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+
+*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 76574 ***
+
+
+ [Illustrazione: GIOVANNI TOLU]
+
+
+ ENRICO COSTA
+
+
+ GIOVANNI TOLU
+
+ STORIA D’UN BANDITO SARDO
+ NARRATA DA LUI MEDESIMO
+
+ PRECEDUTA DA CENNI STORICI
+ SUI BANDITI DEL LOGUDORO
+
+ Con Vignette di Dalsani
+
+
+ Volume Primo
+
+
+
+ SASSARI
+ PREMIATO STABIL. TIP. G. DESSÌ
+ 1897.
+
+
+
+
+AI LETTORI
+
+STORIA DELLA STORIA
+
+
+Verso gli ultimi di novembre dello scorso anno, rientrando nel mio
+studio, vi trovai un vecchio, che da mezz’ora mi aspettava.
+
+Chiestogli il motivo della sua venuta, mi rispose con una domanda:
+
+— È egli vero che lei ha scritto la storia di Giovanni Tolu, il
+bandito? Avrei piacere di leggerla.
+
+— Non ho mai scritto storie di banditi viventi — risposi.
+
+Il vecchio, senza punto scomporsi, ripigliò con sussiego:
+
+— Se lei non l’ha scritta, è certo che ben presto la scriverà!
+
+— E perchè dovrò scriverla?
+
+— Perchè glie la dirò io, che sono Giovanni Tolu in persona.
+
+La strana presentazione mi sorprese non poco; tuttavia risposi:
+
+— Non so davvero perchè lei voglia narrarmi la sua storia, nè perchè io
+debba scriverla.
+
+— Le dirò sinceramente, che ormai sono stanco e infastidito delle
+fandonie che si vanno spacciando sul mio conto. Lungo la mia vita di
+bandito e d’uomo libero — per oltre quarant’anni — si dissero e si
+stamparono sui miei casi inesattezze tali, che mi preme rettificare.
+Non voglio colpe, nè virtù che non mi spettano. Fui intervistato da un
+numero infinito di curiosi, italiani e stranieri, ma non volli finora
+aprire l’animo mio ad alcuno. Oggi solamente mi sono deciso a fare
+una confessione generale, schietta, veridica, senz’ombra di vanità,
+nè di secondi fini. Esporrò lealmente i casi della mia vita, persuaso
+che il racconto delle mie avventure desterà nel pubblico una curiosità
+non infeconda di ammaestramenti; di ammaestramenti per tutti: per le
+famiglie, per i giudici, per i disgraziati miei pari, ed anche per
+il Governo se vorrà trarne profitto. A settantaquattro anni non si
+hanno più speranze, nè timori; ed è perciò che io voglio presentarmi
+al pubblico tutto intiero, quale realmente fui, spogliando la mia vita
+da tutti gli episodi fantastici e bugiardi, di cui volle infiorarla il
+volgo... ed anche i signori. Ecco perchè voglio narrare la mia storia —
+ed ecco perchè lei dovrà scriverla!
+
+La lunga tirata del bandito — che ho riportato parola per parola — mi
+colpì vivamente; tuttavia il mio proposito fu quello di sottrarmi ad un
+fastidio penoso, che non mi tentava per alcun verso.
+
+Risposi francamente al vecchio bandito: che il narrare simile
+storia non era facile com’egli credeva; che bisognava studiare il
+modo conveniente di presentarla al pubblico; e che infine, prima di
+accingermi a scriverla, era necessario intendersela con un editore.
+
+— Intendiamocela pure! — esclamò il Tolu col tono di un uomo
+incrollabile ne’ suoi propositi.
+
+All’amico Giuseppe Dessì — l’editore da me consultato alla presenza del
+bandito — non spiacque l’idea; e mi pregò di accingermi all’opera.
+
+Stabilite le condizioni, Giovanni Tolu si fermò in Sassari fino a tutto
+gennaio. Ebbe la pazienza di recarsi ogni sera nel mio studio, e mi
+dettò la sua lunga storia, che io trascrissi fedelmente.
+
+Seduto dinanzi al camino, caricando o scaricando la sua pipa, il
+vecchio bandito (ora in buon sardo, ed ora in cattivo italiano) prese
+a narrarmi i casi della sua vita, risalendo ai nonni; e filò sempre
+diritto per venticinque giorni, con un ordine ed una chiarezza, ch’io
+non mi aspettava. Circostanze minuziose, dialoghi, nomi di persone e di
+località, episodi d’ogni genere, tutto egli mi espose scrupolosamente,
+senza mai confondersi, nè contraddirsi.
+
+— Io voglio narrarle il _bello_ ed il _brutto_ — mi diceva ogni tanto —
+A lei buttar via ciò che crede inutile o insignificante.
+
+Lo confesso: la semplicità, la schiettezza, l’ordine della narrazione,
+nonchè la varietà degli episodi, mi fecero lieto di aver aderito
+al desiderio dell’editore e del mio protagonista. Nessuna storia di
+bandito fu narrata finora con tinte più vere e con particolari più
+intimi; poichè non capita due volte il caso di un bandito famigerato,
+che, assolto dalle Assise di Frosinone (e meno male che non lo fu in
+Sardegna!) si decide a confessare coraggiosamente le sue colpe, senza
+tema che possa immischiarsene l’autorità giudiziaria.
+
+La storia del Tolu abbraccia, fra gli altri, il tristo periodo che
+corse tra il 1850 e il 1860 — periodo ancor vivo nella memoria del
+popolo, poichè in esso appaiono le figure di Spano, di Derudas,
+di Cambilargiu, d’Ibba — tutti banditi famosi, che il Tolu ebbe a
+compagni, e di cui ci narra non poche gesta.
+
+Mio primo proposito fu quello di servirmi dei copiosi materiali
+fornitimi dal Tolu per tessere una storia vera, ma tutta mia
+nell’ordine e distribuzione delle scene. Non tardai, in seguito, a
+rinunziare al mio disegno.
+
+Io dissi a me stesso: — Perchè dovrò io torturarmi la mente,
+creando situazioni che possono cadere nel convenzionalismo? Perchè
+accingermi allo studio di artifizi letterarii, quando non pochi sono
+i testimoni viventi dei fatti che andrò esponendo? Perchè assumere
+la responsabilità di giudizi, che potrebbero glorificare od avvilire
+la figura d’un uomo disgraziato, ma colpevole sempre? Perchè, infine,
+dovrò io narrare la storia di Giovanni Tolu, quando con più efficacia
+può narrarla lui stesso?
+
+Non trovando ragioni da opporre a tutte queste domande, rinunziai
+a scrivere un lavoro d’arte, e decisi di riportare fedelmente la
+confessione del Tolu, seguendo l’ordine da lui tenuto, e servendomi
+quasi sempre de’ suoi modi di dire. La storia del vecchio bandito
+(sebbene più prolissa e forse più noiosa) potrà così conservare tutta
+la natia semplicità, tutto il colore locale, e quella vergine impronta
+che darà maggior risalto al carattere del tempo, degli attori e
+dell’ambiente. Mi limiterò solamente ad apporre qua e là qualche breve
+nota appiè di pagina, quando la crederò necessaria.
+
+Ho voluto visitare, in compagnia del Tolu, alcune località che furono
+teatro delle scene più salienti; ed ho quindi eseguito alcuni schizzi,
+sui quali il valente Dalsani di Torino studiò le macchiette riportate
+in questo libro. Dobbiamo al Turati di Milano la riproduzione in
+fototipia del ritratto recentissimo del vecchio bandito, fatto eseguire
+dall’editore.
+
+Nel mio libro non si narrerà la storia di un semi-eroe, quale il poeta
+suol narrarla — nè la storia di un volgare assassino, come crudamente
+la registrano gli atti del tribunale. Si narrerà la storia di un uomo
+co’ suoi vizi, le sue virtù, le sue passioni. Certo è, che il lettore
+vi troverà molte cose ignorate, le quali potranno offrire argomento di
+profondo studio al psicologo ed allo storico.
+
+Chi è Giovanni Tolu? — Un figlio di umili agricoltori florinesi, pieno
+d’intelligenza e di buon senso, ma educato nei modi che i tempi e
+l’ambiente consentivano; datosi giovanissimo alla campagna, dopo aver
+tentato di vendicarsi di un prepotente, da cui si credette maltrattato
+e deriso; punto nell’amor proprio di marito; deluso negli affetti di
+famiglia; errante per trent’anni di balza in balza, senz’amici, senza
+un consiglio pietoso, senza una parola di conforto; vivente nella
+solitudine come un selvaggio, oppure in compagnia di malandrini, dai
+quali non poteva attingere che eccitamenti a delinquere; odiato dai
+nemici, circondato da spie, perseguitato dai carabinieri; carezzato da
+deboli e da prepotenti per bisogno o per paura; glorificato insanamente
+dal volgo; fatto segno talora ad una curiosità entusiastica, fatalmente
+corruttrice; un misto, insomma, di bontà e di tristizia, di generosità
+e di ferocia, di fede e di superstizione, di saggezza maravigliosa e
+d’intolleranza superba, senza neppure la coscienza del male che taceva
+agli altri ed a sè stesso.
+
+Tutto questo il lettore dovrà considerare prima di leggere la storia
+di Giovanni Tolu; e quando l’avrà letta, studiando a mente serena
+l’uomo più che il bandito, saprà trarne altri ammaestramenti, i quali
+gli riveleranno quante leggere siano le cause che trascinano alla
+perdizione un’anima nata buona, e quanto facili siano i mezzi che
+potrebbero strapparnela.
+
+Prima di dare la parola a Giovanni Tolu[1], infliggerò al lettore
+alcune pagine di storia sui banditi sardi in genere, e su quelli del
+Logudoro in ispecie.
+
+Ho detto _infliggere_, ma devo dichiarare che la mia chiacchierata
+potrebbe omettersi, con vantaggio di chi legge... ed anche di chi
+scrive.
+
+ _Sassari, maggio 1896._
+
+ ENRICO COSTA.
+
+
+
+
+SUI BANDITI DEL LOGUDORO
+
+PAGINE STORICHE
+
+ [Illustrazione: Testata allegorica _al banditismo_]
+
+
+La storia del _banditismo_ è vecchia quanto il mondo. Essa risale a
+Caino, e forse ai nostri primi padri.
+
+Caino, dopo il fratricidio, esclamò: — Io, dunque, sarò vagabondo e
+fuggiasco sulla terra, e chiunque mi troverà mi darà la morte!
+
+Adamo ed Eva, appena commesso il primo fallo, si affrettarono a
+coprirsi ed a nascondersi; e da quel giorno tutti i bambini, appena
+rompono qualche piatto in cucina, sentono il bisogno di scappare e
+d’intanarsi, sperando che i sospetti ricadano sulla serva di casa.
+
+L’uomo non è altro che un bambino ingrandito.
+
+La sete di sangue, che tormenta l’uomo, lo eccita alla pugna: — istinto
+feroce, che i selvaggi manifestano apertamente, ma che i popoli civili
+hanno bisogno di mascherare col sentimento convenzionale d’una _partita
+d’onore_, e magari d’una _guerra santa_, in cui la forza e l’astuzia
+soverchiano quasi sempre la ragione, col tristo risultato di un offeso,
+che il più delle volte soccombe — e di un offensore, che riporta quasi
+sempre la palma della vittoria.
+
+Fu in ogni tempo sentito il bisogno di sottrarsi al fastidio delle
+leggi per battere la campagna, dando prove di abilità e di valore, col
+togliere al prossimo la vita, e la borsa insieme.
+
+Come i Crociati corsero entusiasti in Palestina per coprirsi di gloria
+e di blasoni; come i nostri mercanti logudoresi, per ottenere dai re di
+Spagna onori e feudi, uscivano armati dal paese ad espugnare i vecchi
+castelli, o per dar la caccia ai saraceni sulle spiaggie di Gallura,
+così non mancarono i baldi giovani, che si univano in masnade per
+cimentarsi in battaglie temerarie e sanguinose, solleticati unicamente
+dalla gloria vanitosa di diventar celebri.
+
+Furono ugualmente in gran voga le delizie della pirateria. Inseguire e
+depredare un legno, per impadronirsi del bottino, fu creduto, in tempi
+non barbari, un diritto delle genti: — prova questa, che l’uomo ha gli
+istinti del tigre e della gazza, ed è nato ladro e feroce.
+
+Quando nel 1651 il Vicerè cardinal Trivulzio — uomo sordido e avaro
+— dopo averne fatto delle grosse in Sardegna, salpò dal porto di
+Alghero per restituirsi in Spagna, s’imbattè in alto mare in una nave
+straniera. Ordinò al capitano d’inseguirla; la raggiunse, la catturò, e
+s’impadronì senza rimorsi della fatta preda. Ed era un cardinale!
+
+La rapina di mare, più tardi, cedette l’impero a quella di terra; e qui
+mi dispenso dal segnalare tutte le bravate dei masnadieri d’Europa,
+i quali svaligiavano eroicamente vetture, trucidavano passeggieri, e
+rapivano le belle per farne dono ai propri capitani innamorati
+
+Leggesi nelle storie, che le masnade avventuriere destarono nei primi
+tempi un entusiasmo sì morboso, che molti giovani di distinta famiglia
+abbandonarono la casa paterna, allettati dalle gloriose gesta degli
+eroi del furto e dell’assassinio. L’ignoto li attraeva, perocchè
+il pericolo ha le sue seduzioni. L’uomo si accora quando è solo; ma
+nella vita collettiva irride alle avversità della sorte, attingendo
+in esse la forza e l’audacia. Gli artisti ed i poeti disgraziati, per
+poter sghignazzare sulle ingiustizie del mondo, non fondarono forse la
+_Bohème?_
+
+Corsari e masnadieri, banditi e briganti ebbero il loro culto e il
+loro momento di celebrità, molto più che i menestrelli e i cavalieri
+erranti. In essi fu ammessa — insieme alla forza _semi-irresistibile_
+— una certa qual baldanza cavalleresca. Quei valorosi infiammarono
+siffattamente la fantasia, e destarono sì intensa l’ammirazione, che i
+poeti e i musicisti si credettero in dovere di farne argomento dei loro
+canti, aggiungendo fuoco a fuoco.
+
+_Corrado_, il corsaro di Byron; _Carlo Moor_, il masnadiero di
+Schiller; _Ernani_, il bandito di Victor Hugo; _Fra Diavolo_ e _Luigi
+Vampa_, i briganti di Auber e di Dumas, per tacere di molti altri,
+strapparono pietose lagrime a migliaia di fanciulle, e invogliarono non
+pochi giovani a seguire i bellicosi ardimenti. L’uomo, trascinato dal
+magisterio dell’arte, prova assai spesso di queste singolari e nobili
+aspirazioni!
+
+Le spoglie del vinto furono in ogni tempo considerate patrimonio legale
+del vincitore — e da ciò il furto e l’assassinio, in nome sempre del
+diritto.
+
+Quanto poi al sentimento del farsi giustizia da sè, fu anch’esso
+ritenuto come un diritto naturale. A che pro, infatti, ricorrere ai
+tribunali? Vi ricorre forse la Nazione incivilita, quando credesi
+offesa nell’onore e nel suo diritto da un’emula rivale? La guerra è
+allora dichiarata _santa_, ed ogni religione benedice le proprie armi —
+forse per attutire il rimorso di qualche coscienza scrupolosa.
+
+Ammesso il principio fondamentale, è chiaro come il soldato abbia il
+dovere di uccidere il fratello _nemico_, non solo colla coscienza di
+non essere un _omicida_, ma col diritto al plauso ed alla gloria dei
+benemeriti vincitori. L’amor di patria giustifica ogni efferatezza; e
+se una differenza vi ha da essere fra la vendetta dell’uomo individuo
+e quella dell’uomo collettivo, non potrebbe essere che questa: — sul
+campo di battaglia noi uccidiamo a sangue freddo un uomo che non
+ci ha offeso, mentre nella vita privata, acciecati dall’ira o dal
+risentimento, uccidiamo sempre, a torto od a ragione, un uomo che ci ha
+leso nell’onore o negli averi. La società, però, la pensa altrimenti;
+e mentre al primo concede la medaglia al valore, prepara la forca al
+secondo. — Non vi sembra, per lo meno, che tutti e due dovrebbero aver
+torto, o ragione?
+
+Ma il mondo è così fatto, e neanco il Creatore si darebbe oggi la
+briga di rifarlo. — Chi non lo sa? Il vecchio Dio incoraggiava le
+battaglie, mentre Gesù Cristo non fece che bandire la crociata della
+pace, predicando il perdono ai nemici. Pare dunque che il babbo avesse
+più esperienza e più buon senso del figlio, poichè i popoli tennero per
+lui, e trascurarono il _nuovo testamento_ per attenersi alle clausole
+del _vecchio_.
+
+La Nazione istituisce i tribunali per il bene dei popoli, ma viceversa
+essa non se ne serve, poichè preferisce la forza alla ragione e
+non si fida della Giustizia. Gli antichi signorotti si circondavano
+di _bravi_, e li mantenevano per farsi rispettare: sempre per quel
+principio intangibile, che il torto è del debole, e la ragione del più
+forte.
+
+Chi non lo vede? la guerra è un bisogno; anzi, dobbiamo ammetterla
+come un istinto, se la scienza e la civiltà non sono ancora riuscite ad
+abolirla.
+
+D’altra parte (ragionando sul serio) noi dobbiamo lealmente
+riconoscere, che tutti i malanni, le passioni, i pregiudizi ci
+vennero unicamente concessi per poter sbarcare il lunario della vita.
+Se gli uomini mai non peccassero, se fossero tutti concordi, tutti
+galantuomini, tutti santi, come camperebbero i preti, i giudici,
+gli avvocati? — Se vi fosse una verità assoluta, indiscutibile, dove
+andrebbero a finire le diverse opinioni che dànno vita e colore a un
+mondo di uomini politici e di giornalisti? — Se, infine, si vivesse
+sempre in pace coi propri fratelli, contento ciascuno del proprio
+lembo di terra, a che servirebbero gli eserciti permanenti, e in che
+s’impiegherebbero migliaia di giovani?
+
+Dobbiamo dunque ammettere, che le imperfezioni del corpo, dello spirito
+e dell’umano intelletto non servono che a dare il pane quotidiano
+alla metà dei viventi: la quale campa alle spalle dell’altra metà,
+creando le disuguaglianze, le lotte e le diverse opinioni, perno
+dell’equilibrio sociale. Possiamo conchiudere: che un mondo di gente
+savia finirebbe col morir di fame e di noia!
+
+Queste saranno forse stramberie; ma come faremo a pensarla altrimenti,
+quando nei casi pratici della vita noi vediamo il moralista filosofo,
+che fa proprio il contrario di ciò che va predicando? — quando per ogni
+dove non c’imbattiamo che in tartufi politici, in tartufi religiosi,
+in tartufi domestici, in tartufi scienziati, industriali, mercanti?
+È cosa ormai assodata, che la più grande soddisfazione di colui che
+predica e scrive contro la vanità e le frivolezze umane, è unicamente
+riposta nella frivolezza e nella vanità di credere, che il mondo gli
+dica _bravo!_ — Noi non diventiamo ricchi, dotti, saggi ed onesti,
+che a spese dell’altrui miseria, dell’altrui ignoranza, dell’altrui
+credulità, dell’altrui dabbenaggine.
+
+Fermiamoci ora, per poco, sull’indomabile sentimento che ci trascina,
+nostro malgrado, ad ammirare quanto d’orrido e di truce esce fuori
+dalla cerchia dei fatti comuni e delle abitudini quotidiane.
+
+Perchè negarlo? La belva ci tenta e il sangue ci ubbriaca. Il
+valore, la temerità, l’astuzia, in tutte le loro manifestazioni,
+buone o cattive, esercitano sul nostro cervello un fascino morboso,
+inesplicabile.
+
+Entriamo in un circo antico. Dinanzi al gladiatore valoroso, anche la
+donna si esalta, e depone per un istante l’innato sentimento della
+pietà. Tutta palpitante, battendo le mani al vincitore, ella, col
+_pollice verso_, lo incita a squarciare le viscere del vinto che
+fu atterrato. Le figlie di Eva, così deboli e così timide, amano di
+preferenza i forti e gli audaci; esse magari svengono dinanzi ad un
+salasso, ma offrono il cuore e la mano all’eroe di un torneo, che torna
+vincitore col brando insanguinato.
+
+La ferocia, valorosa o temeraria, e con essa tutte le scene di
+sangue, esercitano sull’animo umano un’attrattiva che si subisce e
+non si discute: c’è in esse un fondo d’ipnotismo, o di suggestione.
+Non per nulla lo spettacolo di un’esecuzione capitale (che i Governi
+credettero, scioccamente, _salutare esempio_) attrasse in ogni tempo
+una folla di curiosi sotto ai patiboli. Nelle fredde notti invernali,
+mentre al di fuori urla la tempesta, noi vediamo le famiglie popolane
+raccogliersi intorno al focolare domestico, per ascoltare con curiosità
+paurosa le storie dei morti e dei feroci briganti. Il fantastico e
+il sovranaturale furono per parecchi secoli il tema prediletto degli
+artisti e dei poeti.
+
+Chi mai, avendone l’occasione, non ha tentato di vedere da vicino un
+famoso bandito, un truce assassino, una belva feroce?
+
+Una brava e gentile artista milanese, venuta lo scorso anno a Sassari,
+implorò dal prefetto la grazia di poter visitare le carceri, unicamente
+per vedervi il feroce bandito Derosas e il suo compagno Angius. —
+So che fu soddisfatta nel suo desiderio, ma non so quale gradevole
+impressione abbia potuto riportarne!
+
+Questo turbine d’idee bislacche e di anomalie paradossali si scatenò
+sul mio cervello, mentre andavo spigolando le gesta brigantesche del
+continente europeo, e più ancora delle isole, dove i banditi hanno
+sempre allignato in numero maggiore.
+
+ *
+ * *
+
+Sospendo le malinconiche meditazioni, per riportare alcune note
+storiche sui malviventi, sulle squadriglie e sui banditi principali del
+Logudoro (o meglio del Capo di Sassari) che ho riassunto in gran parte
+da documenti ufficiali, da me consultati nel R. Archivio di Stato.
+
+Nel Codice della Repubblica sassarese, del 1316, è cenno dei banditi
+che si davano alla macchia; e mentre si esorta _qualunque persona_ ad
+ucciderli, si infliggono pene rigorose contro chi dava loro consiglio
+ed aiuto.
+
+Pene pecuniarie infligge anche la _Carta de Logu_ (promulgata nel 1395
+da Eleonora d’Arborea) contro ai villaggi ed alle persone che davano
+aiuto e consigli ai banditi, o che non si adoperavano a dar loro la
+caccia.
+
+Il secolo XV non fu avaro di celebri masnadieri. Ne noto uno a caso —
+Verso il 1422 si ha menzione di certo Barzolo Magno (o Manno, secondo
+alcuni storici) — il famoso leggendario e misterioso logudorese,
+nemico giurato di Leonardo Cubello marchese di Oristano, non si sa per
+qual ragione. A capo di numerosa masnada, questo gentiluomo bandito,
+o bandito gentiluomo, si era annidato ed afforzato dentro al famoso
+castello di Burgos; e di là scendeva di tanto in tanto per devastare e
+saccheggiare le terre dei dintorni. Il marchese riuscì ad assediarlo
+dentro l’inespugnabile rocca; ma i masnadieri, compagni del Magno,
+vedendo il loro capo risoluto a resistere, fecero complotto, e lo
+trucidarono barbaramente per ottenere grazia dal signore d’Oristano.
+
+Come nel medioevo i Principi fabbricavano sontuose chiese e numerosi
+santuari in _remissione dei propri peccati_ (e ne avevano di grossi
+sulla coscienza!) così più tardi gli stessi prìncipi condonavano ai
+sudditi fedeli molti delitti, mediante il corrispettivo sborso di
+poche centinaia di lire. Dal 1450 al 1540 sono molte le somme versate
+nelle casse del Regio erario per condono di ribalderie. Per citarne
+un esempio, dirò che il Governatore del Capo di Cagliari e Gallura
+(Don Giacomo Aragat) nel 1456, per _tremila Ducati buoni veneziani_,
+condonava a Bartolomeo Manno, cavaliere sassarese, _tutti i delitti che
+avesse mai potuto commettere_.
+
+Erano questi i bei tempi in cui i monarchi rifornivano le casse dello
+Stato colla vendita della _nobiltà_ e colla remissione dei delitti. Non
+essendo a quel tempo inventati gli _esattori_, si ricorreva al mezzo
+di sfruttare i vanagloriosi ed i birbanti, che pare fossero in numero
+ragguardevole.
+
+Dal 1560 al 1567 si verificarono molte ribalderie nella città di
+Sassari e dintorni. Vennero carcerati un buon numero di cittadini
+facoltosi, accusati di aver formato una _società di mutua assistenza_,
+con impegno di fornire i fondi in comune per far fronte alle spese di
+giustizia, in favore e difesa dei ribaldi.
+
+Il secolo seguente non fu meno famoso per scorrerie di ribaldi, poichè
+l’invenzione del fucile aveva reso più attraente e più geniale il
+banditismo.
+
+Nel 1600 gli odî privati e le vendette giungono a tanto, che i
+consiglieri di Sassari rinunziano alla gita notturna del _Mezz’agosto,
+per il numero infinito delle uccisioni fra i cittadini_. L’anno 1607
+registrò più di trecento omicidi, consumati nel solo Logudoro.
+
+Nel 1612 il famigerato bandito Manuele Fiore si aggira colla sua
+masnada nei dintorni di Sassari, e getta lo sgomento fra i cittadini.
+Il Governo manda incontro a quei ribaldi alcune compagnie di militi,
+divise in centurie.
+
+Don Diego Manca di Sassari, nel 1635, si era dato alla macchia dopo
+aver ucciso pubblicamente, in una piazza della città, il proprio
+cognato con un colpo di pistola ed una pugnalata. Temendo che ne
+facesse delle più grosse, il Vicerè promise _venti scudi_ (?) a chi
+consegnava quel bandito alla giustizia. L’esiguo prezzo concesso,
+dimostra che i cacciatori di malviventi erano in buon numero!
+
+Molti cavalieri e cittadini facoltosi del Logudoro vennero designati
+come protettori dei banditi; e il Vicerè, nel 1645, li chiamò a
+Cagliari per dar loro una paternale.
+
+Nel 1659 abbiamo il terribile bandito Salvatore Anchita e il suo
+acerrimo nemico, pur bandito, Francesco Brundanu, entrambi di Sedini.
+La storia del primo è una vera leggenda di prodezze, di ferocie e di
+generosità insieme. Inseguito il Brundanu dai soldati, sfugge ad essi
+cacciandosi in una spelonca, dove fra gli altri banditi trova per
+caso il suo nemico Anchita. Egli depone l’arma e grida: — Sono in tuo
+potere: puoi uccidermi! — «Non sono così vile! — gli risponde Anchita
+— qui sei l’ospite mio. Per ora faremo causa comune contro ai soldati —
+più tardi aggiusteremo i conti fra noi!»
+
+I banditi si slanciarono tutti contro le soldatesche, ma l’Anchita e il
+Brundanu caddero fulminati nella mischia.
+
+Tre anni dopo — nel 1662 — un altro terribile bandito, famoso per le
+sue gesta, sgomenta il Logudoro: Giovanni Galluresu, capo di potente
+squadriglia. I sassaresi chiudono spaventati le porte, nè osano uscire
+di casa quando lo sanno nei dintorni. Il Vicerè, volendo distruggere
+quella banda, prende un’estrema risoluzione. Egli prescrive con
+un editto il disarmo generale nel Logudoro, con pena capitale al
+detentore d’un fucile o di un pugnale. Misura puerile, che ottenne il
+risultato opposto: accrebbe l’audacia dei malfattori e rese più facile
+la distruzione dei galantuomini, che vennero spogliati ed uccisi,
+perchè inermi. La forza non riuscì ad impadronirsi del Galluresu, e
+si ricorse allora all’astuzia. Saputo che il bandito era in relazione
+amorosa con una bella osilese, fu colto ed ucciso nel suo nido d’amore.
+Indispettita la giustizia per non averlo vivo, si sfogò sul cadavere,
+di cui fece uno scempio.
+
+Verso il 1665 le squadriglie dei banditi crescevano — e ve n’erano di
+tutte le condizioni sociali. Il Governo incaricò il barone Matteo Pilo
+Boyl della distruzione dei facinorosi; ed egli ne fece appiccare da
+per tutto, alle forche ed agli alberi. Fra i capi squadriglia di quel
+tempo, noto Don Giacomo Alivesi, datosi alla macchia dopo un omicidio
+commesso. Nel giugno del 1668 veniva intanto assassinato a Cagliari il
+marchese di Laconi; ed i supposti rei (l’infelice marchese di Cea, Don
+Silvestro Aymerich, Don Francesco Cao e Don Francesco Portugues) si
+erano rifugiati nel continente italiano od all’estero. Per impadronirsi
+di costoro il Governo si era rivolto al bandito Don Alivesi, a cui
+venne promessa l’impunità ed un premio, ove fosse riuscito ad attirare
+i fuggiaschi in Sardegna. L’Alivesi accettò; fu creato Commissario
+della spedizione; chiese ed ottenne l’anticipazione di duecento
+sessanta scudi per le spese di viaggio; si recò a Roma; e fingendosi
+colà amico del Cao, con raggiri riuscì a trascinare i quattro esuli
+all’isoletta Rossa, presso Castelsardo. Tre di essi furono colà
+sgozzati a tradimento; ed il vecchio marchese di Cea fu condotto a
+piedi fino a Cagliari, e dato in mano al carnefice. Il nobile Alivesi —
+dopo aver compiuto il più nero tradimento che abbia macchiata la storia
+sarda — non solo fu graziato, ma venne dal Governo investito dei feudi
+dell’infelice marchese.
+
+Era allora in vigore presso il Governo (e lo fu per lunghissimo
+tempo, fino ai giorni nostri) il sistema di promettere l’impunità
+ai più volgari malfattori, purchè uccidessero, o consegnassero alla
+giustizia un delinquente, meritevole di uguale, o di maggior pena.
+Anche i Governi si mostravano entusiasti dei valorosi briganti, e ne
+incoraggiavano le gesta!
+
+Tutta la seconda metà di quel secolo, ed il primo ventennio del
+seguente non furono inferiori al secolo XVIII per audaci banditi,
+squadriglie numerose, furti, omicidi, impiccagioni, e impunità concesse
+dal Governo agli assassini traditori.
+
+ *
+ * *
+
+Uscita di Sardegna nel 1720 dal regime di Spagna, ed entrata sotto
+il dominio di Casa Savoia, continuarono le prodezze dei banditi e
+delle squadriglie agguerrite. Il Logudoro e la Nurra erano infestati
+di malviventi. I banditi, protetti dai parenti e dagli uomini più
+autorevoli dei villaggi, ne facevano delle grosse, e gettavano
+lo sgomento per ogni dove. Si pubblicarono rigorosi _Pregoni_, ma
+inutilmente.
+
+Il Vicerè Di Costanze si lagna della corruzione dei giudici di Sassari,
+ed accenna a denaro depositato presso un notaio, per compensare quei
+magistrati che avessero diminuito la pena a certi fratelli Virdis di
+Pattada. Egli ammonisce con minaccie i nobili e i magnati dei paesi,
+perchè desistessero dal proteggere i birboni — ma era un parlare al
+vento. I baroni, piccati, protessero i banditi che cercavano rifugio
+nelle loro terre feudali, e protestarono altamente contro l’arbitrio!
+
+Fin dal maggio del 1722 il Vicerè aveva mandato distaccamenti di truppe
+in giro per i villaggi, con lo scopo di reprimervi il banditismo
+invadente, raccomandando al Governatore di Sassari, di _prestare ai
+soldati il carnefice e due aguzzini!_
+
+Anche l’autorità ecclesiastica (lo rilevo dai Regi Dispacci) era
+chiamata _prepotente in modo straordinario_; essa ordinava arresti a
+suo talento, e sottraeva al braccio secolare i malfattori favoriti,
+designandoli quali _chierici_ o _tonsurati_. Si deplorava la
+_protezione scandalosa_ accordata sfacciatamente ai malviventi dal
+popolo, dai prelati, dai feudatari, ed anche dai giudici e dagli
+avvocati fiscali(!)
+
+Impressionato dall’aumento dei delitti in Sassari e nel Logudoro,
+il Vicerè, nel 1726, chiamò d’urgenza a Cagliari il Governatore Cav.
+Carlino; ma questi ricusò di andarvi, dicendo d’esser stato colto dalla
+gotta!
+
+Come abbiamo veduto, non erano i soli popolani che facevano le prove
+di valore in campagna sotto il nome di _banditi_: non mancavano i
+titolati, poichè (lo ripeto) fare il masnadiero non era un disonore
+in Europa, anzi lo si riteneva un mestiere nobile e avventuroso,
+come quello del _cavaliere errante_; motivo per cui, se trattavasi di
+masnadieri nobili, le protezioni venivano dall’alto. Ho sott’occhio una
+lettera del re Carlo Emanuele III, scritta da Torino l’8 dicembre 1733
+al Vicerè di Cagliari. In essa leggesi:
+
+«... Riguardo al capo bandito Don Girolamo Delitala, raccomandato
+dal cardinale Alessandro Alboni(!), approviamo la grazia delle
+pene incorse, a condizione che il Delitala si porti a Cagliari per
+l’arresto, presti fidanza di mille scudi, conduca seco in ostaggio uno
+de’ suoi figliuoli o un aderente, e paghi le spese.»
+
+È chiaro che lo si voleva portar via da Sassari per evitare lo
+scandalo, poichè ai nobili banditi un po’ di grazia la si accordava
+sempre. Dopo tutto, la _nobiltà_ veniva venduta dal Governo, e qualche
+cosa doveva fruttare agli acquisitori!
+
+Le bande dei malviventi si moltiplicarono in Sardegna, e specialmente
+nel Logudoro, ricco di montagne e di sicuri nascondigli. Centro
+principale dei facinorosi era allora Nulvi, dove la famiglia Delitala,
+nemica al governo di Casa Savoia, aveva armato i popolani, eccitandoli
+a parteggiare. Una Donna Lucia Tedde Delitala, montata in arcione, e
+armata di fucile e stocco, con ardimento virile usciva in campagna per
+affrontare i nemici.
+
+Il Vicerè Rivarolo, mandato in Sardegna nel 1735, si diede a sterminare
+con zelo i numerosi malfattori, e riuscì ad impiccarne molti, piantando
+le forche (per il _buon esempio_) sul luogo del commesso delitto. Ma
+i banditi continuavano a moltiplicarsi, facendo a gara per sorpassare
+in destrezza e in valore i soldati regi. Per cinque anni Rivarolo non
+si adoperò che a far allontanare dall’isola i vagabondi _cattivi_,
+esortando i _buoni_ ad arruolarsi nel Reggimento sardo. Procedette
+egli con tanto rigore, che qualche innocente fu impiccato, e lo storico
+Manno gliene muove aspro rimprovero.
+
+Sgomentato il re dal cieco furore del suo Rappresentante in Sardegna,
+gli ordinò di frenarsi e di usare maggior cautela; ma il Vicerè,
+soddisfatto dell’opera propria, nel 1736 fece un giro nell’isola, per
+riscuotere il plauso di tutti i villaggi.
+
+Venuto a Sassari egli si preoccupò della Nurra, regione montuosa e
+marittima, che offriva sicuro rifugio ai numerosi banditi di Alghero e
+di Sassari. Il Rivarolo ordinava a quei pastori di snidare dal centro
+della Nurra nel termine di quindici giorni, per trasferirsi alla parte
+piana, verso la strada che conduceva a Portotorres.
+
+Il bandito più in voga era a quei tempi Leonardo Marceddu, di
+Pozzomaggiore, per il quale si era fatto un bando il 20 febbraio 1736.
+Sul conto di costui, però, correva una storia pietosa, che attenuava
+le sue ribalderie. Egli ebbe fama di laborioso e di onestissimo; ma
+la infedeltà della sposa lo precipitò nel delitto. Colta la moglie
+in colloquio intimo con un suo cugino, li uccise entrambi; e, datosi
+alla macchia, egli divenne singolare per coraggio, per ferocia, e
+per accortezza nel cimentarsi coi soldati regi. Fu siffattamente
+apprezzato, che finì per mantener pratiche segrete con alcuni agenti
+politici, poichè il Governo lo considerava come un forte cooperatore
+nel caso di un’invasione straniera: — sempre per quel certo sistema
+di servirsi dei banditi d’ogni genere, anche a scopo d’una difesa
+nazionale. Un esempio consimile lo si ebbe più tardi nel leggendario
+_Fra Diavolo_ di Napoli, invitato a prender parte ad una guerra contro
+la Francia.
+
+Continuarono intanto le caccie e gli scontri fra banditi e soldati. Il
+16 gennaio 1758 il ministro scriveva al Vicerè: «— S. M. ha gradito
+l’incidente seguito a Bolotana fra le truppe e i malviventi; bisogna
+procurare l’arresto dei banditi rifugiati in Corsica, ed ora ritornati
+nell’isola, fra cui Giovanni Fais, Don Antonio Delitala e i tre
+fratelli Filia Madau, capi dei medesimi. S. M. ha pure approvato la
+gratificazione di scudi venticinque accordati a Basilio Podeddu, che
+serviva di _guida_ e spia e rimase ferito nell’azione. — (Il sistema
+perdurava!)
+
+I nobili, nonpertanto, e molti rispettabili dei paesi, continuavano a
+favorire i malfattori erranti; e da Torino si scrive al Vicerè il 22
+ottobre 1761: «— Prenda informazione sulla protezione accordata ai
+facinorosi dai cavalieri Quesada: metta una volta freno all’insolente
+ardore di tali protettori col punirli severamente, tagliando il filo
+delle corrispondenze coi malviventi.»
+
+Ma le protezioni non venivano meno, come non vennero meno i delitti
+consumati anche in odio agli ecclesiastici. Il ministero, nel 1769,
+si preoccupava dell’assassinio di due preti strangolati a Mandas ed a
+Nulvi, nonchè del Diacono ucciso da un altro prete a Calangianus, in
+una partita di caccia, _quasi per scherzo_.
+
+Da oltre un trentennio la fama delle audacie di Giovanni Fais correva
+da un capo all’altro dell’isola. Questo fiero bandito, per molto
+tempo, ebbe al fianco la propria moglie, donna di maschio coraggio,
+che lo aiutava ad assalire i nemici. Erano suoi alleati i Delitala
+di Nulvi, nonchè quella famosa Donna Lucia, da me altrove menzionata
+— per difendere la quale il Fais andò incontro ad una forte fazione
+di Chiaramonti. Costui, saputo che Giammaria Tedde (pur congiunto
+di Lucia) aveva minacciato la sua protetta, gli tolse senz’altro la
+vita. Lo zio ed i parenti dell’ucciso, assetati di vendetta, giurarono
+allora lo sterminio dell’uccisore e de’ suoi compagni. Ma Giovanni
+Fais, guidatore esperto delle sue bande, taglieggiatore dei comuni, e
+assalitore di truppe, oppose la forza alla forza, e sfuggì al furore
+dei persecutori.
+
+Non appena il Vicerè ebbe sentore dell’odio che il Tedde nutriva per il
+Fais, pensò di trarne partito. Egli incoraggiò il primo a persistere
+nella caccia contro il secondo, suggerendogli di servirsi dell’opera
+del bandito Leonardo Marceddu, a cui il Governo avrebbe concessa
+l’impunità ed un premio in danaro. Leonardo Marceddu, però, uomo di
+fiero carattere, mandò a dire al Vicerè che sdegnava la libertà a
+prezzo di un tradimento; e fatta lega col Fais continuò a seminare il
+terrore nel Logudoro.
+
+Duemila miliziani, condotti da Girolamo Dettori di Pattada e da Don
+Giovanni Valentino di Tempio, oltre ai quattrocento soldati comandati
+dal Cav. Meyer, tentarono con energia la distruzione di queste bande.
+Il Valentino riuscì ad arrestarne oltre duecento, per cui il re lo creò
+_cavaliere_.
+
+Accortisi i banditi della caccia ad oltranza che lor dava il Governo,
+fecero causa comune. Il Marceddu recossi al _Sasso_ di Chiaramonti
+per unirsi al Fais, che vi si era rifugiato coi compagni. Sbaragliati
+dall’attacco incessante che lor davano le numerose milizie, sulle prime
+si accamparono sul monte Cucaro, poi una buona parte (fra cui il Fais
+coi Delitala) si salvarono in Corsica.
+
+L’infelice e generoso Marceddu, che aveva rifiutato dal Governo la
+libertà a prezzo d’infamia, finì per cadere nelle mani d’un bandito
+traditore: di Francesco Bazzone, che lo aveva venduto allo stesso
+Governo, in cambio dell’impunità e di una ricompensa in danaro.
+
+Donna Lucia Delitala, raggiunta l’età di quarant’anni, pare che avesse
+messo giudizio. Tratta in arresto, fu in seguito graziata, dopo due
+anni di prigionia. In una lettera del Vicerè, marchese Rivarolo, al re
+Carlo Emanuele (1738) è detto: «... Donna Lucia è una donna _qui n’à
+pas voulu se marier pour ne point dépendre de un homme (à ce qu’elle
+disait)_.» Chiude dicendo, che, dopo la grazia, «_elle vit assez
+tranquille_.»
+
+Nel 1749 i banditi parvero dispersi e le spedizioni militari ebbero
+tregua.
+
+Dopo una quindicina d’anni il Fais tornò dalla Corsica; e verso il
+1760, formata una banda di buoni compagni, si diede a scorrazzare di
+nuovo nei dintorni di Sassari, quasi per insultarvi il Governatore.
+Un amico di quest’ultimo, tradendo il Governo, avvertiva segretamente
+l’ormai vecchio bandito, divenuto più audace di prima. Si assicura che
+il Fais (mascherato da cappuccino, con la bisaccia in spalla) avesse
+osato più volte introdursi in Sassari, e presentarsi alla questua
+in casa dell’assessore Aragonese. Egli divenne talmente in odio al
+Governo, che lo si escluse dall’indulto promulgato il 23 agosto 1768.
+
+Dopo non pochi tentativi riusciti vani, finalmente il Governatore Allì
+Maccarani riuscì a sedurre, con la solita promessa di libertà e danaro,
+due banditi sassaresi, i quali propinarono al Fais un vino oppiato.
+Quando videro il vecchio immerso nel sonno, lo uccisero a colpi di
+scure e lo consegnarono cadavere al carnefice. Ciò nel 1774.
+
+Giovanni Fais era allora più che settantenne, e faceva il bandito da
+oltre mezzo secolo. Contava solo quindici anni, quando verso il 1720 si
+era dato alla macchia, dopo aver ucciso un uomo sulla pubblica piazza
+di Chiaramonti.
+
+A complemento della notizia della sua morte, riporterò un brano della
+lettera che il ministro scriveva da Torino al Vicerè, in data del 23
+novembre 1774:
+
+«S. M. il re gradì che il Governatore di Sassari sia riuscito a
+disfarsi del vecchio Giovanni Fais e dei sette suoi compagni di
+quadriglia, annidati nel _Sasso_ di Chiaramonti, sperando cogliere
+i due scampati colla fuga. Poichè intanto si poterono conoscere gli
+uccisi, è stato opportuno che a pubblico esempio si siano tosto fatti
+appendere al patibolo i cadaveri dei già condannati, colla successiva
+dispersione delle membra, nei luoghi dei rispettivi delitti. — S. M.,
+oltre alla grazia ai due banditi che concorsero nell’impresa, vuol
+rimunerare gli altri, e invita a proporre la somma a darsi; vuole anche
+che gli si suggerisca qual riguardo meritano i due cavalieri Corda, che
+ebbero parte principale nell’operazione.».
+
+I lettori avranno notato, come per l’_esempio pubblico_ si ordinava
+anche l’impiccagione dei cadaveri, i quali in seguito venivano
+squartati e dati alle fiamme, per sperderne le ceneri al vento. Nè ciò
+deve recar meraviglia, poichè vi ha di peggio. Leggo una corrispondenza
+del Ministro (5 settembre 1770) in cui si parla del _cadavere
+imbalsamato_ di un bandito famoso, tenuto a disposizione del Governo
+per qualche _esemplarità_. Quando, dunque, si volevano atterrire i
+malviventi, si conduceva alla forca quel cadavere imbalsamato e lo
+s’impiccava. E Dio sa quante volte gli avranno messo la corda al collo!
+
+È facile immaginare come per l’eccessivo rigore dei giudici venissero
+sagrificati molti innocenti, tratti in arresto per le false deposizioni
+dei nemici; e lo prova una lettera ministeriale del 23 ottobre 1765,
+in cui si dice al Vicerè: «— Prenda energiche misure sui testi falsi,
+massime in codesto Regno, dove havvi tanta facilità e frequenza di
+delinquere in tale materia.»
+
+Alle false testimonianze bisogna aggiungere il sistema della _tortura_,
+allora in pieno vigore, e conservata fino al 1827, anno in cui Carlo
+Felice l’aboliva. Il dolore per lo slogamento delle ossa riusciva a far
+strappare dal labbro dei pazienti tutte le confessioni che si volevano.
+
+Scene edificanti, in secoli che si dicevano dell’oro!
+
+Se in quei tempi esistevano i favoreggiatori dei banditi, non mancavano
+pure i cittadini benemeriti, che si adoperavano con ardore per dare i
+rei in mano alla giustizia; ma non tutti riuscivano nell’intento come i
+due fratelli Corda.
+
+Nel 1773 l’avvocato Giovanni Berlinguer veniva fatto segno (come i
+suoi antenati) a speciale benemerenza, per il zelo spiegato nella
+persecuzione dei banditi, dai quali era stato più volte ferito. Gliene
+colse però danno; poichè tre anni dopo, nel gennaio del 1776 (come
+rilevo da una lettera ufficiale) gli venne ucciso in campagna l’unico
+figlio Girolamo, con trentatre stoccate. L’assassino — certo Antonio
+Capponi — fu arrestato e impiccato.
+
+Dopo il ritiro del ministro Bogino (il persecutore dei malviventi) i
+banditi tornarono a formar bande per darsi alle piacevoli scorrerie.
+Il Vicerè Thaon, nel 1788, bandì loro una guerra atroce, e tenne duro,
+quantunque venisse biasimato acerbamente per aver violato le forme
+legali.
+
+Nel gennaio del 1782 veniva promessa la impunità ai due banditi
+fratelli Mucciga (complicati nella famosa sommossa popolare del 1780)
+a condizione che avessero arrestato ed ucciso altri malandrini. Nella
+lettera ministeriale leggo queste precise parole: «— _bisogna animare_
+(!) _i banditi a distruggersi fra loro_.» — Era massima fondamentale
+dei governi di tutti i secoli, compreso il nostro. Chi non lo sa?
+chiodo scaccia chiodo.
+
+Nè crediate che i banditi d’allora fossero tutti sardi; la Corsica ne
+dava un buon contingente, poichè ne vantava a centinaia sulle spiaggie
+della Gallura, come dalla Gallura molti ne emigravano sulle spiaggie
+corse. Le due isole si aiutavano a vicenda. Nel dicembre dello stesso
+anno (1782) l’ambasciatore di Francia pregava il Vicerè di Sardegna
+(_per il bene comune delle due nazioni_) di procurare l’estradizione
+di dodici banditi corsi, che scorrazzavano intorno a Castelsardo. E ne
+dava i nomi: Giovanni Saverio, Girolamo Ranfioni, Bonelli, Labicone,
+Leonati detto _il nero_, i tre fratelli Volpi, e i quattro fratelli
+Giovannoni. Pare che in Corsica si dessero alla macchia intere
+famiglie!
+
+Veniamo intanto allo strascico della rivoluzione dell’_Ottantanove_, ed
+ai torbidi che seguirono in Sardegna negli ultimi del secolo: periodo
+turbolento, al quale non furono estranei i banditi.
+
+Nel pregone emanato dal Vicerè Vivalda il 9 giugno 1796, ponendo a
+prezzo la testa di Angioi e suoi complici, oltre ai premi in danaro,
+si prometteva la _nomina_ a favore di qualunque delinquente si volesse
+graziare!! — E così pure, quando pochi giorni dopo si mossero da
+Cagliari i 2500 armati per combattere l’Angioi ad Oristano, ci dice lo
+storico, che in quella milizia furono reclutati delinquenti volgari,
+tolti alla macchia. In una memoria del 5 marzo 1797 (sottoscritta
+da Ghisu, Pintor e Delrio) si legge: «— Bisognava graziare gli
+inquisiti che servivano in tutte le spedizioni; poichè alla loro
+intrepidezza e coraggio si deve pure attribuire la buona riuscita dei
+più ardui e pericolosi incontri —» — Queste frasi rivelano i tempi
+e la moralità del Governo; il quale traeva partito dal _coraggio_
+e dall’_intrepidezza_ di codesta brava gente, in seno alla quale
+sceglieva i suoi _sicari!_ — Anche per l’arresto del parroco Murroni
+e di suo fratello (ardenti angioini datisi alla fuga) il giudice
+Valentino, nel novembre del 1797, suggeriva al Vicerè di servirsi
+dei due banditi Salvatore Rugu e Bantine Addis, a cui pertanto poteva
+concedersi un _affidamento interinale_, e in seguito l’_impunità_ dopo
+la cattura.
+
+E qui chiudo le gesta dei banditi e dei malviventi del secolo XVIII.
+
+Qualche partigiano del regime spagnuolo si era lasciato forse scappare,
+che i misfatti risultassero assai più scandalosi sotto il dominio
+piemontese, che sotto quello di Spagna.
+
+Il Governo del Piemonte si sentì punto da quest’asserzione; e lo desumo
+dalle seguenti linee, che leggo in una lettera del Ministro al Vicerè,
+in data 28 luglio 1790:
+
+«Non siamo in Sardegna nelle circostanze rappresentate al Papa dai
+re di Spagna per la Catalogna, cioè, che frequentissimi fossero i
+più atroci misfatti, e pochi ne succedevano in cui preti e frati
+non fossero almeno complici — e quasi tutti andavano impuniti per la
+negligenza o connivenza dei Vescovi e dei Superiori regolari». — E
+scusate se è poco!
+
+ *
+ * *
+
+Diamo ora uno sguardo al secolo spirante — al nostro secolo — non
+inferiore forse al precedente per furti, delitti e scorrerie di
+malandrini.
+
+Nei primi anni del secolo XIX si ebbe lo strascico dei moti angioini.
+Si perseguitavano a morte i liberali d’allora, e fra questi il povero
+notaio Cilocco, che inseguito dalle truppe batteva da più anni la
+campagna gallurese, sfuggendo ai persecutori da montagna in montagna.
+Il Marchese di Villamarina scriveva da Tempio al Vicerè (15 giugno
+1802) ch’era sua intenzione di servirsi di spie pagate per far guerra
+ai repubblicani, _sebbene difficilissimo sia trovarne fedeli in questo
+comune_.
+
+Il Cilocco potè sfuggire alle armi regie, ma cadde in trappola
+col solito tradimento. Stanco, oppresso, affamato, il poveretto
+si presentò un giorno al bandito Giovanni Mazzoneddu, chiedendogli
+asilo ed un tozzo di pane in nome dell’ospitalità. Il bandito finse
+di soccorrerlo, ma informò segretamente il Governo, dicendo d’essere
+pronto a consegnare alla giustizia l’ardente notaio, in compenso dello
+sborso della somma stabilita nella taglia, e dell’impunità per sè e
+per altri quattordici malvagi, di cui pensava servirsi per arrestarlo.
+Il Governo fu ben lieto di poter graziare quindici assassini di
+strada, per aver la testa d’un infelice notaio, di non altro reo, che
+di aver caldeggiato le idee repubblicane di Don Giammaria Angioi.
+Venne concesso quanto il Mazzoneddu chiedeva, e Francesco Cilocco
+fu tenagliato col ferro rovente, e trascinato a braccio fin sopra il
+patibolo l’11 agosto del 1802.
+
+I banditi e i malandrini si moltiplicarono, e crebbero d’audacia,
+perchè protetti dai signori e dai monaci. Il 21 gennaio 1806 il
+governatore si lagna col Vicerè della scandalosa protezione che i
+conventi tutti di Sassari, specialmente quello dei frati carmelitani,
+accordavano ai malviventi; e gli annunziava intanto l’arresto del
+famigerato bandito Fanis, detto _la frina_, che da lungo tempo era
+ricoverato nel convento di Santa Maria.
+
+L’Italia tutta, e specialmente la meridionale, non era in quel tempo in
+migliori condizioni della Sardegna. In quell’anno stesso, 1806, veniva
+trascinato al patibolo Michele Pozza di Napoli, il famigerato bandito,
+che, sotto il nome di _Fra Diavolo_ aveva attirato l’attenzione
+dell’Europa, destando l’estro d’Auber, il celebre musicista francese.
+
+Quando il re Vittorio Emanuele I si mosse da Cagliari per fare
+un’escursione per l’isola, fu vivamente impressionato dalle numerose
+bande di malviventi che scorazzavano per ogni dove, e più ancora della
+protezione che loro davano i magnati delle ville, i quali giunsero
+persino a scarcerare gli arrestati nei loro feudi. Il re emanò un
+decreto rigoroso, e comminò la pena di morte ai protettori di banditi,
+colla perdita della _nobiltà_; nè dimenticò allo stesso tempo di
+promettere l’impunità agli assassini che avessero ucciso i propri
+compagni. Ma nondimeno crebbero i banditi, e crebbero le protezioni.
+
+Nel 1809 è impossibile registrare i misfatti, tanto sono numerosi.
+Lotte sanguinose fra comuni e comuni, tra famiglie e famiglie, fra
+pastori e pastori; pene economiche, impiccagioni continue, arresti di
+prepotenti magnati. Il Martini ne fa un quadro orroroso. A Tempio,
+nel 1811, gli odî di parte raggiungono il parossismo. Si volle dare
+dagli audaci una lezione alla giustizia; e vennero assassinati, quasi
+allo stesso tempo, il Censore Diocesano, il Procuratore fiscale della
+pretura, e il Giurisdicente. Un indulto e una spedizione di soldati,
+per opera del Governatore di Sassari, calmarono alquanto gli animi.
+Per intromissione del clero e del popolo si fecero le paci, le quali
+vennero rogate con atto notarile il 9 di maggio del 1813. Il re,
+costretto dalle circostanze, chinò la testa e firmò la grazia.
+
+I delitti, nondimeno, ripresero il loro corso fino al 1817; ma furono
+in gran parte frenati dal rigore memorabile del Villamarina, sebbene
+egli abbia voluto favorire i propri compatriotti. Fu notato dagli
+storici, che, durante il suo governo, non venne impiccato alcun
+gallurese.
+
+Dal 1820 — e più ancora dopo il 1826, anno in cui fu abolita la tortura
+e tracciata in gran parte la strada nazionale da Cagliari a Sassari —
+le squadriglie dei malviventi parvero meno feroci nelle loro gesta.
+
+Durante il lungo periodo in cui Lamarmora percorse l’isola da un capo
+all’altro per i suoi studi prediletti, egli non venne molestato da
+masnade di ladri e di assassini. L’unico suo incontro coi banditi
+(avvenuto nell’aprile del 1823, sulla strada fra Nuoro e Siniscola)
+lo resero convinto che le masnade non erano ingorde di rapina, poichè
+rispettarono l’oro che portava seco — come lui stesso racconta.
+
+Tuttavia la guerra ai malviventi fu continuata con ardore dal Governo;
+nè mancarono valorosi cittadini che si distinsero nel perseguitarli.
+Nel Gennaio del 1836, per il valore spiegato nella caccia dei
+banditi, fu data una medaglia d’oro (dono del Sovrano) a Don Girolamo
+Berlinguer, capitano dei Barracelli.
+
+Salì in fama a quei tempi il bonorvese Peppe Bonu, uno dei più popolari
+banditi dell’isola, e sul quale correvano bizzarre leggende. La
+generosità, unita al coraggio e alla destrezza, aveva fatto di costui
+un semi-eroe. Temerario all’eccesso e di una forza erculea, egli
+dava molto da pensare alle regie milizie; e non potendo il Governo
+impadronirsene per mezzo delle armi, pensò ricorrere al solito premio
+in danaro ed alla impunità: il premio in danaro da sborsarsi per intero
+a chi dava vivo o morto il Bonu, e per metà a colui che avrebbe ucciso
+qualcuno della sua banda; l’impunità (meno male!) ragguagliata questa
+volta a un delitto punibile con venti anni di galera.
+
+Peppe Bonu non era un malfattore volgare; fu accertato che molti
+delitti si mantellavano col suo nome; e il bandito ne fu così sdegnato,
+che si decise a scortare in persona la _diligenza_ nel transito di
+Campeda, per tutelare la vita e gli averi dei viaggiatori, temendo che
+altri in suo nome li assalisse.
+
+Da pochi mesi era emanato il decreto della _taglia_ sulla testa del
+bandito bonorvese, quando verso il 1838 circolò la notizia della sua
+morte. Mentre Peppe Bonu, nel _Pianu de murtas_, dormiva placidamente
+sotto un albero, venne ucciso a tradimento da un tal Rosas, della
+fazione dei Piu, suoi nemici.
+
+Altro bandito di quei tempi, coraggioso e temuto, era il bonorvese
+Giovanni Biosa; il quale ebbe l’audacia di strappare il proprio padre
+(pur bandito) dalle mani dei carabinieri che lo avevano arrestato.
+
+Furti continui, seguiti da misteriose uccisioni (commesse dentro città
+e nei dintorni di Sassari) fecero sospettare di una squadriglia segreta
+di malfattori, negli ultimi anni del governo assoluto. E questa volta
+non trattavasi di banditi, ma di una lega di malandrini, regolata sulla
+base degli odierni _grassatori_ della Barbagia: di giorno erano artisti
+ed operai in apparenza onesti e tranquilli — la notte si univano per
+commettere le ribalderie, servendo di strumento a cittadini creduti
+galantuomini. Fin dal 1836 questi delitti si sospettarono perpetrati
+per invidiosi dispetti, o per vessazioni del francese Uxel; il quale
+aveva fondato a Sassari uno stabilimento di sanse, a breve distanza
+dalla chiesa di S. Paolo. La mente direttiva non era sarda — sardo era
+il braccio che eseguiva il mandato di sangue.
+
+Tra il 1841 e il 1842 non vi fu quasi giorno in cui non venisse
+consumato un delitto di sangue. I malfattori scorrazzavano per
+l’isola, e fra essi i terribili banditi corsi Stefano il _Serpente_,
+il Quartara, il Tengone, il _Santa Lucia_. Nel 1842 ne furono rimandati
+una ventina al Governo francese.
+
+Nell’intento di purgare la società, verso questo tempo, i cittadini
+discoli venivano arruolati nel Reggimento sardo; ed il governo
+piemontese, volendo ingrossare le fila dei malfattori isolani, mandava
+in Sardegna seicento cattivi soggetti, col titolo di _operai di
+punizione_!
+
+Il bandito più celebre che chiuse il periodo del regime assoluto
+fu l’algherese Agostino Alvau. Di costui ci darà qualche ragguaglio
+Giovanni Tolu, nella sua narrazione.
+
+ *
+ * *
+
+Ed eccoci giunti sulla soglia del 1848, l’anno delle agognate riforme,
+che dovevano far crollare il vecchio governo assoluto per aprire l’era
+novella di tempi più civili.
+
+Pur troppo è destino dei popoli, che nei grandi rivolgimenti politici,
+nel passaggio repentino dall’uno all’altro regime di governo, vi abbia
+sempre chi approfitti del fermento della situazione, o per avidità di
+guadagno, o per sfogo di qualche antica vendetta, o per libidine di mal
+fare, servendo questo o quel potente, nella speranza dell’impunità. Non
+parve vero ai tristi della campagna e della città di poter mantellare
+gli istinti feroci sotto la larva di una lotta politica.
+
+Io sorvolerò sulla storia di questi avvenimenti, perchè uscirei di
+carreggiata.
+
+Il Municipio di Sassari, vivamente impressionato dalle scene di sangue
+a cui assisteva, ricorse il 22 ottobre 1849 al presidente dei Ministri,
+esponendogli, con foschi colori _i continui, e in questi ultimi giorni
+spaventevolmente cresciuti delitti ed attentati alla vita e proprietà
+dei pacifici cittadini_.
+
+Il 1850 fu anno tristo per sanguinosi avvenimenti. Con l’allontanamento
+da Sassari del tribuno Antonico Satta (partito nel giugno del 1849) non
+furono spenti i rancori, come si sperava. Si ebbe nel giugno la strage
+così detta dei _Saba e Careddu_ alle porte della città; si ebbe l’anno
+seguente, nel lunedì di carnevale, l’altra strage dei _Saba_ e dei
+_Macioccu_ all’uscita del teatro; e le scene sanguinose si ripeterono
+di tanto in tanto fino al 1855 — anno in cui il cholera mieteva a
+Sassari oltre 5000 vittime, spegnendo molti odî e molti tristi, e
+svelando le trame dei numerosi delitti, che da quasi un ventennio si
+erano macchinati, o compiuti, dentro ai laberinti misteriosi dello
+stabilimento di San Paolo.
+
+Il primo decennio del governo costituzionale (dal 1849 al 1859) fu
+memorabile per stragi e per odî di parte, mantellati sempre dalle lotte
+politiche, le quali non servirono che di pretesto.
+
+Ed è appunto in questo periodo che compariscono sulla scena i quattro
+banditi famosi: Pietro Cambilargiu, Antonio Spano, Antonio Maria
+Derudas, e quel Giovanni Tolu, che, inseguito per trent’anni dalla
+giustizia, fu da questa assolto nelle Assise di Frosinone.
+
+ *
+ * *
+
+L’antico bandito sardo, conosciuto per l’odio implacabile verso
+i soli nemici e le spie, per la ripugnanza al furto, la fierezza
+del carattere, la generosità cavalleresca, è da un pezzo scomparso
+dall’isola.
+
+Di simili banditi (per vero non troppo numerosi!) si occuparono in ogni
+tempo, con pietosa simpatia, storici e letterati insigni, nell’intento
+di mettere in rilievo quella fierezza e quella generosità, che pure in
+mezzo alle ferocie li rendeva talvolta degni di compianto, se non di
+ammirazione.
+
+Ne citerò alcuni, per non tediare più oltre il lettore.
+
+Lo storico Pasquale Tola esaltò la magnanimità di Salvatore Anchita
+verso il suo nemico Francesco Brundano. Dopo aver riportato nel suo
+_Dizionario biografico_ l’episodio da me altrove citato, scrive:
+«— Esempio di generosità d’animo, da cui traspare quanto negli uomini
+stessi rotti al mal fare sia potente il sentimento dell’onore: raggio
+di virtù che brilla talvolta in mezzo alla fosca luce dei più enormi
+delitti.»
+
+Sulle pagine del Tola s’inspirò Gavino Cossu, che scrisse un romanzo
+storico in due volumi col titolo: _gli Anchita e i Brundanu_.
+
+L’infaticabile frate Vittorio Angius ha voluto scrivere più d’una
+pagina pietosa, tanto in favore di Leonardo Marzeddu, che si diede
+alla macchia dopo aver vendicato il suo onore oltraggiato — quanto di
+Giovanni Fais, che il Valery chiama un _Leonida_.
+
+L’erudito marchese di San Filippo scrisse e stampò una storia romantica
+su Peppe Bonu di Bonorva, la quale parve una leggenda, e venne
+riprodotta in parecchi giornali di Torino.
+
+Il padre Bresciani, che volle visitare più volte la Sardegna, nel suo
+libro _Dei costumi sardi_ ha dedicato parecchie pagine entusiastiche
+ai banditi sardi, la maggior parte dei quali (egli afferma nel 1846) lo
+erano per vendetta d’onore.
+
+Questo scrittore rileva un particolare. Egli dice: quando un bandito
+sardo è sorpreso nella foresta da qualche carabiniere che gli grida:
+_ferma, il re!_ — egli risponde togliendosi con riverenza il berretto:
+— _Rispetto il re, ma gli consacro la tua testa!_ — E postosi dietro un
+albero fa fuoco sul carabiniere. Il Bresciani a questo punto esclama:
+— _Che laconismo! e che fiera alterezza di cuore!_ (A me, invece, pare
+fuori luogo il suo entusiasmo sopra un fatto che non credo vero!)
+
+Parlando delle paci fatte nel 1840 per intervento dei missionari, il
+Bresciani cita un venerando pastore, il quale si ridusse ad abbracciare
+un nemico che gli aveva ucciso il figlio. (Caso non troppo comune in
+Sardegna!)
+
+Lo stesso scrittore riporta un altro episodio storico, narratogli
+a Cagliari da un giudice della Reale Udienza. Un famoso bandito,
+inseguito da due carabinieri, cacciossi per caso dentro un ovile,
+dove, insieme a molti armati, si trovava l’uomo a cui aveva ucciso
+il fratello. In omaggio alla sacra ospitalità, il pastore lo accolse
+nella capanna, e intimò ai carabinieri di allontanarsi, se volevano
+salva la vita. Informata del caso la Giustizia, fu subito spedito un
+messo al pastore (padre di due figli di recente condannati a morte)
+proponendogli la libertà di essi, se si risolveva a cedere il bandito
+accolto nel suo ovile. Il pastore rifiutò sdegnosamente. Giustiziato
+uno dei figli, fu rinnovata la proposta per la liberazione dell’altro;
+ma il vecchio diede al messo questa fiera risposta: — Dirai al giudice,
+che il sardo ha più cara la fede che i propri figliuoli!» — Quando
+apprese la morte del secondo figlio il poveretto svenne.
+
+A proposito di questo fatto il Bresciani cita un caso avvenuto in
+Corsica al tempo in cui Paoli combatteva per la indipendenza dell’isola
+sua. Un popolano corso, cieco d’ira, aveva ucciso colle proprie mani
+l’unico suo figlio sedicenne, solo perchè questi, dopo aver concessa
+l’ospitalità ad un bandito, lo cedette per denaro ad un carabiniere.
+
+«I sardi, che tanto ritennero delle condizioni del mondo antico
+(conchiude il Bresciani) hanno di queste esagerazioni, riputandole
+diritto, dovere, e stretta osservanza della ragione delle genti.»
+
+ *
+ * *
+
+E mi pare che le citazioni storiche da me riportate siano sufficienti
+per dare un’idea del colore dei tempi.
+
+Ho esposto a larghi tratti il quadro dei principali avvenimenti
+di sangue che afflissero il Logudoro nel lungo periodo di quattro
+secoli. Mi accorgo però che la mia tela ha tinte troppo fosche, ed è
+incompleta; poichè non ho potuto riportare che i fatti crudi, quali li
+estrassi da documenti ufficiali. In riscontro alle nequizie dei banditi
+da me segnalate, le carte di Archivio non registrano virtù alcuna, nè
+le intime cause che determinarono il traviamento di tanti infelici,
+trascinati assai spesso al delitto dalla trista condizione dei tempi
+miseri e corrotti.
+
+Negli scaffali della Giustizia si riscontrano unicamente le colpe,
+non le virtù dei disgraziati; e questo forse succede, perchè l’uomo è
+nato cattivo, e la virtù realmente non esiste. Come l’ombra non è che
+l’assenza della luce, così la virtù non è che l’assenza del vizio. La
+società, insomma, pare non pretenda che il solo freno delle passioni,
+convinta che l’uomo riescirà sempre a fare il bene, sempre quando potrà
+astenersi dal fare il male.
+
+Ho esposto in altro libro il sistema usato dallo storico e dal poeta,
+quando vogliono fabbricare i grandi benemeriti e i grandi delinquenti:
+— dei primi essi registrano le sole virtù, dei secondi non rivelano
+che i soli vizi. In pochi, però, la coscienza di voler ritrarre l’uomo
+qual’è, col fardello del bene o del male, fornitogli dai tempi, dagli
+uomini, o da madre natura.
+
+Perchè questo? forse perchè il popolo ha bisogno di commuoversi
+dinanzi a quanto esce dalla cerchia dei fatti comuni: esso sdegna le
+mediocrità, per esaltarsi alle azioni dei grandi buoni o dei grandi
+cattivi. L’evangelista Giovanni lo ha detto chiaro nell’_Apocalisse_:
+«— Deciditi: sii freddo, o sii caldo; ma se tu sarai tiepido, ovvero nè
+freddo nè caldo, ti rigetterò dal mio seno!»
+
+Fra i molti banditi che nacquero belva — come Pietro Cambilargiu e
+Francesco Derosas — non mancarono i disgraziati, che pure in mezzo
+alle ferocie ebbero slanci di generosità magnanima, di virtù vera, di
+singolare rettitudine d’intelletto.
+
+Nella storia di Salvatore Anchita, di Francesco Brundanu, di Leonardo
+Marceddu, di Giovanni Fais, di Peppe Bonu, e di Giovanni Tolu non fanno
+difetto gli sprazzi di luce che rischiarano azioni generose, delle
+quali tacciono i documenti Ufficiali. Questo silenzio è spiegabile;
+poichè la giustizia non sa leggere che nel _Codice penale_, e non sa
+pesare nella sua bilancia che le sole colpe degli sventurati! — Ed
+è forse per reazione che i grandi poeti (come Byron e come Schiller)
+vollero idealizzare con splendore di colorito le gesta avventurose di
+corsari e di briganti.
+
+Bisogna, dopo tutto, convenire, che l’uomo ha un fondo malvagio.
+
+Non è questione di alti o bassi strati sociali: — l’ignoranza e
+il pregiudizio salgono tutti i gradini. Abbiamo veduto come nei
+traviamenti dei secoli passati incorsero nobili e plebei, e come
+talvolta si ebbero esempi di volgo nobile e di nobiltà plebea.
+
+Nelle gesta delittuose vi hanno due cavallerie: quella _rusticana_ e
+quella incivilita. La prima, per sua natura, è apertamente audace —
+la seconda, all’incontro, nobilmente accorta: forse perchè ha troppi
+guanti — e i guanti, assai spesso, non servono che a nascondere le mani
+sporche.
+
+Io non voglio fermarmi sul numero infinito dei delinquenti volgari, che
+battono la città e la campagna: sono essi i delinquenti d’ogni tempo,
+d’ogni paese, e parlano ogni lingua. Ripeto solo, che Giovanni Tolu,
+nel suo complesso di bene e di male, è l’_ultimo bandito sardo_.
+
+Il bandito sardo — giova ricordarlo, perchè il giornalismo italiano
+pare si ostini a non volerlo rilevare! — non è un masnadiero, non è
+un brigante, non è un grassatore, non è un fabbro di _ricatti_. Ed è
+solamente per dimostrarlo, che ho voluto aderire a scrivere la storia
+di Giovanni Tolu.
+
+I tempi or sono cambiati. Colla nuova Italia è sottentrato un altro
+brigantaggio, che al piombo, al pugnale, ai grimaldelli ha sostituito
+il libello, la truffa, e i brogli bancari.
+
+Dobbiamo tuttavia ardentemente sperare, che questa nuova forma di
+delinquenza inguantata, la quale sfugge così spesso alle leggi, abbia
+fatto il suo tempo. Ad ogni modo, lusinghiamoci di non trovarci per
+anco nel tristo caso di ripetere la frase tagliente, ch’ebbe sulle
+labbra Giovanni Prati negli ultimi anni di sua vita: «— Dappoichè ho
+conosciuto i galantuomini d’oggi, ho preso a stimare i ladri antichi!»
+
+ _Sassari, maggio 1896._
+
+ ENRICO COSTA.
+
+
+
+
+STORIA DI GIOVANNI TOLU
+
+NARRATA DA LUI MEDESIMO
+
+
+
+
+PARTE PRIMA
+
+PRIMA DELLA COLPA
+
+ [Illustrazione: Testata allegorica sui personaggi della
+ storia]
+
+
+
+
+CAPITOLO I.
+
+Infanzia e prima giovinezza.
+
+
+La nostra famiglia è di Florinas.
+
+I miei nonni — Felice Tolu e Francesca Cossu — vivevano agiatamente,
+perchè possessori di terreni, di case, e di molto bestiame. Dalla loro
+unione erano nati sei o sette figli, fra i quali Pietro Gavino — mio
+padre.
+
+I tempi intanto si facevano tristi. Dopo la carestia dell’_ottanta_
+— ci diceva il babbo — le terre diminuirono di prezzo, e la piccola
+fortuna del nonno cominciò a venir meno[2].
+
+Il vecchio Felice scese nel sepolcro lasciando i figliuoli in
+giovanissima età; e la povera vedova, sperando di poter tirare innanzi
+la famiglia nell’agiatezza in cui era stata allevata, fu costretta a
+vendere i pochi beni che ancora le rimanevano. I suoi sforzi, però,
+riuscirono vani. I giorni calamitosi si succedettero senza tregua, nè
+si tardò a provare tutte le strettezze della miseria.
+
+Pietro Gavino, per campare la vita, si era adattato a prestare l’opera
+sua presso alcuni parenti facoltosi; ed una sua sorella, non potendo
+più oltre mantenere l’antico sfarzo, fece dono della sua ricca veste
+alla _Madonna del Rosario_, presso la quale (com’è tradizione nella
+nostra famiglia) conservasi tuttora.
+
+Sebbene alquanto innanzi negli anni, il mio babbo Pietro Gavino tolse
+in moglie la giovane figlia di un pastore — Vincenza Bazzoni — che gli
+regalò una dozzina di figli, diversi dei quali morirono bambini.
+
+Mia madre era in fama per i parti doppi; e infatti per tre volte ebbe
+figliuoli gemelli, nel numero dei quali sono anch’io compreso.
+
+Ecco i nomi dei figli sopravvissuti: — Felice, il primogenito; Chiara,
+la seconda; in seguito tre coppie di gemelli, cioè: Peppe ed io —
+Giammaria e Nicolò — Giustina ed altro che visse pochi giorni — e
+finalmente Maria Andriana[3].
+
+È cosa ormai assodata: quando Dio non può mandare ai poveri un po’ di
+fortuna, concede loro la grazia di molti figliuoli!
+
+Pietro Gavino Tolu, mio padre, era un tipo di agricoltore fiero,
+energico, scrupoloso. Uomo di stampo antico, era rigido e severo
+nell’educazione della famiglia. Soleva dare poca confidenza ai figli,
+nè voleva che essi s’intromettessero in alcuna questione di famiglia.
+I figli, da parte loro, gli ubbidivano ciecamente, non permettendosi la
+minima osservazione, nè atti sconvenienti alla sua presenza.
+
+Egli ci diceva spesso:
+
+— Figli miei: o buoni, o morti! Voglio che rispettiate gli altri,
+perchè gli altri vi rispettino.
+
+Guai se egli avesse saputo che i figli si permettevano d’introdursi nei
+poderi altrui! Sarebbe stato capace di picchiarci senza misericordia.
+
+Ci eravamo tutti abituati al regime rigoroso del babbo, ed in famiglia
+si viveva tutti di buon accordo.
+
+L’ho detto: al mondo non venni solo. Io sono _una grossa metà_. Nacqui
+ad un parto col fratello Peppe, il 14 marzo del 1822 — a Florinas[4].
+
+Entrambi fratelli fummo mandati a studiare presso un maestro prete,
+nostro parente, il quale ci sgridava sempre, e qualche volta ci
+picchiava colla sferza. Peppe, più paziente, imparò a leggere, ed anche
+un po’ a scrivere; io, invece, inasprito delle brusche maniere del
+prete, mi ribellai, e non volli più sapere di scuola.
+
+All’età di nove anni, tanto io quanto il mio gemello, fummo accettati
+nella chiesa parrocchiale, in qualità di sagrestani. Mio fratello, dopo
+un annetto, lasciò bruscamente la Sagrestia, dichiarando di volersi
+dare al lavoro dei campi; io rimasi al mio posto per altri due anni.
+
+Tenevo alla carica di sagrestano, poichè lusingava il mio amor proprio.
+I sacerdoti mi volevano bene, ed io cercai di cattivarmi la loro
+stima, col mandare a memoria (giacchè non riuscivo a leggere) tutte
+le risposte latine relative alle funzioni ecclesiastiche — oltre la
+_dottrina cristiana_, che sapevo a menadito. Indossavo con un certo
+sussiego la sottana e la cappetta, ed ero diventato esperto nella
+professione. Assistevo con disinvoltura alla messa; cantavo con voce
+squillante nei funerali; accompagnavo il parroco in tutte le cerimonie
+— tanto nelle visite che faceva alle partorienti dopo il battesimo,
+quanto alla casa dei moribondi per somministrar loro il viatico. Ond’è,
+che masticavo molti confetti, e mi ero abituato al tristo spettacolo
+degli agonizzanti, che nei primi tempi mi facevano una penosa
+impressione.
+
+Mi pareva di essere diventato quasi il padrone della chiesa e della
+sacristia. Preparavo gli arredi sacri, regolavo e custodivo il vino,
+aiutavo i preti a vestirsi e a spogliarsi, ed avevo imparato a mettere
+in assetto gli altari con un certo gusto. Anche la clientela delle
+devote mi era affezionata. Tutte le penitenti si raccomandavano a
+me; ed io trovavo modo di far sbrigare al confessionale le peccatrici
+che mi andavano più a genio, e che volevo favorire. Le più noiose ed
+insistenti erano le vecchie, le quali d’ordinario sono quelle che si
+confessano con più frequenza, forse perchè non hanno più occasione di
+peccare.
+
+Ero infarinato delle cose ecclesiastiche, e giunsi perfino a capire,
+che quando il prete nella messa recita più di tre orazioni, egli compie
+una brutta azione, cioè a dire, fa le _legature_ a danno di qualche
+nemico[5].
+
+Raggiunta l’età di 12 anni, mi avvidi che il mestiere di sacrista non
+faceva più per me; sentivo di essere un ozioso, e temevo di esser fatto
+segno alle beffe de’ miei compagni. Un bel giorno buttai in un canto la
+sottana, e mi diedi, come gli altri fratelli, a lavorare i campi.
+
+Mio padre era stato accettato come socio da un suo compare agiato,
+parimenti agricoltore; il quale gli forniva la semente, i buoi e la
+terra, lasciandogli a benefizio un terzo del guadagno, e tenendo per sè
+gli altri due terzi, secondo la usanza del paese. Questa società ebbe
+la durata di otto e più anni, con piena soddisfazione del compare; il
+che dimostra che mio padre era un abile lavoratore, ed onesto fino allo
+scrupolo.
+
+Gettata all’ortiche la sottana di sacrista, volli andare a lavorare
+con mio padre, per servirgli di aiuto. Maneggiavo la zappa, o guidavo
+i buoi, secondo i casi; e quando per me non c’era lavoro, mi adattavo
+a trasportar pietre sullo stradone, tanto per non stare in ozio, e per
+non essere di peso alla famiglia.
+
+Ho l’orgoglio di vantarmene. Fin da giovane avevo la fama di abile
+lavoratore, di sobrio, di onesto, di docile; nè pochi erano gli
+agricoltori che chiedevano l’opera mia. Ma io preferiva di aiutare il
+babbo ne’ suoi lavori di campagna. Pieno di amor proprio e di buon
+volere, mi sentivo spronato al lavoro dall’emulazione, e godevo di
+essere mostrato a dito dai compagni, con una compassione che mi sapeva
+d’invidia.
+
+Ero appena diciasettenne quando perdetti mio padre, morto a 54 anni. Lo
+piansi amaramente, e da quel giorno mi dedicai con più lena al lavoro,
+poichè volevo recar sollievo alla mamma ed alla famiglia.
+
+Felice, il nostro fratello maggiore, aveva intanto preso moglie. Si
+era unito a Giovanna Serra di Giave, ed erasi allontanato da noi per
+mettere su casa, a parte.
+
+Io era ritenuto come il figliuolo più serio e più lavoratore; tanto è
+vero, che a diciotto anni mi si erano affidate le redini della casa.
+Peppe, più delicato e più debole di me, era rimasto addietro, e subiva
+la mia influenza.
+
+Provvistomi d’un cavallo mi diedi a lavorare per i paesi circonvicini,
+facendo il _viandante_. Trasportavo viveri e merci da un punto
+all’altro; mi recavo con frequenza a Sassari per vendervi grano; e di
+là ripartivo con un carico di vino, che mia madre rivendeva in paese
+per trarne qualche lucro.
+
+L’ho detto: mio padre ci aveva educati rigidamente, e si viveva tutti
+in buon accordo. Ciascuno di noi portava alla mamma i propri guadagni,
+e godevamo di una certa agiatezza, relativa alla modesta nostra
+condizione. Il lavoro non ci mancava mai, ed i viveri erano a buon
+mercato. Ricordo che verso il 1840 la carne si vendeva a due libre
+_mezzo reale_ (circa 30 centesimi il chilogramma).
+
+I principali proprietari di Florinas richiedevano continuamente l’opera
+mia e quella di Peppe; ma non volevamo legarci ad alcuno, poichè la
+mamma era gelosa di noi, e temeva che coll’abbandono venisse meno
+l’accordo in famiglia.
+
+Quando Chiara — la nostra sorella maggiore — toccò i 23 anni,
+fu chiesta in moglie da un bravo giovane. La scelta fu di nostro
+gradimento, e raddoppiammo di attività nel lavoro, tanto per poter
+riuscire a preparare un po’ di fardello alla sposa.
+
+La nostra casa era il nido della pace e della concordia. La vecchia
+mamma non faceva che ringraziare il Cielo, per averle dato figliuoli
+così buoni ed affettuosi.
+
+Contavo appena venti anni, quando in paese si sparse la notizia che
+nell’agro sassarese si prevedeva un raccolto straordinario di olive.
+Volendo guadagnare qualche soldo in più, mi allontanai da Florinas,
+per collocarmi nella qualità di sorvegliante a Sassari, presso due
+proprietari di molini ad olio; nell’uno lavoravo di giorno, nell’altro
+di notte. Dopo parecchie settimane di assiduo lavoro, feci ritorno a
+Florinas. Mi sentivo stanco e abbattuto, ma avevo raggiunto lo scopo,
+mettendo a parte una diecina di scudi, che consegnai alla mamma.
+
+E così continuai a cercar lavoro da un punto all’altro: nei dintorni di
+Florinas, nelle campagne di Sassari, e nei _salti_ della Nurra. Nessuna
+fatica mi spaventava quando mi sorrideva la probabilità di un guadagno.
+
+Coi risparmi fatti, decisi più tardi di acquistare un buon cavallo.
+Me ne offrì uno bellissimo, di manto nero, il reverendo Pittui, per
+il prezzo di sedici scudi. Ricordo anzi, a questo proposito, che allor
+quando sborsai la somma al prete, in presenza della serva, mi scivolò
+di mano una pezza da _cinque soldi_, che andò a rotolare sul pavimento.
+Ci chinammo tutti e tre per raccoglierla, ma non ci fu possibile
+rintracciarla. L’inferno l’aveva inghiottita. Dovetti cacciar fuori
+dalla borsa altra simile moneta, che non mi venne più restituita.
+Ricordai più volte questo fatto, ripensando al prete Pittui, che più
+tardi doveva esser causa d’ogni mia sventura.
+
+Diventato proprietario di un buon cavallo, che battezzai col nome di
+_Moro_, continuai la mia vita di lavoro con più coraggio. Passavo
+intiere settimane fuori di Florinas, e non vi rientravo che alla
+vigilia dei giorni festivi.
+
+Le domeniche erano per me giorni di noia. Il mio unico divertimento
+consisteva nel tiro al bersaglio: passatempo di molti giovani del
+paese nella sera dei giorni di festa, ed al quale prendevano pur parte
+i signori, ed anche qualche prete. La bettola, i balli, e sovratutto
+il bel sesso, non ebbero mai per me alcun’attrattiva. Devo anzi
+confessare, che fin da giovinotto ero un orso e fuggivo quasi le donne.
+Non provavo la smania di far loro la corte, poichè gli amori inutili
+mi ripugnavano, non volendo perdere il mio tempo. A che trattenere una
+ragazza e perdersi in sciocchezze, quando l’uomo non ha intenzione
+di torsela in moglie? Nei nostri villaggi bisogna andar cauti colle
+zitelle; il far lo spasimante diventa pericoloso, poichè i parenti
+della donna potrebbero immischiarsene; e il meno peggio che possa
+capitare, è il matrimonio forzato con donna che non ci piace. Non amavo
+le leziosaggini, nè le mollezze femminili, che sfibrano il carattere
+e ci espongono qualche volta al ridicolo. Sdegnavo di cacciarmi nei
+pubblici balli, o di piantarmi come un palo dinanzi alle case, per
+fare il cascamorto colle ragazze che sedevano sulle soglie. Preferivo
+andarmene fuori del paese con la combricola dei tiratori, per vincere
+una scommessa al bersaglio. Il fucile era la mia prima passione — il
+cavallo la seconda.
+
+Non mi fecero pertanto difetto le avventure amorose; ma io nella donna
+temevo le _malìe_ — cioè a dire le _legature_, come noi le chiamiamo.
+Citerò due soli episodi.
+
+Recatomi una sera in casa di un amico, vi trovai la moglie insieme ad
+una giovane sorella di costei, di fama un po’ equivoca.
+
+La donna maritata, fra il serio e il faceto, mi disse:
+
+— Guarda mia sorella, com’è bellina! Perchè non te la baci?
+
+Fui quasi spaventato dello strano invito; del che accortasi la scaltra
+donna, cambiò tono, e mi chiese il favore di accompagnare la sorella ai
+balli, che avevano luogo quella sera in piazza.
+
+Benchè a malincuore, accondiscesi al suo desiderio. Quando fummo di
+ritorno, le due sorelle si affrettarono ad offrirmi alcuni amaretti
+e un bicchierino di rosolio; ma io mi guardai dall’accettare, temendo
+volessero farmi qualche _legatura_. Appresi più tardi, che la moglie
+del mio amico aveva contato sulla mia inesperienza, per mantellare col
+sacramento del matrimonio il primo fallo della sorella.
+
+ [Illustrazione: Moglie tentatrice, e il villaggio di Florinas]
+
+Due mesi dopo, a breve distanza da Florinas, mentre rientravo dalla
+campagna, fui fermato con mistero da una giovane donna, maritata ad
+un vecchio. Ella cominciò col parlarmi di una sua amica, la quale era
+alquanto innanzi negli anni, ma possedeva un piccolo vigneto ed una
+casa bassa, che le procuravano una vita abbastanza comoda. Avendo
+costei desiderio di marito, me la proponeva come moglie, cercando
+persuadermi che avrei fatto un buon affare; poichè, anche con una
+moglie attempatella, non mi sarebbe mancato l’affetto di qualche amica
+più giovane. Rifiutai con ripugnanza; e allora la giovane si sfogò meco
+in tenerezze, e mi tenne un linguaggio così singolare, che mi costrinse
+a fuggire da lei, come un casto Giuseppe dalla moglie di Putifarre[6].
+
+Tale io era con le donne a vent’anni. In seguito, naturalmente, ebbi
+qualche scrupolo di meno, sebbene non sia mai riuscito a cambiare _la
+mia opinione_[7].
+
+
+
+
+CAPITOLO II.
+
+In cerca d’una moglie.
+
+
+Raggiunta l’età di 25 anni, non tardai a sentire tutto il peso della
+mia vita solitaria, monotona. L’amore al lavoro ed al guadagno, la
+ripugnanza all’ozio ed ai compagni crapuloni, mi rendevano più penoso
+l’isolamento. Non bastava più mia madre, non bastavano i miei fratelli,
+nè le sorelle, a darmi un conforto, quando stanco rientravo in seno
+alla famiglia, dopo una settimana d’incessante e faticoso lavoro.
+Desideravo qualche cosa di più attraente che mi eccitasse ogni sera a
+far ritorno alla mia casetta.
+
+Felice, il primogenito de’ miei fratelli, aveva preso moglie; gli altri
+pensavano a prenderla; le mie sorelle già parlavano di marito — ed
+io non sentiva la virtù del sagrifizio, senza uno scopo determinato.
+Il pensiero di abbandonare la mamma era quello che mi tormentava; ma
+io avrei potuto ritirare la vecchierella presso di me; avrei potuto
+darle una compagna, quando le sorelle e i fratelli miei si fossero
+allontanati dalla casa materna, per crearsi una famiglia.
+
+Pensai dunque ad una compagna.
+
+Avevo fermato l’attenzione sopra una bella giovinetta quindicenne, che
+ogni domenica io aspettava sul piazzale della chiesa, all’entrata ed
+all’uscita della messa. Parecchie volte ero stato ai balli con essa, e
+mi pareva che non gli fossi del tutto antipatico. Il contegno modesto
+di quella ragazza mi aveva profondamente colpito. Maria Francesca, la
+prediletta del mio cuore, era al servizio del prete Gio. Maria Masala
+Pittui, insieme ad una sua zia.
+
+Questa zia — Giovanna Maria Meloni Ru — si trovava da molti anni in
+casa del prete. Tanto lei, quanto una sua sorella maggiore, si erano
+allontanate dal paese natio (Scano Montiferro) ferme nel proposito di
+collocarsi come serve in casa di qualche prete, a Florinas, o altrove.
+L’una di esse, infatti, riuscì ad essere accettata dal reverendo Pittui
+— l’altra si collocò presso un altro sacerdote, in Codrongianus.
+
+Le due donne avevano un fratello a Florinas — Salvatore Meloni Ru — già
+servo del prete Pittui, che gli aveva dato in moglie certa Catterina
+Merella.
+
+Da queste nozze era nata, fra gli altri figli, Maria Francesca, la
+ragazza che mi aveva colpito. Costei, fin da bambina, frequentava la
+casa del prete, dove si recava per visitarvi la zia; e quando crebbe
+negli anni vi fu accettata come servetta, con piena soddisfazione dei
+genitori; i quali ascrissero a grazia divina l’aver potuto collocare la
+loro bella figliuola in casa di un sacerdote benestante, influente, e
+temuto più che amato nel paese.
+
+Il prete Pittui aveva fatto di tutto per dar marito all’antica sua
+serva Giovanna Maria, ma non vi era riuscito. In paese correvano
+molte dicerie sul conto di quella donna, e nessuno voleva caricarsela.
+Fra gli altri designati, il prete si era rivolto a due suoi nipoti,
+promettendo loro la protezione, e non so che altro, se avessero
+appagato il suo desiderio; ma i due nipoti non vollero sapere di dar
+la mano ad una donna attempatella, a cui si cercava un marito con tanta
+insistenza.
+
+Il rifiuto dei due giovani inasprì alquanto lo zio, che tenne loro il
+broncio per lungo tempo, sebbene non mancasse di prenderne le difese,
+quando credeva compromessa la dignità del sangue di famiglia.
+
+Il prete Pittui trovò finalmente il desiderato Cireneo della sua
+Giovanna Maria: un suo servo agricoltore — certo Giovanni Antonio
+Piana; il quale, sebbene molto giovane (eravamo coetanei) si decise a
+sposare quella donna, che poteva essergli madre.
+
+Giovanni Masala Pittui era un prete, che aveva oltrepassata la
+cinquantina. Burbero, prepotente, di modi piuttosto aspri, si sentiva
+capace di affrontare venti nemici petto a petto. Possedeva una
+Cappellania, che dicevasi gli fruttasse da quattro a cinquemila scudi;
+ed aveva l’obbligo di dir la messa tutti i giorni festivi nell’Oratorio
+di Santa Croce — chiesetta un po’ fuori di mano, perchè posta
+all’estremità del villaggio.
+
+Erano in quel tempo in Florinas altri tre preti: i due viceparroci e il
+rettore Gio. Angelo Dettori; ma nessuno poteva vantare l’influenza del
+prete Pittui, che tutti temevano. In relazione con cavalieri, avvocati,
+giudici, ed altre autorità di Sassari, egli dispensava promesse o
+minaccie a diritta ed a manca, e nessuno osava contraddirlo, poichè si
+sapeva che le minaccie avrebbero avuto il loro effetto.
+
+Il prete Pittui andava sempre armato, ed era ben provvisto di fucili,
+di pistole, di pugnali. Possedeva una quindicina di cani, fra i quali
+due feroci mastini, capaci di sbranare quattro nemici a un semplice
+cenno del padrone. Si vantava di essere un valente cacciatore (e lo era
+di fatto), e si dilettava parimenti della pesca nei fiumi; però, non
+mangiava mai pernici, nè lepri, nè anguille, che per solito regalava
+agli amici.
+
+Io era in buoni rapporti coi preti di Florinas, poichè tutti mi
+avevano conosciuto sagrestano. Anche prete Pittui mi trattava con
+una certa confidenza. Non poche volte gli avevo assistito la messa, e
+assai spesso mi ebbe a compagno nelle solite gare al bersaglio della
+domenica. Guai però a contraddirlo, o a prendersi troppo confidenza con
+lui! Corrugava la fronte, rispondeva brusco, e voltava le spalle con
+aria spavalda e prepotente.
+
+Per dare un’idea del suo carattere focoso e della fiducia che riponeva
+nelle autorità di Sassari, di cui si vantava amico, narrerò un
+episodio.
+
+Un giorno io lavoravo in un suo tenimento, insieme ad altri compagni,
+fra i quali uno dei due nipoti che si era rifiutato a sposargli la
+serva Giovanna Maria. Avvenne che uno dei contadini che lavoravano
+insieme a noi, non so per qual contesa insorta, mettesse le mani
+addosso al nipote del prete, che per caso era presente. Io corsi
+in difesa dell’aggredito, e afferrato un bastone percossi senza
+misericordia l’aggressore.
+
+Il prete, cieco di bile per l’insulto fatto al parente, mi si accostò
+inferocito, gridandomi alle spalle:
+
+— Uccidilo! uccidilo, Giovanni! chè penserò io a strapparti alla
+Giustizia!
+
+Queste parole mi fecero tornare in me, e sospesi la correzione —
+tanto più che l’avversario non mi aveva opposto resistenza. Il prete
+si limitò a licenziare il contadino audace; ma mi accorsi che non era
+soddisfatto della mia disubbidienza.
+
+Riprendo la narrazione.
+
+Colpito, dunque, dall’avvenenza e dalla modestia di Maria Francesca,
+e fermo nel proposito di prender moglie, mi decisi a confidare in
+famiglia i miei progetti, chiedendo un consiglio. Ottenni la generale
+approvazione per la buona scelta fatta. Lieto che tutti fossero
+contenti, incaricai la mamma di recarsi in casa del prete Pittui
+per chiedergli la mano della ragazza. Si sa che in simili casi i
+genitori passano in seconda linea, poichè spetta ai padroni disporre
+dell’avvenire delle serve.
+
+Mia madre, dopo essersi vestita degli abiti migliori, si recò dal
+prete per far la domanda. Io rimasi ad aspettarla in casa, ansioso di
+conoscere la risposta.
+
+Trascorsa una mezz’ora, mia madre fu di ritorno. Per quanto affettasse
+disinvoltura, mi accorsi subito che la sua missione non era pienamente
+riuscita.
+
+— Ebbene....? — le chiesi, andandole incontro.
+
+— Bisogna ancora aver pazienza, figlio mio!
+
+— Un rifiuto?!
+
+— Non rifiuto, veramente! Mi disse solo, che avessi prima pensato a
+maritare le tue sorelle Giustina e Maria Andriana, poichè per Maria
+Francesca ci sarebbe stato tempo, avendo essa di poco oltrepassato i
+quindici anni.
+
+Questa risposta, che mia madre si studiava di raddolcirmi, mi tenne
+alquanto di malumore. Tuttavia, non disperai, deciso di tornare
+all’assalto in un momento più opportuno.
+
+Lasciai trascorrere alquante settimane. Nel frattempo in paese si era
+fatta correre una voce, la quale in sulle prime mi fece sorridere, ma
+in seguito mi destò qualche inquietudine. Dicevasi dalle comari, che
+io mi era pazzamente invaghito di Maddalena Pintus Marongiu, figlia di
+Pietro Paolo, la cui fama non correva troppo buona in paese. Si era pur
+detto, precedentemente, che tanto la ragazza, quanto i suoi genitori,
+studiassero tutti i mezzi per accalappiarmi con un matrimonio.
+
+L’origine e lo scopo della diceria erano palesi. La zia di Maria
+Francesca aveva confidato alle comari la mia domanda di matrimonio;
+e la famiglia Pintus, al cui orecchio era pervenuta la notizia, aveva
+messo in giro la storiella del mio amore, per dar pretesto al prete di
+rifiutarmi la mano della ragazza.
+
+Un caso innocente, avvenuto poche settimane dopo, diede corpo all’ombra
+ed alimento ad una diceria, che servì di appiglio ai disgustosi
+incidenti che amareggiarono in seguito la mia esistenza.
+
+
+
+
+CAPITOLO III.
+
+Alla festa di Mara.
+
+
+Si era verso la metà di Settembre del 1848, e si avvicinava il giorno
+della famosa festa di _Nostra Signora di Bonuighinu_, che suol farsi
+presso una chiesa campestre, nelle vicinanze del villaggio di Mara.
+Questa festa, con annessa fiera, è una delle principali dell’isola, e
+chiama tuttora dal Logudoro e dalla Planargia una folla considerevole
+di curiosi e di devoti[8].
+
+Essendo Mara molto distante, i florinesi hanno bisogno di quattro o
+cinque giorni per effettuare la gita e godere del divertimento; e forse
+per questo motivo l’attrattiva è maggiore, e cresce nei festaioli la
+smania di prender parte alla baldoria.
+
+Già da tre anni mi ero prefisso di recarmi a _N. S. di Bonuighinu_
+per sciogliere un voto fatto, e nello stesso tempo per divertirmi un
+poco. Lavoravo tutto l’anno con assiduità, e mi pareva di aver diritto
+a un po’ di svago. Circostanze impreviste avevano impedito che si
+effettuasse il mio disegno; ond’è che quella volta fui irremovibile nel
+mio proposito.
+
+Mia madre non vide di buon occhio la mia gita, e me lo disse con una
+certa amarezza:
+
+— Bada, Giovanni! A me pare, che in questa circostanza non ti convenga
+recarti alla festa. Non vorrei che la tua gita avesse a procurarti
+qualche dispiacere!
+
+Io mi strinsi nelle spalle. Mia madre, certamente, voleva alludere alle
+trattative in corso per la domanda di matrimonio; ma io sentiva di aver
+la coscienza netta, nè dovevo temere serie conseguenze da un passatempo
+innocente.
+
+Anche il nostro vicino di casa — Gavino Pintus — aveva deciso di andare
+alla festa insieme alla figliuola, e si era dichiarato contento di
+avermi a compagno di viaggio.
+
+Questo Pintus, agricoltore benestante, era fratello dell’altro Pintus,
+della cui figlia mi dicevano invaghito. Le due cugine avevano lo stesso
+nome: Maddalena.
+
+All’alba del giorno designato insellai il mio _Moro_; Gavino Pintus
+prese la figliuola in groppa, e partimmo insieme.
+
+Svoltate appena due stradicciuole, il Pintus fermò il cavallo e mi
+disse:
+
+— Aspettami qui un momento. Mi spingo fino alla casa di Pietro Paolo,
+per sapere se insiste nell’idea di venire alla festa.
+
+Fu tanta la mia sorpresa, che non risposi neppure. Mi lusingavo già che
+si trattasse di un semplice atto di convenienza, quando vidi sboccare
+da una viottola i due fratelli a cavallo, colle rispettive figliuole in
+groppa.
+
+Quell’incidente impreveduto mi gelò il sangue. Mi venne persino in
+mente di piantare la comitiva e di andarmene tutto solo alla festa; ma
+ebbi vergogna di una debolezza, che poteva venir interpretata paura o
+vigliaccheria. Ripensai allora alle parole di mia madre, la quale non
+s’ingannava mai ne’ suoi pronostici.
+
+Che dovevo fare? Feci l’uomo di spirito, e mi rassegnai ad essere il
+compagno di viaggio dei due fratelli e delle due cugine, deciso però
+a mostrare il broncio alla coppia malaugurata, che aveva messo in giro
+la diceria de’ miei amori. Volevo che si notasse quanto poco gradita mi
+fosse la compagnia dei due intrusi.
+
+La figliuola di Gavino, appena quindicenne, era di un’ingenuità
+infantile; la cugina, invece, a diciott’anni, rivelava una furberia
+singolare, ed era molto addentro negli intrighi amorosi.
+
+Il padre di costei, povero quanto Giobbe, tirava a stento la vita, ma
+studiavasi di comparire agli occhi del mondo meno miserabile di quello
+che era.
+
+I nostri tre cavalli trottavano di conserva sulla strada. Mi ero messo
+alla sinistra di Gavino per togliermi alla vista di Pietro Paolo e
+della figliuola. Mi divertivo invece a scherzare e a conversare colla
+più giovane delle Maddalene, lasciando l’altra ad annoiarsi fra il
+babbo e lo zio.
+
+Arrivati dopo un’ora di strada al sito denominato _Sas funtanas_,
+smontammo tutti per abbeverare i cavalli.
+
+Stando insieme sul ponte, Gavino si lamentò meco della lentezza del suo
+cavallo, incapace di poter portare due persone sul dorso. Io gli dissi:
+
+— Se per quindici giornate tu mi aiuterai ad arare la terra, porterò la
+tua figliuola in groppa.
+
+Il babbo mi rispose, scherzando:
+
+— Anche per venti giorni avrai l’aiuto mio, se vorrai alleggerirmi di
+Maddalena!
+
+Dopo avermi aiutato ad assicurare il sellone sul mio cavallo, Gavino
+sollevò da terra la figliuola e me la sedette in groppa.
+
+Ci rimettemmo in viaggio.
+
+Mi sentivo proprio contento del servizio reso a Gavino Pintus. Il mio
+cavallo trottava, ed era facile lasciarmi addietro gli altri compagni,
+la cui conversazione mi riusciva oltremodo impacciante.
+
+Così trottando, colla donna in groppa, volli mangiare un boccone. Tolsi
+dalla mia bisaccia un po’ di pane e di noci, e ne offersi a Maddalena,
+la quale si divertiva un mondo alle mie facezie.
+
+Arrivati dopo cinque ore di viaggio alla cantoniera di Giave, Pietro
+Paolo invitò tutti a smontare da cavallo, offrendoci le sue provviste
+per far collazione.
+
+— Ho giù mangiato e non ne ho voglia! — risposi.
+
+— Mangiato! e quando? — mi chiese sorpreso Pietro Paolo.
+
+— Or ora in viaggio — risposi — ed ho anche bevuto. Anzi, se volete
+approfittare, ci ho ancora vino nel mio fiasco!
+
+Mi ero proposto di nulla accettare da quella gente. Sebbene avessi
+giustificato il mio rifiuto, mi accorsi ch’esso spiaque ai due
+fratelli, i quali pertanto si guardarono dall’insistere.
+
+Terminata la collazione continuammo il viaggio, e dopo altre due ore di
+strada sostammo a Padria, ospiti del comune amico Salvatore Masia, il
+quale volle offrirci una lauta cena.
+
+Come più ci avvicinavamo a Mara, più numerose diventavano le comitive
+dei festaiuoli, accorrenti da ogni punto dell’isola a _N. S. di
+Bonuighinu_.
+
+All’alba del giorno susseguente rimontammo a cavallo, e un’ora dopo
+entravamo nel villaggio di Mara, accolti generosamente da Antonio
+Francesco Peralta, che ci volle ospiti, insieme ad altri festaiuoli che
+ci avevano preceduto.
+
+I miei compagni lasciarono in paese i cavalli, e si recarono a piedi
+alla chiesetta campestre, distante appena una mezz’ora. Io feci quel
+tragitto a cavallo, sempre con Maddalena in groppa.
+
+Pietro Paolo si era rassegnato a far la strada a piedi, poichè la
+figliuola, sprovvista di sellone, era stata adagiata alla meglio su due
+cuscini. Il vero scopo della sua gita era il solito commercio d’uova;
+e si sentiva giustamente umiliato della propria miseria, tanto più
+sapendo che a me non mancavano soldi da spendere[9].
+
+Durante la breve gita da Mara alla chiesa campestre, io continuai le
+facezie colla mia compagna di viaggio, quasi per far dispetto alla
+cugina, della quale volevo vendicarmi. Ero ancora inasprito delle
+dicerie messe fuori dai genitori di una ragazza, la quale pretendeva di
+essere corteggiata per forza. La mia natura superba rifuggiva da simili
+donne!
+
+Un’immensa folla occupava i dintorni della chiesetta; e vi erano
+rappresentati la maggior parte dei comuni dell’isola.
+
+Attiguo alla chiesa è un vasto cortile con un lungo loggiato per
+comodità dei visitatori e dei mercanti. Vi si vendeva di tutto, e si
+macellava all’aria aperta carne di bestiame, proprio... o rubato.
+
+Siccome mi ero recato alla festa per sciogliere un voto, non mancai di
+far le mie preghiere in chiesa; dopo di che, pensai a darmi un po’ di
+spasso. Ho sempre mantenuto la mia parola, anche con Dio e coi santi!
+
+Da Mara erano venuti, insieme a noi, molti curiosi e devoti; e non
+poche forosette, in allegra brigata, avevano voluto accompagnare le due
+cugine Pintus.
+
+Eravamo arrivati alla chiesa verso il Vespro, dopo aver fatto a Mara le
+provviste per la cena.
+
+Io non stavo indietro ad alcuno nello spendere; anzi mi ero proposto
+di fare il generoso. Avevo comprato molte libbre di pesce d’Oristano
+cotto, nonchè una ragguardevole quantità d’aranci, che dispensai
+largamente a quanti componevano la numerosa comitiva.
+
+Cenammo in una delle loggie del vasto cortile della chiesa.
+
+Terminata la funzione del Vespro, s’iniziarono i balli. Era un
+gridìo incessante di mercanti e di compratori, di giovanotti allegri
+e di donnette di buonumore. Al chiarore dei lampioncini, dei falò,
+dei razzi, si correva da un punto all’altro scherzando, ridendo,
+altercando. La festa era stata allietata dalla presenza dei principali
+cavalieri e signori di Bonnanaro, di Torralba, di Bessude, di Borutta
+e di Tiesi, che gironzavano di qua e di là, in compagnia delle loro
+donne.
+
+Dopo aver preso parte ai balli, come attori o come spettatori, fu
+proposta la visita a tutti i _liquoristi_ e _torronai_; e da una
+baracca all’altra non si faceva che bere ed acquistare dolciumi per i
+bambini. Com’è usanza in simili feste, ci alternavamo nello spendere; e
+ciascuno cercava di distinguersi nella prodigalità.
+
+A Pietro Paolo non erano rimasti in tasca che sette soldi e mezzo, ed
+io non avevo cessato di superarlo negli acquisti.
+
+Verso la mezzanotte si die’ principio alla solita gara dei poeti
+estemporanei, con botta e risposta. I due fratelli Pintus vollero
+assistere alle sfide in versi, poichè uno di essi — Gavino — si piccava
+d’essere poeta. Io, invece, con le due cugine Pintus, preferimmo di
+prender parte al ballo.
+
+Terminate le danze la Maddalena Bua mi disse:
+
+— Andiamo a bere alla fonte!
+
+La fonte è lontana un quattrocento passi dalla chiesa, e la folla vi
+affluiva di continuo.
+
+Volli appagare il desiderio delle donne, e le accompagnai.
+
+La moltitudine che andava e ritornava dalla fonte rendeva penosa la
+nostra gita. Frotte di allegri giovinotti, un po’ brilli, davano la
+baja a questa o a quella forosetta, e bisognava lottare, or colle buone
+ed ora colle brusche, per aprirci un passaggio. Io stava attento perchè
+le mie donne non si sbandassero, trascinate dalla folla che ci seguiva,
+o da quella che ci veniva incontro.
+
+A un certo punto Maddalena Bua (la più giovane) si fermò e mi disse
+ingenuamente:
+
+— In questo modo non potremo andare avanti! Perchè non ci dai il
+braccio?
+
+E senza aspettare che io l’offrissi loro, le due donne mi presero
+a braccetto: l’una a destra, l’altra a sinistra. Sudavo freddo,
+immaginando le chiacchiere dei maldicenti florinesi che assistevano
+alla festa.
+
+Dopo essere stato alla fonte, ricondussi le Maddalene verso la chiesa,
+e le accompagnai fino alle loggie. Erano le due dopo mezzanotte, e
+volevano riposare.
+
+Offersi il mio cappotto alla più giovane, perchè se ne servisse come
+guanciale, e tornai indietro per raggiungere i miei compagni, che erano
+intenti al giuoco, ai canti, ed alle gare poetiche.
+
+Mancavano due ore all’alba quando mi diressi tutto solo alle loggie,
+in cerca di un cantuccio per poter dormire. Passando lungo lo
+scompartimento assegnato alle donne, fui colpito dalla vista di una
+nera sottana, che provocava le grasse risa e gli scherzi degli astanti.
+Era quella di un prete di Mara, venuto per le funzioni religiose.
+Volendo star comodo, egli si era cacciato alla chetichella nel loggiato
+delle donne, sordo alle chiacchiere e alle facezie di quanti lo avevano
+veduto. Io gli dissi, scherzando:
+
+— Ella ha scelto un buon posto, reverendo! Fra sottane e gonnelle ci
+corre poco!
+
+— Lasciatemi dormire, chè ne ho bisogno, canaglia! — brontolava
+il prete con stizza. — Tu per il primo, Giovanni Tolu, non vorrai
+rinunziare alla mia messa! Non è così?
+
+— Sicuro, che è così! — risposi — poichè mi vanto di essere un buon
+cristiano. Non solamente ascolterò la vostra messa, ma vi prometto di
+assistervela come antico sagristano. A condizione però, che diciate una
+messa da cacciatore: brevissima.
+
+— Siamo intesi, e buona notte!
+
+— Dite meglio: buon giorno! — conchiusi.
+
+La giornata susseguente non fu meno chiassosa del Vespro, quantunque
+quest’ultimo abbia sempre maggior attrattiva.
+
+Fedele alla parola data, volli assistere il prete nella messa, e mi
+ci misi d’impegno. La maggior parte dei devoti l’ascoltarono all’aria
+aperta, poichè la chiesa non poteva capire che un duecento persone.
+
+Terminata la funzione religiosa si ricominciarono le danze, i canti e
+le visite alle baracche.
+
+Si pensò intanto alla collazione. Pietro Paolo si era incaricato di
+provvedere il pesce; ma siccome aveva pochi soldi da spendere, ne portò
+una quantità insufficiente. Allora andai io a far l’acquisto, e tornai
+con un grosso involto di muggini e di aranci, bastevoli per saziare
+dodici persone. Devo confessarlo: quel giorno volevo fare il signore.
+
+Fu sempre mia opinione, che l’uomo non deve badare ad economie in
+certe circostanze; e quando non si hanno i mezzi per poter spendere, si
+rimane a casa per evitare una brutta figura.
+
+Dopo la collazione si andò tutti alla messa solenne; in seguito ebbe
+luogo la processione, la corsa dei cavalli, e di nuovo i canti e le
+danze.
+
+Verso la una dopo mezzogiorno i festaiuoli si unirono in diversi
+gruppi, per i preparativi della partenza.
+
+Fin dal giorno innanzi avevo ordinato che da Mara mi si portasse il
+cavallo. Montai in sella, ripresi in groppa la figlia di Gavino Pintus,
+e feci al passo il breve tragitto, per andar di conserva co’ miei
+compagni di viaggio, ch’erano tutti a piedi.
+
+L’ho detto: quel giorno volevo fare il signore.
+
+
+
+
+CAPITOLO IV.
+
+Ritorno dalla festa.
+
+
+Arrivati al villaggio di Mara si fece sosta, e si pranzò in casa
+Peralta. Al pomeriggio si giunse a Padria, dove passammo la notte.
+All’alba del giorno seguente ci recammo a Tiesi, per accompagnarvi i
+desini, che ci furono compagni alla festa. Ivi passammo il resto della
+giornata e la notte, sempre in baldoria.
+
+In quest’ultimo paese Pietro Paolo fece un carico d’uova, ed affidò la
+figliuola allo zio Gavino, che se la prese in groppa.
+
+Di là si andò tutti a Banari per accompagnarvi la comitiva dei
+banaresi, e vi si passò allegramente la giornata. Verso sera ci movemmo
+dal paese per far ritorno a Florinas.
+
+Prima di allontanarmi dalla chiesetta di _N. S. di Bonuighinu_, ebbi
+cura di far la provvista di confetti e torroni per portarli alla mia
+famiglia ed a quella di Gavino Pintus. Non si deve far ritorno da una
+festa senza pensare a quei di casa.
+
+Pietro Paolo Pintus, fin dal mattino, si era messo in viaggio per
+Florinas col carico delle uova, avvertendoci che alla sera ci sarebbe
+venuto incontro per riprendere la figliuola. Giunto a Florinas (come
+seppi più tardi) si era presentato a mia madre, chiedendole se avesse
+un sellone da donna per adagiarvi la sua Maddalena.
+
+La mia vecchia, già inasprita per la diceria messa in giro sul mio
+conto, gli rispose bruscamente:
+
+— Invece di sella, perchè non vai alla ricerca di due fascine, per
+collocarvi la tua figliuola?!
+
+Pietro Paolo si allontanò, fingendo prendere l’insulto come uno scherzo
+innocente. Ognuno sa che sulle fascine si trasportano i feriti od i
+morti per malefizio.
+
+Eravamo a metà strada da Banari a Florinas, quando Pietro Paolo venne a
+incontrarci. Egli si affrettò a dirmi:
+
+— Pare che la tua mamma sia in collera!
+
+— Se mia madre è in collera — risposi asciutto — avrà le sue buone
+ragioni. Ella non si adira mai, senza un motivo.
+
+La ragazza ch’io aveva in groppa, impressionata dalle parole dello zio,
+voleva ad ogni costo smontare da cavallo.
+
+— Tua madre l’ha con me — diceva impaurita — ed io non voglio essere da
+lei sgridata!
+
+— Sta tranquilla! — le risposi — con te la mamma non può aver rancori.
+
+E siccome la ragazza persisteva a non voler più stare con me, il padre
+le gridò con voce autorevole:
+
+— Rimani dove sei! Nessuno oserà farti rimprovero. Ci sono io, qui!
+
+Mi rivolsi allora a Maddalena, e soggiunsi risoluto:
+
+— Se tu smonterai da cavallo, vi pianterò qui tutti, e rientrerò solo
+in paese!
+
+Lo zio e la cugina di Maddalena Bua non fiatarono.
+
+L’incidente non ebbe altro seguito. Facemmo insieme la strada, e si
+parlò d’altro.
+
+Intanto a Florinas era pervenuta la notizia delle mie avventure a
+_Nostra Signora de Bonuighinu_. Alcuni festaiuoli florinesi, arrivati
+il giorno precedente, avevano parlato della mia gita alla fontana, a
+braccetto di Maddalena Marongiu. Si diceva di amori, di accordi presi,
+di nozze conchiuse.
+
+La stessa madre della ragazza si era lasciata sfuggire qualche frase
+allusiva; la quale era stata colta a volo e commentata in tutti i
+modi. Più tardi quella furba, abboccatasi colla signora Vittoria Oppia
+(comare di battesimo del prete Pittui) le spiatellò addirittura, che
+il marito e la figliuola, lo zio e la nipote, si erano tutti recati a
+_N. S. di Bonuighinu_ per combinare il matrimonio fra Giovanni Tolu e
+Maddalena Pintus Marongiu.
+
+La signora Oppia si affrettò a riferire il fatto al compare prete, il
+quale montò su tutte le furie.
+
+— Come?! si osano fare simili pazzie, dopo le trattative in corso per
+una ragazza che è in casa mia? Vedremo come l’andrà a finire!
+
+Mia madre, al cui orecchio erano pervenute le chiacchiere del paese,
+era molto dispiaciuta; e stava appunto adoperandosi a persuadere
+le comari del vicinato, quando udì lo scalpitare dei cavalli che
+annunziava il nostro ritorno dalla festa.
+
+Siccome avevo Maddalena in groppa, era mio dovere smontare dinanzi alla
+casa di Gavino Pintus, posta al di là della nostra. Passando dinanzi
+a mia madre ed alle mie sorelle, ch’erano sulla porta, dissi loro
+scherzando:
+
+— Stava qui Giovanni Tolu, quando era vivo?
+
+Mia madre non sorrise, ma mi disse con tono d’ironia:
+
+— Festa lunga, eh?
+
+— Lunga e bella! — risposi, e spinsi oltre il cavallo.
+
+I miei parenti si avvicinarono alla casa di Pintus, col quale erano in
+buoni rapporti. Feci là distribuzione dei confetti e dei dolci alle due
+famiglie, e Gavino volle che quella sera si cenasse insieme.
+
+Rientrati in casa nostra, la mamma mi disse con tono grave:
+
+— Dio non voglia, o Giovanni, che questa festa ti costi cara, e che
+qualche giorno non abbia a pentirtene!
+
+— Quando si ha la coscienza di non aver recato danno ad alcuno, non si
+devono temere tardi pentimenti!
+
+Allora la mamma e le sorelle mi posero a parte delle dicerie che
+correvano in paese, e delle scene avvenute fra la madre di Maddalena
+Pintus, la signora Oppia ed il prete Pittui.
+
+— Tutte falsità e calunnie! — gridai stringendomi nelle spalle — Io
+non ho avuto mai intenzione di far l’amore con alcuna donna, nè ho
+incoraggiato ragazze a nutrire sciocche speranze.
+
+Trascorsi alcuni giorni, volendo mettere le cose a posto, pregai
+la mamma di recarsi un’altra volta dal prete Pittui per smentire le
+dicerie, e per rinnovare la domanda di matrimonio.
+
+Mia madre rientrò in casa dopo un’ora.
+
+— Eccoti bell’e maritato! — mi disse con amarezza — Maria Francesca non
+ti vuol più perchè ti sei legato ad altra donna!
+
+— Che ti disse il prete?
+
+— Lo trovai sulle furie. Egli non pronunciò che queste parole: «—
+Dirai al tuo figliuolo, che si mariti con chi gli pare e piace, ma che
+stia lontano dalla mia casa.» — Sei contento, adesso?
+
+— Via, non t’inquietare. Dissiperò io l’equivoco. Mi presenterò dal
+prete, e saprò convincerlo.
+
+Due giorni dopo mi feci annunziare al prete Pittui. Mi ricevette nello
+studio, ma di mala grazia.
+
+— Che vuoi tu qui?
+
+— Ve lo ha già detto mia madre: — voglio in moglie Maria Francesca, la
+vostra servetta.
+
+— Maritati con chi ti piace, ma non in casa mia. Maria Francesca non sa
+filare, non sa fare il pane, non sa far niente!
+
+— E che importa ciò? — risposi piccato — Io so filare, so fare il pane,
+so far tutto. Col mio lavoro e colla mia attività saprò provvedere a
+quanto abbisogna in una casa.
+
+— Maritati con chi ti piace, ma non in casa mia!
+
+— Ed è appunto in casa vostra che voglio maritarmi, perchè vi si trova
+colei che mi piace.
+
+Il prete Pittui si mostrò meco inflessibile. Non volle darmi alcuna
+soddisfazione, nè volle ascoltare alcuna discolpa. Riflettei che non
+era il caso d’insistere, e me ne andai, col proposito di scegliere un
+momento più propizio per far valere le mie ragioni.
+
+Ritornato da lui una seconda volta, lo trovai anche più duro. Mi parlò
+di mala grazia, e mi fece intendere, che non mi avrebbe mai dato il
+consenso di sposare la sua servetta.
+
+Il suo contegno insolente e le sue parole tronche mi fecero perdere la
+pazienza.
+
+— In fin dei conti — risposi — Maria Francesca non è vostra figlia; e
+se tale pur fosse, mi basterebbe il consenso di lei. Ottenendolo, io
+resterei con mia moglie, e voi senza figlia!
+
+— Ed io non le darò nulla! — esclamò vivamente il prete, piantandomi
+addosso due occhi da spiritato.
+
+— Se voi non le darete nulla, tanto meglio per me. Vivrò più
+tranquillo; poichè coi vostri doni non potrei sfuggire alla critica del
+paese... Voi m’intendete!
+
+Queste mie parole ferirono a sangue il prete. Egli non volle più
+ascoltarmi, e mi licenziò bruscamente.
+
+
+
+
+CAPITOLO V.
+
+Fattucchierie.
+
+
+Ottenuto, per mezzo di impegni, un terzo abboccamento col prete Pittui,
+questi si mostrò addirittura implacabile, nè volle udire ragione
+alcuna. Non valsero preghiere, nè umiliazioni per smuoverlo dal suo
+proposito. Allora gli dissi con significato:
+
+— Chi lo sa? i tempi cambieranno!
+
+E il prete con aria minacciosa:
+
+— Possono cambiarsi in bene, ed anche in male!
+
+— Badate, reverendo! quando i tempi si cambiano in male, i signori
+rischiano di perdere la vita e il patrimonio; — i poveri invece non
+potranno rischiare che la sola vita, poichè non hanno altro da perdere!
+
+E così dicendo presi commiato dal prete, in preda ad un’agitazione
+febbrile, che non riuscivo a dominare.
+
+Da quel giorno vissi irrequieto e cominciai a disperare di me, della
+mia fortezza d’animo, della mia fibra d’acciaio.
+
+I miei timori non furono infondati. Il prete cominciò la sua vendetta,
+valendosi vigliaccamente dei mezzi che gli dava il suo ministero. Egli
+mi fece le _fattucchierie_, nè tardai ad accorgermi che mi trovavo
+sotto l’influenza d’una _legatura_. Caddi ben presto ammalato; di quel
+malore singolare, che i medici sono impotenti a guarire[10].
+
+Non si rida delle mie credenze. La mia convinzione è profonda, perchè
+fondata sulla esperienza di tutta la mia vita.
+
+Io ero _fatturato_. Il prete Pittui mi aveva fatto le _legature_,
+e dovevo pensare a scioglierle. Mi sentivo seriamente ammalato, e
+bisognava guarire.
+
+La mia malattia era curiosa. Mi sentivo tutto pesto — come se
+fossi stato bastonato senza misericordia. Provavo una svogliatezza
+singolare, dolori atroci alle ossa, punture insopportabili a tutte
+le articolazioni. E questi dolori si facevano più acuti nell’ora del
+Vespro, alla vigilia delle feste solenni — quasi a ricordo della festa
+di _Nostra Signora di Bonuighinu_. Era in quel vespro che Maddalena
+Pintus Marongiu si era appoggiata al mio braccio per recarsi alla
+fontana!
+
+Dovevo dunque pensare alla guarigione. Io ben sapeva che in questi
+casi è opera vana ricorrere ai medici; bisognava raccomandarsi ai soli
+preti, o a persone esperte nella scienza delle fattucchierie.
+
+Mi rivolsi, primo fra tutti, al nostro vice parroco Giovanni Stara,
+un buon prete esemplare, molto povero. Egli si munì di stola, di
+aspersorio e di breviario, e cominciò gli esorcismi.
+
+Per tre volte ricorsi a lui, e devo dichiarare che fra i consultati fu
+il più efficace nella cura. I miei dolori non cessarono, ma diminuirono
+sensibilmente e mi diedero tregua per qualche settimana.
+
+Seppi un giorno, che nel villaggio d’Ossi era un prete assai potente
+negli scongiuri. Si chiamava Valerio Pes. Montai a cavallo e andai a
+visitarlo.
+
+Come il vice parroco Stara, egli mi fece mettere ginocchioni, mi lesse
+il breviario, mi asperse d’acqua santa, e mi raccomandò di ripetere
+la prova altre due volte. Dopo i tre esperimenti, gli dissi che i miei
+dolori erano più intensi e che non avevo risentito alcun miglioramento.
+Allora il reverendo Pes mi confessò addirittura, che egli si trovava
+in una condizione eccezionale. Anche lui era un _fatturato_, per
+_legatura_ fattagli da un prete nemico, il cui potere era maggiore
+del suo. A ciò dovevo attribuire la vera causa dell’inefficacia degli
+esorcismi[11].
+
+Non volendo lasciare intentato alcun mezzo per riacquistare le
+perdute forze, mi decisi a consultare un bravo agricoltore florinese,
+potentissimo nell’arte degli esorcismi.
+
+Il metodo seguito da questi profani era d’ordinario il seguente.
+Anzitutto l’esorcista doveva operare dopo un intimo colloquio colla
+propria moglie. In seguito si muniva di un archibugio sardo, che avesse
+già servito ad uccidere un uomo, e si recava col paziente ad una vigna,
+i cui viali fossero disposti in croce. Fatto collocare il malato in un
+crocicchio, gli appoggiava alla schiena il calcio del fucile, e gli
+ordinava di far fuoco in quella posizione, portando all’indietro la
+mano per far scattare il grilletto. Partito il colpo, la _legatura_ era
+sciolta.
+
+Per due volte l’esorcista ripetè l’esperimento, ma senza alcun
+vantaggio per me. Finalmente mi disse con dolore:
+
+— È questa la prima volta che fallisce la mia prova. Dunque una mano
+potente pesa sul tuo capo, e non ti resta che raccomandarti a Dio.
+
+Queste parole mi colpirono vivamente, e quasi ne piansi. Per fortuna,
+in quei giorni, i dolori mi diedero un po’ di tregua, e non perdetti
+del tutto la speranza della guarigione.
+
+
+
+
+CAPITOLO VI.
+
+Convegni amorosi.
+
+
+Gironzando una sera per le vie del villaggio, in preda ai miei cupi
+pensieri, mi fermai dinanzi alla casa d’un amico, a breve distanza da
+quella dei genitori di Maria Francesca.
+
+— Com’è che non vi maritate ancora? — mi chiese l’amico.
+
+— Il prete non vuole! — risposi sbadatamente.
+
+— E che c’entra il prete? Se tu ce lo consenti, noi parleremo il
+padre e la madre della ragazza. Sono nostri vicini, e siamo in ottimi
+rapporti.
+
+— Fate come volete! — dissi, e continuai la mia strada.
