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Avrei piacere di leggerla. + +— Non ho mai scritto storie di banditi viventi — risposi. + +Il vecchio, senza punto scomporsi, ripigliò con sussiego: + +— Se lei non l’ha scritta, è certo che ben presto la scriverà! + +— E perchè dovrò scriverla? + +— Perchè glie la dirò io, che sono Giovanni Tolu in persona. + +La strana presentazione mi sorprese non poco; tuttavia risposi: + +— Non so davvero perchè lei voglia narrarmi la sua storia, nè perchè io +debba scriverla. + +— Le dirò sinceramente, che ormai sono stanco e infastidito delle +fandonie che si vanno spacciando sul mio conto. Lungo la mia vita di +bandito e d’uomo libero — per oltre quarant’anni — si dissero e si +stamparono sui miei casi inesattezze tali, che mi preme rettificare. +Non voglio colpe, nè virtù che non mi spettano. Fui intervistato da un +numero infinito di curiosi, italiani e stranieri, ma non volli finora +aprire l’animo mio ad alcuno. Oggi solamente mi sono deciso a fare +una confessione generale, schietta, veridica, senz’ombra di vanità, +nè di secondi fini. Esporrò lealmente i casi della mia vita, persuaso +che il racconto delle mie avventure desterà nel pubblico una curiosità +non infeconda di ammaestramenti; di ammaestramenti per tutti: per le +famiglie, per i giudici, per i disgraziati miei pari, ed anche per +il Governo se vorrà trarne profitto. A settantaquattro anni non si +hanno più speranze, nè timori; ed è perciò che io voglio presentarmi +al pubblico tutto intiero, quale realmente fui, spogliando la mia vita +da tutti gli episodi fantastici e bugiardi, di cui volle infiorarla il +volgo... ed anche i signori. Ecco perchè voglio narrare la mia storia — +ed ecco perchè lei dovrà scriverla! + +La lunga tirata del bandito — che ho riportato parola per parola — mi +colpì vivamente; tuttavia il mio proposito fu quello di sottrarmi ad un +fastidio penoso, che non mi tentava per alcun verso. + +Risposi francamente al vecchio bandito: che il narrare simile +storia non era facile com’egli credeva; che bisognava studiare il +modo conveniente di presentarla al pubblico; e che infine, prima di +accingermi a scriverla, era necessario intendersela con un editore. + +— Intendiamocela pure! — esclamò il Tolu col tono di un uomo +incrollabile ne’ suoi propositi. + +All’amico Giuseppe Dessì — l’editore da me consultato alla presenza del +bandito — non spiacque l’idea; e mi pregò di accingermi all’opera. + +Stabilite le condizioni, Giovanni Tolu si fermò in Sassari fino a tutto +gennaio. Ebbe la pazienza di recarsi ogni sera nel mio studio, e mi +dettò la sua lunga storia, che io trascrissi fedelmente. + +Seduto dinanzi al camino, caricando o scaricando la sua pipa, il +vecchio bandito (ora in buon sardo, ed ora in cattivo italiano) prese +a narrarmi i casi della sua vita, risalendo ai nonni; e filò sempre +diritto per venticinque giorni, con un ordine ed una chiarezza, ch’io +non mi aspettava. Circostanze minuziose, dialoghi, nomi di persone e di +località, episodi d’ogni genere, tutto egli mi espose scrupolosamente, +senza mai confondersi, nè contraddirsi. + +— Io voglio narrarle il _bello_ ed il _brutto_ — mi diceva ogni tanto — +A lei buttar via ciò che crede inutile o insignificante. + +Lo confesso: la semplicità, la schiettezza, l’ordine della narrazione, +nonchè la varietà degli episodi, mi fecero lieto di aver aderito +al desiderio dell’editore e del mio protagonista. Nessuna storia di +bandito fu narrata finora con tinte più vere e con particolari più +intimi; poichè non capita due volte il caso di un bandito famigerato, +che, assolto dalle Assise di Frosinone (e meno male che non lo fu in +Sardegna!) si decide a confessare coraggiosamente le sue colpe, senza +tema che possa immischiarsene l’autorità giudiziaria. + +La storia del Tolu abbraccia, fra gli altri, il tristo periodo che +corse tra il 1850 e il 1860 — periodo ancor vivo nella memoria del +popolo, poichè in esso appaiono le figure di Spano, di Derudas, +di Cambilargiu, d’Ibba — tutti banditi famosi, che il Tolu ebbe a +compagni, e di cui ci narra non poche gesta. + +Mio primo proposito fu quello di servirmi dei copiosi materiali +fornitimi dal Tolu per tessere una storia vera, ma tutta mia +nell’ordine e distribuzione delle scene. Non tardai, in seguito, a +rinunziare al mio disegno. + +Io dissi a me stesso: — Perchè dovrò io torturarmi la mente, +creando situazioni che possono cadere nel convenzionalismo? Perchè +accingermi allo studio di artifizi letterarii, quando non pochi sono +i testimoni viventi dei fatti che andrò esponendo? Perchè assumere +la responsabilità di giudizi, che potrebbero glorificare od avvilire +la figura d’un uomo disgraziato, ma colpevole sempre? Perchè, infine, +dovrò io narrare la storia di Giovanni Tolu, quando con più efficacia +può narrarla lui stesso? + +Non trovando ragioni da opporre a tutte queste domande, rinunziai +a scrivere un lavoro d’arte, e decisi di riportare fedelmente la +confessione del Tolu, seguendo l’ordine da lui tenuto, e servendomi +quasi sempre de’ suoi modi di dire. La storia del vecchio bandito +(sebbene più prolissa e forse più noiosa) potrà così conservare tutta +la natia semplicità, tutto il colore locale, e quella vergine impronta +che darà maggior risalto al carattere del tempo, degli attori e +dell’ambiente. Mi limiterò solamente ad apporre qua e là qualche breve +nota appiè di pagina, quando la crederò necessaria. + +Ho voluto visitare, in compagnia del Tolu, alcune località che furono +teatro delle scene più salienti; ed ho quindi eseguito alcuni schizzi, +sui quali il valente Dalsani di Torino studiò le macchiette riportate +in questo libro. Dobbiamo al Turati di Milano la riproduzione in +fototipia del ritratto recentissimo del vecchio bandito, fatto eseguire +dall’editore. + +Nel mio libro non si narrerà la storia di un semi-eroe, quale il poeta +suol narrarla — nè la storia di un volgare assassino, come crudamente +la registrano gli atti del tribunale. Si narrerà la storia di un uomo +co’ suoi vizi, le sue virtù, le sue passioni. Certo è, che il lettore +vi troverà molte cose ignorate, le quali potranno offrire argomento di +profondo studio al psicologo ed allo storico. + +Chi è Giovanni Tolu? — Un figlio di umili agricoltori florinesi, pieno +d’intelligenza e di buon senso, ma educato nei modi che i tempi e +l’ambiente consentivano; datosi giovanissimo alla campagna, dopo aver +tentato di vendicarsi di un prepotente, da cui si credette maltrattato +e deriso; punto nell’amor proprio di marito; deluso negli affetti di +famiglia; errante per trent’anni di balza in balza, senz’amici, senza +un consiglio pietoso, senza una parola di conforto; vivente nella +solitudine come un selvaggio, oppure in compagnia di malandrini, dai +quali non poteva attingere che eccitamenti a delinquere; odiato dai +nemici, circondato da spie, perseguitato dai carabinieri; carezzato da +deboli e da prepotenti per bisogno o per paura; glorificato insanamente +dal volgo; fatto segno talora ad una curiosità entusiastica, fatalmente +corruttrice; un misto, insomma, di bontà e di tristizia, di generosità +e di ferocia, di fede e di superstizione, di saggezza maravigliosa e +d’intolleranza superba, senza neppure la coscienza del male che taceva +agli altri ed a sè stesso. + +Tutto questo il lettore dovrà considerare prima di leggere la storia +di Giovanni Tolu; e quando l’avrà letta, studiando a mente serena +l’uomo più che il bandito, saprà trarne altri ammaestramenti, i quali +gli riveleranno quante leggere siano le cause che trascinano alla +perdizione un’anima nata buona, e quanto facili siano i mezzi che +potrebbero strapparnela. + +Prima di dare la parola a Giovanni Tolu[1], infliggerò al lettore +alcune pagine di storia sui banditi sardi in genere, e su quelli del +Logudoro in ispecie. + +Ho detto _infliggere_, ma devo dichiarare che la mia chiacchierata +potrebbe omettersi, con vantaggio di chi legge... ed anche di chi +scrive. + + _Sassari, maggio 1896._ + + ENRICO COSTA. + + + + +SUI BANDITI DEL LOGUDORO + +PAGINE STORICHE + + [Illustrazione: Testata allegorica _al banditismo_] + + +La storia del _banditismo_ è vecchia quanto il mondo. Essa risale a +Caino, e forse ai nostri primi padri. + +Caino, dopo il fratricidio, esclamò: — Io, dunque, sarò vagabondo e +fuggiasco sulla terra, e chiunque mi troverà mi darà la morte! + +Adamo ed Eva, appena commesso il primo fallo, si affrettarono a +coprirsi ed a nascondersi; e da quel giorno tutti i bambini, appena +rompono qualche piatto in cucina, sentono il bisogno di scappare e +d’intanarsi, sperando che i sospetti ricadano sulla serva di casa. + +L’uomo non è altro che un bambino ingrandito. + +La sete di sangue, che tormenta l’uomo, lo eccita alla pugna: — istinto +feroce, che i selvaggi manifestano apertamente, ma che i popoli civili +hanno bisogno di mascherare col sentimento convenzionale d’una _partita +d’onore_, e magari d’una _guerra santa_, in cui la forza e l’astuzia +soverchiano quasi sempre la ragione, col tristo risultato di un offeso, +che il più delle volte soccombe — e di un offensore, che riporta quasi +sempre la palma della vittoria. + +Fu in ogni tempo sentito il bisogno di sottrarsi al fastidio delle +leggi per battere la campagna, dando prove di abilità e di valore, col +togliere al prossimo la vita, e la borsa insieme. + +Come i Crociati corsero entusiasti in Palestina per coprirsi di gloria +e di blasoni; come i nostri mercanti logudoresi, per ottenere dai re di +Spagna onori e feudi, uscivano armati dal paese ad espugnare i vecchi +castelli, o per dar la caccia ai saraceni sulle spiaggie di Gallura, +così non mancarono i baldi giovani, che si univano in masnade per +cimentarsi in battaglie temerarie e sanguinose, solleticati unicamente +dalla gloria vanitosa di diventar celebri. + +Furono ugualmente in gran voga le delizie della pirateria. Inseguire e +depredare un legno, per impadronirsi del bottino, fu creduto, in tempi +non barbari, un diritto delle genti: — prova questa, che l’uomo ha gli +istinti del tigre e della gazza, ed è nato ladro e feroce. + +Quando nel 1651 il Vicerè cardinal Trivulzio — uomo sordido e avaro +— dopo averne fatto delle grosse in Sardegna, salpò dal porto di +Alghero per restituirsi in Spagna, s’imbattè in alto mare in una nave +straniera. Ordinò al capitano d’inseguirla; la raggiunse, la catturò, e +s’impadronì senza rimorsi della fatta preda. Ed era un cardinale! + +La rapina di mare, più tardi, cedette l’impero a quella di terra; e qui +mi dispenso dal segnalare tutte le bravate dei masnadieri d’Europa, +i quali svaligiavano eroicamente vetture, trucidavano passeggieri, e +rapivano le belle per farne dono ai propri capitani innamorati + +Leggesi nelle storie, che le masnade avventuriere destarono nei primi +tempi un entusiasmo sì morboso, che molti giovani di distinta famiglia +abbandonarono la casa paterna, allettati dalle gloriose gesta degli +eroi del furto e dell’assassinio. L’ignoto li attraeva, perocchè +il pericolo ha le sue seduzioni. L’uomo si accora quando è solo; ma +nella vita collettiva irride alle avversità della sorte, attingendo +in esse la forza e l’audacia. Gli artisti ed i poeti disgraziati, per +poter sghignazzare sulle ingiustizie del mondo, non fondarono forse la +_Bohème?_ + +Corsari e masnadieri, banditi e briganti ebbero il loro culto e il +loro momento di celebrità, molto più che i menestrelli e i cavalieri +erranti. In essi fu ammessa — insieme alla forza _semi-irresistibile_ +— una certa qual baldanza cavalleresca. Quei valorosi infiammarono +siffattamente la fantasia, e destarono sì intensa l’ammirazione, che i +poeti e i musicisti si credettero in dovere di farne argomento dei loro +canti, aggiungendo fuoco a fuoco. + +_Corrado_, il corsaro di Byron; _Carlo Moor_, il masnadiero di +Schiller; _Ernani_, il bandito di Victor Hugo; _Fra Diavolo_ e _Luigi +Vampa_, i briganti di Auber e di Dumas, per tacere di molti altri, +strapparono pietose lagrime a migliaia di fanciulle, e invogliarono non +pochi giovani a seguire i bellicosi ardimenti. L’uomo, trascinato dal +magisterio dell’arte, prova assai spesso di queste singolari e nobili +aspirazioni! + +Le spoglie del vinto furono in ogni tempo considerate patrimonio legale +del vincitore — e da ciò il furto e l’assassinio, in nome sempre del +diritto. + +Quanto poi al sentimento del farsi giustizia da sè, fu anch’esso +ritenuto come un diritto naturale. A che pro, infatti, ricorrere ai +tribunali? Vi ricorre forse la Nazione incivilita, quando credesi +offesa nell’onore e nel suo diritto da un’emula rivale? La guerra è +allora dichiarata _santa_, ed ogni religione benedice le proprie armi — +forse per attutire il rimorso di qualche coscienza scrupolosa. + +Ammesso il principio fondamentale, è chiaro come il soldato abbia il +dovere di uccidere il fratello _nemico_, non solo colla coscienza di +non essere un _omicida_, ma col diritto al plauso ed alla gloria dei +benemeriti vincitori. L’amor di patria giustifica ogni efferatezza; e +se una differenza vi ha da essere fra la vendetta dell’uomo individuo +e quella dell’uomo collettivo, non potrebbe essere che questa: — sul +campo di battaglia noi uccidiamo a sangue freddo un uomo che non +ci ha offeso, mentre nella vita privata, acciecati dall’ira o dal +risentimento, uccidiamo sempre, a torto od a ragione, un uomo che ci ha +leso nell’onore o negli averi. La società, però, la pensa altrimenti; +e mentre al primo concede la medaglia al valore, prepara la forca al +secondo. — Non vi sembra, per lo meno, che tutti e due dovrebbero aver +torto, o ragione? + +Ma il mondo è così fatto, e neanco il Creatore si darebbe oggi la +briga di rifarlo. — Chi non lo sa? Il vecchio Dio incoraggiava le +battaglie, mentre Gesù Cristo non fece che bandire la crociata della +pace, predicando il perdono ai nemici. Pare dunque che il babbo avesse +più esperienza e più buon senso del figlio, poichè i popoli tennero per +lui, e trascurarono il _nuovo testamento_ per attenersi alle clausole +del _vecchio_. + +La Nazione istituisce i tribunali per il bene dei popoli, ma viceversa +essa non se ne serve, poichè preferisce la forza alla ragione e +non si fida della Giustizia. Gli antichi signorotti si circondavano +di _bravi_, e li mantenevano per farsi rispettare: sempre per quel +principio intangibile, che il torto è del debole, e la ragione del più +forte. + +Chi non lo vede? la guerra è un bisogno; anzi, dobbiamo ammetterla +come un istinto, se la scienza e la civiltà non sono ancora riuscite ad +abolirla. + +D’altra parte (ragionando sul serio) noi dobbiamo lealmente +riconoscere, che tutti i malanni, le passioni, i pregiudizi ci +vennero unicamente concessi per poter sbarcare il lunario della vita. +Se gli uomini mai non peccassero, se fossero tutti concordi, tutti +galantuomini, tutti santi, come camperebbero i preti, i giudici, +gli avvocati? — Se vi fosse una verità assoluta, indiscutibile, dove +andrebbero a finire le diverse opinioni che dànno vita e colore a un +mondo di uomini politici e di giornalisti? — Se, infine, si vivesse +sempre in pace coi propri fratelli, contento ciascuno del proprio +lembo di terra, a che servirebbero gli eserciti permanenti, e in che +s’impiegherebbero migliaia di giovani? + +Dobbiamo dunque ammettere, che le imperfezioni del corpo, dello spirito +e dell’umano intelletto non servono che a dare il pane quotidiano +alla metà dei viventi: la quale campa alle spalle dell’altra metà, +creando le disuguaglianze, le lotte e le diverse opinioni, perno +dell’equilibrio sociale. Possiamo conchiudere: che un mondo di gente +savia finirebbe col morir di fame e di noia! + +Queste saranno forse stramberie; ma come faremo a pensarla altrimenti, +quando nei casi pratici della vita noi vediamo il moralista filosofo, +che fa proprio il contrario di ciò che va predicando? — quando per ogni +dove non c’imbattiamo che in tartufi politici, in tartufi religiosi, +in tartufi domestici, in tartufi scienziati, industriali, mercanti? +È cosa ormai assodata, che la più grande soddisfazione di colui che +predica e scrive contro la vanità e le frivolezze umane, è unicamente +riposta nella frivolezza e nella vanità di credere, che il mondo gli +dica _bravo!_ — Noi non diventiamo ricchi, dotti, saggi ed onesti, +che a spese dell’altrui miseria, dell’altrui ignoranza, dell’altrui +credulità, dell’altrui dabbenaggine. + +Fermiamoci ora, per poco, sull’indomabile sentimento che ci trascina, +nostro malgrado, ad ammirare quanto d’orrido e di truce esce fuori +dalla cerchia dei fatti comuni e delle abitudini quotidiane. + +Perchè negarlo? La belva ci tenta e il sangue ci ubbriaca. Il +valore, la temerità, l’astuzia, in tutte le loro manifestazioni, +buone o cattive, esercitano sul nostro cervello un fascino morboso, +inesplicabile. + +Entriamo in un circo antico. Dinanzi al gladiatore valoroso, anche la +donna si esalta, e depone per un istante l’innato sentimento della +pietà. Tutta palpitante, battendo le mani al vincitore, ella, col +_pollice verso_, lo incita a squarciare le viscere del vinto che +fu atterrato. Le figlie di Eva, così deboli e così timide, amano di +preferenza i forti e gli audaci; esse magari svengono dinanzi ad un +salasso, ma offrono il cuore e la mano all’eroe di un torneo, che torna +vincitore col brando insanguinato. + +La ferocia, valorosa o temeraria, e con essa tutte le scene di +sangue, esercitano sull’animo umano un’attrattiva che si subisce e +non si discute: c’è in esse un fondo d’ipnotismo, o di suggestione. +Non per nulla lo spettacolo di un’esecuzione capitale (che i Governi +credettero, scioccamente, _salutare esempio_) attrasse in ogni tempo +una folla di curiosi sotto ai patiboli. Nelle fredde notti invernali, +mentre al di fuori urla la tempesta, noi vediamo le famiglie popolane +raccogliersi intorno al focolare domestico, per ascoltare con curiosità +paurosa le storie dei morti e dei feroci briganti. Il fantastico e +il sovranaturale furono per parecchi secoli il tema prediletto degli +artisti e dei poeti. + +Chi mai, avendone l’occasione, non ha tentato di vedere da vicino un +famoso bandito, un truce assassino, una belva feroce? + +Una brava e gentile artista milanese, venuta lo scorso anno a Sassari, +implorò dal prefetto la grazia di poter visitare le carceri, unicamente +per vedervi il feroce bandito Derosas e il suo compagno Angius. — +So che fu soddisfatta nel suo desiderio, ma non so quale gradevole +impressione abbia potuto riportarne! + +Questo turbine d’idee bislacche e di anomalie paradossali si scatenò +sul mio cervello, mentre andavo spigolando le gesta brigantesche del +continente europeo, e più ancora delle isole, dove i banditi hanno +sempre allignato in numero maggiore. + + * + * * + +Sospendo le malinconiche meditazioni, per riportare alcune note +storiche sui malviventi, sulle squadriglie e sui banditi principali del +Logudoro (o meglio del Capo di Sassari) che ho riassunto in gran parte +da documenti ufficiali, da me consultati nel R. Archivio di Stato. + +Nel Codice della Repubblica sassarese, del 1316, è cenno dei banditi +che si davano alla macchia; e mentre si esorta _qualunque persona_ ad +ucciderli, si infliggono pene rigorose contro chi dava loro consiglio +ed aiuto. + +Pene pecuniarie infligge anche la _Carta de Logu_ (promulgata nel 1395 +da Eleonora d’Arborea) contro ai villaggi ed alle persone che davano +aiuto e consigli ai banditi, o che non si adoperavano a dar loro la +caccia. + +Il secolo XV non fu avaro di celebri masnadieri. Ne noto uno a caso — +Verso il 1422 si ha menzione di certo Barzolo Magno (o Manno, secondo +alcuni storici) — il famoso leggendario e misterioso logudorese, +nemico giurato di Leonardo Cubello marchese di Oristano, non si sa per +qual ragione. A capo di numerosa masnada, questo gentiluomo bandito, +o bandito gentiluomo, si era annidato ed afforzato dentro al famoso +castello di Burgos; e di là scendeva di tanto in tanto per devastare e +saccheggiare le terre dei dintorni. Il marchese riuscì ad assediarlo +dentro l’inespugnabile rocca; ma i masnadieri, compagni del Magno, +vedendo il loro capo risoluto a resistere, fecero complotto, e lo +trucidarono barbaramente per ottenere grazia dal signore d’Oristano. + +Come nel medioevo i Principi fabbricavano sontuose chiese e numerosi +santuari in _remissione dei propri peccati_ (e ne avevano di grossi +sulla coscienza!) così più tardi gli stessi prìncipi condonavano ai +sudditi fedeli molti delitti, mediante il corrispettivo sborso di +poche centinaia di lire. Dal 1450 al 1540 sono molte le somme versate +nelle casse del Regio erario per condono di ribalderie. Per citarne +un esempio, dirò che il Governatore del Capo di Cagliari e Gallura +(Don Giacomo Aragat) nel 1456, per _tremila Ducati buoni veneziani_, +condonava a Bartolomeo Manno, cavaliere sassarese, _tutti i delitti che +avesse mai potuto commettere_. + +Erano questi i bei tempi in cui i monarchi rifornivano le casse dello +Stato colla vendita della _nobiltà_ e colla remissione dei delitti. Non +essendo a quel tempo inventati gli _esattori_, si ricorreva al mezzo +di sfruttare i vanagloriosi ed i birbanti, che pare fossero in numero +ragguardevole. + +Dal 1560 al 1567 si verificarono molte ribalderie nella città di +Sassari e dintorni. Vennero carcerati un buon numero di cittadini +facoltosi, accusati di aver formato una _società di mutua assistenza_, +con impegno di fornire i fondi in comune per far fronte alle spese di +giustizia, in favore e difesa dei ribaldi. + +Il secolo seguente non fu meno famoso per scorrerie di ribaldi, poichè +l’invenzione del fucile aveva reso più attraente e più geniale il +banditismo. + +Nel 1600 gli odî privati e le vendette giungono a tanto, che i +consiglieri di Sassari rinunziano alla gita notturna del _Mezz’agosto, +per il numero infinito delle uccisioni fra i cittadini_. L’anno 1607 +registrò più di trecento omicidi, consumati nel solo Logudoro. + +Nel 1612 il famigerato bandito Manuele Fiore si aggira colla sua +masnada nei dintorni di Sassari, e getta lo sgomento fra i cittadini. +Il Governo manda incontro a quei ribaldi alcune compagnie di militi, +divise in centurie. + +Don Diego Manca di Sassari, nel 1635, si era dato alla macchia dopo +aver ucciso pubblicamente, in una piazza della città, il proprio +cognato con un colpo di pistola ed una pugnalata. Temendo che ne +facesse delle più grosse, il Vicerè promise _venti scudi_ (?) a chi +consegnava quel bandito alla giustizia. L’esiguo prezzo concesso, +dimostra che i cacciatori di malviventi erano in buon numero! + +Molti cavalieri e cittadini facoltosi del Logudoro vennero designati +come protettori dei banditi; e il Vicerè, nel 1645, li chiamò a +Cagliari per dar loro una paternale. + +Nel 1659 abbiamo il terribile bandito Salvatore Anchita e il suo +acerrimo nemico, pur bandito, Francesco Brundanu, entrambi di Sedini. +La storia del primo è una vera leggenda di prodezze, di ferocie e di +generosità insieme. Inseguito il Brundanu dai soldati, sfugge ad essi +cacciandosi in una spelonca, dove fra gli altri banditi trova per +caso il suo nemico Anchita. Egli depone l’arma e grida: — Sono in tuo +potere: puoi uccidermi! — «Non sono così vile! — gli risponde Anchita +— qui sei l’ospite mio. Per ora faremo causa comune contro ai soldati — +più tardi aggiusteremo i conti fra noi!» + +I banditi si slanciarono tutti contro le soldatesche, ma l’Anchita e il +Brundanu caddero fulminati nella mischia. + +Tre anni dopo — nel 1662 — un altro terribile bandito, famoso per le +sue gesta, sgomenta il Logudoro: Giovanni Galluresu, capo di potente +squadriglia. I sassaresi chiudono spaventati le porte, nè osano uscire +di casa quando lo sanno nei dintorni. Il Vicerè, volendo distruggere +quella banda, prende un’estrema risoluzione. Egli prescrive con +un editto il disarmo generale nel Logudoro, con pena capitale al +detentore d’un fucile o di un pugnale. Misura puerile, che ottenne il +risultato opposto: accrebbe l’audacia dei malfattori e rese più facile +la distruzione dei galantuomini, che vennero spogliati ed uccisi, +perchè inermi. La forza non riuscì ad impadronirsi del Galluresu, e +si ricorse allora all’astuzia. Saputo che il bandito era in relazione +amorosa con una bella osilese, fu colto ed ucciso nel suo nido d’amore. +Indispettita la giustizia per non averlo vivo, si sfogò sul cadavere, +di cui fece uno scempio. + +Verso il 1665 le squadriglie dei banditi crescevano — e ve n’erano di +tutte le condizioni sociali. Il Governo incaricò il barone Matteo Pilo +Boyl della distruzione dei facinorosi; ed egli ne fece appiccare da +per tutto, alle forche ed agli alberi. Fra i capi squadriglia di quel +tempo, noto Don Giacomo Alivesi, datosi alla macchia dopo un omicidio +commesso. Nel giugno del 1668 veniva intanto assassinato a Cagliari il +marchese di Laconi; ed i supposti rei (l’infelice marchese di Cea, Don +Silvestro Aymerich, Don Francesco Cao e Don Francesco Portugues) si +erano rifugiati nel continente italiano od all’estero. Per impadronirsi +di costoro il Governo si era rivolto al bandito Don Alivesi, a cui +venne promessa l’impunità ed un premio, ove fosse riuscito ad attirare +i fuggiaschi in Sardegna. L’Alivesi accettò; fu creato Commissario +della spedizione; chiese ed ottenne l’anticipazione di duecento +sessanta scudi per le spese di viaggio; si recò a Roma; e fingendosi +colà amico del Cao, con raggiri riuscì a trascinare i quattro esuli +all’isoletta Rossa, presso Castelsardo. Tre di essi furono colà +sgozzati a tradimento; ed il vecchio marchese di Cea fu condotto a +piedi fino a Cagliari, e dato in mano al carnefice. Il nobile Alivesi — +dopo aver compiuto il più nero tradimento che abbia macchiata la storia +sarda — non solo fu graziato, ma venne dal Governo investito dei feudi +dell’infelice marchese. + +Era allora in vigore presso il Governo (e lo fu per lunghissimo +tempo, fino ai giorni nostri) il sistema di promettere l’impunità +ai più volgari malfattori, purchè uccidessero, o consegnassero alla +giustizia un delinquente, meritevole di uguale, o di maggior pena. +Anche i Governi si mostravano entusiasti dei valorosi briganti, e ne +incoraggiavano le gesta! + +Tutta la seconda metà di quel secolo, ed il primo ventennio del +seguente non furono inferiori al secolo XVIII per audaci banditi, +squadriglie numerose, furti, omicidi, impiccagioni, e impunità concesse +dal Governo agli assassini traditori. + + * + * * + +Uscita di Sardegna nel 1720 dal regime di Spagna, ed entrata sotto +il dominio di Casa Savoia, continuarono le prodezze dei banditi e +delle squadriglie agguerrite. Il Logudoro e la Nurra erano infestati +di malviventi. I banditi, protetti dai parenti e dagli uomini più +autorevoli dei villaggi, ne facevano delle grosse, e gettavano +lo sgomento per ogni dove. Si pubblicarono rigorosi _Pregoni_, ma +inutilmente. + +Il Vicerè Di Costanze si lagna della corruzione dei giudici di Sassari, +ed accenna a denaro depositato presso un notaio, per compensare quei +magistrati che avessero diminuito la pena a certi fratelli Virdis di +Pattada. Egli ammonisce con minaccie i nobili e i magnati dei paesi, +perchè desistessero dal proteggere i birboni — ma era un parlare al +vento. I baroni, piccati, protessero i banditi che cercavano rifugio +nelle loro terre feudali, e protestarono altamente contro l’arbitrio! + +Fin dal maggio del 1722 il Vicerè aveva mandato distaccamenti di truppe +in giro per i villaggi, con lo scopo di reprimervi il banditismo +invadente, raccomandando al Governatore di Sassari, di _prestare ai +soldati il carnefice e due aguzzini!_ + +Anche l’autorità ecclesiastica (lo rilevo dai Regi Dispacci) era +chiamata _prepotente in modo straordinario_; essa ordinava arresti a +suo talento, e sottraeva al braccio secolare i malfattori favoriti, +designandoli quali _chierici_ o _tonsurati_. Si deplorava la +_protezione scandalosa_ accordata sfacciatamente ai malviventi dal +popolo, dai prelati, dai feudatari, ed anche dai giudici e dagli +avvocati fiscali(!) + +Impressionato dall’aumento dei delitti in Sassari e nel Logudoro, +il Vicerè, nel 1726, chiamò d’urgenza a Cagliari il Governatore Cav. +Carlino; ma questi ricusò di andarvi, dicendo d’esser stato colto dalla +gotta! + +Come abbiamo veduto, non erano i soli popolani che facevano le prove +di valore in campagna sotto il nome di _banditi_: non mancavano i +titolati, poichè (lo ripeto) fare il masnadiero non era un disonore +in Europa, anzi lo si riteneva un mestiere nobile e avventuroso, +come quello del _cavaliere errante_; motivo per cui, se trattavasi di +masnadieri nobili, le protezioni venivano dall’alto. Ho sott’occhio una +lettera del re Carlo Emanuele III, scritta da Torino l’8 dicembre 1733 +al Vicerè di Cagliari. In essa leggesi: + +«... Riguardo al capo bandito Don Girolamo Delitala, raccomandato +dal cardinale Alessandro Alboni(!), approviamo la grazia delle +pene incorse, a condizione che il Delitala si porti a Cagliari per +l’arresto, presti fidanza di mille scudi, conduca seco in ostaggio uno +de’ suoi figliuoli o un aderente, e paghi le spese.» + +È chiaro che lo si voleva portar via da Sassari per evitare lo +scandalo, poichè ai nobili banditi un po’ di grazia la si accordava +sempre. Dopo tutto, la _nobiltà_ veniva venduta dal Governo, e qualche +cosa doveva fruttare agli acquisitori! + +Le bande dei malviventi si moltiplicarono in Sardegna, e specialmente +nel Logudoro, ricco di montagne e di sicuri nascondigli. Centro +principale dei facinorosi era allora Nulvi, dove la famiglia Delitala, +nemica al governo di Casa Savoia, aveva armato i popolani, eccitandoli +a parteggiare. Una Donna Lucia Tedde Delitala, montata in arcione, e +armata di fucile e stocco, con ardimento virile usciva in campagna per +affrontare i nemici. + +Il Vicerè Rivarolo, mandato in Sardegna nel 1735, si diede a sterminare +con zelo i numerosi malfattori, e riuscì ad impiccarne molti, piantando +le forche (per il _buon esempio_) sul luogo del commesso delitto. Ma +i banditi continuavano a moltiplicarsi, facendo a gara per sorpassare +in destrezza e in valore i soldati regi. Per cinque anni Rivarolo non +si adoperò che a far allontanare dall’isola i vagabondi _cattivi_, +esortando i _buoni_ ad arruolarsi nel Reggimento sardo. Procedette +egli con tanto rigore, che qualche innocente fu impiccato, e lo storico +Manno gliene muove aspro rimprovero. + +Sgomentato il re dal cieco furore del suo Rappresentante in Sardegna, +gli ordinò di frenarsi e di usare maggior cautela; ma il Vicerè, +soddisfatto dell’opera propria, nel 1736 fece un giro nell’isola, per +riscuotere il plauso di tutti i villaggi. + +Venuto a Sassari egli si preoccupò della Nurra, regione montuosa e +marittima, che offriva sicuro rifugio ai numerosi banditi di Alghero e +di Sassari. Il Rivarolo ordinava a quei pastori di snidare dal centro +della Nurra nel termine di quindici giorni, per trasferirsi alla parte +piana, verso la strada che conduceva a Portotorres. + +Il bandito più in voga era a quei tempi Leonardo Marceddu, di +Pozzomaggiore, per il quale si era fatto un bando il 20 febbraio 1736. +Sul conto di costui, però, correva una storia pietosa, che attenuava +le sue ribalderie. Egli ebbe fama di laborioso e di onestissimo; ma +la infedeltà della sposa lo precipitò nel delitto. Colta la moglie +in colloquio intimo con un suo cugino, li uccise entrambi; e, datosi +alla macchia, egli divenne singolare per coraggio, per ferocia, e +per accortezza nel cimentarsi coi soldati regi. Fu siffattamente +apprezzato, che finì per mantener pratiche segrete con alcuni agenti +politici, poichè il Governo lo considerava come un forte cooperatore +nel caso di un’invasione straniera: — sempre per quel certo sistema +di servirsi dei banditi d’ogni genere, anche a scopo d’una difesa +nazionale. Un esempio consimile lo si ebbe più tardi nel leggendario +_Fra Diavolo_ di Napoli, invitato a prender parte ad una guerra contro +la Francia. + +Continuarono intanto le caccie e gli scontri fra banditi e soldati. Il +16 gennaio 1758 il ministro scriveva al Vicerè: «— S. M. ha gradito +l’incidente seguito a Bolotana fra le truppe e i malviventi; bisogna +procurare l’arresto dei banditi rifugiati in Corsica, ed ora ritornati +nell’isola, fra cui Giovanni Fais, Don Antonio Delitala e i tre +fratelli Filia Madau, capi dei medesimi. S. M. ha pure approvato la +gratificazione di scudi venticinque accordati a Basilio Podeddu, che +serviva di _guida_ e spia e rimase ferito nell’azione. — (Il sistema +perdurava!) + +I nobili, nonpertanto, e molti rispettabili dei paesi, continuavano a +favorire i malfattori erranti; e da Torino si scrive al Vicerè il 22 +ottobre 1761: «— Prenda informazione sulla protezione accordata ai +facinorosi dai cavalieri Quesada: metta una volta freno all’insolente +ardore di tali protettori col punirli severamente, tagliando il filo +delle corrispondenze coi malviventi.» + +Ma le protezioni non venivano meno, come non vennero meno i delitti +consumati anche in odio agli ecclesiastici. Il ministero, nel 1769, +si preoccupava dell’assassinio di due preti strangolati a Mandas ed a +Nulvi, nonchè del Diacono ucciso da un altro prete a Calangianus, in +una partita di caccia, _quasi per scherzo_. + +Da oltre un trentennio la fama delle audacie di Giovanni Fais correva +da un capo all’altro dell’isola. Questo fiero bandito, per molto +tempo, ebbe al fianco la propria moglie, donna di maschio coraggio, +che lo aiutava ad assalire i nemici. Erano suoi alleati i Delitala +di Nulvi, nonchè quella famosa Donna Lucia, da me altrove menzionata +— per difendere la quale il Fais andò incontro ad una forte fazione +di Chiaramonti. Costui, saputo che Giammaria Tedde (pur congiunto +di Lucia) aveva minacciato la sua protetta, gli tolse senz’altro la +vita. Lo zio ed i parenti dell’ucciso, assetati di vendetta, giurarono +allora lo sterminio dell’uccisore e de’ suoi compagni. Ma Giovanni +Fais, guidatore esperto delle sue bande, taglieggiatore dei comuni, e +assalitore di truppe, oppose la forza alla forza, e sfuggì al furore +dei persecutori. + +Non appena il Vicerè ebbe sentore dell’odio che il Tedde nutriva per il +Fais, pensò di trarne partito. Egli incoraggiò il primo a persistere +nella caccia contro il secondo, suggerendogli di servirsi dell’opera +del bandito Leonardo Marceddu, a cui il Governo avrebbe concessa +l’impunità ed un premio in danaro. Leonardo Marceddu, però, uomo di +fiero carattere, mandò a dire al Vicerè che sdegnava la libertà a +prezzo di un tradimento; e fatta lega col Fais continuò a seminare il +terrore nel Logudoro. + +Duemila miliziani, condotti da Girolamo Dettori di Pattada e da Don +Giovanni Valentino di Tempio, oltre ai quattrocento soldati comandati +dal Cav. Meyer, tentarono con energia la distruzione di queste bande. +Il Valentino riuscì ad arrestarne oltre duecento, per cui il re lo creò +_cavaliere_. + +Accortisi i banditi della caccia ad oltranza che lor dava il Governo, +fecero causa comune. Il Marceddu recossi al _Sasso_ di Chiaramonti +per unirsi al Fais, che vi si era rifugiato coi compagni. Sbaragliati +dall’attacco incessante che lor davano le numerose milizie, sulle prime +si accamparono sul monte Cucaro, poi una buona parte (fra cui il Fais +coi Delitala) si salvarono in Corsica. + +L’infelice e generoso Marceddu, che aveva rifiutato dal Governo la +libertà a prezzo d’infamia, finì per cadere nelle mani d’un bandito +traditore: di Francesco Bazzone, che lo aveva venduto allo stesso +Governo, in cambio dell’impunità e di una ricompensa in danaro. + +Donna Lucia Delitala, raggiunta l’età di quarant’anni, pare che avesse +messo giudizio. Tratta in arresto, fu in seguito graziata, dopo due +anni di prigionia. In una lettera del Vicerè, marchese Rivarolo, al re +Carlo Emanuele (1738) è detto: «... Donna Lucia è una donna _qui n’à +pas voulu se marier pour ne point dépendre de un homme (à ce qu’elle +disait)_.» Chiude dicendo, che, dopo la grazia, «_elle vit assez +tranquille_.» + +Nel 1749 i banditi parvero dispersi e le spedizioni militari ebbero +tregua. + +Dopo una quindicina d’anni il Fais tornò dalla Corsica; e verso il +1760, formata una banda di buoni compagni, si diede a scorrazzare di +nuovo nei dintorni di Sassari, quasi per insultarvi il Governatore. +Un amico di quest’ultimo, tradendo il Governo, avvertiva segretamente +l’ormai vecchio bandito, divenuto più audace di prima. Si assicura che +il Fais (mascherato da cappuccino, con la bisaccia in spalla) avesse +osato più volte introdursi in Sassari, e presentarsi alla questua +in casa dell’assessore Aragonese. Egli divenne talmente in odio al +Governo, che lo si escluse dall’indulto promulgato il 23 agosto 1768. + +Dopo non pochi tentativi riusciti vani, finalmente il Governatore Allì +Maccarani riuscì a sedurre, con la solita promessa di libertà e danaro, +due banditi sassaresi, i quali propinarono al Fais un vino oppiato. +Quando videro il vecchio immerso nel sonno, lo uccisero a colpi di +scure e lo consegnarono cadavere al carnefice. Ciò nel 1774. + +Giovanni Fais era allora più che settantenne, e faceva il bandito da +oltre mezzo secolo. Contava solo quindici anni, quando verso il 1720 si +era dato alla macchia, dopo aver ucciso un uomo sulla pubblica piazza +di Chiaramonti. + +A complemento della notizia della sua morte, riporterò un brano della +lettera che il ministro scriveva da Torino al Vicerè, in data del 23 +novembre 1774: + +«S. M. il re gradì che il Governatore di Sassari sia riuscito a +disfarsi del vecchio Giovanni Fais e dei sette suoi compagni di +quadriglia, annidati nel _Sasso_ di Chiaramonti, sperando cogliere +i due scampati colla fuga. Poichè intanto si poterono conoscere gli +uccisi, è stato opportuno che a pubblico esempio si siano tosto fatti +appendere al patibolo i cadaveri dei già condannati, colla successiva +dispersione delle membra, nei luoghi dei rispettivi delitti. — S. M., +oltre alla grazia ai due banditi che concorsero nell’impresa, vuol +rimunerare gli altri, e invita a proporre la somma a darsi; vuole anche +che gli si suggerisca qual riguardo meritano i due cavalieri Corda, che +ebbero parte principale nell’operazione.». + +I lettori avranno notato, come per l’_esempio pubblico_ si ordinava +anche l’impiccagione dei cadaveri, i quali in seguito venivano +squartati e dati alle fiamme, per sperderne le ceneri al vento. Nè ciò +deve recar meraviglia, poichè vi ha di peggio. Leggo una corrispondenza +del Ministro (5 settembre 1770) in cui si parla del _cadavere +imbalsamato_ di un bandito famoso, tenuto a disposizione del Governo +per qualche _esemplarità_. Quando, dunque, si volevano atterrire i +malviventi, si conduceva alla forca quel cadavere imbalsamato e lo +s’impiccava. E Dio sa quante volte gli avranno messo la corda al collo! + +È facile immaginare come per l’eccessivo rigore dei giudici venissero +sagrificati molti innocenti, tratti in arresto per le false deposizioni +dei nemici; e lo prova una lettera ministeriale del 23 ottobre 1765, +in cui si dice al Vicerè: «— Prenda energiche misure sui testi falsi, +massime in codesto Regno, dove havvi tanta facilità e frequenza di +delinquere in tale materia.» + +Alle false testimonianze bisogna aggiungere il sistema della _tortura_, +allora in pieno vigore, e conservata fino al 1827, anno in cui Carlo +Felice l’aboliva. Il dolore per lo slogamento delle ossa riusciva a far +strappare dal labbro dei pazienti tutte le confessioni che si volevano. + +Scene edificanti, in secoli che si dicevano dell’oro! + +Se in quei tempi esistevano i favoreggiatori dei banditi, non mancavano +pure i cittadini benemeriti, che si adoperavano con ardore per dare i +rei in mano alla giustizia; ma non tutti riuscivano nell’intento come i +due fratelli Corda. + +Nel 1773 l’avvocato Giovanni Berlinguer veniva fatto segno (come i +suoi antenati) a speciale benemerenza, per il zelo spiegato nella +persecuzione dei banditi, dai quali era stato più volte ferito. Gliene +colse però danno; poichè tre anni dopo, nel gennaio del 1776 (come +rilevo da una lettera ufficiale) gli venne ucciso in campagna l’unico +figlio Girolamo, con trentatre stoccate. L’assassino — certo Antonio +Capponi — fu arrestato e impiccato. + +Dopo il ritiro del ministro Bogino (il persecutore dei malviventi) i +banditi tornarono a formar bande per darsi alle piacevoli scorrerie. +Il Vicerè Thaon, nel 1788, bandì loro una guerra atroce, e tenne duro, +quantunque venisse biasimato acerbamente per aver violato le forme +legali. + +Nel gennaio del 1782 veniva promessa la impunità ai due banditi +fratelli Mucciga (complicati nella famosa sommossa popolare del 1780) +a condizione che avessero arrestato ed ucciso altri malandrini. Nella +lettera ministeriale leggo queste precise parole: «— _bisogna animare_ +(!) _i banditi a distruggersi fra loro_.» — Era massima fondamentale +dei governi di tutti i secoli, compreso il nostro. Chi non lo sa? +chiodo scaccia chiodo. + +Nè crediate che i banditi d’allora fossero tutti sardi; la Corsica ne +dava un buon contingente, poichè ne vantava a centinaia sulle spiaggie +della Gallura, come dalla Gallura molti ne emigravano sulle spiaggie +corse. Le due isole si aiutavano a vicenda. Nel dicembre dello stesso +anno (1782) l’ambasciatore di Francia pregava il Vicerè di Sardegna +(_per il bene comune delle due nazioni_) di procurare l’estradizione +di dodici banditi corsi, che scorrazzavano intorno a Castelsardo. E ne +dava i nomi: Giovanni Saverio, Girolamo Ranfioni, Bonelli, Labicone, +Leonati detto _il nero_, i tre fratelli Volpi, e i quattro fratelli +Giovannoni. Pare che in Corsica si dessero alla macchia intere +famiglie! + +Veniamo intanto allo strascico della rivoluzione dell’_Ottantanove_, ed +ai torbidi che seguirono in Sardegna negli ultimi del secolo: periodo +turbolento, al quale non furono estranei i banditi. + +Nel pregone emanato dal Vicerè Vivalda il 9 giugno 1796, ponendo a +prezzo la testa di Angioi e suoi complici, oltre ai premi in danaro, +si prometteva la _nomina_ a favore di qualunque delinquente si volesse +graziare!! — E così pure, quando pochi giorni dopo si mossero da +Cagliari i 2500 armati per combattere l’Angioi ad Oristano, ci dice lo +storico, che in quella milizia furono reclutati delinquenti volgari, +tolti alla macchia. In una memoria del 5 marzo 1797 (sottoscritta +da Ghisu, Pintor e Delrio) si legge: «— Bisognava graziare gli +inquisiti che servivano in tutte le spedizioni; poichè alla loro +intrepidezza e coraggio si deve pure attribuire la buona riuscita dei +più ardui e pericolosi incontri —» — Queste frasi rivelano i tempi +e la moralità del Governo; il quale traeva partito dal _coraggio_ +e dall’_intrepidezza_ di codesta brava gente, in seno alla quale +sceglieva i suoi _sicari!_ — Anche per l’arresto del parroco Murroni +e di suo fratello (ardenti angioini datisi alla fuga) il giudice +Valentino, nel novembre del 1797, suggeriva al Vicerè di servirsi +dei due banditi Salvatore Rugu e Bantine Addis, a cui pertanto poteva +concedersi un _affidamento interinale_, e in seguito l’_impunità_ dopo +la cattura. + +E qui chiudo le gesta dei banditi e dei malviventi del secolo XVIII. + +Qualche partigiano del regime spagnuolo si era lasciato forse scappare, +che i misfatti risultassero assai più scandalosi sotto il dominio +piemontese, che sotto quello di Spagna. + +Il Governo del Piemonte si sentì punto da quest’asserzione; e lo desumo +dalle seguenti linee, che leggo in una lettera del Ministro al Vicerè, +in data 28 luglio 1790: + +«Non siamo in Sardegna nelle circostanze rappresentate al Papa dai +re di Spagna per la Catalogna, cioè, che frequentissimi fossero i +più atroci misfatti, e pochi ne succedevano in cui preti e frati +non fossero almeno complici — e quasi tutti andavano impuniti per la +negligenza o connivenza dei Vescovi e dei Superiori regolari». — E +scusate se è poco! + + * + * * + +Diamo ora uno sguardo al secolo spirante — al nostro secolo — non +inferiore forse al precedente per furti, delitti e scorrerie di +malandrini. + +Nei primi anni del secolo XIX si ebbe lo strascico dei moti angioini. +Si perseguitavano a morte i liberali d’allora, e fra questi il povero +notaio Cilocco, che inseguito dalle truppe batteva da più anni la +campagna gallurese, sfuggendo ai persecutori da montagna in montagna. +Il Marchese di Villamarina scriveva da Tempio al Vicerè (15 giugno +1802) ch’era sua intenzione di servirsi di spie pagate per far guerra +ai repubblicani, _sebbene difficilissimo sia trovarne fedeli in questo +comune_. + +Il Cilocco potè sfuggire alle armi regie, ma cadde in trappola +col solito tradimento. Stanco, oppresso, affamato, il poveretto +si presentò un giorno al bandito Giovanni Mazzoneddu, chiedendogli +asilo ed un tozzo di pane in nome dell’ospitalità. Il bandito finse +di soccorrerlo, ma informò segretamente il Governo, dicendo d’essere +pronto a consegnare alla giustizia l’ardente notaio, in compenso dello +sborso della somma stabilita nella taglia, e dell’impunità per sè e +per altri quattordici malvagi, di cui pensava servirsi per arrestarlo. +Il Governo fu ben lieto di poter graziare quindici assassini di +strada, per aver la testa d’un infelice notaio, di non altro reo, che +di aver caldeggiato le idee repubblicane di Don Giammaria Angioi. +Venne concesso quanto il Mazzoneddu chiedeva, e Francesco Cilocco +fu tenagliato col ferro rovente, e trascinato a braccio fin sopra il +patibolo l’11 agosto del 1802. + +I banditi e i malandrini si moltiplicarono, e crebbero d’audacia, +perchè protetti dai signori e dai monaci. Il 21 gennaio 1806 il +governatore si lagna col Vicerè della scandalosa protezione che i +conventi tutti di Sassari, specialmente quello dei frati carmelitani, +accordavano ai malviventi; e gli annunziava intanto l’arresto del +famigerato bandito Fanis, detto _la frina_, che da lungo tempo era +ricoverato nel convento di Santa Maria. + +L’Italia tutta, e specialmente la meridionale, non era in quel tempo in +migliori condizioni della Sardegna. In quell’anno stesso, 1806, veniva +trascinato al patibolo Michele Pozza di Napoli, il famigerato bandito, +che, sotto il nome di _Fra Diavolo_ aveva attirato l’attenzione +dell’Europa, destando l’estro d’Auber, il celebre musicista francese. + +Quando il re Vittorio Emanuele I si mosse da Cagliari per fare +un’escursione per l’isola, fu vivamente impressionato dalle numerose +bande di malviventi che scorazzavano per ogni dove, e più ancora della +protezione che loro davano i magnati delle ville, i quali giunsero +persino a scarcerare gli arrestati nei loro feudi. Il re emanò un +decreto rigoroso, e comminò la pena di morte ai protettori di banditi, +colla perdita della _nobiltà_; nè dimenticò allo stesso tempo di +promettere l’impunità agli assassini che avessero ucciso i propri +compagni. Ma nondimeno crebbero i banditi, e crebbero le protezioni. + +Nel 1809 è impossibile registrare i misfatti, tanto sono numerosi. +Lotte sanguinose fra comuni e comuni, tra famiglie e famiglie, fra +pastori e pastori; pene economiche, impiccagioni continue, arresti di +prepotenti magnati. Il Martini ne fa un quadro orroroso. A Tempio, +nel 1811, gli odî di parte raggiungono il parossismo. Si volle dare +dagli audaci una lezione alla giustizia; e vennero assassinati, quasi +allo stesso tempo, il Censore Diocesano, il Procuratore fiscale della +pretura, e il Giurisdicente. Un indulto e una spedizione di soldati, +per opera del Governatore di Sassari, calmarono alquanto gli animi. +Per intromissione del clero e del popolo si fecero le paci, le quali +vennero rogate con atto notarile il 9 di maggio del 1813. Il re, +costretto dalle circostanze, chinò la testa e firmò la grazia. + +I delitti, nondimeno, ripresero il loro corso fino al 1817; ma furono +in gran parte frenati dal rigore memorabile del Villamarina, sebbene +egli abbia voluto favorire i propri compatriotti. Fu notato dagli +storici, che, durante il suo governo, non venne impiccato alcun +gallurese. + +Dal 1820 — e più ancora dopo il 1826, anno in cui fu abolita la tortura +e tracciata in gran parte la strada nazionale da Cagliari a Sassari — +le squadriglie dei malviventi parvero meno feroci nelle loro gesta. + +Durante il lungo periodo in cui Lamarmora percorse l’isola da un capo +all’altro per i suoi studi prediletti, egli non venne molestato da +masnade di ladri e di assassini. L’unico suo incontro coi banditi +(avvenuto nell’aprile del 1823, sulla strada fra Nuoro e Siniscola) +lo resero convinto che le masnade non erano ingorde di rapina, poichè +rispettarono l’oro che portava seco — come lui stesso racconta. + +Tuttavia la guerra ai malviventi fu continuata con ardore dal Governo; +nè mancarono valorosi cittadini che si distinsero nel perseguitarli. +Nel Gennaio del 1836, per il valore spiegato nella caccia dei +banditi, fu data una medaglia d’oro (dono del Sovrano) a Don Girolamo +Berlinguer, capitano dei Barracelli. + +Salì in fama a quei tempi il bonorvese Peppe Bonu, uno dei più popolari +banditi dell’isola, e sul quale correvano bizzarre leggende. La +generosità, unita al coraggio e alla destrezza, aveva fatto di costui +un semi-eroe. Temerario all’eccesso e di una forza erculea, egli +dava molto da pensare alle regie milizie; e non potendo il Governo +impadronirsene per mezzo delle armi, pensò ricorrere al solito premio +in danaro ed alla impunità: il premio in danaro da sborsarsi per intero +a chi dava vivo o morto il Bonu, e per metà a colui che avrebbe ucciso +qualcuno della sua banda; l’impunità (meno male!) ragguagliata questa +volta a un delitto punibile con venti anni di galera. + +Peppe Bonu non era un malfattore volgare; fu accertato che molti +delitti si mantellavano col suo nome; e il bandito ne fu così sdegnato, +che si decise a scortare in persona la _diligenza_ nel transito di +Campeda, per tutelare la vita e gli averi dei viaggiatori, temendo che +altri in suo nome li assalisse. + +Da pochi mesi era emanato il decreto della _taglia_ sulla testa del +bandito bonorvese, quando verso il 1838 circolò la notizia della sua +morte. Mentre Peppe Bonu, nel _Pianu de murtas_, dormiva placidamente +sotto un albero, venne ucciso a tradimento da un tal Rosas, della +fazione dei Piu, suoi nemici. + +Altro bandito di quei tempi, coraggioso e temuto, era il bonorvese +Giovanni Biosa; il quale ebbe l’audacia di strappare il proprio padre +(pur bandito) dalle mani dei carabinieri che lo avevano arrestato. + +Furti continui, seguiti da misteriose uccisioni (commesse dentro città +e nei dintorni di Sassari) fecero sospettare di una squadriglia segreta +di malfattori, negli ultimi anni del governo assoluto. E questa volta +non trattavasi di banditi, ma di una lega di malandrini, regolata sulla +base degli odierni _grassatori_ della Barbagia: di giorno erano artisti +ed operai in apparenza onesti e tranquilli — la notte si univano per +commettere le ribalderie, servendo di strumento a cittadini creduti +galantuomini. Fin dal 1836 questi delitti si sospettarono perpetrati +per invidiosi dispetti, o per vessazioni del francese Uxel; il quale +aveva fondato a Sassari uno stabilimento di sanse, a breve distanza +dalla chiesa di S. Paolo. La mente direttiva non era sarda — sardo era +il braccio che eseguiva il mandato di sangue. + +Tra il 1841 e il 1842 non vi fu quasi giorno in cui non venisse +consumato un delitto di sangue. I malfattori scorrazzavano per +l’isola, e fra essi i terribili banditi corsi Stefano il _Serpente_, +il Quartara, il Tengone, il _Santa Lucia_. Nel 1842 ne furono rimandati +una ventina al Governo francese. + +Nell’intento di purgare la società, verso questo tempo, i cittadini +discoli venivano arruolati nel Reggimento sardo; ed il governo +piemontese, volendo ingrossare le fila dei malfattori isolani, mandava +in Sardegna seicento cattivi soggetti, col titolo di _operai di +punizione_! + +Il bandito più celebre che chiuse il periodo del regime assoluto +fu l’algherese Agostino Alvau. Di costui ci darà qualche ragguaglio +Giovanni Tolu, nella sua narrazione. + + * + * * + +Ed eccoci giunti sulla soglia del 1848, l’anno delle agognate riforme, +che dovevano far crollare il vecchio governo assoluto per aprire l’era +novella di tempi più civili. + +Pur troppo è destino dei popoli, che nei grandi rivolgimenti politici, +nel passaggio repentino dall’uno all’altro regime di governo, vi abbia +sempre chi approfitti del fermento della situazione, o per avidità di +guadagno, o per sfogo di qualche antica vendetta, o per libidine di mal +fare, servendo questo o quel potente, nella speranza dell’impunità. Non +parve vero ai tristi della campagna e della città di poter mantellare +gli istinti feroci sotto la larva di una lotta politica. + +Io sorvolerò sulla storia di questi avvenimenti, perchè uscirei di +carreggiata. + +Il Municipio di Sassari, vivamente impressionato dalle scene di sangue +a cui assisteva, ricorse il 22 ottobre 1849 al presidente dei Ministri, +esponendogli, con foschi colori _i continui, e in questi ultimi giorni +spaventevolmente cresciuti delitti ed attentati alla vita e proprietà +dei pacifici cittadini_. + +Il 1850 fu anno tristo per sanguinosi avvenimenti. Con l’allontanamento +da Sassari del tribuno Antonico Satta (partito nel giugno del 1849) non +furono spenti i rancori, come si sperava. Si ebbe nel giugno la strage +così detta dei _Saba e Careddu_ alle porte della città; si ebbe l’anno +seguente, nel lunedì di carnevale, l’altra strage dei _Saba_ e dei +_Macioccu_ all’uscita del teatro; e le scene sanguinose si ripeterono +di tanto in tanto fino al 1855 — anno in cui il cholera mieteva a +Sassari oltre 5000 vittime, spegnendo molti odî e molti tristi, e +svelando le trame dei numerosi delitti, che da quasi un ventennio si +erano macchinati, o compiuti, dentro ai laberinti misteriosi dello +stabilimento di San Paolo. + +Il primo decennio del governo costituzionale (dal 1849 al 1859) fu +memorabile per stragi e per odî di parte, mantellati sempre dalle lotte +politiche, le quali non servirono che di pretesto. + +Ed è appunto in questo periodo che compariscono sulla scena i quattro +banditi famosi: Pietro Cambilargiu, Antonio Spano, Antonio Maria +Derudas, e quel Giovanni Tolu, che, inseguito per trent’anni dalla +giustizia, fu da questa assolto nelle Assise di Frosinone. + + * + * * + +L’antico bandito sardo, conosciuto per l’odio implacabile verso +i soli nemici e le spie, per la ripugnanza al furto, la fierezza +del carattere, la generosità cavalleresca, è da un pezzo scomparso +dall’isola. + +Di simili banditi (per vero non troppo numerosi!) si occuparono in ogni +tempo, con pietosa simpatia, storici e letterati insigni, nell’intento +di mettere in rilievo quella fierezza e quella generosità, che pure in +mezzo alle ferocie li rendeva talvolta degni di compianto, se non di +ammirazione. + +Ne citerò alcuni, per non tediare più oltre il lettore. + +Lo storico Pasquale Tola esaltò la magnanimità di Salvatore Anchita +verso il suo nemico Francesco Brundano. Dopo aver riportato nel suo +_Dizionario biografico_ l’episodio da me altrove citato, scrive: +«— Esempio di generosità d’animo, da cui traspare quanto negli uomini +stessi rotti al mal fare sia potente il sentimento dell’onore: raggio +di virtù che brilla talvolta in mezzo alla fosca luce dei più enormi +delitti.» + +Sulle pagine del Tola s’inspirò Gavino Cossu, che scrisse un romanzo +storico in due volumi col titolo: _gli Anchita e i Brundanu_. + +L’infaticabile frate Vittorio Angius ha voluto scrivere più d’una +pagina pietosa, tanto in favore di Leonardo Marzeddu, che si diede +alla macchia dopo aver vendicato il suo onore oltraggiato — quanto di +Giovanni Fais, che il Valery chiama un _Leonida_. + +L’erudito marchese di San Filippo scrisse e stampò una storia romantica +su Peppe Bonu di Bonorva, la quale parve una leggenda, e venne +riprodotta in parecchi giornali di Torino. + +Il padre Bresciani, che volle visitare più volte la Sardegna, nel suo +libro _Dei costumi sardi_ ha dedicato parecchie pagine entusiastiche +ai banditi sardi, la maggior parte dei quali (egli afferma nel 1846) lo +erano per vendetta d’onore. + +Questo scrittore rileva un particolare. Egli dice: quando un bandito +sardo è sorpreso nella foresta da qualche carabiniere che gli grida: +_ferma, il re!_ — egli risponde togliendosi con riverenza il berretto: +— _Rispetto il re, ma gli consacro la tua testa!_ — E postosi dietro un +albero fa fuoco sul carabiniere. Il Bresciani a questo punto esclama: +— _Che laconismo! e che fiera alterezza di cuore!_ (A me, invece, pare +fuori luogo il suo entusiasmo sopra un fatto che non credo vero!) + +Parlando delle paci fatte nel 1840 per intervento dei missionari, il +Bresciani cita un venerando pastore, il quale si ridusse ad abbracciare +un nemico che gli aveva ucciso il figlio. (Caso non troppo comune in +Sardegna!) + +Lo stesso scrittore riporta un altro episodio storico, narratogli +a Cagliari da un giudice della Reale Udienza. Un famoso bandito, +inseguito da due carabinieri, cacciossi per caso dentro un ovile, +dove, insieme a molti armati, si trovava l’uomo a cui aveva ucciso +il fratello. In omaggio alla sacra ospitalità, il pastore lo accolse +nella capanna, e intimò ai carabinieri di allontanarsi, se volevano +salva la vita. Informata del caso la Giustizia, fu subito spedito un +messo al pastore (padre di due figli di recente condannati a morte) +proponendogli la libertà di essi, se si risolveva a cedere il bandito +accolto nel suo ovile. Il pastore rifiutò sdegnosamente. Giustiziato +uno dei figli, fu rinnovata la proposta per la liberazione dell’altro; +ma il vecchio diede al messo questa fiera risposta: — Dirai al giudice, +che il sardo ha più cara la fede che i propri figliuoli!» — Quando +apprese la morte del secondo figlio il poveretto svenne. + +A proposito di questo fatto il Bresciani cita un caso avvenuto in +Corsica al tempo in cui Paoli combatteva per la indipendenza dell’isola +sua. Un popolano corso, cieco d’ira, aveva ucciso colle proprie mani +l’unico suo figlio sedicenne, solo perchè questi, dopo aver concessa +l’ospitalità ad un bandito, lo cedette per denaro ad un carabiniere. + +«I sardi, che tanto ritennero delle condizioni del mondo antico +(conchiude il Bresciani) hanno di queste esagerazioni, riputandole +diritto, dovere, e stretta osservanza della ragione delle genti.» + + * + * * + +E mi pare che le citazioni storiche da me riportate siano sufficienti +per dare un’idea del colore dei tempi. + +Ho esposto a larghi tratti il quadro dei principali avvenimenti +di sangue che afflissero il Logudoro nel lungo periodo di quattro +secoli. Mi accorgo però che la mia tela ha tinte troppo fosche, ed è +incompleta; poichè non ho potuto riportare che i fatti crudi, quali li +estrassi da documenti ufficiali. In riscontro alle nequizie dei banditi +da me segnalate, le carte di Archivio non registrano virtù alcuna, nè +le intime cause che determinarono il traviamento di tanti infelici, +trascinati assai spesso al delitto dalla trista condizione dei tempi +miseri e corrotti. + +Negli scaffali della Giustizia si riscontrano unicamente le colpe, +non le virtù dei disgraziati; e questo forse succede, perchè l’uomo è +nato cattivo, e la virtù realmente non esiste. Come l’ombra non è che +l’assenza della luce, così la virtù non è che l’assenza del vizio. La +società, insomma, pare non pretenda che il solo freno delle passioni, +convinta che l’uomo riescirà sempre a fare il bene, sempre quando potrà +astenersi dal fare il male. + +Ho esposto in altro libro il sistema usato dallo storico e dal poeta, +quando vogliono fabbricare i grandi benemeriti e i grandi delinquenti: +— dei primi essi registrano le sole virtù, dei secondi non rivelano +che i soli vizi. In pochi, però, la coscienza di voler ritrarre l’uomo +qual’è, col fardello del bene o del male, fornitogli dai tempi, dagli +uomini, o da madre natura. + +Perchè questo? forse perchè il popolo ha bisogno di commuoversi +dinanzi a quanto esce dalla cerchia dei fatti comuni: esso sdegna le +mediocrità, per esaltarsi alle azioni dei grandi buoni o dei grandi +cattivi. L’evangelista Giovanni lo ha detto chiaro nell’_Apocalisse_: +«— Deciditi: sii freddo, o sii caldo; ma se tu sarai tiepido, ovvero nè +freddo nè caldo, ti rigetterò dal mio seno!» + +Fra i molti banditi che nacquero belva — come Pietro Cambilargiu e +Francesco Derosas — non mancarono i disgraziati, che pure in mezzo +alle ferocie ebbero slanci di generosità magnanima, di virtù vera, di +singolare rettitudine d’intelletto. + +Nella storia di Salvatore Anchita, di Francesco Brundanu, di Leonardo +Marceddu, di Giovanni Fais, di Peppe Bonu, e di Giovanni Tolu non fanno +difetto gli sprazzi di luce che rischiarano azioni generose, delle +quali tacciono i documenti Ufficiali. Questo silenzio è spiegabile; +poichè la giustizia non sa leggere che nel _Codice penale_, e non sa +pesare nella sua bilancia che le sole colpe degli sventurati! — Ed +è forse per reazione che i grandi poeti (come Byron e come Schiller) +vollero idealizzare con splendore di colorito le gesta avventurose di +corsari e di briganti. + +Bisogna, dopo tutto, convenire, che l’uomo ha un fondo malvagio. + +Non è questione di alti o bassi strati sociali: — l’ignoranza e +il pregiudizio salgono tutti i gradini. Abbiamo veduto come nei +traviamenti dei secoli passati incorsero nobili e plebei, e come +talvolta si ebbero esempi di volgo nobile e di nobiltà plebea. + +Nelle gesta delittuose vi hanno due cavallerie: quella _rusticana_ e +quella incivilita. La prima, per sua natura, è apertamente audace — +la seconda, all’incontro, nobilmente accorta: forse perchè ha troppi +guanti — e i guanti, assai spesso, non servono che a nascondere le mani +sporche. + +Io non voglio fermarmi sul numero infinito dei delinquenti volgari, che +battono la città e la campagna: sono essi i delinquenti d’ogni tempo, +d’ogni paese, e parlano ogni lingua. Ripeto solo, che Giovanni Tolu, +nel suo complesso di bene e di male, è l’_ultimo bandito sardo_. + +Il bandito sardo — giova ricordarlo, perchè il giornalismo italiano +pare si ostini a non volerlo rilevare! — non è un masnadiero, non è +un brigante, non è un grassatore, non è un fabbro di _ricatti_. Ed è +solamente per dimostrarlo, che ho voluto aderire a scrivere la storia +di Giovanni Tolu. + +I tempi or sono cambiati. Colla nuova Italia è sottentrato un altro +brigantaggio, che al piombo, al pugnale, ai grimaldelli ha sostituito +il libello, la truffa, e i brogli bancari. + +Dobbiamo tuttavia ardentemente sperare, che questa nuova forma di +delinquenza inguantata, la quale sfugge così spesso alle leggi, abbia +fatto il suo tempo. Ad ogni modo, lusinghiamoci di non trovarci per +anco nel tristo caso di ripetere la frase tagliente, ch’ebbe sulle +labbra Giovanni Prati negli ultimi anni di sua vita: «— Dappoichè ho +conosciuto i galantuomini d’oggi, ho preso a stimare i ladri antichi!» + + _Sassari, maggio 1896._ + + ENRICO COSTA. + + + + +STORIA DI GIOVANNI TOLU + +NARRATA DA LUI MEDESIMO + + + + +PARTE PRIMA + +PRIMA DELLA COLPA + + [Illustrazione: Testata allegorica sui personaggi della + storia] + + + + +CAPITOLO I. + +Infanzia e prima giovinezza. + + +La nostra famiglia è di Florinas. + +I miei nonni — Felice Tolu e Francesca Cossu — vivevano agiatamente, +perchè possessori di terreni, di case, e di molto bestiame. Dalla loro +unione erano nati sei o sette figli, fra i quali Pietro Gavino — mio +padre. + +I tempi intanto si facevano tristi. Dopo la carestia dell’_ottanta_ +— ci diceva il babbo — le terre diminuirono di prezzo, e la piccola +fortuna del nonno cominciò a venir meno[2]. + +Il vecchio Felice scese nel sepolcro lasciando i figliuoli in +giovanissima età; e la povera vedova, sperando di poter tirare innanzi +la famiglia nell’agiatezza in cui era stata allevata, fu costretta a +vendere i pochi beni che ancora le rimanevano. I suoi sforzi, però, +riuscirono vani. I giorni calamitosi si succedettero senza tregua, nè +si tardò a provare tutte le strettezze della miseria. + +Pietro Gavino, per campare la vita, si era adattato a prestare l’opera +sua presso alcuni parenti facoltosi; ed una sua sorella, non potendo +più oltre mantenere l’antico sfarzo, fece dono della sua ricca veste +alla _Madonna del Rosario_, presso la quale (com’è tradizione nella +nostra famiglia) conservasi tuttora. + +Sebbene alquanto innanzi negli anni, il mio babbo Pietro Gavino tolse +in moglie la giovane figlia di un pastore — Vincenza Bazzoni — che gli +regalò una dozzina di figli, diversi dei quali morirono bambini. + +Mia madre era in fama per i parti doppi; e infatti per tre volte ebbe +figliuoli gemelli, nel numero dei quali sono anch’io compreso. + +Ecco i nomi dei figli sopravvissuti: — Felice, il primogenito; Chiara, +la seconda; in seguito tre coppie di gemelli, cioè: Peppe ed io — +Giammaria e Nicolò — Giustina ed altro che visse pochi giorni — e +finalmente Maria Andriana[3]. + +È cosa ormai assodata: quando Dio non può mandare ai poveri un po’ di +fortuna, concede loro la grazia di molti figliuoli! + +Pietro Gavino Tolu, mio padre, era un tipo di agricoltore fiero, +energico, scrupoloso. Uomo di stampo antico, era rigido e severo +nell’educazione della famiglia. Soleva dare poca confidenza ai figli, +nè voleva che essi s’intromettessero in alcuna questione di famiglia. +I figli, da parte loro, gli ubbidivano ciecamente, non permettendosi la +minima osservazione, nè atti sconvenienti alla sua presenza. + +Egli ci diceva spesso: + +— Figli miei: o buoni, o morti! Voglio che rispettiate gli altri, +perchè gli altri vi rispettino. + +Guai se egli avesse saputo che i figli si permettevano d’introdursi nei +poderi altrui! Sarebbe stato capace di picchiarci senza misericordia. + +Ci eravamo tutti abituati al regime rigoroso del babbo, ed in famiglia +si viveva tutti di buon accordo. + +L’ho detto: al mondo non venni solo. Io sono _una grossa metà_. Nacqui +ad un parto col fratello Peppe, il 14 marzo del 1822 — a Florinas[4]. + +Entrambi fratelli fummo mandati a studiare presso un maestro prete, +nostro parente, il quale ci sgridava sempre, e qualche volta ci +picchiava colla sferza. Peppe, più paziente, imparò a leggere, ed anche +un po’ a scrivere; io, invece, inasprito delle brusche maniere del +prete, mi ribellai, e non volli più sapere di scuola. + +All’età di nove anni, tanto io quanto il mio gemello, fummo accettati +nella chiesa parrocchiale, in qualità di sagrestani. Mio fratello, dopo +un annetto, lasciò bruscamente la Sagrestia, dichiarando di volersi +dare al lavoro dei campi; io rimasi al mio posto per altri due anni. + +Tenevo alla carica di sagrestano, poichè lusingava il mio amor proprio. +I sacerdoti mi volevano bene, ed io cercai di cattivarmi la loro +stima, col mandare a memoria (giacchè non riuscivo a leggere) tutte +le risposte latine relative alle funzioni ecclesiastiche — oltre la +_dottrina cristiana_, che sapevo a menadito. Indossavo con un certo +sussiego la sottana e la cappetta, ed ero diventato esperto nella +professione. Assistevo con disinvoltura alla messa; cantavo con voce +squillante nei funerali; accompagnavo il parroco in tutte le cerimonie +— tanto nelle visite che faceva alle partorienti dopo il battesimo, +quanto alla casa dei moribondi per somministrar loro il viatico. Ond’è, +che masticavo molti confetti, e mi ero abituato al tristo spettacolo +degli agonizzanti, che nei primi tempi mi facevano una penosa +impressione. + +Mi pareva di essere diventato quasi il padrone della chiesa e della +sacristia. Preparavo gli arredi sacri, regolavo e custodivo il vino, +aiutavo i preti a vestirsi e a spogliarsi, ed avevo imparato a mettere +in assetto gli altari con un certo gusto. Anche la clientela delle +devote mi era affezionata. Tutte le penitenti si raccomandavano a +me; ed io trovavo modo di far sbrigare al confessionale le peccatrici +che mi andavano più a genio, e che volevo favorire. Le più noiose ed +insistenti erano le vecchie, le quali d’ordinario sono quelle che si +confessano con più frequenza, forse perchè non hanno più occasione di +peccare. + +Ero infarinato delle cose ecclesiastiche, e giunsi perfino a capire, +che quando il prete nella messa recita più di tre orazioni, egli compie +una brutta azione, cioè a dire, fa le _legature_ a danno di qualche +nemico[5]. + +Raggiunta l’età di 12 anni, mi avvidi che il mestiere di sacrista non +faceva più per me; sentivo di essere un ozioso, e temevo di esser fatto +segno alle beffe de’ miei compagni. Un bel giorno buttai in un canto la +sottana, e mi diedi, come gli altri fratelli, a lavorare i campi. + +Mio padre era stato accettato come socio da un suo compare agiato, +parimenti agricoltore; il quale gli forniva la semente, i buoi e la +terra, lasciandogli a benefizio un terzo del guadagno, e tenendo per sè +gli altri due terzi, secondo la usanza del paese. Questa società ebbe +la durata di otto e più anni, con piena soddisfazione del compare; il +che dimostra che mio padre era un abile lavoratore, ed onesto fino allo +scrupolo. + +Gettata all’ortiche la sottana di sacrista, volli andare a lavorare +con mio padre, per servirgli di aiuto. Maneggiavo la zappa, o guidavo +i buoi, secondo i casi; e quando per me non c’era lavoro, mi adattavo +a trasportar pietre sullo stradone, tanto per non stare in ozio, e per +non essere di peso alla famiglia. + +Ho l’orgoglio di vantarmene. Fin da giovane avevo la fama di abile +lavoratore, di sobrio, di onesto, di docile; nè pochi erano gli +agricoltori che chiedevano l’opera mia. Ma io preferiva di aiutare il +babbo ne’ suoi lavori di campagna. Pieno di amor proprio e di buon +volere, mi sentivo spronato al lavoro dall’emulazione, e godevo di +essere mostrato a dito dai compagni, con una compassione che mi sapeva +d’invidia. + +Ero appena diciasettenne quando perdetti mio padre, morto a 54 anni. Lo +piansi amaramente, e da quel giorno mi dedicai con più lena al lavoro, +poichè volevo recar sollievo alla mamma ed alla famiglia. + +Felice, il nostro fratello maggiore, aveva intanto preso moglie. Si +era unito a Giovanna Serra di Giave, ed erasi allontanato da noi per +mettere su casa, a parte. + +Io era ritenuto come il figliuolo più serio e più lavoratore; tanto è +vero, che a diciotto anni mi si erano affidate le redini della casa. +Peppe, più delicato e più debole di me, era rimasto addietro, e subiva +la mia influenza. + +Provvistomi d’un cavallo mi diedi a lavorare per i paesi circonvicini, +facendo il _viandante_. Trasportavo viveri e merci da un punto +all’altro; mi recavo con frequenza a Sassari per vendervi grano; e di +là ripartivo con un carico di vino, che mia madre rivendeva in paese +per trarne qualche lucro. + +L’ho detto: mio padre ci aveva educati rigidamente, e si viveva tutti +in buon accordo. Ciascuno di noi portava alla mamma i propri guadagni, +e godevamo di una certa agiatezza, relativa alla modesta nostra +condizione. Il lavoro non ci mancava mai, ed i viveri erano a buon +mercato. Ricordo che verso il 1840 la carne si vendeva a due libre +_mezzo reale_ (circa 30 centesimi il chilogramma). + +I principali proprietari di Florinas richiedevano continuamente l’opera +mia e quella di Peppe; ma non volevamo legarci ad alcuno, poichè la +mamma era gelosa di noi, e temeva che coll’abbandono venisse meno +l’accordo in famiglia. + +Quando Chiara — la nostra sorella maggiore — toccò i 23 anni, +fu chiesta in moglie da un bravo giovane. La scelta fu di nostro +gradimento, e raddoppiammo di attività nel lavoro, tanto per poter +riuscire a preparare un po’ di fardello alla sposa. + +La nostra casa era il nido della pace e della concordia. La vecchia +mamma non faceva che ringraziare il Cielo, per averle dato figliuoli +così buoni ed affettuosi. + +Contavo appena venti anni, quando in paese si sparse la notizia che +nell’agro sassarese si prevedeva un raccolto straordinario di olive. +Volendo guadagnare qualche soldo in più, mi allontanai da Florinas, +per collocarmi nella qualità di sorvegliante a Sassari, presso due +proprietari di molini ad olio; nell’uno lavoravo di giorno, nell’altro +di notte. Dopo parecchie settimane di assiduo lavoro, feci ritorno a +Florinas. Mi sentivo stanco e abbattuto, ma avevo raggiunto lo scopo, +mettendo a parte una diecina di scudi, che consegnai alla mamma. + +E così continuai a cercar lavoro da un punto all’altro: nei dintorni di +Florinas, nelle campagne di Sassari, e nei _salti_ della Nurra. Nessuna +fatica mi spaventava quando mi sorrideva la probabilità di un guadagno. + +Coi risparmi fatti, decisi più tardi di acquistare un buon cavallo. +Me ne offrì uno bellissimo, di manto nero, il reverendo Pittui, per +il prezzo di sedici scudi. Ricordo anzi, a questo proposito, che allor +quando sborsai la somma al prete, in presenza della serva, mi scivolò +di mano una pezza da _cinque soldi_, che andò a rotolare sul pavimento. +Ci chinammo tutti e tre per raccoglierla, ma non ci fu possibile +rintracciarla. L’inferno l’aveva inghiottita. Dovetti cacciar fuori +dalla borsa altra simile moneta, che non mi venne più restituita. +Ricordai più volte questo fatto, ripensando al prete Pittui, che più +tardi doveva esser causa d’ogni mia sventura. + +Diventato proprietario di un buon cavallo, che battezzai col nome di +_Moro_, continuai la mia vita di lavoro con più coraggio. Passavo +intiere settimane fuori di Florinas, e non vi rientravo che alla +vigilia dei giorni festivi. + +Le domeniche erano per me giorni di noia. Il mio unico divertimento +consisteva nel tiro al bersaglio: passatempo di molti giovani del +paese nella sera dei giorni di festa, ed al quale prendevano pur parte +i signori, ed anche qualche prete. La bettola, i balli, e sovratutto +il bel sesso, non ebbero mai per me alcun’attrattiva. Devo anzi +confessare, che fin da giovinotto ero un orso e fuggivo quasi le donne. +Non provavo la smania di far loro la corte, poichè gli amori inutili +mi ripugnavano, non volendo perdere il mio tempo. A che trattenere una +ragazza e perdersi in sciocchezze, quando l’uomo non ha intenzione +di torsela in moglie? Nei nostri villaggi bisogna andar cauti colle +zitelle; il far lo spasimante diventa pericoloso, poichè i parenti +della donna potrebbero immischiarsene; e il meno peggio che possa +capitare, è il matrimonio forzato con donna che non ci piace. Non amavo +le leziosaggini, nè le mollezze femminili, che sfibrano il carattere +e ci espongono qualche volta al ridicolo. Sdegnavo di cacciarmi nei +pubblici balli, o di piantarmi come un palo dinanzi alle case, per +fare il cascamorto colle ragazze che sedevano sulle soglie. Preferivo +andarmene fuori del paese con la combricola dei tiratori, per vincere +una scommessa al bersaglio. Il fucile era la mia prima passione — il +cavallo la seconda. + +Non mi fecero pertanto difetto le avventure amorose; ma io nella donna +temevo le _malìe_ — cioè a dire le _legature_, come noi le chiamiamo. +Citerò due soli episodi. + +Recatomi una sera in casa di un amico, vi trovai la moglie insieme ad +una giovane sorella di costei, di fama un po’ equivoca. + +La donna maritata, fra il serio e il faceto, mi disse: + +— Guarda mia sorella, com’è bellina! Perchè non te la baci? + +Fui quasi spaventato dello strano invito; del che accortasi la scaltra +donna, cambiò tono, e mi chiese il favore di accompagnare la sorella ai +balli, che avevano luogo quella sera in piazza. + +Benchè a malincuore, accondiscesi al suo desiderio. Quando fummo di +ritorno, le due sorelle si affrettarono ad offrirmi alcuni amaretti +e un bicchierino di rosolio; ma io mi guardai dall’accettare, temendo +volessero farmi qualche _legatura_. Appresi più tardi, che la moglie +del mio amico aveva contato sulla mia inesperienza, per mantellare col +sacramento del matrimonio il primo fallo della sorella. + + [Illustrazione: Moglie tentatrice, e il villaggio di Florinas] + +Due mesi dopo, a breve distanza da Florinas, mentre rientravo dalla +campagna, fui fermato con mistero da una giovane donna, maritata ad +un vecchio. Ella cominciò col parlarmi di una sua amica, la quale era +alquanto innanzi negli anni, ma possedeva un piccolo vigneto ed una +casa bassa, che le procuravano una vita abbastanza comoda. Avendo +costei desiderio di marito, me la proponeva come moglie, cercando +persuadermi che avrei fatto un buon affare; poichè, anche con una +moglie attempatella, non mi sarebbe mancato l’affetto di qualche amica +più giovane. Rifiutai con ripugnanza; e allora la giovane si sfogò meco +in tenerezze, e mi tenne un linguaggio così singolare, che mi costrinse +a fuggire da lei, come un casto Giuseppe dalla moglie di Putifarre[6]. + +Tale io era con le donne a vent’anni. In seguito, naturalmente, ebbi +qualche scrupolo di meno, sebbene non sia mai riuscito a cambiare _la +mia opinione_[7]. + + + + +CAPITOLO II. + +In cerca d’una moglie. + + +Raggiunta l’età di 25 anni, non tardai a sentire tutto il peso della +mia vita solitaria, monotona. L’amore al lavoro ed al guadagno, la +ripugnanza all’ozio ed ai compagni crapuloni, mi rendevano più penoso +l’isolamento. Non bastava più mia madre, non bastavano i miei fratelli, +nè le sorelle, a darmi un conforto, quando stanco rientravo in seno +alla famiglia, dopo una settimana d’incessante e faticoso lavoro. +Desideravo qualche cosa di più attraente che mi eccitasse ogni sera a +far ritorno alla mia casetta. + +Felice, il primogenito de’ miei fratelli, aveva preso moglie; gli altri +pensavano a prenderla; le mie sorelle già parlavano di marito — ed +io non sentiva la virtù del sagrifizio, senza uno scopo determinato. +Il pensiero di abbandonare la mamma era quello che mi tormentava; ma +io avrei potuto ritirare la vecchierella presso di me; avrei potuto +darle una compagna, quando le sorelle e i fratelli miei si fossero +allontanati dalla casa materna, per crearsi una famiglia. + +Pensai dunque ad una compagna. + +Avevo fermato l’attenzione sopra una bella giovinetta quindicenne, che +ogni domenica io aspettava sul piazzale della chiesa, all’entrata ed +all’uscita della messa. Parecchie volte ero stato ai balli con essa, e +mi pareva che non gli fossi del tutto antipatico. Il contegno modesto +di quella ragazza mi aveva profondamente colpito. Maria Francesca, la +prediletta del mio cuore, era al servizio del prete Gio. Maria Masala +Pittui, insieme ad una sua zia. + +Questa zia — Giovanna Maria Meloni Ru — si trovava da molti anni in +casa del prete. Tanto lei, quanto una sua sorella maggiore, si erano +allontanate dal paese natio (Scano Montiferro) ferme nel proposito di +collocarsi come serve in casa di qualche prete, a Florinas, o altrove. +L’una di esse, infatti, riuscì ad essere accettata dal reverendo Pittui +— l’altra si collocò presso un altro sacerdote, in Codrongianus. + +Le due donne avevano un fratello a Florinas — Salvatore Meloni Ru — già +servo del prete Pittui, che gli aveva dato in moglie certa Catterina +Merella. + +Da queste nozze era nata, fra gli altri figli, Maria Francesca, la +ragazza che mi aveva colpito. Costei, fin da bambina, frequentava la +casa del prete, dove si recava per visitarvi la zia; e quando crebbe +negli anni vi fu accettata come servetta, con piena soddisfazione dei +genitori; i quali ascrissero a grazia divina l’aver potuto collocare la +loro bella figliuola in casa di un sacerdote benestante, influente, e +temuto più che amato nel paese. + +Il prete Pittui aveva fatto di tutto per dar marito all’antica sua +serva Giovanna Maria, ma non vi era riuscito. In paese correvano +molte dicerie sul conto di quella donna, e nessuno voleva caricarsela. +Fra gli altri designati, il prete si era rivolto a due suoi nipoti, +promettendo loro la protezione, e non so che altro, se avessero +appagato il suo desiderio; ma i due nipoti non vollero sapere di dar +la mano ad una donna attempatella, a cui si cercava un marito con tanta +insistenza. + +Il rifiuto dei due giovani inasprì alquanto lo zio, che tenne loro il +broncio per lungo tempo, sebbene non mancasse di prenderne le difese, +quando credeva compromessa la dignità del sangue di famiglia. + +Il prete Pittui trovò finalmente il desiderato Cireneo della sua +Giovanna Maria: un suo servo agricoltore — certo Giovanni Antonio +Piana; il quale, sebbene molto giovane (eravamo coetanei) si decise a +sposare quella donna, che poteva essergli madre. + +Giovanni Masala Pittui era un prete, che aveva oltrepassata la +cinquantina. Burbero, prepotente, di modi piuttosto aspri, si sentiva +capace di affrontare venti nemici petto a petto. Possedeva una +Cappellania, che dicevasi gli fruttasse da quattro a cinquemila scudi; +ed aveva l’obbligo di dir la messa tutti i giorni festivi nell’Oratorio +di Santa Croce — chiesetta un po’ fuori di mano, perchè posta +all’estremità del villaggio. + +Erano in quel tempo in Florinas altri tre preti: i due viceparroci e il +rettore Gio. Angelo Dettori; ma nessuno poteva vantare l’influenza del +prete Pittui, che tutti temevano. In relazione con cavalieri, avvocati, +giudici, ed altre autorità di Sassari, egli dispensava promesse o +minaccie a diritta ed a manca, e nessuno osava contraddirlo, poichè si +sapeva che le minaccie avrebbero avuto il loro effetto. + +Il prete Pittui andava sempre armato, ed era ben provvisto di fucili, +di pistole, di pugnali. Possedeva una quindicina di cani, fra i quali +due feroci mastini, capaci di sbranare quattro nemici a un semplice +cenno del padrone. Si vantava di essere un valente cacciatore (e lo era +di fatto), e si dilettava parimenti della pesca nei fiumi; però, non +mangiava mai pernici, nè lepri, nè anguille, che per solito regalava +agli amici. + +Io era in buoni rapporti coi preti di Florinas, poichè tutti mi +avevano conosciuto sagrestano. Anche prete Pittui mi trattava con +una certa confidenza. Non poche volte gli avevo assistito la messa, e +assai spesso mi ebbe a compagno nelle solite gare al bersaglio della +domenica. Guai però a contraddirlo, o a prendersi troppo confidenza con +lui! Corrugava la fronte, rispondeva brusco, e voltava le spalle con +aria spavalda e prepotente. + +Per dare un’idea del suo carattere focoso e della fiducia che riponeva +nelle autorità di Sassari, di cui si vantava amico, narrerò un +episodio. + +Un giorno io lavoravo in un suo tenimento, insieme ad altri compagni, +fra i quali uno dei due nipoti che si era rifiutato a sposargli la +serva Giovanna Maria. Avvenne che uno dei contadini che lavoravano +insieme a noi, non so per qual contesa insorta, mettesse le mani +addosso al nipote del prete, che per caso era presente. Io corsi +in difesa dell’aggredito, e afferrato un bastone percossi senza +misericordia l’aggressore. + +Il prete, cieco di bile per l’insulto fatto al parente, mi si accostò +inferocito, gridandomi alle spalle: + +— Uccidilo! uccidilo, Giovanni! chè penserò io a strapparti alla +Giustizia! + +Queste parole mi fecero tornare in me, e sospesi la correzione — +tanto più che l’avversario non mi aveva opposto resistenza. Il prete +si limitò a licenziare il contadino audace; ma mi accorsi che non era +soddisfatto della mia disubbidienza. + +Riprendo la narrazione. + +Colpito, dunque, dall’avvenenza e dalla modestia di Maria Francesca, +e fermo nel proposito di prender moglie, mi decisi a confidare in +famiglia i miei progetti, chiedendo un consiglio. Ottenni la generale +approvazione per la buona scelta fatta. Lieto che tutti fossero +contenti, incaricai la mamma di recarsi in casa del prete Pittui +per chiedergli la mano della ragazza. Si sa che in simili casi i +genitori passano in seconda linea, poichè spetta ai padroni disporre +dell’avvenire delle serve. + +Mia madre, dopo essersi vestita degli abiti migliori, si recò dal +prete per far la domanda. Io rimasi ad aspettarla in casa, ansioso di +conoscere la risposta. + +Trascorsa una mezz’ora, mia madre fu di ritorno. Per quanto affettasse +disinvoltura, mi accorsi subito che la sua missione non era pienamente +riuscita. + +— Ebbene....? — le chiesi, andandole incontro. + +— Bisogna ancora aver pazienza, figlio mio! + +— Un rifiuto?! + +— Non rifiuto, veramente! Mi disse solo, che avessi prima pensato a +maritare le tue sorelle Giustina e Maria Andriana, poichè per Maria +Francesca ci sarebbe stato tempo, avendo essa di poco oltrepassato i +quindici anni. + +Questa risposta, che mia madre si studiava di raddolcirmi, mi tenne +alquanto di malumore. Tuttavia, non disperai, deciso di tornare +all’assalto in un momento più opportuno. + +Lasciai trascorrere alquante settimane. Nel frattempo in paese si era +fatta correre una voce, la quale in sulle prime mi fece sorridere, ma +in seguito mi destò qualche inquietudine. Dicevasi dalle comari, che +io mi era pazzamente invaghito di Maddalena Pintus Marongiu, figlia di +Pietro Paolo, la cui fama non correva troppo buona in paese. Si era pur +detto, precedentemente, che tanto la ragazza, quanto i suoi genitori, +studiassero tutti i mezzi per accalappiarmi con un matrimonio. + +L’origine e lo scopo della diceria erano palesi. La zia di Maria +Francesca aveva confidato alle comari la mia domanda di matrimonio; +e la famiglia Pintus, al cui orecchio era pervenuta la notizia, aveva +messo in giro la storiella del mio amore, per dar pretesto al prete di +rifiutarmi la mano della ragazza. + +Un caso innocente, avvenuto poche settimane dopo, diede corpo all’ombra +ed alimento ad una diceria, che servì di appiglio ai disgustosi +incidenti che amareggiarono in seguito la mia esistenza. + + + + +CAPITOLO III. + +Alla festa di Mara. + + +Si era verso la metà di Settembre del 1848, e si avvicinava il giorno +della famosa festa di _Nostra Signora di Bonuighinu_, che suol farsi +presso una chiesa campestre, nelle vicinanze del villaggio di Mara. +Questa festa, con annessa fiera, è una delle principali dell’isola, e +chiama tuttora dal Logudoro e dalla Planargia una folla considerevole +di curiosi e di devoti[8]. + +Essendo Mara molto distante, i florinesi hanno bisogno di quattro o +cinque giorni per effettuare la gita e godere del divertimento; e forse +per questo motivo l’attrattiva è maggiore, e cresce nei festaioli la +smania di prender parte alla baldoria. + +Già da tre anni mi ero prefisso di recarmi a _N. S. di Bonuighinu_ +per sciogliere un voto fatto, e nello stesso tempo per divertirmi un +poco. Lavoravo tutto l’anno con assiduità, e mi pareva di aver diritto +a un po’ di svago. Circostanze impreviste avevano impedito che si +effettuasse il mio disegno; ond’è che quella volta fui irremovibile nel +mio proposito. + +Mia madre non vide di buon occhio la mia gita, e me lo disse con una +certa amarezza: + +— Bada, Giovanni! A me pare, che in questa circostanza non ti convenga +recarti alla festa. Non vorrei che la tua gita avesse a procurarti +qualche dispiacere! + +Io mi strinsi nelle spalle. Mia madre, certamente, voleva alludere alle +trattative in corso per la domanda di matrimonio; ma io sentiva di aver +la coscienza netta, nè dovevo temere serie conseguenze da un passatempo +innocente. + +Anche il nostro vicino di casa — Gavino Pintus — aveva deciso di andare +alla festa insieme alla figliuola, e si era dichiarato contento di +avermi a compagno di viaggio. + +Questo Pintus, agricoltore benestante, era fratello dell’altro Pintus, +della cui figlia mi dicevano invaghito. Le due cugine avevano lo stesso +nome: Maddalena. + +All’alba del giorno designato insellai il mio _Moro_; Gavino Pintus +prese la figliuola in groppa, e partimmo insieme. + +Svoltate appena due stradicciuole, il Pintus fermò il cavallo e mi +disse: + +— Aspettami qui un momento. Mi spingo fino alla casa di Pietro Paolo, +per sapere se insiste nell’idea di venire alla festa. + +Fu tanta la mia sorpresa, che non risposi neppure. Mi lusingavo già che +si trattasse di un semplice atto di convenienza, quando vidi sboccare +da una viottola i due fratelli a cavallo, colle rispettive figliuole in +groppa. + +Quell’incidente impreveduto mi gelò il sangue. Mi venne persino in +mente di piantare la comitiva e di andarmene tutto solo alla festa; ma +ebbi vergogna di una debolezza, che poteva venir interpretata paura o +vigliaccheria. Ripensai allora alle parole di mia madre, la quale non +s’ingannava mai ne’ suoi pronostici. + +Che dovevo fare? Feci l’uomo di spirito, e mi rassegnai ad essere il +compagno di viaggio dei due fratelli e delle due cugine, deciso però +a mostrare il broncio alla coppia malaugurata, che aveva messo in giro +la diceria de’ miei amori. Volevo che si notasse quanto poco gradita mi +fosse la compagnia dei due intrusi. + +La figliuola di Gavino, appena quindicenne, era di un’ingenuità +infantile; la cugina, invece, a diciott’anni, rivelava una furberia +singolare, ed era molto addentro negli intrighi amorosi. + +Il padre di costei, povero quanto Giobbe, tirava a stento la vita, ma +studiavasi di comparire agli occhi del mondo meno miserabile di quello +che era. + +I nostri tre cavalli trottavano di conserva sulla strada. Mi ero messo +alla sinistra di Gavino per togliermi alla vista di Pietro Paolo e +della figliuola. Mi divertivo invece a scherzare e a conversare colla +più giovane delle Maddalene, lasciando l’altra ad annoiarsi fra il +babbo e lo zio. + +Arrivati dopo un’ora di strada al sito denominato _Sas funtanas_, +smontammo tutti per abbeverare i cavalli. + +Stando insieme sul ponte, Gavino si lamentò meco della lentezza del suo +cavallo, incapace di poter portare due persone sul dorso. Io gli dissi: + +— Se per quindici giornate tu mi aiuterai ad arare la terra, porterò la +tua figliuola in groppa. + +Il babbo mi rispose, scherzando: + +— Anche per venti giorni avrai l’aiuto mio, se vorrai alleggerirmi di +Maddalena! + +Dopo avermi aiutato ad assicurare il sellone sul mio cavallo, Gavino +sollevò da terra la figliuola e me la sedette in groppa. + +Ci rimettemmo in viaggio. + +Mi sentivo proprio contento del servizio reso a Gavino Pintus. Il mio +cavallo trottava, ed era facile lasciarmi addietro gli altri compagni, +la cui conversazione mi riusciva oltremodo impacciante. + +Così trottando, colla donna in groppa, volli mangiare un boccone. Tolsi +dalla mia bisaccia un po’ di pane e di noci, e ne offersi a Maddalena, +la quale si divertiva un mondo alle mie facezie. + +Arrivati dopo cinque ore di viaggio alla cantoniera di Giave, Pietro +Paolo invitò tutti a smontare da cavallo, offrendoci le sue provviste +per far collazione. + +— Ho giù mangiato e non ne ho voglia! — risposi. + +— Mangiato! e quando? — mi chiese sorpreso Pietro Paolo. + +— Or ora in viaggio — risposi — ed ho anche bevuto. Anzi, se volete +approfittare, ci ho ancora vino nel mio fiasco! + +Mi ero proposto di nulla accettare da quella gente. Sebbene avessi +giustificato il mio rifiuto, mi accorsi ch’esso spiaque ai due +fratelli, i quali pertanto si guardarono dall’insistere. + +Terminata la collazione continuammo il viaggio, e dopo altre due ore di +strada sostammo a Padria, ospiti del comune amico Salvatore Masia, il +quale volle offrirci una lauta cena. + +Come più ci avvicinavamo a Mara, più numerose diventavano le comitive +dei festaiuoli, accorrenti da ogni punto dell’isola a _N. S. di +Bonuighinu_. + +All’alba del giorno susseguente rimontammo a cavallo, e un’ora dopo +entravamo nel villaggio di Mara, accolti generosamente da Antonio +Francesco Peralta, che ci volle ospiti, insieme ad altri festaiuoli che +ci avevano preceduto. + +I miei compagni lasciarono in paese i cavalli, e si recarono a piedi +alla chiesetta campestre, distante appena una mezz’ora. Io feci quel +tragitto a cavallo, sempre con Maddalena in groppa. + +Pietro Paolo si era rassegnato a far la strada a piedi, poichè la +figliuola, sprovvista di sellone, era stata adagiata alla meglio su due +cuscini. Il vero scopo della sua gita era il solito commercio d’uova; +e si sentiva giustamente umiliato della propria miseria, tanto più +sapendo che a me non mancavano soldi da spendere[9]. + +Durante la breve gita da Mara alla chiesa campestre, io continuai le +facezie colla mia compagna di viaggio, quasi per far dispetto alla +cugina, della quale volevo vendicarmi. Ero ancora inasprito delle +dicerie messe fuori dai genitori di una ragazza, la quale pretendeva di +essere corteggiata per forza. La mia natura superba rifuggiva da simili +donne! + +Un’immensa folla occupava i dintorni della chiesetta; e vi erano +rappresentati la maggior parte dei comuni dell’isola. + +Attiguo alla chiesa è un vasto cortile con un lungo loggiato per +comodità dei visitatori e dei mercanti. Vi si vendeva di tutto, e si +macellava all’aria aperta carne di bestiame, proprio... o rubato. + +Siccome mi ero recato alla festa per sciogliere un voto, non mancai di +far le mie preghiere in chiesa; dopo di che, pensai a darmi un po’ di +spasso. Ho sempre mantenuto la mia parola, anche con Dio e coi santi! + +Da Mara erano venuti, insieme a noi, molti curiosi e devoti; e non +poche forosette, in allegra brigata, avevano voluto accompagnare le due +cugine Pintus. + +Eravamo arrivati alla chiesa verso il Vespro, dopo aver fatto a Mara le +provviste per la cena. + +Io non stavo indietro ad alcuno nello spendere; anzi mi ero proposto +di fare il generoso. Avevo comprato molte libbre di pesce d’Oristano +cotto, nonchè una ragguardevole quantità d’aranci, che dispensai +largamente a quanti componevano la numerosa comitiva. + +Cenammo in una delle loggie del vasto cortile della chiesa. + +Terminata la funzione del Vespro, s’iniziarono i balli. Era un +gridìo incessante di mercanti e di compratori, di giovanotti allegri +e di donnette di buonumore. Al chiarore dei lampioncini, dei falò, +dei razzi, si correva da un punto all’altro scherzando, ridendo, +altercando. La festa era stata allietata dalla presenza dei principali +cavalieri e signori di Bonnanaro, di Torralba, di Bessude, di Borutta +e di Tiesi, che gironzavano di qua e di là, in compagnia delle loro +donne. + +Dopo aver preso parte ai balli, come attori o come spettatori, fu +proposta la visita a tutti i _liquoristi_ e _torronai_; e da una +baracca all’altra non si faceva che bere ed acquistare dolciumi per i +bambini. Com’è usanza in simili feste, ci alternavamo nello spendere; e +ciascuno cercava di distinguersi nella prodigalità. + +A Pietro Paolo non erano rimasti in tasca che sette soldi e mezzo, ed +io non avevo cessato di superarlo negli acquisti. + +Verso la mezzanotte si die’ principio alla solita gara dei poeti +estemporanei, con botta e risposta. I due fratelli Pintus vollero +assistere alle sfide in versi, poichè uno di essi — Gavino — si piccava +d’essere poeta. Io, invece, con le due cugine Pintus, preferimmo di +prender parte al ballo. + +Terminate le danze la Maddalena Bua mi disse: + +— Andiamo a bere alla fonte! + +La fonte è lontana un quattrocento passi dalla chiesa, e la folla vi +affluiva di continuo. + +Volli appagare il desiderio delle donne, e le accompagnai. + +La moltitudine che andava e ritornava dalla fonte rendeva penosa la +nostra gita. Frotte di allegri giovinotti, un po’ brilli, davano la +baja a questa o a quella forosetta, e bisognava lottare, or colle buone +ed ora colle brusche, per aprirci un passaggio. Io stava attento perchè +le mie donne non si sbandassero, trascinate dalla folla che ci seguiva, +o da quella che ci veniva incontro. + +A un certo punto Maddalena Bua (la più giovane) si fermò e mi disse +ingenuamente: + +— In questo modo non potremo andare avanti! Perchè non ci dai il +braccio? + +E senza aspettare che io l’offrissi loro, le due donne mi presero +a braccetto: l’una a destra, l’altra a sinistra. Sudavo freddo, +immaginando le chiacchiere dei maldicenti florinesi che assistevano +alla festa. + +Dopo essere stato alla fonte, ricondussi le Maddalene verso la chiesa, +e le accompagnai fino alle loggie. Erano le due dopo mezzanotte, e +volevano riposare. + +Offersi il mio cappotto alla più giovane, perchè se ne servisse come +guanciale, e tornai indietro per raggiungere i miei compagni, che erano +intenti al giuoco, ai canti, ed alle gare poetiche. + +Mancavano due ore all’alba quando mi diressi tutto solo alle loggie, +in cerca di un cantuccio per poter dormire. Passando lungo lo +scompartimento assegnato alle donne, fui colpito dalla vista di una +nera sottana, che provocava le grasse risa e gli scherzi degli astanti. +Era quella di un prete di Mara, venuto per le funzioni religiose. +Volendo star comodo, egli si era cacciato alla chetichella nel loggiato +delle donne, sordo alle chiacchiere e alle facezie di quanti lo avevano +veduto. Io gli dissi, scherzando: + +— Ella ha scelto un buon posto, reverendo! Fra sottane e gonnelle ci +corre poco! + +— Lasciatemi dormire, chè ne ho bisogno, canaglia! — brontolava +il prete con stizza. — Tu per il primo, Giovanni Tolu, non vorrai +rinunziare alla mia messa! Non è così? + +— Sicuro, che è così! — risposi — poichè mi vanto di essere un buon +cristiano. Non solamente ascolterò la vostra messa, ma vi prometto di +assistervela come antico sagristano. A condizione però, che diciate una +messa da cacciatore: brevissima. + +— Siamo intesi, e buona notte! + +— Dite meglio: buon giorno! — conchiusi. + +La giornata susseguente non fu meno chiassosa del Vespro, quantunque +quest’ultimo abbia sempre maggior attrattiva. + +Fedele alla parola data, volli assistere il prete nella messa, e mi +ci misi d’impegno. La maggior parte dei devoti l’ascoltarono all’aria +aperta, poichè la chiesa non poteva capire che un duecento persone. + +Terminata la funzione religiosa si ricominciarono le danze, i canti e +le visite alle baracche. + +Si pensò intanto alla collazione. Pietro Paolo si era incaricato di +provvedere il pesce; ma siccome aveva pochi soldi da spendere, ne portò +una quantità insufficiente. Allora andai io a far l’acquisto, e tornai +con un grosso involto di muggini e di aranci, bastevoli per saziare +dodici persone. Devo confessarlo: quel giorno volevo fare il signore. + +Fu sempre mia opinione, che l’uomo non deve badare ad economie in +certe circostanze; e quando non si hanno i mezzi per poter spendere, si +rimane a casa per evitare una brutta figura. + +Dopo la collazione si andò tutti alla messa solenne; in seguito ebbe +luogo la processione, la corsa dei cavalli, e di nuovo i canti e le +danze. + +Verso la una dopo mezzogiorno i festaiuoli si unirono in diversi +gruppi, per i preparativi della partenza. + +Fin dal giorno innanzi avevo ordinato che da Mara mi si portasse il +cavallo. Montai in sella, ripresi in groppa la figlia di Gavino Pintus, +e feci al passo il breve tragitto, per andar di conserva co’ miei +compagni di viaggio, ch’erano tutti a piedi. + +L’ho detto: quel giorno volevo fare il signore. + + + + +CAPITOLO IV. + +Ritorno dalla festa. + + +Arrivati al villaggio di Mara si fece sosta, e si pranzò in casa +Peralta. Al pomeriggio si giunse a Padria, dove passammo la notte. +All’alba del giorno seguente ci recammo a Tiesi, per accompagnarvi i +desini, che ci furono compagni alla festa. Ivi passammo il resto della +giornata e la notte, sempre in baldoria. + +In quest’ultimo paese Pietro Paolo fece un carico d’uova, ed affidò la +figliuola allo zio Gavino, che se la prese in groppa. + +Di là si andò tutti a Banari per accompagnarvi la comitiva dei +banaresi, e vi si passò allegramente la giornata. Verso sera ci movemmo +dal paese per far ritorno a Florinas. + +Prima di allontanarmi dalla chiesetta di _N. S. di Bonuighinu_, ebbi +cura di far la provvista di confetti e torroni per portarli alla mia +famiglia ed a quella di Gavino Pintus. Non si deve far ritorno da una +festa senza pensare a quei di casa. + +Pietro Paolo Pintus, fin dal mattino, si era messo in viaggio per +Florinas col carico delle uova, avvertendoci che alla sera ci sarebbe +venuto incontro per riprendere la figliuola. Giunto a Florinas (come +seppi più tardi) si era presentato a mia madre, chiedendole se avesse +un sellone da donna per adagiarvi la sua Maddalena. + +La mia vecchia, già inasprita per la diceria messa in giro sul mio +conto, gli rispose bruscamente: + +— Invece di sella, perchè non vai alla ricerca di due fascine, per +collocarvi la tua figliuola?! + +Pietro Paolo si allontanò, fingendo prendere l’insulto come uno scherzo +innocente. Ognuno sa che sulle fascine si trasportano i feriti od i +morti per malefizio. + +Eravamo a metà strada da Banari a Florinas, quando Pietro Paolo venne a +incontrarci. Egli si affrettò a dirmi: + +— Pare che la tua mamma sia in collera! + +— Se mia madre è in collera — risposi asciutto — avrà le sue buone +ragioni. Ella non si adira mai, senza un motivo. + +La ragazza ch’io aveva in groppa, impressionata dalle parole dello zio, +voleva ad ogni costo smontare da cavallo. + +— Tua madre l’ha con me — diceva impaurita — ed io non voglio essere da +lei sgridata! + +— Sta tranquilla! — le risposi — con te la mamma non può aver rancori. + +E siccome la ragazza persisteva a non voler più stare con me, il padre +le gridò con voce autorevole: + +— Rimani dove sei! Nessuno oserà farti rimprovero. Ci sono io, qui! + +Mi rivolsi allora a Maddalena, e soggiunsi risoluto: + +— Se tu smonterai da cavallo, vi pianterò qui tutti, e rientrerò solo +in paese! + +Lo zio e la cugina di Maddalena Bua non fiatarono. + +L’incidente non ebbe altro seguito. Facemmo insieme la strada, e si +parlò d’altro. + +Intanto a Florinas era pervenuta la notizia delle mie avventure a +_Nostra Signora de Bonuighinu_. Alcuni festaiuoli florinesi, arrivati +il giorno precedente, avevano parlato della mia gita alla fontana, a +braccetto di Maddalena Marongiu. Si diceva di amori, di accordi presi, +di nozze conchiuse. + +La stessa madre della ragazza si era lasciata sfuggire qualche frase +allusiva; la quale era stata colta a volo e commentata in tutti i +modi. Più tardi quella furba, abboccatasi colla signora Vittoria Oppia +(comare di battesimo del prete Pittui) le spiatellò addirittura, che +il marito e la figliuola, lo zio e la nipote, si erano tutti recati a +_N. S. di Bonuighinu_ per combinare il matrimonio fra Giovanni Tolu e +Maddalena Pintus Marongiu. + +La signora Oppia si affrettò a riferire il fatto al compare prete, il +quale montò su tutte le furie. + +— Come?! si osano fare simili pazzie, dopo le trattative in corso per +una ragazza che è in casa mia? Vedremo come l’andrà a finire! + +Mia madre, al cui orecchio erano pervenute le chiacchiere del paese, +era molto dispiaciuta; e stava appunto adoperandosi a persuadere +le comari del vicinato, quando udì lo scalpitare dei cavalli che +annunziava il nostro ritorno dalla festa. + +Siccome avevo Maddalena in groppa, era mio dovere smontare dinanzi alla +casa di Gavino Pintus, posta al di là della nostra. Passando dinanzi +a mia madre ed alle mie sorelle, ch’erano sulla porta, dissi loro +scherzando: + +— Stava qui Giovanni Tolu, quando era vivo? + +Mia madre non sorrise, ma mi disse con tono d’ironia: + +— Festa lunga, eh? + +— Lunga e bella! — risposi, e spinsi oltre il cavallo. + +I miei parenti si avvicinarono alla casa di Pintus, col quale erano in +buoni rapporti. Feci là distribuzione dei confetti e dei dolci alle due +famiglie, e Gavino volle che quella sera si cenasse insieme. + +Rientrati in casa nostra, la mamma mi disse con tono grave: + +— Dio non voglia, o Giovanni, che questa festa ti costi cara, e che +qualche giorno non abbia a pentirtene! + +— Quando si ha la coscienza di non aver recato danno ad alcuno, non si +devono temere tardi pentimenti! + +Allora la mamma e le sorelle mi posero a parte delle dicerie che +correvano in paese, e delle scene avvenute fra la madre di Maddalena +Pintus, la signora Oppia ed il prete Pittui. + +— Tutte falsità e calunnie! — gridai stringendomi nelle spalle — Io +non ho avuto mai intenzione di far l’amore con alcuna donna, nè ho +incoraggiato ragazze a nutrire sciocche speranze. + +Trascorsi alcuni giorni, volendo mettere le cose a posto, pregai +la mamma di recarsi un’altra volta dal prete Pittui per smentire le +dicerie, e per rinnovare la domanda di matrimonio. + +Mia madre rientrò in casa dopo un’ora. + +— Eccoti bell’e maritato! — mi disse con amarezza — Maria Francesca non +ti vuol più perchè ti sei legato ad altra donna! + +— Che ti disse il prete? + +— Lo trovai sulle furie. Egli non pronunciò che queste parole: «— +Dirai al tuo figliuolo, che si mariti con chi gli pare e piace, ma che +stia lontano dalla mia casa.» — Sei contento, adesso? + +— Via, non t’inquietare. Dissiperò io l’equivoco. Mi presenterò dal +prete, e saprò convincerlo. + +Due giorni dopo mi feci annunziare al prete Pittui. Mi ricevette nello +studio, ma di mala grazia. + +— Che vuoi tu qui? + +— Ve lo ha già detto mia madre: — voglio in moglie Maria Francesca, la +vostra servetta. + +— Maritati con chi ti piace, ma non in casa mia. Maria Francesca non sa +filare, non sa fare il pane, non sa far niente! + +— E che importa ciò? — risposi piccato — Io so filare, so fare il pane, +so far tutto. Col mio lavoro e colla mia attività saprò provvedere a +quanto abbisogna in una casa. + +— Maritati con chi ti piace, ma non in casa mia! + +— Ed è appunto in casa vostra che voglio maritarmi, perchè vi si trova +colei che mi piace. + +Il prete Pittui si mostrò meco inflessibile. Non volle darmi alcuna +soddisfazione, nè volle ascoltare alcuna discolpa. Riflettei che non +era il caso d’insistere, e me ne andai, col proposito di scegliere un +momento più propizio per far valere le mie ragioni. + +Ritornato da lui una seconda volta, lo trovai anche più duro. Mi parlò +di mala grazia, e mi fece intendere, che non mi avrebbe mai dato il +consenso di sposare la sua servetta. + +Il suo contegno insolente e le sue parole tronche mi fecero perdere la +pazienza. + +— In fin dei conti — risposi — Maria Francesca non è vostra figlia; e +se tale pur fosse, mi basterebbe il consenso di lei. Ottenendolo, io +resterei con mia moglie, e voi senza figlia! + +— Ed io non le darò nulla! — esclamò vivamente il prete, piantandomi +addosso due occhi da spiritato. + +— Se voi non le darete nulla, tanto meglio per me. Vivrò più +tranquillo; poichè coi vostri doni non potrei sfuggire alla critica del +paese... Voi m’intendete! + +Queste mie parole ferirono a sangue il prete. Egli non volle più +ascoltarmi, e mi licenziò bruscamente. + + + + +CAPITOLO V. + +Fattucchierie. + + +Ottenuto, per mezzo di impegni, un terzo abboccamento col prete Pittui, +questi si mostrò addirittura implacabile, nè volle udire ragione +alcuna. Non valsero preghiere, nè umiliazioni per smuoverlo dal suo +proposito. Allora gli dissi con significato: + +— Chi lo sa? i tempi cambieranno! + +E il prete con aria minacciosa: + +— Possono cambiarsi in bene, ed anche in male! + +— Badate, reverendo! quando i tempi si cambiano in male, i signori +rischiano di perdere la vita e il patrimonio; — i poveri invece non +potranno rischiare che la sola vita, poichè non hanno altro da perdere! + +E così dicendo presi commiato dal prete, in preda ad un’agitazione +febbrile, che non riuscivo a dominare. + +Da quel giorno vissi irrequieto e cominciai a disperare di me, della +mia fortezza d’animo, della mia fibra d’acciaio. + +I miei timori non furono infondati. Il prete cominciò la sua vendetta, +valendosi vigliaccamente dei mezzi che gli dava il suo ministero. Egli +mi fece le _fattucchierie_, nè tardai ad accorgermi che mi trovavo +sotto l’influenza d’una _legatura_. Caddi ben presto ammalato; di quel +malore singolare, che i medici sono impotenti a guarire[10]. + +Non si rida delle mie credenze. La mia convinzione è profonda, perchè +fondata sulla esperienza di tutta la mia vita. + +Io ero _fatturato_. Il prete Pittui mi aveva fatto le _legature_, +e dovevo pensare a scioglierle. Mi sentivo seriamente ammalato, e +bisognava guarire. + +La mia malattia era curiosa. Mi sentivo tutto pesto — come se +fossi stato bastonato senza misericordia. Provavo una svogliatezza +singolare, dolori atroci alle ossa, punture insopportabili a tutte +le articolazioni. E questi dolori si facevano più acuti nell’ora del +Vespro, alla vigilia delle feste solenni — quasi a ricordo della festa +di _Nostra Signora di Bonuighinu_. Era in quel vespro che Maddalena +Pintus Marongiu si era appoggiata al mio braccio per recarsi alla +fontana! + +Dovevo dunque pensare alla guarigione. Io ben sapeva che in questi +casi è opera vana ricorrere ai medici; bisognava raccomandarsi ai soli +preti, o a persone esperte nella scienza delle fattucchierie. + +Mi rivolsi, primo fra tutti, al nostro vice parroco Giovanni Stara, +un buon prete esemplare, molto povero. Egli si munì di stola, di +aspersorio e di breviario, e cominciò gli esorcismi. + +Per tre volte ricorsi a lui, e devo dichiarare che fra i consultati fu +il più efficace nella cura. I miei dolori non cessarono, ma diminuirono +sensibilmente e mi diedero tregua per qualche settimana. + +Seppi un giorno, che nel villaggio d’Ossi era un prete assai potente +negli scongiuri. Si chiamava Valerio Pes. Montai a cavallo e andai a +visitarlo. + +Come il vice parroco Stara, egli mi fece mettere ginocchioni, mi lesse +il breviario, mi asperse d’acqua santa, e mi raccomandò di ripetere +la prova altre due volte. Dopo i tre esperimenti, gli dissi che i miei +dolori erano più intensi e che non avevo risentito alcun miglioramento. +Allora il reverendo Pes mi confessò addirittura, che egli si trovava +in una condizione eccezionale. Anche lui era un _fatturato_, per +_legatura_ fattagli da un prete nemico, il cui potere era maggiore +del suo. A ciò dovevo attribuire la vera causa dell’inefficacia degli +esorcismi[11]. + +Non volendo lasciare intentato alcun mezzo per riacquistare le +perdute forze, mi decisi a consultare un bravo agricoltore florinese, +potentissimo nell’arte degli esorcismi. + +Il metodo seguito da questi profani era d’ordinario il seguente. +Anzitutto l’esorcista doveva operare dopo un intimo colloquio colla +propria moglie. In seguito si muniva di un archibugio sardo, che avesse +già servito ad uccidere un uomo, e si recava col paziente ad una vigna, +i cui viali fossero disposti in croce. Fatto collocare il malato in un +crocicchio, gli appoggiava alla schiena il calcio del fucile, e gli +ordinava di far fuoco in quella posizione, portando all’indietro la +mano per far scattare il grilletto. Partito il colpo, la _legatura_ era +sciolta. + +Per due volte l’esorcista ripetè l’esperimento, ma senza alcun +vantaggio per me. Finalmente mi disse con dolore: + +— È questa la prima volta che fallisce la mia prova. Dunque una mano +potente pesa sul tuo capo, e non ti resta che raccomandarti a Dio. + +Queste parole mi colpirono vivamente, e quasi ne piansi. Per fortuna, +in quei giorni, i dolori mi diedero un po’ di tregua, e non perdetti +del tutto la speranza della guarigione. + + + + +CAPITOLO VI. + +Convegni amorosi. + + +Gironzando una sera per le vie del villaggio, in preda ai miei cupi +pensieri, mi fermai dinanzi alla casa d’un amico, a breve distanza da +quella dei genitori di Maria Francesca. + +— Com’è che non vi maritate ancora? — mi chiese l’amico. + +— Il