcasso una freccia. Un Zeffiro enfia le gote, e -sembra burlarsi d'una Flora gentile che gli offre -un canestrino di fiori. Vertunno fa degli -sberleffi a Pomona, che gli mostra ingenuamente -delle frutta, senza intendere le malizie del suo -innamorato. Un grosso e allegro Bacco incoronato -di pampini leva in aria una tazza, e sorride -bestialmente a Cerere incoronata di spiche, -la quale levando la falce sembra che minacci -di recidergli il capo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span> -</p> - -<p> -Gli agricoltori romani si prosternavano riverenti -davanti a questi dèi, ai quali chiedevano -quelle benedizioni e quelle grazie che ora la -castalda Fiorina domanda al vecchio curato trattando -poi con irrispettosa noncuranza gli antichi -numi, alle sacre membra dei quali attacca una -corda, per distendere al sole il bucato. -</p> - -<p> -Niente ricorderebbe la schietta natura in mezzo -alla miseranda accozzaglia delle piante frastagliate, -se un rustico boschetto sfuggito per miracolo -alle cure micidiali del castaldo non fosse -stato abbandonato alla sua vegetazione naturale. -Questi alberi dovettero la loro salvezza al sito -remoto, nel quale si ascondevano alla vista degli -uomini. Gli uccelli frequentavano quel delizioso -boschetto che stendeva le sue ombre -ospitali sulle verdi erbe d'un prato, in fianco -d'un ruscello mormorante fra candide ghiaie, -e in primavera vi facevano il nido, e coi loro -gorgheggi sembravano protestare contro le forme -artefatte degli alberi del giardino, che secondo -Angelo Rotondo erano la natura privilegiata, il -boschetto rappresentando la natura selvaggia; -ma quell'animale ragionevole giudicava la qualità -<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span> -degli uomini dalla forma della parrucca e -il merito delle piante dal lavoro della forbice, -autorizzata dalla moda a commettere un delitto -di lesa natura. Eppure quel tranquillo recesso -offriva un beato ricovero alle persone modeste -che amavano fuggire il sole, annoiate dalle importune -suggestioni di Bacco, e dalla immobile -pantomima delle altre statue dabbene. -</p> - -<p> -Il giardino regolare formava naturalmente le -delizie dell'istitutore d'Alvise, che per dovere -della carica, si teneva strettamente legato ai -precetti dell'estetica del giorno. Don Lio era -uno dei più eleganti abati di Venezia. Egli portava -il collarino bianco, con lattughe staccate -sul petto, e manichini ai polsi artificiosamente -elaborati; anellini alle dita, orologio a pendagli, -ferrajuolo di seta svolazzante al vento, fibbie -dorate alle scarpe, e il cappellino a tre punte -appoggiato sull'orecchio. E tuttociò secondo la -tolleranza dell'epoca, malgrado le severe proibizioni -dei sinodi patriarcali. -</p> - -<p> -Passeggiando fra i muri del giardino egli invocava -le aonie muse, delle quali era bigotto, e -si sentiva trasportare sul Parnaso. Ad ogni occasione -<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span> -d'inclite nozze egli rischiarava gli sposi -colla face d'Imeneo, e con un solenne epitalamio -metteva in campo Apollo, Venere e le Grazie. -Per vestizioni di monache egli penetrava coll'audace -fantasia nel tempio di Vesta, ed animava -il fuoco sacro, sordo alle proteste di Cupido. -Alla morte d'ogni illustre patrizio lo raccomandava -a Caronte, dopo un'apostrofe umiliante -per l'ignaro Esculapio, e una imprecazione -alle Parche. -</p> - -<p> -Col lodevole scopo di avvalorare i suoi precetti -coll'esempio, egli aveva adottato per sistema -un linguaggio costantemente figurato. Alla -mattina egli vedeva la rosea Aurora sul risplendente -suo carro, a mezzogiorno egli usciva coll'ombrello -per evitare i dardi di Febo, alla -sera egli salutava la bianca figlia di Giove e di -Latona che faceva capolino dalle nubi. Usciva a -respirare i soffi di Zeffiro, rientrava in casa incomodato -dalle furie di Eolo, d'Austro o di Borea. -Nelle tazze del caffè egli assaporava il néttare, -e a mensa trangugiava l'ambrosia delle -prelibate bottiglie. Finalmente alla notte si abbandonava -nelle braccia di Morfeo. Alvise trovava -<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span> -il suo maestro eminentemente noioso; il -conte Orseolo lo stimava un insigne poeta, e -Vittore Valdrigo sosteneva che Don Lio era un -essere completamente felice. -</p> - -<p> -La religione cristiana gli prometteva il paradiso -dopo la morte, la religione pagana gli concedeva -in vita l'uso degli Elisi, e l'abuso dei -suoi numi. Venezia gli offriva i suoi piaceri, -l'Arcadia lo convitava alle agresti sue gioie. -Senza sudori sulla fronte egli coltivava il Parnaso, -e passava i giorni beati dalle più dolci -visioni, accompagnate dagli agi materiali. Smarrito -in una selva selvaggia ove Dante avrebbe -incontrato una lonza, un leone ed una lupa, -ove i pastori sarebbero stati assaliti dagli orsi, -egli non vedrebbe che le Driadi e le Napee sorridenti -e ben disposte in suo favore; e certo -cadendo in acqua sarebbe salvato dalle Najadi, -o almeno ripescato da Nettuno. -</p> - -<p> -Angelo Rotondo ascoltava a bocca spalancata -gli squarci d'erudizione coi quali Don Lio si -degnava talvolta onorarlo; e strabiliava a tanta -sapienza, chiedendo spiegazioni e commenti. Durante -la villeggiatura la sua ammirazione riceveva -<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span> -continui alimenti dalle declamazioni serali -dell'arcade abate, e nei mesi d'inverno non -dimenticava mai d'inviare i suoi rispettosi inchini -all'illustre poeta, nelle indecifrabili epistole -indirizzate all'agente generale di Venezia, -nelle quali ommettendo i punti e le virgole, -parlava alla rinfusa degli animali e dei padroni, -dei polli, dei cavoli, e di Don Lio, chiudendo -colla firma paradossale dell'umilissimo e devotissimo -servo <i>Angolo Rotondo</i>. -</p> - -<p> -Ma ecco la rubiconda Fiorina che dai cancelli -del giardino annunzia l'arrivo degli illustrissimi -padroni e del loro corteggio. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span></p> - -<h2>XIV.</h2> -</div> - -<p> -La vita di campagna dei nobili veneti di quel -tempo si allontanava di poco dalle abitudini -cittadine, e poteva chiamarsi una variazione -sullo stesso motivo. Il dolce far niente di quelle -esistenze senza scopo, non veniva interrotto che -dai lauti desinari, o dal giuoco. In città passavano -le ore in frivole occupazioni, o colle visite, -o al teatro. Alla villa il tresette della mattina -teneva il luogo delle visite, il tresette della sera -suppliva al teatro. La coltura del suolo era tenuta -a vile e abbandonata ai bifolchi; l'aratro -che onorava i consoli romani, era disceso fra -gl'istrumenti più umili della plebe rurale. -</p> - -<p> -Le arti, le mode, la poesia, tutto tendeva a -dissimulare la natura, e la vita era ridotta un -artifizio sostenuto da idee false, da pregiudizi -<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span> -inveterati, da privilegi politici e civili, conservati -da secolari abitudini e da leggi severe. -</p> - -<p> -Vittore Valdrigo amava la natura per istinto, -e per l'influenza delle sue memorie d'infanzia, -amava l'arte come quella che gl'insegnava a discernere -il bello e ad elevare lo spirito, e disprezzava -l'arteficioso ed il falso di quelle esistenze -signorili, delle quali era divenuto testimonio -quotidiano e attento osservatore. Ma legato -alla famiglia degli Orseolo per la riconoscenza -dei beneficii ricevuti, per la necessità -de' suoi studi, per l'impossibilità di mantenersi -da sè, o di tornare nell'isolamento della rustica -famiglia, egli si lasciava andare per la china -delle contratte abitudini, e viveva all'ombra dei -suoi protettori che amavano i suoi capricci, e -gustavano i paradossi del suo spirito, come fuochi -d'artificio che svegliano dall'assopimento, -come il certo preludio d'un futuro grand'uomo. -Cosicchè le sue stranezze divertivano quei nobili -signori, superbi d'aver pescato ne' bassi -fondi sociali un originale che poteva un giorno -far dire ai Veneziani: — La nobile famiglia degli -Orseolo protegge le arti! — -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span> -</p> - -<p> -Rosa giudicando che i nobili e i signori venivano -al mondo per far niente, ringraziava la -divina provvidenza d'aver collocato suo figlio -nella vera posizione che gli poteva convenire, -essendo troppo molle di fibra per sostenere l'aratro -e i duri lavori della terra. Non è a dirsi -se quella tenera madre fosse felice vedendo il -suo prediletto diventato un lustrissimo; essa attribuiva -quella sorte fortunata alla mistica influenza -delle candeline offerte alla Madonna della -neve di Saltore, alla quale porgeva continui voti, -e indirizzava devoti rosari, per ottenere al figlio -più dilicato una facile esistenza come domestico -o poeta in una casa signorile, ciò che -per la buona donna sembrava ad un di presso -la stessa cosa. -</p> - -<p> -Nei mesi della villeggiatura Vittore visitava -spesso i parenti, portava qualche dono a sua -madre e ai fratelli, e rifaceva solitario i passeggi -dell'infanzia. In quelle dolci solitudini -tutto parlava al suo cuore; l'aria emanava un -profumo speciale, il mormorio dell'acqua aveva -dei significati reconditi ed eloquenti, lo stormire -delle frondi era un linguaggio inteso dalla sua -<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span> -anima, avvezza a conversare colla natura. Coricato -sotto le antiche piante che avevano consolata -la sua infanzia colle loro ombre, egli contemplava -estatico le scene tranquille dei campi, -il pascolo dei buoi sul prato vicino, i progressi -dell'edera sugli avanzi della torre, le tinte rosseggianti -della vite che faceva cornice alla scala, -il bacio dei colombi che da padre in figlio ereditavano -i nidi dei loro antenati. -</p> - -<p> -Quante meditazioni in quella mente! quanti -raffronti fra la semplicità e il silenzio di quei -campi, e il lusso romoroso di Venezia; fra la -vita primitiva e innocente de' suoi parenti, e le -raffinatezze e la corruzione d'una nobiltà decrepita; -fra l'ignoranza delle classi rurali e la -scienza degli uomini illustri. -</p> - -<p> -Chi più felice?... Arduo problema! Che cosa -è la gloria? Chiedetelo a Tiziano nella sua -tomba. La vita e la morte saranno sempre i -grandi misteri! -</p> - -<p> -Qualche volta sulla sera, quando stava per -rientrare al palazzo, scontrava per via la comitiva -dei nobili villeggianti, e si univa con loro -per accompagnarli nel passeggio vespertino. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span> -</p> - -<p> -La nobildonna Fulvia camminava maestosamente -in mezzo a' suoi cavalieri serventi. Il nobile -Partecipazio, discendente degli antichi dogi, -era onusto di scialli, di ombrellini e di ventagli, -pronto a soddisfare i bisogni della dama, a -coprirla, a scoprirla, a ricoprirla secondo gl'influssi -della luna, e i capricci di zeffiro. Don Lio -portava fra le sue braccia la cagnolina Tisbe che -ringhiava all'approssimarsi dei profani, e sembrava -riconoscente alle cure del poeta, che la -celebrava ne' suoi versi. Seguiva un codazzo d'ospiti, -di nobili vicini, coi figli e il marito. Il -conte Orseolo corteggiava le dame, i cui mariti -corteggiavano le amiche delle mogli, essendo -suprema legge del codice elegante d'allora il -cedere i propri diritti, l'invadere il terreno -degli altri. Il giovane Alvise provava le prime -armi con una briosa villeggiante di Lancenigo, -che aveva dieci anni più di lui, molto opportuni -per le lezioni d'esperienza, che servono -di guida agli inesperti. Silvia restava indietro -cogli invalidi, e i pensionati del regno di Cupido, -o si univa con Vittore quando faceva parte -del seguito. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span></p> - -<h2>XV.</h2> -</div> - -<p> -Silvia, come tutte le ragazze della sua età, -era un prodotto misto della natura e della educazione. -La natura l'aveva dotata di una bellezza -delicata, di forme snelle, di biondi capelli, -d'occhi azzurri e profondi, come le acque -del mare, dal quale la sua famiglia aveva in -origine attinte le glorie e le ricchezze. La mente -ed il cuore erano l'opera delle istituzioni claustrali, -nelle quali era stata allevata, sotto la direzione -d'una zia paterna, suor Maria Serafina, -divenuta monaca secondo gli usi del tempo, per -conservare intatto l'avito retaggio al fratello -primogenito. L'affetto della zia alleviava alla -educanda le fatiche dello studio e le aumentava -la porzione delle ciambelle, che si distribuivano -nei giorni solenni. La buona monaca aveva consigliato -<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span> -la fanciulla a preferire il maritaggio imposto -dai parenti, alle eterne noie del chiostro. -Negli anni d'istruzione essa aveva assorbite tutte -le superstizioni e tutti i pregiudizi del suo tempo, -ed aveva ignorato completamente le realtà della -vita. Essa usciva dunque nel mondo fidanzata -al conte Leoni, prima che il suo cuore avesse -parlato, ed arrivava nella società, come i naviganti -nelle terre scoperte, cioè in paese ignoto, -fra costumi bizzarri, colle idee d'un altro mondo. -</p> - -<p> -Ma gli uomini coraggiosi che intraprendono -delle spedizioni per scoprire nuove terre sono -già avvezzi alle fortune di mare, esperti nella -nautica, accompagnati da arditi marinai, provveduti -di armi e munizioni. La povera fanciulla -veleggiava sola per mari ignoti, non coadiuvata -dalla scienza, inesperta degli scogli nascosti sotto -le onde, e senza pilota. -</p> - -<p> -In quei tempi le madri erano troppo occupate -per potersi dedicare all'educazione delle figlie. -La mattina era tutta impiegata davanti la sapiente -tavoletta, segreto laboratorio dei donneschi -artificii, ove la crema d'alabastro e il -rosso di serkis, componevano il roseo incarnato -<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span> -delle guancie; il bianco di Sultana, il latte di -cocomero, o l'acqua d'Ispahan, servivano a nascondere -le rughe, un neo ben collocato attirava -gli sguardi degli ammiratori, e metteva al bersaglio -un occhio languidetto, o una bocca lusinghiera. -Poi l'acconciatura del capo esigeva -lunghe cure, ed esperte mani per sollevare i -capelli ad altezze meravigliose, sostenerli al loro -posto, fissarli colla pomata circassa, rivolgerli col -ferro caldo, imbiancarli colla cipria. -</p> - -<p> -Più tardi venivano le visite, le adorazioni dei -cicisbei, il pranzo, il teatro, il ballo; e in mezzo -a tante brighe bisognava pure soddisfare alle -convenienze sociali, concedere qualche istante -al riposo, qualche abboccamento segreto, appagare -il gusto del cavaliere servente, riconoscere -i suoi diritti, e qualche volta transigere colle -esigenze del marito. -</p> - -<p> -È dunque evidente che i figli erano veri imbarazzi, -importuni testimoni, pericolosi confronti, -certificati autentici dell'età approssimativa dei -genitori. Perciò la gentildonna Fulvia teneva -sua figlia a rispettosa distanza, limitandosi a raccomandarle -la massima semplicità nelle vesti, e -<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span> -un contegno riservato. Ma la giovanile freschezza -suppliva ad ogni ornamento, e una modesta gonnella, -un bruno zendaletto, una rosa sui biondi -capelli, bastavano a farne una deliziosa creatura. -Silvia dunque viveva nell'isolamento, quantunque -si trovasse fra numerose persone, e si concentrava -in sè stessa cercando d'indovinare i -misteri della vita, osservando ogni cosa, studiando -e meditando gli usi, le abitudini, gli -individui. Guidata dall'istinto, coadiuvata dalle -circostanze, essa andava modificando le sue idee, -e arricchendo la sua mente di quelle cognizioni -che il convento le aveva nascoste, e che pure -le sembravano necessarie per sapersi regolare -nel cammino della vita. I passeggi solitari in -giardino erano il suo principale diletto, l'innocenza -ama la natura, le fanciulle amano i -fiori, gli alberi, il cielo aperto dei campi. Pensava -al suo futuro matrimonio col conte Leoni -che avea veduto due volte nel parlatorio del -convento, il giorno della presentazione, e il -giorno che venne fissato il matrimonio. Il fidanzato -dopo d'aver baciato la mano rispettosamente -alla promessa sposa, in presenza dei genitori -<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span> -e della badessa, era ripartito per un paese -lontano ove rappresentava la repubblica, dopo -d'aver convenuto che il matrimonio avrebbe -luogo al termine della sua missione diplomatica. -</p> - -<p> -La fanciulla studiava i rapporti conjugali dall'esempio -dei parenti, e giudicava naturalmente -che nella famiglia il marito è un essere secondario -che dà poca noia alla moglie, e richiamando -alla memoria i lineamenti del futuro -suo sposo, trovava che per un semplice marito -non c'era troppo male. L'affare più grave le -sembrava la scelta del cavaliere servente; l'importanza -della carica era evidente a' suoi occhi, -il marito, essa diceva fra sè, non sta insieme -alla moglie che le brevi ore della notte, quando -si smorza il lume e si dorme, ma il cavalier -servente è il compagno inseparabile, l'ombra -del corpo. Se fosse una persona noiosa come -Don Lio, o affettata come il nobile Partecipazio!... -Povera mamma, essa pensava, come deve -pesarle l'obbligo sociale che la tiene incatenata -a un tal uomo, quanto sarebbe stato meglio per -lei se il papà fosse stato il suo cavaliere servente, -e Partecipazio suo marito!... Come si fa -<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span> -a trovare il cavaliere servente? ho sempre udito -dire che la scelta appartiene alla sposa. Guai -se anche questo mi venisse consegnato dai parenti, -mi darebbero certo il conte Mocenigo, un -ganimede che tabacca; o l'Ambasciatore Daniele -Dolfin Savio del Consiglio, cavaliere della Stola -d'oro, noioso come le cerimonie, o il grave inquisitore -Grimani che fa paura a guardarlo, o -il vecchio Senatore Foscari colla sua parrucca -per traverso!... Sarebbe meglio Ermolao Tiepolo, -se non camminasse saltellando, o Alvise Pisani -se non fosse tanto languido, o Lodovico Manin -se si mostrasse meno timido e sospettoso... Oh! -infatti è un affar serio, e non vedo l'uomo secondo -le mie idee.... Mi piacerebbe un carattere -franco, disinvolto, coraggioso senza burbanza, e -poi di bella presenza, buono, dolce, che odiasse -il tresette, l'odore d'ambra, e il tabacco di Spagna.... -ove trovarlo?... -</p> - -<p> -Mentre la fanciulla passeggiava con queste idee -per la testa, vide da lontano Valdrigo, e si mise -a chiamarlo con tutta la forza della sua voce -argentina: — Vittore, Vittore, Vittore.... -</p> - -<p> -Il giovane accorse in tutta fretta, e le chiese -<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span> -in che cosa potesse servirla. La fanciulla fattoselo -sedere dirimpetto gli disse: — Voglio -domandarvi un consiglio.... ma in segreto. Credete -voi ch'io possa essere preoccupata da gravi -pensieri?... -</p> - -<p> -— Lo credo. -</p> - -<p> -— Mi promettete il più profondo segreto delle -mie confidenze? -</p> - -<p> -— Lo prometto. -</p> - -<p> -— Siete disposto a rendermi un segnalato servigio? -</p> - -<p> -— Dispostissimo. -</p> - -<p> -— E a rispondere francamente a tutte le mie -domande? -</p> - -<p> -— Dipende.... -</p> - -<p> -— Come dipende? -</p> - -<p> -— Dipende dalle domande. -</p> - -<p> -— Vi sono dunque delle domande alle quali -non vorreste rispondere? -</p> - -<p> -— Certamente! -</p> - -<p> -— E perchè?... -</p> - -<p> -— Perchè non potrei dirle la verità. -</p> - -<p> -— Allora temo che la mia domanda sarà -inutile! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span> -</p> - -<p> -— Si provi. -</p> - -<p> -— Or bene, proverò.... Sappiate dunque che -io vorrei ottenere un consiglio da voi, intorno -alla scelta del mio futuro cavaliere servente. -</p> - -<p> -— Sono dolentissimo di non poter soddisfare -un tale desiderio.... -</p> - -<p> -— E perchè?... -</p> - -<p> -— Perchè non ammetto i cavalieri serventi.... -</p> - -<p> -— Come?... Non ammettete nemmeno i cavalieri -serventi!... Don Lio ha dunque ragione, -siete un vero originale!... e perchè non ammettete -i cavalieri serventi?... -</p> - -<p> -— Perchè mi pare che debbano bastare i mariti!... -</p> - -<p> -— Mio Dio! quali stranezze!... ma se i mariti -non fanno mai nulla!... -</p> - -<p> -— Bisogna farli fare!... -</p> - -<p> -— Oh bella!... cosa direbbe il mondo, se vedesse -una dama accompagnata dal marito.... corteggiata -dal marito.... non sono cose possibili.... -sono idee che farebbero ridere.... la stessa cosa -come se un gentiluomo si presentasse in piazza -senza coda e senza parrucca!... ma sapete che -siete un grande originale!... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span> -</p> - -<p> -— Lo so, e ci tengo, perchè il plurale è così -melenso al dì d'oggi, che preferisco il singolare. -</p> - -<p> -E ridevano insieme, come di cose che non -ammettono discussione, entrambi perfettamente -convinti delle proprie idee. Ma poi nella solitudine -Silvia ritornava col pensiero alle cose -udite, e meditava a fondo sulle discussioni tenute. -</p> - -<p> -Una volta essa consegnò misteriosamente a -Vittore un libriccino, raccomandandogli di leggerlo -con molta attenzione. Egli lo portò nella -sua stanza, gettandosi sul sofà, aperse il volume -e si trovò fra le mani: <i>Il giardino di poesie -spirituali</i>, diviso in quattro parti, di <span class="smcap">Suor Maria -Alberghetti</span>, viniziana fondatrice delle Dimesse -di Padova. — Lesse per obbedienza, e dormì -d'un sonno consolato di celesti visioni. -</p> - -<p> -Era un dono della zia badessa. -</p> - -<p> -Finiti i pochi libri che aveva portati dal convento, -Silvia sentiva il bisogno di nuove letture, -e s'indirizzava alle amiche vicine, le quali le -consegnavano di soppiatto le opere in voga. — <i>La -Marfisa Bizzarra</i>, poema del conte <span class="smcap">Carlo -<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span> -Gozzi</span>. — <i>II Tirsi e il Narciso</i>, di <span class="smcap">Apostolo Zeno</span>. — <i>Il -Re Pastore</i> e <i>L'Astrea placata</i>, di <span class="smcap">Metastasio</span>. -Questi libri accendevano il suo entusiasmo, -allargavano il ristretto orizzonte delle -sue idee, le facevano battere il cuore, e versava -torrenti di lagrime. Nel bisogno di comunicare -le sue emozioni ad un amico, aspettava -Valdrigo in giardino, lo invitava a seguirla sotto -l'ombre del boschetto, e colà narrava ingenuamente -i suoi trasporti di ammirazione per le -pagine divorate nella cameretta solitaria. -</p> - -<p> -Valdrigo ascoltava con un'aria di affettuosa -compassione, o di muta sorpresa; la giovinetta -lo interrogava ansiosa: -</p> - -<p> -— Cosa pensate di Carlo Gozzi? -</p> - -<p> -— Scipito, rispondeva Vittore con un sospiro. -</p> - -<p> -— E di Apostolo Zeno? -</p> - -<p> -— Noioso. -</p> - -<p> -— Ah! non potete negare che Metastasio non -sia uno de' più grandi poeti? -</p> - -<p> -— Lo nego! -</p> - -<p> -— Come! avreste il coraggio di non piangere -ai suoi drammi? di non rimanere commosso -alla lettura de' suoi versi? -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span> -</p> - -<p> -— Ahimè! pur troppo debbo confessare che -i suoi versi mi fanno ridere.... -</p> - -<p> -— Basta.... Basta.... Non vi credeva un cuore -di marmo, mi fate compassione.... voi non sentite -niente!... non amate niente!... -</p> - -<p> -— Niente!... rispondeva Valdrigo con un sorriso -affettuoso, e se ne andava. -</p> - -<p> -Silvia ritornava alle predilette letture, e mentre -il suo cuore si disponeva alla tenerezza, udiva -una musica soave uscire da una stanza del palazzo. -Era Valdrigo che trasmetteva al suo violino -un'espressione della sua anima, un pensiero -di sublime dolcezza. La giovinetta ascoltava quella -voce arcana che molceva le più riposte fibre del -cuore, e sospendeva la lettura, per non perdere -una nota della lontana melodia. Poi essa pensava: — quel -giovane è un mistero! -</p> - -<p> -Un giorno passeggiando in giardino con lui si -mise a lodare l'elegante forma dei carpini tagliati -in vasi e piramidi, e ammirando l'arte del -giardiniere si rivolse al suo compagno, e con -un'aria burlesca, gli disse: -</p> - -<p> -— Ci scommetto io, che voi non amate quest'arte!... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span> -</p> - -<p> -— Ma niente affatto! rispose tranquillamente -Valdrigo, anzi la detesto. Come vuole che io ammetta -Angelo Rotondo censore della natura, l'opera -di Dio!... -</p> - -<p> -E qui una lunga discussione, come al solito, -sulla stupidità degli usi, sulla corruzione del -gusto, e sull'eccellenza della natura, e sempre -camminando e andando a finire sotto le ombre -del prediletto boschetto. Giunti colà, Silvia, incrociate -al seno le braccia, e fissando in volto -Valdrigo collo sguardo scrutatore d'un inquisitore -di Stato, gli disse: -</p> - -<p> -— Voglio vedere fino a qual punto giunga il -vostro superbo disprezzo per le cose tenute in -venerazione dal comune degli uomini. Da quattordici -secoli la repubblica di San Marco forma -l'ammirazione del mondo, orbene, qui nessuno -ci ascolta, e potete parlare senza tema del supremo -tribunale; sareste voi capace di burlarvi -del Doge, serenissimo principe della repubblica, -di ridere della maestà dell'Eccellentissimo senato, -di mancare di rispetto all'Eccelso consiglio -dei Dieci? sareste capace di dubitare dell'eterna -durata d'un governo fondato dai nostri -<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span> -padri, guidato dalla sapienza civile e politica -dei secoli, sostenuto da una nobiltà devota alle -antiche istituzioni, e da un popolo rispettoso e -felice?... rispondete. -</p> - -<p> -— Come mai possono venirvi in mente tali -domande?... a che possono servirvi i miei pensieri -in proposito?... -</p> - -<p> -— Il desiderio di conoscervi a fondo, mi -spinse a cercare nella mia mente qualche cosa -di grande dopo Dio, per vedere ove si arresti -la vostra manìa di contraddire le idee generalmente -adottate; i vostri pensieri poi mi servono -a pensare tutta sola, a ragionare fra me, -a discutere nel silenzio fra le idee comuni e le -vostre, a distinguere il pregiudizio dalla verità. -Ditemi francamente, ve ne prego, credete voi -ad una lunga prosperità della repubblica?... -</p> - -<p> -— Non ci credo.... la repubblica è vecchia, -e piena di magagne, e i vecchi devono morire! -</p> - -<p> -— Mio Dio!... mi fate paura.... e sapete cosa -penso qualche volta di voi?... penso che siete -pazzo!... -</p> - -<p> -— Sicuro che sono pazzo.... egli rispose con -un'aria naturale e convinta. Esser pazzo significa -<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span> -vedere le cose in modo diverso dagli altri.... -Gl'inquisitori del Santo Ufficio giudicarono pazzo -Galileo Galilei, perchè sosteneva che la terra girava -attorno al sole, e l'obbligarono colla tortura -a confessare la sua eresia.... Tutti i dotti -trapassati e viventi davano torto alle sue nuove -teorie, ma il dubbio era gettato, e la tortura -non bastava a distruggerlo, bisognava dimostrare -il contrario con prove scientifiche.... le prove -si fecero, e dimostrarono ad evidenza che i dotti -trapassati e viventi erano asini.... compresi gl'inquisitori -del Santo Uffizio.... e che Galileo era -un genio!... I Genovesi, i Portoghesi, gli Spagnuoli -trattarono da pazzo Cristoforo Colombo, che si era -fissata in mente l'idea di scoprire un nuovo -continente oltre i mari conosciuti. Si figuri, se -la dotta antichità poteva ignorare qualche cosa! -I dotti contemporanei si burlavano di lui, la -dotta Salamanca si sbellicava dalle risa, egli vagava -invano per l'Europa alla ricerca d'un pazzo -suo pari, che volesse aiutarlo procurandogli i -mezzi di viaggiare in traccia delle sue chimere. -Finalmente la presa di Granata mise in possesso -della regina di Spagna tutte le provincie che -<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span> -si stendono dai Pirenei alle frontiere del Portogallo, -la buona regina Isabella trovandosi la -borsa ricolma ebbe il capriccio di gittare un -poco di denaro dalla finestra, e malgrado l'opposizione -insistente del marito, mise a disposizione -di Colombo tre poveri vascelli, coi quali -al dì d'oggi non si farebbe un viaggio in Dalmazia. -Ella sa il resto; l'ignoto continente esisteva, -Colombo lo ha scoperto; anche questa volta -il creduto pazzo era un genio, e gli asini si -trovarono nella dotta Salamanca e nelle Accademie -scientifiche di quel tempo. Un altro pazzo -era Torquato Tasso, l'autore della <i>Gerusalemme -liberata</i>, un poema che vostra eccellenza farebbe -bene di leggere, e che troverebbe certo migliore -della <i>Marfisa Bizzarra</i> del conte Carlo Gozzi. -</p> - -<p> -— E chi osò trattare da pazzo questo insigne -poeta? -</p> - -<p> -— Il Duca Alfonso di Ferrara, che lo tenne -in prigione.... -</p> - -<p> -— E perchè?... -</p> - -<p> -— Perchè il povero poeta aveva osato levare -gli occhi alle stelle.... perchè aveva amato la -Duchessa Eleonora, la sorella d'Alfonso.... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span> -</p> - -<p> -— Oh ve ne prego, raccontatemi la storia degli -amori del Tasso e di Eleonora.... -</p> - -<p> -Vittore ignorava quasi intieramente quella storia, -ma la sua fantasia era abbastanza feconda -per supplire ai documenti mancanti, e creò un -racconto interessante della fiamma del poeta per -la bella duchessa, e vi aggiunse le più tenere -avventure, e le relative osservazioni filosofiche -e comparative fra la nobiltà dell'intelletto e la -nobiltà dei natali, e sul pregiudizio della nobiltà -ereditaria. -</p> - -<p> -Un altro giorno lesse a Silvia l'episodio d'Olindo -e Sofronia, spiegando alla fanciulla le allusioni -del poeta, e disponendola all'intelletto -della vera poesia. -</p> - -<p> -Tali frequenti ritrovi, resi interessanti dallo -scambio reciproco dei sentimenti e delle idee, -strinsero la intimità dei due giovani, e divennero -oltremodo graditi al loro bisogno d'espansione. -Silvia andava colla cameriera Lucietta a -trovare la Rosa, e colà si univano a Vittore che -le faceva correre attraverso la campagna. Osvaldo, -un fratello di Vittore, prendeva le reti, e andavano -alla pesca portando con loro delle frutta -<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span> -per una modesta colazione sull'erba. Talvolta -Lucietta si perdeva pei campi con uno sbarbatello -dei contorni che le prometteva di farla -contessa, e allora Silvia e Vittore vagavano solitari, -conversando e questionando di mille cose -diverse. Valdrigo la proteggeva dall'ululato dei -cani, dai pericoli provenienti dagli animali pascolanti, -dalle spine dei roveti. La portava attraverso -i ruscelli, la teneva per mano nelle salite -più ardue, la difendeva dal sole con dei -rami degli alberi, e dal vento coprendola colla -sua giubba. -</p> - -<p> -Dopo lungo cammino si siedevano a riprender -lena sotto agli alberi, e Silvia scherzando gli -diceva: — Riposiamoci un poco, ma poi andiamo -avanti, avanti, sempre avanti fino a quei -monti lontani, e dopo varcheremo anche i monti, -e sempre avanti.... -</p> - -<p> -Egli le prendeva la mano, e la guardava negli -occhi tacendo. Tacendo colla parola, perchè -gli occhi parlavano abbastanza, e le anime si -trovavano in armonia, come due arpe che mandano -il medesimo suono. L'ingenuità della fanciulla -la rendeva sacra a Valdrigo che la circondava -<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span> -del rispetto dovuto dai mortali verso -gli angeli. Quella pura ammirazione era una sorgente -d'ispirazioni novelle, di pensieri elevati. -Nella sua tranquilla cameretta egli tracciava delle -immagini celesti degne della matita di Raffaello; -e traea dal violino dei canti di suprema dolcezza, -e sovente improvvisava dei versi sublimi -riboccanti d'entusiasmo e di gemiti, che si perdeano -per l'aria, e svaporavano come diamanti -consumati dalla combustione. Cosicchè non restava -mai nulla di tante effimere creazioni. Nessuno -era presente per colpire sul fatto le idee -del poeta o le note del suonatore, ed egli stesso -obliava ogni cosa quando cessata quella specie -di ebbrezza che agitava il suo spirito, si lasciava -cadere sopra il letto, sfinito ed esausto. -</p> - -<p> -Anche gli abbozzi sparivano, nei momenti di -scoramento, quando misurando le difficoltà che -avrebbe incontrate nella completa esecuzione di -pensieri appena accennati, egli distruggeva quelle -forme indeterminate, come aborti indegni dell'arte. -</p> - -<p> -Una mattina d'ottobre uscì per tempo a respirare -l'aria aperta. Le foglie cadendo dagli alberi -<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span> -disponevano la mente ai pensieri melanconici, -entrò nel boschetto e si trovò dirimpetto -di Silvia. Una lagrima scendeva sulle guancie -della fanciulla, che vedendosi sorpresa si passò -rapidamente una mano sul volto, e finse un sorriso. -Ma Valdrigo se n'era avveduto e fattosele -incontro, le chiese con affettuoso interesse il -motivo della sua tristezza. Essa negò fermamente -d'aver pianto, e volle rassicurarlo che nulla -agitava il suo spirito. Passeggiarono insieme -qualche tempo, in silenzio, poi Silvia volle -uscire dal boschetto, Valdrigo la pregava a rimanere, -ma essa gli rispose con aria risoluta: -</p> - -<p> -— Usciamo, ve ne prego, non dite una parola -di più.... -</p> - -<p> -Si separarono in giardino, Silvia, rientrò nel -palazzo, Valdrigo uscì alla campagna, in traccia -di solitudine. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span></p> - -<h2>XVI.</h2> -</div> - -<p> -Vi sono dei giorni d'autunno ne' quali sembra -che la natura si disponga a dare un ultimo -addio alla bella stagione, avanti il sonno delle -piante, avanti le brine del verno. Il sole risplende -in un cielo perfettamente sereno, l'aria -è tranquilla, gli uccelli cantano sugli alberi, i -fiori emanano le più soavi esalazioni, tutta la -campagna presenta un aspetto di pace e di felicità. -L'indomani dell'ultimo incontro di Silvia -e di Vittore era uno di quei giorni. Ogni volta -che i due giovani uscivano in giardino i loro -passi si dirigevano verso l'ombrose macchie del -bosco, quasi vi fossero attirati da una forza misteriosa; -talvolta, appena entrati, Silvia voleva ritornare -in giardino, e sembrava dominata da due -genii contrari, uno che la invitava, l'altro che -<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span> -la respingeva da quel delizioso recesso. Quella -mattina pareva che i genii si fossero messi d'accordo, -perchè i due giovani entrarono francamente -nel bosco, senza esitanza, e Silvia, sedutasi -ai piedi d'un albero, disse a Vittore: — Qui -non saremo disturbati, e la quiete che -ne circonda in questo luogo romito, si presta perfettamente -all'intento. Leggete dunque i versi -che avete composti ier mattina passeggiando -per la campagna, dopo la vostra pretesa scoperta. -</p> - -<p> -Vittore rispose: — Manterrò la promessa.... — e -spiegando un foglietto si mise a leggere una -poesia che aveva per titolo: <i>Le lagrime d'una -fanciulla</i>. -</p> - -<p> -Egli leggeva con una voce dolce e commossa, -e la giovinetta impallidiva, il suo seno si sollevava -agitato, le labbra semichiuse reprimevano -invano i sospiri, e gli occhi umidetti non potevano -rattenere le stille che le irrigavano le guancie. -Finita la lettura. Vittore fece in mille brani -il foglietto, e disperdendolo al vento, esclamò: -«Andate, poveri sogni, nel regno dei fantasmi, -questa vita non è fatta per la poesia!...» Silvia -<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span> -levatasi con un rapido slancio voleva arrestare -Valdrigo, ma troppo tardi, che già i piccoli frammenti -scendevano al suolo fra le foglie secche -degli alberi. Allora trapassando con repentino -movimento dall'emozione alla collera: — Ebbene, -disse, addio!... mi avete dato una ferita -mortale, e per voi sono morta!... — e si mise -in via per uscire. -</p> - -<p> -Valdrigo sbalordito dalla sorpresa le corse -presso, la ritenne per la mano, la ricondusse -sotto l'albero, la fece sedere nuovamente, ma -essa non lo guardava, e non rispondeva alle -sue scuse. Allora, disperato d'averla offesa, disperato -d'aver perduto quello sguardo che gli -penetrava nell'anima come un raggio di luce -divina, si gettò a' suoi piedi in ginocchio, e -colle mani giunte, e le lagrime del pentimento -sul ciglio, gli ripeteva: — Perdonate, Silvia, -perdonate, io non credeva quei versi degni di -voi, la vostra collera mi uccide, ogni vostro desiderio -è sacro per me, voi avrete quei versi -che io tengo nella mente, ne avrete ancora degli -altri, se non mi negate quello sguardo che -m'ispira i più sublimi pensieri. — Allora Silvia -<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span> -volgendo lentamente la testa verso Vittore lo -guardò e lo vide sconvolto dal dolore, cogli occhi -infuocati pieni di lagrime, che domandavano -pietà. Commossa fino al fondo del cuore, gli -pose una mano sul capo, e pronunciando la -dolce parola: vi perdono, avvicinò il suo volto -a quello del giovane, ed entrambi, trasportati -da quell'estasi che inebbria le anime giovanili, -suggellarono con un bacio reciproco la pace, e -rimasero un minuto fuori del mondo. -</p> - -<p> -Ma ohimè! la realtà della vita li richiamava -sulla terra per mezzo d'un fastidioso accidente. -Uno scroscio di risa ruppe istantaneamente l'incanto, -come lo scoppio di un fulmine che sveglia -dal sonno e disperde i sogni beati da soavi -visioni. Don Lio aveva sorpreso i due giovani -nell'atto del bacio, e ne menava uno scalpore -indiavolato. -</p> - -<p> -— Bravi, ripeteva battendo le mani, bravissimi!... -Brava la futura sposa del conte Leoni, -bravo il nemico delle muse, lo schernitore di -Cupido! Egli confida nel silenzio delle Amadriadi -e simile a Prometeo tenta la salita del cielo per -rapire il fuoco divino! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span> -</p> - -<p> -Le sue declamazioni mitologiche attirarono -servi, la confusione si diffuse per la casa. Silvia -umiliata si ritirò nella sua stanza, Vittore tentò -invano di giustificare la fanciulla. Don Lio fu -l'implacabile accusatore del delitto. Il nobile -Almorò degli Orseolo, intimò a Valdrigo lo sgombro -immediato dalla casa. La nobildonna Fulvia -non poteva darsi pace d'un tale scandalo, il cavaliere -servente Partecipazio ne strabiliava. Don -Lio accusava il seduttore d'insaziabile ambizione, -Partecipazio sosteneva che il popolo è divenuto -oltremodo vizioso, che non bisognava troppo proteggere -la gente bassa, e rimproverava alla nobildonna -la sua debolezza, il suo capriccio di -tollerare in famiglia un villano, e dichiarava che -tutti devono rimanere al loro posto, i bifolchi -alla marra, i nobili alla toga. — Per quanto -farete, egli andava ripetendo, i villani resteranno -sempre villani, il sangue non si cambia, la nobiltà -dell'uomo scorre nelle vene. Il mondo sarà -sempre così! e Don Lio approvava abbassando -la testa, sollevando le braccia e agitandole in -segno di profondo convincimento. -</p> - -<p> -La figlia colpevole dovette comparire davanti -<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span> -alla madre, alla quale spiegò ingenuamente il motivo -di quel bacio tanto fatale. La madre la minacciò -di rimetterla in convento fino al ritorno -dello sposo, al minimo indizio di civetteria; la -ammonì a tenersi in riserva, e soggiunse: — Se -Valdrigo fosse stato un nostro pari, certo -non avrei permesso la vostra intimità, ma come -poteva io sospettare che un uomo senza nascita -potesse farvi discendere sino a lui? Quando sarà -finita questa benedetta missione diplomatica del -conte Leoni faremo subito il matrimonio, ed -allora sarete libera; ben inteso, sempre nei limiti -delle convenienze, scegliendo il vostro corteggio -nel libro d'oro, e possibilmente fra quelli -di antica data. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span></p> - -<h2>XVII.</h2> -</div> - -<p> -Vittore Valdrigo si rifugiò nel seno di sua -madre. La povera donna piangeva con lui, e si -desolavano entrambi, non per la perduta protezione, -ma per le false accuse colle quali interpretavano -uno slancio di sentimento non disgiunto -dal più profondo rispetto. La povera -Rosa consolava suo figlio con ingenue ma affettuose -parole, perchè il suo linguaggio era quello -della semplice natura. -</p> - -<p> -Dopo il primo sfogo violento dell'anima offesa, -Valdrigo scrisse una lettera ai nobili Orseolo -nella quale giustificava la sua condotta, e -dichiarava la sua eterna riconoscenza dei benefici -ricevuti. Non risposero, ma gli fecero pervenire -tutti gli oggetti che gli appartenevano, -come ultimo indizio di completo abbandono. -<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span> -Rosa sgombrò la stanza della torre, la fece imbiancare, -vi collocò un buon letto, un tavolo, -due sedie, e vi depose con religiosa attenzione -tutte le quisquiglie da rigattiere che costituivano -il corredo del figlio. Egli si abbandonò ad -una profonda tristezza, ad un letargo che pareva -assopire il suo dolore, ma non era che l'effetto -d'un vuoto immenso che isolava la sua -esistenza. La buona Rosa lo osservava di sottovia, -rispettava i suoi lunghi silenzi, lo serviva -colla assiduità instancabile dell'affetto materno. -Alle sue parole di riconoscenza rispondeva con -un bacio, alle sue domande d'acqua gli portava -del vino, e gli metteva sul tavolo del pane -caldo, dell'uva secca, delle frutta. Per lui ci -doveva essere ogni giorno la panna, il butirro -fresco, e si dovevano raccogliere nel pollajo le -uova ancora tiepide. Zammaria brontolava, ma -Rosa levava la testa e gli faceva certi occhiacci -che dovevano significare una spaventosa minaccia, -perchè a quel cenno il marito cessava da -ogni lamento ed usciva zufolando un'arietta concitata, -ma inoffensiva. -</p> - -<p> -Quando le sembrava di poter parlare senza -<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span> -essere importuna, la Rosa si studiava di consolare -suo figlio, dicendo: — Fatti animo che non -siamo poi tanto poveretti, quantunque contadini. -Gli animali della stalla sono tutti nostri, e qualche -bel zecchino l'ho messo da parte colla mia -economia. Nel fondo del cassone ho un involto -di ducati nascosto in un pajo di calze, e tu potrai -disporne a tua voglia. Zammaria ripete sempre -al padrone che gli anni sono cattivi, ma non -è vero, naturalmente queste cose si debbono -dire perchè non crescano gli affitti, ma coll'ajuto -del cielo, si vive, e si mette anche qualche cosa -da parte. -</p> - -<p> -Egli ringraziava sua madre, e dichiarava non -aver bisogno di nulla. -</p> - -<p> -A poco a poco l'abitudine prese il suo dominio; -e i giorni passavano vuoti di opere ma -ripieni di pensieri, di contemplazioni, di sogni. -I progetti tenevano luogo dei fatti, chè Valdrigo -vedeva bene gl'inconvenienti d'un ozio prolungato, -e confessava a sè stesso che la sua educazione, -e il suo genio lo chiamavano altrove, -che il momentaneo ritiro nella solitudine doveva -essere una specie di cura medica delle ferite -<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span> -del cuore, non mai l'ultimo destino della -sua vita. Ma la cura era fallata e invece di sanare -le piaghe inacerbiva le ferite. La solitudine -ingrandisce i fantasmi, stende un velo sul -mondo positivo, e dischiude l'adito al regno -dei sogni. Nella solitudine Silvia gli sembrava -più bella, e nel vasto universo deserto, essa -dominava con tutta la forza del mistero. Agli -occhi di Valdrigo essa non era più donna, ma -apparteneva alle fantastiche legioni degli angeli, -anime tutte divine, vestite di candide forme e -di eterei sembianti. Nella solitudine l'amore diventa -una religione, e gli amanti simili ai devoti -eremiti si lasciano assorbire dalla adorazione -degli idoli, ingranditi ai loro sguardi per -l'effetto dell'esaltazione mentale. Questa vita -di contemplazione bastava al suo spirito. Intanto -venne l'inverno, e sua madre tentava invano -di fargli abbandonare la campagna deserta, e -invano ogni giorno gli offriva del denaro perchè -potesse recarsi a Venezia o almeno a Treviso -per seguire il suo destino, e guadagnarsi -una vita onorata con un lavoro adeguato alla -sua educazione ed alla sua capacità. Egli le prometteva -sempre di partire, ma rimaneva. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span> -</p> - -<p> -Le nostre cortesi leggitrici, se avremo l'alto -onore di averne, diranno: — Ma che cosa poteva -fare un artista alla campagna, d'inverno in -una bicocca di contadini, nella più profonda solitudine?... — Gentilissime -signore, riflettete un -momento che gl'innamorati non sono mai soli, -e gli artisti nemmeno. Valdrigo passeggiava in -compagnia d'una donna immaginaria, la più -bella fra le belle, la più sommessa fra le schiave. -Ella era tutta sua, e gli teneva luogo d'un popolo: -quelle solitudini abbellite dalle sue chimere -erano il suo dominio, e gli tenevano luogo -d'un regno. Egli faceva un sogno delizioso e -non voleva essere risvegliato. E quante volte, -cortesi leggitrici, non avete trovato voi stesse -i vostri sogni segreti più belli della realtà! -</p> - -<p> -Permettete dunque che Valdrigo rimanga qualche -tempo in campagna, malgrado la perversità -della stagione, che egli però trovava secondo i -suoi gusti. I rami secchi degli alberi, le foglie -cadute, il cielo nebbioso, la natura morta convengono -perfettamente a certe condizioni dell'animo, -quando un pensiero e un'immagine -riempiono il cuore. Le anime leggere e i cuori -<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span> -vuoti cercano avidamente i frivoli piaceri del -mondo, i balli, i teatri, le feste. Ciascheduno ha -bisogno della folla per cercare un compagno. -Chi l'ha trovato, chi l'ha perduto per sempre -può vivere nella solitudine. -</p> - -<p> -Valdrigo usciva a passeggiare pei campi deserti, -quando l'aria gelata aveva cristallizzata la -nebbia sugli alberi. Quella scena era per lui uno -spettacolo fantastico, un mondo di cristallo. I -rami delle piante, le siepi, l'erba secca delle -rive si trasformavano in lucidi brillanti, i salici -piangenti parevano diventati fiocchi giganteschi -di candida ciniglia, il ghiaccio dei fossi presentava -l'apparenza dei moarri di Lione che servono -di veste alle regine, ma che sono una debole -imitazione della natura. E i giorni di neve -le vaste campagne coperte da un bianco tappeto -mandavano dei riflessi azzurri, e presentavano -l'aspetto di quei deserti del polo, che -ci vengono descritti dagli arditi viaggiatori. E -alla notte la luna battendo sulla neve i suoi -raggi raddoppiava la luce pel riflesso della bianca -terra, e faceva brillare uno strato infinito di -diamanti. Chi non ha veduto la campagna d'inverno -<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span> -non conosce uno spettacolo degno d'ammirazione. -</p> - -<p> -Venne la primavera, coi fiori delle siepi, col -canto degli uccelli, cogli aliti imbalsamati pregni -di amorose malìe. Chi avrebbe abbandonata -la natura nel momento incantevole che si desta -dal sopore del verno?... Non certo un innamorato, -un poeta, un sognatore. L'estate offriva -al pittore i più vaghi motivi d'ombra e di luce. -La falciatura dei prati gli apportava il profumo -dei fieni recenti, la mietitura del frumento gli -mostrava l'effetto della porpora sull'oro, per -mezzo dei rossi papaveri confusi ai covoni delle -spiche mature. Il canto dell'allodola pareva rispondere -alla canzone della spigolatrice, entrambe -solitarie, e forse entrambe innamorate. L'autunno -lo riteneva col prestigio delle sue frutta, col gajo -spettacolo dei pampini carichi d'uve, colle tinte -variopinte delle foglie. -</p> - -<p> -Egli osservava e ammirava, voleva imitare le -armonie della natura col suono del violino, e -colla matita disegnava i gruppi degli alberi antichi, -le movenze degli animali pascolanti, gli -atteggiamenti delle rustiche fanciulle che danzavano -<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span> -sul prato, o andavano alla pesca lungo -le rive, o nelle acque cristalline. Così passò il -primo anno. All'autunno i nobili Orseolo vennero -a villeggiare senza Silvia. La nobildonna -Fulvia, per salvarla dalle supposte insidie dell'ambizioso -Valdrigo, l'aveva confidata ad una -amica elegante che villeggiava sulla Brenta in -mezzo a numeroso corteggio di sdolcinati cicisbei. -</p> - -<p> -Vittore si decise di ritornare a Venezia, terminato -l'autunno, ma i giorni di novembre -erano così belli di tristezza che lo ritennero con -una forza insormontabile. Alla madre che gli -chiedeva il giorno preciso della partenza per le -ultime disposizioni da prendersi egli rispondeva: — Domani. — Domani! -arcana parola, giorno -indeterminato che esiste ma non è iscritto precisamente -in nessun mese dell'anno, in nessuna -divisione della settimana! Domani vuol dire il -futuro misterioso, l'avvenire che sta in mano -di Dio! Tutti abbiamo un domani fatale; oggi -la vita, domani la morte! oggi i lampi del genio, -domani le tenebre della tomba! -</p> - -<p> -Il domani di Valdrigo non arrivava mai. Oh! -l'indolenza delle anime quanti furti commette -<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span> -verso la patria. Quante opere insigni, non si -fecero per aspettare un domani il quale non -giunse che per annunziare la vanità degli umani -progetti! — Domani diceva Valdrigo, e accendendo -la pipa si gettava sull'erba fra i vortici -di fumo. L'indolenza è una malattia dell'anima -raramente acuta, quasi sempre cronica e incurabile. -Quando s'incomincia a far niente, non -si esce dall'incanto di quella dolcezza senza una -scossa violenta. È la storia di Rinaldo nei giardini -di Armida. Chiunque avrà provato in sua -vita la malattia del far niente, non sarà punto -sorpreso al nostro annunzio che Valdrigo passò -il secondo anno come il primo, sempre disposto -a partire, sempre ritenuto da una abituale -indolenza. -</p> - -<p> -Finalmente venne il secondo autunno, e come -al solito ricomparve a Vascon la famiglia degli -Orseolo col consueto corteggio di Don Lio innamorato -fedele delle muse, e col nobile Partecipazio -sempre più ringiovanito dalle pomate -e dai cosmetici coi quali cancellava le rughe -del suo volto, come i ristauratori dei quadri -antichi riparano i guasti del tempo. Questa volta -<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span> -poi c'era anche la Silvia, perchè l'esperienza -aveva insegnato a sua madre che amori della -durata di due anni non esistevano al mondo, e -quindi secondo le sue massime ogni pericolo -era tolto. -</p> - -<p> -L'arrivo della fanciulla scosse Valdrigo dal -letargo; e indovinate che cosa fece! -</p> - -<p> -Valdrigo fuggì. -</p> - -<p> -Cercando di vederla si sarebbe esposto a nuovi -insulti, a nuove calunnie, e il suo carattere non -era tale da affrontare una seconda volta l'alterigia -patrizia. Averla vicina e non vederla era -cosa insopportabile al suo cuore, era lo stesso -come il pretendere che il ferro si allontanasse -all'avvicinarsi della calamita. -</p> - -<p> -Dalle lotte colla natura si fugge con energica -risoluzione, ma non si resiste nè si vince. Valdrigo -dunque partì, ma non per Venezia che -non aveva per lui più attrattive, ma per un -viaggio pedestre ed artistico sulle Alpi che contemplava -da lontano e non aveva mai vedute -da presso. Entrò nel Cadore, la Svizzera del -Veneto, e costeggiando la Piave visitò quei boschi -antichi, e quei monti scoscesi che offrono -<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span> -tanti spettacoli sublimi all'ammirazione di chi -ama la natura, e la grande poesia delle sue -opere. La donna de' suoi pensieri lo seguiva dovunque, -e disponeva la sua mente alla contemplazione -di quelle scene stupende che le anime -volgari guardano stupidamente senza gustarle. -</p> - -<p> -In quelle solitudini alpestri egli meditava le -grandezze delle opere di Dio e la caducità delle -umane produzioni. Quelle roccie sfidavano gl'insulti -dei secoli, e le opere più solide dell'uomo -non potevano sopravvivere alle spente generazioni. -L'antico Egitto scomparve, Gerusalemme -non è che un mucchio di macerie, la divina -Atene è caduta, e di tanta scienza, e di tante -arti gentili, e di tante sublimi o graziose produzioni -non ci restano che pochi frammenti che -rendono più amaro il tramonto di ogni grande -civiltà. -</p> - -<p> -Volle compiere un pio pellegrinaggio al paese -che diede i natali al grande Tiziano; e in quella -valle pittoresca che fiancheggia la Piave cercava -i punti che avranno arrestati gli sguardi dell'immortale -pittore. Visitò la casa abitata dall'artista -ancora fanciullo, e baciò la parete ove -<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span> -appena decenne quella mano divina aveva dipinto -una Vergine col succo d'erbe spremute -e di fiori. Era quello il primo lavoro dell'uomo -davanti al quale l'imperatore Carlo V, doveva -inchinarsi a raccogliere il pennello caduto, rispondendo -alla sorpresa di lui: — Tiziano è -degno d'essere servito da Cesare. -</p> - -<p> -Ritornò a Saltore in novembre, quando tutti -i villeggianti erano partiti, e rifece solitario i -passeggi che doveva aver fatti la Silvia, e seguiva -le sue traccie coll'istinto, e gli sembrava -di vederla. Talvolta si arrestava dietro un albero -ad osservare il giardino e il palazzo. Ma -le chiuse imposte gli pesavano sul cuore come -le memorie dei morti. Angelo Rotondo vangava -la terra intorno agli dèi venerati da Don Lio, -Fiorina copriva i garofani per ripararli dal freddo, -e il boschetto era deserto. -</p> - -<p> -Un giorno ritornando dal solito passeggio trovò -sua madre sulla porta che lo aspettava, tenendo -fra le mani una lettera. Vittore riconobbe sull'indirizzo -il carattere di Antonio Canova. Il -collega ed amico gli scriveva da Roma la relazione -del suo primo trionfo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span> -</p> - -<p> -Il grande monumento del pontefice Ganganelli -era stato scoperto al pubblico nella chiesa dei -santi Apostoli. Canova gli raccontava la storia -dei suoi lavori, degli studi intrapresi, delle fatiche -sostenute per superare le difficoltà dell'arte, -e gli svelava ingenuamente le gioje provate -a lavoro compiuto, e le agitazioni sofferte -davanti al giudizio del pubblico, e accennando -le lodi ricevute e le critiche soggiungeva: «le -critiche danno luogo a riflettere ed insegnano: -le lodi sovvertono ed addormentano; tolgono la -smania di andare avanti, di tenere in attività -lo spirito per distinguersi»<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a>. -</p> - -<p> -Ai discorsi dell'arte seguivano le confidenze -del cuore; il quale soffriva per un amore infelice. -Lo scultore amava la figlia d'un altro artista, -Domenico Volpato. Erano stati fidanzati, -ma inesplicabili misteri aveano rotto quel nodo, -e in luogo delle nozze era seguito l'abbandono. -Ma egli cercava nel lavoro un sollievo -al dolore, e così anche le ambascie d'un amore -<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span> -tradito divenivano fomite all'arte e aggiungevano -espressione alle opere. -</p> - -<p> -Canova chiudeva la lettera eccitando l'amico -a mettere a prova il suo genio con qualche -opera di lena, e lo invitava a dargli notizia dei -lavori compiuti. -</p> - -<p> -Il rossore della vergogna coloriva le guancie -del giovane, il rimorso del tempo perduto gli -lacerava la coscienza, l'esempio glorioso dell'amico -lo scoteva finalmente dal lungo letargo, e -presa una risoluzione irremovibile, si diede a -raccogliere gli studi dispersi, a mettere insieme -i suoi libri, gli arredi, e gli utensili dell'arte -mentre che la madre gli apparecchiava il fardello -delle vesti, per la partenza. -</p> - -<p> -All'indomani alzatosi per tempo abbracciava -i parenti, stringeva al seno sua madre che piangeva -a calde lagrime, dalla gioja di vederlo risoluto -a lavorare e dal dolore di perderlo. La -buona donna gli metteva in mano le sue economie, -gli raccomandava il coraggio, lo accompagnava -per un tratto di via. I suoi bagagli partivano -sopra una carretta condotta fino a Mestre -da Osvaldo, egli se ne andava a piedi, come la -<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span> -prima volta, ma con qualche anno di più con -qualche illusione di meno, con l'anima ferita, -col rimorso del tempo perduto. -</p> - -<p> -Per via sua madre gli prodigava i consigli -dei cuori semplici, lo pregava di conservarsi -onesto, di meritarsi la stima di tutti, di non -lasciarsi invadere dall'ozio, di aver fede in Dio, -di voler bene a lei che pregava sempre per la -sua felicità, e invocava sul suo capo le benedizioni -del cielo. A Lancenigo si separarono con -nuove lagrime e baci; la buona Rosa ritornò a -Saltore col cuore stretto dall'affanno, e Vittore -giunto a Mestre, e preso posto in una barca, -arrivava alla sera in Venezia. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span></p> - -<h2>XVIII.</h2> -</div> - -<p> -Sbarcò in casa d'un amico, e si mise tosto -in traccia d'un alloggio modesto. Nel tempo che -dimorava al palazzo Orseolo aveva fatto conoscenza -con un certo Beppo Caruga battelliere, -che conduceva gli artisti al lido, e nelle gite -dei dintorni. -</p> - -<p> -Avendolo scontrato per via gli chiese delle indicazioni -in proposito. Beppo offerse una stanza -nella sua casa, che venne subito accettata, e trasportativi -i bagagli prese immediatamente possesso -della nuova dimora dopo aver fissato un -modesto contratto per l'alloggio e pel vitto. -</p> - -<p> -La casa del povero pescatore era situata in -un quartiere remoto di Venezia. Essa formava -l'angolo di una calle che finiva in laguna, e la -stanza di Valdrigo aveva tre finestre, una guardava -<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span> -la strada, le altre l'acqua. Da lontano la -catena dei monti formava la cornice del quadro. -Quella camera era stata la stanza nuziale dei -genitori di Beppo, morti entrambi da due anni. -Ripulita e imbiancata, si voleva affittarla, ma non -trovava aspiranti perchè se la stanza era vasta, -ariosa e decente, l'aspetto esterno della casa era -affatto miserabile, cosicchè quell'alloggio riusciva -troppo povero e lontano dal centro per le -modeste fortune, e di troppo lusso per i poveri. -Valdrigo vi si trovava a meraviglia, e sosteneva -che l'esterno era più bello dell'interno. I muri -scalcinati, i modiglioni sporgenti, le reti distese -sulla facciata che si asciugavano al sole, i canestri -panciuti del pesce che circondavano la -porta, i laceri pannilini che sventolavano dalle -finestre sopra un lungo bastone, come le banderuole -dei navigli in un giorno di festa, davano -veramente a quella casa un certo che di -pittoresco, che conveniva perfettamente alle idee -di Valdrigo. La vista poi dalle finestre era magnifica, -e si estendeva sopra un vasto orizzonte. -Alcune bianche vele disperse per la laguna si -riflettevano sulle acque e parevano uccelli -<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span> -fantastici vaganti sulle onde azzurre del mare. Nelle -ore del riflusso gli strati scoperti apparivano -come verdi tappeti galleggianti, e i cercatori -di crostacei vagavano per le alghe ricurvi il -dorso, in traccia della preda. Al tramonto del -sole le montagne lontane si tingevano di colori -cangianti dal giallo d'oro al rosso porporino, -dal rosso al violetto, e finalmente all'azzurro, -fino a che le nevi brillavano ai languidi chiarori -della luna. Tutto il giorno la laguna era popolata -di barche, le più vicine apparivano distinte -coi loro accessorii più minuti, le lontane parevano -un punto nero nello spazio. Entravano di -continuo nel canale, passavano o si fermavano -alla riva battelli, burchi, caicchi, gondole, peote, -e ogni maniera di barche. Sulle fondamenta le -donnicciuole si sedevano al sole, rattoppando i -cenci, o facendo i calzetti, querelandosi fra loro, -mormorando del prossimo, lamentandosi della -crescente miseria. I fanciulli giocavano, i battellieri -si riposavano sulle soglie delle porte o -apostrofavano i compagni, o si burlavano dei -passeggieri, o con un segno degli occhi imberciavano -certe gondole che uscivano al fresco -con due innamorati. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span> -</p> - -<p> -Quel luogo, quantunque lontano dal centro -romoroso di Venezia, pure non era il più opportuno -per decidere al lavoro il nostro indolente -Valdrigo. Mille motivi lo attiravano alla -finestra, mille altri ve lo ritenevano in osservazione. -Da un lato studiava la natura, dall'altro -le scene popolari che aveva sotto gli occhi. Dagli -alberi e dai campi di Saltore, alle barche ed -alle acque di Venezia il mutamento era troppo -grande per non attirare gli sguardi d'un artista. -Dalla solitudine della campagna alla bizzarra -conversazione del popolo di Venezia la differenza -era troppo rimarchevole per non servire -di distrazione, a chi tanto facilmente si lasciava -distrarre. -</p> - -<p> -La famiglia de' suoi ospiti si componeva di -tre soli individui. Beppo, sua sorella Maddalena, -e la vecchia Marta, la nonna degli orfani, una -povera vecchierella grinza e rugosa. Beppo era -un ardito pescatore, laborioso sul mare, scioperato -sulla terra. Marta aveva dieciotto anni, -i capelli castagni, gli occhi briosi, una bocca -ridente che lasciava vedere il candore dei denti, -la carnagione brunetta, la figura snella. La gioventù -<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span> -e la salute andavano d'accordo nell'abbellire -la modesta popolana la quale aggiungeva -a questi doni della natura la pulitezza della -persona, un abito semplice, un grembialino fiorito, -un monile di corallo coi relativi orecchini. -</p> - -<p> -Quando usciva di casa battendo i tacchi delle -pianelle sul selciato, dimenando i fianchi con -una particolare leggiadria, col fazzuolo bianco -sul capo, e l'aspetto franco e sicuro, tutti gli -sguardi la seguivano; i giovinotti si volgevano -indietro a guardarla con quella attenzione avida -ad un tempo e stizzosa colla quale il cacciatore -osserva una rara selvaggina che gli passa sotto -al tiro, ma vola rapidamente e sparisce, prima -che possa montare lo schioppo per farla cadere -a' suoi piedi. E i vecchi libertini stralunando -gli occhi per vederla tutta intiera, si passavano -la lingua sulle labbra come il goloso gastronomo -davanti l'evaporazioni solleticanti d'un delizioso -manicaretto che non è destinato per lui. Ma -nessuno osava importunarla, tanto la sua fisonomia -incuteva rispetto, per una certa aria fra -l'innocente e il risoluto, che pareva dire — non -avrete niente, o uno schiaffo. — Valdrigo -<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span> -la guardava sottecchi coll'ammirazione del pittore, -ma colla indifferenza dell'innamorato di -un'altra. -</p> - -<p> -I primi giorni, Maddalena portava nella stanza -del giovane il suo modesto desinare che era trovato -sempre eccellente, ma poi egli chiese di -far tavola comune cogli ospiti, e dopo alcune -cerimonie venne accettato. La mensa si allestiva -in cucina, e dopo il pranzo prendevano tutti una -fiammata davanti al camino. Quando nevicava, o -soffiava il vento, la conversazione si prolungava -qualche ora. La vecchia si addormentava la prima, -e Beppo le teneva compagnia poco dopo, cosicchè -Vittore e Maddalena restavano soli a contarsela. -</p> - -<p> -Taluno dei nostri giovani lettori si aspetta -adesso una dichiarazione d'amore, e un dialogo -passionato. Tutt'altro, signori, Valdrigo parlava -a Maddalena del buon tempo e della pioggia, del -caldo e del freddo, — non vi ricordate che egli -era innamorato di Silvia? e di che sorta d'amore! -di quegli amori che scompariscono dal mondo -coll'abolizione delle classi privilegiate, col principio -dell'eguaglianza. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span> -</p> - -<p> -L'amore cresce sempre in ragione diretta delle -difficoltà che incontra, e degli ostacoli che si frappongono -al suo corso regolare, come quei torrenti -che ingrossano davanti agli argini e alle -dighe, e diventano minacciosi pei campi sottoposti. -Quando gli odii politici dividevano le famiglie, -rendendo impossibile ogni alleanza fra -i nemici, allora si vedevano gli amori di Giulietta -e Romeo; quando si divisero le nazioni -fra nobili e plebei con una sbarra insormontabile, -si videro fra i giovani delle due parti degli -amori d'una tenacità pari all'alterigia dei nobili, -e questo era il caso di Valdrigo. Le leggi -della ingenua natura sono semplici e piane, la -fecondazione delle piante succede spontaneamente -sul campo, la fecondazione degli animali bruti è -sottoposta alle stesse condizioni dei vegetali, e -così sarebbe anche della razza umana, al cui naturale -connubio la natura non domanda altro -che un maschio ed una femmina. Ma l'uomo -essendo un animale ragionevole non ha trovate -giuste le leggi di natura, si è incaricato di correggerle -ed ha emanate delle leggi civili che -costituiscono la base della nostra società. La natura -<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span> -diceva: un matrimonio è bene assortito quando -due giovani di sesso diverso si sentono chiamati -da una istintiva inclinazione a formare una -sola famiglia. E sembra che questo fosse un -grande sproposito, che venne corretto nel modo -seguente: La società dichiara un matrimonio -bene assortito quando i nobili sposeranno i nobili; -quando i ricchi si uniranno coi ricchi e i -plebei coi plebei, e in altre parole un matrimonio -sarà bene assortito quando una donna -con ricca dote sposerà un uomo che nuota -nell'abbondanza, e quando un uomo che non ha -nulla per vivere formerà famiglia con una donna -che muore di fame. La società avendo fissati questi -principi fondamentali, la natura si oppose e -protestò, e da questa lotta fra le leggi di natura -e le leggi sociali nacquero tutte quelle -sventure amorose e i conseguenti delitti che -troviamo registrati nelle storie, raccontati nelle -cronache, esagerati nei romanzi. -</p> - -<p> -E siccome noi non vogliamo esagerare questa -storia perchè non si dica che scriviamo un romanzo, -diremo francamente che Vittore Valdrigo, -quantunque perdutamente innamorato di Silvia, -<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span> -pure non si trovava male con Maddalena, e -senza avvedersene egli stesso le stava volontieri -vicino. -</p> - -<p> -Ma non essendo punto innamorato di lei, le -sue idee non subivano quella specie d'esaltazione -cerebrale che innalza i pensieri al disopra -dei tetti, cosicchè le sue idee volgevano al -positivo e al comune, e riscaldandosi al camino -andava dicendo fra sè stesso: — È egli giusto -ed onesto che per il piacere di riscaldarmi con -questa buona ragazza io debba consumare la legna -de' miei ospiti?... È egli giusto ed onesto -che intanto che a Saltore abbonda il combustibile, -io mi riscaldi colla legna che scarseggia a -Venezia? — Così riflettendo prese una lodevole -determinazione e scrisse a sua madre che mandasse -Osvaldo a Mestre con un buon carro di -legna, e ne fissava il giorno preciso. Rosa, ricevuta -la lettera, corse dal curato per farsela leggere, -e ritornò a casa decisa a farsi onore, ma -Zammaria si mise a brontolare e a mendicare -dei pretesti, e finì dichiarando che la legna bisogna -venderla pei bisogni di famiglia, e incominciò -una resistenza ostile e una scaramuccia -<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span> -che a poco a poco divenne un vero combattimento. -La Rosa impiegava invano la solita artiglieria -degli sguardi fulminei, chè Zammaria -prevedendo i mezzi del nemico si difendeva voltando -la schiena agli assalti. Allora la Rosa, assalito -di fronte l'avversario, gli gettò due parolette -nell'orecchio che parvero far breccia; e -come al solito mormorando per la sofferta sconfitta, -cedette il campo di battaglia, e se ne andò -nella stalla a sfogare la sua collera coi buoi, sopra -i quali menava la striglia con tanto furore -che i poveri animali si dimenavano spaventati -e mandavano dolorosi muggiti. -</p> - -<p> -Al giorno fissato Valdrigo pregò Beppo di accompagnarlo -a Mestre colla barca ove egli disse, -che suo fratello lo aspettava con alcune masserizie. -Partirono e trovarono esattamente Osvaldo -che li aspettava col carro. La buona madre aveva -interpretato largamente la commissione del figlio, -perchè, oltre la legna in abbondanza, la spedizione -comprendeva quattro magnifici capponi, -del formaggio fatto in casa, del butirro, delle -uova, e un bottaccio del vino saporito di Saltore. -I fratelli avevano voluto aggiungere le loro -<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span> -offerte a quelle della madre, a motivo delle prossime -feste del Natale, e così c'erano delle noci, -dei pomi ed una zucca formidabile, la quale soddisfaceva -l'ambizione d'Osvaldo nella sua qualità -di ortolano. Vittore rimase commosso, non sorpreso -della bontà e dell'affetto materno. Egli -aveva portato da Venezia un bel fazzoletto rosso -per sua madre, una tabacchiera per suo padre, -del buon caffè, del levante e dello zucchero per -tutti, e consegnò ogni cosa ad Osvaldo, raccomandandogli -di non dimenticarsi i suoi baci, e -le più tenere espressioni di gratitudine e di affetto. -Non è a descriversi la gioia di Beppo che -si manifestava con espressioni volgari e troppo -colorite; ma è certo che non dissimulava il suo -contento con ipocrite cerimonie. Trasportati gli -oggetti dal carro alla barca, e rinnovati i saluti -al fratello, si misero in viaggio, Osvaldo per ritornare -a Saltore, gli altri due per Venezia. Valdrigo -pensava con tenerezza a sua madre, e -Beppo ripeteva ogni momento le stesse parole: — Paron -benedetto, che cuccagna! — -</p> - -<p> -Così per merito di Valdrigo e della buona -Rosa, la famiglia dei pescatori passò le feste, -<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span> -come non le aveva forse mai passate, e crebbe -l'intimità e l'amicizia fra l'artista e i suoi -ospiti, ed egli poteva prolungare le sue sedute -intorno al focolare senza rimorsi. Le provvisioni -ricevute eccitando la curiosità delle donne, -che incominciavano a crederlo un principe travestito -e a sospettare delle sue intenzioni, resero necessari -degli schiarimenti e delle giustificazioni. -</p> - -<p> -Valdrigo dovette quindi raccontare la sua storia, -ben inteso riveduta, corretta e diminuita -dall'autore, il quale stimò necessario di tacere -intieramente il motivo dell'abbandono degli Orseolo, -e tutti i particolari relativi alla sua passione -per Silvia. Questo amore pareva ingrandito -dalla distanza, fomentato dalle impossibilità, -inasprito dagli ostacoli insormontabili. A che -scopo ostinarsi ad amare una nobile e ricca donzella, -fidanzata ad un potente signore? a che -scopo conservare nel cuore questa fiamma che -gli consumava la vita?... Andatelo a domandare -agli innamorati!... andate a domandare all'incendio -con quale scopo egli distrugga i palazzi, -i teatri, i dipinti preziosi, le suppellettili, i libri, -i documenti più rari! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span> -</p> - -<p> -Lo abbiamo detto, l'amore nella natura è un -dolce sentimento che guida alla felicità, l'amore -inasprito dalle leggi o dai pregiudizi sociali è -una passione che conduce alla disperazione e -alla pazzia. -</p> - -<p> -Talvolta in qualche sera di gennaio veniva giù -una pioviggina gelata che metteva i brividi al -solo vederla. Sul focolare dei pescatori brillava -una viva fiamma, la bella Maddalena sedeva sotto -la cappa del camino, ed una sedia vuota dirimpetto -pareva messa a posta per Valdrigo. Egli -guardava colla stessa indifferenza il fuoco crepitante, -il posto vacante e la ragazza, e involgendosi -nel ferraiuolo attraversava Venezia fra -il fango e l'intemperie per procurarsi l'indescrivibile -contento di contemplare le invetriate -del palazzo Orseolo. Le stanze essendo illuminate -e la calle oscura, si distinguevano abbastanza -bene le persone che si avvicinavano alla -finestra. -</p> - -<p> -Talvolta era un domestico in gran livrea, o -il volto color di rosa di Don Lio, o la candida -parrucca del nobile Partecipazio. Vittore passava -la sera spiando avidamente ogni movimento, e -<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span> -premendosi il petto colla mano quando un'ombra -passaggiera gli faceva battere il cuore con -soverchia violenza. Intanto il vento gli soffiava -la pioggia sul viso, e lo faceva battere i denti -dal freddo. Solo risultato di tali prove amorose -era una qualche violenta infreddatura che lo -confinava a letto per tre giorni. Così non giungeva -mai il momento del lavoro e del giudizio, -e passavano i mesi coi soliti prodotti del dolce -far niente. -</p> - -<p> -La convalescenza riconduceva l'infelice innamorato -sotto la cappa del camino, e ristabiliva -le conversazioni colla Maddalena. La buona ragazza -compiangeva le sofferenze di lui, gli riscaldava -le tisane per la tosse e gli parlava di -sua madre. -</p> - -<p> -Se egli le avesse fatto delle dichiarazioni amorose, -essa si sarebbe tenuta in guardia, ed avrebbe -chiuse le porte del cuore, per istinto d'onestà, -ma il contegno di Valdrigo rendeva inutile ogni -precauzione, ed escludeva qualunque pretesto di -diffidenza. Ma a quanto sembra, l'amore è una -passione insidiosa, ed avendo trovate aperte le -porte del cuore di Maddalena, vi entrò, senza -<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span> -chiederne il permesso. Un bel giorno la povera -fanciulla si trovò il nemico in casa senza sapere -da che parte vi fosse entrato, cosicchè -mentre Vittore adorava la Silvia, la Maddalena -adorava Vittore. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span></p> - -<h2>XIX.</h2> -</div> - -<p> -I giorni dell'inverno son brevi e se le cure -d'un amore infelice assorbono alcune ore e i -bisogni della vita alcune altre, che cosa resta -per lo studio? Aggiungete il tempo perduto in -pensieri amorosi ed artistici, i sogni del cuore, -i voli della fantasia, ed anche il timore di non -riuscir bene nel lavoro. Certi giovani pensano -sempre alle grandi difficoltà di compiere un'opera -perfetta, all'ingratitudine del mondo che -non tiene conto delle privazioni, delle pene, -delle fatiche dell'artista, e così via fino al disprezzo -della gloria, fino al disprezzo della vita. -Sono le solite idee di chi non ha voglia di far -niente. -</p> - -<p> -Canova in Roma non pensava a queste cose; -egli era invaso da una specie di febbre, e gli -<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span> -pareva di non mai lavorare abbastanza; non pensava -alle difficoltà che per vincerle, e alla gloria -che per meritarla. -</p> - -<p> -Modellando la creta egli sentiva nell'animo -il sublime entusiasmo di colui che vede il suo -pensiero trasformarsi in realtà, e si agitava sotto -la foga d'una ispirazione più pronta della mano. -Nelle ore che riposava dal lavoro della plastica, -si dedicava allo studio delle lingue straniere, -alla lettura delle opere classiche, letterarie, erudite -ed artistiche, o delineava degli studi dagli -antichi modelli o dal nudo, apparecchiandosi -così un vasto terreno sul quale potesse spaziare -il suo genio. -</p> - -<p> -Valdrigo studiava in altro modo; passeggiando -per Venezia, osservando gli effetti della luce -sulle sculture dei palazzi, ammirando i colori -del tramonto sulle nuvole e sull'acque, cercando -i motivi delta tavolozza della veneta scuola sulle -figure dei passanti, sulle quali non trovava più -le robuste tinte che si ammirano nei quadri degli -illustri maestri. -</p> - -<p> -O percorreva la laguna sulla barca di Beppo -osservando da lontano lo stupendo spettacolo -<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span> -della città, che pareva galleggiante sulle acque -trasparenti, come un'isola fantastica, troppo bella -per rimanere sulla terra, troppo grave di peccati -per salire verso il cielo. Un giorno invaso -da' suoi sogni poetici, rimase lungamente immobile -nella barca a contemplare Venezia lontana -immersa in un velo di nebbia che la rendeva -più bella del solito, e ritornando alla riva -si trovò tutte le membra intirizzite dal freddo. -Entrò allora in una bettola, e per riscaldarsi -tracannò in tutta fretta uno dopo l'altro alcuni -bicchieri di vino di Dalmazia, e uscì tosto a -passeggiare al sole sulla riva. Vagando da una -strada all'altra si trovò in Campo San Giovanni -e Paolo, e sentendosi stanco entrò in chiesa ove -andava sovente ad ammirare le cospicue opere -d'arte che abbondano in quel Pantheon delle Venete -glorie. -</p> - -<p> -La luce esterna entrava nel tempio illanguidita -e variopinta attraversando le ampie invetriate -a colori; le lampade accese davanti gli -altari gettavano un riflesso rossastro sulla penombra -dei monumenti, l'odore dell'incenso si -spandeva nella grave atmosfera, e contribuiva a -<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span> -rendere misterioso e solenne il sacro luogo. Valdrigo -entrando a destra si sedette dirimpetto al -monumento lavorato da Pietro Lombardo, e si -mise a contemplare con un occhio istupidito -l'urna sepolcrale, portata sul dorso da tre guerrieri, -sulla quale s'erge la statua del doge Pietro -Mocenigo. Tutto ad un tratto gli parve di -vedere che i guerrieri si movessero, e che il -principe scosso dal lungo sonno aprisse gli occhi. -Un brivido gli passò per il corpo, si levò -in fretta, fece alcuni passi e si sedette nuovamente -in faccia al Mausoleo del generale Orsino, -ma levato lo sguardo vide le statue della -Prudenza e della Fede che si abbassavano per -salutare la statua equestre dell'eroe, il quale -agitando leggermente le gambe sembrava voler -conficcare gli sproni nel ventre del cavallo per -farlo avanzare. Valdrigo, sbalordito, mandò un -grido di sorpresa, poi chiusi gli occhi si mise -a urlare di spavento. Poco dopo sentendosi cadere -dell'acqua sulla fronte riaperse gli occhi e -si trovò circondato da una folla d'individui. Allora -parve si facesse animo perchè ringraziava -gli astanti, ma poco dopo soggiunse: — Voi -<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span> -siete certamente gli eroi di queste tombe mossi -a pietà del mio male. Grazie, Capitano Orazio -Baglioni, grazie, illustre Bragadino, e voi che -mi guardate, serenissimi principi Vendramino, -Loredano, Morosini, Cornaro, lasciatemi in riposo, -e ritornate in pace ai vostri Mausolei... -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span></p> - -<h2>XX.