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+The Project Gutenberg EBook of Rime di Argia Sbolenfi, by Argia Sbolenfi
+
+This eBook is for the use of anyone anywhere at no cost and with
+almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or
+re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included
+with this eBook or online at www.gutenberg.org
+
+
+Title: Rime di Argia Sbolenfi
+ con prefazione di Lorenzo Stecchetti
+
+Author: Argia Sbolenfi
+
+Commentator: Lorenzo Stecchetti
+
+Release Date: February 24, 2006 [EBook #17847]
+
+Language: Italian
+
+Character set encoding: ISO-8859-1
+
+*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK RIME DI ARGIA SBOLENFI ***
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+Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli and the
+Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net
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+ RIME
+ DI
+ ARGIA SBOLENFI
+
+
+ CON
+ PREFAZIONE
+ DI
+ LORENZO STECCHETTI
+
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+
+ QUARTA EDIZIONE
+
+
+
+ BOLOGNA
+ PREMIATO STABILIMENTO TIPOGRAFICO
+ SUCCESSORI MONTI
+ EDITORI
+
+ MDCCCXCIX
+
+
+
+ L'EDITORE
+ ADEMPIUTI I DOVERI
+ ESERCITERÀ I DIRITTI SANCITI DALLE LEGGI
+
+
+
+
+
+PREFAZIONE
+
+
+
+
+Ecco un libro sbagliato.
+
+E poichè una cortese ma assidua insistenza durata oramai tre anni,
+riuscì pure a levarmi di sotto questa prefazione che non scrissi
+volontieri, così, per patto espresso, mi serbai il diritto di dire
+l'animo mio tutto intero e lo dico.
+
+ * * *
+
+Ai lettori (se il libro ne avrà, che non li merita) riuscirà difficile
+capire come diavolo possa esser nata una insanità simile a questa; ed
+ecco, per quel ch'io so, come avvenne.
+
+Vegetava in Bologna, e può darsi che vi agonizzi ancora, un foglietto
+di carta stampata venduto una volta la settimana ai cittadini che non
+sanno come sciupare il tempo. S'intitolava «_È permesso?..._» e non
+poteva uscire dalla breve cerchia delle mura poichè mordeva solo gli
+uomini che dentro alle mura hanno fama, uffici o difetti. Perciò era
+scritto o in dialetto o in italiano così fitto d'idiotismi da parere
+un peggiorativo del dialetto. Lo dirigeva un certo Cesare Dallanoce,
+al cui cognome botanico s'era appiccata l'aggiunta di _Moscata_;
+giovane nottambulo, di qualche spirito, con un fisico di cercopiteco
+peggiorato, sotto al quale stavano mescolati l'odio e la bontà in un
+connubio stravagante. Anzi l'odio era uno e le bontà parecchie; e
+segno dell'odio cieco, furibondo, indomabile era il Presidente di
+questa Deputazione Provinciale che non gli aveva mai fatto niente;
+anzi non gli badava nemmeno. Ma il Moscata era fatto cosi e se la sua
+bestia nera avesse fatto più miracoli che non S. Antonio di Padova,
+gli avrebbe tolti i meriti ad uno ad uno, mordendolo e lacerandolo
+tutti i sabati nel suo foglio di carta.
+
+Tolto questo brutto difetto, che doveva esser vizio di natura
+incurabile, era buon diavolo e tutti gli volevano bene. Prestava
+volentieri sè stesso e il giornale per opere di beneficenza, non
+diceva troppo male del prossimo suo, insomma era simpatico a molti ed
+odiato da nessuno.
+
+Aveva avuto la fortuna, fin da principio, di contare tra i
+collaboratori «_El sgner Pirein_» il signor Pierino, il cui nome ed il
+cui tipo non saranno dimenticati così presto dai bolognesi.
+
+Antonio Fiacchi, bravo e buon giovane di brillante ingegno, aveva
+trovato questo esilarantissimo tipo del vecchio petroniano col
+cappello bianco a cilindro l'estate, il tabarrino a pipistrello
+l'inverno e le scarpe di panno tutta l'annata; il vecchietto
+brontolone, credenzone, ricordatore inesausto dei tempi passati,
+detrattore dei presenti, ma in fondo ingenuo sino alla balordaggine.
+In un altro di questi giornaletti municipali aveva fatto le prime
+armi, in un dialetto italianizzato che accresceva comicità al
+contenuto di certe lettere che non possono ricordarsi tuttora senza
+ridere. Il tipo aveva fatto fortuna ed era quasi assunto alla dignità
+di maschera cittadina come il dottor Balanzone; cosicchè in certe
+feste carnovalesche, in un villaggio di legno e di cartone che serviva
+da fiera, il signor Pierino fu fatto sindaco e sciorinò proclami ed
+allocuzioni da non dire. Ma il Fiacchi fu chiamato a Roma e il signor
+Pierino tacque.
+
+Il _Moscata_ che aveva buon fiuto, lo cercò pel suo giornaletto, ma il
+Fiacchi rispondeva a buona ragione che, fuori dell'ambiente bolognese,
+si sentiva disorientato e che temeva di non far nulla di
+buono. _Moscata_ insistè e si venne a questo che il signor Pierino
+Sbolenfi avrebbe scritto come corrispondente dalla capitale; e così
+fu.
+
+Allora il bel tipo ideato dal Fiacchi rivisse in una serie di lettere
+datate «dalle rive del Colosseo» che fecero la fortuna del giornale.
+L'egregio signor Sbolenfi aveva ingrandito l'allegro campo dell'arte
+sua ed oltre alle amene confidenze delle sue tribolazioni famigliari,
+ci dava le impressioni romane ricamate sulla tela delle proprie
+avventure. E lo vedemmo uscire di non so qual Ministero, autocandidato
+al tempo delle elezioni Giolitti, perdere l'impiego e cercarne un
+altro per perderlo di nuovo. Lo vedemmo custode dei tempietti
+municipali sacri alla Dea Cloacina abbandonarsi a meste riflessioni
+sulle miserie umane ed a giudizi comparativi argutissimi sul
+giornalismo contemporaneo in relazione ai riti celebrati nel suo
+tempietto. Ma poichè le autorità municipali nel tempo del colèra
+avevano segretamente ordinato a lui ed ai colleghi una sorveglianza
+intima sulla condotta dei cittadini ed egli aveva propalato la cosa
+nel giornale, eccolo di nuovo senza impiego ed in cerca di un
+altro. Insomma tutto un romanzo comico, pieno di trovate felici, di
+festività arguta e qualche volta di velata melanconia.
+
+E il signor Pietro Sbolenfi aveva per moglie la signora Lucrezia e per
+figlia la signorina Argia, attrici principali nella stravagante
+commedia della sua vita. La grafomania è contagiosa e la signorina
+Argia cominciò a mandare al giornale le sue epistole lamentevoli e
+pretenziose.
+
+Si voleva, a quel che pare, crear un altro tipo; quello della ragazza
+che ebbe una mediocre istruzione e che, inacetita dal celibato, chiama
+il pubblico a testimonio delle sue isteriche sofferenze, Il tipo non
+era così allegro come l'altro; di più non era nuovo e le
+manifestazioni dell'isterismo essendo spesso erotiche, c'era pericolo
+di cadere in una triviale pornografia.
+
+E la signorina ci cadde malamente, lunga e distesa.
+
+È ben vero, lo ripeto, che il tipo non si poteva intendere senza
+l'erotismo; ma c'è modo e modo. È ben vero che i lettori di un
+giornale quasi in dialetto non avrebbero inteso bene una Nuova Eloisa
+e che per ottenere l'effetto occorreva sal grosso di cucina, non aromi
+delicati; ma resta tuttavia che nulla giustifica il turpiloquio mal
+velato sotto gli equivoci grossolani, la scatologia suina che non si
+vergogna della sua loia. Ci fu chi torse il naso, ma purtroppo il
+pubblico in generale applaudì!
+
+Così l'Argia si mise in piazza, prima, come ho detto, con certe
+lettere ridicolose che rifacevano l'ortografia e lo stile paterno, poi
+a poco a poco, con certe poesie non meno ridicole di cui son saggio le
+prime di questo sbagliato volume.
+
+Unico merito, se pure è tale, è un progressivo levarsi e correggersi,
+come di chi, avvistosi dell'errore, cerca di spacciarsi dal brago. Ma
+ciò non scusa in modo alcuno la bassezza e la sudiceria sciocca degli
+esordi.
+
+A questo modo la poetessa (come si battezzava da sè modestamente)
+seguitò a metter fuori le sue fagiolate e il male non sarebbe poi
+stato grande se non si fosse pensato a raccoglierle in volume. Ah,
+veramente il bisogno di una sporcizia di più, a questi, bei lumi di
+luna, non era sentito!
+
+A me pareva impossibile che si potesse giungere a questo; tanto che,
+pregato anni sono, di fare la prefazione alla raccolta, dissi di sì,
+nella certezza che non se ne sarebbe fatto nulla. I versi erano ancora
+pochi e pensavo che fino ad un volume la poetessa non ci sarebbe
+arrivata; ed ahimè, ci arrivò!
+
+Ora innamorata dell'Imperatore di Germania che credeva venuto a Roma
+per sposar lei, ora intabaccata di un canonicaccio di manica larga,
+degno Vescovo di Seboim, la pettegola figliò tanti versi da mettermi
+al punto di mantenere la promessa. Non è a dire quante scappatoie
+cercai per esimermene, come volli dissuadere, come temporeggiai! Ma
+non ci fu verso. La parola era data e, per quanta ripugnanza ci
+avessi, dovetti mantenerla. Solo mi riserbai di dire schiettamente
+quel che ne penso, non perchè il disapprovare possa valermi di scusa,
+ma perchè lo sfogarsi dopo tutto è un sollievo.
+
+ * * *
+
+Se frugo nei più intimi ripostigli della mia coscienza, non ci trovo
+nulla che mi chiami all'onore degli altari. In quel quarto d'ora di
+notorietà cui, come tanti altri, soggiacqui, non fui precisamente
+lodato come continuatore delle virtù di S. Luigi Gonzaga o come emulo
+di Giuseppe servo di Putifar. Tempi, ahimè, troppo lontani e che
+volentieri rivivrei; parole e versi che, potendo, ridirei senza
+rimorso e senza rossore; ma tempi, ahimè, troppo lontani!
+
+Dico questo, non per balorda libidine di parlare de' fatti miei, ma
+perchè si creda che, disapprovando senza restrizioni queste
+scelleraggini, scrivo per convinzione e non per affettazione. Allora
+ed oggi mi persuadeva e mi persuade la teoria della immacolatezza
+dell'arte, purchè sia arte e sia bella. Venere Anadiomene e Cristo
+Crocifisso sono rappresentati ignudi tutti e due e nessuno dei due
+nella rappresentazione artistica è immorale. Onorato di Balzac, che
+non è poi il primo capitato, nell'_Avant--propos de la Comédie
+Humaine_, diceva--«_Le reproche d'immoralité qui n'a jamais failli à
+l'écrivain courageux, est d'ailleurs le dernier qui reste à faire
+quand on n'a plus rien a dire a un poète. Si vous étes vrai dans vos
+peintures, si à force de travaux diurnes et nocturnes vous parvenez à
+écrire la langue la plus difficile du monde, on vous jette alors le
+mot immoral à la face_»--Solo il brutto è immorale.
+
+È perciò che questa studiata ricerca del brutto, del triviale,
+dell'imbecille, mi irrita. Questa non è più arte, è laidezza, è
+turpiloquio spregievole; ed ho appunto voluto ricordare il quarto
+d'ora di notorietà che ebbi in passato perchè si vegga che la
+disapprovazione non viene da bigotta ipocrisia, ma da convinzione
+salda intorno alla ragion d'essere dell'arte. E che cosa ha da fare
+l'arte con queste cretinerie pediculose che s'intitolano _romanze,
+favolette_ etc.? Anzi è bestemmia solo il ricordare il nome santo
+dell'arte a questo proposito e il criterio non corrotto del pubblico
+italiano condannerà senza dubbio e senz'appello queste stolte
+sconcezze all'obbrobrio ed all'oblio che meritano.
+
+Mi duole di dover parlare così acerbamente, ma era, lo sento, mio
+stretto dovere.
+
+Più avanti la poetessa (chiamiamola così, poichè lo vuole) lascia lo
+sterquilinio in che si compiaceva e si innalza, per quanto glielo
+permettono le deboli penne, ad una forma un po' più elevata. C'è per
+esempio un «_Inno a Venere_» che, se nel concetto è della più abietta
+pornografia, nella esecuzione si può dire più conforme ai canoni della
+lirica; ed io, appunto per quel che ho detto di sopra, non lo
+disapprovo affatto. Qui si potrà parlare d'arte, ma nella prima parte
+del volumetto, no, mai. Tutt'al più ci potremmo rifugiare nella
+caricatura, nella rimeria giocosa, negli scherzi più o meno piacevoli,
+ma il giudizio, anche il più indulgente, sarà sempre di riprovazione.
+La stupidità può muoverci alla compassione, ma l'affettazione, la
+caricatura della stupidità, specie se oscena, potrà muoverci al riso
+per un momento, ma non mai all'applauso sincero.
+
+Nè vale sfoderare illustri esempi. Ma chi oserebbe parlare del Berni,
+del Burchiello od anche dei poeti maccheronici o fidenziani a questo
+proposito? Certo, in quei capitoli e in quei sonetti c'è il doppio
+senso, l'allusione mal velata, la forma volutamente pedestre: ma il
+punto di partenza è proprio diametralmente opposto a quello da cui
+parte la nostra poetessa. Il Folengo, per esempio, par che voglia
+rifare (almeno nella _Zanitonella_), il contadino che si sforza di
+parlare come il cittadino, l'idiota che si sforza di parlar colto. Qui
+invece è la persona colta che si sforza di parere abietta. Là c'è uno
+che vuoi uscire, come il Vallera della Nencia, dal dialetto e dalla
+rusticità e cerca il comico nel tentativo di elevarsi alla dignità
+dell'arte; qui, al contrario, abbiamo la ricerca del comico
+intervertita, la rappresentazione di una persona colta che, per far
+ridere, si abbassa e si infanga in tutti i letamai che trova per via.
+Là c'è una caricatura del tentativo di salire, qui del discendere. Là
+c'è il pagliaccio che esce dal circo e s'ingegna di far intendere che,
+uomo anch'egli, soffre ed ama; qui abbiamo invece la persona per bene
+(almeno lo spero!) che s'incanaglia e si fa pagliaccio per far ridere
+colle smorfie e le contorsioni del viso infarinato. È perciò che male
+si potrebbero addurre gli esempi come scusa, perchè gli esempi non
+calzano.
+
+Si può essere di manica larga, vantarsi spregiudicati e sorrider di
+tutto; ma in fondo al cuore resta pur sempre qualche cosa che si
+rivolta al puzzo ed alla lordura. La ripugnanza pel laido è istintiva
+e si vede mal volentieri un'artista, o una che si crede tale, far
+getto così sconciamente della propria dignità. Avete visto in qualche
+«caffè concerto» di ultima classe certe matrone appassite e verniciate
+cantar colle gambe e gesticolare colle natiche? Ne inorridite ancora?
+Ebbene, questa della signorina Sbolenfi è letteratura da «caffè
+concerto.»!
+
+Dunque, riprovazione piena, intera ed assoluta.
+
+ * * *
+
+Ed ora che ho detto per lungo e per largo il parer mio, bisognerà pur
+cercare in questo scellerato libercolo, non dirò qualche cosa degna di
+lode, che non ce n'è, ma un pretesto per invocare le circostanze
+attenuanti. Una prefazione che fosse una stroncatura da capo a fondo
+sarebbe una mostruosità. Proviamoci.
+
+Si potrebbe dire intanto che l'autrice ha fatto bene ordinando queste
+cose sue in modo che crescano sempre di serietà (!) e di correzione.
+Parte dalla insanità cercando di salire alla lirica e in questo
+successivo progresso è il filo che lega il volume. Bisogna ricordare
+che si tratta di una pettegola semi letterata che va raffinandosi a
+poco a poco. Questo almeno pare che sia il concetto generale e, anche
+nei volumi di liriche, credo lodevole un legame che costringa le parti
+diverse. Sia un mazzo di fiori, sia un fascio di stecchi, un vincolo
+ci deve essere, se no, invece di un mazzo o di un fascio, avremo un
+mucchio incoerente di spazzatura. M'è sempre piaciuto, anche nelle
+raccolte di versi, un romanzo che spieghi tutto. Il Canzoniere del
+Petrarca (se non è peccato mortale ricordarlo qui ed a questo
+proposito) non è egli dunque un romanzo d'amore? Un concetto unico
+circola per le diverse parti, come il sangue nelle membra e vivifica
+l'opera nella mente del lettore. Un libro deve essere un organismo.
+
+Ed anche non è da passare senza almeno un segno di benevolo
+consentimento sul tentativo di poesia patriottica ed un po'
+socialista, che fa capolino in fondo al volumetto. In questi nostri
+bellissimi tempi pareva che il patriottismo consistesse tutto nel
+prendere la roba altrui. Di qui i disastri eritrei, di qui l'epizoozia
+dei commendatori, la quistione morale e i sospetti, confortati da
+troppe probabilità, sulla corruttela, la venalità, la disonestà
+insomma, di chi doveva esser esempio del contrario. Sottrarre gli
+accusati all'istruttoria ed ai giudici costò poco ad una maggioranza
+metà di amici, metà di complici, ma è facile capire come questi segni
+di decadenza morale fossero dolorosamente sentiti da tutti coloro pei
+quali il patriottismo non fu mai una chiave falsa per aprire gli
+scrigni pubblici o privati. «Avete fatta l'Italia per mangiarvela»
+dissero i clericali, così pronti a profittare delle calamità del loro
+paese; egli Italiani, scettici per istinto, rilessero dubitando le
+pagine della storia loro e sentirono rimpicciolire in se stessi le
+sante idee di patria, di indipendenza e di libertà. Quanto male
+abbiano fatto alla coscienza italica gli ultimi scandali, lo dirà
+purtroppo l'avvenire: per ora intanto la patria non è più di moda.
+
+Di moda invece vuoi diventare il clericalismo. Chi guadagnò diventa
+conservatore e conservatori si dicono e sono tutti gli arrivati. Se,
+per fortuna delle idee liberali, la cocciutaggine della decrepitezza
+non mantenesse così ampia la fossa che separa l'Italia dal papato,
+tutti questi conservatori d'oggi sarebbero papalini domani. Già le
+classi abbienti fan l'occhio di triglia alla teocrazia, si offrono e
+si danno. Poichè la fiducia nella protezione della Benemerita Arma è
+scemata e i timori per la sicurezza della proprietà sono cresciuti,
+gli abbienti pensano che la paura dell'inferno può essere utile ed
+efficace. Di qui un ritorno interessato alla religione e l'adorazione
+nuova di un Dio personale, terribile e punitore. Non è la fede che fa
+queste miracolose conversioni, ma il basso, il laido interesse. Se
+costoro pensassero di trovare altrove una buona tutela dei beni o
+delle cariche, con la stessa facilità sarebbero domani protestanti,
+ebrei e magari repubblicani. Per conservare una buona rendita si può
+portare anche il berretto rosso.
+
+E così si veggono a poco a poco scomparire i partiti intermedii nella
+gran massa dei cittadini. Si riveggono soltanto in Parlamento, poichè
+per giungere su quegli scanni, è necessario l'ibridismo. Il deputato
+deve essere come il pipistrello che si diceva topo od uccello secondo
+il bisogno; deve essere _possibile_ sempre ed atto per indecisione di
+lineamenti a qualunque trasformazione. Ma il paese non è così e va
+scindendosi in due grandi partiti; il clericale e il socialista.
+
+E sono le due uniche schiere dove ci sia ancora vitalità, abnegazione,
+e passione di proselitismo. Tutto il resto è morto od è moribondo.
+Guardatevi intorno e dite se questa non è la verità.
+
+Così a poco a poco ciascuno entra in una di queste due parti, secondo
+le convinzioni o gli interessi. Gli odiatori del nuovo, i timorosi
+dell'avvenire, tornano penitenti a Canossa; gli altri che hanno ancor
+fede nel progresso dell'umanità, nella perfettibilità dell'assetto
+sociale, fanno un passo innanzi e, socialoidi oggi, saranno socialisti
+domani.
+
+E dell'esser andata piuttosto con chi va avanti che con chi retrocede,
+volevo tener buon conto all'autrice di queste rime; di quelle, dico,
+che chiudono il volume. Tuttavia, siccome questo sarebbe un giudizio
+di opinione e non di letteratura, me ne astengo. Ma ho voluto dir
+tutto questo anche per notare un altro difetto del libro; quello cioè
+di esser formato, nella sua parte men pessima, di rime di occasione,
+le quali, come è naturale, colla occasione, sfioriscono. Molti fatti e
+molte allusioni domani non saranno più ricordati; alcuni anzi, anche
+oggi, sono quasi fuori della nostra memoria. È perciò che questo
+libercolo, secondo me, è nato morto, e gli sta bene! Già era meglio
+che non nascesse.
+
+Ma quel che sopratutto mi piace nella poetessa, (come si chiama lei) è
+l'aver sdegnato i novissimi deliri simbolisti e decadenti, nei quali
+pure poteva cascare, tratta com'era dalla smania della stravaganza. Di
+questo, senza restrizione alcuna, la lodo.
+
+Oh, i preraffaelisti! Chi ci libererà finalmente da questi nuovi
+monaci in veste di artisti, che per libidine di novità, per ricerca di
+_posa_, retrocedono sino alle puerilità del Beato Angelico, nell'odio
+affettato ed ipocrita della vita vera e della forma plastica? Perchè,
+lettori, chinatevi pure, raccogliete i torsoli di cavolo, magari le
+pietre e scagliatemi tutto sulla testa, ma lasciatemi dire quel che
+sento: il Beato Angelico non lo posso soffrire. Ah, come sono
+antipatiche quelle sue Madonne magre allampanate, con gli occhi
+inebetiti e le carni verdoline; e quegli angeli col parucchino biondo
+bene arricciato, la trombettina alla bocca e il tutto su fondo d'oro!
+Bella roba, per Dio, impiastrava questo frataccio, in pieno
+Rinascimento! Anche un passo indietro e tornava ai bizantini, vivente
+Donatello! Se c'è qualche cosa da ammirare in lui, sono i suoi
+ammiratori.
+
+Ed ora, a sentire questi nuovi missionari dell'arte ideale,
+bisognerebbe ritornare forse più indietro. La carne è impura per loro
+come per gli asceti della Tebaide, e dipingono certe figure anemiche,
+sofferenti per stento di pubertà malaticcie, che fanno venir sulle
+labbra il motto imperativo stampato su tutti i muri _Bevete il
+Ferro-china Bisleri_! Bevetelo e lasciate in pace queste figurine di
+uomini senza polpe e di donnine che vedon bianco. Non ci sono solo
+angoli al mondo; ci sono anche le curve.
+
+È certo che lo studio e la riproduzione del mondo esterno come è,
+costano più fatica che non l'operare secondo una formola od una
+maniera. Non è così difficile il buttar giù una di queste faccine
+insipide e di madreperla, come il mettere il sangue e la vita in un
+viso di carne sana come fecero il Correggio e il Tiziano; e sia. Ma
+perchè mascherare l'impotenza colle teorie e tornare indietro e non
+confessare piuttosto che manca la forza per andare avanti? Ah no,
+mangiate carne o ricorrete magari a tutti i ricostituenti, a tutti gli
+intrugli farmaceutici più corroborativi, ma non dipingete più
+fantasime e burattini!
