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diff --git a/.gitattributes b/.gitattributes new file mode 100644 index 0000000..6833f05 --- /dev/null +++ b/.gitattributes @@ -0,0 +1,3 @@ +* text=auto +*.txt text +*.md text diff --git a/17847-8.txt b/17847-8.txt new file mode 100644 index 0000000..4d0eb52 --- /dev/null +++ b/17847-8.txt @@ -0,0 +1,5962 @@ +The Project Gutenberg EBook of Rime di Argia Sbolenfi, by Argia Sbolenfi + +This eBook is for the use of anyone anywhere at no cost and with +almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or +re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included +with this eBook or online at www.gutenberg.org + + +Title: Rime di Argia Sbolenfi + con prefazione di Lorenzo Stecchetti + +Author: Argia Sbolenfi + +Commentator: Lorenzo Stecchetti + +Release Date: February 24, 2006 [EBook #17847] + +Language: Italian + +Character set encoding: ISO-8859-1 + +*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK RIME DI ARGIA SBOLENFI *** + + + + +Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli and the +Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net + + + + + + + RIME + DI + ARGIA SBOLENFI + + + CON + PREFAZIONE + DI + LORENZO STECCHETTI + + + + QUARTA EDIZIONE + + + + BOLOGNA + PREMIATO STABILIMENTO TIPOGRAFICO + SUCCESSORI MONTI + EDITORI + + MDCCCXCIX + + + + L'EDITORE + ADEMPIUTI I DOVERI + ESERCITERÀ I DIRITTI SANCITI DALLE LEGGI + + + + + +PREFAZIONE + + + + +Ecco un libro sbagliato. + +E poichè una cortese ma assidua insistenza durata oramai tre anni, +riuscì pure a levarmi di sotto questa prefazione che non scrissi +volontieri, così, per patto espresso, mi serbai il diritto di dire +l'animo mio tutto intero e lo dico. + + * * * + +Ai lettori (se il libro ne avrà, che non li merita) riuscirà difficile +capire come diavolo possa esser nata una insanità simile a questa; ed +ecco, per quel ch'io so, come avvenne. + +Vegetava in Bologna, e può darsi che vi agonizzi ancora, un foglietto +di carta stampata venduto una volta la settimana ai cittadini che non +sanno come sciupare il tempo. S'intitolava «_È permesso?..._» e non +poteva uscire dalla breve cerchia delle mura poichè mordeva solo gli +uomini che dentro alle mura hanno fama, uffici o difetti. Perciò era +scritto o in dialetto o in italiano così fitto d'idiotismi da parere +un peggiorativo del dialetto. Lo dirigeva un certo Cesare Dallanoce, +al cui cognome botanico s'era appiccata l'aggiunta di _Moscata_; +giovane nottambulo, di qualche spirito, con un fisico di cercopiteco +peggiorato, sotto al quale stavano mescolati l'odio e la bontà in un +connubio stravagante. Anzi l'odio era uno e le bontà parecchie; e +segno dell'odio cieco, furibondo, indomabile era il Presidente di +questa Deputazione Provinciale che non gli aveva mai fatto niente; +anzi non gli badava nemmeno. Ma il Moscata era fatto cosi e se la sua +bestia nera avesse fatto più miracoli che non S. Antonio di Padova, +gli avrebbe tolti i meriti ad uno ad uno, mordendolo e lacerandolo +tutti i sabati nel suo foglio di carta. + +Tolto questo brutto difetto, che doveva esser vizio di natura +incurabile, era buon diavolo e tutti gli volevano bene. Prestava +volentieri sè stesso e il giornale per opere di beneficenza, non +diceva troppo male del prossimo suo, insomma era simpatico a molti ed +odiato da nessuno. + +Aveva avuto la fortuna, fin da principio, di contare tra i +collaboratori «_El sgner Pirein_» il signor Pierino, il cui nome ed il +cui tipo non saranno dimenticati così presto dai bolognesi. + +Antonio Fiacchi, bravo e buon giovane di brillante ingegno, aveva +trovato questo esilarantissimo tipo del vecchio petroniano col +cappello bianco a cilindro l'estate, il tabarrino a pipistrello +l'inverno e le scarpe di panno tutta l'annata; il vecchietto +brontolone, credenzone, ricordatore inesausto dei tempi passati, +detrattore dei presenti, ma in fondo ingenuo sino alla balordaggine. +In un altro di questi giornaletti municipali aveva fatto le prime +armi, in un dialetto italianizzato che accresceva comicità al +contenuto di certe lettere che non possono ricordarsi tuttora senza +ridere. Il tipo aveva fatto fortuna ed era quasi assunto alla dignità +di maschera cittadina come il dottor Balanzone; cosicchè in certe +feste carnovalesche, in un villaggio di legno e di cartone che serviva +da fiera, il signor Pierino fu fatto sindaco e sciorinò proclami ed +allocuzioni da non dire. Ma il Fiacchi fu chiamato a Roma e il signor +Pierino tacque. + +Il _Moscata_ che aveva buon fiuto, lo cercò pel suo giornaletto, ma il +Fiacchi rispondeva a buona ragione che, fuori dell'ambiente bolognese, +si sentiva disorientato e che temeva di non far nulla di +buono. _Moscata_ insistè e si venne a questo che il signor Pierino +Sbolenfi avrebbe scritto come corrispondente dalla capitale; e così +fu. + +Allora il bel tipo ideato dal Fiacchi rivisse in una serie di lettere +datate «dalle rive del Colosseo» che fecero la fortuna del giornale. +L'egregio signor Sbolenfi aveva ingrandito l'allegro campo dell'arte +sua ed oltre alle amene confidenze delle sue tribolazioni famigliari, +ci dava le impressioni romane ricamate sulla tela delle proprie +avventure. E lo vedemmo uscire di non so qual Ministero, autocandidato +al tempo delle elezioni Giolitti, perdere l'impiego e cercarne un +altro per perderlo di nuovo. Lo vedemmo custode dei tempietti +municipali sacri alla Dea Cloacina abbandonarsi a meste riflessioni +sulle miserie umane ed a giudizi comparativi argutissimi sul +giornalismo contemporaneo in relazione ai riti celebrati nel suo +tempietto. Ma poichè le autorità municipali nel tempo del colèra +avevano segretamente ordinato a lui ed ai colleghi una sorveglianza +intima sulla condotta dei cittadini ed egli aveva propalato la cosa +nel giornale, eccolo di nuovo senza impiego ed in cerca di un +altro. Insomma tutto un romanzo comico, pieno di trovate felici, di +festività arguta e qualche volta di velata melanconia. + +E il signor Pietro Sbolenfi aveva per moglie la signora Lucrezia e per +figlia la signorina Argia, attrici principali nella stravagante +commedia della sua vita. La grafomania è contagiosa e la signorina +Argia cominciò a mandare al giornale le sue epistole lamentevoli e +pretenziose. + +Si voleva, a quel che pare, crear un altro tipo; quello della ragazza +che ebbe una mediocre istruzione e che, inacetita dal celibato, chiama +il pubblico a testimonio delle sue isteriche sofferenze, Il tipo non +era così allegro come l'altro; di più non era nuovo e le +manifestazioni dell'isterismo essendo spesso erotiche, c'era pericolo +di cadere in una triviale pornografia. + +E la signorina ci cadde malamente, lunga e distesa. + +È ben vero, lo ripeto, che il tipo non si poteva intendere senza +l'erotismo; ma c'è modo e modo. È ben vero che i lettori di un +giornale quasi in dialetto non avrebbero inteso bene una Nuova Eloisa +e che per ottenere l'effetto occorreva sal grosso di cucina, non aromi +delicati; ma resta tuttavia che nulla giustifica il turpiloquio mal +velato sotto gli equivoci grossolani, la scatologia suina che non si +vergogna della sua loia. Ci fu chi torse il naso, ma purtroppo il +pubblico in generale applaudì! + +Così l'Argia si mise in piazza, prima, come ho detto, con certe +lettere ridicolose che rifacevano l'ortografia e lo stile paterno, poi +a poco a poco, con certe poesie non meno ridicole di cui son saggio le +prime di questo sbagliato volume. + +Unico merito, se pure è tale, è un progressivo levarsi e correggersi, +come di chi, avvistosi dell'errore, cerca di spacciarsi dal brago. Ma +ciò non scusa in modo alcuno la bassezza e la sudiceria sciocca degli +esordi. + +A questo modo la poetessa (come si battezzava da sè modestamente) +seguitò a metter fuori le sue fagiolate e il male non sarebbe poi +stato grande se non si fosse pensato a raccoglierle in volume. Ah, +veramente il bisogno di una sporcizia di più, a questi, bei lumi di +luna, non era sentito! + +A me pareva impossibile che si potesse giungere a questo; tanto che, +pregato anni sono, di fare la prefazione alla raccolta, dissi di sì, +nella certezza che non se ne sarebbe fatto nulla. I versi erano ancora +pochi e pensavo che fino ad un volume la poetessa non ci sarebbe +arrivata; ed ahimè, ci arrivò! + +Ora innamorata dell'Imperatore di Germania che credeva venuto a Roma +per sposar lei, ora intabaccata di un canonicaccio di manica larga, +degno Vescovo di Seboim, la pettegola figliò tanti versi da mettermi +al punto di mantenere la promessa. Non è a dire quante scappatoie +cercai per esimermene, come volli dissuadere, come temporeggiai! Ma +non ci fu verso. La parola era data e, per quanta ripugnanza ci +avessi, dovetti mantenerla. Solo mi riserbai di dire schiettamente +quel che ne penso, non perchè il disapprovare possa valermi di scusa, +ma perchè lo sfogarsi dopo tutto è un sollievo. + + * * * + +Se frugo nei più intimi ripostigli della mia coscienza, non ci trovo +nulla che mi chiami all'onore degli altari. In quel quarto d'ora di +notorietà cui, come tanti altri, soggiacqui, non fui precisamente +lodato come continuatore delle virtù di S. Luigi Gonzaga o come emulo +di Giuseppe servo di Putifar. Tempi, ahimè, troppo lontani e che +volentieri rivivrei; parole e versi che, potendo, ridirei senza +rimorso e senza rossore; ma tempi, ahimè, troppo lontani! + +Dico questo, non per balorda libidine di parlare de' fatti miei, ma +perchè si creda che, disapprovando senza restrizioni queste +scelleraggini, scrivo per convinzione e non per affettazione. Allora +ed oggi mi persuadeva e mi persuade la teoria della immacolatezza +dell'arte, purchè sia arte e sia bella. Venere Anadiomene e Cristo +Crocifisso sono rappresentati ignudi tutti e due e nessuno dei due +nella rappresentazione artistica è immorale. Onorato di Balzac, che +non è poi il primo capitato, nell'_Avant--propos de la Comédie +Humaine_, diceva--«_Le reproche d'immoralité qui n'a jamais failli à +l'écrivain courageux, est d'ailleurs le dernier qui reste à faire +quand on n'a plus rien a dire a un poète. Si vous étes vrai dans vos +peintures, si à force de travaux diurnes et nocturnes vous parvenez à +écrire la langue la plus difficile du monde, on vous jette alors le +mot immoral à la face_»--Solo il brutto è immorale. + +È perciò che questa studiata ricerca del brutto, del triviale, +dell'imbecille, mi irrita. Questa non è più arte, è laidezza, è +turpiloquio spregievole; ed ho appunto voluto ricordare il quarto +d'ora di notorietà che ebbi in passato perchè si vegga che la +disapprovazione non viene da bigotta ipocrisia, ma da convinzione +salda intorno alla ragion d'essere dell'arte. E che cosa ha da fare +l'arte con queste cretinerie pediculose che s'intitolano _romanze, +favolette_ etc.? Anzi è bestemmia solo il ricordare il nome santo +dell'arte a questo proposito e il criterio non corrotto del pubblico +italiano condannerà senza dubbio e senz'appello queste stolte +sconcezze all'obbrobrio ed all'oblio che meritano. + +Mi duole di dover parlare così acerbamente, ma era, lo sento, mio +stretto dovere. + +Più avanti la poetessa (chiamiamola così, poichè lo vuole) lascia lo +sterquilinio in che si compiaceva e si innalza, per quanto glielo +permettono le deboli penne, ad una forma un po' più elevata. C'è per +esempio un «_Inno a Venere_» che, se nel concetto è della più abietta +pornografia, nella esecuzione si può dire più conforme ai canoni della +lirica; ed io, appunto per quel che ho detto di sopra, non lo +disapprovo affatto. Qui si potrà parlare d'arte, ma nella prima parte +del volumetto, no, mai. Tutt'al più ci potremmo rifugiare nella +caricatura, nella rimeria giocosa, negli scherzi più o meno piacevoli, +ma il giudizio, anche il più indulgente, sarà sempre di riprovazione. +La stupidità può muoverci alla compassione, ma l'affettazione, la +caricatura della stupidità, specie se oscena, potrà muoverci al riso +per un momento, ma non mai all'applauso sincero. + +Nè vale sfoderare illustri esempi. Ma chi oserebbe parlare del Berni, +del Burchiello od anche dei poeti maccheronici o fidenziani a questo +proposito? Certo, in quei capitoli e in quei sonetti c'è il doppio +senso, l'allusione mal velata, la forma volutamente pedestre: ma il +punto di partenza è proprio diametralmente opposto a quello da cui +parte la nostra poetessa. Il Folengo, per esempio, par che voglia +rifare (almeno nella _Zanitonella_), il contadino che si sforza di +parlare come il cittadino, l'idiota che si sforza di parlar colto. Qui +invece è la persona colta che si sforza di parere abietta. Là c'è uno +che vuoi uscire, come il Vallera della Nencia, dal dialetto e dalla +rusticità e cerca il comico nel tentativo di elevarsi alla dignità +dell'arte; qui, al contrario, abbiamo la ricerca del comico +intervertita, la rappresentazione di una persona colta che, per far +ridere, si abbassa e si infanga in tutti i letamai che trova per via. +Là c'è una caricatura del tentativo di salire, qui del discendere. Là +c'è il pagliaccio che esce dal circo e s'ingegna di far intendere che, +uomo anch'egli, soffre ed ama; qui abbiamo invece la persona per bene +(almeno lo spero!) che s'incanaglia e si fa pagliaccio per far ridere +colle smorfie e le contorsioni del viso infarinato. È perciò che male +si potrebbero addurre gli esempi come scusa, perchè gli esempi non +calzano. + +Si può essere di manica larga, vantarsi spregiudicati e sorrider di +tutto; ma in fondo al cuore resta pur sempre qualche cosa che si +rivolta al puzzo ed alla lordura. La ripugnanza pel laido è istintiva +e si vede mal volentieri un'artista, o una che si crede tale, far +getto così sconciamente della propria dignità. Avete visto in qualche +«caffè concerto» di ultima classe certe matrone appassite e verniciate +cantar colle gambe e gesticolare colle natiche? Ne inorridite ancora? +Ebbene, questa della signorina Sbolenfi è letteratura da «caffè +concerto.»! + +Dunque, riprovazione piena, intera ed assoluta. + + * * * + +Ed ora che ho detto per lungo e per largo il parer mio, bisognerà pur +cercare in questo scellerato libercolo, non dirò qualche cosa degna di +lode, che non ce n'è, ma un pretesto per invocare le circostanze +attenuanti. Una prefazione che fosse una stroncatura da capo a fondo +sarebbe una mostruosità. Proviamoci. + +Si potrebbe dire intanto che l'autrice ha fatto bene ordinando queste +cose sue in modo che crescano sempre di serietà (!) e di correzione. +Parte dalla insanità cercando di salire alla lirica e in questo +successivo progresso è il filo che lega il volume. Bisogna ricordare +che si tratta di una pettegola semi letterata che va raffinandosi a +poco a poco. Questo almeno pare che sia il concetto generale e, anche +nei volumi di liriche, credo lodevole un legame che costringa le parti +diverse. Sia un mazzo di fiori, sia un fascio di stecchi, un vincolo +ci deve essere, se no, invece di un mazzo o di un fascio, avremo un +mucchio incoerente di spazzatura. M'è sempre piaciuto, anche nelle +raccolte di versi, un romanzo che spieghi tutto. Il Canzoniere del +Petrarca (se non è peccato mortale ricordarlo qui ed a questo +proposito) non è egli dunque un romanzo d'amore? Un concetto unico +circola per le diverse parti, come il sangue nelle membra e vivifica +l'opera nella mente del lettore. Un libro deve essere un organismo. + +Ed anche non è da passare senza almeno un segno di benevolo +consentimento sul tentativo di poesia patriottica ed un po' +socialista, che fa capolino in fondo al volumetto. In questi nostri +bellissimi tempi pareva che il patriottismo consistesse tutto nel +prendere la roba altrui. Di qui i disastri eritrei, di qui l'epizoozia +dei commendatori, la quistione morale e i sospetti, confortati da +troppe probabilità, sulla corruttela, la venalità, la disonestà +insomma, di chi doveva esser esempio del contrario. Sottrarre gli +accusati all'istruttoria ed ai giudici costò poco ad una maggioranza +metà di amici, metà di complici, ma è facile capire come questi segni +di decadenza morale fossero dolorosamente sentiti da tutti coloro pei +quali il patriottismo non fu mai una chiave falsa per aprire gli +scrigni pubblici o privati. «Avete fatta l'Italia per mangiarvela» +dissero i clericali, così pronti a profittare delle calamità del loro +paese; egli Italiani, scettici per istinto, rilessero dubitando le +pagine della storia loro e sentirono rimpicciolire in se stessi le +sante idee di patria, di indipendenza e di libertà. Quanto male +abbiano fatto alla coscienza italica gli ultimi scandali, lo dirà +purtroppo l'avvenire: per ora intanto la patria non è più di moda. + +Di moda invece vuoi diventare il clericalismo. Chi guadagnò diventa +conservatore e conservatori si dicono e sono tutti gli arrivati. Se, +per fortuna delle idee liberali, la cocciutaggine della decrepitezza +non mantenesse così ampia la fossa che separa l'Italia dal papato, +tutti questi conservatori d'oggi sarebbero papalini domani. Già le +classi abbienti fan l'occhio di triglia alla teocrazia, si offrono e +si danno. Poichè la fiducia nella protezione della Benemerita Arma è +scemata e i timori per la sicurezza della proprietà sono cresciuti, +gli abbienti pensano che la paura dell'inferno può essere utile ed +efficace. Di qui un ritorno interessato alla religione e l'adorazione +nuova di un Dio personale, terribile e punitore. Non è la fede che fa +queste miracolose conversioni, ma il basso, il laido interesse. Se +costoro pensassero di trovare altrove una buona tutela dei beni o +delle cariche, con la stessa facilità sarebbero domani protestanti, +ebrei e magari repubblicani. Per conservare una buona rendita si può +portare anche il berretto rosso. + +E così si veggono a poco a poco scomparire i partiti intermedii nella +gran massa dei cittadini. Si riveggono soltanto in Parlamento, poichè +per giungere su quegli scanni, è necessario l'ibridismo. Il deputato +deve essere come il pipistrello che si diceva topo od uccello secondo +il bisogno; deve essere _possibile_ sempre ed atto per indecisione di +lineamenti a qualunque trasformazione. Ma il paese non è così e va +scindendosi in due grandi partiti; il clericale e il socialista. + +E sono le due uniche schiere dove ci sia ancora vitalità, abnegazione, +e passione di proselitismo. Tutto il resto è morto od è moribondo. +Guardatevi intorno e dite se questa non è la verità. + +Così a poco a poco ciascuno entra in una di queste due parti, secondo +le convinzioni o gli interessi. Gli odiatori