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diff --git a/39239-0.txt b/39239-0.txt new file mode 100644 index 0000000..31dbe94 --- /dev/null +++ b/39239-0.txt @@ -0,0 +1,12603 @@ +The Project Gutenberg EBook of Rimatori siculo-toscani del dugento. + +This eBook is for the use of anyone anywhere at no cost and with +almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or +re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included +with this eBook or online at www.gutenberg.org/license + + +Title: Rimatori siculo-toscani del dugento + Serie prima - Pistoiesi-Lucchesi-Pisani + +Editor: Guido Zaccagnini + Amos Parducci + +Release Date: March 24, 2012 [EBook #39239] + +Language: Italian + +Character set encoding: UTF-8 + +*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK RIMATORI *** + + + + +Produced by Claudio Paganelli, Barbara Magni and the Online +Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (Images +generously made available by Editore Laterza and the +Biblioteca Italiana at +http://www.bibliotecaitaliana.it/ScrittoriItalia) + + + + + + + + SCRITTORI D'ITALIA + + RIMATORI SICULO-TOSCANI + DEL DUGENTO + + I + + ------ + + RIMATORI + SICULO-TOSCANI + DEL DUGENTO + + + SERIE PRIMA + + PISTOIESI-LUCCHESI PISANI + + A CURA DI + GUIDO ZACCAGNINI e AMOS PARDUCCI + + + + BARI + GIUS. LATERZA & FIGLI + TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI + 1915 + + ------ + + + PROPRIETÁ LETTERARIA + + OTTOBRE MCMXV—12670 + + + + +I + +I RIMATORI PISTOIESI + +A CURA DI GUIDO ZACCAGNINI + + + + +I + +MEO ABBRACCIAVACCA + + +CANZONI + + +I + +Amore non è cagione di pene, ma di gioia. + + Sovente aggio pensato di tacere, + mettendo in obrianza + d'esto modo parlare intendimento, + ma poi mi torna, punge e fa dolere + la sovraismisuranza 5 + di quei c'han ditto d'aver sentimento + de l'amoroso, dolce e car valore, + nomandolo signore, + ch'ard'e consumma di gioi' la verdura + del suo fedel: servendolo soggetto, 10 + sempre li dá paura: + vantaggio 'i tolle, ch'avemo da fèra. + Eo ne faccio disdetto: + se simil dissi mai, cangio carrera. + Ché non par vegna da molto savere 15 + chi sente sua fallanza, + se non volve con vero pentimento. + Né l'altrui troppo si dé' sostenere, + che pare un'acordanza, + come chi dice: stande l'om contento. 20 + Unde move adistato lo mio core + d'essere validore, + se posso, difendendo la drittura + d'amor, che solo in gioi' have l'assetto + e di gioi' si pastura, 25 + non avendo giá doglia sua rivera. + E, se vo' par defetto, + non è d'amor, ma d'odio è pecca intera. + Poi conoscenza ferma lo piacere, + venendo disianza, 30 + l'omo s'alegge ad esso per talento, + e non è, se poi dole, in nel volere, + ma, tardando, li avanza, + soffrendo disioso lo tormento. + Donque n'ha torto ciascun amadore, 35 + che si biasma d'amore, + ch'è solo volontate chiara e pura, + che nasce, immaginato lo diletto, + che porge la natura + de la vita, montando in tal mainera, 40 + come fa lo 'ntelletto + che di gioi' chere sempre la sua spera. + Amor nell'alma credo uno podere + che si prende d'amanza, + poi lo saver ne fa dimostramento 45 + ne le cose partite da valere, + over la simiglianza, + non dicernendo tutto il compimento. + E, se nell'acquistar vene dolore, + non s'ama tal sentore. 50 + Come calore incontra la freddura, + cosí la pena l'amoroso affetto. + Ma tanto monta e dura + del plagere avisar la luce clera, + poi che v'aggia sospetto, 55 + l'omo affannando segue sua lumera. + Dett'ho parte, com' so, del meo parere, + credo fòr la 'ntendanza + dei piú, c'han ditto ch'amor bene ha spento; + né questionar di ciò m'è piú calere, 60 + ché pesami dobblanza, + poi non sostene amor lo valimento + di quei che 'l contra, né sa suo vigore; + perciò istá in errore, + biasmando a torto, non ponendo cura, 65 + né chi rincontra lui non l'ha dispetto. + Nonde voi' piú rancura: + vaglia nel saggio e nell'altro si pèra, + ché io nel mio cospetto + tegno che solo ben sia d'amor cèra. 70 + Amor, tuo difensore + so' stato: so non è poco ardimento + ver' lo forte lamento, + ch'è quasi fermo per la molta usanza. 75 + Mostr'ormai tua possanza, + facendo tuo guerrer conoscidore. + + +II + +Nella donna, piú che la beltá, è da stimare la saggezza. + + Madonna, vostr'altèra canoscenza, + e l'onorato bene, + che 'n voi convene — tutto in piacimento, + mise in voi servir sí la mia 'ntenza, + che cura mai non tene, 5 + né pur sovene — d'altro pensamento; + e lo talento — di ciò m'è lumera. + Cusí piacer mi trasse in voi compíta, + d'ogni valor gradita, + di beltade, e di gioia miradore, 10 + dove tutt'ore — prendeno mainera + l'altre valente donne di lor vita. + Perciò non ho partita + voglia da intenza di star servidore. + Star servidore a voi non sería degno, 15 + ma voi, sovrapiagente + in vostra mente, — solo nel meo guardo + conoscete che 'n cor fedele regno, + e ch'eo presi, servente + di voi, tacente — l'amoroso dardo. 20 + Per mevi tardo — palese coraggio + fatto sería: sacciatelo per certo. + Perzò mostrare aperto + vorria vostro sentir, dico d'aviso: + vedreste priso — me di tal servaggio, 25 + per la qual donna mai fôra scoperto. + Tanto scur ho proferto, + ch'odio, servente in core, amore 'n viso. + Viso sovente mostra cor palese 30 + d'allegrezza smirata, + perch'a la fiata — monta in soverchianza; + ma quello di piacere over d'ofese + covra voglia pensata. + Perché, doblata, — grav'è la certanza, + donque dobblanza — tenete 'n sentire. 35 + Perciò vo' dico, amanti: non beltate + solo desiderate, + ma donna saggia, di beltate pura; + né di natura — signoria soffrire + alcun di pari pregio no' stimate, 40 + ma di grand'amistate + che poggia d'onor quanto chin' d'altura. + D'altura deggio, dir come poss'eo, + lo guigliardon sovrano + benedir sano — di vostra 'ntenzione. + Donna, ch'avete sola lo cor meo, 45 + ricevestemi 'n mano: + ah! non istrano — d'altro guigliardone, + ché di ragione — mi donaste posa + d'affanno, di disio, d'attessa forte. 50 + Sed eo prendesse morte + a vostro grado, me ne plageria, + si 'n meretria — voi d'alcuna cosa. + Poi che m'avete tolto e preso in sorte, + non dubitate, tort'è, 55 + di mio coraggio, ch'esser non poría. + Essere non poría, che 'l core vòle + istar dove valor ha + la sua dimora — di gioioso stallo; + e, se 'l cor pago giá nente si dole, 60 + dunque 'l partire fôra + solo mez'ora — sovra ogn'altro fallo. + Cosí intervallo — non sento potesse + nel mio servir fedel porger affanno, + né 'n voi alcuno inganno. 65 + Ché 'l gran valore prima si provede + che dia merzede, — che poi non avesse + loco né presa, che trovasse danno. + Ché molti falsi stanno + coverti, pronti parlando gran fede. 70 + + +III + +Fra i tormenti d'Amore si rallegra, pensando alla virtú della sua +donna. + + Considerando l'altèra valenza, + ove piager mi tene, + 'maginando beltate, lo pensero + sovenmi, di speranza e di soffrenza + ne le gravose pene, 5 + di disianza portar piú leggero. + Cá lo dispero — non have podere + ne l'autro mio volere, + acciò ch'a lo signor di valimento + non falla vedimento 10 + di provedere li leai serventi; + unde m'allegro, stando nei tormenti. + Dunqu'allegrando selvaggia mainera, + natura per potenza + di figura piacente muta loco. 15 + Che 'ntendimento in anche cosa clera + turba sentire intenza + ne la vita d'ardente coral foco. + Ed eo ne gioco. — Non deggi' obbriare + quella, che sormontare 20 + mi face la natura, modo ed uso. + Quasi dato nascoso + sono a ubidir mia donna fina, + com'al leon soggetta fèra inchina. + En dir assai fedel, mia donna, paro 25 + in core innamorato; + ma ciò, pensando, fall'esser poría, + ché spesso viso dolze core amaro + tene: poi ch'è provato, + nente si cela a mostrar che disia. 30 + Però vorria — vi fuss'a plagere + me servendo tenere; + ché sí mi trovereste in cor síguro + leal com'oro puro, + che, non guardando mia poga possanza, 35 + mi donereste gioi' di fine amanza. + Prendendo loco parlando talento, + in voi, gentil sovrana, + ragione porterea tal convenensa. + Ma, divisando, tem' e' 'l valimento 40 + c'avete venir piana + mia disianza, sí mi veo 'n bassenza. + Poi che temenza — n'aggio, sí conforto: + che non será diporto + tant'adunato parte per natura, 45 + for pietate: non dura + orgoglio in gentil cosa sí finita, + ma l'umeltá fiata onne compíta. + Como risprende in iscura partuta + cera di foco apprisa, 50 + si m'ha 'llumato vostra chiara spera. + Ché, prim'eo 'maginasse la veduta + de l'amorosa intisa, + non era quasi punto piú che fèra. 55 + Ora, ch'empera — mevi amore 'n core, + sento ed ho valore, + e ciò che vaglio tegno dall'altura, + complita in voi figura + d'angelica sembianza e di merzede, 60 + per cui la pena gioi' lo meo cor crede. + + +SONETTI + + +I + +A FRA GUITTONE + +Se possiamo spegnere gli stimoli della generazione, non astenendoci +dal bere e dal mangiare. + + Se 'l filosofo dice: — È necessaro + mangiar e ber, e luxuria per certo: — + parmi che esser possa troppo caro + lo corpo casto, se 'l no sta 'n deserto. + Ché nostri padri santi apportâro + lor vita casta, como pare aperto, + erba prendendo ed aigua, refrenâro + luxuria, che ci fier tropp'a scoperto. + Ché, per mangiare e ber pur dilicato, + nel corpo abonda molto nodrimento, + che per natura serve al gennerare. + Vorrea saver, da saggio regolato, + como s'amorta cosí gran talento, + non astenendo il bere ed il mangiare. + + +II + +AL MEDESIMO + +Tornato di Francia, espone le sue miserie. + + Vacche né tora piò neente bado, + che per li tempi assai m'han corneggiato: + fata né strega non m'hav'allacciato, + ma la francesca gente non privado. + Se dai boni bisogno mi fa rado, + doglio piò se ne fosse bandeggiato. + Signor, non siate ver' me corucciato, + ché lo core ver' voi umile strado. + Sacciate, nato fui da strettoia: + quanto dibatto piò, stringe, non muta + la rota di Fortuna mio tormento. + Non son giá mio, né voglio mia sentuta: + se mi volless', arei tristo talento, + e di quello che vòl mia vista croia. + + +III + +AL MEDESIMO + +Se Dio possa usare misericordia verso di lui peccatore. + +Onesto e savio religioso frate Guittone, Meo Abracciavacca. A ciò che +piú vi piace e' son sempre con volontá di servire. + +S'amore crea solo di piacere, e piacere solo di bono, temo di +convenire a vostra contanza, perché non è fòr d'amore amistate, ned +amore fòr simile di vertú infra li amici. Mò, sostenendo veritá, +conoscenza e bono desio, sono costretto a desiderare per ragione; unde +conforto che 'l sano di voi gusto sosterrà lo mio amaro cibo: ché non +fôra benignitá scifare bono volere d'alcuno che l'have in servire, ma +pare dirittura di sovenire a colui che si vòle apressare a quello che +porge e sovene a privadi e a strangi. Perciò vi dimando che sia +brunito lo mio ruginoso sentore de la quistione di sotto per sonetto +hovvi scritto. + + Poi sento ch'ogni tutto da Dio tegno, + non veggio offensa, ch'om possa mendare, + ché alma e corpo e tutto mio sostegno + mi die' per lui servendo fòr mancare. + Ed eo contr'esso deservendo vegno, + di che non saccio u' lui deggia pagare: + aldo mi drá misericordia regno, + perché lo credo nol posso avisare. + Però che pur Dio è somma iustizia, + misericordia contra me par sia, + ch'omè opra ver' me salute nente. + Ditelmi saggio, e poi de lor divizia, + chi tene inseme Dio per sua balía + assettata ciascuna e 'n sé piacente. + + +IV + +AL MEDESIMO + +Sul medesimo argomento. + +Onesto e savio religioso frate Guittone, lo Meo Abracciavacca, ch'è +vostro, vi si racomanda. + +Se veritá cannoscenza sostene e bono amore, convene che ogni fine +elezione da canoscenza mova ed amore lo confermi. Dunque, se, per vera +dimostranza di bono, sento me apriso d'amore, e poi diletto disiando +servir e veder voi, non meraviglio, ma laudo, conoscendo ciò ch'amare +ed elegere si dee in esta parte, e purificando e sanando. Amore, non +in ozio, ma in continua operazione regna. E quinde intendo vostra +benignitá, sovenendo e svegliando me, ne la grave e fortunosa +aversitade, in gioia alcuna, di che fue alquanto brunita la ruginosa +mia intenzione. Ora sperando sanare la mente in veritá, mò vo' dimando +risposta di fina sentenzia di ciò ch'i' ho dubbio, mandandolovi +dichiarando per lo sonetto di sotto scritto. Consimil è la lettera e +'l sonetto a l'autro in sentenzia, ma non in voce. + + Pensando ch'ogni cosa aggio da Dio, + non so di che mendar lui possa fallo; + ché alma e corpo e vita e mondo 'n fio + mi die' per lui servire a fermo stallo. + Ed eo 'l diservo, in che tegna disio, + non sento di che dica: — Esso disfallo. — + Aldo misericordia dir: com'io + creder lo possa, non veo, sí n'avallo. + Ché pur somma giustizia è fòr defetto. + Al vero Dio misericordia come + chede contr'essa e m'opera salute + vorrial sapere; e poi di loro assetto, + avendo pieno ciascuna su' nome + dal Signor nostro, ch'è tutto vertute. + + +V + +A BINDO D'ALESSIO DONATI + +Rimprovera l'amico d'essersi perduto in vizi carnali. + +Amico Bindo, Meo Abracciavacca ciò che piú ti sia bono. + +L'amistá fredda, celata d'amici lungiament'è veduta: però convene ad +essa socorso di parole, almeno visitazione. Unde pesamevi non poco non +di tuo stato inteso per te alcuna cosa, e ponderosa via piú mi grava +odita quasi di pubrica voce non bene aconcia in tuo pregio. Di che +bono comincio torna, per sentenzia di troppo avacciata natura, lá dove +pregio montato avalla, poi suo podere nol sostene. Di che fôra minore +assai male no aver cominciato che partir di bono comincio. Ché rasa +scrittura di carta peggio poi loco si scrive, e cosí pregio istinto +nel core peggio ralluma. Ahi come pare laido ditto, dicendo: — Quei fu +giá bono! — Ahi, carnal desiderio, quanti nobili e grandi hai +nabissati! Forsi sembrati scusa s'avete vinto? No, ma defensione piú +laude porta. Onne operazione vòle misura, e fòr d'essa vizio si trova; +e quanto meno ende fori, meno have vizio podere. Donque, se misurare +omo non puote volontá carnale, apressi quanto pote a misora. E se +mi dici: — Gioventute forte m'asaglie, — dico: — Difendi con ragion +vecchia c'hai. — Ché gioventude s'intende in due modi: quanto al tempo +e quanto in costumi. E, se ragione loco resistere non pote, fuggi, ché +fuggire s'intende prodezza, lá dove convene. + +Se pronto ti pare mio detto, reputane d'ira furore; e, se ti piace, mi +scrive quello che la tua coscienza giudica di te dirittamente, e al +sonetto di sotto risponde con paraule e con operazione. + + Non volontá, ma omo fa ragione, + perché soverchia vantaggiando fèra; + e qual sommette a voglia operazione, + torna di sotto, lá dove sopr'era. + Perciò chi have saggia oppinione, + porta dinanzi di ragion mainera, + e di sé dritta d'om fa elezione, + unde li surge poi di gioi' lumera. + E dunque, amico, c'hai d'omo figura + razional, potente, bono e saggio, + come ti sottopon vizio carnale? + Pensa per che è l'umana natura, + che di tutti animai sovr'ha barnaggio: + non vorrai, credo, poi vita bestiale. + + +VI + +A DOTTO REALI + +Come mai l'anima, che è formata da Dio, possa essere sopraffatta da +altre cure[1]. + + A scuro loco conven lume clero, + e saver vero — nel sentir dubbioso, + per ciò ch'omo si guardi dall'ostrero, + ch'è tutto fèro — dolor periglioso. + Donque chi non per sé vede lumero, + véneli chero — fare al poderoso; + unde dimando a voi, che siete spero + palese altèro — d'onni tenebroso. + Io son pensoso; — dico: l'alma vene + dal sommo Bene, — donque ven compita: + chi mai fallita — pò far sua natura? + S'è per fattura — de vasel che tene, + perché poi pene — pate ed è schernita, + da che sua vita — posa 'n altrui cura? + + +VII + +AL MEDESIMO + +Si lamenta che gli sia stato risposto oscuramente circa la questione +esposta nel sonetto che precede. + +Messer Dotto frate, Meo Abracciavacca salute di bono amore. + +Da lume chiaro di natura prende scuro, e non da scuro chiaro lume, +perché nond'abisogna vostro mandato. Credo che assai prova intelletto +vostra operazione; perciò temendo parlo. Dico che ogni opera umana +solo da volontá di posa move, e mai per omo in esto mondo non trovare +si pò; e ciò è la cagione che 'l core non si contenta. Poi dico +che ogn'altra criatura naturalmente in esto mondo tanto trova sua +posa; e, se omo maggiormente nobile creatura fo formato, come non +sovra l'autre criature have perfezione di posa avere? Nente ragion lo +vòle che lo 'ntelletto posi ned aggia affetto u' non è sua natura, e +ch'elli non è creato come corpo si crea in esso loco; ma have del +sommo e perfetto compimento, cusí pur di ragione altra vita intendo, +ove intelletto posi e sia perfetto. E voi, intendo, siete omo +razionale, ch'avete presa via di ritornar al perfetto principio per +fina conoscenza. Se volontate varia per istati diversi, non vari +operazione d'avere verace spera, venendo a fine fine. In ciò che +mandasteme lettera e sonetto, perché risposta avete di mio sentire, +rispondo; e, se vostra intenzione non si pagasse, riputatene il poco +saver mio, che volontá pur aggio di sodisfare ad onne piacer bono: per +compimento volontá prendete. A frate Gaddo e a Finfo, come +imponesteme, il mostrai e diei scritto. + + Parlare scuro, dimandando, dove + risposta chiere veder chiaro l'orma, + non par mistero che sentenzia trove, + ma del sentir altrui volere norma. + A ciò che 'ntendo dico mezo sove + di primo fine, e di fine storma + qual nel mezo difetto fine strove: + dunqua per fine ten piú vizi a torma. + Cosí bono tornare pregio chine + di monte 'n valle del prefondo male, + a ciò bisogna di ragione cura. + Voi conoscete da la rosa spine, + seguir convene voi a fine tale, + che 'l primo e 'l mezo di lod'agi'altura. + + +VIII + +A MONTE D'ANDREA + +Eviti le pene d'amore, mutando luogo. + + Vita noiosa pena soffrir láne, + dove si spera fine veder porte + di gioia porto posandovi, láne + con bono tempo fôra tale porte. + Ma pena grave perder còi e lane, + e credensa piò doglia fine porte, + ogne ramo di male parmi láne: + me non sopporre, ma ben vorria porte. + Chi sta nel monte reo vada 'n nel vallo, + e chi nel vallo simel poggi a monte, + tanto che trovi loco meno reo. + Ché bono non è che dir possa: — Vállo, + ch'i' sento loco fermo ch'aggio, Monte, — + cavalieri, baron, conte, né reo. + + +IX + +Amore gli renda più pietosa la sua donna. + + POETA. Amore amaro, a morte m'hai feruto: + tuo servo son, non ti fi' onor s'i' pero. + AMORE. Ver è, ma vedi ben che l'ha voluto + quella da cui son nato e per cui fero. + Or ell'ha di valor pregio compiuto + e di beltá sovr'ogne viso clero: + e però guarda non gli aggi falluto + di vista o di parlare o di pensero. + POETA. Merzede! Amor, non dir: tu lei m'hai dato; + e sai piú di me che non sacc'eo: + fálli sentir per certo ciò ch'eo sento. + Forse ch'avrá pietate del mio stato: + al colpo periglioso del cor meo + dara'li cura: giá non vi sie lento. + + + + +II + +SI. GUI. DA PISTOIA + + +I + +A GERI GIANNINI DA PISA. + +Si compiace dell'amicizia offertagli da Geri. + + Tanto saggio e bon poi me somegli, + me e 'l mio e 'l me' piacer t'assegna, + non per merto di tu' don (ch'i' non quegli + son che 'l possa sodisfar, né s'avegna), + ma per lo tu' valor, che m'ha pres'egli, + il faccio, ch'amor me far ciò si degna. + Deo! com'el tu' don a me piac'egli, + che, fòr dimando, mel desti 'n insegna, + piena d'amor e senz'alcuna giostra. + Or qual è dunque l'om che 'l tuo conseglio + lassasse? Non so, sed elli 'n ben pesca. + Unde mi piace l'amistá, poi giostra + tanto con le du' l'una per pareglio, + fresch'e veglia fra noi sia con bon' ésca. + + +II + +Prega Dio che lo liberi dal dolore che l'affanna. + + Del dolor tant'è 'l soverchio fero, + che l'alma e 'l corpo e 'l core mio sostene, + che, lasso! qual fusseme piú crudero, + se 'l vedesse, cordoglio avria di mene. + Ahi Deo! perché fuste me piagentero, + donando voi me gioi' con ogni bene? + Che però il dolor m'è troppo altero: + chi piú gioi' ha, poi doglia li è piú pene. + Vorria ch'al vostro piacere piacesse + pietade, per merzé; sí che la doglia + mia crudel oramai tranquilla avesse. + Ed è ragion; ché 'l core ho in bona voglia, + como di prima era, nelle duresse: + Padre pietoso, di pena lo spoglia. + + + + +III + +LEMMO ORLANDI + + +CANZONE I + +Si duole con Amore che la sua donna, da benigna, sia ora diventata con +lui crudele. + + Gravoso affanno e pena + mi fa' tuttor sentire, + Amor, per ben servire + quella, di cui m'ha' priso e servo dato. + Tutta mia forza e lena 5 + ho misa in te seguire; + di lei fermo ubidire + non son partito, ma leale stato. + E tu pur orgoglioso + ver' me spietato e fèro 10 + se' mostrato e crudero, + poi che 'n bailía avesti lo mio core. + E' convensi a signore + d'essere umile in meritar servente: + tu pur di pene mi fai star sofrente. 15 + Sono stato sofrente, + e son, di gran tormento, + Amor, poi che 'l talento + di quella ch'amo cangiasti per vista + ver' mei; ché primamente 20 + facesti mostramento + di far meo cor contento + di lei, di quella gioi' ch'or disacquista. + Sí che, per tal sembianza, + misi 'l core e la mente 25 + a servir fermamente + tua signoria, Amor, pur'e leale. + Ma non è stato tale + ver' me 'l suo cor, come mostrar sembianza + tu mi facesti, Amor; und'ho pesanza. 30 + Amor, merzé ti chero, + poi che son dimorato + in sí gravoso stato, + com' mi tenesti, sí lunga stagione. + Non si' ver' me sí fèro, 35 + ch'assai m'hai affannato + e forte tormentato, + seguendot'a tuttor fòr falligione. + Mòvet'ormai merzede, + lei voler, che disvole 40 + (unde 'l meo cor si dole), + fa' 'l meo servir, ché sol ciò ti dimando. + E, se, merzé chiamando, + tu non m'aiuti, Amor, altro non saccio + ch'aitar mi possa che la morte avaccio. 45 + Donna, mercé dimando + a voi, che di beltade + fior e di nobeltade + siete, sovr'onni donna, e di piagenza, + ch'agiate provedenza 50 + sovr' al mio stato grave e doloroso: + in ciò, mercé! sia 'l vostro cor pietoso. + + +CANZONE II + +Adducendo il triste esempio di se medesimo, che, senza saper perché, +fu abbandonato dalla sua donna, esorta chi voglia aver ricompensa del +proprio amore, di scegliere una donna piacente e saggia. + + Fèra cagione e dura + mi move, lasso! a dir quasi forzato + lo doloroso stato, + nel qual m'ha miso falsa ismisuranza; + non giá per mia fallanza, 5 + ma per quella di cui servo mi misi, + e per cui mi divisi + di tutt'altro volere e pensamento, + dandomi intenzione + che, fòr di falligione, 10 + dovesse lei amar, leal servendo, + la cui vista, cherendo — meo servire, + mi fe' servo venire + de la sua signoria disideroso. + Poi che servo divenni 15 + de la sua signoria e disioso + del dilett'amoroso + che nel meo cor di lei immaginai, + addesso mi fermai + in tutto d'ubidir lo suo comando, 20 + per vista dimostrando + me ch'era su' fedel serv'ubidente. + Und'ella per sembianza + mi fece dimostranza + ch'allegrezza mostrava 'n suo coraggio, 25 + poi che 'n suo signoraggio — m'era miso; + und'è che 'n gioi' assiso + i' fui manta stagion, sol ciò pensando. + Dimorando 'n tal guisa, + perseverando in lei servir tuttora, 30 + non fu lunga dimora, + ch'eo viddi che sua vist'era cangiata, + ver' me quasi turbata, + non sostenendo me solo guardare. + Credetti che provare 35 + volesse me com' fusse 'n su' amor fermo. + Allor presi conforto, + isperand'a bon porto + lo meo fermo servir mi conducesse, + e che tornar dovesse — pietosa: 40 + ed ella d'orgogliosa + mainera ver' di me mai sempr'è stata. + Però forte mi dole, + poi veggio che servendo ho diservito + in loco, 've gradito 45 + credetti esser per certo fòr fallenza. + Ma via maggior doglienza, + quasi mortal, mi porge 'l suo fallire, + ché per suo folle dire + fe' manifesto in parte meo pensero, 50 + lamentandosi forte + di me, che quasi a morte + la conducea in farl'increscimento; + e sí fèro lamento — fece, a tale + che gravoso poi male 55 + n'ha dato lei con gran doglia sovente. + A ciascun ch'amar vòle + dico che deggia, se pòsi, guardare + di vana donna amare, + gioven troppo di tempo e di savere. 60 + Ché grave 'n lui dolere + prende chi l'ama, doloroso tanto, + non si porea dir quanto, + per qual s'avesse piò 'n pena d'amore. + Ma elegga 'n sé, certo 65 + chi amar vòle e merto + di suo servir, donna piagente e saggia, + che benigno cor aggia — fermo e puro, + e poi será siguro + di non perder di lei gioia, servendo. 70 + Di gioven signoraggio, + quale sovra ditt'aggio, + leal servendo, merit'aggio avuto. + Vorríam'esser partuto, — ma non posso; + ché, poi 'l piager è mosso, 75 + è legato l'om servo e 'l partir greve. + + +III + +È combattuto dalla necessità di partire e dal dolore di dover lasciare +la sua donna. + + Lontana dimoranza + doglia m'ha dato al cor lunga stagione: + or mi dobla cagione + di piú grave dolor nuovo partire. + D'assai lontano gire 5 + isforzami di ciò senn'e ragione, + contro all'opinione, + piena di voluntade e di pietanza, + con grande smisuranza + che non alungi me contr'al volere, 10 + piú che sia del piacere + vostro, di cui amor servo mi tene. + E pietanza mi vene + di voi, ch'avrete del partir dolere. + Cosí del rimanere 15 + e dell'andare son diverse pene. + + + + +IV + +PAOLO LANFRANCHI + + +I + +Esorta il re d'Aragona a prepararsi a difendersi dal re di Francia. + + Valenz senher, rei dels Aragones, + a qui prez es honors tut jorn enansa + e membre vus, senher, del rei franzes, + queus venc a vezer e laiset Fransa, + ab dos sos fillz es ab aquel d'Arles: + hanc no fes colp d'espaza ni de lansa, + e mainz baros menet de leur paes; + jorn de lur vida sai n'auran menbransa. + Nostre senhier faccia a vus compagna, + per que en re nous qual duptar: + tal quida hom que perda que gazainha. + Seigner es de la terra e de la mar, + per quel rei engles e sil d'Espangna + ne varran mais, sei vorres ajudar. + + +II + +Ricorda a un uomo, superbo della sua ricchezza, l'instabilità della +fortuna. + + De la rota son posti esempli assai, + che gira e volge e non dimora in loco, + e mette in bono stato quel c' ha poco, + al poderoso dá tormenti e guai. + Or' a che no' tel pensi, po' tu 'l sai + che piccola favilla fa gran foco? + non t'allegrare troppo né dar gran gioco, + ché non se' certo come fenirai. + Se alcun è che tu veggi in malo stato, + in quel medesmo tu pòi avenire, + ch'a te né lui Dio non l'ha giurato. + Aggio veduto per li tempi sire, + che la ventura l'ha sí governato, + che piú che vita desira morire. + + +III + +Risveglio doloroso. + + Un nobel e gentil imaginare + sí mi discese ne la mente mia; + in veritá (ch'eo allora dormia) + el me paria con la mia donna stare + in un giardin, baciare ed abbracciare, + rimossa ciascun'altra villania. + Ella dicea: — Tu m'hai in tua bailía: + fa' di me, o amor, ciò che ti pare. — + In quel giardin si avea da l'un canto + un rosignol, che dicea in so' latino: + — Securamente per vostro amor canto.- — + I' mi svegliai che sonava matino: + considerando il bene ch'avea tanto, + venme voglia deventar patarino. + + +IV + +Amore gli dona in sogno un fiore della sua donna. + + L'altrier, dormendo, a me se venne Amore, + e destatomi disse: — Eo so' messaggio + de la tua donna che t'ama di core, + se tu, piú che non suôi, se' fatto saggio. — + Da la sua parte mi donò un fiore, + che parse per semblant' il so visaggio. + Allor nel viso cangiai lo colore, + credendo el me dicesse per asaggio. + Però con gran temenza il dimandai: + — Come si sta la mia donna gentile? — + Ed el me disse: — Ben, se tu ben stai. — + Allora di pietá devenni umile. + Egli sparío; piú non gli parlai; + parvemi quasi spirito sottile. + + +V + +Amore manifesti alla sua donna le sue pene. + + POETA. Dimme, Amore; vorestù tornare + da la mia parte a la donna mia? + AMORE. Sí, se tu vogli, ma ell'è follia: + ché talor nòce lo troppo adastare. + POETA. E lo meo core vi vòl pur andare, + e ti demanda en sua compagnia. + AMORE. Di presente me meterò en via + dapo' ch'eo veggio ch'a lui e te pare. + Or me di' ciò che tu vòi che gli dica: + che tu non fini clamare mercede? + Perzò non è bisogno andarne mica, + per aventura ch'ella non ti crede. + POETA. Sí fa'; che di me vive e se nutríca; + e 'l cor non pò durar, se no' la vede. + + +VI + +Amara delusione. + + L'altrier pensando mi emaginai + mandare Amore a la donna mia; + ed a lui piacque per sua cortesia + andar a lei; tanto ne'l pregai. + Poi retornò e disseme: — Che fai? + tutta l'ho misa ne la tua bailía: + I' ti so a dire, ch'ell'è a mezza via, + e vien a te, se tu a lei non vai. — + Po' me venn'un penser da l'altro lato, + e fortemente me represe e disse: + — Amico meo, tu hai folle pensato. + Or credi tu ch'ella con te venisse? + E tu anderesti a lei? Se' tu in istato? — + Parveme allor che l'alma se partisse. + + +VII + +Lamenta l'avversa fortuna che gli fa fare sempre il contrario di quel +che vorrebbe. + + Ogni meo fatto per contrario faccio, + e di niente d'intorno mi guardo: + l'estate so' più freddo che no el ghiaccio, + l'inverno per il gran calor tutto ardo. + Se ho lettera de gioia, sí la straccio, + se di dolore, la repogno e guardo; + chunque è mio amico, sí i' lo minaccio, + se mi saluta, sí me fier d'un dardo. + Credo che Dio ensieme e la natura + erano irati quando mi creâro, + che trasformôrmi d'ogni creatura. + Però il lor non gittarono en paro, + e l'alma che mi deron clara e pura + giammai no' l'averanno en suo reparo. + + +VIII + +Vicende di fortuna. + + Quattr'omin son dipinti ne la rota + per la ventura dello esemplo dato: + e l'altro sta di sopra incoronato, + e l'uno in su valentemente nota. + E 'l terzo se tien le mani a la gota, + ed è vilanamente trabucato, + e 'l quarto sta di sotto riversato, + e d'ogni estremità li dá sua dota. + Io fui quel che lá su andai montando + intorno intorno la rota girata, + e fui di sopra a tutto il mio comando; + poi la testa mi fo incoronata. + Or son caggiuto d'ogni ben in bando, + nel finimento de la mia giornata. + + + + +V + +MEO DI BUGNO + + +Coscienza netta non cura farneticar di gente. + + Tutto el tempo del mondo m'è avenuto, + e sempre me n'andrò con questa norma, + che lá, 've non pongo 'l piè, faccio l'orma, + non so qual de' demòni m'ha veduto, + che, sendo santo, non serò creduto, + anzi me sgrideria la gente a torma. + Unde el conven ch'eo vegli e poco dorma, + da tante parte me veggio asseduto. + Ma non mi muto per altrui parlare: + ben è vertá ch'io ne son pur dolente, + e come bestia lasso ogn'om belare. + Om che si sente iusto ed innocente, + a faccia aperta pò securo andare, + e non curar ferneticar di gente. + + + + +NOTA + + +I + +MEO ABBRACCIAVACCA + +Meo di Abbracciavacca di Guidotto de' Ranghiatici pare che +appartenesse a una famiglia di cambiatori pistoiesi, perché tale fu +suo padre, che fu console dei cambiatori nel 1237, e un suo figlio, +Forese, fu nel 1304 nella banca degli Ammannati. Suo padre, e forse +altri della sua famiglia, furono di parte ghibellina. Meo visse assai +a lungo, perché era ancora vivo nel dicembre del 1300, quando, in un +atto notarile di quell'anno un altro suo figlio, Iacopo, è detto: +«_Dominus Pucius (Iacobuccius) Bargomei_ (sic) _Abraciavache de +Pistorio_» (vedi nei miei _Rimatori pistoiesi_, p. XLIV e sgg., negli +_Studi e ricerche di antica storia letteraria pistoiese_, nel _Bull. +stor. pist._, XII, 38 sgg., e in _Per la storia letteraria del sec._ +XIII nel _Libro e la stampa_, VI, 78-79). + +È dunque un vero fossile della maniera guittoniana, perché forse +poetava ancora dietro le orme del dittatore, quando giá in Pistoia si +udivano le dolci note della poesia di Cino. È il piú arido e il piú +oscuro dei rimatori del gruppo pistoiese. Egli si aggira sempre nel +circolo delle idee della poesia cortigiana; riproduce, piú o meno +fedelmente, concetti e forme provenzali, che abbiamo udite le mille +volte in altri poeti del suo tempo o a lui di poco anteriori; adopera +tutti gli artifizi della scuola, come le rimalmezzo, le rime +imperfette, spezzate, equivoche, i sonetti a dialogo, i sonetti con +due sole rime ed altre consimili preziositá; e soprattutto è +oscuro, pesantemente oscuro, tanto da rivaleggiare in questo col piú +oscuro dei guittoniani, Panuccio del Bagno. Di questo rimatore +specialmente e di fra Guittone d'Arezzo si mostra caldissimo +ammiratore e imitatore: del primo infatti rimaneggiò una canzone: «Di +sí alta valenza ha signoria», in quella sua: «Considerando l'altèra +valenza»; col secondo tenzonò su vari argomenti, e a lui diresse tre +epistole in prosa. Se mai qualche peculiaritá si voglia trovare in +questo oscuro e faticoso rimatore, è, a mio parere, l'esagerazione dei +difetti della scuola, e l'imitazione cosí pedissequa de' provenzali, +da non muovere un passo nelle canzoni, se non dietro le orme di +quelli; cosicché si avvertono facilmente, or qua or lá, imitazioni da +Bernardo di Ventadorn, da Peirol, da Gaucelm Faidit, da Peire Vidal, +da Blacasset e da altri ancora. + +Il testo delle poesie dell'A. è condotto sull'edizione che giá ne feci +nel 1907 nei _Rimatori pistoiesi_, e quindi sul Laurenziano-Rediano +(L), e per la canz. III anche sul Palatino 418 (P): l'ho migliorato in +alcuni punti, giovandomi delle osservazioni che mi furono fatte da +coloro che ebbero occasione di recensire il mio lavoro, e adattandolo +alle norme stabilite per questa collezione. + +E ciò s'intenda detto di tutta questa edizione dei _Rimatori +pistoiesi_[2]. + + Canz. I, v. 3. Veramente L ha «d'esto mondo»; ma mi sembra che + qui «mondo» non significhi nulla. Credo che voglia dire: «Spesso + ho pensato di tacere, abbandonando il proposito di parlarne in + questo modo». + + v. 28. L, veramente, ha «pena»; ma di questa lezione non riesco + a persuadermi. Intendo: «Non è colpa intera d'amore, ma d'odio». + + v. 31: «ad esso». Cosí credo debba sciogliersi «adesso» di L, + riferendo «esso» a «piacere». + + v. 31. Il CASINI, nell'ediz. diplomatica che fece del + Laurenziano-Rediano 9, lesse «fa legge»; ma, oltreché codesta + frase non dá un senso soddisfacente, è proprio scritto + «s'alegge». + + v. 57. «Con so» manca in L; ma giustamente ve lo aggiunse il + Casini. + v. 61. «dobblanza». Cosí correggo la mia edizione, poiché mi + pare che in tal modo corra meglio il senso, e perché anche nella + seguente canzone al v. 35 si dice: «Dunque dobblanza tenete in + sentire». Vuol dire: «Mi pesa anche il dubitare + (dobblanza = dubitanza, dubbio) di ciò». + + Canz. II, v. 11. «Prendendo» ha L; ma non dá alcun senso, quindi + bene il Gaspary lesse «prendono». + + v. 15. L ha «per servire»; ma, poiché ogni strofa incomincia + riprendendo le ultime parole della strofa precedente, è certo + che qui si deve leggere «star servidore». + + v. 55. Il NANNUCCI volle leggere «torte», e intese che fosse un + avverbio «a torto»; ma, oltreché codesta sarebbe una forma + inconsueta, è da credersi che si debba sciogliere in «tort'è», + anche perché l'Abbracciavacca prediligeva queste rime + imperfette. + + v. 57. L ha «porea»; ma, poiché la strofe precedente termina con + «poría», per la sopraddetta ragione deve leggersi «poría». + + v. 65. Nella ediz. del 1907 scrissi «né voi»: ma deve + correggersi, com'é in L, «né in voi». + + Canz. III, v. 3. Il BIADENE, che già pubblicò questa canzone, + unisce «pensero» con «piager» del v. 2 e ne forma un concetto + solo, quello di «piacevole pensiero»: credo invece di dover + togliere l'«e» dopo «beltate» e la virgola che avevo posta dopo + «pensiero», e cosí piú facilmente si può intendere: «Lo pensiero + soviemmi», cioè «mi torna in mente». + + v. 19: «non deggi'». Ho aggiunto l'«i» per ragioni fonetiche. + + v. 29: «ch'è». Io stesso nella mia vecchia edizione ed anche il + Biadene abbiamo lasciato «che»; ma certo è meglio intendere + cosí: «Poiché è provato, cioè si è visto, che sotto viso dolce + si nasconde cuore amaro, allora non si cela piú...». + + v. 39: «ragione». Cosí scrivo, seguendo il BIADENE ed L, sebbene + P abbia «rasone». + + v. 42: «bassenza». Cosí correggo «bassansa» di P., seguendo, per + ragioni di rima, L. + + Son. I, v. 2: «e luxuria». Nella mia precedente edizione avevo + creduto aggiungere un «è» innanzi a «luxuria»: ma la risposta di + fra Guittone fa presupporre una triplice necessità affermata + dall'Abbracciavacca. + + Lettera I a Fra Guittone. È in L. + + Son. III, v. 4: «Ed eo». Cosí è in L, e non «ecco», come errando + lesse il BOTTARI (_Lettere di fra Guittone d'Arezzo_, Roma, + 1745, p. 76). + + v. 7: «Regno»: non «segno», come avevo creduto di leggere, per + aver un senso più chiaro, nell'ediz. del 1907. «Regno» dice + veramente L. + + Lettera II a Fra Guittone. È in L, da cui la riproduco. Fu già + pubblicata dal BOTTARI (_Lettere_ citt., p. 77). + + Son. IV, prima terzina. Com'è in L, questa terzina non dà senso. + L'ho rabberciata, sciogliendo il «che» in «ch'è» nel primo verso + e aggiungendo la congiunzione «e» nel terzo. Il senso allora + corre spedito: «Me ne scoraggio, perché anche la giustizia + di Dio è senza difetto. Vorrei sapere come misericordia chiede + contro di essa al vero Dio o mi dà la salvazione dell'anima». + + Lettera a Bindo di Alessio Donati. È in L, da cui la traggo, + correggendo l'ediz. cit. del BOTTARI. + + Son. V, v. 8: «unde». Cosí ha L, non «onde», come lesse + erroneamente il BOTTARI. + + v. 12: Tolgo l'«e», che avevo creduto di aggiungere, ma che non + è in L, e sciolgo il «perché» in «per che». Leggo quindi «per + che è», giacché nel ms. è anche questo «è». + + v. 13: «animai». Veramente L ha «animali»; ma in tal modo non + tornerebbe più il verso. + + Son. VI, v. 12: «S'è per». Attenendomi ad L, correggo cosí la + mia antica edizione, e il senso è chiaro: «Se è per colpa della + fattura del corpo che contiene l'anima». + + Lettera a Dotto Reali. È in L. La riproduco dall'edizione che ne + ha data il MONACI nella _Crestomazia del primo secolo della + lingua_, con lievissime modificazioni grafiche. + + Son. VII, v. 4: «volere». L ha «voler»; ma, per necessità di + verso, ho aggiunta un «e» finale. + + v. 8: «ten». Cosí ha L, e non «tien», come, rabberciando, lesse + il BOTTARI. + + v. 14: «di lod'agi'altura». Il BOTTARI: «di loda gialtura». + + Son. VIII. Nell'altra mia ediz. ho invertito l'ordine dei vv. + 11-2 e 13-4, perché lo schema di questo son. corrispondesse a + quello di Monte Andrea: «Languisce il meo spirto», di cui è + risposta a rime obbligate; ma le giuste osservazioni, che altri + mi ha fatte, m'inducono a rimaner fedele a L, anche perché mi + sembra che ci si guadagni di chiarezza. + + v. 13: «Monte». Mi pare che qui si tratti del vocativo di Monte + Andrea. Infatti non è presumibile che il rimatore abbia voluto + far rimare con «monte» del v. 10 proprio la stessa parola nel + medesimo significato. Intendo: «Chè non v'è buono che possa + dire: — Io discendo a valle, perché sento, o Monte, che vi posso + trovare luogo fermo. — Né cavalieri, né baroni, né conti, né re + possono dire ciò». + + Son. IX, v. 10. Tolgo il «via», che avevo messo nella precedente + ediz., perché, oltre che non necessario pel senso, non è in L. + + v. 14: «dará li cura». Non occorre allontanarsi da L, che ha + «dara li cura», per render piú chiaro il senso e cambiare «li» + in «la», come feci nell'ediz. del 1907. Ma, prendendo «li» come + pleonasmo, il senso corre assai bene. + + +II + +SI. GUI. DA PISTOIA + +Nonostante le piú diligenti ricerche, non ho potuto rintracciare chi +mai sia questo antico rimatore: forse è Simbuono o Siribuono giudice, +da Pistoia, a cui qualche cod. attribuisce due canzoni: «Spesso di +gioia nasce ed incomenza» e «S'eo per cantar potesse convertire?». +Certo è che il nome di Siribuono non è raro nei documenti pistoiesi. + +I due sonetti sono nel Laurenziano-Rediano 9. + + Son. I, v. 2: «el me' piace». Correggo la mia vecchia ediz., + attenendomi ad L e intendendo: «Ciò che mi piace [il mio + piacere] t'assegna me e il mio». + + Son. II, v. 2. Mi attengo fedelmente ad L, correggendo la mia + ediz. + + vv. 1-5. Anche qui credo che bisogni attenersi ad L, perché + chiaro corre il senso: «Perché, Iddio, ti compiacesti di donarmi + gioia con ogni bene?». + + +III + +LEMMO ORLANDI + +Lemmo di Giovanni d'Orlando appartenne a famiglia popolana pistoiese +derivata da Carmignano, castello che i pistoiesi avevano tolto ai +fiorentini. Nacque da un Giovanni di Rolando di Oddo intorno al 1260. +Nel 1283 condusse in moglie una certa Sobilia, da cui ebbe due figli, +Vanni e Frosina. Fu, a quel che pare, a Bologna con alcuni mercanti, +per la maggior parte toscani, nel 1284. Morí, poco più che trentenne, +non molto prima del 6 gennaio 1294 (v. i miei _Rimatori_, p. LV sgg. e +_Per la storia letter. del secolo XIII_, nel _Libro e la stampa_, VI, +fasc, IV e VI). + +Assai meno oscuro e artificioso di Meo Abbracciavacca, egli, pur +ritenendo ancora della scoria guittoniana, provenzaleggia talvolta; ma +si fa piú chiaro, meno prezioso. Delle sue rime deve esser piaciuta +assai a' suoi tempi la cobbola «Lontana dimoranza», e ciò prova +non solo il fatto che non son pochi i codici che la contengono, ma +l'averla messa in musica Casella. Le due prime canzoni sono nel +Laurenziano-Rediano 9, la terza è nel Vaticano 3214 e nel Riccardiano +2846. + + Canz. I, vv. 2-4: «fa'» e «ha'». Cosí interpetro, poiché è certo + che in tutta la strofa il poeta parla in seconda persona ad + Amore. + + v. 13: «e'». Ho aggiunto l'apostrofo, perché è qui molto + naturale questo «e'» = «egli» pleonastico. + + v. 20. Pongo un punto e virgola dopo «mei» e muto il «che» in + «ché», perché è certo che il senso cosí corre meglio. + + v. 34: «com'». Muto pel senso il «con» di L in «com'». + + v. 39. Com'è in L, il verso è falso: «Movet'ormai a merzede». + + v. 48: «fior' e di nobeltate». Cosí L, e, anche per cagione di + senso, mi attengo a questo codice. + + Canz. II, vv. 34-5. Ho adottata la punteggiatura del Valeriani, + perché in tal modo il v. 34 spiega come «sua vista era cangiata» + verso di lui. + + v. 56: «n'ha dato lei». Cosí ha L, e cosí credo si debba + leggere, e non «n'ha dato a me», come posi nella mia antica + ediz., tratto in errore dal Valeriani, che aveva rabberciato il + passo con un «m'ha dato». + + v. 61: «Ché grave 'n lui». Pongo dinanzi a «lui» un «'n», che è + in L e che avevo soppresso nella mia precedente edizione. + + Canz. III, v. 10. Per questo verso adotto, sebbene non sia nei + codici, la buona lezione data dal NANNUCCI nel suo _Manuale_. + + v. 14: «dolere». Cosí deve certamente leggersi per necessità di + rima. + + +IV + +PAOLO LANFRANCHI + +Un Paolo Lanfranchi da Pistoia, che è certamente il rimatore, perché +nessun altro di questo nome apparisce in documenti pistoiesi, fu dal +febbraio all'ottobre del 1282 a Bologna; vi era ancora il 21 gennaio +del 1283 (v. il mio art. cit. nel _Libro e la stampa_, p. 144). Di lá, +molto probabilmente, visitò insieme con Guiraut Riquier e Folquet de +Lunel la corte di Pietro III d'Aragona nel 1283 o nel 1284. Alla corte +di quel re, e precisamente fra il 1283 e il 1285, anno in cui morí +Pietro III, scrisse il sonetto in provenzale: _Valentz segneur_. Piú +tardi, dalla Spagna fece ritorno in Pistoia, donde fu bandito per +violenze private nel 1291 (v. i miei citt. _Studi e ricerche_, +estr. dal _Bull. stor. pist._, XII, 44). Pare che fosse ancora a +Bologna nel 1295 (v. nel _Libro e la stampa_, nell'_Appendice_). +Appartenne a una famiglia di mercanti. + +Degno di particolare attenzione è il suo sonetto provenzale, perché +esso e i due di Dante da Maiano, sono i soli che si abbiano in quella +lingua. + +Nelle poesie italiane rifugge dagli artifici, e fa versi facili e +talvolta anche armoniosi. Nel son. «Un nobel e gentile imaginare» si +sente sincero, sebbene crudo, il realismo della poesia popolare. +Qualche sonetto è di argomento politico: pare che vi si alluda alla +caduta della fortuna di Carlo d'Angiò: cosicché da questi suoi versi +sembrerebbe che il Lanfranchi fosse stato di parte ghibellina. + +Il sonetto provenzale è nel Laurenziano XLI, 42 (L), i sonetti +italiani sono nel Barberiniano XLV, 47 (oggi Vaticano 3953) (B) e due +nell'Estense X, B, 10 (E). + + Son. II, v. 2: «gira e volge». Correggo cosí la mia antica + ediz., mantenendomi fedele a B. + + v. 5. Credo bene attenermi a B, abbandonando la lezione data dal + BAUDI DE VESME, che per il primo stampò questi sonetti: soltanto + tolgo il «che» di B dinanzi a «tu 'l sai», e pongo «ora» e non + «or» per necessità di verso. + + v. 7. Anche qui mi attengo a B, che dá un senso piú chiaro della + lezione da me seguita nella precedente edizione. + + Son. III, v. 8. Veramente B ha «fa de mio amore, eo»: ma credo + che, dividendo opportunamente, si debba leggere «de mi, o + amore», e, correggendo la forma veneta «de mi» in «di me», venga + fuori la lezione semplice e chiara «fa' di me, o Amor, ciò». + + Son. IV, v. 10. Come è nel ms., il verso manca d'una sillaba: + per compierlo v'aggiungo il «si» innanzi a «sta». + + Son. VI, v. 2. Tolgo il «de», che avevo creduto di aggiungere in + principio del verso, come non necessario. + + v. 12: «con te». Veramente B ha «cum ti», che è forma veneta (si + ricordi che quel codice fu scritto da Niccolò de Rossi + trivigiano), la quale agevolmente si può correggere in «con te». + + Son. VII, v. 3: «no el ghiaccio». Cosí mi permetto di correggere + leggermente B, per ottenere la misura del verso. + + v. 11: «transformormi». Cosí correggo, accettando la proposta + fatta nella sua recensione alla mia ediz. dal DE GERONIMO; + intendendo come egli dice: «Dio e la natura erano irati, quando + mi crearono e mi fecer diverso da ogni creatura». + + v. 12. Anche qui accetto la spiegazione del DE GERONIMO: «Il + rimatore, indispettito che Dio e la natura l'abbiano forse + creato, in un momento d'ira — Il loro — ei dice — quel + ch'essi poteano non gittarono in egual misura di quel ch'io + possa gettar via, e l'anima, che mi dettero chiara e pura, non + la riavranno essi giammai». — + + Son. VIII, v. 4: «nota». Sospetto che debba dire «rota», cioè + s'affatica seguendo il girare della ruota per arrivare al sommo + di essa. + + +V + +MEO DI BUGNO + +Pare sia stato figlio di un Bugno di Napoleone, che nel 1284 fu +bandito da Pistoia e che, tornato dall'esilio, fu nel 1287 del +Consiglio del popolo per il quartiere di Porta S. Andrea; e credo sia +proprio l'antico rimatore quel «_Muccius_ (o _Bartromuccius_) _filius +Bugni Napoleonis_», che il 21 marzo 1282 fu condannato per essere +entrato a viva forza in una casa in Ripalta (v. i _Rimatori_, pp. +LXVI-LXVIII e gli _Studi e ricerche_, pp. 40-41). + +Il suo unico sonetto ha qualche sapore di poesia popolare: è un +sonetto di «noia» e vi si lamenta delle sue disavventure. È nel +Barber. XLV, 47, oggi Vaticano 3953 (B) e nel R. Archivio di Stato di +Venezia, _Deliberazioni del Maggior Consiglio, Comune I_. Io mi sono +attenuto a B., correggendo il testo dato dal GUALANDI (_Accenni alle +origini della lingua e della prosa italiana_, p. 17). + + + + +GLOSSARIO + + +_adastare_ — stare, rimanere. + +_adesso_ — subito (prov. _ades_). + +_adistato_ — eccitato. + +_aggio_ — ho. + +_aigua_ — acqua. + +_aldo_ — audo, odo (lat. _audio_). + +_alegge_ (s') — elegge (s'). + +_alungi_ — allunghi, allontani (prov. _alonger_). + +_apprisa_ — presa. + +_asaggio_ — saggio, assaggiamento. + +_asizo_ — posto (prov. _asiz_). + +_asseduto_ — assediato. + +_attessa_ — affanno, tormento. + +_autro_ — altro. + +_avallo_ — cado in valle, m'abbasso, mi scoraggio. + +_avegna_ — avvenga. + +_aviso_ — avviso, opinione; _dico di aviso_ — cosí mi sembra. + + +_barnaggio_ — baronaggio, signoria. + +_bassenza_ — bassezza. + + +_caggiuto_ — caduto. + +_certanza_ — certezza. + +_cherere_ — chiedere (lat. _quaerere_). + +_chero_ (sost.) — domanda. + +_chi, chine_ — che. + +_clamare_ — chiamare (lat. _clamare_). + +_clero_ — chiaro; _cosa clera_ — il viso dell'amata. + +_coi_ — cuoi. + +_comando_ (sost.) — chi comanda (l'astratto per il concreto). + +_como_ — come. + +_compagna_ — compagnia. + +_coraggio_ — cuore (prov. _coratge_). + +_coral_ — che viene dal cuore (agg. da _core_). + +_corneggiato_ — colpito con le corna. + +_crudero_ — crudele. + + +_desirare_ — desiderare (prov. _dezirer_). + +_dimoranza_ — dimora. + +_dimostranza_ — dimostrazione. + +_disacquista_ — perde ciò che aveva acquistato. + +_disdetto_ — ritrattazione. + +_diservire_ — mal servire. + +_disfallo_ — libero dal fallo commesso. + +_dispero_ (sost.) — disperazione. + +_doblata_ — raddoppiata (prov. _doblar_). + +_dobblanza_ — doppiezza, infingimento, incertezza. + +_dolze_ (agg.) — dolce. + +_dota_ — dote. Al v. 8 del son. III del Lanfranchi: «e d'ogni +estremitá li dá sua dota», intenderei: «ad essa (la ruota della +fortuna) regala («li dá sua dota») ogni estremo male». + +_dra_ — contrazione da _derá_, _dará_. + + +_emaginare_ — immaginare. + + +_fallenza_ — fallo (prov. _falhensa_). + +_falligione_ — fallo, errore. + +_fedele_ — fidente, sicuro. + +_fenire_ — finire. + +_ferneticare_ — farneticare. + +_fier_ — ferisce. + +_fio_ — feudo. + +_fini_ — finisci. + +_finimento_ — fine. + +_for'_ — senza; _for' fallenza_ — senza fallo. + + +_guardo_ — custodisco. + +_guigliardon_ — guadagno. + + +_inanza_ — avanza (prov. _enantir_). + +_in nel_ — nel. + +_intensa_ (anche _intendimento_) — inclinazione amorosa (prov. +_entensa_ o _entendemens_). + +_intervallo_ — momentaneo allontanamento. + +_intiza_ — persona amata. + +_ismisuranza_ — dismisura. + +_istrano_ — m'allontano. + +_iusto_ — giusto (lat. _iustus_). + + +_lane_ (avv.) — lá. + +_larga_ (è da) — è lontano. + +_leai_ — leali. + +_leggero_ (avv.) — leggermente. + +_loco_ (avv.) — qui. + +_lui_ (dat.) — a lui. + + +_maginare_ — immaginare, aver nella mente. + +_mainera_ — maniera; _prender mainera_ — prender norma. + +_mano_ ('n) — in balía. + +_membre_ (da membrare) — ricordivi. + +_meretria_ — meriterei; _merteria voi_ — meriterei presso di voi. + +_messaggio_ — messaggiero. + +_meve_ — me. + +_mevi_ — a me. + +_mezore_ — maggiore. + +_miradore_ — specchio, esempio (prov. _mirador_). + +_mistero_ — mezzo. + + +_natura_ — naturale sentimento. + +_nobel_ — nobile. + +_nonde_ — non ne. + +_norma_ — modo, regola. + + +_obbriare_ — obliare. + +_obrianza_ — oblianza, oblío. + +_ostrero_ — nemico, demonio. + + +_pagentero_ — benigno. + +_pareglio_ — pari, simigliante. + +_paro_ — paio, sembro. + +_partuta_ — parte. + +_patarino_ — paterino (eretico). + +_persò_ — perciò. + +_piacere_ — volontà. + +_pietanza_ — pietà. + +_piò_ — piú. + +_plagere_ (sost.) — piacere. + +_plageria_ — piacerebbe. + +_poderoso_ — colui che può, e anche possente, ricco (prov. _poderos_). + +_poggia d'onor_ — fa maggiore onore, sale in onore. + +_poi_ — poiché. + +_poi che_ — sebbene. + +_porea_ — potrebbe. + +_porte_ — porto. + +_posi_ — si può. + +_prefondo_ — profondo. + +_priso_ — preso. + +_privado_ — familiare. + +_proferto_ (ho) — mi sono espresso. + + +_quida_ — quieta. + + +_rancura_ — dolore. + +_regno_ (verbo) — duro (prov. _renhar_). + +_reo_ — re. + +_reparo_ — riparo. + +_risprende_ — risplende. + +_rivera_ — stanza. + + +_saggio_ (avv.) — saviamente. + +_scur_ (avv.) — oscuramente. + +_sembianza_ — apparenza. + +_semblante_ (per) — per somiglianza (prov. _per semblansa_). + +_sentenzia_ — spiegazione. + +_sentore_ — sentimento. + +_sentuta_ — sentimento; _non voglio mia sentuta_ — non son padrone del +mio sentimento. + +_será_ — sará. + +_siguro_ — sicuro. + +_smirata_ — smisurata. + +_soffrenza_ — sofferenza, paziente attesa. + +_sofrente_ — sofferente. + +_somegli_ (me) — mi sembri. + +_sormontare_ — innalzare. + +_sove_ — sovviene, soccorre. + +_soverchianza_ (montare in) — diventare orgoglioso. + +_spera_ — speranza. + +_spero_ — specchio. + +_stallo_ — dimora; _a fermo stallo_ — in dimora ferma, fermamente, +immutabilmente. + +_stande_ — starne. + +_storma_ — s'allontana dalla torma, s'allontana. + +_strado_ — esco di strada. + +_Strettoia_ — immaginario nome di paese, che vuole alludere alle +strettezze in cui il poeta si trovò a Pistoia. + +_strove_ — trova. + +_suoi_ — suoli, sei solito. + + +_tardo_ (avv.) — tardi. + +_torma_ — schiera. + +_trabuccare_ — traboccare, cadere. + +_turba_ (verbo) — produce turbamento. + +_tuttora_ — sempre. + + +_vallo_ — valle. + +_veduta_ — oggetto che si vede, figura, immagine. + +_veggi_ — vedi. + +_veglia_ — vecchia. + +_venegli_ — convenegli, gli conviene. + +_venme_ — vennemi, mi venne. + +_veo_ — vedo. + +_vertá_ — veritá (prov. _vertatz_). + +_visaggio_ — viso. + +_visii_ — cose vedute. + +_vo'_ — voi, a voi, vi. + +_vorestu_ — vorresti tu. + +_vorrea_ — vorrei. + + + + +II + +RIMATORI LUCCHESI + +A CURA DI AMOS PARDUCCI + + + + +I + +BONAGIUNTA ORBICCIANI + + +CANZONI + + +I + +È colpito dalla sventura; ma non perciò tralascerá di cantare la gioia +che gli viene a mancare. + + Avegna che partensa + meo cor faccia sentire + e gravozi tormenti sopportare, + non lasseragio sensa + dolse cantare e dire 5 + una cusí gran gioia trapassare. + E rallegrare — altrui cosí feraggio + del meo greve damaggio, + per pianto in allegressa convertire; + siccome la balena 10 + di ciò che rende e mena + la parte lá, u' dimora, fa gioire. + + La gioi', ch'eo perdo e lasso, + mi strugge, mi consuma, + come candela ch'al foco s'accende. 