+
+E come sono noiose le sciarade del simbolismo! Pensare che ci sono dei
+superuomini che invidiano gli allori di Oscar Wilde; pensare che tutto
+questo è un regresso, un ritorno al Medio Evo, proprio quando sta per
+cominciare il secolo ventesimo! Ma dunque sarà proprio vero che
+l'intero genere umano sia malato di nervi, poichè in tutti questi
+libri non si trovano che squilibrati e mattoidi? Non ci sono più donne
+sane in terra che da ogni pagina vaporano le aure dell'isterismo? È
+possibile che non si trovi più un cuore buono, un cervello
+equilibrato, un utero normale? L'epilessia e l'allucinazione sono
+dunque la regola e la sanità l'eccezione?
+
+Se i disturbi dell'innervazione sono così generali, come sembra a
+questa letteratura psicopatica, non sarebbe egli più utile
+raccomandare ai sofferenti, non la morfina, ma le docciature e la
+bicicletta? Se l'esaurimento nervoso è il male che affligge la
+presenti generazioni, non sarebbe meglio leggere l'Ariosto all'aria
+aperta, piuttosto che inghiottire l'Ibsen nell'afa del teatro? Ma no;
+l'Ariosto non è più di moda e l'aria aperta sciupa il candore della
+pelle clorotica; e così sia!
+
+Anche la signorina Sbolenfi è isterica, e come! Ma essa sorride della
+propria imperfezione e la mette in caricatura, per finire il volume,
+se non perfettamente risanata, almeno convalescente. E di questo
+ritorno a lodarla, perchè è troppo facile, in tempi di contagio,
+ammalare come il prossimo.
+
+ * * *
+
+Ed ora che ho detto il bene e il male, depongo volentieri, anzi con
+gioia, la penna che non avrei preso in mano se una promessa non mi ci
+avesse costretto. Abbandono il libro al disprezzo dei virtuosi ed alle
+risate di quegli altri, lieto, in quanto a me, di aver imparato
+questo; che non bisogna prometter mai prefazioni e tanto meno farne.
+
+L. STECCHETTI
+
+
+
+
+ A
+ PIETRO SBOLENFI
+
+ LA FIGLIA
+ ARGIA
+
+ RICONOSCENTE
+
+ OFFRE
+ DEDICA
+ CONSACRA
+
+
+
+
+LIBRO PRIMO
+
+
+LE CRETINE
+
+
+
+
+ SI DESCRIVE UN VAGO DESIO![*]
+
+
+ Condannata da l'empio destino
+ a l'iniquo mestier della cuoca,
+ io compongo vicino alla fuoca[1]
+ i miei deboli versi d'amor,
+ e l'imago d'un giovin divino
+ m'apparisce a gli sguardi incantati;
+ sento l'orma de i passi adorati
+ echeggiarmi ne l'vergine cor!
+
+ Quant'è bello il diletto garzone
+ cui le grazie fan lungo corteo!
+ Rassomiglia a Giulietta e Romeo
+ che la penna de l' Tasso cantò!
+ E' robusto sì come Sansone,
+ è più forte di Tirsi e d'Orlando,
+ e se snuda il durissimo brando
+ qual mal donna resister ci può?
+
+ Vieni meco, mio energico amico,
+ ch'io ti stringa in un morbido amplesso!
+ Tu sei bello, sei forte, sei desso,
+ il marito che innanzi mi sta!
+ Ma chi rompe l'imene pudico,
+ ma chi turba il mio sogno fremente?
+ E' mio padre che grida furente:
+ «La brasàdla la pòzza e d' strinà!»[2]
+
+
+ (_Pensata nella domestica cucina
+ e scritta ivi il giorno dopo_)
+
+
+ [*] Questo fu il primo parto della nostra Poetessa e le mende
+ storiche e mitologiche ne accusano l'inesperienza.
+
+ [1]: Focolare, _Dialetto bolognese_.
+
+ [2] "La costoletta puzza di bruciato", _Dial. bol._
+
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+ LA BALLATA DEL RE MORO
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+ Tra le palme del deserto
+ C'è un magnifico castel,
+ Ch'è impossibile di certo
+ Di trovarne uno più bel.
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+ Ivi tien la sua dimora
+ Di quei popoli il signor.
+ Egli è bello e giovin, fuora
+ Che ha il difetto d'esser mor.
+
+ Stando assente dal paese
+ D'una vergin s'invaghì.
+ Era bella e bolognese,
+ E difatti la rapì.
+
+ Ma suo padre, ahi sorte dura!
+ Che mandarla giù non può,
+ Si rivolse alla Questura
+ Che due guardie ci mandò;
+
+ E alla patria abbandonata
+ La volevan trascinar,
+ Ma la bella innamorata
+ Non voleva ritornar,
+
+ E rivolta al suo diletto
+ Ci diceva: «o bel re mor,
+ »Fa il piacere, tienmi stretto,
+ »Non lasciarmi con costor!
+
+ »Deh, non fia che il fato amaro
+ »M'allontani dal tuo sen!
+ »Ah, difendimi, mio caro,
+ »Che ti voglio tanto ben!»
+
+ Ma il re moro pensieroso
+ Resta muto sul sofà
+ E un pensiero mostruoso
+ Nello sguardo e in cor gli sta!
+
+ Poichè il moro non risponde
+ Sta la bella in oppression;
+ Straccia via le chiome bionde
+ E si butta in ginocchion.
+
+ E poi fece tante cose,
+ Disse, pianse e supplicò...
+ Ma quel porco non rispose,
+ Stette zitto e la piantò!
+
+
+
+ SONETTO
+
+ CONTRO UN ANONIMO CHE CI FECE LA BURLA DEL TELEGRAMMA[*]
+
+
+ O scellerato che tirasti su
+ Quel genitor che il cielo a me largì,
+ Hai ben ragion che sei non si sa chi
+ E il telegramma senza il nome fu!
+
+ Empio, domanda pure a chi vuoi tu
+ Se son cose da far quelle che lì,
+ Che sta sicuro che se fosti qui
+ Staresti un pezzo di non farne più,
+
+ Che colla forza la maggior che ho
+ Ti vorrei scorticar da capo a piè
+ E con la pelle tua farmi un paltò!
+
+ Nessun ti salverebbe, a meno che
+ Fosti bello e robusto anzichenò
+ E promettesti di sposarmi me.
+
+
+ [*] L'ottimo Signor Pietro Sbolenfi si portava candidato alla
+ Deputazione in tutti e tre i Collegi di Bologna. Il vero merito
+ non è mai conosciuto e lo Sbolenfi rimase in terra. Un malvagio,
+ rimasto avvolto nelle ombre del mistero, telegrafò allo sconfitto
+ candidato che invece la sorte gli aveva sorriso. La famiglia quasi
+ impazzì di gioia, il signor Pietro diede le dimissioni dal suo
+ impiego di ff. di inserviente di III classe e si trovarono sul
+ lastrico. Onta sul cranio indegno che pensò simile orrore!
+
+
+
+ SI DESCRIVE UN TEMPORALE
+ NEL DESERTO
+
+
+ Che veggo? Che miro? Rimbomba già il tuono!
+ Il tempo mi pare che faccia da buono!
+ Ahi, miser chi a casa scordato ha l'ombrel!
+ La grandine è grossa che pare una noce
+ E omai per vederci nel scuro feroce
+ Accender fa d'uopo frequenti candel.
+
+ Che veggo? Che miro? Un giovin garzone
+ Che solo soletto traversa il ciclone
+ E par che non curi dell'acqua il piombar!
+ Ah, certo tra i lampi lo guida l'amore!
+ Mel dice la speme che m'arde nel core!
+ Ah, certo quell'uomo mi viene a sposar!
+
+ Deh, frena il furore, fa un poco più adagio,
+ Che tu nol rovini, mio buon nubifragio!
+ Deh, fa che non giunga bagnato al mio sen!
+ Che veggo? Che miro? Ah, cruda mia stella!
+ M'illuse la speme, ho fatto padella![1]
+ Egli era il Questore, non era il mio ben!!
+
+
+ [1] Prendere un granchio: _Decapodus brachiurus_ Linn.
+
+
+
+ LA MIA GHIRLANDA POETICA[*]
+
+ _Ad Enrico Zanettini_
+
+
+ I
+
+ Questa è la mia ghirlanda! Il lauro eterno
+ Intrecciato co' fior, m'orna la fronte
+ E così salgo il dilettoso monte
+ Che il Nume de' poeti ha in suo governo.
+
+ Questa è la mia ghirlanda e state, o verno
+ O venti, o geli, non le arrecan onte.
+ La bagnò l'onda del Castalio fonte,
+ Col raggio la baciò l'astro superno.
+
+ Eccola: a voi, poeti, a voi la mostro
+ Olezzante di rose e di vïole,
+ Pura qual neve che sull'alpe fiocca.
+
+ Eccola dei color di croco e d'ostro,
+ Leggiadra come un fior che s'apre al sole:
+ Dio me l'ha data e guai chi la tocca!
+
+
+ II
+
+ Ma se tu, Zanettin, toccarla vuoi,
+ L'Argia t'adora e non se ne lamenta
+ E se magari ami fiutarla, il puoi,
+ Che tu ne sarai lieto ed io contenta.
+
+ Vieni Enrico ed ammira i color suoi:
+ Prendi e sciupala pur se ti talenta,
+ Poi che intatta la porgo agli occhi tuoi
+ E sguardo indagator non la sgomenta.
+
+ La conservai qual me la diede Iddio
+ Pura nella favella e nei pensieri,
+ Sogno dei vati e de' guerrier desio;
+
+ Ma poichè mi son legge i tuoi voleri,
+ Ad un solo tuo cenno, Enrico mio,
+ Te la do tutta quanta e volentieri!
+
+
+ [*] Enrico Zanettini domestico di S.E. Reverendissima Mons. Vescovo
+ di Fano, respinse indignato l'effemeride dove scriveva la
+ Poetessa, perchè infetta di massime eterodosse. La signorina Argia
+ gli pose affetto e gli inviò una corona di cardi con questi
+ sonetti.
+
+
+
+ LA BATTAGLIA DI SADOVA
+
+
+ S'ode a destra tirar per la valle,
+ A sinistra si tira lo stesso;
+ D'ambo i lati si vedon le palle
+ Da pistole montate scoppiar.
+ Lunghi e grossi ch'è un gusto guardarli
+ Sono i pezzi che scarican spesso,
+ E se alcuno provasse a tastarli
+ Sentirebbe la mano a scottar.
+
+ Colle gambe per aria da un lato,
+ Colle gambe per aria dall'altro,
+ Cade a terra il meschino soldato
+ Che l'amante al paese lasciò.
+ Fieramente si drizza l'ardito,
+ Cautamente si china lo scaltro,
+ E ciascun ha un enorme prurito
+ Di pigliar meno botte che può.
+
+ Da una parte si sente un comando,
+ Una bomba dall'altro si sente;
+ Gli ufficiali che impugnano il brando
+ In un lampo si vedon venir.
+ C'è chi un membro sul campo ha perduto
+ E rimane per sempre impotente:
+ C'è chi morto in un fosso è caduto,
+ Nè più mai gli fia dato d'uscir.
+
+ Finalmente Bismarck grida in fretta:
+ «Abbiam vinto!»--ed un'eco risponde!
+ Va pur là, Cancelliere polpetta,
+ Anche questa la devi pagar!
+ Assassini! Ed intanto arrabbiate
+ Ardon mille ragazze infeconde!
+ Assassini! Se i maschi ammazzate,
+ Noi dovremo i somari sposar!
+
+
+ SI DUOLE
+ DI ESSERE ABBANDONATA DALL'AMANTE
+
+ SONETTO SBOLENFIO
+
+
+ Già con versi diversi offersi a Tirsi
+ Un cor lieto d'offrirsi e gliel'apersi,
+ Ma i carmi tersi se n'andar dispersi
+ Ed io soffersi quel che non può dirsi.
+
+ Potè fuggirsi dunque e non sentirsi
+ Il crudo petto aprirsi al mio dolersi?
+ Potè amato sapersi e compiacersi
+ D'indispettirsi meco e di partirsi?
+
+ Tardi lo scorsi e tardi il piè ritorsi
+ Dai sentieri percorsi! Urge fermarsi
+ E rassegnarsi dei rimorsi ai morsi.
+
+ Quei dì son scorsi ed or che resta a farsi?
+ Il crin velarsi, il bruno intorno porsi,
+ E i discorsi trascorsi, ahimè, scordarsi!
+
+
+
+ LA ROMANZA DEL PAGGIO
+
+
+ Son circa tre anni, tre mesi e tre giorni
+ Che il paggio Fernando montava a caval
+ E adesso galoppa per questi contorni
+ Saltando gli abissi, le piante e il canal.
+
+ Per cosa galoppa? Un turco infernale
+ Al povero paggio l'amante rubò
+ Ed ora egli cerca quel porco maiale,
+ Perchè di sbranarlo Fernando giurò.
+
+ Ma il turco, ben visto dal proprio Sovrano,
+ Fu giusto per Pasqua promosso Pascià;
+ Pascià da tre code, che dopo il Sultano
+ È l'uom più codardo di quella città.
+
+ Fernando che il seppe, fu svelto e ci andiede
+ E incognito al turco si fe' presentar.
+ Un monte di ciarle d'intender ci diede,
+ Di modo che a pranzo si fece invitar.
+
+ Mangiato l'allesso, mangiato l'arrosto,
+ Il turco si fece portare i marron,
+ Sui quali Fernando buttò di nascosto
+ Dei torcibudella che avea nei calzon.
+
+ --«O Dio, che dolori! Chiudete la porta ...
+ Chiamatemi il prete... più regger non so ...
+ Io muoio!...» Ed insomma, per farvela corta?
+ Fu tanta la sciolta che il turco crepò.
+
+ Allora Fernando andò sull'altana,
+ Chiamò la sua bella, la fece scappar,
+ Ci diede i quattrini la Banca Romana
+ E a casa col treno potetter tornar.
+
+ Garzoni e donzelle che attenti ascoltate
+ La lieta canzone che pianger vi fa,
+ L'amore del prode Fernando imitate,
+ Però col permesso del vostro papà.
+
+
+
+ RISURREZIONE[*]
+
+
+ Suonate campane la Pasqua giuliva,
+ Prendete o fanciulli in mano la piva,
+ Fedeli soldati sparate il cannon!
+ Risorto è il giornale che dianzi moria,
+ Risorto è Pierino, risorta l'Argia,
+ La vergin che disse la casta canzon!
+
+ Pudiche fanciulle, dal pianto cessate,
+ La danza del ventre pel gaudio danzate,
+ La vostra Sbolenfi tra i vivi e tuttor.
+ E, vergine sempre, ritorna fra voi
+ Tirando più forte d'un paio di buoi
+ Il carro funesto del proprio dolor.
+
+ Deh, come, o fanciulle, deh come piangeste
+ E tristi nel letto solingo diceste
+ «La nostra Sbolenfi perchè non è qui?»
+ Ma mentre la bella defunta pareva,
+ La morte che in pugno già stretta l'aveva,
+ Dischiuse le dita e quella fuggì.
+
+ Ed or che il mio canto più dolce rinacque,
+ All'opra interrotta che tanto vi piacque,
+ Pudiche fanciulle, tornate con me.
+ Destata dal sonno, col plettro rivengo,
+ Lo scuoto, lo stringo, nel pugno lo tengo
+ E voglio provarvi che morto non è.
+
+
+ [*] Rinasceva l'effemeride nella quale la Poetessa e Pietro, suo
+ genitore, deponevano le loro secrezioni cerebellari.
+
+
+
+ IL LAMENTO DEL PRIGIONIERO[*]
+
+
+ Cadea la notte. Già il cancelliere
+ Avea degli atti chiuso il volume
+ E il Presidente disse all'usciere:
+ «Portate il lume!»
+
+ Non un sussurro s'udia nel Foro,
+ Nemmeno un lieve ronzar d'insetto,
+ Quando, calzati gli occhiali d'oro,
+ Lesse il verdetto,
+
+ E disse: «Vista la legge, udita
+ La parte avversa, pesati i danni,
+ La pena è questa:--Galera in vita
+ Per quarant'anni».
+
+ Briscola! Quando mi sentii preso
+ Così da questa sentenza infame,
+ Cascai per terra lungo e disteso
+ Come un salame,
+
+ E il giorno dopo due immense palle
+ Recar dovetti per ogni dove,
+ E mi fu scritto dietro le spalle
+ «69»
+
+ Quante ferriate nella finestra!
+ Quanti bigatti nel mio pan nero!
+ Quanti fagioli nella minestra
+ Del prigioniero!
+
+ Ed il mobilio? Ecco un saccone
+ Dove gl'insetti tengon cappella
+ E per ... (s'intende) là in quel cantone
+ C'è la mastella.
+
+ Sono vestito di panno grosso
+ Con un stifelius tagliato male,
+ E la catena che porto addosso
+ Pesa un quintale.
+
+ Con una lima, frega e rifrega,
+ Potrei scappare non osservato ...
+ Ah, se potessi farmi una sega,
+ Sarei beato!...
+
+ O giornalisti, da sera a mane
+ Vi sia presente questo mio stato.
+ Un _per finire_ fatto da cane
+ M'ha rovinato!
+
+ [*] Parla il Direttore della effemeride citata, il quale era
+ accusato di aver commesso un _per finire_ diffamatorio, mentre
+ non era che cretino. Il processo andò a monte.
+
+
+
+ PIANTO DELLA CHIESA BOLOGNESE
+ SENZA PASTORE
+
+ _Non relinquam vos orphanos;
+ veniam ad vos._
+ Jo. XIV, 18.
+
+
+ Sopra le piume vigilando sola,
+ Colei che già fu di Petronio e Zama
+ Leva le palme al ciel, languida e grama,
+ Poi che gaudio d'amor non la consola.
+
+ Lungo uno strazio è nella sua parola
+ Qual già nel pianto di Rachele in Rama,
+ E dal vedovo letto il __Padre__ chiama
+ Perchè non scordi la fedel figliola.
+
+ E prega e mostra le gramaglie nere
+ In che da sì gran tempo il viso asconde,
+ E la nave di Dio senza nocchiere:
+
+ Ma il suo pianto non posa e n'ha ben d'onde
+ Poi che il barbaro __Padre__, alle preghiere
+ Con l'iniqua parola,[1] ahimè, risponde!
+
+
+ [1] L'_iniqua parola_ è una interiezione dialettale bolognese
+ che suona ingiurioso invito ad operazioni pneumatiche.
+
+
+
+ TEMPESTA IN MARE
+
+
+ Fra Bordighiera e Nizza,
+ Dove più azzurro è il mar,
+ Un giovin marinar
+ L'albero drizza.
+
+ Forte, gentile e bello
+ Vola sull'Ocean,
+ Col suo timone in man,
+ Come un uccello.
+
+ Nè morte nè ferita
+ Gli fa terror, perchè
+ Assicurato egli è
+ Sopra la vita;
+
+ Ma dalle parti basse
+ Di Greco e Maestral
+ Si leva un temporal
+ Di prima classe,
+
+ S'odon da lunge i tuoni
+ Si vede lampeggiar
+ E allora il marinar
+ Dice: «Coioni![1]
+
+ Se dura niente niente
+ Tra poco si anderà
+ In pasto ai baccalà
+ Sicuramente.
+
+ Le braghe di fustagno
+ Umide sono già....
+ Cosa dirà mamà:
+ Se me le bagno?
+
+ In mar si sta benone,
+ Ma, se credete a me,
+ Si gode più al Caffè
+ Del Pavaglione,[2]
+
+ E se a toccare il suolo
+ Arrivo col seder,
+ Piuttosto che il nocchier
+ Fo il ruscarolo».[3]
+
+ Ma per combinazione
+ Mentre dicea così,
+ Il tempo si schiarì
+ Là, in quel cantone.
+
+ Dell'onde il mal governo
+ In un balen cessò
+ E il temporale andò
+ Verso Paderno.[4]
+
+ L'iniqua alfin parola
+ Ode in un porto dir
+ E tira un gran sospir
+ Che lo consola.
+
+ Gli affari di famiglia
+ Scorda e l'orrendo mar
+ E corre a ritrovar
+ La Centomiglia;[5]
+
+ Ahi lasso! e i suoi quattrini
+ Li spende così mal
+ Che va nell'Ospedal
+ Da Gamberini.[6]
+
+ Vedi da ciò quant'erra
+ Il detto popolar
+ Che dice: «_loda il mar,
+ Tienti alla terra_».
+
+
+ [1] Interiezione marinaresca che denota sorpresa.
+
+ [2] Condotto da Enrico Lamma in piazza Galvani a Bologna.
+
+ [3] Raccoglitore ambulante di detriti organici. _Dial. bol._
+
+ [4] Qui la geografia è bastonata. Paderno non è tra Bordighiera e
+ Nizza, ma sui colli a sud di Bologna.
+
+ [5] Etera peripatetica e scalcagnata che disonora i vicoli di
+ Bologna.
+
+ [6] Già Direttore della Clinica Dermosifilopatica all'Ospedale di
+ S. Orsola.
+
+
+
+
+ PER LA CADUTA DI PALAMIDONE
+ SONETTO SBOLENFIO DI PRIMA CLASSE
+
+
+ Il Ministero e zero invero contano
+ Spesso lo stesso e solo un sesso vantano.
+ A un'unità di qua o di là si montano,
+ Di un voto ignoto al moto indi si spiantano.
+
+ Sorretti e accetti i Gabinetti affrontano
+ Ritti i conflitti ed i sconfitti schiantano;
+ Poi, grati ai Fati se i soldati ammontano
+ A tanti quanti son bastanti, cantano.
+
+ Ma se i fiacchi o i vigliacchi i tacchi puntano,
+ O se un minuto il muto aiuto allentano,
+ Liti e garriti tra i partiti spuntano.
+
+ Desti gli onesti e questi si addormentano;
+ Rimovi i chiovi e i novi più si appuntano;
+ E tasse e sopratasse a masse aumentano!
+
+
+
+ ALLA POETESSA
+ ARGIA SBOLENFI
+
+ SONETTO[*]
+
+
+ _Gentil Donzella cui Ciprigna dona
+ Lieto il color delle Acidalie rose,
+ Cui di lauri raccolti in Elicona
+ Di Cirra il Nume una ghirlanda impose,
+
+ Ben fosti cara al nato di Latona
+ Se del Parnaso in sulla via ti pose
+ E del sacro Permesso a te sprigiona
+ Dolci di mele Ibleo l'onde famose!
+
+ Ma se fia che tra breve alla palestra
+ Rieda, di nuovi onor carica e pregna,
+ Non dilettarci sol, ma ci ammaestra;
+
+ E di Quirino alle nepoti insegna
+ L'arte soave in che tu sei maestra,
+ O della Lesbia Saffo emula degna!_
+
+ Di EDRA COPRODITE
+ _Pastore Arcade_
+
+
+ [*] Umile parto dell'umilissimo chiosatore.
+
+
+
+ A
+ EDRA COPRODITE
+ PASTORE ARCADE
+
+
+ RISPOSTA
+
+
+ Saggio Pastor, poichè il tuo nome _suona_
+ Chiaro nelle città dotte e _famose_,
+ Dall'altezza ove stai mite _perdona_
+ Alle mie rime tristi e _vergognose_.
+
+ Ahi, la ghirlanda che il tuo cor mi _dona_
+ È purtroppo d'alloro e non di _rose_
+ E vorrei barattar questa _corona_
+ In carni meno crespe e più _polpose_!
+
+ Che m'importa il saper come _maestra_
+ L'arte di Saffo quando Amor mi _sdegna_
+ Scaricandomi addosso la _balestra_?
+
+ Vorrei mutar questa vitaccia _indegna_,
+ Vorrei sentir suonare un'altr'_orchestra_...
+ Un marito, per Dio[*], chi me lo _insegna_?
+
+ [*] Bacco.