del nuovo, i timorosi +dell'avvenire, tornano penitenti a Canossa; gli altri che hanno ancor +fede nel progresso dell'umanità, nella perfettibilità dell'assetto +sociale, fanno un passo innanzi e, socialoidi oggi, saranno socialisti +domani. + +E dell'esser andata piuttosto con chi va avanti che con chi retrocede, +volevo tener buon conto all'autrice di queste rime; di quelle, dico, +che chiudono il volume. Tuttavia, siccome questo sarebbe un giudizio +di opinione e non di letteratura, me ne astengo. Ma ho voluto dir +tutto questo anche per notare un altro difetto del libro; quello cioè +di esser formato, nella sua parte men pessima, di rime di occasione, +le quali, come è naturale, colla occasione, sfioriscono. Molti fatti e +molte allusioni domani non saranno più ricordati; alcuni anzi, anche +oggi, sono quasi fuori della nostra memoria. È perciò che questo +libercolo, secondo me, è nato morto, e gli sta bene! Già era meglio +che non nascesse. + +Ma quel che sopratutto mi piace nella poetessa, (come si chiama lei) è +l'aver sdegnato i novissimi deliri simbolisti e decadenti, nei quali +pure poteva cascare, tratta com'era dalla smania della stravaganza. Di +questo, senza restrizione alcuna, la lodo. + +Oh, i preraffaelisti! Chi ci libererà finalmente da questi nuovi +monaci in veste di artisti, che per libidine di novità, per ricerca di +_posa_, retrocedono sino alle puerilità del Beato Angelico, nell'odio +affettato ed ipocrita della vita vera e della forma plastica? Perchè, +lettori, chinatevi pure, raccogliete i torsoli di cavolo, magari le +pietre e scagliatemi tutto sulla testa, ma lasciatemi dire quel che +sento: il Beato Angelico non lo posso soffrire. Ah, come sono +antipatiche quelle sue Madonne magre allampanate, con gli occhi +inebetiti e le carni verdoline; e quegli angeli col parucchino biondo +bene arricciato, la trombettina alla bocca e il tutto su fondo d'oro! +Bella roba, per Dio, impiastrava questo frataccio, in pieno +Rinascimento! Anche un passo indietro e tornava ai bizantini, vivente +Donatello! Se c'è qualche cosa da ammirare in lui, sono i suoi +ammiratori. + +Ed ora, a sentire questi nuovi missionari dell'arte ideale, +bisognerebbe ritornare forse più indietro. La carne è impura per loro +come per gli asceti della Tebaide, e dipingono certe figure anemiche, +sofferenti per stento di pubertà malaticcie, che fanno venir sulle +labbra il motto imperativo stampato su tutti i muri _Bevete il +Ferro-china Bisleri_! Bevetelo e lasciate in pace queste figurine di +uomini senza polpe e di donnine che vedon bianco. Non ci sono solo +angoli al mondo; ci sono anche le curve. + +È certo che lo studio e la riproduzione del mondo esterno come è, +costano più fatica che non l'operare secondo una formola od una +maniera. Non è così difficile il buttar giù una di queste faccine +insipide e di madreperla, come il mettere il sangue e la vita in un +viso di carne sana come fecero il Correggio e il Tiziano; e sia. Ma +perchè mascherare l'impotenza colle teorie e tornare indietro e non +confessare piuttosto che manca la forza per andare avanti? Ah no, +mangiate carne o ricorrete magari a tutti i ricostituenti, a tutti gli +intrugli farmaceutici più corroborativi, ma non dipingete più +fantasime e burattini! + +E come sono noiose le sciarade del simbolismo! Pensare che ci sono dei +superuomini che invidiano gli allori di Oscar Wilde; pensare che tutto +questo è un regresso, un ritorno al Medio Evo, proprio quando sta per +cominciare il secolo ventesimo! Ma dunque sarà proprio vero che +l'intero genere umano sia malato di nervi, poichè in tutti questi +libri non si trovano che squilibrati e mattoidi? Non ci sono più donne +sane in terra che da ogni pagina vaporano le aure dell'isterismo? È +possibile che non si trovi più un cuore buono, un cervello +equilibrato, un utero normale? L'epilessia e l'allucinazione sono +dunque la regola e la sanità l'eccezione? + +Se i disturbi dell'innervazione sono così generali, come sembra a +questa letteratura psicopatica, non sarebbe egli più utile +raccomandare ai sofferenti, non la morfina, ma le docciature e la +bicicletta? Se l'esaurimento nervoso è il male che affligge la +presenti generazioni, non sarebbe meglio leggere l'Ariosto all'aria +aperta, piuttosto che inghiottire l'Ibsen nell'afa del teatro? Ma no; +l'Ariosto non è più di moda e l'aria aperta sciupa il candore della +pelle clorotica; e così sia! + +Anche la signorina Sbolenfi è isterica, e come! Ma essa sorride della +propria imperfezione e la mette in caricatura, per finire il volume, +se non perfettamente risanata, almeno convalescente. E di questo +ritorno a lodarla, perchè è troppo facile, in tempi di contagio, +ammalare come il prossimo. + + * * * + +Ed ora che ho detto il bene e il male, depongo volentieri, anzi con +gioia, la penna che non avrei preso in mano se una promessa non mi ci +avesse costretto. Abbandono il libro al disprezzo dei virtuosi ed alle +risate di quegli altri, lieto, in quanto a me, di aver imparato +questo; che non bisogna prometter mai prefazioni e tanto meno farne. + +L. STECCHETTI + + + + + A + PIETRO SBOLENFI + + LA FIGLIA + ARGIA + + RICONOSCENTE + + OFFRE + DEDICA + CONSACRA + + + + +LIBRO PRIMO + + +LE CRETINE + + + + + SI DESCRIVE UN VAGO DESIO![*] + + + Condannata da l'empio destino + a l'iniquo mestier della cuoca, + io compongo vicino alla fuoca[1] + i miei deboli versi d'amor, + e l'imago d'un giovin divino + m'apparisce a gli sguardi incantati; + sento l'orma de i passi adorati + echeggiarmi ne l'vergine cor! + + Quant'è bello il diletto garzone + cui le grazie fan lungo corteo! + Rassomiglia a Giulietta e Romeo + che la penna de l' Tasso cantò! + E' robusto sì come Sansone, + è più forte di Tirsi e d'Orlando, + e se snuda il durissimo brando + qual mal donna resister ci può? + + Vieni meco, mio energico amico, + ch'io ti stringa in un morbido amplesso! + Tu sei bello, sei forte, sei desso, + il marito che innanzi mi sta! + Ma chi rompe l'imene pudico, + ma chi turba il mio sogno fremente? + E' mio padre che grida furente: + «La brasàdla la pòzza e d' strinà!»[2] + + + (_Pensata nella domestica cucina + e scritta ivi il giorno dopo_) + + + [*] Questo fu il primo parto della nostra Poetessa e le mende + storiche e mitologiche ne accusano l'inesperienza. + + [1]: Focolare, _Dialetto bolognese_. + + [2] "La costoletta puzza di bruciato", _Dial. bol._ + + + + LA BALLATA DEL RE MORO + + + Tra le palme del deserto + C'è un magnifico castel, + Ch'è impossibile di certo + Di trovarne uno più bel. + + Ivi tien la sua dimora + Di quei popoli il signor. + Egli è bello e giovin, fuora + Che ha il difetto d'esser mor. + + Stando assente dal paese + D'una vergin s'invaghì. + Era bella e bolognese, + E difatti la rapì. + + Ma suo padre, ahi sorte dura! + Che mandarla giù non può, + Si rivolse alla Questura + Che due guardie ci mandò; + + E alla patria abbandonata + La volevan trascinar, + Ma la bella innamorata + Non voleva ritornar, + + E rivolta al suo diletto + Ci diceva: «o bel re mor, + »Fa il piacere, tienmi stretto, + »Non lasciarmi con costor! + + »Deh, non fia che il fato amaro + »M'allontani dal tuo sen! + »Ah, difendimi, mio caro, + »Che ti voglio tanto ben!» + + Ma il re moro pensieroso + Resta muto sul sofà + E un pensiero mostruoso + Nello sguardo e in cor gli sta! + + Poichè il moro non risponde + Sta la bella in oppression; + Straccia via le chiome bionde + E si butta in ginocchion. + + E poi fece tante cose, + Disse, pianse e supplicò... + Ma quel porco non rispose, + Stette zitto e la piantò! + + + + SONETTO + + CONTRO UN ANONIMO CHE CI FECE LA BURLA DEL TELEGRAMMA[*] + + + O scellerato che tirasti su + Quel genitor che il cielo a me largì, + Hai ben ragion che sei non si sa chi + E il telegramma senza il nome fu! + + Empio, domanda pure a chi vuoi tu + Se son cose da far quelle che lì, + Che sta sicuro che se fosti qui + Staresti un pezzo di non farne più, + + Che colla forza la maggior che ho + Ti vorrei scorticar da capo a piè + E con la pelle tua farmi un paltò! + + Nessun ti salverebbe, a meno che + Fosti bello e robusto anzichenò + E promettesti di sposarmi me. + + + [*] L'ottimo Signor Pietro Sbolenfi si portava candidato alla + Deputazione in tutti e tre i Collegi di Bologna. Il vero merito + non è mai conosciuto e lo Sbolenfi rimase in terra. Un malvagio, + rimasto avvolto nelle ombre del mistero, telegrafò allo sconfitto + candidato che invece la sorte gli aveva sorriso. La famiglia quasi + impazzì di gioia, il signor Pietro diede le dimissioni dal suo + impiego di ff. di inserviente di III classe e si trovarono sul + lastrico. Onta sul cranio indegno che pensò simile orrore! + + + + SI DESCRIVE UN TEMPORALE + NEL DESERTO + + + Che veggo? Che miro? Rimbomba già il tuono! + Il tempo mi pare che faccia da buono! + Ahi, miser chi a casa scordato ha l'ombrel! + La grandine è grossa che pare una noce + E omai per vederci nel scuro feroce + Accender fa d'uopo frequenti candel. + + Che veggo? Che miro? Un giovin garzone + Che solo soletto traversa il ciclone + E par che non curi dell'acqua il piombar! + Ah, certo tra i lampi lo guida l'amore! + Mel dice la speme che m'arde nel core! + Ah, certo quell'uomo mi viene a sposar! + + Deh, frena il furore, fa un poco più adagio, + Che tu nol rovini, mio buon nubifragio! + Deh, fa che non giunga bagnato al mio sen! + Che veggo? Che miro? Ah, cruda mia stella! + M'illuse la speme, ho fatto padella![1] + Egli era il Questore, non era il mio ben!! + + + [1] Prendere un granchio: _Decapodus brachiurus_ Linn. + + + + LA MIA GHIRLANDA POETICA[*] + + _Ad Enrico Zanettini_ + + + I + + Questa è la mia ghirlanda! Il lauro eterno + Intrecciato co' fior, m'orna la fronte + E così salgo il dilettoso monte + Che il Nume de' poeti ha in suo governo. + + Questa è la mia ghirlanda e state, o verno + O venti, o geli, non le arrecan onte. + La bagnò l'onda del Castalio fonte, + Col raggio la baciò l'astro superno. + + Eccola: a voi, poeti, a voi la mostro + Olezzante di rose e di vïole, + Pura qual neve che sull'alpe fiocca. + + Eccola dei color di croco e d'ostro, + Leggiadra come un fior che s'apre al sole: + Dio me l'ha data e guai chi la tocca! + + + II + + Ma se tu, Zanettin, toccarla vuoi, + L'Argia t'adora e non se ne lamenta + E se magari ami fiutarla, il puoi, + Che tu ne sarai lieto ed io contenta. + + Vieni Enrico ed ammira i color suoi: + Prendi e sciupala pur se ti talenta, + Poi che intatta la porgo agli occhi tuoi + E sguardo indagator non la sgomenta. + + La conservai qual me la diede Iddio + Pura nella favella e nei pensieri, + Sogno dei vati e de' guerrier desio; + + Ma poichè mi son legge i tuoi voleri, + Ad un solo tuo cenno, Enrico mio, + Te la do tutta quanta e volentieri! + + + [*] Enrico Zanettini domestico di S.E. Reverendissima Mons. Vescovo + di Fano, respinse indignato l'effemeride dove scriveva la + Poetessa, perchè infetta di massime eterodosse. La signorina Argia + gli pose affetto e gli inviò una corona di cardi con questi + sonetti. + + + + LA BATTAGLIA DI SADOVA + + + S'ode a destra tirar per la valle, + A sinistra si tira lo stesso; + D'ambo i lati si vedon le palle + Da pistole montate scoppiar. + Lunghi e grossi ch'è un gusto guardarli + Sono i pezzi che scarican spesso, + E se alcuno provasse a tastarli + Sentirebbe la mano a scottar. + + Colle gambe per aria da un lato, + Colle gambe per aria dall'altro, + Cade a terra il meschino soldato + Che l'amante al paese lasciò. + Fieramente si drizza l'ardito, + Cautamente si china lo scaltro, + E ciascun ha un enorme prurito + Di pigliar meno botte che può. + + Da una parte si sente un comando, + Una bomba dall'altro si sente; + Gli ufficiali che impugnano il brando + In un lampo si vedon venir. + C'è chi un membro sul campo ha perduto + E rimane per sempre impotente: + C'è chi morto in un fosso è caduto, + Nè più mai gli fia dato d'uscir. + + Finalmente Bismarck grida in fretta: + «Abbiam vinto!»--ed un'eco risponde! + Va pur là, Cancelliere polpetta, + Anche questa la devi pagar! + Assassini! Ed intanto arrabbiate + Ardon mille ragazze infeconde! + Assassini! Se i maschi ammazzate, + Noi dovremo i somari sposar! + + + SI DUOLE + DI ESSERE ABBANDONATA DALL'AMANTE + + SONETTO SBOLENFIO + + + Già con versi diversi offersi a Tirsi + Un cor lieto d'offrirsi e gliel'apersi, + Ma i carmi tersi se n'andar dispersi + Ed io soffersi quel che non può dirsi. + + Potè fuggirsi dunque e non sentirsi + Il crudo petto aprirsi al mio dolersi? + Potè amato sapersi e compiacersi + D'indispettirsi meco e di partirsi? + + Tardi lo scorsi e tardi il piè ritorsi + Dai sentieri percorsi! Urge fermarsi + E rassegnarsi dei rimorsi ai morsi. + + Quei dì son scorsi ed or che resta a farsi? + Il crin velarsi, il bruno intorno porsi, + E i discorsi trascorsi, ahimè, scordarsi! + + + + LA ROMANZA DEL PAGGIO + + + Son circa tre anni, tre mesi e tre giorni + Che il paggio Fernando montava a caval + E adesso galoppa per questi contorni + Saltando gli abissi, le piante e il canal. + + Per cosa galoppa? Un turco infernale + Al povero paggio l'amante rubò + Ed ora egli cerca quel porco maiale, + Perchè di sbranarlo Fernando giurò. + + Ma il turco, ben visto dal proprio Sovrano, + Fu giusto per Pasqua promosso Pascià; + Pascià da tre code, che dopo il Sultano + È l'uom più codardo di quella città. + + Fernando che il seppe, fu svelto e ci andiede + E incognito al turco si fe' presentar. + Un monte di ciarle d'intender ci diede, + Di modo che a pranzo si fece invitar. + + Mangiato l'allesso, mangiato l'arrosto, + Il turco si fece portare i marron, + Sui quali Fernando buttò di nascosto + Dei torcibudella che avea nei calzon. + + --«O Dio, che dolori! Chiudete la porta ... + Chiamatemi il prete... più regger non so ... + Io muoio!...» Ed insomma, per farvela corta? + Fu tanta la sciolta che il turco crepò. + + Allora Fernando andò sull'altana, + Chiamò la sua bella, la fece scappar, + Ci diede i quattrini la Banca Romana + E a casa col treno potetter tornar. + + Garzoni e donzelle che attenti ascoltate + La lieta canzone che pianger vi fa, + L'amore del prode Fernando imitate, + Però col permesso del vostro papà. + + + + RISURREZIONE[*] + + + Suonate campane la Pasqua giuliva, + Prendete o fanciulli in mano la piva, + Fedeli soldati sparate il cannon! + Risorto è il giornale che dianzi moria, + Risorto è Pierino, risorta l'Argia, + La vergin che disse la casta canzon! + + Pudiche fanciulle, dal pianto cessate, + La danza del ventre pel gaudio danzate, + La vostra Sbolenfi tra i vivi e tuttor. + E, vergine sempre, ritorna fra voi + Tirando più forte d'un paio di buoi + Il carro funesto del proprio dolor. + + Deh, come, o fanciulle, deh come piangeste + E tristi nel letto solingo diceste + «La nostra Sbolenfi perchè non è qui?» + Ma mentre la bella defunta pareva, + La morte che in pugno già stretta l'aveva, + Dischiuse le dita e quella fuggì. + + Ed or che il mio canto più dolce rinacque, + All'opra interrotta che tanto vi piacque, + Pudiche fanciulle, tornate con me. + Destata dal sonno, col plettro rivengo, + Lo scuoto, lo stringo, nel pugno lo tengo + E voglio provarvi che morto non è. + + + [*] Rinasceva l'effemeride nella quale la Poetessa e Pietro, suo + genitore, deponevano le loro secrezioni cerebellari. + + + + IL LAMENTO DEL PRIGIONIERO[*] + + + Cadea la notte. Già il cancelliere + Avea degli atti chiuso il volume + E il Presidente disse all'usciere: + «Portate il lume!» + + Non un sussurro s'udia nel Foro, + Nemmeno un lieve ronzar d'insetto, + Quando, calzati gli occhiali d'oro, + Lesse il verdetto, + + E disse: «Vista la legge, udita + La parte avversa, pesati i danni, + La pena è questa:--Galera in vita + Per quarant'anni». + + Briscola! Quando mi sentii preso + Così da questa sentenza infame, + Cascai per terra lungo e disteso + Come un salame, + + E il giorno dopo due immense palle + Recar dovetti per ogni dove, + E mi fu scritto dietro le spalle + «69» + + Quante ferriate nella finestra! + Quanti bigatti nel mio pan nero! + Quanti fagioli nella minestra + Del prigioniero! + + Ed il mobilio? Ecco un saccone + Dove gl'insetti tengon cappella + E per ... (s'intende) là in quel cantone + C'è la mastella. + + Sono vestito di panno grosso + Con un stifelius tagliato male, + E la catena che porto addosso + Pesa un quintale. + + Con una lima, frega e rifrega, + Potrei scappare non osservato ... + Ah, se potessi farmi una sega, + Sarei beato!... + + O giornalisti, da sera a mane + Vi sia presente questo mio stato. + Un _per finire_ fatto da cane + M'ha rovinato! + + [*] Parla il Direttore della effemeride citata, il quale era + accusato di aver commesso un _per finire_ diffamatorio, mentre + non era che cretino. Il processo andò a monte. + + + + PIANTO DELLA CHIESA BOLOGNESE + SENZA PASTORE + + _Non relinquam vos orphanos; + veniam ad vos._ + Jo. XIV, 18. + + + Sopra le piume vigilando sola, + Colei che già fu di Petronio e Zama + Leva le palme al ciel, languida e grama, + Poi che gaudio d'amor non la consola. + + Lungo uno strazio è nella sua parola + Qual già nel pianto di Rachele in Rama, + E dal vedovo letto il __Padre__ chiama + Perchè non scordi la fedel figliola. + + E prega e mostra le gramaglie nere + In che da sì gran tempo il viso asconde, + E la nave di Dio senza nocchiere: + + Ma il suo pianto non posa e n'ha ben d'onde + Poi che il barbaro __Padre__, alle preghiere + Con l'iniqua parola,[1] ahimè, risponde! + + + [1] L'_iniqua parola_ è una interiezione dialettale bolognese + che suona ingiurioso invito ad operazioni pneumatiche. + + + + TEMPESTA IN MARE + + + Fra Bordighiera e Nizza, + Dove più azzurro è il mar, + Un giovin marinar + L'albero drizza. + + Forte, gentile e bello + Vola sull'Ocean, + Col suo timone in man, + Come un uccello. + + Nè morte nè ferita + Gli fa terror, perchè + Assicurato egli è + Sopra la vita; + + Ma dalle parti basse + Di Greco e Maestral + Si leva un temporal + Di prima classe, + + S'odon da lunge i tuoni + Si vede lampeggiar + E allora il marinar + Dice: «Coioni![1] + + Se dura niente niente + Tra poco si anderà + In pasto ai baccalà + Sicuramente. + + Le braghe di fustagno + Umide sono già.... + Cosa dirà mamà: + Se me le bagno? + + In mar si sta benone, + Ma, se credete a me, + Si gode più al Caffè + Del Pavaglione,[2] + + E se a toccare il suolo + Arrivo col seder, + Piuttosto che il nocchier + Fo il ruscarolo».[3] + + Ma per combinazione + Mentre dicea così, + Il tempo si schiarì + Là, in quel cantone. + + Dell'onde il mal governo + In un balen cessò + E il temporale andò + Verso Paderno.