</h2> -</div> - -<p> -Alla mattina seguente Valdrigo ritornando alla -sua dimora trovava i poveri pescatori nella più -grande inquietudine. Maddalena appena lo vide -gli si fece incontro dicendogli: -</p> - -<p> -— Non ha avuto disgrazie?... Ove ha passato -la notte? -</p> - -<p> -— Nessuna disgrazia... ho passato la notte -tranquillamente in un buon letto, in casa del -sagrestano di san Giovanni e Paolo... -</p> - -<p> -— Come?... -</p> - -<p> -E qui le raccontò ingenuamente l'effetto impreveduto -del vino di Dalmazia, ajutato dall'incenso -e dalla fantasia predisposta alle allucinazioni. -Gli eroi che lo circondavano in chiesa -erano naturalmente i devoti attirati dalle sue -grida, e il sagrestano accorso con dell'acqua per -<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span> -calmare le sue sofferenze. Il bravo uomo mosso -a pietà per l'accidente del giovane, e conoscendo -per pratica che un buon sonno lo avrebbe guarito, -non volle deporlo sul lastrico, e assistito -da' suoi colleghi lo trasportò sopra un letto in -casa sua, seguendo la massima cristiana «fare -agli altri quello che si vorrebbe che fosse fatto -a sè stessi.» -</p> - -<p> -L'apprensione degli ospiti, e certi sospetti di -Maddalena finirono con una bella risata e con -l'osservazione dell'artista: che se il vino di Dalmazia -fa risuscitare i morti, minaccia per riscontro -di far morire i vivi. -</p> - -<p> -Intanto erano trascorsi alcuni mesi dal giorno -ch'egli s'era proposto di darsi seriamente al -lavoro senza che nessuna opera compiuta fosse -uscita dalle sue mani, meno alcuni ritrattini che -gettava giù in fretta per guadagnare qualche -cosa e non rimanere di aggravio a sua madre. -Come le api che cercano il miele su tutti i fiori -egli cercava un alimento al suo spirito sulla superficie -delle arti, ed evitava di penetrare nel -fondo ove si trova la gloria, ma a prezzo di -sudori e di stenti. In quel tempo l'atmosfera -<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span> -di Venezia era pregna di molecole soporifere e -di emanazioni debilitanti, che penetravano nelle -fibre umane come una fatale epidemia e le rendeva -floscie e cascanti. Valdrigo invaso da una -passione infelice sciupava il genio improvvisando -versi ispirati dalla sua diva, o gettava sulla carta -degli schizzi di quadri futuri, o prendeva il -violino e trasfondeva la sua anima sulle corde -armoniose, dalle quali cavava delle espressioni -che mancano alla parola umana, ed erano i -suoi lamenti dolorosi, o il canto delle sue aspirazioni. -</p> - -<p> -Maddalena aveva la sua stanza sopra quella -dell'artista, dirimpetto alla laguna; i suoi balconi -erano adorni di vasi di garofani e di geranei -odorosi, e quando udiva le soavi melodie -del violino, apriva la finestra ed ascoltava con -religiosa attenzione. L'esalazione dei fiori, l'aspetto -delle acque azzurre che si confondevano -col cielo, e quella musica strana, lamentevole, -piangente, agitavano i sensi della fanciulla innamorata. -Erano voci d'amore ch'ella traduceva -a meraviglia, era il linguaggio d'un cuore -derelitto, ch'ella intendeva a perfezione, erano -<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span> -accenti d'un'anima solitaria che vagando per -l'aria andavano a ricadere sopra un'altra anima -solinga e non intesa. Le deliziose armonie ricercavano -i più reconditi recessi di quel cuore -di dieciott'anni, ma il pensiero funesto che non -erano per lei, rivolgeva in amarezza l'incanto, -e due lagrime furtive uscivano da quegli occhi -dolenti, e irrigavano le fresche guancie della -bella fanciulla. -</p> - -<p> -Quante notti al chiarore della luna Valdrigo -contemplando il firmamento sereno, suonava a -mezza voce il violino, credendo quelle melodie -trasportate dal vento e perdute nella solitudine, -quando invece penetravano fatali per una finestra -dischiusa ed andavano a ferire un cuore -innocente, e a turbare un sonno dianzi tranquillo. -</p> - -<p> -Sarebbe inutile il raccontare i mesi e gli anni -trascorsi in varii progetti, in speranze vaghe e -chimeriche, in proponimenti di studio, svaniti -all'indomani; la vita dell'uomo indolente non -lascia traccia di sè, e guardando il suo passato -egli non distingue un anno dagli altri che per -rari avvenimenti smarriti in uno spazio vuoto, -<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span> -come il punto nero d'una barca lontana sull'oceano. -</p> - -<p> -Finalmente dopo ripetuti tentativi abbandonati -e ripresi più volte, il pittore si decise di -dar principio ad un quadro. Il soggetto, apparecchiato -in un abbozzo in piccole dimensioni, -era una partenza per la pesca. Vari pescatori -apparecchiavano sulla riva le reti, le corde, gli -attrezzi marinareschi, alcune donne assistevano -alle ultime operazioni della partenza, ed esprimevano -il dolore del distacco per un viaggio -talora pericoloso; sul fondo si vedeva la barca -ed il mare. Il costume nazionale dei pescatori -veneziani, i vari atteggiamenti, e le diverse -espressioni rendevano interessante quella prima -composizione dell'artista meditata da tanto tempo -e preparata da studi speciali. Gli ospiti pregati -a volersi prestare in qualità di modelli di buon -cuore aderirono, e Beppo trovò gli altri individui, -alcuni dei quali vennero rifiutati dal pittore, e -si dovette sostituirne degli altri di suo gradimento. -La vecchia Marta seduta sulla porta a -rattoppare le reti era una figura degna d'un pennello -fiammingo, e la bella Maddalena che con -<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span> -un'aria dolente dava l'addio al fidanzato il quale -le mandava da lontano l'ultimo bacio, era collocata -in modo da far risaltare a meraviglia le -bellezze della espressione e i rari pregi del vezzoso -modello. -</p> - -<p> -Diede mano alla tela in bella proporzione, e -i suoi modelli posavano a vicenda davanti all'artista, -ora l'uno ed ora l'altro, secondo il -suo desiderio. -</p> - -<p> -Maddalena vi si prestava con grazia, e la -sua espressione era molto naturale e diffatti essa -non doveva fingere gran fatto per dimostrare -l'affanno d'un distacco dal fidanzato. Il partire, -o il non giungere costituiscono l'assenza che causa -il dolore; e se per lei realmente non partiva -un amoroso, certo l'amato non giungeva, o quantunque -vicino colla persona, era lontano col -cuore. -</p> - -<p> -Il pittore assorto nel lavoro non vedeva in -Maddalena che una bellezza plastica, un tipo di -rara perfezione. Il grazioso modello cercava nel -sorriso del pittore una scintilla dell'anima, egli -studiava sul modello un'ombra della fronte, una -sfumatura delle guancie, la luce delle pupille, -<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span> -l'espressione delle labbra passionate, ed osservando -con uno sguardo d'artista i lineamenti -leggiadri e la tinta armoniosa del volto, egli -esclamava con naturale ingenuità: — Cara Maddalena, -voi siete una rara bellezza!... -</p> - -<p> -La fanciulla abbassava gli occhi, diventava tutta -rossa, e il pittore temendo d'averla offesa, soggiungeva: — Scusate, -sapete, ma per noi altri -artisti i modelli non sono donne, ma statue, con -la durezza di meno, e la morbidezza di più, ma -sempre statue!... -</p> - -<p> -Maddalena sospirava, e taceva. -</p> - -<p> -Egli pensava fra sè: — La gloria vale la nobiltà, -ed anche più, secondo la mia maniera di -vedere. Se questo quadro mi riesce, egli sarà -l'equivalente d'un titolo, egli nasconderà la mia -origine, egli mi metterà al pari coi più superbi -signori. Silvia non isdegnerà di compensarmi con -uno sguardo, per un'opera che avrà meritati gli -applausi di Venezia, e chi sa!... chi sa!... gli -Orseolo andranno superbi d'aver protetto i primi -passi dell'artista.... essi chiederanno di vedermi, -e forse, forse il matrimonio progettato dai parenti -non avrà più il consenso della sposa. Prima -<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span> -di tutto passano gli anni e il conte Leoni non -ritorna. Egli sarà innamorato di qualche principessa -della Corte ove risiede, e non si cura -di tornare col pretesto degli affari diplomatici, -e se tornando dopo una lunga assenza, Silvia -dichiarasse di non accettare la sua mano!... Chi -sa!... talvolta il prestigio degli applausi prodigati -ad un artista può infondere il coraggio in -una donna, e Silvia non è donna volgare! La -vorranno seppellire in un chiostro.... ma non -sarebbe il primo caso d'una fuga!... Mio Dio! -quale ampio compenso alle mie fatiche una parola -di Silvia che dicesse: — Sono vostra pei -diritti del cuore! — vi aspetto — scalate il -muro del convento, sarò nel giardino a mezzanotte!... -Una gondola pronta, due valenti rematori, -e poche ore dopo si varcano i confini, e -addio Venezia per sempre!... — E viaggiava con -Silvia rapita, e la nascondeva nella capanna d'una -valle solitaria fra i monti lontani, e viveva una -vita di delizie vicino alla donna del cuore. Con -questi sogni andava avanti e lavorava con lena. -Arrestato dalle difficoltà dell'arte, pensava alla -gloria, e alle conseguenze della gloria; copiava -<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span> -esattamente Maddalena, ma coll'immagine di Silvia -davanti agli occhi, e colla speranza nel cuore. -</p> - -<p> -Ogni giorno riprendendo i pennelli e la tavolozza -trovava qualche difficoltà per rimettersi -al lavoro, tanto l'abitudine dell'ozio è difficile -a lasciarsi vincere, guardava fuori dalla finestra -gli uccelli marini che svolazzavano sulle acque, -poi si stirava le membra, sbadigliava, osservava -il quadro in distanza, ma la presenza della modella -che aspettava un suo cenno per mettersi -al posto, lo scoteva dall'inerzia, e si sedeva davanti -al cavalletto. Allora continuava materialmente -il lavoro, ma col pensiero rivolto a Silvia -tornava a rimuginare il progetto della fuga, -ne prevedeva le peripezie, e sfidando audacemente -i pericoli incorsi si compiaceva immensamente -dell'esito finale dell'avventura. -</p> - -<p> -Intanto il quadro andava avanti, e l'artista -incominciava a sentire le intime soddisfazioni -dell'opera avanzata, delle vinte difficoltà, dei -mirabili effetti ottenuti, e si compiaceva nel contemplare -quelle arie naturali dei volti, quelle -movenze spontanee, e l'insieme armonioso dei -vari gruppi. Quando usciva un'ora a prender aria -<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span> -non si allontanava molto da casa, ma girava in -quegli estremi confini della città, ove nessun -rumore distraeva il suo spirito, e l'aspetto della -laguna lo teneva nel soggetto del quadro. -</p> - -<p> -Beppo approfittava delle corte assenze di Valdrigo -per introdurre in casa gli amici e mostrare -il dipinto ai vicini. Le comarelle della -calle entravano chete chete, coi gondolieri della -riva, i facchini e i fanciulli. Collocati davanti -alla tela, la loro ammirazione non aveva confini, -e le loro esclamazioni di sorpresa rallegravano -Beppo in tal modo, che sembrava che il -pittore fosse lui, ed era tanto superbo di vedersi -esattamente riprodotto sulla tela che non -sapeva frenare il suo giubilo. — Guardate, egli -diceva, guardate Tita Bosi e Nane Orada che -tirano la corda, dite se non sono vivi e parlanti?... -e quell'altro lo conoscete?... e accennava -al suo ritratto; e tutti rispondevano in -coro: guarda Beppo, guarda Toni, guarda Nane.... -e la Maddalena, e la nonna Marta.... e quella cesta, -e quelle reti! oh che bellezza, oh che meraviglia, -oh che bravura! — poi uscivano ad uno -ad uno lodando il lavoro, e congratulandosi con -<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span> -Beppo e colle donne. La Maddalena godeva in -suo cuore del trionfo dell'artista, e ansiosa -aspettava il termine dell'opera colla speranza di -udire gli applausi di tutta Venezia in favore dell'uomo -che stimava.... ed amava. -</p> - -<p> -Valdrigo ignorando le visite clandestine dei -suoi ammiratori non sapeva spiegarsi le straordinarie -sberrettate, e le profonde riverenze che -da qualche giorno gli venivano prodigate dai -vicini. Il popolo d'allora, avvezzo a rispettare -ogni superiorità, aveva il buon senso di onorare -specialmente le qualità personali, e di tenerle -come un giusto titolo alla stima del pubblico; -e la stessa aristocrazia rendeva giustizia -al merito, e vantava fra le glorie della patria -gli artefici insigni che l'avevano illustrata colle -loro opere. -</p> - -<p> -Un giorno, di quelli che s'erano fatti più rari, -ma che non erano intieramente scomparsi dalla -esistenza del pittore, Valdrigo si sentì un irresistibile -bisogno di far niente. -</p> - -<p> -La ragione voleva ritenerlo al lavoro, il capriccio -resisteva, e cercava pretesti per vincere. -</p> - -<p> -Una voce arcana gli ripeteva: — Sta in guardia!... -<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span> -Un passo sul declivio, e il fondo t'inghiotte! — Un'altra -voce soggiungeva: — Il -riposo è necessario all'uomo, esso rimonta le -forze, e giova al lavoro — infatti il capriccio -sosteneva che la ragione aveva torto; La ragione -soccombette alla lotta, perchè lo spirito -d'inerzia si era alleato un desiderio d'amore; -Valdrigo sentiva un'altra voce che con irresistibile -attrattiva lo chiamava da lontano, e gli -diceva: — Vieni ad ispirarti davanti al santuario -che rinchiude la tua divinità, l'aspetto di -quelle mura infonderà nuove fiamme al tuo genio! — Chi -avrebbe resistito a quella voce?... -Rimandò i suoi modelli, e preso il cappello se -ne andò fantasticando per la strada, e cercando -lo scioglimento d'un problema che gli tornava -importuno allo spirito: — Se Silvia, egli pensava -fra sè, fosse un giorno costretta dalla spietata -severità de' suoi parenti di vestire l'abito -monacale, è evidente che nel giorno della fuga -non potrebbe conservare quelle vesti, che renderebbero -ardua e pericolosa l'impresa!... Quale -sarebbe il modo più opportuno per evitare questo -ostacolo?... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span> -</p> - -<p> -E cercando uno stratagemma plausibile camminava -attraverso il labirinto delle calli che -conducono in Piazza, da ove pensava indirizzare -i suoi passi verso i balconi del palazzo -Orseolo, da qualche tempo non visti. Giunto -sotto la torre dell'orologio la gente s'era accalcata -davanti una bottega di caffè, e impediva il -passaggio. La curiosità è contagiosa, ed egli divenuto -curioso fra i curiosi, si spinse avanti -per iscoprire l'oggetto della pubblica attenzione. -Alcune carte stampate pendevano alle invetriate -della bottega, e sovra d'esse gli parve di vedere -il nome di Silvia, ma una nube gli offuscava la -vista, e il sangue gli montava dal cuore al cervello -con tale rapidità che non fu in caso di -leggere più oltre. Fattosi animo alquanto, e facendosi -largo fra la folla, giunse alfine davanti -alle carte e vide una serie di sonetti e canzoni, -che portavano la seguente intestazione: — Per -le inclite nozze della nobile donzella -Silvia degli Orseolo, con sua Eccellenza il nobile -signor conte Alberto Leoni. -</p> - -<p> -Una fiamma repentina gli tolse la vista, lo -colse un capogiro, e barcollando come un briaco -<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span> -uscì da quella folla, ad uno pestando i piedi, -ad un altro lasciando andare i gomiti nello stomaco, -urtando e rovesciando ogni cosa che gli -si parasse d'innanzi, e gesticolando per la strada -scomparve, sollevando dietro a sè i lamenti delle -sue vittime che lo guardavano fuggire indispettite -e sorprese, come chi s'imbatte a caso in -un matto. Ristabilito l'ordine nella folla, i curiosi -continuarono a deliziarsi nella lettura dei -versi di Don Lio il quale celebrava le auspicate -nozze mettendo a contribuzione il Parnaso, -e facendo nuove vittime fra le stanche Muse, il -vecchio Apollo, il decrepito Imeneo, e gli altri -suoi martiri dell'Olimpo. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span></p> - -<h2>XXI.</h2> -</div> - -<p> -Valdrigo, quasi uscito di senno, rientrava in -casa cogli occhi stralunati, ribaltando l'arcolajo -della nonna che seduta pacificamente sull'uscio, -stava dipanando una intricata matassa. Rientrato -in stanza diede un calcio così potente al cavalletto -che mandò in aria la tela la quale ricadde -sull'armadio sopra alcune tazze di caffè che volarono -in mille scheggie, ribaltò un tavolo che -sosteneva i colori e i suoi libri; l'olio da dipingere -andò ad allagare le sue carte, le sedie -andarono a cadere sulle sedie, e v'ebbe un tale -baccano indiavolato che tutti i vicini si gettarono -alle finestre per vedere se cascava il -mondo. -</p> - -<p> -La Maddalena spaventata corse precipitosamente -nella stanza, e vide una specie di caos, -<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span> -e Valdrigo ai piedi del letto privo di sensi. -Chiamò aiuto; Beppo giunse dalla riva, e vedendo -il quadro rovesciato lo levò dall'armadio, -e l'osservò attentamente; per fortuna era salvo -meno qualche striscia, se lo prese con molte -precauzioni, e lo trasportò in una stanza più -sicura. -</p> - -<p> -Maddalena spruzzava con acqua fresca il pallido -volto del giovane, Marta apportava dell'aceto, -Beppo ritornava nella stanza, e levando -da terra Vittore, lo spogliava, e lo collocava -nel letto. Ma tutte le loro cure non valsero a -fargli riavere i sensi smarriti. Beppo corse alla -più vicina farmacia, e poco dopo ritornò con un -medico il quale esaminato attentamente il malato -lo dichiarò in grave stato per violenta congestione -cerebrale, gli fece un abbondante salasso, -ordinò dei senapismi alle gambe, ed il -riposo assoluto. -</p> - -<p> -Nei vaneggiamenti della febbre egli mormorava -delle parole confuse fra le quali l'attenta -Maddalena udì sovente il nome di Silvia. -</p> - -<p> -La malattia perseverava nella sua gravità e -quindi i poveri pescatori pensarono di avvertirne -<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span> -la madre col solito mezzo del curato, indicato -da Valdrigo. Beppo andò a prenderla a -Mestre, e la buona Rosa accorse al letto del figlio -che la riconobbe e mostrò coi cenni il -contento di averla vicina e con uno sguardo -commosso ringraziò Maddalena alla quale attribuì -la delicata attenzione. La Rosa e Maddalena -vegliavano al letto dell'infermo e gli prodigavano -tutte quelle cure che i più nobili affetti -ispirano alla donna e che sono i validi ausiliari -della scienza. La buona madre chiedeva alla -fanciulla le origini della malattia di suo figlio, -ed essa rispondeva che il medico accusava il -sole di aver causato l'accesso, ma non si mostrava -convinta del giudizio; le rivelazioni raccolte -l'avevano persuasa che se Vittore era vittima -delle funeste influenze d'un astro, quell'astro -non dovea essere il sole. -</p> - -<p> -La bellezza di Maddalena, e le sue attente e -perseveranti prestazioni convinsero ben tosto -la chiaroveggenza della madre dell'affetto della -fanciulla per suo figlio, e la andava studiando -col più vivo interesse cercando di scoprirne le -diverse qualità, i pregi e i difetti per trarne -<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span> -partito a suo tempo. Le loro reciproche confidenze -a mezza voce servivano all'intento: e in -pochi giorni la Rosa fu convinta che Maddalena -era una buona ed onesta ragazza, che -avrebbe potuto formare la felicità di Vittore. -</p> - -<p> -A poco a poco il male diminuiva d'intensità, -e il medico nelle sue visite aveva cessato di far -quei cenni colla testa che volevano dire — affar -grave! — Il malato incominciava a parlare, -e quando la Rosa si trovava sola con lui lo interrogava -da lontano sugli ospiti. Non tardò ad -avvedersi, con sua grande sorpresa, che il figlio -non pensava punto a Maddalena, o l'amava colla -riconoscenza d'un amico, colla affezione d'un fratello. -</p> - -<p> -Valdrigo teneva chiuso in seno il segreto del -suo amore infelice, e della fatale sorpresa che -lo aveva colpito, egli spiegava i sintomi provati, -i capogiri, l'esaltazione cerebrale e la successiva -spossatezza, ma ne taceva le cause. -</p> - -<p> -Maddalena custodiva il segreto delle confidenze -della febbre, forse per delicato sentimento, -forse per iscoprire più facilmente le -traccie della possente rivale. Ma il suo amore -<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span> -rinchiuso cresceva d'intensità in ragione della -pressione sofferta e le sue guancie impallidivano, -e i begli occhi illanguiditi rivelavano le -interne lotte d'una passione agitata dalla gelosia. -</p> - -<p> -La Rosa attribuiva l'abbattimento di Maddalena -alla veglie prolungate, e le ne faceva un -merito presso Vittore, il quale voleva pagare il -suo debito di riconoscenza colle più dolci espressioni, -cogli elogi più eloquenti che inacerbavano -la piaga; e credendo di recare il balsamo apportavano -il fiele. -</p> - -<p> -Il medico propose che la convalescenza si -facesse in campagna, e questo consiglio piacque -al malato ed alla madre; dispiacque a Maddalena. -Ma la Rosa se ne avvide e trovò un pronto -rimedio. Essa voleva ricompensare in qualche -modo le cure che gli ospiti avevano prodigate -a suo figlio, e si proponeva in pari tempo di -secondare l'affetto di Maddalena, e di ottenere -da Vittore un sentimento pari che li avrebbe -resi entrambi felici. Invitò dunque Maddalena -ad accompagnarli a Saltore, e a rimanersi qualche -tempo con loro. A questo invito un lampo -di felicità brillò negli occhi della amorosa -<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span> -fanciulla, tanto più lieta quanto più Vittore ne -sembrava soddisfatto. Qualche difficoltà insorta -per le opposizioni di Beppo e della vecchia -Marta venne presto appianata dalla volontà di -Maddalena, e dalle promesse della Rosa, e prese -le opportune disposizioni partirono per Mestre -nella barca di Beppo. Colà presero a nolo una -vettura che li condusse felicemente a Saltore. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span></p> - -<h2>XXII.</h2> -</div> - -<p> -Era di primavera. Le prime fogliette spuntavano -dagli alberi, e l'aria tiepida esalava il -soave profumo delle prime violette. La giovane -veneziana non era mai uscita dal suo nido, la -sua infanzia s'era passata sulle rive della laguna, -in un'aria pregna di emanazioni saline, commista -all'ingrato tanfo dei canali ed alle esalazioni -di pece delle barche. I suoi occhi avvezzi all'azzurra -superficie dell'acqua, o al freddo aspetto -dei muri, non si erano mai posati sopra una -vasta campagna. Essa non aveva mai contemplato -la natura rurale che nei prodotti degli orti delle -isole, esposti nei cestoni dell'erberia; e i pochi -alberi dispersi fra le case, e i modesti vasi di -garofani e geranei della sua finestra, erano per -lei i soli rappresentanti del regno vegetale. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span> -</p> - -<p> -Il movimento continuo della città, il canto -dei gondolieri, le ciarle delle donnicciuole, le -baruffe dei facchini, le diverse grida dei pescatori -e dei vari venditori ambulanti che annunziano -per le strade le loro merci avevano sole -risuonato alle orecchie della fanciulla, con l'accompagnamento -delle musiche dei menestrelli -vagabondi, e del suono delle campane, tutti rumori -che confusi fra loro danno un certo suono -generale che si potrebbe chiamare la voce delle -calli di Venezia. -</p> - -<p> -Al Saltore la scena era affatto diversa, il silenzio -della notte non era interrotto che dal -canto dei grilli e da qualche latrato dei cani, al -giorno era la canzone degli uccelletti fra gli -alberi, le varie voci degli animali domestici, lo -stormire delle fronde agitate dagli aliti della -primavera. -</p> - -<p> -Il verde tappeto dei prati si smaltava di bianche -margherite, e gli armenti vaganti per la -campagna mandavano i loro muggiti, come un -saluto alla pace che regnava dovunque. -</p> - -<p> -Nella rustica dimora, l'abbondanza prodigava -i suoi doni. Non era più come a Venezia, ove -<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span> -ogni cosa si misurava in proporzioni meschine, -ove sul tavolo della cucina si vedeva una libbra -di farina, un bicchiere di latte, un cavolo, un -pollo, un piattello d'insalata; nella cucina del -colono entravano ampi catini di latte, cesti ricolmi -di erbaggi, il farinaio riboccava di farina, -gli scaffali di formaggi, e dalle travi affumicate -pendevano i salami ed il lardo. Il cortile brulicava -di polli, e il bravo Osvaldo aveva introdotto -sotto al portico alcuni alveari che gli davano -ogni anno un miele dorato, eccellente. -</p> - -<p> -Rosa faceva gli onori della casa alla sua -ospite meravigliata di tanta agiatezza, sorpresa -del nuovo spettacolo dei costumi campagnuoli. -</p> - -<p> -Durante l'assenza della moglie, Zammaria era -un uomo impacciato e disperato. La casa gli -pareva un deserto, i polli erano inquieti, il majale -grugniva dalla fame, il gatto miagolava, il -cane da guardia giaceva malinconico in un angolo -del cortile, dopo d'aver invano cercato la -sua padrona da ogni parte. Il ritorno di Rosa -fu una vera festa per tutti, il cane le saltava -addosso urlando ed abbajando dalla gioia, tutti -gli animaletti le correvano incontro, il maiale -<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span> -dava segni evidenti di soddisfazione, i figliuoli -la baciavano, e Zammaria sbalordito rimaneva -immobile in mezzo del cortile, si cavava la beretta -di lana per inchinare Maddalena, e rideva -colla bocca, mentre due grosse lagrime di consolazione -gli correvano giù per le guancie. -</p> - -<p> -La Rosa gli corse fra le braccia, lo baciò in -viso e tutti entrarono in cucina. Allora disfatti -i bagagli saltava fuori una bella giacchetta pel -marito, una berretta col fiocco per Osvaldo, e -fazzoletti rossi e variopinti per gli altri. Poi -vennero i rinfreschi, il latte, le frutta per la -bella veneziana, che tutti guardavano colla bocca -spalancata e gli occhi sorridenti. -</p> - -<p> -Maddalena osservava quel quadro di felicità, -e pensava come sarebbe bella la vita in questa -pace, accanto all'uomo amato, in mezzo ad una -famiglia contenta! La Rosa presso a poco pensava -egualmente, e rifletteva che per Vittore -una signora sarebbe una vera disgrazia, una -contadina troppo poco, e faceva i suoi castelli -in aria. Si potrebbe, diceva fra sè, restaurare la -casa con poca spesa, Vittore farebbe dei bei -santi per le chiese, Maddalena lo renderebbe -<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span> -felice, e mi assisterebbe nelle faccende di famiglia, -saremmo tatti uniti! e si proponeva di -mandare alcune candele alla Madonna della Neve -per ottenere questa grazia. -</p> - -<p> -Vittore per sua parte pensava: — Silvia è -la più divina creatura che abbia vissuto sulla -terra, i suoi sguardi mi sono fitti nel cuore -con indelebile fermezza, mi par sempre di vedere -quell'occhio limpido e profondo, azzurro -come il cielo, veggo sempre la sua bocca soave, -ahimè la sento ancora sulle labbra! -</p> - -<p> -Orgoliosi! egli ripeteva fra sè, orgoliosi! gettare -un fiore del paradiso fra le braccia d'un -vecchio consumato dagli stravizi, soffocare le -aspirazioni di quel cuore innocente per considerazioni -ambiziose!... No! essa non può essere -rea d'un oblìo contro natura, essa fu vittima -d'un pregiudizio fatale!... — E la sua mente -lottava e si agitava fra l'amore e l'odio, fra l'affetto -per Silvia, fra il disprezzo pei nobili inumani, -e quella violenta passione dominava tutte -le facoltà di quell'anima esaltata dalle aspirazioni -del cuore e amareggiata dai disinganni -della vita! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span> -</p> - -<p> -Nelle ore della solitudine, Valdrigo viveva -concentrato in sè stesso coi pensieri condensati -dall'affetto, evocava le immagini del passato, riviveva -nei giorni felici, conversava col suo idolo, -lo circondava d'un prestigio fantastico, lo adorava -con tutte le forze del cuore. Richiamato -alla vita reale da qualche accidente volgare, -chiudeva nel cuore e nella mente le sensazioni -e i pensieri reconditi, come si chiudono le lettere -d'una amante riamata entro ad una cassettina -segreta per rileggerle e ribaciarle a suo -tempo; e usciva dalla sua stanza col volto sereno, -coll'aspetto tranquillo, avendo preso il -partito di dissimulare le interne agitazioni con -una superficie calma, di vivere con lei sola -nella segreta intimità dell'anima, e di vivere -con tutti secondo le convenienze della comune -esistenza. -</p> - -<p> -La gratitudine che provava verso Maddalena -per le cure ricevute lo obbligava a mostrarsi -cortese ed affettuoso, ed a renderle gradevole -e lieto il soggiorno di Saltore. Quindi scherzava -con lei, e le indirizzava sovente quei complimenti -abituali, che i giovani usano con le ragazze, -<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span> -e sono parole che spuntano spontanee -sulle labbra all'aspetto della gioventù e della -bellezza. Ma essa le ascoltava con grande attenzione, -se le metteva da parte, le pesava colle -bilancie dell'oro, e se le teneva come tante dichiarazioni -mascherate d'un amore incipiente e -forse troppo timido, per manifestarsi a volto -scoperto. In fondo non erano che paglia, ma -vicino al fuoco del cuore, sollevavano un incendio. -</p> - -<p> -Ogni giorno egli la conduceva al passeggio, -e le ingenue sorprese della fanciulla alla quale -tutto era nuovo, gli eccitavano una ilarità superficiale -e burlesca. Ella che lo vedeva sempre -cupo, si attribuiva il merito di scacciare le tetre -nubi di quell'anima misteriosa, e di ricondurre -i giorni sereni. -</p> - -<p> -Una mattina passeggiavano per le strade deserte -di Vascon, e giunti davanti al palazzo degli -Orseolo, Maddalena voleva entrare per vedere -il giardino. Valdrigo le disse che dopo -uscito da quella casa, non vi aveva più riposto -il piede, e non voleva rimetterlo, perchè l'orgoglio -di quei signori, rendeva amaro il beneficio -<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span> -ricevuto. Maddalena guardava pei cancelli -le statue e le ajuole fiorite, e Angelo Rotondo -fingendo di non vedere nessuno faceva segno -col gomito a Fiorina, dicendo: — Guarda un -po' se l'ha trovata la sua veneziana, e più bella -della padroncina. Questa è proprio un bel pezzo -di ragazza, un bocconcino che mette in appetito. -</p> - -<p> -— Taci su, birbonaccio, — rispondeva Fiorina, — sei -proprio come il lupo che perde prima il -pelo che il vizio. -</p> - -<p> -Maddalena ricondusse in campo la storia degli -Orseolo, che Valdrigo le aveva raccontata a -suo modo sotto la cappa del camino a Venezia, -e volle sapere il nome d'ogni singolo individuo -componente l'illustre famiglia. Quando udì il -nome di Silvia, sentì come una punta nel cuore, -e il suo volto espresse l'impressione dolorosa, ma -Vittore non se ne avvide, ed essa non osò spingere -le ricerche più avanti; ma disse fra sè: — Ecco -trovata la Silvia, che Vittore invocava nei -vaneggiamenti della febbre. -</p> - -<p> -Un'altra volta ritornando sullo stesso discorso, -seppe che la nobile fanciulla era andata a marito, -ma questa notizia non valse gran fatto a -<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span> -calmarla. Ne parlò alla Rosa con aria d'indifferenza, -e i suoi sospetti ebbero nuovo alimento -dalle spiegazioni della buona donna che volendo -giustificare suo figlio lo accusava, ed imbrogliava -l'intrigo. -</p> - -<p> -Le cose erano a questo punto quando un -giorno giunse Beppo da Venezia all'improvviso. -La cucina della Marta non gli andava troppo a -sangue, la buona vecchia gli aveva bruciata -una frittura di sogliole, la casa era in disordine, -ed egli richiedeva sua sorella. Non ci fu caso -di protrarre il soggiorno della ragazza, Beppo -doveva partire per la pesca, la nonna Marta era -sorda, e non si fidava di lasciarla sola a Venezia. -Maddalena dovette cedere, e lasciò i buoni -coloni con dirotte lagrime; essa sarebbe rimasta -per sempre in quel beato soggiorno, Rosa la -baciò colla tenerezza d'una madre, la consolò -con future speranze, e la congedò colle dolci -parole: — A rivederci presto. -</p> - -<p> -Partì con Beppo, ma il suo cuore rimase -a Saltore; l'ultimo sguardo dato a Valdrigo -avrebbe commosso una pietra: Vittore pensava -fra sè: — Potessi almeno rivedere Silvia, e -<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span> -disse ad alta voce alla fanciulla: — Addio, -buona Maddalena, a rivederci fra pochi giorni -a Venezia, che qui non ci posso più stare. -</p> - -<p> -Queste parole, che essa interpretava a suo -modo, furono la sola consolazione della fanciulla -durante il suo viaggio, nel quale si sforzò a gran -fatica di reprimere le lagrime e di soffocare i -singhiozzi. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span></p> - -<h2>XXIII.