+
+
+
+ SI COMPIACE DELLE PROSSIME NOZZE [*]
+
+ SONETTO SBOLENFIO
+
+
+ Spero davvero che il mio fiero isterico
+ Male, che assale quale un fucil carico,
+ Cessi gli spessi accessi e il mio rammarico
+ Cada per strada e vada nel chimerico.
+
+ Bandito è il rito ed un vestito serico
+ Stato è tagliato, come o dato incarico;
+ Del normal verginal segnai mi scarico,
+ Che l'ara cara già prepara il chierico.
+
+ Sposo! ed oso un focoso panegirico
+ In onor di chi al cor l'amor teorico,
+ (Che splende e non accende) or rende empirico.
+
+ Chi è matto affatto, questo fatto storico
+ Può far burlar nel suo ghignar satirico,
+ Ma intanto io canto e accanto a LUI mi corico!
+
+
+ [*] Ahi, non fu vero!
+
+
+
+ EGLOGA[*]
+
+
+ MELIBEO
+
+ Titiro, tu che d'un gran faggio all'ombra,
+ A gambe aperte, stravaccato[1] stai,
+ Mangiando allegramente una cucombra,[2]
+
+ Un canonico sembri e chi sa mai,
+ Chi potesse vederti le budelle,
+ Bollettario, anche te che sghissa[3] avrai!
+
+ Io stento invece e queste pecorelle
+ Sono ormai senza tetto e senza pane
+ E campan di polenta e di sardelle.
+
+ Hai forse avuto eredità lontane?
+ Hai rubato una pisside o un ciborio?
+ O ti fai mantener dalle sottane?
+
+ TITIRO
+
+ Amico Melibeo, questo è notorio
+ E lo san fino i sassi di Bologna,
+ Che tu sei sempre stato un tabalorio;[4]
+
+ Ma non sapevo, e il dico a mia vergogna
+ Perchè l'imparo adesso solamente,
+ Non sapevo che fossi una carogna.
+
+ Qual reo sospetto t'è venuto in mente,
+ Asino porco, sulla mia condotta?
+ Sono un pastore onesto ed innocente!
+
+ E se non fossi mio compatriotta
+ Ed anzi amico mio di Seminario,
+ Tu mi faresti venir su la fotta.
+
+ Basta; veggo però ch'è necessario
+ Dirti come domai l'iniqua rana,[5]
+ Essendo un fatto un po' straordinario.
+
+ Tu saprai che quest'altra settimana
+ Una dolce fanciulla, un puro fiore,
+ Che delle poetesse è la sovrana,
+
+ Magrolina se vuoi, ma un vero amore,
+ L'Argia Sbolenfi insomma, e ho detto tutto,
+ Sposa ... imagina chi? L'Imperatore!
+
+ La nuova si sapeva dappertutto,
+ Ma io la vidi sol nell'_È Permesso_,[6]
+ L'unico foglio serio e di costrutto.
+
+ Appena letto, allon! mi sono messo
+ Le braghe dalla festa e il gabbanino
+ E son corso da lei come un espresso;
+
+ Ma siccome era chiusa in camerino
+ A far dei versi al suo futuro sposo,
+ Fui ricevuto dal signor Pierino[7]
+
+ Che largo, liberale e generoso,
+ Mi offerse cordialmente da sedere,
+ Ma il caffè no, perchè gli dà il nervoso.
+
+ «Ohi, chi vedo!»--«Tersuà»--«Bravo! ho piacere!
+ »Cosa porti? L'agnello?»--«Nossignori»--
+ »Peccato, che t'avrei dato da bere!»--
+
+ Così ciarlando, ecco l'Argia vien fuori,
+ La qual, come saprai, ci diedi il latte,
+ (Ossia mia moglie) e latte dei migliori.
+
+ Era in disabigliè, con le ciabatte,
+ Una sottana bianca e un zuavino
+ Che ci arrivava appena alle culatte.
+
+ «Oh!»--lei dice--«Mo bravo Titirino!
+ »Non sai chi sposo? Ah son tanto felice
+ »Che a momenti mi viene uno smalvino![8]
+
+ »Fra pochi giorni sono Imperatrice!
+ »Sei venuto a veder la tua sovrana?
+ »Ti farò ricco, e sai chi te lo dice!
+
+ »A tua moglie ci pago una collana,
+ »E con l'acqua di felsina, all'armento
+ »Fin da quest'oggi laverai la lana.
+
+ »Farò indorar le vacche ed il giumento,
+ »Ti selciarò la stalla di brillanti,
+ »E l'aldamàra[9] tua sarà d'argento.
+
+ »Or vanne Titirino e quei birbanti
+ »Che tempo addietro mi credevan pazza,
+ »Crepino d'accidente tutti quanti.
+
+ »Vanne a Bologna, sta contento e sguazza,
+ »Che in compenso del latte che m'hai dato,
+ »Io ti farò più ricco di Cavazza![10]»--
+
+ Io dico _grazia!_ vado, e sul mercato
+ Da un buon amico mio, sessanta lire
+ Al sessanta per cento, ho ritrovato;
+
+ Ma il primo vaglia che mi fa venire
+ L'Imperatrice Argia, pago ogni cosa,
+ Faccio il porco e mi voglio divertire.
+
+ Ecco spiegata la ragione ascosa
+ Di tutta quanta l'allegrezza mia,
+ Viva il signor Pierin! Viva la sposa!
+
+ MELIBEO
+
+ Viva l'Imperator! Viva l'Argia!!!
+
+
+ [*] Per errore di troppo eccitabile imaginazione, la Poetessa
+ credette che S.M. l'Imperatore di Germania venisse l'ultima volta
+ a Roma per chiedere al Sommo Pontefice il divorzio dalla
+ Imperatrice e sposar quindi lei.--Vedi le note in fondo al
+ capitolo.
+
+ [1] Coricato. _Recubans sub tegmine fagi_. VIRG. Dum stravaccatae
+ pegorae marezant_. MERL. COCCAI _Zaniton._
+
+ [2] Cocomero, anguria. _Cucurbita citrullus_ Linn.
+
+ [3] Appetito furibondo.
+
+ [4] Uomo di poco cervello. _Captus mentis_.
+
+ [5] Non è la _rana esculenta_ Linn. ma il sinonimo bolognese di
+ miseria. Questo simbolico batracio ricorrerà sovente in queste
+ carte.
+
+ [6] L'effemeride in cui videro la luce molte di queste rime.
+
+ [7] L'onorando signor Pietro Sbolenfi, degno genitore dell'autrice,
+ cui è dedicato il volume.
+
+ [8] Che Dio ci liberi e scampi tutti! È un accidente.
+
+ [9] Concimaia.
+
+ [10] Il Conte Felice Gavazza, banchiere, riputato per uno dei più
+ ricchi bolognesi.
+
+
+
+ SI SCUSA PER AVERGLI MOSTRATO POCO RISPETTO[*]
+
+
+ Mio diletto Signor, poichè vedesti
+ Senz'alcun velo il negro mio misfatto,
+ Signor, perdona e fa che in te non desti
+ Scandalosi pensier l'orribil fatto.
+
+ Nel momento fatal forse dicesti:
+ «Cos'è quello, per zio?! Divento matto?
+ È questo l'occhio dell'Argia? Son questi
+ L'aspetto e i vezzi suoi? Mo niente affatto!»
+
+ E ben dicesti! Anch'io quanto mi posi
+ Viceversa così, pensai lo stesso
+ E tu lo sai che non te lo nascosi;
+
+ Ma, deh, quell'affaraccio dell'ingresso
+ E il panorama che alla folla esposi,
+ Scordali, Cocco, e sposami lo stesso!
+
+
+ [*] Recatasi incontro a S.M. l'Imperatore, salì sopra un palo e,
+ urtata dalla folla, cadde a capofitto, mostrando al suo sperato
+ amante, com'ella dice, poco rispetto.
+
+
+
+ SFOGO CONTRO COLUI[*]
+
+
+ C'era una volta in Roma una ragazza
+ Il cui nome gentil non vi dirò,
+ Che per l'Imperator divenne pazza
+ E di dargli la man si lusingò.
+
+ Ei venne a Roma e per la gioia grande
+ Ella dinanzi a lui cadde boccon
+ E gli mostrò che non avea mutande
+ In omaggio all'igiene e alla stagion.
+
+ Bismarck, quando lo seppe, andò in furore,
+ Afferrò penna, carta e calamar
+ E poi telegrafò all'Imperatore
+ Che per l'amor di Dio non stesse far,
+
+ E _quella donna_ ci si mise dietro
+ Seguitandolo sempre per città,
+ Dal re, dal papa, in piazza ed in San Pietro,
+ Raccontandogli mille infamità.
+
+ E lui sentendo questa sinfonia,
+ Da prima cominciò a tintinagar,[1]
+ Poi nel più bello piantò lì l'Argia
+ E coi Sovrani s'imbarcò per mar.
+
+ L'empio! Intanto la povera tradita
+ Nei Cappuccini andò per la passion;
+ Mutò speranze, desideri e vita,
+ Ed, ancella di Dio, prese il cordon.
+
+ Caste donzelle, deh, accogliete in seno
+ Questo consiglio che mi vien dal cor.
+ Portate sempre le mutande, o almeno
+ Copritevi se vien l'Imperator!
+
+
+ [*] _Colui_, ahimè, è l'alto personaggio di cui alle rime precedenti,
+ e _quella donna_ la sua legittima e graziosa consorte.
+
+ [1] Tentennare. _Dial. bol._
+
+
+
+ AVE CRUX![*]
+
+
+ All'illustre e Venerato prosatore
+ e suo diletto genitore
+ questo segno d'onore
+ pegno d'amore
+ col cuore
+ Argia
+ dà
+
+ Padre diletto,
+ Sbolenfi Pietro,
+ Al tuo cospetto
+ Vinta m'arretro,
+ Perchè sei degno
+ D'aver un regno.
+ Ma poichè il regno ti negò la sorte
+ E giaci oppresso dall'immonda rana,
+ Col tuo bel libro sfiderai la morte,
+ Il bel libro cui feci io da mammana,
+ Il bel libro che può dirsi un portento,
+ Da cui speriamo alfine il nutrimento.
+ E poichè il mondo,
+ Non ti fa onore
+ Vieni, giocondo
+ Mio genitore,
+ Che ad alta voce
+ Ti dò la croce!
+
+
+ [*] L'ottimo ed erudito Signor Pietro Sbolenfi, genitore della
+ poetessa, aveva stampato un applaudito volume di ricordi
+ bolognesi. La poetessa lo rimeritò della dedica fattale con questo
+ segno d'onore.
+
+
+
+ L'APPARIZIONE
+
+ ROMANZA
+
+
+ Crudo ed avaro, nel suo castello
+ Viveva il Conte del Meloncello,[1]
+ Quindi nessuno ci volea ben.
+
+ Trattava i figli come serpenti,
+ E, dice un libro, che ai suoi serventi
+ Il pane e l'acqua ci dava appen.
+
+ Il primogenito di nome Augusto
+ Era un bel giovine, svelto e robusto,
+ Che l'ammiravano per la città.
+ Membro dei Reduci dalle Crociate,
+ Molte godevasi maccaronate
+ Coi Soci, e andavano di qua e di là.
+
+ Lo seppe il padre che, all'olmo andato,[2]
+ A sè un sicario tosto chiamato,
+ Mettere il figlio fece in prigion.
+ Cavar gli fece l'elmo e lo scudo
+ E in una torre lo mise nudo
+ Ed era, ahi vista! senza i calzon!
+
+ Ma il padre barbaro che una mattina
+ Privo di lampada stava in cantina
+ E, come al solito, tirava il vin,
+ (Ah, proteggeteci Angeli e Santi!)
+ Fetente e squallida si vide avanti
+ L'ombra terribile d'un cappuccin.
+
+ E l'ombra disse: «Non hai vergogna
+ Di quel che hai fatto, brutta carogna?
+ Libera il figlio; dà mente a me!»
+ Al padre infame, pel terror grande,
+ Cambiar colore fin le mutande,
+ Tal che ammorbava da capo a piè.
+
+ Indi, recatosi alla prigione,
+ Con mano tremula aprì il portone
+ E disse: «Vattene dai piedi fuor!»
+ Augusto, libero, ratto andò via,
+ Indi, impiegatosi, sposò l'Argia[3]
+ E lunghi vissero giorni d'amor.
+
+
+ [1] Arco a due chilometri da Bologna. Il castello non esiste
+ più, ma invece vi si trovano, una stazione di Guardie di P.S.
+ e un'osteria.
+
+ [2] Andato in furia.
+
+ [3] Ahi, non fu vero!
+
+
+
+ IN DISPREZZO DI UNO SPASIMANTE VECCHIO E STORTO
+
+ SONETTO SBOLENFIO
+
+
+ Ridicolo che il vicolo girandoli,
+ Sciupi i sassi coi passi e indarno ciondoli.
+ Ti parlo schietto, io non ammetto scandoli,
+ Ne sopporto uno storto che mi sdondoli.
+
+ Gli affetti celo e in denso velo ascondoli
+ Ai vegliardi testardi; indi burlandoli,
+ Li mando in bando quando, innamorandoli,
+ Strazio i lor cor e nel dolor sprofondoli.
+
+ Se i maschi adoro, pur tra loro io scindoli
+ In vecchi molli c'hanno i colli pendoli
+ E in giovinetti eretti e di buone indoli;
+
+ Ma i somari tuoi pari io vilipendoli
+ E far puoi quel che vuoi, tu non m'abbindoli,
+ Vecchio brutto, distrutto e tutto a sbrendoli!
+
+
+ CONFIDA LE SUE PENE ALLA BEATA VERGINE
+
+ SONETTO SBOLENFIO
+
+
+ O pia Maria, ve' della mia terribile
+ Pena terrena la catena ignobile!
+ Vien manco il fianco stanco ed è impossibile
+ Ch'io resti a questi mal molesti immobile!
+
+ Dura sciagura, arsura inestinguibile,
+ Ricetto eletto han nel mio petto e, mobile
+ La mente, sente un serpente invisibile
+ Che ha vinto, estinto, in lei l'istinto nobile!
+
+ O Bella Stella, o Verginella amabile,
+ Ascolta, volta a me stolta e volubile,
+ La preghiera sincera e vera e stabile.
+
+ Odo che un nodo sodo e indissolubile
+ Fa fiorita ogni vita attrita e labile....
+ Mia pia Maria, fa ch'io non sia più nubile!!
+
+
+
+ IN DISPREGIO DELLA IMMONDA RANA[*]
+
+ SONETTO SBOLENFIO
+
+
+ Rana, sovrana dell'umana e ignobile
+ Razza, che pazza sguazza in brago orribile,
+ Sdegno il tuo regno indegno e sfido immobile
+ Mira! l'ira tua dira e inestinguibile!
+
+ Tardi e codardi dardi avventi al nobile
+ Mio petto, schietto, eletto e irremovibile.
+ Sprezzo il tuo lezzo e in mezzo al volgo mobile,
+ Vera guerriera e fiera, io sto invincibile.
+
+ Il mondo in fondo è tondo ed è volubile,
+ Come una luna la fortuna è instabile,
+ E, onesta o lesta, niuna resta nubile;
+
+ Sol io, mio Dio, col mio desio ineffabile,
+ Giaccio, e non straccio il tuo laccio insolubile,
+ Rana ircana, malsana e miserabile!!
+
+
+ [*] Batracio simbolico di cui vedi indietro.
+
+
+
+ TAVOLETTE MORALI
+
+
+ I
+
+ Il coccodrillo
+ Chiese al mandrillo:
+ «Perchè sei qui?»
+ Disse il mandrillo
+ Al coccodrillo:
+ «Perchè di si!»
+
+ _Morale_
+
+ Opra tranquillo
+ Come il mandrillo
+ La notte e il dì.
+
+
+ II
+
+ Un pollaio, di gennaio,
+ Nel solaio d'un notaio
+ Un porcaio diventò;
+ Ed un pollo non satollo,
+ Il suo collo mezzo frollo
+ Col midollo si mangiò!
+
+ _Morale_
+
+ Imparate, disgraziate
+ Non pigliate cantonate
+ Se bramate dei _cocô_!
+
+
+ III
+
+ La cicala avea cantato
+ Tutto luglio a perdifiato.
+ Quando il caldo fu sparito,
+ Si sentì molto appetito
+ Ed andò dalla formica
+ Domandandole una spica.
+ La formica le richiese:
+ «Che facesti l'altro mese?»
+ La cicala allor riprese:
+ «Ho cantato, o dolce amica!»
+ «Brava!»--disse la formica--
+ «Tu facesti arci benone
+ «Ed invece d'una spica,
+ «Prendi, cara, ecco un zampone!»
+
+ _Morale_
+
+ Imitate in ogni cosa
+ La formica generosa.
+
+
+ IV
+
+ Una sciabola un po'sciocca
+ Col revolver litigò
+ E finì col dirgli: «tocca
+ Questa lama e tacerò!»
+ A costei che lo contrasta
+ Con sì stolta vanità,
+ Il revolver disse: «tasta
+ Queste palle, e zitto là!»
+
+ _Morale_
+
+ Ragazze, non scherzate
+ Con l'armi caricate!
+
+
+ V
+
+ La pulce milanese
+ Che vive di stracchino,
+ Fuori del suo paese
+ La credono un pulcino.
+
+ _Morale_
+
+ Un uomo d'esperienza
+ Si fida all'apparenza.
+
+
+ VI
+
+ La farfalletta
+ Sopra la vetta
+ D'una polpetta
+ Si riposò.
+ Ma una civetta
+ Accorse in fretta
+ E, poveretta!
+ Se la mangiò.
+
+ _Morale_
+
+ Lettor, sta attento e vedi
+ Dove tu metti i piedi.
+
+
+ VII
+
+ La pispola diceva al pispolino:
+ «Bada di non sporcarti il gabannino!
+ Ma il pispolin la madre non paventa
+ E in umido finì con la polenta.
+
+ _Morale_
+
+ Ubbidisci alla madre ed al fratello,
+ O nell'umido andrai come l'uccello.
+
+
+ VIII
+
+ Un tonno innamorato
+ Lesse i _Promessi Sposi_
+ E tutto riscaldato
+ Da sensi religiosi,
+ Andò pianin pianino
+ A farsi cappuccino.
+
+ _Morale_
+
+ Fai bene se t'astieni
+ Dal legger libri osceni.
+
+
+ IX
+
+ Una foca in vaporino
+ Volle andar sino a Bazzano,
+ Ma le cadde il taccuino
+ Dalla tasca del gabbano
+ E se volle andarci mai
+ Dovè prendere il tramvai.
+
+ _Morale_
+
+ Toccherà sempre così
+ A chi viaggia in venerdì.
+
+
+ X
+
+ Un delfino al mare in ripa
+ Che fumava nella pipa,
+ Prese fuoco e si scottò;
+ Ma uno struzzo di passaggio
+ Lo guarì con del formaggio
+ Che sul buco ci applicò.
+
+ _Morale_
+
+ Questa favola mi pare
+ Che v'insegni a non fumare.
+
+
+ XI
+
+ Fece l'ovo un giovin gallo
+ Fuor del nido e lo covò,
+ Ma uno svizzero a cavallo
+ Non volendo lo schiacciò.
+
+ _Morale_
+
+ Di qui apprendi, o giovinetto,
+ A far l'ovo nel tuo letto.
+
+
+ XII
+
+ Il soldo ed il baiocco
+ Trovandosi in questione,
+ Portavano lo stocco
+ Nascosto nel bastone;
+ Ma tosto i deputati
+ Votarono un'inchiesta
+ E furon condannati
+ Al taglio della testa.
+
+ _Morale_
+
+ Chi tradisce l'amicizia
+ Cade in man della giustizia.
+
+
+ XIII
+
+ Il leon per fare il bagno
+ Punto fu dal pesce ragno,
+ Ma un dentista forestiere
+ Lo guarì con un clistere.
+
+ _Morale_
+
+ Chi vuol far l'altrui mestiere
+ Molte volte fa piacere.
+
+
+ XIV
+
+ Lo storione--in un cantone
+ Profittò dell'occasione,
+ Ma il leone--cappellone
+ Gl'intimò contravvenzione.
+
+ _Morale_
+
+ Son molti i guai--che ti risparmierai
+ Se a ritirarti a tempo imparerai.
+
+
+ XV
+
+ Tra la provvida formica
+ E il catarro di vescica
+ Fu contratta società.
+ Ma si sciolsero ben tosto,
+ Perchè ognuno ad ogni costo
+ Pretendeva la metà.
+
+ _Morale_
+
+ Non c'è gusto in un bel gioco
+ Quando dura troppo poco.
+
+
+ XVI
+
+ La pecora inferma
+ Tirando di scherma
+ In breve guarì.
+ Ma perse il tabarro
+ E prese un catarro
+ Del quale morì.
+
+ _Morale_
+
+ Questa piccola novella
+ Vi consiglia la flanella.
+
+
+ XVII
+
+ L'ippopotamo droghiere
+ E il merluzzo salumiere
+ Ragionavan con piacere
+ Ciaschedun del suo mestiere.
+ Ma un astuto alligatore,
+ Anche lui commendatore,
+ Disse: «Ah stupidi! il migliore
+ È il mestiere del signore.»
+
+ _Morale_
+
+ Se le bestie parlan bene,
+ Frequentarle si conviene.
+
+
+ XVIII
+
+ Il re Tappella
+ Facea la guerra,
+ Ma dalla sella
+ Cascò per terra
+ E nel tracollo
+ Si ruppe il collo.
+
+ _Morale_
+
+ Per detto generale
+ Chi casca si fa male.
+
+
+ XIX
+
+ La lima ed il limone
+ Per causa dei giornali
+ Ebbero una questione
+ Davanti ai tribunali,
+ Ma proprio nel momento
+ Di farsi onor coll'arte,
+ Tirò sì forte il vento
+ Che portò via le carte.
+
+ _Morale_
+
+ Oh che gioia, oh che contento
+ Se tirasse solo il vento!
+
+
+ XX
+
+ Stava il corvo alla finestra
+ Aspettando la mammana
+ E teneva nella destra
+ Una forma parmigiana.
+ Una volpe ivi passò
+ Ed a lui così parlò:
+ «Deh, chi mai vide un uccello
+ Più piacevole e più bello?
+ Se il tuo canto è come il viso,
+ Sei l'uccel del Paradiso!...»
+ Ascoltando queste cose,
+ Tosto il corvo le rispose:
+ «Cara volpe, a chi mi loda
+ Dico: baciami la coda!»
+
+ _Morale_
+
+ Se qualcun vi loda spesso,
+ Rispondetegli lo stesso.
+
+
+ XXI
+
+ La tinca in una cassa
+ Piena di formentone
+ Si fece tanto grassa
+ Che diventò un tincone.
+
+ _Morale_
+
+ A molti il vizio
+ Fa quel servizio.
+
+
+ XXII
+
+ La sega ed il ditale
+ Sposi a dieci anni soli
+ Dal nodo coniugale
+ Non ebbero figliuoli,
+ Perciò, con atto egregio,
+ Fondarono un collegio.
+
+ _Morale_
+
+ Son sterili soventi
+ Le nozze tra parenti.
+
+
+ XXIII
+
+ Il bue disse alla vacca:
+ «Vuoi tonno o vuoi salacca?»
+ La vacca disse al bue:
+ «Dammeli tutti e due!»
+
+ _Morale_
+
+ Nelle giornate magre di quaresima
+ Son simile alla vacca anch'io medesima.
+
+
+ XXIV
+
+ Un somaro in Egitto per scommessa
+ Sposò una poetessa
+ E in barca la condusse al Cairo e a Menfi...
+
+ _Morale_
+
+ Sposate ARGIA SBOLENFI!!!