+
+All’indomani l’amico venne a dirmi, che i genitori di Maria Francesca
+nulla sapevano del matrimonio, ma che avrebbero scrutato l’animo della
+figliuola per darmi una risposta.
+
+Ringraziai l’amico ed attesi. La risposta mi fu data tre giorni dopo,
+ed era consolante. Maria Francesca acconsentiva a diventare mia moglie.
+
+Fattomi coraggio, mi presentai ai genitori della ragazza. Dopo
+avermi confessato che il prete contrariava questo matrimonio, essi
+conchiusero:
+
+— Non devi per ciò disperare; se il prete non lo vuole, lo vogliamo
+noi. Siamo contenti che la nostra figliuola diventi tua moglie, e che
+tu diventi figlio nostro!
+
+— Il vostro consenso mi consola; ma non mi basta. Vorrei scambiare
+alcune parole con Maria Francesca, qui, alla vostra presenza. Datemi un
+appuntamento.
+
+Pochi giorni dopo mi ripresentai a Salvatore, il quale mandò un suo
+figliuoletto in casa del prete Pittui, per dire a Maria Francesca che
+la mamma aveva bisogno di lei.
+
+Il cuore mi batteva forte, e i minuti mi parevano secoli.
+
+A un tratto Maria Francesca comparve sulla soglia, e vi rimase indecisa
+alcuni secondi; indi si fece avanti lentamente, col capo chino e le
+braccia conserte. Era impacciata, commossa.
+
+Ruppi per il primo il silenzio:
+
+— Che dici tu, Maria Francesca, di quanto accade?
+
+— Io non so che cosa dire. Han cominciato col farmi sapere che avevi
+chiesto la mia mano, e si finì coll’avvertirmi che non sarei stata più
+tua moglie. Le ragioni non vollero dirmele.
+
+— Anzitutto devi manifestarmi il tuo sentimento. Se tu mi vuoi bene
+quanto io te ne voglio, i contrasti cesseranno subito, poichè nessuno
+potrà impedire la nostra unione!
+
+A questo punto la ragazza levò la testa, ed esclamò ingenuamente:
+
+— Quando il prete e la zia mi fecero sperare che questo matrimonio si
+sarebbe effettuato, io ne fui contentissima, poichè fra i giovani del
+paese tu eri il prescelto dal mio cuore. Aggiungo adesso, che, se tu
+mancherai alla parola, io uscirò dalla casa del prete per servire altro
+padrone... e non prenderò più marito!
+
+— Io non ho mai mentito, e la mia parola è sacra. Mi chiamo Giovanni
+Tolu, sento di essere un giovane onesto e laborioso, e prometto di
+renderti felice. Non ti darò mai motivo a pentirti di avermi scelto per
+compagno!
+
+Così dicendo mi avvicinai alla ragazza e soggiunsi:
+
+— Qui, alla presenza del babbo e della mamma, voglio darti il primo
+bacio: sarà caparra solenne del sacrosanto matrimonio.
+
+E dopo averla baciata sulla guancia, le dissi:
+
+— Questo bacio era tuo da lungo tempo, ma non potevo mandartelo con
+altri. Serbalo come saldo pegno dell’amore che ti porto, e affidati a
+me![12]
+
+Maria Francesca, per la prima volta, levò la testa per guardarmi negli
+occhi; poi arrossì, mi sorrise, e andò via quasi bruscamente, senza
+salutare nessuno.
+
+Da quel giorno mi parve di star meglio e di aver lo spirito più
+tranquillo. Visitavo assai spesso la casa del mio futuro suocero, ed
+aspettavo con ansia il giorno festivo, designato per gli appuntamenti,
+all’insaputa del prete. Non dimenticherò mai quel tempo felice e i
+dolci colloqui colla cara ragazza!
+
+Sventuratamente la mia felicità fu di breve durata, poichè alla gioia
+succedette l’affanno. Le punture ai ginocchi ricominciarono, e i dolori
+acuti mi fecero accorto, che la maledizione del prete non voleva darmi
+tregua.
+
+Fuori di me per lo spasimo, mi diedi alla ricerca di nuovi esorcisti
+per sottrarmi alle malìe. Dove mi s’indicava un esperto in quell’arte
+diabolica, io correvo come pazzo senza frapporre indugio, fosse anche
+in capo al mondo. Montavo a cavallo, e col pretesto degli affari
+visitavo tutte le cascine, tutti gli ovili, tutti i paesi dei dintorni
+— ma sempre inutilmente. Ero disperato.
+
+Volevo farla finita colle fattucchierie del prete, ma prima volevo
+sposare Maria Francesca. L’influenza di quel sacerdote mi spaventava.
+Il mio malumore crebbe, quando un giorno mi rivolsi ai genitori della
+ragazza, dicendo loro che desideravo affrettare le nozze.
+
+La madre tacque abbassando gli occhi; ma il padre mi disse con un certo
+tono fra l’agro e il dolce:
+
+— Ti par proprio giusto, che noi dobbiamo affidare la figliuola ad un
+malato?
+
+Quel tono amaro m’indispose, ed esclamai vivamente:
+
+— Voi mi avete conosciuto sano... e ciò vuol dire che io potrò guarire.
+D’altronde vi comunico la mia risoluzione: — o fatemi sposare subito
+con Maria Francesca, o portateci entrambi dinanzi ad un parroco per
+scioglierci dalla promessa. Ciascuno penserà ai casi propri. Scegliete!
+
+I genitori della ragazza si acquietarono; ed io mi diedi di nuovo
+attorno, in cerca di esorcisti.
+
+Mi rivolsi nuovamente a diversi preti, i quali si dichiararono
+impotenti a lottare col mio jettatore.
+
+Una sera mi recai a Tissi per consultarvi un famoso scongiuratore di
+_legature_. Prima di andare da lui, mi si volle far visitare un infermo
+_fatturato_, la cui moglie dicevasi fosse l’amica di un prete. Quel
+povero disgraziato, colpito da paralisi alle gambe, giaceva sulla
+paglia di un tugurio, in preda a spasimi atroci.
+
+Mi tolsi raccapriciando a quella spettacolo orribile.
+
+— Se io diventassi come costui — dissi — sarei rovinato per tutta la
+vita!
+
+Non volli ritornare a Florinas. Passai la notte a Tissi, e l’indomani
+mi spinsi fino ad Uri per sottopormi alle cure di un maestro di
+esorcismi, indicatomi come valentissimo.
+
+Ma i dolori continuavano.
+
+Sempre alla ricerca dell’uomo che doveva guarirmi, io trottai
+all’impazzata da un paese all’altro, finchè mi decisi a far ritorno a
+Florinas, dopo un’assenza di tre giorni.
+
+Un caso singolare, avvenutomi in quella circostanza, contribuì ad
+agitare nuovamente il mio spirito. Voglio narrarlo, per persuadere gli
+increduli, che le _legature_ non sono un parto di mente inferma.
+
+Giammai, come in quei tre giorni, io aveva provato la smania tormentosa
+di rivedere Maria Francesca. Mi pareva di esserne lontano un secolo.
+Diedi di sprone al cavallo e trottai come un forsennato fino alla casa
+di mia madre. Ivi appresi che il prete, durante la mia assenza, aveva
+licenziato la servetta, inasprito per le nozze stabilite senza il suo
+consenso.
+
+Smontato di sella, affidai il cavallo a mio fratello Peppe, e mi avviai
+sollecito alla casa dei genitori della ragazza.
+
+Come posi piede sulla soglia, mi sentii avvinto da un misterioso
+fascino, che non seppi spiegare. La viva smania di rivedere la sposa
+diletta si era cambiata in un’avversione invincibile. Una forza occulta
+mi respingeva da lei; la sua vista mi metteva quasi ribrezzo; ond’io le
+volsi bruscamente le spalle, e continuai a parlare coi genitori, senza
+rivolgerle la parola, senza stringerle la mano, e senza baciarla sulle
+guancie, come al solito. Temevo persino il contatto delle sue vesti,
+poichè avevo la convinzione che esse mi avrebbero scottato. Rimasi là
+come intontito, paralizzato, subendo l’influsso malefico del prete, che
+si vendicava di me. Ad un tratto, non potendo più oltre resistere, mi
+precipitai fuori della porta, e mi diedi a correre. Mi pareva di essere
+inseguito da una furia infernale.
+
+Quando rientrai in casa, mio fratello Peppe mi venne incontro agitato:
+
+— Il tuo cavallo è tutto gonfio! — gridò pieno di spavento.
+
+— So di che si tratta! — risposi cupo; ma non dissi che il prete n’era
+la causa, poichè le sue malìe si erano estese anche alla bestia che mi
+aveva venduto.
+
+— Il tuo cavallo sta male... e forse muore! — ripetè mio fratello.
+
+— Lascia ch’esso muoia, nè dartene pensiero! — esclamai con profondo
+dolore — Tutti moriamo, e morrò anch’io fra non molto!
+
+La mamma e le sorelle si scambiarono un’occhiata, non riuscendo a
+spiegarsi lo strano senso delle mie parole.
+
+
+
+
+CAPITOLO VII.
+
+Sponsali e luna di miele.
+
+
+Il mio cavallo non morì, e i miei dolori si calmarono. Approfittai
+della tregua per sollecitare presso la famiglia di Maria Francesca i
+preparativi degli sponsali. I parenti accondiscesero al mio desiderio.
+
+Si andò anzitutto dal parroco per sottoporci all’esame della
+_Dottrina_, come l’uso voleva. Il parroco rinunziò ad interrogarmi,
+perchè molte volte gli avevo assistito la messa e mi sapeva addentro
+nelle pratiche religiose. Si limitò ad esaminare Maria Francesca, e
+si accorse, che, sebbene educata in casa di un prete, ella ben poco ne
+sapeva.
+
+Il parroco disse, a me rivolto:
+
+— Se si fosse trattato d’altri, e se io non vi sapessi in condizioni
+speciali, mi sarei ben guardato dal permettere le vostre nozze. Ma
+questa volta voglio passarvi sopra. A te specialmente raccomando
+d’istruire la sposa nella dottrina cristiana.
+
+— Ne prendo impegno! — risposi con un certo orgoglio — sapete pure che
+sono stato sagrestano!
+
+Ottenuto l’assenso del parroco, vennero fatte in chiesa le _pubblicate_
+d’uso per due sole domeniche, avendoci la Chiesa dispensato dalla
+terza, com’è d’obbligo.
+
+ [Illustrazione: Gli sposi uscenti dalla chiesa]
+
+La mattina del 17 aprile 1850 fu designata per lo sposalizio.
+
+Ci eravamo confessati entrambi dal parroco, ed assistemmo alla
+messa, celebrata dal prete Pittui, il quale non aveva avvertito la
+nostra presenza. Quando ci scorse, non potè contenere un movimento di
+dispetto. Pareva un diavolo sull’altare!
+
+La cerimonia venne compiuta senza pompa, senza codazzo di parenti e
+di amici, poichè non volli la compagnia di nessuno, togliendo pretesto
+dalla malattia che mi tormentava e dai contrasti che avevano preceduto
+il mio matrimonio.
+
+Assistettero alla funzione mio fratello Peppe e mia madre. I genitori
+della sposa non vollero inasprire colla loro presenza il prete Pittui.
+
+Sulle prime si pretendeva che, per un po’ di tempo, noi si vivesse
+separati, cioè a dire, la sposa presso i genitori ed io in casa di mia
+madre. Mi opposi vivamente, dicendo a Maria Francesca:
+
+— Noi siamo marito e moglie, e dobbiamo mangiare, dormire, e vivere
+insieme. Se saremo lontani l’uno dall’altra, non mangerai tu, nè
+mangerò io. In casa mia ci ho grano, ci ho lardo, ci ho fave e fagiuoli
+— dunque possiamo vivere del nostro, indipendenti.
+
+Secondando il mio desiderio, i genitori di Maria Francesca combinarono
+di offrirci parecchie stanze nella casa attigua alla loro. Accettai,
+quantunque a malavoglia.
+
+Dopo la benedizione del prete fu apprestato il pranzo di nozze in casa
+di mia suocera. Ricevetti dai parenti molto bestiame in dono; alcuni
+mi regalarono un vitellino od una pecora, altri un montone od un
+maialetto.
+
+Volli far parte di un grosso castrato alla zia di Maria Francesca,
+la serva del reverendo Pittui; la quale, in ricambio, mi regalò
+un barilotto di vino, che mandai subito in casa di mia madre. Non
+volli berne, perchè proveniva dalla casa del prete, e temevo fosse
+_fatturato_ a mio danno.
+
+All’indomani ci ritirammo nella nostra casetta provvisoria, e facemmo
+il pranzetto da soli, come due colombi innamorati, felici d’essere
+finalmente uniti per tutta la vita.
+
+Appena ritirati nel nostro nido, dissi alla sposa:
+
+— Bada bene: la prima pietanza che uscirà dalla nostra cucina, voglio
+che sia mandata a tuo padre ed a tua madre. È questa la _mia opinione_,
+e il nostro dovere!
+
+Durante i mesi di aprile e di maggio la nostra vita trascorse serena.
+Si viveva in perfetta armonia, fra il riso più schietto e le carezze
+più affettuose, sempre fantasticando progetti d’ogni genere per
+migliorare il nostro avvenire. Eravamo ancora giovani: — io contavo
+ventott’anni, e mia moglie diciasette. Sentivo d’essere contento di
+me e di lei. Maria Francesca era una pura e ingenua ragazza, piena di
+attrattive, tutta premure per me, e docile come un agnello ad ogni mio
+comando.
+
+Si avvicinava intanto la stagione della messe, ed io doveva pensare a
+dedicarmi con lena al lavoro, per tirare innanzi dignitosamente, senza
+bisogno di ricorrere all’altrui soccorso.
+
+Il mestiere dell’agricoltore è faticoso, ed è col sudore della fronte
+che si guadagna il pane quotidiano. Io dissi a Maria Francesca:
+
+— Siamo alla messe, ed è mestieri che io cerchi lavoro. Tu sei
+troppo giovane ancora, delicata, e non hai l’abitudine di lavorare in
+campagna, sotto la sferza del sole, affrontando disagi e patimenti.
+Cercami dunque una spigolatrice di tuo gradimento, e tu cura con agio
+le faccende domestiche, conservandoti sana e fresca.
+
+Maria Francesca mi fissò lungamente, e mi disse con affettuoso
+risentimento:
+
+— Come! ed hai potuto così prestò dimenticarmi? Hai tu bisogno di
+altre, quando io mi sento capace di far la spigolatrice?
+
+— Codesti sono capricci da bambina! — risposi — Non sai tu che il non
+aver spigolatrice sarebbe una vergogna per me ed un danno per la casa?
+Mentre colei che spigola avrà un lucro, tu potrai sorvegliare la nostra
+casa, ed io penserò a tutto. Il lavoro dei campi è molto grave, bambina
+mia! ed io non voglio aver questioni co’ tuoi parenti!
+
+E siccome Maria Francesca persisteva nel suo proposito, credetti mio
+dovere avvisarne i genitori, perchè la persuadessero.
+
+Mia suocera disse alla figliuola:
+
+— Lascia le pazzie, e scegli una spigolatrice di tua fiducia. Non è
+conveniente che tu ti esponga a simile fatica. Bada! chè non abbia ad
+essere tardo il tuo pentimento! poichè una volta sul posto, dovresti
+starvi a costo di crepare!
+
+Non ci fu verso di persuaderla, nè colle buone nè colle minaccie. Mia
+moglie dichiarò recisamente, che la spigolatrice voleva essere lei.
+
+Ero stato invitato a far la messe nella Nurra — regione lontana cinque
+o sei ore dal nostro paese, e da me con frequenza visitata.
+
+Venuto il giorno della partenza, Maria Francesca si mostrò esitante;
+tirò fuori non so quali dubbi, e finì per dire che non voleva più
+seguirmi.
+
+Questo repentino cambiamento all’ultim’ora mi creò degli impicci. Era
+avvenuto quanto avevo pronosticato. Il babbo, sulle furie, impose alla
+figliuola di recarsi alla Nurra, giacchè ella stessa ne aveva fatto la
+proposta.
+
+Dai proprietari nurresi ero stato preposto alla direzione della
+messe, ed avevo l’incarico di far la scelta degli uomini componenti
+la brigata. Come capo dei mietitori dovevo pensare alla sorveglianza,
+all’ordine del lavoro, nonchè a preparare la cena.
+
+Avevo portato meco alla Nurra tutti i miei fratelli, le mie sorelle,
+i cognati, e non pochi amici compaesani, per poter così contare
+sull’abilità, sull’attività e sulla disciplina de’ miei dipendenti.
+
+I _salti_ nei quali dovevo eseguire la messe erano due, di diversi
+proprietari: — quello in _Giumpaggiu_, di Vincenzo Pasquino, e quello
+in _Abba-meiga_ di Gianuario Agnesa.
+
+Eseguita la messe, venne la volta della trebbiatura. Destinai al primo
+_salto_ Peppe (mio gemello), Giammaria e Maria Andriana, ritenendo per
+me il secondo _salto_, dove mi recai con mia moglie e con Giustina,
+volendo così equilibrare coll’opera mia solerte l’insufficienza delle
+mie deboli compagne. Sbrigai la bisogna in sole quattr’ore, trebbiando
+diciasette _corbule_ di grano.
+
+La nostra permanenza alla Nurra fu di dieci giorni. Maria Francesca
+resistette fino alla fine della campagna, ma non tardò a dichiararsi
+stanca e ammalata, come avevo preveduto. Non abituata, al par di noi,
+ai penosi lavori dell’aia, ella non potè sopportare i caldi afosi del
+giorno, nè l’umido delle notti; dippiù la poveretta era incinta da un
+mese, e soffriva molto.
+
+Terminati i lavori della messe tornammo insieme a Florinas, dopo
+esserci fermati a Sassari un giorno ed una notte per ritirare le paghe
+dai proprietari dei salti. In quest’ultima città volli fare diversi
+acquisti per contentare Maria Francesca; la quale, trovandosi in
+_istato interessante_, esternava certe _voglie_ che bisognava ad ogni
+costo soddisfare, per non recar pregiudizio al nascituro. Le comprai,
+fra gli altri oggetti, un elegante grembiale a vivi colori, ed un
+fazzoletto da testa, che gradì moltissimo.
+
+Arrivati a Florinas, affidai a Maria Francesca il governo della casa;
+ed io mi diedi nuovamente attorno per cercar lavoro in campagna, per
+mio conto, e per conto della famiglia di mia madre; perocchè avevamo
+preso in affitto (per lo più a mezzadria) alcune terre appartenenti
+alle chiese di Florinas.
+
+Coll’aiuto del mio cavallo, l’inseparabile Moro, io cercava ogni mezzo
+per guadagnare qualche soldo; poichè il lavoro era per me un bisogno,
+un conforto, una vera passione — e non lo dico per volermi vantare!
+
+Tornavo ogni volta a casa così soddisfatto, così contento, che mi
+pareva di aver dimenticato le soperchierie del prete, i malumori di mio
+suocero, e i dispetti dei parenti di Maria Francesca.
+
+
+
+
+CAPITOLO VIII.
+
+Prime nubi.
+
+
+Durante le mie assenze da Florinas — o per darsi svago, o per non voler
+rinunziare alle antiche abitudini — Maria Francesca soleva frequentare
+la casa del prete, col pretesto di andar a trovare la zia. Così pure
+si piaceva di visitare or l’uno or l’altro de’ suoi parenti, i quali
+si divertivano a renderla ribelle a’ miei consigli. Mia moglie era una
+buona ragazza, ma piuttosto credenzona, facile ad impressionarsi, e
+sovratutto ciarliera in modo singolare. Lo star sola in casa le dava
+noia, e la rendeva curiosa dei fatti altrui.
+
+Quando rincasavo ella tirava fuori questioni nuove, nuovi quesiti,
+e mi metteva a parte di qualche nuovo pettegolezzo; ond’io, che
+conoscevo l’indole sua e il suo carattere, non tardai ad avvedermi che
+le chiacchiere dei parenti e delle comari le riscaldavano la testa.
+Pareva, insomma, avesse preso il partito di ricondurmi sulla buona via,
+con ammaestramenti che facevano a pugni col buon senso.
+
+A me, giovane piuttosto serio, di poche parole, poco espansivo,
+questo stato di cose dava ai nervi; e un po’ colle buone, un po’ colle
+brusche, cercai di correggere mia moglie:
+
+— Bada! — le dicevo — se darai retta a me, potrai trovarti bene; ma se
+ascolterai i consigli degli altri te ne avverrà male!
+
+Un’altra volta la ripresi:
+
+— Non voglio che tu vada così spesso in casa del prete, poichè egli
+mi vede di mal occhio, io non sono cane da star sotto tavola, nè vado
+a leccare i piatti di nessuno. Se il prete ha bisogno di me, sa dove
+trovarmi; ma intendo di essere il padrone in casa mia. Eppoi..... non
+voglio prestarmi ad alimentare certe dicerie... Hai capito? Mi accorgo
+pur troppo, che quando vai fuori di casa ne ritorni colla testa piena
+di corbellerie. Pensa alle faccende domestiche, e non immischiarti nei
+fatti degli altri. Se farai altrimenti, le cose cambieranno... te lo
+prevengo!
+
+E dopo questa avvertenza montavo a cavallo, e correvo da paese in paese
+a trasportar grano per conto mio, o per conto altrui, superando i miei
+compagni nel numero dei viaggi.
+
+Quando poi si faceva la raccolta in casa di mia madre, lavoravo
+alacremente: — lasciavo due porzioni alla famiglia, e ritenevo per
+me la terza parte, come d’uso, per la _dote_ dell’uomo. Le donne,
+d’ordinario, impiegano la loro porzione nell’acquisto di lingeria e di
+masserizie per preparare il corredo nuziale.
+
+Io dunque, oltre ai guadagni propri, contavo sul modesto patrimonio
+di famiglia, e lavoravo con lena per accrescerlo a vantaggio mio, e a
+vantaggio della mamma, dei fratelli e delle sorelle.
+
+Continuarono pertanto i piccoli dissidî nel mio nido coniugale.
+
+Un giorno avevo fatto aggiustare il basto del mio cavallo, e, per
+mie vedute speciali, ero rimasto debitore del saldo di tre _reali_
+al falegname. Rientrato in Florinas dopo alcune sere, appresi che
+mia moglie, senza ordine alcuno, aveva soddisfatto il mio debito. Mi
+spiacque la sua intromissione, e la rimproverai:
+
+— Tu non hai debiti da saldare per conto mio! — le dissi — Li salderò
+io, quando lo crederò conveniente. Lascia il mal vezzo di andare
+attorno per far chiacchiere inutili, che mi compromettono. Rimani a
+casa! — io non m’immischio nel tuo lino e ne’ tuoi lavori di cucito. Fa
+tu altrettanto!
+
+Le comari del vicinato, a cui mia moglie faceva le confidenze, si
+divertivano ad aizzarla contro di me; ed io non tardai a scorgere in
+lei un certo freddo riserbo ed un’asprezza di modi, che non erano nel
+suo carattere abituale. Ne fui piccato, ma tacqui.
+
+Una sera Maria Francesca osò rinfacciarmi, che una mia zia conviveva
+con un compagno, che non le era marito.
+
+— Che sai tu di queste cose? Se tu rimanessi a casa, nulla sapresti di
+mariti falsi e di mogli illegittime!
+
+Invece di accettare i miei consigli, Maria Francesca persisteva a
+vivere nel pettegolezzo; e giunse a tanto, che un giorno si ridusse a
+confidarmi, che una nostra vicina mi aveva chiamato _faccia di cane!_
+
+— Le dirai che è in errore! — le risposi con pazienza affettata. —
+Quella donna un giorno voleva lusingarmi a prendere in moglie una sua
+sorella, ch’era stata in corrispondenza illecita con altri. La mia
+faccia, così simpatica allora, è diventata _cagnesca_ dietro il mio
+rifiuto. Ti ripeto che non voglio più sentire simili spropositi; e se
+tu persisterai a raccogliere per strada i pettegolezzi dei parenti e
+delle comari, finirò per farti conoscere chi sono io!
+
+Essendosi accentuato il nostro diverbio, e costretti entrambi a gridar
+forte, non tardarono le vicine di casa, comprese le zie, a farsi
+all’uscio di casa mia, minacciandomi della loro collera se avessi osato
+toccare un capello a Maria Francesca.
+
+Era il colmo della sfacciataggine. Mi feci sul limitare della porta e
+gridai infuriato:
+
+— Chi siete voi?! Toglietevi subito alla mia presenza e sgombrate la
+strada; chè altrimenti con un ceffone vi mando tutte a gambe in aria!
+
+Ci volle tutto l’aiuto di Dio per far intendere un po’ di ragione
+a quelle pettegole; le quali si allontanarono brontolando, poichè
+sapevano ch’ero uomo da mettere in pratica le mie minaccie. Tuttavia
+mi contenni, e mi limitai per quel giorno ad ammonire severamente mia
+moglie, avvertendola che avevo bisogno di quiete e di tranquillità per
+poter lavorare.
+
+— Bada, Maria Francesca! il mio individuo è diviso in due parti: io
+sono per metà dolce e per metà amaro. Datti alla parte del miele se
+vuoi vivere felice; chè se mi stuzzichi dalla parte opposta, finirò per
+amareggiarti la vita!
+
+Intanto pensai ch’era tempo di sloggiare da quelle due stanze
+provvisorie; le quali, essendo attigue all’abitazione dei parenti,
+diventavano causa permanente de’ miei litigi in famiglia...
+
+Da più settimane andavo in cerca di una casa che fosse di pieno
+gradimento di mia moglie; ma costei, forse suggerita dai parenti,
+indugiava nella scelta.
+
+Finalmente ne trovai una che piacque a Maria Francesca. Pattuito il
+prezzo col padrone, ringraziai la Madonna di tutto cuore, credendo di
+potermi alfine sottrarre al sindacato noioso di mia suocera.
+
+Si era vicini al Mezzagosto. È costume in Florinas di cambiar di casa
+alla vigilia dell’Assunta: giorno in cui ciascuna famiglia dev’essere a
+posto.
+
+Quando tutto fu combinato, disposi per il trasporto delle legna e del
+grano, che avevo in deposito in casa di mia madre.
+
+La mattina della vigilia dell’Assunta, mentre mi disponevo a
+trasportare le masserizie, Maria Francesca mi fece intendere che
+sarebbe stato meglio sospendere ogni cosa.
+
+— Perchè? — le chiesi sorpreso.
+
+— Perchè io non ci verrò!
+
+— Non ci verrai?!
+
+— No.
+
+— Ed io come devo fare?
+
+Mia moglie tacque.
+
+Il sangue allora mi montò alla testa, divenni cieco, e diedi a quella
+matta uno schiaffo così forte, che le fece saltare un’orecchino in
+mezzo alla strada.
+
+Maria Francesca si diede a piangere ed a strillare. Accorse la madre,
+la quale riuscì a calmarci, dicendo che ci voleva a pranzo in casa sua,
+e che al trasporto si sarebbe pensato il giorno susseguente a quello
+dell’Assunta.
+
+Cedetti al suo desiderio e mi contenni.
+
+Non uno, ma due giorni dopo — il 17 agosto — dissi pacatamente a mia
+moglie:
+
+— La festa è ormai finita. Ora possiamo andare. Ho pronto il cavallo
+per il trasporto delle masserizie.
+
+— È inutile, poichè io non ci vengo più! — mi rispose bruscamente
+quella caparbia, forse incoraggiata dalla presenza della madre.
+
+— Ma non sai tu — soggiunsi — che io sono capace di chiamar qui tuo
+padre, per darti una lezione e per costringerti a seguirmi?
+
+A queste parole mia suocera uscì fuori, certo per prevenire il marito
+in favore della figlia.
+
+Vedendo tornar vano ogni mezzo di persuasione, piantai quella matta, e
+mi accostai alla soglia della casetta di mio suocero:
+
+— Salvatore, vieni fuori, chè tua figlia desidera parlarti!
+
+Mio suocero entrò in mia casa, ed io gli tenni dietro. Egli chiese alla
+figlia con tono imperioso:
+
+— Che vuoi da me?
+
+— Non ho chiesto di lei — rispose Maria Francesca, cogli occhi bassi.
+
+E allora io:
+
+— Ebbene, giacchè tua figlia non ha nulla a dirti, ti parlerò per conto
+mio. Sappi che mia moglie mi ha fatto impegnare nel fitto di due case,
+e che ora si rifiuta ad abitarle. Che cosa dici tu?
+
+Salvatore, già istigato da mia suocera, mi si piantò dinanzi cogli
+occhi spalancati, e gridò con voce alterata dall’ira:
+
+— Dico, che tu sei un poco di buono, un cattivo soggetto, un birbante
+matricolato!
+
+A questo punto Maria Francesca, prevedendo la tempesta, scappò fuori in
+istrada per cercar rifugio nella casa paterna.
+
+Mio suocero, inferocito, si die’ a correre come pazzo intorno alla
+stanza, dando di piglio ad effetti ed a mobili per gettarli sulla
+strada — come per farmi capire che non voleva in sua casa nè me, nè le
+robe mie.
+
+Il sangue mi montò alla testa; pure mi contenni, e dissi con calma:
+
+— Se non avessi per te il rispetto che si deve ad un padre, ti
+prenderei per i piedi e ti sbatterei al muro!
+
+Salvatore afferrò un tavolo e lo smosse, come per volerlo buttar fuori;
+allora perdetti la pazienza, e dato di piglio al mio fucile gli gridai
+risoluto:
+
+— Se tu tocchi un altro oggetto per buttarlo in strada, giuro che con
+esso usciranno le tue cervella!
+
+Spaventato dal mio volto acceso e dall’arma che impugnavo, Salvatore si
+fermò di botto; indi saltò in strada, gridando a squarciagola:
+
+— Accorrete! accorrete! Giovanni Tolu mi uccide!
+
+Il grido di Salvatore ebbe il suo effetto. Tutte le comari si fecero
+in sull’uscio di casa; molte finestre si spalancarono con fracasso;
+dallo sbocco delle vie vennero fuori a frotte uomini, donne, ragazzi;
+così che in poco d’ora un’onda di popolo faceva ressa dinanzi alla
+mia soglia. Vidi, fra gli altri, arrivare il sindaco (il medico dottor
+Serra, di Giave), e poco dopo il prete Pittui, il quale più degli altri
+pareva in preda ad un’agitazione nervosa.
+
+La folla tumultuava, e il sindaco gridò con voce autorevole:
+
+— Andate per i fatti vostri! Ogni cittadino ha il diritto di non venir
+disturbato nel proprio domicilio!
+
+E pronunziate queste parole si allontanò, esortando la folla a
+ritirarsi.
+
+Dopo aver rimesso a suo posto il fucile, io guardai freddamente quella
+frotta di curiosi, che si divertivano a cacciarmi gli occhi addosso.
+Nessuno però volle azzardarsi a varcare la soglia della mia casa.
+
+Uno solo l’osò: il prete Pittui. Con passo fermo, ma con un tremito per
+tutta la persona, egli si aprì un passaggio tra la folla e si avanzò
+verso di me colle mani in tasca: carezzando certamente l’impugnatura
+delle pistole, che soleva portare sotto la sottana.
+
+Entrato arditamente nella stanza, il prete Pittui mi lanciò un’occhiata
+fulminante:
+
+— Tu hai girato la scatola! — mi gridò con aria di minaccia. — Sei un
+miserabile, un birbante, un bastardo!
+
+Frenai a stento la bile, e risposi con calma, accentuando le parole:
+
+— Ella s’inganna, reverendo! Io sono il figlio di Pier Gavino Tolu e di
+Vincenza Bazzone. Tutti conoscono in paese mia madre, come conoscevano
+mio padre. Non sono quindi un bastardo, come dice! E se anche mia madre
+fosse una disgraziata, a lei non spetta insultarla, poichè per tre
+volte le fu compare di battesimo!
+
+Il prete ripetè l’insulto; e allora io diedi un’occhiata sotto al
+letto, dove per solito riponevo la scure. Fu per lui fortuna, che quel
+giorno l’arma fosse in fondo, in modo che il manico non si trovasse
+alla portata della mia mano. Ero deciso di spaccargli la testa e di
+farla finita.
+
+Dopo aver detto al mio indirizzo un mondo d’insolenze, il prete uscì in
+piazza sbuffando, e accostandosi alla casa di mio suocero, gridò forte,
+in modo che tutti lo sentissero:
+
+— Ritirate la vostra figliuola in casa, e non dategliela mai più!
+
+E dopo avermi fissato un’ultima volta con piglio minaccioso, si
+allontanò lentamente come era venuto, sempre colle mani nelle tasche
+della sottana.
+
+Rimasi solo nella stanza terrena, risoluto di commettere qualche
+eccesso.
+
+Due ore dopo venni avvertito che il prete aveva incaricato Giovanni
+Antonio Piana (il marito della sua serva) di cacciarmi fuori di casa.
+Avevo preveduto il tiro, e stavo aspettandolo, pronto a fargli fuoco
+addosso se avesse osato varcare la mia soglia.
+
+Verso l’imbrunire, infatti, vedendolo avvicinare, presi in mano il
+fucile.
+
+Le donne del vicinato gli corsero tutte incontro e lo fermarono; e
+Pietro Rassu, il mio vicino di casa, gli gridò con mal piglio:
+
+— Che fai disgraziato? Ha torto chi ti manda, e tu hai più torto ad
+ubbidire. Non vedi che Giovanni Tolu ti spaccierà con una fucilata?
+
+Due giovani robusti presero a braccetto Giovanni Antonio Piana, e lo
+trascinarono a viva forza in altra via.
+
+Quella notte non andai a letto. Temendo una sorpresa, e volendo farla
+pagar cara, lasciai l’uscio socchiuso, e sedetti in un canto, senza
+deporre un istante il mio fucile.
+
+
+
+
+CAPITOLO IX.
+
+Tentativi di pace.
+
+
+Il mio stato era angoscioso. Solo, sconfortato, in odio a tutti, non
+sapevo a qual partito appigliarmi per uscir d’impiccio. Io dissi a me
+stesso:
+
+— È mai possibile che al mondo non vi sia giustizia per un povero
+diavolo? Come dovrò contenermi in un paese, dove i preti ed i nobili
+comandano? A chi dovrò ricorrere quando nobili e preti sono intesi coi
+giudici, e la peggio tocca ai zoticoni pari miei?
+
+Come spuntò l’alba del giorno seguente presi una risoluzione. Montai
+a cavallo, venni a Sassari, e mi presentai all’Intendente, ch’era un
+continentale[13]. Gli esposi schiettamente i miei casi, ed invocai un
+provvedimento per evitare un maggior disastro.
+
+— Scriverò io al sindaco — mi disse l’Intendente — Tornate pure a
+Florinas, e state di buon animo!
+
+Rientrato in paese, seppi che la lettera non era pervenuta al dottor
+Serra, poichè il caso l’aveva fatta capitare nelle mani del prete.
+
+Tre giorni dopo mi presentai di nuovo all’Intendente per informarlo
+dell’accaduto. Sorpreso del caso, egli scrisse un’altra lettera, che mi
+porse, dicendo:
+
+— Consegnatela voi stesso in proprie mani del sindaco, e fate in modo
+di dargliela alla presenza di testimoni.
+
+Il sindaco, già da me informato, esclamò dopo aver letto il foglio:
+
+— Io farò il mio dovere, e s’impicchi chi vuole!
+
+Seppi in seguito, che l’Intendente aveva ordinato al Sindaco d’invitare
+Maria Francesca ed il babbo a recarsi in Sassari per conferire con lui.
+Il prete, richiesto di consiglio, aveva suggerito a mia moglie ed a mio
+suocero di dichiarare all’autorità, ch’io li avevo entrambi minacciati
+di morte, e che ogni riconciliazione sarebbe stata impossibile.
+
+E così riferirono. L’Intendente fece loro comprendere che il matrimonio
+era sacro, e che bisognava fare la pace; ma tanto il padre, quanto la
+figlia, persistettero nella determinazione di tenermi lontano dalla
+casa coniugale.
+
+Il capo del Governo di Sassari non si diede per vinto, ma mandò a
+Florinas un suo segretario, coll’incarico di adoperarsi per il nostro
+buon accordo.
+
+Nè preghiere, nè minaccie valsero a far smuovere mio suocero e Maria
+Francesca dal loro proposito. Entrambi si rassegnarono a pagare
+una multa (non so per quale articolo di legge) ma si mostrarono
+inflessibili.
+
+Tornato la terza volta dall’Intendente (per informarlo della pertinacia
+del prete e di mio suocero, che si ostinavano a volermi separato da
+Maria Francesca) quel cortese funzionario mi disse:
+
+— Senti: se tu mi dichiari d’esserne contento, io mi varrò della
+facoltà che mi accorda la carica, per far tradurre a Sassari tua
+moglie, scortata dai carabinieri o dai luogotenenti[14].
+
+Presi riserva a rispondere più tardi, volendo prima consultare mia
+madre. Questa mi disse:
+
+— Non mi piace simile provvedimento. Maria Francesca è tua moglie: oggi
+siete separati, e domani potreste riconciliarvi. Io non voglio, nè tu
+devi permettere la vergogna e lo scandalo di farla arrestare!
+
+— Non sono del tuo avviso — risposi — Sarei contento di vederla in
+carcere, se non altro per far dispetto al prete; il quale, co’ suoi
+consigli, è stato causa unica di quanto è avvenuto.
+
+— Ti ripeto ch’io non voglio scandali e vergogne, che farebbero
+mormorare il paese! — ripetè mia madre, con tono di comando.
+
+— Ebbene, farò quanto desideri; ma che non si parli più di
+conciliazione. Noi saremo separati, e per sempre!
+
+Quel giorno stesso dissi a mia suocera, perchè lo riferisse al marito
+ed alla figlia:
+
+— Siete miserabili! Voi avete voluto che Maria Francesca fosse separata
+da me, ma non tarderete a pentirvene. Farete di lei la sgualdrina del
+villaggio!
+
+ *
+ * *
+
+Eravamo nel mese di settembre, e tre frati erano venuti a Florinas per
+le solite _Missioni_. Ero andato a confessarmi dal rettore, ed avevo
+adempiuto a tutte le pratiche religiose prescritte per la circostanza.
+
+Fra gli obblighi delle _Missioni_ era quello di metter pace tra le
+famiglie nemiche ed i coniugi separati.
+
+Fui chiamato in casa del vice parroco Antonio Fiori, presso il quale i
+tre missionari erano alloggiati.
+
+Il più anziano dei frati, ch’era il più autorevole, prese a parlarmi
+presso a poco così:
+
+— Giovanni Tolu, perchè non ti ricongiungi a tua moglie? La vita
+che menate è scandalosa, e siete entrambi in peccato mortale.
+Tornate insieme e fatela finita, poichè il matrimonio è uno dei
+sette sacramenti. Noi siamo qui venuti per istruire il popolo,
+riconducendolo sulla via della salvezza per opera dello Spirito santo.
+La pace domestica è il supremo dei beni mondani; e quanto più grande
+sarà il tuo sagrifizio, tanto più accetto tornerà al Signore il tuo
+ravvedimento. Non dubitare: noi ci adopreremo perchè il prete Pittui
+più non s’ingerisca ne’ tuoi affari; tu così non avrai più alcun motivo
+a dolerti di lui. Che rispondi?
+
+— Io rispondo: che Maria Francesca mi ha fatto prendere in affitto due
+case, e non ha voluto in seguito abitarle con me. Io rispondo, che
+la prima volta che l’ho chiesta in moglie dichiarai che rinunziavo
+alla dote, perchè mi bastava il suo amore; ma che adesso (se dovrò
+abbassarmi a ritirarmela in casa) pretendo che ella si provveda del
+necessario, secondo il costume del paese; e ciò perchè non abbia più a
+dipendere dai parenti. Rispondo infine: che essa deve risolversi, per
+ora, a ritirarsi in una delle due case da me scelte, dove anch’io mi
+recherò, quando lo crederò conveniente. A condizione, però, che i suoi
+parenti non vadano a farle visita.
+
+Il frate osservò, scrollando le spalle:
+
+— A simili umiliazioni una donna non deve sottomettersi!
+
+— Ma questa è l’usanza nostra. Chi fa il peccato deve fare la penitenza
+— ed io non son tenuto a far la penitenza dei peccati degli altri.
+
+Il missionario continuò con tono grave e solenne:
+
+— Ravvediti, Giovanni Tolu, e fa la pace con Maria Francesca. Insieme
+al clero di Florinas noi verremo in processione fino a casa tua. Ivi
+impartiremo la benedizione ad entrambi, e vivrete felici per tutta la
+vita.
+
+A questa predica sorrisi.
+
+— Scusino, reverendi, ma queste mi sembrano mascherate. In siffatta
+guisa noi usiamo andare in carnevale da una bettola all’altra per bere
+un bicchiere di vino. Non potrei mai prestarmi a simili pagliacciate!
+
+I tre frati fecero una smorfia disgustosa, ma tacquero.
+
+Io tenni loro un simile linguaggio perchè trattavo i preti con molta
+confidenza. Ero stato sagrestano e sapevo il fatto mio.
+
+I missionari si scambiarono un’occhiata — come per dire: con costui non
+faremo niente! — e mi congedarono.
+
+Terminate le missioni, i tre frati lasciarono Florinas per recarsi
+ad altro villaggio. Appresi in seguito, che avevano parlato col prete
+Pittui, il quale certamente non era uomo da lasciarsi impressionare da
+tre zoccolanti.
+
+ *
+ * *
+
+Cominciai col rassegnarmi al mio destino. Avevo una spina nel cuore,
+ma affettavo di non sentirne dolore. I nostri conti erano saldati:
+l’autorità politica non era riuscita a persuadere mia moglie, come
+l’autorità ecclesiastica non era riuscita a persuadere me. Nondimeno
+debbo confessare, che non nutrivo rancore per Maria Francesca: lo
+nutrivo per il prete, che aveva istigato i parenti a rendermela
+ostile. Chi avrebbe osato in Florinas trascurare un consiglio di prete
+Pittui? Egli, famoso cacciatore, esperto tiratore al bersaglio, sindaco
+supremo del paese, mediatore di matrimoni, dispensatore di grazie e di
+castighi, fabbricatore di libelli, carabiniere, giudice, boia?!
+
+Maria Francesca era incinta di quattro mesi. Il pensiero forse della
+sua gravidanza, e del bambino che sarebbe venuto al mondo, spinse
+i parenti a mutar consiglio. Partiti i missionari, sulla cui opera
+avevano contato, i parenti si erano raccomandati a tutti i cavalieri
+e ai più notevoli signori di Florinas per influire sul mio animo.
+Non pochi mi avevano avvicinato per esortarmi a farla finita e a
+ricongiungermi a Maria Francesca. Ma questa volta tenni duro. Le
+altalene non mi andavano a sangue.
+
+— Come volete ch’io m’induca a pregar mia moglie, se essa mi ha
+scacciato? Dietro quanto è accaduto, è lei che deve venire da me, non
+io che devo andare da lei. Se è vero che Maria Francesca mi vuole,
+perchè non viene a trovarmi?
+
+Non dissi altro.
+
+Mia moglie, dal canto suo, fu ostinata nel suo proposito. I consigli
+del prete Pittui, l’antico suo padrone, avevano più forza della parola
+d’un affettuoso marito!
+
+Non poteva più oltre durare così — io perdeva il mio tempo. Pensai di
+ritornare al lavoro, unico sollievo e conforto nella sventura che mi
+era toccata. Ero stato marito per quattro mesi precisi — dal 17 aprile
+al 17 agosto — e dovevo ormai considerarmi come scapolo, o come vedovo.
+
+La vista continua de’ miei nemici mi disgustava; ond’è che decisi
+di allontanarmi dal paese. Mi recai a Sassari, dove mi occupai nel
+trasporto del mosto e nel commercio delle granaglie. Misi in serbo una
+trentina di scudi.
+
+Partiti i missionari da Florinas, ero stato di nuovo tormentato dai
+dolori alle giunture; ma il clima di Sassari mi giovo non poco.
+
+Dopo un altro breve soggiorno a Florinas volli recarmi alla Nurra, dove
+il lavoro non mi mancava. Trascorso però un po’ di tempo, divenni di
+cattivo umore ed intrattabile, perchè i soliti dolori m’impedivano di
+lavorare coll’attività, che in me era natura.
+
+Io sentiva la potenza malefica di quel prete fatale, che continuava a
+perseguitarmi colle diaboliche _legature_. Crebbe il mio odio contro
+costui, autore d’ogni mia disgrazia.
+
+— Se io non toglierò la causa del male, il male mi farà soccombere! —
+dicevo ferocemente a me stesso; e questo pensiero, come chiodo rovente,
+mi stava infisso nel cervello e nel cuore.
+
+ *
+ * *
+
+Venne intanto il dicembre colle giornate rigide, tempestose. Avevo
+l’umor nero. La solitudine mi pesava, perchè fantasticavo troppo.
+
+Gli acuti dolori, che tratto tratto strappavano una contrazione nervosa
+al mio labbro, mi facevano imprecare come un dannato.
+
+Si avvicinavano le feste di Natale, e mi sentivo più solo e più
+accasciato. Io, che avevo sognato una famiglia; che a furia di lavoro
+ero riuscito a formarmi un nido; ch’ero sul punto di diventar padre, mi
+vedevo relegato nelle solitudini della Nurra, senza casa, senza amici,
+senza gioie domestiche, e senza il conforto d’una parola affettuosa —
+neppure quella della mamma!
+
+E tutto perchè? Per un prete sordido, prepotente, che voleva frapporsi
+fra me e Maria Francesca, spinto da uno scopo misterioso, ch’io non
+riusciva a spiegarmi
+
+Temendo che i miei dolori aumentassero, deliberai di far ritorno a
+Florinas. Volevo almeno passare le feste in famiglia — in casa di
+mia madre, dei fratelli, delle sorelle: nell’unica casa dove potevo
+fidarmi, dove ancora ero amato, carezzato, compianto.
+
+— Avrei perdonato anche al prete, se io mi fossi sentito bene — dicevo
+con rammarico — ma con questi dolori la mia vita non potrà essere che
+un martirio. Bisogna finirla, e finirla presto! L’idea di diventare
+impotente, costretto a mendicare il pane altrui, mi spaventa. Parmi
+ancora di vederlo il povero mendicante di Tissi, paralizzato dalle
+_legature_! — Bisogna finirla, finirla, finirla presto!
+
+Arrivai a Florinas due giorni prima di Natale. I parenti mi ricevettero
+con acclamazioni di gioia... ma non mi parevano contenti. Io leggeva
+negli occhi di mia madre il mio stato deplorevole; ella mi guardava
+ogni tanto alla sfuggita, con un sospiro, con un senso di pietà
+dolorosa, che si studiava nascondere per non affliggermi.
+
+Un mese addietro i miei fratelli Peppe e Giomaria (per la prima ed
+ultima volta) mi avevano fatto intendere ch’erano disposti a far le mie
+vendette.
+
+Ne fui spaventato e mi opposi energicamente.
+
+— Guai a voi! Non voglio che v’immischiate ne’ fatti miei, nè adesso,
+nè mai! Basto da solo. Pur troppo io so fin dove arrivano nei nostri
+villaggi le gare, i puntigli, e gli odî di parte! Le famiglie si
+distruggerebbero. Pensate ai casi vostri — Dio penserà ai miei.
+
+Il giorno di Natale la famiglia preparò un pranzetto d’occasione.
+Sedemmo in cinque a tavola: io, la mamma, Peppe, Giomaria e Maria
+Andriana.
+
+I miei fratelli e la sorella si sforzavano di essere gioviali... ma
+nessuno lo era. Il mio tristo caso impressionava tutti.
+
+Così passò il primo ed il secondo giorno di Natale. Io, che moriva
+dalla voglia di rivedere il mio paese, non vedevo l’ora di tornarmene
+alla Nurra. Troppe triste memorie racchiudeva per me Florinas, nè
+bastava l’affetto de’ miei cari per cancellarmele dalla mente.
+
+
+
+
+CAPITOLO X.
+
+L’attentato.
+
+
+Il terzo giorno di Natale — il 27 dicembre 1850 — mi alzai prima
+dell’alba. Avevo poco dormito e molto pensato. Ero d’umor nero, poichè
+avevo fantasticato sulla serie delle peripezie, che da un anno mi
+tenevano in angoscia. Tuttavia debbo dichiarare, che nessun pensiero
+sinistro aveva attraversato la mia mente durante quella notte insonne.
+
+Dopo aver passeggiato da un capo all’altro della stanza terrena, tolsi
+la spranga alla porta e mi feci sulla soglia per esplorare il cielo.
+
+L’alba spuntava. Era una giornata fosca, molto fredda. Il vento
+impetuoso soffiava da tramontana, e urlava fra i comignoli, facendo
+volare qualche tegola dai tetti.
+
+Indossai il mio lungo cappottone di orbace, e tornai sull’uscio a
+respirare a pieni polmoni quell’aria frizzante, che pareva spegnesse
+la mia febbre. Sentivo lo stormire delle foglie degli alberi vicini,
+agitate dal vento.
+
+Guardando distratto la campagna, verso Codrongianus, i miei occhi
+si fissarono sul tratto di strada che mi stava di fronte, la quale
+conduceva all’Oratorio di Santa Croce. Ricordai allora, ch’era la festa
+di San Giovanni evangelista, e che all’alba di ogni giorno festivo il
+prete Pittui soleva recarsi a dir messa in quella chiesetta fuori mano.
+
+Per di là, dunque, sarebbe fra non molto passato quel prete: il
+prepotente, il fattucchiere, il nemico della mia pace.
+
+Non so dire i pensieri che in quell’ora passarono a tumulto nella mia
+mente. So che rientrai nella mia stanza per spiccare dal capezzale
+del letto (dove per solito lo tenevo) il mio vecchio pistolone ad
+una canna. Nascosi l’arma sotto al cappotto, e tornai ad appoggiarmi
+allo stipite della porta, tenendo l’occhio sempre fisso sulla strada
+dell’Oratorio.
+
+Il vento soffiava con più violenza, e i rami degli alberi si piegavano
+verso terra, quasi minacciando di spezzarsi.
+
+Il temporale pareva imminente. Avevo preso un’istantanea risoluzione, e
+dovevo ad ogni costo compierla.
+
+— Ma, chi lo sa? — pensai — forse il prete Pittui non uscirà di casa
+con questo tempaccio; la messa la dirà più tardi.
+
+Non so dire se in quel momento io desiderassi, o temessi un
+contrattempo. Ero fuori di me.
+
+Certo è però, che quell’uomo doveva essere in cammino, poichè sentivo
+due acute punture ai ginocchi. Avevo bisogno di romperle, da una buona
+volta, quelle _legature_ insopportabili!
+
+Finalmente, verso le sei, vidi il prete che scantonava.
+
+ [Illustrazione: Attentato contro il prete Pittui]
+
+Il cielo si faceva sempre più fosco, e il sole non era ancora levato.
+
+Per le vie non si vedeva anima viva. Le porte delle case erano
+tutte chiuse, poichè il freddo tratteneva in casa più dell’usato gli
+abitanti, i quali non avevano l’obbligo di lavorare in quel giorno
+festivo.
+
+Avvolto nel suo lungo pastrano dalle ampie saccoccie, col bavaro
+alzato, il prete attraversò il breve tratto di strada, curvo, col capo
+chino contro al vento furioso, che gli soffiava di fronte. Passò come
+una visione, e scomparve.
+
+Allora io mi mossi ed affrettai il passo per tenergli dietro.
+
+Scantonata la via, studiai di camminare rasente le case per
+raggiungerlo inosservato. Il vento che ci soffiava di fronte gli
+impediva di avvertire il rumore delle mie pedate.
+
+Gli tenni dietro per una cinquantina di passi, e lo raggiunsi
+all’imbocco del largo detto _Funtana manna_, in cui a destra la
+strada fa scarpa in campagna aperta, fronteggiando il villaggio di
+Codrongianus[15].
+
+Il sito era opportuno, perchè spazioso e poco frequentato.
+
+Giunto a tre passi da lui, tolsi la pistola di sotto al cappottone,
+glie la puntai quasi a bruciapelo alla nuca, e premetti il grilletto.
+
+L’arma non prese fuoco, perchè il cane non aveva schiacciato il
+fulminante.
+
+Continuai a camminare insieme a lui, sempre alla stessa distanza; e per
+altre tre volte ritentai il tiro. Il colpo non partì mai, e il vento
+contrario impedì che lo scatto del grilletto giungesse all’orecchio del
+prete.
+
+Io era atterrito. Mi venne allora in mente che quell’uomo usava della
+sua malìa, e che la mia pistola era fatturata. Pensai di ricorrere al
+coltello, ma non l’avevo meco.
+
+Il prete, sempre collo stesso passo, ignorando ch’era pedinato,
+camminava verso l’Oratorio.
+
+Si era giunti insieme al centro di _Funtana manna_; e, non volendo
+lasciarmi sfuggire l’occasione che l’inferno mi offriva, decisi di
+farla finita in qualunque modo. Feci ancora altri due passi avanti,
+levai in alto il braccio, e, con tutta la mia forzar lo lasciai
+ricadere con un manrovescio sulla guancia sinistra del prete, che
+stramazzò supino.
+
+Gli fui sopra come un tigre, gli posi un ginocchio sul petto,
+lo afferrai colla sinistra alla gola, e puntandogli la pistola
+nell’occhio, feci scattare tre o quattro volte il grilletto, sempre
+invano.
+
+Il prete si dimenava in tutti i sensi e mandava sordi rantoli, che si
+confondevano col gemito del vento. Aveva la lingua tutta fuori, gli
+occhi spalancati. Le sue unghie penetravano nelle mie carni, ma le mie
+braccia erano di acciaio.
+
+Riuscì finalmente ad afferrarmi per il ventre; fui pronto a tirarmi
+indietro; ma, rallentando la mano con cui gli stringevo la gola, egli
+potè emettere due acutissimi gridi.
+
+Furono i soli. Volendo sbrigarmi per non venir sorpreso, gli strinsi
+con più forza la gola, e colla canna del mio pistolone, a mo’ di
+pugnale, lo percossi a più riprese sul viso, strappandogli dalle
+guancie brandelli di carne.
+
+Ero cieco, feroce. Gli premevo i ginocchi sulle costole, gli davo
+calci, pugni da per tutto; ma egli, colla faccia insanguinata,
+continuava a fissarmi cogli occhi sbarrati, quasi volendomi far subire
+il fascino della sua malìa. L’anima di quel mostro non voleva uscir
+fuori dal corpo!
+
+Nel frattempo, dietro di me, diverse porte si spalancarono con
+fracasso. I gridi del prete avevano dato l’allarme. Una dozzina
+d’uomini robusti, da diverse parti, si slanciarono verso di noi, non
+sapendo ancora che cosa fosse avvenuto. Senza voltarmi, continuai a
+percuotere il prete con più forza; egli era livido, grondante sangue
+dalle narici e dalla fronte, ma non c’era verso che volesse morire!
+
+Quando gli accorsi ravvisarono me e il prete Pittui, si fermarono un
+istante, come inorriditi dinanzi a tanta audacia e a tanto sacrilegio.
+Finalmente mi furono tutti addosso per strapparmi la vittima, che io
+cercava invano di strozzare. Sentendomi afferrato da tutte le parti,
+divenni idrofobo. Abbandonai il prete, mi levai in piedi, e mi slanciai
+come belva contro i miei assalitori. Con morsi, pugni e calci ne mandai
+parecchi a ruzzolare sul terreno; un altro ne allontanai con un colpo
+di pistolone sotto all’occhio, in modo che ne portò la cicatrice finchè
+visse. Giunsi infine a svincolarmi da tutti, e mi diedi a correre verso
+casa.
+
+— Fermatelo! fermatelo! — gridava il prete con sordo rantolo, senza
+potersi alzare.
+
+Parecchi giovinastri m’inseguirono; ed uno, più ardito, mi tenne dietro
+prendendomi a sassate.
+
+Giunto a pochi passi da casa, mi volsi indietro; e rivolto a quel
+giovane gridai:
+
+— Fermati lì, un momento, chè voglio insegnarti come si lanciano i
+sassi!
+
+E siccome ero entrato in casa per prendere il fucile, quel giovane
+se la diede a gambe, e andò a raggiungere i compagni, occupati a
+sollevare il prete malconcio, per portarlo sopra una sedia alla propria
+abitazione.
+
+Molte porte nel frattempo si erano spalancate, e la gente accorreva da
+ogni parte per dirigersi a _Funtana manna_.
+
+Io corsi ad armarmi di fucile; slegai il mio cavallo, lo portai sulla
+strada, e vi montai a dorso nudo.
+
+Nel saltare per inforcarlo, mi cadde il berretto, che lasciai sulla
+strada.
+
+Cacciai in testa il cappuccio, diedi una strappata alle redini, e,
+senza dar soddisfazione a’ miei (che ignoravano ancora l’accaduto)
+spinsi il cavallo al trotto per prendere la campagna.
+
+
+
+
+PARTE SECONDA
+
+IL BANDITO DI FLORINAS
+
+ [Illustrazione: Testata allegorica sui personaggi della
+ storia]
+
+
+
+
+CAPITOLO I.
+
+Si torna agli esorcismi.
+
+
+Percorso un buon tratto di strada, sempre al trotto, prima di arrivare
+allo stradone m’imbattei in Sebastiano Zara (un cugino del prete
+Pittui) il quale mi fe’ cenno colla mano di fermarmi.
+
+— Perchè corri così a precipizio? C’è forse niente di nuovo a Florinas?
+
+— Vanne, e lo saprai! — gli risposi di mala grazia, e continuai la mia
+strada.
+
+Seppi più tardi dagli amici, che quando costui apprese l’accaduto,
+minacciò l’aria col pugno, gridando:
+
+— Eh, se lo avessi saputo! Avrei arrestato Giovanni Tolu sulla strada!
+
+Stupida millanteria, poichè lui era inerme ed io armato, e sapevo di
+vincerlo in forza ed in destrezza!
+
+Per oltre una mezz’ora mantenni alla corsa il mio cavallo, non
+scostandomi mai dalla strada reale. Dal _Prato_ a _Badu ludrosu_, e
+da _Pedru Majolu_ alla _Punta Dunossi_ non mi fermai un minuto. Qui
+mi diedi a saltare un muro, ma urtando col piede in un grosso sasso mi
+feci male.
+
+Smontai da cavallo, e impiegai un’altra ora a piedi nel far la salita
+di _Giunchi_, fino alla _Rocca bianca_, territorio di Florinas, tra
+Banari ed Ittiri.
+
+Colassù rimasi tutta la giornata senza prender cibo. La lunga corsa
+a cavallo, a dorso nudo, mi aveva pesto orribilmente; dippiù il mio
+piede si andava gonfiando per l’urto ricevuto a _Punta Dunossi_. Ero
+impensierito, perchè non mi trovavo in condizione di battere i boschi
+in campagna aperta, senza pericolo d’una sgradita sorpresa.
+
+Venuta la sera deliberai di far ritorno segretamente a Florinas. Avevo
+bisogno di mettermi sotto cura in luogo sicuro.
+
+Abbandonai il mio cavallo (a cui avrebbero pensato i barracelli o i
+miei parenti) e, favorito dalle tenebre, rientrai sul tardi nel mio
+paese. Corsi non visto a casa di Chiara, la mia sorella maritata, la
+quale mi custodì gelosamente.
+
+Colà rimasi una diecina di giorni, medicando la mia storta e le mie
+piaghe con incenso sbattuto nel bianco d’uovo, bagni d’acquavite, e
+polvere di carbone impastata con sevo: tutti medicinali, di cui noi,
+agricoltori, facciamo uso con ottimo risultato.
+
+Ogni notte mi s’improvvisava un letto; ma di giorno io stavo dentro ad
+una _luscia_[16], prestando orecchio alle chiacchiere che sul mio conto
+facevano le comari, quando venivano a condolersi con mia sorella.
+
+La notte stessa del mio arrivo, appresi da Chiara, che il prete Pittui
+era stato trasportato a casa sopra una sedia, malconcio in modo che
+dava a temere per i suoi giorni. Era sempre a letto, in preda a dolori
+atrocissimi, e parlava a stento. Al terzo giorno il medico lo dichiarò
+fuori di pericolo, ma gli raccomandò di non fare alcun movimento,
+poichè la cura sarebbe stata piuttosto lunga. La notizia non mi fece
+certo piacere!
+
+Durante il tempo della mia convalescenza, i carabinieri, guidati
+da spie, erano venuti più volte a Florinas per perlustrare le case
+sospette, dove si sperava di potermi sorprendere. Nessuno immaginò
+di certo, che la prima settimana della mia latitanza io la passassi
+dentro Florinas, in casa di mia sorella. Non si pensò neppure a
+visitare l’abitazione di Chiara, nè quella di mia madre, poichè non era
+possibile ch’io fossi stato così gonzo da cacciarmi in bocca al lupo.
+
+ *
+ * *
+
+Guarito completamente della storta e delle piaghe, mercè le affettuose
+cure di mia sorella, abbandonai sul tardi il villaggio e mi recai a
+piedi fino alla cantoniera di _Scala di Ciogga_, dove giunsi verso
+mezzanotte. Riposavo in un macchione, dietro la casa, quando dodici
+carabinieri si fermarono dinanzi la porta, e obbligarono il cantoniere
+ad alzarsi per dar loro da bere. Ripresero quindi la strada di
+Florinas, forse alla mia ricerca, poichè l’attentato sacrilego contro
+un prete aveva suscitato molto rumore, e la Giustizia si dava attorno
+per impadronirsi del reo.
+
+Andati via i carabinieri, continuai la mia strada verso Sassari. Giunsi
+all’alba all’oliveto della signora Murro, in _Serra secca_, dove ogni
+giorno si recavano a zappare alcuni miei parenti. Ivi rimasi il resto
+della giornata. Sull’imbrunire presi una zappa sulle spalle, ed entrai
+in Sassari arditamente, confuso coi zappatori che a quell’ora ritornano
+dai lavori di campagna. Nel 1850 la città di Sassari era un luogo
+sicuro per i banditi, poichè scarso vi era il numero dei carabinieri, a
+cui piaceva viver comodi e tranquilli.
+
+Mi recai difilato in casa di Don Antonico Berlinguer, allora Maggiore
+di piazza, il quale mi trattava con benevolenza, poichè mi sapeva
+onesto e buon lavoratore[17]. Chiesi a lui consiglio; e siccome mi
+sentivo minacciato dai soliti dolori per le fattucchierie del prete
+Pittui, lo pregai che mi raccomandasse a un certo Frate Agostino dei
+minori osservanti, designatomi come valentissimo negli esorcismi. Era
+costui un sassarese, in fama di mantener relazione colla moglie di un
+falegname, dal quale era stato sorpreso e bastonato[18].
+
+Don Antonico mi tenne nascosto in casa sei giorni, dandomi da mangiare
+e da bere; e volle accompagnarmi in persona fino al convento di San
+Pietro, per presentarmi al frate.
+
+Prima di lasciare la città volli provvedermi di polvere e di palle.
+Avevo lasciato il fucile nella capanna di mio cognato Bazzone, marito
+di mia sorella Giustina.
+
+Uscimmo di casa dopo il meriggio. Don Antonico mi precedette facendo
+l’indifferente: io gli tenni dietro a una certa distanza, per non
+compromettere l’amico nella carica delicata di Maggiore di Piazza. Dopo
+un quarto d’ora eravamo dinanzi al Convento.
+
+Frate Agostino ci accolse con molto garbo e ci offrì una tazza di buon
+caffè. Poco dopo Don Antonico se ne andò per i fatti suoi.
+
+Rimasto solo col frate, questi mi ordinò d’inginocchiarmi, mi lesse
+la solita orazione, mi gettò addosso la solita acqua benedetta, e mi
+licenziò dicendomi, che sperava di avermi sciolto dalle _legature_.
+
+Sbrigato il mio affare feci ritorno all’oliveto di _Serra secca_, e di
+là m’incamminai verso il _Curraltu mal’a servire_, in fondo alla valle
+di _Sette Chercos_, territorio di Cargeghe, dov’era l’ovile di mio
+cognato.
+
+Rimasi nella capanna alcuni giorni, sempre in angustie, per timore che
+una grave malattia mi rovinasse.
+
+Dissi ad un mio cugino:
+
+— Il prete Pittui è ancora in vita, e continua a perseguitarmi colle
+sue maledizioni. Temo troppo che gli esorcismi di frate Agostino
+rimangano senza effetto!
+
+Un mio amico, che si trovava presente — certo Pietro Rassu, già mio
+vicino di casa — disse a me rivolto:
+
+— Ma perchè non ti rechi dal rettore di Dualchi, uno dei più famosi per
+scongiurare le _legature_?
+
+Non volendo lasciare intentato alcun mezzo per togliermi alle malìe del
+prete Pittui, indussi mio fratello Peppe ad accompagnarmi a Dualchi,
+villaggio al di là di Macomer.
+
+Ci recammo insieme a cavallo fino a Padria, dove fummo ospitati
+dall’amico Salvatore Masia, tenente dei barracelli. Di là l’indomani
+continuammo il viaggio, attingendo qua e là informazioni sulle
+scorciatoie, non essendo noi pratici dei luoghi. Dopo due ore e più
+di strada, c’imbattemmo in un vecchio, il quale ci avvertì ch’eravamo
+sulla strada che conduceva a Sindia e a Scano Montiferro. Saputo
+ch’eravamo diretti a Bortigali, suo paese, il vecchio si esibì a
+servirci di guida. Arrivati al villaggio, egli ci condusse in sua casa,
+dove ci rifornì di vino e di formaggio. Andammo quindi in casa di certo
+Pietro Maria Murgia, al quale l’amico di Padria ci aveva raccomandato.
+Era assente dal paese; ma la moglie e la suocera, appreso il motivo
+della nostra gita, ci dissero con un certo orgoglio:
+
+— Presentatevi pure in nome nostro al rettore di Dualchi, e ditegli,
+che vi riceva colla stessa cortesia con cui suol ricevere Pietro Maria
+Murgia, che gli fu servo per ventott’anni.
+
+Ringraziammo le due buone donne, che ci avevano offerto asilo e cena, e
+all’alba rimontammo a cavallo. Dopo tre ore di strada, sostammo dinanzi
+alla casa del rettore.
+
+Il prete e la sua _Perpetua_[19] ci accolsero cortesemente e ci vollero
+ospiti.
+
+Il rettore di Dualchi, Pietro Maria, era sopranominato _su caddu de
+Ottava_, perchè possessore di un famoso cavallo di corsa, ritenuto a
+quei tempi uno dei migliori dell’isola.
+
+Quando gli esposi il motivo della mia venuta — il desiderio, cioè, di
+venir liberato dalle _legature_ fattemi da un prete — egli mi domandò
+con una certa curiosità:
+
+— Come si chiama questo sacerdote?
+
+— Giovanni Maria Pittui.
+
+— Lo conosco. So che ha un eccellente cavallo di corsa.
+
+— V’ingannate. Il possessore del buon cavallo è un altro Pittui: suo
+nipote.
+
+— Ho capito, e poco importa. Posso solamente assicurarti, che il mio
+cavallo di corsa è migliore del suo; e questo potrebbe significare, che
+sarò parimenti più fortunato nella cura del tuo male. Ti applicherò una
+_pezza_, che nessuno riuscirà a strapparti.
+
+Fui lieto dell’esordio. Il prete soggiunse:
+
+— Anzitutto hai bisogno d’una bottiglia d’olio, ch’io dovrò benedire.
+
+Mio fratello Peppe corse subito a comprarla; ma, mentre la porgeva al
+prete, gli sfuggì di mano e andò in frantumi.
+
+Fui vivamente impressionato del mal augurio; ma il rettore esclamò
+sorridendo:
+
+— E così? Manca forse dell’olio in casa mia?
+
+Fatta riempire un’altra bottiglia dalla serva, il prete si adattò
+la stola, mi fece inginocchiare, lesse l’ufficio, mi versò sul capo
+l’acqua santa, e per ultimo benedisse la bottiglia dell’olio.
+
+Nel frattempo la serva, ferma sull’uscio, assisteva all’operazione con
+curiosità maliziosa, come se da lungo tempo fosse abituata a simili
+cure, a cui non credeva.
+
+ [Illustrazione: Il bandito dal Rettore di Dualchi]
+
+Terminata la funzione, il rettore mi fece alzare, e mi consegnò
+gravemente la bottiglia dell’olio ed un involto contenente quaranta
+pezzi d’ostia.
+
+— Ogni giorno, a digiuno — egli mi disse — tu metterai in bocca uno di
+questi pezzetti, che trangugierai con una boccata d’olio. Bada di non
+spaventarti se i tuoi dolori aumenteranno: saranno i chiodi vecchi che
+ti verranno fuori dalle carni. Ti esorto parimenti a non impressionarti
+se ti verrà il sangue alla bocca. Prima di consumare i pezzetti d’ostia
+(cioè a dire, prima di quaranta giorni) ho bisogno di rivederti![20]
+
+Albeggiava appena quando all’indomani io e Peppe ci rimettemmo in
+viaggio, prendendo questa volta la direzione di Borore, per misura
+d’abituale prudenza.
+
+Pernottammo in quest’ultimo paese.
+
+Riposai con animo tranquillo, ma verso l’alba, dopo ingoiata l’ostia,
+ebbi lo sbocco di sangue preannunziatomi dal prete. Allo stesso tempo
+fui colto da dolori acutissimi alle ginocchia.
+
+Mi feci coraggio. Presi un nuovo sorso d’olio ed un pezzetto d’ostia, e
+sollecitai la partenza.
+
+Rimontati a cavallo, percorremmo un lunghissimo tratto di strada. Era
+ancora giorno quando ci trovammo in vista del _Crastu mal’a servire_;
+ma aspettammo le ombre della sera prima di avvicinarci all’ovile di mio
+cognato: — altra precauzione di tutti i banditi.
+
+Arrivati all’ovile, consultai Peppe e mio cognato sulla ricompensa
+da offrire al prete esorcista. Fu determinato d’inviare nostra madre
+a Sassari per fare acquisto di tre fazzoletti da due lire, di un
+chilogramma di caffè e di otto libbre di zucchero: regalo destinato
+al rettore ed alla sua Perpetua. Fu pure combinato di ripartire per
+Dualchi al più presto possibile, prima cioè che la voce della mia
+latitanza pervenisse all’orecchio di quel rettore.
+
+Il rettore di Dualchi accettò con piacere il dono fattogli; e dopo aver
+rinnovato l’esorcismo e ribenedetta la mia bottiglia, mi disse con una
+certa confidenza:
+
+— Mano mano che l’olio diminuirà, tu non avrai che aggiungerne
+dell’altro: la benedizione avrà la stessa efficacia.
+
+Ho sofferto per parecchie settimane dolori atroci, ma debbo dichiarare,
+che le mie punture cessarono. Il rettore di Dualchi mi aveva
+radicalmente sciolto dalle _legature_ di prete Pittui.
+
+Ricorderò quanto mi disse la prima volta:
+
+— Tu guarirai, poichè il rimedio che ti ho dato è infallibile. Devo
+però prevenirti, che le potenti fattucchierie, di cui fosti vittima, ti
+hanno fatto perdere la metà delle forze, la metà del valore e la metà
+dell’astuzia!
+
+
+
+
+CAPITOLO II.
+
+In casa di prete Pittui.
+
+
+Dopo il terzo giorno — come già dissi — il medico del villaggio aveva
+dichiarato che prete Pittui era fuori di pericolo; però gli ordinava di
+stare a letto e di non muoversi.
+
+Durante quel tempo la casa del sacerdote era assediata dalle visite. I
+fedeli parrocchiani ed i famigliari più intimi correvano al letto del
+proprio pastore per prendere informazioni sullo stato di sua salute;
+e, imprecando all’assassino sacrilego, facevano voti all’Eterno per una
+pronta guarigione.
+
+Se il prete fosse morto in seguito alle mie percosse, nessuno
+certamente lo avrebbe compianto; anzi si sarebbe ringraziato Iddio
+per aver liberato il paese da un cattivo soggetto di quella fatta.
+Sapendolo però vivo, ognuno si studiava di entrare nelle sue grazie con
+una pietà falsa, che avrebbe potuto più tardi fruttare qualche favore,
+o almeno una maggior dolcezza di trattamento.
+
+Sebbene ancora indolenzito per le percosse ricevute, e accasciato per
+le lunghe sofferenze, appena il prete si accorse di essere scampato
+alla morte, non pensò che allo sfregio ricevuto, e si die’ a escogitare
+tutti i mezzi possibili per vendicarsi di me: cosa che gli sarebbe
+riuscita assai facile, avendo al suo comando molti cagnotti, e potendo
+esercitare la sua influenza presso le autorità di Sassari, colle quali
+si manteneva in stretta relazione.
+
+Se il corpo del prete era inchiodato al letto, la sua mente era libera
+e ruminava a mio danno. La casa Pittui era diventata il luogo dei
+convegni misteriosi, dove si tramava la mia perdizione.
+
+Io stava in guardia, poichè avevo molti parenti ed amici che mi
+tenevano informato di quanto accadeva in paese.
+
+Fra i più assidui visitatori di casa Pittui (durante il periodo della
+malattia) erano il Piana, lo Zara, il Serra, Peppe _il sorsinco_, i
+fratelli Dore d’Osilo, ed i fratelli Rassu di Tiesi, domiciliati a
+Florinas.
+
+Darò di essi alcuni brevi cenni[21].
+
+Giovanni Antonio Piana, mio coetaneo, era da poco tempo marito della
+matura serva di prete Pittui, la quale poteva essergli madre. Cugino
+del prete e zio di mia moglie, quel gradasso si dichiarava capace di
+darmi la caccia.
+
+Sebastiano Zara, pur parente di mia moglie e del prete, era il
+millantatore che per il primo avevo incontrato uscendo dal villaggio,
+il giorno dell’attentato. Egli aveva pronosticato la mia futura morte
+per opera sua.
+
+Il terzo visitatore assiduo, Francesco Serra, aveva la debolezza di
+credersi un potente, solo perchè si era dato a fare il _commissario_
+dei carabinieri. Io però sapevo, che costui, insieme a Paolo ed a
+Francesco Rassu, nonchè ad altri due ittiresi, aveva preso parte come
+mandante all’assassinio di don Peppe Serafino di Tiesi. Uno però della
+combricola (che poi finì sulla forca) era stato in seguito arrestato
+alla festa di S. Paolo in Monti, per un orologio d’oro colle iniziali
+dell’ucciso, da lui venduto al parroco del detto paese.
+
+Riservandomi a parlare a lungo della famiglia Rassu (ch’ebbe larga
+parte nei casi della mia vita) mi fermerò per ora sui due fratelli
+osilesi.
+
+I fratelli Giuseppe e Giomaria Dore, osilesi, quantunque notissimi
+ladri e sicari, erano sempre riusciti a sfuggire alla giustizia, mercè
+l’astuzia e l’intrigo.
+
+Giuseppe era compare di battesimo di prete Pittui; dal quale, aveva
+preso un _salto_ in affitto, in società col fratello Giomaria e con un
+tal _Peppe di Sorso_.
+
+I due fratelli erano veduti di mal occhio a Florinas, e già da tempo si
+pensava al modo di sbarazzarne il paese.
+
+Ho già detto che a Florinas, nel pomeriggio dei giorni festivi, si
+soleva andare fuori dal paese, per la gara del tiro a segno. Come
+premio al vincitore, si metteva per bersaglio una gallina viva, un
+coltello, una berretta, od altro oggetto.
+
+Una domenica eravamo in numerosa comitiva, e ricordo fra gli altri i
+due fratelli Dore, Pietro Rassu, i preti Massidda e Pittui, il pretore,
+il cancelliere, e diversi cavalieri e giovani di distinta famiglia.
+
+In quel tempo (verso il 1847) era stata ordita fra i signori florinesi
+una specie di congiura per liberare il paese dai due fratelli sicari,
+dei quali si aveva paura, poichè gettavano ovunque il terrore.
+La giustizia in quei tempi dormiva, od era cieca, ed erano le
+popolazioni che pensavano a liberarsi dai malfattori. Fu deciso di
+uccidere Giuseppe a _smarro_ (cioè a dire come per caso accidentale).
+Pietro Rassu si era incaricato del colpo, e per essere più sicuro
+nell’eseguirlo, aveva dato di piglio al fucile ad una canna del
+cancelliere: fucile a fulminante e non a piastra — cosa rara a quel
+tempo. Dopo diversi tiri al bersaglio (eseguiti fra il buonumore e
+gli scherzi della brigata) il Rassu, fingendo mettere la _capsula_ nel
+luminello, lasciò partire il colpo in direzione di Giuseppe Dore, che
+gli stava vicino. La palla passò tra le gambe di quest’ultimo, ma non
+l’offese. Vi fu scambio di parole vivaci per l’imprudenza del tiratore,
+ma tutto finì lì, ascrivendo il falso tiro alla imperizia del Rassu nel
+maneggio dell’arma nuova.
+
+Volle il caso, che quella sera, forse per la soverchia carica di
+polvere, si spezzasse a Giuseppe il calcio del fucile. Nel rientrare
+in paese vi fu chi pensò trar partito da quell’accidente, che toglieva
+all’odiato sicario i mezzi di difesa. Verso la mezzanotte Giuseppe
+Dore venne assalito nella propria abitazione da una mezza dozzina di
+individui, i quali riuscirono a smantellargli il tetto della casa per
+fargli fuoco addosso. La moglie scappò sulla strada, in camicia; ed
+il marito seppe difendersi così abilmente, che rese vano l’attacco dei
+nemici.
+
+Persuaso, infine, che il vivere a Florinas era per lui pericoloso,
+Giuseppe Dore si decise a battere la campagna insieme al fratello
+Giomaria, per campare dal furto e per fare il sicario: mestiere molto
+lucroso a quei tempi, stante le inimicizie che dividevano le famiglie.
+
+I due fratelli osilesi avevano uno zio mugnaio (pur chiamato Dore) il
+quale era in urto col proprio genero Bertolo Bazzoni, agricoltore. Lo
+zio chiese aiuto ai nipoti per sbarazzarsene, e questi accettarono il
+mandato.
+
+Ucciso Bertolo, il vecchio Dore voleva costringere la propria figlia a
+passare in seconde nozze con un di lui cugino mugnaio, che gli avrebbe
+prestato aiuto nella professione; ma la vedovella, inorridendo, si
+rifiutò di ubbidire ad un padre, che gli aveva ucciso il primo marito.
+In preda a spasimi atroci, la povera figliuola ne morì di crepacuore
+pochi mesi dopo.
+
+Appena compiuto il mandato di sangue, i due fratelli sicari si erano
+ritirati a _Giunchi_, presso una loro sorella zitellona.
+
+Andando a far legna sulla montagna, capitai un giorno in quella
+regione, ed assistetti per caso ad un vivo diverbio tra i fratelli Dore
+e certo Carboni; motivo per cui mi vidi citato come testimonio.
+
+Nel frattempo era stato arrestato lo zio Dore, uccisore del genero
+Bazzoni. I due nipoti, designati dalla voce pubblica come sicari, si
+erano dati alla latitanza durante l’istruttoria del processo.
+
+Fattosi a Sassari il dibattimento, alcuni testimoni di _vista_
+deposero essere il solo suocero l’uccisore di Bertolo; altri invece
+(comprati dalla ricca moglie dell’arrestato) riuscirono a provare,
+che nè lo zio, nè i nipoti avevano preso parte all’assassinio. La
+conclusione fu, che vennero tutti assolti. La voce pubblica imprecò
+alla corruzione di testi... ed anche di qualche giudice; ed io posso
+asserire in coscienza, che giammai sentenza più iniqua e più scandalosa
+fu pronunciata da un tribunale. Ed ora fidate nei dotti giudizi di una
+magistratura stipendiata, e deplorate l’istituzione dei Giurati![22]
+
+Poichè la Giustizia era stata così cieca o così venale in quel
+processo, non mancò chi volle surrogarsi ad essa. Tre mesi dopo,
+nell’agosto, un fratello dell’ucciso sborsò una somma ai due banditi
+Cambilargiu e Antonio Spano, i quali freddarono con una fucilata il
+suocero di Bertolo Bazzoni.
+
+Non voglio parlare d’altri brutti fatti, avvenuti per opera dei due
+fratelli Dore e del loro compagno _Peppe il sorsinco_. Accennerò
+solamente a quello dei quattro agricoltori partiti da Sorso, e venuti a
+Florinas, col pretesto di andare in cerca di uomini per la messe. Essi
+avevano dato ad intendere, che scopo della gita era quello di voler
+assalire nelle proprie case diversi nemici, che avrebbe loro indicati
+la sorella dei Dore. Il sindaco di Florinas, prendendo sul serio la
+minaccia, eccitò la popolazione alla propria difesa, suscitando un
+baccano che rasentò il ridicolo; ma la commedia si chiuse con una
+scenata in piazza, dove si addivenne ad una parvenza di pace generale,
+giurata fra molti bicchieri di vino e le baldorie carnevalesche.
+
+ *
+ * *
+
+Ed erano queste le persone, a cui il prete Pittui aveva affidato
+le vendette, e che attorniavano il suo letto nel gennaio del 1851.
+Tutti si erano compromessi di mettermi le mani addosso; e i fratelli
+Dore e _il sorsinco_ avevano già ricevuto dal prete ottanta scudi,
+obbligandosi a darmi vivo o morto nelle mani della giustizia.
+
+Ma non erano i soli. Ad uno dei soliti convegni assistevano (insieme
+al Piana, allo Zara ed ai Rassu) due notabili signori di Florinas, i
+quali si erano vantati che non avrei tardato a cader vittima dei loro
+agguati.
+
+Ricordo un fatto. Poc’ora prima che mi si riferisse quest’ultima
+congiura, mentre me ne stavo sotto una roccia, a poca distanza dal
+paese, vidi passare a tiro del mio fucile i menzionati signori. Il
+destino ha voluto salvarli! Se di qualche ora avessero ritardato il
+viaggio, li avrei uccisi entrambi come due pernici. In seguito sbollì
+l’ira mia, e volli risparmiarli.
+
+I miei nemici convenivano in casa di prete Pittui per deplorare
+l’accaduto; e imprecando al sacrilego maledetto e al vile assassino,
+offrivano coraggiosamente il loro braccio vendicatore per ottenere la
+mia morte o la mia cattura. Essi potevano millantarsi a mio riguardo,
+perchè ero povero, e lontano dal paese; il prete invece era ricco
+e potente, e dovevano ingraziarselo per procurarsene la protezione.
+Quasi tutti avevano la camicia sporca, e temevano i ricorsi, palesi
+o anonimi, alle autorità di Sassari. Il ministro di Dio era in
+intimi rapporti coi ministri della giustizia — e fra ministri se la
+intendevano!
+
+I congiurati credevano di operare nel segreto, ma tutto io sapeva,
+poichè tutto mi si riferiva da persone intime della casa. Molti
+visitatori facevano una doppia parte, volendo allontanare da me il
+sospetto per sfuggire alla mia collera. Ben sapevano i furbi, che
+il prete poteva aggiustarli coi magistrati di Sassari, e proteggerli
+dentro paese; ma non così fuori di casa. Ero io il re della campagna
+— e alla campagna dovevano tutti venire, contadini e signori, per
+lavorare o sorvegliare le terre. E perciò si voleva, nel tempo stesso,
+lusingare il bandito ed il prete, col proposito di tradirci entrambi.
+Che importava loro delle persone? o cadessi io nelle mani del prete,
+o cadesse il prete nelle mie mani, era sempre una battaglia vinta per
+essi, perchè si liberavano da un nemico!
+
+Ed io ascoltava il consiglio di tutti, ma stavo in guardia, perchè di
+tutti dubitavo. Quantunque giovane ed inesperto, capivo che la paura
+legava a me quei consiglieri, ai quali tornava ugualmente vantaggioso
+il perdermi, od il salvarmi.
+
+
+
+
+CAPITOLO III.
+
+La famiglia Rassu.
+
+
+L’essermi dato alla macchia impressionava non poco i miei nemici di
+Florinas. Ero per loro un bandito, un disperato che non avrebbe potuto
+frenarsi per alcun sentimento di riguardo personale, o di pietà. Si
+aveva paura di me, si temeva che una falsa informazione, un falso
+rapporto, un malinteso avessero apportato conseguenze fatali. Non
+pochi si erano messi al sicuro, per allontanare le cause che potessero
+destare un mio sospetto.
+
+Gavino Pintus, per esempio, (il padre della Maddalena Bua) aveva
+licenziato dalla sua casa il cognato Serra, perchè bazzicava troppo coi
+Dore e coi Rassu ed era _commissario_ dei carabinieri.
+
+I fratelli Rassu erano di famiglia tiesina, domiciliati a Florinas.
+Con costoro ero in buoni rapporti, poichè uno di essi (Giuseppe) aveva
+sposato una mia zia. Tuttavia li guardavo di mal occhio, sapendoli
+gente abituata al malfare, e capace di prestarsi a qualunque delitto,
+senza scrupoli di sorta.
+
+La famiglia Rassu si componeva di quattro fratelli — Pietro, Francesco,
+Paolo e Giuseppe — e di uno zio attempato, Giovanni Andrea, dal quale
+andavo a consigliarmi spesso, perchè lo ritenevo uomo di senno.
+
+Il giovane Paolo era stato di recente ucciso a Siligo, a causa d’una
+ragazza, di cui si era innamorato. L’uccisore era stato punito con una
+fucilata, datagli da uno dei fratelli di Paolo.
+
+La casa di Pietro Rassu era attigua a quella di mio suocero — come
+attigua a questa era la casa mia, quando l’abitavo insieme a mia
+moglie. Vedendoci e visitandoci con frequenza, si viveva di accordo
+come due buoni vicini, e il paese ci considerava quali amici.
+
+Dopo la mia latitanza si accrebbe l’odio mio verso i fratelli Rassu,
+poichè li sapevo d’accordo col prete per congiurare la mia rovina.
+
+Ero appena da quindici giorni bandito, quando uno strano accidente mi
+liberò da uno di essi: da Pietro Rassu.
+
+Fra i molti delitti da costui commessi impunemente, se ne annoverava
+uno, la cui istruttoria era in corso, e si aspettava da un giorno
+all’altro l’ordine di spiccare il mandato d’arresto.
+
+Un giorno Pietro, nel suo ovile di _Corona majore_, aveva diviso il
+pranzo con _Monsiù_ Maronero, il brigadiere dei carabinieri, che andava
+in perlustrazione. Prima di separarsene, volle dare a lui due capretti,
+dicendogli scherzando:
+
+— Te ne faccio un regalo, perchè tu mi usi un po’ di riguardo quando
+verrai per arrestarmi.
+
+Il brigadiere aveva risposto:
+
+— Siamo troppo amici, e farò di tutto per sottrarmi a questo doloroso
+incarico. Altri carabinieri ti arresteranno, non io di certo!
+
+Pietro Rassu soggiunse, serio:
+
+— Ed io ti prometto, dal mio canto, che in carcere non ci andrò, a
+costo di farmi ammazzare. Ci sono già stato quattro volte, e ormai ne
+sono stanco!
+
+Fu lo stesso Pietro, che mi confidò questo incidente.
+
+Trascorso un po’ di tempo, venne spiccato l’ordine d’arresto, e si
+aspettava l’occasione propizia per mettere in gabbia l’uccello.
+
+I buoni rapporti apparenti che io manteneva con Pietro, per essere
+egli stato mio vicino di casa, diedero a sospettare che anche bandito
+io andassi qualche volta a trovarlo. Una sera sul tardi, mio suocero,
+origliando alla parete che lo divideva dalla stanza di Pietro Rassu,
+credette di riconoscere la mia voce, e si affrettò ad avvisarne il
+prete Pittui. Questi mandò subito un espresso a Codrongianus per far
+venire i carabinieri.
+
+Il brigadiere _Monsiù_ Maronero, con altri suoi compagni, accorsero
+nella stessa notte a Florinas, e si portarono segretamente in casa del
+notaio Giovanni Antonio Fiori, che aveva la moglie agonizzante. Ivi
+caricarono i fucili a mitraglia.
+
+Era il 17 gennaio 1851 — giorno di Sant’Antonio.
+
+Da poco era trascorsa la mezzanotte, quando il brigadiere dispose
+l’appiattamento. Collocò un carabiniere dinanzi alla porta che dava
+alla strada; ed egli, a cavallo, si collocò in faccia alla finestra
+della camera posteriore, che dava ad un piccolo cortile, verso la
+campagna.
+
+Il brigadiere bussò al finestrino, dicendo:
+
+— Pietro, apri!
+
+— Aspetta un momento! — rispose Pietro, che immaginò si trattasse della
+sua cattura; e corse ad armarsi.
+
+Trascorsi alcuni minuti aprì la finestra, e si trovò di fronte al
+brigadiere a cavallo, che gli impediva l’uscita.
+
+— Datti a una parte! — fece Pietro, come avvertendo che voleva uscir
+fuori; ma quegli non si mosse.
+
+Allora Rassu, fattosi alla bassa finestra, die’ uno spintone al cavallo
+colla canna del fucile, e lo costrinse a indietreggiare.
+
+_Monsiù_ Maronero, intanto, aveva puntato il fucile alla finestra, in
+attesa che l’uomo saltasse per fargli fuoco addosso.
+
+Pietro Rassu, coll’audacia dei coraggiosi e dei disperati, montò
+il grilletto, e scavalcò d’un salto il davanzale della finestra,
+scaricando l’arma su _Monsiù_ Maronero.
+
+In pari tempo scattò il grilletto del fucile del brigadiere. Si udirono
+due detonazioni, ed entrambi caddero a terra come fulminati.
+
+Quando accorsero gli altri carabinieri non trovarono che due cadaveri
+boccheggianti.
+
+Sono queste le stupide bravate di molti carabinieri; i quali, fidando
+unicamente nel proprio valore, non si mantengono mai sani di testa.
+Prima della spedizione essi hanno già in corpo Dio sa quanti bicchieri
+di vino e di acquavite, ed espongono ciecamente la vita, senza
+raggiungere l’intento.
+
+Il brigadiere Maronero non aveva mantenuto la parola data a Pietro
+Rassu... ed ebbe il fatto suo!
+
+Il caso della doppia uccisione (che aveva avuto a solo testimonio
+mio suocero, nella casa vicina) era stato così singolare, che per
+lungo tempo si tardò a prestarvi fede. La versione data fu questa:
+che io realmente mi trovassi in casa di Pietro Rassu; che questi,
+saltando dalla finestra, fosse stato ucciso dal brigadiere; che il
+brigadiere, alla sua volta cadesse morto per una mia fucilata; e che
+io, finalmente, fossi riuscito a raggiungere la campagna, prima che
+accorressero gli altri carabinieri.
+
+Ed era una versione stupida. Mi si voleva dare un’audacia valorosa,
+che non mi spettava. Avrebbe dovuto bastare il fatto della doppia
+detonazione e delle due canne scariche per convincersi della verità; ma
+non si voleva incolpare mio suocero di una falsa denunzia!
+
+Il prete Pittui si morse le dita per dispetto; e mio suocero fu
+talmente impressionato dal pensiero della mia vendetta, che da quel
+giorno si chiuse in casa, si ammalò, e non volle più vedere nessuno.
+
+Quando appresi l’accaduto, esclamai con amaro sorriso:
+
+— E _uno_! Dio ha voluto farmi risparmiare una carica di polvere.
+
+ *
+ * *
+
+Continuerò la storia dei Rassu.
+
+Pietro e Francesco, sovratutti, erano in fama di ladri e di sicari;
+e dicevasi che il primo fosse il depositario delle ruberie che si
+commettevano.
+
+Cinque mesi dopo la morte di Pietro, avvenne l’assassinio della sua
+vedova, Giovanna Angela Manconi, rinvenuta scannata col rosario in
+mano.
+
+La voce pubblica non tardò ad affermare, che la poveretta fosse stata
+tolta dal mondo per mandato del proprio cognato Francesco, designato
+come tutore ad amministrare i beni dei nipoti minorenni.
+
+Il giorno precedente al barbaro assassinio mi trovavo per caso a _Scala
+ruja_, territorio di Florinas, quando m’imbattei in Francesco Rassu,
+il quale, a cavallo, si diriggeva verso il paese, portando in groppa un
+bandito.
+
+Come mi viddero e mi riconobbero, il bandito smontò da cavallo e mi
+chiamò a nome.
+
+Io feci il sordo e continuai la mia strada, seguito da un grosso
+mastino.
+
+Persistendo il bandito a darmi la voce, mi fermai.
+
+— Che volete? — chiesi.
+
+— Vieni con noi; abbiamo bisogno di sbrigare un affare urgente.
+
+Mi accorsi subito che non aveano rette intenzioni a mio riguardo.
+Sapevo già della congiura fatta in casa del prete, e diffidavo di
+Francesco.
+
+— Fate buon viaggio e andate per la vostra strada! — gridai
+rimettendomi in cammino, e risoluto di far fuoco su entrambi, se
+avessero persistito a tormentarmi col loro invito.
+
+Capitai poco dopo nella capanna di un mio zio — Gio. Maria Giavesu — a
+cui narrai l’accaduto:
+
+— Vedi? — gli dissi con amarezza — oggi ho corso il pericolo di
+romperla con Francesco Rassu. Mi sono contenuto per seguire il tuo
+consiglio!
+
+— Ed hai fatto bene. Non voglio che tu l’uccida. Egli è nostro parente,
+poichè ha in moglie una tua cugina, e sarebbe un’onta se si dicesse che
+noi beviamo il sangue nostro!
+
+La stessa sera sul tardi, invitato da un amico, passai la notte a
+Florinas. Verso l’alba del giorno seguente ci venne data la notizia
+dello sgozzamento della vedova di Pietro Rassu. Il cognato Francesco,
+forse per allontanare i sospetti, nel momento in cui veniva consumato
+l’assassinio, discorreva in piazza col proprietario del bestiame
+datogli in custodia.
+
+Trascorso qualche giorno, si sparse ad arte la voce, che il vero
+uccisore dei coniugi Rassu ero io. Compresi lo scopo della diceria:
+si voleva aggravare il mio attentato contro la vita di prete Pittui,
+designandomi come sanguinario.
+
+ *
+ * *
+
+Il terzo fratello dei Rassu — Giuseppe — era mio parente, perchè
+ammogliato con Maria Rosa Bazzone, sorella di mia madre. Era costui
+d’animo malvagio come gli altri fratelli, ma dominato da mia zia, donna
+energica e di carattere forte, finì per contenersi.
+
+— Bada Giuseppe! — gli diceva la moglie — se hai caro di non morire in
+galera, devi allontanarti da’ tuoi congiunti, due dei quali morirono di
+palla. Rimani in casa con me, e non avrai malanni!
+
+Francesco Rassu, nominato tutore dei figli di Pietro, fu deluso nelle
+sue speranze. Egli non aveva trovato nessun deposito di danaro in casa
+della cognata; e divenne così irascibile e intrattabile, che i nipoti
+non vollero convivere con lui.
+
+Si diceva in paese, che i danari della vedova assassinata fossero stati
+nascosti in campagna dal figliuolo sedicenne Salvatore, che li aveva
+rinvenuti. E la diceria veniva avvalorata dal fatto, che Salvatore
+era uscito dalla casa paterna, non appena lo zio vi era entrato come
+tutore. Il fiero giovane era andato a convivere con lo zio Giuseppe,
+marito di mia zia.
+
+In quel tempo Ignazio Piana (marito di mia sorella Andriana)
+abbisognando nella Nurra d’uomini di lavoro, aveva preso seco il
+giovane Salvatore, come servo di fiducia.
+
+Mio cognato mi diceva spesso:
+
+— La donna che sposerà mio nipote farà la sua fortuna, poichè possiede
+molto danaro.
+
+Ed io gli rispondevo:
+
+— Se avessi cento figlie non ne darei una a tuo nipote, poichè il
+danaro ch’ei possiede non è che il frutto di furti e grassazioni.
+
+Stando al servizio di Ignazio Piana, Salvatore si era più volte recato
+a Florinas per ritirare il suo denaro, che aveva dato in custodia ad
+una zia convivente con un prete.
+
+Un giorno mi pregò di comprargli un pistola, ma andato in paese per
+chiedere quindici scudi, gli vennero rifiutati dal prete e dalla zia.
+
+ *
+ * *
+
+Lascio per ora indietro il giovane Salvatore, per parlarvi di
+Francesco, il più forte, il più coraggioso e il più temuto dei fratelli
+Rassu, e sul quale il prete Pittui faceva assegnamento per potersi
+sbarazzare di me.
+
+Non pochi erano i misfatti commessi da costui, sebbene la giustizia
+non fosse ancora riuscita a coglierlo in fallo. Ci odiavamo entrambi
+cordialmente; ma l’odio nostro era sotto cenere. Il ramo di parentela,
+che ci univa, ci obbligava a vivere sul tirato; ma si aspettava da
+entrambi un appiglio per poter cacciar fuori tutto il fiele che avevamo
+in corpo.
+
+Fra i delitti di Francesco Rassu citerò il più vigliacco: l’assassinio
+dell’Eremitano di Santa Maria di Ese (o Sea) — un bonaccione, un mezzo
+scemo, chiamato Peppe.
+
+Insieme alla mamma e a diversi piccoli fratelli, quel disgraziato
+viveva in parecchie casette basse, a guardia della chiesa campestre.
+Come tutti gli _eremitani_ sardi, egli aveva l’obbligo di aprire
+la porta della chiesa a tutti i devoti che vi si recavano per farvi
+orazione. La povera famigliuola non viveva che delle magre limosine
+che i visitatori le davano, dello scarso frutto di un lembo di terra
+coltivabile, e dell’allevamento di qualche bestia, a mezzadria.
+
+Un giorno certo Andrea Alichinu, già orefice ed allora bandito,
+capitando tutto solo nel casale di Santa Maria (fra Banari e Florinas)
+adocchiò una troia coi porcellini che stavano sull’uscio di casa.
+
+— Me ne regali uno? — egli chiese a Peppe.
+
+— Non posso regalartelo, poichè siamo molto poveri. La troia non è
+tutta nostra: l’abbiamo a metà col proprietario che ce l’ha data in
+custodia.
+
+Il bandito tacque e tirò oltre; ma recatosi sul tardi in casa di
+Francesco Rassu, gli parlò del porcellino, della troia, e del rifiuto.
+
+— Perdio! — fece Rassu — Peppe t’ha negato un porcetto, e noi glieli
+prenderemo tutti!
+
+La stessa notte Alichinu, Rassu, e parecchi altri si recarono alla
+chiesetta campestre per rubarvi i porcellini.
+
+L’eremitano dormiva. Al grugnito della troia si svegliò, tese
+l’orecchio, die’ di piglio al fucile e uscì fuori.
+
+Francesco Rassu, ch’era appiattato in vicinanza per favorire il
+rapimento, fece fuoco addosso allo scemo e lo rese cadavere. I ladri si
+affrettarono a piombare sui porcellini, e li portarono via, ridendo del
+bel tiro riuscito.
+
+Impossibile descrivere la disperazione della famigliuola per il caso
+luttuoso. Più volte ebbi occasione di passare dinanzi alla casetta di
+Santa Maria, e vidi la povera madre e i figliuoletti, laceri, scalzi,
+in uno stato miserando. Lasciavo loro qualche lira, qualche pane, e
+qualche pezzo di carne. Una sera la povera vecchia si presentò a me
+seminuda, ed io mi tolsi una flanella di cotone (ne avevo due indosso)
+e glie ne feci dono. Un altro giorno portai a quella famiglia un
+maialetto regalatomi da mia sorella, promettendo di dargliene la metà
+quando lo avrebbero ingrassato. Venuto grande glie lo lasciai per
+intiero.
+
+Non vi sembri ridicolo. Il barbaro assassinio dell’eremitano, consumato
+vigliaccamente da Francesco Rassu, non fu l’ultima causa dell’odio
+implacabile ch’io nutriva verso di lui. Ho sempre detestato i vili ed i
+vigliacchi, tormentatori delle donne o dei deboli.
+
+Mi sono alquanto dilungato, per presentarvi alcuni membri della
+famiglia Rassu, che rivedremo più tardi. Ora ho bisogno di tornare
+indietro, per riprendere il filo della mia storia.
+
+
+
+
+CAPITOLO IV.
+
+Si apre la campagna.
+
+
+Ero finalmente guarito dalle _legature_ di prete Pittui.
+
+Cominciai dunque il mio pellegrinaggio per monti e per pianure, per
+boschi e per valli, recandomi da un ovile all’altro, sempre sospettoso,
+coll’occhio aperto, l’orecchio teso, la mano al fucile od al pugnale.
+
+Il primo mese di banditismo mi riuscì penoso, insopportabile. Abituato
+com’ero ad una vita attiva, all’assiduo lavoro, quell’errare incerto
+da un punto all’altro, ignaro del dove avrei passato la notte, colla
+mente sempre intenta a sfuggire un pericolo, coll’animo deliberato a
+lottare disperatamente contro i nemici della mia libertà, mi rendeva
+irrequieto, irascibile, di cattivo umore. Le giornate mi parevano
+eterne, le notti interminabili.
+
+Scorrendo le campagne da mattina a sera, io vedeva dovunque donne
+e uomini intenti ad arare, a seminare, a raccogliere le olive;
+m’imbattevo assai spesso in frotte allegre che andavano o tornavano dal
+lavoro chiacchierando e cantando; ed io continuava il mio eterno giro
+per i campi aperti e per le terre altrui: io, il grande ozioso in mezzo
+a tanti lavoratori!
+
+La mamma, la mia povera mamma, a quando a quando, dietro l’ambasciata
+ch’io le mandava per mezzo di qualche fido parente, veniva a recarmi
+un po’ di provvista nei punti da me indicati; e faceva persino due ore
+di strada, a piedi, per portarmi un pane fresco, o la biancheria da
+cambiarmi. Le lagrime di quella buona vecchia, che pregava la Vergine
+e i Santi per la mia conservazione, erano per me stille di piombo che
+alimentavano l’odio verso i miei nemici.
+
+Mi ero spinto più volte fino alle lontane terre della Nurra ed alle
+campagne d’Osilo, di Sorso e di Alghero; ma finivo sempre per tornare
+ai dintorni di Florinas, dove avevo parenti da consultare, vendette da
+compiere.
+
+Per rendere meno penoso il mio ozio involontario mi procurai un
+sillabario. Colla paziente perseveranza del bandito, passavo due o
+tre ore al giorno a compitare stentatamente le sillabe, senza aiuto
+di alcun maestro. Rammentavo qualche lezione appresa alla scuola del
+villaggio, e leggevo a voce alta, con meraviglia del mio cane, che
+mi guardava con tanto d’occhi. Il messale della parrocchia, che avevo
+maneggiato per tre anni, lungo la mia carriera di sagrestano, mi era
+servito per apprendere le lettere maiuscole; ma le benedette minuscole
+mi riuscivano di difficile lettura, e mi facevano sudar freddo. Avevo
+pazienza. Non erano i lavori di campagna che mi toglievano il tempo!
+
+Poco per volta, dopo il primo mese, mi ero abituato alla vita errante:
+l’ozio non mi tormentava più. Io pensava a’ miei nemici, al modo di
+assalirli, o di difendermi da essi — ed anche questa è un’occupazione
+come un’altra. Lavoravo colla mente, invece di lavorare col braccio —
+ecco tutto!
+
+Per più di un anno non ebbi per compagno che un cane terribile, cui
+posi nome _Pensa pro te_! Aveva l’intelligenza di un _cristiano_.
+Bastava ch’io gli dicessi: — Togli il berretto a quell’uomo! —
+Avventati! — Sta fermo! — Oppure: Va con quell’amico e non fargli male!
+— perchè esso mi capisse. In sua compagnia io poteva affrontare quattro
+nemici; ed era capace ad un mio cenno di sbranarli tutti. Appena
+mi vedeva addormentato, esso si coricava vicino a me e mi poneva il
+muso sulla coscia. Se udiva il minimo rumore, mi svegliava con lunghi
+gemiti, ma senza abbaiare per non compromettermi.
+
+Quantunque vivente nell’isolamento, ero minutamente informato delle
+mosse de’ miei nemici: nemici di due specie — i palesi, da cui sapevo
+guardarmi: e quelli che congiuravano nell’ombra, fingendo proteggermi
+di pieno giorno.
+
+La mia carriera di bandito era aperta. L’uomo che si dà alla macchia
+non ha che tre sole preoccupazioni: vendicarsi anzitutto dei nemici a
+cui deve la propria disgrazia; sfuggire alle insidie della giustizia
+che gli manda dietro i carabinieri; e punire severamente le spie,
+che per danaro od altra ragione, tramano la morte o la cattura dei
+latitanti.
+
+Quasi ogni giorno mi si comunicava qualche notizia, attinta ai
+convegni segreti di casa Pittui. Era dunque cominciata la caccia
+feroce al sacrilego schiaffeggiatore di un prete! Le poste erano state
+assegnate dal capo cacciatore, e i cani venivano sguinzagliati contro
+il cinghiale della foresta. Ma io stava all’erta; ero tutt’occhi,
+tutt’orecchi, perchè disposto a vender cara la mia pelle.
+
+I fratelli Dore avevano già ricevuto un acconto sul prezzo del
+tradimento a mio danno, nè più si recavano a visitare la casa del prete
+infermo[23].
+
+Pochi giorni dopo l’uccisione di Pietro Rassu e del brigadiere
+Maronero, venni avvertito, che la notte di San Sebastiano (in gennaio)
+il _commissario_ Francesco Serra, in compagnia di Francesco Rassu,
+avevano fatto una visita a tutti gli ovili ed ai molini di Florinas
+e d’Ossi, con lo scopo di darmi la caccia, o di attingere indizî sui
+luoghi del mio rifugio. Essi operavano sotto la direzione e dietro i
+suggerimenti di prete Pittui, il cui odio contro di me, come il mio
+verso di lui, dovevano spegnersi colla morte di entrambi.
+
+Mi trovavo un giorno insieme al bandito Antonio Rassu d’Ittiri (lontano
+parente dei famosi sicari). I compagni dei banditi non possono essere
+fior di galantuomini, ed il mio era già stato sette anni in galera, per
+aver ucciso un giovane a pugnalate.
+
+Ci recammo insieme all’ovile di Antonio Luigi Carboni (in _sas coas
+de medallu_) dove sapevo di trovare l’osilese Giuseppe Dore, uno dei
+famosi sicari incaricato di uccidermi, ed a cui il prete aveva già
+sborsato un acconto di ottanta scudi.
+
+Come la sera c’imbattemmo nel Dore, questi esclamò vivamente, rivolto
+al mio compagno:
+
+— Se tu non fossi stato in compagnia di Giovanni Tolu, ti avrei ucciso!
+
+Gli dissi pacatamente:
+
+— E avresti fatto male.
+
+— Avrei fatto bene, poichè costui è un mio nemico!
+
+— Non ti è nemico — soggiunsi con sussiego — Quando fosti aggredito
+dentro casa a Florinas, Antonio non faceva parte della combricola degli
+assalitori. Ci saranno stati i Rassu, suoi parenti, ma non lui. Tu ben
+lo sai quali siano i tuoi veri nemici!
+
+Le gesta di Dore mi erano tutte note. Due giorni addietro, in compagnia
+d’altri, aveva dato l’assalto ad un ovile d’Ossi, maltrattando un
+povero servo, a cui rubò quattro pecore.
+
+Scambiate con lui poche altre parole, salutai Dore dicendogli,
+ch’eravamo diretti ad Ittiri.
+
+— Non vi lascio andar via! — esclamò Dore con affettuosa premura —
+Stanotte mangieremo un boccone insieme. Ci ho carne grassa da far
+cuocere!
+
+Era quella delle pecore rubate.
+
+Venne messa intanto la carne al fuoco, ed entrammo nell’ovile. Ero in
+casa del sicario del prete, e dovevo stare ad occhi aperti.
+
+Avevo meco _Pensa pro te_, il fido cane, che conducevo a mano con una
+catena. Anche Dore era seguito da una buona cagna, che mi sbirciava
+cogli occhi iniettati di sangue.
+
+Si era nel mese di maggio, e verso le nove sedemmo a tavola per
+mangiare — coi fucili fra le ginocchia, s’intende!
+
+Non avevamo ancora terminato il pasto, quando udimmo i cani abbaiare.
+
+Balzammo in piedi di scatto, e uscimmo tutti e quattro all’aria
+aperta: io, Rassu, un giovane pastore e Giuseppe Dore. Quest’ultimo
+si era armato in un attimo di fucile, di pistola e di daga, poichè si
+considerava come un mezzo bandito.
+
+— Se sono carabinieri — esclamò con spavalderia — li farò saltare in
+aria!
+
+Io sorrisi. Coll’occhio intento ad ogni sua mossa, gli stavo alle
+costole, temendo qualche brutto tiro.
+
+Uscimmo fuori per esplorare i dintorni.
+
+La notte era chiara, serena. Non spirava un filo d’aria.
+
+L’uno dietro l’altro c’inoltrammo per un tratto di terreno, tutto
+coperto di cardi selvatici.
+
+Io osservai:
+
+— Parmi non sia prudenza andare così uniti. Sarà meglio sbandarci
+alquanto, per metterci al sicuro da qualche agguato.
+
+Rompemmo infatti l’allineamento, e prendemmo diverse direzioni, l’uno
+discosto dall’altro.
+
+Siccome non perdevo d’occhio Giuseppe, mi avvidi che due volte mi aveva
+sbirciato. Egli pensava, forse, di saldare il suo debito col prete!
+
+A un tratto il giovane pastore si fermò; e voltandosi, ci avvertì con
+voce sommessa di aver veduto qualche cosa muoversi lungo la costiera.
+Aggiunse che temeva si trattasse di gente appiattata.
+
+Si continuò la strada guardinghi. Tanto il giovane, quanto Dore, fecero
+diversi spari in direzione della costiera. Io mi guardai dal far fuoco,
+poichè il bandito col fucile scarico è un uomo morto. I colpi non
+devono andar perduti!
+
+Ci eravamo così sbandati; ma dopo una mezz’ora, per diverse parti,
+rientrammo nell’ovile.
+
+Uno solo mancava di noi quattro: Giuseppe Dore; e invano lo
+aspettammo...
+
+L’indomani all’alba fu rinvenuto sdraiato bocconi, sull’erba. Lo si
+credeva addormentato, ma invece era morto da una fucilata.
+
+— Chi l’avrà ucciso?! — esclamò con terrore il giovane pastore.
+
+— Lo saprà Iddio! — risposi facendomi il segno della croce. E a fior di
+labbro mormorai:
+
+— Decisamente i sicari dei preti non hanno fortuna![24]
+
+Un Dore era sparito, ma restava l’altro.
+
+ *
+ * *
+
+Qualche tempo dopo la morte di Giuseppe, un certo Sanna (un amico che
+aveva conti da aggiustare con l’altro fratello Giomaria) m’invitò
+a tenergli compagnia per togliere di mezzo quel cattivo soggetto.
+Trattandosi di un nemico che odiavo mortalmente, accettai volentieri.
+
+Dovevamo incamminarci verso Sorso, dove allora Giomaria si trovava.
+
+A metà strada c’imbattemmo per caso nei tre banditi Pietro Cambilargiu,
+Antonio Spano e Salvatore Fresi; i quali ci confidarono essere diretti
+a Sorso, incaricati dell’uccisione di Giomaria Dore. Ci unimmo a loro,
+tacendo che lo scopo della nostra gita era il medesimo.
+
+Movemmo tutti e cinque insieme, guidati da una spia, che doveva
+indicare la vittima, sconosciuta ai tre sicari.
+
+Arrivati alla punta di un ciglione, la spia si fermò; e dopo averci
+indicato un individuo lontano, che stava in mezzo ad un campo, proseguì
+tutto solo per la strada di Sorso.
+
+Come ci appressammo all’uomo designato, io e Sanna (che conoscevamo di
+persona Dore) avvertimmo i compagni che non facessero fuoco, perchè non
+era lui.
+
+Intanto la spia, arrivata a Sorso, si era data premura di annunziare
+che i cinque banditi (me compreso) avevano ucciso Giomaria Dore.
+
+La notizia era falsa, perchè quel giorno ci fu impossibile trovare
+Dore. Ad altro era riserbata tanta fortuna. Giomaria fu mortalmente
+ferito una settimana dopo. Ebbe tre palle nella schiena e sopravvisse
+sette giorni.
+
+La morte dei fratelli Dore fu accolta con viva gioia dagli abitanti di
+Sorso, di Florinas, d’Ossi, e d’altri villaggi circonvicini. Nessuno
+pianse la scomparsa dal mondo dei due ladri e sicari. E questa pubblica
+dimostrazione di contento valse pure a tranquillare la coscienza degli
+uccisori, che avevano reso un buon servizio al paese.
+
+ *
+ * *
+
+Avevo veduto tante volte i miei nemici in sogno — e ai sogni io credeva.
+
+Un giorno sognai di camminare in una viottola stretta, accompagnato
+da _Pensa pro te_. Ad un tratto vidi venirmi incontro i due fratelli
+Dore e Peppe il _Sorsinco_. Spianai il fucile contro di essi, ma mi si
+ruppe il calcio. Diedi allora di piglio alla daga, e ne pugnalai uno.
+Gli altri due scomparvero nella nebbia. Ma perchè nel sogno non avevo
+pensato ad aizzare il mio cane contro di essi?
+
+Mi svegliai colla fronte madida di sudore. Pochi giorni dopo, a breve
+distanza dall’ovile di _Sas coas de medallu_, venne ucciso Giuseppe.
+
+Un’altra volta vidi in sogno due poliziotti. Ne uccisi uno, ma l’altro
+scomparve, non so come. All’indomani, a caccia, mi trovai di fronte a
+due grossi cinghiali: uno ne atterrai, l’altro mi sfuggì, senza che io
+lo vedessi correre.
+
+Lo confermo: i miei sogni si avveravano sempre![25]
+
+ *
+ * *
+
+Nei primi mesi della mia latitanza mi aggiravo da una campagna
+all’altra, sempre sperando d’imbattermi in qualche mio nemico; ma debbo
+pur dire, che quasi tutti i misfatti che in quel tempo si commettevano,
+venivano a me caricati. Sotto il mio nome non pochi compivano le loro
+vendette, o assassinavano per furto, sfuggendo alle ricerche della
+giustizia. Triste condizione dei banditi! — Basti il fatto, che nel
+giro di poche settimane vennero istruiti tredici processi per delitti
+consumati nel territorio di Florinas; e in quasi tutti venni complicato
+per i raggiri e gli intrighi de’ miei nemici, che si raccoglievano a
+consiglio nella camera da letto del sacerdote Pittui.
+
+Uno di costoro — Giovanni Antonio Piana, marito della serva del prete
+e zio di mia moglie — mentre un giorno in campagna conversava con
+diversi suoi amici, ebbe il braccio spezzato da una fucilata, datagli
+da incognita mano. Trasportato all’ospedale di Sassari gli vennero
+estratte le palle, e guarì dopo lunga e penosa malattia.
+
+Anche per questo colpo fu messo in campo il mio nome; ma lo stesso
+ferito dichiarò, che il tiro non poteva venirgli che da due ladri di
+buoi, che egli, come capitano dei barracelli, aveva fatto arrestare,
+costringendoli ad attraversare il villaggio col cuoio rubato sulle
+spalle. La diceria a mio carico questa volta non mi spiacque: mi
+spiacque solamente che la fucilata data a Giovanni Antonio gli avesse
+rotto il braccio, invece di troncargli la vita. Ma su questo fatto
+tornerò più tardi[26].
+
+Nel medesimo tempo era stato ucciso con arma da fuoco un certo
+Congiatu, mentre lavorava nella vigna di suo cognato Sebastiano Zara,
+lo spavaldo cugino del prete. Si affermò da taluno (e diceva il vero!)
+che l’uccisione era stata fatta per sbaglio da un congiunto dello
+stesso Zara, che andava in cerai di me. Tuttavia non mancò chi mi
+volle colpevole, asserendo aver io tolto di mezzo il Congiatu, solo per
+dare _un avviso di minaccia_ al mio nemico, parente dell’ucciso. Tutte
+fandonie e calunnie!
+
+La morte del cognato impressionò talmente Salvatore Zara, che egli
+si chiuse in casa, nè volle recarsi in campagna, temendo ch’io lo
+uccidessi. Alcuni miei amici e diversi signori di Florinas vennero a
+me per pregarmi di far grazia allo Zara, che aveva bisogno di lavorare
+per vivere. Cedetti infine alle preghiere, e feci dire al mio nemico,
+che andasse pur liberamente in campagna, ma badasse al fatto suo. Egli
+mi ringraziò, tornò al lavoro, e da quel giorno visse tranquillo. Io
+ben comprendeva che questi poveri diavoli si atteggiavano a spavaldi,
+solo per far piacere al prete; poichè infine non potevano odiarmi, dal
+momento che nessun’offesa avevano da me ricevuto.
+
+Fui parimenti accusato in quei giorni dell’assassinio d’un contadino,
+che aveva rubate alcune pecore, e il cui cadavere fu rinvenuto in un
+salto di _Giunchi_.
+
+L’intenzione di complicarmi in nuovi processi si era manifestata ne’
+miei nemici, anche prima ch’io attentassi alla vita di prete Pittui.
+
+Il giorno di S. Francesco (in ottobre) mentre tra la folla assisteva ai
+fuochi artificiali, veniva ucciso con un colpo di pistola certo Bartolo
+Piras. L’uccisore finì per essere scoperto e condannato alla galera
+in vita; eppure, non so ancora perchè, il fisco pretendeva di rendermi
+complice di quella morte. Mi diedi ragione dell’accusa, quando appresi
+che l’ucciso era fra i più intimi confidenti di prete Pittui: l’uomo,
+cioè, di cui egli si serviva per consegnare in mano delle autorità di
+Sassari i famosi _ricorsi_, a danno dei nemici che voleva ad ogni costo
+perdere.
+
+Era questo il prediletto sistema di quei tempi disgraziati. Si sapeva,
+che una volta cacciato l’uomo in carcere, reo o innocente, esso
+vi marciva per mesi ed anni, in espiazione delle molestie date ai
+signorotti del paese, od ai ministri di Dio. Nel 1850 era questa la
+bella giustizia di Sardegna!
+
+Rassegnato al mio destino, io sopportavo pazientemente le calunnie
+de’ miei avversari, ma non le dimenticavo. Il rettore di Dualchi aveva
+sciolto le mie _legature_, ed io smaniavo di vendicarmi: non solo di
+quanti erano stati causa della mia disgrazia, ma anche dei vigliacchi
+che per lucro, per millanteria, o per malvagità, si prestavano a darmi
+la caccia, o a farmi la spia.
+
+Non potevo sperar tregua, finchè respiravano Francesco Rassu e il
+sacerdote Pittui.
+
+Nell’ardore de’ miei vent’otto anni mi tormentava la sete della
+vendetta — ma avevo anche la pazienza di aspettare!
+
+
+
+
+CAPITOLO V.
+
+Chi nasce, e chi muore.
+
+
+Alzatosi da letto, guarito dalle contusioni, il prete Pittui si mostrò
+più feroce che mai contro di me. Da lungo tempo la sua casa era stata
+il convegno de’ più tristi del paese. Fu là che i fratelli Rassu, i
+fratelli Dore, il _commissario_ Serra, Giovanni Maria Piana avevano
+congiurato la mia cattura. Ma non erano ancora riusciti nell’intento,
+e parecchi di essi erano stati puniti per mano mia, o per mano del
+destino.
+
+Il sacrilegio da me commesso mi aveva attirato addosso le ire di molti
+compaesani; il cui scopo, d’altra parte, non era stato che quello
+d’ingraziarsi l’influente prete, intimo amico dei principali giudici ed
+avvocati di Sassari
+
+Si conoscevano da lungo tempo, in paese, le tresche, i raggiri, le
+prepotenze, e sovratutto i _ricorsi_ che il buon ministro di Dio soleva
+mandare alle autorità di Sassari, contro gli sconsigliati che cadevano
+in sua disgrazia.
+
+Dopo essere stato un mesetto in casa, il prete tornò a dir messa
+all’Oratorio di Santa Croce; nè aveva voluto rinunziare alle sue gite
+a Sassari, dove si recava ogni tanto, sempre scortato da tre o quattro
+carabinieri, che richiedeva alle autorità per la propria sicurezza.
+
+Trascorso qualche mese, e sbollite le ire, non mancarono in paese le
+persone che deploravano la non riuscita del mio attentato; perocchè
+il prete continuava ad inasprire gli animi colle prepotenze, creando i
+malcontenti.
+
+Certo Pietro Sanna, bosano, e certo Antonio Maria Deiana, vennero
+un giorno da me, in campagna, offrendosi a facilitarmi il mezzo
+d’introdurmi in casa di prete Pittui per ucciderlo. Costoro
+appartenevano ad una combricola di ladruncoli, i quali si vantavano
+possessori di grimaldelli, che aprivano qualunque porta. Li ringraziai,
+ma non volli accettare la loro offerta, perchè diffidavo di essi:
+temevo qualche perfidia da parte del sacerdote, capace di ogni
+tranello, pur di avermi nelle mani.
+
+Delle congiure che si facevano in casa del prete — come dissi altra
+volta — io veniva informato da persona intima della famiglia; e posso
+aggiungere (non lo rivelai finora a nessuno!) che la stessa serva del
+prete, la zia di mia moglie, mi aveva più volte fatto avvertire, che
+mi guardassi dai Rassu, dai Dore, e da altri. Non seppi mai spiegarmi
+tanta tenerezza da sua parte. Temeva forse per suo marito? aveva paura
+della disperazione di un bandito? sentiva forse rimorso e compassione
+per la disgrazia toccatami? od era forse qualche recente rancore col
+suo padrone che la spingeva a sventargli le trame? Non son riuscito a
+spiegarmelo. Certo è, che dovetti alle sue avvertenze l’essere scampato
+a molti agguati; e potei, mercè sua, conoscere la perfidia di certi
+parenti ed amici, che mi tradivano in segreto. Non bisogna negare che
+la paura di un bandito desta in tutti una viva apprensione, e tutti
+fanno a gara per offrirgli protezione ed aiuto, per riceverne in cambio
+aiuto e misericordia — salvo più tardi a tradirlo quando capita il
+destro.
+
+Una sera stavo seduto a ridosso d’un’alta roccia, a poca distanza dal
+paese. Vidi ad un tratto sullo stradone due preti che venivano verso
+Florinas dalla parte di Sassari. Mi parve di riconoscere in uno di
+essi Giovanni Masala Pittui, e decisi di farla finita con una buona
+fucilata.
+
+Montai il grilletto, spianai l’arma, e aspettai che i due transitanti
+mi venissero a tiro.
+
+Come si avvicinarono, mi avvidi di aver preso abbaglio. Erano due preti
+che venivano da Sassari con la solita provvista dell’olio santo per la
+parrocchia di Florinas.
+
+Rimisi il fucile in spalla, e mi allontanai dal paese, sperando
+di essere più fortunato un’altra volta. L’assassino della mia pace
+domestica, il perfido istigatore di mia moglie, non doveva morire che
+per le mie mani. Lo avevo giurato!
+
+ *
+ * *
+
+E Maria Francesca?
+
+Posciachè erano riuscite vane le trattative di pace per mezzo dei
+missionari, venuti nel settembre a Florinas, e più ancora dopo il
+mio attentato, vi furono malumori e dissidi fra mia moglie e i suoi
+genitori. Mio suocero aveva più volte cacciato da casa la figliuola,
+ritenendo che il vivere insieme dopo la mia latitanza non era cosa
+prudente, nè per l’una nè per gli altri. Si temevano gli eccessi di un
+genero e di un marito datosi alla macchia.
+
+Era stata da tutti respinta, la disgraziata; e il prete stesso, che tre
+mesi prima l’aveva persino costretta a recarsi ai balli pubblici per
+farmi dispetto, ora non la guardava in faccia. Anche nel cuore di quel
+cane parlava forse la paura!
+
+Si era giunti intanto ai primi di marzo, mese in cui si aspettava il
+parto di Maria Francesca. I suoi parenti, con soddisfazione pietosa e
+maligna, dicevano:
+
+— Se Giovanni Tolu non potrà venire per assistere al battesimo della
+sua creatura, poco male: — non mancherà gente in paese per accompagnare
+il neonato, o la neonata in chiesa!
+
+Ciò riferitomi da alcuni miei fidi, mandai un’ambasciata ai parenti
+di mia moglie, assicurando loro che nessuno si sarebbe permesso di
+accompagnare la mia creatura al fonte battesimale.
+
+— Se a quel tempo sarò vivo — aggiunsi — nessuno potrà vantarsi di
+questo accompagnamento, che costerebbe troppo caro. Il frutto di mia
+moglie non sarà portato in chiesa che dalla sola levatrice... come si
+pratica per i nati illegittimi!
+
+Il minaccioso mio avvertimento sortì il suo effetto.
+
+Il giorno 5 di marzo (1851) Maria Francesca partorì una bambina; e si
+avverò in seguito il mio pronostico. Fu portata al fonte battesimale
+senza che nessuno l’accompagnasse. I parenti di mia moglie, a cui
+avevo dato qualche lezione, si erano ben guardati di contrariare il mio
+desiderio. Sapevano che non scherzavo, e che avrei potuto mantenere la
+parola.
+
+La scelta del nome di battesimo, da imporsi alla neonata, creò impicci
+ai parenti e provocò lunghe discussioni. Fu deciso infine, con molto
+senno, che la piccina fosse chiamata _Maria Antonia_, in ricordo delle
+due nonne: — della mia, Maria Antonia Scanu, e di quella di mia moglie.
+Maria Gàmbula.
+
+Avvenuto il parto, i genitori di Maria Francesca si mostrarono più
+risoluti che mai a non volere in casa la figliuola, temendo fastidi
+da parte mia. Ond’è, che la disgraziata, per maggior sua punizione,
+fu costretta a rintanarsi in una catapecchia isolata, nel centro del
+villaggio, dove campava stentatamente, facendo il mestiere di cucitrice
+d’abiti da uomo e da donna. Da nessuno ebbe un soccorso, e cominciò a
+risentire gli effetti della sua caparbietà e della sua disubbidienza.