</h2> -</div> - -<p> -L'aria pura ed elastica che spira dalle montagne -e dal Piave ristabilì in breve tempo la -salute di Valdrigo, che ritornò a Venezia sano -di corpo, ma con l'anima lacerata dall'amore e -dall'odio. Nel tempo che visse in casa Orseolo -ebbe agio di conoscere le depravate abitudini -d'una molle nobiltà che decaduta dall'antico -splendore aveva deposte le armi, e s'era data -al far nulla ed al vizio. Questa classe infiacchita -dominava la repubblica, comandava a Venezia -con un orgoglio proporzionato alle glorie passate, -e teneva il popolo a vile come una razza -inferiore di sangue plebeo, condannata a servire. -L'oltraggio sofferto in casa Orseolo e l'amore -infelice avevano inasprito il cuore di Valdrigo, -e la sua mente esaltata esagerava l'ingiustizia -<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span> -dei privilegi e i difetti del governo. Egli andava -quindi meditando il modo più opportuno d'umiliare -la superbia dei nobili, di ristabilire i diritti -del popolo, di demolire i pregiudizi, di -emancipare la patria dal dominio d'una aristocrazia -orgogliosa e decrepita. Succede troppo -spesso negli Stati che le passioni politiche si -alimentano di privati rancori, e gli odii diventano -spietati perchè confondono il bene della -patria colla brama di particolari vendette. Ogni -congiura rappresenta un bisogno, ogni bisogno -si accompagna ad interessi, nei quali talora le -speranze dell'individuo prevalgono alla fede del -cittadino. Così nessun Governo potendo soddisfare -ogni suddito, ogni Stato ha i suoi malcontenti -che mormorano, pronti a denigrare le migliori -intenzioni, attenti ad esagerare ogni fallo, -ad avvalorare ogni sospetto, a spargere false -notizie, ad attizzare le passioni. -</p> - -<p> -Il popolo di Venezia era semplice e tranquillo, -soddisfatto nei bisogni e nei gusti della -vita, lusingato da sempre nuovi passatempi, orgoglioso -delle glorie d'una patria ammirata da -tutti, egli amava e rispettava il suo governo, e -<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span> -giudicava le ineguaglianze sociali come un destino -inappellabile, una eterna necessità, una volontà -della divina provvidenza. -</p> - -<p> -Soltanto alcune menti filosofiche che meditavano -i progressi sociali e osservavano i sistemi -invecchiati, e con occhio perspicace ne scoprivano -i difetti, prevedevano gli inevitabili mutamenti -del tempo. -</p> - -<p> -Il movimento della Francia, non ostante le -precauzioni del Governo per tenerlo segreto, -penetrava in Venezia, come la luce del mattino -entra in una stanza per gli spiragli delle imposte -chiuse e delle cortine distese. -</p> - -<p> -I filosofi francesi avevano i loro seguaci nella -repubblica, e le nuove dottrine battevano in -breccia l'edifizio diroccato dai secoli e guasto -dagli abusi. -</p> - -<p> -Si temeva ancora la severità del Governo, -ma nel segreto del gabinetto si divoravano i -libri che venivano dalla Senna, tradotti nella -Svizzera e in Olanda. -</p> - -<p> -I dettami della ragione, e i diritti dianzi incontrastati, -ma finalmente analizzati con fina -critica e anatomizzati con implacabile verità -<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span> -scotevano dalle fondamenta le leggi avite. I -frizzi, i sarcasmi scemavano il prestigio delle -antiche istituzioni, i diritti dei nobili e i doveri -dei plebei si confondevano nei diritti dell'uomo, -e uno scetticismo spietato surrogava la venerazione -d'ogni autorità. -</p> - -<p> -Alle ragioni dei filosofi si associavano le querele -e le accuse dei malcontenti i quali si reclutavano -fra gli ambiziosi delusi, fra gl'invidiosi, -fra i rovinati dal giuoco o da cattive speculazioni, -e che speravano rifarsi disfacendo gli -altri e sovvertendo l'ordine, per abusare del disordine. -Infatti tutte le umane passioni apportavano -il loro contingente alle idee di riforma, -nate nelle menti sublimi d'uomini immortali, secondate -dai piccoli cervelli, dalle torbide aspirazioni, -dai minuti interessi di volgari litiganti. -</p> - -<p> -L'amore deluso spinse Valdrigo nella corrente, -trascinato in buona fede dalle apparenze -d'una filantropia che incominciava da sè, e d'una -politica che allo scopo di sopprimere i disordini, -voleva immergere il mondo nel caos per -rifarlo. Frammischiandosi ai malcontenti e facendo -lega con loro, il giovane artista trovò facile -<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span> -adito nei conciliaboli segreti, e a poco a -poco guadagnando terreno meritò la stima e la -confidenza dei compagni che gli proposero d'iniziarlo -nella vasta associazione dei Franchi-Muratori. -</p> - -<p> -Avendo accettato con giubilo la proposta -venne iniziato alla setta con tutti i misteri allora -usati. La loggia dei Franchi-Muratori si era -stabilita a Venezia in una casa posta nella deserta -contrada di San Simeone grande, in un sito -appellato <i>Rio Marin</i>, di proprietà del procurator -di San Marco Contarini, allogata a pigione ad un -Colombo<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a>. -</p> - -<p> -Una notte Vittore Valdrigo fu introdotto in -tale casa da due amici, che dopo attraversata la -camera detta <i>delle riflessioni</i>, lo fecero entrare -nel <i>Tempio</i>, locale bujo colle pareti tappezzate -di panno nero. Nel mezzo sorgeva un trono coperto -di drappo turchino guernito di trine d'oro; -e vedevasi uno specchio con cortina di velo ceruleo, -che ad aurei caratteri aveva a trapunto -<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span> -la seguente iscrizione: <span class="smcap">Se avete un vero desiderio, -se avete coraggio ed intelligenza, tirate -questa cortina ed apprendete a conoscervi</span>. — Un -lettuccio coperto di nera tela sopra cui -stava impressa una croce bianca e rossa ed un -ramo d'ulivo; tre gradini con vari candelabri; -una piramide; un quadro a chiaroscuro rappresentante -un sasso ed una squadra col motto: -<span class="smcap">Dirigit obliqua</span>; altro quadro nel quale era dipinta -una nave trabalzata da burrasca colla sentenza: -<span class="smcap">In silentio et spe fortitudo nostra</span>; un -terzo quadro colle immagini di una colonna a -spira e di una squadra, leggendovisi sotto: <span class="smcap">In -præsenti modo adhuc stat</span>; la statua di Cupido -cogli occhi bendati, e da ultimo un telaio con -una pelle tesa dipinta a geroglifici, standovi appeso -un maglio per batterla a guisa di tamburo. -Quivi gli bendarono gli occhi e lo accompagnarono -nella sala vicina che si chiamava la Loggia. -Colà fattolo sedere in una scranna a braccioli -gli dissero che qualora udisse tre colpi -si sbendasse. Appena uditi i tre colpi si tolse -la benda e si trovò dirimpetto ad una tavola -coperta da un bruno tappeto sopra cui stavano -<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span> -un teschio, un lumicino, e la iscrizione: Pensaci -bene. Pendevano intorno ai muri cazzuole -e martelline dorate, spade con elsa d'argento e -di acciajo, stili, fazzoletti bianchi macchiati di -sangue, ossarii, anfore e altri oggetti bizzarri. -</p> - -<p> -Poco dopo entrarono alcuni individui coperti -di lunghe vesti nere col bavero turchino orlato -di bianco, alle cui estremità risaltavano una -piccola squadra e due spadine incrociate di metallo -dorato. Erano le cariche della Loggia: il -Venerabile, il Vigilante, il Fratello terribile, il -Maestro delle cerimonie, il Tesoriere, l'Elemosiniere, -il Segretario, e il Grande Esperto; il -quale fattosi innanzi al candidato gli disse: — Udite -le massime principali dei Liberi Muratori, -e i tremendi castighi inflitti ai traditori, — e -con voce lenta e grave, in mezzo al generale -silenzio pronunciò queste parole: — «Dio ha -creato l'uomo in libertà naturale e pienissima, -siamo quindi tutti eguali. La libertà non si restringe -senza grave ingiuria verso Colui che a -tutti la diede. Per questa pienissima libertà naturale -a noi tutti così benignamente impartita, -Dio s'appaga dell'omaggio degli atti interiori, e -<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span> -non cura le esterne cerimonie. A Lui solo spetta -il dominio assoluto della terra ove pose l'uomo -il quale violando la libertà naturale della creatura, -insulta il Creatore. Ora la Maestà suprema -di Dio è stata lesa, e l'umana libertà poco -meno che distrutta dalla malvagità degli usurpatori -del diritto comune, che con colpevole -violenza assunsero gli attributi dell'Essere Supremo, -e dominarono sulla ignoranza degli uomini, -i quali permisero tale usurpazione a proprio -danno, e ad oltraggio della giustizia di Dio! -È dunque grande e nobile impresa, e degna -d'uomini onorati ed onesti quella di togliere -l'umanità dalle tenebre dell'ignoranza e dalle -pressure della tirannide, è un sacro dovere l'armarsi -contro gl'infami usurpatori, ed anche ucciderli -essendo rei d'usurpazione verso i diritti -degli uomini e la divina podestà! Nè cotanto -nobile e generosa impresa viene interdetta all'ebreo, -al protestante, al cattolico, al maomettano -o a qualsiasi setta, avvegnachè a tutti interessi -altamente l'umana libertà e la divina -potenza! Ardua però e tremenda è l'impresa, -dovendosi lottare con forze organizzate e possenti, -<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span> -laonde si rende necessaria la scelta d'uomini -di solida tempra, di spirito forte ed ardito. -Il segreto deve essere inviolabile, pena la morte! -piuttosto che svelare l'arcano e tradire la nostra -società, il fratello deve lasciarsi estirpare -le viscere e svellere il cuore dal petto senza -proferire un accento; chi non si sente forte -abbastanza per giurare sulla sua anima di conservare -il silenzio anche a queste condizioni, si -alzi, e si allontani...» -</p> - -<p> -Valdrigo rimase fermo al suo posto. Allora il -Fratello terribile snudandogli un braccio ed una -gamba, e bendatolo di nuovo lo condusse in altra -stanza. Colà gli venne chiesto il nome, il -cognome, il padre, la patria, la professione, e -gli annunziarono un salasso e delle botte di fuoco. -Valdrigo rimase imperterrito, e non gli fecero -niente. Allora una voce profonda gli chiese -cosa volesse, ed egli rispose — la luce — che -così gli avevano prima insegnato. Allora toltagli -nuovamente la benda si vide in faccia d'una -fiamma, circondato da spade colle punte rivolte -verso il suo petto, e la solita voce gli diceva: — In -qualunque tempo della vita sarete difeso — e -<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span> -avanzatosi d'un passo gli venne ordinato -di appoggiare una mano sul vangelo aperto sopra -un tavolo, e di giurare obbedienza e fedeltà. -Dopo di che chiamandolo fratello e baciandolo -in volto gl'indicarono i toccamenti o segnali -per conoscere i soci, che consistevano nel mettersi -una mano sotto la gola; o colla mano sinistra -prendere l'indice della destra e dargli col -pollice tre colpi. Gl'insegnarono inoltre una parola -d'ordine, e il modo di servirsene. Finite -le cerimonie si sedettero ad un banchetto fraterno -ed alla parola — mano all'arme — fuoco — bevettero -porgendo un brindisi al fratello -principe di Brunswich, alla madre Loggia di -Londra, e ai fratelli di Venezia!<a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a> -</p> - -<p> -Valdrigo dopo quel giorno prese parte esattamente -a tutti i segreti convegni della setta, -ed ebbe libri e comunicazioni importanti sui -<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span> -movimenti della rivoluzione francese. Le notizie -estere venivano raccolte da viaggiatori espressamente -spediti, i quali talvolta appartenevano -alle classi sociali più elevate. Angelo Quirini -che sedeva in Senato faceva parte della Loggia, -e visitò i confratelli della Svizzera e di alcune -città della Francia, e venne accolto ed ospitato -a Ferney da Voltaire. Altri viaggi in varie parti -d'Italia, in Germania ed in Svizzera vennero -fatti dai due Liberi Muratori Sebastiano Grotta -e Francesco Battagia, ragguardevolissimi patrizii, -e i gran Maestri e graduati convennero in una -Dieta Generale Massonica aperta a Wilhemsbad -nel granducato di Assia-Darmstadt<a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a>. -</p> - -<p> -Nelle riunioni dei Franchi Muratori Valdrigo -riconobbe con sorpresa molti veneti patrizii che -aveva veduti in casa Orseolo, e che erano stimati -solidi sostegni del Governo e degli abusi -prevalsi. Fra questi egli notava Girolamo Giustinian, -Bernardo e Lorenzo Memmo, Alvise -Pisani, Morosini, Soranzo, Falier Erizzo, Andrea -Tron e Giovanni Pindemonte. V'erano tre parrochi, -<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span> -quello di San Michele Arcangelo, di San -Maurizio, e di San Giovanni Crisostomo, e perfino -un Gesuita Agostino, Signoretti<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a>. -</p> - -<p> -Strinse particolare amicizia coi due fratelli -Giuseppe ed Alessandro Albrizzi, distinti amatori -di belle arti, e quindi legati d'intimità coi -migliori artisti di Venezia. -</p> - -<p> -Allo scopo di propagare le massime adottate, -Valdrigo si frammischiava col popolo; e per -non eccitare sospetti indossava le vesti dei pescatori. -Portava i zoccoli di legno cogli alti -talloni, le calze lunge sopra i calzoni, la maglia -a larghe righe bianche e cerulee, il ruvido cappotto -col cappuccio, il berretto dei chioggiotti. -Seduto con Beppo e gli altri battellieri intorno -ai tavoli delle bettole affumicate trincava alla -salute dell'avvenire, mentre il presente se ne -andava coi vortici di fumo della sua pipa di -terra cotta. Le teorie dell'eguaglianza sociale solleticavano -generalmente i gondolieri senza impiego, -<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span> -i pescivendoli senza soldi, e incontravano -la diffidenza e le opposizioni di quelli che trovandosi -al servizio delle case patrizie gavazzavano -nell'abbondanza, e si sentivano dei bei ducati -in saccoccia. -</p> - -<p> -Pochi intendevano il vero senso delle dottrine -propagate da Valdrigo, pochissimi avevano -fiducia nelle sue promesse, e in un mutamento -qualunque. Per altro qualche parola gettata per -caso, qualche lamento circolante oscurava l'orizzonte, -e si sentiva in aria un certo che d'inusitato -e di strano. I vecchi rimpiangevano i giorni -beati della loro gioventù, i bei tempi passati, -ed accusavano i giovani di perdere il rispetto -all'autorità e alla vecchiaja, di mettere in derisione -gli usi e i costumi della patria, di riscaldarsi -la testa con novità da sognatori e da -matti. -</p> - -<p> -Valdrigo censurava l'albagia dei nobili, le -loro pretese, i privilegi usurpati al popolo, e -sforzandosi di pensare alla patria, pensava a -Silvia, e l'amore soffiava nella politica gonfiando -gli argomenti. -</p> - -<p> -Maddalena sollecitava invano il giovane pittore -<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span> -a riprendere il lavoro, egli rispondeva col -solito <i>domani</i> che aveva servito di risposta alle -preghiere materne, oppure metteva in campo -pretesti d'occupazioni più gravi e più utili, o -voleva dimostrarle la vanità di un'opera che -certo non avrebbe raggiunto il merito dei più -insigni pittori; e quindi egli soggiungeva: -quando nelle arti non si perviene a trovare la -perfezione, è meglio far niente. -</p> - -<p> -E usciva con Beppo, e talvolta giungeva a -persuadere la Maddalena ad accompagnarli alla -pesca; essa non resisteva gran tratto e lieta di -passare alcune ore con lui s'imbarcava coi pescatori, -e uscivano dal porto. -</p> - -<p> -La pronta intelligenza serve l'uomo in ogni -occasione; e Valdrigo non aveva impiegato molto -tempo a diventar marinajo. La vita del mare -aveva fortificato le sue membra, e abbrunato il -suo volto. Nei facili tragitti egli era in caso di -dirigere il timone, ed aveva imparato ad issare -e ad ammainare le vele, a legar le sarte all'antenna, -a gettare e raccogliere le reti. -</p> - -<p> -Egli non usciva alla pesca quale semplice -spettatore, ma prendeva parte alle fatiche dei -<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span> -compagni, e divideva con loro le lotte contro -i furori del mare. -</p> - -<p> -Maddalena lo contemplava con sorpresa, e -ammirava la versatilità di quell'uomo, deplorando -vivamente che la mobilità del carattere -gli rendesse impossibile la perseveranza e la -fermezza nelle cose intraprese. -</p> - -<p> -Nelle ore di bonaccia egli si gettava sul -ponte vicino a Maddalena e le faceva osservare -la sublimità dell'infinito davanti la solitudine, -e le spiegava i piaceri della navigazione, la libertà -del mare, la superiorità di quei silenzi, -sui silenzi della terra, la bellezza di quelle -acque azzurre e di quel cielo sereno. Essa lo -ascoltava con religioso raccoglimento, al tocco -delle sue mani fremeva, al suo alitare sentiva -un tremito in tutte membra, lo fissava in volto -con uno sguardo d'adorazione, ed egli levando -gli occhi al cielo varcava gli spazii sulle ali -della fantasia, e pensava... alla Silvia. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span></p> - -<h2>XXIV.</h2> -</div> - -<p> -Silvia era diventata la stella di Venezia. La -nascita cospicua e l'illustre maritaggio l'aveano -collocata al primo rango della nobiltà, la grande -opulenza del conte Leoni la metteva al pari -colle più ricche famiglie, le grazie della persona, -e i vaghi lineamenti del volto le assicuravano il -primo posto della bellezza, ed era infatto riconosciuta -da tutti come la più bella fra le belle. -</p> - -<p> -Quando compariva nelle pubbliche feste colla -fronte sfolgorante di brillanti che davano un -singolare risalto al languore degli occhi trasparenti -e profondi, vestita di ricche stoffe ricoperte -di pizzi preziosi e di gemme, la folla rispettosa -le cedeva il passo e un confuso mormorio -d'ammirazione irresistibile seguiva il suo -passaggio. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span> -</p> - -<p> -Un sorriso misterioso muoveva le sue labbra -esprimente la bontà rassegnata d'un'anima priva -di letizia, e un velo di melanconia cresceva la -bella espressione de' suoi sguardi. -</p> - -<p> -Dal giorno che l'abbiamo lasciata fanciulla, -vittima d'un ingenuo impulso del cuore, lunga -sarebbe la storia de' suoi intimi pensieri, breve -quella dei fatti. -</p> - -<p> -La natura e l'educazione, l'istinto e il pregiudizio -lottarono nella sua candida coscienza -con tutta la forza d'una passione segreta. Un -arcano misterioso s'era svelato con un bacio, il -bacio del perdono era divenuto il bacio dell'amore, -e quelle labbra congiunte per un minuto -avevano lasciata una traccia indelebile. Quel bacio -era un nodo stretto dalla natura, rotto istantaneamente -dagli uomini; quella lacerazione -aveva prodotto una piaga e un intenso dolore; -i farmachi impiegati per sanare la ferita la inasprivano, -non erano balsami ma fiele; l'ironia, -lo scherno, la minaccia. -</p> - -<p> -La fanciulla offesa aveva nascoste le sue pene -nei più impenetrabili recessi dell'anima, decisa -di custodire le sue sensazioni per sè, di cedere -<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span> -al mondo quello che il mondo reclama, le apparenze -esterne, il sorriso delle labbra, le parole -di convenzione. — La sua mente perspicace, -illuminata dai discorsi dei parenti, dagli -esempi e dai consigli delle amiche, le dimostrava -chiaramente l'inutilità d'una lotta colla -famiglia, e colle convenzioni sociali, lotta ineguale, -impossibile; che cosa avrebbe potuto ottenere -una voce del cuore contro il sistema sociale -e politico, contro le tradizioni dei secoli, -contro l'autorità assoluta dei genitori, e la loro -onnipotente volontà? -</p> - -<p> -D'altronde una opposizione tenace l'avrebbe -confinata in un chiostro, e quale sarebbe il vantaggio -di tanto sagrifizio?... la tomba prima della -morte!... -</p> - -<p> -Che cosa chiedeva il suo animo?... un affetto -per Vittore. Che era l'affetto?... Un pensiero -perenne, un'arcana aspirazione, una tenerezza -misteriosa, un'adorazione sublime... e tutto questo -era possibile nell'intimo segreto della vita -interna, senza turbare l'andamento delle cose -terrene e l'irrefragabile volontà del destino. -</p> - -<p> -Visse dunque sommessa in apparenza, ma ribelle -<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span> -nel fondo alle leggi della sua classe, -aspettò il conte Leoni, come si aspetta la fatalità, -come si aspetta la morte, e pensò a Valdrigo -come si pensa all'impossibile, o alle cose -d'un altro mondo, all'eternità, al paradiso. -</p> - -<p> -Era sorvegliata col rigore dei prigionieri di -Stato, non parlò mai più con Valdrigo; non lo -vide che rare volte, da lontano, alla finestra per -un secondo, o di passaggio alla chiesa. Nessuno -se ne avvedeva, soltanto i due giovani si scambiavano -uno sguardo, un lampo!... ma quel lampo -teneva vivo il fuoco sacro, ed equivaleva ad un -linguaggio sublime, il quale bastava ad occuparli -intiere settimane nella traduzione talora impossibile -dei concetti trasmessi. -</p> - -<p> -Così passarono dei mesi, e il tempo, che distrugge -gl'imperi e le nazioni, esercitava la sua -lenta ma inevitabile potenza anche sul cuore -di Silvia. Il tempo scema ogni dolore e medica -ogni piaga, ed ogni malato deve sottomettersi -al supremo destino di guarire o morire. Silvia -non guarì interamente, ma la piaga divenne cicatrice -segnando un solco profondo e incancellabile. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span> -</p> - -<p> -Intanto il conte Leoni, terminata la lunga -missione diplomatica che lo teneva lontano da -Venezia, ritornò in patria, si presentò alla futura -sposa, e vennero fissate le nozze. Quest'uomo -era immerso nella politica segreta, e nei raggiri -diplomatici di quei tempi minacciosi. Conservatore -per educazione e per nascita, apparteneva -a quel partito che non voleva transigere colle -novità della Francia, e giudicava un pericolo la -minima concessione. Passava quindi per implacabile -nemico d'ogni più ragionevole riforma, -ed era odiato dai partigiani della libertà, e -dalle sètte che volevano abbattere i privilegi e -proclamar l'eguaglianza. Di ricco censo, avvezzo -al lusso delle Corti e splendido per le avite -tradizioni, egli presentò alla sposa i doni nuziali -colla prodigalità d'un principe, e gli Orseolo -avevano apparecchiata una dote degna dell'illustre -prosapia, gareggiando collo sposo nella sontuosità -degli arredi e delle gemme; di modo -che il proemio al matrimonio non fu per Silvia -che una lunga tortura di sartore e modiste che -le provavano le vesti, e spiegavano davanti ai -suoi sguardi le magnificenze delle arti, che più -<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span> -solleticavano la vista. I preziosi smanigli, le filze -di perle, i diademi di brillanti, gli abbigliamenti -di broccato, i rasi ricamati, gli sciamiti di seta -doppia trapunta d'oro, i pizzi e i veli trasparenti -e leggiadri per vaghezza di disegno, i nastri, le -nappe, le pelliccie, ed una varietà innumerevole -di pannilini d'ogni foggia e d'ogni uso. -</p> - -<p> -Il dire che Silvia rimanesse indifferente davanti -a tante meraviglie, non sarebbe l'espressione -del vero, che anzi assorta nella contemplazione -di tali accessorii, essa dimenticava il -principale. -</p> - -<p> -Cosicchè il giorno delle nozze giunse come -improvviso, e la pompa solenne parve un sogno -alla fanciulla sbigottita dagli omaggi delle matrone -e dei patrizii, e sbalordita dalle cerimonie -religiose e domestiche. Alla consacrazione davanti -l'altare succedettero senza posa i rinfreschi, -il banchetto, le danze, la musica, e la sua mente -vacillava confusa fra il bagliore delle faci, il -fruscio delle vesti, il bisbiglio misterioso e confuso -della folla elegante. -</p> - -<p> -All'indomani della festa, un'infelice di più -imprecava alla amara sorte riservata alla nobiltà -<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span> -ed alla ricchezza, e invidiava i modesti sponsali -del popolo consigliati da reciproche attrattive e -consolati da un amore concorde. -</p> - -<p> -Ma il popolo alla sua volta, mancando spesso -del necessario, invidiava il superfluo dei nobili -e così pochi erano contenti. Questa è la sorte -comune della società, e ancora non si è trovato -un sistema di governo che renda tutti felici, e -crediamo non si troverà così presto; quindi la -rassegnazione è stata sempre e sarà ancora per -lunga pezza una delle più belle ed utili virtù. -</p> - -<p> -Silvia, che certo non mancava del superfluo, -fra il quale considerava anche l'epitalamio di -Don Lio, si trovava priva del necessario, che -per lei era un cuor giovane e amoroso che rispondesse -a' suoi sentimenti. Legata per legge -divina ed umana ai destini d'un estraneo al suo -affetto, essa soffriva il matrimonio come una -malattia della sua razza e ne cercava qualche -rimedio adottando francamente la vita di Venezia -che moltiplicando le veglie, i piaceri e le feste, -teneva lontani i mariti, e liberava le mogli dalle -loro noiose assiduità, giudicate ridicole dai costumi -eleganti, e assolutamente proscritte dalla -<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span> -società dei patrizii e rilegate tra le abitudini -volgari del popolo. -</p> - -<p> -Così essa trovava la libertà nei legami del -matrimonio, tanto è vero che le leggi che si allontanano -dai dettami di natura non ottengono -lo scopo che si propongono, e si conservano -apparenti nella forma, ma illusorie nel fondo. -Di tale libertà però Silvia non abusava, chè se -i tempi corrotti autorizzavano e rendevano facili -gl'intrighi, l'amor vero non ha mai congiurato -contro l'onore per deliberazione spontanea, ed -è rimasto sempre il guardiano del pudore e -della virtù. Chi ama non ardisce, e chi ardisce -non ama, disse un sapiente scrittore, e appunto -Silvia amava, e non ardiva confessarlo a sè -stessa. Però schiava del dovere e dell'onestà, -non poteva nè voleva raffrenare la libertà del -pensiero, il quale correva senza ostacoli alle memorie -del passato, e nelle ore di solitudine vagava -in traccia d'un'anima sorella nel dolore e -nelle aspirazioni, del pari solinga e abbandonata -dall'avverso destino!... Infatti Silvia pensava sovente -a Valdrigo. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span></p> - -<h2>XXV.</h2> -</div> - -<p> -Esistono forse dei rapporti arcani, e una voce -misteriosa che metta in comunicazione due anime -unite dalla simpatia e allontanate dal destino?... -Questo è ancora un problema oscuro, ma sembra -che il fenomeno esista, e se la scienza non ha -saputo fino ad ora spiegarlo, l'empirismo degli -amanti ci crede. Si raccontano su questo rapporto -dei casi strani e meravigliosi di sensazioni -lontane ma unisone, di presentimenti profetici, -e si narrano storie bizzarre di fatti creduti -sovrumani che nel Medio Evo si attribuivano alle -streghe, e ai tempi presenti si dichiarano effetti -del magnetismo animale. -</p> - -<p> -Forse alcuni fenomeni d'una apparenza sopranaturale -sono naturalissimi e normali, ma la -<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span> -dabbenaggine umana grida al miracolo, perchè -ne ignora le cause, ma l'uomo nel breve corso -di sua vita mortale non può conoscere tutte le -leggi immortali dell'universo. Dopo una lunga -serie di secoli nella quale la scienza umana si -arricchì di numerose e sorprendenti scoperte, -quanti sublimi misteri si celano ancora nelle -tenebre, quante leggi naturali rimangono ancora -nascoste ai nostri sguardi!... -</p> - -<p> -Questa dissertazione metafisica ha lo scopo di -avvertire il lettore che Silvia e Valdrigo non -si vedevano mai, ma si parlavano attraverso gli -spazi, attraverso i muri di Venezia, a grandissime -distanze, senza comunicazioni materiali, e -le cose suddette giustificano la nostra ignoranza -con l'ignoranza universale, incapace di spiegare -il misterioso fenomeno. Ma il fatto esisteva, e -forse esiste tuttora od esistette fra la persona -che legge queste povere pagine e qualche anima -lontana. Non è vero che si parla attraverso le -montagne e l'oceano?... Sicuro che il linguaggio -di due spiriti non è composto di accenti comuni -e volgari, sicuro che quella voce arcana non -dice: — Buon giorno, signore, come sta lei?... -<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span> -vorrebbe favorirmi i numeri che si cavano al -lotto?... o dirmi il corso dei valori di borsa?.. — Queste -cose le può dire il telegrafo!... — Il -telegrafo elettrico!... chi ci avrebbe creduto -nel Medio Evo?... Orbene, abbandoniamo la spiegazione -del telegrafo amoroso alle future elucubrazioni -della scienza, e per ora teniamoci paghi -del fatto. Il fatto, quantunque misterioso, è -incontrastabile. -</p> - -<p> -Silvia seduta mollemente in un ampio seggiolone -a bracciuoli, in una magnifica stanza tappezzata -di antichi arazzi, e colle finestre ricoperte -da impenetrabili cortinaggi di ricche stoffe, -stava tutta sola pensando. Valdrigo cullato dai -flutti del mare, coricato sul cassero d'una barca -peschereccia, contemplava il cielo sereno. A -poco a poco una corrente misteriosa d'idee gettava -un filo invisibile dal cuore di Valdrigo al -cuore di Silvia; ecco il telegrafo amoroso fissato, -sul quale i sentimenti facevano i loro uffici, -come le parole attraverso il filo metallico del -telegrafo elettrico. Che cosa dicevano? Erano -pensieri intangibili, sensazioni inesprimibili, fantasie -vaporose, aspirazioni vaghe indefinite, estasi -<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span> -e rapimenti che si possono comprendere soltanto -da chi li abbia provati. -</p> - -<p> -La povera Maddalena, innamorata al pari di -Silvia, non incontrava nel cuore di Valdrigo che -una elettricità negativa, egli si trovava a un -passo dalla bella popolana e a cinque miglia da -Silvia; ma parlava a questa e la vedeva parlante, -e l'altra così vicina, gli era mille miglia lontana -dal cuore. O misteri della vita!... -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span></p> - -<h2>XXVI.</h2> -</div> - -<p> -Un giorno il nostro pittore s'era seduto in -faccia al quadro dei pescatori, e lo andava contemplando. — Non -ci sarebbe troppo male!... -egli ripeteva fra sè, ma ci vorrebbe il coraggio di -finirlo. Chi mi darà questo coraggio?... e sospirava. -</p> - -<p> -Alcuni colpi vigorosi del battente di casa lo -scossero dai suoi pensieri, e udendo una voce -che chiedeva di lui, saltò in piedi, corse precipitosamente -ad aprire la porta della stanza.... e -vide Antonio Canova. -</p> - -<p> -Reduce da Roma ove aveva scolpito il Teseo -sul Minotauro, una statua di Marte, un Amorino, -Venere che inghirlanda Adone di rose, la Psiche, -vari bassirilievi e finalmente il grandioso Mausoleo -<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span> -di papa Clemente XIII, collocato nella basilica -di san Pietro, lo scultore era venuto a -Venezia per rivedere gli amici, e recarsi a respirare -l'aria nativa dei suoi colli di Possagno, -per ristorare le forze affrante dalle lunghe fatiche. -Il Doge ed il Senato lo avevano accolto -come un figlio prediletto, e i più illustri patrizii -andavano a gara per onorarlo come una -nuova gloria della patria, e gli allogarono il -monumento dell'illustre capitano Angelo Emo. -</p> - -<p> -Fedele alle sue affezioni d'infanzia, Canova -volle abbracciare Valdrigo, e lo sorprese nel -suo alloggio. Quella visita inaspettata sbalordì -Vittore, stupefatto ad un punto dalla gioia e -dalla vergogna. La fama gli aveva narrate le -opere dell'amico; che cosa aveva egli da contrapporre -a tante insigni produzioni?.... nulla! -Il piacere di stringere fra le braccia un antico -collega era dunque avvelenato dal rimorso del -tempo perduto fra le passioni dell'amore e della -politica. L'inerzia arrossiva davanti al lavoro. -Partiti entrambi da uno stesso punto, con eguali -attitudini, uno aveva proseguito il cammino con -perseverante costanza, superando con coraggio -<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span> -gli ostacoli, l'altro s'era arrestato ad ogni scabrosità -del terreno. -</p> - -<p> -Scambiate le prime espansioni, lo scultore -cercò un punto opportuno per contemplare il -quadro dei pescatori, e il pittore movendo il -cavalletto verso la luce si poneva da un lato, -studiando l'espressione della fisonomia dell'amico, -ed aspettando trepidante il suo imparziale -giudizio. -</p> - -<p> -Canova collocato a qualche distanza fissava -attentamente quella tela, ora concentrando la -luce con le mani raccolte intorno agli occhi, -ora retrocedendo d'un passo, mettendosi in fianco -per giudicare un effetto, o avanzandosi per osservare -da vicino alcuni tocchi di pennello; -esaminò attentamente ogni singola figura, ogni -accessorio, il prossimo terreno e l'orizzonte lontano, -e poi raccogliendo i vari gruppi in uno -sguardo sommario, per vedere se l'armonia -delle varie parti corrispondesse all'insieme, studiò -l'effetto generale del quadro, e colla testa -alta e gli occhi semichiusi stette lungamente -immobile e muto a guardarlo. -</p> - -<p> -Finalmente cessando tutto a un tratto dall'esame -<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span> -coscienzioso e severo, si slanciò al collo -dell'amico, e baciandolo in volto con affettuosa -e sincera affezione gli disse: — Vittore, il tuo -quadro è un capolavoro. Prendi i pennelli e -compi l'opera, e fra pochi giorni il tuo nome -sonerà con elogio in Venezia, e tu sarai stimato -nuovo decoro alle arti. -</p> - -<p> -Valdrigo piangeva, e confessava ingenuamente -i suoi slanci sublimi e le lotte colle tetre nubi -della vita che gli oscuravano gli orizzonti sereni -dell'arte, e il continuo ondeggiare fra i lampi -delle sue ispirazioni, e le tenebre d'una molle -apatia la quale spegneva a poco a poco il sacro -fuoco del genio che si sentiva ardere in cuore -ed affraliva la sua volontà con una colpevole -accidia che lo rendeva inetto al lavoro. -</p> - -<p> -Allora Canova confortava di nobili consigli -quell'anima addolorata, e gli ripeteva le massime -che guidarono la sua gloriosa carriera e -che vennero scrupolosamente raccolte e conservate -da Antonio d'Este suo intimo amico, e da -Melchiorre Missirini suo ammiratore e biografo, -e che noi riportiamo testualmente ad onore del -nostro grande concittadino, e per guida dei giovani -<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span> -artisti che vogliono seguire le sue traccie -immortali. — «Il decoro e la grandezza del -nome d'Italia debbono sempre starci fissi nella -mente. Gl'Italiani sono stati destinati dalla provvidenza -a condurre a fine ogni gran cosa. Essi -fanno uscire nella luce del mondo capolavori -d'ogni maniera, e si acquistano il merito di essere -a tutti insegnatori e maestri per solo spontaneo -irresistibile impulso del loro genio, recato -a creare grandi cose senza emulazione, senza -premio e molte volte senza lode, anzi per mezzo -tutti gli ostacoli e le contrarietà delle opposizioni -dei governi, e delle censure fra loro medesimi, -e fra le allettatrici distrazioni di un -cielo mite e di un'aria benigna che ne consiglia -e sospinge alle ricreazioni e ai diporti...» -</p> - -<p> -«Compiango quei giovani che credono poter -comporre piaceri d'ogni maniera coll'arte. L'arte -sola deve stare in cima al pensiero dell'artista, -e per essa vivere e volgere in essa ogni sua -cura. Non devesi sviare l'intelletto nè abbattere -il corpo.» -</p> - -<p> -«Chi è stanco della musica, della veglia e -del ballo, del passeggio, della cena, come mai -<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span> -di buon mattino potrà recarsi allo studio per -lavorarvi con quell'ardore che vi bisogna? Quindi -si diviene neghittosi, e all'ignavia vien dietro -la noncuranza della gloria e l'appagarsi della mediocrità. -La vita dell'artista debbe essere un continuo -studio, non v'ha cosa più preziosa del -tempo. Il grande artista deve pensare a vivere -più nel futuro che nel presente...»<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a>. -</p> - -<p> -Queste gravi e solenni parole colpirono profondamente -il cuore commosso di Valdrigo, che -promise di mettersi con fermezza a terminare -il suo quadro, seguendo i consigli dell'amico, -che lo assicurava delle supreme consolazioni -del lavoro, come farmaco infallibile che risana -ogni dolore dell'anima, e consola il cammino -della vita. -</p> - -<p> -In mezzo a questi propositi si separarono, fra -le scambievoli dimostrazioni di amicizia e di -stima, e Canova parti per Possagno. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span></p> - -<h2>XXVII.</h2> -</div> - -<p> -La gloria ha le sue sublimi soddisfazioni, ma -non va esente da penosi supplizi. -</p> - -<p> -La grande modestia di Canova lo esponeva -sovente alla tortura della pubblica ammirazione, -e il suo viaggetto a Possagno costò molte pene -all'illustre scultore. Egli s'era proposto di giungere -tranquillo al suo paesello, contemplando -per via quei bei colli che gli rammentavano i -giorni sereni dell'infanzia, e il pensiero di gustare -in pace quel silenzio e quella solitudine -era un grande conforto al suo cuore. Vane illusioni! -I bravi possagnesi volevano onorare il -loro esimio concittadino divenuto famoso in Europa. -Canova giunto a Bassano in compagnia del -suo amico Antonio D'Este, trovò il Senatore Rezzonico -che lo aspettava per onorarlo con sontuose -<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span> -accoglienze. Le cerimonie incominciavano -a intorbidare la gioja del viaggio. A Crespano -sboccavano da tutte le vie i curiosi che accorrevano -a vederlo. Colà scese di vettura per -montare a cavallo, le strade essendo impraticabili -ai ruotabili, e poco dopo s'incontrò con un -drappello di giovani suoi compatrioti che venivano -a riceverlo, e fargli scorta d'onore. — Addio, -solitudine! — Erano una quarantina sopra -cavalli adorni di alloro, ed avevano il capo incoronato -di fiori. Canova voleva sollevarli dall'incomodo, -ma il suo amico D'Este gli mostrava -l'impossibilità di calmare il loro entusiasmo. Bisognò -dunque galoppare di conserva fra la brigata -trionfale, e giunti al confine del territorio -di Crespano, dopo il quale s'entra nel comune -di Possagno, trovarono «la strada coperta di -lauro, di mirto e di fiori; e ai lati della medesima, -un folto popolo d'ambo i sessi, che con -rami di lauro, battendo le palme gridavano: -<i>Viva il Canova.... Viva il patriotta</i><a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a>.» -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span> -</p> - -<p> -A misura che avanzavano crescevano gli applausi -e la folla, e giunti finalmente al paese -il popolo accorso era immenso, e il frastuono -degli evviva, e dei trasporti di allegrezza si -confondeva col suono festivo delle campane, colle -allegre musiche, e lo scoppio dei mortaretti! — Addio, -silenzio! -</p> - -<p> -Arrivati sulla Piazza i rappresentanti del Comune -e del Clero si fecero innanzi con grave -incesso ad ossequiare la vittima della gloria, -che in quel momento avrebbe pagato la più -bella delle sue statue per trovarsi sulla cima -inaccessibile della più alla montagna del globo. -Ma le patrie onoranze non erano finite, e fu -costretto di subire un discorso «commoventissimo, -e molte poetiche composizioni in vari -metri che terminarono con un sonetto di Marco -Bastasini in dialetto del paese»<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a>. -</p> - -<p> -Non mancava altro!... ma l'eco di quella festosa -e cordiale accoglienza risuonava ancora -molti anni dopo la sua morte nelle pagine d'Antonio -<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span> -D'Este che ne faceva un grottesco racconto<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a>. -</p> - -<p> -Rimase due settimane a Possagno, invocando -invano la pace e il riposo. I conviti succedevano -ai conviti, i versi piovevano sui lauti -banchetti, e i soliti numi dell'Olimpo scendevano -dagli Elisi ad onorare l'artista. Il ritorno -attraverso l'Italia venne parimenti onorato da -continui trionfi, che pesavano a Canova, il quale -lamentava il tempo perduto e i lavori sospesi. -</p> - -<p> -Ritornato finalmente in mezzo ai prediletti studi -di Roma, il suo genio riprese il volo sublime -nelle regioni supreme dell'arte, e diede vita a -nuove e immortali creazioni. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span></p> - -<h2>XXVIII.</h2> -</div> - -<p> -Un alito del genio alacre di Canova, aveva -dato l'impulso al genio inerte di Valdrigo. Ripreso -il lavoro, e richiamati i modelli, non deponeva -la tavolozza che poche ore, per cibarsi -o dormire, non usciva più di casa e pareva dominato -da uno spirito creatore che sostenesse -le sue forze. Serio, concentrato, intento a trattare -i pennelli con un'attenzione sostenuta, pareva -isolato dal mondo, e reso insensibile ad -ogni impressione che non avesse un'influenza -diretta al suo scopo. Maddalena raggiante di -gioja gli stava di rimpetto silenziosa per non -turbare quel sublime raccoglimento, e mentre -egli dava gli ultimi tocchi alla tela, essa ammirava -sul volto del pittore le traccie d'un'anima -soddisfatta dalla coscienza del proprio valore. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span> -</p> - -<p> -Un giorno aveva radunato nella stanza tutti i -modelli che collocati nella rispettiva posizione -presentavano l'aspetto generale del quadro; tutto -ad un tratto Valdrigo saltando in piedi sullo -scanno sul quale stava seduto gettò in aria la -tavolozza e i pennelli e gridò — basta! -</p> - -<p> -A tal grido, Maddalena che conosceva le ubbie -del pittore divenne pallida pallida, e stava certo -per cadere svenuta dal dolore d'un nuovo capriccio -del bizzarro suo ospite, quando egli soggiunse: — basta, -ho finito! -</p> - -<p> -Un profondo sospiro sollevò il cuore oppresso -della povera fanciulla, ed una lagrima di gioja -le bagnava le guancie, mentre le sue labbra si -atteggiavano al più soave sorriso. -</p> - -<p> -I pescatori circondavano il quadro, guardandosi -ed ammirandosi riprodotti sulla tela, e lodando -il pittore che sempre in piedi sullo -scanno dominava le loro teste e rideva allegramente -delle ingenue osservazioni, e degli applausi -sollevati dal più sincero entusiasmo. Poi -saltando sul pavimento li baciava tutti dalla -gioja incominciando dalla nonna Marta, e terminando -colla Maddalena, la quale al tocco di -<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span> -quelle labbra sentì una burrasca interna e il -capogiro, ma egli come al solito non avvedendosi -di nulla, stava vuotando le sue tasche sul -tavolo, dalle quali uscivano gli ultimi ducati, -una bella giustina d'argento, un'osella cogli orli -frastagliati e alcuni traeri anneriti e consunti, -e invitando Beppo a raccogliere questo suo fondo -di cassa gli diceva: -</p> - -<p> -— Invito tutti a pranzo, va a provvedere i -bocconi più ghiotti, i vini più morelli, evviva -l'arte e l'allegria!... — Evviva Evviva! ripetevano -i convitati fra gli applausi universali, e -le risa sgangherate che facevano tremare le pareti; -e tutti se ne andarono lieti e contenti -aspettando l'ora del banchetto; il quale non è a -dirsi se fu allegro e clamoroso. Basti il sapere -che tutti erano soddisfatti, e il vino buono e -abbondante. -</p> - -<p> -Quando la tela fu asciutta, Valdrigo vi distese -sopra una bella mano di vernice che fece -risortire le velature, e le luci, ed avendo trovato -da un intagliatore una magnifica cornice -dorata, potè ottenerla a credito colla promessa -di pagarla dopo venduto il dipinto, che collocato -<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span> -al suo posto produceva un effetto veramente -meraviglioso. -</p> - -<p> -Pochi giorni dopo, il quadro colla sua cornice -figurava al balcone d'una delle più belle botteghe -di Piazza San Marco, con sotto il nome di Vittore -Valdrigo, e attirava da ogni parte i curiosi, -che si affollavano per contemplarlo e applaudirlo. -</p> - -<p> -Il pittore penetrava spesso fra la gente, e -s'inebbriava del trionfo, maledicendo gli anni -sprecati a far nulla. Maddalena volle vedere il -quadro esposto al pubblico, v'andò in segreto -con una amica, godendo, degli elogi fatti all'artista -come d'un bene suo proprio, ma dovette -allontanarsi in fretta dagli sguardi delle persone -che avevano subito riconosciuto il modello -principale, e gli scoccavano degli epigrammi un -po' troppo arguti e indiscreti. -</p> - -<p> -Intanto il nome di Valdrigo si diffondeva per -Venezia, e l'esposizione del quadro era divenuta -un piccolo avvenimento. La folla attirava la -folla, tutti volevano vedere l'opera della quale -avevano uditi gli elogi, gli artisti discutevano -fra loro sui meriti del disegno e del colorito, -<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span> -il popolo ammirava i suoi costumi nazionali riprodotti -con inusata verità, e i nobili nelle loro -radunanze esaltando il talento di Valdrigo, onoravano -la loro classe che lo aveva tratto dalla -oscurità, e protetto nei primi passi dell'arte. E -si diceva da per tutto: — i nobili sono i benefattori -degli artisti, i Falier hanno sostenuto -Antonio Canova, gli Orseolo hanno assistito Vittore -Valdrigo. — Il museo Farsetti ha cooperato -allo sviluppo di due geni che saranno nuova -gloria alla patria, i patrizi veneziani mostrarono -sempre un amore vivissimo alle arti belle, -ne siano prova le chiese, i palazzi e le gallerie -che formano di Venezia una meraviglia del -mondo. -</p> - -<p> -Molli ricchi patrizi entrarono nella bottega -per acquistare il dipinto, il negoziante scriveva -il loro nome e rispondeva: — Non so se il -quadro sia già venduto, in ogni modo farò noto -al pittore il desiderio di vostra eccellenza. -</p> - -<p> -La lista degli aspiranti all'acquisto venne infatti -presentata a Valdrigo, il quale; percorrendola -rapidamente, si arrestò tutto ad un tratto -davanti al nome del conte Alberto Leoni. Era -<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span> -evidente che acquistando il primo lavoro di -Valdrigo, il conte Leoni subiva una influenza. -Naturalmente gli Orseolo gli avevano lasciato -ignorare la scena del boschetto, e Don Lio celebrando -nel suo Epitalamio il candore della -sposa, era convinto della necessità d'usare una -tale licenza poetica, ma ne sogghignava maliziosamente -sottecchi. -</p> - -<p> -Ma certo il nobile carattere di Silvia consigliando -al marito l'acquisto del quadro, intendeva -soddisfare un dovere di giustizia, dimostrando -a Vittore che essa non era complice -della calunnia che lo aveva colpito. — Il sentimento -delicato della donna riparava i torti -dell'altero casato, riabilitando l'onestà offesa ingiustamente, -e rendendo omaggio al genio derelitto -che trionfava d'ogni ostacolo colla sola -forza del proprio valore. -</p> - -<p> -Che se scrutando i più reconditi ripostigli di -quel cuore generoso, si avesse scoperto un -istinto più intimo che animava i suoi nobili -impulsi, la purezza d'un tale sentimento non -avrebbe punto offuscata la virtù, nè scemato il -pregio della Sua nobile condotta. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span> -</p> - -<p> -Valdrigo comprese il significato di quel nome, -ne fu commosso nel profondo del cuore, e ordinò -che il quadro venisse subito portato in -casa del conte Leoni. -</p> - -<p> -All'indomani il giovane pittore riceveva un -bel gruppetto di zecchini accompagnato da una -lettera di elogi, che terminavano colla preghiera -al pittore, di volersi recare al palazzo Leoni per -collocare egli stesso il suo quadro nella luce più -vantaggiosa. -</p> - -<p> -Dopo lunghe meditazioni sulle sue nuove fortune, -Vittore pensò a sua madre, a' suoi ospiti, -a sè stesso. Mandò a Saltore del denaro e dei -doni, fece un bel presente a Maddalena, e chiamato -un sarto che vestiva i più eleganti damerini -di Venezia, gli commise un vestito completo -d'ultimo gusto, coi bottoni diamantati. -Uno dei millecinquecento parrucchieri<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a> che in -quell'epoca acconciavano le teste dei veneziani, -gli pettinò una zazzera incipriata da zerbinotto -vaporoso, un calzolajo rinomato gli calzò un -<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span> -pajo di scarpini colle fibbie, un cappellajo gli -fornì una leggiadra schiaccina da tenere sotto -il braccio, ed ecco in pochi giorni un uomo rifatto -e degno della più eletta società. Alcuni -suoi conoscenti, che pochi giorni prima scontrandolo -per via lo salutavano appena, vedendolo -in così splendido arnese gli facevano delle -profonde riverenze, e i suoi fornitori che dapprima -lo tormentavano per un minimo credito, -gli andavano poi incontro per offrirgli del denaro. -Così va il mondo! malgrado il proverbio -che l'abito non fa il monaco. -</p> - -<p> -Trovatosi in tutto punto, Valdrigo accorse -trepidante al palazzo Leoni. Nel salire le ampie -scale gli vacillavano le ginocchia per modo che -dovette arrestarsi alquanto a prender lena. Il -cuore gli palpitava con violenza e gli battevano -i polsi al punto da offuscargli la vista. Un servo -lo condusse dall'entrata all'anticamera, era un -vecchio cameriere in gran livrea gallonata, gli -si fece incontro con un profondo inchino, e -chiestogli il nome gli aperse l'uscio della stanza -vicina, annunziando: -</p> - -<p> -— L'illustrissimo signor Vittore Valdrigo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span> -</p> - -<p> -Vittore si avanzò lentamente, il cameriere -chiuse l'uscio. Un soavissimo profumo dominava -la tiepida atmosfera, debolmente rischiarata da -una luce rosea, trapelante attraverso pesanti -cortinaggi. Nel fondo della stanza, Silvia stava -seduta in un ampio seggiolone e leggeva. Il libro -le cadde dalle mani, mentre Valdrigo rispettoso -s'inchinava e con voce tremante balbettava -un complimento. Essa con un cenno -della mano lo invitava a sedere, quando aprendosi -una porta, entrò il conte Leoni. Silvia presentò -il pittore al marito, il quale fattosegli incontro -col tratto d'un gentiluomo avvezzo alle -maniere di Corte, animò la timida esitazione del -giovane colla più benevola accoglienza, e lo colmò -d'elogi e d'incoraggianti promesse. Dopo breve -conversazione lo condusse a visitare la galleria, -ove Valdrigo collocò il suo dipinto; e invitandolo -a pranzo per un altro giorno, lo accompagnò -fino alla porla della scala, ove prese congedo -con un cortese complimento. -</p> - -<p> -Il giorno del pranzo si trovò in un'ampia sala -in mezzo alla più scelta nobiltà, fra la quale -gli Orseolo, come lo avessero lasciato amichevolmente -<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span> -il giorno prima, lo trattarono con famigliare -cortesia, e Don Lio che adorava sempre -l'astro nascente, volle onorare il pittore riabilitato, -con un sonetto, nel quale chiamava Valdrigo -figlio di Minerva, e lo invitava a salire -sul Pegaso per recarsi in Elicona a visitare -Apollo e le Muse. Valdrigo lo ringraziava colle -labbra, ma col cuore lo mandava al diavolo -co' suoi sonetti granelleschi e mitologici. -</p> - -<p> -Ritornava spesso al palazzo colla speranza -d'incontrarsi solo con Silvia, ma la trovava -sempre circondata dalle visite o dai parenti; -fosse il caso o un progetto meditato, questo poi -era un mistero. -</p> - -<p> -Maddalena sapeva molte cose dallo stesso -Valdrigo ed altre ne indovinava, e fremeva. Ma -con quale diritto sarebbesi ella opposta alle visite -del pittore in casa Leoni?... Chiudeva dunque -in seno il dispetto e la gelosia e sperava -che la condizione elevata di Silvia l'avrebbe tenuta -sempre lontana dall'intimità del pittore, il -quale stanco delle vane aspirazioni e umiliato -dal disinganno, avrebbe finalmente aperti gli -occhi e trovato nella sua condizione una creatura -<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span> -degna di lui, ambiziosa del suo affetto, che -ad altro non aspirava che a renderlo felice e -beato coi trasporti dell'amore, colle gioje della -famiglia. -</p> - -<p> -Ma ben altre speranze alimentava l'amore di -Valdrigo, irritato dagli ostacoli superati, acceso -dalle nuove probabilità, fomentato dalle frequenti -visite, nelle quali i suoi occhi incontrandosi -con quelli di Silvia si scambiavano -delle ferite invano dissimulate da lei, sotto un -aspetto di affettata indifferenza. Per aumentare -le occasioni di vederla, Valdrigo s'era dato intieramente -alla vita della migliore società, e si -faceva presentare nelle case frequentate dalla -famiglia Leoni, e fra le altre ebbe la somma -fortuna di conoscere e di apprezzare la più distinta -riunione di quei tempi, la conversazione -d'Elisabetta Marini. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span></p> - -<h2>XXIX.</h2> -</div> - -<p> -Elisabetta Teotocchi-Marini, che fu poi Isabella -Albrizzi, donna di sangue e di bellezza -greca, veneziana d'indole e di spirito, accoglieva -a circolo in sua casa un'eletta società. Le sue -conversazioni di Venezia possono compararsi ai -celebrali ritrovi del famoso palazzo Rambouillet -di Parigi. Isabella Albrizzi ebbe molte rassomiglianze -colla illustre marchese, la quale, scrive -Tallement de Reaux<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a>, fu «bella, saggia e ragionevole.» -D'Isabella scrive Ippolito Pindemonte -«saggia, bella, amabil donna, di caldo -cuore e d'ingegno felice.» Un francese<a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a> asserisce -che la Marchesa fu «ammirabile, buona, -<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span> -dolce, benefica, cortese e aveva lo spirito giusto -e retto.» Un italiano<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a> assicura che Isabella -aveva «l'animo benefico, e che l'avvenenza -della sua persona andava di pari passo colla -coltura e colle grazie dello spirito.» -</p> - -<p> -Madama di Rambouillet, amava passionatamente -gli uomini di spirito<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a>; però nulla d'importante -lasciò scritto; l'Albrizzi circondata sempre -dagli uomini più dotti e più stimati della -sua epoca, si occupò di letteratura nazionale e -straniera, e pubblicò alcuni scritti d'immaginazione -e di critica assai stimati al suo tempo. -Lord Byron la proclamò la Staël di Venezia<a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a>. -Dobbiamo poi osservare per onore d'Italia, che -la famosa marchesa di Rambouillet, della cui -grazia e cortesia tanto scrissero i francesi, fu -di puro sangue italiano, essendo stato suo padre -Vivone Pisani, e sua madre una Savelli<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span> -</p> - -<p> -E quivi gioverà rilevare una cosa, fino ad -ora poco o nulla rimarcata, ed è che la tanto -celebrata pulitezza dei francesi, l'eleganza, la -cortesia delle loro maniere, che pure gode ancora -l'ammirazione del mondo, essi l'ebbero, -come molte altre cose, in retaggio dagli italiani, -e di questo ne conviene il celebre Vittore Cousin, -il quale dichiara che la pulitezza e la leggiadria -dei costumi furono apportate in Francia -da Caterina de' Medici<a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a>. -</p> - -<p> -Alle barbare guerre civili, alla licenza dei -costumi dei tempi di Enrico IV succedette in -Francia il gusto delle cose di spirito, dei piaceri -delicati e delle occupazioni eleganti. Il potente -Richelieu coltivò questo fiore rinascente delle -belle lettere e dei gentili costumi, e nel palazzo -Rambouillet, giunse al sommo splendore ed alla -massima fragranza. Nella splendida sala azzurra<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a> -si radunavano le persone più distinte per il bel -garbo, lo spirito e la coltura, e vi venivano accolti -con pari cortesia i principi e le principesse -di sangue reale, ed i modesti letterati. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span> -</p> - -<p> -A Venezia la conversazione d'Isabella si componeva -di quanto di più illustre potevano vantare -il patriziato, le scienze, le lettere, le arti -belle. La sua stanza di ricevimento era un Areopago, -nel quale sedevano a giudici e dettavano -leggi non solo quanti di più famosi vantava -l'Italia, ma l'Europa. -</p> - -<p> -La società del palazzo Rambouillet, giunta al -sommo della grazia, cadde nell'affettato e meritossi -la sferza di Molière che colpì senza pietà -le <i>Preziose ridicole</i>. Le conversazioni dell'Albrizzi -si mantennero senza degenerare fino alla -morte d'Isabella, e in mezzo agli stravizi d'una -vergognosa decadenza, furono come un'oasi di -sociale urbanità e di gentili costumi. Goldoni -non trovò argomenti che si prestassero al ridicolo -nelle elette adunanze di Venezia, e dovette -scendere fra il basso popolo per iscoprire le -<i>Donne curiose</i>. -</p> - -<p> -Sul finire del secolo scorso le conversazioni -della nobildonna Elisabetta Marini brillavano di -vivacissima luce. L'emigrazione francese accolta -cortesemente dall'ospitalità veneziana, vi univa -lo spirito di Parigi al brio garbato di Venezia. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span> -</p> - -<p> -Vispi e bizzarri caratteri forestieri, accanto di -garbati e dotti italiani formavano un circolo -originale, animatissimo. La saggia Isabella «tutta -amore e indulgenza per tutti»<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a>, colle maniere -cortesi e la geniale sua voce, dominava quegli -spiriti diversi, trovava per ciascuno una parola -gentile, frenava i troppo audaci con uno sguardo -pietoso, animava i timidi con una lode incoraggiante, -ed eccitava lo spirito di tutti con un -baleno degli occhi bruni e scintillanti. -</p> - -<p> -I celebri Maury e Lally Tollendal sfogavano -le loro collere contro la rivoluzione francese, -mentre un giovane visconte rovinato dalla confisca, -cercava di consolare le noje dell'esiglio -facendo la corte alle gentildonne di Venezia, -colla speranza che il prestigio delle sue sventure -politiche lo attirasse nella via delle buone -fortune galanti. Ma la sua ignoranza della lingua -italiana e dei costumi veneziani, lo rendeva un -personaggio ridicolo, e l'Isabella con prudenti -consigli lo compensava dei disinganni d'amore. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span> -</p> - -<p> -Crussol e Polignac consolavano colle loro promesse -di prossime vittorie la elegante marchesa -De Groslier, amica calunniata della regina Maria-Antonietta, -cantata da Voltaire, il quale conquiso -dallo spirito di lei, le offerse di appropriarsi -quell'oggetto della sua dimora di Ferney, che -meglio le piacesse, ed essa scelse e conservò la -penna dell'illustre filosofo. Era poetessa ammirata -in Francia e pittrice distinta, Canova la -chiamò il Raffaello dei fiori. Sedeva fra i suoi -compatriotti il marchese di Maisonfort, vero -tipo dell'emigrato francese, dice Valéry, per la -sua indolenza, per la leggerezza dei costumi, e -l'Isabella colla sua naturale benevolenza lo giudicava -«un francese di Luigi XIV, per la preziosa -gentilezza ed urbanità, per la vivezza e la -rapidità delle idee, dotto senza intolleranza, ingegnoso -senza artifizio, fornito di squisitissimo -gusto; pel cui animo affettuosissimo, era vera -morte l'indifferenza, vita l'amore»<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a>. Rimarchevole -fra gli originali era D'Hancarville «con -<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span> -parrucca in testa per forma e per colore bizzarra, -con tabarro rovescio indosso e tutto cadente -da un lato, con curva schiena e passo -frettoloso....»<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a> Ignorava il suo secolo, e viveva -nel passato che conosceva a meraviglia. -Prodigo ed affabile nella goduta opulenza, era -sobrio ed altero nella povertà. Antiquario, pubblicò -opere erudite; sibarita diede alla luce un -libro osceno. -</p> - -<p> -Il commendatore di Châteauneuf, costantemente -distratto da sembrare stupido, era invece -dotto e studioso. Avido di lodi, queste -non gli sembravano mai esagerate. Spingeva -la sua mania di declamare la tragedia fino a -rendersi ridicolo. Un giorno sorpreso a gesticolare -fra due porte, gli fu chiesto se si sentisse -male: — non è niente, rispose, mi agito -per ispirarmi. -</p> - -<p> -Il cavaliere Vivante-Denon, gentiluomo ordinario -di camera di Luigi XV e Luigi XVI, perseguitato -come aristocratico in Francia, emigrò -a Venezia ove venne perseguitato come -<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span> -giacobino<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a>. Diplomatico, artista, letterato «ameno e felice -parlatore sempre vero e naturale» l'Isabella -comparandolo a Voltaire al quale rassomigliava, -trovava comune ai due francesi «lo spirito, la vivacità, -il movimento e quel non so che di malizioso -nello sguardo che tanto si teme e che pur -tanto piace<a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a>.» -</p> - -<p> -Ma lasciando nell'ombra i meno illustri stranieri, -passiamo agli italiani. Fra i primi apparisce -la curiosa persona d'Ippolito Pindemonte. -Ora poeta «acceso d'estro Febeo» -ora macchina di regolari ed invariabili abitudini. -Viaggiatore e misantropo, platonicamente -innamorato della saggia Isabella. «Non mai -scompagnato da lieto e soavissimo sorriso, il -suo metodo di vita è così inalterabilmente -uniforme, che non si sa bene distinguere, dice -<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span> -l'Albrizzi<a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a>, s'egli siasi fatto schiavo del tempo, -o se abbia reso il tempo schiavo di sè.» Ascoltava -attentamente un discorso interessante, ma -sul più bello della narrazione, udendo scoccare -l'ora da lui preventivamente fissata alla partenza, -si levava ed usciva, abbandonando ad un tratto -il narratore, sbalordito ed offeso. La cortese -Isabella lo scusava dicendo: — «Egli va a -dipingersi»<a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a>, volendo dire che andava a scrivere -i suoi versi, dai quali traspariva chiaramente -la sua indole mite e indolente. Reduce -da lunghi viaggi in Italia, Francia, Inghilterra -e Germania, scrisse un lungo carme per burlarsi -dei viaggiatori, e persuadere la gente a -non uscire di casa propria. Egli ingenuamente -confessa che «il desiderio delle cose lontane, -il tedio delle vicine e la vaghezza di -raccontare un dì sul patrio fiume le meraviglie -viste, lo condusse fuori de' suoi colli e gli -fece varcare i monti nevosi. «Ahi! quale errore!...» -egli esclama, e faceva giuramento ai -<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span> -suoi colli romiti, alle brune foreste, alle argentee -fonti, di non più partire. Ardeva incendio -di guerra per tutto, l'Europa si destava dal -lungo torpore, i popoli gridavano all'armi! all'armi! -ed egli ritiravasi «nelle valli segrete, -nei taciti boschi, fra i suoi riposi e gli ozii -tranquilli, fra i buoni agricoltori e l'innocente -popolo degli augelletti e degli armenti, e in -compagnia delle celesti muse a vivere una vita -secura, erma, pensosa, e sparsa di pensieri melanconici»<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a>. -Però quando egli era in vena di -raccontare, rammentava le memorie delle sue -peregrinazioni, il silenzio dominava la sala, e -tutti pendevano dal suo labbro gentile. Essendo -vissuto a Parigi famigliare all'Alfieri, egli narrava -gli strani capricci e gli slanci intemperanti -del famoso Astigiano, e l'affabile bontà della sua -nobile amica Luisa Stolberg contessa d'Albany, -che gli raddolciva l'animo amareggiato e sapeva -farsi amare teneramente da quell'anima fiera. Il -<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span> -molle e verecondo Ippolito correggeva talvolta -gli scritti ardenti e robusti del tragico, il quale -poi presentava il suo censore ai conoscenti, dicendo: — «Ecco -la mia lavandaja»<a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a>. -</p> - -<p> -Ippolito raccontava motteggiando come lo -scrittore che tanto in prosa che in verso declamò -contro la tirannide, avesse poi fraintesa -la rivoluzione che si proponeva di abbatterla -proclamando i diritti dell'uomo. Quel movimento -che doveva rovesciare tanti troni e sconvolgere -l'Europa, Alfieri lo chiamava «una tragica farsa»<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a> -e si andava lamentando che «gli operai -della tipografia del Didot consumavano le intere -giornate a leggere gazzette e a far leggi, invece -di occuparsi a comporre, correggere e tirare le -dovute stampe delle sue tragedie»<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a>. Irritato -abbandonava gli studi e correva in Inghilterra -a comperare cavalli, e ne comperava quattordici, -perchè avendo scritto quattordici tragedie, calcolava -<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span> -d'aver guadagnato un cavallo per ciascheduna<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a>. -Ben inteso guadagnato moralmente, che -del resto pagava colle rendite delle sue terre i -cavalli e le stampe, perchè col ricavato dei suoi -lavori letterari non avrebbe potuto pagare un -asino, vogliasi pure vecchio, ombroso e restio. — L'Isabella -lo diceva «una divinità corrucciata, -nel cui cuore ogni passione diventa tempesta, -divenuto atrabiliare e furioso a colpa del secolo, -come uomo condannato a vivere fra le serpi e -le tigri»<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a>. -</p> - -<p> -Quando il discorso cadeva sugli illustri italiani -che vivevano a Parigi, il Denon si metteva -a parlare di Goldoni che aveva conosciuto -alla corte di Versaglia. Un altro originale!... che -avea paura del calore all'inverno e del freddo -all'estate<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a>, e che mettendosi a letto componeva -un dizionario del dialetto veneziano «per dormir -facilmente.» Del resto le principesse amavano -la bonarietà del loro maestro d'italiano, e -<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span> -dopo d'averlo retribuito largamente, gl'insegnavano -anche il francese per giunta. -</p> - -<p> -Goldoni le faceva leggere i classici italiani, -prosatori o poeti, egli balbettava una cattiva -traduzione, le principesse la correggevano con -grazia ed eleganza, e il maestro imparava più -che non poteva insegnare<a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a>. Quando dava la -sua lezione a madama Elisabetta, sorella del re, -Goldoni le faceva leggere le sue commedie. La -principessa, una dama d'onore e una dama di -compagnia, recitavano la parte delle donne, Goldoni -la parte degli uomini e ridevano di cuore<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a>. -</p> - -<p> -In quell'epoca il Delfino essendo costantemente -indisposto, questa disgrazia unita ai meriti -dell'autore delle trentadue disgrazie d'Arlecchino, -gli valse il favore d'essere alloggiato -nella reale dimora di Versaglia nella stanza dell'ostetrico, -i cui servizi diventavano inutili. -</p> - -<p> -Colà Goldoni compose una cantata italiana che -posta in musica venne eseguila dalle sue reali -scolare. La delfina suonava il clavicembalo, madama -<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span> -Adelaide accompagnava col violino, madamigella -Hardy cantava; Goldoni ricevette i complimenti -di tutta la corte, e quella sera il Delfino -cantò davanti al poeta italiano <i>Il pellegrino -al Sepolcro</i>. -</p> - -<p> -Qualche tempo dopo quella lieta serata il -delfino moriva a Fontainebleau, la delfina non -tardava a seguirlo nella tomba, il resto della -famiglia reale finì sul patibolo o vagò ramingando -per l'Europa!... — Il povero poeta italiano -morì negletto e lontano dall'Italia nella -quale non aveva trovato da vivere, malgrado le -cento cinquanta commedie colle quali si era -studiato di dipingere i costumi della patria, e -di rallegrare un pubblico ingrato. -</p> - -<p> -Le avventure di Goldoni mettevano il discorso -sul suo competitore Carlo Gozzi, dal quale si -passava naturalmente al fratello. Allora la voce -magistrale del procuratore di San Marco Andrea -Tron, prendeva la parola dicendo: — Gaspare -Gozzi e Carlo Goldoni ebbero qualche cosa di -comune in vecchiaja; entrambi furono consolati -da donne francesi, Goldoni da principesse, Gozzi -da una modista, la quale però più felice delle -<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span> -principesse non fu mai minacciata dal patibolo, -nè amareggiata dalla perdita violenta dei suoi -cari. -</p> - -<p> -Sara Cenet prodigò le sue cure al vecchio -Gaspare fino all'ora estrema, e lo pianse defunto, -ma le povere principesse separate dal -loro precettore, dalla morte o dall'esiglio, dovettero -abbandonarlo in balìa del destino, ed -egli forse udì tremando fra lo squallore di Parigi -le grida dei forsennati che trascinavano al -patibolo i suoi protettori. -</p> - -<p> -Andrea Tron rammentava le ultime lettere -indirizzate da Gaspare Gozzi alla nobildonna Caterina -sua moglie<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a>. -</p> - -<p> -L'illustre letterato si piaceva molto a Noventa, -ove alla bottega del ponte scontrava gli -eleganti di Venezia, ma in mezzo al fracasso -di tante grandezze ci voleva più d'un'ora per -ottenere un'acqua di limone, pregando in ginocchioni<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span> -</p> - -<p> -L'Eccellentissimo procuratore Morosini, lo -vedeva con molta cordialità, ed egli attirato -dal vocione dell'eccellentissimo Valaresso andava -a complimentarlo. -</p> - -<p> -La marchesina arrivava colla sua carrozza, -guidando ella stessa sei cavalli «come l'aurora»<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a>. -Al dopo pranzo c'era il giuoco di -pallone, alla sera conversazione in casa Vendramini»<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a>. -</p> - -<p> -Egli si compassionava di continuo, si confessava: -«Un barbero zoppo che tira coll'alzaia i -burchielli<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a>, una delle più celebri carogne della -terra»<a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a>. -</p> - -<p> -«Un povero vecchio magagnato»<a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a>. Però la -quiete e l'aria balsamica dei campi gli ristabiliva -la salute, e faceva le sue cavalcate «sopra -d'una rozza di quelle che tirano le barche»<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a>, -<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span> -un «suo coetaneo» come egli diceva, «un -contemporaneo al cavallo di Troia»<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a>. -</p> - -<p> -Ridotto «coi nervi di <i>lasagne</i> cotte»<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a>, -«avendo tutte le coscie come quelle di Giobbe»<a class="tag" id="tag49" href="#note49">[49]</a> -immagrito «come le mummie del deserto, -movendosi a stento, tirando appena il -fiato»<a class="tag" id="tag50" href="#note50">[50]</a> viveva ancora fra i libri, la sua mente -serena conservava tutto il vigore della gioventù, -e lo spirito vivace, arguto e faceto lo accompagnò -fino all'ultima ora. -</p> - -<p> -Ma un originale più bizzarro, era Carlo suo -fratello, l'avversario di Goldoni. Egli sosteneva -che la <i>Putta Onorata</i> del suo rivale, non era -nè onorata nè onorevole<a class="tag" id="tag51" href="#note51">[51]</a>, e incominciò a burlarsi -delle <i>Spose Persiane</i>, delle «bestiali <i>Ircane</i>, -dei sozzi <i>Eunuchi</i>, delle <i>Curcume</i> nefande» e -pubblicò un libretto burlesco sulle novità teatrali -<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span> -del giorno. Goldoni, in una composizione -stampata in omaggio del patrizio Veniero che -ritornava da Bergamo ove era stato Rettore, trattava -la satira di Gozzi da «rancidume, da ululato -da cane, da spaventacchio inetto e insoffribile.» -Così incominciò quella guerra accanita -sostenuta da Gozzi alla testa dei Granelleschi, -contro Goldoni e il suo teatro. La bottega -del librajo Paolo Colombani, ove si pubblicavano -gli atti della famosa Accademia, era il -centro delle operazioni bellicose, e colà si radunavano -i nemici di Goldoni accusandolo di -portare sulla scena le trivialità e le bassezze -popolari, e chiamandolo «logoratore di penne, -e diluvio d'inchiostro»<a class="tag" id="tag52" href="#note52">[52]</a>. I Goldoniani alla -lor volta dichiaravano i Granelleschi «maldicenti, -ed ingiusti.» -</p> - -<p> -Goldoni indicava il concorso popolare come -una prova del suo merito; Gozzi per confutarlo -promise di farsi applaudire con una commedia -tratta da una fiaba che le nonne raccontavano -ai loro nipotini. Scrisse e fece rappresentare: — <i>L'amore -<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span> -alle tre melarancie</i>, e la gente accorse -in folla ed applaudì. Incoraggiato dal successo, -Gozzi si diede tutto al Teatro, diventò -il compare del vecchio arlecchino Sacchi, e l'amico -di tutti gli attori, l'innamorato della prima -donna Teodora Ricci. Vissuto lunghi anni fra le -quinte del teatro, tutto ad un tratto gli vennero -a noja le scene, e chiusa la porta in faccia ai -comici, non volle più sentirne a parlare. Ma chi -non lo conosce a Venezia? soggiungeva Andrea -Tron. Grande della persona, se ne lamenta «pel -molto panno che occorre ne' suoi tabarri»<a class="tag" id="tag53" href="#note53">[53]</a>. -Colle ciglia aggrottate, il passo lento, cerca taciturno -i passeggi solitari<a class="tag" id="tag54" href="#note54">[54]</a>. Litigatore instancabile -al foro, e amante dei piaceri a buon mercato, -passa la mattina in mezzo dei legali, degli -avvocati, dei notaj, e poi va a merenda alla -Giudecca, a Campalto, alla Malcontenta, a Murano, -e nelle altre Isolette, con qualche amico -suo pari, spendendo trenta soldoni per testa. — Sarebbe -felice, se una strana idea non gli -<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span> -tormentesse il cervello. Egli ha fissato che un -fatale influsso di contrattempi preseguiti la sua -esistenza. Questa stravaganza è sovente avvalorata -dai fatti. Talvolta mentre egli cammina solitario -per Venezia lo prendono in iscambio per -un altro, e lo tormentano «con doglianze, ringraziamenti, -richieste, prestiti, querimonie»<a class="tag" id="tag55" href="#note55">[55]</a>, -egli giura, protesta che non è il tale e non gli -credono. Una sera egli passeggiava in Piazza -San Marco al chiarore della luna col patrizio -Francesco Gritti, si sente dare un pugno nella -schiena, e trattare da asino: lo avevano preso in -isbaglio<a class="tag" id="tag56" href="#note56">[56]</a>. -</p> - -<p> -Un'altra volta lo baciano ed abbracciano con -trasporto, ed egli non può svincolarsi da quelle -noiose dimostrazioni dovute ad un altro. Se esce -di casa senza ombrello, una pioggia dirotta lo -coglie, si ferma lunghe ore sotto un portico. Vedendo -che il diluvio non cessa, spinto dall'impazienza, -si sottomette al destino, e corre a casa -grondante d'acqua; appena aperto l'uscio e posto -<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span> -in salvo, cessa tosto la pioggia, si diradano -le nubi, e il sole che risplende nel cielo, sembra -sorridere al suo lungo fastidio<a class="tag" id="tag57" href="#note57">[57]</a>. -</p> - -<p> -Se vuole studiare, persone noiose lo interrompono; -quando incomincia a radersi la barba, -lo chiamano in fretta per urgenti negozii, ed è -costretto ad uscir di casa con la barba rasa per -metà<a class="tag" id="tag58" href="#note58">[58]</a>. Sovente sorpreso per istrada da una furiosa -necessità va cercando qualche solitaria -viottola per sgravarsi del molesto bisogno, ma -appena avvicinato all'angolo tanto desiderato, si -apre un uscio ed escono due signore, passa in -fretta in un altro cantuccio, s'apre un'altra -porta, escono altre signore, egli corre invano -qua e là e trova sempre contrattempi ed intoppi<a class="tag" id="tag59" href="#note59">[59]</a>. -Ma queste piccole disgrazie non sono -che fastidiosi moscherini, egli dice; il cattivo -influsso lo tormenta in cose maggiori. Una volta -fra le altre, mentre egli trovavasi in villa nel -novembre inoltrato, il patrizio Gasparo Bragadino -<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span> -volendo festeggiare suo fratello creato Patriarca -di Venezia, e trovandosi ristretto di fabbricato, -ebbe l'idea di gettare un ponticello dalla sua -casa in quella del Gozzi che gli dimorava dirimpetto, -e diede una splendida festa da ballo in -casa del letterato assente, il quale giungendo -dalla campagna stanco e mezzo morto dal freddo -e dal sonno, trovò questa bella sorpresa, e dopo -di aver ascoltate le riverenti scuse del vicino -indiscreto, è costretto di andarsi a coricare alla -locanda, e di passarvi tre giorni!<a class="tag" id="tag60" href="#note60">[60]</a> -</p> - -<p> -I Veneziani ridevano de' suoi giusti lamenti, -e trovandolo per via, collo sguardo bieco e sospettoso, -se lo mostravano a dito, e questo era -l'ultimo contrattempo che affliggeva quell'uomo -dabbene. -</p> - -<p> -Ai viaggi del Pindemonte, alle relazioni del -Denon, ai racconti del procuratore Tron succedevano -nelle conversazioni d'Isabella vivacissimi -discorsi del Dottore Francesco Aglietti, acutissimo -ingegno, medico, giornalista, bibliofilo, -operosissimo, che esercitando la medicina con -<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span> -una numerosa clientela, trovava ancora il tempo -di pubblicare due fogli periodici — <i>Il giornale -per servire alla storia della medicina</i>, e le <i>Memorie -per servire alla storia letteraria e civile.