prete non vuole! — risposi sbadatamente. + +— E che c’entra il prete? Se tu ce lo consenti, noi parleremo il +padre e la madre della ragazza. Sono nostri vicini, e siamo in ottimi +rapporti. + +— Fate come volete! — dissi, e continuai la mia strada. + +All’indomani l’amico venne a dirmi, che i genitori di Maria Francesca +nulla sapevano del matrimonio, ma che avrebbero scrutato l’animo della +figliuola per darmi una risposta. + +Ringraziai l’amico ed attesi. La risposta mi fu data tre giorni dopo, +ed era consolante. Maria Francesca acconsentiva a diventare mia moglie. + +Fattomi coraggio, mi presentai ai genitori della ragazza. Dopo +avermi confessato che il prete contrariava questo matrimonio, essi +conchiusero: + +— Non devi per ciò disperare; se il prete non lo vuole, lo vogliamo +noi. Siamo contenti che la nostra figliuola diventi tua moglie, e che +tu diventi figlio nostro! + +— Il vostro consenso mi consola; ma non mi basta. Vorrei scambiare +alcune parole con Maria Francesca, qui, alla vostra presenza. Datemi un +appuntamento. + +Pochi giorni dopo mi ripresentai a Salvatore, il quale mandò un suo +figliuoletto in casa del prete Pittui, per dire a Maria Francesca che +la mamma aveva bisogno di lei. + +Il cuore mi batteva forte, e i minuti mi parevano secoli. + +A un tratto Maria Francesca comparve sulla soglia, e vi rimase indecisa +alcuni secondi; indi si fece avanti lentamente, col capo chino e le +braccia conserte. Era impacciata, commossa. + +Ruppi per il primo il silenzio: + +— Che dici tu, Maria Francesca, di quanto accade? + +— Io non so che cosa dire. Han cominciato col farmi sapere che avevi +chiesto la mia mano, e si finì coll’avvertirmi che non sarei stata più +tua moglie. Le ragioni non vollero dirmele. + +— Anzitutto devi manifestarmi il tuo sentimento. Se tu mi vuoi bene +quanto io te ne voglio, i contrasti cesseranno subito, poichè nessuno +potrà impedire la nostra unione! + +A questo punto la ragazza levò la testa, ed esclamò ingenuamente: + +— Quando il prete e la zia mi fecero sperare che questo matrimonio si +sarebbe effettuato, io ne fui contentissima, poichè fra i giovani del +paese tu eri il prescelto dal mio cuore. Aggiungo adesso, che, se tu +mancherai alla parola, io uscirò dalla casa del prete per servire altro +padrone... e non prenderò più marito! + +— Io non ho mai mentito, e la mia parola è sacra. Mi chiamo Giovanni +Tolu, sento di essere un giovane onesto e laborioso, e prometto di +renderti felice. Non ti darò mai motivo a pentirti di avermi scelto per +compagno! + +Così dicendo mi avvicinai alla ragazza e soggiunsi: + +— Qui, alla presenza del babbo e della mamma, voglio darti il primo +bacio: sarà caparra solenne del sacrosanto matrimonio. + +E dopo averla baciata sulla guancia, le dissi: + +— Questo bacio era tuo da lungo tempo, ma non potevo mandartelo con +altri. Serbalo come saldo pegno dell’amore che ti porto, e affidati a +me![12] + +Maria Francesca, per la prima volta, levò la testa per guardarmi negli +occhi; poi arrossì, mi sorrise, e andò via quasi bruscamente, senza +salutare nessuno. + +Da quel giorno mi parve di star meglio e di aver lo spirito più +tranquillo. Visitavo assai spesso la casa del mio futuro suocero, ed +aspettavo con ansia il giorno festivo, designato per gli appuntamenti, +all’insaputa del prete. Non dimenticherò mai quel tempo felice e i +dolci colloqui colla cara ragazza! + +Sventuratamente la mia felicità fu di breve durata, poichè alla gioia +succedette l’affanno. Le punture ai ginocchi ricominciarono, e i dolori +acuti mi fecero accorto, che la maledizione del prete non voleva darmi +tregua. + +Fuori di me per lo spasimo, mi diedi alla ricerca di nuovi esorcisti +per sottrarmi alle malìe. Dove mi s’indicava un esperto in quell’arte +diabolica, io correvo come pazzo senza frapporre indugio, fosse anche +in capo al mondo. Montavo a cavallo, e col pretesto degli affari +visitavo tutte le cascine, tutti gli ovili, tutti i paesi dei dintorni +— ma sempre inutilmente. Ero disperato. + +Volevo farla finita colle fattucchierie del prete, ma prima volevo +sposare Maria Francesca. L’influenza di quel sacerdote mi spaventava. +Il mio malumore crebbe, quando un giorno mi rivolsi ai genitori della +ragazza, dicendo loro che desideravo affrettare le nozze. + +La madre tacque abbassando gli occhi; ma il padre mi disse con un certo +tono fra l’agro e il dolce: + +— Ti par proprio giusto, che noi dobbiamo affidare la figliuola ad un +malato? + +Quel tono amaro m’indispose, ed esclamai vivamente: + +— Voi mi avete conosciuto sano... e ciò vuol dire che io potrò guarire. +D’altronde vi comunico la mia risoluzione: — o fatemi sposare subito +con Maria Francesca, o portateci entrambi dinanzi ad un parroco per +scioglierci dalla promessa. Ciascuno penserà ai casi propri. Scegliete! + +I genitori della ragazza si acquietarono; ed io mi diedi di nuovo +attorno, in cerca di esorcisti. + +Mi rivolsi nuovamente a diversi preti, i quali si dichiararono +impotenti a lottare col mio jettatore. + +Una sera mi recai a Tissi per consultarvi un famoso scongiuratore di +_legature_. Prima di andare da lui, mi si volle far visitare un infermo +_fatturato_, la cui moglie dicevasi fosse l’amica di un prete. Quel +povero disgraziato, colpito da paralisi alle gambe, giaceva sulla +paglia di un tugurio, in preda a spasimi atroci. + +Mi tolsi raccapriciando a quella spettacolo orribile. + +— Se io diventassi come costui — dissi — sarei rovinato per tutta la +vita! + +Non volli ritornare a Florinas. Passai la notte a Tissi, e l’indomani +mi spinsi fino ad Uri per sottopormi alle cure di un maestro di +esorcismi, indicatomi come valentissimo. + +Ma i dolori continuavano. + +Sempre alla ricerca dell’uomo che doveva guarirmi, io trottai +all’impazzata da un paese all’altro, finchè mi decisi a far ritorno a +Florinas, dopo un’assenza di tre giorni. + +Un caso singolare, avvenutomi in quella circostanza, contribuì ad +agitare nuovamente il mio spirito. Voglio narrarlo, per persuadere gli +increduli, che le _legature_ non sono un parto di mente inferma. + +Giammai, come in quei tre giorni, io aveva provato la smania tormentosa +di rivedere Maria Francesca. Mi pareva di esserne lontano un secolo. +Diedi di sprone al cavallo e trottai come un forsennato fino alla casa +di mia madre. Ivi appresi che il prete, durante la mia assenza, aveva +licenziato la servetta, inasprito per le nozze stabilite senza il suo +consenso. + +Smontato di sella, affidai il cavallo a mio fratello Peppe, e mi avviai +sollecito alla casa dei genitori della ragazza. + +Come posi piede sulla soglia, mi sentii avvinto da un misterioso +fascino, che non seppi spiegare. La viva smania di rivedere la sposa +diletta si era cambiata in un’avversione invincibile. Una forza occulta +mi respingeva da lei; la sua vista mi metteva quasi ribrezzo; ond’io le +volsi bruscamente le spalle, e continuai a parlare coi genitori, senza +rivolgerle la parola, senza stringerle la mano, e senza baciarla sulle +guancie, come al solito. Temevo persino il contatto delle sue vesti, +poichè avevo la convinzione che esse mi avrebbero scottato. Rimasi là +come intontito, paralizzato, subendo l’influsso malefico del prete, che +si vendicava di me. Ad un tratto, non potendo più oltre resistere, mi +precipitai fuori della porta, e mi diedi a correre. Mi pareva di essere +inseguito da una furia infernale. + +Quando rientrai in casa, mio fratello Peppe mi venne incontro agitato: + +— Il tuo cavallo è tutto gonfio! — gridò pieno di spavento. + +— So di che si tratta! — risposi cupo; ma non dissi che il prete n’era +la causa, poichè le sue malìe si erano estese anche alla bestia che mi +aveva venduto. + +— Il tuo cavallo sta male... e forse muore! — ripetè mio fratello. + +— Lascia ch’esso muoia, nè dartene pensiero! — esclamai con profondo +dolore — Tutti moriamo, e morrò anch’io fra non molto! + +La mamma e le sorelle si scambiarono un’occhiata, non riuscendo a +spiegarsi lo strano senso delle mie parole. + + + + +CAPITOLO VII. + +Sponsali e luna di miele. + + +Il mio cavallo non morì, e i miei dolori si calmarono. Approfittai +della tregua per sollecitare presso la famiglia di Maria Francesca i +preparativi degli sponsali. I parenti accondiscesero al mio desiderio. + +Si andò anzitutto dal parroco per sottoporci all’esame della +_Dottrina_, come l’uso voleva. Il parroco rinunziò ad interrogarmi, +perchè molte volte gli avevo assistito la messa e mi sapeva addentro +nelle pratiche religiose. Si limitò ad esaminare Maria Francesca, e +si accorse, che, sebbene educata in casa di un prete, ella ben poco ne +sapeva. + +Il parroco disse, a me rivolto: + +— Se si fosse trattato d’altri, e se io non vi sapessi in condizioni +speciali, mi sarei ben guardato dal permettere le vostre nozze. Ma +questa volta voglio passarvi sopra. A te specialmente raccomando +d’istruire la sposa nella dottrina cristiana. + +— Ne prendo impegno! — risposi con un certo orgoglio — sapete pure che +sono stato sagrestano! + +Ottenuto l’assenso del parroco, vennero fatte in chiesa le _pubblicate_ +d’uso per due sole domeniche, avendoci la Chiesa dispensato dalla +terza, com’è d’obbligo. + + [Illustrazione: Gli sposi uscenti dalla chiesa] + +La mattina del 17 aprile 1850 fu designata per lo sposalizio. + +Ci eravamo confessati entrambi dal parroco, ed assistemmo alla +messa, celebrata dal prete Pittui, il quale non aveva avvertito la +nostra presenza. Quando ci scorse, non potè contenere un movimento di +dispetto. Pareva un diavolo sull’altare! + +La cerimonia venne compiuta senza pompa, senza codazzo di parenti e +di amici, poichè non volli la compagnia di nessuno, togliendo pretesto +dalla malattia che mi tormentava e dai contrasti che avevano preceduto +il mio matrimonio. + +Assistettero alla funzione mio fratello Peppe e mia madre. I genitori +della sposa non vollero inasprire colla loro presenza il prete Pittui. + +Sulle prime si pretendeva che, per un po’ di tempo, noi si vivesse +separati, cioè a dire, la sposa presso i genitori ed io in casa di mia +madre. Mi opposi vivamente, dicendo a Maria Francesca: + +— Noi siamo marito e moglie, e dobbiamo mangiare, dormire, e vivere +insieme. Se saremo lontani l’uno dall’altra, non mangerai tu, nè +mangerò io. In casa mia ci ho grano, ci ho lardo, ci ho fave e fagiuoli +— dunque possiamo vivere del nostro, indipendenti. + +Secondando il mio desiderio, i genitori di Maria Francesca combinarono +di offrirci parecchie stanze nella casa attigua alla loro. Accettai, +quantunque a malavoglia. + +Dopo la benedizione del prete fu apprestato il pranzo di nozze in casa +di mia suocera. Ricevetti dai parenti molto bestiame in dono; alcuni +mi regalarono un vitellino od una pecora, altri un montone od un +maialetto. + +Volli far parte di un grosso castrato alla zia di Maria Francesca, +la serva del reverendo Pittui; la quale, in ricambio, mi regalò +un barilotto di vino, che mandai subito in casa di mia madre. Non +volli berne, perchè proveniva dalla casa del prete, e temevo fosse +_fatturato_ a mio danno. + +All’indomani ci ritirammo nella nostra casetta provvisoria, e facemmo +il pranzetto da soli, come due colombi innamorati, felici d’essere +finalmente uniti per tutta la vita. + +Appena ritirati nel nostro nido, dissi alla sposa: + +— Bada bene: la prima pietanza che uscirà dalla nostra cucina, voglio +che sia mandata a tuo padre ed a tua madre. È questa la _mia opinione_, +e il nostro dovere! + +Durante i mesi di aprile e di maggio la nostra vita trascorse serena. +Si viveva in perfetta armonia, fra il riso più schietto e le carezze +più affettuose, sempre fantasticando progetti d’ogni genere per +migliorare il nostro avvenire. Eravamo ancora giovani: — io contavo +ventott’anni, e mia moglie diciasette. Sentivo d’essere contento di +me e di lei. Maria Francesca era una pura e ingenua ragazza, piena di +attrattive, tutta premure per me, e docile come un agnello ad ogni mio +comando. + +Si avvicinava intanto la stagione della messe, ed io doveva pensare a +dedicarmi con lena al lavoro, per tirare innanzi dignitosamente, senza +bisogno di ricorrere all’altrui soccorso. + +Il mestiere dell’agricoltore è faticoso, ed è col sudore della fronte +che si guadagna il pane quotidiano. Io dissi a Maria Francesca: + +— Siamo alla messe, ed è mestieri che io cerchi lavoro. Tu sei +troppo giovane ancora, delicata, e non hai l’abitudine di lavorare in +campagna, sotto la sferza del sole, affrontando disagi e patimenti. +Cercami dunque una spigolatrice di tuo gradimento, e tu cura con agio +le faccende domestiche, conservandoti sana e fresca. + +Maria Francesca mi fissò lungamente, e mi disse con affettuoso +risentimento: + +— Come! ed hai potuto così prestò dimenticarmi? Hai tu bisogno di +altre, quando io mi sento capace di far la spigolatrice? + +— Codesti sono capricci da bambina! — risposi — Non sai tu che il non +aver spigolatrice sarebbe una vergogna per me ed un danno per la casa? +Mentre colei che spigola avrà un lucro, tu potrai sorvegliare la nostra +casa, ed io penserò a tutto. Il lavoro dei campi è molto grave, bambina +mia! ed io non voglio aver questioni co’ tuoi parenti! + +E siccome Maria Francesca persisteva nel suo proposito, credetti mio +dovere avvisarne i genitori, perchè la persuadessero. + +Mia suocera disse alla figliuola: + +— Lascia le pazzie, e scegli una spigolatrice di tua fiducia. Non è +conveniente che tu ti esponga a simile fatica. Bada! chè non abbia ad +essere tardo il tuo pentimento! poichè una volta sul posto, dovresti +starvi a costo di crepare! + +Non ci fu verso di persuaderla, nè colle buone nè colle minaccie. Mia +moglie dichiarò recisamente, che la spigolatrice voleva essere lei. + +Ero stato invitato a far la messe nella Nurra — regione lontana cinque +o sei ore dal nostro paese, e da me con frequenza visitata. + +Venuto il giorno della partenza, Maria Francesca si mostrò esitante; +tirò fuori non so quali dubbi, e finì per dire che non voleva più +seguirmi. + +Questo repentino cambiamento all’ultim’ora mi creò degli impicci. Era +avvenuto quanto avevo pronosticato. Il babbo, sulle furie, impose alla +figliuola di recarsi alla Nurra, giacchè ella stessa ne aveva fatto la +proposta. + +Dai proprietari nurresi ero stato preposto alla direzione della +messe, ed avevo l’incarico di far la scelta degli uomini componenti +la brigata. Come capo dei mietitori dovevo pensare alla sorveglianza, +all’ordine del lavoro, nonchè a preparare la cena. + +Avevo portato meco alla Nurra tutti i miei fratelli, le mie sorelle, +i cognati, e non pochi amici compaesani, per poter così contare +sull’abilità, sull’attività e sulla disciplina de’ miei dipendenti. + +I _salti_ nei quali dovevo eseguire la messe erano due, di diversi +proprietari: — quello in _Giumpaggiu_, di Vincenzo Pasquino, e quello +in _Abba-meiga_ di Gianuario Agnesa. + +Eseguita la messe, venne la volta della trebbiatura. Destinai al primo +_salto_ Peppe (mio gemello), Giammaria e Maria Andriana, ritenendo per +me il secondo _salto_, dove mi recai con mia moglie e con Giustina, +volendo così equilibrare coll’opera mia solerte l’insufficienza delle +mie deboli compagne. Sbrigai la bisogna in sole quattr’ore, trebbiando +diciasette _corbule_ di grano. + +La nostra permanenza alla Nurra fu di dieci giorni. Maria Francesca +resistette fino alla fine della campagna, ma non tardò a dichiararsi +stanca e ammalata, come avevo preveduto. Non abituata, al par di noi, +ai penosi lavori dell’aia, ella non potè sopportare i caldi afosi del +giorno, nè l’umido delle notti; dippiù la poveretta era incinta da un +mese, e soffriva molto. + +Terminati i lavori della messe tornammo insieme a Florinas, dopo +esserci fermati a Sassari un giorno ed una notte per ritirare le paghe +dai proprietari dei salti. In quest’ultima città volli fare diversi +acquisti per contentare Maria Francesca; la quale, trovandosi in +_istato interessante_, esternava certe _voglie_ che bisognava ad ogni +costo soddisfare, per non recar pregiudizio al nascituro. Le comprai, +fra gli altri oggetti, un elegante grembiale a vivi colori, ed un +fazzoletto da testa, che gradì moltissimo. + +Arrivati a Florinas, affidai a Maria Francesca il governo della casa; +ed io mi diedi nuovamente attorno per cercar lavoro in campagna, per +mio conto, e per conto della famiglia di mia madre; perocchè avevamo +preso in affitto (per lo più a mezzadria) alcune terre appartenenti +alle chiese di Florinas. + +Coll’aiuto del mio cavallo, l’inseparabile Moro, io cercava ogni mezzo +per guadagnare qualche soldo; poichè il lavoro era per me un bisogno, +un conforto, una vera passione — e non lo dico per volermi vantare! + +Tornavo ogni volta a casa così soddisfatto, così contento, che mi +pareva di aver dimenticato le soperchierie del prete, i malumori di mio +suocero, e i dispetti dei parenti di Maria Francesca. + + + + +CAPITOLO VIII. + +Prime nubi. + + +Durante le mie assenze da Florinas — o per darsi svago, o per non voler +rinunziare alle antiche abitudini — Maria Francesca soleva frequentare +la casa del prete, col pretesto di andar a trovare la zia. Così pure +si piaceva di visitare or l’uno or l’altro de’ suoi parenti, i quali +si divertivano a renderla ribelle a’ miei consigli. Mia moglie era una +buona ragazza, ma piuttosto credenzona, facile ad impressionarsi, e +sovratutto ciarliera in modo singolare. Lo star sola in casa le dava +noia, e la rendeva curiosa dei fatti altrui. + +Quando rincasavo ella tirava fuori questioni nuove, nuovi quesiti, +e mi metteva a parte di qualche nuovo pettegolezzo; ond’io, che +conoscevo l’indole sua e il suo carattere, non tardai ad avvedermi che +le chiacchiere dei parenti e delle comari le riscaldavano la testa. +Pareva, insomma, avesse preso il partito di ricondurmi sulla buona via, +con ammaestramenti che facevano a pugni col buon senso. + +A me, giovane piuttosto serio, di poche parole, poco espansivo, +questo stato di cose dava ai nervi; e un po’ colle buone, un po’ colle +brusche, cercai di correggere mia moglie: + +— Bada! — le dicevo — se darai retta a me, potrai trovarti bene; ma se +ascolterai i consigli degli altri te ne avverrà male! + +Un’altra volta la ripresi: + +— Non voglio che tu vada così spesso in casa del prete, poichè egli +mi vede di mal occhio, io non sono cane da star sotto tavola, nè vado +a leccare i piatti di nessuno. Se il prete ha bisogno di me, sa dove +trovarmi; ma intendo di essere il padrone in casa mia. Eppoi..... non +voglio prestarmi ad alimentare certe dicerie... Hai capito? Mi accorgo +pur troppo, che quando vai fuori di casa ne ritorni colla testa piena +di corbellerie. Pensa alle faccende domestiche, e non immischiarti nei +fatti degli altri. Se farai altrimenti, le cose cambieranno... te lo +prevengo! + +E dopo questa avvertenza montavo a cavallo, e correvo da paese in paese +a trasportar grano per conto mio, o per conto altrui, superando i miei +compagni nel numero dei viaggi. + +Quando poi si faceva la raccolta in casa di mia madre, lavoravo +alacremente: — lasciavo due porzioni alla famiglia, e ritenevo per +me la terza parte, come d’uso, per la _dote_ dell’uomo. Le donne, +d’ordinario, impiegano la loro porzione nell’acquisto di lingeria e di +masserizie per preparare il corredo nuziale. + +Io dunque, oltre ai guadagni propri, contavo sul modesto patrimonio +di famiglia, e lavoravo con lena per accrescerlo a vantaggio mio, e a +vantaggio della mamma, dei fratelli e delle sorelle. + +Continuarono pertanto i piccoli dissidî nel mio nido coniugale. + +Un giorno avevo fatto aggiustare il basto del mio cavallo, e, per +mie vedute speciali, ero rimasto debitore del saldo di tre _reali_ +al falegname. Rientrato in Florinas dopo alcune sere, appresi che +mia moglie, senza ordine alcuno, aveva soddisfatto il mio debito. Mi +spiacque la sua intromissione, e la rimproverai: + +— Tu non hai debiti da saldare per conto mio! — le dissi — Li salderò +io, quando lo crederò conveniente. Lascia il mal vezzo di andare +attorno per far chiacchiere inutili, che mi compromettono. Rimani a +casa! — io non m’immischio nel tuo lino e ne’ tuoi lavori di cucito. Fa +tu altrettanto! + +Le comari del vicinato, a cui mia moglie faceva le confidenze, si +divertivano ad aizzarla contro di me; ed io non tardai a scorgere in +lei un certo freddo riserbo ed un’asprezza di modi, che non erano nel +suo carattere abituale. Ne fui piccato, ma tacqui. + +Una sera Maria Francesca osò rinfacciarmi, che una mia zia conviveva +con un compagno, che non le era marito. + +— Che sai tu di queste cose? Se tu rimanessi a casa, nulla sapresti di +mariti falsi e di mogli illegittime! + +Invece di accettare i miei consigli, Maria Francesca persisteva a +vivere nel pettegolezzo; e giunse a tanto, che un giorno si ridusse a +confidarmi, che una nostra vicina mi aveva chiamato _faccia di cane!_ + +— Le dirai che è in errore! — le risposi con pazienza affettata. — +Quella donna un giorno voleva lusingarmi a prendere in moglie una sua +sorella, ch’era stata in corrispondenza illecita con altri. La mia +faccia, così simpatica allora, è diventata _cagnesca_ dietro il mio +rifiuto. Ti ripeto che non voglio più sentire simili spropositi; e se +tu persisterai a raccogliere per strada i pettegolezzi dei parenti e +delle comari, finirò per farti conoscere chi sono io! + +Essendosi accentuato il nostro diverbio, e costretti entrambi a gridar +forte, non tardarono le vicine di casa, comprese le zie, a farsi +all’uscio di casa mia, minacciandomi della loro collera se avessi osato +toccare un capello a Maria Francesca. + +Era il colmo della sfacciataggine. Mi feci sul limitare della porta e +gridai infuriato: + +— Chi siete voi?! Toglietevi subito alla mia presenza e sgombrate la +strada; chè altrimenti con un ceffone vi mando tutte a gambe in aria! + +Ci volle tutto l’aiuto di Dio per far intendere un po’ di ragione +a quelle pettegole; le quali si allontanarono brontolando, poichè +sapevano ch’ero uomo da mettere in pratica le mie minaccie. Tuttavia +mi contenni, e mi limitai per quel giorno ad ammonire severamente mia +moglie, avvertendola che avevo bisogno di quiete e di tranquillità per +poter lavorare. + +— Bada, Maria Francesca! il mio individuo è diviso in due parti: io +sono per metà dolce e per metà amaro. Datti alla parte del miele se +vuoi vivere felice; chè se mi stuzzichi dalla parte opposta, finirò per +amareggiarti la vita! + +Intanto pensai ch’era tempo di sloggiare da quelle due stanze +provvisorie; le quali, essendo attigue all’abitazione dei parenti, +diventavano causa permanente de’ miei litigi in famiglia... + +Da più settimane andavo in cerca di una casa che fosse di pieno +gradimento di mia moglie; ma costei, forse suggerita dai parenti, +indugiava nella scelta. + +Finalmente ne trovai una che piacque a Maria Francesca. Pattuito il +prezzo col padrone, ringraziai la Madonna di tutto cuore, credendo di +potermi alfine sottrarre al sindacato noioso di mia suocera. + +Si era vicini al Mezzagosto. È costume in Florinas di cambiar di casa +alla vigilia dell’Assunta: giorno in cui ciascuna famiglia dev’essere a +posto. + +Quando tutto fu combinato, disposi per il trasporto delle legna e del +grano, che avevo in deposito in casa di mia madre. + +La mattina della vigilia dell’Assunta, mentre mi disponevo a +trasportare le masserizie, Maria Francesca mi fece intendere che +sarebbe stato meglio sospendere ogni cosa. + +— Perchè? — le chiesi sorpreso. + +— Perchè io non ci verrò! + +— Non ci verrai?! + +— No. + +— Ed io come devo fare? + +Mia moglie tacque. + +Il sangue allora mi montò alla testa, divenni cieco, e diedi a quella +matta uno schiaffo così forte, che le fece saltare un’orecchino in +mezzo alla strada. + +Maria Francesca si diede a piangere ed a strillare. Accorse la madre, +la quale riuscì a calmarci, dicendo che ci voleva a pranzo in casa sua, +e che al trasporto si sarebbe pensato il giorno susseguente a quello +dell’Assunta. + +Cedetti al suo desiderio e mi contenni. + +Non uno, ma due giorni dopo — il 17 agosto — dissi pacatamente a mia +moglie: + +— La festa è ormai finita. Ora possiamo andare. Ho pronto il cavallo +per il trasporto delle masserizie. + +— È inutile, poichè io non ci vengo più! — mi rispose bruscamente +quella caparbia, forse incoraggiata dalla presenza della madre. + +— Ma non sai tu — soggiunsi — che io sono capace di chiamar qui tuo +padre, per darti una lezione e per costringerti a seguirmi? + +A queste parole mia suocera uscì fuori, certo per prevenire il marito +in favore della figlia. + +Vedendo tornar vano ogni mezzo di persuasione, piantai quella matta, e +mi accostai alla soglia della casetta di mio suocero: + +— Salvatore, vieni fuori, chè tua figlia desidera parlarti! + +Mio suocero entrò in mia casa, ed io gli tenni dietro. Egli chiese alla +figlia con tono imperioso: + +— Che vuoi da me? + +— Non ho chiesto di lei — rispose Maria Francesca, cogli occhi bassi. + +E allora io: + +— Ebbene, giacchè tua figlia non ha nulla a dirti, ti parlerò per conto +mio. Sappi che mia moglie mi ha fatto impegnare nel fitto di due case, +e che ora si rifiuta ad abitarle. Che cosa dici tu? + +Salvatore, già istigato da mia suocera, mi si piantò dinanzi cogli +occhi spalancati, e gridò con voce alterata dall’ira: + +— Dico, che tu sei un poco di buono, un cattivo soggetto, un birbante +matricolato! + +A questo punto Maria Francesca, prevedendo la tempesta, scappò fuori in +istrada per cercar rifugio nella casa paterna. + +Mio suocero, inferocito, si die’ a correre come pazzo intorno alla +stanza, dando di piglio ad effetti ed a mobili per gettarli sulla +strada — come per farmi capire che non voleva in sua casa nè me, nè le +robe mie. + +Il sangue mi montò alla testa; pure mi contenni, e dissi con calma: + +— Se non avessi per te il rispetto che si deve ad un padre, ti +prenderei per i piedi e ti sbatterei al muro! + +Salvatore afferrò un tavolo e lo smosse, come per volerlo buttar fuori; +allora perdetti la pazienza, e dato di piglio al mio fucile gli gridai +risoluto: + +— Se tu tocchi un altro oggetto per buttarlo in strada, giuro che con +esso usciranno le tue cervella! + +Spaventato dal mio volto acceso e dall’arma che impugnavo, Salvatore si +fermò di botto; indi saltò in strada, gridando a squarciagola: + +— Accorrete! accorrete! Giovanni Tolu mi uccide! + +Il grido di Salvatore ebbe il suo effetto. Tutte le comari si fecero +in sull’uscio di casa; molte finestre si spalancarono con fracasso; +dallo sbocco delle vie vennero fuori a frotte uomini, donne, ragazzi; +così che in poco d’ora un’onda di popolo faceva ressa dinanzi alla +mia soglia. Vidi, fra gli altri, arrivare il sindaco (il medico dottor +Serra, di Giave), e poco dopo il prete Pittui, il quale più degli altri +pareva in preda ad un’agitazione nervosa. + +La folla tumultuava, e il sindaco gridò con voce autorevole: + +— Andate per i fatti vostri! Ogni cittadino ha il diritto di non venir +disturbato nel proprio domicilio! + +E pronunziate queste parole si allontanò, esortando la folla a +ritirarsi. + +Dopo aver rimesso a suo posto il fucile, io guardai freddamente quella +frotta di curiosi, che si divertivano a cacciarmi gli occhi addosso. +Nessuno però volle azzardarsi a varcare la soglia della mia casa. + +Uno solo l’osò: il prete Pittui. Con passo fermo, ma con un tremito per +tutta la persona, egli si aprì un passaggio tra la folla e si avanzò +verso di me colle mani in tasca: carezzando certamente l’impugnatura +delle pistole, che soleva portare sotto la sottana. + +Entrato arditamente nella stanza, il prete Pittui mi lanciò un’occhiata +fulminante: + +— Tu hai girato la scatola! — mi gridò con aria di minaccia. — Sei un +miserabile, un birbante, un bastardo! + +Frenai a stento la bile, e risposi con calma, accentuando le parole: + +— Ella s’inganna, reverendo! Io sono il figlio di Pier Gavino Tolu e di +Vincenza Bazzone. Tutti conoscono in paese mia madre, come conoscevano +mio padre. Non sono quindi un bastardo, come dice! E se anche mia madre +fosse una disgraziata, a lei non spetta insultarla, poichè per tre +volte le fu compare di battesimo! + +Il prete ripetè l’insulto; e allora io diedi un’occhiata sotto al +letto, dove per solito riponevo la scure. Fu per lui fortuna, che quel +giorno l’arma fosse in fondo, in modo che il manico non si trovasse +alla portata della mia mano. Ero deciso di spaccargli la testa e di +farla finita. + +Dopo aver detto al mio indirizzo un mondo d’insolenze, il prete uscì in +piazza sbuffando, e accostandosi alla casa di mio suocero, gridò forte, +in modo che tutti lo sentissero: + +— Ritirate la vostra figliuola in casa, e non dategliela mai più! + +E dopo avermi fissato un’ultima volta con piglio minaccioso, si +allontanò lentamente come era venuto, sempre colle mani nelle tasche +della sottana. + +Rimasi solo nella stanza terrena, risoluto di commettere qualche +eccesso. + +Due ore dopo venni avvertito che il prete aveva incaricato Giovanni +Antonio Piana (il marito della sua serva) di cacciarmi fuori di casa. +Avevo preveduto il tiro, e stavo aspettandolo, pronto a fargli fuoco +addosso se avesse osato varcare la mia soglia. + +Verso l’imbrunire, infatti, vedendolo avvicinare, presi in mano il +fucile. + +Le donne del vicinato gli corsero tutte incontro e lo fermarono; e +Pietro Rassu, il mio vicino di casa, gli gridò con mal piglio: + +— Che fai disgraziato? Ha torto chi ti manda, e tu hai più torto ad +ubbidire. Non vedi che Giovanni Tolu ti spaccierà con una fucilata? + +Due giovani robusti presero a braccetto Giovanni Antonio Piana, e lo +trascinarono a viva forza in altra via. + +Quella notte non andai a letto. Temendo una sorpresa, e volendo farla +pagar cara, lasciai l’uscio socchiuso, e sedetti in un canto, senza +deporre un istante il mio fucile. + + + + +CAPITOLO IX. + +Tentativi di pace. + + +Il mio stato era angoscioso. Solo, sconfortato, in odio a tutti, non +sapevo a qual partito appigliarmi per uscir d’impiccio. Io dissi a me +stesso: + +— È mai possibile che al mondo non vi sia giustizia per un povero +diavolo? Come dovrò contenermi in un paese, dove i preti ed i nobili +comandano? A chi dovrò ricorrere quando nobili e preti sono intesi coi +giudici, e la peggio tocca ai zoticoni pari miei? + +Come spuntò l’alba del giorno seguente presi una risoluzione. Montai +a cavallo, venni a Sassari, e mi presentai all’Intendente, ch’era un +continentale[13]. Gli esposi schiettamente i miei casi, ed invocai un +provvedimento per evitare un maggior disastro. + +— Scriverò io al sindaco — mi disse l’Intendente — Tornate pure a +Florinas, e state di buon animo! + +Rientrato in paese, seppi che la lettera non era pervenuta al dottor +Serra, poichè il caso l’aveva fatta capitare nelle mani del prete. + +Tre giorni dopo mi presentai di nuovo all’Intendente per informarlo +dell’accaduto. Sorpreso del caso, egli scrisse un’altra lettera, che mi +porse, dicendo: + +— Consegnatela voi stesso in proprie mani del sindaco, e fate in modo +di dargliela alla presenza di testimoni. + +Il sindaco, già da me informato, esclamò dopo aver letto il foglio: + +— Io farò il mio dovere, e s’impicchi chi vuole! + +Seppi in seguito, che l’Intendente aveva ordinato al Sindaco d’invitare +Maria Francesca ed il babbo a recarsi in Sassari per conferire con lui. +Il prete, richiesto di consiglio, aveva suggerito a mia moglie ed a mio +suocero di dichiarare all’autorità, ch’io li avevo entrambi minacciati +di morte, e che ogni riconciliazione sarebbe stata impossibile. + +E così riferirono. L’Intendente fece loro comprendere che il matrimonio +era sacro, e che bisognava fare la pace; ma tanto il padre, quanto la +figlia, persistettero nella determinazione di tenermi lontano dalla +casa coniugale. + +Il capo del Governo di Sassari non si diede per vinto, ma mandò a +Florinas un suo segretario, coll’incarico di adoperarsi per il nostro +buon accordo. + +Nè preghiere, nè minaccie valsero a far smuovere mio suocero e Maria +Francesca dal loro proposito. Entrambi si rassegnarono a pagare +una multa (non so per quale articolo di legge) ma si mostrarono +inflessibili. + +Tornato la terza volta dall’Intendente (per informarlo della pertinacia +del prete e di mio suocero, che si ostinavano a volermi separato da +Maria Francesca) quel cortese funzionario mi disse: + +— Senti: se tu mi dichiari d’esserne contento, io mi varrò della +facoltà che mi accorda la carica, per far tradurre a Sassari tua +moglie, scortata dai carabinieri o dai luogotenenti[14]. + +Presi riserva a rispondere più tardi, volendo prima consultare mia +madre. Questa mi disse: + +— Non mi piace simile provvedimento. Maria Francesca è tua moglie: oggi +siete separati, e domani potreste riconciliarvi. Io non voglio, nè tu +devi permettere la vergogna e lo scandalo di farla arrestare! + +— Non sono del tuo avviso — risposi — Sarei contento di vederla in +carcere, se non altro per far dispetto al prete; il quale, co’ suoi +consigli, è stato causa unica di quanto è avvenuto. + +— Ti ripeto ch’io non voglio scandali e vergogne, che farebbero +mormorare il paese! — ripetè mia madre, con tono di comando. + +— Ebbene, farò quanto desideri; ma che non si parli più di +conciliazione. Noi saremo separati, e per sempre! + +Quel giorno stesso dissi a mia suocera, perchè lo riferisse al marito +ed alla figlia: + +— Siete miserabili! Voi avete voluto che Maria Francesca fosse separata +da me, ma non tarderete a pentirvene. Farete di lei la sgualdrina del +villaggio! + + * + * * + +Eravamo nel mese di settembre, e tre frati erano venuti a Florinas per +le solite _Missioni_. Ero andato a confessarmi dal rettore, ed avevo +adempiuto a tutte le pratiche religiose prescritte per la circostanza. + +Fra gli obblighi delle _Missioni_ era quello di metter pace tra le +famiglie nemiche ed i coniugi separati. + +Fui chiamato in casa del vice parroco Antonio Fiori, presso il quale i +tre missionari erano alloggiati. + +Il più anziano dei frati, ch’era il più autorevole, prese a parlarmi +presso a poco così: + +— Giovanni Tolu, perchè non ti ricongiungi a tua moglie? La vita +che menate è scandalosa, e siete entrambi in peccato mortale. +Tornate insieme e fatela finita, poichè il matrimonio è uno dei +sette sacramenti. Noi siamo qui venuti per istruire il popolo, +riconducendolo sulla via della salvezza per opera dello Spirito santo. +La pace domestica è il supremo dei beni mondani; e quanto più grande +sarà il tuo sagrifizio, tanto più accetto tornerà al Signore il tuo +ravvedimento. Non dubitare: noi ci adopreremo perchè il prete Pittui +più non s’ingerisca ne’ tuoi affari; tu così non avrai più alcun motivo +a dolerti di lui. Che rispondi? + +— Io rispondo: che Maria Francesca mi ha fatto prendere in affitto due +case, e non ha voluto in seguito abitarle con me. Io rispondo, che +la prima volta che l’ho chiesta in moglie dichiarai che rinunziavo +alla dote, perchè mi bastava il suo amore; ma che adesso (se dovrò +abbassarmi a ritirarmela in casa) pretendo che ella si provveda del +necessario, secondo il costume del paese; e ciò perchè non abbia più a +dipendere dai parenti. Rispondo infine: che essa deve risolversi, per +ora, a ritirarsi in una delle due case da me scelte, dove anch’io mi +recherò, quando lo crederò conveniente. A condizione, però, che i suoi +parenti non vadano a farle visita. + +Il frate osservò, scrollando le spalle: + +— A simili umiliazioni una donna non deve sottomettersi! + +— Ma questa è l’usanza nostra. Chi fa il peccato deve fare la penitenza +— ed io non son tenuto a far la penitenza dei peccati degli altri. + +Il missionario continuò con tono grave e solenne: + +— Ravvediti, Giovanni Tolu, e fa la pace con Maria Francesca. Insieme +al clero di Florinas noi verremo in processione fino a casa tua. Ivi +impartiremo la benedizione ad entrambi, e vivrete felici per tutta la +vita. + +A questa predica sorrisi. + +— Scusino, reverendi, ma queste mi sembrano mascherate. In siffatta +guisa noi usiamo andare in carnevale da una bettola all’altra per bere +un bicchiere di vino. Non potrei mai prestarmi a simili pagliacciate! + +I tre frati fecero una smorfia disgustosa, ma tacquero. + +Io tenni loro un simile linguaggio perchè trattavo i preti con molta +confidenza. Ero stato sagrestano e sapevo il fatto mio. + +I missionari si scambiarono un’occhiata — come per dire: con costui non +faremo niente! — e mi congedarono. + +Terminate le missioni, i tre frati lasciarono Florinas per recarsi +ad altro villaggio. Appresi in seguito, che avevano parlato col prete +Pittui, il quale certamente non era uomo da lasciarsi impressionare da +tre zoccolanti. + + * + * * + +Cominciai col rassegnarmi al mio destino. Avevo una spina nel cuore, +ma affettavo di non sentirne dolore. I nostri conti erano saldati: +l’autorità politica non era riuscita a persuadere mia moglie, come +l’autorità ecclesiastica non era riuscita a persuadere me. Nondimeno +debbo confessare, che non nutrivo rancore per Maria Francesca: lo +nutrivo per il prete, che aveva istigato i parenti a rendermela +ostile. Chi avrebbe osato in Florinas trascurare un consiglio di prete +Pittui? Egli, famoso cacciatore, esperto tiratore al bersaglio, sindaco +supremo del paese, mediatore di matrimoni, dispensatore di grazie e di +castighi, fabbricatore di libelli, carabiniere, giudice, boia?! + +Maria Francesca era incinta di quattro mesi. Il pensiero forse della +sua gravidanza, e del bambino che sarebbe venuto al mondo, spinse +i parenti a mutar consiglio. Partiti i missionari, sulla cui opera +avevano contato, i parenti si erano raccomandati a tutti i cavalieri +e ai più notevoli signori di Florinas per influire sul mio animo. +Non pochi mi avevano avvicinato per esortarmi a farla finita e a +ricongiungermi a Maria Francesca. Ma questa volta tenni duro. Le +altalene non mi andavano a sangue. + +— Come volete ch’io m’induca a pregar mia moglie, se essa mi ha +scacciato? Dietro quanto è accaduto, è lei che deve venire da me, non +io che devo andare da lei. Se è vero che Maria Francesca mi vuole, +perchè non viene a trovarmi? + +Non dissi altro. + +Mia moglie, dal canto suo, fu ostinata nel suo proposito. I consigli +del prete Pittui, l’antico suo padrone, avevano più forza della parola +d’un affettuoso marito! + +Non poteva più oltre durare così — io perdeva il mio tempo. Pensai di +ritornare al lavoro, unico sollievo e conforto nella sventura che mi +era toccata. Ero stato marito per quattro mesi precisi — dal 17 aprile +al 17 agosto — e dovevo ormai considerarmi come scapolo, o come vedovo. + +La vista continua de’ miei nemici mi disgustava; ond’è che decisi +di allontanarmi dal paese. Mi recai a Sassari, dove mi occupai nel +trasporto del mosto e nel commercio delle granaglie. Misi in serbo una +trentina di scudi. + +Partiti i missionari da Florinas, ero stato di nuovo tormentato dai +dolori alle giunture; ma il clima di Sassari mi giovo non poco. + +Dopo un altro breve soggiorno a Florinas volli recarmi alla Nurra, dove +il lavoro non mi mancava. Trascorso però un po’ di tempo, divenni di +cattivo umore ed intrattabile, perchè i soliti dolori m’impedivano di +lavorare coll’attività, che in me era natura. + +Io sentiva la potenza malefica di quel prete fatale, che continuava a +perseguitarmi colle diaboliche _legature_. Crebbe il mio odio contro +costui, autore d’ogni mia disgrazia. + +— Se io non toglierò la causa del male, il male mi farà soccombere! — +dicevo ferocemente a me stesso; e questo pensiero, come chiodo rovente, +mi stava infisso nel cervello e nel cuore. + + * + * * + +Venne intanto il dicembre colle giornate rigide, tempestose. Avevo +l’umor nero. La solitudine mi pesava, perchè fantasticavo troppo. + +Gli acuti dolori, che tratto tratto strappavano una contrazione nervosa +al mio labbro, mi facevano imprecare come un dannato. + +Si avvicinavano le feste di Natale, e mi sentivo più solo e più +accasciato. Io, che avevo sognato una famiglia; che a furia di lavoro +ero riuscito a formarmi un nido; ch’ero sul punto di diventar padre, mi +vedevo relegato nelle solitudini della Nurra, senza casa, senza amici, +senza gioie domestiche, e senza il conforto d’una parola affettuosa — +neppure quella della mamma! + +E tutto perchè? Per un prete sordido, prepotente, che voleva frapporsi +fra me e Maria Francesca, spinto da uno scopo misterioso, ch’io non +riusciva a spiegarmi + +Temendo che i miei dolori aumentassero, deliberai di far ritorno a +Florinas. Volevo almeno passare le feste in famiglia — in casa di +mia madre, dei fratelli, delle sorelle: nell’unica casa dove potevo +fidarmi, dove ancora ero amato, carezzato, compianto. + +— Avrei perdonato anche al prete, se io mi fossi sentito bene — dicevo +con rammarico — ma con questi dolori la mia vita non potrà essere che +un martirio. Bisogna finirla, e finirla presto! L’idea di diventare +impotente, costretto a mendicare il pane altrui, mi spaventa. Parmi +ancora di vederlo il povero mendicante di Tissi, paralizzato dalle +_legature_! — Bisogna finirla, finirla, finirla presto! + +Arrivai a Florinas due giorni prima di Natale. I parenti mi ricevettero +con acclamazioni di gioia... ma non mi parevano contenti. Io leggeva +negli occhi di mia madre il mio stato deplorevole; ella mi guardava +ogni tanto alla sfuggita, con un sospiro, con un senso di pietà +dolorosa, che si studiava nascondere per non affliggermi. + +Un mese addietro i miei fratelli Peppe e Giomaria (per la prima ed +ultima volta) mi avevano fatto intendere ch’erano disposti a far le mie +vendette. + +Ne fui spaventato e mi opposi energicamente. + +— Guai a voi! Non voglio che v’immischiate ne’ fatti miei, nè adesso, +nè mai! Basto da solo. Pur troppo io so fin dove arrivano nei nostri +villaggi le gare, i puntigli, e gli odî di parte! Le famiglie si +distruggerebbero. Pensate ai casi vostri — Dio penserà ai miei. + +Il giorno di Natale la famiglia preparò un pranzetto d’occasione. +Sedemmo in cinque a tavola: io, la mamma, Peppe, Giomaria e Maria +Andriana. + +I miei fratelli e la sorella si sforzavano di essere gioviali... ma +nessuno lo era. Il mio tristo caso impressionava tutti. + +Così passò il primo ed il secondo giorno di Natale. Io, che moriva +dalla voglia di rivedere il mio paese, non vedevo l’ora di tornarmene +alla Nurra. Troppe triste memorie racchiudeva per me Florinas, nè +bastava l’affetto de’ miei cari per cancellarmele dalla mente. + + + + +CAPITOLO X. + +L’attentato. + + +Il terzo giorno di Natale — il 27 dicembre 1850 — mi alzai prima +dell’alba. Avevo poco dormito e molto pensato. Ero d’umor nero, poichè +avevo fantasticato sulla serie delle peripezie, che da un anno mi +tenevano in angoscia. Tuttavia debbo dichiarare, che nessun pensiero +sinistro aveva attraversato la mia mente durante quella notte insonne. + +Dopo aver passeggiato da un capo all’altro della stanza terrena, tolsi +la spranga alla porta e mi feci sulla soglia per esplorare il cielo. + +L’alba spuntava. Era una giornata fosca, molto fredda. Il vento +impetuoso soffiava da tramontana, e urlava fra i comignoli, facendo +volare qualche tegola dai tetti. + +Indossai il mio lungo cappottone di orbace, e tornai sull’uscio a +respirare a pieni polmoni quell’aria frizzante, che pareva spegnesse +la mia febbre. Sentivo lo stormire delle foglie degli alberi vicini, +agitate dal vento. + +Guardando distratto la campagna, verso Codrongianus, i miei occhi +si fissarono sul tratto di strada che mi stava di fronte, la quale +conduceva all’Oratorio di Santa Croce. Ricordai allora, ch’era la festa +di San Giovanni evangelista, e che all’alba di ogni giorno festivo il +prete Pittui soleva recarsi a dir messa in quella chiesetta fuori mano. + +Per di là, dunque, sarebbe fra non molto passato quel prete: il +prepotente, il fattucchiere, il nemico della mia pace. + +Non so dire i pensieri che in quell’ora passarono a tumulto nella mia +mente. So che rientrai nella mia stanza per spiccare dal capezzale +del letto (dove per solito lo tenevo) il mio vecchio pistolone ad +una canna. Nascosi l’arma sotto al cappotto, e tornai ad appoggiarmi +allo stipite della porta, tenendo l’occhio sempre fisso sulla strada +dell’Oratorio. + +Il vento soffiava con più violenza, e i rami degli alberi si piegavano +verso terra, quasi minacciando di spezzarsi. + +Il temporale pareva imminente. Avevo preso un’istantanea risoluzione, e +dovevo ad ogni costo compierla. + +— Ma, chi lo sa? — pensai — forse il prete Pittui non uscirà di casa +con questo tempaccio; la messa la dirà più tardi. + +Non so dire se in quel momento io desiderassi, o temessi un +contrattempo. Ero fuori di me. + +Certo è però, che quell’uomo doveva essere in cammino, poichè sentivo +due acute punture ai ginocchi. Avevo bisogno di romperle, da una buona +volta, quelle _legature_ insopportabili! + +Finalmente, verso le sei, vidi il prete che scantonava. + + [Illustrazione: Attentato contro il prete Pittui] + +Il cielo si faceva sempre più fosco, e il sole non era ancora levato. + +Per le vie non si vedeva anima viva. Le porte delle case erano +tutte chiuse, poichè il freddo tratteneva in casa più dell’usato gli +abitanti, i quali non avevano l’obbligo di lavorare in quel giorno +festivo. + +Avvolto nel suo lungo pastrano dalle ampie saccoccie, col bavaro +alzato, il prete attraversò il breve tratto di strada, curvo, col capo +chino contro al vento furioso, che gli soffiava di fronte. Passò come +una visione, e scomparve. + +Allora io mi mossi ed affrettai il passo per tenergli dietro. + +Scantonata la via, studiai di camminare rasente le case per +raggiungerlo inosservato. Il vento che ci soffiava di fronte gli +impediva di avvertire il rumore delle mie pedate. + +Gli tenni dietro per una cinquantina di passi, e lo raggiunsi +all’imbocco del largo detto _Funtana manna_, in cui a destra la +strada fa scarpa in campagna aperta, fronteggiando il villaggio di +Codrongianus[15]. + +Il sito era opportuno, perchè spazioso e poco frequentato. + +Giunto a tre passi da lui, tolsi la pistola di sotto al cappottone, +glie la puntai quasi a bruciapelo alla nuca, e premetti il grilletto. + +L’arma non prese fuoco, perchè il cane non aveva schiacciato il +fulminante. + +Continuai a camminare insieme a lui, sempre alla stessa distanza; e per +altre tre volte ritentai il tiro. Il colpo non partì mai, e il vento +contrario impedì che lo scatto del grilletto giungesse all’orecchio del +prete. + +Io era atterrito. Mi venne allora in mente che quell’uomo usava della +sua malìa, e che la mia pistola era fatturata. Pensai di ricorrere al +coltello, ma non l’avevo meco. + +Il prete, sempre collo stesso passo, ignorando ch’era pedinato, +camminava verso l’Oratorio. + +Si era giunti insieme al centro di _Funtana manna_; e, non volendo +lasciarmi sfuggire l’occasione che l’inferno mi offriva, decisi di +farla finita in qualunque modo. Feci ancora altri due passi avanti, +levai in alto il braccio, e, con tutta la mia forzar lo lasciai +ricadere con un manrovescio sulla guancia sinistra del prete, che +stramazzò supino. + +Gli fui sopra come un tigre, gli posi un ginocchio sul petto, +lo afferrai colla sinistra alla gola, e puntandogli la pistola +nell’occhio, feci scattare tre o quattro volte il grilletto, sempre +invano. + +Il prete si dimenava in tutti i sensi e mandava sordi rantoli, che si +confondevano col gemito del vento. Aveva la lingua tutta fuori, gli +occhi spalancati. Le sue unghie penetravano nelle mie carni, ma le mie +braccia erano di acciaio. + +Riuscì finalmente ad afferrarmi per il ventre; fui pronto a tirarmi +indietro; ma, rallentando la mano con cui gli stringevo la gola, egli +potè emettere due acutissimi gridi. + +Furono i soli. Volendo sbrigarmi per non venir sorpreso, gli strinsi +con più forza la gola, e colla canna del mio pistolone, a mo’ di +pugnale, lo percossi a più riprese sul viso, strappandogli dalle +guancie brandelli di carne. + +Ero cieco, feroce. Gli premevo i ginocchi sulle costole, gli davo +calci, pugni da per tutto; ma egli, colla faccia insanguinata, +continuava a fissarmi cogli occhi sbarrati, quasi volendomi far subire +il fascino della sua malìa. L’anima di quel mostro non voleva uscir +fuori dal corpo! + +Nel frattempo, dietro di me, diverse porte si spalancarono con +fracasso. I gridi del prete avevano dato l’allarme. Una dozzina +d’uomini robusti, da diverse parti, si slanciarono verso di noi, non +sapendo ancora che cosa fosse avvenuto. Senza voltarmi, continuai a +percuotere il prete con più forza; egli era livido, grondante sangue +dalle narici e dalla fronte, ma non c’era verso che volesse morire! + +Quando gli accorsi ravvisarono me e il prete Pittui, si fermarono un +istante, come inorriditi dinanzi a tanta audacia e a tanto sacrilegio. +Finalmente mi furono tutti addosso per strapparmi la vittima, che io +cercava invano di strozzare. Sentendomi afferrato da tutte le parti, +divenni idrofobo. Abbandonai il prete, mi levai in piedi, e mi slanciai +come belva contro i miei assalitori. Con morsi, pugni e calci ne mandai +parecchi a ruzzolare sul terreno; un altro ne allontanai con un colpo +di pistolone sotto all’occhio, in modo che ne portò la cicatrice finchè +visse. Giunsi infine a svincolarmi da tutti, e mi diedi a correre verso +casa. + +— Fermatelo! fermatelo! — gridava il prete con sordo rantolo, senza +potersi alzare. + +Parecchi giovinastri m’inseguirono; ed uno, più ardito, mi tenne dietro +prendendomi a sassate. + +Giunto a pochi passi da casa, mi volsi indietro; e rivolto a quel +giovane gridai: + +— Fermati lì, un momento, chè voglio insegnarti come si lanciano i +sassi! + +E siccome ero entrato in casa per prendere il fucile, quel giovane +se la diede a gambe, e andò a raggiungere i compagni, occupati a +sollevare il prete malconcio, per portarlo sopra una sedia alla propria +abitazione. + +Molte porte nel frattempo si erano spalancate, e la gente accorreva da +ogni parte per dirigersi a _Funtana manna_. + +Io corsi ad armarmi di fucile; slegai il mio cavallo, lo portai sulla +strada, e vi montai a dorso nudo. + +Nel saltare per inforcarlo, mi cadde il berretto, che lasciai sulla +strada. + +Cacciai in testa il cappuccio, diedi una strappata alle redini, e, +senza dar soddisfazione a’ miei (che ignoravano ancora l’accaduto) +spinsi il cavallo al trotto per prendere la campagna. + + + + +PARTE SECONDA + +IL BANDITO DI FLORINAS + + [Illustrazione: Testata allegorica sui personaggi della + storia] + + + + +CAPITOLO I. + +Si torna agli esorcismi. + + +Percorso un buon tratto di strada, sempre al trotto, prima di arrivare +allo stradone m’imbattei in Sebastiano Zara (un cugino del prete +Pittui) il quale mi fe’ cenno colla mano di fermarmi. + +— Perchè corri così a precipizio? C’è forse niente di nuovo a Florinas? + +— Vanne, e lo saprai! — gli risposi di mala grazia, e continuai la mia +strada. + +Seppi più tardi dagli amici, che quando costui apprese l’accaduto, +minacciò l’aria col pugno, gridando: + +— Eh, se lo avessi saputo! Avrei arrestato Giovanni Tolu sulla strada! + +Stupida millanteria, poichè lui era inerme ed io armato, e sapevo di +vincerlo in forza ed in destrezza! + +Per oltre una mezz’ora mantenni alla corsa il mio cavallo, non +scostandomi mai dalla strada reale. Dal _Prato_ a _Badu ludrosu_, e +da _Pedru Majolu_ alla _Punta Dunossi_ non mi fermai un minuto. Qui +mi diedi a saltare un muro, ma urtando col piede in un grosso sasso mi +feci male. + +Smontai da cavallo, e impiegai un’altra ora a piedi nel far la salita +di _Giunchi_, fino alla _Rocca bianca_, territorio di Florinas, tra +Banari ed Ittiri. + +Colassù rimasi tutta la giornata senza prender cibo. La lunga corsa +a cavallo, a dorso nudo, mi aveva pesto orribilmente; dippiù il mio +piede si andava gonfiando per l’urto ricevuto a _Punta Dunossi_. Ero +impensierito, perchè non mi trovavo in condizione di battere i boschi +in campagna aperta, senza pericolo d’una sgradita sorpresa. + +Venuta la sera deliberai di far ritorno segretamente a Florinas. Avevo +bisogno di mettermi sotto cura in luogo sicuro. + +Abbandonai il mio cavallo (a cui avrebbero pensato i barracelli o i +miei parenti) e, favorito dalle tenebre, rientrai sul tardi nel mio +paese. Corsi non visto a casa di Chiara, la mia sorella maritata, la +quale mi custodì gelosamente. + +Colà rimasi una diecina di giorni, medicando la mia storta e le mie +piaghe con incenso sbattuto nel bianco d’uovo, bagni d’acquavite, e +polvere di carbone impastata con sevo: tutti medicinali, di cui noi, +agricoltori, facciamo uso con ottimo risultato. + +Ogni notte mi s’improvvisava un letto; ma di giorno io stavo dentro ad +una _luscia_[16], prestando orecchio alle chiacchiere che sul mio conto +facevano le comari, quando venivano a condolersi con mia sorella. + +La notte stessa del mio arrivo, appresi da Chiara, che il prete Pittui +era stato trasportato a casa sopra una sedia, malconcio in modo che +dava a temere per i suoi giorni. Era sempre a letto, in preda a dolori +atrocissimi, e parlava a stento. Al terzo giorno il medico lo dichiarò +fuori di pericolo, ma gli raccomandò di non fare alcun movimento, +poichè la cura sarebbe stata piuttosto lunga. La notizia non mi fece +certo piacere! + +Durante il tempo della mia convalescenza, i carabinieri, guidati +da spie, erano venuti più volte a Florinas per perlustrare le case +sospette, dove si sperava di potermi sorprendere. Nessuno immaginò +di certo, che la prima settimana della mia latitanza io la passassi +dentro Florinas, in casa di mia sorella. Non si pensò neppure a +visitare l’abitazione di Chiara, nè quella di mia madre, poichè non era +possibile ch’io fossi stato così gonzo da cacciarmi in bocca al lupo. + + * + * * + +Guarito completamente della storta e delle piaghe, mercè le affettuose +cure di mia sorella, abbandonai sul tardi il villaggio e mi recai a +piedi fino alla cantoniera di _Scala di Ciogga_, dove giunsi verso +mezzanotte. Riposavo in un macchione, dietro la casa, quando dodici +carabinieri si fermarono dinanzi la porta, e obbligarono il cantoniere +ad alzarsi per dar loro da bere. Ripresero quindi la strada di +Florinas, forse alla mia ricerca, poichè l’attentato sacrilego contro +un prete aveva suscitato molto rumore, e la Giustizia si dava attorno +per impadronirsi del reo. + +Andati via i carabinieri, continuai la mia strada verso Sassari. Giunsi +all’alba all’oliveto della signora Murro, in _Serra secca_, dove ogni +giorno si recavano a zappare alcuni miei parenti. Ivi rimasi il resto +della giornata. Sull’imbrunire presi una zappa sulle spalle, ed entrai +in Sassari arditamente, confuso coi zappatori che a quell’ora ritornano +dai lavori di campagna. Nel 1850 la città di Sassari era un luogo +sicuro per i banditi, poichè scarso vi era il numero dei carabinieri, a +cui piaceva viver comodi e tranquilli. + +Mi recai difilato in casa di Don Antonico Berlinguer, allora Maggiore +di piazza, il quale mi trattava con benevolenza, poichè mi sapeva +onesto e buon lavoratore[17]. Chiesi a lui consiglio; e siccome mi +sentivo minacciato dai soliti dolori per le fattucchierie del prete +Pittui, lo pregai che mi raccomandasse a un certo Frate Agostino dei +minori osservanti, designatomi come valentissimo negli esorcismi. Era +costui un sassarese, in fama di mantener relazione colla moglie di un +falegname, dal quale era stato sorpreso e bastonato[18]. + +Don Antonico mi tenne nascosto in casa sei giorni, dandomi da mangiare +e da bere; e volle accompagnarmi in persona fino al convento di San +Pietro, per presentarmi al frate. + +Prima di lasciare la città volli provvedermi di polvere e di palle. +Avevo lasciato il fucile nella capanna di mio cognato Bazzone, marito +di mia sorella Giustina. + +Uscimmo di casa dopo il meriggio. Don Antonico mi precedette facendo +l’indifferente: io gli tenni dietro a una certa distanza, per non +compromettere l’amico nella carica delicata di Maggiore di Piazza. Dopo +un quarto d’ora eravamo dinanzi al Convento. + +Frate Agostino ci accolse con molto garbo e ci offrì una tazza di buon +caffè. Poco dopo Don Antonico se ne andò per i fatti suoi. + +Rimasto solo col frate, questi mi ordinò d’inginocchiarmi, mi lesse +la solita orazione, mi gettò addosso la solita acqua benedetta, e mi +licenziò dicendomi, che sperava di avermi sciolto dalle _legature_. + +Sbrigato il mio affare feci ritorno all’oliveto di _Serra secca_, e di +là m’incamminai verso il _Curraltu mal’a servire_, in fondo alla valle +di _Sette Chercos_, territorio di Cargeghe, dov’era l’ovile di mio +cognato. + +Rimasi nella capanna alcuni giorni, sempre in angustie, per timore che +una grave malattia mi rovinasse. + +Dissi ad un mio cugino: + +— Il prete Pittui è ancora in vita, e continua a perseguitarmi colle +sue maledizioni. Temo troppo che gli esorcismi di frate Agostino +rimangano senza effetto! + +Un mio amico, che si trovava presente — certo Pietro Rassu, già mio +vicino di casa — disse a me rivolto: + +— Ma perchè non ti rechi dal rettore di Dualchi, uno dei più famosi per +scongiurare le _legature_? + +Non volendo lasciare intentato alcun mezzo per togliermi alle malìe del +prete Pittui, indussi mio fratello Peppe ad accompagnarmi a Dualchi, +villaggio al di là di Macomer. + +Ci recammo insieme a cavallo fino a Padria, dove fummo ospitati +dall’amico Salvatore Masia, tenente dei barracelli. Di là l’indomani +continuammo il viaggio, attingendo qua e là informazioni sulle +scorciatoie, non essendo noi pratici dei luoghi. Dopo due ore e più +di strada, c’imbattemmo in un vecchio, il quale ci avvertì ch’eravamo +sulla strada che conduceva a Sindia e a Scano Montiferro. Saputo +ch’eravamo diretti a Bortigali, suo paese, il vecchio si esibì a +servirci di guida. Arrivati al villaggio, egli ci condusse in sua casa, +dove ci rifornì di vino e di formaggio. Andammo quindi in casa di certo +Pietro Maria Murgia, al quale l’amico di Padria ci aveva raccomandato. +Era assente dal paese; ma la moglie e la suocera, appreso il motivo +della nostra gita, ci dissero con un certo orgoglio: + +— Presentatevi pure in nome nostro al rettore di Dualchi, e ditegli, +che vi riceva colla stessa cortesia con cui suol ricevere Pietro Maria +Murgia, che gli fu servo per ventott’anni. + +Ringraziammo le due buone donne, che ci avevano offerto asilo e cena, e +all’alba rimontammo a cavallo. Dopo tre ore di strada, sostammo dinanzi +alla casa del rettore. + +Il prete e la sua _Perpetua_[19] ci accolsero cortesemente e ci vollero +ospiti. + +Il rettore di Dualchi, Pietro Maria, era sopranominato _su caddu de +Ottava_, perchè possessore di un famoso cavallo di corsa, ritenuto a +quei tempi uno dei migliori dell’isola. + +Quando gli esposi il motivo della mia venuta — il desiderio, cioè, di +venir liberato dalle _legature_ fattemi da un prete — egli mi domandò +con una certa curiosità: + +— Come si chiama questo sacerdote? + +— Giovanni Maria Pittui. + +— Lo conosco. So che ha un eccellente cavallo di corsa. + +— V’ingannate. Il possessore del buon cavallo è un altro Pittui: suo +nipote. + +— Ho capito, e poco importa. Posso solamente assicurarti, che il mio +cavallo di corsa è migliore del suo; e questo potrebbe significare, che +sarò parimenti più fortunato nella cura del tuo male. Ti applicherò una +_pezza_, che nessuno riuscirà a strapparti. + +Fui lieto dell’esordio. Il prete soggiunse: + +— Anzitutto hai bisogno d’una bottiglia d’olio, ch’io dovrò benedire. + +Mio fratello Peppe corse subito a comprarla; ma, mentre la porgeva al +prete, gli sfuggì di mano e andò in frantumi. + +Fui vivamente impressionato del mal augurio; ma il rettore esclamò +sorridendo: + +— E così? Manca forse dell’olio in casa mia? + +Fatta riempire un’altra bottiglia dalla serva, il prete si adattò +la stola, mi fece inginocchiare, lesse l’ufficio, mi versò sul capo +l’acqua santa, e per ultimo benedisse la bottiglia dell’olio. + +Nel frattempo la serva, ferma sull’uscio, assisteva all’operazione con +curiosità maliziosa, come se da lungo tempo fosse abituata a simili +cure, a cui non credeva. + + [Illustrazione: Il bandito dal Rettore di Dualchi] + +Terminata la funzione, il rettore mi fece alzare, e mi consegnò +gravemente la bottiglia dell’olio ed un involto contenente quaranta +pezzi d’ostia. + +— Ogni giorno, a digiuno — egli mi disse — tu metterai in bocca uno di +questi pezzetti, che trangugierai con una boccata d’olio. Bada di non +spaventarti se i tuoi dolori aumenteranno: saranno i chiodi vecchi che +ti verranno fuori dalle carni. Ti esorto parimenti a non impressionarti +se ti verrà il sangue alla bocca. Prima di consumare i pezzetti d’ostia +(cioè a dire, prima di quaranta giorni) ho bisogno di rivederti![20] + +Albeggiava appena quando all’indomani io e Peppe ci rimettemmo in +viaggio, prendendo questa volta la direzione di Borore, per misura +d’abituale prudenza. + +Pernottammo in quest’ultimo paese. + +Riposai con animo tranquillo, ma verso l’alba, dopo ingoiata l’ostia, +ebbi lo sbocco di sangue preannunziatomi dal prete. Allo stesso tempo +fui colto da dolori acutissimi alle ginocchia. + +Mi feci coraggio. Presi un nuovo sorso d’olio ed un pezzetto d’ostia, e +sollecitai la partenza. + +Rimontati a cavallo, percorremmo un lunghissimo tratto di strada. Era +ancora giorno quando ci trovammo in vista del _Crastu mal’a servire_; +ma aspettammo le ombre della sera prima di avvicinarci all’ovile di mio +cognato: — altra precauzione di tutti i banditi. + +Arrivati all’ovile, consultai Peppe e mio cognato sulla ricompensa +da offrire al prete esorcista. Fu determinato d’inviare nostra madre +a Sassari per fare acquisto di tre fazzoletti da due lire, di un +chilogramma di caffè e di otto libbre di zucchero: regalo destinato +al rettore ed alla sua Perpetua. Fu pure combinato di ripartire per +Dualchi al più presto possibile, prima cioè che la voce della mia +latitanza pervenisse all’orecchio di quel rettore. + +Il rettore di Dualchi accettò con piacere il dono fattogli; e dopo aver +rinnovato l’esorcismo e ribenedetta la mia bottiglia, mi disse con una +certa confidenza: + +— Mano mano che l’olio diminuirà, tu non avrai che aggiungerne +dell’altro: la benedizione avrà la stessa efficacia. + +Ho sofferto per parecchie settimane dolori atroci, ma debbo dichiarare, +che le mie punture cessarono. Il rettore di Dualchi mi aveva +radicalmente sciolto dalle _legature_ di prete Pittui. + +Ricorderò quanto mi disse la prima volta: + +— Tu guarirai, poichè il rimedio che ti ho dato è infallibile. Devo +però prevenirti, che le potenti fattucchierie, di cui fosti vittima, ti +hanno fatto perdere la metà delle forze, la metà del valore e la metà +dell’astuzia! + + + + +CAPITOLO II. + +In casa di prete Pittui. + + +Dopo il terzo giorno — come già dissi — il medico del villaggio aveva +dichiarato che prete Pittui era fuori di pericolo; però gli ordinava di +stare a letto e di non muoversi. + +Durante quel tempo la casa del sacerdote era assediata dalle visite. I +fedeli parrocchiani ed i famigliari più intimi correvano al letto del +proprio pastore per prendere informazioni sullo stato di sua salute; +e, imprecando all’assassino sacrilego, facevano voti all’Eterno per una +pronta guarigione. + +Se il prete fosse morto in seguito alle mie percosse, nessuno +certamente lo avrebbe compianto; anzi si sarebbe ringraziato Iddio +per aver liberato il paese da un cattivo soggetto di quella fatta. +Sapendolo però vivo, ognuno si studiava di entrare nelle sue grazie con +una pietà falsa, che avrebbe potuto più tardi fruttare qualche favore, +o almeno una maggior dolcezza di trattamento. + +Sebbene ancora indolenzito per le percosse ricevute, e accasciato per +le lunghe sofferenze, appena il prete si accorse di essere scampato +alla morte, non pensò che allo sfregio ricevuto, e si die’ a escogitare +tutti i mezzi possibili per vendicarsi di me: cosa che gli sarebbe +riuscita assai facile, avendo al suo comando molti cagnotti, e potendo +esercitare la sua influenza presso le autorità di Sassari, colle quali +si manteneva in stretta relazione. + +Se il corpo del prete era inchiodato al letto, la sua mente era libera +e ruminava a mio danno. La casa Pittui era diventata il luogo dei +convegni misteriosi, dove si tramava la mia perdizione. + +Io stava in guardia, poichè avevo molti parenti ed amici che mi +tenevano informato di quanto accadeva in paese. + +Fra i più assidui visitatori di casa Pittui (durante il periodo della +malattia) erano il Piana, lo Zara, il Serra, Peppe _il sorsinco_, i +fratelli Dore d’Osilo, ed i fratelli Rassu di Tiesi, domiciliati a +Florinas. + +Darò di essi alcuni brevi cenni[21]. + +Giovanni Antonio Piana, mio coetaneo, era da poco tempo marito della +matura serva di prete Pittui, la quale poteva essergli madre. Cugino +del prete e zio di mia moglie, quel gradasso si dichiarava capace di +darmi la caccia. + +Sebastiano Zara, pur parente di mia moglie e del prete, era il +millantatore che per il primo avevo incontrato uscendo dal villaggio, +il giorno dell’attentato. Egli aveva pronosticato la mia futura morte +per opera sua. + +Il terzo visitatore assiduo, Francesco Serra, aveva la debolezza di +credersi un potente, solo perchè si era dato a fare il _commissario_ +dei carabinieri. Io però sapevo, che costui, insieme a Paolo ed a +Francesco Rassu, nonchè ad altri due ittiresi, aveva preso parte come +mandante all’assassinio di don Peppe Serafino di Tiesi. Uno però della +combricola (che poi finì sulla forca) era stato in seguito arrestato +alla festa di S. Paolo in Monti, per un orologio d’oro colle iniziali +dell’ucciso, da lui venduto al parroco del detto paese. + +Riservandomi a parlare a lungo della famiglia Rassu (ch’ebbe larga +parte nei casi della mia vita) mi fermerò per ora sui due fratelli +osilesi. + +I fratelli Giuseppe e Giomaria Dore, osilesi, quantunque notissimi +ladri e sicari, erano sempre riusciti a sfuggire alla giustizia, mercè +l’astuzia e l’intrigo. + +Giuseppe era compare di battesimo di prete Pittui; dal quale, aveva +preso un _salto_ in affitto, in società col fratello Giomaria e con un +tal _Peppe di Sorso_. + +I due fratelli erano veduti di mal occhio a Florinas, e già da tempo si +pensava al modo di sbarazzarne il paese. + +Ho già detto che a Florinas, nel pomeriggio dei giorni festivi, si +soleva andare fuori dal paese, per la gara del tiro a segno. Come +premio al vincitore, si metteva per bersaglio una gallina viva, un +coltello, una berretta, od altro oggetto. + +Una domenica eravamo in numerosa comitiva, e ricordo fra gli altri i +due fratelli Dore, Pietro Rassu, i preti Massidda e Pittui, il pretore, +il cancelliere, e diversi cavalieri e giovani di distinta famiglia. + +In quel tempo (verso il 1847) era stata ordita fra i signori florinesi +una specie di congiura per liberare il paese dai due fratelli sicari, +dei quali si aveva paura, poichè gettavano ovunque il terrore. +La giustizia in quei tempi dormiva, od era cieca, ed erano le +popolazioni che pensavano a liberarsi dai malfattori. Fu deciso di +uccidere Giuseppe a _smarro_ (cioè a dire come per caso accidentale). +Pietro Rassu si era incaricato del colpo, e per essere più sicuro +nell’eseguirlo, aveva dato di piglio al fucile ad una canna del +cancelliere: fucile a fulminante e non a piastra — cosa rara a quel +tempo. Dopo diversi tiri al bersaglio (eseguiti fra il buonumore e +gli scherzi della brigata) il Rassu, fingendo mettere la _capsula_ nel +luminello, lasciò partire il colpo in direzione di Giuseppe Dore, che +gli stava vicino. La palla passò tra le gambe di quest’ultimo, ma non +l’offese. Vi fu scambio di parole vivaci per l’imprudenza del tiratore, +ma tutto finì lì, ascrivendo il falso tiro alla imperizia del Rassu nel +maneggio dell’arma nuova. + +Volle il caso, che quella sera, forse per la soverchia carica di +polvere, si spezzasse a Giuseppe il calcio del fucile. Nel rientrare +in paese vi fu chi pensò trar partito da quell’accidente, che toglieva +all’odiato sicario i mezzi di difesa. Verso la mezzanotte Giuseppe +Dore venne assalito nella propria abitazione da una mezza dozzina di +individui, i quali riuscirono a smantellargli il tetto della casa per +fargli fuoco addosso. La moglie scappò sulla strada, in camicia; ed +il marito seppe difendersi così abilmente, che rese vano l’attacco dei +nemici. + +Persuaso, infine, che il vivere a Florinas era per lui pericoloso, +Giuseppe Dore si decise a battere la campagna insieme al fratello +Giomaria, per campare dal furto e per fare il sicario: mestiere molto +lucroso a quei tempi, stante le inimicizie che dividevano le famiglie. + +I due fratelli osilesi avevano uno zio mugnaio (pur chiamato Dore) il +quale era in urto col proprio genero Bertolo Bazzoni, agricoltore. Lo +zio chiese aiuto ai nipoti per sbarazzarsene, e questi accettarono il +mandato. + +Ucciso Bertolo, il vecchio Dore voleva costringere la propria figlia a +passare in seconde nozze con un di lui cugino mugnaio, che gli avrebbe +prestato aiuto nella professione; ma la vedovella, inorridendo, si +rifiutò di ubbidire ad un padre, che gli aveva ucciso il primo marito. +In preda a spasimi atroci, la povera figliuola ne morì di crepacuore +pochi mesi dopo. + +Appena compiuto il mandato di sangue, i due fratelli sicari si erano +ritirati a _Giunchi_, presso una loro sorella zitellona. + +Andando a far legna sulla montagna, capitai un giorno in quella +regione, ed assistetti per caso ad un vivo diverbio tra i fratelli Dore +e certo Carboni; motivo per cui mi vidi citato come testimonio. + +Nel frattempo era stato arrestato lo zio Dore, uccisore del genero +Bazzoni. I due nipoti, designati dalla voce pubblica come sicari, si +erano dati alla latitanza durante l’istruttoria del processo. + +Fattosi a Sassari il dibattimento, alcuni testimoni di _vista_ +deposero essere il solo suocero l’uccisore di Bertolo; altri invece +(comprati dalla ricca moglie dell’arrestato) riuscirono a provare, +che nè lo zio, nè i nipoti avevano preso parte all’assassinio. La +conclusione fu, che vennero tutti assolti. La voce pubblica imprecò +alla corruzione di testi... ed anche di qualche giudice; ed io posso +asserire in coscienza, che giammai sentenza più iniqua e più scandalosa +fu pronunciata da un tribunale. Ed ora fidate nei dotti giudizi di una +magistratura stipendiata, e deplorate l’istituzione dei Giurati![22] + +Poichè la Giustizia era stata così cieca o così venale in quel +processo, non mancò chi volle surrogarsi ad essa. Tre mesi dopo, +nell’agosto, un fratello dell’ucciso sborsò una somma ai due banditi +Cambilargiu e Antonio Spano, i quali freddarono con una fucilata il +suocero di Bertolo Bazzoni. + +Non voglio parlare d’altri brutti fatti, avvenuti per opera dei due +fratelli Dore e del loro compagno _Peppe il sorsinco_. Accennerò +solamente a quello dei quattro agricoltori partiti da Sorso, e venuti a +Florinas, col pretesto di andare in cerca di uomini per la messe. Essi +avevano dato ad intendere, che scopo della gita era quello di voler +assalire nelle proprie case diversi nemici, che avrebbe loro indicati +la sorella dei Dore. Il sindaco di Florinas, prendendo sul serio la +minaccia, eccitò la popolazione alla propria difesa, suscitando un +baccano che rasentò il ridicolo; ma la commedia si chiuse con una +scenata in piazza, dove si addivenne ad una parvenza di pace generale, +giurata fra molti bicchieri di vino e le baldorie carnevalesche. + + * + * * + +Ed erano queste le persone, a cui il prete Pittui aveva affidato +le vendette, e che attorniavano il suo letto nel gennaio del 1851. +Tutti si erano compromessi di mettermi le mani addosso; e i fratelli +Dore e _il sorsinco_ avevano già ricevuto dal prete ottanta scudi, +obbligandosi a darmi vivo o morto nelle mani della giustizia. + +Ma non erano i soli. Ad uno dei soliti convegni assistevano (insieme +al Piana, allo Zara ed ai Rassu) due notabili signori di Florinas, i +quali si erano vantati che non avrei tardato a cader vittima dei loro +agguati. + +Ricordo un fatto. Poc’ora prima che mi si riferisse quest’ultima +congiura, mentre me ne stavo sotto una roccia, a poca distanza dal +paese, vidi passare a tiro del mio fucile i menzionati signori. Il +destino ha voluto salvarli! Se di qualche ora avessero ritardato il +viaggio, li avrei uccisi entrambi come due pernici. In seguito sbollì +l’ira mia, e volli risparmiarli. + +I miei nemici convenivano in casa di prete Pittui per deplorare +l’accaduto; e imprecando al sacrilego maledetto e al vile assassino, +offrivano coraggiosamente il loro braccio vendicatore per ottenere la +mia morte o la mia cattura. Essi potevano millantarsi a mio riguardo, +perchè ero povero, e lontano dal paese; il prete invece era ricco +e potente, e dovevano ingraziarselo per procurarsene la protezione. +Quasi tutti avevano la camicia sporca, e temevano i ricorsi, palesi +o anonimi, alle autorità di Sassari. Il ministro di Dio era in +intimi rapporti coi ministri della giustizia — e fra ministri se la +intendevano! + +I congiurati credevano di operare nel segreto, ma tutto io sapeva, +poichè tutto mi si riferiva da persone intime della casa. Molti +visitatori facevano una doppia parte, volendo allontanare da me il +sospetto per sfuggire alla mia collera. Ben sapevano i furbi, che +il prete poteva aggiustarli coi magistrati di Sassari, e proteggerli +dentro paese; ma non così fuori di casa. Ero io il re della campagna +— e alla campagna dovevano tutti venire, contadini e signori, per +lavorare o sorvegliare le terre. E perciò si voleva, nel tempo stesso, +lusingare il bandito ed il prete, col proposito di tradirci entrambi. +Che importava loro delle persone? o cadessi io nelle mani del prete, +o cadesse il prete nelle mie mani, era sempre una battaglia vinta per +essi, perchè si liberavano da un nemico! + +Ed io ascoltava il consiglio di tutti, ma stavo in guardia, perchè di +tutti dubitavo. Quantunque giovane ed inesperto, capivo che la paura +legava a me quei consiglieri, ai quali tornava ugualmente vantaggioso +il perdermi, od il salvarmi. + + + + +CAPITOLO III. + +La famiglia Rassu. + + +L’essermi dato alla macchia impressionava non poco i miei nemici di +Florinas. Ero per loro un bandito, un disperato che non avrebbe potuto +frenarsi per alcun sentimento di riguardo personale, o di pietà. Si +aveva paura di me, si temeva che una falsa informazione, un falso +rapporto, un malinteso avessero apportato conseguenze fatali. Non +pochi si erano messi al sicuro, per allontanare le cause che potessero +destare un mio sospetto. + +Gavino Pintus, per esempio, (il padre della Maddalena Bua) aveva +licenziato dalla sua casa il cognato Serra, perchè bazzicava troppo coi +Dore e coi Rassu ed era _commissario_ dei carabinieri. + +I fratelli Rassu erano di famiglia tiesina, domiciliati a Florinas. +Con costoro ero in buoni rapporti, poichè uno di essi (Giuseppe) aveva +sposato una mia zia. Tuttavia li guardavo di mal occhio, sapendoli +gente abituata al malfare, e capace di prestarsi a qualunque delitto, +senza scrupoli di sorta. + +La famiglia Rassu si componeva di quattro fratelli — Pietro, Francesco, +Paolo e Giuseppe — e di uno zio attempato, Giovanni Andrea, dal quale +andavo a consigliarmi spesso, perchè lo ritenevo uomo di senno. + +Il giovane Paolo era stato di recente ucciso a Siligo, a causa d’una +ragazza, di cui si era innamorato. L’uccisore era stato punito con una +fucilata, datagli da uno dei fratelli di Paolo. + +La casa di Pietro Rassu era attigua a quella di mio suocero — come +attigua a questa era la casa mia, quando l’abitavo insieme a mia +moglie. Vedendoci e visitandoci con frequenza, si viveva di accordo +come due buoni vicini, e il paese ci considerava quali amici. + +Dopo la mia latitanza si accrebbe l’odio mio verso i fratelli Rassu, +poichè li sapevo d’accordo col prete per congiurare la mia rovina. + +Ero appena da quindici giorni bandito, quando uno strano accidente mi +liberò da uno di essi: da Pietro Rassu. + +Fra i molti delitti da costui commessi impunemente, se ne annoverava +uno, la cui istruttoria era in corso, e si aspettava da un giorno +all’altro l’ordine di spiccare il mandato d’arresto. + +Un giorno Pietro, nel suo ovile di _Corona majore_, aveva diviso il +pranzo con _Monsiù_ Maronero, il brigadiere dei carabinieri, che andava +in perlustrazione. Prima di separarsene, volle dare a lui due capretti, +dicendogli scherzando: + +— Te ne faccio un regalo, perchè tu mi usi un po’ di riguardo quando +verrai per arrestarmi. + +Il brigadiere aveva risposto: + +— Siamo troppo amici, e farò di tutto per sottrarmi a questo doloroso +incarico. Altri carabinieri ti arresteranno, non io di certo! + +Pietro Rassu soggiunse, serio: + +— Ed io ti prometto, dal mio canto, che in carcere non ci andrò, a +costo di farmi ammazzare. Ci sono già stato quattro volte, e ormai ne +sono stanco! + +Fu lo stesso Pietro, che mi confidò questo incidente. + +Trascorso un po’ di tempo, venne spiccato l’ordine d’arresto, e si +aspettava l’occasione propizia per mettere in gabbia l’uccello. + +I buoni rapporti apparenti che io manteneva con Pietro, per essere +egli stato mio vicino di casa, diedero a sospettare che anche bandito +io andassi qualche volta a trovarlo. Una sera sul tardi, mio suocero, +origliando alla parete che lo divideva dalla stanza di Pietro Rassu, +credette di riconoscere la mia voce, e si affrettò ad avvisarne il +prete Pittui. Questi mandò subito un espresso a Codrongianus per far +venire i carabinieri. + +Il brigadiere _Monsiù_ Maronero, con altri suoi compagni, accorsero +nella stessa notte a Florinas, e si portarono segretamente in casa del +notaio Giovanni Antonio Fiori, che aveva la moglie agonizzante. Ivi +caricarono i fucili a mitraglia. + +Era il 17 gennaio 1851 — giorno di Sant’Antonio. + +Da poco era trascorsa la mezzanotte, quando il brigadiere dispose +l’appiattamento. Collocò un carabiniere dinanzi alla porta che dava +alla strada; ed egli, a cavallo, si collocò in faccia alla finestra +della camera posteriore, che dava ad un piccolo cortile, verso la +campagna. + +Il brigadiere bussò al finestrino, dicendo: + +— Pietro, apri! + +— Aspetta un momento! — rispose Pietro, che immaginò si trattasse della +sua cattura; e corse ad armarsi. + +Trascorsi alcuni minuti aprì la finestra, e si trovò di fronte al +brigadiere a cavallo, che gli impediva l’uscita. + +— Datti a una parte! — fece Pietro, come avvertendo che voleva uscir +fuori; ma quegli non si mosse. + +Allora Rassu, fattosi alla bassa finestra, die’ uno spintone al cavallo +colla canna del fucile, e lo costrinse a indietreggiare. + +_Monsiù_ Maronero, intanto, aveva puntato il fucile alla finestra, in +attesa che l’uomo saltasse per fargli fuoco addosso. + +Pietro Rassu, coll’audacia dei coraggiosi e dei disperati, montò +il grilletto, e scavalcò d’un salto il davanzale della finestra, +scaricando l’arma su _Monsiù_ Maronero. + +In pari tempo scattò il grilletto del fucile del brigadiere. Si udirono +due detonazioni, ed entrambi caddero a terra come fulminati. + +Quando accorsero gli altri carabinieri non trovarono che due cadaveri +boccheggianti. + +Sono queste le stupide bravate di molti carabinieri; i quali, fidando +unicamente nel proprio valore, non si mantengono mai sani di testa. +Prima della spedizione essi hanno già in corpo Dio sa quanti bicchieri +di vino e di acquavite, ed espongono ciecamente la vita, senza +raggiungere l’intento. + +Il brigadiere Maronero non aveva mantenuto la parola data a Pietro +Rassu... ed ebbe il fatto suo! + +Il caso della doppia uccisione (che aveva avuto a solo testimonio +mio suocero, nella casa vicina) era stato così singolare, che per +lungo tempo si tardò a prestarvi fede. La versione data fu questa: +che io realmente mi trovassi in casa di Pietro Rassu; che questi, +saltando dalla finestra, fosse stato ucciso dal brigadiere; che il +brigadiere, alla sua volta cadesse morto per una mia fucilata; e che +io, finalmente, fossi riuscito a raggiungere la campagna, prima che +accorressero gli altri carabinieri. + +Ed era una versione stupida. Mi si voleva dare un’audacia valorosa, +che non mi spettava. Avrebbe dovuto bastare il fatto della doppia +detonazione e delle due canne scariche per convincersi della verità; ma +non si voleva incolpare mio suocero di una falsa denunzia! + +Il prete Pittui si morse le dita per dispetto; e mio suocero fu +talmente impressionato dal pensiero della mia vendetta, che da quel +giorno si chiuse in casa, si ammalò, e non volle più vedere nessuno. + +Quando appresi l’accaduto, esclamai con amaro sorriso: + +— E _uno_! Dio ha voluto farmi risparmiare una carica di polvere. + + * + * * + +Continuerò la storia dei Rassu. + +Pietro e Francesco, sovratutti, erano in fama di ladri e di sicari; +e dicevasi che il primo fosse il depositario delle ruberie che si +commettevano. + +Cinque mesi dopo la morte di Pietro, avvenne l’assassinio della sua +vedova, Giovanna Angela Manconi, rinvenuta scannata col rosario in +mano. + +La voce pubblica non tardò ad affermare, che la poveretta fosse stata +tolta dal mondo per mandato del proprio cognato Francesco, designato +come tutore ad amministrare i beni dei nipoti minorenni. + +Il giorno precedente al barbaro assassinio mi trovavo per caso a _Scala +ruja_, territorio di Florinas, quando m’imbattei in Francesco Rassu, +il quale, a cavallo, si diriggeva verso il paese, portando in groppa un +bandito. + +Come mi viddero e mi riconobbero, il bandito smontò da cavallo e mi +chiamò a nome. + +Io feci il sordo e continuai la mia strada, seguito da un grosso +mastino. + +Persistendo il bandito a darmi la voce, mi fermai. + +— Che volete? — chiesi. + +— Vieni con noi; abbiamo bisogno di sbrigare un affare urgente. + +Mi accorsi subito che non aveano rette intenzioni a mio riguardo. +Sapevo già della congiura fatta in casa del prete, e diffidavo di +Francesco. + +— Fate buon viaggio e andate per la vostra strada! — gridai +rimettendomi in cammino, e risoluto di far fuoco su entrambi, se +avessero persistito a tormentarmi col loro invito. + +Capitai poco dopo nella capanna di un mio zio — Gio. Maria Giavesu — a +cui narrai l’accaduto: + +— Vedi? — gli dissi con amarezza — oggi ho corso il pericolo di +romperla con Francesco Rassu. Mi sono contenuto per seguire il tuo +consiglio! + +— Ed hai fatto bene. Non voglio che tu l’uccida. Egli è nostro parente, +poichè ha in moglie una tua cugina, e sarebbe un’onta se si dicesse che +noi beviamo il sangue nostro! + +La stessa sera sul tardi, invitato da un amico, passai la notte a +Florinas. Verso l’alba del giorno seguente ci venne data la notizia +dello sgozzamento della vedova di Pietro Rassu. Il cognato Francesco, +forse per allontanare i sospetti, nel momento in cui veniva consumato +l’assassinio, discorreva in piazza col proprietario del bestiame +datogli in custodia. + +Trascorso qualche giorno, si sparse ad arte la voce, che il vero +uccisore dei coniugi Rassu ero io. Compresi lo scopo della diceria: +si voleva aggravare il mio attentato contro la vita di prete Pittui, +designandomi come sanguinario. + + * + * * + +Il terzo fratello dei Rassu — Giuseppe — era mio parente, perchè +ammogliato con Maria Rosa Bazzone, sorella di mia madre. Era costui +d’animo malvagio come gli altri fratelli, ma dominato da mia zia, donna +energica e di carattere forte, finì per contenersi. + +— Bada Giuseppe! — gli diceva la moglie — se hai caro di non morire in +galera, devi allontanarti da’ tuoi congiunti, due dei quali morirono di +palla. Rimani in casa con me, e non avrai malanni! + +Francesco Rassu, nominato tutore dei figli di Pietro, fu deluso nelle +sue speranze. Egli non aveva trovato nessun deposito di danaro in casa +della cognata; e divenne così irascibile e intrattabile, che i nipoti +non vollero convivere con lui. + +Si diceva in paese, che i danari della vedova assassinata fossero stati +nascosti in campagna dal figliuolo sedicenne Salvatore, che li aveva +rinvenuti. E la diceria veniva avvalorata dal fatto, che Salvatore +era uscito dalla casa paterna, non appena lo zio vi era entrato come +tutore. Il fiero giovane era andato a convivere con lo zio Giuseppe, +marito di mia zia. + +In quel tempo Ignazio Piana (marito di mia sorella Andriana) +abbisognando nella Nurra d’uomini di lavoro, aveva preso seco il +giovane Salvatore, come servo di fiducia. + +Mio cognato mi diceva spesso: + +— La donna che sposerà mio nipote farà la sua fortuna, poichè possiede +molto danaro. + +Ed io gli rispondevo: + +— Se avessi cento figlie non ne darei una a tuo nipote, poichè il +danaro ch’ei possiede non è che il frutto di furti e grassazioni. + +Stando al servizio di Ignazio Piana, Salvatore si era più volte recato +a Florinas per ritirare il suo denaro, che aveva dato in custodia ad +una zia convivente con un prete. + +Un giorno mi pregò di comprargli un pistola, ma andato in paese per +chiedere quindici scudi, gli vennero rifiutati dal prete e dalla zia. + + * + * * + +Lascio per ora indietro il giovane Salvatore, per parlarvi di +Francesco, il più forte, il più coraggioso e il più temuto dei fratelli +Rassu, e sul quale il prete Pittui faceva assegnamento per potersi +sbarazzare di me. + +Non pochi erano i misfatti commessi da costui, sebbene la giustizia +non fosse ancora riuscita a coglierlo in fallo. Ci odiavamo entrambi +cordialmente; ma l’odio nostro era sotto cenere. Il ramo di parentela, +che ci univa, ci obbligava a vivere sul tirato; ma si aspettava da +entrambi un appiglio per poter cacciar fuori tutto il fiele che avevamo +in corpo. + +Fra i delitti di Francesco Rassu citerò il più vigliacco: l’assassinio +dell’Eremitano di Santa Maria di Ese (o Sea) — un bonaccione, un mezzo +scemo, chiamato Peppe. + +Insieme alla mamma e a diversi piccoli fratelli, quel disgraziato +viveva in parecchie casette basse, a guardia della chiesa campestre. +Come tutti gli _eremitani_ sardi, egli aveva l’obbligo di aprire +la porta della chiesa a tutti i devoti che vi si recavano per farvi +orazione. La povera famigliuola non viveva che delle magre limosine +che i visitatori le davano, dello scarso frutto di un lembo di terra +coltivabile, e dell’allevamento di qualche bestia, a mezzadria. + +Un giorno certo Andrea Alichinu, già orefice ed allora bandito, +capitando tutto solo nel casale di Santa Maria (fra Banari e Florinas) +adocchiò una troia coi porcellini che stavano sull’uscio di casa. + +— Me ne regali uno? — egli chiese a Peppe. + +— Non posso regalartelo, poichè siamo molto poveri. La troia non è +tutta nostra: l’abbiamo a metà col proprietario che ce l’ha data in +custodia. + +Il bandito tacque e tirò oltre; ma recatosi sul tardi in casa di +Francesco Rassu, gli parlò del porcellino, della troia, e del rifiuto. + +— Perdio! — fece Rassu — Peppe t’ha negato un porcetto, e noi glieli +prenderemo tutti! + +La stessa notte Alichinu, Rassu, e parecchi altri si recarono alla +chiesetta campestre per rubarvi i porcellini. + +L’eremitano dormiva. Al grugnito della troia si svegliò, tese +l’orecchio, die’ di piglio al fucile e uscì fuori. + +Francesco Rassu, ch’era appiattato in vicinanza per favorire il +rapimento, fece fuoco addosso allo scemo e lo rese cadavere. I ladri si +affrettarono a piombare sui porcellini, e li portarono via, ridendo del +bel tiro riuscito. + +Impossibile descrivere la disperazione della famigliuola per il caso +luttuoso. Più volte ebbi occasione di passare dinanzi alla casetta di +Santa Maria, e vidi la povera madre e i figliuoletti, laceri, scalzi, +in uno stato miserando. Lasciavo loro qualche lira, qualche pane, e +qualche pezzo di carne. Una sera la povera vecchia si presentò a me +seminuda, ed io mi tolsi una flanella di cotone (ne avevo due indosso) +e glie ne feci dono. Un altro giorno portai a quella famiglia un +maialetto regalatomi da mia sorella, promettendo di dargliene la metà +quando lo avrebbero ingrassato. Venuto grande glie lo lasciai per +intiero. + +Non vi sembri ridicolo. Il barbaro assassinio dell’eremitano, consumato +vigliaccamente da Francesco Rassu, non fu l’ultima causa dell’odio +implacabile ch’io nutriva verso di lui. Ho sempre detestato i vili ed i +vigliacchi, tormentatori delle donne o dei deboli. + +Mi sono alquanto dilungato, per presentarvi alcuni membri della +famiglia Rassu, che rivedremo più tardi. Ora ho bisogno di tornare +indietro, per riprendere il filo della mia storia. + + + + +CAPITOLO IV. + +Si apre la campagna. + + +Ero finalmente guarito dalle _legature_ di prete Pittui. + +Cominciai dunque il mio pellegrinaggio per monti e per pianure, per +boschi e per valli, recandomi da un ovile all’altro, sempre sospettoso, +coll’occhio aperto, l’orecchio teso, la mano al fucile od al pugnale. + +Il primo mese di banditismo mi riuscì penoso, insopportabile. Abituato +com’ero ad una vita attiva, all’assiduo lavoro, quell’errare incerto +da un punto all’altro, ignaro del dove avrei passato la notte, colla +mente sempre intenta a sfuggire un pericolo, coll’animo deliberato a +lottare disperatamente contro i nemici della mia libertà, mi rendeva +irrequieto, irascibile, di cattivo umore. Le giornate mi parevano +eterne, le notti interminabili. + +Scorrendo le campagne da mattina a sera, io vedeva dovunque donne +e uomini intenti ad arare, a seminare, a raccogliere le olive; +m’imbattevo assai spesso in frotte allegre che andavano o tornavano dal +lavoro chiacchierando e cantando; ed io continuava il mio eterno giro +per i campi aperti e per le terre altrui: io, il grande ozioso in mezzo +a tanti lavoratori! + +La mamma, la mia povera mamma, a quando a quando, dietro l’ambasciata +ch’io le mandava per mezzo di qualche fido parente, veniva a recarmi +un po’ di provvista nei punti da me indicati; e faceva persino due ore +di strada, a piedi, per portarmi un pane fresco, o la biancheria da +cambiarmi. Le lagrime di quella buona vecchia, che pregava la Vergine +e i Santi per la mia conservazione, erano per me stille di piombo che +alimentavano l’odio verso i miei nemici. + +Mi ero spinto più volte fino alle lontane terre della Nurra ed alle +campagne d’Osilo, di Sorso e di Alghero; ma finivo sempre per tornare +ai dintorni di Florinas, dove avevo parenti da consultare, vendette da +compiere. + +Per rendere meno penoso il mio ozio involontario mi procurai un +sillabario. Colla paziente perseveranza del bandito, passavo due o +tre ore al giorno a compitare stentatamente le sillabe, senza aiuto +di alcun maestro. Rammentavo qualche lezione appresa alla scuola del +villaggio, e leggevo a voce alta, con meraviglia del mio cane, che +mi guardava con tanto d’occhi. Il messale della parrocchia, che avevo +maneggiato per tre anni, lungo la mia carriera di sagrestano, mi era +servito per apprendere le lettere maiuscole; ma le benedette minuscole +mi riuscivano di difficile lettura, e mi facevano sudar freddo. Avevo +pazienza. Non erano i lavori di campagna che mi toglievano il tempo! + +Poco per volta, dopo il primo mese, mi ero abituato alla vita errante: +l’ozio non mi tormentava più. Io pensava a’ miei nemici, al modo di +assalirli, o di difendermi da essi — ed anche questa è un’occupazione +come un’altra. Lavoravo colla mente, invece di lavorare col braccio — +ecco tutto! + +Per più di un anno non ebbi per compagno che un cane terribile, cui +posi nome _Pensa pro te_! Aveva l’intelligenza di un _cristiano_. +Bastava ch’io gli dicessi: — Togli il berretto a quell’uomo! — +Avventati! — Sta fermo! — Oppure: Va con quell’amico e non fargli male! +— perchè esso mi capisse. In sua compagnia io poteva affrontare quattro +nemici; ed era capace ad un mio cenno di sbranarli tutti. Appena +mi vedeva addormentato, esso si coricava vicino a me e mi poneva il +muso sulla coscia. Se udiva il minimo rumore, mi svegliava con lunghi +gemiti, ma senza abbaiare per non compromettermi. + +Quantunque vivente nell’isolamento, ero minutamente informato delle +mosse de’ miei nemici: nemici di due specie — i palesi, da cui sapevo +guardarmi: e quelli che congiuravano nell’ombra, fingendo proteggermi +di pieno giorno. + +La mia carriera di bandito era aperta. L’uomo che si dà alla macchia +non ha che tre sole preoccupazioni: vendicarsi anzitutto dei nemici a +cui deve la propria disgrazia; sfuggire alle insidie della giustizia +che gli manda dietro i carabinieri; e punire severamente le spie, +che per danaro od altra ragione, tramano la morte o la cattura dei +latitanti. + +Quasi ogni giorno mi si comunicava qualche notizia, attinta ai +convegni segreti di casa Pittui. Era dunque cominciata la caccia +feroce al sacrilego schiaffeggiatore di un prete! Le poste erano state +assegnate dal capo cacciatore, e i cani venivano sguinzagliati contro +il cinghiale della foresta. Ma io stava all’erta; ero tutt’occhi, +tutt’orecchi, perchè disposto a vender cara la mia pelle. + +I fratelli Dore avevano già ricevuto un acconto sul prezzo del +tradimento a mio danno, nè più si recavano a visitare la casa del prete +infermo[23]. + +Pochi giorni dopo l’uccisione di Pietro Rassu e del brigadiere +Maronero, venni avvertito, che la notte di San Sebastiano (in gennaio) +il _commissario_ Francesco Serra, in compagnia di Francesco Rassu, +avevano fatto una visita a tutti gli ovili ed ai molini di Florinas +e d’Ossi, con lo scopo di darmi la caccia, o di attingere indizî sui +luoghi del mio rifugio. Essi operavano sotto la direzione e dietro i +suggerimenti di prete Pittui, il cui odio contro di me, come il mio +verso di lui, dovevano spegnersi colla morte di entrambi. + +Mi trovavo un giorno insieme al bandito Antonio Rassu d’Ittiri (lontano +parente dei famosi sicari). I compagni dei banditi non possono essere +fior di galantuomini, ed il mio era già stato sette anni in galera, per +aver ucciso un giovane a pugnalate. + +Ci recammo insieme all’ovile di Antonio Luigi Carboni (in _sas coas +de medallu_) dove sapevo di trovare l’osilese Giuseppe Dore, uno dei +famosi sicari incaricato di uccidermi, ed a cui il prete aveva già +sborsato un acconto di ottanta scudi. + +Come la sera c’imbattemmo nel Dore, questi esclamò vivamente, rivolto +al mio compagno: + +— Se tu non fossi stato in compagnia di Giovanni Tolu, ti avrei ucciso! + +Gli dissi pacatamente: + +— E avresti fatto male. + +— Avrei fatto bene, poichè costui è un mio nemico! + +— Non ti è nemico — soggiunsi con sussiego — Quando fosti aggredito +dentro casa a Florinas, Antonio non faceva parte della combricola degli +assalitori. Ci saranno stati i Rassu, suoi parenti, ma non lui. Tu ben +lo sai quali siano i tuoi veri nemici! + +Le gesta di Dore mi erano tutte note. Due giorni addietro, in compagnia +d’altri, aveva dato l’assalto ad un ovile d’Ossi, maltrattando un +povero servo, a cui rubò quattro pecore. + +Scambiate con lui poche altre parole, salutai Dore dicendogli, +ch’eravamo diretti ad Ittiri. + +— Non vi lascio andar via! — esclamò Dore con affettuosa premura — +Stanotte mangieremo un boccone insieme. Ci ho carne grassa da far +cuocere! + +Era quella delle pecore rubate. + +Venne messa intanto la carne al fuoco, ed entrammo nell’ovile. Ero in +casa del sicario del prete, e dovevo stare ad occhi aperti. + +Avevo meco _Pensa pro te_, il fido cane, che conducevo a mano con una +catena. Anche Dore era seguito da una buona cagna, che mi sbirciava +cogli occhi iniettati di sangue. + +Si era nel mese di maggio, e verso le nove sedemmo a tavola per +mangiare — coi fucili fra le ginocchia, s’intende! + +Non avevamo ancora terminato il pasto, quando udimmo i cani abbaiare. + +Balzammo in piedi di scatto, e uscimmo tutti e quattro all’aria +aperta: io, Rassu, un giovane pastore e Giuseppe Dore. Quest’ultimo +si era armato in un attimo di fucile, di pistola e di daga, poichè si +considerava come un mezzo bandito. + +— Se sono carabinieri — esclamò con spavalderia — li farò saltare in +aria! + +Io sorrisi. Coll’occhio intento ad ogni sua mossa, gli stavo alle +costole, temendo qualche brutto tiro. + +Uscimmo fuori per esplorare i dintorni. + +La notte era chiara, serena. Non spirava un filo d’aria. + +L’uno dietro l’altro c’inoltrammo per un tratto di terreno, tutto +coperto di cardi selvatici. + +Io osservai: + +— Parmi non sia prudenza andare così uniti. Sarà meglio sbandarci +alquanto, per metterci al sicuro da qualche agguato. + +Rompemmo infatti l’allineamento, e prendemmo diverse direzioni, l’uno +discosto dall’altro. + +Siccome non perdevo d’occhio Giuseppe, mi avvidi che due volte mi aveva +sbirciato. Egli pensava, forse, di saldare il suo debito col prete! + +A un tratto il giovane pastore si fermò; e voltandosi, ci avvertì con +voce sommessa di aver veduto qualche cosa muoversi lungo la costiera. +Aggiunse che temeva si trattasse di gente appiattata. + +Si continuò la strada guardinghi. Tanto il giovane, quanto Dore, fecero +diversi spari in direzione della costiera. Io mi guardai dal far fuoco, +poichè il bandito col fucile scarico è un uomo morto. I colpi non +devono andar perduti! + +Ci eravamo così sbandati; ma dopo una mezz’ora, per diverse parti, +rientrammo nell’ovile. + +Uno solo mancava di noi quattro: Giuseppe Dore; e invano lo +aspettammo... + +L’indomani all’alba fu rinvenuto sdraiato bocconi, sull’erba. Lo si +credeva addormentato, ma invece era morto da una fucilata. + +— Chi l’avrà ucciso?! — esclamò con terrore il giovane pastore. + +— Lo saprà Iddio! — risposi facendomi il segno della croce. E a fior di +labbro mormorai: + +— Decisamente i sicari dei preti non hanno fortuna![24] + +Un Dore era sparito, ma restava l’altro. + + * + * * + +Qualche tempo dopo la morte di Giuseppe, un certo Sanna (un amico che +aveva conti da aggiustare con l’altro fratello Giomaria) m’invitò +a tenergli compagnia per togliere di mezzo quel cattivo soggetto. +Trattandosi di un nemico che odiavo mortalmente, accettai volentieri. + +Dovevamo incamminarci verso Sorso, dove allora Giomaria si trovava. + +A metà strada c’imbattemmo per caso nei tre banditi Pietro Cambilargiu, +Antonio Spano e Salvatore Fresi; i quali ci confidarono essere diretti +a Sorso, incaricati dell’uccisione di Giomaria Dore. Ci unimmo a loro, +tacendo che lo scopo della nostra gita era il medesimo. + +Movemmo tutti e cinque insieme, guidati da una spia, che doveva +indicare la vittima, sconosciuta ai tre sicari. + +Arrivati alla punta di un ciglione, la spia si fermò; e dopo averci +indicato un individuo lontano, che stava in mezzo ad un campo, proseguì +tutto solo per la strada di Sorso. + +Come ci appressammo all’uomo designato, io e Sanna (che conoscevamo di +persona Dore) avvertimmo i compagni che non facessero fuoco, perchè non +era lui. + +Intanto la spia, arrivata a Sorso, si era data premura di annunziare +che i cinque banditi (me compreso) avevano ucciso Giomaria Dore. + +La notizia era falsa, perchè quel giorno ci fu impossibile trovare +Dore. Ad altro era riserbata tanta fortuna. Giomaria fu mortalmente +ferito una settimana dopo. Ebbe tre palle nella schiena e sopravvisse +sette giorni. + +La morte dei fratelli Dore fu accolta con viva gioia dagli abitanti di +Sorso, di Florinas, d’Ossi, e d’altri villaggi circonvicini. Nessuno +pianse la scomparsa dal mondo dei due ladri e sicari. E questa pubblica +dimostrazione di contento valse pure a tranquillare la coscienza degli +uccisori, che avevano reso un buon servizio al paese. + + * + * * + +Avevo veduto tante volte i miei nemici in sogno — e ai sogni io credeva. + +Un giorno sognai di camminare in una viottola stretta, accompagnato +da _Pensa pro te_. Ad un tratto vidi venirmi incontro i due fratelli +Dore e Peppe il _Sorsinco_. Spianai il fucile contro di essi, ma mi si +ruppe il calcio. Diedi allora di piglio alla daga, e ne pugnalai uno. +Gli altri due scomparvero nella nebbia. Ma perchè nel sogno non avevo +pensato ad aizzare il mio cane contro di essi? + +Mi svegliai colla fronte madida di sudore. Pochi giorni dopo, a breve +distanza dall’ovile di _Sas coas de medallu_, venne ucciso Giuseppe. + +Un’altra volta vidi in sogno due poliziotti. Ne uccisi uno, ma l’altro +scomparve, non so come. All’indomani, a caccia, mi trovai di fronte a +due grossi cinghiali: uno ne atterrai, l’altro mi sfuggì, senza che io +lo vedessi correre. + +Lo confermo: i miei sogni si avveravano sempre![25] + + * + * * + +Nei primi mesi della mia latitanza mi aggiravo da una campagna +all’altra, sempre sperando d’imbattermi in qualche mio nemico; ma debbo +pur dire, che quasi tutti i misfatti che in quel tempo si commettevano, +venivano a me caricati. Sotto il mio nome non pochi compivano le loro +vendette, o assassinavano per furto, sfuggendo alle ricerche della +giustizia. Triste condizione dei banditi! — Basti il fatto, che nel +giro di poche settimane vennero istruiti tredici processi per delitti +consumati nel territorio di Florinas; e in quasi tutti venni complicato +per i raggiri e gli intrighi de’ miei nemici, che si raccoglievano a +consiglio nella camera da letto del sacerdote Pittui. + +Uno di costoro — Giovanni Antonio Piana, marito della serva del prete +e zio di mia moglie — mentre un giorno in campagna conversava con +diversi suoi amici, ebbe il braccio spezzato da una fucilata, datagli +da incognita mano. Trasportato all’ospedale di Sassari gli vennero +estratte le palle, e guarì dopo lunga e penosa malattia. + +Anche per questo colpo fu messo in campo il mio nome; ma lo stesso +ferito dichiarò, che il tiro non poteva venirgli che da due ladri di +buoi, che egli, come capitano dei barracelli, aveva fatto arrestare, +costringendoli ad attraversare il villaggio col cuoio rubato sulle +spalle. La diceria a mio carico questa volta non mi spiacque: mi +spiacque solamente che la fucilata data a Giovanni Antonio gli avesse +rotto il braccio, invece di troncargli la vita. Ma su questo fatto +tornerò più tardi[26]. + +Nel medesimo tempo era stato ucciso con arma da fuoco un certo +Congiatu, mentre lavorava nella vigna di suo cognato Sebastiano Zara, +lo spavaldo cugino del prete. Si affermò da taluno (e diceva il vero!) +che l’uccisione era stata fatta per sbaglio da un congiunto dello +stesso Zara, che andava in cerai di me. Tuttavia non mancò chi mi +volle colpevole, asserendo aver io tolto di mezzo il Congiatu, solo per +dare _un avviso di minaccia_ al mio nemico, parente dell’ucciso. Tutte +fandonie e calunnie! + +La morte del cognato impressionò talmente Salvatore Zara, che egli +si chiuse in casa, nè volle recarsi in campagna, temendo ch’io lo +uccidessi. Alcuni miei amici e diversi signori di Florinas vennero a +me per pregarmi di far grazia allo Zara, che aveva bisogno di lavorare +per vivere. Cedetti infine alle preghiere, e feci dire al mio nemico, +che andasse pur liberamente in campagna, ma badasse al fatto suo. Egli +mi ringraziò, tornò al lavoro, e da quel giorno visse tranquillo. Io +ben comprendeva che questi poveri diavoli si atteggiavano a spavaldi, +solo per far piacere al prete; poichè infine non potevano odiarmi, dal +momento che nessun’offesa avevano da me ricevuto. + +Fui parimenti accusato in quei giorni dell’assassinio d’un contadino, +che aveva rubate alcune pecore, e il cui cadavere fu rinvenuto in un +salto di _Giunchi_. + +L’intenzione di complicarmi in nuovi processi si era manifestata ne’ +miei nemici, anche prima ch’io attentassi alla vita di prete Pittui. + +Il giorno di S. Francesco (in ottobre) mentre tra la folla assisteva ai +fuochi artificiali, veniva ucciso con un colpo di pistola certo Bartolo +Piras. L’uccisore finì per essere scoperto e condannato alla galera +in vita; eppure, non so ancora perchè, il fisco pretendeva di rendermi +complice di quella morte. Mi diedi ragione dell’accusa, quando appresi +che l’ucciso era fra i più intimi confidenti di prete Pittui: l’uomo, +cioè, di cui egli si serviva per consegnare in mano delle autorità di +Sassari i famosi _ricorsi_, a danno dei nemici che voleva ad ogni costo +perdere. + +Era questo il prediletto sistema di quei tempi disgraziati. Si sapeva, +che una volta cacciato l’uomo in carcere, reo o innocente, esso +vi marciva per mesi ed anni, in espiazione delle molestie date ai +signorotti del paese, od ai ministri di Dio. Nel 1850 era questa la +bella giustizia di Sardegna! + +Rassegnato al mio destino, io sopportavo pazientemente le calunnie +de’ miei avversari, ma non le dimenticavo. Il rettore di Dualchi aveva +sciolto le mie _legature_, ed io smaniavo di vendicarmi: non solo di +quanti erano stati causa della mia disgrazia, ma anche dei vigliacchi +che per lucro, per millanteria, o per malvagità, si prestavano a darmi +la caccia, o a farmi la spia. + +Non potevo sperar tregua, finchè respiravano Francesco Rassu e il +sacerdote Pittui. + +Nell’ardore de’ miei vent’otto anni mi tormentava la sete della +vendetta — ma avevo anche la pazienza di aspettare! + + + + +CAPITOLO V. + +Chi nasce, e chi muore. + + +Alzatosi da letto, guarito dalle contusioni, il prete Pittui si mostrò +più feroce che mai contro di me. Da lungo tempo la sua casa era stata +il convegno de’ più tristi del paese. Fu là che i fratelli Rassu, i +fratelli Dore, il _commissario_ Serra, Giovanni Maria Piana avevano +congiurato la mia cattura. Ma non erano ancora riusciti nell’intento, +e parecchi di essi erano stati puniti per mano mia, o per mano del +destino. + +Il sacrilegio da me commesso mi aveva attirato addosso le ire di molti +compaesani; il cui scopo, d’altra parte, non era stato che quello +d’ingraziarsi l’influente prete, intimo amico dei principali giudici ed +avvocati di Sassari + +Si conoscevano da lungo tempo, in paese, le tresche, i raggiri, le +prepotenze, e sovratutto i _ricorsi_ che il buon ministro di Dio soleva +mandare alle autorità di Sassari, contro gli sconsigliati che cadevano +in sua disgrazia. + +Dopo essere stato un mesetto in casa, il prete tornò a dir messa +all’Oratorio di Santa Croce; nè aveva voluto rinunziare alle sue gite +a Sassari, dove si recava ogni tanto, sempre scortato da tre o quattro +carabinieri, che richiedeva alle autorità per la propria sicurezza. + +Trascorso qualche mese, e sbollite le ire, non mancarono in paese le +persone che deploravano la non riuscita del mio attentato; perocchè +il prete continuava ad inasprire gli animi colle prepotenze, creando i +malcontenti. + +Certo Pietro Sanna, bosano, e certo Antonio Maria Deiana, vennero +un giorno da me, in campagna, offrendosi a facilitarmi il mezzo +d’introdurmi in casa di prete Pittui per ucciderlo. Costoro +appartenevano ad una combricola di ladruncoli, i quali si vantavano +possessori di grimaldelli, che aprivano qualunque porta. Li ringraziai, +ma non volli accettare la loro offerta, perchè diffidavo di essi: +temevo qualche perfidia da parte del sacerdote, capace di ogni +tranello, pur di avermi nelle mani. + +Delle congiure che si facevano in casa del prete — come dissi altra +volta — io veniva informato da persona intima della famiglia; e posso +aggiungere (non lo rivelai finora a nessuno!) che la stessa serva del +prete, la zia di mia moglie, mi aveva più volte fatto avvertire, che +mi guardassi dai Rassu, dai Dore, e da altri. Non seppi mai spiegarmi +tanta tenerezza da sua parte. Temeva forse per suo marito? aveva paura +della disperazione di un bandito? sentiva forse rimorso e compassione +per la disgrazia toccatami? od era forse qualche recente rancore col +suo padrone che la spingeva a sventargli le trame? Non son riuscito a +spiegarmelo. Certo è, che dovetti alle sue avvertenze l’essere scampato +a molti agguati; e potei, mercè sua, conoscere la perfidia di certi +parenti ed amici, che mi tradivano in segreto. Non bisogna negare che +la paura di un bandito desta in tutti una viva apprensione, e tutti +fanno a gara per offrirgli protezione ed aiuto, per riceverne in cambio +aiuto e misericordia — salvo più tardi a tradirlo quando capita il +destro. + +Una sera stavo seduto a ridosso d’un’alta roccia, a poca distanza dal +paese. Vidi ad un tratto sullo stradone due preti che venivano verso +Florinas dalla parte di Sassari. Mi parve di riconoscere in uno di +essi Giovanni Masala Pittui, e decisi di farla finita con una buona +fucilata. + +Montai il grilletto, spianai l’arma, e aspettai che i due transitanti +mi venissero a tiro. + +Come si avvicinarono, mi avvidi di aver preso abbaglio. Erano due preti +che venivano da Sassari con la solita provvista dell’olio santo per la +parrocchia di Florinas. + +Rimisi il fucile in spalla, e mi allontanai dal paese, sperando +di essere più fortunato un’altra volta. L’assassino della mia pace +domestica, il perfido istigatore di mia moglie, non doveva morire che +per le mie mani. Lo avevo giurato! + + * + * * + +E Maria Francesca? + +Posciachè erano riuscite vane le trattative di pace per mezzo dei +missionari, venuti nel settembre a Florinas, e più ancora dopo il +mio attentato, vi furono malumori e dissidi fra mia moglie e i suoi +genitori. Mio suocero aveva più volte cacciato da casa la figliuola, +ritenendo che il vivere insieme dopo la mia latitanza non era cosa +prudente, nè per l’una nè per gli altri. Si temevano gli eccessi di un +genero e di un marito datosi alla macchia. + +Era stata da tutti respinta, la disgraziata; e il prete stesso, che tre +mesi prima l’aveva persino costretta a recarsi ai balli pubblici per +farmi dispetto, ora non la guardava in faccia. Anche nel cuore di quel +cane parlava forse la paura! + +Si era giunti intanto ai primi di marzo, mese in cui si aspettava il +parto di Maria Francesca. I suoi parenti, con soddisfazione pietosa e +maligna, dicevano: + +— Se Giovanni Tolu non potrà venire per assistere al battesimo della +sua creatura, poco male: — non mancherà gente in paese per accompagnare +il neonato, o la neonata in chiesa! + +Ciò riferitomi da alcuni miei fidi, mandai un’ambasciata ai parenti +di mia moglie, assicurando loro che nessuno si sarebbe permesso di +accompagnare la mia creatura al fonte battesimale. + +— Se a quel tempo sarò vivo — aggiunsi — nessuno potrà vantarsi di +questo accompagnamento, che costerebbe troppo caro. Il frutto di mia +moglie non sarà portato in chiesa che dalla sola levatrice... come si +pratica per i nati illegittimi! + +Il minaccioso mio avvertimento sortì il suo effetto. + +Il giorno 5 di marzo (1851) Maria Francesca partorì una bambina; e si +avverò in seguito il mio pronostico. Fu portata al fonte battesimale +senza che nessuno l’accompagnasse. I parenti di mia moglie, a cui +avevo dato qualche lezione, si erano ben guardati di contrariare il mio +desiderio. Sapevano che non scherzavo, e che avrei potuto mantenere la +parola. + +La scelta del nome di battesimo, da imporsi alla neonata, creò impicci +ai parenti e provocò lunghe discussioni. Fu deciso infine, con molto +senno, che la piccina fosse chiamata _Maria Antonia_, in ricordo delle +due nonne: — della mia, Maria Antonia Scanu, e di quella di mia moglie. +Maria Gàmbula. + +Avvenuto il parto, i genitori di Maria Francesca si mostrarono più +risoluti che mai a non volere in casa la figliuola, temendo fastidi +da parte mia. Ond’è, che la disgraziata, per maggior sua punizione, +fu costretta a rintanarsi in una catapecchia isolata, nel centro del +villaggio, dove campava stentatamente, facendo il mestiere