+
+Mi era stata comunicata la nascita della figliuola con tutte le
+formalità più scrupolose. Poche settimane dopo, Maria Francesca mi
+mandò un’ambasciata per mezzo di un fido amico:
+
+— Tua moglie — ei mi disse — è richiesta come balia a Sassari, presso
+una famiglia di signori ricchi ed influenti, i quali potrebbero
+impegnarsi per la tua liberazione.
+
+Io gli risposi:
+
+— Dirai a Maria Francesca, che io non voglio accettare la libertà da
+colei che mi ha reso schiavo. Dio le ha imposto la missione di allevare
+la sua creatura: — faccia dunque il suo dovere!
+
+Trascorsi alcuni giorni Maria Francesca tornò ad inviarmi lo stesso
+ambasciatore, prevenendomi, che aveva deciso (col mio consenso, o
+senza) di recarsi a Sassari come balia, affidando la propria bambina
+alle cure d’altra balia, in Florinas.
+
+Risposi minaccioso:
+
+— Dirai a mia moglie, che si guardi bene dal mettere in azione il suo
+proposito. Il giorno in cui ella andrà a Sassari per far la balia,
+io le ucciderò il padre e la madre, perchè rei di non aver saputo
+correggerla. In seguito penserò anche a lei!
+
+Dietro questa minaccia, Maria Francesca desistette dal suo proposito, e
+rimase a Florinas per allevare la sua creatura. Ella continuò a vivere
+miseramente nel suo tugurio, lontana dai genitori, che la trascurarono.
+
+ *
+ * *
+
+Mio suocero, come ho detto, era sempre malaticcio e non usciva di casa.
+Dopo la morte di Pietro Rassu e del carabiniere Maronero egli temeva
+la mia vendetta — poichè si era venuto a sapere, che l’agguato era
+stato ordito dietro il suo falso rapporto a mio riguardo. Egli sperava
+sempre che il prete e i suoi sicari fossero riusciti ad uccidermi, o a
+mandarmi alla forca.
+
+Prete Pittui, completamente ristabilito, continuava a stancare la
+pazienza di tutti colle sue prepotenze, i suoi ricorsi, e i malumori
+che suscitava dovunque. Il suo contegno bestiale, indegno di un
+ministro del Signore, aveva chiamato l’attenzione dell’alto clero, nè
+si tardò ad inoltrare reclami contro la sua condotta scandalosa.
+
+A Cargeghe io aveva un cugino — certo Paolo Tolu — molto amico di
+monsignor Varesini, allora arcivescovo di Sassari. Questo Tolu era
+ammogliato con la nipote del canonico Scarpa rettore di Cargeghe, e più
+tardi canonico turritano.
+
+Quando nel maggio monsignor Varesini, nel suo giro per la Cresima,
+si fermò a Cargeghe, il rettore Scarpa si affrettò ad informarlo di
+quanto era avvenuto fra me e il prete Pittui. Mio cugino Tolu, per
+le confidenze fattegli dall’amico rettore, fu in grado di fornirmi i
+seguenti ragguagli:
+
+Recatosi Monsignore da Cargeghe a Florinas, volle interessarsi della
+mia causa. Anzitutto rampognò il prete Pittui di aver trasgredito
+gli ordini suoi; poichè, interdetto a dir messa per il sangue versato
+dietro le mie percosse, esso aveva continuato a consacrare. In seguito
+chiese schiarimenti ai tre preti di Florinas sulla condotta del loro
+compagno; ma le informazioni date non furono troppo lusinghiere.
+
+Allora l’Arcivescovo mandò a lui il sagrestano maggiore per invitarlo a
+venire in chiesa: ma n’ebbe in risposta, che non poteva muoversi perchè
+ammalato.
+
+Costretto finalmente a presentarsi dinanzi a Varesini, questi lo esortò
+severamente a smettere la superbia e la prepotenza, e a dare il buon
+esempio della mansuetudine cristiana, col non intromettersi nei fatti
+altrui.
+
+Prima di lasciar Florinas, monsignor Varesini impose a prete Pittui di
+presentarsi entro la settimana alla Curia di Sassari, avendo urgente
+bisogno di conferire con lui.
+
+Il Pittui — colla solita scorta di carabinieri — venne a Sassari dopo
+gli otto giorni. Presentatosi verso le nove all’Episcopio, monsignor
+Varesini gli fece dire dal suo segretario che lo avrebbe ricevuto
+alle dieci. Ritornato all’ora indicata, lo si pregò che tornasse alle
+undici. E così di seguito, tre volte alla mattina e tre volte alla
+sera, fu per otto giorni rimandato il ricevimento, costringendo il
+povero prete a tante passeggiate inutili ed umilianti. Era questa una
+delle punizioni ecclesiastiche, che s’infliggevano dall’Arcivescovo ai
+sacerdoti colpevoli[27].
+
+Trascorsi gli otto giorni, il prete Pittui si era dato a letto,
+dicendosi ammalato. Egli aveva preso alloggio nella casa di una mia zia
+— certa Catterina Angela Cugurra, moglie ad Antonio Alivesi — abitante
+dietro la _Munizione vecchia_. La famiglia Alivesi era molto amica
+del prete; il quale, durante la malattia, ebbe da essa cure assidue ed
+affettuose.
+
+La malattia fu piuttosto lunga. Per una diecina di giorni il prete fu
+assalito da febbri violenti, e nel delirio non faceva che contorcersi
+fra le coltri, gridando ogni tanto, rivolto a mia zia:
+
+— Eccolo... È là!.... egli viene!... Giovanni Tolu mi uccide!
+
+E col mio nome sulle labbra, in preda a fissazioni di percosse e di
+ferimenti, egli morì a Sassari, nella casa in cui di consueto veniva
+ospitato[28].
+
+Ebbi ragguagli della sua fine dalla stessa mia zia Catterina.
+
+Il prete Giovanni Masala Pittui scese nel sepolcro sette mesi dopo le
+percosse da me ricevute — nè furono esse la causa della sua morte, come
+alcuni osarono asserire. Forse fu Monsignore che l’uccise!
+
+La sua scomparsa dal mondo mi allegerì di un gran peso. Avevo la
+convinzione che le mie _legature_ fossero finalmente sciolte, e che
+non tarderei a riacquistare l’intiera mia forza — quella forza, che il
+rettore di Dualchi diceva in me diminuita!
+
+
+
+
+CAPITOLO VI.
+
+Duello a morte.
+
+
+Morto il prete, i congiurati divennero più mansueti. Non avevano più
+impegni da soddisfare, nè odî da sposare per conto di terzi. Diversi
+avevano già ricevuto una buona lezione, come lo Zara ed il Piana, e non
+volevano cimentarsi meco, poichè avevano bisogno di vivere dal lavoro.
+
+Lo Zara, per mezzo di amici intermediari, era venuto a spiegazioni, e
+gli promisi di non più molestarlo; e così parimenti avvenne di Giovanni
+Antonio Piana, il marito della serva. Costui, dopo la rottura del
+braccio, viveva in continua agitazione, e finì per raccomandarsi ad
+amici comuni perchè io non l’offendessi.
+
+Un giorno lo fecero abboccare con me. Io gli dissi:
+
+— Io non ho più ragione di dolermi di te. Fa il fatto tuo, e non verrai
+molestato. Ben so che sei lo zio di mia moglie; ma puoi vivere in pace,
+senza immischiarti nelle nostre questioni coniugali. Siamo intesi!
+
+Il Piana fu assai lieto della nostra conciliazione; tanto più che il
+prete era nell’altro mondo, ed egli nulla aveva da guadagnare tenendomi
+il broncio.
+
+Da quel giorno visse tranquillo, e sembrò un altro uomo; tuttavia non
+riebbe mai la mia intiera fiducia, poichè le riconciliazioni non mi
+andarono mai a sangue. Perdono sì — ma confidenza col vecchio nemico,
+mai!
+
+Fatta la pace, un bel giorno Giovanni Antonio mi pregò di accettare un
+regalo. Egli mi donò una vecchia pistola ed un lunghissimo pugnale, che
+già appartenevano al prete Pittui. Accettai l’una e l’altro.
+
+ *
+ * *
+
+Il solo congiurato inconciliabile, dopo la morte del prete, era stato
+Francesco Rassu. Fra me e lui era un odio profondo, che ci celavamo a
+vicenda, in attesa di un’occasione per manifestarcelo apertamente.
+
+Francesco mi vinceva di otto anni; era un uomo robusto, coraggioso,
+temerario, e fra i più forti del paese. Me ne guardavo, perchè
+sapevo che mi avrebbe ucciso, se gli fossi venuto a tiro. La lontana
+parentela, da cui eravamo vincolati, ci consigliava un po’ di ritegno;
+ma era un’ipocrisia reciproca.
+
+La prima volta che mi trovai solo con lui fu nelle aie di _Corona
+maggiore_, territorio di Florinas. Era di settembre, ed egli dormiva
+saporitamente sotto ad una pianta. Lo fissai per alcuni minuti,
+indeciso se io dovessi cogliere l’occasione per ucciderlo. Due pensieri
+me ne distolsero: la raccomandazione di mio zio, e la storia dei _Reali
+di Francia_[29].
+
+— Ucciderlo nel sonno — pensai — sarebbe una vigliaccheria. Ho impresse
+le parole che il Duca Salardo rivolse a Fioravanti dormente: «— Se lo
+uccido, diranno che l’ho riconosciuto più forte di me! —»
+
+Mi chinai, e lo scossi.
+
+— Dormi così, eh?
+
+Francesco Rassu balzò sulle ginocchia e mi squadrò quasi atterrito.
+
+— Sì... dormivo.
+
+Gli porsi alcuni aranci, e mangiammo.
+
+— Come vai? — mi disse con un certo interesse.
+
+— Così: piano piano!
+
+Stette un momento soprapensiero, indi soggiunse:
+
+— Ho i saluti da darti per parte di Francesco Serra di Tiesi.
+
+— Vieni di là?
+
+— Sì.
+
+Il Serra ere il famoso _commissario_ dei Carabinieri.
+
+— Se fosse stato a Florinas — risposi con sarcasmo — non te li avrebbe
+dati i saluti per me! Qui però non potrebbe trovarmi... a meno che tu
+non mi facessi la spia!
+
+Francesco mi guardò bieco:
+
+— Io farti la spia... per lui?
+
+— Guardati bene, veh? che tu non pianga i peccati di Francesco Serra!
+
+Ci guardammo alcuni istanti in cagnesco, e lo piantai là, senz’altro
+dire.
+
+Passarono alcuni mesi da quel giorno; ma quantunque odiassi a morte
+quell’uomo, volli rispettare la raccomandazione di mio zio, e aver
+riguardo al vecchio Rassu, col quale ero in buoni rapporti.
+
+Stanco infine delle continue minaccie di Francesco, che mi venivano
+riferite, ero deciso di farla finita: o ammazzarlo, o farmi ammazzare.
+
+Un giorno, che mi trovavo nell’ovile di mio zio, esclamai con amarezza:
+
+— Io vivo da qualche tempo in angustie per il contegno di quel perfido;
+non mi trattiene che il tuo consiglio. Temo, però, che qualche giorno
+io debba pagar cara la mia ubbidienza!
+
+Lo zio quel giorno si strinse nelle spalle, e mi rispose, senza
+guardarmi:
+
+— Fa come vuoi!
+
+Non disse altro; e poco dopo mi allontanai dal suo ovile.
+
+Mi diedi a girovagare per la campagna, pregando la mia buona stella
+che mettesse Francesco a tiro del mio fucile. Ben sapevo che da qualche
+tempo andava vantandosi, che non avrei potuto sfuggire all’odio suo.
+
+Il giorno seguente — vera fatalità — mentre stavo sdraiato a ridosso
+d’una roccia, vidi passare nella strada sottostante Francesco Rassu, a
+cavallo.
+
+Balzai in piedi di scatto, spianai il fucile, e feci fuoco, quasi senza
+prenderlo di mira.
+
+— Misericordia, son morto! — gridò Francesco, e precipitò di sella.
+
+Una paesana, che veniva dietro a lui, m’impedì di constatare la sua
+morte. Temendo d’essere riconosciuto, mi cacciai prestamente nelle
+macchie, e presi il largo senz’essere avvertito.
+
+Errai di qua e di là tutta la notte, contento del colpo fatto. Verso
+l’alba capitai in un ovile, ed ivi appresi che Francesco era stato
+trasportato a Florinas, ferito alla milza, e non mortalmente.
+
+Mi morsi le dita per dispetto; e tanta fu la mia stizza per il colpo
+mancato, che decisi di recarmi la stessa sera a Florinas, per uccidere
+il mio nemico dentro casa.
+
+E così feci. Approfittando delle tenebre, giunsi fin sulla soglia
+dell’abitazione di Francesco Rassu, risoluto di fucilarlo sul suo
+letto; ma, per mia sfortuna, il medico, il pretore, e il cancelliere
+avevano fatto trasportare il ferito nella camera che dava al cortile,
+nè mi fu possibile tradurre in atto il mio proposito. Rimandai il colpo
+a un’altra volta, facendo voti che il mio nemico guarisse presto!
+
+Un mese dopo, completamente guarito, Francesco si era alzato da letto
+per accudire alle sue faccende.
+
+Quantunque non mi avesse veduto, egli era certo che il colpo non poteva
+essergli venuto che da me. Seppe però abilmente dissimulare, nè con
+alcuno mosse lagnanza dell’accaduto. Era scaltro e sapeva il fatto suo!
+
+Un giorno chiamò a sè i miei fratelli Peppe e Giomaria, e disse loro
+che aveva bisogno di parlarmi.
+
+Quando mi comunicarono il desiderio di Francesco, risposi a’ miei
+fratelli:
+
+— Datemi prima da mangiare, e poi conducetemelo. Mi troverete alla
+_Serra_, vicino al villaggio.
+
+In compagnia de’ miei fratelli e di un suo cognato, Francesco Rassu
+venne sul tardi all’appuntamento.
+
+— Buona notte! — disse con tono secco.
+
+— Buona notte! — risposi — Come vai?
+
+— Coi piedi! — esclamò bruscamente.
+
+— Non ti chiedo notizie dei piedi, ma della tua ferita!
+
+Francesco capì che bisognava cambiar tono.
+
+— Non vedi — disse — che mi hanno bucato le costole? Sono qui venuto
+per parlarti a quattr’occhi!
+
+— Perchè a quattr’occhi? Qui non vedo che tuo cognato e i miei
+fratelli. Siamo dunque in famiglia, e puoi parlare in faccia a tutti.
+Nessuno dei presenti ti vuol male, poichè ci unisce un vincolo di
+parentela.
+
+Francesco, com’era venuto, si era messo al mio fianco; ed avevo
+notato che teneva le mani sotto al cappotto, carezzando forse la sua
+pistola. Io stava ad occhi aperti, colla destra sul pugnale, risoluto a
+freddarlo al minimo movimento. Per fortuna non si mosse, perchè i miei
+fratelli gli piantavano gli occhi addosso.
+
+— Che vuoi dunque? — gli chiesi, vedendo che esitava a parlare.
+
+— Mi hanno bucato le costole! — ripetè con amaro sorriso — ed io vengo
+per chiederti aiuto nella vendetta. Sarai compensato con danaro, o con
+pari aiuto se ne avrai bisogno.
+
+Sogghignai amaramente, e gli risposi con calma glaciale:
+
+— Te ne sei accorto troppo tardi! Tu ben lo sai, che non son buono a
+nulla! — Quando hai tentato di uccidere Pietro Pintus, ti sei rivolto
+ad altri, e non a me; e ciò sa tutto il mondo!
+
+Quando hai ucciso Giomaria Ledda, fosti pagato dal signor Antonio
+Luigi; ma non avesti bisogno del mio braccio. — Quando hai freddato
+l’uccisore di tuo fratello Paolo (ch’era in tresca con una sua sorella)
+non chiedesti il mio aiuto, nè compenso in danaro; e con ragione,
+perchè la tua vendetta era santa. — Quando vilmente hai assassinato
+l’eremitano di Santa Maria d’Ese per rubargli i porcellini, non è a
+Giovanni Tolu che hai chiesto mano forte. — Quando a Tissi hai commesso
+la grassazione in casa del signor Sercis e della sua signora, non hai
+avuto bisogno dell’opera mia. — Quando, infine, dentro Florinas, hai
+derubato la casa di Salvatore Piras, non è a me che ti sei rivolto per
+tenerti il sacco. Te lo ripeto: io non son buono a nulla; e con ragione
+non mi hai cercato!
+
+— Hai finito?
+
+— Non ancora. Devo dirti una sola cosa, che terrai a mente: — se tu
+verrai ucciso facendo il fatto tuo, puoi star sicuro che ne proverò
+dispiacere; ma se mai ti uccideranno facendo il fatto altrui, ti
+prevengo che godrò della tua morte. Bada, dunque, a’ tuoi affari,
+Francesco, se vuoi vivere tranquillo! Ricordati, che a Florinas non
+sono pochi quelli ch’ebbero la disgrazia di essere, come te, feriti;
+eppure, ravveduti dei loro errori, non hanno più ricevuto alcuna
+molestia dai nemici. Così pure potrà avvenire di te... se metterai
+giudizio.
+
+Francesco, a capo chino, ascoltò fino in fondo la mia tirata, senza un
+atto di dispetto nè d’impazienza.
+
+— Ho capito, e sta bene! — borbottò; e senz’altro fece cenno a suo
+cognato d’incamminarsi, e si mosse lentamente verso Florinas — seguito
+dai due miei fratelli; i quali avevano il dovere di scortarlo fino alla
+sua abitazione, come si usa in simili convegni.
+
+ *
+ * *
+
+Una settimana dopo venni avvertito, che Francesco si era scatenato
+contro di me senza alcun ritegno — non curandosi di celare la sua ferma
+intenzione di uccidermi, dovunque mi avesse trovato. Egli si recava
+sfacciatamente a far visita di casa in casa in Florinas, e d’ovile in
+ovile in campagna, col proposito di farmi la spia.
+
+I barracelli — quasi tutti in mio favore — mi tenevano informato d’ogni
+sua mossa, e mi avvertivano di stare in guardia e di non fidarmi.
+
+Infastidito di questi continui rapporti, capitai una sera nell’ovile
+dello zio Rassu, col quale mi tenevo in buoni accordi. Lo trovai sulle
+furie contro il suo nipote Francesco, col quale la mattina si era
+bisticciato, a causa del passaggio di un branco di pecore sul fiume
+vicino.
+
+Approfittando del suo stato d’animo, gli dissi con risentimento:
+
+— Zio Giovanni Andrea; devo dirvi che più non riesco ad aver pace per
+colpa di Francesco. Non siete dunque più buono a correggere vostro
+nipote?
+
+— La sola palla riuscirà a correggerlo — lasciò scapparsi il vecchio,
+ancora sdegnato per il diverbio avuto col nipote.
+
+— Dunque...?
+
+— Dunque, se hai conti da liquidare con Francesco, sei matto se non ti
+aggiusti!
+
+Il vecchio non disse altro, nè d’altro gli parlai, per paura di fargli
+cambiar idea. Mi allontanai dicendogli:
+
+— Buona sera... e a rivederci!
+
+— Buona sera!
+
+Per tre giorni consecutivi diedi a Francesco una caccia senza tregua.
+Arrivai persino ad impostarlo, dopo l’imbrunire, a pochi passi dalla
+sua abitazione, dentro Florinas; ma non mi venne fatto d’imbattermi
+in lui. La gente era per le vie, lungo le viottole, ed io non volevo
+troppo espormi.
+
+Non è facile nei nostri villaggi tendere l’agguato ad un uomo; poichè
+colui che crede di aver nemici non batte mai la stessa strada, sì
+nell’uscire, come nell’entrare in paese.
+
+Dopo la terza notte ch’io tentavo Francesco, mi venne l’idea di fargli
+la posta in un punto non troppo lontano dal paese, per dove speravo
+potesse ei passare per recarsi in campagna. Il mio nemico cambiava
+cento volte di strada, ed io doveva affidarmi al solo caso.
+
+L’inferno questa volta volle favorirmi.
+
+Ero stato colà tutta la notte, intirizzito dal freddo. Mancavano ancora
+due ore all’alba, ed eravamo ai primi di gennaio.
+
+Mi ero dato a percorrere per lungo e per largo la regione di _Badu
+ludrosu_, quando vidi un individuo a cavallo che percorreva una
+viottola, seguito da un braco.
+
+Non ne feci caso, perchè avevo notato che quell’uomo aveva le brache di
+lino, e non i calzoni neri che soleva portar Francesco. Tuttavia volli
+tenergli dietro per curiosità, perchè mi parve di riconoscere il suo
+cane.
+
+Rifeci un lungo giro per le tanche, fino a trovare una posta comoda e
+sicura.
+
+Era proprio lui: Francesco Rassu, armato, e a cavallo. Io era a piedi.
+
+Mi fermai al punto di _Pedru majolu_; montai il grilletto del fucile,
+e, quando Francesco mi venne a tiro, gli sparai.
+
+Il colpo non partì; ed egli continuò la sua strada senz’alcun sospetto.
+
+Gli tenni sempre dietro saltando siepi e scavalcando muri, e tornai a
+montare il grilletto, dopo aver rinnovato il fulminante.
+
+Mancatomi il colpo anche questa volta, mi venne in mente una
+rivelazione fattami parecchie settimane addietro. Francesco Rassu, dopo
+esser stato da me ferito, era andato a consultarsi da un suo zio frate;
+il quale lo aveva esorcizzato, assicurandogli che di piombo non sarebbe
+più morto.
+
+Per alcuni sassi da me smossi saltando un muro, Francesco si accorse
+finalmente d’essere pedinato; e allo sbocco d’una stretta gola smontò
+da cavallo, con animo deliberato di affrontare l’avversario. Era un
+uomo coraggioso ed audace, e faceva assegnamento sulla propria forza.
+
+Senza più esitare gli andai arditamente incontro; spianai il fucile, e
+feci scattare il grilletto.
+
+Neanco questa volta l’arma prese fuoco.
+
+Il Rassu, colto all’improvviso, fece un brusco movimento, come per
+scansare il colpo; ma io, vedendomi ormai perduto, colla sveltezza di
+un gatto selvatico, gettai a terra il fucile, spiccai un salto, e mi
+riuscì di afferrare la canna della sua pistola, nel momento che egli me
+la scaricava quasi a bruciapelo. Era un pistolone antico, a piastra; la
+pietra focaia aveva acceso la polvere nella cassetta, ma il colpo non
+era partito.
+
+Io stringeva colla destra il suo pugno, e colla sinistra giunsi ad
+afferrarlo per i lunghi capelli, che gli scendevano sulle spalle.
+Francesco, alla sua volta, mi teneva per la barba, e cercava di
+colpirmi alla testa colla canna della pistola.
+
+Restammo alcuni minuti in piedi, lottando corpo a corpo con tutte le
+forze, per disvincolarci. Era questione di vita o di morte: uno di noi
+quel mattino doveva scomparire dal mondo.
+
+I nostri due cani abbaiavano, ma non osavano avventarsi, poichè nessuno
+di noi si curò di aizzarli.
+
+Finalmente il mio avversario vacillò, perdette l’equilibrio, e
+stramazzò supino, dando fortemente della testa sopra una grossa pietra,
+ch’era in mezzo alla strada. Il sangue gli colava dalla nuca.
+
+Continuammo la lotta disperata. Nel silenzio di quel mattino tenebroso
+non si udivano che i latrati dei due cani, e il rantolo affannoso che
+usciva dalle nostre strozze.
+
+ [Illustrazione: Uccisione di Francesco Rassu]
+
+Francesco riuscì a rizzarsi sulle ginocchia e continuava a percuotermi
+colla canna del pistolone. Ricadde.
+
+Finalmente mi venne fatto di portare la mano all’elsa del mio pugnale;
+lo tolsi dal fodero, e glie lo immersi nel petto.
+
+Egli allora gridò con quanto fiato aveva in gola:
+
+— Perchè mi uccidi, Giovanni Tolu?!
+
+— Oggi le paghi tutte! — gridai inferocito e ansante; e continuai a
+ferirlo a più riprese, passandolo parte a parte, fino a che dal suo
+labbro non uscì neppur l’alito[30].
+
+Chi lo avrebbe mai detto? La lama di prete Pittui, lunga due palmi, mi
+era servita a liberarmi dal più odiato de’ suoi sicari!
+
+Ricacciato il pugnale nel fodero, continuai soddisfatto la mia strada,
+seguito dal mio fido _Pensa pro te_.
+
+L’altro cane era rimasto vicino al cadavere del suo padrone, poco
+distante dal cavallo, il quale rosicchiava tranquillamente qualche ramo
+verde che usciva da un cespuglio.
+
+
+
+
+CAPITOLO VII.
+
+Gli ultimi Rassu.
+
+
+Quando più tardi giunsi a conoscere la perizia giudiziaria
+sull’assassinio di Francesco Rassu, un sorriso di compassione mi venne
+sulle labbra. Il medico ed i periti avevano dichiarato, che la vittima
+era stata assalita da quattro uomini, e che la prima ferita alla nuca
+era stata prodotta da un colpo di bastone. Fu parimenti dichiarato, che
+Francesco era stato grassato, dopo aver ricevuto oltre trenta ferite.
+Fidatevi ora delle perizie ordinate dall’autorità giudiziaria!
+
+Appresi in seguito, che il primo che s’imbattè nel cadavere di
+Francesco fu un suo zio, fratello della suocera, il quale si era
+impossessato del pistolone, che tempo addietro aveva regalato al
+nipote. Da ciò l’asserzione dei periti.
+
+Il sole era appena spuntato, quando capitai in un podere, in cui
+lavoravano alcuni miei amici. Fra essi era Giovanni Antonio Piana, col
+quale mi ero riconciliato.
+
+Come mi vide, costui mi venne incontro per dirmi ch’era mancato un bue,
+e che si sospettava lo avesse rubato Francesco Rassu. Mi raccomandava
+di fare indagini per rintracciarlo.
+
+— Posso assicurarti — risposi — che il ladro non è Francesco. L’ho
+lasciato or ora a _Pedru majolu_, e in condizioni tali, che non potrà
+più rubar buoi... nè farmi la spia!
+
+E così dicendo lanciai uno sguardo significante al marito della serva
+del prete, per fargli capire che avrebbe fatto la stessa fine, se non
+si fosse in tempo ravveduto.
+
+La stessa mattina andai a trovare mio fratello Giomaria e un mio
+cognato, che zappavano in un podere vicino. Confidai loro che avevo
+ucciso Francesco Rassu.
+
+Verso sera, passando dinanzi all’ovile di Giovanni Andrea (lo zio di
+Francesco) volli entrarvi per salutare il vecchio.
+
+Appena egli mi vide, mi si piantò di botto dinanzi; e dopo avermi
+a lungo fissato cogli occhi spalancati, mandò dalla gola rantoli e
+sbuffi. Uscì infine in queste parole:
+
+— Non è la morte di Francesco che mi dispiace; ma lo scempio fatto
+al suo cadavere! Crivellarlo con trenta pugnalate? è azione indegna,
+vigliacca!
+
+Il sangue mi montò alla testa; e facendo un passo verso il vecchio gli
+mostrai il pugno, gridandogli minaccioso:
+
+— Segno che tante glie ne abbisognavano!
+
+E aspettai una seconda frase insultante, per freddare a’ miei piedi un
+altro Rassu.
+
+Per fortuna egli non fiatò, nè si mosse; ed io mi allontanai
+voltandogli le spalle, senza neppur salutarlo.
+
+ *
+ * *
+
+Per distrarmi alquanto mi recai alla Nurra, dove rimasi alcune
+settimane.
+
+Mi trovai colà più volte con Salvatore, il figlio di Giuseppe Rassu,
+che da qualche tempo era al servizio di mio cognato Ignazio Piana.
+Quantunque il giovane cercasse di avvicinarsi a me, io lo tenevo a
+debita distanza, perchè nipote de’ miei nemici.
+
+Intanto nell’estate (tempo in cui si sogliono condurre le pecore al
+Fiume Santo per abbeverarle) Salvatore ebbe un diverbio con un suo
+compagno; e dopo avergli spezzato il cranio con un grosso sasso,
+si era dato alla macchia. Portatosi allora segretamente a Florinas,
+per chiedere alla zia ed al prete parte del danaro lasciato loro in
+custodia, gli fu risposto:
+
+— I tuoi danari ci serviranno per toglierti alle mani della giustizia;
+e così potrai goderteli!
+
+Essendo figlioccio del prete, col quale la zia conviveva, Salvatore
+si rassegnò ad aspettare; ma intanto, passando per Cargeghe, volle ivi
+consultarsi col bandito Antonio Maria Derudas (che in quel tempo mi era
+compagno, come dirò in seguito).
+
+Poco dopo venni chiamato da zio Giovanni Antonio Rassu; il quale mi
+confidò, che il pretore di Ploaghe desiderava abboccarsi col giovane
+Salvatore, per giovargli nella causa. Egli chiedeva il mio parere.
+
+— Se tuo nipote andrà dal pretore, te lo manderà in galera! — risposi.
+
+Il vecchio allora mi disse con accento di preghiera:
+
+— Perchè non lo prendi in tua compagnia per guidarlo?
+
+— Perchè non lo voglio! — risposi recisamente — Egli si mostrò
+disubbidiente col babbo, colla mamma, collo zio, e lo sarà parimenti
+con me. Non assumo una simile responsabilità. Se Salvatore venisse
+ucciso, si darebbe a me la colpa!
+
+Così risposi, perchè non potevo fidarmi del vecchio nè del giovane
+Rassu, dopo quanto mi era accaduto a _Pedru majolu_. Sarebbero stati
+capaci di un tranello per vendicare il loro congiunto da me ucciso.
+
+Quantunque nessuno mi avesse veduto, la voce pubblica mi accusava della
+morte di Francesco; ed i parenti ne erano certi, perchè io non avevo
+cercato di smentire la diceria. Nessuno di quelli a cui avevo confidato
+l’omicidio poteva parlare; poichè in quei tempi l’esser chiamato a
+testimonio era doppiamente pericoloso: verso la giustizia, e verso i
+protettori dell’ucciso.
+
+Il giovane Salvatore, a cui era nota l’intenzione di volerlo a me
+affidare, aveva esclamato imprudentemente:
+
+— Perdio! avrei vergogna di accompagnarmi coll’uccisore di mio zio
+Francesco, ch’io devo vendicare. Toglierò dal mondo Giovanni Tolu!
+
+— Bambino imbecille! — esclamai, quando mi vennero riferite le sue
+parole.
+
+ *
+ * *
+
+Annoiato della mia solitudine, durata per oltre un anno, mi ero unito
+in quel tempo ai banditi Antonio Maria Derudas e Gio. Maria Puzzone, di
+Cargeghe; i quali battevano la campagna dopo l’assassinio del capitano
+de’ barracelli, da loro freddato nel piazzale della chiesa del paese,
+mentre rincasava.
+
+Un giorno il vecchio Giovanni Andrea Rassu ebbe l’imprudenza d’invitare
+il Derudas ad unirsi a Salvatore per sbarazzarsi di me.
+
+— Mio nipote è troppo giovane — gli aveva detto — e da solo non
+potrebbe fare il colpo.
+
+Il Derudas tenne il segreto per alcuni giorni; ma siccome in precedenza
+mi aveva informato dell’abboccamento chiestogli dal vecchio Rassu, finì
+per tutto confessarmi.
+
+Da quel giorno Salvatore fece il gradasso, fidando forse nell’aiuto
+del Derudas. Sulle prime presi le cose in scherzo; ma in seguito,
+persistendo egli a darmi noia, decisi di dargli una lezione.
+
+Non tardò anche lui a seguire lo zio. Egli venne ucciso da una fucilata
+vicino alla _lacana_ d’Ossi, in territorio di Florinas. Il cadavere fu
+trasportato sulle fascine al villaggio[31].
+
+ *
+ * *
+
+Ed ecco quattro dei Rassu — Pietro, Paolo, Francesco e Salvatore —
+tolti dal mondo per mano mia, o per mano d’altri!
+
+Ne restavano ancora due; ma di essi volle occuparsi l’Eterno, poichè io
+feci loro grazia.
+
+Giuseppe Rassu, l’ultimo dei quattro fratelli, (come ho già detto) era
+ammogliato con una mia zia, la quale mi voleva un bene dell’anima.
+
+Un giorno andai a trovarla, e le dissi:
+
+— Cara zia, bada! temo molto che non tarderai a diventar vedova!
+
+— Che intendi dire? Mio marito è sano e robusto.
+
+— Ma io l’ucciderò, se non farà da bravo. Egli ha sinistre intenzioni a
+mio riguardo.
+
+— Non temere, Giovanni. Tu sai ch’io ti voglio bene. Se io mi
+accorgessi che Giuseppe avesse intenzione di farti male, sarei la prima
+a renderti avvisato. Egli mi è marito, e tu mi sei nipote: vi ho cari
+entrambi. Non potrei permettere che tu l’offenda, perchè c’è di mezzo
+il giuramento del matrimonio; — ma parimenti vedrei di mal occhio che
+egli torcesse un capello a mio nipote. Va tranquillo, figliuolo mio;
+finchè io vivo non riceverai il minimo danno da lui!
+
+E mantenne la parola. Donna energica e risoluta, ella seppe imporsi al
+marito, che mi lasciò in pace, come in pace lasciai lui.
+
+Risparmiai parimenti il vecchio zio Giovanni Andrea Rassu, che si
+rassegnò alla perdita dei suoi quattro nipoti, puniti dalla giustizia
+di un Dio, che odia i traditori e le spie.
+
+L’uno e l’altro morirono tranquilli sul proprio letto — quantunque non
+meritassero una simile fortuna!
+
+
+
+
+CAPITOLO VIII.
+
+Agostino Alvau.
+
+
+Recatomi un giorno alla Nurra, capitai nell’ovile di _Campanedda_,
+dov’era stato ucciso Agostino Alvau: il giovane algherese, che finì
+la sua carriera di bandito, quasi nello stesso tempo in cui io la
+cominciava. Ebbi dai pastori minuti ragguagli sulla morte di costui; ed
+io ne tesserò brevemente la storia, quantunque essa non abbia relazione
+con la mia vita.
+
+Agostino Alvau era un giovane studente di Alghero. D’animo focoso,
+audace, e coraggioso fino alla temerità, un giorno era andato a caccia
+senza porto d’armi. Sorpreso dai carabinieri, e invitato a cedere
+l’arma, egli rispose colla ribellione. Riuscito a fuggire, si diede
+alla macchia, e iniziò la sua carriera di bandito, senza aver sparso
+una goccia di sangue umano.
+
+Quantunque giovanissimo, senza un pelo in faccia, e di fattezze
+femminili, divenne in breve famoso per le sue gesta, tanto audaci
+quanto feroci.
+
+Mi era simpatico perchè lo avevo conosciuto di persona. Qualche tempo
+prima ch’io prendessi moglie, mi trovavo a capo d’una compagnia di
+mietitori, nelle aie di Florinas. Avevo sotto al mio comando molti
+lavoratori. Tra i quali Rafaele Alvau — fratello di Agostino — uno
+degli incaricati della trebbiatura. Una quantità di cavalli e di
+cavalle, condotti dai paesi vicini, trottavano sulle aie per pestare i
+covoni, com’è costume nei nostri villaggi.
+
+Agostino Alvau (già famoso nell’isola) era venuto in quel tempo a
+Florinas, per visitarvi il fratello Rafaele. Travestito da zappatore
+sassarese, ma armato di fucile e di coltello, si presentò a noi come
+acquisitore di grano, in compagnia del massaio Antonio Sanna e di certo
+Vincenzo Paschino, padrone delle cavalle del signor marchese (?).
+
+Siccome Rafaele era al mio servizio per la trebbiatura, i tre
+visitatori vennero ad alloggiare in mia casa. Fu allora, che, in tutta
+confidenza, Agostino mi si diede a conoscere. L’ospitai per un giorno,
+e sul tardi tornò alla campagna.
+
+Per pochi anni Agostino Alvau fece il bandito, ma bastarono per
+renderlo celebre. Mentre un giorno attraversava un ponte sulla strada
+che da Alghero conduce alla Murra, fu circondato da molti carabinieri,
+che gli avevano teso un agguato; ma egli colla pistola alla mano, seppe
+affrontare gli armati, e sfuggì loro audacemente tra il fischio delle
+palle.
+
+Poco dopo egli cercò di disfarsi di certo Antonio Maria Tanchis,
+che la voce pubblica designava qual _commissario_ dei carabinieri. I
+commissari saranno sempre i benemeriti della società, ma per i banditi
+non sono altro che spie!
+
+Fra gli amici più fedeli di Agostino Alvau erano i fratelli Paolo e
+Antonio Sechi della Nurra — il primo dei quali fra i migliori tiratori
+ch’io mi conobbi. Lo ricevevano con molta cordialità — come d’altronde
+si ricevono tutti i banditi... per amore o per forza!
+
+Abitava a Sassari in quel tempo un tal Antioco Agus, di Bonorva,
+in fama di uomo faceto e di poeta estemporaneo. Poeta e faceto
+era del pari il _commissario_ Tanchis, che pretendeva superarlo
+nell’improvvisare i versi
+
+Intimo dei pastori nurresi, ed uomo doppio, l’Agus cercava di strappare
+qualche segreto al _commissario_, sapendo che costui congiurava contro
+la libertà degli amici. Un giorno lo invitò ad entrare in una bettola,
+col pretesto di una sfida poetica; ma il Tanchis lasciò sfuggirsi:
+
+— Oggi non posso, perchè devo recarmi ad Osilo coi carabinieri, per un
+bandito che dobbiamo tradurre a Sassari. Accetterò con piacere la gara
+al mio ritorno!
+
+Fu sollecito l’Agus d’informare del caso i due pastori Secchi e
+l’Alvau; i quali vennero a Sassari, e in compagnia del poeta si
+recarono sul tardi al _Molino a vento_, per preparare un agguato al
+commissario Tanchis, che di là doveva passare coi carabinieri, diretti
+ad Osilo.
+
+Giunti a cavallo sul luogo designato, i quattro uomini si appiattarono
+di fronte al predio del prete Ciboddo.
+
+Finalmente, ad ora tarda, passarono di là dodici carabinieri, che
+circondavano il commissario Tanchis, loro guida.
+
+Fu primo Alvau a far fuoco sulla spia; ma il colpo gli andò fallito.
+Sparò in seguito Paolo Secchi, e la sua palla attraversò il corpo del
+Tanchis, che cadde fulminato da cavallo.
+
+Sgomentati per gli spari nell’oscurità, i carabinieri tornarono
+indietro a spron battuto. I due Secchi e l’Alvau ripresero la via della
+Nurra; ma l’Agus, a cui era scappato il cavallo, si vide costretto a
+rientrare a piedi in Sassari per la porta di Sant’Antonio. Volendo
+allontanare il sospetto, il poeta ebbe l’accortezza di presentarsi
+l’indomani al capitano dei barracelli, per denunziare la bestia che gli
+era mancata.
+
+Altra impresa ardita, a cui l’Alvau dovette la popolarità, fu
+l’uccisione di Antonio, detto _Ammmazzacavalli_ — uno dei più famosi
+cavallerizzi e domatori del tempo. _Commissario_ anch’esso dei
+carabinieri, si era vantato bastargli l’animo di arrestare il forte
+algherese, inseguendolo a cavallo.
+
+Informato il giovane bandito della minaccia di quel millantatore,
+giurò di ucciderlo. Temerario com’era, osò una sera vestirsi da prete
+e presentarsi alla casa di _Ammazzacavalli_, posta nel rione di San
+Donato. Ma il colpo gli andò a vuoto.
+
+Immaginò allora un nuovo strattagemma, togliendo a pretesto il
+carnevale.
+
+Era usanza a Sassari di andar mascherati a cavallo, per trar sollazzo
+dal getto dei confetti.
+
+Abbisognando di un compagno per eseguire il suo disegno, l’Alvau si era
+rivolto ad Antonio Sechi.
+
+In un giorno festivo, in cui la piazza Castello rigurgitava di maschere
+e di curiosi, i due amici salirono per il Corso, inforcando due superbi
+cavalli. Avevano una gonnella al collo, la maschera al viso, e le
+pistole nascoste sotto le vesti. Inoltravano al passo, distante l’uno
+dall’altro, come se ciascuno si divertisse per proprio conto.
+
+Antonio Sechi, che si spingeva avanti, aveva ricevuto la consegna
+di gettare i confetti sulla folla, non appena avesse adocchiato
+l’_Ammazzacavalli_. Al resto doveva pensare l’Alvau.
+
+Erano giunti così fino al centro di piazza Castello, dove la folla
+era immensa. Da per tutto si ballava, si gridava, si faceva getto di
+coriandoli, per far disperare le signorine che ridevano come matte.
+
+Finalmente l’Alvau, che aspettava con ansia il segnale convenuto, vide
+il compagno lanciar con furia manate di confetti alla folla. Spinse
+avanti il cavallo, e scorse a breve distanza lo _Ammazzacavalli_, che
+se la rideva in mezzo ad un crocchio d’allegri amici.
+
+Gli fe’ cenno colla mano di avvicinarsi, e quegli incautamente gli
+obbedì:
+
+— Che vuoi, maschera?
+
+— Fammi un piacere. Accorciami di un punto la cinghia che regge la
+staffa. Sto male in sella.
+
+L’_Ammazzacavalli_, senza nulla sospettare, si fe’ presso al cavaliero,
+e si chinò ad aggiustargli la staffa.
+
+Colla rapidità del lampo, il giovane bandito gli puntò la pistola sulle
+spalle, lasciò partire il colpo, die’ di sprone al cavallo, ed uscì
+dalla porta Castello, facendosi largo tra la folla compatta.
+
+L’_Ammazzacavalli_ era caduto bocconi, mortalmente ferito. Gli astanti,
+atterriti, gridarono al soccorso, all’assassino, e si sbandarono di qua
+e di là, come sfuggendo ad un pericolo immaginario.
+
+Antonio Sechi, come nulla avesse veduto, continuava indifferente il
+getto dei confetti, mentre l’Alvau, a precipizio, divorava la strada
+che conduceva al _Pozzo d’Arena_. Montava un ottimo cavallo (fattosi
+prestare da Gavino Spanedda di Nurra) e l’inseguirlo non era impresa
+facile.
+
+Alcuni carabinieri — che conducevano a mano i cavalli all’abbeveratoio
+— udendo le grida della gente, cercarono fermare il fuggitivo; ma
+questi, mostrando loro la pistola, seppe tenerli lontani.
+
+Arrivato allo stabilimento Lombardi, Agostino rallentò la corsa,
+mise il cavallo al passo, ed entrò tranquillamente in Porta d’Utzeri,
+internandosi verso _turritana_, per riparare in casa di alcuni amici
+nurresi.
+
+Dicesi che la stessa sera Agostino Alvau, vestito da donna, avesse
+osato presentarsi all’ospedale (dove il moribondo era stato ricoverato
+d’urgenza) risoluto di finirlo a pugnalate. Egli dichiarò d’essere la
+madre del ferito; ma non fu lasciato entrare, stante l’ora tarda.
+
+ *
+ * *
+
+Questo giovane coraggioso, audace in modo straordinario venne ucciso a
+tradimento nella Nurra; e dirò come.
+
+Fra gli ovili che l’Alvau soleva visitare, era quello di Giovanni
+Careddu, ammogliato con giovane e bella donna, e senza figli.
+Spensierato e fidente nel proprio coraggio, il galante bandito si
+era dato a corteggiare la moglie dell’amico. Costei conviveva con una
+sorella belloccia, fidanzata a Giuseppe Sale, giovane sassarese, che
+pur frequentava l’ovile.
+
+Accortosi il Sale della tresca dell’Alvau, disse un giorno alle due
+sorelle:
+
+— Perchè accogliete quell’uomo in casa vostra? Mandatelo via, se non
+volete aver danno!
+
+La moglie del Careddu riferì segretamente al suo Agostino le parole del
+Sale, facendogli quasi intendere che di lui fosse geloso.
+
+Alvau, senz’altro, tolse di mezzo l’importuno con una fucilata.
+
+Poco tempo dopo, trovandosi insieme i due banditi cugini, Antonio Santo
+Careddu di Sorso e Paolo Careddu di Sennori, dissero ad Agostino Alvau:
+
+— Senti, giovinotto. A noi pare che le tue visite all’ovile di
+Campanedda siano troppo frequenti. Si direbbe che ti sei liberato
+di Giuseppe Sale, per renderti padrone anche della sua fidanzata.
+Intendiamoci bene! — noi siamo disposti a far giuramento di non
+offenderci a vicenda; ma se tu non ti allontani dalla casa del nostro
+congiunto Giovanni, ci terremo sciolti da ogni promessa. Lo sai!
+
+Agostino Alvau — sdegnoso sempre d’ogni consiglio, e sempre più
+invaghito della giovane moglie — non solo si astenne dalle visite
+all’ovile di Careddu, ma vi andò con più frequenza, e rese più
+scandalosa la tresca.
+
+Era acciecato d’amore — e l’amore doveva perderlo!
+
+Da qualche tempo il Governo aveva promessa l’impunità ed un premio in
+danaro a qualunque bandito avesse ucciso, o fatto arrestare Agostino
+Alvau. I due cugini Careddu pensarono di ottenere l’una e l’altro,
+vendicando in pari tempo il loro congiunto tradito.
+
+In un giorno piovoso si trovarono riuniti nell’ovile di _Campanedda_
+Paolo Careddu, Antonio Santo, e Agostino Alvau. Si giuocava alle carte,
+e Paolo si era seduto a fianco di Agostino. A un certo punto Antonio
+Santo esclamò con stizza:
+
+— Ma perdio! c’è un fumo d’inferno qua dentro!
+
+E così dicendo si era alzato con impeto, fingendo correre alla porta
+per aprirla; ma giunto vicino all’uscio, si voltò di scatto, e vedendo
+Agostino intento alla partita, gli puntò il fucile addosso e fece
+fuoco[32].
+
+Quantunque mortalmente ferito in pieno petto, l’Alvau balzò in piedi,
+e portata la mano all’elsa del suo lungo stocco, cercò snudarlo per
+avventarsi sul traditore. Paolo, però, che stava attento, gli afferrò
+le due braccia da tergo, in modo che l’arma non uscì che a metà dal
+fodero.
+
+L’Alvau, ad un tratto, si contorse, mandò un sordo rantolo, e stramazzò
+come fulminato. Era morto.
+
+Antonio Santo era uscito con furia all’aperto per correr dietro a
+compare Maurizio; il quale venuto all’ovile in compagnia d’Alvau, era
+rimasto in una stanza vicina. Prevedendo la catastrofe, costui si era
+salvato saltando da una finestra e cacciandosi nel vicino bosco.
+
+A poca distanza dall’ovile — nella _Valle del legname_ — trovavasi
+certo Giovanni Manunta; il quale, saputo il caso, montò in sella
+e a spron battuto si recò a Sassari per informare le autorità, che
+Antonio Careddu e Antonio Santo erano degni di premio, avendo ucciso il
+terribile bandito algherese.
+
+Maurizio, alla sua volta, era corso a Portotorres per annunziare ai
+carabinieri l’uccisione di Agostino Alvau.
+
+Nel frattempo Antonio Santo, afferrato il cadavere d’Agostino per
+i piedi, lo aveva trascinato all’aria aperta, fino al limite del
+piazzale.
+
+Accorsi primi i carabinieri di Portotorres, scaricarono i loro fucili
+sul cadavere, fingendo aver ucciso il bandito algherese in uno scontro.
+
+Il governatore di Sassari però, che in precedenza aveva ricevuto
+l’avviso della morte di Alvau, non tardò a concedere la promessa
+libertà ai due cugini uccisori, ed a punire i carabinieri per l’assalto
+simulato che venne scoperto e facilmente provato[33].
+
+Questa la versione veridica della fine di Agostino Alvau, da me attinta
+a fonte non dubbia.
+
+
+
+
+CAPITOLO IX.
+
+Il bandito Derudas.
+
+
+Ho già parlato dei due banditi Antonio Maria Derudas e Giovanni Maria
+Puzzone, di Cargeghe, datisi alla campagna dopo aver ucciso il capitano
+dei barracelli, che li disturbava nelle loro imprese rapaci. Questi
+giovani vagabondi erano ladruncoli, che prendevano diletto a uccider
+buoi e cavalli, a danno del barracellato.
+
+Poco dopo l’uccisione del capitano, un altro giovine di Cargeghe —
+Angelo Masala — uccise certo Manconi suo compaesano, e sfuggì alla
+giustizia dandosi alla macchia. Si ebbero così, in breve tempo, tre
+banditi di Cargeghe.
+
+Il fratello dell’ucciso — Giovanni Manconi — volendo vendicarsi
+dell’assassino, chiese l’aiuto dei due banditi Derudas e Puzzone; e
+tutti e tre riuscirono a freddare con una fucilata Angelo Masala, che
+sotterrarono in campagna, senza che alcuno li vedesse.
+
+Il prete Luigi Tolu di Cargeghe, mio cugino, un giorno si rivolse a
+me, pregandomi di proteggere il bandito Derudas, che voleva liberare ad
+ogni costo, ritenendolo un disgraziato, più che un cattivo soggetto. E
+fu dietro alle sue insistenti raccomandazioni, che mi decisi ad unirmi
+col Derudas e col Puzzone, coi quali rimasi per circa un anno, sebbene
+non di continuo.
+
+Un giorno, insieme al Derudas, attraversavo il sito detto _Sa funtana
+de sa piarosa_, di fronte alla cantoniera di Campomela, nel tenimento
+di Don Battista Solinas di Cargeghe. A un certo punto il mio compagno
+si fermò, e, indicandomi una zolla, mi disse sorridendo:
+
+— Vedi? Io, Puzzone e Manconi abbiamo qui seppellito il cadavere di
+Angelo Masala!
+
+Trascorsi quattro o cinque mesi, il Puzzone fu arrestato; ed io
+continuai a tener compagnia al Derudas, separandomene però di tanto in
+tanto, poichè diffidavo di lui.
+
+Due volte, in quel tempo, mi riuscì di sfuggire ad un agguato di
+carabinieri.
+
+La prima volta fu nel _salto_ di Banari. Mi ero cacciato in una
+grotta della _Scala di Antonio Faedda_ (territorio di Florinas) dove
+passai una notte ed un intiero giorno. Recatomi in seguito nell’ovile
+_Panzano_ (a Giunchi) i nostri cani abbaiarono fermi — indizio che
+vedevano gente ferma. In quei dintorni, infatti, erano appiattati
+una ventina di carabinieri. Pensai di attraversare il campo deludendo
+la loro vigilanza. Mi cacciai il cappuccio sugli occhi, chiesi a un
+pastore le pecore, e mi diedi a guidarle, passando arditamente in mezzo
+a’ miei nemici, che continuavano a tener d’occhio l’ovile. Fui salvo.
+
+La seconda volta mi trovavo nello stesso ovile, dove avevo passato
+la notte insieme a Derudas. Verso l’alba diedi ordine ad un mandriano
+d’esplorare i dintorni, raccomandandogli, che, nel caso avesse visto
+carabinieri, si fosse affacciato alla roccia de _sas coas de medallu_,
+gridando: — I buoi non ci sono! — Quel semplicione, invece, gridò forte
+al suo padrone:
+
+— Zio Antonio Luigi, ci sono i carabinieri!
+
+Ne avevo veduto sei a cavallo nella pianura; gli altri erano appostati
+nel bosco, credendo che per di là noi si scappasse. Svegliai il Derudas
+che dormiva; girammo la collina, salimmo la montagna, e di là scorgemmo
+i carabinieri, che ci aspettavano al varco. Anche questa volta, con
+un po’ di astuzia, ero riuscito a sfuggire a un agguato, preparato con
+molta sagacia militare.
+
+Lascio i carabinieri per narrare i miei casi col Derudas.
+
+Nel territorio di Banari era il molino di proprietà della contessa
+Musso. Il mugnaio, che lo aveva in affitto, viveva in continui
+litigi colla propria moglie, poichè costei teneva seco una bambina
+illegittima, che turbava la pace domestica.
+
+Tanto io, quanto il mio compagno Derudas, capitavamo con frequenza nel
+molino, e la moglie del mugnaio si sfogava con noi, mettendoci a parte
+dei disaccordi coniugali.
+
+Un giorno che mi trovai solo con essa, la moglie inasprita mi
+raccomandò caldamente di liberarla dal peso del marito, uccidendolo.
+
+Feci di tutto per smuoverla dal suo proposito: — Metti giudizio, e
+sta savia! — le dicevo — Non dar retta ai tristi consigli della tua
+coscienza. Fa la pace con tuo marito, e vivete tranquilli!
+
+Il mugnaio era un buon uomo; ci dava ospitalità con piacere, e di
+tanto in tanto mi regalava qualche scudo. M’irritavano, dunque, gli
+eccitamenti di quella femmina, che ad ogni costo voleva diventar
+vedova.
+
+Ma la donna è tenace ne’ suoi proponimenti di vendetta; e la moglie del
+mugnaio, vedendo la mia ripugnanza a compiacerla, mi lasciò in pace.
+Ella si rivolse segretamente al mio compagno, a cui offrì sessanta
+scudi per eseguire il colpo.
+
+Il bandito Derudas si lasciò, convincere dal danaro e dalle tenerezze
+della bella mugnaia; e un bel giorno, con una buona fucilata, le tolse
+dal fianco l’importuno marito.
+
+Quando appresi il fatto, rimproverai acerbamente il mio compagno:
+
+— Che cosa hai fatto? Perchè uccidere l’uomo che ci dava a mangiare
+e ci offriva asilo nei giorni del pericolo? Sei un tristo e un
+miserabile!
+
+Il Derudas si strinse nelle spalle e mi disse:
+
+— Oh, sta a vedere che un bandito dovrà lasciarsi vincere da uno
+scrupolo!
+
+Avvenne intanto, che il mio compagno erasi pazzamente innamorato di
+Maria Grazia, la bellissima vedovella di un altro mugnaio, il quale
+conduceva il molino di _San Lorenzo_, nei dintorni di Florinas, da me
+pure frequentato. Antonio Maria Derudas fece di tutto per celarmi la
+sua fiamma; ma non tardai ad accorgermi che sospettava di una segreta
+relazione fra me e la vedova.
+
+Io rideva delle sue smanie gelose, poichè sapevo che la vedovella, una
+bellissima donna, era realmente innamorata di un terzo: di un giovane,
+col quale erano passati accordi di matrimonio.
+
+Il giovane innamorato erasi con me aperto, svelandomi che le relazioni
+colla vedova erano di natura molto intima. Egli chiedeva un mio
+consiglio.
+
+Io, che sapevo scaltra la vedova, poichè nelle assenze del giovane
+cercava di tirare a sè anche il Derudas, gli dissi:
+
+— Apri gli occhi, fratello! Tu devi fidare nella mia sola amicizia.
+Quando ti avviserò di non andare più da lei, ubbidiscimi!
+
+E il giovane, infatti, aveva cominciato a rendere più rare le visite
+al molino, dopochè si era accorto che la vedovella aveva un cuore sì
+largo, da poter dare ricovero a due.... ed anche a tre!
+
+Nondimeno la scaltra mugnaia, accompagnata dal suo giovane amante, un
+bel giorno fece una gita a Sassari, insieme ad altro mugnaio colla
+rispettiva moglie. Le due coppie presero alloggio in un’osteria,
+ordinando una camera separata, per ciascuna. Questo fatto fece
+mormorare i maligni, e specialmente i coniugi mugnai, ch’erano stati
+testimoni della scandalosa intimità dei due compagni di viaggio.
+Tornata la vedovella al molino, non tardò a notare la freddezza del
+giovane e la corte più assidua che le andava facendo Derudas, ignaro
+del fatto dell’osteria. Temendo che il mugnaio e sua moglie, colle
+chiacchiere, riuscissero a far aprir gli occhi a Derudas sull’episodio
+di Sassari, la vedovella si strinse vieppiù a quest’ultimo, esortandolo
+ad uccidere i due testimoni pericolosi, non so per quali torti, che
+diceva aver ricevuto.
+
+Il Derudas un bel giorno venne a confidami le apprensioni della vedova,
+la quale gli consigliava ad uccidere il mugnaio e la moglie, perchè ci
+facevano la spia.
+
+Io, che tutto sapevo dal giovane amante, gli risposi infastidito:
+
+— Ma non ti accorgi dunque, che sei menato per il naso? Da qualche
+tempo a questa parte mi vai contando frottole, che mi rivelano la tua
+poca lealtà. Fammi toccare con mano che i coniugi mugnai ci fanno la
+spia, e mi prenderò io l’incarico di spararli, poichè nel tiro sono
+di te più esperto. Cessa, però dallo spacciarmi tante fandonie. Apri
+gli occhi da una buona volta, ed ascoltami! Il giorno che tu torcerai
+un capello a quel buon uomo, od a sua moglie, avrai da farla con me! I
+capricci e gli amori ti costeranno ben cari!
+
+Il Derudas si offese, e mi tenne il broncio; ed io mi accorsi che
+cercava vendicarsi. Legato alla vedova da relazione amorosa, si erano
+entrambi proposti di farmi arrestare, colla speranza di conseguire
+la loro felicità. La causa del Derudas era meno grave della mia, ed
+egli sperava di ottenere dal Governo l’impunità, a prezzo della mia
+cattura o della mia morte, ottenute col mezzodì una delazione o di un
+tradimento.
+
+Era questo il sogno di Maria Grazia, che voleva disfarsi di me,
+per unirsi in matrimonio con un bandito graziato. Il giovane si era
+stancato di lei, ed ella non voleva perdere il secondo partito.
+
+Ricordando le mie minaccie, e temendo il mio furore, il Derudas tornò a
+parlarmi della convenienza di uccidere i due mugnai, che ci facevano la
+spia. La vedovella pareva preoccupata di quel certo caso dell’osteria
+di Sassari, che poteva mandare a monte il suo matrimonio.
+
+Ero sul punto di tutto svelare al mio compagno, ma mi contenni. Mi
+limitai a rispondergli con malagrazia:
+
+— Di nuovo colle supposte spie? Decisamente le donne t’empiono la testa
+di vento. Te l’ho pur detto di non più parlarmene!
+
+E così dicendo mi alzai con stizza, come per uscire dalla capanna, in
+cui entrambi si era.
+
+— Dove vai? — mi chiese Derudas con tono risentito.
+
+Mi voltai, squadrandolo con disprezzo:
+
+— Vado dove mi pare e piace! D’ora innanzi, se ti è cara la mia
+compagnia, dovrai venirmi dietro come un cane. Io non ti comunicherò
+più le mie intenzioni!
+
+— Allora sarà meglio che ciascuno faccia la sua strada! — mi disse con
+aria brusca.
+
+— È precisamente quello che desidero! — risposi secco. — Ti predico,
+però, che dentro l’anno cadrai nelle mani della giustizia..... e ti
+arresteranno addormentato. Io conosco quanto vali!
+
+Così dicendo piantai il mio compagno; e da quel giorno ci guardammo
+in cagnesco. Io voleva solamente accertarmi del suo proposito di farmi
+la spia, di concerto colla scaltra vedovella. Una volta avute in mani
+le prove della loro perfidia, avrei io pensato al modo di fargli pagar
+caro il tradimento.
+
+
+
+
+CAPITOLO X.
+
+Giusta pena e pena ingiusta.
+
+
+Farò un passo indietro per narrare due casi avvenutimi, durante il
+tempo ch’ebbi a compagno il bandito Derudas.
+
+Antonio Maria Cosseddu, di Banari, da qualche tempo cercava di farmi
+la spia. Era stato tre volte in carcere, ed uscitone, volle seco
+in compagnia due pastori banaresi (certi fratelli Antonio Maria
+e Salvatore Carta) perchè non venisse molestato dai nemici. I due
+fratelli erano ricchi, onesti, e molto stimati nel paese.
+
+Il Cosseddu aveva in custodia molti porci e capre, a lui affidati da un
+agiato proprietario di Banari.
+
+Incorsi in una contravvenzione, i fratelli Carta erano stati condannati
+a un mese di carcere. Poco dopo pubblicata la sentenza, fui invitato
+a pranzo nel loro ovile, dove mi trovai in compagnia di Derudas, di
+Gio. Antonio Nuvoli, e del prete florinese Massidda. Appresa la recente
+condanna, tutti d’accordo consigliammo i due fratelli a costituirsi in
+carcere l’uno alla volta, perchè così potessero sorvegliare il proprio
+bestiame. Promisi, da mia parte, che avrei tenuto d’occhio la loro
+proprietà, durante il tempo della prigionia dell’uno e dell’altro.
+
+E così, infatti, essi fecero.
+
+Durante il tempo che Gio. Maria scontava il suo mese di carcere, la
+spia Cosseddu ebbe un vivo diverbio coll’altro fratello Salvatore, e
+fu sul punto di ucciderlo, facendo accorrere sul luogo i carabinieri.
+Quest’intervento dell’arma benemerita era stato forse concertato con
+la spia, allo scopo di farmi sorprendere nella capanna insieme al mio
+compagno Derudas. Scampai al pericolo — ma giurai di vendicarmene.
+
+Costituitosi in carcere Salvatore (dopo uscitone il fratello Gio.
+Maria) quest’ultimo si mostrò molto risentito del perfido contegno del
+Cosseddu, e mi pregò di ucciderlo.
+
+Io gli risposi:
+
+— La vendetta sarebbe giusta; ma che avverrà in seguito? Tutti
+ormai sanno che siete nemici del Cosseddu; e se io l’uccidessi, voi
+sareste arrestati come esecutori o mandanti. Anch’io avrei bisogno di
+punirlo, ma questa volta la mia vendetta non tornerebbe che a danno
+vostro.......
+
+— Che fare, dunque?
+
+— Cercare il mezzo di ottenere lo scopo senza compromettere la vostra
+libertà.
+
+— E questo mezzo? Consigliami tu!
+
+— Rispondi. È egli vero che Antonio Maria Cosseddu è un volgare
+sicario, che ha sulla coscienza molte pelli?
+
+— È ben noto al paese!
+
+— Tu e gli amici tuoi, siete in grado di conoscere i delitti da costui
+commessi?
+
+— Li conosciamo.
+
+— Puoi tu mettere insieme otto testimoni delle scelleraggini di quel
+cattivo soggetto?
+
+— Anche venti!
+
+— Mi bastano otto. Quando li avrai riuniti, dammene avviso, ed io ti
+dirò quanto devono fare.
+
+Radunate le otto persone in campagna, col pretesto d’una partita di
+caccia, Gio. Maria Carta mi diede l’appuntamento.
+
+Salutata la comitiva, presi la parola, e dissi loro:
+
+— Siete voi tutti consapevoli degli assassinî commessi da Antonio Maria
+Cosseddu?
+
+— Sì.
+
+— Proprio in coscienza?
+
+— Ognuno di noi può asserirlo con prove di fatto.
+
+— Or bene, allora fate così. Quattro di voi si presentino al
+procuratore del re di Sassari, denunziandogli i fatti che si conoscono.
+Ritornati questi, partiranno gli altri quattro, per fare altrettanto.
+Raccolte dal fisco le denunzie in iscritto, egli ha il dovere di
+spiccare il mandato di cattura, e istruirà il processo.
+
+Il mio consiglio fu seguito scrupolosamente; e il Cosseddu venne
+arrestato, processato, condannato a morte, e impiccato a Sassari.
+
+Dopo la condanna, dissi al pastore Gio. Maria:
+
+— Vedi tu come si fanno le cose? Tu non sei rovinato nella persona e
+nella roba; io non ho la pelle di un sicario sulle spalle; il nostro
+nemico è punito; e la giustizia può andar lieta di aver tolto dal mondo
+un miserabile assassino!
+
+Il Cosseddu aveva a Banari un cognato prete; e il paese diceva che
+costui era riuscito a strapparlo tre volte alle carceri, per mezzo
+delle fattucchierie. Dopo la condanna a morte, una mattina, il prete
+fu trovato svenuto sul pavimento della sacristia; e fu detto che il
+diavolo lo avesse abbandonato, perchè non era riuscito a strappare
+il cognato al carnefice. Il povero prete, dopo l’impiccagione del
+Cosseddu, si chiuse in casa per sei anni, e non volle più vedere anima
+viva[34].
+
+I fratelli Carta erano buona gente, ed io volevo, ad ogni costo,
+toglierli alle seccature. Costava poco, a un bandito, uccidere un uomo
+come Cosseddu; ma non volevo compromettere i due amici, dai quali avevo
+sempre ricevuto gentilezze. Ero certo che su loro sarebbero caduti i
+sospetti dell’uccisione della spia, per gli screzi e le minaccie che in
+precedenza si erano verificati. La spia Cosseddu aveva scontato le sue
+perfidie e i suoi delitti — e la mia coscienza era tranquilla.
+
+ *
+ * *
+
+Mi trovavo ancora a Banali, quando, un giorno, m’imbattei nel
+bandito Derudas, prima della nostra rottura. Egli mi confidò che
+due ladri d’Ittiri avevano derubato un suo fratello, togliendogli
+persino i sacchi, che teneva sotto il basto del cavallo che montava.
+Quest’audacia lo inasprì talmente, che mi dichiarò di odiare tutti gli
+ittiresi.
+
+In compagnia di diversi amici ci trovammo l’indomani a _Badu Sinaghe_,
+dove si mangiò allegramente, e si bevette non poco. In sul finire del
+pranzo, mentre si chiacchierava col padrone del luogo, venne un pastore
+ad avvertirlo, che quattro ittiresi erano entrati nel tenimento per
+tagliar legna.
+
+Il padrone, indignato, ordinò al servo di mandarli via.
+
+— Perchè non andiamo noi a trovarli? — esclamò vivamente Derudas,
+alzandosi. — Non posso dimenticare che hanno derubato mio fratello.
+
+— Non saranno certo gli stessi! — osservai scherzando.
+
+— Che importa? sono ittiresi, e basta!
+
+Così dicendo il mio compagno si mosse, e noi gli tenemmo dietro.
+
+Il padrone sgridò quei ladri sfacciati, ed io tolsi loro i picchi e le
+ronche, dicendo che li avrebbero ripresi un’altra volta.
+
+Uno dei ladruncoli — che certamente non ci conosceva — si fece innanzi
+con baldanza, e venendomi incontro mi gridò con disprezzo:
+
+— Tu fai il gradasso perchè sei armato di fucile!
+
+Il sangue mi fe’ velo agli occhi, e gli saltai addosso, strappandogli
+di mano la scure.
+
+L’ittirese mi afferrò allora per la barba; ed io, cieco, lo percossi
+colla scure, ferendolo gravemente al braccio.
+
+Mi accorsi, lo confesso, d’essere stato troppo focoso, e di aver
+commesso una brutta azione. Sebbene l’afferrare un sardo per la barba
+sia l’insulto più atroce che si possa fare, pure riconobbi che il torto
+era mio, ed ebbi vergogna di me stesso. Debbo dichiarare, che di questo
+eccesso ebbi ad arrossire per tutta la vita. In quel momento non avevo
+pensato che a vendicare il mio compagno Derudas, senza badare quanto
+sia ingiusto e ridicolo bisticciarsi per conto di un terzo.
+
+Pochi giorni dopo ricevetti una lettera dal cav. Suzzarello, colla
+quale mi esortava a restituire i ferri ai quattro ittiresi, uno dei
+quali era un suo servo. Meno male che il Suzzarello non mi tenne
+rancore; egli, più tardi, mi raccomandò di procurargli un buon mastino
+per caccia grossa, avendogli un robusto cinghiale sbranato nove cani,
+in una partita di caccia a _Giunchi_. Lo compiacqui, e se ne mostrò
+soddisfatto.
+
+L’ittirese da me ferito non tardò a guarire, e ne fui lieto.
+
+Racconto questi episodi per darvi un’idea della vita di noi banditi. Ne
+taccio molti altri insignificanti, per non tediare chi leggerà la mia
+storia.
+
+ *
+ * *
+
+A Banari, come in tutti i paesi del circondario, destavo sempre una
+curiosità singolare. Quando passavo in quella regione, il medico Peppe
+Canu avvertiva i cavalieri, i quali colle loro famiglie si recavano a
+far pranzo in campagna, per il solo gusto di conoscermi da vicino.
+
+Quei cavalieri m’invitarono molte volte a prender parte ai loro
+pranzi; e per consueto mi s’incaricava di fare le porzioni a tavola,
+meravigliati, i commensali, della mia abilità nel tagliare le carni,
+che distribuivo in un momento, con equa misura. Si era talvolta in
+venticinque o trenta individui in campagna, e tutti si mostravano
+avidi di conoscere qualche episodio della mia vita di bandito, ch’io
+raccontavo loro con piacere.
+
+Un giorno, nel salto di _Badu Sinaghe_, in Giunchi, dovendosi preparare
+i soliti regali a Monsignore e a diversi signori di Sassari, venni
+incaricato dell’uccisione del bestiame; e uccisi ben quattordici
+porci e troie a palla, dando spettacolo di valentìa col colpirli tutti
+nell’occhio, per non far loro perdere il sangue[35].
+
+Ho antecipato un po’ gli avvenimenti; ed ora ritorno al mio compagno
+Derudas, prima di abbandonarlo al suo triste destino.
+
+
+
+
+CAPITOLO XI.
+
+La penna vale il fucile.
+
+
+Da poco tempo ero separato dal Derudas, quando egli uccise il bandito,
+che aveva scelto a suo nuovo compagno. Dirò brevemente il fatto.
+
+Un ricco possidente d’Ossi si era bisticciato vivamente con un suo
+servo — certo Antonio Elias; e s’inasprì talmente, che lo percosse.
+Il servo, più robusto di lui, si avventò al suo padrone, e dopo averlo
+picchiato si salvò colla fuga.
+
+Il ricco proprietario, volendo vendicarsi dell’atroce insulto,
+mi chiese un abboccamento in campagna. Egli mi propose una larga
+ricompensa, se avessi tolto dal mondo quel servo prepotente ed ingrato.
+Gli risposi che si fosse ad altri rivolto, poichè io non solevo
+uccidere chi non mi aveva offeso.
+
+Appresi in seguito che il padrone si era rivolto a Derudas,
+proponendogli la stessa uccisione. Il Derudas osservò che non osava
+fare il colpo, perchè temeva la mia collera e la mia vendetta.
+
+Allora il proprietario di Ossi, coll’intento d’incoraggiarlo, gli fece
+credere avergli anch’io promesso di sbarazzarlo dal servo audace.
+
+— Pensaci, dunque, se vuoi guadagnare ottanta scudi!
+
+Anche questo colloquio era venuto a mia conoscenza, per la relazione di
+confidenti, che a me non mancavano.
+
+Avevo intanto saputo, che il bandito Elias, il servo prepotente, si
+era dato a scorrazzare la campagna insieme al Derudas, che se lo aveva
+associato come compagno di ribalderie.
+
+Un giorno Derudas osò venirmi incontro. Avendolo poco prima veduto con
+Elias, gli dissi seccamente:
+
+— E perchè ti presenti solo? Non è forse degno il tuo compagno
+d’essermi presentato? Chiamalo pure, se lo hai nascosto!
+
+Derudas si accostò al ciglione, e lo chiamò con un lungo fischio.
+Quando comparve l’altro bandito, lo apostrofai:
+
+— Perche ti accompagni con Derudas? Non hai capito ancora che egli fu
+pagato per ucciderti? Abbandonalo, se ti è cara la vita!
+
+Il Derudas mi fulminò con un’occhiata, ma tacque. Senz’altro dire, fece
+un brusco cenno al compagno, e si allontanarono.
+
+Ero sul punto di fargli fuoco addosso, ma poi mi contenni. Due o
+tre volte era venuto a tiro del mio fucile, ma sempre lo risparmiai,
+non volendo si dicesse che io uccidevo i miei compagni. Uccidere il
+proprio compagno è per i banditi la più grande delle vergogne e delle
+vigliaccherie; poichè darebbe a sospettare che l’uccisione sia seguita
+nel sonno. Aspettai un’occasione più propizia. Volevo d’altronde
+accertarmi, che insieme all’amica mugnaia egli mi facesse realmente la
+spia.
+
+Non trascorse una settimana da quel nostro incontro, quando Derudas
+uccise il giovane Elias, per la cui morte gli vennero sborsati ottanta
+scudi dal ricco proprietario d’Ossi. Questa somma gli abbisognava
+per la liberazione. In noi banditi era radicata la credenza, che la
+giustizia avesse bisogno di soldi per chiudere gli occhi ed alleggerire
+la mano — e la giustizia d’allora non era quella d’oggi! I giudici
+erano anch’essi complicati nei partiti, e ciascuno aveva i suoi _bravi_
+protetti e protettori, specialmente a Sassari.
+
+Verso quel tempo Derudas aveva tentato di separarsi dalla vedovella; ma
+questa gli disse:
+
+— Bada, Antonio Maria, a quello che fai! Ricordati che per te ho
+licenziato un giovane che mi voleva bene. Se persisti ad abbandonarmi
+perchè stanco di me, ti prevengo che mi raccomanderò a Giovanni Tolu
+per aggiustare la faccenda!
+
+Questa minaccia sortì il suo effetto, poichè Derudas aveva paura di me.
+Egli finì per sposare la vedovella in casa del rettore, a Banari. La
+teneva in un molino, dove andava a trovarla di tanto in tanto, dandole
+appuntamenti in questo o in quel punto, come usano tutti i banditi
+ammogliati, che non possono avere una casa coniugale.
+
+Non corse lungo tempo, che Derudas venne arrestato, avverandosi la mia
+profezia. I carabinieri lo avevano colto mentre dormiva. L’imbecille si
+era svegliato in carcere!
+
+La mancanza di prove testimoniali favoriva la causa di Derudas. I
+processi erano per la maggior parte indiziarî; e correva la voce
+della probabile assoluzione del bandito mio compagno. Si accennava da
+taluni a persone influenti, a qualche giudice a cui si erano dati gli
+80 scudi di Elias per diventare più _giusto_. Non mancò chi mi pose
+in avvertenza, dicendomi che la bella mugnaia era intesa col detenuto
+marito per ottenere l’assolutoria, facilitandola colla mia cattura.
+
+Quest’ultima diceria — che correva da qualche tempo — mi aveva messo
+i brividi addosso. Sentivo di essere feroce. Ero pentito di non aver
+ucciso Derudas; maledicevo gli scrupoli e i riguardi ridicoli, che
+avevano trattenuto il mio braccio.
+
+Quale umiliazione per me, se si fosse avverato il pronostico! Io in
+carcere, e Derudas in libertà? questo pensiero mi torturava.
+
+Avevo bisogno di convincermi, che realmente Maria Grazia mi tendesse
+un’insidia. Non volevo prestar fede ai molti che mi assicuravano, che
+fra il detenuto e la moglie (annuente la polizia) correvano segreti
+rapporti.
+
+Vivevo irrequieto; le mie notti erano turbate da sogni angosciosi.
+Avrei voluto travestirmi da guardia carceraria per uccidere il mio
+perfido compagno nella sua cella di San Leonardo.
+
+S’ei fosse uscito dal carcere prima della mia cattura, sarei stato più
+contento, poichè avrei potuto ucciderlo al fianco della propria moglie;
+ma chi mi assicurava che la sua libertà non era subordinata alla mia
+perdizione?
+
+In preda a questi tormenti non pensai che a procurarmi le prove del
+tradimento a mio danno.
+
+Aggirandomi un giorno nelle vicinanze del molino della moglie di
+Derudas, mi cacciai nel vicino bosco, dove vidi la sua bella servetta,
+che andava in traccia d’un maiale sbandato. Siccome in altri tempi le
+avevo fatto un po’ di corte, me le avvicinai sorridendo:
+
+— Buon giorno, Catterina. Come stai?
+
+— Oh! beato chi ti vede! È un bel pezzo che non vieni a trovarci nel
+nostro molino!
+
+— Dacchè hanno arrestato il tuo padrone ho sospeso le visite al molino
+per non dar pasto alla maldicenza.
+
+— Che scrupoli! E perciò hai avuto paura di rivedermi? Ben gentile!
+
+— Riparerò al mio torto fra breve. Verrò a salutare Maria Grazia... e
+te più di lei.
+
+— Possibile! e quando? La mia padrona sarà tanto contenta di rivederti.
+Mi parla sempre di te.
+
+— Verrò... Tra due giorni; venerdì, o sabato... dopo l’imbrunire.
+
+— Davvero?
+
+— Bada di non dirlo a nessuno, Catterina! Addio, belloccia!...
+
+— Tieni le mani a posto!
+
+— Sei proprio adirata con me?
+
+— Te lo dirò quando verrai al molino.
+
+E la servetta, si allontanò, saltellando come una capriola.
+
+Nè il venerdì, nè il sabato mi mossi per andare al molino; ma la sera
+stessa pregai un mio parente, perchè si appiattasse per tre giorni in
+un punto lontano, per sapermi riferire le persone che sarebbero andate
+a far visita alla mugnaia.
+
+— È questione forse di gelosia?
+
+— No: è un mio capriccio. Bada di non farti vedere!
+
+La domenica mattina il mio congiunto tornò a me. Era alquanto turbato.
+
+— Ebbene? — gli chiesi — Hai scoperto il misterioso visitatore?
+
+— Altro che visitatore! Venerdì sull’imbrunire mi sono imbattuto in
+sei carabinieri sulla strada di Codrongianus. Erano diretti al molino,
+e li ho visti sparire nel vicino boschetto. Certo si trattava di un
+appiattamento, perchè vi sono rimasti due notti. Erano guidati dal
+maresciallo, il quale entrò due volte nel molino, dopo le dieci.
+
+La trama era scoperta, ed io non potevo più dubitare della perfidia di
+Maria Grazia, che cercava di vendere la mia pelle per salvare quella di
+suo marito.
+
+Dovevo dunque pensare alla vendetta: punire il marito dentro carcere,
+e strapparlo per sempre alla moglie; e tutto ciò senza far uso del mio
+fucile.
+
+Il tempo stringeva. Il dibattimento di Derudas era incominciato, ed
+ogni ritardo poteva pregiudicare il mio disegno.
+
+Mi ricordai della confidenza fattami un anno addietro da Derudas,
+dinanzi alla cantoniera di Campomela.
+
+Senza frapporre indugio mi recai al villaggio di Mores, per abboccarmi
+con Antonio Masala di Cargeghe. Era costui il fratello di Angelo
+— dell’uomo assassinato da Derudas e da Puzzone per incarico e col
+concorso di Manconi.
+
+Trovato il Masala gli dissi:
+
+— È una vergogna, o Antonio! Com’è ch’hai fatto sì poco conto di tuo
+fratello assassinato?
+
+— E che doveva io fare, quando mi sono ignoti gli uccisori? o per dir
+meglio, quando mi mancano le prove?
+
+— Le prove si trovano sempre, quando si cercano!
+
+— Così fosse! Che cosa mi consigli di fare?
+
+— Fidarti di me. Hai tu avvocato a Sassari?
+
+— Sì. Il dibattimento credo sia già incominciato.
+
+— Chi è il tuo avvocato?
+
+— Cossu, _il grande_.
+
+— Ebbene, bisogna scrivere al tuo avvocato.
+
+— Scrivere che cosa?
+
+— Presso a poco nei termini che io ti suggerirò.
+
+— Sentiamo.
+
+Ed io dettai, accentuando le parole:
+
+ _Illustrissimo Signor avvocato_,
+
+ «Le do alcuni ragguagli, che Ella si affretterà a comunicare al
+ procuratore del re. I testimoni Ignazio Tolu e Giovanni Manconi,
+ già esaminati dal giudice istruttore subito dopo l’assassinio
+ di Angelo Masala, tacquero quanto sapevano perchè i banditi
+ Derudas e Puzzone battevano allora la campagna, e li avrebbero
+ uccisi se avessero deposto il vero. Ora però, che l’uno è morto,
+ e l’altro è in carcere, essi possono parlare. Oso sperare, che
+ l’eccellentissimo Tribunale vorrà perdonare ai due disgraziati
+ testimoni, i quali deposero il falso, solamente per timore di
+ perdere la vita. Angelo Masala disparve, nè si ebbero le prove
+ della sua morte per malefizio. Il suo cadavere fu sotterrato
+ dagli assassini nel tenimento di Don Battista Solinas nel sito _sa
+ funtana de sa piarosa_, in faccia alla cantoniera di Campomela.
+ Si mandi a dissotterrare il cadavere, seguendo le traccia che a
+ calce della presente verranno indicate.» (E qui diedi i più minuti
+ schiarimenti sulla località da me conosciuta).
+
+Questa lettera fu distesa e mandata all’avvocato Cossu.
+
+Il dibattimento, che era in corso, venne sospeso e rinviato. Si esumò
+il cadavere; si fece la perizia; furono uditi i testimoni indicati — e
+il risultato del nuovo giudizio fu la condanna di Antonio Maria Derudas
+ai lavori forzati a vita. Egli morì in galera dopo quattro anni di
+pena.
+
+Il mio procedimento ebbe il risultato propostomi. Mi ero vendicato di
+un compagno traditore e di una moglie spia. La società venne liberata
+da un malfattore volgare; ma ben pochi seppero che la giustizia era
+stata illuminata dal bandito Giovanni Tolu![36]
+
+
+
+
+CAPITOLO XII.
+
+Cambilargiu, Spano, Fresu.
+
+
+Darò alcuni ragguagli su tre banditi, ch’ebbi per qualche tempo a
+compagni, e di cui mi occuperò nel corso della narrazione.
+
+La prima volta che io vidi Pietro Cambilargiu fu a _Monte fenosu_,
+verso _Scala di Ciogga_, nell’ovile di Pietro Migheli, suo cugino.
+
+Pietro Cambilargiu fu ritenuto come il bandito più celebre del
+Logudoro. Le sue gesta sanguinarie sono tuttora argomento dei racconti
+del popolo. Tesserò brevemente la sua storia, quale l’ho udita tante
+volte da lui stesso, durante i sei mesi che gli fui compagno. Riferirò
+quanto egli narrò a me e ad altri banditi, senza rendermi garante delle
+vicende riguardanti la sua vita in continente ed in Corsica.
+
+Non devo tacere che Cambilargiu aveva la debolezza di menar vanto delle
+sue scelleratezze: nessun altro bandito conobbi mai più millantatore
+di lui, nè più crudele nel vendicarsi. Più che la morte, egli voleva lo
+strazio della vittima.
+
+Pietro Cambilargiu non era un uomo d’armi, nè di campagna, come noi lo
+eravamo. Modesto e povero calzolaio, aveva trascorso in giovinezza nel
+suo paesello d’Osilo, dando continue prove della sua irascibilità e
+della sua impertinenza.
+
+Contava appena 18 anni, quando Nicolò Cherchi, il suo mastro calzolaio,
+gli diede uno schiaffo. Indispettito della punizione ricevuta, esplose
+una pistola contro il suo principale, ferendolo leggermente. Venne
+arrestato, e condannato a tre anni di lavori forzati. Mentre scontava
+la pena nell’ergastolo di Cagliari, riuscì ad evadere, e battè le
+campagne d’Osilo, come bandito. Uccise poco dopo certo Pietro Marongiu,
+perchè dicevasi volesse fargli la spia. Vedutolo un giorno a cavallo,
+gli mosse incontro, e gli diede una fucilata, dopo avergli detto: — ti
+do quello che ti spetta!
+
+Egli si era unito a due altri banditi — a Pietro Dore e a Giomaria
+Ledda, suoi compaesani. Il Ledda per ottenere la libertà gli fece
+la spia, e i barracelli un bel giorno, nel sobborgo di S. Vittoria,
+riuscirono ad arrestarli tutti e tre.
+
+Cambilargiu fu condannato alla galera in vita. Frustato prima dal
+boia, (come voleva la giustizia d’allora) fu in seguito condotto ad
+Osilo col remo in spalla e con la corda al collo, per fargli baciare
+_il piede della forca_, piantata dinanzi alla fontana di _Rinnu_.
+Dicesi che, attraversando così il paese, ad ogni sbocco di via gli si
+presentasse sogghignando il Ledda, quasi per gioire del suo supplizio;
+e Cambilargiu per due volte gli disse: — Prega Iddio che non abbiamo a
+rivederci un giorno!
+
+Cambilargiu fu mandato all’ergastolo di Villafranca, e il Ledda,
+graziato per lo spionaggio fatto, si ritirò ad Osilo per esercitarvi il
+mestiere di fabbro.
+
+Nell’ergastolo di Villafranca il Cambilargiu lavorò da calzolaio, e
+divenne abile nella professione. Uno dei superiori del Bagno penale
+lo incaricò di provvedere di calzatura la famiglia, ed era tanta la
+fiducia in lui riposta per la buona condotta, che lo si lasciava andare
+a comprar le pelli e la suola nei negozi della città, accompagnato da
+una sola _guardia ciurma_. I lavori di calzoleria inappuntabilmente
+eseguiti, le belle maniere del giovane osilese, la sua condotta
+esemplare, fecero sì che Cambilargiu si attirasse la benevolenza dei
+superiori.
+
+Intanto il galeotto era riuscito colla furberia ad informarsi
+delle distanze e dell’accidentalità del terreno fra Villafranca e
+la frontiera francese, nonchè del fiume che bisognava guadare per
+raggiungere la terra straniera.
+
+Un bel giorno, uscito come al solito in compagnia della guardia
+per provvedersi di pelli in città, invitò a bere il suo compagno
+in un’osteria, fino ad ubbriacarlo; e portatolo in un certo punto,
+all’estremità del paese, gli propose di sedere alquanto per riposare.
+Quando vide la guardia sonnolente per il vino bevuto, gli strappò di
+mano la carabina, svoltò una viottola, e si diede a correre come un
+capriolo per guadagnar la campagna.
+
+La guardia balzò in piedi barcollando, credendo si trattasse di uno
+scherzo; ma quando si avvide del brutto tiro fattogli, si diede a
+gridare al soccorso con quanto fiato avea in corpo.
+
+Cambilargiu, correndo, aveva raggiunto la montagna, e si era cacciato
+in un folto cespuglio, dove rimase appiattato tre giorni e tre
+notti. Ivi riuscì a liberarsi della catena per mezzo di una lima, e
+cambiò la giubba e il berretto da galeotto con altri panni che aveva
+seco portati. Non volte spingersi fino al ponte, poichè sapeva che
+di qua e di là era guardato dalle sentinelle italiane e francesi.
+Alla mezzanotte del terzo giorno uscì dal nascondiglio e si diresse
+al fiume, che costeggiò per breve tratto, fino a trovare un guado
+possibile. Cambilargiu si spogliò; assicurò le vesti e le scarpe alla
+punta di una lunga pertica di cui si era munito, e giunse a toccare
+l’opposta sponda, coll’acqua fino alla gola.
+
+Il primo passo era fatto. Egli si trovava in terra francese.
+
+Rivestitosi de’ suoi panni, l’evaso continuò a camminare con coraggio
+e disinvoltura, finchè capitò fra gli agenti di polizia, che lo
+tradussero dinanzi ad un Commissario. Egli dichiarò di essere un
+soldato italiano disertore, il quale voleva servire la Francia.
+
+— Come ti chiami?
+
+— Michele Serra.
+
+— A qual reggimento appartieni?
+
+— Al reggimento della _Regina_.
+
+— Il nome del tuo capitano?
+
+— Cav. Luigi Bianchi.
+
+— Vuoi servire come soldato, o ti piace lavorare?
+
+— Preferisco il lavoro, perchè il mio mestiere era quello di calzolaio.
+
+Dopo essere rimasto una ventina d’anni in Francia, per lo più a
+Marsiglia, Cambilargiu passò in Corsica; e trovò occupazione presso una
+calzoleria, in cui lavoravano una diecina di operai. Egli entrò nelle
+grazie del principale e della moglie di costui, che presero a volergli
+bene ed a proteggerlo.
+
+Certo è, che quell’uomo singolare, evaso due volte da galera, non aveva
+che un pensiero fisso: vendicarsi di colui che ad Osilo gli aveva fatto
+la spia, per consegnarlo ai carabinieri.
+
+Morì intanto il proprietario della calzoleria; e Pietro Cambilargiu,
+giovane ancora, e audace quanto libertino, si die’ a fare la corte alla
+vedova, riuscendo a mettersi in intima relazione con lei.
+
+Questa vedova aveva quattro fratelli, di carattere violento ed
+energico, come d’ordinario lo sono i corsi; e mal soffrendo la tresca
+scandalosa, che faceva mormorare il paese, imposero a Michele Serra
+(così Cambilargiu continuava a farsi chiamare anche in Corsica) di
+sposare la sedotta loro sorella. Siccome gli affari della calzoleria
+andavano maluccio, e Cambilargiu smaniava di far ritorno al suo
+paesello natio per vendicarsi di Giomaria Ledda, egli finse di
+accondiscendere all’invito dei futuri cognati — e chiese alcune
+settimane di tempo per aggiustare le sue cose in Sardegna, e per
+munirsi delle carte necessarie per il matrimonio.
+
+Sbarcato sul litorale di Castelsardo egli riparò nelle campagne
+d’Osilo, deciso di allontanarsi per sempre dalla Corsica.
+
+Capitato nell’ovile di alcuni suoi parenti, vi fu ravvisato da una
+vecchia zia, quantunque parlasse in francese e si fosse spacciato,
+prima per un mendicante di Villasor, e poi per un negoziante di
+bestiame. Veduto ch’era inutile mantenere l’incognito, si diede a
+conoscere a suo cugino Pietro Migheli, e svelò addirittura la sua
+intenzione di uccidere il maniscalco Giomaria Ledda, già suo compagno
+bandito, e allora libero per il tradimento fattogli a Santa Vittoria.
+
+Per mezzo di diverse persone, fra le quali l’arciprete, egli mandò a
+salutare l’antico collega, facendogli dire che avrebbe avuto il piacere
+di riabbracciarlo fra breve!
+
+Il Ledda credette scherzo l’ambasciata, sicuro com’era che Cambilargiu
+scontava la pena nell’ergastolo di Villafranca.
+
+Il giorno di S. Vittoria, Cambilargiu, favorito da alcuni suoi parenti,
+si appiattò in un cortile ch’era di contro all’officina di Giomaria
+Ledda.
+
+Certo Matteo Serra, volendo ferrare un suo cavallo, si era quel giorno
+portato dal fabbro maniscalco.
+
+Mentre il Ledda, sulla strada, era intento a ferrare il cavallo —
+fra il servo che teneva sospesa la zampa della bestia, e il Serra
+che assisteva all’operazione — quest’ultimo si accorse del bandito,
+nascosto in una catasta di legna. Cambilargiu gli fe’ cenno colla
+mano di scostarsi. Matteo Serra indietreggiò, balbettando: — Giomaria!
+Giomaria! Ledda indovinò tutto, e fece alquanti passi per afferrare il
+suo fucile, ch’era appoggiato allo stipite della porta. Non giunse a
+toccarlo, perchè cadde fulminato dalle palle di Cambilargiu.
+
+Da quel giorno Pietro Cambilargiu divenne celebre in tutta l’isola.
+Le sue gesta sanguinarie, che si seguirono senza tregua, venivano in
+mille modi esaltate dai parenti e da’ suoi compaesani; però, in fondo,
+egli non aveva alcun valore, nè per destrezza, nè per abilità nel
+tiro. Dovette la sua fama alle sue volgari astuzie, alla sua crudeltà,
+all’impeto feroce con cui assaliva i nemici. La vendetta più assennata
+fu per lui l’uccisione del maniscalco spia; in seguito lasciossi
+trasportare a eccessi feroci, prestandosi anche a togliere per danaro
+la vita ad altri per conto di terzi.
+
+Si unì prima col bandito Antonio Spano di Ossi; poi con Francesco
+Palmas e Salvatore Fresu, e in ultimo con me, come si vedrà più tardi.
+
+Il paese d’Osilo era impressionato dalle continue scelleratezze di
+quel ribaldo. Approfittando del terrore che Cambilargiu destava
+nei dintorni, i suoi parenti commettevano ogni sorta di delitti.
+Scorrazzando per le campagne, essi rubavano frutti, uccidevano
+bestiame, chiedevano danaro; e nessuno fiatava, temendo che il bandito
+prendesse le difese de’ suoi congiunti ladri.
+
+Era giunta a tal segno l’esaltazione entusiastica, che un gran numero
+di malviventi si spacciavano parenti di Cambilargiu, solo per poter
+commettere impunemente le più audaci imprese.
+
+Eppure, chi lo crederebbe? dinanzi al nemico, Pietro Cambilargiu non
+dava mai prove di destrezza nè di coraggio. In faccia al pericolo
+perdeva facilmente il suo sangue freddo, ed agiva per impeto, senza
+riflessione.
+
+Citerò un solo fatto. Un giorno quattro carabinieri avevano ordito
+un appiattamento per dar l’assalto a Cambilargiu, che trovavasi in
+compagnia del nulvese Peppe Luigi Santona, nel molino d’una sua cugina,
+presso Nulvi. Furono entrambi bloccati dentro casa.
+
+Come avvertirono il suono delle sciabole dei carabinieri, Peppe
+Luigi uscì risoluto sul piazzale, e, messo il fucile in faccia, prese
+di mira il maresciallo, che ferì mortalmente. Cambilargiu, invece,
+sbigottito, non osando venir fuori all’aperto, perdette la testa; e,
+veduta un’ombra attraversare il piazzale, fece fuoco su di essa, e
+colpì in pieno petto il suo compagno Santona, che cadde fulminato. Per
+fortuna egli riuscì a sfuggire ai carabinieri, gettandosi capofitto
+sotto la cascata del molino, con pericolo della vita. Di quest’errore
+Cambilargiu si dolse sempre; e con ragione, poichè non tornava ad onore
+della sua perspicacia.
+
+Fra gli omicidi più crudeli commessi dal bandito osilese, noterò quello
+del giovinotto Leonardo Satta. Fui quasi testimonio, involontariamente,
+del fatto.
+
+Come dirò in seguito, da qualche tempo ero in relazione coi banditi
+Cambilargiu, Spano e Fresu, coi quali mi accompagnavo con frequenza.
+
+Un giorno, tornando insieme da Florinas, Pietro ci pregò di tenergli
+compagnia fino ad Osilo, poichè aveva bisogno di abboccarsi colà con un
+suo compare, al quale desiderava parlare in presenza di testimoni.
+
+Movemmo insieme sull’imbrunire, e nella notte ci recammo in casa del
+notaio Giovanni Satta. Dopo scambiati i saluti, Cambilargiu gli disse:
+
+— Compare Giovanni; per la fede di battesimo che ci unisce, sono
+in dovere di darvi un’avvertenza. Badate! io so che vostro nipote
+Leonardo è in rapporti intimi col _commissario_ dei carabinieri, il
+quale ha la consegna di farmi la spia. So pure che fra loro esiste
+una corrispondenza epistolare. Se voi non lo persuaderete a mettere
+giudizio, penserò io ad aggiustare le cose. Ve lo prevengo!
+
+Il notaio, invece di prendere in buona parte le parole di Cambilargiu,
+montò addirittura sulle furie, e gli rispose con tono minaccioso:
+
+— Se oserete toccare un sol capello a mio nipote, l’avrete da fare con
+me!
+
+Conoscendo il carattere bestiale di Pietro, m’interposi fra l’amico e
+il notaio, e dissi a quest’ultimo:
+
+— Lei parla male, signor notaio! Le buone parole sono più persuadenti
+delle minaccie, massime fra compari di battesimo. Lei non dovrebbe
+ignorare, che suo fratello Gavino Satta, stabilito a Florinas, fa
+il fatto suo, nè si occupa di me. Se egli se ne fosse occupato, a
+quest’ora non sarebbe vivo. Ritiri dunque le minaccie, e si aggiusti
+con compare Pietro!
+
+Cambilargiu, vivamente piccato dal linguaggio del notaio, gli rispose
+aspramente:
+
+— Compare Giovanni; poichè la prendete così in alto, vi prometto di
+dare a vostro nipote la lezione che merita. Lo ucciderò sotto ai vostri
+occhi!
+
+Ciò detto gli volse bruscamente le spalle, ed uscimmo tutti.
+
+Pochi giorni dopo un amico riferì a Cambilargiu, che il giovane
+Leonardo sarebbe andato a Sassari per conferire coi carabinieri.
+Vedutolo da lontano a cavallo, insieme al prete Canalis, che se lo
+aveva preso in groppa, il bandito spronò la cavalla e gli tenne dietro
+per un buon tratto di strada. A un certo punto — verso la _fontana
+del fico_ — il giovane smontò e si unì ad un gruppo di agricoltori che
+lavoravano in un campo.
+
+Comparso Cambilargiu, Leonardo saltò alcuni muri e si diede a correre.
+Allora il bandito gli fece fuoco addosso, e lo ferì leggermente ad un
+piede.
+
+Smontato da cavallo, Cambilargiu saltò anch’esso i muri, e corse dietro
+al giovane, gridando:
+
+— Fermati, chè non ti farò alcun male!
+
+Leonardo si fermò tremante.
+
+— Dunque ti ostini a farmi la spia? — gli gridò il bandito.
+
+— Non è vero.
+
+— Dimmi la verità!
+
+— Io sono innocente.
+
+— Questa non è la verità! Inginocchiati e prega, perchè ti uccido!
+
+Leonardo cadde in ginocchio, e congiunse le mani con aria
+supplichevole, mentre Cambilargiu armava il grilletto.
+
+Un vecchio agricoltore, che si trovava presente, cercò intenerire il
+bandito:
+
+— Perdonalo, Pietro! Non vedi che è un ragazzo?
+
+Il bandito si rivolse a lui:
+
+— Ebbene? e dai ragazzi mi lascerò dunque rovinare? Anch’io ho diritto
+di vivere; e chi mi fa la spia deve pagarla cara!
+
+Così dicendo mise il fucile in faccia; e dopo aver puntato il
+giovinotto supplicante, lo fulminò con tre palle nel petto.
+
+Il feroce bandito ebbe il coraggio di frugare nelle tasche del
+cadavere, e dopo avervi tolto alcune lettere, alla presenza di tanti
+agricoltori terrorizzati, rimontò a cavallo e si allontanò freddamente
+com’era venuto.
+
+Il bandito osilese commise quel giorno una vera vigliaccheria, che più
+volte gli rinfacciai.
+
+Tralasciando per ora le altre uccisioni fatte da Cambilargiu, dirò
+poche parole sui due altri miei compagni di ventura.
+
+ *
+ * *
+
+Ad Antonio Spano, di Ossi, era stata uccisa barbaramente la madre: una
+donna ancor giovane, bellissima ed onesta. L’avevano freddata in un
+oliveto, mentre raccoglieva le olive, perchè non aveva voluto cedere
+alle disoneste proposte di alcuni giovinastri, a cui rispose con parole
+di sdegno e di minaccia.
+
+Il figliuolo Antonio, ferito nell’anima, si era proposto di vendicare
+l’insulto fatto alla madre, e per diversi anni attese l’occasione per
+mantenere il suo giuramento.
+
+Trascorso un po’ di tempo, trovatosi Antonio in lieta comitiva in un
+territorio fra Sassari e la Nurra, si bisticciò vivamente con uno dei
+compagni, minacciandolo di punizione.
+
+Costui, per canzonarlo, gli volse le spalle; e chinandosi gli disse,
+tra il serio e il faceto:
+
+— Sparami sotto la schiena, se è vero che sei così valoroso!
+
+Cieco di sdegno, Antonio Spano spianò il fucile, e uccise l’amico.
+
+Dopo quest’accidente, egli si diede alla macchia, e sentì più forte il
+bisogno di vendicare l’oltraggio fatto alla madre.
+
+Pietro Cambilargiu, a cui Antonio si era unito, era molto amico del
+capo degli uccisori della bellissima donna; e tanto influì sull’animo
+del giovane bandito, che lo indusse a risparmiargli la vita. Nondimeno
+Antonio non volle rinunciare alla vendetta, e tolse dal mondo parecchi
+dei giovani libertini, che gli avevano uccisa la madre.
+
+Il capo degli infami uccisori della donna venne più tardi arrestato;
+ma Cambilargiu, valendosi della sua influenza, subornò i testimoni, e
+riuscì a farlo assolvere dai giudici di Sassari.
+
+Avendo molti parenti ladri e sicari, Antonio Spano si era dato a
+commettere non pochi furti e scelleratezze, e finì per fare anche il
+sicario per danaro, prestando facile orecchio ai cattivi consigli dei
+congiunti.
+
+ *
+ * *
+
+Il terzo mio compagno — Salvatore Fresu d’Osilo — si era dato anche lui
+alla macchia, dopo avere ucciso un ortolano in un campo di granone.
+Unitosi poco dopo a Cambilargiu (suo cugino in secondo grado) gli fu
+compagno fedele per due o tre anni. Il Fresu, che aveva moglie e molti
+figliuoli, era un miserabile. Egli si mascherava con frequenza, e
+scorrazzava di qua e di là per estorcere denari e bestiame a questo e a
+quello, in nome sempre del cugino Cambilargiu, ed anche in nome mio.
+
+Antonio Spano, mio coetaneo, era allora trentenne; Cambilargiu e Fresu
+avevano oltrepassata la cinquantina.
+
+
+
+
+CAPITOLO XIII.
+
+I quattro banditi.
+
+
+Di ritorno dalla Nurra per recarmi a Florinas, mi fermai un giorno
+all’ovile di Pietro Migheli in _Scala di Ciogga_, dove trovai Pietro
+Cambilargiu e Antonio Spano.
+
+In quel tempo io avevo a compagno Leonardo Piga, giovane bandito, a me
+raccomandato dai parenti.
+
+Come mi presentai all’ovile, lo Spano mi disse:
+
+— Se tu fossi qui venuto in compagnia di Leonardo Piga, lo avrei ucciso!
+
+— Ed io avrei ucciso te! — gli risposi bruscamente. — Perchè tant’odio
+contro di lui?
+
+— Perchè Leonardo mi ha ucciso un amico la cui perdita mi addolora
+l’anima!
+
+— Se il tuo amico si fosse comportato bene non avrebbe forse perduto
+la vita. Ma, purtroppo, certi uomini si fanno forti dell’amicizia di un
+bandito per dar fastidio agli altri!
+
+Cambilargiu mi diede ragione; e quando presi commiato da entrambi, mi
+disse:
+
+— Senti, figlio mio! — (soleva darmi questo nome) — tu ci farai un
+favore. Dovendo attraversare il territorio di Florinas per recarci a
+Torralba, abbiamo bisogno di una guida, pratica dei dintorni.
+
+— Vi accompagnerò ben volontieri — risposi — Trovatevi a _Pedras
+serradas_, nell’ovile di mio cognato, il luogo è sicuro. Di là
+muoveremo insieme.
+
+Fedeli all’appuntamento, vennero in tre: Cambilargiu, Antonio Spano e
+Salvatore Fresu.
+
+Nell’ovile di mio cognato si erano riuniti alcuni nostri amici,
+smaniosi di conoscere i tre famigerati banditi. Quel giorno si fece
+pranzo insieme, in aperta campagna, lontani dall’ovile — com’è costume
+dei banditi, per evitare sgradite sorprese.
+
+Insellati quindi i cavalli (cortesemente favoritici) movemmo, uniti,
+per Torralba. Io guidavo i compagni.
+
+Fatta un po’ di strada, i tre banditi mi esternarono il desiderio di
+passare in Banari, dove avevano un amico.
+
+— Chi è costui? — chiesi loro.
+
+— Antonio Luigi Pischedda.
+
+— Nè voi, nè io, andremo da lui!
+
+— Perchè?
+
+— Perchè gli hanno ucciso due nipoti.
+
+— Eppure ha promesso di farci un regalo, se saremmo andati a visitarlo!
+
+— Pischedda è in urto con tutto il paese, per l’uccisione dei due
+nipoti; nè voi riuscireste ad uscire di là, senza aver le giacche
+forate dalle palle dei banaresi. Siete sotto la mia custodia, e non
+dovete andarci!
+
+Li condussi invece in casa di Gio. Antonio Pais, che era assente dal
+villaggio. Fummo ricevuti dalla moglie, che mandammo subito a comprar
+vino. Ci fermammo tutti sulla pubblica piazza a mangiare ed a bere;
+ed io mi divertiva a gettar noci e mandorle in mezzo alla folla, per
+il gusto di vedere i ragazzi impigliati fra le gonnelle delle vezzose
+forosette.
+
+Riposati alquanto, ci rimettemmo in viaggio e visitammo Bessude, dove
+Cambilargiu aveva un amico — certo Pietro Chessa, suo antico compagno
+di galera.
+
+Salendo poscia per il monte Pelau, arrivammo a Bonnanaro, e condussi
+i compagni in casa di un mio zio, a cui li presentai come barracelli
+d’Osilo in cerca del _mancamento_[37].
+
+Lo zio mi scambiò con mio fratello Giomaria, ch’era barracello di
+Florinas.
+
+— Non sono Giomaria — mi affrettai a rispondere — sono Giovanni Tolu.
+
+Lo zio sbarrò tanto d’occhi:
+
+— Tu..... sei Giovanni?!
+
+— Sì... e i miei compagni sono anch’essi banditi.
+
+Il buon uomo pareva sulle spine, non riuscendo a celare la grande paura
+che aveva in corpo.
+
+Cenammo nondimeno allegramente, e poi si andò a riposare. Ci sdraiammo
+vestiti su due letti, colle armi vicine.
+
+Mio zio sembrava inquieto, e balzava ogni tanto in piedi, tendendo le
+orecchie.
+
+— I cani, stanotte, abbaiano troppo! — diceva.
+
+Volendo tranquillarlo, lo pregai di mandar subito a chiamare il
+capitano dei barracelli di Bonnanaro, ed altri amici.
+
+Vennero in quattro, e si combinò di uscir tutti in campo aperto, per
+essere più sicuri. Ci sdraiammo sull’erba, e allo zio tornò l’animò in
+corpo. — Erano le due dopo mezzanotte.
+
+Verso l’alba ci fu servito il caffè, fra le roccie, ed a mezzo giorno
+divorammo allegramente il lauto pranzo, che lo zio aveva preparato agli
+ospiti famigerati.
+
+Sull’imbrunire mandammo un _espresso_ a don Ciccio Corda, di Torralba,
+perchè venisse subito da noi. Egli venne con tre servi: uno ne spedì
+per i cavalli, e due per la provvista dei viveri.
+
+Sopraggiunta la notte, don Ciccio ci fece condurre in altra sua tanca,
+tutta in campo aperto, per riposare più sicuri.
+
+Di là, verso l’alba, passarono a cavallo don Francesco Corda di Clave,
+don Giovanni Diez, e due loro servi.
+
+Avendoci riconosciuti, don Francesco si accostò a noi.
+
+— Perchè siete qui?! don Ciccio non è uomo che possa farvi male, ma
+certo non sa custodire persone gelose, quali voi siete! Questo non è
+luogo sicuro!
+
+— Ci ha fatto fermare qui — risposi — perchè deve mandarci due
+cavallini.
+
+— Aspetterà forse che i cavalli nascano per regalarveli! — esclamò don
+Francesco, sghignazzando. — Venite con noi, chè vi daremo cavalli nati.
+Voi potrete stare nelle nostre terre sette od otto giorni, senza il
+pericolo di venir molestati!
+
+Ci alzammo in piedi e movemmo incontro ai quattro individui, ch’erano
+intanto smontati da cavallo. Le quattro bestie dovevano servire per
+otto uomini. Io presi in groppa uno dei due servi, e Salvatore Fresu
+fece altrettanto con l’altro. Cambilargiu sedette in groppa al cavallo
+di don Francesco Corda, e Antonio Spano in groppa a quello di don
+Giovanni Diez.
+
+Così accomodati, due uomini per cavallo ci mettemmo in cammino, a mezzo
+trotto.
+
+Curioso, invero, vedere i quattro più famosi banditi del Logudoro
+trottare con tanta audacia e disinvoltura sulla strada maestra! Se ci
+avessero quel giorno messo a cimento, Dio sa qual battaglia sanguinosa
+ne sarebbe avvenuta!
+
+A mezzogiorno in punto i quattro cavalli, carichi di otto uomini,
+attraversavano allegramente il villaggio di Torralba, passando sotto
+la caserma dei carabinieri. Noi guardammo alle finestre con aria di
+trionfo. Chi lo sa? Forse a quell’ora, attraverso ai vetri, qualche
+carabiniere assisteva al passaggio dell’allegra cavalcata, ben lontano
+dall’immaginare che quattro uccelli grossi sfidavano la vigilanza dei
+_benemeriti_ cacciatori!
+
+Arrivati a un certo punto, al di là del paese, smontammo da cavallo; e
+i due cavalieri coi rispettivi servi tornarono indietro, per riprendere
+la via di Sassari.
+
+La sera, per altro cammino, volgemmo di nuovo a Bonnanaro, e sostammo
+in casa del cav. Delogu, il quale ci offrì buon vino e polvere
+eccellente. Si chiacchierò a lungo; finchè sopraggiunta la notte,
+uscimmo dal villaggio per salire alla punta di Monte Santo — uno dei
+rifugi più sicuri in quel tempo, perchè tutto boscoso.
+
+Fummo, lassù, ricoverati dall’amico bonorvese Baldassare Saba; il quale
+volle uccidere due bestie, per mettere molta carne al fuoco.
+
+Spuntata l’alba, uscimmo sulla spianata, per divertirci alquanto al
+bersaglio.
+
+ *
+ * *
+
+La mattina stessa scendemmo da Monte Santo per recarci ad Ardara.
+Arrivati alle falde, Cambilargiu vide alcuni maialetti, e ne sparò uno
+colla pistola.
+
+Alla detonazione accorsero alcuni pastori.
+
+— Figli miei! — esclamò Cambilargiu con aria compunta — badate: vi ho
+ucciso un porcetto!
+
+Uno dei pastori gli rispose umilmente, col riso sulle labbra:
+
+— Se è vero che lo avete ucciso, lo metteremo al fuoco — se non lo
+avete ucciso, lo uccideremo!
+
+Fatta colazione in fretta e furia, uno dei miei compagni chiese ai
+pastori un buon cagnetto di razza.
+
+— Ve ne darò uno eccellente fra qualche mese. Lo sto allevando.
+
+— Verrò io stesso a prenderlo! — dissi; e il pastore a me rivolto:
+
+— Se verrà Giovanni Tolu, lo porterà via; ma se non venisse, prometto
+che il cane morrà in mio potere, poichè non lo darò mai più a
+nessuno![38]
+
+A proposito di questo cane, narrerò per inciso un episodio.
+
+Alcuni mesi dopo, ripassando in quell’ovile per ricordare l’adempimento
+della promessa, trovai il pastore (Bastianu Zamburru) in urto
+fortissimo col proprio cognato Gio. Maria Sanna. Le cose erano tese al
+punto, da rendere inevitabile una catastrofe.
+
+Volli fare un’opera buona. Valendomi dell’influenza che esercitavo
+sulle due famiglie, mi recai in persona all’ovile di Sanna, e costrinsi
+costui a recarsi dal cognato per far la pace. Io stesso invitai le
+donne delle due famiglie a riunirsi ad un pranzo comune, a cui presi
+parte. Si passò la giornata allegramente, e ricordo di aver fatto
+un brindisi al cagnetto, a cui si doveva la riconciliazione dei due
+cognati.
+
+Non lo dico per millantarmi. Tutte le volte che io riusciva a fare
+un’opera buona ed a pacificare fra di loro gli avversari, provavo
+un’intima soddisfazione, pari a quella di una vendetta compiuta. Amavo
+la pace degli altri; eppure non ero mai riuscito a pacificarmi coi miei
+nemici!
+
+ *
+ * *
+
+Riprendo la gita dei quattro banditi.
+
+Arrivati ad Ardara ci presentammo a quel rettore, nativo di Nughedu.
+
+Egli ci squadrò sospettoso. Cambilargiu gli disse:
+
+— Non tema, signor rettore!
+
+— Non ho paura! — rispose il prete. — Conosco agli occhi l’uomo dalle
+sinistre intenzioni. Qui siamo in campagna, nè si può avere quello
+che si vuole. Mangeremo alla buona qualche uovo e un po’ di pane.
+Ho mandato a Sassari per la provvista del vino, nè può tardare ad
+arrivarmi.
+
+E infatti, il buon uomo, ci trattò bene, e fummo soddisfatti.
+
+Appena pranzato, pregammo il rettore che facesse venire suo fratello,
+il capitano dei barracelli, col quale volevamo conferire.
+
+— Che volete da lui?
+
+— Ci abbisognano quattro buoni cavalli per portarci fino a Florinas.
+
+— Ve li provvederò io![39]
+
+Arrivati, dopo un’ora, all’ovile di un comune amico, nelle vicinanze
+di Ploaghe, rimandammo con un servo i cavalli al rettore di Ardara, e
+passammo subito in altra capanna di Salvatore Casula. Ciò per abituale
+precauzione, temendo che il servo potesse rivelare ad altri il luogo
+del nostro rifugio.
+
+Ci fermammo all’ovile tutta la giornata.
+
+Venne intanto a trovarci un amico de’miei compagni — scaltro furbone
+— che guardai subito con diffidenza. Non tardai a capire, che la
+sosta dei tre banditi nelle vicinanze di Ploaghe aveva per scopo
+quell’abboccamento, dato in precedenza a mia insaputa.
+
+Ciò mi spiacque, ma feci l’indifferente. Non dovevo dimenticare che io
+mi ero prestato come guida ai tre compagni nei territori del mio paese.
+
+Il furbone disse ai tre banditi, senza preoccuparsi della mia presenza:
+
+— Io ho una lite con Gio. Antonio X, e corro il serio pericolo di
+venire ucciso da lui. Mi rivolgo dunque a voi perchè mi liberiate dal
+mio avversario.
+
+Cambilargiu, un po’ impacciato alla mia presenza, gli rispose:
+
+— Giacchè la tua vita è minacciata, perchè non togli di mezzo Gio.
+Antonio?
+
+— Io?! Siete voi che dovete ucciderlo. A me spetta il compensare le
+vostre fatiche.
+
+I tre banditi si scambiarono un’occhiata e ammutolirono. Io pensai un
+poco, e poi dissi, accentuando le parole:
+
+— Se non mi fossi trovato qui, in vostra compagnia; se non avessi
+sentito la proposta del vostro amico, non mi sarei certo occupato dei
+fatti vostri. Avendo però assistito al vostro discorso, è duopo che le
+cose prendano una piega diversa. Voi non ucciderete Gio. Antonio e se
+lo ucciderete, ne farò tale uno scandalo da mettervi in impicci colla
+giustizia, facendovi perdere molti buoni amici. Io non sono qui venuto
+per servir di guida a sicari! Siamo nel territorio del mio paese!
+
+Aspettavo che i miei compagni aprissero bocca, per piantarmeli là
+bruscamente; ma in vece nessuno più parlò di uccisioni alla mia
+presenza.
+
+Venuta la sera ci mettemmo tutti in viaggio a piedi, prendendo
+la montagna, per recarci ad Osilo. Fu appunto in quel giorno, che
+Cambilargiu ci pregò vivamente di accompagnarlo in casa del notaio
+Satta, lo zio di quel tal Leonardo, ucciso barbaramente verso la
+_fontana del fico_.
+
+All’indomani lasciai i miei tre compagni ad Osilo, e feci ritorno a
+Florinas.
+
+ *
+ * *
+
+Poco tempo dopo, Pietro Cambilargiu si era separato da Antonio Spano,
+del quale diffidava.
+
+Anche Salvatore Fresu finì per essere licenziato dal cugino, poichè
+egli non faceva che scroccare danari a questo e a quello per poter
+mantenere la moglie e i figliuoli poveri.
+
+Non passò gran tempo dalla separazione quando Fresu cadde in potere
+dei carabinieri. Egli venne arrestato colla maschera sul volto, e messo
+in prigione. Fattogli il dibattimento, venne assolto. Solita giustizia
+dei giudici, i quali condannano tanti innocenti, per dare la libertà a
+tanti birbanti matricolati. Noi banditi vedevamo troppo spesso simili
+spropositi, i quali certamente non facevano che raffreddare la nostra
+fede verso i tribunali.
+
+Continuai nonpertanto la mia relazione cogli altri due banditi, e
+specialmente con Pietro Cambilargiu, ch’ebbi a compagno per altri sei
+mesi, come vedremo in seguito.
+
+
+
+
+CAPITOLO XIV.
+
+In bocca al lupo.
+
+
+Farò intanto un passo indietro.
+
+Scorrazzava da qualche tempo nei territori di Florinas una compagnia
+di ladruncoli, i quali svaligiavano le case, e vi uccidevano anche i
+proprietari, se il bisogno lo richiedeva. Due volte avevo sorpreso e
+conosciuto quei furfanti, ma non volli denunziarli. Siccome però ero
+amico dei barracelli, e mi stava a cuore la tranquillità del mio paese,
+provavo un vivo dispetto per quell’accolta di vagabondi, i quali, non
+rispettando la roba d’altri, comprometteva gli interessi de’ miei
+amici e compaesani. Deciso di dar loro una buona lezione, aspettai
+l’occasione propizia.
+
+Mi erano ben noti questi ladri. Due di essi mi avevano un giorno
+proposto di unirmi a loro e ad un terzo (che nominarono) per andare a
+Giave. Scopo della gita era quello di depredare una vecchia signora,
+che possedeva oltre otto mila scudi, in contanti, e che viveva sola
+in casa con una serva. Risposi loro sdegnosamente, che non intendevo
+rendermi complice di simili ribalderie.
+
+Nondimeno quei ladri, non volendo rinunziare all’impresa, si recarono
+in tre a fare il colpo: Gio. Antonio Gasu, Pietro Sanga di Bosa, e
+Antonio Maria Deia di Giave — incaricato quest’ultimo di indicare la
+casa della ricca signora e di diriggere la spedizione.
+
+Aperta la porta ed entrati in casa, i tre furfanti imposero alla serva,
+con minaccie, di soffocare i latrati del cagnolino.
+
+Penetrarono quindi nella camera della vecchia, che trovavasi a letto.
+
+— O consegnaci la chiave dello scrigno in cui custodisci il danaro, o
+rassegnati ad essere scannata.
+
+La vecchia tentò gridare, ma uno dei ladri fu pronto a cacciarle
+una mano in bocca; e siccome colei glie la stringeva fra i denti, il
+morsicato le tagliò la gola col pugnale.
+
+Sgozzata la donna, i tre assassini si diedero a frugare da per tutto,
+finchè rinvennero una cassetta pesante, che portarono via. Quando
+i ladri l’aprirono per dividersi il bottino, rimasero di sasso. La
+cassetta non conteneva che i moccoli di cera, sopravanzati alla festa
+delle _Anime dei purgatorio_, che ogni anno soleva farsi per cura e
+spese della vecchia devota.
+
+Un altro giorno gli stessi due ladri m’invitarono a fare il sesto in
+una comitiva, organizzata per derubare la bottega di un negoziante
+di Bosa. Questa volta, non solo rifiutai di prender parte alla
+grassazione, ma osai arditamente rimproverarli per le azioni turpi che
+commettevano.
+
+I ladri si strinsero nelle spalle, e fecero a meno di me. Guidati
+dall’orefice bosano Andrea Licheri, si recarono a Bosa. Facevano parte
+della combricola, fra gli altri, Deia, i fratelli Pietro e Francesco
+Rassu, e Giomaria Ghiu. Aperta coi grimaldelli la porta della casa del
+negoziante, non vi rinvennero che gli attrezzi dei fuochi d’artifizio,
+ch’erano serviti alla festa di Santa Filomena, ricorrente all’indomani.
+
+Delusi anche questa volta, lasciarono Bosa; e usciti dal paese
+scalarono un cortile per rubarvi una ventina di galline, che si
+divisero — unico bottino di quella malaugurata spedizione.
+
+Malgrado i miei sdegnosi rifiuti, quei malandrini mi tentarono una
+terza volta. Secondo loro, un bandito non doveva rifiutarsi ad una
+ribalderia.
+
+Nelle vicinanze di Florinas, venne a me Sanga il bosinco, e mi invitò
+ad unirmi ad una comitiva, formatasi per derubare Gavino Matteo Marche.
+
+— Chi tutti siete? — gli chiesi con premura, fingendo aderire per
+conoscere il nome dei complici.
+
+— Me compreso siamo in dodici; — i fratelli Rassu con due loro amici,
+Deia, Lichinu, Giomaria Ghiu, Gio. Antonio Giasu, e Don Ciccio bosinco.
+(Quest’ultimo era un cavaliere di Nulvi, ammogliato a Florinas, molto
+povero e ladro.)
+
+Sdegnato del furto che si voleva commettere nel mio paese, cercai di
+sventarlo senza inasprire i ladri.
+
+— Badate: a Florinas c’è il barracellato, al quale appartengono due
+miei fratelli. Chi va per rubare è disposto anche ad uccidere... non
+si sa mai! Eppoi, ve lo dichiaro: c’entra di mezzo la mia riputazione,
+e tengo alla tranquillità del mio paese, che mi sa bandito. Voglio che
+queste cose non si facciano... e voi non le farete!
+
+La mia dichiarazione ebbe il suo effetto. Sanna il bosinco riferì
+le mie parole ai compagni, e fu sospesa la grassazione che doveva
+consumarsi in casa di Marche, entro popolato.
+
+Essendo dunque a me noti gli individui componenti la comitiva dei
+ladri, mi adoperavo perchè il mio paese fosse da essi rispettato. Se a
+Florinas avevo nemici, avevo pure molte persone di cui godevo la stima,
+e che contavano sulla mia protezione.
+
+ *
+ * *
+
+Narrerò ora, come quest’odio ai ladri e quest’amore al mio paese mi
+tornarono quasi fatali. È un aneddoto ben noto all’arma benemerita, e
+più volte lo rammentai al maggiore dei carabinieri Cav. Ferrè.
+
+Una notte, dopo aver scorrazzato per la campagna, volli spingermi fin
+dentro paese, e venni ricoverato in una fida casa, dove si fece cena
+con diversi amici.
+
+Volle il caso, che in quella stessa notte si fosse concertato un
+segreto appianamento fra i carabinieri ed i barracelli di Tissi; i
+quali avevano circondato le case di due dei ladri da me menzionati,
+perchè in sospetto di aver preso parte a un furto audace commesso
+in Tissi, a danno di un certo signor Selis. Questi due ladri avevano
+domicilio a Florinas.
+
+Finito ch’ebbi di cenare, abbandonai la casa ospitale, accompagnato
+fino all’uscita del paese da un amico guardaboschi, col quale avevo
+combinato di andar l’indomani a mangiar fichi in una campagna vicina.
+Il guardaboschi aveva invano insistito perchè io rimanessi un altro
+giorno a Florinas.
+
+Essendo stato durante la giornata a caccia di pernici, avevo il fucile
+carico a pallini — cosa rare volte avvenutami, dovendo il bandito
+tenersi sempre pronto in caso di una sorpresa.
+
+Uscimmo insieme all’aria aperta. Erano le due dopo mezzanotte, e faceva
+un buio pesto.
+
+Attraversando il largo in cui erano le case abitate dai ladri, scorsi
+due individui seduti, addossati alla porta di Antonio Maria Deia di
+Giave. Sospettai subito che qualche cosa di sinistro si tramasse a
+danno di un mio compaesano.
+
+Mi scostai risoluto dal mio compagno e mi diressi in punta di piedi
+verso i due ladri, colla speranza di sventare qualche brutto tiro.
+
+Uno di essi era appoggiato allo stipite e pareva dormisse.
+
+— Non ti svegli, dunque? — Gli gridai con tono energico.
+
+Desto di soprassalto, quell’uomo balzò di scatto in piedi, e vedendo a
+sè dinanzi un armato, con movimento rapido spianò il fucile e mi fece
+fuoco a bruciapelo.
+
+La palla, fischiante, mi passò sotto l’ascella.
+
+L’altro compagno fece anch’esso un brusco movimento, come per
+assalirmi; ma io, pronto come il lampo, scaricai sull’uno e sull’altro
+le canne del mio fucile, carico a pallini.
+
+Chi lo avrebbe detto? Quei due uomini non erano altri che il
+maresciallo dei carabinieri ed un barricello di Tissi — entrambi là
+appostati per sorprendere i ladri, che dovevano rientrare in casa, di
+ritorno dalla grassazione di Selis. Dalla parte opposta, nel cortile,
+erano molti altri carabinieri e barracelli, parimenti appiattati per lo
+stesso fine.
+
+Avevo colpito il maresciallo in piena mammella, ma il colpo al
+barracello mi era andato fallito, per l’oscurità della notte[40].
+
+Come mi avvidi dell’errore, feci un salto indietro, mi diedi a correre
+come un capriolo, e guadagnai la campagna.
+
+Il maresciallo, ferito a pallini, non tardò a guarire.
+
+Allo scoppio delle tre fucilate erano accorsi i barracelli ed i
+carabinieri che si trovavano nel cortile; e, saputo il caso, e chi
+io mi fossi, diedero in ismanie. Mi venne riferito, che uno dei
+carabinieri (certo Ribichesu), quando accorse sul luogo dello scontro,
+si millantò che non sarei riuscito a sfuggire alla sua palla, se invece
+del collega fosse stato lui a sedere sulla soglia.
+
+Si vedrà, nel corso della narrazione, come la fatalità trasse sui miei
+passi questo carabiniere millantatore.
+
+Quest’incidente fu uno dei più curiosi della mia vita. Per voler
+sorprendere e punire i ladri del mio paese, ero andato a cadere fra
+le braccia di un barracello e del maresciallo dei carabinieri. Io, che
+da mattina a sera studiavo i mezzi per sfuggire ai lupi, ero andato a
+cacciarmi come uno sciocco nella loro bocca.