15 + E sono stanco e lasso; + meo foco non alluma, + ma quanto piú ci afanno men s'apprende. + E non risprende — alcuna mia vertude: + avanti si conchiude, 20 + siccome l'aire quando va tardando; + e come l'aigua viva + ch'alor è morta e priva + quando si va del corso disviando. + Disvio sí che bene 25 + sentor di me no aggio, + non saccio com'eo vivo sí gravozo. + Oh Deo! che non m'avene + com'al leon selvaggio, + che tutto tempo vive poderozo 30 + e odiozo — sensa pietate, + acciò che 'n veritate + lo meo greve dolor mostrar potesse + e la mia pena agresta + per opra manifesta, 35 + perché la gente mei me lo credesse? + Credo che non feráe + lontana dimoransa + lo core meo, che tanta pena dura: + mentre che viveráe 40 + será fòr di speransa + d'aver giamai solasso né ventura. + Ma se natura, — che nd'ha lo podere, + n'avesse lo volere, + appena mi poría donar conforto. 45 + Como l'augel che pia, + lo me' cor piange e cria + per la malvagia gente, che m'ha morto. + Morto fuss'eo pertanto + o nato non fuss'eo 50 + o non sentisse ciò ch'eo veggo e sento; + perché 'l meo dolse canto + amar mi torna e reo + e in erransa lo innamoramento! + Ma 'l bon talento — ch'aggi' e 'l cor gioioso 55 + plagente ed amoroso, + como la uliva non cangia verdura, + non cang'eo per ragione + di fina 'ntensione, + ancor mi sia cangiata la figura. 60 + + +II + +Rinasce all'amore, perché la donna sua lo esorta a sperare. + + Fina consideransa + m'ha fatto risentir, ch'avea dormuto, + de lo gioiozo meo innamoramento. + Com'omo mentre avansa, + che cela lo procaccio e stanne muto 5 + non s'atutasse per dimostramento, + eo non lo celeraggio in tal mainera + ch'io n'aggia riprendensa per ragione, + ma sí che 'n allegransa lo meo dire + si possa convertire. 10 + celando per l'autrui riprensione, + canteragio de la mia gioia intera. + Acciò, se in allegransa + e 'n gran conforto e in gioi' mi rimuto, + non è contra diritto insegnamento; 15 + ché l'omo fòr d'eransa, + sentendosi di gran guiza arriccuto, + ben dé' portar gioiozo lo talento. + E io porto gioiozo core e cèra, + e corpo e mente e tutta pensagione 20 + per quella ch'amorozo mi fa gire, + in cui si pòn gradire + bellesse di sí gran divizione, + como l'oscuro in verso la lumera. + Cosí la disiansa 25 + verrá compíta, e non será smarruto + lo mio acquistar per folle pensamento, + ché la dismizuransa + (ed ha lo core tanto combatuto) + non mi dará gravozo movimento. 30 + E se la gioia non torna guerrera, + faraggio ricca la mia intensione + e tutto tempo giammai non partire: + cosí sensa fallire + seraggio fòre de la condissione, 35 + ch'a li amadori è forte crudera. + Ed è la sua plagensa forte e fèra + di gran guiza, che fra la pensagione + ne nasce erransa e fálla dismarrire, + vedendola partire, 40 + e me medesmo dá per istagione + una semblansa, che mi pare spera. + + +III + +Sulla natura dell'onore e del piacere. + + Similemente onore + como 'l piacere, + al meo parere, + s'acquista e si mantene; + e ambur hano un core 5 + e un volere, + como savere + a li bon si convene. + Donqua dirá l'on: — Come + amburo han piú d'un nome, 10 + da poi che 'nsieme + son d'una speme + e d'un volere e d'uno intendimento? — + Però che son du' cose + in un voler conchiose: 15 + dal piacer vène + in prima 'l bene, + und'onor cresce, ch'è suo compimento. + In prima che 'l piacere + è l'obedire, 20 + unde 'l servire + si move ogna stagione; + e non è alcun savere + da piú saglire + sensa 'l sufrire 25 + per nessuna cagione. + Che 'l sofferire è tale, + e tanto monta e vale, + che fa compire + ogni volire 30 + e d'ogni bene è somma e sentensa. + Chi non è sofferente + non può esser piacente, + né può montare + in grande affare. 35 + Cotanto vien da fina canoscensa! + Cannoscensa si move + da senno intero, + corno dal cero, + quand'arde, lo sprendore, 40 + e tutte cose nòve + di stato altèro + di le' nascêro + e nasceno a tutt'ore. + A la sua signoria 45 + si regge cortezia, + tutta larghessa, + tutta prodessa, + pregio e leansa e tutto valimento. + Quel corpo lá u' si cria 50 + giammai non falleria + né per ricchessa, + né per grandessa, + tanto lo guida fino insegnamento. + Tant'è l'om da pregiare 55 + di canoscensa + e di valensa + quant'opra per ragione; + e tant'è da blasmare + quant'ha potensa 60 + e intendensa + e non fa messione + per venire in orransa, + in lontana contansa, + e per potere 65 + tra i bon capére + e conquistar l'onor, che s'abandona + per la dismizuransa + de la malvagia uzansa, + che fa valere 70 + poco d'avere + piú che bontá u pregio di persona. + Se l'onor vi parlasse, + signor, ch'andate + e cavalcate 75 + a guiza di maggiori, + non sría chi l'aspettasse, + se ben guardate + quel ch'operate + ver' lui nei vostri cori. 80 + . . . . . . . . . + . . . . . . . . . + + +IV + +Si consola per aver ottenuto ciò che desiderava. + + Fin amor mi conforta + e lo cor m'intalenta, + madonna, ch'io non penta, + di voi s'io innamorai. + Membrando ciò che porta, 5 + la vita n'è contenta, + avegna ch'io ne senta + tormenti pur asai. + Ca primamente amai + per ben piacere al vostro signoragio 10 + d'aver fermo coragio, + a ciò ch'io per fermeze non dottasse + che'l meo lavor falsasse; + ché ch'incomenza mez'ha compimento, + se sa perseverare lo suo adoperamento. 15 + Ed io perseverando + la ricca incuminzanza, + condutt'ho la speranza, + al giorno ch'io sperava. + Non credo dispresiando 20 + che voi contra onoranza + cometesse fallanza, + ch'io no la domandava; + ca ciò ch'io disiava + non era fòr di bono intendimento, 25 + ma vostro acrescimento. + Né a bona donna non si disconvene, + s'amor la sforza bene; + ché tal val molto che nulla varia, + per innamoramento di donna, che golía. 30 + Und'eo no mi dispero + di ciò ch'amor mi face, + ca guerra no ha pace + né amor conoscimento. + Se non ho ciò che chero, 35 + farò come chi tace + la cosa che li spiace + per fino intendimento. + E si serò contento + cosí del male e de le gravi pene 40 + come sería del bene; + ch'Amor ha in sé ben tanto signoragio, + che mi pò dar coragio; + e l'ire e l'ane e le pene e la noia + mi poría ritornare a suo piacere in gioia. + + +V + +Lodi della sua donna. + + Novellamente amore + d'una donna piacente + mi rallegra e mi conforta, + da poi che 'l suo valore + mi s'ha fatto servente; 5 + che cotanto preso porta + d'esser la meglio acorta — tuttavia + di null'altra che sia, + la cui alta piacensa + divisando non si pensa. 10 + Ell'è quella c'ha morta — villania, + l'orgoglio e la follia; + e senno e caunoscensa + da colei prende crescensa. + La beltá, che mantene, 15 + se pare in nulla parte. + ogn'altra beltá dispare; + chi piú mente la tene, + piú fatta par per arte, + tuttora piú bella pare. 20 + E lo suo risguardare — gaio e gente, + cui colpa, cuoce e sente + di sí dolce ferita + che nde cresce gioia e vita; + e piú per lo parlare — suo piacente 25 + 'nnamora tutta gente; + cosí è ben partita + ch'a dir non sería finita. + Per lo piacer m'ha vinto, + per lo parlar distretto, 30 + per l'operare conquiso, + per la beltá m'ha cinto, + che 'l core da lo petto + pare che mi sia diviso, + com'albore succiso — con catene. 35 + La sua vertute bene + vive in tale manera + ca, vivendo, par che pèra. + Ma l'amoroso viso, — che mi tene + in sospiri e in pene, 40 + non credo che soffèra + che per lui morte mi fèra. + + +VI + +Ama la sua donna, della quale loda le virtú; ma non ha coraggio di +manifestarle il suo amore. + + Gioia né ben non è senza conforto + né senza ralegranza, + né ralegranza sanza — fino amore: + rason è chi venir vole a bon porto + de la sua desianza 5 + che in amoranza — metta lo suo core; + ché per lo flore — spera l'omo frutto + e per amor ciò ch'è disiderato. + Perché l'amore è dato + a gioia e a conforto senza inganno; 10 + ché, se patisse inganno, — fôra strutto + lo ben d'amor, che tanto è conservato, + né fôra disiato + s'avesse men di gioia che d'afanno. + Tant'è la gioia, lo preso e la piacenza, 15 + la 'ntendenza — e l'onore + e lo valore — e 'l fino 'nsegnamento, + che nascon d'amorosa caunoscenza, + che differenza — amore + no è prenditore — da vero compimento. 20 + Ma fallimento — fôra a conquistare + senza affanare — cosí gran dilettanza, + ca per la soverchianza + vive in erranza — quel che s'umilia. + Chi gio' non dia — non pò gioia aquistare, 25 + né bene amare — chi non ha in sé amanza, + né compir la speranza + chi no lassa di quel che piú disia. + Perché sería fallire a dismisura + a la pintura — andare 30 + chi pò mirare — la propria sustanza; + ché di bel giorno vist'ho notte scura, + contra natura, — fare + e traportare — lo bene in malenanza. + Unde bastanza — fôra, donna mia, 35 + se cortesia — mercede in voi trovasse, + che l'afanno passasse + e ritornasse — in gioia e in piacere, + ché troppo sofferére — mi contraría; + com'om, ch'è 'n via — per gir, che dimorasse 40 + e 'nanti non andasse + né ritornasse — contra suo volere. + Volere agio e speranza d'avanzare + lo meo cominciamento + per tal convento — ch'eo voi sia in piacere. 45 + E ben volesse a reto ritornare, + contra lo meo talento, + né valimento — n'agio né podere. + Cosí mi fère — l'amor, che m'ha priso + del vostro viso — gente e amoroso, 50 + per cui vivo gioioso, + e disioso — sí ch'eo moro amando! + E ciò ch'eo dico nullo dir m'è aviso, + sí m'ha conquiso — e fatto pauroso + l'amore, ch'agio ascoso, 55 + piú ch'eo non oso — dire a voi, parlando. + + +VII + +Dopo aver parlato della lotta, che combatte per la sua donna disserta +sul ben fare e sulla follia. + + Sperando lungamente in acrescenza + trar contendenza — d'alto signoragio, + che mi dá tal coragio + ch'ogn'altr'om i' ne credo sovrastare, + di ben servir mi dona caunoscenza, 5 + che da ubidenza — nat'è per lignagio. + E non è alcun paragio, + che a l'ubidir si possa asimigliare, + però che fa l'om fin preso aquistare + e 'navanzare, e nascende onoranza 10 + e ricca nominanza. + Servire e ubidenza + vegnon da cognoscenza; + di caunoscenza non è dubitato + che nasce per fin senno ed è provato. 15 + Da senno ven largheza, e cortesia + oblia — torto, orgoglio e scaunoscenza + e tutt'altra fallenza, + che per rasion potesse dispiacere. + E chi ben fa non usa villania, 20 + né follia — comporta sofferenza; + ed è matta credenza + che l'un coll'altro possa sofferére, + però che son diversi di valere; + ché l'un val pregio, unde s'aquista amore, 25 + e l'altro disamore. + Però han diversitate + e contrarietate; + ché l'un contrar' per l'altro si disvia, + come per morte vita tuttavia. 30 + + +VIII + +Lodi dell'amore: prega madonna che lo voglia amare. + + Uno giorno aventuroso, + pensando in la mia mente + com'amor m'avea inalzato, + i' stava com'om dottoso, + da che meritatamente 5 + non serve a chi l'ha onorato. + Però vòlsi cantare + lo certo affinamento, + perché l'amor piú flore + e luce e sta 'n vigore 10 + di tutto piacimento, + gioia tene in talento + e fa ogn'atro presio sormontare. + Montasi ogne stasione, + però fronde e fiore e frutta, 15 + l'afinata gioi' d'amore; + per questa sola rasione + a lui è data e condutta + ogne cosa, c'ha sentore: + sí come par, li auselli 20 + chiaman sua signoria + tra lor divisamente + tanto pietosamente, + e l'amorosa via + commenda tuttavia 25 + perché comune vòlse usar con elli. + Donqua, la comune usanza + ha l'amor cosí agradito, + che da tutti 'l fa laudare. + Gentil donna, pietanza 30 + inver' me, che so' ismarito + e tempesto più che mare. + Non guardate in me, fina; + ch'eo vi son servidore: + tragete simiglianza 35 + da l'amorosa usanza, + che da piciolo onore + ingrandisce talore, + e 'l ben possente a la stasion dichina. + + +IX + +Si rallegra pensando alla gioia che spera d'avere. + + Infra le gioi' piacenti + considerando sono + a ciascuno amadore + li dolci intendimenti, + unde si move dono, 5 + che merita l'amore. + Ed io n'agio lo core — cosí temente + per voi, che 'nfra la gente + siete como diamante precioso, + fra l'altre gieme tanto grazioso. 10 + Sí graziosa appare + a la mia percepenza + la gio', che 'l core spera, + deo considerare + con senno e con piacenza 15 + sí com'eo l'agia intera, + e no lassar maniera — che sia laudata + per me, ch'è straniata. + Sí fort'è l'amoroso intendimento + ch'eo nol pozo celar com'eo lo sento. 20 + Sentomi sí gioioso + quando mi penso bene + la gio', ch'eo degio avere, + vivonde coragioso + ch'a lo core mi vène 25 + un sí fèro volere, + che mi tolle'l savere — e l'entendanza; + cotant'è l'abondanza + de l'amoroso foco, che m'incende, + membrando l'alta gio', che 'l core atende. 30 + Atendo di compire, + e vado sogiornando + in questo mio viagio; + e s'eo per tosto gire + potesse, come stando, 35 + compier lo meo coragio, + farea questo passagio — in tal manera, + che falcon di rivera + apena credo ch'avanti mi gisse + per fin che 'l meo viagio si compisse. 40 + Compíta, amorosa, + avenente, cortese + donna delle migliori, + per cui mi è gioiosa + la contrada luchese, 45 + apareno li fiori + inver' li nostri amori, — che son cotanti; + li amorosi sembianti + continuati son di gio' compíta, + che no mentisce l'amorosa vita. 50 + + +X + +Non ha l'amore della sua donna e vorrebbe dimenticarla: non essendogli +ciò possibile, invoca da lei la fine dei suoi mali. + + Quando apar l'aulente fiore, + lo tempo dolze e serino, + gli auscelletti infra gli albóre + ciascun canta in suo latino: + per lo dolze canto e fino 5 + si confortan gli amadore, + quegli ch'aman lealmente. + Eo lasso no rifino + per quella che 'l meo core + va pensoso infra la gente. 10 + Per quella, che m'ha in ballía + e m'ha d'amore conquiso + vo pensoso nott'e dia, + per quella col chiaro viso: + co' riguardi e dolce riso 15 + m'ha lanciato e mi distringe + la piú dolze criatura. + Lasso! quando m'ebe priso + d'amor tutor mi s'infinge, + pare di me non ha cura 20 + Cogli sguardi m'ha conquiso, + parlando ond'io mi doglio, + lasso! quando m'ebe priso; + or mi va menando orgoglio. + Adunque partir mi voglio 25 + d'Amore e di suo servire + e de li falsi riguardi, + e fare ciò ch'io non soglio + ..... mantenire + per quella, che tuto m'ardi. 30 + Ben me ne voría partire + s'unque lo potesse fare; + m'adoblaran li martíre, + non ne poría in ciò campare. + Adunqua mi conven stare 35 + a la sua dolze speranza + e non essere argoglioso, + ma tutor merzé chiamare: + forse ne verá pietanza + quella, c'ha 'l viso amoroso. 40 + Canzonetta dolze e fina, + va', saluta la più gente; + vann'a quella, ch'è regina + di tuti gl'insegnamente. + Da mia parte t'apresente, 45 + e si le chiama merzide + che non degia piú sofrire + ch'io patisca esti tormente: + ca rimembrando m'auzide + e d'amor mi fa languire. 50 + + +XI + +Credeva di non essere amato; ma ha avuto torto. E n'è lietissimo. + + Ben mi credea in tutto esser d'Amore + certamente allungiato; + sí m'era fatto selvaggio e stranero. + Or sento che in erranza era 'l meo core; + ché non m'avía ubliato, 5 + né riguardato il meo coraggio fèro. + Poiché servo, m'ha dato, per servire, + a quella, a cui grandire + si può somma piacenza + e somma conoscenza; 10 + che tutte gioie di biltate ha vinto, + sí come grana vince ogn'altro tinto. + Tant'allegrezza nel meo core abbonda + di sí alto servaggio + che m'ha e tiemmi tutto in suo volere, 15 + che non posa giá mai, se non com'onda, + membrando il suo visaggio + ch'ammorza ogn'altro viso e fa sparere + in tal manera che lá 've ella appare + nessun la può guardare, 20 + e mettelo in errore. + Tant'è lo suo splendore + che passa il sole, di vertute spera, + e stella e luna ed ogn'altra lumera. + Amor, lo tempo ch'era senza amanza, 25 + mi sembra in veritate, + ancor vivesse, ch'era senza vita; + ch'a viver senza Amor no è baldanza + né possibilitate + d'alcun pregio acquistar di gioi' gradita. 30 + Onde fallisce troppo oltra misora + qual uom non s'innamora, + ch'Amore ha in sé vertode: + del vile uom face prode, + s'egli è villano in cortesia lo muta, 35 + di scarso largo a divenir lo aiuta. + Ciascuna guisa d'Amor graziosa, + secondo la natura + che vien da gentil luoco, ha in sé valore, + come arbore quand'è fruttiferosa. 40 + Qual frutto è piú in altura + avanza tutti gli atri di savore. + Onde la gioia mia passa l'ottíma, + quant'è più d'alta cima; + di cui si può dir bene 45 + fontana d'ogni bene; + ché di lei sorge ogn'altro ben terreno, + come acqua viva che mai non vien meno. + Dunque m'allegro certo a gran rasione; + ch'io mi posso allegrare, 50 + poi sono amato ed amo sí altamente. + Anzi servir, mi trovo guiderdone + sí soave umiliare + ver' me, per darmi gioia, l'avvinente. + Però più graziosa è la mia gioia 55 + ca l'aggio senza noia; + ché non è costumanza + cosí gran dilettanza + ch'Amore giá mai desse a nullo amante. + Però m'allegro senza simigliante. 60 + Considerando tutto quel ch'è detto + a quel ch'è a dir rispetto, + è l'ombra, al meo parere; + ché non mi par sapere, + se di sua forma parlare volesse, 65 + che solo un membro laudare compiesse. + + +DISCORDI + + +I + +Invita pulzelle e maritate a darsi alla gioia e all'amore. + + Quando vegio la rivera + e le pratora fiorire, + e partir lo verno ch'era, + e la state rivenire, + e li auselli in schiera 5 + cantare e risbaldire, + no mi posso sofferire + di non farne dimostranza; + ch'io agio odito dire + ch'una grande allegranza 10 + non si pò bene covrire, + se cotanto s'innavanza! + E l'amanza — per usanza, + c'ho de la frescura, + e li alori, — che de' fiori 15 + rende la verdura, + sí m'incora — e innamora + che mi disnatura. + Und'io trovo novi canti + per solazo degli amanti 20 + che ne canti — tutti quanti. + Chi trova casione + fa contra rasione, + ch'or'è la stasione + di far messione; 25 + a ciò che sia conforto + lo tempo, ch'è passato, + di quelle, c'han diporto + di core innamorato, + che non degia esser morto 30 + chi di bon cor è amato. + Voi, pulzelle, + novelle, + sí belle, + issa vo' intendete; 35 + maritate, + ch'amate + istate + lungamente sète; + dalli amanti 40 + davanti + cotanti + piú non v'atenete. + Rendete le fortesse, + ché noi vegnán per esse: 45 + non state piú in duresse. + Che l'altesse + son duresse, + che voi dimostrate; + e feresse 50 + e crudellesse, + quando disdegnate. + Se paresse + a voi stesse, + or non v'amantate; 55 + e vivete — in allegranza + e compiete — la speranza + di color, che n'han fidanza, + per l'altèra — primavera; + ché 'l tempo è gaudente, 60 + e la spera — e la cèra + chiara de la gente. + + +II + +Si lamenta della durezza della donna sua, che un tempo lo aveva fatto +sperar bene: ha fiducia però ch'ella un giorno muti pensiero. + + Oi, amadori, intendete l'affanno + doglioso, che m'avene, + che mi convene — una donna servire + ed ubidire — sovente; + però ch'io l'ho 'n talento 5 + e penaci la mente + e 'l cor ne sta in tormento; + e li tormenti e li gravosi dogli, + ch'io per suo amor patisco. + Non mi faría l'om tanta guisa noia, 10 + s'io da lei gioia — avesse + in vista od in sembiante; + ma mostrami duresse + quando le son davante. + Davante che 'l meo core s'aprendesse 15 + del suo dolze piagere, + mostravami di darmi intendimento. + Or m'ha messo 'n arsura, + sí ch'io non ho possanza; + di me non mette cura. 20 + Vede se fa fallanza! + Ma non falla tanto + quella per cui canto, + ca s'io fosse santo, + sanza il suo volire, 25 + ch'io no lasasse + per ella non pecasse, + s'ella m'amasse + o mostrasse — piacire. + E messire — Ivano 30 + e 'l dolze Tristano + ciascun fue sotano + ver' me di languire. + S'io languisco, + non perisco, 35 + ma nodrisco — in disianza; + vo penando + e pensando + e chiamando — pietanza: + come nave, 40 + che, soave, + che sta in grave — tempestanza. + Cotanto amo, + che pur bramo + d'incarnare infra l'amore: 45 + sto ne' ramo + piú ch'Adamo + per lo pome de l'erore. + Né non dico, + né disdico, 50 + né non faccio dimostranza + né amico, + né nemico + per la mia dolze speranza. + S'eo la sguardo, 55 + 'ncendo ed ardo, + tanto temo no le spiaccia; + sí ne 'mbardo + ca tuto ardo, + par che tuto mi disfaccia. 60 + Muovi, dansa, + per amansa + di quella gentil donzella: + di' che cansa + la speransa, 65 + se da me piú si rubella; + ché mi tiene + 'n tante pene + ch'io non posso piú durare; + ma la spene 70 + mi mantiene, + per ch'io spero di cantare. + + +BALLATE + + +I + +Non si vantino le proprie virtú. Dio disperda chi male amministra la +giustizia. + + Molto si fa biasmare + chi loda lo su' afare + e poi torn' al niente. + E molto piú disvia + e cade in gran falenza 5 + chi usa pur folia + e non ha canoscenza: + qual om ha piú balía + piú dé' aver soferenza + per piacer a la gente. 10 + Molti son che no sanno + ben dir, né operare: + sed han buon prescio un anno, + non è da curuciare; + ché tutto torna a danno. 15 + Falso prescio durare + non pora lungamente. + Qual om è laldatore + de lo su' fatto stesse + non ha ben gran valore 20 + né ben ferme prodesse; + ma l'uom, ch'è di buon cuore, + tace le su' arditesse + ed ède piú piacente. + Valor no sta celato, 25 + né prescio, né prodessa, + né omo inamorato, + né ben grand'alegressa: + come 'l fochio lumato, + quando la fiam'ha messa, 30 + si mossa grandemente. + Strugga Dio li noiosi, + falsi iscanoscienti, + che viven odiosi + di que' che son piacenti; 35 + dinanzi so' amorosi, + dirieto son pungenti, + com'aspido serpente. + Sieden su per li banchi + facendo lor consiglio: 40 + dei driti fanno manchi, + del nero bianco giglio, + e nonde sono istanchi; + und'e' mi meraviglio + come Dio lo consente. 45 + Balata, in cortesia, + ad onta de' noiosi, + saluta tuttavia, + conforta li amorosi: + e di' lor ch'ancor fia 50 + li lor bon cor gioiosi + seranno tostamente. + + +II + +Varie e tante son le bellezze della donna sua. + + Donna, vostre belleze, + ch'avete col bel viso, + m'hanno sí priso — e messo in disianza, + che d'altra amanza — giá non agio cura. + Donna, vostre belleze, 5 + ch'avete col bel viso, + mi fan d'amor cantare. + Tante avete adorneze, + gioco, solazo e riso, + che siete fior d'amare. 10 + Non si poría trovare + né donna, né donzella + tanto bella — che con voi pareggiasse, + chi lo mondo cercasse — quant'el dura. + Dura 'l meo core ardore 15 + d'uno foco amoroso, + che per voi, bella, sento. + Tanto mi dá sprendore + vostro viso gioioso, + che m'adasta il talento. 20 + S'eo languisco e tormento + tutto in gio' lo mi conto, + aspettando quel ponto — ch'eo disio + di ciò ch'io — credo in voi, gentil criatura. + Maritate e pulzelle 25 + di voi so' 'nnamorate, + pur guardandovi mente. + Gigli e rose novelle + vostro viso aportate + sí smirato e lucente. 30 + Ed eo similemente + 'nnamorato son di vue + assai piú che non fue — Tristan d'Isolda: + meo cor non solda — se non vostr'altura. + + +III + +Se il poeta è rimeritato del suo affetto, sará il piú felice tra gli +amanti. + + S'eo sono innamorato e duro pene + secondo che m'avene — sia meritato. + Se meritato son per bene amare + o per servir l'amore interamente, + infra gli amanti giá non avrò pare 5 + d'aver gio' con disio interamente, + ch'eo sono messo tutto in voler fare + ciò che pertene a signor bon servente; + und'eo spero non essere obliato. + Se m'obliaste giá non fôra degno 10 + voi, cui tant'amo e cui servo m'apello; + che serviragio voi el cor ve pegno: + partir non pò da voi, tanto gli è bello. + E tanto li agradisce il vostro regno + che mai da voi partire non dé' ello, 15 + non fosse da la morte a voi furato. + Gioia aspetto da voi e voi la chiero; + merzé, or non vi piaccia mia finita, + ch'eo fui, sono e sempre d'esser spero + vostro servente tanto ch'avrò vita. 20 + E se tardate piú, saciate eo pèro, + tant'ho nel core affanno, pena e vita: + non pò, se no da voi, esser sanato. + + +IV + +L'innamorata arde d'amore e prega l'amante, se ha intenzione di +continuare nella sua fierezza, di volerla piuttosto uccidere. + + Tal è la fiamma e 'l foco + lá 'nd'eo incendo e coco, — o dolze meo sire, + che ismarrire — mi fate lo core e la mente. + Ismarrire mi fate la mente e lo core, + sí che tutta per voi mi distruggo e disfaccio, 5 + cosí come si sface la rosa e lo fiore + quando la sovragiunge fredura né ghiaccio. + Cosí son presa al laccio + per la stranianza nostra imprumera, + come la fèra — amorosa di tutta la gente. 10 + Tant'è 'l foco e la fiamma, che 'l meo core abonda, + che non credo che mai si potesse astutare; + e non è nullo membro, che no mi si confonda, + e non vegio per arte ove possa campare, + com' quel che cade al mare, 15 + che non ha sostegno né ritenenza + per la 'ncrescenza — de l'onda, che vede frangente. + Se mi sète si fèro com' parete in vista + e noioso secondo la ria dimostranza, + ancidetimi adesso ch'eo vivo più trista 20 + che quand'eo fosse morta; tant'ho grande dottanza! + Se la bona speranza, + ch'eo agio di voi mi rinfrangesse, + s'eo m'ancidesse, — serestene poi penetente. + Io non v'oso guardare né 'n viso né 'n ciera 25 + né mostrarvi sembianti, come fare solía, + ché mi faite una vista mortale e crudera, + com'eo fosse di voi nemica giudía. + Ed esser non dovria + perch'io ci colpasse; ché la casione 30 + de l'ofensione — non fue che montasse niente. + + +V + +Calda e viva esaltazione dell'onore. + + Fermamente intenza + . . . . . . . . . [-enza] + . . . . . . . . .[-enza] + . . . . . . . . .[-era] + . . . . . . . . . . . . . 5 + . . . . . . . . . . . . . + . . . . . . . . . . . . . + . . . . . . . . . . . . . + . . . . . . . . . . . . . + . . . . . . . . . . . . . 10 + E tutto quanto 'l bene, + per lei si mantiene: + se non donasse pene, + ben fôra gioia intera. + . . . . . . . . . . . . . 15 + . . . . . . . . . . . . . + . . . . . . . . . . . . . + . . . . . . . . . . . . . + . . . . . . . . . . . . . + . . . . . . . . . . . . . 20 + . . . non si trova + se non vera prova. + Diversamente giova + in ciascuna manera. + O signori onorati, 25 + poderosi e caunoscenti, + non siate adirati + ad esempro di serpenti: + quanto son piú incantati, + allora stan piú proventi 30 + a la lor natura. + Con buona ventura + per la vostr'altura + risprende la rivera. + Cosí come nel mondo 35 + non ha corpo senza core; + e come non ha fondo + a contar la gioi' d'amore, + cosí nessuno pondo + par né simil è d'aunore 40 + a ben conquistare + e perseverare. + Donque chi comprare + la vòl, conven che pèra. + Ché no si pote avere 45 + per aver né per tesauro, + senza bono volere, + chi mettesse tutto l'auro. + Chi ben vuole piacere + serva e no aspetti ristauro 50 + se non da l'onore, + per lo cui amore + fatt'è servidore + di ciascun che lo 'mpera. + E l'onor li daráe 55 + sí compiuto guiderdone, + che si ricorderáe + quando fie di lui menzione, + quelli che piú nd' aráe + piú fie ricco per rasione 60 + di quella riccheza, + onde nasce grandeza + e tal gentileza + ch'è diritta e vera. + + +SONETTI + + +I + +AL GUINIZELLI + +Disputa sulla nuova maniera di poetare. + + Voi, ch'avete mutata la mainera + de li piacenti ditti dell'amore + de la forma, dell'esser, lá dov'era, + per avansare ogn'altro trovatore; + avete fatto come la lumera, + ch'a lo scuro partito dá sprendore, + ma no quine ove luce l'alta spera, + la quale avanza e passa di chiarore. + E voi passat'ogn'om di sottigliansa; + e non si trov'alcun, che ben ispogna, + tant'è iscura vostra parlatura. + Ed è tenuta gran dissimigliansa, + ancor che 'l senno vegna da Bologna, + traier canson per forsa di scrittura. + + +II + +L'uomo deve resistere fortemente ai colpi di fortuna. + + Dev'omo a la fortuna con coragio + istar piú forte quando incontra gli ène, + e quanto piú gli cresce e fa damagio, + alora piú conforta la sua ispene. + E questo agio veduto per usagio: + che 'l bene e 'l male l'uno e l'altro avene; + per me lo dico, che provato l'agio: + chiunqua sé sconforta, no fa bene. + Ben ce dovemo de lo mal dolire, + tempo aspetare e prendere conforto, + sí che lo male no tanto rincresca. + Eo, disiando, pensaimi morire: + ventura m'ha condutto a sí bon porto, + che tute le mie pene in gioi' rifresca. + + +III + +Sebbene ferito, tacerá, perché cosí spera di vincere la durezza della +donna sua. + + Feruto sono e chi di me è ferente + guardi che non m'alcida al disferare, + ch'i' ho veduto perir molta gente, + no nel ferire, ma nel ferro trare. + Però feruto, voglio istar tacente, + portar lo ferro per poter campare, + ché per sofrenza diviene om vincente, + ch'ogna cosa si vince per durare. + Però chero mercé a voi, mia spera, + dolce mia donna e tutto mi' conforto, + non disferate mia mortal feruta. + Mercé, per Deo, non vi placia ch'i' pèra, + per soferenza tosto aspetto porto: + per lunga pena 'l mi' cor non si muta. + + +IV + +Chi ha la fortuna favorevole non si rallegri troppo. + + Qual omo è su la rota per ventura + non si ralegri perché sia inalzato, + ché, quanto piò si mostra chiara e pura, + alor si gira ed hallo disbasato. + E nullo prato ha sí fresca verdura, + che gli suoi fiori non cangino istato; + e questo saccio ch'avien per natura: + piú grave cade chi piú è montato. + No se dev'omo troppo ralegrare + di gran grandeza né tener ispene, + ché gli è gran doglia alegressa fallire. + Anzi si deve molto umiliare, + non far soperchio perch'agia gran bene, + ché ogna monte a valle dé' venire. + + +V + +Non basta cominciare bene: perseverare bisogna. + + Omo, ch'è sagio ne lo cominciare, + molto gran bene ne gli può seguire; + acciò che saccia ben perseverare, + chi ben comincia dovria ben fenire. + Non vale incominciar senza durare, + né guadagnare sanza ritenire: + agio veduto om molt'aquistare + in poco tempo tutto impoverire. + Per me lo dico, a cui è dovenuto + ch'agio perduto, per ma' ritenere, + quel ch'aquistai in picolo termíno. + Lasso taupin, non val se son pentuto; + chi vòl durare dé' misura avere + e atenenza di bon senno e fino. + + +VI + +È come il fanciullo, che torna al fuoco ove s'è bruciato. + + A me adovene com'a lo zitello, + quando lo foco davanti li pare, + che tanto li risembla chiaro e bello + che stendive la mano per pigliare. + E lo foco lo 'ncende e fallo fello, + ché no è gioco lo foco tocare; + poi ch'è pasata l'ira, alora e quello + disia inver' lo foco ritornare. + Ma eo, che trago l'aigua de lo foco; + e no è null'omo, che 'l potesse fare; + per lacrime, ch'eo getto, tutto coco, + chiare e salse, quant'aqua di mare: + candela, che s'aprende senza foco, + arde e incende e non si pò amortare. + + +VII + +Giuoca intorno alla parola «fiore». + + Tutto lo mondo si mantien per fiore: + se fior non fosse, frutto non sería; + per lo fiore si mantene amore, + gioie e alegreze, ch'è gran signoria. + E de la fior son fatto servidore, + sí di bon core che piú non poría; + in fiore ho messo tutto 'l meo valore; + si fiore mi falisse, ben moría. + Eo son fiorito e vado piú fiorendo, + in fiore ho posto tutto il mi' diporto, + per fiore agio la vita certamente. + Com' piú fiorisco, piú in fior m'intendo; + se fior mi falla, ben sería morto; + vostra mercé, madonna, fior aulente. + + +VIII + +Piú la ama e piú ella non cede. + + Dentro da la nieve esce lo foco, + e, dimorando ne la sua gialura, + e' vincela lo sole a poco a poco; + divien cristallo l'aigua, tant'è dura. + E quella fiamma si parte da loco + e contra de la sua prima natura; + e voi, madonna, lo tenete a gioco: + com' piú vi prego, piú mi state dura. + Ma questo agio veduto pur istando + l'acerbo pomo in dolce ritornare, + ma giá vostro core non s'inamora. + La dolce cèra vede pur clamando, + li augelli vi convitano d'amare, + amar convene la dolce criatora. + + +IX + +Senza sapere, i signori possono perdere la signoria. + + Saver, che sente un piciolo fantino, + esser devria in signor, che son seguiti; + schifa lo loco, ov'ello sta al dichino, + e teme i colpi, i quagli ha giá sentiti. + Chi sí non fa, pò perder so dimíno + e li seguaci trovasi periti; + però muti voler chi no l'ha fino + e guardi a' tempi, che li son transíti. + Ca pentimento non distorna il fatto; + megli' è volontá stringer che languire: + chi contra face a ciò ch'eo dico, sente. + Lo saggio aprende pur senno dal matto; + om, c'ha piú possa, piú dé' ubidire: + catel battuto fa leon temente. + + +X + +Ella ha in sè ogni cosa piacente, ogni valore, ogni conoscenza. + + Vostra piacenza — tien piú di piacere + d'altra piacente; però mi piacete. + E la valenza — avete in piú valere + d'altro valor; però tanto valete. + Se caunoscenza — avete in caunoscére, + che caunoscenti cose cognoscete, + non è parenza — ch'al vostro parere + s'aparegiasse; sí gaia parete. + Altèra sovra l'altre inalturate, + lo meo volere vòl ciò che volete; + cosí vostra volenza a sé mi trai. + Chera sovra l'altre rischiarate, + d'uno sprendore sprendente isprendete, + che piú risprende che del sol li rai. + + +XI + +Molti amano non ricompensati, e il poeta è fra questi; ma sarebbe +cortesia che il suo amore fosse un giorno veramente compreso. + + Ne l'amoroso foco molti stanno + a grande 'nganno — per la vanitate, + per li amorosi detti lor che fanno + e nulla sanno — de la veritate. + E molti son, che non dicon né dánno; + e molti stanno — sanza pietate; + ed io son d'esti molti, ch'a ciò vanno + con grand'afanno — e con diversitate. + E son perseverato in questo ardore + con fermo core — e non son meritato, + ché lung'usato — m'ha fatto natura. + Ma ben sarebe cortesia d'amore + se 'l gran calore, — ond'io sono alumato, + fosse incarnato — sí com'è 'n figura. + + +XII + +Si sente lieto, ché, per ben servire, otterrá l'amore di lei; ma non +ne fa mostra. + + Per fino amore — lo fiore — del fiore — avragio + perch'a l'usagio — ch'agio — sí convene, + del gran dolzore — sentore — al core — ched agio + in segnoragio — sagio — mi ritiene. + Del meo calore — splendore — de fòre — non tragio: + senn'e vantagio — per legnagio — vène; + rendo aunore — laudore — in core, — e 'n visagio + per tal coragio — non cagio — di spene. + Cosí lo bene — vène — in acrescensa, + presgi' e valensa — in caonoscensa — regna, + disvia sdegna, — spegnasende — orgoglio. + La fede spene — tene — per plagensa, + valensa — pensa — che lausor la tegna. + Chi vive a 'ngegna — pèra — di cordoglio! + + +XIII + +1 + +DI UN ANONIMO A BONAGIUNTA + +Come farsi riamare dalla sua donna. + + Eo so ben ch'om non poría trovar sagio + sí come voi, maestro Bonagiunta. + Però del meo saver levate sagio + e lá ove bisognasse fate giunta. + Per mal parlar perdéla tal ch'io sagio: + par di belleze no la vede om giunta. + D'amor mi meritava. Or dite s'agio + vita tenebrosa 'n esta giunta. + Consiglio chero al vostro gran savere, + che mi dichiate, se si può savere, + com'eo mi degia partir d'esto amare. + Per questo aportator mi fate dire, + per cortesia, com'io le mandi a dire + ta' motti ch'ella torni a me amare. + +2 + +RISPOSTA DI BONAGIUNTA + +Il vero amore cresce per il servire e per il tacere, e non per il +parlare. + + Però che sète paragon di sagio + e d'ogni caonoscenza fina giunta, + a voi mi racomando, non per sagio + né per maestro, ma per Bonagiunta. + E prego Dio che 'l mio frutto agia sagio, + che v'intalenti ne la prima giunta: + lo vostro detto nobile non sagio, + ch'eo non vidi unque cosa sí ben giunta. + E non mi si conven tanto savere + ch'io consigli lo vostro gran savere + di cose, che cotanto sono amare. + Ma dicovi ch'i'agio audito dire + ca fino amante non vince per dire, + ma serve e tace, e quindi cresce amare. + + +XIV + +1 + +DI UN ANONIMO A BONAGIUNTA + +Domanda se debba o no manifestare alla donna il suo amore. + + Poi di tutte bontá ben se' dispári + tu, Bonagiunta, di noia rimondo, + di far piacere a li buon tutti pari, + e sa' lo fare me' ch'om si' a esto mondo. + Di ciausir motti Folchetto tu' pari + non fu, né Pier Vidal, né 'l buon Dismondo. + Però m'inchino a te, sí com' fe' Pari + a Venus, la duchessa di lor mondo. + E prego che 'l tuo presgio, che le ale + miso 'n alt'ha che lá unque volo; + lo 'ntendo da presgiati che ben sallo; + un consiglio mi dá che sia leale + d'una donna ch'amo e gran ben vòlo: + si le 'l dirò or no? ch'anco non sallo. + +2 + +RISPOSTA DI BONAGIUNTA + +Vero amore è quello che è noto tanto all'uomo quanto alla donna. + + Lo gran presgio di voi sí vola pari, + che fa dispári — ad ogni altro del mondo, + qualunqu'è que', ch'avanti a voi si pari + è pari — come rame a l'oro mondo. + Però chi vòl valere, da voi impari + gli apari — che del mal fan l'om rimondo, + che 'n voi commendan li due, che son pari, + ma piú che pari — Folchetto né Smondo. + E 'l vostro prescio è quello, che le ale + miso in alt'ha e hanno fatto gran volo, + sí che gran parte de li buoni sallo. + E però dico con detto leale + che dichiate con senno e non con volo, + ch'amor non è s'ambur parti non sallo. + + +XV + +Si rifletta prima di operare e di dire. + + Chi va cherendo guerra e lassa pace, + ragion è che ne pata penitensa: + chi non sa ben parlar me' fa se tace, + non dica cos'altrui sia spiagensa. + Chi adasta lo vespaio follia face, + e chi riprende alcun sanza fallensa, + e' fra cent'anni si trova verace, + chi ha invidia di sé, d'altrui mal pensa. + Se vo' saveste quel ch'i' so di voi, + voi n'avereste gran doglienz'al core + e non direste villania d'altrui. + Però ne priego ciascuna di voi, + sapete 'l mal? tenetelo nel core; + se non volete udir, non dite altrui. + + +XVI + +Vuol salire in alto sulla sedia del comando. + + Movo di basso e vogli'alto montare, + come l'augel, che va in alto volando; + stendo le braccia, sí voglio alto andare, + come la rota in su mi va portando. + Nell'alta sedia mi voglio posare + a tutta gente signoria menando; + nulla persona mel pò contradiare, + ché la ventura mi ven seguitando. + In cima della rota........ + ............... + e a me data la sua signoria. + Ben aggia chi m'ha messo in tale stato, + ch'unque miglior non lo pori' avere, + ch'aggio tutto lo mondo in balía. + + +XVII + +Loda le bellezze di lei. + + Gli vostri occhi ch'e' m'hanno divisi + li spiriti, che son dentro nel core! + E escon fuor con sí grande tremore, + ch'i' ho temenza che non sieno ancisi. + E poco stando, un sospiro sí mi si + parte, ch'ahi! mess'ha l'anima in errore, + e ben sembra ne la virtú d'amore + guardando gli atti suoi cosí assisi. + Ella è saggia e di tanta beltate, + che qual la vede convene che allora + mova sospiri di pianto d'amore. + Però lo dico chi ha gentil core + che tegna mente sí com'ella onora + ciascuna gente, c'ha in sé nobiltate. + + +XVIII + +Per quanto abbia pregato la Madonna, non ha potuto levar gli spiriti +malvagi da alcuni sonetti. + + Con sicurtá dirò, po' ch'i' son vosso, + ciò ch'adivene di vossi dettati, + ch'i' nd'ho sonetti in quantitá trovati, + che di malvagi spiriti hanno adosso. + Per la pietá de' quali i' mi son mosso + e da la Nossa Donna gli ho menati + e con divozion raccomandati + e raccomando sempre quanto posso. + Ma non son certo perché s'adovegna + che per mei preghi partiti non sono; + se peccato, che sia in lor, non nòce, + o perché mie preghiera non sie degna; + però vi prego, se nde fate alcono, + che li facciate il segno della croce. + + +SONETTO DI DUBBIA AUTENTICITÀ + +Spera di ritornar lieto. + + Nel tempo averso om dé' prender conforto + e con francheza inardir lo su' core, + che vilitate no gli dia isconforto, + perché perisca per troppo temore. + Neiente val chi sé giudica morto, + se non contrasta, quanto pò, 'l martore; + ché 'l tempo muta ispessamente porto + e torna in alegreza lo dolore. + Cosí spero in alegreza tornare + e per sofrenza vincer lo tormento, + ch'aggio patuto e pato per sofrire. + L'aulente fior, che solea sormontare + ogn'altra di fin pregio e valimento, + su' sfogliamento omai dé' renverdire. + + +II + +TENZONI + + +I + +TENZONE FRA GONNELLA ANTELMINELLI, BONAGIUNTA E BONODICO + +I + +GONNELLA A BONAGIUNTA + +Perché il ferro si lima col ferro? + + Una rason, qual eo non sacio, chero: + ond'è che ferro per ferro si lima? + è natura di vena o di tempèro? + o molleza di quel che si dicima? + Cresce e dicresce, corrompe e sta 'ntero, + per sua natura, sí com' fue di prima? + Parlára più latin se non ch'eo spero + che tutto sa chi è dottor di rima. + Sentenza aspetto e di ciò mi confido: + per essa provarò per argomento + che senno e natural rasion non falla. + D'ogn'arte de l'alchima mi disfido + e d'om che muta parlar per acento; + non trae per senno al foco la farfalla. + +II + +RISPOSTA DI BONAGIUNTA A GONNELLA + +L'un ferro vince l'altro per forza dell'acciaio. + + De la rason, che non savete vero, + di rasion è che 'l mio parer dé' stima. + L'un ferro vince l'altro per aciero, + ciò è lo flor del ferro, che si sprima + per foco, finch'è blanco ch'era nero; + e mettesi dal taglio e da la cima, + e cresce in de lo stato primero + sí ch'altro ferro da lui non strima. + Sentenza dia l'aucel, che fece il nido + quando la gran fredura fi col vento; + ca per lo caldo ciascun ride e balla. + Io sacio che di giorno in giorno grido + lo contrario del nostro piacimento: + se no m'amollo, tal voler m'avalla. + +III + +RISPOSTA DI BONODICO A GONNELLA + +Il ferro corrode il ferro per artifizio. + + Non so rasion, ma dico per pensero: + però lo ferro per ferro si strima + che sua vertute per artificero + per piú dureza di quel ch'è dirima. + Tolle, perde, muta e sta primero, + la sua manera per atto si sprima. + Latino, come sento, respondèro: + ben sa chi omne, ch'è accidente, stima. + In cui è la sentenza mi raffido + che sia prova d'ogna provamento: + lo ver sempre verace non si malla. + Per arte molte campane saucido, + d'altrui no m'asicuro né spavento: + per allumar lo parpaglion si calla. + +IV + +RISPOSTA DI GONNELLA A BONAGIUNTA + +Perché vera arte non si può imparare? + + Pensávati non fare indivinero, + sí com' tu fáme, che vòi che si sprima + per aventura e non per maestero + lo tuo risposo e t'ange ch'io 'l riprima. + Poich'eo sperava non esser fallèro + tal senno, che si dice che sublima: + chi bene intende pò dar di legero + risposa, che per lui si diprima. + Ingegno aiuta l'arte, e ciò dicido, + unde natura apprende affinamento: + folle fôra chi cher rasone e salla! + Ma sai che chero e sovente mi strido: + ver'arte und'è che non ha prendimento? + Acel di monte pelle equo di stalla. + +V + +RISPOSTA DI BONAGIUNTA A GONNELLA + +L'arte corregge la natura; ma, mentre vuol sollevarla, non cerchi +d'opprimerla. + + Naturalmente falla lo pensero, + quando contra rason lo corpo opprima, + como fa l'arte, quand'è di mistero; + vòle inantir natura, si part'ima. + Perché natura dá ciò ch'è primero + e poi l'arte lo segue e lo dirima; + e sa piú d'arte chi è piú 'ngegnero + e meno chi piú sente de l'alchima. + Unde l'alchima verace non crido, + perch'è formata di transmutamento: + di sí falsi color tra' le metalla! + Ma se ver'arte no s'aprende, fido + che sia peccato contra, parimento; + ché non è frutto se non è di talla. + + +II + +TENZONE FRA BARTOLOMEO E BONODICO + +I + +BARTOLOMEO A BONODICO + +Se donna gentile debba amare amante baldo e ardito o incerto e +dubbioso. + + Vostro saver provato m'è mistieri, + poi mi so' in tutta dubitanza. + Di dui amanti molto piacentieri, + ch'aman di fino core un'alta amanza, + l'un ha baldeza e mostra volentieri + ciò che gli avèn per lei con arditanza; + l'altr'è dottoso e biasma li parlieri, + ch'a la sua donna contan lor pesanza. + A cui degia donar so intendimento + la gentil donna, che di ciò è sagia? + Ch'io no nd'ho caunoscenza in veritate. + Però vi prego claro intendimento + per vostra bontá tostamente n'agia, + scrivendomi di ciò la veritate. + +II + +BONODICO A BARTOLOMEO + +Donna valente deve amare colui che a lei piaccia. + + Giá non sète di senno sí legieri + che v'abisogni il meo per far certanza; + ma piaquevo per mettervi 'n penseri + di ciò che dite d'altrui innamoranza. + S'eo vi rispondo co' nd' agio sentieri, + rason, ch'è 'n voi, damende baldanza, + poich'amor nasce, regna per piaceri + e per altra vertú non fa mutanza. + Amar non pò contra 'l suo piacimento + donna valente, col fin amor sagia: + voi ne savete 'l ver, che mi negate. + Altro non vo' dichiaro, ch'eo non sento: + non richerete in me piú ch'eo non n'agia; + s'eo vi discrivo fallo, voi mendate. + + + + +III + +GONNELLA DEGLI ANTELMINELLI + + +STANZA + +Come deve contenersi il franco amatore? + + Certo, non si convene + presiar donna, s'amore + no la vince o merzede. + Donqua, com' si mantene + lo leale amadore, + che vòl servire in fede? + Ché per laudar menzogna non dé' dire, + e ben fôra fallire + donna laudare, cui no stringe amanza + o per bon ciasimento o per pietanza. + + + + +IV + +FREDI + + +CANZONE + +È caduto dall'altezza primiera, ma spera di risollevarsi. + + Dogliosamente con gran malenanza + conven ch'io canti e mostri mia graveza, + ché per servire sono in disperanza, + la mia fede m'ha tolta l'alegreza. + Però di canto non posso partire 5 + poich'a la morte mi vado apressando, + sí come 'l cecen, che more cantando, + la mia vita si parte e vo' morire. + Partomi di sollazo e d'ogne gioco, + e ciascun altro faccia a mia parvenza, 10 + ché dentro l'aigua m'ha brusciato il foco, + mia sicurtate m'ha dato spavenza. + Fui miso in gioco e frastenuto in pianto, + sí falsamente mi sguardao so sguardo, + sí come a lo leone lo lupardo, 15 + ch'a tradimento li levao l'amanto. + Per tradimento sono dismaruto, + di qual null'omo potesi guardare; + e son sí preso e sí forte feruto, + ch'agio dottanza di poter campare. 20 + Poiché le piaque a quella, c'ha in podere + la rota di Fortuna permutare, + però le piaccia di me ralegrare: + cui ha saglito, facialo cadere. + Facia 'n tal guisa che naturalmente 25 + vadan le doglie, che ho non pe' rasone, + ché non è gioco d'essere servente + a chi è meno di sua condizione. + E rason porta di punir li mali, + però si guardi chi mi tene a dura, 30 + ché la pantera ha in sé ben tal natura, + ch'a la sua lena tragon li animali. + S'eo trago a voi non voi' piú star tardando, + ch'io non saccia in che guisa mi trovo: + ardo, consumo e struggo, pur pensando 35 + com' son caduto e unde e com' mi trovo. + Però ciascun faccia di sé mutanza + e agia in sé fermeza e novo core: + lo fenix arde e rinova megliore, + non dotti l'om penar per meglioranza. 40 + Però la sesta faccia movimento, + ancor che paia altrui disordinato, + e faccia mostra per avedimento + che ciascun guardi chi siede in mio stato. + Ché ciascun d'alto potesi bassare, 45 + se regimento non ha chi 'l difenda: + lo leofante null'omo riprenda, + se quando cade non si può levare. + + + + +V + +DOTTO REALI + + +CANZONE + +Privazioni e disagi, che sostiene per causa d'amore. + + Di ciò che 'l meo cor sente, + inver, neente — taccio: + saccio; — però fo laccio + per prender amore. + Vero è, non disdico: 5 + s'eo dico — vento — spento, + contra talento — sento + sí alto valore. + Provo — novo — trovare: + parlare — d'amare — mi face 10 + amore, ch'è verace. + Aggio — saggio — veduto + compiuto — che muto — non tace, + né per natur' ha pace. + Però di dir non lasso, 15 + né passo — ditto — dritto: + in ch'io son fitto, — gitto + mio greve pensero. + Ca quei che piú par gioia + m'è en noia: poco — foco 20 + in loco — pare gioco, + crescendo par fèro. + Quale — male, — s'uzansa + l'avansa, — bassansa — può avere, + se non per astenere? 25 + Tempo — ben pò — fuggire + soffrire... — , d'audire + di ciascun c'ha savere. + Ché ciascuna vertude + conclude — fede; — crede 30 + omo che vede; — chiede + ch'è ciò che vòl; tene + non ch'è fé per credensa, + sentensa — spera — vera, + ch'è luce intera — clera, 35 + per cui vita vene. + Morte — forte — disdegna: + spegna — non segna — fallire, + ma dá fallo fuggire. + Arte — parte — per pianto, 40 + di tanto — o quanto — ben dire + si può sensa finire. + Oh quante pene passa + chi lassa — voglia! — Doglia + da sé dispoglia, — scoglia, 45 + como fa serpente. + Seguirla no è vita + nodrita, — ch'ira — tira + lo core, gira. — Mira: + male chi non sente! 50 + Molte — volte si sferra + chi serra — ... — chi caccia + visii, vertú allaccia. + Fama — chiama — chi pensa; + non tensa, — offensa — non faccia 55 + omo tal, che sé isfaccia. + Però di dir non tardi, + ma guardi — danno, — c'hanno + quei che non sanno: — stanno + in vita penosa. 60 + In ciò saver si loda: + chi mod'ha, — cura — pura + con mizura: — dura + in cui senno posa. + Ésca — pesca — chi prende: 65 + sé vende — chi rende — penseri + assai piú leggeri. + + +SONETTI + + +I + +A MEO ABBRACCIAVACCA + +Domanda schiarimenti perché egli abbia cuore scontento e volontá +imperfetta. + + A te, Meo Abracciavacca, Dotto Reali, menimo frate dell'ordine + dei cavalieri di beata Maria, manda salute. + + Pensando che lo cor dell'omo non si chiami contento in de lo + stato là' u' si trova; e sí come sono divizi li stati e le + condissioni dell'omo, cosí sono divize le volontadi. E per le + volontade, che sono diverse in del corpo de l'omo, perfessione + non si trova in intelletto, ma parte de le cose si puon sentire + per esperiensa e per ingegno; e ciò giudica ragione umana. E io, + conoscendo in me simile core e volontade per defettiva parte del + mio sentire, mi movo per fare me chiaro del mio difetto. E, + accioché scuritate riceva lume da quella parte che dar lo pò, + mando a te questo sonetto per tutte quelle cose che di sopra son + ditte. E risponsione mi manda di ciò che senti. E mostralo a + frate Gaddo e a Finfo. + + Similimente canoscensa move + lo cor dell'om, che spesso si disforma, + sí come l'aire face quando plove, + che per contrario vento si riforma. + + E venta puro e mostra cose nòve + in occhio d'om per parer non per forma. + A simil, parlo per intender prove + del meo defetto da ciò che piú forma. + + E ciò è mezzo di principio fine, + e di fine principio naturale, + ch'assai paleze mostra, in cui figura + + qual d'esti dui piú sente, e chi di fine + intenda, non che porti naturale, + per sé manda per compier la figura. + + +II + +Allo stesso + +Sulla questione: Se l'anima viene compíta da Dio, com'è che può +fallire? + + A piò voler mostrar che porti vero + non magistero — di ciò sta nascoso, + e di ciò spesso me medesmo chero + e sí mi fero — ch'eo vivo doglioso. + + Qual per natura pò sentire intero + ciò ch'è mistero, — di che non dire oso? + Per me comune piò che 'l lume cero + non mi dispero — e faccio risposo. + + A intelletto volontá pertene, + perché convene — che l'alm'aggia vita + e sia finita, — ben discenda pura. + + Ché suo vazel tal natura — mantene, + qual li adivene — da quella ch'è unita, + ancor ch'aita — sia d'altra fattura. + + + + +NOTA + + +Si ripubblicano qui quei _Rimatori lucchesi del secolo XIII_, che eran +comparsi or non è molto nella _Biblioteca storica della letteratura +italiana_ (n. VII, Bergamo, 1905) diretta da F. Novati[3]. Il +patrimonio poetico di Gonnella Antelminelli[4], Bonodico[5], +Bartolomeo, Fredi e Dotto Reali riman sempre lo stesso; qualche +leggera variazione si ha invece per quello di Bonagiunta Orbicciani. +Il son. XI «In prima or m'è noveltá bona giunta», che a noi primamente +era sembrato potersi attribuire all'Orbicciani, per quanto adespoto +nell'unico cd. antico che lo conteneva (Pal. 418[6]), bisognerá +toglierglielo addirittura. Non tutto è piano e chiaro; ma il «ser +Bonagiunta» del v. 7 è un vero e proprio vocativo. Sí che +non può essere autore del sonetto colui, al quale esso viene +indirizzato[7]. Cosí, per le buone ragioni messe innanzi specialmente +dal Rossi[8], va ritenuto spurio il son. «Chi se medesmo inganna per +neghienza», che era stato collocato fra le rime di «dubbia +autenticitá»[9]. + +In compenso, per merito di un noto valente studioso, acquista +sicuramente la ball. «Fermamente intenza» (n. V)[10]; e noi ora gli +assegnamo senz'altro la canz. «Ben mi credea in tutto esser d'Amore» +(n. XI). Un tempo, è vero, ci era sembrata l'opera di un +falsificatore, sebbene abilissimo, anche perché conservataci solo +dalla _Raccolta giuntina_ del 1527 (IX, 108)[11]. Ma recenti studi han +dimostrato la estrema attendibilitá di quella silloge[12]. Che tale +canzone poi derivi da un ms., che potrebbe anche essere il Pal. 418, +ha reso evidente, a parer nostro, F. Pellegrini[13]. Qui si +aggiunge a rincalzo della derivazione manoscritta che «addivenir» del +v. 36 va manifestamente corretto in «a divenir». I Giunti si trovaron +dinanzi ad uno di quei raddoppiamenti cosí frequenti nelle antiche +scritture fiorentine «a ddivenir», e non lo seppero intendere. + +Quanto al tempo, con gli spunti di «dolce stil nuovo» che lascia +intravedere[14], deve con molta verisimiglianza riportarsi agli ultimi +anni del rimatore[15]. + +Le osservazioni, che la prima edizione ispirò a una critica acuta e +sagace, han giovato non poco alla presente ristampa. Alla quale +apportammo anche di nostro tutti quei miglioramenti, che consigliavano +i progressi ulteriori degli studi e l'attenta riesamina del testo[16]. +Tenendo ben presente il pubblico, al quale ora ci rivolgevamo, fu +nostra massima cura di render sempre chiaro, per quanto era possibile, +il pensiero di questi rimatori e di dar la esatta corrispondenza +moderna di vocaboli ed espressioni antiche. La disposizione del testo +è sempre quella; soltanto fu introdotta una leggera trasposizione per +le tenzoni, ché parve opportuno, a meglio e piú prontamente +intenderle, ravvicinar fra loro i vari sonetti di «proposta» e di +«risposta». Naturalmente anche i criteri, con cui fu messo insieme, +son rimasti gli stessi: tuttavia la voce dei cdd. diversi da quello, +su cui il componimento veniva esemplato, fu piú spesso tenuta presente +ed ascoltata. + +Di regola, però, quando la lezione del cd. esemplato vada bene per il +senso, si adotta, anche se l'accordo degli altri cdd. dov'è alquanto +diversa possa invitare a sostituirla. Evidentemente alcune volte, nei +cdd. meno antichi, la parola è ammodernata: c. II, 14 «gioia», 18 +«dee»; ball. III, 9 «ond'» etc.; talvolta non c'è nessuna ragione +perché Bonagiunta, nella condizione speciale in cui si trovava[17], +non abbia scritto cosí come il cd. porta: c. I, 6 «cusí», III, +14 «du'»; ball. II, 18 «sprendore», 24 «criatura», 30 «smirato», III, +19 «sono», ecc. Certo, non si esclude che in qualche parte la vera +lezione possa nascondersi negli altri cdd., se anche sieno in lieve +disaccordo: cfr., ad es., c. III, 13 «sentire, sentore», ecc. + +Anche dal punto di vista della metrica, questa edizione si trova +avvantaggiata[18]. Dopo lo studio del Parodi, è indubitato il trionfo +della rima siciliana di fronte alla cosí detta rima impropria: +l'accolgo, quindi, nei casi, in cui egli ebbe giá ad indicarla per i +nostri rimatori[19]. Solo nei due son. VIII, 11-14 «inamora: criatora» +e XVIII, 10-13 «sono: alcono», la forma con «o» mi sembra preferibile +(cd. «criatura» e «alcuno») perché l'«u» in «o» ha l'appoggio di un +altro testo lucchese[20]: «alcono» è inoltre forma guittonesca[21] e, +per conseguenza, possibilissima in Bonagiunta. Per la stessa ragione, +in c. XI «misora» 31 e «vertode» 33[22]. Se non che, fino a che +ulteriori studi non ci avran meglio chiariti sulle abitudini metriche +degli antichi rimatori, sará prudente ed opportuno non spingersi piú +oltre. Ché si corre il rischio di giudicare della metrica del sec. +XIII — per necessitá di cose imperfetta — secondo criteri affatto +moderni[23]. + +In altra parte di questo volume sono esposte le norme relative alla +grafia adottata[24]. Con tutto ciò qualche incongruenza resta. +Minuzie. Senza dubbio! Ma il far diversamente avrebbe richiesto +una serie di piccole ricerche, a cui non era qui il caso di +sottoporsi. Quello che importa è che niente è stato toccato, che possa +in qualche maniera aver relazione col dialetto di questi rimatori o +trovi una qualche rispondenza nella realtà fonica toscana. + +Poche aggiunte, e d'importanza minima, debbo fare alla bibliografia. + + +CODICI. + +_a_) Vaticano 4823. Per quanto ci riguarda, non è che tarda copia +(sec. XVI) del Vat. 3793[25]. Contiene: di Bonagiunta c. IV (129v), V +(129r), VI (128r), VIII (127v), IX (284r), X (124v); disc. I (125v), +II (126v); son. I (401r), XI (342r), XII (342r) XIII, 2 (400v), XIV, 2 +(401r) — di Fredi c. I (106v) — di Dotto Reali son. I (6r)[26]. + +_b_) Chigiano L. IV, 131: di vario tempo e di varie mani[27]. La +maggior parte dei componimenti che contiene deriva dal Pal. 418[28]. +Tali sono: di Bonagiunta c. IV (p. 85), V (p. 120), VI (p. 90), IX (p. +102); disc. I (p. 115); ball. I (p. 81), III (p. 15), IV (p. 35). I +due son. I (p. 839) e IV (p. 849)[29] invece si trovano in quella +sezione, sulla cui provenienza si discute[30]. Essi certo non derivano +dalla raccolta di rime antiche pubblicate dal Corbinelli in fine de +«La bella mano»; la collazione da me istituita permette di affermare +la strettissima relazione di questo testo con quello del +Mediceo-Laurenziano pl. XC inf. 37[31]. Sí che l'ignoranza di questo +cd. nessun danno produsse alla primitiva costituzione della lezione +dei due sonetti. + + +STAMPE. + +α) V. NANNUCCI, _Manuale della letteratura del primo secolo +della lingua italiana_, Firenze, 1843, I, 187 sgg. Contiene di +Bonagiunta c. VI e XI; ball. II; son. III, IV, VIII[32]. + +β) H. KNOBLOCH, _Die Streitgedichte im Provenzalischen und +Altfranzösischen_, Breslau, 1886. Contiene il son. di Bartolomeo +«Vostro saver provato m'è mistieri» (p. 68). + +γ) B. WIESE, _Altitalienisches Elementarbuch_, Heidelberg, +1904. Contiene di Bonagiunta c. X (p. 208). + +Seguono alcune osservazioni intorno ai singoli componimenti. + + +BONAGIUNTA + +CANZONI + + I, 10-2. Il paragone trae la sua origine dalla credenza che + trovasi riferita, ad es., in un antico poemetto francese, nel + quale appunto, a proposito della «balena» «_Qui de biens est + farsie et plainne_» si dice fra l'altro: «_Quant elle est prise + et atrappée — Mieus en vaut toute la contrée_»: cfr. G. RAYNAUD, + _Mélanges de philologie romane_, Paris, 1913, p. 137. Altrimenti + spiega quest'allusione G. BERTONI, in _Zeitsch._, XXXVI, 569-71. + + I, 55-60. «Ma per ragione di buona speranza, come l'oliva non + cangia la verdura, cosí io non cangio il mio buon volere e il + cor gioioso, piacente e amoroso, per quanto mi sia cangiato + l'aspetto». + + II, 24. «Come l'oscuritá è diversa dallo splendore». + + II, 33. «Non partire» dipende da «faraggio» del v. p. Tutto il + verso mi pare poi debba intendersi: «non partirò giammai»; + «tutto tempo» è lo stesso che «giammai», da cui è rinforzato. + + III. Per quanto riguarda lo schema metrico, in relazione a + quello proposto, è probabile che nella seconda «volta» della + prima strofa (specialmente vv. 14-5) si debba trattar + d'assonanza; ma la seconda «volta» della seconda strofa (vv. + 32-3) è certo errata: cfr. in contrario WIESE, _Archiv_ cit., + CXVII, 217. Il Wiese, invece, ha ragione quando afferma che gli + ultimi otto versi (73-80) appartengono ad una nuova strofa, non + al commiato. La canzone è dunque incompiuta. + + III, 36. Il sogg. di «vien» è «sofferire», che si rileva da + quanto precede. + + III, 77. La corr. «ria» (cd. «seria») è del WIESE, _Archiv_ + cit., CXVII, 217. + + IV, 12-3. «acciocché, per la mia fermezza, fossi sicuro di non + render vana la mia fatica». + + IV, 20. «Io non credo — ciò che sarebbe offensivo — ». + + V, 36-8. Per la correz., cfr. ROSSI in _Gior. st. d. l. it._, + XLIX, 382. Sulla lezione di questi e dei sgg. vv. riportata + nella _Poetica_ del Trissino da un cd., che forse era + l'archetipo del Pal. 418, cfr. MASSÈRA, _Una ballata_ cit., pp. + 2-3 dell'estr. Quanto al significato, «sua» del v. 36 si + riferisce a «core» del v. 33. + + VI. Riguardo allo schema metrico, ci pare di dover sostenere + ancora quanto dicemmo ne _I Rimatori lucchesi_ cit., pp. 111-2. + Le proposte del WIESE, _Archiv_ cit., CXVII, 218, ci allontanano + troppo dai cdd. e non sembrano interamente accettabili. + + VI, 12. Per aver la rimalmezzo, come nei vv. corrispondenti + delle altre strofe, si ha da correggere il «tanto» dei cdd. in + «tutto»? + + VI, 19-20. «che amore non è diverso da vera perfezione». + + VI, 53. «E quel che io dico mi sembra un dir nulla». Manca la + rimalmezzo: la proposta del WIESE, _Archiv_ cit., CXVII, 218 + («mando») urta contro la lettura dei mss. + + VII, 1-6. «Sperando da lungo tempo di trarre a mio vantaggio la + contesa impegnata con la mia donna, la quale mi dá tal coraggio + ch'io credo sovrastare ogni altro uomo, conoscenza, che proviene + da obbedienza, mi consiglia a ben servire». + + VII, 10. La rimalmezzo è casuale, mancando nel verso + corrispondente dell'altra strofa. + + VII, 14-5. «Non è dubbio che conoscenza nasce da senno fino; e + ciò è provato». + + VII, 23. «che l'una cosa (il «ben fare» e il «comportar + sofferenza» = esser sofferenti) possa stare insieme con + l'altra («usar villania» ed «esser folli»). + + VII, 29. «contrar'.». La lieve correzione (cd. «contrario») è + voluta dalla metrica. Per i molti esempi nei rimatori antichi di + simili troncamenti, fra i quali è citato pur questo, cfr. + NANNUCCI, _Teoria dei nomi della lingua italiana_, Firenze, + 1858, p. 632. + + VIII. Il dubbio sulla sua autenticitá, espresso dallo ZACCAGNINI + in _Rass. crit._ cit., XI, 37-8, non ha fondamento. + + VIII, 24-6. «e (l'amore) raccomanda continuamente di seguire la + via amorosa, perché volle stare insieme con loro (con gli + uccelli)». + + IX, 2-3. «sono da considerare da ciascuno amatore». + + IX, 14. Sottintendi «che». + + X, 13. Meglio col cd. «pensos'a nott'e dia»? + + X, 21. «m'ha conquiso». Per la correzione (cd. «mi comquise») + cfr. WIESE, _Archiv_ cit., CXVII, 219. + + X, 29. Il cd. legge «osmantenere». Il WIESE, _Altitalienisches + Elementarbuch_ cit., p. 209 propone: «A fin [di pietanza] + ottenere». + + X, 42 sgg. Il PARODI, _Rima siciliana_ cit., p. 124 _n._, si + domanda — cosa che a me non sembra necessaria — se le finali in + «-ente» di questa strofa non sieno da trasformare in «-enti», + trovandosi in «gente» l'«-i» finale per «-e» del siciliano. + + X, 43. «ch'è regina». La correzione era prima dubitativamente + proposta in nota ne _I Rimatori lucchesi_ cit., p. 115. + Diversamente pensa il PARODI, _Rima siciliana_ cit., p. 128 _n_. + + XI. Riunisco qui le varianti. 4. Hor, 5. hauia, 27. Anchor, 30. + alchun, 31. misura, 32. huom, 33. uertude, 34. huom, 36. + addiuenir, 37. Ciaschuna, 53. humiliare, 56. Ch'allaccio, 61. + ché detto, 62. ché á dire. + + XI, 1. Nella stampa, è lasciato un po' di spazio per la iniziale + grande, che manca: c'è invece una b minuscola. + + XI, 52-4. «Prima di servirla, mi trovo che l'avvenente, per + darmi gioia, umilia verso di me guiderdone (= ricompensa) si + soave». + + XI, 56. La correzione è del PELLEGRINI: cfr. _Rass. bibliogr._ + cit., XXI, p. 19. + +DISCORDI + + I, 1-12. A considerare la prima parte della strofa di ottonari, + anzi che di settenari, come giá mi parve, mi ha indotto e il piú + attento esame della lezione dei cdd. (cfr. specialmente i vv. + 1-2) e il confronto con la seconda parte. + + I, 62. Secondo il v. 60, sottintendi «è», che si riferisce a + «spera» e «cèra». + + II. Relativamente alla ricostruzione metrica, ora mi pare che + l'APPEL abbia ragione (cfr. in contrario _I Rimatori lucchesi_ + cit., p. LXVI, n. 2) per quanto riguarda i vv. 43-8, che + egli collega alla strofa sg. D'altra parte, non so rinunziare a + vedere fra le varie strofe quel cotal legame, su cui cfr. + BIADENE, _Il collegamento delle stanze mediante la rima nella + canzone italiana dei secoli XIII e XIV_, Firenze, 1885, p. 13: + cfr. V. 15 «Davante», v. 22 «falla», v. 34 «languisco». Certo, + nella quarta strofa, che comincia appunto al v. 43, questo + legame manca. Io ho l'impressione che ciò provenga da un + trascorso del rimatore. Manca ancora, è vero, nell'ultima + strofa: v. 61 sgg. Se non che, essa ne sará priva perché + considerata stante a sè, come una specie di commiato. + + II, 42. «che». È un «che» ripetuto, come si ritrova in antico + italiano e anche in provenzale: NANNUCCI, _Analisi critica dei + verbi italiani_, Firenze, 1843, p. 91, n. 6. + + II, 46-8. «(e intanto) sto nascosto piú di quello che non stesse + Adamo, quand'ebbe mangiato il frutto proibito». + + II, 53-3. Sottintendi «a». + +BALLATE + + I, 17. Sia permesso riferir qui le due strofe, che nel cd. Pal. + 418 seguono a questo verso e che ritenemmo interpolate (cfr. + anche WIESE, _Archiv_ cit., CXVII, 220): cfr. _I Rimatori + lucchesi_ cit., pp. 117-8. + + _a_) Radice è di viltade _b_) Nessuno è più ingannato + c'a tucti ben dispiace ke de la sua persona: + lodare on sua bontade; ké tal si tien biasmato + e prodeza ki face, ke Dio li dá corona, + quei ke la fa ne cade, e tal si tien laudato + e quei che la tace ke lo contraro dona + ne cresce fermamente. a llui similemente. + + I, 51. Sottintendi «che». + + II, 29. «vostro viso» equivale evidentemente a «in vostro viso»; + l'accordo dei cdd. non mi autorizza a proporre: «'n vostro + viso». + + II, 32-3. «vue» è correzione del WIESE, _Archiv_ cit., CXVII, + 220; il PARODI, _Rima siciliana_ cit., p. 124 n. proporrebbe: + «vui»: «fui». Per la correzione, piú propriamente, del v. 33, + cfr. ROSSI in _Gior. st. d. l. it_., XLIX, 383. + + III, 10-1, «degno voi» = degno di voi. + + III, 22. «vita» deve certo esser sostituita da qualche altra + parola (cfr. anche quanto possono apprendere i cdd.); ma non + riesco a trovarla. Forse un lucch. «lita» = «lite?». + + IV. Il tipo composito della strofa è da mettere in relazione con + quelli, di cui parla il CASINI, _Studi di poesia antica_, Cittá + di Castello, 1914, p. 40 sgg. + + IV, 5. La correzione «tucto» dei cdd. in «tutta» è + indispensabile. + + V. Seguo la ricostruzione del MASSÈRA (cfr. sopra); me ne + allontano solo, oltre che in qualche lieve ritocco + d'interpunzione, al v. 64, dove, col cd., ammetto lo iato + (MASSÈRA: «ke è diricta e vera)». + + V, 34. «la rivera»: è il Serchio, sotto il qual nome, per + metonimia, è da intendere Lucca stessa. + +SONETTI + + I. Il son. di risposta del Guinizelli «Omo ch'è saggio non corre + leggero», essendo ben noto, è superfluo riprodurlo qui: cfr. + CASINI, _Rime dei poeti bolognesi del secolo XIII_, Bologna, + 1881, p. 40. + + I, 2. «piacenti»: l'accordo della maggior parte dei cdd. mi ha + indotto a preferire questa lezione a «amorozi». + + II, 4. Cd. «ispeme». + + IV, 10. «ispene». La maggior parte dei cdd., che hanno «spene», + autorizza la correzione. + + V, 10-13. Sarebbe pur possibile una rima siciliana in «ire»: + cfr. PARODI, _Rima siciliana_ cit., p. 124 n. e 131. + + VII, 4. Cd. «gioie ed». + + VIII, 12. «(Il vostro cuore) vede il mio volto che ciò non + ostante implora». + + IX, 5. «Chi sí non fa». Cioè: chi non cerca di aver «sapere». + + IX, 14. «Il cagnolino battuto fa temere il leone». + + XI, 1-4. «Molti, come appare dai versi amorosi che scrivono + senza saper niente della verità, stanno nel fuoco d'amore, ma + sono innamorati ingenui e che si fondan su nulla». + + XII, 7-8. «In cuore le rendo onore e lode; e, tale essendo il + mio cuore, non cado in dimostrazione esteriore di speranza (= + nascondo sul volto la speranza)». + + XII, 11. «(il pregio e il valore) rimuovono gli sdegni, e (per + essi pregio e valore) si spenge l'orgoglio». + + XII, 12-4. «La mia fede spera per il suo servire, il mio senno + pensa che la lode sia il fondamento della speranza. Chi vive con + inganno perisca di cordoglio!». + + XIII, 1. Il son. è nel cd. Vat. 3793 — unico che ce lo tramandi + — e precede immediatamente (n. 781) il son. di B. — Raccolgo qui + le varianti: 1. bene... omo nom... trouare 3. sauere 4. + bisongnasse 5. male parlare... tale 6. pari... omo 7. amore 9. + comsilglio 11. partire 12. aportatore. + + XIV, 1. Il son. è nel cd. Vat. 3793, che pure unico ce lo + tramanda, e precede ancora immediatamente (n. 783) la risposta + di B.: vedilo pure in MONACI, _Crestomazia italiana_, p. 308. — + Ecco le varianti: 1. bem 2. rimonddo 3. fare piaciere... buoni + 4. omo... monddo 5. ciausire 6. nom... pieto uidale... buono + dismonddo 7. come 8. loro monddo 10. alti (per la corr. cfr. il + passo corrispondente in XIV, 2, v. 10) 11. bene 12. vm + comsilglio 12. bene. + XIV, 2, 6. «fan». La correzione (cd. «fa») è del WIESE, _Archiv_ + cit., CXVII, 221. + + XIV, 2, 7-8. «I quali lodano in voi i due che son fra loro + eguali, anzi egualissimi, Folchetto e Dismondo». + + XVI, 14. Se lo iato sembri troppo ardito, si corregga: «in mia + balia», come propone il WIESE, _Archiv_ cit., CXVII, 221. + + XVIII, 1-4. «Con tutta sicurezza, poiché son vostro, dirò ciò + che avviene de' vostri versi, fra i quali ho trovato un certo + numero di sonetti, che hanno addosso spiriti malvagi». + + XVIII, 12. «o perché» (cd. «perké»): la correzione mi par + sicura, anche per ragioni metriche. + + I di d. a., 5 «val»: cd. «vale». + +TENZONE FRA GONNELLA ANTELMINELLI, BONAGIUNTA E BONODICO + + I, 3-4. «L'un ferro lima l'altro, perché l'uno dei due è piú + forte, perché cosí proviene dalla miniera o per la tempera + ricevuta? Oppure l'uno dei due si lascia limare a causa della + sua maggiore dolcezza?». + + I, 5. Il soggetto è il «ferro». + + I, 9. «Aspetto la soluzione e confido di ottenerla». + + I, 14. Per riaffermar che gli alchimisti e coloro che mutano ad + ogni parola il loro discorso sono stolti, conchiude: «la + farfalla trae al lume stoltamente (non per senno)». + + II, 1. «Che» = di cui. + + II, 3-8. «L'un ferro vince l'altro per forza dell'acciaio, che è + come il fiore del ferro, il quale vien fuori per opera del + fuoco, quando il ferro è divenuto bianco da nero che era, e + l'acciaio si mette dalla parte del taglio e sulla punta, e il + ferro acquista piú forza nel suo stato primiero, sí che altro + ferro non porta via nulla da lui». + + II, 9-11. Rispondono alla «natural rasion» del v. 11 del s. 1 + del Gonnella. + + II, 12-4. Rispondono al «senno» del v. 11 del son. 1 del + Gonnella: Bonagiunta non è stato lieto del complimento, che il + Gonnella gli aveva rivolto. + + III, 2-4. «Il ferro si corrode per mezzo del ferro, perché la + sua virtú, per artifizio, si muta in maggior durezza di quel che + era». + + III, 14. «per allumar» = quando si accende il lume. + + IV, 1. «Pensavo che tu non facessi l'indovino». + + IV, 8. «che per lui si diprima» = decisiva. + + IV, 14. «Asinello di monte (animale allo stato di natura) supera + cavallo di stalla (animale, su cui ha agito l'arte)». Parrebbe + un proverbio. + V, 4 «vuole avanzare la natura e invece è a grande distanza da + lei». + + V, 12-4. «Ma se vera arte non si apprende, credo che si pecchi + anche in senso contrario, ugualmente (cfr. i vv. 13-4 del son. + IV): perché gli alberi da frutto vengono dalla propagazione + artificiale». + +TENZONE FRA BARTOLOMEO E BONODICO + + II, 3 «piaquevo» = vi piacque (di rivolgervi a me). + + +FREDI + + I, 41 sgg. Non mi è chiara l'allusione. + + +DOTTO REALI + +CANZONE + + 1. «Di quello che il mio cuore prova, davvero non taccio niente. + Ma io son savio; per questo adopero mezzi insidiosi per prender + l'amore. Vero è, non lo nego: s'io dico che l'amore è come un + vento estinto, giudico di sí alto valore contrariamente al mio + modo di sentire. Io ho una nuova maniera di far versi: ché il + mio verace amore mi fa parlar d'amore. Del resto, ho veduto un + perfetto sapiente che non tace, standosene muto, né è + naturalmente quieto. + + 2. Per questo non tralascio di far versi, né trascuro il canto: + manifesto il mio grave pensiero, in cui son fitto. Ché quegli + che piú mostra gioia m'annoia: un piccolo fuoco, a suo luogo, è + piacevole; ma se cresca, è increscioso. Qual male, se la + consuetudine lo rende piú grave, può diminuire, se non ci se ne + astenga? Il tempo ben può allontanare il dolore, secondo ch'io + odo da ciascuno che sia saggio. + + 3. La fede comprende in sé tutte le virtú: uomo che vede, crede; + domanda che avvenga ciò che vuole; tiene ciò che è fede non per + credenza (= senza rendersene ragione), ma spera vera sentenza, + che è luce intera, chiara, da cui vien la vita. Egli disdegna + fortemente la morte, la quale cancella, non registra, il fallo, + permette anzi di fuggirlo. — Ma per il dolore l'arte mi vien + meno: su tale argomento si posson far versi infinitamente. + + 4. Oh, quante pene evita colui che non segue il suo talento! + Egli allontana da sé il dolore, se ne libera, come il serpente + si libera della sua pelle. Seguire il proprio talento è vita + infelice, ché l'ira strazia il cuore e l'offende. Sta' attento: + fa male chi non ascolta! Molte volte ci rimette (= perde il + ferro) chi serra... chi allontana i vizi, afferra le virtú. Chi + pensa, cerca fama; non faccia tenzone, non faccia offesa chi non + val nulla. + 5. Per questo chi ha senno non tardi a far versi, ma consideri + il danno che hanno gli stolti: essi vivono penosamente. In ciò + si loda il sapere: nell'aver moderazione e cura pura con misura: + chi ha senno non varia. Chi prende l'èsca, pesca, e chi ha + pensieri troppo leggeri si lascia ingannare». + + I, 27. Il passo è corrotto (anche la metrica è offesa); ma non + so presentare una proposta soddisfacente. + + I, 41. La correzione (_I Rim. lucch_.: ben dir di tanto — o + quanto) è del WIESE, _Archiv_ cit., CXVII, 222. + +SONETTI + + I. La «risposta» vedila in ZACCAGNINI, _I Rimatori pistoiesi dei + secoli XIII e XIV_, Pistoia, 1907, p. 34, e ora in questo vol., + p. 15. + + I, 6 «per parer non per forma»: «che sono apparenza, non + sostanza». + + I, 8 «defetto da ciò che piú forma»: «difetto proveniente + dall'intelligenza». + + I, 9-10. «E l'intender la ragione del difetto è mezzo ch'è fine + del principio ed è, a sua volta, principio naturale del fine». + + I, 11-14. Quest'ultimi versi non mi son chiari. + + II. La «proposta» in ZACCAGNINI, _I Rimatori pistoiesi_ cit., p. + 32 e ora in questo vol., p. 15. + + II, 1-2. «A voler maggiormente dimostrare che tu apporti veritá, + non esiste una dottrina recondita». + + + + +GLOSSARIO + + +[B. = Bonagiunta; G. = Gonnella; Bo. = Bonodico; Ba. = Bartolomeo; F. += Fredi; D. R. = Dotto Reali — t. = tenzone; c. = canzone; d. = +discordo; b. = ballata; st. = stanza; s. = sonetto; s. d. d. a. = +sonetto di dubbia autenticitá. + +La cifra romana risponde al numero del componimento; l'araba al verso. + +Quando il rinvio è fatto senza alcuna indicazione di autore, s'intende +sempre che la voce appartiene a Bonagiunta. + +Qualche leggera infrazione all'ordine strettamente alfabetico è dovuta +alla necessità di non separare voci, che riposano sulla stessa base +etimologica. Es. «insegnamento», «'nsegnamento»; «disianza», +«desianza»; ecc.] + + +_abondare. (che 'l meo core) abonda_ (b. IV, 11) — che sopraffa il m. +c. + +_Acel_ G. (t.) (s. iv, 14) — asinello. + +_acento (per)_ G. (t.) (s. I, 13) — ad ogni parola. + +_aciero_ B. (t.) (s. II, 3) — acciaio. + +_a ciò_ (s. XJ, 7) — perciò. + +_Acciò_ (c. II, 13) — perché. + +_acrescensa (vene in)_ (s. XIJ, 9) — cresce. + +_acrescenza (trar in)_ (c. VIJ, 1-2) — trarre a vantaggio. + +_acrescimento_ (c. IV, 26) — lode, innalzamento. + +_adastare. (m)'adasta_ (b. II, 20) m'eccita; _adasta_ (s. XV, 5) — +irrita. + +_adivenire, adivene_ (s. XVIIJ, 2) — accade; D. R. (s. II, 13) — +proviene. + +_adoblare. (m)'adoblaran_ (c. X, 33) — addoppieranno. + +_adorneze_ (b. II, 8) — ornamenti. + +_adovenire, adovene_ (s. VI, 1) — accade; _(s)'adovegna_ (s. XVIIJ, 9) +— accada. + +_Adunqua_ (c. X, 35 ecc.) — dunque. + +_afare (loda lo su')_ (b. I, 2) — si loda. + +_affinamento_ (c. VIIJ, 8) — perfezionamento. + +_afinata_ (c. VIIJ, 16) — perfetta. + +_agradito (ha)_ (c. VIIJ, 28) — ha reso gradito. + +_aigua_ (s. VJ, 9 ecc.) — acqua. + +_aire_ (c. I, 21 ecc.) — aria. + +_aita_ D. R. (s. II, 14) — opera, lavoro. + +_albóre_ (c. X, 3) — alberi. + +_árbore_ (c. XJ, 40) — albero. + +_alchima_ G. (t.) (s. I, 12 ecc.) — alchimia. + +_alcidere. (m)'alcida_ (s. III, 2) — mi uccida. + +_ancidere. ancidetimi_ (b. IV, 20) — uccidetemi; _(m)'ancidesse_ (b. +IV, 24) — m'uccidessi; _ancisi_ (s. XVIJ, 4) — uccisi. + +_allacciare. allaccia_ D. R. (c. 53) — afferra, prende col laccio. + +_allegransa_ (e. II, 9 ecc.) e + +_allegranza_ (d. I, 10) e + +_alegressa_ (b. I, 28 ecc.) — allegrezza. + +_allumar_ Bo. (t.) (s. III, 14) — accendere il lume. + +_allungiato_ (c. XI, 2) — allontanato. + +_alori_ (d. I, 15) — odori. + +_altera_ (d. I, 59) — bella; (s. X, 9) — alta (in senso buono). + +_altero_ (c. III, 42) — alto (in senso buono). + +_altesse_ (d. I, 47) — altezze. + +_altura_ (b. II, 34; b. V, 33) — altezza (in senso morale), +eccellenza. + +_altura (in)_ (c. XJ, 41) — in alto. + +_alumato_ (s. XJ, 13) — acceso. + +_amadore_ (c. X, 6) — amanti. + +_amansa_ (d. II, 62) e + +_amanza_ (c. VJ, 26 ecc.) — amore; (c. XJ, 25) — donna amata; _un'alta +amanza_ Ba. (t.) (s. I, 4) — una donna di nobil condizione. + +_ambur_ (c. III, 5 ecc.) — ambedue. + +_amollare. (m)'amollo_ B. (t.) (s. II, 14) — mi piego, cedo. + +_amoranza (metta in)_ (c. VI, 6) — metta in amore. + +_amortare_ (s. VJ, 14) — smorzare. + +_ane_ (c. IV, 48) — affanni. + +_aparegiare. (s)'aparegiasse_ (s. X, 8) — si potesse paragonare. + +_apari_ (s. XIV, 2, 6) — insegnamenti. + +_aprendersi. s'aprende_ (s. VJ, 13) — prende. + +_ardere. (m)'ardi_ (c. X, 30) — mi infiamma (d'amore). + +_arditanza (con)_ Ba. (t.) (s. I, 6) — arditamente. + +_arditesse_ (b. I, 23) — arditezze. + +_argoglioso_ (c. X, 37) — orgoglioso. + +_artificero_ Bo. (t.) (s. III, 3) — artifizio. + +_asimigliare_ (c. VIJ, 8) — paragonare. + +_aspido_ (b. I, 38) — aspide. + +_assisi (cosí)_ (s. XVIJ, 8) — in tale stato. + +_astutare_ (b. IV, 12) — spengere, mitigare. + +_atenenza (avere.... di)_ (s. V, 14) — possedere. + +_atenere. (v)'atenete_ (d. I, 43) — vi astenete. + +_atri_ (c. XJ, 42) — altri. + +_atro_ (c. VIIJ, 13) — altro. + +_atto_ Bo. (t.) (s. III, 6), — azione. + +_atutare. (s)'atutasse_ (c. II, 6) — dileguasse, svanisse. + +_aucel_ B. (t.) (s. II, 9) — uccello. + +_auselli_ (d. I, 5) — uccelli. + +_aulente_ (s. VIJ, 14 ecc.) — olezzante. + +_aunore_ (b. V, 40; s. XIJ, 7) — onore. + +_auro_ (b. V, 48) — oro. + +_autrui_ (c. II, 11) — altrui. + +_auzidere. (m)'auzide_ (c. X, 49) — m'uccide. + +_avallare. (m)'avalla_ B. (t.) (s. II, 14) — mi vince, mi abbatte. + +_avanti_ (c. I, 20) — anzi. + +_avansare_ (s. I, 4) — sorpassare; _avansa_ D. R. (c. 24) — rende piú +grave. + + +_baldeza_ Ba. (t.) (s. I, 5) — baldanza. + +_balía_ (b. I, 8) — forza, potere. + +_bassansa (può avere)_ D. R. (c. 24) — può diminuire. + +_bassare_ F. (c. 45) — cadere in basso. + +_bastanza (fôra)_ (c. VI, 35) — sarebbe assai. + +_ben_ (c. VJ, 46) — quand'anche; D. R. (s. II, 11) — benché. + +_brusciato_ F. (c. 11) — bruciato. + + +_Ca_ D. R. (c. 19) — che. + +_càggere. cagio_ (s. XIJ, 8) — cado. + +_callare. (si) calla_ Bo. (t.) (s. III, 14) — si cala. + +_cannoscensa_ (c. III, 37) e + +_canoscensa_ (c. III, 36; D. R. s. I, 1) e + +_canoscenza_ (b. I, 7) e + +_caonoscensa_ (s. XIJ, 10) e + +_caonoscenza_ (s. XIIJ, 2) e + +_caunoscensa_ (c. V, 13) e + +_caunoscenza_ (c. VJ, 18 ecc.) e + +_cognoscenza_ (c. VIJ, 13) — conoscenza, sapere. + +_cansare. cansa_ (d. II, 64) — allontana. + +_casione_ (d. I, 22) — pretesto; (b. IV, 30) — causa. + +_catel_ (s. IX, 14) — cagnolino. + +_caunoscenti_ (s. X, 6) — sagge; (b. V, 26) — saggi. + +_caunoscére_ (s. X, 5) — conoscere. + +_cecen_ F. (c. 7) — cigno. + +_cèra_ (c. 11, 19 ecc.) — volto, viso. + +_certanza (far)_ Bo. (t.) (s. II, 2) — esser sicuro. + +_chera_ (s. X, 12) — chiara. + +_cherère. chero_ (s. III, 9 ecc); _chiero_ (b. III, 17) chiedo, +domando — _cher_ G. (t.) (s. IV, 11) domanda — _cherendo_ (s. XV, 1) +cercando. + +_chi_ F. (c. 46) — che, il quale. + +_chiunqua_ (s. II, 8) — chiunque. + +_ciasimento_ G. (st. 10) — discernimento, scelta. + +_claro_ Ba. (t.) (s. I, 12) — chiaro. + +_clera_ D. R. (c. 35) — chiara. + +_co'_ Bo. (t.) (s. II, 5) e + +_com'_ G. (t.) (s. IV, 2 ecc.) e + +_como_ B. (t.) (s. V, 3) — come. + +_colpare. colpa_ (c. V, 22) — colpisce. + +_colpare. (ci) colpasse_ (b. IV, 30) — ci avessi colpa. + +_compimento_ (c. VJ, 20) — perfezione. + +_compire_ (c. IX, 31) — giungere a termine. + +_compita_ (c. IX, 41 e 49) — perfetta. + +_compiuto_ D. R. (c. 13) — perfetto. + +_comune (usar.... con)_ (c. VIIJ, 26) — stare insieme con. + +_concludere. (si) conclude_ (c. I, 20) — si oscura, si annera; +_conclude_ D. R. (c. 30) — comprende. + +_contansa_ (c. III, 64) — rinomanza. + +_contendenza_ (c. VIJ, 2) — contesa. + +_contradiare_ (s. XVJ, 7) — contrariare. + +_convento (per tal)_ (c. VJ, 45) — per tal patto, in maniera tale. + +_convitare, (vi) convitano d'amare_ (s. VIIJ, 13) — vi invitano ad +amare. + +_continuati_ (c. IX, 49) — pieni. + +_coragio_ (c. IV, 11 ecc.) — cuore; (c. IX, 36 e XI, 6) — desiderio. + +_corrompere. corrompe_ G. (t.) (s. I, 5) — si corrompe. + +_cortezia_ (c. III, 46) — cortesia. + +_costumanza_ (c. XJ, 57) — costume, abitudine. + +_credensa_ D. R. (c. 33) — credenza. + +_crescensa (prende)_ (c. V, 14) — acquista pregio. + +_crescere. (gli) cresce_ (s. II, 3) — lo assale con violenza — +_cresce_ G. (t.) (s. I, 5; B. (t.) s. II, 7) — acquista più forza. + +_criarsi. si cria_ (c. III, 50) — si trova. + +_criatora_ (s. VIIJ, 14) e + +_criatura_ (b. II, 24) — creatura. + +_cridere. crido_ B. (t.) (s. V, 9) — credo. + +_crudellesse_ (d. I, 51) — crudeltá. + +_crudera_ (b. IV, 27) — crudele. + +_cuocere. coco_ (b. IV, 2; s. VI, 11) — brucio; _cuoce_ (c. V, 22) — +scotta. + + +_damagio_ (s. II, 3) — danno. + +_dare. (né) dànno_ (s. XJ, 5) — né fanno doni. + +_defetto_ D. R. (s. I, 8) — difetto. + +_dettati_ (s. XVIIJ, 2) — rime, versi. + +_detto_ (s. XIV, 2, 12) — parola; (s. XIIJ, 2, 7) — rime, versi. + +_ditto_ D. R. (c. 16); _ditti_ (s. I, 2) — rime, versi. + +_dichinare. dichina_ (c. VIIJ, 39) — umilia, avvilisce. + +_dichino (sta al)_ (s. IX, 3) — è disprezzato. + +_dicidere. dicido_ G. (t.) (s. IV, 9) — decido. + +_dicimare. (si) dicima_ G. (t.) (s. I, 4) — si spunta, si lascia +corrodere. + +_dicrescere. dicresce_ G. (t.) (s. I, 5) — diminuisce, perde di forza. + +_dilettanza_ (c. XJ, 58) — diletto. + +_dimino_ (s. IX, 5) — signoria. + +_dimostranza (far)_ (d. I, 8; d. II, 51) — far dimostrazione, +dimostrare; _dimostranza_ (b. IV, 19) — apparenza. + +_diporto_ (d. I, 28; s. VII, 10) — diletto. + +_diprimere. (si) diprima_ G. (t.) (s. IV, 8) — si vinca. + +_dire_ D. R. (c. 41) — far versi; _(non) dicon_ (s. XJ, 5) — non fanno +versi. + +_dirieto_ (b. I, 37) — dietro. + +_dirimere. dirima_ B. (t.) (s. V, 6) — distingue, differenzia; Bo. +(t.) (s. III, 4) — si muta. + +_disbasato_ (s. IV, 4) — messo in basso. + +_discrivere. discrivo_ Bo. (t.) (s. II, 14) — scrivo. + +_disdire. disdico_ D. R. (c. 5) — nego. + +_disferare_ (s. III, 2) — trarre il ferro: _(non) disferate_ (s. III, +11) — non traete il ferro. + +_disfidare. (mi) disfido_ G. (t.) (s. I, 12) — diffido. + +_disformare. (si) disforma_ D. R. (s. I, 2) — prende forme diverse. + +_disiansa_ (c. II, 25) e + +_desianza_ (c. V, 5) — desiderio. + +_dismaruto_ F. (c. 17) — smarrito. + +_dismizuransa_ (c. II, 28) — mancanza di misura. + +_dispári (che fa.. ad)_(s. XIV, 2, 2) — che si distingue da. + +_disperanza (sono in)_ F. (c. 3) — son disperato, sono in +disperazione. + +_dissimigliansa_ (s. I, 12) — stranezza. + +_distornare. distorna_ (s. IX, 9) — cancella. + +_distringere. (mi) distringe_ (c. X, 16) — mi ritiene. + +_diversitate_ (s. XJ, 8) — stranezza. + +_divizione_ (c. II, 23) — diversitá. + +_dogli_ (d. II, 8) — dolori. + +_doglia_ D. R. (c. 44) — dolore. + +_doglienz(a)_ (s. XV, 10) — dolore. + +_dolire_ (s. II, 9) — dolere. + +_dolze_ (b. IV, 2) — dolce. + +_dolzore_ (s. XIJ, 3) — dolcezza. + +_donare_. _(mi) dona_ (c. VII, 5) — mi consiglia. + +_Donqua_ (c. VIIJ, 27 ecc.) — dunque. + +_dottanza_ (b. IV, 21; F. c. 20) — timore. + +_dottare_. _dotti_ F. (c. 40) — dubiti, esiti. + +_dottor (di rima)_ G. (t.) (s. I, 8) — poeta. + +_dottoso_ (c. VIIJ, 4; Ba. (t.) s. I, 7) — che teme, timido. + +_dovenuto_ (s. V, 9) — accaduto: cfr. _adovenire_. + +_driti_ (b. I, 41) — dritti. + +_dubitanza (so' in tutta)_ Ba. (t.) (s. I, 2) — sono nel dubbio piú +assoluto. + +_dura (tene a)_ F. (c. 30) — tiene duramente. + +_durare. dura_ (b. II, 14) — si estende; _dura_ (b. II, 15) — +sostiene, soffre. + +_duresse (non state piú in)_ (d. I, 46) — non siate piú dure; +_duresse_ (d. I, 48, d. II, 13) — durezze. + + +_entendanza_ (c. IX, 27) — intendimento. + +_equo_ G. (t.) (s. IV, 14) — cavallo. + +_eransa_ (c. II, 16) — affanno. + +_erransa (torna in)_ (c. I, 53-4) — mi è sventura. + +_erranza_ (c. XJ, 4) — affanno amoroso. + +_erore_ (d. II, 48) — errore. + +_errore_ (c. XJ, 21; s. XVIJ, 6) — affanno, travaglio. + +_esempro (ad)_ (b. V, 28) — ad esempio, come. + +_esporre. ispogna_ (s. I, 10) — dichiari, interpreti. + + +_falenza_ (b. I, 5) e + +_fallanza_ (c. IV, 22 ecc.) e + +_fallensa_ (s. XV, 6) — fallo. + +_fallero_ G. (t.) (s. IV, 5) — fallace. + +_fallimento_ (c. VJ, 21) — fallo. + +_fallire_ (s. IV, 11) — perdere; _fallisce_ (c. XJ, 31) — erra; +_falla_ (s. VIJ, 13) — manca; _falisse_ (s. VIJ, 8) — mancasse. + +_fantino_ (s. IX, 1) — fanciullo. + +_fede (in)_ G. (st. 6) — fedelmente. + +_fello (fallo)_ (s. VJ, 5) — lo irrita. + +_fenire_ (s. V, 4) — finire. + +_fenix (lo)_ F. (39) — (la) fenice. + +_feresse_ (d. I, 50) — fierezze. + +_feruta_ (s. III, 11) — ferita. + +_feruto_ (s. III, 1 e 5; F. c. 19) — ferito. + +_fi_ B. (t.) (s. II, 10) — fu. + +_fidanza_ (d. I, 58) — fiducia. + +_figura ('n)_ (s. XJ, 14) — finto. + +_fina_ (c. VIIJ, 33) — perfetta. + +_fin(o)_ (s. XIJ, 1 e XIIJ, 2, 13); Bo. (t.) (s. II, 10) — perfetto; +(s. IX, 7) — come si deve; Ba. (t.) (I, 4) — fino core, perfetto +amore. + +_fine (di)_ D. R. (s. I, 12) — finamente. + +_finita_ (b. III, 18) — morte. + +_finita_ D. R. (s. II, 11) — imperfetta. + +_fior (la)_ (s. VIJ, 5) e + +_flor_ B. (t.) (II, 4) e + +_flore_ (c. VJ, 7) — fiore. + +_fiorere. fiore_ (c. VIIJ, 15) — fiorisce. + +_florere. flore_ (c. VIIJ, 9) — fiorisce. + +_fochio_ (b. I, 29) — fuoco. + +_forma_ (c. XJ, 65) — fattezze. + +_forsa_ (s. I, 14) — forza. + +_fortesse_ (d. I, 44) — fortezze. + +_frangente_ (b. IV, 17) — tempestosa (l'it. antico conosce la parola +come sostantivo, nel significato di «onda», «tempesta»). + +_frastenuto_ F. (c. 13) — trattenuto. + +_fredura_ B. (t.) (s. II, 10) — freddo. + +_frondire. fronde_ (c. VIIJ, 15) — frondeggia. + +_fruttare. frutta_ (c. VIIJ, 15) — fruttifica. + +_fruttiferosa_ (c. XJ, 40) — fruttifera. + + +_gente_ (c. V, 21 ecc.) — gentile. + +_gialura_ (s. VIIJ, 2) — gelo. + +_girare. gira_ D. R. (c. 49) — offende. + +_gittare. gitto_ D. R. (c. 17) — manifesto. + +_giudía_ (b. IV, 28) — giudea. + +_giunta_ (s. XIIJ, 2, 2) — aggiunta, (s. XIIJ, 2, 6) — arrivo, (s. +XIIJ, 2, 8) — arrivata. + +_goliare. golia_ (c. IV, 30) — brama, desidera. + +_gradire_ (c. II, 22) — apprezzare. + +_grandire_ (c. XJ, 8) — esaltare. + +_graveza_ F. (c. 2) — dolore. + +_graziosa_ (c. IX, 11) — benigna. + +_guerrera_ (c. II, 31) — nemica. + +_guisa (tanta)_ (d. II, 10) — in tanta guisa. + + +_ima_ B. (t.) (s. V, 4) — a grande distanza. + +_imbardare. (ne) 'mbardo_ (d. II, 58) — ne innamoro. + +_imperare. lo 'mpera_ (b. V, 54) — comanda a lui. + +_imprumera_ (b. IV, 9) — primiera. + +_inalturate_ (s. X, 9) — poste in alto (in senso morale). + +_inantir_ B. (t.) (s. V, 4) — avanzare. + +_inardir (e)_ (s. d. d. a., 2) — rinfrancare. + +_incarnare_ (d. II, 45) — raggiungere (il fine). Questo significato +secondario deriva, certo, dalla espressione «incarnare i falconi» +ammaestrarli a ghermire: cfr. Petrocchi, N. D. ad v. — _incarnato_ (s. +XJ, 14) — vero. + +_incendere. (lo) 'ncende_ (s. VJ, 5) — lo brucia — _incende_ (s. VJ, +14) — brucia. + +_incuminzanza_ (c. IV, 17) — incominciamento. + +_indivinero_ G. (t.) (s. IV, 1) — indovino. + +_infinger(si), mi s'infinge_ (c. X, 19) — mi si mostra restía. + +_innamoranza_ Bo. (t.) (s. II, 4) — amore. + +_innavanzare. (s)'innavanza_ (d. I, 12) — s'esalta. + +_insegnamente_ (c. X, 44) — insegnamenti. + +_insegnamento_ (c. II, 15) — ragione; (c. III, 54) — sapere. + +_'nsegnamento_ (c. VI, 17) — sapere. + +_intalentare, (v)'intalenti_ (s. XIIJ, 2, 6) — vi piaccia. + +_intendensa_ (c. III, 61) e + +_'ntendenza_ (c. VJ, 16) — intendimento. + +_intendersi. (in fior m)'intendo_ (s. VIJ, 12) — m'innamoro del fiore. + +_intendimenti_ (c. IX, 4) — attenzioni. + +_intendimento_ (d. II, 17) — speranza: Ba. (t.) (s. I, 9) amore; Ba. +(t.) (s. I, 12) — spiegazione. + +_intenza_ (b. V, 1) — intenzione, intelligenza, contrasto (?). + +_ira_ (s. VJ, 7) — dolore. + +_iscanoscienti_ (b. I, 33) — villani. + +_isfare. (se) isfaccia_ D. R. (c. 56) — che si disfaccia, che sia +debole, che non valga nulla. + +_ispene (tener)_ (s. IV, 10) — sperare. + +_issa_ (d. I, 35) — ora, adesso. + + +_laldatore_ (b. I, 18) — laudatore. + +_lanciato_ (c. X, 16) — ferito. + +_latin_ G. (t.) (s. I, 7) — chiaro. + +_latino_ Bo. (t.) (s. III, 7) — chiaro; _in suo latino_ (c. X, 4) — in +suo linguaggio. + +_laudore_ (s. XIJ, 7) e + +_lausor_ (s. XIJ, 13) — lode. + +_leansa_ (c. III, 49) — lealtá. + +_legero (di)_ G. (t.) (s. IV, 7) — facilmente. + +_legieri_ Bo. (t.) (s. II, 1) — leggero. + +_lena_ F. (c. 32) — alito. + +_leofante_ F. (c. 47) — elefante. + +_lontana_ (c. III, 64) — molto estesa. + +_lumato_ (b. I, 29) — acceso. + +_lumera_ (c. II, 24; c. XI, 24) — splendore; (s. I, 5) — lume. + +_lupardo_ F. (c. 15) — leopardo. + + +_ma'_ (s. V, 10) — malamente. + +_maestero_ G. (t.) (s. IV, 3) — abilitá. + +_magistero_ D. R. (s. II, 2) — dottrina. + +_mainera_ (c. II, 7 ecc.) e + +_manera_ (c. V, 37 ecc.) — maniera. + +_malenanza_ (c. VJ, 34) — male; F. (c. I) — affanno, doglia. + +_mallare. (si) malla_ Bo. (t.) (s. III, 11) — si nasconde. + +_mantenere. mantene_ (c. V, 15) D. R. (s. II, 12) — possiede, ha. + +_martire_ (c. X, 33) — tormenti. + +_martore_ (s. d. d. a., 6) — martoro. + +_me'_ (s. XV, 3) e + +_mei_ (c. I, 36) — meglio. + +_meglioranza_ F. (c. 40) — miglioramento, il divenir migliore. + +_menare. signoria menando_ (s. XVJ, 6) — signoreggiando. + +_mendare. mendate_ Bo. (t.) (s. II, 14) — correggete(lo). + +_mente (pur guardandovi)_ (b. II, 27) — pur guardandovi (?). O è una +tmesi?; _mente (la tene)_ (c. V, 18) — la considera. + +_mentire. mentisce_ (c. IX, 50) — smentisce. + +_meritare. merita_ (c. IX, 6) — compensa, rimerita — _meritato_ (s. +XJ, 10) — ricompensato. + +_merzé_ (b. III, 18) e + +_merzide_ (c. X, 46) — mercede. + +_messione (far)_ (d. I, 25) — esser liberali; _non fa messione_ (c. +III, 62) — non è liberale. + +_messire_ (d. II, 30) — messere. + +_metalla_ B. (t.) (s. V, 11) — metalli. + +_mettere. mettesse_ (b. V, 48) — spendesse. + +_miso_ (s. XIV, 2. 