di cucitrice +d’abiti da uomo e da donna. Da nessuno ebbe un soccorso, e cominciò a +risentire gli effetti della sua caparbietà e della sua disubbidienza. + +Mi era stata comunicata la nascita della figliuola con tutte le +formalità più scrupolose. Poche settimane dopo, Maria Francesca mi +mandò un’ambasciata per mezzo di un fido amico: + +— Tua moglie — ei mi disse — è richiesta come balia a Sassari, presso +una famiglia di signori ricchi ed influenti, i quali potrebbero +impegnarsi per la tua liberazione. + +Io gli risposi: + +— Dirai a Maria Francesca, che io non voglio accettare la libertà da +colei che mi ha reso schiavo. Dio le ha imposto la missione di allevare +la sua creatura: — faccia dunque il suo dovere! + +Trascorsi alcuni giorni Maria Francesca tornò ad inviarmi lo stesso +ambasciatore, prevenendomi, che aveva deciso (col mio consenso, o +senza) di recarsi a Sassari come balia, affidando la propria bambina +alle cure d’altra balia, in Florinas. + +Risposi minaccioso: + +— Dirai a mia moglie, che si guardi bene dal mettere in azione il suo +proposito. Il giorno in cui ella andrà a Sassari per far la balia, +io le ucciderò il padre e la madre, perchè rei di non aver saputo +correggerla. In seguito penserò anche a lei! + +Dietro questa minaccia, Maria Francesca desistette dal suo proposito, e +rimase a Florinas per allevare la sua creatura. Ella continuò a vivere +miseramente nel suo tugurio, lontana dai genitori, che la trascurarono. + + * + * * + +Mio suocero, come ho detto, era sempre malaticcio e non usciva di casa. +Dopo la morte di Pietro Rassu e del carabiniere Maronero egli temeva +la mia vendetta — poichè si era venuto a sapere, che l’agguato era +stato ordito dietro il suo falso rapporto a mio riguardo. Egli sperava +sempre che il prete e i suoi sicari fossero riusciti ad uccidermi, o a +mandarmi alla forca. + +Prete Pittui, completamente ristabilito, continuava a stancare la +pazienza di tutti colle sue prepotenze, i suoi ricorsi, e i malumori +che suscitava dovunque. Il suo contegno bestiale, indegno di un +ministro del Signore, aveva chiamato l’attenzione dell’alto clero, nè +si tardò ad inoltrare reclami contro la sua condotta scandalosa. + +A Cargeghe io aveva un cugino — certo Paolo Tolu — molto amico di +monsignor Varesini, allora arcivescovo di Sassari. Questo Tolu era +ammogliato con la nipote del canonico Scarpa rettore di Cargeghe, e più +tardi canonico turritano. + +Quando nel maggio monsignor Varesini, nel suo giro per la Cresima, +si fermò a Cargeghe, il rettore Scarpa si affrettò ad informarlo di +quanto era avvenuto fra me e il prete Pittui. Mio cugino Tolu, per +le confidenze fattegli dall’amico rettore, fu in grado di fornirmi i +seguenti ragguagli: + +Recatosi Monsignore da Cargeghe a Florinas, volle interessarsi della +mia causa. Anzitutto rampognò il prete Pittui di aver trasgredito +gli ordini suoi; poichè, interdetto a dir messa per il sangue versato +dietro le mie percosse, esso aveva continuato a consacrare. In seguito +chiese schiarimenti ai tre preti di Florinas sulla condotta del loro +compagno; ma le informazioni date non furono troppo lusinghiere. + +Allora l’Arcivescovo mandò a lui il sagrestano maggiore per invitarlo a +venire in chiesa: ma n’ebbe in risposta, che non poteva muoversi perchè +ammalato. + +Costretto finalmente a presentarsi dinanzi a Varesini, questi lo esortò +severamente a smettere la superbia e la prepotenza, e a dare il buon +esempio della mansuetudine cristiana, col non intromettersi nei fatti +altrui. + +Prima di lasciar Florinas, monsignor Varesini impose a prete Pittui di +presentarsi entro la settimana alla Curia di Sassari, avendo urgente +bisogno di conferire con lui. + +Il Pittui — colla solita scorta di carabinieri — venne a Sassari dopo +gli otto giorni. Presentatosi verso le nove all’Episcopio, monsignor +Varesini gli fece dire dal suo segretario che lo avrebbe ricevuto +alle dieci. Ritornato all’ora indicata, lo si pregò che tornasse alle +undici. E così di seguito, tre volte alla mattina e tre volte alla +sera, fu per otto giorni rimandato il ricevimento, costringendo il +povero prete a tante passeggiate inutili ed umilianti. Era questa una +delle punizioni ecclesiastiche, che s’infliggevano dall’Arcivescovo ai +sacerdoti colpevoli[27]. + +Trascorsi gli otto giorni, il prete Pittui si era dato a letto, +dicendosi ammalato. Egli aveva preso alloggio nella casa di una mia zia +— certa Catterina Angela Cugurra, moglie ad Antonio Alivesi — abitante +dietro la _Munizione vecchia_. La famiglia Alivesi era molto amica +del prete; il quale, durante la malattia, ebbe da essa cure assidue ed +affettuose. + +La malattia fu piuttosto lunga. Per una diecina di giorni il prete fu +assalito da febbri violenti, e nel delirio non faceva che contorcersi +fra le coltri, gridando ogni tanto, rivolto a mia zia: + +— Eccolo... È là!.... egli viene!... Giovanni Tolu mi uccide! + +E col mio nome sulle labbra, in preda a fissazioni di percosse e di +ferimenti, egli morì a Sassari, nella casa in cui di consueto veniva +ospitato[28]. + +Ebbi ragguagli della sua fine dalla stessa mia zia Catterina. + +Il prete Giovanni Masala Pittui scese nel sepolcro sette mesi dopo le +percosse da me ricevute — nè furono esse la causa della sua morte, come +alcuni osarono asserire. Forse fu Monsignore che l’uccise! + +La sua scomparsa dal mondo mi allegerì di un gran peso. Avevo la +convinzione che le mie _legature_ fossero finalmente sciolte, e che +non tarderei a riacquistare l’intiera mia forza — quella forza, che il +rettore di Dualchi diceva in me diminuita! + + + + +CAPITOLO VI. + +Duello a morte. + + +Morto il prete, i congiurati divennero più mansueti. Non avevano più +impegni da soddisfare, nè odî da sposare per conto di terzi. Diversi +avevano già ricevuto una buona lezione, come lo Zara ed il Piana, e non +volevano cimentarsi meco, poichè avevano bisogno di vivere dal lavoro. + +Lo Zara, per mezzo di amici intermediari, era venuto a spiegazioni, e +gli promisi di non più molestarlo; e così parimenti avvenne di Giovanni +Antonio Piana, il marito della serva. Costui, dopo la rottura del +braccio, viveva in continua agitazione, e finì per raccomandarsi ad +amici comuni perchè io non l’offendessi. + +Un giorno lo fecero abboccare con me. Io gli dissi: + +— Io non ho più ragione di dolermi di te. Fa il fatto tuo, e non verrai +molestato. Ben so che sei lo zio di mia moglie; ma puoi vivere in pace, +senza immischiarti nelle nostre questioni coniugali. Siamo intesi! + +Il Piana fu assai lieto della nostra conciliazione; tanto più che il +prete era nell’altro mondo, ed egli nulla aveva da guadagnare tenendomi +il broncio. + +Da quel giorno visse tranquillo, e sembrò un altro uomo; tuttavia non +riebbe mai la mia intiera fiducia, poichè le riconciliazioni non mi +andarono mai a sangue. Perdono sì — ma confidenza col vecchio nemico, +mai! + +Fatta la pace, un bel giorno Giovanni Antonio mi pregò di accettare un +regalo. Egli mi donò una vecchia pistola ed un lunghissimo pugnale, che +già appartenevano al prete Pittui. Accettai l’una e l’altro. + + * + * * + +Il solo congiurato inconciliabile, dopo la morte del prete, era stato +Francesco Rassu. Fra me e lui era un odio profondo, che ci celavamo a +vicenda, in attesa di un’occasione per manifestarcelo apertamente. + +Francesco mi vinceva di otto anni; era un uomo robusto, coraggioso, +temerario, e fra i più forti del paese. Me ne guardavo, perchè +sapevo che mi avrebbe ucciso, se gli fossi venuto a tiro. La lontana +parentela, da cui eravamo vincolati, ci consigliava un po’ di ritegno; +ma era un’ipocrisia reciproca. + +La prima volta che mi trovai solo con lui fu nelle aie di _Corona +maggiore_, territorio di Florinas. Era di settembre, ed egli dormiva +saporitamente sotto ad una pianta. Lo fissai per alcuni minuti, +indeciso se io dovessi cogliere l’occasione per ucciderlo. Due pensieri +me ne distolsero: la raccomandazione di mio zio, e la storia dei _Reali +di Francia_[29]. + +— Ucciderlo nel sonno — pensai — sarebbe una vigliaccheria. Ho impresse +le parole che il Duca Salardo rivolse a Fioravanti dormente: «— Se lo +uccido, diranno che l’ho riconosciuto più forte di me! —» + +Mi chinai, e lo scossi. + +— Dormi così, eh? + +Francesco Rassu balzò sulle ginocchia e mi squadrò quasi atterrito. + +— Sì... dormivo. + +Gli porsi alcuni aranci, e mangiammo. + +— Come vai? — mi disse con un certo interesse. + +— Così: piano piano! + +Stette un momento soprapensiero, indi soggiunse: + +— Ho i saluti da darti per parte di Francesco Serra di Tiesi. + +— Vieni di là? + +— Sì. + +Il Serra ere il famoso _commissario_ dei Carabinieri. + +— Se fosse stato a Florinas — risposi con sarcasmo — non te li avrebbe +dati i saluti per me! Qui però non potrebbe trovarmi... a meno che tu +non mi facessi la spia! + +Francesco mi guardò bieco: + +— Io farti la spia... per lui? + +— Guardati bene, veh? che tu non pianga i peccati di Francesco Serra! + +Ci guardammo alcuni istanti in cagnesco, e lo piantai là, senz’altro +dire. + +Passarono alcuni mesi da quel giorno; ma quantunque odiassi a morte +quell’uomo, volli rispettare la raccomandazione di mio zio, e aver +riguardo al vecchio Rassu, col quale ero in buoni rapporti. + +Stanco infine delle continue minaccie di Francesco, che mi venivano +riferite, ero deciso di farla finita: o ammazzarlo, o farmi ammazzare. + +Un giorno, che mi trovavo nell’ovile di mio zio, esclamai con amarezza: + +— Io vivo da qualche tempo in angustie per il contegno di quel perfido; +non mi trattiene che il tuo consiglio. Temo, però, che qualche giorno +io debba pagar cara la mia ubbidienza! + +Lo zio quel giorno si strinse nelle spalle, e mi rispose, senza +guardarmi: + +— Fa come vuoi! + +Non disse altro; e poco dopo mi allontanai dal suo ovile. + +Mi diedi a girovagare per la campagna, pregando la mia buona stella +che mettesse Francesco a tiro del mio fucile. Ben sapevo che da qualche +tempo andava vantandosi, che non avrei potuto sfuggire all’odio suo. + +Il giorno seguente — vera fatalità — mentre stavo sdraiato a ridosso +d’una roccia, vidi passare nella strada sottostante Francesco Rassu, a +cavallo. + +Balzai in piedi di scatto, spianai il fucile, e feci fuoco, quasi senza +prenderlo di mira. + +— Misericordia, son morto! — gridò Francesco, e precipitò di sella. + +Una paesana, che veniva dietro a lui, m’impedì di constatare la sua +morte. Temendo d’essere riconosciuto, mi cacciai prestamente nelle +macchie, e presi il largo senz’essere avvertito. + +Errai di qua e di là tutta la notte, contento del colpo fatto. Verso +l’alba capitai in un ovile, ed ivi appresi che Francesco era stato +trasportato a Florinas, ferito alla milza, e non mortalmente. + +Mi morsi le dita per dispetto; e tanta fu la mia stizza per il colpo +mancato, che decisi di recarmi la stessa sera a Florinas, per uccidere +il mio nemico dentro casa. + +E così feci. Approfittando delle tenebre, giunsi fin sulla soglia +dell’abitazione di Francesco Rassu, risoluto di fucilarlo sul suo +letto; ma, per mia sfortuna, il medico, il pretore, e il cancelliere +avevano fatto trasportare il ferito nella camera che dava al cortile, +nè mi fu possibile tradurre in atto il mio proposito. Rimandai il colpo +a un’altra volta, facendo voti che il mio nemico guarisse presto! + +Un mese dopo, completamente guarito, Francesco si era alzato da letto +per accudire alle sue faccende. + +Quantunque non mi avesse veduto, egli era certo che il colpo non poteva +essergli venuto che da me. Seppe però abilmente dissimulare, nè con +alcuno mosse lagnanza dell’accaduto. Era scaltro e sapeva il fatto suo! + +Un giorno chiamò a sè i miei fratelli Peppe e Giomaria, e disse loro +che aveva bisogno di parlarmi. + +Quando mi comunicarono il desiderio di Francesco, risposi a’ miei +fratelli: + +— Datemi prima da mangiare, e poi conducetemelo. Mi troverete alla +_Serra_, vicino al villaggio. + +In compagnia de’ miei fratelli e di un suo cognato, Francesco Rassu +venne sul tardi all’appuntamento. + +— Buona notte! — disse con tono secco. + +— Buona notte! — risposi — Come vai? + +— Coi piedi! — esclamò bruscamente. + +— Non ti chiedo notizie dei piedi, ma della tua ferita! + +Francesco capì che bisognava cambiar tono. + +— Non vedi — disse — che mi hanno bucato le costole? Sono qui venuto +per parlarti a quattr’occhi! + +— Perchè a quattr’occhi? Qui non vedo che tuo cognato e i miei +fratelli. Siamo dunque in famiglia, e puoi parlare in faccia a tutti. +Nessuno dei presenti ti vuol male, poichè ci unisce un vincolo di +parentela. + +Francesco, com’era venuto, si era messo al mio fianco; ed avevo +notato che teneva le mani sotto al cappotto, carezzando forse la sua +pistola. Io stava ad occhi aperti, colla destra sul pugnale, risoluto a +freddarlo al minimo movimento. Per fortuna non si mosse, perchè i miei +fratelli gli piantavano gli occhi addosso. + +— Che vuoi dunque? — gli chiesi, vedendo che esitava a parlare. + +— Mi hanno bucato le costole! — ripetè con amaro sorriso — ed io vengo +per chiederti aiuto nella vendetta. Sarai compensato con danaro, o con +pari aiuto se ne avrai bisogno. + +Sogghignai amaramente, e gli risposi con calma glaciale: + +— Te ne sei accorto troppo tardi! Tu ben lo sai, che non son buono a +nulla! — Quando hai tentato di uccidere Pietro Pintus, ti sei rivolto +ad altri, e non a me; e ciò sa tutto il mondo! + +Quando hai ucciso Giomaria Ledda, fosti pagato dal signor Antonio +Luigi; ma non avesti bisogno del mio braccio. — Quando hai freddato +l’uccisore di tuo fratello Paolo (ch’era in tresca con una sua sorella) +non chiedesti il mio aiuto, nè compenso in danaro; e con ragione, +perchè la tua vendetta era santa. — Quando vilmente hai assassinato +l’eremitano di Santa Maria d’Ese per rubargli i porcellini, non è a +Giovanni Tolu che hai chiesto mano forte. — Quando a Tissi hai commesso +la grassazione in casa del signor Sercis e della sua signora, non hai +avuto bisogno dell’opera mia. — Quando, infine, dentro Florinas, hai +derubato la casa di Salvatore Piras, non è a me che ti sei rivolto per +tenerti il sacco. Te lo ripeto: io non son buono a nulla; e con ragione +non mi hai cercato! + +— Hai finito? + +— Non ancora. Devo dirti una sola cosa, che terrai a mente: — se tu +verrai ucciso facendo il fatto tuo, puoi star sicuro che ne proverò +dispiacere; ma se mai ti uccideranno facendo il fatto altrui, ti +prevengo che godrò della tua morte. Bada, dunque, a’ tuoi affari, +Francesco, se vuoi vivere tranquillo! Ricordati, che a Florinas non +sono pochi quelli ch’ebbero la disgrazia di essere, come te, feriti; +eppure, ravveduti dei loro errori, non hanno più ricevuto alcuna +molestia dai nemici. Così pure potrà avvenire di te... se metterai +giudizio. + +Francesco, a capo chino, ascoltò fino in fondo la mia tirata, senza un +atto di dispetto nè d’impazienza. + +— Ho capito, e sta bene! — borbottò; e senz’altro fece cenno a suo +cognato d’incamminarsi, e si mosse lentamente verso Florinas — seguito +dai due miei fratelli; i quali avevano il dovere di scortarlo fino alla +sua abitazione, come si usa in simili convegni. + + * + * * + +Una settimana dopo venni avvertito, che Francesco si era scatenato +contro di me senza alcun ritegno — non curandosi di celare la sua ferma +intenzione di uccidermi, dovunque mi avesse trovato. Egli si recava +sfacciatamente a far visita di casa in casa in Florinas, e d’ovile in +ovile in campagna, col proposito di farmi la spia. + +I barracelli — quasi tutti in mio favore — mi tenevano informato d’ogni +sua mossa, e mi avvertivano di stare in guardia e di non fidarmi. + +Infastidito di questi continui rapporti, capitai una sera nell’ovile +dello zio Rassu, col quale mi tenevo in buoni accordi. Lo trovai sulle +furie contro il suo nipote Francesco, col quale la mattina si era +bisticciato, a causa del passaggio di un branco di pecore sul fiume +vicino. + +Approfittando del suo stato d’animo, gli dissi con risentimento: + +— Zio Giovanni Andrea; devo dirvi che più non riesco ad aver pace per +colpa di Francesco. Non siete dunque più buono a correggere vostro +nipote? + +— La sola palla riuscirà a correggerlo — lasciò scapparsi il vecchio, +ancora sdegnato per il diverbio avuto col nipote. + +— Dunque...? + +— Dunque, se hai conti da liquidare con Francesco, sei matto se non ti +aggiusti! + +Il vecchio non disse altro, nè d’altro gli parlai, per paura di fargli +cambiar idea. Mi allontanai dicendogli: + +— Buona sera... e a rivederci! + +— Buona sera! + +Per tre giorni consecutivi diedi a Francesco una caccia senza tregua. +Arrivai persino ad impostarlo, dopo l’imbrunire, a pochi passi dalla +sua abitazione, dentro Florinas; ma non mi venne fatto d’imbattermi +in lui. La gente era per le vie, lungo le viottole, ed io non volevo +troppo espormi. + +Non è facile nei nostri villaggi tendere l’agguato ad un uomo; poichè +colui che crede di aver nemici non batte mai la stessa strada, sì +nell’uscire, come nell’entrare in paese. + +Dopo la terza notte ch’io tentavo Francesco, mi venne l’idea di fargli +la posta in un punto non troppo lontano dal paese, per dove speravo +potesse ei passare per recarsi in campagna. Il mio nemico cambiava +cento volte di strada, ed io doveva affidarmi al solo caso. + +L’inferno questa volta volle favorirmi. + +Ero stato colà tutta la notte, intirizzito dal freddo. Mancavano ancora +due ore all’alba, ed eravamo ai primi di gennaio. + +Mi ero dato a percorrere per lungo e per largo la regione di _Badu +ludrosu_, quando vidi un individuo a cavallo che percorreva una +viottola, seguito da un braco. + +Non ne feci caso, perchè avevo notato che quell’uomo aveva le brache di +lino, e non i calzoni neri che soleva portar Francesco. Tuttavia volli +tenergli dietro per curiosità, perchè mi parve di riconoscere il suo +cane. + +Rifeci un lungo giro per le tanche, fino a trovare una posta comoda e +sicura. + +Era proprio lui: Francesco Rassu, armato, e a cavallo. Io era a piedi. + +Mi fermai al punto di _Pedru majolu_; montai il grilletto del fucile, +e, quando Francesco mi venne a tiro, gli sparai. + +Il colpo non partì; ed egli continuò la sua strada senz’alcun sospetto. + +Gli tenni sempre dietro saltando siepi e scavalcando muri, e tornai a +montare il grilletto, dopo aver rinnovato il fulminante. + +Mancatomi il colpo anche questa volta, mi venne in mente una +rivelazione fattami parecchie settimane addietro. Francesco Rassu, dopo +esser stato da me ferito, era andato a consultarsi da un suo zio frate; +il quale lo aveva esorcizzato, assicurandogli che di piombo non sarebbe +più morto. + +Per alcuni sassi da me smossi saltando un muro, Francesco si accorse +finalmente d’essere pedinato; e allo sbocco d’una stretta gola smontò +da cavallo, con animo deliberato di affrontare l’avversario. Era un +uomo coraggioso ed audace, e faceva assegnamento sulla propria forza. + +Senza più esitare gli andai arditamente incontro; spianai il fucile, e +feci scattare il grilletto. + +Neanco questa volta l’arma prese fuoco. + +Il Rassu, colto all’improvviso, fece un brusco movimento, come per +scansare il colpo; ma io, vedendomi ormai perduto, colla sveltezza di +un gatto selvatico, gettai a terra il fucile, spiccai un salto, e mi +riuscì di afferrare la canna della sua pistola, nel momento che egli me +la scaricava quasi a bruciapelo. Era un pistolone antico, a piastra; la +pietra focaia aveva acceso la polvere nella cassetta, ma il colpo non +era partito. + +Io stringeva colla destra il suo pugno, e colla sinistra giunsi ad +afferrarlo per i lunghi capelli, che gli scendevano sulle spalle. +Francesco, alla sua volta, mi teneva per la barba, e cercava di +colpirmi alla testa colla canna della pistola. + +Restammo alcuni minuti in piedi, lottando corpo a corpo con tutte le +forze, per disvincolarci. Era questione di vita o di morte: uno di noi +quel mattino doveva scomparire dal mondo. + +I nostri due cani abbaiavano, ma non osavano avventarsi, poichè nessuno +di noi si curò di aizzarli. + +Finalmente il mio avversario vacillò, perdette l’equilibrio, e +stramazzò supino, dando fortemente della testa sopra una grossa pietra, +ch’era in mezzo alla strada. Il sangue gli colava dalla nuca. + +Continuammo la lotta disperata. Nel silenzio di quel mattino tenebroso +non si udivano che i latrati dei due cani, e il rantolo affannoso che +usciva dalle nostre strozze. + + [Illustrazione: Uccisione di Francesco Rassu] + +Francesco riuscì a rizzarsi sulle ginocchia e continuava a percuotermi +colla canna del pistolone. Ricadde. + +Finalmente mi venne fatto di portare la mano all’elsa del mio pugnale; +lo tolsi dal fodero, e glie lo immersi nel petto. + +Egli allora gridò con quanto fiato aveva in gola: + +— Perchè mi uccidi, Giovanni Tolu?! + +— Oggi le paghi tutte! — gridai inferocito e ansante; e continuai a +ferirlo a più riprese, passandolo parte a parte, fino a che dal suo +labbro non uscì neppur l’alito[30]. + +Chi lo avrebbe mai detto? La lama di prete Pittui, lunga due palmi, mi +era servita a liberarmi dal più odiato de’ suoi sicari! + +Ricacciato il pugnale nel fodero, continuai soddisfatto la mia strada, +seguito dal mio fido _Pensa pro te_. + +L’altro cane era rimasto vicino al cadavere del suo padrone, poco +distante dal cavallo, il quale rosicchiava tranquillamente qualche ramo +verde che usciva da un cespuglio. + + + + +CAPITOLO VII. + +Gli ultimi Rassu. + + +Quando più tardi giunsi a conoscere la perizia giudiziaria +sull’assassinio di Francesco Rassu, un sorriso di compassione mi venne +sulle labbra. Il medico ed i periti avevano dichiarato, che la vittima +era stata assalita da quattro uomini, e che la prima ferita alla nuca +era stata prodotta da un colpo di bastone. Fu parimenti dichiarato, che +Francesco era stato grassato, dopo aver ricevuto oltre trenta ferite. +Fidatevi ora delle perizie ordinate dall’autorità giudiziaria! + +Appresi in seguito, che il primo che s’imbattè nel cadavere di +Francesco fu un suo zio, fratello della suocera, il quale si era +impossessato del pistolone, che tempo addietro aveva regalato al +nipote. Da ciò l’asserzione dei periti. + +Il sole era appena spuntato, quando capitai in un podere, in cui +lavoravano alcuni miei amici. Fra essi era Giovanni Antonio Piana, col +quale mi ero riconciliato. + +Come mi vide, costui mi venne incontro per dirmi ch’era mancato un bue, +e che si sospettava lo avesse rubato Francesco Rassu. Mi raccomandava +di fare indagini per rintracciarlo. + +— Posso assicurarti — risposi — che il ladro non è Francesco. L’ho +lasciato or ora a _Pedru majolu_, e in condizioni tali, che non potrà +più rubar buoi... nè farmi la spia! + +E così dicendo lanciai uno sguardo significante al marito della serva +del prete, per fargli capire che avrebbe fatto la stessa fine, se non +si fosse in tempo ravveduto. + +La stessa mattina andai a trovare mio fratello Giomaria e un mio +cognato, che zappavano in un podere vicino. Confidai loro che avevo +ucciso Francesco Rassu. + +Verso sera, passando dinanzi all’ovile di Giovanni Andrea (lo zio di +Francesco) volli entrarvi per salutare il vecchio. + +Appena egli mi vide, mi si piantò di botto dinanzi; e dopo avermi +a lungo fissato cogli occhi spalancati, mandò dalla gola rantoli e +sbuffi. Uscì infine in queste parole: + +— Non è la morte di Francesco che mi dispiace; ma lo scempio fatto +al suo cadavere! Crivellarlo con trenta pugnalate? è azione indegna, +vigliacca! + +Il sangue mi montò alla testa; e facendo un passo verso il vecchio gli +mostrai il pugno, gridandogli minaccioso: + +— Segno che tante glie ne abbisognavano! + +E aspettai una seconda frase insultante, per freddare a’ miei piedi un +altro Rassu. + +Per fortuna egli non fiatò, nè si mosse; ed io mi allontanai +voltandogli le spalle, senza neppur salutarlo. + + * + * * + +Per distrarmi alquanto mi recai alla Nurra, dove rimasi alcune +settimane. + +Mi trovai colà più volte con Salvatore, il figlio di Giuseppe Rassu, +che da qualche tempo era al servizio di mio cognato Ignazio Piana. +Quantunque il giovane cercasse di avvicinarsi a me, io lo tenevo a +debita distanza, perchè nipote de’ miei nemici. + +Intanto nell’estate (tempo in cui si sogliono condurre le pecore al +Fiume Santo per abbeverarle) Salvatore ebbe un diverbio con un suo +compagno; e dopo avergli spezzato il cranio con un grosso sasso, +si era dato alla macchia. Portatosi allora segretamente a Florinas, +per chiedere alla zia ed al prete parte del danaro lasciato loro in +custodia, gli fu risposto: + +— I tuoi danari ci serviranno per toglierti alle mani della giustizia; +e così potrai goderteli! + +Essendo figlioccio del prete, col quale la zia conviveva, Salvatore +si rassegnò ad aspettare; ma intanto, passando per Cargeghe, volle ivi +consultarsi col bandito Antonio Maria Derudas (che in quel tempo mi era +compagno, come dirò in seguito). + +Poco dopo venni chiamato da zio Giovanni Antonio Rassu; il quale mi +confidò, che il pretore di Ploaghe desiderava abboccarsi col giovane +Salvatore, per giovargli nella causa. Egli chiedeva il mio parere. + +— Se tuo nipote andrà dal pretore, te lo manderà in galera! — risposi. + +Il vecchio allora mi disse con accento di preghiera: + +— Perchè non lo prendi in tua compagnia per guidarlo? + +— Perchè non lo voglio! — risposi recisamente — Egli si mostrò +disubbidiente col babbo, colla mamma, collo zio, e lo sarà parimenti +con me. Non assumo una simile responsabilità. Se Salvatore venisse +ucciso, si darebbe a me la colpa! + +Così risposi, perchè non potevo fidarmi del vecchio nè del giovane +Rassu, dopo quanto mi era accaduto a _Pedru majolu_. Sarebbero stati +capaci di un tranello per vendicare il loro congiunto da me ucciso. + +Quantunque nessuno mi avesse veduto, la voce pubblica mi accusava della +morte di Francesco; ed i parenti ne erano certi, perchè io non avevo +cercato di smentire la diceria. Nessuno di quelli a cui avevo confidato +l’omicidio poteva parlare; poichè in quei tempi l’esser chiamato a +testimonio era doppiamente pericoloso: verso la giustizia, e verso i +protettori dell’ucciso. + +Il giovane Salvatore, a cui era nota l’intenzione di volerlo a me +affidare, aveva esclamato imprudentemente: + +— Perdio! avrei vergogna di accompagnarmi coll’uccisore di mio zio +Francesco, ch’io devo vendicare. Toglierò dal mondo Giovanni Tolu! + +— Bambino imbecille! — esclamai, quando mi vennero riferite le sue +parole. + + * + * * + +Annoiato della mia solitudine, durata per oltre un anno, mi ero unito +in quel tempo ai banditi Antonio Maria Derudas e Gio. Maria Puzzone, di +Cargeghe; i quali battevano la campagna dopo l’assassinio del capitano +de’ barracelli, da loro freddato nel piazzale della chiesa del paese, +mentre rincasava. + +Un giorno il vecchio Giovanni Andrea Rassu ebbe l’imprudenza d’invitare +il Derudas ad unirsi a Salvatore per sbarazzarsi di me. + +— Mio nipote è troppo giovane — gli aveva detto — e da solo non +potrebbe fare il colpo. + +Il Derudas tenne il segreto per alcuni giorni; ma siccome in precedenza +mi aveva informato dell’abboccamento chiestogli dal vecchio Rassu, finì +per tutto confessarmi. + +Da quel giorno Salvatore fece il gradasso, fidando forse nell’aiuto +del Derudas. Sulle prime presi le cose in scherzo; ma in seguito, +persistendo egli a darmi noia, decisi di dargli una lezione. + +Non tardò anche lui a seguire lo zio. Egli venne ucciso da una fucilata +vicino alla _lacana_ d’Ossi, in territorio di Florinas. Il cadavere fu +trasportato sulle fascine al villaggio[31]. + + * + * * + +Ed ecco quattro dei Rassu — Pietro, Paolo, Francesco e Salvatore — +tolti dal mondo per mano mia, o per mano d’altri! + +Ne restavano ancora due; ma di essi volle occuparsi l’Eterno, poichè io +feci loro grazia. + +Giuseppe Rassu, l’ultimo dei quattro fratelli, (come ho già detto) era +ammogliato con una mia zia, la quale mi voleva un bene dell’anima. + +Un giorno andai a trovarla, e le dissi: + +— Cara zia, bada! temo molto che non tarderai a diventar vedova! + +— Che intendi dire? Mio marito è sano e robusto. + +— Ma io l’ucciderò, se non farà da bravo. Egli ha sinistre intenzioni a +mio riguardo. + +— Non temere, Giovanni. Tu sai ch’io ti voglio bene. Se io mi +accorgessi che Giuseppe avesse intenzione di farti male, sarei la prima +a renderti avvisato. Egli mi è marito, e tu mi sei nipote: vi ho cari +entrambi. Non potrei permettere che tu l’offenda, perchè c’è di mezzo +il giuramento del matrimonio; — ma parimenti vedrei di mal occhio che +egli torcesse un capello a mio nipote. Va tranquillo, figliuolo mio; +finchè io vivo non riceverai il minimo danno da lui! + +E mantenne la parola. Donna energica e risoluta, ella seppe imporsi al +marito, che mi lasciò in pace, come in pace lasciai lui. + +Risparmiai parimenti il vecchio zio Giovanni Andrea Rassu, che si +rassegnò alla perdita dei suoi quattro nipoti, puniti dalla giustizia +di un Dio, che odia i traditori e le spie. + +L’uno e l’altro morirono tranquilli sul proprio letto — quantunque non +meritassero una simile fortuna! + + + + +CAPITOLO VIII. + +Agostino Alvau. + + +Recatomi un giorno alla Nurra, capitai nell’ovile di _Campanedda_, +dov’era stato ucciso Agostino Alvau: il giovane algherese, che finì +la sua carriera di bandito, quasi nello stesso tempo in cui io la +cominciava. Ebbi dai pastori minuti ragguagli sulla morte di costui; ed +io ne tesserò brevemente la storia, quantunque essa non abbia relazione +con la mia vita. + +Agostino Alvau era un giovane studente di Alghero. D’animo focoso, +audace, e coraggioso fino alla temerità, un giorno era andato a caccia +senza porto d’armi. Sorpreso dai carabinieri, e invitato a cedere +l’arma, egli rispose colla ribellione. Riuscito a fuggire, si diede +alla macchia, e iniziò la sua carriera di bandito, senza aver sparso +una goccia di sangue umano. + +Quantunque giovanissimo, senza un pelo in faccia, e di fattezze +femminili, divenne in breve famoso per le sue gesta, tanto audaci +quanto feroci. + +Mi era simpatico perchè lo avevo conosciuto di persona. Qualche tempo +prima ch’io prendessi moglie, mi trovavo a capo d’una compagnia di +mietitori, nelle aie di Florinas. Avevo sotto al mio comando molti +lavoratori. Tra i quali Rafaele Alvau — fratello di Agostino — uno +degli incaricati della trebbiatura. Una quantità di cavalli e di +cavalle, condotti dai paesi vicini, trottavano sulle aie per pestare i +covoni, com’è costume nei nostri villaggi. + +Agostino Alvau (già famoso nell’isola) era venuto in quel tempo a +Florinas, per visitarvi il fratello Rafaele. Travestito da zappatore +sassarese, ma armato di fucile e di coltello, si presentò a noi come +acquisitore di grano, in compagnia del massaio Antonio Sanna e di certo +Vincenzo Paschino, padrone delle cavalle del signor marchese (?). + +Siccome Rafaele era al mio servizio per la trebbiatura, i tre +visitatori vennero ad alloggiare in mia casa. Fu allora, che, in tutta +confidenza, Agostino mi si diede a conoscere. L’ospitai per un giorno, +e sul tardi tornò alla campagna. + +Per pochi anni Agostino Alvau fece il bandito, ma bastarono per +renderlo celebre. Mentre un giorno attraversava un ponte sulla strada +che da Alghero conduce alla Murra, fu circondato da molti carabinieri, +che gli avevano teso un agguato; ma egli colla pistola alla mano, seppe +affrontare gli armati, e sfuggì loro audacemente tra il fischio delle +palle. + +Poco dopo egli cercò di disfarsi di certo Antonio Maria Tanchis, +che la voce pubblica designava qual _commissario_ dei carabinieri. I +commissari saranno sempre i benemeriti della società, ma per i banditi +non sono altro che spie! + +Fra gli amici più fedeli di Agostino Alvau erano i fratelli Paolo e +Antonio Sechi della Nurra — il primo dei quali fra i migliori tiratori +ch’io mi conobbi. Lo ricevevano con molta cordialità — come d’altronde +si ricevono tutti i banditi... per amore o per forza! + +Abitava a Sassari in quel tempo un tal Antioco Agus, di Bonorva, +in fama di uomo faceto e di poeta estemporaneo. Poeta e faceto +era del pari il _commissario_ Tanchis, che pretendeva superarlo +nell’improvvisare i versi + +Intimo dei pastori nurresi, ed uomo doppio, l’Agus cercava di strappare +qualche segreto al _commissario_, sapendo che costui congiurava contro +la libertà degli amici. Un giorno lo invitò ad entrare in una bettola, +col pretesto di una sfida poetica; ma il Tanchis lasciò sfuggirsi: + +— Oggi non posso, perchè devo recarmi ad Osilo coi carabinieri, per un +bandito che dobbiamo tradurre a Sassari. Accetterò con piacere la gara +al mio ritorno! + +Fu sollecito l’Agus d’informare del caso i due pastori Secchi e +l’Alvau; i quali vennero a Sassari, e in compagnia del poeta si +recarono sul tardi al _Molino a vento_, per preparare un agguato al +commissario Tanchis, che di là doveva passare coi carabinieri, diretti +ad Osilo. + +Giunti a cavallo sul luogo designato, i quattro uomini si appiattarono +di fronte al predio del prete Ciboddo. + +Finalmente, ad ora tarda, passarono di là dodici carabinieri, che +circondavano il commissario Tanchis, loro guida. + +Fu primo Alvau a far fuoco sulla spia; ma il colpo gli andò fallito. +Sparò in seguito Paolo Secchi, e la sua palla attraversò il corpo del +Tanchis, che cadde fulminato da cavallo. + +Sgomentati per gli spari nell’oscurità, i carabinieri tornarono +indietro a spron battuto. I due Secchi e l’Alvau ripresero la via della +Nurra; ma l’Agus, a cui era scappato il cavallo, si vide costretto a +rientrare a piedi in Sassari per la porta di Sant’Antonio. Volendo +allontanare il sospetto, il poeta ebbe l’accortezza di presentarsi +l’indomani al capitano dei barracelli, per denunziare la bestia che gli +era mancata. + +Altra impresa ardita, a cui l’Alvau dovette la popolarità, fu +l’uccisione di Antonio, detto _Ammmazzacavalli_ — uno dei più famosi +cavallerizzi e domatori del tempo. _Commissario_ anch’esso dei +carabinieri, si era vantato bastargli l’animo di arrestare il forte +algherese, inseguendolo a cavallo. + +Informato il giovane bandito della minaccia di quel millantatore, +giurò di ucciderlo. Temerario com’era, osò una sera vestirsi da prete +e presentarsi alla casa di _Ammazzacavalli_, posta nel rione di San +Donato. Ma il colpo gli andò a vuoto. + +Immaginò allora un nuovo strattagemma, togliendo a pretesto il +carnevale. + +Era usanza a Sassari di andar mascherati a cavallo, per trar sollazzo +dal getto dei confetti. + +Abbisognando di un compagno per eseguire il suo disegno, l’Alvau si era +rivolto ad Antonio Sechi. + +In un giorno festivo, in cui la piazza Castello rigurgitava di maschere +e di curiosi, i due amici salirono per il Corso, inforcando due superbi +cavalli. Avevano una gonnella al collo, la maschera al viso, e le +pistole nascoste sotto le vesti. Inoltravano al passo, distante l’uno +dall’altro, come se ciascuno si divertisse per proprio conto. + +Antonio Sechi, che si spingeva avanti, aveva ricevuto la consegna +di gettare i confetti sulla folla, non appena avesse adocchiato +l’_Ammazzacavalli_. Al resto doveva pensare l’Alvau. + +Erano giunti così fino al centro di piazza Castello, dove la folla +era immensa. Da per tutto si ballava, si gridava, si faceva getto di +coriandoli, per far disperare le signorine che ridevano come matte. + +Finalmente l’Alvau, che aspettava con ansia il segnale convenuto, vide +il compagno lanciar con furia manate di confetti alla folla. Spinse +avanti il cavallo, e scorse a breve distanza lo _Ammazzacavalli_, che +se la rideva in mezzo ad un crocchio d’allegri amici. + +Gli fe’ cenno colla mano di avvicinarsi, e quegli incautamente gli +obbedì: + +— Che vuoi, maschera? + +— Fammi un piacere. Accorciami di un punto la cinghia che regge la +staffa. Sto male in sella. + +L’_Ammazzacavalli_, senza nulla sospettare, si fe’ presso al cavaliero, +e si chinò ad aggiustargli la staffa. + +Colla rapidità del lampo, il giovane bandito gli puntò la pistola sulle +spalle, lasciò partire il colpo, die’ di sprone al cavallo, ed uscì +dalla porta Castello, facendosi largo tra la folla compatta. + +L’_Ammazzacavalli_ era caduto bocconi, mortalmente ferito. Gli astanti, +atterriti, gridarono al soccorso, all’assassino, e si sbandarono di qua +e di là, come sfuggendo ad un pericolo immaginario. + +Antonio Sechi, come nulla avesse veduto, continuava indifferente il +getto dei confetti, mentre l’Alvau, a precipizio, divorava la strada +che conduceva al _Pozzo d’Arena_. Montava un ottimo cavallo (fattosi +prestare da Gavino Spanedda di Nurra) e l’inseguirlo non era impresa +facile. + +Alcuni carabinieri — che conducevano a mano i cavalli all’abbeveratoio +— udendo le grida della gente, cercarono fermare il fuggitivo; ma +questi, mostrando loro la pistola, seppe tenerli lontani. + +Arrivato allo stabilimento Lombardi, Agostino rallentò la corsa, +mise il cavallo al passo, ed entrò tranquillamente in Porta d’Utzeri, +internandosi verso _turritana_, per riparare in casa di alcuni amici +nurresi. + +Dicesi che la stessa sera Agostino Alvau, vestito da donna, avesse +osato presentarsi all’ospedale (dove il moribondo era stato ricoverato +d’urgenza) risoluto di finirlo a pugnalate. Egli dichiarò d’essere la +madre del ferito; ma non fu lasciato entrare, stante l’ora tarda. + + * + * * + +Questo giovane coraggioso, audace in modo straordinario venne ucciso a +tradimento nella Nurra; e dirò come. + +Fra gli ovili che l’Alvau soleva visitare, era quello di Giovanni +Careddu, ammogliato con giovane e bella donna, e senza figli. +Spensierato e fidente nel proprio coraggio, il galante bandito si +era dato a corteggiare la moglie dell’amico. Costei conviveva con una +sorella belloccia, fidanzata a Giuseppe Sale, giovane sassarese, che +pur frequentava l’ovile. + +Accortosi il Sale della tresca dell’Alvau, disse un giorno alle due +sorelle: + +— Perchè accogliete quell’uomo in casa vostra? Mandatelo via, se non +volete aver danno! + +La moglie del Careddu riferì segretamente al suo Agostino le parole del +Sale, facendogli quasi intendere che di lui fosse geloso. + +Alvau, senz’altro, tolse di mezzo l’importuno con una fucilata. + +Poco tempo dopo, trovandosi insieme i due banditi cugini, Antonio Santo +Careddu di Sorso e Paolo Careddu di Sennori, dissero ad Agostino Alvau: + +— Senti, giovinotto. A noi pare che le tue visite all’ovile di +Campanedda siano troppo frequenti. Si direbbe che ti sei liberato +di Giuseppe Sale, per renderti padrone anche della sua fidanzata. +Intendiamoci bene! — noi siamo disposti a far giuramento di non +offenderci a vicenda; ma se tu non ti allontani dalla casa del nostro +congiunto Giovanni, ci terremo sciolti da ogni promessa. Lo sai! + +Agostino Alvau — sdegnoso sempre d’ogni consiglio, e sempre più +invaghito della giovane moglie — non solo si astenne dalle visite +all’ovile di Careddu, ma vi andò con più frequenza, e rese più +scandalosa la tresca. + +Era acciecato d’amore — e l’amore doveva perderlo! + +Da qualche tempo il Governo aveva promessa l’impunità ed un premio in +danaro a qualunque bandito avesse ucciso, o fatto arrestare Agostino +Alvau. I due cugini Careddu pensarono di ottenere l’una e l’altro, +vendicando in pari tempo il loro congiunto tradito. + +In un giorno piovoso si trovarono riuniti nell’ovile di _Campanedda_ +Paolo Careddu, Antonio Santo, e Agostino Alvau. Si giuocava alle carte, +e Paolo si era seduto a fianco di Agostino. A un certo punto Antonio +Santo esclamò con stizza: + +— Ma perdio! c’è un fumo d’inferno qua dentro! + +E così dicendo si era alzato con impeto, fingendo correre alla porta +per aprirla; ma giunto vicino all’uscio, si voltò di scatto, e vedendo +Agostino intento alla partita, gli puntò il fucile addosso e fece +fuoco[32]. + +Quantunque mortalmente ferito in pieno petto, l’Alvau balzò in piedi, +e portata la mano all’elsa del suo lungo stocco, cercò snudarlo per +avventarsi sul traditore. Paolo, però, che stava attento, gli afferrò +le due braccia da tergo, in modo che l’arma non uscì che a metà dal +fodero. + +L’Alvau, ad un tratto, si contorse, mandò un sordo rantolo, e stramazzò +come fulminato. Era morto. + +Antonio Santo era uscito con furia all’aperto per correr dietro a +compare Maurizio; il quale venuto all’ovile in compagnia d’Alvau, era +rimasto in una stanza vicina. Prevedendo la catastrofe, costui si era +salvato saltando da una finestra e cacciandosi nel vicino bosco. + +A poca distanza dall’ovile — nella _Valle del legname_ — trovavasi +certo Giovanni Manunta; il quale, saputo il caso, montò in sella +e a spron battuto si recò a Sassari per informare le autorità, che +Antonio Careddu e Antonio Santo erano degni di premio, avendo ucciso il +terribile bandito algherese. + +Maurizio, alla sua volta, era corso a Portotorres per annunziare ai +carabinieri l’uccisione di Agostino Alvau. + +Nel frattempo Antonio Santo, afferrato il cadavere d’Agostino per +i piedi, lo aveva trascinato all’aria aperta, fino al limite del +piazzale. + +Accorsi primi i carabinieri di Portotorres, scaricarono i loro fucili +sul cadavere, fingendo aver ucciso il bandito algherese in uno scontro. + +Il governatore di Sassari però, che in precedenza aveva ricevuto +l’avviso della morte di Alvau, non tardò a concedere la promessa +libertà ai due cugini uccisori, ed a punire i carabinieri per l’assalto +simulato che venne scoperto e facilmente provato[33]. + +Questa la versione veridica della fine di Agostino Alvau, da me attinta +a fonte non dubbia. + + + + +CAPITOLO IX. + +Il bandito Derudas. + + +Ho già parlato dei due banditi Antonio Maria Derudas e Giovanni Maria +Puzzone, di Cargeghe, datisi alla campagna dopo aver ucciso il capitano +dei barracelli, che li disturbava nelle loro imprese rapaci. Questi +giovani vagabondi erano ladruncoli, che prendevano diletto a uccider +buoi e cavalli, a danno del barracellato. + +Poco dopo l’uccisione del capitano, un altro giovine di Cargeghe — +Angelo Masala — uccise certo Manconi suo compaesano, e sfuggì alla +giustizia dandosi alla macchia. Si ebbero così, in breve tempo, tre +banditi di Cargeghe. + +Il fratello dell’ucciso — Giovanni Manconi — volendo vendicarsi +dell’assassino, chiese l’aiuto dei due banditi Derudas e Puzzone; e +tutti e tre riuscirono a freddare con una fucilata Angelo Masala, che +sotterrarono in campagna, senza che alcuno li vedesse. + +Il prete Luigi Tolu di Cargeghe, mio cugino, un giorno si rivolse a +me, pregandomi di proteggere il bandito Derudas, che voleva liberare ad +ogni costo, ritenendolo un disgraziato, più che un cattivo soggetto. E +fu dietro alle sue insistenti raccomandazioni, che mi decisi ad unirmi +col Derudas e col Puzzone, coi quali rimasi per circa un anno, sebbene +non di continuo. + +Un giorno, insieme al Derudas, attraversavo il sito detto _Sa funtana +de sa piarosa_, di fronte alla cantoniera di Campomela, nel tenimento +di Don Battista Solinas di Cargeghe. A un certo punto il mio compagno +si fermò, e, indicandomi una zolla, mi disse sorridendo: + +— Vedi? Io, Puzzone e Manconi abbiamo qui seppellito il cadavere di +Angelo Masala! + +Trascorsi quattro o cinque mesi, il Puzzone fu arrestato; ed io +continuai a tener compagnia al Derudas, separandomene però di tanto in +tanto, poichè diffidavo di lui. + +Due volte, in quel tempo, mi riuscì di sfuggire ad un agguato di +carabinieri. + +La prima volta fu nel _salto_ di Banari. Mi ero cacciato in una +grotta della _Scala di Antonio Faedda_ (territorio di Florinas) dove +passai una notte ed un intiero giorno. Recatomi in seguito nell’ovile +_Panzano_ (a Giunchi) i nostri cani abbaiarono fermi — indizio che +vedevano gente ferma. In quei dintorni, infatti, erano appiattati +una ventina di carabinieri. Pensai di attraversare il campo deludendo +la loro vigilanza. Mi cacciai il cappuccio sugli occhi, chiesi a un +pastore le pecore, e mi diedi a guidarle, passando arditamente in mezzo +a’ miei nemici, che continuavano a tener d’occhio l’ovile. Fui salvo. + +La seconda volta mi trovavo nello stesso ovile, dove avevo passato +la notte insieme a Derudas. Verso l’alba diedi ordine ad un mandriano +d’esplorare i dintorni, raccomandandogli, che, nel caso avesse visto +carabinieri, si fosse affacciato alla roccia de _sas coas de medallu_, +gridando: — I buoi non ci sono! — Quel semplicione, invece, gridò forte +al suo padrone: + +— Zio Antonio Luigi, ci sono i carabinieri! + +Ne avevo veduto sei a cavallo nella pianura; gli altri erano appostati +nel bosco, credendo che per di là noi si scappasse. Svegliai il Derudas +che dormiva; girammo la collina, salimmo la montagna, e di là scorgemmo +i carabinieri, che ci aspettavano al varco. Anche questa volta, con +un po’ di astuzia, ero riuscito a sfuggire a un agguato, preparato con +molta sagacia militare. + +Lascio i carabinieri per narrare i miei casi col Derudas. + +Nel territorio di Banari era il molino di proprietà della contessa +Musso. Il mugnaio, che lo aveva in affitto, viveva in continui +litigi colla propria moglie, poichè costei teneva seco una bambina +illegittima, che turbava la pace domestica. + +Tanto io, quanto il mio compagno Derudas, capitavamo con frequenza nel +molino, e la moglie del mugnaio si sfogava con noi, mettendoci a parte +dei disaccordi coniugali. + +Un giorno che mi trovai solo con essa, la moglie inasprita mi +raccomandò caldamente di liberarla dal peso del marito, uccidendolo. + +Feci di tutto per smuoverla dal suo proposito: — Metti giudizio, e +sta savia! — le dicevo — Non dar retta ai tristi consigli della tua +coscienza. Fa la pace con tuo marito, e vivete tranquilli! + +Il mugnaio era un buon uomo; ci dava ospitalità con piacere, e di +tanto in tanto mi regalava qualche scudo. M’irritavano, dunque, gli +eccitamenti di quella femmina, che ad ogni costo voleva diventar +vedova. + +Ma la donna è tenace ne’ suoi proponimenti di vendetta; e la moglie del +mugnaio, vedendo la mia ripugnanza a compiacerla, mi lasciò in pace. +Ella si rivolse segretamente al mio compagno, a cui offrì sessanta +scudi per eseguire il colpo. + +Il bandito Derudas si lasciò, convincere dal danaro e dalle tenerezze +della bella mugnaia; e un bel giorno, con una buona fucilata, le tolse +dal fianco l’importuno marito. + +Quando appresi il fatto, rimproverai acerbamente il mio compagno: + +— Che cosa hai fatto? Perchè uccidere l’uomo che ci dava a mangiare +e ci offriva asilo nei giorni del pericolo? Sei un tristo e un +miserabile! + +Il Derudas si strinse nelle spalle e mi disse: + +— Oh, sta a vedere che un bandito dovrà lasciarsi vincere da uno +scrupolo! + +Avvenne intanto, che il mio compagno erasi pazzamente innamorato di +Maria Grazia, la bellissima vedovella di un altro mugnaio, il quale +conduceva il molino di _San Lorenzo_, nei dintorni di Florinas, da me +pure frequentato. Antonio Maria Derudas fece di tutto per celarmi la +sua fiamma; ma non tardai ad accorgermi che sospettava di una segreta +relazione fra me e la vedova. + +Io rideva delle sue smanie gelose, poichè sapevo che la vedovella, una +bellissima donna, era realmente innamorata di un terzo: di un giovane, +col quale erano passati accordi di matrimonio. + +Il giovane innamorato erasi con me aperto, svelandomi che le relazioni +colla vedova erano di natura molto intima. Egli chiedeva un mio +consiglio. + +Io, che sapevo scaltra la vedova, poichè nelle assenze del giovane +cercava di tirare a sè anche il Derudas, gli dissi: + +— Apri gli occhi, fratello! Tu devi fidare nella mia sola amicizia. +Quando ti avviserò di non andare più da lei, ubbidiscimi! + +E il giovane, infatti, aveva cominciato a rendere più rare le visite +al molino, dopochè si era accorto che la vedovella aveva un cuore sì +largo, da poter dare ricovero a due.... ed anche a tre! + +Nondimeno la scaltra mugnaia, accompagnata dal suo giovane amante, un +bel giorno fece una gita a Sassari, insieme ad altro mugnaio colla +rispettiva moglie. Le due coppie presero alloggio in un’osteria, +ordinando una camera separata, per ciascuna. Questo fatto fece +mormorare i maligni, e specialmente i coniugi mugnai, ch’erano stati +testimoni della scandalosa intimità dei due compagni di viaggio. +Tornata la vedovella al molino, non tardò a notare la freddezza del +giovane e la corte più assidua che le andava facendo Derudas, ignaro +del fatto dell’osteria. Temendo che il mugnaio e sua moglie, colle +chiacchiere, riuscissero a far aprir gli occhi a Derudas sull’episodio +di Sassari, la vedovella si strinse vieppiù a quest’ultimo, esortandolo +ad uccidere i due testimoni pericolosi, non so per quali torti, che +diceva aver ricevuto. + +Il Derudas un bel giorno venne a confidami le apprensioni della vedova, +la quale gli consigliava ad uccidere il mugnaio e la moglie, perchè ci +facevano la spia. + +Io, che tutto sapevo dal giovane amante, gli risposi infastidito: + +— Ma non ti accorgi dunque, che sei menato per il naso? Da qualche +tempo a questa parte mi vai contando frottole, che mi rivelano la tua +poca lealtà. Fammi toccare con mano che i coniugi mugnai ci fanno la +spia, e mi prenderò io l’incarico di spararli, poichè nel tiro sono +di te più esperto. Cessa, però dallo spacciarmi tante fandonie. Apri +gli occhi da una buona volta, ed ascoltami! Il giorno che tu torcerai +un capello a quel buon uomo, od a sua moglie, avrai da farla con me! I +capricci e gli amori ti costeranno ben cari! + +Il Derudas si offese, e mi tenne il broncio; ed io mi accorsi che +cercava vendicarsi. Legato alla vedova da relazione amorosa, si erano +entrambi proposti di farmi arrestare, colla speranza di conseguire +la loro felicità. La causa del Derudas era meno grave della mia, ed +egli sperava di ottenere dal Governo l’impunità, a prezzo della mia +cattura o della mia morte, ottenute col mezzodì una delazione o di un +tradimento. + +Era questo il sogno di Maria Grazia, che voleva disfarsi di me, +per unirsi in matrimonio con un bandito graziato. Il giovane si era +stancato di lei, ed ella non voleva perdere il secondo partito. + +Ricordando le mie minaccie, e temendo il mio furore, il Derudas tornò a +parlarmi della convenienza di uccidere i due mugnai, che ci facevano la +spia. La vedovella pareva preoccupata di quel certo caso dell’osteria +di Sassari, che poteva mandare a monte il suo matrimonio. + +Ero sul punto di tutto svelare al mio compagno, ma mi contenni. Mi +limitai a rispondergli con malagrazia: + +— Di nuovo colle supposte spie? Decisamente le donne t’empiono la testa +di vento. Te l’ho pur detto di non più parlarmene! + +E così dicendo mi alzai con stizza, come per uscire dalla capanna, in +cui entrambi si era. + +— Dove vai? — mi chiese Derudas con tono risentito. + +Mi voltai, squadrandolo con disprezzo: + +— Vado dove mi pare e piace! D’ora innanzi, se ti è cara la mia +compagnia, dovrai venirmi dietro come un cane. Io non ti comunicherò +più le mie intenzioni! + +— Allora sarà meglio che ciascuno faccia la sua strada! — mi disse con +aria brusca. + +— È precisamente quello che desidero! — risposi secco. — Ti predico, +però, che dentro l’anno cadrai nelle mani della giustizia..... e ti +arresteranno addormentato. Io conosco quanto vali! + +Così dicendo piantai il mio compagno; e da quel giorno ci guardammo +in cagnesco. Io voleva solamente accertarmi del suo proposito di farmi +la spia, di concerto colla scaltra vedovella. Una volta avute in mani +le prove della loro perfidia, avrei io pensato al modo di fargli pagar +caro il tradimento. + + + + +CAPITOLO X. + +Giusta pena e pena ingiusta. + + +Farò un passo indietro per narrare due casi avvenutimi, durante il +tempo ch’ebbi a compagno il bandito Derudas. + +Antonio Maria Cosseddu, di Banari, da qualche tempo cercava di farmi +la spia. Era stato tre volte in carcere, ed uscitone, volle seco +in compagnia due pastori banaresi (certi fratelli Antonio Maria +e Salvatore Carta) perchè non venisse molestato dai nemici. I due +fratelli erano ricchi, onesti, e molto stimati nel paese. + +Il Cosseddu aveva in custodia molti porci e capre, a lui affidati da un +agiato proprietario di Banari. + +Incorsi in una contravvenzione, i fratelli Carta erano stati condannati +a un mese di carcere. Poco dopo pubblicata la sentenza, fui invitato +a pranzo nel loro ovile, dove mi trovai in compagnia di Derudas, di +Gio. Antonio Nuvoli, e del prete florinese Massidda. Appresa la recente +condanna, tutti d’accordo consigliammo i due fratelli a costituirsi in +carcere l’uno alla volta, perchè così potessero sorvegliare il proprio +bestiame. Promisi, da mia parte, che avrei tenuto d’occhio la loro +proprietà, durante il tempo della prigionia dell’uno e dell’altro. + +E così, infatti, essi fecero. + +Durante il tempo che Gio. Maria scontava il suo mese di carcere, la +spia Cosseddu ebbe un vivo diverbio coll’altro fratello Salvatore, e +fu sul punto di ucciderlo, facendo accorrere sul luogo i carabinieri. +Quest’intervento dell’arma benemerita era stato forse concertato con +la spia, allo scopo di farmi sorprendere nella capanna insieme al mio +compagno Derudas. Scampai al pericolo — ma giurai di vendicarmene. + +Costituitosi in carcere Salvatore (dopo uscitone il fratello Gio. +Maria) quest’ultimo si mostrò molto risentito del perfido contegno del +Cosseddu, e mi pregò di ucciderlo. + +Io gli risposi: + +— La vendetta sarebbe giusta; ma che avverrà in seguito? Tutti +ormai sanno che siete nemici del Cosseddu; e se io l’uccidessi, voi +sareste arrestati come esecutori o mandanti. Anch’io avrei bisogno di +punirlo, ma questa volta la mia vendetta non tornerebbe che a danno +vostro....... + +— Che fare, dunque? + +— Cercare il mezzo di ottenere lo scopo senza compromettere la vostra +libertà. + +— E questo mezzo? Consigliami tu! + +— Rispondi. È egli vero che Antonio Maria Cosseddu è un volgare +sicario, che ha sulla coscienza molte pelli? + +— È ben noto al paese! + +— Tu e gli amici tuoi, siete in grado di conoscere i delitti da costui +commessi? + +— Li conosciamo. + +— Puoi tu mettere insieme otto testimoni delle scelleraggini di quel +cattivo soggetto? + +— Anche venti! + +— Mi bastano otto. Quando li avrai riuniti, dammene avviso, ed io ti +dirò quanto devono fare. + +Radunate le otto persone in campagna, col pretesto d’una partita di +caccia, Gio. Maria Carta mi diede l’appuntamento. + +Salutata la comitiva, presi la parola, e dissi loro: + +— Siete voi tutti consapevoli degli assassinî commessi da Antonio Maria +Cosseddu? + +— Sì. + +— Proprio in coscienza? + +— Ognuno di noi può asserirlo con prove di fatto. + +— Or bene, allora fate così. Quattro di voi si presentino al +procuratore del re di Sassari, denunziandogli i fatti che si conoscono. +Ritornati questi, partiranno gli altri quattro, per fare altrettanto. +Raccolte dal fisco le denunzie in iscritto, egli ha il dovere di +spiccare il mandato di cattura, e istruirà il processo. + +Il mio consiglio fu seguito scrupolosamente; e il Cosseddu venne +arrestato, processato, condannato a morte, e impiccato a Sassari. + +Dopo la condanna, dissi al pastore Gio. Maria: + +— Vedi tu come si fanno le cose? Tu non sei rovinato nella persona e +nella roba; io non ho la pelle di un sicario sulle spalle; il nostro +nemico è punito; e la giustizia può andar lieta di aver tolto dal mondo +un miserabile assassino! + +Il Cosseddu aveva a Banari un cognato prete; e il paese diceva che +costui era riuscito a strapparlo tre volte alle carceri, per mezzo +delle fattucchierie. Dopo la condanna a morte, una mattina, il prete +fu trovato svenuto sul pavimento della sacristia; e fu detto che il +diavolo lo avesse abbandonato, perchè non era riuscito a strappare +il cognato al carnefice. Il povero prete, dopo l’impiccagione del +Cosseddu, si chiuse in casa per sei anni, e non volle più vedere anima +viva[34]. + +I fratelli Carta erano buona gente, ed io volevo, ad ogni costo, +toglierli alle seccature. Costava poco, a un bandito, uccidere un uomo +come Cosseddu; ma non volevo compromettere i due amici, dai quali avevo +sempre ricevuto gentilezze. Ero certo che su loro sarebbero caduti i +sospetti dell’uccisione della spia, per gli screzi e le minaccie che in +precedenza si erano verificati. La spia Cosseddu aveva scontato le sue +perfidie e i suoi delitti — e la mia coscienza era tranquilla. + + * + * * + +Mi trovavo ancora a Banali, quando, un giorno, m’imbattei nel +bandito Derudas, prima della nostra rottura. Egli mi confidò che +due ladri d’Ittiri avevano derubato un suo fratello, togliendogli +persino i sacchi, che teneva sotto il basto del cavallo che montava. +Quest’audacia lo inasprì talmente, che mi dichiarò di odiare tutti gli +ittiresi. + +In compagnia di diversi amici ci trovammo l’indomani a _Badu Sinaghe_, +dove si mangiò allegramente, e si bevette non poco. In sul finire del +pranzo, mentre si chiacchierava col padrone del luogo, venne un pastore +ad avvertirlo, che quattro ittiresi erano entrati nel tenimento per +tagliar legna. + +Il padrone, indignato, ordinò al servo di mandarli via. + +— Perchè non andiamo noi a trovarli? — esclamò vivamente Derudas, +alzandosi. — Non posso dimenticare che hanno derubato mio fratello. + +— Non saranno certo gli stessi! — osservai scherzando. + +— Che importa? sono ittiresi, e basta! + +Così dicendo il mio compagno si mosse, e noi gli tenemmo dietro. + +Il padrone sgridò quei ladri sfacciati, ed io tolsi loro i picchi e le +ronche, dicendo che li avrebbero ripresi un’altra volta. + +Uno dei ladruncoli — che certamente non ci conosceva — si fece innanzi +con baldanza, e venendomi incontro mi gridò con disprezzo: + +— Tu fai il gradasso perchè sei armato di fucile! + +Il sangue mi fe’ velo agli occhi, e gli saltai addosso, strappandogli +di mano la scure. + +L’ittirese mi afferrò allora per la barba; ed io, cieco, lo percossi +colla scure, ferendolo gravemente al braccio. + +Mi accorsi, lo confesso, d’essere stato troppo focoso, e di aver +commesso una brutta azione. Sebbene l’afferrare un sardo per la barba +sia l’insulto più atroce che si possa fare, pure riconobbi che il torto +era mio, ed ebbi vergogna di me stesso. Debbo dichiarare, che di questo +eccesso ebbi ad arrossire per tutta la vita. In quel momento non avevo +pensato che a vendicare il mio compagno Derudas, senza badare quanto +sia ingiusto e ridicolo bisticciarsi per conto di un terzo. + +Pochi giorni dopo ricevetti una lettera dal cav. Suzzarello, colla +quale mi esortava a restituire i ferri ai quattro ittiresi, uno dei +quali era un suo servo. Meno male che il Suzzarello non mi tenne +rancore; egli, più tardi, mi raccomandò di procurargli un buon mastino +per caccia grossa, avendogli un robusto cinghiale sbranato nove cani, +in una partita di caccia a _Giunchi_. Lo compiacqui, e se ne mostrò +soddisfatto. + +L’ittirese da me ferito non tardò a guarire, e ne fui lieto. + +Racconto questi episodi per darvi un’idea della vita di noi banditi. Ne +taccio molti altri insignificanti, per non tediare chi leggerà la mia +storia. + + * + * * + +A Banari, come in tutti i paesi del circondario, destavo sempre una +curiosità singolare. Quando passavo in quella regione, il medico Peppe +Canu avvertiva i cavalieri, i quali colle loro famiglie si recavano a +far pranzo in campagna, per il solo gusto di conoscermi da vicino. + +Quei cavalieri m’invitarono molte volte a prender parte ai loro +pranzi; e per consueto mi s’incaricava di fare le porzioni a tavola, +meravigliati, i commensali, della mia abilità nel tagliare le carni, +che distribuivo in un momento, con equa misura. Si era talvolta in +venticinque o trenta individui in campagna, e tutti si mostravano +avidi di conoscere qualche episodio della mia vita di bandito, ch’io +raccontavo loro con piacere. + +Un giorno, nel salto di _Badu Sinaghe_, in Giunchi, dovendosi preparare +i soliti regali a Monsignore e a diversi signori di Sassari, venni +incaricato dell’uccisione del bestiame; e uccisi ben quattordici +porci e troie a palla, dando spettacolo di valentìa col colpirli tutti +nell’occhio, per non far loro perdere il sangue[35]. + +Ho antecipato un po’ gli avvenimenti; ed ora ritorno al mio compagno +Derudas, prima di abbandonarlo al suo triste destino. + + + + +CAPITOLO XI. + +La penna vale il fucile. + + +Da poco tempo ero separato dal Derudas, quando egli uccise il bandito, +che aveva scelto a suo nuovo compagno. Dirò brevemente il fatto. + +Un ricco possidente d’Ossi si era bisticciato vivamente con un suo +servo — certo Antonio Elias; e s’inasprì talmente, che lo percosse. +Il servo, più robusto di lui, si avventò al suo padrone, e dopo averlo +picchiato si salvò colla fuga. + +Il ricco proprietario, volendo vendicarsi dell’atroce insulto, +mi chiese un abboccamento in campagna. Egli mi propose una larga +ricompensa, se avessi tolto dal mondo quel servo prepotente ed ingrato. +Gli risposi che si fosse ad altri rivolto, poichè io non solevo +uccidere chi non mi aveva offeso. + +Appresi in seguito che il padrone si era rivolto a Derudas, +proponendogli la stessa uccisione. Il Derudas osservò che non osava +fare il colpo, perchè temeva la mia collera e la mia vendetta. + +Allora il proprietario di Ossi, coll’intento d’incoraggiarlo, gli fece +credere avergli anch’io promesso di sbarazzarlo dal servo audace. + +— Pensaci, dunque, se vuoi guadagnare ottanta scudi! + +Anche questo colloquio era venuto a mia conoscenza, per la relazione di +confidenti, che a me non mancavano. + +Avevo intanto saputo, che il bandito Elias, il servo prepotente, si +era dato a scorrazzare la campagna insieme al Derudas, che se lo aveva +associato come compagno di ribalderie. + +Un giorno Derudas osò venirmi incontro. Avendolo poco prima veduto con +Elias, gli dissi seccamente: + +— E perchè ti presenti solo? Non è forse degno il tuo compagno +d’essermi presentato? Chiamalo pure, se lo hai nascosto! + +Derudas si accostò al ciglione, e lo chiamò con un lungo fischio. +Quando comparve l’altro bandito, lo apostrofai: + +— Perche ti accompagni con Derudas? Non hai capito ancora che egli fu +pagato per ucciderti? Abbandonalo, se ti è cara la vita! + +Il Derudas mi fulminò con un’occhiata, ma tacque. Senz’altro dire, fece +un brusco cenno al compagno, e si allontanarono. + +Ero sul punto di fargli fuoco addosso, ma poi mi contenni. Due o +tre volte era venuto a tiro del mio fucile, ma sempre lo risparmiai, +non volendo si dicesse che io uccidevo i miei compagni. Uccidere il +proprio compagno è per i banditi la più grande delle vergogne e delle +vigliaccherie; poichè darebbe a sospettare che l’uccisione sia seguita +nel sonno. Aspettai un’occasione più propizia. Volevo d’altronde +accertarmi, che insieme all’amica mugnaia egli mi facesse realmente la +spia. + +Non trascorse una settimana da quel nostro incontro, quando Derudas +uccise il giovane Elias, per la cui morte gli vennero sborsati ottanta +scudi dal ricco proprietario d’Ossi. Questa somma gli abbisognava +per la liberazione. In noi banditi era radicata la credenza, che la +giustizia avesse bisogno di soldi per chiudere gli occhi ed alleggerire +la mano — e la giustizia d’allora non era quella d’oggi! I giudici +erano anch’essi complicati nei partiti, e ciascuno aveva i suoi _bravi_ +protetti e protettori, specialmente a Sassari. + +Verso quel tempo Derudas aveva tentato di separarsi dalla vedovella; ma +questa gli disse: + +— Bada, Antonio Maria, a quello che fai! Ricordati che per te ho +licenziato un giovane che mi voleva bene. Se persisti ad abbandonarmi +perchè stanco di me, ti prevengo che mi raccomanderò a Giovanni Tolu +per aggiustare la faccenda! + +Questa minaccia sortì il suo effetto, poichè Derudas aveva paura di me. +Egli finì per sposare la vedovella in casa del rettore, a Banari. La +teneva in un molino, dove andava a trovarla di tanto in tanto, dandole +appuntamenti in questo o in quel punto, come usano tutti i banditi +ammogliati, che non possono avere una casa coniugale. + +Non corse lungo tempo, che Derudas venne arrestato, avverandosi la mia +profezia. I carabinieri lo avevano colto mentre dormiva. L’imbecille si +era svegliato in carcere! + +La mancanza di prove testimoniali favoriva la causa di Derudas. I +processi erano per la maggior parte indiziarî; e correva la voce +della probabile assoluzione del bandito mio compagno. Si accennava da +taluni a persone influenti, a qualche giudice a cui si erano dati gli +80 scudi di Elias per diventare più _giusto_. Non mancò chi mi pose +in avvertenza, dicendomi che la bella mugnaia era intesa col detenuto +marito per ottenere l’assolutoria, facilitandola colla mia cattura. + +Quest’ultima diceria — che correva da qualche tempo — mi aveva messo +i brividi addosso. Sentivo di essere feroce. Ero pentito di non aver +ucciso Derudas; maledicevo gli scrupoli e i riguardi ridicoli, che +avevano trattenuto il mio braccio. + +Quale umiliazione per me, se si fosse avverato il pronostico! Io in +carcere, e Derudas in libertà? questo pensiero mi torturava. + +Avevo bisogno di convincermi, che realmente Maria Grazia mi tendesse +un’insidia. Non volevo prestar fede ai molti che mi assicuravano, che +fra il detenuto e la moglie (annuente la polizia) correvano segreti +rapporti. + +Vivevo irrequieto; le mie notti erano turbate da sogni angosciosi. +Avrei voluto travestirmi da guardia carceraria per uccidere il mio +perfido compagno nella sua cella di San Leonardo. + +S’ei fosse uscito dal carcere prima della mia cattura, sarei stato più +contento, poichè avrei potuto ucciderlo al fianco della propria moglie; +ma chi mi assicurava che la sua libertà non era subordinata alla mia +perdizione? + +In preda a questi tormenti non pensai che a procurarmi le prove del +tradimento a mio danno. + +Aggirandomi un giorno nelle vicinanze del molino della moglie di +Derudas, mi cacciai nel vicino bosco, dove vidi la sua bella servetta, +che andava in traccia d’un maiale sbandato. Siccome in altri tempi le +avevo fatto un po’ di corte, me le avvicinai sorridendo: + +— Buon giorno, Catterina. Come stai? + +— Oh! beato chi ti vede! È un bel pezzo che non vieni a trovarci nel +nostro molino! + +— Dacchè hanno arrestato il tuo padrone ho sospeso le visite al molino +per non dar pasto alla maldicenza. + +— Che scrupoli! E perciò hai avuto paura di rivedermi? Ben gentile! + +— Riparerò al mio torto fra breve. Verrò a salutare Maria Grazia... e +te più di lei. + +— Possibile! e quando? La mia padrona sarà tanto contenta di rivederti. +Mi parla sempre di te. + +— Verrò... Tra due giorni; venerdì, o sabato... dopo l’imbrunire. + +— Davvero? + +— Bada di non dirlo a nessuno, Catterina! Addio, belloccia!... + +— Tieni le mani a posto! + +— Sei proprio adirata con me? + +— Te lo dirò quando verrai al molino. + +E la servetta, si allontanò, saltellando come una capriola. + +Nè il venerdì, nè il sabato mi mossi per andare al molino; ma la sera +stessa pregai un mio parente, perchè si appiattasse per tre giorni in +un punto lontano, per sapermi riferire le persone che sarebbero andate +a far visita alla mugnaia. + +— È questione forse di gelosia? + +— No: è un mio capriccio. Bada di non farti vedere! + +La domenica mattina il mio congiunto tornò a me. Era alquanto turbato. + +— Ebbene? — gli chiesi — Hai scoperto il misterioso visitatore? + +— Altro che visitatore! Venerdì sull’imbrunire mi sono imbattuto in +sei carabinieri sulla strada di Codrongianus. Erano diretti al molino, +e li ho visti sparire nel vicino boschetto. Certo si trattava di un +appiattamento, perchè vi sono rimasti due notti. Erano guidati dal +maresciallo, il quale entrò due volte nel molino, dopo le dieci. + +La trama era scoperta, ed io non potevo più dubitare della perfidia di +Maria Grazia, che cercava di vendere la mia pelle per salvare quella di +suo marito. + +Dovevo dunque pensare alla vendetta: punire il marito dentro carcere, +e strapparlo per sempre alla moglie; e tutto ciò senza far uso del mio +fucile. + +Il tempo stringeva. Il dibattimento di Derudas era incominciato, ed +ogni ritardo poteva pregiudicare il mio disegno. + +Mi ricordai della confidenza fattami un anno addietro da Derudas, +dinanzi alla cantoniera di Campomela. + +Senza frapporre indugio mi recai al villaggio di Mores, per abboccarmi +con Antonio Masala di Cargeghe. Era costui il fratello di Angelo +— dell’uomo assassinato da Derudas e da Puzzone per incarico e col +concorso di Manconi. + +Trovato il Masala gli dissi: + +— È una vergogna, o Antonio! Com’è ch’hai fatto sì poco conto di tuo +fratello assassinato? + +— E che doveva io fare, quando mi sono ignoti gli uccisori? o per dir +meglio, quando mi mancano le prove? + +— Le prove si trovano sempre, quando si cercano! + +— Così fosse! Che cosa mi consigli di fare? + +— Fidarti di me. Hai tu avvocato a Sassari? + +— Sì. Il dibattimento credo sia già incominciato. + +— Chi è il tuo avvocato? + +— Cossu, _il grande_. + +— Ebbene, bisogna scrivere al tuo avvocato. + +— Scrivere che cosa? + +— Presso a poco nei termini che io ti suggerirò. + +— Sentiamo. + +Ed io dettai, accentuando le parole: + + _Illustrissimo Signor avvocato_, + + «Le do alcuni ragguagli, che Ella si affretterà a comunicare al + procuratore del re. I testimoni Ignazio Tolu e Giovanni Manconi, + già esaminati dal giudice istruttore subito dopo l’assassinio + di Angelo Masala, tacquero quanto sapevano perchè i banditi + Derudas e Puzzone battevano allora la campagna, e li avrebbero + uccisi se avessero deposto il vero. Ora però, che l’uno è morto, + e l’altro è in carcere, essi possono parlare. Oso sperare, che + l’eccellentissimo Tribunale vorrà perdonare ai due disgraziati + testimoni, i quali deposero il falso, solamente per timore di + perdere la vita. Angelo Masala disparve, nè si ebbero le prove + della sua morte per malefizio. Il suo cadavere fu sotterrato + dagli assassini nel tenimento di Don Battista Solinas nel sito _sa + funtana de sa piarosa_, in faccia alla cantoniera di Campomela. + Si mandi a dissotterrare il cadavere, seguendo le traccia che a + calce della presente verranno indicate.» (E qui diedi i più minuti + schiarimenti sulla località da me conosciuta). + +Questa lettera fu distesa e mandata all’avvocato Cossu. + +Il dibattimento, che era in corso, venne sospeso e rinviato. Si esumò +il cadavere; si fece la perizia; furono uditi i testimoni indicati — e +il risultato del nuovo giudizio fu la condanna di Antonio Maria Derudas +ai lavori forzati a vita. Egli morì in galera dopo quattro anni di +pena. + +Il mio procedimento ebbe il risultato propostomi. Mi ero vendicato di +un compagno traditore e di una moglie spia. La società venne liberata +da un malfattore volgare; ma ben pochi seppero che la giustizia era +stata illuminata dal bandito Giovanni Tolu![36] + + + + +CAPITOLO XII. + +Cambilargiu, Spano, Fresu. + + +Darò alcuni ragguagli su tre banditi, ch’ebbi per qualche tempo a +compagni, e di cui mi occuperò nel corso della narrazione. + +La prima volta che io vidi Pietro Cambilargiu fu a _Monte fenosu_, +verso _Scala di Ciogga_, nell’ovile di Pietro Migheli, suo cugino. + +Pietro Cambilargiu fu ritenuto come il bandito più celebre del +Logudoro. Le sue gesta sanguinarie sono tuttora argomento dei racconti +del popolo. Tesserò brevemente la sua storia, quale l’ho udita tante +volte da lui stesso, durante i sei mesi che gli fui compagno. Riferirò +quanto egli narrò a me e ad altri banditi, senza rendermi garante delle +vicende riguardanti la sua vita in continente ed in Corsica. + +Non devo tacere che Cambilargiu aveva la debolezza di menar vanto delle +sue scelleratezze: nessun altro bandito conobbi mai più millantatore +di lui, nè più crudele nel vendicarsi. Più che la morte, egli voleva lo +strazio della vittima. + +Pietro Cambilargiu non era un uomo d’armi, nè di campagna, come noi lo +eravamo. Modesto e povero calzolaio, aveva trascorso in giovinezza nel +suo paesello d’Osilo, dando continue prove della sua irascibilità e +della sua impertinenza. + +Contava appena 18 anni, quando Nicolò Cherchi, il suo mastro calzolaio, +gli diede uno schiaffo. Indispettito della punizione ricevuta, esplose +una pistola contro il suo principale, ferendolo leggermente. Venne +arrestato, e condannato a tre anni di lavori forzati. Mentre scontava +la pena nell’ergastolo di Cagliari, riuscì ad evadere, e battè le +campagne d’Osilo, come bandito. Uccise poco dopo certo Pietro Marongiu, +perchè dicevasi volesse fargli la spia. Vedutolo un giorno a cavallo, +gli mosse incontro, e gli diede una fucilata, dopo avergli detto: — ti +do quello che ti spetta! + +Egli si era unito a due altri banditi — a Pietro Dore e a Giomaria +Ledda, suoi compaesani. Il Ledda per ottenere la libertà gli fece +la spia, e i barracelli un bel giorno, nel sobborgo di S. Vittoria, +riuscirono ad arrestarli tutti e tre. + +Cambilargiu fu condannato alla galera in vita. Frustato prima dal +boia, (come voleva la giustizia d’allora) fu in seguito condotto ad +Osilo col remo in spalla e con la corda al collo, per fargli baciare +_il piede della forca_, piantata dinanzi alla fontana di _Rinnu_. +Dicesi che, attraversando così il paese, ad ogni sbocco di via gli si +presentasse sogghignando il Ledda, quasi per gioire del suo supplizio; +e Cambilargiu per due volte gli disse: — Prega Iddio che non abbiamo a +rivederci un giorno! + +Cambilargiu fu mandato all’ergastolo di Villafranca, e il Ledda, +graziato per lo spionaggio fatto, si ritirò ad Osilo per esercitarvi il +mestiere di fabbro. + +Nell’ergastolo di Villafranca il Cambilargiu lavorò da calzolaio, e +divenne abile nella professione. Uno dei superiori del Bagno penale +lo incaricò di provvedere di calzatura la famiglia, ed era tanta la +fiducia in lui riposta per la buona condotta, che lo si lasciava andare +a comprar le pelli e la suola nei negozi della città, accompagnato da +una sola _guardia ciurma_. I lavori di calzoleria inappuntabilmente +eseguiti, le belle maniere del giovane osilese, la sua condotta +esemplare, fecero sì che Cambilargiu si attirasse la benevolenza dei +superiori. + +Intanto il galeotto era riuscito colla furberia ad informarsi +delle distanze e dell’accidentalità del terreno fra Villafranca e +la frontiera francese, nonchè del fiume che bisognava guadare per +raggiungere la terra straniera. + +Un bel giorno, uscito come al solito in compagnia della guardia +per provvedersi di pelli in città, invitò a bere il suo compagno +in un’osteria, fino ad ubbriacarlo; e portatolo in un certo punto, +all’estremità del paese, gli propose di sedere alquanto per riposare. +Quando vide la guardia sonnolente per il vino bevuto, gli strappò di +mano la carabina, svoltò una viottola, e si diede a correre come un +capriolo per guadagnar la campagna. + +La guardia balzò in piedi barcollando, credendo si trattasse di uno +scherzo; ma quando si avvide del brutto tiro fattogli, si diede a +gridare al soccorso con quanto fiato avea in corpo. + +Cambilargiu, correndo, aveva raggiunto la montagna, e si era cacciato +in un folto cespuglio, dove rimase appiattato tre giorni e tre +notti. Ivi riuscì a liberarsi della catena per mezzo di una lima, e +cambiò la giubba e il berretto da galeotto con altri panni che aveva +seco portati. Non volte spingersi fino al ponte, poichè sapeva che +di qua e di là era guardato dalle sentinelle italiane e francesi. +Alla mezzanotte del terzo giorno uscì dal nascondiglio e si diresse +al fiume, che costeggiò per breve tratto, fino a trovare un guado +possibile. Cambilargiu si spogliò; assicurò le vesti e le scarpe alla +punta di una lunga pertica di cui si era munito, e giunse a toccare +l’opposta sponda, coll’acqua fino alla gola. + +Il primo passo era fatto. Egli si trovava in terra francese. + +Rivestitosi de’ suoi panni, l’evaso continuò a camminare con coraggio +e disinvoltura, finchè capitò fra gli agenti di polizia, che lo +tradussero dinanzi ad un Commissario. Egli dichiarò di essere un +soldato italiano disertore, il quale voleva servire la Francia. + +— Come ti chiami? + +— Michele Serra. + +— A qual reggimento appartieni? + +— Al reggimento della _Regina_. + +— Il nome del tuo capitano? + +— Cav. Luigi Bianchi. + +— Vuoi servire come soldato, o ti piace lavorare? + +— Preferisco il lavoro, perchè il mio mestiere era quello di calzolaio. + +Dopo essere rimasto una ventina d’anni in Francia, per lo più a +Marsiglia, Cambilargiu passò in Corsica; e trovò occupazione presso una +calzoleria, in cui lavoravano una diecina di operai. Egli entrò nelle +grazie del principale e della moglie di costui, che presero a volergli +bene ed a proteggerlo. + +Certo è, che quell’uomo singolare, evaso due volte da galera, non aveva +che un pensiero fisso: vendicarsi di colui che ad Osilo gli aveva fatto +la spia, per consegnarlo ai carabinieri. + +Morì intanto il proprietario della calzoleria; e Pietro Cambilargiu, +giovane ancora, e audace quanto libertino, si die’ a fare la corte alla +vedova, riuscendo a mettersi in intima relazione con lei. + +Questa vedova aveva quattro fratelli, di carattere violento ed +energico, come d’ordinario lo sono i corsi; e mal soffrendo la tresca +scandalosa, che faceva mormorare il paese, imposero a Michele Serra +(così Cambilargiu continuava a farsi chiamare anche in Corsica) di +sposare la sedotta loro sorella. Siccome gli affari della calzoleria +andavano maluccio, e Cambilargiu smaniava di far ritorno al suo +paesello natio per vendicarsi di Giomaria Ledda, egli finse di +accondiscendere all’invito dei futuri cognati — e chiese alcune +settimane di tempo per aggiustare le sue cose in Sardegna, e per +munirsi delle carte necessarie per il matrimonio. + +Sbarcato sul litorale di Castelsardo egli riparò nelle campagne +d’Osilo, deciso di allontanarsi per sempre dalla Corsica. + +Capitato nell’ovile di alcuni suoi parenti, vi fu ravvisato da una +vecchia zia, quantunque parlasse in francese e si fosse spacciato, +prima per un mendicante di Villasor, e poi per un negoziante di +bestiame. Veduto ch’era inutile mantenere l’incognito, si diede a +conoscere a suo cugino Pietro Migheli, e svelò addirittura la sua +intenzione di uccidere il maniscalco Giomaria Ledda, già suo compagno +bandito, e allora libero per il tradimento fattogli a Santa Vittoria. + +Per mezzo di diverse persone, fra le quali l’arciprete, egli mandò a +salutare l’antico collega, facendogli dire che avrebbe avuto il piacere +di riabbracciarlo fra breve! + +Il Ledda credette scherzo l’ambasciata, sicuro com’era che Cambilargiu +scontava la pena nell’ergastolo di Villafranca. + +Il giorno di S. Vittoria, Cambilargiu, favorito da alcuni suoi parenti, +si appiattò in un cortile ch’era di contro all’officina di Giomaria +Ledda. + +Certo Matteo Serra, volendo ferrare un suo cavallo, si era quel giorno +portato dal fabbro maniscalco. + +Mentre il Ledda, sulla strada, era intento a ferrare il cavallo — +fra il servo che teneva sospesa la zampa della bestia, e il Serra +che assisteva all’operazione — quest’ultimo si accorse del bandito, +nascosto in una catasta di legna. Cambilargiu gli fe’ cenno colla +mano di scostarsi. Matteo Serra indietreggiò, balbettando: — Giomaria! +Giomaria! Ledda indovinò tutto, e fece alquanti passi per afferrare il +suo fucile, ch’era appoggiato allo stipite della porta. Non giunse a +toccarlo, perchè cadde fulminato dalle palle di Cambilargiu. + +Da quel giorno Pietro Cambilargiu divenne celebre in tutta l’isola. +Le sue gesta sanguinarie, che si seguirono senza tregua, venivano in +mille modi esaltate dai parenti e da’ suoi compaesani; però, in fondo, +egli non aveva alcun valore, nè per destrezza, nè per abilità nel +tiro. Dovette la sua fama alle sue volgari astuzie, alla sua crudeltà, +all’impeto feroce con cui assaliva i nemici. La vendetta più assennata +fu per lui l’uccisione del maniscalco spia; in seguito lasciossi +trasportare a eccessi feroci, prestandosi anche a togliere per danaro +la vita ad altri per conto di terzi. + +Si unì prima col bandito Antonio Spano di Ossi; poi con Francesco +Palmas e Salvatore Fresu, e in ultimo con me, come si vedrà più tardi. + +Il paese d’Osilo era impressionato dalle continue scelleratezze di +quel ribaldo. Approfittando del terrore che Cambilargiu destava +nei dintorni, i suoi parenti commettevano ogni sorta di delitti. +Scorrazzando per le campagne, essi rubavano frutti, uccidevano +bestiame, chiedevano danaro; e nessuno fiatava, temendo che il bandito +prendesse le difese de’ suoi congiunti ladri. + +Era giunta a tal segno l’esaltazione entusiastica, che un gran numero +di malviventi si spacciavano parenti di Cambilargiu, solo per poter +commettere impunemente le più audaci imprese. + +Eppure, chi lo crederebbe? dinanzi al nemico, Pietro Cambilargiu non +dava mai prove di destrezza nè di coraggio. In faccia al pericolo +perdeva facilmente il suo sangue freddo, ed agiva per impeto, senza +riflessione. + +Citerò un solo fatto. Un giorno quattro carabinieri avevano ordito +un appiattamento per dar l’assalto a Cambilargiu, che trovavasi in +compagnia del nulvese Peppe Luigi Santona, nel molino d’una sua cugina, +presso Nulvi. Furono entrambi bloccati dentro casa. + +Come avvertirono il suono delle sciabole dei carabinieri, Peppe +Luigi uscì risoluto sul piazzale, e, messo il fucile in faccia, prese +di mira il maresciallo, che ferì mortalmente. Cambilargiu, invece, +sbigottito, non osando venir fuori all’aperto, perdette la testa; e, +veduta un’ombra attraversare il piazzale, fece fuoco su di essa, e +colpì in pieno petto il suo compagno Santona, che cadde fulminato. Per +fortuna egli riuscì a sfuggire ai carabinieri, gettandosi capofitto +sotto la cascata del molino, con pericolo della vita. Di quest’errore +Cambilargiu si dolse sempre; e con ragione, poichè non tornava ad onore +della sua perspicacia. + +Fra gli omicidi più crudeli commessi dal bandito osilese, noterò quello +del giovinotto Leonardo Satta. Fui quasi testimonio, involontariamente, +del fatto. + +Come dirò in seguito, da qualche tempo ero in relazione coi banditi +Cambilargiu, Spano e Fresu, coi quali mi accompagnavo con frequenza. + +Un giorno, tornando insieme da Florinas, Pietro ci pregò di tenergli +compagnia fino ad Osilo, poichè aveva bisogno di abboccarsi colà con un +suo compare, al quale desiderava parlare in presenza di testimoni. + +Movemmo insieme sull’imbrunire, e nella notte ci recammo in casa del +notaio Giovanni Satta. Dopo scambiati i saluti, Cambilargiu gli disse: + +— Compare Giovanni; per la fede di battesimo che ci unisce, sono +in dovere di darvi un’avvertenza. Badate! io so che vostro nipote +Leonardo è in rapporti intimi col _commissario_ dei carabinieri, il +quale ha la consegna di farmi la spia. So pure che fra loro esiste +una corrispondenza epistolare. Se voi non lo persuaderete a mettere +giudizio, penserò io ad aggiustare le cose. Ve lo prevengo! + +Il notaio, invece di prendere in buona parte le parole di Cambilargiu, +montò addirittura sulle furie, e gli rispose con tono minaccioso: + +— Se oserete toccare un sol capello a mio nipote, l’avrete da fare con +me! + +Conoscendo il carattere bestiale di Pietro, m’interposi fra l’amico e +il notaio, e dissi a quest’ultimo: + +— Lei parla male, signor notaio! Le buone parole sono più persuadenti +delle minaccie, massime fra compari di battesimo. Lei non dovrebbe +ignorare, che suo fratello Gavino Satta, stabilito a Florinas, fa +il fatto suo, nè si occupa di me. Se egli se ne fosse occupato, a +quest’ora non sarebbe vivo. Ritiri dunque le minaccie, e si aggiusti +con compare Pietro! + +Cambilargiu, vivamente piccato dal linguaggio del notaio, gli rispose +aspramente: + +— Compare Giovanni; poichè la prendete così in alto, vi prometto di +dare a vostro nipote la lezione che merita. Lo ucciderò sotto ai vostri +occhi! + +Ciò detto gli volse bruscamente le spalle, ed uscimmo tutti. + +Pochi giorni dopo un amico riferì a Cambilargiu, che il giovane +Leonardo sarebbe andato a Sassari per conferire coi carabinieri. +Vedutolo da lontano a cavallo, insieme al prete Canalis, che se lo +aveva preso in groppa, il bandito spronò la cavalla e gli tenne dietro +per un buon tratto di strada. A un certo punto — verso la _fontana +del fico_ — il giovane smontò e si unì ad un gruppo di agricoltori che +lavoravano in un campo. + +Comparso Cambilargiu, Leonardo saltò alcuni muri e si diede a correre. +Allora il bandito gli fece fuoco addosso, e lo ferì leggermente ad un +piede. + +Smontato da cavallo, Cambilargiu saltò anch’esso i muri, e corse dietro +al giovane, gridando: + +— Fermati, chè non ti farò alcun male! + +Leonardo si fermò tremante. + +— Dunque ti ostini a farmi la spia? — gli gridò il bandito. + +— Non è vero. + +— Dimmi la verità! + +— Io sono innocente. + +— Questa non è la verità! Inginocchiati e prega, perchè ti uccido! + +Leonardo cadde in ginocchio, e congiunse le mani con aria +supplichevole, mentre Cambilargiu armava il grilletto. + +Un vecchio agricoltore, che si trovava presente, cercò intenerire il +bandito: + +— Perdonalo, Pietro! Non vedi che è un ragazzo? + +Il bandito si rivolse a lui: + +— Ebbene? e dai ragazzi mi lascerò dunque rovinare? Anch’io ho diritto +di vivere; e chi mi fa la spia deve pagarla cara! + +Così dicendo mise il fucile in faccia; e dopo aver puntato il +giovinotto supplicante, lo fulminò con tre palle nel petto. + +Il feroce bandito ebbe il coraggio di frugare nelle tasche del +cadavere, e dopo avervi tolto alcune lettere, alla presenza di tanti +agricoltori terrorizzati, rimontò a cavallo e si allontanò freddamente +com’era venuto. + +Il bandito osilese commise quel giorno una vera vigliaccheria, che più +volte gli rinfacciai. + +Tralasciando per ora le altre uccisioni fatte da Cambilargiu, dirò +poche parole sui due altri miei compagni di ventura. + + * + * * + +Ad Antonio Spano, di Ossi, era stata uccisa barbaramente la madre: una +donna ancor giovane, bellissima ed onesta. L’avevano freddata in un +oliveto, mentre raccoglieva le olive, perchè non aveva voluto cedere +alle disoneste proposte di alcuni giovinastri, a cui rispose con parole +di sdegno e di minaccia. + +Il figliuolo Antonio, ferito nell’anima, si era proposto di vendicare +l’insulto fatto alla madre, e per diversi anni attese l’occasione per +mantenere il suo giuramento. + +Trascorso un po’ di tempo, trovatosi Antonio in lieta comitiva in un +territorio fra Sassari e la Nurra, si bisticciò vivamente con uno dei +compagni, minacciandolo di punizione. + +Costui, per canzonarlo, gli volse le spalle; e chinandosi gli disse, +tra il serio e il faceto: + +— Sparami sotto la schiena, se è vero che sei così valoroso! + +Cieco di sdegno, Antonio Spano spianò il fucile, e uccise l’amico. + +Dopo quest’accidente, egli si diede alla macchia, e sentì più forte il +bisogno di vendicare l’oltraggio fatto alla madre. + +Pietro Cambilargiu, a cui Antonio si era unito, era molto amico del +capo degli uccisori della bellissima donna; e tanto influì sull’animo +del giovane bandito, che lo indusse a risparmiargli la vita. Nondimeno +Antonio non volle rinunciare alla vendetta, e tolse dal mondo parecchi +dei giovani libertini, che gli avevano uccisa la madre. + +Il capo degli infami uccisori della donna venne più tardi arrestato; +ma Cambilargiu, valendosi della sua influenza, subornò i testimoni, e +riuscì a farlo assolvere dai giudici di Sassari. + +Avendo molti parenti ladri e sicari, Antonio Spano si era dato a +commettere non pochi furti e scelleratezze, e finì per fare anche il +sicario per danaro, prestando facile orecchio ai cattivi consigli dei +congiunti. + + * + * * + +Il terzo mio compagno — Salvatore Fresu d’Osilo — si era dato anche lui +alla macchia, dopo avere ucciso un ortolano in un campo di granone. +Unitosi poco dopo a Cambilargiu (suo cugino in secondo grado) gli fu +compagno fedele per due o tre anni. Il Fresu, che aveva moglie e molti +figliuoli, era un miserabile. Egli si mascherava con frequenza, e +scorrazzava di qua e di là per estorcere denari e bestiame a questo e a +quello, in nome sempre del cugino Cambilargiu, ed anche in nome mio. + +Antonio Spano, mio coetaneo, era allora trentenne; Cambilargiu e Fresu +avevano oltrepassata la cinquantina. + + + + +CAPITOLO XIII. + +I quattro banditi. + + +Di ritorno dalla Nurra per recarmi a Florinas, mi fermai un giorno +all’ovile di Pietro Migheli in _Scala di Ciogga_, dove trovai Pietro +Cambilargiu e Antonio Spano. + +In quel tempo io avevo a compagno Leonardo Piga, giovane bandito, a me +raccomandato dai parenti. + +Come mi presentai all’ovile, lo Spano mi disse: + +— Se tu fossi qui venuto in compagnia di Leonardo Piga, lo avrei ucciso! + +— Ed io avrei ucciso te! — gli risposi bruscamente. — Perchè tant’odio +contro di lui? + +— Perchè Leonardo mi ha ucciso un amico la cui perdita mi addolora +l’anima! + +— Se il tuo amico si fosse comportato bene non avrebbe forse perduto +la vita. Ma, purtroppo, certi uomini si fanno forti dell’amicizia di un +bandito per dar fastidio agli altri! + +Cambilargiu mi diede ragione; e quando presi commiato da entrambi, mi +disse: + +— Senti, figlio mio! — (soleva darmi questo nome) — tu ci farai un +favore. Dovendo attraversare il territorio di Florinas per recarci a +Torralba, abbiamo bisogno di una guida, pratica dei dintorni. + +— Vi accompagnerò ben volontieri — risposi — Trovatevi a _Pedras +serradas_, nell’ovile di mio cognato, il luogo è sicuro. Di là +muoveremo insieme. + +Fedeli all’appuntamento, vennero in tre: Cambilargiu, Antonio Spano e +Salvatore Fresu. + +Nell’ovile di mio cognato si erano riuniti alcuni nostri amici, +smaniosi di conoscere i tre famigerati banditi. Quel giorno si fece +pranzo insieme, in aperta campagna, lontani dall’ovile — com’è costume +dei banditi, per evitare sgradite sorprese. + +Insellati quindi i cavalli (cortesemente favoritici) movemmo, uniti, +per Torralba. Io guidavo i compagni. + +Fatta un po’ di strada, i tre banditi mi esternarono il desiderio di +passare in Banari, dove avevano un amico. + +— Chi è costui? — chiesi loro. + +— Antonio Luigi Pischedda. + +— Nè voi, nè io, andremo da lui! + +— Perchè? + +— Perchè gli hanno ucciso due nipoti. + +— Eppure ha promesso di farci un regalo, se saremmo andati a visitarlo! + +— Pischedda è in urto con tutto il paese, per l’uccisione dei due +nipoti; nè voi riuscireste ad uscire di là, senza aver le giacche +forate dalle palle dei banaresi. Siete sotto la mia custodia, e non +dovete andarci! + +Li condussi invece in casa di Gio. Antonio Pais, che era assente dal +villaggio. Fummo ricevuti dalla moglie, che mandammo subito a comprar +vino. Ci fermammo tutti sulla pubblica piazza a mangiare ed a bere; +ed io mi divertiva a gettar noci e mandorle in mezzo alla folla, per +il gusto di vedere i ragazzi impigliati fra le gonnelle delle vezzose +forosette. + +Riposati alquanto, ci rimettemmo in viaggio e visitammo Bessude, dove +Cambilargiu aveva un amico — certo Pietro Chessa, suo antico compagno +di galera. + +Salendo poscia per il monte Pelau, arrivammo a Bonnanaro, e condussi +i compagni in casa di un mio zio, a cui li presentai come barracelli +d’Osilo in cerca del _mancamento_[37]. + +Lo zio mi scambiò con mio fratello Giomaria, ch’era barracello di +Florinas. + +— Non sono Giomaria — mi affrettai a rispondere — sono Giovanni Tolu. + +Lo zio sbarrò tanto d’occhi: + +— Tu..... sei Giovanni?! + +— Sì... e i miei compagni sono anch’essi banditi. + +Il buon uomo pareva sulle spine, non riuscendo a celare la grande paura +che aveva in corpo. + +Cenammo nondimeno allegramente, e poi si andò a riposare. Ci sdraiammo +vestiti su due letti, colle armi vicine. + +Mio zio sembrava inquieto, e balzava ogni tanto in piedi, tendendo le +orecchie. + +— I cani, stanotte, abbaiano troppo! — diceva. + +Volendo tranquillarlo, lo pregai di mandar subito a chiamare il +capitano dei barracelli di Bonnanaro, ed altri amici. + +Vennero in quattro, e si combinò di uscir tutti in campo aperto, per +essere più sicuri. Ci sdraiammo sull’erba, e allo zio tornò l’animò in +corpo. — Erano le due dopo mezzanotte. + +Verso l’alba ci fu servito il caffè, fra le roccie, ed a mezzo giorno +divorammo allegramente il lauto pranzo, che lo zio aveva preparato agli +ospiti famigerati. + +Sull’imbrunire mandammo un _espresso_ a don Ciccio Corda, di Torralba, +perchè venisse subito da noi. Egli venne con tre servi: uno ne spedì +per i cavalli, e due per la provvista dei viveri. + +Sopraggiunta la notte, don Ciccio ci fece condurre in altra sua tanca, +tutta in campo aperto, per riposare più sicuri. + +Di là, verso l’alba, passarono a cavallo don Francesco Corda di Clave, +don Giovanni Diez, e due loro servi. + +Avendoci riconosciuti, don Francesco si accostò a noi. + +— Perchè siete qui?! don Ciccio non è uomo che possa farvi male, ma +certo non sa custodire persone gelose, quali voi siete! Questo non è +luogo sicuro! + +— Ci ha fatto fermare qui — risposi — perchè deve mandarci due +cavallini. + +— Aspetterà forse che i cavalli nascano per regalarveli! — esclamò don +Francesco, sghignazzando. — Venite con noi, chè vi daremo cavalli nati. +Voi potrete stare nelle nostre terre sette od otto giorni, senza il +pericolo di venir molestati! + +Ci alzammo in piedi e movemmo incontro ai quattro individui, ch’erano +intanto smontati da cavallo. Le quattro bestie dovevano servire per +otto uomini. Io presi in groppa uno dei due servi, e Salvatore Fresu +fece altrettanto con l’altro. Cambilargiu sedette in groppa al cavallo +di don Francesco Corda, e Antonio Spano in groppa a quello di don +Giovanni Diez. + +Così accomodati, due uomini per cavallo ci mettemmo in cammino, a mezzo +trotto. + +Curioso, invero, vedere i quattro più famosi banditi del Logudoro +trottare con tanta audacia e disinvoltura sulla strada maestra! Se ci +avessero quel giorno messo a cimento, Dio sa qual battaglia sanguinosa +ne sarebbe avvenuta! + +A mezzogiorno in punto i quattro cavalli, carichi di otto uomini, +attraversavano allegramente il villaggio di Torralba, passando sotto +la caserma dei carabinieri. Noi guardammo alle finestre con aria di +trionfo. Chi lo sa? Forse a quell’ora, attraverso ai vetri, qualche +carabiniere assisteva al passaggio dell’allegra cavalcata, ben lontano +dall’immaginare che quattro uccelli grossi sfidavano la vigilanza dei +_benemeriti_ cacciatori! + +Arrivati a un certo punto, al di là del paese, smontammo da cavallo; e +i due cavalieri coi rispettivi servi tornarono indietro, per riprendere +la via di Sassari. + +La sera, per altro cammino, volgemmo di nuovo a Bonnanaro, e sostammo +in casa del cav. Delogu, il quale ci offrì buon vino e polvere +eccellente. Si chiacchierò a lungo; finchè sopraggiunta la notte, +uscimmo dal villaggio per salire alla punta di Monte Santo — uno dei +rifugi più sicuri in quel tempo, perchè tutto boscoso. + +Fummo, lassù, ricoverati dall’amico bonorvese Baldassare Saba; il quale +volle uccidere due bestie, per mettere molta carne al fuoco. + +Spuntata l’alba, uscimmo sulla spianata, per divertirci alquanto al +bersaglio. + + * + * * + +La mattina stessa scendemmo da Monte Santo per recarci ad Ardara. +Arrivati alle falde, Cambilargiu vide alcuni maialetti, e ne sparò uno +colla pistola. + +Alla detonazione accorsero alcuni pastori. + +— Figli miei! — esclamò Cambilargiu con aria compunta — badate: vi ho +ucciso un porcetto! + +Uno dei pastori gli rispose umilmente, col riso sulle labbra: + +— Se è vero che lo avete ucciso, lo metteremo al fuoco — se non lo +avete ucciso, lo uccideremo! + +Fatta colazione in fretta e furia, uno dei miei compagni chiese ai +pastori un buon cagnetto di razza. + +— Ve ne darò uno eccellente fra qualche mese. Lo sto allevando. + +— Verrò io stesso a prenderlo! — dissi; e il pastore a me rivolto: + +— Se verrà Giovanni Tolu, lo porterà via; ma se non venisse, prometto +che il cane morrà in mio potere, poichè non lo darò mai più a +nessuno![38] + +A proposito di questo cane, narrerò per inciso un episodio. + +Alcuni mesi dopo, ripassando in quell’ovile per ricordare l’adempimento +della promessa, trovai il pastore (Bastianu Zamburru) in urto +fortissimo col proprio cognato Gio. Maria Sanna. Le cose erano tese al +punto, da rendere inevitabile una catastrofe. + +Volli fare un’opera buona. Valendomi dell’influenza che esercitavo +sulle due famiglie, mi recai in persona all’ovile di Sanna, e costrinsi +costui a recarsi dal cognato per far la pace. Io stesso invitai le +donne delle due famiglie a riunirsi ad un pranzo comune, a cui presi +parte. Si passò la giornata allegramente, e ricordo di aver fatto +un brindisi al cagnetto, a cui si doveva la riconciliazione dei due +cognati. + +Non lo dico per millantarmi. Tutte le volte che io riusciva a fare +un’opera buona ed a pacificare fra di loro gli avversari, provavo +un’intima soddisfazione, pari a quella di una vendetta compiuta. Amavo +la pace degli altri; eppure non ero mai riuscito a pacificarmi coi miei +nemici! + + * + * * + +Riprendo la gita dei quattro banditi. + +Arrivati ad Ardara ci presentammo a quel rettore, nativo di Nughedu. + +Egli ci squadrò sospettoso. Cambilargiu gli disse: + +— Non tema, signor rettore! + +— Non ho paura! — rispose il prete. — Conosco agli occhi l’uomo dalle +sinistre intenzioni. Qui siamo in campagna, nè si può avere quello +che si vuole. Mangeremo alla buona qualche uovo e un po’ di pane. +Ho mandato a Sassari per la provvista del vino, nè può tardare ad +arrivarmi. + +E infatti, il buon uomo, ci trattò bene, e fummo soddisfatti. + +Appena pranzato, pregammo il rettore che facesse venire suo fratello, +il capitano dei barracelli, col quale volevamo conferire. + +— Che volete da lui? + +— Ci abbisognano quattro buoni cavalli per portarci fino a Florinas. + +— Ve li provvederò io![39] + +Arrivati, dopo un’ora, all’ovile di un comune amico, nelle vicinanze +di Ploaghe, rimandammo con un servo i cavalli al rettore di Ardara, e +passammo subito in altra capanna di Salvatore Casula. Ciò per abituale +precauzione, temendo che il servo potesse rivelare ad altri il luogo +del nostro rifugio. + +Ci fermammo all’ovile tutta la giornata. + +Venne intanto a trovarci un amico de’miei compagni — scaltro furbone +— che guardai subito con diffidenza. Non tardai a capire, che la +sosta dei tre banditi nelle vicinanze di Ploaghe aveva per scopo +quell’abboccamento, dato in precedenza a mia insaputa. + +Ciò mi spiacque, ma feci l’indifferente. Non dovevo dimenticare che io +mi ero prestato come guida ai tre compagni nei territori del mio paese. + +Il furbone disse ai tre banditi, senza preoccuparsi della mia presenza: + +— Io ho una lite con Gio. Antonio X, e corro il serio pericolo di +venire ucciso da lui. Mi rivolgo dunque a voi perchè mi liberiate dal +mio avversario. + +Cambilargiu, un po’ impacciato alla mia presenza, gli rispose: + +— Giacchè la tua vita è minacciata, perchè non togli di mezzo Gio. +Antonio? + +— Io?! Siete voi che dovete ucciderlo. A me spetta il compensare le +vostre fatiche. + +I tre banditi si scambiarono un’occhiata e ammutolirono. Io pensai un +poco, e poi dissi, accentuando le parole: + +— Se non mi fossi trovato qui, in vostra compagnia; se non avessi +sentito la proposta del vostro amico, non mi sarei certo occupato dei +fatti vostri. Avendo però assistito al vostro discorso, è duopo che le +cose prendano una piega diversa. Voi non ucciderete Gio. Antonio e se +lo ucciderete, ne farò tale uno scandalo da mettervi in impicci colla +giustizia, facendovi perdere molti buoni amici. Io non sono qui venuto +per servir di guida a sicari! Siamo nel territorio del mio paese! + +Aspettavo che i miei compagni aprissero bocca, per piantarmeli là +bruscamente; ma in vece nessuno più parlò di uccisioni alla mia +presenza. + +Venuta la sera ci mettemmo tutti in viaggio a piedi, prendendo +la montagna, per recarci ad Osilo. Fu appunto in quel giorno, che +Cambilargiu ci pregò vivamente di accompagnarlo in casa del notaio +Satta, lo zio di quel tal Leonardo, ucciso barbaramente verso la +_fontana del fico_. + +All’indomani lasciai i miei tre compagni ad Osilo, e feci ritorno a +Florinas. + + * + * * + +Poco tempo dopo, Pietro Cambilargiu si era separato da Antonio Spano, +del quale diffidava. + +Anche Salvatore Fresu finì per essere licenziato dal cugino, poichè +egli non faceva che scroccare danari a questo e a quello per poter +mantenere la moglie e i figliuoli poveri. + +Non passò gran tempo dalla separazione quando Fresu cadde in potere +dei carabinieri. Egli venne arrestato colla maschera sul volto, e messo +in prigione. Fattogli il dibattimento, venne assolto. Solita giustizia +dei giudici, i quali condannano tanti innocenti, per dare la libertà a +tanti birbanti matricolati. Noi banditi vedevamo troppo spesso simili +spropositi, i quali certamente non facevano che raffreddare la nostra +fede verso i tribunali. + +Continuai nonpertanto la mia relazione cogli altri due banditi, e +specialmente con Pietro Cambilargiu, ch’ebbi a compagno per altri sei +mesi, come vedremo in seguito. + + + + +CAPITOLO XIV. + +In bocca al lupo. + + +Farò intanto un passo indietro. + +Scorrazzava da qualche tempo nei territori di Florinas una compagnia +di ladruncoli, i quali svaligiavano le case, e vi uccidevano anche i +proprietari, se il bisogno lo richiedeva. Due volte avevo sorpreso e +conosciuto quei furfanti, ma non volli denunziarli. Siccome però ero +amico dei barracelli, e mi stava a cuore la tranquillità del mio paese, +provavo un vivo dispetto per quell’accolta di vagabondi, i quali, non +rispettando la roba d’altri, comprometteva gli interessi de’ miei +amici e compaesani. Deciso di dar loro una buona lezione, aspettai +l’occasione propizia. + +Mi erano ben noti questi ladri. Due di essi mi avevano un giorno +proposto di unirmi a loro e ad un terzo (che nominarono) per andare a +Giave. Scopo della gita era quello di depredare una vecchia signora, +che possedeva oltre otto mila scudi, in contanti, e che viveva sola +in casa con una serva. Risposi loro sdegnosamente, che non intendevo +rendermi complice di simili ribalderie. + +Nondimeno quei ladri, non volendo rinunziare all’impresa, si recarono +in tre a fare il colpo: Gio. Antonio Gasu, Pietro Sanga di Bosa, e +Antonio Maria Deia di Giave — incaricato quest’ultimo di indicare la +casa della ricca signora e di diriggere la spedizione. + +Aperta la porta ed entrati in casa, i tre furfanti imposero alla serva, +con minaccie, di soffocare i latrati del cagnolino. + +Penetrarono quindi nella camera della vecchia, che trovavasi a letto. + +— O consegnaci la chiave dello scrigno in cui custodisci il danaro, o +rassegnati ad essere scannata. + +La vecchia tentò gridare, ma uno dei ladri fu pronto a cacciarle +una mano in bocca; e siccome colei glie la stringeva fra i denti, il +morsicato le tagliò la gola col pugnale. + +Sgozzata la donna, i tre assassini si diedero a frugare da per tutto, +finchè rinvennero una cassetta pesante, che portarono via. Quando +i ladri l’aprirono per dividersi il bottino, rimasero di sasso. La +cassetta non conteneva che i moccoli di cera, sopravanzati alla festa +delle _Anime dei purgatorio_, che ogni anno soleva farsi per cura e +spese della vecchia devota. + +Un altro giorno gli stessi due ladri m’invitarono a fare il sesto in +una comitiva, organizzata per derubare la bottega di un negoziante +di Bosa. Questa volta, non solo rifiutai di prender parte alla +grassazione, ma osai arditamente rimproverarli per le azioni turpi che +commettevano. + +I ladri si strinsero nelle spalle, e fecero a meno di me. Guidati +dall’orefice bosano Andrea Licheri, si recarono a Bosa. Facevano parte +della combricola, fra gli altri, Deia, i fratelli Pietro e Francesco +Rassu, e Giomaria Ghiu. Aperta coi grimaldelli la porta della casa del +negoziante, non vi rinvennero che gli attrezzi dei fuochi d’artifizio, +ch’erano serviti alla festa di Santa Filomena, ricorrente all’indomani. + +Delusi anche questa volta, lasciarono Bosa; e usciti dal paese +scalarono un cortile per rubarvi una ventina di galline, che si +divisero — unico bottino di quella malaugurata spedizione. + +Malgrado i miei sdegnosi rifiuti, quei malandrini mi tentarono una +terza volta. Secondo loro, un bandito non doveva rifiutarsi ad una +ribalderia. + +Nelle vicinanze di Florinas, venne a me Sanga il bosinco, e mi invitò +ad unirmi ad una comitiva, formatasi per derubare Gavino Matteo Marche. + +— Chi tutti siete? — gli chiesi con premura, fingendo aderire per +conoscere il nome dei complici. + +— Me compreso siamo in dodici; — i fratelli Rassu con due loro amici, +Deia, Lichinu, Giomaria Ghiu, Gio. Antonio Giasu, e Don Ciccio bosinco. +(Quest’ultimo era un cavaliere di Nulvi, ammogliato a Florinas, molto +povero e ladro.) + +Sdegnato del furto che si voleva commettere nel mio paese, cercai di +sventarlo senza inasprire i ladri. + +— Badate: a Florinas c’è il barracellato, al quale appartengono due +miei fratelli. Chi va per rubare è disposto anche ad uccidere... non +si sa mai! Eppoi, ve lo dichiaro: c’entra di mezzo la mia riputazione, +e tengo alla tranquillità del mio paese, che mi sa bandito. Voglio che +queste cose non si facciano... e voi non le farete! + +La mia dichiarazione ebbe il suo effetto. Sanna il bosinco riferì +le mie parole ai compagni, e fu sospesa la grassazione che doveva +consumarsi in casa di Marche, entro popolato. + +Essendo dunque a me noti gli individui componenti la comitiva dei +ladri, mi adoperavo perchè il mio paese fosse da essi rispettato. Se a +Florinas avevo nemici, avevo pure molte persone di cui godevo la stima, +e che contavano sulla mia protezione. + + * + * * + +Narrerò ora, come quest’odio ai ladri e quest’amore al mio paese mi +tornarono quasi fatali. È un aneddoto ben noto all’arma benemerita, e +più volte lo rammentai al maggiore dei carabinieri Cav. Ferrè. + +Una notte, dopo aver scorrazzato per la campagna, volli spingermi fin +dentro paese, e venni ricoverato in una fida casa, dove si fece cena +con diversi amici. + +Volle il caso, che in quella stessa notte si fosse concertato un +segreto appianamento fra i carabinieri ed i barracelli di Tissi; i +quali avevano circondato le case di due dei ladri da me menzionati, +perchè in sospetto di aver preso parte a un furto audace commesso +in Tissi, a danno di un certo signor Selis. Questi due ladri avevano +domicilio a Florinas. + +Finito ch’ebbi di cenare, abbandonai la casa ospitale, accompagnato +fino all’uscita del paese da un amico guardaboschi, col quale avevo +combinato di andar l’indomani a mangiar fichi in una campagna vicina. +Il guardaboschi aveva invano insistito perchè io rimanessi un altro +giorno a Florinas. + +Essendo stato durante la giornata a caccia di pernici, avevo il fucile +carico a pallini — cosa rare volte avvenutami, dovendo il bandito +tenersi sempre pronto in caso di una sorpresa. + +Uscimmo insieme all’aria aperta. Erano le due dopo mezzanotte, e faceva +un buio pesto. + +Attraversando il largo in cui erano le case abitate dai ladri, scorsi +due individui seduti, addossati alla porta di Antonio Maria Deia di +Giave. Sospettai subito che qualche cosa di sinistro si tramasse a +danno di un mio compaesano. + +Mi scostai risoluto dal mio compagno e mi diressi in punta di piedi +verso i due ladri, colla speranza di sventare qualche brutto tiro. + +Uno di essi era appoggiato allo stipite e pareva dormisse. + +— Non ti svegli, dunque? — Gli gridai con tono energico. + +Desto di soprassalto, quell’uomo balzò di scatto in piedi, e vedendo a +sè dinanzi un armato, con movimento rapido spianò il fucile e mi fece +fuoco a bruciapelo. + +La palla, fischiante, mi passò sotto l’ascella. + +L’altro compagno fece anch’esso un brusco movimento, come per +assalirmi; ma io, pronto come il lampo, scaricai sull’uno e sull’altro +le canne del mio fucile, carico a pallini. + +Chi lo avrebbe detto? Quei due uomini non erano altri che il +maresciallo dei carabinieri ed un barricello di Tissi — entrambi là +appostati per sorprendere i ladri, che dovevano rientrare in casa, di +ritorno dalla grassazione di Selis. Dalla parte opposta, nel cortile, +erano molti altri carabinieri e barracelli, parimenti appiattati per lo +stesso fine. + +Avevo colpito il maresciallo in piena mammella, ma il colpo al +barracello mi era andato fallito, per l’oscurità della notte[40]. + +Come mi avvidi dell’errore, feci un salto indietro, mi diedi a correre +come un capriolo, e guadagnai la campagna. + +Il maresciallo, ferito a pallini, non tardò a guarire. + +Allo scoppio delle tre fucilate erano accorsi i barracelli ed i +carabinieri che si trovavano nel cortile; e, saputo il caso, e chi +io mi fossi, diedero in ismanie. Mi venne riferito, che uno dei +carabinieri (certo Ribichesu), quando accorse sul luogo dello scontro, +si millantò che non sarei riuscito a sfuggire alla sua palla, se invece +del collega fosse stato lui a sedere sulla soglia. + +Si vedrà, nel corso della narrazione, come la fatalità trasse sui miei +passi questo carabiniere millantatore. + +Quest’incidente fu uno dei più curiosi della mia vita. Per voler +sorprendere e punire i ladri del mio paese, ero andato a cadere fra +le braccia di un barracello e del maresciallo dei carabinieri. Io, che +da mattina a sera studiavo i mezzi per sfuggire ai lupi, ero andato a +cacciarmi come uno sciocco nella loro bocca. + +Manco male che la lezione non andò perduta, poichè in avvenire fui più +cauto nel pedinare i malandrini. Non si sa mai: sotto alle vesti di un +ladro può nascondersi anche un carabiniere! + +Il mio incidente fu risaputo, e destò rumore. Lo narrai, minutamente, +al maggiore Ferrè, quando mi chiamò in salvacondotto per interrogarmi +sull’uccisione del bandito Gianuario Murgia di Siligo. Io conchiusi: + +— Ella vede, signor Maggiore, com’è facile ad un bandito uccidere un +carabiniere, anche senza volerlo! + + * + * * + +Eppure non fu quella la sola volta che caddi in bocca al lupo; i casi +furono molti, ma io mi fermerò sui più salienti, seguendo l’ordine +della narrazione. + +Ripiglierò la storia, ritornando ai famosi banditi, ch’ebbi a compagni +nella mia vita avventurosa. + +Antonio Spano, dopo un vivo diverbio, si era separato da Pietro +Cambilargiu; e siccome era ricercato dalla giustizia e mi aveva in +uggia, carezzò il pensiero di acquistare la sua libertà, con un agguato +a mio danno. + +Di ciò informato per mezzo degli amici, mi misi in guardia. + +Il fratello di lui, Salvatore Spano, introdottosi un giorno per far +erba nel predio di Dionisio Matti di Sassari, fu da questi sorpreso e +acerbamente rampognato. Inasprito dalle parole, Salvatore gli puntò la +pistola sul petto. Dionisio denunziò il fatto all’autorità giudiziaria, +e l’aggressore fu arrestato e condannato a sei mesi di carcere. + +Questo fatto era capitato parecchi mesi dopo la morte del figlio +tredicenne di Dionisio, ucciso accidentalmente dentro la propria +bottega, nello scontro avvenuto fra i Saba ed i Macioccu. + +Nel frattempo che Salvatore scontava in carcere la pena, Antonio Spano +volle vendicare il fratello; e travestitosi cogli abiti del muratore +Antonio Depalmas, riuscì ad uccidere Dionisio con una fucilata. + +Poco dopo la mia gita ad Osilo coi tre banditi (dai quali mi ero +separato), Pietro Cambilargiu si recò all’ovile di mio