</i> — L'Isabella -diceva «che la maschia giovialità -del suo spirito, le sue universali cognizioni, la -sua facondia, fan sì che il suo conversare venga -sempre condito da preziosa amenità, egli favellava -dottamente di mille e mille cose diverse, -e portava indosso tanti libri, quante aveva saccoccie -nei vestiti: — e la sua bella, vegeta e -robusta sanità, era quasi insegna d'uomo che di -ricca merce abbondando, ad altri magnanimo la -dispensa»<a class="tag" id="tag61" href="#note61">[61]</a>. -</p> - -<p> -Accanto dell'erudito parlatore, sedeva sovente -un «genio timido» come lo giudicava Isabella, -«un preticciuolo in abito schietto e disadorno, -freddo, taciturno, imbarazzato di sè e degli altri.» -</p> - -<p> -Ma eccitato a parlare «saltava fuori con uno -spirito vivo, focoso, rapidissimo, il <i>dolce far -niente</i> gli stava sempre sulle labbra, pure l'immaginazione -sua, e la sua penna non avevano -<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span> -posa. Il suo idolo era il bello morale; capo e -centro de' suoi affetti l'amore. Applausi, titoli, -onori letterari erano per lui noje, imbarazzi e -torture; amare ed essere amato, ecco l'unica -ambizione di quel cuore soavissimo»<a class="tag" id="tag62" href="#note62">[62]</a>. Avendo -pubblicata una traduzione d'Omero, qualche -tempo dopo giunse da Roma un figurino che -rappresentava la testa dell'antico poeta greco, -sopra un corpo vestito alla foggia francese, con -sotto l'iscrizione <i>Omero Tradotto</i><a class="tag" id="tag63" href="#note63">[63]</a>. -</p> - -<p> -I nostri lettori hanno riconosciuto l'abate -professore Melchiorre Cesarotti, il quale un -giorno presentò alla cortese Isabella un suo scolare, -autore d'una tragedia inedita, ma giovane -di grandi speranze. -</p> - -<p> -Essa disse di lui che pareva «un rozzo selvaggio -fra i filosofi d'allora, di fervido e rapido -ingegno, nudrito di sublimi e forti idee, adoratore -delle cose patrie, disprezzatore delle straniere -oltre il giusto»<a class="tag" id="tag64" href="#note64">[64]</a>. Il suo nome ancora -<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span> -sconosciuto era Ugo Foscolo, e così egli dipingeva -sè stesso: «Di volto non bello ma stravagante -e d'un'aria libera; di crini non biondi -ma rossi; di naso aquilino, ma non piccolo e -non grande; d'occhi mediocri, ma vivi; di fronte -ampia, di ciglia bionde e grosse, e di mento ritondo. -La mia statura non è alta, ma mi si dice che -deggio crescere; tutte le mie membra sono ben -formate dalla natura, e tutte hanno del rotondo e -del grosso. Il portamento non scopre nobiltà, nè -letteratura, ma è agitato trascuratamente<a class="tag" id="tag65" href="#note65">[65]</a>.» -</p> - -<p> -All'età di sedici anni Foscolo parlava già -«dei suoi giorni perseguitaii ed afflitti<a class="tag" id="tag66" href="#note66">[66]</a>;» a -diciott'anni scriveva ad un amico: «le sventure -<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span> -mi oppressero, le immagini di piacere si dileguarono, -e vanno languendo persin le speranze;» -era nato per la solitudine, pativa il male di melanconia<a class="tag" id="tag67" href="#note67">[67]</a>, -leggeva l'<i>Ossian</i>, la <i>Nina pazza per -amore</i>, e piangeva, si dichiarava «infelice, abbandonato, -compagno delle sciagure, e menava gli -egri giorni fra la solitudine e il pianto<a class="tag" id="tag68" href="#note68">[68]</a>. Il -giovane Ugo amava teneramente il Cesarotti, e -andava a trovarlo per rompere le sue «cupe -meditazioni»<a class="tag" id="tag69" href="#note69">[69]</a>, e parlando di questo suo maestro -scriveva: «la luce di quest'angelo è tutelare -e vivificante, la presenza di questo uomo -è consolatrice e soave»<a class="tag" id="tag70" href="#note70">[70]</a>. Piacque alla saggia -Isabella lo strano giovinetto, e conosciuta la sua -indole, gli diede un consiglio opportuno, ch'egli -ebbe a rammentare più tardi — «volere -fortemente e chiedere dolcemente»<a class="tag" id="tag71" href="#note71">[71]</a>. — Le -<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span> -donne sublimi, hanno dei detti memorabili per -le persone alle quali prendono interesse. Felici -coloro che incontrandole nel cammino della -vita, sanno meritare la loro amicizia. -</p> - -<p> -Frequentava le conversazioni di casa Marini -il grave e dotto abate Morelli, eletto dai Veneti -Senatori a custode della Ducale Biblioteca di -San Marco; il quale «senza essere mai uscito -di Venezia, conosceva le grandi biblioteche di -tutto il mondo, i più preziosi musei dell'antichità, -i più doviziosi gabinetti di medaglie, le -più insigni gallerie di pittura, e ne parlava con -profonda dottrina»<a class="tag" id="tag72" href="#note72">[72]</a>. Era fra i più assidui Aurelio -De Giorgi Bertola, poeta di tempra molle, -amabile, ma volubile in amore: «si direbbe, -scriveva l'Isabella, che la natura volle fare -di lui un uomo perfetto, ma si pentì a mezzo -lavoro»<a class="tag" id="tag73" href="#note73">[73]</a>. -</p> - -<p> -Fracesco Franceshinis seduto in un cantuccio -ascoltava tutti, ed evitava di prender parte al -discorso; d'ingegno finissimo, di coltura somma, -<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span> -capace di molte cose, non fece mai nulla, aspirando -sempre ad una perfezione impossibile<a class="tag" id="tag74" href="#note74">[74]</a>. -</p> - -<p> -Lauro Quirini, gentiluomo di maniere aperte -e cordiali, prendeva parte alle discussioni più -animate, per consigliare l'indulgenza. Di carattere -gioviale «trovava sempre qualche bene nel -male, e niun male nel bene.» Amava tutti i -piaceri facili con moderazione discreta e sempre -eguale; metteva le donne, il teatro, la tavola -sullo stesso rango, nè sospettava punto di far -cosa inconveniente<a class="tag" id="tag75" href="#note75">[75]</a>. Il cavaliere Zulian, uno -dei primi sostenitori di Canova, parlava con ammirazione -del suo protetto, e l'Isabella, esaltando -i meriti e le virtù dell'esimio scultore lo proclamava -«sommo artista, eccellente cittadino, -eccellente figlio, eccellente fratello, eccellentissimo -amico» e riteneva che non avrebbe potuto -esprimere nelle sue statue così mirabilmente -tante morali virtù, se non le avesse avute tutte -nell'animo<a class="tag" id="tag76" href="#note76">[76]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span> -</p> - -<p> -Le dame che frequentavano la conversazione -erano fra le più distinte di Venezia, amabili, -vezzose, vivacissime. Che se la coltura e il brio -d'Isabella attirava di preferenza in sua casa i -più illustri letterati, molte altre gentildonne -presiedevano pure a geniali ritrovi nei loro splendidi -palazzi, e spiegavano tutte le grazie del -loro sesso, e lo spirito particolare delle veneziane, -ammirate non solo dai propri concittadini, -ma bensì dai più cospicui forestieri, dai principi -e dai sovrani che visitavano la gemma dell'Adriatico. -</p> - -<p> -La procuratessa Tron, quando l'imperatore -Giuseppe II visitò Venezia cogli arciduchi suoi -fratelli, Massimiliano, Ferdinando e il Granduca -di Toscana, invitò questi principi ad un ballo -improvvisato in ventiquattr'ore, al quale intervennero -circa duecento gentildonne. -</p> - -<p> -Il fascino della bellezza gareggiava in alcune -col prestigio dello spirito a tal punto che l'Imperatore -rimase cinque ore in piedi davanti a -Contarina Barbarigo, assorto in una gara di galanti -e geniali discorsi. -</p> - -<p> -Cornelia Barbaro-Gritti, poetessa, e madre di -<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span> -brioso poeta, riceveva in casa i più illustri ingegni -del suo tempo, fra i quali vantava amici -Algarotti, Frugoni, Metastasio e Goldoni. E pure -di uomini preclari si circondava la bella e briosa -gentildonna Giustina Michiel-Renier, di onoranda -memoria pel caldo amore portato alla cara sua -patria da lei nobilmente illustrata col racconto -delle sue feste, dei suoi costumi e delle sue -glorie. Nè si può lasciare in obblìo la vezzosa -contessa Benzoni, il modello che servì ad Antonio -Lamberti per dipingere la <i>Biondina in gondoletta</i>, -nella famosa canzone. Dotata del più -fino e piccante spirito veneziano, meritò l'amicizia -e gli omaggi di Lord Byron, al quale faceva -udire sovente aspre verità col gentile dialetto, -che in sua bocca acquistava una grazia -incantevole. -</p> - -<p> -Tanta luce di spirito e d'urbanità spandeva i -suoi raggi nelle vicine provincie che vantarono -donne colte e cortesi, fra le quali resteranno -nelle memorie contemporanee, i nomi della -contessa Elisabetta Spineda di Treviso, e di -Francesca Capodilista di Padova, e Verona ricorderà -sempre con giusto orgoglio le riunioni di -<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span> -Silvia Verza, e dell'imcomparabile Anna Serego -Alighieri. Le conversazioni di quei tempi agevolavano -i sociali rapporti, erano decoro alla città, -esempio ai giovani di modi garbati, di colti ed -onorevoli costumi. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span></p> - -<h2>XXX.</h2> -</div> - -<p> -L'irresistibile attrattiva di tanti nomi illustri, -e di tanti bizzarri caratteri, ci trattenne forse -soverchiamente nella conversazione della gentildonna -Marin, ove Valdrigo ebbe campo di conoscere -gli uomini più celebri del suo tempo; ma -ciò ch'egli ricercava di preferenza in quelle -scelte e numerose riunioni, erano gli occhi di -Silvia, le stelle del suo firmamento, le luci che -illuminavano la sua vita. -</p> - -<p> -Ai suoi sguardi concentrati in un punto solo -sfuggivano le curiosità della sala. Egli non osservava -la puntualità minuziosa di Pindemonte, -nè la flemma di Cesarotti, nè la parrucca d'Hancarville -che eccitava l'ilarità degli astanti; nè -poteva apprezzare le grazie d'Isabella, nè i tratti -di spirito che volavano per l'aria come fuochi -<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span> -d'artificio. L'innamorato non vede al mondo che -una donna. -</p> - -<p> -Silvia, accortasi più volte dell'assiduità di Valdrigo, -incominciava a temere che l'imprudenza -del giovane potesse comprometterla agli occhi -del mondo, e aspettava un'occasione favorevole -per consigliarlo a vegliare sopra sè stesso e a -non dimenticarsi ch'ella era la moglie del conte -Leoni. Ma o l'occasione le mancava, o giunto il -momento propizio le veniva meno il coraggio e -si taceva. D'altra parte Valdrigo aspirava ardentemente -a un lungo abboccamento, e sentiva un -bisogno irresistibile di dare sfogo ai sentimenti -repressi del suo animo, ma quando per qualche -istante giungeva a sedersele vicino gli mancavano -le parole e rimaneva muto. Però le cose -erano giunte a un tal punto, che una spiegazione -era diventata necessaria. Ad un torrente -ingrossato bisogna opporre in tempo degli argini -affinchè non abbia a traboccare con danno irreparabile, -rompendo i troppo tardi ripari. È vero -che gli occhi avevano parlato e le anime compreso, -ma quel linguaggio misterioso è talora -uno slancio irrefrenato, una promessa vaga e indeterminata, -<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span> -un'imprudenza lontana dal pericolo -che poi la ragione condanna ed il labbro sconfessa. -Bisognava dunque spiegarsi, ma era evidente -che le spiegazioni non sarebbero nè brevi -nè calme. Silvia amava Vittore, ma non voleva -convenirne, conosceva di essersi tradita e voleva -protestare, negando colle parole l'espressione -degli occhi; Vittore aveva espresso il suo affetto -coll'intensità degli sguardi, e voleva ad ogni -costo confermare colla voce i sentimenti del -cuore. Dunque entrambi erano decisi di metter -fine all'ansietà che li opprimeva, e mentre Vittore -meditava il modo di chiedere un colloquio, -Silvia lo aspettava, ben decisa di accordarlo. — Ci -sarà una lotta, diceva Silvia fra sè, ma avrò -il coraggio e la forza di combattere e vincere. — Ci -sarà una lotta, pensava Valdrigo, ma essa -mi ama e il trionfo è sicuro! -</p> - -<p> -La difficoltà stava nel trovare il tempo necessario -e il luogo opportuno, perchè il palazzo -Leoni era costantemente frequentato dalle visite -e il conte andava e veniva per la casa a tutte -le ore coi suoi amici di Venezia, e con gli ospiti -illustri che gli arrivavano di continuo dalle più -cospicue città dell'Europa. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span> -</p> - -<p> -Il carnevale venne a proposito a facilitare il -desiderato abboccamento. Il carnevale di Venezia!... -cioè il turbinio confuso delle passioni e -dei piaceri della vita, che col mistero della maschera -agevola ogni incontro, protegge ogni -abuso, copre ogni disordine, che sotto un volto -impassibile di tela cerata asconde i rossori della -modestia e rende gli occhi più vivaci e la parola -più ardita, che colla certezza dell'incognito -rispettato, autorizza le espressioni più audaci, -infonde ai timidi il coraggio, ai pusilli lo spirito, -e involge di arcano prestigio le confidenze susurrate -all'orecchio! Il carnevale di Venezia erigeva -in diritto la licenza dei costumi, col delirio -della pazzia autorizzava tutte le ebbrezze, scioglieva -ogni legame di famiglia, esponeva i sensi -a tutte le provocazioni del linguaggio, e spingeva -l'innocenza e la virtù sul margine di tutti -gli abissi. Il carnevale di Venezia gettava il popolo -fra i tripudii, e trascinava la gioventù ai -baccanali, mentre le armate tedesche e francesi -si contendevano il suolo d'Italia, e decidevano -dei nostri destini. -</p> - -<p> -Valdrigo ottenne finalmente da Silvia un appuntamento -<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span> -ad una festa da ballo mascherata -nelle sale del Ridotto. Gli accordi erano i seguenti: -Vittore sarebbe in tabarro e bauta con -un nastro azzurro scendente dalla spalla sinistra. -Silvia e la sua cameriera sarebbero mascherate -in veste e zendado, con una rosa sul crine, a -diritta. Il conte Leoni le accompagnerebbe da -lontano, senza maschera, ma certo si sarebbe -seduto a qualche tavoliere di giuoco, e allora -uniti insieme, uscendo dal ridotto, sarebbero -andati a passare un'ora nel casino che il conte -teneva presso a San Gallo; Silvia ne avrebbe -chiesta la chiave per avere un rifugio ove riposarsi -in caso di bisogno. -</p> - -<p> -Era costumanza di quei tempi che molte famiglie -ricche oltre al palazzo tenevano anche -un piccolo ma elegante casino in vicinanza della -piazza, e colà andavano a riposarsi dal passeggio -o invitavano a cena gli amici dopo il teatro, -senza cerimonie e in piena libertà. Naturalmente -alcuni mariti se ne servivano per dei ritrovi -misteriosi, senza l'impiccio della moglie, e alcune -mogli facevano altrettanto senza l'incomodo -dei mariti. In apparenza quei casini erano una -<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span> -stazione centrale per gli affari o i comodi della -vita, e in realtà una succursale della casa per -ogni uso segreto, per ogni stravizzo. -</p> - -<p> -Il conte Leoni possedeva uno di quei fantastici -ricoveri nel quale egli aveva prodigato -tutto il lusso delle arti. Pendevano appesi alle -pareti dei preziosi dipinti di Canaletto, dei quadretti -di soggetti veneziani del Longhi, ed alcuni -bei pastelli di Rosalba Carriera. Gli stucchi -del Vittoria si raggiravano capricciosamente intorno -a dei graziosi medaglioni entro ai quali -erano dipinte delle scene amorose di ninfe ritrose -e di pastori procaci. Le pareti ed il soffitto -d'un gabinetto erano ricoperti da splendidissimi -specchi, ed un caminetto di marmo -bianco collocato dirimpetto a un molle divano -sosteneva dei candelabri di bronzo dorato. Il salotto -per pranzare era mobigliato con delle poltroncine -antiche d'intaglio, coperte di damasco, e -degli scaffali d'egual lavoro, contenenti delle stoviglie -di Faenza e dei vetri di Murano, e dal soffitto -pendeva una magnifica lumiera di cristallo. -Dei morbidi tappeti coprivano i pavimenti, e pesanti -e doppii cortinaggi scendevano sulle finestre. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span> -</p> - -<p> -Valdrigo aspettava la sera dell'appuntamento -come il giorno più solenne della sua vita, nè -poteva pensarci senza che un brivido gli percorresse -il corpo dalla estremità dei capelli alla -punta dei piedi. -</p> - -<p> -Una mattina, chiamata Maddalena in disparte, -la pregò di volergli trovare a nolo un vestito -nuovo da maschera, tabarro e bauta, e di fargli -l'acquisto d'un bel nastro azzurro di seta da -collocarsi sulla spalla sinistra, e tutto questo -per il prossimo ballo al Ridotto. -</p> - -<p> -Maddalena non poteva rifiutarsi a servirlo, e -quantunque la commissione le pungesse, dissimulò -le interne agitazioni, e finse di prestarsi -di buon animo, ma il nastro azzurro le trottava -per la testa, perchè comprendeva in aria che -esso significava un segnale. E andava fra sè fantasticando -quali intrighi potessero preoccupare -il pittore già tanto distratto dalla gloria, dai -zecchini ricavati dal quadro, e dalla vita mondana -nella quale s'era slanciato col solito entusiasmo. -Nuovi amorazzi!... essa pensava, sarà già -stanco della gentildonna Leoni, e ingolfato in -qualche nuova avventura perde il tempo nell'ozio, -<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span> -e impiega il suo talento nelle imprese galanti!... -e sospirava. Al giorno si sedeva a lavorare -alla finestra che guardava la laguna, e -mentre le dita conducevano l'ago a rammendare -pannilini, il suo pensiero vagava in traccia -di tormenti pel cuore, e qualche lagrima le cadeva -sulla mano. Le acque tranquille e il cielo -sereno le rammentavano i bei tempi delle gite -sul mare, la partenza per Saltore, l'entusiasmo -del lavoro dopo la visita di Canova, i giorni -della speranza e della pace. Ora tutto era mutato, -il giovine pescatore che amava le fatiche -del mare, il pittore che passava i giorni coi -pennelli alla mano, era diventato un cicisbeo -perduto fra i ritrovi dispendiosi e le donne galanti!... -Ai giorni pensierosi e melanconici succedevano -le notti insonni e irrequiete, e l'accesa -fantasia le dipingeva allo spirito mille fantasmi -tormentosi, e le immagini di fortunate rivali -laceravano il suo cuore e accendevano la sua -gelosia. -</p> - -<p> -Le disposizioni sul ballo del Ridotto fomentarono -le pene segrete, e vogliosa di vedere -coi suoi occhi il nuovo oggetto che occupava -<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span> -Valdrigo decise di unirsi ad una amica, e di -assistere mascherata a quel ballo. Le fu facile -il trovare la compagna colla quale si apparecchiò -di nascosto. -</p> - -<p> -Una semplice veste, una gonnellina fiorita -cinta ai fianchi e rovesciata sul capo secondo -il costume delle donne di Chioggia, fornirono -gli abiti da maschera alle due fanciulle del popolo. -Fissarono che appena uscito Valdrigo si -sarebbero vestite, e il segnale del nastro azzurro -avrebbe servito a scoprirlo nelle sale del ballo. -Venne finalmente la sera desiderata; Valdrigo -uscì mascherato, e poco dopo Maddalena e la -sua compagna attraversavano Venezia per spiare -la sua condotta e scoprir le sue tresche. La -folla entrava a fiotti nelle sale del Ridotto, riboccanti -di maschere. -</p> - -<p> -I doppieri delle pareti e le lumiere appese -ai soffitti gettavano una luce rossastra sul turbinìo -della calca variopinta e strillante. Era un -andirivieni tumultuoso, un agitarsi di piume, e -di sonagli, un fruscìo di vesti di seta e di velluto -gallonate d'oro e d'argento, un urto di -guardifanti schiacciati nella pressa, uno scialacquo -<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span> -di pizzi e di fiori, uno sdruccio di ricchi costumi, -che strappati dai movimenti disordinati, -coprivano il suolo di frammenti. Il gridìo confuso -delle maschere, era dominato dal frastuono dell'orchestra, -e un'afa soffocante toglieva il respiro. -</p> - -<p> -A chi ama l'aure pure del mattino, sotto un -cielo sereno, e le voci della natura, le ebbrezze -dei baccanali notturni entro alle chiuse sale -sembrano aberrazioni della follia, o frenesie di -anime dannate. Ma l'onda delle passioni getta -l'umanità nei tumulti della vita, ove molti cercano -la lotta, alcuni l'oblìo, pochi trovano il -diletto, nessuno la felicità. -</p> - -<p> -Le anime frivole seguono l'andazzo, come le -piume travolte dai raggiri del vento, e trasportate -nel vortice si agitano per l'impulso ricevuto. -Poche menti sane chieggono alla ragione -i consigli della vita, e cercano la felicità nelle -tranquille soddisfazioni del cuore, e nell'adempimento -dei propri doveri. L'umanità è un mare -in continua burrasca, e le sue onde non trovano -la calma, che in qualche seno riparato dagli uragani, -in qualche angolo nascosto agli sguardi -volgari. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span> -</p> - -<p> -Le appariscenze d'un ballo mascherato, ascondono -le piaghe sociali sotto ai volti di cera e i -bizzarri abbigliamenti. Tutte le passioni disordinate -prestano il loro concorso a quello spettacolo -dell'umana intemperanza, e la Maddalena -che andava in traccia di Valdrigo, non aveva -certo nel cuore i fremiti della gioja, ma sibbene -tutte le amarezze della gelosia. Invano ella -cercava nella folla la maschera avidamente desiderata, -ed alla sua anima tormentata dall'inquietudine, -si aggiungeva la nausea provocata -dai riboboli degli arlecchini, e dalle facezie grossolane -dei pagliacci e dei pantaloni. -</p> - -<p> -Finalmente dopo lunghi e faticosi raggiri per -le stanze che circondavano la sala, vide da lontano -una bauta con un nastro azzurro sulla -spalla sinistra e un sussulto del cuore l'avvertì, -che quella maschera ascondeva Valdrigo. -</p> - -<p> -Si fece largo da quella parte, e dopo qualche -lotta coi gomiti, assistita dalla compagna che -s'interessava vivamente alla sua curiosità, lo raggiunse -di fianco, e lo seguì. La folla calcava talmente -le persone che Maddalena si trovò spinta -alle spalle di Vittore, con immediato contatto. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span> -</p> - -<p> -Egli si teneva in mezzo a due graziose mascherette -in veste di seta nera e zendado con -una rosa sul capo, ma indirizzava il discorso ad -una sola, e le diceva: -</p> - -<p> -— Se possiamo arrivare alla scala, sarebbe -meglio uscire addirittura da questa babilonia. -</p> - -<p> -— No, rispondeva la mascheretta, è troppo -presto, vediamo piuttosto di penetrare nella -stanza del giuoco.... -</p> - -<p> -E andavano passo passo camminando dietro -agli altri fra le spinte degl'indiscreti, e le grida -acute dei mascheroni, con Maddalena e la compagna -dappresso, le quali studiavano ogni mossa, -ed ascoltavano ogni parola. Valdrigo non si permetteva -veruna intimità colla sua mascheretta, -le parlava anzi con rispetto, e la difendeva dagli -urli dei vicini con ogni delicata attenzione. -</p> - -<p> -Attraversate tre stanze in linea retta, nella -quarta presero una porta a sinistra, ed entrarono -in un locale ove intorno a dei tavolini coperti -di monete d'oro e d'argento, si tenevano -i giocatori di faraone e bassetta. -</p> - -<p> -La folla diradata lasciava libero il respiro, il -rumore cessava, e s'udiva solo il suono del denaro -<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span> -deposto e raccolto. I giocatori parevano di -marmo, cogli occhi intenti sulle carte, collo -sguardo animato dalla speranza, o abbattuto dal -disinganno. Alcuni grandi personaggi giocavano -freddamente, e guadagnavano o perdevano colla -stessa indifferenza, e fra questi stava seduto il -conte Leoni. Le mascherette condotte da Valdrigo -gli passarono da vicino colla massima indifferenza, -e attraversata la stanza entrarono sul -pianerottolo in capo alla scala. -</p> - -<p> -— Dunque usciamo, diceva Valdrigo, con una -voce supplichevole.... -</p> - -<p> -La mascheretta pareva esitante, soggiungeva: -«aspettiamo ancora.... più tardi....» -</p> - -<p> -Ma questi rifiuti sembravano agitarlo, e con -voce alterata egli ripeteva: -</p> - -<p> -— Ve ne prego, Silvia, non mi rifiutate il -favore di parlarvi senza testimoni, non vi chieggo -che qualche istante; sono lunghi anni che tengo -chiuso nel seno un segreto che mi soffoca, permettete -che vi dica una parola.... e poi basta!... -</p> - -<p> -— Andiamo!... disse la maschera con una risoluzione -istantanea, e scendendo rapidamente -le scale scomparvero. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span> -</p> - -<p> -Maddalena voleva seguirli, ma le mancarono -le forze, essa aveva tutto compreso. Quella maschera -era Silvia Leoni, quell'amore di tanti -anni era ancora una passione segreta. Valdrigo -non s'era mai trovato solo con Silvia, quali -ostacoli avessero potuto impedire una dichiarazione -d'amore, in tante visite fatte dal pittore -al palazzo Leoni, questo era un mistero per Maddalena, -ma le parole di Valdrigo non ammettevano -un dubbio. — Fosse virtù di donna onesta, -o mancanza d'occasione propizia, o timore -di vendette terribili, il fatto stava che Valdrigo -non aveva ancora aperto il suo cuore. Tante rivelazioni -in un minuto avevano stravolte l'idee -della povera innamorata, avevano colpito il suo -cervello con una sorpresa istantanea, avevano -animati i suoi sensi con una arcana speranza, -quando ad un tratto, quella rapida decisione -di Silvia l'aveva nuovamente colpita sul vivo. -La lunga aspettativa aveva raggiunto il suo termine, -la donna cedeva alle preghiere d'una intervista -segreta, la sicurezza del marito lontano -accresceva il pericolo, la passione svelata avrebbe -sormontato ogni ostacolo, la notte avrebbe protetto -<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span> -ogni oblìo. Le memorie della prima giovinezza, -il fuoco rinchiuso, la costante resistenza, -tutto rendeva quella passione violenta e irresistibile, -e una volta consumato il sacrifizio, Silvia -non era donna da capriccio, ma da tenace -fermezza... Valdrigo era perduto per sempre!... -</p> - -<p> -Tutte queste idee attraversarono rapidamente -il suo spirito, le paralizzarono le forze, la resero -immobile e stupida. Il fuoco della gelosia venne -a risvegliare la sua mente, allora volle inseguirli, -arrestarli par via, smascherarli, e scese precipitosamente -le scale si trascinò dietro la compagna -che invano si studiava di calmarla, coi consigli -della ragione e della amicizia. Maddalena -non udiva le sue parole, e non ascoltava che -gl'impeti d'una passione esaltata. Giunte sulla -via, le maschere che andavano e venivano dal -Ridotto impedivano il passo, i venditori di melarancie -confondevano la loro voce strillante -coi fischi dei birichini, colle risa dei gondolieri, -col variato gorgheggiare dei venditori ambulanti -che accrescevano la confusione e il rumore -della strada. -</p> - -<p> -Uscite da quel miscuglio di gente si trovarono -<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span> -in una calle più tranquilla, ove poterono -levarsi la maschera, asciugarsi il sudore del -volto, e riprendere un po' di lena, l'aria fresca -e salina che spirava dalla laguna rinnovava il -respiro. Maddalena irrequieta non voleva fermarsi, -e pretendeva inseguire i fuggitivi, ma la -compagna la calmava, mostrandole le strade deserte, -le traccie perdute, il rispetto prescritto -verso le maschere, il nessun diritto di agire, -l'insulto ad una donna dell'alta nobiltà, e finalmente -la collera di Valdrigo, il suo odio e la -sicura vendetta. Ma essa ascoltava ogni consiglio -come trasognata, e piuttosto di dar retta -all'amica, pareva che pensasse ai mezzi per -mandare ad effetto il suo funesto pensiero. -</p> - -<p> -Veduta l'impossibilità d'inseguirli, si rimise -la maschera e volle ritornare al Ridotto. La -compagna che la teneva per braccio sentiva un -tremito in tutti i muscoli della povera fanciulla, -sorda ad ogni preghiera, e dovette seguirla macchinalmente, -sperando che le distrazioni del -ballo avrebbero calmati i suoi sensi. -</p> - -<p> -Risalite le scale, e penetrata nuovamente nella -stanza del giuoco, essa andava vagando trascinata -<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span> -dalla passione e guidata da un pensiero -che dominava il suo spirito. Pareva che cercasse -taluno nella folla, finalmente svincolandosi -dall'amica, si avanzò verso un tavoliere di giuoco, -e avvicinandosi al conte Leoni che teneva le -carte fra le mani gli disse all'orecchio: -</p> - -<p> -— Conte, vostra moglie è uscita or ora dal -ballo, appoggiata al braccio d'un uomo mascherato... -</p> - -<p> -Il giuocatore rivolgendo rapidamente la testa, -squadrò la maschera per bene, e con volto serio -rispose: -</p> - -<p> -— E che importa a voi questo?... -</p> - -<p> -— A me niente... conte... ma a voi deve -importare moltissimo!... -</p> - -<p> -— E se questa maschera fosse suo fratello, -che avreste da dire?... -</p> - -<p> -— Se non conoscessi chi si asconde sotto la -maschera, non sarei venuta ad incomodarvi, ma -ho creduto rendervi un servigio... -</p> - -<p> -— Sette a due zecchini... diceva il conte attento -al giuoco... e perdeva. Fante a sei zecchini... -e perdeva. Paroli, e perdeva il doppio. -Allora muto e freddo in apparenza, ma dentro -<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span> -iracondo e ostinato, ripeteva asso a tre zecchini... -</p> - -<p> -— Ci va del vostro onore, gli sussurrava -Maddalena all'orecchio, ed egli: -</p> - -<p> -— Asso, quattro zecchini... -</p> - -<p> -— Conte, una amica della vostra casa voleva -salvarvi l'onore, scusate l'incomodo... addio... -</p> - -<p> -— Aspettate un momento, rispondeva irritato -il conte, afferrando con una mano convulsa le -vesti di Maddalena, e gridando... dieci zecchini -sull'asso di spade!... -</p> - -<p> -— Buona fortuna, signore!... e lasciatemi -andare... Ripeteva la maschera. -</p> - -<p> -— Vi chieggo un momento per cortesia... il -due di bastoni a quattro zecchini... aspettate -ancora un giro e parleremo... -</p> - -<p> -— Sarà troppo tardi!... -</p> - -<p> -La passione del giuoco teneva il conte inchiodato -davanti al tavolino, la gelosia lo agitava -fortemente e l'interna lotta si manifestava sul -suo volto contratto dalla impazienza e dalla collera. -Deciso di levarsi da sedere, la comparsa -d'una carta lo ripiombava sulla sedia, e mentre -con l'occhio intento seguiva le vicende del -<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span> -giuoco, colla attenta orecchia ascoltava gli eccitamenti -della maschera che gli diceva: -</p> - -<p> -— Peccato!... un angelo di bellezza... accogliere -di notte in sua casa un amante all'insaputa -del marito!.. -</p> - -<p> -— Li raggiungo fra un istante... aspettatemi... -quattro zecchini sul cinque di bastoni... -</p> - -<p> -— Per quattro zecchini... esporsi a perdere -un tesoro... esporsi alla vergogna... al ridicolo... -</p> - -<p> -— Sono con voi... Paroli... -</p> - -<p> -— Troppo tardi!... È già un'ora che sono -partiti... forse fuggiti da Venezia... -</p> - -<p> -— Fuggiti!... e gettando le carte sul tavolo, -con gli occhi stralunati e scintillanti di collera, -si levò ad un tratto, gettò a terra la sedia e -presa sotto al braccio la maschera la trasse in -un canto della sala. La folla si restrinse intorno -al tavolo, e il suo posto venne occupato subito -da un altro, come nelle battaglie quando si -chiudono le file per riempire i vuoti lasciati -dai morti. -</p> - -<p> -Allora il conte, esaminando attentamente la -maschera, voleva ad ogni costo scoprire la persona -che si permetteva d'insultarlo in quel -<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span> -modo e di provocare la sua collera e la sua -gelosia. Vani tentativi. Allora sospettando ancora -un qualche imbroglio, un raggiro immaginato -con uno scopo secondario, e dubitando della -sincerità della maschera, le chiese: -</p> - -<p> -— Potreste dirmi il nome della persona che -accompagnava mia moglie?... -</p> - -<p> -— Certamente!... il suo primo innamorato -di Villa Saltore... il pittore Valdrigo... -</p> - -<p> -— Basta così!... rispose con cupa fisonomia -il conte Leoni, e senza proferire altra parola si -allontanò dalla maschera, e uscendo dalla stanza -scese rapidamente le scale. -</p> - -<p> -Maddalena e la compagna lo seguivano ad una -certa distanza, ma appena liberato dalla folla, -si mise a camminare con passi tanto frettolosi -che volto il canto d'una via lo perdettero di vista -nell'oscurità della notte fra il labirinto delle calli. -</p> - -<p> -La compagna che aveva assistito a tutta la -scena, invano tirando per la veste Maddalena, -o stringendole le braccia, e susurrandole all'orecchio -le parole — basta — prudenza — trovandosi -finalmente sola con l'amica, le disse -con un accento di paura: -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span> -</p> - -<p> -— Che cosa hai fatto mai!... Maddalena!... -</p> - -<p> -— Ho salvato Valdrigo da una relazione colpevole... -Con una donna troppo superiore alla -sua condizione... da una maledetta passione... -</p> - -<p> -— Lo hai perduto!... rispose la compagna affannata; -hai esposto la sua vita al più grande -pericolo... forse... -</p> - -<p> -— Taci per carità!... mio Dio... se il conte -Leoni lo ammazzasse!... -</p> - -<p> -Allora arrestandosi per trovare un appoggio -al parapetto d'un ponte, si asciugava i sudori -del volto e mandava lampi dagli occhi. La sua -fantasia le dipingeva il conte Leoni con un coltello -alla mano, in traccia dei colpevoli... apriva -una porta... li trovava abbracciati... Allora ritornando -alla collera ed alla gelosia che le ardeva -nel cuore, soggiungeva: -</p> - -<p> -— Ebbene, li ammazzi tutti e due... e col -braccio levato in aria faceva segno di ferire, e -raddoppiava i colpi con un sogghigno di gioja -spaventosa, ripetendo ogni volta — li ammazzi... -li ammazzi!... -</p> - -<p> -Ripresero il cammino verso il loro quartiere -conversando concitate per via sulle avventure -<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span> -della notte, e sui timori delle conseguenze probabili. -</p> - -<p> -Essendo vicine di casa si congedarono all'uscio, -e ciascheduna entrò nella propria dimora. -Maddalena entrata nella sua stanza, si spogliò -in fretta e gettandosi macchinalmente sul letto -incominciò a pensare a' suoi casi. Ora si sentiva -dilaniare dal rimorso, ora la collera le accendeva -lo spirito e la spingeva a desideri di vendetta -e di sangue. — Che cosa sarà succeduto?... -chiedeva a sè stessa... e si cacciava le mani -nei capelli, e sospirava e piangeva. Poi riteneva -il fiato e ascoltava tremando. Ogni persona che -passava per via risvegliava i suoi sospetti... se -venisse a casa ferito!... e pensava non senza -una certa gioja alle cure che gli avrebbe prodigate, -alla guarigione sicura, al pentimento, e, -chi sa!... forse avrebbe aperto gli occhi e conosciuto -il suo amore... poi tornava a tormentarsi -con più gravi paure... se lo portassero a -casa moribondo!... mio Dio!... per causa mia!... -la sua morte!... sua madre!... povera Rosa... e -piangeva, affranta dal dolore. -</p> - -<p> -Le ore battevano lentamente all'orologio della -<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span> -chiesa vicina, il silenzio regnava nella strada, -non si sentiva che il tonfo dei remi di qualche -gondola che passava nel canale, e la voce del -gondoliere — <i>stali</i> — <i>premi</i> — all'atto di sboccare -in laguna. I minuti le parevano infiniti... -il cervello in ebollizione la trascinava da un -pensiero ad un sogno, da una reminiscenza ad -un timore, senza transizione regolare, colla confusione -del caos. Gli orecchi le tintinnavano -ancora della musica da ballo e del gridio delle -maschere, vedeva l'oro dei tavolieri del giuoco, -e poi pensava ad una stanza silenziosa, a due -innamorati, ad un bacio, ad una donna svenuta -in un'estasi d'amore e d'obblio... e poi vedeva -gli occhi ardenti del conte Leoni, un coltello... -un lago di sangue! -Finalmente le parve di riconoscere un passo -lontano, tese l'orecchio con attenzione sostenuta, -il passo si avvicinava, e il cuore le diceva — è -Valdrigo. — Poco dopo udì che s'arrestava -alla porta, e la chiave che entrava nella toppa. -Aperto l'uscio, Valdrigo saliva le scale ed entrava -tranquillamente nella sua stanza. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span></p> - -<h2>XXXI.</h2> -</div> - -<p> -In generale i mariti ammazzano raramente -gli amanti, a Venezia poi nel secolo passato -non li ammazzavano mai. C'era una gran licenza -di costumi, ma ciò non escludeva affatto -la virtù. Silvia desiderava e temeva un abboccamento -con Valdrigo. Essa sentiva la necessità -di frenare gli slanci imprudenti del giovane, -ma sentiva in pari tempo il pericolo della lotta. -Voleva dissimulare una ferita, ma temeva che -mettendovi sopra le mani il dolore la scoprisse. -Andò al ballo con l'idea di condursi Valdrigo -al casino per fargli una predica sulla sua condotta -inconveniente, ma confessava a sè stessa -d'averlo talvolta incoraggiato cogli sguardi che -tradivano il cuore, cosicchè essa si trovava giudice -e colpevole a un tratto, e temeva giustamente -<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span> -che l'accusato diventasse accusatore. Dapprima -esitava dunque a mandare ad effetto il -suo piano, poi temendo le conseguenze del rifiuto -si decise a finirla, ma giunta sulla via si -pentì, ed avrebbe voluto ritornare sui suoi passi. -Così le farfalline svolazzano intorno al lume -fino che a forza di raggiri cadono nella fiamma -e si abbruciano le ali. Non osando retrocedere, -e non volendo avanzare, perdeva il tempo per -via, e a Valdrigo che la sollecitava con affettuosa -insistenza, rispondeva mostrandogli l'ombre -cupe dei canali, e i pittoreschi effetti della notte -sui palazzi, e sull'acqua. -</p> - -<p> -In tal modo impiegarono molto tempo nel -breve tragitto, ma finalmente giunsero al casino. -Entrati, accesero il lume, e salite le scale, la -padrona ordinò alla cameriera di accendere un -po' di fuoco al caminetto. Valdrigo non ne aveva -bisogno, ma Silvia temporeggiava per raccogliere -le sue forze, e farsi animo. La cameriera indovinava -le impazienze del giovane, e mossa da -pietà si affrettava a metter legna e a soffiare, -ma appunto le cose fatte in fretta non approdano, -e invece del fuoco uscivano dei nuvoli -<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span> -di fumo che invadevano la stanza; e quindi fa -necessario aprire le finestre e le porte. L'aria -entrando facilitò l'operazione, e una bella fiamma -crepitante brillò nel camino. Chiuse nuovamente -le imposte, la cameriera accese due doppieri, -ed uscì serrando l'uscio. Non aveva ancora attraversata -l'anticamera quando s'udì una violenta -scampanellata alla porta di casa: era il -conte Leoni. Vi fu un minuto secondo di stupore, -ma Silvia ordinò tosto si aprisse. Pensi -il lettore allo stato di Valdrigo; è certo che -se Don Lio avesse conosciuta in quel momento -la posizione del giovane, avrebbe paragonato il -suo affanno alle pene di Tantalo. Egli rimase -immobile e quasi pietrificato fissando gli occhi -istupiditi nella fiamma, come dovette trovarsi -la moglie di Lot, quando contro al divino comando -si volse a contemplare l'incendio di Sodoma. -Il conte Leoni entrò nella stanza raffrenando -il suo impeto, ma lasciando intravedere -i suoi sospetti dall'occhio scrutatore e dalle ciglia -aggrottate. -</p> - -<p> -Silvia lo attendeva davanti al caminetto col -fiero cipiglio della virtù offesa, e colla dignità -<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span> -della donna che può levare la fronte senza rossore; -in quel momento di suprema soddisfazione -essa sentì tutto il valore della sua onestà, tutta -la forza dell'innocenza. I loro sguardi si scontrarono, -l'interrogazione del marito fu muta ma -eloquente, la risposta della moglie fu assoluta e -severa; essa fissò gli occhi nel marito con tale -sicurezza imperiosa ch'egli dovette abbassarli; -perchè realmente egli era colpevole. — Passato -quel primo momento essa ruppe il silenzio; e -rivolta al conte gli disse con un'aria indifferente: -</p> - -<p> -— Allo scampanio, non credeva che foste -voi... non mi avete avvezzata a questi modi... -</p> - -<p> -— Scusate, egli rispose, l'agitazione della -corsa m'aveva irritato i nervi... -</p> - -<p> -— E perchè avete corso?... -</p> - -<p> -— Vedendovi uscire dal ballo temetti... qualche -improvvisa sofferenza... pel caldo... in mezzo -a tanta folla... -</p> - -<p> -— Diffatti, interruppe Silvia, che lo vedeva -imbarazzato, diffatti non sto bene... un'oppressione, -un bisogno d'aria mi costrinse d'uscire... -Ho pregato Valdrigo d'accompagnarmi... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span> -</p> - -<p> -— Vi ringrazio, caro Valdrigo, soggiunse il -conte porgendo la mano al pittore, e stringendogli -la destra ch'era fredda come quella d'un -morto. -</p> - -<p> -A poco a poco la conversazione prese l'andamento -ordinario e parlarono di cose indifferenti, -chè in fine dei conti, avevano tutti e tre delle -ragioni per essere contenti. -</p> - -<p> -Più tardi il conte propose di cenare. La cameriera -uscì per fare alcune provviste ad una -vicina trattoria, che nelle occasioni dei balli, -stava aperta tutta la notte. -</p> - -<p> -Valdrigo dovette apparecchiare la tavola, il -marito apriva un armadio e ne tirava delle bottiglie -di vino di Cipro stravecchio coperte di -ragnateli e di polvere. E mentre la Maddalena -esterrefatta vedeva nelle sue spaventose fantasie -il marito che versava il sangue dell'amante, il -conte Leoni mesceva il Cipro a Valdrigo, e toccando -i bicchieri, bevevano insieme alla salute -dalla Dama. — Fedele! pensava il marito — perduta! -ma non per sempre, diceva a sè stesso -il giovane innamorato. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span></p> - -<h2>XXXII.