[4] + + L'iniqua alfin parola + Ode in un porto dir + E tira un gran sospir + Che lo consola. + + Gli affari di famiglia + Scorda e l'orrendo mar + E corre a ritrovar + La Centomiglia;[5] + + Ahi lasso! e i suoi quattrini + Li spende così mal + Che va nell'Ospedal + Da Gamberini.[6] + + Vedi da ciò quant'erra + Il detto popolar + Che dice: «_loda il mar, + Tienti alla terra_». + + + [1] Interiezione marinaresca che denota sorpresa. + + [2] Condotto da Enrico Lamma in piazza Galvani a Bologna. + + [3] Raccoglitore ambulante di detriti organici. _Dial. bol._ + + [4] Qui la geografia è bastonata. Paderno non è tra Bordighiera e + Nizza, ma sui colli a sud di Bologna. + + [5] Etera peripatetica e scalcagnata che disonora i vicoli di + Bologna. + + [6] Già Direttore della Clinica Dermosifilopatica all'Ospedale di + S. Orsola. + + + + + PER LA CADUTA DI PALAMIDONE + SONETTO SBOLENFIO DI PRIMA CLASSE + + + Il Ministero e zero invero contano + Spesso lo stesso e solo un sesso vantano. + A un'unità di qua o di là si montano, + Di un voto ignoto al moto indi si spiantano. + + Sorretti e accetti i Gabinetti affrontano + Ritti i conflitti ed i sconfitti schiantano; + Poi, grati ai Fati se i soldati ammontano + A tanti quanti son bastanti, cantano. + + Ma se i fiacchi o i vigliacchi i tacchi puntano, + O se un minuto il muto aiuto allentano, + Liti e garriti tra i partiti spuntano. + + Desti gli onesti e questi si addormentano; + Rimovi i chiovi e i novi più si appuntano; + E tasse e sopratasse a masse aumentano! + + + + ALLA POETESSA + ARGIA SBOLENFI + + SONETTO[*] + + + _Gentil Donzella cui Ciprigna dona + Lieto il color delle Acidalie rose, + Cui di lauri raccolti in Elicona + Di Cirra il Nume una ghirlanda impose, + + Ben fosti cara al nato di Latona + Se del Parnaso in sulla via ti pose + E del sacro Permesso a te sprigiona + Dolci di mele Ibleo l'onde famose! + + Ma se fia che tra breve alla palestra + Rieda, di nuovi onor carica e pregna, + Non dilettarci sol, ma ci ammaestra; + + E di Quirino alle nepoti insegna + L'arte soave in che tu sei maestra, + O della Lesbia Saffo emula degna!_ + + Di EDRA COPRODITE + _Pastore Arcade_ + + + [*] Umile parto dell'umilissimo chiosatore. + + + + A + EDRA COPRODITE + PASTORE ARCADE + + + RISPOSTA + + + Saggio Pastor, poichè il tuo nome _suona_ + Chiaro nelle città dotte e _famose_, + Dall'altezza ove stai mite _perdona_ + Alle mie rime tristi e _vergognose_. + + Ahi, la ghirlanda che il tuo cor mi _dona_ + È purtroppo d'alloro e non di _rose_ + E vorrei barattar questa _corona_ + In carni meno crespe e più _polpose_! + + Che m'importa il saper come _maestra_ + L'arte di Saffo quando Amor mi _sdegna_ + Scaricandomi addosso la _balestra_? + + Vorrei mutar questa vitaccia _indegna_, + Vorrei sentir suonare un'altr'_orchestra_... + Un marito, per Dio[*], chi me lo _insegna_? + + [*] Bacco. + + + + SI COMPIACE DELLE PROSSIME NOZZE [*] + + SONETTO SBOLENFIO + + + Spero davvero che il mio fiero isterico + Male, che assale quale un fucil carico, + Cessi gli spessi accessi e il mio rammarico + Cada per strada e vada nel chimerico. + + Bandito è il rito ed un vestito serico + Stato è tagliato, come o dato incarico; + Del normal verginal segnai mi scarico, + Che l'ara cara già prepara il chierico. + + Sposo! ed oso un focoso panegirico + In onor di chi al cor l'amor teorico, + (Che splende e non accende) or rende empirico. + + Chi è matto affatto, questo fatto storico + Può far burlar nel suo ghignar satirico, + Ma intanto io canto e accanto a LUI mi corico! + + + [*] Ahi, non fu vero! + + + + EGLOGA[*] + + + MELIBEO + + Titiro, tu che d'un gran faggio all'ombra, + A gambe aperte, stravaccato[1] stai, + Mangiando allegramente una cucombra,[2] + + Un canonico sembri e chi sa mai, + Chi potesse vederti le budelle, + Bollettario, anche te che sghissa[3] avrai! + + Io stento invece e queste pecorelle + Sono ormai senza tetto e senza pane + E campan di polenta e di sardelle. + + Hai forse avuto eredità lontane? + Hai rubato una pisside o un ciborio? + O ti fai mantener dalle sottane? + + TITIRO + + Amico Melibeo, questo è notorio + E lo san fino i sassi di Bologna, + Che tu sei sempre stato un tabalorio;[4] + + Ma non sapevo, e il dico a mia vergogna + Perchè l'imparo adesso solamente, + Non sapevo che fossi una carogna. + + Qual reo sospetto t'è venuto in mente, + Asino porco, sulla mia condotta? + Sono un pastore onesto ed innocente! + + E se non fossi mio compatriotta + Ed anzi amico mio di Seminario, + Tu mi faresti venir su la fotta. + + Basta; veggo però ch'è necessario + Dirti come domai l'iniqua rana,[5] + Essendo un fatto un po' straordinario. + + Tu saprai che quest'altra settimana + Una dolce fanciulla, un puro fiore, + Che delle poetesse è la sovrana, + + Magrolina se vuoi, ma un vero amore, + L'Argia Sbolenfi insomma, e ho detto tutto, + Sposa ... imagina chi? L'Imperatore! + + La nuova si sapeva dappertutto, + Ma io la vidi sol nell'_È Permesso_,[6] + L'unico foglio serio e di costrutto. + + Appena letto, allon! mi sono messo + Le braghe dalla festa e il gabbanino + E son corso da lei come un espresso; + + Ma siccome era chiusa in camerino + A far dei versi al suo futuro sposo, + Fui ricevuto dal signor Pierino[7] + + Che largo, liberale e generoso, + Mi offerse cordialmente da sedere, + Ma il caffè no, perchè gli dà il nervoso. + + «Ohi, chi vedo!»--«Tersuà»--«Bravo! ho piacere! + »Cosa porti? L'agnello?»--«Nossignori»-- + »Peccato, che t'avrei dato da bere!»-- + + Così ciarlando, ecco l'Argia vien fuori, + La qual, come saprai, ci diedi il latte, + (Ossia mia moglie) e latte dei migliori. + + Era in disabigliè, con le ciabatte, + Una sottana bianca e un zuavino + Che ci arrivava appena alle culatte. + + «Oh!»--lei dice--«Mo bravo Titirino! + »Non sai chi sposo? Ah son tanto felice + »Che a momenti mi viene uno smalvino![8] + + »Fra pochi giorni sono Imperatrice! + »Sei venuto a veder la tua sovrana? + »Ti farò ricco, e sai chi te lo dice! + + »A tua moglie ci pago una collana, + »E con l'acqua di felsina, all'armento + »Fin da quest'oggi laverai la lana. + + »Farò indorar le vacche ed il giumento, + »Ti selciarò la stalla di brillanti, + »E l'aldamàra[9] tua sarà d'argento. + + »Or vanne Titirino e quei birbanti + »Che tempo addietro mi credevan pazza, + »Crepino d'accidente tutti quanti. + + »Vanne a Bologna, sta contento e sguazza, + »Che in compenso del latte che m'hai dato, + »Io ti farò più ricco di Cavazza![10]»-- + + Io dico _grazia!_ vado, e sul mercato + Da un buon amico mio, sessanta lire + Al sessanta per cento, ho ritrovato; + + Ma il primo vaglia che mi fa venire + L'Imperatrice Argia, pago ogni cosa, + Faccio il porco e mi voglio divertire. + + Ecco spiegata la ragione ascosa + Di tutta quanta l'allegrezza mia, + Viva il signor Pierin! Viva la sposa! + + MELIBEO + + Viva l'Imperator! Viva l'Argia!!! + + + [*] Per errore di troppo eccitabile imaginazione, la Poetessa + credette che S.M. l'Imperatore di Germania venisse l'ultima volta + a Roma per chiedere al Sommo Pontefice il divorzio dalla + Imperatrice e sposar quindi lei.--Vedi le note in fondo al + capitolo. + + [1] Coricato. _Recubans sub tegmine fagi_. VIRG. Dum stravaccatae + pegorae marezant_. MERL. COCCAI _Zaniton._ + + [2] Cocomero, anguria. _Cucurbita citrullus_ Linn. + + [3] Appetito furibondo. + + [4] Uomo di poco cervello. _Captus mentis_. + + [5] Non è la _rana esculenta_ Linn. ma il sinonimo bolognese di + miseria. Questo simbolico batracio ricorrerà sovente in queste + carte. + + [6] L'effemeride in cui videro la luce molte di queste rime. + + [7] L'onorando signor Pietro Sbolenfi, degno genitore dell'autrice, + cui è dedicato il volume. + + [8] Che Dio ci liberi e scampi tutti! È un accidente. + + [9] Concimaia. + + [10] Il Conte Felice Gavazza, banchiere, riputato per uno dei più + ricchi bolognesi. + + + + SI SCUSA PER AVERGLI MOSTRATO POCO RISPETTO[*] + + + Mio diletto Signor, poichè vedesti + Senz'alcun velo il negro mio misfatto, + Signor, perdona e fa che in te non desti + Scandalosi pensier l'orribil fatto. + + Nel momento fatal forse dicesti: + «Cos'è quello, per zio?! Divento matto? + È questo l'occhio dell'Argia? Son questi + L'aspetto e i vezzi suoi? Mo niente affatto!» + + E ben dicesti! Anch'io quanto mi posi + Viceversa così, pensai lo stesso + E tu lo sai che non te lo nascosi; + + Ma, deh, quell'affaraccio dell'ingresso + E il panorama che alla folla esposi, + Scordali, Cocco, e sposami lo stesso! + + + [*] Recatasi incontro a S.M. l'Imperatore, salì sopra un palo e, + urtata dalla folla, cadde a capofitto, mostrando al suo sperato + amante, com'ella dice, poco rispetto. + + + + SFOGO CONTRO COLUI[*] + + + C'era una volta in Roma una ragazza + Il cui nome gentil non vi dirò, + Che per l'Imperator divenne pazza + E di dargli la man si lusingò. + + Ei venne a Roma e per la gioia grande + Ella dinanzi a lui cadde boccon + E gli mostrò che non avea mutande + In omaggio all'igiene e alla stagion. + + Bismarck, quando lo seppe, andò in furore, + Afferrò penna, carta e calamar + E poi telegrafò all'Imperatore + Che per l'amor di Dio non stesse far, + + E _quella donna_ ci si mise dietro + Seguitandolo sempre per città, + Dal re, dal papa, in piazza ed in San Pietro, + Raccontandogli mille infamità. + + E lui sentendo questa sinfonia, + Da prima cominciò a tintinagar,[1] + Poi nel più bello piantò lì l'Argia + E coi Sovrani s'imbarcò per mar. + + L'empio! Intanto la povera tradita + Nei Cappuccini andò per la passion; + Mutò speranze, desideri e vita, + Ed, ancella di Dio, prese il cordon. + + Caste donzelle, deh, accogliete in seno + Questo consiglio che mi vien dal cor. + Portate sempre le mutande, o almeno + Copritevi se vien l'Imperator! + + + [*] _Colui_, ahimè, è l'alto personaggio di cui alle rime precedenti, + e _quella donna_ la sua legittima e graziosa consorte. + + [1] Tentennare. _Dial. bol._ + + + + AVE CRUX![*] + + + All'illustre e Venerato prosatore + e suo diletto genitore + questo segno d'onore + pegno d'amore + col cuore + Argia + dà + + Padre diletto, + Sbolenfi Pietro, + Al tuo cospetto + Vinta m'arretro, + Perchè sei degno + D'aver un regno. + Ma poichè il regno ti negò la sorte + E giaci oppresso dall'immonda rana, + Col tuo bel libro sfiderai la morte, + Il bel libro cui feci io da mammana, + Il bel libro che può dirsi un portento, + Da cui speriamo alfine il nutrimento. + E poichè il mondo, + Non ti fa onore + Vieni, giocondo + Mio genitore, + Che ad alta voce + Ti dò la croce! + + + [*] L'ottimo ed erudito Signor Pietro Sbolenfi, genitore della + poetessa, aveva stampato un applaudito volume di ricordi + bolognesi. La poetessa lo rimeritò della dedica fattale con questo + segno d'onore. + + + + L'APPARIZIONE + + ROMANZA + + + Crudo ed avaro, nel suo castello + Viveva il Conte del Meloncello,[1] + Quindi nessuno ci volea ben. + + Trattava i figli come serpenti, + E, dice un libro, che ai suoi serventi + Il pane e l'acqua ci dava appen. + + Il primogenito di nome Augusto + Era un bel giovine, svelto e robusto, + Che l'ammiravano per la città. + Membro dei Reduci dalle Crociate, + Molte godevasi maccaronate + Coi Soci, e andavano di qua e di là. + + Lo seppe il padre che, all'olmo andato,[2] + A sè un sicario tosto chiamato, + Mettere il figlio fece in prigion. + Cavar gli fece l'elmo e lo scudo + E in una torre lo mise nudo + Ed era, ahi vista! senza i calzon! + + Ma il padre barbaro che una mattina + Privo di lampada stava in cantina + E, come al solito, tirava il vin, + (Ah, proteggeteci Angeli e Santi!) + Fetente e squallida si vide avanti + L'ombra terribile d'un cappuccin. + + E l'ombra disse: «Non hai vergogna + Di quel che hai fatto, brutta carogna? + Libera il figlio; dà mente a me!» + Al padre infame, pel terror grande, + Cambiar colore fin le mutande, + Tal che ammorbava da capo a piè. + + Indi, recatosi alla prigione, + Con mano tremula aprì il portone + E disse: «Vattene dai piedi fuor!» + Augusto, libero, ratto andò via, + Indi, impiegatosi, sposò l'Argia[3] + E lunghi vissero giorni d'amor. + + + [1] Arco a due chilometri da Bologna. Il castello non esiste + più, ma invece vi si trovano, una stazione di Guardie di P.S. + e un'osteria. + + [2] Andato in furia. + + [3] Ahi, non fu vero! + + + + IN DISPREZZO DI UNO SPASIMANTE VECCHIO E STORTO + + SONETTO SBOLENFIO + + + Ridicolo che il vicolo girandoli, + Sciupi i sassi coi passi e indarno ciondoli. + Ti parlo schietto, io non ammetto scandoli, + Ne sopporto uno storto che mi sdondoli. + + Gli affetti celo e in denso velo ascondoli + Ai vegliardi testardi; indi burlandoli, + Li mando in bando quando, innamorandoli, + Strazio i lor cor e nel dolor sprofondoli. + + Se i maschi adoro, pur tra loro io scindoli + In vecchi molli c'hanno i colli pendoli + E in giovinetti eretti e di buone indoli; + + Ma i somari tuoi pari io vilipendoli + E far puoi quel che vuoi, tu non m'abbindoli, + Vecchio brutto, distrutto e tutto a sbrendoli! + + + CONFIDA LE SUE PENE ALLA BEATA VERGINE + + SONETTO SBOLENFIO + + + O pia Maria, ve' della mia terribile + Pena terrena la catena ignobile! + Vien manco il fianco stanco ed è impossibile + Ch'io resti a questi mal molesti immobile! + + Dura sciagura, arsura inestinguibile, + Ricetto eletto han nel mio petto e, mobile + La mente, sente un serpente invisibile + Che ha vinto, estinto, in lei l'istinto nobile! + + O Bella Stella, o Verginella amabile, + Ascolta, volta a me stolta e volubile, + La preghiera sincera e vera e stabile. + + Odo che un nodo sodo e indissolubile + Fa fiorita ogni vita attrita e labile.... + Mia pia Maria, fa ch'io non sia più nubile!! + + + + IN DISPREGIO DELLA IMMONDA RANA[*] + + SONETTO SBOLENFIO + + + Rana, sovrana dell'umana e ignobile + Razza, che pazza sguazza in brago orribile, + Sdegno il tuo regno indegno e sfido immobile + Mira! l'ira tua dira e inestinguibile! + + Tardi e codardi dardi avventi al nobile + Mio petto, schietto, eletto e irremovibile. + Sprezzo il tuo lezzo e in mezzo al volgo mobile, + Vera guerriera e fiera, io sto invincibile. + + Il mondo in fondo è tondo ed è volubile, + Come una luna la fortuna è instabile, + E, onesta o lesta, niuna resta nubile; + + Sol io, mio Dio, col mio desio ineffabile, + Giaccio, e non straccio il tuo laccio insolubile, + Rana ircana, malsana e miserabile!! + + + [*] Batracio simbolico di cui vedi indietro. + + + + TAVOLETTE MORALI + + + I + + Il coccodrillo + Chiese al mandrillo: + «Perchè sei qui?» + Disse il mandrillo + Al coccodrillo: + «Perchè di si!» + + _Morale_ + + Opra tranquillo + Come il mandrillo + La notte e il dì. + + + II + + Un pollaio, di gennaio, + Nel solaio d'un notaio + Un porcaio diventò; + Ed un pollo non satollo, + Il suo collo mezzo frollo + Col midollo si mangiò! + + _Morale_ + + Imparate, disgraziate + Non pigliate cantonate + Se bramate dei _cocô_! + + + III + + La cicala avea cantato + Tutto luglio a perdifiato. + Quando il caldo fu sparito, + Si sentì molto appetito + Ed andò dalla formica + Domandandole una spica. + La formica le richiese: + «Che facesti l'altro mese?» + La cicala allor riprese: + «Ho cantato, o dolce amica!» + «Brava!»--disse la formica-- + «Tu facesti arci benone + «Ed invece d'una spica, + «Prendi, cara, ecco un zampone!» + + _Morale_ + + Imitate in ogni cosa + La formica generosa. + + + IV + + Una sciabola un po'sciocca + Col revolver litigò + E finì col dirgli: «tocca + Questa lama e tacerò!» + A costei che lo contrasta + Con sì stolta vanità, + Il revolver disse: «tasta + Queste palle, e zitto là!» + + _Morale_ + + Ragazze, non scherzate + Con l'armi caricate! + + + V + + La pulce milanese + Che vive di stracchino, + Fuori del suo paese + La credono un pulcino. + + _Morale_ + + Un uomo d'esperienza + Si fida all'apparenza. + + + VI + + La farfalletta + Sopra la vetta + D'una polpetta + Si riposò. + Ma una civetta + Accorse in fretta + E, poveretta! + Se la mangiò. + + _Morale_ + + Lettor, sta attento e vedi + Dove tu metti i piedi. + + + VII + + La pispola diceva al pispolino: + «Bada di non sporcarti il gabannino! + Ma il pispolin la madre non paventa + E in umido finì con la polenta. + + _Morale_ + + Ubbidisci alla madre ed al fratello, + O nell'umido andrai come l'uccello. + + + VIII + + Un tonno innamorato + Lesse i _Promessi Sposi_ + E tutto riscaldato + Da sensi religiosi, + Andò pianin pianino + A farsi cappuccino. + + _Morale_ + + Fai bene se t'astieni + Dal legger libri osceni. + + + IX + + Una foca in vaporino + Volle andar sino a Bazzano, + Ma le cadde il taccuino + Dalla tasca del gabbano + E se volle andarci mai + Dovè prendere il tramvai. + + _Morale_ + + Toccherà sempre così + A chi viaggia in venerdì. + + + X + + Un delfino al mare in ripa + Che fumava nella pipa, + Prese fuoco e si scottò; + Ma uno struzzo di passaggio + Lo guarì con del formaggio + Che sul buco ci applicò. + + _Morale_ + + Questa favola mi pare + Che v'insegni a non fumare. + + + XI + + Fece l'ovo un giovin gallo + Fuor del nido e lo covò, + Ma uno svizzero a cavallo + Non volendo lo schiacciò. + + _Morale_ + + Di qui apprendi, o giovinetto, + A far l'ovo nel tuo letto. + + + XII + + Il soldo ed il baiocco + Trovandosi in questione, + Portavano lo stocco + Nascosto nel bastone; + Ma tosto i deputati + Votarono un'inchiesta + E furon condannati + Al taglio della testa. + + _Morale_ + + Chi tradisce l'amicizia + Cade in man della giustizia. + + + XIII + + Il leon per fare il bagno + Punto fu dal pesce ragno, + Ma un dentista forestiere + Lo guarì con un clistere. + + _Morale_ + + Chi vuol far l'altrui mestiere + Molte volte fa piacere. + + + XIV + + Lo storione--in un cantone + Profittò dell'occasione, + Ma il leone--cappellone + Gl'intimò contravvenzione. + + _Morale_ + + Son molti i guai--che ti risparmierai + Se a ritirarti a tempo imparerai. + + + XV + + Tra la provvida formica + E il catarro di vescica + Fu contratta società. + Ma si sciolsero ben tosto, + Perchè ognuno ad ogni costo + Pretendeva la metà. + + _Morale_ + + Non c'è gusto in un bel gioco + Quando dura troppo poco. + + + XVI + + La pecora inferma + Tirando di scherma + In breve guarì. + Ma perse il tabarro + E prese un catarro + Del quale morì. + + _Morale_ + + Questa piccola novella + Vi consiglia la flanella. + + + XVII + + L'ippopotamo droghiere + E il merluzzo salumiere + Ragionavan con piacere + Ciaschedun del suo mestiere. + Ma un astuto alligatore, + Anche lui commendatore, + Disse: «Ah stupidi! il migliore + È il mestiere del