+
+Manco male che la lezione non andò perduta, poichè in avvenire fui più
+cauto nel pedinare i malandrini. Non si sa mai: sotto alle vesti di un
+ladro può nascondersi anche un carabiniere!
+
+Il mio incidente fu risaputo, e destò rumore. Lo narrai, minutamente,
+al maggiore Ferrè, quando mi chiamò in salvacondotto per interrogarmi
+sull’uccisione del bandito Gianuario Murgia di Siligo. Io conchiusi:
+
+— Ella vede, signor Maggiore, com’è facile ad un bandito uccidere un
+carabiniere, anche senza volerlo!
+
+ *
+ * *
+
+Eppure non fu quella la sola volta che caddi in bocca al lupo; i casi
+furono molti, ma io mi fermerò sui più salienti, seguendo l’ordine
+della narrazione.
+
+Ripiglierò la storia, ritornando ai famosi banditi, ch’ebbi a compagni
+nella mia vita avventurosa.
+
+Antonio Spano, dopo un vivo diverbio, si era separato da Pietro
+Cambilargiu; e siccome era ricercato dalla giustizia e mi aveva in
+uggia, carezzò il pensiero di acquistare la sua libertà, con un agguato
+a mio danno.
+
+Di ciò informato per mezzo degli amici, mi misi in guardia.
+
+Il fratello di lui, Salvatore Spano, introdottosi un giorno per far
+erba nel predio di Dionisio Matti di Sassari, fu da questi sorpreso e
+acerbamente rampognato. Inasprito dalle parole, Salvatore gli puntò la
+pistola sul petto. Dionisio denunziò il fatto all’autorità giudiziaria,
+e l’aggressore fu arrestato e condannato a sei mesi di carcere.
+
+Questo fatto era capitato parecchi mesi dopo la morte del figlio
+tredicenne di Dionisio, ucciso accidentalmente dentro la propria
+bottega, nello scontro avvenuto fra i Saba ed i Macioccu.
+
+Nel frattempo che Salvatore scontava in carcere la pena, Antonio Spano
+volle vendicare il fratello; e travestitosi cogli abiti del muratore
+Antonio Depalmas, riuscì ad uccidere Dionisio con una fucilata.
+
+Poco dopo la mia gita ad Osilo coi tre banditi (dai quali mi ero
+separato), Pietro Cambilargiu si recò all’ovile di mio cognato Gio.
+Antonio Bazzone, nelle vicinanze di Florinas, e lo pregò di fargli
+ottenere un abboccamento con me.
+
+Due giorni dopo andai a trovarlo.
+
+— Che volete, zio Pietro?
+
+— Ascolta, figlio mio. Tu sei solo, e solo sono io. Perchè non unirci?
+In due si sta meglio che soli: non ti pare?
+
+— Uniamoci pure! — risposi.
+
+E così, per oltre sei mesi, fummo compagni quasi indivisibili.
+
+ *
+ * *
+
+Eravamo insieme da parecchi mesi, quando un giorno, in territorio
+d’Osilo, venne a trovarci la moglie di Cambilargiu. — Era costei
+la vedova di un suo cugino, da lui resa madre, e poi sposatala per
+minaccia dei fratelli e dei parenti.
+
+Si pranzò tutti insieme. Io ero serio e taciturno.
+
+— Cosa hai, figlio mio? — Mi chiese il compagno, appena la moglie andò
+via.
+
+— Ho l’umor nero, nè so perchè.
+
+— Ebbene, cercherò allora di divagarti. Andremo a passar la notte in
+un molino di Nulvi; di là passeremo a cogliere un po’ di carciofi nella
+vigna di un mio cugino prete, e li faremo cuocere per la cena.
+
+Movemmo insieme verso Nulvi. Fermatici alquanto nella cardiera del
+prete, per spiccarvi non più di due dozzine di carciofi, continuammo
+la nostra strada, quando udimmo alcune fucilate nella vigna di Giorgio
+Vacca, posta in regione di _Nuzzi_, a mezz’ora da Osilo.
+
+— Hai sentito? — Dissi rivolto al compagno.
+
+— Sarà il padrone della vigna: un medico di casa, che mi è amico.
+
+Ci fermammo dinanzi al cancello. Io dissi a Pietro:
+
+— Entra tu per il primo, poichè vi sei conosciuto.
+
+Cambilargiu passò avanti; io mi fermai a rinchiudere il cancello, e gli
+tenni dietro.
+
+Fatti alcuni passi udimmo abbaiare un cane, che comparve sulla porta
+della casa, distante una trentina di passi dal cancello. Quasi subito
+venne fuori un zappatore, il quale, dopo aver imposto al cane di
+tacere, guardò verso di noi e si fermò con senso di sgomento.
+
+In un attimo sbucarono dalla casa sette carabinieri, che si schierarono
+sul piazzale, come per meglio esaminarci. Il zappatore, certamente,
+aveva pronunciato il nome di Cambilargiu.
+
+Questi si volse a me dicendo:
+
+— Coraggio, figlio mio, non temerli: sono carabinieri!
+
+Io diedi un salto all’indietro e corsi ad aprire il cancello gridando:
+
+— Vieni fuori subito! Ci sono io qui!
+
+Cambilargiu mi raggiunse; e allo stesso tempo una scarica di quattro
+o cinque fucili mandò in ischeggie parte del cancello. Il denso
+fumo della polvere c’impedì di vedere i carabinieri; nondimeno, io
+e Cambilargiu puntammo i fucili in direzione degli armati e facemmo
+fuoco, dandoci poi alla fuga.
+
+Eravamo illesi per vero miracolo. Una palla mi aveva spezzato la
+bacchetta del fucile, ed un’altra era strisciata lungo la manica della
+mia giacca, senza toccarmi la carne e senza farmi versare una stilla di
+sangue.
+
+Era il 10 giugno 1853, di venerdì.
+
+L’indomani ci venne riferito, che un carabiniere era caduto morto, e ad
+un altro la palla aveva spezzato il calcio della pistola. Se alla mia
+palla, o a quella di Cambilargiu, si dovesse la morte del carabiniere,
+nessuno di noi seppe mai: certo è che i carciofi del prete, anche
+questa volta, mi avevano cacciato in bocca al lupo[41].
+
+Avendo noi preso, nello scappare, due diverse direzioni, ci perdemmo
+di vista, e non ci trovammo insieme che la domenica, due giorni dopo lo
+scontro fatale.
+
+Chi avrebbe mai detto, che anche in quel giorno io doveva essere messo
+a più dura prova? Eppure così volle il destino, come dirò nel capitolo
+seguente.
+
+
+
+
+CAPITOLO XV.
+
+A «Monte Fenosu».
+
+
+Era la domenica. Trovato per caso Cambilargiu, mi pregò di tenergli
+compagnia fino all’ovile de’ suoi cugini Migheli, posto sul _Monte
+fenosu_, in faccia a _Scala di Ciogga_. Messici in cammino, mi
+confidò di aver dato colà appuntamento ad una persona _distinta_, che
+desiderava conferire con lui.
+
+Arrivati alla capanna, chiesi a Cambilargiu il nome dell’uomo che
+aspettava.
+
+— È un sassarese: Carlo Tiragallo.
+
+— Chi è costui?
+
+— Un regio impiegato; un segretario dell’Intendenza; un signore ricco.
+
+— Ben soventi questi signori ci fanno la spia!
+
+— Non è di questi tali. Trattasi di persona ammodo, molto distinta.
+
+— Caro zio Pietro; i signori si vendicano sempre, quando si presenta
+loro l’occasione, ed è meglio non fidarsene.
+
+I fratelli Migheli, punti dalle mie osservazioni, soggiunsero a me
+rivolti:
+
+— Tu sei un miserabile, un pusillanime, e non vali nulla!
+
+— Basta — conchiusi con calma — ora qui siamo, e qui resteremo; però
+vi dichiaro, che non pranzeremo insieme. Voi starete nell’ovile colla
+famiglia, e noi all’aperto, in un punto vicino, dove ci porterete da
+mangiare, ed accompagnerete l’uomo _distinto_, che verrà per conferire
+con Cambilargiu.
+
+— Si direbbe che tu hai paura!
+
+— Amo la prudenza. Voi siete abituati a trattare coi signori di
+Sassari, i quali vi danno i buoni bocconi, in cambio dei magri agnelli
+che uccidete per loro. Ci avete il tornaconto, lo so; ma badate che i
+bocconi della città non vi facciano nodo alla gola!
+
+Quantunque io avessi insistito, Cambilargiu fu di parere di far pranzo
+comune dentro la capanna, insieme al signore che sarebbe arrivato da
+Sassari.
+
+I fratelli Migheli, colle rispettive mogli, figli e servi, abitavano
+in due distinte capanne vicinissime. D’ordinario le due famiglie
+convivevano insieme.
+
+Mezzogiorno era appena trascorso, quando comparve Carlo Tiragallo, in
+compagnia del figliuolo ventenne Giuseppe. Le carni erano cotte, e ci
+mettemmo quasi subito a tavola, apparecchiata nella capanna più grande.
+
+Carlo Tiragallo (come in seguito appresi dallo stesso Cambilargiu) si
+era recato a _Monte Fenosu_ per chiedere informazioni sull’individuo
+che aveva sparato suo padre (il maggiore Agostino Tiragallo) mentre si
+trovava in un suo predio di Sassari.
+
+— Se lo hai sparato tu — gli aveva detto il signor Carlo — siamo
+disposti a perdonarti; ma se il tiro gli venne dal bandito Antonio
+Spano, io ne voglio vendetta, e mi affido a te per compierla.
+
+Il maggiore Tiragallo aveva inseguito il suo aggressore, ma non potè
+raggiungerlo, nè riconoscerlo. L’uomo che gli aveva dato la fucilata
+(andata a vuoto) era realmente Antonio Spano.
+
+Riprendo la narrazione.
+
+Sedemmo a tavola, io, Cambilargiu, i due Tiragallo padre e figlio, e
+i due fratelli Migheli colle rispettive mogli e figli; una ventina in
+tutti, compresi i seni e le serve, e senza contare i quattro uomini
+posti a vedetta fuori della capanna, com’è usanza fra banditi, quando
+si riuniscono in un luogo chiuso.
+
+Era la una dopo mezzogiorno.
+
+Con sorpresa avevo notato, che Carlo Tiragallo, prima di sedere a
+tavola, si era tolto dalle saccoccie due pistole nuovissime; una
+ne aveva deposto sul letto delle donne, l’altra se l’era messa alla
+cintola, dopo averne montato il grilletto.
+
+Quest’operazione mi aveva messo in diffidenza; ond’è che io, per
+precauzione, volli sedermi armato di pugnale e di fucile tra i due
+Tiragallo — deciso di pugnalarli entrambi se si fossero rivolti contro
+di noi, o se avessi avvertito la presenza dei carabinieri. Da questo
+lato, lo confesso, io era il più intransigente dei banditi.
+
+Si chiacchierò allegramente durante il pranzo; e Tiragallo, colle sue
+barzellette, fece ridere le donne. Terminato di pranzare, Cambilargiu
+disse a me rivolto:
+
+— Figliuolo mio, tu devi scusarmi se ti lascio solo un momento, per
+andare all’aperto a conferire col signor Tiragallo.
+
+E i due commensali uscirono per recarsi sul promontorio ingombro
+di macchie, che sovrastava la seconda capanna, distante da noi una
+quarantina di passi. Ivi sedettero, per parlare non visti e senza
+testimoni.
+
+Pochi minuti dopo si alzò da tavola anche Giuseppe Tiragallo, e con lui
+tutti i commensali, che uscirono all’aperto per ridere e chiacchierare.
+Era un giorno di festa e si era tutti allegri.
+
+Dentro la capanna non ero rimasto che io, ed una giovinetta
+quindicenne, a cui avevano affidato una bambina che si teneva sulle
+ginocchia. Non volli uscir fuori perchè temevo d’esser veduto dalla
+punta di _Scala di Giocca_, dove non mancano sassaresi a passeggiare,
+massime nei giorni di festa.
+
+Mentre Cambilargiu e Tiragallo discorrevano sul promontorio boscoso,
+e le donne e i bambini ridevano e scherzavano sul piazzale, Pietro
+Migheli — uno dei due proprietari dell’ovile — era rientrato nella
+capanna per scambiare qualche parola con me.
+
+A un tratto si udirono abbaiare i cani, e il Migheli si fe’ all’uscio.
+
+— Non è nulla — disse rientrando. — Lo schiamazzo dei bambini e il riso
+delle donne rende inquiete le bestie.
+
+Dopo alcuni minuti i cani tornarono ad abbaiare più forte; Migheli
+tornò ad affacciarsi alla porta, e rientrò subito pronunciando una sola
+parola:
+
+— Carabinieri!
+
+— Va fuori! — gli gridai balzando in piedi — e lasciami solo!
+
+La giovinetta quindicenne, che conobbe il pericolo, si diede a
+piangere; e volgendomi ad essa le gridai imperiosamente:
+
+— Va fuori anche tu, e sta zitta!
+
+Rimasi tutto solo dentro la capanna.
+
+In un lampo, con mente serena, abbracciai la situazione. Guai al
+bandito che nei momenti del pericolo perde il suo sangue freddo: egli è
+morto!
+
+Nove carabinieri a cavallo, guidati dal maresciallo, correvano
+all’impazzata dall’una all’altra capanna dei fratelli Migheli. Erano
+venuti dal versante di mezzogiorno, senz’essere avvertiti dalla
+vedetta, che imprudentemente aveva abbandonato il suo posto.
+
+Altri venti carabinieri a piedi (come appresi più tardi) si erano
+appostati alle falde boscose di _Scala di Ciogga_, di fronte a _Monte
+Fenosu_.
+
+Come Cambilargiu avvertì dall’altura i soldati che salivano la collina,
+aveva piantato Carlo Tiragallo, e se l’era svignata cacciandosi di
+macchia in macchia, inosservato. Affettando indifferenza, Tiragallo
+era venuto giù, passo passo, fino al piazzale della capanna, dov’io mi
+trovavo.
+
+Il momento era solenne; ma mi erano bastati pochi secondi per prendere
+la decisione estrema. Assicurai con una cordicella la mia pistola al
+polso destro; afferrai la pistola lasciata da Tiragallo sul letto, e
+me la legai parimenti al polso sinistro. Mi accertai che la lama del
+mio pugnale uscisse liberamente dal fodero; montai i grilletti del mio
+fucile a due colpi, e mi cacciai in fondo alla vastissima capanna,
+nell’angolo più oscuro, pronto all’assalto ed alla difesa. Avevo
+di fronte la porta (esposta a levante) e vedevo chiaramente quanto
+accadeva sul piazzale. Sentivo il pianto delle donne, gli strilli dei
+bambini, e il rumore delle sciabole dei carabinieri, i quali correvano
+di qua e di là come indemoniati.
+
+Il maresciallo, a cavallo al par degli altri, si piantò dinanzi alla
+porta, alla distanza di cinque o sei passi. Egli si rivolse a Carlo
+Tiragallo, che gli era vicino, ma ch’io non vedevo:
+
+— C’è nessuno dentro la capanna?
+
+— Nessuno. La capanna è vuota! — rispose deciso Tiragallo, certamente
+persuaso che anch’io fossi uscito all’aperto, riuscendo a mettermi in
+salvo prima dell’arrivo dei carabinieri.
+
+Il maresciallo si rivolse a’ suoi dipendenti:
+
+— Qualcuno di voi smonti da cavallo e s’introduca nella capanna.
+
+Un carabiniere smontò di sella, e cacciò più volte la testa dentro la
+capanna, senza però varcarne la soglia. Era titubante ed aveva paura.
+
+L’oscurità in cui mi trovavo gli impediva di vedermi.
+
+La situazione diventava più critica. Se i carabinieri si fossero
+assembrati dinanzi alla porta, la mia uscita sarebbe stata impossibile.
+
+Feci due passi in avanti, risoluto di slanciarmi con impeto all’aperto,
+dando uno spintone al carabiniere che stava sulla porta. La mia sorte
+era decisa: o salvarmi per miracolo coll’audacia, o cader fulminato
+dalle palle di venti carabine.
+
+Il carabiniere che con titubanza cacciava la testa nella capanna, senza
+decidersi ad entrare, si era alquanto scostato, lasciando libera la
+porta.
+
+Il maresciallo allora, o che avesse avvertito la mia presenza, o che
+volesse sgomentare un bandito nascosto, puntò il fucile verso l’interno
+della capanna e fece fuoco. La palla andò a conficcarsi nello stipite,
+ed una scaglia colpì al labbro il carabiniere vicino.
+
+Costui, sentendosi ferito, indietreggiò, dicendo che gli avevano fatto
+fuoco dall’interno della capanna.
+
+Gli altri carabinieri smontarono allora da cavallo, e si fecero alla
+porta, gridando:
+
+— Compagni, coraggio!
+
+Colla furia di un gatto selvatico mi slanciai fuori all’aperto, col
+fucile in faccia. Scaricai una delle canne a destra, e l’altra a
+sinistra, e vidi un carabiniere stramazzare. I compagni, da una parte e
+dall’altra, fecero un movimento istintivo, come per scansare il colpo
+— ed io ne approffittai per saltare come un capriolo in mezzo ai miei
+aggressori. Svoltai a sinistra, in faccia a _Scala di Ciogga_; gettato
+a terra il fucile scarico, impugnai le due pistole, e giù a capofitto,
+fra gli armati, a raggiungere il ciglione del monte.
+
+Oltrepassata di una diecina di metri la capanna, dietro un piccolo
+promontorio coperto di macchie, mi trovai a sinistra dinanzi a quattro
+carabinieri in agguato. Con un coraggio disperato mossi loro incontro,
+puntando le due pistole; essi abbassarono la testa per schivare il
+colpo; ma io, colla rapidità del lampo, mi voltai di scatto, raggiunsi
+il ciglione della roccia a picco, tesi in alto le braccia stringendo
+in pugno le pistole, spiccai un leggero salto, e mi lasciai cadere nel
+vuoto, per un’altezza di oltre venti metri.
+
+La falda della montagna era tutta roccie e bosco, con piante altissime
+di elci.
+
+ [Illustrazione: Il salto dalla roccia di _Monte Fenosu_]
+
+Caddi in piedi, senza urtare per miracolo in alcun ramo; battei
+leggermente la schiena contro un sasso, ma arrivai a terra illeso. Ero
+salvo. Non avevo perduto che il berretto ed il fucile. Pensai allora
+che i carabinieri sovrastanti mi avrebbero fatto fuoco dal ciglione,
+dandomi la caccia. Strisciai come un serpe fra macchie, roccie e grossi
+sassi lungo il dorso del monte, fino a che giunsi ad un tratto nudo
+e roccioso, che io non poteva attraversare senza sfuggire all’occhio
+vigile de’ miei cacciatori. Camminai carponi, mi aggrappai alle roccie
+e alle macchie, strisciai tra i lentischi e gli elci, mi lasciai
+rotolare dove il passo era impossibile, e mi trovai alfine alla base
+del monte. Lamentai allora la perdita del fucile, perchè sentivo di
+essere un uomo nullo.
+
+Continuai a camminar carponi, finchè m’internai nel bosco un’altra
+volta, dove i carabinieri non mi potevano scorgere, nè inseguire.
+
+Sedetti alcuni minuti, perchè avevo bisogno di riposo; indi mi diedi a
+contemplare l’alto monte, compiacendomi dell’avventura toccatami.
+
+Trenta carabinieri si erano recati lassù per arrestare il terribile
+Cambilargiu, ed invece era stato io l’eroe della giornata. Circondare
+un bandito dentro il suo covo, e lasciarselo scappare, non era certo
+un’impresa degna di encomio per l’arma benemerita!
+
+Ma perchè i carabinieri non mi fecero fuoco addosso? Ne suppongo la
+ragione: — quelli che circondavano la capanna si erano disposti in modo
+da impedire la mia fuga; ma non avevano pensato, che venendo io fuori,
+essi non avrebbero potuto spararmi senza ferirsi a vicenda. I quattro,
+che trovai in agguato a poca distanza dal ciglione, tacquero di avermi
+veduto, forse per non esser puniti.
+
+Il carabiniere da me colpito a _Monte Fenosu_ era Ribichesu:
+precisamente colui che a Florinas si era vantato che mi avrebbe ucciso,
+se si fosse trovato dinanzi alla porta di Antonio Maria Deia. Fu il
+destino che me lo cacciò fra i piedi![42]
+
+Camminai a grandi passi per una mezz’ora, finchè giunsi dinanzi
+all’ovile di Giovanni Mangattia. Mi accorsi che vi erano donne, e per
+non spaventarle finsi l’indifferente e mi accostai cantarellando.
+
+— Non ci sono uomini, qui?
+
+— Li abbiamo in giro. Che volete, Giovanni?
+
+— Vorrei una cavalla. Ho saltato una roccia e mi son fatto male ad un
+piede. Le precauzioni non sono mai troppe!
+
+La donna andò a slegare una cavalla, che si diede a tirar calci.
+
+— Che vuol dir ciò? è stata sempre docile, ed ora fa la matta!
+
+La donna non si era accorta, che la cavalla aveva sentito l’odore della
+polvere. Quando avviene uno scontro, c’è sempre uno spirito infernale
+che si mette di mezzo; e questo spirito s’era impadronito della cavalla
+di Mangattia. Non tutti ci credono, ma io l’affermo perchè ne ho avuto
+l’esperienza. Infatti, quando una cavalla (che vede più d’un uomo)
+adocchia sulla strada uno spirito, s’impunta; e se noi, smontando, non
+facciamo il segno della croce, non c’è verso che essa vada innanzi[43].
+
+Saltai sulla cavalla, dicendole:
+
+— Ora che ti ho sotto, sbuffa, starnuta, calcitra, o crepa: l’hai da
+fare con me!
+
+E rivolto alle donne:
+
+— Fra un’ora ve la rimanderò.
+
+— Tienila quanto vuoi.
+
+Attraversai a mezzo trotto _Badde Olia, Cannedda, Bunnari, Planu de
+murtas_. Fatta un’ora di strada giunsi ad un’alta punta, nel sito
+chiamato _Scala Ruja_, in territorio d’Osilo. Di là potevo scorgere
+chiaramente la sommità di _Monte Fenosu_, dov’era avvenuto l’attacco.
+
+Il sole era vicino al tramonto, ed io vidi il lucicchio di un gran
+numero di fucili.
+
+Seppi più tardi, che, poco prima della mia fuga dalla capanna, s’era
+mandato un espresso a Sassari per chiamare un aumento di forza. Fu
+spedita sul luogo una compagnia di soldati, guidata dallo stesso
+colonnello. Ma era tardi. I due uccelli avevano preso il volo.
+
+Arrivati dinanzi alla capanna, il colonnello esternò il sospetto
+di qualche nascondiglio nell’interno, che servisse di rifugio a
+Cambilargiu; e senz’altro diede ordine di appiccarvi il fuoco, dopo
+averne fatto togliere le masserizie.
+
+Si era dunque avverata la mia profezia ai fratelli Migheli: — badate
+che i bocconi della città non vi facciano nodo alla gola!
+
+Carlo Tiragallo e suo figlio Giuseppe furono sospesi dall’impiego per
+ordine del Governo. Il primo, tradotto a Cagliari, fu condannato a
+diversi mesi di carcere, sotto l’accusa di favoreggiare i banditi. La
+presenza di Carlo Tiragallo a _Monte Fenosu_, e la sua affermazione che
+nella capanna non c’era nessuno, lo avevano pregiudicato. Noi credemmo,
+invece, ch’ei si fosse prestato a farci un po’ la spia. Quantunque
+punito dal Governo per la menzogna e per l’insuccesso della spedizione,
+ho sempre creduto che anche il suo arresto fosse una commedia, per
+metterlo in salvo dalle nostre vendette. Non è neppure improbabile,
+che lo scorno fatto subire alle armi regie nella giornata del 12
+giugno 1853 avesse provocato lo sdegno del Governo. I Tiragallo erano
+coraggiosi ed audaci, e la loro venuta a _Monte Fenosu_ per vendicare
+l’insulto fatto al Maggiore Agostino, non era forse estranea al
+complesso degli avvenimenti.
+
+
+
+
+CAPITOLO XVI.
+
+Questua per un fucile.
+
+
+Dalla punta di _Scala Ruja_ mi recai all’ovile di mio cognato (in _su
+Crastu mal’a servire_) nel territorio di Codrongianus e di Cargeghe.
+
+Colà appresi, dal mio congiunto, essersi già divulgata la voce, ch’io
+fossi rimasto ucciso, od arso vivo, nell’assalto di _Monte Fenosu_.
+
+Arrivati insieme nelle vicinanze di Florinas, dissi a mio cognato:
+
+— Dammi il fucile ed il berretto, e precedimi nel paese. Io resterò
+qui, fino al tuo ritorno.
+
+Mio cognato trovò molta gente che faceva ressa dinanzi alla porta della
+nostra casa. La mamma, le sorelle, i miei fratelli piangevano la mia
+morte. I signori di Florinas si fingevano addolorati per la disgrazia
+toccatami, e cercavano di consolare i miei congiunti; ma in fondo erano
+contenti di essersi liberati di me.
+
+Mio cognato entrò in casa tutto allegro, e rivolto ai signori e a’ miei
+parenti, esclamò:
+
+— Cessate il pianto e consolatevi! Nulla di grave è avvenuto. È appena
+una mezz’ora che ho lasciato Giovanni, sano e salvo come siamo noi!
+
+La mamma e le mie sorelle, pazze dalla contentezza, ringraziarono Dio;
+ma non so davvero se i signori florinesi abbiano fatto altrettanto!
+
+Mi fu subito mandato da casa un berretto nuovo; e pregai mio cognato
+che mi lasciasse per un po’ di tempo il suo fucile.
+
+Una settimana dopo venne a trovarmi Pietro Cambilargiu, per informarsi
+s’ero stato ferito, e se avessi riportata qualche contusione nella
+caduta.
+
+Narratogli il mio caso, lo esortai ad unirsi a me per raggranellare
+dagli amici la somma necessaria per l’acquisto di un nuovo fucile.
+
+Si andò insieme a trovare Salvatore Pinna, il capitano dei barracelli
+di Florinas; il quale, a nome di tutta la compagnia barracellare, mi
+sborsò dieci scudi, prelevati dalla cassa sociale. Si mandò in seguito
+un’ambasciata anche a Gianuario Masia e a certo Marongiu, capitano e
+tenente dei barracelli d’Ossi.
+
+Essi risposero, di lasciarci vedere nell’ovile dello stesso Masia,
+nella Nurra, dove si sarebbe stabilita la somma da consegnarsi.
+
+Pietro Cambilargiu, sempre diffidente ed ombroso, mi disse con certo
+risentimento:
+
+— Mi avvedo oramai che gli abitanti d’Ossi sono tutti d’accordo
+per farmi arrestare, collo scopo di procurare la impunità al loro
+compaesano Antonio Spano. È un complotto fatto!
+
+— Hai torto a parlare così! Essi pensano solamente a soccorrermi, non a
+tendere un’insidia al mio compagno.
+
+Pochi giorni dopo Cambilargiu volle farmi una confidenza:
+
+— Senti, figlio mio. Ti avverto che, a tua insaputa, ho fatto scrivere
+a mio nome una lettera a Monsignor Varesini. Gli ho chiesto cento lire,
+dicendogli che ti abbisognavano per comprare un fucile, avendo perduto
+il tuo nello scontro di _Monte Fenosu_. L’arcivescovo di Sassari mi
+fece avere la somma... ed io me ne sono servito. Aggiusteremo i conti
+un’altra volta[44].
+
+A Cambilargiu erano abituali queste truffe, che io detestava. Un giorno
+gli consegnai una somma, pregandolo di acquistare ad Osilo l’orbace
+necessario, per farmi fare una giacca dalla moglie, molto abile in
+simili lavori. Non vidi più denaro, nè giacca!
+
+Una sera, finalmente, il capitano dei barracelli d’Osilo mi avvertì,
+che un mercante di panno, certo Vigliano Altea, aveva un buon fucile
+da vendere. L’arma mi piacque, e il capitano l’acquistò per cento lire,
+che prelevò dalla cassa sociale del barracellato.
+
+Quel giorno Cambilargiu mi disse:
+
+— Ed ora siamo in pace; tu possiedi il fucile, ed io mi tengo le cento
+lire dell’Arcivescovo di Sassari!
+
+Non fiatai; ma il mio compagno non era contento. Parecchie settimane
+dopo mi fece una nuova proposta:
+
+— Senti, figlio mio. Giacchè il capitano dei barracelli d’Ossi non si
+è ancora degnato di sborsarti la somma promessa per l’acquisto del
+fucile, andiamo a rubargli un cavallo; e poi gli diremo che se vuol
+riscattarlo ci dia qualche soldo.
+
+Secondai questa volta l’amico per un doppio scopo. Ci recammo insieme
+ad un’aia, dove sapevamo essere un buon cavallo, appartenente ad uno
+zio di Antonio Spano, l’antico nostro compagno, col quale eravamo in
+rottura, ed a cui volevamo fare un dispetto.
+
+Il cavallo era stato ritirato dal padrone pochi giorni prima; ed allora
+portammo via un’altra buona cavalla, del valore d’una trentina di
+scudi. Allo stesso tempo mandammo a dire al capitano dei barracelli
+d’Ossi, che la bestia era in nostro potere, e che lui poteva da noi
+ritirarla mediante lo sborso di soli sei scudi.
+
+Il capitano Masia ci mandò subito 35 lire, che Cambilargiu intascò
+avidamente.
+
+— No — diss’io — bisogna essere di parola. Ho detto sei scudi, e non
+devono essere sette!
+
+Ed imposi al mio compagno di rimandare al capitano uno scudo e la
+cavalla.
+
+Anche estorcendo l’altrui danaro, bisognava essere onesti e
+galantuomini!
+
+
+
+
+CAPITOLO XVII.
+
+Ricettatori.
+
+
+I fratelli Migheli, dopo lo scontro avvenuto nei loro ovili di _Monte
+fenosu_, temendo giustamente d’essere presi di mira per aver dato
+ricetto a due famosi banditi, si erano dati alla macchia. Non tardarono
+a cadere nelle mani della giustizia, e furono chiusi in carcere.
+
+Diversi signori di Sassari, amici loro, volendo mettere in libertà i
+due innocenti, si rivolsero a me ed a Cambilargiu, per impaurire alcune
+autorità colle minaccie.
+
+Da qualche tempo, infatti, i giudici usavano un rigore eccessivo contro
+i nostri ricettatori; e bastava che io o Cambilargiu fossimo accolti
+in un ovile, perchè i poveri pastori venissero perseguitati e messi
+in carcere. Ai ricorsi anonimi seguiva immantinenti il processo, e la
+condanna.
+
+Simile misura ingiusta ci amareggiava l’anima. Che colpa, infatti, ai
+poveri pastori od ai contadini, se ci davano ricetto e vitto quando
+ci presentavamo alle loro capanne? E come avrebbero osato negarci un
+soccorso, quando la nostra vendetta poteva farli pentire del rifiuto
+datoci?
+
+L’ospitalità sarda è generosa, illimitata, cieca; nè vi ha capanna, nè
+ovile, nè casolare di campagna che abbiano mai negato rifugio e pasto
+ad uno straniero, che si presenta per chiederli! Non è solamente la
+paura di un bandito che provoca la generosità di un pastore o di un
+signore: nessuno nega un soccorso a chi lo chiede; ed è meglio cento
+volte essere tacciato di ricettatore, che macchiarsi d’infamia vendendo
+il proprio ospite.
+
+L’ospitalità non si concede ai soli banditi. Cento volte io venni
+rifugiato, sfamato, soccorso, senza sapere ch’io mi fossi. Il pastore,
+infatti, si guarda bene dal chiedere il nome dell’ospite che capita nel
+suo ovile, poichè ben sa che nessuno ha il dovere di declinarlo.
+
+La giustizia ha dunque torto di perseguitare e punire i ricettatori
+di un bandito. Quanti furti, quante grassazioni, quanti omicidi
+risparmiati per quell’asilo concesso, per quel tozzo di pane dato, per
+quel riposo consentito! Le compagnie barracellari dovevano all’amicizia
+dei banditi la sicurezza delle campagne; poichè senza di essi non
+avrebbero potuto conseguire benefizio alcuno. Il vero bandito sardo fu
+il terrore dei ladri di campagna; una sua minaccia li atterriva. Io ben
+so, che la giustizia fa il suo dovere — ma so ancora che molti giudici,
+diventati liberi cittadini, non si rifiutarono mai a dar ricetto ai
+latitanti. È rarissimo il caso di un tradimento. Quanti nomi di persone
+ragguardevoli potrei io qui registrare, le quali mi hanno dato asilo
+e soccorso, mantenendo il più scrupoloso silenzio sulla loro generosa
+protezione in nome dell’ospitalità, ed anche colla coscienza di aver
+contribuito a fare un bene e non un male alla società! — Avrei voluto
+vederli i signori giudici al posto dei nostri ricettatori, che vivevano
+solitari in aperta campagna!
+
+La persecuzione crudele verso i ricettatori, lo ripeto, ha sempre
+indisposto i banditi; ond’è che io e Cambilargiu non potevamo rimanere
+insensibili alla dura sorte toccata ai fratelli Migheli; i quali in
+ogni tempo ci avevano dato ospitalità, più per bontà del loro animo,
+che per il vincolo di parentela che li legava a Cambilargiu.
+
+Fra i più severi e inesorabili nemici dei ricettatori era il giudice
+Satta, ploaghese, stabilito da molti anni a Sassari. Costui era un vero
+cerbero; faceva arrestare a diritta ed a manca quanti concedevano un
+giaciglio o un tozzo di pane ad un bandito.
+
+Dissi un giorno a Cambilargiu:
+
+— Senti: bisogna che da una buona volta ci decidiamo a fare qualche
+cosa per giovare alla causa dei nostri amici e tuoi cugini fratelli
+Migheli. Ho studiato il modo di rendere mansueto e tollerante il
+giudice Satta.
+
+— Che hai pensato?
+
+— Ho una bella idea: mettere il giudice Satta nella critica condizione
+dei ricettatori. Vieni con me, e secondami.
+
+Il giudice Satta possedeva a Sassari, nella regione _Eba ciara_, una
+piccola campagna, dove soleva passare una buona parte del maggio e
+dell’ottobre, insieme alla famiglia. Sapendo che il giudice trovavasi
+colà da qualche settimana, io mossi a quella volta in compagnia di
+Cambilargiu.
+
+Era mezzogiorno, quando arrivammo sotto al colle dei Cappuccini.
+
+Aprimmo il cancello, attraversammo il viale, e ci spingemmo fino alla
+modesta casetta. Dall’acciottolìo dei piatti e dal rumore delle posate
+ci accorgemmo ch’era l’ora del pranzo.
+
+Fattosi alla porta il vignataro, gli dissi risoluto:
+
+— Di’ al tuo padrone, che abbiamo urgente bisogno di conferire con lui!
+
+Fummo fatti entrare addirittura nella sala da pranzo. Erano a tavola
+una diecina di persone, compresi i bambini.
+
+— Il signor giudice Satta? — chiesi rispettosamente, ponendo la mano al
+berretto.
+
+Il giudice levò gli occhi su di noi, e ci fissò sbigottito, pallido
+per la paura. Certamente, vedendoci armati di fucili, di pistola e di
+pugnale, capì subito che aveva da fare con banditi.
+
+— Sono io! — balbettò con voce fioca e tremante — E voi... chi siete?!
+
+— Io sono Giovanni Tolu! — risposi umilmente.
+
+— Ed io Pietro Cambilargiu! — soggiunse il mio compagno, con bontà
+rispettosa.
+
+Il giudice sbarrò tanto d’occhi. Alcuni giovanotti, udendo i nostri
+nomi, si erano alzati vivamente da tavola ed avevano scavalcato la
+bassa finestra della sala terrena.
+
+Io mi affrettai a soggiungere:
+
+— Non abbiano paura; non veniamo qui per far male a nessuno. Siamo
+banditi, e abbiamo il diritto di vivere come tutti gli altri uomini.
+Chiediamo ben poca cosa. Abbia la bontà, con suo comodo, di mandarci
+una trentina di lire per mezzo del suo vignataro. Gli indicheremo il
+sito, dove troverà la persona a cui consegnarle.
+
+— Non mancherò di farlo! — rispose il giudice Satta, respirando più
+liberamente. — Sono spiacente di non aver la somma presso di me...
+
+— Non si disturbi. La manderà domani, con suo comodo.
+
+Il giudice Satta e la famiglia ci fecero allora buon viso, e ci
+offrirono da mangiare e da bere; ma Cambilargiu si affrettò a dire, col
+suo solito fare brusco ed insolente:
+
+— No: non vogliamo bere nè mangiare, poichè potreste darci il veleno!
+
+Ciò detto, augurammo il _buon appettito_ ed uscimmo dalla sala.
+
+Oltrepassato il cancello dissi al mio compagno:
+
+— Hai capito? D’ora innanzi il giudice Satta sarà più clemente coi
+ricettatori di banditi. Anche lui ci ha dato ricetto, ci ha offerto
+da bere, e ci manderà denaro! Puoi star certo che farà silenzio sulla
+nostra visita!
+
+— Bravo! — mi disse Cambilargiu — hai dato prove di abilità e di
+furberia!
+
+ *
+ * *
+
+Sollecitati di nuovo ad adoperarci per la liberazione dei fratelli
+Migheli, io dissi a Cambilargiu:
+
+— Che pensiamo di fare per i tuoi cugini? Non bisogna dimenticare
+che i due figli di Salvatore Spano, di Ploaghe, sono impiegati nella
+magistratura di Sassari!
+
+— Andiamo dunque a trovare Salvatore a Ploaghe!
+
+— No. È più prudente farlo venire in campagna; e a questo penserò io.
+Mettiamoci in viaggio.
+
+Giunti nelle vicinanze di Florinas, mandai a chiamare Salvatore Pinna,
+ex barracello, al quale diedi incarico di recarsi a Ploaghe per far
+venire lo Spano al molino di _Badu-canu_, dove noi lo aspettavamo.
+
+Raccomandai intanto a Pietro Cambilargiu che frenasse il suo carattere
+irritabile, mostrandosi umile e sottomesso col proprietario Salvatore
+Spano, uomo grave, di buon senso, e fra i più saggi del paese.
+
+Un’ora dopo lo Spano ci stava dinanzi:
+
+— Che si vuole di me?
+
+— L’abbiamo qui chiamato per farci una carità.
+
+— Dite pure.
+
+— La preghiamo di raccomandare a’ suoi figliuoli, impiegati a Sassari,
+di usare un po’ di misericordia ai fratelli Migheli, d’altro non rei
+che di aver dato ricetto nella loro capanna a Pietro Cambilargiu ed a
+Giovanni Tolu.
+
+— Non mancherò di farlo. Ricordatevi però, che i figli miei non
+rappresentano il governo di Sassari. Essi sono semplici impiegati, che
+dipendono da un’autorità superiore. Procuratevi dunque altre ingerenze,
+e così uniti potremo giovare alla causa dei vostri raccomandati.
+
+Pietro Cambilargiu, con l’aria spavalda che gli era abituale, disse
+rivolto allo Spano:
+
+— Badi di fare qualche cosa, chè altrimenti quei signori l’avranno da
+fare con noi!
+
+Il vecchio Spano corrugò la fronte, e disse gravemente rivolto al mio
+compagno:
+
+— Pietro, tu parli male! Quando si domanda una grazia, non si ricorre
+a minaccie nè ad insolenze, che con me sono inutili. I miei figli sono
+signori, vivono a Sassari, nè possono temere alcun danno da te. Se vuoi
+essere ascoltato, parla come uomo, non come un insensato!
+
+Allontanatosi Salvatore Spano, ebbi un vivo diverbio col mio compagno
+per le sue maniere ruvide e villane.
+
+— Hai dimenticato che siamo nelle vicinanze del mio paese! — gli dissi
+— Io tengo a non essere insolente, nè sgarbato colle persone dabbene!
+
+Messici poi d’accordo, combinammo di rivolgerci ad uno studente,
+per scrivere alcune lettere all’indirizzo di persone autorevoli, in
+relazione con giudici.
+
+Le pratiche nostre, unite a quelle dello Spano, ebbero un ottimo
+risultato. Poche settimane dopo i due fratelli Migheli venivano rimessi
+in libertà dal tribunale di Sassari.
+
+
+
+
+CAPITOLO XVIII.
+
+Barracellato di Florinas.
+
+
+Faccio un passo indietro. Ho bisogno di dichiarare che io non posso
+seguire scrupolosamente l’ordine cronologico dei fatti avvenuti.
+Per essere più chiaro, intraprenderò, ramo per ramo, la storia della
+mia vita. Non si deve dimenticare, che io narro gli avvenimenti di
+quarant’anni, nè potrei interrompere un episodio per riprenderlo a
+salti, secondo i diversi tempi in cui si svolse.
+
+Erano appena iniziate le prime pratiche per la liberazione dei fratelli
+Migheli, quando il comune di Florinas pensò alla riorganizzazione della
+compagnia barracellare per l’esercizio 1853-54.
+
+Il Consiglio comunale aveva deliberato di far cadere la nomina di
+capitano dei barracelli su Peppe, il mio fratello gemello. Era evidente
+che si voleva tutelare la sicurezza della proprietà col prestigio del
+mio nome di bandito.
+
+Peppe me ne aveva già parlato, e il Consiglio chiedeva il mio parere,
+prima di accingersi alla nomina definitiva,
+
+— Non voglio assolutamente che tu sia il capitano! — risposi a mio
+fratello: — Tu devi rifiutare. Penserò io ad aggiustare le cose.
+
+Partecipata la rinunzia al Consiglio, questo per tre volte confermò
+la nomina di Peppe Tolu; e quando si seppe che mio fratello rifiutava
+per mio suggerimento, alcuni consiglieri pregarono il sindaco di
+consultarsi con me per formare la compagnia barracellare di Florinas.
+
+Il sindaco uscì un giorno dal paese, come per diporto, e venne ad
+abboccarsi con me in campagna.
+
+— È egli vero che tu ti opponi perchè tuo fratello non accetti la
+carica di capitano, che vuole affidargli il Consiglio?
+
+— È verissimo!
+
+— E perchè ciò?
+
+— Perchè mio fratello non può, nè deve accettare la carica di capitano
+dei barracelli!
+
+— Lo credi forse incapace a coprirla?
+
+— Lo credo capace, quanto abile ed onesto; ma è troppo povero, e gli
+mancano i mezzi per disimpegnare convenientemente simile carica. Il
+capitano ha bisogno di comoda stalla per custodirvi i cavalli, quando
+capita la ronda dei barracelli d’altro comune; ha bisogno di essere
+agiato per mettersi in grado di invitare a pranzo gli amici, quando
+l’occasione si presenta; ha bisogno di spendere del proprio, perchè non
+ha disponibile che la sola metà del salario anticipato dai vassalli.
+Di questo salario non potrebbe servirsi, poichè dev’essere ripartito
+alla fine della gestione fra i barracelli che rondano e lavorano
+lungo l’anno: — se si verificano danni dovrà pagarli subito; se c’è
+benefizio, dovrà fare il riparto equo. Mio fratello è troppo povero, nè
+potrebbe senza sagrifizi ed umiliazioni disimpegnare una carica così
+delicata. Credo in coscienza, che l’agiatezza e il benessere siano
+indispensabili a chi è chiamato ad amministrare la roba d’altri; e
+la miseria è sempre cattiva consigliera. Vi indicherò io la persona
+da presciegliere per capitano dei barracelli. Intanto vi prego di far
+venire qui don Ignazio Piras: ho bisogno di conferire con lui.
+
+Venuto a me don Ignazio, prese a dirmi col sorriso bonario dei signori,
+che vogliono canzonare i poveri diavoli:
+
+— Ma perchè non vuoi permettere che tuo fratello faccia il capitano?
+Tornerebbe ad onor tuo questa nomina; poichè quando si sapesse che il
+capo della barracelleria è stretto congiunto ad un famoso bandito, i
+ladri si guarderebbero dal recar danno all’altrui proprietà!
+
+— Si persuada, don Ignazio; noi possiamo ancor vivere senza
+quest’onore. Non insista più oltre, e mi risponda!
+
+— Sentiamo.
+
+— Quanti agricoltori può ella contare sotto la dipendenza della sua
+casa?
+
+— Una ventina; tu lo sai.
+
+— E il dottor Andrea Serra?
+
+— Altrettanti.
+
+— Ciò vuol dire, che le vostre due case dispongono dell’intiera
+popolazione. Invece, dunque, di un capitano, vi suggerisco di nominarne
+due; e la scelta non dovrà ricadere che su don Ignazio Piras e sul
+dottor Serra. In tal modo la popolazione di Florinas dipenderà dalle
+vostre famiglie. Il numero dei barracelli, fissato in 15, e che
+potreste raddoppiare, voi non lo porterete che a soli 25; e così il
+barracellato, alla cui riorganizzazione è concorso tutto il paese, non
+sarà inviso alla popolazione, la quale vivrà tranquilla nell’unione e
+nella concordia. È questa la mia opinione!
+
+Don Ignazio fece subito convocare il Consiglio comunale, e gli comunicò
+la mia proposta, che venne accettata dalla maggioranza con viva
+soddisfazione.
+
+Formata la compagnia barracellare sulla base da me suggerita, venni
+invitato a recarmi segretamente a Florinas[45].
+
+Trovandomi in quel tempo insieme a Pietro Cambilargiu, lo pregai di
+tenermi compagnia.
+
+Ci presentammo in casa del capitano don Ignazio Piras, dove già
+trovavasi il suo collega dottor Serra, nonchè i 25 barracelli, colà
+attirati dalla curiosità di veder me e Cambilargiu, del quale avevo
+preannunziato la visita.
+
+Come ci presentammo nella sala, don Ignazio fece far silenzio, e
+rivolgendosi a me, prese la parola solennemente:
+
+— Giovanni Tolu; noi abbiamo seguìto il tuo suggerimento. Devo però
+dirti, che il Consiglio ha deliberato di nominar te e Cambilargiu a
+far parte della nostra barracelleria. Non pretendiamo che voi andiate
+alla ronda (c’è abbastanza gente per farla!), ma desideriamo solo
+che esercitiate una scrupolosa sorveglianza, massime verso i ladri
+di bestiame. Dei guadagni della compagnia, voi sarete messi a parte
+al pari degli altri; quanto alle perdite, non dovete preoccupacene:
+pagheremo noi la vostra quota! Accettate?
+
+Fatto un inchino rispettoso, io risposi:
+
+— Don Ignazio, dottor Serra, amici tutti: io posso assicurarvi che la
+capitaneria di questo anno avrà un esito soddisfacente, e apporterà
+buoni frutti. Essa riuscirà più famosa di quella, che la tradizione ci
+dice formata un’ottantina d’anni fa, sotto il comando di Baingio Canu.
+Questo capitano (nominato quasi a dispetto del Consiglio comunale) non
+volle seco che un solo barracello: il proprio nipote Pietro Canu. Vi
+ricorderò il fatto, quale lo raccontano i nostri vecchi.
+
+«Narrasi, che la notte susseguente alla costituzione della strana
+compagnia di due individui, si verificò il furto di due cavalli,
+eseguito coll’intenzione dispettosa di farli pagare al capitano ed al
+nipote. Avuta la relazione della mancanza del bestiame, Baingio Canu
+andò, sull’imbrunire, a trovare il nipote:
+
+«— Pietro — gli disse — prendi il fucile e seguimi!
+
+«Baingio Canu era un uomo energico e risoluto: buono o cattivo, a
+seconda le circostanze.
+
+«Si recarono entrambi, a notte tarda, dinanzi alla casa di colui, che
+sapevano essere l’autore del furto.
+
+«— Bada di far fuoco sul ladro, appena si presenterà alla porta! —
+fece Baingio al nipote.
+
+«— Sono agli ordini del capitano! — rispose Pietro, che rappresentava
+l’intiera compagnia.
+
+«Lo zio picchiò risoluto alla porta.
+
+«— Apri Antonio, e vieni fuori: sono io!
+
+«Il disgraziato si fece all’uscio, e cadde fulminato da una fucilata.»
+
+— Così, o signori, finirà questa capitaneria — conchiusi, rivolto
+all’adunanza. — Spero, però, che non avremo bisogno di spargere sangue
+umano, poichè i ladri ci rispetteranno!
+
+Gli astanti si congratularono con me, e la seduta fu levata[46].
+
+Pietro Cambilargiu non disse una parola; egli ben sapeva, come mio
+compagno, che non doveva opporsi a quanto avevo stabilito.
+
+Terminata la discussione, don Ignazio Piras ordinò ai suoi servi di
+andare in cantina a spillare il miglior vino. Fu dato a tutti da bere,
+e si chiacchierò allegramente per una mezz’ora.
+
+Uscimmo dalla casa di don Ignazio per recarci in quella del dottor
+Serra, dove ci fu offerto lo stesso trattamento.
+
+La moglie del dottore, colla quale ero in confidenza, m’abbracciò, e mi
+baciò sulla guancia, alla presenza di tutti.
+
+Cambilargiu, ch’era al mio fianco, mi disse con una certa amarezza:
+
+— Vedo che sei proprio ben voluto nel tuo paese!
+
+Uscimmo sulla via, seguiti dai nuovi barracelli e da molti amici.
+Eravamo costretti a fermarci di casa in casa, poichè ognuno voleva
+offrirci da bere. Una folla di curiosi ci veniva dietro, e tutti
+parevano soddisfatti di vedere i due banditi, resi maggiormente celebri
+dopo i recenti attacchi di _Nuzzi_ e di _Monte Fenosu_.
+
+A Pietro Cambilargiu davano solo il _benvenuto_; ma io ero fatto segno
+a dimostrazioni affettuose. Tutte le donne del mio paese, vecchie e
+giovani, venivano sulla porta per stringermi la mano e per baciarmi,
+compiangendo il mio triste destino. Ero vivamente commosso; mi pareva
+di sognare, in mezzo a quella gente che mi aveva veduto nascere, o
+colla quale avevo trascorso i più bei giorni della giovinezza.
+
+Mi accorsi che quell’accoglienza affettuosa e spontanea era una spina
+al cuore di Cambilargiu. Egli mi camminava al fianco imbronciato e
+riflessivo. Io, che conosceva la sua natura diffidente e sospettosa,
+gli leggevo in fondo all’anima. Egli certamente supponeva, che i tanti
+amici miei non potevano essere che suoi nemici, poichè volentieri
+avrebbero a lui teso un’insidia per concedere a me l’impunità a prezzo
+della sua morte. Pensiero eterno del bandito, che lo spinge a diffidare
+dell’amore, che altri nutre per un compagno d’infortunio!
+
+Finalmente ci separammo, poichè non era prudenza rimanere più a lungo
+in quel luogo — quantunque a Florinas non vi fossero carabinieri, e
+don Ignazio avesse preso le debite precauzioni, prima di chiamarmi in
+paese.
+
+
+
+
+CAPITOLO XIX.
+
+Ancora Cambilargiu.
+
+
+Dopo la nostra nomina a barracelli di Florinas, non tardai ad
+accorgermi che Cambilargiu mi guardava in cagnesco, e non era con me
+leale, come prima. Egli forse pensava, ch’era impossibile un’illimitata
+confidenza fra un giovane trentenne ed un uomo grave di mezzo secolo.
+Era invidioso della benevolenza che mi dimostravano i Florinesi:
+indizio questo, che il mio paese non mi considerava come un tristo,
+ma bensì come un disgraziato; e se avevo nemici a cui la mia esistenza
+dava cruccio, avevo pure amici che mi volevano bene.
+
+Un solo fatto basterà a provare che la mia famiglia era ritenuta onesta
+e di buon conto in paese. Io avevo imposto ai miei parenti di non mai
+immischiarsi nelle mie vendette. Bastavo io solo per compierle: essi
+non dovevano compromettersi. Con orgoglio posso dunque affermare, che
+mentre i congiunti degli altri banditi vennero uccisi, molestati, o
+tratti in prigione, a nessuno de’ miei parenti fu recato alcun danno,
+nè da’ miei nemici, nè dalla giustizia. Io solo fui il disgraziato e il
+perseguitato, e ciò torna ad onore della mia famiglia!
+
+Continuai ad accompagnarmi con Cambilargiu, ma l’uno ormai era di
+peso all’altro. In lui l’invidia e il rancore per l’affetto che mi
+addimostravano i Florinesi; in me il disgusto delle sue triste azioni,
+che mi ripugnavano.
+
+Ogniqualvolta si andava insieme ad Osilo, fermandoci negli ovili,
+Cambilargiu domandava con insistenza una pecora od un capretto ai
+poveri pastori; i quali glieli davano subito, perchè avevano di lui
+una paura maledetta. Ma non basta: egli portava quel capretto o quella
+pecora nelle aie dei ricchi possidenti, e là si mangiava tutti insieme,
+me compreso.
+
+Eseguita diverse volte questa vergognosa estorsione, un bel giorno io
+dissi a Cambilargiu in uno di questi pranzi:
+
+— Zio Pietro, vuoi che ti parli chiaro? Non mi piace questo tuo
+sistema. Tu strappi con violenza un agnello ai poveri pastori che hanno
+i figli scalzi, per darlo a mangiare ai ricchi che possiedono pecore ed
+agnelli in abbondanza. Non trovo troppo lodevole le azioni tue!
+
+Queste mie parole, pronunciate a tavola, alla presenza di tutti,
+inasprirono Cambilargiu e i benestanti commensali. Essi me ne mossero
+acerba lagnanza, ma io feci il sordo e non risposi.
+
+Un altro giorno ci trovammo insieme nelle vicinanze di Osilo, dove la
+sua burbanza raggiungeva il colmo. Mentre si chiacchierava in un’aia,
+scappò di là la famosa cavalla che avevano preso ad Ossi, per far
+dispetto al capitano dei barracelli. Cambilargiu pretendeva che andassi
+io a rintracciarla.
+
+— No, zio Pietro. Qui siamo nel territorio del tuo paese, e spetta a
+tuo cognato riportare la cavalla. Io non manco di dartela insellata,
+quando ti accompagno nelle terre di Florinas. Se tuo cognato non farà
+il dover suo, aggiusterò io la faccenda!
+
+E qui un altro vivo diverbio, che per fortuna fu sedato dai parenti, i
+quali mi diedero ragione. Il cognato di Cambilargiu riportò la cavalla,
+e la cosa passò liscia.
+
+Poco tempo dopo, vennero rubate due bellissime cavalle dal villaggio
+di Santo Lussurgiu: l’una appartenente a Francesco Beccu, l’altra di
+proprietà di Andrea Sanna. Si sparse la voce che fossero in potere di
+Cambilargiu e di Antonio Spano — ed era vero.
+
+La cavalla del Sanna, posseduta dallo Spano, era morta; l’altra del
+Beccu era quella che montava Cambilargiu, quando l’ebbi a compagno.
+
+Non c’era verso ch’ei volesse restituirla; ed un bel giorno gli dissi a
+denti stretti:
+
+— Senti: qui si tratta della roba d’altri, nè io voglio essere complice
+di furti, che detesto. Se tu non restituirai la cavalla al padrone, io
+rinunzio al piacere d’esserti compagno. Separiamoci!
+
+Cambilargiu si rassegnò a restituire la cavalla a Francesco Beccu,
+ma pretese da lui dodici scudi, dicendo che ugual somma aveva egli
+sborsato a chi gliela cedette.
+
+Non era ancora trascorso un mese dalle dimostrazioni popolari ricevute
+a Florinas, quando Cambilargiu, sempre diffidente perchè si sentiva
+meno agile per l’età avanzata, prese a dirmi con bontà affettata:
+
+— Con te, che mi sei figlio, non posso aver riguardi. Devo avvicinarmi
+ad Osilo per affari urgenti. Quando avrai bisogno di me, fammi sapere
+il luogo dell’appuntamento, e sarò sempre il tuo fido compagno.
+
+Così dicendo, ci separammo. Parecchie volte lo invitai a venirmi a
+trovare nell’ovile di mio cognato, ma con mia sorpresa egli non si
+lasciò mai vedere. Era chiaro che la diffidenza lo aveva allontanato
+dal territorio di Florinas, temendo che i miei compaesani gli
+tendessero un’insidia.
+
+Ma neppur io mi mossi per andarlo a trovare ad Osilo — nè più lo rividi.
+
+Intanto, scaduto l’anno del barracellato di Florinas, venne fatto il
+riparto della _raccolta_, e toccarono a ciascun barracello settanta
+scudi di benefizio.
+
+Quando ciò seppe Cambilargiu — quantunque neanche una volta avesse
+prestato l’opera sua — mandò una lettera da Osilo a Don Ignazio Piras,
+ricordandogli che anche lui era un barracello di Florinas, e pretendeva
+la sua porzione. «Se non l’_intiero_ (egli scriveva). voglio almeno
+_una parte_, perchè sono povero.»
+
+Erano rimasti a fondo del Bilancio sei scudi, ed io consigliai di non
+darglieli; ma Don Ignazio, temendo la ferocia di quell’uomo, glie li
+mandò fino ad Osilo.
+
+Continuai pertanto a interessarmi della barracelleria di Florinas,
+sempre fiero di venir consultato dai barracelli, che in me riponevano
+la loro fiducia.
+
+Il capitano non dura in carica che un solo anno, e a Don Ignazio Piras
+era succeduto Gavino Pintus, il padre di Maddalena Bua.
+
+Nominato capitano dal consiglio comunale, quest’ultimo non aveva voluto
+accettare; ed allora fu chiamato a Sassari dall’Intendente generale per
+conoscere le ragioni del rifiuto.
+
+— Non accetto la carica di capitano — rispose il Pintus — perchè per
+contentare il paese dovrei ricorrere ai congiunti del bandito Giovanni
+Tolu — e non so se vostra eccellenza vorrà autorizzarmi a simile
+scelta!
+
+L’Intendente gli disse:
+
+— Va pure in paese, e nomina i barracelli che vuoi, purchè tu faccia il
+capitano.
+
+Tornato Pintus a Florinas, si affrettò a comunicarmi la risposta
+dell’Intendente. Io lo persuasi a fare il capitano; ed egli chiamò a
+far parte della compagnia i miei fratelli Peppe e Gio. Maria, nonchè
+Giuseppe Rassu, il più savio di quella famiglia malnata.
+
+Quantunque io più non appartenessi alla compagnia barracellare, si
+volle ch’io fossi compreso nel riparto degli utili annuali. Mi si dava
+la porzione, senza ch’io la chiedessi.
+
+Durante questa barracelleria erasi verificata la mancanza di due
+cavalle, per una delle quali fu inutile ogni ricerca. Trascorso
+quasi l’anno, ricevetti una lettera da un amico, il quale m’informava
+segretamente che la cavalla trovavasi a Mores. Egli mi sollecitava ad
+adoperarmi per farla restituire ai barracelli, che l’avevano già pagata
+al padrone.
+
+Parlatone coll’ex capitano Pintus, questi mi consigliò di non
+occuparmene.
+
+— No — gli dissi — ci va dell’onore della compagnia, e farò il mio
+dovere.
+
+— Ebbene, se tu riescirai a ricuperarla, tienila per te!
+
+Volli consultare i barracelli, i parenti e gli amici, e tutti si
+dichiararono contenti che la cavalla fosse mia. Ritiratala facilmente
+per mezzo di mio fratello, la tenni in stalla dall’ottobre al marzo,
+senza servirmene.
+
+Avendo veduto la cavalla, alcuni malevoli misero in giro la voce che
+non era quella di Florinas, ma bensì un’altra rubata in Campidano dalla
+combricola del bandito Bìcchiri.
+
+La cavalla, infatti, non era quella di Florinas; ma io feci rispondere
+ai maldicenti, ch’ero pronto a restituirla al padrone, se me lo
+avessero indicato.
+
+Un assessore comunale osò avvertirmi:
+
+— Bada, Giovanni; non lasciar montare la cavalla da’ tuoi fratelli,
+poichè verrebbero arrestati e messi in carcere.
+
+Io risposi di mala grazia:
+
+— Senta: la cavalla che ho in istalla non è quella di Florinas.
+Se conoscessi il padrone vorrei intendermela con lui, poichè l’ho
+ingrassata a mie spese. Io però la prevengo, che chiunque osasse
+toccarmela — sia sindaco, brigadiere, o demonio — ci rimetterà la vita!
+
+Nessuno mai venne a reclamare la cavalla. La tenni per un po’ di tempo,
+finchè la vendetti nella Nurra, dichiarando che avrei risarcito il
+padrone, se si fosse a me presentato[47].
+
+ *
+ * *
+
+Non avevo più riveduto Pietro Cambilargiu. Un giorno Don Ignazio Piras
+mi disse in confidenza, che il bandito osilese gli aveva mandato una
+lettera, chiedendogli con minaccie danaro.
+
+— Che debbo fare?
+
+— Non gli dia nulla.
+
+— Uno è dirlo, l’altro è farlo. Tu sai ch’io vado spesso in campagna...
+
+— Si affidi a me. Ci penserò io!
+
+E infatti mandai a dire al mio antico compagno, che si guardasse bene
+dall’avvicinarsi al mio paese; poichè era un’azione indegna quella di
+estorcere danaro a persone, che aveva conosciuto per mio mezzo. Lui era
+stato educato nell’ergastolo di Villafranca, e voleva fare il brigante
+alla continentale — io invece preferiva fare il bandito alla sarda!
+
+Non ebbi più notizia di lui, fino al giorno della sua morte, che
+narrerò brevemente.
+
+Separatosi da me, Pietro Cambilargiu sentì il bisogno di aver nuovi
+compagni. Egli si accorgeva di essere diventato un po’ sordo e di vista
+debole.
+
+Si era prima provato ad andar solo; in seguito ebbe a compagni
+i banditi Depalmas e Salvatore Fresu, dai quali si separava con
+frequenza, essendo anch’essi di età matura e poco agili. A quel tempo
+Cambilargiu, quando a notte oscura usciva da un ovile, aveva bisogno
+di venir accompagnato fino a un luogo di rifugio da persona fida, e
+così pure i suoi nuovi amici Depalmas e Fresu. Condizione miseranda dei
+banditi, quando diventano vecchi!
+
+Intanto il Governo, per potersi impadronire del famoso bandito osilese,
+aveva ricorso al maresciallo Scaniglia, il quale si era assunto
+l’impegno di consegnarlo, vivo o morto, e con qualunque mezzo, nelle
+mani della giustizia.
+
+Lo Scaniglia, alla sua volta, aveva ricorso ad alcune spie; e, fra
+gli altri, era riuscito a raggirare Luigi Marceddu, lontano nipote
+di Cambilargiu. Costui, già proprietario pastore, era allora sotto
+una penale di 70 rasieri di grano, dovuto per contravvenzione nella
+_viddazzone_ di Sennori.
+
+Il maresciallo Scaniglia, non solo lo fece assolvere dalla penale, ma
+gli donò ottanta marenghi, a condizione che si adoperasse per dargli in
+mano, vivo o morto, lo zio Pietro Cambilargiu.
+
+Trovandosi Luigi Marceddu nella vallata di _Logulentu_, in compagnia
+di Cambilargiu (che si fidava del nipote) riuscì ad ucciderlo.
+Datone subito avviso al maresciallo, questi accorse sul luogo con
+altri cinque carabinieri — e crivellarono di palle il cadavere del
+bandito..... forse per allontanare i sospetti da una spia, sì abilmente
+guadagnata[48].
+
+In tutta la provincia, e specialmente a Sassari, la notizia della morte
+di Pietro Cambilargiu fu accolta con vera gioia, e quasi con feste.
+
+Non tardò il congiunto Marceddu a ricevere la paga del suo nero
+tradimento. Egli venne ucciso da un mugnaio — da certo Giomaria Ibba —
+ch’ebbi più tardi a compagno, e di cui parlerò a suo luogo.
+
+
+
+
+CAPITOLO XX.
+
+Ancora Antonio Spano.
+
+
+Appena ucciso il negoziante sassarese Dionisio, il bandito Antonio
+Spano e i suoi amici si erano dati a spargere la voce che l’uccisore
+ero stato io.
+
+A Sassari si trovava in quel tempo l’avvocato Todde, cagliaritano,
+professore all’università. Spinto dalla curiosità di vedermi da
+vicino, gli fui presentato in campagna, col pretesto d’una partita di
+caccia; ed egli si mosse a pietà delle mie sventure. Volle conferire
+con alcuni magistrati, e fu riconosciuta la necessità di chiamarmi con
+salvacondotto, per interrogarmi sull’uccisione di Dionisio, sperando di
+attingere nuovi schiarimenti.
+
+Il prof. Todde, d’animo nobile e generoso, aveva preso impegno di
+farmi abboccare coi giudici, unicamente per mettere in chiaro la mia
+innocenza, smentendo le dicerie che correvano sul mio conto.
+
+Consultatomi coll’avv. Piras, accettai il salvacondotto.
+
+Il convegno mi fu dato in casa di Don Ignazio Piras, a Florinas,
+dove si recarono colla _diligenza_ il giudice istruttore Murgia, il
+procuratore del re Costa ed un segretario. Furono tutti trattati con
+vero sfarzo in casa Piras; basti il dire, che nel pranzo offerto agli
+ospiti vennero presentati a tavola venti _piatti caldi_.
+
+Comparso dinanzi a questi signori, il giudice Murgia chiese a Don
+Ignazio un libro di Evangeli per sottopormi al giuramento.
+
+— Non importa — dissi — ho in tasca l’ufficio della Beata Vergine, che
+pur contiene alcuni brani del Vangelo. D’altra parte credo inutile ogni
+giuramento, perchè io deporrò il vero, secondo coscienza.
+
+— Che cosa sai dell’uccisione di Giovanni Antonio Matti, detto Dionisio?
+
+— So abbastanza. Mi trovavo di passaggio in un ovile della Nurra,
+dov’era una serva sassarese. Costei, giorni prima, era stata citata a
+Sassari come teste nella causa Dionisio. Ritornata all’ovile, le chiesi
+per curiosità notizie del processo; ed ella mi disse, che le avevano
+imprigionato il genero, per aver prestato ad Antonio Spano le sue vesti
+da muratore, colle quali si era mascherato per uccidere più facilmente
+Gio. Antonio Dionisio...
+
+— Ed altro non sai? — mi chiese il giudice Murgia, alquanto sorpreso.
+
+— Non c’è da saper altro. Il bandito Spano ha ucciso il signor
+Dionisio, per vendicare l’insulto fatto al proprio fratello!
+
+Mi furono fatte diverse altre domande, che forse avevano rapporto con
+qualche processo in corso od in vista. I giudici vanno sempre in cerca
+di nuovi fili, ma non sempre la loro tela è ben tessuta. Ond’è che
+questa (come lessi in un libro) rassomiglia ben sovente a quella dei
+ragni: prende i moscerini, ma lascia scappare i mosconi!
+
+Prima di licenziarmi, il procuratore del re Costa mi chiese scherzando:
+
+— Hai tu fiducia nei salvacondotti?
+
+— E perchè no? Io credo che il Governo abbia il dovere di essere leale!
+
+Confesso, nondimeno, che, prima di mettermi in viaggio per Florinas,
+avevo fatto vedere il salvacondotto ad una persona di fiducia — a don
+Luigi Nurra, fisco a Cagliari, e genero del generale Grondona di Tiesi,
+che si era ritirato a Cargeghe. Le precauzioni non sono mai troppe!
+
+Fu questo il mio primo salvacondotto; in seguito n’ebbi altri, come
+dirò a suo tempo.
+
+ *
+ * *
+
+Ho già parlato di uno zio di Antonio Spano, a cui io e Cambilargiu
+tentammo un giorno di rubare una cavalla, in odio al nipote. Parlerò
+ora di un altro suo zio, Luigi Mudadu, già laborioso ed onesto, ma
+divenuto in seguito sicario, perchè unitosi al nipote.
+
+Un giorno, a Tissi, era avvenuta una grassazione a danno di un certo
+Sebastiano Selis e di sua moglie Rosalia Figos; i quali erano stati
+assaliti nella propria casa, e derubati di molto danaro e di molta
+biancheria. Denunziati i malandrini al tribunale, nessuno venne
+molestato, per mancanza di prove. Non mancò tuttavia chi risentì
+danno da questa denunzia, e pensò alla vendetta. Il mandato di sangue
+fu affidato a Luigi Mudadu, il quale, per danaro, tolse dal mondo
+Sebastiano Selis.
+
+Un altro giorno Antonio Spano, insieme a Cambilargiu e ad altri quattro
+compagni, si recarono alla _Nurra_ per dar l’assalto al noto sicario
+Francesco S*, nell’ovile di _Rumanedda_. Quantunque colpito da molte
+palle, il Francesco fu trasportato ad Ossi, e non tardò a guarire.
+
+Non passò gran tempo, che Antonio Spano, col concorso di altri
+sei complici, ritentò il colpo su Francesco S*, assalendolo nella
+propria abitazione, ad Ossi. Le grida della sorella di costui diedero
+l’allarme, e gli assalitori dovettero rinunziare all’impresa.
+
+Ai menzionati delitti, col braccio o col consiglio, non fu estraneo
+Luigi Mudadu.
+
+I due ribaldi, zio e nipote, continuarono senza tregua nella via del
+misfatto, eccitati più dall’ingordigia del danaro, che dalla voce
+dell’odio e della vendetta. Non li seguirò nelle loro scorrerie. Dirò
+solo, che l’ora della condanna era suonata per entrambi.
+
+Antonio Spano, imprudentemente, aveva minacciato un giovane d’Ossi,
+prevenendolo che lo avrebbe ucciso. Costui andò a consultarsi con altro
+bandito compaesano, certo Andrea Sanna, che gli era amico.
+
+Fu concertato, che entrambi si sarebbero appostati sotto una roccia,
+per spiare lo Spano, che con frequenza soleva recarsi a Muros.
+
+— Se ci verrà incontro in campagna, noi lo uccideremo — aveva detto
+Sanna — se invece entrerà nel villaggio, lo faremo arrestare, perchè ci
+è nota la casa del suo rifugio.
+
+Sull’imbrunire, non visti, essi scorsero Antonio Spano che prendeva il
+cammino di Muros.
+
+Il bandito Sanna si fermò in campagna per assicurarsi che lo Spano non
+uscisse dal paese; il giovane invece andò di corsa a Sassari per dare
+avviso all’arma dei carabinieri.
+
+Verso l’alba alcuni carabinieri giunsero a Muros travestiti da
+_stacciai_, e si aggirarono per il paese, fingendo vendere la loro
+mercanzia.
+
+Si presentarono alla casa, in cui si supponeva fosse nascosto il
+bandito Antonio Spano, e si trattennero a lungo dinanzi alla porta,
+contrattando colle donne la vendita degli stacci, in attesa di altri
+sei carabinieri a cavallo, partiti da Sassari un’ora dopo, come
+d’intelligenza.
+
+Come si accorsero che i compagni entravano in paese, i due stacciai si
+slanciarono di scatto nella stanza vicina, puntando le pistole al petto
+del bandito, che non ebbe il tempo di mettersi in guardia.
+
+— Siamo carabinieri! Ti arrendi, o Antonio Spano?
+
+Colto all’improvviso, quell’imbecille fissò come istupidito i due
+armati, e non ebbe il coraggio di far resistenza. Le due bocche delle
+pistole, rivolte contro al suo petto, lo impressionarono. Ebbe paura...
+e fu vile! Al suo posto io avrei lottato fino a farmi uccidere. Una
+palla di piombo è sempre la benvenuta, quando ci salva dalla forca!
+
+Antonio Spano cedette le armi ai due stacciai, ed abbassò il capo con
+rassegnazione, mormorando a fior di labbro:
+
+— Mi arrendo!
+
+Fu ammanettato e tradotto alle carceri di Sassari.
+
+Poco tempo dopo venne pur tratto in arresto lo zio, Luigi Mudadu,
+l’uccisore di Sebastiano Selis.
+
+Il dibattimento dei due banditi ebbe luogo a Cagliari, e furono
+entrambi condannati alla morte.
+
+Ordinata la traduzione a Sassari per esservi impiccati, i due
+prigionieri si posero in cammino a piedi, scortati da molti carabinieri
+a cavallo.
+
+Strada facendo essi si misero d’accordo; e riuscirono a comprare alcune
+scatole di zolfanelli, che tennero per più ore in infusione in un
+fiaschetto d’acqua. Approfittando di una sosta lungo il cammino, i due
+congiunti trangugiarono arditamente la bevanda, e si avvelenarono. Il
+nipote, di complessione piuttosto delicata, morì lo stesso giorno; lo
+zio, più robusto, sorvisse ancora tre giorni.
+
+Ed ecco la fine di Pietro Cambilargiu e di Antonio Spano, i due più
+efferati banditi del Logudoro, ch’ebbi a compagni per un po’ di tempo.
+Il primo morì assassinato da un parente traditore; il secondo si salvò
+dalla forca col veleno!
+
+
+ FINE DEL PRIMO VOLUME
+
+
+
+
+INDICE
+
+DEL PRIMO VOLUME
+
+
+ AI LETTORI (_Storia della Storia_) Pag. 5
+ Sui banditi del Logudoro (_Pagine storiche_) » 11
+
+ PARTE PRIMA
+
+ PRIMA DELLA COLPA.
+
+ CAP. I. Infanzia e prima giovinezza » 59
+ » II. In cerca d’una moglie » 71
+ » III. Alla festa di Mara » 78
+ » IV. Ritorno dalla festa » 89
+ » V. Fattucchierie » 96
+ » VI. Convegni amorosi » 101
+ » VII. Sponsali e luna di miele » 108
+ » VIII. Prime nubi » 116
+ » IX. Tentativi di pace » 127
+ » X. L’attentato » 138
+
+ PARTE SECONDA
+
+ IL BANDITO DI FLORINAS.
+
+ Cap. I. Si torna agli esorcismi » 147
+ » II. In casa di prete Pittui » 158
+ » III. La famiglia Rassu » 167
+ » IV. Si apre la campagna » 179
+ » V. Chi nasce e chi muore » 193
+ » VI. Duello a morte » 203
+ » VII. Gli ultimi Rassu » 217
+ » VIII. Agostino Alvau » 224
+ » IX. Il bandito Derudas » 235
+ » X. Giusta pena e pena ingiusta » 243
+ » XI. La penna vale il fucile » 251
+ » XII. Cambilargiu, Spano, Fresu » 260
+ » XIII. I quattro banditi » 274
+ » XIV. In bocca al lupo » 286
+ » XV. A Monte Fenosu » 299
+ » XVI. Questua per un fucile » 312
+ » XVII. Ricettatori » 317
+ » XVIII. Barracellato di Florinas » 323
+ » XIX. Ancora Cambilargiu » 334
+ » XX. Ancora Antonio Spano » 344
+
+
+
+
+INDICE DELLE VIGNETTE
+
+
+ VOLUME PRIMO
+
+ RITRATTO DI GIOVANNI TOLU (frontispizio).
+ Lettera iniziale allegorica _al banditismo_ Pag. 13
+ Testata allegorica sui personaggi della storia » 59 147
+ Moglie tentatrice, e il villaggio di Florinas » 69
+ Gli sposi uscenti dalla chiesa » 109
+ Attentato contro il prete Pittui » 140
+ Il bandito dal Rettore di Dualchi » 155
+ Uccisione di Francesco Rassu » 215
+ Il salto dalla roccia di _Monte Fenosu_ » 307
+
+
+
+
+NOTE:
+
+
+[1] Giovanni Tolu, fatalmente, morì a Portotorres, di carbonchio, nel
+pomeriggio dei 4 luglio 1896 — circa un mese dopo che avevo consegnato
+il mio manoscritto all’Editore Dessì. A proposito della sua morte il
+lettore troverà un’appendice in fondo a questo libro.
+
+[2] È ancor viva nel popolo la famosa carestia nel 1780, che provocò da
+per tutto disordini, specialmente a Sassari.
+
+[3] Nella famiglia di Giovanni Tolu furono comunissimi i parti doppi.
+Anche la figlia del bandito n’ebbe parecchi.
+
+[4] Florinas, a 15 Chilometri da Sassari, è un ameno paesello di circa
+2200 abitanti. Dicesi costrutto sulle rovine di _Figulina_, oppido
+romano. Posto in altura, sopra un gruppo di pittoresche colline, vi
+si gode di un orizzonte vastissimo. Gli abitanti, industriosi, attivi,
+intelligenti, sono per la maggior parte dediti all’agricoltura. Questo
+comune, uno dei più lindi dell’isola, ha fatto notevoli progressi
+in questi ultimi tempi. Dal 1849 ed oggi il suo piano topografico
+si è quasi trasformato, poichè molte case furono demolite per la
+sistemazione delle vie e delle piazzette, che vi sono spaziose,
+arieggiate, pulitissime.
+
+[5] Non so a quali malifizî qui accenni il Tolu. Certo è, che prima del
+1848 (ed anche dopo!) il volgo si lasciava trascinare a superstiziose
+credenze, alimentate dall’ignoranza o dalla furberia di chi aveva il
+dovere di combatterle.
+
+[6] Giovanni Tolu mi citava assai spesso i personaggi della Storia
+sacra e quelli dei _Reali di Francia_ — letture sue predilette, dopo
+che fu bandito, come vedremo in seguito.
+
+[7] Era questa l’abituale espressione dell’ex bandito. Per _mia
+opinione_ egli intendeva dir tutto: il _mio parere_, il _mio
+desiderio_, la _mia volontà_, il _mio intendimento_, la _mia
+decisione_, ecc. ecc.
+
+[8] La chiesa di _Bonuighinu_ (Buon vicino) è sacra alla Vergine
+addolorata. Ha un bell’atrio quadrato, ed è costrutta su di un monte
+conico di difficile accesso, circondato da foreste, con ruderi di
+mura antiche, di una torre, e di due cisterne appartenenti al famoso
+castello omonimo, pur detto di _Bonvhei_. Questo castello, eretto dai
+Doria, fu da questi venduto a Mariano di Arborea; il quale, dopo averlo
+ceduto nel 1355 al re di Aragona, lo riebbe nel 1364. Tornò in seguito,
+nel 1388, agli aragonesi, e poi di nuovo ai Doria nel 1436.
+
+La festa di N. S. di _Bonuighinu_, con fiera, ha luogo nella terza
+domenica di settembre, e vi accorre molta gente da ogni parte
+dell’isola, sebbene in minor numero e con minor entusiasmo di quella
+che vi accorreva prima del 1850.
+
+[9] Noti il lettore questo curioso amor proprio rusticano. La povertà
+era ritenuta un’umiliazione, anche dalla classe dei contadini!
+
+Ha dell’incredibile la felice memoria di Giovanni Tolu sui fatti
+accaduti da oltre quarant’anni! Egli mi narrò molti altri particolari,
+che ho taciuto perchè insignificanti. Ripeto che l’ex bandito fu
+scrupolosissimo nella sua narrazione, nè accennò mai a fatti, senza
+declinare nomi di persone e di località.
+
+[10] Ricordi il lettore, che io riporto fedelmente, quasi parola per
+parola, la narrazione dell’ex bandito. Parrà certamente incredibile,
+che un uomo come Giovanni Tolu, assennato, pieno di buon senso, e d’una
+istruzione non comune, potesse prestar fede alle _legature_ e ad altre
+simili fandonie. Eppure è così! Era una sua debolezza a molti ignota,
+e appena sfiorata nel processo svolto nelle Assise di Frosinone. Il
+Tolu mi parlava delle _fattucchierie_ con profonda convinzione, e si
+mostrava offeso ogni qualvolta io le metteva in dubbio od in ridicolo.
+Rileverà il lettore, andando innanzi nella narrazione, altre stranezze
+dello stesso genere, ch’io riporterò fedelmente, senza commenti.
+
+[11] Non dovremo noi scusare la superstizione di Giovanni Tolu, quando
+la vediamo condivisa, o alimentata da sacerdoti così credenzoni? Poveri
+paesi, e poveri tempi!
+
+[12] Una volta per sempre devo dichiarare, che io riporto fedelmente la
+narrazione dell’ex bandito, e che non aggiungo una parola ai dialoghi,
+che sono tutti tuoi. Ripeto che non volli alterare l’originalità delle
+scene rusticane con slanci di rettorica convenzionale.
+
+[13] Forse l’avv. Racca, reggente allora l’intendenza Generale, dopo
+la partenza di De Monale. Il Racca fu Intendente di Alghero nel 1855, e
+Vice Governatore di Sassari dal 1859 al 1862.
+
+Erano tempi d’inimicizie e di fucilate, e le Autorità cercavano
+ogni mezzo per togliere il pretesto ai sanguinosi conflitti, allora
+frequentissimi.
+
+[14] Specie di guardaboschi. Si era da un solo anno sotto la
+Costituzione, ma pare si continuasse a governare coll’autoritarismo del
+regime assoluto!
+
+[15] Lungo questa scarpa fu di recente costruito un parapetto.
+
+[16] Recipiente di forma cilindrica, intessuta di canne, per custodirvi
+il grano quando si ritira dall’aia.
+
+[17] Era allora Luogotenente, non Maggiore di piazza.
+
+[18] Pare che i preti e i frati d’allora attingessero la potenza
+dell’esorcismo alle illecite relazioni. È cosa che io ignoravo fino ad
+oggi!
+
+[19] Giovanni Tolu chiamava _Perpetue_ tutte le serve dei preti.
+
+[20] Lo ripeto. Dovremo noi ridere della superstizione di Tolu, quando
+la vediamo incoraggiata in siffatta guisa da preti così ignoranti, o
+così furbi? Rimando il lettore alla nota apposta appiè della pagina 99.
+
+[21] Lascio a Giovanni Tolu tutta la responsabilità delle _biografie_
+contenute nella presente storia. Per quanto scrupoloso e veritiero egli
+fosse, noi dobbiamo pure ammettere che qualche volta l’ex bandito avrà
+giudicato gli uomini attraverso la lente del propri odî o delle proprie
+simpatie. D’altra parte il lettore non deve mai dimenticare il tempo in
+cui i nostri fatti accadono!
+
+[22] Badi il lettore che io riporto fedelmente, senza rispondere dei
+giudizi e delle asserzioni di Giovanni Tolu.
+
+[23] Fra Tolu e i Dore pare vi fosse ruggine antica. Vi ha un processo
+contro Tolu per _insulti_ fatti a Giuseppe Dore mediante arma da fuoco,
+il 1. Giugno 1850 (era ammogliato da un mese e mezzo). — Gio. Tolu non
+me ne parlò; e forse l’accusa gli venne dal prete, indispettito per il
+matrimonio della sua servetta.
+
+[24] Narro il fatto colle precise parole del bandito, che non aggiunse
+altro. Era facile intendere, com’egli avesse preso di mira il suo
+nemico, fingendo far fuoco al par degli altri in direzione della
+costiera. Fu questo il primo uomo ucciso da Giovanni Tolu.
+
+Quest’omicidio fu commesso il 19 maggio 1851, come risulta dal processo
+indiziario, che fu istruito a carico di Tolu.
+
+[25] La fede nei sogni era un’altra superstizione del Tolu.
+
+[26] Il ferimento avvenne il 19 aprile 1851. I sospetti caddero su
+Tolu, come mi risulta da un processo; però, con ordinanza del 17
+dicembre 1852 fu dichiarato _non farsi luogo a procedere_. Sapremo più
+tardi la verità!
+
+[27] Pare che questa punizione fosse adottata nella sola Diocesi di
+Sassari.
+
+[28] Morì a Sassari il 21 agosto 1851, in età di 56 anni.
+
+[29] Il Tolu leggeva spesso i _Reali di Francia_, come vedremo in
+seguito.
+
+[30] Francesco Rassu fu ucciso il 4 gennaio 1853. Aveva 39 anni, come
+rilevai dai registri parrocchiali di Florinas.
+
+[31] Salvatore Rassu venne ucciso il 23 settembre 1854. Tolu mi fece
+comprendere di averlo ucciso lui, quantunque non si fosse istruito
+alcun processo, e molti ne dubitassero.
+
+[32] Altri disse, che una donna, complice del progettato assassinio,
+a un certo punto si era alzata dal tavolo per aggiustare il lucignolo
+di una lucerna, impedendo così all’Alvau di vedere Antonio Sento che
+armava il grilletto. Credo più veridica la versione del Tolu, che
+l’apprese della bocca degli stessi aggressori.
+
+[33] Il cadavere di Alvau fu portato sulle fascine a Sassari; venne
+subito esposto fuori Porta Sant’Antonio, e l’indomani in Piazza
+Castello.
+
+[34] Non era certamente il diavolo, ma era il dolore e l’onta per la
+condanna infamante, che avevano fulminato quel poveretto. Valga anche
+questo fatto per farci deplorare le pratiche edificanti di quei tempi!
+
+[35] Questa raffinatezza di ghiottoneria, inferocendo sulle povere
+bestie, farà arricciare il naso alla società protettrice degli animali,
+per i quali i pastori non nutrono certo la tenerezza dei cittadini
+civili. Questi, nondimeno, non cessano dal lagnarsi quando le carni non
+sono saporite!
+
+[36] Siamo giusti. Se la denuncia all’autorità giudiziaria fosse stata
+fatta da altri in odio a Tolu, non so se costui l’avrebbe trovata
+encomiabile!
+
+[37] _Mancamento_ dicesi in sardo il bestiame mancante, denunziato ai
+barracelli dai proprietari.
+
+[38] Noti il lettore il prestigio che esercitavano i banditi sui
+pastori, e lo studio di questi per ingraziarseli.
+
+[39] Avrà notato il lettore i buoni accordi che correvano fra banditi e
+barracelli. Gli uni servivano gli altri.
+
+[40] Il fatto avvenne il 16 Settembre 1852. Fu ferito con arma da fuoco
+il brigadiere del cavalleggieri Giuseppe Andorno. Vi ha processo;
+ma con ordinanza del 30 dicembre si dichiarò _non farsi luogo a
+procedimento_.
+
+[41] Riassumo dagli atti del processo i fatti, secondo la relazione dei
+carabinieri e dei due contadini presenti.
+
+«Il maresciallo dei cavalleggieri Teodoro Prelato, della stazione di
+Osilo, informato che Cambilargiu vagava nei dintorni, e specialmente a
+Nuzzi, il 10 giugno 1853 capitò nella vigna del medico Giorgio Vacca
+(figlio della vedova Chessa) insieme al brigadiere Gio. Leoni ed ai
+cavalleggieri Angelo Coas, Paolo Achenza, Giuseppe Dasara e Giuseppe
+Sassu. Entrarono nella casa rustica, dove subito accorsero i contadini
+Antonio e Francesco Vacca (fratelli del medico) che lavoravano nella
+vigna.
+
+Il cavalleggiero Dasara aveva scaricato poco prima la canna del fucile,
+che teneva per dubbia. (Era questo lo sparo avvertito in precedenza dai
+due banditi).
+
+Il maresciallo, udendo abbaiare il cane ed aprirsi il cancello,
+(distante dalla casa un 27 passi) era uscito fuori, seguito da
+Francesco Vacca, ed aveva riconosciuto, in uno dei due che entravano,
+Pietro Cambilargiu.
+
+— Sei barracello, forse? — gli gridò.
+
+— E tu sei maresciallo?
+
+— Sì, lo sono!
+
+— Vieni, cane, che ti metto la medaglia d’oro!
+
+La lotta si era impegnata fra i due, che si fecero fuoco a vicenda.
+Il maresciallo ebbe spezzato da una palla il calcio della pistola.
+(Nessuno conosceva Tolu di persona.)
+
+Corso il maresciallo dietro la casa per ricaricare l’arma, aveva
+gridato ai compagni: — Coraggio, c’è Cambilargiu!
+
+Fu allora che i banditi uscirono prestamente dal cancello, lo
+rinchiusero, e vi appoggiarono un grosso sasso. Di là fecero due spari
+ed uccisero il cavalleggiere Sassu (con cinque ferite).
+
+Fatti gli spari, i cavalleggieri corsero al cancello, ma non potendolo
+aprire, saltarono dall’alta siepe. I banditi si erano dileguati nè
+poterono inseguirli, poichè dinanzi alla vigna vi erano tre viottole,
+nè sapevano quale avessero presa.
+
+Uno dei contadini disse, che Tolu fu ferito ad un dito ed ebbe spezzata
+la bacchetta del fucile.
+
+Tolu niega che avessero messo il sasso dinanzi al cancello.
+
+[42] Vi ha processo per l’omicidio del carabiniere Antonio Rebichesu di
+Sassari, in atto di ribellione e resistenza; più per ferimento di altri
+due carabinieri, Antonio Contu e Francesco Sperone, mediante sparo.
+Si allude forse al carabiniere ferito accidentalmente al labbro dal
+maresciallo, ed a qualche altro colpito dal Tolu coi due spari fatti.
+Come mai costui, scaricando le due canne del fucile, poteva colpire
+tre persone in tre tempi diversi? C’è imbroglio nel processo; ed è
+forse perciò che si tacque di esso, mentre si portò alle Assise il
+solo scontro di _Nuzzi_, avvenuto due giorni prima di quello di _Monte
+Fenosu_.
+
+[43] Riporto le credenze di Tolu, senza commenti.
+
+[44] Anche gli Arcivescovi avevano paura dei banditi e cercavano di
+amicarseli!
+
+[45] L’anno del barracellato comincia coll’agosto, e termina collo
+stesso mese dell’anno susseguente.
+
+[46] La narrazione di Tolu, a proposito dei barracelli non deve
+sorprendere il lettore, poichè è un fatto che si verifica con molta
+frequenza. Certi latitanti (parrà strano!) erano, e sono tuttora
+ritenuti come una garanzia per le compagnie barracellari.
+
+E fu così in ogni tempo. Il 6 dicembre 1730 (per citare un esempio)
+il Vicerè scriveva al Governatore di Sassari, autorizzandolo alla
+nomina di Francesco Farru a capitano della Compagnia, colla condizione
+imposta, di accettare i barracelli scelti da costui. Il Vicerè notava
+solo, che essendovi fra essi alcuni _reos de delictos_, non era bene
+accoglierli in un Corpo incaricato dell’estirpazione dei malandrini.
+— Eppure si doveva chiudere un occhio, e accettare i ladri per
+scongiurare i furti!
+
+Della compagnie barracellarie si hanno nozioni fin dal tempo dei
+Giudici (nei secoli XII e XIII). Esse vennero stabilite in ciascun
+villaggio coll’obbligo di ricompensare, mediante retribuzione,
+qualunque danno sopportato nelle proprietà. Fu questa una delle ottime
+istituzioni sarde, conservate fino ad oggi, con qualche modificazione.
+Dopo il 1848 divennero _volontarie_, ed oggi sono rette dalla legge 22
+maggio 1853.
+
+[47] Lo scambio delle due cavalle è un fatto misterioso; ma non
+posso fornire maggiori schiarimenti, poichè Tolu non me ne diede.
+Valga questa nota per altri punti un po’ oscuri della narrazione.
+L’ex bandito s’imbronciava quando io l’interrompevo per chiedere
+spiegazioni. Egli mi diceva secco:
+
+— Scriva quanto le dico. Gli _interessati_ mi comprenderanno!
+
+Era un uomo singolare, un po’ testardo, e non bisognava insistere.
+
+[48] Fu ucciso nel pomeriggio del 23 giugno 1856 (vigilia di San
+Giovanni). L’indomani il municipio di Sassari fece un rapporto al
+Ministero, annunciando la morte di Cambilargiu, (_pernicioso anche
+col solo prestigio del nome_) ucciso da pochi carabinieri dopo _viva
+resistenza_. I cinque carabinieri, oltre lo Scaniglia, furono: Usai,
+Vargiu, Porqueddu, Pugioni e Catte.
+
+
+
+
+
+Nota del Trascrittore
+
+Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
+senza annotazione minimi errori tipografici.
+
+
+
+*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 76574 ***
diff --git a/76574-h/76574-h.htm b/76574-h/76574-h.htm
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+ <title>Giovanni Tolu, vol. I | Project Gutenberg</title>
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+<div style='text-align:center'>*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 76574 ***</div>
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+<div class="booktitle">
+<h1>
+GIOVANNI TOLU
+<span class="smaller">
+VOLUME PRIMO</span>
+</h1>
+</div>
+
+<hr class="silver">
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+<figure class="figcenter"><a id="fill-002"></a>
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+<figcaption><span class="smcap">Giovanni Tolu</span></figcaption>
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+<hr class="silver">
+
+<div class="titlepage">
+<p class="x-large">
+ENRICO COSTA
+</p>
+
+<p class="pad2 main-t">
+GIOVANNI TOLU
+</p>
+
+<p class="pad1 large">
+STORIA D’UN BANDITO SARDO<br>
+NARRATA DA LUI MEDESIMO
+</p>
+
+<p class="pad2 small">
+PRECEDUTA DA CENNI STORICI<br>
+SUI BANDITI DEL LOGUDORO
+</p>
+
+<p class="pad2 small">
+Con Vignette di Dalsani
+</p>
+
+<p class="pad1 large">
+Volume Primo
+</p>
+
+<p class="pad4">
+SASSARI<br>
+<span class="small">PREMIATO STABIL. TIP. G. DESSÌ<br>
+1897.</span>
+</p>
+</div>
+
+<div class="somm">
+<hr>
+<p class="center x-large"><a href="#indice" id="indfront">INDICE</a></p>
+<hr>
+</div>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span></p>
+
+<h2 id="lettori">AI LETTORI
+<span class="smaller">STORIA DELLA STORIA</span></h2>
+</div>
+
+<p>
+Verso gli ultimi di novembre dello scorso
+anno, rientrando nel mio studio, vi trovai
+un vecchio, che da mezz’ora mi aspettava.
+</p>
+
+<p>
+Chiestogli il motivo della sua venuta, mi
+rispose con una domanda:
+</p>
+
+<p>
+— È egli vero che lei ha scritto la storia
+di Giovanni Tolu, il bandito? Avrei piacere di
+leggerla.
+</p>
+
+<p>
+— Non ho mai scritto storie di banditi viventi — risposi.
+</p>
+
+<p>
+Il vecchio, senza punto scomporsi, ripigliò
+con sussiego:
+</p>
+
+<p>
+— Se lei non l’ha scritta, è certo che ben
+presto la scriverà!
+</p>
+
+<p>
+— E perchè dovrò scriverla?
+</p>
+
+<p>
+— Perchè glie la dirò io, che sono Giovanni
+Tolu in persona.
+</p>
+
+<p>
+La strana presentazione mi sorprese non poco;
+tuttavia risposi:
+</p>
+
+<p>
+— Non so davvero perchè lei voglia narrarmi
+la sua storia, nè perchè io debba scriverla.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Le dirò sinceramente, che ormai sono
+stanco e infastidito delle fandonie che si vanno
+spacciando sul mio conto. Lungo la mia vita di
+bandito e d’uomo libero — per oltre quarant’anni — si
+dissero e si stamparono sui miei casi inesattezze
+tali, che mi preme rettificare. Non voglio
+colpe, nè virtù che non mi spettano. Fui intervistato
+da un numero infinito di curiosi, italiani
+e stranieri, ma non volli finora aprire l’animo
+mio ad alcuno. Oggi solamente mi sono deciso
+a fare una confessione generale, schietta, veridica,
+senz’ombra di vanità, nè di secondi fini. Esporrò
+lealmente i casi della mia vita, persuaso che il
+racconto delle mie avventure desterà nel pubblico
+una curiosità non infeconda di ammaestramenti;
+di ammaestramenti per tutti: per le famiglie,
+per i giudici, per i disgraziati miei pari,
+ed anche per il Governo se vorrà trarne profitto.
+A settantaquattro anni non si hanno più speranze,
+nè timori; ed è perciò che io voglio presentarmi
+al pubblico tutto intiero, quale realmente fui, spogliando
+la mia vita da tutti gli episodi fantastici
+e bugiardi, di cui volle infiorarla il volgo... ed
+anche i signori. Ecco perchè voglio narrare la
+mia storia — ed ecco perchè lei dovrà scriverla!
+</p>
+
+<p>
+La lunga tirata del bandito — che ho riportato
+parola per parola — mi colpì vivamente;
+tuttavia il mio proposito fu quello di sottrarmi
+ad un fastidio penoso, che non mi tentava per
+alcun verso.
+</p>
+
+<p>
+Risposi francamente al vecchio bandito: che
+il narrare simile storia non era facile com’egli
+credeva; che bisognava studiare il modo conveniente
+di presentarla al pubblico; e che infine,
+prima di accingermi a scriverla, era necessario
+intendersela con un editore.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Intendiamocela pure! — esclamò il Tolu
+col tono di un uomo incrollabile ne’ suoi propositi.
+</p>
+
+<p>
+All’amico Giuseppe Dessì — l’editore da
+me consultato alla presenza del bandito — non
+spiacque l’idea; e mi pregò di accingermi all’opera.
+</p>
+
+<p>
+Stabilite le condizioni, Giovanni Tolu si
+fermò in Sassari fino a tutto gennaio. Ebbe la
+pazienza di recarsi ogni sera nel mio studio, e
+mi dettò la sua lunga storia, che io trascrissi fedelmente.
+</p>
+
+<p>
+Seduto dinanzi al camino, caricando o scaricando
+la sua pipa, il vecchio bandito (ora in
+buon sardo, ed ora in cattivo italiano) prese a
+narrarmi i casi della sua vita, risalendo ai nonni;
+e filò sempre diritto per venticinque giorni, con
+un ordine ed una chiarezza, ch’io non mi aspettava.
+Circostanze minuziose, dialoghi, nomi di
+persone e di località, episodi d’ogni genere, tutto
+egli mi espose scrupolosamente, senza mai confondersi,
+nè contraddirsi.
+</p>
+
+<p>
+— Io voglio narrarle il <i>bello</i> ed il <i>brutto</i> — mi
+diceva ogni tanto — A lei buttar via ciò che
+crede inutile o insignificante.
+</p>
+
+<p>
+Lo confesso: la semplicità, la schiettezza,
+l’ordine della narrazione, nonchè la varietà degli
+episodi, mi fecero lieto di aver aderito al desiderio
+dell’editore e del mio protagonista. Nessuna
+storia di bandito fu narrata finora con tinte più
+vere e con particolari più intimi; poichè non capita
+due volte il caso di un bandito famigerato,
+che, assolto dalle Assise di Frosinone (e meno
+male che non lo fu in Sardegna!) si decide a confessare
+coraggiosamente le sue colpe, senza tema
+che possa immischiarsene l’autorità giudiziaria.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span>
+</p>
+
+<p>
+La storia del Tolu abbraccia, fra gli altri,
+il tristo periodo che corse tra il 1850 e il 1860 — periodo
+ancor vivo nella memoria del popolo, poichè
+in esso appaiono le figure di Spano, di Derudas,
+di Cambilargiu, d’Ibba — tutti banditi famosi,
+che il Tolu ebbe a compagni, e di cui ci
+narra non poche gesta.
+</p>
+
+<p>
+Mio primo proposito fu quello di servirmi
+dei copiosi materiali fornitimi dal Tolu per tessere
+una storia vera, ma tutta mia nell’ordine e
+distribuzione delle scene. Non tardai, in seguito,
+a rinunziare al mio disegno.
+</p>
+
+<p>
+Io dissi a me stesso: — Perchè dovrò io
+torturarmi la mente, creando situazioni che possono
+cadere nel convenzionalismo? Perchè accingermi
+allo studio di artifizi letterarii, quando non
+pochi sono i testimoni viventi dei fatti che andrò
+esponendo? Perchè assumere la responsabilità di
+giudizi, che potrebbero glorificare od avvilire la
+figura d’un uomo disgraziato, ma colpevole sempre?
+Perchè, infine, dovrò io narrare la storia di
+Giovanni Tolu, quando con più efficacia può narrarla
+lui stesso?
+</p>
+
+<p>
+Non trovando ragioni da opporre a tutte
+queste domande, rinunziai a scrivere un lavoro
+d’arte, e decisi di riportare fedelmente la confessione
+del Tolu, seguendo l’ordine da lui tenuto,
+e servendomi quasi sempre de’ suoi modi di dire.
+La storia del vecchio bandito (sebbene più prolissa
+e forse più noiosa) potrà così conservare
+tutta la natia semplicità, tutto il colore locale,
+e quella vergine impronta che darà maggior risalto
+al carattere del tempo, degli attori e dell’ambiente.
+Mi limiterò solamente ad apporre qua
+e là qualche breve nota appiè di pagina, quando
+la crederò necessaria.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span>
+</p>
+
+<p>
+Ho voluto visitare, in compagnia del Tolu,
+alcune località che furono teatro delle scene più
+salienti; ed ho quindi eseguito alcuni schizzi, sui
+quali il valente Dalsani di Torino studiò le macchiette
+riportate in questo libro. Dobbiamo al
+Turati di Milano la riproduzione in fototipia del
+ritratto recentissimo del vecchio bandito, fatto
+eseguire dall’editore.
+</p>
+
+<p>
+Nel mio libro non si narrerà la storia di un
+semi-eroe, quale il poeta suol narrarla — nè la
+storia di un volgare assassino, come crudamente
+la registrano gli atti del tribunale. Si narrerà la
+storia di un uomo co’ suoi vizi, le sue virtù, le
+sue passioni. Certo è, che il lettore vi troverà
+molte cose ignorate, le quali potranno offrire argomento
+di profondo studio al psicologo ed allo
+storico.
+</p>
+
+<p>
+Chi è Giovanni Tolu? — Un figlio di umili
+agricoltori florinesi, pieno d’intelligenza e di buon
+senso, ma educato nei modi che i tempi e l’ambiente
+consentivano; datosi giovanissimo alla campagna,
+dopo aver tentato di vendicarsi di un
+prepotente, da cui si credette maltrattato e deriso;
+punto nell’amor proprio di marito; deluso
+negli affetti di famiglia; errante per trent’anni
+di balza in balza, senz’amici, senza un consiglio
+pietoso, senza una parola di conforto; vivente
+nella solitudine come un selvaggio, oppure in
+compagnia di malandrini, dai quali non poteva
+attingere che eccitamenti a delinquere; odiato dai
+nemici, circondato da spie, perseguitato dai carabinieri;
+carezzato da deboli e da prepotenti per
+bisogno o per paura; glorificato insanamente dal
+volgo; fatto segno talora ad una curiosità entusiastica,
+fatalmente corruttrice; un misto, insomma,
+di bontà e di tristizia, di generosità e di ferocia,
+<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span>
+di fede e di superstizione, di saggezza maravigliosa
+e d’intolleranza superba, senza neppure la
+coscienza del male che taceva agli altri ed a
+sè stesso.
+</p>
+
+<p>
+Tutto questo il lettore dovrà considerare
+prima di leggere la storia di Giovanni Tolu; e
+quando l’avrà letta, studiando a mente serena
+l’uomo più che il bandito, saprà trarne altri ammaestramenti,
+i quali gli riveleranno quante leggere
+siano le cause che trascinano alla perdizione
+un’anima nata buona, e quanto facili siano i mezzi
+che potrebbero strapparnela.
+</p>
+
+<p>
+Prima di dare la parola a Giovanni Tolu<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a>,
+infliggerò al lettore alcune pagine di storia sui
+banditi sardi in genere, e su quelli del Logudoro
+in ispecie.
+</p>
+
+<p>
+Ho detto <i>infliggere</i>, ma devo dichiarare che
+la mia chiacchierata potrebbe omettersi, con vantaggio
+di chi legge... ed anche di chi scrive.
+</p>
+
+<p class="indl">
+<i>Sassari, maggio 1896.</i>
+</p>
+
+<p class="indr">
+<span class="smcap">Enrico Costa.</span>
+</p>
+
+<hr class="silver">
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span></p>
+
+<h2 id="logudoro">SUI BANDITI DEL LOGUDORO
+<span class="smaller">PAGINE STORICHE</span></h2>
+</div>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span>
+</p>
+
+<figure class="figcenter"><a id="fill-013"></a>
+ <img src="images/ill-013.jpg" alt="&nbsp;">
+</figure>
+
+<div>
+<img class="drop-cap" src="images/ill-drop-l.jpg" alt="L">
+</div>
+
+<p class="pad2 drop-cap">
+La storia del <i>banditismo</i> è vecchia quanto
+il mondo. Essa risale a Caino, e forse
+ai nostri primi padri.
+</p>
+
+<p>
+Caino, dopo il fratricidio,
+esclamò: — Io, dunque, sarò
+vagabondo e fuggiasco sulla
+terra, e chiunque mi troverà
+mi darà la morte!
+</p>
+
+<p>
+Adamo ed Eva, appena
+commesso il primo fallo, si affrettarono
+a coprirsi ed a nascondersi;
+e da quel giorno tutti i bambini, appena
+rompono qualche piatto in cucina, sentono il bisogno
+di scappare e d’intanarsi, sperando che i
+sospetti ricadano sulla serva di casa.
+</p>
+
+<p>
+L’uomo non è altro che un bambino ingrandito.
+</p>
+
+<p>
+La sete di sangue, che tormenta l’uomo, lo
+eccita alla pugna: — istinto feroce, che i selvaggi
+<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span>
+manifestano apertamente, ma che i popoli
+civili hanno bisogno di mascherare col sentimento
+convenzionale d’una <i>partita d’onore</i>, e magari
+d’una <i>guerra santa</i>, in cui la forza e l’astuzia
+soverchiano quasi sempre la ragione, col tristo
+risultato di un offeso, che il più delle volte soccombe — e
+di un offensore, che riporta quasi
+sempre la palma della vittoria.
+</p>
+
+<p>
+Fu in ogni tempo sentito il bisogno di sottrarsi
+al fastidio delle leggi per battere la campagna,
+dando prove di abilità e di valore, col
+togliere al prossimo la vita, e la borsa insieme.
+</p>
+
+<p>
+Come i Crociati corsero entusiasti in Palestina
+per coprirsi di gloria e di blasoni; come i
+nostri mercanti logudoresi, per ottenere dai re
+di Spagna onori e feudi, uscivano armati dal
+paese ad espugnare i vecchi castelli, o per dar
+la caccia ai saraceni sulle spiaggie di Gallura,
+così non mancarono i baldi giovani, che si univano
+in masnade per cimentarsi in battaglie temerarie
+e sanguinose, solleticati unicamente dalla
+gloria vanitosa di diventar celebri.
+</p>
+
+<p>
+Furono ugualmente in gran voga le delizie
+della pirateria. Inseguire e depredare un legno,
+per impadronirsi del bottino, fu creduto, in tempi
+non barbari, un diritto delle genti: — prova questa,
+che l’uomo ha gli istinti del tigre e della
+gazza, ed è nato ladro e feroce.
+</p>
+
+<p>
+Quando nel 1651 il Vicerè cardinal Trivulzio — uomo
+sordido e avaro — dopo averne fatto
+<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span>
+delle grosse in Sardegna, salpò dal porto di Alghero
+per restituirsi in Spagna, s’imbattè in alto
+mare in una nave straniera. Ordinò al capitano
+d’inseguirla; la raggiunse, la catturò, e s’impadronì
+senza rimorsi della fatta preda. Ed era un
+cardinale!
+</p>
+
+<p>
+La rapina di mare, più tardi, cedette l’impero
+a quella di terra; e qui mi dispenso dal segnalare
+tutte le bravate dei masnadieri d’Europa,
+i quali svaligiavano eroicamente vetture, trucidavano
+passeggieri, e rapivano le belle per farne
+dono ai propri capitani innamorati
+</p>
+
+<p>
+Leggesi nelle storie, che le masnade avventuriere
+destarono nei primi tempi un entusiasmo
+sì morboso, che molti giovani di distinta famiglia
+abbandonarono la casa paterna, allettati dalle gloriose
+gesta degli eroi del furto e dell’assassinio.
+L’ignoto li attraeva, perocchè il pericolo ha le
+sue seduzioni. L’uomo si accora quando è solo;
+ma nella vita collettiva irride alle avversità della
+sorte, attingendo in esse la forza e l’audacia. Gli
+artisti ed i poeti disgraziati, per poter sghignazzare
+sulle ingiustizie del mondo, non fondarono
+forse la <i>Bohème?</i>
+</p>
+
+<p>
+Corsari e masnadieri, banditi e briganti ebbero
+il loro culto e il loro momento di celebrità,
+molto più che i menestrelli e i cavalieri erranti.
+In essi fu ammessa — insieme alla forza <i>semi-irresistibile</i> — una
+certa qual baldanza cavalleresca.
+Quei valorosi infiammarono siffattamente
+<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span>
+la fantasia, e destarono sì intensa l’ammirazione,
+che i poeti e i musicisti si credettero in dovere
+di farne argomento dei loro canti, aggiungendo
+fuoco a fuoco.
+</p>
+
+<p>
+<i>Corrado</i>, il corsaro di Byron; <i>Carlo Moor</i>,
+il masnadiero di Schiller; <i>Ernani</i>, il bandito di
+Victor Hugo; <i>Fra Diavolo</i> e <i>Luigi Vampa</i>, i briganti
+di Auber e di Dumas, per tacere di molti
+altri, strapparono pietose lagrime a migliaia di
+fanciulle, e invogliarono non pochi giovani a seguire
+i bellicosi ardimenti. L’uomo, trascinato dal
+magisterio dell’arte, prova assai spesso di queste
+singolari e nobili aspirazioni!
+</p>
+
+<p>
+Le spoglie del vinto furono in ogni tempo
+considerate patrimonio legale del vincitore — e
+da ciò il furto e l’assassinio, in nome sempre del
+diritto.
+</p>
+
+<p>
+Quanto poi al sentimento del farsi giustizia
+da sè, fu anch’esso ritenuto come un diritto naturale.
+A che pro, infatti, ricorrere ai tribunali?
+Vi ricorre forse la Nazione incivilita, quando credesi
+offesa nell’onore e nel suo diritto da un’emula
+rivale? La guerra è allora dichiarata <i>santa</i>,
+ed ogni religione benedice le proprie armi — forse
+per attutire il rimorso di qualche coscienza
+scrupolosa.
+</p>
+
+<p>
+Ammesso il principio fondamentale, è chiaro
+come il soldato abbia il dovere di uccidere il
+fratello <i>nemico</i>, non solo colla coscienza di non
+essere un <i>omicida</i>, ma col diritto al plauso ed
+<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span>
+alla gloria dei benemeriti vincitori. L’amor di
+patria giustifica ogni efferatezza; e se una differenza
+vi ha da essere fra la vendetta dell’uomo
+individuo e quella dell’uomo collettivo, non potrebbe
+essere che questa: — sul campo di battaglia
+noi uccidiamo a sangue freddo un uomo
+che non ci ha offeso, mentre nella vita privata, acciecati
+dall’ira o dal risentimento, uccidiamo
+sempre, a torto od a ragione, un uomo che ci
+ha leso nell’onore o negli averi. La società, però,
+la pensa altrimenti; e mentre al primo concede la
+medaglia al valore, prepara la forca al secondo. — Non
+vi sembra, per lo meno, che tutti e due
+dovrebbero aver torto, o ragione?
+</p>
+
+<p>
+Ma il mondo è così fatto, e neanco il Creatore
+si darebbe oggi la briga di rifarlo. — Chi non
+lo sa? Il vecchio Dio incoraggiava le battaglie,
+mentre Gesù Cristo non fece che bandire la crociata
+della pace, predicando il perdono ai nemici.
+Pare dunque che il babbo avesse più esperienza
+e più buon senso del figlio, poichè i popoli tennero
+per lui, e trascurarono il <i>nuovo testamento</i>
+per attenersi alle clausole del <i>vecchio</i>.
+</p>
+
+<p>
+La Nazione istituisce i tribunali per il bene
+dei popoli, ma viceversa essa non se ne serve,
+poichè preferisce la forza alla ragione e non si
+fida della Giustizia. Gli antichi signorotti si circondavano
+di <i>bravi</i>, e li mantenevano per farsi
+rispettare: sempre per quel principio intangibile,
+che il torto è del debole, e la ragione del più forte.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span>
+</p>
+
+<p>
+Chi non lo vede? la guerra è un bisogno;
+anzi, dobbiamo ammetterla come un istinto, se
+la scienza e la civiltà non sono ancora riuscite
+ad abolirla.
+</p>
+
+<p>
+D’altra parte (ragionando sul serio) noi dobbiamo
+lealmente riconoscere, che tutti i malanni,
+le passioni, i pregiudizi ci vennero unicamente
+concessi per poter sbarcare il lunario della vita.
+Se gli uomini mai non peccassero, se fossero tutti
+concordi, tutti galantuomini, tutti santi, come
+camperebbero i preti, i giudici, gli avvocati? — Se
+vi fosse una verità assoluta, indiscutibile, dove
+andrebbero a finire le diverse opinioni che dànno
+vita e colore a un mondo di uomini politici e
+di giornalisti? — Se, infine, si vivesse sempre in
+pace coi propri fratelli, contento ciascuno del
+proprio lembo di terra, a che servirebbero gli
+eserciti permanenti, e in che s’impiegherebbero
+migliaia di giovani?
+</p>
+
+<p>
+Dobbiamo dunque ammettere, che le imperfezioni
+del corpo, dello spirito e dell’umano intelletto
+non servono che a dare il pane quotidiano
+alla metà dei viventi: la quale campa alle spalle
+dell’altra metà, creando le disuguaglianze, le lotte
+e le diverse opinioni, perno dell’equilibrio sociale.
+Possiamo conchiudere: che un mondo di gente
+savia finirebbe col morir di fame e di noia!
+</p>
+
+<p>
+Queste saranno forse stramberie; ma come
+faremo a pensarla altrimenti, quando nei casi
+pratici della vita noi vediamo il moralista filosofo,
+<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span>
+che fa proprio il contrario di ciò che va predicando? — quando
+per ogni dove non c’imbattiamo
+che in tartufi politici, in tartufi religiosi, in tartufi
+domestici, in tartufi scienziati, industriali,
+mercanti? È cosa ormai assodata, che la più
+grande soddisfazione di colui che predica e scrive
+contro la vanità e le frivolezze umane, è unicamente
+riposta nella frivolezza e nella vanità di
+credere, che il mondo gli dica <i>bravo!</i> — Noi non
+diventiamo ricchi, dotti, saggi ed onesti, che a
+spese dell’altrui miseria, dell’altrui ignoranza,
+dell’altrui credulità, dell’altrui dabbenaggine.
+</p>
+
+<p>
+Fermiamoci ora, per poco, sull’indomabile
+sentimento che ci trascina, nostro malgrado, ad
+ammirare quanto d’orrido e di truce esce fuori
+dalla cerchia dei fatti comuni e delle abitudini
+quotidiane.
+</p>
+
+<p>
+Perchè negarlo? La belva ci tenta e il sangue
+ci ubbriaca. Il valore, la temerità, l’astuzia, in
+tutte le loro manifestazioni, buone o cattive, esercitano
+sul nostro cervello un fascino morboso,
+inesplicabile.
+</p>
+
+<p>
+Entriamo in un circo antico. Dinanzi al gladiatore
+valoroso, anche la donna si esalta, e depone
+per un istante l’innato sentimento della
+pietà. Tutta palpitante, battendo le mani al vincitore,
+ella, col <i>pollice verso</i>, lo incita a squarciare
+le viscere del vinto che fu atterrato. Le
+figlie di Eva, così deboli e così timide, amano
+di preferenza i forti e gli audaci; esse magari
+<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span>
+svengono dinanzi ad un salasso, ma offrono il
+cuore e la mano all’eroe di un torneo, che torna
+vincitore col brando insanguinato.
+</p>
+
+<p>
+La ferocia, valorosa o temeraria, e con essa
+tutte le scene di sangue, esercitano sull’animo
+umano un’attrattiva che si subisce e non si discute:
+c’è in esse un fondo d’ipnotismo, o di suggestione.
+Non per nulla lo spettacolo di un’esecuzione
+capitale (che i Governi credettero, scioccamente,
+<i>salutare esempio</i>) attrasse in ogni tempo
+una folla di curiosi sotto ai patiboli. Nelle fredde
+notti invernali, mentre al di fuori urla la tempesta,
+noi vediamo le famiglie popolane raccogliersi
+intorno al focolare domestico, per ascoltare con
+curiosità paurosa le storie dei morti e dei feroci
+briganti. Il fantastico e il sovranaturale furono
+per parecchi secoli il tema prediletto degli artisti
+e dei poeti.
+</p>
+
+<p>
+Chi mai, avendone l’occasione, non ha tentato
+di vedere da vicino un famoso bandito, un
+truce assassino, una belva feroce?
+</p>
+
+<p>
+Una brava e gentile artista milanese, venuta
+lo scorso anno a Sassari, implorò dal prefetto la
+grazia di poter visitare le carceri, unicamente
+per vedervi il feroce bandito Derosas e il suo
+compagno Angius. — So che fu soddisfatta nel
+suo desiderio, ma non so quale gradevole impressione
+abbia potuto riportarne!
+</p>
+
+<p>
+Questo turbine d’idee bislacche e di anomalie
+paradossali si scatenò sul mio cervello, mentre
+<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span>
+andavo spigolando le gesta brigantesche del continente
+europeo, e più ancora delle isole, dove i
+banditi hanno sempre allignato in numero maggiore.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Sospendo le malinconiche meditazioni, per
+riportare alcune note storiche sui malviventi,
+sulle squadriglie e sui banditi principali del Logudoro
+(o meglio del Capo di Sassari) che ho
+riassunto in gran parte da documenti ufficiali,
+da me consultati nel R. Archivio di Stato.
+</p>
+
+<p>
+Nel Codice della Repubblica sassarese, del
+1316, è cenno dei banditi che si davano alla macchia;
+e mentre si esorta <i>qualunque persona</i> ad
+ucciderli, si infliggono pene rigorose contro chi
+dava loro consiglio ed aiuto.
+</p>
+
+<p>
+Pene pecuniarie infligge anche la <i>Carta de
+Logu</i> (promulgata nel 1395 da Eleonora d’Arborea)
+contro ai villaggi ed alle persone che
+davano aiuto e consigli ai banditi, o che non si
+adoperavano a dar loro la caccia.
+</p>
+
+<p>
+Il secolo XV non fu avaro di celebri masnadieri.
+Ne noto uno a caso — Verso il 1422 si ha
+menzione di certo Barzolo Magno (o Manno, secondo
+alcuni storici) — il famoso leggendario e
+misterioso logudorese, nemico giurato di Leonardo
+Cubello marchese di Oristano, non si sa
+per qual ragione. A capo di numerosa masnada,
+<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span>
+questo gentiluomo bandito, o bandito gentiluomo,
+si era annidato ed afforzato dentro al famoso castello
+di Burgos; e di là scendeva di tanto in tanto
+per devastare e saccheggiare le terre dei dintorni.
+Il marchese riuscì ad assediarlo dentro l’inespugnabile
+rocca; ma i masnadieri, compagni del
+Magno, vedendo il loro capo risoluto a resistere,
+fecero complotto, e lo trucidarono barbaramente
+per ottenere grazia dal signore d’Oristano.
+</p>
+
+<p>
+Come nel medioevo i Principi fabbricavano
+sontuose chiese e numerosi santuari in <i>remissione
+dei propri peccati</i> (e ne avevano di grossi sulla
+coscienza!) così più tardi gli stessi prìncipi condonavano
+ai sudditi fedeli molti delitti, mediante
+il corrispettivo sborso di poche centinaia di lire.
+Dal 1450 al 1540 sono molte le somme versate
+nelle casse del Regio erario per condono di ribalderie.
+Per citarne un esempio, dirò che il Governatore
+del Capo di Cagliari e Gallura (Don
+Giacomo Aragat) nel 1456, per <i>tremila Ducati
+buoni veneziani</i>, condonava a Bartolomeo Manno,
+cavaliere sassarese, <i>tutti i delitti che avesse mai
+potuto commettere</i>.
+</p>
+
+<p>
+Erano questi i bei tempi in cui i monarchi
+rifornivano le casse dello Stato colla vendita della
+<i>nobiltà</i> e colla remissione dei delitti. Non essendo
+a quel tempo inventati gli <i>esattori</i>, si ricorreva
+al mezzo di sfruttare i vanagloriosi ed i birbanti,
+che pare fossero in numero ragguardevole.
+</p>
+
+<p>
+Dal 1560 al 1567 si verificarono molte ribalderie
+<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span>
+nella città di Sassari e dintorni. Vennero
+carcerati un buon numero di cittadini facoltosi,
+accusati di aver formato una <i>società di mutua
+assistenza</i>, con impegno di fornire i fondi in comune
+per far fronte alle spese di giustizia, in
+favore e difesa dei ribaldi.
+</p>
+
+<p>
+Il secolo seguente non fu meno famoso per
+scorrerie di ribaldi, poichè l’invenzione del fucile
+aveva reso più attraente e più geniale il banditismo.
+</p>
+
+<p>
+Nel 1600 gli odî privati e le vendette giungono
+a tanto, che i consiglieri di Sassari rinunziano
+alla gita notturna del <i>Mezz’agosto, per il
+numero infinito delle uccisioni fra i cittadini</i>.
+L’anno 1607 registrò più di trecento omicidi,
+consumati nel solo Logudoro.
+</p>
+
+<p>
+Nel 1612 il famigerato bandito Manuele Fiore
+si aggira colla sua masnada nei dintorni di Sassari,
+e getta lo sgomento fra i cittadini. Il Governo
+manda incontro a quei ribaldi alcune compagnie
+di militi, divise in centurie.
+</p>
+
+<p>
+Don Diego Manca di Sassari, nel 1635, si
+era dato alla macchia dopo aver ucciso pubblicamente,
+in una piazza della città, il proprio cognato
+con un colpo di pistola ed una pugnalata.
+Temendo che ne facesse delle più grosse, il Vicerè
+promise <i>venti scudi</i> (?) a chi consegnava
+quel bandito alla giustizia. L’esiguo prezzo concesso,
+dimostra che i cacciatori di malviventi
+erano in buon numero!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span>
+</p>
+
+<p>
+Molti cavalieri e cittadini facoltosi del Logudoro
+vennero designati come protettori dei banditi;
+e il Vicerè, nel 1645, li chiamò a Cagliari
+per dar loro una paternale.
+</p>
+
+<p>
+Nel 1659 abbiamo il terribile bandito Salvatore
+Anchita e il suo acerrimo nemico, pur bandito,
+Francesco Brundanu, entrambi di Sedini.
+La storia del primo è una vera leggenda di prodezze,
+di ferocie e di generosità insieme. Inseguito
+il Brundanu dai soldati, sfugge ad essi cacciandosi
+in una spelonca, dove fra gli altri banditi
+trova per caso il suo nemico Anchita. Egli depone
+l’arma e grida: — Sono in tuo potere: puoi
+uccidermi! — «Non sono così vile! — gli risponde
+Anchita — qui sei l’ospite mio. Per ora
+faremo causa comune contro ai soldati — più
+tardi aggiusteremo i conti fra noi!»
+</p>
+
+<p>
+I banditi si slanciarono tutti contro le soldatesche,
+ma l’Anchita e il Brundanu caddero
+fulminati nella mischia.
+</p>
+
+<p>
+Tre anni dopo — nel 1662 — un altro terribile
+bandito, famoso per le sue gesta, sgomenta
+il Logudoro: Giovanni Galluresu, capo di potente
+squadriglia. I sassaresi chiudono spaventati le
+porte, nè osano uscire di casa quando lo sanno
+nei dintorni. Il Vicerè, volendo distruggere quella
+banda, prende un’estrema risoluzione. Egli prescrive
+con un editto il disarmo generale nel Logudoro,
+con pena capitale al detentore d’un fucile
+o di un pugnale. Misura puerile, che ottenne il
+<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span>
+risultato opposto: accrebbe l’audacia dei malfattori
+e rese più facile la distruzione dei galantuomini,
+che vennero spogliati ed uccisi, perchè
+inermi. La forza non riuscì ad impadronirsi del
+Galluresu, e si ricorse allora all’astuzia. Saputo
+che il bandito era in relazione amorosa con una
+bella osilese, fu colto ed ucciso nel suo nido d’amore.
+Indispettita la giustizia per non averlo vivo,
+si sfogò sul cadavere, di cui fece uno scempio.
+</p>
+
+<p>
+Verso il 1665 le squadriglie dei banditi crescevano — e
+ve n’erano di tutte le condizioni
+sociali. Il Governo incaricò il barone Matteo Pilo
+Boyl della distruzione dei facinorosi; ed egli ne
+fece appiccare da per tutto, alle forche ed agli
+alberi. Fra i capi squadriglia di quel tempo, noto
+Don Giacomo Alivesi, datosi alla macchia dopo
+un omicidio commesso. Nel giugno del 1668 veniva
+intanto assassinato a Cagliari il marchese
+di Laconi; ed i supposti rei (l’infelice marchese
+di Cea, Don Silvestro Aymerich, Don Francesco
+Cao e Don Francesco Portugues) si erano rifugiati
+nel continente italiano od all’estero. Per
+impadronirsi di costoro il Governo si era rivolto
+al bandito Don Alivesi, a cui venne promessa
+l’impunità ed un premio, ove fosse riuscito ad
+attirare i fuggiaschi in Sardegna. L’Alivesi accettò;
+fu creato Commissario della spedizione;
+chiese ed ottenne l’anticipazione di duecento sessanta
+scudi per le spese di viaggio; si recò a
+Roma; e fingendosi colà amico del Cao, con raggiri
+<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span>
+riuscì a trascinare i quattro esuli all’isoletta
+Rossa, presso Castelsardo. Tre di essi furono colà
+sgozzati a tradimento; ed il vecchio marchese di
+Cea fu condotto a piedi fino a Cagliari, e dato
+in mano al carnefice. Il nobile Alivesi — dopo
+aver compiuto il più nero tradimento che abbia
+macchiata la storia sarda — non solo fu graziato,
+ma venne dal Governo investito dei feudi dell’infelice
+marchese.
+</p>
+
+<p>
+Era allora in vigore presso il Governo (e lo
+fu per lunghissimo tempo, fino ai giorni nostri)
+il sistema di promettere l’impunità ai più volgari
+malfattori, purchè uccidessero, o consegnassero
+alla giustizia un delinquente, meritevole di uguale,
+o di maggior pena. Anche i Governi si mostravano
+entusiasti dei valorosi briganti, e ne incoraggiavano
+le gesta!