+
+
+
+ IL GENTIL CAVALIERO
+
+
+ Va per la selva nera
+ Solingo un cavalier
+ Ornato d'un cimier
+ Colla criniera..
+
+ Dai piedi fino al mento
+ Coperto è di metal;
+ Galoppa il suo caval
+ Che pare il vento.
+
+ Quand'ecco che un romito
+ Innanzi gli si fa
+ E dice: «vieni quà,
+ Guerriero ardito!
+
+ C'è una fanciulla pia,
+ Leggiadra anzichenò,
+ E il padre la chiamò
+ Sbolenfi Argia.
+
+ Ti sta nel suo palazzo
+ Fremente ad aspettar
+ E tu l'hai da sposar
+ Bravo ragazzo!
+
+ Faresti un buon affare
+ E non puoi dir di no.
+ Io vi mariterò;
+ Valla a pigliare!...»
+
+ A questa esortazione
+ Commosso il cavalier,
+ Nel ventre del destrier
+ Piantò lo sprone,
+
+ E si partì al galoppo
+ Bramoso di venir,
+ Veloce come al tir
+ Palla di schioppo...
+
+ Scorsero gli anni e i mesi,
+ I giorni e le stagion,
+ Ed io sul mio balcon
+ Sempre l'attesi!
+
+ Ma invan lo sguardo esplora
+ Le strade ed i sentier;
+ Il prode cavalier
+ Galoppa ancora!!
+
+
+
+ ¡POBRE CARLOS![*]
+
+
+ ¿Habla: se puede ser mas desdichada?
+ Quiereba Carlos el toreadores,
+ Ma un toro viense in la plaza mayores
+ Y per matarlos el sfrodò la espada
+
+ El toro escapò vias por la contrada
+ ¡Mo Carlos, dietros. fagando romores!
+ Cuando el toro ¡ahi de mi, caros señores!
+ Per de dietros ce apogia una cornada.
+
+ Carlos cascò cridando ¡ahi, porco mundo!
+ Viense el medico y hablò: ¡mo bozaradas,
+ El corno ha penetrado ensino al fundo!
+
+ ¡Parece un nido carico de vrespas;
+ Las pobras chiapas miranse sfondadas,
+ Todo està roto y buena noche crespas!
+
+
+ [*] Lo Spagnuolo non beve... certo l'onda del Mançanares!
+
+
+
+ LA RISPOSTA DELLA FIGLIA MALEDETTA
+
+
+ Padre, nei giorni, ahimè! vissuti insieme,
+ Nei tristi giorni in cui, non pur degli agi,
+ Ma fin del pane ci fallìa la speme,
+
+ Quando furtivi, squallidi e randagi
+ Le poma guaste cercavamo e l'ossa
+ A piè de' monasteri e dei palagi,
+
+ Quando il verno crudel con la sua possa
+ Sotto il breve lenzuol ci costringeva
+ Come morti a gelar dentro la fossa,
+
+ Padre, la figlia tua non si doleva
+ Sotto il duro flagel della fortuna.
+ Io mi sentiva forte e non piangeva,
+
+ Ma poi chè, fior di gioventù, la bruna
+ Mia pubertà sbocciando, amor m'apprese,
+ Obliai le miserie ad una ad una.
+
+ Il gaudio della vita in cor mi scese
+ E nuovo e forte palpitò il desio
+ Nel petto ansante e nelle vene accese.
+
+ Ma tu, sorpreso del delirio mio,
+ Mi chiedevi talor--figlia, che hai?
+ Aprimi il core: il padre tuo son io!--
+
+ T'amo, Pietro Sbolenfi, e ben lo sai,
+ Tanto, che al dolce suon dei detti onesti
+ Non te lo apersi, ma lo spalancai.
+
+ --_Mo, tananòn Mingheina!_--allor dicesti--
+ Costei già sogna il matrimonio e i figli!
+ È tempo di vegliarla e di star desti!--
+
+ Mi sciorinasti allor cento consigli
+ Di virtù, di morale e di prudenza
+ Per agguerrirmi il cor contro ai perigli.
+
+ --Cara figlia--dicevi--abbi pazienza,
+ Sceglilo ricco e sceglilo maturo,
+ Che pigliarlo in bolletta è un'imprudenza.
+
+ Cerca, se puoi, di metterti al sicuro!
+ Guarda tuo padre e resta persuasa
+ Come il campar senza quattrini è duro.
+
+ Guarda invece il canonico di casa!
+ Quanti fogli da cento ha nel borsello
+ E che salute nella faccia rasa!
+
+ Prendi, mia cara, un uomo come quello.
+ Fattene la signora e la padrona
+ Ed anche il Re si caverà il cappello!--
+
+ Per ciò, figlia esemplar, docile e buona,
+ Eseguendo alla lettera i tuoi detti,
+ Me ne andai col canonico in persona!
+
+ Ed or perchè ti duoli e perchè getti,
+ Quasi porco ferito, alti clamori?
+ Perchè, dimmi, perchè ci hai maledetti?
+
+ Perchè vieni a cianciar de' tuoi dolori,
+ Mentre tu ci portavi il candeliere
+ E fosti Galeotto ai nostri amori?
+
+ Io lo dirò il perchè! Sperasti avere
+ Dal genero sognato agi e monete
+ Per menar le ganascie a tuo piacere,
+
+ Ed or che sei rimasto con la sete
+ Fai lo scontento e lo scandalizzato
+ Perchè tua figlia dorme con un prete!
+
+ Ma padre mio, ti sei dimenticato
+ Tutto ad un tratto la parola detta
+ Ed il consiglio che m'avevi dato?
+
+ Tu mi dicevi di tenermi stretta
+ E ferma del canonico al mantegno....
+ Io mi ci tengo e tu m'hai maledetta!
+
+ Andiamo, smetti questo finto sdegno!
+ Ribenedici la diletta figlia
+ Or che porta d'amor nel seno un pegno!
+
+ Presto nonno sarai! Spiana le ciglia
+ Che un bugiardo furor move ed infiamma.
+ Sta quieto per ragioni di famiglia
+
+ Ricevi un bacio e tante cose a mamma.
+
+
+
+ SI DESCRIVE UNA RUSTICA CAPPELLA
+
+
+ Ben sovente
+ T'ho presente
+ Nella mente,
+ Vezzosissima cappella,
+ E il tuo aspetto
+ Nel mio petto
+ Fa l'effetto
+ Della cosa la più bella.
+
+ Parlo a stento
+ Dal contento,
+ Anzi sento
+ Che mi manca la favella,
+ E deliro
+ Quando in giro
+ Io ti miro
+ Rosseggiar superba e snella!
+
+ Quasi nera
+ T'alzi altera
+ Nella sera
+ Che il candor degli astri abbella;
+ T'alzi ed io
+ Nel cor mio
+ Ti desio
+ Vezzosissima cappella!
+
+
+
+ INNO AL SALAME
+
+
+ O progenie divina,
+ o d'ogni ben cagione,
+ figlio di Salamina
+ e de'l Re Salomone;
+ o de la fame infame
+ trionfator, Salame,
+ balzi or l'agile strofa innanzi a te;
+
+ a te, forte e gentile
+ onor de 'l genio umano
+ e de 'l mondo civile
+ consolator sovrano,
+ ne le cui forme dorme
+ una possanza enorme
+ che squarcia i monti e sfonda il trono a i Re.
+
+ Fatto con diligenza,
+ o montanaro, o fino,
+ con l'ova sode o senza,
+ sempre tu sei divino
+ e t'amo e ognor ti bramo
+ e Nume mio ti chiamo
+ e tua mi giuro e ti consacro il cor.
+
+ Oh quante volte, oh quante,
+ ne' sogni miei ti vedo
+ e vinta e palpitante
+ stringerti a 'l cor mi credo
+ e desta, la mia mesta
+ sorte m'appar funesta,
+ poichè tu manchi a 'l mio focoso amor.
+
+ E pur la rabbia ostile
+ disonorarti brama
+ e de 'l onagro vile,
+ vile figliuol ti chiama;
+ ma tu sorridi e gridi
+ --tornate a i vostri lidi
+ e cessate d'infrangermi i calzon!--
+
+ Deh, se ne i dì sereni
+ io mi sperai tua sposa,
+ tra le mie braccia vieni,
+ sovra il mio sen riposa.
+ Orgoglio mio, ti voglio
+ far co' miei baci il soglio,
+ lo scettro, la corona e il padiglion!
+
+
+
+ LAMENTO[*]
+
+
+ Piangete al gran galoppo,
+ Dolcissimi lettor!
+ Il nostro Direttor,
+ Moscata, è zoppo!
+
+ Che se a qualcuno importa
+ Saperne la cagion,
+ Sappiate che al Veglion
+ Prese una storta.
+
+ La storta che ha pigliata
+ Passava pel caffè
+ Vestita da _bebè_
+ Molto scollata.
+
+ Ed ei che aveva piena
+ La tasca di quattrin
+ Ai Quattro Pellegrin
+ Le diè una cena.
+
+ Costei che aveva i denti
+ Aguzzi anzichenò,
+ Gli bevve e gli mangiò
+ Tre abbonamenti.
+
+ Indi, per sua sventura,
+ Si volle sdebitar,
+ Ma non pagò in denar,
+ Pagò in natura.
+
+ E il nostro Principale
+ Dopo due giorni o tre,
+ Cos'è, cosa non è,
+ Si sentì male.
+
+ Basta, per farla corta,
+ Il nostro Direttor
+ Ricorse al suo dottor
+ Per questa storta,
+
+ Che stette un pò dubbioso
+ Indi gli suggerì
+ Santalo del Midi,
+ Malva e riposo.
+
+ Piangete al gran galoppo,
+ Dolcissimi lettor,
+ Il nostro Direttor,
+ Moscata, è zoppo!
+
+
+ [*] Cesare Dalla Noce detto Moscata dirigeva l'effemeride
+ in cui la Poetessa faceva le sue armi.
+
+
+
+
+ LIBRO SECONDO
+
+
+
+ LE DECADENTI
+
+
+
+ Pornografia? Sta bene:
+ Ma siete voi sicuri
+ Che il fine ognun misuri
+ Dalle apparenze oscene?
+
+ E appunto a voi conviene
+ D'esser sprezzanti e duri
+ Quando lo sanno i muri
+ Che fondo vi mantiene?
+
+ Tartufi rugiadosi,
+ Quanto prendete al mese
+ Per esser virtuosi?
+
+ O di virtù modello,
+ Chi vi rifà le spese
+ Del gioco e del bordello?
+
+
+
+ ANACREONTICA
+
+ Chi pel selvoso monte
+ Lascia la nuda valle
+ E del roccioso calle
+ L'erta salendo va,
+ Sente grondar la fronte
+ E vacillare il fianco,
+ Sente che il piè già stanco
+ Forza d'andar non ha.
+
+ Ma giunto in su la vetta,
+ Con l'occhio erra lontano
+ Sul verdeggiante piano
+ Che gli si stende al piè.
+ Allor trionfa e getta
+ Un grido alto e giocondo;
+ Vede soggetto il mondo
+ E se ne sente il re.
+
+ Anch'io così, sudando
+ Su la ribelle rima,
+ Potei toccar la cima
+ Lieta del sacro allor.
+ E, sotto a me guardando
+ Con la pupilla altera,
+ Maggiore e assai più vera
+ D'altri sentirmi in cor.
+
+ Perciò sappia chi viene,
+ Folle, a contender meco
+ Od a negarmi, bieco,
+ La seggiola curùl,
+ Che tre scodelle piene
+ Di tagliatelle asciutte
+ Io me le mangio tutte
+ E vado..... ad Irminsùl.[1]
+
+
+ [1] Località ignota, forse dell'altro emisfero
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+ L'ALBA
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+ Vegliai! Dice la fiamma omai languente
+ Che il petrolio calò nella lucerna.
+ Vegliai piangendo ed ecco lentamente
+ Destarsi al novo dì la Città Eterna.
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+ Le carrette dei broccoli e la gente
+ Ripassan sotto alla magion paterna,
+ Il padre russa e un campanil si sente
+ Laudar da lungi la Bontà Superna.
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+ Lieto un chicchirichì vien da lontano
+ Da' cortil suburbani e da' pollai
+ Destati dal chiarore antelucano;
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+ Ed io, infelice, di dolenti lai
+ L'aria, l'acqua, la terra assordo invano,
+ Perchè un gallo per me non canta mai!
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+ IN MARE
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+ Eccoti o mar, solenne ed infinito,
+ Del divino poter simbolo e stampa:
+ Eccoti, e in faccia a te cade atterrito
+ L'occhio che di febea fiamma divampa.
+
+ Sei tremendo nell'ira e al tuo ruggito
+ Non regge prora e poppa mai non scampa,
+ Ma nella calma tua, liscio e pulito,
+ Sembri la ciccia di Minghino Svampa.
+
+ Ecco un'aura d'amor scende dal cielo
+ E va dell'onda che pur or posava
+ Soavemente accarezzando il pelo.
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+ E la persona mia che lorda stava,
+ Ora la porgo aperta e senza velo
+ Al mar che me la bacia e me la lava.
+
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+ LA CAPRETTA
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+ _Florentem cytisum sequitur lasciva capella._
+ VIRG. _Ecl_. II, 64.
+
+
+ Quando trovo qualcun che me la mena,
+ La mia capretta, a pascolar sul monte,
+ Tutta la sento di dolcezza piena
+ Guizzar pel gusto che le brilla in fronte:
+
+ E se poi qualchedun me la rimena,
+ Corro tosto a lavarla ad una fonte,
+ Indi l'asciugo e non è asciutta appena
+ Che a trastullarsi ancor le voglie ha pronte.
+
+ Sempre sana e piacente, al caldo e al gelo
+ Va intorno e cogli scherzi altrui diletta,
+ Tanto la tenni e l'educai con zelo.
+
+ Eccola quì che una carezza aspetta,
+ Fresca, pulita e non le pute il pelo.....
+ Dite, chi vuol baciar la mia capretta?
+
+
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+ IN BICICLETTA
+
+
+ Giammai, scoccata da una man feroce
+ Dall'arco teso non fuggì saetta
+ Come sul suo sentier corre veloce
+ La bicicletta.
+
+ Volan le rote e mentre sulla via
+ Nessun rumor presso di lei si sente,
+ Qualche imbecille al corridore invia
+ Un accidente.
+
+ A me che importa se della canaglia
+ M'insegue il riso o il mormorar d'alcuni,
+ Se l'iniqua parola altri mi scaglia
+ O il _molla Buni_?
+
+ Io corro, io volo sulla bicicletta
+ Questo ideal delle cavalcature:
+ Chi soffre d'emorroidi o di bolletta
+ M'insulti pure,
+
+ Ch'io son beata e un fremito m'assale,
+ Mi avvolge un'onda di piacer sovrano
+ Quando vengo stringendo il trionfale
+ Manubrio in mano.
+
+ Io son beata allor che fra le gambe
+ Sento il rigido ordigno e in quegli istanti
+ Tendo le coscie e l'agitar d'entrambe
+ Lo spinge avanti.
+
+
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+ AD UN OROLOGIO GUASTO
+
+
+ Poi che il pendolo tuo giù penzoloni
+ Non ha più moto ed impotente stà
+ E gl'inutili pesi ha testimoni
+ Della perduta sua vitalità,
+
+ Vecchio strumento, m'affatico invano
+ A ridestar l'antica tua virtù;
+ Inutilmente con l'industre mano
+ Tento la molla che non tira più.
+
+ Questa tua chiave, che ficcai si spesso
+ Nel suo pertugio, inoperosa è già;
+ Rotto è il coperchio e libero l'ingresso
+ Ad ogni più riposta cavità.
+
+ Deh, come baldanzoso un dì solevi
+ L'ora dolce del gaudio a me segnar
+ E petulante l'ago tuo movevi
+ Non mai spossato dal costante andar!
+
+ Quante volte su lui lo sguardo fiso
+ Or tengo e penso al buon tempo che fu.
+ Se almen segnasse mezzodì preciso.....
+ Ma sei e mezza!... e non si move più!
+
+
+
+ A LUI
+
+
+ Perchè, Mio Bene, se vicin mi siedi
+ Taci e rivolgi gli occhi ai travicelli,
+ Oppur ti osservi attentamente i piedi
+ Quasi credendo di trovarli belli?
+
+ Guardami invece gli occhi e leggi e vedi
+ Di quante fiamme il nuovo amor li abbellì;
+ Guardali, non temer, fissali e credi
+ Che prometton ben più ch'io non favelli.
+
+ Parla e fa che il timor non vinca e prema
+ Del tuo vergine cor l'immenso affetto:
+ Chi vuol gli amplessi miei, tenti e non tema.
+
+ Parla, poichè il mio gaudio, il mio diletto,
+ La mia felicità sola e suprema,
+ Dalla tua lingua, amico mio, l'aspetto.
+
+
+
+ È VERO
+
+
+ Io dissi: «Ah, come pendo!
+ Mi sembra di cascar!»
+ Ma tosto sorridendo
+ Rispose il marinar:
+
+ «Pieno di scene orrende
+ Sarebbe il mondo intier
+ Se tutto quel che pende
+ Dovesse, oh Dio, cader!»
+
+
+
+ AFFETTI DI UNA PELLEGRINA
+ ALL'AUGUSTO VEGLIARDO
+
+ DOPO LA VISITA
+
+
+ Agl'immensi Tuoi piè, Padre, chinata
+ Stetti trepida in volto e reverente;
+ A Te levai le palme e Tu clemente
+ Mi facesti partir racconsolata,
+
+ Ond'io terrò nella memoria grata
+ La benedetta imagin Tua presente
+ In fin ch'io viva, e spesso con la mente
+ A questa tornerò santa giornata.
+
+ Tutto ricordo: i detti Tuoi soavi,
+ Le Angeliche Sembianze, il carcer tetro
+ E l'angolo preciso in cui parlavi.
+
+ Ricordo fin la guglia di San Pietro
+ Che, guardando dal luogo ove tu stavi,
+ Io l'avevo davanti e Tu didietro.
+
+
+
+ LA BALLATA DEL CAVALIER DISCORTESE
+
+
+ I
+
+ Poi che il sol tramontò, poi che lontana
+ piange la mesta squilla il dì che muor,
+ da 'l solingo veron la castellana
+ canta così alle stelle il suo dolor:
+
+ «Qui presso, tra due monti, è rimpiattato
+ un castello che il sol mai non scaldò.
+ Il vento che vi spira è avvelenato,
+ Buco è il suo nome e se lo meritò.
+
+ »Invece in faccia a 'l sol ride scoperto
+ questo palagio mio cinto di fior.
+ Ride tra i boschi, ospitalmente aperto
+ ad ogni dolce peregrin d'amor.
+
+ »L'altra notte vegliai su 'l mio balcone
+ e vidi ne la valle un cavalier,
+ oh, come bello! e con l'aurato sprone
+ il cavallo spingea lungo il sentier.
+
+ Il cor mi palpitò quando lo scorsi,
+ l'aspetto suo mi vinse e mi rapì.
+ Tutta tremante da 'l balcon mi sporsi,
+ tesi le braccia e gli parlai così:
+
+ --Fermati cavalieri Deh, tante cose
+ vorrei dirti!.... Ove vai? Fermati quì!--»
+ Ma galoppando il cavalier rispose:
+ Signora, io vado a Buco...--«e poi sparì».
+
+
+ II
+
+ Vittima di se stesso e del destino
+ Ecco torna da Buco il cavalier;
+ Carogna tentennante, a capo chino,
+ Tra le gambe gli zoppica il destrier.
+
+ L'errore dell'andar, tornando, espia,
+ Poichè la strada pessima trovò
+ Ed il pantan della fetente via
+ Da capo a piedi lo contaminò.
+
+ Passa così sotto al veron fiorito
+ Dove la voce dell'amor sentì;
+ Passa e si duol d'avergli preferito
+ Il laido Buco dove imputridì.
+
+ «Deh, colline ridenti, ombroso bosco
+ Lieto d'acque perenni e di piacer
+ E voi, labbra di rosa, ora conosco
+ In che guai mi travolse un reo pensier!
+
+ Deh, affacciati al veron, tu che m'hai detto
+ --Cavalier, dove vai? Fermati qui!--
+ Ecco torno pentito, ecco nel petto
+ Col rimorso, l'amor mi rifiorì!»
+
+ Uscì la bionda castellana e china
+ Del memore balcone al davanzal,
+ Non vide un cavalier, ma una latrina,
+ Un lurido fantasma intestinal
+
+ E disse:--«Alfin la collera celeste,
+ Mossa dal mio pregar, ti castigò!
+ Scortese cavalier, quella è la peste.....
+ Lo spedale è più avanti!... «--E se ne andò.
+
+
+
+ SONETTI MITOLOGICI
+
+
+ I
+
+ ATTEONE
+
+ (_Dipinto ad olio_)
+
+ Guardate! Atteone
+ Osserva il prospetto
+ Ignudo e perfetto
+ Che Trivia gli espone.
+
+ La Dea, che suppone
+ Gli perda il rispetto,
+ Le corna e l'aspetto
+ Di cervo gl'impone.
+
+ Fuggita è lontana
+ Dal tempo presente
+ La bella Diana,
+
+ Ma sono cresciuti
+ In modo indecente
+ Le corna e i cornuti.
+
+
+ II
+
+ LEDA
+
+ Giove, padre degli Dei,
+ Vide Leda e innamorato
+ Ebbe il gusto depravato
+ Di volerne gl'imenei
+
+ E l'aggiunse ai suoi trofei
+ Con l'astuzia e con l'agguato,
+ Poi che in cigno tramutato
+ Si calò nel grembo a lei.
+
+ Donna Leda gli diè il covo,
+ Ma con questo bel lavoro
+ Fu gallata e fece l'ovo.
+
+ Già l'effetto è sempre quello
+ Quando ruzzano fra loro
+ Una donna ed un uccello.
+
+
+ III
+
+ DANAE
+
+ Acceso il Tonante
+ Per Danae d'affetto
+ Ottenne l'effetto
+ Mutando sembiante
+
+ E, splendido amante,
+ Le cadde nel letto
+ Prendendo l'aspetto
+ Dell'oro sonante.
+
+ Da noi, siamo schietti,
+ Ne andava in possesso
+ Cambiato in biglietti;
+
+ Che in oro o in argento
+ Ci avrebbe rimesso
+ Il 5 p. %.
+
+
+ IV
+
+ ATALANTA
+
+ Atalanta giovinetta
+ Alla corsa ognun sfidava
+ E sì forte galoppava
+ Che pareva in bicicletta.
+
+ Per passarla, una burletta
+ Ippomène imaginava
+ E, correndo, le gettava
+ D'oro in palle una cassetta.
+
+ Adocchiandole sì gialle,
+ Per volerle raccattare
+ Ella uscìa dal ritto calle;
+
+ Il che serve per provare
+ Che le donne per le palle
+ Si farebbero pelare.
+
+
+ V
+
+ PAN
+
+ Pane, cornuto Iddio
+ Benchè non abbia moglie,
+ Sul margine d'un rio
+ S'appiatta in fra le foglie.
+
+ Assalta di scancìo
+ Le Ninfe e poi le coglie,
+ Facendone sciupìo
+ Secondo le sue voglie.
+
+ Però fissa e solinga
+ Ebbe una fiamma in core
+ Per la gentil Siringa:
+
+ Dal che dedur conviene
+ Che il povero signore
+ Non orinasse bene.
+
+
+ VI
+
+ IO
+
+ Io, diventata vacca
+ Per volontà di Giove,
+ Fessa, dolente e stracca,
+ Così diceva al bove:
+
+ «Come mi sento fiacca
+ E rotta in ogni dove!
+ Non valgo una patacca
+ In queste forme nuove:
+
+ »Il fieno m'è indigesto
+ E i visceri m'annoda
+ In modo disonesto.