cognato Gio. +Antonio Bazzone, nelle vicinanze di Florinas, e lo pregò di fargli +ottenere un abboccamento con me. + +Due giorni dopo andai a trovarlo. + +— Che volete, zio Pietro? + +— Ascolta, figlio mio. Tu sei solo, e solo sono io. Perchè non unirci? +In due si sta meglio che soli: non ti pare? + +— Uniamoci pure! — risposi. + +E così, per oltre sei mesi, fummo compagni quasi indivisibili. + + * + * * + +Eravamo insieme da parecchi mesi, quando un giorno, in territorio +d’Osilo, venne a trovarci la moglie di Cambilargiu. — Era costei +la vedova di un suo cugino, da lui resa madre, e poi sposatala per +minaccia dei fratelli e dei parenti. + +Si pranzò tutti insieme. Io ero serio e taciturno. + +— Cosa hai, figlio mio? — Mi chiese il compagno, appena la moglie andò +via. + +— Ho l’umor nero, nè so perchè. + +— Ebbene, cercherò allora di divagarti. Andremo a passar la notte in +un molino di Nulvi; di là passeremo a cogliere un po’ di carciofi nella +vigna di un mio cugino prete, e li faremo cuocere per la cena. + +Movemmo insieme verso Nulvi. Fermatici alquanto nella cardiera del +prete, per spiccarvi non più di due dozzine di carciofi, continuammo +la nostra strada, quando udimmo alcune fucilate nella vigna di Giorgio +Vacca, posta in regione di _Nuzzi_, a mezz’ora da Osilo. + +— Hai sentito? — Dissi rivolto al compagno. + +— Sarà il padrone della vigna: un medico di casa, che mi è amico. + +Ci fermammo dinanzi al cancello. Io dissi a Pietro: + +— Entra tu per il primo, poichè vi sei conosciuto. + +Cambilargiu passò avanti; io mi fermai a rinchiudere il cancello, e gli +tenni dietro. + +Fatti alcuni passi udimmo abbaiare un cane, che comparve sulla porta +della casa, distante una trentina di passi dal cancello. Quasi subito +venne fuori un zappatore, il quale, dopo aver imposto al cane di +tacere, guardò verso di noi e si fermò con senso di sgomento. + +In un attimo sbucarono dalla casa sette carabinieri, che si schierarono +sul piazzale, come per meglio esaminarci. Il zappatore, certamente, +aveva pronunciato il nome di Cambilargiu. + +Questi si volse a me dicendo: + +— Coraggio, figlio mio, non temerli: sono carabinieri! + +Io diedi un salto all’indietro e corsi ad aprire il cancello gridando: + +— Vieni fuori subito! Ci sono io qui! + +Cambilargiu mi raggiunse; e allo stesso tempo una scarica di quattro +o cinque fucili mandò in ischeggie parte del cancello. Il denso +fumo della polvere c’impedì di vedere i carabinieri; nondimeno, io +e Cambilargiu puntammo i fucili in direzione degli armati e facemmo +fuoco, dandoci poi alla fuga. + +Eravamo illesi per vero miracolo. Una palla mi aveva spezzato la +bacchetta del fucile, ed un’altra era strisciata lungo la manica della +mia giacca, senza toccarmi la carne e senza farmi versare una stilla di +sangue. + +Era il 10 giugno 1853, di venerdì. + +L’indomani ci venne riferito, che un carabiniere era caduto morto, e ad +un altro la palla aveva spezzato il calcio della pistola. Se alla mia +palla, o a quella di Cambilargiu, si dovesse la morte del carabiniere, +nessuno di noi seppe mai: certo è che i carciofi del prete, anche +questa volta, mi avevano cacciato in bocca al lupo[41]. + +Avendo noi preso, nello scappare, due diverse direzioni, ci perdemmo +di vista, e non ci trovammo insieme che la domenica, due giorni dopo lo +scontro fatale. + +Chi avrebbe mai detto, che anche in quel giorno io doveva essere messo +a più dura prova? Eppure così volle il destino, come dirò nel capitolo +seguente. + + + + +CAPITOLO XV. + +A «Monte Fenosu». + + +Era la domenica. Trovato per caso Cambilargiu, mi pregò di tenergli +compagnia fino all’ovile de’ suoi cugini Migheli, posto sul _Monte +fenosu_, in faccia a _Scala di Ciogga_. Messici in cammino, mi +confidò di aver dato colà appuntamento ad una persona _distinta_, che +desiderava conferire con lui. + +Arrivati alla capanna, chiesi a Cambilargiu il nome dell’uomo che +aspettava. + +— È un sassarese: Carlo Tiragallo. + +— Chi è costui? + +— Un regio impiegato; un segretario dell’Intendenza; un signore ricco. + +— Ben soventi questi signori ci fanno la spia! + +— Non è di questi tali. Trattasi di persona ammodo, molto distinta. + +— Caro zio Pietro; i signori si vendicano sempre, quando si presenta +loro l’occasione, ed è meglio non fidarsene. + +I fratelli Migheli, punti dalle mie osservazioni, soggiunsero a me +rivolti: + +— Tu sei un miserabile, un pusillanime, e non vali nulla! + +— Basta — conchiusi con calma — ora qui siamo, e qui resteremo; però +vi dichiaro, che non pranzeremo insieme. Voi starete nell’ovile colla +famiglia, e noi all’aperto, in un punto vicino, dove ci porterete da +mangiare, ed accompagnerete l’uomo _distinto_, che verrà per conferire +con Cambilargiu. + +— Si direbbe che tu hai paura! + +— Amo la prudenza. Voi siete abituati a trattare coi signori di +Sassari, i quali vi danno i buoni bocconi, in cambio dei magri agnelli +che uccidete per loro. Ci avete il tornaconto, lo so; ma badate che i +bocconi della città non vi facciano nodo alla gola! + +Quantunque io avessi insistito, Cambilargiu fu di parere di far pranzo +comune dentro la capanna, insieme al signore che sarebbe arrivato da +Sassari. + +I fratelli Migheli, colle rispettive mogli, figli e servi, abitavano +in due distinte capanne vicinissime. D’ordinario le due famiglie +convivevano insieme. + +Mezzogiorno era appena trascorso, quando comparve Carlo Tiragallo, in +compagnia del figliuolo ventenne Giuseppe. Le carni erano cotte, e ci +mettemmo quasi subito a tavola, apparecchiata nella capanna più grande. + +Carlo Tiragallo (come in seguito appresi dallo stesso Cambilargiu) si +era recato a _Monte Fenosu_ per chiedere informazioni sull’individuo +che aveva sparato suo padre (il maggiore Agostino Tiragallo) mentre si +trovava in un suo predio di Sassari. + +— Se lo hai sparato tu — gli aveva detto il signor Carlo — siamo +disposti a perdonarti; ma se il tiro gli venne dal bandito Antonio +Spano, io ne voglio vendetta, e mi affido a te per compierla. + +Il maggiore Tiragallo aveva inseguito il suo aggressore, ma non potè +raggiungerlo, nè riconoscerlo. L’uomo che gli aveva dato la fucilata +(andata a vuoto) era realmente Antonio Spano. + +Riprendo la narrazione. + +Sedemmo a tavola, io, Cambilargiu, i due Tiragallo padre e figlio, e +i due fratelli Migheli colle rispettive mogli e figli; una ventina in +tutti, compresi i seni e le serve, e senza contare i quattro uomini +posti a vedetta fuori della capanna, com’è usanza fra banditi, quando +si riuniscono in un luogo chiuso. + +Era la una dopo mezzogiorno. + +Con sorpresa avevo notato, che Carlo Tiragallo, prima di sedere a +tavola, si era tolto dalle saccoccie due pistole nuovissime; una +ne aveva deposto sul letto delle donne, l’altra se l’era messa alla +cintola, dopo averne montato il grilletto. + +Quest’operazione mi aveva messo in diffidenza; ond’è che io, per +precauzione, volli sedermi armato di pugnale e di fucile tra i due +Tiragallo — deciso di pugnalarli entrambi se si fossero rivolti contro +di noi, o se avessi avvertito la presenza dei carabinieri. Da questo +lato, lo confesso, io era il più intransigente dei banditi. + +Si chiacchierò allegramente durante il pranzo; e Tiragallo, colle sue +barzellette, fece ridere le donne. Terminato di pranzare, Cambilargiu +disse a me rivolto: + +— Figliuolo mio, tu devi scusarmi se ti lascio solo un momento, per +andare all’aperto a conferire col signor Tiragallo. + +E i due commensali uscirono per recarsi sul promontorio ingombro +di macchie, che sovrastava la seconda capanna, distante da noi una +quarantina di passi. Ivi sedettero, per parlare non visti e senza +testimoni. + +Pochi minuti dopo si alzò da tavola anche Giuseppe Tiragallo, e con lui +tutti i commensali, che uscirono all’aperto per ridere e chiacchierare. +Era un giorno di festa e si era tutti allegri. + +Dentro la capanna non ero rimasto che io, ed una giovinetta +quindicenne, a cui avevano affidato una bambina che si teneva sulle +ginocchia. Non volli uscir fuori perchè temevo d’esser veduto dalla +punta di _Scala di Giocca_, dove non mancano sassaresi a passeggiare, +massime nei giorni di festa. + +Mentre Cambilargiu e Tiragallo discorrevano sul promontorio boscoso, +e le donne e i bambini ridevano e scherzavano sul piazzale, Pietro +Migheli — uno dei due proprietari dell’ovile — era rientrato nella +capanna per scambiare qualche parola con me. + +A un tratto si udirono abbaiare i cani, e il Migheli si fe’ all’uscio. + +— Non è nulla — disse rientrando. — Lo schiamazzo dei bambini e il riso +delle donne rende inquiete le bestie. + +Dopo alcuni minuti i cani tornarono ad abbaiare più forte; Migheli +tornò ad affacciarsi alla porta, e rientrò subito pronunciando una sola +parola: + +— Carabinieri! + +— Va fuori! — gli gridai balzando in piedi — e lasciami solo! + +La giovinetta quindicenne, che conobbe il pericolo, si diede a +piangere; e volgendomi ad essa le gridai imperiosamente: + +— Va fuori anche tu, e sta zitta! + +Rimasi tutto solo dentro la capanna. + +In un lampo, con mente serena, abbracciai la situazione. Guai al +bandito che nei momenti del pericolo perde il suo sangue freddo: egli è +morto! + +Nove carabinieri a cavallo, guidati dal maresciallo, correvano +all’impazzata dall’una all’altra capanna dei fratelli Migheli. Erano +venuti dal versante di mezzogiorno, senz’essere avvertiti dalla +vedetta, che imprudentemente aveva abbandonato il suo posto. + +Altri venti carabinieri a piedi (come appresi più tardi) si erano +appostati alle falde boscose di _Scala di Ciogga_, di fronte a _Monte +Fenosu_. + +Come Cambilargiu avvertì dall’altura i soldati che salivano la collina, +aveva piantato Carlo Tiragallo, e se l’era svignata cacciandosi di +macchia in macchia, inosservato. Affettando indifferenza, Tiragallo +era venuto giù, passo passo, fino al piazzale della capanna, dov’io mi +trovavo. + +Il momento era solenne; ma mi erano bastati pochi secondi per prendere +la decisione estrema. Assicurai con una cordicella la mia pistola al +polso destro; afferrai la pistola lasciata da Tiragallo sul letto, e +me la legai parimenti al polso sinistro. Mi accertai che la lama del +mio pugnale uscisse liberamente dal fodero; montai i grilletti del mio +fucile a due colpi, e mi cacciai in fondo alla vastissima capanna, +nell’angolo più oscuro, pronto all’assalto ed alla difesa. Avevo +di fronte la porta (esposta a levante) e vedevo chiaramente quanto +accadeva sul piazzale. Sentivo il pianto delle donne, gli strilli dei +bambini, e il rumore delle sciabole dei carabinieri, i quali correvano +di qua e di là come indemoniati. + +Il maresciallo, a cavallo al par degli altri, si piantò dinanzi alla +porta, alla distanza di cinque o sei passi. Egli si rivolse a Carlo +Tiragallo, che gli era vicino, ma ch’io non vedevo: + +— C’è nessuno dentro la capanna? + +— Nessuno. La capanna è vuota! — rispose deciso Tiragallo, certamente +persuaso che anch’io fossi uscito all’aperto, riuscendo a mettermi in +salvo prima dell’arrivo dei carabinieri. + +Il maresciallo si rivolse a’ suoi dipendenti: + +— Qualcuno di voi smonti da cavallo e s’introduca nella capanna. + +Un carabiniere smontò di sella, e cacciò più volte la testa dentro la +capanna, senza però varcarne la soglia. Era titubante ed aveva paura. + +L’oscurità in cui mi trovavo gli impediva di vedermi. + +La situazione diventava più critica. Se i carabinieri si fossero +assembrati dinanzi alla porta, la mia uscita sarebbe stata impossibile. + +Feci due passi in avanti, risoluto di slanciarmi con impeto all’aperto, +dando uno spintone al carabiniere che stava sulla porta. La mia sorte +era decisa: o salvarmi per miracolo coll’audacia, o cader fulminato +dalle palle di venti carabine. + +Il carabiniere che con titubanza cacciava la testa nella capanna, senza +decidersi ad entrare, si era alquanto scostato, lasciando libera la +porta. + +Il maresciallo allora, o che avesse avvertito la mia presenza, o che +volesse sgomentare un bandito nascosto, puntò il fucile verso l’interno +della capanna e fece fuoco. La palla andò a conficcarsi nello stipite, +ed una scaglia colpì al labbro il carabiniere vicino. + +Costui, sentendosi ferito, indietreggiò, dicendo che gli avevano fatto +fuoco dall’interno della capanna. + +Gli altri carabinieri smontarono allora da cavallo, e si fecero alla +porta, gridando: + +— Compagni, coraggio! + +Colla furia di un gatto selvatico mi slanciai fuori all’aperto, col +fucile in faccia. Scaricai una delle canne a destra, e l’altra a +sinistra, e vidi un carabiniere stramazzare. I compagni, da una parte e +dall’altra, fecero un movimento istintivo, come per scansare il colpo +— ed io ne approffittai per saltare come un capriolo in mezzo ai miei +aggressori. Svoltai a sinistra, in faccia a _Scala di Ciogga_; gettato +a terra il fucile scarico, impugnai le due pistole, e giù a capofitto, +fra gli armati, a raggiungere il ciglione del monte. + +Oltrepassata di una diecina di metri la capanna, dietro un piccolo +promontorio coperto di macchie, mi trovai a sinistra dinanzi a quattro +carabinieri in agguato. Con un coraggio disperato mossi loro incontro, +puntando le due pistole; essi abbassarono la testa per schivare il +colpo; ma io, colla rapidità del lampo, mi voltai di scatto, raggiunsi +il ciglione della roccia a picco, tesi in alto le braccia stringendo +in pugno le pistole, spiccai un leggero salto, e mi lasciai cadere nel +vuoto, per un’altezza di oltre venti metri. + +La falda della montagna era tutta roccie e bosco, con piante altissime +di elci. + + [Illustrazione: Il salto dalla roccia di _Monte Fenosu_] + +Caddi in piedi, senza urtare per miracolo in alcun ramo; battei +leggermente la schiena contro un sasso, ma arrivai a terra illeso. Ero +salvo. Non avevo perduto che il berretto ed il fucile. Pensai allora +che i carabinieri sovrastanti mi avrebbero fatto fuoco dal ciglione, +dandomi la caccia. Strisciai come un serpe fra macchie, roccie e grossi +sassi lungo il dorso del monte, fino a che giunsi ad un tratto nudo +e roccioso, che io non poteva attraversare senza sfuggire all’occhio +vigile de’ miei cacciatori. Camminai carponi, mi aggrappai alle roccie +e alle macchie, strisciai tra i lentischi e gli elci, mi lasciai +rotolare dove il passo era impossibile, e mi trovai alfine alla base +del monte. Lamentai allora la perdita del fucile, perchè sentivo di +essere un uomo nullo. + +Continuai a camminar carponi, finchè m’internai nel bosco un’altra +volta, dove i carabinieri non mi potevano scorgere, nè inseguire. + +Sedetti alcuni minuti, perchè avevo bisogno di riposo; indi mi diedi a +contemplare l’alto monte, compiacendomi dell’avventura toccatami. + +Trenta carabinieri si erano recati lassù per arrestare il terribile +Cambilargiu, ed invece era stato io l’eroe della giornata. Circondare +un bandito dentro il suo covo, e lasciarselo scappare, non era certo +un’impresa degna di encomio per l’arma benemerita! + +Ma perchè i carabinieri non mi fecero fuoco addosso? Ne suppongo la +ragione: — quelli che circondavano la capanna si erano disposti in modo +da impedire la mia fuga; ma non avevano pensato, che venendo io fuori, +essi non avrebbero potuto spararmi senza ferirsi a vicenda. I quattro, +che trovai in agguato a poca distanza dal ciglione, tacquero di avermi +veduto, forse per non esser puniti. + +Il carabiniere da me colpito a _Monte Fenosu_ era Ribichesu: +precisamente colui che a Florinas si era vantato che mi avrebbe ucciso, +se si fosse trovato dinanzi alla porta di Antonio Maria Deia. Fu il +destino che me lo cacciò fra i piedi![42] + +Camminai a grandi passi per una mezz’ora, finchè giunsi dinanzi +all’ovile di Giovanni Mangattia. Mi accorsi che vi erano donne, e per +non spaventarle finsi l’indifferente e mi accostai cantarellando. + +— Non ci sono uomini, qui? + +— Li abbiamo in giro. Che volete, Giovanni? + +— Vorrei una cavalla. Ho saltato una roccia e mi son fatto male ad un +piede. Le precauzioni non sono mai troppe! + +La donna andò a slegare una cavalla, che si diede a tirar calci. + +— Che vuol dir ciò? è stata sempre docile, ed ora fa la matta! + +La donna non si era accorta, che la cavalla aveva sentito l’odore della +polvere. Quando avviene uno scontro, c’è sempre uno spirito infernale +che si mette di mezzo; e questo spirito s’era impadronito della cavalla +di Mangattia. Non tutti ci credono, ma io l’affermo perchè ne ho avuto +l’esperienza. Infatti, quando una cavalla (che vede più d’un uomo) +adocchia sulla strada uno spirito, s’impunta; e se noi, smontando, non +facciamo il segno della croce, non c’è verso che essa vada innanzi[43]. + +Saltai sulla cavalla, dicendole: + +— Ora che ti ho sotto, sbuffa, starnuta, calcitra, o crepa: l’hai da +fare con me! + +E rivolto alle donne: + +— Fra un’ora ve la rimanderò. + +— Tienila quanto vuoi. + +Attraversai a mezzo trotto _Badde Olia, Cannedda, Bunnari, Planu de +murtas_. Fatta un’ora di strada giunsi ad un’alta punta, nel sito +chiamato _Scala Ruja_, in territorio d’Osilo. Di là potevo scorgere +chiaramente la sommità di _Monte Fenosu_, dov’era avvenuto l’attacco. + +Il sole era vicino al tramonto, ed io vidi il lucicchio di un gran +numero di fucili. + +Seppi più tardi, che, poco prima della mia fuga dalla capanna, s’era +mandato un espresso a Sassari per chiamare un aumento di forza. Fu +spedita sul luogo una compagnia di soldati, guidata dallo stesso +colonnello. Ma era tardi. I due uccelli avevano preso il volo. + +Arrivati dinanzi alla capanna, il colonnello esternò il sospetto +di qualche nascondiglio nell’interno, che servisse di rifugio a +Cambilargiu; e senz’altro diede ordine di appiccarvi il fuoco, dopo +averne fatto togliere le masserizie. + +Si era dunque avverata la mia profezia ai fratelli Migheli: — badate +che i bocconi della città non vi facciano nodo alla gola! + +Carlo Tiragallo e suo figlio Giuseppe furono sospesi dall’impiego per +ordine del Governo. Il primo, tradotto a Cagliari, fu condannato a +diversi mesi di carcere, sotto l’accusa di favoreggiare i banditi. La +presenza di Carlo Tiragallo a _Monte Fenosu_, e la sua affermazione che +nella capanna non c’era nessuno, lo avevano pregiudicato. Noi credemmo, +invece, ch’ei si fosse prestato a farci un po’ la spia. Quantunque +punito dal Governo per la menzogna e per l’insuccesso della spedizione, +ho sempre creduto che anche il suo arresto fosse una commedia, per +metterlo in salvo dalle nostre vendette. Non è neppure improbabile, +che lo scorno fatto subire alle armi regie nella giornata del 12 +giugno 1853 avesse provocato lo sdegno del Governo. I Tiragallo erano +coraggiosi ed audaci, e la loro venuta a _Monte Fenosu_ per vendicare +l’insulto fatto al Maggiore Agostino, non era forse estranea al +complesso degli avvenimenti. + + + + +CAPITOLO XVI. + +Questua per un fucile. + + +Dalla punta di _Scala Ruja_ mi recai all’ovile di mio cognato (in _su +Crastu mal’a servire_) nel territorio di Codrongianus e di Cargeghe. + +Colà appresi, dal mio congiunto, essersi già divulgata la voce, ch’io +fossi rimasto ucciso, od arso vivo, nell’assalto di _Monte Fenosu_. + +Arrivati insieme nelle vicinanze di Florinas, dissi a mio cognato: + +— Dammi il fucile ed il berretto, e precedimi nel paese. Io resterò +qui, fino al tuo ritorno. + +Mio cognato trovò molta gente che faceva ressa dinanzi alla porta della +nostra casa. La mamma, le sorelle, i miei fratelli piangevano la mia +morte. I signori di Florinas si fingevano addolorati per la disgrazia +toccatami, e cercavano di consolare i miei congiunti; ma in fondo erano +contenti di essersi liberati di me. + +Mio cognato entrò in casa tutto allegro, e rivolto ai signori e a’ miei +parenti, esclamò: + +— Cessate il pianto e consolatevi! Nulla di grave è avvenuto. È appena +una mezz’ora che ho lasciato Giovanni, sano e salvo come siamo noi! + +La mamma e le mie sorelle, pazze dalla contentezza, ringraziarono Dio; +ma non so davvero se i signori florinesi abbiano fatto altrettanto! + +Mi fu subito mandato da casa un berretto nuovo; e pregai mio cognato +che mi lasciasse per un po’ di tempo il suo fucile. + +Una settimana dopo venne a trovarmi Pietro Cambilargiu, per informarsi +s’ero stato ferito, e se avessi riportata qualche contusione nella +caduta. + +Narratogli il mio caso, lo esortai ad unirsi a me per raggranellare +dagli amici la somma necessaria per l’acquisto di un nuovo fucile. + +Si andò insieme a trovare Salvatore Pinna, il capitano dei barracelli +di Florinas; il quale, a nome di tutta la compagnia barracellare, mi +sborsò dieci scudi, prelevati dalla cassa sociale. Si mandò in seguito +un’ambasciata anche a Gianuario Masia e a certo Marongiu, capitano e +tenente dei barracelli d’Ossi. + +Essi risposero, di lasciarci vedere nell’ovile dello stesso Masia, +nella Nurra, dove si sarebbe stabilita la somma da consegnarsi. + +Pietro Cambilargiu, sempre diffidente ed ombroso, mi disse con certo +risentimento: + +— Mi avvedo oramai che gli abitanti d’Ossi sono tutti d’accordo +per farmi arrestare, collo scopo di procurare la impunità al loro +compaesano Antonio Spano. È un complotto fatto! + +— Hai torto a parlare così! Essi pensano solamente a soccorrermi, non a +tendere un’insidia al mio compagno. + +Pochi giorni dopo Cambilargiu volle farmi una confidenza: + +— Senti, figlio mio. Ti avverto che, a tua insaputa, ho fatto scrivere +a mio nome una lettera a Monsignor Varesini. Gli ho chiesto cento lire, +dicendogli che ti abbisognavano per comprare un fucile, avendo perduto +il tuo nello scontro di _Monte Fenosu_. L’arcivescovo di Sassari mi +fece avere la somma... ed io me ne sono servito. Aggiusteremo i conti +un’altra volta[44]. + +A Cambilargiu erano abituali queste truffe, che io detestava. Un giorno +gli consegnai una somma, pregandolo di acquistare ad Osilo l’orbace +necessario, per farmi fare una giacca dalla moglie, molto abile in +simili lavori. Non vidi più denaro, nè giacca! + +Una sera, finalmente, il capitano dei barracelli d’Osilo mi avvertì, +che un mercante di panno, certo Vigliano Altea, aveva un buon fucile +da vendere. L’arma mi piacque, e il capitano l’acquistò per cento lire, +che prelevò dalla cassa sociale del barracellato. + +Quel giorno Cambilargiu mi disse: + +— Ed ora siamo in pace; tu possiedi il fucile, ed io mi tengo le cento +lire dell’Arcivescovo di Sassari! + +Non fiatai; ma il mio compagno non era contento. Parecchie settimane +dopo mi fece una nuova proposta: + +— Senti, figlio mio. Giacchè il capitano dei barracelli d’Ossi non si +è ancora degnato di sborsarti la somma promessa per l’acquisto del +fucile, andiamo a rubargli un cavallo; e poi gli diremo che se vuol +riscattarlo ci dia qualche soldo. + +Secondai questa volta l’amico per un doppio scopo. Ci recammo insieme +ad un’aia, dove sapevamo essere un buon cavallo, appartenente ad uno +zio di Antonio Spano, l’antico nostro compagno, col quale eravamo in +rottura, ed a cui volevamo fare un dispetto. + +Il cavallo era stato ritirato dal padrone pochi giorni prima; ed allora +portammo via un’altra buona cavalla, del valore d’una trentina di +scudi. Allo stesso tempo mandammo a dire al capitano dei barracelli +d’Ossi, che la bestia era in nostro potere, e che lui poteva da noi +ritirarla mediante lo sborso di soli sei scudi. + +Il capitano Masia ci mandò subito 35 lire, che Cambilargiu intascò +avidamente. + +— No — diss’io — bisogna essere di parola. Ho detto sei scudi, e non +devono essere sette! + +Ed imposi al mio compagno di rimandare al capitano uno scudo e la +cavalla. + +Anche estorcendo l’altrui danaro, bisognava essere onesti e +galantuomini! + + + + +CAPITOLO XVII. + +Ricettatori. + + +I fratelli Migheli, dopo lo scontro avvenuto nei loro ovili di _Monte +fenosu_, temendo giustamente d’essere presi di mira per aver dato +ricetto a due famosi banditi, si erano dati alla macchia. Non tardarono +a cadere nelle mani della giustizia, e furono chiusi in carcere. + +Diversi signori di Sassari, amici loro, volendo mettere in libertà i +due innocenti, si rivolsero a me ed a Cambilargiu, per impaurire alcune +autorità colle minaccie. + +Da qualche tempo, infatti, i giudici usavano un rigore eccessivo contro +i nostri ricettatori; e bastava che io o Cambilargiu fossimo accolti +in un ovile, perchè i poveri pastori venissero perseguitati e messi +in carcere. Ai ricorsi anonimi seguiva immantinenti il processo, e la +condanna. + +Simile misura ingiusta ci amareggiava l’anima. Che colpa, infatti, ai +poveri pastori od ai contadini, se ci davano ricetto e vitto quando +ci presentavamo alle loro capanne? E come avrebbero osato negarci un +soccorso, quando la nostra vendetta poteva farli pentire del rifiuto +datoci? + +L’ospitalità sarda è generosa, illimitata, cieca; nè vi ha capanna, nè +ovile, nè casolare di campagna che abbiano mai negato rifugio e pasto +ad uno straniero, che si presenta per chiederli! Non è solamente la +paura di un bandito che provoca la generosità di un pastore o di un +signore: nessuno nega un soccorso a chi lo chiede; ed è meglio cento +volte essere tacciato di ricettatore, che macchiarsi d’infamia vendendo +il proprio ospite. + +L’ospitalità non si concede ai soli banditi. Cento volte io venni +rifugiato, sfamato, soccorso, senza sapere ch’io mi fossi. Il pastore, +infatti, si guarda bene dal chiedere il nome dell’ospite che capita nel +suo ovile, poichè ben sa che nessuno ha il dovere di declinarlo. + +La giustizia ha dunque torto di perseguitare e punire i ricettatori +di un bandito. Quanti furti, quante grassazioni, quanti omicidi +risparmiati per quell’asilo concesso, per quel tozzo di pane dato, per +quel riposo consentito! Le compagnie barracellari dovevano all’amicizia +dei banditi la sicurezza delle campagne; poichè senza di essi non +avrebbero potuto conseguire benefizio alcuno. Il vero bandito sardo fu +il terrore dei ladri di campagna; una sua minaccia li atterriva. Io ben +so, che la giustizia fa il suo dovere — ma so ancora che molti giudici, +diventati liberi cittadini, non si rifiutarono mai a dar ricetto ai +latitanti. È rarissimo il caso di un tradimento. Quanti nomi di persone +ragguardevoli potrei io qui registrare, le quali mi hanno dato asilo +e soccorso, mantenendo il più scrupoloso silenzio sulla loro generosa +protezione in nome dell’ospitalità, ed anche colla coscienza di aver +contribuito a fare un bene e non un male alla società! — Avrei voluto +vederli i signori giudici al posto dei nostri ricettatori, che vivevano +solitari in aperta campagna! + +La persecuzione crudele verso i ricettatori, lo ripeto, ha sempre +indisposto i banditi; ond’è che io e Cambilargiu non potevamo rimanere +insensibili alla dura sorte toccata ai fratelli Migheli; i quali in +ogni tempo ci avevano dato ospitalità, più per bontà del loro animo, +che per il vincolo di parentela che li legava a Cambilargiu. + +Fra i più severi e inesorabili nemici dei ricettatori era il giudice +Satta, ploaghese, stabilito da molti anni a Sassari. Costui era un vero +cerbero; faceva arrestare a diritta ed a manca quanti concedevano un +giaciglio o un tozzo di pane ad un bandito. + +Dissi un giorno a Cambilargiu: + +— Senti: bisogna che da una buona volta ci decidiamo a fare qualche +cosa per giovare alla causa dei nostri amici e tuoi cugini fratelli +Migheli. Ho studiato il modo di rendere mansueto e tollerante il +giudice Satta. + +— Che hai pensato? + +— Ho una bella idea: mettere il giudice Satta nella critica condizione +dei ricettatori. Vieni con me, e secondami. + +Il giudice Satta possedeva a Sassari, nella regione _Eba ciara_, una +piccola campagna, dove soleva passare una buona parte del maggio e +dell’ottobre, insieme alla famiglia. Sapendo che il giudice trovavasi +colà da qualche settimana, io mossi a quella volta in compagnia di +Cambilargiu. + +Era mezzogiorno, quando arrivammo sotto al colle dei Cappuccini. + +Aprimmo il cancello, attraversammo il viale, e ci spingemmo fino alla +modesta casetta. Dall’acciottolìo dei piatti e dal rumore delle posate +ci accorgemmo ch’era l’ora del pranzo. + +Fattosi alla porta il vignataro, gli dissi risoluto: + +— Di’ al tuo padrone, che abbiamo urgente bisogno di conferire con lui! + +Fummo fatti entrare addirittura nella sala da pranzo. Erano a tavola +una diecina di persone, compresi i bambini. + +— Il signor giudice Satta? — chiesi rispettosamente, ponendo la mano al +berretto. + +Il giudice levò gli occhi su di noi, e ci fissò sbigottito, pallido +per la paura. Certamente, vedendoci armati di fucili, di pistola e di +pugnale, capì subito che aveva da fare con banditi. + +— Sono io! — balbettò con voce fioca e tremante — E voi... chi siete?! + +— Io sono Giovanni Tolu! — risposi umilmente. + +— Ed io Pietro Cambilargiu! — soggiunse il mio compagno, con bontà +rispettosa. + +Il giudice sbarrò tanto d’occhi. Alcuni giovanotti, udendo i nostri +nomi, si erano alzati vivamente da tavola ed avevano scavalcato la +bassa finestra della sala terrena. + +Io mi affrettai a soggiungere: + +— Non abbiano paura; non veniamo qui per far male a nessuno. Siamo +banditi, e abbiamo il diritto di vivere come tutti gli altri uomini. +Chiediamo ben poca cosa. Abbia la bontà, con suo comodo, di mandarci +una trentina di lire per mezzo del suo vignataro. Gli indicheremo il +sito, dove troverà la persona a cui consegnarle. + +— Non mancherò di farlo! — rispose il giudice Satta, respirando più +liberamente. — Sono spiacente di non aver la somma presso di me... + +— Non si disturbi. La manderà domani, con suo comodo. + +Il giudice Satta e la famiglia ci fecero allora buon viso, e ci +offrirono da mangiare e da bere; ma Cambilargiu si affrettò a dire, col +suo solito fare brusco ed insolente: + +— No: non vogliamo bere nè mangiare, poichè potreste darci il veleno! + +Ciò detto, augurammo il _buon appettito_ ed uscimmo dalla sala. + +Oltrepassato il cancello dissi al mio compagno: + +— Hai capito? D’ora innanzi il giudice Satta sarà più clemente coi +ricettatori di banditi. Anche lui ci ha dato ricetto, ci ha offerto +da bere, e ci manderà denaro! Puoi star certo che farà silenzio sulla +nostra visita! + +— Bravo! — mi disse Cambilargiu — hai dato prove di abilità e di +furberia! + + * + * * + +Sollecitati di nuovo ad adoperarci per la liberazione dei fratelli +Migheli, io dissi a Cambilargiu: + +— Che pensiamo di fare per i tuoi cugini? Non bisogna dimenticare +che i due figli di Salvatore Spano, di Ploaghe, sono impiegati nella +magistratura di Sassari! + +— Andiamo dunque a trovare Salvatore a Ploaghe! + +— No. È più prudente farlo venire in campagna; e a questo penserò io. +Mettiamoci in viaggio. + +Giunti nelle vicinanze di Florinas, mandai a chiamare Salvatore Pinna, +ex barracello, al quale diedi incarico di recarsi a Ploaghe per far +venire lo Spano al molino di _Badu-canu_, dove noi lo aspettavamo. + +Raccomandai intanto a Pietro Cambilargiu che frenasse il suo carattere +irritabile, mostrandosi umile e sottomesso col proprietario Salvatore +Spano, uomo grave, di buon senso, e fra i più saggi del paese. + +Un’ora dopo lo Spano ci stava dinanzi: + +— Che si vuole di me? + +— L’abbiamo qui chiamato per farci una carità. + +— Dite pure. + +— La preghiamo di raccomandare a’ suoi figliuoli, impiegati a Sassari, +di usare un po’ di misericordia ai fratelli Migheli, d’altro non rei +che di aver dato ricetto nella loro capanna a Pietro Cambilargiu ed a +Giovanni Tolu. + +— Non mancherò di farlo. Ricordatevi però, che i figli miei non +rappresentano il governo di Sassari. Essi sono semplici impiegati, che +dipendono da un’autorità superiore. Procuratevi dunque altre ingerenze, +e così uniti potremo giovare alla causa dei vostri raccomandati. + +Pietro Cambilargiu, con l’aria spavalda che gli era abituale, disse +rivolto allo Spano: + +— Badi di fare qualche cosa, chè altrimenti quei signori l’avranno da +fare con noi! + +Il vecchio Spano corrugò la fronte, e disse gravemente rivolto al mio +compagno: + +— Pietro, tu parli male! Quando si domanda una grazia, non si ricorre +a minaccie nè ad insolenze, che con me sono inutili. I miei figli sono +signori, vivono a Sassari, nè possono temere alcun danno da te. Se vuoi +essere ascoltato, parla come uomo, non come un insensato! + +Allontanatosi Salvatore Spano, ebbi un vivo diverbio col mio compagno +per le sue maniere ruvide e villane. + +— Hai dimenticato che siamo nelle vicinanze del mio paese! — gli dissi +— Io tengo a non essere insolente, nè sgarbato colle persone dabbene! + +Messici poi d’accordo, combinammo di rivolgerci ad uno studente, +per scrivere alcune lettere all’indirizzo di persone autorevoli, in +relazione con giudici. + +Le pratiche nostre, unite a quelle dello Spano, ebbero un ottimo +risultato. Poche settimane dopo i due fratelli Migheli venivano rimessi +in libertà dal tribunale di Sassari. + + + + +CAPITOLO XVIII. + +Barracellato di Florinas. + + +Faccio un passo indietro. Ho bisogno di dichiarare che io non posso +seguire scrupolosamente l’ordine cronologico dei fatti avvenuti. +Per essere più chiaro, intraprenderò, ramo per ramo, la storia della +mia vita. Non si deve dimenticare, che io narro gli avvenimenti di +quarant’anni, nè potrei interrompere un episodio per riprenderlo a +salti, secondo i diversi tempi in cui si svolse. + +Erano appena iniziate le prime pratiche per la liberazione dei fratelli +Migheli, quando il comune di Florinas pensò alla riorganizzazione della +compagnia barracellare per l’esercizio 1853-54. + +Il Consiglio comunale aveva deliberato di far cadere la nomina di +capitano dei barracelli su Peppe, il mio fratello gemello. Era evidente +che si voleva tutelare la sicurezza della proprietà col prestigio del +mio nome di bandito. + +Peppe me ne aveva già parlato, e il Consiglio chiedeva il mio parere, +prima di accingersi alla nomina definitiva, + +— Non voglio assolutamente che tu sia il capitano! — risposi a mio +fratello: — Tu devi rifiutare. Penserò io ad aggiustare le cose. + +Partecipata la rinunzia al Consiglio, questo per tre volte confermò +la nomina di Peppe Tolu; e quando si seppe che mio fratello rifiutava +per mio suggerimento, alcuni consiglieri pregarono il sindaco di +consultarsi con me per formare la compagnia barracellare di Florinas. + +Il sindaco uscì un giorno dal paese, come per diporto, e venne ad +abboccarsi con me in campagna. + +— È egli vero che tu ti opponi perchè tuo fratello non accetti la +carica di capitano, che vuole affidargli il Consiglio? + +— È verissimo! + +— E perchè ciò? + +— Perchè mio fratello non può, nè deve accettare la carica di capitano +dei barracelli! + +— Lo credi forse incapace a coprirla? + +— Lo credo capace, quanto abile ed onesto; ma è troppo povero, e gli +mancano i mezzi per disimpegnare convenientemente simile carica. Il +capitano ha bisogno di comoda stalla per custodirvi i cavalli, quando +capita la ronda dei barracelli d’altro comune; ha bisogno di essere +agiato per mettersi in grado di invitare a pranzo gli amici, quando +l’occasione si presenta; ha bisogno di spendere del proprio, perchè non +ha disponibile che la sola metà del salario anticipato dai vassalli. +Di questo salario non potrebbe servirsi, poichè dev’essere ripartito +alla fine della gestione fra i barracelli che rondano e lavorano +lungo l’anno: — se si verificano danni dovrà pagarli subito; se c’è +benefizio, dovrà fare il riparto equo. Mio fratello è troppo povero, nè +potrebbe senza sagrifizi ed umiliazioni disimpegnare una carica così +delicata. Credo in coscienza, che l’agiatezza e il benessere siano +indispensabili a chi è chiamato ad amministrare la roba d’altri; e +la miseria è sempre cattiva consigliera. Vi indicherò io la persona +da presciegliere per capitano dei barracelli. Intanto vi prego di far +venire qui don Ignazio Piras: ho bisogno di conferire con lui. + +Venuto a me don Ignazio, prese a dirmi col sorriso bonario dei signori, +che vogliono canzonare i poveri diavoli: + +— Ma perchè non vuoi permettere che tuo fratello faccia il capitano? +Tornerebbe ad onor tuo questa nomina; poichè quando si sapesse che il +capo della barracelleria è stretto congiunto ad un famoso bandito, i +ladri si guarderebbero dal recar danno all’altrui proprietà! + +— Si persuada, don Ignazio; noi possiamo ancor vivere senza +quest’onore. Non insista più oltre, e mi risponda! + +— Sentiamo. + +— Quanti agricoltori può ella contare sotto la dipendenza della sua +casa? + +— Una ventina; tu lo sai. + +— E il dottor Andrea Serra? + +— Altrettanti. + +— Ciò vuol dire, che le vostre due case dispongono dell’intiera +popolazione. Invece, dunque, di un capitano, vi suggerisco di nominarne +due; e la scelta non dovrà ricadere che su don Ignazio Piras e sul +dottor Serra. In tal modo la popolazione di Florinas dipenderà dalle +vostre famiglie. Il numero dei barracelli, fissato in 15, e che +potreste raddoppiare, voi non lo porterete che a soli 25; e così il +barracellato, alla cui riorganizzazione è concorso tutto il paese, non +sarà inviso alla popolazione, la quale vivrà tranquilla nell’unione e +nella concordia. È questa la mia opinione! + +Don Ignazio fece subito convocare il Consiglio comunale, e gli comunicò +la mia proposta, che venne accettata dalla maggioranza con viva +soddisfazione. + +Formata la compagnia barracellare sulla base da me suggerita, venni +invitato a recarmi segretamente a Florinas[45]. + +Trovandomi in quel tempo insieme a Pietro Cambilargiu, lo pregai di +tenermi compagnia. + +Ci presentammo in casa del capitano don Ignazio Piras, dove già +trovavasi il suo collega dottor Serra, nonchè i 25 barracelli, colà +attirati dalla curiosità di veder me e Cambilargiu, del quale avevo +preannunziato la visita. + +Come ci presentammo nella sala, don Ignazio fece far silenzio, e +rivolgendosi a me, prese la parola solennemente: + +— Giovanni Tolu; noi abbiamo seguìto il tuo suggerimento. Devo però +dirti, che il Consiglio ha deliberato di nominar te e Cambilargiu a +far parte della nostra barracelleria. Non pretendiamo che voi andiate +alla ronda (c’è abbastanza gente per farla!), ma desideriamo solo +che esercitiate una scrupolosa sorveglianza, massime verso i ladri +di bestiame. Dei guadagni della compagnia, voi sarete messi a parte +al pari degli altri; quanto alle perdite, non dovete preoccupacene: +pagheremo noi la vostra quota! Accettate? + +Fatto un inchino rispettoso, io risposi: + +— Don Ignazio, dottor Serra, amici tutti: io posso assicurarvi che la +capitaneria di questo anno avrà un esito soddisfacente, e apporterà +buoni frutti. Essa riuscirà più famosa di quella, che la tradizione ci +dice formata un’ottantina d’anni fa, sotto il comando di Baingio Canu. +Questo capitano (nominato quasi a dispetto del Consiglio comunale) non +volle seco che un solo barracello: il proprio nipote Pietro Canu. Vi +ricorderò il fatto, quale lo raccontano i nostri vecchi. + +«Narrasi, che la notte susseguente alla costituzione della strana +compagnia di due individui, si verificò il furto di due cavalli, +eseguito coll’intenzione dispettosa di farli pagare al capitano ed al +nipote. Avuta la relazione della mancanza del bestiame, Baingio Canu +andò, sull’imbrunire, a trovare il nipote: + +«— Pietro — gli disse — prendi il fucile e seguimi! + +«Baingio Canu era un uomo energico e risoluto: buono o cattivo, a +seconda le circostanze. + +«Si recarono entrambi, a notte tarda, dinanzi alla casa di colui, che +sapevano essere l’autore del furto. + +«— Bada di far fuoco sul ladro, appena si presenterà alla porta! — +fece Baingio al nipote. + +«— Sono agli ordini del capitano! — rispose Pietro, che rappresentava +l’intiera compagnia. + +«Lo zio picchiò risoluto alla porta. + +«— Apri Antonio, e vieni fuori: sono io! + +«Il disgraziato si fece all’uscio, e cadde fulminato da una fucilata.» + +— Così, o signori, finirà questa capitaneria — conchiusi, rivolto +all’adunanza. — Spero, però, che non avremo bisogno di spargere sangue +umano, poichè i ladri ci rispetteranno! + +Gli astanti si congratularono con me, e la seduta fu levata[46]. + +Pietro Cambilargiu non disse una parola; egli ben sapeva, come mio +compagno, che non doveva opporsi a quanto avevo stabilito. + +Terminata la discussione, don Ignazio Piras ordinò ai suoi servi di +andare in cantina a spillare il miglior vino. Fu dato a tutti da bere, +e si chiacchierò allegramente per una mezz’ora. + +Uscimmo dalla casa di don Ignazio per recarci in quella del dottor +Serra, dove ci fu offerto lo stesso trattamento. + +La moglie del dottore, colla quale ero in confidenza, m’abbracciò, e mi +baciò sulla guancia, alla presenza di tutti. + +Cambilargiu, ch’era al mio fianco, mi disse con una certa amarezza: + +— Vedo che sei proprio ben voluto nel tuo paese! + +Uscimmo sulla via, seguiti dai nuovi barracelli e da molti amici. +Eravamo costretti a fermarci di casa in casa, poichè ognuno voleva +offrirci da bere. Una folla di curiosi ci veniva dietro, e tutti +parevano soddisfatti di vedere i due banditi, resi maggiormente celebri +dopo i recenti attacchi di _Nuzzi_ e di _Monte Fenosu_. + +A Pietro Cambilargiu davano solo il _benvenuto_; ma io ero fatto segno +a dimostrazioni affettuose. Tutte le donne del mio paese, vecchie e +giovani, venivano sulla porta per stringermi la mano e per baciarmi, +compiangendo il mio triste destino. Ero vivamente commosso; mi pareva +di sognare, in mezzo a quella gente che mi aveva veduto nascere, o +colla quale avevo trascorso i più bei giorni della giovinezza. + +Mi accorsi che quell’accoglienza affettuosa e spontanea era una spina +al cuore di Cambilargiu. Egli mi camminava al fianco imbronciato e +riflessivo. Io, che conosceva la sua natura diffidente e sospettosa, +gli leggevo in fondo all’anima. Egli certamente supponeva, che i tanti +amici miei non potevano essere che suoi nemici, poichè volentieri +avrebbero a lui teso un’insidia per concedere a me l’impunità a prezzo +della sua morte. Pensiero eterno del bandito, che lo spinge a diffidare +dell’amore, che altri nutre per un compagno d’infortunio! + +Finalmente ci separammo, poichè non era prudenza rimanere più a lungo +in quel luogo — quantunque a Florinas non vi fossero carabinieri, e +don Ignazio avesse preso le debite precauzioni, prima di chiamarmi in +paese. + + + + +CAPITOLO XIX. + +Ancora Cambilargiu. + + +Dopo la nostra nomina a barracelli di Florinas, non tardai ad +accorgermi che Cambilargiu mi guardava in cagnesco, e non era con me +leale, come prima. Egli forse pensava, ch’era impossibile un’illimitata +confidenza fra un giovane trentenne ed un uomo grave di mezzo secolo. +Era invidioso della benevolenza che mi dimostravano i Florinesi: +indizio questo, che il mio paese non mi considerava come un tristo, +ma bensì come un disgraziato; e se avevo nemici a cui la mia esistenza +dava cruccio, avevo pure amici che mi volevano bene. + +Un solo fatto basterà a provare che la mia famiglia era ritenuta onesta +e di buon conto in paese. Io avevo imposto ai miei parenti di non mai +immischiarsi nelle mie vendette. Bastavo io solo per compierle: essi +non dovevano compromettersi. Con orgoglio posso dunque affermare, che +mentre i congiunti degli altri banditi vennero uccisi, molestati, o +tratti in prigione, a nessuno de’ miei parenti fu recato alcun danno, +nè da’ miei nemici, nè dalla giustizia. Io solo fui il disgraziato e il +perseguitato, e ciò torna ad onore della mia famiglia! + +Continuai ad accompagnarmi con Cambilargiu, ma l’uno ormai era di +peso all’altro. In lui l’invidia e il rancore per l’affetto che mi +addimostravano i Florinesi; in me il disgusto delle sue triste azioni, +che mi ripugnavano. + +Ogniqualvolta si andava insieme ad Osilo, fermandoci negli ovili, +Cambilargiu domandava con insistenza una pecora od un capretto ai +poveri pastori; i quali glieli davano subito, perchè avevano di lui +una paura maledetta. Ma non basta: egli portava quel capretto o quella +pecora nelle aie dei ricchi possidenti, e là si mangiava tutti insieme, +me compreso. + +Eseguita diverse volte questa vergognosa estorsione, un bel giorno io +dissi a Cambilargiu in uno di questi pranzi: + +— Zio Pietro, vuoi che ti parli chiaro? Non mi piace questo tuo +sistema. Tu strappi con violenza un agnello ai poveri pastori che hanno +i figli scalzi, per darlo a mangiare ai ricchi che possiedono pecore ed +agnelli in abbondanza. Non trovo troppo lodevole le azioni tue! + +Queste mie parole, pronunciate a tavola, alla presenza di tutti, +inasprirono Cambilargiu e i benestanti commensali. Essi me ne mossero +acerba lagnanza, ma io feci il sordo e non risposi. + +Un altro giorno ci trovammo insieme nelle vicinanze di Osilo, dove la +sua burbanza raggiungeva il colmo. Mentre si chiacchierava in un’aia, +scappò di là la famosa cavalla che avevano preso ad Ossi, per far +dispetto al capitano dei barracelli. Cambilargiu pretendeva che andassi +io a rintracciarla. + +— No, zio Pietro. Qui siamo nel territorio del tuo paese, e spetta a +tuo cognato riportare la cavalla. Io non manco di dartela insellata, +quando ti accompagno nelle terre di Florinas. Se tuo cognato non farà +il dover suo, aggiusterò io la faccenda! + +E qui un altro vivo diverbio, che per fortuna fu sedato dai parenti, i +quali mi diedero ragione. Il cognato di Cambilargiu riportò la cavalla, +e la cosa passò liscia. + +Poco tempo dopo, vennero rubate due bellissime cavalle dal villaggio +di Santo Lussurgiu: l’una appartenente a Francesco Beccu, l’altra di +proprietà di Andrea Sanna. Si sparse la voce che fossero in potere di +Cambilargiu e di Antonio Spano — ed era vero. + +La cavalla del Sanna, posseduta dallo Spano, era morta; l’altra del +Beccu era quella che montava Cambilargiu, quando l’ebbi a compagno. + +Non c’era verso ch’ei volesse restituirla; ed un bel giorno gli dissi a +denti stretti: + +— Senti: qui si tratta della roba d’altri, nè io voglio essere complice +di furti, che detesto. Se tu non restituirai la cavalla al padrone, io +rinunzio al piacere d’esserti compagno. Separiamoci! + +Cambilargiu si rassegnò a restituire la cavalla a Francesco Beccu, +ma pretese da lui dodici scudi, dicendo che ugual somma aveva egli +sborsato a chi gliela cedette. + +Non era ancora trascorso un mese dalle dimostrazioni popolari ricevute +a Florinas, quando Cambilargiu, sempre diffidente perchè si sentiva +meno agile per l’età avanzata, prese a dirmi con bontà affettata: + +— Con te, che mi sei figlio, non posso aver riguardi. Devo avvicinarmi +ad Osilo per affari urgenti. Quando avrai bisogno di me, fammi sapere +il luogo dell’appuntamento, e sarò sempre il tuo fido compagno. + +Così dicendo, ci separammo. Parecchie volte lo invitai a venirmi a +trovare nell’ovile di mio cognato, ma con mia sorpresa egli non si +lasciò mai vedere. Era chiaro che la diffidenza lo aveva allontanato +dal territorio di Florinas, temendo che i miei compaesani gli +tendessero un’insidia. + +Ma neppur io mi mossi per andarlo a trovare ad Osilo — nè più lo rividi. + +Intanto, scaduto l’anno del barracellato di Florinas, venne fatto il +riparto della _raccolta_, e toccarono a ciascun barracello settanta +scudi di benefizio. + +Quando ciò seppe Cambilargiu — quantunque neanche una volta avesse +prestato l’opera sua — mandò una lettera da Osilo a Don Ignazio Piras, +ricordandogli che anche lui era un barracello di Florinas, e pretendeva +la sua porzione. «Se non l’_intiero_ (egli scriveva). voglio almeno +_una parte_, perchè sono povero.» + +Erano rimasti a fondo del Bilancio sei scudi, ed io consigliai di non +darglieli; ma Don Ignazio, temendo la ferocia di quell’uomo, glie li +mandò fino ad Osilo. + +Continuai pertanto a interessarmi della barracelleria di Florinas, +sempre fiero di venir consultato dai barracelli, che in me riponevano +la loro fiducia. + +Il capitano non dura in carica che un solo anno, e a Don Ignazio Piras +era succeduto Gavino Pintus, il padre di Maddalena Bua. + +Nominato capitano dal consiglio comunale, quest’ultimo non aveva voluto +accettare; ed allora fu chiamato a Sassari dall’Intendente generale per +conoscere le ragioni del rifiuto. + +— Non accetto la carica di capitano — rispose il Pintus — perchè per +contentare il paese dovrei ricorrere ai congiunti del bandito Giovanni +Tolu — e non so se vostra eccellenza vorrà autorizzarmi a simile +scelta! + +L’Intendente gli disse: + +— Va pure in paese, e nomina i barracelli che vuoi, purchè tu faccia il +capitano. + +Tornato Pintus a Florinas, si affrettò a comunicarmi la risposta +dell’Intendente. Io lo persuasi a fare il capitano; ed egli chiamò a +far parte della compagnia i miei fratelli Peppe e Gio. Maria, nonchè +Giuseppe Rassu, il più savio di quella famiglia malnata. + +Quantunque io più non appartenessi alla compagnia barracellare, si +volle ch’io fossi compreso nel riparto degli utili annuali. Mi si dava +la porzione, senza ch’io la chiedessi. + +Durante questa barracelleria erasi verificata la mancanza di due +cavalle, per una delle quali fu inutile ogni ricerca. Trascorso +quasi l’anno, ricevetti una lettera da un amico, il quale m’informava +segretamente che la cavalla trovavasi a Mores. Egli mi sollecitava ad +adoperarmi per farla restituire ai barracelli, che l’avevano già pagata +al padrone. + +Parlatone coll’ex capitano Pintus, questi mi consigliò di non +occuparmene. + +— No — gli dissi — ci va dell’onore della compagnia, e farò il mio +dovere. + +— Ebbene, se tu riescirai a ricuperarla, tienila per te! + +Volli consultare i barracelli, i parenti e gli amici, e tutti si +dichiararono contenti che la cavalla fosse mia. Ritiratala facilmente +per mezzo di mio fratello, la tenni in stalla dall’ottobre al marzo, +senza servirmene. + +Avendo veduto la cavalla, alcuni malevoli misero in giro la voce che +non era quella di Florinas, ma bensì un’altra rubata in Campidano dalla +combricola del bandito Bìcchiri. + +La cavalla, infatti, non era quella di Florinas; ma io feci rispondere +ai maldicenti, ch’ero pronto a restituirla al padrone, se me lo +avessero indicato. + +Un assessore comunale osò avvertirmi: + +— Bada, Giovanni; non lasciar montare la cavalla da’ tuoi fratelli, +poichè verrebbero arrestati e messi in carcere. + +Io risposi di mala grazia: + +— Senta: la cavalla che ho in istalla non è quella di Florinas. +Se conoscessi il padrone vorrei intendermela con lui, poichè l’ho +ingrassata a mie spese. Io però la prevengo, che chiunque osasse +toccarmela — sia sindaco, brigadiere, o demonio — ci rimetterà la vita! + +Nessuno mai venne a reclamare la cavalla. La tenni per un po’ di tempo, +finchè la vendetti nella Nurra, dichiarando che avrei risarcito il +padrone, se si fosse a me presentato[47]. + + * + * * + +Non avevo più riveduto Pietro Cambilargiu. Un giorno Don Ignazio Piras +mi disse in confidenza, che il bandito osilese gli aveva mandato una +lettera, chiedendogli con minaccie danaro. + +— Che debbo fare? + +— Non gli dia nulla. + +— Uno è dirlo, l’altro è farlo. Tu sai ch’io vado spesso in campagna... + +— Si affidi a me. Ci penserò io! + +E infatti mandai a dire al mio antico compagno, che si guardasse bene +dall’avvicinarsi al mio paese; poichè era un’azione indegna quella di +estorcere danaro a persone, che aveva conosciuto per mio mezzo. Lui era +stato educato nell’ergastolo di Villafranca, e voleva fare il brigante +alla continentale — io invece preferiva fare il bandito alla sarda! + +Non ebbi più notizia di lui, fino al giorno della sua morte, che +narrerò brevemente. + +Separatosi da me, Pietro Cambilargiu sentì il bisogno di aver nuovi +compagni. Egli si accorgeva di essere diventato un po’ sordo e di vista +debole. + +Si era prima provato ad andar solo; in seguito ebbe a compagni +i banditi Depalmas e Salvatore Fresu, dai quali si separava con +frequenza, essendo anch’essi di età matura e poco agili. A quel tempo +Cambilargiu, quando a notte oscura usciva da un ovile, aveva bisogno +di venir accompagnato fino a un luogo di rifugio da persona fida, e +così pure i suoi nuovi amici Depalmas e Fresu. Condizione miseranda dei +banditi, quando diventano vecchi! + +Intanto il Governo, per potersi impadronire del famoso bandito osilese, +aveva ricorso al maresciallo Scaniglia, il quale si era assunto +l’impegno di consegnarlo, vivo o morto, e con qualunque mezzo, nelle +mani della giustizia. + +Lo Scaniglia, alla sua volta, aveva ricorso ad alcune spie; e, fra +gli altri, era riuscito a raggirare Luigi Marceddu, lontano nipote +di Cambilargiu. Costui, già proprietario pastore, era allora sotto +una penale di 70 rasieri di grano, dovuto per contravvenzione nella +_viddazzone_ di Sennori. + +Il maresciallo Scaniglia, non solo lo fece assolvere dalla penale, ma +gli donò ottanta marenghi, a condizione che si adoperasse per dargli in +mano, vivo o morto, lo zio Pietro Cambilargiu. + +Trovandosi Luigi Marceddu nella vallata di _Logulentu_, in compagnia +di Cambilargiu (che si fidava del nipote) riuscì ad ucciderlo. +Datone subito avviso al maresciallo, questi accorse sul luogo con +altri cinque carabinieri — e crivellarono di palle il cadavere del +bandito..... forse per allontanare i sospetti da una spia, sì abilmente +guadagnata[48]. + +In tutta la provincia, e specialmente a Sassari, la notizia della morte +di Pietro Cambilargiu fu accolta con vera gioia, e quasi con feste. + +Non tardò il congiunto Marceddu a ricevere la paga del suo nero +tradimento. Egli venne ucciso da un mugnaio — da certo Giomaria Ibba — +ch’ebbi più tardi a compagno, e di cui parlerò a suo luogo. + + + + +CAPITOLO XX. + +Ancora Antonio Spano. + + +Appena ucciso il negoziante sassarese Dionisio, il bandito Antonio +Spano e i suoi amici si erano dati a spargere la voce che l’uccisore +ero stato io. + +A Sassari si trovava in quel tempo l’avvocato Todde, cagliaritano, +professore all’università. Spinto dalla curiosità di vedermi da +vicino, gli fui presentato in campagna, col pretesto d’una partita di +caccia; ed egli si mosse a pietà delle mie sventure. Volle conferire +con alcuni magistrati, e fu riconosciuta la necessità di chiamarmi con +salvacondotto, per interrogarmi sull’uccisione di Dionisio, sperando di +attingere nuovi schiarimenti. + +Il prof. Todde, d’animo nobile e generoso, aveva preso impegno di +farmi abboccare coi giudici, unicamente per mettere in chiaro la mia +innocenza, smentendo le dicerie che correvano sul mio conto. + +Consultatomi coll’avv. Piras, accettai il salvacondotto. + +Il convegno mi fu dato in casa di Don Ignazio Piras, a Florinas, +dove si recarono colla _diligenza_ il giudice istruttore Murgia, il +procuratore del re Costa ed un segretario. Furono tutti trattati con +vero sfarzo in casa Piras; basti il dire, che nel pranzo offerto agli +ospiti vennero presentati a tavola venti _piatti caldi_. + +Comparso dinanzi a questi signori, il giudice Murgia chiese a Don +Ignazio un libro di Evangeli per sottopormi al giuramento. + +— Non importa — dissi — ho in tasca l’ufficio della Beata Vergine, che +pur contiene alcuni brani del Vangelo. D’altra parte credo inutile ogni +giuramento, perchè io deporrò il vero, secondo coscienza. + +— Che cosa sai dell’uccisione di Giovanni Antonio Matti, detto Dionisio? + +— So abbastanza. Mi trovavo di passaggio in un ovile della Nurra, +dov’era una serva sassarese. Costei, giorni prima, era stata citata a +Sassari come teste nella causa Dionisio. Ritornata all’ovile, le chiesi +per curiosità notizie del processo; ed ella mi disse, che le avevano +imprigionato il genero, per aver prestato ad Antonio Spano le sue vesti +da muratore, colle quali si era mascherato per uccidere più facilmente +Gio. Antonio Dionisio... + +— Ed altro non sai? — mi chiese il giudice Murgia, alquanto sorpreso. + +— Non c’è da saper altro. Il bandito Spano ha ucciso il signor +Dionisio, per vendicare l’insulto fatto al proprio fratello! + +Mi furono fatte diverse altre domande, che forse avevano rapporto con +qualche processo in corso od in vista. I giudici vanno sempre in cerca +di nuovi fili, ma non sempre la loro tela è ben tessuta. Ond’è che +questa (come lessi in un libro) rassomiglia ben sovente a quella dei +ragni: prende i moscerini, ma lascia scappare i mosconi! + +Prima di licenziarmi, il procuratore del re Costa mi chiese scherzando: + +— Hai tu fiducia nei salvacondotti? + +— E perchè no? Io credo che il Governo abbia il dovere di essere leale! + +Confesso, nondimeno, che, prima di mettermi in viaggio per Florinas, +avevo fatto vedere il salvacondotto ad una persona di fiducia — a don +Luigi Nurra, fisco a Cagliari, e genero del generale Grondona di Tiesi, +che si era ritirato a Cargeghe. Le precauzioni non sono mai troppe! + +Fu questo il mio primo salvacondotto; in seguito n’ebbi altri, come +dirò a suo tempo. + + * + * * + +Ho già parlato di uno zio di Antonio Spano, a cui io e Cambilargiu +tentammo un giorno di rubare una cavalla, in odio al nipote. Parlerò +ora di un altro suo zio, Luigi Mudadu, già laborioso ed onesto, ma +divenuto in seguito sicario, perchè unitosi al nipote. + +Un giorno, a Tissi, era avvenuta una grassazione a danno di un certo +Sebastiano Selis e di sua moglie Rosalia Figos; i quali erano stati +assaliti nella propria casa, e derubati di molto danaro e di molta +biancheria. Denunziati i malandrini al tribunale, nessuno venne +molestato, per mancanza di prove. Non mancò tuttavia chi risentì +danno da questa denunzia, e pensò alla vendetta. Il mandato di sangue +fu affidato a Luigi Mudadu, il quale, per danaro, tolse dal mondo +Sebastiano Selis. + +Un altro giorno Antonio Spano, insieme a Cambilargiu e ad altri quattro +compagni, si recarono alla _Nurra_ per dar l’assalto al noto sicario +Francesco S*, nell’ovile di _Rumanedda_. Quantunque colpito da molte +palle, il Francesco fu trasportato ad Ossi, e non tardò a guarire. + +Non passò gran tempo, che Antonio Spano, col concorso di altri +sei complici, ritentò il colpo su Francesco S*, assalendolo nella +propria abitazione, ad Ossi. Le grida della sorella di costui diedero +l’allarme, e gli assalitori dovettero rinunziare all’impresa. + +Ai menzionati delitti, col braccio o col consiglio, non fu estraneo +Luigi Mudadu. + +I due ribaldi, zio e nipote, continuarono senza tregua nella via del +misfatto, eccitati più dall’ingordigia del danaro, che dalla voce +dell’odio e della vendetta. Non li seguirò nelle loro scorrerie. Dirò +solo, che l’ora della condanna era suonata per entrambi. + +Antonio Spano, imprudentemente, aveva minacciato un giovane d’Ossi, +prevenendolo che lo avrebbe ucciso. Costui andò a consultarsi con altro +bandito compaesano, certo Andrea Sanna, che gli era amico. + +Fu concertato, che entrambi si sarebbero appostati sotto una roccia, +per spiare lo Spano, che con frequenza soleva recarsi a Muros. + +— Se ci verrà incontro in campagna, noi lo uccideremo — aveva detto +Sanna — se invece entrerà nel villaggio, lo faremo arrestare, perchè ci +è nota la casa del suo rifugio. + +Sull’imbrunire, non visti, essi scorsero Antonio Spano che prendeva il +cammino di Muros. + +Il bandito Sanna si fermò in campagna per assicurarsi che lo Spano non +uscisse dal paese; il giovane invece andò di corsa a Sassari per dare +avviso all’arma dei carabinieri. + +Verso l’alba alcuni carabinieri giunsero a Muros travestiti da +_stacciai_, e si aggirarono per il paese, fingendo vendere la loro +mercanzia. + +Si presentarono alla casa, in cui si supponeva fosse nascosto il +bandito Antonio Spano, e si trattennero a lungo dinanzi alla porta, +contrattando colle donne la vendita degli stacci, in attesa di altri +sei carabinieri a cavallo, partiti da Sassari un’ora dopo, come +d’intelligenza. + +Come si accorsero che i compagni entravano in paese, i due stacciai si +slanciarono di scatto nella stanza vicina, puntando le pistole al petto +del bandito, che non ebbe il tempo di mettersi in guardia. + +— Siamo carabinieri! Ti arrendi, o Antonio Spano? + +Colto all’improvviso, quell’imbecille fissò come istupidito i due +armati, e non ebbe il coraggio di far resistenza. Le due bocche delle +pistole, rivolte contro al suo petto, lo impressionarono. Ebbe paura... +e fu vile! Al suo posto io avrei lottato fino a farmi uccidere. Una +palla di piombo è sempre la benvenuta, quando ci salva dalla forca! + +Antonio Spano cedette le armi ai due stacciai, ed abbassò il capo con +rassegnazione, mormorando a fior di labbro: + +— Mi arrendo! + +Fu ammanettato e tradotto alle carceri di Sassari. + +Poco tempo dopo venne pur tratto in arresto lo zio, Luigi Mudadu, +l’uccisore di Sebastiano Selis. + +Il dibattimento dei due banditi ebbe luogo a Cagliari, e furono +entrambi condannati alla morte. + +Ordinata la traduzione a Sassari per esservi impiccati, i due +prigionieri si posero in cammino a piedi, scortati da molti carabinieri +a cavallo. + +Strada facendo essi si misero d’accordo; e riuscirono a comprare alcune +scatole di zolfanelli, che tennero per più ore in infusione in un +fiaschetto d’acqua. Approfittando di una sosta lungo il cammino, i due +congiunti trangugiarono arditamente la bevanda, e si avvelenarono. Il +nipote, di complessione piuttosto delicata, morì lo stesso giorno; lo +zio, più robusto, sorvisse ancora tre giorni. + +Ed ecco la fine di Pietro Cambilargiu e di Antonio Spano, i due più +efferati banditi del Logudoro, ch’ebbi a compagni per un po’ di tempo. +Il primo morì assassinato da un parente traditore; il secondo si salvò +dalla forca col veleno! + + + FINE DEL PRIMO VOLUME + + + + +INDICE + +DEL PRIMO VOLUME + + + AI LETTORI (_Storia della Storia_) Pag. 5 + Sui banditi del Logudoro (_Pagine storiche_) » 11 + + PARTE PRIMA + + PRIMA DELLA COLPA. + + CAP. I. Infanzia e prima giovinezza » 59 + » II. In cerca d’una moglie » 71 + » III. Alla festa di Mara » 78 + » IV. Ritorno dalla festa » 89 + » V. Fattucchierie » 96 + » VI. Convegni amorosi » 101 + » VII. Sponsali e luna di miele » 108 + » VIII. Prime nubi » 116 + » IX. Tentativi di pace » 127 + » X. L’attentato » 138 + + PARTE SECONDA + + IL BANDITO DI FLORINAS. + + Cap. I. Si torna agli esorcismi » 147 + » II. In casa di prete Pittui » 158 + » III. La famiglia Rassu » 167 + » IV. Si apre la campagna » 179 + » V. Chi nasce e chi muore » 193 + » VI. Duello a morte » 203 + » VII. Gli ultimi Rassu » 217 + » VIII. Agostino Alvau » 224 + » IX. Il bandito Derudas » 235 + » X. Giusta pena e pena ingiusta » 243 + » XI. La penna vale il fucile » 251 + » XII. Cambilargiu, Spano, Fresu » 260 + » XIII. I quattro banditi » 274 + » XIV. In bocca al lupo » 286 + » XV. A Monte Fenosu » 299 + » XVI. Questua per un fucile » 312 + » XVII. Ricettatori » 317 + » XVIII. Barracellato di Florinas » 323 + » XIX. Ancora Cambilargiu » 334 + » XX. Ancora Antonio Spano » 344 + + + + +INDICE DELLE VIGNETTE + + + VOLUME PRIMO + + RITRATTO DI GIOVANNI TOLU (frontispizio). + Lettera iniziale allegorica _al banditismo_ Pag. 13 + Testata allegorica sui personaggi della storia » 59 147 + Moglie tentatrice, e il villaggio di Florinas » 69 + Gli sposi uscenti dalla chiesa » 109 + Attentato contro il prete Pittui » 140 + Il bandito dal Rettore di Dualchi » 155 + Uccisione di Francesco Rassu » 215 + Il salto dalla roccia di _Monte Fenosu_ » 307 + + + + +NOTE: + + +[1] Giovanni Tolu, fatalmente, morì a Portotorres, di carbonchio, nel +pomeriggio dei 4 luglio 1896 — circa un mese dopo che avevo consegnato +il mio manoscritto all’Editore Dessì. A proposito della sua morte il +lettore troverà un’appendice in fondo a questo libro. + +[2] È ancor viva nel popolo la famosa carestia nel 1780, che provocò da +per tutto disordini, specialmente a Sassari. + +[3] Nella famiglia di Giovanni Tolu furono comunissimi i parti doppi. +Anche la figlia del bandito n’ebbe parecchi. + +[4] Florinas, a 15 Chilometri da Sassari, è un ameno paesello di circa +2200 abitanti. Dicesi costrutto sulle rovine di _Figulina_, oppido +romano. Posto in altura, sopra un gruppo di pittoresche colline, vi +si gode di un orizzonte vastissimo. Gli abitanti, industriosi, attivi, +intelligenti, sono per la maggior parte dediti all’agricoltura. Questo +comune, uno dei più lindi dell’isola, ha fatto notevoli progressi +in questi ultimi tempi. Dal 1849 ed oggi il suo piano topografico +si è quasi trasformato, poichè molte case furono demolite per la +sistemazione delle vie e delle piazzette, che vi sono spaziose, +arieggiate, pulitissime. + +[5] Non so a quali malifizî qui accenni il Tolu. Certo è, che prima del +1848 (ed anche dopo!) il volgo si lasciava trascinare a superstiziose +credenze, alimentate dall’ignoranza o dalla furberia di chi aveva il +dovere di combatterle. + +[6] Giovanni Tolu mi citava assai spesso i personaggi della Storia +sacra e quelli dei _Reali di Francia_ — letture sue predilette, dopo +che fu bandito, come vedremo in seguito. + +[7] Era questa l’abituale espressione dell’ex bandito. Per _mia +opinione_ egli intendeva dir tutto: il _mio parere_, il _mio +desiderio_, la _mia volontà_, il _mio intendimento_, la _mia +decisione_, ecc. ecc. + +[8] La chiesa di _Bonuighinu_ (Buon vicino) è sacra alla Vergine +addolorata. Ha un bell’atrio quadrato, ed è costrutta su di un monte +conico di difficile accesso, circondato da foreste, con ruderi di +mura antiche, di una torre, e di due cisterne appartenenti al famoso +castello omonimo, pur detto di _Bonvhei_. Questo castello, eretto dai +Doria, fu da questi venduto a Mariano di Arborea; il quale, dopo averlo +ceduto nel 1355 al re di Aragona, lo riebbe nel 1364. Tornò in seguito, +nel 1388, agli aragonesi, e poi di nuovo ai Doria nel 1436. + +La festa di N. S. di _Bonuighinu_, con fiera, ha luogo nella terza +domenica di settembre, e vi accorre molta gente da ogni parte +dell’isola, sebbene in minor numero e con minor entusiasmo di quella +che vi accorreva prima del 1850. + +[9] Noti il lettore questo curioso amor proprio rusticano. La povertà +era ritenuta un’umiliazione, anche dalla classe dei contadini! + +Ha dell’incredibile la felice memoria di Giovanni Tolu sui fatti +accaduti da oltre quarant’anni! Egli mi narrò molti altri particolari, +che ho taciuto perchè insignificanti. Ripeto che l’ex bandito fu +scrupolosissimo nella sua narrazione, nè accennò mai a fatti, senza +declinare nomi di persone e di località. + +[10] Ricordi il lettore, che io riporto fedelmente, quasi parola per +parola, la narrazione dell’ex bandito. Parrà certamente incredibile, +che un uomo come Giovanni Tolu, assennato, pieno di buon senso, e d’una +istruzione non comune, potesse prestar fede alle _legature_ e ad altre +simili fandonie. Eppure è così! Era una sua debolezza a molti ignota, +e appena sfiorata nel processo svolto nelle Assise di Frosinone. Il +Tolu mi parlava delle _fattucchierie_ con profonda convinzione, e si +mostrava offeso ogni qualvolta io le metteva in dubbio od in ridicolo. +Rileverà il lettore, andando innanzi nella narrazione, altre stranezze +dello stesso genere, ch’io riporterò fedelmente, senza commenti. + +[11] Non dovremo noi scusare la superstizione di Giovanni Tolu, quando +la vediamo condivisa, o alimentata da sacerdoti così credenzoni? Poveri +paesi, e poveri tempi! + +[12] Una volta per sempre devo dichiarare, che io riporto fedelmente la +narrazione dell’ex bandito, e che non aggiungo una parola ai dialoghi, +che sono tutti tuoi. Ripeto che non volli alterare l’originalità delle +scene rusticane con slanci di rettorica convenzionale. + +[13] Forse l’avv. Racca, reggente allora l’intendenza Generale, dopo +la partenza di De Monale. Il Racca fu Intendente di Alghero nel 1855, e +Vice Governatore di Sassari dal 1859 al 1862. + +Erano tempi d’inimicizie e di fucilate, e le Autorità cercavano +ogni mezzo per togliere il pretesto ai sanguinosi conflitti, allora +frequentissimi. + +[14] Specie di guardaboschi. Si era da un solo anno sotto la +Costituzione, ma pare si continuasse a governare coll’autoritarismo del +regime assoluto! + +[15] Lungo questa scarpa fu di recente costruito un parapetto. + +[16] Recipiente di forma cilindrica, intessuta di canne, per custodirvi +il grano quando si ritira dall’aia. + +[17] Era allora Luogotenente, non Maggiore di piazza. + +[18] Pare che i preti e i frati d’allora attingessero la potenza +dell’esorcismo alle illecite relazioni. È cosa che io ignoravo fino ad +oggi! + +[19] Giovanni Tolu chiamava _Perpetue_ tutte le serve dei preti. + +[20] Lo ripeto. Dovremo noi ridere della superstizione di Tolu, quando +la vediamo incoraggiata in siffatta guisa da preti così ignoranti, o +così furbi? Rimando il lettore alla nota apposta appiè della pagina 99. + +[21] Lascio a Giovanni Tolu tutta la responsabilità delle _biografie_ +contenute nella presente storia. Per quanto scrupoloso e veritiero egli +fosse, noi dobbiamo pure ammettere che qualche volta l’ex bandito avrà +giudicato gli uomini attraverso la lente del propri odî o delle proprie +simpatie. D’altra parte il lettore non deve mai dimenticare il tempo in +cui i nostri fatti accadono! + +[22] Badi il lettore che io riporto fedelmente, senza rispondere dei +giudizi e delle asserzioni di Giovanni Tolu. + +[23] Fra Tolu e i Dore pare vi fosse ruggine antica. Vi ha un processo +contro Tolu per _insulti_ fatti a Giuseppe Dore mediante arma da fuoco, +il 1. Giugno 1850 (era ammogliato da un mese e mezzo). — Gio. Tolu non +me ne parlò; e forse l’accusa gli venne dal prete, indispettito per il +matrimonio della sua servetta. + +[24] Narro il fatto colle precise parole del bandito, che non aggiunse +altro. Era facile intendere, com’egli avesse preso di mira il suo +nemico, fingendo far fuoco al par degli altri in direzione della +costiera. Fu questo il primo uomo ucciso da Giovanni Tolu. + +Quest’omicidio fu commesso il 19 maggio 1851, come risulta dal processo +indiziario, che fu istruito a carico di Tolu. + +[25] La fede nei sogni era un’altra superstizione del Tolu. + +[26] Il ferimento avvenne il 19 aprile 1851. I sospetti caddero su +Tolu, come mi risulta da un processo; però, con ordinanza del 17 +dicembre 1852 fu dichiarato _non farsi luogo a procedere_. Sapremo più +tardi la verità! + +[27] Pare che questa punizione fosse adottata nella sola Diocesi di +Sassari. + +[28] Morì a Sassari il 21 agosto 1851, in età di 56 anni. + +[29] Il Tolu leggeva spesso i _Reali di Francia_, come vedremo in +seguito. + +[30] Francesco Rassu fu ucciso il 4 gennaio 1853. Aveva 39 anni, come +rilevai dai registri parrocchiali di Florinas. + +[31] Salvatore Rassu venne ucciso il 23 settembre 1854. Tolu mi fece +comprendere di averlo ucciso lui, quantunque non si fosse istruito +alcun processo, e molti ne dubitassero. + +[32] Altri disse, che una donna, complice del progettato assassinio, +a un certo punto si era alzata dal tavolo per aggiustare il lucignolo +di una lucerna, impedendo così all’Alvau di vedere Antonio Sento che +armava il grilletto. Credo più veridica la versione del Tolu, che +l’apprese della bocca degli stessi aggressori. + +[33] Il cadavere di Alvau fu portato sulle fascine a Sassari; venne +subito esposto fuori Porta Sant’Antonio, e l’indomani in Piazza +Castello. + +[34] Non era certamente il diavolo, ma era il dolore e l’onta per la +condanna infamante, che avevano fulminato quel poveretto. Valga anche +questo fatto per farci deplorare le pratiche edificanti di quei tempi! + +[35] Questa raffinatezza di ghiottoneria, inferocendo sulle povere +bestie, farà arricciare il naso alla società protettrice degli animali, +per i quali i pastori non nutrono certo la tenerezza dei cittadini +civili. Questi, nondimeno, non cessano dal lagnarsi quando le carni non +sono saporite! + +[36] Siamo giusti. Se la denuncia all’autorità giudiziaria fosse stata +fatta da altri in odio a Tolu, non so se costui l’avrebbe trovata +encomiabile! + +[37] _Mancamento_ dicesi in sardo il bestiame mancante, denunziato ai +barracelli dai proprietari. + +[38] Noti il lettore il prestigio che esercitavano i banditi sui +pastori, e lo studio di questi per ingraziarseli. + +[39] Avrà notato il lettore i buoni accordi che correvano fra banditi e +barracelli. Gli uni servivano gli altri. + +[40] Il fatto avvenne il 16 Settembre 1852. Fu ferito con arma da fuoco +il brigadiere del cavalleggieri Giuseppe Andorno. Vi ha processo; +ma con ordinanza del 30 dicembre si dichiarò _non farsi luogo a +procedimento_. + +[41] Riassumo dagli atti del processo i fatti, secondo la relazione dei +carabinieri e dei due contadini presenti. + +«Il maresciallo dei cavalleggieri Teodoro Prelato, della stazione di +Osilo, informato che Cambilargiu vagava nei dintorni, e specialmente a +Nuzzi, il 10 giugno 1853 capitò nella vigna del medico Giorgio Vacca +(figlio della vedova Chessa) insieme al brigadiere Gio. Leoni ed ai +cavalleggieri Angelo Coas, Paolo Achenza, Giuseppe Dasara e Giuseppe +Sassu. Entrarono nella casa rustica, dove subito accorsero i contadini +Antonio e Francesco Vacca (fratelli del medico) che lavoravano nella +vigna. + +Il cavalleggiero Dasara aveva scaricato poco prima la canna del fucile, +che teneva per dubbia. (Era questo lo sparo avvertito in precedenza dai +due banditi). + +Il maresciallo, udendo abbaiare il cane ed aprirsi il cancello, +(distante dalla casa un 27 passi) era uscito fuori, seguito da +Francesco Vacca, ed aveva riconosciuto, in uno dei due che entravano, +Pietro Cambilargiu. + +— Sei barracello, forse? — gli gridò. + +— E tu sei maresciallo? + +— Sì, lo sono! + +— Vieni, cane, che ti metto la medaglia d’oro! + +La lotta si era impegnata fra i due, che si fecero fuoco a vicenda. +Il maresciallo ebbe spezzato da una palla il calcio della pistola. +(Nessuno conosceva Tolu di persona.) + +Corso il maresciallo dietro la casa per ricaricare l’arma, aveva +gridato ai compagni: — Coraggio, c’è Cambilargiu! + +Fu allora che i banditi uscirono prestamente dal cancello, lo +rinchiusero, e vi appoggiarono un grosso sasso. Di là fecero due spari +ed uccisero il cavalleggiere Sassu (con cinque ferite). + +Fatti gli spari, i cavalleggieri corsero al cancello, ma non potendolo +aprire, saltarono dall’alta siepe. I banditi si erano dileguati nè +poterono inseguirli, poichè dinanzi alla vigna vi erano tre viottole, +nè sapevano quale avessero presa. + +Uno dei contadini disse, che Tolu fu ferito ad un dito ed ebbe spezzata +la bacchetta del fucile. + +Tolu niega che avessero messo il sasso dinanzi al cancello. + +[42] Vi ha processo per l’omicidio del carabiniere Antonio Rebichesu di +Sassari, in atto di ribellione e resistenza; più per ferimento di altri +due carabinieri, Antonio Contu e Francesco Sperone, mediante sparo. +Si allude forse al carabiniere ferito accidentalmente al labbro dal +maresciallo, ed a qualche altro colpito dal Tolu coi due spari fatti. +Come mai costui, scaricando le due canne del fucile, poteva colpire +tre persone in tre tempi diversi? C’è imbroglio nel processo; ed è +forse perciò che si tacque di esso, mentre si portò alle Assise il +solo scontro di _Nuzzi_, avvenuto due giorni prima di quello di _Monte +Fenosu_. + +[43] Riporto le credenze di Tolu, senza commenti. + +[44] Anche gli Arcivescovi avevano paura dei banditi e cercavano di +amicarseli! + +[45] L’anno del barracellato comincia coll’agosto, e termina collo +stesso mese dell’anno susseguente. + +[46] La narrazione di Tolu, a proposito dei barracelli non deve +sorprendere il lettore, poichè è un fatto che si verifica con molta +frequenza. Certi latitanti (parrà strano!) erano, e sono tuttora +ritenuti come una garanzia per le compagnie barracellari. + +E fu così in ogni tempo. Il 6 dicembre 1730 (per citare un esempio) +il Vicerè scriveva al Governatore di Sassari, autorizzandolo alla +nomina di Francesco Farru a capitano della Compagnia, colla condizione +imposta, di accettare i barracelli scelti da costui. Il Vicerè notava +solo, che essendovi fra essi alcuni _reos de delictos_, non era bene +accoglierli in un Corpo incaricato dell’estirpazione dei malandrini. +— Eppure si doveva chiudere un occhio, e accettare i ladri per +scongiurare i furti! + +Della compagnie barracellarie si hanno nozioni fin dal tempo dei +Giudici (nei secoli XII e XIII). Esse vennero stabilite in ciascun +villaggio coll’obbligo di ricompensare, mediante retribuzione, +qualunque danno sopportato nelle proprietà. Fu questa una delle ottime +istituzioni sarde, conservate fino ad oggi, con qualche modificazione. +Dopo il 1848 divennero _volontarie_, ed oggi sono rette dalla legge 22 +maggio 1853. + +[47] Lo scambio delle due cavalle è un fatto misterioso; ma non +posso fornire maggiori schiarimenti, poichè Tolu non me ne diede. +Valga questa nota per altri punti un po’ oscuri della narrazione. +L’ex bandito s’imbronciava quando io l’interrompevo per chiedere +spiegazioni. Egli mi diceva secco: + +— Scriva quanto le dico. Gli _interessati_ mi comprenderanno! + +Era un uomo singolare, un po’ testardo, e non bisognava insistere. + +[48] Fu ucciso nel pomeriggio del 23 giugno 1856 (vigilia di San +Giovanni). L’indomani il municipio di Sassari fece un rapporto al +Ministero, annunciando la morte di Cambilargiu, (_pernicioso anche +col solo prestigio del nome_) ucciso da pochi carabinieri dopo _viva +resistenza_. I cinque carabinieri, oltre lo Scaniglia, furono: Usai, +Vargiu, Porqueddu, Pugioni e Catte. + + + + + +Nota del Trascrittore + +Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo +senza annotazione minimi errori tipografici. + + + +*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 76574 *** diff --git a/76574-h/76574-h.htm b/76574-h/76574-h.htm new file mode 100644 index 0000000..97a42f0 --- /dev/null +++ b/76574-h/76574-h.htm @@ -0,0 +1,16564 @@ +<!DOCTYPE html> +<html lang="it"> +<head> + <meta charset="UTF-8"> + <title>Giovanni Tolu, vol. I | Project Gutenberg</title> + <link rel="icon" href="images/cover.jpg" type="image/x-cover"> + <style> +body {margin-left: 10%; margin-right: 10%;} + +p {margin-top: .5em; margin-bottom: 0em; line-height: 1.2; text-align: justify;} +.blockquote {margin: 1em 10%; font-size: 95%;} +p.indl {text-align: left; margin-left: 5%;} +p.indr {text-align: right; margin-right: 5%;} +.center {text-align: center; text-indent: 0;} +.title {text-align: center; font-size: 130%; margin-top: 1em; margin-bottom: 1em;} + +div.booktitle {page-break-before: always; padding: 3em;} +div.titlepage {text-align: center; margin: 0 5%; padding: 2em 0; page-break-before: always; page-break-after: always;} +div.titlepage p {text-align: inherit;} +div.somm {page-break-before: always; padding-top: 3em;} +div.chapter {page-break-before: always; padding-top: 3em;} +div.chapter h2 {page-break-before: avoid;} + +h1,h2,h3 {text-align: center; font-style: normal; +font-weight: normal; line-height: 1.5;} +h1 {font-size: 150%;} +h2 {font-size: 140%; 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TIP. G. DESSÌ<br> +1897.</span> +</p> +</div> + +<div class="somm"> +<hr> +<p class="center x-large"><a href="#indice" id="indfront">INDICE</a></p> +<hr> +</div> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span></p> + +<h2 id="lettori">AI LETTORI +<span class="smaller">STORIA DELLA STORIA</span></h2> +</div> + +<p> +Verso gli ultimi di novembre dello scorso +anno, rientrando nel mio studio, vi trovai +un vecchio, che da mezz’ora mi aspettava. +</p> + +<p> +Chiestogli il motivo della sua venuta, mi +rispose con una domanda: +</p> + +<p> +— È egli vero che lei ha scritto la storia +di Giovanni Tolu, il bandito? Avrei piacere di +leggerla. +</p> + +<p> +— Non ho mai scritto storie di banditi viventi — risposi. +</p> + +<p> +Il vecchio, senza punto scomporsi, ripigliò +con sussiego: +</p> + +<p> +— Se lei non l’ha scritta, è certo che ben +presto la scriverà! +</p> + +<p> +— E perchè dovrò scriverla? +</p> + +<p> +— Perchè glie la dirò io, che sono Giovanni +Tolu in persona. +</p> + +<p> +La strana presentazione mi sorprese non poco; +tuttavia risposi: +</p> + +<p> +— Non so davvero perchè lei voglia narrarmi +la sua storia, nè perchè io debba scriverla. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span> +</p> + +<p> +— Le dirò sinceramente, che ormai sono +stanco e infastidito delle fandonie che si vanno +spacciando sul mio conto. Lungo la mia vita di +bandito e d’uomo libero — per oltre quarant’anni — si +dissero e si stamparono sui miei casi inesattezze +tali, che mi preme rettificare. Non voglio +colpe, nè virtù che non mi spettano. Fui intervistato +da un numero infinito di curiosi, italiani +e stranieri, ma non volli finora aprire l’animo +mio ad alcuno. Oggi solamente mi sono deciso +a fare una confessione generale, schietta, veridica, +senz’ombra di vanità, nè di secondi fini. Esporrò +lealmente i casi della mia vita, persuaso che il +racconto delle mie avventure desterà nel pubblico +una curiosità non infeconda di ammaestramenti; +di ammaestramenti per tutti: per le famiglie, +per i giudici, per i disgraziati miei pari, +ed anche per il Governo se vorrà trarne profitto. +A settantaquattro anni non si hanno più speranze, +nè timori; ed è perciò che io voglio presentarmi +al pubblico tutto intiero, quale realmente fui, spogliando +la mia vita da tutti gli episodi fantastici +e bugiardi, di cui volle infiorarla il volgo... ed +anche i signori. Ecco perchè voglio narrare la +mia storia — ed ecco perchè lei dovrà scriverla! +</p> + +<p> +La lunga tirata del bandito — che ho riportato +parola per parola — mi colpì vivamente; +tuttavia il mio proposito fu quello di sottrarmi +ad un fastidio penoso, che non mi tentava per +alcun verso. +</p> + +<p> +Risposi francamente al vecchio bandito: che +il narrare simile storia non era facile com’egli +credeva; che bisognava studiare il modo conveniente +di presentarla al pubblico; e che infine, +prima di accingermi a scriverla, era necessario +intendersela con un editore. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span> +</p> + +<p> +— Intendiamocela pure! — esclamò il Tolu +col tono di un uomo incrollabile ne’ suoi propositi. +</p> + +<p> +All’amico Giuseppe Dessì — l’editore da +me consultato alla presenza del bandito — non +spiacque l’idea; e mi pregò di accingermi all’opera. +</p> + +<p> +Stabilite le condizioni, Giovanni Tolu si +fermò in Sassari fino a tutto gennaio. Ebbe la +pazienza di recarsi ogni sera nel mio studio, e +mi dettò la sua lunga storia, che io trascrissi fedelmente. +</p> + +<p> +Seduto dinanzi al camino, caricando o scaricando +la sua pipa, il vecchio bandito (ora in +buon sardo, ed ora in cattivo italiano) prese a +narrarmi i casi della sua vita, risalendo ai nonni; +e filò sempre diritto per venticinque giorni, con +un ordine ed una chiarezza, ch’io non mi aspettava. +Circostanze minuziose, dialoghi, nomi di +persone e di località, episodi d’ogni genere, tutto +egli mi espose scrupolosamente, senza mai confondersi, +nè contraddirsi. +</p> + +<p> +— Io voglio narrarle il <i>bello</i> ed il <i>brutto</i> — mi +diceva ogni tanto — A lei buttar via ciò che +crede inutile o insignificante. +</p> + +<p> +Lo confesso: la semplicità, la schiettezza, +l’ordine della narrazione, nonchè la varietà degli +episodi, mi fecero lieto di aver aderito al desiderio +dell’editore e del mio protagonista. Nessuna +storia di bandito fu narrata finora con tinte più +vere e con particolari più intimi; poichè non capita +due volte il caso di un bandito famigerato, +che, assolto dalle Assise di Frosinone (e meno +male che non lo fu in Sardegna!) si decide a confessare +coraggiosamente le sue colpe, senza tema +che possa immischiarsene l’autorità giudiziaria. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span> +</p> + +<p> +La storia del Tolu abbraccia, fra gli altri, +il tristo periodo che corse tra il 1850 e il 1860 — periodo +ancor vivo nella memoria del popolo, poichè +in esso appaiono le figure di Spano, di Derudas, +di Cambilargiu, d’Ibba — tutti banditi famosi, +che il Tolu ebbe a compagni, e di cui ci +narra non poche gesta. +</p> + +<p> +Mio primo proposito fu quello di servirmi +dei copiosi materiali fornitimi dal Tolu per tessere +una storia vera, ma tutta mia nell’ordine e +distribuzione delle scene. Non tardai, in seguito, +a rinunziare al mio disegno. +</p> + +<p> +Io dissi a me stesso: — Perchè dovrò io +torturarmi la mente, creando situazioni che possono +cadere nel convenzionalismo? Perchè accingermi +allo studio di artifizi letterarii, quando non +pochi sono i testimoni viventi dei fatti che andrò +esponendo? Perchè assumere la responsabilità di +giudizi, che potrebbero glorificare od avvilire la +figura d’un uomo disgraziato, ma colpevole sempre? +Perchè, infine, dovrò io narrare la storia di +Giovanni Tolu, quando con più efficacia può narrarla +lui stesso? +</p> + +<p> +Non trovando ragioni da opporre a tutte +queste domande, rinunziai a scrivere un lavoro +d’arte, e decisi di riportare fedelmente la confessione +del Tolu, seguendo l’ordine da lui tenuto, +e servendomi quasi sempre de’ suoi modi di dire. +La storia del vecchio bandito (sebbene più prolissa +e forse più noiosa) potrà così conservare +tutta la natia semplicità, tutto il colore locale, +e quella vergine impronta che darà maggior risalto +al carattere del tempo, degli attori e dell’ambiente. +Mi limiterò solamente ad apporre qua +e là qualche breve nota appiè di pagina, quando +la crederò necessaria. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span> +</p> + +<p> +Ho voluto visitare, in compagnia del Tolu, +alcune località che furono teatro delle scene più +salienti; ed ho quindi eseguito alcuni schizzi, sui +quali il valente Dalsani di Torino studiò le macchiette +riportate in questo libro. Dobbiamo al +Turati di Milano la riproduzione in fototipia del +ritratto recentissimo del vecchio bandito, fatto +eseguire dall’editore. +</p> + +<p> +Nel mio libro non si narrerà la storia di un +semi-eroe, quale il poeta suol narrarla — nè la +storia di un volgare assassino, come crudamente +la registrano gli atti del tribunale. Si narrerà la +storia di un uomo co’ suoi vizi, le sue virtù, le +sue passioni. Certo è, che il lettore vi troverà +molte cose ignorate, le quali potranno offrire argomento +di profondo studio al psicologo ed allo +storico. +</p> + +<p> +Chi è Giovanni Tolu? — Un figlio di umili +agricoltori florinesi, pieno d’intelligenza e di buon +senso, ma educato nei modi che i tempi e l’ambiente +consentivano; datosi giovanissimo alla campagna, +dopo aver tentato di vendicarsi di un +prepotente, da cui si credette maltrattato e deriso; +punto nell’amor proprio di marito; deluso +negli affetti di famiglia; errante per trent’anni +di balza in balza, senz’amici, senza un consiglio +pietoso, senza una parola di conforto; vivente +nella solitudine come un selvaggio, oppure in +compagnia di malandrini, dai quali non poteva +attingere che eccitamenti a delinquere; odiato dai +nemici, circondato da spie, perseguitato dai carabinieri; +carezzato da deboli e da prepotenti per +bisogno o per paura; glorificato insanamente dal +volgo; fatto segno talora ad una curiosità entusiastica, +fatalmente corruttrice; un misto, insomma, +di bontà e di tristizia, di generosità e di ferocia, +<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span> +di fede e di superstizione, di saggezza maravigliosa +e d’intolleranza superba, senza neppure la +coscienza del male che taceva agli altri ed a +sè stesso. +</p> + +<p> +Tutto questo il lettore dovrà considerare +prima di leggere la storia di Giovanni Tolu; e +quando l’avrà letta, studiando a mente serena +l’uomo più che il bandito, saprà trarne altri ammaestramenti, +i quali gli riveleranno quante leggere +siano le cause che trascinano alla perdizione +un’anima nata buona, e quanto facili siano i mezzi +che potrebbero strapparnela. +</p> + +<p> +Prima di dare la parola a Giovanni Tolu<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a>, +infliggerò al lettore alcune pagine di storia sui +banditi sardi in genere, e su quelli del Logudoro +in ispecie. +</p> + +<p> +Ho detto <i>infliggere</i>, ma devo dichiarare che +la mia chiacchierata potrebbe omettersi, con vantaggio +di chi legge... ed anche di chi scrive. +</p> + +<p class="indl"> +<i>Sassari, maggio 1896.</i> +</p> + +<p class="indr"> +<span class="smcap">Enrico Costa.</span> +</p> + +<hr class="silver"> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span></p> + +<h2 id="logudoro">SUI BANDITI DEL LOGUDORO +<span class="smaller">PAGINE STORICHE</span></h2> +</div> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span> +</p> + +<figure class="figcenter"><a id="fill-013"></a> + <img src="images/ill-013.jpg" alt=" "> +</figure> + +<div> +<img class="drop-cap" src="images/ill-drop-l.jpg" alt="L"> +</div> + +<p class="pad2 drop-cap"> +La storia del <i>banditismo</i> è vecchia quanto +il mondo. Essa risale a Caino, e forse +ai nostri primi padri. +</p> + +<p> +Caino, dopo il fratricidio, +esclamò: — Io, dunque, sarò +vagabondo e fuggiasco sulla +terra, e chiunque mi troverà +mi darà la morte! +</p> + +<p> +Adamo ed Eva, appena +commesso il primo fallo, si affrettarono +a coprirsi ed a nascondersi; +e da quel giorno tutti i bambini, appena +rompono qualche piatto in cucina, sentono il bisogno +di scappare e d’intanarsi, sperando che i +sospetti ricadano sulla serva di casa. +</p> + +<p> +L’uomo non è altro che un bambino ingrandito. +</p> + +<p> +La sete di sangue, che tormenta l’uomo, lo +eccita alla pugna: — istinto feroce, che i selvaggi +<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span> +manifestano apertamente, ma che i popoli +civili hanno bisogno di mascherare col sentimento +convenzionale d’una <i>partita d’onore</i>, e magari +d’una <i>guerra santa</i>, in cui la forza e l’astuzia +soverchiano quasi sempre la ragione, col tristo +risultato di un offeso, che il più delle volte soccombe — e +di un offensore, che riporta quasi +sempre la palma della vittoria. +</p> + +<p> +Fu in ogni tempo sentito il bisogno di sottrarsi +al fastidio delle leggi per battere la campagna, +dando prove di abilità e di valore, col +togliere al prossimo la vita, e la borsa insieme. +</p> + +<p> +Come i Crociati corsero entusiasti in Palestina +per coprirsi di gloria e di blasoni; come i +nostri mercanti logudoresi, per ottenere dai re +di Spagna onori e feudi, uscivano armati dal +paese ad espugnare i vecchi castelli, o per dar +la caccia ai saraceni sulle spiaggie di Gallura, +così non mancarono i baldi giovani, che si univano +in masnade per cimentarsi in battaglie temerarie +e sanguinose, solleticati unicamente dalla +gloria vanitosa di diventar celebri. +</p> + +<p> +Furono ugualmente in gran voga le delizie +della pirateria. Inseguire e depredare un legno, +per impadronirsi del bottino, fu creduto, in tempi +non barbari, un diritto delle genti: — prova questa, +che l’uomo ha gli istinti del tigre e della +gazza, ed è nato ladro e feroce. +</p> + +<p> +Quando nel 1651 il Vicerè cardinal Trivulzio — uomo +sordido e avaro — dopo averne fatto +<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span> +delle grosse in Sardegna, salpò dal porto di Alghero +per restituirsi in Spagna, s’imbattè in alto +mare in una nave straniera. Ordinò al capitano +d’inseguirla; la raggiunse, la catturò, e s’impadronì +senza rimorsi della fatta preda. Ed era un +cardinale! +</p> + +<p> +La rapina di mare, più tardi, cedette l’impero +a quella di terra; e qui mi dispenso dal segnalare +tutte le bravate dei masnadieri d’Europa, +i quali svaligiavano eroicamente vetture, trucidavano +passeggieri, e rapivano le belle per farne +dono ai propri capitani innamorati +</p> + +<p> +Leggesi nelle storie, che le masnade avventuriere +destarono nei primi tempi un entusiasmo +sì morboso, che molti giovani di distinta famiglia +abbandonarono la casa paterna, allettati dalle gloriose +gesta degli eroi del furto e dell’assassinio. +L’ignoto li attraeva, perocchè il pericolo ha le +sue seduzioni. L’uomo si accora quando è solo; +ma nella vita collettiva irride alle avversità della +sorte, attingendo in esse la forza e l’audacia. Gli +artisti ed i poeti disgraziati, per poter sghignazzare +sulle ingiustizie del mondo, non fondarono +forse la <i>Bohème?</i> +</p> + +<p> +Corsari e masnadieri, banditi e briganti ebbero +il loro culto e il loro momento di celebrità, +molto più che i menestrelli e i cavalieri erranti. +In essi fu ammessa — insieme alla forza <i>semi-irresistibile</i> — una +certa qual baldanza cavalleresca. +Quei valorosi infiammarono siffattamente +<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span> +la fantasia, e destarono sì intensa l’ammirazione, +che i poeti e i musicisti si credettero in dovere +di farne argomento dei loro canti, aggiungendo +fuoco a fuoco. +</p> + +<p> +<i>Corrado</i>, il corsaro di Byron; <i>Carlo Moor</i>, +il masnadiero di Schiller; <i>Ernani</i>, il bandito di +Victor Hugo; <i>Fra Diavolo</i> e <i>Luigi Vampa</i>, i briganti +di Auber e di Dumas, per tacere di molti +altri, strapparono pietose lagrime a migliaia di +fanciulle, e invogliarono non pochi giovani a seguire +i bellicosi ardimenti. L’uomo, trascinato dal +magisterio dell’arte, prova assai spesso di queste +singolari e nobili aspirazioni! +</p> + +<p> +Le spoglie del vinto furono in ogni tempo +considerate patrimonio legale del vincitore — e +da ciò il furto e l’assassinio, in nome sempre del +diritto. +</p> + +<p> +Quanto poi al sentimento del farsi giustizia +da sè, fu anch’esso ritenuto come un diritto naturale. +A che pro, infatti, ricorrere ai tribunali? +Vi ricorre forse la Nazione incivilita, quando credesi +offesa nell’onore e nel suo diritto da un’emula +rivale? La guerra è allora dichiarata <i>santa</i>, +ed ogni religione benedice le proprie armi — forse +per attutire il rimorso di qualche coscienza +scrupolosa. +</p> + +<p> +Ammesso il principio fondamentale, è chiaro +come il soldato abbia il dovere di uccidere il +fratello <i>nemico</i>, non solo colla coscienza di non +essere un <i>omicida</i>, ma col diritto al plauso ed +<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span> +alla gloria dei benemeriti vincitori. L’amor di +patria giustifica ogni efferatezza; e se una differenza +vi ha da essere fra la vendetta dell’uomo +individuo e quella dell’uomo collettivo, non potrebbe +essere che questa: — sul campo di battaglia +noi uccidiamo a sangue freddo un uomo +che non ci ha offeso, mentre nella vita privata, acciecati +dall’ira o dal risentimento, uccidiamo +sempre, a torto od a ragione, un uomo che ci +ha leso nell’onore o negli averi. La società, però, +la pensa altrimenti; e mentre al primo concede la +medaglia al valore, prepara la forca al secondo. — Non +vi sembra, per lo meno, che tutti e due +dovrebbero aver torto, o ragione? +</p> + +<p> +Ma il mondo è così fatto, e neanco il Creatore +si darebbe oggi la briga di rifarlo. — Chi non +lo sa? Il vecchio Dio incoraggiava le battaglie, +mentre Gesù Cristo non fece che bandire la crociata +della pace, predicando il perdono ai nemici. +Pare dunque che il babbo avesse più esperienza +e più buon senso del figlio, poichè i popoli tennero +per lui, e trascurarono il <i>nuovo testamento</i> +per attenersi alle clausole del <i>vecchio</i>. +</p> + +<p> +La Nazione istituisce i tribunali per il bene +dei popoli, ma viceversa essa non se ne serve, +poichè preferisce la forza alla ragione e non si +fida della Giustizia. Gli antichi signorotti si circondavano +di <i>bravi</i>, e li mantenevano per farsi +rispettare: sempre per quel principio intangibile, +che il torto è del debole, e la ragione del più forte. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span> +</p> + +<p> +Chi non lo vede? la guerra è un bisogno; +anzi, dobbiamo ammetterla come un istinto, se +la scienza e la civiltà non sono ancora riuscite +ad abolirla. +</p> + +<p> +D’altra parte (ragionando sul serio) noi dobbiamo +lealmente riconoscere, che tutti i malanni, +le passioni, i pregiudizi ci vennero unicamente +concessi per poter sbarcare il lunario della vita. +Se gli uomini mai non peccassero, se fossero tutti +concordi, tutti galantuomini, tutti santi, come +camperebbero i preti, i giudici, gli avvocati? — Se +vi fosse una verità assoluta, indiscutibile, dove +andrebbero a finire le diverse opinioni che dànno +vita e colore a un mondo di uomini politici e +di giornalisti? — Se, infine, si vivesse sempre in +pace coi propri fratelli, contento ciascuno del +proprio lembo di terra, a che servirebbero gli +eserciti permanenti, e in che s’impiegherebbero +migliaia di giovani? +</p> + +<p> +Dobbiamo dunque ammettere, che le imperfezioni +del corpo, dello spirito e dell’umano intelletto +non servono che a dare il pane quotidiano +alla metà dei viventi: la quale campa alle spalle +dell’altra metà, creando le disuguaglianze, le lotte +e le diverse opinioni, perno dell’equilibrio sociale. +Possiamo conchiudere: che un mondo di gente +savia finirebbe col morir di fame e di noia! +</p> + +<p> +Queste saranno forse stramberie; ma come +faremo a pensarla altrimenti, quando nei casi +pratici della vita noi vediamo il moralista filosofo, +<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span> +che fa proprio il contrario di ciò che va predicando? — quando +per ogni dove non c’imbattiamo +che in tartufi politici, in tartufi religiosi, in tartufi +domestici, in tartufi scienziati, industriali, +mercanti? È cosa ormai assodata, che la più +grande soddisfazione di colui che predica e scrive +contro la vanità e le frivolezze umane, è unicamente +riposta nella frivolezza e nella vanità di +credere, che il mondo gli dica <i>bravo!</i> — Noi non +diventiamo ricchi, dotti, saggi ed onesti, che a +spese dell’altrui miseria, dell’altrui ignoranza, +dell’altrui credulità, dell’altrui dabbenaggine. +</p> + +<p> +Fermiamoci ora, per poco, sull’indomabile +sentimento che ci trascina, nostro malgrado, ad +ammirare quanto d’orrido e di truce esce fuori +dalla cerchia dei fatti comuni e delle abitudini +quotidiane. +</p> + +<p> +Perchè negarlo? La belva ci tenta e il sangue +ci ubbriaca. Il valore, la temerità, l’astuzia, in +tutte le loro manifestazioni, buone o cattive, esercitano +sul nostro cervello un fascino morboso, +inesplicabile. +</p> + +<p> +Entriamo in un circo antico. Dinanzi al gladiatore +valoroso, anche la donna si esalta, e depone +per un istante l’innato sentimento della +pietà. Tutta palpitante, battendo le mani al vincitore, +ella, col <i>pollice verso</i>, lo incita a squarciare +le viscere del vinto che fu atterrato. Le +figlie di Eva, così deboli e così timide, amano +di preferenza i forti e gli audaci; esse magari +<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span> +svengono dinanzi ad un salasso, ma offrono il +cuore e la mano all’eroe di un torneo, che torna +vincitore col brando insanguinato. +</p> + +<p> +La ferocia, valorosa o temeraria, e con essa +tutte le scene di sangue, esercitano sull’animo +umano un’attrattiva che si subisce e non si discute: +c’è in esse un fondo d’ipnotismo, o di suggestione. +Non per nulla lo spettacolo di un’esecuzione +capitale (che i Governi credettero, scioccamente, +<i>salutare esempio</i>) attrasse in ogni tempo +una folla di curiosi sotto ai patiboli. Nelle fredde +notti invernali, mentre al di fuori urla la tempesta, +noi vediamo le famiglie popolane raccogliersi +intorno al focolare domestico, per ascoltare con +curiosità paurosa le storie dei morti e dei feroci +briganti. Il fantastico e il sovranaturale furono +per parecchi secoli il tema prediletto degli artisti +e dei poeti. +</p> + +<p> +Chi mai, avendone l’occasione, non ha tentato +di vedere da vicino un famoso bandito, un +truce assassino, una belva feroce? +</p> + +<p> +Una brava e gentile artista milanese, venuta +lo scorso anno a Sassari, implorò dal prefetto la +grazia di poter visitare le carceri, unicamente +per vedervi il feroce bandito Derosas e il suo +compagno Angius. — So che fu soddisfatta nel +suo desiderio, ma non so quale gradevole impressione +abbia potuto riportarne! +</p> + +<p> +Questo turbine d’idee bislacche e di anomalie +paradossali si scatenò sul mio cervello, mentre +<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span> +andavo spigolando le gesta brigantesche del continente +europeo, e più ancora delle isole, dove i +banditi hanno sempre allignato in numero maggiore. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Sospendo le malinconiche meditazioni, per +riportare alcune note storiche sui malviventi, +sulle squadriglie e sui banditi principali del Logudoro +(o meglio del Capo di Sassari) che ho +riassunto in gran parte da documenti ufficiali, +da me consultati nel R. Archivio di Stato. +</p> + +<p> +Nel Codice della Repubblica sassarese, del +1316, è cenno dei banditi che si davano alla macchia; +e mentre si esorta <i>qualunque persona</i> ad +ucciderli, si infliggono pene rigorose contro chi +dava loro consiglio ed aiuto. +</p> + +<p> +Pene pecuniarie infligge anche la <i>Carta de +Logu</i> (promulgata nel 1395 da Eleonora d’Arborea) +contro ai villaggi ed alle persone che +davano aiuto e consigli ai banditi, o che non si +adoperavano a dar loro la caccia. +</p> + +<p> +Il secolo XV non fu avaro di celebri masnadieri. +Ne noto uno a caso — Verso il 1422 si ha +menzione di certo Barzolo Magno (o Manno, secondo +alcuni storici) — il famoso leggendario e +misterioso logudorese, nemico giurato di Leonardo +Cubello marchese di Oristano, non si sa +per qual ragione. A capo di numerosa masnada, +<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span> +questo gentiluomo bandito, o bandito gentiluomo, +si era annidato ed afforzato dentro al famoso castello +di Burgos; e di là scendeva di tanto in tanto +per devastare e saccheggiare le terre dei dintorni. +Il marchese riuscì ad assediarlo dentro l’inespugnabile +rocca; ma i masnadieri, compagni del +Magno, vedendo il loro capo risoluto a resistere, +fecero complotto, e lo trucidarono barbaramente +per ottenere grazia dal signore d’Oristano. +</p> + +<p> +Come nel medioevo i Principi fabbricavano +sontuose chiese e numerosi santuari in <i>remissione +dei propri peccati</i> (e ne avevano di grossi sulla +coscienza!) così più tardi gli stessi prìncipi condonavano +ai sudditi fedeli molti delitti, mediante +il corrispettivo sborso di poche centinaia di lire. +Dal 1450 al 1540 sono molte le somme versate +nelle casse del Regio erario per condono di ribalderie. +Per citarne un esempio, dirò che il Governatore +del Capo di Cagliari e Gallura (Don +Giacomo Aragat) nel 1456, per <i>tremila Ducati +buoni veneziani</i>, condonava a Bartolomeo Manno, +cavaliere sassarese, <i>tutti i delitti che avesse mai +potuto commettere</i>. +</p> + +<p> +Erano questi i bei tempi in cui i monarchi +rifornivano le casse dello Stato colla vendita della +<i>nobiltà</i> e colla remissione dei delitti. Non essendo +a quel tempo inventati gli <i>esattori</i>, si ricorreva +al mezzo di sfruttare i vanagloriosi ed i birbanti, +che pare fossero in numero ragguardevole. +</p> + +<p> +Dal 1560 al 1567 si verificarono molte ribalderie +<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span> +nella città di Sassari e dintorni. Vennero +carcerati un buon numero di cittadini facoltosi, +accusati di aver formato una <i>società di mutua +assistenza</i>, con impegno di fornire i fondi in comune +per far fronte alle spese di giustizia, in +favore e difesa dei ribaldi. +</p> + +<p> +Il secolo seguente non fu meno famoso per +scorrerie di ribaldi, poichè l’invenzione del fucile +aveva reso più attraente e più geniale il banditismo. +</p> + +<p> +Nel 1600 gli odî privati e le vendette giungono +a tanto, che i consiglieri di Sassari rinunziano +alla gita notturna del <i>Mezz’agosto, per il +numero infinito delle uccisioni fra i cittadini</i>. +L’anno 1607 registrò più di trecento omicidi, +consumati nel solo Logudoro. +</p> + +<p> +Nel 1612 il famigerato bandito Manuele Fiore +si aggira colla sua masnada nei dintorni di Sassari, +e getta lo sgomento fra i cittadini. Il Governo +manda incontro a quei ribaldi alcune compagnie +di militi, divise in centurie. +</p> + +<p> +Don Diego Manca di Sassari, nel 1635, si +era dato alla macchia dopo aver ucciso pubblicamente, +in una piazza della città, il proprio cognato +con un colpo di pistola ed una pugnalata. +Temendo che ne facesse delle più grosse, il Vicerè +promise <i>venti scudi</i> (?) a chi consegnava +quel bandito alla giustizia. L’esiguo prezzo concesso, +dimostra che i cacciatori di malviventi +erano in buon numero! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span> +</p> + +<p> +Molti cavalieri e cittadini facoltosi del Logudoro +vennero designati come protettori dei banditi; +e il Vicerè, nel 1645, li chiamò a Cagliari +per dar loro una paternale. +</p> + +<p> +Nel 1659 abbiamo il terribile bandito Salvatore +Anchita e il suo acerrimo nemico, pur bandito, +Francesco Brundanu, entrambi di Sedini. +La storia del primo è una vera leggenda di prodezze, +di ferocie e di generosità insieme. Inseguito +il Brundanu dai soldati, sfugge ad essi cacciandosi +in una spelonca, dove fra gli altri banditi +trova per caso il suo nemico Anchita. Egli depone +l’arma e grida: — Sono in tuo potere: puoi +uccidermi! — «Non sono così vile! — gli risponde +Anchita — qui sei l’ospite mio. Per ora +faremo causa comune contro ai soldati — più +tardi aggiusteremo i conti fra noi!» +</p> + +<p> +I banditi si slanciarono tutti contro le soldatesche, +ma l’Anchita e il Brundanu caddero +fulminati nella mischia. +</p> + +<p> +Tre anni dopo — nel 1662 — un altro terribile +bandito, famoso per le sue gesta, sgomenta +il Logudoro: Giovanni Galluresu, capo di potente +squadriglia. I sassaresi chiudono spaventati le +porte, nè osano uscire di casa quando lo sanno +nei dintorni. Il Vicerè, volendo distruggere quella +banda, prende un’estrema risoluzione. Egli prescrive +con un editto il disarmo generale nel Logudoro, +con pena capitale al detentore d’un fucile +o di un pugnale. Misura puerile, che ottenne il +<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span> +risultato opposto: accrebbe l’audacia dei malfattori +e rese più facile la distruzione dei galantuomini, +che vennero spogliati ed uccisi, perchè +inermi. La forza non riuscì ad impadronirsi del +Galluresu, e si ricorse allora all’astuzia. Saputo +che il bandito era in relazione amorosa con una +bella osilese, fu colto ed ucciso nel suo nido d’amore. +Indispettita la giustizia per non averlo vivo, +si sfogò sul cadavere, di cui fece uno scempio. +</p> + +<p> +Verso il 1665 le squadriglie dei banditi crescevano — e +ve n’erano di tutte le condizioni +sociali. Il Governo incaricò il barone Matteo Pilo +Boyl della distruzione dei facinorosi; ed egli ne +fece appiccare da per tutto, alle forche ed agli +alberi. Fra i capi squadriglia di quel tempo, noto +Don Giacomo Alivesi, datosi alla macchia dopo +un omicidio commesso. Nel giugno del 1668 veniva +intanto assassinato a Cagliari il marchese +di Laconi; ed i supposti rei (l’infelice marchese +di Cea, Don Silvestro Aymerich, Don Francesco +Cao e Don Francesco Portugues) si erano rifugiati +nel continente italiano od all’estero. Per +impadronirsi di costoro il Governo si era rivolto +al bandito Don Alivesi, a cui venne promessa +l’impunità ed un premio, ove fosse riuscito ad +attirare i fuggiaschi in Sardegna. L’Alivesi accettò; +fu creato Commissario della spedizione; +chiese ed ottenne l’anticipazione di duecento sessanta +scudi per le spese di viaggio; si recò a +Roma; e fingendosi colà amico del Cao, con raggiri +<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span> +riuscì a trascinare i quattro esuli all’isoletta +Rossa, presso Castelsardo. Tre di essi furono colà +sgozzati a tradimento; ed il vecchio marchese di +Cea fu condotto a piedi fino a Cagliari, e dato +in mano al carnefice. Il nobile Alivesi — dopo +aver compiuto il più nero tradimento che abbia +macchiata la storia sarda — non solo fu graziato, +ma venne dal Governo investito dei feudi dell’infelice +marchese. +</p> + +<p> +Era allora in vigore presso il Governo (e lo +fu per lunghissimo tempo, fino ai giorni nostri) +il sistema di promettere l’impunità ai più volgari +malfattori, purchè uccidessero, o consegnassero +alla giustizia un delinquente, meritevole di uguale, +o di maggior pena. Anche i Governi si mostravano +entusiasti dei valorosi briganti, e ne incoraggiavano +le gesta! +</p> + +<p> +Tutta la seconda metà di quel secolo, ed il +primo ventennio del seguente non furono inferiori +al secolo XVIII per audaci banditi, squadriglie +numerose, furti, omicidi, impiccagioni, e impunità +concesse dal Governo agli assassini traditori. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Uscita di Sardegna nel 1720 dal regime di +Spagna, ed entrata sotto il dominio di Casa Savoia, +continuarono le prodezze dei banditi e delle +squadriglie agguerrite. Il Logudoro e la Nurra +erano infestati di malviventi. I banditi, protetti +<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span> +dai parenti e dagli uomini più autorevoli dei villaggi, +ne facevano delle grosse, e gettavano lo +sgomento per ogni dove. Si pubblicarono rigorosi +<i>Pregoni</i>, ma inutilmente. +</p> + +<p> +Il Vicerè Di Costanze si lagna della corruzione +dei giudici di Sassari, ed accenna a denaro +depositato presso un notaio, per compensare quei +magistrati che avessero diminuito la pena a certi +fratelli Virdis di Pattada. Egli ammonisce con +minaccie i nobili e i magnati dei paesi, perchè +desistessero dal proteggere i birboni — ma era +un parlare al vento. I baroni, piccati, protessero +i banditi che cercavano rifugio nelle loro terre +feudali, e protestarono altamente contro l’arbitrio! +</p> + +<p> +Fin dal maggio del 1722 il Vicerè aveva +mandato distaccamenti di truppe in giro per i +villaggi, con lo scopo di reprimervi il banditismo +invadente, raccomandando al Governatore di Sassari, +di <i>prestare ai soldati il carnefice e due +aguzzini!