signore.» + + _Morale_ + + Se le bestie parlan bene, + Frequentarle si conviene. + + + XVIII + + Il re Tappella + Facea la guerra, + Ma dalla sella + Cascò per terra + E nel tracollo + Si ruppe il collo. + + _Morale_ + + Per detto generale + Chi casca si fa male. + + + XIX + + La lima ed il limone + Per causa dei giornali + Ebbero una questione + Davanti ai tribunali, + Ma proprio nel momento + Di farsi onor coll'arte, + Tirò sì forte il vento + Che portò via le carte. + + _Morale_ + + Oh che gioia, oh che contento + Se tirasse solo il vento! + + + XX + + Stava il corvo alla finestra + Aspettando la mammana + E teneva nella destra + Una forma parmigiana. + Una volpe ivi passò + Ed a lui così parlò: + «Deh, chi mai vide un uccello + Più piacevole e più bello? + Se il tuo canto è come il viso, + Sei l'uccel del Paradiso!...» + Ascoltando queste cose, + Tosto il corvo le rispose: + «Cara volpe, a chi mi loda + Dico: baciami la coda!» + + _Morale_ + + Se qualcun vi loda spesso, + Rispondetegli lo stesso. + + + XXI + + La tinca in una cassa + Piena di formentone + Si fece tanto grassa + Che diventò un tincone. + + _Morale_ + + A molti il vizio + Fa quel servizio. + + + XXII + + La sega ed il ditale + Sposi a dieci anni soli + Dal nodo coniugale + Non ebbero figliuoli, + Perciò, con atto egregio, + Fondarono un collegio. + + _Morale_ + + Son sterili soventi + Le nozze tra parenti. + + + XXIII + + Il bue disse alla vacca: + «Vuoi tonno o vuoi salacca?» + La vacca disse al bue: + «Dammeli tutti e due!» + + _Morale_ + + Nelle giornate magre di quaresima + Son simile alla vacca anch'io medesima. + + + XXIV + + Un somaro in Egitto per scommessa + Sposò una poetessa + E in barca la condusse al Cairo e a Menfi... + + _Morale_ + + Sposate ARGIA SBOLENFI!!! + + + + IL GENTIL CAVALIERO + + + Va per la selva nera + Solingo un cavalier + Ornato d'un cimier + Colla criniera.. + + Dai piedi fino al mento + Coperto è di metal; + Galoppa il suo caval + Che pare il vento. + + Quand'ecco che un romito + Innanzi gli si fa + E dice: «vieni quà, + Guerriero ardito! + + C'è una fanciulla pia, + Leggiadra anzichenò, + E il padre la chiamò + Sbolenfi Argia. + + Ti sta nel suo palazzo + Fremente ad aspettar + E tu l'hai da sposar + Bravo ragazzo! + + Faresti un buon affare + E non puoi dir di no. + Io vi mariterò; + Valla a pigliare!...» + + A questa esortazione + Commosso il cavalier, + Nel ventre del destrier + Piantò lo sprone, + + E si partì al galoppo + Bramoso di venir, + Veloce come al tir + Palla di schioppo... + + Scorsero gli anni e i mesi, + I giorni e le stagion, + Ed io sul mio balcon + Sempre l'attesi! + + Ma invan lo sguardo esplora + Le strade ed i sentier; + Il prode cavalier + Galoppa ancora!! + + + + ¡POBRE CARLOS![*] + + + ¿Habla: se puede ser mas desdichada? + Quiereba Carlos el toreadores, + Ma un toro viense in la plaza mayores + Y per matarlos el sfrodò la espada + + El toro escapò vias por la contrada + ¡Mo Carlos, dietros. fagando romores! + Cuando el toro ¡ahi de mi, caros señores! + Per de dietros ce apogia una cornada. + + Carlos cascò cridando ¡ahi, porco mundo! + Viense el medico y hablò: ¡mo bozaradas, + El corno ha penetrado ensino al fundo! + + ¡Parece un nido carico de vrespas; + Las pobras chiapas miranse sfondadas, + Todo està roto y buena noche crespas! + + + [*] Lo Spagnuolo non beve... certo l'onda del Mançanares! + + + + LA RISPOSTA DELLA FIGLIA MALEDETTA + + + Padre, nei giorni, ahimè! vissuti insieme, + Nei tristi giorni in cui, non pur degli agi, + Ma fin del pane ci fallìa la speme, + + Quando furtivi, squallidi e randagi + Le poma guaste cercavamo e l'ossa + A piè de' monasteri e dei palagi, + + Quando il verno crudel con la sua possa + Sotto il breve lenzuol ci costringeva + Come morti a gelar dentro la fossa, + + Padre, la figlia tua non si doleva + Sotto il duro flagel della fortuna. + Io mi sentiva forte e non piangeva, + + Ma poi chè, fior di gioventù, la bruna + Mia pubertà sbocciando, amor m'apprese, + Obliai le miserie ad una ad una. + + Il gaudio della vita in cor mi scese + E nuovo e forte palpitò il desio + Nel petto ansante e nelle vene accese. + + Ma tu, sorpreso del delirio mio, + Mi chiedevi talor--figlia, che hai? + Aprimi il core: il padre tuo son io!-- + + T'amo, Pietro Sbolenfi, e ben lo sai, + Tanto, che al dolce suon dei detti onesti + Non te lo apersi, ma lo spalancai. + + --_Mo, tananòn Mingheina!_--allor dicesti-- + Costei già sogna il matrimonio e i figli! + È tempo di vegliarla e di star desti!-- + + Mi sciorinasti allor cento consigli + Di virtù, di morale e di prudenza + Per agguerrirmi il cor contro ai perigli. + + --Cara figlia--dicevi--abbi pazienza, + Sceglilo ricco e sceglilo maturo, + Che pigliarlo in bolletta è un'imprudenza. + + Cerca, se puoi, di metterti al sicuro! + Guarda tuo padre e resta persuasa + Come il campar senza quattrini è duro. + + Guarda invece il canonico di casa! + Quanti fogli da cento ha nel borsello + E che salute nella faccia rasa! + + Prendi, mia cara, un uomo come quello. + Fattene la signora e la padrona + Ed anche il Re si caverà il cappello!-- + + Per ciò, figlia esemplar, docile e buona, + Eseguendo alla lettera i tuoi detti, + Me ne andai col canonico in persona! + + Ed or perchè ti duoli e perchè getti, + Quasi porco ferito, alti clamori? + Perchè, dimmi, perchè ci hai maledetti? + + Perchè vieni a cianciar de' tuoi dolori, + Mentre tu ci portavi il candeliere + E fosti Galeotto ai nostri amori? + + Io lo dirò il perchè! Sperasti avere + Dal genero sognato agi e monete + Per menar le ganascie a tuo piacere, + + Ed or che sei rimasto con la sete + Fai lo scontento e lo scandalizzato + Perchè tua figlia dorme con un prete! + + Ma padre mio, ti sei dimenticato + Tutto ad un tratto la parola detta + Ed il consiglio che m'avevi dato? + + Tu mi dicevi di tenermi stretta + E ferma del canonico al mantegno.... + Io mi ci tengo e tu m'hai maledetta! + + Andiamo, smetti questo finto sdegno! + Ribenedici la diletta figlia + Or che porta d'amor nel seno un pegno! + + Presto nonno sarai! Spiana le ciglia + Che un bugiardo furor move ed infiamma. + Sta quieto per ragioni di famiglia + + Ricevi un bacio e tante cose a mamma. + + + + SI DESCRIVE UNA RUSTICA CAPPELLA + + + Ben sovente + T'ho presente + Nella mente, + Vezzosissima cappella, + E il tuo aspetto + Nel mio petto + Fa l'effetto + Della cosa la più bella. + + Parlo a stento + Dal contento, + Anzi sento + Che mi manca la favella, + E deliro + Quando in giro + Io ti miro + Rosseggiar superba e snella! + + Quasi nera + T'alzi altera + Nella sera + Che il candor degli astri abbella; + T'alzi ed io + Nel cor mio + Ti desio + Vezzosissima cappella! + + + + INNO AL SALAME + + + O progenie divina, + o d'ogni ben cagione, + figlio di Salamina + e de'l Re Salomone; + o de la fame infame + trionfator, Salame, + balzi or l'agile strofa innanzi a te; + + a te, forte e gentile + onor de 'l genio umano + e de 'l mondo civile + consolator sovrano, + ne le cui forme dorme + una possanza enorme + che squarcia i monti e sfonda il trono a i Re. + + Fatto con diligenza, + o montanaro, o fino, + con l'ova sode o senza, + sempre tu sei divino + e t'amo e ognor ti bramo + e Nume mio ti chiamo + e tua mi giuro e ti consacro il cor. + + Oh quante volte, oh quante, + ne' sogni miei ti vedo + e vinta e palpitante + stringerti a 'l cor mi credo + e desta, la mia mesta + sorte m'appar funesta, + poichè tu manchi a 'l mio focoso amor. + + E pur la rabbia ostile + disonorarti brama + e de 'l onagro vile, + vile figliuol ti chiama; + ma tu sorridi e gridi + --tornate a i vostri lidi + e cessate d'infrangermi i calzon!-- + + Deh, se ne i dì sereni + io mi sperai tua sposa, + tra le mie braccia vieni, + sovra il mio sen riposa. + Orgoglio mio, ti voglio + far co' miei baci il soglio, + lo scettro, la corona e il padiglion! + + + + LAMENTO[*] + + + Piangete al gran galoppo, + Dolcissimi lettor! + Il nostro Direttor, + Moscata, è zoppo! + + Che se a qualcuno importa + Saperne la cagion, + Sappiate che al Veglion + Prese una storta. + + La storta che ha pigliata + Passava pel caffè + Vestita da _bebè_ + Molto scollata. + + Ed ei che aveva piena + La tasca di quattrin + Ai Quattro Pellegrin + Le diè una cena. + + Costei che aveva i denti + Aguzzi anzichenò, + Gli bevve e gli mangiò + Tre abbonamenti. + + Indi, per sua sventura, + Si volle sdebitar, + Ma non pagò in denar, + Pagò in natura. + + E il nostro Principale + Dopo due giorni o tre, + Cos'è, cosa non è, + Si sentì male. + + Basta, per farla corta, + Il nostro Direttor + Ricorse al suo dottor + Per questa storta, + + Che stette un pò dubbioso + Indi gli suggerì + Santalo del Midi, + Malva e riposo. + + Piangete al gran galoppo, + Dolcissimi lettor, + Il nostro Direttor, + Moscata, è zoppo! + + + [*] Cesare Dalla Noce detto Moscata dirigeva l'effemeride + in cui la Poetessa faceva le sue armi. + + + + + LIBRO SECONDO + + + + LE DECADENTI + + + + Pornografia? Sta bene: + Ma siete voi sicuri + Che il fine ognun misuri + Dalle apparenze oscene? + + E appunto a voi conviene + D'esser sprezzanti e duri + Quando lo sanno i muri + Che fondo vi mantiene? + + Tartufi rugiadosi, + Quanto prendete al mese + Per esser virtuosi? + + O di virtù modello, + Chi vi rifà le spese + Del gioco e del bordello? + + + + ANACREONTICA + + Chi pel selvoso monte + Lascia la nuda valle + E del roccioso calle + L'erta salendo va, + Sente grondar la fronte + E vacillare il fianco, + Sente che il piè già stanco + Forza d'andar non ha. + + Ma giunto in su la vetta, + Con l'occhio erra lontano + Sul verdeggiante piano + Che gli si stende al piè. + Allor trionfa e getta + Un grido alto e giocondo; + Vede soggetto il mondo + E se ne sente il re. + + Anch'io così, sudando + Su la ribelle rima, + Potei toccar la cima + Lieta del sacro allor. + E, sotto a me guardando + Con la pupilla altera, + Maggiore e assai più vera + D'altri sentirmi in cor. + + Perciò sappia chi viene, + Folle, a contender meco + Od a negarmi, bieco, + La seggiola curùl, + Che tre scodelle piene + Di tagliatelle asciutte + Io me le mangio tutte + E vado..... ad Irminsùl.[1] + + + [1] Località ignota, forse dell'altro emisfero + + + + L'ALBA + + Vegliai! Dice la fiamma omai languente + Che il petrolio calò nella lucerna. + Vegliai piangendo ed ecco lentamente + Destarsi al novo dì la Città Eterna. + + Le carrette dei broccoli e la gente + Ripassan sotto alla magion paterna, + Il padre russa e un campanil si sente + Laudar da lungi la Bontà Superna. + + Lieto un chicchirichì vien da lontano + Da' cortil suburbani e da' pollai + Destati dal chiarore antelucano; + + Ed io, infelice, di dolenti lai + L'aria, l'acqua, la terra assordo invano, + Perchè un gallo per me non canta mai! + + + + IN MARE + + Eccoti o mar, solenne ed infinito, + Del divino poter simbolo e stampa: + Eccoti, e in faccia a te cade atterrito + L'occhio che di febea fiamma divampa. + + Sei tremendo nell'ira e al tuo ruggito + Non regge prora e poppa mai non scampa, + Ma nella calma tua, liscio e pulito, + Sembri la ciccia di Minghino Svampa. + + Ecco un'aura d'amor scende dal cielo + E va dell'onda che pur or posava + Soavemente accarezzando il pelo. + + E la persona mia che lorda stava, + Ora la porgo aperta e senza velo + Al mar che me la bacia e me la lava. + + + + LA CAPRETTA + + _Florentem cytisum sequitur lasciva capella._ + VIRG. _Ecl_. II, 64. + + + Quando trovo qualcun che me la mena, + La mia capretta, a pascolar sul monte, + Tutta la sento di dolcezza piena + Guizzar pel gusto che le brilla in fronte: + + E se poi qualchedun me la rimena, + Corro tosto a lavarla ad una fonte, + Indi l'asciugo e non è asciutta appena + Che a trastullarsi ancor le voglie ha pronte. + + Sempre sana e piacente, al caldo e al gelo + Va intorno e cogli scherzi altrui diletta, + Tanto la tenni e l'educai con zelo. + + Eccola quì che una carezza aspetta, + Fresca, pulita e non le pute il pelo..... + Dite, chi vuol baciar la mia capretta? + + + + IN BICICLETTA + + + Giammai, scoccata da una man feroce + Dall'arco teso non fuggì saetta + Come sul suo sentier corre veloce + La bicicletta. + + Volan le rote e mentre sulla via + Nessun rumor presso di lei si sente, + Qualche imbecille al corridore invia + Un accidente. + + A me che importa se della canaglia + M'insegue il riso o il mormorar d'alcuni, + Se l'iniqua parola altri mi scaglia + O il _molla Buni_? + + Io corro, io volo sulla bicicletta + Questo ideal delle cavalcature: + Chi soffre d'emorroidi o di bolletta + M'insulti pure, + + Ch'io son beata e un fremito m'assale, + Mi avvolge un'onda di piacer sovrano + Quando vengo stringendo il trionfale + Manubrio in mano. + + Io son beata allor che fra le gambe + Sento il rigido ordigno e in quegli istanti + Tendo le coscie e l'agitar d'entrambe + Lo spinge avanti. + + + + AD UN OROLOGIO GUASTO + + + Poi che il pendolo tuo giù penzoloni + Non ha più moto ed impotente stà + E gl'inutili pesi ha testimoni + Della perduta sua vitalità, + + Vecchio strumento, m'affatico invano + A ridestar l'antica tua virtù; + Inutilmente con l'industre mano + Tento la molla che non tira più. + + Questa tua chiave, che ficcai si spesso + Nel suo pertugio, inoperosa è già; + Rotto è il coperchio e libero l'ingresso + Ad ogni più riposta cavità. + + Deh, come baldanzoso un dì solevi + L'ora dolce del gaudio a me segnar + E petulante l'ago tuo movevi + Non mai spossato dal costante andar! + + Quante volte su lui lo sguardo fiso + Or tengo e penso al buon tempo che fu. + Se almen segnasse mezzodì preciso..... + Ma sei e mezza!... e non si move più! + + + + A LUI + + + Perchè, Mio Bene, se vicin mi siedi + Taci e rivolgi gli occhi ai travicelli, + Oppur ti osservi attentamente i piedi + Quasi credendo di trovarli belli? + + Guardami invece gli occhi e leggi e vedi + Di quante fiamme il nuovo amor li abbellì; + Guardali, non temer, fissali e credi + Che prometton ben più ch'io non favelli. + + Parla e fa che il timor non vinca e prema + Del tuo vergine cor l'immenso affetto: + Chi vuol gli amplessi miei, tenti e non tema. + + Parla, poichè il mio gaudio, il mio diletto, + La mia felicità sola e suprema, + Dalla tua lingua, amico mio, l'aspetto. + + + + È VERO + + + Io dissi: «Ah, come pendo! + Mi sembra di cascar!» + Ma tosto sorridendo + Rispose il marinar: + + «Pieno di scene orrende + Sarebbe il mondo intier + Se tutto quel che pende + Dovesse, oh Dio, cader!» + + + + AFFETTI DI UNA PELLEGRINA + ALL'AUGUSTO VEGLIARDO + + DOPO LA VISITA + + + Agl'immensi Tuoi piè, Padre, chinata + Stetti trepida in volto e reverente; + A Te levai le palme e Tu clemente + Mi facesti partir racconsolata, + + Ond'io terrò nella memoria grata + La benedetta imagin Tua presente + In fin ch'io viva, e spesso con la mente + A questa tornerò santa giornata. + + Tutto ricordo: i detti Tuoi soavi, + Le Angeliche Sembianze, il carcer tetro + E l'angolo preciso in cui parlavi. + + Ricordo fin la guglia di San Pietro + Che, guardando dal luogo ove tu stavi, + Io l'avevo davanti e Tu didietro. + + + + LA BALLATA DEL CAVALIER DISCORTESE + + + I + + Poi che il sol tramontò, poi che lontana + piange la mesta squilla il dì che muor, + da 'l solingo veron la castellana + canta così alle stelle il suo dolor: + + «Qui presso, tra due monti, è rimpiattato + un castello che il sol mai non scaldò. + Il vento che vi spira è avvelenato, + Buco è il suo nome e se lo meritò. + + »Invece in faccia a 'l sol ride scoperto + questo palagio mio cinto di fior. + Ride tra i boschi, ospitalmente aperto + ad ogni dolce peregrin d'amor. + + »L'altra notte vegliai su 'l mio balcone + e vidi ne la valle un cavalier, + oh, come bello! e con l'aurato sprone + il cavallo spingea lungo il sentier. + + Il cor mi palpitò quando lo scorsi, + l'aspetto suo mi vinse e mi rapì. + Tutta tremante da 'l balcon mi sporsi, + tesi le braccia e gli parlai così: + + --Fermati cavalieri Deh, tante cose + vorrei dirti!.... Ove vai? Fermati quì!--» + Ma galoppando il cavalier rispose: + Signora, io vado a Buco...--«e poi sparì». + + + II + + Vittima di se stesso e del destino + Ecco torna da Buco il cavalier; + Carogna tentennante, a capo chino, + Tra le gambe gli zoppica il destrier. + + L'errore dell'andar, tornando, espia, + Poichè la strada pessima trovò + Ed il pantan della fetente via + Da capo a piedi lo contaminò. + + Passa così sotto al veron fiorito + Dove la voce dell'amor sentì; + Passa e si duol d'avergli preferito + Il laido Buco dove imputridì. + + «Deh, colline ridenti, ombroso bosco + Lieto d'acque perenni e di piacer + E voi, labbra di rosa, ora conosco + In che guai mi travolse un reo pensier! + + Deh, affacciati al veron, tu che m'hai detto + --Cavalier, dove vai? Fermati qui!