+</p>
+
+<p>
+Tutta la seconda metà di quel secolo, ed il
+primo ventennio del seguente non furono inferiori
+al secolo XVIII per audaci banditi, squadriglie
+numerose, furti, omicidi, impiccagioni, e impunità
+concesse dal Governo agli assassini traditori.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Uscita di Sardegna nel 1720 dal regime di
+Spagna, ed entrata sotto il dominio di Casa Savoia,
+continuarono le prodezze dei banditi e delle
+squadriglie agguerrite. Il Logudoro e la Nurra
+erano infestati di malviventi. I banditi, protetti
+<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span>
+dai parenti e dagli uomini più autorevoli dei villaggi,
+ne facevano delle grosse, e gettavano lo
+sgomento per ogni dove. Si pubblicarono rigorosi
+<i>Pregoni</i>, ma inutilmente.
+</p>
+
+<p>
+Il Vicerè Di Costanze si lagna della corruzione
+dei giudici di Sassari, ed accenna a denaro
+depositato presso un notaio, per compensare quei
+magistrati che avessero diminuito la pena a certi
+fratelli Virdis di Pattada. Egli ammonisce con
+minaccie i nobili e i magnati dei paesi, perchè
+desistessero dal proteggere i birboni — ma era
+un parlare al vento. I baroni, piccati, protessero
+i banditi che cercavano rifugio nelle loro terre
+feudali, e protestarono altamente contro l’arbitrio!
+</p>
+
+<p>
+Fin dal maggio del 1722 il Vicerè aveva
+mandato distaccamenti di truppe in giro per i
+villaggi, con lo scopo di reprimervi il banditismo
+invadente, raccomandando al Governatore di Sassari,
+di <i>prestare ai soldati il carnefice e due
+aguzzini!</i>
+</p>
+
+<p>
+Anche l’autorità ecclesiastica (lo rilevo dai
+Regi Dispacci) era chiamata <i>prepotente in modo
+straordinario</i>; essa ordinava arresti a suo talento,
+e sottraeva al braccio secolare i malfattori favoriti,
+designandoli quali <i>chierici</i> o <i>tonsurati</i>. Si
+deplorava la <i>protezione scandalosa</i> accordata sfacciatamente
+ai malviventi dal popolo, dai prelati,
+dai feudatari, ed anche dai giudici e dagli avvocati
+fiscali(!)
+</p>
+
+<p>
+Impressionato dall’aumento dei delitti in Sassari
+<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span>
+e nel Logudoro, il Vicerè, nel 1726, chiamò
+d’urgenza a Cagliari il Governatore Cav. Carlino;
+ma questi ricusò di andarvi, dicendo d’esser stato
+colto dalla gotta!
+</p>
+
+<p>
+Come abbiamo veduto, non erano i soli popolani
+che facevano le prove di valore in campagna
+sotto il nome di <i>banditi</i>: non mancavano
+i titolati, poichè (lo ripeto) fare il masnadiero
+non era un disonore in Europa, anzi lo si riteneva
+un mestiere nobile e avventuroso, come
+quello del <i>cavaliere errante</i>; motivo per cui, se
+trattavasi di masnadieri nobili, le protezioni venivano
+dall’alto. Ho sott’occhio una lettera del
+re Carlo Emanuele III, scritta da Torino l’8 dicembre
+1733 al Vicerè di Cagliari. In essa leggesi:
+</p>
+
+<p>
+«... Riguardo al capo bandito Don Girolamo
+Delitala, raccomandato dal cardinale Alessandro
+Alboni(!), approviamo la grazia delle pene incorse,
+a condizione che il Delitala si porti a Cagliari
+per l’arresto, presti fidanza di mille scudi,
+conduca seco in ostaggio uno de’ suoi figliuoli
+o un aderente, e paghi le spese.»
+</p>
+
+<p>
+È chiaro che lo si voleva portar via da Sassari
+per evitare lo scandalo, poichè ai nobili banditi
+un po’ di grazia la si accordava sempre.
+Dopo tutto, la <i>nobiltà</i> veniva venduta dal Governo,
+e qualche cosa doveva fruttare agli acquisitori!
+</p>
+
+<p>
+Le bande dei malviventi si moltiplicarono in
+Sardegna, e specialmente nel Logudoro, ricco di
+<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span>
+montagne e di sicuri nascondigli. Centro principale
+dei facinorosi era allora Nulvi, dove la famiglia
+Delitala, nemica al governo di Casa Savoia,
+aveva armato i popolani, eccitandoli a parteggiare.
+Una Donna Lucia Tedde Delitala, montata
+in arcione, e armata di fucile e stocco, con ardimento
+virile usciva in campagna per affrontare
+i nemici.
+</p>
+
+<p>
+Il Vicerè Rivarolo, mandato in Sardegna
+nel 1735, si diede a sterminare con zelo i numerosi
+malfattori, e riuscì ad impiccarne molti,
+piantando le forche (per il <i>buon esempio</i>) sul luogo
+del commesso delitto. Ma i banditi continuavano
+a moltiplicarsi, facendo a gara per sorpassare in
+destrezza e in valore i soldati regi. Per cinque
+anni Rivarolo non si adoperò che a far allontanare
+dall’isola i vagabondi <i>cattivi</i>, esortando i
+<i>buoni</i> ad arruolarsi nel Reggimento sardo. Procedette
+egli con tanto rigore, che qualche innocente
+fu impiccato, e lo storico Manno gliene
+muove aspro rimprovero.
+</p>
+
+<p>
+Sgomentato il re dal cieco furore del suo
+Rappresentante in Sardegna, gli ordinò di frenarsi
+e di usare maggior cautela; ma il Vicerè,
+soddisfatto dell’opera propria, nel 1736 fece un
+giro nell’isola, per riscuotere il plauso di tutti i
+villaggi.
+</p>
+
+<p>
+Venuto a Sassari egli si preoccupò della
+Nurra, regione montuosa e marittima, che offriva
+sicuro rifugio ai numerosi banditi di Alghero e
+<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span>
+di Sassari. Il Rivarolo ordinava a quei pastori
+di snidare dal centro della Nurra nel termine di
+quindici giorni, per trasferirsi alla parte piana,
+verso la strada che conduceva a Portotorres.
+</p>
+
+<p>
+Il bandito più in voga era a quei tempi Leonardo
+Marceddu, di Pozzomaggiore, per il quale
+si era fatto un bando il 20 febbraio 1736. Sul
+conto di costui, però, correva una storia pietosa,
+che attenuava le sue ribalderie. Egli ebbe fama
+di laborioso e di onestissimo; ma la infedeltà della
+sposa lo precipitò nel delitto. Colta la moglie in
+colloquio intimo con un suo cugino, li uccise entrambi;
+e, datosi alla macchia, egli divenne singolare
+per coraggio, per ferocia, e per accortezza
+nel cimentarsi coi soldati regi. Fu siffattamente
+apprezzato, che finì per mantener pratiche
+segrete con alcuni agenti politici, poichè il Governo
+lo considerava come un forte cooperatore
+nel caso di un’invasione straniera: — sempre per
+quel certo sistema di servirsi dei banditi d’ogni
+genere, anche a scopo d’una difesa nazionale.
+Un esempio consimile lo si ebbe più tardi nel
+leggendario <i>Fra Diavolo</i> di Napoli, invitato a
+prender parte ad una guerra contro la Francia.
+</p>
+
+<p>
+Continuarono intanto le caccie e gli scontri
+fra banditi e soldati. Il 16 gennaio 1758 il ministro
+scriveva al Vicerè: «— S. M. ha gradito l’incidente
+seguito a Bolotana fra le truppe e i malviventi;
+bisogna procurare l’arresto dei banditi
+rifugiati in Corsica, ed ora ritornati nell’isola, fra
+<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span>
+cui Giovanni Fais, Don Antonio Delitala e i tre
+fratelli Filia Madau, capi dei medesimi. S. M. ha
+pure approvato la gratificazione di scudi venticinque
+accordati a Basilio Podeddu, che serviva
+di <i>guida</i> e spia e rimase ferito nell’azione. — (Il
+sistema perdurava!)
+</p>
+
+<p>
+I nobili, nonpertanto, e molti rispettabili dei
+paesi, continuavano a favorire i malfattori erranti;
+e da Torino si scrive al Vicerè il 22 ottobre
+1761: «— Prenda informazione sulla protezione
+accordata ai facinorosi dai cavalieri Quesada:
+metta una volta freno all’insolente ardore
+di tali protettori col punirli severamente, tagliando
+il filo delle corrispondenze coi malviventi.»
+</p>
+
+<p>
+Ma le protezioni non venivano meno, come
+non vennero meno i delitti consumati anche in
+odio agli ecclesiastici. Il ministero, nel 1769, si
+preoccupava dell’assassinio di due preti strangolati
+a Mandas ed a Nulvi, nonchè del Diacono
+ucciso da un altro prete a Calangianus, in una
+partita di caccia, <i>quasi per scherzo</i>.
+</p>
+
+<p>
+Da oltre un trentennio la fama delle audacie
+di Giovanni Fais correva da un capo all’altro
+dell’isola. Questo fiero bandito, per molto tempo,
+ebbe al fianco la propria moglie, donna di maschio
+coraggio, che lo aiutava ad assalire i nemici.
+Erano suoi alleati i Delitala di Nulvi, nonchè
+quella famosa Donna Lucia, da me altrove menzionata — per
+difendere la quale il Fais andò
+<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span>
+incontro ad una forte fazione di Chiaramonti. Costui,
+saputo che Giammaria Tedde (pur congiunto
+di Lucia) aveva minacciato la sua protetta, gli
+tolse senz’altro la vita. Lo zio ed i parenti dell’ucciso,
+assetati di vendetta, giurarono allora
+lo sterminio dell’uccisore e de’ suoi compagni.
+Ma Giovanni Fais, guidatore esperto delle sue
+bande, taglieggiatore dei comuni, e assalitore di
+truppe, oppose la forza alla forza, e sfuggì al
+furore dei persecutori.
+</p>
+
+<p>
+Non appena il Vicerè ebbe sentore dell’odio
+che il Tedde nutriva per il Fais, pensò di trarne
+partito. Egli incoraggiò il primo a persistere nella
+caccia contro il secondo, suggerendogli di servirsi
+dell’opera del bandito Leonardo Marceddu,
+a cui il Governo avrebbe concessa l’impunità ed
+un premio in danaro. Leonardo Marceddu, però,
+uomo di fiero carattere, mandò a dire al Vicerè
+che sdegnava la libertà a prezzo di un tradimento;
+e fatta lega col Fais continuò a seminare il terrore
+nel Logudoro.
+</p>
+
+<p>
+Duemila miliziani, condotti da Girolamo Dettori
+di Pattada e da Don Giovanni Valentino di
+Tempio, oltre ai quattrocento soldati comandati
+dal Cav. Meyer, tentarono con energia la distruzione
+di queste bande. Il Valentino riuscì ad arrestarne
+oltre duecento, per cui il re lo creò <i>cavaliere</i>.
+</p>
+
+<p>
+Accortisi i banditi della caccia ad oltranza
+che lor dava il Governo, fecero causa comune.
+<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span>
+Il Marceddu recossi al <i>Sasso</i> di Chiaramonti per
+unirsi al Fais, che vi si era rifugiato coi compagni.
+Sbaragliati dall’attacco incessante che lor
+davano le numerose milizie, sulle prime si accamparono
+sul monte Cucaro, poi una buona parte (fra
+cui il Fais coi Delitala) si salvarono in Corsica.
+</p>
+
+<p>
+L’infelice e generoso Marceddu, che aveva
+rifiutato dal Governo la libertà a prezzo d’infamia,
+finì per cadere nelle mani d’un bandito
+traditore: di Francesco Bazzone, che lo aveva
+venduto allo stesso Governo, in cambio dell’impunità
+e di una ricompensa in danaro.
+</p>
+
+<p>
+Donna Lucia Delitala, raggiunta l’età di
+quarant’anni, pare che avesse messo giudizio.
+Tratta in arresto, fu in seguito graziata, dopo due
+anni di prigionia. In una lettera del Vicerè, marchese
+Rivarolo, al re Carlo Emanuele (1738) è
+detto: «... Donna Lucia è una donna <i>qui n’à pas
+voulu se marier pour ne point dépendre de un
+homme (à ce qu’elle disait)</i>.» Chiude dicendo,
+che, dopo la grazia, «<i>elle vit assez tranquille</i>.»
+</p>
+
+<p>
+Nel 1749 i banditi parvero dispersi e le spedizioni
+militari ebbero tregua.
+</p>
+
+<p>
+Dopo una quindicina d’anni il Fais tornò
+dalla Corsica; e verso il 1760, formata una banda
+di buoni compagni, si diede a scorrazzare di nuovo
+nei dintorni di Sassari, quasi per insultarvi il Governatore.
+Un amico di quest’ultimo, tradendo il
+Governo, avvertiva segretamente l’ormai vecchio
+bandito, divenuto più audace di prima. Si assicura
+<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span>
+che il Fais (mascherato da cappuccino, con
+la bisaccia in spalla) avesse osato più volte introdursi
+in Sassari, e presentarsi alla questua in
+casa dell’assessore Aragonese. Egli divenne talmente
+in odio al Governo, che lo si escluse dall’indulto
+promulgato il 23 agosto 1768.
+</p>
+
+<p>
+Dopo non pochi tentativi riusciti vani, finalmente
+il Governatore Allì Maccarani riuscì a sedurre,
+con la solita promessa di libertà e danaro,
+due banditi sassaresi, i quali propinarono al Fais
+un vino oppiato. Quando videro il vecchio immerso
+nel sonno, lo uccisero a colpi di scure e
+lo consegnarono cadavere al carnefice. Ciò nel
+1774.
+</p>
+
+<p>
+Giovanni Fais era allora più che settantenne,
+e faceva il bandito da oltre mezzo secolo. Contava
+solo quindici anni, quando verso il 1720 si
+era dato alla macchia, dopo aver ucciso un uomo
+sulla pubblica piazza di Chiaramonti.
+</p>
+
+<p>
+A complemento della notizia della sua morte,
+riporterò un brano della lettera che il ministro
+scriveva da Torino al Vicerè, in data del 23 novembre
+1774:
+</p>
+
+<p>
+«S. M. il re gradì che il Governatore di
+Sassari sia riuscito a disfarsi del vecchio Giovanni
+Fais e dei sette suoi compagni di quadriglia,
+annidati nel <i>Sasso</i> di Chiaramonti, sperando
+cogliere i due scampati colla fuga. Poichè intanto
+si poterono conoscere gli uccisi, è stato opportuno
+che a pubblico esempio si siano tosto fatti
+<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span>
+appendere al patibolo i cadaveri dei già condannati,
+colla successiva dispersione delle membra,
+nei luoghi dei rispettivi delitti. — S. M., oltre
+alla grazia ai due banditi che concorsero nell’impresa,
+vuol rimunerare gli altri, e invita a proporre
+la somma a darsi; vuole anche che gli si
+suggerisca qual riguardo meritano i due cavalieri
+Corda, che ebbero parte principale nell’operazione.».
+</p>
+
+<p>
+I lettori avranno notato, come per l’<i>esempio
+pubblico</i> si ordinava anche l’impiccagione dei cadaveri,
+i quali in seguito venivano squartati e
+dati alle fiamme, per sperderne le ceneri al vento.
+Nè ciò deve recar meraviglia, poichè vi ha di
+peggio. Leggo una corrispondenza del Ministro
+(5 settembre 1770) in cui si parla del <i>cadavere
+imbalsamato</i> di un bandito famoso, tenuto a disposizione
+del Governo per qualche <i>esemplarità</i>.
+Quando, dunque, si volevano atterrire i malviventi,
+si conduceva alla forca quel cadavere imbalsamato
+e lo s’impiccava. E Dio sa quante volte
+gli avranno messo la corda al collo!
+</p>
+
+<p>
+È facile immaginare come per l’eccessivo rigore
+dei giudici venissero sagrificati molti innocenti,
+tratti in arresto per le false deposizioni dei
+nemici; e lo prova una lettera ministeriale del
+23 ottobre 1765, in cui si dice al Vicerè:
+«— Prenda energiche misure sui testi falsi, massime
+in codesto Regno, dove havvi tanta facilità
+e frequenza di delinquere in tale materia.»
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span>
+</p>
+
+<p>
+Alle false testimonianze bisogna aggiungere
+il sistema della <i>tortura</i>, allora in pieno vigore, e
+conservata fino al 1827, anno in cui Carlo Felice
+l’aboliva. Il dolore per lo slogamento delle ossa
+riusciva a far strappare dal labbro dei pazienti
+tutte le confessioni che si volevano.
+</p>
+
+<p>
+Scene edificanti, in secoli che si dicevano
+dell’oro!
+</p>
+
+<p>
+Se in quei tempi esistevano i favoreggiatori
+dei banditi, non mancavano pure i cittadini benemeriti,
+che si adoperavano con ardore per dare
+i rei in mano alla giustizia; ma non tutti riuscivano
+nell’intento come i due fratelli Corda.
+</p>
+
+<p>
+Nel 1773 l’avvocato Giovanni Berlinguer veniva
+fatto segno (come i suoi antenati) a speciale
+benemerenza, per il zelo spiegato nella persecuzione
+dei banditi, dai quali era stato più volte
+ferito. Gliene colse però danno; poichè tre anni
+dopo, nel gennaio del 1776 (come rilevo da una
+lettera ufficiale) gli venne ucciso in campagna
+l’unico figlio Girolamo, con trentatre stoccate.
+L’assassino — certo Antonio Capponi — fu arrestato
+e impiccato.
+</p>
+
+<p>
+Dopo il ritiro del ministro Bogino (il persecutore
+dei malviventi) i banditi tornarono a formar
+bande per darsi alle piacevoli scorrerie. Il
+Vicerè Thaon, nel 1788, bandì loro una guerra
+atroce, e tenne duro, quantunque venisse biasimato
+acerbamente per aver violato le forme legali.
+</p>
+
+<p>
+Nel gennaio del 1782 veniva promessa la
+<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span>
+impunità ai due banditi fratelli Mucciga (complicati
+nella famosa sommossa popolare del 1780)
+a condizione che avessero arrestato ed ucciso
+altri malandrini. Nella lettera ministeriale leggo
+queste precise parole: «— <i>bisogna animare</i> (!)
+<i>i banditi a distruggersi fra loro</i>.» — Era massima
+fondamentale dei governi di tutti i secoli,
+compreso il nostro. Chi non lo sa? chiodo scaccia
+chiodo.
+</p>
+
+<p>
+Nè crediate che i banditi d’allora fossero
+tutti sardi; la Corsica ne dava un buon contingente,
+poichè ne vantava a centinaia sulle spiaggie
+della Gallura, come dalla Gallura molti ne
+emigravano sulle spiaggie corse. Le due isole si
+aiutavano a vicenda. Nel dicembre dello stesso
+anno (1782) l’ambasciatore di Francia pregava il
+Vicerè di Sardegna (<i>per il bene comune delle due
+nazioni</i>) di procurare l’estradizione di dodici banditi
+corsi, che scorrazzavano intorno a Castelsardo.
+E ne dava i nomi: Giovanni Saverio, Girolamo
+Ranfioni, Bonelli, Labicone, Leonati detto <i>il nero</i>,
+i tre fratelli Volpi, e i quattro fratelli Giovannoni.
+Pare che in Corsica si dessero alla macchia intere
+famiglie!
+</p>
+
+<p>
+Veniamo intanto allo strascico della rivoluzione
+dell’<i>Ottantanove</i>, ed ai torbidi che seguirono
+in Sardegna negli ultimi del secolo: periodo turbolento,
+al quale non furono estranei i banditi.
+</p>
+
+<p>
+Nel pregone emanato dal Vicerè Vivalda il
+9 giugno 1796, ponendo a prezzo la testa di Angioi
+<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span>
+e suoi complici, oltre ai premi in danaro,
+si prometteva la <i>nomina</i> a favore di qualunque
+delinquente si volesse graziare!! — E così pure,
+quando pochi giorni dopo si mossero da Cagliari
+i 2500 armati per combattere l’Angioi ad Oristano,
+ci dice lo storico, che in quella milizia
+furono reclutati delinquenti volgari, tolti alla
+macchia. In una memoria del 5 marzo 1797 (sottoscritta
+da Ghisu, Pintor e Delrio) si legge:
+«— Bisognava graziare gli inquisiti che servivano
+in tutte le spedizioni; poichè alla loro intrepidezza
+e coraggio si deve pure attribuire la
+buona riuscita dei più ardui e pericolosi incontri —» — Queste
+frasi rivelano i tempi e
+la moralità del Governo; il quale traeva partito
+dal <i>coraggio</i> e dall’<i>intrepidezza</i> di codesta brava
+gente, in seno alla quale sceglieva i suoi <i>sicari!</i> — Anche
+per l’arresto del parroco Murroni e di
+suo fratello (ardenti angioini datisi alla fuga) il
+giudice Valentino, nel novembre del 1797, suggeriva
+al Vicerè di servirsi dei due banditi Salvatore
+Rugu e Bantine Addis, a cui pertanto
+poteva concedersi un <i>affidamento interinale</i>, e in
+seguito l’<i>impunità</i> dopo la cattura.
+</p>
+
+<p>
+E qui chiudo le gesta dei banditi e dei malviventi
+del secolo XVIII.
+</p>
+
+<p>
+Qualche partigiano del regime spagnuolo si
+era lasciato forse scappare, che i misfatti risultassero
+assai più scandalosi sotto il dominio piemontese,
+che sotto quello di Spagna.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span>
+</p>
+
+<p>
+Il Governo del Piemonte si sentì punto da
+quest’asserzione; e lo desumo dalle seguenti linee,
+che leggo in una lettera del Ministro al Vicerè,
+in data 28 luglio 1790:
+</p>
+
+<p>
+«Non siamo in Sardegna nelle circostanze
+rappresentate al Papa dai re di Spagna per la
+Catalogna, cioè, che frequentissimi fossero i più
+atroci misfatti, e pochi ne succedevano in cui
+preti e frati non fossero almeno complici — e
+quasi tutti andavano impuniti per la negligenza
+o connivenza dei Vescovi e dei Superiori regolari». — E
+scusate se è poco!
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Diamo ora uno sguardo al secolo spirante — al
+nostro secolo — non inferiore forse al precedente
+per furti, delitti e scorrerie di malandrini.
+</p>
+
+<p>
+Nei primi anni del secolo XIX si ebbe lo
+strascico dei moti angioini. Si perseguitavano a
+morte i liberali d’allora, e fra questi il povero
+notaio Cilocco, che inseguito dalle truppe batteva
+da più anni la campagna gallurese, sfuggendo ai
+persecutori da montagna in montagna. Il Marchese
+di Villamarina scriveva da Tempio al Vicerè
+(15 giugno 1802) ch’era sua intenzione di
+servirsi di spie pagate per far guerra ai repubblicani,
+<i>sebbene difficilissimo sia trovarne fedeli
+in questo comune</i>.
+</p>
+
+<p>
+Il Cilocco potè sfuggire alle armi regie, ma
+<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span>
+cadde in trappola col solito tradimento. Stanco,
+oppresso, affamato, il poveretto si presentò un
+giorno al bandito Giovanni Mazzoneddu, chiedendogli
+asilo ed un tozzo di pane in nome dell’ospitalità.
+Il bandito finse di soccorrerlo, ma informò
+segretamente il Governo, dicendo d’essere
+pronto a consegnare alla giustizia l’ardente notaio,
+in compenso dello sborso della somma stabilita
+nella taglia, e dell’impunità per sè e per
+altri quattordici malvagi, di cui pensava servirsi
+per arrestarlo. Il Governo fu ben lieto di poter
+graziare quindici assassini di strada, per aver la
+testa d’un infelice notaio, di non altro reo, che
+di aver caldeggiato le idee repubblicane di Don
+Giammaria Angioi. Venne concesso quanto il
+Mazzoneddu chiedeva, e Francesco Cilocco fu
+tenagliato col ferro rovente, e trascinato a braccio
+fin sopra il patibolo l’11 agosto del 1802.
+</p>
+
+<p>
+I banditi e i malandrini si moltiplicarono, e
+crebbero d’audacia, perchè protetti dai signori
+e dai monaci. Il 21 gennaio 1806 il governatore
+si lagna col Vicerè della scandalosa protezione
+che i conventi tutti di Sassari, specialmente quello
+dei frati carmelitani, accordavano ai malviventi;
+e gli annunziava intanto l’arresto del famigerato
+bandito Fanis, detto <i>la frina</i>, che da lungo tempo
+era ricoverato nel convento di Santa Maria.
+</p>
+
+<p>
+L’Italia tutta, e specialmente la meridionale,
+non era in quel tempo in migliori condizioni della
+Sardegna. In quell’anno stesso, 1806, veniva trascinato
+<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span>
+al patibolo Michele Pozza di Napoli, il
+famigerato bandito, che, sotto il nome di <i>Fra
+Diavolo</i> aveva attirato l’attenzione dell’Europa,
+destando l’estro d’Auber, il celebre musicista
+francese.
+</p>
+
+<p>
+Quando il re Vittorio Emanuele I si mosse
+da Cagliari per fare un’escursione per l’isola, fu
+vivamente impressionato dalle numerose bande
+di malviventi che scorazzavano per ogni dove,
+e più ancora della protezione che loro davano i
+magnati delle ville, i quali giunsero persino a
+scarcerare gli arrestati nei loro feudi. Il re emanò
+un decreto rigoroso, e comminò la pena di morte
+ai protettori di banditi, colla perdita della <i>nobiltà</i>;
+nè dimenticò allo stesso tempo di promettere
+l’impunità agli assassini che avessero ucciso i
+propri compagni. Ma nondimeno crebbero i banditi,
+e crebbero le protezioni.
+</p>
+
+<p>
+Nel 1809 è impossibile registrare i misfatti,
+tanto sono numerosi. Lotte sanguinose fra comuni
+e comuni, tra famiglie e famiglie, fra pastori
+e pastori; pene economiche, impiccagioni
+continue, arresti di prepotenti magnati. Il Martini
+ne fa un quadro orroroso. A Tempio, nel 1811,
+gli odî di parte raggiungono il parossismo. Si
+volle dare dagli audaci una lezione alla giustizia;
+e vennero assassinati, quasi allo stesso tempo, il
+Censore Diocesano, il Procuratore fiscale della
+pretura, e il Giurisdicente. Un indulto e una spedizione
+di soldati, per opera del Governatore di
+<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span>
+Sassari, calmarono alquanto gli animi. Per intromissione
+del clero e del popolo si fecero le
+paci, le quali vennero rogate con atto notarile
+il 9 di maggio del 1813. Il re, costretto dalle
+circostanze, chinò la testa e firmò la grazia.
+</p>
+
+<p>
+I delitti, nondimeno, ripresero il loro corso
+fino al 1817; ma furono in gran parte frenati dal
+rigore memorabile del Villamarina, sebbene egli
+abbia voluto favorire i propri compatriotti. Fu
+notato dagli storici, che, durante il suo governo,
+non venne impiccato alcun gallurese.
+</p>
+
+<p>
+Dal 1820 — e più ancora dopo il 1826, anno
+in cui fu abolita la tortura e tracciata in gran
+parte la strada nazionale da Cagliari a Sassari — le
+squadriglie dei malviventi parvero meno
+feroci nelle loro gesta.
+</p>
+
+<p>
+Durante il lungo periodo in cui Lamarmora
+percorse l’isola da un capo all’altro per i suoi
+studi prediletti, egli non venne molestato da masnade
+di ladri e di assassini. L’unico suo incontro
+coi banditi (avvenuto nell’aprile del 1823, sulla
+strada fra Nuoro e Siniscola) lo resero convinto
+che le masnade non erano ingorde di rapina,
+poichè rispettarono l’oro che portava seco — come
+lui stesso racconta.
+</p>
+
+<p>
+Tuttavia la guerra ai malviventi fu continuata
+con ardore dal Governo; nè mancarono valorosi
+cittadini che si distinsero nel perseguitarli. Nel
+Gennaio del 1836, per il valore spiegato nella
+caccia dei banditi, fu data una medaglia d’oro
+<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span>
+(dono del Sovrano) a Don Girolamo Berlinguer,
+capitano dei Barracelli.
+</p>
+
+<p>
+Salì in fama a quei tempi il bonorvese Peppe
+Bonu, uno dei più popolari banditi dell’isola, e
+sul quale correvano bizzarre leggende. La generosità,
+unita al coraggio e alla destrezza, aveva
+fatto di costui un semi-eroe. Temerario all’eccesso
+e di una forza erculea, egli dava molto da pensare
+alle regie milizie; e non potendo il Governo
+impadronirsene per mezzo delle armi, pensò ricorrere
+al solito premio in danaro ed alla impunità:
+il premio in danaro da sborsarsi per intero
+a chi dava vivo o morto il Bonu, e per metà a
+colui che avrebbe ucciso qualcuno della sua banda;
+l’impunità (meno male!) ragguagliata questa
+volta a un delitto punibile con venti anni di galera.
+</p>
+
+<p>
+Peppe Bonu non era un malfattore volgare;
+fu accertato che molti delitti si mantellavano
+col suo nome; e il bandito ne fu così sdegnato,
+che si decise a scortare in persona la <i>diligenza</i>
+nel transito di Campeda, per tutelare la vita e
+gli averi dei viaggiatori, temendo che altri in
+suo nome li assalisse.
+</p>
+
+<p>
+Da pochi mesi era emanato il decreto della
+<i>taglia</i> sulla testa del bandito bonorvese, quando
+verso il 1838 circolò la notizia della sua morte.
+Mentre Peppe Bonu, nel <i>Pianu de murtas</i>, dormiva
+placidamente sotto un albero, venne ucciso
+a tradimento da un tal Rosas, della fazione dei
+Piu, suoi nemici.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span>
+</p>
+
+<p>
+Altro bandito di quei tempi, coraggioso e
+temuto, era il bonorvese Giovanni Biosa; il quale
+ebbe l’audacia di strappare il proprio padre (pur
+bandito) dalle mani dei carabinieri che lo avevano
+arrestato.
+</p>
+
+<p>
+Furti continui, seguiti da misteriose uccisioni
+(commesse dentro città e nei dintorni di Sassari)
+fecero sospettare di una squadriglia segreta di
+malfattori, negli ultimi anni del governo assoluto.
+E questa volta non trattavasi di banditi, ma di
+una lega di malandrini, regolata sulla base degli
+odierni <i>grassatori</i> della Barbagia: di giorno erano
+artisti ed operai in apparenza onesti e tranquilli — la
+notte si univano per commettere le ribalderie,
+servendo di strumento a cittadini creduti galantuomini.
+Fin dal 1836 questi delitti si sospettarono
+perpetrati per invidiosi dispetti, o per vessazioni
+del francese Uxel; il quale aveva fondato a Sassari
+uno stabilimento di sanse, a breve distanza
+dalla chiesa di S. Paolo. La mente direttiva non
+era sarda — sardo era il braccio che eseguiva il
+mandato di sangue.
+</p>
+
+<p>
+Tra il 1841 e il 1842 non vi fu quasi giorno
+in cui non venisse consumato un delitto di sangue.
+I malfattori scorrazzavano per l’isola, e fra essi
+i terribili banditi corsi Stefano il <i>Serpente</i>, il Quartara,
+il Tengone, il <i>Santa Lucia</i>. Nel 1842 ne furono
+rimandati una ventina al Governo francese.
+</p>
+
+<p>
+Nell’intento di purgare la società, verso questo
+tempo, i cittadini discoli venivano arruolati
+<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span>
+nel Reggimento sardo; ed il governo piemontese,
+volendo ingrossare le fila dei malfattori isolani,
+mandava in Sardegna seicento cattivi soggetti,
+col titolo di <i>operai di punizione</i>!
+</p>
+
+<p>
+Il bandito più celebre che chiuse il periodo
+del regime assoluto fu l’algherese Agostino Alvau.
+Di costui ci darà qualche ragguaglio Giovanni
+Tolu, nella sua narrazione.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Ed eccoci giunti sulla soglia del 1848, l’anno
+delle agognate riforme, che dovevano far crollare
+il vecchio governo assoluto per aprire l’era novella
+di tempi più civili.
+</p>
+
+<p>
+Pur troppo è destino dei popoli, che nei
+grandi rivolgimenti politici, nel passaggio repentino
+dall’uno all’altro regime di governo, vi abbia
+sempre chi approfitti del fermento della situazione,
+o per avidità di guadagno, o per sfogo di
+qualche antica vendetta, o per libidine di mal
+fare, servendo questo o quel potente, nella speranza
+dell’impunità. Non parve vero ai tristi della
+campagna e della città di poter mantellare gli
+istinti feroci sotto la larva di una lotta politica.
+</p>
+
+<p>
+Io sorvolerò sulla storia di questi avvenimenti,
+perchè uscirei di carreggiata.
+</p>
+
+<p>
+Il Municipio di Sassari, vivamente impressionato
+dalle scene di sangue a cui assisteva, ricorse
+il 22 ottobre 1849 al presidente dei Ministri, esponendogli,
+<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span>
+con foschi colori <i>i continui, e in questi
+ultimi giorni spaventevolmente cresciuti delitti ed
+attentati alla vita e proprietà dei pacifici cittadini</i>.
+</p>
+
+<p>
+Il 1850 fu anno tristo per sanguinosi avvenimenti.
+Con l’allontanamento da Sassari del tribuno
+Antonico Satta (partito nel giugno del 1849)
+non furono spenti i rancori, come si sperava. Si
+ebbe nel giugno la strage così detta dei <i>Saba e
+Careddu</i> alle porte della città; si ebbe l’anno seguente,
+nel lunedì di carnevale, l’altra strage dei
+<i>Saba</i> e dei <i>Macioccu</i> all’uscita del teatro; e le
+scene sanguinose si ripeterono di tanto in tanto
+fino al 1855 — anno in cui il cholera mieteva a
+Sassari oltre 5000 vittime, spegnendo molti odî
+e molti tristi, e svelando le trame dei numerosi
+delitti, che da quasi un ventennio si erano macchinati,
+o compiuti, dentro ai laberinti misteriosi
+dello stabilimento di San Paolo.
+</p>
+
+<p>
+Il primo decennio del governo costituzionale
+(dal 1849 al 1859) fu memorabile per stragi e
+per odî di parte, mantellati sempre dalle lotte
+politiche, le quali non servirono che di pretesto.
+</p>
+
+<p>
+Ed è appunto in questo periodo che compariscono
+sulla scena i quattro banditi famosi: Pietro
+Cambilargiu, Antonio Spano, Antonio Maria Derudas,
+e quel Giovanni Tolu, che, inseguito per
+trent’anni dalla giustizia, fu da questa assolto
+nelle Assise di Frosinone.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span>
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+L’antico bandito sardo, conosciuto per l’odio
+implacabile verso i soli nemici e le spie, per la
+ripugnanza al furto, la fierezza del carattere, la
+generosità cavalleresca, è da un pezzo scomparso
+dall’isola.
+</p>
+
+<p>
+Di simili banditi (per vero non troppo numerosi!)
+si occuparono in ogni tempo, con pietosa
+simpatia, storici e letterati insigni, nell’intento
+di mettere in rilievo quella fierezza e quella
+generosità, che pure in mezzo alle ferocie li rendeva
+talvolta degni di compianto, se non di ammirazione.
+</p>
+
+<p>
+Ne citerò alcuni, per non tediare più oltre
+il lettore.
+</p>
+
+<p>
+Lo storico Pasquale Tola esaltò la magnanimità
+di Salvatore Anchita verso il suo nemico
+Francesco Brundano. Dopo aver riportato nel suo
+<i>Dizionario biografico</i> l’episodio da me altrove
+citato, scrive: «— Esempio di generosità d’animo,
+da cui traspare quanto negli uomini stessi
+rotti al mal fare sia potente il sentimento dell’onore:
+raggio di virtù che brilla talvolta in
+mezzo alla fosca luce dei più enormi delitti.»
+</p>
+
+<p>
+Sulle pagine del Tola s’inspirò Gavino Cossu,
+che scrisse un romanzo storico in due volumi col
+titolo: <i>gli Anchita e i Brundanu</i>.
+</p>
+
+<p>
+L’infaticabile frate Vittorio Angius ha voluto
+<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span>
+scrivere più d’una pagina pietosa, tanto in
+favore di Leonardo Marzeddu, che si diede alla
+macchia dopo aver vendicato il suo onore oltraggiato — quanto
+di Giovanni Fais, che il Valery
+chiama un <i>Leonida</i>.
+</p>
+
+<p>
+L’erudito marchese di San Filippo scrisse e
+stampò una storia romantica su Peppe Bonu di
+Bonorva, la quale parve una leggenda, e venne
+riprodotta in parecchi giornali di Torino.
+</p>
+
+<p>
+Il padre Bresciani, che volle visitare più
+volte la Sardegna, nel suo libro <i>Dei costumi sardi</i>
+ha dedicato parecchie pagine entusiastiche ai
+banditi sardi, la maggior parte dei quali (egli afferma
+nel 1846) lo erano per vendetta d’onore.
+</p>
+
+<p>
+Questo scrittore rileva un particolare. Egli
+dice: quando un bandito sardo è sorpreso nella
+foresta da qualche carabiniere che gli grida:
+<i>ferma, il re!</i> — egli risponde togliendosi con riverenza
+il berretto: — <i>Rispetto il re, ma gli consacro
+la tua testa!</i> — E postosi dietro un albero
+fa fuoco sul carabiniere. Il Bresciani a questo
+punto esclama: — <i>Che laconismo! e che fiera
+alterezza di cuore!</i> (A me, invece, pare fuori
+luogo il suo entusiasmo sopra un fatto che non
+credo vero!)
+</p>
+
+<p>
+Parlando delle paci fatte nel 1840 per intervento
+dei missionari, il Bresciani cita un venerando
+pastore, il quale si ridusse ad abbracciare
+un nemico che gli aveva ucciso il figlio. (Caso
+non troppo comune in Sardegna!)
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span>
+</p>
+
+<p>
+Lo stesso scrittore riporta un altro episodio
+storico, narratogli a Cagliari da un giudice della
+Reale Udienza. Un famoso bandito, inseguito da
+due carabinieri, cacciossi per caso dentro un
+ovile, dove, insieme a molti armati, si trovava
+l’uomo a cui aveva ucciso il fratello. In omaggio
+alla sacra ospitalità, il pastore lo accolse nella
+capanna, e intimò ai carabinieri di allontanarsi,
+se volevano salva la vita. Informata del caso la
+Giustizia, fu subito spedito un messo al pastore
+(padre di due figli di recente condannati a morte)
+proponendogli la libertà di essi, se si risolveva
+a cedere il bandito accolto nel suo ovile. Il pastore
+rifiutò sdegnosamente. Giustiziato uno dei
+figli, fu rinnovata la proposta per la liberazione
+dell’altro; ma il vecchio diede al messo questa
+fiera risposta: — Dirai al giudice, che il sardo
+ha più cara la fede che i propri figliuoli!» — Quando
+apprese la morte del secondo figlio il
+poveretto svenne.
+</p>
+
+<p>
+A proposito di questo fatto il Bresciani cita
+un caso avvenuto in Corsica al tempo in cui Paoli
+combatteva per la indipendenza dell’isola sua.
+Un popolano corso, cieco d’ira, aveva ucciso colle
+proprie mani l’unico suo figlio sedicenne, solo
+perchè questi, dopo aver concessa l’ospitalità ad
+un bandito, lo cedette per denaro ad un carabiniere.
+</p>
+
+<p>
+«I sardi, che tanto ritennero delle condizioni
+del mondo antico (conchiude il Bresciani) hanno
+<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span>
+di queste esagerazioni, riputandole diritto, dovere,
+e stretta osservanza della ragione delle genti.»
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+E mi pare che le citazioni storiche da me
+riportate siano sufficienti per dare un’idea del
+colore dei tempi.
+</p>
+
+<p>
+Ho esposto a larghi tratti il quadro dei principali
+avvenimenti di sangue che afflissero il Logudoro
+nel lungo periodo di quattro secoli. Mi
+accorgo però che la mia tela ha tinte troppo fosche,
+ed è incompleta; poichè non ho potuto riportare
+che i fatti crudi, quali li estrassi da documenti
+ufficiali. In riscontro alle nequizie dei banditi da
+me segnalate, le carte di Archivio non registrano
+virtù alcuna, nè le intime cause che determinarono
+il traviamento di tanti infelici, trascinati
+assai spesso al delitto dalla trista condizione dei
+tempi miseri e corrotti.
+</p>
+
+<p>
+Negli scaffali della Giustizia si riscontrano
+unicamente le colpe, non le virtù dei disgraziati;
+e questo forse succede, perchè l’uomo è nato
+cattivo, e la virtù realmente non esiste. Come
+l’ombra non è che l’assenza della luce, così la
+virtù non è che l’assenza del vizio. La società,
+insomma, pare non pretenda che il solo freno
+delle passioni, convinta che l’uomo riescirà sempre
+a fare il bene, sempre quando potrà astenersi
+dal fare il male.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span>
+</p>
+
+<p>
+Ho esposto in altro libro il sistema usato
+dallo storico e dal poeta, quando vogliono fabbricare
+i grandi benemeriti e i grandi delinquenti: — dei
+primi essi registrano le sole virtù, dei secondi
+non rivelano che i soli vizi. In pochi, però,
+la coscienza di voler ritrarre l’uomo qual’è, col
+fardello del bene o del male, fornitogli dai tempi,
+dagli uomini, o da madre natura.
+</p>
+
+<p>
+Perchè questo? forse perchè il popolo ha bisogno
+di commuoversi dinanzi a quanto esce dalla
+cerchia dei fatti comuni: esso sdegna le mediocrità,
+per esaltarsi alle azioni dei grandi buoni
+o dei grandi cattivi. L’evangelista Giovanni lo
+ha detto chiaro nell’<i>Apocalisse</i>: «— Deciditi:
+sii freddo, o sii caldo; ma se tu sarai tiepido,
+ovvero nè freddo nè caldo, ti rigetterò dal mio
+seno!»
+</p>
+
+<p>
+Fra i molti banditi che nacquero belva — come
+Pietro Cambilargiu e Francesco Derosas — non
+mancarono i disgraziati, che pure in
+mezzo alle ferocie ebbero slanci di generosità
+magnanima, di virtù vera, di singolare rettitudine
+d’intelletto.
+</p>
+
+<p>
+Nella storia di Salvatore Anchita, di Francesco
+Brundanu, di Leonardo Marceddu, di Giovanni
+Fais, di Peppe Bonu, e di Giovanni Tolu
+non fanno difetto gli sprazzi di luce che rischiarano
+azioni generose, delle quali tacciono i documenti
+Ufficiali. Questo silenzio è spiegabile;
+poichè la giustizia non sa leggere che nel <i>Codice
+<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span>
+penale</i>, e non sa pesare nella sua bilancia che le
+sole colpe degli sventurati! — Ed è forse per
+reazione che i grandi poeti (come Byron e come
+Schiller) vollero idealizzare con splendore di colorito
+le gesta avventurose di corsari e di briganti.
+</p>
+
+<p>
+Bisogna, dopo tutto, convenire, che l’uomo
+ha un fondo malvagio.
+</p>
+
+<p>
+Non è questione di alti o bassi strati sociali: — l’ignoranza
+e il pregiudizio salgono tutti i gradini.
+Abbiamo veduto come nei traviamenti dei
+secoli passati incorsero nobili e plebei, e come
+talvolta si ebbero esempi di volgo nobile e di
+nobiltà plebea.
+</p>
+
+<p>
+Nelle gesta delittuose vi hanno due cavallerie:
+quella <i>rusticana</i> e quella incivilita. La prima,
+per sua natura, è apertamente audace — la seconda,
+all’incontro, nobilmente accorta: forse perchè
+ha troppi guanti — e i guanti, assai spesso,
+non servono che a nascondere le mani sporche.
+</p>
+
+<p>
+Io non voglio fermarmi sul numero infinito
+dei delinquenti volgari, che battono la città e la
+campagna: sono essi i delinquenti d’ogni tempo,
+d’ogni paese, e parlano ogni lingua. Ripeto solo,
+che Giovanni Tolu, nel suo complesso di bene
+e di male, è l’<i>ultimo bandito sardo</i>.
+</p>
+
+<p>
+Il bandito sardo — giova ricordarlo, perchè
+il giornalismo italiano pare si ostini a non volerlo
+rilevare! — non è un masnadiero, non è
+un brigante, non è un grassatore, non è un fabbro
+<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span>
+di <i>ricatti</i>. Ed è solamente per dimostrarlo,
+che ho voluto aderire a scrivere la storia di Giovanni
+Tolu.
+</p>
+
+<p>
+I tempi or sono cambiati. Colla nuova Italia
+è sottentrato un altro brigantaggio, che al piombo,
+al pugnale, ai grimaldelli ha sostituito il libello,
+la truffa, e i brogli bancari.
+</p>
+
+<p>
+Dobbiamo tuttavia ardentemente sperare, che
+questa nuova forma di delinquenza inguantata,
+la quale sfugge così spesso alle leggi, abbia fatto
+il suo tempo. Ad ogni modo, lusinghiamoci di
+non trovarci per anco nel tristo caso di ripetere
+la frase tagliente, ch’ebbe sulle labbra Giovanni
+Prati negli ultimi anni di sua vita: «— Dappoichè
+ho conosciuto i galantuomini d’oggi, ho preso
+a stimare i ladri antichi!»
+</p>
+
+<p class="indl">
+<i>Sassari, maggio 1896.</i>
+</p>
+
+<p class="indr">
+<span class="smcap">Enrico Costa.</span>
+</p>
+
+<hr class="silver">
+
+<div class="chapter">
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span>
+</p>
+
+<p class="title">
+STORIA DI GIOVANNI TOLU<br>
+NARRATA DA LUI MEDESIMO
+</p>
+</div>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span></p>
+
+<h2 id="parte1">PARTE PRIMA
+<span class="smaller">PRIMA DELLA COLPA</span></h2>
+</div>
+
+<div class="chapter">
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span>
+</p>
+
+<figure class="figcenter"><a id="fill-059"></a>
+ <img src="images/ill-059.jpg" alt="Testata allegorica sui personaggi della storia">
+</figure>
+
+<h3 id="cap1-1">CAPITOLO I.
+<span class="smaller">Infanzia e prima giovinezza.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+La nostra famiglia è di Florinas.
+</p>
+
+<p>
+I miei nonni — Felice Tolu e Francesca
+Cossu — vivevano agiatamente, perchè possessori
+di terreni, di case, e di molto bestiame.
+Dalla loro unione erano nati sei o sette figli, fra
+i quali Pietro Gavino — mio padre.
+</p>
+
+<p>
+I tempi intanto si facevano tristi. Dopo la
+carestia dell’<i>ottanta</i> — ci diceva il babbo — le
+terre diminuirono di prezzo, e la piccola fortuna
+del nonno cominciò a venir meno<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Il vecchio Felice scese nel sepolcro lasciando
+i figliuoli in giovanissima età; e la povera vedova,
+sperando di poter tirare innanzi la famiglia
+<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span>
+nell’agiatezza in cui era stata allevata, fu costretta
+a vendere i pochi beni che ancora le rimanevano.
+I suoi sforzi, però, riuscirono vani.
+I giorni calamitosi si succedettero senza tregua,
+nè si tardò a provare tutte le strettezze della
+miseria.
+</p>
+
+<p>
+Pietro Gavino, per campare la vita, si era
+adattato a prestare l’opera sua presso alcuni parenti
+facoltosi; ed una sua sorella, non potendo
+più oltre mantenere l’antico sfarzo, fece dono
+della sua ricca veste alla <i>Madonna del Rosario</i>,
+presso la quale (com’è tradizione nella nostra
+famiglia) conservasi tuttora.
+</p>
+
+<p>
+Sebbene alquanto innanzi negli anni, il mio
+babbo Pietro Gavino tolse in moglie la giovane
+figlia di un pastore — Vincenza Bazzoni — che
+gli regalò una dozzina di figli, diversi dei quali
+morirono bambini.
+</p>
+
+<p>
+Mia madre era in fama per i parti doppi;
+e infatti per tre volte ebbe figliuoli gemelli, nel
+numero dei quali sono anch’io compreso.
+</p>
+
+<p>
+Ecco i nomi dei figli sopravvissuti: — Felice,
+il primogenito; Chiara, la seconda; in seguito
+tre coppie di gemelli, cioè: Peppe ed io — Giammaria
+e Nicolò — Giustina ed altro che visse
+pochi giorni — e finalmente Maria Andriana<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a>.
+</p>
+
+<p>
+È cosa ormai assodata: quando Dio non può
+<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span>
+mandare ai poveri un po’ di fortuna, concede
+loro la grazia di molti figliuoli!
+</p>
+
+<p>
+Pietro Gavino Tolu, mio padre, era un tipo
+di agricoltore fiero, energico, scrupoloso. Uomo
+di stampo antico, era rigido e severo nell’educazione
+della famiglia. Soleva dare poca confidenza
+ai figli, nè voleva che essi s’intromettessero
+in alcuna questione di famiglia. I figli, da
+parte loro, gli ubbidivano ciecamente, non permettendosi
+la minima osservazione, nè atti sconvenienti
+alla sua presenza.
+</p>
+
+<p>
+Egli ci diceva spesso:
+</p>
+
+<p>
+— Figli miei: o buoni, o morti! Voglio che
+rispettiate gli altri, perchè gli altri vi rispettino.
+</p>
+
+<p>
+Guai se egli avesse saputo che i figli si permettevano
+d’introdursi nei poderi altrui! Sarebbe
+stato capace di picchiarci senza misericordia.
+</p>
+
+<p>
+Ci eravamo tutti abituati al regime rigoroso
+del babbo, ed in famiglia si viveva tutti di buon
+accordo.
+</p>
+
+<p>
+L’ho detto: al mondo non venni solo. Io
+sono <i>una grossa metà</i>. Nacqui ad un parto col
+fratello Peppe, il 14 marzo del 1822 — a Florinas<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a>.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span>
+</p>
+
+<p>
+Entrambi fratelli fummo mandati a studiare
+presso un maestro prete, nostro parente, il quale
+ci sgridava sempre, e qualche volta ci picchiava
+colla sferza. Peppe, più paziente, imparò a leggere,
+ed anche un po’ a scrivere; io, invece, inasprito
+delle brusche maniere del prete, mi ribellai,
+e non volli più sapere di scuola.
+</p>
+
+<p>
+All’età di nove anni, tanto io quanto il mio
+gemello, fummo accettati nella chiesa parrocchiale,
+in qualità di sagrestani. Mio fratello, dopo
+un annetto, lasciò bruscamente la Sagrestia, dichiarando
+di volersi dare al lavoro dei campi;
+io rimasi al mio posto per altri due anni.
+</p>
+
+<p>
+Tenevo alla carica di sagrestano, poichè
+lusingava il mio amor proprio. I sacerdoti mi
+volevano bene, ed io cercai di cattivarmi la loro
+stima, col mandare a memoria (giacchè non riuscivo
+a leggere) tutte le risposte latine relative
+alle funzioni ecclesiastiche — oltre la <i>dottrina
+cristiana</i>, che sapevo a menadito. Indossavo con
+un certo sussiego la sottana e la cappetta, ed ero
+diventato esperto nella professione. Assistevo con
+disinvoltura alla messa; cantavo con voce squillante
+nei funerali; accompagnavo il parroco in
+tutte le cerimonie — tanto nelle visite che faceva
+<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span>
+alle partorienti dopo il battesimo, quanto alla
+casa dei moribondi per somministrar loro il viatico.
+Ond’è, che masticavo molti confetti, e mi
+ero abituato al tristo spettacolo degli agonizzanti,
+che nei primi tempi mi facevano una penosa impressione.
+</p>
+
+<p>
+Mi pareva di essere diventato quasi il padrone
+della chiesa e della sacristia. Preparavo
+gli arredi sacri, regolavo e custodivo il vino, aiutavo
+i preti a vestirsi e a spogliarsi, ed avevo
+imparato a mettere in assetto gli altari con un
+certo gusto. Anche la clientela delle devote mi era
+affezionata. Tutte le penitenti si raccomandavano
+a me; ed io trovavo modo di far sbrigare al confessionale
+le peccatrici che mi andavano più a
+genio, e che volevo favorire. Le più noiose ed
+insistenti erano le vecchie, le quali d’ordinario
+sono quelle che si confessano con più frequenza,
+forse perchè non hanno più occasione di peccare.
+</p>
+
+<p>
+Ero infarinato delle cose ecclesiastiche, e
+giunsi perfino a capire, che quando il prete nella
+messa recita più di tre orazioni, egli compie una
+brutta azione, cioè a dire, fa le <i>legature</i> a danno
+di qualche nemico<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Raggiunta l’età di 12 anni, mi avvidi che il
+<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span>
+mestiere di sacrista non faceva più per me; sentivo
+di essere un ozioso, e temevo di esser fatto
+segno alle beffe de’ miei compagni. Un bel giorno
+buttai in un canto la sottana, e mi diedi, come
+gli altri fratelli, a lavorare i campi.
+</p>
+
+<p>
+Mio padre era stato accettato come socio da
+un suo compare agiato, parimenti agricoltore; il
+quale gli forniva la semente, i buoi e la terra,
+lasciandogli a benefizio un terzo del guadagno,
+e tenendo per sè gli altri due terzi, secondo la
+usanza del paese. Questa società ebbe la durata
+di otto e più anni, con piena soddisfazione del
+compare; il che dimostra che mio padre era un
+abile lavoratore, ed onesto fino allo scrupolo.
+</p>
+
+<p>
+Gettata all’ortiche la sottana di sacrista,
+volli andare a lavorare con mio padre, per servirgli
+di aiuto. Maneggiavo la zappa, o guidavo
+i buoi, secondo i casi; e quando per me non c’era
+lavoro, mi adattavo a trasportar pietre sullo stradone,
+tanto per non stare in ozio, e per non
+essere di peso alla famiglia.
+</p>
+
+<p>
+Ho l’orgoglio di vantarmene. Fin da giovane
+avevo la fama di abile lavoratore, di sobrio, di
+onesto, di docile; nè pochi erano gli agricoltori
+che chiedevano l’opera mia. Ma io preferiva di
+aiutare il babbo ne’ suoi lavori di campagna.
+Pieno di amor proprio e di buon volere, mi sentivo
+spronato al lavoro dall’emulazione, e godevo
+di essere mostrato a dito dai compagni, con una
+compassione che mi sapeva d’invidia.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span>
+</p>
+
+<p>
+Ero appena diciasettenne quando perdetti
+mio padre, morto a 54 anni. Lo piansi amaramente,
+e da quel giorno mi dedicai con più lena
+al lavoro, poichè volevo recar sollievo alla mamma
+ed alla famiglia.
+</p>
+
+<p>
+Felice, il nostro fratello maggiore, aveva
+intanto preso moglie. Si era unito a Giovanna
+Serra di Giave, ed erasi allontanato da noi per
+mettere su casa, a parte.
+</p>
+
+<p>
+Io era ritenuto come il figliuolo più serio e
+più lavoratore; tanto è vero, che a diciotto anni
+mi si erano affidate le redini della casa. Peppe,
+più delicato e più debole di me, era rimasto addietro,
+e subiva la mia influenza.
+</p>
+
+<p>
+Provvistomi d’un cavallo mi diedi a lavorare
+per i paesi circonvicini, facendo il <i>viandante</i>.
+Trasportavo viveri e merci da un punto all’altro;
+mi recavo con frequenza a Sassari per vendervi
+grano; e di là ripartivo con un carico di vino,
+che mia madre rivendeva in paese per trarne
+qualche lucro.
+</p>
+
+<p>
+L’ho detto: mio padre ci aveva educati rigidamente,
+e si viveva tutti in buon accordo.
+Ciascuno di noi portava alla mamma i propri
+guadagni, e godevamo di una certa agiatezza,
+relativa alla modesta nostra condizione. Il lavoro
+non ci mancava mai, ed i viveri erano a buon
+mercato. Ricordo che verso il 1840 la carne si
+vendeva a due libre <i>mezzo reale</i> (circa 30 centesimi
+il chilogramma).
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span>
+</p>
+
+<p>
+I principali proprietari di Florinas richiedevano
+continuamente l’opera mia e quella di Peppe;
+ma non volevamo legarci ad alcuno, poichè la
+mamma era gelosa di noi, e temeva che coll’abbandono
+venisse meno l’accordo in famiglia.
+</p>
+
+<p>
+Quando Chiara — la nostra sorella maggiore — toccò
+i 23 anni, fu chiesta in moglie da un
+bravo giovane. La scelta fu di nostro gradimento,
+e raddoppiammo di attività nel lavoro, tanto per
+poter riuscire a preparare un po’ di fardello alla
+sposa.
+</p>
+
+<p>
+La nostra casa era il nido della pace e della
+concordia. La vecchia mamma non faceva che
+ringraziare il Cielo, per averle dato figliuoli così
+buoni ed affettuosi.
+</p>
+
+<p>
+Contavo appena venti anni, quando in paese
+si sparse la notizia che nell’agro sassarese si
+prevedeva un raccolto straordinario di olive. Volendo
+guadagnare qualche soldo in più, mi allontanai
+da Florinas, per collocarmi nella qualità
+di sorvegliante a Sassari, presso due proprietari
+di molini ad olio; nell’uno lavoravo di giorno,
+nell’altro di notte. Dopo parecchie settimane di
+assiduo lavoro, feci ritorno a Florinas. Mi sentivo
+stanco e abbattuto, ma avevo raggiunto lo
+scopo, mettendo a parte una diecina di scudi,
+che consegnai alla mamma.
+</p>
+
+<p>
+E così continuai a cercar lavoro da un punto
+all’altro: nei dintorni di Florinas, nelle campagne
+di Sassari, e nei <i>salti</i> della Nurra. Nessuna fatica
+<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span>
+mi spaventava quando mi sorrideva la probabilità
+di un guadagno.
+</p>
+
+<p>
+Coi risparmi fatti, decisi più tardi di acquistare
+un buon cavallo. Me ne offrì uno bellissimo,
+di manto nero, il reverendo Pittui, per il
+prezzo di sedici scudi. Ricordo anzi, a questo
+proposito, che allor quando sborsai la somma al
+prete, in presenza della serva, mi scivolò di mano
+una pezza da <i>cinque soldi</i>, che andò a rotolare
+sul pavimento. Ci chinammo tutti e tre per raccoglierla,
+ma non ci fu possibile rintracciarla. L’inferno
+l’aveva inghiottita. Dovetti cacciar fuori
+dalla borsa altra simile moneta, che non mi venne
+più restituita. Ricordai più volte questo fatto, ripensando
+al prete Pittui, che più tardi doveva
+esser causa d’ogni mia sventura.
+</p>
+
+<p>
+Diventato proprietario di un buon cavallo,
+che battezzai col nome di <i>Moro</i>, continuai la mia
+vita di lavoro con più coraggio. Passavo intiere
+settimane fuori di Florinas, e non vi rientravo
+che alla vigilia dei giorni festivi.
+</p>
+
+<p>
+Le domeniche erano per me giorni di noia.
+Il mio unico divertimento consisteva nel tiro al
+bersaglio: passatempo di molti giovani del paese
+nella sera dei giorni di festa, ed al quale prendevano
+pur parte i signori, ed anche qualche
+prete. La bettola, i balli, e sovratutto il bel sesso,
+non ebbero mai per me alcun’attrattiva. Devo
+anzi confessare, che fin da giovinotto ero un orso
+e fuggivo quasi le donne. Non provavo la smania
+<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span>
+di far loro la corte, poichè gli amori inutili
+mi ripugnavano, non volendo perdere il mio
+tempo. A che trattenere una ragazza e perdersi
+in sciocchezze, quando l’uomo non ha intenzione
+di torsela in moglie? Nei nostri villaggi bisogna
+andar cauti colle zitelle; il far lo spasimante diventa
+pericoloso, poichè i parenti della donna
+potrebbero immischiarsene; e il meno peggio che
+possa capitare, è il matrimonio forzato con donna
+che non ci piace. Non amavo le leziosaggini, nè le
+mollezze femminili, che sfibrano il carattere e ci
+espongono qualche volta al ridicolo. Sdegnavo di
+cacciarmi nei pubblici balli, o di piantarmi come
+un palo dinanzi alle case, per fare il cascamorto
+colle ragazze che sedevano sulle soglie. Preferivo
+andarmene fuori del paese con la combricola dei
+tiratori, per vincere una scommessa al bersaglio.
+Il fucile era la mia prima passione — il cavallo
+la seconda.
+</p>
+
+<p>
+Non mi fecero pertanto difetto le avventure
+amorose; ma io nella donna temevo le <i>malìe</i> — cioè
+a dire le <i>legature</i>, come noi le chiamiamo.
+Citerò due soli episodi.
+</p>
+
+<p>
+Recatomi una sera in casa di un amico, vi
+trovai la moglie insieme ad una giovane sorella
+di costei, di fama un po’ equivoca.
+</p>
+
+<p>
+La donna maritata, fra il serio e il faceto,
+mi disse:
+</p>
+
+<p>
+— Guarda mia sorella, com’è bellina! Perchè
+non te la baci?
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span>
+</p>
+
+<p>
+Fui quasi spaventato dello strano invito; del
+che accortasi la scaltra donna, cambiò tono, e
+mi chiese il favore di accompagnare la sorella
+ai balli, che avevano luogo quella sera in piazza.
+</p>
+
+<p>
+Benchè a malincuore, accondiscesi al suo
+desiderio. Quando fummo di ritorno, le due sorelle
+si affrettarono ad offrirmi alcuni amaretti
+e un bicchierino di rosolio; ma io mi guardai
+dall’accettare, temendo volessero farmi qualche
+<i>legatura</i>. Appresi più
+tardi, che la moglie
+del mio amico aveva
+contato sulla mia inesperienza,
+per mantellare
+col sacramento del
+matrimonio il primo
+fallo della sorella.
+</p>
+
+<figure class="figright"><a id="fill-069"></a>
+ <img src="images/ill-069.jpg" alt="Moglie tentatrice, e il villaggio di Florinas">
+</figure>
+
+<p>
+Due mesi dopo, a
+breve distanza da Florinas,
+mentre rientravo
+dalla campagna, fui
+fermato con mistero da una giovane donna, maritata
+ad un vecchio. Ella cominciò col parlarmi
+di una sua amica, la quale era alquanto innanzi
+negli anni, ma possedeva un piccolo vigneto ed
+una casa bassa, che le procuravano una vita abbastanza
+comoda. Avendo costei desiderio di marito,
+me la proponeva come moglie, cercando persuadermi
+che avrei fatto un buon affare; poichè,
+anche con una moglie attempatella, non mi sarebbe
+<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span>
+mancato l’affetto di qualche amica più
+giovane. Rifiutai con ripugnanza; e allora la giovane
+si sfogò meco in tenerezze, e mi tenne un
+linguaggio così singolare, che mi costrinse a fuggire
+da lei, come un casto Giuseppe dalla moglie
+di Putifarre<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Tale io era con le donne a vent’anni. In
+seguito, naturalmente, ebbi qualche scrupolo di
+meno, sebbene non sia mai riuscito a cambiare
+<i>la mia opinione</i><a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a>.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span></p>
+
+<h3 id="cap2-1">CAPITOLO II.
+<span class="smaller">In cerca d’una moglie.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Raggiunta l’età di 25 anni, non tardai a
+sentire tutto il peso della mia vita solitaria, monotona.
+L’amore al lavoro ed al guadagno, la ripugnanza
+all’ozio ed ai compagni crapuloni, mi
+rendevano più penoso l’isolamento. Non bastava
+più mia madre, non bastavano i miei fratelli, nè
+le sorelle, a darmi un conforto, quando stanco
+rientravo in seno alla famiglia, dopo una settimana
+d’incessante e faticoso lavoro. Desideravo
+qualche cosa di più attraente che mi eccitasse
+ogni sera a far ritorno alla mia casetta.
+</p>
+
+<p>
+Felice, il primogenito de’ miei fratelli, aveva
+preso moglie; gli altri pensavano a prenderla; le
+mie sorelle già parlavano di marito — ed io non
+sentiva la virtù del sagrifizio, senza uno scopo
+determinato. Il pensiero di abbandonare la mamma
+era quello che mi tormentava; ma io avrei
+potuto ritirare la vecchierella presso di me; avrei
+potuto darle una compagna, quando le sorelle
+e i fratelli miei si fossero allontanati dalla
+casa materna, per crearsi una famiglia.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span>
+</p>
+
+<p>
+Pensai dunque ad una compagna.
+</p>
+
+<p>
+Avevo fermato l’attenzione sopra una bella
+giovinetta quindicenne, che ogni domenica io
+aspettava sul piazzale della chiesa, all’entrata ed
+all’uscita della messa. Parecchie volte ero stato
+ai balli con essa, e mi pareva che non gli fossi
+del tutto antipatico. Il contegno modesto di quella
+ragazza mi aveva profondamente colpito. Maria
+Francesca, la prediletta del mio cuore, era al
+servizio del prete Gio. Maria Masala Pittui, insieme
+ad una sua zia.
+</p>
+
+<p>
+Questa zia — Giovanna Maria Meloni Ru — si
+trovava da molti anni in casa del prete. Tanto
+lei, quanto una sua sorella maggiore, si erano
+allontanate dal paese natio (Scano Montiferro)
+ferme nel proposito di collocarsi come serve in
+casa di qualche prete, a Florinas, o altrove.
+L’una di esse, infatti, riuscì ad essere accettata
+dal reverendo Pittui — l’altra si collocò presso
+un altro sacerdote, in Codrongianus.
+</p>
+
+<p>
+Le due donne avevano un fratello a Florinas — Salvatore
+Meloni Ru — già servo del prete
+Pittui, che gli aveva dato in moglie certa Catterina
+Merella.
+</p>
+
+<p>
+Da queste nozze era nata, fra gli altri figli,
+Maria Francesca, la ragazza che mi aveva colpito.
+Costei, fin da bambina, frequentava la casa
+del prete, dove si recava per visitarvi la zia; e
+quando crebbe negli anni vi fu accettata come
+servetta, con piena soddisfazione dei genitori; i
+<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span>
+quali ascrissero a grazia divina l’aver potuto collocare
+la loro bella figliuola in casa di un sacerdote
+benestante, influente, e temuto più che
+amato nel paese.
+</p>
+
+<p>
+Il prete Pittui aveva fatto di tutto per dar
+marito all’antica sua serva Giovanna Maria, ma
+non vi era riuscito. In paese correvano molte
+dicerie sul conto di quella donna, e nessuno voleva
+caricarsela. Fra gli altri designati, il prete
+si era rivolto a due suoi nipoti, promettendo loro
+la protezione, e non so che altro, se avessero
+appagato il suo desiderio; ma i due nipoti non
+vollero sapere di dar la mano ad una donna attempatella,
+a cui si cercava un marito con tanta
+insistenza.
+</p>
+
+<p>
+Il rifiuto dei due giovani inasprì alquanto lo
+zio, che tenne loro il broncio per lungo tempo, sebbene
+non mancasse di prenderne le difese, quando
+credeva compromessa la dignità del sangue di
+famiglia.
+</p>
+
+<p>
+Il prete Pittui trovò finalmente il desiderato
+Cireneo della sua Giovanna Maria: un suo servo
+agricoltore — certo Giovanni Antonio Piana; il
+quale, sebbene molto giovane (eravamo coetanei)
+si decise a sposare quella donna, che poteva essergli
+madre.
+</p>
+
+<p>
+Giovanni Masala Pittui era un prete, che
+aveva oltrepassata la cinquantina. Burbero, prepotente,
+di modi piuttosto aspri, si sentiva capace
+di affrontare venti nemici petto a petto. Possedeva
+<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span>
+una Cappellania, che dicevasi gli fruttasse
+da quattro a cinquemila scudi; ed aveva l’obbligo
+di dir la messa tutti i giorni festivi nell’Oratorio
+di Santa Croce — chiesetta un po’ fuori di mano,
+perchè posta all’estremità del villaggio.
+</p>
+
+<p>
+Erano in quel tempo in Florinas altri tre
+preti: i due viceparroci e il rettore Gio. Angelo
+Dettori; ma nessuno poteva vantare l’influenza
+del prete Pittui, che tutti temevano. In relazione
+con cavalieri, avvocati, giudici, ed altre autorità
+di Sassari, egli dispensava promesse o minaccie
+a diritta ed a manca, e nessuno osava contraddirlo,
+poichè si sapeva che le minaccie avrebbero
+avuto il loro effetto.
+</p>
+
+<p>
+Il prete Pittui andava sempre armato, ed era
+ben provvisto di fucili, di pistole, di pugnali. Possedeva
+una quindicina di cani, fra i quali due feroci
+mastini, capaci di sbranare quattro nemici
+a un semplice cenno del padrone. Si vantava di
+essere un valente cacciatore (e lo era di fatto),
+e si dilettava parimenti della pesca nei fiumi;
+però, non mangiava mai pernici, nè lepri, nè anguille,
+che per solito regalava agli amici.
+</p>
+
+<p>
+Io era in buoni rapporti coi preti di Florinas,
+poichè tutti mi avevano conosciuto sagrestano.
+Anche prete Pittui mi trattava con una certa confidenza.
+Non poche volte gli avevo assistito la
+messa, e assai spesso mi ebbe a compagno nelle
+solite gare al bersaglio della domenica. Guai però
+a contraddirlo, o a prendersi troppo confidenza
+<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span>
+con lui! Corrugava la fronte, rispondeva brusco,
+e voltava le spalle con aria spavalda e prepotente.
+</p>
+
+<p>
+Per dare un’idea del suo carattere focoso e
+della fiducia che riponeva nelle autorità di Sassari,
+di cui si vantava amico, narrerò un episodio.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno io lavoravo in un suo tenimento,
+insieme ad altri compagni, fra i quali uno dei
+due nipoti che si era rifiutato a sposargli la serva
+Giovanna Maria. Avvenne che uno dei contadini
+che lavoravano insieme a noi, non so per qual
+contesa insorta, mettesse le mani addosso al nipote
+del prete, che per caso era presente. Io corsi
+in difesa dell’aggredito, e afferrato un bastone
+percossi senza misericordia l’aggressore.
+</p>
+
+<p>
+Il prete, cieco di bile per l’insulto fatto al
+parente, mi si accostò inferocito, gridandomi alle
+spalle:
+</p>
+
+<p>
+— Uccidilo! uccidilo, Giovanni! chè penserò
+io a strapparti alla Giustizia!
+</p>
+
+<p>
+Queste parole mi fecero tornare in me, e sospesi
+la correzione — tanto più che l’avversario
+non mi aveva opposto resistenza. Il prete si limitò
+a licenziare il contadino audace; ma mi accorsi
+che non era soddisfatto della mia disubbidienza.
+</p>
+
+<p>
+Riprendo la narrazione.
+</p>
+
+<p>
+Colpito, dunque, dall’avvenenza e dalla modestia
+di Maria Francesca, e fermo nel proposito
+di prender moglie, mi decisi a confidare in famiglia
+i miei progetti, chiedendo un consiglio.
+<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span>
+Ottenni la generale approvazione per la buona
+scelta fatta. Lieto che tutti fossero contenti, incaricai
+la mamma di recarsi in casa del prete
+Pittui per chiedergli la mano della ragazza. Si
+sa che in simili casi i genitori passano in seconda
+linea, poichè spetta ai padroni disporre dell’avvenire
+delle serve.
+</p>
+
+<p>
+Mia madre, dopo essersi vestita degli abiti
+migliori, si recò dal prete per far la domanda.
+Io rimasi ad aspettarla in casa, ansioso di conoscere
+la risposta.
+</p>
+
+<p>
+Trascorsa una mezz’ora, mia madre fu di
+ritorno. Per quanto affettasse disinvoltura, mi
+accorsi subito che la sua missione non era pienamente
+riuscita.
+</p>
+
+<p>
+— Ebbene....? — le chiesi, andandole incontro.
+</p>
+
+<p>
+— Bisogna ancora aver pazienza, figlio mio!
+</p>
+
+<p>
+— Un rifiuto?!
+</p>
+
+<p>
+— Non rifiuto, veramente! Mi disse solo, che
+avessi prima pensato a maritare le tue sorelle
+Giustina e Maria Andriana, poichè per Maria
+Francesca ci sarebbe stato tempo, avendo essa
+di poco oltrepassato i quindici anni.
+</p>
+
+<p>
+Questa risposta, che mia madre si studiava
+di raddolcirmi, mi tenne alquanto di malumore.
+Tuttavia, non disperai, deciso di tornare all’assalto
+in un momento più opportuno.
+</p>
+
+<p>
+Lasciai trascorrere alquante settimane. Nel
+frattempo in paese si era fatta correre una voce,
+<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span>
+la quale in sulle prime mi fece sorridere, ma in
+seguito mi destò qualche inquietudine. Dicevasi
+dalle comari, che io mi era pazzamente invaghito
+di Maddalena Pintus Marongiu, figlia di Pietro
+Paolo, la cui fama non correva troppo buona in
+paese. Si era pur detto, precedentemente, che
+tanto la ragazza, quanto i suoi genitori, studiassero
+tutti i mezzi per accalappiarmi con un matrimonio.
+</p>
+
+<p>
+L’origine e lo scopo della diceria erano palesi.
+La zia di Maria Francesca aveva confidato
+alle comari la mia domanda di matrimonio; e la
+famiglia Pintus, al cui orecchio era pervenuta la
+notizia, aveva messo in giro la storiella del mio
+amore, per dar pretesto al prete di rifiutarmi la
+mano della ragazza.
+</p>
+
+<p>
+Un caso innocente, avvenuto poche settimane
+dopo, diede corpo all’ombra ed alimento
+ad una diceria, che servì di appiglio ai disgustosi
+incidenti che amareggiarono in seguito la mia
+esistenza.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span></p>
+
+<h3 id="cap3-1">CAPITOLO III.
+<span class="smaller">Alla festa di Mara.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Si era verso la metà di Settembre del 1848,
+e si avvicinava il giorno della famosa festa di
+<i>Nostra Signora di Bonuighinu</i>, che suol farsi
+presso una chiesa campestre, nelle vicinanze del
+villaggio di Mara. Questa festa, con annessa fiera,
+è una delle principali dell’isola, e chiama tuttora
+dal Logudoro e dalla Planargia una folla considerevole
+di curiosi e di devoti<a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Essendo Mara molto distante, i florinesi hanno
+bisogno di quattro o cinque giorni per effettuare
+la gita e godere del divertimento; e forse
+<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span>
+per questo motivo l’attrattiva è maggiore, e cresce
+nei festaioli la smania di prender parte alla
+baldoria.
+</p>
+
+<p>
+Già da tre anni mi ero prefisso di recarmi
+a <i>N. S. di Bonuighinu</i> per sciogliere un voto
+fatto, e nello stesso tempo per divertirmi un poco.
+Lavoravo tutto l’anno con assiduità, e mi pareva
+di aver diritto a un po’ di svago. Circostanze
+impreviste avevano impedito che si effettuasse
+il mio disegno; ond’è che quella volta fui irremovibile
+nel mio proposito.
+</p>
+
+<p>
+Mia madre non vide di buon occhio la mia
+gita, e me lo disse con una certa amarezza:
+</p>
+
+<p>
+— Bada, Giovanni! A me pare, che in questa
+circostanza non ti convenga recarti alla festa.
+Non vorrei che la tua gita avesse a procurarti
+qualche dispiacere!
+</p>
+
+<p>
+Io mi strinsi nelle spalle. Mia madre, certamente,
+voleva alludere alle trattative in corso per
+la domanda di matrimonio; ma io sentiva di aver
+la coscienza netta, nè dovevo temere serie conseguenze
+da un passatempo innocente.
+</p>
+
+<p>
+Anche il nostro vicino di casa — Gavino
+Pintus — aveva deciso di andare alla festa insieme
+alla figliuola, e si era dichiarato contento
+di avermi a compagno di viaggio.
+</p>
+
+<p>
+Questo Pintus, agricoltore benestante, era
+fratello dell’altro Pintus, della cui figlia mi dicevano
+invaghito. Le due cugine avevano lo
+stesso nome: Maddalena.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span>
+</p>
+
+<p>
+All’alba del giorno designato insellai il mio
+<i>Moro</i>; Gavino Pintus prese la figliuola in groppa,
+e partimmo insieme.
+</p>
+
+<p>
+Svoltate appena due stradicciuole, il Pintus
+fermò il cavallo e mi disse:
+</p>
+
+<p>
+— Aspettami qui un momento. Mi spingo
+fino alla casa di Pietro Paolo, per sapere se insiste
+nell’idea di venire alla festa.
+</p>
+
+<p>
+Fu tanta la mia sorpresa, che non risposi
+neppure. Mi lusingavo già che si trattasse di un
+semplice atto di convenienza, quando vidi sboccare
+da una viottola i due fratelli a cavallo, colle
+rispettive figliuole in groppa.
+</p>
+
+<p>
+Quell’incidente impreveduto mi gelò il sangue.
+Mi venne persino in mente di piantare la
+comitiva e di andarmene tutto solo alla festa; ma
+ebbi vergogna di una debolezza, che poteva venir
+interpretata paura o vigliaccheria. Ripensai allora
+alle parole di mia madre, la quale non s’ingannava
+mai ne’ suoi pronostici.
+</p>
+
+<p>
+Che dovevo fare? Feci l’uomo di spirito, e
+mi rassegnai ad essere il compagno di viaggio
+dei due fratelli e delle due cugine, deciso però
+a mostrare il broncio alla coppia malaugurata,
+che aveva messo in giro la diceria de’ miei amori.
+Volevo che si notasse quanto poco gradita
+mi fosse la compagnia dei due intrusi.
+</p>
+
+<p>
+La figliuola di Gavino, appena quindicenne,
+era di un’ingenuità infantile; la cugina, invece, a
+diciott’anni, rivelava una furberia singolare, ed
+era molto addentro negli intrighi amorosi.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span>
+</p>
+
+<p>
+Il padre di costei, povero quanto Giobbe,
+tirava a stento la vita, ma studiavasi di comparire
+agli occhi del mondo meno miserabile di
+quello che era.
+</p>
+
+<p>
+I nostri tre cavalli trottavano di conserva
+sulla strada. Mi ero messo alla sinistra di Gavino
+per togliermi alla vista di Pietro Paolo e della
+figliuola. Mi divertivo invece a scherzare e a conversare
+colla più giovane delle Maddalene, lasciando
+l’altra ad annoiarsi fra il babbo e lo zio.
+</p>
+
+<p>
+Arrivati dopo un’ora di strada al sito denominato
+<i>Sas funtanas</i>, smontammo tutti per abbeverare
+i cavalli.
+</p>
+
+<p>
+Stando insieme sul ponte, Gavino si lamentò
+meco della lentezza del suo cavallo, incapace di
+poter portare due persone sul dorso. Io gli dissi:
+</p>
+
+<p>
+— Se per quindici giornate tu mi aiuterai ad
+arare la terra, porterò la tua figliuola in groppa.
+</p>
+
+<p>
+Il babbo mi rispose, scherzando:
+</p>
+
+<p>
+— Anche per venti giorni avrai l’aiuto mio,
+se vorrai alleggerirmi di Maddalena!
+</p>
+
+<p>
+Dopo avermi aiutato ad assicurare il sellone
+sul mio cavallo, Gavino sollevò da terra la figliuola
+e me la sedette in groppa.
+</p>
+
+<p>
+Ci rimettemmo in viaggio.
+</p>
+
+<p>
+Mi sentivo proprio contento del servizio reso
+a Gavino Pintus. Il mio cavallo trottava, ed era
+facile lasciarmi addietro gli altri compagni, la
+cui conversazione mi riusciva oltremodo impacciante.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span>
+</p>
+
+<p>
+Così trottando, colla donna in groppa, volli
+mangiare un boccone. Tolsi dalla mia bisaccia
+un po’ di pane e di noci, e ne offersi a Maddalena,
+la quale si divertiva un mondo alle mie
+facezie.
+</p>
+
+<p>
+Arrivati dopo cinque ore di viaggio alla cantoniera
+di Giave, Pietro Paolo invitò tutti a
+smontare da cavallo, offrendoci le sue provviste
+per far collazione.
+</p>
+
+<p>
+— Ho giù mangiato e non ne ho voglia! — risposi.
+</p>
+
+<p>
+— Mangiato! e quando? — mi chiese sorpreso
+Pietro Paolo.
+</p>
+
+<p>
+— Or ora in viaggio — risposi — ed ho
+anche bevuto. Anzi, se volete approfittare, ci ho
+ancora vino nel mio fiasco!
+</p>
+
+<p>
+Mi ero proposto di nulla accettare da quella
+gente. Sebbene avessi giustificato il mio rifiuto,
+mi accorsi ch’esso spiaque ai due fratelli, i quali
+pertanto si guardarono dall’insistere.
+</p>
+
+<p>
+Terminata la collazione continuammo il viaggio,
+e dopo altre due ore di strada sostammo a
+Padria, ospiti del comune amico Salvatore Masia,
+il quale volle offrirci una lauta cena.
+</p>
+
+<p>
+Come più ci avvicinavamo a Mara, più numerose
+diventavano le comitive dei festaiuoli,
+accorrenti da ogni punto dell’isola a <i>N. S. di Bonuighinu</i>.
+</p>
+
+<p>
+All’alba del giorno susseguente rimontammo
+a cavallo, e un’ora dopo entravamo nel villaggio
+<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span>
+di Mara, accolti generosamente da Antonio Francesco
+Peralta, che ci volle ospiti, insieme ad altri
+festaiuoli che ci avevano preceduto.
+</p>
+
+<p>
+I miei compagni lasciarono in paese i cavalli,
+e si recarono a piedi alla chiesetta campestre,
+distante appena una mezz’ora. Io feci
+quel tragitto a cavallo, sempre con Maddalena
+in groppa.
+</p>
+
+<p>
+Pietro Paolo si era rassegnato a far la strada
+a piedi, poichè la figliuola, sprovvista di sellone,
+era stata adagiata alla meglio su due cuscini. Il
+vero scopo della sua gita era il solito commercio
+d’uova; e si sentiva giustamente umiliato della
+propria miseria, tanto più sapendo che a me non
+mancavano soldi da spendere<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Durante la breve gita da Mara alla chiesa
+campestre, io continuai le facezie colla mia compagna
+di viaggio, quasi per far dispetto alla cugina,
+della quale volevo vendicarmi. Ero ancora
+inasprito delle dicerie messe fuori dai genitori
+di una ragazza, la quale pretendeva di essere
+corteggiata per forza. La mia natura superba rifuggiva
+da simili donne!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span>
+</p>
+
+<p>
+Un’immensa folla occupava i dintorni della
+chiesetta; e vi erano rappresentati la maggior
+parte dei comuni dell’isola.
+</p>
+
+<p>
+Attiguo alla chiesa è un vasto cortile con un
+lungo loggiato per comodità dei visitatori e dei
+mercanti. Vi si vendeva di tutto, e si macellava
+all’aria aperta carne di bestiame, proprio... o
+rubato.
+</p>
+
+<p>
+Siccome mi ero recato alla festa per sciogliere
+un voto, non mancai di far le mie preghiere
+in chiesa; dopo di che, pensai a darmi un
+po’ di spasso. Ho sempre mantenuto la mia parola,
+anche con Dio e coi santi!
+</p>
+
+<p>
+Da Mara erano venuti, insieme a noi, molti
+curiosi e devoti; e non poche forosette, in allegra
+brigata, avevano voluto accompagnare le due cugine
+Pintus.
+</p>
+
+<p>
+Eravamo arrivati alla chiesa verso il Vespro,
+dopo aver fatto a Mara le provviste per la cena.
+</p>
+
+<p>
+Io non stavo indietro ad alcuno nello spendere;
+anzi mi ero proposto di fare il generoso.
+Avevo comprato molte libbre di pesce d’Oristano
+cotto, nonchè una ragguardevole quantità d’aranci,
+che dispensai largamente a quanti componevano
+la numerosa comitiva.
+</p>
+
+<p>
+Cenammo in una delle loggie del vasto cortile
+della chiesa.
+</p>
+
+<p>
+Terminata la funzione del Vespro, s’iniziarono
+i balli. Era un gridìo incessante di mercanti
+e di compratori, di giovanotti allegri e di donnette
+<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span>
+di buonumore. Al chiarore dei lampioncini, dei
+falò, dei razzi, si correva da un punto all’altro
+scherzando, ridendo, altercando. La festa era
+stata allietata dalla presenza dei principali cavalieri
+e signori di Bonnanaro, di Torralba, di Bessude,
+di Borutta e di Tiesi, che gironzavano di
+qua e di là, in compagnia delle loro donne.
+</p>
+
+<p>
+Dopo aver preso parte ai balli, come attori
+o come spettatori, fu proposta la visita a tutti i
+<i>liquoristi</i> e <i>torronai</i>; e da una baracca all’altra
+non si faceva che bere ed acquistare dolciumi
+per i bambini. Com’è usanza in simili feste, ci
+alternavamo nello spendere; e ciascuno cercava
+di distinguersi nella prodigalità.
+</p>
+
+<p>
+A Pietro Paolo non erano rimasti in tasca
+che sette soldi e mezzo, ed io non avevo cessato
+di superarlo negli acquisti.
+</p>
+
+<p>
+Verso la mezzanotte si die’ principio alla
+solita gara dei poeti estemporanei, con botta e
+risposta. I due fratelli Pintus vollero assistere alle
+sfide in versi, poichè uno di essi — Gavino — si
+piccava d’essere poeta. Io, invece, con le due cugine
+Pintus, preferimmo di prender parte al ballo.
+</p>
+
+<p>
+Terminate le danze la Maddalena Bua mi
+disse:
+</p>
+
+<p>
+— Andiamo a bere alla fonte!
+</p>
+
+<p>
+La fonte è lontana un quattrocento passi
+dalla chiesa, e la folla vi affluiva di continuo.
+</p>
+
+<p>
+Volli appagare il desiderio delle donne, e le
+accompagnai.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span>
+</p>
+
+<p>
+La moltitudine che andava e ritornava dalla
+fonte rendeva penosa la nostra gita. Frotte di
+allegri giovinotti, un po’ brilli, davano la baja
+a questa o a quella forosetta, e bisognava lottare,
+or colle buone ed ora colle brusche, per
+aprirci un passaggio. Io stava attento perchè le
+mie donne non si sbandassero, trascinate dalla
+folla che ci seguiva, o da quella che ci veniva
+incontro.
+</p>
+
+<p>
+A un certo punto Maddalena Bua (la più
+giovane) si fermò e mi disse ingenuamente:
+</p>
+
+<p>
+— In questo modo non potremo andare avanti!
+Perchè non ci dai il braccio?
+</p>
+
+<p>
+E senza aspettare che io l’offrissi loro, le
+due donne mi presero a braccetto: l’una a destra,
+l’altra a sinistra. Sudavo freddo, immaginando
+le chiacchiere dei maldicenti florinesi che
+assistevano alla festa.
+</p>
+
+<p>
+Dopo essere stato alla fonte, ricondussi le
+Maddalene verso la chiesa, e le accompagnai
+fino alle loggie. Erano le due dopo mezzanotte,
+e volevano riposare.
+</p>
+
+<p>
+Offersi il mio cappotto alla più giovane, perchè
+se ne servisse come guanciale, e tornai indietro
+per raggiungere i miei compagni, che erano
+intenti al giuoco, ai canti, ed alle gare
+poetiche.
+</p>
+
+<p>
+Mancavano due ore all’alba quando mi diressi
+tutto solo alle loggie, in cerca di un cantuccio
+per poter dormire. Passando lungo lo
+<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span>
+scompartimento assegnato alle donne, fui colpito
+dalla vista di una nera sottana, che provocava
+le grasse risa e gli scherzi degli astanti. Era
+quella di un prete di Mara, venuto per le funzioni
+religiose. Volendo star comodo, egli si era
+cacciato alla chetichella nel loggiato delle donne,
+sordo alle chiacchiere e alle facezie di quanti lo
+avevano veduto. Io gli dissi, scherzando:
+</p>
+
+<p>
+— Ella ha scelto un buon posto, reverendo!
+Fra sottane e gonnelle ci corre poco!
+</p>
+
+<p>
+— Lasciatemi dormire, chè ne ho bisogno,
+canaglia! — brontolava il prete con stizza. — Tu
+per il primo, Giovanni Tolu, non vorrai rinunziare
+alla mia messa! Non è così?
+</p>
+
+<p>
+— Sicuro, che è così! — risposi — poichè mi
+vanto di essere un buon cristiano. Non solamente
+ascolterò la vostra messa, ma vi prometto di assistervela
+come antico sagristano. A condizione
+però, che diciate una messa da cacciatore: brevissima.
+</p>
+
+<p>
+— Siamo intesi, e buona notte!
+</p>
+
+<p>
+— Dite meglio: buon giorno! — conchiusi.
+</p>
+
+<p>
+La giornata susseguente non fu meno chiassosa
+del Vespro, quantunque quest’ultimo abbia
+sempre maggior attrattiva.
+</p>
+
+<p>
+Fedele alla parola data, volli assistere il
+prete nella messa, e mi ci misi d’impegno. La
+maggior parte dei devoti l’ascoltarono all’aria
+aperta, poichè la chiesa non poteva capire che
+un duecento persone.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span>
+</p>
+
+<p>
+Terminata la funzione religiosa si ricominciarono
+le danze, i canti e le visite alle baracche.
+</p>
+
+<p>
+Si pensò intanto alla collazione. Pietro Paolo
+si era incaricato di provvedere il pesce; ma siccome
+aveva pochi soldi da spendere, ne portò
+una quantità insufficiente. Allora andai io a far
+l’acquisto, e tornai con un grosso involto di muggini
+e di aranci, bastevoli per saziare dodici
+persone. Devo confessarlo: quel giorno volevo
+fare il signore.
+</p>
+
+<p>
+Fu sempre mia opinione, che l’uomo non
+deve badare ad economie in certe circostanze; e
+quando non si hanno i mezzi per poter spendere,
+si rimane a casa per evitare una brutta figura.
+</p>
+
+<p>
+Dopo la collazione si andò tutti alla messa
+solenne; in seguito ebbe luogo la processione, la
+corsa dei cavalli, e di nuovo i canti e le danze.
+</p>
+
+<p>
+Verso la una dopo mezzogiorno i festaiuoli
+si unirono in diversi gruppi, per i preparativi
+della partenza.
+</p>
+
+<p>
+Fin dal giorno innanzi avevo ordinato che
+da Mara mi si portasse il cavallo. Montai in sella,
+ripresi in groppa la figlia di Gavino Pintus, e
+feci al passo il breve tragitto, per andar di conserva
+co’ miei compagni di viaggio, ch’erano
+tutti a piedi.
+</p>
+
+<p>
+L’ho detto: quel giorno volevo fare il signore.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span></p>
+
+<h3 id="cap4-1">CAPITOLO IV.
+<span class="smaller">Ritorno dalla festa.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Arrivati al villaggio di Mara si fece sosta,
+e si pranzò in casa Peralta. Al pomeriggio si
+giunse a Padria, dove passammo la notte. All’alba
+del giorno seguente ci recammo a Tiesi,
+per accompagnarvi i desini, che ci furono compagni
+alla festa. Ivi passammo il resto della giornata
+e la notte, sempre in baldoria.
+</p>
+
+<p>
+In quest’ultimo paese Pietro Paolo fece un
+carico d’uova, ed affidò la figliuola allo zio Gavino,
+che se la prese in groppa.
+</p>
+
+<p>
+Di là si andò tutti a Banari per accompagnarvi
+la comitiva dei banaresi, e vi si passò allegramente
+la giornata. Verso sera ci movemmo
+dal paese per far ritorno a Florinas.
+</p>
+
+<p>
+Prima di allontanarmi dalla chiesetta di <i>N.
+S. di Bonuighinu</i>, ebbi cura di far la provvista
+di confetti e torroni per portarli alla mia famiglia
+ed a quella di Gavino Pintus. Non si deve
+far ritorno da una festa senza pensare a quei
+di casa.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span>
+</p>
+
+<p>
+Pietro Paolo Pintus, fin dal mattino, si era
+messo in viaggio per Florinas col carico delle
+uova, avvertendoci che alla sera ci sarebbe venuto
+incontro per riprendere la figliuola. Giunto
+a Florinas (come seppi più tardi) si era presentato
+a mia madre, chiedendole se avesse un sellone
+da donna per adagiarvi la sua Maddalena.
+</p>
+
+<p>
+La mia vecchia, già inasprita per la diceria
+messa in giro sul mio conto, gli rispose bruscamente:
+</p>
+
+<p>
+— Invece di sella, perchè non vai alla ricerca
+di due fascine, per collocarvi la tua figliuola?!
+</p>
+
+<p>
+Pietro Paolo si allontanò, fingendo prendere
+l’insulto come uno scherzo innocente. Ognuno sa
+che sulle fascine si trasportano i feriti od i morti
+per malefizio.
+</p>
+
+<p>
+Eravamo a metà strada da Banari a Florinas,
+quando Pietro Paolo venne a incontrarci. Egli si
+affrettò a dirmi:
+</p>
+
+<p>
+— Pare che la tua mamma sia in collera!
+</p>
+
+<p>
+— Se mia madre è in collera — risposi asciutto — avrà
+le sue buone ragioni. Ella non
+si adira mai, senza un motivo.
+</p>
+
+<p>
+La ragazza ch’io aveva in groppa, impressionata
+dalle parole dello zio, voleva ad ogni costo
+smontare da cavallo.
+</p>
+
+<p>
+— Tua madre l’ha con me — diceva impaurita — ed
+io non voglio essere da lei sgridata!
+</p>
+
+<p>
+— Sta tranquilla! — le risposi — con te la
+mamma non può aver rancori.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span>
+</p>
+
+<p>
+E siccome la ragazza persisteva a non voler
+più stare con me, il padre le gridò con voce autorevole:
+</p>
+
+<p>
+— Rimani dove sei! Nessuno oserà farti rimprovero.
+Ci sono io, qui!
+</p>
+
+<p>
+Mi rivolsi allora a Maddalena, e soggiunsi
+risoluto:
+</p>
+
+<p>
+— Se tu smonterai da cavallo, vi pianterò
+qui tutti, e rientrerò solo in paese!
+</p>
+
+<p>
+Lo zio e la cugina di Maddalena Bua non
+fiatarono.
+</p>
+
+<p>
+L’incidente non ebbe altro seguito. Facemmo
+insieme la strada, e si parlò d’altro.
+</p>
+
+<p>
+Intanto a Florinas era pervenuta la notizia
+delle mie avventure a <i>Nostra Signora de Bonuighinu</i>.
+Alcuni festaiuoli florinesi, arrivati il
+giorno precedente, avevano parlato della mia gita
+alla fontana, a braccetto di Maddalena Marongiu.
+Si diceva di amori, di accordi presi, di nozze
+conchiuse.
+</p>
+
+<p>
+La stessa madre della ragazza si era lasciata
+sfuggire qualche frase allusiva; la quale era stata
+colta a volo e commentata in tutti i modi. Più
+tardi quella furba, abboccatasi colla signora Vittoria
+Oppia (comare di battesimo del prete Pittui)
+le spiatellò addirittura, che il marito e la figliuola,
+lo zio e la nipote, si erano tutti recati a <i>N. S. di
+Bonuighinu</i> per combinare il matrimonio fra Giovanni
+Tolu e Maddalena Pintus Marongiu.
+</p>
+
+<p>
+La signora Oppia si affrettò a riferire il fatto
+al compare prete, il quale montò su tutte le furie.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Come?! si osano fare simili pazzie, dopo
+le trattative in corso per una ragazza che è in
+casa mia? Vedremo come l’andrà a finire!
+</p>
+
+<p>
+Mia madre, al cui orecchio erano pervenute
+le chiacchiere del paese, era molto dispiaciuta;
+e stava appunto adoperandosi a persuadere le
+comari del vicinato, quando udì lo scalpitare dei
+cavalli che annunziava il nostro ritorno dalla festa.
+</p>
+
+<p>
+Siccome avevo Maddalena in groppa, era mio
+dovere smontare dinanzi alla casa di Gavino
+Pintus, posta al di là della nostra. Passando dinanzi
+a mia madre ed alle mie sorelle, ch’erano
+sulla porta, dissi loro scherzando:
+</p>
+
+<p>
+— Stava qui Giovanni Tolu, quando era
+vivo?
+</p>
+
+<p>
+Mia madre non sorrise, ma mi disse con
+tono d’ironia:
+</p>
+
+<p>
+— Festa lunga, eh?
+</p>
+
+<p>
+— Lunga e bella! — risposi, e spinsi oltre
+il cavallo.
+</p>
+
+<p>
+I miei parenti si avvicinarono alla casa di
+Pintus, col quale erano in buoni rapporti. Feci
+là distribuzione dei confetti e dei dolci alle due
+famiglie, e Gavino volle che quella sera si cenasse
+insieme.
+</p>
+
+<p>
+Rientrati in casa nostra, la mamma mi disse
+con tono grave:
+</p>
+
+<p>
+— Dio non voglia, o Giovanni, che questa
+festa ti costi cara, e che qualche giorno non
+abbia a pentirtene!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Quando si ha la coscienza di non aver
+recato danno ad alcuno, non si devono temere
+tardi pentimenti!
+</p>
+
+<p>
+Allora la mamma e le sorelle mi posero a
+parte delle dicerie che correvano in paese, e
+delle scene avvenute fra la madre di Maddalena
+Pintus, la signora Oppia ed il prete Pittui.
+</p>
+
+<p>
+— Tutte falsità e calunnie! — gridai stringendomi
+nelle spalle — Io non ho avuto mai intenzione
+di far l’amore con alcuna donna, nè ho
+incoraggiato ragazze a nutrire sciocche speranze.
+</p>
+
+<p>
+Trascorsi alcuni giorni, volendo mettere le
+cose a posto, pregai la mamma di recarsi un’altra
+volta dal prete Pittui per smentire le dicerie,
+e per rinnovare la domanda di matrimonio.
+</p>
+
+<p>
+Mia madre rientrò in casa dopo un’ora.
+</p>
+
+<p>
+— Eccoti bell’e maritato! — mi disse con
+amarezza — Maria Francesca non ti vuol più
+perchè ti sei legato ad altra donna!
+</p>
+
+<p>
+— Che ti disse il prete?
+</p>
+
+<p>
+— Lo trovai sulle furie. Egli non pronunciò
+che queste parole: «— Dirai al tuo figliuolo,
+che si mariti con chi gli pare e piace, ma che
+stia lontano dalla mia casa.» — Sei contento,
+adesso?
+</p>
+
+<p>
+— Via, non t’inquietare. Dissiperò io l’equivoco.
+Mi presenterò dal prete, e saprò convincerlo.
+</p>
+
+<p>
+Due giorni dopo mi feci annunziare al prete
+Pittui. Mi ricevette nello studio, ma di mala
+grazia.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Che vuoi tu qui?
+</p>
+
+<p>
+— Ve lo ha già detto mia madre: — voglio
+in moglie Maria Francesca, la vostra servetta.
+</p>
+
+<p>
+— Maritati con chi ti piace, ma non in casa
+mia. Maria Francesca non sa filare, non sa fare
+il pane, non sa far niente!
+</p>
+
+<p>
+— E che importa ciò? — risposi piccato — Io
+so filare, so fare il pane, so far tutto. Col mio
+lavoro e colla mia attività saprò provvedere a
+quanto abbisogna in una casa.
+</p>
+
+<p>
+— Maritati con chi ti piace, ma non in
+casa mia!
+</p>
+
+<p>
+— Ed è appunto in casa vostra che voglio
+maritarmi, perchè vi si trova colei che mi piace.
+</p>
+
+<p>
+Il prete Pittui si mostrò meco inflessibile.
+Non volle darmi alcuna soddisfazione, nè volle
+ascoltare alcuna discolpa. Riflettei che non era
+il caso d’insistere, e me ne andai, col proposito
+di scegliere un momento più propizio per far valere
+le mie ragioni.
+</p>
+
+<p>
+Ritornato da lui una seconda volta, lo trovai
+anche più duro. Mi parlò di mala grazia, e
+mi fece intendere, che non mi avrebbe mai dato
+il consenso di sposare la sua servetta.
+</p>
+
+<p>
+Il suo contegno insolente e le sue parole
+tronche mi fecero perdere la pazienza.
+</p>
+
+<p>
+— In fin dei conti — risposi — Maria Francesca
+non è vostra figlia; e se tale pur fosse, mi
+basterebbe il consenso di lei. Ottenendolo, io resterei
+con mia moglie, e voi senza figlia!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Ed io non le darò nulla! — esclamò
+vivamente il prete, piantandomi addosso due occhi
+da spiritato.
+</p>
+
+<p>
+— Se voi non le darete nulla, tanto meglio
+per me. Vivrò più tranquillo; poichè coi vostri
+doni non potrei sfuggire alla critica del paese...
+Voi m’intendete!
+</p>
+
+<p>
+Queste mie parole ferirono a sangue il prete.
+Egli non volle più ascoltarmi, e mi licenziò bruscamente.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span></p>
+
+<h3 id="cap5-1">CAPITOLO V.
+<span class="smaller">Fattucchierie.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Ottenuto, per mezzo di impegni, un terzo
+abboccamento col prete Pittui, questi si mostrò
+addirittura implacabile, nè volle udire ragione
+alcuna. Non valsero preghiere, nè umiliazioni per
+smuoverlo dal suo proposito. Allora gli dissi con
+significato:
+</p>
+
+<p>
+— Chi lo sa? i tempi cambieranno!
+</p>
+
+<p>
+E il prete con aria minacciosa:
+</p>
+
+<p>
+— Possono cambiarsi in bene, ed anche in
+male!
+</p>
+
+<p>
+— Badate, reverendo! quando i tempi si
+cambiano in male, i signori rischiano di perdere
+la vita e il patrimonio; — i poveri invece non
+potranno rischiare che la sola vita, poichè non
+hanno altro da perdere!
+</p>
+
+<p>
+E così dicendo presi commiato dal prete, in
+preda ad un’agitazione febbrile, che non riuscivo
+a dominare.
+</p>
+
+<p>
+Da quel giorno vissi irrequieto e cominciai
+a disperare di me, della mia fortezza d’animo,
+della mia fibra d’acciaio.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span>
+</p>
+
+<p>
+I miei timori non furono infondati. Il prete
+cominciò la sua vendetta, valendosi vigliaccamente
+dei mezzi che gli dava il suo ministero. Egli
+mi fece le <i>fattucchierie</i>, nè tardai ad accorgermi
+che mi trovavo sotto l’influenza d’una <i>legatura</i>.
+Caddi ben presto ammalato; di quel malore singolare,
+che i medici sono impotenti a guarire<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Non si rida delle mie credenze. La mia convinzione
+è profonda, perchè fondata sulla esperienza
+di tutta la mia vita.
+</p>
+
+<p>
+Io ero <i>fatturato</i>. Il prete Pittui mi aveva
+fatto le <i>legature</i>, e dovevo pensare a scioglierle.
+Mi sentivo seriamente ammalato, e bisognava
+guarire.
+</p>
+
+<p>
+La mia malattia era curiosa. Mi sentivo tutto
+pesto — come se fossi stato bastonato senza misericordia.
+Provavo una svogliatezza singolare,
+dolori atroci alle ossa, punture insopportabili a
+tutte le articolazioni. E questi dolori si facevano
+più acuti nell’ora del Vespro, alla vigilia delle
+<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span>
+feste solenni — quasi a ricordo della festa di
+<i>Nostra Signora di Bonuighinu</i>. Era in quel
+vespro che Maddalena Pintus Marongiu si era
+appoggiata al mio braccio per recarsi alla fontana!
+</p>
+
+<p>
+Dovevo dunque pensare alla guarigione. Io
+ben sapeva che in questi casi è opera vana ricorrere
+ai medici; bisognava raccomandarsi ai
+soli preti, o a persone esperte nella scienza delle
+fattucchierie.
+</p>
+
+<p>
+Mi rivolsi, primo fra tutti, al nostro vice
+parroco Giovanni Stara, un buon prete esemplare,
+molto povero. Egli si munì di stola, di aspersorio
+e di breviario, e cominciò gli esorcismi.
+</p>
+
+<p>
+Per tre volte ricorsi a lui, e devo dichiarare
+che fra i consultati fu il più efficace nella cura.
+I miei dolori non cessarono, ma diminuirono sensibilmente
+e mi diedero tregua per qualche settimana.
+</p>
+
+<p>
+Seppi un giorno, che nel villaggio d’Ossi era
+un prete assai potente negli scongiuri. Si chiamava
+Valerio Pes. Montai a cavallo e andai a
+visitarlo.
+</p>
+
+<p>
+Come il vice parroco Stara, egli mi fece
+mettere ginocchioni, mi lesse il breviario, mi
+asperse d’acqua santa, e mi raccomandò di ripetere
+la prova altre due volte. Dopo i tre esperimenti,
+gli dissi che i miei dolori erano più intensi
+e che non avevo risentito alcun miglioramento.
+Allora il reverendo Pes mi confessò addirittura,
+<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span>
+che egli si trovava in una condizione
+eccezionale. Anche lui era un <i>fatturato</i>, per <i>legatura</i>
+fattagli da un prete nemico, il cui potere
+era maggiore del suo. A ciò dovevo attribuire la
+vera causa dell’inefficacia degli esorcismi<a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Non volendo lasciare intentato alcun mezzo
+per riacquistare le perdute forze, mi decisi a consultare
+un bravo agricoltore florinese, potentissimo
+nell’arte degli esorcismi.
+</p>
+
+<p>
+Il metodo seguito da questi profani era d’ordinario
+il seguente. Anzitutto l’esorcista doveva
+operare dopo un intimo colloquio colla propria
+moglie. In seguito si muniva di un archibugio
+sardo, che avesse già servito ad uccidere un uomo,
+e si recava col paziente ad una vigna, i cui viali
+fossero disposti in croce. Fatto collocare il malato
+in un crocicchio, gli appoggiava alla schiena
+il calcio del fucile, e gli ordinava di far fuoco
+in quella posizione, portando all’indietro la mano
+per far scattare il grilletto. Partito il colpo, la
+<i>legatura</i> era sciolta.
+</p>
+
+<p>
+Per due volte l’esorcista ripetè l’esperimento,
+ma senza alcun vantaggio per me. Finalmente
+mi disse con dolore:
+</p>
+
+<p>
+— È questa la prima volta che fallisce la
+mia prova. Dunque una mano potente pesa
+<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span>
+sul tuo capo, e non ti resta che raccomandarti
+a Dio.
+</p>
+
+<p>
+Queste parole mi colpirono vivamente, e quasi
+ne piansi. Per fortuna, in quei giorni, i dolori mi
+diedero un po’ di tregua, e non perdetti del tutto
+la speranza della guarigione.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span></p>
+
+<h3 id="cap6-1">CAPITOLO VI.
+<span class="smaller">Convegni amorosi.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Gironzando una sera per le vie del villaggio,
+in preda ai miei cupi pensieri, mi fermai dinanzi
+alla casa d’un amico, a breve distanza da quella
+dei genitori di Maria Francesca.
+</p>
+
+<p>
+— Com’è che non vi maritate ancora? — mi
+chiese l’amico.
+</p>
+
+<p>
+— Il prete non vuole! — risposi sbadatamente.
+</p>
+
+<p>
+— E che c’entra il prete? Se tu ce lo consenti,
+noi parleremo il padre e la madre della
+ragazza. Sono nostri vicini, e siamo in ottimi
+rapporti.
+</p>
+
+<p>
+— Fate come volete! — dissi, e continuai
+la mia strada.
+</p>
+
+<p>
+All’indomani l’amico venne a dirmi, che i
+genitori di Maria Francesca nulla sapevano del
+matrimonio, ma che avrebbero scrutato l’animo
+della figliuola per darmi una risposta.
+</p>
+
+<p>
+Ringraziai l’amico ed attesi. La risposta mi
+fu data tre giorni dopo, ed era consolante. Maria
+Francesca acconsentiva a diventare mia moglie.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span>
+</p>
+
+<p>
+Fattomi coraggio, mi presentai ai genitori
+della ragazza. Dopo avermi confessato che il prete
+contrariava questo matrimonio, essi conchiusero:
+</p>
+
+<p>
+— Non devi per ciò disperare; se il prete
+non lo vuole, lo vogliamo noi. Siamo contenti
+che la nostra figliuola diventi tua moglie, e che
+tu diventi figlio nostro!
+</p>
+
+<p>
+— Il vostro consenso mi consola; ma non
+mi basta. Vorrei scambiare alcune parole con
+Maria Francesca, qui, alla vostra presenza. Datemi
+un appuntamento.
+</p>
+
+<p>
+Pochi giorni dopo mi ripresentai a Salvatore,
+il quale mandò un suo figliuoletto in casa del
+prete Pittui, per dire a Maria Francesca che la
+mamma aveva bisogno di lei.
+</p>
+
+<p>
+Il cuore mi batteva forte, e i minuti mi parevano
+secoli.
+</p>
+
+<p>
+A un tratto Maria Francesca comparve sulla
+soglia, e vi rimase indecisa alcuni secondi; indi
+si fece avanti lentamente, col capo chino e le
+braccia conserte. Era impacciata, commossa.
+</p>
+
+<p>
+Ruppi per il primo il silenzio:
+</p>
+
+<p>
+— Che dici tu, Maria Francesca, di quanto
+accade?
+</p>
+
+<p>
+— Io non so che cosa dire. Han cominciato
+col farmi sapere che avevi chiesto la mia mano,
+e si finì coll’avvertirmi che non sarei stata più
+tua moglie. Le ragioni non vollero dirmele.
+</p>
+
+<p>
+— Anzitutto devi manifestarmi il tuo sentimento.
+Se tu mi vuoi bene quanto io te ne voglio,
+<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span>
+i contrasti cesseranno subito, poichè nessuno
+potrà impedire la nostra unione!
+</p>
+
+<p>
+A questo punto la ragazza levò la testa, ed
+esclamò ingenuamente:
+</p>
+
+<p>
+— Quando il prete e la zia mi fecero sperare
+che questo matrimonio si sarebbe effettuato,
+io ne fui contentissima, poichè fra i giovani del
+paese tu eri il prescelto dal mio cuore. Aggiungo
+adesso, che, se tu mancherai alla parola, io uscirò
+dalla casa del prete per servire altro padrone...
+e non prenderò più marito!
+</p>
+
+<p>
+— Io non ho mai mentito, e la mia parola
+è sacra. Mi chiamo Giovanni Tolu, sento di essere
+un giovane onesto e laborioso, e prometto
+di renderti felice. Non ti darò mai motivo a pentirti
+di avermi scelto per compagno!
+</p>
+
+<p>
+Così dicendo mi avvicinai alla ragazza e
+soggiunsi:
+</p>
+
+<p>
+— Qui, alla presenza del babbo e della mamma,
+voglio darti il primo bacio: sarà caparra solenne
+del sacrosanto matrimonio.
+</p>
+
+<p>
+E dopo averla baciata sulla guancia, le dissi:
+</p>
+
+<p>
+— Questo bacio era tuo da lungo tempo, ma
+non potevo mandartelo con altri. Serbalo come
+saldo pegno dell’amore che ti porto, e affidati
+a me!<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a>
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span>
+</p>
+
+<p>
+Maria Francesca, per la prima volta, levò
+la testa per guardarmi negli occhi; poi arrossì,
+mi sorrise, e andò via quasi bruscamente, senza
+salutare nessuno.
+</p>
+
+<p>
+Da quel giorno mi parve di star meglio e
+di aver lo spirito più tranquillo. Visitavo assai
+spesso la casa del mio futuro suocero, ed aspettavo
+con ansia il giorno festivo, designato per
+gli appuntamenti, all’insaputa del prete. Non dimenticherò
+mai quel tempo felice e i dolci colloqui
+colla cara ragazza!
+</p>
+
+<p>
+Sventuratamente la mia felicità fu di breve
+durata, poichè alla gioia succedette l’affanno. Le
+punture ai ginocchi ricominciarono, e i dolori
+acuti mi fecero accorto, che la maledizione del
+prete non voleva darmi tregua.
+</p>
+
+<p>
+Fuori di me per lo spasimo, mi diedi alla
+ricerca di nuovi esorcisti per sottrarmi alle malìe.
+Dove mi s’indicava un esperto in quell’arte diabolica,
+io correvo come pazzo senza frapporre
+indugio, fosse anche in capo al mondo. Montavo
+a cavallo, e col pretesto degli affari visitavo tutte
+le cascine, tutti gli ovili, tutti i paesi dei dintorni — ma
+sempre inutilmente. Ero disperato.
+</p>
+
+<p>
+Volevo farla finita colle fattucchierie del
+prete, ma prima volevo sposare Maria Francesca.
+L’influenza di quel sacerdote mi spaventava. Il
+mio malumore crebbe, quando un giorno mi rivolsi
+ai genitori della ragazza, dicendo loro che
+desideravo affrettare le nozze.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span>
+</p>
+
+<p>
+La madre tacque abbassando gli occhi; ma
+il padre mi disse con un certo tono fra l’agro e
+il dolce:
+</p>
+
+<p>
+— Ti par proprio giusto, che noi dobbiamo
+affidare la figliuola ad un malato?
+</p>
+
+<p>
+Quel tono amaro m’indispose, ed esclamai
+vivamente:
+</p>
+
+<p>
+— Voi mi avete conosciuto sano... e ciò
+vuol dire che io potrò guarire. D’altronde vi
+comunico la mia risoluzione: — o fatemi sposare
+subito con Maria Francesca, o portateci entrambi
+dinanzi ad un parroco per scioglierci dalla promessa.
+Ciascuno penserà ai casi propri. Scegliete!
+</p>
+
+<p>
+I genitori della ragazza si acquietarono; ed
+io mi diedi di nuovo attorno, in cerca di esorcisti.
+</p>
+
+<p>
+Mi rivolsi nuovamente a diversi preti, i quali
+si dichiararono impotenti a lottare col mio jettatore.
+</p>
+
+<p>
+Una sera mi recai a Tissi per consultarvi
+un famoso scongiuratore di <i>legature</i>. Prima di
+andare da lui, mi si volle far visitare un infermo
+<i>fatturato</i>, la cui moglie dicevasi fosse l’amica di
+un prete. Quel povero disgraziato, colpito da paralisi
+alle gambe, giaceva sulla paglia di un tugurio,
+in preda a spasimi atroci.
+</p>
+
+<p>
+Mi tolsi raccapriciando a quella spettacolo
+orribile.
+</p>
+
+<p>
+— Se io diventassi come costui — dissi — sarei
+rovinato per tutta la vita!
+</p>
+
+<p>
+Non volli ritornare a Florinas. Passai la notte
+<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span>
+a Tissi, e l’indomani mi spinsi fino ad Uri per
+sottopormi alle cure di un maestro di esorcismi,
+indicatomi come valentissimo.
+</p>
+
+<p>
+Ma i dolori continuavano.
+</p>
+
+<p>
+Sempre alla ricerca dell’uomo che doveva
+guarirmi, io trottai all’impazzata da un paese all’altro,
+finchè mi decisi a far ritorno a Florinas,
+dopo un’assenza di tre giorni.
+</p>
+
+<p>
+Un caso singolare, avvenutomi in quella circostanza,
+contribuì ad agitare nuovamente il mio
+spirito. Voglio narrarlo, per persuadere gli increduli,
+che le <i>legature</i> non sono un parto di
+mente inferma.
+</p>
+
+<p>
+Giammai, come in quei tre giorni, io aveva
+provato la smania tormentosa di rivedere Maria
+Francesca. Mi pareva di esserne lontano un secolo.
+Diedi di sprone al cavallo e trottai come
+un forsennato fino alla casa di mia madre. Ivi
+appresi che il prete, durante la mia assenza, aveva
+licenziato la servetta, inasprito per le nozze
+stabilite senza il suo consenso.
+</p>
+
+<p>
+Smontato di sella, affidai il cavallo a mio
+fratello Peppe, e mi avviai sollecito alla casa dei
+genitori della ragazza.
+</p>
+
+<p>
+Come posi piede sulla soglia, mi sentii avvinto
+da un misterioso fascino, che non seppi
+spiegare. La viva smania di rivedere la sposa diletta
+si era cambiata in un’avversione invincibile.
+Una forza occulta mi respingeva da lei; la sua
+vista mi metteva quasi ribrezzo; ond’io le volsi
+<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span>
+bruscamente le spalle, e continuai a parlare coi
+genitori, senza rivolgerle la parola, senza stringerle
+la mano, e senza baciarla sulle guancie,
+come al solito. Temevo persino il contatto delle
+sue vesti, poichè avevo la convinzione che esse
+mi avrebbero scottato. Rimasi là come intontito,
+paralizzato, subendo l’influsso malefico del prete,
+che si vendicava di me. Ad un tratto, non potendo
+più oltre resistere, mi precipitai fuori della
+porta, e mi diedi a correre. Mi pareva di essere
+inseguito da una furia infernale.
+</p>
+
+<p>
+Quando rientrai in casa, mio fratello Peppe
+mi venne incontro agitato:
+</p>
+
+<p>
+— Il tuo cavallo è tutto gonfio! — gridò
+pieno di spavento.
+</p>
+
+<p>
+— So di che si tratta! — risposi cupo; ma
+non dissi che il prete n’era la causa, poichè le
+sue malìe si erano estese anche alla bestia che
+mi aveva venduto.
+</p>
+
+<p>
+— Il tuo cavallo sta male... e forse muore! — ripetè
+mio fratello.
+</p>
+
+<p>
+— Lascia ch’esso muoia, nè dartene pensiero! — esclamai
+con profondo dolore — Tutti
+moriamo, e morrò anch’io fra non molto!
+</p>
+
+<p>
+La mamma e le sorelle si scambiarono un’occhiata,
+non riuscendo a spiegarsi lo strano senso
+delle mie parole.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span></p>
+
+<h3 id="cap7-1">CAPITOLO VII.
+<span class="smaller">Sponsali e luna di miele.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Il mio cavallo non morì, e i miei dolori si
+calmarono. Approfittai della tregua per sollecitare
+presso la famiglia di Maria Francesca i preparativi
+degli sponsali. I parenti accondiscesero
+al mio desiderio.
+</p>
+
+<p>
+Si andò anzitutto dal parroco per sottoporci
+all’esame della <i>Dottrina</i>, come l’uso voleva. Il
+parroco rinunziò ad interrogarmi, perchè molte
+volte gli avevo assistito la messa e mi sapeva
+addentro nelle pratiche religiose. Si limitò ad esaminare
+Maria Francesca, e si accorse, che, sebbene
+educata in casa di un prete, ella ben poco
+ne sapeva.
+</p>
+
+<p>
+Il parroco disse, a me rivolto:
+</p>
+
+<p>
+— Se si fosse trattato d’altri, e se io non
+vi sapessi in condizioni speciali, mi sarei ben guardato
+dal permettere le vostre nozze. Ma questa
+volta voglio passarvi sopra. A te specialmente
+raccomando d’istruire la sposa nella dottrina cristiana.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Ne prendo impegno! — risposi con un
+certo orgoglio — sapete pure che sono stato sagrestano!
+</p>
+
+<p>
+Ottenuto l’assenso del parroco, vennero fatte
+in chiesa le <i>pubblicate</i> d’uso per due sole domeniche,
+avendoci la Chiesa dispensato dalla terza,
+com’è d’obbligo.
+</p>
+
+<figure class="figright"><a id="fill-109"></a>
+ <img src="images/ill-109.jpg" alt="Gli sposi uscenti dalla chiesa">
+</figure>
+
+<p>
+La mattina
+del 17 aprile 1850
+fu designata per
+lo sposalizio.
+</p>
+
+<p>
+Ci eravamo
+confessati entrambi
+dal parroco,
+ed assistemmo
+alla messa,
+celebrata dal prete
+Pittui, il quale
+non aveva avvertito
+la nostra presenza.
+Quando ci
+scorse, non potè
+contenere un movimento di dispetto. Pareva un
+diavolo sull’altare!
+</p>
+
+<p>
+La cerimonia venne compiuta senza pompa,
+senza codazzo di parenti e di amici, poichè non
+volli la compagnia di nessuno, togliendo pretesto
+dalla malattia che mi tormentava e dai contrasti
+che avevano preceduto il mio matrimonio.
+</p>
+
+<p>
+Assistettero alla funzione mio fratello Peppe
+<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span>
+e mia madre. I genitori della sposa non vollero
+inasprire colla loro presenza il prete Pittui.
+</p>
+
+<p>
+Sulle prime si pretendeva che, per un po’ di
+tempo, noi si vivesse separati, cioè a dire, la
+sposa presso i genitori ed io in casa di mia
+madre. Mi opposi vivamente, dicendo a Maria
+Francesca:
+</p>
+
+<p>
+— Noi siamo marito e moglie, e dobbiamo
+mangiare, dormire, e vivere insieme. Se saremo
+lontani l’uno dall’altra, non mangerai tu, nè mangerò
+io. In casa mia ci ho grano, ci ho lardo,
+ci ho fave e fagiuoli — dunque possiamo vivere
+del nostro, indipendenti.
+</p>
+
+<p>
+Secondando il mio desiderio, i genitori di
+Maria Francesca combinarono di offrirci parecchie
+stanze nella casa attigua alla loro. Accettai,
+quantunque a malavoglia.
+</p>
+
+<p>
+Dopo la benedizione del prete fu apprestato
+il pranzo di nozze in casa di mia suocera. Ricevetti
+dai parenti molto bestiame in dono; alcuni
+mi regalarono un vitellino od una pecora,
+altri un montone od un maialetto.
+</p>
+
+<p>
+Volli far parte di un grosso castrato alla zia
+di Maria Francesca, la serva del reverendo Pittui;
+la quale, in ricambio, mi regalò un barilotto di
+vino, che mandai subito in casa di mia madre.
+Non volli berne, perchè proveniva dalla casa del
+prete, e temevo fosse <i>fatturato</i> a mio danno.
+</p>
+
+<p>
+All’indomani ci ritirammo nella nostra casetta
+provvisoria, e facemmo il pranzetto da soli,
+<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span>
+come due colombi innamorati, felici d’essere finalmente
+uniti per tutta la vita.
+</p>
+
+<p>
+Appena ritirati nel nostro nido, dissi alla
+sposa:
+</p>
+
+<p>
+— Bada bene: la prima pietanza che uscirà
+dalla nostra cucina, voglio che sia mandata a
+tuo padre ed a tua madre. È questa la <i>mia opinione</i>,
+e il nostro dovere!
+</p>
+
+<p>
+Durante i mesi di aprile e di maggio la nostra
+vita trascorse serena. Si viveva in perfetta
+armonia, fra il riso più schietto e le carezze più
+affettuose, sempre fantasticando progetti d’ogni
+genere per migliorare il nostro avvenire. Eravamo
+ancora giovani: — io contavo ventott’anni,
+e mia moglie diciasette. Sentivo d’essere contento
+di me e di lei. Maria Francesca era una pura e
+ingenua ragazza, piena di attrattive, tutta premure
+per me, e docile come un agnello ad ogni
+mio comando.
+</p>
+
+<p>
+Si avvicinava intanto la stagione della messe,
+ed io doveva pensare a dedicarmi con lena al
+lavoro, per tirare innanzi dignitosamente, senza
+bisogno di ricorrere all’altrui soccorso.
+</p>
+
+<p>
+Il mestiere dell’agricoltore è faticoso, ed è
+col sudore della fronte che si guadagna il pane
+quotidiano. Io dissi a Maria Francesca:
+</p>
+
+<p>
+— Siamo alla messe, ed è mestieri che io
+cerchi lavoro. Tu sei troppo giovane ancora, delicata,
+e non hai l’abitudine di lavorare in campagna,
+sotto la sferza del sole, affrontando disagi
+<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span>
+e patimenti. Cercami dunque una spigolatrice di
+tuo gradimento, e tu cura con agio le faccende
+domestiche, conservandoti sana e fresca.
+</p>
+
+<p>
+Maria Francesca mi fissò lungamente, e mi
+disse con affettuoso risentimento:
+</p>
+
+<p>
+— Come! ed hai potuto così prestò dimenticarmi?
+Hai tu bisogno di altre, quando io mi
+sento capace di far la spigolatrice?
+</p>
+
+<p>
+— Codesti sono capricci da bambina! — risposi — Non
+sai tu che il non aver spigolatrice
+sarebbe una vergogna per me ed un danno per
+la casa? Mentre colei che spigola avrà un lucro,
+tu potrai sorvegliare la nostra casa, ed io penserò
+a tutto. Il lavoro dei campi è molto grave,
+bambina mia! ed io non voglio aver questioni
+co’ tuoi parenti!
+</p>
+
+<p>
+E siccome Maria Francesca persisteva nel
+suo proposito, credetti mio dovere avvisarne i
+genitori, perchè la persuadessero.
+</p>
+
+<p>
+Mia suocera disse alla figliuola:
+</p>
+
+<p>
+— Lascia le pazzie, e scegli una spigolatrice
+di tua fiducia. Non è conveniente che tu ti esponga
+a simile fatica. Bada! chè non abbia ad
+essere tardo il tuo pentimento! poichè una volta
+sul posto, dovresti starvi a costo di crepare!
+</p>
+
+<p>
+Non ci fu verso di persuaderla, nè colle buone
+nè colle minaccie. Mia moglie dichiarò recisamente,
+che la spigolatrice voleva essere lei.
+</p>
+
+<p>
+Ero stato invitato a far la messe nella Nurra — regione
+lontana cinque o sei ore dal nostro
+paese, e da me con frequenza visitata.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span>
+</p>
+
+<p>
+Venuto il giorno della partenza, Maria Francesca
+si mostrò esitante; tirò fuori non so quali
+dubbi, e finì per dire che non voleva più seguirmi.