</i> +</p> + +<p> +Anche l’autorità ecclesiastica (lo rilevo dai +Regi Dispacci) era chiamata <i>prepotente in modo +straordinario</i>; essa ordinava arresti a suo talento, +e sottraeva al braccio secolare i malfattori favoriti, +designandoli quali <i>chierici</i> o <i>tonsurati</i>. Si +deplorava la <i>protezione scandalosa</i> accordata sfacciatamente +ai malviventi dal popolo, dai prelati, +dai feudatari, ed anche dai giudici e dagli avvocati +fiscali(!) +</p> + +<p> +Impressionato dall’aumento dei delitti in Sassari +<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span> +e nel Logudoro, il Vicerè, nel 1726, chiamò +d’urgenza a Cagliari il Governatore Cav. Carlino; +ma questi ricusò di andarvi, dicendo d’esser stato +colto dalla gotta! +</p> + +<p> +Come abbiamo veduto, non erano i soli popolani +che facevano le prove di valore in campagna +sotto il nome di <i>banditi</i>: non mancavano +i titolati, poichè (lo ripeto) fare il masnadiero +non era un disonore in Europa, anzi lo si riteneva +un mestiere nobile e avventuroso, come +quello del <i>cavaliere errante</i>; motivo per cui, se +trattavasi di masnadieri nobili, le protezioni venivano +dall’alto. Ho sott’occhio una lettera del +re Carlo Emanuele III, scritta da Torino l’8 dicembre +1733 al Vicerè di Cagliari. In essa leggesi: +</p> + +<p> +«... Riguardo al capo bandito Don Girolamo +Delitala, raccomandato dal cardinale Alessandro +Alboni(!), approviamo la grazia delle pene incorse, +a condizione che il Delitala si porti a Cagliari +per l’arresto, presti fidanza di mille scudi, +conduca seco in ostaggio uno de’ suoi figliuoli +o un aderente, e paghi le spese.» +</p> + +<p> +È chiaro che lo si voleva portar via da Sassari +per evitare lo scandalo, poichè ai nobili banditi +un po’ di grazia la si accordava sempre. +Dopo tutto, la <i>nobiltà</i> veniva venduta dal Governo, +e qualche cosa doveva fruttare agli acquisitori! +</p> + +<p> +Le bande dei malviventi si moltiplicarono in +Sardegna, e specialmente nel Logudoro, ricco di +<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span> +montagne e di sicuri nascondigli. Centro principale +dei facinorosi era allora Nulvi, dove la famiglia +Delitala, nemica al governo di Casa Savoia, +aveva armato i popolani, eccitandoli a parteggiare. +Una Donna Lucia Tedde Delitala, montata +in arcione, e armata di fucile e stocco, con ardimento +virile usciva in campagna per affrontare +i nemici. +</p> + +<p> +Il Vicerè Rivarolo, mandato in Sardegna +nel 1735, si diede a sterminare con zelo i numerosi +malfattori, e riuscì ad impiccarne molti, +piantando le forche (per il <i>buon esempio</i>) sul luogo +del commesso delitto. Ma i banditi continuavano +a moltiplicarsi, facendo a gara per sorpassare in +destrezza e in valore i soldati regi. Per cinque +anni Rivarolo non si adoperò che a far allontanare +dall’isola i vagabondi <i>cattivi</i>, esortando i +<i>buoni</i> ad arruolarsi nel Reggimento sardo. Procedette +egli con tanto rigore, che qualche innocente +fu impiccato, e lo storico Manno gliene +muove aspro rimprovero. +</p> + +<p> +Sgomentato il re dal cieco furore del suo +Rappresentante in Sardegna, gli ordinò di frenarsi +e di usare maggior cautela; ma il Vicerè, +soddisfatto dell’opera propria, nel 1736 fece un +giro nell’isola, per riscuotere il plauso di tutti i +villaggi. +</p> + +<p> +Venuto a Sassari egli si preoccupò della +Nurra, regione montuosa e marittima, che offriva +sicuro rifugio ai numerosi banditi di Alghero e +<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span> +di Sassari. Il Rivarolo ordinava a quei pastori +di snidare dal centro della Nurra nel termine di +quindici giorni, per trasferirsi alla parte piana, +verso la strada che conduceva a Portotorres. +</p> + +<p> +Il bandito più in voga era a quei tempi Leonardo +Marceddu, di Pozzomaggiore, per il quale +si era fatto un bando il 20 febbraio 1736. Sul +conto di costui, però, correva una storia pietosa, +che attenuava le sue ribalderie. Egli ebbe fama +di laborioso e di onestissimo; ma la infedeltà della +sposa lo precipitò nel delitto. Colta la moglie in +colloquio intimo con un suo cugino, li uccise entrambi; +e, datosi alla macchia, egli divenne singolare +per coraggio, per ferocia, e per accortezza +nel cimentarsi coi soldati regi. Fu siffattamente +apprezzato, che finì per mantener pratiche +segrete con alcuni agenti politici, poichè il Governo +lo considerava come un forte cooperatore +nel caso di un’invasione straniera: — sempre per +quel certo sistema di servirsi dei banditi d’ogni +genere, anche a scopo d’una difesa nazionale. +Un esempio consimile lo si ebbe più tardi nel +leggendario <i>Fra Diavolo</i> di Napoli, invitato a +prender parte ad una guerra contro la Francia. +</p> + +<p> +Continuarono intanto le caccie e gli scontri +fra banditi e soldati. Il 16 gennaio 1758 il ministro +scriveva al Vicerè: «— S. M. ha gradito l’incidente +seguito a Bolotana fra le truppe e i malviventi; +bisogna procurare l’arresto dei banditi +rifugiati in Corsica, ed ora ritornati nell’isola, fra +<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span> +cui Giovanni Fais, Don Antonio Delitala e i tre +fratelli Filia Madau, capi dei medesimi. S. M. ha +pure approvato la gratificazione di scudi venticinque +accordati a Basilio Podeddu, che serviva +di <i>guida</i> e spia e rimase ferito nell’azione. — (Il +sistema perdurava!) +</p> + +<p> +I nobili, nonpertanto, e molti rispettabili dei +paesi, continuavano a favorire i malfattori erranti; +e da Torino si scrive al Vicerè il 22 ottobre +1761: «— Prenda informazione sulla protezione +accordata ai facinorosi dai cavalieri Quesada: +metta una volta freno all’insolente ardore +di tali protettori col punirli severamente, tagliando +il filo delle corrispondenze coi malviventi.» +</p> + +<p> +Ma le protezioni non venivano meno, come +non vennero meno i delitti consumati anche in +odio agli ecclesiastici. Il ministero, nel 1769, si +preoccupava dell’assassinio di due preti strangolati +a Mandas ed a Nulvi, nonchè del Diacono +ucciso da un altro prete a Calangianus, in una +partita di caccia, <i>quasi per scherzo</i>. +</p> + +<p> +Da oltre un trentennio la fama delle audacie +di Giovanni Fais correva da un capo all’altro +dell’isola. Questo fiero bandito, per molto tempo, +ebbe al fianco la propria moglie, donna di maschio +coraggio, che lo aiutava ad assalire i nemici. +Erano suoi alleati i Delitala di Nulvi, nonchè +quella famosa Donna Lucia, da me altrove menzionata — per +difendere la quale il Fais andò +<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span> +incontro ad una forte fazione di Chiaramonti. Costui, +saputo che Giammaria Tedde (pur congiunto +di Lucia) aveva minacciato la sua protetta, gli +tolse senz’altro la vita. Lo zio ed i parenti dell’ucciso, +assetati di vendetta, giurarono allora +lo sterminio dell’uccisore e de’ suoi compagni. +Ma Giovanni Fais, guidatore esperto delle sue +bande, taglieggiatore dei comuni, e assalitore di +truppe, oppose la forza alla forza, e sfuggì al +furore dei persecutori. +</p> + +<p> +Non appena il Vicerè ebbe sentore dell’odio +che il Tedde nutriva per il Fais, pensò di trarne +partito. Egli incoraggiò il primo a persistere nella +caccia contro il secondo, suggerendogli di servirsi +dell’opera del bandito Leonardo Marceddu, +a cui il Governo avrebbe concessa l’impunità ed +un premio in danaro. Leonardo Marceddu, però, +uomo di fiero carattere, mandò a dire al Vicerè +che sdegnava la libertà a prezzo di un tradimento; +e fatta lega col Fais continuò a seminare il terrore +nel Logudoro. +</p> + +<p> +Duemila miliziani, condotti da Girolamo Dettori +di Pattada e da Don Giovanni Valentino di +Tempio, oltre ai quattrocento soldati comandati +dal Cav. Meyer, tentarono con energia la distruzione +di queste bande. Il Valentino riuscì ad arrestarne +oltre duecento, per cui il re lo creò <i>cavaliere</i>. +</p> + +<p> +Accortisi i banditi della caccia ad oltranza +che lor dava il Governo, fecero causa comune. +<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span> +Il Marceddu recossi al <i>Sasso</i> di Chiaramonti per +unirsi al Fais, che vi si era rifugiato coi compagni. +Sbaragliati dall’attacco incessante che lor +davano le numerose milizie, sulle prime si accamparono +sul monte Cucaro, poi una buona parte (fra +cui il Fais coi Delitala) si salvarono in Corsica. +</p> + +<p> +L’infelice e generoso Marceddu, che aveva +rifiutato dal Governo la libertà a prezzo d’infamia, +finì per cadere nelle mani d’un bandito +traditore: di Francesco Bazzone, che lo aveva +venduto allo stesso Governo, in cambio dell’impunità +e di una ricompensa in danaro. +</p> + +<p> +Donna Lucia Delitala, raggiunta l’età di +quarant’anni, pare che avesse messo giudizio. +Tratta in arresto, fu in seguito graziata, dopo due +anni di prigionia. In una lettera del Vicerè, marchese +Rivarolo, al re Carlo Emanuele (1738) è +detto: «... Donna Lucia è una donna <i>qui n’à pas +voulu se marier pour ne point dépendre de un +homme (à ce qu’elle disait)</i>.» Chiude dicendo, +che, dopo la grazia, «<i>elle vit assez tranquille</i>.» +</p> + +<p> +Nel 1749 i banditi parvero dispersi e le spedizioni +militari ebbero tregua. +</p> + +<p> +Dopo una quindicina d’anni il Fais tornò +dalla Corsica; e verso il 1760, formata una banda +di buoni compagni, si diede a scorrazzare di nuovo +nei dintorni di Sassari, quasi per insultarvi il Governatore. +Un amico di quest’ultimo, tradendo il +Governo, avvertiva segretamente l’ormai vecchio +bandito, divenuto più audace di prima. Si assicura +<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span> +che il Fais (mascherato da cappuccino, con +la bisaccia in spalla) avesse osato più volte introdursi +in Sassari, e presentarsi alla questua in +casa dell’assessore Aragonese. Egli divenne talmente +in odio al Governo, che lo si escluse dall’indulto +promulgato il 23 agosto 1768. +</p> + +<p> +Dopo non pochi tentativi riusciti vani, finalmente +il Governatore Allì Maccarani riuscì a sedurre, +con la solita promessa di libertà e danaro, +due banditi sassaresi, i quali propinarono al Fais +un vino oppiato. Quando videro il vecchio immerso +nel sonno, lo uccisero a colpi di scure e +lo consegnarono cadavere al carnefice. Ciò nel +1774. +</p> + +<p> +Giovanni Fais era allora più che settantenne, +e faceva il bandito da oltre mezzo secolo. Contava +solo quindici anni, quando verso il 1720 si +era dato alla macchia, dopo aver ucciso un uomo +sulla pubblica piazza di Chiaramonti. +</p> + +<p> +A complemento della notizia della sua morte, +riporterò un brano della lettera che il ministro +scriveva da Torino al Vicerè, in data del 23 novembre +1774: +</p> + +<p> +«S. M. il re gradì che il Governatore di +Sassari sia riuscito a disfarsi del vecchio Giovanni +Fais e dei sette suoi compagni di quadriglia, +annidati nel <i>Sasso</i> di Chiaramonti, sperando +cogliere i due scampati colla fuga. Poichè intanto +si poterono conoscere gli uccisi, è stato opportuno +che a pubblico esempio si siano tosto fatti +<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span> +appendere al patibolo i cadaveri dei già condannati, +colla successiva dispersione delle membra, +nei luoghi dei rispettivi delitti. — S. M., oltre +alla grazia ai due banditi che concorsero nell’impresa, +vuol rimunerare gli altri, e invita a proporre +la somma a darsi; vuole anche che gli si +suggerisca qual riguardo meritano i due cavalieri +Corda, che ebbero parte principale nell’operazione.». +</p> + +<p> +I lettori avranno notato, come per l’<i>esempio +pubblico</i> si ordinava anche l’impiccagione dei cadaveri, +i quali in seguito venivano squartati e +dati alle fiamme, per sperderne le ceneri al vento. +Nè ciò deve recar meraviglia, poichè vi ha di +peggio. Leggo una corrispondenza del Ministro +(5 settembre 1770) in cui si parla del <i>cadavere +imbalsamato</i> di un bandito famoso, tenuto a disposizione +del Governo per qualche <i>esemplarità</i>. +Quando, dunque, si volevano atterrire i malviventi, +si conduceva alla forca quel cadavere imbalsamato +e lo s’impiccava. E Dio sa quante volte +gli avranno messo la corda al collo! +</p> + +<p> +È facile immaginare come per l’eccessivo rigore +dei giudici venissero sagrificati molti innocenti, +tratti in arresto per le false deposizioni dei +nemici; e lo prova una lettera ministeriale del +23 ottobre 1765, in cui si dice al Vicerè: +«— Prenda energiche misure sui testi falsi, massime +in codesto Regno, dove havvi tanta facilità +e frequenza di delinquere in tale materia.» +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span> +</p> + +<p> +Alle false testimonianze bisogna aggiungere +il sistema della <i>tortura</i>, allora in pieno vigore, e +conservata fino al 1827, anno in cui Carlo Felice +l’aboliva. Il dolore per lo slogamento delle ossa +riusciva a far strappare dal labbro dei pazienti +tutte le confessioni che si volevano. +</p> + +<p> +Scene edificanti, in secoli che si dicevano +dell’oro! +</p> + +<p> +Se in quei tempi esistevano i favoreggiatori +dei banditi, non mancavano pure i cittadini benemeriti, +che si adoperavano con ardore per dare +i rei in mano alla giustizia; ma non tutti riuscivano +nell’intento come i due fratelli Corda. +</p> + +<p> +Nel 1773 l’avvocato Giovanni Berlinguer veniva +fatto segno (come i suoi antenati) a speciale +benemerenza, per il zelo spiegato nella persecuzione +dei banditi, dai quali era stato più volte +ferito. Gliene colse però danno; poichè tre anni +dopo, nel gennaio del 1776 (come rilevo da una +lettera ufficiale) gli venne ucciso in campagna +l’unico figlio Girolamo, con trentatre stoccate. +L’assassino — certo Antonio Capponi — fu arrestato +e impiccato. +</p> + +<p> +Dopo il ritiro del ministro Bogino (il persecutore +dei malviventi) i banditi tornarono a formar +bande per darsi alle piacevoli scorrerie. Il +Vicerè Thaon, nel 1788, bandì loro una guerra +atroce, e tenne duro, quantunque venisse biasimato +acerbamente per aver violato le forme legali. +</p> + +<p> +Nel gennaio del 1782 veniva promessa la +<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span> +impunità ai due banditi fratelli Mucciga (complicati +nella famosa sommossa popolare del 1780) +a condizione che avessero arrestato ed ucciso +altri malandrini. Nella lettera ministeriale leggo +queste precise parole: «— <i>bisogna animare</i> (!) +<i>i banditi a distruggersi fra loro</i>.» — Era massima +fondamentale dei governi di tutti i secoli, +compreso il nostro. Chi non lo sa? chiodo scaccia +chiodo. +</p> + +<p> +Nè crediate che i banditi d’allora fossero +tutti sardi; la Corsica ne dava un buon contingente, +poichè ne vantava a centinaia sulle spiaggie +della Gallura, come dalla Gallura molti ne +emigravano sulle spiaggie corse. Le due isole si +aiutavano a vicenda. Nel dicembre dello stesso +anno (1782) l’ambasciatore di Francia pregava il +Vicerè di Sardegna (<i>per il bene comune delle due +nazioni</i>) di procurare l’estradizione di dodici banditi +corsi, che scorrazzavano intorno a Castelsardo. +E ne dava i nomi: Giovanni Saverio, Girolamo +Ranfioni, Bonelli, Labicone, Leonati detto <i>il nero</i>, +i tre fratelli Volpi, e i quattro fratelli Giovannoni. +Pare che in Corsica si dessero alla macchia intere +famiglie! +</p> + +<p> +Veniamo intanto allo strascico della rivoluzione +dell’<i>Ottantanove</i>, ed ai torbidi che seguirono +in Sardegna negli ultimi del secolo: periodo turbolento, +al quale non furono estranei i banditi. +</p> + +<p> +Nel pregone emanato dal Vicerè Vivalda il +9 giugno 1796, ponendo a prezzo la testa di Angioi +<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span> +e suoi complici, oltre ai premi in danaro, +si prometteva la <i>nomina</i> a favore di qualunque +delinquente si volesse graziare!! — E così pure, +quando pochi giorni dopo si mossero da Cagliari +i 2500 armati per combattere l’Angioi ad Oristano, +ci dice lo storico, che in quella milizia +furono reclutati delinquenti volgari, tolti alla +macchia. In una memoria del 5 marzo 1797 (sottoscritta +da Ghisu, Pintor e Delrio) si legge: +«— Bisognava graziare gli inquisiti che servivano +in tutte le spedizioni; poichè alla loro intrepidezza +e coraggio si deve pure attribuire la +buona riuscita dei più ardui e pericolosi incontri —» — Queste +frasi rivelano i tempi e +la moralità del Governo; il quale traeva partito +dal <i>coraggio</i> e dall’<i>intrepidezza</i> di codesta brava +gente, in seno alla quale sceglieva i suoi <i>sicari!</i> — Anche +per l’arresto del parroco Murroni e di +suo fratello (ardenti angioini datisi alla fuga) il +giudice Valentino, nel novembre del 1797, suggeriva +al Vicerè di servirsi dei due banditi Salvatore +Rugu e Bantine Addis, a cui pertanto +poteva concedersi un <i>affidamento interinale</i>, e in +seguito l’<i>impunità</i> dopo la cattura. +</p> + +<p> +E qui chiudo le gesta dei banditi e dei malviventi +del secolo XVIII. +</p> + +<p> +Qualche partigiano del regime spagnuolo si +era lasciato forse scappare, che i misfatti risultassero +assai più scandalosi sotto il dominio piemontese, +che sotto quello di Spagna. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span> +</p> + +<p> +Il Governo del Piemonte si sentì punto da +quest’asserzione; e lo desumo dalle seguenti linee, +che leggo in una lettera del Ministro al Vicerè, +in data 28 luglio 1790: +</p> + +<p> +«Non siamo in Sardegna nelle circostanze +rappresentate al Papa dai re di Spagna per la +Catalogna, cioè, che frequentissimi fossero i più +atroci misfatti, e pochi ne succedevano in cui +preti e frati non fossero almeno complici — e +quasi tutti andavano impuniti per la negligenza +o connivenza dei Vescovi e dei Superiori regolari». — E +scusate se è poco! +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Diamo ora uno sguardo al secolo spirante — al +nostro secolo — non inferiore forse al precedente +per furti, delitti e scorrerie di malandrini. +</p> + +<p> +Nei primi anni del secolo XIX si ebbe lo +strascico dei moti angioini. Si perseguitavano a +morte i liberali d’allora, e fra questi il povero +notaio Cilocco, che inseguito dalle truppe batteva +da più anni la campagna gallurese, sfuggendo ai +persecutori da montagna in montagna. Il Marchese +di Villamarina scriveva da Tempio al Vicerè +(15 giugno 1802) ch’era sua intenzione di +servirsi di spie pagate per far guerra ai repubblicani, +<i>sebbene difficilissimo sia trovarne fedeli +in questo comune</i>. +</p> + +<p> +Il Cilocco potè sfuggire alle armi regie, ma +<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span> +cadde in trappola col solito tradimento. Stanco, +oppresso, affamato, il poveretto si presentò un +giorno al bandito Giovanni Mazzoneddu, chiedendogli +asilo ed un tozzo di pane in nome dell’ospitalità. +Il bandito finse di soccorrerlo, ma informò +segretamente il Governo, dicendo d’essere +pronto a consegnare alla giustizia l’ardente notaio, +in compenso dello sborso della somma stabilita +nella taglia, e dell’impunità per sè e per +altri quattordici malvagi, di cui pensava servirsi +per arrestarlo. Il Governo fu ben lieto di poter +graziare quindici assassini di strada, per aver la +testa d’un infelice notaio, di non altro reo, che +di aver caldeggiato le idee repubblicane di Don +Giammaria Angioi. Venne concesso quanto il +Mazzoneddu chiedeva, e Francesco Cilocco fu +tenagliato col ferro rovente, e trascinato a braccio +fin sopra il patibolo l’11 agosto del 1802. +</p> + +<p> +I banditi e i malandrini si moltiplicarono, e +crebbero d’audacia, perchè protetti dai signori +e dai monaci. Il 21 gennaio 1806 il governatore +si lagna col Vicerè della scandalosa protezione +che i conventi tutti di Sassari, specialmente quello +dei frati carmelitani, accordavano ai malviventi; +e gli annunziava intanto l’arresto del famigerato +bandito Fanis, detto <i>la frina</i>, che da lungo tempo +era ricoverato nel convento di Santa Maria. +</p> + +<p> +L’Italia tutta, e specialmente la meridionale, +non era in quel tempo in migliori condizioni della +Sardegna. In quell’anno stesso, 1806, veniva trascinato +<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span> +al patibolo Michele Pozza di Napoli, il +famigerato bandito, che, sotto il nome di <i>Fra +Diavolo</i> aveva attirato l’attenzione dell’Europa, +destando l’estro d’Auber, il celebre musicista +francese. +</p> + +<p> +Quando il re Vittorio Emanuele I si mosse +da Cagliari per fare un’escursione per l’isola, fu +vivamente impressionato dalle numerose bande +di malviventi che scorazzavano per ogni dove, +e più ancora della protezione che loro davano i +magnati delle ville, i quali giunsero persino a +scarcerare gli arrestati nei loro feudi. Il re emanò +un decreto rigoroso, e comminò la pena di morte +ai protettori di banditi, colla perdita della <i>nobiltà</i>; +nè dimenticò allo stesso tempo di promettere +l’impunità agli assassini che avessero ucciso i +propri compagni. Ma nondimeno crebbero i banditi, +e crebbero le protezioni. +</p> + +<p> +Nel 1809 è impossibile registrare i misfatti, +tanto sono numerosi. Lotte sanguinose fra comuni +e comuni, tra famiglie e famiglie, fra pastori +e pastori; pene economiche, impiccagioni +continue, arresti di prepotenti magnati. Il Martini +ne fa un quadro orroroso. A Tempio, nel 1811, +gli odî di parte raggiungono il parossismo. Si +volle dare dagli audaci una lezione alla giustizia; +e vennero assassinati, quasi allo stesso tempo, il +Censore Diocesano, il Procuratore fiscale della +pretura, e il Giurisdicente. Un indulto e una spedizione +di soldati, per opera del Governatore di +<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span> +Sassari, calmarono alquanto gli animi. Per intromissione +del clero e del popolo si fecero le +paci, le quali vennero rogate con atto notarile +il 9 di maggio del 1813. Il re, costretto dalle +circostanze, chinò la testa e firmò la grazia. +</p> + +<p> +I delitti, nondimeno, ripresero il loro corso +fino al 1817; ma furono in gran parte frenati dal +rigore memorabile del Villamarina, sebbene egli +abbia voluto favorire i propri compatriotti. Fu +notato dagli storici, che, durante il suo governo, +non venne impiccato alcun gallurese. +</p> + +<p> +Dal 1820 — e più ancora dopo il 1826, anno +in cui fu abolita la tortura e tracciata in gran +parte la strada nazionale da Cagliari a Sassari — le +squadriglie dei malviventi parvero meno +feroci nelle loro gesta. +</p> + +<p> +Durante il lungo periodo in cui Lamarmora +percorse l’isola da un capo all’altro per i suoi +studi prediletti, egli non venne molestato da masnade +di ladri e di assassini. L’unico suo incontro +coi banditi (avvenuto nell’aprile del 1823, sulla +strada fra Nuoro e Siniscola) lo resero convinto +che le masnade non erano ingorde di rapina, +poichè rispettarono l’oro che portava seco — come +lui stesso racconta. +</p> + +<p> +Tuttavia la guerra ai malviventi fu continuata +con ardore dal Governo; nè mancarono valorosi +cittadini che si distinsero nel perseguitarli. Nel +Gennaio del 1836, per il valore spiegato nella +caccia dei banditi, fu data una medaglia d’oro +<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span> +(dono del Sovrano) a Don Girolamo Berlinguer, +capitano dei Barracelli. +</p> + +<p> +Salì in fama a quei tempi il bonorvese Peppe +Bonu, uno dei più popolari banditi dell’isola, e +sul quale correvano bizzarre leggende. La generosità, +unita al coraggio e alla destrezza, aveva +fatto di costui un semi-eroe. Temerario all’eccesso +e di una forza erculea, egli dava molto da pensare +alle regie milizie; e non potendo il Governo +impadronirsene per mezzo delle armi, pensò ricorrere +al solito premio in danaro ed alla impunità: +il premio in danaro da sborsarsi per intero +a chi dava vivo o morto il Bonu, e per metà a +colui che avrebbe ucciso qualcuno della sua banda; +l’impunità (meno male!) ragguagliata questa +volta a un delitto punibile con venti anni di galera. +</p> + +<p> +Peppe Bonu non era un malfattore volgare; +fu accertato che molti delitti si mantellavano +col suo nome; e il bandito ne fu così sdegnato, +che si decise a scortare in persona la <i>diligenza</i> +nel transito di Campeda, per tutelare la vita e +gli averi dei viaggiatori, temendo che altri in +suo nome li assalisse. +</p> + +<p> +Da pochi mesi era emanato il decreto della +<i>taglia</i> sulla testa del bandito bonorvese, quando +verso il 1838 circolò la notizia della sua morte. +Mentre Peppe Bonu, nel <i>Pianu de murtas</i>, dormiva +placidamente sotto un albero, venne ucciso +a tradimento da un tal Rosas, della fazione dei +Piu, suoi nemici. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span> +</p> + +<p> +Altro bandito di quei tempi, coraggioso e +temuto, era il bonorvese Giovanni Biosa; il quale +ebbe l’audacia di strappare il proprio padre (pur +bandito) dalle mani dei carabinieri che lo avevano +arrestato. +</p> + +<p> +Furti continui, seguiti da misteriose uccisioni +(commesse dentro città e nei dintorni di Sassari) +fecero sospettare di una squadriglia segreta di +malfattori, negli ultimi anni del governo assoluto. +E questa volta non trattavasi di banditi, ma di +una lega di malandrini, regolata sulla base degli +odierni <i>grassatori</i> della Barbagia: di giorno erano +artisti ed operai in apparenza onesti e tranquilli — la +notte si univano per commettere le ribalderie, +servendo di strumento a cittadini creduti galantuomini. +Fin dal 1836 questi delitti si sospettarono +perpetrati per invidiosi dispetti, o per vessazioni +del francese Uxel; il quale aveva fondato a Sassari +uno stabilimento di sanse, a breve distanza +dalla chiesa di S. Paolo. La mente direttiva non +era sarda — sardo era il braccio che eseguiva il +mandato di sangue. +</p> + +<p> +Tra il 1841 e il 1842 non vi fu quasi giorno +in cui non venisse consumato un delitto di sangue. +I malfattori scorrazzavano per l’isola, e fra essi +i terribili banditi corsi Stefano il <i>Serpente</i>, il Quartara, +il Tengone, il <i>Santa Lucia</i>. Nel 1842 ne furono +rimandati una ventina al Governo francese. +</p> + +<p> +Nell’intento di purgare la società, verso questo +tempo, i cittadini discoli venivano arruolati +<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span> +nel Reggimento sardo; ed il governo piemontese, +volendo ingrossare le fila dei malfattori isolani, +mandava in Sardegna seicento cattivi soggetti, +col titolo di <i>operai di punizione</i>! +</p> + +<p> +Il bandito più celebre che chiuse il periodo +del regime assoluto fu l’algherese Agostino Alvau. +Di costui ci darà qualche ragguaglio Giovanni +Tolu, nella sua narrazione. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Ed eccoci giunti sulla soglia del 1848, l’anno +delle agognate riforme, che dovevano far crollare +il vecchio governo assoluto per aprire l’era novella +di tempi più civili. +</p> + +<p> +Pur troppo è destino dei popoli, che nei +grandi rivolgimenti politici, nel passaggio repentino +dall’uno all’altro regime di governo, vi abbia +sempre chi approfitti del fermento della situazione, +o per avidità di guadagno, o per sfogo di +qualche antica vendetta, o per libidine di mal +fare, servendo questo o quel potente, nella speranza +dell’impunità. Non parve vero ai tristi della +campagna e della città di poter mantellare gli +istinti feroci sotto la larva di una lotta politica. +</p> + +<p> +Io sorvolerò sulla storia di questi avvenimenti, +perchè uscirei di carreggiata. +</p> + +<p> +Il Municipio di Sassari, vivamente impressionato +dalle scene di sangue a cui assisteva, ricorse +il 22 ottobre 1849 al presidente dei Ministri, esponendogli, +<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span> +con foschi colori <i>i continui, e in questi +ultimi giorni spaventevolmente cresciuti delitti ed +attentati alla vita e proprietà dei pacifici cittadini</i>. +</p> + +<p> +Il 1850 fu anno tristo per sanguinosi avvenimenti. +Con l’allontanamento da Sassari del tribuno +Antonico Satta (partito nel giugno del 1849) +non furono spenti i rancori, come si sperava. Si +ebbe nel giugno la strage così detta dei <i>Saba e +Careddu</i> alle porte della città; si ebbe l’anno seguente, +nel lunedì di carnevale, l’altra strage dei +<i>Saba</i> e dei <i>Macioccu</i> all’uscita del teatro; e le +scene sanguinose si ripeterono di tanto in tanto +fino al 1855 — anno in cui il cholera mieteva a +Sassari oltre 5000 vittime, spegnendo molti odî +e molti tristi, e svelando le trame dei numerosi +delitti, che da quasi un ventennio si erano macchinati, +o compiuti, dentro ai laberinti misteriosi +dello stabilimento di San Paolo. +</p> + +<p> +Il primo decennio del governo costituzionale +(dal 1849 al 1859) fu memorabile per stragi e +per odî di parte, mantellati sempre dalle lotte +politiche, le quali non servirono che di pretesto. +</p> + +<p> +Ed è appunto in questo periodo che compariscono +sulla scena i quattro banditi famosi: Pietro +Cambilargiu, Antonio Spano, Antonio Maria Derudas, +e quel Giovanni Tolu, che, inseguito per +trent’anni dalla giustizia, fu da questa assolto +nelle Assise di Frosinone. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span> +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +L’antico bandito sardo, conosciuto per l’odio +implacabile verso i soli nemici e le spie, per la +ripugnanza al furto, la fierezza del carattere, la +generosità cavalleresca, è da un pezzo scomparso +dall’isola. +</p> + +<p> +Di simili banditi (per vero non troppo numerosi!) +si occuparono in ogni tempo, con pietosa +simpatia, storici e letterati insigni, nell’intento +di mettere in rilievo quella fierezza e quella +generosità, che pure in mezzo alle ferocie li rendeva +talvolta degni di compianto, se non di ammirazione. +</p> + +<p> +Ne citerò alcuni, per non tediare più oltre +il lettore. +</p> + +<p> +Lo storico Pasquale Tola esaltò la magnanimità +di Salvatore Anchita verso il suo nemico +Francesco Brundano. Dopo aver riportato nel suo +<i>Dizionario biografico</i> l’episodio da me altrove +citato, scrive: «— Esempio di generosità d’animo, +da cui traspare quanto negli uomini stessi +rotti al mal fare sia potente il sentimento dell’onore: +raggio di virtù che brilla talvolta in +mezzo alla fosca luce dei più enormi delitti.» +</p> + +<p> +Sulle pagine del Tola s’inspirò Gavino Cossu, +che scrisse un romanzo storico in due volumi col +titolo: <i>gli Anchita e i Brundanu</i>. +</p> + +<p> +L’infaticabile frate Vittorio Angius ha voluto +<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span> +scrivere più d’una pagina pietosa, tanto in +favore di Leonardo Marzeddu, che si diede alla +macchia dopo aver vendicato il suo onore oltraggiato — quanto +di Giovanni Fais, che il Valery +chiama un <i>Leonida</i>. +</p> + +<p> +L’erudito marchese di San Filippo scrisse e +stampò una storia romantica su Peppe Bonu di +Bonorva, la quale parve una leggenda, e venne +riprodotta in parecchi giornali di Torino. +</p> + +<p> +Il padre Bresciani, che volle visitare più +volte la Sardegna, nel suo libro <i>Dei costumi sardi</i> +ha dedicato parecchie pagine entusiastiche ai +banditi sardi, la maggior parte dei quali (egli afferma +nel 1846) lo erano per vendetta d’onore. +</p> + +<p> +Questo scrittore rileva un particolare. Egli +dice: quando un bandito sardo è sorpreso nella +foresta da qualche carabiniere che gli grida: +<i>ferma, il re!</i> — egli risponde togliendosi con riverenza +il berretto: — <i>Rispetto il re, ma gli consacro +la tua testa!</i> — E postosi dietro un albero +fa fuoco sul carabiniere. Il Bresciani a questo +punto esclama: — <i>Che laconismo! e che fiera +alterezza di cuore!</i> (A me, invece, pare fuori +luogo il suo entusiasmo sopra un fatto che non +credo vero!) +</p> + +<p> +Parlando delle paci fatte nel 1840 per intervento +dei missionari, il Bresciani cita un venerando +pastore, il quale si ridusse ad abbracciare +un nemico che gli aveva ucciso il figlio. (Caso +non troppo comune in Sardegna!) +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span> +</p> + +<p> +Lo stesso scrittore riporta un altro episodio +storico, narratogli a Cagliari da un giudice della +Reale Udienza. Un famoso bandito, inseguito da +due carabinieri, cacciossi per caso dentro un +ovile, dove, insieme a molti armati, si trovava +l’uomo a cui aveva ucciso il fratello. In omaggio +alla sacra ospitalità, il pastore lo accolse nella +capanna, e intimò ai carabinieri di allontanarsi, +se volevano salva la vita. Informata del caso la +Giustizia, fu subito spedito un messo al pastore +(padre di due figli di recente condannati a morte) +proponendogli la libertà di essi, se si risolveva +a cedere il bandito accolto nel suo ovile. Il pastore +rifiutò sdegnosamente. Giustiziato uno dei +figli, fu rinnovata la proposta per la liberazione +dell’altro; ma il vecchio diede al messo questa +fiera risposta: — Dirai al giudice, che il sardo +ha più cara la fede che i propri figliuoli!» — Quando +apprese la morte del secondo figlio il +poveretto svenne. +</p> + +<p> +A proposito di questo fatto il Bresciani cita +un caso avvenuto in Corsica al tempo in cui Paoli +combatteva per la indipendenza dell’isola sua. +Un popolano corso, cieco d’ira, aveva ucciso colle +proprie mani l’unico suo figlio sedicenne, solo +perchè questi, dopo aver concessa l’ospitalità ad +un bandito, lo cedette per denaro ad un carabiniere. +</p> + +<p> +«I sardi, che tanto ritennero delle condizioni +del mondo antico (conchiude il Bresciani) hanno +<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span> +di queste esagerazioni, riputandole diritto, dovere, +e stretta osservanza della ragione delle genti.» +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +E mi pare che le citazioni storiche da me +riportate siano sufficienti per dare un’idea del +colore dei tempi. +</p> + +<p> +Ho esposto a larghi tratti il quadro dei principali +avvenimenti di sangue che afflissero il Logudoro +nel lungo periodo di quattro secoli. Mi +accorgo però che la mia tela ha tinte troppo fosche, +ed è incompleta; poichè non ho potuto riportare +che i fatti crudi, quali li estrassi da documenti +ufficiali. In riscontro alle nequizie dei banditi da +me segnalate, le carte di Archivio non registrano +virtù alcuna, nè le intime cause che determinarono +il traviamento di tanti infelici, trascinati +assai spesso al delitto dalla trista condizione dei +tempi miseri e corrotti. +</p> + +<p> +Negli scaffali della Giustizia si riscontrano +unicamente le colpe, non le virtù dei disgraziati; +e questo forse succede, perchè l’uomo è nato +cattivo, e la virtù realmente non esiste. Come +l’ombra non è che l’assenza della luce, così la +virtù non è che l’assenza del vizio. La società, +insomma, pare non pretenda che il solo freno +delle passioni, convinta che l’uomo riescirà sempre +a fare il bene, sempre quando potrà astenersi +dal fare il male. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span> +</p> + +<p> +Ho esposto in altro libro il sistema usato +dallo storico e dal poeta, quando vogliono fabbricare +i grandi benemeriti e i grandi delinquenti: — dei +primi essi registrano le sole virtù, dei secondi +non rivelano che i soli vizi. In pochi, però, +la coscienza di voler ritrarre l’uomo qual’è, col +fardello del bene o del male, fornitogli dai tempi, +dagli uomini, o da madre natura. +</p> + +<p> +Perchè questo? forse perchè il popolo ha bisogno +di commuoversi dinanzi a quanto esce dalla +cerchia dei fatti comuni: esso sdegna le mediocrità, +per esaltarsi alle azioni dei grandi buoni +o dei grandi cattivi. L’evangelista Giovanni lo +ha detto chiaro nell’<i>Apocalisse</i>: «— Deciditi: +sii freddo, o sii caldo; ma se tu sarai tiepido, +ovvero nè freddo nè caldo, ti rigetterò dal mio +seno!» +</p> + +<p> +Fra i molti banditi che nacquero belva — come +Pietro Cambilargiu e Francesco Derosas — non +mancarono i disgraziati, che pure in +mezzo alle ferocie ebbero slanci di generosità +magnanima, di virtù vera, di singolare rettitudine +d’intelletto. +</p> + +<p> +Nella storia di Salvatore Anchita, di Francesco +Brundanu, di Leonardo Marceddu, di Giovanni +Fais, di Peppe Bonu, e di Giovanni Tolu +non fanno difetto gli sprazzi di luce che rischiarano +azioni generose, delle quali tacciono i documenti +Ufficiali. Questo silenzio è spiegabile; +poichè la giustizia non sa leggere che nel <i>Codice +<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span> +penale</i>, e non sa pesare nella sua bilancia che le +sole colpe degli sventurati! — Ed è forse per +reazione che i grandi poeti (come Byron e come +Schiller) vollero idealizzare con splendore di colorito +le gesta avventurose di corsari e di briganti. +</p> + +<p> +Bisogna, dopo tutto, convenire, che l’uomo +ha un fondo malvagio. +</p> + +<p> +Non è questione di alti o bassi strati sociali: — l’ignoranza +e il pregiudizio salgono tutti i gradini. +Abbiamo veduto come nei traviamenti dei +secoli passati incorsero nobili e plebei, e come +talvolta si ebbero esempi di volgo nobile e di +nobiltà plebea. +</p> + +<p> +Nelle gesta delittuose vi hanno due cavallerie: +quella <i>rusticana</i> e quella incivilita. La prima, +per sua natura, è apertamente audace — la seconda, +all’incontro, nobilmente accorta: forse perchè +ha troppi guanti — e i guanti, assai spesso, +non servono che a nascondere le mani sporche. +</p> + +<p> +Io non voglio fermarmi sul numero infinito +dei delinquenti volgari, che battono la città e la +campagna: sono essi i delinquenti d’ogni tempo, +d’ogni paese, e parlano ogni lingua. Ripeto solo, +che Giovanni Tolu, nel suo complesso di bene +e di male, è l’<i>ultimo bandito sardo</i>. +</p> + +<p> +Il bandito sardo — giova ricordarlo, perchè +il giornalismo italiano pare si ostini a non volerlo +rilevare! — non è un masnadiero, non è +un brigante, non è un grassatore, non è un fabbro +<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span> +di <i>ricatti</i>. Ed è solamente per dimostrarlo, +che ho voluto aderire a scrivere la storia di Giovanni +Tolu. +</p> + +<p> +I tempi or sono cambiati. Colla nuova Italia +è sottentrato un altro brigantaggio, che al piombo, +al pugnale, ai grimaldelli ha sostituito il libello, +la truffa, e i brogli bancari. +</p> + +<p> +Dobbiamo tuttavia ardentemente sperare, che +questa nuova forma di delinquenza inguantata, +la quale sfugge così spesso alle leggi, abbia fatto +il suo tempo. Ad ogni modo, lusinghiamoci di +non trovarci per anco nel tristo caso di ripetere +la frase tagliente, ch’ebbe sulle labbra Giovanni +Prati negli ultimi anni di sua vita: «— Dappoichè +ho conosciuto i galantuomini d’oggi, ho preso +a stimare i ladri antichi!» +</p> + +<p class="indl"> +<i>Sassari, maggio 1896.</i> +</p> + +<p class="indr"> +<span class="smcap">Enrico Costa.</span> +</p> + +<hr class="silver"> + +<div class="chapter"> +<p> +<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span> +</p> + +<p class="title"> +STORIA DI GIOVANNI TOLU<br> +NARRATA DA LUI MEDESIMO +</p> +</div> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span></p> + +<h2 id="parte1">PARTE PRIMA +<span class="smaller">PRIMA DELLA COLPA</span></h2> +</div> + +<div class="chapter"> +<p> +<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span> +</p> + +<figure class="figcenter"><a id="fill-059"></a> + <img src="images/ill-059.jpg" alt="Testata allegorica sui personaggi della storia"> +</figure> + +<h3 id="cap1-1">CAPITOLO I. +<span class="smaller">Infanzia e prima giovinezza.</span></h3> +</div> + +<p> +La nostra famiglia è di Florinas. +</p> + +<p> +I miei nonni — Felice Tolu e Francesca +Cossu — vivevano agiatamente, perchè possessori +di terreni, di case, e di molto bestiame. +Dalla loro unione erano nati sei o sette figli, fra +i quali Pietro Gavino — mio padre. +</p> + +<p> +I tempi intanto si facevano tristi. Dopo la +carestia dell’<i>ottanta</i> — ci diceva il babbo — le +terre diminuirono di prezzo, e la piccola fortuna +del nonno cominciò a venir meno<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a>. +</p> + +<p> +Il vecchio Felice scese nel sepolcro lasciando +i figliuoli in giovanissima età; e la povera vedova, +sperando di poter tirare innanzi la famiglia +<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span> +nell’agiatezza in cui era stata allevata, fu costretta +a vendere i pochi beni che ancora le rimanevano. +I suoi sforzi, però, riuscirono vani. +I giorni calamitosi si succedettero senza tregua, +nè si tardò a provare tutte le strettezze della +miseria. +</p> + +<p> +Pietro Gavino, per campare la vita, si era +adattato a prestare l’opera sua presso alcuni parenti +facoltosi; ed una sua sorella, non potendo +più oltre mantenere l’antico sfarzo, fece dono +della sua ricca veste alla <i>Madonna del Rosario</i>, +presso la quale (com’è tradizione nella nostra +famiglia) conservasi tuttora. +</p> + +<p> +Sebbene alquanto innanzi negli anni, il mio +babbo Pietro Gavino tolse in moglie la giovane +figlia di un pastore — Vincenza Bazzoni — che +gli regalò una dozzina di figli, diversi dei quali +morirono bambini. +</p> + +<p> +Mia madre era in fama per i parti doppi; +e infatti per tre volte ebbe figliuoli gemelli, nel +numero dei quali sono anch’io compreso. +</p> + +<p> +Ecco i nomi dei figli sopravvissuti: — Felice, +il primogenito; Chiara, la seconda; in seguito +tre coppie di gemelli, cioè: Peppe ed io — Giammaria +e Nicolò — Giustina ed altro che visse +pochi giorni — e finalmente Maria Andriana<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a>. +</p> + +<p> +È cosa ormai assodata: quando Dio non può +<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span> +mandare ai poveri un po’ di fortuna, concede +loro la grazia di molti figliuoli! +</p> + +<p> +Pietro Gavino Tolu, mio padre, era un tipo +di agricoltore fiero, energico, scrupoloso. Uomo +di stampo antico, era rigido e severo nell’educazione +della famiglia. Soleva dare poca confidenza +ai figli, nè voleva che essi s’intromettessero +in alcuna questione di famiglia. I figli, da +parte loro, gli ubbidivano ciecamente, non permettendosi +la minima osservazione, nè atti sconvenienti +alla sua presenza. +</p> + +<p> +Egli ci diceva spesso: +</p> + +<p> +— Figli miei: o buoni, o morti! Voglio che +rispettiate gli altri, perchè gli altri vi rispettino. +</p> + +<p> +Guai se egli avesse saputo che i figli si permettevano +d’introdursi nei poderi altrui! Sarebbe +stato capace di picchiarci senza misericordia. +</p> + +<p> +Ci eravamo tutti abituati al regime rigoroso +del babbo, ed in famiglia si viveva tutti di buon +accordo. +</p> + +<p> +L’ho detto: al mondo non venni solo. Io +sono <i>una grossa metà</i>. Nacqui ad un parto col +fratello Peppe, il 14 marzo del 1822 — a Florinas<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a>. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span> +</p> + +<p> +Entrambi fratelli fummo mandati a studiare +presso un maestro prete, nostro parente, il quale +ci sgridava sempre, e qualche volta ci picchiava +colla sferza. Peppe, più paziente, imparò a leggere, +ed anche un po’ a scrivere; io, invece, inasprito +delle brusche maniere del prete, mi ribellai, +e non volli più sapere di scuola. +</p> + +<p> +All’età di nove anni, tanto io quanto il mio +gemello, fummo accettati nella chiesa parrocchiale, +in qualità di sagrestani. Mio fratello, dopo +un annetto, lasciò bruscamente la Sagrestia, dichiarando +di volersi dare al lavoro dei campi; +io rimasi al mio posto per altri due anni. +</p> + +<p> +Tenevo alla carica di sagrestano, poichè +lusingava il mio amor proprio. I sacerdoti mi +volevano bene, ed io cercai di cattivarmi la loro +stima, col mandare a memoria (giacchè non riuscivo +a leggere) tutte le risposte latine relative +alle funzioni ecclesiastiche — oltre la <i>dottrina +cristiana</i>, che sapevo a menadito. Indossavo con +un certo sussiego la sottana e la cappetta, ed ero +diventato esperto nella professione. Assistevo con +disinvoltura alla messa; cantavo con voce squillante +nei funerali; accompagnavo il parroco in +tutte le cerimonie — tanto nelle visite che faceva +<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span> +alle partorienti dopo il battesimo, quanto alla +casa dei moribondi per somministrar loro il viatico. +Ond’è, che masticavo molti confetti, e mi +ero abituato al tristo spettacolo degli agonizzanti, +che nei primi tempi mi facevano una penosa impressione. +</p> + +<p> +Mi pareva di essere diventato quasi il padrone +della chiesa e della sacristia. Preparavo +gli arredi sacri, regolavo e custodivo il vino, aiutavo +i preti a vestirsi e a spogliarsi, ed avevo +imparato a mettere in assetto gli altari con un +certo gusto. Anche la clientela delle devote mi era +affezionata. Tutte le penitenti si raccomandavano +a me; ed io trovavo modo di far sbrigare al confessionale +le peccatrici che mi andavano più a +genio, e che volevo favorire. Le più noiose ed +insistenti erano le vecchie, le quali d’ordinario +sono quelle che si confessano con più frequenza, +forse perchè non hanno più occasione di peccare. +</p> + +<p> +Ero infarinato delle cose ecclesiastiche, e +giunsi perfino a capire, che quando il prete nella +messa recita più di tre orazioni, egli compie una +brutta azione, cioè a dire, fa le <i>legature</i> a danno +di qualche nemico<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a>. +</p> + +<p> +Raggiunta l’età di 12 anni, mi avvidi che il +<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span> +mestiere di sacrista non faceva più per me; sentivo +di essere un ozioso, e temevo di esser fatto +segno alle beffe de’ miei compagni. Un bel giorno +buttai in un canto la sottana, e mi diedi, come +gli altri fratelli, a lavorare i campi. +</p> + +<p> +Mio padre era stato accettato come socio da +un suo compare agiato, parimenti agricoltore; il +quale gli forniva la semente, i buoi e la terra, +lasciandogli a benefizio un terzo del guadagno, +e tenendo per sè gli altri due terzi, secondo la +usanza del paese. Questa società ebbe la durata +di otto e più anni, con piena soddisfazione del +compare; il che dimostra che mio padre era un +abile lavoratore, ed onesto fino allo scrupolo. +</p> + +<p> +Gettata all’ortiche la sottana di sacrista, +volli andare a lavorare con mio padre, per servirgli +di aiuto. Maneggiavo la zappa, o guidavo +i buoi, secondo i casi; e quando per me non c’era +lavoro, mi adattavo a trasportar pietre sullo stradone, +tanto per non stare in ozio, e per non +essere di peso alla famiglia. +</p> + +<p> +Ho l’orgoglio di vantarmene. Fin da giovane +avevo la fama di abile lavoratore, di sobrio, di +onesto, di docile; nè pochi erano gli agricoltori +che chiedevano l’opera mia. Ma io preferiva di +aiutare il babbo ne’ suoi lavori di campagna. +Pieno di amor proprio e di buon volere, mi sentivo +spronato al lavoro dall’emulazione, e godevo +di essere mostrato a dito dai compagni, con una +compassione che mi sapeva d’invidia. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span> +</p> + +<p> +Ero appena diciasettenne quando perdetti +mio padre, morto a 54 anni. Lo piansi amaramente, +e da quel giorno mi dedicai con più lena +al lavoro, poichè volevo recar sollievo alla mamma +ed alla famiglia. +</p> + +<p> +Felice, il nostro fratello maggiore, aveva +intanto preso moglie. Si era unito a Giovanna +Serra di Giave, ed erasi allontanato da noi per +mettere su casa, a parte. +</p> + +<p> +Io era ritenuto come il figliuolo più serio e +più lavoratore; tanto è vero, che a diciotto anni +mi si erano affidate le redini della casa. Peppe, +più delicato e più debole di me, era rimasto addietro, +e subiva la mia influenza. +</p> + +<p> +Provvistomi d’un cavallo mi diedi a lavorare +per i paesi circonvicini, facendo il <i>viandante</i>. +Trasportavo viveri e merci da un punto all’altro; +mi recavo con frequenza a Sassari per vendervi +grano; e di là ripartivo con un carico di vino, +che mia madre rivendeva in paese per trarne +qualche lucro. +</p> + +<p> +L’ho detto: mio padre ci aveva educati rigidamente, +e si viveva tutti in buon accordo. +Ciascuno di noi portava alla mamma i propri +guadagni, e godevamo di una certa agiatezza, +relativa alla modesta nostra condizione. Il lavoro +non ci mancava mai, ed i viveri erano a buon +mercato. Ricordo che verso il 1840 la carne si +vendeva a due libre <i>mezzo reale</i> (circa 30 centesimi +il chilogramma). +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span> +</p> + +<p> +I principali proprietari di Florinas richiedevano +continuamente l’opera mia e quella di Peppe; +ma non volevamo legarci ad alcuno, poichè la +mamma era gelosa di noi, e temeva che coll’abbandono +venisse meno l’accordo in famiglia. +</p> + +<p> +Quando Chiara — la nostra sorella maggiore — toccò +i 23 anni, fu chiesta in moglie da un +bravo giovane. La scelta fu di nostro gradimento, +e raddoppiammo di attività nel lavoro, tanto per +poter riuscire a preparare un po’ di fardello alla +sposa. +</p> + +<p> +La nostra casa era il nido della pace e della +concordia. La vecchia mamma non faceva che +ringraziare il Cielo, per averle dato figliuoli così +buoni ed affettuosi. +</p> + +<p> +Contavo appena venti anni, quando in paese +si sparse la notizia che nell’agro sassarese si +prevedeva un raccolto straordinario di olive. Volendo +guadagnare qualche soldo in più, mi allontanai +da Florinas, per collocarmi nella qualità +di sorvegliante a Sassari, presso due proprietari +di molini ad olio; nell’uno lavoravo di giorno, +nell’altro di notte. Dopo parecchie settimane di +assiduo lavoro, feci ritorno a Florinas. Mi sentivo +stanco e abbattuto, ma avevo raggiunto lo +scopo, mettendo a parte una diecina di scudi, +che consegnai alla mamma. +</p> + +<p> +E così continuai a cercar lavoro da un punto +all’altro: nei dintorni di Florinas, nelle campagne +di Sassari, e nei <i>salti</i> della Nurra. Nessuna fatica +<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span> +mi spaventava quando mi sorrideva la probabilità +di un guadagno. +</p> + +<p> +Coi risparmi fatti, decisi più tardi di acquistare +un buon cavallo. Me ne offrì uno bellissimo, +di manto nero, il reverendo Pittui, per il +prezzo di sedici scudi. Ricordo anzi, a questo +proposito, che allor quando sborsai la somma al +prete, in presenza della serva, mi scivolò di mano +una pezza da <i>cinque soldi</i>, che andò a rotolare +sul pavimento. Ci chinammo tutti e tre per raccoglierla, +ma non ci fu possibile rintracciarla. L’inferno +l’aveva inghiottita. Dovetti cacciar fuori +dalla borsa altra simile moneta, che non mi venne +più restituita. Ricordai più volte questo fatto, ripensando +al prete Pittui, che più tardi doveva +esser causa d’ogni mia sventura. +</p> + +<p> +Diventato proprietario di un buon cavallo, +che battezzai col nome di <i>Moro</i>, continuai la mia +vita di lavoro con più coraggio. Passavo intiere +settimane fuori di Florinas, e non vi rientravo +che alla vigilia dei giorni festivi. +</p> + +<p> +Le domeniche erano per me giorni di noia. +Il mio unico divertimento consisteva nel tiro al +bersaglio: passatempo di molti giovani del paese +nella sera dei giorni di festa, ed al quale prendevano +pur parte i signori, ed anche qualche +prete. La bettola, i balli, e sovratutto il bel sesso, +non ebbero mai per me alcun’attrattiva. Devo +anzi confessare, che fin da giovinotto ero un orso +e fuggivo quasi le donne. Non provavo la smania +<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span> +di far loro la corte, poichè gli amori inutili +mi ripugnavano, non volendo perdere il mio +tempo. A che trattenere una ragazza e perdersi +in sciocchezze, quando l’uomo non ha intenzione +di torsela in moglie? Nei nostri villaggi bisogna +andar cauti colle zitelle; il far lo spasimante diventa +pericoloso, poichè i parenti della donna +potrebbero immischiarsene; e il meno peggio che +possa capitare, è il matrimonio forzato con donna +che non ci piace. Non amavo le leziosaggini, nè le +mollezze femminili, che sfibrano il carattere e ci +espongono qualche volta al ridicolo. Sdegnavo di +cacciarmi nei pubblici balli, o di piantarmi come +un palo dinanzi alle case, per fare il cascamorto +colle ragazze che sedevano sulle soglie. Preferivo +andarmene fuori del paese con la combricola dei +tiratori, per vincere una scommessa al bersaglio. +Il fucile era la mia prima passione — il cavallo +la seconda. +</p> + +<p> +Non mi fecero pertanto difetto le avventure +amorose; ma io nella donna temevo le <i>malìe</i> — cioè +a dire le <i>legature</i>, come noi le chiamiamo. +Citerò due soli episodi. +</p> + +<p> +Recatomi una sera in casa di un amico, vi +trovai la moglie insieme ad una giovane sorella +di costei, di fama un po’ equivoca. +</p> + +<p> +La donna maritata, fra il serio e il faceto, +mi disse: +</p> + +<p> +— Guarda mia sorella, com’è bellina! Perchè +non te la baci? +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span> +</p> + +<p> +Fui quasi spaventato dello strano invito; del +che accortasi la scaltra donna, cambiò tono, e +mi chiese il favore di accompagnare la sorella +ai balli, che avevano luogo quella sera in piazza. +</p> + +<p> +Benchè a malincuore, accondiscesi al suo +desiderio. Quando fummo di ritorno, le due sorelle +si affrettarono ad offrirmi alcuni amaretti +e un bicchierino di rosolio; ma io mi guardai +dall’accettare, temendo volessero farmi qualche +<i>legatura</i>. Appresi più +tardi, che la moglie +del mio amico aveva +contato sulla mia inesperienza, +per mantellare +col sacramento del +matrimonio il primo +fallo della sorella. +</p> + +<figure class="figright"><a id="fill-069"></a> + <img src="images/ill-069.jpg" alt="Moglie tentatrice, e il villaggio di Florinas"> +</figure> + +<p> +Due mesi dopo, a +breve distanza da Florinas, +mentre rientravo +dalla campagna, fui +fermato con mistero da una giovane donna, maritata +ad un vecchio. Ella cominciò col parlarmi +di una sua amica, la quale era alquanto innanzi +negli anni, ma possedeva un piccolo vigneto ed +una casa bassa, che le procuravano una vita abbastanza +comoda. Avendo costei desiderio di marito, +me la proponeva come moglie, cercando persuadermi +che avrei fatto un buon affare; poichè, +anche con una moglie attempatella, non mi sarebbe +<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span> +mancato l’affetto di qualche amica più +giovane. Rifiutai con ripugnanza; e allora la giovane +si sfogò meco in tenerezze, e mi tenne un +linguaggio così singolare, che mi costrinse a fuggire +da lei, come un casto Giuseppe dalla moglie +di Putifarre<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a>. +</p> + +<p> +Tale io era con le donne a vent’anni. In +seguito, naturalmente, ebbi qualche scrupolo di +meno, sebbene non sia mai riuscito a cambiare +<i>la mia opinione</i><a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a>. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span></p> + +<h3 id="cap2-1">CAPITOLO II. +<span class="smaller">In cerca d’una moglie.</span></h3> +</div> + +<p> +Raggiunta l’età di 25 anni, non tardai a +sentire tutto il peso della mia vita solitaria, monotona. +L’amore al lavoro ed al guadagno, la ripugnanza +all’ozio ed ai compagni crapuloni, mi +rendevano più penoso l’isolamento. Non bastava +più mia madre, non bastavano i miei fratelli, nè +le sorelle, a darmi un conforto, quando stanco +rientravo in seno alla famiglia, dopo una settimana +d’incessante e faticoso lavoro. Desideravo +qualche cosa di più attraente che mi eccitasse +ogni sera a far ritorno alla mia casetta. +</p> + +<p> +Felice, il primogenito de’ miei fratelli, aveva +preso moglie; gli altri pensavano a prenderla; le +mie sorelle già parlavano di marito — ed io non +sentiva la virtù del sagrifizio, senza uno scopo +determinato. Il pensiero di abbandonare la mamma +era quello che mi tormentava; ma io avrei +potuto ritirare la vecchierella presso di me; avrei +potuto darle una compagna, quando le sorelle +e i fratelli miei si fossero allontanati dalla +casa materna, per crearsi una famiglia. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span> +</p> + +<p> +Pensai dunque ad una compagna. +</p> + +<p> +Avevo fermato l’attenzione sopra una bella +giovinetta quindicenne, che ogni domenica io +aspettava sul piazzale della chiesa, all’entrata ed +all’uscita della messa. Parecchie volte ero stato +ai balli con essa, e mi pareva che non gli fossi +del tutto antipatico. Il contegno modesto di quella +ragazza mi aveva profondamente colpito. Maria +Francesca, la prediletta del mio cuore, era al +servizio del prete Gio. Maria Masala Pittui, insieme +ad una sua zia. +</p> + +<p> +Questa zia — Giovanna Maria Meloni Ru — si +trovava da molti anni in casa del prete. Tanto +lei, quanto una sua sorella maggiore, si erano +allontanate dal paese natio (Scano Montiferro) +ferme nel proposito di collocarsi come serve in +casa di qualche prete, a Florinas, o altrove. +L’una di esse, infatti, riuscì ad essere accettata +dal reverendo Pittui — l’altra si collocò presso +un altro sacerdote, in Codrongianus. +</p> + +<p> +Le due donne avevano un fratello a Florinas — Salvatore +Meloni Ru — già servo del prete +Pittui, che gli aveva dato in moglie certa Catterina +Merella. +</p> + +<p> +Da queste nozze era nata, fra gli altri figli, +Maria Francesca, la ragazza che mi aveva colpito. +Costei, fin da bambina, frequentava la casa +del prete, dove si recava per visitarvi la zia; e +quando crebbe negli anni vi fu accettata come +servetta, con piena soddisfazione dei genitori; i +<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span> +quali ascrissero a grazia divina l’aver potuto collocare +la loro bella figliuola in casa di un sacerdote +benestante, influente, e temuto più che +amato nel paese. +</p> + +<p> +Il prete Pittui aveva fatto di tutto per dar +marito all’antica sua serva Giovanna Maria, ma +non vi era riuscito. In paese correvano molte +dicerie sul conto di quella donna, e nessuno voleva +caricarsela. Fra gli altri designati, il prete +si era rivolto a due suoi nipoti, promettendo loro +la protezione, e non so che altro, se avessero +appagato il suo desiderio; ma i due nipoti non +vollero sapere di dar la mano ad una donna attempatella, +a cui si cercava un marito con tanta +insistenza. +</p> + +<p> +Il rifiuto dei due giovani inasprì alquanto lo +zio, che tenne loro il broncio per lungo tempo, sebbene +non mancasse di prenderne le difese, quando +credeva compromessa la dignità del sangue di +famiglia. +</p> + +<p> +Il prete Pittui trovò finalmente il desiderato +Cireneo della sua Giovanna Maria: un suo servo +agricoltore — certo Giovanni Antonio Piana; il +quale, sebbene molto giovane (eravamo coetanei) +si decise a sposare quella donna, che poteva essergli +madre. +</p> + +<p> +Giovanni Masala Pittui era un prete, che +aveva oltrepassata la cinquantina. Burbero, prepotente, +di modi piuttosto aspri, si sentiva capace +di affrontare venti nemici petto a petto. Possedeva +<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span> +una Cappellania, che dicevasi gli fruttasse +da quattro a cinquemila scudi; ed aveva l’obbligo +di dir la messa tutti i giorni festivi nell’Oratorio +di Santa Croce — chiesetta un po’ fuori di mano, +perchè posta all’estremità del villaggio. +</p> + +<p> +Erano in quel tempo in Florinas altri tre +preti: i due viceparroci e il rettore Gio. Angelo +Dettori; ma nessuno poteva vantare l’influenza +del prete Pittui, che tutti temevano. In relazione +con cavalieri, avvocati, giudici, ed altre autorità +di Sassari, egli dispensava promesse o minaccie +a diritta ed a manca, e nessuno osava contraddirlo, +poichè si sapeva che le minaccie avrebbero +avuto il loro effetto. +</p> + +<p> +Il prete Pittui andava sempre armato, ed era +ben provvisto di fucili, di pistole, di pugnali. Possedeva +una quindicina di cani, fra i quali due feroci +mastini, capaci di sbranare quattro nemici +a un semplice cenno del padrone. Si vantava di +essere un valente cacciatore (e lo era di fatto), +e si dilettava parimenti della pesca nei fiumi; +però, non mangiava mai pernici, nè lepri, nè anguille, +che per solito regalava agli amici. +</p> + +<p> +Io era in buoni rapporti coi preti di Florinas, +poichè tutti mi avevano conosciuto sagrestano. +Anche prete Pittui mi trattava con una certa confidenza. +Non poche volte gli avevo assistito la +messa, e assai spesso mi ebbe a compagno nelle +solite gare al bersaglio della domenica. Guai però +a contraddirlo, o a prendersi troppo confidenza +<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span> +con lui! Corrugava la fronte, rispondeva brusco, +e voltava le spalle con aria spavalda e prepotente. +</p> + +<p> +Per dare un’idea del suo carattere focoso e +della fiducia che riponeva nelle autorità di Sassari, +di cui si vantava amico, narrerò un episodio. +</p> + +<p> +Un giorno io lavoravo in un suo tenimento, +insieme ad altri compagni, fra i quali uno dei +due nipoti che si era rifiutato a sposargli la serva +Giovanna Maria. Avvenne che uno dei contadini +che lavoravano insieme a noi, non so per qual +contesa insorta, mettesse le mani addosso al nipote +del prete, che per caso era presente. Io corsi +in difesa dell’aggredito, e afferrato un bastone +percossi senza misericordia l’aggressore. +</p> + +<p> +Il prete, cieco di bile per l’insulto fatto al +parente, mi si accostò inferocito, gridandomi alle +spalle: +</p> + +<p> +— Uccidilo! uccidilo, Giovanni! chè penserò +io a strapparti alla Giustizia! +</p> + +<p> +Queste parole mi fecero tornare in me, e sospesi +la correzione — tanto più che l’avversario +non mi aveva opposto resistenza. Il prete si limitò +a licenziare il contadino audace; ma mi accorsi +che non era soddisfatto della mia disubbidienza. +</p> + +<p> +Riprendo la narrazione. +</p> + +<p> +Colpito, dunque, dall’avvenenza e dalla modestia +di Maria Francesca, e fermo nel proposito +di prender moglie, mi decisi a confidare in famiglia +i miei progetti, chiedendo un consiglio. +<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span> +Ottenni la generale approvazione per la buona +scelta fatta. Lieto che tutti fossero contenti, incaricai +la mamma di recarsi in casa del prete +Pittui per chiedergli la mano della ragazza. Si +sa che in simili casi i genitori passano in seconda +linea, poichè spetta ai padroni disporre dell’avvenire +delle serve. +</p> + +<p> +Mia madre, dopo essersi vestita degli abiti +migliori, si recò dal prete per far la domanda. +Io rimasi ad aspettarla in casa, ansioso di conoscere +la risposta. +</p> + +<p> +Trascorsa una mezz’ora, mia madre fu di +ritorno. Per quanto affettasse disinvoltura, mi +accorsi subito che la sua missione non era pienamente +riuscita. +</p> + +<p> +— Ebbene....? — le chiesi, andandole incontro. +</p> + +<p> +— Bisogna ancora aver pazienza, figlio mio! +</p> + +<p> +— Un rifiuto?! +</p> + +<p> +— Non rifiuto, veramente! Mi disse solo, che +avessi prima pensato a maritare le tue sorelle +Giustina e Maria Andriana, poichè per Maria +Francesca ci sarebbe stato tempo, avendo essa +di poco oltrepassato i quindici anni. +</p> + +<p> +Questa risposta, che mia madre si studiava +di raddolcirmi, mi tenne alquanto di malumore. +Tuttavia, non disperai, deciso di tornare all’assalto +in un momento più opportuno. +</p> + +<p> +Lasciai trascorrere alquante settimane. Nel +frattempo in paese si era fatta correre una voce, +<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span> +la quale in sulle prime mi fece sorridere, ma in +seguito mi destò qualche inquietudine. Dicevasi +dalle comari, che io mi era pazzamente invaghito +di Maddalena Pintus Marongiu, figlia di Pietro +Paolo, la cui fama non correva troppo buona in +paese. Si era pur detto, precedentemente, che +tanto la ragazza, quanto i suoi genitori, studiassero +tutti i mezzi per accalappiarmi con un matrimonio. +</p> + +<p> +L’origine e lo scopo della diceria erano palesi. +La zia di Maria Francesca aveva confidato +alle comari la mia domanda di matrimonio; e la +famiglia Pintus, al cui orecchio era pervenuta la +notizia, aveva messo in giro la storiella del mio +amore, per dar pretesto al prete di rifiutarmi la +mano della ragazza. +</p> + +<p> +Un caso innocente, avvenuto poche settimane +dopo, diede corpo all’ombra ed alimento +ad una diceria, che servì di appiglio ai disgustosi +incidenti che amareggiarono in seguito la mia +esistenza. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span></p> + +<h3 id="cap3-1">CAPITOLO III. +<span class="smaller">Alla festa di Mara.</span></h3> +</div> + +<p> +Si era verso la metà di Settembre del 1848, +e si avvicinava il giorno della famosa festa di +<i>Nostra Signora di Bonuighinu</i>, che suol farsi +presso una chiesa campestre, nelle vicinanze del +villaggio di Mara. Questa festa, con annessa fiera, +è una delle principali dell’isola, e chiama tuttora +dal Logudoro e dalla Planargia una folla considerevole +di curiosi e di devoti<a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a>. +</p> + +<p> +Essendo Mara molto distante, i florinesi hanno +bisogno di quattro o cinque giorni per effettuare +la gita e godere del divertimento; e forse +<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span> +per questo motivo l’attrattiva è maggiore, e cresce +nei festaioli la smania di prender parte alla +baldoria. +</p> + +<p> +Già da tre anni mi ero prefisso di recarmi +a <i>N. S. di Bonuighinu</i> per sciogliere un voto +fatto, e nello stesso tempo per divertirmi un poco. +Lavoravo tutto l’anno con assiduità, e mi pareva +di aver diritto a un po’ di svago. Circostanze +impreviste avevano impedito che si effettuasse +il mio disegno; ond’è che quella volta fui irremovibile +nel mio proposito. +</p> + +<p> +Mia madre non vide di buon occhio la mia +gita, e me lo disse con una certa amarezza: +</p> + +<p> +— Bada, Giovanni! A me pare, che in questa +circostanza non ti convenga recarti alla festa. +Non vorrei che la tua gita avesse a procurarti +qualche dispiacere! +</p> + +<p> +Io mi strinsi nelle spalle. Mia madre, certamente, +voleva alludere alle trattative in corso per +la domanda di matrimonio; ma io sentiva di aver +la coscienza netta, nè dovevo temere serie conseguenze +da un passatempo innocente. +</p> + +<p> +Anche il nostro vicino di casa — Gavino +Pintus — aveva deciso di andare alla festa insieme +alla figliuola, e si era dichiarato contento +di avermi a compagno di viaggio. +</p> + +<p> +Questo Pintus, agricoltore benestante, era +fratello dell’altro Pintus, della cui figlia mi dicevano +invaghito. Le due cugine avevano lo +stesso nome: Maddalena. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span> +</p> + +<p> +All’alba del giorno designato insellai il mio +<i>Moro</i>; Gavino Pintus prese la figliuola in groppa, +e partimmo insieme. +</p> + +<p> +Svoltate appena due stradicciuole, il Pintus +fermò il cavallo e mi disse: +</p> + +<p> +— Aspettami qui un momento. Mi spingo +fino alla casa di Pietro Paolo, per sapere se insiste +nell’idea di venire alla festa. +</p> + +<p> +Fu tanta la mia sorpresa, che non risposi +neppure. Mi lusingavo già che si trattasse di un +semplice atto di convenienza, quando vidi sboccare +da una viottola i due fratelli a cavallo, colle +rispettive figliuole in groppa. +</p> + +<p> +Quell’incidente impreveduto mi gelò il sangue. +Mi venne persino in mente di piantare la +comitiva e di andarmene tutto solo alla festa; ma +ebbi vergogna di una debolezza, che poteva venir +interpretata paura o vigliaccheria. Ripensai allora +alle parole di mia madre, la quale non s’ingannava +mai ne’ suoi pronostici. +</p> + +<p> +Che dovevo fare? Feci l’uomo di spirito, e +mi rassegnai ad essere il compagno di viaggio +dei due fratelli e delle due cugine, deciso però +a mostrare il broncio alla coppia malaugurata, +che aveva messo in giro la diceria de’ miei amori. +Volevo che si notasse quanto poco gradita +mi fosse la compagnia dei due intrusi. +</p> + +<p> +La figliuola di Gavino, appena quindicenne, +era di un’ingenuità infantile; la cugina, invece, a +diciott’anni, rivelava una furberia singolare, ed +era molto addentro negli intrighi amorosi. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span> +</p> + +<p> +Il padre di costei, povero quanto Giobbe, +tirava a stento la vita, ma studiavasi di comparire +agli occhi del mondo meno miserabile di +quello che era. +</p> + +<p> +I nostri tre cavalli trottavano di conserva +sulla strada. Mi ero messo alla sinistra di Gavino +per togliermi alla vista di Pietro Paolo e della +figliuola. Mi divertivo invece a scherzare e a conversare +colla più giovane delle Maddalene, lasciando +l’altra ad annoiarsi fra il babbo e lo zio. +</p> + +<p> +Arrivati dopo un’ora di strada al sito denominato +<i>Sas funtanas</i>, smontammo tutti per abbeverare +i cavalli. +</p> + +<p> +Stando insieme sul ponte, Gavino si lamentò +meco della lentezza del suo cavallo, incapace di +poter portare due persone sul dorso. Io gli dissi: +</p> + +<p> +— Se per quindici giornate tu mi aiuterai ad +arare la terra, porterò la tua figliuola in groppa. +</p> + +<p> +Il babbo mi rispose, scherzando: +</p> + +<p> +— Anche per venti giorni avrai l’aiuto mio, +se vorrai alleggerirmi di Maddalena! +</p> + +<p> +Dopo avermi aiutato ad assicurare il sellone +sul mio cavallo, Gavino sollevò da terra la figliuola +e me la sedette in groppa. +</p> + +<p> +Ci rimettemmo in viaggio. +</p> + +<p> +Mi sentivo proprio contento del servizio reso +a Gavino Pintus. Il mio cavallo trottava, ed era +facile lasciarmi addietro gli altri compagni, la +cui conversazione mi riusciva oltremodo impacciante. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span> +</p> + +<p> +Così trottando, colla donna in groppa, volli +mangiare un boccone. Tolsi dalla mia bisaccia +un po’ di pane e di noci, e ne offersi a Maddalena, +la quale si divertiva un mondo alle mie +facezie. +</p> + +<p> +Arrivati dopo cinque ore di viaggio alla cantoniera +di Giave, Pietro Paolo invitò tutti a +smontare da cavallo, offrendoci le sue provviste +per far collazione. +</p> + +<p> +— Ho giù mangiato e non ne ho voglia! — risposi. +</p> + +<p> +— Mangiato! e quando? — mi chiese sorpreso +Pietro Paolo. +</p> + +<p> +— Or ora in viaggio — risposi — ed ho +anche bevuto. Anzi, se volete approfittare, ci ho +ancora vino nel mio fiasco! +</p> + +<p> +Mi ero proposto di nulla accettare da quella +gente. Sebbene avessi giustificato il mio rifiuto, +mi accorsi ch’esso spiaque ai due fratelli, i quali +pertanto si guardarono dall’insistere. +</p> + +<p> +Terminata la collazione continuammo il viaggio, +e dopo altre due ore di strada sostammo a +Padria, ospiti del comune amico Salvatore Masia, +il quale volle offrirci una lauta cena. +</p> + +<p> +Come più ci avvicinavamo a Mara, più numerose +diventavano le comitive dei festaiuoli, +accorrenti da ogni punto dell’isola a <i>N. S. di Bonuighinu</i>. +</p> + +<p> +All’alba del giorno susseguente rimontammo +a cavallo, e un’ora dopo entravamo nel villaggio +<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span> +di Mara, accolti generosamente da Antonio Francesco +Peralta, che ci volle ospiti, insieme ad altri +festaiuoli che ci avevano preceduto. +</p> + +<p> +I miei compagni lasciarono in paese i cavalli, +e si recarono a piedi alla chiesetta campestre, +distante appena una mezz’ora. Io feci +quel tragitto a cavallo, sempre con Maddalena +in groppa. +</p> + +<p> +Pietro Paolo si era rassegnato a far la strada +a piedi, poichè la figliuola, sprovvista di sellone, +era stata adagiata alla meglio su due cuscini. Il +vero scopo della sua gita era il solito commercio +d’uova; e si sentiva giustamente umiliato della +propria miseria, tanto più sapendo che a me non +mancavano soldi da spendere<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a>. +</p> + +<p> +Durante la breve gita da Mara alla chiesa +campestre, io continuai le facezie colla mia compagna +di viaggio, quasi per far dispetto alla cugina, +della quale volevo vendicarmi. Ero ancora +inasprito delle dicerie messe fuori dai genitori +di una ragazza, la quale pretendeva di essere +corteggiata per forza. La mia natura superba rifuggiva +da simili donne! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span> +</p> + +<p> +Un’immensa folla occupava i dintorni della +chiesetta; e vi erano rappresentati la maggior +parte dei comuni dell’isola. +</p> + +<p> +Attiguo alla chiesa è un vasto cortile con un +lungo loggiato per comodità dei visitatori e dei +mercanti. Vi si vendeva di tutto, e si macellava +all’aria aperta carne di bestiame, proprio... o +rubato. +</p> + +<p> +Siccome mi ero recato alla festa per sciogliere +un voto, non mancai di far le mie preghiere +in chiesa; dopo di che, pensai a darmi un +po’ di spasso. Ho sempre mantenuto la mia parola, +anche con Dio e coi santi! +</p> + +<p> +Da Mara erano venuti, insieme a noi, molti +curiosi e devoti; e non poche forosette, in allegra +brigata, avevano voluto accompagnare le due cugine +Pintus. +</p> + +<p> +Eravamo arrivati alla chiesa verso il Vespro, +dopo aver fatto a Mara le provviste per la cena. +</p> + +<p> +Io non stavo indietro ad alcuno nello spendere; +anzi mi ero proposto di fare il generoso. +Avevo comprato molte libbre di pesce d’Oristano +cotto, nonchè una ragguardevole quantità d’aranci, +che dispensai largamente a quanti componevano +la numerosa comitiva. +</p> + +<p> +Cenammo in una delle loggie del vasto cortile +della chiesa. +</p> + +<p> +Terminata la funzione del Vespro, s’iniziarono +i balli. Era un gridìo incessante di mercanti +e di compratori, di giovanotti allegri e di donnette +<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span> +di buonumore. Al chiarore dei lampioncini, dei +falò, dei razzi, si correva da un punto all’altro +scherzando, ridendo, altercando. La festa era +stata allietata dalla presenza dei principali cavalieri +e signori di Bonnanaro, di Torralba, di Bessude, +di Borutta e di Tiesi, che gironzavano di +qua e di là, in compagnia delle loro donne. +</p> + +<p> +Dopo aver preso parte ai balli, come attori +o come spettatori, fu proposta la visita a tutti i +<i>liquoristi</i> e <i>torronai</i>; e da una baracca all’altra +non si faceva che bere ed acquistare dolciumi +per i bambini. Com’è usanza in simili feste, ci +alternavamo nello spendere; e ciascuno cercava +di distinguersi nella prodigalità. +</p> + +<p> +A Pietro Paolo non erano rimasti in tasca +che sette soldi e mezzo, ed io non avevo cessato +di superarlo negli acquisti. +</p> + +<p> +Verso la mezzanotte si die’ principio alla +solita gara dei poeti estemporanei, con botta e +risposta. I due fratelli Pintus vollero assistere alle +sfide in versi, poichè uno di essi — Gavino — si +piccava d’essere poeta. Io, invece, con le due cugine +Pintus, preferimmo di prender parte al ballo. +</p> + +<p> +Terminate le danze la Maddalena Bua mi +disse: +</p> + +<p> +— Andiamo a bere alla fonte! +</p> + +<p> +La fonte è lontana un quattrocento passi +dalla chiesa, e la folla vi affluiva di continuo. +</p> + +<p> +Volli appagare il desiderio delle donne, e le +accompagnai. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span> +</p> + +<p> +La moltitudine che andava e ritornava dalla +fonte rendeva penosa la nostra gita. Frotte di +allegri giovinotti, un po’ brilli, davano la baja +a questa o a quella forosetta, e bisognava lottare, +or colle buone ed ora colle brusche, per +aprirci un passaggio. Io stava attento perchè le +mie donne non si sbandassero, trascinate dalla +folla che ci seguiva, o da quella che ci veniva +incontro. +</p> + +<p> +A un certo punto Maddalena Bua (la più +giovane) si fermò e mi disse ingenuamente: +</p> + +<p> +— In questo modo non potremo andare avanti! +Perchè non ci dai il braccio? +</p> + +<p> +E senza aspettare che io l’offrissi loro, le +due donne mi presero a braccetto: l’una a destra, +l’altra a sinistra. Sudavo freddo, immaginando +le chiacchiere dei maldicenti florinesi che +assistevano alla festa. +</p> + +<p> +Dopo essere stato alla fonte, ricondussi le +Maddalene verso la chiesa, e le accompagnai +fino alle loggie. Erano le due dopo mezzanotte, +e volevano riposare. +</p> + +<p> +Offersi il mio cappotto alla più giovane, perchè +se ne servisse come guanciale, e tornai indietro +per raggiungere i miei compagni, che erano +intenti al giuoco, ai canti, ed alle gare +poetiche. +</p> + +<p> +Mancavano due ore all’alba quando mi diressi +tutto solo alle loggie, in cerca di un cantuccio +per poter dormire. Passando lungo lo +<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span> +scompartimento assegnato alle donne, fui colpito +dalla vista di una nera sottana, che provocava +le grasse risa e gli scherzi degli astanti. Era +quella di un prete di Mara, venuto per le funzioni +religiose. Volendo star comodo, egli si era +cacciato alla chetichella nel loggiato delle donne, +sordo alle chiacchiere e alle facezie di quanti lo +avevano veduto. Io gli dissi, scherzando: +</p> + +<p> +— Ella ha scelto un buon posto, reverendo! +Fra sottane e gonnelle ci corre poco! +</p> + +<p> +— Lasciatemi dormire, chè ne ho bisogno, +canaglia! — brontolava il prete con stizza. — Tu +per il primo, Giovanni Tolu, non vorrai rinunziare +alla mia messa! Non è così? +</p> + +<p> +— Sicuro, che è così! — risposi — poichè mi +vanto di essere un buon cristiano. Non solamente +ascolterò la vostra messa, ma vi prometto di assistervela +come antico sagristano. A condizione +però, che diciate una messa da cacciatore: brevissima. +</p> + +<p> +— Siamo intesi, e buona notte! +</p> + +<p> +— Dite meglio: buon giorno! — conchiusi. +</p> + +<p> +La giornata susseguente non fu meno chiassosa +del Vespro, quantunque quest’ultimo abbia +sempre maggior attrattiva. +</p> + +<p> +Fedele alla parola data, volli assistere il +prete nella messa, e mi ci misi d’impegno. La +maggior parte dei devoti l’ascoltarono all’aria +aperta, poichè la chiesa non poteva capire che +un duecento persone. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span> +</p> + +<p> +Terminata la funzione religiosa si ricominciarono +le danze, i canti e le visite alle baracche. +</p> + +<p> +Si pensò intanto alla collazione. Pietro Paolo +si era incaricato di provvedere il pesce; ma siccome +aveva pochi soldi da spendere, ne portò +una quantità insufficiente. Allora andai io a far +l’acquisto, e tornai con un grosso involto di muggini +e di aranci, bastevoli per saziare dodici +persone. Devo confessarlo: quel giorno volevo +fare il signore. +</p> + +<p> +Fu sempre mia opinione, che l’uomo non +deve badare ad economie in certe circostanze; e +quando non si hanno i mezzi per poter spendere, +si rimane a casa per evitare una brutta figura. +</p> + +<p> +Dopo la collazione si andò tutti alla messa +solenne; in seguito ebbe luogo la processione, la +corsa dei cavalli, e di nuovo i canti e le danze. +</p> + +<p> +Verso la una dopo mezzogiorno i festaiuoli +si unirono in diversi gruppi, per i preparativi +della partenza. +</p> + +<p> +Fin dal giorno innanzi avevo ordinato che +da Mara mi si portasse il cavallo. Montai in sella, +ripresi in groppa la figlia di Gavino Pintus, e +feci al passo il breve tragitto, per andar di conserva +co’ miei compagni di viaggio, ch’erano +tutti a piedi. +</p> + +<p> +L’ho detto: quel giorno volevo fare il signore. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span></p> + +<h3 id="cap4-1">CAPITOLO IV. +<span class="smaller">Ritorno dalla festa.</span></h3> +</div> + +<p> +Arrivati al villaggio di Mara si fece sosta, +e si pranzò in casa Peralta. Al pomeriggio si +giunse a Padria, dove passammo la notte. All’alba +del giorno seguente ci recammo a Tiesi, +per accompagnarvi i desini, che ci furono compagni +alla festa. Ivi passammo il resto della giornata +e la notte, sempre in baldoria. +</p> + +<p> +In quest’ultimo paese Pietro Paolo fece un +carico d’uova, ed affidò la figliuola allo zio Gavino, +che se la prese in groppa. +</p> + +<p> +Di là si andò tutti a Banari per accompagnarvi +la comitiva dei banaresi, e vi si passò allegramente +la giornata. Verso sera ci movemmo +dal paese per far ritorno a Florinas. +</p> + +<p> +Prima di allontanarmi dalla chiesetta di <i>N. +S. di Bonuighinu</i>, ebbi cura di far la provvista +di confetti e torroni per portarli alla mia famiglia +ed a quella di Gavino Pintus. Non si deve +far ritorno da una festa senza pensare a quei +di casa. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span> +</p> + +<p> +Pietro Paolo Pintus, fin dal mattino, si era +messo in viaggio per Florinas col carico delle +uova, avvertendoci che alla sera ci sarebbe venuto +incontro per riprendere la figliuola. Giunto +a Florinas (come seppi più tardi) si era presentato +a mia madre, chiedendole se avesse un sellone +da donna per adagiarvi la sua Maddalena. +</p> + +<p> +La mia vecchia, già inasprita per la diceria +messa in giro sul mio conto, gli rispose bruscamente: +</p> + +<p> +— Invece di sella, perchè non vai alla ricerca +di due fascine, per collocarvi la tua figliuola?! +</p> + +<p> +Pietro Paolo si allontanò, fingendo prendere +l’insulto come uno scherzo innocente. Ognuno sa +che sulle fascine si trasportano i feriti od i morti +per malefizio. +</p> + +<p> +Eravamo a metà strada da Banari a Florinas, +quando Pietro Paolo venne a incontrarci. Egli si +affrettò a dirmi: +</p> + +<p> +— Pare che la tua mamma sia in collera! +</p> + +<p> +— Se mia madre è in collera — risposi asciutto — avrà +le sue buone ragioni. Ella non +si adira mai, senza un motivo. +</p> + +<p> +La ragazza ch’io aveva in groppa, impressionata +dalle parole dello zio, voleva ad ogni costo +smontare da cavallo. +</p> + +<p> +— Tua madre l’ha con me — diceva impaurita — ed +io non voglio essere da lei sgridata! +</p> + +<p> +— Sta tranquilla! — le risposi — con te la +mamma non può aver rancori. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span> +</p> + +<p> +E siccome la ragazza persisteva a non voler +più stare con me, il padre le gridò con voce autorevole: +</p> + +<p> +— Rimani dove sei! Nessuno oserà farti rimprovero. +Ci sono io, qui! +</p> + +<p> +Mi rivolsi allora a Maddalena, e soggiunsi +risoluto: +</p> + +<p> +— Se tu smonterai da cavallo, vi pianterò +qui tutti, e rientrerò solo in paese! +</p> + +<p> +Lo zio e la cugina di Maddalena Bua non +fiatarono. +</p> + +<p> +L’incidente non ebbe altro seguito. Facemmo +insieme la strada, e si parlò d’altro. +</p> + +<p> +Intanto a Florinas era pervenuta la notizia +delle mie avventure a <i>Nostra Signora de Bonuighinu</i>. +Alcuni festaiuoli florinesi, arrivati il +giorno precedente, avevano parlato della mia gita +alla fontana, a braccetto di Maddalena Marongiu. +Si diceva di amori, di accordi presi, di nozze +conchiuse. +</p> + +<p> +La stessa madre della ragazza si era lasciata +sfuggire qualche frase allusiva; la quale era stata +colta a volo e commentata in tutti i modi. Più +tardi quella furba, abboccatasi colla signora Vittoria +Oppia (comare di battesimo del prete Pittui) +le spiatellò addirittura, che il marito e la figliuola, +lo zio e la nipote, si erano tutti recati a <i>N. S. di +Bonuighinu</i> per combinare il matrimonio fra Giovanni +Tolu e Maddalena Pintus Marongiu. +</p> + +<p> +La signora Oppia si affrettò a riferire il fatto +al compare prete, il quale montò su tutte le furie. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span> +</p> + +<p> +— Come?! si osano fare simili pazzie, dopo +le trattative in corso per una ragazza che è in +casa mia? Vedremo come l’andrà a finire! +</p> + +<p> +Mia madre, al cui orecchio erano pervenute +le chiacchiere del paese, era molto dispiaciuta; +e stava appunto adoperandosi a persuadere le +comari del vicinato, quando udì lo scalpitare dei +cavalli che annunziava il nostro ritorno dalla festa. +</p> + +<p> +Siccome avevo Maddalena in groppa, era mio +dovere smontare dinanzi alla casa di Gavino +Pintus, posta al di là della nostra. Passando dinanzi +a mia madre ed alle mie sorelle, ch’erano +sulla porta, dissi loro scherzando: +</p> + +<p> +— Stava qui Giovanni Tolu, quando era +vivo? +</p> + +<p> +Mia madre non sorrise, ma mi disse con +tono d’ironia: +</p> + +<p> +— Festa lunga, eh? +</p> + +<p> +— Lunga e bella! — risposi, e spinsi oltre +il cavallo. +</p> + +<p> +I miei parenti si avvicinarono alla casa di +Pintus, col quale erano in buoni rapporti. Feci +là distribuzione dei confetti e dei dolci alle due +famiglie, e Gavino volle che quella sera si cenasse +insieme. +</p> + +<p> +Rientrati in casa nostra, la mamma mi disse +con tono grave: +</p> + +<p> +— Dio non voglia, o Giovanni, che questa +festa ti costi cara, e che qualche giorno non +abbia a pentirtene! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span> +</p> + +<p> +— Quando si ha la coscienza di non aver +recato danno ad alcuno, non si devono temere +tardi pentimenti! +</p> + +<p> +Allora la mamma e le sorelle mi posero a +parte delle dicerie che correvano in paese, e +delle scene avvenute fra la madre di Maddalena +Pintus, la signora Oppia ed il prete Pittui. +</p> + +<p> +— Tutte falsità e calunnie! — gridai stringendomi +nelle spalle — Io non ho avuto mai intenzione +di far l’amore con alcuna donna, nè ho +incoraggiato ragazze a nutrire sciocche speranze. +</p> + +<p> +Trascorsi alcuni giorni, volendo mettere le +cose a posto, pregai la mamma di recarsi un’altra +volta dal prete Pittui per smentire le dicerie, +e per rinnovare la domanda di matrimonio. +</p> + +<p> +Mia madre rientrò in casa dopo un’ora. +</p> + +<p> +— Eccoti bell’e maritato! — mi disse con +amarezza — Maria Francesca non ti vuol più +perchè ti sei legato ad altra donna! +</p> + +<p> +— Che ti disse il prete? +</p> + +<p> +— Lo trovai sulle furie. Egli non pronunciò +che queste parole: «— Dirai al tuo figliuolo, +che si mariti con chi gli pare e piace, ma che +stia lontano dalla mia casa.» — Sei contento, +adesso? +</p> + +<p> +— Via, non t’inquietare. Dissiperò io l’equivoco. +Mi presenterò dal prete, e saprò convincerlo. +</p> + +<p> +Due giorni dopo mi feci annunziare al prete +Pittui. Mi ricevette nello studio, ma di mala +grazia. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span> +</p> + +<p> +— Che vuoi tu qui? +</p> + +<p> +— Ve lo ha già detto mia madre: — voglio +in moglie Maria Francesca, la vostra servetta. +</p> + +<p> +— Maritati con chi ti piace, ma non in casa +mia. Maria Francesca non sa filare, non sa fare +il pane, non sa far niente! +</p> + +<p> +— E che importa ciò? — risposi piccato — Io +so filare, so fare il pane, so far tutto. Col mio +lavoro e colla mia attività saprò provvedere a +quanto abbisogna in una casa. +</p> + +<p> +— Maritati con chi ti piace, ma non in +casa mia! +</p> + +<p> +— Ed è appunto in casa vostra che voglio +maritarmi, perchè vi si trova colei che mi piace. +</p> + +<p> +Il prete Pittui si mostrò meco inflessibile. +Non volle darmi alcuna soddisfazione, nè volle +ascoltare alcuna discolpa. Riflettei che non era +il caso d’insistere, e me ne andai, col proposito +di scegliere un momento più propizio per far valere +le mie ragioni. +</p> + +<p> +Ritornato da lui una seconda volta, lo trovai +anche più duro. Mi parlò di mala grazia, e +mi fece intendere, che non mi avrebbe mai dato +il consenso di sposare la sua servetta. +</p> + +<p> +Il suo contegno insolente e le sue parole +tronche mi fecero perdere la pazienza. +</p> + +<p> +— In fin dei conti — risposi — Maria Francesca +non è vostra figlia; e se tale pur fosse, mi +basterebbe il consenso di lei. Ottenendolo, io resterei +con mia moglie, e voi senza figlia! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span> +</p> + +<p> +— Ed io non le darò nulla! — esclamò +vivamente il prete, piantandomi addosso due occhi +da spiritato. +</p> + +<p> +— Se voi non le darete nulla, tanto meglio +per me. Vivrò più tranquillo; poichè coi vostri +doni non potrei sfuggire alla critica del paese... +Voi m’intendete! +</p> + +<p> +Queste mie parole ferirono a sangue il prete. +Egli non volle più ascoltarmi, e mi licenziò bruscamente. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span></p> + +<h3 id="cap5-1">CAPITOLO V. +<span class="smaller">Fattucchierie.</span></h3> +</div> + +<p> +Ottenuto, per mezzo di impegni, un terzo +abboccamento col prete Pittui, questi si mostrò +addirittura implacabile, nè volle udire ragione +alcuna. Non valsero preghiere, nè umiliazioni per +smuoverlo dal suo proposito. Allora gli dissi con +significato: +</p> + +<p> +— Chi lo sa? i tempi cambieranno! +</p> + +<p> +E il prete con aria minacciosa: +</p> + +<p> +— Possono cambiarsi in bene, ed anche in +male! +</p> + +<p> +— Badate, reverendo! quando i tempi si +cambiano in male, i signori rischiano di perdere +la vita e il patrimonio; — i poveri invece non +potranno rischiare che la sola vita, poichè non +hanno altro da perdere! +</p> + +<p> +E così dicendo presi commiato dal prete, in +preda ad un’agitazione febbrile, che non riuscivo +a dominare. +</p> + +<p> +Da quel giorno vissi irrequieto e cominciai +a disperare di me, della mia fortezza d’animo, +della mia fibra d’acciaio. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span> +</p> + +<p> +I miei timori non furono infondati. Il prete +cominciò la sua vendetta, valendosi vigliaccamente +dei mezzi che gli dava il suo ministero. Egli +mi fece le <i>fattucchierie</i>, nè tardai ad accorgermi +che mi trovavo sotto l’influenza d’una <i>legatura</i>. +Caddi ben presto ammalato; di quel malore singolare, +che i medici sono impotenti a guarire<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a>. +</p> + +<p> +Non si rida delle mie credenze. La mia convinzione +è profonda, perchè fondata sulla esperienza +di tutta la mia vita. +</p> + +<p> +Io ero <i>fatturato</i>. Il prete Pittui mi aveva +fatto le <i>legature</i>, e dovevo pensare a scioglierle. +Mi sentivo seriamente ammalato, e bisognava +guarire. +</p> + +<p> +La mia malattia era curiosa. Mi sentivo tutto +pesto — come se fossi stato bastonato senza misericordia. +Provavo una svogliatezza singolare, +dolori atroci alle ossa, punture insopportabili a +tutte le articolazioni. E questi dolori si facevano +più acuti nell’ora del Vespro, alla vigilia delle +<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span> +feste solenni — quasi a ricordo della festa di +<i>Nostra Signora di Bonuighinu</i>. Era in quel +vespro che Maddalena Pintus Marongiu si era +appoggiata al mio braccio per recarsi alla fontana! +</p> + +<p> +Dovevo dunque pensare alla guarigione. Io +ben sapeva che in questi casi è opera vana ricorrere +ai medici; bisognava raccomandarsi ai +soli preti, o a persone esperte nella scienza delle +fattucchierie. +</p> + +<p> +Mi rivolsi, primo fra tutti, al nostro vice +parroco Giovanni Stara, un buon prete esemplare, +molto povero. Egli si munì di stola, di aspersorio +e di breviario, e cominciò gli esorcismi. +</p> + +<p> +Per tre volte ricorsi a lui, e devo dichiarare +che fra i consultati fu il più efficace nella cura. +I miei dolori non cessarono, ma diminuirono sensibilmente +e mi diedero tregua per qualche settimana. +</p> + +<p> +Seppi un giorno, che nel villaggio d’Ossi era +un prete assai potente negli scongiuri. Si chiamava +Valerio Pes. Montai a cavallo e andai a +visitarlo. +</p> + +<p> +Come il vice parroco Stara, egli mi fece +mettere ginocchioni, mi lesse il breviario, mi +asperse d’acqua santa, e mi raccomandò di ripetere +la prova altre due volte. Dopo i tre esperimenti, +gli dissi che i miei dolori erano più intensi +e che non avevo risentito alcun miglioramento. +Allora il reverendo Pes mi confessò addirittura, +<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span> +che egli si trovava in una condizione +eccezionale. Anche lui era un <i>fatturato</i>, per <i>legatura</i> +fattagli da un prete nemico, il cui potere +era maggiore del suo. A ciò dovevo attribuire la +vera causa dell’inefficacia degli esorcismi<a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a>. +</p> + +<p> +Non volendo lasciare intentato alcun mezzo +per riacquistare le perdute forze, mi decisi a consultare +un bravo agricoltore florinese, potentissimo +nell’arte degli esorcismi. +</p> + +<p> +Il metodo seguito da questi profani era d’ordinario +il seguente. Anzitutto l’esorcista doveva +operare dopo un intimo colloquio colla propria +moglie. In seguito si muniva di un archibugio +sardo, che avesse già servito ad uccidere un uomo, +e si recava col paziente ad una vigna, i cui viali +fossero disposti in croce. Fatto collocare il malato +in un crocicchio, gli appoggiava alla schiena +il calcio del fucile, e gli ordinava di far fuoco +in quella posizione, portando all’indietro la mano +per far scattare il grilletto. Partito il colpo, la +<i>legatura</i> era sciolta. +</p> + +<p> +Per due volte l’esorcista ripetè l’esperimento, +ma senza alcun vantaggio per me. Finalmente +mi disse con dolore: +</p> + +<p> +— È questa la prima volta che fallisce la +mia prova. Dunque una mano potente pesa +<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span> +sul tuo capo, e non ti resta che raccomandarti +a Dio. +</p> + +<p> +Queste parole mi colpirono vivamente, e quasi +ne piansi. Per fortuna, in quei giorni, i dolori mi +diedero un po’ di tregua, e non perdetti del tutto +la speranza della guarigione. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span></p> + +<h3 id="cap6-1">CAPITOLO VI. +<span class="smaller">Convegni amorosi.</span></h3> +</div> + +<p> +Gironzando una sera per le vie del villaggio, +in preda ai miei cupi pensieri, mi fermai dinanzi +alla casa d’un amico, a breve distanza da quella +dei genitori di Maria Francesca. +</p> + +<p> +— Com’è che non vi maritate ancora? — mi +chiese l’amico. +</p> + +<p> +— Il prete non vuole! — risposi sbadatamente. +</p> + +<p> +— E che c’entra il prete? Se tu ce lo consenti, +noi parleremo il padre e la madre della +ragazza. Sono nostri vicini, e siamo in ottimi +rapporti. +</p> + +<p> +— Fate come volete! — dissi, e continuai +la mia strada. +</p> + +<p> +All’indomani l’amico venne a dirmi, che i +genitori di Maria Francesca nulla sapevano del +matrimonio, ma che avrebbero scrutato l’animo +della figliuola per darmi una risposta. +</p> + +<p> +Ringraziai l’amico ed attesi. La risposta mi +fu data tre giorni dopo, ed era consolante. Maria +Francesca acconsentiva a diventare mia moglie. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span> +</p> + +<p> +Fattomi coraggio, mi presentai ai genitori +della ragazza. Dopo avermi confessato che il prete +contrariava questo matrimonio, essi conchiusero: +</p> + +<p> +— Non devi per ciò disperare; se il prete +non lo vuole, lo vogliamo noi. Siamo contenti +che la nostra figliuola diventi tua moglie, e che +tu diventi figlio nostro! +</p> + +<p> +— Il vostro consenso mi consola; ma non +mi basta. Vorrei scambiare alcune parole con +Maria Francesca, qui, alla vostra presenza. Datemi +un appuntamento. +</p> + +<p> +Pochi giorni dopo mi ripresentai a Salvatore, +il quale mandò un suo figliuoletto in casa del +prete Pittui, per dire a Maria Francesca che la +mamma aveva bisogno di lei. +</p> + +<p> +Il cuore mi batteva forte, e i minuti mi parevano +secoli. +</p> + +<p> +A un tratto Maria Francesca comparve sulla +soglia, e vi rimase indecisa alcuni secondi; indi +si fece avanti lentamente, col capo chino e le +braccia conserte. Era impacciata, commossa. +</p> + +<p> +Ruppi per il primo il silenzio: +</p> + +<p> +— Che dici tu, Maria Francesca, di quanto +accade? +</p> + +<p> +— Io non so che cosa dire. Han cominciato +col farmi sapere che avevi chiesto la mia mano, +e si finì coll’avvertirmi che non sarei stata più +tua moglie. Le ragioni non vollero dirmele. +</p> + +<p> +— Anzitutto devi manifestarmi il tuo sentimento. +Se tu mi vuoi bene quanto io te ne voglio, +<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span> +i contrasti cesseranno subito, poichè nessuno +potrà impedire la nostra unione! +</p> + +<p> +A questo punto la ragazza levò la testa, ed +esclamò ingenuamente: +</p> + +<p> +— Quando il prete e la zia mi fecero sperare +che questo matrimonio si sarebbe effettuato, +io ne fui contentissima, poichè fra i giovani del +paese tu eri il prescelto dal mio cuore. Aggiungo +adesso, che, se tu mancherai alla parola, io uscirò +dalla casa del prete per servire altro padrone... +e non prenderò più marito! +</p> + +<p> +— Io non ho mai mentito, e la mia parola +è sacra. Mi chiamo Giovanni Tolu, sento di essere +un giovane onesto e laborioso, e prometto +di renderti felice. Non ti darò mai motivo a pentirti +di avermi scelto per compagno! +</p> + +<p> +Così dicendo mi avvicinai alla ragazza e +soggiunsi: +</p> + +<p> +— Qui, alla presenza del babbo e della mamma, +voglio darti il primo bacio: sarà caparra solenne +del sacrosanto matrimonio. +</p> + +<p> +E dopo averla baciata sulla guancia, le dissi: +</p> + +<p> +— Questo bacio era tuo da lungo tempo, ma +non potevo mandartelo con altri. Serbalo come +saldo pegno dell’amore che ti porto, e affidati +a me!<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a> +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span> +</p> + +<p> +Maria Francesca, per la prima volta, levò +la testa per guardarmi negli occhi; poi arrossì, +mi sorrise, e andò via quasi bruscamente, senza +salutare nessuno. +</p> + +<p> +Da quel giorno mi parve di star meglio e +di aver lo spirito più tranquillo. Visitavo assai +spesso la casa del mio futuro suocero, ed aspettavo +con ansia il giorno festivo, designato per +gli appuntamenti, all’insaputa del prete. Non dimenticherò +mai quel tempo felice e i dolci colloqui +colla cara ragazza! +</p> + +<p> +Sventuratamente la mia felicità fu di breve +durata, poichè alla gioia succedette l’affanno. Le +punture ai ginocchi ricominciarono, e i dolori +acuti mi fecero accorto, che la maledizione del +prete non voleva darmi tregua. +</p> + +<p> +Fuori di me per lo spasimo, mi diedi alla +ricerca di nuovi esorcisti per sottrarmi alle malìe. +Dove mi s’indicava un esperto in quell’arte diabolica, +io correvo come pazzo senza frapporre +indugio, fosse anche in capo al mondo. Montavo +a cavallo, e col pretesto degli affari visitavo tutte +le cascine, tutti gli ovili, tutti i paesi dei dintorni — ma +sempre inutilmente. Ero disperato. +</p> + +<p> +Volevo farla finita colle fattucchierie del +prete, ma prima volevo sposare Maria Francesca. +L’influenza di quel sacerdote mi spaventava. Il +mio malumore crebbe, quando un giorno mi rivolsi +ai genitori della ragazza, dicendo loro che +desideravo affrettare le nozze. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span> +</p> + +<p> +La madre tacque abbassando gli occhi; ma +il padre mi disse con un certo tono fra l’agro e +il dolce: +</p> + +<p> +— Ti par proprio giusto, che noi dobbiamo +affidare la figliuola ad un malato? +</p> + +<p> +Quel tono amaro m’indispose, ed esclamai +vivamente: +</p> + +<p> +— Voi mi avete conosciuto sano... e ciò +vuol dire che io potrò guarire. D’altronde vi +comunico la mia risoluzione: — o fatemi sposare +subito con Maria Francesca, o portateci entrambi +dinanzi ad un parroco per scioglierci dalla promessa. +Ciascuno penserà ai casi propri. Scegliete! +</p> + +<p> +I genitori della ragazza si acquietarono; ed +io mi diedi di nuovo attorno, in cerca di esorcisti. +</p> + +<p> +Mi rivolsi nuovamente a diversi preti, i quali +si dichiararono impotenti a lottare col mio jettatore. +</p> + +<p> +Una sera mi recai a Tissi per consultarvi +un famoso scongiuratore di <i>legature</i>. Prima di +andare da lui, mi si volle far visitare un infermo +<i>fatturato</i>, la cui moglie dicevasi fosse l’amica di +un prete. Quel povero disgraziato, colpito da paralisi +alle gambe, giaceva sulla paglia di un tugurio, +in preda a spasimi atroci. +</p> + +<p> +Mi tolsi raccapriciando a quella spettacolo +orribile. +</p> + +<p> +— Se io diventassi come costui — dissi — sarei +rovinato per tutta la vita! +</p> + +<p> +Non volli ritornare a Florinas. Passai la notte +<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span> +a Tissi, e l’indomani mi spinsi fino ad Uri per +sottopormi alle cure di un maestro di esorcismi, +indicatomi come valentissimo. +</p> + +<p> +Ma i dolori continuavano. +</p> + +<p> +Sempre alla ricerca dell’uomo che doveva +guarirmi, io trottai all’impazzata da un paese all’altro, +finchè mi decisi a far ritorno a Florinas, +dopo un’assenza di tre giorni. +</p> + +<p> +Un caso singolare, avvenutomi in quella circostanza, +contribuì ad agitare nuovamente il mio +spirito. Voglio narrarlo, per persuadere gli increduli, +che le <i>legature</i> non sono un parto di +mente inferma. +</p> + +<p> +Giammai, come in quei tre giorni, io aveva +provato la smania tormentosa di rivedere Maria +Francesca. Mi pareva di esserne lontano un secolo. +Diedi di sprone al cavallo e trottai come +un forsennato fino alla casa di mia madre. Ivi +appresi che il prete, durante la mia assenza, aveva +licenziato la servetta, inasprito per le nozze +stabilite senza il suo consenso. +</p> + +<p> +Smontato di sella, affidai il cavallo a mio +fratello Peppe, e mi avviai sollecito alla casa dei +genitori della ragazza. +</p> + +<p> +Come posi piede sulla soglia, mi sentii avvinto +da un misterioso fascino, che non seppi +spiegare. La viva smania di rivedere la sposa diletta +si era cambiata in un’avversione invincibile. +Una forza occulta mi respingeva da lei; la sua +vista mi metteva quasi ribrezzo; ond’io le volsi +<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span> +bruscamente le spalle, e continuai a parlare coi +genitori, senza rivolgerle la parola, senza stringerle +la mano, e senza baciarla sulle guancie, +come al solito. Temevo persino il contatto delle +sue vesti, poichè avevo la convinzione che esse +mi avrebbero scottato. Rimasi là come intontito, +paralizzato, subendo l’influsso malefico del prete, +che si vendicava di me. Ad un tratto, non potendo +più oltre resistere, mi precipitai fuori della +porta, e mi diedi a correre. Mi pareva di essere +inseguito da una furia infernale. +</p> + +<p> +Quando rientrai in casa, mio fratello Peppe +mi venne incontro agitato: +</p> + +<p> +— Il tuo cavallo è tutto gonfio! — gridò +pieno di spavento. +</p> + +<p> +— So di che si tratta! — risposi cupo; ma +non dissi che il prete n’era la causa, poichè le +sue malìe si erano estese anche alla bestia che +mi aveva venduto. +</p> + +<p> +— Il tuo cavallo sta male... e forse muore! — ripetè +mio fratello. +</p> + +<p> +— Lascia ch’esso muoia, nè dartene pensiero! — esclamai +con profondo dolore — Tutti +moriamo, e morrò anch’io fra non molto! +</p> + +<p> +La mamma e le sorelle si scambiarono un’occhiata, +non riuscendo a spiegarsi lo strano senso +delle mie parole. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span></p> + +<h3 id="cap7-1">CAPITOLO VII. +<span class="smaller">Sponsali e luna di miele.</span></h3> +</div> + +<p> +Il mio cavallo non morì, e i miei dolori si +calmarono. Approfittai della tregua per sollecitare +presso la famiglia di Maria Francesca i preparativi +degli sponsali. I parenti accondiscesero +al mio desiderio. +</p> + +<p> +Si andò anzitutto dal parroco per sottoporci +all’esame della <i>Dottrina</i>, come l’uso voleva. Il +parroco rinunziò ad interrogarmi, perchè molte +volte gli avevo assistito la messa e mi sapeva +addentro nelle pratiche religiose. Si limitò ad esaminare +Maria Francesca, e si accorse, che, sebbene +educata in casa di un prete, ella ben poco +ne sapeva. +</p> + +<p> +Il parroco disse, a me rivolto: +</p> + +<p> +— Se si fosse trattato d’altri, e se io non +vi sapessi in condizioni speciali, mi sarei ben guardato +dal permettere le vostre nozze. Ma questa +volta voglio passarvi sopra. A te specialmente +raccomando d’istruire la sposa nella dottrina cristiana. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span> +</p> + +<p> +— Ne prendo impegno! — risposi con un +certo orgoglio — sapete pure che sono stato sagrestano! +</p> + +<p> +Ottenuto l’assenso del parroco, vennero fatte +in chiesa le <i>pubblicate</i> d’uso per due sole domeniche, +avendoci la Chiesa dispensato dalla terza, +com’è d’obbligo. +</p> + +<figure class="figright"><a id="fill-109"></a> + <img src="images/ill-109.jpg" alt="Gli sposi uscenti dalla chiesa"> +</figure> + +<p> +La mattina +del 17 aprile 1850 +fu designata per +lo sposalizio. +</p> + +<p> +Ci eravamo +confessati entrambi +dal parroco, +ed assistemmo +alla messa, +celebrata dal prete +Pittui, il quale +non aveva avvertito +la nostra presenza. +Quando ci +scorse, non potè +contenere un movimento di dispetto. Pareva un +diavolo sull’altare! +</p> + +<p> +La cerimonia venne compiuta senza pompa, +senza codazzo di parenti e di amici, poichè non +volli la compagnia di nessuno, togliendo pretesto +dalla malattia che mi tormentava e dai contrasti +che avevano preceduto il mio matrimonio. +</p> + +<p> +Assistettero alla funzione mio fratello Peppe +<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span> +e mia madre. I genitori della sposa non vollero +inasprire colla loro presenza il prete Pittui. +</p> + +<p> +Sulle prime si pretendeva che, per un po’ di +tempo, noi si vivesse separati, cioè a dire, la +sposa presso i genitori ed io in casa di mia +madre. Mi opposi vivamente, dicendo a Maria +Francesca: +</p> + +<p> +— Noi siamo marito e moglie, e dobbiamo +mangiare, dormire, e vivere insieme. Se saremo +lontani l’uno dall’altra, non mangerai tu, nè mangerò +io. In casa mia ci ho grano, ci ho lardo, +ci ho fave e fagiuoli — dunque possiamo vivere +del nostro, indipendenti. +</p> + +<p> +Secondando il mio desiderio, i genitori di +Maria Francesca combinarono di offrirci parecchie +stanze nella casa attigua alla loro. Accettai, +quantunque a malavoglia. +</p> + +<p> +Dopo la benedizione del prete fu apprestato +il pranzo di nozze in casa di mia suocera. Ricevetti +dai parenti molto bestiame in dono; alcuni +mi regalarono un vitellino od una pecora, +altri un montone od un maialetto. +</p> + +<p> +Volli far parte di un grosso castrato alla zia +di Maria Francesca, la serva del reverendo Pittui; +la quale, in ricambio, mi regalò un barilotto di +vino, che mandai subito in casa di mia madre. +Non volli berne, perchè proveniva dalla casa del +prete, e temevo fosse <i>fatturato</i> a mio danno. +</p> + +<p> +All’indomani ci ritirammo nella nostra casetta +provvisoria, e facemmo il pranzetto da soli, +<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span> +come due colombi innamorati, felici d’essere finalmente +uniti per tutta la vita. +</p> + +<p> +Appena ritirati nel nostro nido, dissi alla +sposa: +</p> + +<p> +— Bada bene: la prima pietanza che uscirà +dalla nostra cucina, voglio che sia mandata a +tuo padre ed a tua madre. È questa la <i>mia opinione</i>, +e il nostro dovere! +</p> + +<p> +Durante i mesi di aprile e di maggio la nostra +vita trascorse serena. Si viveva in perfetta +armonia, fra il riso più schietto e le carezze più +affettuose, sempre fantasticando progetti d’ogni +genere per migliorare il nostro avvenire. Eravamo +ancora giovani: — io contavo ventott’anni, +e mia moglie diciasette. Sentivo d’essere contento +di me e di lei. Maria Francesca era una pura e +ingenua ragazza, piena di attrattive, tutta premure +per me, e docile come un agnello ad ogni +mio comando. +</p> + +<p> +Si avvicinava intanto la stagione della messe, +ed io doveva pensare a dedicarmi con lena al +lavoro, per tirare innanzi dignitosamente, senza +bisogno di ricorrere all’altrui soccorso. +</p> + +<p> +Il mestiere dell’agricoltore è faticoso, ed è +col sudore della fronte che si guadagna il pane +quotidiano. Io dissi a Maria Francesca: +</p> + +<p> +— Siamo alla messe, ed è mestieri che io +cerchi lavoro. Tu sei troppo giovane ancora, delicata, +e non hai l’abitudine di lavorare in campagna, +sotto la sferza del sole, affrontando disagi +<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span> +e patimenti. Cercami dunque una spigolatrice di +tuo gradimento, e tu cura con agio le faccende +domestiche, conservandoti sana e fresca. +</p> + +<p> +Maria Francesca mi fissò lungamente, e mi +disse con affettuoso risentimento: +</p> + +<p> +— Come! ed hai potuto così prestò dimenticarmi? +Hai tu bisogno di altre, quando io mi +sento capace di far la spigolatrice? +</p> + +<p> +— Codesti sono capricci da bambina! — risposi — Non +sai tu che il non aver spigolatrice +sarebbe una vergogna per me ed un danno per +la casa? Mentre colei che spigola avrà un lucro, +tu potrai sorvegliare la nostra casa, ed io penserò +a tutto. Il lavoro dei campi è molto grave, +bambina mia! ed io non voglio aver questioni +co’ tuoi parenti! +</p> + +<p> +E siccome Maria Francesca persisteva nel +suo proposito, credetti mio dovere avvisarne i +genitori, perchè la persuadessero. +</p> + +<p> +Mia suocera disse alla figliuola: +</p> + +<p> +— Lascia le pazzie, e scegli una spigolatrice +di tua fiducia. Non è conveniente che tu ti esponga +a simile fatica. Bada! chè non abbia ad +essere tardo il tuo pentimento! poichè una volta +sul posto, dovresti starvi a costo di crepare! +</p> + +<p> +Non ci fu verso di persuaderla, nè colle buone +nè colle minaccie. Mia moglie dichiarò recisamente, +che la spigolatrice voleva essere lei. +</p> + +<p> +Ero stato invitato a far la messe nella Nurra — regione +lontana cinque o sei ore dal nostro +paese, e da me con frequenza visitata. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span> +</p> + +<p> +Venuto il giorno della partenza, Maria Francesca +si mostrò esitante; tirò fuori non so quali +dubbi, e finì per dire che non voleva più seguirmi. +</p> + +<p> +Questo repentino cambiamento all’ultim’ora +mi creò degli impicci. Era avvenuto quanto avevo +pronosticato. Il babbo, sulle furie, impose +alla figliuola di recarsi alla Nurra, giacchè ella +stessa ne aveva fatto la proposta. +</p> + +<p> +Dai proprietari nurresi ero stato preposto +alla direzione della messe, ed avevo l’incarico +di far la scelta degli uomini componenti la brigata. +Come capo dei mietitori dovevo pensare +alla sorveglianza, all’ordine del lavoro, nonchè +a preparare la cena. +</p> + +<p> +Avevo portato meco alla Nurra tutti i miei +fratelli, le mie sorelle, i cognati, e non pochi +amici compaesani, per poter così contare sull’abilità, +sull’attività e sulla disciplina de’ miei dipendenti. +</p> + +<p> +I <i>salti</i> nei quali dovevo eseguire la messe +erano due, di diversi proprietari: — quello in +<i>Giumpaggiu</i>, di Vincenzo Pasquino, e quello in +<i>Abba-meiga</i> di Gianuario Agnesa. +</p> + +<p> +Eseguita la messe, venne la volta della trebbiatura. +Destinai al primo <i>salto</i> Peppe (mio gemello), +Giammaria e Maria Andriana, ritenendo +per me il secondo <i>salto</i>, dove mi recai con mia +moglie e con Giustina, volendo così equilibrare +coll’opera mia solerte l’insufficienza delle mie deboli +<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span> +compagne. Sbrigai la bisogna in sole quattr’ore, +trebbiando diciasette <i>corbule</i> di grano. +</p> + +<p> +La nostra permanenza alla Nurra fu di dieci +giorni. Maria Francesca resistette fino alla fine +della campagna, ma non tardò a dichiararsi stanca +e ammalata, come avevo preveduto. Non abituata, +al par di noi, ai penosi lavori dell’aia, ella non +potè sopportare i caldi afosi del giorno, nè l’umido +delle notti; dippiù la poveretta era incinta +da un mese, e soffriva molto. +</p> + +<p> +Terminati i lavori della messe tornammo insieme +a Florinas, dopo esserci fermati a Sassari +un giorno ed una notte per ritirare le paghe dai +proprietari dei salti. In quest’ultima città volli +fare diversi acquisti per contentare Maria Francesca; +la quale, trovandosi in <i>istato interessante</i>, +esternava certe <i>voglie</i> che bisognava ad ogni +costo soddisfare, per non recar pregiudizio al +nascituro. Le comprai, fra gli altri oggetti, un +elegante grembiale a vivi colori, ed un fazzoletto +da testa, che gradì moltissimo. +</p> + +<p> +Arrivati a Florinas, affidai a Maria Francesca +il governo della casa; ed io mi diedi nuovamente +attorno per cercar lavoro in campagna, +per mio conto, e per conto della famiglia di mia +madre; perocchè avevamo preso in affitto (per lo +più a mezzadria) alcune terre appartenenti alle +chiese di Florinas. +</p> + +<p> +Coll’aiuto del mio cavallo, l’inseparabile Moro, +io cercava ogni mezzo per guadagnare qualche +<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span> +soldo; poichè il lavoro era per me un bisogno, +un conforto, una vera passione — e non lo dico +per volermi vantare! +</p> + +<p> +Tornavo ogni volta a casa così soddisfatto, +così contento, che mi pareva di aver dimenticato +le soperchierie del prete, i malumori di mio suocero, +e i dispetti dei parenti di Maria Francesca. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span></p> + +<h3 id="cap8-1">CAPITOLO VIII. +<span class="smaller">Prime nubi.</span></h3> +</div> + +<p> +Durante le mie assenze da Florinas — o per +darsi svago, o per non voler rinunziare alle antiche +abitudini — Maria Francesca soleva frequentare +la casa del prete, col pretesto di andar a trovare +la zia. Così pure si piaceva di visitare or l’uno +or l’altro de’ suoi parenti, i quali si divertivano +a renderla ribelle a’ miei consigli. Mia moglie +era una buona ragazza, ma piuttosto credenzona, +facile ad impressionarsi, e sovratutto ciarliera in +modo singolare. Lo star sola in casa le dava +noia, e la rendeva curiosa dei fatti altrui. +</p> + +<p> +Quando rincasavo ella tirava fuori questioni +nuove, nuovi quesiti, e mi metteva a parte di +qualche nuovo pettegolezzo; ond’io, che conoscevo +l’indole sua e il suo carattere, non tardai +ad avvedermi che le chiacchiere dei parenti e +delle comari le riscaldavano la testa. Pareva, +insomma, avesse preso il partito di ricondurmi +sulla buona via, con ammaestramenti che facevano +a pugni col buon senso. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span> +</p> + +<p> +A me, giovane piuttosto serio, di poche parole, +poco espansivo, questo stato di cose dava +ai nervi; e un po’ colle buone, un po’ colle brusche, +cercai di correggere mia moglie: +</p> + +<p> +— Bada! — le dicevo — se darai retta a +me, potrai trovarti bene; ma se ascolterai i consigli +degli altri te ne avverrà male! +</p> + +<p> +Un’altra volta la ripresi: +</p> + +<p> +— Non voglio che tu vada così spesso in +casa del prete, poichè egli mi vede di mal occhio, +io non sono cane da star sotto tavola, nè vado +a leccare i piatti di nessuno. Se il prete ha bisogno +di me, sa dove trovarmi; ma intendo di +essere il padrone in casa mia. Eppoi..... non +voglio prestarmi ad alimentare certe dicerie... +Hai capito? Mi accorgo pur troppo, che quando +vai fuori di casa ne ritorni colla testa piena di +corbellerie. Pensa alle faccende domestiche, e non +immischiarti nei fatti degli altri. Se farai altrimenti, +le cose cambieranno... te lo prevengo! +</p> + +<p> +E dopo questa avvertenza montavo a cavallo, +e correvo da paese in paese a trasportar grano +per conto mio, o per conto altrui, superando i +miei compagni nel numero dei viaggi. +</p> + +<p> +Quando poi si faceva la raccolta in casa di +mia madre, lavoravo alacremente: — lasciavo +due porzioni alla famiglia, e ritenevo per me la +terza parte, come d’uso, per la <i>dote</i> dell’uomo. +Le donne, d’ordinario, impiegano la loro porzione +nell’acquisto di lingeria e di masserizie per preparare +il corredo nuziale. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span> +</p> + +<p> +Io dunque, oltre ai guadagni propri, contavo +sul modesto patrimonio di famiglia, e lavoravo +con lena per accrescerlo a vantaggio mio, e a +vantaggio della mamma, dei fratelli e delle sorelle. +</p> + +<p> +Continuarono pertanto i piccoli dissidî nel +mio nido coniugale. +</p> + +<p> +Un giorno avevo fatto aggiustare il basto del +mio cavallo, e, per mie vedute speciali, ero rimasto +debitore del saldo di tre <i>reali</i> al falegname. +Rientrato in Florinas dopo alcune sere, appresi +che mia moglie, senza ordine alcuno, aveva +soddisfatto il mio debito. Mi spiacque la sua intromissione, +e la rimproverai: +</p> + +<p> +— Tu non hai debiti da saldare per conto +mio! — le dissi — Li salderò io, quando lo crederò +conveniente. Lascia il mal vezzo di andare +attorno per far chiacchiere inutili, che mi compromettono. +Rimani a casa! — io non m’immischio +nel tuo lino e ne’ tuoi lavori di cucito. Fa +tu altrettanto! +</p> + +<p> +Le comari del vicinato, a cui mia moglie +faceva le confidenze, si divertivano ad aizzarla +contro di me; ed io non tardai a scorgere in lei +un certo freddo riserbo ed un’asprezza di modi, +che non erano nel suo carattere abituale. Ne fui +piccato, ma tacqui. +</p> + +<p> +Una sera Maria Francesca osò rinfacciarmi, +che una mia zia conviveva con un compagno, +che non le era marito. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span> +</p> + +<p> +— Che sai tu di queste cose? Se tu rimanessi +a casa, nulla sapresti di mariti falsi e di +mogli illegittime! +</p> + +<p> +Invece di accettare i miei consigli, Maria +Francesca persisteva a vivere nel pettegolezzo; +e giunse a tanto, che un giorno si ridusse a confidarmi, +che una nostra vicina mi aveva chiamato +<i>faccia di cane!</i> +</p> + +<p> +— Le dirai che è in errore! — le risposi +con pazienza affettata. — Quella donna un giorno +voleva lusingarmi a prendere in moglie una sua +sorella, ch’era stata in corrispondenza illecita con +altri. La mia faccia, così simpatica allora, è diventata +<i>cagnesca</i> dietro il mio rifiuto. Ti ripeto +che non voglio più sentire simili spropositi; e se +tu persisterai a raccogliere per strada i pettegolezzi +dei parenti e delle comari, finirò per farti +conoscere chi sono io! +</p> + +<p> +Essendosi accentuato il nostro diverbio, e +costretti entrambi a gridar forte, non tardarono +le vicine di casa, comprese le zie, a farsi all’uscio +di casa mia, minacciandomi della loro collera +se avessi osato toccare un capello a Maria +Francesca. +</p> + +<p> +Era il colmo della sfacciataggine. Mi feci +sul limitare della porta e gridai infuriato: +</p> + +<p> +— Chi siete voi?! Toglietevi subito alla mia +presenza e sgombrate la strada; chè altrimenti +con un ceffone vi mando tutte a gambe in aria! +</p> + +<p> +Ci volle tutto l’aiuto di Dio per far intendere +<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span> +un po’ di ragione a quelle pettegole; le +quali si allontanarono brontolando, poichè sapevano +ch’ero uomo da mettere in pratica le mie +minaccie. Tuttavia mi contenni, e mi limitai per +quel giorno ad ammonire severamente mia moglie, +avvertendola che avevo bisogno di quiete +e di tranquillità per poter lavorare. +</p> + +<p> +— Bada, Maria Francesca! il mio individuo +è diviso in due parti: io sono per metà dolce e +per metà amaro. Datti alla parte del miele se +vuoi vivere felice; chè se mi stuzzichi dalla parte +opposta, finirò per amareggiarti la vita! +</p> + +<p> +Intanto pensai ch’era tempo di sloggiare da +quelle due stanze provvisorie; le quali, essendo +attigue all’abitazione dei parenti, diventavano +causa permanente de’ miei litigi in famiglia... +</p> + +<p> +Da più settimane andavo in cerca di una +casa che fosse di pieno gradimento di mia moglie; +ma costei, forse suggerita dai parenti, indugiava +nella scelta. +</p> + +<p> +Finalmente ne trovai una che piacque a +Maria Francesca. Pattuito il prezzo col padrone, +ringraziai la Madonna di tutto cuore, credendo +di potermi alfine sottrarre al sindacato noioso di +mia suocera. +</p> + +<p> +Si era vicini al Mezzagosto. È costume in +Florinas di cambiar di casa alla vigilia dell’Assunta: +giorno in cui ciascuna famiglia dev’essere +a posto. +</p> + +<p> +Quando tutto fu combinato, disposi per il +<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span> +trasporto delle legna e del grano, che avevo in +deposito in casa di mia madre. +</p> + +<p> +La mattina della vigilia dell’Assunta, mentre +mi disponevo a trasportare le masserizie, +Maria Francesca mi fece intendere che sarebbe +stato meglio sospendere ogni cosa. +</p> + +<p> +— Perchè? — le chiesi sorpreso. +</p> + +<p> +— Perchè io non ci verrò! +</p> + +<p> +— Non ci verrai?! +</p> + +<p> +— No. +</p> + +<p> +— Ed io come devo fare? +</p> + +<p> +Mia moglie tacque. +</p> + +<p> +Il sangue allora mi montò alla testa, divenni +cieco, e diedi a quella matta uno schiaffo così +forte, che le fece saltare un’orecchino in mezzo +alla strada. +</p> + +<p> +Maria Francesca si diede a piangere ed a +strillare. Accorse la madre, la quale riuscì a +calmarci, dicendo che ci voleva a pranzo in casa +sua, e che al trasporto si sarebbe pensato il +giorno susseguente a quello dell’Assunta. +</p> + +<p> +Cedetti al suo desiderio e mi contenni. +</p> + +<p> +Non uno, ma due giorni dopo — il 17 agosto — dissi +pacatamente a mia moglie: +</p> + +<p> +— La festa è ormai finita. Ora possiamo +andare. Ho pronto il cavallo per il trasporto +delle masserizie. +</p> + +<p> +— È inutile, poichè io non ci vengo più! — mi +rispose bruscamente quella caparbia, forse incoraggiata +dalla presenza della madre. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span> +</p> + +<p> +— Ma non sai tu — soggiunsi — che io +sono capace di chiamar qui tuo padre, per darti +una lezione e per costringerti a seguirmi? +</p> + +<p> +A queste parole mia suocera uscì fuori, certo +per prevenire il marito in favore della figlia. +</p> + +<p> +Vedendo tornar vano ogni mezzo di persuasione, +piantai quella matta, e mi accostai alla +soglia della casetta di mio suocero: +</p> + +<p> +— Salvatore, vieni fuori, chè tua figlia desidera +parlarti! +</p> + +<p> +Mio suocero entrò in mia casa, ed io gli +tenni dietro. Egli chiese alla figlia con tono imperioso: +</p> + +<p> +— Che vuoi da me? +</p> + +<p> +— Non ho chiesto di lei — rispose Maria +Francesca, cogli occhi bassi. +</p> + +<p> +E allora io: +</p> + +<p> +— Ebbene, giacchè tua figlia non ha nulla +a dirti, ti parlerò per conto mio. Sappi che mia +moglie mi ha fatto impegnare nel fitto di due +case, e che ora si rifiuta ad abitarle. Che cosa +dici tu? +</p> + +<p> +Salvatore, già istigato da mia suocera, mi +si piantò dinanzi cogli occhi spalancati, e gridò +con voce alterata dall’ira: +</p> + +<p> +— Dico, che tu sei un poco di buono, un +cattivo soggetto, un birbante matricolato! +</p> + +<p> +A questo punto Maria Francesca, prevedendo +la tempesta, scappò fuori in istrada per cercar +rifugio nella casa paterna. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span> +</p> + +<p> +Mio suocero, inferocito, si die’ a correre come +pazzo intorno alla stanza, dando di piglio ad +effetti ed a mobili per gettarli sulla strada — come +per farmi capire che non voleva in sua +casa nè me, nè le robe mie. +</p> + +<p> +Il sangue mi montò alla testa; pure mi contenni, +e dissi con calma: +</p> + +<p> +— Se non avessi per te il rispetto che si +deve ad un padre, ti prenderei per i piedi e ti +sbatterei al muro! +</p> + +<p> +Salvatore afferrò un tavolo e lo smosse, come +per volerlo buttar fuori; allora perdetti la +pazienza, e dato di piglio al mio fucile gli gridai +risoluto: +</p> + +<p> +— Se tu tocchi un altro oggetto per buttarlo +in strada, giuro che con esso usciranno le +tue cervella! +</p> + +<p> +Spaventato dal mio volto acceso e dall’arma +che impugnavo, Salvatore si fermò di botto; +indi saltò in strada, gridando a squarciagola: +</p> + +<p> +— Accorrete! accorrete! Giovanni Tolu mi +uccide! +</p> + +<p> +Il grido di Salvatore ebbe il suo effetto. +Tutte le comari si fecero in sull’uscio di casa; +molte finestre si spalancarono con fracasso; dallo +sbocco delle vie vennero fuori a frotte uomini, +donne, ragazzi; così che in poco d’ora un’onda +di popolo faceva ressa dinanzi alla mia soglia. +Vidi, fra gli altri, arrivare il sindaco (il medico +dottor Serra, di Giave), e poco dopo il prete +<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span> +Pittui, il quale più degli altri pareva in preda +ad un’agitazione nervosa. +</p> + +<p> +La folla tumultuava, e il sindaco gridò con +voce autorevole: +</p> + +<p> +— Andate per i fatti vostri! Ogni cittadino +ha il diritto di non venir disturbato nel proprio +domicilio! +</p> + +<p> +E pronunziate queste parole si allontanò, +esortando la folla a ritirarsi. +</p> + +<p> +Dopo aver rimesso a suo posto il fucile, io +guardai freddamente quella frotta di curiosi, che +si divertivano a cacciarmi gli occhi addosso. +Nessuno però volle azzardarsi a varcare la soglia +della mia casa. +</p> + +<p> +Uno solo l’osò: il prete Pittui. Con passo +fermo, ma con un tremito per tutta la persona, +egli si aprì un passaggio tra la folla e si avanzò +verso di me colle mani in tasca: carezzando +certamente l’impugnatura delle pistole, che soleva +portare sotto la sottana. +</p> + +<p> +Entrato arditamente nella stanza, il prete +Pittui mi lanciò un’occhiata fulminante: +</p> + +<p> +— Tu hai girato la scatola! — mi gridò con +aria di minaccia. — Sei un miserabile, un birbante, +un bastardo! +</p> + +<p> +Frenai a stento la bile, e risposi con calma, +accentuando le parole: +</p> + +<p> +— Ella s’inganna, reverendo! Io sono il figlio +di Pier Gavino Tolu e di Vincenza Bazzone. Tutti +conoscono in paese mia madre, come conoscevano +<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span> +mio padre. Non sono quindi un bastardo, come +dice! E se anche mia madre fosse una disgraziata, +a lei non spetta insultarla, poichè per tre +volte le fu compare di battesimo! +</p> + +<p> +Il prete ripetè l’insulto; e allora io diedi +un’occhiata sotto al letto, dove per solito riponevo +la scure. Fu per lui fortuna, che quel +giorno l’arma fosse in fondo, in modo che il manico +non si trovasse alla portata della mia mano. +Ero deciso di spaccargli la testa e di farla finita. +</p> + +<p> +Dopo aver detto al mio indirizzo un mondo +d’insolenze, il prete uscì in piazza sbuffando, e +accostandosi alla casa di mio suocero, gridò forte, +in modo che tutti lo sentissero: +</p> + +<p> +— Ritirate la vostra figliuola in casa, e non +dategliela mai più! +</p> + +<p> +E dopo avermi fissato un’ultima volta con +piglio minaccioso, si allontanò lentamente come +era venuto, sempre colle mani nelle tasche della +sottana. +</p> + +<p> +Rimasi solo nella stanza terrena, risoluto di +commettere qualche eccesso. +</p> + +<p> +Due ore dopo venni avvertito che il prete +aveva incaricato Giovanni Antonio Piana (il marito +della sua serva) di cacciarmi fuori di casa. +Avevo preveduto il tiro, e stavo aspettandolo, +pronto a fargli fuoco addosso se avesse osato +varcare la mia soglia. +</p> + +<p> +Verso l’imbrunire, infatti, vedendolo avvicinare, +presi in mano il fucile. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span> +</p> + +<p> +Le donne del vicinato gli corsero tutte incontro +e lo fermarono; e Pietro Rassu, il mio +vicino di casa, gli gridò con mal piglio: +</p> + +<p> +— Che fai disgraziato? Ha torto chi ti manda, +e tu hai più torto ad ubbidire. Non vedi che +Giovanni Tolu ti spaccierà con una fucilata? +</p> + +<p> +Due giovani robusti presero a braccetto Giovanni +Antonio Piana, e lo trascinarono a viva +forza in altra via. +</p> + +<p> +Quella notte non andai a letto. Temendo una +sorpresa, e volendo farla pagar cara, lasciai +l’uscio socchiuso, e sedetti in un canto, senza +deporre un istante il mio fucile. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span></p> + +<h3 id="cap9-1">CAPITOLO IX. +<span class="smaller">Tentativi di pace.</span></h3> +</div> + +<p> +Il mio stato era angoscioso. Solo, sconfortato, +in odio a tutti, non sapevo a qual partito appigliarmi +per uscir d’impiccio. Io dissi a me stesso: +</p> + +<p> +— È mai possibile che al mondo non vi sia +giustizia per un povero diavolo? Come dovrò contenermi +in un paese, dove i preti ed i nobili comandano? +A chi dovrò ricorrere quando nobili +e preti sono intesi coi giudici, e la peggio tocca +ai zoticoni pari miei? +</p> + +<p> +Come spuntò l’alba del giorno seguente presi +una risoluzione. Montai a cavallo, venni a Sassari, +e mi presentai all’Intendente, ch’era un continentale<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a>. +Gli esposi schiettamente i miei casi, +ed invocai un provvedimento per evitare un maggior +disastro. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span> +</p> + +<p> +— Scriverò io al sindaco — mi disse l’Intendente — Tornate +pure a Florinas, e state di +buon animo! +</p> + +<p> +Rientrato in paese, seppi che la lettera non +era pervenuta al dottor Serra, poichè il caso +l’aveva fatta capitare nelle mani del prete. +</p> + +<p> +Tre giorni dopo mi presentai di nuovo all’Intendente +per informarlo dell’accaduto. Sorpreso +del caso, egli scrisse un’altra lettera, che +mi porse, dicendo: +</p> + +<p> +— Consegnatela voi stesso in proprie mani +del sindaco, e fate in modo di dargliela alla presenza +di testimoni. +</p> + +<p> +Il sindaco, già da me informato, esclamò +dopo aver letto il foglio: +</p> + +<p> +— Io farò il mio dovere, e s’impicchi chi +vuole! +</p> + +<p> +Seppi in seguito, che l’Intendente aveva ordinato +al Sindaco d’invitare Maria Francesca ed +il babbo a recarsi in Sassari per conferire con +lui. Il prete, richiesto di consiglio, aveva suggerito +a mia moglie ed a mio suocero di dichiarare +all’autorità, ch’io li avevo entrambi minacciati di +morte, e che ogni riconciliazione sarebbe stata +impossibile. +</p> + +<p> +E così riferirono. L’Intendente fece loro comprendere +che il matrimonio era sacro, e che bisognava +fare la pace; ma tanto il padre, quanto +la figlia, persistettero nella determinazione di tenermi +lontano dalla casa coniugale. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span> +</p> + +<p> +Il capo del Governo di Sassari non si diede +per vinto, ma mandò a Florinas un suo segretario, +coll’incarico di adoperarsi per il nostro buon +accordo. +</p> + +<p> +Nè preghiere, nè minaccie valsero a far +smuovere mio suocero e Maria Francesca dal +loro proposito. Entrambi si rassegnarono a pagare +una multa (non so per quale articolo di legge) +ma si mostrarono inflessibili. +</p> + +<p> +Tornato la terza volta dall’Intendente (per informarlo +della pertinacia del prete e di mio suocero, +che si ostinavano a volermi separato da Maria +Francesca) quel cortese funzionario mi disse: +</p> + +<p> +— Senti: se tu mi dichiari d’esserne contento, +io mi varrò della facoltà che mi accorda +la carica, per far tradurre a Sassari tua moglie, +scortata dai carabinieri o dai luogotenenti<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a>. +</p> + +<p> +Presi riserva a rispondere più tardi, volendo +prima consultare mia madre. Questa mi disse: +</p> + +<p> +— Non mi piace simile provvedimento. Maria +Francesca è tua moglie: oggi siete separati, e +domani potreste riconciliarvi. Io non voglio, nè +tu devi permettere la vergogna e lo scandalo +di farla arrestare! +</p> + +<p> +— Non sono del tuo avviso — risposi — Sarei +contento di vederla in carcere, se non altro +<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span> +per far dispetto al prete; il quale, co’ suoi consigli, +è stato causa unica di quanto è avvenuto. +</p> + +<p> +— Ti ripeto ch’io non voglio scandali e vergogne, +che farebbero mormorare il paese! — ripetè +mia madre, con tono di comando. +</p> + +<p> +— Ebbene, farò quanto desideri; ma che non +si parli più di conciliazione. Noi saremo separati, +e per sempre! +</p> + +<p> +Quel giorno stesso dissi a mia suocera, perchè +lo riferisse al marito ed alla figlia: +</p> + +<p> +— Siete miserabili! Voi avete voluto che +Maria Francesca fosse separata da me, ma non +tarderete a pentirvene. Farete di lei la sgualdrina +del villaggio! +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Eravamo nel mese di settembre, e tre frati +erano venuti a Florinas per le solite <i>Missioni</i>. +Ero andato a confessarmi dal rettore, ed avevo +adempiuto a tutte le pratiche religiose prescritte +per la circostanza. +</p> + +<p> +Fra gli obblighi delle <i>Missioni</i> era quello di +metter pace tra le famiglie nemiche ed i coniugi +separati. +</p> + +<p> +Fui chiamato in casa del vice parroco Antonio +Fiori, presso il quale i tre missionari erano +alloggiati. +</p> + +<p> +Il più anziano dei frati, ch’era il più autorevole, +prese a parlarmi presso a poco così: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span> +</p> + +<p> +— Giovanni Tolu, perchè non ti ricongiungi +a tua moglie? La vita che menate è scandalosa, +e siete entrambi in peccato mortale. Tornate insieme +e fatela finita, poichè il matrimonio è uno +dei sette sacramenti. Noi siamo qui venuti per +istruire il popolo, riconducendolo sulla via della +salvezza per opera dello Spirito santo. La pace domestica +è il supremo dei beni mondani; e quanto +più grande sarà il tuo sagrifizio, tanto più accetto +tornerà al Signore il tuo ravvedimento. Non dubitare: +noi ci adopreremo perchè il prete Pittui più +non s’ingerisca ne’ tuoi affari; tu così non avrai +più alcun motivo a dolerti di lui. Che rispondi? +</p> + +<p> +— Io rispondo: che Maria Francesca mi ha +fatto prendere in affitto due case, e non ha voluto +in seguito abitarle con me. Io rispondo, che +la prima volta che l’ho chiesta in moglie dichiarai +che rinunziavo alla dote, perchè mi bastava il suo +amore; ma che adesso (se dovrò abbassarmi a +ritirarmela in casa) pretendo che ella si provveda +del necessario, secondo il costume del paese; e ciò +perchè non abbia più a dipendere dai parenti. Rispondo +infine: che essa deve risolversi, per ora, a +ritirarsi in una delle due case da me scelte, dove +anch’io mi recherò, quando lo crederò conveniente. +A condizione, però, che i suoi parenti non +vadano a farle visita. +</p> + +<p> +Il frate osservò, scrollando le spalle: +</p> + +<p> +— A simili umiliazioni una donna non deve +sottomettersi! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span> +</p> + +<p> +— Ma questa è l’usanza nostra. Chi fa il +peccato deve fare la penitenza — ed io non son +tenuto a far la penitenza dei peccati degli altri. +</p> + +<p> +Il missionario continuò con tono grave e +solenne: +</p> + +<p> +— Ravvediti, Giovanni Tolu, e fa la pace +con Maria Francesca. Insieme al clero di Florinas +noi verremo in processione fino a casa tua. Ivi +impartiremo la benedizione ad entrambi, e vivrete +felici per tutta la vita. +</p> + +<p> +A questa predica sorrisi. +</p> + +<p> +— Scusino, reverendi, ma queste mi sembrano +mascherate. In siffatta guisa noi usiamo +andare in carnevale da una bettola all’altra per +bere un bicchiere di vino. Non potrei mai prestarmi +a simili pagliacciate! +</p> + +<p> +I tre frati fecero una smorfia disgustosa, ma +tacquero. +</p> + +<p> +Io tenni loro un simile linguaggio perchè +trattavo i preti con molta confidenza. Ero stato +sagrestano e sapevo il fatto mio. +</p> + +<p> +I missionari si scambiarono un’occhiata — come +per dire: con costui non faremo niente! — e +mi congedarono. +</p> + +<p> +Terminate le missioni, i tre frati lasciarono +Florinas per recarsi ad altro villaggio. Appresi +in seguito, che avevano parlato col prete Pittui, +il quale certamente non era uomo da lasciarsi +impressionare da tre zoccolanti. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span> +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Cominciai col rassegnarmi al mio destino. +Avevo una spina nel cuore, ma affettavo di non +sentirne dolore. I nostri conti erano saldati: l’autorità +politica non era riuscita a persuadere mia +moglie, come l’autorità ecclesiastica non era riuscita +a persuadere me. Nondimeno debbo confessare, +che non nutrivo rancore per Maria Francesca: +lo nutrivo per il prete, che aveva istigato +i parenti a rendermela ostile. Chi avrebbe osato +in Florinas trascurare un consiglio di prete Pittui? +Egli, famoso cacciatore, esperto tiratore al bersaglio, +sindaco supremo del paese, mediatore di +matrimoni, dispensatore di grazie e di castighi, +fabbricatore di libelli, carabiniere, giudice, boia?! +</p> + +<p> +Maria Francesca era incinta di quattro mesi. +Il pensiero forse della sua gravidanza, e del bambino +che sarebbe venuto al mondo, spinse i parenti +a mutar consiglio. Partiti i missionari, sulla +cui opera avevano contato, i parenti si erano +raccomandati a tutti i cavalieri e ai più notevoli +signori di Florinas per influire sul mio animo. +Non pochi mi avevano avvicinato per esortarmi +a farla finita e a ricongiungermi a Maria Francesca. +Ma questa volta tenni duro. Le altalene +non mi andavano a sangue. +</p> + +<p> +— Come volete ch’io m’induca a pregar mia +moglie, se essa mi ha scacciato? Dietro quanto +<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span> +è accaduto, è lei che deve venire da me, non io +che devo andare da lei. Se è vero che Maria +Francesca mi vuole, perchè non viene a trovarmi? +</p> + +<p> +Non dissi altro. +</p> + +<p> +Mia moglie, dal canto suo, fu ostinata nel +suo proposito. I consigli del prete Pittui, l’antico +suo padrone, avevano più forza della parola d’un +affettuoso marito! +</p> + +<p> +Non poteva più oltre durare così — io perdeva +il mio tempo. Pensai di ritornare al lavoro, +unico sollievo e conforto nella sventura che mi +era toccata. Ero stato marito per quattro mesi +precisi — dal 17 aprile al 17 agosto — e dovevo +ormai considerarmi come scapolo, o come +vedovo. +</p> + +<p> +La vista continua de’ miei nemici mi disgustava; +ond’è che decisi di allontanarmi dal paese. +Mi recai a Sassari, dove mi occupai nel trasporto +del mosto e nel commercio delle granaglie. Misi +in serbo una trentina di scudi. +</p> + +<p> +Partiti i missionari da Florinas, ero stato di +nuovo tormentato dai dolori alle giunture; ma il +clima di Sassari mi giovo non poco. +</p> + +<p> +Dopo un altro breve soggiorno a Florinas +volli recarmi alla Nurra, dove il lavoro non mi +mancava. Trascorso però un po’ di tempo, divenni +di cattivo umore ed intrattabile, perchè i +soliti dolori m’impedivano di lavorare coll’attività, +che in me era natura. +</p> + +<p> +Io sentiva la potenza malefica di quel prete +<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span> +fatale, che continuava a perseguitarmi colle diaboliche +<i>legature</i>. Crebbe il mio odio contro costui, +autore d’ogni mia disgrazia. +</p> + +<p> +— Se io non toglierò la causa del male, il +male mi farà soccombere! — dicevo ferocemente +a me stesso; e questo pensiero, come chiodo rovente, +mi stava infisso nel cervello e nel cuore. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Venne intanto il dicembre colle giornate rigide, +tempestose. Avevo l’umor nero. La solitudine +mi pesava, perchè fantasticavo troppo. +</p> + +<p> +Gli acuti dolori, che tratto tratto strappavano +una contrazione nervosa al mio labbro, mi +facevano imprecare come un dannato. +</p> + +<p> +Si avvicinavano le feste di Natale, e mi sentivo +più solo e più accasciato. Io, che avevo sognato +una famiglia; che a furia di lavoro ero +riuscito a formarmi un nido; ch’ero sul punto di +diventar padre, mi vedevo relegato nelle solitudini +della Nurra, senza casa, senza amici, senza +gioie domestiche, e senza il conforto d’una parola +affettuosa — neppure quella della mamma! +</p> + +<p> +E tutto perchè? Per un prete sordido, prepotente, +che voleva frapporsi fra me e Maria +Francesca, spinto da uno scopo misterioso, ch’io +non riusciva a spiegarmi +</p> + +<p> +Temendo che i miei dolori aumentassero, +deliberai di far ritorno a Florinas. Volevo almeno +<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span> +passare le feste in famiglia — in casa di mia +madre, dei fratelli, delle sorelle: nell’unica casa +dove potevo fidarmi, dove ancora ero amato, +carezzato, compianto. +</p> + +<p> +— Avrei perdonato anche al prete, se io mi +fossi sentito bene — dicevo con rammarico — ma +con questi dolori la mia vita non potrà essere +che un martirio. Bisogna finirla, e finirla +presto! L’idea di diventare impotente, costretto +a mendicare il pane altrui, mi spaventa. Parmi +ancora di vederlo il povero mendicante di Tissi, +paralizzato dalle <i>legature</i>! — Bisogna finirla, +finirla, finirla presto! +</p> + +<p> +Arrivai a Florinas due giorni prima di Natale. +I parenti mi ricevettero con acclamazioni +di gioia... ma non mi parevano contenti. Io leggeva +negli occhi di mia madre il mio stato deplorevole; +ella mi guardava ogni tanto alla sfuggita, +con un sospiro, con un senso di pietà dolorosa, +che si studiava nascondere per non affliggermi. +</p> + +<p> +Un mese addietro i miei fratelli Peppe e +Giomaria (per la prima ed ultima volta) mi avevano +fatto intendere ch’erano disposti a far le +mie vendette. +</p> + +<p> +Ne fui spaventato e mi opposi energicamente. +</p> + +<p> +— Guai a voi! Non voglio che v’immischiate +ne’ fatti miei, nè adesso, nè mai! Basto da solo. +Pur troppo io so fin dove arrivano nei nostri +villaggi le gare, i puntigli, e gli odî di parte! +Le famiglie si distruggerebbero. Pensate ai casi +vostri — Dio penserà ai miei. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span> +</p> + +<p> +Il giorno di Natale la famiglia preparò un +pranzetto d’occasione. Sedemmo in cinque a tavola: +io, la mamma, Peppe, Giomaria e Maria +Andriana. +</p> + +<p> +I miei fratelli e la sorella si sforzavano di +essere gioviali... ma nessuno lo era. Il mio tristo +caso impressionava tutti. +</p> + +<p> +Così passò il primo ed il secondo giorno di +Natale. Io, che moriva dalla voglia di rivedere +il mio paese, non vedevo l’ora di tornarmene alla +Nurra. Troppe triste memorie racchiudeva per +me Florinas, nè bastava l’affetto de’ miei cari +per cancellarmele dalla mente. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span></p> + +<h3 id="cap10-1">CAPITOLO X. +<span class="smaller">L’attentato.</span></h3> +</div> + +<p> +Il terzo giorno di Natale — il 27 dicembre +1850 — mi alzai prima dell’alba. Avevo poco +dormito e molto pensato. Ero d’umor nero, poichè +avevo fantasticato sulla serie delle peripezie, +che da un anno mi tenevano in angoscia. Tuttavia +debbo dichiarare, che nessun pensiero sinistro +aveva attraversato la mia mente durante quella +notte insonne. +</p> + +<p> +Dopo aver passeggiato da un capo all’altro +della stanza terrena, tolsi la spranga alla porta +e mi feci sulla soglia per esplorare il cielo. +</p> + +<p> +L’alba spuntava. Era una giornata fosca, +molto fredda. Il vento impetuoso soffiava da tramontana, +e urlava fra i comignoli, facendo volare +qualche tegola dai tetti. +</p> + +<p> +Indossai il mio lungo cappottone di orbace, +e tornai sull’uscio a respirare a pieni polmoni +quell’aria frizzante, che pareva spegnesse la mia +febbre. Sentivo lo stormire delle foglie degli alberi +vicini, agitate dal vento. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span> +</p> + +<p> +Guardando distratto la campagna, verso Codrongianus, +i miei occhi si fissarono sul tratto +di strada che mi stava di fronte, la quale conduceva +all’Oratorio di Santa Croce. Ricordai allora, +ch’era la festa di San Giovanni evangelista, +e che all’alba di ogni giorno festivo il prete +Pittui soleva recarsi a dir messa in quella chiesetta +fuori mano. +</p> + +<p> +Per di là, dunque, sarebbe fra non molto +passato quel prete: il prepotente, il fattucchiere, +il nemico della mia pace. +</p> + +<p> +Non so dire i pensieri che in quell’ora passarono +a tumulto nella mia mente. So che rientrai +nella mia stanza per spiccare dal capezzale del +letto (dove per solito lo tenevo) il mio vecchio +pistolone ad una canna. Nascosi l’arma sotto al +cappotto, e tornai ad appoggiarmi allo stipite +della porta, tenendo l’occhio sempre fisso sulla +strada dell’Oratorio. +</p> + +<p> +Il vento soffiava con più violenza, e i rami +degli alberi si piegavano verso terra, quasi minacciando +di spezzarsi. +</p> + +<p> +Il temporale pareva imminente. Avevo preso +un’istantanea risoluzione, e dovevo ad ogni costo +compierla. +</p> + +<p> +— Ma, chi lo sa? — pensai — forse il prete +Pittui non uscirà di casa con questo tempaccio; +la messa la dirà più tardi. +</p> + +<p> +Non so dire se in quel momento io desiderassi, +o temessi un contrattempo. Ero fuori di me. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span> +</p> + +<p> +Certo è però, che quell’uomo doveva essere in +cammino, poichè sentivo due acute punture ai ginocchi. +Avevo bisogno di romperle, da una buona +volta, quelle <i>legature</i> insopportabili! +</p> + +<p> +Finalmente, verso le sei, vidi il prete che +scantonava. +</p> + +<figure class="figleft"><a id="fill-140"></a> + <img src="images/ill-140.jpg" alt="Attentato contro il prete Pittui"> +</figure> + +<p> +Il cielo si faceva +sempre più +fosco, e il sole +non era ancora +levato. +</p> + +<p> +Per le vie +non si vedeva anima +viva. Le +porte delle case +erano tutte chiuse, +poichè il freddo +tratteneva in +casa più dell’usato +gli abitanti, +i quali non avevano +l’obbligo di lavorare in quel giorno festivo. +</p> + +<p> +Avvolto nel suo lungo pastrano dalle ampie +saccoccie, col bavaro alzato, il prete attraversò il +breve tratto di strada, curvo, col capo chino +contro al vento furioso, che gli soffiava di fronte. +Passò come una visione, e scomparve. +</p> + +<p> +Allora io mi mossi ed affrettai il passo per +tenergli dietro. +</p> + +<p> +Scantonata la via, studiai di camminare rasente +<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span> +le case per raggiungerlo inosservato. Il +vento che ci soffiava di fronte gli impediva di +avvertire il rumore delle mie pedate. +</p> + +<p> +Gli tenni dietro per una cinquantina di passi, +e lo raggiunsi all’imbocco del largo detto <i>Funtana +manna</i>, in cui a destra la strada fa scarpa +in campagna aperta, fronteggiando il villaggio +di Codrongianus<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a>. +</p> + +<p> +Il sito era opportuno, perchè spazioso e poco +frequentato. +</p> + +<p> +Giunto a tre passi da lui, tolsi la pistola di +sotto al cappottone, glie la puntai quasi a bruciapelo +alla nuca, e premetti il grilletto. +</p> + +<p> +L’arma non prese fuoco, perchè il cane non +aveva schiacciato il fulminante. +</p> + +<p> +Continuai a camminare insieme a lui, sempre +alla stessa distanza; e per altre tre volte ritentai +il tiro. Il colpo non partì mai, e il vento contrario +impedì che lo scatto del grilletto giungesse +all’orecchio del prete. +</p> + +<p> +Io era atterrito. Mi venne allora in mente +che quell’uomo usava della sua malìa, e che la +mia pistola era fatturata. Pensai di ricorrere al +coltello, ma non l’avevo meco. +</p> + +<p> +Il prete, sempre collo stesso passo, ignorando +ch’era pedinato, camminava verso l’Oratorio. +</p> + +<p> +Si era giunti insieme al centro di <i>Funtana +<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span> +manna</i>; e, non volendo lasciarmi sfuggire l’occasione +che l’inferno mi offriva, decisi di farla +finita in qualunque modo. Feci ancora altri due +passi avanti, levai in alto il braccio, e, con tutta +la mia forzar lo lasciai ricadere con un manrovescio +sulla guancia sinistra del prete, che stramazzò +supino. +</p> + +<p> +Gli fui sopra come un tigre, gli posi un +ginocchio sul petto, lo afferrai colla sinistra alla +gola, e puntandogli la pistola nell’occhio, feci +scattare tre o quattro volte il grilletto, sempre +invano. +</p> + +<p> +Il prete si dimenava in tutti i sensi e mandava +sordi rantoli, che si confondevano col gemito +del vento. Aveva la lingua tutta fuori, gli +occhi spalancati. Le sue unghie penetravano nelle +mie carni, ma le mie braccia erano di acciaio. +</p> + +<p> +Riuscì finalmente ad afferrarmi per il ventre; +fui pronto a tirarmi indietro; ma, rallentando la +mano con cui gli stringevo la gola, egli potè +emettere due acutissimi gridi. +</p> + +<p> +Furono i soli. Volendo sbrigarmi per non +venir sorpreso, gli strinsi con più forza la gola, +e colla canna del mio pistolone, a mo’ di pugnale, +lo percossi a più riprese sul viso, strappandogli +dalle guancie brandelli di carne. +</p> + +<p> +Ero cieco, feroce. Gli premevo i ginocchi +sulle costole, gli davo calci, pugni da per tutto; +ma egli, colla faccia insanguinata, continuava a +fissarmi cogli occhi sbarrati, quasi volendomi far +<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span> +subire il fascino della sua malìa. L’anima di quel +mostro non voleva uscir fuori dal corpo! +</p> + +<p> +Nel frattempo, dietro di me, diverse porte +si spalancarono con fracasso. I gridi del prete +avevano dato l’allarme. Una dozzina d’uomini +robusti, da diverse parti, si slanciarono verso di +noi, non sapendo ancora che cosa fosse avvenuto. +Senza voltarmi, continuai a percuotere il prete +con più forza; egli era livido, grondante sangue +dalle narici e dalla fronte, ma non c’era verso +che volesse morire! +</p> + +<p> +Quando gli accorsi ravvisarono me e il prete +Pittui, si fermarono un istante, come inorriditi +dinanzi a tanta audacia e a tanto sacrilegio. Finalmente +mi furono tutti addosso per strapparmi +la vittima, che io cercava invano di strozzare. +Sentendomi afferrato da tutte le parti, divenni +idrofobo. Abbandonai il prete, mi levai in piedi, +e mi slanciai come belva contro i miei assalitori. +Con morsi, pugni e calci ne mandai parecchi a +ruzzolare sul terreno; un altro ne allontanai con un +colpo di pistolone sotto all’occhio, in modo che ne +portò la cicatrice finchè visse. Giunsi infine a svincolarmi +da tutti, e mi diedi a correre verso casa. +</p> + +<p> +— Fermatelo! fermatelo! — gridava il prete +con sordo rantolo, senza potersi alzare. +</p> + +<p> +Parecchi giovinastri m’inseguirono; ed uno, +più ardito, mi tenne dietro prendendomi a sassate. +</p> + +<p> +Giunto a pochi passi da casa, mi volsi indietro; +e rivolto a quel giovane gridai: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span> +</p> + +<p> +— Fermati lì, un momento, chè voglio insegnarti +come si lanciano i sassi! +</p> + +<p> +E siccome ero entrato in casa per prendere +il fucile, quel giovane se la diede a gambe, e +andò a raggiungere i compagni, occupati a sollevare +il prete malconcio, per portarlo sopra una +sedia alla propria abitazione. +</p> + +<p> +Molte porte nel frattempo si erano spalancate, +e la gente accorreva da ogni parte per dirigersi +a <i>Funtana manna</i>. +</p> + +<p> +Io corsi ad armarmi di fucile; slegai il mio +cavallo, lo portai sulla strada, e vi montai a +dorso nudo. +</p> + +<p> +Nel saltare per inforcarlo, mi cadde il berretto, +che lasciai sulla strada. +</p> + +<p> +Cacciai in testa il cappuccio, diedi una strappata +alle redini, e, senza dar soddisfazione a’ miei +(che ignoravano ancora l’accaduto) spinsi il cavallo +al trotto per prendere la campagna. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span></p> + +<h2 id="parte2">PARTE SECONDA +<span class="smaller">IL BANDITO DI FLORINAS</span></h2> +</div> + +<div class="chapter"> +<p> +<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span> +</p> + +<figure class="figcenter"><a id="fill-147"></a> + <img src="images/ill-147.jpg" alt=" "> +</figure> + +<h3 id="cap1-2">CAPITOLO I. +<span class="smaller">Si torna agli esorcismi.</span></h3> +</div> + +<p> +Percorso un buon tratto di strada, sempre +al trotto, prima di arrivare allo stradone +m’imbattei in Sebastiano Zara (un cugino del +prete Pittui) il quale mi fe’ cenno colla mano di +fermarmi. +</p> + +<p> +— Perchè corri così a precipizio? C’è forse +niente di nuovo a Florinas? +</p> + +<p> +— Vanne, e lo saprai! — gli risposi di mala +grazia, e continuai la mia strada. +</p> + +<p> +Seppi più tardi dagli amici, che quando costui +apprese l’accaduto, minacciò l’aria col pugno, +gridando: +</p> + +<p> +— Eh, se lo avessi saputo! Avrei arrestato +Giovanni Tolu sulla strada! +</p> + +<p> +Stupida millanteria, poichè lui era inerme +ed io armato, e sapevo di vincerlo in forza ed +in destrezza! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span> +</p> + +<p> +Per oltre una mezz’ora mantenni alla corsa +il mio cavallo, non scostandomi mai dalla strada +reale. Dal <i>Prato</i> a <i>Badu ludrosu</i>, e da <i>Pedru +Majolu</i> alla <i>Punta Dunossi</i> non mi fermai un +minuto. Qui mi diedi a saltare un muro, ma urtando +col piede in un grosso sasso mi feci male. +</p> + +<p> +Smontai da cavallo, e impiegai un’altra ora +a piedi nel far la salita di <i>Giunchi</i>, fino alla +<i>Rocca bianca</i>, territorio di Florinas, tra Banari +ed Ittiri. +</p> + +<p> +Colassù rimasi tutta la giornata senza prender +cibo. La lunga corsa a cavallo, a dorso nudo, mi +aveva pesto orribilmente; dippiù il mio piede si +andava gonfiando per l’urto ricevuto a <i>Punta +Dunossi</i>. Ero impensierito, perchè non mi trovavo +in condizione di battere i boschi in campagna +aperta, senza pericolo d’una sgradita sorpresa. +</p> + +<p> +Venuta la sera deliberai di far ritorno segretamente +a Florinas. Avevo bisogno di mettermi +sotto cura in luogo sicuro. +</p> + +<p> +Abbandonai il mio cavallo (a cui avrebbero +pensato i barracelli o i miei parenti) e, favorito +dalle tenebre, rientrai sul tardi nel mio paese. +Corsi non visto a casa di Chiara, la mia sorella +maritata, la quale mi custodì gelosamente. +</p> + +<p> +Colà rimasi una diecina di giorni, medicando +la mia storta e le mie piaghe con incenso sbattuto +nel bianco d’uovo, bagni d’acquavite, e polvere +di carbone impastata con sevo: tutti medicinali, +<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span> +di cui noi, agricoltori, facciamo uso con +ottimo risultato. +</p> + +<p> +Ogni notte mi s’improvvisava un letto; ma +di giorno io stavo dentro ad una <i>luscia</i><a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a>, prestando +orecchio alle chiacchiere che sul mio conto +facevano le comari, quando venivano a condolersi +con mia sorella. +</p> + +<p> +La notte stessa del mio arrivo, appresi da +Chiara, che il prete Pittui era stato trasportato +a casa sopra una sedia, malconcio in modo che +dava a temere per i suoi giorni. Era sempre a +letto, in preda a dolori atrocissimi, e parlava a +stento. Al terzo giorno il medico lo dichiarò fuori +di pericolo, ma gli raccomandò di non fare alcun +movimento, poichè la cura sarebbe stata piuttosto +lunga. La notizia non mi fece certo piacere! +</p> + +<p> +Durante il tempo della mia convalescenza, +i carabinieri, guidati da spie, erano venuti più +volte a Florinas per perlustrare le case sospette, +dove si sperava di potermi sorprendere. Nessuno +immaginò di certo, che la prima settimana della +mia latitanza io la passassi dentro Florinas, in casa +di mia sorella. Non si pensò neppure a visitare +l’abitazione di Chiara, nè quella di mia madre, +poichè non era possibile ch’io fossi stato così +gonzo da cacciarmi in bocca al lupo. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span> +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Guarito completamente della storta e delle +piaghe, mercè le affettuose cure di mia sorella, +abbandonai sul tardi il villaggio e mi recai a +piedi fino alla cantoniera di <i>Scala di Ciogga</i>, dove +giunsi verso mezzanotte. Riposavo in un macchione, +dietro la casa, quando dodici carabinieri +si fermarono dinanzi la porta, e obbligarono il +cantoniere ad alzarsi per dar loro da bere. Ripresero +quindi la strada di Florinas, forse alla +mia ricerca, poichè l’attentato sacrilego contro +un prete aveva suscitato molto rumore, e la Giustizia +si dava attorno per impadronirsi del reo. +</p> + +<p> +Andati via i carabinieri, continuai la mia +strada verso Sassari. Giunsi all’alba all’oliveto +della signora Murro, in <i>Serra secca</i>, dove ogni +giorno si recavano a zappare alcuni miei parenti. +Ivi rimasi il resto della giornata. Sull’imbrunire +presi una zappa sulle spalle, ed entrai in Sassari +arditamente, confuso coi zappatori che a quell’ora +ritornano dai lavori di campagna. Nel 1850 +la città di Sassari era un luogo sicuro per i banditi, +poichè scarso vi era il numero dei carabinieri, +a cui piaceva viver comodi e tranquilli. +</p> + +<p> +Mi recai difilato in casa di Don Antonico +Berlinguer, allora Maggiore di piazza, il quale +mi trattava con benevolenza, poichè mi sapeva +<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span> +onesto e buon lavoratore<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a>. Chiesi a lui consiglio; +e siccome mi sentivo minacciato dai soliti dolori +per le fattucchierie del prete Pittui, lo pregai che +mi raccomandasse a un certo Frate Agostino dei +minori osservanti, designatomi come valentissimo +negli esorcismi. Era costui un sassarese, in fama +di mantener relazione colla moglie di un falegname, +dal quale era stato sorpreso e bastonato<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a>. +</p> + +<p> +Don Antonico mi tenne nascosto in casa sei +giorni, dandomi da mangiare e da bere; e volle +accompagnarmi in persona fino al convento di +San Pietro, per presentarmi al frate. +</p> + +<p> +Prima di lasciare la città volli provvedermi +di polvere e di palle. Avevo lasciato il fucile nella +capanna di mio cognato Bazzone, marito di mia +sorella Giustina. +</p> + +<p> +Uscimmo di casa dopo il meriggio. Don Antonico +mi precedette facendo l’indifferente: io gli +tenni dietro a una certa distanza, per non compromettere +l’amico nella carica delicata di Maggiore +di Piazza. Dopo un quarto d’ora eravamo +dinanzi al Convento. +</p> + +<p> +Frate Agostino ci accolse con molto garbo +e ci offrì una tazza di buon caffè. Poco dopo Don +Antonico se ne andò per i fatti suoi. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span> +</p> + +<p> +Rimasto solo col frate, questi mi ordinò d’inginocchiarmi, +mi lesse la solita orazione, mi gettò +addosso la solita acqua benedetta, e mi licenziò +dicendomi, che sperava di avermi sciolto dalle +<i>legature</i>. +</p> + +<p> +Sbrigato il mio affare feci ritorno all’oliveto +di <i>Serra secca</i>, e di là m’incamminai verso il +<i>Curraltu mal’a servire</i>, in fondo alla valle di +<i>Sette Chercos</i>, territorio di Cargeghe, dov’era l’ovile +di mio cognato. +</p> + +<p> +Rimasi nella capanna alcuni giorni, sempre +in angustie, per timore che una grave malattia +mi rovinasse. +</p> + +<p> +Dissi ad un mio cugino: +</p> + +<p> +— Il prete Pittui è ancora in vita, e continua +a perseguitarmi colle sue maledizioni. Temo +troppo che gli esorcismi di frate Agostino rimangano +senza effetto! +</p> + +<p> +Un mio amico, che si trovava presente — certo +Pietro Rassu, già mio vicino di casa — disse +a me rivolto: +</p> + +<p> +— Ma perchè non ti rechi dal rettore di Dualchi, +uno dei più famosi per scongiurare le <i>legature</i>? +</p> + +<p> +Non volendo lasciare intentato alcun mezzo +per togliermi alle malìe del prete Pittui, indussi +mio fratello Peppe ad accompagnarmi a Dualchi, +villaggio al di là di Macomer. +</p> + +<p> +Ci recammo insieme a cavallo fino a Padria, +dove fummo ospitati dall’amico Salvatore Masia, +tenente dei barracelli. Di là l’indomani continuammo +<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span> +il viaggio, attingendo qua e là informazioni +sulle scorciatoie, non essendo noi pratici dei +luoghi. Dopo due ore e più di strada, c’imbattemmo +in un vecchio, il quale ci avvertì ch’eravamo +sulla strada che conduceva a Sindia e a +Scano Montiferro. Saputo ch’eravamo diretti a +Bortigali, suo paese, il vecchio si esibì a servirci +di guida. Arrivati al villaggio, egli ci condusse +in sua casa, dove ci rifornì di vino e di formaggio. +Andammo quindi in casa di certo Pietro Maria +Murgia, al quale l’amico di Padria ci aveva raccomandato. +Era assente dal paese; ma la moglie +e la suocera, appreso il motivo della nostra gita, +ci dissero con un certo orgoglio: +</p> + +<p> +— Presentatevi pure in nome nostro al rettore +di Dualchi, e ditegli, che vi riceva colla +stessa cortesia con cui suol ricevere Pietro Maria +Murgia, che gli fu servo per ventott’anni. +</p> + +<p> +Ringraziammo le due buone donne, che ci +avevano offerto asilo e cena, e all’alba rimontammo +a cavallo. Dopo tre ore di strada, sostammo +dinanzi alla casa del rettore. +</p> + +<p> +Il prete e la sua <i>Perpetua</i><a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a> ci accolsero +cortesemente e ci vollero ospiti. +</p> + +<p> +Il rettore di Dualchi, Pietro Maria, era sopranominato +<i>su caddu de Ottava</i>, perchè possessore +di un famoso cavallo di corsa, ritenuto a +quei tempi uno dei migliori dell’isola. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span> +</p> + +<p> +Quando gli esposi il motivo della mia venuta — il +desiderio, cioè, di venir liberato dalle <i>legature</i> +fattemi da un prete — egli mi domandò +con una certa curiosità: +</p> + +<p> +— Come si chiama questo sacerdote? +</p> + +<p> +— Giovanni Maria Pittui. +</p> + +<p> +— Lo conosco. So che ha un eccellente cavallo +di corsa. +</p> + +<p> +— V’ingannate. Il possessore del buon cavallo +è un altro Pittui: suo nipote. +</p> + +<p> +— Ho capito, e poco importa. Posso solamente +assicurarti, che il mio cavallo di corsa è +migliore del suo; e questo potrebbe significare, +che sarò parimenti più fortunato nella cura del +tuo male. Ti applicherò una <i>pezza</i>, che nessuno +riuscirà a strapparti. +</p> + +<p> +Fui lieto dell’esordio. Il prete soggiunse: +</p> + +<p> +— Anzitutto hai bisogno d’una bottiglia +d’olio, ch’io dovrò benedire. +</p> + +<p> +Mio fratello Peppe corse subito a comprarla; +ma, mentre la porgeva al prete, gli sfuggì di +mano e andò in frantumi. +</p> + +<p> +Fui vivamente impressionato del mal augurio; +ma il rettore esclamò sorridendo: +</p> + +<p> +— E così? Manca forse dell’olio in casa +mia? +</p> + +<p> +Fatta riempire un’altra bottiglia dalla serva, +il prete si adattò la stola, mi fece inginocchiare, +lesse l’ufficio, mi versò sul capo l’acqua santa, +e per ultimo benedisse la bottiglia dell’olio. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span> +</p> + +<p> +Nel frattempo la serva, ferma sull’uscio, assisteva +all’operazione con curiosità maliziosa, +come se da lungo tempo fosse abituata a simili +cure, a cui non credeva. +</p> + +<figure class="figcenter"><a id="fill-155"></a> + <img src="images/ill-155.jpg" alt="Il bandito dal Rettore di Dualchi"> +</figure> + +<p> +Terminata la funzione, il rettore mi fece alzare, +e mi consegnò gravemente la bottiglia dell’olio +ed un involto contenente quaranta pezzi +d’ostia. +</p> + +<p> +— Ogni giorno, a digiuno — egli mi disse — tu +<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span> +metterai in bocca uno di questi pezzetti, +che trangugierai con una boccata d’olio. Bada +di non spaventarti se i tuoi dolori aumenteranno: +saranno i chiodi vecchi che ti verranno fuori dalle +carni. Ti esorto parimenti a non impressionarti +se ti verrà il sangue alla bocca. Prima di consumare +i pezzetti d’ostia (cioè a dire, prima di +quaranta giorni) ho bisogno di rivederti!<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a> +</p> + +<p> +Albeggiava appena quando all’indomani io +e Peppe ci rimettemmo in viaggio, prendendo +questa volta la direzione di Borore, per misura +d’abituale prudenza. +</p> + +<p> +Pernottammo in quest’ultimo paese. +</p> + +<p> +Riposai con animo tranquillo, ma verso l’alba, +dopo ingoiata l’ostia, ebbi lo sbocco di sangue +preannunziatomi dal prete. Allo stesso tempo fui +colto da dolori acutissimi alle ginocchia. +</p> + +<p> +Mi feci coraggio. Presi un nuovo sorso d’olio +ed un pezzetto d’ostia, e sollecitai la partenza. +</p> + +<p> +Rimontati a cavallo, percorremmo un lunghissimo +tratto di strada. Era ancora giorno quando +ci trovammo in vista del <i>Crastu mal’a servire</i>; +ma aspettammo le ombre della sera prima +di avvicinarci all’ovile di mio cognato: — altra +precauzione di tutti i banditi. +</p> + +<p> +Arrivati all’ovile, consultai Peppe e mio cognato +<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span> +sulla ricompensa da offrire al prete esorcista. +Fu determinato d’inviare nostra madre a +Sassari per fare acquisto di tre fazzoletti da due +lire, di un chilogramma di caffè e di otto libbre +di zucchero: regalo destinato al rettore ed alla +sua Perpetua. Fu pure combinato di ripartire per +Dualchi al più presto possibile, prima cioè che +la voce della mia latitanza pervenisse all’orecchio +di quel rettore. +</p> + +<p> +Il rettore di Dualchi accettò con piacere il +dono fattogli; e dopo aver rinnovato l’esorcismo +e ribenedetta la mia bottiglia, mi disse con una +certa confidenza: +</p> + +<p> +— Mano mano che l’olio diminuirà, tu non +avrai che aggiungerne dell’altro: la benedizione +avrà la stessa efficacia. +</p> + +<p> +Ho sofferto per parecchie settimane dolori +atroci, ma debbo dichiarare, che le mie punture +cessarono. Il rettore di Dualchi mi aveva radicalmente +sciolto dalle <i>legature</i> di prete Pittui. +</p> + +<p> +Ricorderò quanto mi disse la prima volta: +</p> + +<p> +— Tu guarirai, poichè il rimedio che ti ho +dato è infallibile. Devo però prevenirti, che le +potenti fattucchierie, di cui fosti vittima, ti hanno +fatto perdere la metà delle forze, la metà del valore +e la metà dell’astuzia! +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span></p> + +<h3 id="cap2-2">CAPITOLO II. +<span class="smaller">In casa di prete Pittui.</span></h3> +</div> + +<p> +Dopo il terzo giorno — come già dissi — il +medico del villaggio aveva dichiarato che prete +Pittui era fuori di pericolo; però gli ordinava di +stare a letto e di non muoversi. +</p> + +<p> +Durante quel tempo la casa del sacerdote +era assediata dalle visite. I fedeli parrocchiani +ed i famigliari più intimi correvano al letto del +proprio pastore per prendere informazioni sullo +stato di sua salute; e, imprecando all’assassino +sacrilego, facevano voti all’Eterno per una pronta +guarigione. +</p> + +<p> +Se il prete fosse morto in seguito alle mie +percosse, nessuno certamente lo avrebbe compianto; +anzi si sarebbe ringraziato Iddio per aver +liberato il paese da un cattivo soggetto di quella +fatta. Sapendolo però vivo, ognuno si studiava +di entrare nelle sue grazie con una pietà falsa, +che avrebbe potuto più tardi fruttare qualche +favore, o almeno una maggior dolcezza di trattamento. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span> +</p> + +<p> +Sebbene ancora indolenzito per le percosse +ricevute, e accasciato per le lunghe sofferenze, +appena il prete si accorse di essere scampato alla +morte, non pensò che allo sfregio ricevuto, e si +die’ a escogitare tutti i mezzi possibili per vendicarsi +di me: cosa che gli sarebbe riuscita assai +facile, avendo al suo comando molti cagnotti, e +potendo esercitare la sua influenza presso le autorità +di Sassari, colle quali si manteneva in +stretta relazione. +</p> + +<p> +Se il corpo del prete era inchiodato al letto, +la sua mente era libera e ruminava a mio danno. +La casa Pittui era diventata il luogo dei convegni +misteriosi, dove si tramava la mia perdizione. +</p> + +<p> +Io stava in guardia, poichè avevo molti parenti +ed amici che mi tenevano informato di +quanto accadeva in paese. +</p> + +<p> +Fra i più assidui visitatori di casa Pittui +(durante il periodo della malattia) erano il Piana, +lo Zara, il Serra, Peppe <i>il sorsinco</i>, i fratelli Dore +d’Osilo, ed i fratelli Rassu di Tiesi, domiciliati +a Florinas. +</p> + +<p> +Darò di essi alcuni brevi cenni<a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a>. +</p> + +<p> +Giovanni Antonio Piana, mio coetaneo, era +<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span> +da poco tempo marito della matura serva di +prete Pittui, la quale poteva essergli madre. Cugino +del prete e zio di mia moglie, quel gradasso +si dichiarava capace di darmi la caccia. +</p> + +<p> +Sebastiano Zara, pur parente di mia moglie +e del prete, era il millantatore che per il primo +avevo incontrato uscendo dal villaggio, il giorno +dell’attentato. Egli aveva pronosticato la mia futura +morte per opera sua. +</p> + +<p> +Il terzo visitatore assiduo, Francesco Serra, +aveva la debolezza di credersi un potente, solo +perchè si era dato a fare il <i>commissario</i> dei carabinieri. +Io però sapevo, che costui, insieme a +Paolo ed a Francesco Rassu, nonchè ad altri due +ittiresi, aveva preso parte come mandante all’assassinio +di don Peppe Serafino di Tiesi. Uno però +della combricola (che poi finì sulla forca) era +stato in seguito arrestato alla festa di S. Paolo +in Monti, per un orologio d’oro colle iniziali dell’ucciso, +da lui venduto al parroco del detto +paese. +</p> + +<p> +Riservandomi a parlare a lungo della famiglia +Rassu (ch’ebbe larga parte nei casi della mia +vita) mi fermerò per ora sui due fratelli osilesi. +</p> + +<p> +I fratelli Giuseppe e Giomaria Dore, osilesi, +quantunque notissimi ladri e sicari, erano +sempre riusciti a sfuggire alla giustizia, mercè +l’astuzia e l’intrigo. +</p> + +<p> +Giuseppe era compare di battesimo di prete +Pittui; dal quale, aveva preso un <i>salto</i> in affitto, +<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span> +in società col fratello Giomaria e con un tal +<i>Peppe di Sorso</i>. +</p> + +<p> +I due fratelli erano veduti di mal occhio a +Florinas, e già da tempo si pensava al modo di +sbarazzarne il paese. +</p> + +<p> +Ho già detto che a Florinas, nel pomeriggio +dei giorni festivi, si soleva andare fuori dal paese, +per la gara del tiro a segno. Come premio al +vincitore, si metteva per bersaglio una gallina +viva, un coltello, una berretta, od altro oggetto. +</p> + +<p> +Una domenica eravamo in numerosa comitiva, +e ricordo fra gli altri i due fratelli Dore, +Pietro Rassu, i preti Massidda e Pittui, il pretore, +il cancelliere, e diversi cavalieri e giovani di distinta +famiglia. +</p> + +<p> +In quel tempo (verso il 1847) era stata ordita +fra i signori florinesi una specie di congiura +per liberare il paese dai due fratelli sicari, dei +quali si aveva paura, poichè gettavano ovunque +il terrore. La giustizia in quei tempi dormiva, +od era cieca, ed erano le popolazioni che pensavano +a liberarsi dai malfattori. Fu deciso di +uccidere Giuseppe a <i>smarro</i> (cioè a dire come +per caso accidentale). Pietro Rassu si era incaricato +del colpo, e per essere più sicuro nell’eseguirlo, +aveva dato di piglio al fucile ad una canna +del cancelliere: fucile a fulminante e non a piastra — cosa +rara a quel tempo. Dopo diversi tiri al +bersaglio (eseguiti fra il buonumore e gli scherzi +della brigata) il Rassu, fingendo mettere la <i>capsula</i> +<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span> +nel luminello, lasciò partire il colpo in direzione +di Giuseppe Dore, che gli stava vicino. +La palla passò tra le gambe di quest’ultimo, ma +non l’offese. Vi fu scambio di parole vivaci per +l’imprudenza del tiratore, ma tutto finì lì, ascrivendo +il falso tiro alla imperizia del Rassu nel +maneggio dell’arma nuova. +</p> + +<p> +Volle il caso, che quella sera, forse per la +soverchia carica di polvere, si spezzasse a Giuseppe +il calcio del fucile. Nel rientrare in paese +vi fu chi pensò trar partito da quell’accidente, +che toglieva all’odiato sicario i mezzi di difesa. +Verso la mezzanotte Giuseppe Dore venne assalito +nella propria abitazione da una mezza dozzina +di individui, i quali riuscirono a smantellargli il +tetto della casa per fargli fuoco addosso. La moglie +scappò sulla strada, in camicia; ed il marito +seppe difendersi così abilmente, che rese vano +l’attacco dei nemici. +</p> + +<p> +Persuaso, infine, che il vivere a Florinas era +per lui pericoloso, Giuseppe Dore si decise a battere +la campagna insieme al fratello Giomaria, +per campare dal furto e per fare il sicario: mestiere +molto lucroso a quei tempi, stante le inimicizie +che dividevano le famiglie. +</p> + +<p> +I due fratelli osilesi avevano uno zio mugnaio +(pur chiamato Dore) il quale era in urto +col proprio genero Bertolo Bazzoni, agricoltore. +Lo zio chiese aiuto ai nipoti per sbarazzarsene, +e questi accettarono il mandato. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span> +</p> + +<p> +Ucciso Bertolo, il vecchio Dore voleva costringere +la propria figlia a passare in seconde +nozze con un di lui cugino mugnaio, che gli avrebbe +prestato aiuto nella professione; ma la vedovella, +inorridendo, si rifiutò di ubbidire ad un +padre, che gli aveva ucciso il primo marito. In +preda a spasimi atroci, la povera figliuola ne +morì di crepacuore pochi mesi dopo. +</p> + +<p> +Appena compiuto il mandato di sangue, i due +fratelli sicari si erano ritirati a <i>Giunchi</i>, presso +una loro sorella zitellona. +</p> + +<p> +Andando a far legna sulla montagna, capitai +un giorno in quella regione, ed assistetti per caso +ad un vivo diverbio tra i fratelli Dore e certo +Carboni; motivo per cui mi vidi citato come testimonio. +</p> + +<p> +Nel frattempo era stato arrestato lo zio Dore, +uccisore del genero Bazzoni. I due nipoti, designati +dalla voce pubblica come sicari, si erano dati +alla latitanza durante l’istruttoria del processo. +</p> + +<p> +Fattosi a Sassari il dibattimento, alcuni testimoni +di <i>vista</i> deposero essere il solo suocero +l’uccisore di Bertolo; altri invece (comprati dalla +ricca moglie dell’arrestato) riuscirono a provare, +che nè lo zio, nè i nipoti avevano preso parte +all’assassinio. La conclusione fu, che vennero +tutti assolti. La voce pubblica imprecò alla corruzione +di testi... ed anche di qualche giudice; ed +io posso asserire in coscienza, che giammai sentenza +più iniqua e più scandalosa fu pronunciata +<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span> +da un tribunale. Ed ora fidate nei dotti giudizi +di una magistratura stipendiata, e deplorate l’istituzione +dei Giurati!<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a> +</p> + +<p> +Poichè la Giustizia era stata così cieca o così +venale in quel processo, non mancò chi volle +surrogarsi ad essa. Tre mesi dopo, nell’agosto, +un fratello dell’ucciso sborsò una somma ai due +banditi Cambilargiu e Antonio Spano, i quali +freddarono con una fucilata il suocero di Bertolo +Bazzoni. +</p> + +<p> +Non voglio parlare d’altri brutti fatti, avvenuti +per opera dei due fratelli Dore e del loro compagno +<i>Peppe il sorsinco</i>. Accennerò solamente a +quello dei quattro agricoltori partiti da Sorso, e +venuti a Florinas, col pretesto di andare in cerca +di uomini per la messe. Essi avevano dato ad intendere, +che scopo della gita era quello di voler +assalire nelle proprie case diversi nemici, che avrebbe +loro indicati la sorella dei Dore. Il sindaco +di Florinas, prendendo sul serio la minaccia, +eccitò la popolazione alla propria difesa, suscitando +un baccano che rasentò il ridicolo; ma la +commedia si chiuse con una scenata in piazza, +dove si addivenne ad una parvenza di pace generale, +giurata fra molti bicchieri di vino e le +baldorie carnevalesche. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span> +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Ed erano queste le persone, a cui il prete +Pittui aveva affidato le vendette, e che attorniavano +il suo letto nel gennaio del 1851. Tutti si +erano compromessi di mettermi le mani addosso; +e i fratelli Dore e <i>il sorsinco</i> avevano già ricevuto +dal prete ottanta scudi, obbligandosi a darmi +vivo o morto nelle mani della giustizia. +</p> + +<p> +Ma non erano i soli. Ad uno dei soliti convegni +assistevano (insieme al Piana, allo Zara ed +ai Rassu) due notabili signori di Florinas, i quali +si erano vantati che non avrei tardato a cader +vittima dei loro agguati. +</p> + +<p> +Ricordo un fatto. Poc’ora prima che mi si +riferisse quest’ultima congiura, mentre me ne +stavo sotto una roccia, a poca distanza dal paese, +vidi passare a tiro del mio fucile i menzionati +signori. Il destino ha voluto salvarli! Se di qualche +ora avessero ritardato il viaggio, li avrei uccisi +entrambi come due pernici. In seguito sbollì +l’ira mia, e volli risparmiarli. +</p> + +<p> +I miei nemici convenivano in casa di prete +Pittui per deplorare l’accaduto; e imprecando al +sacrilego maledetto e al vile assassino, offrivano +coraggiosamente il loro braccio vendicatore per +ottenere la mia morte o la mia cattura. Essi potevano +millantarsi a mio riguardo, perchè ero +povero, e lontano dal paese; il prete invece era +<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span> +ricco e potente, e dovevano ingraziarselo per +procurarsene la protezione. Quasi tutti avevano +la camicia sporca, e temevano i ricorsi, palesi o +anonimi, alle autorità di Sassari. Il ministro di +Dio era in intimi rapporti coi ministri della giustizia — e +fra ministri se la intendevano! +</p> + +<p> +I congiurati credevano di operare nel segreto, +ma tutto io sapeva, poichè tutto mi si riferiva +da persone intime della casa. Molti visitatori +facevano una doppia parte, volendo allontanare +da me il sospetto per sfuggire alla mia +collera. Ben sapevano i furbi, che il prete poteva +aggiustarli coi magistrati di Sassari, e proteggerli +dentro paese; ma non così fuori di casa. Ero +io il re della campagna — e alla campagna dovevano +tutti venire, contadini e signori, per lavorare +o sorvegliare le terre. E perciò si voleva, +nel tempo stesso, lusingare il bandito ed il prete, +col proposito di tradirci entrambi. Che importava +loro delle persone? o cadessi io nelle mani del +prete, o cadesse il prete nelle mie mani, era +sempre una battaglia vinta per essi, perchè si +liberavano da un nemico! +</p> + +<p> +Ed io ascoltava il consiglio di tutti, ma stavo +in guardia, perchè di tutti dubitavo. Quantunque +giovane ed inesperto, capivo che la paura legava +a me quei consiglieri, ai quali tornava ugualmente +vantaggioso il perdermi, od il salvarmi. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span></p> + +<h3 id="cap3-2">CAPITOLO III. +<span class="smaller">La famiglia Rassu.</span></h3> +</div> + +<p> +L’essermi dato alla macchia impressionava +non poco i miei nemici di Florinas. Ero per loro +un bandito, un disperato che non avrebbe potuto +frenarsi per alcun sentimento di riguardo personale, +o di pietà. Si aveva paura di me, si +temeva che una falsa informazione, un falso +rapporto, un malinteso avessero apportato conseguenze +fatali. Non pochi si erano messi al sicuro, +per allontanare le cause che potessero destare +un mio sospetto. +</p> + +<p> +Gavino Pintus, per esempio, (il padre della +Maddalena Bua) aveva licenziato dalla sua casa +il cognato Serra, perchè bazzicava troppo coi Dore +e coi Rassu ed era <i>commissario</i> dei carabinieri. +</p> + +<p> +I fratelli Rassu erano di famiglia tiesina, +domiciliati a Florinas. Con costoro ero in buoni +rapporti, poichè uno di essi (Giuseppe) aveva +sposato una mia zia. Tuttavia li guardavo di mal +occhio, sapendoli gente abituata al malfare, e capace +di prestarsi a qualunque delitto, senza scrupoli +di sorta. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span> +</p> + +<p> +La famiglia Rassu si componeva di quattro +fratelli — Pietro, Francesco, Paolo e Giuseppe — e +di uno zio attempato, Giovanni Andrea, dal +quale andavo a consigliarmi spesso, perchè lo +ritenevo uomo di senno. +</p> + +<p> +Il giovane Paolo era stato di recente ucciso +a Siligo, a causa d’una ragazza, di cui si era +innamorato. L’uccisore era stato punito con una +fucilata, datagli da uno dei fratelli di Paolo. +</p> + +<p> +La casa di Pietro Rassu era attigua a quella +di mio suocero — come attigua a questa era la +casa mia, quando l’abitavo insieme a mia moglie. +Vedendoci e visitandoci con frequenza, si viveva +di accordo come due buoni vicini, e il paese ci +considerava quali amici. +</p> + +<p> +Dopo la mia latitanza si accrebbe l’odio mio +verso i fratelli Rassu, poichè li sapevo d’accordo +col prete per congiurare la mia rovina. +</p> + +<p> +Ero appena da quindici giorni bandito, quando +uno strano accidente mi liberò da uno di essi: +da Pietro Rassu. +</p> + +<p> +Fra i molti delitti da costui commessi impunemente, +se ne annoverava uno, la cui istruttoria +era in corso, e si aspettava da un giorno +all’altro l’ordine di spiccare il mandato d’arresto. +</p> + +<p> +Un giorno Pietro, nel suo ovile di <i>Corona +majore</i>, aveva diviso il pranzo con <i>Monsiù</i> Maronero, +il brigadiere dei carabinieri, che andava +in perlustrazione. Prima di separarsene, volle dare +a lui due capretti, dicendogli scherzando: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span> +</p> + +<p> +— Te ne faccio un regalo, perchè tu mi usi +un po’ di riguardo quando verrai per arrestarmi. +</p> + +<p> +Il brigadiere aveva risposto: +</p> + +<p> +— Siamo troppo amici, e farò di tutto per +sottrarmi a questo doloroso incarico. Altri carabinieri +ti arresteranno, non io di certo! +</p> + +<p> +Pietro Rassu soggiunse, serio: +</p> + +<p> +— Ed io ti prometto, dal mio canto, che in +carcere non ci andrò, a costo di farmi ammazzare. +Ci sono già stato quattro volte, e ormai ne +sono stanco! +</p> + +<p> +Fu lo stesso Pietro, che mi confidò questo +incidente. +</p> + +<p> +Trascorso un po’ di tempo, venne spiccato +l’ordine d’arresto, e si aspettava l’occasione propizia +per mettere in gabbia l’uccello. +</p> + +<p> +I buoni rapporti apparenti che io manteneva +con Pietro, per essere egli stato mio vicino di +casa, diedero a sospettare che anche bandito io +andassi qualche volta a trovarlo. Una sera sul +tardi, mio suocero, origliando alla parete che lo +divideva dalla stanza di Pietro Rassu, credette di +riconoscere la mia voce, e si affrettò ad avvisarne +il prete Pittui. Questi mandò subito un espresso +a Codrongianus per far venire i carabinieri. +</p> + +<p> +Il brigadiere <i>Monsiù</i> Maronero, con altri suoi +compagni, accorsero nella stessa notte a Florinas, +e si portarono segretamente in casa del notaio +Giovanni Antonio Fiori, che aveva la moglie +agonizzante. Ivi caricarono i fucili a mitraglia. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span> +</p> + +<p> +Era il 17 gennaio 1851 — giorno di Sant’Antonio. +</p> + +<p> +Da poco era trascorsa la mezzanotte, quando +il brigadiere dispose l’appiattamento. Collocò un +carabiniere dinanzi alla porta che dava alla strada; +ed egli, a cavallo, si collocò in faccia alla +finestra della camera posteriore, che dava ad un +piccolo cortile, verso la campagna. +</p> + +<p> +Il brigadiere bussò al finestrino, dicendo: +</p> + +<p> +— Pietro, apri! +</p> + +<p> +— Aspetta un momento! — rispose Pietro, +che immaginò si trattasse della sua cattura; e +corse ad armarsi. +</p> + +<p> +Trascorsi alcuni minuti aprì la finestra, e si +trovò di fronte al brigadiere a cavallo, che gli +impediva l’uscita. +</p> + +<p> +— Datti a una parte! — fece Pietro, come +avvertendo che voleva uscir fuori; ma quegli non +si mosse. +</p> + +<p> +Allora Rassu, fattosi alla bassa finestra, die’ +uno spintone al cavallo colla canna del fucile, e +lo costrinse a indietreggiare. +</p> + +<p> +<i>Monsiù</i> Maronero, intanto, aveva puntato il +fucile alla finestra, in attesa che l’uomo saltasse +per fargli fuoco addosso. +</p> + +<p> +Pietro Rassu, coll’audacia dei coraggiosi e +dei disperati, montò il grilletto, e scavalcò d’un +salto il davanzale della finestra, scaricando l’arma +su <i>Monsiù</i> Maronero. +</p> + +<p> +In pari tempo scattò il grilletto del fucile +<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span> +del brigadiere. Si udirono due detonazioni, ed entrambi +caddero a terra come fulminati. +</p> + +<p> +Quando accorsero gli altri carabinieri non +trovarono che due cadaveri boccheggianti. +</p> + +<p> +Sono queste le stupide bravate di molti carabinieri; +i quali, fidando unicamente nel proprio +valore, non si mantengono mai sani di testa. +Prima della spedizione essi hanno già in corpo +Dio sa quanti bicchieri di vino e di acquavite, +ed espongono ciecamente la vita, senza raggiungere +l’intento. +</p> + +<p> +Il brigadiere Maronero non aveva mantenuto +la parola data a Pietro Rassu... ed ebbe il +fatto suo! +</p> + +<p> +Il caso della doppia uccisione (che aveva avuto +a solo testimonio mio suocero, nella casa +vicina) era stato così singolare, che per lungo +tempo si tardò a prestarvi fede. La versione data +fu questa: che io realmente mi trovassi in casa +di Pietro Rassu; che questi, saltando dalla finestra, +fosse stato ucciso dal brigadiere; che il brigadiere, +alla sua volta cadesse morto per una +mia fucilata; e che io, finalmente, fossi riuscito +a raggiungere la campagna, prima che accorressero +gli altri carabinieri. +</p> + +<p> +Ed era una versione stupida. Mi si voleva +dare un’audacia valorosa, che non mi spettava. +Avrebbe dovuto bastare il fatto della doppia detonazione +e delle due canne scariche per convincersi +della verità; ma non si voleva incolpare +mio suocero di una falsa denunzia! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span> +</p> + +<p> +Il prete Pittui si morse le dita per dispetto; +e mio suocero fu talmente impressionato dal pensiero +della mia vendetta, che da quel giorno si +chiuse in casa, si ammalò, e non volle più vedere +nessuno. +</p> + +<p> +Quando appresi l’accaduto, esclamai con amaro +sorriso: +</p> + +<p> +— E <i>uno</i>! Dio ha voluto farmi risparmiare +una carica di polvere. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Continuerò la storia dei Rassu. +</p> + +<p> +Pietro e Francesco, sovratutti, erano in fama +di ladri e di sicari; e dicevasi che il primo fosse +il depositario delle ruberie che si commettevano. +</p> + +<p> +Cinque mesi dopo la morte di Pietro, avvenne +l’assassinio della sua vedova, Giovanna +Angela Manconi, rinvenuta scannata col rosario +in mano. +</p> + +<p> +La voce pubblica non tardò ad affermare, che +la poveretta fosse stata tolta dal mondo per mandato +del proprio cognato Francesco, designato +come tutore ad amministrare i beni dei nipoti +minorenni. +</p> + +<p> +Il giorno precedente al barbaro assassinio +mi trovavo per caso a <i>Scala ruja</i>, territorio di +Florinas, quando m’imbattei in Francesco Rassu, +il quale, a cavallo, si diriggeva verso il paese, +portando in groppa un bandito. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span> +</p> + +<p> +Come mi viddero e mi riconobbero, il bandito +smontò da cavallo e mi chiamò a nome. +</p> + +<p> +Io feci il sordo e continuai la mia strada, +seguito da un grosso mastino. +</p> + +<p> +Persistendo il bandito a darmi la voce, mi +fermai. +</p> + +<p> +— Che volete? — chiesi. +</p> + +<p> +— Vieni con noi; abbiamo bisogno di sbrigare +un affare urgente. +</p> + +<p> +Mi accorsi subito che non aveano rette intenzioni +a mio riguardo. Sapevo già della congiura +fatta in casa del prete, e diffidavo di +Francesco. +</p> + +<p> +— Fate buon viaggio e andate per la vostra +strada! — gridai rimettendomi in cammino, e +risoluto di far fuoco su entrambi, se avessero persistito +a tormentarmi col loro invito. +</p> + +<p> +Capitai poco dopo nella capanna di un mio zio — Gio. +Maria Giavesu — a cui narrai l’accaduto: +</p> + +<p> +— Vedi? — gli dissi con amarezza — oggi +ho corso il pericolo di romperla con Francesco +Rassu. Mi sono contenuto per seguire il tuo +consiglio! +</p> + +<p> +— Ed hai fatto bene. Non voglio che tu l’uccida. +Egli è nostro parente, poichè ha in moglie +una tua cugina, e sarebbe un’onta se si dicesse +che noi beviamo il sangue nostro! +</p> + +<p> +La stessa sera sul tardi, invitato da un amico, +passai la notte a Florinas. Verso l’alba del +giorno seguente ci venne data la notizia dello +<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span> +sgozzamento della vedova di Pietro Rassu. Il +cognato Francesco, forse per allontanare i sospetti, +nel momento in cui veniva consumato +l’assassinio, discorreva in piazza col proprietario +del bestiame datogli in custodia. +</p> + +<p> +Trascorso qualche giorno, si sparse ad arte +la voce, che il vero uccisore dei coniugi Rassu +ero io. Compresi lo scopo della diceria: si voleva +aggravare il mio attentato contro la vita di prete +Pittui, designandomi come sanguinario. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Il terzo fratello dei Rassu — Giuseppe — era +mio parente, perchè ammogliato con Maria +Rosa Bazzone, sorella di mia madre. Era costui +d’animo malvagio come gli altri fratelli, ma dominato +da mia zia, donna energica e di carattere +forte, finì per contenersi. +</p> + +<p> +— Bada Giuseppe! — gli diceva la moglie — se +hai caro di non morire in galera, devi allontanarti +da’ tuoi congiunti, due dei quali morirono +di palla. Rimani in casa con me, e non +avrai malanni! +</p> + +<p> +Francesco Rassu, nominato tutore dei figli +di Pietro, fu deluso nelle sue speranze. Egli non +aveva trovato nessun deposito di danaro in casa +della cognata; e divenne così irascibile e intrattabile, +che i nipoti non vollero convivere con lui. +</p> + +<p> +Si diceva in paese, che i danari della vedova +<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span> +assassinata fossero stati nascosti in campagna dal +figliuolo sedicenne Salvatore, che li aveva rinvenuti. +E la diceria veniva avvalorata dal fatto, +che Salvatore era uscito dalla casa paterna, non +appena lo zio vi era entrato come tutore. Il fiero +giovane era andato a convivere con lo zio Giuseppe, +marito di mia zia. +</p> + +<p> +In quel tempo Ignazio Piana (marito di mia +sorella Andriana) abbisognando nella Nurra d’uomini +di lavoro, aveva preso seco il giovane Salvatore, +come servo di fiducia. +</p> + +<p> +Mio cognato mi diceva spesso: +</p> + +<p> +— La donna che sposerà mio nipote farà la +sua fortuna, poichè possiede molto danaro. +</p> + +<p> +Ed io gli rispondevo: +</p> + +<p> +— Se avessi cento figlie non ne darei una +a tuo nipote, poichè il danaro ch’ei possiede non +è che il frutto di furti e grassazioni. +</p> + +<p> +Stando al servizio di Ignazio Piana, Salvatore +si era più volte recato a Florinas per ritirare +il suo denaro, che aveva dato in custodia +ad una zia convivente con un prete. +</p> + +<p> +Un giorno mi pregò di comprargli un pistola, +ma andato in paese per chiedere quindici scudi, +gli vennero rifiutati dal prete e dalla zia. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Lascio per ora indietro il giovane Salvatore, +per parlarvi di Francesco, il più forte, il più coraggioso +<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span> +e il più temuto dei fratelli Rassu, e sul +quale il prete Pittui faceva assegnamento per +potersi sbarazzare di me. +</p> + +<p> +Non pochi erano i misfatti commessi da costui, +sebbene la giustizia non fosse ancora riuscita a +coglierlo in fallo. Ci odiavamo entrambi cordialmente; +ma l’odio nostro era sotto cenere. Il ramo +di parentela, che ci univa, ci obbligava a vivere +sul tirato; ma si aspettava da entrambi un appiglio +per poter cacciar fuori tutto il fiele che +avevamo in corpo. +</p> + +<p> +Fra i delitti di Francesco Rassu citerò il più +vigliacco: l’assassinio dell’Eremitano di Santa +Maria di Ese (o Sea) — un bonaccione, un mezzo +scemo, chiamato Peppe. +</p> + +<p> +Insieme alla mamma e a diversi piccoli fratelli, +quel disgraziato viveva in parecchie casette +basse, a guardia della chiesa campestre. Come +tutti gli <i>eremitani</i> sardi, egli aveva l’obbligo di +aprire la porta della chiesa a tutti i devoti che +vi si recavano per farvi orazione. La povera famigliuola +non viveva che delle magre limosine +che i visitatori le davano, dello scarso frutto di +un lembo di terra coltivabile, e dell’allevamento +di qualche bestia, a mezzadria. +</p> + +<p> +Un giorno certo Andrea Alichinu, già orefice +ed allora bandito, capitando tutto solo nel +casale di Santa Maria (fra Banari e Florinas) adocchiò +una troia coi porcellini che stavano sull’uscio +di casa. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span> +</p> + +<p> +— Me ne regali uno? — egli chiese a Peppe. +</p> + +<p> +— Non posso regalartelo, poichè siamo molto +poveri. La troia non è tutta nostra: l’abbiamo a +metà col proprietario che ce l’ha data in custodia. +</p> + +<p> +Il bandito tacque e tirò oltre; ma recatosi +sul tardi in casa di Francesco Rassu, gli parlò +del porcellino, della troia, e del rifiuto. +</p> + +<p> +— Perdio! — fece Rassu — Peppe t’ha negato +un porcetto, e noi glieli prenderemo tutti! +</p> + +<p> +La stessa notte Alichinu, Rassu, e parecchi +altri si recarono alla chiesetta campestre per rubarvi +i porcellini. +</p> + +<p> +L’eremitano dormiva. Al grugnito della troia +si svegliò, tese l’orecchio, die’ di piglio al fucile +e uscì fuori. +</p> + +<p> +Francesco Rassu, ch’era appiattato in vicinanza +per favorire il rapimento, fece fuoco addosso +allo scemo e lo rese cadavere. I ladri si +affrettarono a piombare sui porcellini, e li portarono +via, ridendo del bel tiro riuscito. +</p> + +<p> +Impossibile descrivere la disperazione della +famigliuola per il caso luttuoso. Più volte ebbi +occasione di passare dinanzi alla casetta di Santa +Maria, e vidi la povera madre e i figliuoletti, laceri, +scalzi, in uno stato miserando. Lasciavo loro +qualche lira, qualche pane, e qualche pezzo di +carne. Una sera la povera vecchia si presentò a +me seminuda, ed io mi tolsi una flanella di cotone +(ne avevo due indosso) e glie ne feci dono. +Un altro giorno portai a quella famiglia un maialetto +<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span> +regalatomi da mia sorella, promettendo di +dargliene la metà quando lo avrebbero ingrassato. +Venuto grande glie lo lasciai per intiero. +</p> + +<p> +Non vi sembri ridicolo. Il barbaro assassinio +dell’eremitano, consumato vigliaccamente da +Francesco Rassu, non fu l’ultima causa dell’odio +implacabile ch’io nutriva verso di lui. Ho sempre +detestato i vili ed i vigliacchi, tormentatori +delle donne o dei deboli. +</p> + +<p> +Mi sono alquanto dilungato, per presentarvi +alcuni membri della famiglia Rassu, che rivedremo +più tardi. Ora ho bisogno di tornare indietro, +per riprendere il filo della mia storia. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span></p> + +<h3 id="cap4-2">CAPITOLO IV. +<span class="smaller">Si apre la campagna.</span></h3> +</div> + +<p> +Ero finalmente guarito dalle <i>legature</i> di prete +Pittui. +</p> + +<p> +Cominciai dunque il mio pellegrinaggio per +monti e per pianure, per boschi e per valli, recandomi +da un ovile all’altro, sempre sospettoso, +coll’occhio aperto, l’orecchio teso, la mano al fucile +od al pugnale. +</p> + +<p> +Il primo mese di banditismo mi riuscì penoso, +insopportabile. Abituato com’ero ad una +vita attiva, all’assiduo lavoro, quell’errare incerto +da un punto all’altro, ignaro del dove avrei passato +la notte, colla mente sempre intenta a sfuggire +un pericolo, coll’animo deliberato a lottare +disperatamente contro i nemici della mia libertà, +mi rendeva irrequieto, irascibile, di cattivo umore. +Le giornate mi parevano eterne, le notti interminabili. +</p> + +<p> +Scorrendo le campagne da mattina a sera, +io vedeva dovunque donne e uomini intenti ad +arare, a seminare, a raccogliere le olive; m’imbattevo +assai spesso in frotte allegre che andavano +<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span> +o tornavano dal lavoro chiacchierando e +cantando; ed io continuava il mio eterno giro per +i campi aperti e per le terre altrui: io, il grande +ozioso in mezzo a tanti lavoratori! +</p> + +<p> +La mamma, la mia povera mamma, a quando +a quando, dietro l’ambasciata ch’io le mandava +per mezzo di qualche fido parente, veniva a recarmi +un po’ di provvista nei punti da me indicati; +e faceva persino due ore di strada, a +piedi, per portarmi un pane fresco, o la biancheria +da cambiarmi. Le lagrime di quella buona vecchia, +che pregava la Vergine e i Santi per la +mia conservazione, erano per me stille di piombo +che alimentavano l’odio verso i miei nemici. +</p> + +<p> +Mi ero spinto più volte fino alle lontane +terre della Nurra ed alle campagne d’Osilo, di +Sorso e di Alghero; ma finivo sempre per tornare +ai dintorni di Florinas, dove avevo parenti +da consultare, vendette da compiere. +</p> + +<p> +Per rendere meno penoso il mio ozio involontario +mi procurai un sillabario. Colla paziente +perseveranza del bandito, passavo due o tre ore +al giorno a compitare stentatamente le sillabe, +senza aiuto di alcun maestro. Rammentavo qualche +lezione appresa alla scuola del villaggio, e +leggevo a voce alta, con meraviglia del mio cane, +che mi guardava con tanto d’occhi. Il messale +della parrocchia, che avevo maneggiato per tre +anni, lungo la mia carriera di sagrestano, mi era +servito per apprendere le lettere maiuscole; ma +<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span> +le benedette minuscole mi riuscivano di difficile +lettura, e mi facevano sudar freddo. Avevo pazienza. +Non erano i lavori di campagna che mi +toglievano il tempo! +</p> + +<p> +Poco per volta, dopo il primo mese, mi ero +abituato alla vita errante: l’ozio non mi tormentava +più. Io pensava a’ miei nemici, al modo di +assalirli, o di difendermi da essi — ed anche +questa è un’occupazione come un’altra. Lavoravo +colla mente, invece di lavorare col braccio — ecco +tutto! +</p> + +<p> +Per più di un anno non ebbi per compagno +che un cane terribile, cui posi nome <i>Pensa +pro te</i>! Aveva l’intelligenza di un <i>cristiano</i>. Bastava +ch’io gli dicessi: — Togli il berretto a quell’uomo! — Avventati! — Sta +fermo! — Oppure: +Va con quell’amico e non fargli male! — perchè +esso mi capisse. In sua compagnia io poteva affrontare +quattro nemici; ed era capace ad un mio +cenno di sbranarli tutti. Appena mi vedeva addormentato, +esso si coricava vicino a me e mi +poneva il muso sulla coscia. Se udiva il minimo +rumore, mi svegliava con lunghi gemiti, ma senza +abbaiare per non compromettermi. +</p> + +<p> +Quantunque vivente nell’isolamento, ero minutamente +informato delle mosse de’ miei nemici: +nemici di due specie — i palesi, da cui sapevo +guardarmi: e quelli che congiuravano nell’ombra, +fingendo proteggermi di pieno giorno. +</p> + +<p> +La mia carriera di bandito era aperta. L’uomo +<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span> +che si dà alla macchia non ha che tre sole preoccupazioni: +vendicarsi anzitutto dei nemici a cui +deve la propria disgrazia; sfuggire alle insidie +della giustizia che gli manda dietro i carabinieri; +e punire severamente le spie, che per danaro od +altra ragione, tramano la morte o la cattura dei +latitanti. +</p> + +<p> +Quasi ogni giorno mi si comunicava qualche +notizia, attinta ai convegni segreti di casa +Pittui. Era dunque cominciata la caccia feroce +al sacrilego schiaffeggiatore di un prete! Le poste +erano state assegnate dal capo cacciatore, e i +cani venivano sguinzagliati contro il cinghiale +della foresta. Ma io stava all’erta; ero tutt’occhi, +tutt’orecchi, perchè disposto a vender cara la +mia pelle. +</p> + +<p> +I fratelli Dore avevano già ricevuto un acconto +sul prezzo del tradimento a mio danno, +nè più si recavano a visitare la casa del prete +infermo<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a>. +</p> + +<p> +Pochi giorni dopo l’uccisione di Pietro Rassu +e del brigadiere Maronero, venni avvertito, che +la notte di San Sebastiano (in gennaio) il <i>commissario</i> +Francesco Serra, in compagnia di Francesco +<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span> +Rassu, avevano fatto una visita a tutti gli +ovili ed ai molini di Florinas e d’Ossi, con lo +scopo di darmi la caccia, o di attingere indizî +sui luoghi del mio rifugio. Essi operavano sotto la +direzione e dietro i suggerimenti di prete Pittui, +il cui odio contro di me, come il mio verso di +lui, dovevano spegnersi colla morte di entrambi. +</p> + +<p> +Mi trovavo un giorno insieme al bandito Antonio +Rassu d’Ittiri (lontano parente dei famosi +sicari). I compagni dei banditi non possono essere +fior di galantuomini, ed il mio era già stato +sette anni in galera, per aver ucciso un giovane +a pugnalate. +</p> + +<p> +Ci recammo insieme all’ovile di Antonio +Luigi Carboni (in <i>sas coas de medallu</i>) dove sapevo +di trovare l’osilese Giuseppe Dore, uno dei famosi +sicari incaricato di uccidermi, ed a cui il prete +aveva già sborsato un acconto di ottanta scudi. +</p> + +<p> +Come la sera c’imbattemmo nel Dore, questi +esclamò vivamente, rivolto al mio compagno: +</p> + +<p> +— Se tu non fossi stato in compagnia di +Giovanni Tolu, ti avrei ucciso! +</p> + +<p> +Gli dissi pacatamente: +</p> + +<p> +— E avresti fatto male. +</p> + +<p> +— Avrei fatto bene, poichè costui è un mio +nemico! +</p> + +<p> +— Non ti è nemico — soggiunsi con sussiego — Quando +fosti aggredito dentro casa a +Florinas, Antonio non faceva parte della combricola +degli assalitori. Ci saranno stati i Rassu, +<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span> +suoi parenti, ma non lui. Tu ben lo sai quali +siano i tuoi veri nemici! +</p> + +<p> +Le gesta di Dore mi erano tutte note. Due +giorni addietro, in compagnia d’altri, aveva dato +l’assalto ad un ovile d’Ossi, maltrattando un povero +servo, a cui rubò quattro pecore. +</p> + +<p> +Scambiate con lui poche altre parole, salutai +Dore dicendogli, ch’eravamo diretti ad Ittiri. +</p> + +<p> +— Non vi lascio andar via! — esclamò Dore +con affettuosa premura — Stanotte mangieremo +un boccone insieme. Ci ho carne grassa da far +cuocere! +</p> + +<p> +Era quella delle pecore rubate. +</p> + +<p> +Venne messa intanto la carne al fuoco, ed +entrammo nell’ovile. Ero in casa del sicario del +prete, e dovevo stare ad occhi aperti. +</p> + +<p> +Avevo meco <i>Pensa pro te</i>, il fido cane, che +conducevo a mano con una catena. Anche Dore +era seguito da una buona cagna, che mi sbirciava +cogli occhi iniettati di sangue. +</p> + +<p> +Si era nel mese di maggio, e verso le nove +sedemmo a tavola per mangiare — coi fucili fra +le ginocchia, s’intende! +</p> + +<p> +Non avevamo ancora terminato il pasto, +quando udimmo i cani abbaiare. +</p> + +<p> +Balzammo in piedi di scatto, e uscimmo tutti +e quattro all’aria aperta: io, Rassu, un giovane +pastore e Giuseppe Dore. Quest’ultimo si era armato +in un attimo di fucile, di pistola e di daga, +poichè si considerava come un mezzo bandito. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span> +</p> + +<p> +— Se sono carabinieri — esclamò con spavalderia — li +farò saltare in aria! +</p> + +<p> +Io sorrisi. Coll’occhio intento ad ogni sua +mossa, gli stavo alle costole, temendo qualche +brutto tiro. +</p> + +<p> +Uscimmo fuori per esplorare i dintorni. +</p> + +<p> +La notte era chiara, serena. Non spirava un +filo d’aria. +</p> + +<p> +L’uno dietro l’altro c’inoltrammo per un +tratto di terreno, tutto coperto di cardi selvatici. +</p> + +<p> +Io osservai: +</p> + +<p> +— Parmi non sia prudenza andare così uniti. +Sarà meglio sbandarci alquanto, per metterci al +sicuro da qualche agguato. +</p> + +<p> +Rompemmo infatti l’allineamento, e prendemmo +diverse direzioni, l’uno discosto dall’altro. +</p> + +<p> +Siccome non perdevo d’occhio Giuseppe, mi +avvidi che due volte mi aveva sbirciato. Egli +pensava, forse, di saldare il suo debito col prete! +</p> + +<p> +A un tratto il giovane pastore si fermò; e +voltandosi, ci avvertì con voce sommessa di aver +veduto qualche cosa muoversi lungo la costiera. +Aggiunse che temeva si trattasse di gente appiattata. +</p> + +<p> +Si continuò la strada guardinghi. Tanto il +giovane, quanto Dore, fecero diversi spari in direzione +della costiera. Io mi guardai dal far fuoco, +poichè il bandito col fucile scarico è un uomo +morto. I colpi non devono andar perduti! +</p> + +<p> +Ci eravamo così sbandati; ma dopo una mezz’ora, +per diverse parti, rientrammo nell’ovile. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span> +</p> + +<p> +Uno solo mancava di noi quattro: Giuseppe +Dore; e invano lo aspettammo... +</p> + +<p> +L’indomani all’alba fu rinvenuto sdraiato +bocconi, sull’erba. Lo si credeva addormentato, +ma invece era morto da una fucilata. +</p> + +<p> +— Chi l’avrà ucciso?! — esclamò con terrore +il giovane pastore. +</p> + +<p> +— Lo saprà Iddio! — risposi facendomi il +segno della croce. E a fior di labbro mormorai: +</p> + +<p> +— Decisamente i sicari dei preti non hanno +fortuna!<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a> +</p> + +<p> +Un Dore era sparito, ma restava l’altro. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Qualche tempo dopo la morte di Giuseppe, +un certo Sanna (un amico che aveva conti da +aggiustare con l’altro fratello Giomaria) m’invitò +a tenergli compagnia per togliere di mezzo quel +cattivo soggetto. Trattandosi di un nemico che +odiavo mortalmente, accettai volentieri. +</p> + +<p> +Dovevamo incamminarci verso Sorso, dove +allora Giomaria si trovava. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span> +</p> + +<p> +A metà strada c’imbattemmo per caso nei +tre banditi Pietro Cambilargiu, Antonio Spano e +Salvatore Fresi; i quali ci confidarono essere diretti +a Sorso, incaricati dell’uccisione di Giomaria +Dore. Ci unimmo a loro, tacendo che lo scopo +della nostra gita era il medesimo. +</p> + +<p> +Movemmo tutti e cinque insieme, guidati da +una spia, che doveva indicare la vittima, sconosciuta +ai tre sicari. +</p> + +<p> +Arrivati alla punta di un ciglione, la spia si +fermò; e dopo averci indicato un individuo lontano, +che stava in mezzo ad un campo, proseguì +tutto solo per la strada di Sorso. +</p> + +<p> +Come ci appressammo all’uomo designato, +io e Sanna (che conoscevamo di persona Dore) +avvertimmo i compagni che non facessero fuoco, +perchè non era lui. +</p> + +<p> +Intanto la spia, arrivata a Sorso, si era data +premura di annunziare che i cinque banditi (me +compreso) avevano ucciso Giomaria Dore. +</p> + +<p> +La notizia era falsa, perchè quel giorno ci +fu impossibile trovare Dore. Ad altro era riserbata +tanta fortuna. Giomaria fu mortalmente ferito +una settimana dopo. Ebbe tre palle nella +schiena e sopravvisse sette giorni. +</p> + +<p> +La morte dei fratelli Dore fu accolta con +viva gioia dagli abitanti di Sorso, di Florinas, +d’Ossi, e d’altri villaggi circonvicini. Nessuno +pianse la scomparsa dal mondo dei due ladri e +sicari. E questa pubblica dimostrazione di contento +<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span> +valse pure a tranquillare la coscienza degli +uccisori, che avevano reso un buon servizio al +paese. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Avevo veduto tante volte i miei nemici in +sogno — e ai sogni io credeva. +</p> + +<p> +Un giorno sognai di camminare in una viottola +stretta, accompagnato da <i>Pensa pro te</i>. Ad +un tratto vidi venirmi incontro i due fratelli +Dore e Peppe il <i>Sorsinco</i>. Spianai il fucile contro +di essi, ma mi si ruppe il calcio. Diedi allora di +piglio alla daga, e ne pugnalai uno. Gli altri due +scomparvero nella nebbia. Ma perchè nel sogno +non avevo pensato ad aizzare il mio cane contro +di essi? +</p> + +<p> +Mi svegliai colla fronte madida di sudore. +Pochi giorni dopo, a breve distanza dall’ovile di +<i>Sas coas de medallu</i>, venne ucciso Giuseppe. +</p> + +<p> +Un’altra volta vidi in sogno due poliziotti. +Ne uccisi uno, ma l’altro scomparve, non so come. +All’indomani, a caccia, mi trovai di fronte a due +grossi cinghiali: uno ne atterrai, l’altro mi sfuggì, +senza che io lo vedessi correre. +</p> + +<p> +Lo confermo: i miei sogni si avveravano +sempre!<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a> +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span> +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Nei primi mesi della mia latitanza mi aggiravo +da una campagna all’altra, sempre sperando +d’imbattermi in qualche mio nemico; ma +debbo pur dire, che quasi tutti i misfatti che in +quel tempo si commettevano, venivano a me caricati. +Sotto il mio nome non pochi compivano +le loro vendette, o assassinavano per furto, sfuggendo +alle ricerche della giustizia. Triste condizione +dei banditi! — Basti il fatto, che nel giro +di poche settimane vennero istruiti tredici processi +per delitti consumati nel territorio di Florinas; +e in quasi tutti venni complicato per i +raggiri e gli intrighi de’ miei nemici, che si raccoglievano +a consiglio nella camera da letto del +sacerdote Pittui. +</p> + +<p> +Uno di costoro — Giovanni Antonio Piana, +marito della serva del prete e zio di mia moglie — mentre +un giorno in campagna conversava +con diversi suoi amici, ebbe il braccio spezzato +da una fucilata, datagli da incognita mano. Trasportato +all’ospedale di Sassari gli vennero estratte +le palle, e guarì dopo lunga e penosa malattia. +</p> + +<p> +Anche per questo colpo fu messo in campo +il mio nome; ma lo stesso ferito dichiarò, che il +tiro non poteva venirgli che da due ladri di buoi, +che egli, come capitano dei barracelli, aveva fatto +arrestare, costringendoli ad attraversare il villaggio +<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span> +col cuoio rubato sulle spalle. La diceria +a mio carico questa volta non mi spiacque: mi +spiacque solamente che la fucilata data a Giovanni +Antonio gli avesse rotto il braccio, invece +di troncargli la vita. Ma su questo fatto tornerò +più tardi<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a>. +</p> + +<p> +Nel medesimo tempo era stato ucciso con +arma da fuoco un certo Congiatu, mentre lavorava +nella vigna di suo cognato Sebastiano Zara, +lo spavaldo cugino del prete. Si affermò da taluno +(e diceva il vero!) che l’uccisione era stata +fatta per sbaglio da un congiunto dello stesso +Zara, che andava in cerai di me. Tuttavia non +mancò chi mi volle colpevole, asserendo aver io +tolto di mezzo il Congiatu, solo per dare <i>un avviso +di minaccia</i> al mio nemico, parente dell’ucciso. +Tutte fandonie e calunnie! +</p> + +<p> +La morte del cognato impressionò talmente +Salvatore Zara, che egli si chiuse in casa, nè +volle recarsi in campagna, temendo ch’io lo uccidessi. +Alcuni miei amici e diversi signori di +Florinas vennero a me per pregarmi di far +grazia allo Zara, che aveva bisogno di lavorare +per vivere. Cedetti infine alle preghiere, e feci +dire al mio nemico, che andasse pur liberamente +<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span> +in campagna, ma badasse al fatto suo. Egli mi +ringraziò, tornò al lavoro, e da quel giorno visse +tranquillo. Io ben comprendeva che questi poveri +diavoli si atteggiavano a spavaldi, solo per +far piacere al prete; poichè infine non potevano +odiarmi, dal momento che nessun’offesa avevano +da me ricevuto. +</p> + +<p> +Fui parimenti accusato in quei giorni dell’assassinio +d’un contadino, che aveva rubate alcune +pecore, e il cui cadavere fu rinvenuto in +un salto di <i>Giunchi</i>. +</p> + +<p> +L’intenzione di complicarmi in nuovi processi +si era manifestata ne’ miei nemici, anche +prima ch’io attentassi alla vita di prete Pittui. +</p> + +<p> +Il giorno di S. Francesco (in ottobre) mentre +tra la folla assisteva ai fuochi artificiali, veniva +ucciso con un colpo di pistola certo Bartolo Piras. +L’uccisore finì per essere scoperto e condannato +alla galera in vita; eppure, non so ancora perchè, +il fisco pretendeva di rendermi complice di +quella morte. Mi diedi ragione dell’accusa, quando +appresi che l’ucciso era fra i più intimi confidenti +di prete Pittui: l’uomo, cioè, di cui egli si serviva +per consegnare in mano delle autorità di +Sassari i famosi <i>ricorsi</i>, a danno dei nemici che +voleva ad ogni costo perdere. +</p> + +<p> +Era questo il prediletto sistema di quei tempi +disgraziati. Si sapeva, che una volta cacciato +l’uomo in carcere, reo o innocente, esso vi marciva +per mesi ed anni, in espiazione delle molestie +<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span> +date ai signorotti del paese, od ai ministri +di Dio. Nel 1850 era questa la bella giustizia di +Sardegna! +</p> + +<p> +Rassegnato al mio destino, io sopportavo pazientemente +le calunnie de’ miei avversari, ma non +le dimenticavo. Il rettore di Dualchi aveva sciolto +le mie <i>legature</i>, ed io smaniavo di vendicarmi: +non solo di quanti erano stati causa della mia +disgrazia, ma anche dei vigliacchi che per lucro, +per millanteria, o per malvagità, si prestavano a +darmi la caccia, o a farmi la spia. +</p> + +<p> +Non potevo sperar tregua, finchè respiravano +Francesco Rassu e il sacerdote Pittui. +</p> + +<p> +Nell’ardore de’ miei vent’otto anni mi tormentava +la sete della vendetta — ma avevo +anche la pazienza di aspettare! +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span></p> + +<h3 id="cap5-2">CAPITOLO V. +<span class="smaller">Chi nasce, e chi muore.</span></h3> +</div> + +<p> +Alzatosi da letto, guarito dalle contusioni, +il prete Pittui si mostrò più feroce che mai contro +di me. Da lungo tempo la sua casa era stata il +convegno de’ più tristi del paese. Fu là che i +fratelli Rassu, i fratelli Dore, il <i>commissario</i> +Serra, Giovanni Maria Piana avevano congiurato +la mia cattura. Ma non erano ancora riusciti nell’intento, +e parecchi di essi erano stati puniti per +mano mia, o per mano del destino. +</p> + +<p> +Il sacrilegio da me commesso mi aveva attirato +addosso le ire di molti compaesani; il cui +scopo, d’altra parte, non era stato che quello +d’ingraziarsi l’influente prete, intimo amico dei +principali giudici ed avvocati di Sassari +</p> + +<p> +Si conoscevano da lungo tempo, in paese, +le tresche, i raggiri, le prepotenze, e sovratutto +i <i>ricorsi</i> che il buon ministro di Dio soleva mandare +alle autorità di Sassari, contro gli sconsigliati +che cadevano in sua disgrazia. +</p> + +<p> +Dopo essere stato un mesetto in casa, il +prete tornò a dir messa all’Oratorio di Santa +<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span> +Croce; nè aveva voluto rinunziare alle sue gite +a Sassari, dove si recava ogni tanto, sempre +scortato da tre o quattro carabinieri, che richiedeva +alle autorità per la propria sicurezza. +</p> + +<p> +Trascorso qualche mese, e sbollite le ire, +non mancarono in paese le persone che deploravano +la non riuscita del mio attentato; perocchè +il prete continuava ad inasprire gli animi +colle prepotenze, creando i malcontenti. +</p> + +<p> +Certo Pietro Sanna, bosano, e certo Antonio +Maria Deiana, vennero un giorno da me, in campagna, +offrendosi a facilitarmi il mezzo d’introdurmi +in casa di prete Pittui per ucciderlo. Costoro +appartenevano ad una combricola di ladruncoli, i +quali si vantavano possessori di grimaldelli, che +aprivano qualunque porta. Li ringraziai, ma non +volli accettare la loro offerta, perchè diffidavo +di essi: temevo qualche perfidia da parte del sacerdote, +capace di ogni tranello, pur di avermi +nelle mani. +</p> + +<p> +Delle congiure che si facevano in casa del +prete — come dissi altra volta — io veniva informato +da persona intima della famiglia; e posso +aggiungere (non lo rivelai finora a nessuno!) che +la stessa serva del prete, la zia di mia moglie, +mi aveva più volte fatto avvertire, che mi guardassi +dai Rassu, dai Dore, e da altri. Non seppi +mai spiegarmi tanta tenerezza da sua parte. +Temeva forse per suo marito? aveva paura della +disperazione di un bandito? sentiva forse rimorso +<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span> +e compassione per la disgrazia toccatami? od era +forse qualche recente rancore col suo padrone +che la spingeva a sventargli le trame? Non son +riuscito a spiegarmelo. Certo è, che dovetti alle +sue avvertenze l’essere scampato a molti agguati; +e potei, mercè sua, conoscere la perfidia di certi +parenti ed amici, che mi tradivano in segreto. +Non bisogna negare che la paura di un bandito +desta in tutti una viva apprensione, e tutti fanno +a gara per offrirgli protezione ed aiuto, per riceverne +in cambio aiuto e misericordia — salvo +più tardi a tradirlo quando capita il destro. +</p> + +<p> +Una sera stavo seduto a ridosso d’un’alta +roccia, a poca distanza dal paese. Vidi ad un +tratto sullo stradone due preti che venivano verso +Florinas dalla parte di Sassari. Mi parve di riconoscere +in uno di essi Giovanni Masala Pittui, +e decisi di farla finita con una buona fucilata. +</p> + +<p> +Montai il grilletto, spianai l’arma, e aspettai +che i due transitanti mi venissero a tiro. +</p> + +<p> +Come si avvicinarono, mi avvidi di aver +preso abbaglio. Erano due preti che venivano da +Sassari con la solita provvista dell’olio santo per +la parrocchia di Florinas. +</p> + +<p> +Rimisi il fucile in spalla, e mi allontanai dal +paese, sperando di essere più fortunato un’altra +volta. L’assassino della mia pace domestica, il +perfido istigatore di mia moglie, non doveva morire +che per le mie mani. Lo avevo giurato! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span> +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +E Maria Francesca? +</p> + +<p> +Posciachè erano riuscite vane le trattative +di pace per mezzo dei missionari, venuti nel settembre +a Florinas, e più ancora dopo il mio attentato, +vi furono malumori e dissidi fra mia +moglie e i suoi genitori. Mio suocero aveva più +volte cacciato da casa la figliuola, ritenendo che +il vivere insieme dopo la mia latitanza non era +cosa prudente, nè per l’una nè per gli altri. Si +temevano gli eccessi di un genero e di un marito +datosi alla macchia. +</p> + +<p> +Era stata da tutti respinta, la disgraziata; +e il prete stesso, che tre mesi prima l’aveva persino +costretta a recarsi ai balli pubblici per farmi +dispetto, ora non la guardava in faccia. Anche +nel cuore di quel cane parlava forse la paura! +</p> + +<p> +Si era giunti intanto ai primi di marzo, mese +in cui si aspettava il parto di Maria Francesca. +I suoi parenti, con soddisfazione pietosa e maligna, +dicevano: +</p> + +<p> +— Se Giovanni Tolu non potrà venire per assistere +al battesimo della sua creatura, poco male: — non +mancherà gente in paese per accompagnare +il neonato, o la neonata in chiesa! +</p> + +<p> +Ciò riferitomi da alcuni miei fidi, mandai +un’ambasciata ai parenti di mia moglie, assicurando +loro che nessuno si sarebbe permesso di +<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span> +accompagnare la mia creatura al fonte battesimale. +</p> + +<p> +— Se a quel tempo sarò vivo — aggiunsi — nessuno +potrà vantarsi di questo accompagnamento, +che costerebbe troppo caro. Il frutto di +mia moglie non sarà portato in chiesa che dalla +sola levatrice... come si pratica per i nati illegittimi! +</p> + +<p> +Il minaccioso mio avvertimento sortì il suo +effetto. +</p> + +<p> +Il giorno 5 di marzo (1851) Maria Francesca +partorì una bambina; e si avverò in seguito il +mio pronostico. Fu portata al fonte battesimale +senza che nessuno l’accompagnasse. I parenti di +mia moglie, a cui avevo dato qualche lezione, +si erano ben guardati di contrariare il mio desiderio. +Sapevano che non scherzavo, e che avrei +potuto mantenere la parola. +</p> + +<p> +La scelta del nome di battesimo, da imporsi +alla neonata, creò impicci ai parenti e provocò +lunghe discussioni. Fu deciso infine, con molto +senno, che la piccina fosse chiamata <i>Maria Antonia</i>, +in ricordo delle due nonne: — della mia, +Maria Antonia Scanu, e di quella di mia moglie. +Maria Gàmbula. +</p> + +<p> +Avvenuto il parto, i genitori di Maria Francesca +si mostrarono più risoluti che mai a non +volere in casa la figliuola, temendo fastidi da +parte mia. Ond’è, che la disgraziata, per maggior +sua punizione, fu costretta a rintanarsi in +<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span> +una catapecchia isolata, nel centro del villaggio, +dove campava stentatamente, facendo il mestiere +di cucitrice d’abiti da uomo e da donna. Da nessuno +ebbe un soccorso, e cominciò a risentire +gli effetti della sua caparbietà e della sua disubbidienza. +</p> + +<p> +Mi era stata comunicata la nascita della +figliuola con tutte le formalità più scrupolose. Poche +settimane dopo, Maria Francesca mi mandò +un’ambasciata per mezzo di un fido amico: +</p> + +<p> +— Tua moglie — ei mi disse — è richiesta +come balia a Sassari, presso una famiglia di signori +ricchi ed influenti, i quali potrebbero impegnarsi +per la tua liberazione. +</p> + +<p> +Io gli risposi: +</p> + +<p> +— Dirai a Maria Francesca, che io non +voglio accettare la libertà da colei che mi ha +reso schiavo. Dio le ha imposto la missione di +allevare la sua creatura: — faccia dunque il suo +dovere! +</p> + +<p> +Trascorsi alcuni giorni Maria Francesca +tornò ad inviarmi lo stesso ambasciatore, prevenendomi, +che aveva deciso (col mio consenso, +o senza) di recarsi a Sassari come balia, affidando +la propria bambina alle cure d’altra balia, in +Florinas. +</p> + +<p> +Risposi minaccioso: +</p> + +<p> +— Dirai a mia moglie, che si guardi bene +dal mettere in azione il suo proposito. Il giorno +in cui ella andrà a Sassari per far la balia, io +<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span> +le ucciderò il padre e la madre, perchè rei di +non aver saputo correggerla. In seguito penserò +anche a lei! +</p> + +<p> +Dietro questa minaccia, Maria Francesca desistette +dal suo proposito, e rimase a Florinas +per allevare la sua creatura. Ella continuò a vivere +miseramente nel suo tugurio, lontana dai +genitori, che la trascurarono. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Mio suocero, come ho detto, era sempre malaticcio +e non usciva di casa. Dopo la morte di +Pietro Rassu e del carabiniere Maronero egli temeva +la mia vendetta — poichè si era venuto +a sapere, che l’agguato era stato ordito dietro +il suo falso rapporto a mio riguardo. Egli sperava +sempre che il prete e i suoi sicari fossero +riusciti ad uccidermi, o a mandarmi alla forca. +</p> + +<p> +Prete Pittui, completamente ristabilito, continuava +a stancare la pazienza di tutti colle sue +prepotenze, i suoi ricorsi, e i malumori che suscitava +dovunque. Il suo contegno bestiale, indegno +di un ministro del Signore, aveva chiamato +l’attenzione dell’alto clero, nè si tardò ad +inoltrare reclami contro la sua condotta scandalosa. +</p> + +<p> +A Cargeghe io aveva un cugino — certo +Paolo Tolu — molto amico di monsignor Varesini, +allora arcivescovo di Sassari. Questo Tolu +<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span> +era ammogliato con la nipote del canonico Scarpa +rettore di Cargeghe, e più tardi canonico turritano. +</p> + +<p> +Quando nel maggio monsignor Varesini, nel +suo giro per la Cresima, si fermò a Cargeghe, +il rettore Scarpa si affrettò ad informarlo di +quanto era avvenuto fra me e il prete Pittui. Mio +cugino Tolu, per le confidenze fattegli dall’amico +rettore, fu in grado di fornirmi i seguenti ragguagli: +</p> + +<p> +Recatosi Monsignore da Cargeghe a Florinas, +volle interessarsi della mia causa. Anzitutto rampognò +il prete Pittui di aver trasgredito gli ordini +suoi; poichè, interdetto a dir messa per il sangue +versato dietro le mie percosse, esso aveva continuato +a consacrare. In seguito chiese schiarimenti +ai tre preti di Florinas sulla condotta del +loro compagno; ma le informazioni date non furono +troppo lusinghiere. +</p> + +<p> +Allora l’Arcivescovo mandò a lui il sagrestano +maggiore per invitarlo a venire in chiesa: +ma n’ebbe in risposta, che non poteva muoversi +perchè ammalato. +</p> + +<p> +Costretto finalmente a presentarsi dinanzi a +Varesini, questi lo esortò severamente a smettere +la superbia e la prepotenza, e a dare il buon +esempio della mansuetudine cristiana, col non +intromettersi nei fatti altrui. +</p> + +<p> +Prima di lasciar Florinas, monsignor Varesini +impose a prete Pittui di presentarsi entro la +<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span> +settimana alla Curia di Sassari, avendo urgente +bisogno di conferire con lui. +</p> + +<p> +Il Pittui — colla solita scorta di carabinieri — venne +a Sassari dopo gli otto giorni. Presentatosi +verso le nove all’Episcopio, monsignor Varesini +gli fece dire dal suo segretario che lo avrebbe +ricevuto alle dieci. Ritornato all’ora indicata, +lo si pregò che tornasse alle undici. E +così di seguito, tre volte alla mattina e tre volte +alla sera, fu per otto giorni rimandato il ricevimento, +costringendo il povero prete a tante passeggiate +inutili ed umilianti. Era questa una delle +punizioni ecclesiastiche, che s’infliggevano dall’Arcivescovo +ai sacerdoti colpevoli<a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a>. +</p> + +<p> +Trascorsi gli otto giorni, il prete Pittui si +era dato a letto, dicendosi ammalato. Egli aveva +preso alloggio nella casa di una mia zia — certa +Catterina Angela Cugurra, moglie ad Antonio +Alivesi — abitante dietro la <i>Munizione vecchia</i>. +La famiglia Alivesi era molto amica del prete; +il quale, durante la malattia, ebbe da essa cure +assidue ed affettuose. +</p> + +<p> +La malattia fu piuttosto lunga. Per una diecina +di giorni il prete fu assalito da febbri violenti, +e nel delirio non faceva che contorcersi +fra le coltri, gridando ogni tanto, rivolto a mia +zia: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span> +</p> + +<p> +— Eccolo... È là!.... egli viene!... Giovanni +Tolu mi uccide! +</p> + +<p> +E col mio nome sulle labbra, in preda a fissazioni +di percosse e di ferimenti, egli morì a +Sassari, nella casa in cui di consueto veniva +ospitato<a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a>. +</p> + +<p> +Ebbi ragguagli della sua fine dalla stessa mia +zia Catterina. +</p> + +<p> +Il prete Giovanni Masala Pittui scese nel sepolcro +sette mesi dopo le percosse da me ricevute — nè +furono esse la causa della sua morte, +come alcuni osarono asserire. Forse fu Monsignore +che l’uccise! +</p> + +<p> +La sua scomparsa dal mondo mi allegerì di +un gran peso. Avevo la convinzione che le mie +<i>legature</i> fossero finalmente sciolte, e che non tarderei +a riacquistare l’intiera mia forza — quella +forza, che il rettore di Dualchi diceva in me diminuita! +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span></p> + +<h3 id="cap6-2">CAPITOLO VI. +<span class="smaller">Duello a morte.