10; F. c. 13) — messo. + +_misora_ (c. XJ, 31) e + +_mizura_ D. R. (c. 63) — misura. + +_mistero_ (di) B. (t.) (s. V, 3) — misteriosa, arcana. + +_mistieri (m'è)_ Ba. (t.) (s. I, 1) — mi fa d'uopo. + +_mod(o)_ D. R. (c. 62) — moderazione. + +_molleza_ G. (t.) (s. I, 4) — dolcezza. + +_mondo_ (s. XIV, 2, 4) — schietto, puro. + +_montare. monta_ (c. III, 28) — importa, è pregiato — _montasi_ (c. +VIIJ, 14) — si accresce — _montare in grande affare_ (c. III, 34-5) — +essere altamente pregiato. + +_mossare. (si) mossa_ (b. I, 31) — si mostra. + +_movere. move_ D. R. (s. I, 1) — agita. + +_movimento_ (c. II, 30) — commozione. + +_mutanza (non fa)_ Bo. (t.) (s. II, 8) — non muta, non fa mutamento — +_(faccia di sé) mutanza_ F. (c. 37) — cambi, muti, faccia mutamento. + + +_'ncrescenza_ (b. IV, 17) — il crescere, il sopravanzare. + +_nd'_ (c. I, 43 ecc.) e + +_nde_ (c. V, 24 ecc.) — ne. + +_nessuna_ (c. III, 26) — alcuna. + +_'ngegna_ (_a_) (s. XIJ, 14) — con inganno. + +_'ngegnero_ (_chi è piú_) B. (t.) (s. V, 7) — chi ha piú ingegno. + +_niente (torn'al)_ (b. I, 3) — non val niente — _niente (non fue che +montasse)_ (b. IV, 31) — non fu di nessuna importanza. + +_neente_ D. R. (c. 2) e + +_neiente_ (s. d. d. a., 5) — niente. + +_nieve_ (s. VIIJ, 1) — neve. + +_nodrire. nodrisco_ (d. II, 36) — mi nutro. + +_Nossa Donna_ (s. XVIIJ, 6) — Nostra Donna, la Madonna. + +_Novellamente_ (c. V, 1) — da poco tempo. + +_'ntensione_ (c. I, 59 e II, 32: int.) — speranza. + + +_odiozo_ (c. I, 31) — infesto, nemico. + +_odito_ (d. I, 9) — udito. + +_ofensione_ (b. IV, 31) e + +_offensa_ D. R. (c. 55) — offesa. + +_ogna_ (s. III, 8 ecc.) — ogni. + +_omne_ Bo. (t.) (s. III, 8) — ogni cosa. + +_onoranza_ (c. IV, 21 ecc.) — onore. + +_or_ (s. XIV, 1, 14) — oppure. + +_ore (a tutt')_ (c. III, 44) — continuamente. + +_ottima_ (c. XJ, 43) — ottima, la più perfetta. + + +_paleze_ D. R. (s. I, 11) — palese. + +_paragio_ (c. VIJ, 7) — stato, condizione. + +_pararsi. ch'avanti a voi si pari_ (s. XIV, 2, 3) — che si paragoni +con voi. + +_pareggiare. pareggiasse_ (b. II, 13) — stesse al paragone. + +_parenza_ (s. X, 7) — apparenza. + +_parere. pare_ (s. VJ, 2) — appare; _pare_ D. R. (c. 19) — mostra. + +_pari_ (s. XIV, 2, 4) — simile. + +_parimento_ B. (t.) (s. V, 13) — parimente, ugualmente. + +_parlatura_ (s. I, 11) — modo di parlare. + +_parlieri_ Ba. (t.) (s. I, 7) — ciarloni. + +_parpaglion_ Bo. (t.) (s. III, 14) — farfalla. + +_partita (ben)_ (c. V, 27) — perfetta nelle sue parti. + +_partito_ (s. I, 6) — parte. + +_parvenza (a mia)_ F. (c. 10) — come me, a mia somiglianza. + +_passare. passa_ D. R. (c. 43) — evita. + +_patire. pata_ (s. XV, 2) — patisca; _patuto_ (s. d. d. a., 11) — +patito. + +_pegnare. pegno_ (b. III, 12) — do in pegno. + +_péllere. pelle_ G. (t.) (s. IV, 14) — supera, vince. + +_penetente (serestene)_ (b. IV, 24) — ne portereste pena. + +_penitensa_ (s. XV, 2) — penitenza. + +_pensagione_ (c. II, 20 e 38) — pensiero. + +_penseri (per mettervi 'n)_ Bo. (t.) (s. II, 3) — perché dubitavate, +per il dubitare che voi facevate; _penseri_ D. R. (c. 66) — pensieri. + +_pensero_ B. (t.) (s. V, 1) — pensiero; _per pensero_ Bo. (t.) (s. +III, 1) — secondo quel che mi sembra. + +_per_ B. (t.) (s. II, 3) — per forza. + +_percepenza_ (c. IX, 12) — percezione. + +_pertenere. pertene_ (b. III, 8) — appartiene, si addice; +_pertene...a_ D. R. (s. II, 9) — dipende da. + +_pesanza_ Ba. (t.) (s. I, 8) — affanno, tormento. + +_piacensa_ (c. V, 9) e + +_piacenza_ (c. XI, 9; s. X, 1) — bellezza; (c. VJ, 15) — piacere; (c. +IX, 15) — gentilezza. + +_plagensa_ (c. II, 37 ecc.) — bellezza. + +_piacentieri_ Ba. (t.) (s. I, 3) — gentili, che dánno piacere. + +_piaceri_ Bo. (t.) (s. II, 7) — piacere. + +_piacimento (sta 'n vigore di tutto)_ (c. VIIJ, 10-1) — ha in sé tutti +i diletti; _piacimento_ B. (t.) (s. II, 13) e Bo. (t.) (s. II, 9) — +piacere. + +_piare. pia_ (c. I, 46) — Si dice degli uccelli «che cantano in amore» +(PETR.). + +_pietanza_ (c. VIIJ, 30 ecc.) — pietá. + +_pintura_ (c. VI, 30) — pittura, quadro. + +_piò_ (s. IV, 3); D. R. (s. II, 1 e 7) — più. + +_plovere. plove_ D. R. (s. I, 3) — piove. + +_ponto_ (b. II, 23) — punto. + +_pratora_ (d. I, 2) — prati. + +_prendimento (non ha)_ G. (t.) (s. IV, 13) — non si apprende. + +_prescio_ (b. I, 13 ecc.) e + +_presgio_ (s. XIV, 2, 1) — pregio. + +_presiar(e)_ G. (st. 2) — pregiare. + +_preso_ (c. VJ, 15; c. VII, 9) — pregio. + +_primero_ B. (t.) (s. II, 7) — primiero; B. (t.) (s. V, 5) — la +materia prima; _sta primero_ Bo. (t.) (s. III, 5) — resta com'era +prima. + +_priso_ (b. II, 3) — preso. + +_priva_ (c. I, 23) — priva di vita. È sinonimo di «morta» che precede. + +_procaccio_ (c. II, 5) — guadagno. + +_prodessa_ (b. I, 26) — prodezza. + +_prodesse_ (b. I, 21) — prodezze. + +_propria_ (c. VI, 31) — originale. + +_provamento_ Bo. (t.) (s. III, 10) — prova. + +_proventi (stan piú)_ (b. V, 30) — piú obbediscono. + + +_quagli_ (s. IX, 4) — quali. + +_quine_ (s. I, 7) — qui. + + +_ralegranza_ (c. VI, 2 e 3) — allegrezza. + +_rasion(e)_ (c. XI, 49 ecc.) e + +_rason(e)_ B. (t.) (s. II, 1 ecc.) — ragione. + +_regimento_ F. (c. 46) — sostegno. + +_renverdire_ (s. d. d. a., 14) — rinverdire. + +_reo_ (c. I, 53) — crudele. + +_reto_ (c. VJ, 46) — dietro. + +_ricca_ (c. IV, 17) — bella; _faraggio ricca_ (c. II, 32) — appagherò; +(c. VII, 11) — grande. + +_rifinare. rifino_ (c. X, 8) — cesso (di cantare). + +_rifrescare. rifresca_ (s. II, 14) — rinfresca. + +_riguardato_ (c. XJ, 6) — protetto. + +_riguardi_ (c. X, 15, 27) — sguardi. + +_rinfrangere. rinfrangesse_ (b. IV, 23) — si spezzasse. + +_riprendensa_(c. II, 8) — riprensione. + +_riprimere. riprima_ G. (t.) (IV, 4) — reprima. + +_risemblare. risembla_ (s. VJ, 3) — sembra. + +_risentire (de lo)_ (c. II, 2) — ridestare a. + +_risposa_ G. (t.) (s. IV, 8) e + +_risposo_ G. (t.) (s. IV, 4) e D. R. (s. II, 8) — risposta. + +_risprendere. risprende_ (s. X, 14) — risplende. + +_ristauro_ (b. V, 50) — ristoro. + +_ritenenza_ (b. IV, 16) — ritegno. + +_ritenire_ (s. V, 6) — ritenere. + +_rivera_ (d. I, 1; b. V, 34) — riviera. + + +_saggiare. sagio_ (s. XIIJ, 1, 5; XIIJ, 2, 7) — provo, misuro. + +_sagio_ (s. XIIJ, 1, 1) — sapiente; (s. XIIJ, 1, 3) saggio; (s. XIIJ, +2, 1) saggezza; (s. XIIJ, 2, 3) — poeta; (s. XIIJ, 2, 5) — gusto. + +_saglire_ (c. III, 24) — salire; _saglito_ F. (c. 24) — salito. + +_saucido_ Bo. (t.) (s. III, 12) — ?. + +_scarso_ (c. XJ, 36) — avaro. + +_scaunoscenza_ (c. VIJ, 17) — difetto di conoscenza, ignoranza. + +_schifare. schifa_ (s. IX, 3) — scansa, sfugge. + +_scogliare. scoglia_ D. R. (c. 45) — muta la pelle, si libera. + +_scrittura_ (s. I, 14) — studio. + +_sdegna_ (s. XIJ, 11) — sdegni. + +_seguiti (son)_ (s. IX, 2) — hanno seguito. + +_sensa_ D. R. (c. 42) — senza. + +_sentensa_ (c. III, 31) — soluzione; D. R. (c. 34) — sentenza. + +_sentenza_ Bo. (t.) (s. III, 9) — senno; Go. (t.) (s. I, 9) — +soluzione. + +_sentieri (agio)_ Bo. (t.) (s. II, 5) — sento, ho sentore. + +_sentire_ (c. I, 2) — dolere D. R. (s. II, 5) — conoscere; _sento_ D. +R. (c. 7) — penso; _sente_ (c. V, 22) — fa male; B. (t.) (s. V, 8) — +_piú sente de l'_, piú è versato nell'; _sente_ (s. IX, 11) — se ne +accorgerá; D. R. (c. 1) — prova. + +_serino_ (c. X, 2) — sereno. + +_sfogliamento_ (s. d. d. a., 14) — lo sfogliarsi. + +_sguardare. sguardo_ (d. II, 55) — guardo. + +_signoragio_ (c. IV, 10 ecc.) — signoria, potenza. + +_simil (a)_ D. R. (s. I, 7) — in tale condizione, cosí essendo le +cose. + +_similemente_ (b. II, 31) e + +_similimente_ D. R. (s. I, 1) — similmente. + +_smarruto_ (c. II, 26) — smarrito. + +_smirato_ (b. II, 30) — limpido. + +_so_ (s. IX, 5); F. (c. 14) — suo. + +_soferenza_ (s. III, 13) e + +_sofrenza_ (s. III, 7; s. d. d. a., 10) — tolleranza. + +_sofferére_ (e. VIJ, 23) — sopportare. + +_soldare. solda_ (b. II, 34) — soddisfa, appaga. + +_soperchio (far)_ (s. IV, 13) — esser tracotante. + +_sormontare_ (c. VIIJ, 13) — avanzare; (s. d. d. a., 12) — +soverchiare. + +_sotano_ (d. II, 32) — inferiore. + +_sottigliansa_ (s. I, 9) — sottigliezza. + +_sparere_ (c. XJ, 18) — perder di pregio. + +_spavenza_ F. (c. 12) — spavento. + +_spegnare. spegnasende_ (s. XIJ, 11) — se ne spenge; _spegna_ D. R. +(c. 38) — cancella. + +_spene (tene)_ (s. XIJ, 12) — spera. + +_spera_ (c. XJ, 23) — specchio; (s. I, 7) — sole. + +_spera_ (d. I, 61; s. III, 9) — speranza. + +_spiagensa_ (s. XV, 4) — dispiacere. + +_sprendere. isprendete_ (s. X, 13) — splendete; _isprendente_ (s. X, +13) — splendente. + +_sprendore_ (b. II, 18 ecc.) — splendore. + +_sprimare. (si) sprima_ B. (t.) (s. II, 4) — vien fuori; Bo. (t.) (s. +III, 6) — cambia, muta. + +_sprimere. (si) sprima_ G (t.) (IV, 2) — si esprima. + +_stagione (ogna)_ (c. III, 22); _stasione (ogne)_ (c. VIIJ, 14) — +sempre; _a la stasion_ (c. VIIJ, 39) — talvolta. + +_stare. (pur) istando_ (s. VIIJ, 9) — col tempo. + +_stesse_ (b. I, 19) — stesso. + +_stranero_ (c. XJ, 3) — strano. + +_stranianza_ (b. IV, 9) — inesperienza. + +_straniata_ (c. IX, 18) — allontanata. + +_stridere. (mi) strido_ G. (t.) (IV, 12) — mi chiedo gridando +(dall'assillo del pensiero). + +_strimare. strima_ B. (t.) (s. II, 8) — assottiglia, porta via; _si +strima_ Bo. (t.) (s. III, 2) — si assottiglia. + +_stringer(e)_ (s. IX, 10) — costringere, dominare. + +_strutto_ (c. VI, 11) — distrutto. + +_sublimare. sublima_ G. (t.) (s. IV, 6) — vola cosí in alto. + +_succiso_ (c. V, 35) — tagliato, strappato. + + +_talento (l'ho 'n)_ (d. II, 5) — mi piace. + +_talore_ (c. VIIJ, 38) — talora. + +_taupin_ (s. V, 12) — tapino. + +_temenza_ (s. XVIJ, 4) e + +_temore_ (s. d. d. a., 4) — timore. + +_tempestanza_ (d. II, 42) — tempesta. + +_tempestare. tempesto_ (c. VIIJ, 32) — sono in tempesta. + +_tenere. (la) tegna_ (s. XIJ, 13) — sia il fondamento della. + +_tensa_ D. R. (c. 55) — tenzone. + +_termino (in piccolo...)_ (s. V, 11) — in poco tempo. + +_tesauro_ (b. V, 46) — tesoro. + +_tinto_ (c. XJ, 12) — tintura. + +_tirare. tira_ D. R. (c. 48) — strazia. + +_togliere. tolle_ Bo. (t.) (s. III, 5) — diminuisce, si assottiglia. + +_tormente_ (c. X, 48) — tormenti. + +_traier (canson)_ (s. I, 14) — far canzoni; _trare_ (s. III, 4) — +trarre; _tragio_ (s. XIJ, 5) — traggo; _trai_ (s. X, 11) — trae. + +_transiti_ (s. IX, 8) — passati. + +_transmutamento_ B. (t.) (s. V, 10) — cambiamento. + +_traportare_ (c. VJ, 34) — cambiare. + +_tremore_ (s. XVIJ, 3) — trèmito. + +_trovare_ D. R. (c. 9) — modo di far versi. + +_tutor_ (c. X, 19, 38) — sempre. + +_tuttavia_ (c. VIIJ, 25) — continuamente. + + +_u_ (c. III, 72) — o. + +_ubidenza_ (c. VIJ, 6, 12) — obbedienza. + +_unque_ (c. X, 32 ecc.) — mai. + +_usagio_ (s. II, 5; XIJ, 2) — uso. + +_usato (lung'...)_ (s. XJ, 11) — paziente, longanime. + +_uzansa_ D. R. (c. 23) — consuetudine. + + +_valensa_ (c. III, 57; s. XIJ, 10) — valore, virtú; (s. XIJ, 13) — +senno. + +_valenza_ (s. X, 3) — valore, virtú. + +_valimento_ (c. III, 49; c. VJ, 48) — virtú; (s. d. d. a., 13) — +valore. + +_vazel_ D. R. (s. II, 12) — piccolo vaso, il corpo. + +_ventare. venta_ D. R. (s. I, 5) — spira. + +_vertode_ (c. XJ, 33) — virtú. + +_vilitate_ (s. d. d. a., 3) — viltá. + +_visagio (non cagio'n)_ (s. XIJ, 7-8) — non cado in dimostrazione +esterna. + +_visaggio_ (c. XJ, 17) — viso. + +_visii_ D. R. (c. 53) — vizi. + +_vo'_ Bo. (t.) (s. II, 12) — vi, a voi. + +_volenza_ (s. x, 11) — volere. + +_volo (con...)_ (s. XIV, 2, 13) — alla sfuggita, affrettatamente, +senza pensarci. + +_vossi_ (s. XVIIJ, 2) — vostri. + +_vosso_ (s. XVIIJ, 1) — vostro. + + +_zitello_ (s. VI, 1) — fanciullo. + + + + +III + +I RIMATORI PISANI + +A CURA DI GUIDO ZACCAGNINI + + + + +I + +GALLO o GALLETTO + + +I + +Ha ricevuto da madonna una rosa e molto spera per questo lusinghiero +principio. + + In alta donna ho miso mia 'ntendanza, + in quella c'ha 'n bailía + gioi' e solazzo e tutto insegnamento. + Lo meo core in altezza s'inavanza; + piò che io non solía, 5 + conforteraggio lo mio 'ntendimento. + Ché ben conosco e aggiolo provato + che ogne bon servire è meritato, + chi serve a bon signore a piagimento. + A piagimento, con fina leanza, 10 + lo mio cor s'umelía, + e servo lá 'v'è tutto addornamento. + Li amadori lo sacciano 'n certanza + ch'i' ho ciò ch'e' golía; + ch'io servo l'alta donna a suo talento. + A dirlome mandao per suo celato, 15 + ch'ogni meo bon servir li è tanto in grato, + ch'a pro d'essa verrand'a perdimento. + A perdimento perdei mi' allegranza; + per ciò ch'io mi dolía, + mi fa sbaudir, poi so a comandamento 20 + di quella che mi tiene 'n sua possanza. + Senz'ella non valía, + or vivo in bona spene e gioi' sento. + Tal forz'ha l'alta donna dal su' lato, + che lo vil omo fa esser pregiato 25 + e lo mutulo torna in parlamento. + In parlamento e 'n gioco e 'n allegranza, + piú ch'eo non solía, + viviamo insembre senza partimento. + Li mai parlieri, che metteno scordanza 30 + in mar di Cicilía + possan 'negare, e viver a tormento; + ca per li fini amanti è giudicato: + «Launque è mal parlier sia frustato». + A l'alta donna piace esto convento. 35 + Convento mi donao di su' amanza + un giorno ch'io sallía + a lo giardino in suo difendimento. + Una rosa mandaomi per simiglianza; + piú ch'altro fiore aulía; 40 + und'io lo tegno bon cominciamento. + Dall'alta donna, che 'n m'ha sigurato + col su' aulente fior che m'ha donato, + bon cominciare aspetta compimento. + + +II + +CANZONE EQUIVOCA + +Si lagna che da piú d'un anno sia caduto in servitú di lei e ne loda +le bellezze. + + Credea essere, lasso! + como quei che si parte + da ciò che piò gli è danno. + Or son caduto, oi lasso! + loco non ebbi parte, 5 + trapassat'è piò d'anno, + com'este ad esser servo + de voi, donna, cui servo + de bon cor, ciò m'è viso. + Sí siete adorna e gente, 10 + faite stordir la gente, + quando vo' mira 'n viso. + Ed eo, ponendo mente + la vostra fresca cèra + ch'è bianca piú che riso, 15 + feristemi a la mente, + und'ardo como cera: + levastemi lo riso. + Le man vostre e la gola + cogli occhi mi dan gola, 20 + tanto a veder, s'io miro, + mostran che l'autre membra + vaglian piò, ciò mi membra; + pur de tanto mi smiro. + Volea veder non pare 25 + nessuna donna roma + quanto voi bella sia; + non trovai vostra pare, + cercat'ho infin a Roma; + grazia e mercé vo' sia. 30 + Le vostre beltá sole, + che lucen piò che sole, + m'hano d'amore punto, + ch'eo n'era sordo e muto; + or me ne vesto e muto 35 + e cantone ogni punto. + Lo meo cor non fa fallo, + se da me si diparte + e saglie in voi al pè: + mai mio conforta fallo, 40 + no' 'n loco né 'n parte, + e piò ch'arcione in Alpe + m'ha 'l piè legato e serra, + e poi mi stringe e serra + e non vòl ch'eo sormonte 45 + lo vostro amor, ch'è colpa + a meve sanza colpa, + fam'esser pian di monte. + Lo vostro amor mi cura, + di vano amor m'ha mondo, 50 + e son piò fermo e saggio + poi che 'n voi misi cura, + sovrana d'esto mondo, + che d'amor siete saggio, + s'al vostro amor m'aresto. 55 + A assai piò sottil resto + si lega saggio e matto. + Di bella donna gallo, + ch'amo, ben dico Gallo, + ch'a ciascun ne do matto. 60 + + + + +II + +LEONARDO DEL GUALLACCA + + +A GALLO + +Brutti lacci quelli d'Amore, e quanti affanni esso procura! + + Sí come 'l pescio al lasso, + ch'è preso a falsa parte, + son quei ch'a amor s'adanno; + peggior gittan che l'asso. + Salamon, che sepp'arte, 5 + disse lo mal ched'hanno. + Al suo senno m'aservo: + con amor non conservo, + che fe' fallir Daviso, + lo profeta piagente; 10 + pogo no 'n fo piangente + fòra di paradiso. + Se lo scritto non mente, + per femmina treccera + si fo' Merlin deriso; 15 + e Sanson malamente + tradil una leccera; + Troia strusse Pariso + per Alèna pargòla, + sí che mai non par gola; 20 + sí la strusse la miro. + Quando d'Eva mi membra, + null'altr'al cor mi membra: + di lor opre mi smiro. + Chi vòl da lor campare, 25 + tagli la lor paròma, + ch'è piena di falsía. + Mentre che pòn trappare, + allor dicen ch'a Roma + creden vogar van sia. 30 + Ed io però lassòle; + ciascuna è tal qual sòle, + d'esto senno no spunto, + né non me ne rimuto + né 'n versi ne rimuto; 35 + sempre piò ci propunto. + Chi s'innamora in fallo, + odit'ho in saggia parte, + mant'ha di male palpe. + Chi bon senn'ha, rifallo, 40 + e chi ben si comparte, + vive come 'n mar salpe. + Foll'è chi quivi serra; + chi saglie 'n alta serra + uop' è ch'abasso smonte; 45 + cui amor fier, mal colpa, + tanto val ch'a me scolpa + amor, e guai chi amonte. + La chiar'aire fu scura + a Gilio e Fioresmondo; 50 + lo lor detto fals'aggio: + e chi vi s'asicura, + guardin a quei ch'al mondo + ne dan d'amor lo saggio. + Serventese, a dir esto 55 + va', che per serv'i' resto + piò puro ch'oro matto, + a quei c'ha nom di Gallo; + se Dio di mal tragállo, + non crea a vista né ad atto. 60 + Qual om è d'amor preso, + arivat'è a mal porto, + alor non è in sua báglia. + Dal tersolett' ho apreso, + a sua guisa mi porto. 65 + S'alcuna mi si báglia, + prendo del su' mistero + quello che m'è mistero, + e per altro non l'amo; + per vista che me faccia, 70 + né per beltá di faccia, + piò non abocco a l'amo. + + + + +III + +PANUCCIO DEL BAGNO + + +I + +È contento di servire madonna. + + Madonna, vostr'altèro plagimento + e la gran conoscenza + e la valenza — che 'n voi tuttor regna, + e stat'han preso altèro a compimento + con sí vera potenza 5 + ch'ognor crescenz'ha — in altura degna, + han conceduto in me, servo di voi, + perfezione, in coi + han messo di voler propio fiso, + d'ogni penser diviso, 10 + di voi solo 'n servir la signoria + fermato, e ciò meo cor solo disia. + Del vostro signoraggio, donna, sono + con compiuto volere + e col podere — intero in vui servire; 15 + e mai che solo ciò nente ragiono, + né giá d'altro piacere + pori' avere, — potess'unde gioire! + Unde sovrana aver dunque gioi' deggio, + quasi poi certo veggio 20 + che non v'è solo meo placer servire, + ma stimo, al mio sentire, + ch'amor tanto di voi in me procede, + che degno in tanto sia meo cor non crede. + Degn'esser quanto so' non fôr amato 25 + da voi, donna piagente, + sí veramente, — com'eo credo fiso; + ma voi pur degna siete che sia dato + amor chi fermamente + per voi servente — di voi è assiso. 30 + E come veramente, donna, e' degno + diven', ché 'lor che segno + vedeste per sembianza ch'io v'amava + e servir disiava, + el meo cor conosceste sí com'era 35 + di voi per vostra conoscenza altèra. + Poi certa, donna, vi fe' conoscenza + del meo e vostro core, + ch'era d'amore — di voi, siccom'è, priso, + fu 'l vostr'altèr de sí nobile essenza 40 + che mi donò sentore, + quasi colore — di ben a voi commiso, + dandomi quasi ferma intenzione + ch'è vostra oppenione + per sembianza vi dovesse amare, 45 + servire e onorare; + ed eo sí fo, und'ho magn'alegrezza, + poi m'ha degnato a servo vostr'altezza. + Senz'alcun quasi par sono 'n gran gioia + poi ferm'aggio voglienza 50 + servir, flor di plagenza, — vostr'altura; + né giá mai non credo alcuna noia, + pesanza, né doglienza, + poi la mia intenza — in voi solo dimora, + considerando che d'ogne vertude 55 + siete, u' si conchiude + fontana e di saver pregi' e orranza, + senz'alcuna fallanza, + regnando in voi per sè ciascuno bene, + a perfezion con voi tuttor convene. 60 + Donna, po' immaginai + la piagente di voi nel cor figora, + è stata mia dimora + in chiarezza lucente in parte 'v'era; + ché, prima ciò fusse, era 65 + in tenebra d'errore, in parte scora, + ove giá alcun'ora + di ben non mi sovenne quasi mai, + ma poi ch'a voi fermai, + servendo, pien di gio' so' stato intera, 70 + om' tornato di fèra, + da voi sí so' allumato, poi v'amai. + + +II + +È contento di soffrire gravi pene per lei. + + Di sí alta valenz' a signoria, + uv'i' son 'maginando, + m'ha dato Amor, tuttor servo, piacere, + che, sua considerando alta bailía, + e che, pregio montando, 5 + li avanza ognor servire, und'ho volere, + e costringo 'l meo cor di sofferenza + ne la gravosa pena, + la qual di su' altezza, avendo fede, + intera mi procede, 10 + ché giá non manca a di sí gran valenza + signoria provedenza + di proveder ciascun leal servente, + unde m'allegro in pene sofferente. + Rallegrando isperanza il mio coraggio, 15 + simiglia sostenendo, + grave ognor pene, credo udendo dire, + ma la potenza, di cui so' 'n servaggio, + e la figur'avendo + 'maginata nel core ad ubidire, 20 + parte natura e muta di suo loco, + disnaturando prende + di selvaggia mainera tanta possa; + und'è che non si' mossa + giammai, sperando quasi di conforto, 25 + la speranza di porto, + poi sempr'a voglia di servir s'inchina + sormontando 'l meo core e mai non fina. + Servire in me non fina voglia pare + d'amoroso; sí ha preso 30 + lo meo cor di disio volere fiso. + E divisando che temo d'amare + ch'i' sia di lei ripreso, + com'om' d'altezza ch'è 'n tutto diviso, + tutto temenza n'aggio, sí conforto, 35 + isperando tuttore, + considerando la sua canoscenza: + unde i' fosse piagenza, + mantenendo vorria mevi servente; + che sí lealemente 40 + fermo mi troverebbe in cor siguro, + simile quasi como l'oro puro. + Servente puro me trovando e vero + di lei fermo tenesse + vorria, né piú disio mantener pregio: 45 + e me trovando come sono e spero, + quasi tem'e' di me, se + tanto di virtú lei valere i' pregio. + La quale, come sòle us' e natura, + che non giá punto viso 50 + in opera di lei manchi 'n alcuna; + ma in lei tuttor s'aduna, + che non guardando di suo ben volere + il mio pogo podere, + mi derea gioia e mia poga possanza 55 + con tutto ognor valore in lei amanza. + Quasi como chiarezza in parte scura + di foco chiaror rende, + sí m'ha chiarito 'l suo piagente viso; + ché prima vista avesse mia dimora 60 + lei, che chiarezze stende, + era 'n tenebre quasi in lor compriso; + ma poi ch'io lei amando, 'maginai + la sua forma 'n figura, + onni valore, s'i'ho, da lei mi venne, 65 + né mai cura non tenne + che sol di lei servir meo cor di cosa; + sperando, in ciò posa, + fermo, solo di lei ogni mercede, + e se pen'or sostene, gioi'aver crede. 70 + Sofferenza vertú, und'eo rallegro, + in pene sembra, poi tal modo ho priso; + che non giá guaire priso + quale soffrenz'ha in ben, ché non giá grande + virtú di lui si spande, 75 + com'om' soffrenz'ha in pene e 'n gran doglienza: + und'ho soffrir voglienza, + isforzandom' ognor, in ciò non pigro. + + +III + +Si lagna d'aver perduto la gioia che prima aveva avuto, amando +madonna. + + Sí dilettosa gioia + non cred'om'nato sia giammai portasse, + di che si contentasse; + ch'altro maggior disio li dá rancura, + u' port'alcuna noia, 5 + non potendo complir sua disianza: + ché ciascun giorno innanza + e monta in piú voler d'omo natura; + und'el non mai si paga né contenta, + ché suo voler non lenta, 10 + ma cresce disiando maggior cosa, + unde non prende posa, + né perfetta di gioi' port'allegranza, + ché quant' ha piú voler, d'aver piú 'nnanza. + Sí perfett'allegranza 15 + e compimento portai d'ogni bene: + se considero bene, + sovrano 'n gioia fui... + ... e 'n benenanza, + ch'avea da quella di cui son servente; 20 + che li fosse piagente + parea per sua mostranza il meo servire + né cos'altra di lei piú disiando + che leal solo stando + in lei fermo servire, e 'n ciò che m'era, 25 + che mi donava intera + di gioia benenanza e compimento, + nè piú d'aver mi montava talento. + E poi com' alcun tempo + portai sí intera e dilettosa gioia, 30 + via maggiormente in noia + son stato doloroso e 'n grave pena, + ché partire no men pò + isperanza di tal gioia passata; + ché chi ha gioi' portata, 35 + partendo d'ella, pena a morte mena. + Però che 'l male avante benenanza + non grev'è a simiglianza, + quasi nente ver' bene aver sentito: + ché poi il ben è fallito, 40 + appresso pena dá confusione + e maggiormente grav'è per ragione. + La dolorosa pena, + ove sono distretto interamente, + la qual mi dá sovente 45 + morte passional, tuttor vivendo, + e ch' un' or' non m'allena, + da quella ch'i' amo in me ognor discende, + che ciascun' ora accende + gravoso in me languir, lasso, dolendo; 50 + ché crudeltá mi mostra in sua sembianza + e con fer' orgoglianza, + servendo lei, disdegna il meo servire, + unde 'n fèro languire + piú ch'alcun altro sono e doloroso, 55 + sostenendo tormento ogni gravoso. + Fèra ragion m'apporta + di sí grave tormento tal cagione, + poi senza offensione + tal' ho comis'alcuna 'n lei doglienza, 60 + ma sempr'è stat'accorta + e presa di voler l'anima mia + servir, poi 'n signoria + di lei fui servo intero a sua potenza; + und'è che la mia vita quasi è morte: 65 + in tanta pena forte + mi dá tormento e 'l meo servire isdegna + e la morte m'assegna. + Mi fòra vita, in cor perché finita + sería mia doglia e l'angosciosa vita. 70 + Mia canzon, or ti parte + e mostra 'l gran tormento, il qual eo sento, + avegna il compimento + non ho potuto dir quanto m'abonda; + ché, sí com'è in mar l'onda, 75 + no n'aggio posa, né d'alcun ben parte + a quella per cui son in sí rea parte. + + +IV + +Si lagna delle pene in cui si trova per servire madonna. + + Poi contra voglia dir pena convene + a me, quasi dolendo + per soverchia montanza in cui sormonta, + ne la qual falso diletto mi tene, + u' mi mise vogliendo 5 + l'anima un disio col cor congionta + di quella, in cui piacer era coverto, + quando parea piú vero, + ch'amor cognosco di falso colore, + del qual m'ha priso, poi fumi proferto: 10 + immaginandol clero + da lei, di conoscenza fui 'n errore, + perch'io l'elessi a mio proprio signore. + Non conoscendo, falsezza stimando + del piager, ma pur fiso 15 + dell'alma imaginai il suo diletto, + e concedette amore in lei fermando, + d'ogn'intenzion diviso, + fui a sua signoria servo soggetto + d'amore 'n atto, distretto 'n potenza: 20 + di lei sua forma prese, + al suo voler per lui i' foi congiunto, + e sommisili arbitro e mia voglienza, + di lei servire accese, + u' conoscendo, mai non fallai punto; 25 + or d'allegrezza m'ha tutto digiunto. + Fermato a perfezione a suo volere, + di me non forz'avendo, + in ardente mi mise coral foco; + ma ciò mi porge, lasso! piú dolere, 30 + per difetto sentendo + di conoscenza aver pene non poco; + ché poi mi mostrò, lasso, la sembianza + de la sua opinione, + la quale, aviso, in lei tuttor regnava 35 + di piacer contra, und'ho gran malenanza + in vita e confusione; + ché 'l meo servir gradisse lei pensava, + or mortalmente conosco fallava. + Fallando in conoscenza, in signoria 40 + di morte sono ognora, + né morir posso e 'n morte ognora vivo. + E porge tal cagione in me sí ria + pena, che fòr misora + grav'è. Sembro aver vita sí pensivo, 45 + per ch'io non parto giá d'intenzione, + ché, se mi fusse danno + la morte, in vita solo un'or' regnasse, + ma, tormentando, di vita ho cagione, + e piú mi monta affanno 50 + che s'a morte lo spirto mi mancasse, + e qual piú pregiudicio mi portasse. + La principal del meo dolor cagione + aggio costretto a dire + ne la fine per piú dolor mostrare, 55 + e dico piú mi dá confusione + d'ogni greve languire + la reprension che pote in lei montare, + considerando l'altèra valenza + di natura discesa 60 + e lo suo gentil core inganno tegna, + unde, in alcuna guisa, di fallenza + di vertú sia ripresa; + perché maggior di ciò pena in me regna, + considerando in lei cosa non degna. 65 + Se 'n alcuna mainera giá potesse + da la follia presente dipartire, + isforzereimi a valere alquanto, + però ch'assai piú manto + fall'è, cernendo, in mal perseverare, 70 + che non giá fôra stare + nel mal, non conoscendo. Ma non posso; + ché voler non s'è mosso; + und'e', di ragion om, fatto son fèra, + seguitando carrèra 75 + dal piager falso, c'ha in me pene messe. + + +V + +Ancora mostra il suo dolore per la crudeltá di lei. + + La dolorosa e mia grave doglienza + conven ch'eo dica in canto, + com'altri lo piacere e l'allegrezza, + distringendomi a ciò la mia voglienza, + avegna me' sia pianto, 5 + como m'ha preso, lasso! 'n cor fermezza, + e la chiarezza — di ciò è sembianza + ch'eo mi somisi intero in signoraggio, + fermo avendo coraggio + d'altèra donna di servir natora, 10 + u' solo un'ora — mai feci fallanza, + poi per piacer mi strinsi in suo servaggio, + und' ho greve dannaggio, + ché mi disdegna e dá pena su' altora. + Perfetto in signoria mi misi servo, 15 + senn'e voler congiunto + ad un disio, il suo pregio servendo, + e conservendo ciò, com'or conservo, + d'ogni penser digiunto + sono, 'n ciò servo, 'ntera voglia avendo, 20 + ed attendendo ne in parte diletto, + il qual per lo piacere imaginai; + e perché mi fermai + sotto sua signoria interamente, + sol che servente — fusse lei soggetto, 25 + piacer disio e tal voglia portai, + e piú non disiai, + nel primo: ed or desio simelemente. + Non disiando che solo servire, + di ciò contento fui, 30 + in alcun'ora: quasi per sembianza + dimostrando ver' me fusse in gradire + gioi' lei servisse in cui + di ciò sorrise con gran benenanza. + Ma poi in fallanza — mea vista tornando, 35 + viddi in tutto lo contraro aperto, + quasi di ciò isperto, + poi sua vista fermata m'è in disdegno, + ed io tal segno — per vero approvando, + di gio' m'ha miso tale in pena certo, 40 + di ciascun ben diserto + e fermo in vita amara e 'n morte regno. + Regnando in morte, sono in suo podere + nascoso e forse pare; + tanto ne l'alma mia monta dolore, 45 + che, sostenendo 'n pena sí piacere, + non sí grav'è penare, + ma grave è piú via troppo e monta ardore, + ch'io tuttore — contrar me' voler porto, + poi miso in parte m'ha sí dolorosa, 50 + ove pena gravosa + m'abbonda ciascun'or, com'aigua in fonte, + ch'el del monte — di gioi' m'ha indi sporto, + unde la pena m'è via piú dogliosa, + poi di gioi' dilettosa 55 + m'ha miso in pene piú ch'io non ho cónte. + Contat'ho parte di mia pen'alcona, + ma non quante in me regna + per non potenza a dire avendo intera; + ché 'l core e 'l dir mi manca e abandona, 60 + e, come foco in legna + s'apprende, pianto in lui simel mainera, + und'è che fèra — tal ho 'n pena vita: + poi, disiando servir fermo intero, + son di ciascun ben vero 65 + e di speranza d'aver gioi' luntano; + ma' non istrano — di doglia 'nfinita, + ov'io consomo com'al foco cero, + né cosa mai ispero + mi possa, disdegnand'ella, far sano. 70 + D'altèra signoria + 'maginando beltate e piú valore, + mi misi servidore, + ov'io son servo, quando a lei gradisse, + né mai so ch'io fallisse; 75 + ma per bassezza me forse disdegna, + ma perciò ch'io mai vegna + quant'ho di voler manto non m'è viso, + ma tuttora strò fiso, + né per tormento alcun mutando via. 80 + S'umeltá con fermezza + nel suo scendesse disdegnoso core, + ogni pianto e dolore + di me mi parrea gioi' ed allegrezza. + + +VI + +Si lamenta ancora di dover tanto soffrire per essere servo d'Amore. + + Considerando la vera partenza + c'ho fatta intera d'ogni vano amore, + e 'l gravoso dolore + ch'aggio sentito 'n sua star signoria, + pòte di gioia aver meo cor essenza, 5 + poi che disfatto lui ho, meo guerrero, + e preso in disamore + ogni d'amanza sua cosa e poi via, + la qual quando seguía, + porgea tristizia in me d'ognunque pene, 10 + non resentendo bene + d'alcun piacer, ma greve ogni doglienza; + unde miso a perdenza + avea mia mente, corpo, alma e core, + su' poderato essendo in me furore. 15 + E quanto d'altro piú fui doloroso, + ciascun dolor di lui, lasso! sentendo, + tanto dico, gioiendo, + deggio portar via più d'altr'allegrezza, + poi che 'n vertá sono vero amoroso, 20 + e, partito d'amore, amor prendendo + e diritta seguendo + d'anima voglia, che fu in iscurezza, + la qual giunse gravezza, + e reformando in lei iroso male, 25 + imperciò ch'è penale + possa seguir diritta e torta intenza, + ma, or che dipartenza + ho di lui fatto, seguo ogni memòra + e quant'ontai con esso senza mora. 30 + Non sentimento mai ebbi di gioia, + seguendo in lui voler fer' ed ontoso, + né mai ebbi riposo + per isperanza d'alcun ben che sia: + e che sembrav'a me bene, era noia 35 + e ogni vero bene, oltra gravoso, + per che sempre angoscioso + viveva dimorando in tal follia. + Unde perduto avía + ogne vertú che mise in me natura, 40 + sí che solo figura + mantenea d'omo e non punto scienza + e l'alta canoscenza + de la ragion, la qual or non tutt'aggio, + unde vivea ferale oltra selvaggio. 45 + Del dolor che porgea in me mainera + chero ferma cagione adimostrare, + e volendo contare + com' riformava in me suo gran tormento, + non tormentava me di doglia fèra, 50 + come sensibil corpo in dar penare, + ma solo in disiare, + tardando ciò che m'era piacimento; + ché non pò far contento + alcuna cosa u'om' non porti amanza, 55 + tuttor sia 'n sua possanza, + e dove porti giá non possa avere. + Ah! che grev'è 'l dolere + u' solo perda alquanto d'ella viso: + dico tormenta, se disira fiso. 60 + E non sentiva per lo su' operare, + ma cagion era in ciò ch'era operato, + unde segondo stato + di natura mi dava isvariamento; + farmi voler che non potea 'cquistare 65 + e perder che gradivo avea 'cquistato + e 'n ciascun d'esti grato + porgiami svariato sentimento. + E tal suo creamento + adoperava in me diversa offensa, 70 + e dico: — Om' per potenza + ciò ch'ha 'quistato amando u' prende gioia, + sed ei perde, poi noia + gli abbonda maggio che non fé il deletto, + per che nostra natura è in defetto. — 75 + Com'operava in mevi il suo sentire, + tutto languir diviso ogni piacere, + al desentir dolere + da me diviso d'ognunque suo male, + e dammi noia in che ferm' ho gradire 80 + e fammi che volea tutto isvolere + ed el desio podere + ch'era costretto a desiar infinale + e diverso, giá quale + non potea aver mai compimento 85 + ed il suo potimento + diliberato in tutto aver disio, + sí che mis' ho in obrío + ogni sentir di lui fermo e ricordo, + stando a membranza di lui, mai sempre ordo. 90 + Se disdegnanza Amore alcuna ha presa, + volendo apporre offesa, + ch'e' fui'n sua signoria, or ne son fòra, + di colui che restora + il tormento c'ha avuto ogni mio fallo 95 + e che per vero sallo, + ni vorrea senza stato esser sua doglia, + per la qual credo in me piú gioi' s'acoglia. + Anco maggio difensa, + la qual misura sostien di ragione, 100 + ha maggi' offensione, + ch'om non seguir dea mal tutto deletto, + né senta ov'ha defetto + maggiormente non donque ov'ha 'frissione + e corporale eterna confusione. 105 + + +VII + +Si lamenta delle prepotenze e ingiustizie che commetteva in Pisa la +parte che spadroneggiava al governo della cosa pubblica. + + La dolorosa noia, + ch'aggio dentro al meo core, + che non mostri di fòre + non posso: tanto sostener m'avanza, + montando malenanza 5 + e soverchiando me da tutte parte, + poi che tra gente croia + (come non saggi, alpestri, + ch'aver degni capestri + lor serian, distringendo come fère, 10 + quale piú son crudère), + dimorar mi convene e stare 'n parte, + e non solo dimor con loro usando, + ma mi convene stando + sotto lor suggezion quasi che muto, 15 + di che son dipartuto + d'ogni piacer, poi lor signoria venne: + e come ciò sostenne + venisse, u' sosten regno, eo meraviglio + Dio, poi comunitá mis'ha 'n disguiglio. 20 + Mis'hanno in disguiglianza + ragione e conculcata + e per loro scalcata, + li lor seguendo pur propi misteri + e i malvagi penseri 25 + seguitando, non punto in lor ragione. + Lá ch'era comunanza + hanno sodutta in parte, + ed han miso in disparte + li valorosi e degni e bon rettori, 30 + per li quali e' maggiori + con parvi dividían onor comone; + ora l'hanno condutto in propietate, + perché la volontate + lor tanto fèra il senno ha suggiugato, 35 + e giá non è mostrato, + ch'è sol voler per lor fer' e mortale, + il quale ha miso a male + ed a danno, volendo, loro terra + e perdute castella e piano in guerra. 40 + E quei ch'erano degni, + e che 'n vero son anco, + mis' han dal lato manco, + crescendo onor, rettori ed avanzando + e non quasi mancando 45 + per lor ragion, ma sol era ben retta, + di che si vên gran segni: + giustizia conservata + era per lor montata, + sí che mal fare alcun non quasi ardía, 50 + perché 'l mal si punía, + la terra d'ogni scuso era ben retta. + Or giustizia è deserta, ond'è caduta, + con ragione perduta, + ché piú ladroni son che mercatanti, 55 + e quasi certo i santi + son dirubbati e no solo i palagi, + ed a ciascuno adagi + par de' detti signor, ma ciò non sono, + ché l'un perisce e l'altr'ha 'n mal perdono. 60 + Portano perdonanza + i lor propi 'n mal fare, + e piú che meritare + è intra loro alcun che l'òr vorria, + però che la lor via 65 + la fine e 'l primo e 'l mezzo è propio a male; + ed altri, s'è 'n fallanza, + greve sostegnon pena, + e chi lor guerra mena + quant' a lor terra son siguri 'n tutto 70 + e riprendon condutto + di ciò che volno in lor cittá, el quale + e le terre, che son tante perdute, + non giá l'hanno volute + difender, ma perdute sian lor piace, 75 + e, divietato, han pace, + solo a confusion d'omin di parte. + E ciò fatt'hanno ad arte, + unde procederá in loro gran danno, + ché non sofferrá Dio sí grande inganno. 80 + Se mi distringe doglia, + non certo è meraviglia, + ma crudeltá somiglia + a cui non prende doglia e pena monta, + veggendo che si ponta 85 + alcuna parte in mal far quanto pòte, + e quei che piena voglia + aviano 'n bene ovrare, + e tutto il lor pensare + solamente era in ciò, sono a nente 90 + per sí smodata gente, + und'onni gioi' per me son vane e vòte, + ché sento in tutto morta ora giustizia + ed avanzar malizia + e 'l mal ben conculcare, somettendo 95 + e montando e crescendo + islealtate, inganno e disragione, + di che mia 'ntenzione + non è che lungo tempo Dio il sostegna, + che non soffrir vorrá cosa sí 'ndegna. 100 + Seminato nel campo fer' han seme + e seme simel sé ciascun arende, + und'è folle chi attende + di seminato gran piggior che gioglio, + perché non tanto doglio 105 + che frutto e seme cosa una fi' 'nseme. + Per soverchi'abondanza + ch'avea ed ho di gravosa doglienza, + m' have la mia voglienza + sommosso a conto far di sí gran torto, 110 + il qual greve m'ha porto + cagion dogliosa e fèra di dolere, + poi che 'l bene a podere + sento perire e 'l mal tuttora avanza. + + +VIII + +Vorrebbe trovar rimedio contro le pene d'amore, ma non sa come. + + Dolorosa doglienza in dir m'adduce, + non potendo celar, tacendo, 'l core: + tanto m'avanza ognor pen'e dolore + che pregio men che nente vita u' regno. + Considerando, lasso!, son ritegno 5 + d'ogni languire, avendo mia vita agra + e di ciascun plager lontana e magra, + avendo di vertú perduta luce. + Poi del mio cor disio metter soffersi + in seguitar, perdendo ragion vera, 10 + e sommettendo arbitro 've non era, + ciò è servaggio di natura umana, + u' non guardai avendo mente sana; + ma or somiso aver non vorea dico, + ché d'allegrezze, di gioi' son mendíco, 15 + ritegno di dolor fonte diversi. + Disnaturando natura, seguendo + di sottometter voglia altrui 'n servaggio, + ché chiar conosco che l'uman lignaggio + d'aver fugge signor naturalmente, 20 + ma diviso da ciò diversamente, + regnando in me avendo gran diletto + d'essere servo di cui son soggetto, + in seguitare affanno sostenendo. + E poi congiunsi mevi a tal desire, 25 + non mai d'intenzion tal fei partenza, + ma misi 'ngegno a ciò e tutta potenza + e d'altro in me poder giá non ritenni + che sol servendo u' manco lei non venni, + e che i fosse piager fece mostranza, 30 + siccome quasi me parv'accordanza, + und'alquanto mi fe' gioia sentire. + Dimorando plager tal quasi un'ora, + se piú non manto fu, se bene e' membro, + presente a ciò sua vista mevi sembrò 35 + piú che dir non poría, crudele e fèra, + e visai la sua voglia ch'era intera + di darmi pene, u' son, sí dolorose + che sostenerle alcun tanto gravose + parva in vita serea sua dimora. 40 + Ed avanzando in me piú 'l dolor monta + e quasi dico nente ver' ch'io celo, + ché corpo alcun, non credo, è sotto 'l celo + che regni 'n vita, un'or' vi dimorasse + e che senza dimora noi' fallasse; 45 + ma per penare piú vit'ho languendo + e soccorso di scampo non attendo, + poi non d'aver per me mai ben si conta. + Se, com'eo dico, u' piú mi stringe pena + di tal cagione, piú deggio dolere, 50 + poi veggio e sento che nel me' podere + non si riten di ciò che dipart'omo, + ciò è ragion da fèra: o lasso! como + ne son diviso e tralassato intero, + e seguitando voler tanto fèro, 55 + quale tuttor seguir mi' alma pena! + Per che mia vita, dico, è piú ferale + che d'animale alcun, perché natura + segue, ma pure in me tanto ismisura + che fuggo e lasso lei, seguendo 'l contra. 60 + E d'aver signoria non giá fui contra, + somettendoli arbitro e mia franchezza; + unde, piú ch'aggio ditto, in me gravezza + di greve pene agiunt'anche ogne male. + Poiché mi sembra e che 'l conosco fallo 65 + perché non, lasso, in ciò, rimedio prendo? + E no m'ofender piú ove m'ofendo, + partir mia voglia di tal signoria? + Dico che 'n farlo in me non ho bailía, + poich'a ciò falso plager mi congiunse, 70 + che d'anima e da cor vertú digiunse + e ciascuna potenza senza fallo: + perché 'mpossibil m'è farne partenza, + ché 'l mio volere a ciò è sottoposto, + e di maniera tale son disposto 75 + che d'alcun qualsia bene i' non ho segno: + e conosco a ragion di ciò son degno. + Ma non mi dol però meno 'l tormento + ch'eo doloroso pur languisco e sento + e che porti conven cor di doglienza. 