+</p>
+
+<p>
+Questo repentino cambiamento all’ultim’ora
+mi creò degli impicci. Era avvenuto quanto avevo
+pronosticato. Il babbo, sulle furie, impose
+alla figliuola di recarsi alla Nurra, giacchè ella
+stessa ne aveva fatto la proposta.
+</p>
+
+<p>
+Dai proprietari nurresi ero stato preposto
+alla direzione della messe, ed avevo l’incarico
+di far la scelta degli uomini componenti la brigata.
+Come capo dei mietitori dovevo pensare
+alla sorveglianza, all’ordine del lavoro, nonchè
+a preparare la cena.
+</p>
+
+<p>
+Avevo portato meco alla Nurra tutti i miei
+fratelli, le mie sorelle, i cognati, e non pochi
+amici compaesani, per poter così contare sull’abilità,
+sull’attività e sulla disciplina de’ miei dipendenti.
+</p>
+
+<p>
+I <i>salti</i> nei quali dovevo eseguire la messe
+erano due, di diversi proprietari: — quello in
+<i>Giumpaggiu</i>, di Vincenzo Pasquino, e quello in
+<i>Abba-meiga</i> di Gianuario Agnesa.
+</p>
+
+<p>
+Eseguita la messe, venne la volta della trebbiatura.
+Destinai al primo <i>salto</i> Peppe (mio gemello),
+Giammaria e Maria Andriana, ritenendo
+per me il secondo <i>salto</i>, dove mi recai con mia
+moglie e con Giustina, volendo così equilibrare
+coll’opera mia solerte l’insufficienza delle mie deboli
+<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span>
+compagne. Sbrigai la bisogna in sole quattr’ore,
+trebbiando diciasette <i>corbule</i> di grano.
+</p>
+
+<p>
+La nostra permanenza alla Nurra fu di dieci
+giorni. Maria Francesca resistette fino alla fine
+della campagna, ma non tardò a dichiararsi stanca
+e ammalata, come avevo preveduto. Non abituata,
+al par di noi, ai penosi lavori dell’aia, ella non
+potè sopportare i caldi afosi del giorno, nè l’umido
+delle notti; dippiù la poveretta era incinta
+da un mese, e soffriva molto.
+</p>
+
+<p>
+Terminati i lavori della messe tornammo insieme
+a Florinas, dopo esserci fermati a Sassari
+un giorno ed una notte per ritirare le paghe dai
+proprietari dei salti. In quest’ultima città volli
+fare diversi acquisti per contentare Maria Francesca;
+la quale, trovandosi in <i>istato interessante</i>,
+esternava certe <i>voglie</i> che bisognava ad ogni
+costo soddisfare, per non recar pregiudizio al
+nascituro. Le comprai, fra gli altri oggetti, un
+elegante grembiale a vivi colori, ed un fazzoletto
+da testa, che gradì moltissimo.
+</p>
+
+<p>
+Arrivati a Florinas, affidai a Maria Francesca
+il governo della casa; ed io mi diedi nuovamente
+attorno per cercar lavoro in campagna,
+per mio conto, e per conto della famiglia di mia
+madre; perocchè avevamo preso in affitto (per lo
+più a mezzadria) alcune terre appartenenti alle
+chiese di Florinas.
+</p>
+
+<p>
+Coll’aiuto del mio cavallo, l’inseparabile Moro,
+io cercava ogni mezzo per guadagnare qualche
+<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span>
+soldo; poichè il lavoro era per me un bisogno,
+un conforto, una vera passione — e non lo dico
+per volermi vantare!
+</p>
+
+<p>
+Tornavo ogni volta a casa così soddisfatto,
+così contento, che mi pareva di aver dimenticato
+le soperchierie del prete, i malumori di mio suocero,
+e i dispetti dei parenti di Maria Francesca.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span></p>
+
+<h3 id="cap8-1">CAPITOLO VIII.
+<span class="smaller">Prime nubi.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Durante le mie assenze da Florinas — o per
+darsi svago, o per non voler rinunziare alle antiche
+abitudini — Maria Francesca soleva frequentare
+la casa del prete, col pretesto di andar a trovare
+la zia. Così pure si piaceva di visitare or l’uno
+or l’altro de’ suoi parenti, i quali si divertivano
+a renderla ribelle a’ miei consigli. Mia moglie
+era una buona ragazza, ma piuttosto credenzona,
+facile ad impressionarsi, e sovratutto ciarliera in
+modo singolare. Lo star sola in casa le dava
+noia, e la rendeva curiosa dei fatti altrui.
+</p>
+
+<p>
+Quando rincasavo ella tirava fuori questioni
+nuove, nuovi quesiti, e mi metteva a parte di
+qualche nuovo pettegolezzo; ond’io, che conoscevo
+l’indole sua e il suo carattere, non tardai
+ad avvedermi che le chiacchiere dei parenti e
+delle comari le riscaldavano la testa. Pareva,
+insomma, avesse preso il partito di ricondurmi
+sulla buona via, con ammaestramenti che facevano
+a pugni col buon senso.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span>
+</p>
+
+<p>
+A me, giovane piuttosto serio, di poche parole,
+poco espansivo, questo stato di cose dava
+ai nervi; e un po’ colle buone, un po’ colle brusche,
+cercai di correggere mia moglie:
+</p>
+
+<p>
+— Bada! — le dicevo — se darai retta a
+me, potrai trovarti bene; ma se ascolterai i consigli
+degli altri te ne avverrà male!
+</p>
+
+<p>
+Un’altra volta la ripresi:
+</p>
+
+<p>
+— Non voglio che tu vada così spesso in
+casa del prete, poichè egli mi vede di mal occhio,
+io non sono cane da star sotto tavola, nè vado
+a leccare i piatti di nessuno. Se il prete ha bisogno
+di me, sa dove trovarmi; ma intendo di
+essere il padrone in casa mia. Eppoi..... non
+voglio prestarmi ad alimentare certe dicerie...
+Hai capito? Mi accorgo pur troppo, che quando
+vai fuori di casa ne ritorni colla testa piena di
+corbellerie. Pensa alle faccende domestiche, e non
+immischiarti nei fatti degli altri. Se farai altrimenti,
+le cose cambieranno... te lo prevengo!
+</p>
+
+<p>
+E dopo questa avvertenza montavo a cavallo,
+e correvo da paese in paese a trasportar grano
+per conto mio, o per conto altrui, superando i
+miei compagni nel numero dei viaggi.
+</p>
+
+<p>
+Quando poi si faceva la raccolta in casa di
+mia madre, lavoravo alacremente: — lasciavo
+due porzioni alla famiglia, e ritenevo per me la
+terza parte, come d’uso, per la <i>dote</i> dell’uomo.
+Le donne, d’ordinario, impiegano la loro porzione
+nell’acquisto di lingeria e di masserizie per preparare
+il corredo nuziale.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span>
+</p>
+
+<p>
+Io dunque, oltre ai guadagni propri, contavo
+sul modesto patrimonio di famiglia, e lavoravo
+con lena per accrescerlo a vantaggio mio, e a
+vantaggio della mamma, dei fratelli e delle sorelle.
+</p>
+
+<p>
+Continuarono pertanto i piccoli dissidî nel
+mio nido coniugale.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno avevo fatto aggiustare il basto del
+mio cavallo, e, per mie vedute speciali, ero rimasto
+debitore del saldo di tre <i>reali</i> al falegname.
+Rientrato in Florinas dopo alcune sere, appresi
+che mia moglie, senza ordine alcuno, aveva
+soddisfatto il mio debito. Mi spiacque la sua intromissione,
+e la rimproverai:
+</p>
+
+<p>
+— Tu non hai debiti da saldare per conto
+mio! — le dissi — Li salderò io, quando lo crederò
+conveniente. Lascia il mal vezzo di andare
+attorno per far chiacchiere inutili, che mi compromettono.
+Rimani a casa! — io non m’immischio
+nel tuo lino e ne’ tuoi lavori di cucito. Fa
+tu altrettanto!
+</p>
+
+<p>
+Le comari del vicinato, a cui mia moglie
+faceva le confidenze, si divertivano ad aizzarla
+contro di me; ed io non tardai a scorgere in lei
+un certo freddo riserbo ed un’asprezza di modi,
+che non erano nel suo carattere abituale. Ne fui
+piccato, ma tacqui.
+</p>
+
+<p>
+Una sera Maria Francesca osò rinfacciarmi,
+che una mia zia conviveva con un compagno,
+che non le era marito.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Che sai tu di queste cose? Se tu rimanessi
+a casa, nulla sapresti di mariti falsi e di
+mogli illegittime!
+</p>
+
+<p>
+Invece di accettare i miei consigli, Maria
+Francesca persisteva a vivere nel pettegolezzo;
+e giunse a tanto, che un giorno si ridusse a confidarmi,
+che una nostra vicina mi aveva chiamato
+<i>faccia di cane!</i>
+</p>
+
+<p>
+— Le dirai che è in errore! — le risposi
+con pazienza affettata. — Quella donna un giorno
+voleva lusingarmi a prendere in moglie una sua
+sorella, ch’era stata in corrispondenza illecita con
+altri. La mia faccia, così simpatica allora, è diventata
+<i>cagnesca</i> dietro il mio rifiuto. Ti ripeto
+che non voglio più sentire simili spropositi; e se
+tu persisterai a raccogliere per strada i pettegolezzi
+dei parenti e delle comari, finirò per farti
+conoscere chi sono io!
+</p>
+
+<p>
+Essendosi accentuato il nostro diverbio, e
+costretti entrambi a gridar forte, non tardarono
+le vicine di casa, comprese le zie, a farsi all’uscio
+di casa mia, minacciandomi della loro collera
+se avessi osato toccare un capello a Maria
+Francesca.
+</p>
+
+<p>
+Era il colmo della sfacciataggine. Mi feci
+sul limitare della porta e gridai infuriato:
+</p>
+
+<p>
+— Chi siete voi?! Toglietevi subito alla mia
+presenza e sgombrate la strada; chè altrimenti
+con un ceffone vi mando tutte a gambe in aria!
+</p>
+
+<p>
+Ci volle tutto l’aiuto di Dio per far intendere
+<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span>
+un po’ di ragione a quelle pettegole; le
+quali si allontanarono brontolando, poichè sapevano
+ch’ero uomo da mettere in pratica le mie
+minaccie. Tuttavia mi contenni, e mi limitai per
+quel giorno ad ammonire severamente mia moglie,
+avvertendola che avevo bisogno di quiete
+e di tranquillità per poter lavorare.
+</p>
+
+<p>
+— Bada, Maria Francesca! il mio individuo
+è diviso in due parti: io sono per metà dolce e
+per metà amaro. Datti alla parte del miele se
+vuoi vivere felice; chè se mi stuzzichi dalla parte
+opposta, finirò per amareggiarti la vita!
+</p>
+
+<p>
+Intanto pensai ch’era tempo di sloggiare da
+quelle due stanze provvisorie; le quali, essendo
+attigue all’abitazione dei parenti, diventavano
+causa permanente de’ miei litigi in famiglia...
+</p>
+
+<p>
+Da più settimane andavo in cerca di una
+casa che fosse di pieno gradimento di mia moglie;
+ma costei, forse suggerita dai parenti, indugiava
+nella scelta.
+</p>
+
+<p>
+Finalmente ne trovai una che piacque a
+Maria Francesca. Pattuito il prezzo col padrone,
+ringraziai la Madonna di tutto cuore, credendo
+di potermi alfine sottrarre al sindacato noioso di
+mia suocera.
+</p>
+
+<p>
+Si era vicini al Mezzagosto. È costume in
+Florinas di cambiar di casa alla vigilia dell’Assunta:
+giorno in cui ciascuna famiglia dev’essere
+a posto.
+</p>
+
+<p>
+Quando tutto fu combinato, disposi per il
+<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span>
+trasporto delle legna e del grano, che avevo in
+deposito in casa di mia madre.
+</p>
+
+<p>
+La mattina della vigilia dell’Assunta, mentre
+mi disponevo a trasportare le masserizie,
+Maria Francesca mi fece intendere che sarebbe
+stato meglio sospendere ogni cosa.
+</p>
+
+<p>
+— Perchè? — le chiesi sorpreso.
+</p>
+
+<p>
+— Perchè io non ci verrò!
+</p>
+
+<p>
+— Non ci verrai?!
+</p>
+
+<p>
+— No.
+</p>
+
+<p>
+— Ed io come devo fare?
+</p>
+
+<p>
+Mia moglie tacque.
+</p>
+
+<p>
+Il sangue allora mi montò alla testa, divenni
+cieco, e diedi a quella matta uno schiaffo così
+forte, che le fece saltare un’orecchino in mezzo
+alla strada.
+</p>
+
+<p>
+Maria Francesca si diede a piangere ed a
+strillare. Accorse la madre, la quale riuscì a
+calmarci, dicendo che ci voleva a pranzo in casa
+sua, e che al trasporto si sarebbe pensato il
+giorno susseguente a quello dell’Assunta.
+</p>
+
+<p>
+Cedetti al suo desiderio e mi contenni.
+</p>
+
+<p>
+Non uno, ma due giorni dopo — il 17 agosto — dissi
+pacatamente a mia moglie:
+</p>
+
+<p>
+— La festa è ormai finita. Ora possiamo
+andare. Ho pronto il cavallo per il trasporto
+delle masserizie.
+</p>
+
+<p>
+— È inutile, poichè io non ci vengo più! — mi
+rispose bruscamente quella caparbia, forse incoraggiata
+dalla presenza della madre.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Ma non sai tu — soggiunsi — che io
+sono capace di chiamar qui tuo padre, per darti
+una lezione e per costringerti a seguirmi?
+</p>
+
+<p>
+A queste parole mia suocera uscì fuori, certo
+per prevenire il marito in favore della figlia.
+</p>
+
+<p>
+Vedendo tornar vano ogni mezzo di persuasione,
+piantai quella matta, e mi accostai alla
+soglia della casetta di mio suocero:
+</p>
+
+<p>
+— Salvatore, vieni fuori, chè tua figlia desidera
+parlarti!
+</p>
+
+<p>
+Mio suocero entrò in mia casa, ed io gli
+tenni dietro. Egli chiese alla figlia con tono imperioso:
+</p>
+
+<p>
+— Che vuoi da me?
+</p>
+
+<p>
+— Non ho chiesto di lei — rispose Maria
+Francesca, cogli occhi bassi.
+</p>
+
+<p>
+E allora io:
+</p>
+
+<p>
+— Ebbene, giacchè tua figlia non ha nulla
+a dirti, ti parlerò per conto mio. Sappi che mia
+moglie mi ha fatto impegnare nel fitto di due
+case, e che ora si rifiuta ad abitarle. Che cosa
+dici tu?
+</p>
+
+<p>
+Salvatore, già istigato da mia suocera, mi
+si piantò dinanzi cogli occhi spalancati, e gridò
+con voce alterata dall’ira:
+</p>
+
+<p>
+— Dico, che tu sei un poco di buono, un
+cattivo soggetto, un birbante matricolato!
+</p>
+
+<p>
+A questo punto Maria Francesca, prevedendo
+la tempesta, scappò fuori in istrada per cercar
+rifugio nella casa paterna.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span>
+</p>
+
+<p>
+Mio suocero, inferocito, si die’ a correre come
+pazzo intorno alla stanza, dando di piglio ad
+effetti ed a mobili per gettarli sulla strada — come
+per farmi capire che non voleva in sua
+casa nè me, nè le robe mie.
+</p>
+
+<p>
+Il sangue mi montò alla testa; pure mi contenni,
+e dissi con calma:
+</p>
+
+<p>
+— Se non avessi per te il rispetto che si
+deve ad un padre, ti prenderei per i piedi e ti
+sbatterei al muro!
+</p>
+
+<p>
+Salvatore afferrò un tavolo e lo smosse, come
+per volerlo buttar fuori; allora perdetti la
+pazienza, e dato di piglio al mio fucile gli gridai
+risoluto:
+</p>
+
+<p>
+— Se tu tocchi un altro oggetto per buttarlo
+in strada, giuro che con esso usciranno le
+tue cervella!
+</p>
+
+<p>
+Spaventato dal mio volto acceso e dall’arma
+che impugnavo, Salvatore si fermò di botto;
+indi saltò in strada, gridando a squarciagola:
+</p>
+
+<p>
+— Accorrete! accorrete! Giovanni Tolu mi
+uccide!
+</p>
+
+<p>
+Il grido di Salvatore ebbe il suo effetto.
+Tutte le comari si fecero in sull’uscio di casa;
+molte finestre si spalancarono con fracasso; dallo
+sbocco delle vie vennero fuori a frotte uomini,
+donne, ragazzi; così che in poco d’ora un’onda
+di popolo faceva ressa dinanzi alla mia soglia.
+Vidi, fra gli altri, arrivare il sindaco (il medico
+dottor Serra, di Giave), e poco dopo il prete
+<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span>
+Pittui, il quale più degli altri pareva in preda
+ad un’agitazione nervosa.
+</p>
+
+<p>
+La folla tumultuava, e il sindaco gridò con
+voce autorevole:
+</p>
+
+<p>
+— Andate per i fatti vostri! Ogni cittadino
+ha il diritto di non venir disturbato nel proprio
+domicilio!
+</p>
+
+<p>
+E pronunziate queste parole si allontanò,
+esortando la folla a ritirarsi.
+</p>
+
+<p>
+Dopo aver rimesso a suo posto il fucile, io
+guardai freddamente quella frotta di curiosi, che
+si divertivano a cacciarmi gli occhi addosso.
+Nessuno però volle azzardarsi a varcare la soglia
+della mia casa.
+</p>
+
+<p>
+Uno solo l’osò: il prete Pittui. Con passo
+fermo, ma con un tremito per tutta la persona,
+egli si aprì un passaggio tra la folla e si avanzò
+verso di me colle mani in tasca: carezzando
+certamente l’impugnatura delle pistole, che soleva
+portare sotto la sottana.
+</p>
+
+<p>
+Entrato arditamente nella stanza, il prete
+Pittui mi lanciò un’occhiata fulminante:
+</p>
+
+<p>
+— Tu hai girato la scatola! — mi gridò con
+aria di minaccia. — Sei un miserabile, un birbante,
+un bastardo!
+</p>
+
+<p>
+Frenai a stento la bile, e risposi con calma,
+accentuando le parole:
+</p>
+
+<p>
+— Ella s’inganna, reverendo! Io sono il figlio
+di Pier Gavino Tolu e di Vincenza Bazzone. Tutti
+conoscono in paese mia madre, come conoscevano
+<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span>
+mio padre. Non sono quindi un bastardo, come
+dice! E se anche mia madre fosse una disgraziata,
+a lei non spetta insultarla, poichè per tre
+volte le fu compare di battesimo!
+</p>
+
+<p>
+Il prete ripetè l’insulto; e allora io diedi
+un’occhiata sotto al letto, dove per solito riponevo
+la scure. Fu per lui fortuna, che quel
+giorno l’arma fosse in fondo, in modo che il manico
+non si trovasse alla portata della mia mano.
+Ero deciso di spaccargli la testa e di farla finita.
+</p>
+
+<p>
+Dopo aver detto al mio indirizzo un mondo
+d’insolenze, il prete uscì in piazza sbuffando, e
+accostandosi alla casa di mio suocero, gridò forte,
+in modo che tutti lo sentissero:
+</p>
+
+<p>
+— Ritirate la vostra figliuola in casa, e non
+dategliela mai più!
+</p>
+
+<p>
+E dopo avermi fissato un’ultima volta con
+piglio minaccioso, si allontanò lentamente come
+era venuto, sempre colle mani nelle tasche della
+sottana.
+</p>
+
+<p>
+Rimasi solo nella stanza terrena, risoluto di
+commettere qualche eccesso.
+</p>
+
+<p>
+Due ore dopo venni avvertito che il prete
+aveva incaricato Giovanni Antonio Piana (il marito
+della sua serva) di cacciarmi fuori di casa.
+Avevo preveduto il tiro, e stavo aspettandolo,
+pronto a fargli fuoco addosso se avesse osato
+varcare la mia soglia.
+</p>
+
+<p>
+Verso l’imbrunire, infatti, vedendolo avvicinare,
+presi in mano il fucile.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span>
+</p>
+
+<p>
+Le donne del vicinato gli corsero tutte incontro
+e lo fermarono; e Pietro Rassu, il mio
+vicino di casa, gli gridò con mal piglio:
+</p>
+
+<p>
+— Che fai disgraziato? Ha torto chi ti manda,
+e tu hai più torto ad ubbidire. Non vedi che
+Giovanni Tolu ti spaccierà con una fucilata?
+</p>
+
+<p>
+Due giovani robusti presero a braccetto Giovanni
+Antonio Piana, e lo trascinarono a viva
+forza in altra via.
+</p>
+
+<p>
+Quella notte non andai a letto. Temendo una
+sorpresa, e volendo farla pagar cara, lasciai
+l’uscio socchiuso, e sedetti in un canto, senza
+deporre un istante il mio fucile.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span></p>
+
+<h3 id="cap9-1">CAPITOLO IX.
+<span class="smaller">Tentativi di pace.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Il mio stato era angoscioso. Solo, sconfortato,
+in odio a tutti, non sapevo a qual partito appigliarmi
+per uscir d’impiccio. Io dissi a me stesso:
+</p>
+
+<p>
+— È mai possibile che al mondo non vi sia
+giustizia per un povero diavolo? Come dovrò contenermi
+in un paese, dove i preti ed i nobili comandano?
+A chi dovrò ricorrere quando nobili
+e preti sono intesi coi giudici, e la peggio tocca
+ai zoticoni pari miei?
+</p>
+
+<p>
+Come spuntò l’alba del giorno seguente presi
+una risoluzione. Montai a cavallo, venni a Sassari,
+e mi presentai all’Intendente, ch’era un continentale<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a>.
+Gli esposi schiettamente i miei casi,
+ed invocai un provvedimento per evitare un maggior
+disastro.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Scriverò io al sindaco — mi disse l’Intendente — Tornate
+pure a Florinas, e state di
+buon animo!
+</p>
+
+<p>
+Rientrato in paese, seppi che la lettera non
+era pervenuta al dottor Serra, poichè il caso
+l’aveva fatta capitare nelle mani del prete.
+</p>
+
+<p>
+Tre giorni dopo mi presentai di nuovo all’Intendente
+per informarlo dell’accaduto. Sorpreso
+del caso, egli scrisse un’altra lettera, che
+mi porse, dicendo:
+</p>
+
+<p>
+— Consegnatela voi stesso in proprie mani
+del sindaco, e fate in modo di dargliela alla presenza
+di testimoni.
+</p>
+
+<p>
+Il sindaco, già da me informato, esclamò
+dopo aver letto il foglio:
+</p>
+
+<p>
+— Io farò il mio dovere, e s’impicchi chi
+vuole!
+</p>
+
+<p>
+Seppi in seguito, che l’Intendente aveva ordinato
+al Sindaco d’invitare Maria Francesca ed
+il babbo a recarsi in Sassari per conferire con
+lui. Il prete, richiesto di consiglio, aveva suggerito
+a mia moglie ed a mio suocero di dichiarare
+all’autorità, ch’io li avevo entrambi minacciati di
+morte, e che ogni riconciliazione sarebbe stata
+impossibile.
+</p>
+
+<p>
+E così riferirono. L’Intendente fece loro comprendere
+che il matrimonio era sacro, e che bisognava
+fare la pace; ma tanto il padre, quanto
+la figlia, persistettero nella determinazione di tenermi
+lontano dalla casa coniugale.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span>
+</p>
+
+<p>
+Il capo del Governo di Sassari non si diede
+per vinto, ma mandò a Florinas un suo segretario,
+coll’incarico di adoperarsi per il nostro buon
+accordo.
+</p>
+
+<p>
+Nè preghiere, nè minaccie valsero a far
+smuovere mio suocero e Maria Francesca dal
+loro proposito. Entrambi si rassegnarono a pagare
+una multa (non so per quale articolo di legge)
+ma si mostrarono inflessibili.
+</p>
+
+<p>
+Tornato la terza volta dall’Intendente (per informarlo
+della pertinacia del prete e di mio suocero,
+che si ostinavano a volermi separato da Maria
+Francesca) quel cortese funzionario mi disse:
+</p>
+
+<p>
+— Senti: se tu mi dichiari d’esserne contento,
+io mi varrò della facoltà che mi accorda
+la carica, per far tradurre a Sassari tua moglie,
+scortata dai carabinieri o dai luogotenenti<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Presi riserva a rispondere più tardi, volendo
+prima consultare mia madre. Questa mi disse:
+</p>
+
+<p>
+— Non mi piace simile provvedimento. Maria
+Francesca è tua moglie: oggi siete separati, e
+domani potreste riconciliarvi. Io non voglio, nè
+tu devi permettere la vergogna e lo scandalo
+di farla arrestare!
+</p>
+
+<p>
+— Non sono del tuo avviso — risposi — Sarei
+contento di vederla in carcere, se non altro
+<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span>
+per far dispetto al prete; il quale, co’ suoi consigli,
+è stato causa unica di quanto è avvenuto.
+</p>
+
+<p>
+— Ti ripeto ch’io non voglio scandali e vergogne,
+che farebbero mormorare il paese! — ripetè
+mia madre, con tono di comando.
+</p>
+
+<p>
+— Ebbene, farò quanto desideri; ma che non
+si parli più di conciliazione. Noi saremo separati,
+e per sempre!
+</p>
+
+<p>
+Quel giorno stesso dissi a mia suocera, perchè
+lo riferisse al marito ed alla figlia:
+</p>
+
+<p>
+— Siete miserabili! Voi avete voluto che
+Maria Francesca fosse separata da me, ma non
+tarderete a pentirvene. Farete di lei la sgualdrina
+del villaggio!
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Eravamo nel mese di settembre, e tre frati
+erano venuti a Florinas per le solite <i>Missioni</i>.
+Ero andato a confessarmi dal rettore, ed avevo
+adempiuto a tutte le pratiche religiose prescritte
+per la circostanza.
+</p>
+
+<p>
+Fra gli obblighi delle <i>Missioni</i> era quello di
+metter pace tra le famiglie nemiche ed i coniugi
+separati.
+</p>
+
+<p>
+Fui chiamato in casa del vice parroco Antonio
+Fiori, presso il quale i tre missionari erano
+alloggiati.
+</p>
+
+<p>
+Il più anziano dei frati, ch’era il più autorevole,
+prese a parlarmi presso a poco così:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Giovanni Tolu, perchè non ti ricongiungi
+a tua moglie? La vita che menate è scandalosa,
+e siete entrambi in peccato mortale. Tornate insieme
+e fatela finita, poichè il matrimonio è uno
+dei sette sacramenti. Noi siamo qui venuti per
+istruire il popolo, riconducendolo sulla via della
+salvezza per opera dello Spirito santo. La pace domestica
+è il supremo dei beni mondani; e quanto
+più grande sarà il tuo sagrifizio, tanto più accetto
+tornerà al Signore il tuo ravvedimento. Non dubitare:
+noi ci adopreremo perchè il prete Pittui più
+non s’ingerisca ne’ tuoi affari; tu così non avrai
+più alcun motivo a dolerti di lui. Che rispondi?
+</p>
+
+<p>
+— Io rispondo: che Maria Francesca mi ha
+fatto prendere in affitto due case, e non ha voluto
+in seguito abitarle con me. Io rispondo, che
+la prima volta che l’ho chiesta in moglie dichiarai
+che rinunziavo alla dote, perchè mi bastava il suo
+amore; ma che adesso (se dovrò abbassarmi a
+ritirarmela in casa) pretendo che ella si provveda
+del necessario, secondo il costume del paese; e ciò
+perchè non abbia più a dipendere dai parenti. Rispondo
+infine: che essa deve risolversi, per ora, a
+ritirarsi in una delle due case da me scelte, dove
+anch’io mi recherò, quando lo crederò conveniente.
+A condizione, però, che i suoi parenti non
+vadano a farle visita.
+</p>
+
+<p>
+Il frate osservò, scrollando le spalle:
+</p>
+
+<p>
+— A simili umiliazioni una donna non deve
+sottomettersi!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Ma questa è l’usanza nostra. Chi fa il
+peccato deve fare la penitenza — ed io non son
+tenuto a far la penitenza dei peccati degli altri.
+</p>
+
+<p>
+Il missionario continuò con tono grave e
+solenne:
+</p>
+
+<p>
+— Ravvediti, Giovanni Tolu, e fa la pace
+con Maria Francesca. Insieme al clero di Florinas
+noi verremo in processione fino a casa tua. Ivi
+impartiremo la benedizione ad entrambi, e vivrete
+felici per tutta la vita.
+</p>
+
+<p>
+A questa predica sorrisi.
+</p>
+
+<p>
+— Scusino, reverendi, ma queste mi sembrano
+mascherate. In siffatta guisa noi usiamo
+andare in carnevale da una bettola all’altra per
+bere un bicchiere di vino. Non potrei mai prestarmi
+a simili pagliacciate!
+</p>
+
+<p>
+I tre frati fecero una smorfia disgustosa, ma
+tacquero.
+</p>
+
+<p>
+Io tenni loro un simile linguaggio perchè
+trattavo i preti con molta confidenza. Ero stato
+sagrestano e sapevo il fatto mio.
+</p>
+
+<p>
+I missionari si scambiarono un’occhiata — come
+per dire: con costui non faremo niente! — e
+mi congedarono.
+</p>
+
+<p>
+Terminate le missioni, i tre frati lasciarono
+Florinas per recarsi ad altro villaggio. Appresi
+in seguito, che avevano parlato col prete Pittui,
+il quale certamente non era uomo da lasciarsi
+impressionare da tre zoccolanti.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span>
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Cominciai col rassegnarmi al mio destino.
+Avevo una spina nel cuore, ma affettavo di non
+sentirne dolore. I nostri conti erano saldati: l’autorità
+politica non era riuscita a persuadere mia
+moglie, come l’autorità ecclesiastica non era riuscita
+a persuadere me. Nondimeno debbo confessare,
+che non nutrivo rancore per Maria Francesca:
+lo nutrivo per il prete, che aveva istigato
+i parenti a rendermela ostile. Chi avrebbe osato
+in Florinas trascurare un consiglio di prete Pittui?
+Egli, famoso cacciatore, esperto tiratore al bersaglio,
+sindaco supremo del paese, mediatore di
+matrimoni, dispensatore di grazie e di castighi,
+fabbricatore di libelli, carabiniere, giudice, boia?!
+</p>
+
+<p>
+Maria Francesca era incinta di quattro mesi.
+Il pensiero forse della sua gravidanza, e del bambino
+che sarebbe venuto al mondo, spinse i parenti
+a mutar consiglio. Partiti i missionari, sulla
+cui opera avevano contato, i parenti si erano
+raccomandati a tutti i cavalieri e ai più notevoli
+signori di Florinas per influire sul mio animo.
+Non pochi mi avevano avvicinato per esortarmi
+a farla finita e a ricongiungermi a Maria Francesca.
+Ma questa volta tenni duro. Le altalene
+non mi andavano a sangue.
+</p>
+
+<p>
+— Come volete ch’io m’induca a pregar mia
+moglie, se essa mi ha scacciato? Dietro quanto
+<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span>
+è accaduto, è lei che deve venire da me, non io
+che devo andare da lei. Se è vero che Maria
+Francesca mi vuole, perchè non viene a trovarmi?
+</p>
+
+<p>
+Non dissi altro.
+</p>
+
+<p>
+Mia moglie, dal canto suo, fu ostinata nel
+suo proposito. I consigli del prete Pittui, l’antico
+suo padrone, avevano più forza della parola d’un
+affettuoso marito!
+</p>
+
+<p>
+Non poteva più oltre durare così — io perdeva
+il mio tempo. Pensai di ritornare al lavoro,
+unico sollievo e conforto nella sventura che mi
+era toccata. Ero stato marito per quattro mesi
+precisi — dal 17 aprile al 17 agosto — e dovevo
+ormai considerarmi come scapolo, o come
+vedovo.
+</p>
+
+<p>
+La vista continua de’ miei nemici mi disgustava;
+ond’è che decisi di allontanarmi dal paese.
+Mi recai a Sassari, dove mi occupai nel trasporto
+del mosto e nel commercio delle granaglie. Misi
+in serbo una trentina di scudi.
+</p>
+
+<p>
+Partiti i missionari da Florinas, ero stato di
+nuovo tormentato dai dolori alle giunture; ma il
+clima di Sassari mi giovo non poco.
+</p>
+
+<p>
+Dopo un altro breve soggiorno a Florinas
+volli recarmi alla Nurra, dove il lavoro non mi
+mancava. Trascorso però un po’ di tempo, divenni
+di cattivo umore ed intrattabile, perchè i
+soliti dolori m’impedivano di lavorare coll’attività,
+che in me era natura.
+</p>
+
+<p>
+Io sentiva la potenza malefica di quel prete
+<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span>
+fatale, che continuava a perseguitarmi colle diaboliche
+<i>legature</i>. Crebbe il mio odio contro costui,
+autore d’ogni mia disgrazia.
+</p>
+
+<p>
+— Se io non toglierò la causa del male, il
+male mi farà soccombere! — dicevo ferocemente
+a me stesso; e questo pensiero, come chiodo rovente,
+mi stava infisso nel cervello e nel cuore.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Venne intanto il dicembre colle giornate rigide,
+tempestose. Avevo l’umor nero. La solitudine
+mi pesava, perchè fantasticavo troppo.
+</p>
+
+<p>
+Gli acuti dolori, che tratto tratto strappavano
+una contrazione nervosa al mio labbro, mi
+facevano imprecare come un dannato.
+</p>
+
+<p>
+Si avvicinavano le feste di Natale, e mi sentivo
+più solo e più accasciato. Io, che avevo sognato
+una famiglia; che a furia di lavoro ero
+riuscito a formarmi un nido; ch’ero sul punto di
+diventar padre, mi vedevo relegato nelle solitudini
+della Nurra, senza casa, senza amici, senza
+gioie domestiche, e senza il conforto d’una parola
+affettuosa — neppure quella della mamma!
+</p>
+
+<p>
+E tutto perchè? Per un prete sordido, prepotente,
+che voleva frapporsi fra me e Maria
+Francesca, spinto da uno scopo misterioso, ch’io
+non riusciva a spiegarmi
+</p>
+
+<p>
+Temendo che i miei dolori aumentassero,
+deliberai di far ritorno a Florinas. Volevo almeno
+<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span>
+passare le feste in famiglia — in casa di mia
+madre, dei fratelli, delle sorelle: nell’unica casa
+dove potevo fidarmi, dove ancora ero amato,
+carezzato, compianto.
+</p>
+
+<p>
+— Avrei perdonato anche al prete, se io mi
+fossi sentito bene — dicevo con rammarico — ma
+con questi dolori la mia vita non potrà essere
+che un martirio. Bisogna finirla, e finirla
+presto! L’idea di diventare impotente, costretto
+a mendicare il pane altrui, mi spaventa. Parmi
+ancora di vederlo il povero mendicante di Tissi,
+paralizzato dalle <i>legature</i>! — Bisogna finirla,
+finirla, finirla presto!
+</p>
+
+<p>
+Arrivai a Florinas due giorni prima di Natale.
+I parenti mi ricevettero con acclamazioni
+di gioia... ma non mi parevano contenti. Io leggeva
+negli occhi di mia madre il mio stato deplorevole;
+ella mi guardava ogni tanto alla sfuggita,
+con un sospiro, con un senso di pietà dolorosa,
+che si studiava nascondere per non affliggermi.
+</p>
+
+<p>
+Un mese addietro i miei fratelli Peppe e
+Giomaria (per la prima ed ultima volta) mi avevano
+fatto intendere ch’erano disposti a far le
+mie vendette.
+</p>
+
+<p>
+Ne fui spaventato e mi opposi energicamente.
+</p>
+
+<p>
+— Guai a voi! Non voglio che v’immischiate
+ne’ fatti miei, nè adesso, nè mai! Basto da solo.
+Pur troppo io so fin dove arrivano nei nostri
+villaggi le gare, i puntigli, e gli odî di parte!
+Le famiglie si distruggerebbero. Pensate ai casi
+vostri — Dio penserà ai miei.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span>
+</p>
+
+<p>
+Il giorno di Natale la famiglia preparò un
+pranzetto d’occasione. Sedemmo in cinque a tavola:
+io, la mamma, Peppe, Giomaria e Maria
+Andriana.
+</p>
+
+<p>
+I miei fratelli e la sorella si sforzavano di
+essere gioviali... ma nessuno lo era. Il mio tristo
+caso impressionava tutti.
+</p>
+
+<p>
+Così passò il primo ed il secondo giorno di
+Natale. Io, che moriva dalla voglia di rivedere
+il mio paese, non vedevo l’ora di tornarmene alla
+Nurra. Troppe triste memorie racchiudeva per
+me Florinas, nè bastava l’affetto de’ miei cari
+per cancellarmele dalla mente.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span></p>
+
+<h3 id="cap10-1">CAPITOLO X.
+<span class="smaller">L’attentato.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Il terzo giorno di Natale — il 27 dicembre
+1850 — mi alzai prima dell’alba. Avevo poco
+dormito e molto pensato. Ero d’umor nero, poichè
+avevo fantasticato sulla serie delle peripezie,
+che da un anno mi tenevano in angoscia. Tuttavia
+debbo dichiarare, che nessun pensiero sinistro
+aveva attraversato la mia mente durante quella
+notte insonne.
+</p>
+
+<p>
+Dopo aver passeggiato da un capo all’altro
+della stanza terrena, tolsi la spranga alla porta
+e mi feci sulla soglia per esplorare il cielo.
+</p>
+
+<p>
+L’alba spuntava. Era una giornata fosca,
+molto fredda. Il vento impetuoso soffiava da tramontana,
+e urlava fra i comignoli, facendo volare
+qualche tegola dai tetti.
+</p>
+
+<p>
+Indossai il mio lungo cappottone di orbace,
+e tornai sull’uscio a respirare a pieni polmoni
+quell’aria frizzante, che pareva spegnesse la mia
+febbre. Sentivo lo stormire delle foglie degli alberi
+vicini, agitate dal vento.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span>
+</p>
+
+<p>
+Guardando distratto la campagna, verso Codrongianus,
+i miei occhi si fissarono sul tratto
+di strada che mi stava di fronte, la quale conduceva
+all’Oratorio di Santa Croce. Ricordai allora,
+ch’era la festa di San Giovanni evangelista,
+e che all’alba di ogni giorno festivo il prete
+Pittui soleva recarsi a dir messa in quella chiesetta
+fuori mano.
+</p>
+
+<p>
+Per di là, dunque, sarebbe fra non molto
+passato quel prete: il prepotente, il fattucchiere,
+il nemico della mia pace.
+</p>
+
+<p>
+Non so dire i pensieri che in quell’ora passarono
+a tumulto nella mia mente. So che rientrai
+nella mia stanza per spiccare dal capezzale del
+letto (dove per solito lo tenevo) il mio vecchio
+pistolone ad una canna. Nascosi l’arma sotto al
+cappotto, e tornai ad appoggiarmi allo stipite
+della porta, tenendo l’occhio sempre fisso sulla
+strada dell’Oratorio.
+</p>
+
+<p>
+Il vento soffiava con più violenza, e i rami
+degli alberi si piegavano verso terra, quasi minacciando
+di spezzarsi.
+</p>
+
+<p>
+Il temporale pareva imminente. Avevo preso
+un’istantanea risoluzione, e dovevo ad ogni costo
+compierla.
+</p>
+
+<p>
+— Ma, chi lo sa? — pensai — forse il prete
+Pittui non uscirà di casa con questo tempaccio;
+la messa la dirà più tardi.
+</p>
+
+<p>
+Non so dire se in quel momento io desiderassi,
+o temessi un contrattempo. Ero fuori di me.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span>
+</p>
+
+<p>
+Certo è però, che quell’uomo doveva essere in
+cammino, poichè sentivo due acute punture ai ginocchi.
+Avevo bisogno di romperle, da una buona
+volta, quelle <i>legature</i> insopportabili!
+</p>
+
+<p>
+Finalmente, verso le sei, vidi il prete che
+scantonava.
+</p>
+
+<figure class="figleft"><a id="fill-140"></a>
+ <img src="images/ill-140.jpg" alt="Attentato contro il prete Pittui">
+</figure>
+
+<p>
+Il cielo si faceva
+sempre più
+fosco, e il sole
+non era ancora
+levato.
+</p>
+
+<p>
+Per le vie
+non si vedeva anima
+viva. Le
+porte delle case
+erano tutte chiuse,
+poichè il freddo
+tratteneva in
+casa più dell’usato
+gli abitanti,
+i quali non avevano
+l’obbligo di lavorare in quel giorno festivo.
+</p>
+
+<p>
+Avvolto nel suo lungo pastrano dalle ampie
+saccoccie, col bavaro alzato, il prete attraversò il
+breve tratto di strada, curvo, col capo chino
+contro al vento furioso, che gli soffiava di fronte.
+Passò come una visione, e scomparve.
+</p>
+
+<p>
+Allora io mi mossi ed affrettai il passo per
+tenergli dietro.
+</p>
+
+<p>
+Scantonata la via, studiai di camminare rasente
+<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span>
+le case per raggiungerlo inosservato. Il
+vento che ci soffiava di fronte gli impediva di
+avvertire il rumore delle mie pedate.
+</p>
+
+<p>
+Gli tenni dietro per una cinquantina di passi,
+e lo raggiunsi all’imbocco del largo detto <i>Funtana
+manna</i>, in cui a destra la strada fa scarpa
+in campagna aperta, fronteggiando il villaggio
+di Codrongianus<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Il sito era opportuno, perchè spazioso e poco
+frequentato.
+</p>
+
+<p>
+Giunto a tre passi da lui, tolsi la pistola di
+sotto al cappottone, glie la puntai quasi a bruciapelo
+alla nuca, e premetti il grilletto.
+</p>
+
+<p>
+L’arma non prese fuoco, perchè il cane non
+aveva schiacciato il fulminante.
+</p>
+
+<p>
+Continuai a camminare insieme a lui, sempre
+alla stessa distanza; e per altre tre volte ritentai
+il tiro. Il colpo non partì mai, e il vento contrario
+impedì che lo scatto del grilletto giungesse
+all’orecchio del prete.
+</p>
+
+<p>
+Io era atterrito. Mi venne allora in mente
+che quell’uomo usava della sua malìa, e che la
+mia pistola era fatturata. Pensai di ricorrere al
+coltello, ma non l’avevo meco.
+</p>
+
+<p>
+Il prete, sempre collo stesso passo, ignorando
+ch’era pedinato, camminava verso l’Oratorio.
+</p>
+
+<p>
+Si era giunti insieme al centro di <i>Funtana
+<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span>
+manna</i>; e, non volendo lasciarmi sfuggire l’occasione
+che l’inferno mi offriva, decisi di farla
+finita in qualunque modo. Feci ancora altri due
+passi avanti, levai in alto il braccio, e, con tutta
+la mia forzar lo lasciai ricadere con un manrovescio
+sulla guancia sinistra del prete, che stramazzò
+supino.
+</p>
+
+<p>
+Gli fui sopra come un tigre, gli posi un
+ginocchio sul petto, lo afferrai colla sinistra alla
+gola, e puntandogli la pistola nell’occhio, feci
+scattare tre o quattro volte il grilletto, sempre
+invano.
+</p>
+
+<p>
+Il prete si dimenava in tutti i sensi e mandava
+sordi rantoli, che si confondevano col gemito
+del vento. Aveva la lingua tutta fuori, gli
+occhi spalancati. Le sue unghie penetravano nelle
+mie carni, ma le mie braccia erano di acciaio.
+</p>
+
+<p>
+Riuscì finalmente ad afferrarmi per il ventre;
+fui pronto a tirarmi indietro; ma, rallentando la
+mano con cui gli stringevo la gola, egli potè
+emettere due acutissimi gridi.
+</p>
+
+<p>
+Furono i soli. Volendo sbrigarmi per non
+venir sorpreso, gli strinsi con più forza la gola,
+e colla canna del mio pistolone, a mo’ di pugnale,
+lo percossi a più riprese sul viso, strappandogli
+dalle guancie brandelli di carne.
+</p>
+
+<p>
+Ero cieco, feroce. Gli premevo i ginocchi
+sulle costole, gli davo calci, pugni da per tutto;
+ma egli, colla faccia insanguinata, continuava a
+fissarmi cogli occhi sbarrati, quasi volendomi far
+<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span>
+subire il fascino della sua malìa. L’anima di quel
+mostro non voleva uscir fuori dal corpo!
+</p>
+
+<p>
+Nel frattempo, dietro di me, diverse porte
+si spalancarono con fracasso. I gridi del prete
+avevano dato l’allarme. Una dozzina d’uomini
+robusti, da diverse parti, si slanciarono verso di
+noi, non sapendo ancora che cosa fosse avvenuto.
+Senza voltarmi, continuai a percuotere il prete
+con più forza; egli era livido, grondante sangue
+dalle narici e dalla fronte, ma non c’era verso
+che volesse morire!
+</p>
+
+<p>
+Quando gli accorsi ravvisarono me e il prete
+Pittui, si fermarono un istante, come inorriditi
+dinanzi a tanta audacia e a tanto sacrilegio. Finalmente
+mi furono tutti addosso per strapparmi
+la vittima, che io cercava invano di strozzare.
+Sentendomi afferrato da tutte le parti, divenni
+idrofobo. Abbandonai il prete, mi levai in piedi,
+e mi slanciai come belva contro i miei assalitori.
+Con morsi, pugni e calci ne mandai parecchi a
+ruzzolare sul terreno; un altro ne allontanai con un
+colpo di pistolone sotto all’occhio, in modo che ne
+portò la cicatrice finchè visse. Giunsi infine a svincolarmi
+da tutti, e mi diedi a correre verso casa.
+</p>
+
+<p>
+— Fermatelo! fermatelo! — gridava il prete
+con sordo rantolo, senza potersi alzare.
+</p>
+
+<p>
+Parecchi giovinastri m’inseguirono; ed uno,
+più ardito, mi tenne dietro prendendomi a sassate.
+</p>
+
+<p>
+Giunto a pochi passi da casa, mi volsi indietro;
+e rivolto a quel giovane gridai:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Fermati lì, un momento, chè voglio insegnarti
+come si lanciano i sassi!
+</p>
+
+<p>
+E siccome ero entrato in casa per prendere
+il fucile, quel giovane se la diede a gambe, e
+andò a raggiungere i compagni, occupati a sollevare
+il prete malconcio, per portarlo sopra una
+sedia alla propria abitazione.
+</p>
+
+<p>
+Molte porte nel frattempo si erano spalancate,
+e la gente accorreva da ogni parte per dirigersi
+a <i>Funtana manna</i>.
+</p>
+
+<p>
+Io corsi ad armarmi di fucile; slegai il mio
+cavallo, lo portai sulla strada, e vi montai a
+dorso nudo.
+</p>
+
+<p>
+Nel saltare per inforcarlo, mi cadde il berretto,
+che lasciai sulla strada.
+</p>
+
+<p>
+Cacciai in testa il cappuccio, diedi una strappata
+alle redini, e, senza dar soddisfazione a’ miei
+(che ignoravano ancora l’accaduto) spinsi il cavallo
+al trotto per prendere la campagna.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span></p>
+
+<h2 id="parte2">PARTE SECONDA
+<span class="smaller">IL BANDITO DI FLORINAS</span></h2>
+</div>
+
+<div class="chapter">
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span>
+</p>
+
+<figure class="figcenter"><a id="fill-147"></a>
+ <img src="images/ill-147.jpg" alt="&nbsp;">
+</figure>
+
+<h3 id="cap1-2">CAPITOLO I.
+<span class="smaller">Si torna agli esorcismi.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Percorso un buon tratto di strada, sempre
+al trotto, prima di arrivare allo stradone
+m’imbattei in Sebastiano Zara (un cugino del
+prete Pittui) il quale mi fe’ cenno colla mano di
+fermarmi.
+</p>
+
+<p>
+— Perchè corri così a precipizio? C’è forse
+niente di nuovo a Florinas?
+</p>
+
+<p>
+— Vanne, e lo saprai! — gli risposi di mala
+grazia, e continuai la mia strada.
+</p>
+
+<p>
+Seppi più tardi dagli amici, che quando costui
+apprese l’accaduto, minacciò l’aria col pugno,
+gridando:
+</p>
+
+<p>
+— Eh, se lo avessi saputo! Avrei arrestato
+Giovanni Tolu sulla strada!
+</p>
+
+<p>
+Stupida millanteria, poichè lui era inerme
+ed io armato, e sapevo di vincerlo in forza ed
+in destrezza!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span>
+</p>
+
+<p>
+Per oltre una mezz’ora mantenni alla corsa
+il mio cavallo, non scostandomi mai dalla strada
+reale. Dal <i>Prato</i> a <i>Badu ludrosu</i>, e da <i>Pedru
+Majolu</i> alla <i>Punta Dunossi</i> non mi fermai un
+minuto. Qui mi diedi a saltare un muro, ma urtando
+col piede in un grosso sasso mi feci male.
+</p>
+
+<p>
+Smontai da cavallo, e impiegai un’altra ora
+a piedi nel far la salita di <i>Giunchi</i>, fino alla
+<i>Rocca bianca</i>, territorio di Florinas, tra Banari
+ed Ittiri.
+</p>
+
+<p>
+Colassù rimasi tutta la giornata senza prender
+cibo. La lunga corsa a cavallo, a dorso nudo, mi
+aveva pesto orribilmente; dippiù il mio piede si
+andava gonfiando per l’urto ricevuto a <i>Punta
+Dunossi</i>. Ero impensierito, perchè non mi trovavo
+in condizione di battere i boschi in campagna
+aperta, senza pericolo d’una sgradita sorpresa.
+</p>
+
+<p>
+Venuta la sera deliberai di far ritorno segretamente
+a Florinas. Avevo bisogno di mettermi
+sotto cura in luogo sicuro.
+</p>
+
+<p>
+Abbandonai il mio cavallo (a cui avrebbero
+pensato i barracelli o i miei parenti) e, favorito
+dalle tenebre, rientrai sul tardi nel mio paese.
+Corsi non visto a casa di Chiara, la mia sorella
+maritata, la quale mi custodì gelosamente.
+</p>
+
+<p>
+Colà rimasi una diecina di giorni, medicando
+la mia storta e le mie piaghe con incenso sbattuto
+nel bianco d’uovo, bagni d’acquavite, e polvere
+di carbone impastata con sevo: tutti medicinali,
+<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span>
+di cui noi, agricoltori, facciamo uso con
+ottimo risultato.
+</p>
+
+<p>
+Ogni notte mi s’improvvisava un letto; ma
+di giorno io stavo dentro ad una <i>luscia</i><a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a>, prestando
+orecchio alle chiacchiere che sul mio conto
+facevano le comari, quando venivano a condolersi
+con mia sorella.
+</p>
+
+<p>
+La notte stessa del mio arrivo, appresi da
+Chiara, che il prete Pittui era stato trasportato
+a casa sopra una sedia, malconcio in modo che
+dava a temere per i suoi giorni. Era sempre a
+letto, in preda a dolori atrocissimi, e parlava a
+stento. Al terzo giorno il medico lo dichiarò fuori
+di pericolo, ma gli raccomandò di non fare alcun
+movimento, poichè la cura sarebbe stata piuttosto
+lunga. La notizia non mi fece certo piacere!
+</p>
+
+<p>
+Durante il tempo della mia convalescenza,
+i carabinieri, guidati da spie, erano venuti più
+volte a Florinas per perlustrare le case sospette,
+dove si sperava di potermi sorprendere. Nessuno
+immaginò di certo, che la prima settimana della
+mia latitanza io la passassi dentro Florinas, in casa
+di mia sorella. Non si pensò neppure a visitare
+l’abitazione di Chiara, nè quella di mia madre,
+poichè non era possibile ch’io fossi stato così
+gonzo da cacciarmi in bocca al lupo.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span>
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Guarito completamente della storta e delle
+piaghe, mercè le affettuose cure di mia sorella,
+abbandonai sul tardi il villaggio e mi recai a
+piedi fino alla cantoniera di <i>Scala di Ciogga</i>, dove
+giunsi verso mezzanotte. Riposavo in un macchione,
+dietro la casa, quando dodici carabinieri
+si fermarono dinanzi la porta, e obbligarono il
+cantoniere ad alzarsi per dar loro da bere. Ripresero
+quindi la strada di Florinas, forse alla
+mia ricerca, poichè l’attentato sacrilego contro
+un prete aveva suscitato molto rumore, e la Giustizia
+si dava attorno per impadronirsi del reo.
+</p>
+
+<p>
+Andati via i carabinieri, continuai la mia
+strada verso Sassari. Giunsi all’alba all’oliveto
+della signora Murro, in <i>Serra secca</i>, dove ogni
+giorno si recavano a zappare alcuni miei parenti.
+Ivi rimasi il resto della giornata. Sull’imbrunire
+presi una zappa sulle spalle, ed entrai in Sassari
+arditamente, confuso coi zappatori che a quell’ora
+ritornano dai lavori di campagna. Nel 1850
+la città di Sassari era un luogo sicuro per i banditi,
+poichè scarso vi era il numero dei carabinieri,
+a cui piaceva viver comodi e tranquilli.
+</p>
+
+<p>
+Mi recai difilato in casa di Don Antonico
+Berlinguer, allora Maggiore di piazza, il quale
+mi trattava con benevolenza, poichè mi sapeva
+<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span>
+onesto e buon lavoratore<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a>. Chiesi a lui consiglio;
+e siccome mi sentivo minacciato dai soliti dolori
+per le fattucchierie del prete Pittui, lo pregai che
+mi raccomandasse a un certo Frate Agostino dei
+minori osservanti, designatomi come valentissimo
+negli esorcismi. Era costui un sassarese, in fama
+di mantener relazione colla moglie di un falegname,
+dal quale era stato sorpreso e bastonato<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Don Antonico mi tenne nascosto in casa sei
+giorni, dandomi da mangiare e da bere; e volle
+accompagnarmi in persona fino al convento di
+San Pietro, per presentarmi al frate.
+</p>
+
+<p>
+Prima di lasciare la città volli provvedermi
+di polvere e di palle. Avevo lasciato il fucile nella
+capanna di mio cognato Bazzone, marito di mia
+sorella Giustina.
+</p>
+
+<p>
+Uscimmo di casa dopo il meriggio. Don Antonico
+mi precedette facendo l’indifferente: io gli
+tenni dietro a una certa distanza, per non compromettere
+l’amico nella carica delicata di Maggiore
+di Piazza. Dopo un quarto d’ora eravamo
+dinanzi al Convento.
+</p>
+
+<p>
+Frate Agostino ci accolse con molto garbo
+e ci offrì una tazza di buon caffè. Poco dopo Don
+Antonico se ne andò per i fatti suoi.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span>
+</p>
+
+<p>
+Rimasto solo col frate, questi mi ordinò d’inginocchiarmi,
+mi lesse la solita orazione, mi gettò
+addosso la solita acqua benedetta, e mi licenziò
+dicendomi, che sperava di avermi sciolto dalle
+<i>legature</i>.
+</p>
+
+<p>
+Sbrigato il mio affare feci ritorno all’oliveto
+di <i>Serra secca</i>, e di là m’incamminai verso il
+<i>Curraltu mal’a servire</i>, in fondo alla valle di
+<i>Sette Chercos</i>, territorio di Cargeghe, dov’era l’ovile
+di mio cognato.
+</p>
+
+<p>
+Rimasi nella capanna alcuni giorni, sempre
+in angustie, per timore che una grave malattia
+mi rovinasse.
+</p>
+
+<p>
+Dissi ad un mio cugino:
+</p>
+
+<p>
+— Il prete Pittui è ancora in vita, e continua
+a perseguitarmi colle sue maledizioni. Temo
+troppo che gli esorcismi di frate Agostino rimangano
+senza effetto!
+</p>
+
+<p>
+Un mio amico, che si trovava presente — certo
+Pietro Rassu, già mio vicino di casa — disse
+a me rivolto:
+</p>
+
+<p>
+— Ma perchè non ti rechi dal rettore di Dualchi,
+uno dei più famosi per scongiurare le <i>legature</i>?
+</p>
+
+<p>
+Non volendo lasciare intentato alcun mezzo
+per togliermi alle malìe del prete Pittui, indussi
+mio fratello Peppe ad accompagnarmi a Dualchi,
+villaggio al di là di Macomer.
+</p>
+
+<p>
+Ci recammo insieme a cavallo fino a Padria,
+dove fummo ospitati dall’amico Salvatore Masia,
+tenente dei barracelli. Di là l’indomani continuammo
+<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span>
+il viaggio, attingendo qua e là informazioni
+sulle scorciatoie, non essendo noi pratici dei
+luoghi. Dopo due ore e più di strada, c’imbattemmo
+in un vecchio, il quale ci avvertì ch’eravamo
+sulla strada che conduceva a Sindia e a
+Scano Montiferro. Saputo ch’eravamo diretti a
+Bortigali, suo paese, il vecchio si esibì a servirci
+di guida. Arrivati al villaggio, egli ci condusse
+in sua casa, dove ci rifornì di vino e di formaggio.
+Andammo quindi in casa di certo Pietro Maria
+Murgia, al quale l’amico di Padria ci aveva raccomandato.
+Era assente dal paese; ma la moglie
+e la suocera, appreso il motivo della nostra gita,
+ci dissero con un certo orgoglio:
+</p>
+
+<p>
+— Presentatevi pure in nome nostro al rettore
+di Dualchi, e ditegli, che vi riceva colla
+stessa cortesia con cui suol ricevere Pietro Maria
+Murgia, che gli fu servo per ventott’anni.
+</p>
+
+<p>
+Ringraziammo le due buone donne, che ci
+avevano offerto asilo e cena, e all’alba rimontammo
+a cavallo. Dopo tre ore di strada, sostammo
+dinanzi alla casa del rettore.
+</p>
+
+<p>
+Il prete e la sua <i>Perpetua</i><a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a> ci accolsero
+cortesemente e ci vollero ospiti.
+</p>
+
+<p>
+Il rettore di Dualchi, Pietro Maria, era sopranominato
+<i>su caddu de Ottava</i>, perchè possessore
+di un famoso cavallo di corsa, ritenuto a
+quei tempi uno dei migliori dell’isola.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span>
+</p>
+
+<p>
+Quando gli esposi il motivo della mia venuta — il
+desiderio, cioè, di venir liberato dalle <i>legature</i>
+fattemi da un prete — egli mi domandò
+con una certa curiosità:
+</p>
+
+<p>
+— Come si chiama questo sacerdote?
+</p>
+
+<p>
+— Giovanni Maria Pittui.
+</p>
+
+<p>
+— Lo conosco. So che ha un eccellente cavallo
+di corsa.
+</p>
+
+<p>
+— V’ingannate. Il possessore del buon cavallo
+è un altro Pittui: suo nipote.
+</p>
+
+<p>
+— Ho capito, e poco importa. Posso solamente
+assicurarti, che il mio cavallo di corsa è
+migliore del suo; e questo potrebbe significare,
+che sarò parimenti più fortunato nella cura del
+tuo male. Ti applicherò una <i>pezza</i>, che nessuno
+riuscirà a strapparti.
+</p>
+
+<p>
+Fui lieto dell’esordio. Il prete soggiunse:
+</p>
+
+<p>
+— Anzitutto hai bisogno d’una bottiglia
+d’olio, ch’io dovrò benedire.
+</p>
+
+<p>
+Mio fratello Peppe corse subito a comprarla;
+ma, mentre la porgeva al prete, gli sfuggì di
+mano e andò in frantumi.
+</p>
+
+<p>
+Fui vivamente impressionato del mal augurio;
+ma il rettore esclamò sorridendo:
+</p>
+
+<p>
+— E così? Manca forse dell’olio in casa
+mia?
+</p>
+
+<p>
+Fatta riempire un’altra bottiglia dalla serva,
+il prete si adattò la stola, mi fece inginocchiare,
+lesse l’ufficio, mi versò sul capo l’acqua santa,
+e per ultimo benedisse la bottiglia dell’olio.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span>
+</p>
+
+<p>
+Nel frattempo la serva, ferma sull’uscio, assisteva
+all’operazione con curiosità maliziosa,
+come se da lungo tempo fosse abituata a simili
+cure, a cui non credeva.
+</p>
+
+<figure class="figcenter"><a id="fill-155"></a>
+ <img src="images/ill-155.jpg" alt="Il bandito dal Rettore di Dualchi">
+</figure>
+
+<p>
+Terminata la funzione, il rettore mi fece alzare,
+e mi consegnò gravemente la bottiglia dell’olio
+ed un involto contenente quaranta pezzi
+d’ostia.
+</p>
+
+<p>
+— Ogni giorno, a digiuno — egli mi disse — tu
+<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span>
+metterai in bocca uno di questi pezzetti,
+che trangugierai con una boccata d’olio. Bada
+di non spaventarti se i tuoi dolori aumenteranno:
+saranno i chiodi vecchi che ti verranno fuori dalle
+carni. Ti esorto parimenti a non impressionarti
+se ti verrà il sangue alla bocca. Prima di consumare
+i pezzetti d’ostia (cioè a dire, prima di
+quaranta giorni) ho bisogno di rivederti!<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a>
+</p>
+
+<p>
+Albeggiava appena quando all’indomani io
+e Peppe ci rimettemmo in viaggio, prendendo
+questa volta la direzione di Borore, per misura
+d’abituale prudenza.
+</p>
+
+<p>
+Pernottammo in quest’ultimo paese.
+</p>
+
+<p>
+Riposai con animo tranquillo, ma verso l’alba,
+dopo ingoiata l’ostia, ebbi lo sbocco di sangue
+preannunziatomi dal prete. Allo stesso tempo fui
+colto da dolori acutissimi alle ginocchia.
+</p>
+
+<p>
+Mi feci coraggio. Presi un nuovo sorso d’olio
+ed un pezzetto d’ostia, e sollecitai la partenza.
+</p>
+
+<p>
+Rimontati a cavallo, percorremmo un lunghissimo
+tratto di strada. Era ancora giorno quando
+ci trovammo in vista del <i>Crastu mal’a servire</i>;
+ma aspettammo le ombre della sera prima
+di avvicinarci all’ovile di mio cognato: — altra
+precauzione di tutti i banditi.
+</p>
+
+<p>
+Arrivati all’ovile, consultai Peppe e mio cognato
+<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span>
+sulla ricompensa da offrire al prete esorcista.
+Fu determinato d’inviare nostra madre a
+Sassari per fare acquisto di tre fazzoletti da due
+lire, di un chilogramma di caffè e di otto libbre
+di zucchero: regalo destinato al rettore ed alla
+sua Perpetua. Fu pure combinato di ripartire per
+Dualchi al più presto possibile, prima cioè che
+la voce della mia latitanza pervenisse all’orecchio
+di quel rettore.
+</p>
+
+<p>
+Il rettore di Dualchi accettò con piacere il
+dono fattogli; e dopo aver rinnovato l’esorcismo
+e ribenedetta la mia bottiglia, mi disse con una
+certa confidenza:
+</p>
+
+<p>
+— Mano mano che l’olio diminuirà, tu non
+avrai che aggiungerne dell’altro: la benedizione
+avrà la stessa efficacia.
+</p>
+
+<p>
+Ho sofferto per parecchie settimane dolori
+atroci, ma debbo dichiarare, che le mie punture
+cessarono. Il rettore di Dualchi mi aveva radicalmente
+sciolto dalle <i>legature</i> di prete Pittui.
+</p>
+
+<p>
+Ricorderò quanto mi disse la prima volta:
+</p>
+
+<p>
+— Tu guarirai, poichè il rimedio che ti ho
+dato è infallibile. Devo però prevenirti, che le
+potenti fattucchierie, di cui fosti vittima, ti hanno
+fatto perdere la metà delle forze, la metà del valore
+e la metà dell’astuzia!
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span></p>
+
+<h3 id="cap2-2">CAPITOLO II.
+<span class="smaller">In casa di prete Pittui.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Dopo il terzo giorno — come già dissi — il
+medico del villaggio aveva dichiarato che prete
+Pittui era fuori di pericolo; però gli ordinava di
+stare a letto e di non muoversi.
+</p>
+
+<p>
+Durante quel tempo la casa del sacerdote
+era assediata dalle visite. I fedeli parrocchiani
+ed i famigliari più intimi correvano al letto del
+proprio pastore per prendere informazioni sullo
+stato di sua salute; e, imprecando all’assassino
+sacrilego, facevano voti all’Eterno per una pronta
+guarigione.
+</p>
+
+<p>
+Se il prete fosse morto in seguito alle mie
+percosse, nessuno certamente lo avrebbe compianto;
+anzi si sarebbe ringraziato Iddio per aver
+liberato il paese da un cattivo soggetto di quella
+fatta. Sapendolo però vivo, ognuno si studiava
+di entrare nelle sue grazie con una pietà falsa,
+che avrebbe potuto più tardi fruttare qualche
+favore, o almeno una maggior dolcezza di trattamento.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span>
+</p>
+
+<p>
+Sebbene ancora indolenzito per le percosse
+ricevute, e accasciato per le lunghe sofferenze,
+appena il prete si accorse di essere scampato alla
+morte, non pensò che allo sfregio ricevuto, e si
+die’ a escogitare tutti i mezzi possibili per vendicarsi
+di me: cosa che gli sarebbe riuscita assai
+facile, avendo al suo comando molti cagnotti, e
+potendo esercitare la sua influenza presso le autorità
+di Sassari, colle quali si manteneva in
+stretta relazione.
+</p>
+
+<p>
+Se il corpo del prete era inchiodato al letto,
+la sua mente era libera e ruminava a mio danno.
+La casa Pittui era diventata il luogo dei convegni
+misteriosi, dove si tramava la mia perdizione.
+</p>
+
+<p>
+Io stava in guardia, poichè avevo molti parenti
+ed amici che mi tenevano informato di
+quanto accadeva in paese.
+</p>
+
+<p>
+Fra i più assidui visitatori di casa Pittui
+(durante il periodo della malattia) erano il Piana,
+lo Zara, il Serra, Peppe <i>il sorsinco</i>, i fratelli Dore
+d’Osilo, ed i fratelli Rassu di Tiesi, domiciliati
+a Florinas.
+</p>
+
+<p>
+Darò di essi alcuni brevi cenni<a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Giovanni Antonio Piana, mio coetaneo, era
+<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span>
+da poco tempo marito della matura serva di
+prete Pittui, la quale poteva essergli madre. Cugino
+del prete e zio di mia moglie, quel gradasso
+si dichiarava capace di darmi la caccia.
+</p>
+
+<p>
+Sebastiano Zara, pur parente di mia moglie
+e del prete, era il millantatore che per il primo
+avevo incontrato uscendo dal villaggio, il giorno
+dell’attentato. Egli aveva pronosticato la mia futura
+morte per opera sua.
+</p>
+
+<p>
+Il terzo visitatore assiduo, Francesco Serra,
+aveva la debolezza di credersi un potente, solo
+perchè si era dato a fare il <i>commissario</i> dei carabinieri.
+Io però sapevo, che costui, insieme a
+Paolo ed a Francesco Rassu, nonchè ad altri due
+ittiresi, aveva preso parte come mandante all’assassinio
+di don Peppe Serafino di Tiesi. Uno però
+della combricola (che poi finì sulla forca) era
+stato in seguito arrestato alla festa di S. Paolo
+in Monti, per un orologio d’oro colle iniziali dell’ucciso,
+da lui venduto al parroco del detto
+paese.
+</p>
+
+<p>
+Riservandomi a parlare a lungo della famiglia
+Rassu (ch’ebbe larga parte nei casi della mia
+vita) mi fermerò per ora sui due fratelli osilesi.
+</p>
+
+<p>
+I fratelli Giuseppe e Giomaria Dore, osilesi,
+quantunque notissimi ladri e sicari, erano
+sempre riusciti a sfuggire alla giustizia, mercè
+l’astuzia e l’intrigo.
+</p>
+
+<p>
+Giuseppe era compare di battesimo di prete
+Pittui; dal quale, aveva preso un <i>salto</i> in affitto,
+<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span>
+in società col fratello Giomaria e con un tal
+<i>Peppe di Sorso</i>.
+</p>
+
+<p>
+I due fratelli erano veduti di mal occhio a
+Florinas, e già da tempo si pensava al modo di
+sbarazzarne il paese.
+</p>
+
+<p>
+Ho già detto che a Florinas, nel pomeriggio
+dei giorni festivi, si soleva andare fuori dal paese,
+per la gara del tiro a segno. Come premio al
+vincitore, si metteva per bersaglio una gallina
+viva, un coltello, una berretta, od altro oggetto.
+</p>
+
+<p>
+Una domenica eravamo in numerosa comitiva,
+e ricordo fra gli altri i due fratelli Dore,
+Pietro Rassu, i preti Massidda e Pittui, il pretore,
+il cancelliere, e diversi cavalieri e giovani di distinta
+famiglia.
+</p>
+
+<p>
+In quel tempo (verso il 1847) era stata ordita
+fra i signori florinesi una specie di congiura
+per liberare il paese dai due fratelli sicari, dei
+quali si aveva paura, poichè gettavano ovunque
+il terrore. La giustizia in quei tempi dormiva,
+od era cieca, ed erano le popolazioni che pensavano
+a liberarsi dai malfattori. Fu deciso di
+uccidere Giuseppe a <i>smarro</i> (cioè a dire come
+per caso accidentale). Pietro Rassu si era incaricato
+del colpo, e per essere più sicuro nell’eseguirlo,
+aveva dato di piglio al fucile ad una canna
+del cancelliere: fucile a fulminante e non a piastra — cosa
+rara a quel tempo. Dopo diversi tiri al
+bersaglio (eseguiti fra il buonumore e gli scherzi
+della brigata) il Rassu, fingendo mettere la <i>capsula</i>
+<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span>
+nel luminello, lasciò partire il colpo in direzione
+di Giuseppe Dore, che gli stava vicino.
+La palla passò tra le gambe di quest’ultimo, ma
+non l’offese. Vi fu scambio di parole vivaci per
+l’imprudenza del tiratore, ma tutto finì lì, ascrivendo
+il falso tiro alla imperizia del Rassu nel
+maneggio dell’arma nuova.
+</p>
+
+<p>
+Volle il caso, che quella sera, forse per la
+soverchia carica di polvere, si spezzasse a Giuseppe
+il calcio del fucile. Nel rientrare in paese
+vi fu chi pensò trar partito da quell’accidente,
+che toglieva all’odiato sicario i mezzi di difesa.
+Verso la mezzanotte Giuseppe Dore venne assalito
+nella propria abitazione da una mezza dozzina
+di individui, i quali riuscirono a smantellargli il
+tetto della casa per fargli fuoco addosso. La moglie
+scappò sulla strada, in camicia; ed il marito
+seppe difendersi così abilmente, che rese vano
+l’attacco dei nemici.
+</p>
+
+<p>
+Persuaso, infine, che il vivere a Florinas era
+per lui pericoloso, Giuseppe Dore si decise a battere
+la campagna insieme al fratello Giomaria,
+per campare dal furto e per fare il sicario: mestiere
+molto lucroso a quei tempi, stante le inimicizie
+che dividevano le famiglie.
+</p>
+
+<p>
+I due fratelli osilesi avevano uno zio mugnaio
+(pur chiamato Dore) il quale era in urto
+col proprio genero Bertolo Bazzoni, agricoltore.
+Lo zio chiese aiuto ai nipoti per sbarazzarsene,
+e questi accettarono il mandato.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span>
+</p>
+
+<p>
+Ucciso Bertolo, il vecchio Dore voleva costringere
+la propria figlia a passare in seconde
+nozze con un di lui cugino mugnaio, che gli avrebbe
+prestato aiuto nella professione; ma la vedovella,
+inorridendo, si rifiutò di ubbidire ad un
+padre, che gli aveva ucciso il primo marito. In
+preda a spasimi atroci, la povera figliuola ne
+morì di crepacuore pochi mesi dopo.
+</p>
+
+<p>
+Appena compiuto il mandato di sangue, i due
+fratelli sicari si erano ritirati a <i>Giunchi</i>, presso
+una loro sorella zitellona.
+</p>
+
+<p>
+Andando a far legna sulla montagna, capitai
+un giorno in quella regione, ed assistetti per caso
+ad un vivo diverbio tra i fratelli Dore e certo
+Carboni; motivo per cui mi vidi citato come testimonio.
+</p>
+
+<p>
+Nel frattempo era stato arrestato lo zio Dore,
+uccisore del genero Bazzoni. I due nipoti, designati
+dalla voce pubblica come sicari, si erano dati
+alla latitanza durante l’istruttoria del processo.
+</p>
+
+<p>
+Fattosi a Sassari il dibattimento, alcuni testimoni
+di <i>vista</i> deposero essere il solo suocero
+l’uccisore di Bertolo; altri invece (comprati dalla
+ricca moglie dell’arrestato) riuscirono a provare,
+che nè lo zio, nè i nipoti avevano preso parte
+all’assassinio. La conclusione fu, che vennero
+tutti assolti. La voce pubblica imprecò alla corruzione
+di testi... ed anche di qualche giudice; ed
+io posso asserire in coscienza, che giammai sentenza
+più iniqua e più scandalosa fu pronunciata
+<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span>
+da un tribunale. Ed ora fidate nei dotti giudizi
+di una magistratura stipendiata, e deplorate l’istituzione
+dei Giurati!<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a>
+</p>
+
+<p>
+Poichè la Giustizia era stata così cieca o così
+venale in quel processo, non mancò chi volle
+surrogarsi ad essa. Tre mesi dopo, nell’agosto,
+un fratello dell’ucciso sborsò una somma ai due
+banditi Cambilargiu e Antonio Spano, i quali
+freddarono con una fucilata il suocero di Bertolo
+Bazzoni.
+</p>
+
+<p>
+Non voglio parlare d’altri brutti fatti, avvenuti
+per opera dei due fratelli Dore e del loro compagno
+<i>Peppe il sorsinco</i>. Accennerò solamente a
+quello dei quattro agricoltori partiti da Sorso, e
+venuti a Florinas, col pretesto di andare in cerca
+di uomini per la messe. Essi avevano dato ad intendere,
+che scopo della gita era quello di voler
+assalire nelle proprie case diversi nemici, che avrebbe
+loro indicati la sorella dei Dore. Il sindaco
+di Florinas, prendendo sul serio la minaccia,
+eccitò la popolazione alla propria difesa, suscitando
+un baccano che rasentò il ridicolo; ma la
+commedia si chiuse con una scenata in piazza,
+dove si addivenne ad una parvenza di pace generale,
+giurata fra molti bicchieri di vino e le
+baldorie carnevalesche.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span>
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Ed erano queste le persone, a cui il prete
+Pittui aveva affidato le vendette, e che attorniavano
+il suo letto nel gennaio del 1851. Tutti si
+erano compromessi di mettermi le mani addosso;
+e i fratelli Dore e <i>il sorsinco</i> avevano già ricevuto
+dal prete ottanta scudi, obbligandosi a darmi
+vivo o morto nelle mani della giustizia.
+</p>
+
+<p>
+Ma non erano i soli. Ad uno dei soliti convegni
+assistevano (insieme al Piana, allo Zara ed
+ai Rassu) due notabili signori di Florinas, i quali
+si erano vantati che non avrei tardato a cader
+vittima dei loro agguati.
+</p>
+
+<p>
+Ricordo un fatto. Poc’ora prima che mi si
+riferisse quest’ultima congiura, mentre me ne
+stavo sotto una roccia, a poca distanza dal paese,
+vidi passare a tiro del mio fucile i menzionati
+signori. Il destino ha voluto salvarli! Se di qualche
+ora avessero ritardato il viaggio, li avrei uccisi
+entrambi come due pernici. In seguito sbollì
+l’ira mia, e volli risparmiarli.
+</p>
+
+<p>
+I miei nemici convenivano in casa di prete
+Pittui per deplorare l’accaduto; e imprecando al
+sacrilego maledetto e al vile assassino, offrivano
+coraggiosamente il loro braccio vendicatore per
+ottenere la mia morte o la mia cattura. Essi potevano
+millantarsi a mio riguardo, perchè ero
+povero, e lontano dal paese; il prete invece era
+<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span>
+ricco e potente, e dovevano ingraziarselo per
+procurarsene la protezione. Quasi tutti avevano
+la camicia sporca, e temevano i ricorsi, palesi o
+anonimi, alle autorità di Sassari. Il ministro di
+Dio era in intimi rapporti coi ministri della giustizia — e
+fra ministri se la intendevano!
+</p>
+
+<p>
+I congiurati credevano di operare nel segreto,
+ma tutto io sapeva, poichè tutto mi si riferiva
+da persone intime della casa. Molti visitatori
+facevano una doppia parte, volendo allontanare
+da me il sospetto per sfuggire alla mia
+collera. Ben sapevano i furbi, che il prete poteva
+aggiustarli coi magistrati di Sassari, e proteggerli
+dentro paese; ma non così fuori di casa. Ero
+io il re della campagna — e alla campagna dovevano
+tutti venire, contadini e signori, per lavorare
+o sorvegliare le terre. E perciò si voleva,
+nel tempo stesso, lusingare il bandito ed il prete,
+col proposito di tradirci entrambi. Che importava
+loro delle persone? o cadessi io nelle mani del
+prete, o cadesse il prete nelle mie mani, era
+sempre una battaglia vinta per essi, perchè si
+liberavano da un nemico!
+</p>
+
+<p>
+Ed io ascoltava il consiglio di tutti, ma stavo
+in guardia, perchè di tutti dubitavo. Quantunque
+giovane ed inesperto, capivo che la paura legava
+a me quei consiglieri, ai quali tornava ugualmente
+vantaggioso il perdermi, od il salvarmi.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span></p>
+
+<h3 id="cap3-2">CAPITOLO III.
+<span class="smaller">La famiglia Rassu.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+L’essermi dato alla macchia impressionava
+non poco i miei nemici di Florinas. Ero per loro
+un bandito, un disperato che non avrebbe potuto
+frenarsi per alcun sentimento di riguardo personale,
+o di pietà. Si aveva paura di me, si
+temeva che una falsa informazione, un falso
+rapporto, un malinteso avessero apportato conseguenze
+fatali. Non pochi si erano messi al sicuro,
+per allontanare le cause che potessero destare
+un mio sospetto.
+</p>
+
+<p>
+Gavino Pintus, per esempio, (il padre della
+Maddalena Bua) aveva licenziato dalla sua casa
+il cognato Serra, perchè bazzicava troppo coi Dore
+e coi Rassu ed era <i>commissario</i> dei carabinieri.
+</p>
+
+<p>
+I fratelli Rassu erano di famiglia tiesina,
+domiciliati a Florinas. Con costoro ero in buoni
+rapporti, poichè uno di essi (Giuseppe) aveva
+sposato una mia zia. Tuttavia li guardavo di mal
+occhio, sapendoli gente abituata al malfare, e capace
+di prestarsi a qualunque delitto, senza scrupoli
+di sorta.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span>
+</p>
+
+<p>
+La famiglia Rassu si componeva di quattro
+fratelli — Pietro, Francesco, Paolo e Giuseppe — e
+di uno zio attempato, Giovanni Andrea, dal
+quale andavo a consigliarmi spesso, perchè lo
+ritenevo uomo di senno.
+</p>
+
+<p>
+Il giovane Paolo era stato di recente ucciso
+a Siligo, a causa d’una ragazza, di cui si era
+innamorato. L’uccisore era stato punito con una
+fucilata, datagli da uno dei fratelli di Paolo.
+</p>
+
+<p>
+La casa di Pietro Rassu era attigua a quella
+di mio suocero — come attigua a questa era la
+casa mia, quando l’abitavo insieme a mia moglie.
+Vedendoci e visitandoci con frequenza, si viveva
+di accordo come due buoni vicini, e il paese ci
+considerava quali amici.
+</p>
+
+<p>
+Dopo la mia latitanza si accrebbe l’odio mio
+verso i fratelli Rassu, poichè li sapevo d’accordo
+col prete per congiurare la mia rovina.
+</p>
+
+<p>
+Ero appena da quindici giorni bandito, quando
+uno strano accidente mi liberò da uno di essi:
+da Pietro Rassu.
+</p>
+
+<p>
+Fra i molti delitti da costui commessi impunemente,
+se ne annoverava uno, la cui istruttoria
+era in corso, e si aspettava da un giorno
+all’altro l’ordine di spiccare il mandato d’arresto.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno Pietro, nel suo ovile di <i>Corona
+majore</i>, aveva diviso il pranzo con <i>Monsiù</i> Maronero,
+il brigadiere dei carabinieri, che andava
+in perlustrazione. Prima di separarsene, volle dare
+a lui due capretti, dicendogli scherzando:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Te ne faccio un regalo, perchè tu mi usi
+un po’ di riguardo quando verrai per arrestarmi.
+</p>
+
+<p>
+Il brigadiere aveva risposto:
+</p>
+
+<p>
+— Siamo troppo amici, e farò di tutto per
+sottrarmi a questo doloroso incarico. Altri carabinieri
+ti arresteranno, non io di certo!
+</p>
+
+<p>
+Pietro Rassu soggiunse, serio:
+</p>
+
+<p>
+— Ed io ti prometto, dal mio canto, che in
+carcere non ci andrò, a costo di farmi ammazzare.
+Ci sono già stato quattro volte, e ormai ne
+sono stanco!
+</p>
+
+<p>
+Fu lo stesso Pietro, che mi confidò questo
+incidente.
+</p>
+
+<p>
+Trascorso un po’ di tempo, venne spiccato
+l’ordine d’arresto, e si aspettava l’occasione propizia
+per mettere in gabbia l’uccello.
+</p>
+
+<p>
+I buoni rapporti apparenti che io manteneva
+con Pietro, per essere egli stato mio vicino di
+casa, diedero a sospettare che anche bandito io
+andassi qualche volta a trovarlo. Una sera sul
+tardi, mio suocero, origliando alla parete che lo
+divideva dalla stanza di Pietro Rassu, credette di
+riconoscere la mia voce, e si affrettò ad avvisarne
+il prete Pittui. Questi mandò subito un espresso
+a Codrongianus per far venire i carabinieri.
+</p>
+
+<p>
+Il brigadiere <i>Monsiù</i> Maronero, con altri suoi
+compagni, accorsero nella stessa notte a Florinas,
+e si portarono segretamente in casa del notaio
+Giovanni Antonio Fiori, che aveva la moglie
+agonizzante. Ivi caricarono i fucili a mitraglia.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span>
+</p>
+
+<p>
+Era il 17 gennaio 1851 — giorno di Sant’Antonio.
+</p>
+
+<p>
+Da poco era trascorsa la mezzanotte, quando
+il brigadiere dispose l’appiattamento. Collocò un
+carabiniere dinanzi alla porta che dava alla strada;
+ed egli, a cavallo, si collocò in faccia alla
+finestra della camera posteriore, che dava ad un
+piccolo cortile, verso la campagna.
+</p>
+
+<p>
+Il brigadiere bussò al finestrino, dicendo:
+</p>
+
+<p>
+— Pietro, apri!
+</p>
+
+<p>
+— Aspetta un momento! — rispose Pietro,
+che immaginò si trattasse della sua cattura; e
+corse ad armarsi.
+</p>
+
+<p>
+Trascorsi alcuni minuti aprì la finestra, e si
+trovò di fronte al brigadiere a cavallo, che gli
+impediva l’uscita.
+</p>
+
+<p>
+— Datti a una parte! — fece Pietro, come
+avvertendo che voleva uscir fuori; ma quegli non
+si mosse.
+</p>
+
+<p>
+Allora Rassu, fattosi alla bassa finestra, die’
+uno spintone al cavallo colla canna del fucile, e
+lo costrinse a indietreggiare.
+</p>
+
+<p>
+<i>Monsiù</i> Maronero, intanto, aveva puntato il
+fucile alla finestra, in attesa che l’uomo saltasse
+per fargli fuoco addosso.
+</p>
+
+<p>
+Pietro Rassu, coll’audacia dei coraggiosi e
+dei disperati, montò il grilletto, e scavalcò d’un
+salto il davanzale della finestra, scaricando l’arma
+su <i>Monsiù</i> Maronero.
+</p>
+
+<p>
+In pari tempo scattò il grilletto del fucile
+<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span>
+del brigadiere. Si udirono due detonazioni, ed entrambi
+caddero a terra come fulminati.
+</p>
+
+<p>
+Quando accorsero gli altri carabinieri non
+trovarono che due cadaveri boccheggianti.
+</p>
+
+<p>
+Sono queste le stupide bravate di molti carabinieri;
+i quali, fidando unicamente nel proprio
+valore, non si mantengono mai sani di testa.
+Prima della spedizione essi hanno già in corpo
+Dio sa quanti bicchieri di vino e di acquavite,
+ed espongono ciecamente la vita, senza raggiungere
+l’intento.
+</p>
+
+<p>
+Il brigadiere Maronero non aveva mantenuto
+la parola data a Pietro Rassu... ed ebbe il
+fatto suo!
+</p>
+
+<p>
+Il caso della doppia uccisione (che aveva avuto
+a solo testimonio mio suocero, nella casa
+vicina) era stato così singolare, che per lungo
+tempo si tardò a prestarvi fede. La versione data
+fu questa: che io realmente mi trovassi in casa
+di Pietro Rassu; che questi, saltando dalla finestra,
+fosse stato ucciso dal brigadiere; che il brigadiere,
+alla sua volta cadesse morto per una
+mia fucilata; e che io, finalmente, fossi riuscito
+a raggiungere la campagna, prima che accorressero
+gli altri carabinieri.
+</p>
+
+<p>
+Ed era una versione stupida. Mi si voleva
+dare un’audacia valorosa, che non mi spettava.
+Avrebbe dovuto bastare il fatto della doppia detonazione
+e delle due canne scariche per convincersi
+della verità; ma non si voleva incolpare
+mio suocero di una falsa denunzia!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span>
+</p>
+
+<p>
+Il prete Pittui si morse le dita per dispetto;
+e mio suocero fu talmente impressionato dal pensiero
+della mia vendetta, che da quel giorno si
+chiuse in casa, si ammalò, e non volle più vedere
+nessuno.
+</p>
+
+<p>
+Quando appresi l’accaduto, esclamai con amaro
+sorriso:
+</p>
+
+<p>
+— E <i>uno</i>! Dio ha voluto farmi risparmiare
+una carica di polvere.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Continuerò la storia dei Rassu.
+</p>
+
+<p>
+Pietro e Francesco, sovratutti, erano in fama
+di ladri e di sicari; e dicevasi che il primo fosse
+il depositario delle ruberie che si commettevano.
+</p>
+
+<p>
+Cinque mesi dopo la morte di Pietro, avvenne
+l’assassinio della sua vedova, Giovanna
+Angela Manconi, rinvenuta scannata col rosario
+in mano.
+</p>
+
+<p>
+La voce pubblica non tardò ad affermare, che
+la poveretta fosse stata tolta dal mondo per mandato
+del proprio cognato Francesco, designato
+come tutore ad amministrare i beni dei nipoti
+minorenni.
+</p>
+
+<p>
+Il giorno precedente al barbaro assassinio
+mi trovavo per caso a <i>Scala ruja</i>, territorio di
+Florinas, quando m’imbattei in Francesco Rassu,
+il quale, a cavallo, si diriggeva verso il paese,
+portando in groppa un bandito.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span>
+</p>
+
+<p>
+Come mi viddero e mi riconobbero, il bandito
+smontò da cavallo e mi chiamò a nome.
+</p>
+
+<p>
+Io feci il sordo e continuai la mia strada,
+seguito da un grosso mastino.
+</p>
+
+<p>
+Persistendo il bandito a darmi la voce, mi
+fermai.
+</p>
+
+<p>
+— Che volete? — chiesi.
+</p>
+
+<p>
+— Vieni con noi; abbiamo bisogno di sbrigare
+un affare urgente.
+</p>
+
+<p>
+Mi accorsi subito che non aveano rette intenzioni
+a mio riguardo. Sapevo già della congiura
+fatta in casa del prete, e diffidavo di
+Francesco.
+</p>
+
+<p>
+— Fate buon viaggio e andate per la vostra
+strada! — gridai rimettendomi in cammino, e
+risoluto di far fuoco su entrambi, se avessero persistito
+a tormentarmi col loro invito.
+</p>
+
+<p>
+Capitai poco dopo nella capanna di un mio zio — Gio.
+Maria Giavesu — a cui narrai l’accaduto:
+</p>
+
+<p>
+— Vedi? — gli dissi con amarezza — oggi
+ho corso il pericolo di romperla con Francesco
+Rassu. Mi sono contenuto per seguire il tuo
+consiglio!
+</p>
+
+<p>
+— Ed hai fatto bene. Non voglio che tu l’uccida.
+Egli è nostro parente, poichè ha in moglie
+una tua cugina, e sarebbe un’onta se si dicesse
+che noi beviamo il sangue nostro!
+</p>
+
+<p>
+La stessa sera sul tardi, invitato da un amico,
+passai la notte a Florinas. Verso l’alba del
+giorno seguente ci venne data la notizia dello
+<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span>
+sgozzamento della vedova di Pietro Rassu. Il
+cognato Francesco, forse per allontanare i sospetti,
+nel momento in cui veniva consumato
+l’assassinio, discorreva in piazza col proprietario
+del bestiame datogli in custodia.
+</p>
+
+<p>
+Trascorso qualche giorno, si sparse ad arte
+la voce, che il vero uccisore dei coniugi Rassu
+ero io. Compresi lo scopo della diceria: si voleva
+aggravare il mio attentato contro la vita di prete
+Pittui, designandomi come sanguinario.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Il terzo fratello dei Rassu — Giuseppe — era
+mio parente, perchè ammogliato con Maria
+Rosa Bazzone, sorella di mia madre. Era costui
+d’animo malvagio come gli altri fratelli, ma dominato
+da mia zia, donna energica e di carattere
+forte, finì per contenersi.
+</p>
+
+<p>
+— Bada Giuseppe! — gli diceva la moglie — se
+hai caro di non morire in galera, devi allontanarti
+da’ tuoi congiunti, due dei quali morirono
+di palla. Rimani in casa con me, e non
+avrai malanni!
+</p>
+
+<p>
+Francesco Rassu, nominato tutore dei figli
+di Pietro, fu deluso nelle sue speranze. Egli non
+aveva trovato nessun deposito di danaro in casa
+della cognata; e divenne così irascibile e intrattabile,
+che i nipoti non vollero convivere con lui.
+</p>
+
+<p>
+Si diceva in paese, che i danari della vedova
+<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span>
+assassinata fossero stati nascosti in campagna dal
+figliuolo sedicenne Salvatore, che li aveva rinvenuti.
+E la diceria veniva avvalorata dal fatto,
+che Salvatore era uscito dalla casa paterna, non
+appena lo zio vi era entrato come tutore. Il fiero
+giovane era andato a convivere con lo zio Giuseppe,
+marito di mia zia.
+</p>
+
+<p>
+In quel tempo Ignazio Piana (marito di mia
+sorella Andriana) abbisognando nella Nurra d’uomini
+di lavoro, aveva preso seco il giovane Salvatore,
+come servo di fiducia.
+</p>
+
+<p>
+Mio cognato mi diceva spesso:
+</p>
+
+<p>
+— La donna che sposerà mio nipote farà la
+sua fortuna, poichè possiede molto danaro.
+</p>
+
+<p>
+Ed io gli rispondevo:
+</p>
+
+<p>
+— Se avessi cento figlie non ne darei una
+a tuo nipote, poichè il danaro ch’ei possiede non
+è che il frutto di furti e grassazioni.
+</p>
+
+<p>
+Stando al servizio di Ignazio Piana, Salvatore
+si era più volte recato a Florinas per ritirare
+il suo denaro, che aveva dato in custodia
+ad una zia convivente con un prete.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno mi pregò di comprargli un pistola,
+ma andato in paese per chiedere quindici scudi,
+gli vennero rifiutati dal prete e dalla zia.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Lascio per ora indietro il giovane Salvatore,
+per parlarvi di Francesco, il più forte, il più coraggioso
+<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span>
+e il più temuto dei fratelli Rassu, e sul
+quale il prete Pittui faceva assegnamento per
+potersi sbarazzare di me.
+</p>
+
+<p>
+Non pochi erano i misfatti commessi da costui,
+sebbene la giustizia non fosse ancora riuscita a
+coglierlo in fallo. Ci odiavamo entrambi cordialmente;
+ma l’odio nostro era sotto cenere. Il ramo
+di parentela, che ci univa, ci obbligava a vivere
+sul tirato; ma si aspettava da entrambi un appiglio
+per poter cacciar fuori tutto il fiele che
+avevamo in corpo.
+</p>
+
+<p>
+Fra i delitti di Francesco Rassu citerò il più
+vigliacco: l’assassinio dell’Eremitano di Santa
+Maria di Ese (o Sea) — un bonaccione, un mezzo
+scemo, chiamato Peppe.
+</p>
+
+<p>
+Insieme alla mamma e a diversi piccoli fratelli,
+quel disgraziato viveva in parecchie casette
+basse, a guardia della chiesa campestre. Come
+tutti gli <i>eremitani</i> sardi, egli aveva l’obbligo di
+aprire la porta della chiesa a tutti i devoti che
+vi si recavano per farvi orazione. La povera famigliuola
+non viveva che delle magre limosine
+che i visitatori le davano, dello scarso frutto di
+un lembo di terra coltivabile, e dell’allevamento
+di qualche bestia, a mezzadria.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno certo Andrea Alichinu, già orefice
+ed allora bandito, capitando tutto solo nel
+casale di Santa Maria (fra Banari e Florinas) adocchiò
+una troia coi porcellini che stavano sull’uscio
+di casa.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Me ne regali uno? — egli chiese a Peppe.
+</p>
+
+<p>
+— Non posso regalartelo, poichè siamo molto
+poveri. La troia non è tutta nostra: l’abbiamo a
+metà col proprietario che ce l’ha data in custodia.
+</p>
+
+<p>
+Il bandito tacque e tirò oltre; ma recatosi
+sul tardi in casa di Francesco Rassu, gli parlò
+del porcellino, della troia, e del rifiuto.
+</p>
+
+<p>
+— Perdio! — fece Rassu — Peppe t’ha negato
+un porcetto, e noi glieli prenderemo tutti!
+</p>
+
+<p>
+La stessa notte Alichinu, Rassu, e parecchi
+altri si recarono alla chiesetta campestre per rubarvi
+i porcellini.
+</p>
+
+<p>
+L’eremitano dormiva. Al grugnito della troia
+si svegliò, tese l’orecchio, die’ di piglio al fucile
+e uscì fuori.
+</p>
+
+<p>
+Francesco Rassu, ch’era appiattato in vicinanza
+per favorire il rapimento, fece fuoco addosso
+allo scemo e lo rese cadavere. I ladri si
+affrettarono a piombare sui porcellini, e li portarono
+via, ridendo del bel tiro riuscito.
+</p>
+
+<p>
+Impossibile descrivere la disperazione della
+famigliuola per il caso luttuoso. Più volte ebbi
+occasione di passare dinanzi alla casetta di Santa
+Maria, e vidi la povera madre e i figliuoletti, laceri,
+scalzi, in uno stato miserando. Lasciavo loro
+qualche lira, qualche pane, e qualche pezzo di
+carne. Una sera la povera vecchia si presentò a
+me seminuda, ed io mi tolsi una flanella di cotone
+(ne avevo due indosso) e glie ne feci dono.
+Un altro giorno portai a quella famiglia un maialetto
+<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span>
+regalatomi da mia sorella, promettendo di
+dargliene la metà quando lo avrebbero ingrassato.
+Venuto grande glie lo lasciai per intiero.
+</p>
+
+<p>
+Non vi sembri ridicolo. Il barbaro assassinio
+dell’eremitano, consumato vigliaccamente da
+Francesco Rassu, non fu l’ultima causa dell’odio
+implacabile ch’io nutriva verso di lui. Ho sempre
+detestato i vili ed i vigliacchi, tormentatori
+delle donne o dei deboli.
+</p>
+
+<p>
+Mi sono alquanto dilungato, per presentarvi
+alcuni membri della famiglia Rassu, che rivedremo
+più tardi. Ora ho bisogno di tornare indietro,
+per riprendere il filo della mia storia.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span></p>
+
+<h3 id="cap4-2">CAPITOLO IV.
+<span class="smaller">Si apre la campagna.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Ero finalmente guarito dalle <i>legature</i> di prete
+Pittui.
+</p>
+
+<p>
+Cominciai dunque il mio pellegrinaggio per
+monti e per pianure, per boschi e per valli, recandomi
+da un ovile all’altro, sempre sospettoso,
+coll’occhio aperto, l’orecchio teso, la mano al fucile
+od al pugnale.
+</p>
+
+<p>
+Il primo mese di banditismo mi riuscì penoso,
+insopportabile. Abituato com’ero ad una
+vita attiva, all’assiduo lavoro, quell’errare incerto
+da un punto all’altro, ignaro del dove avrei passato
+la notte, colla mente sempre intenta a sfuggire
+un pericolo, coll’animo deliberato a lottare
+disperatamente contro i nemici della mia libertà,
+mi rendeva irrequieto, irascibile, di cattivo umore.
+Le giornate mi parevano eterne, le notti interminabili.
+</p>
+
+<p>
+Scorrendo le campagne da mattina a sera,
+io vedeva dovunque donne e uomini intenti ad
+arare, a seminare, a raccogliere le olive; m’imbattevo
+assai spesso in frotte allegre che andavano
+<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span>
+o tornavano dal lavoro chiacchierando e
+cantando; ed io continuava il mio eterno giro per
+i campi aperti e per le terre altrui: io, il grande
+ozioso in mezzo a tanti lavoratori!
+</p>
+
+<p>
+La mamma, la mia povera mamma, a quando
+a quando, dietro l’ambasciata ch’io le mandava
+per mezzo di qualche fido parente, veniva a recarmi
+un po’ di provvista nei punti da me indicati;
+e faceva persino due ore di strada, a
+piedi, per portarmi un pane fresco, o la biancheria
+da cambiarmi. Le lagrime di quella buona vecchia,
+che pregava la Vergine e i Santi per la
+mia conservazione, erano per me stille di piombo
+che alimentavano l’odio verso i miei nemici.
+</p>
+
+<p>
+Mi ero spinto più volte fino alle lontane
+terre della Nurra ed alle campagne d’Osilo, di
+Sorso e di Alghero; ma finivo sempre per tornare
+ai dintorni di Florinas, dove avevo parenti
+da consultare, vendette da compiere.
+</p>
+
+<p>
+Per rendere meno penoso il mio ozio involontario
+mi procurai un sillabario. Colla paziente
+perseveranza del bandito, passavo due o tre ore
+al giorno a compitare stentatamente le sillabe,
+senza aiuto di alcun maestro. Rammentavo qualche
+lezione appresa alla scuola del villaggio, e
+leggevo a voce alta, con meraviglia del mio cane,
+che mi guardava con tanto d’occhi. Il messale
+della parrocchia, che avevo maneggiato per tre
+anni, lungo la mia carriera di sagrestano, mi era
+servito per apprendere le lettere maiuscole; ma
+<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span>
+le benedette minuscole mi riuscivano di difficile
+lettura, e mi facevano sudar freddo. Avevo pazienza.
+Non erano i lavori di campagna che mi
+toglievano il tempo!
+</p>
+
+<p>
+Poco per volta, dopo il primo mese, mi ero
+abituato alla vita errante: l’ozio non mi tormentava
+più. Io pensava a’ miei nemici, al modo di
+assalirli, o di difendermi da essi — ed anche
+questa è un’occupazione come un’altra. Lavoravo
+colla mente, invece di lavorare col braccio — ecco
+tutto!
+</p>
+
+<p>
+Per più di un anno non ebbi per compagno
+che un cane terribile, cui posi nome <i>Pensa
+pro te</i>! Aveva l’intelligenza di un <i>cristiano</i>. Bastava
+ch’io gli dicessi: — Togli il berretto a quell’uomo! — Avventati! — Sta
+fermo! — Oppure:
+Va con quell’amico e non fargli male! — perchè
+esso mi capisse. In sua compagnia io poteva affrontare
+quattro nemici; ed era capace ad un mio
+cenno di sbranarli tutti. Appena mi vedeva addormentato,
+esso si coricava vicino a me e mi
+poneva il muso sulla coscia. Se udiva il minimo
+rumore, mi svegliava con lunghi gemiti, ma senza
+abbaiare per non compromettermi.
+</p>
+
+<p>
+Quantunque vivente nell’isolamento, ero minutamente
+informato delle mosse de’ miei nemici:
+nemici di due specie — i palesi, da cui sapevo
+guardarmi: e quelli che congiuravano nell’ombra,
+fingendo proteggermi di pieno giorno.
+</p>
+
+<p>
+La mia carriera di bandito era aperta. L’uomo
+<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span>
+che si dà alla macchia non ha che tre sole preoccupazioni:
+vendicarsi anzitutto dei nemici a cui
+deve la propria disgrazia; sfuggire alle insidie
+della giustizia che gli manda dietro i carabinieri;
+e punire severamente le spie, che per danaro od
+altra ragione, tramano la morte o la cattura dei
+latitanti.
+</p>
+
+<p>
+Quasi ogni giorno mi si comunicava qualche
+notizia, attinta ai convegni segreti di casa
+Pittui. Era dunque cominciata la caccia feroce
+al sacrilego schiaffeggiatore di un prete! Le poste
+erano state assegnate dal capo cacciatore, e i
+cani venivano sguinzagliati contro il cinghiale
+della foresta. Ma io stava all’erta; ero tutt’occhi,
+tutt’orecchi, perchè disposto a vender cara la
+mia pelle.
+</p>
+
+<p>
+I fratelli Dore avevano già ricevuto un acconto
+sul prezzo del tradimento a mio danno,
+nè più si recavano a visitare la casa del prete
+infermo<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Pochi giorni dopo l’uccisione di Pietro Rassu
+e del brigadiere Maronero, venni avvertito, che
+la notte di San Sebastiano (in gennaio) il <i>commissario</i>
+Francesco Serra, in compagnia di Francesco
+<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span>
+Rassu, avevano fatto una visita a tutti gli
+ovili ed ai molini di Florinas e d’Ossi, con lo
+scopo di darmi la caccia, o di attingere indizî
+sui luoghi del mio rifugio. Essi operavano sotto la
+direzione e dietro i suggerimenti di prete Pittui,
+il cui odio contro di me, come il mio verso di
+lui, dovevano spegnersi colla morte di entrambi.
+</p>
+
+<p>
+Mi trovavo un giorno insieme al bandito Antonio
+Rassu d’Ittiri (lontano parente dei famosi
+sicari). I compagni dei banditi non possono essere
+fior di galantuomini, ed il mio era già stato
+sette anni in galera, per aver ucciso un giovane
+a pugnalate.
+</p>
+
+<p>
+Ci recammo insieme all’ovile di Antonio
+Luigi Carboni (in <i>sas coas de medallu</i>) dove sapevo
+di trovare l’osilese Giuseppe Dore, uno dei famosi
+sicari incaricato di uccidermi, ed a cui il prete
+aveva già sborsato un acconto di ottanta scudi.
+</p>
+
+<p>
+Come la sera c’imbattemmo nel Dore, questi
+esclamò vivamente, rivolto al mio compagno:
+</p>
+
+<p>
+— Se tu non fossi stato in compagnia di
+Giovanni Tolu, ti avrei ucciso!
+</p>
+
+<p>
+Gli dissi pacatamente:
+</p>
+
+<p>
+— E avresti fatto male.
+</p>
+
+<p>
+— Avrei fatto bene, poichè costui è un mio
+nemico!
+</p>
+
+<p>
+— Non ti è nemico — soggiunsi con sussiego — Quando
+fosti aggredito dentro casa a
+Florinas, Antonio non faceva parte della combricola
+degli assalitori. Ci saranno stati i Rassu,
+<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span>
+suoi parenti, ma non lui. Tu ben lo sai quali
+siano i tuoi veri nemici!
+</p>
+
+<p>
+Le gesta di Dore mi erano tutte note. Due
+giorni addietro, in compagnia d’altri, aveva dato
+l’assalto ad un ovile d’Ossi, maltrattando un povero
+servo, a cui rubò quattro pecore.
+</p>
+
+<p>
+Scambiate con lui poche altre parole, salutai
+Dore dicendogli, ch’eravamo diretti ad Ittiri.
+</p>
+
+<p>
+— Non vi lascio andar via! — esclamò Dore
+con affettuosa premura — Stanotte mangieremo
+un boccone insieme. Ci ho carne grassa da far
+cuocere!
+</p>
+
+<p>
+Era quella delle pecore rubate.
+</p>
+
+<p>
+Venne messa intanto la carne al fuoco, ed
+entrammo nell’ovile. Ero in casa del sicario del
+prete, e dovevo stare ad occhi aperti.
+</p>
+
+<p>
+Avevo meco <i>Pensa pro te</i>, il fido cane, che
+conducevo a mano con una catena. Anche Dore
+era seguito da una buona cagna, che mi sbirciava
+cogli occhi iniettati di sangue.
+</p>
+
+<p>
+Si era nel mese di maggio, e verso le nove
+sedemmo a tavola per mangiare — coi fucili fra
+le ginocchia, s’intende!
+</p>
+
+<p>
+Non avevamo ancora terminato il pasto,
+quando udimmo i cani abbaiare.
+</p>
+
+<p>
+Balzammo in piedi di scatto, e uscimmo tutti
+e quattro all’aria aperta: io, Rassu, un giovane
+pastore e Giuseppe Dore. Quest’ultimo si era armato
+in un attimo di fucile, di pistola e di daga,
+poichè si considerava come un mezzo bandito.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Se sono carabinieri — esclamò con spavalderia — li
+farò saltare in aria!
+</p>
+
+<p>
+Io sorrisi. Coll’occhio intento ad ogni sua
+mossa, gli stavo alle costole, temendo qualche
+brutto tiro.
+</p>
+
+<p>
+Uscimmo fuori per esplorare i dintorni.
+</p>
+
+<p>
+La notte era chiara, serena. Non spirava un
+filo d’aria.
+</p>
+
+<p>
+L’uno dietro l’altro c’inoltrammo per un
+tratto di terreno, tutto coperto di cardi selvatici.
+</p>
+
+<p>
+Io osservai:
+</p>
+
+<p>
+— Parmi non sia prudenza andare così uniti.
+Sarà meglio sbandarci alquanto, per metterci al
+sicuro da qualche agguato.
+</p>
+
+<p>
+Rompemmo infatti l’allineamento, e prendemmo
+diverse direzioni, l’uno discosto dall’altro.
+</p>
+
+<p>
+Siccome non perdevo d’occhio Giuseppe, mi
+avvidi che due volte mi aveva sbirciato. Egli
+pensava, forse, di saldare il suo debito col prete!
+</p>
+
+<p>
+A un tratto il giovane pastore si fermò; e
+voltandosi, ci avvertì con voce sommessa di aver
+veduto qualche cosa muoversi lungo la costiera.
+Aggiunse che temeva si trattasse di gente appiattata.
+</p>
+
+<p>
+Si continuò la strada guardinghi. Tanto il
+giovane, quanto Dore, fecero diversi spari in direzione
+della costiera. Io mi guardai dal far fuoco,
+poichè il bandito col fucile scarico è un uomo
+morto. I colpi non devono andar perduti!
+</p>
+
+<p>
+Ci eravamo così sbandati; ma dopo una mezz’ora,
+per diverse parti, rientrammo nell’ovile.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span>
+</p>
+
+<p>
+Uno solo mancava di noi quattro: Giuseppe
+Dore; e invano lo aspettammo...
+</p>
+
+<p>
+L’indomani all’alba fu rinvenuto sdraiato
+bocconi, sull’erba. Lo si credeva addormentato,
+ma invece era morto da una fucilata.
+</p>
+
+<p>
+— Chi l’avrà ucciso?! — esclamò con terrore
+il giovane pastore.
+</p>
+
+<p>
+— Lo saprà Iddio! — risposi facendomi il
+segno della croce. E a fior di labbro mormorai:
+</p>
+
+<p>
+— Decisamente i sicari dei preti non hanno
+fortuna!<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a>
+</p>
+
+<p>
+Un Dore era sparito, ma restava l’altro.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Qualche tempo dopo la morte di Giuseppe,
+un certo Sanna (un amico che aveva conti da
+aggiustare con l’altro fratello Giomaria) m’invitò
+a tenergli compagnia per togliere di mezzo quel
+cattivo soggetto. Trattandosi di un nemico che
+odiavo mortalmente, accettai volentieri.
+</p>
+
+<p>
+Dovevamo incamminarci verso Sorso, dove
+allora Giomaria si trovava.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span>
+</p>
+
+<p>
+A metà strada c’imbattemmo per caso nei
+tre banditi Pietro Cambilargiu, Antonio Spano e
+Salvatore Fresi; i quali ci confidarono essere diretti
+a Sorso, incaricati dell’uccisione di Giomaria
+Dore. Ci unimmo a loro, tacendo che lo scopo
+della nostra gita era il medesimo.
+</p>
+
+<p>
+Movemmo tutti e cinque insieme, guidati da
+una spia, che doveva indicare la vittima, sconosciuta
+ai tre sicari.
+</p>
+
+<p>
+Arrivati alla punta di un ciglione, la spia si
+fermò; e dopo averci indicato un individuo lontano,
+che stava in mezzo ad un campo, proseguì
+tutto solo per la strada di Sorso.
+</p>
+
+<p>
+Come ci appressammo all’uomo designato,
+io e Sanna (che conoscevamo di persona Dore)
+avvertimmo i compagni che non facessero fuoco,
+perchè non era lui.
+</p>
+
+<p>
+Intanto la spia, arrivata a Sorso, si era data
+premura di annunziare che i cinque banditi (me
+compreso) avevano ucciso Giomaria Dore.
+</p>
+
+<p>
+La notizia era falsa, perchè quel giorno ci
+fu impossibile trovare Dore. Ad altro era riserbata
+tanta fortuna. Giomaria fu mortalmente ferito
+una settimana dopo. Ebbe tre palle nella
+schiena e sopravvisse sette giorni.
+</p>
+
+<p>
+La morte dei fratelli Dore fu accolta con
+viva gioia dagli abitanti di Sorso, di Florinas,
+d’Ossi, e d’altri villaggi circonvicini. Nessuno
+pianse la scomparsa dal mondo dei due ladri e
+sicari. E questa pubblica dimostrazione di contento
+<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span>
+valse pure a tranquillare la coscienza degli
+uccisori, che avevano reso un buon servizio al
+paese.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Avevo veduto tante volte i miei nemici in
+sogno — e ai sogni io credeva.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno sognai di camminare in una viottola
+stretta, accompagnato da <i>Pensa pro te</i>. Ad
+un tratto vidi venirmi incontro i due fratelli
+Dore e Peppe il <i>Sorsinco</i>. Spianai il fucile contro
+di essi, ma mi si ruppe il calcio. Diedi allora di
+piglio alla daga, e ne pugnalai uno. Gli altri due
+scomparvero nella nebbia. Ma perchè nel sogno
+non avevo pensato ad aizzare il mio cane contro
+di essi?
+</p>
+
+<p>
+Mi svegliai colla fronte madida di sudore.
+Pochi giorni dopo, a breve distanza dall’ovile di
+<i>Sas coas de medallu</i>, venne ucciso Giuseppe.
+</p>
+
+<p>
+Un’altra volta vidi in sogno due poliziotti.
+Ne uccisi uno, ma l’altro scomparve, non so come.
+All’indomani, a caccia, mi trovai di fronte a due
+grossi cinghiali: uno ne atterrai, l’altro mi sfuggì,
+senza che io lo vedessi correre.
+</p>
+
+<p>
+Lo confermo: i miei sogni si avveravano
+sempre!<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a>
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span>
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Nei primi mesi della mia latitanza mi aggiravo
+da una campagna all’altra, sempre sperando
+d’imbattermi in qualche mio nemico; ma
+debbo pur dire, che quasi tutti i misfatti che in
+quel tempo si commettevano, venivano a me caricati.
+Sotto il mio nome non pochi compivano
+le loro vendette, o assassinavano per furto, sfuggendo
+alle ricerche della giustizia. Triste condizione
+dei banditi! — Basti il fatto, che nel giro
+di poche settimane vennero istruiti tredici processi
+per delitti consumati nel territorio di Florinas;
+e in quasi tutti venni complicato per i
+raggiri e gli intrighi de’ miei nemici, che si raccoglievano
+a consiglio nella camera da letto del
+sacerdote Pittui.
+</p>
+
+<p>
+Uno di costoro — Giovanni Antonio Piana,
+marito della serva del prete e zio di mia moglie — mentre
+un giorno in campagna conversava
+con diversi suoi amici, ebbe il braccio spezzato
+da una fucilata, datagli da incognita mano. Trasportato
+all’ospedale di Sassari gli vennero estratte
+le palle, e guarì dopo lunga e penosa malattia.
+</p>
+
+<p>
+Anche per questo colpo fu messo in campo
+il mio nome; ma lo stesso ferito dichiarò, che il
+tiro non poteva venirgli che da due ladri di buoi,
+che egli, come capitano dei barracelli, aveva fatto
+arrestare, costringendoli ad attraversare il villaggio
+<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span>
+col cuoio rubato sulle spalle. La diceria
+a mio carico questa volta non mi spiacque: mi
+spiacque solamente che la fucilata data a Giovanni
+Antonio gli avesse rotto il braccio, invece
+di troncargli la vita. Ma su questo fatto tornerò
+più tardi<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Nel medesimo tempo era stato ucciso con
+arma da fuoco un certo Congiatu, mentre lavorava
+nella vigna di suo cognato Sebastiano Zara,
+lo spavaldo cugino del prete. Si affermò da taluno
+(e diceva il vero!) che l’uccisione era stata
+fatta per sbaglio da un congiunto dello stesso
+Zara, che andava in cerai di me. Tuttavia non
+mancò chi mi volle colpevole, asserendo aver io
+tolto di mezzo il Congiatu, solo per dare <i>un avviso
+di minaccia</i> al mio nemico, parente dell’ucciso.
+Tutte fandonie e calunnie!
+</p>
+
+<p>
+La morte del cognato impressionò talmente
+Salvatore Zara, che egli si chiuse in casa, nè
+volle recarsi in campagna, temendo ch’io lo uccidessi.
+Alcuni miei amici e diversi signori di
+Florinas vennero a me per pregarmi di far
+grazia allo Zara, che aveva bisogno di lavorare
+per vivere. Cedetti infine alle preghiere, e feci
+dire al mio nemico, che andasse pur liberamente
+<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span>
+in campagna, ma badasse al fatto suo. Egli mi
+ringraziò, tornò al lavoro, e da quel giorno visse
+tranquillo. Io ben comprendeva che questi poveri
+diavoli si atteggiavano a spavaldi, solo per
+far piacere al prete; poichè infine non potevano
+odiarmi, dal momento che nessun’offesa avevano
+da me ricevuto.
+</p>
+
+<p>
+Fui parimenti accusato in quei giorni dell’assassinio
+d’un contadino, che aveva rubate alcune
+pecore, e il cui cadavere fu rinvenuto in
+un salto di <i>Giunchi</i>.
+</p>
+
+<p>
+L’intenzione di complicarmi in nuovi processi
+si era manifestata ne’ miei nemici, anche
+prima ch’io attentassi alla vita di prete Pittui.
+</p>
+
+<p>
+Il giorno di S. Francesco (in ottobre) mentre
+tra la folla assisteva ai fuochi artificiali, veniva
+ucciso con un colpo di pistola certo Bartolo Piras.
+L’uccisore finì per essere scoperto e condannato
+alla galera in vita; eppure, non so ancora perchè,
+il fisco pretendeva di rendermi complice di
+quella morte. Mi diedi ragione dell’accusa, quando
+appresi che l’ucciso era fra i più intimi confidenti
+di prete Pittui: l’uomo, cioè, di cui egli si serviva
+per consegnare in mano delle autorità di
+Sassari i famosi <i>ricorsi</i>, a danno dei nemici che
+voleva ad ogni costo perdere.
+</p>
+
+<p>
+Era questo il prediletto sistema di quei tempi
+disgraziati. Si sapeva, che una volta cacciato
+l’uomo in carcere, reo o innocente, esso vi marciva
+per mesi ed anni, in espiazione delle molestie
+<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span>
+date ai signorotti del paese, od ai ministri
+di Dio. Nel 1850 era questa la bella giustizia di
+Sardegna!
+</p>
+
+<p>
+Rassegnato al mio destino, io sopportavo pazientemente
+le calunnie de’ miei avversari, ma non
+le dimenticavo. Il rettore di Dualchi aveva sciolto
+le mie <i>legature</i>, ed io smaniavo di vendicarmi:
+non solo di quanti erano stati causa della mia
+disgrazia, ma anche dei vigliacchi che per lucro,
+per millanteria, o per malvagità, si prestavano a
+darmi la caccia, o a farmi la spia.
+</p>
+
+<p>
+Non potevo sperar tregua, finchè respiravano
+Francesco Rassu e il sacerdote Pittui.
+</p>
+
+<p>
+Nell’ardore de’ miei vent’otto anni mi tormentava
+la sete della vendetta — ma avevo
+anche la pazienza di aspettare!
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span></p>
+
+<h3 id="cap5-2">CAPITOLO V.
+<span class="smaller">Chi nasce, e chi muore.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Alzatosi da letto, guarito dalle contusioni,
+il prete Pittui si mostrò più feroce che mai contro
+di me. Da lungo tempo la sua casa era stata il
+convegno de’ più tristi del paese. Fu là che i
+fratelli Rassu, i fratelli Dore, il <i>commissario</i>
+Serra, Giovanni Maria Piana avevano congiurato
+la mia cattura. Ma non erano ancora riusciti nell’intento,
+e parecchi di essi erano stati puniti per
+mano mia, o per mano del destino.
+</p>
+
+<p>
+Il sacrilegio da me commesso mi aveva attirato
+addosso le ire di molti compaesani; il cui
+scopo, d’altra parte, non era stato che quello
+d’ingraziarsi l’influente prete, intimo amico dei
+principali giudici ed avvocati di Sassari
+</p>
+
+<p>
+Si conoscevano da lungo tempo, in paese,
+le tresche, i raggiri, le prepotenze, e sovratutto
+i <i>ricorsi</i> che il buon ministro di Dio soleva mandare
+alle autorità di Sassari, contro gli sconsigliati
+che cadevano in sua disgrazia.
+</p>
+
+<p>
+Dopo essere stato un mesetto in casa, il
+prete tornò a dir messa all’Oratorio di Santa
+<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span>
+Croce; nè aveva voluto rinunziare alle sue gite
+a Sassari, dove si recava ogni tanto, sempre
+scortato da tre o quattro carabinieri, che richiedeva
+alle autorità per la propria sicurezza.
+</p>
+
+<p>
+Trascorso qualche mese, e sbollite le ire,
+non mancarono in paese le persone che deploravano
+la non riuscita del mio attentato; perocchè
+il prete continuava ad inasprire gli animi
+colle prepotenze, creando i malcontenti.
+</p>
+
+<p>
+Certo Pietro Sanna, bosano, e certo Antonio
+Maria Deiana, vennero un giorno da me, in campagna,
+offrendosi a facilitarmi il mezzo d’introdurmi
+in casa di prete Pittui per ucciderlo. Costoro
+appartenevano ad una combricola di ladruncoli, i
+quali si vantavano possessori di grimaldelli, che
+aprivano qualunque porta. Li ringraziai, ma non
+volli accettare la loro offerta, perchè diffidavo
+di essi: temevo qualche perfidia da parte del sacerdote,
+capace di ogni tranello, pur di avermi
+nelle mani.
+</p>
+
+<p>
+Delle congiure che si facevano in casa del
+prete — come dissi altra volta — io veniva informato
+da persona intima della famiglia; e posso
+aggiungere (non lo rivelai finora a nessuno!) che
+la stessa serva del prete, la zia di mia moglie,
+mi aveva più volte fatto avvertire, che mi guardassi
+dai Rassu, dai Dore, e da altri. Non seppi
+mai spiegarmi tanta tenerezza da sua parte.
+Temeva forse per suo marito? aveva paura della
+disperazione di un bandito? sentiva forse rimorso
+<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span>
+e compassione per la disgrazia toccatami? od era
+forse qualche recente rancore col suo padrone
+che la spingeva a sventargli le trame? Non son
+riuscito a spiegarmelo. Certo è, che dovetti alle
+sue avvertenze l’essere scampato a molti agguati;
+e potei, mercè sua, conoscere la perfidia di certi
+parenti ed amici, che mi tradivano in segreto.
+Non bisogna negare che la paura di un bandito
+desta in tutti una viva apprensione, e tutti fanno
+a gara per offrirgli protezione ed aiuto, per riceverne
+in cambio aiuto e misericordia — salvo
+più tardi a tradirlo quando capita il destro.
+</p>
+
+<p>
+Una sera stavo seduto a ridosso d’un’alta
+roccia, a poca distanza dal paese. Vidi ad un
+tratto sullo stradone due preti che venivano verso
+Florinas dalla parte di Sassari. Mi parve di riconoscere
+in uno di essi Giovanni Masala Pittui,
+e decisi di farla finita con una buona fucilata.
+</p>
+
+<p>
+Montai il grilletto, spianai l’arma, e aspettai
+che i due transitanti mi venissero a tiro.
+</p>
+
+<p>
+Come si avvicinarono, mi avvidi di aver
+preso abbaglio. Erano due preti che venivano da
+Sassari con la solita provvista dell’olio santo per
+la parrocchia di Florinas.
+</p>
+
+<p>
+Rimisi il fucile in spalla, e mi allontanai dal
+paese, sperando di essere più fortunato un’altra
+volta. L’assassino della mia pace domestica, il
+perfido istigatore di mia moglie, non doveva morire
+che per le mie mani. Lo avevo giurato!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span>
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+E Maria Francesca?
+</p>
+
+<p>
+Posciachè erano riuscite vane le trattative
+di pace per mezzo dei missionari, venuti nel settembre
+a Florinas, e più ancora dopo il mio attentato,
+vi furono malumori e dissidi fra mia
+moglie e i suoi genitori. Mio suocero aveva più
+volte cacciato da casa la figliuola, ritenendo che
+il vivere insieme dopo la mia latitanza non era
+cosa prudente, nè per l’una nè per gli altri. Si
+temevano gli eccessi di un genero e di un marito
+datosi alla macchia.
+</p>
+
+<p>
+Era stata da tutti respinta, la disgraziata;
+e il prete stesso, che tre mesi prima l’aveva persino
+costretta a recarsi ai balli pubblici per farmi
+dispetto, ora non la guardava in faccia. Anche
+nel cuore di quel cane parlava forse la paura!
+</p>
+
+<p>
+Si era giunti intanto ai primi di marzo, mese
+in cui si aspettava il parto di Maria Francesca.
+I suoi parenti, con soddisfazione pietosa e maligna,
+dicevano:
+</p>
+
+<p>
+— Se Giovanni Tolu non potrà venire per assistere
+al battesimo della sua creatura, poco male: — non
+mancherà gente in paese per accompagnare
+il neonato, o la neonata in chiesa!
+</p>
+
+<p>
+Ciò riferitomi da alcuni miei fidi, mandai
+un’ambasciata ai parenti di mia moglie, assicurando
+loro che nessuno si sarebbe permesso di
+<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span>
+accompagnare la mia creatura al fonte battesimale.
+</p>
+
+<p>
+— Se a quel tempo sarò vivo — aggiunsi — nessuno
+potrà vantarsi di questo accompagnamento,
+che costerebbe troppo caro. Il frutto di
+mia moglie non sarà portato in chiesa che dalla
+sola levatrice... come si pratica per i nati illegittimi!
+</p>
+
+<p>
+Il minaccioso mio avvertimento sortì il suo
+effetto.
+</p>
+
+<p>
+Il giorno 5 di marzo (1851) Maria Francesca
+partorì una bambina; e si avverò in seguito il
+mio pronostico. Fu portata al fonte battesimale
+senza che nessuno l’accompagnasse. I parenti di
+mia moglie, a cui avevo dato qualche lezione,
+si erano ben guardati di contrariare il mio desiderio.
+Sapevano che non scherzavo, e che avrei
+potuto mantenere la parola.
+</p>
+
+<p>
+La scelta del nome di battesimo, da imporsi
+alla neonata, creò impicci ai parenti e provocò
+lunghe discussioni. Fu deciso infine, con molto
+senno, che la piccina fosse chiamata <i>Maria Antonia</i>,
+in ricordo delle due nonne: — della mia,
+Maria Antonia Scanu, e di quella di mia moglie.
+Maria Gàmbula.
+</p>
+
+<p>
+Avvenuto il parto, i genitori di Maria Francesca
+si mostrarono più risoluti che mai a non
+volere in casa la figliuola, temendo fastidi da
+parte mia. Ond’è, che la disgraziata, per maggior
+sua punizione, fu costretta a rintanarsi in
+<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span>
+una catapecchia isolata, nel centro del villaggio,
+dove campava stentatamente, facendo il mestiere
+di cucitrice d’abiti da uomo e da donna. Da nessuno
+ebbe un soccorso, e cominciò a risentire
+gli effetti della sua caparbietà e della sua disubbidienza.
+</p>
+
+<p>
+Mi era stata comunicata la nascita della
+figliuola con tutte le formalità più scrupolose. Poche
+settimane dopo, Maria Francesca mi mandò
+un’ambasciata per mezzo di un fido amico:
+</p>
+
+<p>
+— Tua moglie — ei mi disse — è richiesta
+come balia a Sassari, presso una famiglia di signori
+ricchi ed influenti, i quali potrebbero impegnarsi
+per la tua liberazione.
+</p>
+
+<p>
+Io gli risposi:
+</p>
+
+<p>
+— Dirai a Maria Francesca, che io non
+voglio accettare la libertà da colei che mi ha
+reso schiavo. Dio le ha imposto la missione di
+allevare la sua creatura: — faccia dunque il suo
+dovere!