-- + Ecco torno pentito, ecco nel petto + Col rimorso, l'amor mi rifiorì!» + + Uscì la bionda castellana e china + Del memore balcone al davanzal, + Non vide un cavalier, ma una latrina, + Un lurido fantasma intestinal + + E disse:--«Alfin la collera celeste, + Mossa dal mio pregar, ti castigò! + Scortese cavalier, quella è la peste..... + Lo spedale è più avanti!... «--E se ne andò. + + + + SONETTI MITOLOGICI + + + I + + ATTEONE + + (_Dipinto ad olio_) + + Guardate! Atteone + Osserva il prospetto + Ignudo e perfetto + Che Trivia gli espone. + + La Dea, che suppone + Gli perda il rispetto, + Le corna e l'aspetto + Di cervo gl'impone. + + Fuggita è lontana + Dal tempo presente + La bella Diana, + + Ma sono cresciuti + In modo indecente + Le corna e i cornuti. + + + II + + LEDA + + Giove, padre degli Dei, + Vide Leda e innamorato + Ebbe il gusto depravato + Di volerne gl'imenei + + E l'aggiunse ai suoi trofei + Con l'astuzia e con l'agguato, + Poi che in cigno tramutato + Si calò nel grembo a lei. + + Donna Leda gli diè il covo, + Ma con questo bel lavoro + Fu gallata e fece l'ovo. + + Già l'effetto è sempre quello + Quando ruzzano fra loro + Una donna ed un uccello. + + + III + + DANAE + + Acceso il Tonante + Per Danae d'affetto + Ottenne l'effetto + Mutando sembiante + + E, splendido amante, + Le cadde nel letto + Prendendo l'aspetto + Dell'oro sonante. + + Da noi, siamo schietti, + Ne andava in possesso + Cambiato in biglietti; + + Che in oro o in argento + Ci avrebbe rimesso + Il 5 p. %. + + + IV + + ATALANTA + + Atalanta giovinetta + Alla corsa ognun sfidava + E sì forte galoppava + Che pareva in bicicletta. + + Per passarla, una burletta + Ippomène imaginava + E, correndo, le gettava + D'oro in palle una cassetta. + + Adocchiandole sì gialle, + Per volerle raccattare + Ella uscìa dal ritto calle; + + Il che serve per provare + Che le donne per le palle + Si farebbero pelare. + + + V + + PAN + + Pane, cornuto Iddio + Benchè non abbia moglie, + Sul margine d'un rio + S'appiatta in fra le foglie. + + Assalta di scancìo + Le Ninfe e poi le coglie, + Facendone sciupìo + Secondo le sue voglie. + + Però fissa e solinga + Ebbe una fiamma in core + Per la gentil Siringa: + + Dal che dedur conviene + Che il povero signore + Non orinasse bene. + + + VI + + IO + + Io, diventata vacca + Per volontà di Giove, + Fessa, dolente e stracca, + Così diceva al bove: + + «Come mi sento fiacca + E rotta in ogni dove! + Non valgo una patacca + In queste forme nuove: + + »Il fieno m'è indigesto + E i visceri m'annoda + In modo disonesto. + + »L'utile sol ch'io goda + Nel mutamento, è questo: + Che guadagnai la coda.» + + + + LA ROVINA DEL SASSO[*] + + (_Per un numero unico_) + + + Fu la scena soltanto, + Fu il drammaccio cruento, + Che vi commosse al pianto. + + Se il monte non cascava, + Morivano di stento + Ma nessun ci badava. + + + [*] Per intendere questo epigramma bisogna sapere che nel comune di + Sasso erano alcune grotte nel monte e alcune catapecchie dove + parecchie famiglie disgraziate tenevano coi denti la vita. Tutti lo + sapevano, lo vedevano è passavano. Rovinò il monte e fece quel che + non aveva fatto la fame: uccise i disgraziati. Subito si fecero + sottoscrizioni, conferenze e numeri unici e in uno di questi la + Poetessa, sott'altro nome che il suo, inserì i versi qui sopra. + + + + SONETTO[*] + + + Usci la «Romanina» + E il labaro spiegò, + Ma l'orda libertina + Lo prese e lo stracciò, + + E tale una rovina + Di calci si levò + Che rotto per la china + Qualche osso sacro andò. + + La barca di San Pietro + Che a prora è fessa già, + Si rompe anche di dietro! + + Non vede Santità? + Gli han detto «__vade retro__» + E Satana ci va. + + + [*] La Società cattolica detta la _Romanina_ volle celebrare in Roma + non so che festività a Cristoforo Colombo e andò al Pincio con + làbari, trombette, oratori e simili strumenti. Alcuni giovani + liberali presero a pedate i dimostranti che scappano ancora. + + + + AL MIO DESTRIERO + + ODE + + + Non la criniera lucida, poi che non la possiedi, + ma il ventre di maiolica e i quattro eburnei piedi + concedimi, o corsier; + fammi inforcar la candida tua groppa e su gli arcioni + starò, superba amazzone, senz'armi e senza sproni + o ausilio di scudier, + + chè tu, gentil quadrupede, non scalpiti con l'ugna + quando la groppa docile porgi a l'usata spugna + e a 'l salubre sapon, + ma su le zampe, immobile e mansueto, aspetti + d'acque lustrali il tepido lavacro e i larghi getti + de l'industre sifon. + + Te cavalcando, visito tutto de' sogni il regno, + ed un polledro rapido, non un caval di legno, + allor tu sei per me, + e ne'l sognar mio bellico, un capitan mi sento: + le schiere mie galloppano con le bandiere a 'l vento + ne 'l cospetto del Re, + + Savoia! e i prodi, memori de la fortezza antica, + freno non danno a l'impeto e già l'oste nimica + le terga a noi voltò. + + Che val se, a 'l campo reduce, scendo di sella esangue, + se da uno squarcio orribile veggo fuggirmi il sangue?... + La palma a noi restò! + + Le schiere avverse fuggono, ma tu fuggir non sai + e sovra i piè di mogano solennemente stai + fermo, senza fiatar..... + Ma i sogni, ahimè, svaniscono. Cessata è la battaglia!... + L'ora de 'l pranzo è prossima: datemi la tovaglia + chè mi voglio asciugar. + + + + ODE FARMACEUTICA + + + Ho sognato un mar di laudano + Denso, nero e sterminato, + Come un piano formidabile + Di sciroppo concentrato. + Sovra l'onde immote e brune, + Tra i vapor del zafferano, + Svolazzavano importune + Molte mosche di Milano, + + Io, per far con meno incomodo + Di quel mar la traversata, + Mi recai sul porto prossimo + E vi presi una fregata. + Il suo nome si leggea + Scritto a lettere d'un metro, + Vale a dir FARMACOPEA, + E l'aveva per dietro. + + Grossi e ritti erano gli alberi + Con le vele di cerotto, + Con le sartie e con le gomene + Verniciate di decotto; + E la nave fabbricata + Di campeggio e legno quassio, + Era tutta incatramata + Di ioduro di potassio. + + Drappeggiati in negre tonache + Molti giovani assistenti + Impastavano le pillole + Lassative od astringenti, + Le supposte, i vescicanti + E gli empiastri da enfiagione + Da servire ai naviganti + A merenda e colazione. + + Un po' il fuoco che facevano, + Un po' il caldo naturale, + In quel tanfo farmaceutico + Mi sentivo venir male; + Per cui, visto un recipiente, + Ci sedei sopra di botto + E, vedendo un assistente, + Chiamai forte--Ehi, giovinotto!-- + + --Che comanda?--chiese il giovane-- + Vuol di malva una infusione? + Vuol copaive in mucilaggine? + Preferisce una iniezione?-- + Adirata lo ribattei: + --Non son quella che credete! + Non ho il male che avrà lei; + Ho soltanto un po' di sete.-- + + --Sete?--disse--Il male è piccolo + E guarir con l'acqua suole; + Ma se l'acqua ella desidera, + Mi dirà come la vuole. + Forestiera o del paese? + Vuol Tettuccio o Castrocaro? + Vuol un po' d'acqua ungherese + O un bicchier di sale amaro?-- + + --Voglio solo acqua purissima!-- + Furibonda allor gli osservo. + Mi rispose:--Va benissimo, + Ma in che modo gliela servo? + Perchè buono è da sapersi + Che da noi s'usa di bere + In due modi assai diversi; + O per bocca o per clistere.-- + + Detto fatto e dalla tonaca + Con un gesto pittoresco + Tirò fuori una gran cannula, + Un affare gigantesco, + E mentr'io gridava:--Ehi, sente... + Lei m'ha preso per isbaglio!-- + Quel birbone d'assistente + Lo puntava nel bersaglio. + + Se non era che voltandomi + Torsi il fianco un poco a destra, + Quell'infame di flebotomo + Scaricava la balestra; + Ma, insistendo l'animale, + Ne successe un serra serra + E, com'era naturale, + Tutto il brodo andò per terra. + + Io credeva d'esser libera, + Ma mi accadde un altro guaio + Ch'egli prese dietro a corrermi + Col pestello del mortaio. + Un orrore, uno spavento, + Un battaglio da museo, + Una razza di strumento + Da sfondare un mausoleo! + + Io già stavo per soccombere + Alla orribile balista, + Ma gridai--Galeno salvami, + Da quest'empio farmacista!-- + E ad un tratto, e fu un enigma, + Spirò un'aria purgativa + Che pareva un borborigma.... + E sbarcai sull'altra riva. + + + + ALLA + SOCIETÀ EMILIANA DELLE LAVATRICI + COME SEGNO DI OMAGGIO CORDIALE + QUESTA ODE OSTETRICA + È DEDICATA + + _Multiplicabo aerumnas tuas et conceptus tuos: + in dolore paries filios._ + GEN. III 16. + + + Nell'interno del bacino, + Semprechè non sia deforme, + Vedi un corpo piriforme + Appoggiato all'intestino, + Appo cui fisso rimane + Con diversi ligamenti + E coi rami divergenti + Delle trombe falloppiane. + + Ivi, quando è cominciata + L'ordinaria emorragia + E una certa ipertrofia + S'è per ciò manifestata, + Dal follicolo maturo + Esce l'ovulo vagante + Che il processo fecondante + Mette subito al sicuro; + + Chè lo impiglia, anzi lo imbuca + Nella tunica villosa + Che presenta la mucosa, + La qual mutasi in caduca + E nel crescere diventa + L'amnio e il corion, traversati + Da quei vasi complicati + Che nutriscon la placenta. + + Ivi il germe ha forma e cresce + In un sacco membranoso + Pien di liquido sieroso + Dove nuota come un pesce + E la sua vita fetale + Svolge senza sentimento, + Ritraendo l'alimento + Dal cordone ombelicale. + + In quel tempo la gestante + Non si sente molto bene + E per solito le viene + Qualche voglia stravagante. + Ha lo stomaco disfatto, + L'energia molto depressa + E cammina un po' sconnessa + Causa il ventre tumefatto. + + Finalmente la sorprende + Un disturbo del sensorio + E un dolor premonitorio + Lungo il rachis le discende. + Il marito al suo lamento + Corre, interroga e le dice: + «Vo a chiamar la levatrice + E ritorno in un momento!» + + A intervalli lunghi e rari + Incomincian le pressioni + E le forti contrazioni + Delle fibre muscolari. + Sono sistoli speciali + Cui la diastole consente + E interessan totalmente + Le pareti addominali. + + Ecco intanto alla degente + Si rinnovano i dolori + Sempre più provocatori + E di ritmo più frequente, + Finchè, sotto alla pressione, + Il liquor che l'amnio serra + Rompe il sacco e va per terra, + Precursor dell'epulsione. + + La faccenda allor va lesta + E non c'è d'aver paura + Se però la creatura + Si presenta con la testa. + Ma nel caso che al contrario + Si presenti con un braccio, + Può accadere un affaraccio, + E il chirurgo è necessario. + + Non son fatti sì frequenti, + Ma se mai caso si desse + Che l'ostetrico dovesse + Operar rivolgimenti, + O usar ferri, allor conviene + Star tranquilla, ilare, ardita, + Che la scienza è progredita + E le cose andranno bene. + + Dopo un grido indebolito, + In un premito finale, + Nasce un maschio ed è vitale + Come annuncia il suo vagito. + Sente allor di gioia un'onda + La puerpera nel core + E con l'ultimo dolore + Viene espulsa la seconda. + + Gentilissima lettrice, + Ti narrai chiara e sincera + In che modo e in che maniera + Nasce al mondo un infelice: + Non gittar strilli d'orrore + Da lussarti le ganasce; + Meglio dir come si nasce + Che narrar come si muore. + + + + KLYSO + + Su'l reo lito che Pasife + contaminò con l'esecrando fallo + forse l'industre Dedalo + torse in cavo cilindro il tuo metallo, + + Ei lavorò ne l'ebano + la mobil elsa e, con la man divina, + su la sudata incudine + per consiglio d'Igea temprò la spina. + + I suoi possenti farmachi + Esculapio di poi t'ascose in seno + ed a i dolenti podici + consolator t'offrì turgido e pieno. + + Oh, qual grido di giubilo + il tuo primo apparir ne 'l mondo accolse! + Come le terga subito + la constipata umanità ti volse! + + e tu, buono, e sollecito + più de l'altrui che de la tua fortuna, + a le ribelli viscere + pronto volasti ad esplorar la cruna; + + nè ti commosse il torbido + occhio che a l'opra tua natura oppose, + nè d'atre bocche l'alito + cui tolse il fato d'emular le rose; + + ma la compressa canula + un tepido zampillo alto sospinse + che, su l'esempio d'Ercole, + Caco ne l'antro suo sorprese e vinse. + + Corsero allor le lubriche + linfe la cieca via che a l'Orco immette + e strani indi scoppiarono, + da l'opposto emisfer, venti e saette. + + Indi a i redenti visceri + un po' di pepe e sal non parve ostile + ed i mal sani fegati + riser, purgati da la densa bile..... + + A voi, ventri purissimi, + che di mal digerirmi avete il vanto, + a voi consacro e dedico + l'opportuno rimedio e questo canto. + + + + HUNYADI JÀNOS + + _Al Signore_ + ANDREA SAXLEHNER + Buda-Pesth + + + Non più anelanti a i pascoli latini + le barbare cavalle Attila caccia; + rivisse il fior de gl'itali giardini + su la sua traccia. + + Tacque indarno il deserto e crebbe l'erba + dove l'alta Aquilea fumando giacque; + da le fecondi ceneri superba + Venezia nacque. + + Il Danubio lavò le curve spade + grondanti di gentil sangue romano, + ma di quel sangue mai goccia non cade + versata invano, + + e con le stille che tingevan l'onde + de 'l pescoso Tibisco e de la Drava + di Roma il fato a fecondar le sponde + barbare andava, + + e di messi la steppa e di vitigni + rise, ed a 'l sol che civiltà conduce + i biechi de i mongoli occhi sanguigni + vider la luce; + + nè più l'Europa giudicò minaccia + ma baluardo de' magiari il petto, + quando il Corvino alzò la spada in faccia + a Maometto; + + nè più imprecò il latino in val di Pado + a i varchi onde calò di Dio il flagello, + ma l'unno che morì sotto Belgrado + disse fratello. + + Oh, benedetto il suol che trepidava + sotto il galoppo de la santa schiera + se l'unnìade Giovanni alto levava + la sua bandiera! + + Oh, benedetto il suol che de la buona + ausonia civiltà reca le impronte + se de l'unnìade in nome a noi sprigiona + salubre un fonte + + a 'l cui salso licor cedon le avare + viscere umane il faticoso pondo, + cantando inni sonanti a 'l salutare + flusso giocondo. + + E poi che il fato reo l'opera vieta + de le viscere tarde invan spremute, + a l'ungarica possa anch'io, poeta, + chieggo salute. + + Non il regal Tokay, ma l'acqua umile + che Buda ci mandò mi fia sollievo. + Tendimi il nappo Igea. Buda civile, + a te lo bevo! + + + + NEL BAGNO + + ODE + + + Pel fiammante de l' ciel tramite sacro + gli agitati corsier disfrena il sole + e d'onde fresche a 'l salutar lavacro + luglio ci vuole. + + O fortunata se veder potessi + tremolar la marina a l'orizzonte, + o tra selve d'abeti e di cipressi + fredda una fonte! + + Ma il iato mi negò, come ha costume, + il bacio di salubri acque cadenti + e de 'l sonante mar le bianche spume + rotte da i venti. + + Pur, qual lo scrigno famigliar concede, + me ancor d'umili terme allieta l'onda + che in brevi cerchi accarezzar si vede + la ferrea sponda. + + E se zefiro alcun non va temprando + de l' sol le vampe con la sua carezza, + il serico flabel l'aure agitando + copia la brezza. + + Ivi, gettando allor la tenue vesta + pudicamente ignuda, io volgo il passo. + Disciolto il crin da l'apollinea testa + fluisce a 'l basso; + + fluisce e lambe il tergo mio che mostra + callipigie beltà che il sole ignora... + Onde, apritemi il seno! ecco la vostra + dolce signora! + + Io non t'invidio il fior de 'l corpo bianco, + o de le ciprie spume eterna figlia, + se a l'concavo sedil concedo il fianco + come a conchiglia. + + Onde apritemi il seno! ecco, m'assido + su 'l metallico trono ... ecco m'affondo, + e la parte di me che lascia il lido, + cala ne'l fondo, + + ove, strisciando con l'esperta mano, + detergo il lezzo a le inquinate membra. + Mormora l'onda ed il suo picciol piano + il mar mi sembra, + + e le tempeste sogno e veggo e sento + l'imperversar de l'aquilon crudele + e le triremi trionfali a 'l vento + scioglier le vele + + e una nave puntar, negra su l'onda, + la bocca d'un cannon fetente e cupo... + Numi, che scoppio!... Ne vibrò la sponda + de 'l semicupo! + + + + A UN VASO NUOVO + DI PORCELLANA GINORI + + ODE + + Andovvi poi lo Vas d'elezione. + DANTE, _Inferno_, II. + + + Te non Pandora da l'abisso a gli uomini + recò, nefasto dono + onde il perenne ancor pianto de' miseri + sale di Giove a'l trono, + + ma l'arte ti plasmò tra i colli floridi + che a Doccia son ghirlanda, + e l'Arno industre che ti vide nascere + vergine a noi ti manda; + + vergine qual su l'alpe inaccessibile + candor di nevi intatte, + qual ne' chiusi presepi in larghe ciotole + de le giovenche il latte. + + Il labbro immacolato ecco sorridere + veggio, curvato in arco + e, ingordo, ne 'l candor concavo, accogliere + de' lombi miei l'incarco. + + Ecco il tuo ventre d'un sonoro crepito + ripete il rauco invito + e de le fauci spalancate a 'l fornice + tardar sembra il convito. + + Ahi, ma 'l candor de l'ermellino perdere + omai dovrà 'l tuo smalto! + Triste a tutti è la vita e cose orribili + vedrai da 'l basso a l'alto. + + Udrai ne l'ampia oscurità le raffiche + de l'uragan possente + e sovra te discatenato d'Eolo + il soffio pestilente, + + e piover caldo e grandinar meteore + precipitate a l' basso + e rimbombar di male olenti fulmini + lo scoppio ed il fracasso. + + Pender biechi vedrai, ne l'aura torbida, + lo Scorpio ed i Gemelli + e incomber sovra te, negri e monoculi, + Polifemi novelli. + + Quanti atroci dolor le umane viscere + celino, allor saprai + e sotto breve foglio in forme ignobili + deposti in te li avrai. + + Così tra breve, maculato il lucido + onor de 'l ventre bianco, + ti sentirai, da crepe immonde infrangere + l'affaticato fianco, + + ed un vil sterquilinio avrà le briciole + de le tue membra rotte!.... + Crudo è 'l fato e noi donne a te siam simili, + o chicchera da notte! + + + + AI COLLEGHI + + + Tangheri di poeti + Che, se andate in amore, + Raccontate i segreti + Di tutte le signore, + + Siate meno indiscreti + Negli affari di cuore + E imparate dai preti + Che non fanno rumore. + + Chi spiffera in tribuna + Quello che il cor gli detta, + Non farà mai fortuna. + + Noi non abbiamo mica + Scrupoli a darvi retta: + Temiamo che si dica. + + + + "NASCITVRO"[*] + + _Exultavit in gaudio infans in utero meo._ + LUC. I, 44. + + + No, che su zolla sterile + Non fu gittato il seme + Se, lacerato il solido + Guscio che invan lo preme, + Esce il rampollo e germina + Pei campi o per le aiuole, + Schiuso al tepor del sole + Sotto al clemente ciel. + + No, la bollente gocciola, + Plasma del germe umano, + Nel sitibondo fornice + Non fu scagliata invano + Se nel mio fianco turgido, + Come in risposta cella, + Un'anima novella + Veste il corporeo vel. + + Oh, alfin potrò conoscerti + Amor santo e sereno + Di madre e roseo stringermi + Un pargoletto al seno.... + Addormentarti, crescerti, + Potrò sul grembo anch'io, + Sangue del sangue mio, + Frutto d'immenso amor! + + T'insegnerò a disciogliere + I passi e le parole, + Ti narrerò, baciandoti, + Gl'incanti delle fole, + Indi trarremo in giubilo + Lungo un campestre calle + Seguendo le farfalle + E raccogliendo i fior. + + Ti guiderò per l'ardue + Strade dell'arti prime + L'alto volume aprendoti + Delle materne rime; + Io sulle illustri pagine + Ti condurrò la mano, + Io t'aprirò l'arcano + Del mondo e del saper. + + E allor che il sangue giovane + Ti pulserà nel petto + E sentirai le trepide + Ansie del primo affetto, + Sarò al tuo fianco assidua + E virilmente fida + Consigliatrice e guida + Nei dubbi del sentier. + + Al focolar domestico + Io sarò presso ancora + Quando velata e timida + Mi condurrai la nuora + Che me, benigna pronuba, + Dirà perversa e cruda + Se nel tuo letto, ignuda + Vergin, la spingerò. + + E quando i fior del talamo + Matureranno i frutti, + Ava prudente e provvida + Io veglierò per tutti; + Poi con le palme tremule + Carezzerò i nepoti + E a Dio la prece e i voti + Per loro innalzerò. + + E già mi veggio, debile + Vecchia, tra lor seduta + Narrar, senza rimpiangerla, + La gioventù caduta + E i versi miei ripetere + A un coro d'innocenti, + I versi miei fulgenti + Di virtuoso zel. + + Ava, così, amorevole + E santa educatrice. + In mezzo ai biondi pargoli + Vivrò lieta e felice + E quando giunga al termine + La vita mia modesta, + Reclinerò la testa + Per ridestarmi in ciel. + + Forse ch'io sogno?... Ah, palpita + Pur nel mio grembo un vivo + E freme e balza e s'agita + Or che a lui penso e scrivo.... + Deh, perchè tardi o nobile + Della mia gloria erede? + Non sai che la mia fede + E l'amor mio sei tu? + + Ma intanto?... Ah, un dubbio orribile + Mi sta confitto in core. + Sento un mister nell'anima + Pensando al genitore.... + Parla, se puoi rispondermi, + Tu che doman