</span></h3> +</div> + +<p> +Morto il prete, i congiurati divennero più +mansueti. Non avevano più impegni da soddisfare, +nè odî da sposare per conto di terzi. Diversi avevano +già ricevuto una buona lezione, come lo +Zara ed il Piana, e non volevano cimentarsi meco, +poichè avevano bisogno di vivere dal lavoro. +</p> + +<p> +Lo Zara, per mezzo di amici intermediari, +era venuto a spiegazioni, e gli promisi di non +più molestarlo; e così parimenti avvenne di Giovanni +Antonio Piana, il marito della serva. Costui, +dopo la rottura del braccio, viveva in continua +agitazione, e finì per raccomandarsi ad +amici comuni perchè io non l’offendessi. +</p> + +<p> +Un giorno lo fecero abboccare con me. Io +gli dissi: +</p> + +<p> +— Io non ho più ragione di dolermi di te. +Fa il fatto tuo, e non verrai molestato. Ben so +che sei lo zio di mia moglie; ma puoi vivere in +pace, senza immischiarti nelle nostre questioni +coniugali. Siamo intesi! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span> +</p> + +<p> +Il Piana fu assai lieto della nostra conciliazione; +tanto più che il prete era nell’altro mondo, +ed egli nulla aveva da guadagnare tenendomi +il broncio. +</p> + +<p> +Da quel giorno visse tranquillo, e sembrò +un altro uomo; tuttavia non riebbe mai la mia +intiera fiducia, poichè le riconciliazioni non mi +andarono mai a sangue. Perdono sì — ma confidenza +col vecchio nemico, mai! +</p> + +<p> +Fatta la pace, un bel giorno Giovanni Antonio +mi pregò di accettare un regalo. Egli mi +donò una vecchia pistola ed un lunghissimo pugnale, +che già appartenevano al prete Pittui. Accettai +l’una e l’altro. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Il solo congiurato inconciliabile, dopo la morte +del prete, era stato Francesco Rassu. Fra me e +lui era un odio profondo, che ci celavamo a vicenda, +in attesa di un’occasione per manifestarcelo +apertamente. +</p> + +<p> +Francesco mi vinceva di otto anni; era un +uomo robusto, coraggioso, temerario, e fra i più +forti del paese. Me ne guardavo, perchè sapevo +che mi avrebbe ucciso, se gli fossi venuto a tiro. +La lontana parentela, da cui eravamo vincolati, +ci consigliava un po’ di ritegno; ma era un’ipocrisia +reciproca. +</p> + +<p> +La prima volta che mi trovai solo con lui +<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span> +fu nelle aie di <i>Corona maggiore</i>, territorio di +Florinas. Era di settembre, ed egli dormiva saporitamente +sotto ad una pianta. Lo fissai per +alcuni minuti, indeciso se io dovessi cogliere l’occasione +per ucciderlo. Due pensieri me ne distolsero: +la raccomandazione di mio zio, e la storia +dei <i>Reali di Francia</i><a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a>. +</p> + +<p> +— Ucciderlo nel sonno — pensai — sarebbe +una vigliaccheria. Ho impresse le parole che il +Duca Salardo rivolse a Fioravanti dormente: +«— Se lo uccido, diranno che l’ho riconosciuto +più forte di me! —» +</p> + +<p> +Mi chinai, e lo scossi. +</p> + +<p> +— Dormi così, eh? +</p> + +<p> +Francesco Rassu balzò sulle ginocchia e mi +squadrò quasi atterrito. +</p> + +<p> +— Sì... dormivo. +</p> + +<p> +Gli porsi alcuni aranci, e mangiammo. +</p> + +<p> +— Come vai? — mi disse con un certo interesse. +</p> + +<p> +— Così: piano piano! +</p> + +<p> +Stette un momento soprapensiero, indi soggiunse: +</p> + +<p> +— Ho i saluti da darti per parte di Francesco +Serra di Tiesi. +</p> + +<p> +— Vieni di là? +</p> + +<p> +— Sì. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span> +</p> + +<p> +Il Serra ere il famoso <i>commissario</i> dei Carabinieri. +</p> + +<p> +— Se fosse stato a Florinas — risposi con +sarcasmo — non te li avrebbe dati i saluti per +me! Qui però non potrebbe trovarmi... a meno +che tu non mi facessi la spia! +</p> + +<p> +Francesco mi guardò bieco: +</p> + +<p> +— Io farti la spia... per lui? +</p> + +<p> +— Guardati bene, veh? che tu non pianga +i peccati di Francesco Serra! +</p> + +<p> +Ci guardammo alcuni istanti in cagnesco, e +lo piantai là, senz’altro dire. +</p> + +<p> +Passarono alcuni mesi da quel giorno; ma +quantunque odiassi a morte quell’uomo, volli rispettare +la raccomandazione di mio zio, e aver +riguardo al vecchio Rassu, col quale ero in buoni +rapporti. +</p> + +<p> +Stanco infine delle continue minaccie di +Francesco, che mi venivano riferite, ero deciso +di farla finita: o ammazzarlo, o farmi ammazzare. +</p> + +<p> +Un giorno, che mi trovavo nell’ovile di mio +zio, esclamai con amarezza: +</p> + +<p> +— Io vivo da qualche tempo in angustie +per il contegno di quel perfido; non mi trattiene +che il tuo consiglio. Temo, però, che qualche +giorno io debba pagar cara la mia ubbidienza! +</p> + +<p> +Lo zio quel giorno si strinse nelle spalle, e +mi rispose, senza guardarmi: +</p> + +<p> +— Fa come vuoi! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span> +</p> + +<p> +Non disse altro; e poco dopo mi allontanai +dal suo ovile. +</p> + +<p> +Mi diedi a girovagare per la campagna, pregando +la mia buona stella che mettesse Francesco +a tiro del mio fucile. Ben sapevo che da +qualche tempo andava vantandosi, che non avrei +potuto sfuggire all’odio suo. +</p> + +<p> +Il giorno seguente — vera fatalità — mentre +stavo sdraiato a ridosso d’una roccia, vidi passare +nella strada sottostante Francesco Rassu, a +cavallo. +</p> + +<p> +Balzai in piedi di scatto, spianai il fucile, e +feci fuoco, quasi senza prenderlo di mira. +</p> + +<p> +— Misericordia, son morto! — gridò Francesco, +e precipitò di sella. +</p> + +<p> +Una paesana, che veniva dietro a lui, m’impedì +di constatare la sua morte. Temendo d’essere +riconosciuto, mi cacciai prestamente nelle +macchie, e presi il largo senz’essere avvertito. +</p> + +<p> +Errai di qua e di là tutta la notte, contento +del colpo fatto. Verso l’alba capitai in un ovile, +ed ivi appresi che Francesco era stato trasportato +a Florinas, ferito alla milza, e non mortalmente. +</p> + +<p> +Mi morsi le dita per dispetto; e tanta fu la +mia stizza per il colpo mancato, che decisi di +recarmi la stessa sera a Florinas, per uccidere +il mio nemico dentro casa. +</p> + +<p> +E così feci. Approfittando delle tenebre, giunsi +fin sulla soglia dell’abitazione di Francesco Rassu, +risoluto di fucilarlo sul suo letto; ma, per mia +<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span> +sfortuna, il medico, il pretore, e il cancelliere avevano +fatto trasportare il ferito nella camera +che dava al cortile, nè mi fu possibile tradurre +in atto il mio proposito. Rimandai il colpo a +un’altra volta, facendo voti che il mio nemico +guarisse presto! +</p> + +<p> +Un mese dopo, completamente guarito, Francesco +si era alzato da letto per accudire alle sue +faccende. +</p> + +<p> +Quantunque non mi avesse veduto, egli era +certo che il colpo non poteva essergli venuto che +da me. Seppe però abilmente dissimulare, nè con +alcuno mosse lagnanza dell’accaduto. Era scaltro +e sapeva il fatto suo! +</p> + +<p> +Un giorno chiamò a sè i miei fratelli Peppe +e Giomaria, e disse loro che aveva bisogno di +parlarmi. +</p> + +<p> +Quando mi comunicarono il desiderio di +Francesco, risposi a’ miei fratelli: +</p> + +<p> +— Datemi prima da mangiare, e poi conducetemelo. +Mi troverete alla <i>Serra</i>, vicino al +villaggio. +</p> + +<p> +In compagnia de’ miei fratelli e di un suo +cognato, Francesco Rassu venne sul tardi all’appuntamento. +</p> + +<p> +— Buona notte! — disse con tono secco. +</p> + +<p> +— Buona notte! — risposi — Come vai? +</p> + +<p> +— Coi piedi! — esclamò bruscamente. +</p> + +<p> +— Non ti chiedo notizie dei piedi, ma della +tua ferita! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span> +</p> + +<p> +Francesco capì che bisognava cambiar tono. +</p> + +<p> +— Non vedi — disse — che mi hanno bucato +le costole? Sono qui venuto per parlarti a +quattr’occhi! +</p> + +<p> +— Perchè a quattr’occhi? Qui non vedo che +tuo cognato e i miei fratelli. Siamo dunque in +famiglia, e puoi parlare in faccia a tutti. Nessuno +dei presenti ti vuol male, poichè ci unisce un +vincolo di parentela. +</p> + +<p> +Francesco, com’era venuto, si era messo al +mio fianco; ed avevo notato che teneva le mani +sotto al cappotto, carezzando forse la sua pistola. +Io stava ad occhi aperti, colla destra sul pugnale, +risoluto a freddarlo al minimo movimento. Per +fortuna non si mosse, perchè i miei fratelli gli +piantavano gli occhi addosso. +</p> + +<p> +— Che vuoi dunque? — gli chiesi, vedendo +che esitava a parlare. +</p> + +<p> +— Mi hanno bucato le costole! — ripetè +con amaro sorriso — ed io vengo per chiederti +aiuto nella vendetta. Sarai compensato con danaro, +o con pari aiuto se ne avrai bisogno. +</p> + +<p> +Sogghignai amaramente, e gli risposi con +calma glaciale: +</p> + +<p> +— Te ne sei accorto troppo tardi! Tu ben lo +sai, che non son buono a nulla! — Quando hai +tentato di uccidere Pietro Pintus, ti sei rivolto +ad altri, e non a me; e ciò sa tutto il mondo! +</p> + +<p> +Quando hai ucciso Giomaria Ledda, fosti pagato +dal signor Antonio Luigi; ma non avesti +<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span> +bisogno del mio braccio. — Quando hai freddato +l’uccisore di tuo fratello Paolo (ch’era in tresca +con una sua sorella) non chiedesti il mio aiuto, +nè compenso in danaro; e con ragione, perchè +la tua vendetta era santa. — Quando vilmente +hai assassinato l’eremitano di Santa Maria d’Ese +per rubargli i porcellini, non è a Giovanni Tolu +che hai chiesto mano forte. — Quando a Tissi +hai commesso la grassazione in casa del signor +Sercis e della sua signora, non hai avuto bisogno +dell’opera mia. — Quando, infine, dentro Florinas, +hai derubato la casa di Salvatore Piras, +non è a me che ti sei rivolto per tenerti il sacco. +Te lo ripeto: io non son buono a nulla; e con +ragione non mi hai cercato! +</p> + +<p> +— Hai finito? +</p> + +<p> +— Non ancora. Devo dirti una sola cosa, +che terrai a mente: — se tu verrai ucciso facendo +il fatto tuo, puoi star sicuro che ne proverò +dispiacere; ma se mai ti uccideranno facendo +il fatto altrui, ti prevengo che godrò della +tua morte. Bada, dunque, a’ tuoi affari, Francesco, +se vuoi vivere tranquillo! Ricordati, che a Florinas +non sono pochi quelli ch’ebbero la disgrazia +di essere, come te, feriti; eppure, ravveduti dei +loro errori, non hanno più ricevuto alcuna molestia +dai nemici. Così pure potrà avvenire di +te... se metterai giudizio. +</p> + +<p> +Francesco, a capo chino, ascoltò fino in fondo +la mia tirata, senza un atto di dispetto nè d’impazienza. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span> +</p> + +<p> +— Ho capito, e sta bene! — borbottò; e +senz’altro fece cenno a suo cognato d’incamminarsi, +e si mosse lentamente verso Florinas — seguito +dai due miei fratelli; i quali avevano il +dovere di scortarlo fino alla sua abitazione, come +si usa in simili convegni. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Una settimana dopo venni avvertito, che +Francesco si era scatenato contro di me senza +alcun ritegno — non curandosi di celare la sua +ferma intenzione di uccidermi, dovunque mi avesse +trovato. Egli si recava sfacciatamente a +far visita di casa in casa in Florinas, e d’ovile +in ovile in campagna, col proposito di farmi +la spia. +</p> + +<p> +I barracelli — quasi tutti in mio favore — mi +tenevano informato d’ogni sua mossa, e mi +avvertivano di stare in guardia e di non fidarmi. +</p> + +<p> +Infastidito di questi continui rapporti, capitai +una sera nell’ovile dello zio Rassu, col quale mi +tenevo in buoni accordi. Lo trovai sulle furie +contro il suo nipote Francesco, col quale la mattina +si era bisticciato, a causa del passaggio di +un branco di pecore sul fiume vicino. +</p> + +<p> +Approfittando del suo stato d’animo, gli dissi +con risentimento: +</p> + +<p> +— Zio Giovanni Andrea; devo dirvi che più +non riesco ad aver pace per colpa di Francesco. +<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span> +Non siete dunque più buono a correggere vostro +nipote? +</p> + +<p> +— La sola palla riuscirà a correggerlo — lasciò +scapparsi il vecchio, ancora sdegnato per +il diverbio avuto col nipote. +</p> + +<p> +— Dunque...? +</p> + +<p> +— Dunque, se hai conti da liquidare con +Francesco, sei matto se non ti aggiusti! +</p> + +<p> +Il vecchio non disse altro, nè d’altro gli +parlai, per paura di fargli cambiar idea. Mi allontanai +dicendogli: +</p> + +<p> +— Buona sera... e a rivederci! +</p> + +<p> +— Buona sera! +</p> + +<p> +Per tre giorni consecutivi diedi a Francesco +una caccia senza tregua. Arrivai persino ad impostarlo, +dopo l’imbrunire, a pochi passi dalla +sua abitazione, dentro Florinas; ma non mi venne +fatto d’imbattermi in lui. La gente era per le +vie, lungo le viottole, ed io non volevo troppo +espormi. +</p> + +<p> +Non è facile nei nostri villaggi tendere l’agguato +ad un uomo; poichè colui che crede di +aver nemici non batte mai la stessa strada, sì +nell’uscire, come nell’entrare in paese. +</p> + +<p> +Dopo la terza notte ch’io tentavo Francesco, +mi venne l’idea di fargli la posta in un punto +non troppo lontano dal paese, per dove speravo +potesse ei passare per recarsi in campagna. Il +mio nemico cambiava cento volte di strada, ed +io doveva affidarmi al solo caso. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span> +</p> + +<p> +L’inferno questa volta volle favorirmi. +</p> + +<p> +Ero stato colà tutta la notte, intirizzito dal +freddo. Mancavano ancora due ore all’alba, ed +eravamo ai primi di gennaio. +</p> + +<p> +Mi ero dato a percorrere per lungo e per +largo la regione di <i>Badu ludrosu</i>, quando vidi +un individuo a cavallo che percorreva una viottola, +seguito da un braco. +</p> + +<p> +Non ne feci caso, perchè avevo notato che +quell’uomo aveva le brache di lino, e non i calzoni +neri che soleva portar Francesco. Tuttavia +volli tenergli dietro per curiosità, perchè mi parve +di riconoscere il suo cane. +</p> + +<p> +Rifeci un lungo giro per le tanche, fino a +trovare una posta comoda e sicura. +</p> + +<p> +Era proprio lui: Francesco Rassu, armato, +e a cavallo. Io era a piedi. +</p> + +<p> +Mi fermai al punto di <i>Pedru majolu</i>; montai +il grilletto del fucile, e, quando Francesco mi +venne a tiro, gli sparai. +</p> + +<p> +Il colpo non partì; ed egli continuò la sua +strada senz’alcun sospetto. +</p> + +<p> +Gli tenni sempre dietro saltando siepi e scavalcando +muri, e tornai a montare il grilletto, +dopo aver rinnovato il fulminante. +</p> + +<p> +Mancatomi il colpo anche questa volta, mi +venne in mente una rivelazione fattami parecchie +settimane addietro. Francesco Rassu, dopo esser +stato da me ferito, era andato a consultarsi da +un suo zio frate; il quale lo aveva esorcizzato, +<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span> +assicurandogli che di piombo non sarebbe più +morto. +</p> + +<p> +Per alcuni sassi da me smossi saltando un +muro, Francesco si accorse finalmente d’essere +pedinato; e allo sbocco d’una stretta gola smontò +da cavallo, con animo deliberato di affrontare +l’avversario. Era un uomo coraggioso ed audace, +e faceva assegnamento sulla propria forza. +</p> + +<p> +Senza più esitare gli andai arditamente incontro; +spianai il fucile, e feci scattare il grilletto. +</p> + +<p> +Neanco questa volta l’arma prese fuoco. +</p> + +<p> +Il Rassu, colto all’improvviso, fece un brusco +movimento, come per scansare il colpo; ma io, +vedendomi ormai perduto, colla sveltezza di un +gatto selvatico, gettai a terra il fucile, spiccai +un salto, e mi riuscì di afferrare la canna della +sua pistola, nel momento che egli me la scaricava +quasi a bruciapelo. Era un pistolone antico, +a piastra; la pietra focaia aveva acceso la polvere +nella cassetta, ma il colpo non era partito. +</p> + +<p> +Io stringeva colla destra il suo pugno, e colla +sinistra giunsi ad afferrarlo per i lunghi capelli, +che gli scendevano sulle spalle. Francesco, alla +sua volta, mi teneva per la barba, e cercava di +colpirmi alla testa colla canna della pistola. +</p> + +<p> +Restammo alcuni minuti in piedi, lottando +corpo a corpo con tutte le forze, per disvincolarci. +Era questione di vita o di morte: uno di +noi quel mattino doveva scomparire dal mondo. +</p> + +<p> +I nostri due cani abbaiavano, ma non osavano +<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span> +avventarsi, poichè nessuno di noi si curò +di aizzarli. +</p> + +<p> +Finalmente il mio avversario vacillò, perdette +l’equilibrio, e stramazzò supino, dando fortemente +della testa sopra una grossa pietra, ch’era +in mezzo alla strada. Il sangue gli colava dalla +nuca. +</p> + +<p> +Continuammo +la lotta disperata. +Nel silenzio +di quel mattino +tenebroso non si +udivano che i latrati +dei due cani, +e il rantolo affannoso +che usciva +dalle nostre +strozze. +</p> + +<figure class="figright"><a id="fill-215"></a> + <img src="images/ill-215.jpg" alt="Uccisione di Francesco Rassu"> +</figure> + +<p> +Francesco +riuscì a rizzarsi +sulle ginocchia e continuava a percuotermi colla +canna del pistolone. Ricadde. +</p> + +<p> +Finalmente mi venne fatto di portare la +mano all’elsa del mio pugnale; lo tolsi dal fodero, +e glie lo immersi nel petto. +</p> + +<p> +Egli allora gridò con quanto fiato aveva in +gola: +</p> + +<p> +— Perchè mi uccidi, Giovanni Tolu?! +</p> + +<p> +— Oggi le paghi tutte! — gridai inferocito +e ansante; e continuai a ferirlo a più riprese, +<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span> +passandolo parte a parte, fino a che dal suo +labbro non uscì neppur l’alito<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a>. +</p> + +<p> +Chi lo avrebbe mai detto? La lama di prete +Pittui, lunga due palmi, mi era servita a liberarmi +dal più odiato de’ suoi sicari! +</p> + +<p> +Ricacciato il pugnale nel fodero, continuai +soddisfatto la mia strada, seguito dal mio fido +<i>Pensa pro te</i>. +</p> + +<p> +L’altro cane era rimasto vicino al cadavere +del suo padrone, poco distante dal cavallo, il +quale rosicchiava tranquillamente qualche ramo +verde che usciva da un cespuglio. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span></p> + +<h3 id="cap7-2">CAPITOLO VII. +<span class="smaller">Gli ultimi Rassu.</span></h3> +</div> + +<p> +Quando più tardi giunsi a conoscere la perizia +giudiziaria sull’assassinio di Francesco Rassu, +un sorriso di compassione mi venne sulle labbra. +Il medico ed i periti avevano dichiarato, che la +vittima era stata assalita da quattro uomini, e +che la prima ferita alla nuca era stata prodotta +da un colpo di bastone. Fu parimenti dichiarato, +che Francesco era stato grassato, dopo aver ricevuto +oltre trenta ferite. Fidatevi ora delle perizie +ordinate dall’autorità giudiziaria! +</p> + +<p> +Appresi in seguito, che il primo che s’imbattè +nel cadavere di Francesco fu un suo +zio, fratello della suocera, il quale si era impossessato +del pistolone, che tempo addietro aveva +regalato al nipote. Da ciò l’asserzione dei +periti. +</p> + +<p> +Il sole era appena spuntato, quando capitai +in un podere, in cui lavoravano alcuni miei amici. +Fra essi era Giovanni Antonio Piana, col +quale mi ero riconciliato. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span> +</p> + +<p> +Come mi vide, costui mi venne incontro per +dirmi ch’era mancato un bue, e che si sospettava +lo avesse rubato Francesco Rassu. Mi raccomandava +di fare indagini per rintracciarlo. +</p> + +<p> +— Posso assicurarti — risposi — che il +ladro non è Francesco. L’ho lasciato or ora a +<i>Pedru majolu</i>, e in condizioni tali, che non potrà +più rubar buoi... nè farmi la spia! +</p> + +<p> +E così dicendo lanciai uno sguardo significante +al marito della serva del prete, per fargli +capire che avrebbe fatto la stessa fine, se non +si fosse in tempo ravveduto. +</p> + +<p> +La stessa mattina andai a trovare mio fratello +Giomaria e un mio cognato, che zappavano +in un podere vicino. Confidai loro che avevo ucciso +Francesco Rassu. +</p> + +<p> +Verso sera, passando dinanzi all’ovile di Giovanni +Andrea (lo zio di Francesco) volli entrarvi +per salutare il vecchio. +</p> + +<p> +Appena egli mi vide, mi si piantò di botto +dinanzi; e dopo avermi a lungo fissato cogli occhi +spalancati, mandò dalla gola rantoli e sbuffi. +Uscì infine in queste parole: +</p> + +<p> +— Non è la morte di Francesco che mi dispiace; +ma lo scempio fatto al suo cadavere! +Crivellarlo con trenta pugnalate? è azione indegna, +vigliacca! +</p> + +<p> +Il sangue mi montò alla testa; e facendo un +passo verso il vecchio gli mostrai il pugno, gridandogli +minaccioso: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span> +</p> + +<p> +— Segno che tante glie ne abbisognavano! +</p> + +<p> +E aspettai una seconda frase insultante, per +freddare a’ miei piedi un altro Rassu. +</p> + +<p> +Per fortuna egli non fiatò, nè si mosse; ed +io mi allontanai voltandogli le spalle, senza neppur +salutarlo. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Per distrarmi alquanto mi recai alla Nurra, +dove rimasi alcune settimane. +</p> + +<p> +Mi trovai colà più volte con Salvatore, il +figlio di Giuseppe Rassu, che da qualche tempo +era al servizio di mio cognato Ignazio Piana. +Quantunque il giovane cercasse di avvicinarsi a +me, io lo tenevo a debita distanza, perchè nipote +de’ miei nemici. +</p> + +<p> +Intanto nell’estate (tempo in cui si sogliono +condurre le pecore al Fiume Santo per abbeverarle) +Salvatore ebbe un diverbio con un suo +compagno; e dopo avergli spezzato il cranio con +un grosso sasso, si era dato alla macchia. Portatosi +allora segretamente a Florinas, per chiedere +alla zia ed al prete parte del danaro lasciato +loro in custodia, gli fu risposto: +</p> + +<p> +— I tuoi danari ci serviranno per toglierti +alle mani della giustizia; e così potrai goderteli! +</p> + +<p> +Essendo figlioccio del prete, col quale la zia +conviveva, Salvatore si rassegnò ad aspettare; ma +intanto, passando per Cargeghe, volle ivi consultarsi +<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span> +col bandito Antonio Maria Derudas (che +in quel tempo mi era compagno, come dirò in +seguito). +</p> + +<p> +Poco dopo venni chiamato da zio Giovanni +Antonio Rassu; il quale mi confidò, che il pretore +di Ploaghe desiderava abboccarsi col giovane +Salvatore, per giovargli nella causa. Egli +chiedeva il mio parere. +</p> + +<p> +— Se tuo nipote andrà dal pretore, te lo +manderà in galera! — risposi. +</p> + +<p> +Il vecchio allora mi disse con accento di +preghiera: +</p> + +<p> +— Perchè non lo prendi in tua compagnia +per guidarlo? +</p> + +<p> +— Perchè non lo voglio! — risposi recisamente — Egli +si mostrò disubbidiente col babbo, +colla mamma, collo zio, e lo sarà parimenti con +me. Non assumo una simile responsabilità. Se Salvatore +venisse ucciso, si darebbe a me la colpa! +</p> + +<p> +Così risposi, perchè non potevo fidarmi del +vecchio nè del giovane Rassu, dopo quanto mi +era accaduto a <i>Pedru majolu</i>. Sarebbero stati +capaci di un tranello per vendicare il loro congiunto +da me ucciso. +</p> + +<p> +Quantunque nessuno mi avesse veduto, la +voce pubblica mi accusava della morte di Francesco; +ed i parenti ne erano certi, perchè io non +avevo cercato di smentire la diceria. Nessuno di +quelli a cui avevo confidato l’omicidio poteva +parlare; poichè in quei tempi l’esser chiamato a +<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span> +testimonio era doppiamente pericoloso: verso la +giustizia, e verso i protettori dell’ucciso. +</p> + +<p> +Il giovane Salvatore, a cui era nota l’intenzione +di volerlo a me affidare, aveva esclamato +imprudentemente: +</p> + +<p> +— Perdio! avrei vergogna di accompagnarmi +coll’uccisore di mio zio Francesco, ch’io devo +vendicare. Toglierò dal mondo Giovanni Tolu! +</p> + +<p> +— Bambino imbecille! — esclamai, quando +mi vennero riferite le sue parole. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Annoiato della mia solitudine, durata per +oltre un anno, mi ero unito in quel tempo ai +banditi Antonio Maria Derudas e Gio. Maria Puzzone, +di Cargeghe; i quali battevano la campagna +dopo l’assassinio del capitano de’ barracelli, da +loro freddato nel piazzale della chiesa del paese, +mentre rincasava. +</p> + +<p> +Un giorno il vecchio Giovanni Andrea Rassu +ebbe l’imprudenza d’invitare il Derudas ad unirsi +a Salvatore per sbarazzarsi di me. +</p> + +<p> +— Mio nipote è troppo giovane — gli aveva +detto — e da solo non potrebbe fare il colpo. +</p> + +<p> +Il Derudas tenne il segreto per alcuni giorni; +ma siccome in precedenza mi aveva informato +dell’abboccamento chiestogli dal vecchio Rassu, +finì per tutto confessarmi. +</p> + +<p> +Da quel giorno Salvatore fece il gradasso, +<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span> +fidando forse nell’aiuto del Derudas. Sulle prime +presi le cose in scherzo; ma in seguito, persistendo +egli a darmi noia, decisi di dargli una +lezione. +</p> + +<p> +Non tardò anche lui a seguire lo zio. Egli +venne ucciso da una fucilata vicino alla <i>lacana</i> +d’Ossi, in territorio di Florinas. Il cadavere fu +trasportato sulle fascine al villaggio<a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a>. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Ed ecco quattro dei Rassu — Pietro, Paolo, +Francesco e Salvatore — tolti dal mondo per +mano mia, o per mano d’altri! +</p> + +<p> +Ne restavano ancora due; ma di essi volle +occuparsi l’Eterno, poichè io feci loro grazia. +</p> + +<p> +Giuseppe Rassu, l’ultimo dei quattro fratelli, +(come ho già detto) era ammogliato con una mia +zia, la quale mi voleva un bene dell’anima. +</p> + +<p> +Un giorno andai a trovarla, e le dissi: +</p> + +<p> +— Cara zia, bada! temo molto che non tarderai +a diventar vedova! +</p> + +<p> +— Che intendi dire? Mio marito è sano e +robusto. +</p> + +<p> +— Ma io l’ucciderò, se non farà da bravo. +Egli ha sinistre intenzioni a mio riguardo. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span> +</p> + +<p> +— Non temere, Giovanni. Tu sai ch’io ti +voglio bene. Se io mi accorgessi che Giuseppe +avesse intenzione di farti male, sarei la prima a +renderti avvisato. Egli mi è marito, e tu mi sei +nipote: vi ho cari entrambi. Non potrei permettere +che tu l’offenda, perchè c’è di mezzo il giuramento +del matrimonio; — ma parimenti vedrei +di mal occhio che egli torcesse un capello a mio +nipote. Va tranquillo, figliuolo mio; finchè io vivo +non riceverai il minimo danno da lui! +</p> + +<p> +E mantenne la parola. Donna energica e risoluta, +ella seppe imporsi al marito, che mi lasciò +in pace, come in pace lasciai lui. +</p> + +<p> +Risparmiai parimenti il vecchio zio Giovanni +Andrea Rassu, che si rassegnò alla perdita dei +suoi quattro nipoti, puniti dalla giustizia di un +Dio, che odia i traditori e le spie. +</p> + +<p> +L’uno e l’altro morirono tranquilli sul proprio +letto — quantunque non meritassero una +simile fortuna! +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span></p> + +<h3 id="cap8-2">CAPITOLO VIII. +<span class="smaller">Agostino Alvau.</span></h3> +</div> + +<p> +Recatomi un giorno alla Nurra, capitai nell’ovile +di <i>Campanedda</i>, dov’era stato ucciso Agostino +Alvau: il giovane algherese, che finì la sua +carriera di bandito, quasi nello stesso tempo in +cui io la cominciava. Ebbi dai pastori minuti +ragguagli sulla morte di costui; ed io ne tesserò +brevemente la storia, quantunque essa non abbia +relazione con la mia vita. +</p> + +<p> +Agostino Alvau era un giovane studente di +Alghero. D’animo focoso, audace, e coraggioso +fino alla temerità, un giorno era andato a caccia +senza porto d’armi. Sorpreso dai carabinieri, e +invitato a cedere l’arma, egli rispose colla ribellione. +Riuscito a fuggire, si diede alla macchia, +e iniziò la sua carriera di bandito, senza aver +sparso una goccia di sangue umano. +</p> + +<p> +Quantunque giovanissimo, senza un pelo in +faccia, e di fattezze femminili, divenne in breve +famoso per le sue gesta, tanto audaci quanto +feroci. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span> +</p> + +<p> +Mi era simpatico perchè lo avevo conosciuto +di persona. Qualche tempo prima ch’io prendessi +moglie, mi trovavo a capo d’una compagnia +di mietitori, nelle aie di Florinas. Avevo sotto +al mio comando molti lavoratori. Tra i quali Rafaele +Alvau — fratello di Agostino — uno degli +incaricati della trebbiatura. Una quantità di cavalli +e di cavalle, condotti dai paesi vicini, trottavano +sulle aie per pestare i covoni, com’è costume +nei nostri villaggi. +</p> + +<p> +Agostino Alvau (già famoso nell’isola) era +venuto in quel tempo a Florinas, per visitarvi il +fratello Rafaele. Travestito da zappatore sassarese, +ma armato di fucile e di coltello, si presentò +a noi come acquisitore di grano, in compagnia +del massaio Antonio Sanna e di certo +Vincenzo Paschino, padrone delle cavalle del +signor marchese (?). +</p> + +<p> +Siccome Rafaele era al mio servizio per +la trebbiatura, i tre visitatori vennero ad alloggiare +in mia casa. Fu allora, che, in tutta confidenza, +Agostino mi si diede a conoscere. L’ospitai +per un giorno, e sul tardi tornò alla campagna. +</p> + +<p> +Per pochi anni Agostino Alvau fece il bandito, +ma bastarono per renderlo celebre. Mentre +un giorno attraversava un ponte sulla strada +che da Alghero conduce alla Murra, fu circondato +da molti carabinieri, che gli avevano teso +un agguato; ma egli colla pistola alla mano, +<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span> +seppe affrontare gli armati, e sfuggì loro audacemente +tra il fischio delle palle. +</p> + +<p> +Poco dopo egli cercò di disfarsi di certo Antonio +Maria Tanchis, che la voce pubblica designava +qual <i>commissario</i> dei carabinieri. I commissari +saranno sempre i benemeriti della società, +ma per i banditi non sono altro che spie! +</p> + +<p> +Fra gli amici più fedeli di Agostino Alvau +erano i fratelli Paolo e Antonio Sechi della Nurra — il +primo dei quali fra i migliori tiratori ch’io mi +conobbi. Lo ricevevano con molta cordialità — come +d’altronde si ricevono tutti i banditi... per +amore o per forza! +</p> + +<p> +Abitava a Sassari in quel tempo un tal Antioco +Agus, di Bonorva, in fama di uomo faceto +e di poeta estemporaneo. Poeta e faceto era del +pari il <i>commissario</i> Tanchis, che pretendeva superarlo +nell’improvvisare i versi +</p> + +<p> +Intimo dei pastori nurresi, ed uomo doppio, +l’Agus cercava di strappare qualche segreto al +<i>commissario</i>, sapendo che costui congiurava contro +la libertà degli amici. Un giorno lo invitò ad +entrare in una bettola, col pretesto di una sfida +poetica; ma il Tanchis lasciò sfuggirsi: +</p> + +<p> +— Oggi non posso, perchè devo recarmi ad +Osilo coi carabinieri, per un bandito che dobbiamo +tradurre a Sassari. Accetterò con piacere +la gara al mio ritorno! +</p> + +<p> +Fu sollecito l’Agus d’informare del caso i +due pastori Secchi e l’Alvau; i quali vennero a +<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span> +Sassari, e in compagnia del poeta si recarono sul +tardi al <i>Molino a vento</i>, per preparare un agguato +al commissario Tanchis, che di là doveva passare +coi carabinieri, diretti ad Osilo. +</p> + +<p> +Giunti a cavallo sul luogo designato, i quattro +uomini si appiattarono di fronte al predio +del prete Ciboddo. +</p> + +<p> +Finalmente, ad ora tarda, passarono di là +dodici carabinieri, che circondavano il commissario +Tanchis, loro guida. +</p> + +<p> +Fu primo Alvau a far fuoco sulla spia; ma +il colpo gli andò fallito. Sparò in seguito Paolo +Secchi, e la sua palla attraversò il corpo del +Tanchis, che cadde fulminato da cavallo. +</p> + +<p> +Sgomentati per gli spari nell’oscurità, i carabinieri +tornarono indietro a spron battuto. I +due Secchi e l’Alvau ripresero la via della Nurra; +ma l’Agus, a cui era scappato il cavallo, si vide +costretto a rientrare a piedi in Sassari per la +porta di Sant’Antonio. Volendo allontanare il +sospetto, il poeta ebbe l’accortezza di presentarsi +l’indomani al capitano dei barracelli, per denunziare +la bestia che gli era mancata. +</p> + +<p> +Altra impresa ardita, a cui l’Alvau dovette +la popolarità, fu l’uccisione di Antonio, detto <i>Ammmazzacavalli</i> — uno +dei più famosi cavallerizzi +e domatori del tempo. <i>Commissario</i> anch’esso +dei carabinieri, si era vantato bastargli l’animo +di arrestare il forte algherese, inseguendolo a +cavallo. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span> +</p> + +<p> +Informato il giovane bandito della minaccia +di quel millantatore, giurò di ucciderlo. Temerario +com’era, osò una sera vestirsi da prete e +presentarsi alla casa di <i>Ammazzacavalli</i>, posta +nel rione di San Donato. Ma il colpo gli andò +a vuoto. +</p> + +<p> +Immaginò allora un nuovo strattagemma, +togliendo a pretesto il carnevale. +</p> + +<p> +Era usanza a Sassari di andar mascherati a +cavallo, per trar sollazzo dal getto dei confetti. +</p> + +<p> +Abbisognando di un compagno per eseguire +il suo disegno, l’Alvau si era rivolto ad Antonio +Sechi. +</p> + +<p> +In un giorno festivo, in cui la piazza Castello +rigurgitava di maschere e di curiosi, i due +amici salirono per il Corso, inforcando due superbi +cavalli. Avevano una gonnella al collo, la +maschera al viso, e le pistole nascoste sotto le +vesti. Inoltravano al passo, distante l’uno dall’altro, +come se ciascuno si divertisse per proprio +conto. +</p> + +<p> +Antonio Sechi, che si spingeva avanti, aveva +ricevuto la consegna di gettare i confetti sulla +folla, non appena avesse adocchiato l’<i>Ammazzacavalli</i>. +Al resto doveva pensare l’Alvau. +</p> + +<p> +Erano giunti così fino al centro di piazza +Castello, dove la folla era immensa. Da per tutto +si ballava, si gridava, si faceva getto di coriandoli, +per far disperare le signorine che ridevano +come matte. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span> +</p> + +<p> +Finalmente l’Alvau, che aspettava con ansia +il segnale convenuto, vide il compagno lanciar +con furia manate di confetti alla folla. Spinse avanti +il cavallo, e scorse a breve distanza lo +<i>Ammazzacavalli</i>, che se la rideva in mezzo ad +un crocchio d’allegri amici. +</p> + +<p> +Gli fe’ cenno colla mano di avvicinarsi, e +quegli incautamente gli obbedì: +</p> + +<p> +— Che vuoi, maschera? +</p> + +<p> +— Fammi un piacere. Accorciami di un +punto la cinghia che regge la staffa. Sto male +in sella. +</p> + +<p> +L’<i>Ammazzacavalli</i>, senza nulla sospettare, si +fe’ presso al cavaliero, e si chinò ad aggiustargli +la staffa. +</p> + +<p> +Colla rapidità del lampo, il giovane bandito +gli puntò la pistola sulle spalle, lasciò partire il +colpo, die’ di sprone al cavallo, ed uscì dalla +porta Castello, facendosi largo tra la folla compatta. +</p> + +<p> +L’<i>Ammazzacavalli</i> era caduto bocconi, mortalmente +ferito. Gli astanti, atterriti, gridarono +al soccorso, all’assassino, e si sbandarono di qua +e di là, come sfuggendo ad un pericolo immaginario. +</p> + +<p> +Antonio Sechi, come nulla avesse veduto, +continuava indifferente il getto dei confetti, mentre +l’Alvau, a precipizio, divorava la strada che +conduceva al <i>Pozzo d’Arena</i>. Montava un ottimo +cavallo (fattosi prestare da Gavino Spanedda di +Nurra) e l’inseguirlo non era impresa facile. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span> +</p> + +<p> +Alcuni carabinieri — che conducevano a +mano i cavalli all’abbeveratoio — udendo le grida +della gente, cercarono fermare il fuggitivo; ma +questi, mostrando loro la pistola, seppe tenerli +lontani. +</p> + +<p> +Arrivato allo stabilimento Lombardi, Agostino +rallentò la corsa, mise il cavallo al passo, +ed entrò tranquillamente in Porta d’Utzeri, internandosi +verso <i>turritana</i>, per riparare in casa +di alcuni amici nurresi. +</p> + +<p> +Dicesi che la stessa sera Agostino Alvau, +vestito da donna, avesse osato presentarsi all’ospedale +(dove il moribondo era stato ricoverato +d’urgenza) risoluto di finirlo a pugnalate. Egli +dichiarò d’essere la madre del ferito; ma non fu +lasciato entrare, stante l’ora tarda. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Questo giovane coraggioso, audace in modo +straordinario venne ucciso a tradimento nella +Nurra; e dirò come. +</p> + +<p> +Fra gli ovili che l’Alvau soleva visitare, era +quello di Giovanni Careddu, ammogliato con giovane +e bella donna, e senza figli. Spensierato e +fidente nel proprio coraggio, il galante bandito +si era dato a corteggiare la moglie dell’amico. +Costei conviveva con una sorella belloccia, fidanzata +a Giuseppe Sale, giovane sassarese, che pur +frequentava l’ovile. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span> +</p> + +<p> +Accortosi il Sale della tresca dell’Alvau, disse +un giorno alle due sorelle: +</p> + +<p> +— Perchè accogliete quell’uomo in casa +vostra? Mandatelo via, se non volete aver danno! +</p> + +<p> +La moglie del Careddu riferì segretamente +al suo Agostino le parole del Sale, facendogli +quasi intendere che di lui fosse geloso. +</p> + +<p> +Alvau, senz’altro, tolse di mezzo l’importuno +con una fucilata. +</p> + +<p> +Poco tempo dopo, trovandosi insieme i due +banditi cugini, Antonio Santo Careddu di Sorso +e Paolo Careddu di Sennori, dissero ad Agostino +Alvau: +</p> + +<p> +— Senti, giovinotto. A noi pare che le tue +visite all’ovile di Campanedda siano troppo frequenti. +Si direbbe che ti sei liberato di Giuseppe +Sale, per renderti padrone anche della sua fidanzata. +Intendiamoci bene! — noi siamo disposti +a far giuramento di non offenderci a vicenda; +ma se tu non ti allontani dalla casa del nostro +congiunto Giovanni, ci terremo sciolti da ogni +promessa. Lo sai! +</p> + +<p> +Agostino Alvau — sdegnoso sempre d’ogni +consiglio, e sempre più invaghito della giovane +moglie — non solo si astenne dalle visite all’ovile +di Careddu, ma vi andò con più frequenza, +e rese più scandalosa la tresca. +</p> + +<p> +Era acciecato d’amore — e l’amore doveva +perderlo! +</p> + +<p> +Da qualche tempo il Governo aveva promessa +<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span> +l’impunità ed un premio in danaro a qualunque +bandito avesse ucciso, o fatto arrestare +Agostino Alvau. I due cugini Careddu pensarono +di ottenere l’una e l’altro, vendicando in pari +tempo il loro congiunto tradito. +</p> + +<p> +In un giorno piovoso si trovarono riuniti nell’ovile +di <i>Campanedda</i> Paolo Careddu, Antonio +Santo, e Agostino Alvau. Si giuocava alle carte, +e Paolo si era seduto a fianco di Agostino. A un +certo punto Antonio Santo esclamò con stizza: +</p> + +<p> +— Ma perdio! c’è un fumo d’inferno qua +dentro! +</p> + +<p> +E così dicendo si era alzato con impeto, fingendo +correre alla porta per aprirla; ma giunto +vicino all’uscio, si voltò di scatto, e vedendo +Agostino intento alla partita, gli puntò il fucile +addosso e fece fuoco<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a>. +</p> + +<p> +Quantunque mortalmente ferito in pieno petto, +l’Alvau balzò in piedi, e portata la mano all’elsa +del suo lungo stocco, cercò snudarlo per avventarsi +sul traditore. Paolo, però, che stava attento, +gli afferrò le due braccia da tergo, in modo che +l’arma non uscì che a metà dal fodero. +</p> + +<p> +L’Alvau, ad un tratto, si contorse, mandò +<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span> +un sordo rantolo, e stramazzò come fulminato. +Era morto. +</p> + +<p> +Antonio Santo era uscito con furia all’aperto +per correr dietro a compare Maurizio; il quale venuto +all’ovile in compagnia d’Alvau, era rimasto +in una stanza vicina. Prevedendo la catastrofe, +costui si era salvato saltando da una finestra e +cacciandosi nel vicino bosco. +</p> + +<p> +A poca distanza dall’ovile — nella <i>Valle del +legname</i> — trovavasi certo Giovanni Manunta; +il quale, saputo il caso, montò in sella e a spron +battuto si recò a Sassari per informare le autorità, +che Antonio Careddu e Antonio Santo erano +degni di premio, avendo ucciso il terribile bandito +algherese. +</p> + +<p> +Maurizio, alla sua volta, era corso a Portotorres +per annunziare ai carabinieri l’uccisione +di Agostino Alvau. +</p> + +<p> +Nel frattempo Antonio Santo, afferrato il +cadavere d’Agostino per i piedi, lo aveva trascinato +all’aria aperta, fino al limite del piazzale. +</p> + +<p> +Accorsi primi i carabinieri di Portotorres, +scaricarono i loro fucili sul cadavere, fingendo +aver ucciso il bandito algherese in uno scontro. +</p> + +<p> +Il governatore di Sassari però, che in precedenza +aveva ricevuto l’avviso della morte di +Alvau, non tardò a concedere la promessa libertà +ai due cugini uccisori, ed a punire i carabinieri +<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span> +per l’assalto simulato che venne scoperto e facilmente +provato<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a>. +</p> + +<p> +Questa la versione veridica della fine di Agostino +Alvau, da me attinta a fonte non dubbia. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span></p> + +<h3 id="cap9-2">CAPITOLO IX. +<span class="smaller">Il bandito Derudas.</span></h3> +</div> + +<p> +Ho già parlato dei due banditi Antonio Maria +Derudas e Giovanni Maria Puzzone, di Cargeghe, +datisi alla campagna dopo aver ucciso il capitano +dei barracelli, che li disturbava nelle loro imprese +rapaci. Questi giovani vagabondi erano ladruncoli, +che prendevano diletto a uccider buoi e +cavalli, a danno del barracellato. +</p> + +<p> +Poco dopo l’uccisione del capitano, un altro +giovine di Cargeghe — Angelo Masala — uccise +certo Manconi suo compaesano, e sfuggì alla giustizia +dandosi alla macchia. Si ebbero così, in +breve tempo, tre banditi di Cargeghe. +</p> + +<p> +Il fratello dell’ucciso — Giovanni Manconi — volendo +vendicarsi dell’assassino, chiese l’aiuto +dei due banditi Derudas e Puzzone; e tutti e tre +riuscirono a freddare con una fucilata Angelo +Masala, che sotterrarono in campagna, senza che +alcuno li vedesse. +</p> + +<p> +Il prete Luigi Tolu di Cargeghe, mio cugino, +un giorno si rivolse a me, pregandomi di proteggere +il bandito Derudas, che voleva liberare +<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span> +ad ogni costo, ritenendolo un disgraziato, più +che un cattivo soggetto. E fu dietro alle sue insistenti +raccomandazioni, che mi decisi ad unirmi +col Derudas e col Puzzone, coi quali rimasi per +circa un anno, sebbene non di continuo. +</p> + +<p> +Un giorno, insieme al Derudas, attraversavo +il sito detto <i>Sa funtana de sa piarosa</i>, di fronte +alla cantoniera di Campomela, nel tenimento di +Don Battista Solinas di Cargeghe. A un certo +punto il mio compagno si fermò, e, indicandomi +una zolla, mi disse sorridendo: +</p> + +<p> +— Vedi? Io, Puzzone e Manconi abbiamo +qui seppellito il cadavere di Angelo Masala! +</p> + +<p> +Trascorsi quattro o cinque mesi, il Puzzone +fu arrestato; ed io continuai a tener compagnia +al Derudas, separandomene però di tanto in tanto, +poichè diffidavo di lui. +</p> + +<p> +Due volte, in quel tempo, mi riuscì di sfuggire +ad un agguato di carabinieri. +</p> + +<p> +La prima volta fu nel <i>salto</i> di Banari. Mi +ero cacciato in una grotta della <i>Scala di Antonio +Faedda</i> (territorio di Florinas) dove passai una +notte ed un intiero giorno. Recatomi in seguito +nell’ovile <i>Panzano</i> (a Giunchi) i nostri cani abbaiarono +fermi — indizio che vedevano gente +ferma. In quei dintorni, infatti, erano appiattati +una ventina di carabinieri. Pensai di attraversare +il campo deludendo la loro vigilanza. Mi cacciai +il cappuccio sugli occhi, chiesi a un pastore le +pecore, e mi diedi a guidarle, passando arditamente +<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span> +in mezzo a’ miei nemici, che continuavano +a tener d’occhio l’ovile. Fui salvo. +</p> + +<p> +La seconda volta mi trovavo nello stesso ovile, +dove avevo passato la notte insieme a Derudas. +Verso l’alba diedi ordine ad un mandriano d’esplorare +i dintorni, raccomandandogli, che, nel +caso avesse visto carabinieri, si fosse affacciato +alla roccia de <i>sas coas de medallu</i>, gridando: — I +buoi non ci sono! — Quel semplicione, invece, +gridò forte al suo padrone: +</p> + +<p> +— Zio Antonio Luigi, ci sono i carabinieri! +</p> + +<p> +Ne avevo veduto sei a cavallo nella pianura; +gli altri erano appostati nel bosco, credendo che +per di là noi si scappasse. Svegliai il Derudas che +dormiva; girammo la collina, salimmo la montagna, +e di là scorgemmo i carabinieri, che ci aspettavano +al varco. Anche questa volta, con un po’ +di astuzia, ero riuscito a sfuggire a un agguato, +preparato con molta sagacia militare. +</p> + +<p> +Lascio i carabinieri per narrare i miei casi +col Derudas. +</p> + +<p> +Nel territorio di Banari era il molino di proprietà +della contessa Musso. Il mugnaio, che lo +aveva in affitto, viveva in continui litigi colla +propria moglie, poichè costei teneva seco una +bambina illegittima, che turbava la pace domestica. +</p> + +<p> +Tanto io, quanto il mio compagno Derudas, +capitavamo con frequenza nel molino, e la moglie +del mugnaio si sfogava con noi, mettendoci a +parte dei disaccordi coniugali. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span> +</p> + +<p> +Un giorno che mi trovai solo con essa, la +moglie inasprita mi raccomandò caldamente di +liberarla dal peso del marito, uccidendolo. +</p> + +<p> +Feci di tutto per smuoverla dal suo proposito: — Metti +giudizio, e sta savia! — le dicevo — Non +dar retta ai tristi consigli della tua coscienza. +Fa la pace con tuo marito, e vivete tranquilli! +</p> + +<p> +Il mugnaio era un buon uomo; ci dava ospitalità +con piacere, e di tanto in tanto mi regalava +qualche scudo. M’irritavano, dunque, gli eccitamenti +di quella femmina, che ad ogni costo +voleva diventar vedova. +</p> + +<p> +Ma la donna è tenace ne’ suoi proponimenti +di vendetta; e la moglie del mugnaio, vedendo +la mia ripugnanza a compiacerla, mi lasciò in +pace. Ella si rivolse segretamente al mio compagno, +a cui offrì sessanta scudi per eseguire +il colpo. +</p> + +<p> +Il bandito Derudas si lasciò, convincere dal +danaro e dalle tenerezze della bella mugnaia; e +un bel giorno, con una buona fucilata, le tolse +dal fianco l’importuno marito. +</p> + +<p> +Quando appresi il fatto, rimproverai acerbamente +il mio compagno: +</p> + +<p> +— Che cosa hai fatto? Perchè uccidere l’uomo +che ci dava a mangiare e ci offriva asilo nei +giorni del pericolo? Sei un tristo e un miserabile! +</p> + +<p> +Il Derudas si strinse nelle spalle e mi disse: +</p> + +<p> +— Oh, sta a vedere che un bandito dovrà +lasciarsi vincere da uno scrupolo! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span> +</p> + +<p> +Avvenne intanto, che il mio compagno erasi +pazzamente innamorato di Maria Grazia, la bellissima +vedovella di un altro mugnaio, il quale +conduceva il molino di <i>San Lorenzo</i>, nei dintorni +di Florinas, da me pure frequentato. Antonio +Maria Derudas fece di tutto per celarmi la sua +fiamma; ma non tardai ad accorgermi che sospettava +di una segreta relazione fra me e la +vedova. +</p> + +<p> +Io rideva delle sue smanie gelose, poichè +sapevo che la vedovella, una bellissima donna, era +realmente innamorata di un terzo: di un giovane, +col quale erano passati accordi di matrimonio. +</p> + +<p> +Il giovane innamorato erasi con me aperto, +svelandomi che le relazioni colla vedova erano +di natura molto intima. Egli chiedeva un mio +consiglio. +</p> + +<p> +Io, che sapevo scaltra la vedova, poichè nelle +assenze del giovane cercava di tirare a sè anche +il Derudas, gli dissi: +</p> + +<p> +— Apri gli occhi, fratello! Tu devi fidare +nella mia sola amicizia. Quando ti avviserò di +non andare più da lei, ubbidiscimi! +</p> + +<p> +E il giovane, infatti, aveva cominciato a rendere +più rare le visite al molino, dopochè si era +accorto che la vedovella aveva un cuore sì largo, +da poter dare ricovero a due.... ed anche a tre! +</p> + +<p> +Nondimeno la scaltra mugnaia, accompagnata +dal suo giovane amante, un bel giorno fece +una gita a Sassari, insieme ad altro mugnaio +<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span> +colla rispettiva moglie. Le due coppie presero +alloggio in un’osteria, ordinando una camera separata, +per ciascuna. Questo fatto fece mormorare +i maligni, e specialmente i coniugi mugnai, +ch’erano stati testimoni della scandalosa intimità +dei due compagni di viaggio. Tornata la vedovella +al molino, non tardò a notare la freddezza +del giovane e la corte più assidua che le andava +facendo Derudas, ignaro del fatto dell’osteria. Temendo +che il mugnaio e sua moglie, colle chiacchiere, +riuscissero a far aprir gli occhi a Derudas +sull’episodio di Sassari, la vedovella si strinse +vieppiù a quest’ultimo, esortandolo ad uccidere +i due testimoni pericolosi, non so per quali +torti, che diceva aver ricevuto. +</p> + +<p> +Il Derudas un bel giorno venne a confidami +le apprensioni della vedova, la quale gli consigliava +ad uccidere il mugnaio e la moglie, perchè +ci facevano la spia. +</p> + +<p> +Io, che tutto sapevo dal giovane amante, gli +risposi infastidito: +</p> + +<p> +— Ma non ti accorgi dunque, che sei menato +per il naso? Da qualche tempo a questa parte +mi vai contando frottole, che mi rivelano la tua +poca lealtà. Fammi toccare con mano che i coniugi +mugnai ci fanno la spia, e mi prenderò io +l’incarico di spararli, poichè nel tiro sono di te +più esperto. Cessa, però dallo spacciarmi tante +fandonie. Apri gli occhi da una buona volta, ed +ascoltami! Il giorno che tu torcerai un capello +<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span> +a quel buon uomo, od a sua moglie, avrai da +farla con me! I capricci e gli amori ti costeranno +ben cari! +</p> + +<p> +Il Derudas si offese, e mi tenne il broncio; +ed io mi accorsi che cercava vendicarsi. Legato +alla vedova da relazione amorosa, si erano +entrambi proposti di farmi arrestare, colla speranza +di conseguire la loro felicità. La causa del +Derudas era meno grave della mia, ed egli sperava +di ottenere dal Governo l’impunità, a prezzo +della mia cattura o della mia morte, ottenute col +mezzodì una delazione o di un tradimento. +</p> + +<p> +Era questo il sogno di Maria Grazia, che voleva +disfarsi di me, per unirsi in matrimonio con un +bandito graziato. Il giovane si era stancato di lei, +ed ella non voleva perdere il secondo partito. +</p> + +<p> +Ricordando le mie minaccie, e temendo il +mio furore, il Derudas tornò a parlarmi della +convenienza di uccidere i due mugnai, che ci facevano +la spia. La vedovella pareva preoccupata +di quel certo caso dell’osteria di Sassari, che poteva +mandare a monte il suo matrimonio. +</p> + +<p> +Ero sul punto di tutto svelare al mio compagno, +ma mi contenni. Mi limitai a rispondergli +con malagrazia: +</p> + +<p> +— Di nuovo colle supposte spie? Decisamente +le donne t’empiono la testa di vento. Te +l’ho pur detto di non più parlarmene! +</p> + +<p> +E così dicendo mi alzai con stizza, come +per uscire dalla capanna, in cui entrambi si era. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span> +</p> + +<p> +— Dove vai? — mi chiese Derudas con tono +risentito. +</p> + +<p> +Mi voltai, squadrandolo con disprezzo: +</p> + +<p> +— Vado dove mi pare e piace! D’ora innanzi, +se ti è cara la mia compagnia, dovrai venirmi +dietro come un cane. Io non ti comunicherò +più le mie intenzioni! +</p> + +<p> +— Allora sarà meglio che ciascuno faccia +la sua strada! — mi disse con aria brusca. +</p> + +<p> +— È precisamente quello che desidero! — risposi +secco. — Ti predico, però, che dentro +l’anno cadrai nelle mani della giustizia..... e ti arresteranno +addormentato. Io conosco quanto vali! +</p> + +<p> +Così dicendo piantai il mio compagno; e da +quel giorno ci guardammo in cagnesco. Io voleva +solamente accertarmi del suo proposito di farmi +la spia, di concerto colla scaltra vedovella. Una +volta avute in mani le prove della loro perfidia, +avrei io pensato al modo di fargli pagar caro il +tradimento. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span></p> + +<h3 id="cap10-2">CAPITOLO X. +<span class="smaller">Giusta pena e pena ingiusta.</span></h3> +</div> + +<p> +Farò un passo indietro per narrare due casi +avvenutimi, durante il tempo ch’ebbi a compagno +il bandito Derudas. +</p> + +<p> +Antonio Maria Cosseddu, di Banari, da +qualche tempo cercava di farmi la spia. Era +stato tre volte in carcere, ed uscitone, volle +seco in compagnia due pastori banaresi (certi +fratelli Antonio Maria e Salvatore Carta) perchè +non venisse molestato dai nemici. I due fratelli +erano ricchi, onesti, e molto stimati nel paese. +</p> + +<p> +Il Cosseddu aveva in custodia molti porci +e capre, a lui affidati da un agiato proprietario +di Banari. +</p> + +<p> +Incorsi in una contravvenzione, i fratelli +Carta erano stati condannati a un mese di carcere. +Poco dopo pubblicata la sentenza, fui invitato +a pranzo nel loro ovile, dove mi trovai in +compagnia di Derudas, di Gio. Antonio Nuvoli, +e del prete florinese Massidda. Appresa la recente +condanna, tutti d’accordo consigliammo i +due fratelli a costituirsi in carcere l’uno alla +<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span> +volta, perchè così potessero sorvegliare il proprio +bestiame. Promisi, da mia parte, che avrei tenuto +d’occhio la loro proprietà, durante il tempo +della prigionia dell’uno e dell’altro. +</p> + +<p> +E così, infatti, essi fecero. +</p> + +<p> +Durante il tempo che Gio. Maria scontava +il suo mese di carcere, la spia Cosseddu ebbe +un vivo diverbio coll’altro fratello Salvatore, e +fu sul punto di ucciderlo, facendo accorrere sul +luogo i carabinieri. Quest’intervento dell’arma +benemerita era stato forse concertato con la +spia, allo scopo di farmi sorprendere nella capanna +insieme al mio compagno Derudas. Scampai +al pericolo — ma giurai di vendicarmene. +</p> + +<p> +Costituitosi in carcere Salvatore (dopo uscitone +il fratello Gio. Maria) quest’ultimo si mostrò +molto risentito del perfido contegno del Cosseddu, +e mi pregò di ucciderlo. +</p> + +<p> +Io gli risposi: +</p> + +<p> +— La vendetta sarebbe giusta; ma che +avverrà in seguito? Tutti ormai sanno che siete +nemici del Cosseddu; e se io l’uccidessi, voi +sareste arrestati come esecutori o mandanti. +Anch’io avrei bisogno di punirlo, ma questa +volta la mia vendetta non tornerebbe che a +danno vostro....... +</p> + +<p> +— Che fare, dunque? +</p> + +<p> +— Cercare il mezzo di ottenere lo scopo +senza compromettere la vostra libertà. +</p> + +<p> +— E questo mezzo? Consigliami tu! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span> +</p> + +<p> +— Rispondi. È egli vero che Antonio Maria +Cosseddu è un volgare sicario, che ha sulla +coscienza molte pelli? +</p> + +<p> +— È ben noto al paese! +</p> + +<p> +— Tu e gli amici tuoi, siete in grado di +conoscere i delitti da costui commessi? +</p> + +<p> +— Li conosciamo. +</p> + +<p> +— Puoi tu mettere insieme otto testimoni +delle scelleraggini di quel cattivo soggetto? +</p> + +<p> +— Anche venti! +</p> + +<p> +— Mi bastano otto. Quando li avrai riuniti, +dammene avviso, ed io ti dirò quanto devono fare. +</p> + +<p> +Radunate le otto persone in campagna, col +pretesto d’una partita di caccia, Gio. Maria +Carta mi diede l’appuntamento. +</p> + +<p> +Salutata la comitiva, presi la parola, e dissi +loro: +</p> + +<p> +— Siete voi tutti consapevoli degli assassinî +commessi da Antonio Maria Cosseddu? +</p> + +<p> +— Sì. +</p> + +<p> +— Proprio in coscienza? +</p> + +<p> +— Ognuno di noi può asserirlo con prove +di fatto. +</p> + +<p> +— Or bene, allora fate così. Quattro di voi +si presentino al procuratore del re di Sassari, +denunziandogli i fatti che si conoscono. Ritornati +questi, partiranno gli altri quattro, per fare +altrettanto. Raccolte dal fisco le denunzie in +iscritto, egli ha il dovere di spiccare il mandato +di cattura, e istruirà il processo. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span> +</p> + +<p> +Il mio consiglio fu seguito scrupolosamente; +e il Cosseddu venne arrestato, processato, condannato +a morte, e impiccato a Sassari. +</p> + +<p> +Dopo la condanna, dissi al pastore Gio. +Maria: +</p> + +<p> +— Vedi tu come si fanno le cose? Tu non +sei rovinato nella persona e nella roba; io non +ho la pelle di un sicario sulle spalle; il nostro +nemico è punito; e la giustizia può andar lieta +di aver tolto dal mondo un miserabile assassino! +</p> + +<p> +Il Cosseddu aveva a Banari un cognato +prete; e il paese diceva che costui era riuscito +a strapparlo tre volte alle carceri, per mezzo +delle fattucchierie. Dopo la condanna a morte, +una mattina, il prete fu trovato svenuto sul +pavimento della sacristia; e fu detto che il +diavolo lo avesse abbandonato, perchè non era +riuscito a strappare il cognato al carnefice. Il +povero prete, dopo l’impiccagione del Cosseddu, +si chiuse in casa per sei anni, e non volle più +vedere anima viva<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a>. +</p> + +<p> +I fratelli Carta erano buona gente, ed io +volevo, ad ogni costo, toglierli alle seccature. +Costava poco, a un bandito, uccidere un uomo +come Cosseddu; ma non volevo compromettere +<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span> +i due amici, dai quali avevo sempre ricevuto +gentilezze. Ero certo che su loro sarebbero caduti +i sospetti dell’uccisione della spia, per gli +screzi e le minaccie che in precedenza si erano +verificati. La spia Cosseddu aveva scontato le +sue perfidie e i suoi delitti — e la mia coscienza +era tranquilla. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Mi trovavo ancora a Banali, quando, un +giorno, m’imbattei nel bandito Derudas, prima +della nostra rottura. Egli mi confidò che due +ladri d’Ittiri avevano derubato un suo fratello, +togliendogli persino i sacchi, che teneva sotto +il basto del cavallo che montava. Quest’audacia +lo inasprì talmente, che mi dichiarò di odiare +tutti gli ittiresi. +</p> + +<p> +In compagnia di diversi amici ci trovammo +l’indomani a <i>Badu Sinaghe</i>, dove si mangiò +allegramente, e si bevette non poco. In sul finire +del pranzo, mentre si chiacchierava col +padrone del luogo, venne un pastore ad avvertirlo, +che quattro ittiresi erano entrati nel tenimento +per tagliar legna. +</p> + +<p> +Il padrone, indignato, ordinò al servo di +mandarli via. +</p> + +<p> +— Perchè non andiamo noi a trovarli? — esclamò +vivamente Derudas, alzandosi. — Non +posso dimenticare che hanno derubato mio fratello. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span> +</p> + +<p> +— Non saranno certo gli stessi! — osservai +scherzando. +</p> + +<p> +— Che importa? sono ittiresi, e basta! +</p> + +<p> +Così dicendo il mio compagno si mosse, e +noi gli tenemmo dietro. +</p> + +<p> +Il padrone sgridò quei ladri sfacciati, ed io +tolsi loro i picchi e le ronche, dicendo che li +avrebbero ripresi un’altra volta. +</p> + +<p> +Uno dei ladruncoli — che certamente non +ci conosceva — si fece innanzi con baldanza, e +venendomi incontro mi gridò con disprezzo: +</p> + +<p> +— Tu fai il gradasso perchè sei armato di +fucile! +</p> + +<p> +Il sangue mi fe’ velo agli occhi, e gli saltai +addosso, strappandogli di mano la scure. +</p> + +<p> +L’ittirese mi afferrò allora per la barba; ed +io, cieco, lo percossi colla scure, ferendolo gravemente +al braccio. +</p> + +<p> +Mi accorsi, lo confesso, d’essere stato troppo +focoso, e di aver commesso una brutta azione. +Sebbene l’afferrare un sardo per la barba sia +l’insulto più atroce che si possa fare, pure riconobbi +che il torto era mio, ed ebbi vergogna +di me stesso. Debbo dichiarare, che di +questo eccesso ebbi ad arrossire per tutta la +vita. In quel momento non avevo pensato che +a vendicare il mio compagno Derudas, senza +badare quanto sia ingiusto e ridicolo bisticciarsi +per conto di un terzo. +</p> + +<p> +Pochi giorni dopo ricevetti una lettera dal +<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span> +cav. Suzzarello, colla quale mi esortava a restituire +i ferri ai quattro ittiresi, uno dei quali +era un suo servo. Meno male che il Suzzarello +non mi tenne rancore; egli, più tardi, mi raccomandò +di procurargli un buon mastino per +caccia grossa, avendogli un robusto cinghiale +sbranato nove cani, in una partita di caccia a +<i>Giunchi</i>. Lo compiacqui, e se ne mostrò soddisfatto. +</p> + +<p> +L’ittirese da me ferito non tardò a guarire, +e ne fui lieto. +</p> + +<p> +Racconto questi episodi per darvi un’idea +della vita di noi banditi. Ne taccio molti altri +insignificanti, per non tediare chi leggerà la +mia storia. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +A Banari, come in tutti i paesi del circondario, +destavo sempre una curiosità singolare. +Quando passavo in quella regione, il medico +Peppe Canu avvertiva i cavalieri, i quali colle +loro famiglie si recavano a far pranzo in campagna, +per il solo gusto di conoscermi da vicino. +</p> + +<p> +Quei cavalieri m’invitarono molte volte a +prender parte ai loro pranzi; e per consueto mi +s’incaricava di fare le porzioni a tavola, meravigliati, +i commensali, della mia abilità nel tagliare +le carni, che distribuivo in un momento, +con equa misura. Si era talvolta in venticinque +<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span> +o trenta individui in campagna, e tutti si mostravano +avidi di conoscere qualche episodio +della mia vita di bandito, ch’io raccontavo loro +con piacere. +</p> + +<p> +Un giorno, nel salto di <i>Badu Sinaghe</i>, in +Giunchi, dovendosi preparare i soliti regali a +Monsignore e a diversi signori di Sassari, venni +incaricato dell’uccisione del bestiame; e uccisi +ben quattordici porci e troie a palla, dando spettacolo +di valentìa col colpirli tutti nell’occhio, +per non far loro perdere il sangue<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a>. +</p> + +<p> +Ho antecipato un po’ gli avvenimenti; ed +ora ritorno al mio compagno Derudas, prima +di abbandonarlo al suo triste destino. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span></p> + +<h3 id="cap11-2">CAPITOLO XI. +<span class="smaller">La penna vale il fucile.</span></h3> +</div> + +<p> +Da poco tempo ero separato dal Derudas, +quando egli uccise il bandito, che aveva scelto +a suo nuovo compagno. Dirò brevemente il fatto. +</p> + +<p> +Un ricco possidente d’Ossi si era bisticciato +vivamente con un suo servo — certo Antonio +Elias; e s’inasprì talmente, che lo percosse. Il +servo, più robusto di lui, si avventò al suo padrone, +e dopo averlo picchiato si salvò colla fuga. +</p> + +<p> +Il ricco proprietario, volendo vendicarsi dell’atroce +insulto, mi chiese un abboccamento in +campagna. Egli mi propose una larga ricompensa, +se avessi tolto dal mondo quel servo +prepotente ed ingrato. Gli risposi che si fosse +ad altri rivolto, poichè io non solevo uccidere +chi non mi aveva offeso. +</p> + +<p> +Appresi in seguito che il padrone si era +rivolto a Derudas, proponendogli la stessa uccisione. +Il Derudas osservò che non osava fare il +colpo, perchè temeva la mia collera e la mia +vendetta. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span> +</p> + +<p> +Allora il proprietario di Ossi, coll’intento +d’incoraggiarlo, gli fece credere avergli anch’io +promesso di sbarazzarlo dal servo audace. +</p> + +<p> +— Pensaci, dunque, se vuoi guadagnare +ottanta scudi! +</p> + +<p> +Anche questo colloquio era venuto a mia +conoscenza, per la relazione di confidenti, che +a me non mancavano. +</p> + +<p> +Avevo intanto saputo, che il bandito Elias, +il servo prepotente, si era dato a scorrazzare la +campagna insieme al Derudas, che se lo aveva +associato come compagno di ribalderie. +</p> + +<p> +Un giorno Derudas osò venirmi incontro. +Avendolo poco prima veduto con Elias, gli dissi +seccamente: +</p> + +<p> +— E perchè ti presenti solo? Non è forse +degno il tuo compagno d’essermi presentato? +Chiamalo pure, se lo hai nascosto! +</p> + +<p> +Derudas si accostò al ciglione, e lo chiamò +con un lungo fischio. Quando comparve l’altro +bandito, lo apostrofai: +</p> + +<p> +— Perche ti accompagni con Derudas? Non +hai capito ancora che egli fu pagato per ucciderti? +Abbandonalo, se ti è cara la vita! +</p> + +<p> +Il Derudas mi fulminò con un’occhiata, ma +tacque. Senz’altro dire, fece un brusco cenno al +compagno, e si allontanarono. +</p> + +<p> +Ero sul punto di fargli fuoco addosso, ma +poi mi contenni. Due o tre volte era venuto a +tiro del mio fucile, ma sempre lo risparmiai, non +<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span> +volendo si dicesse che io uccidevo i miei compagni. +Uccidere il proprio compagno è per i +banditi la più grande delle vergogne e delle +vigliaccherie; poichè darebbe a sospettare che +l’uccisione sia seguita nel sonno. Aspettai un’occasione +più propizia. Volevo d’altronde accertarmi, +che insieme all’amica mugnaia egli mi +facesse realmente la spia. +</p> + +<p> +Non trascorse una settimana da quel nostro +incontro, quando Derudas uccise il giovane Elias, +per la cui morte gli vennero sborsati ottanta scudi +dal ricco proprietario d’Ossi. Questa somma gli +abbisognava per la liberazione. In noi banditi era +radicata la credenza, che la giustizia avesse bisogno +di soldi per chiudere gli occhi ed alleggerire +la mano — e la giustizia d’allora non era +quella d’oggi! I giudici erano anch’essi complicati +nei partiti, e ciascuno aveva i suoi <i>bravi</i> +protetti e protettori, specialmente a Sassari. +</p> + +<p> +Verso quel tempo Derudas aveva tentato di +separarsi dalla vedovella; ma questa gli disse: +</p> + +<p> +— Bada, Antonio Maria, a quello che fai! +Ricordati che per te ho licenziato un giovane +che mi voleva bene. Se persisti ad abbandonarmi +perchè stanco di me, ti prevengo che mi raccomanderò +a Giovanni Tolu per aggiustare la faccenda! +</p> + +<p> +Questa minaccia sortì il suo effetto, poichè +Derudas aveva paura di me. Egli finì per sposare +la vedovella in casa del rettore, a Banari. +<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span> +La teneva in un molino, dove andava a trovarla +di tanto in tanto, dandole appuntamenti in questo +o in quel punto, come usano tutti i banditi ammogliati, +che non possono avere una casa coniugale. +</p> + +<p> +Non corse lungo tempo, che Derudas venne +arrestato, avverandosi la mia profezia. I carabinieri +lo avevano colto mentre dormiva. L’imbecille +si era svegliato in carcere! +</p> + +<p> +La mancanza di prove testimoniali favoriva +la causa di Derudas. I processi erano per la +maggior parte indiziarî; e correva la voce della +probabile assoluzione del bandito mio compagno. +Si accennava da taluni a persone influenti, a +qualche giudice a cui si erano dati gli 80 scudi +di Elias per diventare più <i>giusto</i>. Non mancò +chi mi pose in avvertenza, dicendomi che la bella +mugnaia era intesa col detenuto marito per ottenere +l’assolutoria, facilitandola colla mia cattura. +</p> + +<p> +Quest’ultima diceria — che correva da qualche +tempo — mi aveva messo i brividi addosso. +Sentivo di essere feroce. Ero pentito di non aver +ucciso Derudas; maledicevo gli scrupoli e i riguardi +ridicoli, che avevano trattenuto il mio +braccio. +</p> + +<p> +Quale umiliazione per me, se si fosse avverato +il pronostico! Io in carcere, e Derudas in +libertà? questo pensiero mi torturava. +</p> + +<p> +Avevo bisogno di convincermi, che realmente +Maria Grazia mi tendesse un’insidia. Non volevo +<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span> +prestar fede ai molti che mi assicuravano, che +fra il detenuto e la moglie (annuente la polizia) +correvano segreti rapporti. +</p> + +<p> +Vivevo irrequieto; le mie notti erano turbate +da sogni angosciosi. Avrei voluto travestirmi da +guardia carceraria per uccidere il mio perfido +compagno nella sua cella di San Leonardo. +</p> + +<p> +S’ei fosse uscito dal carcere prima della mia +cattura, sarei stato più contento, poichè avrei +potuto ucciderlo al fianco della propria moglie; +ma chi mi assicurava che la sua libertà non era +subordinata alla mia perdizione? +</p> + +<p> +In preda a questi tormenti non pensai che a +procurarmi le prove del tradimento a mio danno. +</p> + +<p> +Aggirandomi un giorno nelle vicinanze del +molino della moglie di Derudas, mi cacciai nel +vicino bosco, dove vidi la sua bella servetta, che +andava in traccia d’un maiale sbandato. Siccome +in altri tempi le avevo fatto un po’ di corte, me +le avvicinai sorridendo: +</p> + +<p> +— Buon giorno, Catterina. Come stai? +</p> + +<p> +— Oh! beato chi ti vede! È un bel pezzo +che non vieni a trovarci nel nostro molino! +</p> + +<p> +— Dacchè hanno arrestato il tuo padrone +ho sospeso le visite al molino per non dar pasto +alla maldicenza. +</p> + +<p> +— Che scrupoli! E perciò hai avuto paura +di rivedermi? Ben gentile! +</p> + +<p> +— Riparerò al mio torto fra breve. Verrò +a salutare Maria Grazia... e te più di lei. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span> +</p> + +<p> +— Possibile! e quando? La mia padrona sarà +tanto contenta di rivederti. Mi parla sempre di te. +</p> + +<p> +— Verrò... Tra due giorni; venerdì, o sabato... +dopo l’imbrunire. +</p> + +<p> +— Davvero? +</p> + +<p> +— Bada di non dirlo a nessuno, Catterina! +Addio, belloccia!... +</p> + +<p> +— Tieni le mani a posto! +</p> + +<p> +— Sei proprio adirata con me? +</p> + +<p> +— Te lo dirò quando verrai al molino. +</p> + +<p> +E la servetta, si allontanò, saltellando come +una capriola. +</p> + +<p> +Nè il venerdì, nè il sabato mi mossi per +andare al molino; ma la sera stessa pregai un +mio parente, perchè si appiattasse per tre giorni +in un punto lontano, per sapermi riferire le persone +che sarebbero andate a far visita alla mugnaia. +</p> + +<p> +— È questione forse di gelosia? +</p> + +<p> +— No: è un mio capriccio. Bada di non farti +vedere! +</p> + +<p> +La domenica mattina il mio congiunto tornò +a me. Era alquanto turbato. +</p> + +<p> +— Ebbene? — gli chiesi — Hai scoperto il +misterioso visitatore? +</p> + +<p> +— Altro che visitatore! Venerdì sull’imbrunire +mi sono imbattuto in sei carabinieri sulla +strada di Codrongianus. Erano diretti al molino, +e li ho visti sparire nel vicino boschetto. Certo +si trattava di un appiattamento, perchè vi sono +<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span> +rimasti due notti. Erano guidati dal maresciallo, +il quale entrò due volte nel molino, dopo le dieci. +</p> + +<p> +La trama era scoperta, ed io non potevo più +dubitare della perfidia di Maria Grazia, che cercava +di vendere la mia pelle per salvare quella +di suo marito. +</p> + +<p> +Dovevo dunque pensare alla vendetta: punire +il marito dentro carcere, e strapparlo per +sempre alla moglie; e tutto ciò senza far uso +del mio fucile. +</p> + +<p> +Il tempo stringeva. Il dibattimento di Derudas +era incominciato, ed ogni ritardo poteva +pregiudicare il mio disegno. +</p> + +<p> +Mi ricordai della confidenza fattami un anno +addietro da Derudas, dinanzi alla cantoniera di +Campomela. +</p> + +<p> +Senza frapporre indugio mi recai al villaggio +di Mores, per abboccarmi con Antonio Masala di +Cargeghe. Era costui il fratello di Angelo — dell’uomo +assassinato da Derudas e da Puzzone +per incarico e col concorso di Manconi. +</p> + +<p> +Trovato il Masala gli dissi: +</p> + +<p> +— È una vergogna, o Antonio! Com’è ch’hai +fatto sì poco conto di tuo fratello assassinato? +</p> + +<p> +— E che doveva io fare, quando mi sono +ignoti gli uccisori? o per dir meglio, quando mi +mancano le prove? +</p> + +<p> +— Le prove si trovano sempre, quando si +cercano! +</p> + +<p> +— Così fosse! Che cosa mi consigli di fare? +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span> +</p> + +<p> +— Fidarti di me. Hai tu avvocato a Sassari? +</p> + +<p> +— Sì. Il dibattimento credo sia già incominciato. +</p> + +<p> +— Chi è il tuo avvocato? +</p> + +<p> +— Cossu, <i>il grande</i>. +</p> + +<p> +— Ebbene, bisogna scrivere al tuo avvocato. +</p> + +<p> +— Scrivere che cosa? +</p> + +<p> +— Presso a poco nei termini che io ti suggerirò. +</p> + +<p> +— Sentiamo. +</p> + +<p> +Ed io dettai, accentuando le parole: +</p> + +<div class="blockquote"> +<p class="indl"> +<i>Illustrissimo Signor avvocato</i>, +</p> + +<p> +«Le do alcuni ragguagli, che Ella si affretterà +a comunicare al procuratore del re. I testimoni +Ignazio Tolu e Giovanni Manconi, già esaminati +dal giudice istruttore subito dopo l’assassinio +di Angelo Masala, tacquero quanto sapevano perchè +i banditi Derudas e Puzzone battevano allora +la campagna, e li avrebbero uccisi se avessero +deposto il vero. Ora però, che l’uno è morto, e +l’altro è in carcere, essi possono parlare. Oso +sperare, che l’eccellentissimo Tribunale vorrà +perdonare ai due disgraziati testimoni, i quali +deposero il falso, solamente per timore di perdere +la vita. Angelo Masala disparve, nè si ebbero +le prove della sua morte per malefizio. Il suo +cadavere fu sotterrato dagli assassini nel tenimento +<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span> +di Don Battista Solinas nel sito <i>sa funtana +de sa piarosa</i>, in faccia alla cantoniera di +Campomela. Si mandi a dissotterrare il cadavere, +seguendo le traccia che a calce della presente +verranno indicate.» (E qui diedi i più minuti +schiarimenti sulla località da me conosciuta). +</p> +</div> + +<p> +Questa lettera fu distesa e mandata all’avvocato +Cossu. +</p> + +<p> +Il dibattimento, che era in corso, venne +sospeso e rinviato. Si esumò il cadavere; si fece +la perizia; furono uditi i testimoni indicati — e +il risultato del nuovo giudizio fu la condanna +di Antonio Maria Derudas ai lavori forzati a +vita. Egli morì in galera dopo quattro anni di +pena. +</p> + +<p> +Il mio procedimento ebbe il risultato propostomi. +Mi ero vendicato di un compagno traditore +e di una moglie spia. La società venne +liberata da un malfattore volgare; ma ben pochi +seppero che la giustizia era stata illuminata dal +bandito Giovanni Tolu!<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a> +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span></p> + +<h3 id="cap12-2">CAPITOLO XII. +<span class="smaller">Cambilargiu, Spano, Fresu.</span></h3> +</div> + +<p> +Darò alcuni ragguagli su tre banditi, ch’ebbi +per qualche tempo a compagni, e di cui mi occuperò +nel corso della narrazione. +</p> + +<p> +La prima volta che io vidi Pietro Cambilargiu +fu a <i>Monte fenosu</i>, verso <i>Scala di Ciogga</i>, +nell’ovile di Pietro Migheli, suo cugino. +</p> + +<p> +Pietro Cambilargiu fu ritenuto come il bandito +più celebre del Logudoro. Le sue gesta sanguinarie +sono tuttora argomento dei racconti del +popolo. Tesserò brevemente la sua storia, quale +l’ho udita tante volte da lui stesso, durante i sei +mesi che gli fui compagno. Riferirò quanto egli +narrò a me e ad altri banditi, senza rendermi +garante delle vicende riguardanti la sua vita in +continente ed in Corsica. +</p> + +<p> +Non devo tacere che Cambilargiu aveva la +debolezza di menar vanto delle sue scelleratezze: +nessun altro bandito conobbi mai più millantatore +di lui, nè più crudele nel vendicarsi. Più che la +morte, egli voleva lo strazio della vittima. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span> +</p> + +<p> +Pietro Cambilargiu non era un uomo d’armi, +nè di campagna, come noi lo eravamo. Modesto +e povero calzolaio, aveva trascorso in giovinezza +nel suo paesello d’Osilo, dando continue prove +della sua irascibilità e della sua impertinenza. +</p> + +<p> +Contava appena 18 anni, quando Nicolò +Cherchi, il suo mastro calzolaio, gli diede uno +schiaffo. Indispettito della punizione ricevuta, esplose +una pistola contro il suo principale, ferendolo +leggermente. Venne arrestato, e condannato +a tre anni di lavori forzati. Mentre scontava la +pena nell’ergastolo di Cagliari, riuscì ad evadere, +e battè le campagne d’Osilo, come bandito. Uccise +poco dopo certo Pietro Marongiu, perchè dicevasi +volesse fargli la spia. Vedutolo un giorno +a cavallo, gli mosse incontro, e gli diede una +fucilata, dopo avergli detto: — ti do quello che +ti spetta! +</p> + +<p> +Egli si era unito a due altri banditi — a +Pietro Dore e a Giomaria Ledda, suoi compaesani. +Il Ledda per ottenere la libertà gli fece la +spia, e i barracelli un bel giorno, nel sobborgo di +S. Vittoria, riuscirono ad arrestarli tutti e tre. +</p> + +<p> +Cambilargiu fu condannato alla galera in +vita. Frustato prima dal boia, (come voleva la +giustizia d’allora) fu in seguito condotto ad Osilo +col remo in spalla e con la corda al collo, per +fargli baciare <i>il piede della forca</i>, piantata dinanzi +alla fontana di <i>Rinnu</i>. Dicesi che, attraversando +così il paese, ad ogni sbocco di via gli +<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span> +si presentasse sogghignando il Ledda, quasi per +gioire del suo supplizio; e Cambilargiu per due +volte gli disse: — Prega Iddio che non abbiamo +a rivederci un giorno! +</p> + +<p> +Cambilargiu fu mandato all’ergastolo di Villafranca, +e il Ledda, graziato per lo spionaggio +fatto, si ritirò ad Osilo per esercitarvi il mestiere +di fabbro. +</p> + +<p> +Nell’ergastolo di Villafranca il Cambilargiu +lavorò da calzolaio, e divenne abile nella professione. +Uno dei superiori del Bagno penale lo incaricò +di provvedere di calzatura la famiglia, ed +era tanta la fiducia in lui riposta per la buona +condotta, che lo si lasciava andare a comprar le +pelli e la suola nei negozi della città, accompagnato +da una sola <i>guardia ciurma</i>. I lavori di +calzoleria inappuntabilmente eseguiti, le belle maniere +del giovane osilese, la sua condotta esemplare, +fecero sì che Cambilargiu si attirasse la +benevolenza dei superiori. +</p> + +<p> +Intanto il galeotto era riuscito colla furberia +ad informarsi delle distanze e dell’accidentalità +del terreno fra Villafranca e la frontiera francese, +nonchè del fiume che bisognava guadare per +raggiungere la terra straniera. +</p> + +<p> +Un bel giorno, uscito come al solito in compagnia +della guardia per provvedersi di pelli in +città, invitò a bere il suo compagno in un’osteria, +fino ad ubbriacarlo; e portatolo in un certo punto, +all’estremità del paese, gli propose di sedere alquanto +<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span> +per riposare. Quando vide la guardia +sonnolente per il vino bevuto, gli strappò di +mano la carabina, svoltò una viottola, e si diede +a correre come un capriolo per guadagnar la +campagna. +</p> + +<p> +La guardia balzò in piedi barcollando, credendo +si trattasse di uno scherzo; ma quando +si avvide del brutto tiro fattogli, si diede a gridare +al soccorso con quanto fiato avea in corpo. +</p> + +<p> +Cambilargiu, correndo, aveva raggiunto la +montagna, e si era cacciato in un folto cespuglio, +dove rimase appiattato tre giorni e tre notti. +Ivi riuscì a liberarsi della catena per mezzo di +una lima, e cambiò la giubba e il berretto da +galeotto con altri panni che aveva seco portati. +Non volte spingersi fino al ponte, poichè sapeva +che di qua e di là era guardato dalle sentinelle +italiane e francesi. Alla mezzanotte del terzo +giorno uscì dal nascondiglio e si diresse al fiume, +che costeggiò per breve tratto, fino a trovare +un guado possibile. Cambilargiu si spogliò; assicurò +le vesti e le scarpe alla punta di una lunga +pertica di cui si era munito, e giunse a toccare +l’opposta sponda, coll’acqua fino alla gola. +</p> + +<p> +Il primo passo era fatto. Egli si trovava in +terra francese. +</p> + +<p> +Rivestitosi de’ suoi panni, l’evaso continuò +a camminare con coraggio e disinvoltura, finchè +capitò fra gli agenti di polizia, che lo tradussero +dinanzi ad un Commissario. Egli dichiarò di essere +<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span> +un soldato italiano disertore, il quale voleva +servire la Francia. +</p> + +<p> +— Come ti chiami? +</p> + +<p> +— Michele Serra. +</p> + +<p> +— A qual reggimento appartieni? +</p> + +<p> +— Al reggimento della <i>Regina</i>. +</p> + +<p> +— Il nome del tuo capitano? +</p> + +<p> +— Cav. Luigi Bianchi. +</p> + +<p> +— Vuoi servire come soldato, o ti piace +lavorare? +</p> + +<p> +— Preferisco il lavoro, perchè il mio mestiere +era quello di calzolaio. +</p> + +<p> +Dopo essere rimasto una ventina d’anni in +Francia, per lo più a Marsiglia, Cambilargiu +passò in Corsica; e trovò occupazione presso +una calzoleria, in cui lavoravano una diecina di +operai. Egli entrò nelle grazie del principale e +della moglie di costui, che presero a volergli bene +ed a proteggerlo. +</p> + +<p> +Certo è, che quell’uomo singolare, evaso due +volte da galera, non aveva che un pensiero fisso: +vendicarsi di colui che ad Osilo gli aveva fatto +la spia, per consegnarlo ai carabinieri. +</p> + +<p> +Morì intanto il proprietario della calzoleria; +e Pietro Cambilargiu, giovane ancora, e audace +quanto libertino, si die’ a fare la corte alla vedova, +riuscendo a mettersi in intima relazione +con lei. +</p> + +<p> +Questa vedova aveva quattro fratelli, di +carattere violento ed energico, come d’ordinario +<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span> +lo sono i corsi; e mal soffrendo la tresca scandalosa, +che faceva mormorare il paese, imposero +a Michele Serra (così Cambilargiu continuava a +farsi chiamare anche in Corsica) di sposare la +sedotta loro sorella. Siccome gli affari della calzoleria +andavano maluccio, e Cambilargiu smaniava +di far ritorno al suo paesello natio per +vendicarsi di Giomaria Ledda, egli finse di accondiscendere +all’invito dei futuri cognati — e +chiese alcune settimane di tempo per aggiustare +le sue cose in Sardegna, e per munirsi delle carte +necessarie per il matrimonio. +</p> + +<p> +Sbarcato sul litorale di Castelsardo egli +riparò nelle campagne d’Osilo, deciso di allontanarsi +per sempre dalla Corsica. +</p> + +<p> +Capitato nell’ovile di alcuni suoi parenti, vi +fu ravvisato da una vecchia zia, quantunque +parlasse in francese e si fosse spacciato, prima +per un mendicante di Villasor, e poi per un negoziante +di bestiame. Veduto ch’era inutile mantenere +l’incognito, si diede a conoscere a suo +cugino Pietro Migheli, e svelò addirittura la sua +intenzione di uccidere il maniscalco Giomaria +Ledda, già suo compagno bandito, e allora libero +per il tradimento fattogli a Santa Vittoria. +</p> + +<p> +Per mezzo di diverse persone, fra le quali +l’arciprete, egli mandò a salutare l’antico collega, +facendogli dire che avrebbe avuto il piacere +di riabbracciarlo fra breve! +</p> + +<p> +Il Ledda credette scherzo l’ambasciata, sicuro +<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span> +com’era che Cambilargiu scontava la pena +nell’ergastolo di Villafranca. +</p> + +<p> +Il giorno di S. Vittoria, Cambilargiu, favorito +da alcuni suoi parenti, si appiattò in un +cortile ch’era di contro all’officina di Giomaria +Ledda. +</p> + +<p> +Certo Matteo Serra, volendo ferrare un suo +cavallo, si era quel giorno portato dal fabbro +maniscalco. +</p> + +<p> +Mentre il Ledda, sulla strada, era intento +a ferrare il cavallo — fra il servo che teneva +sospesa la zampa della bestia, e il Serra che +assisteva all’operazione — quest’ultimo si accorse +del bandito, nascosto in una catasta di legna. +Cambilargiu gli fe’ cenno colla mano di scostarsi. +Matteo Serra indietreggiò, balbettando: — Giomaria! +Giomaria! Ledda indovinò tutto, e fece alquanti +passi per afferrare il suo fucile, ch’era +appoggiato allo stipite della porta. Non giunse +a toccarlo, perchè cadde fulminato dalle palle +di Cambilargiu. +</p> + +<p> +Da quel giorno Pietro Cambilargiu divenne +celebre in tutta l’isola. Le sue gesta sanguinarie, +che si seguirono senza tregua, venivano in mille +modi esaltate dai parenti e da’ suoi compaesani; +però, in fondo, egli non aveva alcun valore, nè +per destrezza, nè per abilità nel tiro. Dovette +la sua fama alle sue volgari astuzie, alla sua +crudeltà, all’impeto feroce con cui assaliva i nemici. +La vendetta più assennata fu per lui l’uccisione +<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span> +del maniscalco spia; in seguito lasciossi +trasportare a eccessi feroci, prestandosi anche a +togliere per danaro la vita ad altri per conto +di terzi. +</p> + +<p> +Si unì prima col bandito Antonio Spano di +Ossi; poi con Francesco Palmas e Salvatore +Fresu, e in ultimo con me, come si vedrà più +tardi. +</p> + +<p> +Il paese d’Osilo era impressionato dalle continue +scelleratezze di quel ribaldo. Approfittando +del terrore che Cambilargiu destava nei dintorni, +i suoi parenti commettevano ogni sorta di delitti. +Scorrazzando per le campagne, essi rubavano +frutti, uccidevano bestiame, chiedevano danaro; +e nessuno fiatava, temendo che il bandito prendesse +le difese de’ suoi congiunti ladri. +</p> + +<p> +Era giunta a tal segno l’esaltazione entusiastica, +che un gran numero di malviventi si +spacciavano parenti di Cambilargiu, solo per +poter commettere impunemente le più audaci +imprese. +</p> + +<p> +Eppure, chi lo crederebbe? dinanzi al nemico, +Pietro Cambilargiu non dava mai prove di destrezza +nè di coraggio. In faccia al pericolo perdeva +facilmente il suo sangue freddo, ed agiva +per impeto, senza riflessione. +</p> + +<p> +Citerò un solo fatto. Un giorno quattro carabinieri +avevano ordito un appiattamento per +dar l’assalto a Cambilargiu, che trovavasi in +compagnia del nulvese Peppe Luigi Santona, +<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span> +nel molino d’una sua cugina, presso Nulvi. Furono +entrambi bloccati dentro casa. +</p> + +<p> +Come avvertirono il suono delle sciabole dei +carabinieri, Peppe Luigi uscì risoluto sul piazzale, +e, messo il fucile in faccia, prese di mira il maresciallo, +che ferì mortalmente. Cambilargiu, +invece, sbigottito, non osando venir fuori all’aperto, +perdette la testa; e, veduta un’ombra attraversare +il piazzale, fece fuoco su di essa, e +colpì in pieno petto il suo compagno Santona, +che cadde fulminato. Per fortuna egli riuscì a +sfuggire ai carabinieri, gettandosi capofitto sotto +la cascata del molino, con pericolo della vita. +Di quest’errore Cambilargiu si dolse sempre; e +con ragione, poichè non tornava ad onore della +sua perspicacia. +</p> + +<p> +Fra gli omicidi più crudeli commessi dal +bandito osilese, noterò quello del giovinotto Leonardo +Satta. Fui quasi testimonio, involontariamente, +del fatto. +</p> + +<p> +Come dirò in seguito, da qualche tempo ero +in relazione coi banditi Cambilargiu, Spano e +Fresu, coi quali mi accompagnavo con frequenza. +</p> + +<p> +Un giorno, tornando insieme da Florinas, +Pietro ci pregò di tenergli compagnia fino ad +Osilo, poichè aveva bisogno di abboccarsi colà +con un suo compare, al quale desiderava parlare +in presenza di testimoni. +</p> + +<p> +Movemmo insieme sull’imbrunire, e nella +notte ci recammo in casa del notaio Giovanni +<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span> +Satta. Dopo scambiati i saluti, Cambilargiu gli +disse: +</p> + +<p> +— Compare Giovanni; per la fede di battesimo +che ci unisce, sono in dovere di darvi +un’avvertenza. Badate! io so che vostro nipote +Leonardo è in rapporti intimi col <i>commissario</i> +dei carabinieri, il quale ha la consegna di farmi +la spia. So pure che fra loro esiste una corrispondenza +epistolare. Se voi non lo persuaderete +a mettere giudizio, penserò io ad aggiustare le +cose. Ve lo prevengo! +</p> + +<p> +Il notaio, invece di prendere in buona parte +le parole di Cambilargiu, montò addirittura sulle +furie, e gli rispose con tono minaccioso: +</p> + +<p> +— Se oserete toccare un sol capello a mio +nipote, l’avrete da fare con me! +</p> + +<p> +Conoscendo il carattere bestiale di Pietro, +m’interposi fra l’amico e il notaio, e dissi a +quest’ultimo: +</p> + +<p> +— Lei parla male, signor notaio! Le buone +parole sono più persuadenti delle minaccie, massime +fra compari di battesimo. Lei non dovrebbe +ignorare, che suo fratello Gavino Satta, stabilito +a Florinas, fa il fatto suo, nè si occupa di me. +Se egli se ne fosse occupato, a quest’ora non +sarebbe vivo. Ritiri dunque le minaccie, e si +aggiusti con compare Pietro! +</p> + +<p> +Cambilargiu, vivamente piccato dal linguaggio +del notaio, gli rispose aspramente: +</p> + +<p> +— Compare Giovanni; poichè la prendete +<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span> +così in alto, vi prometto di dare a vostro nipote +la lezione che merita. Lo ucciderò sotto ai vostri +occhi! +</p> + +<p> +Ciò detto gli volse bruscamente le spalle, +ed uscimmo tutti. +</p> + +<p> +Pochi giorni dopo un amico riferì a Cambilargiu, +che il giovane Leonardo sarebbe andato +a Sassari per conferire coi carabinieri. Vedutolo +da lontano a cavallo, insieme al prete Canalis, +che se lo aveva preso in groppa, il bandito spronò +la cavalla e gli tenne dietro per un buon tratto +di strada. A un certo punto — verso la <i>fontana +del fico</i> — il giovane smontò e si unì ad un +gruppo di agricoltori che lavoravano in un campo. +</p> + +<p> +Comparso Cambilargiu, Leonardo saltò alcuni +muri e si diede a correre. Allora il bandito +gli fece fuoco addosso, e lo ferì leggermente ad +un piede. +</p> + +<p> +Smontato da cavallo, Cambilargiu saltò anch’esso +i muri, e corse dietro al giovane, gridando: +</p> + +<p> +— Fermati, chè non ti farò alcun male! +</p> + +<p> +Leonardo si fermò tremante. +</p> + +<p> +— Dunque ti ostini a farmi la spia? — gli +gridò il bandito. +</p> + +<p> +— Non è vero. +</p> + +<p> +— Dimmi la verità! +</p> + +<p> +— Io sono innocente. +</p> + +<p> +— Questa non è la verità! Inginocchiati e +prega, perchè ti uccido! +</p> + +<p> +Leonardo cadde in ginocchio, e congiunse +<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span> +le mani con aria supplichevole, mentre Cambilargiu +armava il grilletto. +</p> + +<p> +Un vecchio agricoltore, che si trovava presente, +cercò intenerire il bandito: +</p> + +<p> +— Perdonalo, Pietro! Non vedi che è un +ragazzo? +</p> + +<p> +Il bandito si rivolse a lui: +</p> + +<p> +— Ebbene? e dai ragazzi mi lascerò dunque +rovinare? Anch’io ho diritto di vivere; e chi mi +fa la spia deve pagarla cara! +</p> + +<p> +Così dicendo mise il fucile in faccia; e dopo +aver puntato il giovinotto supplicante, lo fulminò +con tre palle nel petto. +</p> + +<p> +Il feroce bandito ebbe il coraggio di frugare +nelle tasche del cadavere, e dopo avervi tolto +alcune lettere, alla presenza di tanti agricoltori +terrorizzati, rimontò a cavallo e si allontanò +freddamente com’era venuto. +</p> + +<p> +Il bandito osilese commise quel giorno una +vera vigliaccheria, che più volte gli rinfacciai. +</p> + +<p> +Tralasciando per ora le altre uccisioni fatte +da Cambilargiu, dirò poche parole sui due altri +miei compagni di ventura. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Ad Antonio Spano, di Ossi, era stata uccisa +barbaramente la madre: una donna ancor giovane, +bellissima ed onesta. L’avevano freddata +in un oliveto, mentre raccoglieva le olive, perchè +<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span> +non aveva voluto cedere alle disoneste proposte +di alcuni giovinastri, a cui rispose con parole +di sdegno e di minaccia. +</p> + +<p> +Il figliuolo Antonio, ferito nell’anima, si era +proposto di vendicare l’insulto fatto alla madre, +e per diversi anni attese l’occasione per mantenere +il suo giuramento. +</p> + +<p> +Trascorso un po’ di tempo, trovatosi Antonio +in lieta comitiva in un territorio fra Sassari +e la Nurra, si bisticciò vivamente con uno dei +compagni, minacciandolo di punizione. +</p> + +<p> +Costui, per canzonarlo, gli volse le spalle; +e chinandosi gli disse, tra il serio e il faceto: +</p> + +<p> +— Sparami sotto la schiena, se è vero che +sei così valoroso! +</p> + +<p> +Cieco di sdegno, Antonio Spano spianò il +fucile, e uccise l’amico. +</p> + +<p> +Dopo quest’accidente, egli si diede alla +macchia, e sentì più forte il bisogno di vendicare +l’oltraggio fatto alla madre. +</p> + +<p> +Pietro Cambilargiu, a cui Antonio si era +unito, era molto amico del capo degli uccisori +della bellissima donna; e tanto influì sull’animo +del giovane bandito, che lo indusse a risparmiargli +la vita. Nondimeno Antonio non volle +rinunciare alla vendetta, e tolse dal mondo +parecchi dei giovani libertini, che gli avevano +uccisa la madre. +</p> + +<p> +Il capo degli infami uccisori della donna +venne più tardi arrestato; ma Cambilargiu, valendosi +<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span> +della sua influenza, subornò i testimoni, +e riuscì a farlo assolvere dai giudici di Sassari. +</p> + +<p> +Avendo molti parenti ladri e sicari, Antonio +Spano si era dato a commettere non pochi +furti e scelleratezze, e finì per fare anche il +sicario per danaro, prestando facile orecchio ai +cattivi consigli dei congiunti. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Il terzo mio compagno — Salvatore Fresu +d’Osilo — si era dato anche lui alla macchia, +dopo avere ucciso un ortolano in un campo di +granone. Unitosi poco dopo a Cambilargiu (suo +cugino in secondo grado) gli fu compagno fedele +per due o tre anni. Il Fresu, che aveva +moglie e molti figliuoli, era un miserabile. Egli +si mascherava con frequenza, e scorrazzava di +qua e di là per estorcere denari e bestiame a +questo e a quello, in nome sempre del cugino +Cambilargiu, ed anche in nome mio. +</p> + +<p> +Antonio Spano, mio coetaneo, era allora +trentenne; Cambilargiu e Fresu avevano oltrepassata +la cinquantina. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span></p> + +<h3 id="cap13-2">CAPITOLO XIII. +<span class="smaller">I quattro banditi.</span></h3> +</div> + +<p> +Di ritorno dalla Nurra per recarmi a Florinas, +mi fermai un giorno all’ovile di Pietro +Migheli in <i>Scala di Ciogga</i>, dove trovai Pietro +Cambilargiu e Antonio Spano. +</p> + +<p> +In quel tempo io avevo a compagno Leonardo +Piga, giovane bandito, a me raccomandato +dai parenti. +</p> + +<p> +Come mi presentai all’ovile, lo Spano mi +disse: +</p> + +<p> +— Se tu fossi qui venuto in compagnia di +Leonardo Piga, lo avrei ucciso! +</p> + +<p> +— Ed io avrei ucciso te! — gli risposi +bruscamente. — Perchè tant’odio contro di lui? +</p> + +<p> +— Perchè Leonardo mi ha ucciso un amico +la cui perdita mi addolora l’anima! +</p> + +<p> +— Se il tuo amico si fosse comportato bene +non avrebbe forse perduto la vita. Ma, purtroppo, +certi uomini si fanno forti dell’amicizia +di un bandito per dar fastidio agli altri! +</p> + +<p> +Cambilargiu mi diede ragione; e quando +presi commiato da entrambi, mi disse: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span> +</p> + +<p> +— Senti, figlio mio! — (soleva darmi questo +nome) — tu ci farai un favore. Dovendo +attraversare il territorio di Florinas per recarci +a Torralba, abbiamo bisogno di una guida, +pratica dei dintorni. +</p> + +<p> +— Vi accompagnerò ben volontieri — risposi — Trovatevi +a <i>Pedras serradas</i>, nell’ovile +di mio cognato, il luogo è sicuro. Di là muoveremo +insieme. +</p> + +<p> +Fedeli all’appuntamento, vennero in tre: +Cambilargiu, Antonio Spano e Salvatore Fresu. +</p> + +<p> +Nell’ovile di mio cognato si erano riuniti +alcuni nostri amici, smaniosi di conoscere i tre +famigerati banditi. Quel giorno si fece pranzo +insieme, in aperta campagna, lontani dall’ovile — com’è +costume dei banditi, per evitare sgradite +sorprese. +</p> + +<p> +Insellati quindi i cavalli (cortesemente favoritici) +movemmo, uniti, per Torralba. Io guidavo +i compagni. +</p> + +<p> +Fatta un po’ di strada, i tre banditi mi +esternarono il desiderio di passare in Banari, +dove avevano un amico. +</p> + +<p> +— Chi è costui? — chiesi loro. +</p> + +<p> +— Antonio Luigi Pischedda. +</p> + +<p> +— Nè voi, nè io, andremo da lui! +</p> + +<p> +— Perchè? +</p> + +<p> +— Perchè gli hanno ucciso due nipoti. +</p> + +<p> +— Eppure ha promesso di farci un regalo, +se saremmo andati a visitarlo! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span> +</p> + +<p> +— Pischedda è in urto con tutto il paese, +per l’uccisione dei due nipoti; nè voi riuscireste +ad uscire di là, senza aver le giacche forate +dalle palle dei banaresi. Siete sotto la mia custodia, +e non dovete andarci! +</p> + +<p> +Li condussi invece in casa di Gio. Antonio +Pais, che era assente dal villaggio. Fummo ricevuti +dalla moglie, che mandammo subito a +comprar vino. Ci fermammo tutti sulla pubblica +piazza a mangiare ed a bere; ed io mi divertiva +a gettar noci e mandorle in mezzo alla +folla, per il gusto di vedere i ragazzi impigliati +fra le gonnelle delle vezzose forosette. +</p> + +<p> +Riposati alquanto, ci rimettemmo in viaggio +e visitammo Bessude, dove Cambilargiu aveva +un amico — certo Pietro Chessa, suo antico +compagno di galera. +</p> + +<p> +Salendo poscia per il monte Pelau, arrivammo +a Bonnanaro, e condussi i compagni in +casa di un mio zio, a cui li presentai come +barracelli d’Osilo in cerca del <i>mancamento</i><a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a>. +</p> + +<p> +Lo zio mi scambiò con mio fratello Giomaria, +ch’era barracello di Florinas. +</p> + +<p> +— Non sono Giomaria — mi affrettai a +rispondere — sono Giovanni Tolu. +</p> + +<p> +Lo zio sbarrò tanto d’occhi: +</p> + +<p> +— Tu..... sei Giovanni?! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span> +</p> + +<p> +— Sì... e i miei compagni sono anch’essi +banditi. +</p> + +<p> +Il buon uomo pareva sulle spine, non riuscendo +a celare la grande paura che aveva in corpo. +</p> + +<p> +Cenammo nondimeno allegramente, e poi +si andò a riposare. Ci sdraiammo vestiti su due +letti, colle armi vicine. +</p> + +<p> +Mio zio sembrava inquieto, e balzava ogni +tanto in piedi, tendendo le orecchie. +</p> + +<p> +— I cani, stanotte, abbaiano troppo! — diceva. +</p> + +<p> +Volendo tranquillarlo, lo pregai di mandar +subito a chiamare il capitano dei barracelli di +Bonnanaro, ed altri amici. +</p> + +<p> +Vennero in quattro, e si combinò di uscir +tutti in campo aperto, per essere più sicuri. Ci +sdraiammo sull’erba, e allo zio tornò l’animò in +corpo. — Erano le due dopo mezzanotte. +</p> + +<p> +Verso l’alba ci fu servito il caffè, fra le +roccie, ed a mezzo giorno divorammo allegramente +il lauto pranzo, che lo zio aveva preparato +agli ospiti famigerati. +</p> + +<p> +Sull’imbrunire mandammo un <i>espresso</i> a +don Ciccio Corda, di Torralba, perchè venisse +subito da noi. Egli venne con tre servi: uno +ne spedì per i cavalli, e due per la provvista +dei viveri. +</p> + +<p> +Sopraggiunta la notte, don Ciccio ci fece +condurre in altra sua tanca, tutta in campo +aperto, per riposare più sicuri. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span> +</p> + +<p> +Di là, verso l’alba, passarono a cavallo +don Francesco Corda di Clave, don Giovanni +Diez, e due loro servi. +</p> + +<p> +Avendoci riconosciuti, don Francesco si +accostò a noi. +</p> + +<p> +— Perchè siete qui?! don Ciccio non è +uomo che possa farvi male, ma certo non sa +custodire persone gelose, quali voi siete! Questo +non è luogo sicuro! +</p> + +<p> +— Ci ha fatto fermare qui — risposi — perchè +deve mandarci due cavallini. +</p> + +<p> +— Aspetterà forse che i cavalli nascano +per regalarveli! — esclamò don Francesco, +sghignazzando. — Venite con noi, chè vi daremo +cavalli nati. Voi potrete stare nelle nostre +terre sette od otto giorni, senza il pericolo di +venir molestati! +</p> + +<p> +Ci alzammo in piedi e movemmo incontro +ai quattro individui, ch’erano intanto smontati +da cavallo. Le quattro bestie dovevano servire +per otto uomini. Io presi in groppa uno dei due +servi, e Salvatore Fresu fece altrettanto con +l’altro. Cambilargiu sedette in groppa al cavallo +di don Francesco Corda, e Antonio Spano in +groppa a quello di don Giovanni Diez. +</p> + +<p> +Così accomodati, due uomini per cavallo +ci mettemmo in cammino, a mezzo trotto. +</p> + +<p> +Curioso, invero, vedere i quattro più famosi +banditi del Logudoro trottare con tanta audacia +e disinvoltura sulla strada maestra! Se ci avessero +<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span> +quel giorno messo a cimento, Dio sa qual +battaglia sanguinosa ne sarebbe avvenuta! +</p> + +<p> +A mezzogiorno in punto i quattro cavalli, +carichi di otto uomini, attraversavano allegramente +il villaggio di Torralba, passando sotto +la caserma dei carabinieri. Noi guardammo alle +finestre con aria di trionfo. Chi lo sa? Forse a +quell’ora, attraverso ai vetri, qualche carabiniere +assisteva al passaggio dell’allegra cavalcata, +ben lontano dall’immaginare che quattro +uccelli grossi sfidavano la vigilanza dei <i>benemeriti</i> +cacciatori! +</p> + +<p> +Arrivati a un certo punto, al di là del +paese, smontammo da cavallo; e i due cavalieri +coi rispettivi servi tornarono indietro, per riprendere +la via di Sassari. +</p> + +<p> +La sera, per altro cammino, volgemmo di +nuovo a Bonnanaro, e sostammo in casa del +cav. Delogu, il quale ci offrì buon vino e polvere +eccellente. Si chiacchierò a lungo; finchè +sopraggiunta la notte, uscimmo dal villaggio +per salire alla punta di Monte Santo — uno +dei rifugi più sicuri in quel tempo, perchè tutto +boscoso. +</p> + +<p> +Fummo, lassù, ricoverati dall’amico bonorvese +Baldassare Saba; il quale volle uccidere +due bestie, per mettere molta carne al fuoco. +</p> + +<p> +Spuntata l’alba, uscimmo sulla spianata, +per divertirci alquanto al bersaglio. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span> +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +La mattina stessa scendemmo da Monte +Santo per recarci ad Ardara. Arrivati alle falde, +Cambilargiu vide alcuni maialetti, e ne sparò +uno colla pistola. +</p> + +<p> +Alla detonazione accorsero alcuni pastori. +</p> + +<p> +— Figli miei! — esclamò Cambilargiu con +aria compunta — badate: vi ho ucciso un porcetto! +</p> + +<p> +Uno dei pastori gli rispose umilmente, col +riso sulle labbra: +</p> + +<p> +— Se è vero che lo avete ucciso, lo metteremo +al fuoco — se non lo avete ucciso, lo +uccideremo! +</p> + +<p> +Fatta colazione in fretta e furia, uno dei +miei compagni chiese ai pastori un buon cagnetto +di razza. +</p> + +<p> +— Ve ne darò uno eccellente fra qualche +mese. Lo sto allevando. +</p> + +<p> +— Verrò io stesso a prenderlo! — dissi; e +il pastore a me rivolto: +</p> + +<p> +— Se verrà Giovanni Tolu, lo porterà via; +ma se non venisse, prometto che il cane morrà +in mio potere, poichè non lo darò mai più a +nessuno!<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a> +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span> +</p> + +<p> +A proposito di questo cane, narrerò per +inciso un episodio. +</p> + +<p> +Alcuni mesi dopo, ripassando in quell’ovile +per ricordare l’adempimento della promessa, +trovai il pastore (Bastianu Zamburru) in urto +fortissimo col proprio cognato Gio. Maria Sanna. +Le cose erano tese al punto, da rendere inevitabile +una catastrofe. +</p> + +<p> +Volli fare un’opera buona. Valendomi dell’influenza +che esercitavo sulle due famiglie, mi +recai in persona all’ovile di Sanna, e costrinsi +costui a recarsi dal cognato per far la pace. Io +stesso invitai le donne delle due famiglie a riunirsi +ad un pranzo comune, a cui presi parte. +Si passò la giornata allegramente, e ricordo di +aver fatto un brindisi al cagnetto, a cui si doveva +la riconciliazione dei due cognati. +</p> + +<p> +Non lo dico per millantarmi. Tutte le volte +che io riusciva a fare un’opera buona ed a pacificare +fra di loro gli avversari, provavo un’intima +soddisfazione, pari a quella di una vendetta +compiuta. Amavo la pace degli altri; eppure +non ero mai riuscito a pacificarmi coi miei +nemici! +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Riprendo la gita dei quattro banditi. +</p> + +<p> +Arrivati ad Ardara ci presentammo a quel +rettore, nativo di Nughedu. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span> +</p> + +<p> +Egli ci squadrò sospettoso. Cambilargiu gli +disse: +</p> + +<p> +— Non tema, signor rettore! +</p> + +<p> +— Non ho paura! — rispose il prete. — Conosco +agli occhi l’uomo dalle sinistre intenzioni. +Qui siamo in campagna, nè si può avere +quello che si vuole. Mangeremo alla buona +qualche uovo e un po’ di pane. Ho mandato a +Sassari per la provvista del vino, nè può tardare +ad arrivarmi. +</p> + +<p> +E infatti, il buon uomo, ci trattò bene, e +fummo soddisfatti. +</p> + +<p> +Appena pranzato, pregammo il rettore che +facesse venire suo fratello, il capitano dei barracelli, +col quale volevamo conferire. +</p> + +<p> +— Che volete da lui? +</p> + +<p> +— Ci abbisognano quattro buoni cavalli +per portarci fino a Florinas. +</p> + +<p> +— Ve li provvederò io!<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a> +</p> + +<p> +Arrivati, dopo un’ora, all’ovile di un comune +amico, nelle vicinanze di Ploaghe, rimandammo +con un servo i cavalli al rettore di +Ardara, e passammo subito in altra capanna di +Salvatore Casula. Ciò per abituale precauzione, +temendo che il servo potesse rivelare ad altri +il luogo del nostro rifugio. +</p> + +<p> +Ci fermammo all’ovile tutta la giornata. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span> +</p> + +<p> +Venne intanto a trovarci un amico de’miei +compagni — scaltro furbone — che guardai +subito con diffidenza. Non tardai a capire, che +la sosta dei tre banditi nelle vicinanze di Ploaghe +aveva per scopo quell’abboccamento, dato in +precedenza a mia insaputa. +</p> + +<p> +Ciò mi spiacque, ma feci l’indifferente. Non +dovevo dimenticare che io mi ero prestato come +guida ai tre compagni nei territori del mio +paese. +</p> + +<p> +Il furbone disse ai tre banditi, senza preoccuparsi +della mia presenza: +</p> + +<p> +— Io ho una lite con Gio. Antonio X, e +corro il serio pericolo di venire ucciso da lui. +Mi rivolgo dunque a voi perchè mi liberiate +dal mio avversario. +</p> + +<p> +Cambilargiu, un po’ impacciato alla mia +presenza, gli rispose: +</p> + +<p> +— Giacchè la tua vita è minacciata, perchè +non togli di mezzo Gio. Antonio? +</p> + +<p> +— Io?! Siete voi che dovete ucciderlo. A +me spetta il compensare le vostre fatiche. +</p> + +<p> +I tre banditi si scambiarono un’occhiata e +ammutolirono. Io pensai un poco, e poi dissi, +accentuando le parole: +</p> + +<p> +— Se non mi fossi trovato qui, in vostra +compagnia; se non avessi sentito la proposta +del vostro amico, non mi sarei certo occupato +dei fatti vostri. Avendo però assistito al vostro +discorso, è duopo che le cose prendano una +<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span> +piega diversa. Voi non ucciderete Gio. Antonio +e se lo ucciderete, ne farò tale uno scandalo +da mettervi in impicci colla giustizia, facendovi +perdere molti buoni amici. Io non sono qui venuto +per servir di guida a sicari! Siamo nel +territorio del mio paese! +</p> + +<p> +Aspettavo che i miei compagni aprissero +bocca, per piantarmeli là bruscamente; ma in +vece nessuno più parlò di uccisioni alla mia +presenza. +</p> + +<p> +Venuta la sera ci mettemmo tutti in viaggio +a piedi, prendendo la montagna, per recarci ad +Osilo. Fu appunto in quel giorno, che Cambilargiu +ci pregò vivamente di accompagnarlo in +casa del notaio Satta, lo zio di quel tal Leonardo, +ucciso barbaramente verso la <i>fontana +del fico</i>. +</p> + +<p> +All’indomani lasciai i miei tre compagni ad +Osilo, e feci ritorno a Florinas. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Poco tempo dopo, Pietro Cambilargiu si +era separato da Antonio Spano, del quale diffidava. +</p> + +<p> +Anche Salvatore Fresu finì per essere licenziato +dal cugino, poichè egli non faceva che +scroccare danari a questo e a quello per poter +mantenere la moglie e i figliuoli poveri. +</p> + +<p> +Non passò gran tempo dalla separazione +<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span> +quando Fresu cadde in potere dei carabinieri. +Egli venne arrestato colla maschera sul volto, +e messo in prigione. Fattogli il dibattimento, +venne assolto. Solita giustizia dei giudici, i quali +condannano tanti innocenti, per dare la libertà +a tanti birbanti matricolati. Noi banditi vedevamo +troppo spesso simili spropositi, i quali +certamente non facevano che raffreddare la nostra +fede verso i tribunali. +</p> + +<p> +Continuai nonpertanto la mia relazione cogli +altri due banditi, e specialmente con Pietro +Cambilargiu, ch’ebbi a compagno per altri sei +mesi, come vedremo in seguito. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span></p> + +<h3 id="cap14-2">CAPITOLO XIV. +<span class="smaller">In bocca al lupo.