+
+ »L'utile sol ch'io goda
+ Nel mutamento, è questo:
+ Che guadagnai la coda.»
+
+
+
+ LA ROVINA DEL SASSO[*]
+
+ (_Per un numero unico_)
+
+
+ Fu la scena soltanto,
+ Fu il drammaccio cruento,
+ Che vi commosse al pianto.
+
+ Se il monte non cascava,
+ Morivano di stento
+ Ma nessun ci badava.
+
+
+ [*] Per intendere questo epigramma bisogna sapere che nel comune di
+ Sasso erano alcune grotte nel monte e alcune catapecchie dove
+ parecchie famiglie disgraziate tenevano coi denti la vita. Tutti lo
+ sapevano, lo vedevano è passavano. Rovinò il monte e fece quel che
+ non aveva fatto la fame: uccise i disgraziati. Subito si fecero
+ sottoscrizioni, conferenze e numeri unici e in uno di questi la
+ Poetessa, sott'altro nome che il suo, inserì i versi qui sopra.
+
+
+
+ SONETTO[*]
+
+
+ Usci la «Romanina»
+ E il labaro spiegò,
+ Ma l'orda libertina
+ Lo prese e lo stracciò,
+
+ E tale una rovina
+ Di calci si levò
+ Che rotto per la china
+ Qualche osso sacro andò.
+
+ La barca di San Pietro
+ Che a prora è fessa già,
+ Si rompe anche di dietro!
+
+ Non vede Santità?
+ Gli han detto «__vade retro__»
+ E Satana ci va.
+
+
+ [*] La Società cattolica detta la _Romanina_ volle celebrare in Roma
+ non so che festività a Cristoforo Colombo e andò al Pincio con
+ làbari, trombette, oratori e simili strumenti. Alcuni giovani
+ liberali presero a pedate i dimostranti che scappano ancora.
+
+
+
+ AL MIO DESTRIERO
+
+ ODE
+
+
+ Non la criniera lucida, poi che non la possiedi,
+ ma il ventre di maiolica e i quattro eburnei piedi
+ concedimi, o corsier;
+ fammi inforcar la candida tua groppa e su gli arcioni
+ starò, superba amazzone, senz'armi e senza sproni
+ o ausilio di scudier,
+
+ chè tu, gentil quadrupede, non scalpiti con l'ugna
+ quando la groppa docile porgi a l'usata spugna
+ e a 'l salubre sapon,
+ ma su le zampe, immobile e mansueto, aspetti
+ d'acque lustrali il tepido lavacro e i larghi getti
+ de l'industre sifon.
+
+ Te cavalcando, visito tutto de' sogni il regno,
+ ed un polledro rapido, non un caval di legno,
+ allor tu sei per me,
+ e ne'l sognar mio bellico, un capitan mi sento:
+ le schiere mie galloppano con le bandiere a 'l vento
+ ne 'l cospetto del Re,
+
+ Savoia! e i prodi, memori de la fortezza antica,
+ freno non danno a l'impeto e già l'oste nimica
+ le terga a noi voltò.
+
+ Che val se, a 'l campo reduce, scendo di sella esangue,
+ se da uno squarcio orribile veggo fuggirmi il sangue?...
+ La palma a noi restò!
+
+ Le schiere avverse fuggono, ma tu fuggir non sai
+ e sovra i piè di mogano solennemente stai
+ fermo, senza fiatar.....
+ Ma i sogni, ahimè, svaniscono. Cessata è la battaglia!...
+ L'ora de 'l pranzo è prossima: datemi la tovaglia
+ chè mi voglio asciugar.
+
+
+
+ ODE FARMACEUTICA
+
+
+ Ho sognato un mar di laudano
+ Denso, nero e sterminato,
+ Come un piano formidabile
+ Di sciroppo concentrato.
+ Sovra l'onde immote e brune,
+ Tra i vapor del zafferano,
+ Svolazzavano importune
+ Molte mosche di Milano,
+
+ Io, per far con meno incomodo
+ Di quel mar la traversata,
+ Mi recai sul porto prossimo
+ E vi presi una fregata.
+ Il suo nome si leggea
+ Scritto a lettere d'un metro,
+ Vale a dir FARMACOPEA,
+ E l'aveva per dietro.
+
+ Grossi e ritti erano gli alberi
+ Con le vele di cerotto,
+ Con le sartie e con le gomene
+ Verniciate di decotto;
+ E la nave fabbricata
+ Di campeggio e legno quassio,
+ Era tutta incatramata
+ Di ioduro di potassio.
+
+ Drappeggiati in negre tonache
+ Molti giovani assistenti
+ Impastavano le pillole
+ Lassative od astringenti,
+ Le supposte, i vescicanti
+ E gli empiastri da enfiagione
+ Da servire ai naviganti
+ A merenda e colazione.
+
+ Un po' il fuoco che facevano,
+ Un po' il caldo naturale,
+ In quel tanfo farmaceutico
+ Mi sentivo venir male;
+ Per cui, visto un recipiente,
+ Ci sedei sopra di botto
+ E, vedendo un assistente,
+ Chiamai forte--Ehi, giovinotto!--
+
+ --Che comanda?--chiese il giovane--
+ Vuol di malva una infusione?
+ Vuol copaive in mucilaggine?
+ Preferisce una iniezione?--
+ Adirata lo ribattei:
+ --Non son quella che credete!
+ Non ho il male che avrà lei;
+ Ho soltanto un po' di sete.--
+
+ --Sete?--disse--Il male è piccolo
+ E guarir con l'acqua suole;
+ Ma se l'acqua ella desidera,
+ Mi dirà come la vuole.
+ Forestiera o del paese?
+ Vuol Tettuccio o Castrocaro?
+ Vuol un po' d'acqua ungherese
+ O un bicchier di sale amaro?--
+
+ --Voglio solo acqua purissima!--
+ Furibonda allor gli osservo.
+ Mi rispose:--Va benissimo,
+ Ma in che modo gliela servo?
+ Perchè buono è da sapersi
+ Che da noi s'usa di bere
+ In due modi assai diversi;
+ O per bocca o per clistere.--
+
+ Detto fatto e dalla tonaca
+ Con un gesto pittoresco
+ Tirò fuori una gran cannula,
+ Un affare gigantesco,
+ E mentr'io gridava:--Ehi, sente...
+ Lei m'ha preso per isbaglio!--
+ Quel birbone d'assistente
+ Lo puntava nel bersaglio.
+
+ Se non era che voltandomi
+ Torsi il fianco un poco a destra,
+ Quell'infame di flebotomo
+ Scaricava la balestra;
+ Ma, insistendo l'animale,
+ Ne successe un serra serra
+ E, com'era naturale,
+ Tutto il brodo andò per terra.
+
+ Io credeva d'esser libera,
+ Ma mi accadde un altro guaio
+ Ch'egli prese dietro a corrermi
+ Col pestello del mortaio.
+ Un orrore, uno spavento,
+ Un battaglio da museo,
+ Una razza di strumento
+ Da sfondare un mausoleo!
+
+ Io già stavo per soccombere
+ Alla orribile balista,
+ Ma gridai--Galeno salvami,
+ Da quest'empio farmacista!--
+ E ad un tratto, e fu un enigma,
+ Spirò un'aria purgativa
+ Che pareva un borborigma....
+ E sbarcai sull'altra riva.
+
+
+
+ ALLA
+ SOCIETÀ EMILIANA DELLE LAVATRICI
+ COME SEGNO DI OMAGGIO CORDIALE
+ QUESTA ODE OSTETRICA
+ È DEDICATA
+
+ _Multiplicabo aerumnas tuas et conceptus tuos:
+ in dolore paries filios._
+ GEN. III 16.
+
+
+ Nell'interno del bacino,
+ Semprechè non sia deforme,
+ Vedi un corpo piriforme
+ Appoggiato all'intestino,
+ Appo cui fisso rimane
+ Con diversi ligamenti
+ E coi rami divergenti
+ Delle trombe falloppiane.
+
+ Ivi, quando è cominciata
+ L'ordinaria emorragia
+ E una certa ipertrofia
+ S'è per ciò manifestata,
+ Dal follicolo maturo
+ Esce l'ovulo vagante
+ Che il processo fecondante
+ Mette subito al sicuro;
+
+ Chè lo impiglia, anzi lo imbuca
+ Nella tunica villosa
+ Che presenta la mucosa,
+ La qual mutasi in caduca
+ E nel crescere diventa
+ L'amnio e il corion, traversati
+ Da quei vasi complicati
+ Che nutriscon la placenta.
+
+ Ivi il germe ha forma e cresce
+ In un sacco membranoso
+ Pien di liquido sieroso
+ Dove nuota come un pesce
+ E la sua vita fetale
+ Svolge senza sentimento,
+ Ritraendo l'alimento
+ Dal cordone ombelicale.
+
+ In quel tempo la gestante
+ Non si sente molto bene
+ E per solito le viene
+ Qualche voglia stravagante.
+ Ha lo stomaco disfatto,
+ L'energia molto depressa
+ E cammina un po' sconnessa
+ Causa il ventre tumefatto.
+
+ Finalmente la sorprende
+ Un disturbo del sensorio
+ E un dolor premonitorio
+ Lungo il rachis le discende.
+ Il marito al suo lamento
+ Corre, interroga e le dice:
+ «Vo a chiamar la levatrice
+ E ritorno in un momento!»
+
+ A intervalli lunghi e rari
+ Incomincian le pressioni
+ E le forti contrazioni
+ Delle fibre muscolari.
+ Sono sistoli speciali
+ Cui la diastole consente
+ E interessan totalmente
+ Le pareti addominali.
+
+ Ecco intanto alla degente
+ Si rinnovano i dolori
+ Sempre più provocatori
+ E di ritmo più frequente,
+ Finchè, sotto alla pressione,
+ Il liquor che l'amnio serra
+ Rompe il sacco e va per terra,
+ Precursor dell'epulsione.
+
+ La faccenda allor va lesta
+ E non c'è d'aver paura
+ Se però la creatura
+ Si presenta con la testa.
+ Ma nel caso che al contrario
+ Si presenti con un braccio,
+ Può accadere un affaraccio,
+ E il chirurgo è necessario.
+
+ Non son fatti sì frequenti,
+ Ma se mai caso si desse
+ Che l'ostetrico dovesse
+ Operar rivolgimenti,
+ O usar ferri, allor conviene
+ Star tranquilla, ilare, ardita,
+ Che la scienza è progredita
+ E le cose andranno bene.
+
+ Dopo un grido indebolito,
+ In un premito finale,
+ Nasce un maschio ed è vitale
+ Come annuncia il suo vagito.
+ Sente allor di gioia un'onda
+ La puerpera nel core
+ E con l'ultimo dolore
+ Viene espulsa la seconda.
+
+ Gentilissima lettrice,
+ Ti narrai chiara e sincera
+ In che modo e in che maniera
+ Nasce al mondo un infelice:
+ Non gittar strilli d'orrore
+ Da lussarti le ganasce;
+ Meglio dir come si nasce
+ Che narrar come si muore.
+
+
+
+ KLYSO
+
+ Su'l reo lito che Pasife
+ contaminò con l'esecrando fallo
+ forse l'industre Dedalo
+ torse in cavo cilindro il tuo metallo,
+
+ Ei lavorò ne l'ebano
+ la mobil elsa e, con la man divina,
+ su la sudata incudine
+ per consiglio d'Igea temprò la spina.
+
+ I suoi possenti farmachi
+ Esculapio di poi t'ascose in seno
+ ed a i dolenti podici
+ consolator t'offrì turgido e pieno.
+
+ Oh, qual grido di giubilo
+ il tuo primo apparir ne 'l mondo accolse!
+ Come le terga subito
+ la constipata umanità ti volse!
+
+ e tu, buono, e sollecito
+ più de l'altrui che de la tua fortuna,
+ a le ribelli viscere
+ pronto volasti ad esplorar la cruna;
+
+ nè ti commosse il torbido
+ occhio che a l'opra tua natura oppose,
+ nè d'atre bocche l'alito
+ cui tolse il fato d'emular le rose;
+
+ ma la compressa canula
+ un tepido zampillo alto sospinse
+ che, su l'esempio d'Ercole,
+ Caco ne l'antro suo sorprese e vinse.
+
+ Corsero allor le lubriche
+ linfe la cieca via che a l'Orco immette
+ e strani indi scoppiarono,
+ da l'opposto emisfer, venti e saette.
+
+ Indi a i redenti visceri
+ un po' di pepe e sal non parve ostile
+ ed i mal sani fegati
+ riser, purgati da la densa bile.....
+
+ A voi, ventri purissimi,
+ che di mal digerirmi avete il vanto,
+ a voi consacro e dedico
+ l'opportuno rimedio e questo canto.
+
+
+
+ HUNYADI JÀNOS
+
+ _Al Signore_
+ ANDREA SAXLEHNER
+ Buda-Pesth
+
+
+ Non più anelanti a i pascoli latini
+ le barbare cavalle Attila caccia;
+ rivisse il fior de gl'itali giardini
+ su la sua traccia.
+
+ Tacque indarno il deserto e crebbe l'erba
+ dove l'alta Aquilea fumando giacque;
+ da le fecondi ceneri superba
+ Venezia nacque.
+
+ Il Danubio lavò le curve spade
+ grondanti di gentil sangue romano,
+ ma di quel sangue mai goccia non cade
+ versata invano,
+
+ e con le stille che tingevan l'onde
+ de 'l pescoso Tibisco e de la Drava
+ di Roma il fato a fecondar le sponde
+ barbare andava,
+
+ e di messi la steppa e di vitigni
+ rise, ed a 'l sol che civiltà conduce
+ i biechi de i mongoli occhi sanguigni
+ vider la luce;
+
+ nè più l'Europa giudicò minaccia
+ ma baluardo de' magiari il petto,
+ quando il Corvino alzò la spada in faccia
+ a Maometto;
+
+ nè più imprecò il latino in val di Pado
+ a i varchi onde calò di Dio il flagello,
+ ma l'unno che morì sotto Belgrado
+ disse fratello.
+
+ Oh, benedetto il suol che trepidava
+ sotto il galoppo de la santa schiera
+ se l'unnìade Giovanni alto levava
+ la sua bandiera!
+
+ Oh, benedetto il suol che de la buona
+ ausonia civiltà reca le impronte
+ se de l'unnìade in nome a noi sprigiona
+ salubre un fonte
+
+ a 'l cui salso licor cedon le avare
+ viscere umane il faticoso pondo,
+ cantando inni sonanti a 'l salutare
+ flusso giocondo.
+
+ E poi che il fato reo l'opera vieta
+ de le viscere tarde invan spremute,
+ a l'ungarica possa anch'io, poeta,
+ chieggo salute.
+
+ Non il regal Tokay, ma l'acqua umile
+ che Buda ci mandò mi fia sollievo.
+ Tendimi il nappo Igea. Buda civile,
+ a te lo bevo!
+
+
+
+ NEL BAGNO
+
+ ODE
+
+
+ Pel fiammante de l' ciel tramite sacro
+ gli agitati corsier disfrena il sole
+ e d'onde fresche a 'l salutar lavacro
+ luglio ci vuole.
+
+ O fortunata se veder potessi
+ tremolar la marina a l'orizzonte,
+ o tra selve d'abeti e di cipressi
+ fredda una fonte!
+
+ Ma il iato mi negò, come ha costume,
+ il bacio di salubri acque cadenti
+ e de 'l sonante mar le bianche spume
+ rotte da i venti.
+
+ Pur, qual lo scrigno famigliar concede,
+ me ancor d'umili terme allieta l'onda
+ che in brevi cerchi accarezzar si vede
+ la ferrea sponda.
+
+ E se zefiro alcun non va temprando
+ de l' sol le vampe con la sua carezza,
+ il serico flabel l'aure agitando
+ copia la brezza.
+
+ Ivi, gettando allor la tenue vesta
+ pudicamente ignuda, io volgo il passo.
+ Disciolto il crin da l'apollinea testa
+ fluisce a 'l basso;
+
+ fluisce e lambe il tergo mio che mostra
+ callipigie beltà che il sole ignora...
+ Onde, apritemi il seno! ecco la vostra
+ dolce signora!
+
+ Io non t'invidio il fior de 'l corpo bianco,
+ o de le ciprie spume eterna figlia,
+ se a l'concavo sedil concedo il fianco
+ come a conchiglia.
+
+ Onde apritemi il seno! ecco, m'assido
+ su 'l metallico trono ... ecco m'affondo,
+ e la parte di me che lascia il lido,
+ cala ne'l fondo,
+
+ ove, strisciando con l'esperta mano,
+ detergo il lezzo a le inquinate membra.
+ Mormora l'onda ed il suo picciol piano
+ il mar mi sembra,
+
+ e le tempeste sogno e veggo e sento
+ l'imperversar de l'aquilon crudele
+ e le triremi trionfali a 'l vento
+ scioglier le vele
+
+ e una nave puntar, negra su l'onda,
+ la bocca d'un cannon fetente e cupo...
+ Numi, che scoppio!... Ne vibrò la sponda
+ de 'l semicupo!
+
+
+
+ A UN VASO NUOVO
+ DI PORCELLANA GINORI
+
+ ODE
+
+ Andovvi poi lo Vas d'elezione.
+ DANTE, _Inferno_, II.
+
+
+ Te non Pandora da l'abisso a gli uomini
+ recò, nefasto dono
+ onde il perenne ancor pianto de' miseri
+ sale di Giove a'l trono,
+
+ ma l'arte ti plasmò tra i colli floridi
+ che a Doccia son ghirlanda,
+ e l'Arno industre che ti vide nascere
+ vergine a noi ti manda;
+
+ vergine qual su l'alpe inaccessibile
+ candor di nevi intatte,
+ qual ne' chiusi presepi in larghe ciotole
+ de le giovenche il latte.
+
+ Il labbro immacolato ecco sorridere
+ veggio, curvato in arco
+ e, ingordo, ne 'l candor concavo, accogliere
+ de' lombi miei l'incarco.
+
+ Ecco il tuo ventre d'un sonoro crepito
+ ripete il rauco invito
+ e de le fauci spalancate a 'l fornice
+ tardar sembra il convito.
+
+ Ahi, ma 'l candor de l'ermellino perdere
+ omai dovrà 'l tuo smalto!
+ Triste a tutti è la vita e cose orribili
+ vedrai da 'l basso a l'alto.
+
+ Udrai ne l'ampia oscurità le raffiche
+ de l'uragan possente
+ e sovra te discatenato d'Eolo
+ il soffio pestilente,
+
+ e piover caldo e grandinar meteore
+ precipitate a l' basso
+ e rimbombar di male olenti fulmini
+ lo scoppio ed il fracasso.
+
+ Pender biechi vedrai, ne l'aura torbida,
+ lo Scorpio ed i Gemelli
+ e incomber sovra te, negri e monoculi,
+ Polifemi novelli.
+
+ Quanti atroci dolor le umane viscere
+ celino, allor saprai
+ e sotto breve foglio in forme ignobili
+ deposti in te li avrai.
+
+ Così tra breve, maculato il lucido
+ onor de 'l ventre bianco,
+ ti sentirai, da crepe immonde infrangere
+ l'affaticato fianco,
+
+ ed un vil sterquilinio avrà le briciole
+ de le tue membra rotte!....
+ Crudo è 'l fato e noi donne a te siam simili,
+ o chicchera da notte!
+
+
+
+ AI COLLEGHI
+
+
+ Tangheri di poeti
+ Che, se andate in amore,
+ Raccontate i segreti
+ Di tutte le signore,
+
+ Siate meno indiscreti
+ Negli affari di cuore
+ E imparate dai preti
+ Che non fanno rumore.
+
+ Chi spiffera in tribuna
+ Quello che il cor gli detta,
+ Non farà mai fortuna.
+
+ Noi non abbiamo mica
+ Scrupoli a darvi retta:
+ Temiamo che si dica.
+
+
+
+ "NASCITVRO"[*]
+
+ _Exultavit in gaudio infans in utero meo._
+ LUC. I, 44.
+
+
+ No, che su zolla sterile
+ Non fu gittato il seme
+ Se, lacerato il solido
+ Guscio che invan lo preme,
+ Esce il rampollo e germina
+ Pei campi o per le aiuole,
+ Schiuso al tepor del sole
+ Sotto al clemente ciel.
+
+ No, la bollente gocciola,
+ Plasma del germe umano,
+ Nel sitibondo fornice
+ Non fu scagliata invano
+ Se nel mio fianco turgido,
+ Come in risposta cella,
+ Un'anima novella
+ Veste il corporeo vel.
+
+ Oh, alfin potrò conoscerti
+ Amor santo e sereno
+ Di madre e roseo stringermi
+ Un pargoletto al seno....
+ Addormentarti, crescerti,
+ Potrò sul grembo anch'io,
+ Sangue del sangue mio,
+ Frutto d'immenso amor!
+
+ T'insegnerò a disciogliere
+ I passi e le parole,
+ Ti narrerò, baciandoti,
+ Gl'incanti delle fole,
+ Indi trarremo in giubilo
+ Lungo un campestre calle
+ Seguendo le farfalle
+ E raccogliendo i fior.
+
+ Ti guiderò per l'ardue
+ Strade dell'arti prime
+ L'alto volume aprendoti
+ Delle materne rime;
+ Io sulle illustri pagine
+ Ti condurrò la mano,
+ Io t'aprirò l'arcano
+ Del mondo e del saper.
+
+ E allor che il sangue giovane
+ Ti pulserà nel petto
+ E sentirai le trepide
+ Ansie del primo affetto,
+ Sarò al tuo fianco assidua
+ E virilmente fida
+ Consigliatrice e guida
+ Nei dubbi del sentier.
+
+ Al focolar domestico
+ Io sarò presso ancora
+ Quando velata e timida
+ Mi condurrai la nuora
+ Che me, benigna pronuba,
+ Dirà perversa e cruda
+ Se nel tuo letto, ignuda
+ Vergin, la spingerò.
+
+ E quando i fior del talamo
+ Matureranno i frutti,
+ Ava prudente e provvida
+ Io veglierò per tutti;
+ Poi con le palme tremule
+ Carezzerò i nepoti
+ E a Dio la prece e i voti
+ Per loro innalzerò.
+
+ E già mi veggio, debile
+ Vecchia, tra lor seduta
+ Narrar, senza rimpiangerla,
+ La gioventù caduta
+ E i versi miei ripetere
+ A un coro d'innocenti,
+ I versi miei fulgenti
+ Di virtuoso zel.
+
+ Ava, così, amorevole
+ E santa educatrice.
+ In mezzo ai biondi pargoli
+ Vivrò lieta e felice
+ E quando giunga al termine
+ La vita mia modesta,
+ Reclinerò la testa
+ Per ridestarmi in ciel.
+
+ Forse ch'io sogno?... Ah, palpita
+ Pur nel mio grembo un vivo
+ E freme e balza e s'agita
+ Or che a lui penso e scrivo....
+ Deh, perchè tardi o nobile
+ Della mia gloria erede?
+ Non sai che la mia fede
+ E l'amor mio sei tu?
+
+ Ma intanto?... Ah, un dubbio orribile
+ Mi sta confitto in core.
+ Sento un mister nell'anima
+ Pensando al genitore....
+ Parla, se puoi rispondermi,
+ Tu che doman vivrai;
+ Dimmi, se pur lo sai,
+ Il padre tuo chi fu?
+
+ [*] Credeva di avere concepito un figlio. Invece aveva preso
+ freddo e tutto finì con una fuga d'aria compressa.