80 + Provato folle, me dico, simiglia + chi segue 'l suo dannaggio e ha 'l pro contra: + e 'n me quel che contat'ho sovra 'ncontra, + perch'alcun sia piú ch'eo folle non credo, + poich'eo non presi, allor potea, rimedo, 85 + e di quel ch'ora seguo maggiormente + poi son disposto tanto malamente, + che s'alcuno, com'i', è gran meraviglia. + Meo cordoglio e lamento, ora te move + e te presenta avante a cui ti mando 90 + e cerne 'l meo dolor tutto nomando, + non voglia contar lui el mio tormento + e di' che sguardi ben s'a ragion sento + e corregga tuo fallo e comendi ove. + + +IX + +Dice d'esser tutto preso dall'amore di lei e di non avere altro +pensiero. + + Vero è che stato son manta stagione + senza d'amanza alcun far prendimento, + potendo elegimento + di tal fare, in cui ver' ben fosse appriso; + e ho fedel ver' ciò misa intenzione, 5 + saver, penser non lento e provedenza, + né mai feci prendenza. + Pertanto cauto in ciò fatt'ho, diviso, + perciò ched'è diviso + del mi' cor fermo sempre ogne volere, 10 + che non solo piagere + come ne li altri in me confermi amanza, + ma sí sempre possanza + di piagimento, gentilezza e bene: + per ciò che non disvene 15 + en nei gentil virtú senza fallanza. + Non fei prendenza d'amanza in desire, + perciò ch'ove ho trovato esser plagenza, + non trovato ho potenza + d'altre virtú che son sovramagiore; 20 + ma or l'ho priso, a ciò ch'aggio sentire + di tale in cui piacere e virtú trovo, + e non solo io l'aprovo, + ma suoie operazion, suo gran valore; + ché eo quasi un colore 25 + cerno di suoie virtú quanto a sembianza. + Che se far dimostranza + volesse, in dir, del suo gran valimento, + daría conoscimento + a ciascun chiaro di lei fermamente, 30 + per ciò che veramente + altra no ha ver' lei mai parimento. + Come a la sovra sua cara valenza + non pote altra aver mai simiglianza, + cusí senza fallanza 35 + non pò mio amore alcun altro semblare; + ch'eo no ho solo in lei d'amor voglienza, + ch'è, in altrui, voler con seco om bene; + ma mia voglienza è bene + in suo piager lo mio sempre di fare; 40 + e ciò deo certo fare, + ch'ella m'ha fatto quel che in me non sono: + ché per suo caro dono + del suo remiro tanto virtuoso + m'ha fatto grazïoso 45 + in sua potenza, nel mio cor passando, + ove mise formando + del suo degno sentir fermo riposo. + Preso ha riposo in me suo pensamento + e l'alma forma di sua simiglianza, 50 + la qual dato ha mutanza + a l'ofuscato mio primero stato + per suo gran virtuoso operamento: + ché miso ha dignità nel cor non degno, + e 'l suo valor sí degno 55 + ha l'esser mio nel suo giá trasformato: + ché per mio vero grato + e sua virtú, son fatto un altro lei. + Vero è ch'ella non mei, + perché può fare assai piú ch'io non posso, 60 + ha ciò ch'eo son commosso, + ov'ell'è sempre 'n sua magna virtute, + poiché mi die' salute + del suo sentire, assai piú che 'n dir mosso. + Non mostro in dire quanto in cor mi posa 65 + sua benvoglienza e suo caro pensero; + perciò che sería fèro + poterlo a lingua alcun' sí divisare, + ché 'l cor non pò pensar tanto gran cosa: + ché quando a ciò pensar provando intende, 70 + certo adesso 'l comprende + ismarimento che 'l fa svariare. + E se 'n sé vòl tornare, + conven che solo stia tanto al sentire; + e quel po' sofferire, 75 + perché tal sentimento è virtuoso: + ché 'l suo vero riposo + ha d'alegrezza in sé spiriti vivi, + li quai son sí gradivi + che fanno in tutto mio esser gioioso. 80 + Va', mia nova canzone, + tutto quanto conven non forse degna, + a quella in cui cor regna + quanto si sa di ben piú divisare. + E 'ntende a lei mostrare 85 + come sua gran virtú, sua gran carezza + m'hanno dato fermezza + di sua amanza, che è senza aver pare. + + +X + +RINTRONICO + +Consiglia a soffrire le avversitá con rassegnazione, sperando d'averne +un giorno lenimento. + + Magna medela a grave e perigliosa + del tutto infermitá so che convene, + ché parva parvo so dá curamento; + e chi infirma greve e ponderosa + a possibile far cherenza dene, 5 + e non cui falla punto potimento; + ché non ha valimento + picciula cura gran piaga sanare, + né poi pot'om' trovare + guerenza in quello dal quale divia. 10 + Stolti, è grave via + poter sanare u' tutta è violenza, + e non queta l'om' mai sua essenza. + Per che mia voglia sre' desiderosa + che d'altra parte aver conforto e spene 15 + desiderato avessi e stettamento; + perché di lui m'è via onne stremosa + referendol del tutto, e aspra ène, + unde, parlando, dir quasi pavento: + ché dare spiramento 20 + è dificile me, e mitigare, + però che se penare + mettesse 'n ciò, sre' vano al tutto pria, + appresso poi seria + la fine ad onta, diviso, aderenza, 25 + unde aliena sre' me' provedenza. + Però l'omo en cui è poderosa + aversitade, dea potenze e lene + metter: creando vigore sia 'ntento; + né de' sua voglia esser nighettosa, 30 + né di vilezza le suoie opre piene, + né ira fare in lui occupamento; + ma levar, sanamento + se de' isperando da colui che pare, + siccome vero pare, 35 + no ha, ni ebbe, ni mai aver dia, + il qual sempre desia + prosperitá a om' dare e valenza + e vòle e pò per sua magna eccellenza. + Prova vera vertú vertudiosa 40 + colui ch'aversitá fermo destene, + per sua valenza a farne occultamento, + e 'n tal mainera de' lui graziosa + esser, dico, se vero ei cerne bene; + ché, come purga metallo elemento, 45 + cosí ho credimento + che sia d'aversitá 'l propio purgare, + vincere e conculcare + di ciascun vizii che parato stia + voler, che noi' sería 50 + fòr d'altro frutto: e ciò è pacienza + che dá vertú in cui fa su' aderenza. + Tant'è magna di Dio e valorosa + la potenza, che cose onne sosténe, + ch'a' monti pò legger dar mutamento, 55 + e chiara cosa far ch'è tenebrosa + e diletto tornar, tormento s'éne, + e qual piú vivo par dar finimento. + Dunque dischiaramento + e libertá pòn servo seguitare, 60 + e ciò hae sperare, + ché disse santo di filosofia, + in cui non fu falsía: + «S'avesse om' fede, o vera intelligenza, + fare' mover li monti a sua indigenza». 65 + Donqu'è provedimento + per fede e spera voler seguitare + e retto in lui sperare + aver ch'è quello che cotidio cria + remedi, e quai pensria 70 + animo mai, sí pog'ha percepenza, + ma ei bensí in cui somm'è prudenza. + + +XI + +Non potendo piú reggere alle amare pene che lo affliggono, si risolve +a parlarne, ma in forma coperta, perché non lo intenda un tal Corso. + + Di dir giá piú non celo, + poi tante pene ho possa. + Doglia m'è 'n cor ripresa, + ch'è alcun non sotto 'l celo + ch'om' di tal vertú possa. 5 + Donque 'l dir non ripresa + che di tai pene regno + fusse, con quale io regno, + over pur che di parte + in rea non fusse parte, 10 + ch'altro sostenere omo + no le porea quale ho mò. + Dunque, se 'n dir disovro, + biasmo in me non giá monta + a cotal pena fèra 15 + ché ad ognor' om' credo sovro + son di doglia tal monta, + che nol sofferea fèra, + e poi nel meo cor aggio + a lui voler coraggio 20 + con pura contar fede, + unde mi scende fede, + se non poder mi manca, + ver' mia ragion sia manca. + Rappresento ove servo 25 + sommisi il meo potere, + non giá per mia ignoranza, + uvi 'n cor sono e servo, + come cert'ho potere, + seguir sua magn'oranza. 30 + E per piager che porto + fo d'ella in me un deporto, + imaginandol pena + a darmi affanno 'n pena: + a cosí mortal passo 35 + son lá dovunqu'i' passo. + Che poi chiaro nel viso + la mia conobbe essenza, + fu ver' me adesso contra, + e in un'ora diviso 40 + fui mai di gio' e senza, + poi fu pena mi contra. + Tanto crudel fu' punto + di dardo, il qual m'ha punto, + che giá alcun no di pare 45 + fu sí como mi pare, + ch'ognora in morte vivo, + se par' voi piú vivo. + Se dir vòle soccorso + alcuno aver di porto, 50 + u' gioi' potesse avere, + rispondo: — Sí son corso, + che non venire a porto + per mio spero savere; + ma se giá avenire, 55 + se ciò farmi venire + poria, volesse tale, + che m'ha condutto a tale, + per creder parto nome, + cui sovra scritto ho nome. 60 + Lo meo palese dire + ho, per non voler dire, + in parte scura messo, + e che a non dir sia me' so + a ciascun lo meo corso, 65 + ché no' lo intenda Corso. + + +XII + +Anche qui parla chiuso, per dare sfogo al dolore che lo affanna. + + Poi che mia voglia varca + sofferenza, convene + tutto che sento ch'apra; + perché nel meo cor varca + sua forza e sí convene, 5 + ma 'n parvo dir n'ho capra, + perché non con voglia empia, + ma pur chiara e che m'empia + quella sperando u' servo, + il meo dir cui reservo, 10 + se di fallo avesse ombra, + perché 'l meo cor no' ombra. + Cui amoroso isguardo, + de l'alma porto forma: + come sol valca vetro, 15 + come figura isguardo, + entrò 'n me en so' forma, + cui seguí mai non vetro; + sí forte ha miso destra + me che 'n guisa ogni destra 20 + lei servir chero e larga + nell'affannarmi larga. + Vita di gioia magra, + ch'altro savor no m'agra! + Considerando sovra 25 + di tutte l'autre donne + come pur or v'è 'n petra, + ché non giá mai si sovra + d'ovra di pregio donne, + quale maggie omo 'mpetra; 30 + che, come in fonte surge + aigua, sí 'n lei si surge + virtú che 'n lei poi regna. + Donque, s'ella mi regna, + esser sovra in gioi' parmi, 35 + perché nullo è par' mi. + Lo ver plager, che porto + della diva lor magna, + piú è, pensando solo, + che d'ogni vertú porto, 40 + ed ho nel suo cor magna, + siccome fo, ché solo + per sua sembianza porta + mevi che 'n vertá porta + per considranza in mente. 45 + Quando 'n ciò tegno mente + ch'a ciascun'or' mi membra, + di gioi' pien'è ogni membra. + Per non potere aggio orma + come celar non saggio 50 + cernita del meo bene; + tanto voler vinto or m'ha; + ma pur ver dirò saggio + che 'l conto vero bene; + ché s'avesse sol pena, 55 + ed invan la mia pena, + servendo, fusse i contra, + sí m'è gran gioia contra. + pur che lei ami e serva + e piú sua voglia serva. 60 + Lo meo dir parlo chiuso, + perché quello in lui chiuso + vidivi quasi fiore, + se di pregio onne fiore + in lui contensi e conta 65 + sovra ciascuna conta. + So che porea dire omo + me: — Perché parlat'ha' mò, + voi non sentendo folle? — + Dico 'n ciò, come folle 70 + venta, quando si mena; + cusí voglia mi mena. + + +XIII + +L'anima viene pura dall'alto; ma si guasta poi e si travia, come +quella del poeta, che ha dato a madonna l'impero del suo cuore. + + Lasso, sovente — sent'e' — che natura + vene d'altura — pura — a la mia mente, + che pria saccente — mente — alto procura, + d'om criatura — cura — finalmente. + E poi seguente — gente — i dá drittura, + d'ogni misura — fura — vil nocente, + poi, se piagente — sente — in lui bruttura, + seguir rancura — dura — malamente. + Ed eo dolente — chent'è — il mi' operare? + Pure 'n fallare — pare — , e ciò è clero, + che sia del vero — però — bene spento. + E ciò contento — sento — mevi amare, + vertú affondare, — dare — a vizio altèro + sor mev'impero: — pero, — se non pento! + + +XIV + +Instabilitá della fortuna. + + Se quei che regna e 'n segnoria empera, + avesse vera — 'n suo stato fermezza, + serea giá questo, al mio viso, mainera + d'avere spera — aver non mai altezza + omo ch'è basso, ma d'aver misera, 5 + e serea fèra — -sua vita 'n gravezza; + ma noi veggiam che piú grandezz'altèra + conven pur pèra — e piú affondar s'appressa. + Perché di rota ha 'l mondo simiglianza + che non posanza — ha mai, ma va volgendo, 10 + saggio, temendo, — vive alto mutanza. + Però chi bass'è, no stia in disperanza, + faccia mostranza, — fortuna salendo, + sé contenendo, — allegro in gran possanza. + Sed alcun folle se trova ne l'alto, 15 + senza defalto — su cred'esser fermo, + poi vesi, sper' mo, — far di sotto 'l salto: + chi è 'n grande assalto — non cre' regni guer' mo. + + +XV + +Conforta un amico d'un grave dolore che lo affanna. + + Dolendo, amico, di gravosa pena + d'affanno, il quale in te, aviso, regna, + dolor portando, il qual giá non m'alena, + (u' doglia amico doler cosa è degna), + mia volontá m'ha somosso e mi mena + a dir cosa, conforto unde te vegna, + se giá porò; e 'n ciò meo cor se pena + e si travaglia, perché ciò divegna. + Virtute, amico, di saggi'om' piú pare + affanno periglioso portar retto, + che allegrezza, u' ciascun si contene. + Ché non è vero pregio comportare + ciò che comportan tutti, ma star retto, + ov'ogn'om cade: tal'è pregio bene. + + +XVI + +Dice ad un amico come giá da tre anni sia servo d'amore, e gli domanda +consiglio. + + Rapresentando a canoscenza vostra + meo doloroso mal, grave, diverso, + sono mosso, facendo vo' alcun verso, + responsion volendo vi dia giostra, + a ciò che la vertú che 'n voi enchiostra, + mi dia consiglio in che dir vogli' or verso, + ché conobbi per vero bianco il perso, + per ingannevil fatta mi fu mostra. + Ciò fu sembianza ria, la qual vi mostra + il meo dir da diritto fu isperso, + unde diletto immaginai e postra + de la 'maginazion ebbi il rio verso, + ch'eo mi legai di sua potenza in chiostra, + somettendo mi' arbitro, ann'è ben terso. + + +XVII + +Esorta altri a mostrare, ch'è tempo, il proprio valore, per togliersi +dal basso stato, ov'è caduto. + + Preg'a chi dorme ch'oramai si svegli, + e nel su' core — ingenneri vigore, + e quanto può, pugnando, s'aparegli + gir'avanzando, — conquistando onore. + Tutto d'esser non sian gli omin paregli, 5 + ma quei che men si tragga 'nver' valore, + non si neghisca 'n essenzia, ove 'nvegli, + che sia divisa da vero labore, + perché col tempo ovrar, dico, è savere: + donque chi sente sé 'n tempo, sti' accorto 10 + in solicito stato avere altèro. + E quei che ciò non fa, degn'è d'avere + su' stato in valle, di ciascun ben corto, + e chi ciò segue, signoria e 'mpero. + Ciascun om' general che dico intenda, 15 + la cui dimorazion nel vallo è posta, + intendimento d'alto montar prenda, + no stia tuttor la sua valenza ascosta. + + +XVIII + +Discopre le sue pene per essere in signoria d'Amore. + + Piggiore stimo che morso di capra, + ov'Amor fier d'artiglio e dá di becco; + ché quasi sembro lui albore secco, + quale 'n cui regni, e bene in lui non capra. + Ma dico che conven su' cor che s'apra, 5 + a perder sa vertú rimane istecco, + ché non fa frutto, e 'n falso dir non pecco, + ché per me 'l provo e per altrui si saprá. + E poi fu' in signoria di suo soperchio, + mis'ha 'n tormento di mia vita il corso, 10 + di greve affanno e di piager sí magra. + Tant'è sua signoria diversa ed agra, + chi sottoposto è lei, va a morte a corso: + per languir ch'ho di lui, ciò discoperchio. + Del mal diritto al contraro fa cerna, 15 + perché chi non è ad esso sottoposto, + di ben a perfezion venir pò tosto. + + +XIX + +Si lamenta di vedere abbandonata la giustizia e trionfare la slealtá. + + Lasso di far piú verso + son, poi veggi' ogn'om' manco + d'amore far tuttor del dritto inverso, + ché qual ten om' piú franco + di lealtate, perso 5 + tosto fa sé veder, se pò, del bianco: + ché donna, né converso + non sol cor aggia stanco + di ciò pensare e fare, und'è ben perso — + sicché: Vertú non branco — 10 + pò dire, — anzi l'avverso — + leal om': sí l'ha preso per lo fianco + islealtat'e inganno, ch'ognor monta + e lo mondo governa, + sicch'a quella lanterna 15 + vol gire ogn'omo e in ciò far si ponta; + tanto ch'obbriat' hanno la superna + membranza, dove l'onta + e 'l ben d'ogn'om' si conta, + e di ciascuno han merto in sempiterna. 20 + + +XX + +Ogni sua volontá, ogni diletto è in piacere a lei. + + Sovrapiagente mia gioia gioiosa + e nova vita senza cui son morto, + passato ho 'l mar di mia vita angosciosa, + e te eletta sola ho per mio porto: + e ho fermato in te tutta mia posa, + et se' tutto diletto e mio diporto. + Eo partit'ho teco ogne mia cosa: + senza 'l mi' cor cre' tu ch'i' gía nel porto? + Quel che teco ho partito, è la mia vita: + ché dato ho te di mio viver l'essenza + e me tenuto tuo aggio in parere: + unde tanto per me cosa è gradita, + quanto gradisce a te e in te m'agenza, + ch'io altro non ho piú che 'l tuo volere. + + +XXI + +Amore ha preso tutta la sua anima ed è porto d'ogni sua virtú. + + Amor s'ha il mio voler miso di sovra; + s'ovra — non falla, giammai non diviso + che sua virtú da me sia punto sovra, + s'ovra — sí forte lo parer diviso. + E l'alma ha vinta ognor, se poso o s'ovro, + s'ovro, — è da me non mai punto e' diviso, + tutto non com'elli è tanto sovro, + s'ovro, — da me astenne saetta di viso. + E quello amore in me, che tanto porto, + porto — è d'onne virtú, non sol di parte + parte — , da cui non mai lei tanto regna, + in che pensando benenanza porto; + porto — sentir di lei m'è d'onne parte, + parte — di ben di sé vero in cui regna. + + +XXII + +Ha la graziosa immagine di madonna fissa sempre in cuore. + + Non posso proferir quant'ho voglienza + di te sempre servir, mia gentil cosa, + per ciò ch'appena pò pensar mi' intenza + quanto tu' amore in meve prende posa. + Amor s'è priso in me sovrapotenza, + e sua virtú che par forsi nascosa, + ha la figura di tua gran piagenza + formata nel mi' core sí graziosa, + ché se 'l sol pare, over che 'l sia nascosa, + se corro u poso, — ovonque io sempre sia, + tua forma nel mi' cor piagente sguardo. + E quando te vedo, lasso, non oso, + né veder posso; miro, in fede mia, + dentro al mio core, ove io te porto e guardo. + + + + +IV + +BETTO METTEFUOCO + + +Si mostra lieto di essere in servitú d'Amore per una donna avvenente. + + Amore, perché m'hai + distretto in tal misura, + ch'eo non posso contare + ben le mie pene a chi mi fôra 'n grado? + Ardir non poss'ormai 5 + di dir, tant'ho paura! + Cusí mi fa' dottare + di perder quell'und'eo allegro vado. + Molt'ho grand'allegrezza + de la dolse 'contezza 10 + ch'agio co' l'avenente, + che par che i sia piagente — mia contanza. + Però 'nde temo forte, + e paur'ho di morte, + che no le dispiacesse 15 + s'eo piú su le dicesse — ch'aggio usanza. + Se vo' vegno, e non veggo + o sprendïente viso + che sguardi con pietanza + e parli dolcemente con placire, 20 + tuttor con voi mi reggo + e non ne son diviso. + Vivendo in isperanza, + son gai' e fresco e raffino 'n servire; + né lo meo pensamento 25 + non può escir di tormento, + pensando a farv'onore, + donna di gran valore, — pienamente: + ca per lo vostro bene + mi pare escir di pene, 30 + cusí forte mi piace, + piò che lo meo non face — fermamente. + Or dunqua com' faraggio, + poi la mia malatia + non oso adimostrare 35 + a chi mi può guerir e far gioioso? + Ben so che ne moraggio + di corto qualche dia: + nonde porò campare, + se no m'aiuta 'l viso grazïoso, 40 + per cui piango e sospiro + tuttor, quando la smiro, + e dico 'nver' di mei: + — Lasso! Perché colei — eo amai tanto? + Possa riprendo 'l dire 45 + c'ho fatto e dico: — Sire + Deo, cotal fenita + facesse la mia vita — e fôra santo! — + Madonna, penso forte + de la mia natura 50 + che passa l'assessino + del Veglio de montagna disperato; + che per metersi a morte + passa in aventura; + e gli è cosí latino, 55 + nol gli è gravoso, ch'egli è ingannato, + ché 'l Veglio a lo' 'mprimero + lo tene in del verdero, + e fái parer che sia + quel che fa notte e dia — di bono core. 60 + Ma io, ched ho veduto + lo mondo e conosciuto, + agio ferma credenza + che la vostra potenza — sia magiore. + S'eo sono inamorato 65 + cosí in dismisuranza, + e' credo fare acquisto + due cose: quelle ond'io fallo e son saggio. + Saggio son: ché fermato + so senza dubitanza 70 + lá 've compose Cristo + bellezze tante, ch'altrui fann'oltraggio; + che son sí sprendiente, + ch'io non posso neiente + contarle bene e dire: 75 + ché fa tutto avenire — a chi la guarda. + Fallo: ch'amo l'altezza, + somma di gentilezza + al meo parer che sia, + in cui tutto m'avía — arimembrando. + + + + +V + +CIOLO DELLA BARBA + + +Chiede a madonna, poiché è in tutto servo di lei, che si mova a pietá +del suo amore. + + Compiutamente mess'ho intenzïone + di forza e di podere + che d'una cosa agiate disidranza: + di non far tanto ch'om'agia ragione + di vedermi dolere, 5 + perché nel mondo non corre un'usanza. + Ché se Ventura de rota ha fermezza + in de l'altezza — di voi che mostrate, + in ciò considerate — ch'io son vostro, + piú che nel mio cantare non vi mostro. 10 + Se non vi mostro le pene e la doglia + che per amor patisco, + temendo eo veo e sonde pauroso + ch'enver' di me non vi si sforzi voglia + del penar ch'io norisco. 15 + Inorando voi, sonde dubitoso; + ma so che possedete canoscenza, + di che s'agenza, — tutta benenanza: + onde la mia speranza — si conforta, + com' fenice per rinovar s'amorta. 20 + Morir meglio mi fôra naturali, + pensando li martiri + ch'i' ho patuto e pato nott'e dia, + con altre cose che non mi son 'guali + de li mïei desiri, 25 + come compresi di voi, donna mia. + Non l'auso dir, ché la mente ho raminga, + né da la lingua — no 'm pò pervenire, + potendomi salire — se v'è 'n piagenza, + come l'aringhe fan contro a corenza. 30 + A tale corso mi donao natura, + no mi n' posso partire: + partire me m' potesse voi dimora, + da ch'io 'n voi vegio tanta diritura + di somma di savire, 35 + che sovr'a l'altre vinde porto onora + Poi che m'avete tutto in vostra baglia, + ora vi caglia — di me, che v'ho fede, + prendendoven mercede — , se vo' membra + ch'io non fenisca com' la fior tembra. 40 + + + + +VI + +PUCCIANDONE MARTELLI + + +I + +Si lagna delle pene che gli dá Amore e chiede a madonna che si mova a +pietá del suo dolore. + + Lo fermo intendimento, ched eo aggio, + porto 'nfra vene sí celatamente, + che quei che da me piú creder lo sente, + ne sa altrettanto quanto 'l piú selvaggio. + E regna in me sí vertudiosamente 5 + Amore, che 'n tal loco, u' lo cor aggio, + mi fa stare, ché certo non saggio + sería, se stesse senza forza niente. + Tal è lo convenente. + O bona gente, per Dio non guardate 10 + d'Amor, ché 'n veritate + pien è d'erro', che 'n gio' m'ha dato pene, + e di tale mi tene — innamorato, + che eo da lei son neente amato: + signor senza pietate, 15 + che giá non è tra cui mi ten servente + e grave senza colpa penetente. + Tant'è savere in lei con grande onore, + e gran beltá ch'affina canoscenza, + ed umiltá ch'adorna la piagenza, 20 + che non si cred'ella che per amore + ma' metta sua vertú a mia potenza, + a voler prender loco in tale core, + che non si vòle a compagna valore: + ha 'n tale core Amor sua convenenza. 25 + Certo non ha valenza, + né gentilezza, come dicen manti, + che vòle usare avanti + ignoranza ch'entrare in cor gentile: + troppo tornerá a vile — ran carezza, 30 + ed in bassanza la sua grande altezza. + Ben doveriano erranti + andar li boni, poi che 'n sconoscenza + tornano Amor, che fu lor mantenenza. + Però di questo tanto mi dispero, 35 + ch'eo no so' bon per nessuna mainera, + e le mie pene nente m'alegera, + e fami stare in tal loco crudero + . . . . . . . . . . . . . . + . . . . . . . . . . . . . 40 + . . . . . . . che sovente vi fèro, + com'a nemico m'è mostrata cèra: + ché, meglio che non era + in qua dirieto Amor gentile e puro, + per certo m'asicuro 45 + ch'egli sería, se in madonna intrasse, + ed in gio' ritornasse — le gran pene + ..... che lo meo cor sostene. + Ed eo altro non curo + se non di lei servir, ch'è luce e spera, 50 + che 'n tutto de l'amor no mi dispera. + Entra in madonna, Amor, ch'è 'n gentil loco + e pártiti da volontá non fina, + di tutto bella troverai regina, + e sí n'afinerai com'oro al foco: 55 + ché noi vedem che d'om' che s'ataupina, + giá no li piace solazzo né gioco, + e chiamasi contento d'uno poco: + tale natura ha volontá meschina, + e sí ti parrá fina. 60 + Amore, se risurgi la mia mente, + cosí forte seguente + ti parraggio, che farai acordanza + con lei di darmi amanza. — D'ella faccio + non folle pensare a star selvaggio, 65 + di lei nascosamente, + che mi diven com'omo che camina, + che cela l'ora a tal che seco mina. + Tal non credea che fosse convenenza + che in voi m'intendesse sí corale 70 + e ben savesse come Amor m'assale: + giá non sa bene di me riprendenza, + ch'eo non sono innamorato tale, + ch'eo da voi mai faccia partenza. + Mercé, madonna, aggiate provedenza 75 + d'alleggiar lo meo gravoso male, + da che poco mi vale + lo pur tanto chiamare voi merzede. + S'eo fosse om' senza fede + dovreste aver mercede — ..... 80 + alquanto de lo molto meo tormento. + Ben aggio speramento — non fi' grave, + ché lo meo cor crede + fará acordanza Amor fina 'guale + d'intrare in vostro core naturale. 85 + + +II + +Della gioia che prova a guardar lei. + + Tuttora aggio di voi rimembranza + e disianza, — donna mia valente. + Tuttor mi membra e disio vedere + la piacente beltá, donna amorosa, + che 'n voi fa porto con tutto savere, 5 + cèra avenente, fresca e grazïosa. + La rimembranza tenemi in piacere, + e lo disio in gran pena angosciosa, + s'eo non vi veo, disiato amore, + in cui lo core — tegno con la mente. 10 + Quando vi veo, donna, in cui speranza + tegno, con tutta fina benvoglienza, + aggio allegranza, gioia e beninanza + e donami valor con gran piacenza + la vostra sovrangelica sembianza, 15 + che 'nver' me faite, senza percepenza + de li noiosi e de li mal parlieri, + che..... — parlan malamente. + Poi de' sembianti tant'aggio allegrezza: + ben averia, se osass'ella mostrare. 20 + Lo mio disio fermat'ho 'n tale altezza, + che di gran gio' viverò senza pare. + Pregovi per la vostra gentilezza + che non vi spiaccia lo meo innamorare. + Quanto mi donerete piú podere, 25 + meglio servére — vi porò sovente. + Entr'a lo cor m'intrao con tal dolzore + lo primo isguardo di voi, donna mia, + che m'infiammao di tanto fino amore, + che monta in me cosí ciascuna dia, 30 + che in nulla guisa, donna di valore, + a compimento contar lo poría + lingua che parli; tant'aggio abondanza, + servando amanza — ver' voi lealmente. + Ben mi laudo d'Amor, che m'ha donato 35 + voler cotanto altèro intendimento, + che m'ha di tale donna innamorato, + ched è somma di tutto piacimento. + Poi che sí altamente m'ha locato, + faccia che piaccia lo meo servimento 40 + a quella ched in sua balía mi tene, + e la mia spene — v'aggio interamente. + + +III + +Si lagna che madonna lo faccia tanto soffrire. + + Signor senza pietanza, udit'ho dire, + deve tosto fallire + e vana divenir sua signoria. + Senza pietá, mia donna, siete e sire. + Penser'ho di partire 5 + me' cor e mente da tale follia; + ché solo v'ingegnate me schernire, + tempestar e languire + e tormentar mi faite nott'e dia. + Talor mostranza faitemi 'n servire, 10 + ma non pote granire, + sí come fior che vento lo disvia. + L'albor e 'l vento siete veramente, + ché faite 'l fior, potetelo granare, + poi faitelo fallare 15 + e vana divenir la mia speranza. + Deo vi lassi trovar miglior servente + e me signor che faccia meritare, + ché tropp'è greve amare + lo mio, se per servir ho malenanza. 20 + + +IV + +Si lamenta che Amore lo abbia ingannato e lo prega a far sí che +madonna abbia pietá di lui. + + Madonna, vo' isguardando senti' amore, + che dentro da lo core + mi fue molto piacente, + cotanto umilemente + inver' me si mostrao. 5 + Ver' lui mi misi a gir con gran baldore, + credendo aver bonore + da lui, al meo vivente. + Ello veracemente + di voi m'innamorao, 10 + e bene m'onorao + di tanto, che 'n altura + mise in me la mia cura; + e, quando m'alacciao, + credetti che facesse a voi volere 15 + ciò che mi fosse gioia e gran piacere. + Da poi ch'Amor non vòlse ch'io avesse + da vo' grande allegresse, + né gioco né solaccio, + meraviglia me faccio 20 + che m'ha cosí ingannato. + Ora ver' me vi fa mostrar feresse + e grandi crudelesse: + e no mi fe' minaccio, + quando mi mise il laccio, 25 + und'eo sono allacciato, + e sí preso e legato, + che giá mai, al ver dire, + no mi poría partire, + tanto m'ha innamorato, 30 + che a lo mio vivente soffriraggio + lo male e 'l ben che da voi, donna, avraggio. + Amor, poi ch'a madonna tormentare + mi fai come lo mare, + quando, di gran tempesta, 35 + a la nave non resta + di dar gravoso afanno, + altrui non aggio, cui mi richiamare, + se non te, che scampare + mi puoi d'esta molesta 40 + e darmi gioia e festa + di tutto lo meo danno; + ché certo grande inganno + ha' dimostrat'e fatto. + Ma poi mi n'ha' trasatto, 45 + ristaurar come fanno + li bon signori a li lor bon serventi, + che guigliardonan li lor servimenti. + Da cui lo nom' è, Amor, tanto avenente + (e tuttor manta gente 50 + aggi' odito laudare) + non mi dovresti fare + mostrar tant'argoglianza. + A la mia donna, che cura neente, + però che 'la non sente 55 + de le mie pene amare, + falline, Amor, saggiare, + ch'aggia di me pietanza + e mostrimi sembranza + d'alcuna benvoglienza; 60 + ché da la mia intendenza + aggio bona speranza, + poi m'arai ristaurato de le pene + e tutto lo meo mal tornato in bene. + Amor, merzé, a madonna sentire 65 + fa' lo travaglio e l'ire + che per lei aggio e sento: + forse mi dará 'bento, + ch'ará di me pietade; + ched io per me non aggio tanto ardire 70 + ch'eo li le faccia dire: + tant'aggio ismarrimento, + dubitanza e spavento + con gran diversitade, + e le sue gran beltade 75 + temo di riguardare, + per non voler mostrare + altrui mia volontade. + Se tua vertude, Amor, no mi n'aiuta, + d'ogn'altra parte ho mia rason perduta. 80 + + +V + +In madonna è ogni bellezza e gentilezza, ed è onorato chi ha fermezza +in amar lei. + + Similemente, — gente — criatura, + la portatura — pura — ed avenente + faite plagente — mente — per natura, + sí che 'n altura — cura — vo' la gente. + Ch'allor parvente — nente — altra figura + non ha fattura — dura — certamente: + però neente — sente — di ventura + chi sua pintura — scur'ha — no presente. + Tanto doblata — data — v'è bellessa + e adornessa — messa — con plagensa, + ch'ogn'ha che i' pensa — sensa — permirata. + Però, amata — fata, — vo' 'n altessa, + ché la fermessa — d'essa — conoscenza + in sua sentenza — ben sa — onorata. + + + + +VII + +BACCIARONE DI MESSER BACONE + + +I + +Stolti coloro che lodano Amore, fonte di tanti mali. + + Nova m'è volontá nel cor creata, + la qual compresa l'alma e 'l corpo m'have, + volendo proferisca e dica 'l grave + crudele stato ch'è 'n amor fallace. + Però ch'alquanto giá fui su' seguace, 5 + vòl che testimonia rendane dritta, + a la gente veder faccia sconfitta + che seguen lui, com'ell'è denudata + d'onor, di prode e d'alegrezza totta, + e come dal piè veste 'n fin al capo 10 + tutto 'l contrar. S'eo ben dir lo sapo, + dironn' un poco, poi no 'l cor mi lascia + e come grave a portar son soi' fascia, + e com' sre' mei', cui ten, tenessel gotta. + Ora dico chi 'l segue com'ei concia, 15 + che, disconciando loro e i loro e 'l loro, + gridan né punto no ne fan mormòro, + ma si rallegran com'òr acquistasse. + Parmi di tai son lor le vertú casse, + non piú che vist'han d'omo razionale; 20 + poi prenden gioia e del lor cantan male + e dánno laude a chi tanto li sconcia, + cioè Amor, che non stanchi si veno + di coronarlo impero d'ogni bene, + e senza lui non mai nullo pervene, 25 + dicon, a cosa poss'avere onore: + unde cotal discende loro errore + di lassarsi infrenar di sí reo freno. + Non venosi gecchiti di laudare + il folle e vano amor, d'ogni ben nudo, 30 + li matti che si covren del su' scudo, + il qual manch'è che di ragnuolo tela + e che li porta isportando a vela. + Mettonsi 'n mar, creden giunger a porto; + poi s'è che nel pereggio gli have accorto, 35 + alma fa, corpo e aver, tutto affondare. + D'onne, donque, reo male è fondamento. + Poi tutto tolle bono e 'l contrar porge, + come la gente non di lui s'accorge + a prender guardia dei suoi inganni felli, 40 + ch'a Dio li fa ed al mondo ribelli? + Meraviglia grand'è com'ei no è spento. + Tai laudator lor pòn far plager reo + di donar pregio ad un cotale Amore, + che tutto trappa bene e dá dolore; 45 + non giá me coglieranno a quella setta. + Alcuna fiata fui 'n sua distretta, + non sí disposto, che m'avesse acchiuso + ch'eo non potesse giú gire né suso, + né suo serv'era, né signor ben meo: 50 + unde m'accorsi del doglioso passo, + ove m'avea condutto e conducía, + che parenti ed amici avea 'n obbría + e quasi Dio venía dimenticando. + Per che nel tutto gli aggio dato bando, 55 + non piú dimorovi né prendo stasso. + Parmi diritta dar possa sentenza + chi servito signor ha in sua magione, + s'è giusto, come comanda ragione; + u, se 'l contraro di ciò il disforma, 60 + e chi non dimorato loco forma, + di sua condizion have neiente; + ma tanto com'a voce de la gente, + che mante fiate del vero fa 'ntenza. + Perché d'amor deo saver far saggio, 65 + com'omo che del suo sentí tormento, + d'ogne, dico, tristor è munimento; + colpi di toni quasi son soavi + a paraggio dei soi, tanto son gravi + ed empi, non pensar porea 'l coraggio. 70 + Nighettoso fa l'omo il suo defetto + a tutte oneste e profittabil cose, + ed a seguir l'enique ed odiose + prunto, ardito, viziato 'l corregge: + cotal d'Amore è sua malvagia legge! 75 + Ma assai che è da dosso me l'ho spento, + ed in tal guisa, in veritá, che pento + lo suo mi turberea veder tragetto. + Non piú triaca mi fará parere + veneno, e fino lo venen triaca, 80 + ché d'esto far di neun tempo vaca + ai denudati c'hano in lui gran fede. + Cotal decreto in sua corte possede, + se i suoi, non gran fatt'è, falli cadere. + Al passo ditt'ho che m'addusse forte, 85 + di sua sentendo suggizione spersa, + e dico come fémi parer persa + qual aspra piú e pungent'era ortica, + e come mi facea parer nemica + cui di nomar mi piace tacer ora, 90 + senza la qual de vita serea fòra, + 'brobbriosa sofferendo e crudel morte. + Ché lá, u' tutta gent'hami fallita, + e piú chi di me piú mostrava festa, + chi dett'ho, non lassatasi la vesta, 95 + per potersi a la persona dar campo, + per pioggia né per vento né per lampo + di pensar ciò né far vesi gechita. + Poi me condusse in sí crudele errore, + che mi facea del corpo il cor odiare, 100 + un'uncia non avendo del cantare + di suo gravoso e sprefondato pondo: + or dé' ben dirupare 'n nel profondo + chi di tal carco addoss'have la soma + e cui afferrat'ha ben per la chioma, 105 + si' certo ch'onni i' tolle c'ha valore. + Miri, miri catuno e ben si guardi + di non in tal sommetersi servaggio, + ch'adduce noi' e spiacer e dannaggio + e tutto quanto dir puosi di male, 110 + che questa vita tolle e l'eternale. + Oh quanto assaporar mei' fôra cardi! + O miseri dolenti sciagurati, + o netti d'allegrezza e di piacere, + fonte d'onni tristizia possedere, 115 + o spenti di vertú tutt'e di luce, + ponendo cura bene, o' vi conduce + il vostr'amore, c'ha 'l malvagio conio, + odiar via piú l'areste che demonio; + ma non tanto potete, sí v'ha orbati. 120 + Se de la mente gli occhi apriste bene + e lo 'ntelletto non fussevi tolto, + vedreste chiaro il loco 've v'ha 'nvolto, + ch'è tanto laido e disorrato e reo: + non savrest'altro dir che: — Merzé, Deo, — 125 + sí doloroso è tutto che i' tene! + Amor (ti chiamo per lo nome, quanto + per l'operare parmi ben so chente), + di che ditt'ho se gravato ti sente, + e vuoi apporre di te vegna gioia, 130 + piacemi farlo sentenziare a Troia, + a cui adosso il tuo affibbiasti manto. + + +II + +Si lagna di Amore, che con tante pene lo tormenta, e chiede perdono a +Dio d'essersi fatto schiavo di lui. + + Sí forte m'ha costretto + doglia, di che, penando, doler deggio, + siccomo sento e chiar conosco e veggio + che d'ogne 'l corpo meo parte tormenta; + ch'i' son, saccio, 'n dispetto 5 + del Signor nostro dibonaire Deo + per lo spiacente, che fei, fallo e reo, + und'è ragion che mortai pene senta: + ché non giá del fallir posso far menda: + unde 'l viso mi benda, 10 + in guisa tal, quando ben penso cioe, + che parmi noe + ad esto mondo onor mai poss'avere, + di che finar non mai deo plangére, + oi Deo m'ha in displagere, 15 + e tutta per me orranz'è fallita + in esta vita, + e lo contraro temmi ed ha 'n podere. + Poi ch'a tanta perdenza + solo m'have condutto il meo follore, 20 + ch'al mondo sono e a Dio 'n disamore, + como sperare alcun mai posso bene? + Ma deo aver voglienza + che la vita mi falli di presente, + e de la morte deggi' esser temente, 25 + perc'ha l'alma mertato eternai pene. + Lo viver, donque, e 'l morir mi contrara: + or ecco post'amara, + che la follia del meo fallo m'ha dato! + Perché fui nato, 30 + poi dovea di me esser micidiale? + Ché tanto piagat'aggiomi corale, + che la piaga è mortale + da no sperarne giammai guerigione. + Ahi che fellone 35 + demonio a far tal mi condusse male! + Assai piú è ontoso + e pien di crudeltá, ch'eo non diviso, + lo fallo che sí fort'hami conquiso, + come sovra nel meo contat'ho dire: 40 + ché chi era amoroso + piú di null'altra di me criatura, + tanta bestial sommessemi 'smisura + ch'a 'ncontradir suo plager èi ardire; + e la mainera fu certo di folle, 45 + qual legger piú si volle: + unde confesso che l'onta e 'l dispregio + dèsi dir pregio + per me, e cosa che piú fiata spico: + e di ragion ben anche stammi dico 50 + che di Dio sia nimico, + fòr cui impero nente e rege tene + che sia di bene; + ma quanto piú ha sensa, piú è iníco. + Tuttora in vita moro 55 + del doloroso, ch'addoss'aggio, assedio; + poi non vi poss'alcun prender remedio, + ché difesa mi val né render lasso. + Sed eo forte doloro, + certo neun si dé' meravigliare, 60 + poi d'ogni parte sí mi veggi'odiare: + ma è miracol com'eo non impasso; + ché di tal non torment' 'lcun mainera + ch'è senza viva spera, + e se pur isperato in tutto ène, 65 + poi morte bene + del male aspetta c'ha fatto 'n lui porto; + unde la morte gli è quasi un conforto. + Ma eo d'esso m'ho torto, + ché vita m'odia e morte mi minaccia, 70 + e ciò mi caccia + d'onni loc' u' sperar possa diporto. + Ahi, signor Deo, com' faccio, + Padre del tutto, fòr nullo par bono, + ché non ardisco a chiedervi perdono 75 + del fallo meo, che sí forte v'ho offeso! + Di che ora mi taccio + a non parlar volerne piú avante, + ché parlat'aggio e dittone sembiante, + che alcun mi pote ben aver inteso. 80 + Unde voi' fine a ciò far oramai, + tuttoché non assai + a tal ofesa dir eo porea sovra, + né tal far ovra + che ne potesse giá mai esser mondo, 85 + se Dio mi perdonasse il fallo e 'l mondo. + A ciò cosí rispondo + che la colpa, launque son, mi vede, + sempre mi féde + in quella parte, ove piú mi nascondo. 90 + Fòr di man petra, e di bocca parola, + d'arco saetta, scòla + no è di saver tal, che 'l penter poi + vaglia ad altroi + in guis'alcuna mostrar possa 'l vero. 95 + Non in tal srei, se ciò fusse, dispero; + ma molto fôra clero + che mi varrea, però che 'n cielo stelle, + né 'n mar candelle + d'aigua, quant'eo, no ha, in tal pentèro. + Te va', dogliosa mia canzon, mostrando 100 + e mettendomi in bando + di tutte parte, u' pregio ed onor regna, + e ti sovegna + d'esto far: mai gir sempre seguitando. + + +III + +Esprime il dolore che sente a veder governata Pisa da tali che non +curano il bene e fanno strazio della patria. + + Se doloroso a voler movo dire + lo desplagire — che mec'ha contanza, + non alcun delmi tornar a fallanza, + ché soverchianza — ciò mi fa scovrire. + E, pur volendo, non poria covrire 5 + l'angoscia, che 'l meo cor doglioso serra, + ché d'ogne parte gioi' mi veggio torto, + e sempre accorto — a darmi 'l contrar erra. + Dico isperato di mai son gioire, + e de languire — grand'ho siguranza, 10 + poi tien no' gente di tanta arroganza + in doloranza — ch'eo ne voi' morire. + Chi di guardar no' non solia né ardire + avere 'n parte di mar né di terra, + or assai men ch'un om' pregiamme morto: 15 + sí gran conforto — in esta pres'han guerra. + E chi ne ha fatto ciò? Il ben fuggire + e 'l mal seguire — di quei che possanza + piú 'n Pisa avíano di menar la danza? + No l'arditanza — né 'l saver ferire 20 + di chi ditt'ho, senza cioè fallire. + Perché montati in alta furon serra, + che non mai vis'è lor falli diporto, + né disconforto — non, dicon, li sterra. + Unde noi, c'hanno e tienno in lor podire, 25 + noi' fan sentire — e tanta malenanza, + che 'l mondo dovereane aver pesanza + e pïetanza — chi del tutto è sire; + ch'a pace non giá volno consentire, + credendone far albergar sotterra, 30 + e pensat'han di farne fare 'l porto + dentr'a lo sporto, — mentre ciò averrá. + Merzé, Signore Deo, di non soffrire + sia vo' 'n plagire — tale soverchianza, + né tant'odiosa e fera disianza, 35 + come speranza — lor è di complire; + ma di farli vo' piaccia ripentire + e 'l poder vostro, che tutto diserra, + qual piú ferm'è, mostrate 'n lor di corto: + non mai scorto — vesi, altro no sferra. 40 + + + + +VIII + +GERI GIANNINI + + +I + +A NATUCCIO CINQUINO + +Si duole della sua dolorosa vita e chiede pietá a Dio. + + Meo fero stato — nato — è sí forte, + non credo morte — sia con piú dolore, + ché d'ogni lato — dato — sommi sorte, + e non giá corte, — piene di malore. + Viv'affannato, — pato — male storte; 5 + oimè! che porte — tienmi d'amarore + non ben agiato — fiato, — di che tort'è! + Cotale scorte — son date al meo core! + Che gran fallire — dire — posi 'ntero + è del nochero — c'ha esta balanza, 10 + se piú tardanza — fa, tanto 'l desiede. + Al sommo Vero — chero — sua mercede + con pura fede, — ne lo quale spero, + me partagerò — d'esta malenanza. + Conforto — porto — alcuno non par Deo, 15 + ch'eo tegno 'n feo — la mia vita scura + ed ho paura — non mai viver meo. + + +II + +RISPOSTA DI NATUCCIO CINQUINO + +Comporta il dolore che ha, sperando che abbia una volta a finire. + + Poi sono stato — convitato — a corte + da quei che port'è — di chiarir errore, + e ha mostrato — per suo dittato — forte + ch'entr'a le porte — tene lui l'angore; + ed è peccato — ch'è dannato — in torte, 5 + sí che isport'è — d'onni gran tristore. + Piò se' pregiato, — e maggior grato — e sorte, + e piú onor t'è — con vero sprendore. + Da gradire — è chi 'n dire — fassi clero, + ed a l'altèro — sommo umilianza 10 + con pietanza — magna ver' lui chede, + che 'l faccia gire — ov'è piacire — intero; + possa lumero — con tutta bastanza + ed allegranza — somma tosto vede. + Comporto — a torto — lo dolore che ho, 15 + da possa veo — al mondo nulla dura, + dunque rancura — non deggio portar eo. + + +III + +A SI. GUI. DA PISTOIA + +Se preferisca che la loro amicizia invecchi o sia sempre fresca. + + Magna ferendo me tuba 'n oregli + d'orrato ch'ognor in te pregio regna, + lo cor mi stringe pur volendo vegli + com'eo pensando tuo conto devegna, + e con onni argomento m'aparegli + pugnando ch'ad amico t'aggia e tegna, + in guisa ch'amistá mai non envegli, + ma fra noi sempre fresca si contegna. + Und'ho pensato de l'acontar mostra + il dir sia pria, che 'n ciò vegliat'ho e veglio, + parendo me grand'amistanza n'esca. + E perch'ho ditto de l'amistá nostra, + responsion chero, qual ti sembra meglio, + veglia tuttor la mantegnamo, u fresca. + + + + +IX + +NATUCCIO CINQUINO + +TENZONI FRA NATUCCIO E BACCIARONE + + +I + +1. + +A BACCIARONE DI MESSER BACONE + +Perché il dolore e la gioia siano date all'uomo sempre per il suo +meglio. + + A cui prudenza porge alta lumera + di ver sentire in de l'occulte cose, + dar al nescente pò vera mainera + e chiarir fermo de le piú dubbiose. + Ed eo da voi discreto ho ferma spera + di chiar savere ciò ch'è 'n me ascose: + ch'i'aldo a saggi dire in voce vera + che ciò ch'aven piacente over dogliose, + cioè cose nel mondo a l'om che regna, + sia per miglior di lui senz'alcun fallo; + e come sia, non viso è per mia 'ntenza: + ché, s'alcun om' resede in vita degna, + fôra lui vita mei' che morte stallo: + se da ciò poi si parte, e' va a perdenza. + + +2 + +RISPOSTA DI BACCIARONE + +Nel dolore l'uomo impara a soffrire, e nelle prosperitá apprende ad +esserne grato a Dio. + + Chi nel dolore ha bona sofferenza, + vera prudenza — regna in tale core + ed in prosperitate canoscenza + che tal sentenza — vegna dal Signore. + Di tali si pò dir fòr di temenza, + a mia parvenza, — ch'è per lor migliore + ciò che avène, bon over doglienza: + e chi ben pensa — no i' parrá errore. + Che se piacere avèn lor, hanne gioia + e de la noia — dánsi pace 'ntera: + und' han lumera — e fuggon maggior pene. + Ma quei, ch'orgoglio e baldanz' hano croia, + e volno moia — umilitate vera, + la lor mainera — contrar'è di bene. + + +II + +1. + +A BACCIARONE DI MESSER BACONE + +Perché il peccato sia piú amato che fare e dire il bene. + + Aldendo dire l'altèro valore, + che 'n vostro core — regna a compimento, + distringemi d'averne acontamento + per dicimento — o per altro labore. + E conoscenza aggio che 'n me fiore + no è lo core — d'aver ciò talento; + ma volontá mi dona movimento + ch'apparimento — faccia all'alto fiore. + Unde dimando vo': — Perché 'l peccato + è piò amato — che 'l ben fare o dire, + poiché di gir — savemo a perdizione? — + E ciò credo sia senza questione, + qual è cagione — che ciascun, ch'è nato, + par ch'obbriato — aggia 'l sommo Sire. + + +2. + +RISPOSTA DI BACCIARONE + +Il peccato è amato piú del bene a causa dell'abitudine, che è piú +forte della natura e della ragione. + + Tua scritta intesi bene lo tinore: + conoscitore — bon sarei contento + esser di ciò che fu tuo piacimento + dimandamento — farmi del follore, + che 'n dei piú regna d'esser facitore + contr' al signore, — non hano spavento: + parlo 'n comuno d'esto marrimento, + no ched eo sento, — di ciò guardatore. + Unde rispondo a te c'hai dimandato: + — Saggio se' nato, — se ben sai finire, + là u' 'l fallire — e il ben fa locagione. + Usanza vince natur' e ragione, + perché fellone — fa 'l malvagio usato + 'om ordinato — pur a ben seguire. — + + + + +X + +LOTTO DI SER DATO + + +I + +Loda la bellezza e la virtú della sua donna e le chiede scusa se non +sa celebrarla come essa merita. + + Fior di beltá e d'ogni cosa bona, + sí forte lo mio cor immaginat'ha + l'alte vertú che fan dimora e stata + in de la vostr'onorata persona, + che ardente mi dona 5 + desiderio a farne mostramento, + senn' e conoscimento + quando obbrío e seguo volontate. + E certo in veritate + so nente dir poriane a simiglianza 10 + ver' che grand'abondanza + in voi soggiorno fanno e per ragione. + Tanta bellezza manten lo suo viso + con sí lucente chiaritá innaurato, + che la sua cèra par d'angel provato. 15 + No è donna né om' sí fermo assiso + a ovrar, che deviso + nond'aggia sua 'ntenzion per riguardare + u' sente ch'ell'appare: + tanto i' simiglia nobel creatura. 20 + Tutt'altra sua fattura, + di che parlarsi pote onestamente, + è sí addorna e gente, + non vi si porea apponer mancagione. + Lo parlar e l'andar e 'l far dimora 25 + e li atti e li costumi e i reggimenti + umili son, cortesi e sí piacenti + e di tanta onestá fan covertora: + non guarderá un'ora, + né punto in parte o' senta gente sia. 30 + Quando passa per via, + la ruga per miraglio al viso porta; + se saluta li è porta, + soavemente la rende, e ispande + per u' passa sí grande 35 + odor, non si porea dir per sermone. + Di senno tanto assiso ha 'l suo coraggio + con canoscenza e con valore intero, + con cortesia e con fin pregio altero, + alcun om' nonde poteria far saggio; 40 + perché d'uman lignaggio + non sembra sia, ma d'angelicale, + e tant'è bontá e tale, + e sí sottil lo suo intendiment'have; + nulla cos'è sí grave 45 + ad apprender, no l'apprenda 'l suo core: + d'ogni cosa 'l Signore + onora e serve senza falligione. + A voi, madonna, cui fior conto e chiamo, + mercé dimando che 'l vostro perdono 50 + concediate, se 'l meo dir no è bono, + a me che via piú molto che me amo. + Lo senno ch'ebbe Adamo, + conosco ben non poteria fornire, + volendo tutte dire 55 + le virtú ch'han vostro core fornito. + Però molt'ho fallito + a cominciar, poi non so far finita; + ma par che mi dia vita + che 'l saggio conta a voglia operazione. 