vivrai; + Dimmi, se pur lo sai, + Il padre tuo chi fu? + + [*] Credeva di avere concepito un figlio. Invece aveva preso + freddo e tutto finì con una fuga d'aria compressa. + + + + A + SUA ECCELLENZA REVERENDISSIMA + MONSIGNOR VESCOVO + TITOLARE DELLA CHIESA CATTEDRALE + DI SEBOIM + NELLE PARTI DEGLI INFEDELI + QUESTO NUOVO LAVORO + DI MANO AMICA SE NON ESPERTA + ACCRESCA IL PIACERE DELLA ESALTAZIONE + + _Ut ambules in via bona._ + PROV. II, 20. + + + Signor, poi che una Diocesi + Dall'Augusto Vegliardo hai conseguito + E l'anello di Vescovo + Come novello sposo hai messo in dito, + + Tra il fumo dei turiboli, + Tra il plauso della folla intorno accolta, + Mite Pastor di Seboim, + Porgi l'orecchio e la mia voce ascolta. + + Deh, quando sul tuo popolo + Benedicendo stenderai la mano + E la lieta Pentapoli + A piè del trono avrai come un Sovrano, + + Serbati buono e i miseri + Intorno a te raccogli e li consola; + Ricorda Cristo e predica + Più con l'esempio e men con la parola. + + Non insegnare ai chierici + Che il Pontefice solo aprir può il cielo; + Non insegnare il Sillabo, + Ma lo scordato ormai vecchio Vangelo. + + Trafficator non renderti + Di Giubilei, Congressi e pellegrini, + Ma proibisci l'Obolo + E l'altre furberie per far quattrini. + + Nell'ira tua scomunica + Chi va col collo torto e il viso basso; + Lascia che di Quaresima + I Diocesani tuoi mangin di grasso; + + Non annoiare i pargoli + Col Catechismo, i Salmi e la Scrittura; + Dà lor le chicche e mandali + A scuola od a saltar lungo le mura, + + Lascia ballare i giovani, + Lasciali far l'amor quando han ballato + E se poi si confessano + Ridi e dichiara: «quel ch'è stato è stato!» + + Non ributtar la femina + Che degli affetti suoi non fu padrona; + Pensa a Maria di Magdalo: + I peccati d'amor Dio li perdona. + + Non tormentare i parroci + Per le chiacchere intorno alla servetta; + Dì lor che i Sacri Canoni + Non vietano d'andare in bicicletta. + + Così facendo, i popoli + Tutti t'obbediran come d'incanto + E nei venturi secoli + Avrai solenne culto e sarai santo. + + O benedetta, o nobile + Alma, sottratta alla terrestre lue, + Allor vedrai le monache + Baciar devote le reliquie tue. + + Sotto quel bacio fervido + Si rizzeranno alla virtù natìa, + Rinnovando i miracoli + Che, vivo, hai fatto per la dolce Argia. + + + + «EN REV'NANT D'LA REVUE» + + + _J'aime le doux parfum qui vient de la cuisine, + Le parfum de la soupe et l'encens du roti, + Le Champagne mousseux et la Chartreuse fine, + Et les petits fours chauds qu'on vend chez Maiani. + + J'aime un bas bien tiré qu'on voit sur la bottine + Paraître avec malice comme un secret trahi; + J'aime guetter le soir le lit de ma voisine + Qui ne se doute guere du binocle ennemi. + + J'aime tous les plaisirs dont la terre est feconde + Et le cancan tout comme le noble cotillon; + J'aime la brune--hélas--mais j'aime aussi la blonde. + + Et pourtant il n'y a qu'un seul plaisir de bon, + Qui enfonce, croyez moi, tous les plaisirs du monde, + Et c'est rire d'un âne qui se pretend lion._ + + + + LE ELEZIONI DI MILANO--1895 + + + I + + Lode a te sia, Milano, + Poichè Papa Leone + Ti manda di lontano + La sua benedizione! + + Vieni a baciar la mano + Del Vicerè padrone + E torna piano piano + Ai giorni del bastone. + + Il tempo è già maturo + Pel giudizio statario + Ed il carcere duro. + + Intanto, Segretario + Del Sindaco futuro, + Sarà Don Albertario. + + + II + + Per grazia del Signore + Un regime paterno + Studiato dal Questore + Diventerà governo + + E il vigile censore + Ricaccerà all'inferno + I libri e quest'orrore + Di spirito moderno. + + Chi avesse poi prurito + Di fare il liberale, + Sarà preso e punito + + E il Regno Temporale + Sarà ristabilito + Per decreto reale. + + + + DEO CREPITVI SACRVM + + + O spirito santo + De' visceri umani + Che tutti del canto + Conosci gli arcani, + Che onori e letifichi + D'armonici fiati + Gli sforzi dei vati, + + Dal buio profondo + Dell'antro nativo + Prorompi nel mondo + Sonoro e giulivo; + Di tepidi balsami + Circonda ed allieta + Lettori e poeta. + + Tu, soffio eloquente + Del verbo divino + Concesso ugualmente + Al ricco e al tapino, + Tu sei come l'anima + Per leggi fatali + Comune ai mortali. + + Conforti il villano + Che pasce gli armenti, + Alberghi sovrano + Ne' chiusi conventi, + De' gravi canonici + Compagno canoro + Solfeggi nel coro. + + Nel casto segreto + Dell'intima cella + Rallegri discreto + La pia monacella; + Nel ballo, da timide + Fanciulle compresso, + Sospiri sommesso. + + Tu visiti e curi + Con equa fortuna + Palazzi e tuguri, + Altare e tribuna + E avvolto di porpora + De' plausi tra il suono, + Favelli sul trono. + + Ma guai se vapori + Dal patrio forame + Recandone fuori + Il glutine infame! + Purissimo spirito + Che l'alvo ricrei + Allor più non sei; + + Ma pregno diventi + D'essenze funeste + Che ammorban le genti + Col tanfo di peste + E guasti e contamini + I lini più ascosi + Di segni schifosi. + + Così colorito + Per nostra sciagura, + Di soffio gradito + Diventi sozzura; + Degnissima imagine, + Ritratto vivente + Del tempo presente. + + Lentato ogni freno + Ti getti sul mondo + Spargendo il veleno + Dell'alito immondo + E appesti ed infracidi + Le menti ed i cuori + Di turpi vapori. + + Maestro nell'arte + Di nuovi delitti + Tu lordi le carte + Del plico Giolitti, + Tu puzzi nel carcere + Sul labbro bugiardo + Del vecchio Bernardo. + + Aiuti i sensali + Dei voti comprati, + Avalli cambiali + Pe' tuoi deplorati, + Trionfi, pontifichi + De' ladri nel coro, + Men porco di loro. + + + + FANTASIA EGIZIANA + + + Al Nilo, al Nilo! Nasconderemo + Laggiù mia bella l'amor deriso, + Là sconosciuti noi ci faremo + Non una casa ma un paradiso, + Sul chiaro margine dell'acque calme + Dove si specchiano verdi le palme. + + Il chiosco vedi ch'io t'ho fiorito + Di cento rose come un giardino! + Dentro ai bracieri d'oro brunito + Fuman le lagrime del benzoino + E dal marmoreo balcone aperto + Vampe d'amore manda il deserto. + + Nera nel cielo color di rosa + Che nel tramonto caldo risplende, + Come una lupa libidinosa + Accoccolata la sfinge attende, + E grave un alito di strani amori + L'acre vivifica nozze dei fiori. + + Alle carezze molli del vento + Data la lunga cesarie d'oro, + Nell'onda tenue del vel d'argento, + Nudo del bianco seno il tesoro, + Sarai mia sempre, mia tutt'intera, + Se non ti viene prima il colera. + + + QVANDO + IL PREFETTO DEL RE + E IL SINDACO DEL COMVNE + RENDEVANO OMAGGIO + A SVA EMINENZA REVERENDISSIMA + + DOMENICO SVAMPA + + PRETE CARDINALE DEL TITOLO DI SANT'ONOFRIO + ED ARCIVESCOVO DI BOLOGNA + QVESTO CARME BENE AVGVRANTE + AL SVO FORMOSO PASTORE + ARGIA SBOLENFI + DEDICAVA + + + Signor, poi che ti sta supplice ai piedi + Questa Felsina tua che un dì sdegnosa + Bacio di prete sofferir non volle, + Costei che, infranto il trono in cui tu siedi, + Cercando libertà tinse gioiosa + Del suo sangue miglior l'itale zolle, + Absolvi or la pentita e le concedi + L'amplesso del perdono + Dimenticando dell'error l'audacia. + Sii generoso e buono + Con chi, come a Signor, la man ti bacia + E poi che piango ravveduta anch'io, + Misericorde ascolta il canto mio. + + Un tempo, e ben lo sai, morta di fame, + Schiava del tuo stranier temprò la plebe + Ceppi a se stessa su la propria incude: + Pe' sacerdoti tuoi le turbe grame + Reser feconde le sudate glebe + E sul solco natio caddero ignude + Ai campi della Chiesa util letame; + Ma un Dio consolatore + Da' sacri templi a lor dicea: «Soffrite, + Turbe nate al dolore + E che felici nel dolor morite, + Poi che v'aspetta in ciel di Dio il sorriso + E sol de' tribolati è il paradiso». + + Dolci tempi, o Signor, ma triste il giorno + In cui la libertà disse il suo nome + La prima volta nella rea Parigi, + Poi che le turbe allor volsero intorno + Torbido l'occhio e scossero le some + Brandendo l'armi ad operar prodigi + Di che all'anime pie duro è il ritorno. + Germogli del mal seme + Crebbe il tristo terren le idee novelle; + Compresso indarno, freme + Tra i nuovi ceppi il popolo ribelle + E poi che in cor gli agonizzò la fede + Non più la libertà, ma il pan ci chiede. + + E grida: «Senza gioia e senza luce, + Martiri del lavoro e degli stenti + Moriamo e il pane ancor ci si rifiuta. + Aprimmo il solco e non per noi produce, + Altri ha le lane e noi guardiam gli armenti + Altri ha la messe e noi l'abbiam mietuta. + Nuovo un tiranno i servi suoi riduce + A maledir la vita + E, come bruti a litigar le ghiande; + Ci calca inferocita + La gente nuova che facemmo grande, + Ma lieto il dì della riscossa arriva: + Corriamo all'armi e la giustizia viva!» + + Deh! soccorri, o Signor! Più non ci giova + Rinnovar le catene ed i tormenti + O sfrenar birri alle cercate stragi. + Troncata l'idra i capi suoi rinnova + E i pubblicani ed i giudei dolenti + Tremano su gli scrigni e nei palagi + Dove il tripudio del goder si prova. + La turba macilente + Accorre e di morir non ha paura + Poi che, soffrendo, sente + Che a lei la vita e non la morte è dura.... + Deh, Signor, ci soccorri e se al desio + Mancan le Guardie, ci difenda Iddio! + + E se il tuo Dio ci costa, a noi che importa + Quando i ribelli al timor suo riduce + E delle turbe ci ridà il governo; + Quando agli eletti suoi l'ausilio porta, + Quando tra i volghi creduli conduce + L'util minaccia ed il terror d'inferno + Ed ha il demonio pauroso a scorta? + Ben venga Iddio se reca + Fede agli umili, securtà ai possenti, + L'obbedienza cieca, + Il catechismo, i preti, i sacramenti, + De' frati tuoi la sacrosanta loia, + Il Sant'Ufficio, la mordacchia e il boia. + + Ben vedi che timor, non cortesia, + I magistrati nostri a' piè ti caccia + Inginocchiati a far debita ammenda. + Ieri nemici ognun di lor fuggìa + Fino il pretesto di guardarti in faccia, + Ma la tema del poi gli animi emenda + Ed eccoli a gridar Gesù e Maria. + Reca dunque, o Levita, + Benedetti dal ciel giorni soavi + Alla città pentita, + Al Senator che te ne dà le chiavi; + Stringi la briglia nella man paterna + E questo popol tuo reggi e governa. + + Canzon vanne alla sede + Del Pastor cui fu porto + Omaggio di paura e non di fede. + Egli è saggio ed accorto + E se ben tu lo guardi + Gli leggerai nel viso: «È troppo tardi!» + + + + SAMBVCI[*] + + + A voi fecondi clivi + Sabini, a voi vestiti + Di frondeggianti viti + E di feraci ulivi, + Tra cui muggendo viene + Il turbolento Aniene, + + A voi, nel roseo incanto + Del moribondo sole, + Sante d'amor parole + Disse d'Orazio il canto, + Ma del tripudio il giorno + Passò senza ritorno. + + Rade, ai pendii fiorenti + Dove ridean le vigne, + Germoglian le gramigne + Agli sparuti armenti: + Nega al villan la vita + La terra insterilita. + + Che se, vincendo l'arsa + Rabbia del sol rovente, + Sudata lungamente + Cresce la messe scarsa, + Lo scarno agricoltore + La miete al suo signore; + + E a lui la terra magra + Matura il reo frumento + Che gli distilla il lento + Velen della pellagra, + Quando clemente il cielo + Non l'arde in sullo stelo.... + ......................... + + [*] Frammento. Tutti ricordano ancora la fame sofferta dagli + infelici abitatori di Sambuci (Roma) nell'inverno del 1895. + + + + A VENERE GENITRICE + + INNO + + _In lectulo meo per noctes quaesivi + quem diligit anima mea: quaesivi + illum et non inveni,_ + CANT. CANTICOR. III. I. + + + --«Guarda, mortal, le fiamme + De' larghi occhi lucenti + E le chiome fluenti + Sulle superbe mamme. + Guarda! L'estremo lembo + Gittai che ti copriva + La pubertà giuliva + Che mi fiorisce in grembo. + + Vieni e sui fior ti giaci + E me sui fior ricevi; + Tra le mie labbra bevi + Il dolce miel de' baci, + I lombi miei circonda + Con le possenti braccia, + Stringimi al sen la faccia + E l'amor mio feconda.»-- + + Così parlò e sorrise + La Dea porgendo il fianco + Soavemente bianco + Al giovinetto Anchise + Poi volse le parole + In gemiti sommessi + E dei divini amplessi + Fu testimonio il sole. + + Vittima anch'io d'Amore + Omai dispero aita + Poi che la sua ferita + Mi sanguina nel core, + Nè lacrimar mi vale + Nè maledir, costretta + A spasimar soletta + Sul vergine guanciale. + + Che se fugaci istanti + Di pace al sonno chiedo, + Mille fantasmi vedo + Pel glauco ciel vaganti. + Passa sul campo arato + Caldo di nozze il vento + E in se recar lo sento + La febbre del peccato. + + Desta così all'ebbrezza + Del germinar, la terra + Le viscere disserra + Del sole alla carezza + E con le carni e il core + Arsi da fiamme arcane, + Urlan le genti umane + «Amore, amore, amore!» + + Tra l'ombre e gli spaventi + Delle materne selve + Si stringono le belve + In ciechi accoppiamenti + E dalle fulve arene + Che il mar commosso esclude + Perfidamente ignude + Mi chiaman le sirene, + + Mentre di Bromio stanche, + Roche per gli ebbri canti, + Le lubriche Baccanti + Gittan le vesti bianche + E sui compressi fiori + Curvan le rosee forme + Sotto l'impulso enorme + Dei Fauni assalitori. + + E allor mi desto sola + Sul letto immacolato + Coll'urlo disperato + Del mio martirio in gola.... + Deh, morrei pur gioiosa + Se fossi in quel momento + Segnata dal cruento + Stigma di nuova sposa, + + Se nella gonfia mole + Dell'utero fecondo + Balzar sentissi il pondo + Della concetta prole, + Se alfin delle mie pene + Lieta chiudessi il ciglio + Addormentando un figlio + Tra le mammelle piene! + + O Dea, Madre, Signora + Dei vivi e della vita, + Dal mar di Cipro uscita + Al bacio dell'aurora, + Che il premio a noi concedi + Nella tenzon gentile + Ed al vigor maschile + Il fior del sangue chiedi, + + Se di perenni rose + T'ornino ancor l'altare + Le verginelle ignare + E le conscienti spose, + Se l'atra onda Letea + Il biondo Adon ti renda, + Pietà di me ti prenda + Madre, Signora, Dea! + + + + IL PRIMO CAPELLO BIANCO + + + Si levan sospinti dal vento + I bianchi vapori dei monti; + Nel cielo di piombo le nubi d'argento + Cacciate, travolte, nascondono il sol. + + Recando la mota dei letti + Traboccan le torbide fonti; + La piova scrosciando rovina dai tetti + E un largo pantano contamina il suoi. + + Languisce la terra sopita + Nel soffio del freddo aquilone; + Ai rami gelati non torna la vita, + Le gemme aspettanti non s'aprono ancor. + + O fosche giornate d'orrore, + Dov'è la novella stagione? + Dov'è primavera fragrante d'amore + Che scalda e feconda le nozze dei fior? + + Deh, riedi e coi giorni più miti, + O maggio, conduci il sereno: + I canti dei nidi sui peschi fioriti, + L'odor delle rose risveglia con te. + + Infondi coi baci del sole + La vita nel freddo terreno, + Fiorisci le zolle di fresche viole, + Ravviva i ligustri degli alberi al piè. + + O maggio, e doman tornerai + Dai fior salutato e dal canto; + A tutti doman la gioia darai, + Io sola piangendo tornar ti vedrò. + + Io sola son morta all'affetto, + Io sola mi struggo nel pianto; + Letizia di vita non sento nel petto, + Germoglio d'amore nel sangue non ho. + + Il verno da me più non toglie + L'orror delle bianche pruine; + Al sole di maggio il gel non si scioglie, + Il gelo di morte che il cor mi coprì. + + Il primo capello canuto + Quest'oggi mi svelsi dal crine.... + Ah, giovane tempo, sì presto caduto, + Con te la speranza quest'oggi morì! + + + + SONETTI DECADENTI + + + DIES + + Il sole brucia implacabile, uguale, + Le stoppie gialle del pian vaporoso, + L'azzurra volta del ciel luminoso + Riflette in terra la fiamma estivale. + + Non move foglia. La vita animale + Langue in un grave sopor neghittoso + Turba la pace al meriggio affannoso + Solo un molesto frinir di cicala. + + Sull'erba verde, nel bosco frondoso, + Fresco t'ho fatto di fiori un guanciale + E tu vi adagi le membra al riposo. + + Dormi discinta nell'ombra ospitale + Ed io contemplo con l'occhio bramoso + L'onda del petto che scende e che sale. + + + NOX + + Dell'alta notte la negra magia + M'empie il cervello, mi filtra nel core. + Un soffio passa sull'anima mia, + Un freddo soffio che m'empie d'orrore. + + Sente di fuori, l'orecchio che spia, + Strani bisbigli che metton terrore, + Ma nelle case la vita s'oblia + Come annegata in un denso stupore. + + Solo nel buio, laggiù, della via, + Dietro una tenda, l'immobil candore + Un lume fioco da lungi m'invia. + + Rischiara forse il discreto bagliore + Lo spasimar d'un atroce agonia + Od il gioir d'una notte d'amore? + + + APENNINO + + O monti, albergo di pace infinita, + Ancor nel vivo ricordo rimane + Il susurrar delle chiare fontane + Tra la fragranza dell'erba fiorita + + E il tremolar della luce salita + Coll'alba fresca alle cime lontane + Nel rado vel delle nebbie montane + Su i boschi pieni di canti e di vita + + E nel tepor della rorida mane + Fioco il belar dell'agnella smarrita + Od il rintocco di meste campane. + + Oh, nel mister della selva romita + Fuggir con lei dalle cure mondane + E tra i capelli sentir le sue dita! + + + ADRIATICO + + Il mar lambendo instancabile e lento + La sabbia fina dell'umida sponda, + Con ritmo uguale mandava un lamento, + Quasi un singhiozzo, alla notte profonda. + + Occhi benigni, le stelle d'argento + Guardavan fisse la terra feconda. + Amor vagava nel ciel sonnolento + Ed io sperai la fortuna seconda. + + Il cor t'apersi con timido accento, + Sfiorai col labbro la chioma tua bionda + Ed al trionfo credetti un momento.... + + Addio, fantasmi d'un'ora gioconda, + Sogni d'amore dispersi dal vento, + Care speranze cadute nell'onda! + + + MILLE + + Al suo balcone s'affaccia beata + La dama, tratta dal maggio fiorente. + Il sol carezza la treccia dorata, + La rosea gota ed il labbro ridente. + + Il giovin paggio da lunge la guata + E tutto caldo d'amore si sente + Nè gli par cosa terrena e creata, + Ma ben di cielo angioletta vivente. + + Correr vorrebbe a battaglie cruente, + Soffrir pugnando una morte spietata + Sol per averne uno sguardo clemente; + + E pur la dama dagli occhi di fata, + E pur la bianca angioletta piacente + Dal dì che nacque non s'è più lavata! + + + SETTECENTO + + Mormora l'arpa toccata in sordina + Lento un motivo che par minuetto. + Lenta la dama danzando s'inchina, + Tutta eleganza, sussiego e belletto. + + Di nei segnata, la pelle argentina + Manda un profumo sottil di zibetto: + Sotto una nebbia di candida trina + Ansano i bianchi segreti del petto. + + Danza e sul molle tappeto trascina + La ricca vesta ed il piè piccioletto + Col portamento d'altera regina. + + Tutti scoraggia col rigido aspetto, + Con l'occhio pieno di calma divina, + E lo staffiere l'attende nel letto. + + + PAROLE + + Dolci parole d'amor, susurrate + Presso i cespugli fioriti di rose, + Parole