</h2> -</div> - -<p> -La prudenza consigliò Valdrigo ad astenersi -per qualche tempo dalle visite in casa Leoni, -malgrado l'ardore sempre crescente della sua -passione. Maddalena lo sorvegliava da vicino, -studiava i suoi andamenti, leggeva nella sua fisonomia -i desideri repressi, e le inquietudini -d'un'anima esaltata. L'amore che essa teneva -celato nei più profondi penetrali del cuore si -nudriva di speranze future, e infiammava la sua -gelosia irritata dalle fatte scoperte. La cieca gelosia -si nutre di chimere, e guida a fatali consigli. -</p> - -<p> -La povera fanciulla, incoraggiata dal felice -risultato della sua prima resistenza, diceva a sè -stessa. — Bisogna ch'io perseveri.... Bisogna che -io continui ad attraversare i suoi progetti, ad -<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span> -impedire ad ogni costo i progressi d'una passione -fatale, bisogna ch'io trovi il modo di -rompere gli anelli d'una catena che lo trascina -alla perdita della sua felicità, che lo allontana -dal mio cuore; i continui ostacoli devono stancare -la sua pertinacia, compromettere la Dama, -risvegliare i sospetti del marito... egli sarà costretto -di rinunziare all'impresa... -</p> - -<p> -La ferita sarà dolorosa, ma il tempo sana ogni -piaga, io consolerò le sue pene raddoppiando le -cure, cercherò di ricondurlo al lavoro, alla -pace... aspetterò che gli anni calmino le sue -passioni violente... e forse un giorno, troverò -nella sua felicità la ricompensa degli affanni, coi -quali, senza avvedersene, mi avvelena la vita. -</p> - -<p> -E nelle lunghe notti insonni, rivolgendosi -nelle coltri affaticate, meditava uno stratagemma -che riuscisse a tagliare il nodo gordiano con -rottura irreparabile, senza gravi pericoli per nessuno, -senza che si potesse scoprire la mano che -colpiva. Dapprima pensava di mettersi d'accordo -con la Rosa, di farlo chiamare a Saltore con un -pretesto, per allontanarlo da Venezia, ma egli -avrebbe tosto scoperto l'inganno e sarebbe ritornato. -<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span> -Un nuovo avviso al conte non voleva -arrischiarlo, era cosa pericolosa, ed aveva tremato -troppo della sua prima imprudenza per -volerla tentare di nuovo, dal lato della signora -non vedeva nessuna cosa possibile. -</p> - -<p> -Di tutti i suoi progetti quello di allontanarlo -da Venezia le pareva il più opportuno, ma non -trovava il modo di mandarlo ad effetto, e poi -temeva che il pittore uscito una volta dalla sua -casa, potesse non tornarvi mai più, o stabilirsi -in altri paesi, e perderlo per sempre. Avrebbe -voluto poterlo chiudere nella sua stanza, e tenerlo -tutto per sè, ma siccome la cosa non era -fattibile, cercava come si potesse rendergli impossibile -l'accesso alla Dama, senza troppo allontanarlo -da sè, e qui stava appunto la difficoltà. -</p> - -<p> -Mettendo il cervello alla tortura coi più strani -pensieri, finì a coltivare un'idea, che le pareva -avere del buono e del cattivo come tutti -gli altri progetti, ma che presentava un incontrastabile -vantaggio, ed era di mettere il Consiglio -dei Dieci in alleanza colla sua gelosia. -Ecco come ragionava la fanciulla: Una falsa accusa -farebbe mettere Valdrigo in prigione, e -<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span> -l'accusa essendo falsa la prigionia non potrebbe -oltrepassare la durata del processo. L'innocenza -dell'accusato, e la giustizia dei giudici renderà -impossibile ogni pericolo di condanna, ma forse -il semplice fatto della prigione, basterebbe ad -allontanare per sempre il Valdrigo dal palazzo -Leoni anche dopo la sua liberazione, perchè -l'esalazione del carcere rimane sempre indosso -a tutti i prigionieri di Stato, innocenti o colpevoli, -nè l'alterigia patrizia può ammettere nella -sua società un uomo sospetto di congiura, liberato -per sola mancanza di prove. -</p> - -<p> -Il piano dunque le sembrava magnifico, ma -teneva la sua decisione in sospeso, a motivo -delle privazioni alle quali avrebbe esposto Vittore. -Veramente aveva sentito dire che mentre -dura il processo i prigionieri non sono da paragonarsi -ai condannati, pure sentiva dentro di -sè una voce tormentosa che biasimava i suoi -pensieri, e le minacciava le amarezze del rimorso. -Nella calma della ragione essa vedeva che provocare -l'arresto di Valdrigo era un delitto, che -privava ingiustamente un uomo della libertà, -che gettava un innocente nella tristezza e nelle -<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span> -miserie del carcere, e pensando ai timori del -giovane, alla dolorosa solitudine, alla privazione -d'aria e di luce, al silenzio senza interruzione, -ai dolori senza conforto, alle sofferenze senza -lenimento, malediceva il suo progetto, si strappava -i capelli dall'affanno, e giurava di frenare -una passione violenta che la trascinava a colpe -tanto crudeli. -</p> - -<p> -Ma quando Valdrigo usciva di casa, galante e -profumato come un gentiluomo, con l'aspetto -ardito e l'occhio scintillante, con un'aria di -provocazione e di conquista, allora la ragione -taceva, allora i buoni sentimenti svanivano, e i più -dolorosi sospetti entrando nel cuore, risvegliavano -le furie della gelosia e la brama d'arrestare -ad ogni costo il trionfo d'una pericolosa rivale. -I più forsennati progetti le ripullulavano in -mente, nessuna pena le sembrava soverchia pel -colpevole, avrebbe pagato col suo sangue una -catena, il truce aspetto delle porte ferrate, dei -grossi chiavistelli e delle doppie sbarre sorrideva -al suo spirito agitato, come le promesse -di un amico sicuro. -</p> - -<p> -Esitante sul partito da prendersi, spiava ogni -<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span> -passo di Valdrigo, e porgeva attenta orecchia -ai discorsi del popolo che incominciando ad -inquietarsi sui destini di Venezia, mormorava -sotto voce del governo e d'alcuni nobili, -fra i quali ritornava sovente in campo il nome -del conte Leoni, detestato dai partigiani delle -nuove idee, come il più accanito nemico d'ogni -transazione e il più tenace difensore dell'antico -sistema. -</p> - -<p> -Le passioni represse fermentavano, un ardente -desiderio di novità e di riforma lottava -contro i difensori della Serenissima Repubblica, -della quale vantavano le glorie passate e amavano -le presenti dolcezze, il vivere beato e -pacifico, i continui passatempi, il libertinaggio -protetto dalle abitudini e dalla tolleranza -del governo. Il lungo abbandono delle armi e -la vita molle avevano infiacchita la fibra del -popolo e della nobiltà, e abbassato il livello -dei caratteri. Perduta ogni morale dignità ed -ogni nobile sentimento nazionale, l'egoismo -signoreggiava i magistrati del governo ed i -privati cittadini. -</p> - -<p> -I principî della rivoluzione francese che proclamavano -<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span> -i diritti dell'uomo alla libertà ed all'eguaglianza, -si chiamavano il <i>gallico veleno</i>, ed -era perfino proibito di parlarne. Intanto i francesi -entravano in Italia, e i Savj seguitavano a -chiudere le orecchie ai consigli più assennati, -e continuavano a far la corte alle dame ed a -frequentare i pubblici spettacoli colla maschera -sul volto. All'invasione delle idee, il governo si -opponeva colla proibizione degli scritti; alla invasione -delle armi straniere, rispondeva colla neutralità -disarmata. In conseguenza di ciò, mancavano -le armi e i soldati, le piazze forti erano -sguarnite nè si pensava gran fatto alle difese, -nè ad accrescere la flotta, nè ad acquistare le -armi o fabbricare la polvere; per riscontro -si vietavano in Teatro le tragedie perchè sollevavano -e concitavano gli animi. Le rivelazioni -più importanti dei residenti alle Corti straniere -e i dispacci degli ambasciatori veneti -in Francia, che annunziavano i disordini, le minaccie -e i pericoli imminenti, non venivano -nemmeno letti al Senato per non turbare il -sonno ai patrizii, e per ordine degli eccellentissimi -Savj di settimana, tutte le carte risguardanti -<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span> -tali argomenti si passavano nella <i>Filza -delle comunicate non lette</i><a class="tag" id="tag77" href="#note77">[77]</a>. -</p> - -<p> -Volevano ad ogni costo la pace, il riposo ed -il sonno, e dichiaravano la guerra alle mode di -Parigi, ai bottoni, ai ventagli rivoltosi, alle foggie -giacobine; spendendo ragguardevoli somme per -ispiare la condotta dei soggetti. Lo spionaggio -era una delle basi del governo, ed i magistrati -dopo d'aver spiati i sudditi si spiavano fra loro. -I Tre spiavano i Dieci, i Dieci spiavano i Tre, -l'Avogador del Comun spiava gli uni e gli altri. -Le spie frequentavano tutti i luoghi pubblici, -le vie, i teatri, le chiese, e perfino le private -dimore, e i loro servigi venivano retribuiti con -salvacondotti temporanei, con denaro, con esenzione -dalle tasse, con privilegi, impieghi, onori -e impunità di delitti. Malgrado però di questa -rigorosa sorveglianza e della severità delle leggi, -la Voce della libertà trapanava da ogni parte e -la si sentiva ondeggiare per l'aria come i profumi -della primavera. Entravano furtivamente -<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span> -in Venezia, libri, fogli, programmi, gazzette, coccarde, -ed ogni altro incentivo. Il Villetard, segretario -della legazione francese, tendeva la mano ai -malcontenti, favoreggiava le congiure e fomentava -gli spiriti più audaci. I fucili e i cannoni -della rivoluzione erano ancora lontani, ma penetravano -in Venezia le massime, i pensieri, le -idee che precedono ogni mutamento sociale, apparecchiano -il terreno delle riforme, minano gli -antichi propugnacoli e segnano le fondamenta -dei nuovi edificii. -</p> - -<p> -Maddalena passando una mattina per una calle -remota, vide un gruppo di persone che ciarlavano -con aria misteriosa, guardandosi intorno. -Erano suoi conoscenti e vicini; si mise dunque -in loro compagnia per udire le notizie del giorno. -La fanciulla non potendo suscitare sospetti, essi -continuarono i discorsi. Uno fra loro mostrava -i pugni in atto di minaccia e diceva: -</p> - -<p> -— Ancora un poco e dovranno deporre la -toga, i parrucconi!... Cosa sono i nobili più di -noi?... I francesi vengono avanti... avanti... -avanti... -</p> - -<p> -Uno degli uditori voltava la testa con aspetto -<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span> -pauroso e mandava fuori un soffio prolungato -che voleva dire — Bagattelle!... -</p> - -<p> -Un altro interrompeva il narratore con un — tss — tss! — e -indicava con l'occhio un balcone, -dal quale un individuo sospetto faceva -capolino. -</p> - -<p> -— Eh! non abbiate più paura!... continuava il -narratore, sono appena due giorni che alcuni -detenuti per sospetto di congiura contro la repubblica, -vennero rilasciati in libertà per l'influenza -d'un alto personaggio della legazione -francese.... -</p> - -<p> -— Come? chiedeva il più timido, non li -hanno condannati?... -</p> - -<p> -— Non hanno osato torcer un capello a nessuno!... -guai se lo avessero fatto!... eh! non -sono più i tempi delle violenze tenebrose.... bisogna -che ci pensino due volte.... -</p> - -<p> -Maddalena pensava dentro a sè: — La mia -idea è dunque buona, e posso salvarlo senza -pericoli. — L'egoismo delle passioni è sì grande -che sovente confonde il proprio interesse con -l'altrui. E la povera fanciulla traviata da una furente -gelosia, aveva smarrito il buon senso. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span> -</p> - -<p> -Interamente dominata dal fatale pensiero che -preoccupava il suo spirito, non ascoltava più -che macchinalmente le declamazioni del narratore, -quando il nome del conte Leoni la scosse -dall'astrazione che aveva invaso il suo spirito e -tendendo attentamente l'orecchio udì le seguenti -parole: -</p> - -<p> -— Il conte Leoni partirà fra due giorni per -Vienna con una missione diplomatica.... il dispotismo -si lega al dispotismo, egli è il degno -sostenitore degli abusi, ma verrà il giorno della -giustizia ed allora.... -</p> - -<p> -Maddalena non volle ascoltare più oltre, e se -ne andò ferita da un nuovo colpo nel cuore. Le -parole: il conte Leoni partirà fra due giorni -per Vienna — le si erano scolpite nelle mente -come una tremenda minaccia. Il momento fatale -era giunto, l'impunità degli amanti assicurata. I -vapori della gelosia le salivano al cervello, come -i fumi del vino ai bevitori. Vacillava e non vedeva -innanzi a sè che un velo che le offuscava -la luce. Poi le ritornavano alla mente le altre -parole: — I prigionieri sospetti di congiura -vennero liberati. — Bisogna decidersi ad agire -<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span> -con risoluzione, essa pensava fra sè, il tempo -stringe e fra due giorni sarebbe troppo tardi! -</p> - -<p> -Con tali idee giunse a casa, si chiuse nella -sua stanza, e vi stette lungamente vaneggiando -coi fantasmi della gelosia e dell'amore che le -passavano davanti lo spirito come una coorte d'anime -dannate confuse cogli spiriti eletti. Erano -sogni d'ineffabili dolcezze turbati dalle minacce -d'una possente rivale, che apparecchiava il suo -trionfo, erano promesse di giorni lieti e sereni, -disperse dai nuvoloni d'un vicino uragano, solcato -da lampi spaventosi, e dal guizzare del fulmine. -</p> - -<p> -La sua mente malata delirava, passando da un -pensiero ad un altro senza transizione ragionevole, -e portando le immagini agli eccessi dell'esagerazione. -Ora si figurava tutti gli orrori, tutte le -miserie del carcere, le torture della mente e -del cuore, le tenebre, la nudità delle pareti, e Valdrigo -pallido e malato in un canto, abbandonato -alla vendetta di giudici implacabili, condannato -per la sua accusa a finire i giorni in una tomba -senza luce.... egli che amava tanto il sole e la -libertà, il soave profumo dei campi e l'ampio -spazio del mare!... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span> -</p> - -<p> -Allora, disperata e furente, si batteva la fronte, -si lacerava le vesti, si scopriva il seno palpitante, -apriva le finestre, respirava l'aria a buffate come -chi soffoca dall'oppressione dell'asma o dalle -perniciose evaporazioni dei carboni incandescenti. -La calma della laguna, il cielo sereno, le fresche -brezze della sera scendevano come un balsamo -sopra quell'anima desolata, e la voce della coscienza -parlando al suo cuore il linguaggio dell'onestà, -il rimorso degli insani progetti riprendeva -il suo dominio e le lagrime del pentimento -le inumidivano il ciglio e le solcavano le -guancie. -</p> - -<p> -Ma non passava guari di tempo che una bruna -gondoletta solcando l'acque davanti alla sua finestra, -lasciava intravedere dagli aperti finestrini, -un giovine ed una fanciulla che stretti in amplesso -affettuoso si scambiavano un lungo bacio -sulla bocca. -</p> - -<p> -Quella scena esaltava nuovamente il suo spirito, -faceva palpitare il suo cuore con violenza, -e il canto del gondoliere che conduceva la -coppia felice ai freschi della laguna, risuonava -alle sue orecchie come una voce di scherno e -<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span> -d'ironia, riaccendeva la sua collera, avvelenava -i suoi sospetti e faceva tacere i rimorsi della -coscienza. Si figurava di vedere Silvia e Valdrigo, -suggellare con un bacio il lunghissimo amore, -e giurarsi una fedeltà a tutte prove, immersi -nelle delizie della solitudine, fra il lusso dei -ricchi appartamenti del palazzo Leoni. Chiudeva -la finestra, e la luce del crepuscolo che tingeva -in rosso il firmamento penetrava nella sua stanza -cogli ultimi chiarori che invitano la mente ai -pensieri melanconici. Una profonda tristezza invadeva -i sensi affaticati della povera fanciulla, -e un sopore pieno di visioni succedeva alle lotte -dolorose del giorno. -</p> - -<p> -All'indomani Valdrigo le appariva lieto e raggiante -come un uomo che si aspetta una sicura -fortuna. Ella leggeva nel volto di lui il presentimento -d'un trionfo vicino, e ne fremeva di -sdegno; la stanza di lui esalava un leggiero sentore -di essenza d'ambra, profumo sospetto a Maddalena, -perchè emanava dalle sue vesti dopo la -vendita del quadro, e appunto era incominciato -al tempo delle visite in casa Leoni. Rovistando -fra le carte del giovane scoperse un ritrattino -<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span> -di Silvia, lavoro condotto di memoria dal pittore -innamorato, e una tale scoperta inasprì la -sua piaga, e fomentò la gelosia che dilaniava il -suo cuore. Ma ciò che mise il colmo al suo furore, -fu un viglietto profumato all'indirizzo di -Valdrigo, apportato da un gondoliere. Appena -uscito il messo, sospinta da' suoi sospetti, essa -stava per aprire il foglietto suggellato, quando -entrando Vittore glielo vide fra le mani e se lo -prese. La fanciulla con uno sguardo scrutatore -interrogò il volto del giovane, e le parve di vedere -in un bagliore degli occhi un lampo di felicità. -</p> - -<p> -Era troppo!... Divenuta cieca dalla gelosia, -fremente dalla collera, eccitata da tante circostanze, -e spinta a provvedere dall'imminenza del -pericolo, salì rapidamente alla sua stanza, e preso -un foglietto di carta, con la mano tremante, e -le vertigini, si mise a scarabocchiarvi sopra le -seguenti parole: — Vittore Valdrigo congiura -contro il governo. — La sua inesperienza dello -scrivere la obbligava a tracciare le lettere una -per volta, ora grandi ed ora piccole, alte e basse -come le onde del mare in burrasca, che indicavano -<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span> -perfettamente lo stato del suo animo, e -in capo ad una mezz'ora aveva finito la sua delazione, -col relativo indirizzo dell'accusato. La -solita voce della coscienza la mordeva fortemente, -e forse la avrebbe condotta a distruggere -l'infame foglietto, quando la melodia del violino -di Valdrigo le giunse all'orecchio come un preludio -di divina dolcezza, come il canto dell'anima -accesa dall'amore e dalla speranza che -inneggiava alla divinità una sublime rivelazione. -</p> - -<p> -Postosi un fazzuolo sul capo, usci col viglietto -nascosto in seno, e attraversò rapidamente la -via, senza vedere i passanti. C'erano in quel -tempo in Venezia alcune cassette collocate in vari -luoghi, che rappresentavano una testa di leone -nella cui bocca si gettavano le denunzie segrete. -Giunta davanti ad una di quelle tremende cassette, -si guardò d'intorno, e trovandosi sola, gettò -il biglietto nella bocca del leone, e partì. -</p> - -<p> -È facile immaginare come abbia passato la -notte che seguì la sua fatale risoluzione; punta -dal rimorso, turbata dalla paura, ad ogni piccolo -rumore trasaliva nel letto e le pareva udire gli sgherri -<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span> -che venissero ad arrestare Valdrigo. Ma la notte -passò senza che si avverassero i suoi presentimenti, -e il mattino sereno e tranquillo precedette -un giorno di pace, senza avvenimenti che agitassero -il suo spirito. Alla seconda notte, nuove -paure vennero a funestare le lunghe ore delle -tenebre, e l'insonnia manteneva sul trasudato -origliere tutte le torture dell'incertezza, e tutte -le palpitazioni dello sgomento. Al terzo giorno -Valdrigo uscì come al solito, ma non rientrando -alla ora consueta, i sospetti incominciarono a -bazzicarle pel capo e pensava — sarà stato arrestato -per via — ed allora sentiva un dolore -intenso che soffocava i suoi sospiri, ma poi si -rimetteva pensando che forse era andato in casa -Leoni — allora sarebbe corsa ella stessa fra gli -sgherri a strapparlo dalle braccia della rivale fra -le quali lo dipingeva la sua fantasia riscaldata. -</p> - -<p> -Finalmente Valdrigo ritornò a casa canterellando -come era solito, e preso il violino gli -fece uscire delle note misteriose e gementi, -che parevano singhiozzi fra le lagrime. — Sembra -il canto d'un prigioniero — disse fra sè -la fanciulla, e proruppe in dirottissimo pianto. — Ma -<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span> -poi si consolò pensando che erano già -passati tre giorni dalla delazione, e quindi essa -diceva: — Non avranno fatto calcolo della mia -accusa — tanto meglio! — e ringraziava il cielo -con fervore. -</p> - -<p> -Il violino con uno dei trabalzi che erano -nelle abitudini dell'artista, cambiò metro ad un -tratto, e si mise a suonare una danza brillante -che era la franca e briosa espressione della -gioja. -</p> - -<p> -Il sole tramontava quando deposto il violino -Valdrigo cambiava i suoi abiti usuali con gli -abiti nuovi. Maddalena che stava sempre in agguato, -guardava per il buco della serratura, e -seguiva i movimenti del giovane. Egli pettinava -i suoi capelli con una accuratezza straordinaria, -li andava lisciando col cosmetico, e rivolgendo -con arte studiata in modo da scoprire tutta l'ampiezza -della fronte. Poi guardava se i manichini -staccati formassero una cadenza regolare, e se -le lattughe della camicia presentassero delle piegue -aggraziate ed ammodo. Metteva le scarpette -lucidissime colle fibbie d'argento, e tirava le -calze di seta con tanta cura che non facevano -<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span> -una piega, e parevano una seconda pelle che -coi suoi lucidi riverberi dava maggior risalto a -tutti i movimenti dei muscoli. -</p> - -<p> -La gelosia si riaccendeva nel cuore di Maddalena. -Il conte Leoni doveva essere partito, -quella era dunque la sera fissata d'un abboccamento -con Silvia. -</p> - -<p> -La fanciulla si torceva le mani, e rientrando -nella sua stanza malediceva l'indolenza del governo, -e mormorava fra i denti: — Cosa fanno -questi balordi d'inquisitori di Stato?... perchè -non mandano ad arrestare un accusato?... a che -servono le bocche del leone?... a cosa servono -le denunzie segrete? -</p> - -<p> -Ma intanto che ella fremeva dalla collera, -dopo d'aver assistito agli apparecchi di una spedizione -galante, la notte scendeva propizia agli -innamorati, e prometteva di proteggere colle tenebre -i loro misteriosi ritrovi. -</p> - -<p> -Valdrigo era all'ordine, ed uscito dalla sua -stanza, ne chiudeva l'uscio e scendeva tranquillamente -le scale, e la povera fanciulla ascoltava -i passi di lui coll'ansia affannosa dell'avaro -che sente il rumore dei ladri che si avvicinano -<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span> -allo scrigno, e si apparecchiano ad involargli -tesori. -</p> - -<p> -Giunto alla porta di strada mentre egli teneva -in mano il bottone del chiavistello per -aprire, dall'altra parte suonavano il campanello. -Valdrigo aprì, e si trovò in faccia di quattro persone -di sinistra fisonomia, una delle quali gli -chiese: — Il signor Vittore Valdrigo?... -</p> - -<p> -— Sono io — rispose il giovane, cercando -di dissimulare una vaga inquietudine che lo -assaliva. — Allora favorisca rientrare, io sono -il <i>fante dei cai</i><a class="tag" id="tag78" href="#note78">[78]</a> e vengo per ordine degli eccellentissimi -inquisitori di Stato. — Gli altri -erano, Messer Grande e due birri. La forza morale -dei fanti, esecutori degli ordini dei tribunali, -era così grande in Venezia, che bastava il -loro nome per far abbassare la testa e tremare.. -Rimontarono le scale, entrarono nella stanza di -Valdrigo e l'obbligarono ad aprire tutte le cassette -e gli armadi. Rovistarono il letto, misero -sossopra ogni suppellettile, indagarono accuratamente -<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span> -ogni ripostiglio segreto, ogni angolo, -ogni accessorio della mobilia, e batterono sui -quattro lati del muro ascoltando se il suono -manifestasse dei vuoti nelle pareti. Raccolte tutte -le carte rinvenute le involsero in un foglio, e -dopo di averlo suggellato con molta attenzione, -invitarono Valdrigo a seguirli. Egli chiese in grazia -d'avvertire i suoi ospiti, e questo gli venne -concesso. Entrò nella stanza di Maddalena, sempre -accompagnato dai quattro inseparabili compagni, -e trovò la ragazza sfigurata a tal punto -che ne sentì più compassione che della propria -sventura. Essa aveva udito ogni cosa, voleva accorrere, -ma le mancarono le forze, e cadde sopra -una sedia, pallida come un cadavere, cogli -occhi infossati, i capelli irti sulla fronte, la -bocca arida ed amara, i denti serrati, il cuore -palpitante, le membra distese dalla rigidezza -dei muscoli, le mani chiuse con violenza. Valdrigo -si fece a consolarla alla meglio, dicendole: — Fatevi -animo, Maddalena, deve essere un errore, -e ci rivedremo fra breve. -</p> - -<p> -Poche altre parole potè aggiungere, che essa -quasi nulla intendeva, e lo guardava fisso con -due occhi incantati che parevano di vetro. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span> -</p> - -<p> -La vecchia Marta era accorsa in aiuto della -nipote, Beppo era assente, il fante intimò la -partenza. Valdrigo commosso per la pietà della -fanciulla le si avvicinò accorato e con l'affetto -d'un fratello le depose sulla fronte -fredda un bacio d'addio, ed uscì senza volgersi -indietro perchè gli mancavano le forze. — A -quel bacio la fanciulla era caduta come colpita -dal fulmine. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span></p> - -<h2>XXXIII.</h2> -</div> - -<p> -Valdrigo venne condotto nelle prigioni dette -dei Piombi, perchè, come è noto, si trovavano -sotto al tetto del palazzo ducale. Colà egli aveva -tutto il campo di meditare sulle sue disgrazie, -e sulle umane vicissitudini; le quali poi non -sono così indipendenti dalla volontà dell'uomo -quanto vorrebbero pretendere coloro che attribuiscono -troppo sovente alla fatalità della sorte, -quello che in fatto non è che la legittima conseguenza -delle loro azioni. Così Valdrigo colla -sua invincibile tendenza al dolce far niente s'era -creata un'esistenza avventurosa e da nulla, ed -abbandonando il lavoro che gli avrebbe fruttato -soddisfazioni e benefizi, perdeva i giorni e smarriva -l'ingegno in vane e sterili occupazioni. -</p> - -<p> -Invece il suo compagno d'infanzia perseverando -nelle fatiche e negli studi, avanzava ogni -giorno d'un passo, ed aveva oramai raggiunto -<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span> -un tal merito da bastare alla immortalità. Il -Senato gli aveva decretata una medaglia d'oro -del valore di cento zecchini, e gli assegnava -una pensione vitalizia di cento ducati d'argento -mensili, in compenso del monumento scolpito -in onore d'Angelo Emo. E mentre Valdrigo entrava -in carcere, Canova riceveva dall'ambasciatore -della Repubblica presso la corte di Roma -la medaglia commemorativa. La presentazione -del dono del Senato venne fatta con molta solennità -nella sala grande del Palazzo di Venezia -(residenza dell'ambasciata a Roma) fra le persone -addette alla legazione ed i più distinti personaggi -invitati per la cerimonia. L'Ambasciatore -presentò al Canova la medaglia, dicendogli: — «A -voi, cittadino, onore dell'Italia, e della -nostra patria, il veneto Senato mi commette presentarvi -questo ricordo, in segno del suo gradimento -per l'opera vostra, già collocata nel nostro -arsenale, ove a gloria vostra e nostra, vivrà per -molti secoli a comune compiacenza e decoro»<a class="tag" id="tag79" href="#note79">[79]</a>. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span></p> - -<h2>XXXIV.</h2> -</div> - -<p> -Beppo rientrando in casa trovò la Maddalena -a letto col medico da una parte, e la Marta -dall'altra. Il suo svenimento aveva durato quasi -un'ora, e la povera vecchia, credendola morta, -aveva gridato con voce disperata e chiesto ajuto -dalle finestre. -</p> - -<p> -Accorse le donnicciuole delle case vicine, prodigarono -le prime cure alla fanciulla, e cercarono -il medico. -</p> - -<p> -Intanto la notizia dell'arresto di Valdrigo -s'era sparsa per la calle, e diffusa per la città, -e tutti fantasticavano sui misteriosi motivi d'una -tale misura. Cogli animi concitati dagli avvenimenti -politici tutti discutevano gli atti del governo, -e ciascheduno spiegava le cose a suo -modo. I timidi rientravano in casa sospettosi, -<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span> -bruciavano le carte e i giornali proibiti, e accusavano -d'imprudenza i turbatori della pubblica -quiete. -</p> - -<p> -Beppo rimasto con Maddalena volle che sua -sorella gli raccontasse esattamente i particolari -dell'arresto, e quando udì che avevano trasportate -le carte del giovane si cacciò le mani nei -capelli esclamando: — Egli è perduto!... -</p> - -<p> -Maddalena, quantunque abbattuta da un'eccessiva -prostrazione di forze, alla parola del -fratello balzò sul letto spaventata, e rizzandosi -a sedere gli chiese con voce fioca ed affannosa, -il motivo di tale giudizio. -</p> - -<p> -Allora Beppo, dopo essersi assicurato che la -porta era ben chiusa, e che nessuno ascoltava, -avvicinandosi alla fanciulla tremante le disse -all'orecchio: — Valdrigo è frammassone! cioè -affigliato ad una società segreta, che congiura -contro il governo, egli aveva carte e libri proibitissimi; -faceva la propaganda fra il popolo, -dei principi d'eguaglianza fra gli uomini, e predicava -la libertà e la distruzione dei privilegi!... -</p> - -<p> -Ad ogni parola ascoltata, Maddalena mandava -un gemito profondo, il suo seno agitato palpitava -<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span> -con trabalzi interrotti dall'asma, con una -mano nervosa serrava il braccio del fratello, e -finalmente ricadde sull'origliere, con un singulto -tanto profondo, e continuato che pareva -il rantolo della morte. Beppo si pentiva ma -troppo lardi delle sue rivelazioni, accorreva a -chiamare la Marta, ritornava dal medico, ma il -male era fatto. Si dichiarò una febbre violenta -con vaneggiamenti, nei quali la povera fanciulla -pronunciava voci sconnesse prive di senso, chiamava -Valdrigo.... e balbettava sovente la parola -perdono. -</p> - -<p> -Intanto si spargeva anche a Treviso la notizia -dell'arresto del giovane pittore, e la -povera Rosa andando al mercato, udì la triste -novella. Ritornata in fretta a Saltore, trovò -la casa in iscompiglio e il marito nella desolazione. -</p> - -<p> -Avendo scoperto un tumore in un bue, Zammaria -era corso a chiamare il veterinario, il -quale aveva dichiarato l'animale affetto da <i>spina -ventosa</i>, incurabile. -</p> - -<p> -L'annunzio dell'arresto di Vittore accrebbe la -disperazione di Zammaria, il suo cervello non -<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span> -era suscettibile di sopportare due disgrazie in un -punto senza gravi conseguenze. -</p> - -<p> -Alla prima contrarietà egli diventava muto, -alla seconda imbecille. Oppresso dall'affanno per -i pericoli del figlio, minacciato di perdere un -bue, e il migliore della stalla, sbalordito dal -discorso della moglie, egli se ne stava colle -mani in tasca, il naso in aria, la bocca spalancata, -gli occhi stralunati, come trasognato e -smarrito. Le sue idee erano confuse, egli non -vedeva più chiaro, il bue malato e la prigione -di Venezia, suo figlio, gl'inquisitori di Stato, e -la spina ventosa gli trottavano per la testa in -una nube misteriosa; il boia e il veterinario -gli stavano davanti minacciosi, e la moglie spaventata -aumentava i suoi terrori con le sue lagrime, -e i suoi lamenti. -</p> - -<p> -La Rosa si decise a partire per Venezia, e -raccomandando alle cure di Osvaldo gli affari -di casa, il bue ammalato e il marito istupidito, -si mise in via per Mestre, e colà entrata in -una barca giunse sulla sera alla casa degli ospiti -di suo figlio. -</p> - -<p> -Venne ricevuta dalla vecchia Marta e da -<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span> -Beppo colle lagrime agli occhi, e tosto la introdussero -nella stanza di Maddalena. La povera -malata entrava in convalescenza dopo lunghe -sofferenze, superate per le cure della nonna, -per l'assistenza delle amiche, ma più di tutto -per l'influenza d'un pensiero che dominava il -suo spirito e sosteneva le sue forze. Passata la -prima violenza del male, essa aveva pensato con -rimorso alla commessa imprudenza, aveva meditato -ai modi di riparare la colpa, al dovere -d'adoperarsi in vantaggio dell'infelice prigioniero, -e di tentare ogni via per salvarlo. Il sentimento -d'un tal dovere le era penetrato talmente nel -cuore, che secondava i consigli del medico per -ristabilirla in salute. L'energia della gioventù e -la forza della volontà sono due potenti rimedi -per ogni malattia. Vedendo entrare la Rosa, le -parve che il cielo le inviasse un'alleata, e dopo -d'aver sfogato colle lagrime l'espressione del cuore, -promise alla buona madre di assisterla nelle -sue supplicazioni in favore del giovane; e promise -a sè stessa di prestarsi a salvarlo a costo -d'ogni sacrificio. -</p> - -<p> -Le loro espansioni affettuose e le reciproche -<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span> -promesse invigorirono il coraggio e la speranza -d'entrambe, e incominciarono subito a far progetti -ed a stabilire un mezzo che si mostrasse -favorevole allo scopo. Ognuna manifestava le -sue idee, la Rosa desiderava presentarsi alla -contessa Fulvia degli Orseolo, gettarsi a' suoi -piedi, muoverla a pietà, intercedere la sua valida -protezione. Maddalena dimenava la testa -lentamente in segno di disapprovazione e stringeva -le labbra come chi dubita d'una cosa, ma -non vuole opporre un'assoluta negativa. -</p> - -<p> -Discussero lungamente sull'importante soggetto, -ma la fanciulla meditava un piano che le -sembrava infallibile, e temporeggiava soltanto ad -annunziarlo per misurare le sue forze. Essa pensava -che al mondo non c'è che una cosa sola -d'irresistibile — l'amore. — Questa passione, -essa diceva fra sè, può spingere a degli eccessi, -può fare dei miracoli. Se una persona può salvare -Valdrigo questa è Silvia Leoni, essa lo ama, -essa troverà il modo di liberarlo. — Ma bisognava -raccogliere le forze tutte del cuore e -della mente, bisognava disporsi ad una annegazione -completa di sè, bisognava rinunziare ad -<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span> -ogni aspirazione, ad ogni speranza, ad ogni gelosia. -Questa era però una espiazione necessaria, -la giusta punizione della colpa, colle stesse sue -armi. -</p> - -<p> -Quando le parve di sentirsi forte abbastanza -per affrontare l'impresa, comunicò il suo piano -alla Rosa, che vi aveva già pensato, ma non -osava proporla per un riguardo istintivo verso -la fanciulla della quale indovinava l'affezione, -e sospettava la gelosia. Lieta però della decisione -secondò il progetto, e fissato il giorno -della visita, si disposero tutte due a sostenere -la loro parte in modo da ottenere l'intento, la -madre pensando a quanto avrebbe detto per intenerire -la signora, la Maddalena studiandosi di -domare la sua ripugnanza verso la rivale e di -dominare la sua passione, sagrificando sè stessa -all'interesse del giovane amato. -</p> - -<p> -Giunta la mattina stabilita si misero in via, -ed entrambe col cuore agitato da diversi sentimenti -entrarono nel palazzo Leoni. Avendo -chiesto di parlare alla padrona, un servo gallonato, -le introdusse in un'ampia anticamera dicendo: — Accomodatevi -qui ed aspettate. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span> -</p> - -<p> -In simili circostanze l'aspettativa è un supplizio, -i minuti sono lunghi come le ore, e i -pensieri tristi si accumulano nello spirito e -pesano gravemente sul cuore. -</p> - -<p> -Finalmente il servo ricomparve, aperse una -porta, e tenendosi indietro disse: — Venite -pure avanti.... -</p> - -<p> -Le donne entrarono in una stanza resa oscura -dai pesanti cortinaggi delle finestre, ed esalante -un leggiero profumo d'essenza d'ambra che salì -al cervello di Maddalena come l'emanazione d'un -veleno. Chiusa la porta dal domestico che rimase -di fuori, si avanzarono lentamente, e si -arrestarono dirimpetto ad un ampio seggiolone -sul quale sedeva la dama. -</p> - -<p> -Silvia, vestila a bruno, e più pallida del solito -pareva oppressa da una profonda tristezza, -ma quando riconobbe la Rosa si alzò in piedi, -la accolse con pietosa dolcezza, se la fece sedere -da presso e le disse con voce compassionevole: -</p> - -<p> -— Povera Rosa!... m'immagino il motivo -della vostra visita. — La Rosa scoppiò in un -dirotto pianto, e dimenticò le belle espressioni -<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span> -che aveva apparecchiate per intenerire il cuore -della signora, ma le sue lagrime erano più eloquenti -di qualunque altro discorso. -</p> - -<p> -Silvia indicò una sedia a Maddalena che si -teneva in piedi cogli occhi bassi, e continuò: -</p> - -<p> -— Siamo in tempi funesti per tutti, povera -Rosa.... i torbidi delle provincie, le minaccie -degli stranieri, l'audacia dei nemici del governo, -rendono i giudici più severi.... ma qui si arrestò, -perchè s'avvide che con tali parole raddoppiava -il dolore della povera madre, e soggiunse: — fatevi -coraggio, io non ho aspettato la vostra -visita per occuparmi in favore di vostro figlio, -ma vi ripeto, i tempi sono cattivi.... -</p> - -<p> -E mentre parlava andava esaminando attentamente -la fanciulla che non conosceva, la quale -sentendosi osservata arrossiva, e non osava alzare -gli occhi, finalmente spinta dalla curiosità -Silvia chiese alla Rosa: -</p> - -<p> -— Chi è questa ragazza che vi accompagna?... -</p> - -<p> -La Rosa esitava a rispondere, ma poi si decise, -e disse con voce singhiozzante: -</p> - -<p> -— È la nipote della padrona di casa di mio -figlio.... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span> -</p> - -<p> -Silvia e Maddalena si scambiarono un colpo -d'occhio eloquente. La prima pareva che chiedesse -con amaro sospetto: — saresti forse una -innamorata di Valdrigo? — l'altra con fiero cipiglio -sembrava dire: — Conosco i segreti del -vostro cuore. -</p> - -<p> -— State in casa con Vittore?... chiese Silvia -con apparente indifferenza. -</p> - -<p> -— Sì, signora.... rispose Maddalena, con un'aria -di trionfo. -</p> - -<p> -Allora Silvia, come per investigare dalle -espressioni del volto, gl'interni sentimenti della -fanciulla, soggiunse: -</p> - -<p> -— Si potrebbe forse ottenere la liberazione -di Vittore, dal carcere, ma sarebbe impossibile -di salvarlo dalla espulsione dal territorio.... -</p> - -<p> -— Tanto meglio!... saltò fuori a dire Maddalena, -che non seppe frenare la sua gioia. E -la Silvia che studiava coll'istinto della donna i -lineamenti della fanciulla sospetta, indovinò dall'atteggiarsi -del volto e dall'improvvisa risposta, -l'amore e la gelosia. -</p> - -<p> -Allora, desiderosa di mettere alla prova l'intensità -di quell'affezione, e forse anche di punire -<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span> -l'audacia d'una rivale dal cui amore sentiva -offesa la sua dignità, continuò il suo discorso -indirizzandosi alla Rosa, ma osservando -sottecchi ogni movimento della fanciulla: -</p> - -<p> -— Se potessi ottenere il suo esiglio, egli -potrebbe andare in Carinzia. Io devo passare -di là per recarmi a Vienna a raggiungere mio -marito, e lo prenderei volontieri con me. A -Vienna potrei giovarlo molto colle relazioni dei -nostri amici. — Maddalena si mordeva le labbra, -e le vene della sua fronte ingrossavano. — Silvia -osservava ogni movimento di quel volto -alterato, e continuava con apparente tranquillità: — È -certo che l'esilio chiude per sempre -le porte della patria, ed egli non potrebbe più -entrare nei domini della repubblica.... ma piuttosto -che marcire in una prigione, piuttosto di -non vedere più il sole.... -</p> - -<p> -La povera Rosa teneva le mani giunte, e cogli -occhi gonfi, infiammati, e pieni di lagrime, -levava la fronte verso il cielo, che metteva -compassione a vederla. — Maddalena lottava fra -l'amore e la gelosia, fra il desiderio ardente di -salvare Valdrigo, e il dolore di vederselo rapito -<span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span> -per sempre. Ma alle ultime parole di Silvia, -fatto come uno sforzo sovrumano sopra sè stessa, -ruppe il silenzio, ed esclamò: -</p> - -<p> -— Purchè sia salvo dalla prigione vada pure -in esilio, purchè sia libero e possa rivedere il -sole e la campagna che egli ama tanto... parta -pure da Venezia... e... sia felice... e sia fatta -la volontà di Dio!... Voleva dire: — e siate -felici, ma si avvide che non conveniva, e mutò -la frase. -</p> - -<p> -Silvia intenerita da tanta annegazione, pensò: — lo -ama più di me! — e stesa la mano alla -fanciulla, volle tener stretta la destra di lei in -atto di perdono e di simpatia, e le disse con -sincera espressione: -</p> - -<p> -— Siete una buona fanciulla... e il cielo vi -proteggerà... -</p> - -<p> -Questa specie di capitolazione istantanea stravolse -i pensieri della povera Maddalena, che -non trovando più la forza di frenare le sue -emozioni proruppe in singhiozzi affannosi, ed in -lagrime abbondanti. -</p> - -<p> -Silvia avvicinatasi alla fanciulla la consolava -con dolci parole, e Maddalena sempre più intenerita, -<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span> -le ripeteva fra i singhiozzi e le lagrime: — Salvatelo... -salvatelo ad ogni costo... -voi sola potete salvarlo. -</p> - -<p> -Così fra le varie e strazianti commozioni rimasero -lunga ora, piangendo insieme, pregando -e promettendo a vicenda, sperando, e sospirando -quando un domestico venne ad annunziare alla -signora che Sua Eccellenza il conte Orseolo la -aspettava nel gabinetto del conte Leoni per una -comunicazione importante. -</p> - -<p> -Silvia si levò, e congedandosi dalle donne, -disse loro: — Consolatevi, mio padre deve essere -andato alla legazione francese per parlare -in favore di Vittore... Ahimè! pur troppo il -Serenissimo Doge, l'Eccellentissimo Senato, e -tutti i Magistrati della Repubblica, sono oramai -i vassalli della Francia nostra nemica, e dipendono -dalla sua possente volontà... a rivederci -un'altra volta... Rosa, sperate... e voi pure, Maddalena... -un giorno sarete forse felice... ed io vi -prometto di cooperare alla vostra felicità, perchè -sento che la meritate... e ne avete più diritto -di... di altre persone. — Voleva dire più di me, -ma corresse la frase prima di pronunciarla. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span></p> - -<h2>XXXV.</h2> -</div> - -<p> -Quando un paese subisce gli ordini degli stranieri, -l'ora della sua morte è vicina. La neutralità -disarmata, cioè il dolce far niente, abbandonava -Venezia inerme in balìa dei francesi. Spento -l'antico valore nei baccanali, e ammollite le fibre -dei cittadini nella lunga pace, nelle abitudini -effeminate, nei piaceri d'una vita dilettosa, -l'indolenza aveva preso il posto dell'operosità, -e la paura succedeva al coraggio. I tempi delle -guerre di Costantinopoli, Candia, Cipro e Morea -erano tramontati per sempre. Colla morte d'Angelo -Emo erano spenti gli eroi della tempra di -Enrico Dandolo, di Vittor Pisani, di Carlo Zeno, -di Francesco Morosini. La vecchiaia aveva rimbambito -la Repubblica, le altere minaccie che -avrebbero animato gli antichi alla lotta, facevano -<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span> -piangere l'ultimo Doge. Spento ogni vigore -di governo, la città si divideva in partiti. -</p> - -<p> -I sostenitori delle antiche leggi e degli aviti -costumi, si stempravano in lamenti imbelli e -odiavano i francesi; ma alle armi che invadevano -lo Stato, rispondevano con impotenti proteste. -I partigiani entusiasti delle nuove idee -spingevano la patria alla rovina, colla stolta fidanza -di trovare la libertà nella perdita della -indipendenza. Fra questi estremi in lotta si agitava -il partito che si solleva in tutte le rivoluzioni, -come la schiuma nel mare burrascoso, e -barcheggiando fra gli uni e gli altri, cerca di -cavarne il denaro, e gli onori. -</p> - -<p> -Il governo mandava deputati a Bonaparte vincitore, -il quale rispondeva: — «Io sarò un -Attila per lo Stato Veneto. Non voglio più Senato, -non voglio più inquisizione. Verrò io a -rompere i piombi, barbarie dei tempi antichi... -le opinioni devono essere libere!» — -</p> - -<p> -Tutto era perduto!... Mancava la forza per -resistere e il genio per governare; dovevasi -aprire la porla alla libertà, e chiuderla in faccia -agli stranieri. Hanno fatto tutto al contrario!... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span> -</p> - -<p> -Il giorno 12 maggio 1797 fu l'ultimo per la -repubblica che da Paolo Lucio Anafesto a Lodovico -Manin visse quattordici secoli indipendente -e gloriosa! -</p> - -<p> -Una colonia di famiglie sfuggite alle stragi -dei barbari venne a piantare le sue tende sulle -isolette deserte della laguna. Povera, ma laboriosa -fabbricò le sue piccole dimore di legno, -e le modeste barchette necessarie alla sussistenza -dei pochi abitanti. -</p> - -<p> -Crebbe a poco a poco col traffico, abbellì la -sua modesta dimora col frutto degli onesti guadagni. -Aumentata la popolazione e la ricchezza, -ampliò le case fino a che giunse a fabbricarle -coi marmi dell'Oriente, ad abbellirle colle statue -della antica Grecia; le barchette pescareccie diventarono -forti navigli, che percorsero i mari, -e tornarono in patria onusti di tesori e di gloria. -Dapprima marinaia, commerciante e guerriera, -fu poi madre e nutrice di sapienza e d'arti -gentili. -</p> - -<p> -Ma l'acquisto di Cipro le apportò colla ricchezza -l'amore della voluttà, le morbidezze di -corrotti costumi; la scoperta d'America le fu -<span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span> -fatale al commercio. Giunta all'apogeo della fortuna -s'arrestò a godere la conquistata grandezza. -</p> - -<p> -Ma chi s'arresta è sorpassato da chi avanza. -Venezia cinta del gemmato diadema si adagiò -mollemente sul manto ducale, e immersa in voluttuosi -pensieri mentre il leone ammansato -dormiva ricevette gli omaggi del mondo che -ammirava lo splendore della sua bellezza. Nei -giorni del pericolo la sua spada irrugginita e il -braccio infiacchito rifiutarono il loro uffizio, essa -non aveva più forze, il suo leone non aveva -più ruggiti. Allora fidente nella costanza della -fortuna e nel prestigio de' suoi vezzi, si cinse -di fiori, e assopita dal dolce far niente, chiuse -gli occhi... — Quando li riaperse lo scettro e il -diadema erano scomparsi, i fiori s'erano mutati -in catene, il leone, ferito nel cuore, spirava... -Fece uno sforzo per difendersi, ma troppo tardi!... -la regina era divenuta una schiava... -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span></p> - -<h2>XXXVI.</h2> -</div> - -<p> -L'ultimo giorno della repubblica, caduto l'antico -governo avanti che il nuovo regime entrasse -in funzione, Venezia fu in preda all'anarchia. -Il popolo sommosso commise violenze e saccheggi -guidato da alcuni capi frenetici ed avidi di bottino, -che eccitavano gli animi con declamazioni -violente, e si trascinavano dietro una folla esaltata -da tutte le passioni sfrenate. -</p> - -<p> -Si apersero le carceri, e Valdrigo si trovò liberato -al grido di viva la libertà e l'eguaglianza! -e sceso in piazza fra il popolo agitato, apprese -la caduta della repubblica. I diversi partiti minacciavano -la guerra civile, e gli scaltri birboni -si studiavano di approfittarne gridando ora viva -san Marco, ora viva la libertà, tanto da fomentare -<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span> -le discordie, la confusione e le ire. Alcuni -cialtroni indemoniati calunniando i vinti provocavano -le vendette per trarne il loro vantaggio, -e si mettevano alla testa delle orde furibonde -per guidarle al saccheggio. -</p> - -<p> -Al grido — morte all'aristocratico Leoni, -morte al nemico del popolo, — Valdrigo che si -era incamminato verso la sua dimora si arrestò -commosso dall'indignazione e dal raccapriccio, -e mutata strada seguì la ciurmaglia scapestrata -che correva armata di picche e di fucili ad assalire -il palazzo. -</p> - -<p> -Deciso di difendere la dimora del suo protettore, -egli si faceva largo fra la folla, per giungere -fra i primi, e il pensiero che forse avrebbe -potuto salvare la Silvia dall'imminente pericolo, -animava il suo coraggio. Quell'orda ubbriaca di -truffatori mandava urli minacciosi, imprecazioni -e bestemmie, e Valdrigo ringraziava la Provvidenza -d'averlo riservato alla sorte fortunata di -esporre la vita per la donna che dominava il suo -cuore. -</p> - -<p> -Trovato chiuso il portone del palazzo si misero -ad abbatterlo a colpi di martello e di scure -<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span> -ed ogni colpo risuonava nell'anima di Valdrigo -con dolorosa impressione. -</p> - -<p> -Gettata abbasso la porta, i saccheggiatori invasero -il palazzo, Valdrigo li seguì, e penetrando -di soppiatto in una stanza che conduceva agli -appartamenti di Silvia, chiuse l'uscio dietro di -sè, e si mise a correre per quelle camere deserte, -senza trovare nessuno. Allora uscito per -un'altra porta salì al piano superiore, ma ogni -appartamento era deserto, che gli abitanti avvertiti -in tempo erano usciti per una porta di dietro -e si erano rifugiati in casa Orseolo. -</p> - -<p> -Intanto il palazzo era stato invaso da ogni -parte, gli armadi venivano infranti e depredati, -ogni cosa manomessa, in preda della distruzione -e della rapina. Valdrigo vagava come forsennato, -coi capelli irti sul capo, cogli occhi spaventati, -sospinto dall'onda degli invasori, ludibrio di -forze irresistibili, spettatore impotente di tanta -desolazione. -</p> - -<p> -Confinato dalla folla irrompente, nel vano -d'una finestra, vide con indescrivibile spavento -delle nubi di fumo uscire vorticose dal lato -della galleria. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span> -</p> - -<p> -Gl'infami predatori, non potendo forzare le -porte le avevano incendiate, e il fuoco s'era -appiccato ai quadri e distruggeva le opere preziose -dei più insigni pittori. -</p> - -<p> -All'anima dilaniata dalla vista delle profanazioni -di tanti oggetti consacrati dalla sua venerazione -e dal suo amore, s'aggiunse lo spettacolo -dell'arte violata e distrutta dalla barbara -brutalità degli scellerati. L'amante e l'artista -erano parimente colpiti. -</p> - -<p> -La sua esaltazione giunse al colmo; egli sentì -il delirio della collera che gli invadeva il cervello, -e gli metteva in oscillazione tutte le membra -frementi spingendolo alla vendetta. -</p> - -<p> -Era disarmato, ma dato di piglio ad un brandone -di legno staccato da un mobile infranto -si fece largo fra la folla, e sceso nella galleria -cogli occhi che gli uscivano dalle orbite s'arrestò -nel luogo ove pochi mesi prima aveva collocato -il suo quadro dei pescatori. — La tela -era stata distrutta dall'incendio, ed appena una -parte della cornice pendeva ancora dal muro!... -Il fuoco era stato spento dagli stessi incendiari, -i quali temendo di non poter uscire per l'ingombro -<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span> -della folla, spaventati dall'idea di morire -bruciati, ed anche spinti dall'avidità del -furto, avevano soffocate le fiamme. -</p> - -<p> -Vittore, divenuto come pazzo dalla disperazione -di veder distrutta un'opera che gli costò -tanta fatica, si mise a menare dei colpi disperati -nelle gambe, nelle schiene e nelle teste dei -birboni, che tagliavano le tele per distaccarle -più presto dalle cornici. -</p> - -<p> -Ai primi colpi, spaventati o colpiti, vollero -fuggire, ma poi rianimati dai compagni che udito -il tafferuglio erano corsi in aiuto, e resi audaci -dall'isolamento dell'assalitore, gli si scagliarono -contro coi coltelli. -</p> - -<p> -Mentre ferveva la lotta, alcuni cittadini, armati -in fretta per ristabilire l'ordine turbato, -seguiti dai buoni arsenalotti e da un drappello -di bombardieri accorrevano al palazzo Leoni per -frenare il furore del popolo. All'intervento della -forza regolare i saccheggiatori sgombrarono dal -luogo, abbandonando Valdrigo disteso sul pavimento -della galleria, privo di sensi ed innondato -di sangue. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span></p> - -<h2>XXXVII.</h2> -</div> - -<p> -Rosa e Maddalena, appena udita la liberazione -dei prigionieri, erano accorse verso le carceri -per incontrare Valdrigo. Giunte in Piazzetta, lo -cercarono inutilmente fra la folla, ed avendo inteso -parlare d'una ciurma minacciosa che s'era -indirizzata al palazzo Leoni, congetturarono tosto -che si fosse recato colà per prestare la -mano alla difesa. Vi giunsero qualche tempo -dopo l'arrivo de' soldati, mentre un medico assistito -da qualche altra persona, collocava Valdrigo -sopra un letto, apportato nella stessa galleria, -non giudicando prudente di trasportare il -ferito. È più facile immaginare che descrivere -la loro desolazione, però la necessità del momento -le obbligò a soffocare ogni dolore per -darsi all'assistenza del povero giovane, che -<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span> -aperti gli occhi parve consolarsi della vista -della madre e della fanciulla, come della apparizione -di due angeli discesi dal cielo in suo -ajuto. -</p> - -<p> -Ripararono alla meglio il disordine del locale -in parte saccheggiato, in parte guasto dalle -fiamme, in parte ancora adorno di stupendi dipinti. -</p> - -<p> -Essendo infrante le invetriate, chiusero le finestre -colle porte degli appartamenti vicini, e -con dei frammenti di tappeti, lacerati dagli invasori, -cercarono d'impedire l'ingresso dell'aria. -Il chirurgo medicando le gravi ferite scuoteva -il capo in alto di sfiducia; Rosa e Maddalena -gli prestavano la più affettuosa assistenza. Alcuni -cordiali opportunamente somministrati parvero -giovare alquanto al malato, e la speranza -ravvivò lo spirito affranto delle povere donne. -</p> - -<p> -Sulla sera, Silvia accompagnata dai suoi parenti -dai quali s'era ricoverata nel momento -del pericolo, rientrò nel suo palazzo scompigliato -dal saccheggio, attristato dalle lagrime e -dal sangue, e accorse subito a visitare il ferito -che alla sua vista atteggiò il pallido volto ad -<span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span> -un mesto sorriso, che pareva volesse esprimere -il seguente pensiero: -</p> - -<p> -— Sono lieto di morire, perchè non sono -stato degno di vivere.... -</p> - -<p> -Silvia pensando con raccapriccio al passato, -ai pericoli incorsi nella sua vita, ed alla tremenda -catastrofe del giorno, osservava con pietoso -sentimento lo sguardo eloquente di Vittore, -e pareva che gli rispondesse col muto linguaggio -dell'anima: -</p> - -<p> -— Tutto svanisce nella mia vita!... il primo, -l'unico amore! — la gioventù — la speranza -di giorni migliori — la patria e le glorie degli -avi, calpestate dal furore del popolo.... non ho -serbato che una cosa sola, la virtù!... essa mi -darà la forza di sopportare ogni disgrazia, e di -aspettare senza rimorsi.... il giorno del riposo.... -l'eternità! -</p> - -<p> -Alla notte le tre donne si chiusero nella -galleria, e vegliarono intorno al letto dell'infermo, -rischiarate da una lampada che mandava -una languida luce su quella scena di dolore. -</p> - -<p> -Valdrigo con l'occhio del moribondo guardava -ora l'uno ora l'altro di quei volti che -<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span> -assistevano con tanta pietà alle sue pene. Gli -si leggevano i pensieri sui lineamenti sparuti, -agitati a seconda delle sensazioni. -</p> - -<p> -Fissava la Rosa con un'espressione d'affanno. -La madre gli ricordava la famiglia, le gioje innocenti -dell'infanzia, la pace serena dei campi -illuminati dal sole, l'alito della vita che moveva -le piante e gli animali con un fremito -arcano, sottomessa alla sublime volontà della -natura. Rivolto a Silvia, l'occhio semispento si -animava d'una scintilla, le labbra tremolavano -d'un fremito convulso. Essa gli rappresentava -l'amore sublime, l'aspirazione perenne della -sua anima verso una felicità inarrivabile, il -pensiero animatore della sua esistenza. Guardando -la Maddalena egli volgeva la testa verso -il quadro distrutto, ed una lagrima inumidiva -le sue ciglia. Essa era stata per lui il tipo perfetto -dell'arte, il modello de' suoi studi, la causa -del suo trionfo d'artista. — Tutto era perduto!... -Le gioje della vita, la felicità dell'amore, le -glorie dell'arte!... -</p> - -<p> -Il moribondo chiudeva gli occhi, e il rantolo -dell'agonia gli opprimeva il respiro. — Allora -<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span> -forse un rimorso gli mordeva la coscienza e -amareggiava i suoi ultimi istanti. — L'apatia, -l'indolenza, l'inerzia avevano dominata la sua -vita e soggiogato il suo genio! — La natura -lo aveva dotato di rari doni, egli li aveva -sprecati. Nell'arte voleva raggiungere la perfezione, -nell'amore aspirava all'impossibile, della -vita non coltivava che le chimere ed i sogni!... -</p> - -<p> -La contemplazione inoperosa, il dolce far -niente, gli rendeva amara la morte, il pensiero -di non avere recato alcun vantaggio colla sua -esistenza, di non lasciare veruna traccia del -suo passaggio sulla terra, era il tormento della -sua ultima ora. Alla mattina aperse gli occhi, e -quando il sole salutava i campi coi primi suoi -raggi, egli coll'estremo anelito della vita proferiva -queste parole che riassumevano il suo -destino: — Ho aspirato a cose troppo sublimi! — e -abbandonato il capo sull'origliere, spirava. -</p> - -<div class="chapter"> -<p><span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span></p> - -<h2>XXXVIII.</h2> -</div> - -<p> -La bruna gondoletta che menava all'estrema -dimora Vittore Valdrigo tracciava un solco nella -laguna, che appena aperto svaniva senza lasciare -veruna traccia del suo passaggio. Tale fu la -vita di lui, tale è l'esistenza di chi perde i -giorni nell'ozio, e spreca le ore in vuoti vaneggiamenti -e in chimere. Ciascheduno deve il suo -tributo alla società in ragione delle sue forze. -Il dolce far niente è la rovina degli individui, -delle famiglie, e degli Stati. -</p> - -<p> -Nel giorno che il giovane pittore scendeva -nella tomba, lo scultore suo compagno di studi, -esponeva in Roma la bella statua di Psiche, -nella quale aveva trasfusa la sua anima. -</p> - -<p> -La vita operosa gli fruttava onori e ricchezze. -Egli visse ancora molti anni circondato dall'ammirazione -<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span> -del mondo, eresse sui colli del suo -paesello nativo un tempio che rivela il suo -amore per la patria e per l'arte, e scolpì delle -statue e dei monumenti che lo ricorderanno -alla più tarda posterità. Morendo lasciò i beni -della fortuna alla famiglia, e trasmise all'Italia -il glorioso retaggio delle sue opere e del suo -nome immortale. -</p> - -<p class="indl"> -Villa Saltore, gennaio 1869. -</p> - -<p class="pad2 center large"> -FINE. -</p> -<hr class="silver" /> - -<div class="opere"> -<p class="center"> -DEL MEDESIMO AUTORE: -</p> - -<table class="indice" summary=""> - <tr> - <td><i>Il bacio della contessa Savina</i>. 4.ª edizione</td> <td class="pag">L. 1 —</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Villa Ortensia</i></td> <td class="pag">3 —</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Il Roccolo di Sant'Alipio</i></td> <td class="pag">3 50</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Sotto i ligustri</i>. Novelle e memorie</td> <td class="pag">3 50</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Il Convento</i></td> <td class="pag">3 50</td> - </tr> - <tr> - <td><i>La famiglia Bonifazio</i></td> <td class="pag">4 —</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Brava gente!</i></td> <td class="pag">3 50</td> - </tr> -</table> -<hr /> - -</div> - -<div class="footnotes"> - -<h2> -NOTE: -</h2> - -<div class="footnote" id="note1"> -<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>. </span>Veggasi le antiche cronache, e le Memorie Venete raccolte -da Giambattista Galliciolli, stampate in Venezia nel 1795. -Tomo VII, pag. 100.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note2"> -<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>. </span><span class="smcap">Missirini</span>. <i>Della vita di A. Canova</i>. Prato, 1824. Libro -I, Cap. <span class="smcap lowercase">II</span>, pag. 24.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note3"> -<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>. </span><i>Pensieri di Canova tratti dalle Memorie scritte da -Antonio d'Este</i>. Firenze, p. 73. Le Monnier, 1864.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note4"> -<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>. </span><i>Parole di Canova</i>. Opera sopra citata, p. 67.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note5"> -<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>. </span>Parole di Canova, citate nelle memorie scritte da Antonio -d'Este.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note6"> -<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>. </span>Ballarini, Lettera 14 maggio 1785 — citata da Fabio -Mutinelli nelle <i>Memorie storiche degli ultimi cinquant'anni -della Repubblica Veneta</i>. Venezia 1854.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note7"> -<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>. </span>La descrizione dei locali e delle cerimonie è presa esattamente -dalle <i>Memorie storiche degli ultimi cinquant'anni -della Republica Veneta</i>, di Fabbio Mutinelli, il quale parimenti -la trascrisse dai documenti autentici esistenti nell'Archivio -degli Inquisitori di Stato, nell'Archivio generale e -nella Raccolta del Museo Correr.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note8"> -<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>. </span>Mutinelli, opera citata.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note9"> -<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>. </span>Esistono due cataloghi dei Liberi Muratori Veneziani, -dai quali vennero estratti questi nomi con storica esattezza, -e si conservano nell'Archivio del Governo democratico e nella -Raccolta Correr.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note10"> -<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>. </span>Parole tutte di Canova, citate da Missirini nella <i>Vita</i> che -scrisse di lui.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note11"> -<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>. </span><i>Memorie di Antonio Canova</i> scritte da Antonio D'Este: — Firenze. -Le Monnier, 1864, p. 68</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note12"> -<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>. </span>Citazione testuale delle suddette memorie scritte da -A. D'Este, p. 69.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note13"> -<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>. </span>Egli dipinse l'illustre suo amico in procinto di cadere da -cavallo per la soverchia emozione, ed aggiunge ingenuamente: -«nè io poteva prestargli ajuto, trovandomi nel medesimo -stato. Di ciò avvedutisi alcuni dei più spediti giovani, vedendo -aumentarsi il di lui abbandono, gli si fecero ai fianchi -per sorreggerlo.» Pag. 69.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note14"> -<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>. </span>Veggasi le memorie storiche di Mulinelli più volte citate, -a pag. 74.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note15"> -<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>. </span><i>Historiettes de Tallement de Reaux</i>, vol. II, pag. 233.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note16"> -<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>. </span><span class="smcap">Segrais</span> (<i>Œuvres</i>. Amsterdam, 1723,) <i>Mémoires anecdotes</i>, -pag. 29.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note17"> -<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>. </span><span class="smcap">Antonio Meneghelli</span>. <i>Notizie bibliografiche d'Isabella -Albrizzi</i>, <i>nata Teotocchi</i>, pag. 12 e 53.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note18"> -<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>. </span><span class="smcap">M. Victor Cousin</span>, <i>Madame de Longueville</i>. Paris. Didier, -1853, pag. 136.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note19"> -<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>. </span><span class="smcap">Valery</span>, <i>Curiosité et anecdotes italiennes</i>. Paris. D'Amyot, -1842, pag. 353.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note20"> -<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>. </span><span class="smcap">Cousin</span>, opera sopracitata, pag. 136.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note21"> -<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>. </span><span class="smcap">Cousin</span>, op. cit., pag. 141.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note22"> -<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>. </span><span class="smcap">Idem</span> ibid, pag. 139.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note23"> -<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>. </span><span class="smcap">Ugo Foscolo</span>, <i>Lettera ad Isabella Albrizzi</i> nella <i>Raccolta -d'alcune lettere d'illustri italiani</i>. Firenze, per Le -Monnier, pag. 30.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note24"> -<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>. </span>Dai <i>Ritratti scritti da Isabella Teotocchi-Albrizzi</i>. -Venezia, Alvisopoli, 1816. Terza edizione, pag. 54.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note25"> -<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>. </span><span class="smcap">Albrizzi</span>. <i>Ritratti</i>, ecc., pag. 67.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note26"> -<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>. </span>Obbligato dal Governo di lasciare Venezia come sospetto -di giacobinismo, portò seco un ritratto della Albrizzi, opera -di madama Lebrun. Ritornato in Francia all'epoca della Restaurazione -dei Borboni, morì a Parigi, ove dopo la sua morte -il conte Tommaso Mocenigo Soranzo acquistò il ritratto d'Isabella -e lo offerse in dono al di lei figlio Giuseppino Albrizzi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note27"> -<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>. </span><span class="smcap">Albrizzi</span>. <i>Ritratti</i> sopracitati, pag. 26 e 30.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note28"> -<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>. </span><span class="smcap">Albrizzi</span>. <i>Ritratti</i> sopracitati, pag. 5 e 6.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note29"> -<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>. </span>Id., pag. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note30"> -<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>. </span>Sono tutte sue espressioni tolte dal suo lungo sermone -sui viaggi. Veggasi le poesie originali di Ippolito Pindemonte. -Firenze, per Barbéra e Bianchi, 1858.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note31"> -<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>. </span>Veggasi il discordo di Pietro Dal Rio premesso alle poesie -originali pubblicate a Firenze. — <i>Sulla vita e sulla -opere di Ippolito Pindemonte</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note32"> -<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>. </span>Veggasi <i>Vita di Vittorio Alfieri</i> scritta da esso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note33"> -<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>. </span>Id. Ib.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note34"> -<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>. </span>Veggasi <i>Vita di Vittorio Alfieri</i> scritta da esso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note35"> -<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>. </span><i>Ritratti</i> sopracitati, dalla pag. 95 alla 98.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note36"> -<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>. </span><i>Mémoires de M. Goldoni pour servir à l'Histoire de -sa vie</i>, <i>etc</i>. Paris, par Duchesne, 1787. Tome III, pag. 30.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note37"> -<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>. </span><i>Mémoires</i> sopracitate, pag. 54.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note38"> -<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>. </span>Id. Ib, pag. 197.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note39"> -<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>. </span><i>Scritti di G. Gozzi</i>, scelti e ordinati da N. Tommaseo -Firenze, per Le Monnier. Lettere a Caterina Tron, vol. III.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note40"> -<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>. </span>Id. Ibid. vol. III, pag. 475.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note41"> -<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>. </span><i>Scritti di G. Gozzi</i>, sopracitati.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note42"> -<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>. </span>Id. Ib., 477.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note43"> -<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>. </span>Id. Ib., 490.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note44"> -<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>. </span>Id. Ib., 491.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note45"> -<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>. </span>Id. Ib., 495.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note46"> -<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>. </span>Id. Ib., 496.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note47"> -<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>. </span><i>Scritti di G. Gozzi</i> sopracitati, pag. 496.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note48"> -<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>. </span>Id. Ib, 507.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note49"> -<p><span class="label"><a href="#tag49">49</a>. </span>Id. Ib., 532.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note50"> -<p><span class="label"><a href="#tag50">50</a>. </span>Id. Ib., 533.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note51"> -<p><span class="label"><a href="#tag51">51</a>. </span><i>Memorie inutili della vita di Carlo Gozzi, scritte da -lui medesimo e pubblicate per umiltà</i>. Venezia, Stamperia -Palese, 1797.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note52"> -<p><span class="label"><a href="#tag52">52</a>. </span><i>Memorie</i> sopracitate, vol. I, cap. XXXV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note53"> -<p><span class="label"><a href="#tag53">53</a>. </span><i>Opera sopracitata</i>, vol. III, pag. 101.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note54"> -<p><span class="label"><a href="#tag54">54</a>. </span>Id. Ib., pag. 103.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note55"> -<p><span class="label"><a href="#tag55">55</a>. </span>Opera sopracitata, vol. III, pag. 189.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note56"> -<p><span class="label"><a href="#tag56">56</a>. </span>Id. Ib., pag. 190.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note57"> -<p><span class="label"><a href="#tag57">57</a>. </span>Opera sopracitata, vol. III, pag. 192.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note58"> -<p><span class="label"><a href="#tag58">58</a>. </span>Id. Ib., pag. 193.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note59"> -<p><span class="label"><a href="#tag59">59</a>. </span>Id. Ib.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note60"> -<p><span class="label"><a href="#tag60">60</a>. </span>Opera sopracitata, vol. III, pag. 193.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note61"> -<p><span class="label"><a href="#tag61">61</a>. </span><span class="smcap">Albrizzi</span>, <i>Ritratti</i>, pag. 43, 44, 51.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note62"> -<p><span class="label"><a href="#tag62">62</a>. </span><span class="smcap">Albrizzi.</span> <i>Ritratti</i>, pag. 81 e 82.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note63"> -<p><span class="label"><a href="#tag63">63</a>. </span><span class="smcap">Emiliani Giudici.</span> <i>Storia delle belle lettere in Italia</i>. Lezioni -XIX. Firenze. Le Monnier</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note64"> -<p><span class="label"><a href="#tag64">64</a>. </span><span class="smcap">Albrizzi</span>. <i>Ritratti</i>, pag. 58.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note65"> -<p><span class="label"><a href="#tag65">65</a>. </span>Questo ritratto non essendo fatto pel pubblico deve essere -rassomigliante, è delineato poi precisamente a Venezia nel 1795, -epoca del nostro racconto; trovasi nell'Epistolario di Ugo Foscolo -pubblicato a Firenze da Le Monnier nel 1854. Vol. III, -pag. 281. Lettera a Gaetano Fornasini. Può vedersi la differenza -col suo ritratto scritto per il pubblico, nel sonetto: -«Solcata ho fronte, occhi incavati, intensi, ecc. ecc.» Trovasi -nel volume unico di Poesie pubblicate a Firenze nel 1856 -dallo stesso Le Monnier, e che forma il volume XI delle -opere edite e postume: pag. 194.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note66"> -<p><span class="label"><a href="#tag66">66</a>. </span>Veggasi l'<i>Epistolario</i> sopracitato. Vol. I, pag. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note67"> -<p><span class="label"><a href="#tag67">67</a>. </span><i>Epistolario</i> sopracitato, pag. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note68"> -<p><span class="label"><a href="#tag68">68</a>. </span>Id. Ib., vol. III, pag. 279.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note69"> -<p><span class="label"><a href="#tag69">69</a>. </span>Id. Ib., pag. 280.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note70"> -<p><span class="label"><a href="#tag70">70</a>. </span>Id. Ib.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note71"> -<p><span class="label"><a href="#tag71">71</a>. </span>Veggasi una lettera di Ugo Foscolo stampata in un opuscoletto -pubblicato a Firenze da Le Monnier nel 1856, col -titolo: — <i>Alcune lettere d'illustri italiani ad Isabella -Teotocchi-Albrizzi</i>, pubblicate per cura di Nicolò Barozzi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note72"> -<p><span class="label"><a href="#tag72">72</a>. </span><span class="smcap">Albrizzi.</span> <i>Ritratti</i>, pag. 14.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note73"> -<p><span class="label"><a href="#tag73">73</a>. </span>Id. Ib., pag. 71.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note74"> -<p><span class="label"><a href="#tag74">74</a>. </span><span class="smcap">Albrizzi.</span> <i>Ritratti</i>, pag 93.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note75"> -<p><span class="label"><a href="#tag75">75</a>. </span>Id. Ib., pag. 63, 64.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note76"> -<p><span class="label"><a href="#tag76">76</a>. </span>Id. Ib., pag. 38, 40.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note77"> -<p><span class="label"><a href="#tag77">77</a>. </span>Veggasi la Raccolta cronologica-ragionata dei documenti -inediti che formavano la storia diplomatica della rivoluzione -e caduta della Repubblica di Venezia (Tentori).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note78"> -<p><span class="label"><a href="#tag78">78</a>. </span><i>Il fante dei cai</i>, ossia dei capi, cioè dei Dieci, e degli -inquisitori di Stato: Messer grande era il bargello.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note79"> -<p><span class="label"><a href="#tag79">79</a>. </span><i>Memorie di Antonio Canova</i>, scritte da <span class="smcap">Antonio d'Este</span>. -Firenze, Le Monnier, 1864, pag. 87.</p> -</div> -</div> - -<div class="tnote"> -<p class="tntitle"> -Nota del Trascrittore -</p> - -<p> -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione -minimi errori tipografici. -</p> - -<p class="covernote"> -Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio. -</p> -</div> - - - - - - - - -<pre> - - - - - -End of Project Gutenberg's Il dolce far niente, by Antonio Caccianiga - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK IL DOLCE FAR NIENTE *** - -***** This file should be named 61929-h.htm or 61929-h.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/1/9/2/61929/ - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. 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Redistribution is subject to the -trademark license, especially commercial redistribution. - -START: FULL LICENSE - -THE FULL PROJECT GUTENBERG LICENSE -PLEASE READ THIS BEFORE YOU DISTRIBUTE OR USE THIS WORK - -To protect the Project Gutenberg-tm mission of promoting the free -distribution of electronic works, by using or distributing this work -(or any other work associated in any way with the phrase "Project -Gutenberg"), you agree to comply with all the terms of the Full -Project Gutenberg-tm License available with this file or online at -www.gutenberg.org/license. - -Section 1. General Terms of Use and Redistributing Project -Gutenberg-tm electronic works - -1.A. By reading or using any part of this Project Gutenberg-tm -electronic work, you indicate that you have read, understand, agree to -and accept all the terms of this license and intellectual property -(trademark/copyright) agreement. 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