+
+
+
+ A
+ SUA ECCELLENZA REVERENDISSIMA
+ MONSIGNOR VESCOVO
+ TITOLARE DELLA CHIESA CATTEDRALE
+ DI SEBOIM
+ NELLE PARTI DEGLI INFEDELI
+ QUESTO NUOVO LAVORO
+ DI MANO AMICA SE NON ESPERTA
+ ACCRESCA IL PIACERE DELLA ESALTAZIONE
+
+ _Ut ambules in via bona._
+ PROV. II, 20.
+
+
+ Signor, poi che una Diocesi
+ Dall'Augusto Vegliardo hai conseguito
+ E l'anello di Vescovo
+ Come novello sposo hai messo in dito,
+
+ Tra il fumo dei turiboli,
+ Tra il plauso della folla intorno accolta,
+ Mite Pastor di Seboim,
+ Porgi l'orecchio e la mia voce ascolta.
+
+ Deh, quando sul tuo popolo
+ Benedicendo stenderai la mano
+ E la lieta Pentapoli
+ A piè del trono avrai come un Sovrano,
+
+ Serbati buono e i miseri
+ Intorno a te raccogli e li consola;
+ Ricorda Cristo e predica
+ Più con l'esempio e men con la parola.
+
+ Non insegnare ai chierici
+ Che il Pontefice solo aprir può il cielo;
+ Non insegnare il Sillabo,
+ Ma lo scordato ormai vecchio Vangelo.
+
+ Trafficator non renderti
+ Di Giubilei, Congressi e pellegrini,
+ Ma proibisci l'Obolo
+ E l'altre furberie per far quattrini.
+
+ Nell'ira tua scomunica
+ Chi va col collo torto e il viso basso;
+ Lascia che di Quaresima
+ I Diocesani tuoi mangin di grasso;
+
+ Non annoiare i pargoli
+ Col Catechismo, i Salmi e la Scrittura;
+ Dà lor le chicche e mandali
+ A scuola od a saltar lungo le mura,
+
+ Lascia ballare i giovani,
+ Lasciali far l'amor quando han ballato
+ E se poi si confessano
+ Ridi e dichiara: «quel ch'è stato è stato!»
+
+ Non ributtar la femina
+ Che degli affetti suoi non fu padrona;
+ Pensa a Maria di Magdalo:
+ I peccati d'amor Dio li perdona.
+
+ Non tormentare i parroci
+ Per le chiacchere intorno alla servetta;
+ Dì lor che i Sacri Canoni
+ Non vietano d'andare in bicicletta.
+
+ Così facendo, i popoli
+ Tutti t'obbediran come d'incanto
+ E nei venturi secoli
+ Avrai solenne culto e sarai santo.
+
+ O benedetta, o nobile
+ Alma, sottratta alla terrestre lue,
+ Allor vedrai le monache
+ Baciar devote le reliquie tue.
+
+ Sotto quel bacio fervido
+ Si rizzeranno alla virtù natìa,
+ Rinnovando i miracoli
+ Che, vivo, hai fatto per la dolce Argia.
+
+
+
+ «EN REV'NANT D'LA REVUE»
+
+
+ _J'aime le doux parfum qui vient de la cuisine,
+ Le parfum de la soupe et l'encens du roti,
+ Le Champagne mousseux et la Chartreuse fine,
+ Et les petits fours chauds qu'on vend chez Maiani.
+
+ J'aime un bas bien tiré qu'on voit sur la bottine
+ Paraître avec malice comme un secret trahi;
+ J'aime guetter le soir le lit de ma voisine
+ Qui ne se doute guere du binocle ennemi.
+
+ J'aime tous les plaisirs dont la terre est feconde
+ Et le cancan tout comme le noble cotillon;
+ J'aime la brune--hélas--mais j'aime aussi la blonde.
+
+ Et pourtant il n'y a qu'un seul plaisir de bon,
+ Qui enfonce, croyez moi, tous les plaisirs du monde,
+ Et c'est rire d'un âne qui se pretend lion._
+
+
+
+ LE ELEZIONI DI MILANO--1895
+
+
+ I
+
+ Lode a te sia, Milano,
+ Poichè Papa Leone
+ Ti manda di lontano
+ La sua benedizione!
+
+ Vieni a baciar la mano
+ Del Vicerè padrone
+ E torna piano piano
+ Ai giorni del bastone.
+
+ Il tempo è già maturo
+ Pel giudizio statario
+ Ed il carcere duro.
+
+ Intanto, Segretario
+ Del Sindaco futuro,
+ Sarà Don Albertario.
+
+
+ II
+
+ Per grazia del Signore
+ Un regime paterno
+ Studiato dal Questore
+ Diventerà governo
+
+ E il vigile censore
+ Ricaccerà all'inferno
+ I libri e quest'orrore
+ Di spirito moderno.
+
+ Chi avesse poi prurito
+ Di fare il liberale,
+ Sarà preso e punito
+
+ E il Regno Temporale
+ Sarà ristabilito
+ Per decreto reale.
+
+
+
+ DEO CREPITVI SACRVM
+
+
+ O spirito santo
+ De' visceri umani
+ Che tutti del canto
+ Conosci gli arcani,
+ Che onori e letifichi
+ D'armonici fiati
+ Gli sforzi dei vati,
+
+ Dal buio profondo
+ Dell'antro nativo
+ Prorompi nel mondo
+ Sonoro e giulivo;
+ Di tepidi balsami
+ Circonda ed allieta
+ Lettori e poeta.
+
+ Tu, soffio eloquente
+ Del verbo divino
+ Concesso ugualmente
+ Al ricco e al tapino,
+ Tu sei come l'anima
+ Per leggi fatali
+ Comune ai mortali.
+
+ Conforti il villano
+ Che pasce gli armenti,
+ Alberghi sovrano
+ Ne' chiusi conventi,
+ De' gravi canonici
+ Compagno canoro
+ Solfeggi nel coro.
+
+ Nel casto segreto
+ Dell'intima cella
+ Rallegri discreto
+ La pia monacella;
+ Nel ballo, da timide
+ Fanciulle compresso,
+ Sospiri sommesso.
+
+ Tu visiti e curi
+ Con equa fortuna
+ Palazzi e tuguri,
+ Altare e tribuna
+ E avvolto di porpora
+ De' plausi tra il suono,
+ Favelli sul trono.
+
+ Ma guai se vapori
+ Dal patrio forame
+ Recandone fuori
+ Il glutine infame!
+ Purissimo spirito
+ Che l'alvo ricrei
+ Allor più non sei;
+
+ Ma pregno diventi
+ D'essenze funeste
+ Che ammorban le genti
+ Col tanfo di peste
+ E guasti e contamini
+ I lini più ascosi
+ Di segni schifosi.
+
+ Così colorito
+ Per nostra sciagura,
+ Di soffio gradito
+ Diventi sozzura;
+ Degnissima imagine,
+ Ritratto vivente
+ Del tempo presente.
+
+ Lentato ogni freno
+ Ti getti sul mondo
+ Spargendo il veleno
+ Dell'alito immondo
+ E appesti ed infracidi
+ Le menti ed i cuori
+ Di turpi vapori.
+
+ Maestro nell'arte
+ Di nuovi delitti
+ Tu lordi le carte
+ Del plico Giolitti,
+ Tu puzzi nel carcere
+ Sul labbro bugiardo
+ Del vecchio Bernardo.
+
+ Aiuti i sensali
+ Dei voti comprati,
+ Avalli cambiali
+ Pe' tuoi deplorati,
+ Trionfi, pontifichi
+ De' ladri nel coro,
+ Men porco di loro.
+
+
+
+ FANTASIA EGIZIANA
+
+
+ Al Nilo, al Nilo! Nasconderemo
+ Laggiù mia bella l'amor deriso,
+ Là sconosciuti noi ci faremo
+ Non una casa ma un paradiso,
+ Sul chiaro margine dell'acque calme
+ Dove si specchiano verdi le palme.
+
+ Il chiosco vedi ch'io t'ho fiorito
+ Di cento rose come un giardino!
+ Dentro ai bracieri d'oro brunito
+ Fuman le lagrime del benzoino
+ E dal marmoreo balcone aperto
+ Vampe d'amore manda il deserto.
+
+ Nera nel cielo color di rosa
+ Che nel tramonto caldo risplende,
+ Come una lupa libidinosa
+ Accoccolata la sfinge attende,
+ E grave un alito di strani amori
+ L'acre vivifica nozze dei fiori.
+
+ Alle carezze molli del vento
+ Data la lunga cesarie d'oro,
+ Nell'onda tenue del vel d'argento,
+ Nudo del bianco seno il tesoro,
+ Sarai mia sempre, mia tutt'intera,
+ Se non ti viene prima il colera.
+
+
+ QVANDO
+ IL PREFETTO DEL RE
+ E IL SINDACO DEL COMVNE
+ RENDEVANO OMAGGIO
+ A SVA EMINENZA REVERENDISSIMA
+
+ DOMENICO SVAMPA
+
+ PRETE CARDINALE DEL TITOLO DI SANT'ONOFRIO
+ ED ARCIVESCOVO DI BOLOGNA
+ QVESTO CARME BENE AVGVRANTE
+ AL SVO FORMOSO PASTORE
+ ARGIA SBOLENFI
+ DEDICAVA
+
+
+ Signor, poi che ti sta supplice ai piedi
+ Questa Felsina tua che un dì sdegnosa
+ Bacio di prete sofferir non volle,
+ Costei che, infranto il trono in cui tu siedi,
+ Cercando libertà tinse gioiosa
+ Del suo sangue miglior l'itale zolle,
+ Absolvi or la pentita e le concedi
+ L'amplesso del perdono
+ Dimenticando dell'error l'audacia.
+ Sii generoso e buono
+ Con chi, come a Signor, la man ti bacia
+ E poi che piango ravveduta anch'io,
+ Misericorde ascolta il canto mio.
+
+ Un tempo, e ben lo sai, morta di fame,
+ Schiava del tuo stranier temprò la plebe
+ Ceppi a se stessa su la propria incude:
+ Pe' sacerdoti tuoi le turbe grame
+ Reser feconde le sudate glebe
+ E sul solco natio caddero ignude
+ Ai campi della Chiesa util letame;
+ Ma un Dio consolatore
+ Da' sacri templi a lor dicea: «Soffrite,
+ Turbe nate al dolore
+ E che felici nel dolor morite,
+ Poi che v'aspetta in ciel di Dio il sorriso
+ E sol de' tribolati è il paradiso».
+
+ Dolci tempi, o Signor, ma triste il giorno
+ In cui la libertà disse il suo nome
+ La prima volta nella rea Parigi,
+ Poi che le turbe allor volsero intorno
+ Torbido l'occhio e scossero le some
+ Brandendo l'armi ad operar prodigi
+ Di che all'anime pie duro è il ritorno.
+ Germogli del mal seme
+ Crebbe il tristo terren le idee novelle;
+ Compresso indarno, freme
+ Tra i nuovi ceppi il popolo ribelle
+ E poi che in cor gli agonizzò la fede
+ Non più la libertà, ma il pan ci chiede.
+
+ E grida: «Senza gioia e senza luce,
+ Martiri del lavoro e degli stenti
+ Moriamo e il pane ancor ci si rifiuta.
+ Aprimmo il solco e non per noi produce,
+ Altri ha le lane e noi guardiam gli armenti
+ Altri ha la messe e noi l'abbiam mietuta.
+ Nuovo un tiranno i servi suoi riduce
+ A maledir la vita
+ E, come bruti a litigar le ghiande;
+ Ci calca inferocita
+ La gente nuova che facemmo grande,
+ Ma lieto il dì della riscossa arriva:
+ Corriamo all'armi e la giustizia viva!»
+
+ Deh! soccorri, o Signor! Più non ci giova
+ Rinnovar le catene ed i tormenti
+ O sfrenar birri alle cercate stragi.
+ Troncata l'idra i capi suoi rinnova
+ E i pubblicani ed i giudei dolenti
+ Tremano su gli scrigni e nei palagi
+ Dove il tripudio del goder si prova.
+ La turba macilente
+ Accorre e di morir non ha paura
+ Poi che, soffrendo, sente
+ Che a lei la vita e non la morte è dura....
+ Deh, Signor, ci soccorri e se al desio
+ Mancan le Guardie, ci difenda Iddio!
+
+ E se il tuo Dio ci costa, a noi che importa
+ Quando i ribelli al timor suo riduce
+ E delle turbe ci ridà il governo;
+ Quando agli eletti suoi l'ausilio porta,
+ Quando tra i volghi creduli conduce
+ L'util minaccia ed il terror d'inferno
+ Ed ha il demonio pauroso a scorta?
+ Ben venga Iddio se reca
+ Fede agli umili, securtà ai possenti,
+ L'obbedienza cieca,
+ Il catechismo, i preti, i sacramenti,
+ De' frati tuoi la sacrosanta loia,
+ Il Sant'Ufficio, la mordacchia e il boia.
+
+ Ben vedi che timor, non cortesia,
+ I magistrati nostri a' piè ti caccia
+ Inginocchiati a far debita ammenda.
+ Ieri nemici ognun di lor fuggìa
+ Fino il pretesto di guardarti in faccia,
+ Ma la tema del poi gli animi emenda
+ Ed eccoli a gridar Gesù e Maria.
+ Reca dunque, o Levita,
+ Benedetti dal ciel giorni soavi
+ Alla città pentita,
+ Al Senator che te ne dà le chiavi;
+ Stringi la briglia nella man paterna
+ E questo popol tuo reggi e governa.
+
+ Canzon vanne alla sede
+ Del Pastor cui fu porto
+ Omaggio di paura e non di fede.
+ Egli è saggio ed accorto
+ E se ben tu lo guardi
+ Gli leggerai nel viso: «È troppo tardi!»
+
+
+
+ SAMBVCI[*]
+
+
+ A voi fecondi clivi
+ Sabini, a voi vestiti
+ Di frondeggianti viti
+ E di feraci ulivi,
+ Tra cui muggendo viene
+ Il turbolento Aniene,
+
+ A voi, nel roseo incanto
+ Del moribondo sole,
+ Sante d'amor parole
+ Disse d'Orazio il canto,
+ Ma del tripudio il giorno
+ Passò senza ritorno.
+
+ Rade, ai pendii fiorenti
+ Dove ridean le vigne,
+ Germoglian le gramigne
+ Agli sparuti armenti:
+ Nega al villan la vita
+ La terra insterilita.
+
+ Che se, vincendo l'arsa
+ Rabbia del sol rovente,
+ Sudata lungamente
+ Cresce la messe scarsa,
+ Lo scarno agricoltore
+ La miete al suo signore;
+
+ E a lui la terra magra
+ Matura il reo frumento
+ Che gli distilla il lento
+ Velen della pellagra,
+ Quando clemente il cielo
+ Non l'arde in sullo stelo....
+ .........................
+
+ [*] Frammento. Tutti ricordano ancora la fame sofferta dagli
+ infelici abitatori di Sambuci (Roma) nell'inverno del 1895.
+
+
+
+ A VENERE GENITRICE
+
+ INNO
+
+ _In lectulo meo per noctes quaesivi
+ quem diligit anima mea: quaesivi
+ illum et non inveni,_
+ CANT. CANTICOR. III. I.
+
+
+ --«Guarda, mortal, le fiamme
+ De' larghi occhi lucenti
+ E le chiome fluenti
+ Sulle superbe mamme.
+ Guarda! L'estremo lembo
+ Gittai che ti copriva
+ La pubertà giuliva
+ Che mi fiorisce in grembo.
+
+ Vieni e sui fior ti giaci
+ E me sui fior ricevi;
+ Tra le mie labbra bevi
+ Il dolce miel de' baci,
+ I lombi miei circonda
+ Con le possenti braccia,
+ Stringimi al sen la faccia
+ E l'amor mio feconda.»--
+
+ Così parlò e sorrise
+ La Dea porgendo il fianco
+ Soavemente bianco
+ Al giovinetto Anchise
+ Poi volse le parole
+ In gemiti sommessi
+ E dei divini amplessi
+ Fu testimonio il sole.
+
+ Vittima anch'io d'Amore
+ Omai dispero aita
+ Poi che la sua ferita
+ Mi sanguina nel core,
+ Nè lacrimar mi vale
+ Nè maledir, costretta
+ A spasimar soletta
+ Sul vergine guanciale.
+
+ Che se fugaci istanti
+ Di pace al sonno chiedo,
+ Mille fantasmi vedo
+ Pel glauco ciel vaganti.
+ Passa sul campo arato
+ Caldo di nozze il vento
+ E in se recar lo sento
+ La febbre del peccato.
+
+ Desta così all'ebbrezza
+ Del germinar, la terra
+ Le viscere disserra
+ Del sole alla carezza
+ E con le carni e il core
+ Arsi da fiamme arcane,
+ Urlan le genti umane
+ «Amore, amore, amore!»
+
+ Tra l'ombre e gli spaventi
+ Delle materne selve
+ Si stringono le belve
+ In ciechi accoppiamenti
+ E dalle fulve arene
+ Che il mar commosso esclude
+ Perfidamente ignude
+ Mi chiaman le sirene,
+
+ Mentre di Bromio stanche,
+ Roche per gli ebbri canti,
+ Le lubriche Baccanti
+ Gittan le vesti bianche
+ E sui compressi fiori
+ Curvan le rosee forme
+ Sotto l'impulso enorme
+ Dei Fauni assalitori.
+
+ E allor mi desto sola
+ Sul letto immacolato
+ Coll'urlo disperato
+ Del mio martirio in gola....
+ Deh, morrei pur gioiosa
+ Se fossi in quel momento
+ Segnata dal cruento
+ Stigma di nuova sposa,
+
+ Se nella gonfia mole
+ Dell'utero fecondo
+ Balzar sentissi il pondo
+ Della concetta prole,
+ Se alfin delle mie pene
+ Lieta chiudessi il ciglio
+ Addormentando un figlio
+ Tra le mammelle piene!
+
+ O Dea, Madre, Signora
+ Dei vivi e della vita,
+ Dal mar di Cipro uscita
+ Al bacio dell'aurora,
+ Che il premio a noi concedi
+ Nella tenzon gentile
+ Ed al vigor maschile
+ Il fior del sangue chiedi,
+
+ Se di perenni rose
+ T'ornino ancor l'altare
+ Le verginelle ignare
+ E le conscienti spose,
+ Se l'atra onda Letea
+ Il biondo Adon ti renda,
+ Pietà di me ti prenda
+ Madre, Signora, Dea!
+
+
+
+ IL PRIMO CAPELLO BIANCO
+
+
+ Si levan sospinti dal vento
+ I bianchi vapori dei monti;
+ Nel cielo di piombo le nubi d'argento
+ Cacciate, travolte, nascondono il sol.
+
+ Recando la mota dei letti
+ Traboccan le torbide fonti;
+ La piova scrosciando rovina dai tetti
+ E un largo pantano contamina il suoi.
+
+ Languisce la terra sopita
+ Nel soffio del freddo aquilone;
+ Ai rami gelati non torna la vita,
+ Le gemme aspettanti non s'aprono ancor.
+
+ O fosche giornate d'orrore,
+ Dov'è la novella stagione?
+ Dov'è primavera fragrante d'amore
+ Che scalda e feconda le nozze dei fior?
+
+ Deh, riedi e coi giorni più miti,
+ O maggio, conduci il sereno:
+ I canti dei nidi sui peschi fioriti,
+ L'odor delle rose risveglia con te.
+
+ Infondi coi baci del sole
+ La vita nel freddo terreno,
+ Fiorisci le zolle di fresche viole,
+ Ravviva i ligustri degli alberi al piè.
+
+ O maggio, e doman tornerai
+ Dai fior salutato e dal canto;
+ A tutti doman la gioia darai,
+ Io sola piangendo tornar ti vedrò.
+
+ Io sola son morta all'affetto,
+ Io sola mi struggo nel pianto;
+ Letizia di vita non sento nel petto,
+ Germoglio d'amore nel sangue non ho.
+
+ Il verno da me più non toglie
+ L'orror delle bianche pruine;
+ Al sole di maggio il gel non si scioglie,
+ Il gelo di morte che il cor mi coprì.
+
+ Il primo capello canuto
+ Quest'oggi mi svelsi dal crine....
+ Ah, giovane tempo, sì presto caduto,
+ Con te la speranza quest'oggi morì!
+
+
+
+ SONETTI DECADENTI
+
+
+ DIES
+
+ Il sole brucia implacabile, uguale,
+ Le stoppie gialle del pian vaporoso,
+ L'azzurra volta del ciel luminoso
+ Riflette in terra la fiamma estivale.
+
+ Non move foglia. La vita animale
+ Langue in un grave sopor neghittoso
+ Turba la pace al meriggio affannoso
+ Solo un molesto frinir di cicala.
+
+ Sull'erba verde, nel bosco frondoso,
+ Fresco t'ho fatto di fiori un guanciale
+ E tu vi adagi le membra al riposo.
+
+ Dormi discinta nell'ombra ospitale
+ Ed io contemplo con l'occhio bramoso
+ L'onda del petto che scende e che sale.
+
+
+ NOX
+
+ Dell'alta notte la negra magia
+ M'empie il cervello, mi filtra nel core.
+ Un soffio passa sull'anima mia,
+ Un freddo soffio che m'empie d'orrore.
+
+ Sente di fuori, l'orecchio che spia,
+ Strani bisbigli che metton terrore,
+ Ma nelle case la vita s'oblia
+ Come annegata in un denso stupore.
+
+ Solo nel buio, laggiù, della via,
+ Dietro una tenda, l'immobil candore
+ Un lume fioco da lungi m'invia.
+
+ Rischiara forse il discreto bagliore
+ Lo spasimar d'un atroce agonia
+ Od il gioir d'una notte d'amore?
+
+
+ APENNINO
+
+ O monti, albergo di pace infinita,
+ Ancor nel vivo ricordo rimane
+ Il susurrar delle chiare fontane
+ Tra la fragranza dell'erba fiorita
+
+ E il tremolar della luce salita
+ Coll'alba fresca alle cime lontane
+ Nel rado vel delle nebbie montane
+ Su i boschi pieni di canti e di vita
+
+ E nel tepor della rorida mane
+ Fioco il belar dell'agnella smarrita
+ Od il rintocco di meste campane.
+
+ Oh, nel mister della selva romita
+ Fuggir con lei dalle cure mondane
+ E tra i capelli sentir le sue dita!
+
+
+ ADRIATICO
+
+ Il mar lambendo instancabile e lento
+ La sabbia fina dell'umida sponda,
+ Con ritmo uguale mandava un lamento,
+ Quasi un singhiozzo, alla notte profonda.
+
+ Occhi benigni, le stelle d'argento
+ Guardavan fisse la terra feconda.
+ Amor vagava nel ciel sonnolento
+ Ed io sperai la fortuna seconda.
+
+ Il cor t'apersi con timido accento,
+ Sfiorai col labbro la chioma tua bionda
+ Ed al trionfo credetti un momento....
+
+ Addio, fantasmi d'un'ora gioconda,
+ Sogni d'amore dispersi dal vento,
+ Care speranze cadute nell'onda!
+
+
+ MILLE
+
+ Al suo balcone s'affaccia beata
+ La dama, tratta dal maggio fiorente.
+ Il sol carezza la treccia dorata,
+ La rosea gota ed il labbro ridente.
+
+ Il giovin paggio da lunge la guata
+ E tutto caldo d'amore si sente
+ Nè gli par cosa terrena e creata,
+ Ma ben di cielo angioletta vivente.
+
+ Correr vorrebbe a battaglie cruente,
+ Soffrir pugnando una morte spietata
+ Sol per averne uno sguardo clemente;
+
+ E pur la dama dagli occhi di fata,
+ E pur la bianca angioletta piacente
+ Dal dì che nacque non s'è più lavata!
+
+
+ SETTECENTO
+
+ Mormora l'arpa toccata in sordina
+ Lento un motivo che par minuetto.
+ Lenta la dama danzando s'inchina,
+ Tutta eleganza, sussiego e belletto.