dolci, parole gioiose, + Appena dette che mai diventate? + + Salite al cielo col vento e volate + Degli angioletti alle labbra amorose, + O, come accade dell'ottime cose, + Parole dolci, nel nulla tornate! + + Ahi, che piuttosto all'inferno dannate + Sì come streghe mendaci e schifose, + Forma e veleno di biscie pigliate + + E, tra i cespugli nativi nascose, + Mordete al core gli amanti e li fate + Vittime e strazio di cure gelose! + + + MUSICA + + L'ultime note languenti, velate, + Muoiono come sospiri sonori + In un tripudio di mazzi di fiori + In un profumo di donne scollate. + + E il sangue tende le arterie gonfiate, + Passan su gli occhi fugaci bagliori; + Tutta la vita prorompe di fuori + Sotto l'impulso di forze ignorate. + + Allor le forme ci sembran mutate + E ridipinte di strani colori, + Quasi fantasmi di cose sognate. + + Poi tutto passa; ma resta nei cuori + Come un rimpianto di gioie passate, + Come un presagio di nuovi dolori. + + + + MORBUS + + + Chi, quando il giorno muore, + Ode, seguendo il Gange, + La tortora che piange + Sotto i roseti in fiore + E, lungo l'acque stanche + Specchio alle palme nere, + Vede passar le schiere + Delle pagode bianche, + + Lento discerne ancora + Fumar dal tardo fiume + Il denso putridume + Che in faccia al sol vapora, + E galleggiar sull'onde + Carogne omai disfatte + Che l'acqua gialla sbatte + Sulle fangose sponde. + + Lungo i giuncheti pigri, + Nido di serpi immani, + Piangono i caimani + E ruggono le tigri, + Mentre nell'aria bassa + Del crepuscolo torvo + Gracchia sinistro il corvo + Sazio di carne grassa. + + Allor nel plumbeo cielo + S'erge dall'acqua oscura + D'un angiol la figura + Chiusa da un fosco velo, + E sale a poco a poco + Sul livido orizzonte, + Gocciando dalla fronte + Sangue, veleno e fuoco. + + Sale gigante e solo + Dell'universo in faccia, + Tende le negre braccia, + Apre l'immenso volo.... + Ah, invan chiudi le porte, + Trista progenie d'Eva; + Ecco, su te si leva + L'angelo della morte! + + E passa infaticato + Sulle città fastose, + Sovra le ville ascose, + Sovra il castel merlato, + Sul casolar che ride + Di sue virtù contento.... + Passa solenne e lento + E dove passa, uccide. + + Sul suo cammin, segnato + Dai morti e dai morenti, + Alto le umane genti + Mandano un ululato. + L'orror dell'ecatombe + Fin la speranza scaccia + E mancano le braccia + Per iscavar le tombe... + + Del cor premendo i moti, + Sbarrando gli occhi tardi, + Inchiodano i vegliardi + Le bare dei nipoti; + Col pianto sulle gote + Le madri moribonde + Piegan le teste bionde + Sopra le culle vote. + + Dubita l'uom che venga + Il mondo all'ore estreme + E guata in alto e teme + Che il sole in ciel si spenga, + Mentre gli grida il prete: + «Guai nel gran giorno all'empio! + »Portate l'oro al tempio, + »Poichè doman morrete!» + + Sul sacro limitare + Cadono allor gli oranti, + Lordan gli agonizzanti + Le pietre dell'altare + E pur la turba stolta + Che ciecamente adora, + Inginocchiata implora + Iddio, che non l'ascolta. + + Turba, che il vacuo gelo + Della tua fede or tocchi, + Muori, volgendo gli occhi + Inutilmente al cielo. + Alle pupille offese + Il vero or si disserra: + Non ti mentì la terra + Quando per lei ti chiese, + + Non ti giurò promesse + D'un avvenir mal certo, + Ma dal suo fianco aperto + Ti germogliò la messe. + Giovin, dell'odio invece, + L'amor ti accese in seno, + E per un giorno almeno + Miglior di Dio ti fece. + + + + ELEZIONI + + + Musa mia dolce, che le alterigie + De' carmi arcigni non hai sul viso, + Tu che rallegri l'ore mie grigie + Di stravaganti scoppi di riso + E volentieri mostri la pelle + Dai larghi strappi de le gonnelle, + + Musa mia dolce, vieni, discendi + A la solinga mia cameretta; + Avide ai baci le labbra tendi, + Libera i lacci de la fascetta, + Sciogli la chioma bruna e ricciuta + E chiudi l'uscio. L'ora è venuta, + + L'ora in cui l'odio fermenta e invade, + Lurida peste, le menti e i cuori; + In cui la gente giù per le strade + Rutta bestemmie, rece rancori + E, masticando laide querele, + Inghiotte o sputa veleno e fiele. + + Ognuno in queste turpi giornate + Morde o calunnia, froda o minaccia. + Lo sterco e il fango colto a manate + All'avversario si scaglia in faccia. + Riddano in piazza, lerci e impudichi, + Spie, deplorati, ruffiani e plichi: + + E i giornalisti, tinta di loia + La meretrice penna d'acciaio, + Pur che sia piena la mangiatoia + Vendon la feccia del calamaio + Per imbrattarne l'onore altrui, + Quasi superbo che paghi Lui. + + Indi, nell'ora concessa al voto, + Cupi, nervosi, van gli elettori, + Parlando basso col viso immoto,-- + Guatando come cospiratori + E in ogni canto dice un cartello: + _Votate questo!.... Votate quello!...._ + + Entro la sala buia e fetente, + Sozza la gromma vernicia i muri + E intorno a un desco men che decente + Seduti in cerchio cinque figuri + Veglian con l'occhio cogitabondo + L'urna di vetro dal doppio fondo. + + S'apre la chiama. Nel pigia pigia + Vota ciascuna pecora sciocca. + Ardono alcuni di cupidigia, + Ad altri l'ira torce la bocca, + Ma quasi tutti, dopo votato, + Palpano il prezzo del lor mercato; + + E tutti, uscendo, da un reo contagio + Attossicato sentono il cuore. + Chi entrò dabbene n'uscì malvagio, + Chi entrò ribaldo n'uscì peggiore. + Chi vinse, il turpe bottino aspetta, + Chi perse, spera nella vendetta. + + Ecco i comizi! Di quando in quando, + Se non accade qualche sinistro, + Dall'urna falsa sbuca onorando + Un frodolento caro al ministro, + O un imbecille pien di commende; + E l'un si compra, l'altro si vende. + + Or perchè debbo far da mezzano + All'ingordigia di Calandrino? + Perchè mi debbo lordar la mano + Scrivendo il nome d'uno strozzino? + Perchè gettarmi nella battaglia + Sotto gli sputi della canaglia? + + Musa mia dolce, sulla tua faccia + Ride un giocondo color di rosa. + Passerò lieto fra le tue braccia + Il giorno laido, l'ora schifosa. + Sciogli la chioma bruna e ricciuta + E chiudi l'uscio. L'ora è venuta. + + + + DOPO IL PLICO + + + Meglio, Trento, per te se dalle mura + Sante aspettasti invano + Il vessillo che i patti e la paura + Respinsero lontano. + + Meglio, Trieste, indarno a queste sponde + Tener l'anima fissa; + Meglio indarno aspettar che lavin l'onde + La vergogna di Lissa. + + Deh, non cercate della madre il petto, + Figlie aspettanti ancora, + Poichè il fracido cancro ond'egli è infetto + O uccide o disonora. + + La madre, del vessillo a tre colori + S'è fatta un origliere + Per fornicar co' suoi commendatori + Scappati alle galere. + + Vende l'onore de' suoi figli morti, + Gioca le glorie avite + E fa copia di se negli angiporti + Delle banche fallite. + + Questa, questa è colei per cui sperate + Cessar le vostre pene + Ed essa per paura ha patteggiate + Fin le vostre catene; + + Ed essa, in Roma, penitente adora + La fraude vaticana + Baciando la rea man che gronda ancora + Del sangue di Mentana.... + + Ah, no, questo di vizi ampio carcame + Che al bacio vil si prostra, + Ah, no per Dio, questa bagascia infame + Non è la madre nostra. + + Mentì chi l' disse! O voi, dai fortunati + Sepolcri ove dormite, + Martiri nostri ormai dimenticati, + Levatevi e venite! + + Voi che gridaste Italia e il piombo intanto + Vi rompea la parola, + Voi che ne confessaste il nome santo + Col capestro alla gola, + + Smascheratela voi la svergognata + Che adultera col prete; + Dite a questa carogna incoronata + Che non la conoscete. + + Altra è la sacra Italia, amor dei forti + Che un dì fu vostra cura. + Oh, destatela voi, poveri morti, + Se i vivi hanno paura! + + Fate che torni e nella destra rechi + Una spada infocata + Contro questi ladroni obliqui e biechi + Che l'han vituperata. + + Arda col foco suo fin che bisogna + Questa stalla d'Augìa, + Tagli col ferro la civil vergogna + E la giustizia sia! + + + + DA CAPO + + _Consurgite et ascendamus in meridie,_ + JEREM VI, 4. + + + Se nella mesta sera, + Cinto di luce strana, + Lo scoglio di Caprera + All'occidente levasi + Superbo sulla nera onda lontana, + + Il marinar che passa + Sull'agile naviglio + Tien la bandiera bassa + E tra le palme ruvide + Il duro capo abbassa e china il ciglio. + + Là, nella calma enorme + Della morente luce, + Sotto il granito informe, + Presso le acacie memori + L'ultimo sonno dorme il nostro duce. + + Dorme il Messia invocato + Nel giorno del dolore, + Dorme il gentil soldato + Che amò come una vergine + E col suo s'è fermato il nostro core. + + Quando il leon scoteva + L'ampia cesarie d'oro, + Un popolo sorgeva + Bello, gagliardo e giovane + Che la pugna chiedeva e non l'alloro; + + Sorgean gli eroi sublimi + Che il duce taciturno + Primo davanti ai primi + Guidava all'ardua carica + Contro Calatafimi e sul Volturno; + + Poi, rotta nel cimento + La schiera e pur non doma, + Cadea senza un lamento, + Mal vendicata vittima + Sul colle di Nomento in faccia a Roma. + + Nè alcun tendea la mano + A mendicar mercede, + Nè per voler sovrano, + Nè per clamor di popolo + Mentiva il capitano alla sua fede, + + Chè il duce ed il soldato + Chiudevan ne' petti ardenti + Il cor di Cincinnato + E ai solchi ritornavano + Del plauso non cercato assai contenti. + + Ed or che resta? O santo + Sangue versato invano, + O fior d'Italia, pianto + Un dì con tante lagrime, + Or ti mette all'incanto il pubblicano! + + O gloria unica al sole, + Pura in tante vicende, + Alla crescente prole + Pura dovevi scendere + E ti compra chi vuole e ti rivende! + + Tutto governa l'oro, + Tutto è sottil garrito + Di legulei nel foro + E de' comizi il traffico + Frutta come tesoro al più scaltrito. + + Il suo veleno occulto + Ci mesce la menzogna + E gli ebri, nel tumulto + Dell'ira, si barattano + La calunnia, l'insulto e la vergogna. + + Ahi, della prima schiera + Non resta alcuno in vita? + Dunque laggiù a Caprera + Col biondo Cristo italico + L'incolpevol bandiera è seppellita? + + Ah no! Sacra coorte, + Per l'ultima battaglia + Ti risparmiò la morte: + Inerme e pur terribile + Di Roma su le porte ancor ti scaglia. + + Non sangue essa ti chiede, + Ma invoca i difensori. + Schieratevi al suo piede, + Voi forti, e proteggetela + Con l'incorrotta fede e gli alti cuori. + + Trombe dal sonno scosse + Sonate alla raccolta! + Correte alle riscosse, + Salvate voi la patria, + Vecchie camicie rosse, un'altra volta! + + Alto il vessillo alzate + De' traditori a fronte..... + Ma voi, deh, riposate + Nelle giberne lacere + Cartucce non sparate all'Aspromonte! + + + + PRIMO MAGGIO MDCCCXCV + + + Passano lenti. Un lampeggiar febbrile + arde a ciascuno il ciglio. + Passan solenni e da le dense file + non si leva un bisbiglio. + + Toccandosi le mani ognun di loro + cerca il vicin chi sia. + Se i calli suoi non vi segnò il lavoro, + quella è una man di spia. + + Sotto l'aspra fatica e il reo destino + molti già son caduti, + molti il carcer ne tiene od il confino, + e pur sono cresciuti. + + Striscia il gran serpe de la folla oscura + dei ricchi su le porte. + Dentro, nello stupor de la paura, + si ragiona di morte. + + Intanto il passo de la muta schiera + allontanar si sente + e nel silenzio de la fosca sera + spegnersi lentamente. + + Ecco allora Epulon, vinto il terrore + socchiude l'uscio e guata + e dice: «lode a Crispi ed al Signore, + anche questa è passata!» + + * * * + + È passata, ma invan te ne compiaci + ne l'allegre parole. + Son gli antichi rancor troppo tenaci + per tramontar col sole. + + Nel ferreo pugno non hai più la plebe + che serva un dì schernivi: + germina l'odio da le pingui glebe + che mieti e non coltivi. + + Ne le officine fumiganti e nere + contro te si cospira: + sotto la casa tua, ne le miniere, + pronta allo scoppio è l'ira + + e mal ti gioverà crescer guardiani + a le porte sbarrate; + l'armi custodi del tuo aver, domani + da chi saran portate? + + Chi ti difenderà domani, quando + le turbe mal nudrite + assedieranno le tue case, urlando: + «è il primo maggio: aprite?» + + Oh, ben gli sguardi noi tendiam levati + a l'avvenir fecondo + e tu chini la fronte! I tuoi peccati + hanno stancato il mondo. + + + + NOVEMBRE + + + Addio sorrisi dell'albe rosate, + Addio tramonti che d'oro parete! + Novembre porta le tristi giornate + E delle nebbie la bigia quïete! + + Gli uccelli migran in file serrate + Cercando a volo contrade più liete, + Ma noi restiamo, calcando immutate, + Sul fango vecchio, le vie consuete. + + Restiamo e sempre le stesse infinite + Noie e le stesse speranze remote + C'infliggeranno le stesse ferite. + + Finchè abbassando le teste canute, + Chinando al suolo le pallide gote, + Qui marcirem come foglie cadute. + + + + MENTRE PARTONO + + + Tu che aprendo il mercato alla menzogna + Alto salir potesti + E che senza pietà, senza vergogna, + Vivo, di noi ridesti, + + Or nella tomba dormirai contento + Buon vecchio di Stradella, + Che accompagnar solevi al tradimento + L'arte di Pulcinella. + + Dormi, buon vecchio, ormai dimenticato + Dai servi e dai rivali + E sogghigna se 'l puoi. T'han perdonato + I morti di Dogali. + + A ben più grave e più feroce guerra + L'Italia è condannata; + Nuovo sangue latin beve la terra + Dell'Eritrea bruciata. + + Nuove vittime ancor di rei consigli + Cadran sull'arse arene + E nuove madri cresceranno i figli + Per ingrassar le iene! + + Lascia, scarno villan, lascia il sudato + Solco a te non diviso. + Tu non devi morir dove sei nato, + Dove amor t'ha sorriso. + + La gentil civiltà de' tuoi signori + Ti spinge alla battaglia. + Va, povero villano, uccidi e muori. + Dopo, avrai la medaglia. + + E mentre i legulei ti lauderanno + Con sonanti parole, + Oh, come l'ossa tue biancheggieranno + Gloriosamente al sole! + + Sulla sabbia deserta e funerale + Rotoleranno al vento, + Ma in qualche trivio della Capitale + Sorgerà un monumento. + + Su cui tra i bronzi falsi e le sculture + Dell'arte a buon mercato + Sarà il tuo nome, o buon villan, se pure + Non l'han dimenticato. + + Piange intanto colei che la tua culla + Vegliò amorosa e forte; + Piange le tristi nozze una fanciulla, + Le nozze con la morte. + + Ma il padre invece, al ciel rivolto il ciglio, + Giunte le palme grame, + Dice:--beato te povero figlio, + Che non avrai più fame.-- + + + + ALPINI + + + Quando l'ora verrà, l'ora che deve + Esser l'estrema che vedrete al mondo, + Voi cercherete invan col moribondo + Occhio l'alpe natìa, bianca di neve. + + E indarno de' ghiacciai la brezza lieve + Ricercherete nell'ansar profondo. + Oh, quanto lungi al labbro sitibondo + Saran le fonti ove il camoscio beve! + + Ahimè, madri dolenti e fidanzate + Dolenti, dite voi se questo è il santo + Il giocondo avvenir che sognavate? + + Vanno all'inutil sacrificio e intanto + Noi veneriam le vanità sfacciate + Cui piacque il sangue loro e il vostro pianto! + + + + ULTIME NOTIZIE + + + Le madri, nel tormento + Crudel d'un dubbio arcano, + Cercan con l'occhio intento + Qualche speranza invano. + + Non sale un noto accento + Dall'aspettante piano, + Non una vela al vento + Sul freddo mar lontano! + + Ed ecco, il messaggero + Nunzio della fortuna + Passa sul lor sentiero, + + E a lui chiede ciascuna, + Bianca d'angoscia, il vero: + «Che novità?»--«Nessuna!!» + + + + PISCICOLTURA + + + Se un pesce grosso sparpagliò cambiali + E non le ha mai pagate, + O le pagò col voto, i suoi giornali + Dicon: «cose private!» + + Se vende un gran cordon, poscia negato, + E lo vende a un briccone, + Son cose che riguardan l'avvocato, + Cose di professione. + + Se il Codice Penal soffre gli sfregi + De' suoi superbi sprezzi, + Se fa comprare o vendere i Collegi, + Sono pettegolezzi. + + Ma se un pesce piccin, stando digiuno + Sente un po' d'appetito, + Peggio poi se lo dice a qualcheduno, + È subito ammonito. + + Se gli sembra che il secolo egoista + Viva delle sue spoglie, + Se incappa in qualche idea da socialista, + San Stefano lo coglie. + + Se vede Bosco o De Felice in sogno, + Se soffre e non dispera, + Se ha visto il Lega fare il suo bisogno, + In galera! in galera! + + + + SERMONE DI NATALE + + + O Messia profetato ai sofferenti, + Pietoso un dì consolator del mondo, + Inutilmente ormai torni alle genti, + Bambino biondo! + + Non è più il tempo in cui l'amor potea + Illuminar le menti e incender l'alme, + In cui per te Gerusalemme avea + Osanna e palme. + + O dilettose al cor notti stellate + De' colli galilei sui dolci clivi, + Tra il canto delle donne innamorate, + Sotto gli ulivi; + + O susurranti al sol gaie fontane, + Di solinghi riposi allettatrici, + Cui sale la canzon delle lontane + Spigolatrici; + + O vigne d'Israel che i dolci frutti + Maturaste all'umil schiera seguace, + Voi non l'udrete più chieder per tutti + Giustizia e pace! + + E tu, benigno, che a cercar scendevi + L'agnel che si smarrì nella campagna + E l'Evangelo dell'amor dicevi + Sulla montagna, + + Guarda! Un'idolatria cauta e discreta + Agli Apostoli tuoi cresce l'entrate. + Pietro che ti negò, batte moneta; + Tommaso è frate. + + Il sangue che grondò dalla tua croce + Oggi feconda l'odio e non l'amore. + Presso al complice altar veglia feroce + L'inquisitore. + + L'astuta ipocrisia dell'egoismo + Che la ragione all'util suo sommette, + Distilla le bugie del catechismo + Nelle scolette + + E nella Chiesa che chiamar non sdegna + Santo l'inganno e la menzogna pia, + Angelico Dottor, Barabba insegna + Teologia. + + Perchè tornar se alla novella pena + Oggi trarresti inutilmente il fianco? + Più balsami non ha la Maddalena + Pel rabbi stanco. + + Non si ricorda più d'averti amato, + Ma, isterica romea, col bacio scende + Al laido piè che, del tuo nome ornato, + Caifa le stende: + + E colei che chiamar madre ti piacque + E nel sepolcro il corpo tuo compose, + Or vezzeggia i clienti e vende l'acque + Miracolose. + + Fuggì, foggi da noi, bambino biondo: + Torna piangendo dal presépe al cielo. + Il Sillabo di Pio cacciò dal mondo + Il tuo Vangelo. + + Dall'avarizia vinta e dal peccato + La tua fede morì povera e nuda. + Oggi nel nome tuo regna Pilato, + Governa Giuda. + + + + ALLE MADRI + + _Dedicato + ad Anna E......._ + + + Madri, lo ricordate il dì sereno + In cui d'amore il pegno + La prima volta nel fecondo seno + Vi diè di vita un segno? + + Con che orgoglio gentil del grembo incinto + Allor vi compiaceste! + Come la culla col materno istinto + Morbida gli faceste! + + E poi che al suo vagir tacque il dolore + Del fianco insanguinato, + Con che speranze, o madri, e con che cuore + Benediceste il nato + + E nutrito di voi lo riscaldaste + Stringendolo sul petto, + E se morte il ghermìa, glielo strappaste + Col prepotente affetto! + + Lo