60 + Fior d'ogni ben, com'è conto di sovra, + poi v'addorna di tante vertú Deo, + che tutt'altre passate, al parer meo, + pietá aggiate che per me il s'approva + e mettetela in ovra 65 + ver' me, che tuttor so stato gecchito + di voi seguir, né quito + di voi cred'esser mai, vivo né morto. + Unde 'l vostro conforto + dimando che spandiate sovra mene, 70 + che alcun altro bene + non m'ha savor per nessuna cagione. + + +II + +Si lamenta della sua infelice vita e soprattutto di essere abbandonato +dalle persone piú care. + + De la fera infertá e angosciosa + radicata in diverse e forte pene, + la qual dentro e dintorn' al meo cor sento, + cura tal voi' pigliar per dilettosa, + qual fa lo 'nfermo, quando 'l gran mal mene, 5 + che si compiange del suo sentimento, + e par ch'alleggiamento + alcun li sia, ed eo simil voi' fare; + le doglie dimostrare, + ch'eo soffero con grande compagnia, 10 + in compianto vorria, + sí che, per gran pietá, chi ha potenza + di darne guerigion, vegna in voglienza. + Savem de certo ched alcuna cosa + tanto gentil nostro Signor non fene 15 + quanto l'omo, né sí siali piacimento, + che poi l'ee fatto, fuli sí amoroso, + che li dé libertá di male e bene, + operar, quanto vole a suo talento. + E sí nond'è contento. 20 + Noi sottoposti ci convene stare, + veder, né operare + cosa potem che diletto ne sia, + né avem signoria + di parlar a nessun che conoscenza 25 + aggia con noi, e ciò n'è gran doglienza. + Ed anco maggior doglia e piú gravosa + aggiam che non di sovra si contene. + Conforto aremmo a ciò trapassamento; + ma, sperando d'aver nova gioiosa, 30 + la contrara di gioia adesso vene + tal ch'al cor par voglia dar lungiamento: + tant'ha confondimento, + che contenti seremmo al trapassare, + anzi che dimorare 35 + in esta vita sí crudele e ria, + non fusse che tal via + saven' nostr'alme terrèn ch'a perdenza + girèno senz'aver giammai redenza. + Piú greve pena assai e dolorosa 40 + haven', ciò sono este fere catene, + che altra, und'io fatt'aggia mostramento; + ch'ell'è tanto crudele e sí noiosa, + che, se consolazion nulla ci vene, + tosto da noi li fa far partimento, 45 + e lo grande tormento, + ch'haven' tuttor, ci fa rinovellare, + la noi' multiplicare, + ch'al corpo darci nullo non poria, + e a l'alma bailia 50 + ha tolto: ché del mal far penitenza + non pònno aver, ben c'è gran cordoglienza. + E siam sotto signoria sí spietosa, + che giá nulla pietá di lor non vene + for' con di gente d'altro intendimento: 55 + s'alcun l'avesse in cor, mostrar non l'osa; + ma quell'è leal detto che mantene + suo dire e opra a nostro increscimento. + Molto piò spiacimento + aven che lingua non porea contare, 60 + e vedenci fallare + parenti, amici e mettere 'n obría. + Est'è la malatia, + di che fatt'ho compianto: gran fallenza + fan quei che 'n ciò potrèno dar guirenza. 65 + A Pisa, meo lamento, + nostri tormenti deggi divisare: + per volere acquistare + e mantenere onore e signoria + aven' tal cortesia. 70 + Consiglio ben chi di servirla ha 'ntenza, + guardisi non cadere a tal perdenza. + + + + +XI + +NOCCO DI CENNI DI FREDIANO + + +Si lagna che madonna gli abbia prima fatto sperare d'aver gioia del +suo amore, e poi lo abbia ingannato. + + Greve di gioia — pò l'om malenanza + far per forza mostranza + in vista ben, se 'l cor d'ess'è ripieno. + Simil di noia — far pot' allegranza + stando 'n fera dottanza 5 + che pur le pene ch'ha sempre li stièno. + Siccome l'albor pò far ch'è silvaggio + frutto per sua natura + mai bon per sé tanto di su' lignaggio, + se non che 'nsetatura 10 + ched è lui fatta, 'l fa ed el notrica; + donque non per sé mica + lo fa, ma su' calor; nasce 'l fior pria, + unde poi 'l frutto vene: + cusí giammai eo non poria mostrare 15 + ch'avesse gioi' né bene, + mentre voi, donna, mi faceste stare, + com'ora, 'n tante pene; + ma datemi pur tanto un solo ramo + di quel frutto ch'eo bramo: 20 + vedrete in gioi' montarmi e 'n frutto bono, + com'om' c'ha gioi' s'attene. + Lo frutto bono — da bon albor vene, + siccome gioi' da bene + nasce e da gioi' ven tutta allegranza, 25 + avegnia sono — seme 'n dolce speme, + ch'amar' frutto n'avène; + ma ciò snatura per mala sembianza. + Simil l'amaro amore allo 'mprimera + mostra dolce 'l veleno, 30 + cusí lo ingegna e tiene 'n tal maniera + ch'ha male e dice beno; + ma poi ch'assaporato trova amaro, + vuol lassar, parli caro, + e poi si pente per l'arra, ch'ha dato, 35 + unde spesso dice: — Omè! — + Ma Amor, volendo, vidde non potea + lo simil for' voi farmi: + fecemi vista far che vi piacea + me e servire 'n voi darmi; 40 + e io, vedendo ciò, dissi: — Bon frutto + da tal albor fia dutto. — + Credetti in voi lassarmi ed ei mi prese: + cusí per voi ingannome. + Saccio per vista assai d'albor venire 45 + che 'n flor mostra gioire + e fanne assai e poghi a ben ne stende; + ma poi ch'acquista l'altr'anno in fiorire, + frutto per ben seguire, + ciò che dimostra in fiore 'n frutto rende. 50 + Cusí, s'ei mostra di dar allegrezza + e poi la torna a noia, + convien, se pregio vuol, che tal gravezza + ristori per gran gioia; + e, se ciò non facesse, non sre' degno 55 + arbor, mostrando segno + in fior di frutto fare e poi fallire; + ma sre' laida mostranza. + Cusí dir posso di voi, donna gente, + che da voi mi fu data, 60 + in prima vista, d'aver gioi' piagente, + e doglia or m'è tornata. + Se voi ristoramento a me non date, + certo fallo operate, + perché, per viste di gioi', me venire 65 + fatt'avete 'n pesanza. + Unde vi prego, donna, che mercede + vi stringa, per pietade, + a far considerar quant'ho 'n voi fede; + c'adesso, in veritate, 70 + mi tornerete in gioi' onni dolore, + over di man d'Amore, + cui mi metteste, cavrete tornando + in mia primera essenza. + + + + +XII + +GERONIMO TERRAMAGNINO + + +I + +Dice ad un poeta che è bene riflettere lungamente prima di parlare. + + Poi dal mastro Guitton latte tenete, + assai, mi par, dovete + di vera conoscenza aver effetto, + e defettar da voi onni defetto + che non bon agia aspetto, 5 + se di tal mastro bon saver avete. + O quanto, quanto e quanto esser dovete, + se bene il possedete, + glorïoso di tutto bono assetto! + E com' dovria il dir vostr'esser retto 10 + e del contraro netto! + Se pensate che dico, cernerete + che la vertú si mostra in del parlare, + simel vizio v'appare, + unde, parlando, l'omo paragona 15 + la sua propria persona, + perché guardar neun troppo si pò. + Or intendete ben il meo dir mo', + ch'a scoverto vo' do, + né scherm'alcun poteteci pigliare. 20 + Dico: Bon è pensare, + anzi la cosa ditta, chi ragiona. + + +II + +DOCTRINA DE CORT + +Proemi de doctrina de cort. + + El nom de Dieu qu'es subiranz, + paire e fill e esperitz sanz, + e guidanz de totz pecadors, + fauc mon acort pels amadors, + ques amon saber ab drechura, 5 + qals es aycella parladura + ques ha en chanz major plajensa + e may avinenment s'ajensa. + E si enten molt a estendre + mon dit, nuls ab drech reprendre 10 + m'en deu hom, quar en pauche escrich + no podon ges caber gran dich, + e en breus ditz confusios + se concreja mantas sazos. + Mas si eu claramen dezir 15 + e may mas paraulas dir, + obs es que mos ditz s'espanda + per drech'e per longa landa; + e s'afanz feira m'en mestreygir, + vigors mon coratg' enpeeygir, 20 + car ben say que ses gran afan + hom no pot far obra prezan. + Eu voil que cascus q'a pretz rics + l'entende, no avols ni tritz. + Don ieu, ~Teramaygnis de Piza~, 25 + commenz en aquesta guiza. + +Començament de doctrina provincial vera e de rahonable locucio. + + Tot en aysi con le rubis + sobre totas peyras es fis + e l'aurs soblels metailz cars, + sobre totz razonatz parlars 30 + parladura lemoyzina + es mays avinentz e fina, + quar il quays se razona + con la gramatica bona + per tots los nombres singulars 35 + e per tots los plurals anars + e per cas e per drech genre + la deu dir qui l'am' apenre, + e per paraulas ajectivas + e per finas substantivas, 40 + per comunas, oblichs e retz; + masculis genre e femnis dretz, + per personas e per temps + e per motz escriutz ensemps, + e per razon continuada 45 + qui per obs no sia biaysada, + e per totas verayas parts + d'orazion qui grazid'artz + qui te lo sieu cami ubert + del parlar razonat per cert: 50 + so es pels verbs e per los noms, + pels particips e pels pronoms, + averbis, prepozicions, + conjunsions, interjesions. + Perque vuoil sapchatz, amador 55 + qui deziratz haver valor, + que totas paraulas bonas + substantivas genr' e personas + demostron puramen e genz + e sostenon grandamenz, 60 + e sostengudas son vez tal + e substansi' han natural. + Las ajectivas son del nom, + del particip et del pronom, + qui no podon sens nom estar 65 + e han plural e sengular, + e mostron calitat e gen + e person'en entendimen. + Des preposicions aqui + e des averbis atressi 70 + e conjunsion, ieu vos dic, + e enterjession, amic, + quar singulars ni plurals han, + ni demostron genre, ni van + per personas ni per temps jes, 75 + la lur parladura no es + sostenguda per alcun fach + ni sosten, tan ha flach contrac. + Las sustantivas aytals son: + «Emperayre», «reys» e «baron», 80 + e totas autras qui en ver + mostron substansa qui vezer + se pot o qui vezer nos pot. + Don ieu vos dich en cestui mot + qu'an nom per ço substantivas 85 + car sostenon ajectivas; + e podets far oracion + ses ajectivas ab razon, + ab lo verb, aysi com ieu dic: + «Seigner suy del castell de Vic». 90 + Encara: «Cavalliers melur + per jutge Ugolim de Galur». + Ajectivas hom appella, + aysi com «bos», «bels», «bona», «bella» + «fortz», «plazens», «sufrens» e «vils», 95 + «avinenz», «temenz» e «sotils» + e las autras per semblansa + qui mostron qual ses substansa, + o que cant, o que fay, + o que sofre, o can que vay; 100 + ajectivas hom las clama + quar dreig entendimen brama + le lur lavors ses valedor + de la substantiva color. + De los ajectius parlars 105 + de tres maneyras es l'afars: + masculin apeyla hom l'un, + l'autre femnin, l'autre comun. + Mascolis con «bos» e «blancs», + «gays» e «beyls», e «larcs» e «francs», 110 + e tuyt cill qui mascle mostron. + Le femnis es tot aysi con + ieu divisi aqui: «franca», + «bona», «bella», «gaya», «blanca», + e tuyt acill qu'hom repauza 115 + ges en la femnina cauza. + Le comuns es si con «sufrenz», + «fortz», «vils» e «sotils» e «plazens», + e tots ceyls de tal maniera + obs es q'hom comuns enquiera, 120 + car los pot hom tan ben asir + ab mascle com ab femne dir. + Ara tot ayso voil sapchatz + que gramatica en vertatz + cinc genres razonatz fay: 125 + masculin e femnin veray, + neutre, comu et omne cert, + mas, si con hay enanc proert, + las paraulas substantivas + e totas las ajectivas 130 + son en chanz sotz masculinas + o comunas o femninas, + e en la lur entension. + Petitas e grandas son, + e hom las grandas asear 135 + ben pot e breumen pauzar + enl sengular nominatiu + e encaras el vocatiu + pel neutre ques es tant adautz, + con dis d'~Aurenga Rembautz~: 140 + «Assats m'es bel, que de novell»: + e con dic: «Mas mes q'has castell, + e ben m'es aupranar vas Piza». + Si van li autre d'aytal guiza. + Gramatica fay femnina 145 + «arbres» e chanz mascolina, + e en chanz es femnin «amors». + en gramatica mascle «cors» + en gramatica neutre «amar» + e comuns es ditz en chantar. 150 + Aysi totas autras del nom + paraulas masculinas son + o femninas o comunas, + que no ne romanen alcunas + enforas aycellas totas 155 + de las quals bay fachas notas + qui per cert han breviamenz + pel neutre so sapcha, laienz; + e nos pot noms substantius + abreviar, mas l'ajectius. 160 + Ben devetz tuyt saber ara + lo parlar qui non esgara + e celui qu'entendimen fin + ha de masclin e de femnin. + La parladura ajetiva 165 + e tota la substantiva + s'alonga enls nombres amdos, + et dels ses cas es la razos; + so es dels singular retz rics + e de tots les plurals oblics, 170 + quar ensemps tuit se resemblon; + e atressi s'abrevion + en tots los oblics sengulars, + encar en los rets plurals cas, + car se resemblo eyzamen; 175 + don vos daray semblan parven + de totz retz e oblics complitz + con dis us trobayre grazitz, + e hac nom ~Giraudos le Ros~: + «e qui es mos ‘amichs’ bos 180 + mostren sa beyla semblança, + quar jur que longe sperança». + ‘Amics’ es le nominatius + singulars, mas vocatius + es, con dis cell qui fes la cort: 185 + «‘Amics’, q'has dich? no sabs confort + Son egieignos, e gallart + miey dich e miei sotil dart». + Encar escriu en aquest fueil + si con dis en ~Pons de Capdueill~: 190 + «‘Amichs’ Beutranz, lo trop amar + no vullatz ni lonc esperar». + E le pros en ~Peyre Vidals~ + enls oblics plurals ditz motz tals: + «E mos cars filz le coms Henrics 195 + ha destrutz totz sos enemics». + Ara vuoill dir dels plurals retz, + q'auzitz los sengulars havetz, + con dis ~Andrians del Palais~, + trobayre bon e verays: 200 + «Per qu'ieu part egalmenz + lo mal quim fay doler, + quel terc vuoll retener, + quar totz es trop cozenz. + L'autre terç per m'amor 205 + partan tot entre lor + ‘miei amich’ a lur taill; + qui no n'ha nos baraill». + ~Gauselm Fayditz~ qui hac pretz fi + dis enl nominatiu aysi: 210 + «Quan ‘dui amic’ s'acordon deu voler + so que l'us vol zo deu l'autre voler». + Del vocatiu plural retrayre + vuoill con dis n'Ucs, fis trobayre: + «‘Amic veray’, a vos me playgis 215 + quar fin'amors no me refraygis». + L'oblic singular vos desveili + com dis en ~Girautz de Borneil~: + «E ‘tot home’ qui ben ames + hag' robs qu'un bon amic trobes 220 + en cuy no s'anen duptan». + E dis ~Folquets~ de pretz prezan + qui dis sobre tots chantars amoros: + «Mas trop servirs tendan mantas sazos, + quar ‘son amic’ en pert hom, so auch dir». 225 + Per que ieu vuoill que deiatz presumir + e conoyser ben o may + lo parlar tot qu'ausy vay, + quar totz per aytal semblan + se parla con dic denan; 230 + e per que mai entendimen + n'aiatz, dic son variamen. + +Nominatiu, «hic amics»; genetiu, «amic»; datiu, «amic», acusatiu, +«amic»; vocatiu, «amics»; ablatiu, «ab amic», «per amic», «del amic», +«en amic», «ses e senes amich». E plural, «amic»; genitiu, «amics»; +datiu «amics» acusatiu, «amics»; vocatiu, «amic»; ablatiu, «ab amics», +«pels amics» «dels amics», «en amichs», «ses e senes amics», etc. + + Dich ay con en aluoygnamen + es ditz e en abreviamen + le parlars ad retz mascolis, 235 + ara diray dels feminis. + Parladura femmina + tals en «a» finis es declina, + aysi con «domna», «blanca», «bella», + «gaya», «poma» e «isnella», 240 + e mantas de cestui anar + con savis hom pot esgarar, + e con dirai vai sos cors, + ses alcunaz autras colors, + e es breus els cars sengulars 245 + e long els plurals variars. + Dels singulars vos dauc aytals + semblanç com dis ~Peyre Vidals~ + qui no hac la valor manca: + «Car' ‘amia’ dos'e ‘franca’, 250 + convinenz e ‘bell'’ e ‘bona’, + mos cors a vos s'abandona». + Encara dis ~Fabres d'Uzes~ le bos: + «Nom platz rics hom si no es amoros, + nim play ‘domna’ si gent no acuellis, 255 + nin play donzelz si de gauch no servis». + Dic hay cons deu abreviar, + ara dich cos deu aluoignar. + D'en ~Bernat de Ventadorn~, q'hac + pretz sobrels bos, ieu vos retrac 260 + qar dis en sa chanson en ver: + «De la ‘domnas’ me dezesper». + Encara vos don semblanz + aysi con dis en ~Andrianz~: + «Ay ‘domnas’ e seygnor 265 + de Proens' e d'aillor». + Eu voil que vos dejatz garar + si con ieu vari son anar. + +Nominatio, «franca»; genetiu, «franca»; datiu, «franca»; acusatiu, +«franca»; vocatiu, «franca»; ablatiu, «ab franca»; e plural, +«francas»; genetiu, «francas»; datiu, «francas»; acusatiu, «francas»; +vocatiu, «o francas»; ablatiu, «ab francas», etc. + + De la femnina qui en «a» + vay, dic hay segon mon tala, 270 + ara vuos vuoill ieu dir ies + de ceylla qui fenis en «es», + aysi con «sazos» e «amors», + «calors» e «chansos» e «colors», + e l'autre qu'es de simil guiza 275 + en aysi com hom prims desguiza; + enls oblichs singulars breumen + es ditz, e en aluoygnamen + si deu dir en totz autres cas + per ver, e autramen no pas; 280 + e diray vos en costui mot, + si com dis ~Girbertz De si bo tot~: + «Ques dobla ‘valors’ + de far ben e ‘honors’ + lay on mestier han, 285 + ans q'hom quera ni demann'». + ~Bernatz de Ventador~ le gays, + qui motz avinentz retrays, + dis en son chan cizamen: + «Be es mortz qui d' ‘amor’ no sen 290 + al cor qalqe dosa ‘sabor’». + ~Reigals de Berbezil~, q'honor + hac molt, dis en un dels sos canz: + «Mas ‘chansos’ er dorgumanz». + E dis en ~Folquetz~ de pretz bon: 295 + «Tant mou de corteza ‘razon’ + mon chan que no y puese fallir, + e manz i dei mell avenir». + Encara vos vuoil ieu mostrar + con dis en celui eis chantar: 300 + «S'anc parley en ma ‘canson’»; + e dis: + «Per tal no m'abandon + qu'ieu sempharai auzit dir + que mensoygna nos pot cobrir + que no mora qualque ‘sazon’». 305 + E tot aysi vay es espon; + e per que haiatz cor mellor + diray con sos variars cor: + +Nominatio, «hec amors»; genetiu, «amor»; datiu, «amor» acusatiu, +«amor»; vocatiu, «amors»; ablatiu, «ab amor», etc. E plural, «amors»; +genetiu, «amors»; datiu, «amors»; acusatiu, «amors»; vocatiu, «amors»; +ablatiu, «ab amors», etc. + + Encara vuoill qe sapchatz + que i ha de paraulas assatz 310 + qui en los nombres sengulars + se luoygnon e els plurals cars, + aysi con «ris» e «volentos», + «cors», «solatz», «lais» e «delechos», + e «bras», «glas», «vas», «nas» e «cas», 315 + «pres», «engres», «lus» e «fals» e «gras», + «reclus», «claus», «repaus», «envers», + «us», «romanz», «vers», «travers», «convers», + e nom propri eizamen + de luecs han tal aluoygnamen, 320 + con «Piza», «Luca», «Florensa», + «Marseylla», «Jenova», «Plajensa». + +Nominatio, «cors»; genetiu, «cors»; datiu, «cors»; acusatiu «cors»; +vocatiu, «cors»; ablatiu, «ab cors»; et plural, «cors»; genetiu, +«cors»; datiu, «cors»; acusatiu, «cors»; vocatiu, «cors»; ablatiu, +«cors», etc. + + Per aquestas las autras saber + podon li entendedor en ver. + Paraulas i ha encara, 325 + aysi con hom prims esgara, + qui se luoygno ab drechura + sol per us de parladura + en totz los nombres, qar laienz + las ditz assatz may avinenz, 330 + con «chantayritz» e «amayritz», + «emperayritz» e «trobayritz». + +Nominatio, «chantayritz»; genetiu, «chantayritz»; datiu, +«chantayritz»; acusatiu, «chantayritz»; vocatiu, «o chantayritz»; +ablatiu, «ab chantayritz», etc. Et plural, «chantayritz»; genetiu, +«chantayritz»; datiu, «chantayritz»; acusatiu, «chantayritz»; vocatiu, +«o chantayritz»; ablatiu, «ab chantayritz», «ses o senes chantayritz», +etc. + + E en aysi con dic hai + totz le lur variars vai. + Paraulas hi a qui luoygnar 335 + se podon e abreviar + enls acuzatius singulars, + tant es avinenz lur atars, + con dit: per «pagat» ni has delleygn, + e ieu per «pagatz» mi teygn, 340 + em teygn per «gays» e per «gay»; + aysi totz l'autre parlars vay + qui es de la lur mainiera; + per que ieus diray enquera. + E entendatz vos qui prim etz, 345 + que «totz» en los singulars retz + es loncs e enls plutals oblics, + con dit ~Arnaut de Maruill~ rics + de pretz e de valor fin e grazida: + «Si con li peys han e l'ayga lur vida, 350 + hay en amors e ‘totz’ temp lh'aurai». + ~Gauselms Fayditz~ en son complanch retrai: + «fortz can es e ‘tot’ lo major dan». + Ara doni dels retz plurals semblan, + quar fan «tuit», con dis ~Rigals~ de valors: 355 + «‘Tuit’ demandon qu'es devengud'amors, + e ieu a ‘totz’ en diray la vertat». + Avans dic en cestui mot + qu'enls oblics sengulars fay «tot», + con dis ~Peyre Vidals~ en ver: 360 + «Tant hai de sen e de saber + que del ‘tot’ say mon mell chauzir, + e say conoyser e grazir. + Mas encara vos vuoill donar + semblansa del sieu variar». 365 + +Nominatio, «tots»; genetiu, «tot»; datiu, «tot»; acusatiu, «tot»; +vocatiu «totz»; ablatiu, «ab tot». Et plural, «tuyt»; genetiu, «totz»; +datiu, «totz»; acusatiu, «totz»; vocatiu, «tuyt»; ablatiu, «totz». + + Enl vostre cor sapchatz, aman, + q'aysi li ajectiu comun van + con «sotils», «vils», «temenz», «sufrenz», + «fortz», «avinenz» e «plazenz», + els singulars se luoygnon 370 + e enls oblics s'abrevion, + enls retz plurals breviamen + han e els oblics luoygnamen, + e dezir dir verayamenz + con vay le lur variamen. 375 + +Nominatio, «sotils»; genetio, «sotil»; datio, «sotil»; acusatio, +«sotil»; vocatio, «sotils»; ablatio, «ab sotil», «ses o senes sotil», +etc. Et plural, «sotil»; genetio, «sotils»; datio, «sotils»; acusatio, +«sotils»; vocatiu, «sotil»; ablatiu, «ab sotils», «ses o senes +sotils», etc. + + Enls primiers retz deu hom «us» dire + e en tots oblics «un» assire, + e en totz retz si deu dir «dui» + en totz oblics «doz» s'adui; + totz autres nombres true a mil 380 + deu hom dir per aytal estil, + ses cen, quar sol d'una manieyra + es ops que cascuns l'enquera, + e per voler primamen far + dezir «un» e «doz» variar. 385 + +Nominatio, «us»; genetiu, «un»; datiu, «un»; acusatio, «un»; vocatio, +«us»; ablatio, «ab un», etc. Nominatio, «dui»; genetio, «dos»; datio, +«dos»; acusatio, «dos»; vocatio, «dui»; ablatio, «dos», etc. + + Parlat vos hay de mascolina + parladura e femmina, + mas encara semblanz vos don + de las femnas quis ressemblon + els primiers retz, con «sor», «mi donz», 390 + «nessa», «gasca», «garza», «se donz»: + els primiers oblics «mi don», + «soror», «neboda» e «si don», + e «gascona» ab «garzona»; 395 + e en totz plurals se razona + «sorors», «gasconas» e «mas domnas» + e «nebodas» e «sas domnas», + e «garzonas», e aysi van + las autras de cestui semblan; + e per q'haiatz entelech fi 400 + variaray «soror» aqui. + +Nominatio, «sor»; genetio, «sor»; datio, «soror»; acusatio, «soror»; +vocatio, «sor»; ablatio, «ab soror». Et plural, nominatio, «sorors»; +genetio, «sorors»; datio, «sorors»; acusatio, «sorors»; vocatio, +«sorors»; ablatio, «ab sorors», «ses o senes sorors», etc. + + Dels mascolis noms diray + con fan els primiers retz oimai, + qui fan «Bos», «glotz», «compaygnos», + «gasc», «baytes», «Uc», «Gui», e «Peyros»; 405 + En totz los oblics sengulars, + encara els retz plurals cars, + fan «compaygnon», «Ugon», «Peyron», + aysi li autre se varion + ents oblics plurals en «ons», 410 + con «fellons», «barons» e «Peyrons»; + e tuyt li autre se varion + en aysi com vari «baron». + +Nominatio, «baros»; genetio, «baron»; datio, «baron»; acusatio, +«baron»; vocatio, «baros»; ablatio, «ab baron». Et plural, «baron»; +genetio, «barons»; datio, «barons»; acusatio, «barons»; vocatio, «o +baron»; ablatio, «ab barons», etc. + + Encar', amic, devetz saber + q'els primiers retz hom ditz «seygner», 415 + «hom» e «nebotz», «abas» e «coms», + «prestres» e «pastres» e «vescoms», + e tuyt li sengular oblic; + e li rech plural van cous dic, + si con: «home», «nebot» e «comte», 420 + «preveyre», «pastor» e «vezcomte», + «seygnor» e «abat» e «enfan»; + li oblic plural con diray van, + con «coms» e «enfans» e «senyors», + «homes», «preveres» e «pastors»; 425 + e per que may saber n'haiatz + ieu vari «seygnor», so sabchatz: + +Nominatio, «seygner»; genetio, «seignor»; datio, «seignor»; acusatio, +«seignor»; vocatio, «seigner»; ablatio, «seignor». Et plural, +«seignor»; genetio, «seignors»; datio, «senyors»; acusatio, +«seignors»; vocatio, «seignor»; ablatio, «ab seignors». + + Dels verbals nons sapchatz aqi + que de tres manieras son, si + con «trobayre» e «chantayre», 430 + «consirayre» e «amayre» + e «contrayre» e «mentire» + e «sufrire» e «jauzire», + e encara «devineyre» + e «valeyre» e «condeyre»; 435 + aysi con hai escrig adretz + fan tuit els singulars retz + e en totz los oblics primiers + e en los retz plurals en vers, + aysi fan tuit con «chantador», 440 + «mentidor» e «devinador», + els plurals oblics en «ors» + fan aysi con fay «amadors»; + e per un mostraran si con + tuit li autre se varion: 445 + +Nominatio, «trobayre»; genetio, «trobador»; datio, «trobador»; +acusatio, «trobador»; vocatio, «trobayre»; ablatio, «ab trobador». Et +plural, «trobador»; genetio, «trobador»; datio, «trobadors»; acusatio, +«trobadors»; vocatio, «trobador»; ablatio, «ab trobadors». + + De los comuns ajectius, + vuoill dir e de lur cors honrius, + qui fan enls primiers retz, «mellers», + «menres», «jensers» e «maers» + «pejers», «sordejers» e «bellayre»; 450 + dels primiers oblics retrayre + vos dei, qi fan tuit en «or», + si con «jensor» e «bellazor». + Eu plural hom los deu luoygnar + con s'eschai e abreviar, 455 + segon que lur er ayziva + parladura substantiva; + per que ab la mascolina + parladura ysis declina: + +Nominatio, «mellers»; genetio, «mellor»; datio, «mellor»; acusatio, +«mellor»; vocatio, «mellers»; ablatio, «ab mellor». Et plural, +nominatio, «mellor»; genetio, «mellors»; datio, «mellors»; acusatio, +«mellors»; vocatio, «mellor»; ablatio, «ab mellors», etc. + + Pois qu'eu vos hai parlat del nom, 460 + razonar dezir del pronom, + e derrier del verb diray, + en aysi con mell sabray, + perque sapchas, amanz grazitz, + que en lo primier rech hom ditz 465 + «aycel», aquel, e «el», «cel», «cest», + «autre», «nos», «tos» e «aquest». + En los primier oblics s'adui + «luy», «celuy» e «cestui»; + enl rech plural ditz hom «il» 470 + «aquil», «autre», «aquest» e «cill»; + enl oblics plurals ditz hom «els», + «autres», «sos», «mos», «los» e «aquells»; + e tot aysi con «cel» declin + van tuyt li autre mascolin: 475 + +Nominatio, «cel»; genetiu, «celui»; datio, «celui»: accusatio, +«celui»; ablatio, «celui». Et pluraliter, «cel»; genetio, «cels»; +datio, «cels»; acusatio «cels». + + Auzit havetz del mascolin, + araus diray del feminin + qu'el primier rech deu hom dir «il», + «ma», «ta», «sa», «autra» e «cil»; + e tuyt li singular oblic 480 + van en aysi com ieu vos dic: + «ma», «ta», «sa», «la», «cella», «cesta», + «autra», «lei» e «aquesta»; + e en totz los plurals cas + van aysi com «mas», «tas», «las», «sas», 485 + encara «autras» e «cellas», + «aquestas», «cestas» e «aquellas». + Enls singulars ditz hom «nostra», + «sieua», «tieua» e «vostra», + e en los plurals fay «sieuas», 490 + «nostras», «tieuas» e «mieuas»; + e per q'haiatz major membrança + ieu vos declin «il» ses duptansa: + +Nominatio, «il»; genetio, «il»; datio, «lei»; acusatio, «lei»; +ablatio, «ab ley». Et pluraliter, «ellas»; genetio, «ellas»; datio, +«ellas»; acusatio, «ellas»; vocatio, «ellas», etc. + + Las autras d'aytal conven + paraulas vay eizamen. 495 + Oymai dels averbis vuoill + ieu parlar, e jes no m'en tuoill, + que tals hi a q'hom deu en ver + dir breus e loncs, segons q'obs er, + aysi con «mays» e «may», 500 + e «aillor» e «allors» n'ay + e «finamen» e «finamenz»; + l'autre van eizamenz. + L'autra tota parladura + de l'averbi, gay' e pura, 505 + e de la preposition, + e tota la conjuntsion + ab la interjession hi es. + Totz hom qui prims e savis es, + si ben l'esgar, ha obs que sia 510 + d'un sol semblan tota via. + Oymay els parlar acurs + del verb, per que es fortz e oscurs, + vuoill que ma obra s'espanda + per haver larguessa granda, 515 + so es de «trac», «tras» e «trai», + «retrai», «retras» e «retrai»; + encara «crei» e «cre», + «recrei», «recres» e «recre», + «mescrei», «mescres» e «mescrei» i es; 520 + encara «sui», «es» e «es», + e los quals parlars han fallit + mant bon trobador e grazit, + per ço car son may salvatge + a cells qui no han lo lengatge 525 + adrech del provensal parlar + q'alcun autre q'auga contar, + e per aquo en lo prezen + de l'indicatiu veramen + «trac» e «retrac» variaray: 530 + «ieu trac», «tu tras», «aquell trai». + «Retrac» es de guizas aytals, + mas i fayllic ~Peyre Vidals~ + en aquest xan qu'es tan plazenz + «Ges car estius es bells e genz»; 535 + e dis: + «Per qu'eu hai dol esmai + tant que per pauc los huoilz non ‘tray’», + quar ell la tersa persona + el luec de prima razona, + e en luec de «trai» degra dir «trac», 540 + mas ~Peyre~ d'ayso gach no hac. + ~Bernatz de Ventador~ valenç + dis, e fallic eizamenz, + en lo sieu chanz verai e fi + qui comensa e dis aysi: 545 + «Qan ver la lauzeta mover; + d'aysos fay ben femna parer + ma domna, per q'eu li ‘retrai’». + Ma aquest es parlars malvay + qar tersa persona pauzet 550 + en luec de prim' e razonec, + qar c'ell «retrac» hagues dich + nulls lh'agra jes contradich. + Ara dich aqi con vay «cre»: + «yeu crey», «tu cres», «aquell cre», 555 + «mescre» e «recre», aysi cor, + mas ditz ~Bernatz de Ventador~ + may en cella sieua chanson: + «D'ayso quem destruy em confon + totas las autras en ‘mescre’». 560 + Mas ~Girautz de Borneyll~, qui be + passet totz los bons trovadors, + segon lo dich d'homes mellors, + fallich en la chanson, sai jeu, + q'aysi comensa: «Jen m'aten», 565 + e dis aysi con diray: + «Quem tray vas tal, ieu sai, + q'a la mia fe bem ‘cre’». + E ayso chascus savis ve. + ~Folquetz de Marseyla~ le fis 570 + fallic en sa chanson e dis: + «Aysi bem play e m'es jen + d'amic qu'en joi 's'aten'». + D'aquest chan en la cobla quarta, + si con dic en cesta carta: 575 + «E nom semblon be + qu'ieu sai e pens e 'cre'». + E en un autre sieu chantar + lo fez aquest «cre» pecar, + e dis aysi: 580 + «sai e ‘cre’, + ques cuciet far de me». + Encar en un autre son chan + fallic si con doni semblan: + «Que l'us autre mal i ve, + mas tan say ieu e ‘cre’». 585 + E le valenç ~Peyre Vidals~, + qui fo trobayre molt cabals, + faillic en «cre» eizamen, + si con diray a prezen: + «E doncs poys tan l'am e la ‘cre’, 590 + la no i dei trobar mala fe». + En ~Rembautz~ qui d'Orenga fo + fallic en la seua chanso + q'aysi comenca en vertat: + «Eysamen hay guerrejat», 595 + en ceylla cobla qui ditz ies: + «Domna, be say si merces + quar no puesc far tan ric don cous cove + d'amic qu'ieu am, e per tant non ‘recre’». + E en ~Rembautz~ faillic encara 600 + en sa chanson, e qui l'esgara + la ditz hom: «Nuls e re nom faill»; + e dis: + «Tan sufri grieu trabaill + qu'ieu a pauc nom ‘recre’, + mas aysom fay gran be». 605 + Tuyt aquest trobador valen + yeu dic q'an fallic malamen, + qar en loc de prim'an parlada + tersa person 'e razonada, + q'hom deu dir «crey» e «recrey», 610 + en prima persona «mescrei». + Ara dic ieu es ieu vuoill dir, + per que nuls i puesca fallir, + qar ja mant trobador plazen + y han fallit eizamen, 615 + qar il no han fach esqiu + de dir el endicatiu + del temps prezen en plural car, + si con auzirez razonar, + «son» la tersa persona 620 + e luec de prima, qis razona, + «suy» el endicatiu prezen; + mas ~Folquetz~ le bos, malamen + fallic enl chantar que retray, + e en aysi con vos dirai: 625 + «True que m'esfortz de far una chanson + qui me resit d'aquest turmen on ‘son’». + En luec de «son», «sui» devia dir. + So sapcha chascus ses fallir, + q'hom lo deu variar ies: 630 + «Ieu suy», «tu es», «aquell es», + plural «nos em», «vos etz», «cill son». + Qar ell vay d'aytal razon. + Ar vuoil dir de «grazi», + «sufri», «parti», «trahi», «noyri». 635 + Aysi en la persona prima + la deu dir cell qui s'aprima + del preterit perfech singular, + en l'endicatiu parlar; + e ayceil qui no vol fallir 640 + deu en tersa persona dir: + «Partic», «sufric», «feric», «trahic», + «grazic», «muric», «vic» e «noyric»; + mas en ~Folquetz~, trobayre fis, + y fallic en son chan e dis 645 + en una cobl'ab tal comensame: + «On trobaretz may tan de bona fe + quant mai nulls hom se meteys no ‘trai’ + son e sieu com ieu quis seru ‘trai’». + Mas «trahic» deuri' aver retrach 650 + si el volgues haver ben fach. + E si alcun er demandatz + con pot anar aquest fatz + pois que la rima cor en «i» + que puesca anar en «ic» aysi, 655 + adone le prims deu respondre + q'alcuns no deu confondre + del parlar la drecha via + per rima qui obs li sia, + mas ell si deu percassar 660 + de tal paraula trobar + que la rima cora en «i», + aysi con fay «parti», «sufri», + e qui no sia biaissada + ni en nombre desacordada, 665 + ni en persona ni en temps, + poys li er le dretz ademps. + Ben say q'hai gran ardimen dich + d'ayso q'aytan hai contradich + lo dich q'aytan bon trobador 670 + han dich, mas li entendedor + d'ayso qu'ieu hai dich m'amaran, + q'aytals paraulas aysi van; + e qui volgues ben esgarar + en tot l'autre grazit chantar 675 + d'aquest meteys trobadors, + si fos dels prims entendedrs, + certanament majors falsuras + y trobera ab drechuras. + Si aytal trobador grazit 680 + en lo lur chantar han fallit, + chascus en lo sieu cor albir + so q'hom pogues dels malvatz dir. + L'autra del verb parladura + no poyria dir sens rancura, 685 + ni ses grans afan e pena, + mas esgaratz con si mena + per los trobadors verays + en totz los lur chantars gays. + E si trobaretz alcun motz 690 + qui per vos no s'entenda tot + ab tot lo vari entendimen, + y metatz lo cor e la men; + e si vos no havetz poder + d'entendre celuy e vezer, 695 + ya nous dovetz vergoygnar + de los plus sabis demandar, + que asatz deu haver major + vergoygna cel qu'a dezhonor + y es de demandar s'atrai 700 + que aicel qui demandan vai, + car nuls es qui sapcha tan + q'us autre no sapch' atrestan. + Doncs chascus en la sa obra + per aytal razon se cobra, 705 + quar cert ben fora fortz cauza + q' us hom hagues en cor clauza + tota l'esciens'ab lo sen; + mas ben crei que no ha talen + d'apenre qui no demanda 710 + totas cellas res a randa + las qals per se meteys no sab, + e qui d'ayso tem alqun gab, + quar nulls pot saber per se sol + totas las res q'ama ni voi. 715 + Per ço qu'aiatz major menbransa + vos donarai aytal semblansa + del parlar qui en doas rimas cor, + si con l'an dich li trobador, + si con «leial», «chascun», «talan», 720 + «fin» e «chanson» e «vilan»; + e pot hom dir encara isi: + «Leiau», «tala», «villa» e «fi», + «chanso», mas aquest parlar jes + con le primiers adretz no es. 725 + Ara chascus entendeyre + cui es sabers valeyre + deu ben saber uimay + si con aquest parlar vay, + e con si deu aluoignar, 730 + abreviar e variar; + e chascus qu'es fis trobayre + nol deu de sa rima estraire, + ni de la sa drecha via + per rima qui obs li sia. 735 + E si ell comensa chanson, + deu continuar sa razon + en aysi com le comensa, + si ell no vol far fallensa; + car may mi play e agrada 740 + razos ben continuada + que mot qan alcus los entresca + ab rimas e entrebesca; + e si en la tersa persona + le comence, la razona 745 + tota d'aycella maniera + que le comensa e l'enquera; + e si enl prim' o en segonda, + doncha ops q'aisi responda, + e celui nombre q'el en ver 750 + y comensa deu mantener. + E nulls per proensal diga + alcun mot frances, qar eniga + es aytal parladura dir + ab la proensal, ses mentir; 755 + e a chascun verb son conduch + y don segon que l'ha construch + per los oblics e per los retz + si con enquier lo sieu dretz, + con s'estay en aluoygnamen, 760 + encara en abreviamen. + Eu voil qe visi barbarism, + no y meyta ni solecism, + tot que mant trobador prezat + y han en lur chantar pauzat, 765 + mas per aqo s'en escuzon + qar qan alcus i fai lo son + chantan lo pot abreviar, + si con se tayn, e aluoygnar. + En vuoill qe en la scrichura 770 + meta primamen sa cura. + Encara sia perceubutz + que meta los accens agutz + els greus si con s'esthai + en celui chantar qe fay, 775 + en lonch chantar no se luoygn: + mas ieu ami que se poygn + de trobar razon tan gaya + e tan prima q'a totz playa. + Oymay chascus entendenz 780 + deu saber verayamenz + qals es l'avinenz parlars + qu'es pro grazitz en chantars, + e si con lo deu retrar + le bos trobayre e menar 785 + e si con se deu penre gach + enl trobar de celui empach + de cui hai dith e parlat + e mei q'ieu sai razonat. + E per ayso finiray 790 + mon acort com mell sabray + en aysi con lo comensey, + qar, per cert, aysi far dey + si eu vuoill ies prezumir + de ben lo mieu lavor finir, 795 + em torn vas lo seygnor Dieu + a lei d'ome de pecat grieu, + qar si diray o hay ren dicha + qui per luy sia contradicha, + lui prech qe m'en deja donar 800 + lo sieu perdon e autrejar. + E sopley totz vos, aman, + que qan vos a mi don denan + seretz, dejatz clamar pro me, + qar ieu mi muer: Merce! merce! 805 + e qar il mi donec conort + e gieygn de far aquest acord. + +Acababa es la doctrina de cort provincial e de vera e rabonable +locucio. + + + + +NOTA + + +Un'edizione critica dei rimatori che cantarono a Pisa nel secolo XIII +sotto l'influsso guittoniano, non è stata finora tentata. Il lavoro, a +dir vero, non era tale da invogliare; giacché, senza dire che le rime +di quei rozzissimi poeti ci sono state tramandate in forma +assai malsicura da pochissimi codici, e spessissimo dal solo +Laurenziano-Rediano 9 (L), l'oscuritá regna siffattamente nei loro +noiosi componimenti, che volere intender sempre il loro «dittato +forte» è impresa disperata. Ciò valga a far perdonare le deficienze +della presente edizione, la quale, senza alcuna pretensione di +criticitá, vuol dare semplicemente un testo, quale lo stato odierno +degli studi permette di esibire. + + +I + +GALLO O GALLETTO + +Un _Gallus iudex Agnelli_ notò il GASPARY (_St. d. letter. ital._, I, +423) fra gli ambasciatori pisani al concilio di Lione nel 1275 (cfr. +MURATORI, _RR. II. SS._, XXIV, 682). In un documento pisano del 17 e +19 giugno 1282 sono ricordati la podesteria di Volterra di Gerardo +d'Isacco pisano «_et iudicatus Galli Agnelli de Pisis_» (_Regestum +Volaterranum_ dello SCHNEIDER, _Regesta chartarum Italiae_, p. 302, n. +896). E finalmente troviamo nel gennaio 1288 una provvisione fatta «a +_domino Gallo Angnelli_» e da altri anziani di Pisa (BONAINI, _Statuti +pisani_, I, 692). Si tratta forse del nostro rimatore. + +Riproduco per le due canzoni l'edizione del MONACI, _Crestomazia dei +primi secoli_, con lievi modifiche d'indole grafica. La canzone I è in +L e in V (Vaticano 3793). + + Canzone I, v. 4: «s'inavanza». Correggo cosí il «s'avansa» di L, + per la misura del verso. + + v. 31: «Cicilía». L ha «seccelía». Seguo V, che ha la forma + «Cicilía», corrotta in L. + + v. 40: «aulía». Cosí in V: L ha «auliva». + + Canzone II, v. 7: «com'este». Cosí in V: L ha «como ad esser». + + v. 26: «roma». Cosí credo debba leggersi l'«aroma» di V: L ha al + v. 26 «ruma», come al v. 29 «a Ruma». Ma è assai difficile + capire che cosa abbia voluto dire il p. con la parola «roma», + suggeritagli probabilmente dalla rima: forse «romana»? + + v. 39: «e saglie». V «salsi»: ricavo la forma da me adottata da + L che pure ha «saglisce». + + v. 60: «ch'a ciascun». Cosí in V: L «che ciascun». + + +II + +LEONARDO DEL GUALLACCA + +Diresse il suo serventese a Gallo, servendosi dello stesso schema +metrico usato dal suo amico e delle stesse rime. + +Anche per questa poesia (che è in L e in V) riproduco la cit. ediz. +del MONACI, correggendola in qualche parte. + + v. 1: «lasso». V «a nasso»; ma va conservato «lasso» di L, + perché è anche nel v. 1 della canzone di Gallo. + + v. 4: «l'asso». È noto che nel giuoco della zara o dei dadi si + faceva un tiro infelice, quando si gettava l'asso. + + v. 9: «Daviso». Sta per «David» per tirannia della rima. Il + ricordo di Salomone, e soprattutto il v. 10: «lo profeta + piagente», fanno congetturare che qui si debba intendere il + «daviso» di L e V per «Daviso». + + v. 35: «né 'n versi». Cosí in V: L non ha l'«'n», dopo il «né». + + v. 37: «in fallo». V ha «ispallo» e L «isfallo»; ma credo che + sia indispensabile la mia correzione. Il p. vuol dire: Chi + s'innamora senza essere riamato («in fallo», «a vuoto»), ho + udito dai saggi che si trova assai male. + + v. 40: «rifallo». Cosí in L: V ha «a rio fallo». Forse vuol dire + che l'esperienza del male rifá chi ha buon senso? + + v. 43: «chi quivi serra». Cosí in L: V «chi vi serra». + + v. 44: «chi saglie». Cosí in L: V «s'elgli». + + v. 54: «ne dan d'amor». Congetturo che, pel senso, cosí si debba + leggere, e non «vedran da lor lo saggio», com'è in L, o «vedran + d'Amor lo sagio», com'è in V. + v. 60: «Non crea a vista né ad atto». V ed L hanno «né a matto»; + ma l'assai facile correzione è suggerita dal senso. + + v. 72: «abocco». Cosí in V: L ha «attoccho». + + +III + +PANUCCIO DEL BAGNO + +Non fu egli dei Bagni di San Giuliano presso Pisa, come qualcuno ha +creduto; ma d'una famiglia Del Bagno di Pisa. Infatti trovo che +Rainerius de Balneo pel novembre e il decembre del 1297 è anziano a +Pisa (v., nella _Chronica antiqua conventus Sanctae Catharinae de +Pisis_, ed. da F. BONAINI, nell'_Arch. stor. ital._, 1ª serie, t. VI, +il _Breve vetus seu Chronica antianorum civitatis Pisarum ab an. +Dominicae Incarnationis MCCLXXXIX ad an. MCCCCIX_). Pei mesi di +novembre e dicembre del 1305 è fra gli anziani Puccius de Balneo +(ivi). + +In una sua canzone politica, «La dolorosa noia», si lamenta di +certuni, «non saggi, alpestri», degni del capestro, che lo +costringevano a stare dove non avrebbe voluto, in loro soggezione. +Costoro avevan tolto dal governo «i valorosi e degni e buon rettori» e +avevan tratte in loro potere tutte le cose del Comune, avevan +conculcato ogni sentimento di giustizia «e perdute castella e piano in +guerra». Si allude sicuramente alla cessione di castelli e di parte +del piano di Pisa, che fu fatta dal conte Ugolino della Gherardesca e +dagli uomini di sua parte dopo l'infelice battaglia della Meloria. Non +mi pare vi sia alcun dubbio che in questa canzone Panuccio si lamenti +della signoria ghibellina, che il conte Ugolino della Gherardesca +impose a Pisa nel 1285. + +Guittoniano puro, Panuccio è, tra i rimatori pisani, il piú oscuro e +il piú artificioso: la sua poesia è tutta infarcita di forme e di +reminiscenze provenzali. + +Le sue rime sono quasi tutte soltanto nel Laurenziano-Rediano 9 (L), +pochissime anche nel Vaticano 3793 (V). Sicuramente non appartengono a +lui alcune canzoni: «Quant'aggio ingegno e forza in veritade» e +«Chiar' ha 'n sé valore», «Lasso taupino, in che punto crudele», e il +sonetto «Quando valore e senno d'om' si mostra» che il VALERIANI +(_Poeti del primo secolo_, 1) gli assegnò: L li dá anonimi. + + Canzone I, v. 4 «e stat'», ecc: Intendi: il «vostr'altèro + plagimento e la gran conoscenza e la valenza» hanno preso tale + stato altèro e perfezione, che, ecc. + + v. 15: «vui». L ha «lui»: sostituisco «vui», voluto dal senso e + riferito a «donna». + + v. 25: «so'». L ha «fo», che non darebbe senso alcuno, né inteso + per «faccio» né per «fu»; ma mi pare il senso corra, se si + sostituisca «so'» = «sono». Intendi: Non sarei («fôr'» = fôra = + sarei) amato, quanto son degno di essere. + + v. 32: «diven'». Intendo «divengo» e spiego: E come io, o donna, + veramente divengo degno d'essere amato... + + v. 38: «del». L ha «dal». + + v. 40: «altèr». L ha «altero», che non può stare per la misura + del verso. + + v. 42: «a voi». L ha «di voi», evidentemente errato. + + Canzone II. Stampo questa canzone secondo l'ottima edizione che + ne ha data LEANDRO BIADENE, _Canzone d'amore di un antico + rimatore pisano_, Pisa, Mariotti, 1904, per nozze + D'Ancona-Cardoso. + + v. 67: «di cosa». Il VALERIANI mantiene «di cosa», e arzigogola + intorno alla forma provenzale «_de re_» e a quella francese «_de + rien_»; ma chi mai ha usato questa forma in tal significato? Il + BIADENE, p. 16, che ha ben capito il passo, costruisce: «Né mai + meo cor non tenne cura di cosa che sol di servir lei», e spiega: + «Manifestamente 'di cosa che' vuol dire 'di altra cosa che', + oppure 'di cosa alcuna tranne che'». + + Canzone III, v. 18. Questo verso è certo lacunoso, perché + dovrebbe essere endecasillabo: anche il v. 19 manca di due + sillabe. + + v. 25: «e 'n ciò che m'era». L ha «eccio». + + v. 38: «grev'è a». L ha «grev'a». + + v. 48: Il verso è evidentemente guasto in L: «in me pro scende». + Arrischio la mia correzione come semplice congettura. + + v. 50: «gravoso... languir». L ha «gravozi». Per la misura del + verso tolgo l'«e» a «languire», com'è in L. + + v. 69: «in cor». L ha «il cor». Intendo: E la morte, che + m'assegna, mi sarebbe vita, perché sarebbero finite le pene nel + mio cuore. + + Canzone IV, v. 45: «grav'è. Sembro». Cosí correggo L, che ha + «sembra», e intendo: Tal cagione mi dá ria pena, che è fuor di + misura grave. Cosí pensieroso sembro aver vita... + + v. 50: «e piú mi». L ha «piú enmi». + + v. 51: «lo spirto». L ha «spirito», che non posso accettare per + la misura del verso. + + v. 52: «e qual piú pregiudicio». L ha «e qual piú progiudicio». + + v. 64: «pena». L ha «pene». + v. 67: «dipartire». Per la misura del verso correggo L, che ha + «partire». + + v. 70. Vuoi dire che conoscere il male («cernendo») e + perseverare in esso è fallo molto maggiore che essere nel male, + cioè fallire, non conoscendolo. + + Canzone V, v. 10: «natora». L ha «di natura»: il «di» + probabilmente fu aggiunto per errore, a causa del «di», che è + avanti a «servire». + + v. 22: «per lo piacere». L ha «per lor piacere»: ma non saprei a + che cosa riferire quel «loro». Intendi: Ed attendendone in parte + diletto, il quale io immaginai per il piacere che ne provavo. + + vv. 31-35. Passo assai oscuro. Pare voglia dire: Per qualche ora + parve che mostrasse verso di me che le («i») gradisse la gioia + con cui io le servivo. + + v. 34: «di ciò sorrise». L ha «di ciò sormize». Correggo, + intendendo: Di ciò, cioè della mia gioia in servirla, sorrise + con gran benignità. Questo benigno sorriso era la dimostrazione + che ella faceva «per sembianza». + + v. 35: «mea vista». L ha «me vista». + + v. 38: «poi». L ha «per». + + v. 42: «'n morte». L ha «e morte»: la correzione mi è suggerita + dal principio della strofa seguente: «Regnando in morte». + + v. 50: «m'ha sí». Correggo L, che ha «usima». + + v. 68: «com'al foco cero». L ha «col mal foco cero». + + v. 69: «ispero». Intendi: Né alcuna cosa spero mi possa + risanare, finché ella mi disdegna. + + v. 70: «disdegnand'». L ha «desdignand'». + + v. 77: «ma perciò». Il senso, a dir vero, richiederebbe «e + perciò». Che si debba leggere proprio cosí? + + Canzone VI, v. 6: «guerrero». Lo schema metrico delle strofe + richiedeva qui una rima in «ore». Deve forse leggersi «guerrore» + per «guerrero»? Può essere che il copista, trovando questa forma + «guerrore» necessaria per la rima, l'abbia voluta correggere in + «guerrero». Oppure il poeta s'è contentato d'una specie di + consonanza? + + v. 9: «quando». L ha «quanto». + + v. 30: «senza mora». L ha «senza monora». Intendo: Ma ora che mi + sono dipartito da lui, mi ricordo di tutto e ricordo quanto + contrastai con lui («quanto ontai di lui») senza posa. + + v. 38: «viveva dimorando». L ha «dimorava dimorando». + + v. 59: «d'ella». L ha «ad ella». Intendo: Ahi! penso («aviso») + che forte è il dolore, ove perda soltanto un poco di essa cosa». + + vv. 76-79. Passo assai oscuro e difficile. Parmi si possa cosí + intendere: Quando il suo sentire operava in me, penso («diviso») + che ogni piacere languisse, quando io sentiva dolore senza che + ne venisse a lei alcun male («diviso d'ognunque suo male»). + Credo che forse, invece di «desentir», si debba leggere + «resentir». + v. 80: «e dammi noia». L ha «e dammi gioia»; ma il senso è, mi + pare: E mi dá dispiacere in ciò in cui credo