+
+ Di nei segnata, la pelle argentina
+ Manda un profumo sottil di zibetto:
+ Sotto una nebbia di candida trina
+ Ansano i bianchi segreti del petto.
+
+ Danza e sul molle tappeto trascina
+ La ricca vesta ed il piè piccioletto
+ Col portamento d'altera regina.
+
+ Tutti scoraggia col rigido aspetto,
+ Con l'occhio pieno di calma divina,
+ E lo staffiere l'attende nel letto.
+
+
+ PAROLE
+
+ Dolci parole d'amor, susurrate
+ Presso i cespugli fioriti di rose,
+ Parole dolci, parole gioiose,
+ Appena dette che mai diventate?
+
+ Salite al cielo col vento e volate
+ Degli angioletti alle labbra amorose,
+ O, come accade dell'ottime cose,
+ Parole dolci, nel nulla tornate!
+
+ Ahi, che piuttosto all'inferno dannate
+ Sì come streghe mendaci e schifose,
+ Forma e veleno di biscie pigliate
+
+ E, tra i cespugli nativi nascose,
+ Mordete al core gli amanti e li fate
+ Vittime e strazio di cure gelose!
+
+
+ MUSICA
+
+ L'ultime note languenti, velate,
+ Muoiono come sospiri sonori
+ In un tripudio di mazzi di fiori
+ In un profumo di donne scollate.
+
+ E il sangue tende le arterie gonfiate,
+ Passan su gli occhi fugaci bagliori;
+ Tutta la vita prorompe di fuori
+ Sotto l'impulso di forze ignorate.
+
+ Allor le forme ci sembran mutate
+ E ridipinte di strani colori,
+ Quasi fantasmi di cose sognate.
+
+ Poi tutto passa; ma resta nei cuori
+ Come un rimpianto di gioie passate,
+ Come un presagio di nuovi dolori.
+
+
+
+ MORBUS
+
+
+ Chi, quando il giorno muore,
+ Ode, seguendo il Gange,
+ La tortora che piange
+ Sotto i roseti in fiore
+ E, lungo l'acque stanche
+ Specchio alle palme nere,
+ Vede passar le schiere
+ Delle pagode bianche,
+
+ Lento discerne ancora
+ Fumar dal tardo fiume
+ Il denso putridume
+ Che in faccia al sol vapora,
+ E galleggiar sull'onde
+ Carogne omai disfatte
+ Che l'acqua gialla sbatte
+ Sulle fangose sponde.
+
+ Lungo i giuncheti pigri,
+ Nido di serpi immani,
+ Piangono i caimani
+ E ruggono le tigri,
+ Mentre nell'aria bassa
+ Del crepuscolo torvo
+ Gracchia sinistro il corvo
+ Sazio di carne grassa.
+
+ Allor nel plumbeo cielo
+ S'erge dall'acqua oscura
+ D'un angiol la figura
+ Chiusa da un fosco velo,
+ E sale a poco a poco
+ Sul livido orizzonte,
+ Gocciando dalla fronte
+ Sangue, veleno e fuoco.
+
+ Sale gigante e solo
+ Dell'universo in faccia,
+ Tende le negre braccia,
+ Apre l'immenso volo....
+ Ah, invan chiudi le porte,
+ Trista progenie d'Eva;
+ Ecco, su te si leva
+ L'angelo della morte!
+
+ E passa infaticato
+ Sulle città fastose,
+ Sovra le ville ascose,
+ Sovra il castel merlato,
+ Sul casolar che ride
+ Di sue virtù contento....
+ Passa solenne e lento
+ E dove passa, uccide.
+
+ Sul suo cammin, segnato
+ Dai morti e dai morenti,
+ Alto le umane genti
+ Mandano un ululato.
+ L'orror dell'ecatombe
+ Fin la speranza scaccia
+ E mancano le braccia
+ Per iscavar le tombe...
+
+ Del cor premendo i moti,
+ Sbarrando gli occhi tardi,
+ Inchiodano i vegliardi
+ Le bare dei nipoti;
+ Col pianto sulle gote
+ Le madri moribonde
+ Piegan le teste bionde
+ Sopra le culle vote.
+
+ Dubita l'uom che venga
+ Il mondo all'ore estreme
+ E guata in alto e teme
+ Che il sole in ciel si spenga,
+ Mentre gli grida il prete:
+ «Guai nel gran giorno all'empio!
+ »Portate l'oro al tempio,
+ »Poichè doman morrete!»
+
+ Sul sacro limitare
+ Cadono allor gli oranti,
+ Lordan gli agonizzanti
+ Le pietre dell'altare
+ E pur la turba stolta
+ Che ciecamente adora,
+ Inginocchiata implora
+ Iddio, che non l'ascolta.
+
+ Turba, che il vacuo gelo
+ Della tua fede or tocchi,
+ Muori, volgendo gli occhi
+ Inutilmente al cielo.
+ Alle pupille offese
+ Il vero or si disserra:
+ Non ti mentì la terra
+ Quando per lei ti chiese,
+
+ Non ti giurò promesse
+ D'un avvenir mal certo,
+ Ma dal suo fianco aperto
+ Ti germogliò la messe.
+ Giovin, dell'odio invece,
+ L'amor ti accese in seno,
+ E per un giorno almeno
+ Miglior di Dio ti fece.
+
+
+
+ ELEZIONI
+
+
+ Musa mia dolce, che le alterigie
+ De' carmi arcigni non hai sul viso,
+ Tu che rallegri l'ore mie grigie
+ Di stravaganti scoppi di riso
+ E volentieri mostri la pelle
+ Dai larghi strappi de le gonnelle,
+
+ Musa mia dolce, vieni, discendi
+ A la solinga mia cameretta;
+ Avide ai baci le labbra tendi,
+ Libera i lacci de la fascetta,
+ Sciogli la chioma bruna e ricciuta
+ E chiudi l'uscio. L'ora è venuta,
+
+ L'ora in cui l'odio fermenta e invade,
+ Lurida peste, le menti e i cuori;
+ In cui la gente giù per le strade
+ Rutta bestemmie, rece rancori
+ E, masticando laide querele,
+ Inghiotte o sputa veleno e fiele.
+
+ Ognuno in queste turpi giornate
+ Morde o calunnia, froda o minaccia.
+ Lo sterco e il fango colto a manate
+ All'avversario si scaglia in faccia.
+ Riddano in piazza, lerci e impudichi,
+ Spie, deplorati, ruffiani e plichi:
+
+ E i giornalisti, tinta di loia
+ La meretrice penna d'acciaio,
+ Pur che sia piena la mangiatoia
+ Vendon la feccia del calamaio
+ Per imbrattarne l'onore altrui,
+ Quasi superbo che paghi Lui.
+
+ Indi, nell'ora concessa al voto,
+ Cupi, nervosi, van gli elettori,
+ Parlando basso col viso immoto,--
+ Guatando come cospiratori
+ E in ogni canto dice un cartello:
+ _Votate questo!.... Votate quello!...._
+
+ Entro la sala buia e fetente,
+ Sozza la gromma vernicia i muri
+ E intorno a un desco men che decente
+ Seduti in cerchio cinque figuri
+ Veglian con l'occhio cogitabondo
+ L'urna di vetro dal doppio fondo.
+
+ S'apre la chiama. Nel pigia pigia
+ Vota ciascuna pecora sciocca.
+ Ardono alcuni di cupidigia,
+ Ad altri l'ira torce la bocca,
+ Ma quasi tutti, dopo votato,
+ Palpano il prezzo del lor mercato;
+
+ E tutti, uscendo, da un reo contagio
+ Attossicato sentono il cuore.
+ Chi entrò dabbene n'uscì malvagio,
+ Chi entrò ribaldo n'uscì peggiore.
+ Chi vinse, il turpe bottino aspetta,
+ Chi perse, spera nella vendetta.
+
+ Ecco i comizi! Di quando in quando,
+ Se non accade qualche sinistro,
+ Dall'urna falsa sbuca onorando
+ Un frodolento caro al ministro,
+ O un imbecille pien di commende;
+ E l'un si compra, l'altro si vende.
+
+ Or perchè debbo far da mezzano
+ All'ingordigia di Calandrino?
+ Perchè mi debbo lordar la mano
+ Scrivendo il nome d'uno strozzino?
+ Perchè gettarmi nella battaglia
+ Sotto gli sputi della canaglia?
+
+ Musa mia dolce, sulla tua faccia
+ Ride un giocondo color di rosa.
+ Passerò lieto fra le tue braccia
+ Il giorno laido, l'ora schifosa.
+ Sciogli la chioma bruna e ricciuta
+ E chiudi l'uscio. L'ora è venuta.
+
+
+
+ DOPO IL PLICO
+
+
+ Meglio, Trento, per te se dalle mura
+ Sante aspettasti invano
+ Il vessillo che i patti e la paura
+ Respinsero lontano.
+
+ Meglio, Trieste, indarno a queste sponde
+ Tener l'anima fissa;
+ Meglio indarno aspettar che lavin l'onde
+ La vergogna di Lissa.
+
+ Deh, non cercate della madre il petto,
+ Figlie aspettanti ancora,
+ Poichè il fracido cancro ond'egli è infetto
+ O uccide o disonora.
+
+ La madre, del vessillo a tre colori
+ S'è fatta un origliere
+ Per fornicar co' suoi commendatori
+ Scappati alle galere.
+
+ Vende l'onore de' suoi figli morti,
+ Gioca le glorie avite
+ E fa copia di se negli angiporti
+ Delle banche fallite.
+
+ Questa, questa è colei per cui sperate
+ Cessar le vostre pene
+ Ed essa per paura ha patteggiate
+ Fin le vostre catene;
+
+ Ed essa, in Roma, penitente adora
+ La fraude vaticana
+ Baciando la rea man che gronda ancora
+ Del sangue di Mentana....
+
+ Ah, no, questo di vizi ampio carcame
+ Che al bacio vil si prostra,
+ Ah, no per Dio, questa bagascia infame
+ Non è la madre nostra.
+
+ Mentì chi l' disse! O voi, dai fortunati
+ Sepolcri ove dormite,
+ Martiri nostri ormai dimenticati,
+ Levatevi e venite!
+
+ Voi che gridaste Italia e il piombo intanto
+ Vi rompea la parola,
+ Voi che ne confessaste il nome santo
+ Col capestro alla gola,
+
+ Smascheratela voi la svergognata
+ Che adultera col prete;
+ Dite a questa carogna incoronata
+ Che non la conoscete.
+
+ Altra è la sacra Italia, amor dei forti
+ Che un dì fu vostra cura.
+ Oh, destatela voi, poveri morti,
+ Se i vivi hanno paura!
+
+ Fate che torni e nella destra rechi
+ Una spada infocata
+ Contro questi ladroni obliqui e biechi
+ Che l'han vituperata.
+
+ Arda col foco suo fin che bisogna
+ Questa stalla d'Augìa,
+ Tagli col ferro la civil vergogna
+ E la giustizia sia!
+
+
+
+ DA CAPO
+
+ _Consurgite et ascendamus in meridie,_
+ JEREM VI, 4.
+
+
+ Se nella mesta sera,
+ Cinto di luce strana,
+ Lo scoglio di Caprera
+ All'occidente levasi
+ Superbo sulla nera onda lontana,
+
+ Il marinar che passa
+ Sull'agile naviglio
+ Tien la bandiera bassa
+ E tra le palme ruvide
+ Il duro capo abbassa e china il ciglio.
+
+ Là, nella calma enorme
+ Della morente luce,
+ Sotto il granito informe,
+ Presso le acacie memori
+ L'ultimo sonno dorme il nostro duce.
+
+ Dorme il Messia invocato
+ Nel giorno del dolore,
+ Dorme il gentil soldato
+ Che amò come una vergine
+ E col suo s'è fermato il nostro core.
+
+ Quando il leon scoteva
+ L'ampia cesarie d'oro,
+ Un popolo sorgeva
+ Bello, gagliardo e giovane
+ Che la pugna chiedeva e non l'alloro;
+
+ Sorgean gli eroi sublimi
+ Che il duce taciturno
+ Primo davanti ai primi
+ Guidava all'ardua carica
+ Contro Calatafimi e sul Volturno;
+
+ Poi, rotta nel cimento
+ La schiera e pur non doma,
+ Cadea senza un lamento,
+ Mal vendicata vittima
+ Sul colle di Nomento in faccia a Roma.
+
+ Nè alcun tendea la mano
+ A mendicar mercede,
+ Nè per voler sovrano,
+ Nè per clamor di popolo
+ Mentiva il capitano alla sua fede,
+
+ Chè il duce ed il soldato
+ Chiudevan ne' petti ardenti
+ Il cor di Cincinnato
+ E ai solchi ritornavano
+ Del plauso non cercato assai contenti.
+
+ Ed or che resta? O santo
+ Sangue versato invano,
+ O fior d'Italia, pianto
+ Un dì con tante lagrime,
+ Or ti mette all'incanto il pubblicano!
+
+ O gloria unica al sole,
+ Pura in tante vicende,
+ Alla crescente prole
+ Pura dovevi scendere
+ E ti compra chi vuole e ti rivende!
+
+ Tutto governa l'oro,
+ Tutto è sottil garrito
+ Di legulei nel foro
+ E de' comizi il traffico
+ Frutta come tesoro al più scaltrito.
+
+ Il suo veleno occulto
+ Ci mesce la menzogna
+ E gli ebri, nel tumulto
+ Dell'ira, si barattano
+ La calunnia, l'insulto e la vergogna.
+
+ Ahi, della prima schiera
+ Non resta alcuno in vita?
+ Dunque laggiù a Caprera
+ Col biondo Cristo italico
+ L'incolpevol bandiera è seppellita?
+
+ Ah no! Sacra coorte,
+ Per l'ultima battaglia
+ Ti risparmiò la morte:
+ Inerme e pur terribile
+ Di Roma su le porte ancor ti scaglia.
+
+ Non sangue essa ti chiede,
+ Ma invoca i difensori.
+ Schieratevi al suo piede,
+ Voi forti, e proteggetela
+ Con l'incorrotta fede e gli alti cuori.
+
+ Trombe dal sonno scosse
+ Sonate alla raccolta!
+ Correte alle riscosse,
+ Salvate voi la patria,
+ Vecchie camicie rosse, un'altra volta!
+
+ Alto il vessillo alzate
+ De' traditori a fronte.....
+ Ma voi, deh, riposate
+ Nelle giberne lacere
+ Cartucce non sparate all'Aspromonte!
+
+
+
+ PRIMO MAGGIO MDCCCXCV
+
+
+ Passano lenti. Un lampeggiar febbrile
+ arde a ciascuno il ciglio.
+ Passan solenni e da le dense file
+ non si leva un bisbiglio.
+
+ Toccandosi le mani ognun di loro
+ cerca il vicin chi sia.
+ Se i calli suoi non vi segnò il lavoro,
+ quella è una man di spia.
+
+ Sotto l'aspra fatica e il reo destino
+ molti già son caduti,
+ molti il carcer ne tiene od il confino,
+ e pur sono cresciuti.
+
+ Striscia il gran serpe de la folla oscura
+ dei ricchi su le porte.
+ Dentro, nello stupor de la paura,
+ si ragiona di morte.
+
+ Intanto il passo de la muta schiera
+ allontanar si sente
+ e nel silenzio de la fosca sera
+ spegnersi lentamente.
+
+ Ecco allora Epulon, vinto il terrore
+ socchiude l'uscio e guata
+ e dice: «lode a Crispi ed al Signore,
+ anche questa è passata!»
+
+ * * *
+
+ È passata, ma invan te ne compiaci
+ ne l'allegre parole.
+ Son gli antichi rancor troppo tenaci
+ per tramontar col sole.
+
+ Nel ferreo pugno non hai più la plebe
+ che serva un dì schernivi:
+ germina l'odio da le pingui glebe
+ che mieti e non coltivi.
+
+ Ne le officine fumiganti e nere
+ contro te si cospira:
+ sotto la casa tua, ne le miniere,
+ pronta allo scoppio è l'ira
+
+ e mal ti gioverà crescer guardiani
+ a le porte sbarrate;
+ l'armi custodi del tuo aver, domani
+ da chi saran portate?
+
+ Chi ti difenderà domani, quando
+ le turbe mal nudrite
+ assedieranno le tue case, urlando:
+ «è il primo maggio: aprite?»
+
+ Oh, ben gli sguardi noi tendiam levati
+ a l'avvenir fecondo
+ e tu chini la fronte! I tuoi peccati
+ hanno stancato il mondo.
+
+
+
+ NOVEMBRE
+
+
+ Addio sorrisi dell'albe rosate,
+ Addio tramonti che d'oro parete!
+ Novembre porta le tristi giornate
+ E delle nebbie la bigia quïete!
+
+ Gli uccelli migran in file serrate
+ Cercando a volo contrade più liete,
+ Ma noi restiamo, calcando immutate,
+ Sul fango vecchio, le vie consuete.
+
+ Restiamo e sempre le stesse infinite
+ Noie e le stesse speranze remote
+ C'infliggeranno le stesse ferite.
+
+ Finchè abbassando le teste canute,
+ Chinando al suolo le pallide gote,
+ Qui marcirem come foglie cadute.
+
+
+
+ MENTRE PARTONO
+
+
+ Tu che aprendo il mercato alla menzogna
+ Alto salir potesti
+ E che senza pietà, senza vergogna,
+ Vivo, di noi ridesti,
+
+ Or nella tomba dormirai contento
+ Buon vecchio di Stradella,
+ Che accompagnar solevi al tradimento
+ L'arte di Pulcinella.
+
+ Dormi, buon vecchio, ormai dimenticato
+ Dai servi e dai rivali
+ E sogghigna se 'l puoi. T'han perdonato
+ I morti di Dogali.
+
+ A ben più grave e più feroce guerra
+ L'Italia è condannata;
+ Nuovo sangue latin beve la terra
+ Dell'Eritrea bruciata.
+
+ Nuove vittime ancor di rei consigli
+ Cadran sull'arse arene
+ E nuove madri cresceranno i figli
+ Per ingrassar le iene!
+
+ Lascia, scarno villan, lascia il sudato
+ Solco a te non diviso.
+ Tu non devi morir dove sei nato,
+ Dove amor t'ha sorriso.
+
+ La gentil civiltà de' tuoi signori
+ Ti spinge alla battaglia.
+ Va, povero villano, uccidi e muori.
+ Dopo, avrai la medaglia.
+
+ E mentre i legulei ti lauderanno
+ Con sonanti parole,
+ Oh, come l'ossa tue biancheggieranno
+ Gloriosamente al sole!
+
+ Sulla sabbia deserta e funerale
+ Rotoleranno al vento,
+ Ma in qualche trivio della Capitale
+ Sorgerà un monumento.
+
+ Su cui tra i bronzi falsi e le sculture
+ Dell'arte a buon mercato
+ Sarà il tuo nome, o buon villan, se pure
+ Non l'han dimenticato.
+
+ Piange intanto colei che la tua culla
+ Vegliò amorosa e forte;
+ Piange le tristi nozze una fanciulla,
+ Le nozze con la morte.
+
+ Ma il padre invece, al ciel rivolto il ciglio,
+ Giunte le palme grame,
+ Dice:--beato te povero figlio,
+ Che non avrai più fame.--
+
+
+
+ ALPINI
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+ Quando l'ora verrà, l'ora che deve
+ Esser l'estrema che vedrete al mondo,
+ Voi cercherete invan col moribondo
+ Occhio l'alpe natìa, bianca di neve.
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+ E indarno de' ghiacciai la brezza lieve
+ Ricercherete nell'ansar profondo.
+ Oh, quanto lungi al labbro sitibondo
+ Saran le fonti ove il camoscio beve!
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+ Ahimè, madri dolenti e fidanzate
+ Dolenti, dite voi se questo è il santo
+ Il giocondo avvenir che sognavate?
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+ Le madri, nel tormento
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+ Qualche speranza invano.
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+ Se un pesce grosso sparpagliò cambiali
+ E non le ha mai pagate,
+ O le pagò col voto, i suoi giornali
+ Dicon: «cose private!»
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+ Se vende un gran cordon, poscia negato,
+ E lo vende a un briccone,
+ Son cose che riguardan l'avvocato,
+ Cose di professione.
+
+ Se il Codice Penal soffre gli sfregi
+ De' suoi superbi sprezzi,
+ Se fa comprare o vendere i Collegi,
+ Sono pettegolezzi.
+
+ Ma se un pesce piccin, stando digiuno
+ Sente un po' d'appetito,
+ Peggio poi se lo dice a qualcheduno,
+ È subito ammonito.
+
+ Se gli sembra che il secolo egoista
+ Viva delle sue spoglie,
+ Se incappa in qualche idea da socialista,
+ San Stefano lo coglie.
+
+ Se vede Bosco o De Felice in sogno,
+ Se soffre e non dispera,
+ Se ha visto il Lega fare il suo bisogno,
+ In galera! in galera!
+
+
+
+ SERMONE DI NATALE
+
+
+ O Messia profetato ai sofferenti,
+ Pietoso un dì consolator del mondo,
+ Inutilmente ormai torni alle genti,
+ Bambino biondo!
+
+ Non è più il tempo in cui l'amor potea
+ Illuminar le menti e incender l'alme,
+ In cui per te Gerusalemme avea
+ Osanna e palme.
+
+ O dilettose al cor notti stellate
+ De' colli galilei sui dolci clivi,
+ Tra il canto delle donne innamorate,
+ Sotto gli ulivi;
+
+ O susurranti al sol gaie fontane,
+ Di solinghi riposi allettatrici,
+ Cui sale la canzon delle lontane
+ Spigolatrici;
+
+ O vigne d'Israel che i dolci frutti
+ Maturaste all'umil schiera seguace,
+ Voi non l'udrete più chieder per tutti
+ Giustizia e pace!
+
+ E tu, benigno, che a cercar scendevi
+ L'agnel che si smarrì nella campagna
+ E l'Evangelo dell'amor dicevi
+ Sulla montagna,
+
+ Guarda! Un'idolatria cauta e discreta
+ Agli Apostoli tuoi cresce l'entrate.
+ Pietro che ti negò, batte moneta;
+ Tommaso è frate.
+
+ Il sangue che grondò dalla tua croce
+ Oggi feconda l'odio e non l'amore.
+ Presso al complice altar veglia feroce
+ L'inquisitore.
+
+ L'astuta ipocrisia dell'egoismo
+ Che la ragione all'util suo sommette,
+ Distilla le bugie del catechismo
+ Nelle scolette
+
+ E nella Chiesa che chiamar non sdegna
+ Santo l'inganno e la menzogna pia,
+ Angelico Dottor, Barabba insegna
+ Teologia.
+
+ Perchè tornar se alla novella pena
+ Oggi trarresti inutilmente il fianco?
+ Più balsami non ha la Maddalena
+ Pel rabbi stanco.
+
+ Non si ricorda più d'averti amato,
+ Ma, isterica romea, col bacio scende
+ Al laido piè che, del tuo nome ornato,
+ Caifa le stende:
+
+ E colei che chiamar madre ti piacque
+ E nel sepolcro il corpo tuo compose,
+ Or vezzeggia i clienti e vende l'acque
+ Miracolose.
+
+ Fuggì, foggi da noi, bambino biondo:
+ Torna piangendo dal presépe al cielo.
+ Il Sillabo di Pio cacciò dal mondo
+ Il tuo Vangelo.
+
+ Dall'avarizia vinta e dal peccato
+ La tua fede morì povera e nuda.
+ Oggi nel nome tuo regna Pilato,
+ Governa Giuda.
+
+
+
+ ALLE MADRI
+
+ _Dedicato
+ ad Anna E......._
+
+
+ Madri, lo ricordate il dì sereno
+ In cui d'amore il pegno
+ La prima volta nel fecondo seno
+ Vi diè di vita un segno?