cresceste così, biondo fanciullo, + Sovra i fidi ginocchi, + Vegliando il primo passo e il suo trastullo + Con l'anima negli occhi + + E speraste veder l'ore supreme + In braccio a lui più liete.... + Quanto amor, quanti baci e quanta speme, + O madri che piangete! + + Ed ora? I vostri figli a mille a mille + Cadder lungi da voi + Perchè un ladro impazzito e un imbecille + Si son creduti eroi. + + E vi tentano ancor, gli scellerati, + Con le astute parole, + Ma i cadaveri nudi e mutilati + Si putrefanno al sole, + + Ma già dai loro immondi antri, le iene + Calando irsute e scarne, + Leccano il sangue de le vostre vene, + Straccian la vostra carne! + + E il delitto cadrà nel grave oblio + In che omai tutto langue? + No, levatevi voi, donne, perdio, + Raccogliete quel sangue, + + Gettatelo ululanti e scapigliate + Dei colpevoli in faccia; + Quando il giorno verrà, non dubitate, + Ne troverem la traccia; + + E dite agli altri, o neghittosi, o incerti, + «Pietà di noi vi prenda! + La nostra patria è qui, non nei deserti + Dell'Abissinia orrenda! + + Pietà, chiediam pietà, madri dolenti, + Figlie, sorelle, spose; + Pietà, per gl'insepolti e pei morenti + Su l'ambe sanguinose! + + Non tolga vite ai campi, a le officine, + La conquista rapace. + La nostra patria è qui. Datele alfine + La giustizia e la pace!» + + Dite così. Ma se domani ancora + Tripudieranno i ladri + E moriranno gl'innocenti, allora, + O dolorose madri, + + Non porgete più latte al mite Abele + Che s'acconcia al destino, + Ma raccogliete ne le poppe il fiele + Per allevar Caino. + + + + AGLI EROISSIMI + + + Giusti della fallita Apocalissi, + Marci Porci Catoni, in questo errai + Che delle birberie forse ne scrissi, + Ma non ne feci mai. + + Oh se n'avessi fatto, e lo potevo, + Di che frasche m'avreste incoronata! + Un'abiura e tra i grandi anch'io sedevo, + Illustre deplorata! + + Ma l'arte di lustrar le scarpe ai ladri + Curvando il dorso, mi negò natura; + Perciò gridate che incitai le madri + A strillar di paura. + + Chi parla di viltà? Chi con gagliarde + Frasi, dopo il caffè, facil tribuno, + Povere donne, vi chiamò codarde + Perchè vestite a bruno? + + Chi fumando in poltrona, empie i giornali + Di vendette, di stragi e di rovine, + Da la ciambella moderando l'ali + Dell'aquile latine? + + Chi dei debiti nuovi alla conquista + Le apostrofi all'onor guida in falange + E soggioga lo Scioa dal liquorista, + Insultando chi piange? + + Ah, siete voi? Salute o ben pensanti, + In cui l'onor s'imbotta e si travasa; + Ma dite un po', perchè gridate «avanti!» + E poi restate a casa? + + Perchè, lungi dai colpi e dai conflitti, + Comodamente d'ingrassar soffrite, + Baritonando ai poveri coscritti + «Armiamoci e partite?» + + Partite voi, se generoso il core + Sotto al pingue torace il ciel vi diede. + O Baiardi, è laggiù dove si muore + Che il coraggio si vede, + + Non quì, tra le balorde zitellone, + Madri spartane di robuste prose, + Che chieggon morti per compor corone + D'alloro, ahi, non di rose! + + Ma no, non partirete! A questi tempi, + Se dovesse mancar «la parte sana,» + Chi resterebbe a predicar gli'esempi + Della virtù romana? + + Chi resterebbe a consolar coi detti + Le vedove beltà che il bruno adorna? + Chi li farebbe i brindisi ai banchetti + Per chi parte o chi torna? + + Ah, forti Aiaci della guerra a fondo, + Ussari della morte, ah, non tentate + D'uscir di qui per conquistare il mondo, + Perchè, se ve ne andate, + + Forse la vigna che godeste voi + Fruttar potrebbe ad operai più scaltri... + No, restate, restate a far gli eroi + Con la pelle degli altri! + + + + QUANDO IL MUNICIPIO DI BOLOGNA + FESTEGGIÒ LA B.V. DI S. LUCA + ESPONENDO I CENCI ANTICHI + PER INVITO DEI CLERICALI + MASCHI E FEMINE + + + Dicono--Gesù mio, quanto schiamazzo + Per due vecchi tappeti! + Nemmen se ritornassero in Palazzo + Gli Svizzeri ed i preti! + + I contadini a non vederli esporre + Ci credevan birbanti; + Sono elettori anch'essi e quando occorre + Votan pei ben pensanti. + + Che v'importan quei cenci o i _Credi_ fatti + Recitar nelle scuole? + Siam liberali. Non badate agli atti, + Badate alle parole. + + Rispondono--I tappeti alla ringhiera + Non son stracci e cimosa; + Cencio di pochi palmi è una bandiera, + Ma vuol dir qualche cosa. + + O le liste da chi furono empiute + E da chi consigliate? + Voi ci diceste; non le abbiam vedute: + E pur lo sapevate! + + Confessatelo, via, siate leali, + Poichè non siete scaltri: + Voi pascete di fumo i liberali + E d'arrosto.... quegli altri. + + Ma v'è chi dice--Ecco, Bisanzio ancora + Con le ciarle si regge + Dei cento legulei della malora + Che gli falsan la legge. + + Lasciamoli cianciar del più e del meno, + Lasciamoli garrire; + Noi guardiamo più in alto, ad un sereno, + Ad un santo avvenire. + + Noi guardiamo più in alto e questa bassa + Miseria non ci tange. + Con ben altra eloquenza il cor ci passa + La voce di chi piange! + + Ma quando il pianto cesserà e verranno + Ben altre feste, allora + Quelle coltri lassù, riscalderanno + Il letto a chi lavora. + + + + L'IDILLIO DI ORLANDO + + Che non può far d'un cor ch'abbia soggetto + Questo crudele e traditore Amore, + Poichè ad Orlando può levar dal petto + La tanta fè che debbe al suo Signore! + ARIOSTO, Orl. Fur. C. IX, I. + + + Apparia tremolando all'orizzonte + La tenue luce della nuova aurora + E la vaghezza delle rosee impronte + Crescea più viva coll'andar dell'ora, + Quando, sul fido Brigliadoro, il Conte + Uscì pensoso di Baldacco fuora + E d'ignoti sentier sull'erba molle + Lentamente discese il verde colle. + + Come giovine sposa, allor che il sole + Fra le cortine del balcon s'affaccia + Lascia lenta le coltri e volger suole + Al conscio letto con desìo la faccia, + Ma, rivestita poi, non più si duole + Rimemorando i baci e il sonno scaccia, + Indi lieta intrecciando il crin disciolto + Canta allo specchio e amor le ride in volto. + + La natura così malvolentieri + Dai notturni riposi uscir parea + Semivelata dai vapor leggeri + Che lenta l'aura del mattiti movea, + Ma poi ridesta e de' color primieri + Rifiorendo col dì, tutta fremea + In un gaudio fecondo, in una ebbrezza + Di gioventù, d'amore e di bellezza. + + Non sgomentati del cavallo ai passi + L'inno di gioia ripetean gli augelli, + Pareano susurrar tra l'erbe e i sassi + Giocondi epitalami anche i ruscelli. + E i caprifogli penduti dai massi, + Scotendo i rami a guisa di capelli, + Gocciavan perle di sottil rugiada + Sulle nozze de' fior lungo la strada. + + Nel tripudio d'amor ringiovanita + La pianura parea tutta un giardino + Che vaporasse tepida e squisita + La fragranza de' fiori al ciel turchino, + Sì che pien di desìo, gonfio di vita, + S'apriva il chiuso cor del Paladino + E conquisa cedea l'anima fiera + Alle lusinghe della primavera. + + Dimenticò Re Carlo e i suoi baroni + E il santo gonfalon del fiordaliso, + I giganti, le fate e gli stregoni, + Gano schernito ed Agramante ucciso. + Dimenticò gli assalti e le tenzoni + Tra lo stuol battezzato e il circonciso + E vide col pensier mille rosate + Imagini di donne innamorate. + + Rivide Olimpia, offerta all'esecrando + Mostro, chieder mercè nuda e tremante + E passar sorridendo e sospirando + Fiordispina, Isabella e Bradamante. + Vide Marfisa non curar pugnando + Le salde nudità del petto ansante + E d'Angelica sua gli occhi procaci + Languir di gaudio di Medoro ai baci. + + Allor si sentì solo e in cor gli scese + Gelida un'onda di malinconia, + Tal che a se stesso dubitando chiese + Se la gloria non fosse una pazzia; + Ed una voce in fondo al core intese + Dirgli: «che val la tua cavalleria + »Che valgon le tue gesta e il tuo valore + »Senza un bacio di donna e senza amore?» + + Discendeva così fantasticando + Intorno a questa sua doglia novella, + E sospirava fieramente, quando + Vide dal bosco uscire una donzella + Che raccogliendo fior venìa cantando + Soavemente e la persona bella + Di tal vivo desìo lo prese e punse + Che spronò Brigliadoro e la raggiunse. + + Si trasse l'elmo, dall'arcion si sporse + E con voce tremante amor le chiese. + Lentamente a mirarlo il viso torse + La giovinetta ed a sorrider prese. + L'occhio le scintillò, ma quando scorse + La croce sull'usbergo e sul palvese, + La scintilla si spense ed il sorriso + Subitamente le sparì dal viso. + + E disse: «Cavalier, tu porti in petto + Del Dio che adori il segno e la dottrina + Tu segui Gesù Cristo, io Maometto; + Tu sei di stirpe Franca, io Saracina; + Io cingo fiori al capo e tu l'elmetto, + Tu sei nato possente ed io tapina; + Vanne e ti basti sol ch'io ti confessi + Che t'amerei se tu a Macon credessi.» + + Eh, come lieti tra le verdi fronde + Cantavano gli augelli i novi amori, + Come all'aura d'april le rubiconde + Corolle aprivan tripudiando i fiori, + Come splendeano al sol le chiome bionde, + Come ridevan gli occhi incantatori, + Allor che il Paladin vinto si diede + E per un bacio rinnegò la fede! + + + + AI REDUCI DALLO SCIOA + + + Quando spuntar vedrete a l'orizzonte + Questo suol benedetto e sospirato + E la brezza natia su l'arsa fronte + Il bacio vi darà del ben tornato; + + Quando in folla calar vedrete al lido + I cari vostri a salutar le prore + E il dolce vento de la patria, il grido + Vi porterà de l'aspettante amore; + + Quando nel cor di rimembranze pieno + L'impeto cesserà de la tempesta + E, consolati, sul materno seno + Riposerete alfin la stanca testa; + + Se vi parrà d'udir fioco un lamento + Che seco il pianto e la tristezza porti + Ascoltatelo pur senza sgomento; + «Quella è la voce dei compagni morti + + Che dice:--«All'avvenir sorridevamo + Quando il destino ci portò con lui + Ed ecco che con voi non ritorniamo, + Noi mal sepolti ne la terra altrui. + + Ma, dite, la giustizia alzò il flagello + Su gli eroi da poltrona e i paladini? + Chi come bestie ci cacciò al macello, + Il supplizio subì degli assassini?--» + + Voi rispondete:--«Ahimè, dormite in pace + Del triste campo nel silenzio enorme! + Qui dei delitti la memoria tace, + Qui stipendiata la giustizia dorme. + + Sovra i tumuli vostri erra feroce + La iena e ne la notte urla il leone, + Ma gli eroi da poltrona hanno la croce + E gli assassini vostri han la pensione». + + + + NOTTE D'AUTUNNO + + + Infuria il vento e nella bieca notte + Fredda la piova incalza. + L'acqua che stroscia dalle gronde rotte + Sui ciottoli rimbalza. + + Entro l'oscurità profonda e vuota + Delle vie taciturne + Guizzan, specchiate nell'immonda mota, + Le fiammelle notturne + + E nel sordido fango e nel pattume + Putrefatto del suolo, + Miserabile spettro, agita il lume + E fruga il ciccaiolo. + + Quand'ecco dal silenzio esce lontano + Scalpito d'una rozza + E tra la pioggia, il vento ed il pantano, + Appare una carrozza + + Che in un dirugginìo di chiavistelli + Trabalza oscenamente, + Col profilo dei birri agli sportelli + E le lanterne spente. + + E il ciccaiol che vive razzolando + Nel brago e nel fetore, + Sente lo schifo e brontola sputando: + «Passa un commendatore!» + + + + IL MIO CUORE + + + Il mio cuore è uno scrigno di velluto + Che con sette sigilli è sigillato, + Molti voller saperne il contenuto, + Ma nessuno finor l'ha indovinato. + + Lungamente il segreto ho mantenuto + E, il labbro come il cor tenni serrato, + Ma più a lungo tacer non ho potuto + Ed i sette sigilli ho lacerato. + + Sappiate dunque che nel cor segreto + Chiudo i ricordi del tempo remoto, + I fiori secchi dell'april mio lieto, + + Fra cui quest'oggi, per gentile invito, + Scesi a frugar con l'animo devoto + Per cavarne un sonetto impallidito; + + Un povero sonetto impallidito, + Fior dell'anima mia morto e seccato, + Che tra le foglie sue reca smarrito + Come un lontano odor del mio passato, + + Come un ricordo vago e scolorito, + Un'eco lieve del tempo beato, + Un rimpianto profondo ed infinito + Di tutto quel che in giovinezza ho amato. + + Ed ecco che il sonetto esce discreto + Da la prigion dove dormiva ignoto + E rivede tremando il mondo lieto. + + Va dunque, o mesto fior da me cresciuto, + Porta a chi m'ama del mio core il voto, + Ed a chi m'odia porta il mio saluto. + + + + PARLA IL LIBRO + + + Son la fontana che nasce sui monti + Limpida e gaia tra i sassi sonanti, + Fresco ristoro di greggi vaganti, + Vergine ancora di mura e di ponti + + E che, ingrossata da torbide fonti, + Bagna e feconda le valli aspettanti, + Poi, ferma in larghe paludi stagnanti, + Vapora febbri nei grigi tramonti; + + Indi travolta a città pestilenti, + Livida inghiotte le salme dei vinti + E scalza e scuote le reggie possenti, + + Finchè, gli spazi del mare raggiunti, + Tra i flutti eterni dal vento sospinti + Si perde e gode l'oblio dei defunti. + + + + COMMIATO + + + Secoletto borghese, + Ecco il libro finì. Chiudilo in pace, + Degno di te lo rese + Quell'arte che ti meriti e ti piace. + + + + + INDICE + + + PREFAZIONE, vii + + + LIBRO PRIMO--LE CRETINE + + Si descrive un vago desio + La ballata del Re Moro + Sonetto contro un anonimo che ci fece la burla del telegramma + Si descrive un temporale nel deserto + La mia ghirlanda poetica + La battaglia di Sadova + Si duole di essere abbandonata dall'amante + La romanza del paggio + Risurrezione + Il lamento del prigioniero + Pianto della chiesa bolognese senza pastore + Tempesta in mare + Per la caduta di Palamidone + Alla poetessa Argia Sbolenfi (Proposta) + A Edra Coprodite, pastore arcade (Risposta) + Si compiace delle prossime nozze + Egloga + Si scusa per avergli mostrato poco rispetto + Sfogo contro colui + Ave Crux + L'apparizione + In disprezzo dì uno spasimante + Confida le sue pene alla Beata Vergine + In dispregio della immonda rana + Favolette morali + II gentil cavaliero + ¡Pobre Carlos! + La risposta della figlia maledetta + Si descrive una rustica cappella + Inno al salame + Lamento + + + LIBRO SECONDO--LE DECADENTI + + Anacreontica + L'alba + In mare + La capretta + In bicicletta + Ad un orologio guasto + A lui + È vero! + Affetti di una pellegrina all'augusto vegliardo + La ballata del cavalier discortese + Sonetti mitologici + La rovina del Sasso + Sonetto + Al mio destriero + Ode farmaceutica + Ode ostetrica + KLYSO + Hunyadi Jànos + Nel bagno (Ode) + A un vaso nuovo di porcellana Ginori + Ai colleghi + «Nascituro» + Al vescovo di Seboim + «En rev'nant d' la revue» + Le elezioni di Milano (1895) + _Deo crepitvi sacrvm_ + Fantasia egiziana + Le visite del Cardinale + Sambvci + A Venere genitrice + Il primo capello bianco + Sonetti decadenti + Morbvs + Elezioni + Dopo il plico + Da capo, + Primo Maggio MDCCCXCV + Novembre + Mentre partono + Alpini + Ultime notizie + Piscicoltura + Sermone di Natale + Alle madri + Agli eroissimi + Coltrici festive + L'idillio di Orlando + Ai reduci dallo Scioa + Notte d'autunno + Il mio cuore + Parla il libro + Commiato + + + + + Finito di stampare + il dì XXIV Dicembre MDCCCXCVIII + nella tipografia dei Successori Monti + in Bologna + + + + + + +End of Project Gutenberg's Rime di Argia Sbolenfi, by Argia Sbolenfi + +*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK RIME DI ARGIA SBOLENFI *** + +***** This file should be named 17847-8.txt or 17847-8.zip ***** +This and all associated files of various formats will be found in: + http://www.gutenberg.org/1/7/8/4/17847/ + +Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli and the +Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net + + +Updated editions will replace the previous one--the old editions +will be renamed. + +Creating the works from public domain print editions means that no +one owns a United States copyright in these works, so the Foundation +(and you!) can copy and distribute it in the United States without +permission and without paying copyright royalties. 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It exists +because of the efforts of hundreds of volunteers and donations from +people in all walks of life. + +Volunteers and financial support to provide volunteers with the +assistance they need, is critical to reaching Project Gutenberg-tm's +goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will +remain freely available for generations to come. In 2001, the Project +Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure +and permanent future for Project Gutenberg-tm and future generations. +To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation +and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4 +and the Foundation web page at http://www.pglaf.org. + + +Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive +Foundation + +The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit +501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the +state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal +Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification +number is 64-6221541. Its 501(c)(3) letter is posted at +http://pglaf.org/fundraising. Contributions to the Project Gutenberg +Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent +permitted by U.S. federal laws and your state's laws. + +The Foundation's principal office is located at 4557 Melan Dr. S. +Fairbanks, AK, 99712., but its volunteers and employees are scattered +throughout numerous locations. Its business office is located at +809 North 1500 West, Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887, email +business@pglaf.org. 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Thus, we do not necessarily +keep eBooks in compliance with any particular paper edition. + + +Most people start at our Web site which has the main PG search facility: + + http://www.gutenberg.org + +This Web site includes information about Project Gutenberg-tm, +including how to make donations to the Project Gutenberg Literary +Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to +subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks. diff --git a/17847-8.zip b/17847-8.zip Binary files differnew file mode 100644 index 0000000..7c3ce06 --- /dev/null +++ b/17847-8.zip diff --git a/LICENSE.txt b/LICENSE.txt new file mode 100644 index 0000000..6312041 --- /dev/null +++ b/LICENSE.txt @@ -0,0 +1,11 @@ +This eBook, including all associated images, markup, improvements, +metadata, and any other content or labor, has been confirmed to be +in the PUBLIC DOMAIN IN THE UNITED STATES. + +Procedures for determining public domain status are described in +the "Copyright How-To" at https://www.gutenberg.org. + +No investigation has been made concerning possible copyrights in +jurisdictions other than the United States. 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