</span></h3> +</div> + +<p> +Farò intanto un passo indietro. +</p> + +<p> +Scorrazzava da qualche tempo nei territori di +Florinas una compagnia di ladruncoli, i quali svaligiavano +le case, e vi uccidevano anche i proprietari, +se il bisogno lo richiedeva. Due volte avevo +sorpreso e conosciuto quei furfanti, ma non volli +denunziarli. Siccome però ero amico dei barracelli, +e mi stava a cuore la tranquillità del mio +paese, provavo un vivo dispetto per quell’accolta +di vagabondi, i quali, non rispettando la roba +d’altri, comprometteva gli interessi de’ miei amici +e compaesani. Deciso di dar loro una buona lezione, +aspettai l’occasione propizia. +</p> + +<p> +Mi erano ben noti questi ladri. Due di essi +mi avevano un giorno proposto di unirmi a loro +e ad un terzo (che nominarono) per andare a +Giave. Scopo della gita era quello di depredare +una vecchia signora, che possedeva oltre otto +mila scudi, in contanti, e che viveva sola in casa +con una serva. Risposi loro sdegnosamente, che +<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span> +non intendevo rendermi complice di simili ribalderie. +</p> + +<p> +Nondimeno quei ladri, non volendo rinunziare +all’impresa, si recarono in tre a fare il +colpo: Gio. Antonio Gasu, Pietro Sanga di Bosa, +e Antonio Maria Deia di Giave — incaricato +quest’ultimo di indicare la casa della ricca signora +e di diriggere la spedizione. +</p> + +<p> +Aperta la porta ed entrati in casa, i tre furfanti +imposero alla serva, con minaccie, di soffocare +i latrati del cagnolino. +</p> + +<p> +Penetrarono quindi nella camera della vecchia, +che trovavasi a letto. +</p> + +<p> +— O consegnaci la chiave dello scrigno in +cui custodisci il danaro, o rassegnati ad essere +scannata. +</p> + +<p> +La vecchia tentò gridare, ma uno dei ladri +fu pronto a cacciarle una mano in bocca; e siccome +colei glie la stringeva fra i denti, il morsicato +le tagliò la gola col pugnale. +</p> + +<p> +Sgozzata la donna, i tre assassini si diedero +a frugare da per tutto, finchè rinvennero una +cassetta pesante, che portarono via. Quando i +ladri l’aprirono per dividersi il bottino, rimasero +di sasso. La cassetta non conteneva che i moccoli +di cera, sopravanzati alla festa delle <i>Anime +dei purgatorio</i>, che ogni anno soleva farsi per +cura e spese della vecchia devota. +</p> + +<p> +Un altro giorno gli stessi due ladri m’invitarono +a fare il sesto in una comitiva, organizzata +<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span> +per derubare la bottega di un negoziante +di Bosa. Questa volta, non solo rifiutai di prender +parte alla grassazione, ma osai arditamente rimproverarli +per le azioni turpi che commettevano. +</p> + +<p> +I ladri si strinsero nelle spalle, e fecero a +meno di me. Guidati dall’orefice bosano Andrea +Licheri, si recarono a Bosa. Facevano parte della +combricola, fra gli altri, Deia, i fratelli Pietro e +Francesco Rassu, e Giomaria Ghiu. Aperta coi +grimaldelli la porta della casa del negoziante, +non vi rinvennero che gli attrezzi dei fuochi d’artifizio, +ch’erano serviti alla festa di Santa Filomena, +ricorrente all’indomani. +</p> + +<p> +Delusi anche questa volta, lasciarono Bosa; +e usciti dal paese scalarono un cortile per rubarvi +una ventina di galline, che si divisero — unico +bottino di quella malaugurata spedizione. +</p> + +<p> +Malgrado i miei sdegnosi rifiuti, quei malandrini +mi tentarono una terza volta. Secondo loro, +un bandito non doveva rifiutarsi ad una ribalderia. +</p> + +<p> +Nelle vicinanze di Florinas, venne a me Sanga +il bosinco, e mi invitò ad unirmi ad una comitiva, +formatasi per derubare Gavino Matteo Marche. +</p> + +<p> +— Chi tutti siete? — gli chiesi con premura, +fingendo aderire per conoscere il nome dei complici. +</p> + +<p> +— Me compreso siamo in dodici; — i fratelli +Rassu con due loro amici, Deia, Lichinu, +Giomaria Ghiu, Gio. Antonio Giasu, e Don +Ciccio bosinco. (Quest’ultimo era un cavaliere +<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span> +di Nulvi, ammogliato a Florinas, molto povero +e ladro.) +</p> + +<p> +Sdegnato del furto che si voleva commettere +nel mio paese, cercai di sventarlo senza inasprire +i ladri. +</p> + +<p> +— Badate: a Florinas c’è il barracellato, al +quale appartengono due miei fratelli. Chi va per +rubare è disposto anche ad uccidere... non si +sa mai! Eppoi, ve lo dichiaro: c’entra di mezzo +la mia riputazione, e tengo alla tranquillità del +mio paese, che mi sa bandito. Voglio che queste +cose non si facciano... e voi non le farete! +</p> + +<p> +La mia dichiarazione ebbe il suo effetto. +Sanna il bosinco riferì le mie parole ai compagni, +e fu sospesa la grassazione che doveva consumarsi +in casa di Marche, entro popolato. +</p> + +<p> +Essendo dunque a me noti gli individui componenti +la comitiva dei ladri, mi adoperavo perchè +il mio paese fosse da essi rispettato. Se a +Florinas avevo nemici, avevo pure molte persone +di cui godevo la stima, e che contavano sulla +mia protezione. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Narrerò ora, come quest’odio ai ladri e quest’amore +al mio paese mi tornarono quasi fatali. +È un aneddoto ben noto all’arma benemerita, e +più volte lo rammentai al maggiore dei carabinieri +Cav. Ferrè. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span> +</p> + +<p> +Una notte, dopo aver scorrazzato per la campagna, +volli spingermi fin dentro paese, e venni +ricoverato in una fida casa, dove si fece cena +con diversi amici. +</p> + +<p> +Volle il caso, che in quella stessa notte si +fosse concertato un segreto appianamento fra i +carabinieri ed i barracelli di Tissi; i quali avevano +circondato le case di due dei ladri da me +menzionati, perchè in sospetto di aver preso +parte a un furto audace commesso in Tissi, a +danno di un certo signor Selis. Questi due ladri +avevano domicilio a Florinas. +</p> + +<p> +Finito ch’ebbi di cenare, abbandonai la casa +ospitale, accompagnato fino all’uscita del paese +da un amico guardaboschi, col quale avevo combinato +di andar l’indomani a mangiar fichi in +una campagna vicina. Il guardaboschi aveva invano +insistito perchè io rimanessi un altro giorno +a Florinas. +</p> + +<p> +Essendo stato durante la giornata a caccia +di pernici, avevo il fucile carico a pallini — cosa +rare volte avvenutami, dovendo il bandito tenersi +sempre pronto in caso di una sorpresa. +</p> + +<p> +Uscimmo insieme all’aria aperta. Erano le +due dopo mezzanotte, e faceva un buio pesto. +</p> + +<p> +Attraversando il largo in cui erano le case +abitate dai ladri, scorsi due individui seduti, addossati +alla porta di Antonio Maria Deia di Giave. +Sospettai subito che qualche cosa di sinistro si +tramasse a danno di un mio compaesano. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span> +</p> + +<p> +Mi scostai risoluto dal mio compagno e mi +diressi in punta di piedi verso i due ladri, colla +speranza di sventare qualche brutto tiro. +</p> + +<p> +Uno di essi era appoggiato allo stipite e +pareva dormisse. +</p> + +<p> +— Non ti svegli, dunque? — Gli gridai +con tono energico. +</p> + +<p> +Desto di soprassalto, quell’uomo balzò di +scatto in piedi, e vedendo a sè dinanzi un armato, +con movimento rapido spianò il fucile e +mi fece fuoco a bruciapelo. +</p> + +<p> +La palla, fischiante, mi passò sotto l’ascella. +</p> + +<p> +L’altro compagno fece anch’esso un brusco +movimento, come per assalirmi; ma io, pronto +come il lampo, scaricai sull’uno e sull’altro le +canne del mio fucile, carico a pallini. +</p> + +<p> +Chi lo avrebbe detto? Quei due uomini non +erano altri che il maresciallo dei carabinieri ed +un barricello di Tissi — entrambi là appostati +per sorprendere i ladri, che dovevano rientrare +in casa, di ritorno dalla grassazione di Selis. +Dalla parte opposta, nel cortile, erano molti +altri carabinieri e barracelli, parimenti appiattati +per lo stesso fine. +</p> + +<p> +Avevo colpito il maresciallo in piena mammella, +ma il colpo al barracello mi era andato +fallito, per l’oscurità della notte<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a>. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span> +</p> + +<p> +Come mi avvidi dell’errore, feci un salto +indietro, mi diedi a correre come un capriolo, +e guadagnai la campagna. +</p> + +<p> +Il maresciallo, ferito a pallini, non tardò a +guarire. +</p> + +<p> +Allo scoppio delle tre fucilate erano accorsi +i barracelli ed i carabinieri che si trovavano +nel cortile; e, saputo il caso, e chi io mi +fossi, diedero in ismanie. Mi venne riferito, che +uno dei carabinieri (certo Ribichesu), quando +accorse sul luogo dello scontro, si millantò che +non sarei riuscito a sfuggire alla sua palla, se +invece del collega fosse stato lui a sedere sulla +soglia. +</p> + +<p> +Si vedrà, nel corso della narrazione, come +la fatalità trasse sui miei passi questo carabiniere +millantatore. +</p> + +<p> +Quest’incidente fu uno dei più curiosi della +mia vita. Per voler sorprendere e punire i ladri +del mio paese, ero andato a cadere fra le braccia +di un barracello e del maresciallo dei carabinieri. +Io, che da mattina a sera studiavo i +mezzi per sfuggire ai lupi, ero andato a cacciarmi +come uno sciocco nella loro bocca. +</p> + +<p> +Manco male che la lezione non andò perduta, +poichè in avvenire fui più cauto nel +pedinare i malandrini. Non si sa mai: sotto +<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span> +alle vesti di un ladro può nascondersi anche +un carabiniere! +</p> + +<p> +Il mio incidente fu risaputo, e destò rumore. +Lo narrai, minutamente, al maggiore Ferrè, +quando mi chiamò in salvacondotto per interrogarmi +sull’uccisione del bandito Gianuario +Murgia di Siligo. Io conchiusi: +</p> + +<p> +— Ella vede, signor Maggiore, com’è facile +ad un bandito uccidere un carabiniere, anche +senza volerlo! +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Eppure non fu quella la sola volta che +caddi in bocca al lupo; i casi furono molti, ma +io mi fermerò sui più salienti, seguendo l’ordine +della narrazione. +</p> + +<p> +Ripiglierò la storia, ritornando ai famosi +banditi, ch’ebbi a compagni nella mia vita avventurosa. +</p> + +<p> +Antonio Spano, dopo un vivo diverbio, si +era separato da Pietro Cambilargiu; e siccome +era ricercato dalla giustizia e mi aveva in uggia, +carezzò il pensiero di acquistare la sua libertà, +con un agguato a mio danno. +</p> + +<p> +Di ciò informato per mezzo degli amici, mi +misi in guardia. +</p> + +<p> +Il fratello di lui, Salvatore Spano, introdottosi +un giorno per far erba nel predio di Dionisio +Matti di Sassari, fu da questi sorpreso e acerbamente +<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span> +rampognato. Inasprito dalle parole, +Salvatore gli puntò la pistola sul petto. Dionisio +denunziò il fatto all’autorità giudiziaria, e l’aggressore +fu arrestato e condannato a sei mesi +di carcere. +</p> + +<p> +Questo fatto era capitato parecchi mesi +dopo la morte del figlio tredicenne di Dionisio, +ucciso accidentalmente dentro la propria bottega, +nello scontro avvenuto fra i Saba ed i +Macioccu. +</p> + +<p> +Nel frattempo che Salvatore scontava in +carcere la pena, Antonio Spano volle vendicare +il fratello; e travestitosi cogli abiti del muratore +Antonio Depalmas, riuscì ad uccidere Dionisio +con una fucilata. +</p> + +<p> +Poco dopo la mia gita ad Osilo coi tre +banditi (dai quali mi ero separato), Pietro Cambilargiu +si recò all’ovile di mio cognato Gio. +Antonio Bazzone, nelle vicinanze di Florinas, e +lo pregò di fargli ottenere un abboccamento +con me. +</p> + +<p> +Due giorni dopo andai a trovarlo. +</p> + +<p> +— Che volete, zio Pietro? +</p> + +<p> +— Ascolta, figlio mio. Tu sei solo, e solo +sono io. Perchè non unirci? In due si sta meglio +che soli: non ti pare? +</p> + +<p> +— Uniamoci pure! — risposi. +</p> + +<p> +E così, per oltre sei mesi, fummo compagni +quasi indivisibili. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span> +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Eravamo insieme da parecchi mesi, quando +un giorno, in territorio d’Osilo, venne a trovarci +la moglie di Cambilargiu. — Era costei +la vedova di un suo cugino, da lui resa madre, +e poi sposatala per minaccia dei fratelli e dei +parenti. +</p> + +<p> +Si pranzò tutti insieme. Io ero serio e taciturno. +</p> + +<p> +— Cosa hai, figlio mio? — Mi chiese il compagno, +appena la moglie andò via. +</p> + +<p> +— Ho l’umor nero, nè so perchè. +</p> + +<p> +— Ebbene, cercherò allora di divagarti. +Andremo a passar la notte in un molino di +Nulvi; di là passeremo a cogliere un po’ di +carciofi nella vigna di un mio cugino prete, e +li faremo cuocere per la cena. +</p> + +<p> +Movemmo insieme verso Nulvi. Fermatici +alquanto nella cardiera del prete, per spiccarvi +non più di due dozzine di carciofi, continuammo +la nostra strada, quando udimmo alcune fucilate +nella vigna di Giorgio Vacca, posta in regione +di <i>Nuzzi</i>, a mezz’ora da Osilo. +</p> + +<p> +— Hai sentito? — Dissi rivolto al compagno. +</p> + +<p> +— Sarà il padrone della vigna: un medico +di casa, che mi è amico. +</p> + +<p> +Ci fermammo dinanzi al cancello. Io dissi a +Pietro: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span> +</p> + +<p> +— Entra tu per il primo, poichè vi sei +conosciuto. +</p> + +<p> +Cambilargiu passò avanti; io mi fermai a +rinchiudere il cancello, e gli tenni dietro. +</p> + +<p> +Fatti alcuni passi udimmo abbaiare un cane, +che comparve sulla porta della casa, distante +una trentina di passi dal cancello. Quasi subito +venne fuori un zappatore, il quale, dopo aver +imposto al cane di tacere, guardò verso di noi +e si fermò con senso di sgomento. +</p> + +<p> +In un attimo sbucarono dalla casa sette +carabinieri, che si schierarono sul piazzale, come +per meglio esaminarci. Il zappatore, certamente, +aveva pronunciato il nome di Cambilargiu. +</p> + +<p> +Questi si volse a me dicendo: +</p> + +<p> +— Coraggio, figlio mio, non temerli: sono +carabinieri! +</p> + +<p> +Io diedi un salto all’indietro e corsi ad +aprire il cancello gridando: +</p> + +<p> +— Vieni fuori subito! Ci sono io qui! +</p> + +<p> +Cambilargiu mi raggiunse; e allo stesso +tempo una scarica di quattro o cinque fucili +mandò in ischeggie parte del cancello. Il denso +fumo della polvere c’impedì di vedere i carabinieri; +nondimeno, io e Cambilargiu puntammo i +fucili in direzione degli armati e facemmo fuoco, +dandoci poi alla fuga. +</p> + +<p> +Eravamo illesi per vero miracolo. Una palla +mi aveva spezzato la bacchetta del fucile, ed +un’altra era strisciata lungo la manica della +<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span> +mia giacca, senza toccarmi la carne e senza +farmi versare una stilla di sangue. +</p> + +<p> +Era il 10 giugno 1853, di venerdì. +</p> + +<p> +L’indomani ci venne riferito, che un carabiniere +era caduto morto, e ad un altro la palla +aveva spezzato il calcio della pistola. Se alla +mia palla, o a quella di Cambilargiu, si dovesse +la morte del carabiniere, nessuno di noi seppe +mai: certo è che i carciofi del prete, anche +questa volta, mi avevano cacciato in bocca al +lupo<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a>. +</p> + +<p> +Avendo noi preso, nello scappare, due diverse +<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span> +direzioni, ci perdemmo di vista, e non ci +trovammo insieme che la domenica, due giorni +dopo lo scontro fatale. +</p> + +<p> +Chi avrebbe mai detto, che anche in quel +giorno io doveva essere messo a più dura +prova? Eppure così volle il destino, come dirò +nel capitolo seguente. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span></p> + +<h3 id="cap15-2">CAPITOLO XV. +<span class="smaller">A «Monte Fenosu».</span></h3> +</div> + +<p> +Era la domenica. Trovato per caso Cambilargiu, +mi pregò di tenergli compagnia fino +all’ovile de’ suoi cugini Migheli, posto sul <i>Monte +fenosu</i>, in faccia a <i>Scala di Ciogga</i>. Messici in +cammino, mi confidò di aver dato colà appuntamento +ad una persona <i>distinta</i>, che desiderava +conferire con lui. +</p> + +<p> +Arrivati alla capanna, chiesi a Cambilargiu +il nome dell’uomo che aspettava. +</p> + +<p> +— È un sassarese: Carlo Tiragallo. +</p> + +<p> +— Chi è costui? +</p> + +<p> +— Un regio impiegato; un segretario dell’Intendenza; +un signore ricco. +</p> + +<p> +— Ben soventi questi signori ci fanno la +spia! +</p> + +<p> +— Non è di questi tali. Trattasi di persona +ammodo, molto distinta. +</p> + +<p> +— Caro zio Pietro; i signori si vendicano +sempre, quando si presenta loro l’occasione, ed +è meglio non fidarsene. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span> +</p> + +<p> +I fratelli Migheli, punti dalle mie osservazioni, +soggiunsero a me rivolti: +</p> + +<p> +— Tu sei un miserabile, un pusillanime, e +non vali nulla! +</p> + +<p> +— Basta — conchiusi con calma — ora qui +siamo, e qui resteremo; però vi dichiaro, che non +pranzeremo insieme. Voi starete nell’ovile colla +famiglia, e noi all’aperto, in un punto vicino, dove +ci porterete da mangiare, ed accompagnerete +l’uomo <i>distinto</i>, che verrà per conferire con +Cambilargiu. +</p> + +<p> +— Si direbbe che tu hai paura! +</p> + +<p> +— Amo la prudenza. Voi siete abituati a +trattare coi signori di Sassari, i quali vi danno +i buoni bocconi, in cambio dei magri agnelli che +uccidete per loro. Ci avete il tornaconto, lo so; +ma badate che i bocconi della città non vi facciano +nodo alla gola! +</p> + +<p> +Quantunque io avessi insistito, Cambilargiu +fu di parere di far pranzo comune dentro la capanna, +insieme al signore che sarebbe arrivato da +Sassari. +</p> + +<p> +I fratelli Migheli, colle rispettive mogli, figli +e servi, abitavano in due distinte capanne vicinissime. +D’ordinario le due famiglie convivevano +insieme. +</p> + +<p> +Mezzogiorno era appena trascorso, quando +comparve Carlo Tiragallo, in compagnia del figliuolo +ventenne Giuseppe. Le carni erano cotte, +e ci mettemmo quasi subito a tavola, apparecchiata +nella capanna più grande. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span> +</p> + +<p> +Carlo Tiragallo (come in seguito appresi +dallo stesso Cambilargiu) si era recato a <i>Monte +Fenosu</i> per chiedere informazioni sull’individuo +che aveva sparato suo padre (il maggiore Agostino +Tiragallo) mentre si trovava in un suo predio +di Sassari. +</p> + +<p> +— Se lo hai sparato tu — gli aveva detto +il signor Carlo — siamo disposti a perdonarti; +ma se il tiro gli venne dal bandito Antonio Spano, +io ne voglio vendetta, e mi affido a te per compierla. +</p> + +<p> +Il maggiore Tiragallo aveva inseguito il suo +aggressore, ma non potè raggiungerlo, nè riconoscerlo. +L’uomo che gli aveva dato la fucilata +(andata a vuoto) era realmente Antonio Spano. +</p> + +<p> +Riprendo la narrazione. +</p> + +<p> +Sedemmo a tavola, io, Cambilargiu, i due +Tiragallo padre e figlio, e i due fratelli Migheli +colle rispettive mogli e figli; una ventina in tutti, +compresi i seni e le serve, e senza contare i +quattro uomini posti a vedetta fuori della capanna, +com’è usanza fra banditi, quando si riuniscono +in un luogo chiuso. +</p> + +<p> +Era la una dopo mezzogiorno. +</p> + +<p> +Con sorpresa avevo notato, che Carlo Tiragallo, +prima di sedere a tavola, si era tolto dalle +saccoccie due pistole nuovissime; una ne aveva +deposto sul letto delle donne, l’altra se l’era messa +alla cintola, dopo averne montato il grilletto. +</p> + +<p> +Quest’operazione mi aveva messo in diffidenza; +<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span> +ond’è che io, per precauzione, volli sedermi +armato di pugnale e di fucile tra i due Tiragallo — deciso +di pugnalarli entrambi se si fossero rivolti +contro di noi, o se avessi avvertito la +presenza dei carabinieri. Da questo lato, lo confesso, +io era il più intransigente dei banditi. +</p> + +<p> +Si chiacchierò allegramente durante il pranzo; +e Tiragallo, colle sue barzellette, fece ridere +le donne. Terminato di pranzare, Cambilargiu +disse a me rivolto: +</p> + +<p> +— Figliuolo mio, tu devi scusarmi se ti lascio +solo un momento, per andare all’aperto a conferire +col signor Tiragallo. +</p> + +<p> +E i due commensali uscirono per recarsi sul +promontorio ingombro di macchie, che sovrastava +la seconda capanna, distante da noi una quarantina +di passi. Ivi sedettero, per parlare non visti +e senza testimoni. +</p> + +<p> +Pochi minuti dopo si alzò da tavola anche +Giuseppe Tiragallo, e con lui tutti i commensali, +che uscirono all’aperto per ridere e chiacchierare. +Era un giorno di festa e si era tutti allegri. +</p> + +<p> +Dentro la capanna non ero rimasto che io, +ed una giovinetta quindicenne, a cui avevano affidato +una bambina che si teneva sulle ginocchia. +Non volli uscir fuori perchè temevo d’esser veduto +dalla punta di <i>Scala di Giocca</i>, dove non +mancano sassaresi a passeggiare, massime nei +giorni di festa. +</p> + +<p> +Mentre Cambilargiu e Tiragallo discorrevano +<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span> +sul promontorio boscoso, e le donne e i bambini +ridevano e scherzavano sul piazzale, Pietro +Migheli — uno dei due proprietari dell’ovile — era +rientrato nella capanna per scambiare qualche +parola con me. +</p> + +<p> +A un tratto si udirono abbaiare i cani, e il +Migheli si fe’ all’uscio. +</p> + +<p> +— Non è nulla — disse rientrando. — Lo +schiamazzo dei bambini e il riso delle donne rende +inquiete le bestie. +</p> + +<p> +Dopo alcuni minuti i cani tornarono ad abbaiare +più forte; Migheli tornò ad affacciarsi alla +porta, e rientrò subito pronunciando una sola +parola: +</p> + +<p> +— Carabinieri! +</p> + +<p> +— Va fuori! — gli gridai balzando in piedi — e +lasciami solo! +</p> + +<p> +La giovinetta quindicenne, che conobbe il +pericolo, si diede a piangere; e volgendomi ad +essa le gridai imperiosamente: +</p> + +<p> +— Va fuori anche tu, e sta zitta! +</p> + +<p> +Rimasi tutto solo dentro la capanna. +</p> + +<p> +In un lampo, con mente serena, abbracciai +la situazione. Guai al bandito che nei momenti +del pericolo perde il suo sangue freddo: egli è +morto! +</p> + +<p> +Nove carabinieri a cavallo, guidati dal maresciallo, +correvano all’impazzata dall’una all’altra +capanna dei fratelli Migheli. Erano venuti dal +versante di mezzogiorno, senz’essere avvertiti +<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span> +dalla vedetta, che imprudentemente aveva abbandonato +il suo posto. +</p> + +<p> +Altri venti carabinieri a piedi (come appresi +più tardi) si erano appostati alle falde boscose +di <i>Scala di Ciogga</i>, di fronte a <i>Monte Fenosu</i>. +</p> + +<p> +Come Cambilargiu avvertì dall’altura i soldati +che salivano la collina, aveva piantato Carlo +Tiragallo, e se l’era svignata cacciandosi di macchia +in macchia, inosservato. Affettando indifferenza, +Tiragallo era venuto giù, passo passo, fino +al piazzale della capanna, dov’io mi trovavo. +</p> + +<p> +Il momento era solenne; ma mi erano bastati +pochi secondi per prendere la decisione estrema. +Assicurai con una cordicella la mia pistola al +polso destro; afferrai la pistola lasciata da Tiragallo +sul letto, e me la legai parimenti al polso +sinistro. Mi accertai che la lama del mio pugnale +uscisse liberamente dal fodero; montai i grilletti +del mio fucile a due colpi, e mi cacciai in fondo +alla vastissima capanna, nell’angolo più oscuro, +pronto all’assalto ed alla difesa. Avevo di fronte +la porta (esposta a levante) e vedevo chiaramente +quanto accadeva sul piazzale. Sentivo il pianto +delle donne, gli strilli dei bambini, e il rumore +delle sciabole dei carabinieri, i quali correvano +di qua e di là come indemoniati. +</p> + +<p> +Il maresciallo, a cavallo al par degli altri, si +piantò dinanzi alla porta, alla distanza di cinque +o sei passi. Egli si rivolse a Carlo Tiragallo, che +gli era vicino, ma ch’io non vedevo: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span> +</p> + +<p> +— C’è nessuno dentro la capanna? +</p> + +<p> +— Nessuno. La capanna è vuota! — rispose +deciso Tiragallo, certamente persuaso che anch’io +fossi uscito all’aperto, riuscendo a mettermi in +salvo prima dell’arrivo dei carabinieri. +</p> + +<p> +Il maresciallo si rivolse a’ suoi dipendenti: +</p> + +<p> +— Qualcuno di voi smonti da cavallo e s’introduca +nella capanna. +</p> + +<p> +Un carabiniere smontò di sella, e cacciò più +volte la testa dentro la capanna, senza però varcarne +la soglia. Era titubante ed aveva paura. +</p> + +<p> +L’oscurità in cui mi trovavo gli impediva +di vedermi. +</p> + +<p> +La situazione diventava più critica. Se i carabinieri +si fossero assembrati dinanzi alla porta, +la mia uscita sarebbe stata impossibile. +</p> + +<p> +Feci due passi in avanti, risoluto di slanciarmi +con impeto all’aperto, dando uno spintone +al carabiniere che stava sulla porta. La mia sorte +era decisa: o salvarmi per miracolo coll’audacia, +o cader fulminato dalle palle di venti carabine. +</p> + +<p> +Il carabiniere che con titubanza cacciava la +testa nella capanna, senza decidersi ad entrare, +si era alquanto scostato, lasciando libera la porta. +</p> + +<p> +Il maresciallo allora, o che avesse avvertito +la mia presenza, o che volesse sgomentare un +bandito nascosto, puntò il fucile verso l’interno +della capanna e fece fuoco. La palla andò a conficcarsi +nello stipite, ed una scaglia colpì al labbro +il carabiniere vicino. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span> +</p> + +<p> +Costui, sentendosi ferito, indietreggiò, dicendo +che gli avevano fatto fuoco dall’interno della +capanna. +</p> + +<p> +Gli altri carabinieri smontarono allora da +cavallo, e si fecero alla porta, gridando: +</p> + +<p> +— Compagni, coraggio! +</p> + +<p> +Colla furia di un gatto selvatico mi slanciai +fuori all’aperto, col fucile in faccia. Scaricai una +delle canne a destra, e l’altra a sinistra, e vidi +un carabiniere stramazzare. I compagni, da una +parte e dall’altra, fecero un movimento istintivo, +come per scansare il colpo — ed io ne approffittai +per saltare come un capriolo in mezzo ai +miei aggressori. Svoltai a sinistra, in faccia a +<i>Scala di Ciogga</i>; gettato a terra il fucile scarico, +impugnai le due pistole, e giù a capofitto, fra gli +armati, a raggiungere il ciglione del monte. +</p> + +<p> +Oltrepassata di una diecina di metri la capanna, +dietro un piccolo promontorio coperto di +macchie, mi trovai a sinistra dinanzi a quattro +carabinieri in agguato. Con un coraggio disperato +mossi loro incontro, puntando le due pistole; essi +abbassarono la testa per schivare il colpo; ma +io, colla rapidità del lampo, mi voltai di scatto, +raggiunsi il ciglione della roccia a picco, tesi in +alto le braccia stringendo in pugno le pistole, +spiccai un leggero salto, e mi lasciai cadere nel +vuoto, per un’altezza di oltre venti metri. +</p> + +<p> +La falda della montagna era tutta roccie e +bosco, con piante altissime di elci. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span> +</p> + +<figure class="figleft"><a id="fill-307"></a> + <img src="images/ill-307.jpg" alt="Il salto dalla roccia di Monte Fenosu"> +</figure> + +<p> +Caddi in piedi, +senza urtare +per miracolo +in alcun ramo; +battei +leggermente +la schiena +contro +un sasso, +ma arrivai +a terra illeso. +Ero salvo. +Non avevo perduto +che il berretto +ed il fucile. +Pensai allora che +i carabinieri sovrastanti +mi avrebbero +fatto +fuoco dal ciglione, +dandomi la +caccia. Strisciai +come un serpe fra +macchie, roccie e +grossi sassi lungo +il dorso del monte, +fino a che giunsi +ad un tratto +nudo e roccioso, che io non poteva attraversare +senza sfuggire all’occhio vigile de’ miei cacciatori. +<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span> +Camminai carponi, mi aggrappai alle roccie +e alle macchie, strisciai tra i lentischi e gli elci, +mi lasciai rotolare dove il passo era impossibile, +e mi trovai alfine alla base del monte. Lamentai +allora la perdita del fucile, perchè sentivo di +essere un uomo nullo. +</p> + +<p> +Continuai a camminar carponi, finchè m’internai +nel bosco un’altra volta, dove i carabinieri +non mi potevano scorgere, nè inseguire. +</p> + +<p> +Sedetti alcuni minuti, perchè avevo bisogno +di riposo; indi mi diedi a contemplare l’alto monte, +compiacendomi dell’avventura toccatami. +</p> + +<p> +Trenta carabinieri si erano recati lassù per +arrestare il terribile Cambilargiu, ed invece era +stato io l’eroe della giornata. Circondare un bandito +dentro il suo covo, e lasciarselo scappare, +non era certo un’impresa degna di encomio per +l’arma benemerita! +</p> + +<p> +Ma perchè i carabinieri non mi fecero fuoco +addosso? Ne suppongo la ragione: — quelli che +circondavano la capanna si erano disposti in modo +da impedire la mia fuga; ma non avevano pensato, +che venendo io fuori, essi non avrebbero +potuto spararmi senza ferirsi a vicenda. I quattro, +che trovai in agguato a poca distanza dal ciglione, +tacquero di avermi veduto, forse per non +esser puniti. +</p> + +<p> +Il carabiniere da me colpito a <i>Monte Fenosu</i> +era Ribichesu: precisamente colui che a Florinas +si era vantato che mi avrebbe ucciso, se si fosse +<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span> +trovato dinanzi alla porta di Antonio Maria Deia. +Fu il destino che me lo cacciò fra i piedi!<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a> +</p> + +<p> +Camminai a grandi passi per una mezz’ora, +finchè giunsi dinanzi all’ovile di Giovanni Mangattia. +Mi accorsi che vi erano donne, e per non +spaventarle finsi l’indifferente e mi accostai cantarellando. +</p> + +<p> +— Non ci sono uomini, qui? +</p> + +<p> +— Li abbiamo in giro. Che volete, Giovanni? +</p> + +<p> +— Vorrei una cavalla. Ho saltato una roccia +e mi son fatto male ad un piede. Le precauzioni +non sono mai troppe! +</p> + +<p> +La donna andò a slegare una cavalla, che +si diede a tirar calci. +</p> + +<p> +— Che vuol dir ciò? è stata sempre docile, +ed ora fa la matta! +</p> + +<p> +La donna non si era accorta, che la cavalla +aveva sentito l’odore della polvere. Quando avviene +uno scontro, c’è sempre uno spirito infernale +che si mette di mezzo; e questo spirito s’era +impadronito della cavalla di Mangattia. Non tutti +<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span> +ci credono, ma io l’affermo perchè ne ho avuto +l’esperienza. Infatti, quando una cavalla (che +vede più d’un uomo) adocchia sulla strada uno +spirito, s’impunta; e se noi, smontando, non facciamo +il segno della croce, non c’è verso che +essa vada innanzi<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a>. +</p> + +<p> +Saltai sulla cavalla, dicendole: +</p> + +<p> +— Ora che ti ho sotto, sbuffa, starnuta, calcitra, +o crepa: l’hai da fare con me! +</p> + +<p> +E rivolto alle donne: +</p> + +<p> +— Fra un’ora ve la rimanderò. +</p> + +<p> +— Tienila quanto vuoi. +</p> + +<p> +Attraversai a mezzo trotto <i>Badde Olia, Cannedda, +Bunnari, Planu de murtas</i>. Fatta un’ora +di strada giunsi ad un’alta punta, nel sito chiamato +<i>Scala Ruja</i>, in territorio d’Osilo. Di là potevo +scorgere chiaramente la sommità di <i>Monte +Fenosu</i>, dov’era avvenuto l’attacco. +</p> + +<p> +Il sole era vicino al tramonto, ed io vidi il +lucicchio di un gran numero di fucili. +</p> + +<p> +Seppi più tardi, che, poco prima della mia +fuga dalla capanna, s’era mandato un espresso +a Sassari per chiamare un aumento di forza. Fu +spedita sul luogo una compagnia di soldati, guidata +dallo stesso colonnello. Ma era tardi. I due +uccelli avevano preso il volo. +</p> + +<p> +Arrivati dinanzi alla capanna, il colonnello +esternò il sospetto di qualche nascondiglio +<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span> +nell’interno, che servisse di rifugio a Cambilargiu; +e senz’altro diede ordine di appiccarvi il fuoco, +dopo averne fatto togliere le masserizie. +</p> + +<p> +Si era dunque avverata la mia profezia ai +fratelli Migheli: — badate che i bocconi della +città non vi facciano nodo alla gola! +</p> + +<p> +Carlo Tiragallo e suo figlio Giuseppe furono +sospesi dall’impiego per ordine del Governo. Il +primo, tradotto a Cagliari, fu condannato a diversi +mesi di carcere, sotto l’accusa di favoreggiare +i banditi. La presenza di Carlo Tiragallo +a <i>Monte Fenosu</i>, e la sua affermazione che nella +capanna non c’era nessuno, lo avevano pregiudicato. +Noi credemmo, invece, ch’ei si fosse prestato +a farci un po’ la spia. Quantunque punito +dal Governo per la menzogna e per l’insuccesso +della spedizione, ho sempre creduto che anche +il suo arresto fosse una commedia, per metterlo +in salvo dalle nostre vendette. Non è neppure +improbabile, che lo scorno fatto subire alle armi +regie nella giornata del 12 giugno 1853 avesse +provocato lo sdegno del Governo. I Tiragallo +erano coraggiosi ed audaci, e la loro venuta a +<i>Monte Fenosu</i> per vendicare l’insulto fatto al +Maggiore Agostino, non era forse estranea al +complesso degli avvenimenti. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span></p> + +<h3 id="cap16-2">CAPITOLO XVI. +<span class="smaller">Questua per un fucile.</span></h3> +</div> + +<p> +Dalla punta di <i>Scala Ruja</i> mi recai all’ovile +di mio cognato (in <i>su Crastu mal’a servire</i>) nel +territorio di Codrongianus e di Cargeghe. +</p> + +<p> +Colà appresi, dal mio congiunto, essersi già +divulgata la voce, ch’io fossi rimasto ucciso, +od arso vivo, nell’assalto di <i>Monte Fenosu</i>. +</p> + +<p> +Arrivati insieme nelle vicinanze di Florinas, +dissi a mio cognato: +</p> + +<p> +— Dammi il fucile ed il berretto, e precedimi +nel paese. Io resterò qui, fino al tuo ritorno. +</p> + +<p> +Mio cognato trovò molta gente che faceva +ressa dinanzi alla porta della nostra casa. La +mamma, le sorelle, i miei fratelli piangevano la +mia morte. I signori di Florinas si fingevano +addolorati per la disgrazia toccatami, e cercavano +di consolare i miei congiunti; ma in fondo +erano contenti di essersi liberati di me. +</p> + +<p> +Mio cognato entrò in casa tutto allegro, e +rivolto ai signori e a’ miei parenti, esclamò: +</p> + +<p> +— Cessate il pianto e consolatevi! Nulla +<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span> +di grave è avvenuto. È appena una mezz’ora +che ho lasciato Giovanni, sano e salvo come +siamo noi! +</p> + +<p> +La mamma e le mie sorelle, pazze dalla +contentezza, ringraziarono Dio; ma non so davvero +se i signori florinesi abbiano fatto altrettanto! +</p> + +<p> +Mi fu subito mandato da casa un berretto +nuovo; e pregai mio cognato che mi lasciasse +per un po’ di tempo il suo fucile. +</p> + +<p> +Una settimana dopo venne a trovarmi Pietro +Cambilargiu, per informarsi s’ero stato ferito, +e se avessi riportata qualche contusione nella +caduta. +</p> + +<p> +Narratogli il mio caso, lo esortai ad unirsi +a me per raggranellare dagli amici la somma +necessaria per l’acquisto di un nuovo fucile. +</p> + +<p> +Si andò insieme a trovare Salvatore Pinna, +il capitano dei barracelli di Florinas; il quale, a +nome di tutta la compagnia barracellare, mi +sborsò dieci scudi, prelevati dalla cassa sociale. +Si mandò in seguito un’ambasciata anche a Gianuario +Masia e a certo Marongiu, capitano e +tenente dei barracelli d’Ossi. +</p> + +<p> +Essi risposero, di lasciarci vedere nell’ovile +dello stesso Masia, nella Nurra, dove si sarebbe +stabilita la somma da consegnarsi. +</p> + +<p> +Pietro Cambilargiu, sempre diffidente ed +ombroso, mi disse con certo risentimento: +</p> + +<p> +— Mi avvedo oramai che gli abitanti d’Ossi +<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span> +sono tutti d’accordo per farmi arrestare, collo +scopo di procurare la impunità al loro compaesano +Antonio Spano. È un complotto fatto! +</p> + +<p> +— Hai torto a parlare così! Essi pensano +solamente a soccorrermi, non a tendere un’insidia +al mio compagno. +</p> + +<p> +Pochi giorni dopo Cambilargiu volle farmi +una confidenza: +</p> + +<p> +— Senti, figlio mio. Ti avverto che, a tua +insaputa, ho fatto scrivere a mio nome una +lettera a Monsignor Varesini. Gli ho chiesto +cento lire, dicendogli che ti abbisognavano per +comprare un fucile, avendo perduto il tuo nello +scontro di <i>Monte Fenosu</i>. L’arcivescovo di Sassari +mi fece avere la somma... ed io me ne +sono servito. Aggiusteremo i conti un’altra +volta<a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a>. +</p> + +<p> +A Cambilargiu erano abituali queste truffe, +che io detestava. Un giorno gli consegnai una +somma, pregandolo di acquistare ad Osilo l’orbace +necessario, per farmi fare una giacca dalla +moglie, molto abile in simili lavori. Non vidi +più denaro, nè giacca! +</p> + +<p> +Una sera, finalmente, il capitano dei barracelli +d’Osilo mi avvertì, che un mercante di +panno, certo Vigliano Altea, aveva un buon +fucile da vendere. L’arma mi piacque, e il capitano +<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span> +l’acquistò per cento lire, che prelevò +dalla cassa sociale del barracellato. +</p> + +<p> +Quel giorno Cambilargiu mi disse: +</p> + +<p> +— Ed ora siamo in pace; tu possiedi il fucile, +ed io mi tengo le cento lire dell’Arcivescovo +di Sassari! +</p> + +<p> +Non fiatai; ma il mio compagno non era +contento. Parecchie settimane dopo mi fece una +nuova proposta: +</p> + +<p> +— Senti, figlio mio. Giacchè il capitano dei +barracelli d’Ossi non si è ancora degnato di +sborsarti la somma promessa per l’acquisto del +fucile, andiamo a rubargli un cavallo; e poi gli +diremo che se vuol riscattarlo ci dia qualche +soldo. +</p> + +<p> +Secondai questa volta l’amico per un doppio +scopo. Ci recammo insieme ad un’aia, dove +sapevamo essere un buon cavallo, appartenente +ad uno zio di Antonio Spano, l’antico nostro +compagno, col quale eravamo in rottura, ed a +cui volevamo fare un dispetto. +</p> + +<p> +Il cavallo era stato ritirato dal padrone +pochi giorni prima; ed allora portammo via +un’altra buona cavalla, del valore d’una trentina +di scudi. Allo stesso tempo mandammo a +dire al capitano dei barracelli d’Ossi, che la +bestia era in nostro potere, e che lui poteva +da noi ritirarla mediante lo sborso di soli sei scudi. +</p> + +<p> +Il capitano Masia ci mandò subito 35 lire, +che Cambilargiu intascò avidamente. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span> +</p> + +<p> +— No — diss’io — bisogna essere di parola. +Ho detto sei scudi, e non devono essere +sette! +</p> + +<p> +Ed imposi al mio compagno di rimandare +al capitano uno scudo e la cavalla. +</p> + +<p> +Anche estorcendo l’altrui danaro, bisognava +essere onesti e galantuomini! +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span></p> + +<h3 id="cap17-2">CAPITOLO XVII. +<span class="smaller">Ricettatori.</span></h3> +</div> + +<p> +I fratelli Migheli, dopo lo scontro avvenuto +nei loro ovili di <i>Monte fenosu</i>, temendo giustamente +d’essere presi di mira per aver dato ricetto +a due famosi banditi, si erano dati alla macchia. +Non tardarono a cadere nelle mani della giustizia, +e furono chiusi in carcere. +</p> + +<p> +Diversi signori di Sassari, amici loro, volendo +mettere in libertà i due innocenti, si rivolsero +a me ed a Cambilargiu, per impaurire alcune +autorità colle minaccie. +</p> + +<p> +Da qualche tempo, infatti, i giudici usavano +un rigore eccessivo contro i nostri ricettatori; +e bastava che io o Cambilargiu fossimo accolti +in un ovile, perchè i poveri pastori venissero +perseguitati e messi in carcere. Ai ricorsi anonimi +seguiva immantinenti il processo, e la condanna. +</p> + +<p> +Simile misura ingiusta ci amareggiava l’anima. +Che colpa, infatti, ai poveri pastori od ai +contadini, se ci davano ricetto e vitto quando +<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span> +ci presentavamo alle loro capanne? E come +avrebbero osato negarci un soccorso, quando la +nostra vendetta poteva farli pentire del rifiuto +datoci? +</p> + +<p> +L’ospitalità sarda è generosa, illimitata, cieca; +nè vi ha capanna, nè ovile, nè casolare di campagna +che abbiano mai negato rifugio e pasto ad +uno straniero, che si presenta per chiederli! Non +è solamente la paura di un bandito che provoca +la generosità di un pastore o di un signore: +nessuno nega un soccorso a chi lo chiede; ed +è meglio cento volte essere tacciato di ricettatore, +che macchiarsi d’infamia vendendo il proprio +ospite. +</p> + +<p> +L’ospitalità non si concede ai soli banditi. +Cento volte io venni rifugiato, sfamato, soccorso, +senza sapere ch’io mi fossi. Il pastore, infatti, si +guarda bene dal chiedere il nome dell’ospite che +capita nel suo ovile, poichè ben sa che nessuno +ha il dovere di declinarlo. +</p> + +<p> +La giustizia ha dunque torto di perseguitare +e punire i ricettatori di un bandito. Quanti furti, +quante grassazioni, quanti omicidi risparmiati +per quell’asilo concesso, per quel tozzo di pane +dato, per quel riposo consentito! Le compagnie +barracellari dovevano all’amicizia dei banditi la +sicurezza delle campagne; poichè senza di essi +non avrebbero potuto conseguire benefizio alcuno. +Il vero bandito sardo fu il terrore dei ladri di +campagna; una sua minaccia li atterriva. Io ben +<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span> +so, che la giustizia fa il suo dovere — ma so +ancora che molti giudici, diventati liberi cittadini, +non si rifiutarono mai a dar ricetto ai latitanti. +È rarissimo il caso di un tradimento. +Quanti nomi di persone ragguardevoli potrei io +qui registrare, le quali mi hanno dato asilo e +soccorso, mantenendo il più scrupoloso silenzio +sulla loro generosa protezione in nome dell’ospitalità, +ed anche colla coscienza di aver contribuito +a fare un bene e non un male alla società! — Avrei +voluto vederli i signori giudici al posto +dei nostri ricettatori, che vivevano solitari in +aperta campagna! +</p> + +<p> +La persecuzione crudele verso i ricettatori, +lo ripeto, ha sempre indisposto i banditi; ond’è +che io e Cambilargiu non potevamo rimanere +insensibili alla dura sorte toccata ai fratelli +Migheli; i quali in ogni tempo ci avevano dato +ospitalità, più per bontà del loro animo, che per +il vincolo di parentela che li legava a Cambilargiu. +</p> + +<p> +Fra i più severi e inesorabili nemici dei +ricettatori era il giudice Satta, ploaghese, stabilito +da molti anni a Sassari. Costui era un vero cerbero; +faceva arrestare a diritta ed a manca +quanti concedevano un giaciglio o un tozzo di +pane ad un bandito. +</p> + +<p> +Dissi un giorno a Cambilargiu: +</p> + +<p> +— Senti: bisogna che da una buona volta +ci decidiamo a fare qualche cosa per giovare +<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span> +alla causa dei nostri amici e tuoi cugini fratelli +Migheli. Ho studiato il modo di rendere mansueto +e tollerante il giudice Satta. +</p> + +<p> +— Che hai pensato? +</p> + +<p> +— Ho una bella idea: mettere il giudice +Satta nella critica condizione dei ricettatori. +Vieni con me, e secondami. +</p> + +<p> +Il giudice Satta possedeva a Sassari, nella +regione <i>Eba ciara</i>, una piccola campagna, dove +soleva passare una buona parte del maggio e +dell’ottobre, insieme alla famiglia. Sapendo che +il giudice trovavasi colà da qualche settimana, +io mossi a quella volta in compagnia di Cambilargiu. +</p> + +<p> +Era mezzogiorno, quando arrivammo sotto +al colle dei Cappuccini. +</p> + +<p> +Aprimmo il cancello, attraversammo il viale, +e ci spingemmo fino alla modesta casetta. Dall’acciottolìo +dei piatti e dal rumore delle posate +ci accorgemmo ch’era l’ora del pranzo. +</p> + +<p> +Fattosi alla porta il vignataro, gli dissi risoluto: +</p> + +<p> +— Di’ al tuo padrone, che abbiamo urgente +bisogno di conferire con lui! +</p> + +<p> +Fummo fatti entrare addirittura nella sala +da pranzo. Erano a tavola una diecina di persone, +compresi i bambini. +</p> + +<p> +— Il signor giudice Satta? — chiesi rispettosamente, +ponendo la mano al berretto. +</p> + +<p> +Il giudice levò gli occhi su di noi, e ci fissò +<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span> +sbigottito, pallido per la paura. Certamente, vedendoci +armati di fucili, di pistola e di pugnale, +capì subito che aveva da fare con banditi. +</p> + +<p> +— Sono io! — balbettò con voce fioca e +tremante — E voi... chi siete?! +</p> + +<p> +— Io sono Giovanni Tolu! — risposi umilmente. +</p> + +<p> +— Ed io Pietro Cambilargiu! — soggiunse +il mio compagno, con bontà rispettosa. +</p> + +<p> +Il giudice sbarrò tanto d’occhi. Alcuni giovanotti, +udendo i nostri nomi, si erano alzati +vivamente da tavola ed avevano scavalcato la +bassa finestra della sala terrena. +</p> + +<p> +Io mi affrettai a soggiungere: +</p> + +<p> +— Non abbiano paura; non veniamo qui +per far male a nessuno. Siamo banditi, e abbiamo +il diritto di vivere come tutti gli altri uomini. +Chiediamo ben poca cosa. Abbia la bontà, con +suo comodo, di mandarci una trentina di lire +per mezzo del suo vignataro. Gli indicheremo +il sito, dove troverà la persona a cui consegnarle. +</p> + +<p> +— Non mancherò di farlo! — rispose il giudice +Satta, respirando più liberamente. — Sono +spiacente di non aver la somma presso di me... +</p> + +<p> +— Non si disturbi. La manderà domani, con +suo comodo. +</p> + +<p> +Il giudice Satta e la famiglia ci fecero allora +buon viso, e ci offrirono da mangiare e da bere; +ma Cambilargiu si affrettò a dire, col suo solito +fare brusco ed insolente: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span> +</p> + +<p> +— No: non vogliamo bere nè mangiare, poichè +potreste darci il veleno! +</p> + +<p> +Ciò detto, augurammo il <i>buon appettito</i> ed +uscimmo dalla sala. +</p> + +<p> +Oltrepassato il cancello dissi al mio compagno: +</p> + +<p> +— Hai capito? D’ora innanzi il giudice Satta +sarà più clemente coi ricettatori di banditi. Anche +lui ci ha dato ricetto, ci ha offerto da bere, e ci +manderà denaro! Puoi star certo che farà silenzio +sulla nostra visita! +</p> + +<p> +— Bravo! — mi disse Cambilargiu — hai +dato prove di abilità e di furberia! +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Sollecitati di nuovo ad adoperarci per la +liberazione dei fratelli Migheli, io dissi a Cambilargiu: +</p> + +<p> +— Che pensiamo di fare per i tuoi cugini? +Non bisogna dimenticare che i due figli di Salvatore +Spano, di Ploaghe, sono impiegati nella +magistratura di Sassari! +</p> + +<p> +— Andiamo dunque a trovare Salvatore a +Ploaghe! +</p> + +<p> +— No. È più prudente farlo venire in campagna; +e a questo penserò io. Mettiamoci in +viaggio. +</p> + +<p> +Giunti nelle vicinanze di Florinas, mandai +a chiamare Salvatore Pinna, ex barracello, al +<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span> +quale diedi incarico di recarsi a Ploaghe per far +venire lo Spano al molino di <i>Badu-canu</i>, dove +noi lo aspettavamo. +</p> + +<p> +Raccomandai intanto a Pietro Cambilargiu +che frenasse il suo carattere irritabile, mostrandosi +umile e sottomesso col proprietario Salvatore +Spano, uomo grave, di buon senso, e fra i +più saggi del paese. +</p> + +<p> +Un’ora dopo lo Spano ci stava dinanzi: +</p> + +<p> +— Che si vuole di me? +</p> + +<p> +— L’abbiamo qui chiamato per farci una +carità. +</p> + +<p> +— Dite pure. +</p> + +<p> +— La preghiamo di raccomandare a’ suoi +figliuoli, impiegati a Sassari, di usare un po’ di +misericordia ai fratelli Migheli, d’altro non rei +che di aver dato ricetto nella loro capanna a +Pietro Cambilargiu ed a Giovanni Tolu. +</p> + +<p> +— Non mancherò di farlo. Ricordatevi però, +che i figli miei non rappresentano il governo di +Sassari. Essi sono semplici impiegati, che dipendono +da un’autorità superiore. Procuratevi dunque +altre ingerenze, e così uniti potremo giovare +alla causa dei vostri raccomandati. +</p> + +<p> +Pietro Cambilargiu, con l’aria spavalda che +gli era abituale, disse rivolto allo Spano: +</p> + +<p> +— Badi di fare qualche cosa, chè altrimenti +quei signori l’avranno da fare con noi! +</p> + +<p> +Il vecchio Spano corrugò la fronte, e disse +gravemente rivolto al mio compagno: +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span> +</p> + +<p> +— Pietro, tu parli male! Quando si domanda +una grazia, non si ricorre a minaccie nè ad insolenze, +che con me sono inutili. I miei figli sono +signori, vivono a Sassari, nè possono temere alcun +danno da te. Se vuoi essere ascoltato, parla come +uomo, non come un insensato! +</p> + +<p> +Allontanatosi Salvatore Spano, ebbi un vivo +diverbio col mio compagno per le sue maniere +ruvide e villane. +</p> + +<p> +— Hai dimenticato che siamo nelle vicinanze +del mio paese! — gli dissi — Io tengo a non +essere insolente, nè sgarbato colle persone dabbene! +</p> + +<p> +Messici poi d’accordo, combinammo di rivolgerci +ad uno studente, per scrivere alcune lettere +all’indirizzo di persone autorevoli, in relazione +con giudici. +</p> + +<p> +Le pratiche nostre, unite a quelle dello Spano, +ebbero un ottimo risultato. Poche settimane dopo +i due fratelli Migheli venivano rimessi in libertà +dal tribunale di Sassari. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span></p> + +<h3 id="cap18-2">CAPITOLO XVIII. +<span class="smaller">Barracellato di Florinas.</span></h3> +</div> + +<p> +Faccio un passo indietro. Ho bisogno di +dichiarare che io non posso seguire scrupolosamente +l’ordine cronologico dei fatti avvenuti. +Per essere più chiaro, intraprenderò, ramo per +ramo, la storia della mia vita. Non si deve +dimenticare, che io narro gli avvenimenti di +quarant’anni, nè potrei interrompere un episodio +per riprenderlo a salti, secondo i diversi tempi +in cui si svolse. +</p> + +<p> +Erano appena iniziate le prime pratiche +per la liberazione dei fratelli Migheli, quando +il comune di Florinas pensò alla riorganizzazione +della compagnia barracellare per l’esercizio +1853-54. +</p> + +<p> +Il Consiglio comunale aveva deliberato di +far cadere la nomina di capitano dei barracelli +su Peppe, il mio fratello gemello. Era evidente +che si voleva tutelare la sicurezza della proprietà +col prestigio del mio nome di bandito. +</p> + +<p> +Peppe me ne aveva già parlato, e il Consiglio +<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span> +chiedeva il mio parere, prima di accingersi +alla nomina definitiva, +</p> + +<p> +— Non voglio assolutamente che tu sia il +capitano! — risposi a mio fratello: — Tu devi +rifiutare. Penserò io ad aggiustare le cose. +</p> + +<p> +Partecipata la rinunzia al Consiglio, questo +per tre volte confermò la nomina di Peppe Tolu; +e quando si seppe che mio fratello rifiutava per +mio suggerimento, alcuni consiglieri pregarono +il sindaco di consultarsi con me per formare la +compagnia barracellare di Florinas. +</p> + +<p> +Il sindaco uscì un giorno dal paese, come +per diporto, e venne ad abboccarsi con me in +campagna. +</p> + +<p> +— È egli vero che tu ti opponi perchè tuo +fratello non accetti la carica di capitano, che +vuole affidargli il Consiglio? +</p> + +<p> +— È verissimo! +</p> + +<p> +— E perchè ciò? +</p> + +<p> +— Perchè mio fratello non può, nè deve +accettare la carica di capitano dei barracelli! +</p> + +<p> +— Lo credi forse incapace a coprirla? +</p> + +<p> +— Lo credo capace, quanto abile ed onesto; +ma è troppo povero, e gli mancano i mezzi per +disimpegnare convenientemente simile carica. +Il capitano ha bisogno di comoda stalla per custodirvi +i cavalli, quando capita la ronda dei +barracelli d’altro comune; ha bisogno di essere +agiato per mettersi in grado di invitare a pranzo +gli amici, quando l’occasione si presenta; ha +<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span> +bisogno di spendere del proprio, perchè non ha +disponibile che la sola metà del salario anticipato +dai vassalli. Di questo salario non potrebbe +servirsi, poichè dev’essere ripartito alla fine +della gestione fra i barracelli che rondano e +lavorano lungo l’anno: — se si verificano danni +dovrà pagarli subito; se c’è benefizio, dovrà +fare il riparto equo. Mio fratello è troppo povero, +nè potrebbe senza sagrifizi ed umiliazioni +disimpegnare una carica così delicata. Credo in +coscienza, che l’agiatezza e il benessere siano +indispensabili a chi è chiamato ad amministrare +la roba d’altri; e la miseria è sempre cattiva +consigliera. Vi indicherò io la persona da presciegliere +per capitano dei barracelli. Intanto vi +prego di far venire qui don Ignazio Piras: ho +bisogno di conferire con lui. +</p> + +<p> +Venuto a me don Ignazio, prese a dirmi +col sorriso bonario dei signori, che vogliono +canzonare i poveri diavoli: +</p> + +<p> +— Ma perchè non vuoi permettere che tuo +fratello faccia il capitano? Tornerebbe ad onor +tuo questa nomina; poichè quando si sapesse +che il capo della barracelleria è stretto congiunto +ad un famoso bandito, i ladri si guarderebbero +dal recar danno all’altrui proprietà! +</p> + +<p> +— Si persuada, don Ignazio; noi possiamo +ancor vivere senza quest’onore. Non insista più +oltre, e mi risponda! +</p> + +<p> +— Sentiamo. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span> +</p> + +<p> +— Quanti agricoltori può ella contare sotto +la dipendenza della sua casa? +</p> + +<p> +— Una ventina; tu lo sai. +</p> + +<p> +— E il dottor Andrea Serra? +</p> + +<p> +— Altrettanti. +</p> + +<p> +— Ciò vuol dire, che le vostre due case +dispongono dell’intiera popolazione. Invece, dunque, +di un capitano, vi suggerisco di nominarne +due; e la scelta non dovrà ricadere che su don +Ignazio Piras e sul dottor Serra. In tal modo +la popolazione di Florinas dipenderà dalle vostre +famiglie. Il numero dei barracelli, fissato in 15, +e che potreste raddoppiare, voi non lo porterete +che a soli 25; e così il barracellato, alla +cui riorganizzazione è concorso tutto il paese, +non sarà inviso alla popolazione, la quale vivrà +tranquilla nell’unione e nella concordia. È questa +la mia opinione! +</p> + +<p> +Don Ignazio fece subito convocare il Consiglio +comunale, e gli comunicò la mia proposta, +che venne accettata dalla maggioranza con viva +soddisfazione. +</p> + +<p> +Formata la compagnia barracellare sulla +base da me suggerita, venni invitato a recarmi +segretamente a Florinas<a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a>. +</p> + +<p> +Trovandomi in quel tempo insieme a Pietro +Cambilargiu, lo pregai di tenermi compagnia. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span> +</p> + +<p> +Ci presentammo in casa del capitano don +Ignazio Piras, dove già trovavasi il suo collega +dottor Serra, nonchè i 25 barracelli, colà attirati +dalla curiosità di veder me e Cambilargiu, +del quale avevo preannunziato la visita. +</p> + +<p> +Come ci presentammo nella sala, don Ignazio +fece far silenzio, e rivolgendosi a me, prese la +parola solennemente: +</p> + +<p> +— Giovanni Tolu; noi abbiamo seguìto il +tuo suggerimento. Devo però dirti, che il Consiglio +ha deliberato di nominar te e Cambilargiu +a far parte della nostra barracelleria. Non pretendiamo +che voi andiate alla ronda (c’è abbastanza +gente per farla!), ma desideriamo solo +che esercitiate una scrupolosa sorveglianza, +massime verso i ladri di bestiame. Dei guadagni +della compagnia, voi sarete messi a parte +al pari degli altri; quanto alle perdite, non +dovete preoccupacene: pagheremo noi la vostra +quota! Accettate? +</p> + +<p> +Fatto un inchino rispettoso, io risposi: +</p> + +<p> +— Don Ignazio, dottor Serra, amici tutti: +io posso assicurarvi che la capitaneria di questo +anno avrà un esito soddisfacente, e apporterà +buoni frutti. Essa riuscirà più famosa di quella, +che la tradizione ci dice formata un’ottantina +d’anni fa, sotto il comando di Baingio Canu. +Questo capitano (nominato quasi a dispetto del +Consiglio comunale) non volle seco che un solo +barracello: il proprio nipote Pietro Canu. Vi +<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span> +ricorderò il fatto, quale lo raccontano i nostri +vecchi. +</p> + +<p> +«Narrasi, che la notte susseguente alla +costituzione della strana compagnia di due individui, +si verificò il furto di due cavalli, eseguito +coll’intenzione dispettosa di farli pagare al +capitano ed al nipote. Avuta la relazione della +mancanza del bestiame, Baingio Canu andò, +sull’imbrunire, a trovare il nipote: +</p> + +<p> +«— Pietro — gli disse — prendi il fucile +e seguimi! +</p> + +<p> +«Baingio Canu era un uomo energico e +risoluto: buono o cattivo, a seconda le circostanze. +</p> + +<p> +«Si recarono entrambi, a notte tarda, dinanzi +alla casa di colui, che sapevano essere +l’autore del furto. +</p> + +<p> +«— Bada di far fuoco sul ladro, appena si +presenterà alla porta! — fece Baingio al nipote. +</p> + +<p> +«— Sono agli ordini del capitano! — rispose +Pietro, che rappresentava l’intiera compagnia. +</p> + +<p> +«Lo zio picchiò risoluto alla porta. +</p> + +<p> +«— Apri Antonio, e vieni fuori: sono io! +</p> + +<p> +«Il disgraziato si fece all’uscio, e cadde +fulminato da una fucilata.» +</p> + +<p> +— Così, o signori, finirà questa capitaneria — conchiusi, +rivolto all’adunanza. — Spero, però, +che non avremo bisogno di spargere sangue +umano, poichè i ladri ci rispetteranno! +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span> +</p> + +<p> +Gli astanti si congratularono con me, e la +seduta fu levata<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a>. +</p> + +<p> +Pietro Cambilargiu non disse una parola; +egli ben sapeva, come mio compagno, che non +doveva opporsi a quanto avevo stabilito. +</p> + +<p> +Terminata la discussione, don Ignazio Piras +ordinò ai suoi servi di andare in cantina a spillare +il miglior vino. Fu dato a tutti da bere, +e si chiacchierò allegramente per una mezz’ora. +</p> + +<p> +Uscimmo dalla casa di don Ignazio per recarci +in quella del dottor Serra, dove ci fu offerto +lo stesso trattamento. +</p> + +<p> +La moglie del dottore, colla quale ero in +<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span> +confidenza, m’abbracciò, e mi baciò sulla guancia, +alla presenza di tutti. +</p> + +<p> +Cambilargiu, ch’era al mio fianco, mi disse +con una certa amarezza: +</p> + +<p> +— Vedo che sei proprio ben voluto nel tuo +paese! +</p> + +<p> +Uscimmo sulla via, seguiti dai nuovi barracelli +e da molti amici. Eravamo costretti a +fermarci di casa in casa, poichè ognuno voleva +offrirci da bere. Una folla di curiosi ci veniva +dietro, e tutti parevano soddisfatti di vedere i +due banditi, resi maggiormente celebri dopo i +recenti attacchi di <i>Nuzzi</i> e di <i>Monte Fenosu</i>. +</p> + +<p> +A Pietro Cambilargiu davano solo il <i>benvenuto</i>; +ma io ero fatto segno a dimostrazioni +affettuose. Tutte le donne del mio paese, vecchie +e giovani, venivano sulla porta per stringermi +la mano e per baciarmi, compiangendo +il mio triste destino. Ero vivamente commosso; +mi pareva di sognare, in mezzo a quella gente +che mi aveva veduto nascere, o colla quale +avevo trascorso i più bei giorni della giovinezza. +</p> + +<p> +Mi accorsi che quell’accoglienza affettuosa +e spontanea era una spina al cuore di Cambilargiu. +Egli mi camminava al fianco imbronciato +e riflessivo. Io, che conosceva la sua natura +diffidente e sospettosa, gli leggevo in fondo all’anima. +Egli certamente supponeva, che i tanti +amici miei non potevano essere che suoi nemici, +poichè volentieri avrebbero a lui teso un’insidia +<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span> +per concedere a me l’impunità a prezzo della +sua morte. Pensiero eterno del bandito, che lo +spinge a diffidare dell’amore, che altri nutre +per un compagno d’infortunio! +</p> + +<p> +Finalmente ci separammo, poichè non era +prudenza rimanere più a lungo in quel luogo — quantunque +a Florinas non vi fossero carabinieri, +e don Ignazio avesse preso le debite +precauzioni, prima di chiamarmi in paese. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span></p> + +<h3 id="cap19-2">CAPITOLO XIX. +<span class="smaller">Ancora Cambilargiu.</span></h3> +</div> + +<p> +Dopo la nostra nomina a barracelli di Florinas, +non tardai ad accorgermi che Cambilargiu +mi guardava in cagnesco, e non era con me leale, +come prima. Egli forse pensava, ch’era impossibile +un’illimitata confidenza fra un giovane trentenne +ed un uomo grave di mezzo secolo. Era +invidioso della benevolenza che mi dimostravano +i Florinesi: indizio questo, che il mio paese non +mi considerava come un tristo, ma bensì come +un disgraziato; e se avevo nemici a cui la mia +esistenza dava cruccio, avevo pure amici che mi +volevano bene. +</p> + +<p> +Un solo fatto basterà a provare che la mia +famiglia era ritenuta onesta e di buon conto in +paese. Io avevo imposto ai miei parenti di non +mai immischiarsi nelle mie vendette. Bastavo io +solo per compierle: essi non dovevano compromettersi. +Con orgoglio posso dunque affermare, +che mentre i congiunti degli altri banditi vennero +uccisi, molestati, o tratti in prigione, a nessuno +de’ miei parenti fu recato alcun danno, nè +<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span> +da’ miei nemici, nè dalla giustizia. Io solo fui il +disgraziato e il perseguitato, e ciò torna ad onore +della mia famiglia! +</p> + +<p> +Continuai ad accompagnarmi con Cambilargiu, +ma l’uno ormai era di peso all’altro. In lui +l’invidia e il rancore per l’affetto che mi addimostravano +i Florinesi; in me il disgusto delle +sue triste azioni, che mi ripugnavano. +</p> + +<p> +Ogniqualvolta si andava insieme ad Osilo, +fermandoci negli ovili, Cambilargiu domandava +con insistenza una pecora od un capretto ai poveri +pastori; i quali glieli davano subito, perchè +avevano di lui una paura maledetta. Ma non basta: +egli portava quel capretto o quella pecora nelle +aie dei ricchi possidenti, e là si mangiava tutti +insieme, me compreso. +</p> + +<p> +Eseguita diverse volte questa vergognosa +estorsione, un bel giorno io dissi a Cambilargiu +in uno di questi pranzi: +</p> + +<p> +— Zio Pietro, vuoi che ti parli chiaro? Non +mi piace questo tuo sistema. Tu strappi con violenza +un agnello ai poveri pastori che hanno i +figli scalzi, per darlo a mangiare ai ricchi che +possiedono pecore ed agnelli in abbondanza. Non +trovo troppo lodevole le azioni tue! +</p> + +<p> +Queste mie parole, pronunciate a tavola, alla +presenza di tutti, inasprirono Cambilargiu e i benestanti +commensali. Essi me ne mossero acerba +lagnanza, ma io feci il sordo e non risposi. +</p> + +<p> +Un altro giorno ci trovammo insieme nelle +<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span> +vicinanze di Osilo, dove la sua burbanza raggiungeva +il colmo. Mentre si chiacchierava in un’aia, +scappò di là la famosa cavalla che avevano preso +ad Ossi, per far dispetto al capitano dei barracelli. +Cambilargiu pretendeva che andassi io a rintracciarla. +</p> + +<p> +— No, zio Pietro. Qui siamo nel territorio +del tuo paese, e spetta a tuo cognato riportare +la cavalla. Io non manco di dartela insellata, +quando ti accompagno nelle terre di Florinas. Se +tuo cognato non farà il dover suo, aggiusterò io +la faccenda! +</p> + +<p> +E qui un altro vivo diverbio, che per fortuna +fu sedato dai parenti, i quali mi diedero ragione. +Il cognato di Cambilargiu riportò la cavalla, e +la cosa passò liscia. +</p> + +<p> +Poco tempo dopo, vennero rubate due bellissime +cavalle dal villaggio di Santo Lussurgiu: +l’una appartenente a Francesco Beccu, l’altra di +proprietà di Andrea Sanna. Si sparse la voce che +fossero in potere di Cambilargiu e di Antonio +Spano — ed era vero. +</p> + +<p> +La cavalla del Sanna, posseduta dallo Spano, +era morta; l’altra del Beccu era quella che montava +Cambilargiu, quando l’ebbi a compagno. +</p> + +<p> +Non c’era verso ch’ei volesse restituirla; ed +un bel giorno gli dissi a denti stretti: +</p> + +<p> +— Senti: qui si tratta della roba d’altri, +nè io voglio essere complice di furti, che detesto. +Se tu non restituirai la cavalla al padrone, +<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span> +io rinunzio al piacere d’esserti compagno. Separiamoci! +</p> + +<p> +Cambilargiu si rassegnò a restituire la cavalla +a Francesco Beccu, ma pretese da lui dodici +scudi, dicendo che ugual somma aveva egli sborsato +a chi gliela cedette. +</p> + +<p> +Non era ancora trascorso un mese dalle dimostrazioni +popolari ricevute a Florinas, quando +Cambilargiu, sempre diffidente perchè si sentiva +meno agile per l’età avanzata, prese a dirmi con +bontà affettata: +</p> + +<p> +— Con te, che mi sei figlio, non posso aver +riguardi. Devo avvicinarmi ad Osilo per affari +urgenti. Quando avrai bisogno di me, fammi sapere +il luogo dell’appuntamento, e sarò sempre +il tuo fido compagno. +</p> + +<p> +Così dicendo, ci separammo. Parecchie volte +lo invitai a venirmi a trovare nell’ovile di mio +cognato, ma con mia sorpresa egli non si lasciò +mai vedere. Era chiaro che la diffidenza lo aveva +allontanato dal territorio di Florinas, temendo +che i miei compaesani gli tendessero +un’insidia. +</p> + +<p> +Ma neppur io mi mossi per andarlo a trovare +ad Osilo — nè più lo rividi. +</p> + +<p> +Intanto, scaduto l’anno del barracellato di +Florinas, venne fatto il riparto della <i>raccolta</i>, e +toccarono a ciascun barracello settanta scudi di +benefizio. +</p> + +<p> +Quando ciò seppe Cambilargiu — quantunque +<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span> +neanche una volta avesse prestato l’opera +sua — mandò una lettera da Osilo a Don Ignazio +Piras, ricordandogli che anche lui era un barracello +di Florinas, e pretendeva la sua porzione. +«Se non l’<i>intiero</i> (egli scriveva). voglio almeno +<i>una parte</i>, perchè sono povero.» +</p> + +<p> +Erano rimasti a fondo del Bilancio sei scudi, +ed io consigliai di non darglieli; ma Don Ignazio, +temendo la ferocia di quell’uomo, glie li mandò +fino ad Osilo. +</p> + +<p> +Continuai pertanto a interessarmi della barracelleria +di Florinas, sempre fiero di venir consultato +dai barracelli, che in me riponevano la +loro fiducia. +</p> + +<p> +Il capitano non dura in carica che un solo +anno, e a Don Ignazio Piras era succeduto Gavino +Pintus, il padre di Maddalena Bua. +</p> + +<p> +Nominato capitano dal consiglio comunale, +quest’ultimo non aveva voluto accettare; ed allora +fu chiamato a Sassari dall’Intendente generale +per conoscere le ragioni del rifiuto. +</p> + +<p> +— Non accetto la carica di capitano — rispose +il Pintus — perchè per contentare il paese +dovrei ricorrere ai congiunti del bandito Giovanni +Tolu — e non so se vostra eccellenza vorrà +autorizzarmi a simile scelta! +</p> + +<p> +L’Intendente gli disse: +</p> + +<p> +— Va pure in paese, e nomina i barracelli +che vuoi, purchè tu faccia il capitano. +</p> + +<p> +Tornato Pintus a Florinas, si affrettò a comunicarmi +<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span> +la risposta dell’Intendente. Io lo persuasi +a fare il capitano; ed egli chiamò a far +parte della compagnia i miei fratelli Peppe e +Gio. Maria, nonchè Giuseppe Rassu, il più savio +di quella famiglia malnata. +</p> + +<p> +Quantunque io più non appartenessi alla +compagnia barracellare, si volle ch’io fossi compreso +nel riparto degli utili annuali. Mi si dava +la porzione, senza ch’io la chiedessi. +</p> + +<p> +Durante questa barracelleria erasi verificata +la mancanza di due cavalle, per una delle quali +fu inutile ogni ricerca. Trascorso quasi l’anno, +ricevetti una lettera da un amico, il quale m’informava +segretamente che la cavalla trovavasi +a Mores. Egli mi sollecitava ad adoperarmi per +farla restituire ai barracelli, che l’avevano già +pagata al padrone. +</p> + +<p> +Parlatone coll’ex capitano Pintus, questi mi +consigliò di non occuparmene. +</p> + +<p> +— No — gli dissi — ci va dell’onore della +compagnia, e farò il mio dovere. +</p> + +<p> +— Ebbene, se tu riescirai a ricuperarla, tienila +per te! +</p> + +<p> +Volli consultare i barracelli, i parenti e gli +amici, e tutti si dichiararono contenti che la cavalla +fosse mia. Ritiratala facilmente per mezzo +di mio fratello, la tenni in stalla dall’ottobre al +marzo, senza servirmene. +</p> + +<p> +Avendo veduto la cavalla, alcuni malevoli +misero in giro la voce che non era quella di Florinas, +<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span> +ma bensì un’altra rubata in Campidano +dalla combricola del bandito Bìcchiri. +</p> + +<p> +La cavalla, infatti, non era quella di Florinas; +ma io feci rispondere ai maldicenti, ch’ero +pronto a restituirla al padrone, se me lo avessero +indicato. +</p> + +<p> +Un assessore comunale osò avvertirmi: +</p> + +<p> +— Bada, Giovanni; non lasciar montare la +cavalla da’ tuoi fratelli, poichè verrebbero arrestati +e messi in carcere. +</p> + +<p> +Io risposi di mala grazia: +</p> + +<p> +— Senta: la cavalla che ho in istalla non è +quella di Florinas. Se conoscessi il padrone vorrei +intendermela con lui, poichè l’ho ingrassata a +mie spese. Io però la prevengo, che chiunque +osasse toccarmela — sia sindaco, brigadiere, o +demonio — ci rimetterà la vita! +</p> + +<p> +Nessuno mai venne a reclamare la cavalla. +La tenni per un po’ di tempo, finchè la vendetti +nella Nurra, dichiarando che avrei risarcito il +padrone, se si fosse a me presentato<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a>. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span> +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Non avevo più riveduto Pietro Cambilargiu. +Un giorno Don Ignazio Piras mi disse in confidenza, +che il bandito osilese gli aveva mandato +una lettera, chiedendogli con minaccie danaro. +</p> + +<p> +— Che debbo fare? +</p> + +<p> +— Non gli dia nulla. +</p> + +<p> +— Uno è dirlo, l’altro è farlo. Tu sai ch’io +vado spesso in campagna... +</p> + +<p> +— Si affidi a me. Ci penserò io! +</p> + +<p> +E infatti mandai a dire al mio antico compagno, +che si guardasse bene dall’avvicinarsi al +mio paese; poichè era un’azione indegna quella +di estorcere danaro a persone, che aveva conosciuto +per mio mezzo. Lui era stato educato +nell’ergastolo di Villafranca, e voleva fare il brigante +alla continentale — io invece preferiva fare +il bandito alla sarda! +</p> + +<p> +Non ebbi più notizia di lui, fino al giorno +della sua morte, che narrerò brevemente. +</p> + +<p> +Separatosi da me, Pietro Cambilargiu sentì +il bisogno di aver nuovi compagni. Egli si accorgeva +di essere diventato un po’ sordo e di vista +debole. +</p> + +<p> +Si era prima provato ad andar solo; in seguito +ebbe a compagni i banditi Depalmas e +Salvatore Fresu, dai quali si separava con frequenza, +essendo anch’essi di età matura e poco +<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span> +agili. A quel tempo Cambilargiu, quando a notte +oscura usciva da un ovile, aveva bisogno di venir +accompagnato fino a un luogo di rifugio da +persona fida, e così pure i suoi nuovi amici Depalmas +e Fresu. Condizione miseranda dei banditi, +quando diventano vecchi! +</p> + +<p> +Intanto il Governo, per potersi impadronire +del famoso bandito osilese, aveva ricorso al maresciallo +Scaniglia, il quale si era assunto l’impegno +di consegnarlo, vivo o morto, e con qualunque +mezzo, nelle mani della giustizia. +</p> + +<p> +Lo Scaniglia, alla sua volta, aveva ricorso +ad alcune spie; e, fra gli altri, era riuscito a raggirare +Luigi Marceddu, lontano nipote di Cambilargiu. +Costui, già proprietario pastore, era +allora sotto una penale di 70 rasieri di grano, +dovuto per contravvenzione nella <i>viddazzone</i> di +Sennori. +</p> + +<p> +Il maresciallo Scaniglia, non solo lo fece +assolvere dalla penale, ma gli donò ottanta +marenghi, a condizione che si adoperasse per +dargli in mano, vivo o morto, lo zio Pietro +Cambilargiu. +</p> + +<p> +Trovandosi Luigi Marceddu nella vallata +di <i>Logulentu</i>, in compagnia di Cambilargiu (che +si fidava del nipote) riuscì ad ucciderlo. Datone +subito avviso al maresciallo, questi accorse sul +luogo con altri cinque carabinieri — e crivellarono +di palle il cadavere del bandito..... +<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span> +forse per allontanare i sospetti da una spia, sì +abilmente guadagnata<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a>. +</p> + +<p> +In tutta la provincia, e specialmente a Sassari, +la notizia della morte di Pietro Cambilargiu +fu accolta con vera gioia, e quasi con feste. +</p> + +<p> +Non tardò il congiunto Marceddu a ricevere +la paga del suo nero tradimento. Egli +venne ucciso da un mugnaio — da certo Giomaria +Ibba — ch’ebbi più tardi a compagno, e +di cui parlerò a suo luogo. +</p> + +<div class="chapter"> +<p><span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span></p> + +<h3 id="cap20-2">CAPITOLO XX. +<span class="smaller">Ancora Antonio Spano.</span></h3> +</div> + +<p> +Appena ucciso il negoziante sassarese Dionisio, +il bandito Antonio Spano e i suoi amici +si erano dati a spargere la voce che l’uccisore +ero stato io. +</p> + +<p> +A Sassari si trovava in quel tempo l’avvocato +Todde, cagliaritano, professore all’università. +Spinto dalla curiosità di vedermi da vicino, gli fui +presentato in campagna, col pretesto d’una partita +di caccia; ed egli si mosse a pietà delle mie sventure. +Volle conferire con alcuni magistrati, e fu +riconosciuta la necessità di chiamarmi con salvacondotto, +per interrogarmi sull’uccisione di Dionisio, +sperando di attingere nuovi schiarimenti. +</p> + +<p> +Il prof. Todde, d’animo nobile e generoso, +aveva preso impegno di farmi abboccare coi giudici, +unicamente per mettere in chiaro la mia +innocenza, smentendo le dicerie che correvano +sul mio conto. +</p> + +<p> +Consultatomi coll’avv. Piras, accettai il salvacondotto. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span> +</p> + +<p> +Il convegno mi fu dato in casa di Don Ignazio +Piras, a Florinas, dove si recarono colla <i>diligenza</i> +il giudice istruttore Murgia, il procuratore +del re Costa ed un segretario. Furono tutti +trattati con vero sfarzo in casa Piras; basti il +dire, che nel pranzo offerto agli ospiti vennero +presentati a tavola venti <i>piatti caldi</i>. +</p> + +<p> +Comparso dinanzi a questi signori, il giudice +Murgia chiese a Don Ignazio un libro di +Evangeli per sottopormi al giuramento. +</p> + +<p> +— Non importa — dissi — ho in tasca l’ufficio +della Beata Vergine, che pur contiene alcuni +brani del Vangelo. D’altra parte credo inutile +ogni giuramento, perchè io deporrò il vero, +secondo coscienza. +</p> + +<p> +— Che cosa sai dell’uccisione di Giovanni +Antonio Matti, detto Dionisio? +</p> + +<p> +— So abbastanza. Mi trovavo di passaggio in +un ovile della Nurra, dov’era una serva sassarese. +Costei, giorni prima, era stata citata a Sassari +come teste nella causa Dionisio. Ritornata all’ovile, +le chiesi per curiosità notizie del processo; +ed ella mi disse, che le avevano imprigionato il +genero, per aver prestato ad Antonio Spano le +sue vesti da muratore, colle quali si era mascherato +per uccidere più facilmente Gio. Antonio +Dionisio... +</p> + +<p> +— Ed altro non sai? — mi chiese il giudice +Murgia, alquanto sorpreso. +</p> + +<p> +— Non c’è da saper altro. Il bandito Spano +<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span> +ha ucciso il signor Dionisio, per vendicare l’insulto +fatto al proprio fratello! +</p> + +<p> +Mi furono fatte diverse altre domande, che +forse avevano rapporto con qualche processo in +corso od in vista. I giudici vanno sempre in +cerca di nuovi fili, ma non sempre la loro tela +è ben tessuta. Ond’è che questa (come lessi in +un libro) rassomiglia ben sovente a quella dei +ragni: prende i moscerini, ma lascia scappare i +mosconi! +</p> + +<p> +Prima di licenziarmi, il procuratore del re +Costa mi chiese scherzando: +</p> + +<p> +— Hai tu fiducia nei salvacondotti? +</p> + +<p> +— E perchè no? Io credo che il Governo +abbia il dovere di essere leale! +</p> + +<p> +Confesso, nondimeno, che, prima di mettermi +in viaggio per Florinas, avevo fatto vedere il +salvacondotto ad una persona di fiducia — a don +Luigi Nurra, fisco a Cagliari, e genero del generale +Grondona di Tiesi, che si era ritirato a Cargeghe. +Le precauzioni non sono mai troppe! +</p> + +<p> +Fu questo il mio primo salvacondotto; in seguito +n’ebbi altri, come dirò a suo tempo. +</p> + +<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> + +<p> +Ho già parlato di uno zio di Antonio Spano, +a cui io e Cambilargiu tentammo un giorno di +rubare una cavalla, in odio al nipote. Parlerò ora +di un altro suo zio, Luigi Mudadu, già laborioso +<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span> +ed onesto, ma divenuto in seguito sicario, perchè +unitosi al nipote. +</p> + +<p> +Un giorno, a Tissi, era avvenuta una grassazione +a danno di un certo Sebastiano Selis e +di sua moglie Rosalia Figos; i quali erano stati +assaliti nella propria casa, e derubati di molto +danaro e di molta biancheria. Denunziati i malandrini +al tribunale, nessuno venne molestato, +per mancanza di prove. Non mancò tuttavia chi +risentì danno da questa denunzia, e pensò alla +vendetta. Il mandato di sangue fu affidato a +Luigi Mudadu, il quale, per danaro, tolse dal +mondo Sebastiano Selis. +</p> + +<p> +Un altro giorno Antonio Spano, insieme a +Cambilargiu e ad altri quattro compagni, si recarono +alla <i>Nurra</i> per dar l’assalto al noto sicario +Francesco S*, nell’ovile di <i>Rumanedda</i>. +Quantunque colpito da molte palle, il Francesco +fu trasportato ad Ossi, e non tardò a guarire. +</p> + +<p> +Non passò gran tempo, che Antonio Spano, +col concorso di altri sei complici, ritentò il colpo +su Francesco S*, assalendolo nella propria abitazione, +ad Ossi. Le grida della sorella di costui +diedero l’allarme, e gli assalitori dovettero rinunziare +all’impresa. +</p> + +<p> +Ai menzionati delitti, col braccio o col consiglio, +non fu estraneo Luigi Mudadu. +</p> + +<p> +I due ribaldi, zio e nipote, continuarono +senza tregua nella via del misfatto, eccitati più +dall’ingordigia del danaro, che dalla voce dell’odio +<span class="pagenum" id="Page_348">[348]</span> +e della vendetta. Non li seguirò nelle loro +scorrerie. Dirò solo, che l’ora della condanna era +suonata per entrambi. +</p> + +<p> +Antonio Spano, imprudentemente, aveva minacciato +un giovane d’Ossi, prevenendolo che lo +avrebbe ucciso. Costui andò a consultarsi con +altro bandito compaesano, certo Andrea Sanna, +che gli era amico. +</p> + +<p> +Fu concertato, che entrambi si sarebbero appostati +sotto una roccia, per spiare lo Spano, che +con frequenza soleva recarsi a Muros. +</p> + +<p> +— Se ci verrà incontro in campagna, noi +lo uccideremo — aveva detto Sanna — se invece +entrerà nel villaggio, lo faremo arrestare, +perchè ci è nota la casa del suo rifugio. +</p> + +<p> +Sull’imbrunire, non visti, essi scorsero Antonio +Spano che prendeva il cammino di Muros. +</p> + +<p> +Il bandito Sanna si fermò in campagna per +assicurarsi che lo Spano non uscisse dal paese; +il giovane invece andò di corsa a Sassari per +dare avviso all’arma dei carabinieri. +</p> + +<p> +Verso l’alba alcuni carabinieri giunsero a +Muros travestiti da <i>stacciai</i>, e si aggirarono per +il paese, fingendo vendere la loro mercanzia. +</p> + +<p> +Si presentarono alla casa, in cui si supponeva +fosse nascosto il bandito Antonio Spano, e si trattennero +a lungo dinanzi alla porta, contrattando +colle donne la vendita degli stacci, in attesa di +altri sei carabinieri a cavallo, partiti da Sassari +un’ora dopo, come d’intelligenza. +</p> + +<p> +<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span> +</p> + +<p> +Come si accorsero che i compagni entravano +in paese, i due stacciai si slanciarono di scatto +nella stanza vicina, puntando le pistole al petto +del bandito, che non ebbe il tempo di mettersi +in guardia. +</p> + +<p> +— Siamo carabinieri! Ti arrendi, o Antonio +Spano? +</p> + +<p> +Colto all’improvviso, quell’imbecille fissò +come istupidito i due armati, e non ebbe il coraggio +di far resistenza. Le due bocche delle pistole, +rivolte contro al suo petto, lo impressionarono. +Ebbe paura... e fu vile! Al suo posto io +avrei lottato fino a farmi uccidere. Una palla di +piombo è sempre la benvenuta, quando ci salva +dalla forca! +</p> + +<p> +Antonio Spano cedette le armi ai due stacciai, +ed abbassò il capo con rassegnazione, mormorando +a fior di labbro: +</p> + +<p> +— Mi arrendo! +</p> + +<p> +Fu ammanettato e tradotto alle carceri di +Sassari. +</p> + +<p> +Poco tempo dopo venne pur tratto in arresto +lo zio, Luigi Mudadu, l’uccisore di Sebastiano Selis. +</p> + +<p> +Il dibattimento dei due banditi ebbe luogo +a Cagliari, e furono entrambi condannati alla +morte. +</p> + +<p> +Ordinata la traduzione a Sassari per esservi +impiccati, i due prigionieri si posero in cammino +a piedi, scortati da molti carabinieri a cavallo. +</p> + +<p> +Strada facendo essi si misero d’accordo; e +<span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span> +riuscirono a comprare alcune scatole di zolfanelli, +che tennero per più ore in infusione in un +fiaschetto d’acqua. Approfittando di una sosta +lungo il cammino, i due congiunti trangugiarono +arditamente la bevanda, e si avvelenarono. Il +nipote, di complessione piuttosto delicata, morì +lo stesso giorno; lo zio, più robusto, sorvisse +ancora tre giorni. +</p> + +<p> +Ed ecco la fine di Pietro Cambilargiu e di +Antonio Spano, i due più efferati banditi del Logudoro, +ch’ebbi a compagni per un po’ di tempo. +Il primo morì assassinato da un parente traditore; +il secondo si salvò dalla forca col veleno! +</p> + +<p class="pad2 center large"> +FINE DEL PRIMO VOLUME +</p> + +<div class="somm"> +<p> +<span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span> +</p> + +<h2><a id="indice" href="#indfront"> +INDICE</a> +<span class="smaller">DEL PRIMO VOLUME</span></h2> + +<table class="indice"> + <tr> + <td colspan="2"><span class="smcap">Ai Lettori</span> (<i>Storia della Storia</i>)</td> <td class="pag"><a href="#lettori">Pag. 5</a></td> + </tr> + <tr> + <td colspan="2">Sui banditi del Logudoro (<i>Pagine storiche</i>)</td> <td class="pag"><a href="#logudoro">11</a></td> + </tr> + <tr> + <td colspan="3"> </td> + </tr> + <tr> + <td colspan="3" class="center">PARTE PRIMA</td> + </tr> + <tr> + <td colspan="3" class="center">PRIMA DELLA COLPA.</td> + </tr> + <tr> + <td colspan="3"> </td> + </tr> + <tr> + <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span></td> <td> </td> <td> </td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">I.</td> <td>Infanzia e prima giovinezza</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1">59</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">II.</td> <td>In cerca d’una moglie</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1">71</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">III.</td> <td>Alla festa di Mara</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1">78</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">IV.</td> <td>Ritorno dalla festa</td> <td class="pag"><a href="#cap4-1">89</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">V.</td> <td>Fattucchierie</td> <td class="pag"><a href="#cap5-1">96</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">VI.</td> <td>Convegni amorosi</td> <td class="pag"><a href="#cap6-1">101</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">VII.</td> <td>Sponsali e luna di miele</td> <td class="pag"><a href="#cap7-1">108</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">VIII.</td> <td>Prime nubi</td> <td class="pag"><a href="#cap8-1">116</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">IX.</td> <td>Tentativi di pace</td> <td class="pag"><a href="#cap9-1">127</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">X.</td> <td>L’attentato</td> <td class="pag"><a href="#cap10-1">138</a></td> + </tr> + <tr> + <td colspan="3"> </td> + </tr> + <tr> + <td colspan="3" class="center">PARTE SECONDA</td> + </tr> + <tr> + <td colspan="3" class="center">IL BANDITO DI FLORINAS.</td> + </tr> + <tr> + <td colspan="3"> </td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">I.</td> <td>Si torna agli esorcismi</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2">147</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">II.</td> <td>In casa di prete Pittui</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2">158</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">III.</td> <td>La famiglia Rassu</td> <td class="pag"><a href="#cap3-2">167</a></td> + </tr> + <tr> + <td colspan="3"><span class="pagenum" id="Page_352">[352]</span></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">IV.</td> <td>Si apre la campagna</td> <td class="pag"><a href="#cap4-2">179</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">V.</td> <td>Chi nasce e chi muore</td> <td class="pag"><a href="#cap5-2">193</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">VI.</td> <td>Duello a morte</td> <td class="pag"><a href="#cap6-2">203</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">VII.</td> <td>Gli ultimi Rassu</td> <td class="pag"><a href="#cap7-2">217</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">VIII.</td> <td>Agostino Alvau</td> <td class="pag"><a href="#cap8-2">224</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">IX.</td> <td>Il bandito Derudas</td> <td class="pag"><a href="#cap9-2">235</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">X.</td> <td>Giusta pena e pena ingiusta</td> <td class="pag"><a href="#cap10-2">243</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XI.</td> <td>La penna vale il fucile</td> <td class="pag"><a href="#cap11-2">251</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XII.</td> <td>Cambilargiu, Spano, Fresu</td> <td class="pag"><a href="#cap12-2">260</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XIII.</td> <td>I quattro banditi</td> <td class="pag"><a href="#cap13-2">274</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XIV.</td> <td>In bocca al lupo</td> <td class="pag"><a href="#cap14-2">286</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XV.</td> <td>A Monte Fenosu</td> <td class="pag"><a href="#cap15-2">299</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XVI.</td> <td>Questua per un fucile</td> <td class="pag"><a href="#cap16-2">312</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XVII.</td> <td>Ricettatori</td> <td class="pag"><a href="#cap17-2">317</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XVIII.</td> <td>Barracellato di Florinas</td> <td class="pag"><a href="#cap18-2">323</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XIX.</td> <td>Ancora Cambilargiu</td> <td class="pag"><a href="#cap19-2">334</a></td> + </tr> + <tr> + <td class="cap">XX.</td> <td>Ancora Antonio Spano</td> <td class="pag"><a href="#cap20-2">344</a></td> + </tr> +</table> + +<hr> +</div> + +<div class="somm"> + +<h2> +INDICE DELLE VIGNETTE +</h2> + +<p class="center">VOLUME PRIMO</p> + +<table class="indice"> + <tr> + <td><span class="smcap">Ritratto di Giovanni Tolu</span></td> <td class="pag">(<a href="#fill-002">frontispizio</a>)</td> + </tr> + <tr> + <td>Lettera iniziale allegorica <i>al banditismo</i></td> <td class="pag"><a href="#Page_13">Pag. 13</a></td> + </tr> + <tr> + <td>Testata allegorica sui personaggi della storia</td> <td class="pag"><a href="#Page_59">59</a> <a href="#Page_147">147</a></td> + </tr> + <tr> + <td>Moglie tentatrice, e il villaggio di Florinas</td> <td class="pag"><a href="#Page_69">69</a></td> + </tr> + <tr> + <td>Gli sposi uscenti dalla chiesa</td> <td class="pag"><a href="#Page_109">109</a></td> + </tr> + <tr> + <td>Attentato contro il prete Pittui</td> <td class="pag"><a href="#Page_140">140</a></td> + </tr> + <tr> + <td>Il bandito dal Rettore di Dualchi</td> <td class="pag"><a href="#Page_155">155</a></td> + </tr> + <tr> + <td>Uccisione di Francesco Rassu</td> <td class="pag"><a href="#Page_215">215</a></td> + </tr> + <tr> + <td>Il salto dalla roccia di <i>Monte Fenosu</i></td> <td class="pag"><a href="#Page_307">307</a></td> + </tr> +</table> +</div> + +<hr class="silver"> + +<div class="footnotes"> + +<h2> +NOTE: +</h2> + +<div class="footnote" id="note1"> +<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>.  </span>Giovanni Tolu, fatalmente, morì a Portotorres, di carbonchio, +nel pomeriggio dei 4 luglio 1896 — circa un mese dopo che avevo +consegnato il mio manoscritto all’Editore Dessì. A proposito della sua +morte il lettore troverà un’appendice in fondo a questo libro.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note2"> +<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>.  </span>È ancor viva nel popolo la famosa carestia nel 1780, che +provocò da per tutto disordini, specialmente a Sassari.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note3"> +<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>.  </span>Nella famiglia di Giovanni Tolu furono comunissimi i parti +doppi. Anche la figlia del bandito n’ebbe parecchi.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note4"> +<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>.  </span>Florinas, a 15 Chilometri da Sassari, è un ameno paesello di +circa 2200 abitanti. Dicesi costrutto sulle rovine di <i>Figulina</i>, oppido +romano. Posto in altura, sopra un gruppo di pittoresche colline, vi +si gode di un orizzonte vastissimo. Gli abitanti, industriosi, attivi, +intelligenti, sono per la maggior parte dediti all’agricoltura. Questo +comune, uno dei più lindi dell’isola, ha fatto notevoli progressi in +questi ultimi tempi. Dal 1849 ed oggi il suo piano topografico si è +quasi trasformato, poichè molte case furono demolite per la sistemazione +delle vie e delle piazzette, che vi sono spaziose, arieggiate, +pulitissime.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note5"> +<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>.  </span>Non so a quali malifizî qui accenni il Tolu. Certo è, che +prima del 1848 (ed anche dopo!) il volgo si lasciava trascinare a +superstiziose credenze, alimentate dall’ignoranza o dalla furberia di +chi aveva il dovere di combatterle.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note6"> +<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>.  </span>Giovanni Tolu mi citava assai spesso i personaggi della Storia +sacra e quelli dei <i>Reali di Francia</i> — letture sue predilette, dopo che +fu bandito, come vedremo in seguito.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note7"> +<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>.  </span>Era questa l’abituale espressione dell’ex bandito. Per <i>mia +opinione</i> egli intendeva dir tutto: il <i>mio parere</i>, il <i>mio desiderio</i>, la <i>mia volontà</i>, +il <i>mio intendimento</i>, la <i>mia decisione</i>, ecc. ecc.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note8"> +<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>.  </span>La chiesa di <i>Bonuighinu</i> (Buon vicino) è sacra alla Vergine +addolorata. Ha un bell’atrio quadrato, ed è costrutta su di un monte +conico di difficile accesso, circondato da foreste, con ruderi di mura +antiche, di una torre, e di due cisterne appartenenti al famoso castello +omonimo, pur detto di <i>Bonvhei</i>. Questo castello, eretto dai Doria, +fu da questi venduto a Mariano di Arborea; il quale, dopo averlo +ceduto nel 1355 al re di Aragona, lo riebbe nel 1364. Tornò in seguito, +nel 1388, agli aragonesi, e poi di nuovo ai Doria nel 1436. +</p> + +<p> +La festa di N. S. di <i>Bonuighinu</i>, con fiera, ha luogo nella terza +domenica di settembre, e vi accorre molta gente da ogni parte dell’isola, +sebbene in minor numero e con minor entusiasmo di quella +che vi accorreva prima del 1850.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note9"> +<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>.  </span>Noti il lettore questo curioso amor proprio rusticano. La povertà +era ritenuta un’umiliazione, anche dalla classe dei contadini! +</p> + +<p> +Ha dell’incredibile la felice memoria di Giovanni Tolu sui fatti +accaduti da oltre quarant’anni! Egli mi narrò molti altri particolari, +che ho taciuto perchè insignificanti. Ripeto che l’ex bandito fu +scrupolosissimo nella sua narrazione, nè accennò mai a fatti, senza +declinare nomi di persone e di località.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note10"> +<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>.  </span>Ricordi il lettore, che io riporto fedelmente, quasi parola per +parola, la narrazione dell’ex bandito. Parrà certamente incredibile, +che un uomo come Giovanni Tolu, assennato, pieno di buon senso, +e d’una istruzione non comune, potesse prestar fede alle <i>legature</i> e +ad altre simili fandonie. Eppure è così! Era una sua debolezza a +molti ignota, e appena sfiorata nel processo svolto nelle Assise di +Frosinone. Il Tolu mi parlava delle <i>fattucchierie</i> con profonda convinzione, +e si mostrava offeso ogni qualvolta io le metteva in dubbio +od in ridicolo. Rileverà il lettore, andando innanzi nella narrazione, +altre stranezze dello stesso genere, ch’io riporterò fedelmente, senza +commenti.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note11"> +<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>.  </span>Non dovremo noi scusare la superstizione di Giovanni Tolu, +quando la vediamo condivisa, o alimentata da sacerdoti così credenzoni? +Poveri paesi, e poveri tempi!</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note12"> +<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>.  </span>Una volta per sempre devo dichiarare, che io riporto fedelmente +la narrazione dell’ex bandito, e che non aggiungo una parola +ai dialoghi, che sono tutti tuoi. Ripeto che non volli alterare l’originalità +delle scene rusticane con slanci di rettorica convenzionale.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note13"> +<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>.  </span>Forse l’avv. Racca, reggente allora l’intendenza Generale, +dopo la partenza di De Monale. Il Racca fu Intendente di Alghero +nel 1855, e Vice Governatore di Sassari dal 1859 al 1862. +</p> + +<p> +Erano tempi d’inimicizie e di fucilate, e le Autorità cercavano +ogni mezzo per togliere il pretesto ai sanguinosi conflitti, allora frequentissimi.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note14"> +<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>.  </span>Specie di guardaboschi. Si era da un solo anno sotto la Costituzione, +ma pare si continuasse a governare coll’autoritarismo del +regime assoluto!</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note15"> +<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>.  </span>Lungo questa scarpa fu di recente costruito un parapetto.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note16"> +<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>.  </span>Recipiente di forma cilindrica, intessuta di canne, per custodirvi +il grano quando si ritira dall’aia.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note17"> +<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>.  </span>Era allora Luogotenente, non Maggiore di piazza.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note18"> +<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>.  </span>Pare che i preti e i frati d’allora attingessero la potenza dell’esorcismo +alle illecite relazioni. È cosa che io ignoravo fino ad oggi!</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note19"> +<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>.  </span>Giovanni Tolu chiamava <i>Perpetue</i> tutte le serve dei preti.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note20"> +<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>.  </span>Lo ripeto. Dovremo noi ridere della superstizione di Tolu, +quando la vediamo incoraggiata in siffatta guisa da preti così ignoranti, +o così furbi? Rimando il lettore alla nota apposta appiè della pagina 99.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note21"> +<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>.  </span>Lascio a Giovanni Tolu tutta la responsabilità delle <i>biografie</i> +contenute nella presente storia. Per quanto scrupoloso e veritiero egli +fosse, noi dobbiamo pure ammettere che qualche volta l’ex bandito +avrà giudicato gli uomini attraverso la lente del propri odî o delle +proprie simpatie. D’altra parte il lettore non deve mai dimenticare +il tempo in cui i nostri fatti accadono!</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note22"> +<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>.  </span>Badi il lettore che io riporto fedelmente, senza rispondere dei +giudizi e delle asserzioni di Giovanni Tolu.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note23"> +<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>.  </span>Fra Tolu e i Dore pare vi fosse ruggine antica. Vi ha un +processo contro Tolu per <i>insulti</i> fatti a Giuseppe Dore mediante arma +da fuoco, il 1. Giugno 1850 (era ammogliato da un mese e mezzo). — Gio. +Tolu non me ne parlò; e forse l’accusa gli venne dal prete, indispettito +per il matrimonio della sua servetta.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note24"> +<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>.  </span>Narro il fatto colle precise parole del bandito, che non aggiunse +altro. Era facile intendere, com’egli avesse preso di mira il suo +nemico, fingendo far fuoco al par degli altri in direzione della costiera. +Fu questo il primo uomo ucciso da Giovanni Tolu. +</p> + +<p> +Quest’omicidio fu commesso il 19 maggio 1851, come risulta dal +processo indiziario, che fu istruito a carico di Tolu.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note25"> +<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>.  </span>La fede nei sogni era un’altra superstizione del Tolu.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note26"> +<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>.  </span>Il ferimento avvenne il 19 aprile 1851. I sospetti caddero su +Tolu, come mi risulta da un processo; però, con ordinanza del 17 dicembre +1852 fu dichiarato <i>non farsi luogo a procedere</i>. Sapremo più +tardi la verità!</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note27"> +<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>.  </span>Pare che questa punizione fosse adottata nella sola Diocesi +di Sassari.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note28"> +<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>.  </span>Morì a Sassari il 21 agosto 1851, in età di 56 anni.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note29"> +<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>.  </span>Il Tolu leggeva spesso i <i>Reali di Francia</i>, come vedremo in +seguito.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note30"> +<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>.  </span>Francesco Rassu fu ucciso il 4 gennaio 1853. Aveva 39 anni, +come rilevai dai registri parrocchiali di Florinas.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note31"> +<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>.  </span>Salvatore Rassu venne ucciso il 23 settembre 1854. Tolu mi +fece comprendere di averlo ucciso lui, quantunque non si fosse istruito +alcun processo, e molti ne dubitassero.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note32"> +<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>.  </span>Altri disse, che una donna, complice del progettato assassinio, +a un certo punto si era alzata dal tavolo per aggiustare il +lucignolo di una lucerna, impedendo così all’Alvau di vedere Antonio +Sento che armava il grilletto. Credo più veridica la versione +del Tolu, che l’apprese della bocca degli stessi aggressori.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note33"> +<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>.  </span>Il cadavere di Alvau fu portato sulle fascine a Sassari; venne +subito esposto fuori Porta Sant’Antonio, e l’indomani in Piazza Castello.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note34"> +<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>.  </span>Non era certamente il diavolo, ma era il dolore e l’onta per +la condanna infamante, che avevano fulminato quel poveretto. Valga +anche questo fatto per farci deplorare le pratiche edificanti di quei +tempi!</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note35"> +<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>.  </span>Questa raffinatezza di ghiottoneria, inferocendo sulle povere +bestie, farà arricciare il naso alla società protettrice degli animali, +per i quali i pastori non nutrono certo la tenerezza dei cittadini civili. +Questi, nondimeno, non cessano dal lagnarsi quando le carni +non sono saporite!</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note36"> +<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>.  </span>Siamo giusti. Se la denuncia all’autorità giudiziaria fosse +stata fatta da altri in odio a Tolu, non so se costui l’avrebbe trovata +encomiabile!</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note37"> +<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>.  </span><i>Mancamento</i> dicesi in sardo il bestiame mancante, denunziato +ai barracelli dai proprietari.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note38"> +<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>.  </span>Noti il lettore il prestigio che esercitavano i banditi sui pastori, +e lo studio di questi per ingraziarseli.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note39"> +<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>.  </span>Avrà notato il lettore i buoni accordi che correvano fra banditi +e barracelli. Gli uni servivano gli altri.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note40"> +<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>.  </span>Il fatto avvenne il 16 Settembre 1852. Fu ferito con arma +da fuoco il brigadiere del cavalleggieri Giuseppe Andorno. Vi ha +processo; ma con ordinanza del 30 dicembre si dichiarò <i>non farsi +luogo a procedimento</i>.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note41"> +<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>.  </span>Riassumo dagli atti del processo i fatti, secondo la relazione +dei carabinieri e dei due contadini presenti. +</p> + +<p> +«Il maresciallo dei cavalleggieri Teodoro Prelato, della stazione +di Osilo, informato che Cambilargiu vagava nei dintorni, e specialmente +a Nuzzi, il 10 giugno 1853 capitò nella vigna del medico +Giorgio Vacca (figlio della vedova Chessa) insieme al brigadiere +Gio. Leoni ed ai cavalleggieri Angelo Coas, Paolo Achenza, Giuseppe +Dasara e Giuseppe Sassu. Entrarono nella casa rustica, dove +subito accorsero i contadini Antonio e Francesco Vacca (fratelli del +medico) che lavoravano nella vigna. +</p> + +<p> +Il cavalleggiero Dasara aveva scaricato poco prima la canna del +fucile, che teneva per dubbia. (Era questo lo sparo avvertito in +precedenza dai due banditi). +</p> + +<p> +Il maresciallo, udendo abbaiare il cane ed aprirsi il cancello, +(distante dalla casa un 27 passi) era uscito fuori, seguito da Francesco +Vacca, ed aveva riconosciuto, in uno dei due che entravano, +Pietro Cambilargiu. +</p> + +<p> +— Sei barracello, forse? — gli gridò. +</p> + +<p> +— E tu sei maresciallo? +</p> + +<p> +— Sì, lo sono! +</p> + +<p> +— Vieni, cane, che ti metto la medaglia d’oro! +</p> + +<p> +La lotta si era impegnata fra i due, che si fecero fuoco a vicenda. +Il maresciallo ebbe spezzato da una palla il calcio della pistola. +(Nessuno conosceva Tolu di persona.) +</p> + +<p> +Corso il maresciallo dietro la casa per ricaricare l’arma, aveva +gridato ai compagni: — Coraggio, c’è Cambilargiu! +</p> + +<p> +Fu allora che i banditi uscirono prestamente dal cancello, lo +rinchiusero, e vi appoggiarono un grosso sasso. Di là fecero due +spari ed uccisero il cavalleggiere Sassu (con cinque ferite). +</p> + +<p> +Fatti gli spari, i cavalleggieri corsero al cancello, ma non potendolo +aprire, saltarono dall’alta siepe. I banditi si erano dileguati +nè poterono inseguirli, poichè dinanzi alla vigna vi erano tre viottole, +nè sapevano quale avessero presa. +</p> + +<p> +Uno dei contadini disse, che Tolu fu ferito ad un dito ed ebbe +spezzata la bacchetta del fucile. +</p> + +<p> +Tolu niega che avessero messo il sasso dinanzi al cancello.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note42"> +<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>.  </span>Vi ha processo per l’omicidio del carabiniere Antonio Rebichesu +di Sassari, in atto di ribellione e resistenza; più per ferimento +di altri due carabinieri, Antonio Contu e Francesco Sperone, mediante +sparo. Si allude forse al carabiniere ferito accidentalmente al +labbro dal maresciallo, ed a qualche altro colpito dal Tolu coi due +spari fatti. Come mai costui, scaricando le due canne del fucile, poteva +colpire tre persone in tre tempi diversi? C’è imbroglio nel processo; +ed è forse perciò che si tacque di esso, mentre si portò alle +Assise il solo scontro di <i>Nuzzi</i>, avvenuto due giorni prima di quello +di <i>Monte Fenosu</i>.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note43"> +<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>.  </span>Riporto le credenze di Tolu, senza commenti.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note44"> +<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>.  </span>Anche gli Arcivescovi avevano paura dei banditi e cercavano +di amicarseli!</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note45"> +<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>.  </span>L’anno del barracellato comincia coll’agosto, e termina collo +stesso mese dell’anno susseguente.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note46"> +<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>.  </span>La narrazione di Tolu, a proposito dei barracelli non deve +sorprendere il lettore, poichè è un fatto che si verifica con molta +frequenza. Certi latitanti (parrà strano!) erano, e sono tuttora ritenuti +come una garanzia per le compagnie barracellari. +</p> + +<p> +E fu così in ogni tempo. Il 6 dicembre 1730 (per citare un +esempio) il Vicerè scriveva al Governatore di Sassari, autorizzandolo +alla nomina di Francesco Farru a capitano della Compagnia, colla +condizione imposta, di accettare i barracelli scelti da costui. Il Vicerè +notava solo, che essendovi fra essi alcuni <i>reos de delictos</i>, non +era bene accoglierli in un Corpo incaricato dell’estirpazione dei malandrini. — Eppure +si doveva chiudere un occhio, e accettare i +ladri per scongiurare i furti! +</p> + +<p> +Della compagnie barracellarie si hanno nozioni fin dal tempo +dei Giudici (nei secoli XII e XIII). Esse vennero stabilite in ciascun +villaggio coll’obbligo di ricompensare, mediante retribuzione, qualunque +danno sopportato nelle proprietà. Fu questa una delle ottime +istituzioni sarde, conservate fino ad oggi, con qualche modificazione. +Dopo il 1848 divennero <i>volontarie</i>, ed oggi sono rette dalla legge +22 maggio 1853.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note47"> +<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>.  </span>Lo scambio delle due cavalle è un fatto misterioso; ma non +posso fornire maggiori schiarimenti, poichè Tolu non me ne diede. +Valga questa nota per altri punti un po’ oscuri della narrazione. +L’ex bandito s’imbronciava quando io l’interrompevo per chiedere +spiegazioni. Egli mi diceva secco: +</p> + +<p> +— Scriva quanto le dico. Gli <i>interessati</i> mi comprenderanno! +</p> + +<p> +Era un uomo singolare, un po’ testardo, e non bisognava insistere.</p> +</div> + +<div class="footnote" id="note48"> +<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>.  </span>Fu ucciso nel pomeriggio del 23 giugno 1856 (vigilia di San +Giovanni). L’indomani il municipio di Sassari fece un rapporto al +Ministero, annunciando la morte di Cambilargiu, (<i>pernicioso anche col +solo prestigio del nome</i>) ucciso da pochi carabinieri dopo <i>viva resistenza</i>. +I cinque carabinieri, oltre lo Scaniglia, furono: Usai, Vargiu, +Porqueddu, Pugioni e Catte.</p> +</div> +</div> + +<div class="tnote"> +<p class="tntitle"> +Nota del Trascrittore +</p> + +<p> +Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione +minimi errori tipografici. +</p> + +<p> +Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio. +</p> +</div> + +<div style='text-align:center'>*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 76574 ***</div> +</body> +</html> + diff --git a/76574-h/images/cover.jpg b/76574-h/images/cover.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..4512a55 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/cover.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-002.jpg b/76574-h/images/ill-002.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..cde4865 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-002.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-013.jpg b/76574-h/images/ill-013.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..8551f60 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-013.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-059.jpg b/76574-h/images/ill-059.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..c651384 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-059.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-069.jpg b/76574-h/images/ill-069.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..b88dcb7 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-069.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-109.jpg b/76574-h/images/ill-109.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..642c863 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-109.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-140.jpg b/76574-h/images/ill-140.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..58c78d0 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-140.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-147.jpg b/76574-h/images/ill-147.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..c651384 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-147.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-155.jpg b/76574-h/images/ill-155.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..002ef79 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-155.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-215.jpg b/76574-h/images/ill-215.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..7e4688d --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-215.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-307.jpg b/76574-h/images/ill-307.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..67cfc35 --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-307.jpg diff --git a/76574-h/images/ill-drop-l.jpg b/76574-h/images/ill-drop-l.jpg Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..a89973c --- /dev/null +++ b/76574-h/images/ill-drop-l.jpg diff --git a/LICENSE.txt b/LICENSE.txt new file mode 100644 index 0000000..6312041 --- /dev/null +++ b/LICENSE.txt @@ -0,0 +1,11 @@ +This eBook, including all associated images, markup, improvements, +metadata, and any other content or labor, has been confirmed to be +in the PUBLIC DOMAIN IN THE UNITED STATES. + +Procedures for determining public domain status are described in +the "Copyright How-To" at https://www.gutenberg.org. + +No investigation has been made concerning possible copyrights in +jurisdictions other than the United States. 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