+
+ Con che orgoglio gentil del grembo incinto
+ Allor vi compiaceste!
+ Come la culla col materno istinto
+ Morbida gli faceste!
+
+ E poi che al suo vagir tacque il dolore
+ Del fianco insanguinato,
+ Con che speranze, o madri, e con che cuore
+ Benediceste il nato
+
+ E nutrito di voi lo riscaldaste
+ Stringendolo sul petto,
+ E se morte il ghermìa, glielo strappaste
+ Col prepotente affetto!
+
+ Lo cresceste così, biondo fanciullo,
+ Sovra i fidi ginocchi,
+ Vegliando il primo passo e il suo trastullo
+ Con l'anima negli occhi
+
+ E speraste veder l'ore supreme
+ In braccio a lui più liete....
+ Quanto amor, quanti baci e quanta speme,
+ O madri che piangete!
+
+ Ed ora? I vostri figli a mille a mille
+ Cadder lungi da voi
+ Perchè un ladro impazzito e un imbecille
+ Si son creduti eroi.
+
+ E vi tentano ancor, gli scellerati,
+ Con le astute parole,
+ Ma i cadaveri nudi e mutilati
+ Si putrefanno al sole,
+
+ Ma già dai loro immondi antri, le iene
+ Calando irsute e scarne,
+ Leccano il sangue de le vostre vene,
+ Straccian la vostra carne!
+
+ E il delitto cadrà nel grave oblio
+ In che omai tutto langue?
+ No, levatevi voi, donne, perdio,
+ Raccogliete quel sangue,
+
+ Gettatelo ululanti e scapigliate
+ Dei colpevoli in faccia;
+ Quando il giorno verrà, non dubitate,
+ Ne troverem la traccia;
+
+ E dite agli altri, o neghittosi, o incerti,
+ «Pietà di noi vi prenda!
+ La nostra patria è qui, non nei deserti
+ Dell'Abissinia orrenda!
+
+ Pietà, chiediam pietà, madri dolenti,
+ Figlie, sorelle, spose;
+ Pietà, per gl'insepolti e pei morenti
+ Su l'ambe sanguinose!
+
+ Non tolga vite ai campi, a le officine,
+ La conquista rapace.
+ La nostra patria è qui. Datele alfine
+ La giustizia e la pace!»
+
+ Dite così. Ma se domani ancora
+ Tripudieranno i ladri
+ E moriranno gl'innocenti, allora,
+ O dolorose madri,
+
+ Non porgete più latte al mite Abele
+ Che s'acconcia al destino,
+ Ma raccogliete ne le poppe il fiele
+ Per allevar Caino.
+
+
+
+ AGLI EROISSIMI
+
+
+ Giusti della fallita Apocalissi,
+ Marci Porci Catoni, in questo errai
+ Che delle birberie forse ne scrissi,
+ Ma non ne feci mai.
+
+ Oh se n'avessi fatto, e lo potevo,
+ Di che frasche m'avreste incoronata!
+ Un'abiura e tra i grandi anch'io sedevo,
+ Illustre deplorata!
+
+ Ma l'arte di lustrar le scarpe ai ladri
+ Curvando il dorso, mi negò natura;
+ Perciò gridate che incitai le madri
+ A strillar di paura.
+
+ Chi parla di viltà? Chi con gagliarde
+ Frasi, dopo il caffè, facil tribuno,
+ Povere donne, vi chiamò codarde
+ Perchè vestite a bruno?
+
+ Chi fumando in poltrona, empie i giornali
+ Di vendette, di stragi e di rovine,
+ Da la ciambella moderando l'ali
+ Dell'aquile latine?
+
+ Chi dei debiti nuovi alla conquista
+ Le apostrofi all'onor guida in falange
+ E soggioga lo Scioa dal liquorista,
+ Insultando chi piange?
+
+ Ah, siete voi? Salute o ben pensanti,
+ In cui l'onor s'imbotta e si travasa;
+ Ma dite un po', perchè gridate «avanti!»
+ E poi restate a casa?
+
+ Perchè, lungi dai colpi e dai conflitti,
+ Comodamente d'ingrassar soffrite,
+ Baritonando ai poveri coscritti
+ «Armiamoci e partite?»
+
+ Partite voi, se generoso il core
+ Sotto al pingue torace il ciel vi diede.
+ O Baiardi, è laggiù dove si muore
+ Che il coraggio si vede,
+
+ Non quì, tra le balorde zitellone,
+ Madri spartane di robuste prose,
+ Che chieggon morti per compor corone
+ D'alloro, ahi, non di rose!
+
+ Ma no, non partirete! A questi tempi,
+ Se dovesse mancar «la parte sana,»
+ Chi resterebbe a predicar gli'esempi
+ Della virtù romana?
+
+ Chi resterebbe a consolar coi detti
+ Le vedove beltà che il bruno adorna?
+ Chi li farebbe i brindisi ai banchetti
+ Per chi parte o chi torna?
+
+ Ah, forti Aiaci della guerra a fondo,
+ Ussari della morte, ah, non tentate
+ D'uscir di qui per conquistare il mondo,
+ Perchè, se ve ne andate,
+
+ Forse la vigna che godeste voi
+ Fruttar potrebbe ad operai più scaltri...
+ No, restate, restate a far gli eroi
+ Con la pelle degli altri!
+
+
+
+ QUANDO IL MUNICIPIO DI BOLOGNA
+ FESTEGGIÒ LA B.V. DI S. LUCA
+ ESPONENDO I CENCI ANTICHI
+ PER INVITO DEI CLERICALI
+ MASCHI E FEMINE
+
+
+ Dicono--Gesù mio, quanto schiamazzo
+ Per due vecchi tappeti!
+ Nemmen se ritornassero in Palazzo
+ Gli Svizzeri ed i preti!
+
+ I contadini a non vederli esporre
+ Ci credevan birbanti;
+ Sono elettori anch'essi e quando occorre
+ Votan pei ben pensanti.
+
+ Che v'importan quei cenci o i _Credi_ fatti
+ Recitar nelle scuole?
+ Siam liberali. Non badate agli atti,
+ Badate alle parole.
+
+ Rispondono--I tappeti alla ringhiera
+ Non son stracci e cimosa;
+ Cencio di pochi palmi è una bandiera,
+ Ma vuol dir qualche cosa.
+
+ O le liste da chi furono empiute
+ E da chi consigliate?
+ Voi ci diceste; non le abbiam vedute:
+ E pur lo sapevate!
+
+ Confessatelo, via, siate leali,
+ Poichè non siete scaltri:
+ Voi pascete di fumo i liberali
+ E d'arrosto.... quegli altri.
+
+ Ma v'è chi dice--Ecco, Bisanzio ancora
+ Con le ciarle si regge
+ Dei cento legulei della malora
+ Che gli falsan la legge.
+
+ Lasciamoli cianciar del più e del meno,
+ Lasciamoli garrire;
+ Noi guardiamo più in alto, ad un sereno,
+ Ad un santo avvenire.
+
+ Noi guardiamo più in alto e questa bassa
+ Miseria non ci tange.
+ Con ben altra eloquenza il cor ci passa
+ La voce di chi piange!
+
+ Ma quando il pianto cesserà e verranno
+ Ben altre feste, allora
+ Quelle coltri lassù, riscalderanno
+ Il letto a chi lavora.
+
+
+
+ L'IDILLIO DI ORLANDO
+
+ Che non può far d'un cor ch'abbia soggetto
+ Questo crudele e traditore Amore,
+ Poichè ad Orlando può levar dal petto
+ La tanta fè che debbe al suo Signore!
+ ARIOSTO, Orl. Fur. C. IX, I.
+
+
+ Apparia tremolando all'orizzonte
+ La tenue luce della nuova aurora
+ E la vaghezza delle rosee impronte
+ Crescea più viva coll'andar dell'ora,
+ Quando, sul fido Brigliadoro, il Conte
+ Uscì pensoso di Baldacco fuora
+ E d'ignoti sentier sull'erba molle
+ Lentamente discese il verde colle.
+
+ Come giovine sposa, allor che il sole
+ Fra le cortine del balcon s'affaccia
+ Lascia lenta le coltri e volger suole
+ Al conscio letto con desìo la faccia,
+ Ma, rivestita poi, non più si duole
+ Rimemorando i baci e il sonno scaccia,
+ Indi lieta intrecciando il crin disciolto
+ Canta allo specchio e amor le ride in volto.
+
+ La natura così malvolentieri
+ Dai notturni riposi uscir parea
+ Semivelata dai vapor leggeri
+ Che lenta l'aura del mattiti movea,
+ Ma poi ridesta e de' color primieri
+ Rifiorendo col dì, tutta fremea
+ In un gaudio fecondo, in una ebbrezza
+ Di gioventù, d'amore e di bellezza.
+
+ Non sgomentati del cavallo ai passi
+ L'inno di gioia ripetean gli augelli,
+ Pareano susurrar tra l'erbe e i sassi
+ Giocondi epitalami anche i ruscelli.
+ E i caprifogli penduti dai massi,
+ Scotendo i rami a guisa di capelli,
+ Gocciavan perle di sottil rugiada
+ Sulle nozze de' fior lungo la strada.
+
+ Nel tripudio d'amor ringiovanita
+ La pianura parea tutta un giardino
+ Che vaporasse tepida e squisita
+ La fragranza de' fiori al ciel turchino,
+ Sì che pien di desìo, gonfio di vita,
+ S'apriva il chiuso cor del Paladino
+ E conquisa cedea l'anima fiera
+ Alle lusinghe della primavera.
+
+ Dimenticò Re Carlo e i suoi baroni
+ E il santo gonfalon del fiordaliso,
+ I giganti, le fate e gli stregoni,
+ Gano schernito ed Agramante ucciso.
+ Dimenticò gli assalti e le tenzoni
+ Tra lo stuol battezzato e il circonciso
+ E vide col pensier mille rosate
+ Imagini di donne innamorate.
+
+ Rivide Olimpia, offerta all'esecrando
+ Mostro, chieder mercè nuda e tremante
+ E passar sorridendo e sospirando
+ Fiordispina, Isabella e Bradamante.
+ Vide Marfisa non curar pugnando
+ Le salde nudità del petto ansante
+ E d'Angelica sua gli occhi procaci
+ Languir di gaudio di Medoro ai baci.
+
+ Allor si sentì solo e in cor gli scese
+ Gelida un'onda di malinconia,
+ Tal che a se stesso dubitando chiese
+ Se la gloria non fosse una pazzia;
+ Ed una voce in fondo al core intese
+ Dirgli: «che val la tua cavalleria
+ »Che valgon le tue gesta e il tuo valore
+ »Senza un bacio di donna e senza amore?»
+
+ Discendeva così fantasticando
+ Intorno a questa sua doglia novella,
+ E sospirava fieramente, quando
+ Vide dal bosco uscire una donzella
+ Che raccogliendo fior venìa cantando
+ Soavemente e la persona bella
+ Di tal vivo desìo lo prese e punse
+ Che spronò Brigliadoro e la raggiunse.
+
+ Si trasse l'elmo, dall'arcion si sporse
+ E con voce tremante amor le chiese.
+ Lentamente a mirarlo il viso torse
+ La giovinetta ed a sorrider prese.
+ L'occhio le scintillò, ma quando scorse
+ La croce sull'usbergo e sul palvese,
+ La scintilla si spense ed il sorriso
+ Subitamente le sparì dal viso.
+
+ E disse: «Cavalier, tu porti in petto
+ Del Dio che adori il segno e la dottrina
+ Tu segui Gesù Cristo, io Maometto;
+ Tu sei di stirpe Franca, io Saracina;
+ Io cingo fiori al capo e tu l'elmetto,
+ Tu sei nato possente ed io tapina;
+ Vanne e ti basti sol ch'io ti confessi
+ Che t'amerei se tu a Macon credessi.»
+
+ Eh, come lieti tra le verdi fronde
+ Cantavano gli augelli i novi amori,
+ Come all'aura d'april le rubiconde
+ Corolle aprivan tripudiando i fiori,
+ Come splendeano al sol le chiome bionde,
+ Come ridevan gli occhi incantatori,
+ Allor che il Paladin vinto si diede
+ E per un bacio rinnegò la fede!
+
+
+
+ AI REDUCI DALLO SCIOA
+
+
+ Quando spuntar vedrete a l'orizzonte
+ Questo suol benedetto e sospirato
+ E la brezza natia su l'arsa fronte
+ Il bacio vi darà del ben tornato;
+
+ Quando in folla calar vedrete al lido
+ I cari vostri a salutar le prore
+ E il dolce vento de la patria, il grido
+ Vi porterà de l'aspettante amore;
+
+ Quando nel cor di rimembranze pieno
+ L'impeto cesserà de la tempesta
+ E, consolati, sul materno seno
+ Riposerete alfin la stanca testa;
+
+ Se vi parrà d'udir fioco un lamento
+ Che seco il pianto e la tristezza porti
+ Ascoltatelo pur senza sgomento;
+ «Quella è la voce dei compagni morti
+
+ Che dice:--«All'avvenir sorridevamo
+ Quando il destino ci portò con lui
+ Ed ecco che con voi non ritorniamo,
+ Noi mal sepolti ne la terra altrui.
+
+ Ma, dite, la giustizia alzò il flagello
+ Su gli eroi da poltrona e i paladini?
+ Chi come bestie ci cacciò al macello,
+ Il supplizio subì degli assassini?--»
+
+ Voi rispondete:--«Ahimè, dormite in pace
+ Del triste campo nel silenzio enorme!
+ Qui dei delitti la memoria tace,
+ Qui stipendiata la giustizia dorme.
+
+ Sovra i tumuli vostri erra feroce
+ La iena e ne la notte urla il leone,
+ Ma gli eroi da poltrona hanno la croce
+ E gli assassini vostri han la pensione».
+
+
+
+ NOTTE D'AUTUNNO
+
+
+ Infuria il vento e nella bieca notte
+ Fredda la piova incalza.
+ L'acqua che stroscia dalle gronde rotte
+ Sui ciottoli rimbalza.
+
+ Entro l'oscurità profonda e vuota
+ Delle vie taciturne
+ Guizzan, specchiate nell'immonda mota,
+ Le fiammelle notturne
+
+ E nel sordido fango e nel pattume
+ Putrefatto del suolo,
+ Miserabile spettro, agita il lume
+ E fruga il ciccaiolo.
+
+ Quand'ecco dal silenzio esce lontano
+ Scalpito d'una rozza
+ E tra la pioggia, il vento ed il pantano,
+ Appare una carrozza
+
+ Che in un dirugginìo di chiavistelli
+ Trabalza oscenamente,
+ Col profilo dei birri agli sportelli
+ E le lanterne spente.
+
+ E il ciccaiol che vive razzolando
+ Nel brago e nel fetore,
+ Sente lo schifo e brontola sputando:
+ «Passa un commendatore!»
+
+
+
+ IL MIO CUORE
+
+
+ Il mio cuore è uno scrigno di velluto
+ Che con sette sigilli è sigillato,
+ Molti voller saperne il contenuto,
+ Ma nessuno finor l'ha indovinato.
+
+ Lungamente il segreto ho mantenuto
+ E, il labbro come il cor tenni serrato,
+ Ma più a lungo tacer non ho potuto
+ Ed i sette sigilli ho lacerato.
+
+ Sappiate dunque che nel cor segreto
+ Chiudo i ricordi del tempo remoto,
+ I fiori secchi dell'april mio lieto,
+
+ Fra cui quest'oggi, per gentile invito,
+ Scesi a frugar con l'animo devoto
+ Per cavarne un sonetto impallidito;
+
+ Un povero sonetto impallidito,
+ Fior dell'anima mia morto e seccato,
+ Che tra le foglie sue reca smarrito
+ Come un lontano odor del mio passato,
+
+ Come un ricordo vago e scolorito,
+ Un'eco lieve del tempo beato,
+ Un rimpianto profondo ed infinito
+ Di tutto quel che in giovinezza ho amato.
+
+ Ed ecco che il sonetto esce discreto
+ Da la prigion dove dormiva ignoto
+ E rivede tremando il mondo lieto.
+
+ Va dunque, o mesto fior da me cresciuto,
+ Porta a chi m'ama del mio core il voto,
+ Ed a chi m'odia porta il mio saluto.
+
+
+
+ PARLA IL LIBRO
+
+
+ Son la fontana che nasce sui monti
+ Limpida e gaia tra i sassi sonanti,
+ Fresco ristoro di greggi vaganti,
+ Vergine ancora di mura e di ponti
+
+ E che, ingrossata da torbide fonti,
+ Bagna e feconda le valli aspettanti,
+ Poi, ferma in larghe paludi stagnanti,
+ Vapora febbri nei grigi tramonti;
+
+ Indi travolta a città pestilenti,
+ Livida inghiotte le salme dei vinti
+ E scalza e scuote le reggie possenti,
+
+ Finchè, gli spazi del mare raggiunti,
+ Tra i flutti eterni dal vento sospinti
+ Si perde e gode l'oblio dei defunti.
+
+
+
+ COMMIATO
+
+
+ Secoletto borghese,
+ Ecco il libro finì. Chiudilo in pace,
+ Degno di te lo rese
+ Quell'arte che ti meriti e ti piace.
+
+
+
+
+ INDICE
+
+
+ PREFAZIONE, vii
+
+
+ LIBRO PRIMO--LE CRETINE
+
+ Si descrive un vago desio
+ La ballata del Re Moro
+ Sonetto contro un anonimo che ci fece la burla del telegramma
+ Si descrive un temporale nel deserto
+ La mia ghirlanda poetica
+ La battaglia di Sadova
+ Si duole di essere abbandonata dall'amante
+ La romanza del paggio
+ Risurrezione
+ Il lamento del prigioniero
+ Pianto della chiesa bolognese senza pastore
+ Tempesta in mare
+ Per la caduta di Palamidone
+ Alla poetessa Argia Sbolenfi (Proposta)
+ A Edra Coprodite, pastore arcade (Risposta)
+ Si compiace delle prossime nozze
+ Egloga
+ Si scusa per avergli mostrato poco rispetto
+ Sfogo contro colui
+ Ave Crux
+ L'apparizione
+ In disprezzo dì uno spasimante
+ Confida le sue pene alla Beata Vergine
+ In dispregio della immonda rana
+ Favolette morali
+ II gentil cavaliero
+ ¡Pobre Carlos!
+ La risposta della figlia maledetta
+ Si descrive una rustica cappella
+ Inno al salame
+ Lamento
+
+
+ LIBRO SECONDO--LE DECADENTI
+
+ Anacreontica
+ L'alba
+ In mare
+ La capretta
+ In bicicletta
+ Ad un orologio guasto
+ A lui
+ È vero!
+ Affetti di una pellegrina all'augusto vegliardo
+ La ballata del cavalier discortese
+ Sonetti mitologici
+ La rovina del Sasso
+ Sonetto
+ Al mio destriero
+ Ode farmaceutica
+ Ode ostetrica
+ KLYSO
+ Hunyadi Jànos
+ Nel bagno (Ode)
+ A un vaso nuovo di porcellana Ginori
+ Ai colleghi
+ «Nascituro»
+ Al vescovo di Seboim
+ «En rev'nant d' la revue»
+ Le elezioni di Milano (1895)
+ _Deo crepitvi sacrvm_
+ Fantasia egiziana
+ Le visite del Cardinale
+ Sambvci
+ A Venere genitrice
+ Il primo capello bianco
+ Sonetti decadenti
+ Morbvs
+ Elezioni
+ Dopo il plico
+ Da capo,
+ Primo Maggio MDCCCXCV
+ Novembre
+ Mentre partono
+ Alpini
+ Ultime notizie
+ Piscicoltura
+ Sermone di Natale
+ Alle madri
+ Agli eroissimi
+ Coltrici festive
+ L'idillio di Orlando
+ Ai reduci dallo Scioa
+ Notte d'autunno
+ Il mio cuore
+ Parla il libro
+ Commiato
+
+
+
+
+ Finito di stampare
+ il dì XXIV Dicembre MDCCCXCVIII
+ nella tipografia dei Successori Monti
+ in Bologna
+
+
+
+
+
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+posted on the official Project Gutenberg-tm web site (www.gutenberg.org),
+you must, at no additional cost, fee or expense to the user, provide a
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+License as specified in paragraph 1.E.1.
+
+1.E.7. Do not charge a fee for access to, viewing, displaying,
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+access to or distributing Project Gutenberg-tm electronic works provided
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+ the use of Project Gutenberg-tm works calculated using the method
+ you already use to calculate your applicable taxes. The fee is
+ owed to the owner of the Project Gutenberg-tm trademark, but he
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+ sent to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation at the
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+
+Project Gutenberg-tm is synonymous with the free distribution of
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+including obsolete, old, middle-aged and new computers. It exists
+because of the efforts of hundreds of volunteers and donations from
+people in all walks of life.
+
+Volunteers and financial support to provide volunteers with the
+assistance they need, is critical to reaching Project Gutenberg-tm's
+goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will
+remain freely available for generations to come. In 2001, the Project
+Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure
+and permanent future for Project Gutenberg-tm and future generations.
+To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation
+and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4
+and the Foundation web page at http://www.pglaf.org.
+
+
+Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive
+Foundation
+
+The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit
+501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the
+state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal
+Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification
+number is 64-6221541. Its 501(c)(3) letter is posted at
+http://pglaf.org/fundraising. Contributions to the Project Gutenberg
+Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent
+permitted by U.S. federal laws and your state's laws.
+
+The Foundation's principal office is located at 4557 Melan Dr. S.
+Fairbanks, AK, 99712., but its volunteers and employees are scattered
+throughout numerous locations. Its business office is located at
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+business@pglaf.org. Email contact links and up to date contact
+information can be found at the Foundation's web site and official
+page at http://pglaf.org
+
+For additional contact information:
+ Dr. Gregory B. Newby
+ Chief Executive and Director
+ gbnewby@pglaf.org
+
+
+Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg
+Literary Archive Foundation
+
+Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide
+spread public support and donations to carry out its mission of
+increasing the number of public domain and licensed works that can be
+freely distributed in machine readable form accessible by the widest
+array of equipment including outdated equipment. Many small donations
+($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt
+status with the IRS.
+
+The Foundation is committed to complying with the laws regulating
+charities and charitable donations in all 50 states of the United
+States. Compliance requirements are not uniform and it takes a
+considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up
+with these requirements. We do not solicit donations in locations
+where we have not received written confirmation of compliance. To
+SEND DONATIONS or determine the status of compliance for any
+particular state visit http://pglaf.org
+
+While we cannot and do not solicit contributions from states where we
+have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition
+against accepting unsolicited donations from donors in such states who
+approach us with offers to donate.
+
+International donations are gratefully accepted, but we cannot make
+any statements concerning tax treatment of donations received from
+outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff.
+
+Please check the Project Gutenberg Web pages for current donation
+methods and addresses. Donations are accepted in a number of other
+ways including checks, online payments and credit card donations.
+To donate, please visit: http://pglaf.org/donate
+
+
+Section 5. General Information About Project Gutenberg-tm electronic
+works.
+
+Professor Michael S. Hart is the originator of the Project Gutenberg-tm
+concept of a library of electronic works that could be freely shared
+with anyone. For thirty years, he produced and distributed Project
+Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of volunteer support.
+
+
+Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed
+editions, all of which are confirmed as Public Domain in the U.S.
+unless a copyright notice is included. Thus, we do not necessarily
+keep eBooks in compliance with any particular paper edition.
+
+
+Most people start at our Web site which has the main PG search facility:
+
+ http://www.gutenberg.org
+
+This Web site includes information about Project Gutenberg-tm,
+including how to make donations to the Project Gutenberg Literary
+Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to
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