+</p>
+
+<p>
+Trascorsi alcuni giorni Maria Francesca
+tornò ad inviarmi lo stesso ambasciatore, prevenendomi,
+che aveva deciso (col mio consenso,
+o senza) di recarsi a Sassari come balia, affidando
+la propria bambina alle cure d’altra balia, in
+Florinas.
+</p>
+
+<p>
+Risposi minaccioso:
+</p>
+
+<p>
+— Dirai a mia moglie, che si guardi bene
+dal mettere in azione il suo proposito. Il giorno
+in cui ella andrà a Sassari per far la balia, io
+<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span>
+le ucciderò il padre e la madre, perchè rei di
+non aver saputo correggerla. In seguito penserò
+anche a lei!
+</p>
+
+<p>
+Dietro questa minaccia, Maria Francesca desistette
+dal suo proposito, e rimase a Florinas
+per allevare la sua creatura. Ella continuò a vivere
+miseramente nel suo tugurio, lontana dai
+genitori, che la trascurarono.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Mio suocero, come ho detto, era sempre malaticcio
+e non usciva di casa. Dopo la morte di
+Pietro Rassu e del carabiniere Maronero egli temeva
+la mia vendetta — poichè si era venuto
+a sapere, che l’agguato era stato ordito dietro
+il suo falso rapporto a mio riguardo. Egli sperava
+sempre che il prete e i suoi sicari fossero
+riusciti ad uccidermi, o a mandarmi alla forca.
+</p>
+
+<p>
+Prete Pittui, completamente ristabilito, continuava
+a stancare la pazienza di tutti colle sue
+prepotenze, i suoi ricorsi, e i malumori che suscitava
+dovunque. Il suo contegno bestiale, indegno
+di un ministro del Signore, aveva chiamato
+l’attenzione dell’alto clero, nè si tardò ad
+inoltrare reclami contro la sua condotta scandalosa.
+</p>
+
+<p>
+A Cargeghe io aveva un cugino — certo
+Paolo Tolu — molto amico di monsignor Varesini,
+allora arcivescovo di Sassari. Questo Tolu
+<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span>
+era ammogliato con la nipote del canonico Scarpa
+rettore di Cargeghe, e più tardi canonico turritano.
+</p>
+
+<p>
+Quando nel maggio monsignor Varesini, nel
+suo giro per la Cresima, si fermò a Cargeghe,
+il rettore Scarpa si affrettò ad informarlo di
+quanto era avvenuto fra me e il prete Pittui. Mio
+cugino Tolu, per le confidenze fattegli dall’amico
+rettore, fu in grado di fornirmi i seguenti ragguagli:
+</p>
+
+<p>
+Recatosi Monsignore da Cargeghe a Florinas,
+volle interessarsi della mia causa. Anzitutto rampognò
+il prete Pittui di aver trasgredito gli ordini
+suoi; poichè, interdetto a dir messa per il sangue
+versato dietro le mie percosse, esso aveva continuato
+a consacrare. In seguito chiese schiarimenti
+ai tre preti di Florinas sulla condotta del
+loro compagno; ma le informazioni date non furono
+troppo lusinghiere.
+</p>
+
+<p>
+Allora l’Arcivescovo mandò a lui il sagrestano
+maggiore per invitarlo a venire in chiesa:
+ma n’ebbe in risposta, che non poteva muoversi
+perchè ammalato.
+</p>
+
+<p>
+Costretto finalmente a presentarsi dinanzi a
+Varesini, questi lo esortò severamente a smettere
+la superbia e la prepotenza, e a dare il buon
+esempio della mansuetudine cristiana, col non
+intromettersi nei fatti altrui.
+</p>
+
+<p>
+Prima di lasciar Florinas, monsignor Varesini
+impose a prete Pittui di presentarsi entro la
+<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span>
+settimana alla Curia di Sassari, avendo urgente
+bisogno di conferire con lui.
+</p>
+
+<p>
+Il Pittui — colla solita scorta di carabinieri — venne
+a Sassari dopo gli otto giorni. Presentatosi
+verso le nove all’Episcopio, monsignor Varesini
+gli fece dire dal suo segretario che lo avrebbe
+ricevuto alle dieci. Ritornato all’ora indicata,
+lo si pregò che tornasse alle undici. E
+così di seguito, tre volte alla mattina e tre volte
+alla sera, fu per otto giorni rimandato il ricevimento,
+costringendo il povero prete a tante passeggiate
+inutili ed umilianti. Era questa una delle
+punizioni ecclesiastiche, che s’infliggevano dall’Arcivescovo
+ai sacerdoti colpevoli<a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Trascorsi gli otto giorni, il prete Pittui si
+era dato a letto, dicendosi ammalato. Egli aveva
+preso alloggio nella casa di una mia zia — certa
+Catterina Angela Cugurra, moglie ad Antonio
+Alivesi — abitante dietro la <i>Munizione vecchia</i>.
+La famiglia Alivesi era molto amica del prete;
+il quale, durante la malattia, ebbe da essa cure
+assidue ed affettuose.
+</p>
+
+<p>
+La malattia fu piuttosto lunga. Per una diecina
+di giorni il prete fu assalito da febbri violenti,
+e nel delirio non faceva che contorcersi
+fra le coltri, gridando ogni tanto, rivolto a mia
+zia:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Eccolo... È là!.... egli viene!... Giovanni
+Tolu mi uccide!
+</p>
+
+<p>
+E col mio nome sulle labbra, in preda a fissazioni
+di percosse e di ferimenti, egli morì a
+Sassari, nella casa in cui di consueto veniva
+ospitato<a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Ebbi ragguagli della sua fine dalla stessa mia
+zia Catterina.
+</p>
+
+<p>
+Il prete Giovanni Masala Pittui scese nel sepolcro
+sette mesi dopo le percosse da me ricevute — nè
+furono esse la causa della sua morte,
+come alcuni osarono asserire. Forse fu Monsignore
+che l’uccise!
+</p>
+
+<p>
+La sua scomparsa dal mondo mi allegerì di
+un gran peso. Avevo la convinzione che le mie
+<i>legature</i> fossero finalmente sciolte, e che non tarderei
+a riacquistare l’intiera mia forza — quella
+forza, che il rettore di Dualchi diceva in me diminuita!
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span></p>
+
+<h3 id="cap6-2">CAPITOLO VI.
+<span class="smaller">Duello a morte.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Morto il prete, i congiurati divennero più
+mansueti. Non avevano più impegni da soddisfare,
+nè odî da sposare per conto di terzi. Diversi avevano
+già ricevuto una buona lezione, come lo
+Zara ed il Piana, e non volevano cimentarsi meco,
+poichè avevano bisogno di vivere dal lavoro.
+</p>
+
+<p>
+Lo Zara, per mezzo di amici intermediari,
+era venuto a spiegazioni, e gli promisi di non
+più molestarlo; e così parimenti avvenne di Giovanni
+Antonio Piana, il marito della serva. Costui,
+dopo la rottura del braccio, viveva in continua
+agitazione, e finì per raccomandarsi ad
+amici comuni perchè io non l’offendessi.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno lo fecero abboccare con me. Io
+gli dissi:
+</p>
+
+<p>
+— Io non ho più ragione di dolermi di te.
+Fa il fatto tuo, e non verrai molestato. Ben so
+che sei lo zio di mia moglie; ma puoi vivere in
+pace, senza immischiarti nelle nostre questioni
+coniugali. Siamo intesi!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span>
+</p>
+
+<p>
+Il Piana fu assai lieto della nostra conciliazione;
+tanto più che il prete era nell’altro mondo,
+ed egli nulla aveva da guadagnare tenendomi
+il broncio.
+</p>
+
+<p>
+Da quel giorno visse tranquillo, e sembrò
+un altro uomo; tuttavia non riebbe mai la mia
+intiera fiducia, poichè le riconciliazioni non mi
+andarono mai a sangue. Perdono sì — ma confidenza
+col vecchio nemico, mai!
+</p>
+
+<p>
+Fatta la pace, un bel giorno Giovanni Antonio
+mi pregò di accettare un regalo. Egli mi
+donò una vecchia pistola ed un lunghissimo pugnale,
+che già appartenevano al prete Pittui. Accettai
+l’una e l’altro.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Il solo congiurato inconciliabile, dopo la morte
+del prete, era stato Francesco Rassu. Fra me e
+lui era un odio profondo, che ci celavamo a vicenda,
+in attesa di un’occasione per manifestarcelo
+apertamente.
+</p>
+
+<p>
+Francesco mi vinceva di otto anni; era un
+uomo robusto, coraggioso, temerario, e fra i più
+forti del paese. Me ne guardavo, perchè sapevo
+che mi avrebbe ucciso, se gli fossi venuto a tiro.
+La lontana parentela, da cui eravamo vincolati,
+ci consigliava un po’ di ritegno; ma era un’ipocrisia
+reciproca.
+</p>
+
+<p>
+La prima volta che mi trovai solo con lui
+<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span>
+fu nelle aie di <i>Corona maggiore</i>, territorio di
+Florinas. Era di settembre, ed egli dormiva saporitamente
+sotto ad una pianta. Lo fissai per
+alcuni minuti, indeciso se io dovessi cogliere l’occasione
+per ucciderlo. Due pensieri me ne distolsero:
+la raccomandazione di mio zio, e la storia
+dei <i>Reali di Francia</i><a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a>.
+</p>
+
+<p>
+— Ucciderlo nel sonno — pensai — sarebbe
+una vigliaccheria. Ho impresse le parole che il
+Duca Salardo rivolse a Fioravanti dormente:
+«— Se lo uccido, diranno che l’ho riconosciuto
+più forte di me! —»
+</p>
+
+<p>
+Mi chinai, e lo scossi.
+</p>
+
+<p>
+— Dormi così, eh?
+</p>
+
+<p>
+Francesco Rassu balzò sulle ginocchia e mi
+squadrò quasi atterrito.
+</p>
+
+<p>
+— Sì... dormivo.
+</p>
+
+<p>
+Gli porsi alcuni aranci, e mangiammo.
+</p>
+
+<p>
+— Come vai? — mi disse con un certo interesse.
+</p>
+
+<p>
+— Così: piano piano!
+</p>
+
+<p>
+Stette un momento soprapensiero, indi soggiunse:
+</p>
+
+<p>
+— Ho i saluti da darti per parte di Francesco
+Serra di Tiesi.
+</p>
+
+<p>
+— Vieni di là?
+</p>
+
+<p>
+— Sì.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span>
+</p>
+
+<p>
+Il Serra ere il famoso <i>commissario</i> dei Carabinieri.
+</p>
+
+<p>
+— Se fosse stato a Florinas — risposi con
+sarcasmo — non te li avrebbe dati i saluti per
+me! Qui però non potrebbe trovarmi... a meno
+che tu non mi facessi la spia!
+</p>
+
+<p>
+Francesco mi guardò bieco:
+</p>
+
+<p>
+— Io farti la spia... per lui?
+</p>
+
+<p>
+— Guardati bene, veh? che tu non pianga
+i peccati di Francesco Serra!
+</p>
+
+<p>
+Ci guardammo alcuni istanti in cagnesco, e
+lo piantai là, senz’altro dire.
+</p>
+
+<p>
+Passarono alcuni mesi da quel giorno; ma
+quantunque odiassi a morte quell’uomo, volli rispettare
+la raccomandazione di mio zio, e aver
+riguardo al vecchio Rassu, col quale ero in buoni
+rapporti.
+</p>
+
+<p>
+Stanco infine delle continue minaccie di
+Francesco, che mi venivano riferite, ero deciso
+di farla finita: o ammazzarlo, o farmi ammazzare.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno, che mi trovavo nell’ovile di mio
+zio, esclamai con amarezza:
+</p>
+
+<p>
+— Io vivo da qualche tempo in angustie
+per il contegno di quel perfido; non mi trattiene
+che il tuo consiglio. Temo, però, che qualche
+giorno io debba pagar cara la mia ubbidienza!
+</p>
+
+<p>
+Lo zio quel giorno si strinse nelle spalle, e
+mi rispose, senza guardarmi:
+</p>
+
+<p>
+— Fa come vuoi!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span>
+</p>
+
+<p>
+Non disse altro; e poco dopo mi allontanai
+dal suo ovile.
+</p>
+
+<p>
+Mi diedi a girovagare per la campagna, pregando
+la mia buona stella che mettesse Francesco
+a tiro del mio fucile. Ben sapevo che da
+qualche tempo andava vantandosi, che non avrei
+potuto sfuggire all’odio suo.
+</p>
+
+<p>
+Il giorno seguente — vera fatalità — mentre
+stavo sdraiato a ridosso d’una roccia, vidi passare
+nella strada sottostante Francesco Rassu, a
+cavallo.
+</p>
+
+<p>
+Balzai in piedi di scatto, spianai il fucile, e
+feci fuoco, quasi senza prenderlo di mira.
+</p>
+
+<p>
+— Misericordia, son morto! — gridò Francesco,
+e precipitò di sella.
+</p>
+
+<p>
+Una paesana, che veniva dietro a lui, m’impedì
+di constatare la sua morte. Temendo d’essere
+riconosciuto, mi cacciai prestamente nelle
+macchie, e presi il largo senz’essere avvertito.
+</p>
+
+<p>
+Errai di qua e di là tutta la notte, contento
+del colpo fatto. Verso l’alba capitai in un ovile,
+ed ivi appresi che Francesco era stato trasportato
+a Florinas, ferito alla milza, e non mortalmente.
+</p>
+
+<p>
+Mi morsi le dita per dispetto; e tanta fu la
+mia stizza per il colpo mancato, che decisi di
+recarmi la stessa sera a Florinas, per uccidere
+il mio nemico dentro casa.
+</p>
+
+<p>
+E così feci. Approfittando delle tenebre, giunsi
+fin sulla soglia dell’abitazione di Francesco Rassu,
+risoluto di fucilarlo sul suo letto; ma, per mia
+<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span>
+sfortuna, il medico, il pretore, e il cancelliere avevano
+fatto trasportare il ferito nella camera
+che dava al cortile, nè mi fu possibile tradurre
+in atto il mio proposito. Rimandai il colpo a
+un’altra volta, facendo voti che il mio nemico
+guarisse presto!
+</p>
+
+<p>
+Un mese dopo, completamente guarito, Francesco
+si era alzato da letto per accudire alle sue
+faccende.
+</p>
+
+<p>
+Quantunque non mi avesse veduto, egli era
+certo che il colpo non poteva essergli venuto che
+da me. Seppe però abilmente dissimulare, nè con
+alcuno mosse lagnanza dell’accaduto. Era scaltro
+e sapeva il fatto suo!
+</p>
+
+<p>
+Un giorno chiamò a sè i miei fratelli Peppe
+e Giomaria, e disse loro che aveva bisogno di
+parlarmi.
+</p>
+
+<p>
+Quando mi comunicarono il desiderio di
+Francesco, risposi a’ miei fratelli:
+</p>
+
+<p>
+— Datemi prima da mangiare, e poi conducetemelo.
+Mi troverete alla <i>Serra</i>, vicino al
+villaggio.
+</p>
+
+<p>
+In compagnia de’ miei fratelli e di un suo
+cognato, Francesco Rassu venne sul tardi all’appuntamento.
+</p>
+
+<p>
+— Buona notte! — disse con tono secco.
+</p>
+
+<p>
+— Buona notte! — risposi — Come vai?
+</p>
+
+<p>
+— Coi piedi! — esclamò bruscamente.
+</p>
+
+<p>
+— Non ti chiedo notizie dei piedi, ma della
+tua ferita!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span>
+</p>
+
+<p>
+Francesco capì che bisognava cambiar tono.
+</p>
+
+<p>
+— Non vedi — disse — che mi hanno bucato
+le costole? Sono qui venuto per parlarti a
+quattr’occhi!
+</p>
+
+<p>
+— Perchè a quattr’occhi? Qui non vedo che
+tuo cognato e i miei fratelli. Siamo dunque in
+famiglia, e puoi parlare in faccia a tutti. Nessuno
+dei presenti ti vuol male, poichè ci unisce un
+vincolo di parentela.
+</p>
+
+<p>
+Francesco, com’era venuto, si era messo al
+mio fianco; ed avevo notato che teneva le mani
+sotto al cappotto, carezzando forse la sua pistola.
+Io stava ad occhi aperti, colla destra sul pugnale,
+risoluto a freddarlo al minimo movimento. Per
+fortuna non si mosse, perchè i miei fratelli gli
+piantavano gli occhi addosso.
+</p>
+
+<p>
+— Che vuoi dunque? — gli chiesi, vedendo
+che esitava a parlare.
+</p>
+
+<p>
+— Mi hanno bucato le costole! — ripetè
+con amaro sorriso — ed io vengo per chiederti
+aiuto nella vendetta. Sarai compensato con danaro,
+o con pari aiuto se ne avrai bisogno.
+</p>
+
+<p>
+Sogghignai amaramente, e gli risposi con
+calma glaciale:
+</p>
+
+<p>
+— Te ne sei accorto troppo tardi! Tu ben lo
+sai, che non son buono a nulla! — Quando hai
+tentato di uccidere Pietro Pintus, ti sei rivolto
+ad altri, e non a me; e ciò sa tutto il mondo!
+</p>
+
+<p>
+Quando hai ucciso Giomaria Ledda, fosti pagato
+dal signor Antonio Luigi; ma non avesti
+<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span>
+bisogno del mio braccio. — Quando hai freddato
+l’uccisore di tuo fratello Paolo (ch’era in tresca
+con una sua sorella) non chiedesti il mio aiuto,
+nè compenso in danaro; e con ragione, perchè
+la tua vendetta era santa. — Quando vilmente
+hai assassinato l’eremitano di Santa Maria d’Ese
+per rubargli i porcellini, non è a Giovanni Tolu
+che hai chiesto mano forte. — Quando a Tissi
+hai commesso la grassazione in casa del signor
+Sercis e della sua signora, non hai avuto bisogno
+dell’opera mia. — Quando, infine, dentro Florinas,
+hai derubato la casa di Salvatore Piras,
+non è a me che ti sei rivolto per tenerti il sacco.
+Te lo ripeto: io non son buono a nulla; e con
+ragione non mi hai cercato!
+</p>
+
+<p>
+— Hai finito?
+</p>
+
+<p>
+— Non ancora. Devo dirti una sola cosa,
+che terrai a mente: — se tu verrai ucciso facendo
+il fatto tuo, puoi star sicuro che ne proverò
+dispiacere; ma se mai ti uccideranno facendo
+il fatto altrui, ti prevengo che godrò della
+tua morte. Bada, dunque, a’ tuoi affari, Francesco,
+se vuoi vivere tranquillo! Ricordati, che a Florinas
+non sono pochi quelli ch’ebbero la disgrazia
+di essere, come te, feriti; eppure, ravveduti dei
+loro errori, non hanno più ricevuto alcuna molestia
+dai nemici. Così pure potrà avvenire di
+te... se metterai giudizio.
+</p>
+
+<p>
+Francesco, a capo chino, ascoltò fino in fondo
+la mia tirata, senza un atto di dispetto nè d’impazienza.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Ho capito, e sta bene! — borbottò; e
+senz’altro fece cenno a suo cognato d’incamminarsi,
+e si mosse lentamente verso Florinas — seguito
+dai due miei fratelli; i quali avevano il
+dovere di scortarlo fino alla sua abitazione, come
+si usa in simili convegni.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Una settimana dopo venni avvertito, che
+Francesco si era scatenato contro di me senza
+alcun ritegno — non curandosi di celare la sua
+ferma intenzione di uccidermi, dovunque mi avesse
+trovato. Egli si recava sfacciatamente a
+far visita di casa in casa in Florinas, e d’ovile
+in ovile in campagna, col proposito di farmi
+la spia.
+</p>
+
+<p>
+I barracelli — quasi tutti in mio favore — mi
+tenevano informato d’ogni sua mossa, e mi
+avvertivano di stare in guardia e di non fidarmi.
+</p>
+
+<p>
+Infastidito di questi continui rapporti, capitai
+una sera nell’ovile dello zio Rassu, col quale mi
+tenevo in buoni accordi. Lo trovai sulle furie
+contro il suo nipote Francesco, col quale la mattina
+si era bisticciato, a causa del passaggio di
+un branco di pecore sul fiume vicino.
+</p>
+
+<p>
+Approfittando del suo stato d’animo, gli dissi
+con risentimento:
+</p>
+
+<p>
+— Zio Giovanni Andrea; devo dirvi che più
+non riesco ad aver pace per colpa di Francesco.
+<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span>
+Non siete dunque più buono a correggere vostro
+nipote?
+</p>
+
+<p>
+— La sola palla riuscirà a correggerlo — lasciò
+scapparsi il vecchio, ancora sdegnato per
+il diverbio avuto col nipote.
+</p>
+
+<p>
+— Dunque...?
+</p>
+
+<p>
+— Dunque, se hai conti da liquidare con
+Francesco, sei matto se non ti aggiusti!
+</p>
+
+<p>
+Il vecchio non disse altro, nè d’altro gli
+parlai, per paura di fargli cambiar idea. Mi allontanai
+dicendogli:
+</p>
+
+<p>
+— Buona sera... e a rivederci!
+</p>
+
+<p>
+— Buona sera!
+</p>
+
+<p>
+Per tre giorni consecutivi diedi a Francesco
+una caccia senza tregua. Arrivai persino ad impostarlo,
+dopo l’imbrunire, a pochi passi dalla
+sua abitazione, dentro Florinas; ma non mi venne
+fatto d’imbattermi in lui. La gente era per le
+vie, lungo le viottole, ed io non volevo troppo
+espormi.
+</p>
+
+<p>
+Non è facile nei nostri villaggi tendere l’agguato
+ad un uomo; poichè colui che crede di
+aver nemici non batte mai la stessa strada, sì
+nell’uscire, come nell’entrare in paese.
+</p>
+
+<p>
+Dopo la terza notte ch’io tentavo Francesco,
+mi venne l’idea di fargli la posta in un punto
+non troppo lontano dal paese, per dove speravo
+potesse ei passare per recarsi in campagna. Il
+mio nemico cambiava cento volte di strada, ed
+io doveva affidarmi al solo caso.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span>
+</p>
+
+<p>
+L’inferno questa volta volle favorirmi.
+</p>
+
+<p>
+Ero stato colà tutta la notte, intirizzito dal
+freddo. Mancavano ancora due ore all’alba, ed
+eravamo ai primi di gennaio.
+</p>
+
+<p>
+Mi ero dato a percorrere per lungo e per
+largo la regione di <i>Badu ludrosu</i>, quando vidi
+un individuo a cavallo che percorreva una viottola,
+seguito da un braco.
+</p>
+
+<p>
+Non ne feci caso, perchè avevo notato che
+quell’uomo aveva le brache di lino, e non i calzoni
+neri che soleva portar Francesco. Tuttavia
+volli tenergli dietro per curiosità, perchè mi parve
+di riconoscere il suo cane.
+</p>
+
+<p>
+Rifeci un lungo giro per le tanche, fino a
+trovare una posta comoda e sicura.
+</p>
+
+<p>
+Era proprio lui: Francesco Rassu, armato,
+e a cavallo. Io era a piedi.
+</p>
+
+<p>
+Mi fermai al punto di <i>Pedru majolu</i>; montai
+il grilletto del fucile, e, quando Francesco mi
+venne a tiro, gli sparai.
+</p>
+
+<p>
+Il colpo non partì; ed egli continuò la sua
+strada senz’alcun sospetto.
+</p>
+
+<p>
+Gli tenni sempre dietro saltando siepi e scavalcando
+muri, e tornai a montare il grilletto,
+dopo aver rinnovato il fulminante.
+</p>
+
+<p>
+Mancatomi il colpo anche questa volta, mi
+venne in mente una rivelazione fattami parecchie
+settimane addietro. Francesco Rassu, dopo esser
+stato da me ferito, era andato a consultarsi da
+un suo zio frate; il quale lo aveva esorcizzato,
+<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span>
+assicurandogli che di piombo non sarebbe più
+morto.
+</p>
+
+<p>
+Per alcuni sassi da me smossi saltando un
+muro, Francesco si accorse finalmente d’essere
+pedinato; e allo sbocco d’una stretta gola smontò
+da cavallo, con animo deliberato di affrontare
+l’avversario. Era un uomo coraggioso ed audace,
+e faceva assegnamento sulla propria forza.
+</p>
+
+<p>
+Senza più esitare gli andai arditamente incontro;
+spianai il fucile, e feci scattare il grilletto.
+</p>
+
+<p>
+Neanco questa volta l’arma prese fuoco.
+</p>
+
+<p>
+Il Rassu, colto all’improvviso, fece un brusco
+movimento, come per scansare il colpo; ma io,
+vedendomi ormai perduto, colla sveltezza di un
+gatto selvatico, gettai a terra il fucile, spiccai
+un salto, e mi riuscì di afferrare la canna della
+sua pistola, nel momento che egli me la scaricava
+quasi a bruciapelo. Era un pistolone antico,
+a piastra; la pietra focaia aveva acceso la polvere
+nella cassetta, ma il colpo non era partito.
+</p>
+
+<p>
+Io stringeva colla destra il suo pugno, e colla
+sinistra giunsi ad afferrarlo per i lunghi capelli,
+che gli scendevano sulle spalle. Francesco, alla
+sua volta, mi teneva per la barba, e cercava di
+colpirmi alla testa colla canna della pistola.
+</p>
+
+<p>
+Restammo alcuni minuti in piedi, lottando
+corpo a corpo con tutte le forze, per disvincolarci.
+Era questione di vita o di morte: uno di
+noi quel mattino doveva scomparire dal mondo.
+</p>
+
+<p>
+I nostri due cani abbaiavano, ma non osavano
+<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span>
+avventarsi, poichè nessuno di noi si curò
+di aizzarli.
+</p>
+
+<p>
+Finalmente il mio avversario vacillò, perdette
+l’equilibrio, e stramazzò supino, dando fortemente
+della testa sopra una grossa pietra, ch’era
+in mezzo alla strada. Il sangue gli colava dalla
+nuca.
+</p>
+
+<p>
+Continuammo
+la lotta disperata.
+Nel silenzio
+di quel mattino
+tenebroso non si
+udivano che i latrati
+dei due cani,
+e il rantolo affannoso
+che usciva
+dalle nostre
+strozze.
+</p>
+
+<figure class="figright"><a id="fill-215"></a>
+ <img src="images/ill-215.jpg" alt="Uccisione di Francesco Rassu">
+</figure>
+
+<p>
+Francesco
+riuscì a rizzarsi
+sulle ginocchia e continuava a percuotermi colla
+canna del pistolone. Ricadde.
+</p>
+
+<p>
+Finalmente mi venne fatto di portare la
+mano all’elsa del mio pugnale; lo tolsi dal fodero,
+e glie lo immersi nel petto.
+</p>
+
+<p>
+Egli allora gridò con quanto fiato aveva in
+gola:
+</p>
+
+<p>
+— Perchè mi uccidi, Giovanni Tolu?!
+</p>
+
+<p>
+— Oggi le paghi tutte! — gridai inferocito
+e ansante; e continuai a ferirlo a più riprese,
+<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span>
+passandolo parte a parte, fino a che dal suo
+labbro non uscì neppur l’alito<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Chi lo avrebbe mai detto? La lama di prete
+Pittui, lunga due palmi, mi era servita a liberarmi
+dal più odiato de’ suoi sicari!
+</p>
+
+<p>
+Ricacciato il pugnale nel fodero, continuai
+soddisfatto la mia strada, seguito dal mio fido
+<i>Pensa pro te</i>.
+</p>
+
+<p>
+L’altro cane era rimasto vicino al cadavere
+del suo padrone, poco distante dal cavallo, il
+quale rosicchiava tranquillamente qualche ramo
+verde che usciva da un cespuglio.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span></p>
+
+<h3 id="cap7-2">CAPITOLO VII.
+<span class="smaller">Gli ultimi Rassu.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Quando più tardi giunsi a conoscere la perizia
+giudiziaria sull’assassinio di Francesco Rassu,
+un sorriso di compassione mi venne sulle labbra.
+Il medico ed i periti avevano dichiarato, che la
+vittima era stata assalita da quattro uomini, e
+che la prima ferita alla nuca era stata prodotta
+da un colpo di bastone. Fu parimenti dichiarato,
+che Francesco era stato grassato, dopo aver ricevuto
+oltre trenta ferite. Fidatevi ora delle perizie
+ordinate dall’autorità giudiziaria!
+</p>
+
+<p>
+Appresi in seguito, che il primo che s’imbattè
+nel cadavere di Francesco fu un suo
+zio, fratello della suocera, il quale si era impossessato
+del pistolone, che tempo addietro aveva
+regalato al nipote. Da ciò l’asserzione dei
+periti.
+</p>
+
+<p>
+Il sole era appena spuntato, quando capitai
+in un podere, in cui lavoravano alcuni miei amici.
+Fra essi era Giovanni Antonio Piana, col
+quale mi ero riconciliato.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span>
+</p>
+
+<p>
+Come mi vide, costui mi venne incontro per
+dirmi ch’era mancato un bue, e che si sospettava
+lo avesse rubato Francesco Rassu. Mi raccomandava
+di fare indagini per rintracciarlo.
+</p>
+
+<p>
+— Posso assicurarti — risposi — che il
+ladro non è Francesco. L’ho lasciato or ora a
+<i>Pedru majolu</i>, e in condizioni tali, che non potrà
+più rubar buoi... nè farmi la spia!
+</p>
+
+<p>
+E così dicendo lanciai uno sguardo significante
+al marito della serva del prete, per fargli
+capire che avrebbe fatto la stessa fine, se non
+si fosse in tempo ravveduto.
+</p>
+
+<p>
+La stessa mattina andai a trovare mio fratello
+Giomaria e un mio cognato, che zappavano
+in un podere vicino. Confidai loro che avevo ucciso
+Francesco Rassu.
+</p>
+
+<p>
+Verso sera, passando dinanzi all’ovile di Giovanni
+Andrea (lo zio di Francesco) volli entrarvi
+per salutare il vecchio.
+</p>
+
+<p>
+Appena egli mi vide, mi si piantò di botto
+dinanzi; e dopo avermi a lungo fissato cogli occhi
+spalancati, mandò dalla gola rantoli e sbuffi.
+Uscì infine in queste parole:
+</p>
+
+<p>
+— Non è la morte di Francesco che mi dispiace;
+ma lo scempio fatto al suo cadavere!
+Crivellarlo con trenta pugnalate? è azione indegna,
+vigliacca!
+</p>
+
+<p>
+Il sangue mi montò alla testa; e facendo un
+passo verso il vecchio gli mostrai il pugno, gridandogli
+minaccioso:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Segno che tante glie ne abbisognavano!
+</p>
+
+<p>
+E aspettai una seconda frase insultante, per
+freddare a’ miei piedi un altro Rassu.
+</p>
+
+<p>
+Per fortuna egli non fiatò, nè si mosse; ed
+io mi allontanai voltandogli le spalle, senza neppur
+salutarlo.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Per distrarmi alquanto mi recai alla Nurra,
+dove rimasi alcune settimane.
+</p>
+
+<p>
+Mi trovai colà più volte con Salvatore, il
+figlio di Giuseppe Rassu, che da qualche tempo
+era al servizio di mio cognato Ignazio Piana.
+Quantunque il giovane cercasse di avvicinarsi a
+me, io lo tenevo a debita distanza, perchè nipote
+de’ miei nemici.
+</p>
+
+<p>
+Intanto nell’estate (tempo in cui si sogliono
+condurre le pecore al Fiume Santo per abbeverarle)
+Salvatore ebbe un diverbio con un suo
+compagno; e dopo avergli spezzato il cranio con
+un grosso sasso, si era dato alla macchia. Portatosi
+allora segretamente a Florinas, per chiedere
+alla zia ed al prete parte del danaro lasciato
+loro in custodia, gli fu risposto:
+</p>
+
+<p>
+— I tuoi danari ci serviranno per toglierti
+alle mani della giustizia; e così potrai goderteli!
+</p>
+
+<p>
+Essendo figlioccio del prete, col quale la zia
+conviveva, Salvatore si rassegnò ad aspettare; ma
+intanto, passando per Cargeghe, volle ivi consultarsi
+<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span>
+col bandito Antonio Maria Derudas (che
+in quel tempo mi era compagno, come dirò in
+seguito).
+</p>
+
+<p>
+Poco dopo venni chiamato da zio Giovanni
+Antonio Rassu; il quale mi confidò, che il pretore
+di Ploaghe desiderava abboccarsi col giovane
+Salvatore, per giovargli nella causa. Egli
+chiedeva il mio parere.
+</p>
+
+<p>
+— Se tuo nipote andrà dal pretore, te lo
+manderà in galera! — risposi.
+</p>
+
+<p>
+Il vecchio allora mi disse con accento di
+preghiera:
+</p>
+
+<p>
+— Perchè non lo prendi in tua compagnia
+per guidarlo?
+</p>
+
+<p>
+— Perchè non lo voglio! — risposi recisamente — Egli
+si mostrò disubbidiente col babbo,
+colla mamma, collo zio, e lo sarà parimenti con
+me. Non assumo una simile responsabilità. Se Salvatore
+venisse ucciso, si darebbe a me la colpa!
+</p>
+
+<p>
+Così risposi, perchè non potevo fidarmi del
+vecchio nè del giovane Rassu, dopo quanto mi
+era accaduto a <i>Pedru majolu</i>. Sarebbero stati
+capaci di un tranello per vendicare il loro congiunto
+da me ucciso.
+</p>
+
+<p>
+Quantunque nessuno mi avesse veduto, la
+voce pubblica mi accusava della morte di Francesco;
+ed i parenti ne erano certi, perchè io non
+avevo cercato di smentire la diceria. Nessuno di
+quelli a cui avevo confidato l’omicidio poteva
+parlare; poichè in quei tempi l’esser chiamato a
+<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span>
+testimonio era doppiamente pericoloso: verso la
+giustizia, e verso i protettori dell’ucciso.
+</p>
+
+<p>
+Il giovane Salvatore, a cui era nota l’intenzione
+di volerlo a me affidare, aveva esclamato
+imprudentemente:
+</p>
+
+<p>
+— Perdio! avrei vergogna di accompagnarmi
+coll’uccisore di mio zio Francesco, ch’io devo
+vendicare. Toglierò dal mondo Giovanni Tolu!
+</p>
+
+<p>
+— Bambino imbecille! — esclamai, quando
+mi vennero riferite le sue parole.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Annoiato della mia solitudine, durata per
+oltre un anno, mi ero unito in quel tempo ai
+banditi Antonio Maria Derudas e Gio. Maria Puzzone,
+di Cargeghe; i quali battevano la campagna
+dopo l’assassinio del capitano de’ barracelli, da
+loro freddato nel piazzale della chiesa del paese,
+mentre rincasava.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno il vecchio Giovanni Andrea Rassu
+ebbe l’imprudenza d’invitare il Derudas ad unirsi
+a Salvatore per sbarazzarsi di me.
+</p>
+
+<p>
+— Mio nipote è troppo giovane — gli aveva
+detto — e da solo non potrebbe fare il colpo.
+</p>
+
+<p>
+Il Derudas tenne il segreto per alcuni giorni;
+ma siccome in precedenza mi aveva informato
+dell’abboccamento chiestogli dal vecchio Rassu,
+finì per tutto confessarmi.
+</p>
+
+<p>
+Da quel giorno Salvatore fece il gradasso,
+<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span>
+fidando forse nell’aiuto del Derudas. Sulle prime
+presi le cose in scherzo; ma in seguito, persistendo
+egli a darmi noia, decisi di dargli una
+lezione.
+</p>
+
+<p>
+Non tardò anche lui a seguire lo zio. Egli
+venne ucciso da una fucilata vicino alla <i>lacana</i>
+d’Ossi, in territorio di Florinas. Il cadavere fu
+trasportato sulle fascine al villaggio<a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a>.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Ed ecco quattro dei Rassu — Pietro, Paolo,
+Francesco e Salvatore — tolti dal mondo per
+mano mia, o per mano d’altri!
+</p>
+
+<p>
+Ne restavano ancora due; ma di essi volle
+occuparsi l’Eterno, poichè io feci loro grazia.
+</p>
+
+<p>
+Giuseppe Rassu, l’ultimo dei quattro fratelli,
+(come ho già detto) era ammogliato con una mia
+zia, la quale mi voleva un bene dell’anima.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno andai a trovarla, e le dissi:
+</p>
+
+<p>
+— Cara zia, bada! temo molto che non tarderai
+a diventar vedova!
+</p>
+
+<p>
+— Che intendi dire? Mio marito è sano e
+robusto.
+</p>
+
+<p>
+— Ma io l’ucciderò, se non farà da bravo.
+Egli ha sinistre intenzioni a mio riguardo.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Non temere, Giovanni. Tu sai ch’io ti
+voglio bene. Se io mi accorgessi che Giuseppe
+avesse intenzione di farti male, sarei la prima a
+renderti avvisato. Egli mi è marito, e tu mi sei
+nipote: vi ho cari entrambi. Non potrei permettere
+che tu l’offenda, perchè c’è di mezzo il giuramento
+del matrimonio; — ma parimenti vedrei
+di mal occhio che egli torcesse un capello a mio
+nipote. Va tranquillo, figliuolo mio; finchè io vivo
+non riceverai il minimo danno da lui!
+</p>
+
+<p>
+E mantenne la parola. Donna energica e risoluta,
+ella seppe imporsi al marito, che mi lasciò
+in pace, come in pace lasciai lui.
+</p>
+
+<p>
+Risparmiai parimenti il vecchio zio Giovanni
+Andrea Rassu, che si rassegnò alla perdita dei
+suoi quattro nipoti, puniti dalla giustizia di un
+Dio, che odia i traditori e le spie.
+</p>
+
+<p>
+L’uno e l’altro morirono tranquilli sul proprio
+letto — quantunque non meritassero una
+simile fortuna!
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span></p>
+
+<h3 id="cap8-2">CAPITOLO VIII.
+<span class="smaller">Agostino Alvau.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Recatomi un giorno alla Nurra, capitai nell’ovile
+di <i>Campanedda</i>, dov’era stato ucciso Agostino
+Alvau: il giovane algherese, che finì la sua
+carriera di bandito, quasi nello stesso tempo in
+cui io la cominciava. Ebbi dai pastori minuti
+ragguagli sulla morte di costui; ed io ne tesserò
+brevemente la storia, quantunque essa non abbia
+relazione con la mia vita.
+</p>
+
+<p>
+Agostino Alvau era un giovane studente di
+Alghero. D’animo focoso, audace, e coraggioso
+fino alla temerità, un giorno era andato a caccia
+senza porto d’armi. Sorpreso dai carabinieri, e
+invitato a cedere l’arma, egli rispose colla ribellione.
+Riuscito a fuggire, si diede alla macchia,
+e iniziò la sua carriera di bandito, senza aver
+sparso una goccia di sangue umano.
+</p>
+
+<p>
+Quantunque giovanissimo, senza un pelo in
+faccia, e di fattezze femminili, divenne in breve
+famoso per le sue gesta, tanto audaci quanto
+feroci.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span>
+</p>
+
+<p>
+Mi era simpatico perchè lo avevo conosciuto
+di persona. Qualche tempo prima ch’io prendessi
+moglie, mi trovavo a capo d’una compagnia
+di mietitori, nelle aie di Florinas. Avevo sotto
+al mio comando molti lavoratori. Tra i quali Rafaele
+Alvau — fratello di Agostino — uno degli
+incaricati della trebbiatura. Una quantità di cavalli
+e di cavalle, condotti dai paesi vicini, trottavano
+sulle aie per pestare i covoni, com’è costume
+nei nostri villaggi.
+</p>
+
+<p>
+Agostino Alvau (già famoso nell’isola) era
+venuto in quel tempo a Florinas, per visitarvi il
+fratello Rafaele. Travestito da zappatore sassarese,
+ma armato di fucile e di coltello, si presentò
+a noi come acquisitore di grano, in compagnia
+del massaio Antonio Sanna e di certo
+Vincenzo Paschino, padrone delle cavalle del
+signor marchese (?).
+</p>
+
+<p>
+Siccome Rafaele era al mio servizio per
+la trebbiatura, i tre visitatori vennero ad alloggiare
+in mia casa. Fu allora, che, in tutta confidenza,
+Agostino mi si diede a conoscere. L’ospitai
+per un giorno, e sul tardi tornò alla campagna.
+</p>
+
+<p>
+Per pochi anni Agostino Alvau fece il bandito,
+ma bastarono per renderlo celebre. Mentre
+un giorno attraversava un ponte sulla strada
+che da Alghero conduce alla Murra, fu circondato
+da molti carabinieri, che gli avevano teso
+un agguato; ma egli colla pistola alla mano,
+<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span>
+seppe affrontare gli armati, e sfuggì loro audacemente
+tra il fischio delle palle.
+</p>
+
+<p>
+Poco dopo egli cercò di disfarsi di certo Antonio
+Maria Tanchis, che la voce pubblica designava
+qual <i>commissario</i> dei carabinieri. I commissari
+saranno sempre i benemeriti della società,
+ma per i banditi non sono altro che spie!
+</p>
+
+<p>
+Fra gli amici più fedeli di Agostino Alvau
+erano i fratelli Paolo e Antonio Sechi della Nurra — il
+primo dei quali fra i migliori tiratori ch’io mi
+conobbi. Lo ricevevano con molta cordialità — come
+d’altronde si ricevono tutti i banditi... per
+amore o per forza!
+</p>
+
+<p>
+Abitava a Sassari in quel tempo un tal Antioco
+Agus, di Bonorva, in fama di uomo faceto
+e di poeta estemporaneo. Poeta e faceto era del
+pari il <i>commissario</i> Tanchis, che pretendeva superarlo
+nell’improvvisare i versi
+</p>
+
+<p>
+Intimo dei pastori nurresi, ed uomo doppio,
+l’Agus cercava di strappare qualche segreto al
+<i>commissario</i>, sapendo che costui congiurava contro
+la libertà degli amici. Un giorno lo invitò ad
+entrare in una bettola, col pretesto di una sfida
+poetica; ma il Tanchis lasciò sfuggirsi:
+</p>
+
+<p>
+— Oggi non posso, perchè devo recarmi ad
+Osilo coi carabinieri, per un bandito che dobbiamo
+tradurre a Sassari. Accetterò con piacere
+la gara al mio ritorno!
+</p>
+
+<p>
+Fu sollecito l’Agus d’informare del caso i
+due pastori Secchi e l’Alvau; i quali vennero a
+<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span>
+Sassari, e in compagnia del poeta si recarono sul
+tardi al <i>Molino a vento</i>, per preparare un agguato
+al commissario Tanchis, che di là doveva passare
+coi carabinieri, diretti ad Osilo.
+</p>
+
+<p>
+Giunti a cavallo sul luogo designato, i quattro
+uomini si appiattarono di fronte al predio
+del prete Ciboddo.
+</p>
+
+<p>
+Finalmente, ad ora tarda, passarono di là
+dodici carabinieri, che circondavano il commissario
+Tanchis, loro guida.
+</p>
+
+<p>
+Fu primo Alvau a far fuoco sulla spia; ma
+il colpo gli andò fallito. Sparò in seguito Paolo
+Secchi, e la sua palla attraversò il corpo del
+Tanchis, che cadde fulminato da cavallo.
+</p>
+
+<p>
+Sgomentati per gli spari nell’oscurità, i carabinieri
+tornarono indietro a spron battuto. I
+due Secchi e l’Alvau ripresero la via della Nurra;
+ma l’Agus, a cui era scappato il cavallo, si vide
+costretto a rientrare a piedi in Sassari per la
+porta di Sant’Antonio. Volendo allontanare il
+sospetto, il poeta ebbe l’accortezza di presentarsi
+l’indomani al capitano dei barracelli, per denunziare
+la bestia che gli era mancata.
+</p>
+
+<p>
+Altra impresa ardita, a cui l’Alvau dovette
+la popolarità, fu l’uccisione di Antonio, detto <i>Ammmazzacavalli</i> — uno
+dei più famosi cavallerizzi
+e domatori del tempo. <i>Commissario</i> anch’esso
+dei carabinieri, si era vantato bastargli l’animo
+di arrestare il forte algherese, inseguendolo a
+cavallo.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span>
+</p>
+
+<p>
+Informato il giovane bandito della minaccia
+di quel millantatore, giurò di ucciderlo. Temerario
+com’era, osò una sera vestirsi da prete e
+presentarsi alla casa di <i>Ammazzacavalli</i>, posta
+nel rione di San Donato. Ma il colpo gli andò
+a vuoto.
+</p>
+
+<p>
+Immaginò allora un nuovo strattagemma,
+togliendo a pretesto il carnevale.
+</p>
+
+<p>
+Era usanza a Sassari di andar mascherati a
+cavallo, per trar sollazzo dal getto dei confetti.
+</p>
+
+<p>
+Abbisognando di un compagno per eseguire
+il suo disegno, l’Alvau si era rivolto ad Antonio
+Sechi.
+</p>
+
+<p>
+In un giorno festivo, in cui la piazza Castello
+rigurgitava di maschere e di curiosi, i due
+amici salirono per il Corso, inforcando due superbi
+cavalli. Avevano una gonnella al collo, la
+maschera al viso, e le pistole nascoste sotto le
+vesti. Inoltravano al passo, distante l’uno dall’altro,
+come se ciascuno si divertisse per proprio
+conto.
+</p>
+
+<p>
+Antonio Sechi, che si spingeva avanti, aveva
+ricevuto la consegna di gettare i confetti sulla
+folla, non appena avesse adocchiato l’<i>Ammazzacavalli</i>.
+Al resto doveva pensare l’Alvau.
+</p>
+
+<p>
+Erano giunti così fino al centro di piazza
+Castello, dove la folla era immensa. Da per tutto
+si ballava, si gridava, si faceva getto di coriandoli,
+per far disperare le signorine che ridevano
+come matte.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span>
+</p>
+
+<p>
+Finalmente l’Alvau, che aspettava con ansia
+il segnale convenuto, vide il compagno lanciar
+con furia manate di confetti alla folla. Spinse avanti
+il cavallo, e scorse a breve distanza lo
+<i>Ammazzacavalli</i>, che se la rideva in mezzo ad
+un crocchio d’allegri amici.
+</p>
+
+<p>
+Gli fe’ cenno colla mano di avvicinarsi, e
+quegli incautamente gli obbedì:
+</p>
+
+<p>
+— Che vuoi, maschera?
+</p>
+
+<p>
+— Fammi un piacere. Accorciami di un
+punto la cinghia che regge la staffa. Sto male
+in sella.
+</p>
+
+<p>
+L’<i>Ammazzacavalli</i>, senza nulla sospettare, si
+fe’ presso al cavaliero, e si chinò ad aggiustargli
+la staffa.
+</p>
+
+<p>
+Colla rapidità del lampo, il giovane bandito
+gli puntò la pistola sulle spalle, lasciò partire il
+colpo, die’ di sprone al cavallo, ed uscì dalla
+porta Castello, facendosi largo tra la folla compatta.
+</p>
+
+<p>
+L’<i>Ammazzacavalli</i> era caduto bocconi, mortalmente
+ferito. Gli astanti, atterriti, gridarono
+al soccorso, all’assassino, e si sbandarono di qua
+e di là, come sfuggendo ad un pericolo immaginario.
+</p>
+
+<p>
+Antonio Sechi, come nulla avesse veduto,
+continuava indifferente il getto dei confetti, mentre
+l’Alvau, a precipizio, divorava la strada che
+conduceva al <i>Pozzo d’Arena</i>. Montava un ottimo
+cavallo (fattosi prestare da Gavino Spanedda di
+Nurra) e l’inseguirlo non era impresa facile.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span>
+</p>
+
+<p>
+Alcuni carabinieri — che conducevano a
+mano i cavalli all’abbeveratoio — udendo le grida
+della gente, cercarono fermare il fuggitivo; ma
+questi, mostrando loro la pistola, seppe tenerli
+lontani.
+</p>
+
+<p>
+Arrivato allo stabilimento Lombardi, Agostino
+rallentò la corsa, mise il cavallo al passo,
+ed entrò tranquillamente in Porta d’Utzeri, internandosi
+verso <i>turritana</i>, per riparare in casa
+di alcuni amici nurresi.
+</p>
+
+<p>
+Dicesi che la stessa sera Agostino Alvau,
+vestito da donna, avesse osato presentarsi all’ospedale
+(dove il moribondo era stato ricoverato
+d’urgenza) risoluto di finirlo a pugnalate. Egli
+dichiarò d’essere la madre del ferito; ma non fu
+lasciato entrare, stante l’ora tarda.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Questo giovane coraggioso, audace in modo
+straordinario venne ucciso a tradimento nella
+Nurra; e dirò come.
+</p>
+
+<p>
+Fra gli ovili che l’Alvau soleva visitare, era
+quello di Giovanni Careddu, ammogliato con giovane
+e bella donna, e senza figli. Spensierato e
+fidente nel proprio coraggio, il galante bandito
+si era dato a corteggiare la moglie dell’amico.
+Costei conviveva con una sorella belloccia, fidanzata
+a Giuseppe Sale, giovane sassarese, che pur
+frequentava l’ovile.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span>
+</p>
+
+<p>
+Accortosi il Sale della tresca dell’Alvau, disse
+un giorno alle due sorelle:
+</p>
+
+<p>
+— Perchè accogliete quell’uomo in casa
+vostra? Mandatelo via, se non volete aver danno!
+</p>
+
+<p>
+La moglie del Careddu riferì segretamente
+al suo Agostino le parole del Sale, facendogli
+quasi intendere che di lui fosse geloso.
+</p>
+
+<p>
+Alvau, senz’altro, tolse di mezzo l’importuno
+con una fucilata.
+</p>
+
+<p>
+Poco tempo dopo, trovandosi insieme i due
+banditi cugini, Antonio Santo Careddu di Sorso
+e Paolo Careddu di Sennori, dissero ad Agostino
+Alvau:
+</p>
+
+<p>
+— Senti, giovinotto. A noi pare che le tue
+visite all’ovile di Campanedda siano troppo frequenti.
+Si direbbe che ti sei liberato di Giuseppe
+Sale, per renderti padrone anche della sua fidanzata.
+Intendiamoci bene! — noi siamo disposti
+a far giuramento di non offenderci a vicenda;
+ma se tu non ti allontani dalla casa del nostro
+congiunto Giovanni, ci terremo sciolti da ogni
+promessa. Lo sai!
+</p>
+
+<p>
+Agostino Alvau — sdegnoso sempre d’ogni
+consiglio, e sempre più invaghito della giovane
+moglie — non solo si astenne dalle visite all’ovile
+di Careddu, ma vi andò con più frequenza,
+e rese più scandalosa la tresca.
+</p>
+
+<p>
+Era acciecato d’amore — e l’amore doveva
+perderlo!
+</p>
+
+<p>
+Da qualche tempo il Governo aveva promessa
+<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span>
+l’impunità ed un premio in danaro a qualunque
+bandito avesse ucciso, o fatto arrestare
+Agostino Alvau. I due cugini Careddu pensarono
+di ottenere l’una e l’altro, vendicando in pari
+tempo il loro congiunto tradito.
+</p>
+
+<p>
+In un giorno piovoso si trovarono riuniti nell’ovile
+di <i>Campanedda</i> Paolo Careddu, Antonio
+Santo, e Agostino Alvau. Si giuocava alle carte,
+e Paolo si era seduto a fianco di Agostino. A un
+certo punto Antonio Santo esclamò con stizza:
+</p>
+
+<p>
+— Ma perdio! c’è un fumo d’inferno qua
+dentro!
+</p>
+
+<p>
+E così dicendo si era alzato con impeto, fingendo
+correre alla porta per aprirla; ma giunto
+vicino all’uscio, si voltò di scatto, e vedendo
+Agostino intento alla partita, gli puntò il fucile
+addosso e fece fuoco<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Quantunque mortalmente ferito in pieno petto,
+l’Alvau balzò in piedi, e portata la mano all’elsa
+del suo lungo stocco, cercò snudarlo per avventarsi
+sul traditore. Paolo, però, che stava attento,
+gli afferrò le due braccia da tergo, in modo che
+l’arma non uscì che a metà dal fodero.
+</p>
+
+<p>
+L’Alvau, ad un tratto, si contorse, mandò
+<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span>
+un sordo rantolo, e stramazzò come fulminato.
+Era morto.
+</p>
+
+<p>
+Antonio Santo era uscito con furia all’aperto
+per correr dietro a compare Maurizio; il quale venuto
+all’ovile in compagnia d’Alvau, era rimasto
+in una stanza vicina. Prevedendo la catastrofe,
+costui si era salvato saltando da una finestra e
+cacciandosi nel vicino bosco.
+</p>
+
+<p>
+A poca distanza dall’ovile — nella <i>Valle del
+legname</i> — trovavasi certo Giovanni Manunta;
+il quale, saputo il caso, montò in sella e a spron
+battuto si recò a Sassari per informare le autorità,
+che Antonio Careddu e Antonio Santo erano
+degni di premio, avendo ucciso il terribile bandito
+algherese.
+</p>
+
+<p>
+Maurizio, alla sua volta, era corso a Portotorres
+per annunziare ai carabinieri l’uccisione
+di Agostino Alvau.
+</p>
+
+<p>
+Nel frattempo Antonio Santo, afferrato il
+cadavere d’Agostino per i piedi, lo aveva trascinato
+all’aria aperta, fino al limite del piazzale.
+</p>
+
+<p>
+Accorsi primi i carabinieri di Portotorres,
+scaricarono i loro fucili sul cadavere, fingendo
+aver ucciso il bandito algherese in uno scontro.
+</p>
+
+<p>
+Il governatore di Sassari però, che in precedenza
+aveva ricevuto l’avviso della morte di
+Alvau, non tardò a concedere la promessa libertà
+ai due cugini uccisori, ed a punire i carabinieri
+<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span>
+per l’assalto simulato che venne scoperto e facilmente
+provato<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Questa la versione veridica della fine di Agostino
+Alvau, da me attinta a fonte non dubbia.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span></p>
+
+<h3 id="cap9-2">CAPITOLO IX.
+<span class="smaller">Il bandito Derudas.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Ho già parlato dei due banditi Antonio Maria
+Derudas e Giovanni Maria Puzzone, di Cargeghe,
+datisi alla campagna dopo aver ucciso il capitano
+dei barracelli, che li disturbava nelle loro imprese
+rapaci. Questi giovani vagabondi erano ladruncoli,
+che prendevano diletto a uccider buoi e
+cavalli, a danno del barracellato.
+</p>
+
+<p>
+Poco dopo l’uccisione del capitano, un altro
+giovine di Cargeghe — Angelo Masala — uccise
+certo Manconi suo compaesano, e sfuggì alla giustizia
+dandosi alla macchia. Si ebbero così, in
+breve tempo, tre banditi di Cargeghe.
+</p>
+
+<p>
+Il fratello dell’ucciso — Giovanni Manconi — volendo
+vendicarsi dell’assassino, chiese l’aiuto
+dei due banditi Derudas e Puzzone; e tutti e tre
+riuscirono a freddare con una fucilata Angelo
+Masala, che sotterrarono in campagna, senza che
+alcuno li vedesse.
+</p>
+
+<p>
+Il prete Luigi Tolu di Cargeghe, mio cugino,
+un giorno si rivolse a me, pregandomi di proteggere
+il bandito Derudas, che voleva liberare
+<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span>
+ad ogni costo, ritenendolo un disgraziato, più
+che un cattivo soggetto. E fu dietro alle sue insistenti
+raccomandazioni, che mi decisi ad unirmi
+col Derudas e col Puzzone, coi quali rimasi per
+circa un anno, sebbene non di continuo.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno, insieme al Derudas, attraversavo
+il sito detto <i>Sa funtana de sa piarosa</i>, di fronte
+alla cantoniera di Campomela, nel tenimento di
+Don Battista Solinas di Cargeghe. A un certo
+punto il mio compagno si fermò, e, indicandomi
+una zolla, mi disse sorridendo:
+</p>
+
+<p>
+— Vedi? Io, Puzzone e Manconi abbiamo
+qui seppellito il cadavere di Angelo Masala!
+</p>
+
+<p>
+Trascorsi quattro o cinque mesi, il Puzzone
+fu arrestato; ed io continuai a tener compagnia
+al Derudas, separandomene però di tanto in tanto,
+poichè diffidavo di lui.
+</p>
+
+<p>
+Due volte, in quel tempo, mi riuscì di sfuggire
+ad un agguato di carabinieri.
+</p>
+
+<p>
+La prima volta fu nel <i>salto</i> di Banari. Mi
+ero cacciato in una grotta della <i>Scala di Antonio
+Faedda</i> (territorio di Florinas) dove passai una
+notte ed un intiero giorno. Recatomi in seguito
+nell’ovile <i>Panzano</i> (a Giunchi) i nostri cani abbaiarono
+fermi — indizio che vedevano gente
+ferma. In quei dintorni, infatti, erano appiattati
+una ventina di carabinieri. Pensai di attraversare
+il campo deludendo la loro vigilanza. Mi cacciai
+il cappuccio sugli occhi, chiesi a un pastore le
+pecore, e mi diedi a guidarle, passando arditamente
+<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span>
+in mezzo a’ miei nemici, che continuavano
+a tener d’occhio l’ovile. Fui salvo.
+</p>
+
+<p>
+La seconda volta mi trovavo nello stesso ovile,
+dove avevo passato la notte insieme a Derudas.
+Verso l’alba diedi ordine ad un mandriano d’esplorare
+i dintorni, raccomandandogli, che, nel
+caso avesse visto carabinieri, si fosse affacciato
+alla roccia de <i>sas coas de medallu</i>, gridando: — I
+buoi non ci sono! — Quel semplicione, invece,
+gridò forte al suo padrone:
+</p>
+
+<p>
+— Zio Antonio Luigi, ci sono i carabinieri!
+</p>
+
+<p>
+Ne avevo veduto sei a cavallo nella pianura;
+gli altri erano appostati nel bosco, credendo che
+per di là noi si scappasse. Svegliai il Derudas che
+dormiva; girammo la collina, salimmo la montagna,
+e di là scorgemmo i carabinieri, che ci aspettavano
+al varco. Anche questa volta, con un po’
+di astuzia, ero riuscito a sfuggire a un agguato,
+preparato con molta sagacia militare.
+</p>
+
+<p>
+Lascio i carabinieri per narrare i miei casi
+col Derudas.
+</p>
+
+<p>
+Nel territorio di Banari era il molino di proprietà
+della contessa Musso. Il mugnaio, che lo
+aveva in affitto, viveva in continui litigi colla
+propria moglie, poichè costei teneva seco una
+bambina illegittima, che turbava la pace domestica.
+</p>
+
+<p>
+Tanto io, quanto il mio compagno Derudas,
+capitavamo con frequenza nel molino, e la moglie
+del mugnaio si sfogava con noi, mettendoci a
+parte dei disaccordi coniugali.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span>
+</p>
+
+<p>
+Un giorno che mi trovai solo con essa, la
+moglie inasprita mi raccomandò caldamente di
+liberarla dal peso del marito, uccidendolo.
+</p>
+
+<p>
+Feci di tutto per smuoverla dal suo proposito: — Metti
+giudizio, e sta savia! — le dicevo — Non
+dar retta ai tristi consigli della tua coscienza.
+Fa la pace con tuo marito, e vivete tranquilli!
+</p>
+
+<p>
+Il mugnaio era un buon uomo; ci dava ospitalità
+con piacere, e di tanto in tanto mi regalava
+qualche scudo. M’irritavano, dunque, gli eccitamenti
+di quella femmina, che ad ogni costo
+voleva diventar vedova.
+</p>
+
+<p>
+Ma la donna è tenace ne’ suoi proponimenti
+di vendetta; e la moglie del mugnaio, vedendo
+la mia ripugnanza a compiacerla, mi lasciò in
+pace. Ella si rivolse segretamente al mio compagno,
+a cui offrì sessanta scudi per eseguire
+il colpo.
+</p>
+
+<p>
+Il bandito Derudas si lasciò, convincere dal
+danaro e dalle tenerezze della bella mugnaia; e
+un bel giorno, con una buona fucilata, le tolse
+dal fianco l’importuno marito.
+</p>
+
+<p>
+Quando appresi il fatto, rimproverai acerbamente
+il mio compagno:
+</p>
+
+<p>
+— Che cosa hai fatto? Perchè uccidere l’uomo
+che ci dava a mangiare e ci offriva asilo nei
+giorni del pericolo? Sei un tristo e un miserabile!
+</p>
+
+<p>
+Il Derudas si strinse nelle spalle e mi disse:
+</p>
+
+<p>
+— Oh, sta a vedere che un bandito dovrà
+lasciarsi vincere da uno scrupolo!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span>
+</p>
+
+<p>
+Avvenne intanto, che il mio compagno erasi
+pazzamente innamorato di Maria Grazia, la bellissima
+vedovella di un altro mugnaio, il quale
+conduceva il molino di <i>San Lorenzo</i>, nei dintorni
+di Florinas, da me pure frequentato. Antonio
+Maria Derudas fece di tutto per celarmi la sua
+fiamma; ma non tardai ad accorgermi che sospettava
+di una segreta relazione fra me e la
+vedova.
+</p>
+
+<p>
+Io rideva delle sue smanie gelose, poichè
+sapevo che la vedovella, una bellissima donna, era
+realmente innamorata di un terzo: di un giovane,
+col quale erano passati accordi di matrimonio.
+</p>
+
+<p>
+Il giovane innamorato erasi con me aperto,
+svelandomi che le relazioni colla vedova erano
+di natura molto intima. Egli chiedeva un mio
+consiglio.
+</p>
+
+<p>
+Io, che sapevo scaltra la vedova, poichè nelle
+assenze del giovane cercava di tirare a sè anche
+il Derudas, gli dissi:
+</p>
+
+<p>
+— Apri gli occhi, fratello! Tu devi fidare
+nella mia sola amicizia. Quando ti avviserò di
+non andare più da lei, ubbidiscimi!
+</p>
+
+<p>
+E il giovane, infatti, aveva cominciato a rendere
+più rare le visite al molino, dopochè si era
+accorto che la vedovella aveva un cuore sì largo,
+da poter dare ricovero a due.... ed anche a tre!
+</p>
+
+<p>
+Nondimeno la scaltra mugnaia, accompagnata
+dal suo giovane amante, un bel giorno fece
+una gita a Sassari, insieme ad altro mugnaio
+<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span>
+colla rispettiva moglie. Le due coppie presero
+alloggio in un’osteria, ordinando una camera separata,
+per ciascuna. Questo fatto fece mormorare
+i maligni, e specialmente i coniugi mugnai,
+ch’erano stati testimoni della scandalosa intimità
+dei due compagni di viaggio. Tornata la vedovella
+al molino, non tardò a notare la freddezza
+del giovane e la corte più assidua che le andava
+facendo Derudas, ignaro del fatto dell’osteria. Temendo
+che il mugnaio e sua moglie, colle chiacchiere,
+riuscissero a far aprir gli occhi a Derudas
+sull’episodio di Sassari, la vedovella si strinse
+vieppiù a quest’ultimo, esortandolo ad uccidere
+i due testimoni pericolosi, non so per quali
+torti, che diceva aver ricevuto.
+</p>
+
+<p>
+Il Derudas un bel giorno venne a confidami
+le apprensioni della vedova, la quale gli consigliava
+ad uccidere il mugnaio e la moglie, perchè
+ci facevano la spia.
+</p>
+
+<p>
+Io, che tutto sapevo dal giovane amante, gli
+risposi infastidito:
+</p>
+
+<p>
+— Ma non ti accorgi dunque, che sei menato
+per il naso? Da qualche tempo a questa parte
+mi vai contando frottole, che mi rivelano la tua
+poca lealtà. Fammi toccare con mano che i coniugi
+mugnai ci fanno la spia, e mi prenderò io
+l’incarico di spararli, poichè nel tiro sono di te
+più esperto. Cessa, però dallo spacciarmi tante
+fandonie. Apri gli occhi da una buona volta, ed
+ascoltami! Il giorno che tu torcerai un capello
+<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span>
+a quel buon uomo, od a sua moglie, avrai da
+farla con me! I capricci e gli amori ti costeranno
+ben cari!
+</p>
+
+<p>
+Il Derudas si offese, e mi tenne il broncio;
+ed io mi accorsi che cercava vendicarsi. Legato
+alla vedova da relazione amorosa, si erano
+entrambi proposti di farmi arrestare, colla speranza
+di conseguire la loro felicità. La causa del
+Derudas era meno grave della mia, ed egli sperava
+di ottenere dal Governo l’impunità, a prezzo
+della mia cattura o della mia morte, ottenute col
+mezzodì una delazione o di un tradimento.
+</p>
+
+<p>
+Era questo il sogno di Maria Grazia, che voleva
+disfarsi di me, per unirsi in matrimonio con un
+bandito graziato. Il giovane si era stancato di lei,
+ed ella non voleva perdere il secondo partito.
+</p>
+
+<p>
+Ricordando le mie minaccie, e temendo il
+mio furore, il Derudas tornò a parlarmi della
+convenienza di uccidere i due mugnai, che ci facevano
+la spia. La vedovella pareva preoccupata
+di quel certo caso dell’osteria di Sassari, che poteva
+mandare a monte il suo matrimonio.
+</p>
+
+<p>
+Ero sul punto di tutto svelare al mio compagno,
+ma mi contenni. Mi limitai a rispondergli
+con malagrazia:
+</p>
+
+<p>
+— Di nuovo colle supposte spie? Decisamente
+le donne t’empiono la testa di vento. Te
+l’ho pur detto di non più parlarmene!
+</p>
+
+<p>
+E così dicendo mi alzai con stizza, come
+per uscire dalla capanna, in cui entrambi si era.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Dove vai? — mi chiese Derudas con tono
+risentito.
+</p>
+
+<p>
+Mi voltai, squadrandolo con disprezzo:
+</p>
+
+<p>
+— Vado dove mi pare e piace! D’ora innanzi,
+se ti è cara la mia compagnia, dovrai venirmi
+dietro come un cane. Io non ti comunicherò
+più le mie intenzioni!
+</p>
+
+<p>
+— Allora sarà meglio che ciascuno faccia
+la sua strada! — mi disse con aria brusca.
+</p>
+
+<p>
+— È precisamente quello che desidero! — risposi
+secco. — Ti predico, però, che dentro
+l’anno cadrai nelle mani della giustizia..... e ti arresteranno
+addormentato. Io conosco quanto vali!
+</p>
+
+<p>
+Così dicendo piantai il mio compagno; e da
+quel giorno ci guardammo in cagnesco. Io voleva
+solamente accertarmi del suo proposito di farmi
+la spia, di concerto colla scaltra vedovella. Una
+volta avute in mani le prove della loro perfidia,
+avrei io pensato al modo di fargli pagar caro il
+tradimento.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span></p>
+
+<h3 id="cap10-2">CAPITOLO X.
+<span class="smaller">Giusta pena e pena ingiusta.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Farò un passo indietro per narrare due casi
+avvenutimi, durante il tempo ch’ebbi a compagno
+il bandito Derudas.
+</p>
+
+<p>
+Antonio Maria Cosseddu, di Banari, da
+qualche tempo cercava di farmi la spia. Era
+stato tre volte in carcere, ed uscitone, volle
+seco in compagnia due pastori banaresi (certi
+fratelli Antonio Maria e Salvatore Carta) perchè
+non venisse molestato dai nemici. I due fratelli
+erano ricchi, onesti, e molto stimati nel paese.
+</p>
+
+<p>
+Il Cosseddu aveva in custodia molti porci
+e capre, a lui affidati da un agiato proprietario
+di Banari.
+</p>
+
+<p>
+Incorsi in una contravvenzione, i fratelli
+Carta erano stati condannati a un mese di carcere.
+Poco dopo pubblicata la sentenza, fui invitato
+a pranzo nel loro ovile, dove mi trovai in
+compagnia di Derudas, di Gio. Antonio Nuvoli,
+e del prete florinese Massidda. Appresa la recente
+condanna, tutti d’accordo consigliammo i
+due fratelli a costituirsi in carcere l’uno alla
+<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span>
+volta, perchè così potessero sorvegliare il proprio
+bestiame. Promisi, da mia parte, che avrei tenuto
+d’occhio la loro proprietà, durante il tempo
+della prigionia dell’uno e dell’altro.
+</p>
+
+<p>
+E così, infatti, essi fecero.
+</p>
+
+<p>
+Durante il tempo che Gio. Maria scontava
+il suo mese di carcere, la spia Cosseddu ebbe
+un vivo diverbio coll’altro fratello Salvatore, e
+fu sul punto di ucciderlo, facendo accorrere sul
+luogo i carabinieri. Quest’intervento dell’arma
+benemerita era stato forse concertato con la
+spia, allo scopo di farmi sorprendere nella capanna
+insieme al mio compagno Derudas. Scampai
+al pericolo — ma giurai di vendicarmene.
+</p>
+
+<p>
+Costituitosi in carcere Salvatore (dopo uscitone
+il fratello Gio. Maria) quest’ultimo si mostrò
+molto risentito del perfido contegno del Cosseddu,
+e mi pregò di ucciderlo.
+</p>
+
+<p>
+Io gli risposi:
+</p>
+
+<p>
+— La vendetta sarebbe giusta; ma che
+avverrà in seguito? Tutti ormai sanno che siete
+nemici del Cosseddu; e se io l’uccidessi, voi
+sareste arrestati come esecutori o mandanti.
+Anch’io avrei bisogno di punirlo, ma questa
+volta la mia vendetta non tornerebbe che a
+danno vostro.......
+</p>
+
+<p>
+— Che fare, dunque?
+</p>
+
+<p>
+— Cercare il mezzo di ottenere lo scopo
+senza compromettere la vostra libertà.
+</p>
+
+<p>
+— E questo mezzo? Consigliami tu!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Rispondi. È egli vero che Antonio Maria
+Cosseddu è un volgare sicario, che ha sulla
+coscienza molte pelli?
+</p>
+
+<p>
+— È ben noto al paese!
+</p>
+
+<p>
+— Tu e gli amici tuoi, siete in grado di
+conoscere i delitti da costui commessi?
+</p>
+
+<p>
+— Li conosciamo.
+</p>
+
+<p>
+— Puoi tu mettere insieme otto testimoni
+delle scelleraggini di quel cattivo soggetto?
+</p>
+
+<p>
+— Anche venti!
+</p>
+
+<p>
+— Mi bastano otto. Quando li avrai riuniti,
+dammene avviso, ed io ti dirò quanto devono fare.
+</p>
+
+<p>
+Radunate le otto persone in campagna, col
+pretesto d’una partita di caccia, Gio. Maria
+Carta mi diede l’appuntamento.
+</p>
+
+<p>
+Salutata la comitiva, presi la parola, e dissi
+loro:
+</p>
+
+<p>
+— Siete voi tutti consapevoli degli assassinî
+commessi da Antonio Maria Cosseddu?
+</p>
+
+<p>
+— Sì.
+</p>
+
+<p>
+— Proprio in coscienza?
+</p>
+
+<p>
+— Ognuno di noi può asserirlo con prove
+di fatto.
+</p>
+
+<p>
+— Or bene, allora fate così. Quattro di voi
+si presentino al procuratore del re di Sassari,
+denunziandogli i fatti che si conoscono. Ritornati
+questi, partiranno gli altri quattro, per fare
+altrettanto. Raccolte dal fisco le denunzie in
+iscritto, egli ha il dovere di spiccare il mandato
+di cattura, e istruirà il processo.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span>
+</p>
+
+<p>
+Il mio consiglio fu seguito scrupolosamente;
+e il Cosseddu venne arrestato, processato, condannato
+a morte, e impiccato a Sassari.
+</p>
+
+<p>
+Dopo la condanna, dissi al pastore Gio.
+Maria:
+</p>
+
+<p>
+— Vedi tu come si fanno le cose? Tu non
+sei rovinato nella persona e nella roba; io non
+ho la pelle di un sicario sulle spalle; il nostro
+nemico è punito; e la giustizia può andar lieta
+di aver tolto dal mondo un miserabile assassino!
+</p>
+
+<p>
+Il Cosseddu aveva a Banari un cognato
+prete; e il paese diceva che costui era riuscito
+a strapparlo tre volte alle carceri, per mezzo
+delle fattucchierie. Dopo la condanna a morte,
+una mattina, il prete fu trovato svenuto sul
+pavimento della sacristia; e fu detto che il
+diavolo lo avesse abbandonato, perchè non era
+riuscito a strappare il cognato al carnefice. Il
+povero prete, dopo l’impiccagione del Cosseddu,
+si chiuse in casa per sei anni, e non volle più
+vedere anima viva<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a>.
+</p>
+
+<p>
+I fratelli Carta erano buona gente, ed io
+volevo, ad ogni costo, toglierli alle seccature.
+Costava poco, a un bandito, uccidere un uomo
+come Cosseddu; ma non volevo compromettere
+<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span>
+i due amici, dai quali avevo sempre ricevuto
+gentilezze. Ero certo che su loro sarebbero caduti
+i sospetti dell’uccisione della spia, per gli
+screzi e le minaccie che in precedenza si erano
+verificati. La spia Cosseddu aveva scontato le
+sue perfidie e i suoi delitti — e la mia coscienza
+era tranquilla.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Mi trovavo ancora a Banali, quando, un
+giorno, m’imbattei nel bandito Derudas, prima
+della nostra rottura. Egli mi confidò che due
+ladri d’Ittiri avevano derubato un suo fratello,
+togliendogli persino i sacchi, che teneva sotto
+il basto del cavallo che montava. Quest’audacia
+lo inasprì talmente, che mi dichiarò di odiare
+tutti gli ittiresi.
+</p>
+
+<p>
+In compagnia di diversi amici ci trovammo
+l’indomani a <i>Badu Sinaghe</i>, dove si mangiò
+allegramente, e si bevette non poco. In sul finire
+del pranzo, mentre si chiacchierava col
+padrone del luogo, venne un pastore ad avvertirlo,
+che quattro ittiresi erano entrati nel tenimento
+per tagliar legna.
+</p>
+
+<p>
+Il padrone, indignato, ordinò al servo di
+mandarli via.
+</p>
+
+<p>
+— Perchè non andiamo noi a trovarli? — esclamò
+vivamente Derudas, alzandosi. — Non
+posso dimenticare che hanno derubato mio fratello.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Non saranno certo gli stessi! — osservai
+scherzando.
+</p>
+
+<p>
+— Che importa? sono ittiresi, e basta!
+</p>
+
+<p>
+Così dicendo il mio compagno si mosse, e
+noi gli tenemmo dietro.
+</p>
+
+<p>
+Il padrone sgridò quei ladri sfacciati, ed io
+tolsi loro i picchi e le ronche, dicendo che li
+avrebbero ripresi un’altra volta.
+</p>
+
+<p>
+Uno dei ladruncoli — che certamente non
+ci conosceva — si fece innanzi con baldanza, e
+venendomi incontro mi gridò con disprezzo:
+</p>
+
+<p>
+— Tu fai il gradasso perchè sei armato di
+fucile!
+</p>
+
+<p>
+Il sangue mi fe’ velo agli occhi, e gli saltai
+addosso, strappandogli di mano la scure.
+</p>
+
+<p>
+L’ittirese mi afferrò allora per la barba; ed
+io, cieco, lo percossi colla scure, ferendolo gravemente
+al braccio.
+</p>
+
+<p>
+Mi accorsi, lo confesso, d’essere stato troppo
+focoso, e di aver commesso una brutta azione.
+Sebbene l’afferrare un sardo per la barba sia
+l’insulto più atroce che si possa fare, pure riconobbi
+che il torto era mio, ed ebbi vergogna
+di me stesso. Debbo dichiarare, che di
+questo eccesso ebbi ad arrossire per tutta la
+vita. In quel momento non avevo pensato che
+a vendicare il mio compagno Derudas, senza
+badare quanto sia ingiusto e ridicolo bisticciarsi
+per conto di un terzo.
+</p>
+
+<p>
+Pochi giorni dopo ricevetti una lettera dal
+<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span>
+cav. Suzzarello, colla quale mi esortava a restituire
+i ferri ai quattro ittiresi, uno dei quali
+era un suo servo. Meno male che il Suzzarello
+non mi tenne rancore; egli, più tardi, mi raccomandò
+di procurargli un buon mastino per
+caccia grossa, avendogli un robusto cinghiale
+sbranato nove cani, in una partita di caccia a
+<i>Giunchi</i>. Lo compiacqui, e se ne mostrò soddisfatto.
+</p>
+
+<p>
+L’ittirese da me ferito non tardò a guarire,
+e ne fui lieto.
+</p>
+
+<p>
+Racconto questi episodi per darvi un’idea
+della vita di noi banditi. Ne taccio molti altri
+insignificanti, per non tediare chi leggerà la
+mia storia.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+A Banari, come in tutti i paesi del circondario,
+destavo sempre una curiosità singolare.
+Quando passavo in quella regione, il medico
+Peppe Canu avvertiva i cavalieri, i quali colle
+loro famiglie si recavano a far pranzo in campagna,
+per il solo gusto di conoscermi da vicino.
+</p>
+
+<p>
+Quei cavalieri m’invitarono molte volte a
+prender parte ai loro pranzi; e per consueto mi
+s’incaricava di fare le porzioni a tavola, meravigliati,
+i commensali, della mia abilità nel tagliare
+le carni, che distribuivo in un momento,
+con equa misura. Si era talvolta in venticinque
+<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span>
+o trenta individui in campagna, e tutti si mostravano
+avidi di conoscere qualche episodio
+della mia vita di bandito, ch’io raccontavo loro
+con piacere.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno, nel salto di <i>Badu Sinaghe</i>, in
+Giunchi, dovendosi preparare i soliti regali a
+Monsignore e a diversi signori di Sassari, venni
+incaricato dell’uccisione del bestiame; e uccisi
+ben quattordici porci e troie a palla, dando spettacolo
+di valentìa col colpirli tutti nell’occhio,
+per non far loro perdere il sangue<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Ho antecipato un po’ gli avvenimenti; ed
+ora ritorno al mio compagno Derudas, prima
+di abbandonarlo al suo triste destino.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span></p>
+
+<h3 id="cap11-2">CAPITOLO XI.
+<span class="smaller">La penna vale il fucile.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Da poco tempo ero separato dal Derudas,
+quando egli uccise il bandito, che aveva scelto
+a suo nuovo compagno. Dirò brevemente il fatto.
+</p>
+
+<p>
+Un ricco possidente d’Ossi si era bisticciato
+vivamente con un suo servo — certo Antonio
+Elias; e s’inasprì talmente, che lo percosse. Il
+servo, più robusto di lui, si avventò al suo padrone,
+e dopo averlo picchiato si salvò colla fuga.
+</p>
+
+<p>
+Il ricco proprietario, volendo vendicarsi dell’atroce
+insulto, mi chiese un abboccamento in
+campagna. Egli mi propose una larga ricompensa,
+se avessi tolto dal mondo quel servo
+prepotente ed ingrato. Gli risposi che si fosse
+ad altri rivolto, poichè io non solevo uccidere
+chi non mi aveva offeso.
+</p>
+
+<p>
+Appresi in seguito che il padrone si era
+rivolto a Derudas, proponendogli la stessa uccisione.
+Il Derudas osservò che non osava fare il
+colpo, perchè temeva la mia collera e la mia
+vendetta.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span>
+</p>
+
+<p>
+Allora il proprietario di Ossi, coll’intento
+d’incoraggiarlo, gli fece credere avergli anch’io
+promesso di sbarazzarlo dal servo audace.
+</p>
+
+<p>
+— Pensaci, dunque, se vuoi guadagnare
+ottanta scudi!
+</p>
+
+<p>
+Anche questo colloquio era venuto a mia
+conoscenza, per la relazione di confidenti, che
+a me non mancavano.
+</p>
+
+<p>
+Avevo intanto saputo, che il bandito Elias,
+il servo prepotente, si era dato a scorrazzare la
+campagna insieme al Derudas, che se lo aveva
+associato come compagno di ribalderie.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno Derudas osò venirmi incontro.
+Avendolo poco prima veduto con Elias, gli dissi
+seccamente:
+</p>
+
+<p>
+— E perchè ti presenti solo? Non è forse
+degno il tuo compagno d’essermi presentato?
+Chiamalo pure, se lo hai nascosto!
+</p>
+
+<p>
+Derudas si accostò al ciglione, e lo chiamò
+con un lungo fischio. Quando comparve l’altro
+bandito, lo apostrofai:
+</p>
+
+<p>
+— Perche ti accompagni con Derudas? Non
+hai capito ancora che egli fu pagato per ucciderti?
+Abbandonalo, se ti è cara la vita!
+</p>
+
+<p>
+Il Derudas mi fulminò con un’occhiata, ma
+tacque. Senz’altro dire, fece un brusco cenno al
+compagno, e si allontanarono.
+</p>
+
+<p>
+Ero sul punto di fargli fuoco addosso, ma
+poi mi contenni. Due o tre volte era venuto a
+tiro del mio fucile, ma sempre lo risparmiai, non
+<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span>
+volendo si dicesse che io uccidevo i miei compagni.
+Uccidere il proprio compagno è per i
+banditi la più grande delle vergogne e delle
+vigliaccherie; poichè darebbe a sospettare che
+l’uccisione sia seguita nel sonno. Aspettai un’occasione
+più propizia. Volevo d’altronde accertarmi,
+che insieme all’amica mugnaia egli mi
+facesse realmente la spia.
+</p>
+
+<p>
+Non trascorse una settimana da quel nostro
+incontro, quando Derudas uccise il giovane Elias,
+per la cui morte gli vennero sborsati ottanta scudi
+dal ricco proprietario d’Ossi. Questa somma gli
+abbisognava per la liberazione. In noi banditi era
+radicata la credenza, che la giustizia avesse bisogno
+di soldi per chiudere gli occhi ed alleggerire
+la mano — e la giustizia d’allora non era
+quella d’oggi! I giudici erano anch’essi complicati
+nei partiti, e ciascuno aveva i suoi <i>bravi</i>
+protetti e protettori, specialmente a Sassari.
+</p>
+
+<p>
+Verso quel tempo Derudas aveva tentato di
+separarsi dalla vedovella; ma questa gli disse:
+</p>
+
+<p>
+— Bada, Antonio Maria, a quello che fai!
+Ricordati che per te ho licenziato un giovane
+che mi voleva bene. Se persisti ad abbandonarmi
+perchè stanco di me, ti prevengo che mi raccomanderò
+a Giovanni Tolu per aggiustare la faccenda!
+</p>
+
+<p>
+Questa minaccia sortì il suo effetto, poichè
+Derudas aveva paura di me. Egli finì per sposare
+la vedovella in casa del rettore, a Banari.
+<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span>
+La teneva in un molino, dove andava a trovarla
+di tanto in tanto, dandole appuntamenti in questo
+o in quel punto, come usano tutti i banditi ammogliati,
+che non possono avere una casa coniugale.
+</p>
+
+<p>
+Non corse lungo tempo, che Derudas venne
+arrestato, avverandosi la mia profezia. I carabinieri
+lo avevano colto mentre dormiva. L’imbecille
+si era svegliato in carcere!
+</p>
+
+<p>
+La mancanza di prove testimoniali favoriva
+la causa di Derudas. I processi erano per la
+maggior parte indiziarî; e correva la voce della
+probabile assoluzione del bandito mio compagno.
+Si accennava da taluni a persone influenti, a
+qualche giudice a cui si erano dati gli 80 scudi
+di Elias per diventare più <i>giusto</i>. Non mancò
+chi mi pose in avvertenza, dicendomi che la bella
+mugnaia era intesa col detenuto marito per ottenere
+l’assolutoria, facilitandola colla mia cattura.
+</p>
+
+<p>
+Quest’ultima diceria — che correva da qualche
+tempo — mi aveva messo i brividi addosso.
+Sentivo di essere feroce. Ero pentito di non aver
+ucciso Derudas; maledicevo gli scrupoli e i riguardi
+ridicoli, che avevano trattenuto il mio
+braccio.
+</p>
+
+<p>
+Quale umiliazione per me, se si fosse avverato
+il pronostico! Io in carcere, e Derudas in
+libertà? questo pensiero mi torturava.
+</p>
+
+<p>
+Avevo bisogno di convincermi, che realmente
+Maria Grazia mi tendesse un’insidia. Non volevo
+<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span>
+prestar fede ai molti che mi assicuravano, che
+fra il detenuto e la moglie (annuente la polizia)
+correvano segreti rapporti.
+</p>
+
+<p>
+Vivevo irrequieto; le mie notti erano turbate
+da sogni angosciosi. Avrei voluto travestirmi da
+guardia carceraria per uccidere il mio perfido
+compagno nella sua cella di San Leonardo.
+</p>
+
+<p>
+S’ei fosse uscito dal carcere prima della mia
+cattura, sarei stato più contento, poichè avrei
+potuto ucciderlo al fianco della propria moglie;
+ma chi mi assicurava che la sua libertà non era
+subordinata alla mia perdizione?
+</p>
+
+<p>
+In preda a questi tormenti non pensai che a
+procurarmi le prove del tradimento a mio danno.
+</p>
+
+<p>
+Aggirandomi un giorno nelle vicinanze del
+molino della moglie di Derudas, mi cacciai nel
+vicino bosco, dove vidi la sua bella servetta, che
+andava in traccia d’un maiale sbandato. Siccome
+in altri tempi le avevo fatto un po’ di corte, me
+le avvicinai sorridendo:
+</p>
+
+<p>
+— Buon giorno, Catterina. Come stai?
+</p>
+
+<p>
+— Oh! beato chi ti vede! È un bel pezzo
+che non vieni a trovarci nel nostro molino!
+</p>
+
+<p>
+— Dacchè hanno arrestato il tuo padrone
+ho sospeso le visite al molino per non dar pasto
+alla maldicenza.
+</p>
+
+<p>
+— Che scrupoli! E perciò hai avuto paura
+di rivedermi? Ben gentile!
+</p>
+
+<p>
+— Riparerò al mio torto fra breve. Verrò
+a salutare Maria Grazia... e te più di lei.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Possibile! e quando? La mia padrona sarà
+tanto contenta di rivederti. Mi parla sempre di te.
+</p>
+
+<p>
+— Verrò... Tra due giorni; venerdì, o sabato...
+dopo l’imbrunire.
+</p>
+
+<p>
+— Davvero?
+</p>
+
+<p>
+— Bada di non dirlo a nessuno, Catterina!
+Addio, belloccia!...
+</p>
+
+<p>
+— Tieni le mani a posto!
+</p>
+
+<p>
+— Sei proprio adirata con me?
+</p>
+
+<p>
+— Te lo dirò quando verrai al molino.
+</p>
+
+<p>
+E la servetta, si allontanò, saltellando come
+una capriola.
+</p>
+
+<p>
+Nè il venerdì, nè il sabato mi mossi per
+andare al molino; ma la sera stessa pregai un
+mio parente, perchè si appiattasse per tre giorni
+in un punto lontano, per sapermi riferire le persone
+che sarebbero andate a far visita alla mugnaia.
+</p>
+
+<p>
+— È questione forse di gelosia?
+</p>
+
+<p>
+— No: è un mio capriccio. Bada di non farti
+vedere!
+</p>
+
+<p>
+La domenica mattina il mio congiunto tornò
+a me. Era alquanto turbato.
+</p>
+
+<p>
+— Ebbene? — gli chiesi — Hai scoperto il
+misterioso visitatore?
+</p>
+
+<p>
+— Altro che visitatore! Venerdì sull’imbrunire
+mi sono imbattuto in sei carabinieri sulla
+strada di Codrongianus. Erano diretti al molino,
+e li ho visti sparire nel vicino boschetto. Certo
+si trattava di un appiattamento, perchè vi sono
+<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span>
+rimasti due notti. Erano guidati dal maresciallo,
+il quale entrò due volte nel molino, dopo le dieci.
+</p>
+
+<p>
+La trama era scoperta, ed io non potevo più
+dubitare della perfidia di Maria Grazia, che cercava
+di vendere la mia pelle per salvare quella
+di suo marito.
+</p>
+
+<p>
+Dovevo dunque pensare alla vendetta: punire
+il marito dentro carcere, e strapparlo per
+sempre alla moglie; e tutto ciò senza far uso
+del mio fucile.
+</p>
+
+<p>
+Il tempo stringeva. Il dibattimento di Derudas
+era incominciato, ed ogni ritardo poteva
+pregiudicare il mio disegno.
+</p>
+
+<p>
+Mi ricordai della confidenza fattami un anno
+addietro da Derudas, dinanzi alla cantoniera di
+Campomela.
+</p>
+
+<p>
+Senza frapporre indugio mi recai al villaggio
+di Mores, per abboccarmi con Antonio Masala di
+Cargeghe. Era costui il fratello di Angelo — dell’uomo
+assassinato da Derudas e da Puzzone
+per incarico e col concorso di Manconi.
+</p>
+
+<p>
+Trovato il Masala gli dissi:
+</p>
+
+<p>
+— È una vergogna, o Antonio! Com’è ch’hai
+fatto sì poco conto di tuo fratello assassinato?
+</p>
+
+<p>
+— E che doveva io fare, quando mi sono
+ignoti gli uccisori? o per dir meglio, quando mi
+mancano le prove?
+</p>
+
+<p>
+— Le prove si trovano sempre, quando si
+cercano!
+</p>
+
+<p>
+— Così fosse! Che cosa mi consigli di fare?
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Fidarti di me. Hai tu avvocato a Sassari?
+</p>
+
+<p>
+— Sì. Il dibattimento credo sia già incominciato.
+</p>
+
+<p>
+— Chi è il tuo avvocato?
+</p>
+
+<p>
+— Cossu, <i>il grande</i>.
+</p>
+
+<p>
+— Ebbene, bisogna scrivere al tuo avvocato.
+</p>
+
+<p>
+— Scrivere che cosa?
+</p>
+
+<p>
+— Presso a poco nei termini che io ti suggerirò.
+</p>
+
+<p>
+— Sentiamo.
+</p>
+
+<p>
+Ed io dettai, accentuando le parole:
+</p>
+
+<div class="blockquote">
+<p class="indl">
+<i>Illustrissimo Signor avvocato</i>,
+</p>
+
+<p>
+«Le do alcuni ragguagli, che Ella si affretterà
+a comunicare al procuratore del re. I testimoni
+Ignazio Tolu e Giovanni Manconi, già esaminati
+dal giudice istruttore subito dopo l’assassinio
+di Angelo Masala, tacquero quanto sapevano perchè
+i banditi Derudas e Puzzone battevano allora
+la campagna, e li avrebbero uccisi se avessero
+deposto il vero. Ora però, che l’uno è morto, e
+l’altro è in carcere, essi possono parlare. Oso
+sperare, che l’eccellentissimo Tribunale vorrà
+perdonare ai due disgraziati testimoni, i quali
+deposero il falso, solamente per timore di perdere
+la vita. Angelo Masala disparve, nè si ebbero
+le prove della sua morte per malefizio. Il suo
+cadavere fu sotterrato dagli assassini nel tenimento
+<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span>
+di Don Battista Solinas nel sito <i>sa funtana
+de sa piarosa</i>, in faccia alla cantoniera di
+Campomela. Si mandi a dissotterrare il cadavere,
+seguendo le traccia che a calce della presente
+verranno indicate.» (E qui diedi i più minuti
+schiarimenti sulla località da me conosciuta).
+</p>
+</div>
+
+<p>
+Questa lettera fu distesa e mandata all’avvocato
+Cossu.
+</p>
+
+<p>
+Il dibattimento, che era in corso, venne
+sospeso e rinviato. Si esumò il cadavere; si fece
+la perizia; furono uditi i testimoni indicati — e
+il risultato del nuovo giudizio fu la condanna
+di Antonio Maria Derudas ai lavori forzati a
+vita. Egli morì in galera dopo quattro anni di
+pena.
+</p>
+
+<p>
+Il mio procedimento ebbe il risultato propostomi.
+Mi ero vendicato di un compagno traditore
+e di una moglie spia. La società venne
+liberata da un malfattore volgare; ma ben pochi
+seppero che la giustizia era stata illuminata dal
+bandito Giovanni Tolu!<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a>
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span></p>
+
+<h3 id="cap12-2">CAPITOLO XII.
+<span class="smaller">Cambilargiu, Spano, Fresu.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Darò alcuni ragguagli su tre banditi, ch’ebbi
+per qualche tempo a compagni, e di cui mi occuperò
+nel corso della narrazione.
+</p>
+
+<p>
+La prima volta che io vidi Pietro Cambilargiu
+fu a <i>Monte fenosu</i>, verso <i>Scala di Ciogga</i>,
+nell’ovile di Pietro Migheli, suo cugino.
+</p>
+
+<p>
+Pietro Cambilargiu fu ritenuto come il bandito
+più celebre del Logudoro. Le sue gesta sanguinarie
+sono tuttora argomento dei racconti del
+popolo. Tesserò brevemente la sua storia, quale
+l’ho udita tante volte da lui stesso, durante i sei
+mesi che gli fui compagno. Riferirò quanto egli
+narrò a me e ad altri banditi, senza rendermi
+garante delle vicende riguardanti la sua vita in
+continente ed in Corsica.
+</p>
+
+<p>
+Non devo tacere che Cambilargiu aveva la
+debolezza di menar vanto delle sue scelleratezze:
+nessun altro bandito conobbi mai più millantatore
+di lui, nè più crudele nel vendicarsi. Più che la
+morte, egli voleva lo strazio della vittima.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span>
+</p>
+
+<p>
+Pietro Cambilargiu non era un uomo d’armi,
+nè di campagna, come noi lo eravamo. Modesto
+e povero calzolaio, aveva trascorso in giovinezza
+nel suo paesello d’Osilo, dando continue prove
+della sua irascibilità e della sua impertinenza.
+</p>
+
+<p>
+Contava appena 18 anni, quando Nicolò
+Cherchi, il suo mastro calzolaio, gli diede uno
+schiaffo. Indispettito della punizione ricevuta, esplose
+una pistola contro il suo principale, ferendolo
+leggermente. Venne arrestato, e condannato
+a tre anni di lavori forzati. Mentre scontava la
+pena nell’ergastolo di Cagliari, riuscì ad evadere,
+e battè le campagne d’Osilo, come bandito. Uccise
+poco dopo certo Pietro Marongiu, perchè dicevasi
+volesse fargli la spia. Vedutolo un giorno
+a cavallo, gli mosse incontro, e gli diede una
+fucilata, dopo avergli detto: — ti do quello che
+ti spetta!
+</p>
+
+<p>
+Egli si era unito a due altri banditi — a
+Pietro Dore e a Giomaria Ledda, suoi compaesani.
+Il Ledda per ottenere la libertà gli fece la
+spia, e i barracelli un bel giorno, nel sobborgo di
+S. Vittoria, riuscirono ad arrestarli tutti e tre.
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu fu condannato alla galera in
+vita. Frustato prima dal boia, (come voleva la
+giustizia d’allora) fu in seguito condotto ad Osilo
+col remo in spalla e con la corda al collo, per
+fargli baciare <i>il piede della forca</i>, piantata dinanzi
+alla fontana di <i>Rinnu</i>. Dicesi che, attraversando
+così il paese, ad ogni sbocco di via gli
+<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span>
+si presentasse sogghignando il Ledda, quasi per
+gioire del suo supplizio; e Cambilargiu per due
+volte gli disse: — Prega Iddio che non abbiamo
+a rivederci un giorno!
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu fu mandato all’ergastolo di Villafranca,
+e il Ledda, graziato per lo spionaggio
+fatto, si ritirò ad Osilo per esercitarvi il mestiere
+di fabbro.
+</p>
+
+<p>
+Nell’ergastolo di Villafranca il Cambilargiu
+lavorò da calzolaio, e divenne abile nella professione.
+Uno dei superiori del Bagno penale lo incaricò
+di provvedere di calzatura la famiglia, ed
+era tanta la fiducia in lui riposta per la buona
+condotta, che lo si lasciava andare a comprar le
+pelli e la suola nei negozi della città, accompagnato
+da una sola <i>guardia ciurma</i>. I lavori di
+calzoleria inappuntabilmente eseguiti, le belle maniere
+del giovane osilese, la sua condotta esemplare,
+fecero sì che Cambilargiu si attirasse la
+benevolenza dei superiori.
+</p>
+
+<p>
+Intanto il galeotto era riuscito colla furberia
+ad informarsi delle distanze e dell’accidentalità
+del terreno fra Villafranca e la frontiera francese,
+nonchè del fiume che bisognava guadare per
+raggiungere la terra straniera.
+</p>
+
+<p>
+Un bel giorno, uscito come al solito in compagnia
+della guardia per provvedersi di pelli in
+città, invitò a bere il suo compagno in un’osteria,
+fino ad ubbriacarlo; e portatolo in un certo punto,
+all’estremità del paese, gli propose di sedere alquanto
+<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span>
+per riposare. Quando vide la guardia
+sonnolente per il vino bevuto, gli strappò di
+mano la carabina, svoltò una viottola, e si diede
+a correre come un capriolo per guadagnar la
+campagna.
+</p>
+
+<p>
+La guardia balzò in piedi barcollando, credendo
+si trattasse di uno scherzo; ma quando
+si avvide del brutto tiro fattogli, si diede a gridare
+al soccorso con quanto fiato avea in corpo.
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu, correndo, aveva raggiunto la
+montagna, e si era cacciato in un folto cespuglio,
+dove rimase appiattato tre giorni e tre notti.
+Ivi riuscì a liberarsi della catena per mezzo di
+una lima, e cambiò la giubba e il berretto da
+galeotto con altri panni che aveva seco portati.
+Non volte spingersi fino al ponte, poichè sapeva
+che di qua e di là era guardato dalle sentinelle
+italiane e francesi. Alla mezzanotte del terzo
+giorno uscì dal nascondiglio e si diresse al fiume,
+che costeggiò per breve tratto, fino a trovare
+un guado possibile. Cambilargiu si spogliò; assicurò
+le vesti e le scarpe alla punta di una lunga
+pertica di cui si era munito, e giunse a toccare
+l’opposta sponda, coll’acqua fino alla gola.
+</p>
+
+<p>
+Il primo passo era fatto. Egli si trovava in
+terra francese.
+</p>
+
+<p>
+Rivestitosi de’ suoi panni, l’evaso continuò
+a camminare con coraggio e disinvoltura, finchè
+capitò fra gli agenti di polizia, che lo tradussero
+dinanzi ad un Commissario. Egli dichiarò di essere
+<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span>
+un soldato italiano disertore, il quale voleva
+servire la Francia.
+</p>
+
+<p>
+— Come ti chiami?
+</p>
+
+<p>
+— Michele Serra.
+</p>
+
+<p>
+— A qual reggimento appartieni?
+</p>
+
+<p>
+— Al reggimento della <i>Regina</i>.
+</p>
+
+<p>
+— Il nome del tuo capitano?
+</p>
+
+<p>
+— Cav. Luigi Bianchi.
+</p>
+
+<p>
+— Vuoi servire come soldato, o ti piace
+lavorare?
+</p>
+
+<p>
+— Preferisco il lavoro, perchè il mio mestiere
+era quello di calzolaio.
+</p>
+
+<p>
+Dopo essere rimasto una ventina d’anni in
+Francia, per lo più a Marsiglia, Cambilargiu
+passò in Corsica; e trovò occupazione presso
+una calzoleria, in cui lavoravano una diecina di
+operai. Egli entrò nelle grazie del principale e
+della moglie di costui, che presero a volergli bene
+ed a proteggerlo.
+</p>
+
+<p>
+Certo è, che quell’uomo singolare, evaso due
+volte da galera, non aveva che un pensiero fisso:
+vendicarsi di colui che ad Osilo gli aveva fatto
+la spia, per consegnarlo ai carabinieri.
+</p>
+
+<p>
+Morì intanto il proprietario della calzoleria;
+e Pietro Cambilargiu, giovane ancora, e audace
+quanto libertino, si die’ a fare la corte alla vedova,
+riuscendo a mettersi in intima relazione
+con lei.
+</p>
+
+<p>
+Questa vedova aveva quattro fratelli, di
+carattere violento ed energico, come d’ordinario
+<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span>
+lo sono i corsi; e mal soffrendo la tresca scandalosa,
+che faceva mormorare il paese, imposero
+a Michele Serra (così Cambilargiu continuava a
+farsi chiamare anche in Corsica) di sposare la
+sedotta loro sorella. Siccome gli affari della calzoleria
+andavano maluccio, e Cambilargiu smaniava
+di far ritorno al suo paesello natio per
+vendicarsi di Giomaria Ledda, egli finse di accondiscendere
+all’invito dei futuri cognati — e
+chiese alcune settimane di tempo per aggiustare
+le sue cose in Sardegna, e per munirsi delle carte
+necessarie per il matrimonio.
+</p>
+
+<p>
+Sbarcato sul litorale di Castelsardo egli
+riparò nelle campagne d’Osilo, deciso di allontanarsi
+per sempre dalla Corsica.
+</p>
+
+<p>
+Capitato nell’ovile di alcuni suoi parenti, vi
+fu ravvisato da una vecchia zia, quantunque
+parlasse in francese e si fosse spacciato, prima
+per un mendicante di Villasor, e poi per un negoziante
+di bestiame. Veduto ch’era inutile mantenere
+l’incognito, si diede a conoscere a suo
+cugino Pietro Migheli, e svelò addirittura la sua
+intenzione di uccidere il maniscalco Giomaria
+Ledda, già suo compagno bandito, e allora libero
+per il tradimento fattogli a Santa Vittoria.
+</p>
+
+<p>
+Per mezzo di diverse persone, fra le quali
+l’arciprete, egli mandò a salutare l’antico collega,
+facendogli dire che avrebbe avuto il piacere
+di riabbracciarlo fra breve!
+</p>
+
+<p>
+Il Ledda credette scherzo l’ambasciata, sicuro
+<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span>
+com’era che Cambilargiu scontava la pena
+nell’ergastolo di Villafranca.
+</p>
+
+<p>
+Il giorno di S. Vittoria, Cambilargiu, favorito
+da alcuni suoi parenti, si appiattò in un
+cortile ch’era di contro all’officina di Giomaria
+Ledda.
+</p>
+
+<p>
+Certo Matteo Serra, volendo ferrare un suo
+cavallo, si era quel giorno portato dal fabbro
+maniscalco.
+</p>
+
+<p>
+Mentre il Ledda, sulla strada, era intento
+a ferrare il cavallo — fra il servo che teneva
+sospesa la zampa della bestia, e il Serra che
+assisteva all’operazione — quest’ultimo si accorse
+del bandito, nascosto in una catasta di legna.
+Cambilargiu gli fe’ cenno colla mano di scostarsi.
+Matteo Serra indietreggiò, balbettando: — Giomaria!
+Giomaria! Ledda indovinò tutto, e fece alquanti
+passi per afferrare il suo fucile, ch’era
+appoggiato allo stipite della porta. Non giunse
+a toccarlo, perchè cadde fulminato dalle palle
+di Cambilargiu.
+</p>
+
+<p>
+Da quel giorno Pietro Cambilargiu divenne
+celebre in tutta l’isola. Le sue gesta sanguinarie,
+che si seguirono senza tregua, venivano in mille
+modi esaltate dai parenti e da’ suoi compaesani;
+però, in fondo, egli non aveva alcun valore, nè
+per destrezza, nè per abilità nel tiro. Dovette
+la sua fama alle sue volgari astuzie, alla sua
+crudeltà, all’impeto feroce con cui assaliva i nemici.
+La vendetta più assennata fu per lui l’uccisione
+<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span>
+del maniscalco spia; in seguito lasciossi
+trasportare a eccessi feroci, prestandosi anche a
+togliere per danaro la vita ad altri per conto
+di terzi.
+</p>
+
+<p>
+Si unì prima col bandito Antonio Spano di
+Ossi; poi con Francesco Palmas e Salvatore
+Fresu, e in ultimo con me, come si vedrà più
+tardi.
+</p>
+
+<p>
+Il paese d’Osilo era impressionato dalle continue
+scelleratezze di quel ribaldo. Approfittando
+del terrore che Cambilargiu destava nei dintorni,
+i suoi parenti commettevano ogni sorta di delitti.
+Scorrazzando per le campagne, essi rubavano
+frutti, uccidevano bestiame, chiedevano danaro;
+e nessuno fiatava, temendo che il bandito prendesse
+le difese de’ suoi congiunti ladri.
+</p>
+
+<p>
+Era giunta a tal segno l’esaltazione entusiastica,
+che un gran numero di malviventi si
+spacciavano parenti di Cambilargiu, solo per
+poter commettere impunemente le più audaci
+imprese.
+</p>
+
+<p>
+Eppure, chi lo crederebbe? dinanzi al nemico,
+Pietro Cambilargiu non dava mai prove di destrezza
+nè di coraggio. In faccia al pericolo perdeva
+facilmente il suo sangue freddo, ed agiva
+per impeto, senza riflessione.
+</p>
+
+<p>
+Citerò un solo fatto. Un giorno quattro carabinieri
+avevano ordito un appiattamento per
+dar l’assalto a Cambilargiu, che trovavasi in
+compagnia del nulvese Peppe Luigi Santona,
+<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span>
+nel molino d’una sua cugina, presso Nulvi. Furono
+entrambi bloccati dentro casa.
+</p>
+
+<p>
+Come avvertirono il suono delle sciabole dei
+carabinieri, Peppe Luigi uscì risoluto sul piazzale,
+e, messo il fucile in faccia, prese di mira il maresciallo,
+che ferì mortalmente. Cambilargiu,
+invece, sbigottito, non osando venir fuori all’aperto,
+perdette la testa; e, veduta un’ombra attraversare
+il piazzale, fece fuoco su di essa, e
+colpì in pieno petto il suo compagno Santona,
+che cadde fulminato. Per fortuna egli riuscì a
+sfuggire ai carabinieri, gettandosi capofitto sotto
+la cascata del molino, con pericolo della vita.
+Di quest’errore Cambilargiu si dolse sempre; e
+con ragione, poichè non tornava ad onore della
+sua perspicacia.
+</p>
+
+<p>
+Fra gli omicidi più crudeli commessi dal
+bandito osilese, noterò quello del giovinotto Leonardo
+Satta. Fui quasi testimonio, involontariamente,
+del fatto.
+</p>
+
+<p>
+Come dirò in seguito, da qualche tempo ero
+in relazione coi banditi Cambilargiu, Spano e
+Fresu, coi quali mi accompagnavo con frequenza.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno, tornando insieme da Florinas,
+Pietro ci pregò di tenergli compagnia fino ad
+Osilo, poichè aveva bisogno di abboccarsi colà
+con un suo compare, al quale desiderava parlare
+in presenza di testimoni.
+</p>
+
+<p>
+Movemmo insieme sull’imbrunire, e nella
+notte ci recammo in casa del notaio Giovanni
+<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span>
+Satta. Dopo scambiati i saluti, Cambilargiu gli
+disse:
+</p>
+
+<p>
+— Compare Giovanni; per la fede di battesimo
+che ci unisce, sono in dovere di darvi
+un’avvertenza. Badate! io so che vostro nipote
+Leonardo è in rapporti intimi col <i>commissario</i>
+dei carabinieri, il quale ha la consegna di farmi
+la spia. So pure che fra loro esiste una corrispondenza
+epistolare. Se voi non lo persuaderete
+a mettere giudizio, penserò io ad aggiustare le
+cose. Ve lo prevengo!
+</p>
+
+<p>
+Il notaio, invece di prendere in buona parte
+le parole di Cambilargiu, montò addirittura sulle
+furie, e gli rispose con tono minaccioso:
+</p>
+
+<p>
+— Se oserete toccare un sol capello a mio
+nipote, l’avrete da fare con me!
+</p>
+
+<p>
+Conoscendo il carattere bestiale di Pietro,
+m’interposi fra l’amico e il notaio, e dissi a
+quest’ultimo:
+</p>
+
+<p>
+— Lei parla male, signor notaio! Le buone
+parole sono più persuadenti delle minaccie, massime
+fra compari di battesimo. Lei non dovrebbe
+ignorare, che suo fratello Gavino Satta, stabilito
+a Florinas, fa il fatto suo, nè si occupa di me.
+Se egli se ne fosse occupato, a quest’ora non
+sarebbe vivo. Ritiri dunque le minaccie, e si
+aggiusti con compare Pietro!
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu, vivamente piccato dal linguaggio
+del notaio, gli rispose aspramente:
+</p>
+
+<p>
+— Compare Giovanni; poichè la prendete
+<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span>
+così in alto, vi prometto di dare a vostro nipote
+la lezione che merita. Lo ucciderò sotto ai vostri
+occhi!
+</p>
+
+<p>
+Ciò detto gli volse bruscamente le spalle,
+ed uscimmo tutti.
+</p>
+
+<p>
+Pochi giorni dopo un amico riferì a Cambilargiu,
+che il giovane Leonardo sarebbe andato
+a Sassari per conferire coi carabinieri. Vedutolo
+da lontano a cavallo, insieme al prete Canalis,
+che se lo aveva preso in groppa, il bandito spronò
+la cavalla e gli tenne dietro per un buon tratto
+di strada. A un certo punto — verso la <i>fontana
+del fico</i> — il giovane smontò e si unì ad un
+gruppo di agricoltori che lavoravano in un campo.
+</p>
+
+<p>
+Comparso Cambilargiu, Leonardo saltò alcuni
+muri e si diede a correre. Allora il bandito
+gli fece fuoco addosso, e lo ferì leggermente ad
+un piede.
+</p>
+
+<p>
+Smontato da cavallo, Cambilargiu saltò anch’esso
+i muri, e corse dietro al giovane, gridando:
+</p>
+
+<p>
+— Fermati, chè non ti farò alcun male!
+</p>
+
+<p>
+Leonardo si fermò tremante.
+</p>
+
+<p>
+— Dunque ti ostini a farmi la spia? — gli
+gridò il bandito.
+</p>
+
+<p>
+— Non è vero.
+</p>
+
+<p>
+— Dimmi la verità!
+</p>
+
+<p>
+— Io sono innocente.
+</p>
+
+<p>
+— Questa non è la verità! Inginocchiati e
+prega, perchè ti uccido!
+</p>
+
+<p>
+Leonardo cadde in ginocchio, e congiunse
+<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span>
+le mani con aria supplichevole, mentre Cambilargiu
+armava il grilletto.
+</p>
+
+<p>
+Un vecchio agricoltore, che si trovava presente,
+cercò intenerire il bandito:
+</p>
+
+<p>
+— Perdonalo, Pietro! Non vedi che è un
+ragazzo?
+</p>
+
+<p>
+Il bandito si rivolse a lui:
+</p>
+
+<p>
+— Ebbene? e dai ragazzi mi lascerò dunque
+rovinare? Anch’io ho diritto di vivere; e chi mi
+fa la spia deve pagarla cara!
+</p>
+
+<p>
+Così dicendo mise il fucile in faccia; e dopo
+aver puntato il giovinotto supplicante, lo fulminò
+con tre palle nel petto.
+</p>
+
+<p>
+Il feroce bandito ebbe il coraggio di frugare
+nelle tasche del cadavere, e dopo avervi tolto
+alcune lettere, alla presenza di tanti agricoltori
+terrorizzati, rimontò a cavallo e si allontanò
+freddamente com’era venuto.
+</p>
+
+<p>
+Il bandito osilese commise quel giorno una
+vera vigliaccheria, che più volte gli rinfacciai.
+</p>
+
+<p>
+Tralasciando per ora le altre uccisioni fatte
+da Cambilargiu, dirò poche parole sui due altri
+miei compagni di ventura.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Ad Antonio Spano, di Ossi, era stata uccisa
+barbaramente la madre: una donna ancor giovane,
+bellissima ed onesta. L’avevano freddata
+in un oliveto, mentre raccoglieva le olive, perchè
+<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span>
+non aveva voluto cedere alle disoneste proposte
+di alcuni giovinastri, a cui rispose con parole
+di sdegno e di minaccia.
+</p>
+
+<p>
+Il figliuolo Antonio, ferito nell’anima, si era
+proposto di vendicare l’insulto fatto alla madre,
+e per diversi anni attese l’occasione per mantenere
+il suo giuramento.
+</p>
+
+<p>
+Trascorso un po’ di tempo, trovatosi Antonio
+in lieta comitiva in un territorio fra Sassari
+e la Nurra, si bisticciò vivamente con uno dei
+compagni, minacciandolo di punizione.
+</p>
+
+<p>
+Costui, per canzonarlo, gli volse le spalle;
+e chinandosi gli disse, tra il serio e il faceto:
+</p>
+
+<p>
+— Sparami sotto la schiena, se è vero che
+sei così valoroso!
+</p>
+
+<p>
+Cieco di sdegno, Antonio Spano spianò il
+fucile, e uccise l’amico.
+</p>
+
+<p>
+Dopo quest’accidente, egli si diede alla
+macchia, e sentì più forte il bisogno di vendicare
+l’oltraggio fatto alla madre.
+</p>
+
+<p>
+Pietro Cambilargiu, a cui Antonio si era
+unito, era molto amico del capo degli uccisori
+della bellissima donna; e tanto influì sull’animo
+del giovane bandito, che lo indusse a risparmiargli
+la vita. Nondimeno Antonio non volle
+rinunciare alla vendetta, e tolse dal mondo
+parecchi dei giovani libertini, che gli avevano
+uccisa la madre.
+</p>
+
+<p>
+Il capo degli infami uccisori della donna
+venne più tardi arrestato; ma Cambilargiu, valendosi
+<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span>
+della sua influenza, subornò i testimoni,
+e riuscì a farlo assolvere dai giudici di Sassari.
+</p>
+
+<p>
+Avendo molti parenti ladri e sicari, Antonio
+Spano si era dato a commettere non pochi
+furti e scelleratezze, e finì per fare anche il
+sicario per danaro, prestando facile orecchio ai
+cattivi consigli dei congiunti.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Il terzo mio compagno — Salvatore Fresu
+d’Osilo — si era dato anche lui alla macchia,
+dopo avere ucciso un ortolano in un campo di
+granone. Unitosi poco dopo a Cambilargiu (suo
+cugino in secondo grado) gli fu compagno fedele
+per due o tre anni. Il Fresu, che aveva
+moglie e molti figliuoli, era un miserabile. Egli
+si mascherava con frequenza, e scorrazzava di
+qua e di là per estorcere denari e bestiame a
+questo e a quello, in nome sempre del cugino
+Cambilargiu, ed anche in nome mio.
+</p>
+
+<p>
+Antonio Spano, mio coetaneo, era allora
+trentenne; Cambilargiu e Fresu avevano oltrepassata
+la cinquantina.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span></p>
+
+<h3 id="cap13-2">CAPITOLO XIII.
+<span class="smaller">I quattro banditi.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Di ritorno dalla Nurra per recarmi a Florinas,
+mi fermai un giorno all’ovile di Pietro
+Migheli in <i>Scala di Ciogga</i>, dove trovai Pietro
+Cambilargiu e Antonio Spano.
+</p>
+
+<p>
+In quel tempo io avevo a compagno Leonardo
+Piga, giovane bandito, a me raccomandato
+dai parenti.
+</p>
+
+<p>
+Come mi presentai all’ovile, lo Spano mi
+disse:
+</p>
+
+<p>
+— Se tu fossi qui venuto in compagnia di
+Leonardo Piga, lo avrei ucciso!
+</p>
+
+<p>
+— Ed io avrei ucciso te! — gli risposi
+bruscamente. — Perchè tant’odio contro di lui?
+</p>
+
+<p>
+— Perchè Leonardo mi ha ucciso un amico
+la cui perdita mi addolora l’anima!
+</p>
+
+<p>
+— Se il tuo amico si fosse comportato bene
+non avrebbe forse perduto la vita. Ma, purtroppo,
+certi uomini si fanno forti dell’amicizia
+di un bandito per dar fastidio agli altri!
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu mi diede ragione; e quando
+presi commiato da entrambi, mi disse:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Senti, figlio mio! — (soleva darmi questo
+nome) — tu ci farai un favore. Dovendo
+attraversare il territorio di Florinas per recarci
+a Torralba, abbiamo bisogno di una guida,
+pratica dei dintorni.
+</p>
+
+<p>
+— Vi accompagnerò ben volontieri — risposi — Trovatevi
+a <i>Pedras serradas</i>, nell’ovile
+di mio cognato, il luogo è sicuro. Di là muoveremo
+insieme.
+</p>
+
+<p>
+Fedeli all’appuntamento, vennero in tre:
+Cambilargiu, Antonio Spano e Salvatore Fresu.
+</p>
+
+<p>
+Nell’ovile di mio cognato si erano riuniti
+alcuni nostri amici, smaniosi di conoscere i tre
+famigerati banditi. Quel giorno si fece pranzo
+insieme, in aperta campagna, lontani dall’ovile — com’è
+costume dei banditi, per evitare sgradite
+sorprese.
+</p>
+
+<p>
+Insellati quindi i cavalli (cortesemente favoritici)
+movemmo, uniti, per Torralba. Io guidavo
+i compagni.
+</p>
+
+<p>
+Fatta un po’ di strada, i tre banditi mi
+esternarono il desiderio di passare in Banari,
+dove avevano un amico.
+</p>
+
+<p>
+— Chi è costui? — chiesi loro.
+</p>
+
+<p>
+— Antonio Luigi Pischedda.
+</p>
+
+<p>
+— Nè voi, nè io, andremo da lui!
+</p>
+
+<p>
+— Perchè?
+</p>
+
+<p>
+— Perchè gli hanno ucciso due nipoti.
+</p>
+
+<p>
+— Eppure ha promesso di farci un regalo,
+se saremmo andati a visitarlo!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Pischedda è in urto con tutto il paese,
+per l’uccisione dei due nipoti; nè voi riuscireste
+ad uscire di là, senza aver le giacche forate
+dalle palle dei banaresi. Siete sotto la mia custodia,
+e non dovete andarci!
+</p>
+
+<p>
+Li condussi invece in casa di Gio. Antonio
+Pais, che era assente dal villaggio. Fummo ricevuti
+dalla moglie, che mandammo subito a
+comprar vino. Ci fermammo tutti sulla pubblica
+piazza a mangiare ed a bere; ed io mi divertiva
+a gettar noci e mandorle in mezzo alla
+folla, per il gusto di vedere i ragazzi impigliati
+fra le gonnelle delle vezzose forosette.
+</p>
+
+<p>
+Riposati alquanto, ci rimettemmo in viaggio
+e visitammo Bessude, dove Cambilargiu aveva
+un amico — certo Pietro Chessa, suo antico
+compagno di galera.
+</p>
+
+<p>
+Salendo poscia per il monte Pelau, arrivammo
+a Bonnanaro, e condussi i compagni in
+casa di un mio zio, a cui li presentai come
+barracelli d’Osilo in cerca del <i>mancamento</i><a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Lo zio mi scambiò con mio fratello Giomaria,
+ch’era barracello di Florinas.
+</p>
+
+<p>
+— Non sono Giomaria — mi affrettai a
+rispondere — sono Giovanni Tolu.
+</p>
+
+<p>
+Lo zio sbarrò tanto d’occhi:
+</p>
+
+<p>
+— Tu..... sei Giovanni?!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Sì... e i miei compagni sono anch’essi
+banditi.
+</p>
+
+<p>
+Il buon uomo pareva sulle spine, non riuscendo
+a celare la grande paura che aveva in corpo.
+</p>
+
+<p>
+Cenammo nondimeno allegramente, e poi
+si andò a riposare. Ci sdraiammo vestiti su due
+letti, colle armi vicine.
+</p>
+
+<p>
+Mio zio sembrava inquieto, e balzava ogni
+tanto in piedi, tendendo le orecchie.
+</p>
+
+<p>
+— I cani, stanotte, abbaiano troppo! — diceva.
+</p>
+
+<p>
+Volendo tranquillarlo, lo pregai di mandar
+subito a chiamare il capitano dei barracelli di
+Bonnanaro, ed altri amici.
+</p>
+
+<p>
+Vennero in quattro, e si combinò di uscir
+tutti in campo aperto, per essere più sicuri. Ci
+sdraiammo sull’erba, e allo zio tornò l’animò in
+corpo. — Erano le due dopo mezzanotte.
+</p>
+
+<p>
+Verso l’alba ci fu servito il caffè, fra le
+roccie, ed a mezzo giorno divorammo allegramente
+il lauto pranzo, che lo zio aveva preparato
+agli ospiti famigerati.
+</p>
+
+<p>
+Sull’imbrunire mandammo un <i>espresso</i> a
+don Ciccio Corda, di Torralba, perchè venisse
+subito da noi. Egli venne con tre servi: uno
+ne spedì per i cavalli, e due per la provvista
+dei viveri.
+</p>
+
+<p>
+Sopraggiunta la notte, don Ciccio ci fece
+condurre in altra sua tanca, tutta in campo
+aperto, per riposare più sicuri.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span>
+</p>
+
+<p>
+Di là, verso l’alba, passarono a cavallo
+don Francesco Corda di Clave, don Giovanni
+Diez, e due loro servi.
+</p>
+
+<p>
+Avendoci riconosciuti, don Francesco si
+accostò a noi.
+</p>
+
+<p>
+— Perchè siete qui?! don Ciccio non è
+uomo che possa farvi male, ma certo non sa
+custodire persone gelose, quali voi siete! Questo
+non è luogo sicuro!
+</p>
+
+<p>
+— Ci ha fatto fermare qui — risposi — perchè
+deve mandarci due cavallini.
+</p>
+
+<p>
+— Aspetterà forse che i cavalli nascano
+per regalarveli! — esclamò don Francesco,
+sghignazzando. — Venite con noi, chè vi daremo
+cavalli nati. Voi potrete stare nelle nostre
+terre sette od otto giorni, senza il pericolo di
+venir molestati!
+</p>
+
+<p>
+Ci alzammo in piedi e movemmo incontro
+ai quattro individui, ch’erano intanto smontati
+da cavallo. Le quattro bestie dovevano servire
+per otto uomini. Io presi in groppa uno dei due
+servi, e Salvatore Fresu fece altrettanto con
+l’altro. Cambilargiu sedette in groppa al cavallo
+di don Francesco Corda, e Antonio Spano in
+groppa a quello di don Giovanni Diez.
+</p>
+
+<p>
+Così accomodati, due uomini per cavallo
+ci mettemmo in cammino, a mezzo trotto.
+</p>
+
+<p>
+Curioso, invero, vedere i quattro più famosi
+banditi del Logudoro trottare con tanta audacia
+e disinvoltura sulla strada maestra! Se ci avessero
+<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span>
+quel giorno messo a cimento, Dio sa qual
+battaglia sanguinosa ne sarebbe avvenuta!
+</p>
+
+<p>
+A mezzogiorno in punto i quattro cavalli,
+carichi di otto uomini, attraversavano allegramente
+il villaggio di Torralba, passando sotto
+la caserma dei carabinieri. Noi guardammo alle
+finestre con aria di trionfo. Chi lo sa? Forse a
+quell’ora, attraverso ai vetri, qualche carabiniere
+assisteva al passaggio dell’allegra cavalcata,
+ben lontano dall’immaginare che quattro
+uccelli grossi sfidavano la vigilanza dei <i>benemeriti</i>
+cacciatori!
+</p>
+
+<p>
+Arrivati a un certo punto, al di là del
+paese, smontammo da cavallo; e i due cavalieri
+coi rispettivi servi tornarono indietro, per riprendere
+la via di Sassari.
+</p>
+
+<p>
+La sera, per altro cammino, volgemmo di
+nuovo a Bonnanaro, e sostammo in casa del
+cav. Delogu, il quale ci offrì buon vino e polvere
+eccellente. Si chiacchierò a lungo; finchè
+sopraggiunta la notte, uscimmo dal villaggio
+per salire alla punta di Monte Santo — uno
+dei rifugi più sicuri in quel tempo, perchè tutto
+boscoso.
+</p>
+
+<p>
+Fummo, lassù, ricoverati dall’amico bonorvese
+Baldassare Saba; il quale volle uccidere
+due bestie, per mettere molta carne al fuoco.
+</p>
+
+<p>
+Spuntata l’alba, uscimmo sulla spianata,
+per divertirci alquanto al bersaglio.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span>
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+La mattina stessa scendemmo da Monte
+Santo per recarci ad Ardara. Arrivati alle falde,
+Cambilargiu vide alcuni maialetti, e ne sparò
+uno colla pistola.
+</p>
+
+<p>
+Alla detonazione accorsero alcuni pastori.
+</p>
+
+<p>
+— Figli miei! — esclamò Cambilargiu con
+aria compunta — badate: vi ho ucciso un porcetto!
+</p>
+
+<p>
+Uno dei pastori gli rispose umilmente, col
+riso sulle labbra:
+</p>
+
+<p>
+— Se è vero che lo avete ucciso, lo metteremo
+al fuoco — se non lo avete ucciso, lo
+uccideremo!
+</p>
+
+<p>
+Fatta colazione in fretta e furia, uno dei
+miei compagni chiese ai pastori un buon cagnetto
+di razza.
+</p>
+
+<p>
+— Ve ne darò uno eccellente fra qualche
+mese. Lo sto allevando.
+</p>
+
+<p>
+— Verrò io stesso a prenderlo! — dissi; e
+il pastore a me rivolto:
+</p>
+
+<p>
+— Se verrà Giovanni Tolu, lo porterà via;
+ma se non venisse, prometto che il cane morrà
+in mio potere, poichè non lo darò mai più a
+nessuno!<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a>
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span>
+</p>
+
+<p>
+A proposito di questo cane, narrerò per
+inciso un episodio.
+</p>
+
+<p>
+Alcuni mesi dopo, ripassando in quell’ovile
+per ricordare l’adempimento della promessa,
+trovai il pastore (Bastianu Zamburru) in urto
+fortissimo col proprio cognato Gio. Maria Sanna.
+Le cose erano tese al punto, da rendere inevitabile
+una catastrofe.