invece d'aver + piacere. + + vv. 82-85. Pare voglia dire: Desidero («desio») potere quello + che ero costretto a desiderare solo da ultimo («a disiar + infinale») e ben diverso da quello che non poteva mai + effettuarsi. + + v. 93: «ch'e' fui». L ha «che 'n fui». + + Canzone VII, v. 13: «e non solo dimor'». Cosí in L. Il VALERIANI + guasta il senso, per avere la misura del verso, e legge + «dimorar»; laddove bastava leggere «solo» invece di «sol» com'è + in L, perché il verso tornasse. v. 19: «venisse, u' sosten». Il + VALERIANI stampa «'ve Pisa sosten regno», ma non vedo che ci sia + ragione di allontanarsi da L, che ha come noi stampiamo. + Intendo: E mi meraviglio che Dio sostenne (tollerò) che ciò + avvenisse in un paese ov'egli sostien regno (in paese di + cristiani), poiché essi hanno messo in «disguiglio» il comune. + + v. 20: «disguiglio». L ha «disviglio», che si corregge + facilmente, se si pensa alla «disguiglianza» del verso seguente. + + v. 33: «ora l'hanno». Correggo, per la misura del verso, L, che + ha «or l'an». + + v. 40: «piano». L ha «e periano». Accetto la correzione giá + fatta dal VALERIANI. + + v. 42: «e che 'n vero». L ha «e che ver». + + v. 53. Aggiungo un «è», che non è in L, ma che è indispensabile + pel senso. + + v. 55. L ha «ladron» e «mercanti». + + v. 59. Intendi: E pare che dei detti signori adagi a ciascuno, + cioè pare che tutti ne siano contenti. + + v. 75: «sian lor piace». Intendo: E le terre che son tante + perdute, non giá l'hanno volute difendere, ma piace loro che + siano perdute. Il VALERIANI invece legge: «Ma perdute difender + si han, l'or piace», e non so quale senso da ciò potesse + ricavare. + + v. 76. Intendo: E, quando è loro vietato far ciò, allora fanno + pace solo per far del male agli uomini di parte avversa. + + v. 79: «procederà». L ha «procedrà». + + v. 91: «smodata». L ha «smondata». + + v. 108: «ed ho di gravosa doglienza». Accetto la correzione del + VALERIANI: L ha «ed di gravoza dogliensa». + + Canzone VIII, v. 21: «diviso». Il VALERIANI stampa «divis' è da + ciò», e veramente L ha «divize da ciò»; ma, leggendo «diviso», + il senso è chiaro: Ma penso («diviso») ben diversamente da ciò. + + v. 37: «ch'era». Aggiungo «ch'», sebbene non sia in L, pel + senso. + + v. 41. Il VALERIANI ha tralasciato questo verso. + + v. 55: «fero». L ha «fera». + v. 70: «falso». Pel senso, congetturo che cosí si debba leggere, + sebbene L abbia «valco». + + v. 83: «'ncontra». L ha «contra». Il VALERIANI non ha affatto + inteso questo passo: malamente separa le parole di L, e legge + «medico» invece di «me dico», e l'«enme» di L intende «emmi», + «mi è». Cosí come lo stampo, mi pare che il passo dia un senso + assai chiaro: Io dico («me dico») che somiglia a un pazzo + sperimentato chi segue il suo danno ed ha contrario il bene: in + me accade («'ncontra») quel che ho contato sopra. + + v. 85: «allor». L ha «lor». + + v. 92: «el mio tormento». L ha «en mia tormento». + + Canzone IX. È soltanto nel Vaticano 3793 (V). Ho creduto però, + anche per questa canzone, di seguire le forme grafiche di L, che + piú si attengono all'uso del volgare pisano del secolo XIII. + + v. 6: «lento». V «lente». + + v. 7: «feci». V «fea». + + v. 18: «ch'ove ho trovato». V ha «ch'aveo trovato». Il «trovato + ho» del verso seguente suggerisce la correzione da me adottata. + + v. 32: «parimento». V ha «parimente»; ma è facile la correzione, + perché questa parola deve rimare con «conoscimento». + + v. 38: «con seco om bene». Mi attengo a V, che ha «con seco hom + bene», e correggo la lezione errata data dall'ediz. D'ANCONA e + COMPARETTI: «con se combene». Intendo cosí il passo: «Voglienza + d'amore» in altrui consiste in volere uomo goder bene con seco + (con la donna amata): invece in me consiste in «fare lo mio + piagere nel suo». + + v. 40: «di fare». Cosí, certamente, e non «disfare», com'è in V. + + v. 52: «a l'ofuscato». Cosí correggo V, che ha «a lo fustato». + + vv. 59-62. Interpungo e stampo diversamente dal D'ANCONA e + COMPARETTI, prima di tutto perché cosí si dá ad «ella» e a «mei» + (me) il verbo «ha», che altrimenti mancherebbe; e poi torna + meglio l'ordine grammaticale nel v. 61, che in V non dá senso + alcuno: «c'acciò ch'eo son commosso». Intendo cosí: Vero è che + ella non me (perché ha piú potenza di me) ha ciò per cui io sono + commosso, ove ella è (V ha «eran» di facile correzione) sempre + nella sua grande virtú. + + v. 73: «vòl». Veramente V ha «sol»; ma il senso richiede questa + correzione. + + Canzone X. È soltanto in L, ed ivi è detta «rintronico», parola + che pare sia una corruzione italiana della parola provenzale + «_retroencha_», con la quale si voleva indicare piú la musica + che la forma metrica del componimento. + + v. 4: «infirma». L «infima». Intendi: Chi s'inferma gravemente, + deve fare cherenza di medicina «ponderosa». Forse si dovrá + leggere «poderosa», assai piú comune nell'antica poesia; tanto + piú che il v. 6, «e non cui falla punto potimento», ci fa + credere che il p. volesse dire «poderosa» e non «ponderosa». + Tuttavia non ho voluto allontanarmi da L, che ha «ponderosa». + + v. 11: «stolti». L ha «colti», che non dá senso. Intendo: Stolti + coloro che aspettano a guarire del male d'amore: è difficile + guarirlo, quand'esso è violentissimo. + + v. 27: «l'omo». Non è in L; ma congetturo che possa mancare il + soggetto del verbo «dea» del verso seguente, poiché il primo + verso d'ogni strofa deve essere un endecasillabo, e questo, come + è in L, mancherebbe di due sillabe: «Però en cui è poderosa». + + v. 39: «eccellenza». L «eccilensa». + + v. 40: «vertudiosa». L «verturioza». + + v. 42: «a farne». Aggiungo un «a», che non è in L, ma che mi + pare necessario. + + v. 49: «vizi». L «visu». Penso che voglia dire: Credo che sia + proprio dell'avversitá purgare, vincere e conculcare i vizi di + ciascuno che stia pronto a volere, ché «l'avversitá» gli sarebbe + di danno senza altro frutto, e ciò è pazienza che dá virtú a + colui che sa pazientare. + + v. 69: «Aver ch'è». L «averi den». Cosí correggo, intendendo: + Dunque è buon provvedimento voler seguitare con fede e speranza + («spera») e avere retto sperare in lui, che è quello che + quotidianamente crea rimedi che non mai animo potrebbe + escogitare eguali. + + Canzone XI. È in L. Il p. parla oscuramente, in «dittato + chiuso». + + v. 4: «è alcun». Veramente L ha «c'alcun»; ma il senso è: Non è + alcun uomo sotto il cielo con potenza di tal virtú. + + v. 18: «che». L «o». + + v. 31: «e». L «so». + + v. 38: «conobbe». L «connove». + + v. 55 e sgg. Gli ultimi versi di questa canzone sono un vero + indovinello. Pare voglia dire: Ma se tale, che m'ha condotto a + questo punto, volesse che giá avvenisse cosí, e se sapesse farmi + avvenir ciò, divido («parto») il nome di lui, togliendone quella + parte che gli sta innanzi, cioè separo «Corso» da Bonaccorso. Ma + chi è mai questo Corso, col nome del quale si chiude la canzone? + + v. 64: «me' so». Cosí separo «messo» di L e intendo: E so che è + meglio a non dire a ciascuno il mio corso, perché non lo sappia + Corso. + + Canzone XII. È soltanto in L, ove è detta «quivica», «equivoca». + Per capire qualcosa in questa oscura poesia, mi sono allontanato + in parecchi punti dal testo datone dal VALERIANI. + + v. 6: «n'ho capra». Cioè non ho che cappia, capisca, entri: + nello stesso significato è usata questa parola nel sonetto di + PANUCCIO, XVIII, 4. + + v. 22: «nell'affannarmi». L «nell'affaimarmi». + + v. 26-7: «l'autre donne». L «l'autre e donne». Ma che cosa vuol + dire? Forse si allude con «petra» al nome di madonna o al luogo + dove ella era? + + v. 41: Verso assai difficile ad intendersi. Vuol forse dire: Ed + io ho nel suo cuore grande virtú? + + v. 58: «si m'è». L «sí mi». + v. 63: «vidivi». L «visivi». + + v. 68: «ha' mò». L veramente ha «homo»; ma è certo che qui vuoi + dire che un uomo potrebbe domandargli: — Perché hai ora parlato, + se anche voi in ciò pensate saggiamente? — Questo «voi» accenna + forse alla persona cui è diretta la canzone? + + Sonetto XIII, vv. 1-2. Il VALERIANI scioglie «sente» di L in + «sent'e'» (sento eo), e a «pura la mia mente», com'è in L, + aggiunge un «a» dopo «pura». Credo che abbia ragione. + + v. 6: «vii». Cosí correggo L, che ha «luil». + + vv. 9-10. Come si vede, mi allontano affatto dal senso e quindi + dall'interpunzione del VALERIANI e intendo: Ed io dolente, quale + è il mio operare? Si vede manifesto anche nel mio fallare. + + Sonetto XIV. È in L. Anche per questo sonetto non ho tenuto + alcun conto dell'errata lezione data dal VALERIANI, il quale + interpunge in modo da mostrare di aver malamente inteso il + senso. Il quale per me è questo: Se colui che regna ed è signore + fosse sicuro della sua signoria, ciò, a mio credere, sarebbe + ragione per la quale un uomo, che è basso, non avrebbe mai + speranza di salire in altezza, ma d'aver miseria. + + v. 10: «volgendo». L ha «voglendo», erroneamente conservato dal + VALERIANI. + + v. 17: «far». L «fa»; ma deve dipendere da «vesi», vedesi. + + v. 18: «non cre'». L ha «non credo»; ma questa forma non può + essere conservata per la misura del verso. + + Sonetto XV. È in L. + + Sonetto XVI. È in L. + + v. 3: «sono». L ha «son», a cui aggiungo una sillaba per la + misura del verso. + + v. 11: «Postra». Cosí dice L; ma deve intendersi che questa + strana forma sia stata adoperata per necessità di rima in luogo + di «poscia». + + v. 14: «terso». Si osservi che nel dialetto pisano si usava + spesso «s» invece di «z», quindi sta per «terzo». Qui ed + altrove, lo dico una volta per sempre, mantengo questa forma + ortografica dell'antico dialetto pisano, per la rima. S'intende + che, negli altri casi, mi attengo alle norme di questa + collezione. + + Sonetto XVII. È in L. + + v. 10: «sé 'n tempo». Aggiungo questo «'n», che non è in L. + + v. 16: «vallo». L «valle». + + v. 18: Questo verso è aggiunto nel margine di L da mano + piuttosto antica. + + Sonetto XVIII. È in L. + + v. 16: «chi non è ad esso». Veramente L ha «chi non già 'l meno + sottoposto»; ma che cosa mai significherebbero queste parole? + Congetturo che «ad esso» si possa sostituire a «meno», riferendo + «esso» ad Amore, e si debba togliere «già», che guasta la misura + del verso e non è necessario pel senso. Interpetro dunque: + Perché chi non è sottoposto ad Amore può venire tosto a + perfezione di bene. + + v. 17: «di ben a perfezion». L «di bea perfession». + + Sonetto XIX. È in L. + + v. 11: «avverso». L «abbersa». Intendo tutta la strofe cosí: Ché + non solo donna né uomo («converso») abbia core stanco di pensare + e fare ciò per cui è perduto il bene, sicché ogni uomo leale può + dire: — Non abbranco virtú, anzi il contrario («il male») — ... + + Sonetto XX. È soltanto in V. + + v. 11: «me tenuto tuo». Cosí deve correggersi V, che ha «me + tenuto in suo agio il parere». Il senso allora è chiaro: E aggio + tenuto me in tuo parere, cioè ho seguito la tua volontà. + + v. 12: «cosa». L «certa», che non darebbe alcun senso. + + Sonetto XXI. Anch'esso in V. È, come dicevano gli antichi, un + «sonetto equivoco repetito», cioè ha le rime con le stesse voci + (perciò «equivoco»); ma con significato diverso e ripetute al + principio de' versi (perciò «repetito»). È difficilissimo ad + intendersi. + + Il ms. veramente lo reca in questa forma: + + Amor sa il mio volere miso di non falla giammai non + \ / \ + sovra \ + / \ \ + Che sua virtú da me sia punto sí forte lo parere \ + divizo + E l'alma avinta ognora se posoo e da me non mai punto e / + \ / / + sovro / + / \ / + tucco non com elli e tanto da me astenne saetta + + Et quella amore in me che tanta ed onne virtú non sol di + \ / \ + porto parte + / \ / + in che pensando benenenza sentir di lei me donne + + da cui non mai lei tanto + / \ + regna + \ / + di ben di sé vero in cui + + Sonetto XXII. È soltanto in V. + + v. 10: «corro». V «curo». + + +IV + +BETTO METTEFUOCO + +Ben poco sappiamo di questo rimatore, e nulla possiamo ricavare +dall'unica poesia che ci ha lasciata. Una famiglia di questo nome era +in Pisa sui primi del secolo XIV, ed ebbe qualche potenza, perché un +Bindo Mettefuoco è notaro degli anziani pel gennaio e il febbraio del +1303 (v. nella cit. _Chronica antiqua conventus Sanctae Catharinae de +Pisis_). + +Fortunatamente questa canzone è assai meno oscura e artificiosa di +quelle di Panuccio, e quindi riesce piú facile darne un'edizione +soddisfacente. + +È in L e in V; ma nel primo è mutila (non ve ne sono che tre strofe): +la terza strofa è invece la seconda in V. + + v. 13: «'nde temo». V ha «ne dotto», che pare in parte + correzione di L. + + v. 14: «e paur'». V ha «che paura». Troppi «che» si susseguono; + mi pare quindi preferibile la lezione di L. + + v. 15: «no le». Cosí V: L ha «a lei non». + + v. 17: «Se vo' vegno, e non veggo». L ha «se vo veggio non + vegho», ove evidentemente è errato quel «veggio»; V «s'eo vengno + e non vegio». Prendo da V «vegno», correggendo per tal modo + l'errore manifesto di L. + + v. 18: «sprendiente». Cosí L: V ha «splendiente». Preferisco la + forma data da L, perché piú corrispondente all'uso antico + pisano. + + vv. 19-20: «sguardi... parli». Cosí L, laddove V ha «sguarda» e + «parla». Il senso e la grammatica richiedono che qui ci sia il + congiuntivo: Se io vengo da voi, e non vedo che il vostro + splendente viso guardi con pietà e parli con dolcezza.... + L'incompiutezza della canzone in L non detrae totalmente, a me + pare, alla grande autorevolezza del codice. + + v. 21: «reggo». Cosí L, ed è miglior lezione che il «tegno» di + V, il quale non rima con «veggo». + + v. 23: «vivendo». Cosí in L: V ha «servendo»: l'idea di servire + è espressa nel verso seguente. + + v. 30: «mi pare». Cosí in L: V ha «mi piace», che non può + ammettersi in questo luogo, essendo «piace» proprio nel verso + seguente. + + v. 33: «or dunqua». Cosí in V: L ha «dumque». + + v. 35: «non oso». Cosí in L: V ha «no' l'auso». + + v. 37: «Ben so». Cosí in L: V ha «ben credo ne moragio». + + v. 39: «nonde porò». Cosi in L, in forma certo piú antica e + quindi piú genuina. V ha «e non credo campare». Si sente qui, + come in parecchi altri punti, che lo scrittore di V ha + rabberciato il testo che aveva dinanzi. + + v. 40: «grazioso». V ha «lazioso». + + v. 44: «eo». Non è in V. + + v. 45: «possa». Cosí in L: V ha «e poi». Anche qui è evidente + l'intenzione dell'amanuense di V di correggere il testo. + + vv. 46-47: «Sire Deo». L ha «sire o Deo», e V «oi sire Deo». + + v. 52: «de montagna». V ha un «la» fra «de» e «montagna», che + guasterebbe la misura del verso. + + v. 59: «e fái». V ha «falli»; ma l'ordine grammaticale richiede + qui un «e», e mi pare allora naturale la forma antica «fái», i + fa, gli fa. + + v. 67: «e'». È indispensabile aggiungerlo per la misura del + verso, sebbene non sia in V. + + +V + +CIOLO DELLA BARBA + +Una famiglia Della Barba era in Pisa nel secolo XIII: infatti un frate +Egidio Della Barba nel 1270 è ricordato nella cit. _Chronica antiqua +Sanctae Catharinae_, p. 430. L'unica canzone, che ci rimanga di questo +rimatore, è conservata soltanto da V, donde la pubblicò per la prima +volta il GRION nel _Propugnatore_, III, 101. Poi la diedero in +edizione migliore il D'ANCONA e il COMPARETTI, nella _Collez. di opere +inedite o rare_ del Romagnoli, 1881, II, 71-76. + + v. 3: «che». Non è in V; ma è indispensabile per la misura del + verso. + + v. 4: «ch'om' agia». V ha «com'agio»; ma il senso mostra + evidente l'errore. + + v. 7: «de rota». V ha «de la rota»; ma quel «la» v'è di piú, + guastando la misura del verso. + + v. 10: «piú che nel». V ha «piú che del». + + v. 13: «e sonde». Aggiungo un «e», che mi pare richiesto dal + senso: Temendo io guardo («veo», vedo) e ne sono pauroso... + + v. 17: «possedete». V «presedete». + + V. 20: «com' fenice». V ha «com' fa fenice»; ma anche qui il + «fa», per la misura del verso, è di troppo. + + v. 21: «naturali». Cosí è nel ms. «Naturali» per «naturale» è + per necessitá di rima, dovendo rimare con «'guali» del v. 24; + del resto questa forma di singolare in «i» era frequente nei + volgari toscani. + + v. 26: «come compresi». V ha «me ne comprese»; ma è + evidentemente errato. + + v. 38: «ora». V ha «or»; ma cosí non tornerebbe la misura del + verso. + + v. 40: «la fior tembra». Che cosa sia questo «fior tembra» non + comprese bene il GRION. Il TARGIONI-TOZZETTI (_Dizionario + botanico_, parte II, p. 212) dice che col nome di «_timbra_» o + «_timbro_» intendesi la _Satureia Iuliana_, cioè la santoreggia + del monte San Giuliano, che non è altro che la _Micromeria + Iuliana_ Benth., come m'informa il mio collega prof. Baroni, il + quale mi avverte che codesta pianta ha la corolla caduca. Questa + circostanza è importante per l'intelligenza del testo. Infatti + il poeta termina invitando madonna ad aver pietà di lui, e a + voler che non faccia come il fior «tembra», a cui cade la + corolla. + + +VI + +PUCCIANDONE MARTELLI + +Di Pucciandone Martelli fortunatamente si può attingere qualche +notizia dalla cit. _Chronica antiqua_ di Santa Caterina, dalla quale +apparisce che prese parte alla vita pubblica di Pisa, specialmente +nell'ultimo decennio del secolo XIII. Fu degli anziani per il gennaio +e il febbraio del 1289, per il novembre e il decembre del 1292, per il +gennaio e il febbraio del 1295, e infine per il maggio e il giugno del +1297. Forse è diretto a lui il sonetto CCXCI di Guittone che è in L e +che incomincia: «Guelfo conte e Pucciandon la voce»? + +La maggior parte delle poesie di questo rimatore sono soltanto nel +Palatino 418 (P); solamente il son. «Signor senza pietanza udit'ho +dire» è in L. Disgraziatamente in P mancano or qua or lá alcuni versi. +Il VALERIANI ha stampato le due canzoni e la ballata assai +scorrettamente, non avendo capito nulla del metro in cui sono scritte. + +La ballata ci prova che il Martelli risentí qualcosa dell'influsso +della nuova scuola fiorentina. Quella ballata, oltreché nel metro, ha +qualche agilitá e dolcezza nella forma, insolite fra i guittoniani. + +Canzone I. È veramente da lamentarsi che il cod. P, che solo conserva +questa canzone, l'abbia cosí guasta, da rendere difficilissimo +raccapezzarne lo schema metrico. Certamente vi mancano or qua or lá +dei versi. Dopo aver fatto vari tentativi, credo che lo schema possa +essere questo: _ABBA_, _BAAB_ | _bCcD_, _EEcBB_; ma, per ridurre le +varie strofe a questo schema costante, sono stato costretto a +rabberciare qua e lá i versi. + + v. 2: «vene». P ha «'nfra meve»; ma mi sembra forma insolita per + dire «in me», «dentro di me»: tutt'al piú il p. avrebbe detto + «in meve». Congetturalmente quindi correggo «'nfra vene», fra le + vene. + + v. 3: «quei». P ha «quelli»; ma in questa forma non torna il + verso. + + v. 7: «saggio». P ha «sagio», come piú sotto «selvagio», «agio» + ecc. Non credo di dovere accettare queste forme, le quali non si + trovano in altri rimatori pisani e che probabilmente derivano + dalla grafia particolare dell'amanuense. + + vv. 14-15. Questi versi furono assai malamente stampati dal + VALERIANI, che dette il v. 15 cosí: «Son signor senza pietá», + non accorgendosi che in tal modo mancava la rima con i vv. + 10-11. Il mezzo migliore per rabberciarli era di trasportare il + «son» nel v. 14. + v. 20: «ed umiltà». V ha «od». + + v. 20: «adorna». Cosí in P: il VALERIANI, non so perché, legge e + stampa «a Donna piagenza». + + v. 22. Il verso certamente in P è guasto. Credo bene pel senso + di dover cambiare «a sua potenza» in «a mia potenza», e intendo: + Non si creda che ella per amore mai («ma'») metta la sua virtú + in mio potere, perché io prenda loco in tale cuore. + + vv. 24-25. Il VALERIANI li stampa lasciando perfino un «non» nel + v. 25, e ponendo «aitale», senza accorgersi che bisognava + sciogliere in «à 'n tale». + + v. 31: «tornerá». P ha «a tornara», che il VALERIANI cambia + arbitrariamente in «ha tornata». + + v. 31: «in bassanza». Ho trasportato queste parole dal v. 30, + come sono in P, al v. 31, perché in tutte le strofe di questa + canzone il verso quattordicesimo deve essere endecasillabo. + + v. 35 e sgg. Tutta questa strofe è guasta ed è assai difficile + ricostruirla. Certo è che, guardando allo schema metrico, non si + può lasciare «crudele fero», che P ha al principio del v. 38: e, + guardando pure allo schema metrico delle altre strofe, si + capisce che manca una parte del secondo piede della fronte. + + v. 45: «m'asicuro». P ha «m'asicura»; ma è evidente che debba + correggersi, per aversi rima con «puro» del verso precedente. + + v. 46. Son costretto ad aggiungere «egli» per la misura del + verso. + + v. 48. Veramente P ha «che lo meo cor sostene tuttavia»; ma, + come si vede nelle altre strofe, questo verso deve rimare col + precedente. Credo che debba leggersi: «che tuttavia lo meo cor + sostene». + + v. 49. P ha «faria ben ked io d'altro non curo»; ma è + evidentemente un verso guasto, anche perché deve essere un + settenario e non un endecasillabo. + + v. 52 e sgg. Questa strofa è ancora piú guasta delle altre. + Forse qualche verso può togliersi, senza guastare il senso; ed + io mi sono sforzato, togliendo alcune parole, a ridurre la + strofe allo schema delle altre. Veramente V ha: «Amore, se + risurgi la mia mente cosí forte seguente ti parraggio, che farai + acordanza con lei di darmi amanza di campare, di che d'ella + faccio non folle pensare ma tuttor mi procaccio star selvaggio + di lei nascostamente». Quale senso plausibile si può ricavare da + queste parole? Senza dire che ne verrebbe fuori una strofe di 18 + versi e con la sirima diversa da quella di tutte le altre + strofe. Cosí come propongo di leggere, il senso è chiaro: Amore, + se fai risorgere la mia mente, ti seguerò cosí fortemente, che + t'accorderai con lei di concedermi amore. Faccio non folle + pensare di lei a star selvaggio, a nascondermi a lei, che mi + diviene come l'uomo che cammina, che cela la luce (cioè fa + ombra) a chi va con lui. — Ma avrò proprio còlto nel segno? E + poi quel «faccio» che rima con «selvaggio» non si dovrà forse + leggere «faggio»? + v. 54: «regina». P ha «redina». + + v. 60: «parrá». P ha «parerá»; ma cosí non può stare per la + misura del verso. + + vv. 70 e sgg. Anche questa strofa è assai guasta e mutila in + qualche verso. + + v. 81: P ha «dovreste aver mercede», senz'altro; ma deve mancare + la parola finale, perché il verso dovrebbe rimare con «molto» + del verso seguente, ov'è la rimalmezzo. + + v. 83. Anche qui, per la misura del verso, credo necessario + togliere il «che», che in P è innanzi a «non fi' grave». + + Ballata II. È in P con qualche lacuna. Il VALERIANI non comprese + nemmeno che è una ballata. + + v. 15. P ha: «la vostra angelica sembransa»; verso, come si + vede, di nove sillabe: né tornerebbe ugualmente, se si leggesse, + come fa il VALERIANI, «angelicale». Credo che manchi una parola + innanzi ad «angelica», che le dia valore di superlativo: + congetturo quindi che manchi «sovra». + + v. 18. Questo verso è certamente mutilo in P, perché quello a + esso corrispondente nelle altre strofe è endecasillabo. + + Sonetto III. È in L. È un sonetto doppio. + + v. 18: «me... faccia». Il VALERIANI prende «me» per «me'» + (meglio). No: il senso è: Dio vi lasci trovare miglior + servitore, e lasci che io trovi un signore che ricompensi. + + Canzone IV, v. 18: «allegresse». Qui mantengo l'ortografia + propria dell'antico dialetto pisano, per la rima con «avesse». + + v. 51: «odito». P ha «odite». + + v. 61: «intendenza». Non «intendanza», com'è in P, perché + mancherebbe la rima con «benvoglienza». + + Sonetto V. È in L. È un sonetto artificiosissimo per la doppia + rimalmezzo che è in tutti i versi. Anche qui, a causa della + rima, ho mantenuto le forme ortografiche pisane «bellessa», + «adornessa», ecc. + + v. 11. Verso assai difficile a intendersi. Pare voglia dire: Che + vi trova meravigliosissimi («permirata») tutti i sentimenti + («ogna sens'ha») che vi pensa («che i pensa»). + + +VII + +BACCIARONE DI MESSER BACONE + +Anche di questo rimatore ben poco sappiamo. Fu amico di fra Guittone, +che gli diresse una delle sue lettere, confortandolo a mostrarsi prode +a vantaggio della sua patria. Quale fu l'occasione per la quale +l'aretino cercò di stimolare a forti opere di guerra l'amico +pisano? Dice fra Guittone: «Segondo la parvissima caritate, umanitate +e bonitate mia, compassione di vostra passione presi; e non solo giá +voi, ma pisani tutti compatiti e doluti ho quasi aretini, amore che +porto essi me distringendo» (_Lettere_, ediz. Bottari, p. 70). Egli +dunque compiange gli amici pisani per qualche grave sventura pubblica. +Poiché altrove abbiamo veduto Panuccio lamentarsi dello sgoverno dei +ghibellini in Pisa nel 1285, mi pare assai probabile che a quei fatti +si riferisca la lettera di Guittone. Il quale, in un altro passo della +lettera, dice a Bacciarone che, tornato in patria, ben poteva +provvedere con l'opera sua al bene di essa: «Tornando a casa vostra +nell'agio vostro, buono parvo for magno sembrerá voi, e quasi +soavissimo affanno grave, al buono parvo presente, ed al mal grande +sovvenendo bene» (ivi, p. 71). A quale opera poteva il guelfo rimatore +d'Arezzo stimolare il signore pisano e i suoi compagni, se non a +quella d'osteggiare la prepotenza ghibellina? A questi stessi fatti mi +par certo che si riferisca la canzone III. Le rime di Bacciarone sono +solamente in L. + + Canzone I, v. 16: «loro e i loro e 'l loro»: cioè danneggiando + essi e i loro seguaci e i loro averi. + + v. 52: «conducía». Cosí deve essere per la rima col seguente + «obbría»; non «conducea», come ha L. + + v. 96: «per potersi». Mi pare che il senso richieda che cosí si + corregga il «poterm'» di L. + + v. 120: «potete». L ha «potetava». + + Canzone II, v. 23: «voglienza». L ha «veglensa». + + v. 49: «fiata spico». L ha «fieta». Intendi: È cosa che odora + («fiata») piú che spigo. Lo spigo poi ognun sa che è un'erba + aromatica. + + v. 54. Intendi: Quanto piú possiede senza Dio, piú è iniquo. + + v. 62: «impasso», cioè impazzo. Anche qui conservo l'ortografia + pisana per la rima con «lasso». + + v. 74: «for' nullo par bono»: cioè fuori di cui non appare alcun + buono. + + v. 100: «in tal pentèro». L ha «pente pentero». Intendi: Non vi + sono tante stelle in cielo, né gocce d'acqua in mare + («candelle»), quante io non ho gocce (lacrime) in tal + pentimento. + + Canzone III, vv. 7-8. «Torto» qui sta per «tolto». Il senso è: + Perché mi vedo tolta gioia da ogni parte; e il cuore sempre + accorto erra a darmi il contrario della gioia, cioè il dolore. + + v. 9: «isperato». L ha «sperato». + + v. 13: «chi di guardar». L ha «che di guardarno + v. 17: «e chi ne ha». L ha «e chi 'n dá». Intendo: E chi ha + fatto ciò, che si fugga il bene e si segua il male, tra quelli + che piú avevano potenza in Pisa? + + v. 22: «furon». L ha «fisson». Il senso è: Non l'ardire di chi + ho detto nel saper ferire senza fallir colpo. Perché furon + montati in alto monte («serra»), sembra loro («vis'è lor») non + manchi diporto, né alcuno sconforto dicono li cacci dalla terra + («li sterra»). + + v. 26: «noi'» (noia). L ha «no»; ma il senso richiede questa + correzione. + + v. 31. Forse vuol dire: Hanno pensato di far fare il porto + dentro la porta di Pisa, finché dura la guerra. + + v. 32: «averrá». È una di quelle che si dicevano rime false. + + +VIII + +GERI GIANNINI + +Questo rimatore tenzonò con un Si. Gui. da Pistoia (vedi sopra, nei +_Rimatori pistoiesi_, p. 19) e con Natuccio Cinquino. Il VALERIANI dá +a lui un terzo sonetto «A quei ch'è sommo dicitore altèro»; ma in L, +ove sono le rime che di lui rimangono, è di anonimo. + + Sonetto I, v. 10. Il VALERIANI stampa: «E del no chero, ch'ha + esta balanza», ma queste parole non dánno senso. Il verso che + segue: «se piú tardanza fa, tanto 'l desiede» fa capire che si + parla di qualche cosa che tarda a venire. Intendo: Si può + («posi») dire che è gran fallire del nocchiero che guida questa + bilancia. E il nocchiero parmi che debba intendersi Amore. È un + sonetto anche questo assai tenebroso. + + v. 15: «par Deo». Non credo affatto si debba intendere, come + vuole il VALERIANI, «per Dio». Il poeta vuol dire: Non ho («non + porto») alcun conforto pari a Dio, ossia pari a quello che mi + viene da Dio, ché io tengo in servitú («'n feo», in feudo) la + mia scura vita, e ho paura di non esser mai padrone di me + stesso. + + Sonetto II, v. 9: «chi 'n dire». L ha «chi 'n nire». La + correzione è facile, se si pensa al verso corrispondente del + Giannini: «che gran fallire dire posi 'ntero». Il VALERIANI + stampa «chi in ire». + + Sonetto III. Si. Gui. da Pistoia gli rispose col sonetto «Tanto + saggio e bon poi me somegli» (vedi nei _Rimatori pistoiesi_, p. + 19). + + +IX + +NATUCCIO CINQUINO + +Questo rimatore appartenne all'antichissima famiglia pisana dei +Cinquini (R. RONCIONI, _Delle famiglie pisane_, in _Arch. stor. +ital._, disp. XIII ter, t. VI, p. II, suppl. 2º, p. 947 sgg.). I +Cinquini presero attiva parte alla vita pubblica in Pisa negli ultimi +decenni del secolo XIII: un «Vannes Cinquina» è anziano per il +settembre e l'ottobre del 1289, un «Guiscarduccius Cinquinus» è degli +anziani per il marzo e l'aprile del 1289 e del 1290, e un «Bonaiuncta +Cinquinus» per il settembre e l'ottobre del 1292 (_Chronica antiqua_ +cit.). Credo che si debba identificare il rimatore con quel «Benenatus +Cinquina», che è anziano per il settembre e l'ottobre del 1299 +(_Chronica_ cit.). Per me Natuccio è lo stesso che Benenatuccio. È +nuovamente anziano per il luglio e l'agosto del 1305 (ivi). Fu in +corrispondenza poetica con Bacciarone e con Geri Giannini. I suoi +sonetti sono soltanto in L. + + Sonetto I, v. 11. Costruisci: «e non è viso (visto) per mia + 'ntenza», cioè non vedo da me come ciò possa essere. + + v. 12. Costruisci e intendi: «Se alcun uomo risiede in vita + degna, fora mei (meglio) a lui vita che stallo (stanza, dimora) + in morte; se da ciò (ossia dalla vita degna) poi si parte, e' va + a perdenza». + + Sonetto II. Risponde al sonetto di Natuccio Cinquino: «A cui + prudenza porge alta lumera». + + v. 11: «fuggon». L ha «fuggen». + + Sonetto III, v. 6: «no è». Cosí in L e non, come vuole il + VALERIANI, «non è». + + v. 9: «vo'». Cosí in L e non «voi», come legge il VALERIANI. + + Sonetto IV, v. 11: «e 'l ben». L ha «e ben»: aggiungo + l'articolo, perché richiesto dalla grammatica e perché è innanzi + a «fallire». + + +X + +LOTTO DI SER DATO + +Rimangono di questo rimatore due canzoni, una delle quali: «Della fera +inferta e angosciosa», è d'argomento politico e pare riferirsi al +dominio della parte ghibellina in Pisa nel 1285. Sembra quindi +che anche questa canzone si debba annoverare fra quelle poesie dei +guelfi pisani che in quel tempo si lagnarono del mal governo dei +ghibellini e del conte Ugolino della Gherardesca. Le due canzoni sono +conservate soltanto da L. + + Canzone I, v. 15: «cèra». L «chaira». + + v. 17: «deviso». Intendi: Non v'è donna né uomo cosí fermo + nell'operare che non abbia divisa (= distratta) la sua + attenzione a riguardare lá dove sente che ella apparisce. + + v. 32. Intendi: Ha per ispecchio la strada («ruga»), ossia ha + gli occhi bassi a terra. + + v. 60. L ha «che 'l saggio conta voglia opassione». Per me è + evidente che il copista non vide il segno dell'abbreviazione nel + «p» di «opassione», oppure, copiando, dimenticò di scriverlo. Il + senso è, come dice il VALERIANI: Ché il saggio pone in conto + (anche al v. 49 il rimatore ha usato «conto» per «tengo in + conto»), cioè a merito, la buona voglia che si ha d'operare. + + Canzone II. Questa canzone ha nelle singole strofe lo stesso + schema metrico della canzone che in L segue immediatamente a + questa: «Magna medela a grave e perigliosa» di Panuccio del + Bagno. È assai probabile che Lotto la indirizzasse a Panuccio e + che questi gli rispondesse, cercando di confortarlo delle + sventure della patria e della sua parte. + + v. 17: «l'èe». L ha «lei». + + v. 18. Intendi: Che, dopoché Dio ebbe fatto lei («quella cosa» + cioè l'uomo), gli fu («fuli») cosí amorosa, cosí cara, che le + die' libertá di fare il bene e il male. + + v. 29. Intendi: Conforto a questo avremmo soltanto il + «trapassamento» (la morte), parola che è qui nello stesso senso + del «trapassare» del v. 34. + + vv. 37-39. Intendi: Se non fosse che sappiamo che le nostre + anime terrebbero («terren'») tal via, che girerebbero («giréno») + a perdizione senza aver mai redenzione». + + +XI + +NOCCO DI CENNI DI FREDIANO + +Furono in Pisa verso la fine del secolo XIII due notai che ebbero nome +Nocco, un «Noccus de Avane», anziano per il luglio e l'agosto del 1289 +e un «Noccus de Ceuli», anch'egli anziano nello stesso anno per il +novembre e il decembre (_Chronica antiqua_ cit.). Ma se il rimatore +debba identificarsi con uno di questi due, è assai difficile +risolvere. Di lui non rimane se non una sola canzone, che è in +L. Fu assai malamente stampata dal VALERIANI, il quale ne comprese +assai poco lo schema metrico. + + v. 21. Il VALERIANI stampa mutilo questo verso «vedrete in gio' + montarmi», non essendosi accorto che L aveva anche «e 'n frutto + bono». + + v. 37: «ma Amor». L ha «m'amor». + + v. 38: «for' voi». Intendi: Amore, pur volendo, vide che non + potea fare a me lo stesso (cioè: come ho detto sopra), senza di + voi. + + v. 44: «ingannòme». L ha «ingegnome», mantenuto, senza ragione, + dal VALERIANI, il quale, per il senso, è poi costretto a + spiegarlo con «ingannommi». + + v. 45: «saccio per vista». L ha «aggio»; ma il senso mi pare + richieda «saccio». Il VALERIANI stampa «provista» = «provvista», + non avendo compreso il senso, assai facile del resto, di «per + vista», che vale «per averli veduti». Il senso è: So, per averli + veduti, che crescono molti alberi. + + v. 50: «'n frutto». L ha «che 'n frutto», ma il «che» è di + troppo. + + v. 73: «cavrete». Cosí in L: il VALERIANI stampa invece + «m'avrete». Il senso qui è chiaro: Ovvero mi caverete dalle mani + d'amore, nelle quali mi metteste, tornandomi nel mio primiero + stato. + + +XII + +GERONIMO TERRAMAGNINO + +Il nome «Geronimo» si ricava dal v. 1 del sonetto di risposta, che in +L segue all'unico che ci rimanga di lui: quel sonetto d'anonimo +incomincia «Gieronimo, com' credo, voi sapete». + + v. 9: «assetto». L ha «essetto», dal VALERIANI cambiato in + «effetto». Ma non credo che, sebbene Terramagnino fosse poco + abile versificatore, si mostrasse però cosí imperito da non + sapere trovare una nuova rima e ripetesse proprio la parola + «effetto» del v. 3. Intendo: Glorioso di ogni buona provvista + («assetto») di dottrina che avete fatta. + + +DOCTRINA DE CORT + +Pubblico questo poemetto dal testo che ne ha dato PAUL MEYER nella +_Romania_, an. XIII, pp. 181 e sgg. da un codice madrileno. Lo +riproduco con pochissime varianti: ho accettato nel testo alcune +delle correzioni che il Meyer ha fatte in nota, perché mi è parso +chiaro che gli errori fossero cosí grossolani da doversi attribuire, +nella maggior parte dei casi, piú a negligenza di scrittura che ad +ignoranza dell'autore. Molti altri errori sarebbe troppo arrischiato +correggere, perché possono essere necessari effetti della scarsa +conoscenza che Terramagnino aveva della lingua provenzale. Infatti +dice il Meyer: «_Terramagnino est un grammarien peu intelligent. Il ne +comprend pas toujours son modèle et dans aucun cas il ne se montre +capable de le perfectionner_». Il poemetto dunque ha assai poco valore +come trattatello di grammatica e scarsa originalitá, poiché è un +rifacimento delle _Razos de trobar_ di Raimondo Vidal. Può avere +qualche importanza per gli esempi, che assai spesso dá dei trovatori +provenzali, soprattutto perché alcuni di questi poeti non sono noti +per altra fonte. «_Toute l'originalité de Terramagnino_ — continua +infatti il Meyer — _consiste dans le choix des exemples, en général +tirés des poésies des troubadours, qu'il allègue pour justifier +chacune des règles qu'il emprunte à R. Vidal, même en des cas où les +faits sont tellement constants et fréquents qu'il n'est pas besoin de +les justifier. Ces exemples ne sont jamais ceux de R. Vidal. Notre +auteur semble s'être fait une loi de remplacer toutes les citations de +son devancier; on vient de voir qu'il n'a pas toujours été heureux +dans ses substitutions. La sèrie des exemples qu'il rapporte révèle +des faits qui ne sont pas sans intérêt pour l'histoire de la poésie +des troubadours... Terramagnino connaissait des poésies provençales +qui ne nous sont pas parvenues, ou qui du moins n'ont pas été +signalées jusqu'à ce jour: nous ne devons pas être surpris si, parmi +les poésies d'auteurs connus qu'il cite, il s'en trouve que nos +chansonniers ne contiennent pas_». Dal che si può scorgere come il +trattatello grammaticale dell'oscuro rimatore pisano non sia inutile +per la storia della letteratura occitanica e della diffusione di +questa in Italia. A ogni modo, nonostante i molti errori dell'autore, +inesperto della lingua occitanica, la _Doctrina de cort_ ci prova come +i nostri piú antichi rimatori avevano conoscenza vasta e diretta della +lingua e della letteratura provenzale. + + v. 1. Il ms. ha «en lo». + + v. 4. Il ms. ha «faut mon acort per els». + + v. 10. Il ms. ha «dic» e «mils»: quest'ultimo è certo un errore + di scrittura per «nuls»; ma anche questo è errato per «negus». + Il ms. ha anche «reprehendre». + v. 16. Il MEYER osserva che qui il verso è assai guasto; ma come + correggere? + + v. 36: «anars». Il ms. ha «en ars». + + v. 42: «genre». Il ms. ha «jen». + + v. 44: «escriutz». Il ms. ha «eseratz», che mi pare errore di + scrittura. + + v. 58: «genr'». Anche qui il ms. ha «jen». + + v. 63: «nom». Il ms. ha «mon», errore certo di scrittura. + + v. 67: «gen». Dovrebbe dire «genre»; ma allora non tornerebbe + piú il verso. + + v. 71: «jeu». Il ms. ha «ies». + + v. 74: «genre». Il ms. ha «ien». + + v. 78: «tan». Il ms. ha «can». + + v. 84: «en cestui»: Il ms. ha «entestiu». + + v. 85: «qu'an». Il ms. ha «qu'am». + + vv. 91-2. Il passo è certamente guasto. Il ms. ha «o golim», che + si può correggere con «Ugolim». + + vv. 97-98. Anche qui il passo è guasto. Il senso richiederebbe + che si dicesse: «E las autras qui per semblansa — mostron + qualitat ses substansa»; ma questi versi non sarebbero più + ottonari. + + vv. 99-100. Il ms. ha «o que conta, o que fay — o que soste, o + con vay»; ma, dice bene il MEYER, l'imitatore non ha ben + compreso il testo di R. Vidal, che aveva dinanzi. + + v. 105: «De los». Il ms. ha «dels»; ma cosí non tornerebbe + nemmeno la misura del verso. + + v. 131: «sotz». Forse voleva dire «totas». + + v. 164: «masclin»... «femnin». Il ms. ha «mascolin» e «femenin»: + ma allora non tornerebbe la misura del verso. + + vv. 181-2. Alla fine di entrambi questi versi nel ms. è «mi + desplay», che guasterebbe la misura dei versi. + + v. 202: «quim». Il ms. ha «quin». + + v. 203: «quel». Il ms. ha «qual». + + v. 243: «vai». Il ms. ha «vas». + + v. 268: «anar». Il ms. ha «amar». + + v. 281: «cestui». Il ms. ha «testiu». + + v. 286: «deman'». Dovrebbe dire «demana»; ma allora mancherebbe + la rima. + + v. 312: «cars». Il ms. ha «anars». + + v. 313: «ris». Il ms. ha «nis». + + v. 320: «luecs». Il ms. ha «luets». + + v. 323: «las». Il ms. ha «lau». + + v. 331: «chantayritz». Il ms. ha «caucayritz». + + v. 397: «e sas». Il ms. ha «asas». + + v. 455: «s'eschai». Il ms. ha «s'eschar». + + v. 464: «amanz». Il ms. ha «emanz». + v. 470: «bom il». Il ms. ha «humil». + + v. 493: «ieu». Il ms. ha «ies». + + v. 506: «preposition». Il ms. ha «proposion». + + v. 554: «con vay cre». Il ms., con evidente errore di scrittura, + ha «ton vaycre». + + v. 564: «jen». La rima richiede «jen» e non «jeu», come ha il + ms. + + v. 612. Questo verso è guasto nel ms.: «Ara desiu es es vuoill + dir». + + v. 613: «i». Il ms. ha «e», errore che mi pare da attribuirsi a + svista di scrittura. + + v. 642: «trahic». Il ms. ha «tric», errore anche questo che mi + pare da attribuirsi al copista. + + vv. 646-'47. Fra questi due versi manca la rima, forse perché il + v. 647 non è di T., ma di Folchetto: altrove però il p. ha + sempre trovato modo di rimare i suoi versi con quelli citati. + + v. 687: «si mena». Il ms. ha «s'amena». + + v. 699: «cel qu'a dezhonor». Avrebbe dovuto dire «cel e + dezhonor». + + v. 700: «y es». Anche qui v'è certamente errore. Forse doveva + dire: «qui de demandar no s'atrai?». + + v. 733: «de sa rima». Il ms. ha «desari ni»; ma per me qui non è + dubbio che l'errore sia del copista. + + v. 749: «donch a ops». Il ms. ha «tocha ops»; ma anche qui mi + pare si possa credere ad un errore di scrittura. + + v. 784: «e menar». Il ms. ha, col solito errore che per me è + certo effetto di negligenza, «amenar». + + v. 788: «sai». Il ms. ha «seu». + + v. 791: «lo». Il ms. ha «ley». + + v. 803: «seretz». Il ms. ha «secretz». + + Correggo in fine il ms. che, certo per errore di scrittura, ha + «d'acord», invece di «de cort». Non credo di dover correggere il + «rahonable» del ms., sebbene forma catalana, perché + Terramagnino, che forse era a mercanteggiare nella Catalogna, + può aver introdotta, inavvertitamente, questa forma catalana in + luogo di «razonal». + + + + +GLOSSARIO + + +_acontamento_ — conoscimento. + +_acontanza_ — conoscimento, e anche avvicinamento. + +_acontare_ — conoscere. + +_acchiuso_ — chiuso (BACCIAR. DI MESSER BACONE, I, 48). + +_accorto_ — accolto (BACCIAR., canz. I, 35). + +_adagi_ (verbo) accomodi, piaccia (PANUCCIO, VII, 58). + +_adanno (s')_ — si danno. + +_aderenza_ — applicazione, adattamento? (PANUCCIO, X, 25: «ad onta... +aderenza» = nonostante che vi abbia applicato qualche conforto?) + +_adesso_ — subito (prov. _ades_). + +_agensa (m')_ — m'aggentilisce, mi piace (prov. _m'ajensa_). + +_agiuntare_ — aggiungere. + +_agra_ (agg.) — acerba, amara. + +_agra_ (verbo) — aggradisce? (PANUCCIO, canz. XII, 24). + +_alcona_ — alcuna (PANUCCIO, V, 57). + +_aldo_ — audo, odo (lat. _audio_). + +_alegera (m')_ — m'alleggera, m'alleggerisce. + +_alena_ (verbo) — allevia, alleggerisce. + +_alieno_ — inutile (PANUCCIO, X, 26). + +_alleggiare_ — alleggerire. + +_allegranza_ — allegrezza. + +_allenare_ — alleggerire. + +_allor_ — allorché. + +_altroi_ — altrui. + +_altura_ — altezza. + +_aigua_ — acqua. + +_amanza_ — amore. + +_amarore_ — amaro, amarezza. + +_amontare_ — salire (LEONARDO DEL GUALLACCA, 48). + +_amorta (s')_ — s'ammorta, s'uccide (prov. _amortar_). + +_angore_ — angoscia (lat. _angor_). + +_aparegli (m')_ — m'apparecchi. + +_arbítro_ — arbitrio. + +_arendere_ — rendere. + +_arimembrare_ — rimembrare. + +_argollianza_ — orgoglio. + +_arra_ — pegno, promessa, garanzia (NOCCO, 35). + +_ascosta_ — ascosa, nascosta. + +_aservirsi_ — asservirsi, obbedire (LEON. DEL GUALL., 71). + +_assessino_ — assassino. + +_assiso_ — fermo, costante (PANUCCIO, I, 30), anche fornito (LOTTO, I, +37). + +_ataupina (s')_ — diventa tapino, misero (PUCCIAND. MARTELLI, I, 57). + +_aulire_ — odorare. + +_autro_ — altro. + +_auso_ — oso (lat. _audeo_). + +_avanza_ — giova. + +_aventura_ — avventura, fortuna: «passa in aventura» = si espone alla +fortuna (BETTO METTEF., 54). + +_averrà_ — avverrá. + +_aviso_ — penso. + +_avraggio_ — avrò. + + +_baglía_ — balía (CIOLO DELLA BARBA, 37). + +_baglia_ (verbo) — «S'alcuna mi si baglia» (LEONARDO DEL GUALLACCA, +66) — S'alcuna cade in mio potere. + +_bailia_ — balía, potere. + +_balanza_ — bilancia, navicella. + +_baldore_ — baldanza. + +_bassanza_ — bassezza. + +_bastanza_ — sufficienza. + +_benenanza_ o _beninanza_ — bene, felicità, benignità. + +_beno_ — bene (NOCCO, 32). + +_'bento_ — abento, pace, riposo. + +_benvoglienza_ — benevolenza (prov. _benvolenza_). + +_blasmare_ — biasimare (prov. _blasmar_). + +_bonore_ — bene. + +_branco_ (verbo) — abbranco. + +_'brobbriosa_ — obbrobriosa. + + +_ca_ — che. + +_canoscenza_ — conoscenza, perizia, intelligenza (prov. +_coinossensa_). + +_capra_ — cappia, capisca, entri (PANUCCIO, canz. XII, 6 e son. XVIII, +4). + +_carezza_ — pregio (PANUCCIO, IX, 86 e PUCCIANDONE MARTELLI, I, 36). + +_calessa_ — delicatezza, gentilezza. + +_catuno_ — cadauno, ciascuno. + +_'ccorto_ — accorto. + +_celato_ — confidente. + +_cerna_ — scelta. + +_cèra_ — viso, aspetto. + +_cerne_ — cerni, spiega (PANUCCIO, canz. VIII, 91). + +_cernita_ — veduta? (PANUCCIO, XII, 51). + +_chente_ — quale. + +_cherenza_ — chiesta. + +_cherere_ — chiedere. + +_clero_ — chiaro. + +_chiostro_ — luogo chiuso. + +_ciòe_ — ciò. + +_coi_ — cui (PANUCCIO, I, 8). + +_colpa_ (verbo) — incolpa, colpisce, (LEON. DEL GUALLACCA, 46). + +_compagna_ — compagnia. + +_complire_ — effettuare: «complir sua disianza» — realizzare il suo +desiderio (PANUCCIO, III, 6). + +_como_ — come. + +_comone_ — comune. + +_compimento (a)_ — a perfezione. + +_comuno_ — comune: «parlo 'n comuno» (BACCIAR., son. IV). + +_condutto (riprendon)_ — riprendono il governo (PANUCCIO, VII, 71). + +_conservire_ — restar servo (PANUCCIO, V, 18). + +_considranza_ — considerazione. + +_consomare_ — consumare. + +_contanza_ — contezza, conoscenza (prov. _coidansa_). + +_contezza_ — conoscenza, familiaritá, amicizia. + +_conta_ (verbo) — tiene in conto, apprezza. + +_conto_ (agg.) — gentile. + +_conto_ — raccontato. + +_contra_ (avv.) — contro. + +_contra_ (sost.) — il contrario. + +_contrara (la)_ — il contrario: «contrara di gioia» (LOTTO, II, 31) — +il dolore. + +_convento_ — accordo. + +_converso_ — uomo, quando sia in contrapposizione a «donna». Vedi v. 7 +della canz. XIX di PANUCCIO DEL BAGNO: «ché donna, né converso». + +_coraggio_ — cuore (prov. _coratge_). + +_corale_ (agg.) — in cuore, che viene dal cuore: «coral foco» +(PANUCCIO, IV, 29), fuoco nel cuore. + +_corale_ (avv.) — cordialmente. + +_cordoglienza_ — cordoglio, dolore. + +_corenza_ — corrente (CIOLO DELLA BARBA, 30). + +_corto di ciascun bene_ — privo d'ogni bene. + +_covertora_ — copertura (LOTTO, I, 28). + +_cotidio_ — quotidianamente (PANUCCIO, X, 69). + +_creamento_ — creazione, opera (PANUCCIO, VI, 69). + +_cre'_ — credi. + +_credimento_ — credenza, fede. + +_criamento_ — creazione. + +_criare_ — creare. + +_croio_ — crudele. + +_crudero_ — crudele. + +_curamento_ — cura. + +_cusi_ — cosí. + + +_dannaggio_ — danno (prov. _damnatge_). + +_dea_ (verbo) — deva, debba. + +_defalto_ — fallo (PANUCCIO, XIV, 16). + +_defetto_ — difetto. + +_deggi_ — devi. + +_deletto_ — diletto. + +_delmi_ — me lo deve (BACCIARONE, III, 3). + +_dene_ — ne de', ne deve (PANUCCIO, X, 5). + +_deporto_ — diporto. + +_dési_ — devesi, si deve. + +_desentire_ — risentire? (PANUCCIO, VI, 78). + +_desiedere_ — cadere di seggio? (GERI GIANNINI, I, 11). + +_desplagire_ — dispiacere. + +_destene_ — distiene, trattiene? (PANUCCIO, X, 41). + +_deritto_ — diritto. + +_dia_ — dí. + +_día_ (verbo) — deva, debba. + +_dibonaire_ — amorevole, buono. + +_dicimento_ — dicitura (NATUCCIO CINQUINO, II, 4). + +_difensa_ — difesa. + +_digiunto_ — disgiunto. + +_dilibberare_ — liberare. + +_dipartuto_ — dipartito. + +_dischiaramento_ — schiaramento, fortuna, felicitá (PANUCCIO, X, 59). + +_disconciare_ — guastare, rovinare. + +_disconforto_ — disperazione, dolore. + +_discoperchio_ — discopro, scopro. + +_disformare_ — bruttare, guastare (BACCIARONE DI MESSER BACONE, I, +60). + +_disguiglianza_ — disuguaglianza (PANUCCIO, VII, 20). + +_disguiglio_ — disuguaglianza. + +_disidranza_ — desideranza, desiderio. + +_disnaturare_ — andare contro natura, cambiar natura (PANUCCIO, II, +23). + +_disovro_ — vado sopra, esagero (PANUCCIO, XI, 13). + +_disorrato_ — disonorato. + +_displagere_ — dispiacere. + +_dispero_ — disperazione (BACCIAR. DI MESSER BACONE, II, 96). + +_disragione_ — sragionevolezza, torto (PANUCCIO, VII, 97). + +_distretto_ — stretto, avvinto. + +_distringe (mi)_ — mi stringe, mi assedia. + +_disvene_ — disconviene (PANUCCIO, IX, 15). + +_dittato_ — dettato. + +_diverso_ — strano. + +_diviare_ — disviarsi, allontanarsi (PANUCCIO, X, 10). + +_diviso_ — penso (prov. _devizo_): anche far capire (PAN., canz. IX, +68) e far conoscere, annunziare (LOTTO, II, 67). + +_doblata_ — doppiata, doppia. + +_doglienza_ — dolore. + +_dolzore_ — dolcezza. + +_donqua_ o _donque_ — dunque. + +_dovereane_ — ne dovrebbe. + +_drittura_ — dirittura. + +_dubitanza_ — dubbio. + +_dutto_ — tratto, ricavato (NOCCO, 42). + + +_èe_ — ebbe (LOTTO, II, 17). + +_elegimento_ — elezione, scelta. + +_empera_ — impera (PAN., XIV, 1). + +_enchiostra_ (verbo) — è chiusa (PANUCCIO, XVI, 5). + +_ene_ — è. + +_eniquo_ — iniquo. + +_enver'_ — inverso, verso. + +_eo_ — io. + +_erro'_ — errore. + +_esta_ — codesta. + +_eternai_ — eternali, eterne. + + +_faite_ (verbo) — fate. + +_fallanza_ e _fallenza_ — errore (prov. _falhensa_). + +_falli_ (verbo) — manchi. + +_falligione_ — fallo. + +_falsía_ — falsitá, errore. + +_faraggio_ — farò. + +_fascia_ — fasci, lacci (BACCIAR. DI MESSER BACONE, I, 13). + +_fède_ — fiede, ferisce. + +_fene_ — fece. + +_fenire_ — finire. + +_fenita_ — finita, fine. + +_feo_ — feudo, servitú: «tegno 'n feo», tengo in servitú (GERI +GIANNINI, I, 16). + +_ferale_ — degno di fiera (detto della vita), non umano, che vive come +una fiera (PANUCCIO DEL BAGNO, VI, 45). + +_fiata_ (verbo) — odora. + +_fiato_ — respiro, vita: «non ben agiato fiato» — vita non comoda, non +felice (GERI GIANNINI, I, 7). + +_fier_ (verbo) — ferisce (PANUCCIO, XVIII, 2). + +_finare_ — finire. + +_finimento_ — fine. + +_fiore_ — punto (NATUCCIO, son. II, 5). + +_fiso_ — fisso, fermo; «volere fiso» (PAN., canz. II, 32): «credo +fiso» — credo fermamente (PANUCCIO, I, 27). + +_foi_ — fui (PANUCCIO, IV, 22). + +_folle_ (sost.) — mantice (PANUCCIO, XII, 70), dal lat. _follis_. + +_follore_ — follia. + +_for'_ — fuori, senza. + +_for' misora_ — senza misura. + +_fornire_ — bastare (LOTTO, I, 54). + +_forsi_ — forse. + +_franchezza_ — franchigia, libertá. + +_'frizzione_ — afflizione (PANUCCIO, VI, 104). + +_fuli_ — gli fu. + +_fumi_ — mi fu. + + +_gecchito_ — umile, abbattuto, stanco. + +_general_ (avv.) — generalmente. + +_gente_ — gentile. + +_gioglio_ — loglio. + +_giostra_ — briga (PAN., son. XVI, 4). + +_girèno_ — girerebbero. + +_gola_ (verbo) — s'allegri (da un supposto _golire_): «par gola» — +pare che s'allegri (LEONARDO DEL GUALLACCA, 20). + +_gola_ — (sost.) — brama (GALLO, II, 20). + +_golia_ (verbo) — agognava, bramava (GALLO, I, 13). + +_gradivo_ — gradito. + +_granare_ o _granire_ — sbocciare. + +_grato_ (sost.) — piacere (PANUCCIO DEL BAGNO, IX, 57). + +_greve_ — grave. + +_'guale_ — uguale (CIOLO DELLA BARBA, vv. 24-5: «'guali de li miei +desiri» — uguali, conformi a' miei desidèri). + +_gudire_ — guari (PANUCCIO, II, 73). + +_guerenza_ o _guirenza_ — guarigione (prov. _guerensa_, _guirensa_). + +_guerigione_ — guarigione. + +_guerire_ — guarire. + +_guerrero_ (o _guerrore_, come richiederebbe la rima) — nemico +(PANUCCIO, VI, 6). + +_guer mò_ — guari mo' (PAN., son. XIV, «non credo regni guer mò» — non +credo rimanga ora a lungo). + +_guigliardone_ — guiderdone, guadagno. + + +_i_ — le, a lei. + +_inchiarire_ — render chiaro, illuminare (PANUCCIO, II, 49). + +_increscimento_ — rincrescimento, dispiacere (LOTTO, II, 58). + +_in de_ — nella: «in de l'altezza» (CIOLO DELLA BARBA, 8). + +_indigenza_ — bisogno: «a sua indigenza — secondo il suo bisogno» +(PANUCCIO, X, 65). + +_infertà_ — infermitá (LOTTO, II, 1). + +_infinale_ — alla fine, finalmente (PANUCCIO, VI, 83). + +_infirma_ (verbo) — s'inferma, s'ammala (PANUCCIO, X, 4). + +_ingannevil_ — ingannevole. + +_inico_ — iniquo. + +_inorare_ — pregare (CIOLO DELLA BARBA, 16). + +_innantire_ — avanzare (prov. _enantir_). + +_innaurato_ — splendente (LOTTO, I, 14). + +_insegnamento_ — educazione, civiltá. + +_insembre_ — insieme. + +_insetatura_ — innestatura, innesto, (NOCCO, 10). + +_intendenza_ — inclinazione amorosa, amore. + +_intendimento_ — amore. + +_invegli_ — invecchi. + +_inverso_ — l'opposto: «far del dritto inverso» = far l'opposto del +diritto, del giusto (PANUCCIO, XIX, 3). + +_iscurezza_ — oscuritá. + +_isguardare_ — guardare. + +_isguardo_ — sguardo. + +_islealtate_ — slealtá. + +_ismarrimento_ — smarrimento. + +_ismisurare_ — essere fuor di misura (PANUCCIO, VIII, 59). + +_isperso_ — sperduto. + +_isperto_ — esperto. + +_isporto_ — sporto: «si che isport'è» — cosicché è sporto, cosparso +d'ogni gran male (GERI GIANNINI, II, 6). + +_istecco_ — stecco, spogliato come uno stecco (PANUCCIO, XVIII, 6). + +_istranare_ — uscire di strada, allontanarsi (PANUCCIO, V, 67). + +_isvariamento_ — varietà (PANUCCIO, VI, 64). + +_isvolere_ — disvolere, non volere. + + +_labore_ — fatica (lat. _labor_). + +_laido_ — brutto, disonesto. + +_lasso_ — laccio. + +_latino_ — facile. + +_launque_ — lá, ovunque. + +_leccera_ — leccona, ciana (ant. franc. lechiere), becera (LEON. DEL +GUALL., 17). + +_lei_ — a lei. + +_lena_ — fiato, respiro, le forze vitali (PANUCCIO DEL BAGNO, X, 28). + +_levare_ — alleggerire: «ma levar... no ha, ni ebbe, ni mai aver dia» +(PANUCCIO, X, 33-36) = ma non ha, né ebbe, né mai aver debba +alleggerimento. «Levar» ha qui forza di sostantivo. + +_li_ — gli. + +_locagione (fa)_ — ha luogo, dimora (BACCIARONE, p. 211, 11). + +_loco_ — dove (GALLO, II, 5, ecc). + +_'lor_ — allor. + +_lumero_ o _lumera_ — lume. + +_lungiamento_ — allungamento, continuazione di dolore. + +_luntano_ — lontano (PANUCCIO, V, 66). + + +_maggio_ (agg.) — maggiore. + +_magno_ — grande (lat. _magnus_). + +_mai che_ — fuorché (prov. _mas que_). + +_mainera_ — maniera. + +_malenanza_ — male (prov. _malenanse_). + +_malparlieri_ — sparlatori, diffamatori. + +_mancagione_ — mancanza, difetto. + +_manco_ (agg.) — manchevole. + +_mantenenza_ — mantenimento (PUCCIAND. MARTELLI, I, 35). + +_manto_ — molto (prov. _manto_). + +_marrimento_ — smarrimento. + +_matto (ne do)_ — Ne do scacco matto (l'immagine è tolta dal giuoco +degli scacchi), cioè supero tutti (GALLO, II, 60). + +_medela_ — medicina (lat. _medela_: PANUCCIO, X, 1). + +_me_ o _mei_ — meglio. + +_mei_ — me. + +_memòrare_ — ricordare. + +_memóra_ — memoria (PANUCCIO, VI, 29). + +_meno_ — me. + +_mevi_ — me. + +_mi_ — a me. + +_mina_ — mena (forma usata per la rima da PUCCIAND. MARTELLI, I, 70). + +_minaccio_ — minaccia (lat. _minacium_). + +_miraglio_ — specchio. + +_miro_ — medico (ant. franc. _mire_: LEON. DEL GUALL., 21). + +_mistero_ — mestiere, bisogno. + +_misera_ — miseria. + +_mò_ — ora (lat. _modo_). + +_molesta_ — molestia (PUCCIAND. MARTELLI, IV, 40). + +_monta_ (agg.) — montata. + +_montanza_ — aumento, sovrabbondanza. + +_montare_ — crescere. + +_mora_ — dimora, posa. + +_moraggio_ — morrò. + +_mormòro_ — mormorio. + +_mostranza_ — mostra. + +_munimento_ — difesa (lat. _munimentum_). + +_mutanza_ — mutazione. + +_'mprimera (all')_ — da principio. + + +_naturale_ (avv.) — naturalmente. + +_naturali_ (agg.) — naturale (CIOLO DELLA BARBA, 21). + +_'ncontradire_ — contraddire. + +_neente_ o _nente_ — niente. + +_neghire_ — inneghittire, poltrire. + +_nesciente_ — che non sa, che ignora. + +_neun_ — niuno, nessuno. + +_ni_ — né. + +_nighettoso_ — neghittoso. + +_nobel_ — nobile. + +_nocente_ — che nuoce, cattivo. + +_nochero_ — nocchiero. + +_nòe_ — no. + +_noia_ — affanno, dolore. + +_nome_ — forse per _nomo_ (PANUCCIO, XI, 58). + +_nonde_ — non ne. + +_norisco_ — nutrisco (CIOLO DELLA BARBA, 15). + +_'nvegliare_ — invecchiare. + + +_obbria_ (sost.) — oblio, dimenticanza. + +_obbriare_ — obliare. + +_obrio_ — oblio. + +_occupamento_ — offuscamento (PANUCCIO, X, 32). + +_odire_ — udire. + +_offenza_ (anche _offenzione_) — offesa, danno. + +_ognunque_ — ogni, qualunque. + +_oltragravoso_ — gravosissimo. + +_oltraselvaggio_ — piú che selvaggio. + +_ombra_ (verbo) — prende ombra (PANUCCIO DEL BAGNO, XII, 12). + +_onora_ — onore (CIOLO DELLA BARBA, 36). + +_ontare_ — fare onta, ingiuriare, contrastare (PANUCCIO, VI, 30). + +_ontoso_ — ingiurioso. + +_operamento_ — operazione. + +_oreglio_ — orecchio. + +_orgoglianza_ — orgoglio. + +_oranza_ — orranza, onore. + +_ordo_ (agg.) — orrido (sincope: ant. franc. _orde_). Riferito ad +Amore per le pene che apporta (PANUCCIO, VI, 90). + +_ove (comendi)_ — Lo lodi, ove (se) lo meriti (PANUCCIO, VII, 94). + +_ovi_ — ove. + +_ovra_ — opera. + +_ovra (s')_ — se opera. + + +_paga (si)_ — s'appaga (PANUCCIO, III, 9). + +_palpe_ — il MONACI intende che sia un cong. pres. di «palpare». Forse +il v. 39 della canz. di LEONARDO DEL GUALLACCA vuol dire: Molto ha di +male da toccare, cioè gli toccherà molto male. + +_paraggio (a)_ — a somiglianza, a paragone, a confronto (BACCIARONE DI +MESSER BACONE, I, 69). + +_paraggio_ (verbo) — parrò. + +_paroma_ — canapo di cui si servono i marinai liguri per legare la +nave (LEON. DEL GUALL., 26). + +_parato_ — pronto (lat. _paratus_). + +_pare_ — pari, uguale. + +_pareglio_ — pari, simile. + +_parimento_ — uguaglianza (PANUCCIO DEL BAGNO, IX, 32). + +_parlamento_ — parlata, favella: «lo mutulo torna in parlamento» — il +mutolo riprende la favella (GALLO, I, 26). + +_parli_ — pargli, gli pare. + +_parrea_ — parrebbe. + +_partagerò_ — mi partirò (GERI GIANNINI, I, 14). + +_partimento_ — partenza, fine (GALLO, I, 29). + +_parvente_ — apparente. + +_parvenza (a mia)_ — a mio parere (BACCIARONE, V, 6). + +_parvo_ — piccolo (lat. _parvus_). + +_pato_ — patisco. + +_patuto_ — patito. + +_penale_ — degno di pena, alla stessa guisa che «ferale» per «degno di +fera»: «Imperciò ch'è penale» (PANUCCIO, VI, 26) — perciocché è cosa +degna di pena. Oppure si deve leggere: «Imperciò che pena l'è»? + +_pensamento_ — pensiero. + +_pensivo_ — pensieroso. + +_pensria_ — penseria, penserebbe. + +_pentèro_ — pentimento (BACCIAR. DI MESSER BACONE, II, 99). + +_percepenza_ — intelligenza. + +_perdenza_ — perdita. + +_perdonanza_ — perdono. + +_pereggio_ — peleggio, puleggio, viaggio (BACCIAR. DI MESSER BACONE, +I, 35). + +_permirato_ — meraviglioso (PUCCIAND. MARTELLI, V, 11), dal lat. +permiratus. + +_persò_ — perciò. + +_perso_ — scuro, nero. + +_pesanza_ — noia, gravezza. + +_piacenza_ — piacere. + +_pietanza_ — pietá. + +_piggiore_ — peggiore. + +_pintura_ — pittura. + +_piò_ — piú. + +_piú via troppo_ — sempre piú (PANUCCIO, V, 48). + +_plagente_ — piacente. + +_plagenza_ — piacere. + +_plagimento_ — piacere, bellezza che dá piacere a chi la mira. + +_plangére_ — piangere. + +_pò_ — può. + +_poderato_ — rinforzato, aumentato (PANUCCIO, VI, 15). + +_poderoso_ — potente, forte. + +_podere_ — potenza, forza: «a podere» — a tutta forza (PANUCCIO, VII, +113). + +_podire_ — potere. + +_pogo_ — poco. + +_ponta, (si)_ — si sforza. + +_porò_ — potrò. + +_portatura_ — portamento. + +_posa_ — sosta, dimora (PANUCCIO, XX, 5). + +_possa_ — poscia (BETTO METTEF., 51): «da possa» — da poi che (GERI +GIANNINI, II, 16). + +_postra_ — poscia (PAN. DEL B., XVI, 11). + +_potimento_ — potenza (PANUCCIO, VI, 86). + +_potrèno_ — potrebbero. + +_poso_ — riposo (PANUCCIO DEL B., III, 76). + +_possibile (a)_ — quanto piú può (PANUCCIO, X, 5). + +_prendimento_ (anche _prendenza_) — presa. + +_primero_ — primiero. + +_pro_ (sost.) — l'utile. + +_prode_ — valore. + +_profittabile_ — profittevole. + +_propunto (ci)_ — c'insisto (LEON. DEL GUALL., 36). + +_provedenza_ — provvidenza, avvedimento (PANUCCIO, canz. II, v. 12). + +_prunto_ — pronto. + +_puosi_ — si può. + + +_quito_ — quieto (LOTTO, I, 67): forma usata per necessitá di rima. + + +_raffino_ — divengo piú fine: «raffino 'n servire» — divengo migliore +nel servire a madonna (BETTO METTEFUOCO, 24). + +_rancura_ — affanno, tormento. + +_redenza_ — redenzione (LOTTO, II, 39). + +_regnare_ — stare, dimorare. + +_remiro_ — aspetto. +_reo_ — crudele. + +_resedere_ — risiedere (NATUCCIO CINQUINO, I, 12). + +_resto_ — resta (lat. _arista_), spiga (GALLO, II, 56). + +_risurgere_ — far risorgere: «se risurgi la mia mente» (PUCCIAND. +MARTELLI, I, 62). + +_ruga_ — strada (franc. _rue_). + + +_saluta_ — saluto (LOTTO, I, 33). + +_sapo_ — so (lat. _sapio_). + +_sapra_ (_si_) — si saprá (PAN., son. XVIII, v. 8). + +_savemo_ — sappiamo. + +_savire_ — sapere. + +_sbaudire_ — perdere baldanza (GALLO, I, 20). + +_scalcata_ — soppiantata (PANUCCIO, VII, 23). + +_sconoscenza_ — ignoranza, ingratitudine. + +_scora_ — scura, oscura (PANUCCIO, I, 66). + +_scordanza_ — discordia. + +_segondo_ — secondo. + +_semblanza_ — sembianza, somiglianza. + +_semblare_ — assomigliare. + +_sensa_ — sensi, sentimenti (PUCCIANDONE, V, 11). + +_sentire_ — sentimento, opinione: «al mio sentire» — a mio avviso. + +_sentore_ — sentimento (PANUCCIO, I, 41). + +_sería_ (anche _serea_) — sarebbe. + +_serra_ — montagna (LEON. DEL GUALL., 43, ecc.) + +_servente_ — servitore. + +_servimento_ — servizio. + +_sguardare_ — guardare. + +_siccomo_ — siccome. + +_signoraggio_ — signoria (prov. _senhoratge_). + +_siguranza_ — sicurezza. + +_sigurare_ — assicurare (GALLO, I, 42). + +_silvaggio_ — selvaggio, inusitato, strano. + +_simel_ — simile. + +_simiglia_ — simili, pari (PANUCCIO, II, 16). + +_smirare_ — rimirare. + +_snaturare_ — allontanarsi da natura (NOCCO, 28). + +_sodutto_ — sedotto; ma anche guasto, distrutto (PANUCCIO, VII, 28). + +_sofferea_ — soffrirebbe. + +_sofferenza_ — paziente attesa. + +_sofferrá_ — soffrirá. + +_soffrenza_ — sofferenza. + +_soffriraggio_ — soffrirò. + +_soi_ — suoi. + +_sòl_ — suole. + +_solaccio_ — sollazzo (lat. _solacium_). + +_sommiso_ — sottomesso. + +_somovere_ — muovere, spingere (PANUCCIO, XV, 5). + +_sonde_ — ne sono. + +_soperchio_ — sovrabbondanza. + +_sormontare_ — salire in alto. + +_soverchianza_ — sovrabbondanza. + +_sovramagiore_ — grandissimo. + +_sovrapiagente_ — piacentissima. + +_sovro_ (verbo) — vado sopra, da un supposto _sovrare_ (PANUCCIO, XI, +16). + +_sovro_ (avv.) — sovra, sopra. + +_spera_ — speranza (prov. _esper_). + +_spera_ — specchio. Anche oggi in Toscana si dice «spera» per +«specchio». + +_speramento_ — speranza. + +_spiacimento_ — dispiacimento, dispiacere (LOTTO, II, 59). + +_spietosa_ — spietata, senza pietá (LOTTO, II, 53). + +_spiramento_ — ispirazione. + +_sporto_ — porto (PANUCCIO, V, 53): da _sporgere_, porgere: v. nel _De +quinquaginta curialitatibus_ di BONVESIN DA RIVA, II, 56 «on sporze a +verun altro ch'è tego in compania». + +_sprefondato_ — sprofondato. + +_sprendiente_ — splendente. + +_sre'_ — sarebbe (PANUCCIO, X, 14). + +_stallo_ — stanza, dimora. + +_stasso_ — stanza (BACCIAR. DI MESSER BACONE, I, 56). + +_stata_ — stato, stanza (LOTTO, I, 3). + +_stato_ — fine: «senza stato» — senza fine (PANUCCIO, VI, 97). + +_sterra_ (verbo) — caccia fuori della terra (BACCIARONE, III, 24). + +_stettamento_ — lenimento? (PANUCCIO DEL BAGNO, X, 16). + +_storte_ — storture (GERI GIANNINI, I, 5: «male storte» — disgrazie, +contrarietá). + +_stremosa_ — estremitá, estremi mali (PANUCCIO, X, 17). + +_strò_ — starò (sincope). + +_suggizione_ — suggezione, servitú. + +_suoie_ — sue (PANUCCIO, IX, 24, 26). + +_svariare_ — cambiare. + + +_tembra (la fior tembra)_ — (CIOLO DELLA BARBA, 40): la santoreggia +del monte San Giuliano. + +_terzoletto_ — anche terzuolo, una specie di vela: v. il _Dizionario_ +del TOMMASEO-BELLINI, che cita un esempio del _Ciriffo Calvaneo_. + +_testimonia_ — testimonianza. + +_tinore_ — tenore. + +_tormentare_ — agitare come in una tormenta, tempestare (PUCCIAND. +MARTELLI, IV, 33). + +_tormento (vivere a)_ — vivere in tormenti (GALLO, I, 32). + +_torte_ — fasci, legami. + +_torte_ (avv.) — a torto: «dannato 'n torte» — dannato a torto (GERI +GIANNINI, II, 5). + +_torto_ — tolto (BACCIARONE, III, 7). + +_totta_ — tutta. + +_tragállo_ — trággalo, lo tragga (LEON. DEL GUALL., 59). + +_tragetto_ — tragitto. + +_tralassato_ — tralasciato, abbandonato. + +_trappare_ — acchiappare (franc. atraper: LEON. DEL GUALL., 28). + +_trasatto_ — lasciato (PUCCIANDONE MARTELLI, IV, 45: «ma poi mi n'ha' +trasatto», ove, anche per quel che precede, il senso mi pare questo: +Ma poi tu, o Amore, m'hai lasciato un po' di pace). + +_treccera_ — ingannatrice (ant. franc. _trichere_), falsa (L. DEL +GUALL., 14). + +_tristore_ — tristezza, male. + +_tuba_ — tromba (lat. _tuba_). + +_turberea_ — turberebbe. + +_tutto_ — tuttoché, sebbene (PANUCCIO, II, 35). + +_tuttore_ — sempre: vale spesso anche «sebbene». + + +_u — o_, ovvero. + +_umelia (s')_ — s'umilia. + +_umeltá_ — umiltá. + +_unde_ — onde, ne, di cui. + +_usanza_ — uso, abitudine. + +_uso_ — esperienza. + +_uvi_ — ove (PANUCCIO, XI, 28). + + +_valca_ — valica, passa. + +_valenza_ — valore. + +_valimento_ — valore. + +_vallo_ — valle. + +_varco_ (sost.) — valico, passo. + +_veglio_ — vecchio. + +_veno (si)_ — si vedono (BACCIAR. DI MESSER BACONE, I, 23). + +_ventare_ — dare vento, soffiare (Panuccio, xii, 71). + +_veo_ — vedo. + +_verdero_ — verziere, verde prato, giardino. + +_ver'_ — verso. + +_vero_ (avv.) — veramente. + +_vertá_ — veritá. + +_vertú_ — virtú. + +_vertudioso_ — virtuoso. + +_vertudiosamente_ — virtuosamente. + +_vesi_ — si vede. + +_vilezza_ — viltá. + +_vinde_ — ve ne (CIOLO DELLA BARBA, 36). + +_visare_ — avvisare, esser d'avviso, capire. + +_vivente_ (al _meo_) — in vita mia. + +_vizo_ — vizio. + +_voglia (portare)_ — aver voglia. + +_voglienza_ — voglia. + +_voi'_ — voio, voglio (BACCIAR. DI MESSER BACONE, II, 81). + +_voito_ — vuoto. + +_volno_ — vogliono. + +_vorea_ e _vorrea_ — vorria, vorrei. + + +NOTE: + +[1] Per la risposta di Dotto Reali, si veda fra i Rimatori lucchesi. + +[2] Mi corre l'obbligo di ringraziare vivamente il prof. Flaminio +Pellegrini, che con la sua molta dottrina e con l'autorevole consiglio +mi ha efficacemente aiutato in questa nuova edizione dei _Rimatori +pistoiesi_ e anche in quella dei _Rimatori pisani_. + +[3] Furono presi in esame da: + +G. BERTONI, in _Zeitschrift für rom. Philologie_, XXX [1906], 342-5; + +M. PELAEZ, in _Rassegna bibl. della letter. ital._, XIV [1906], 292-4; + +G. ZACCAGNINI, in _Rassegna critica della letter. ital._, X [1907], +34-8; + +B. WIESE, in _Archiv für das Studium der neueren Sprachen und +Literaturen_, CXVII [1907], 214-223; + +V. ROSSI, in _Giornale storico della letter. ital._, XLIX [1907], +373-383; + +K. VOSSLER, in _Literaturblatt für germ. und rom. Philologie_, XXVIII +[1907], 290-4. + +[4] Osservò giá il ROSSI, _Gior. st. d. letter. it._ cit., XLIX, 374 e +n. I, che questo rimatore non è da ritenere come notaio: nei documenti +egli è costantemente e unicamente designato come «_iudex_». + +[5] Il prof. A. Zenatti cortesemente mi comunica che questo rimatore +deve proprio chiamarsi «Bonodito», come giá noi congetturammo: cfr. _I +Rimatori lucch._, p. XXXVII. Egli ne fornirá la prova. + +[6] Cfr. _I Rim. lucch._, pp. LXXIII-IV. + +[7] Cfr. pure ROSSI in _Gior. stor. cit._, XLIX, 377 e ZACCAGNINI in +_Rass. crit._ cit., XI, 37. + +[8] _Gior. stor. cit._, XLIX, 378. Cfr. pure WIESE in _Archiv_ cit., +CXVII, 214. + +[9] Il WIESE, _Archiv_ cit., CXVII, 214, dubita anche della paternitá +dei due sonetti «Gli vostri occhi ch'e' m'hanno divisi» (n. XVII) e +«Con sicurtá dirò po' ch'i' son vosso» (n. XVIII); ma non adduce +alcuna prova che confermi il suo dubbio. Lo stesso dicasi del +TOMMASINI-MATTIUCCI, _Bonagiunta Orbicciani nel canto XXIV del +Purgatorio_, Cittá di Castello, 1911, p. 20, n. 2: cfr. pure, per il +son. XVII, VOSSLER in _Literaturblatt_ cit., XXVIII, 291. E allora? Il +loro valore nella produzione poetica di Bonagiunta fu rilevato nel +nostro saggio, _Sulla cronologia e sul valore delle rime di B. O. da +Lucca_, Messina, 1902, pp. 39-40. A tal proposito è massimamente +prezioso il son. XVII «Gli vostri occhi»; per quanto anche il n. XVIII +«Con sicurtá», pur dopo la nuova interpretazione, possa sempre offrire +un appoggio alla nostra tesi. La quale, sia detto di passaggio, ha +trovato un deciso avversario nel TOMMASINI-MATTIUCCI, _Bonagiunta +Orbicciani_ cit. Ma ad altri (vedili ricordati quivi stesso, pp. 28-9) +non è parsa poi del tutto cosí ardita da doversi senz'altro metter da +parte. + +[10] A. FR. MASSÈRA, _Una ballata sconosciuta di Bonagiunta +Orbicciani_, in _Rass. bibl._ cit., XIV, 210 sgg. I vv. 11, 13, 23, +62, come settenari, apparrebbero veramente allontanarsi dallo schema +metrico proposto: _a5 a6 a6 x7_; _a7 b8 a7 b8_; _c6 c5 c6 x7_. Ma è da +notare che i vv. 11 e 62 comincian per vocale, e interviene pertanto +un'elisione con la finale del v. pr. Nel v. 13, sintatticamente, è +possibile anche la soppressione del _se_ con cui comincia, se pure non +è, come nel v. 23, una di quelle apparenti anomalie metriche, che la +musica faceva scomparire, di cui non mancano esempi: cfr. A. FR. +MASSÈRA, _Il serventese romagnolo del 1277_, in _Archivio st. ital._, +1914, disp. 1ª, p. 10, n. 1 dell'estr. + +[11] _I Rim. lucch._, cit., p. LXXVIII. + +[12] S. DEBENEDETTI, _Nuovi studi sulla Giuntina di rime antiche_, +Cittá di Castello, 1912. Cfr. poi, a proposito di tale pubblicazione, +_F. Pellegrini_, in _Rass. bibl._ cit., XXI [1913], 12 sgg. + +[13] Cfr. _Rass. bibl._ cit., XXI, 18-9. La correzione del secondo +passo: «Considerando tutto quel ch'è detto», ecc. è giá in VALERIANI, +I, 511. + +[14] Vedi anche _I Rim. lucch._, pp. LXXVIII-IX. + +[15] Il Bertoni proporrebbe una rivendicazione anche per le due +canzoni «Oramai lo meo core» (per questa canz. vedi pure PELAEZ, +_Rass. bibl._ cit., XIV, 294) e «Sovente, Amore, aggio visto manti»: +cfr. _Zeitschrift_ cit., XXX, 344. Ma le sue argomentazioni non son +riuscite a scuotere la nostra ancor come un tempo ferma opinione in +contrario. + +[16] La prima edizione, con tutto l'apparato critico, mette in grado +di rendersi conto di ogni piú piccola mutazione. Ogni nuova congettura +fu esplicitamente avvertita. + +[17] Cfr. _I Rim. lucch._ cit., p. XCII. + +[18] Gli schemi che raggruppammo alle pp. LXVI-VIII de _I Rim. lucch._ +cit., prima di esser citati, è necessario controllarli con quelli di +questi nuovi testi. + +[19] _Rima siciliana, rima aretina e bolognese_, in _Bull. d. soc. +dantesca ital._, XX [1913], 123, n. 1. A proposito di questo articolo +cfr. tuttavia G. BERTONI, in _Fanfulla della domenica_, XXXVI [1914], +25 gennaio. + +[20] Cfr. _Zeitschrift_ cit., XXXI, 178. + +[21] PARODI, _Rima siciliana_ cit., pp. 136-8. + +[22] Il Petrocchi, _Novo dizionario_, ad v., registra questa forma per +l'ant. ital.; ma non dá esempi. + +[23] È un difetto, in cui cade il WIESE, ad es., nella recensione +citata. Per conto mio, lo iato, spesso dato anche dall'accordo dei +cdd., giustifica sicuramente i vv. c. VIII, 2 e 14, IX, 41; dis. 1, 5, +6, 10; ball. I, 33; ecc.; sono da considerare, senz'altro, come +bisillabi: «lui» nei son. II, 8 e IV, 8 della tenzone fra il Gonnella, +Bonagiunta e Bonodico, «poi» nel son. I, 2 della tenzone fra +Bartolomeo e Bonodico, e come trisillabo: «assai» in D. R. c. I, 67; +né credo che, a causa della cesura, debbano modificarsi, ad es., c. +VIII, 17 e ball. II, 13-4 e 23-4. + +[24] La misura del verso esige senza discussione «ciera» in ball. IV, +25. + +[25] Cfr. D'ANCONA e COMPARETTI, _Le antiche rime volgari_, Bologna, +1875, I, p. XX e n. I. A proposito del son. I di Dotto Reali, che non +è compreso nel Vat. 3793, cfr. sempre quivi. + +[26] Le canz. I e III di Bonagiunta, che sono nel Vat. 3793, non son +quivi trascritte; ma per la I, a 284r, a sinistra, nel margine, è +notato: «Auegna che partensa. 294. Reale», e per la III, a 129r, +sempre nel margine, a sinistra: «Similen.te honor. 124. Reale», con +richiami manifesti (294 e 124) al Vat. 3793. + +[27] Vedasi su di esso BARBI, _Per un sonetto attribuito a Dante e per +due codici di rime antiche_, in _Bull. d. soc. dantesca ital._, XVII +[1910], p. 255 sgg. + +[28] BARBI, _Per un sonetto_ cit., p. 255. Dá anche come di Bonagiunta +le due canz. «Donna amorosa» (p. 109 e «La mia amorosa mente» +(p. 111), che nel Pal. 418 seguivano adespote alla ball. I +dell'Orbicciani. + +[29] Il primo verso del son. I si trova pure riferito a p. 739; cosí +il primo verso del son. IV è a p. 789. + +[30] Cfr. BARBI, _Per un sonetto_ cit., p. 256 sgg. + +[31] Solo il v. 8 del son. I: «Che passa or sôma luce e di valore» — +altre poche varianti non hanno alcuna importanza — se ne allontana +alquanto. Ma dipende certo dal desiderio del trascrittore di dare un +senso, suo, al passo tormentatissimo. + +[32] Il NANNUCCI pubblica anche come di Bonagiunta la canz. «Tanto di +fino amore son gaudente», avvertendo che essa insieme con la ball. +«Donna, vostre belleze» «dall'editore fiorentino [VAL., I, 433] sono +assegnate al Saladino da Pavia; ma nel Codice Pucciano, in quello di +Pier del Nero ed in altri, vanno sotto il nome del nostro Bonaggiunta» +(_Manuale_ cit., I, 195). È certo una svista, perché si fatta canzone, +in tutti i cdd. in cui si trova, è attribuita al Saladino: cfr. G. B. +FESTA, _Bibliografia delle più antiche rime volgari italiane_, in +_Romanische Forschungen_, XXV [1908], 2, p. 596, n. 614. + + +ERRATA CORRIGE + + p. 143, v. 4: estat' corr. e stat' + + p. 154, v. 69: i' spero » ispero + + p. 156, v. 59: ad ella » d'ella + + p. 179, v. 10: aver » viver + + + + +INDICE DEI CAPOVERSI + + + A cui prudenza porge alta lumera, Pag. 209 + Aldendo dire l'altèro valore, 210 + A me adovene com'a lo zitello, 82 + Amore amaro, a morte m'hai feruto, 17 + Amore, perché m'hai, 181 + Amor s'ha il mio voler miso di sovra, 179 + A piò voler mostrar che porti vero, 105 + A scuro loco conven lume clero, 15 + Avegna che partensa, 49 + + Ben mi credea in tutto esser d'Amore, 65 + + Certo, non si convene, 97 + Chi nel dolore ha bona sofferenza, 210 + Chi va cherendo guerra e lassa pace, 87 + Compiutamente mess'ho intenzione, 185 + Con sicurtá dirò, po' ch'i' son vosso, 89 + Considerando l'altera valenza, 7 + Considerando la vera partenza, 155 + Credea essere, lasso, 137 + + De la fera infertá e angosciosa, 215 + De la rason, che non savete vero, 92 + De la rota son posti esempli assai, 28 + Del dolor tant'è 'l soverchio fero, 20 + Dentro da la nieve esce lo foco, 83 + Dev'omo a la fortuna con coragio, 80 + Di ciò che 'l meo cor sente, 101 + Di dir giá piú non celo, 169 + Dimme, Amore: vorestú tornare, 29 + Di sí alta valenz'a signoria, 145 + Dogliosamente con gran malenanza, 99 + Dolendo, amico, di gravosa pena, 175 + Dolorosa doglienza in dir m'adduce, 161 + Donna, vostre bellezze, 73 + + El nom de Dieu qu'es subiranz, 224 + Eo so ben ch'om non poría trovar sagio, 85 + + Fèra cagione e dura, 23 + Fermamente intenza, 77 + Feruto sono e chi di me è ferente, 80 + Fin amor mi conforta, 55 + Fina consideransa, 51 + Fior di beltá e d'ogni cosa bona, 213 + + Giá non sète di senno sí legieri, 95 + Gli vostri occhi ch'e' m'hanno divisi, 88 + Gioia né ben non è senza conforto, 57 + Gravoso affanno e pena, 21 + Greve di gioia — pò l'om malenanza, 219 + + In alta donna ho miso mia 'ntendanza, 135 + Infra le gioi' piacenti, 61 + + La dolorosa e mia grave doglienza, 152 + La dolorosa noia, 158 + L'altrier, dormendo, a me se venne Amore, 29 + L'altrier pensando mi emaginai, 30 + Lasso di far più verso, 178 + Lasso, sovente — sent'e' — che natura, 173 + Lo fermo intendimento, ched eo aggio, 187 + Lo gran presgio di voi si vola pari, 87 + Lontana dimoranza, 25 + + Madonna, vo' isguardando senti' amore, 192 + Madonna, vostr'altèra canoscenza, 5 + Madonna, vostr'altèro plagimento, 143 + Magna ferendo me tuba 'n oregli, 206 + Magna medela a grave perigliosa, 167 + Meo fero stato — nato — è sí forte, 205 + Molto si fa biasmare, 72 + Movo di basso e vogli' alto montare, 88 + + Naturalmente falla lo pensero, 93 + Ne l'amoroso foco molti stanno, 84 + Nel tempo averso om dé' prender conforto, 90 + Non posso proferir quant'ho voglienza, 180 + Non so rasion, ma dico per pensero, 92 + Non volontá, ma omo fa ragione, 14 + Nova m'è volontá nel cor creata, 195 + Novellamente amore, 56 + + Ogni meo fatto per contrario faccio, 30 + Oi, amadori, intendete l'affanno, 69 + Omo, ch'è sagio ne lo cominciare, 81 + + Parlare scuro, dimandando, dove, 16 + Pensando ch'ogni cosa aggio da Dio, 13 + Pensávati non fare indivinero, 93 + Per fino amore — lo fiore — del fiore — avragio, 85 + Però che sète paragon di sagio, 86 + Piggiore stimo che morso di capra, 177 + Poi che mia voglia varca, 171 + Poi contra voglia dir pena convene, 150 + Poi dal mastro Guitton latte tenete, 223 + Poi di tutte bontá ben se' dispári, 86 + Poi sento ch'ogni tutto da Dio tegno, 12 + Poi sono stato — convitato — a corte, 206 + Preg'a chi dorme ch'oramai si svegli, 176 + + Qual omo è su la rota per ventura, 81 + Quando apar l'aulente fiore, 63 + Quando vegio la rivera, 67 + Quattr'omin son dipinti ne la rota, 31 + + Rapresentando a conoscenza vostra, 175 + + Saver, che sente un piciolo fantino, 83 + Se doloroso a voler movo dire, 202 + Se 'l filosofo dice: — È necessaro, 10 + S'eo sono innamorato e duro pene, 75 + Se quei che regna e 'n segnoria empera, 174 + Sí come 'l pescio al lasso, 139 + Sí dilettosa gioia, 148 + Sí forte m'ha costretto, 199 + Signor senza pietanza, udit'ho dire, 191 + Similemente canoscensa move, 105 + Similemente, — gente — criatura, 194 + Similemente onore, 52 + Sovente aggio pensato di tacere, 3 + Sovrapiagente mia gioia gioiosa, 179 + Sperando lungamente in acrescenza, 59 + + Tal è la fiamma e 'l foco, 76 + Tanto saggio e bon poi me somegli, 19 + Tua scritta intesi bene lo tinore, 211 + Tutto el tempo del mondo m'è avenuto, 33 + Tutto lo mondo si mantien per fiore, 82 + Tuttora aggio di voi rimembranza, 190 + + Una rason, qual eo non sacio, chero, 91 + Un nobel e gentil imaginare, 28 + Uno giorno aventuroso, 60 + + Vacche né tora piò neente bado, 11 + Valenz senher, rei dels Aragones, 27 + Vero è che stato son manta stagione, 164 + Vita noiosa pena soffrir láne, 17 + Voi, ch'avete mutata la mainera, 79 + Vostra piacenza — tien più di piacere, 84 + Vostro saver provato m'è mistieri, 94 + + + + +INDICE + + + I — RIMATORI PISTOIESI + + I. MEO ABBRACCIAVACCA. + + _Canzoni._ + I. Amore non è cagione di pene ma di gioia, p. 3 + II. Nella donna, piú che la beltá, è da stimarsi la saggezza, 5 + III. Fra i tormenti d'Amore si rallegra, pensando alla virtú + della sua donna, 7 + + _Sonetti._ + I. A fra Guittone. Se possiamo spegnere gli stimoli della + generazione, non astenendoci dal bere e dal mangiare, 10 + II. Al medesimo. Tornato di Francia, espone le sue miserie, 11 + III. Al medesimo. Se Dio possa usare misericordia verso di + lui peccatore, ivi + IV. Al medesimo. Sul medesimo argomento, 12 + V. A Bindo d'Alessio Donati. Rimprovera l'amico d'essersi + perduto in vizi carnali, 13 + VI. A Dotto Reali. Come mai l'anima, che è formata da Dio, + possa essere sopraffatta da altre cure, 15 + VII. Al medesimo. Si lamenta che gli sia stato risposto + oscuramente circa la questione esposta nel sonetto che + precede, ivi + VIII. A Monte d'Andrea. Eviti le pene d'amore, mutando luogo, 17 + IX. Amore gli renda piú pietosa la sua donna, ivi + + II. SI. GUI. DA PISTOIA. + + I. A Geri Giannini da Pisa. Si compiace dell'amicizia + offertagli da Geri, 19 + II. Prega Dio che lo liberi dal dolore che l'affanna, 20 + + III. LEMMO ORLANDI. + + Canzone I. Si duole con Amore che la sua donna, da benigna, + sia ora diventata con lui crudele, 21 + Canzone II. Adducendo il triste esempio di se medesimo, che, + senza saper perché, fu abbandonato dalla sua donna, esorta, + chi voglia aver ricompensa del proprio amore, di scegliere + una donna piacente e saggia, 23 + Canzone III. È combattuto dalla necessitá di partire e dal + dolore di dover lasciare la sua donna, 25 + + IV. PAOLO LANFRANCHI. + + I. Esorta il re d'Aragona a prepararsi a difendersi dal re + di Francia, 27 + II. Ricorda a un uomo, superbo della sua ricchezza, + l'instabilitá della fortuna, 28 + III. Risveglio doloroso, ivi + IV. Amore gli dona in sogno un fiore della sua donna, 29 + V. Amore manifesti alla sua donna le sue pene, ivi + VI. Amara delusione, 30 + VII. Lamenta l'avversa fortuna, che gli fa fare sempre il + contrario di quel che vorrebbe, ivi + VIII. Vicende di fortuna, 31 + + V. MEO DI BUGNO. + + Coscienza netta non cura farneticar di gente, 33 + + NOTA, 35 + + GLOSSARIO, 43 + + + II — RIMATORI LUCCHESI + + I. BONAGIUNTA ORBICCIANI. + + _Canzoni._ + I. È colpito dalla sventura; ma non perciò tralascerá di + cantare la gioia che gli viene a mancare, 49 + II. Rinasce all'amore, perché la donna sua lo esorta a + sperare, 51 + III. Sulla natura dell'onore e del piacere, 52 + IV. Si consola per aver ottenuto ciò che desiderava, 55 + V. Lodi della sua donna, 56 + VI. Ama la sua donna, della quale loda le virtú; ma non ha + coraggio di manifestarle il suo amore, 57 + VII. Dopo aver parlato della lotta, che combatte per la sua + donna, disserta sul ben fare e sulla follia, 59 + VIII. Lodi dell'amore: prega madonna che lo voglia amare, 60 + IX. Si rallegra pensando alla gioia che spera d'avere, 61 + X. Non ha l'amore della sua donna e vorrebbe dimenticarla: + non essendogli ciò possibile, invoca da lei la fine dei + suoi mali, 63 + XI. Credeva di non essere amato: ma ha avuto torto. E n'è + lietissimo, 65 + + _Discordi._ + I. Invita pulzelle e maritate a darsi alla gioia e all'amore, 67 + II. Si lamenta della durezza della donna sua, che un tempo + lo aveva fatto sperar bene: ha fiducia però ch'ella un + giorno muti pensiero, 69 + + _Ballate._ + I. Non si vantino le proprie virtú. Dio disperda chi male + amministra la giustizia, 72 + II. Varie e tante son le bellezze della donna sua, 73 + III. Se il poeta è rimeritato del suo affetto, sará il piú + felice tra gli amanti, 75 + IV. L'innamorata arde d'amore e prega l'amante, se ha + intenzione di continuare nella sua fierezza, di volerla + piuttosto uccidere, 76 + V. Calda e viva esortazione dell'onore, 77 + + _Sonetti._ + I. Al Guinizelli. Disputa sulla nuova maniera di poetare, 79 + II. L'uomo deve resistere fortemente ai colpi di fortuna, 80 + III. Sebbene ferito, tacerá, perché cosí spera di vincere la + durezza della donna sua, ivi + IV. Chi ha la fortuna favorevole non si rallegri troppo, 81 + V. Non basta cominciare bene: perseverare bisogna, ivi + VI. È come il fanciullo, che torna al fuoco ove s'è bruciato, 82 + VII. Giuoca intorno alla parola «fiore», ivi + VIII. Piú la ama e piú ella non cede, 83 + IX. Senza sapere, i signori possono perdere la signoria, ivi + X. Ella ha in sé ogni cosa piacente, ogni valore, ogni + conoscenza, 84 + XI. Molti amano non ricompensati, e il poeta è fra questi; + ma sarebbe cortesia che il suo amore fosse un giorno + veramente compreso, ivi + XII. Si sente lieto, ché, per ben servire, otterrá l'amore + di lei: ma non ne fa mostra, 85 + XIII. + 1. Di un anonimo a Bonagiunta. Come farsi riamare dalla + sua donna, ivi + 2. Risposta di Bonagiunta. Il vero amore cresce per il + servire e per il tacere, e non per il parlare, 86 + XIV. + 1. Di un anonimo a Bonagiunta. Domanda se debba o no + manifestare alla donna il suo amore, ivi + 2. Risposta di Bonagiunta. Vero amore è quello che è noto + tanto all'uomo quanto alla donna, 87 + XV. Si rifletta prima di operare e di dire, ivi + XVI. Vuol salire in alto sulla sedia del comando, 88 + XVII. Loda le bellezze di lei, » ivi + XVIII. Per quanto abbia pregato la Madonna, non ha potuto + levar gli spiriti malvagi da alcuni sonetti, 89 + + _Sonetto di dubbia autenticitá._ + Spera di ritornar lieto, 90 + + II. TENZONI. + + I. _Tenzone fra Gonnella Antelminelli, Bonagiunta e Bonodico._ + I. Gonnella a Bonagiunta. Perché il ferro si lima col ferro, 91 + II. Risposta di Bonagiunta a Gonnella. L'un ferro vince + l'altro per forza dell'acciaio, 92 + III. Risposta di Bonodico a Gonnella. Il ferro corrode il + ferro per artifizio, ivi + IV. Risposta di Gonnella a Bonagiunta. Perché vera arte + non si può imparare?, 93 + V. Risposta di Bonagiunta a Gonnella. L'arte corregge la + natura; ma, mentre vuol sollevarla, non cerchi + d'opprimerla, ivi + + II. _Tenzone fra Bartolomeo e Bonodico._ + I. Bartolomeo a Bonodico. Se donna gentile debba amare + amante baldo e ardito o incerto e dubbioso, 94 + II. Bonodico a Bartolomeo. Donna valente deve amare colui + che a lei piaccia, 95 + + III. GONNELLA DEGLI ANTELMINELLI. + + _Stanza._ Come deve contenersi il franco amatore?, 97 + + IV. FREDI. + + _Canzone._ È caduto dall'altezza primiera, ma spera di + risollevarsi, 99 + + V. DOTTO REALI. + + _Canzone._ Privazioni e disagi, che sostiene per causa + d'amore, 101 + + _Sonetti._ + I. A Meo Abbracciavacca. Domanda schiarimenti perché egli + abbia cuore scontento e volontá perfetta, 104 + II. Allo stesso. Sulla questione: Se l'anima viene compíta + da Dio, com'è che può fallire, 105 + + NOTA, 107 + + GLOSSARIO, 121 + + + III — RIMATORI PISANI + + I. GALLO O GALLETTO. + + I. Ha ricevuto da madonna una rosa e molto spera per questo + lusinghiero principio, 135 + II. Canzone equivoca. Si lagna che da piú d'un anno sia + caduto in servitú di lei, e ne loda le bellezze, 137 + + II. LEONARDO DEL GUALLACCA. + + A Gallo. Brutti lacci quelli d'Amore, e quanti affanni + esso procura!, 139 + + III. PANUCCIO DEL BAGNO. + + I. È contento di servire madonna, 143 + II. È contento di soffrire gravi pene per lei, 145 + III. Si lagna d'aver perduto la gioia che prima aveva avuto, + amando madonna, 148 + IV. Si lagna delle pene in cui si trova per servire madonna, 150 + V. Ancora mostra il suo dolore per la crudeltá di lei, 152 + VI. Si lamenta ancora di dover tanto soffrire per essere + servo d'Amore, 155 + VII. Si lamenta delle prepotenze e ingiustizie che commetteva + in Pisa la parte che spadroneggiava al governo della cosa + pubblica, 158 + VIII. Vorrebbe trovar rimedio contro le pene d'amore, ma non + sa come, 161 + IX. Dice d'esser tutto preso dall'amore di lei e di non avere + altro pensiero, 164 + X. Rintronico. Consiglia a soffrire le avversitá con + rassegnazione, sperando d'averne un giorno lenimento, 167 + XI. Non potendo piú reggere alle amare pene che lo + affliggono, si risolve a parlarne, ma in forma coperta, + perché non lo intenda un tal Corso, 169 + XII. Anche qui parla chiuso, per dare sfogo al dolore che lo + affanna, 171 + XIII. L'anima viene pura dall'alto; ma si guasta poi e si + travia, come quella del poeta, che ha dato a madonna + l'impero del suo cuore, 173 + XIV. Instabilitá della fortuna, 174 + XV. Conforta un amico d'un grave dolore che lo affanna, 175 + XVI. Dice ad un amico come giá da tre anni sia servo d'amore, + e gli domanda consiglio, ivi + XVII. Esorta altri a mostrare, ch'è tempo, il proprio valore, + per togliersi dal basso stato, ov'è caduto, 176 + XVIII. Discopre le sue pene per essere in signoria d'amore, 177 + XIX. Si lamenta di vedere abbandonata la giustizia e + trionfare la slealtá, 178 + XX. Ogni sua volontá, ogni diletto è in piacere a lei, 179 + XXI. Amore ha preso tutta la sua anima ed è porto d'ogni + sua virtú, ivi + XXII. Ha la graziosa immagine di madonna fissa sempre in + cuore, 180 + + IV. BETTO METTEFUOCO. + + Si mostra lieto di essere in servitú d'Amore per una donna + avvenente, 181 + + V. CIOLO DELLA BARBA. + + Chiede a madonna, poiché è in tutto servo di lei, che si + mova a pietá del suo amore, 185 + + VI. PUCCIANDONE MARTELLI. + + I. Si lagna delle pene che gli dá Amore e chiede a madonna + che si mova a pietá del suo dolore, 187 + II. Della gioia che prova a guardar lei, 190 + III. Si lagna che madonna lo faccia tanto soffrire, 191 + IV. Si lamenta che Amore lo abbia ingannato, e lo prega a + far sí che madonna abbia pietá di lui, 192 + V. In madonna è ogni bellezza e gentilezza, ed è onorato chi + ha fermezza in amar lei, 194 + + VII. BACCIARONE DI MESSER BACONE. + + I. Stolti coloro che lodano Amore, fonte di tanti mali, 195 + II. Si lagna di Amore, che con tante pene lo tormenta, e + chiede perdono a Dio d'essersi fatto schiavo di lui, 199 + III. Esprime il dolore che sente a veder governata Pisa da + tali che non curano il bene e fanno strazio della patria, 202 + + VIII. GERI GIANNINI. + + I. A Natuccio Cinquino. Si duole della sua dolorosa vita e + chiede pietá a Dio, 205 + II. Risposta di Natuccio Cinquino. Conforta il dolore che ha, + sperando che abbia una volta a finire, 206 + III. A Si. Gui. da Pistoia. Se preferisca che la loro + amicizia invecchi o sia sempre fresca, ivi + + IX. NATUCCIO CINQUINO. + + _Tenzoni fra Natuccio e Bacciarone._ + + I. + 1. A Bacciarone di messer Bacone. Perché il dolore e la + gioia siano date all'uomo sempre per il suo meglio, 209 + 2. Risposta di Bacciarone. Nel dolore l'uomo impara a + soffrire, e nelle prosperità apprende ad essere grato + a Dio, 210 + II. + 1. A Bacciarone di messer Bacone. Perché il peccato sia + piú amato che fare e dire il bene, 210 + 2. Risposta di Bacciarone. Il peccato è amato piú del bene + a causa dell'abitudine, che è piú forte della natura e + della ragione, 211 + + X. LOTTO DI SER DATO. + + I. Loda la bellezza e la virtú della sua donna e le chiede + scusa se non sa celebrarla come essa merita, 213 + II. Si lamenta della sua infelice vita e soprattutto di + essere abbandonato dalle persone piú care, 215 + + XI. NOCCO DI CENNI DI FREDIANO. + + Si lagna che madonna gli abbia prima fatto sperare d'aver + gioia del suo amore, e poi lo abbia ingannato, 219 + + XII. GERONIMO TERRAMAGNINO. + + I. Dice ad un poeta che è bene riflettere lungamente prima + di parlare, 223 + II. Doctrina de cort, 224 + + NOTA, 251 + + GLOSSARIO, 275 + + INDICE DEI CAPOVERSI, 287 + + + + + Nota del Trascrittore + + Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, + correggendo senza annotazione minimi errori tipografici. + Le correzioni indicate nella sezione "Errata corrige" sono state + riportate nel testo. Il testo spazieggiato nella "Doctrina de + cort" è stato segnalato con ~ ~. + + + + + +End of Project Gutenberg's Rimatori siculo-toscani del dugento. + +*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK RIMATORI *** + +***** This file should be named 39239-0.txt or 39239-0.zip ***** +This and all associated files of various formats will be found in: + http://www.gutenberg.org/3/9/2/3/39239/ + +Produced by Claudio Paganelli, Barbara Magni and the Online +Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (Images +generously made available by Editore Laterza and the +Biblioteca Italiana at +http://www.bibliotecaitaliana.it/ScrittoriItalia) + + +Updated editions will replace the previous one--the old editions +will be renamed. + +Creating the works from public domain print editions means that no +one owns a United States copyright in these works, so the Foundation +(and you!) can copy and distribute it in the United States without +permission and without paying copyright royalties. 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It exists +because of the efforts of hundreds of volunteers and donations from +people in all walks of life. + +Volunteers and financial support to provide volunteers with the +assistance they need, are critical to reaching Project Gutenberg-tm's +goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will +remain freely available for generations to come. In 2001, the Project +Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure +and permanent future for Project Gutenberg-tm and future generations. +To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation +and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4 +and the Foundation web page at http://www.pglaf.org. + + +Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive +Foundation + +The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit +501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the +state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal +Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification +number is 64-6221541. Its 501(c)(3) letter is posted at +http://pglaf.org/fundraising. Contributions to the Project Gutenberg +Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent +permitted by U.S. federal laws and your state's laws. + +The Foundation's principal office is located at 4557 Melan Dr. S. +Fairbanks, AK, 99712., but its volunteers and employees are scattered +throughout numerous locations. Its business office is located at +809 North 1500 West, Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887, email +business@pglaf.org. Email contact links and up to date contact +information can be found at the Foundation's web site and official +page at http://pglaf.org + +For additional contact information: + Dr. Gregory B. Newby + Chief Executive and Director + gbnewby@pglaf.org + + +Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg +Literary Archive Foundation + +Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide +spread public support and donations to carry out its mission of +increasing the number of public domain and licensed works that can be +freely distributed in machine readable form accessible by the widest +array of equipment including outdated equipment. Many small donations +($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt +status with the IRS. + +The Foundation is committed to complying with the laws regulating +charities and charitable donations in all 50 states of the United +States. 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