+</p>
+
+<p>
+Volli fare un’opera buona. Valendomi dell’influenza
+che esercitavo sulle due famiglie, mi
+recai in persona all’ovile di Sanna, e costrinsi
+costui a recarsi dal cognato per far la pace. Io
+stesso invitai le donne delle due famiglie a riunirsi
+ad un pranzo comune, a cui presi parte.
+Si passò la giornata allegramente, e ricordo di
+aver fatto un brindisi al cagnetto, a cui si doveva
+la riconciliazione dei due cognati.
+</p>
+
+<p>
+Non lo dico per millantarmi. Tutte le volte
+che io riusciva a fare un’opera buona ed a pacificare
+fra di loro gli avversari, provavo un’intima
+soddisfazione, pari a quella di una vendetta
+compiuta. Amavo la pace degli altri; eppure
+non ero mai riuscito a pacificarmi coi miei
+nemici!
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Riprendo la gita dei quattro banditi.
+</p>
+
+<p>
+Arrivati ad Ardara ci presentammo a quel
+rettore, nativo di Nughedu.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span>
+</p>
+
+<p>
+Egli ci squadrò sospettoso. Cambilargiu gli
+disse:
+</p>
+
+<p>
+— Non tema, signor rettore!
+</p>
+
+<p>
+— Non ho paura! — rispose il prete. — Conosco
+agli occhi l’uomo dalle sinistre intenzioni.
+Qui siamo in campagna, nè si può avere
+quello che si vuole. Mangeremo alla buona
+qualche uovo e un po’ di pane. Ho mandato a
+Sassari per la provvista del vino, nè può tardare
+ad arrivarmi.
+</p>
+
+<p>
+E infatti, il buon uomo, ci trattò bene, e
+fummo soddisfatti.
+</p>
+
+<p>
+Appena pranzato, pregammo il rettore che
+facesse venire suo fratello, il capitano dei barracelli,
+col quale volevamo conferire.
+</p>
+
+<p>
+— Che volete da lui?
+</p>
+
+<p>
+— Ci abbisognano quattro buoni cavalli
+per portarci fino a Florinas.
+</p>
+
+<p>
+— Ve li provvederò io!<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a>
+</p>
+
+<p>
+Arrivati, dopo un’ora, all’ovile di un comune
+amico, nelle vicinanze di Ploaghe, rimandammo
+con un servo i cavalli al rettore di
+Ardara, e passammo subito in altra capanna di
+Salvatore Casula. Ciò per abituale precauzione,
+temendo che il servo potesse rivelare ad altri
+il luogo del nostro rifugio.
+</p>
+
+<p>
+Ci fermammo all’ovile tutta la giornata.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span>
+</p>
+
+<p>
+Venne intanto a trovarci un amico de’miei
+compagni — scaltro furbone — che guardai
+subito con diffidenza. Non tardai a capire, che
+la sosta dei tre banditi nelle vicinanze di Ploaghe
+aveva per scopo quell’abboccamento, dato in
+precedenza a mia insaputa.
+</p>
+
+<p>
+Ciò mi spiacque, ma feci l’indifferente. Non
+dovevo dimenticare che io mi ero prestato come
+guida ai tre compagni nei territori del mio
+paese.
+</p>
+
+<p>
+Il furbone disse ai tre banditi, senza preoccuparsi
+della mia presenza:
+</p>
+
+<p>
+— Io ho una lite con Gio. Antonio X, e
+corro il serio pericolo di venire ucciso da lui.
+Mi rivolgo dunque a voi perchè mi liberiate
+dal mio avversario.
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu, un po’ impacciato alla mia
+presenza, gli rispose:
+</p>
+
+<p>
+— Giacchè la tua vita è minacciata, perchè
+non togli di mezzo Gio. Antonio?
+</p>
+
+<p>
+— Io?! Siete voi che dovete ucciderlo. A
+me spetta il compensare le vostre fatiche.
+</p>
+
+<p>
+I tre banditi si scambiarono un’occhiata e
+ammutolirono. Io pensai un poco, e poi dissi,
+accentuando le parole:
+</p>
+
+<p>
+— Se non mi fossi trovato qui, in vostra
+compagnia; se non avessi sentito la proposta
+del vostro amico, non mi sarei certo occupato
+dei fatti vostri. Avendo però assistito al vostro
+discorso, è duopo che le cose prendano una
+<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span>
+piega diversa. Voi non ucciderete Gio. Antonio
+e se lo ucciderete, ne farò tale uno scandalo
+da mettervi in impicci colla giustizia, facendovi
+perdere molti buoni amici. Io non sono qui venuto
+per servir di guida a sicari! Siamo nel
+territorio del mio paese!
+</p>
+
+<p>
+Aspettavo che i miei compagni aprissero
+bocca, per piantarmeli là bruscamente; ma in
+vece nessuno più parlò di uccisioni alla mia
+presenza.
+</p>
+
+<p>
+Venuta la sera ci mettemmo tutti in viaggio
+a piedi, prendendo la montagna, per recarci ad
+Osilo. Fu appunto in quel giorno, che Cambilargiu
+ci pregò vivamente di accompagnarlo in
+casa del notaio Satta, lo zio di quel tal Leonardo,
+ucciso barbaramente verso la <i>fontana
+del fico</i>.
+</p>
+
+<p>
+All’indomani lasciai i miei tre compagni ad
+Osilo, e feci ritorno a Florinas.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Poco tempo dopo, Pietro Cambilargiu si
+era separato da Antonio Spano, del quale diffidava.
+</p>
+
+<p>
+Anche Salvatore Fresu finì per essere licenziato
+dal cugino, poichè egli non faceva che
+scroccare danari a questo e a quello per poter
+mantenere la moglie e i figliuoli poveri.
+</p>
+
+<p>
+Non passò gran tempo dalla separazione
+<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span>
+quando Fresu cadde in potere dei carabinieri.
+Egli venne arrestato colla maschera sul volto,
+e messo in prigione. Fattogli il dibattimento,
+venne assolto. Solita giustizia dei giudici, i quali
+condannano tanti innocenti, per dare la libertà
+a tanti birbanti matricolati. Noi banditi vedevamo
+troppo spesso simili spropositi, i quali
+certamente non facevano che raffreddare la nostra
+fede verso i tribunali.
+</p>
+
+<p>
+Continuai nonpertanto la mia relazione cogli
+altri due banditi, e specialmente con Pietro
+Cambilargiu, ch’ebbi a compagno per altri sei
+mesi, come vedremo in seguito.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span></p>
+
+<h3 id="cap14-2">CAPITOLO XIV.
+<span class="smaller">In bocca al lupo.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Farò intanto un passo indietro.
+</p>
+
+<p>
+Scorrazzava da qualche tempo nei territori di
+Florinas una compagnia di ladruncoli, i quali svaligiavano
+le case, e vi uccidevano anche i proprietari,
+se il bisogno lo richiedeva. Due volte avevo
+sorpreso e conosciuto quei furfanti, ma non volli
+denunziarli. Siccome però ero amico dei barracelli,
+e mi stava a cuore la tranquillità del mio
+paese, provavo un vivo dispetto per quell’accolta
+di vagabondi, i quali, non rispettando la roba
+d’altri, comprometteva gli interessi de’ miei amici
+e compaesani. Deciso di dar loro una buona lezione,
+aspettai l’occasione propizia.
+</p>
+
+<p>
+Mi erano ben noti questi ladri. Due di essi
+mi avevano un giorno proposto di unirmi a loro
+e ad un terzo (che nominarono) per andare a
+Giave. Scopo della gita era quello di depredare
+una vecchia signora, che possedeva oltre otto
+mila scudi, in contanti, e che viveva sola in casa
+con una serva. Risposi loro sdegnosamente, che
+<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span>
+non intendevo rendermi complice di simili ribalderie.
+</p>
+
+<p>
+Nondimeno quei ladri, non volendo rinunziare
+all’impresa, si recarono in tre a fare il
+colpo: Gio. Antonio Gasu, Pietro Sanga di Bosa,
+e Antonio Maria Deia di Giave — incaricato
+quest’ultimo di indicare la casa della ricca signora
+e di diriggere la spedizione.
+</p>
+
+<p>
+Aperta la porta ed entrati in casa, i tre furfanti
+imposero alla serva, con minaccie, di soffocare
+i latrati del cagnolino.
+</p>
+
+<p>
+Penetrarono quindi nella camera della vecchia,
+che trovavasi a letto.
+</p>
+
+<p>
+— O consegnaci la chiave dello scrigno in
+cui custodisci il danaro, o rassegnati ad essere
+scannata.
+</p>
+
+<p>
+La vecchia tentò gridare, ma uno dei ladri
+fu pronto a cacciarle una mano in bocca; e siccome
+colei glie la stringeva fra i denti, il morsicato
+le tagliò la gola col pugnale.
+</p>
+
+<p>
+Sgozzata la donna, i tre assassini si diedero
+a frugare da per tutto, finchè rinvennero una
+cassetta pesante, che portarono via. Quando i
+ladri l’aprirono per dividersi il bottino, rimasero
+di sasso. La cassetta non conteneva che i moccoli
+di cera, sopravanzati alla festa delle <i>Anime
+dei purgatorio</i>, che ogni anno soleva farsi per
+cura e spese della vecchia devota.
+</p>
+
+<p>
+Un altro giorno gli stessi due ladri m’invitarono
+a fare il sesto in una comitiva, organizzata
+<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span>
+per derubare la bottega di un negoziante
+di Bosa. Questa volta, non solo rifiutai di prender
+parte alla grassazione, ma osai arditamente rimproverarli
+per le azioni turpi che commettevano.
+</p>
+
+<p>
+I ladri si strinsero nelle spalle, e fecero a
+meno di me. Guidati dall’orefice bosano Andrea
+Licheri, si recarono a Bosa. Facevano parte della
+combricola, fra gli altri, Deia, i fratelli Pietro e
+Francesco Rassu, e Giomaria Ghiu. Aperta coi
+grimaldelli la porta della casa del negoziante,
+non vi rinvennero che gli attrezzi dei fuochi d’artifizio,
+ch’erano serviti alla festa di Santa Filomena,
+ricorrente all’indomani.
+</p>
+
+<p>
+Delusi anche questa volta, lasciarono Bosa;
+e usciti dal paese scalarono un cortile per rubarvi
+una ventina di galline, che si divisero — unico
+bottino di quella malaugurata spedizione.
+</p>
+
+<p>
+Malgrado i miei sdegnosi rifiuti, quei malandrini
+mi tentarono una terza volta. Secondo loro,
+un bandito non doveva rifiutarsi ad una ribalderia.
+</p>
+
+<p>
+Nelle vicinanze di Florinas, venne a me Sanga
+il bosinco, e mi invitò ad unirmi ad una comitiva,
+formatasi per derubare Gavino Matteo Marche.
+</p>
+
+<p>
+— Chi tutti siete? — gli chiesi con premura,
+fingendo aderire per conoscere il nome dei complici.
+</p>
+
+<p>
+— Me compreso siamo in dodici; — i fratelli
+Rassu con due loro amici, Deia, Lichinu,
+Giomaria Ghiu, Gio. Antonio Giasu, e Don
+Ciccio bosinco. (Quest’ultimo era un cavaliere
+<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span>
+di Nulvi, ammogliato a Florinas, molto povero
+e ladro.)
+</p>
+
+<p>
+Sdegnato del furto che si voleva commettere
+nel mio paese, cercai di sventarlo senza inasprire
+i ladri.
+</p>
+
+<p>
+— Badate: a Florinas c’è il barracellato, al
+quale appartengono due miei fratelli. Chi va per
+rubare è disposto anche ad uccidere... non si
+sa mai! Eppoi, ve lo dichiaro: c’entra di mezzo
+la mia riputazione, e tengo alla tranquillità del
+mio paese, che mi sa bandito. Voglio che queste
+cose non si facciano... e voi non le farete!
+</p>
+
+<p>
+La mia dichiarazione ebbe il suo effetto.
+Sanna il bosinco riferì le mie parole ai compagni,
+e fu sospesa la grassazione che doveva consumarsi
+in casa di Marche, entro popolato.
+</p>
+
+<p>
+Essendo dunque a me noti gli individui componenti
+la comitiva dei ladri, mi adoperavo perchè
+il mio paese fosse da essi rispettato. Se a
+Florinas avevo nemici, avevo pure molte persone
+di cui godevo la stima, e che contavano sulla
+mia protezione.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Narrerò ora, come quest’odio ai ladri e quest’amore
+al mio paese mi tornarono quasi fatali.
+È un aneddoto ben noto all’arma benemerita, e
+più volte lo rammentai al maggiore dei carabinieri
+Cav. Ferrè.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span>
+</p>
+
+<p>
+Una notte, dopo aver scorrazzato per la campagna,
+volli spingermi fin dentro paese, e venni
+ricoverato in una fida casa, dove si fece cena
+con diversi amici.
+</p>
+
+<p>
+Volle il caso, che in quella stessa notte si
+fosse concertato un segreto appianamento fra i
+carabinieri ed i barracelli di Tissi; i quali avevano
+circondato le case di due dei ladri da me
+menzionati, perchè in sospetto di aver preso
+parte a un furto audace commesso in Tissi, a
+danno di un certo signor Selis. Questi due ladri
+avevano domicilio a Florinas.
+</p>
+
+<p>
+Finito ch’ebbi di cenare, abbandonai la casa
+ospitale, accompagnato fino all’uscita del paese
+da un amico guardaboschi, col quale avevo combinato
+di andar l’indomani a mangiar fichi in
+una campagna vicina. Il guardaboschi aveva invano
+insistito perchè io rimanessi un altro giorno
+a Florinas.
+</p>
+
+<p>
+Essendo stato durante la giornata a caccia
+di pernici, avevo il fucile carico a pallini — cosa
+rare volte avvenutami, dovendo il bandito tenersi
+sempre pronto in caso di una sorpresa.
+</p>
+
+<p>
+Uscimmo insieme all’aria aperta. Erano le
+due dopo mezzanotte, e faceva un buio pesto.
+</p>
+
+<p>
+Attraversando il largo in cui erano le case
+abitate dai ladri, scorsi due individui seduti, addossati
+alla porta di Antonio Maria Deia di Giave.
+Sospettai subito che qualche cosa di sinistro si
+tramasse a danno di un mio compaesano.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span>
+</p>
+
+<p>
+Mi scostai risoluto dal mio compagno e mi
+diressi in punta di piedi verso i due ladri, colla
+speranza di sventare qualche brutto tiro.
+</p>
+
+<p>
+Uno di essi era appoggiato allo stipite e
+pareva dormisse.
+</p>
+
+<p>
+— Non ti svegli, dunque? — Gli gridai
+con tono energico.
+</p>
+
+<p>
+Desto di soprassalto, quell’uomo balzò di
+scatto in piedi, e vedendo a sè dinanzi un armato,
+con movimento rapido spianò il fucile e
+mi fece fuoco a bruciapelo.
+</p>
+
+<p>
+La palla, fischiante, mi passò sotto l’ascella.
+</p>
+
+<p>
+L’altro compagno fece anch’esso un brusco
+movimento, come per assalirmi; ma io, pronto
+come il lampo, scaricai sull’uno e sull’altro le
+canne del mio fucile, carico a pallini.
+</p>
+
+<p>
+Chi lo avrebbe detto? Quei due uomini non
+erano altri che il maresciallo dei carabinieri ed
+un barricello di Tissi — entrambi là appostati
+per sorprendere i ladri, che dovevano rientrare
+in casa, di ritorno dalla grassazione di Selis.
+Dalla parte opposta, nel cortile, erano molti
+altri carabinieri e barracelli, parimenti appiattati
+per lo stesso fine.
+</p>
+
+<p>
+Avevo colpito il maresciallo in piena mammella,
+ma il colpo al barracello mi era andato
+fallito, per l’oscurità della notte<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a>.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span>
+</p>
+
+<p>
+Come mi avvidi dell’errore, feci un salto
+indietro, mi diedi a correre come un capriolo,
+e guadagnai la campagna.
+</p>
+
+<p>
+Il maresciallo, ferito a pallini, non tardò a
+guarire.
+</p>
+
+<p>
+Allo scoppio delle tre fucilate erano accorsi
+i barracelli ed i carabinieri che si trovavano
+nel cortile; e, saputo il caso, e chi io mi
+fossi, diedero in ismanie. Mi venne riferito, che
+uno dei carabinieri (certo Ribichesu), quando
+accorse sul luogo dello scontro, si millantò che
+non sarei riuscito a sfuggire alla sua palla, se
+invece del collega fosse stato lui a sedere sulla
+soglia.
+</p>
+
+<p>
+Si vedrà, nel corso della narrazione, come
+la fatalità trasse sui miei passi questo carabiniere
+millantatore.
+</p>
+
+<p>
+Quest’incidente fu uno dei più curiosi della
+mia vita. Per voler sorprendere e punire i ladri
+del mio paese, ero andato a cadere fra le braccia
+di un barracello e del maresciallo dei carabinieri.
+Io, che da mattina a sera studiavo i
+mezzi per sfuggire ai lupi, ero andato a cacciarmi
+come uno sciocco nella loro bocca.
+</p>
+
+<p>
+Manco male che la lezione non andò perduta,
+poichè in avvenire fui più cauto nel
+pedinare i malandrini. Non si sa mai: sotto
+<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span>
+alle vesti di un ladro può nascondersi anche
+un carabiniere!
+</p>
+
+<p>
+Il mio incidente fu risaputo, e destò rumore.
+Lo narrai, minutamente, al maggiore Ferrè,
+quando mi chiamò in salvacondotto per interrogarmi
+sull’uccisione del bandito Gianuario
+Murgia di Siligo. Io conchiusi:
+</p>
+
+<p>
+— Ella vede, signor Maggiore, com’è facile
+ad un bandito uccidere un carabiniere, anche
+senza volerlo!
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Eppure non fu quella la sola volta che
+caddi in bocca al lupo; i casi furono molti, ma
+io mi fermerò sui più salienti, seguendo l’ordine
+della narrazione.
+</p>
+
+<p>
+Ripiglierò la storia, ritornando ai famosi
+banditi, ch’ebbi a compagni nella mia vita avventurosa.
+</p>
+
+<p>
+Antonio Spano, dopo un vivo diverbio, si
+era separato da Pietro Cambilargiu; e siccome
+era ricercato dalla giustizia e mi aveva in uggia,
+carezzò il pensiero di acquistare la sua libertà,
+con un agguato a mio danno.
+</p>
+
+<p>
+Di ciò informato per mezzo degli amici, mi
+misi in guardia.
+</p>
+
+<p>
+Il fratello di lui, Salvatore Spano, introdottosi
+un giorno per far erba nel predio di Dionisio
+Matti di Sassari, fu da questi sorpreso e acerbamente
+<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span>
+rampognato. Inasprito dalle parole,
+Salvatore gli puntò la pistola sul petto. Dionisio
+denunziò il fatto all’autorità giudiziaria, e l’aggressore
+fu arrestato e condannato a sei mesi
+di carcere.
+</p>
+
+<p>
+Questo fatto era capitato parecchi mesi
+dopo la morte del figlio tredicenne di Dionisio,
+ucciso accidentalmente dentro la propria bottega,
+nello scontro avvenuto fra i Saba ed i
+Macioccu.
+</p>
+
+<p>
+Nel frattempo che Salvatore scontava in
+carcere la pena, Antonio Spano volle vendicare
+il fratello; e travestitosi cogli abiti del muratore
+Antonio Depalmas, riuscì ad uccidere Dionisio
+con una fucilata.
+</p>
+
+<p>
+Poco dopo la mia gita ad Osilo coi tre
+banditi (dai quali mi ero separato), Pietro Cambilargiu
+si recò all’ovile di mio cognato Gio.
+Antonio Bazzone, nelle vicinanze di Florinas, e
+lo pregò di fargli ottenere un abboccamento
+con me.
+</p>
+
+<p>
+Due giorni dopo andai a trovarlo.
+</p>
+
+<p>
+— Che volete, zio Pietro?
+</p>
+
+<p>
+— Ascolta, figlio mio. Tu sei solo, e solo
+sono io. Perchè non unirci? In due si sta meglio
+che soli: non ti pare?
+</p>
+
+<p>
+— Uniamoci pure! — risposi.
+</p>
+
+<p>
+E così, per oltre sei mesi, fummo compagni
+quasi indivisibili.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span>
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Eravamo insieme da parecchi mesi, quando
+un giorno, in territorio d’Osilo, venne a trovarci
+la moglie di Cambilargiu. — Era costei
+la vedova di un suo cugino, da lui resa madre,
+e poi sposatala per minaccia dei fratelli e dei
+parenti.
+</p>
+
+<p>
+Si pranzò tutti insieme. Io ero serio e taciturno.
+</p>
+
+<p>
+— Cosa hai, figlio mio? — Mi chiese il compagno,
+appena la moglie andò via.
+</p>
+
+<p>
+— Ho l’umor nero, nè so perchè.
+</p>
+
+<p>
+— Ebbene, cercherò allora di divagarti.
+Andremo a passar la notte in un molino di
+Nulvi; di là passeremo a cogliere un po’ di
+carciofi nella vigna di un mio cugino prete, e
+li faremo cuocere per la cena.
+</p>
+
+<p>
+Movemmo insieme verso Nulvi. Fermatici
+alquanto nella cardiera del prete, per spiccarvi
+non più di due dozzine di carciofi, continuammo
+la nostra strada, quando udimmo alcune fucilate
+nella vigna di Giorgio Vacca, posta in regione
+di <i>Nuzzi</i>, a mezz’ora da Osilo.
+</p>
+
+<p>
+— Hai sentito? — Dissi rivolto al compagno.
+</p>
+
+<p>
+— Sarà il padrone della vigna: un medico
+di casa, che mi è amico.
+</p>
+
+<p>
+Ci fermammo dinanzi al cancello. Io dissi a
+Pietro:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Entra tu per il primo, poichè vi sei
+conosciuto.
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu passò avanti; io mi fermai a
+rinchiudere il cancello, e gli tenni dietro.
+</p>
+
+<p>
+Fatti alcuni passi udimmo abbaiare un cane,
+che comparve sulla porta della casa, distante
+una trentina di passi dal cancello. Quasi subito
+venne fuori un zappatore, il quale, dopo aver
+imposto al cane di tacere, guardò verso di noi
+e si fermò con senso di sgomento.
+</p>
+
+<p>
+In un attimo sbucarono dalla casa sette
+carabinieri, che si schierarono sul piazzale, come
+per meglio esaminarci. Il zappatore, certamente,
+aveva pronunciato il nome di Cambilargiu.
+</p>
+
+<p>
+Questi si volse a me dicendo:
+</p>
+
+<p>
+— Coraggio, figlio mio, non temerli: sono
+carabinieri!
+</p>
+
+<p>
+Io diedi un salto all’indietro e corsi ad
+aprire il cancello gridando:
+</p>
+
+<p>
+— Vieni fuori subito! Ci sono io qui!
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu mi raggiunse; e allo stesso
+tempo una scarica di quattro o cinque fucili
+mandò in ischeggie parte del cancello. Il denso
+fumo della polvere c’impedì di vedere i carabinieri;
+nondimeno, io e Cambilargiu puntammo i
+fucili in direzione degli armati e facemmo fuoco,
+dandoci poi alla fuga.
+</p>
+
+<p>
+Eravamo illesi per vero miracolo. Una palla
+mi aveva spezzato la bacchetta del fucile, ed
+un’altra era strisciata lungo la manica della
+<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span>
+mia giacca, senza toccarmi la carne e senza
+farmi versare una stilla di sangue.
+</p>
+
+<p>
+Era il 10 giugno 1853, di venerdì.
+</p>
+
+<p>
+L’indomani ci venne riferito, che un carabiniere
+era caduto morto, e ad un altro la palla
+aveva spezzato il calcio della pistola. Se alla
+mia palla, o a quella di Cambilargiu, si dovesse
+la morte del carabiniere, nessuno di noi seppe
+mai: certo è che i carciofi del prete, anche
+questa volta, mi avevano cacciato in bocca al
+lupo<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Avendo noi preso, nello scappare, due diverse
+<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span>
+direzioni, ci perdemmo di vista, e non ci
+trovammo insieme che la domenica, due giorni
+dopo lo scontro fatale.
+</p>
+
+<p>
+Chi avrebbe mai detto, che anche in quel
+giorno io doveva essere messo a più dura
+prova? Eppure così volle il destino, come dirò
+nel capitolo seguente.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span></p>
+
+<h3 id="cap15-2">CAPITOLO XV.
+<span class="smaller">A «Monte Fenosu».</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Era la domenica. Trovato per caso Cambilargiu,
+mi pregò di tenergli compagnia fino
+all’ovile de’ suoi cugini Migheli, posto sul <i>Monte
+fenosu</i>, in faccia a <i>Scala di Ciogga</i>. Messici in
+cammino, mi confidò di aver dato colà appuntamento
+ad una persona <i>distinta</i>, che desiderava
+conferire con lui.
+</p>
+
+<p>
+Arrivati alla capanna, chiesi a Cambilargiu
+il nome dell’uomo che aspettava.
+</p>
+
+<p>
+— È un sassarese: Carlo Tiragallo.
+</p>
+
+<p>
+— Chi è costui?
+</p>
+
+<p>
+— Un regio impiegato; un segretario dell’Intendenza;
+un signore ricco.
+</p>
+
+<p>
+— Ben soventi questi signori ci fanno la
+spia!
+</p>
+
+<p>
+— Non è di questi tali. Trattasi di persona
+ammodo, molto distinta.
+</p>
+
+<p>
+— Caro zio Pietro; i signori si vendicano
+sempre, quando si presenta loro l’occasione, ed
+è meglio non fidarsene.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span>
+</p>
+
+<p>
+I fratelli Migheli, punti dalle mie osservazioni,
+soggiunsero a me rivolti:
+</p>
+
+<p>
+— Tu sei un miserabile, un pusillanime, e
+non vali nulla!
+</p>
+
+<p>
+— Basta — conchiusi con calma — ora qui
+siamo, e qui resteremo; però vi dichiaro, che non
+pranzeremo insieme. Voi starete nell’ovile colla
+famiglia, e noi all’aperto, in un punto vicino, dove
+ci porterete da mangiare, ed accompagnerete
+l’uomo <i>distinto</i>, che verrà per conferire con
+Cambilargiu.
+</p>
+
+<p>
+— Si direbbe che tu hai paura!
+</p>
+
+<p>
+— Amo la prudenza. Voi siete abituati a
+trattare coi signori di Sassari, i quali vi danno
+i buoni bocconi, in cambio dei magri agnelli che
+uccidete per loro. Ci avete il tornaconto, lo so;
+ma badate che i bocconi della città non vi facciano
+nodo alla gola!
+</p>
+
+<p>
+Quantunque io avessi insistito, Cambilargiu
+fu di parere di far pranzo comune dentro la capanna,
+insieme al signore che sarebbe arrivato da
+Sassari.
+</p>
+
+<p>
+I fratelli Migheli, colle rispettive mogli, figli
+e servi, abitavano in due distinte capanne vicinissime.
+D’ordinario le due famiglie convivevano
+insieme.
+</p>
+
+<p>
+Mezzogiorno era appena trascorso, quando
+comparve Carlo Tiragallo, in compagnia del figliuolo
+ventenne Giuseppe. Le carni erano cotte,
+e ci mettemmo quasi subito a tavola, apparecchiata
+nella capanna più grande.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span>
+</p>
+
+<p>
+Carlo Tiragallo (come in seguito appresi
+dallo stesso Cambilargiu) si era recato a <i>Monte
+Fenosu</i> per chiedere informazioni sull’individuo
+che aveva sparato suo padre (il maggiore Agostino
+Tiragallo) mentre si trovava in un suo predio
+di Sassari.
+</p>
+
+<p>
+— Se lo hai sparato tu — gli aveva detto
+il signor Carlo — siamo disposti a perdonarti;
+ma se il tiro gli venne dal bandito Antonio Spano,
+io ne voglio vendetta, e mi affido a te per compierla.
+</p>
+
+<p>
+Il maggiore Tiragallo aveva inseguito il suo
+aggressore, ma non potè raggiungerlo, nè riconoscerlo.
+L’uomo che gli aveva dato la fucilata
+(andata a vuoto) era realmente Antonio Spano.
+</p>
+
+<p>
+Riprendo la narrazione.
+</p>
+
+<p>
+Sedemmo a tavola, io, Cambilargiu, i due
+Tiragallo padre e figlio, e i due fratelli Migheli
+colle rispettive mogli e figli; una ventina in tutti,
+compresi i seni e le serve, e senza contare i
+quattro uomini posti a vedetta fuori della capanna,
+com’è usanza fra banditi, quando si riuniscono
+in un luogo chiuso.
+</p>
+
+<p>
+Era la una dopo mezzogiorno.
+</p>
+
+<p>
+Con sorpresa avevo notato, che Carlo Tiragallo,
+prima di sedere a tavola, si era tolto dalle
+saccoccie due pistole nuovissime; una ne aveva
+deposto sul letto delle donne, l’altra se l’era messa
+alla cintola, dopo averne montato il grilletto.
+</p>
+
+<p>
+Quest’operazione mi aveva messo in diffidenza;
+<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span>
+ond’è che io, per precauzione, volli sedermi
+armato di pugnale e di fucile tra i due Tiragallo — deciso
+di pugnalarli entrambi se si fossero rivolti
+contro di noi, o se avessi avvertito la
+presenza dei carabinieri. Da questo lato, lo confesso,
+io era il più intransigente dei banditi.
+</p>
+
+<p>
+Si chiacchierò allegramente durante il pranzo;
+e Tiragallo, colle sue barzellette, fece ridere
+le donne. Terminato di pranzare, Cambilargiu
+disse a me rivolto:
+</p>
+
+<p>
+— Figliuolo mio, tu devi scusarmi se ti lascio
+solo un momento, per andare all’aperto a conferire
+col signor Tiragallo.
+</p>
+
+<p>
+E i due commensali uscirono per recarsi sul
+promontorio ingombro di macchie, che sovrastava
+la seconda capanna, distante da noi una quarantina
+di passi. Ivi sedettero, per parlare non visti
+e senza testimoni.
+</p>
+
+<p>
+Pochi minuti dopo si alzò da tavola anche
+Giuseppe Tiragallo, e con lui tutti i commensali,
+che uscirono all’aperto per ridere e chiacchierare.
+Era un giorno di festa e si era tutti allegri.
+</p>
+
+<p>
+Dentro la capanna non ero rimasto che io,
+ed una giovinetta quindicenne, a cui avevano affidato
+una bambina che si teneva sulle ginocchia.
+Non volli uscir fuori perchè temevo d’esser veduto
+dalla punta di <i>Scala di Giocca</i>, dove non
+mancano sassaresi a passeggiare, massime nei
+giorni di festa.
+</p>
+
+<p>
+Mentre Cambilargiu e Tiragallo discorrevano
+<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span>
+sul promontorio boscoso, e le donne e i bambini
+ridevano e scherzavano sul piazzale, Pietro
+Migheli — uno dei due proprietari dell’ovile — era
+rientrato nella capanna per scambiare qualche
+parola con me.
+</p>
+
+<p>
+A un tratto si udirono abbaiare i cani, e il
+Migheli si fe’ all’uscio.
+</p>
+
+<p>
+— Non è nulla — disse rientrando. — Lo
+schiamazzo dei bambini e il riso delle donne rende
+inquiete le bestie.
+</p>
+
+<p>
+Dopo alcuni minuti i cani tornarono ad abbaiare
+più forte; Migheli tornò ad affacciarsi alla
+porta, e rientrò subito pronunciando una sola
+parola:
+</p>
+
+<p>
+— Carabinieri!
+</p>
+
+<p>
+— Va fuori! — gli gridai balzando in piedi — e
+lasciami solo!
+</p>
+
+<p>
+La giovinetta quindicenne, che conobbe il
+pericolo, si diede a piangere; e volgendomi ad
+essa le gridai imperiosamente:
+</p>
+
+<p>
+— Va fuori anche tu, e sta zitta!
+</p>
+
+<p>
+Rimasi tutto solo dentro la capanna.
+</p>
+
+<p>
+In un lampo, con mente serena, abbracciai
+la situazione. Guai al bandito che nei momenti
+del pericolo perde il suo sangue freddo: egli è
+morto!
+</p>
+
+<p>
+Nove carabinieri a cavallo, guidati dal maresciallo,
+correvano all’impazzata dall’una all’altra
+capanna dei fratelli Migheli. Erano venuti dal
+versante di mezzogiorno, senz’essere avvertiti
+<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span>
+dalla vedetta, che imprudentemente aveva abbandonato
+il suo posto.
+</p>
+
+<p>
+Altri venti carabinieri a piedi (come appresi
+più tardi) si erano appostati alle falde boscose
+di <i>Scala di Ciogga</i>, di fronte a <i>Monte Fenosu</i>.
+</p>
+
+<p>
+Come Cambilargiu avvertì dall’altura i soldati
+che salivano la collina, aveva piantato Carlo
+Tiragallo, e se l’era svignata cacciandosi di macchia
+in macchia, inosservato. Affettando indifferenza,
+Tiragallo era venuto giù, passo passo, fino
+al piazzale della capanna, dov’io mi trovavo.
+</p>
+
+<p>
+Il momento era solenne; ma mi erano bastati
+pochi secondi per prendere la decisione estrema.
+Assicurai con una cordicella la mia pistola al
+polso destro; afferrai la pistola lasciata da Tiragallo
+sul letto, e me la legai parimenti al polso
+sinistro. Mi accertai che la lama del mio pugnale
+uscisse liberamente dal fodero; montai i grilletti
+del mio fucile a due colpi, e mi cacciai in fondo
+alla vastissima capanna, nell’angolo più oscuro,
+pronto all’assalto ed alla difesa. Avevo di fronte
+la porta (esposta a levante) e vedevo chiaramente
+quanto accadeva sul piazzale. Sentivo il pianto
+delle donne, gli strilli dei bambini, e il rumore
+delle sciabole dei carabinieri, i quali correvano
+di qua e di là come indemoniati.
+</p>
+
+<p>
+Il maresciallo, a cavallo al par degli altri, si
+piantò dinanzi alla porta, alla distanza di cinque
+o sei passi. Egli si rivolse a Carlo Tiragallo, che
+gli era vicino, ma ch’io non vedevo:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span>
+</p>
+
+<p>
+— C’è nessuno dentro la capanna?
+</p>
+
+<p>
+— Nessuno. La capanna è vuota! — rispose
+deciso Tiragallo, certamente persuaso che anch’io
+fossi uscito all’aperto, riuscendo a mettermi in
+salvo prima dell’arrivo dei carabinieri.
+</p>
+
+<p>
+Il maresciallo si rivolse a’ suoi dipendenti:
+</p>
+
+<p>
+— Qualcuno di voi smonti da cavallo e s’introduca
+nella capanna.
+</p>
+
+<p>
+Un carabiniere smontò di sella, e cacciò più
+volte la testa dentro la capanna, senza però varcarne
+la soglia. Era titubante ed aveva paura.
+</p>
+
+<p>
+L’oscurità in cui mi trovavo gli impediva
+di vedermi.
+</p>
+
+<p>
+La situazione diventava più critica. Se i carabinieri
+si fossero assembrati dinanzi alla porta,
+la mia uscita sarebbe stata impossibile.
+</p>
+
+<p>
+Feci due passi in avanti, risoluto di slanciarmi
+con impeto all’aperto, dando uno spintone
+al carabiniere che stava sulla porta. La mia sorte
+era decisa: o salvarmi per miracolo coll’audacia,
+o cader fulminato dalle palle di venti carabine.
+</p>
+
+<p>
+Il carabiniere che con titubanza cacciava la
+testa nella capanna, senza decidersi ad entrare,
+si era alquanto scostato, lasciando libera la porta.
+</p>
+
+<p>
+Il maresciallo allora, o che avesse avvertito
+la mia presenza, o che volesse sgomentare un
+bandito nascosto, puntò il fucile verso l’interno
+della capanna e fece fuoco. La palla andò a conficcarsi
+nello stipite, ed una scaglia colpì al labbro
+il carabiniere vicino.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span>
+</p>
+
+<p>
+Costui, sentendosi ferito, indietreggiò, dicendo
+che gli avevano fatto fuoco dall’interno della
+capanna.
+</p>
+
+<p>
+Gli altri carabinieri smontarono allora da
+cavallo, e si fecero alla porta, gridando:
+</p>
+
+<p>
+— Compagni, coraggio!
+</p>
+
+<p>
+Colla furia di un gatto selvatico mi slanciai
+fuori all’aperto, col fucile in faccia. Scaricai una
+delle canne a destra, e l’altra a sinistra, e vidi
+un carabiniere stramazzare. I compagni, da una
+parte e dall’altra, fecero un movimento istintivo,
+come per scansare il colpo — ed io ne approffittai
+per saltare come un capriolo in mezzo ai
+miei aggressori. Svoltai a sinistra, in faccia a
+<i>Scala di Ciogga</i>; gettato a terra il fucile scarico,
+impugnai le due pistole, e giù a capofitto, fra gli
+armati, a raggiungere il ciglione del monte.
+</p>
+
+<p>
+Oltrepassata di una diecina di metri la capanna,
+dietro un piccolo promontorio coperto di
+macchie, mi trovai a sinistra dinanzi a quattro
+carabinieri in agguato. Con un coraggio disperato
+mossi loro incontro, puntando le due pistole; essi
+abbassarono la testa per schivare il colpo; ma
+io, colla rapidità del lampo, mi voltai di scatto,
+raggiunsi il ciglione della roccia a picco, tesi in
+alto le braccia stringendo in pugno le pistole,
+spiccai un leggero salto, e mi lasciai cadere nel
+vuoto, per un’altezza di oltre venti metri.
+</p>
+
+<p>
+La falda della montagna era tutta roccie e
+bosco, con piante altissime di elci.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span>
+</p>
+
+<figure class="figleft"><a id="fill-307"></a>
+ <img src="images/ill-307.jpg" alt="Il salto dalla roccia di Monte Fenosu">
+</figure>
+
+<p>
+Caddi in piedi,
+senza urtare
+per miracolo
+in alcun ramo;
+battei
+leggermente
+la schiena
+contro
+un sasso,
+ma arrivai
+a terra illeso.
+Ero salvo.
+Non avevo perduto
+che il berretto
+ed il fucile.
+Pensai allora che
+i carabinieri sovrastanti
+mi avrebbero
+fatto
+fuoco dal ciglione,
+dandomi la
+caccia. Strisciai
+come un serpe fra
+macchie, roccie e
+grossi sassi lungo
+il dorso del monte,
+fino a che giunsi
+ad un tratto
+nudo e roccioso, che io non poteva attraversare
+senza sfuggire all’occhio vigile de’ miei cacciatori.
+<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span>
+Camminai carponi, mi aggrappai alle roccie
+e alle macchie, strisciai tra i lentischi e gli elci,
+mi lasciai rotolare dove il passo era impossibile,
+e mi trovai alfine alla base del monte. Lamentai
+allora la perdita del fucile, perchè sentivo di
+essere un uomo nullo.
+</p>
+
+<p>
+Continuai a camminar carponi, finchè m’internai
+nel bosco un’altra volta, dove i carabinieri
+non mi potevano scorgere, nè inseguire.
+</p>
+
+<p>
+Sedetti alcuni minuti, perchè avevo bisogno
+di riposo; indi mi diedi a contemplare l’alto monte,
+compiacendomi dell’avventura toccatami.
+</p>
+
+<p>
+Trenta carabinieri si erano recati lassù per
+arrestare il terribile Cambilargiu, ed invece era
+stato io l’eroe della giornata. Circondare un bandito
+dentro il suo covo, e lasciarselo scappare,
+non era certo un’impresa degna di encomio per
+l’arma benemerita!
+</p>
+
+<p>
+Ma perchè i carabinieri non mi fecero fuoco
+addosso? Ne suppongo la ragione: — quelli che
+circondavano la capanna si erano disposti in modo
+da impedire la mia fuga; ma non avevano pensato,
+che venendo io fuori, essi non avrebbero
+potuto spararmi senza ferirsi a vicenda. I quattro,
+che trovai in agguato a poca distanza dal ciglione,
+tacquero di avermi veduto, forse per non
+esser puniti.
+</p>
+
+<p>
+Il carabiniere da me colpito a <i>Monte Fenosu</i>
+era Ribichesu: precisamente colui che a Florinas
+si era vantato che mi avrebbe ucciso, se si fosse
+<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span>
+trovato dinanzi alla porta di Antonio Maria Deia.
+Fu il destino che me lo cacciò fra i piedi!<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a>
+</p>
+
+<p>
+Camminai a grandi passi per una mezz’ora,
+finchè giunsi dinanzi all’ovile di Giovanni Mangattia.
+Mi accorsi che vi erano donne, e per non
+spaventarle finsi l’indifferente e mi accostai cantarellando.
+</p>
+
+<p>
+— Non ci sono uomini, qui?
+</p>
+
+<p>
+— Li abbiamo in giro. Che volete, Giovanni?
+</p>
+
+<p>
+— Vorrei una cavalla. Ho saltato una roccia
+e mi son fatto male ad un piede. Le precauzioni
+non sono mai troppe!
+</p>
+
+<p>
+La donna andò a slegare una cavalla, che
+si diede a tirar calci.
+</p>
+
+<p>
+— Che vuol dir ciò? è stata sempre docile,
+ed ora fa la matta!
+</p>
+
+<p>
+La donna non si era accorta, che la cavalla
+aveva sentito l’odore della polvere. Quando avviene
+uno scontro, c’è sempre uno spirito infernale
+che si mette di mezzo; e questo spirito s’era
+impadronito della cavalla di Mangattia. Non tutti
+<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span>
+ci credono, ma io l’affermo perchè ne ho avuto
+l’esperienza. Infatti, quando una cavalla (che
+vede più d’un uomo) adocchia sulla strada uno
+spirito, s’impunta; e se noi, smontando, non facciamo
+il segno della croce, non c’è verso che
+essa vada innanzi<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Saltai sulla cavalla, dicendole:
+</p>
+
+<p>
+— Ora che ti ho sotto, sbuffa, starnuta, calcitra,
+o crepa: l’hai da fare con me!
+</p>
+
+<p>
+E rivolto alle donne:
+</p>
+
+<p>
+— Fra un’ora ve la rimanderò.
+</p>
+
+<p>
+— Tienila quanto vuoi.
+</p>
+
+<p>
+Attraversai a mezzo trotto <i>Badde Olia, Cannedda,
+Bunnari, Planu de murtas</i>. Fatta un’ora
+di strada giunsi ad un’alta punta, nel sito chiamato
+<i>Scala Ruja</i>, in territorio d’Osilo. Di là potevo
+scorgere chiaramente la sommità di <i>Monte
+Fenosu</i>, dov’era avvenuto l’attacco.
+</p>
+
+<p>
+Il sole era vicino al tramonto, ed io vidi il
+lucicchio di un gran numero di fucili.
+</p>
+
+<p>
+Seppi più tardi, che, poco prima della mia
+fuga dalla capanna, s’era mandato un espresso
+a Sassari per chiamare un aumento di forza. Fu
+spedita sul luogo una compagnia di soldati, guidata
+dallo stesso colonnello. Ma era tardi. I due
+uccelli avevano preso il volo.
+</p>
+
+<p>
+Arrivati dinanzi alla capanna, il colonnello
+esternò il sospetto di qualche nascondiglio
+<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span>
+nell’interno, che servisse di rifugio a Cambilargiu;
+e senz’altro diede ordine di appiccarvi il fuoco,
+dopo averne fatto togliere le masserizie.
+</p>
+
+<p>
+Si era dunque avverata la mia profezia ai
+fratelli Migheli: — badate che i bocconi della
+città non vi facciano nodo alla gola!
+</p>
+
+<p>
+Carlo Tiragallo e suo figlio Giuseppe furono
+sospesi dall’impiego per ordine del Governo. Il
+primo, tradotto a Cagliari, fu condannato a diversi
+mesi di carcere, sotto l’accusa di favoreggiare
+i banditi. La presenza di Carlo Tiragallo
+a <i>Monte Fenosu</i>, e la sua affermazione che nella
+capanna non c’era nessuno, lo avevano pregiudicato.
+Noi credemmo, invece, ch’ei si fosse prestato
+a farci un po’ la spia. Quantunque punito
+dal Governo per la menzogna e per l’insuccesso
+della spedizione, ho sempre creduto che anche
+il suo arresto fosse una commedia, per metterlo
+in salvo dalle nostre vendette. Non è neppure
+improbabile, che lo scorno fatto subire alle armi
+regie nella giornata del 12 giugno 1853 avesse
+provocato lo sdegno del Governo. I Tiragallo
+erano coraggiosi ed audaci, e la loro venuta a
+<i>Monte Fenosu</i> per vendicare l’insulto fatto al
+Maggiore Agostino, non era forse estranea al
+complesso degli avvenimenti.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span></p>
+
+<h3 id="cap16-2">CAPITOLO XVI.
+<span class="smaller">Questua per un fucile.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Dalla punta di <i>Scala Ruja</i> mi recai all’ovile
+di mio cognato (in <i>su Crastu mal’a servire</i>) nel
+territorio di Codrongianus e di Cargeghe.
+</p>
+
+<p>
+Colà appresi, dal mio congiunto, essersi già
+divulgata la voce, ch’io fossi rimasto ucciso,
+od arso vivo, nell’assalto di <i>Monte Fenosu</i>.
+</p>
+
+<p>
+Arrivati insieme nelle vicinanze di Florinas,
+dissi a mio cognato:
+</p>
+
+<p>
+— Dammi il fucile ed il berretto, e precedimi
+nel paese. Io resterò qui, fino al tuo ritorno.
+</p>
+
+<p>
+Mio cognato trovò molta gente che faceva
+ressa dinanzi alla porta della nostra casa. La
+mamma, le sorelle, i miei fratelli piangevano la
+mia morte. I signori di Florinas si fingevano
+addolorati per la disgrazia toccatami, e cercavano
+di consolare i miei congiunti; ma in fondo
+erano contenti di essersi liberati di me.
+</p>
+
+<p>
+Mio cognato entrò in casa tutto allegro, e
+rivolto ai signori e a’ miei parenti, esclamò:
+</p>
+
+<p>
+— Cessate il pianto e consolatevi! Nulla
+<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span>
+di grave è avvenuto. È appena una mezz’ora
+che ho lasciato Giovanni, sano e salvo come
+siamo noi!
+</p>
+
+<p>
+La mamma e le mie sorelle, pazze dalla
+contentezza, ringraziarono Dio; ma non so davvero
+se i signori florinesi abbiano fatto altrettanto!
+</p>
+
+<p>
+Mi fu subito mandato da casa un berretto
+nuovo; e pregai mio cognato che mi lasciasse
+per un po’ di tempo il suo fucile.
+</p>
+
+<p>
+Una settimana dopo venne a trovarmi Pietro
+Cambilargiu, per informarsi s’ero stato ferito,
+e se avessi riportata qualche contusione nella
+caduta.
+</p>
+
+<p>
+Narratogli il mio caso, lo esortai ad unirsi
+a me per raggranellare dagli amici la somma
+necessaria per l’acquisto di un nuovo fucile.
+</p>
+
+<p>
+Si andò insieme a trovare Salvatore Pinna,
+il capitano dei barracelli di Florinas; il quale, a
+nome di tutta la compagnia barracellare, mi
+sborsò dieci scudi, prelevati dalla cassa sociale.
+Si mandò in seguito un’ambasciata anche a Gianuario
+Masia e a certo Marongiu, capitano e
+tenente dei barracelli d’Ossi.
+</p>
+
+<p>
+Essi risposero, di lasciarci vedere nell’ovile
+dello stesso Masia, nella Nurra, dove si sarebbe
+stabilita la somma da consegnarsi.
+</p>
+
+<p>
+Pietro Cambilargiu, sempre diffidente ed
+ombroso, mi disse con certo risentimento:
+</p>
+
+<p>
+— Mi avvedo oramai che gli abitanti d’Ossi
+<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span>
+sono tutti d’accordo per farmi arrestare, collo
+scopo di procurare la impunità al loro compaesano
+Antonio Spano. È un complotto fatto!
+</p>
+
+<p>
+— Hai torto a parlare così! Essi pensano
+solamente a soccorrermi, non a tendere un’insidia
+al mio compagno.
+</p>
+
+<p>
+Pochi giorni dopo Cambilargiu volle farmi
+una confidenza:
+</p>
+
+<p>
+— Senti, figlio mio. Ti avverto che, a tua
+insaputa, ho fatto scrivere a mio nome una
+lettera a Monsignor Varesini. Gli ho chiesto
+cento lire, dicendogli che ti abbisognavano per
+comprare un fucile, avendo perduto il tuo nello
+scontro di <i>Monte Fenosu</i>. L’arcivescovo di Sassari
+mi fece avere la somma... ed io me ne
+sono servito. Aggiusteremo i conti un’altra
+volta<a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a>.
+</p>
+
+<p>
+A Cambilargiu erano abituali queste truffe,
+che io detestava. Un giorno gli consegnai una
+somma, pregandolo di acquistare ad Osilo l’orbace
+necessario, per farmi fare una giacca dalla
+moglie, molto abile in simili lavori. Non vidi
+più denaro, nè giacca!
+</p>
+
+<p>
+Una sera, finalmente, il capitano dei barracelli
+d’Osilo mi avvertì, che un mercante di
+panno, certo Vigliano Altea, aveva un buon
+fucile da vendere. L’arma mi piacque, e il capitano
+<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span>
+l’acquistò per cento lire, che prelevò
+dalla cassa sociale del barracellato.
+</p>
+
+<p>
+Quel giorno Cambilargiu mi disse:
+</p>
+
+<p>
+— Ed ora siamo in pace; tu possiedi il fucile,
+ed io mi tengo le cento lire dell’Arcivescovo
+di Sassari!
+</p>
+
+<p>
+Non fiatai; ma il mio compagno non era
+contento. Parecchie settimane dopo mi fece una
+nuova proposta:
+</p>
+
+<p>
+— Senti, figlio mio. Giacchè il capitano dei
+barracelli d’Ossi non si è ancora degnato di
+sborsarti la somma promessa per l’acquisto del
+fucile, andiamo a rubargli un cavallo; e poi gli
+diremo che se vuol riscattarlo ci dia qualche
+soldo.
+</p>
+
+<p>
+Secondai questa volta l’amico per un doppio
+scopo. Ci recammo insieme ad un’aia, dove
+sapevamo essere un buon cavallo, appartenente
+ad uno zio di Antonio Spano, l’antico nostro
+compagno, col quale eravamo in rottura, ed a
+cui volevamo fare un dispetto.
+</p>
+
+<p>
+Il cavallo era stato ritirato dal padrone
+pochi giorni prima; ed allora portammo via
+un’altra buona cavalla, del valore d’una trentina
+di scudi. Allo stesso tempo mandammo a
+dire al capitano dei barracelli d’Ossi, che la
+bestia era in nostro potere, e che lui poteva
+da noi ritirarla mediante lo sborso di soli sei scudi.
+</p>
+
+<p>
+Il capitano Masia ci mandò subito 35 lire,
+che Cambilargiu intascò avidamente.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span>
+</p>
+
+<p>
+— No — diss’io — bisogna essere di parola.
+Ho detto sei scudi, e non devono essere
+sette!
+</p>
+
+<p>
+Ed imposi al mio compagno di rimandare
+al capitano uno scudo e la cavalla.
+</p>
+
+<p>
+Anche estorcendo l’altrui danaro, bisognava
+essere onesti e galantuomini!
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span></p>
+
+<h3 id="cap17-2">CAPITOLO XVII.
+<span class="smaller">Ricettatori.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+I fratelli Migheli, dopo lo scontro avvenuto
+nei loro ovili di <i>Monte fenosu</i>, temendo giustamente
+d’essere presi di mira per aver dato ricetto
+a due famosi banditi, si erano dati alla macchia.
+Non tardarono a cadere nelle mani della giustizia,
+e furono chiusi in carcere.
+</p>
+
+<p>
+Diversi signori di Sassari, amici loro, volendo
+mettere in libertà i due innocenti, si rivolsero
+a me ed a Cambilargiu, per impaurire alcune
+autorità colle minaccie.
+</p>
+
+<p>
+Da qualche tempo, infatti, i giudici usavano
+un rigore eccessivo contro i nostri ricettatori;
+e bastava che io o Cambilargiu fossimo accolti
+in un ovile, perchè i poveri pastori venissero
+perseguitati e messi in carcere. Ai ricorsi anonimi
+seguiva immantinenti il processo, e la condanna.
+</p>
+
+<p>
+Simile misura ingiusta ci amareggiava l’anima.
+Che colpa, infatti, ai poveri pastori od ai
+contadini, se ci davano ricetto e vitto quando
+<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span>
+ci presentavamo alle loro capanne? E come
+avrebbero osato negarci un soccorso, quando la
+nostra vendetta poteva farli pentire del rifiuto
+datoci?
+</p>
+
+<p>
+L’ospitalità sarda è generosa, illimitata, cieca;
+nè vi ha capanna, nè ovile, nè casolare di campagna
+che abbiano mai negato rifugio e pasto ad
+uno straniero, che si presenta per chiederli! Non
+è solamente la paura di un bandito che provoca
+la generosità di un pastore o di un signore:
+nessuno nega un soccorso a chi lo chiede; ed
+è meglio cento volte essere tacciato di ricettatore,
+che macchiarsi d’infamia vendendo il proprio
+ospite.
+</p>
+
+<p>
+L’ospitalità non si concede ai soli banditi.
+Cento volte io venni rifugiato, sfamato, soccorso,
+senza sapere ch’io mi fossi. Il pastore, infatti, si
+guarda bene dal chiedere il nome dell’ospite che
+capita nel suo ovile, poichè ben sa che nessuno
+ha il dovere di declinarlo.
+</p>
+
+<p>
+La giustizia ha dunque torto di perseguitare
+e punire i ricettatori di un bandito. Quanti furti,
+quante grassazioni, quanti omicidi risparmiati
+per quell’asilo concesso, per quel tozzo di pane
+dato, per quel riposo consentito! Le compagnie
+barracellari dovevano all’amicizia dei banditi la
+sicurezza delle campagne; poichè senza di essi
+non avrebbero potuto conseguire benefizio alcuno.
+Il vero bandito sardo fu il terrore dei ladri di
+campagna; una sua minaccia li atterriva. Io ben
+<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span>
+so, che la giustizia fa il suo dovere — ma so
+ancora che molti giudici, diventati liberi cittadini,
+non si rifiutarono mai a dar ricetto ai latitanti.
+È rarissimo il caso di un tradimento.
+Quanti nomi di persone ragguardevoli potrei io
+qui registrare, le quali mi hanno dato asilo e
+soccorso, mantenendo il più scrupoloso silenzio
+sulla loro generosa protezione in nome dell’ospitalità,
+ed anche colla coscienza di aver contribuito
+a fare un bene e non un male alla società! — Avrei
+voluto vederli i signori giudici al posto
+dei nostri ricettatori, che vivevano solitari in
+aperta campagna!
+</p>
+
+<p>
+La persecuzione crudele verso i ricettatori,
+lo ripeto, ha sempre indisposto i banditi; ond’è
+che io e Cambilargiu non potevamo rimanere
+insensibili alla dura sorte toccata ai fratelli
+Migheli; i quali in ogni tempo ci avevano dato
+ospitalità, più per bontà del loro animo, che per
+il vincolo di parentela che li legava a Cambilargiu.
+</p>
+
+<p>
+Fra i più severi e inesorabili nemici dei
+ricettatori era il giudice Satta, ploaghese, stabilito
+da molti anni a Sassari. Costui era un vero cerbero;
+faceva arrestare a diritta ed a manca
+quanti concedevano un giaciglio o un tozzo di
+pane ad un bandito.
+</p>
+
+<p>
+Dissi un giorno a Cambilargiu:
+</p>
+
+<p>
+— Senti: bisogna che da una buona volta
+ci decidiamo a fare qualche cosa per giovare
+<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span>
+alla causa dei nostri amici e tuoi cugini fratelli
+Migheli. Ho studiato il modo di rendere mansueto
+e tollerante il giudice Satta.
+</p>
+
+<p>
+— Che hai pensato?
+</p>
+
+<p>
+— Ho una bella idea: mettere il giudice
+Satta nella critica condizione dei ricettatori.
+Vieni con me, e secondami.
+</p>
+
+<p>
+Il giudice Satta possedeva a Sassari, nella
+regione <i>Eba ciara</i>, una piccola campagna, dove
+soleva passare una buona parte del maggio e
+dell’ottobre, insieme alla famiglia. Sapendo che
+il giudice trovavasi colà da qualche settimana,
+io mossi a quella volta in compagnia di Cambilargiu.
+</p>
+
+<p>
+Era mezzogiorno, quando arrivammo sotto
+al colle dei Cappuccini.
+</p>
+
+<p>
+Aprimmo il cancello, attraversammo il viale,
+e ci spingemmo fino alla modesta casetta. Dall’acciottolìo
+dei piatti e dal rumore delle posate
+ci accorgemmo ch’era l’ora del pranzo.
+</p>
+
+<p>
+Fattosi alla porta il vignataro, gli dissi risoluto:
+</p>
+
+<p>
+— Di’ al tuo padrone, che abbiamo urgente
+bisogno di conferire con lui!
+</p>
+
+<p>
+Fummo fatti entrare addirittura nella sala
+da pranzo. Erano a tavola una diecina di persone,
+compresi i bambini.
+</p>
+
+<p>
+— Il signor giudice Satta? — chiesi rispettosamente,
+ponendo la mano al berretto.
+</p>
+
+<p>
+Il giudice levò gli occhi su di noi, e ci fissò
+<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span>
+sbigottito, pallido per la paura. Certamente, vedendoci
+armati di fucili, di pistola e di pugnale,
+capì subito che aveva da fare con banditi.
+</p>
+
+<p>
+— Sono io! — balbettò con voce fioca e
+tremante — E voi... chi siete?!
+</p>
+
+<p>
+— Io sono Giovanni Tolu! — risposi umilmente.
+</p>
+
+<p>
+— Ed io Pietro Cambilargiu! — soggiunse
+il mio compagno, con bontà rispettosa.
+</p>
+
+<p>
+Il giudice sbarrò tanto d’occhi. Alcuni giovanotti,
+udendo i nostri nomi, si erano alzati
+vivamente da tavola ed avevano scavalcato la
+bassa finestra della sala terrena.
+</p>
+
+<p>
+Io mi affrettai a soggiungere:
+</p>
+
+<p>
+— Non abbiano paura; non veniamo qui
+per far male a nessuno. Siamo banditi, e abbiamo
+il diritto di vivere come tutti gli altri uomini.
+Chiediamo ben poca cosa. Abbia la bontà, con
+suo comodo, di mandarci una trentina di lire
+per mezzo del suo vignataro. Gli indicheremo
+il sito, dove troverà la persona a cui consegnarle.
+</p>
+
+<p>
+— Non mancherò di farlo! — rispose il giudice
+Satta, respirando più liberamente. — Sono
+spiacente di non aver la somma presso di me...
+</p>
+
+<p>
+— Non si disturbi. La manderà domani, con
+suo comodo.
+</p>
+
+<p>
+Il giudice Satta e la famiglia ci fecero allora
+buon viso, e ci offrirono da mangiare e da bere;
+ma Cambilargiu si affrettò a dire, col suo solito
+fare brusco ed insolente:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span>
+</p>
+
+<p>
+— No: non vogliamo bere nè mangiare, poichè
+potreste darci il veleno!
+</p>
+
+<p>
+Ciò detto, augurammo il <i>buon appettito</i> ed
+uscimmo dalla sala.
+</p>
+
+<p>
+Oltrepassato il cancello dissi al mio compagno:
+</p>
+
+<p>
+— Hai capito? D’ora innanzi il giudice Satta
+sarà più clemente coi ricettatori di banditi. Anche
+lui ci ha dato ricetto, ci ha offerto da bere, e ci
+manderà denaro! Puoi star certo che farà silenzio
+sulla nostra visita!
+</p>
+
+<p>
+— Bravo! — mi disse Cambilargiu — hai
+dato prove di abilità e di furberia!
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Sollecitati di nuovo ad adoperarci per la
+liberazione dei fratelli Migheli, io dissi a Cambilargiu:
+</p>
+
+<p>
+— Che pensiamo di fare per i tuoi cugini?
+Non bisogna dimenticare che i due figli di Salvatore
+Spano, di Ploaghe, sono impiegati nella
+magistratura di Sassari!
+</p>
+
+<p>
+— Andiamo dunque a trovare Salvatore a
+Ploaghe!
+</p>
+
+<p>
+— No. È più prudente farlo venire in campagna;
+e a questo penserò io. Mettiamoci in
+viaggio.
+</p>
+
+<p>
+Giunti nelle vicinanze di Florinas, mandai
+a chiamare Salvatore Pinna, ex barracello, al
+<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span>
+quale diedi incarico di recarsi a Ploaghe per far
+venire lo Spano al molino di <i>Badu-canu</i>, dove
+noi lo aspettavamo.
+</p>
+
+<p>
+Raccomandai intanto a Pietro Cambilargiu
+che frenasse il suo carattere irritabile, mostrandosi
+umile e sottomesso col proprietario Salvatore
+Spano, uomo grave, di buon senso, e fra i
+più saggi del paese.
+</p>
+
+<p>
+Un’ora dopo lo Spano ci stava dinanzi:
+</p>
+
+<p>
+— Che si vuole di me?
+</p>
+
+<p>
+— L’abbiamo qui chiamato per farci una
+carità.
+</p>
+
+<p>
+— Dite pure.
+</p>
+
+<p>
+— La preghiamo di raccomandare a’ suoi
+figliuoli, impiegati a Sassari, di usare un po’ di
+misericordia ai fratelli Migheli, d’altro non rei
+che di aver dato ricetto nella loro capanna a
+Pietro Cambilargiu ed a Giovanni Tolu.
+</p>
+
+<p>
+— Non mancherò di farlo. Ricordatevi però,
+che i figli miei non rappresentano il governo di
+Sassari. Essi sono semplici impiegati, che dipendono
+da un’autorità superiore. Procuratevi dunque
+altre ingerenze, e così uniti potremo giovare
+alla causa dei vostri raccomandati.
+</p>
+
+<p>
+Pietro Cambilargiu, con l’aria spavalda che
+gli era abituale, disse rivolto allo Spano:
+</p>
+
+<p>
+— Badi di fare qualche cosa, chè altrimenti
+quei signori l’avranno da fare con noi!
+</p>
+
+<p>
+Il vecchio Spano corrugò la fronte, e disse
+gravemente rivolto al mio compagno:
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Pietro, tu parli male! Quando si domanda
+una grazia, non si ricorre a minaccie nè ad insolenze,
+che con me sono inutili. I miei figli sono
+signori, vivono a Sassari, nè possono temere alcun
+danno da te. Se vuoi essere ascoltato, parla come
+uomo, non come un insensato!
+</p>
+
+<p>
+Allontanatosi Salvatore Spano, ebbi un vivo
+diverbio col mio compagno per le sue maniere
+ruvide e villane.
+</p>
+
+<p>
+— Hai dimenticato che siamo nelle vicinanze
+del mio paese! — gli dissi — Io tengo a non
+essere insolente, nè sgarbato colle persone dabbene!
+</p>
+
+<p>
+Messici poi d’accordo, combinammo di rivolgerci
+ad uno studente, per scrivere alcune lettere
+all’indirizzo di persone autorevoli, in relazione
+con giudici.
+</p>
+
+<p>
+Le pratiche nostre, unite a quelle dello Spano,
+ebbero un ottimo risultato. Poche settimane dopo
+i due fratelli Migheli venivano rimessi in libertà
+dal tribunale di Sassari.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span></p>
+
+<h3 id="cap18-2">CAPITOLO XVIII.
+<span class="smaller">Barracellato di Florinas.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Faccio un passo indietro. Ho bisogno di
+dichiarare che io non posso seguire scrupolosamente
+l’ordine cronologico dei fatti avvenuti.
+Per essere più chiaro, intraprenderò, ramo per
+ramo, la storia della mia vita. Non si deve
+dimenticare, che io narro gli avvenimenti di
+quarant’anni, nè potrei interrompere un episodio
+per riprenderlo a salti, secondo i diversi tempi
+in cui si svolse.
+</p>
+
+<p>
+Erano appena iniziate le prime pratiche
+per la liberazione dei fratelli Migheli, quando
+il comune di Florinas pensò alla riorganizzazione
+della compagnia barracellare per l’esercizio
+1853-54.
+</p>
+
+<p>
+Il Consiglio comunale aveva deliberato di
+far cadere la nomina di capitano dei barracelli
+su Peppe, il mio fratello gemello. Era evidente
+che si voleva tutelare la sicurezza della proprietà
+col prestigio del mio nome di bandito.
+</p>
+
+<p>
+Peppe me ne aveva già parlato, e il Consiglio
+<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span>
+chiedeva il mio parere, prima di accingersi
+alla nomina definitiva,
+</p>
+
+<p>
+— Non voglio assolutamente che tu sia il
+capitano! — risposi a mio fratello: — Tu devi
+rifiutare. Penserò io ad aggiustare le cose.
+</p>
+
+<p>
+Partecipata la rinunzia al Consiglio, questo
+per tre volte confermò la nomina di Peppe Tolu;
+e quando si seppe che mio fratello rifiutava per
+mio suggerimento, alcuni consiglieri pregarono
+il sindaco di consultarsi con me per formare la
+compagnia barracellare di Florinas.
+</p>
+
+<p>
+Il sindaco uscì un giorno dal paese, come
+per diporto, e venne ad abboccarsi con me in
+campagna.
+</p>
+
+<p>
+— È egli vero che tu ti opponi perchè tuo
+fratello non accetti la carica di capitano, che
+vuole affidargli il Consiglio?
+</p>
+
+<p>
+— È verissimo!
+</p>
+
+<p>
+— E perchè ciò?
+</p>
+
+<p>
+— Perchè mio fratello non può, nè deve
+accettare la carica di capitano dei barracelli!
+</p>
+
+<p>
+— Lo credi forse incapace a coprirla?
+</p>
+
+<p>
+— Lo credo capace, quanto abile ed onesto;
+ma è troppo povero, e gli mancano i mezzi per
+disimpegnare convenientemente simile carica.
+Il capitano ha bisogno di comoda stalla per custodirvi
+i cavalli, quando capita la ronda dei
+barracelli d’altro comune; ha bisogno di essere
+agiato per mettersi in grado di invitare a pranzo
+gli amici, quando l’occasione si presenta; ha
+<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span>
+bisogno di spendere del proprio, perchè non ha
+disponibile che la sola metà del salario anticipato
+dai vassalli. Di questo salario non potrebbe
+servirsi, poichè dev’essere ripartito alla fine
+della gestione fra i barracelli che rondano e
+lavorano lungo l’anno: — se si verificano danni
+dovrà pagarli subito; se c’è benefizio, dovrà
+fare il riparto equo. Mio fratello è troppo povero,
+nè potrebbe senza sagrifizi ed umiliazioni
+disimpegnare una carica così delicata. Credo in
+coscienza, che l’agiatezza e il benessere siano
+indispensabili a chi è chiamato ad amministrare
+la roba d’altri; e la miseria è sempre cattiva
+consigliera. Vi indicherò io la persona da presciegliere
+per capitano dei barracelli. Intanto vi
+prego di far venire qui don Ignazio Piras: ho
+bisogno di conferire con lui.
+</p>
+
+<p>
+Venuto a me don Ignazio, prese a dirmi
+col sorriso bonario dei signori, che vogliono
+canzonare i poveri diavoli:
+</p>
+
+<p>
+— Ma perchè non vuoi permettere che tuo
+fratello faccia il capitano? Tornerebbe ad onor
+tuo questa nomina; poichè quando si sapesse
+che il capo della barracelleria è stretto congiunto
+ad un famoso bandito, i ladri si guarderebbero
+dal recar danno all’altrui proprietà!
+</p>
+
+<p>
+— Si persuada, don Ignazio; noi possiamo
+ancor vivere senza quest’onore. Non insista più
+oltre, e mi risponda!
+</p>
+
+<p>
+— Sentiamo.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span>
+</p>
+
+<p>
+— Quanti agricoltori può ella contare sotto
+la dipendenza della sua casa?
+</p>
+
+<p>
+— Una ventina; tu lo sai.
+</p>
+
+<p>
+— E il dottor Andrea Serra?
+</p>
+
+<p>
+— Altrettanti.
+</p>
+
+<p>
+— Ciò vuol dire, che le vostre due case
+dispongono dell’intiera popolazione. Invece, dunque,
+di un capitano, vi suggerisco di nominarne
+due; e la scelta non dovrà ricadere che su don
+Ignazio Piras e sul dottor Serra. In tal modo
+la popolazione di Florinas dipenderà dalle vostre
+famiglie. Il numero dei barracelli, fissato in 15,
+e che potreste raddoppiare, voi non lo porterete
+che a soli 25; e così il barracellato, alla
+cui riorganizzazione è concorso tutto il paese,
+non sarà inviso alla popolazione, la quale vivrà
+tranquilla nell’unione e nella concordia. È questa
+la mia opinione!
+</p>
+
+<p>
+Don Ignazio fece subito convocare il Consiglio
+comunale, e gli comunicò la mia proposta,
+che venne accettata dalla maggioranza con viva
+soddisfazione.
+</p>
+
+<p>
+Formata la compagnia barracellare sulla
+base da me suggerita, venni invitato a recarmi
+segretamente a Florinas<a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Trovandomi in quel tempo insieme a Pietro
+Cambilargiu, lo pregai di tenermi compagnia.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span>
+</p>
+
+<p>
+Ci presentammo in casa del capitano don
+Ignazio Piras, dove già trovavasi il suo collega
+dottor Serra, nonchè i 25 barracelli, colà attirati
+dalla curiosità di veder me e Cambilargiu,
+del quale avevo preannunziato la visita.
+</p>
+
+<p>
+Come ci presentammo nella sala, don Ignazio
+fece far silenzio, e rivolgendosi a me, prese la
+parola solennemente:
+</p>
+
+<p>
+— Giovanni Tolu; noi abbiamo seguìto il
+tuo suggerimento. Devo però dirti, che il Consiglio
+ha deliberato di nominar te e Cambilargiu
+a far parte della nostra barracelleria. Non pretendiamo
+che voi andiate alla ronda (c’è abbastanza
+gente per farla!), ma desideriamo solo
+che esercitiate una scrupolosa sorveglianza,
+massime verso i ladri di bestiame. Dei guadagni
+della compagnia, voi sarete messi a parte
+al pari degli altri; quanto alle perdite, non
+dovete preoccupacene: pagheremo noi la vostra
+quota! Accettate?
+</p>
+
+<p>
+Fatto un inchino rispettoso, io risposi:
+</p>
+
+<p>
+— Don Ignazio, dottor Serra, amici tutti:
+io posso assicurarvi che la capitaneria di questo
+anno avrà un esito soddisfacente, e apporterà
+buoni frutti. Essa riuscirà più famosa di quella,
+che la tradizione ci dice formata un’ottantina
+d’anni fa, sotto il comando di Baingio Canu.
+Questo capitano (nominato quasi a dispetto del
+Consiglio comunale) non volle seco che un solo
+barracello: il proprio nipote Pietro Canu. Vi
+<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span>
+ricorderò il fatto, quale lo raccontano i nostri
+vecchi.
+</p>
+
+<p>
+«Narrasi, che la notte susseguente alla
+costituzione della strana compagnia di due individui,
+si verificò il furto di due cavalli, eseguito
+coll’intenzione dispettosa di farli pagare al
+capitano ed al nipote. Avuta la relazione della
+mancanza del bestiame, Baingio Canu andò,
+sull’imbrunire, a trovare il nipote:
+</p>
+
+<p>
+«— Pietro — gli disse — prendi il fucile
+e seguimi!
+</p>
+
+<p>
+«Baingio Canu era un uomo energico e
+risoluto: buono o cattivo, a seconda le circostanze.
+</p>
+
+<p>
+«Si recarono entrambi, a notte tarda, dinanzi
+alla casa di colui, che sapevano essere
+l’autore del furto.
+</p>
+
+<p>
+«— Bada di far fuoco sul ladro, appena si
+presenterà alla porta! — fece Baingio al nipote.
+</p>
+
+<p>
+«— Sono agli ordini del capitano! — rispose
+Pietro, che rappresentava l’intiera compagnia.
+</p>
+
+<p>
+«Lo zio picchiò risoluto alla porta.
+</p>
+
+<p>
+«— Apri Antonio, e vieni fuori: sono io!
+</p>
+
+<p>
+«Il disgraziato si fece all’uscio, e cadde
+fulminato da una fucilata.»
+</p>
+
+<p>
+— Così, o signori, finirà questa capitaneria — conchiusi,
+rivolto all’adunanza. — Spero, però,
+che non avremo bisogno di spargere sangue
+umano, poichè i ladri ci rispetteranno!
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span>
+</p>
+
+<p>
+Gli astanti si congratularono con me, e la
+seduta fu levata<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a>.
+</p>
+
+<p>
+Pietro Cambilargiu non disse una parola;
+egli ben sapeva, come mio compagno, che non
+doveva opporsi a quanto avevo stabilito.
+</p>
+
+<p>
+Terminata la discussione, don Ignazio Piras
+ordinò ai suoi servi di andare in cantina a spillare
+il miglior vino. Fu dato a tutti da bere,
+e si chiacchierò allegramente per una mezz’ora.
+</p>
+
+<p>
+Uscimmo dalla casa di don Ignazio per recarci
+in quella del dottor Serra, dove ci fu offerto
+lo stesso trattamento.
+</p>
+
+<p>
+La moglie del dottore, colla quale ero in
+<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span>
+confidenza, m’abbracciò, e mi baciò sulla guancia,
+alla presenza di tutti.
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu, ch’era al mio fianco, mi disse
+con una certa amarezza:
+</p>
+
+<p>
+— Vedo che sei proprio ben voluto nel tuo
+paese!
+</p>
+
+<p>
+Uscimmo sulla via, seguiti dai nuovi barracelli
+e da molti amici. Eravamo costretti a
+fermarci di casa in casa, poichè ognuno voleva
+offrirci da bere. Una folla di curiosi ci veniva
+dietro, e tutti parevano soddisfatti di vedere i
+due banditi, resi maggiormente celebri dopo i
+recenti attacchi di <i>Nuzzi</i> e di <i>Monte Fenosu</i>.
+</p>
+
+<p>
+A Pietro Cambilargiu davano solo il <i>benvenuto</i>;
+ma io ero fatto segno a dimostrazioni
+affettuose. Tutte le donne del mio paese, vecchie
+e giovani, venivano sulla porta per stringermi
+la mano e per baciarmi, compiangendo
+il mio triste destino. Ero vivamente commosso;
+mi pareva di sognare, in mezzo a quella gente
+che mi aveva veduto nascere, o colla quale
+avevo trascorso i più bei giorni della giovinezza.
+</p>
+
+<p>
+Mi accorsi che quell’accoglienza affettuosa
+e spontanea era una spina al cuore di Cambilargiu.
+Egli mi camminava al fianco imbronciato
+e riflessivo. Io, che conosceva la sua natura
+diffidente e sospettosa, gli leggevo in fondo all’anima.
+Egli certamente supponeva, che i tanti
+amici miei non potevano essere che suoi nemici,
+poichè volentieri avrebbero a lui teso un’insidia
+<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span>
+per concedere a me l’impunità a prezzo della
+sua morte. Pensiero eterno del bandito, che lo
+spinge a diffidare dell’amore, che altri nutre
+per un compagno d’infortunio!
+</p>
+
+<p>
+Finalmente ci separammo, poichè non era
+prudenza rimanere più a lungo in quel luogo — quantunque
+a Florinas non vi fossero carabinieri,
+e don Ignazio avesse preso le debite
+precauzioni, prima di chiamarmi in paese.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span></p>
+
+<h3 id="cap19-2">CAPITOLO XIX.
+<span class="smaller">Ancora Cambilargiu.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Dopo la nostra nomina a barracelli di Florinas,
+non tardai ad accorgermi che Cambilargiu
+mi guardava in cagnesco, e non era con me leale,
+come prima. Egli forse pensava, ch’era impossibile
+un’illimitata confidenza fra un giovane trentenne
+ed un uomo grave di mezzo secolo. Era
+invidioso della benevolenza che mi dimostravano
+i Florinesi: indizio questo, che il mio paese non
+mi considerava come un tristo, ma bensì come
+un disgraziato; e se avevo nemici a cui la mia
+esistenza dava cruccio, avevo pure amici che mi
+volevano bene.
+</p>
+
+<p>
+Un solo fatto basterà a provare che la mia
+famiglia era ritenuta onesta e di buon conto in
+paese. Io avevo imposto ai miei parenti di non
+mai immischiarsi nelle mie vendette. Bastavo io
+solo per compierle: essi non dovevano compromettersi.
+Con orgoglio posso dunque affermare,
+che mentre i congiunti degli altri banditi vennero
+uccisi, molestati, o tratti in prigione, a nessuno
+de’ miei parenti fu recato alcun danno, nè
+<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span>
+da’ miei nemici, nè dalla giustizia. Io solo fui il
+disgraziato e il perseguitato, e ciò torna ad onore
+della mia famiglia!
+</p>
+
+<p>
+Continuai ad accompagnarmi con Cambilargiu,
+ma l’uno ormai era di peso all’altro. In lui
+l’invidia e il rancore per l’affetto che mi addimostravano
+i Florinesi; in me il disgusto delle
+sue triste azioni, che mi ripugnavano.
+</p>
+
+<p>
+Ogniqualvolta si andava insieme ad Osilo,
+fermandoci negli ovili, Cambilargiu domandava
+con insistenza una pecora od un capretto ai poveri
+pastori; i quali glieli davano subito, perchè
+avevano di lui una paura maledetta. Ma non basta:
+egli portava quel capretto o quella pecora nelle
+aie dei ricchi possidenti, e là si mangiava tutti
+insieme, me compreso.
+</p>
+
+<p>
+Eseguita diverse volte questa vergognosa
+estorsione, un bel giorno io dissi a Cambilargiu
+in uno di questi pranzi:
+</p>
+
+<p>
+— Zio Pietro, vuoi che ti parli chiaro? Non
+mi piace questo tuo sistema. Tu strappi con violenza
+un agnello ai poveri pastori che hanno i
+figli scalzi, per darlo a mangiare ai ricchi che
+possiedono pecore ed agnelli in abbondanza. Non
+trovo troppo lodevole le azioni tue!
+</p>
+
+<p>
+Queste mie parole, pronunciate a tavola, alla
+presenza di tutti, inasprirono Cambilargiu e i benestanti
+commensali. Essi me ne mossero acerba
+lagnanza, ma io feci il sordo e non risposi.
+</p>
+
+<p>
+Un altro giorno ci trovammo insieme nelle
+<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span>
+vicinanze di Osilo, dove la sua burbanza raggiungeva
+il colmo. Mentre si chiacchierava in un’aia,
+scappò di là la famosa cavalla che avevano preso
+ad Ossi, per far dispetto al capitano dei barracelli.
+Cambilargiu pretendeva che andassi io a rintracciarla.
+</p>
+
+<p>
+— No, zio Pietro. Qui siamo nel territorio
+del tuo paese, e spetta a tuo cognato riportare
+la cavalla. Io non manco di dartela insellata,
+quando ti accompagno nelle terre di Florinas. Se
+tuo cognato non farà il dover suo, aggiusterò io
+la faccenda!
+</p>
+
+<p>
+E qui un altro vivo diverbio, che per fortuna
+fu sedato dai parenti, i quali mi diedero ragione.
+Il cognato di Cambilargiu riportò la cavalla, e
+la cosa passò liscia.
+</p>
+
+<p>
+Poco tempo dopo, vennero rubate due bellissime
+cavalle dal villaggio di Santo Lussurgiu:
+l’una appartenente a Francesco Beccu, l’altra di
+proprietà di Andrea Sanna. Si sparse la voce che
+fossero in potere di Cambilargiu e di Antonio
+Spano — ed era vero.
+</p>
+
+<p>
+La cavalla del Sanna, posseduta dallo Spano,
+era morta; l’altra del Beccu era quella che montava
+Cambilargiu, quando l’ebbi a compagno.
+</p>
+
+<p>
+Non c’era verso ch’ei volesse restituirla; ed
+un bel giorno gli dissi a denti stretti:
+</p>
+
+<p>
+— Senti: qui si tratta della roba d’altri,
+nè io voglio essere complice di furti, che detesto.
+Se tu non restituirai la cavalla al padrone,
+<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span>
+io rinunzio al piacere d’esserti compagno. Separiamoci!
+</p>
+
+<p>
+Cambilargiu si rassegnò a restituire la cavalla
+a Francesco Beccu, ma pretese da lui dodici
+scudi, dicendo che ugual somma aveva egli sborsato
+a chi gliela cedette.
+</p>
+
+<p>
+Non era ancora trascorso un mese dalle dimostrazioni
+popolari ricevute a Florinas, quando
+Cambilargiu, sempre diffidente perchè si sentiva
+meno agile per l’età avanzata, prese a dirmi con
+bontà affettata:
+</p>
+
+<p>
+— Con te, che mi sei figlio, non posso aver
+riguardi. Devo avvicinarmi ad Osilo per affari
+urgenti. Quando avrai bisogno di me, fammi sapere
+il luogo dell’appuntamento, e sarò sempre
+il tuo fido compagno.
+</p>
+
+<p>
+Così dicendo, ci separammo. Parecchie volte
+lo invitai a venirmi a trovare nell’ovile di mio
+cognato, ma con mia sorpresa egli non si lasciò
+mai vedere. Era chiaro che la diffidenza lo aveva
+allontanato dal territorio di Florinas, temendo
+che i miei compaesani gli tendessero
+un’insidia.
+</p>
+
+<p>
+Ma neppur io mi mossi per andarlo a trovare
+ad Osilo — nè più lo rividi.
+</p>
+
+<p>
+Intanto, scaduto l’anno del barracellato di
+Florinas, venne fatto il riparto della <i>raccolta</i>, e
+toccarono a ciascun barracello settanta scudi di
+benefizio.
+</p>
+
+<p>
+Quando ciò seppe Cambilargiu — quantunque
+<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span>
+neanche una volta avesse prestato l’opera
+sua — mandò una lettera da Osilo a Don Ignazio
+Piras, ricordandogli che anche lui era un barracello
+di Florinas, e pretendeva la sua porzione.
+«Se non l’<i>intiero</i> (egli scriveva). voglio almeno
+<i>una parte</i>, perchè sono povero.»
+</p>
+
+<p>
+Erano rimasti a fondo del Bilancio sei scudi,
+ed io consigliai di non darglieli; ma Don Ignazio,
+temendo la ferocia di quell’uomo, glie li mandò
+fino ad Osilo.
+</p>
+
+<p>
+Continuai pertanto a interessarmi della barracelleria
+di Florinas, sempre fiero di venir consultato
+dai barracelli, che in me riponevano la
+loro fiducia.
+</p>
+
+<p>
+Il capitano non dura in carica che un solo
+anno, e a Don Ignazio Piras era succeduto Gavino
+Pintus, il padre di Maddalena Bua.
+</p>
+
+<p>
+Nominato capitano dal consiglio comunale,
+quest’ultimo non aveva voluto accettare; ed allora
+fu chiamato a Sassari dall’Intendente generale
+per conoscere le ragioni del rifiuto.
+</p>
+
+<p>
+— Non accetto la carica di capitano — rispose
+il Pintus — perchè per contentare il paese
+dovrei ricorrere ai congiunti del bandito Giovanni
+Tolu — e non so se vostra eccellenza vorrà
+autorizzarmi a simile scelta!
+</p>
+
+<p>
+L’Intendente gli disse:
+</p>
+
+<p>
+— Va pure in paese, e nomina i barracelli
+che vuoi, purchè tu faccia il capitano.
+</p>
+
+<p>
+Tornato Pintus a Florinas, si affrettò a comunicarmi
+<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span>
+la risposta dell’Intendente. Io lo persuasi
+a fare il capitano; ed egli chiamò a far
+parte della compagnia i miei fratelli Peppe e
+Gio. Maria, nonchè Giuseppe Rassu, il più savio
+di quella famiglia malnata.
+</p>
+
+<p>
+Quantunque io più non appartenessi alla
+compagnia barracellare, si volle ch’io fossi compreso
+nel riparto degli utili annuali. Mi si dava
+la porzione, senza ch’io la chiedessi.
+</p>
+
+<p>
+Durante questa barracelleria erasi verificata
+la mancanza di due cavalle, per una delle quali
+fu inutile ogni ricerca. Trascorso quasi l’anno,
+ricevetti una lettera da un amico, il quale m’informava
+segretamente che la cavalla trovavasi
+a Mores. Egli mi sollecitava ad adoperarmi per
+farla restituire ai barracelli, che l’avevano già
+pagata al padrone.
+</p>
+
+<p>
+Parlatone coll’ex capitano Pintus, questi mi
+consigliò di non occuparmene.
+</p>
+
+<p>
+— No — gli dissi — ci va dell’onore della
+compagnia, e farò il mio dovere.
+</p>
+
+<p>
+— Ebbene, se tu riescirai a ricuperarla, tienila
+per te!
+</p>
+
+<p>
+Volli consultare i barracelli, i parenti e gli
+amici, e tutti si dichiararono contenti che la cavalla
+fosse mia. Ritiratala facilmente per mezzo
+di mio fratello, la tenni in stalla dall’ottobre al
+marzo, senza servirmene.
+</p>
+
+<p>
+Avendo veduto la cavalla, alcuni malevoli
+misero in giro la voce che non era quella di Florinas,
+<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span>
+ma bensì un’altra rubata in Campidano
+dalla combricola del bandito Bìcchiri.
+</p>
+
+<p>
+La cavalla, infatti, non era quella di Florinas;
+ma io feci rispondere ai maldicenti, ch’ero
+pronto a restituirla al padrone, se me lo avessero
+indicato.
+</p>
+
+<p>
+Un assessore comunale osò avvertirmi:
+</p>
+
+<p>
+— Bada, Giovanni; non lasciar montare la
+cavalla da’ tuoi fratelli, poichè verrebbero arrestati
+e messi in carcere.
+</p>
+
+<p>
+Io risposi di mala grazia:
+</p>
+
+<p>
+— Senta: la cavalla che ho in istalla non è
+quella di Florinas. Se conoscessi il padrone vorrei
+intendermela con lui, poichè l’ho ingrassata a
+mie spese. Io però la prevengo, che chiunque
+osasse toccarmela — sia sindaco, brigadiere, o
+demonio — ci rimetterà la vita!
+</p>
+
+<p>
+Nessuno mai venne a reclamare la cavalla.
+La tenni per un po’ di tempo, finchè la vendetti
+nella Nurra, dichiarando che avrei risarcito il
+padrone, se si fosse a me presentato<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a>.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span>
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Non avevo più riveduto Pietro Cambilargiu.
+Un giorno Don Ignazio Piras mi disse in confidenza,
+che il bandito osilese gli aveva mandato
+una lettera, chiedendogli con minaccie danaro.
+</p>
+
+<p>
+— Che debbo fare?
+</p>
+
+<p>
+— Non gli dia nulla.
+</p>
+
+<p>
+— Uno è dirlo, l’altro è farlo. Tu sai ch’io
+vado spesso in campagna...
+</p>
+
+<p>
+— Si affidi a me. Ci penserò io!
+</p>
+
+<p>
+E infatti mandai a dire al mio antico compagno,
+che si guardasse bene dall’avvicinarsi al
+mio paese; poichè era un’azione indegna quella
+di estorcere danaro a persone, che aveva conosciuto
+per mio mezzo. Lui era stato educato
+nell’ergastolo di Villafranca, e voleva fare il brigante
+alla continentale — io invece preferiva fare
+il bandito alla sarda!
+</p>
+
+<p>
+Non ebbi più notizia di lui, fino al giorno
+della sua morte, che narrerò brevemente.
+</p>
+
+<p>
+Separatosi da me, Pietro Cambilargiu sentì
+il bisogno di aver nuovi compagni. Egli si accorgeva
+di essere diventato un po’ sordo e di vista
+debole.
+</p>
+
+<p>
+Si era prima provato ad andar solo; in seguito
+ebbe a compagni i banditi Depalmas e
+Salvatore Fresu, dai quali si separava con frequenza,
+essendo anch’essi di età matura e poco
+<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span>
+agili. A quel tempo Cambilargiu, quando a notte
+oscura usciva da un ovile, aveva bisogno di venir
+accompagnato fino a un luogo di rifugio da
+persona fida, e così pure i suoi nuovi amici Depalmas
+e Fresu. Condizione miseranda dei banditi,
+quando diventano vecchi!
+</p>
+
+<p>
+Intanto il Governo, per potersi impadronire
+del famoso bandito osilese, aveva ricorso al maresciallo
+Scaniglia, il quale si era assunto l’impegno
+di consegnarlo, vivo o morto, e con qualunque
+mezzo, nelle mani della giustizia.
+</p>
+
+<p>
+Lo Scaniglia, alla sua volta, aveva ricorso
+ad alcune spie; e, fra gli altri, era riuscito a raggirare
+Luigi Marceddu, lontano nipote di Cambilargiu.
+Costui, già proprietario pastore, era
+allora sotto una penale di 70 rasieri di grano,
+dovuto per contravvenzione nella <i>viddazzone</i> di
+Sennori.
+</p>
+
+<p>
+Il maresciallo Scaniglia, non solo lo fece
+assolvere dalla penale, ma gli donò ottanta
+marenghi, a condizione che si adoperasse per
+dargli in mano, vivo o morto, lo zio Pietro
+Cambilargiu.
+</p>
+
+<p>
+Trovandosi Luigi Marceddu nella vallata
+di <i>Logulentu</i>, in compagnia di Cambilargiu (che
+si fidava del nipote) riuscì ad ucciderlo. Datone
+subito avviso al maresciallo, questi accorse sul
+luogo con altri cinque carabinieri — e crivellarono
+di palle il cadavere del bandito.....
+<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span>
+forse per allontanare i sospetti da una spia, sì
+abilmente guadagnata<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a>.
+</p>
+
+<p>
+In tutta la provincia, e specialmente a Sassari,
+la notizia della morte di Pietro Cambilargiu
+fu accolta con vera gioia, e quasi con feste.
+</p>
+
+<p>
+Non tardò il congiunto Marceddu a ricevere
+la paga del suo nero tradimento. Egli
+venne ucciso da un mugnaio — da certo Giomaria
+Ibba — ch’ebbi più tardi a compagno, e
+di cui parlerò a suo luogo.
+</p>
+
+<div class="chapter">
+<p><span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span></p>
+
+<h3 id="cap20-2">CAPITOLO XX.
+<span class="smaller">Ancora Antonio Spano.</span></h3>
+</div>
+
+<p>
+Appena ucciso il negoziante sassarese Dionisio,
+il bandito Antonio Spano e i suoi amici
+si erano dati a spargere la voce che l’uccisore
+ero stato io.
+</p>
+
+<p>
+A Sassari si trovava in quel tempo l’avvocato
+Todde, cagliaritano, professore all’università.
+Spinto dalla curiosità di vedermi da vicino, gli fui
+presentato in campagna, col pretesto d’una partita
+di caccia; ed egli si mosse a pietà delle mie sventure.
+Volle conferire con alcuni magistrati, e fu
+riconosciuta la necessità di chiamarmi con salvacondotto,
+per interrogarmi sull’uccisione di Dionisio,
+sperando di attingere nuovi schiarimenti.
+</p>
+
+<p>
+Il prof. Todde, d’animo nobile e generoso,
+aveva preso impegno di farmi abboccare coi giudici,
+unicamente per mettere in chiaro la mia
+innocenza, smentendo le dicerie che correvano
+sul mio conto.
+</p>
+
+<p>
+Consultatomi coll’avv. Piras, accettai il salvacondotto.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span>
+</p>
+
+<p>
+Il convegno mi fu dato in casa di Don Ignazio
+Piras, a Florinas, dove si recarono colla <i>diligenza</i>
+il giudice istruttore Murgia, il procuratore
+del re Costa ed un segretario. Furono tutti
+trattati con vero sfarzo in casa Piras; basti il
+dire, che nel pranzo offerto agli ospiti vennero
+presentati a tavola venti <i>piatti caldi</i>.
+</p>
+
+<p>
+Comparso dinanzi a questi signori, il giudice
+Murgia chiese a Don Ignazio un libro di
+Evangeli per sottopormi al giuramento.
+</p>
+
+<p>
+— Non importa — dissi — ho in tasca l’ufficio
+della Beata Vergine, che pur contiene alcuni
+brani del Vangelo. D’altra parte credo inutile
+ogni giuramento, perchè io deporrò il vero,
+secondo coscienza.
+</p>
+
+<p>
+— Che cosa sai dell’uccisione di Giovanni
+Antonio Matti, detto Dionisio?
+</p>
+
+<p>
+— So abbastanza. Mi trovavo di passaggio in
+un ovile della Nurra, dov’era una serva sassarese.
+Costei, giorni prima, era stata citata a Sassari
+come teste nella causa Dionisio. Ritornata all’ovile,
+le chiesi per curiosità notizie del processo;
+ed ella mi disse, che le avevano imprigionato il
+genero, per aver prestato ad Antonio Spano le
+sue vesti da muratore, colle quali si era mascherato
+per uccidere più facilmente Gio. Antonio
+Dionisio...
+</p>
+
+<p>
+— Ed altro non sai? — mi chiese il giudice
+Murgia, alquanto sorpreso.
+</p>
+
+<p>
+— Non c’è da saper altro. Il bandito Spano
+<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span>
+ha ucciso il signor Dionisio, per vendicare l’insulto
+fatto al proprio fratello!
+</p>
+
+<p>
+Mi furono fatte diverse altre domande, che
+forse avevano rapporto con qualche processo in
+corso od in vista. I giudici vanno sempre in
+cerca di nuovi fili, ma non sempre la loro tela
+è ben tessuta. Ond’è che questa (come lessi in
+un libro) rassomiglia ben sovente a quella dei
+ragni: prende i moscerini, ma lascia scappare i
+mosconi!
+</p>
+
+<p>
+Prima di licenziarmi, il procuratore del re
+Costa mi chiese scherzando:
+</p>
+
+<p>
+— Hai tu fiducia nei salvacondotti?
+</p>
+
+<p>
+— E perchè no? Io credo che il Governo
+abbia il dovere di essere leale!
+</p>
+
+<p>
+Confesso, nondimeno, che, prima di mettermi
+in viaggio per Florinas, avevo fatto vedere il
+salvacondotto ad una persona di fiducia — a don
+Luigi Nurra, fisco a Cagliari, e genero del generale
+Grondona di Tiesi, che si era ritirato a Cargeghe.
+Le precauzioni non sono mai troppe!
+</p>
+
+<p>
+Fu questo il mio primo salvacondotto; in seguito
+n’ebbi altri, come dirò a suo tempo.
+</p>
+
+<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
+
+<p>
+Ho già parlato di uno zio di Antonio Spano,
+a cui io e Cambilargiu tentammo un giorno di
+rubare una cavalla, in odio al nipote. Parlerò ora
+di un altro suo zio, Luigi Mudadu, già laborioso
+<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span>
+ed onesto, ma divenuto in seguito sicario, perchè
+unitosi al nipote.
+</p>
+
+<p>
+Un giorno, a Tissi, era avvenuta una grassazione
+a danno di un certo Sebastiano Selis e
+di sua moglie Rosalia Figos; i quali erano stati
+assaliti nella propria casa, e derubati di molto
+danaro e di molta biancheria. Denunziati i malandrini
+al tribunale, nessuno venne molestato,
+per mancanza di prove. Non mancò tuttavia chi
+risentì danno da questa denunzia, e pensò alla
+vendetta. Il mandato di sangue fu affidato a
+Luigi Mudadu, il quale, per danaro, tolse dal
+mondo Sebastiano Selis.
+</p>
+
+<p>
+Un altro giorno Antonio Spano, insieme a
+Cambilargiu e ad altri quattro compagni, si recarono
+alla <i>Nurra</i> per dar l’assalto al noto sicario
+Francesco S*, nell’ovile di <i>Rumanedda</i>.
+Quantunque colpito da molte palle, il Francesco
+fu trasportato ad Ossi, e non tardò a guarire.
+</p>
+
+<p>
+Non passò gran tempo, che Antonio Spano,
+col concorso di altri sei complici, ritentò il colpo
+su Francesco S*, assalendolo nella propria abitazione,
+ad Ossi. Le grida della sorella di costui
+diedero l’allarme, e gli assalitori dovettero rinunziare
+all’impresa.
+</p>
+
+<p>
+Ai menzionati delitti, col braccio o col consiglio,
+non fu estraneo Luigi Mudadu.
+</p>
+
+<p>
+I due ribaldi, zio e nipote, continuarono
+senza tregua nella via del misfatto, eccitati più
+dall’ingordigia del danaro, che dalla voce dell’odio
+<span class="pagenum" id="Page_348">[348]</span>
+e della vendetta. Non li seguirò nelle loro
+scorrerie. Dirò solo, che l’ora della condanna era
+suonata per entrambi.
+</p>
+
+<p>
+Antonio Spano, imprudentemente, aveva minacciato
+un giovane d’Ossi, prevenendolo che lo
+avrebbe ucciso. Costui andò a consultarsi con
+altro bandito compaesano, certo Andrea Sanna,
+che gli era amico.
+</p>
+
+<p>
+Fu concertato, che entrambi si sarebbero appostati
+sotto una roccia, per spiare lo Spano, che
+con frequenza soleva recarsi a Muros.
+</p>
+
+<p>
+— Se ci verrà incontro in campagna, noi
+lo uccideremo — aveva detto Sanna — se invece
+entrerà nel villaggio, lo faremo arrestare,
+perchè ci è nota la casa del suo rifugio.
+</p>
+
+<p>
+Sull’imbrunire, non visti, essi scorsero Antonio
+Spano che prendeva il cammino di Muros.
+</p>
+
+<p>
+Il bandito Sanna si fermò in campagna per
+assicurarsi che lo Spano non uscisse dal paese;
+il giovane invece andò di corsa a Sassari per
+dare avviso all’arma dei carabinieri.
+</p>
+
+<p>
+Verso l’alba alcuni carabinieri giunsero a
+Muros travestiti da <i>stacciai</i>, e si aggirarono per
+il paese, fingendo vendere la loro mercanzia.
+</p>
+
+<p>
+Si presentarono alla casa, in cui si supponeva
+fosse nascosto il bandito Antonio Spano, e si trattennero
+a lungo dinanzi alla porta, contrattando
+colle donne la vendita degli stacci, in attesa di
+altri sei carabinieri a cavallo, partiti da Sassari
+un’ora dopo, come d’intelligenza.
+</p>
+
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span>
+</p>
+
+<p>
+Come si accorsero che i compagni entravano
+in paese, i due stacciai si slanciarono di scatto
+nella stanza vicina, puntando le pistole al petto
+del bandito, che non ebbe il tempo di mettersi
+in guardia.
+</p>
+
+<p>
+— Siamo carabinieri! Ti arrendi, o Antonio
+Spano?
+</p>
+
+<p>
+Colto all’improvviso, quell’imbecille fissò
+come istupidito i due armati, e non ebbe il coraggio
+di far resistenza. Le due bocche delle pistole,
+rivolte contro al suo petto, lo impressionarono.
+Ebbe paura... e fu vile! Al suo posto io
+avrei lottato fino a farmi uccidere. Una palla di
+piombo è sempre la benvenuta, quando ci salva
+dalla forca!
+</p>
+
+<p>
+Antonio Spano cedette le armi ai due stacciai,
+ed abbassò il capo con rassegnazione, mormorando
+a fior di labbro:
+</p>
+
+<p>
+— Mi arrendo!
+</p>
+
+<p>
+Fu ammanettato e tradotto alle carceri di
+Sassari.
+</p>
+
+<p>
+Poco tempo dopo venne pur tratto in arresto
+lo zio, Luigi Mudadu, l’uccisore di Sebastiano Selis.
+</p>
+
+<p>
+Il dibattimento dei due banditi ebbe luogo
+a Cagliari, e furono entrambi condannati alla
+morte.
+</p>
+
+<p>
+Ordinata la traduzione a Sassari per esservi
+impiccati, i due prigionieri si posero in cammino
+a piedi, scortati da molti carabinieri a cavallo.
+</p>
+
+<p>
+Strada facendo essi si misero d’accordo; e
+<span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span>
+riuscirono a comprare alcune scatole di zolfanelli,
+che tennero per più ore in infusione in un
+fiaschetto d’acqua. Approfittando di una sosta
+lungo il cammino, i due congiunti trangugiarono
+arditamente la bevanda, e si avvelenarono. Il
+nipote, di complessione piuttosto delicata, morì
+lo stesso giorno; lo zio, più robusto, sorvisse
+ancora tre giorni.
+</p>
+
+<p>
+Ed ecco la fine di Pietro Cambilargiu e di
+Antonio Spano, i due più efferati banditi del Logudoro,
+ch’ebbi a compagni per un po’ di tempo.
+Il primo morì assassinato da un parente traditore;
+il secondo si salvò dalla forca col veleno!
+</p>
+
+<p class="pad2 center large">
+FINE DEL PRIMO VOLUME
+</p>
+
+<div class="somm">
+<p>
+<span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span>
+</p>
+
+<h2><a id="indice" href="#indfront">
+INDICE</a>
+<span class="smaller">DEL PRIMO VOLUME</span></h2>
+
+<table class="indice">
+ <tr>
+ <td colspan="2"><span class="smcap">Ai Lettori</span> (<i>Storia della Storia</i>)</td> <td class="pag"><a href="#lettori">Pag. 5</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="2">Sui banditi del Logudoro (<i>Pagine storiche</i>)</td> <td class="pag"><a href="#logudoro">11</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="3">&#160;</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="3" class="center">PARTE PRIMA</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="3" class="center">PRIMA DELLA COLPA.</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="3">&#160;</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span></td> <td>&#160;</td> <td>&#160;</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">I.</td> <td>Infanzia e prima giovinezza</td> <td class="pag"><a href="#cap1-1">59</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">II.</td> <td>In cerca d’una moglie</td> <td class="pag"><a href="#cap2-1">71</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">III.</td> <td>Alla festa di Mara</td> <td class="pag"><a href="#cap3-1">78</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">IV.</td> <td>Ritorno dalla festa</td> <td class="pag"><a href="#cap4-1">89</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">V.</td> <td>Fattucchierie</td> <td class="pag"><a href="#cap5-1">96</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">VI.</td> <td>Convegni amorosi</td> <td class="pag"><a href="#cap6-1">101</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">VII.</td> <td>Sponsali e luna di miele</td> <td class="pag"><a href="#cap7-1">108</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">VIII.</td> <td>Prime nubi</td> <td class="pag"><a href="#cap8-1">116</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">IX.</td> <td>Tentativi di pace</td> <td class="pag"><a href="#cap9-1">127</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">X.</td> <td>L’attentato</td> <td class="pag"><a href="#cap10-1">138</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="3">&#160;</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="3" class="center">PARTE SECONDA</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="3" class="center">IL BANDITO DI FLORINAS.</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="3">&#160;</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">I.</td> <td>Si torna agli esorcismi</td> <td class="pag"><a href="#cap1-2">147</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">II.</td> <td>In casa di prete Pittui</td> <td class="pag"><a href="#cap2-2">158</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">III.</td> <td>La famiglia Rassu</td> <td class="pag"><a href="#cap3-2">167</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td colspan="3"><span class="pagenum" id="Page_352">[352]</span></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">IV.</td> <td>Si apre la campagna</td> <td class="pag"><a href="#cap4-2">179</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">V.</td> <td>Chi nasce e chi muore</td> <td class="pag"><a href="#cap5-2">193</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">VI.</td> <td>Duello a morte</td> <td class="pag"><a href="#cap6-2">203</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">VII.</td> <td>Gli ultimi Rassu</td> <td class="pag"><a href="#cap7-2">217</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">VIII.</td> <td>Agostino Alvau</td> <td class="pag"><a href="#cap8-2">224</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">IX.</td> <td>Il bandito Derudas</td> <td class="pag"><a href="#cap9-2">235</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">X.</td> <td>Giusta pena e pena ingiusta</td> <td class="pag"><a href="#cap10-2">243</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XI.</td> <td>La penna vale il fucile</td> <td class="pag"><a href="#cap11-2">251</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XII.</td> <td>Cambilargiu, Spano, Fresu</td> <td class="pag"><a href="#cap12-2">260</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XIII.</td> <td>I quattro banditi</td> <td class="pag"><a href="#cap13-2">274</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XIV.</td> <td>In bocca al lupo</td> <td class="pag"><a href="#cap14-2">286</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XV.</td> <td>A Monte Fenosu</td> <td class="pag"><a href="#cap15-2">299</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XVI.</td> <td>Questua per un fucile</td> <td class="pag"><a href="#cap16-2">312</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XVII.</td> <td>Ricettatori</td> <td class="pag"><a href="#cap17-2">317</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XVIII.</td> <td>Barracellato di Florinas</td> <td class="pag"><a href="#cap18-2">323</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XIX.</td> <td>Ancora Cambilargiu</td> <td class="pag"><a href="#cap19-2">334</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td class="cap">XX.</td> <td>Ancora Antonio Spano</td> <td class="pag"><a href="#cap20-2">344</a></td>
+ </tr>
+</table>
+
+<hr>
+</div>
+
+<div class="somm">
+
+<h2>
+INDICE DELLE VIGNETTE
+</h2>
+
+<p class="center">VOLUME PRIMO</p>
+
+<table class="indice">
+ <tr>
+ <td><span class="smcap">Ritratto di Giovanni Tolu</span></td> <td class="pag">(<a href="#fill-002">frontispizio</a>)</td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td>Lettera iniziale allegorica <i>al banditismo</i></td> <td class="pag"><a href="#Page_13">Pag. 13</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td>Testata allegorica sui personaggi della storia</td> <td class="pag"><a href="#Page_59">59</a> <a href="#Page_147">147</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td>Moglie tentatrice, e il villaggio di Florinas</td> <td class="pag"><a href="#Page_69">69</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td>Gli sposi uscenti dalla chiesa</td> <td class="pag"><a href="#Page_109">109</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td>Attentato contro il prete Pittui</td> <td class="pag"><a href="#Page_140">140</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td>Il bandito dal Rettore di Dualchi</td> <td class="pag"><a href="#Page_155">155</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td>Uccisione di Francesco Rassu</td> <td class="pag"><a href="#Page_215">215</a></td>
+ </tr>
+ <tr>
+ <td>Il salto dalla roccia di <i>Monte Fenosu</i></td> <td class="pag"><a href="#Page_307">307</a></td>
+ </tr>
+</table>
+</div>
+
+<hr class="silver">
+
+<div class="footnotes">
+
+<h2>
+NOTE:
+</h2>
+
+<div class="footnote" id="note1">
+<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>.&#160;&#160;</span>Giovanni Tolu, fatalmente, morì a Portotorres, di carbonchio,
+nel pomeriggio dei 4 luglio 1896 — circa un mese dopo che avevo
+consegnato il mio manoscritto all’Editore Dessì. A proposito della sua
+morte il lettore troverà un’appendice in fondo a questo libro.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note2">
+<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>.&#160;&#160;</span>È ancor viva nel popolo la famosa carestia nel 1780, che
+provocò da per tutto disordini, specialmente a Sassari.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note3">
+<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>.&#160;&#160;</span>Nella famiglia di Giovanni Tolu furono comunissimi i parti
+doppi. Anche la figlia del bandito n’ebbe parecchi.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note4">
+<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>.&#160;&#160;</span>Florinas, a 15 Chilometri da Sassari, è un ameno paesello di
+circa 2200 abitanti. Dicesi costrutto sulle rovine di <i>Figulina</i>, oppido
+romano. Posto in altura, sopra un gruppo di pittoresche colline, vi
+si gode di un orizzonte vastissimo. Gli abitanti, industriosi, attivi,
+intelligenti, sono per la maggior parte dediti all’agricoltura. Questo
+comune, uno dei più lindi dell’isola, ha fatto notevoli progressi in
+questi ultimi tempi. Dal 1849 ed oggi il suo piano topografico si è
+quasi trasformato, poichè molte case furono demolite per la sistemazione
+delle vie e delle piazzette, che vi sono spaziose, arieggiate,
+pulitissime.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note5">
+<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>.&#160;&#160;</span>Non so a quali malifizî qui accenni il Tolu. Certo è, che
+prima del 1848 (ed anche dopo!) il volgo si lasciava trascinare a
+superstiziose credenze, alimentate dall’ignoranza o dalla furberia di
+chi aveva il dovere di combatterle.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note6">
+<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>.&#160;&#160;</span>Giovanni Tolu mi citava assai spesso i personaggi della Storia
+sacra e quelli dei <i>Reali di Francia</i> — letture sue predilette, dopo che
+fu bandito, come vedremo in seguito.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note7">
+<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>.&#160;&#160;</span>Era questa l’abituale espressione dell’ex bandito. Per <i>mia
+opinione</i> egli intendeva dir tutto: il <i>mio parere</i>, il <i>mio desiderio</i>, la <i>mia volontà</i>,
+il <i>mio intendimento</i>, la <i>mia decisione</i>, ecc. ecc.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note8">
+<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>.&#160;&#160;</span>La chiesa di <i>Bonuighinu</i> (Buon vicino) è sacra alla Vergine
+addolorata. Ha un bell’atrio quadrato, ed è costrutta su di un monte
+conico di difficile accesso, circondato da foreste, con ruderi di mura
+antiche, di una torre, e di due cisterne appartenenti al famoso castello
+omonimo, pur detto di <i>Bonvhei</i>. Questo castello, eretto dai Doria,
+fu da questi venduto a Mariano di Arborea; il quale, dopo averlo
+ceduto nel 1355 al re di Aragona, lo riebbe nel 1364. Tornò in seguito,
+nel 1388, agli aragonesi, e poi di nuovo ai Doria nel 1436.
+</p>
+
+<p>
+La festa di N. S. di <i>Bonuighinu</i>, con fiera, ha luogo nella terza
+domenica di settembre, e vi accorre molta gente da ogni parte dell’isola,
+sebbene in minor numero e con minor entusiasmo di quella
+che vi accorreva prima del 1850.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note9">
+<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>.&#160;&#160;</span>Noti il lettore questo curioso amor proprio rusticano. La povertà
+era ritenuta un’umiliazione, anche dalla classe dei contadini!
+</p>
+
+<p>
+Ha dell’incredibile la felice memoria di Giovanni Tolu sui fatti
+accaduti da oltre quarant’anni! Egli mi narrò molti altri particolari,
+che ho taciuto perchè insignificanti. Ripeto che l’ex bandito fu
+scrupolosissimo nella sua narrazione, nè accennò mai a fatti, senza
+declinare nomi di persone e di località.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note10">
+<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>.&#160;&#160;</span>Ricordi il lettore, che io riporto fedelmente, quasi parola per
+parola, la narrazione dell’ex bandito. Parrà certamente incredibile,
+che un uomo come Giovanni Tolu, assennato, pieno di buon senso,
+e d’una istruzione non comune, potesse prestar fede alle <i>legature</i> e
+ad altre simili fandonie. Eppure è così! Era una sua debolezza a
+molti ignota, e appena sfiorata nel processo svolto nelle Assise di
+Frosinone. Il Tolu mi parlava delle <i>fattucchierie</i> con profonda convinzione,
+e si mostrava offeso ogni qualvolta io le metteva in dubbio
+od in ridicolo. Rileverà il lettore, andando innanzi nella narrazione,
+altre stranezze dello stesso genere, ch’io riporterò fedelmente, senza
+commenti.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note11">
+<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>.&#160;&#160;</span>Non dovremo noi scusare la superstizione di Giovanni Tolu,
+quando la vediamo condivisa, o alimentata da sacerdoti così credenzoni?
+Poveri paesi, e poveri tempi!</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note12">
+<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>.&#160;&#160;</span>Una volta per sempre devo dichiarare, che io riporto fedelmente
+la narrazione dell’ex bandito, e che non aggiungo una parola
+ai dialoghi, che sono tutti tuoi. Ripeto che non volli alterare l’originalità
+delle scene rusticane con slanci di rettorica convenzionale.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note13">
+<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>.&#160;&#160;</span>Forse l’avv. Racca, reggente allora l’intendenza Generale,
+dopo la partenza di De Monale. Il Racca fu Intendente di Alghero
+nel 1855, e Vice Governatore di Sassari dal 1859 al 1862.
+</p>
+
+<p>
+Erano tempi d’inimicizie e di fucilate, e le Autorità cercavano
+ogni mezzo per togliere il pretesto ai sanguinosi conflitti, allora frequentissimi.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note14">
+<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>.&#160;&#160;</span>Specie di guardaboschi. Si era da un solo anno sotto la Costituzione,
+ma pare si continuasse a governare coll’autoritarismo del
+regime assoluto!</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note15">
+<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>.&#160;&#160;</span>Lungo questa scarpa fu di recente costruito un parapetto.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note16">
+<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>.&#160;&#160;</span>Recipiente di forma cilindrica, intessuta di canne, per custodirvi
+il grano quando si ritira dall’aia.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note17">
+<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>.&#160;&#160;</span>Era allora Luogotenente, non Maggiore di piazza.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note18">
+<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>.&#160;&#160;</span>Pare che i preti e i frati d’allora attingessero la potenza dell’esorcismo
+alle illecite relazioni. È cosa che io ignoravo fino ad oggi!</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note19">
+<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>.&#160;&#160;</span>Giovanni Tolu chiamava <i>Perpetue</i> tutte le serve dei preti.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note20">
+<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>.&#160;&#160;</span>Lo ripeto. Dovremo noi ridere della superstizione di Tolu,
+quando la vediamo incoraggiata in siffatta guisa da preti così ignoranti,
+o così furbi? Rimando il lettore alla nota apposta appiè della pagina 99.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note21">
+<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>.&#160;&#160;</span>Lascio a Giovanni Tolu tutta la responsabilità delle <i>biografie</i>
+contenute nella presente storia. Per quanto scrupoloso e veritiero egli
+fosse, noi dobbiamo pure ammettere che qualche volta l’ex bandito
+avrà giudicato gli uomini attraverso la lente del propri odî o delle
+proprie simpatie. D’altra parte il lettore non deve mai dimenticare
+il tempo in cui i nostri fatti accadono!</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note22">
+<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>.&#160;&#160;</span>Badi il lettore che io riporto fedelmente, senza rispondere dei
+giudizi e delle asserzioni di Giovanni Tolu.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note23">
+<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>.&#160;&#160;</span>Fra Tolu e i Dore pare vi fosse ruggine antica. Vi ha un
+processo contro Tolu per <i>insulti</i> fatti a Giuseppe Dore mediante arma
+da fuoco, il 1. Giugno 1850 (era ammogliato da un mese e mezzo). — Gio.
+Tolu non me ne parlò; e forse l’accusa gli venne dal prete, indispettito
+per il matrimonio della sua servetta.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note24">
+<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>.&#160;&#160;</span>Narro il fatto colle precise parole del bandito, che non aggiunse
+altro. Era facile intendere, com’egli avesse preso di mira il suo
+nemico, fingendo far fuoco al par degli altri in direzione della costiera.
+Fu questo il primo uomo ucciso da Giovanni Tolu.
+</p>
+
+<p>
+Quest’omicidio fu commesso il 19 maggio 1851, come risulta dal
+processo indiziario, che fu istruito a carico di Tolu.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note25">
+<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>.&#160;&#160;</span>La fede nei sogni era un’altra superstizione del Tolu.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note26">
+<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>.&#160;&#160;</span>Il ferimento avvenne il 19 aprile 1851. I sospetti caddero su
+Tolu, come mi risulta da un processo; però, con ordinanza del 17 dicembre
+1852 fu dichiarato <i>non farsi luogo a procedere</i>. Sapremo più
+tardi la verità!</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note27">
+<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>.&#160;&#160;</span>Pare che questa punizione fosse adottata nella sola Diocesi
+di Sassari.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note28">
+<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>.&#160;&#160;</span>Morì a Sassari il 21 agosto 1851, in età di 56 anni.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note29">
+<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>.&#160;&#160;</span>Il Tolu leggeva spesso i <i>Reali di Francia</i>, come vedremo in
+seguito.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note30">
+<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>.&#160;&#160;</span>Francesco Rassu fu ucciso il 4 gennaio 1853. Aveva 39 anni,
+come rilevai dai registri parrocchiali di Florinas.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note31">
+<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>.&#160;&#160;</span>Salvatore Rassu venne ucciso il 23 settembre 1854. Tolu mi
+fece comprendere di averlo ucciso lui, quantunque non si fosse istruito
+alcun processo, e molti ne dubitassero.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note32">
+<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>.&#160;&#160;</span>Altri disse, che una donna, complice del progettato assassinio,
+a un certo punto si era alzata dal tavolo per aggiustare il
+lucignolo di una lucerna, impedendo così all’Alvau di vedere Antonio
+Sento che armava il grilletto. Credo più veridica la versione
+del Tolu, che l’apprese della bocca degli stessi aggressori.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note33">
+<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>.&#160;&#160;</span>Il cadavere di Alvau fu portato sulle fascine a Sassari; venne
+subito esposto fuori Porta Sant’Antonio, e l’indomani in Piazza Castello.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note34">
+<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>.&#160;&#160;</span>Non era certamente il diavolo, ma era il dolore e l’onta per
+la condanna infamante, che avevano fulminato quel poveretto. Valga
+anche questo fatto per farci deplorare le pratiche edificanti di quei
+tempi!</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note35">
+<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>.&#160;&#160;</span>Questa raffinatezza di ghiottoneria, inferocendo sulle povere
+bestie, farà arricciare il naso alla società protettrice degli animali,
+per i quali i pastori non nutrono certo la tenerezza dei cittadini civili.
+Questi, nondimeno, non cessano dal lagnarsi quando le carni
+non sono saporite!</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note36">
+<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>.&#160;&#160;</span>Siamo giusti. Se la denuncia all’autorità giudiziaria fosse
+stata fatta da altri in odio a Tolu, non so se costui l’avrebbe trovata
+encomiabile!</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note37">
+<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>.&#160;&#160;</span><i>Mancamento</i> dicesi in sardo il bestiame mancante, denunziato
+ai barracelli dai proprietari.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note38">
+<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>.&#160;&#160;</span>Noti il lettore il prestigio che esercitavano i banditi sui pastori,
+e lo studio di questi per ingraziarseli.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note39">
+<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>.&#160;&#160;</span>Avrà notato il lettore i buoni accordi che correvano fra banditi
+e barracelli. Gli uni servivano gli altri.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note40">
+<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>.&#160;&#160;</span>Il fatto avvenne il 16 Settembre 1852. Fu ferito con arma
+da fuoco il brigadiere del cavalleggieri Giuseppe Andorno. Vi ha
+processo; ma con ordinanza del 30 dicembre si dichiarò <i>non farsi
+luogo a procedimento</i>.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note41">
+<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>.&#160;&#160;</span>Riassumo dagli atti del processo i fatti, secondo la relazione
+dei carabinieri e dei due contadini presenti.
+</p>
+
+<p>
+«Il maresciallo dei cavalleggieri Teodoro Prelato, della stazione
+di Osilo, informato che Cambilargiu vagava nei dintorni, e specialmente
+a Nuzzi, il 10 giugno 1853 capitò nella vigna del medico
+Giorgio Vacca (figlio della vedova Chessa) insieme al brigadiere
+Gio. Leoni ed ai cavalleggieri Angelo Coas, Paolo Achenza, Giuseppe
+Dasara e Giuseppe Sassu. Entrarono nella casa rustica, dove
+subito accorsero i contadini Antonio e Francesco Vacca (fratelli del
+medico) che lavoravano nella vigna.
+</p>
+
+<p>
+Il cavalleggiero Dasara aveva scaricato poco prima la canna del
+fucile, che teneva per dubbia. (Era questo lo sparo avvertito in
+precedenza dai due banditi).
+</p>
+
+<p>
+Il maresciallo, udendo abbaiare il cane ed aprirsi il cancello,
+(distante dalla casa un 27 passi) era uscito fuori, seguito da Francesco
+Vacca, ed aveva riconosciuto, in uno dei due che entravano,
+Pietro Cambilargiu.
+</p>
+
+<p>
+— Sei barracello, forse? — gli gridò.
+</p>
+
+<p>
+— E tu sei maresciallo?
+</p>
+
+<p>
+— Sì, lo sono!
+</p>
+
+<p>
+— Vieni, cane, che ti metto la medaglia d’oro!
+</p>
+
+<p>
+La lotta si era impegnata fra i due, che si fecero fuoco a vicenda.
+Il maresciallo ebbe spezzato da una palla il calcio della pistola.
+(Nessuno conosceva Tolu di persona.)
+</p>
+
+<p>
+Corso il maresciallo dietro la casa per ricaricare l’arma, aveva
+gridato ai compagni: — Coraggio, c’è Cambilargiu!
+</p>
+
+<p>
+Fu allora che i banditi uscirono prestamente dal cancello, lo
+rinchiusero, e vi appoggiarono un grosso sasso. Di là fecero due
+spari ed uccisero il cavalleggiere Sassu (con cinque ferite).
+</p>
+
+<p>
+Fatti gli spari, i cavalleggieri corsero al cancello, ma non potendolo
+aprire, saltarono dall’alta siepe. I banditi si erano dileguati
+nè poterono inseguirli, poichè dinanzi alla vigna vi erano tre viottole,
+nè sapevano quale avessero presa.
+</p>
+
+<p>
+Uno dei contadini disse, che Tolu fu ferito ad un dito ed ebbe
+spezzata la bacchetta del fucile.
+</p>
+
+<p>
+Tolu niega che avessero messo il sasso dinanzi al cancello.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note42">
+<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>.&#160;&#160;</span>Vi ha processo per l’omicidio del carabiniere Antonio Rebichesu
+di Sassari, in atto di ribellione e resistenza; più per ferimento
+di altri due carabinieri, Antonio Contu e Francesco Sperone, mediante
+sparo. Si allude forse al carabiniere ferito accidentalmente al
+labbro dal maresciallo, ed a qualche altro colpito dal Tolu coi due
+spari fatti. Come mai costui, scaricando le due canne del fucile, poteva
+colpire tre persone in tre tempi diversi? C’è imbroglio nel processo;
+ed è forse perciò che si tacque di esso, mentre si portò alle
+Assise il solo scontro di <i>Nuzzi</i>, avvenuto due giorni prima di quello
+di <i>Monte Fenosu</i>.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note43">
+<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>.&#160;&#160;</span>Riporto le credenze di Tolu, senza commenti.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note44">
+<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>.&#160;&#160;</span>Anche gli Arcivescovi avevano paura dei banditi e cercavano
+di amicarseli!</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note45">
+<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>.&#160;&#160;</span>L’anno del barracellato comincia coll’agosto, e termina collo
+stesso mese dell’anno susseguente.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note46">
+<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>.&#160;&#160;</span>La narrazione di Tolu, a proposito dei barracelli non deve
+sorprendere il lettore, poichè è un fatto che si verifica con molta
+frequenza. Certi latitanti (parrà strano!) erano, e sono tuttora ritenuti
+come una garanzia per le compagnie barracellari.
+</p>
+
+<p>
+E fu così in ogni tempo. Il 6 dicembre 1730 (per citare un
+esempio) il Vicerè scriveva al Governatore di Sassari, autorizzandolo
+alla nomina di Francesco Farru a capitano della Compagnia, colla
+condizione imposta, di accettare i barracelli scelti da costui. Il Vicerè
+notava solo, che essendovi fra essi alcuni <i>reos de delictos</i>, non
+era bene accoglierli in un Corpo incaricato dell’estirpazione dei malandrini. — Eppure
+si doveva chiudere un occhio, e accettare i
+ladri per scongiurare i furti!
+</p>
+
+<p>
+Della compagnie barracellarie si hanno nozioni fin dal tempo
+dei Giudici (nei secoli XII e XIII). Esse vennero stabilite in ciascun
+villaggio coll’obbligo di ricompensare, mediante retribuzione, qualunque
+danno sopportato nelle proprietà. Fu questa una delle ottime
+istituzioni sarde, conservate fino ad oggi, con qualche modificazione.
+Dopo il 1848 divennero <i>volontarie</i>, ed oggi sono rette dalla legge
+22 maggio 1853.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note47">
+<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>.&#160;&#160;</span>Lo scambio delle due cavalle è un fatto misterioso; ma non
+posso fornire maggiori schiarimenti, poichè Tolu non me ne diede.
+Valga questa nota per altri punti un po’ oscuri della narrazione.
+L’ex bandito s’imbronciava quando io l’interrompevo per chiedere
+spiegazioni. Egli mi diceva secco:
+</p>
+
+<p>
+— Scriva quanto le dico. Gli <i>interessati</i> mi comprenderanno!
+</p>
+
+<p>
+Era un uomo singolare, un po’ testardo, e non bisognava insistere.</p>
+</div>
+
+<div class="footnote" id="note48">
+<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>.&#160;&#160;</span>Fu ucciso nel pomeriggio del 23 giugno 1856 (vigilia di San
+Giovanni). L’indomani il municipio di Sassari fece un rapporto al
+Ministero, annunciando la morte di Cambilargiu, (<i>pernicioso anche col
+solo prestigio del nome</i>) ucciso da pochi carabinieri dopo <i>viva resistenza</i>.
+I cinque carabinieri, oltre lo Scaniglia, furono: Usai, Vargiu,
+Porqueddu, Pugioni e Catte.</p>
+</div>
+</div>
+
+<div class="tnote">
+<p class="tntitle">
+Nota del Trascrittore
+</p>
+
+<p>
+Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione
+minimi errori tipografici.
+</p>
+
+<p>
+Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
+</p>
+</div>
+
+<div style='text-align:center'>*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 76574 ***</div>
+</body>
+</html>
+
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